Il rosso e il fiume: omicidio in Steelstrasse 41

di rossella0806
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Biglietto, prego! ***
Capitolo 2: *** Macchine e cadaveri ***
Capitolo 3: *** L'elenco ***
Capitolo 4: *** La suora, lo zombie e il dipinto ***
Capitolo 5: *** Galeotto fu il catalogo (e la bici rossa) ***
Capitolo 6: *** Le confessioni di suor Maria ***
Capitolo 7: *** Possibili piste e deserto di acqua ***
Capitolo 8: *** La dama in blu ***
Capitolo 9: *** Dolci tentazioni ***
Capitolo 10: *** Istinti suicidi ***
Capitolo 11: *** Otto e l'osso di gomma gialla ***
Capitolo 12: *** Diamoci del tu! ***



Capitolo 1
*** Biglietto, prego! ***


Lunedì 5 aprile, ore 8.10, commissariato “L’Aquila” Torino
 
Il tempo è insolitamente mite per la stagione, il cielo azzurro, limpido e sereno, ricorda le giornate di sole in riva al mare, sempre più rare in città.
Le foglie dei ciliegi del viale alberato si muovono lentamente alla brezza del vento, mentre i loro fiori rosa e bianchi stuzzicano le narici dei passanti.
Il commissario Alessandro Terenzi, giacca nera e jeans blu scuro sotto l’impermeabile marrone, cammina lentamente sul marciapiede gustandosi la bella giornata di primavera appena iniziata: in momenti come quelli quasi gli dispiace rinchiudersi in una stanza al chiuso per ore, ma sa bene che non può fare altrimenti, perché è quello che ha scelto di fare nove anni prima, all’inizio della sua carriera da poliziotto, dopo aver accantonato la vocazione da avvocato penalista.
L’uomo, l’inseparabile barba incolta, agguanta con decisione abituale la maniglia della porta davanti a lui, entrando così nel solito bar dove tutte le mattine fa colazione, i tavolini quasi tutti occupati da studenti e lavoratori degli uffici lì vicino.
La musica della solita familiare emittente radiofonica, lo accoglie non appena varca la soglia, il campanello in finto argento posto dietro l’ingresso.
-Buon giorno, commissario!- lo apostrofa un uomo sulla quarantina, la barba castano chiaro di qualche giorno e gli occhi chiari allegri, mentre con uno strofinaccio sta pulendo l’unico tavolino libero.
-Buon giorno, Maurizio!- risponde il nuovo arrivato, avvicinandosi al bancone e appoggiando una mano su di esso.
-Finalmente una bella giornata di sole: dopo la pioggia della scorsa settimana più che la primavera sembrava essere arrivato l’autunno- commenta il barista, un provocatorio grembiule rosso con la scritta “Il cappuccino più buono lo so fare solo io”.
-Sì, hai ragione- ribatte il poliziotto, tamburellando con le dita sul bancone, al ritmo della canzone che le casse dello stereo posto su un angolo del mobile, stavano trasmettendo  -questo tempo un po’ mi mancava. Finalmente posso lasciare la macchina parcheggiata in garage e venire a piedi: il problema è che non oso immaginare quando arriverà il caldo estivo, quello sì che non lo sopporto-
-Ogni anno dice così, commissario- sorride l’uomo, sgusciando dietro la postazione lavorativa.
-Lo so, sono monotono, che ci vuoi fare?- domanda retorico il commissario, un’alzata di spalle ad accompagnare l’ironica lamentela.
Con gesti rapidi e sicuri, in pochi secondi il barista offre la colazione all’uomo in piedi oltre il bancone:
-Ecco il suo cappuccino e la brioche alla crema … -
-Grazie, Maurizio. Per fortuna ci sei tu che mi tiri su il morale … -
-Problemi in commissariato? Mi scusi, aspetti che vado a servire quelle due signore-
-Fai con comodo- il poliziotto sorseggia il cappuccino, rigorosamente amaro,  addentando il soffice cornetto.
-Diceva?- chiede il barman una volta tornato, veloce come una saetta, mentre si appresta a completare l’ordine appena preso.
-Niente di particolare in realtà- comincia a spiegare il poliziotto dopo aver allontanato la tazza vuota, prontamente messa sotto il getto d’acqua fredda del lavandino nascosto  -problemi in centrale non ce ne sono, quello a cui mi riferivo è l’arrivo dei nuovi vicini di casa-
-Ah, alla fine la signora ha affittato l’appartamento?-
-L’ha proprio venduto: è una coppia giovane, non avranno più di trent’anni. Li ho visti solo un paio di volte, ma mi è bastato e avanzato! Devono essere dei gran confusionari: lui è una specie di deejay da quello che ho capito, mentre lei è un’estetista. Mi metto le mani nei capelli ogni volta che torno a casa all’idea di tutto il rumore che mi aspetta- 
-Non dica così, commissario, sono sicuro che troverete un accordo. Piuttosto dovranno stare attenti loro quando suonerà la batteria: rischia che siano i suoi vicini a lamentarsi! -
-Che ci provino! Qualche mese fa ho fatto persino insonorizzare la camera per non disturbare!-
-Male che vada glielo trovo io un bel appartamento, anche più vicino al commissariato di quello dove abita adesso, così la macchina non la dovrà proprio usare!-
-Grazie per la disponibilità, ma sto bene dove sto. Sono gli altri piuttosto che dovranno rigare dritto: non ho alcuna voglia di litigare quando torno a casa la sera, mi bastano già i miei delinquenti-
Il poliziotto si scrolla le briciole dalla camicia e si asciuga la bocca con il tovagliolo di carta:
-Adesso devo andare, ci vediamo a pranzo-
-D’accordo: per tirarle su il morale le farò trovare uno dei quei tramezzini che piacciono a lei!-
 
 
Una volta in ufficio, Terenzi sistema il giubbotto marrone sull’attaccapanni vicino al divanetto e si avvicina alla scrivania per controllare se ci sono delle novità: da una prima occhiata nota che tutti i fogli sono esattamente nello stesso posto in cui li ha lasciati il tardo pomeriggio dello scorso giorno.
Avvicinandosi, però, nota che in una cartelletta trasparente, dietro la targhetta d’argento che porta il suo nome, c’è un foglio di cui non si è accorto prima.
Prende la busta, toglie la misteriosa carta al suo interno e si mette a leggere l’intestatario scritto a computer: Berlin Kommissariat, Kriminal Polizei, Jägerstraße 22”
Dallo sguardo interrogativo apparso sul viso di Terenzi, è evidente che non sa né chi né perché abbia messo quei fogli sulla sua scrivania, tanto più che provengono dalla Germania:
“Hanno per caso scambiato il mio ufficio per la sede della Sezione Affari Esteri?”
Si affaccia alla porta senza alcuna esitazione, il misterioso foglio ancora tra le mani, alla ricerca dell’ispettore Francesco Ghirodelli.
Il sottoposto, un trentenne alto come una pertica, in jeans e camicia azzurra, sta parlando con altri due poliziotti davanti alla porta dei bagni, un sorriso divertito sotto il naso aquilino in stile divi degli anni Trenta:
“Uhm” sbuffa Terenzi “ queste riunioni clandestine nei luoghi più improponibili mi danno sui nervi!”
-Ghirodelli, nel mio ufficio!- lo richiama prontamente il superiore, sventolando nella sua direzione i pezzi di carta.
Dopo un’attesa di pochi secondi, il sottoposto entra di gran carriera nella stanza, un’espressione interessata negli occhi color petrolio e sul volto contornato dai ricci rossi :
-Buon giorno, commissario. Ha bisogno?-
Accigliato,Terenzi lo guarda con il foglio in mano, e gli chiede:
-Sì, vorrei sapere una cosa: sei stato tu a mettere questa cartelletta sulla mia scrivania?-
-Intende dire il rapporto dei colleghi di Berlino?- ribatte l’altro candidamente
-Esattamente. Cosa ci fa qui? Non mi pare che stiamo seguendo un caso con loro- risponde irritato l’uomo.
-No, infatti. Poco prima che lei arrivasse, il commissario Marz ha spedito questo fax per lei, così mi sono permesso di metterglielo sulla scrivania. Lo ha già letto?-
-Ti ho chiamato prima di farlo- continua spazientito, sedendosi sul bordo dello scrittoio.
-Cominque no, non l'ho letto ... - riprende Ghirodelli -non mi sembrava giusto farlo senza di lei-
-Ho capito … aspetta che lo prendo … -
Un sorriso divertito compare all'istante sul viso dell’uomo che, scuotendo leggermente il capo, comincia ad esporre ad alta voce:
“ Buon giorno, comisario Terenzi, sono comisario Hans Marz della sezzione criminale di Berlino. Io scritto perche bisogno di aiuto suo: arrivata a noi segnalazione che pericoloso omicida trova a Torino. Contatti me presto, e io spiego tutto bene. Grazie per attenzzione,arrivederci”
-Ha mandato solo questo?- chiede Terenzi, appoggiando nuovamente il foglio sulla scrivania, e guardando nuovamente in faccia Ghirodelli che annuisce prontamente.
-Ma noi non abbiamo ricevuto nessuna segnalazione-
-Fino a cinque minuti fa direi di no-
-Il questore ha per caso chiamato? Magari lei è stata messa al corrente-
-No, commissario, non credo. Perlomeno anche se lo sapesse, non si è ancora fatta sentire -
Terenzi si passa una mano sulla barba incolta e si va a sedere sulla sedia dietro la scrivania, sospirando ostentatamente:
-C’ è il numero del fax qui sopra: provo a scrivere a Marz per sapere qualcosa in più su questa storia. Tu intanto controlla che non sia arrivato qualche altro documento-
-Agli ordini!-                                                                                                                                                                                                                                           
 
 
Dopo aver rintracciato il collega tedesco, Terenzi richiama nel suo ufficio Ghirodelli:
-Allora, sono riuscito a contattare Marz – il commissario fa un cenno al sottoposto per invitarlo a sedersi
-Le ha detto qualcosa in più di quello che ci ha scritto?-
-Sì … - esordisce grattandosi la fronte l’uomo – a parte che ho dovuto aspettare che rintracciasse un interprete che gli mettesse giù il fax, e così è passata quasi un’ora: un’attesa snervante! Comunque: da quello che ho capito, sembra che un assassino latitante dalla Germania sia giunto in Italia, molto probabilmente qui a Torino-
-Un assassino latitante?! E come fanno a sapere che si trova in città?-
-Ti ricapitolo brevemente quello che mi hanno scritto. Ieri pomeriggio alla stazione di Berlino, un uomo sale su un treno diretto a Torino: al momento di mostrare il biglietto, il controllore si accorge che non ne è provvisto, così gli fa una multa ma, visto che lui si rifiuta di pagare, il presunto assassino e latitante lo aggredisce.
Il controllore che cosa fa? Chiama immediatamente la polizia se non che, quando questa arriva, l’uomo misterioso è già scappato, facendo perdere le sue tracce e, lasciando per terra, volutamente o sbadatamente questo non lo so, una fototessera proprio del presunto assassino! E indovina un po’ chi raccoglie la testimonianza del controllore?-
-Il commissario Marz-
Terenzi annuisce, soddisfatto della rapida ricostruzione, poi continua:
-Al collega sembra di riconosce nella descrizione del fuggitivo e nella fototessera, una sua vecchia conoscenza, tale Sebastian Perrez, unico colpevole di aver ucciso nove anni fa la pittrice, nonché fidanzata, Rebecca Dünnerz, caso di cui si era occupato proprio il collega a suo tempo-
-Quando si dice le coincidenze della vita … e in tutti questi anni Perrez si sarebbe dato alla fuga?-
-Sembrerebbe così-
-E’ stato molto sciocco però a rovinarsi la latitanza per un biglietto non pagato-
-Che ti devo dire? Prima o poi anche i migliori delinquenti cadono in errore – legifera solennemente Terenzi, aprendo le mani in un gesto come per sottolineare l’evidenza delle parole appena pronunciate
-Marz le ha mandato un identikit dell’uomo?-
-Sì- il commissario prende il secondo fax -sotto la foto c’è anche qualche informazione biografica: Sebastian Perrez nato a Coimbra, in Portogallo, il 19 Marzo 1975, fino a nove anni fa residente a Berlino in Steelstraße 41, insieme alla fidanzata Rebecca Dünnerz, nata a Vienna il 3 Maggio 1974-
-E quale sarebbe stato il movente dell’omicidio?-
-Probabile raptus di gelosia. Marz non mi ha scritto niente in particolare a tal proposito, però ti leggo qualcosa riguardo il delitto: il cadavere fu rinvenuto dalla donna delle pulizie, tale Sabine Rotwald, la mattina del 27 Marzo 2006, riverso sul pavimento del salotto. La causa del decesso sembra sia stata un’overdose di sonniferi, anche se la vittima venne colpita, dopo essere già morta, con un oggetto contundente che non è mai stato ritrovato-
-Mi scusi, commissario, ma come hanno fatto ad accusare con certezza Perrez?-
-La signorina Rotwald ha confermato che, la sera prima dell’omicidio, l’uomo avrebbe cenato dalla Dünnerz.
In casa della vittima venne ritrovato il soprabito dell’uomo, riconosciuto dalla domestica e macchiato del sangue della fidanzata. Ma quando la polizia ha cercato di rintracciarlo per sentire la sua versione dei fatti, Perrez si era già volatilizzato nel nulla e così Marz lo ha indagato come unico colpevole per l’omicidio della donna. Fine della storia. Tu che cosa ne pensi?-
Ghirodelli sbuffa:
-Sinceramente, commissario, mi sembra un po’ strano. Voglio dire, l’assassino è stato davvero ingenuo a lasciare sul luogo del delitto un indizio che lo avrebbe di certo incastrato, come effettivamente è accaduto-
-Sì, però ricordati che è scappato, forse si è accorto troppo tardi di aver dimenticato il soprabito a casa della donna, e per non rischiare di essere scoperto, ha preferito dileguarsi!-
-Nove anni di latitanza sono tanti per un assassino comune- continua l’ispettore
-Necessari per far perdere le sue tracce e rifarsi una vita da un’altra parte: chissà dove è stato tutto questo tempo, forse qualcuno lo ha nascosto ... se davvero è stato lui ad uccidere la fidanzata, è molto probabile che abbia studiato il piano fin nei minimi dettagli. E se cosí fosse stato, quesgo non fa altro che andare a supportare l’ipotesi che sia stato un omicidio preterintenzionale: una latitanza così lunga non si organizza nel giro di cinque minuti-
-Commissario, forse non è detto che sia riuscito ad arrivare qui a Torino: potrebbe aver cambiato treno ad una delle fermate successive e aver preso un’altra coincidenza-
-Perché pensi questo?- incalza interessato Terenzi, alzandosi dalla poltrona per scostare le tende bianche e far entrare maggiore luce.
-Dopotutto, da quello che ho capito, nessuno ha visto Perrez dopo essere salito su quel treno, sempre che fosse davvero lui …  -
-Può essere, ma Marz mi ha chiesto ugualmente di diramare l’identikit di Perrez qui in città: è una foto di nove anni fa, ma non dev’essere molto cambiato se il collega è riuscito a riconoscerlo-
-Come vuole- risponde Ghirodelli alzandosi dalla sedia.
Il superiore gli porge il foglio con tutte le indicazioni:
-Invialo alle altre centrali, agli alberghi, alle stazioni, ai taxi, insomma la solita procedura nei casi come questi.  Ah, un’ultima cosa: sembra che al momento della fuga, Sebastian Perrez indossasse una maglietta arancione e un paio di pantaloni beige-
-Poco appariscente per uno che sta scappando … -
-Non scherziamo, per favore-
-Un po’ di sana ironia, commissario- ribatte sorridendo l’ispettore
-Se dovesse arrivare qualche altro fax, chiamami subito. Io intanto metto al corrente il questore: è un periodo in cui stranamente andiamo d’accordo, e vorrei prolungare il nostro idillio-
-Buona idea … le faccio sapere qualcosa in caso di segnalazioni-
Il sottoposto esce solennemente dall’ufficio, mentre l’aria mossa dalla porta che si richiude dietro di lui, riporta al loro posto le tende bianche sollevate

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Capitolo 2
*** Macchine e cadaveri ***


Lunedì 5 aprile, commissariato "L'Aquila" di Torino, ore 19.45

Per tutto il pomeriggio l’intero commissariato era stato impegnato a rispondere alle decine di telefonate di avvistamento che continuavano ad arrivare al centralino: sembrava che mezza Torino avesse incrociato il ricercato dell’identikit, tutti giurano e spergiurano che quel ragazzo che ho visto in via Tal dei Tali è proprio l’assassino della foto!, ma la verità è che - a fine giornata- nessuna segnalazione è da ritenersi davvero valida, perché se così fosse, solo in città ci sarebbero stati un centinaio di Sebastian Perrez.
E’ ormai tardi, in centrale sono rimasti insieme agli agenti di turno, solo il commissario e l’ispettore.
Terenzi si stiracchia le braccia, si alza dalla sedia e dà un’occhiata fuori dalla finestra: la bella giornata di primavera sta lentamente volgendo al termine, il sole è tramontato ormai da un pezzo, lasciando il posto a un cielo scuro e dubbioso, mentre i lampioni delle strade anticipano la luce della luna.
L’uomo è in piedi dalle sette del mattino, nello stomaco la colazione frugale al bar con cappuccino e brioche alla crema e il famoso super tramezzino di Maurizio: dai vetri leggermente ricoperti dell’alone serale, Terenzi riesce a vedere il locale in questione e, inevitabilmente, i ricordi tornano a farsi vivi nella sua mente.
“Ancora non riesco a crederci … è un anno che non è più con noi: era un ottimo poliziotto, con il giusto fiuto e le giuste capacità, eppure non gli è bastato … ma perché parlo di lui come se fosse morto?!”
La persona a cui il commissario si sta riferendo è proprio Maurizio, il quarantenne con la barba di qualche giorno e gli occhi chiari che, dopo dieci anni di fedele servizio alla comunità, aveva deciso di abbandonare la divisa per sostituirla con il grembiule e la scritta stampata sopra - decisamente poco narcisista- “Il cappuccino più buono lo so fare solo io”, che era diventato la sua corazza usata per non sporcarsi nella preparazione di manicaretti e bevande: l’ultima sua missione da poliziotto, un paio di anni prima, era stata sottocopertura per smantellare un’organizzazione di trafficanti di opere d’arte.
Tutto si era svolto senza problemi, fino a quando –durante il momento decisivo dello scambio tra la valigetta vomitante soldi e un preziosissimo servizio di vasi etruschi- Maurizio era stato colpito  “ a tradimento” con un colpo di pistola alla gamba, sicuramente scoperto per un passo falso di cui non riusciva a ricordarsi, perciò era stato costretto a sparare a sua volta, uccidendo due dei quattro trafficanti.
Quell’episodio, senza particolari conseguenze fisiche per l’uomo, lo aveva profondamente danneggiato psicologicamente, per questo aveva deciso, in maniera irremovibile e ostinata, di rassegnare le dimissioni dal corpo di Polizia, e di prelevare il negozio a qualche centinaia di metri dal commissariato, trasformandolo nel bar più raffinato della zona, grazie alle sue indiscusse abilità culinarie.
Basta pensare” si riscuote Terenzi  “bisogna agire, altrimenti non riusciremo mai a prendere Perrez!”  
Il poliziotto rimette a posto la tendina bianca della finestra e, gli occhi arrossati, ritorna verso la scrivania, rovistando tra i plichi di documenti sparsi sulla scrivania.
Se fosse per lui se ne starebbe anche tutta la notte in commissariato, tanto a casa, a parte la tartaruga Miss Marple che è ancora in letargo, non c’è nessuno che lo aspetta, ma la sua schiena ha bisogno di riposo: dopo quell’inseguimento di un paio di settimane prima finito non tanto bene per la sua spalla, il letto di casa è il rimedio migliore per alleviare i dolori fisici e i primi acciacchi dell’età, “trentasette anni portati più che dignitosamente”, si consola.
Riordina alla bell’e meglio la scrivania, ritira il primo fax di Marz in un cassetto e infila quello con il resoconto dell’omicidio nella cartelletta trasparente, poi si infila il giubbotto, agguantandolo dall’attaccapanni vicino al divanetto.
Ha ormai aperto completamente la porta, una mano in tasca a controllare se ha preso cellulare e chiavi di casa, quando gli si para davanti un giulivo Ghirodelli:
-Commissario, mi scusi, ero venuto a darle una buona notizia … può aspettare un attimo?!-
-Finalmente … certo, vieni- i due rientrano nell’ufficio, mentre Terenzi accende nuovamente l’interruttore della luce.
-Allora c’è qualche segnalazione attendibile?-
-Pare di sì- esordisce l’ispettore, sventolando un foglio di quaderno a quadretti - il proprietario di una ditta di macchine a noleggio, in via IV Novembre n°35, è sicuro di aver noleggiato un’autovettura proprio a Sebastian Perrez. La descrizione fisica corrisponde e anche i vestiti che indossava sembravano essere gli stessi che aveva ieri alla stazione … -
-Uhm, bene. E quando l’avrebbe visto?- domanda interessato il commissario, grattandosi il mento.
-Oggi pomeriggio, circa un’ora e mezza fa. Quando il presunto Perrez è uscito dall’autosalone, l’uomo ha acceso la radio e ha sentito il notiziario con l’identikit dell’uomo, per questo ci ha chiamato-
-Parlava un italiano scorrevole o con qualche inclinazione particolare?-
-Sì, mi ha detto che si faceva capire piuttosto bene, solo con un lieve accento straniero, ma quasi non si notava: l’uomo giura che l’inflessione fosse tedesca … -
-La targa della macchina e il modello te li sei fatti dare?-
-Ovvio: a sentire il titolare aveva molta fretta, tanto che gli andava bene qualsiasi automobile.  Si tratta di una Audi grigio metallizzata targata AR 663 DN-
-Facciamo mettere dei posti di blocco a livello di tutte le uscite della città!-
-Subito, commissario-
-Un'ultima cosa: immagino che i dati forniti siano stati inventati di sana pianta … -
-Esatto: il presunto Perrez ha detto che era stato rapinato questa mattina, così non poteva fornire alcun documento d’identità. Comunque, per compilare il modulo del noleggio, ha detto di chiamarsi Hans Becker, nato a Dresda il 16 aprile 1974 e residente nella stessa città in via … -
-Sì, va bene, saranno sicuramente dati falsi. L’anno di nascita è però lo stesso: coincidenza o piccola dimenticanza?- lo interrompe Terenzi, quasi domandandolo a sé stesso.
-Non serve scervellarisi, perché ho già fatto un controllo, commissario: non esiste nessun uomo le cui generalità corrispondano alle sue- continua l’altro, indicando con un cenno del capo il foglio tra le mani che non ha concluso di leggere.
Il superiore sospira, grattandosi la barba incolta:
-Adesso vado a casa, ma mi raccomando, per qualsiasi evenienza, segnalazione o altro, non esitate a chiamarmi!-
-Non si preoccupi, sono di turno fino a mezzanotte, poi lascerò detto agli altri ragazzi … -
-Molto bene, conto su di voi. A domani-
-Buonanotte, commissario-
 
 
Lunedì 12 aprile, ore 14.30
 
Passa così una settimana in un continuo altalenarsi di indizi e di piste investigative che man mano li si controlla, portano tutti ad un nulla di fatto: anche per quanto riguarda l’auto noleggiata dal presunto Perrez, non erano stati fatti passi avanti, sembrava infatti essere sparita in un vortice misterioso, il commissario e i suoi non l’avevano trovata da nessuna parte, nemmeno nascosta in qualche rimessa o abbandonata nel fossato più remoto di campagna.
Forse il proprietario delle auto a noleggio si era sbagliato, l’uomo assomigliava talmente tanto all’assassino della Dünnerz, da essersi confuso, e aver fatto perdere così giorni preziosi all’indagine.
Senza un nulla di fatto, il caso rischia di chiudersi definitivamente, riflette Terenzi, il questore sta avendo fin troppa pazienza e noi non possiamo inseguire un fantasma, tralasciando tutti gli altri casi.
Il poliziotto sta uscendo dal suo ufficio per andare a cercare l’ispettore e dirgli che da quel pomeriggio loro non si sarebbero più occupati del caso Dünnerz-Perrez, quando Ghirodelli lo intercetta in corridoio:
-Commissario, è arrivato un fax da Berlino!- lo apostrofa sventolandogli il foglio
-Finalmente! Che cosa c’è scritto?-
-Lo vuole leggere lei?-
-Ce l’hai in mano tu, leggilo tu, no?-
-D’accordo- l’ispettore si schiarisce la voce e, un abbozzo di sorriso sulle labbra sottili, distribuisce una parola dietro l’altra:
- “Buon ciorno, commissario. Vorrei che lei venire qui per fare indagini insieme, nuove informazioni. Prendere treno o aereo. A presto”
-Cosa pensa avrà scoperto?-  domanda l’ispettore, una maschera dubbiosa sul viso.
-Sicuramente qualcosa di importante, altrimenti non mi avrebbe chiesto di raggiungerlo … - ribatte tentennante anche lui.
-Ha intenzione di andare?-
-Non lo so, in fondo non abbiamo scoperto nulla in questa settimana. Se Perrez è ancora qui a Torino, non mi va di lasciare la città: mi è già bastata quella volta a Porto Ercole, e non ci tengo proprio a ripetere l’esperienza. Inoltre, qualsiasi mossa facciamo, non riusciamo mai ad ottenere nulla di concreto:  l’identikit diffuso ha sortito lo stesso effetto di una foto di un attore hollywoodiano, “l’abbiamo visto di qui, l’abbiamo visto di là” … e poi anche la pista dell’auto noleggiata è stata un buco nell’acqua -
-Pensa quindi che anche quella sia stata una falsa pista?-
-Non lo so, Ghirodelli: qualcuno ha noleggiata l’Audi, ovviamente con dati completamente inventati, che però non si è trovata da nessuna parte! E anche i posti di blocco non hanno dato risultati … - Terenzi scuote leggermente la testa, poi continua:
-Comunque sia, non spetta a me decidere, devo chiamare il questore e sentire lei che cosa vuole fare-
-Già, l’ultima parola spetta al Grande Capo … -
Il superiore accenna un sorriso e, scuotendo la testa divertito, continua:
-Mentre provo a chiamarla, fammi un favore: informati su tutti gli orari degli aerei diretti a Berlino che partono domani-
-Mattino o pomeriggio?-
-Da mezzogiorno in poi-
-Va bene, commissario, vado subito-
 
 
Mezz’ora più tardi, l’ispettore bussa all’ufficio di Terenzi con in mano due fogli stampati di fresco:
-Posso entrare?- chiede, aprendo leggermente la porta
-Sì, vieni- l’uomo alza la testa dalle carte che sta controllando
-Ho trovato quello che mi ha chiesto … -
-Bene. Io invece ho telefonato al questore e lei è disposta a farmi partire alla volta di Berlino-
-E’ una buona notizia?-
-Non proprio, avrei preferito dirigere le indagini da qui … che orari mi proponi?-
-Dunque, c’è un aereo che parte domani alle 12.10, un altro alle 14.30, un altro ancora alle 16.45, alle 18…-
-Quello delle 14.30 può andare bene-
-Faccio che prenotarlo?-
-Sì, grazie, seconda classe, non vorrei fare andare in malora le nostre casse già così piene!-
-Poi chi la sente il questore-
 
 
Pochi minuti più tardi, Ghirodelli entra nuovamente nell’ufficio di Terenzi, il volto meno disteso di quando ha lasciato la stanza qualche attimo prima:
-Commissario, mi scusi, è arrivato un altro fax di Marz-
-Stavo giusto venendo a mandargliene uno per confermare la mia partenza. Cosa dice?- il poliziotto si alza dalla sedia e si avvicina al sottoposto
-Ecco, ci sarebbe un contro ordine… -
-In che senso? Non vuole più che lo raggiunga?-
-Il fatto è che sembra che Sebastian Perrez sia morto questa mattina-
-Come morto?! Fino a meno di un’ora fa era vivo e vegeto!-
-Eh lo so, commissario, ma c’è scritto così sul fax-
-Fammi vedere … - intima l’uomo, contraendo la mascella, le sopracciglia aggrottate -qui dice che Perrez lo avrebbe chiamato dicendogli che non riusciva più a sopportare quello che aveva fatto alla Dünnerz e per questo si sarebbe ucciso. Ovviamente non sono riusciti a rintracciare il numero… - conclude Terenzi, alzando lo sguardo come ipnotizzato da un sortilegio solo a loro due noto.
-Ora come procediamo?-
-Eh … ci siamo mobilitati per nulla- sbuffa il poliziotto, restituendo il foglio a Ghirodelli e continuando poi:
-Non siamo stati abbastanza tempestivi. Quando la scorsa settimana abbiamo ricevuto la segnalazione dell’auto noleggiata, avremmo dovuto muoverci subito, avrei dovuto partecipare io stesso ai posti di blocco-
-Non è colpa sua, commissario. Dopotutto non era nemmeno un nostro caso, eravamo solo di supporto ai colleghi tedeschi-
-Sì, lo so, ma mi sento preso in giro: così non sapremo mai se Sebastian Perrez abbia veramente ucciso quella donna oppure no-
-I fatti sono piuttosto chiari-
-Lo so, ma c’è qualcosa che non mi convince-
-Si riferisce al fatto che solo dopo sette anni il presunto omicida sia stato assalito dai sensi di colpa?-
-Sì- risponde pensieroso il superiore, incrociando le braccia sul petto coperto da una camicia a fantasia scozzese  - qualcosa in lui deve aver fatto scattare questo improvviso rimorso che lo ha portato ad uccidersi, non me lo spiego altrimenti, dannazione!-
-Ma non le sembra strano, commissario?-
-Certo che mi sembra strano, Ghirodelli! Ma sappiamo entrambi che adesso come adesso non ci sono elementi sufficienti per tenere aperto il caso. L’unica cosa certa è che non c’è più ragione di partire: per favore, disdici la prenotazione-
L’ispettore, un’occhiata che ricorda quella lanciata da chi è stato beccato a fare qualcosa che avrebbe dovuto fare senza l’input di nessuno, guarda titubante Terenzi:
-Non avevo ancora telefonato, commissario: il telefono del mio ufficio non funziona-
-Come non funziona?!-
-Eh sì, stavo provando a vedere come mai, quando è arrivato il fax di Marz-
Il commissario si passa una mano sulla barba incolta, gli occhi rivolti al soffitto:
-Ma cos’è questo? Un complotto contro di noi?! E’ mai possibile che quando serve qualcosa non funziona mai niente in questo posto?!-
-Mi scusi, commissario, chiamerò subito il tecnico per farlo riparare-
-Ecco bravo, io intanto mando un fax a Marz. Voglio sapere esattamente la dinamica di questo maledetto suicidio! Ah, aspetta: già che ci sono, vengo a dare un’occhiata a questo benedetto telefono!-
 
 
 
Nota dell’autrice:
 
Ciao a tutti! Eccoci con il secondo capitolo del nuovo caso del commissario Terenzi!
L’indagine è entrata nel vivo: come si comporterà il poliziotto, adesso che Perrez è morto?
Sicuramente ogni cosa si complica, perché abbiamo già capito da “Mistero a doppia indagine”, che il lavoro da segugio per il nostro investigatore è tutt’altro che lineare!
Bene, per ora mi fermo qui: un grande grazie ai lettori,  a Claddaghring 8, ad alessandroago_94  e Clairy93 per aver recensito e inserito la storia tra le seguite!
Alla prossima!
 

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Capitolo 3
*** L'elenco ***


In piedi, appoggiato con la spalla destra alla macchinetta del caffè, Terenzi comincia a ragionare sull’omicidio di Rebecca Dünnerz: più ci pensa e più si convince che il movente dell’assassinio non poteva imputarsi esclusivamente alla gelosia, tanto più che il corpo della donna era stato oltraggiato con un’inspiegabile trauma cranico post mortem, dopo l’ingestione fatale di una dose massiccia di barbiturici.
Perché farlo? si domanda il commissario, sempre più dubbioso e caparbio nel trovare una risposta.
E poi non può essere stato un raptus di gelosia! Perrez ha cenato con lei, quella sera, l’ha uccisa e poi è fuggito, facendo perdere le sue tracce per nove lunghi anni! Dove è stato? Chi l’ha aiutato, eventualmente? Perché non costituirsi, se era corroso dai sensi di colpa che lo hanno spinto a suicidarsi?
La scomparsa dell’uomo, subito dopo il delitto, si andava inevitabilmente a sommare allo strano episodio della stazione avvenuto solo un paio di settimane prima, ed entrambi si aggiungevano all’improvvisa e inaspettata morte dell’uomo, provvidenzialmente verificatasi quella mattina stessa.
Un copione degno dei migliori drammi shakespeariani, non c’è che dire, pensa il commissario, peccato che non ci sia un bel sipario a isolare la scena dalla realtà.
Il poliziotto, con l’aiuto del minuscolo e scomodo cucchiaino piatto di plastica, cerca di impadronirsi del fondo di zucchero e caffè, gustandoselo con fare pensieroso: riesco a trovare decente persino questa brodaglia, devo essere davvero ridotto allo stremo, considera tra sé l’uomo.
Poi guarda l’orologio da polso: sono le tre e mezza, in appena un’ora mi hanno sconvolto l’indagine, riflette, anche se di indagine non si può più parlare, ma solo di archiviazione del caso ormai.
Terenzi butta nel cestino il bicchiere di carta e si dirige in guardiola:
-E’ arrivato un fax per me?- domanda all’agente di turno, una ragazza sui venticinque anni di origine africana, i capelli ricci e scuri raccolti in una coda stretta e ordinata, gli occhi grandi color ambra sul viso dalla pelle mulatta.
-No, commissario, non ancora- risponde lei, controllando con eccesso di zelo l’ordinata scrivania di fronte.
-Va bene, avvisami appena arriva. Grazie-
L’uomo, attraversando il corridoio insolitamente simile al deserto del Gobi, rientra nel suo ufficio: dalla finestra dietro la scrivania entra la calda luce del sole, che fa danzare senza sosta le particelle di pulviscolo per tutta la stanza, abbagliando generosamente gli occhi del commissario che, come un burattino di legno mosso da mani invisibili, si muove in direzione della fenditura nel muro.
Apre la finestra per guardare fuori e respirare un po’ di aria che gli possa rinfrescare le idee: le foglie si muovono alla stregua di una danza rituale, dev’esserci vento, considera Terenzi, spostando poi l’attenzione sul lungo viale costellato di ciliegi.
La stretta e ampia strada sotto la centrale di Polizia, ospita il solito traffico quotidiano: suoni di clacson, motori che rombano, brusche frenate, il rintocco delle campane in lontananza … un girotondo di rumori in parte fastidiosi ma monotonamente famigliari.
Ma la gente non è al lavoro? si domanda, non è nemmeno l’ora di punta: per fortuna che anche oggi sono venuto a piedi, altrimenti sarei rimasto imbottigliato in questo dannato traffico.
Il poliziotto richiude le imposte, risvegliandosi da quello sconforto in cui è controvoglia caduto dopo la notizia del suicidio di Perrez.
L’uomo si affaccia alla porta dell’ufficio: il corridoio, rispetto a pochi attimi prima, non ha mutato molto aspetto, sebbene adesso ci siano un paio di agenti intenti ad aspettare che la stampante sputi fuori, come una mitraglietta, il bottino di carta.
Terenzi decide di andare nuovamente in guardiola per vedere se è arrivato il fax di Marz, proprio quando la giovane agente di poco prima esce dalla sua postazione, venendogli incontro con due fogli in mano e un mezzo sorriso sulle labbra:
-Commissario, stavo venendo da lei. E’ appena arrivato questo!-
-Molto bene, grazie- s’illumina il poliziotto, scorgendo rapidamente il nome del mittente: finalmente qualcosa di concreto, mormora tra sé e sé,  riferendosi al secondo foglio e dirigendosi ad ampie falcate nell’ufficio di Ghirodelli.
Il sottoposto, uno sguardo concentrato sul volto contornato dai ricci rossi, è intento a scrivere al computer, la finestra dietro di lui leggermente accostata. 
-Ghirodelli, vieni nel mio ufficio!- lo richiama Terenzi, affacciandosi nella stanza.
-E’ riuscito a contattare il collega?- l’ispettore si alza dalla sedia, mette in pausa il monitor e segue il superiore, passandosi una mano sugli occhi stanchi.
-Sì, mi è appena arrivato questo- e competa la frase sventolandogli in faccia il fax.
Una volta nella stanza, il commissario –senza nemmeno sedersi e appoggiando vicino al telefono l’altro pezzo di carta- comincia a leggere il primo foglio, la voce incuriosita e trepidante al punto giusto:
-E’ il resoconto dell’incidente. Sembra che l’automobile di Perrez, guarda caso un’Audi grigia targata AR 663 DN, si sia scontrata contro un albero poco dopo il confine con la Svizzera. L’impatto è stato violentissimo, tanto da aver sbalzato il corpo in una fossa lì vicino, cadavere che però non hanno ancora recuperato. E’ stato proprio Perrez, nella telefonata che ha fatto prima di uccidersi, a dire a Marz dove trovarlo … morto, aggiungerei io-
Il commissario porge il foglio al sottoposto, schioccando leggermente le labbra:
-Il collega considera il caso chiuso?- chiede Ghirodelli leggendo a sua volta il fax.
-Non lo so, a tal proposito non mi ha mandato altro oltre a questo- risponde indicando il resoconto tra le mani del collega -anche se credo abbia dei dubbi su questa improvvisa conversione di Perrez. Ci sono ancora molte domande a cui non siamo in grado di rispondere-
-Ad esempio, perché Perrez ha ucciso Rebecca Dünnerz-  l’uomo restituisce il foglio a Terenzi, che lo appoggia sulla scrivania, guardandolo come probabilmente facevano gli antichi Romani davanti ai responsi della Sibilla Cumana, in attesa di metterli al corrente di chissà quale stupefacente rivelazione .
-Ad esempio. E un’altra potrebbe essere: perché ha deciso di uccidersi solo adesso, a distanza di anni dall’omicidio della fidanzata? E ancora: perché ha lasciato il suo impermeabile macchiato di sangue nel salotto della vittima?-
-E poi, commissario, c’è la questione della ferita alla testa inferta quando la donna era già deceduta … -
-Vedi anche tu quanti interrogativi ci sono, non possiamo considerare il caso chiuso- conclude il poliziotto, riprendendo a guardare in faccia l’ispettore.
-Ma se non abbiamo elementi per proseguire, non possiamo fare altrimenti!-
-No!- e quella negazione esce dalla bocca del superiore come un aspro rimprovero -un punto da cui partire ce l’abbiamo. Guarda- Terenzi porge l’altro foglio al sottoposto, questa volta il tono di voce più conciliante.
-Che cos’è?-
-Un elenco delle persone che avevano maggiori contatti con la vittima, persone che l’hanno conosciuta bene-
-E noi che cosa dovremmo fare? Interrogarle?- la voce di Ghirodelli è a metà tra il divertito e l’incredulo.
-Dai un’occhiata agli ultimi due nomi della lista- lo esorta il commissario, indicando il pezzo di carta con l’indice in aria.
-Virginia Steinke e suor Maria Tadini… una è italiana o sbaglio?-
-Tutte e due. Leggi leggi: la prima è sposata con un ingegnere tedesco, un tale Andreas Steinke, ma da nubile il suo nome era Rocca Regaldi, un cognome non proprio germanico!-
-Ma Marz le avrà già interrogate a suo tempo!- cerca di farlo ragionare l’altro.
-Sì, ma mi ha dato l’elenco apposta, almeno è come interpreto io la cosa! Credo che dopo quello che è successo, voglia che ci parli io con queste due donne. Ha persino evidenziato i loro nomi, Ghirodelli! Più esplicito di così!- conclude Terenzi, accalorandosi un tantino.
-E le altre persone?-
-A quelle ci penserà lui- taglia corto l’uomo  -adesso provo a contattare la signora Steinke e questa suor Maria. Non dobbiamo più perdere tempo!-
-Commissario, se mi posso permettere, non credo che andremo molto lontano. Voglio dire, sono passati nove anni dall’omicidio della Dünnerz e il presunto assassino è appena morto suicida. Non abbiamo nessun appiglio concreto e, soprattutto, sprecheremo tempo ed energie per un caso ormai chiuso!-
-Se è per questo puoi anche aggiungere che noi siamo a Torino e che la donna è stata assassinata a Berlino, mentre Perrez si è ucciso in territorio svizzero! Un bel caso internazionale, no?- poi, con lo stesso sguardo che si riserva ad un cucciolo di cane a cui bisogna insegnare a controllare i propri sfinteri in casa, Terenzi continua paziente:
-Ghirodelli, guarda che li conosco anch’io i fatti, ma sia Marz che noi non possiamo archiviare il caso, ci sono ancora troppi punti da chiarire … -
L’ispettore sbatte un paio di volte gli occhi, la bocca sottile distorta in una smorfia dubbiosa poi, con voce rassegnata, declama:
-Come vuole lei, commissario. Se non ha bisogno di me…-
-No, vai pure. Ah, hai chiamato il tecnico per aggiustare il telefono?-
-Sì, mi ha detto che viene domani mattina alle nove-
-Bene, almeno un problema verrà presto risolto!-
 
 
Terenzi, sentendosi risollevato e ricaricato come dopo una giornata alle terme, decide di contattare per prima la signora Virginia:
-Hallo? *-  una calda voce femminile risponde quasi subito all’apparecchio telefonico.
-Guten Tag, kann ich mit Frau Steinke spreche *?- si presenta l’uomo, sfoggiando il suo tedesco scolastico.
-Ich bin Virginia Steinke. Wer sind Sie *?-
-Buon giorno, signora, sono il commissario Alessandro Terenzi del commisariato “L’Aquila” di Torino-  
-Un poliziotto italiano? Che cosa vuole da me?!- domanda stupita Virginia, parlando nella sua lingua madre.
-Mi dispiace disturbarla, ma avrei urgente bisogno di parlare con lei-
 La donna lo interrompe all’istante, dicendogli:
-Guardi che probabilmente ha sbagliato numero. Mio marito ed io è da più di un anno che non veniamo in Italia, quindi non riesco a capire il motivo della sua chiamata!-
-No, signora, stia tranquilla. Non ho sbagliato numero, l’ho contattata per farle delle domande riguardo un caso di omicidio avvenuto nove anni fa- riprende Terenzi, la voce calma e paziente.
-Si sta forse riferendo all’omicidio di Rebecca?- all’altro capo del telefono, a migliaia di chilometri di distanza, il timbro di voce si tinge di una nota malinconica e sorpresa.
-Sì, il commissario Marz…-
-Me lo ricordo, è lui che ha seguito il caso … -
-Ecco, appunto: Marz ha riaperto le indagini sull’assassinio della signorina Dünnerz, in seguito all’avvistamento pochi giorni fa dell’unico sospettato, Sebastian Perrez … -
-Sebastian?! Ma dopo quello che è successo a Rebecca è praticamente scomparso nel nulla!- la donna comincia a pensare che quella telefonata si tratti di uno scherzo architettato da qualche sua amica di Rovereto –la sua città natale- che vuole vendicarsi per la lunga lontananza degli ultimi mesi.
-Domenica scorsa è stato avvistato alla stazione di Berlino mentre prendeva un treno per Torino. Il problema è un altro però: questa mattina si è suicidato- continua a spiegare non più paziente come all’inizio della conversazione.
-Sebastian morto?! Cosa sta dicendo?!- sì, decisamente quello doveva essere uno scherzo di pessimo gusto.
-Non lo sto dicendo io, signora, purtroppo i fatti si sono svolti così!-
Dopo una manciata di secondi in silenzio, forse per metabolizzare la notizia e comprendere che, se in quell’intervallo di tempo l’uomo non si fosse rivelato un burlone, allora voleva dire che stava parlando effettivamente con un poliziotto italiano, la signora trova il coraggio di chiedere:
-Ma come è successo?-
-Ha avuto un incidente di macchina in territorio svizzero-
-In Svizzera? Non mi ha detto che era diretto a Torino?!- e di nuovo l’ombra dello scherzo si proietta sulla sua fantasia.
Quante domande fa questa donna, si chiede Terenzi:
-Sì, perlomeno era la pista che stavamo seguendo, fino a quello che è successo stamattina-
-Non riesco proprio a capire, commissario. Io non ho mai creduto alla colpevolezza di Sebastian, perché lui e Rebecca erano così innamorati! Quando è successo l’omicidio, chi li conosceva bene come me, non riusciva a spiegarsi il motivo per il quale l’avesse uccisa. Abbiamo cercato di rintracciarlo subito dopo aver avuto la tragica notizia ma, come ben saprà, non ci siamo riusciti: la fuga ha solo aggravato la sua posizione, purtroppo … -
-Uno dei punti poco chiari è proprio il perché sia fuggito, se davvero era innocente come lei dice. Ma adesso che è morto anche lui, rischiamo di chiudere definitivamente il caso, capisce?-
-Sì, però non so come aiutarla. La polizia mi ha già interrogata nove anni fa, e tutto quello che sapevo l’ho detto allora. Ancora oggi spero che trovino chi ha ucciso veramente la povera Rebecca-
-Se proseguiremo con le indagini, le prometto che il colpevole verrà fuori-
-Lo spero, sarebbe il minimo da fare- ribatte la donna con una punta di stizza nella voce.
-Le ripeto che è quello che stiamo facendo, per questo vorrei farle delle domande-
-Come vuole, commissario. Le dico solo che adesso non ho molto tempo, tra poco devo uscire, però se vuole possiamo sentirci domani- concede generosamente l’imperatrice Virginia Rocca Regaldi in Steinke.
-Va bene, a che ora posso chiamarla?- domanda il suddito obbediente.
-In mattinata andrà benissimo-
-D’accordo. Un’ultima cosa, signora: nell’elenco di persone che frequentavano la signorina Dünnerz, figura anche una certa suor Maria Tadini. La conosce?-
-Sì, la conoscevo abbastanza bene. So che è stata la sua madrina e anche la migliore amica della madre. Rebecca e suor Maria, quando ancora non aveva preso i voti, hanno abitato insieme per qualche tempo. Comunque, poco tempo dopo la loro convivenza, Rebecca conobbe Sebastian all’Università-
-E quando la madrina della signorina Dünnerz prese i voti, le due donne continuarono a vedersi?-
-Certamente! Ai loro incontri non hanno mai rinunciato: due volte a settimana, il mercoledì e la domenica, Rebecca andava a trovarla in convento-
-Si ricorda tutto molto bene-
-Sì, ho una buona memoria-
-E lei, invece, ha più visto suor Maria?-
-Qualche volta, all’inizio di tutta quell’assurda vicenda. Lei, come tutti del resto, la prese molto male, non volle vedere nessuno per parecchi giorni, non riusciva a credere a quello che era successo. Poi ci siamo perse di vista … -
-Senta, nell’eventualità che le venisse in mente qualcosa prima di domani mattina, le posso lasciare un mio recapito?
-Certamente-
-Ecco ho segnato il numero – gli comunica la donna, una volta scritte le cifre dettatele.
-Grazie signora, a domani-
E dopo il saluto di congedo anche di Virginia Rocca Regaldi, l’uomo riattacca la cornetta, cercando con gli occhi una matita con cui scarabocchiare: domani chiamare Frau Steinke.
 
 
Traduzione delle frasi in tedesco:
 
-Pronto?-
-Buongiorno, posso parlare con la signora Steinke?-
-Sono io Virginia Steinke. Lei chi è?-
 

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Capitolo 4
*** La suora, lo zombie e il dipinto ***


Dal primo colloquio, Terenzi non ha ricavato granché, se non la certezza che la signora Steinke considerava Sebastian Perrez, fin dall’inizio di quella complicata vicenda, assolutamente innocente.
Fatto trenta, facciamo trentuno, si dice il poliziotto, così decide di telefonare anche a suor Maria.
Compone il numero del convento, un luogo veramente di meditazione e silenzio perché nessuno si preoccupa di rispondere.
Al decimo squillo, l’uomo sta per riattaccare quando, dall’altra parte del ricevitore, qualcuno alza la cornetta, salutandolo con un tono angelicato degno del posto:
-Hier die heilige Familie Kloster *-
-Guten Tag, Schwester. Kann ich mit Schwester Maria spreche *?-
-Ja, ein Moment, bitte *-
-Danke *-
Qualche attimo di attesa trascorso a scarabocchiare asterischi e gusci di lumaca sul block notes di fronte a lui, poi una voce anziana, acuta e un po’ traballante, lo risveglia dalle sue tavole leonardesche :
-Hallo? Hier spricht Schwester Maria *-.
-Suor Maria, buongiorno, sono il commissario Alessandro Terenzi della polizia di Torino- si presenta l’uomo, abbandonando all’istante il mozzicone di matita, quasi  temesse di essere visto.
-Polizia di Torino? Cosa cerca in un convento?- risponde serafica lei.
-Scusi il disturbo, ma vorrei parlarle di una questione un po’ delicata-
-Sono anni che non torno in Italia e lì non mi sono rimasti parenti. Non so come posso esserle d’aiuto, signor commissario-
-Infatti non si tratta di questo, ma di qualcosa che è successo anni fa, lì in Germania-
-Se è così, la prego, parli pure apertamente … -
-Ecco- cominciò schiarendosi la voce  -qualche giorno fa sono stato contattato da un collega tedesco che ha chiesto il mio contributo per un caso che la riguarda … indirettamente-
-Non mi sembra di essere coinvolta in qualcosa di illecito!- ridacchia lei.
Ah bene, almeno la prende sul ridere, ammette mentalmente Terenzi.
-No, infatti, non è per qualcosa che ha fatto che la sto contattando. Vede, suor Maria, questo collega mi ha cercato perché ha bisogno che lo aiuti a catturare un uomo che dopo anni si è rifatto vivo, proprio qui a Torino … -
-Signor commissario, la prego venga al dunque, comincia a spaventarmi!-
-Quest’uomo è …  Sebastian Perrez-
-Sebastian in Italia?!- la voce della donna non è particolarmente sorpresa, anzi, si tinge di una nota divertita.
-Sì, almeno fino a una settimana fa. Purtroppo è stato ritrovato senza vita questa mattina in Svizzera e … -
Una sorta di singhiozzo da parte della suora interrompe la conversazione, mentre  tric tric tric, il mozzicone di matita rotola giù dalla scrivania, rapido e traditore: Terenzi lo guarda interdetto cadere, preso in contropiede anche dalla reazione della donna.
-Suor Maria, si sente bene?-
Nessuna risposta.
-Suor Maria, è ancora in linea?-
-Mi scusi, signor commissario, cosa vuol dire che Sebastian è morto? Come è successo?-
-Un incidente… con la macchina- Terenzi non vuole turbarla maggiormente, così tralascia felicemente i particolari della vicenda.
-Santo Cielo, che il Signore abbia misericordia della sua anima, povero Sebastian … -
Qualche istante di silenzio, poi l’uomo torna all’attacco:
-Lei conosceva bene il signor Perrez?-
-Rebecca, la mia bambina, è morta nove anni fa e Sebastian è stato duramente e innocentemente accusato, signor commissario. Certo che lo conoscevo bene, era come un figlio per me!- specifica un po’ irritata l’altra, la voce ancora più acuta.
-Suor Maria, purtroppo i fatti sono andati diversamente. Il signor Perrez è sempre rimasto l’unico indagato per quello che è successo alla sua figlioccia e, in tutto questo tempo, deve ammettere che non ha mai cercato di discolparsi, anzi si è dato alla fuga fin dal primo momento. Capisce anche lei come questo non abbia minimamente giocato in suo favore!-
-Non è andata così, signor commissario. Io so che Sebastian era innocente, lo è sempre stato: lui e Rebecca si volevano bene e io ho visto i suoi occhi, non mentivano!-
Qualche istante di silenzio, questa volta da parte del poliziotto.
-In che senso ha visto i suoi occhi …?- domanda dubbioso mentre, abbassandosi a mezzo busto, riprende tra le dita il mozzicone di matita.
-L’ultima volta che Sebastian è venuto a trovarmi è stato appena due settimane fa, signor commissario-
Terenzi non può credere a quello che ha sentito, forse la suora è un po’ sorda e non ha ben inteso la domanda, oppure è lui che sta diventando sordo?
-Aspetti un attimo, suor Maria. Cosa sta cercando di dirmi?! Che lei e Sebastian Perrez vi siete visti poco tempo fa?!- tric tric tric , adesso il mozzicone è caduto di nuovo: Terenzi cerca di agguantarlo, ma è talmente scioccato che il suo sguardo non può far altro che vederlo rotolare giù.
-Certo, signor commissario- risponde l’altra, come se fosse la cosa più ovvia e scontata dell’intera conversazione  -era un così bravo ragazzo, tanto buono e caro! Veniva sempre a trovarmi una volta al mese, qui in convento!-
Ma questo è davvero assurdo! Non è possibile che una donna di chiesa protegga un malfattore dello stampo di Perrez! riflette piccato l’uomo.
-Mi scusi, suor Maria, ma si rende conto di quello che sta dicendo? Lei è stata a contatto tutti questi anni con l’assassino della signorina Dünnerz e non l’ha mai denunciato!- chiede Terenzi, recuperando dal pavimento lo sfortunato mozzicone di matita.
-Oh no, non dica così! Non ho mai creduto che Sebastian avesse potuto fare una cosa tanto grave! Voi avete dipinto quel ragazzo come un mostro, ma in realtà non lo era affatto!-
Il commissario non è completamente sicuro che proporre quell’ipotesi proprio in quel momento possa dare esiti positivi, ma ugualmente ci prova, forte di aver finalmente intrappolato nel pugno il mozzicone traditore:
 -Posso immaginare il suo dolore, ma si deve rendere conto che Sebastian Perrez non era il bravo ragazzo che lei credeva! Ed è per questo che ho bisogno di parlarle, per fare luce su questo suo … rapporto amichevole con l’indagato-
-Signor commissario, non so che cosa raccontarle. Già allora ho detto tutto quello che sapevo sulla morte della mia povera Rebecca, e di Sebastian non c’è nulla da dire per il semplice fatto che è … anzi, era innocente!-
-Suor Maria, la prego- cerca di farla ragionare il poliziotto  -ho bisogno che lei mi ridica quello che ha detto al collega Marz: può essere che si ricordi particolari che allora le erano sfuggiti. Abbiamo riaperto il caso e tutto quello che riusciremo a scoprire in più, servirà per rendere finalmente giustizia alla signorina Dünnerz-
Un profondo sospiro da parte della donna interrompe nuovamente la conversazione:
-D’accordo, signor commissario, se servirà per scoprire chi ha fatto del male alla mia bambina e anche a Sebastian, allora la aiuterò, ma non adesso: stanno suonando le campane per la messa-
-La ringrazio, allora mi dica lei quando possiamo sentirci- riprende Terenzi, passandosi una mano sulla barba incolta.
-Non ho molta dimestichezza con questi apparecchi telefonici, perciò le dispiacerebbe venire di persona?-
-Veramente non so se posso, dovrei chiedere al mio superiore…-
-Non ho fretta. Se vuole ancora venire a parlarmi, l’aspetto dopodomani alle quattro del pomeriggio, qui in convento-
-Ma, suor Maria…-
-A presto, signor commissario-
-Aspetti!-
Aspettare cosa?  Si domanda l’uomo, guardando dubbioso la cornetta ancora in mano: ma perché mi faccio sempre trascinare in indagini senza capo né coda? Perché non posso essere un semplice commissario di città?
Il poliziotto sospira forte, si passa ancora una mano sulla barba incolta e, contando fino a dieci, si alza dalla poltrona, facendo leva sulle braccia lasciate nude dalle maniche della camicia color crema arrotolate.
 
 
Uno zombie al culmine del suo successo, avrebbe avuto un incedere molto più aggraziato del suo.
Terenzi, infatti, dirigendosi pesantemente nell’ufficio dell’ispettore, una volta al traguardo, esordisce candidamente:
-Ghirodelli, ho combinato un casino-
-Cosa intende dire, commissario?- indaga l’altro, alzando gli occhi dal monitor del computer, non realizzando appieno la dichiarazione del superiore.
-Ho chiamato le due donne italiane dell’elenco che mi ha faxato Marz: con la prima, la Steinke, non ho ricavato praticamente nulla, se non la convinzione che per lei Perrez è sempre stato innocente, ma ho ancora qualche speranza, perché domani la devo richiamare per farle una sorta di interrogatorio a distanza.
Dalla seconda, la suora, ho scoperto invece una cosa incredibile, non saprei con che altro termine definirla!-
-Che cosa può aver scoperto di così sensazionale che i colleghi tedeschi già non sappiano?- cerca di calmarlo l’ispettore, alzandosi dalla poltrona girevole e avvicinandosi allo stipite della porta, da dove il commissario non sembra avere intenzione di scollarsi.
-Che la cara suorina, in questi nove anni, incontrava regolarmente Sebastian Perrez!- quella rivelazione declamata a gran voce, ha palesemente risvegliato l’uomo dall’ipnosi in cui era caduto, fino a quel momento il pensiero rivolto al monitor del computer alle sue spalle.
-Come lo incontrava?!-
-Proprio così: una volta al mese lui andava a trovarla in convento, almeno è quello che mi ha detto.
 E anche suor Maria non crede nella colpevolezza dell’uomo, proprio come Virginia Steinke-
-Ma se tutti credevano nella sua innocenza, allora perché non si è mai costituito?-
-Eh, vaglielo a chiedere!-
-Certo, se non fosse morto e lo avessimo preso, potremmo chiedergli tutto quello che ci passa per la mente-
-Era una battuta, Ghirodelli- riprende Terenzi, il solito piglio deciso  -visto che si trova in una fossa svizzera e presto su un tavolo dell’obitorio, dobbiamo risolvere noi questo rompicapo!-
-Pensa di avvisare Marz?-
-Lo farò, ma non subito, perché il problema adesso è un altro: la suora mi ha dato una sorta di ultimatum, se vado da lei dopodomani è disposta a raccontarmi tutto quello che sa sulla Dünnerz e su Perrez, altrimenti posso anche cavarmela da solo!-
-Dopodomani?! E lei pensa di andare?-
-A questo punto non posso più tirarmi indietro, sempre che il questore mi dia il permesso-
-E  cosa pensa di dire a Marz?-
-Secondo te può andare bene una cosa del tipo “Arresti suor Maria perché incontrava clandestinamente un sospettato di omicidio nel suo convento?!” Non ci sono prove, solo la sua parola. Certo è che, se dovessi andare da lei e scoprire qualcosa di interessante, allora lo metterò al corrente senza esitazione, ma se così non fosse, avremmo fatto l’ennesimo buco nell’acqua … -
-Ha ragione, è meglio andare con i piedi di piombo-
-Chiamo subito il questore e sento se mi da l’autorizzazione ad andare dalla suora-
-Bene, allora io proseguo con la relazione dell’aggressione al parco … -
-Ottimo!- sentenziò il superiore, dispensando generosamente una pacca sulla spalle di Ghirodelli   -come prosegue il caso Mattioli?-
-Procede, commissario. Questa notte siamo io e Bini di appostamento-
-Confido nelle tue capacità, prima o poi riuscirete a beccarlo in flagrante-
 
Venti minuti più tardi, Terenzi ha ottenuto l’autorizzazione dal questore per poter andare da suor Maria in convento.
Il suo superiore gli dà non solo piena fiducia ma anche carta bianca, può fare e disfare come vuole, esattamente come succede sempre.
Mi raccomando, commissario! Non facciamo come l’ultima volta che è andato in trasferta in Toscana! Lì, più che un’indagine, alla fine è sembrata una riunione di famiglia. Se capisce che quella suora non potrà esserle d’aiuto, allora ritorni immediatamente a Torino! Non voglio sacrificare tempo prezioso ad altre indagini più importanti!”
E lui, da bravo soldatino com’è, ha obbedito senza scomporsi, senza dirgliene quattro, a quella simpatica di un questore: dovrò prenotare di nuovo l’aereo, sperando questa volta di non disdirlo.
Gli sta venendo un mal di testa, una di quelle emicranie da lavoro, come le definisce lui, che non hanno niente a che fare con il male fisico, ma con quello psicologico e del fardello delle responsabilità.
Terenzi guarda l’orologio da tavolo sulla scrivania: sono quasi le sette, direi che posso andare a casa, si dice. E’ già in piedi e sta per prendere il giubbotto dall’attaccapanni, quando bussano con convinzione alla porta dell’ufficio:
-Avanti!- esclama l’uomo, aprendo la porta socchiusa vicino al divanetto.
-Mi scusi, stava andando?- chiede Ghirodelli entrando.
-Sì, ma non ti preoccupare, dimmi-
-E’ appena arrivato questo fax da Marz- lo avvisa l’altro, sventolandoglielo dubbioso.
-Cosa dice?- domanda Terenzi mentre si infila il giubbotto.
-Non è da leggere, commissario, è da vedere-
-Cosa vuoi dire?- e tac, un’altra fitta alla tempia, tipica del suo mal di testa da lavoro.
-E’ un quadro, per esattezza l’ultimo che ha dipinto la Dünnerz poco prima di morire-
-Fammi vedere- il poliziotto guarda l’immagine con curiosità e attenzione – “Il Rosso e il Fiume”, interessante come titolo. La data è del 21 marzo 2006-
-Una settimana prima dell’omicidio- precisa l’ispettore.
Terenzi si rigira il foglio tra le mani: la tela in questione, da ciò che è stato battuto a computer in basso a destra, misura all’incirca 15 x 12 cm e rappresenta una moltitudine di colori ottenuti con le diverse gradazioni del rosso.
Al centro del dipinto è raffigurata una lunga striscia di un azzurro intenso, il fiume a cui si riferisce il titolo, che proprio per la tinta così accesa è in forte contrasto con il resto del quadro. Attorno alla misteriosa immagine sono stati disegnati dei fiori gialli e verdi dallo stelo piuttosto lungo, raggruppati in piccoli grappoli.
-E’ molto particolare ma nell’insieme è estremamente semplice- commenta Terenzi, continuando ad osservarlo.
-Sì, l’ho pensato anch’io, commissario- la voce dell’ispettore è insolitamente bassa, mentre lo sguardo rimane catturato dal fax che tiene tra le mani il superiore.
-Cosa c’è, Ghirodelli? Non ti senti bene?-
-No, è che questo quadro mi sembra di averlo già visto, ma non ricordo dove-
-Lo hai già visto? Perché non me lo hai detto subito?!-
-Vede, commissario, non sono sicuro…-
-Fa’ uno sforzo! Non ti ricordi nemmeno quanto tempo fa o il motivo per cui lo hai visto?-
L’ispettore passa in rassegna le ultime mostre che è andato a visitare, gli ultimi documentari che ha guardato sul canale Arte 1, ma poi, rassegnato, scuote la testa:
-Forse è stata solo l’impressione di un momento…- risponde amareggiato.
-Può essere che Rebecca Dünnerz abbia copiato il dipinto! Da un altro quadro, intendo, o magari da un libro. Magari è per questo che ti ricorda qualcosa!-
-Un plagio? Non saprei, per quanto mi sforzi non mi viene in mente nulla. Ma perché poi avrebbe dovuto imitare il dipinto?-
-Come faccio a saperlo? Era un’ipotesi come un’altra-  si rassegna anche Terenzi.
-Mi dispiace, non riesco ad esserle d’aiuto. Spero che prima o poi mi venga in mente-
-Ne sono certo. Ora vai a casa, è tardi- conclude il commissario, tirando su la cerniera del giubbotto e ritirando il foglio in un cassetto della scrivania.
-Non posso: anzi, prenoterò un panino da Maurizio, perché poi sono di turno con Bini-
-Per l’appostamento, vero?-
-Sì. A proposito, che cosa le ha detto il questore?- s’informa l’ispettore uscendo dall’ufficio, seguito a ruota da Terenzi.
-Niente di particolare, mi ha dato il permesso per parlare con la suora, anche se non crede di poterne ricavare molto. Ma come al solito ha delegato tutto a me: e io, per non interrompere il nostro precario idillio, ho obbedito senza riserve!-
Il sottoposto emette un risolino poi, più serio, domanda:
-Domani le prenoto l’aereo?-
-No, non preoccuparti. Domani stai pure a casa, farai già le ore piccole stanotte: ho bisogno che tu sia in forma per gestire al meglio le indagini, quando partirò–
-Ma commissario, non si preoccupi, io…-
-Ghirodelli è un ordine! Se ti dovessi ricordare dove hai visto il quadro, ovviamente telefonami, altrimenti ci vediamo dopodomani, prima che parta per il convento-
-Va bene, grazie, commissario. Buonanotte-
Terenzi si volta verso l’ufficio per controllare di aver chiuso la porta mentre, dalle veneziane abbassate dell’apertura rettangolare in vetro, si assicura che la luce sia spenta.
Soddisfatto della sua abituale perizia, si rimbocca il bavero del giubbotto, saluta l’agente in guardiola ed esce dalla stazione di polizia, la luna piena e la calma piatta di una serata d’aprile ad attenderlo.
 
 
TRADUZIONI DAL TEDESCO:
 
-Qui è il convento della sacra Famiglia-
-Buon giorno, sorella. Posso parlare con suor Maria?-
-Sì, un momento, prego-
-Grazie-
 
-Pronto? Qui parla suor Maria-
 
 
NOTA DELL’AUTRICE:
 
Ciao a tutti! Il caso si fa sempre più complicato: Virginia e suor Maria sono entrambe convinte dell’innocenza di Sebastian Perrez, ma non è questo il problema!
Veramente la donna di Chiesa incontrava abitualmente il presunto assassino di Rebecca, oppure è solo un suo tentativo per non infangare la memoria dell’uomo?!
E adesso che Terenzi ha ottenuto il permesso per la sua “trasferta” in Germania, riuscirà ad ottenere qualche notizia valida ai fini delle indagini?
Cosa gli racconterà Virginia nel colloquio del giorno successivo?
Infine (e poi non vi tedio più con tutte queste domande!) dov’è che Ghirodelli ha già visto l’ultimo quadro dipinto da Rebecca?
Grazie a tutti i lettori!
A presto!
 

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Capitolo 5
*** Galeotto fu il catalogo (e la bici rossa) ***


Martedì 13 aprile, ore 10.00
 
 
Quella notte il commissario ha dormito poco e male: la principale causa era sicuramente da imputare alla sua emicrania da lavoro, per la quale nemmeno le due pastiglie di ibuprofene erano riuscite a fargliela passare per più di sei ore consecutive.
E poi c’era stato il problema, per nulla da sottovalutare, del rumore che continuavano a fare i nuovi vicini, la coppia diabolica, come ormai ha deciso di definirli, l’estetista e il deejay, due persone all’apparenza educatissime e dispensatrici di sorrisi ma che, rintanati tra le quattro mura dell’appartamento di fianco a quello del poliziotto, davano inizio ad un concerto di natura indefinibile: musica incomprensibile (sarà originaria di qualche Paese esotico, azzardava ogni volta Terenzi), schiamazzi e risate equamente distribuite, senza tralasciare ovviamente il volume della televisione che avrebbe ridato l’udito persino ad un sordo dalla nascita.
A nulla servivano i colpi sulla parete che il commissario elargiva quando la sua soglia di sopportazione arrivava al massimo: silenzio per cinque minuti e poi il concerto riprendeva.
Già tutto questo teatrino lo aveva fatto rigirare nel letto come un baco da seta nella sua crisalide quando, a notte fonda, l’uomo aveva percepito una strana presenza a fargli compagnia: Miss Marple, infatti, aveva deciso di risvegliarsi dal letargo proprio a quell’ora.
La sua mole da tartaruga di terra adulta non era certo così gradevole, soprattutto se si considerano le gentili unghiate che l’animale aveva utilizzato per salutare -almeno era quello che aveva pensato l’uomo- il proprietario, dopo la botta alla testa che aveva dato alla testiera del letto e aver realizzato l’origine di quel tocco fastidioso.
Adesso, dopo il quarto the alla pesca della macchinetta che aveva soppiantato l’unico caffè mattutino che temeva avrebbe dato manforte all’emicrania incredibilmente passata, il commissario sta rileggendo tutte le informazioni sul caso Perrez: l’aggressione al controllore alla stazione di Berlino, la ricostruzione dell’omicidio di Rebecca Dünnerz, l’identikit del latitante, il ritrovamento del cadavere del presunto assassino in una fossa al confine con la Svizzera, la falsa identità fornita da Perrez all’autonoleggio per ottenere l’Audi grigia, le conversazioni con Frau Steinke e suor Maria …
Ho come la sensazione che mi tornerà mal di testa, sta amaramente prendendo in considerazione il poliziotto, quando squilla il telefono dell’ufficio:
-Terenzi…- risponde con voce pensierosa e biascicata, gli occhi fissi sulle carte. 
-Commissario, buon giorno, sono Virginia Steinke. Si ricorda di me?-
Il poliziotto smette di leggere e si drizza a sedere:
-Sì, certo, signora, buon giorno. L’avrei chiamata tra poco. Le è venuto in mente qualche particolare?-
-No, ma volevo solo farle sapere che venerdì mio marito verrà a Milano per lavoro: se ha ancora bisogno di parlarmi, posso venire con lui-
Il poliziotto si passa una mano sulla barba incolta, incredulo nell’udire quell’apparente colpo di fortuna:
-Per me non c’è problema, sempre che per lei non sia un disturbo…-
-Niente affatto. Allora a che ora devo presentarmi?-
-Quando vuole …- continua l’uomo, nel timore di tirare troppo la corda e far cambiare idea alla donna.
-Facciamo per le quattro? Così prendo il treno con comodo -
-Sì, d’accordo-
-Bene, commissario, ci vediamo venerdì- conclude Frau Steinke, il tono serio e professionale di una segretaria.
-Certamente, arrivederci signora-
Finalmente qualcuno che si decide a venire fino a qui, pensa l’uomo una volta riattaccato, avrebbe fatto così anche suor Maria avrei preso due piccioni con una fava.
 
 
 
Ore 14.30
 
La giornata è particolarmente mite per la stagione: i fiori di ciliegio rosa e bianchi sprigionano un delizioso profumo nell’aria, formando un contrasto di colori con le aghiforme dal lato opposto del marciapiede, dalle foglie perennemente verde scuro.
Terenzi, avvolto nel solito cappotto leggero marrone scuro, sta rientrando alla stazione di polizia dopo la pausa pranzo: le mani nelle tasche dei pantaloni grigio tortora, lo sguardo abbassato a contare i passi che lo separano dalla stazione di Polizia, il pensiero alle buste da insalata che deve comprare quella sera per Miss Marple.
E’ uscito da nemmeno cinque minuti dal bar di Maurizio, quando vede attraversare di fronte a lui una ragazza che, sebbene gli dia le spalle, gli sembra di conoscere a prima vista, stretta in un maglioncino che, se la luce non lo inganna, dovrebbe essere color terracotta.
La giovane scende da una bicicletta rossa che lega ad un lampione, proprio all’angolo con la via che porta al commissariato. Quando la ragazza alza la testa, dopo aver controllato di aver chiuso bene il lucchetto della due ruote, il poliziotto ha quasi la certezza che sia lei, anche se i capelli raccolti in una treccia sono un po’ più lunghi di come se li ricorda, e indossa un paio di occhiali da sole a coprire gli occhi che dovrebbero essere ambrati.
-Signorina Morini…?- saluta avvicinandosi, la voce titubante.
 -Commissario Terenzi! E’ proprio lei?!- la ragazza si sistema la borsa nera a tracolla e gli stringe la mano.
-Sì, buon giorno, sono io. Che cosa ci fa da queste parti?-
Ginevra si sistema gli occhiali sulla testa, forse per rendersi conto che l’uomo davanti a lei sia lo stesso che ha conosciuto quasi un anno prima.
-Una settimana fa ho iniziato a fare praticantato al Museo Egizio! Si ricorda che l’ultima volta che ci siamo visti le avevo parlato della specializzazione in Archeologia orientale?! Bene, adesso mi hanno preso per uno stage di sei mesi, poi vedranno se assumermi!-
-Mi ricordo- ammette senza sforzo Terenzi, spostandosi di lato per far passare una scolaresca di bambini di sette o otto anni  -era a Bologna, se non sbaglio. Ci è andata alla fine?-
-Sì, ma solo per un master: sa, sono tutti raccomandati …-  sbuffa contrariata, scuotendo il capo – ma adesso eccomi qui a Torino! Lei, invece, cosa mi racconta di bello?-
-Io sono sempre alle prese con delinquenti, scartoffie e cose del genere, niente di diverso dalla scorsa estate. Il mio commissariato è proprio qui dietro- indica l’uomo con un gesto della mano, riprendendo posto dopo la mandria di giovani alunni scomparsa pochi metri oltre.
-Ah, non lo sapevo! Allora è probabile che ci incontreremo spesso! Con queste belle giornate ne approfitto per venire in bici … -
L’uomo sorride impacciato. Sta per dirle che lui invece si reca a lavorare a piedi, che condivide appieno la sua scelta, quando si ritrova a pronunciare la più comune delle frasi:
-Mi ha fatto molto piacere rivederla, signorina Morini-
-Anche a me, commissario. Se ha un attimo di tempo, venga a trovare al lavoro, magari durante la pausa pranzo-
-Ci proverò. Ora devo andare, arrivederci-
-A presto, commissario!-
Mentre il poliziotto si allontana, lei sorride con comprensione e, seguendolo con lo sguardo fino a quando gira l’angolo, riflette:
“E’ sempre il solito: impeccabile e tutto d’un pezzo! Certo che almeno poteva invitarmi a bere qualcosa!”
Scuotendo la testa, Ginevra punta verso il bar di Maurizio: apre la porta e, lo stomaco che comincia a brontolare, adocchia uno dei super tramezzini che tanto le piacciono.
“Meglio soli che male accompagnati …” si consola, mentre il campanello in finto argento posto dietro l’ingresso, annuncia la sua presenza.
 
 
Un giorno intero senza Ghirodelli si fa sentire: Terenzi ormai è abituato a lavorare in coppia con lui da quasi sei anni, ma si rende conto che un po’ di meritato riposo glielo deve pur concedere.
Come gli ha ricordato il questore nella telefonata di ieri pomeriggio, hanno anche altri casi da risolvere, altre indagini in cui gli indizi e gli indagati abbondano, quindi è giusto non stremare la forza fisica e mentale dell’ispettore, che sostituirà il commissario quando partirà alla volta di quel paesino sperduto in cui si trova il convento di suor Maria.
Per il breve tragitto dal bar di Maurizio alla centrale, il poliziotto ha speso tutti i suoi pensieri nell’organizzare le domande per l’interrogatorio di venerdì della signora Steinke ma, adesso, entrato nella stazione, la sua mente è occupata dall’incontro con la giovane archeologa. 
Deve ammettere che è rimasto piacevolmente sorpreso: non si aspettava di certo di ritrovarsi davanti Ginevra Morini, la ragazza che ha conosciuto la scorsa estate durante quell’intricato caso a Porto Ercole.
Da allora non l’aveva più rivista, ma all’inizio, quando era tornato alla solita vita da scapolo e poliziotto, aveva pensato a lei, alla sua ingenuità, al suo altruismo e anche alla sua simpatia: avevano preso insieme il treno di ritorno e, una volta scesi, si erano ripromessi di incontrarsi prima o poi, se non che, una volta usciti dalla stazione, si erano accorti di non essersi scambiati né i numeri di telefono né tantomeno gli indirizzi.
“Se dovrò rincontrarla, un modo lo troverò”  aveva tagliato corto lui, mentre si avviava verso l’auto di Ghirodelli, e così era stato, anche se lui non aveva fatto granché perché quell’incontro avvenisse.
Il viavai nel corridoio del commissariato risveglia l’uomo dai suoi pensieri: è tempo di lavorare, si dice, per queste cose ci sarà un’altra occasione.
Apre la porta del suo ufficio, sistema il giubbotto sull’attaccapanni vicino al divanetto e si siede sulla poltrona dietro la scrivania, dove prontamente comincia a firmare alcuni fogli di indagini arretrate.
Sono passati solamente dieci minuti di quel noioso lavoro da amanuense, quando il telefono prende a squillare:
-Terenzi…- risponde concentrato, la mano sinistra ad autografare la carta davanti a lui.
-Commissario, sono Ghirodelli!- saluta calorosamente l’altro, mentre il superiore sorride beato e, la schiena appoggiata, domanda:
-Ah, buon giorno! Ti manco già dopo nemmeno ventiquattr’ore?!-
-No, commissario … ehm cioè senza offenderla, ma l’ho chiamata per un’altra cosa. Sono riuscito a ricordarmi dove ho visto l’ultimo quadro della Dünnerz!-  spiega l’uomo, con lo stesso tono di chi è in procinto di rivelare la notizia più sensazionale del mondo.
Terenzi smette immediatamente di firmare, si drizza a sedere e, con la voce pienamente soddisfatta, commenta:
-Ero sicuro che non mi avresti deluso nemmeno questa volta! Allora dov’è che lo hai visto?-
 -Dunque- comincia con solennità  -ieri sera, quando sono tornato a casa, mi sono accorto che le manopole del gas erano saltate, così oggi sono andato a mangiare da mia madre-
-Con tutto il rispetto, ma non riesco a capire cosa c’entrino le tue vicissitudini culinarie con il caso che stiamo seguendo… -
-Adesso ci sto arrivando- riprende paziente l’ispettore  -come le stavo dicendo, oggi sono andato a pranzo da mia madre dove, per caso, ho rivisto il catalogo che le aveva portato mia sorella dal Brasile-
-Tua madre, tua sorella, il Brasile… ma cosa stai dicendo?!-
-Mi spiego meglio- continua solennemente il sottoposto  -qualche mese fa mia sorella si è recata in Sud America per un viaggio di lavoro e, visto che nostra madre ha il pollice verde, ha deciso di portarle un catalogo sui fiori e le piante che si possono trovare in Brasile. Il fatto importante è che anch’io, per caso, avevo sfogliato quel libro e oggi, sempre per caso, mi è ricapitato tra le mani. Per questo mi è venuto in mente dove avevo già visto il soggetto del quadro della Dünnerz, proprio in quel catalogo!-
-Ottimo lavoro, Ghirodelli!- si congratula Terenzi, sollevato che il collega abbia concluso quell’intricato racconto di viaggi e parentele.
-Grazie, commissario: le do il nome della pianta, va bene?-
-Sì, aspetta che me lo scrivo… ecco-  l’uomo prende un post-it colorato dalla catasta di fogli ammucchiati che riserva per prendere appunti sulle indagini e, la penna con cui, pochi minuti prima, stava firmando i fogli già pronta in mano, dà l’OK all’ispettore.
-La pianta si chiama Brassia Lawrenceana della famiglia delle Orchidacee-
-Che razza di nome è?! Brassia come?- domanda il superiore, la cornetta appoggiata alla spalla.
-L-A-W-R-E-N-C-E-A-N-A- gli risponde sillabando Ghirodelli.
-L’ho scritto. Domani riesci a portami il catalogo?-
-Certamente. A che ora prende l’aereo per andare dalla suora?-
-Alle dodici- risponde titubante, poi, con voce più speranzosa  -questa mattina mi ha telefonato la Steinke e mi ha detto che venerdì per le quattro verrà qui. Il marito è a Milano per lavoro, così lei ne approfitta per fare un salto in commissariato-
-Bene, allora avremo tutto il tempo per controllare insieme-
-Sì, certamente. Io nel frattempo cerco un po’ di notizie su questa Brassia non so cosa- continua, buttando un occhio sul foglietto con il nome della pianta.
-Se vuole, le posso fare io una relazione -
-No, tu sei in vacanza- risponde categorico il superiore.
-Ma commissario, mi sto annoiando! Mi faccia fare almeno questo!-
Terenzi sospira, tamburellando con la mano destra sulla catasta di fogli lasciata in sospeso sulla scrivania.
-Sei sempre il solito- concede alla fine  -se ti diverti con così poco. Ci aggiorniamo domani- riprende poi serio, aprendo il cassetto della scrivania dove, il giorno prima, ha riposto la riproduzione del quadro di Rebecca.
-Domattina alle otto sarò lì in ufficio. Ah, il tecnico è venuto a riparare il telefono?-
-Sì, ma non ha concluso nulla. Deve sostituirlo con uno nuovo, così domani alle undici dovrà ritornare … -
-Benissimo, non possiamo tirare il fiato un attimo che quello successivo succede qualcosa!-
-Grazie per la tua filosofia, ispettore- commenta amaro il commissario  -comunque, l’importante adesso è che ti sia ricordato di quella strana pianta, il resto non conta. Ciao, Ghirodelli, ottimo lavoro-
-Arrivederci, commissario-
 
 
La fotografia della Brassia Lawrenceana, prontamente trovata in Internet, dà l’impressione di essere una pianta velenosa, diversa da come Rebecca aveva voluto dipingerla nel suo quadro.
I boccioli giallo pallido e i petali dalle sfumature verdi e brune sono invece come le aveva disegnate la donna assassinata, semplici e delicati, straordinariamente reali.
Adesso rimane da scoprire la relazione tra la Dünnerz e la pianta, riflette Terenzi, e anche se c’è un significato dietro il titolo “Il Rosso e il Fiume”.
Una fitta di rimorso e di dubbio lo attanaglia: si sente un po’ in colpa per non aver ancora messo al corrente il collega tedesco della rivelazione della suora e, adesso, del soggetto dell’ultimo quadro dipinto da Rebecca Dünnerz, anche se, appena qualche ora prima, si era ripromesso che l’avrebbe contattato solo quando fosse venuto a conoscenza di qualcosa di concreto.
Chissà se Marz sa qualcosa di questo fiore, si domanda, quasi quasi gli mando un fax con le ultime novità.
Detto fatto, il collega tedesco gli risponde scrivendogli che non ha mai sentito parlare della Brassia, né tantomeno sa l’eventuale significato del quadro.
Dà comunque la sua piena fiducia al commissario, sperando che il colloquio con la suora faccia finalmente chiarezza sul caso – ebbene sì, Terenzi gli ha dovuto scrivere anche delle pazzie di suor Maria, ma Marz non si è scomposto più di tanto, per lo meno è quello che ha lasciato intendere dall’interprete, il quale ha spiegato che la donna di Chiesa era stata ricoverata qualche mese addietro per un’amnesia transitoria, così è molto probabile che si sia inventata tutto, mischiando la realtà di anni prima con la realtà dei giorni attuali.
Il collega tedesco lo informa anche che sta continuando ad interrogare le altre persone dell’elenco con cui la Dünnerz aveva maggiori contatti, ma per il momento non gli sono state di nessun aiuto, perché hanno ripetuto più o meno le stesse cose di nove anni prima, anzi, dimenticandosi anche di certi particolari che allora avevano fatto presente.
Ma allora stiamo inseguendo una chimera! riflette sconsolato l’uomo, appoggiando il fax sulla scrivania, se suor Maria ha avuto dei vuoti di memoria, forse si è inconsciamente inventata ogni cosa!
E allora io che cosa vado a fare da lei?  Dopotutto noi siamo solo d’appoggio ai colleghi tedeschi, avremmo potuto benissimo tirarci  indietro dopo il suicidio di Perrez, invece siamo ancora qui a lambiccarci il cervello.
Decide che quell’arringa auto consolatoria può anche bastare, così guarda l’orologio da tavolo che segna le sette e trequarti: sarà meglio andare a casa a riflettere e a preparare con calma le domande da fare a Virginia Steinke e alla suora, continua, mi porterò anche tutte queste carte a farmi compagnia.
Il poliziotto di alza dalla sedia, riordina la scrivania ed esce dall’ufficio, mentre solo allora si accorge che, la tanto temuta emicrania da lavoro, gli è definitivamente passata.
 
 
NOTA DELL’AUTRICE:
 
Ciao a tutti! Finalmente un passo avanti nell’indagine: Ghirodelli si è ricordato di dove aveva già visto i fiori dipinti da Rebecca Dünnerz! Adesso c’è solo da capire se possa esserci un collegamento con l’ultimo quadro dipinto dalla donna … oppure se sia tutta una coincidenza!
E l’amnesia di suor Maria? Vuol forse dire che si è inventata ogni cosa, che Perrez non le è mai fatto visita? Chissà cosa rivelerà al commissario durante il colloquio al convento.
E poi è rientrata in scena Ginevra, la studentessa di Archeologia e dilettante investigatrice, che avevamo già conosciuto nell’altra avventura di Terenzi,  “Mistero a doppia indagine” (sempre pubblicata in questa sezione) : in questo capitolo ha avuto poco spazio, spero presto di renderla protagonista a tutti gli effetti!
Grazie a tutti i lettori e a chi recensisce: un grazie particolare a Clairy93!
 

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Capitolo 6
*** Le confessioni di suor Maria ***


Mercoledì 14 aprile, ore 8.05, commissariato “L’Aquila”
 
Quando il commissario entra nel suo ufficio, trova ad aspettarlo l’ispettore, seduto sulla sedia di fronte alla scrivania e intento a sfogliare un fascicoletto che ha tra le mani.
-Ah buon giorno, Ghirodelli. Sempre puntuale vedo!- lo apostrofa il superiore, intanto che appende il giubbotto all’attaccapanni vicino al divanetto.
-Buon giorno, commissario. Mi scusi se ho fatto che entrare, le ho appoggiato il catalogo sul tavolo- continua l’ispettore, girandosi nella direzione del nuovo arrivato.
-Figurati, hai fatto bene- il poliziotto si siede sulla poltrona dietro la scrivania, tamburellando le dita della mano sinistra sul ripiano, come al solito perfettamente ordinato.
-Se vuole vedere la Bressia è a pagina 300- lo mette al corrente Ghirodelli, sistemando i fogli che stava sfogliando, i palmi racchiusi tra le gambe, la schiena leggermente protesa in avanti.
-Preciso come sempre … - l’uomo apre il libro dove c’è un pezzo di carta che fa da segnalibro: guarda l’immagine con attenzione, aggrottando le sopracciglia in un atteggiamento di profonda riflessione, quindi commenta:
- La foto è grossomodo uguale a quella che ho trovato ieri su Internet- poi, richiudendo il catalogo, continua rivolto all’ispettore:
-Allora, dimmi tutto quello che sai sul Brasile- lo esorta Terenzi, sistemandosi più comodamente contro lo schienale imbottito.
-A dir la verità c’era un sacco di materiale su Internet, e qualcosa l’ho preso anche dal catalogo. Non sapendo con esattezza che cosa cercare, ho fatto un riassunto piuttosto dettagliato delle due fonti-
-Molto bene, ti ascolto-
 -Dunque- Ghirodelli tira fuori da una cartelletta trasparente la ricerca che ha preparato, e da bravo scolaretto comincia la sua esposizione  con voce cantilenante:
-La regione brasiliana fu scoperta nel 1500 dal navigatore portoghese Cabral … -
-No, aspetta. Non mi interessa sapere la storia, raccontami piuttosto dell’aspetto morfologico del paese, delle foreste, dei fiumi-  lo interrompe l’altro
-Sì, allora, aspetti che lo trovo… -  l’ispettore sfoglia freneticamente le pagine poi, arrivando finalmente al punto che gli hanno chiesto di esporre, continua tutto concentrato:
-Questa parte credo sia molto importante, commissario: allora, il Brasile è attraversato dal Rio delle Amazzoni, il secondo fiume più lungo del mondo dopo il Nilo. La più grande foresta del paese è quella Amazzonica, che occupa il 65% dell’intero territorio, tanto da essere denominata il “Polmone del Mondo”. Per la sua biodiversità è stata inclusa dall’UNESCO nel Patrimonio dell’Umanità-
-Il fiume del dipinto potrebbe essere proprio il Rio delle Amazzoni- commenta Terenzi  -scusa, vai avanti-
Dopo un altro quarto d’ora ad ascoltare l’aspetto morfologico del Brasile, il cervello del commissario -abbandonato sulla poltrona e ipnotizzato dalle frasi monotone pronunciate dall’ispettore -si illumina improvvisamente, nuovamente interessato a ciò che ha appena sentito:
-Aspetta un attimo, ripeti quello che hai detto!-
-Che cosa? Dei colori della bandiera?- domanda Ghirodelli, alzando lo sguardo.
-No, dopo, dell’origine del nome!- gli risponde l’altro, incitandolo con una mano.
-Sì, allora … ehm, ecco! Il nome Brasile deriva da un’essenza di legno color rosso brace presente nelle sue foreste: originariamente venne importato dai primi colonizzatori lusitani. In portoghese, infatti, si chiama brazil -
-Benissimo, ho capito! Fermati pure!-
-Ma come?! Ci sono ancora altre otto pagine da leggere! Siamo arrivati solo alla quarta pagina, commissario- piagnucola l’ispettore, mostrandogli i fogli.
-Mi dispiace, ma quello che volevo sapere me lo hai appena detto. Sei stavo davvero utile, Ghirodelli, bravo come al solito!
Gli occhi color petrolio del sottoposto si accendono d’indignazione, mentre scuote la testa con fare rassegnato, i ricci color carota a incorniciare il volto.
-Vorrebbe spiegare anche a me l’intuizione che ha avuto?!-
Terenzi si morde il labbro solennemente, si schiarisce la gola e, paziente, si prepara a spiegare il motivo che ha fatto accendere la lampadina nel suo cervello sonnacchioso.
-Nell’ultimo quadro che ha dipinto, la Dünnerz ha raffigurato un fiume e tutto attorno dei fiori, che tu hai già identificato con la Brassia Lawrenceana. Sono convinto che il fiume in questione sia il Rio delle Amazzoni, il fiume principale del Brasile, mentre il rosso del titolo indica il brazil, cioè l’essenza del legno molto abbondante nelle foreste di quel Paese: è tutto più chiaro, adesso!-
-E quindi, secondo lei, per questo abbiamo la certezza che quello che ha raffigurato la pittrice è proprio un paesaggio del Brasile?-
-Esattamente! Dobbiamo solo scoprire se ha qualche attinenza con la Dünnerz oppure se è stata una semplice coincidenza che lei abbia dipinto proprio quei soggetti!-
-Crede che suor Maria ne sappia qualcosa?-
-E’ quello a cui stavo pensando. Dopotutto, tra le persone che avevano dei contatti quando ancora era in vita, lei è stata quella più vicina alla vittima: non solo le ha fatto da madrina di battesimo, ma hanno vissuto per un periodo insieme! Se il Brasile ha c’entrato in un modo o nell’altro con Rebecca, lei deve saperlo per forza –
-Sono certo che riusciremo presto a trovare una risposta, commissario- lo incoraggia Ghirodelli, sorridendogli con sicurezza.
-Lo spero- Terenzi guarda l’orologio da polso e, un sospiro di rassegnazione, commenta:
 -E’ tardissimo, se non mi sbrigo perdo l’aereo … -
-Vuole che la accompagni?-
-No, tu resta qui- il poliziotto si alza in piedi, si dirige verso l’attaccapanni e prende il giubbotto marrone: infila nella tasca interna un taccuino e una Bic, poi ricorda:
-A proposito, oggi alle undici viene il tecnico per aggiustare il telefono-
-Sì, lo so. Me lo ha detto ieri sera … -
-Bene, speriamo che almeno lui riesca a trovare il guasto. Adesso devo proprio andare. Ci vediamo domani: ah, augurami buona fortuna-
-D’accordo, commissario, buona fortuna-
 
 
 
                                                                             ********
 
 
 
Convento della Sacra Famiglia, pressi di Berlino, ore 14.55
 
Cinque minuti prima dell’appuntamento con suor Maria, il commissario Terenzi scende dal taxi e si avvia per una strada stretta poco battuta, talmente ristretta che a malapena possono transitare due biciclette.
I prati si estendono per diverse centinaia di metri, colorati di margherite e campanule, un paesaggio insolitamente verde per un posto così vicino alla città.
L’uomo arriva davanti al portone di rovere: sulla parete di sinistra c’è una targa in pietra con su scritto “Die heilige Familie Kloster”, il resto dell’edificio è completamente dipinto di un bianco slavato che probabilmente è stato ripassato anni addietro.
Sul retro si intravede un campanile in pietra sormontato da un grande orologio circolare con numeri romani e due grosse campane di bronzo, dall’apparenza talmente pesanti, che il poliziotto si stava chiedendo come facevano a stare sospese senza cadere, vinte dalla forza di gravità.
Terenzi, distogliendo il pensiero dall’architettura di quel posto, si decide a bussare alla porta, facendo oscillare per un paio di volte la campanella dorata in alto sulla sua destra.
Speriamo che non facciano come al telefono, stavo quasi per attaccare da tanti squilli hanno fatto suonare.
Circa un minuto dopo, si presenta ad aprire una donnina dall’aspetto gracile, non più alta di un metro e cinquantacinque, il volto solcato da qualche ruga, ma gli occhi verdi ancora grandi e vivaci.
Con un lieve sorriso e un leggero cenno del capo, Terenzi si presenta con il suo tedesco scolastico, ma dalla pronuncia sicura:
-Guten Tag, Schwester. Ich bin…-
-Buon giorno, signor commissario, sono suor Maria, la madre superiora di questo convento-
Che coincidenza, pensa il poliziotto, non solo mi ha aperto lei, ma ho anche la fortuna di parlare con un pezzo grosso!
-Buon giorno a lei, ho cercato di essere puntuale come mi aveva chiesto-
-E’ in perfetto orario, entri pure-
I due attraversano un grande chiostro a forma esagonale, circondato da colonne e pilastri con archi intarsiati, al cui centro si trova un prato verdissimo, costellato di piante e alberi in fiore –tre ciliegi, un pesco e un albicocco- mentre agli angoli del giardino crescono roseti e cespugli di ortensie di un blu troppo intenso, quasi tendente al nero.
-E’ molto bello qui, suor Maria-
-Sì, lo è davvero. Questo è un posto meraviglioso, tutti dovrebbero averne uno. Il Signore ci ha concesso una grande benedizione a donarcelo: viviamo e preghiamo nel Suo nome-
-Infatti…- Terenzi sorride un po’ forzatamente, lezioni di chiesa non ha molto voglia di ascoltarne, ma deve cercare di essere ben accetto davanti a qualsiasi discorso che la donnina gli farà, perché non può e non vuole tornare indietro a mani vuote.
-Sono contenta che sia venuto, signor commissario. Temevo che il modo in cui gliel’ho chiesto avrebbe potuto farle cambiare idea, invece ha tenuto fede alle mie parole. La ringrazio- continua lei, mentre passano sotto l’ennesimo arco a sesto acuto.
-Vede suor Maria, non le nascondo che sono rimasto un po’, come posso dire, allibito da questo appuntamento così perentorio, però anch’io sono contento che mi abbia potuto ricevere in tempi davvero brevi. E’ molto importante per me-
-Questa è una visita speciale, signor commissario, è per la mia Rebecca e per lei sono disposta a fare qualsiasi cosa- conclude in tono solenne la suora, le mani grinzose e piccole intrecciate tra di loro, mentre guarda di sottecchi il poliziotto che cammina al suo fianco.
-Dove possiamo parlare con tranquillità?- prosegue Terenzi, il fiato corto per quella passeggiata che sembra non finire mai: sembra così fragile, ma le gambe le funzionano alla perfezione, accidenti!
-Se non le dispiace vorrei stare all’aria aperta. Le panchine del chiostro possono andarle bene?-
La donna indica un porticato situato sulla parete nord, sotto cui sono state posizionate due delle sei panche di pietra disseminate per il giardino.
-Non so bene da che parte iniziare, suor Maria- comincia il poliziotto una volta seduto, strofinandosi i palmi sui jeans.
-Da dove crede sia giusto iniziare. Non abbia timore a parlare chiaramente. Se è nelle mie facoltà, le risponderò a dovere- replica la donna, accennando un movimento del capo per convincerlo.
Terenzi sorride nuovamente, questa volta un po’ impacciato, quindi prosegue il più sinceramente possibile:
-Vede, la sua testimonianza può essere molto importante ai fini dell’indagine. Quello che mi dirà potrebbe finalmente fare luce su ciò che è successo a Rebecca ... e anche a Sebastian-
-Ha ragione, signor commissario, dobbiamo fare di tutto per scoprire la verità. Cosa posso raccontarle della mia bambina?-
Il poliziotto abbassa per un istante lo sguardo, quasi imbarazzato dai sentimenti ancora così espliciti che trapelano dalle parole della suora.
-Suor Maria, vorrei che lei mi dicesse quali fossero i rapporti tra la sua figlioccia e il signor Perrez. So che erano fidanzati … -
-Sì, è così. Rebecca e Sebastian si volevano molto bene- conferma la donna, una lieve incrinatura nella voce.
-Mi scusi, le dispiace se prendo qualche appunto?- Terenzi tira fuori dalla tasca interna del giubbotto il taccuino e la Bic che si è portato da Torino.
-No, faccia pure!- gli permette con un sorriso comprensivo
-Grazie, continui pure …-
-Rebecca è sempre stata una bambina dolcissima, buona e generosa con tutti- la bocca sottile della donna si apre in un sorriso, testimone di ricordi ormai lontani.
-Eleonor, la madre di Rebecca, era la mia migliore amica. Lei ed io ci frequentavamo da quando eravamo ragazze, ma dopo gli studi universitari ci siamo allontanate per un periodo: si sentiva insoddisfatta, diceva che le mancava una parte di anima, così decise di intraprendere la carriera dello spettacolo e, dopo qualche difficoltà iniziale, riuscì a farsi assumere da una compagnia teatrale di Berlino. La vedevo di nuovo felice, perché diceva che finalmente aveva realizzato il suo sogno-
La suora prende fiato: chiude gli occhi per un paio di secondi, riaprendoli senza alcun cedimento nello sguardo, la voce bassa ma sicura.
-Dopo qualche anno conobbe il padre di Rebecca. Anche lui era un attore, un giovane che si era appena unito alla compagnia. La madre di Thomas, questo era il suo nome, era nata a Glasgow, mentre il padre era di Monaco.
Un anno dopo, Eleonor e Thomas si sposarono e poco dopo nacque Rebecca … -
-Suor Maria, mi scusi, ma questa parte della storia non mi interessa, io vorrei sapere di Sebastian e della sua figlioccia- Terenzi cerca di riportarla alla realtà, giocherellando con la Bic pinzata tra indice e medio sinistri.
-Lo so, signor commissario, ma anche questa parte è importante. Abbia un attimo di pazienza!- lo riprende risentita, toccandosi il crocefisso in argento che porta al collo.
-Cosa stavo dicendo? Ah sì, di quando è nata Rebecca. La loro felicità crebbe a dismisura ed io, di conseguenza, condividevo la loro gioia. Erano una bellissima famiglia, unita, armoniosa, felice. Poi, tutto cambiò, da un momento all’altro.
Quando Rebecca compì sette anni,Thomas scomparve misteriosamente, nessuno seppe più nulla di lui, nemmeno sua moglie.
Qualche giorno più tardi, però, arrivò una lettera in cui Thomas scriveva di stare bene, di non preoccuparsi, e che presto sarebbe tornato a casa. Eleonor era distrutta, piangeva in continuazione, giorno e notte. Non riusciva più a partecipare agli spettacoli né a curarsi della figlia- la donna scuote la testa, sospirando pesantemente.
-E Thomas tornò davvero?- chiede Terenzi, smettendo per un istante di scrivere sul taccuino.
-La polizia lo cercò per diverse settimane, ma non trovarono mai alcuna traccia di lui. Poi lasciarono perdere per via della lettera, dicendo che quella era la prova del suo allontanamento volontario.
Ma nessuno di noi voleva crederci, anche perché a volte arrivavano delle telefonate anonime: dall’altra parte del filo nessuno rispondeva, così Eleonor cominciò a convincersi che fosse Thomas, ma purtroppo non ne abbiamo mai avuto la certezza ...-
-E Rebecca?- domanda confuso il poliziotto, non volendo interrompere troppo a lungo la suora, per evitare un’altra ramanzina. 
-Oh, beh, lei chiedeva spesso del padre, soprattutto all’inizio: Eleonor le raccontò che era partito per un viaggio di lavoro, e che presto sarebbe ritornato con tanti bei regali. Poi, crescendo, si rese conto che suo padre non sarebbe mai più tornato … né da lei né da sua madre- la donna si blocca improvvisamente, guardando verso un punto imprecisato del chiostro, come se cercasse qualcuno.
-Eleonor continuava ad essere sempre più depressa, mangiava a malapena, aveva abbandonato la compagnia teatrale. Per questo decisi di occuparmi di Rebecca: la mia bambina venne a stare da me per cinque anni, anche se all’inizio, nei fine settimana, andava a dormire dalla madre. Rebecca allora aveva dieci anni poi, quando ne compì quindici, tornò a vivere con Eleonor-
-Per quale motivo?-
-Fu Eleonor a chiederglielo, e lei accettò senza riserve. In cuor suo Rebecca aveva sofferto molto per quello che era successo, ma ha sempre cercato di non darlo a vedere-
-E dopo che cosa accadde?-
-Niente, ognuno riprese a fare la propria vita, anche se io e la mia bambina rimanemmo sempre unite. Un anno più tardi, io decisi di prendere i voti. Non ero più tanto giovane, ma mi sembrava di non avere più uno scopo nella vita, quando improvvisamente il Signore mi chiamò!-
-Come la prese la sua figlioccia?- incalza Terenzi, continuando a scrivere freneticamente sul taccuino.
-Non tanto bene. Aveva paura di perdermi, proprio come aveva perso il padre, ma io le feci capire che questo non sarebbe mai successo, che le sarei sempre stata accanto. Anzi, fu Rebecca in un certo qual modo ad abbandonarmi-
-Cosa intende dire?-
-Rebecca decise di andare a studiare a Torino, Architettura e Design: in quel periodo ci vedevamo di rado, però ci sentivamo spesso. Le avevo trasmesso la passione per la nostra lingua, signor commissario, ecco la ragione della sua scelta!-
-A Torino, ha detto? Il giorno in cui è stato avvistato, Sebastian Perrez era diretto proprio a Torino- Terenzi si passa una mano sulla barba incolta, sospirando spazientito per quel groviglio di notizie che sta registrando da minuti ormai.
-Forse voleva ritornare dove aveva conosciuto Rebecca- avanza titubante la donna, di nuovo con lo sguardo verso un punto lontano del chiostro.
-Non lo sapremo mai, purtroppo- conclude per lei il poliziotto -comunque è all’università che conobbe Sebastian, giusto?-
-Sì, lei mi telefonò lo stesso giorno e, appena ha potuto, venne qui a riferirmelo. Dopo tanti anni la vedevo di nuovo felice!- spiega sorridendo
-E in quell’occasione incontrò anche il signor Perrez?-
-No, signor commissario. Sebastian lo vidi per la prima volta a Natale. Lui e la mia Rebecca vennero a trovarmi e, devo confessarle, che anch’io rimasi affascinata da quel giovane. Erano proprio una bella coppia, sa signor commissario?-
Terenzi annuisce, abbozzando un sorriso il più naturale possibile.
-Immagino, suor Maria. Vada avanti a raccontare, per favore-
-Gli anni passavano e tutto procedeva per il meglio. Eleonor, nel frattempo, sembrava essersi ripresa, era contenta per la figlia, ma capivo che non sarebbe mai più stata la stessa. Io ero l’unica che le si poteva avvicinare, l’unica con cui parlava volentieri, senza scoppiare a piangere-
-Thomas quindi non è più tornato?-
-No, purtroppo. Anche le telefonate, dopo circa un mese dall'arrivo della lettera, cessarono di colpo-
Il poliziotto si gratta distrattamente la punta del naso, mentre con l’altra mano continua a registrare quei dati sparsi, seminati dalla bocca sottile dell’anziana donna.
-E Sebastian sapeva del padre di Rebecca?-
-All’inizio lei non gli aveva confidato nulla poi, non so quando, gli raccontò tutto. Lui fu come un calmante per la mia bambina: la faceva ridere, divertire, in una parola la faceva vivere!-
 -Mi scusi, suor Maria, se cambio discorso. Dagli interrogatori di allora, risulta che Rebecca veniva a trovarla regolarmente due volte a settimana, è così?-
-Sì, il mercoledì e la domenica-
-Lo ha fatto anche la settimana prima di…-
-Certo- risponde in un soffio di voce la donna, abbassando il capo improvvisamente, e stringendo nuovamente il crocefisso in argento tra le mani.
-È venuta con il signor Perrez?-
-Qualche volta capitava, ma di solito Sebastian l’accompagnava per salutarmi, e poi se ne andava per venire a riprenderla dopo un paio d’ore-
-Non le è mai passato per la mente che tutta la complicità che vedeva tra i due potesse essere semplicemente di facciata?-
-No, signor commissario, glielo posso assicurare! Io sapevo interpretare lo stato d’animo di Rebecca, e con il tempo imparai a conoscere anche quello di Sebastian. Sono più che sicura che nessuno dei due mentisse-
-Quando ha visto per l’ultima volta Rebecca?-
Suor Maria trae un profondo respiro, poi volta il viso dalla parte opposta di Terenzi, dove cresce un salice piangente e, solo dopo qualche secondo, ricomincia a raccontare:
-E’ difficile ripensare a quei momenti, ma lo farò con piacere, perché in fondo al mio cuore e alla mia mente, mi sembra ancora che la mia bambina sia qui con me. Era così dolce quel giorno, che il tempo mi appare come se si fosse fermato proprio in quel preciso istante. Era lunedì, arrivò nel tardo pomeriggio, accompagnata da Sebastian come tutte le altre volte-
Gli occhi verdi le si inumidiscono, ma nessuna lacrima scende da essi, forte nell’impedire che la malinconia dei ricordi prenda il sopravvento sulla lucidità. Si morde il sottile e grinzoso labbro inferiore, lasciando un solco troppo profondo. Quindi, ritrovato il coraggio, riprende a narrare:
-Trascorremmo una giornata splendida: mi raccontò del suo lavoro di pittrice che procedeva a meraviglia, dei suoi progetti, del fatto che presto si sarebbero sposati ... -
La donna si interrompe nuovamente: le lacrime prendono con prepotenza a rigarle il volto, spinte dal movimento delle palpebre che si chiudono.
Fa appena in tempo a prendere un liso ma bianco fazzoletto con ricamata una M,  e con quello asciugarsi gli occhi, quando Terenzi le pone la mano destra sul braccio e, appoggiando il taccuino e la penna sulla panca, propone:
-Se vuole facciamo una pausa, non è costretta a continuare-
-No, non si preoccupi. E’ mio desiderio proseguire … - la donna riprende a parlare con la stessa voce tranquilla e delicata di prima, dopo aver riposto accuratamente il fazzoletto nella tasca interna della tunica.
-Quindi dovevano sposarsi, mi stava dicendo? Ma dai verbali non risulta-
-Nessuno lo sapeva, io ero la prima a cui lo aveva detto- sorride furbescamente suor Maria, toccandosi per la terza volta il crocefisso in argento.
-Questo è un punto molto importante- sembra quasi riflettere Terenzi - scusi la domanda, ma era solo Rebecca a volerlo, oppure entrambi?-
-Lo so quello che sta pensando, signor commissario. Sia lei che Sebastian erano consapevoli della scelta che avrebbero intrapreso, lo volevano tutte e due- lo riprende accigliata
-E quando se n’è andata, quel lunedì, come le è sembrata?-
-Assolutamente normale-
-Da allora non vi siete più viste né sentite?-
-L’ho sentita due giorni dopo, ma non ho notato niente di particolare o di strano nella sua voce, se è questo che intende … -
-E la madre della signorina Dünnerz che fine ha fatto?-
-E’ tornata in Austria, dove viveva da un paio di anni. Dopo quello che è successo a Rebecca, ho provato a cercarla diverse volte, ma non sono più riuscita a rincontrarla. Prego per lei tutti i giorni - la donna si fa il segno della croce, come per rafforzare la veridicità delle parole appena pronunciate.
Non posso più rimandare, si convince Terenzi, devo chiederle quello per cui sono venuto, altrimenti sarà stato tutto inutile.
-Suor Maria, l’ho presa alla larga, ma adesso mi deve spiegare che cosa intendeva dirmi quando ci siamo parlati al telefono l’altro giorno. Mi ha detto che vedeva regolarmente Sebastian Perrez. Era davvero  così?-
L’anziana donna deglutisce meccanicamente e, annuendo con convinzione, replica:
-Sì, signor commissario. Sebastian veniva a trovarmi una volta al mese, fin dall’inizio di tutto questo. Mi chiese un colloquio qualche giorno dopo quello che era successo a Rebecca-
-E lei ovviamente ha accettato?-
-Certo, signor commissario, io mi fidavo di lui, non avevo motivo di rifiutare!-
-E che cosa le disse?-
-Mi giurò in mille modi che lui non c’entrava con ciò che era capitato a Rebecca, ma che aveva dovuto fare quello che aveva fatto-
-Le confessò dunque la sua colpevolezza?!-
-No, signor commissario, questo mai. Piangeva, diceva che non avrei dovuto dire a nessuno della sua visita, però io sapevo e so ancora adesso che non è stato lui, che lui non c’entrava nulla!-
-Come vi siete lasciati?-
-Non mi ricordo con esattezza. Mi disse solo che se io avrei voluto, gli avrebbe fatto piacere venire a trovarmi qualche volta-
-Quando tornò a trovarla?-
-Passarono quasi due mesi, ma poi venne. Le sue visite continuarono per quattro o cinque mesi, poi sparì senza dirmi nulla, mandandomi per il tempo in cui non poteva essere qui fisicamete delle lettere-
Terenzi alza lo sguardo dal taccuino, un intreccio di parole, abbreviazioni e simboli.
-Delle lettere? E da dove?!-
-Me ne spediva regolarmente una al mese: mi raccontava della mancanza di Rebecca, della sua vita in un paese straniero, delle difficoltà che viveva ogni giorno … -
-Sì, ma da quale paese, suor Maria?- la incalza incuriosito l’uomo.
-Dal Brasile- gli risponde con naturalezza
-Ne è sicura?!-
-Sì, l’ho letto sui francobolli, anche se lui non me ne ha mai parlato esplicitamente-
-Lui o Rebecca erano già andati in Sud America?-
-Sebastian aveva vissuto per un breve periodo in Brasile, quando era piccolo: suo padre si era trasferito per lavoro e lui frequentò lì le scuole elementari -
-E insieme ci sono più tornati?-
-Che io sappia no-
-Per quanto tempo le spedì queste lettere?-
La donna si mette a pensare, concentrandosi a contare sulle dita. Poi, con sicurezza, risponde:
-Per circa sei mesi, dopo tornò nuovamente a farmi visita-
-Quando ha visto per l’ultima volta Perrez?-
-Dunque … oggi è mercoledì … credo sia stato due giovedì fa. Anzi, ne sono certa, perché il giorno dopo è stato il compleanno di suor Celestina-
-E di cosa avete parlato?-
-Si è fermato molto poco, nemmeno mezz’ora, ma mi ha lasciato un quadro, una piccola miniatura della Vergine. La tengo sempre con me: se la vuole vedere, mi farebbe piacere-
-Potrebbe essere importante-
La suora tira fuori dalla tasca interna della tunica l’immagine di una donna bellissima, dal viso delicato, gli occhi azzurri, i capelli lunghi e biondi, le mani giunte in preghiera: una normalissima e stereotipata icona della Madre di Gesù.
Terenzi sta restituendo alla donna il dipinto quando, nella sottile cornice di legno chiaro, si accorge di qualcosa nascosto al suo interno, conseguenza di un piccolo rigonfiamento appena visibile:
-Suor Maria, ha per caso messo qualcosa … ?!-
La suora, sorpresa anche lei, scuote il capo con sincerità:
-No, signor commissario. Alla sera mi rivolgo alla Madonna per pregare, non so che cosa ci possa essere-
-Sembra un biglietto- continua l'uomo, come in un monologo ostinato, estraendo con ansia il corpo del reato:
-Si rende conto che forse qui dentro è nascosta la soluzione del caso?!-
-Ma signor commissario, io non ne sapevo niente!-
-Suor Maria, la prego, non mi racconti bugie!-
-Per l’amor del Cielo, come si permette di dire che mento?! Le assicuro che non ho mai visto prima questo biglietto!-
Terenzi la guarda frastornato, mentre la donna si agita sulla fredda pietra della panca, riprendendo subito dopo la sua compostezza.
-Va bene, se è così le credo. Ho bisogno di staccare la cornice, posso?-
-Se servirà per capire chi ha fatto del male a Rebecca e a Sebastian … -
Il poliziotto appoggia sulle gambe il dipinto e, con una leggera pressione delle dita, cerca di recuperare il misterioso foglietto:
-Non ci riesco, dev’essere attaccato con della colla molto potente-
Dopo tre o quattro sforzi, finalmente il commissario riesce a staccare la cornice, ritrovandosi tra le mani un biglietto ripiegato più volte su se stesso.
-Le devo chiedere di leggerlo, lo sa?-
-Sì, me ne rendo conto. Non ho niente da nascondere, signor commissario, la prego solo di farlo ad alta voce-
-D’accordo-  ah, bene, almeno è in italiano!
-“Cara Maria, spero che troverai questa mia lettera. Ricordati sempre che ti voglio bene. Sebastian ti spiegherà ogni cosa. Ti bacio forte e ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me. Rebecca”
-Cosa significa?!- domanda Terenzi, le sopracciglia aggrottate in una maschera dubbiosa.
-Non lo so, Sebastian non mi ha detto nulla a proposito. In realtà, mi ha confidato che questa miniatura l’aveva dipinta Rebecca apposta per me, ma che dopo quello che era successo, lui non aveva trovato il coraggio di portarmela … - mormora la donna, anche lei confusa.
-Le voglio credere, però mi deve permettere di portare via il quadro e il biglietto. E anche le lettere del signor Perrez-
-Me le restituirà?-
-Sì, glielo prometto-
-Presto?-
-Sì, suor Maria, presto-
Le campane battono cinque rintocchi, nello stesso istante in cui il commissario si alza dalla fredda e dura panca di pietra.
 
 
NOTA DELL’AUTRICE:
 
Ciao, a tutti! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se un po’ lungo!
Suor Maria è stata molto utile a Terenzi, altro che vuoti di memoria, è l’unica che per il momento ha saputo dare qualche aiuto concreto alle indagini (beh, a parte l’efficiente Ghirodelli, ovviamente!).
Cosa significa quel biglietto scritto da Rebecca? E le lettere di Sebastian conterranno qualcosa di utile?
Vi aspetto per il prossimo capitolo!
Grazie a tutti!
A presto!
 

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Capitolo 7
*** Possibili piste e deserto di acqua ***


Mercoledì 14 aprile, ore 23, sui cieli europei
 
 
Il tempo stava decisamente cambiando: le giornate soleggiate e primaverili stavano lasciando spazio alla pioggia e a un vento freddo, molto simile a quello novembrino.
Le temperature erano scese di parecchi gradi, ma le previsioni assicuravano il ritorno del sole e del caldo già nel fine settimana.
Durante il viaggio di ritorno in aereo, il commissario aveva avuto modo di notare gli imminenti cambiamenti climatici, grazie alla simpatica danza di cui si era reso protagonista l’apparecchio su cui volava:
Buona sera, è il comandante che vi parla: stiamo attraversando un leggero vortice di bassa pressione, per questo i signori passeggeri sono pregati di allacciarsi le cinture di sicurezza. La situazione si risolverà entro breve. Vi auguro un buon proseguimento di viaggio”
Con le cintura allacciata e le mani saldamente strette attorno ai braccioli, l’eroe torinese sembrava un ariete sul punto di colpire l’avversario, tanto era incurvato in avanti, la testa bassa e ballonzolante a causa delle perturbazioni che si susseguivano a intervalli regolari.
“Bene, veramente una gran bella fine” cercava di sdrammatizzare il poliziotto “ già mi immagino le prime pagine dei giornali: commissario in trasferta per lavoro, muore per aereo precipitato su cui viaggiava! E così mi imparo a starmene zitto, altro che battibecchi con la questore! Se continua così non rivedrò più nessuno, né Ghirodelli, né Miss Marple, e nemmeno …”
In quel momento i suoi saggi pensieri si erano arrestati di colpo: perché, nelle ultime volontà testamentarie, stava includendo anche Ginevra?!
Era talmente disperato e affranto – altro che cavaliere senza macchia e senza paura- che la mente vorticante come la danza che continuava ad eseguire l’aereo un po’ brillo, si era confusa e aveva incluso nelle persone a lui care anche quella ragazza!
Certo, la spiegazione poteva essere solo quella, eppure c’era qualcosa che non gli quadrava completamente.
 Terenzi alza lo sguardo verso il punto del corridoio in cui si apre la porta della cabina di comando, e la vede, avvolta da una aureola di luce che prende l’intera figura: la signorina Morini è infatti davanti a lui, sorridente nella sua divisa da hostess, i capelli raccolti in uno chignon, gli occhi color ambra nascosti da un paio di occhiali da sole anni Cinquanta e … bang!
L’aereo riprende finalmente quota: la perturbazione si è fortunatamente conclusa.
Il poliziotto riapre gli occhi: sospira imbarazzato e affannato, rendendosi conto che quello è stato solo un sogno, veritiero sì, ma pur sempre una proiezione della sua mente troppo stressata.
“La devo smettere di pensare al lavoro:  devo essermi addormentato poco dopo il messaggio del comandante”
L’uomo guarda l’orologio da polso e si accorge che, se quell’aggeggio su cui sta volando non decide di rimettersi a danzare, in meno di mezz’ora dovrebbe atterrare. Sano e salvo.
 
 
Giovedì  15 aprile, ore 14.00, commissariato “L’Aquila”
 
Terenzi è nuovamente seduto alla sua scrivania: quella mattina non è andato in ufficio, ha dovuto riprendersi dal viaggio di rientro da Berlino, adesso però gli aspetta un lungo lavoro.
Per prima cosa chiama l’ispettore Ghirodelli: compone il numero del suo ufficio e, una volta riattaccato, controlla che nel cassetto della scrivania ci sia quello di cui ha bisogno per spiegargli ogni cosa.
-Ben tornato, commissario!- esclama il sottoposto una volta entrato, scuotendosi di dosso briciole invisibili del probabile pranzo che ha appena mangiato.
-Grazie, Ghirodelli. Il tecnico è venuto?- l’uomo lo saluta con un mezzo sorriso, invitandolo a sedersi di fronte a lui.
-Sì, ieri alle undici si è presentato puntualissimo: era un problema interno, ha sostituito un pezzo di non so cosa, e adesso sembra che il telefono sia come nuovo!-
-Bene. L’aereo ieri ha avuto due ore di ritardo a causa di questo maledetto tempo, così quando sono arrivato a casa era l’una passata, e non sono proprio riuscito a venire stamattina-
-Non fa niente, qui ce la siamo cavata anche senza di lei-
-Ah, lo prendo come un complimento- ribatte Terenzi sorridendo complice, poi continua in tono serio:
-Novità?-
-Sul caso Perrez nessuna, però abbiamo archiviato il caso Biancaneve, quello della droga-
-Sì, me lo ricordo. Avete preso il pusher, quindi?-
 -Lo abbiamo arrestato questa notte, mentre stava facendo rifornimento di coca da Velati, un’altra vecchia conoscenza … -
-Uhm, ancora loro?! Ma non gli sono bastati i servizi sociali? Comunque ottimo lavoro: dopo vengo a sentire cos’hanno da dirmi i due geni … -
Il poliziotto appoggia sulla scrivania un plico di buste e un’icona della Madonna, disponendo in bella vista il bottino di guerra trafugato a suor Maria: si passa una mano sulla barba incolta, attendendo che il sottoposto faccia la prima mossa.
-Lei, commissario? Come è andato l’incontro con la suora?-
-Giudica un po’ tu- e, indicando con la mano sinistra la refurtiva, chiarisce:
-Queste sono le lettere che Sebastian Perrez ha scritto nei nove anni di latitanza a suor Maria, mentre questa è una miniatura realizzata appositamente da Rebecca per la sua madrina -
-Posso vederle?-
-Tieni, a te l’onore- Terenzi porge le lettere e il dipinto all’ispettore, che prende a passare in rassegna le buste.
-E’ incredibile: quella donna praticamente nascondeva un ricercato!- commenta Ghirodelli.
-Bè, non proprio: si tenevano in contatto e si vedevano, ma materialmente non l’ha mai nascosto. Il fatto importante è che i francobolli riportano la timbratura del Brasile: questo potrebbe dire che nei nove anni in cui ha fatto apparentemente perdere le sue tracce, Perrez si era nascosto proprio lì, in Sud America-
-Ma il Brasile non è anche lo stesso posto che ha ritratto la Dünnerz nel suo ultimo quadro?- continua l’ispettore, riappoggiando sulla scrivania l’eredità di Sebastian.
-Esattamente. Suor Maria mi ha riferito una cosa molto interessante: sebbene Rebecca e Perrez non abbiano mai fatto un viaggio in Sud America, lui ha vissuto per un periodo in Brasile, quando era piccolo, e sono certo che sia lì, in quel Paese, che si nasconde la chiave del mistero!-
-Ma oramai Perrez è morto! Come facciamo ad esserne sicuri?-
Terenzi sbuffa amareggiato, appoggiando la mano sinistra a mo’ di imbuto sulla bocca e, ritraendola subito dopo, esclama indispettito:
-Lo so, ispettore, lo so! E questo purtroppo è un dato di fatto! -
-Ammettiamo che sia come dice lei, cosa ne pensa di queste lettere? Ha già cominciato a leggerle?-
Il superiore annuisce concentrato e, rovistando tra il mare di carta davanti a loro, gli spiega:-
-In tutto sono quaranta: per i primi sei mesi dall’omicidio di Rebecca, l’uomo ha scritto a suor Maria una lettera al mese. Poi, improvvisamente, dal momento che ritorna a farle visita, la corrispondenza va man mano scemandosi.
Perrez continua però a inviarle gli auguri a Natale, a Pasqua e per il compleanno della donna. Inoltre, una volta all’anno, invitava la suora a recitare una messa in suffragio della fidanzata, il giorno stesso dell’anniversario della sua morte-
-Pensa che possano contenere qualcosa di rilevante per le indagini?-
Terenzi agita rassegnato la testa:
-Se con rilevante tu intendi le parole scritte da Perrez in un italiano stentato ma grammaticalmente corretto, mischiate all’inizio e alla fine con qualche frase in tedesco che sono riuscito a comprendere anch’io, il tutto per esprimere l’amore profondo e incondizionato che il presunto assassino nutriva per la Dünnerz, allora sì, è davvero molto rilevante per il caso … -
Ghirodelli schiocca meccanicamente la lingua, scuotendo per un paio di volte il capo:
-Con questo vuol dire che archiviamo il tentativo di ricavare qualche notizia utile da queste lettere?- continua imperterrito l’ispettore, facendo cenno con la rossa chioma in direzione del mare di carta davanti a lui.
-No, non del tutto, anche perché le voglio rileggere con più attenzione: ma ancora non hai visto il pezzo forte della collezione di suor Maria! Apri la cornice del quadro e leggi il biglietto che c’è al suo interno!-
L’ispettore fa come gli dice Terenzi e, una volta letto lo strano messaggio di Rebecca, esclama:
-Commissario, che cosa vuol dire?!-
-Quel foglietto era nascosto nella cornice del dipinto che la donna assassinata ha fatto avere a suor Maria proprio da Sebastian Perrez, solamente due settimane fa, quando l’uomo è andato a trovarla per l’ultima volta: secondo lui, è stata Rebecca a dipingere il quadro, un piccolo regalo per la suora. Solo che dopo la morte della fidanzata, Perrez non ha avuto il coraggio di darglielo. Anche se quello che mi chiedo è perché abbia aspettato per tutto questo tempo, se veramente andava a trovare regolarmente suor Maria-
-Certo, ma allora se la Dünnerz ha lasciato questo messaggio a quello che abbiamo sempre creduto essere il suo omicida, può essere che in realtà non l’abbia davvero uccisa lui?-
-E’ quello che sto cominciando a pensare, Ghirodelli: c’è qualcosa che non quadra in tutta questa storia. Che cosa avrà voluto dire Rebecca con “Sebastian ti spiegherà ogni cosa”? Credo che Perrez in tutti questi anni abbia retto il gioco a qualcuno. Ma deve essere successo qualcosa che ha improvvisamente incrinato la solidarietà di Mister X – chiamiamolo così- , il quale deve averlo convinto a suicidarsi. Cosa pensi della mia ricostruzione?-
-Potrebbe reggere. Però, a questo punto, dovremmo porci un'altra domanda: chi ha ucciso la Dünnerz?!-
-Probabilmente non Sebastian Perrez- conclude seraficamente l’uomo, accompagnando l’affermazione con un gesto esplicativo dei palmi rivolti all’insù.
-Ma l’impermeabile macchiato di sangue, il fatto che non si sia mai presentato alla polizia, non sono elementi da sottovalutare! Come spiega tutto questo, commissario?-
-Non me lo spiego, infatti. E se Perrez abbia finto di suicidarsi? Se ha fatto quella telefonata solo per allontanare una volta per tutte i sospetti da lui?-
-Commissario, le ricordo che il corpo ritrovato è il suo!- insiste a ragionare il sottoposto.
-E’ quello che ci ha voluto far credere, ma nessuno è andato a riconoscere il cadavere-
A questa obiezione, l’ispettore non ne ha un’altra con cui ribattere: effettivamente l’ipotesi che sta proponendo il collega non é del tutto infondata, anzi, poteva avere più di una base di veridicità.
-Lei crede che Perrez abbia ucciso qualcuno per inscenare il finto suicidio?- si arrende quindi a domandare.
-Sì- sibila Terenzi, prendendo un mozzicone di matita dal portapenne e cominciando a giocherellarci.
-E Marz che cosa dice, lo ha già avvisato?-
-No, non ancora. Gli manderò un fax tra poco, spiegandogli la faccenda delle lettere e del messaggio-
-Va bene. Io cosa posso fare?-
-Per questo caso niente, aspettiamo di sapere come vuole agire Marz. E poi dovrò chiamare anche il questore, anzi mi hai fatto venire in mente che è meglio avvisarla subito. Ah, domani pomeriggio alle quattro viene la signora Steinke, l’amica italiana della vittima. Te ne avevo già parlato, vero?-
Ghirodelli annuisce compito, lanciando un’occhiata penetrante alle buste e al biglietto davanti a lui, come volesse decriptarli con l’aiuto di quel solo gesto.
Poi, risvegliandosi dal torpore ipnotico in cui è caduto, domanda serio:
-Crede di riuscire a ricavarne qualcosa in più?-
-Lo spero- asserisce l’uomo, stravaccandosi con malagrazia sulla poltrona imbottita.
L’ispettore si alza pesantemente dalla sedia, mordendosi distrattamente l’interno della guancia:
-Allora io vado a finire il rapporto sul caso Biancaneve-
-Sì- risponde assorto il commissario –anzi, sai che ti dico? Vengo con te-
 
 
La pioggia continua a cadere fitta e abbondante: Terenzi è in piedi davanti alla finestra dell’ufficio a guardare fuori. Si è messo d’accordo con il collega Marz di continuare le indagini, con il benestare anche del questore, ma se entro lunedì non riusciranno ad ottenere qualcosa di concreto, allora saranno costretti ad archiviare definitivamente il caso. Due morti, seppure misteriose, bastano e avanzano.
Sono le sei, quella non è stata una giornata molto faticosa dal punto di vista fisico, dopotutto è in commissariato solo da quattro ore, minuto più, minuto meno, ma la stanchezza mentale lo stravolge ogni momento che passa.
Non vuole pensare alla possibilità di chiudere il caso, lo sa anche lui che senza fatti, senza indizi non si va da nessuna parte, ma accidenti, rimane ancora da scoprire chi ha ucciso Rebecca Dünnerz e perché.
E Perrez? Si era davvero ucciso o lo avevano indotto a farlo? E se in realtà fosse ancora vivo?
Avrebbe tanto voluto avere una sfera di cristallo per poter scoprire il futuro e magari anche il passato, in modo da rispondere una volta per tutte alle domande che gli assillavano la mente.
Ma visto che per il momento non hanno inventato nulla di simile, per quel giorno decide di staccare la spina e di tornare a casa: dopo essersi infilato il giubbotto, passa alla ricerca dello sgangherato ombrello giallo che tiene sempre in un angolo dietro il divanetto, nell’eventualità che si dimentichi quello nuovo a casa. Recuperato a fatica l’oggetto, la cui punta era rimasta incastrata sotto l’appendiabiti, ha già una mano sul pomello della porta, quando squilla il telefono dell’ufficio.
Dring, dring, dring, dring, dring!
Sbuffando leggermente perché quella testarda di una punta si è incastrata anche in una mattonella del pavimento impercettibilmente scollata, l’uomo si dirige verso l’apparecchio, nella vana speranza che quella chiamata possa essere qualcosa di importante, qualcosa di attinente al caso.
-Commissario- la voce della giovane agente di guardia interrompe i suoi pensieri – c’è una certa signorina Morini che chiede di parlarle-
-Morini hai detto?-
-Sì, commissario. Gliela passo?-
-Certo, grazie-
Un paio di secondi di attesa, un clic momentaneo e poi un altro seguito da un titubante:
-Pronto?-
-Buona sera, signorina Morini-
-Buona sera, commissario, mi scusi se l’ho chiamata-
-Non si preoccupi. E’ successo qualcosa?-
-Ecco, in realtà sì. Ho trovato il numero del commissariato sull’elenco e mi sono permessa di disturbarla. Mi hanno rubato la bicicletta, proprio qui vicino. Sa dove ci siamo visti l’altro giorno?-
-Me lo ricordo, sì. E gliel’hanno rubata oggi?-
-Esatto-
-Ma lei è andata al lavoro in bicicletta nonostante il tempo?- domanda con tono inquisitorio e paternale l’uomo, come a voler sottolineare la sconsideratezza di un gesto del genere.
-No, oggi ho preso l’autobus – si affretta a rassicurarlo  -il fatto è che già ieri ho dovuto lasciarla lì, al solito posto dove la metto sempre. Ero senza ombrello e quando sono uscita dal museo ha cominciato a diluviare. Ma stamattina la bici era ancora dove l’avevo lasciata, per questo l’ho chiamata solo adesso … - conclude amareggiata la ragazza.
-Allora quando si è accorta del furto?-
-Poco fa, quando è finito il mio turno-
-Immagino che l’avesse legata con il lucchetto-
-Sì, infatti-
-Se mi dice come è fatta la bicicletta, cercheremo di ritrovarla- Terenzi prende un foglio e una penna sulla scrivania, pronto ad appuntarsi la descrizione del velocipede –era rossa, vero?-
-Oh no, commissario- si mette a ridere lei –non le chiede tanto! Metterò io dei volantini con la descrizione della bici, non voglio certo che lei si preoccupi per una sciocchezza del genere, anche perché non credo che i ladri abbiano fatto un grande affare: appena saliti sopra, si saranno di certo accorti di quanto i pedali e i freni non fossero più tanto nuovi! E poi so quanto lavoro ha da fare, non mi permetterei mai di farle perdere tempo!-
-Ne è sicura? Scusi la scortesia, ma se non mi ha chiamato per questo…-
-Ha ragione, adesso le spiego- continua decisamente più spigliata la ragazza.
-Mi dica- asseconda il poliziotto, abbandonando sulla scrivania carta e penna senza troppi complimenti.
-Oggi c’è lo sciopero dei mezzi fino alle nove e gli altri due colleghi che fanno lo stage con me sono già andati via, perciò mi chiedevo se lei fosse così gentile da accompagnarmi fino a casa!- dice lei tutto d’un fiato.
Il poliziotto si passa una mano sulla barba incolta, sorridendo debolmente e scuotendo il capo.
-Se è solo per questo, va bene. E’ fortunata, perché stavo uscendo proprio adesso. Se mi aspetta dove ci siamo incontrati l’altro giorno, dieci minuti e sono lì-
-Perfetto, grazie per la sua disponibilità!-
-Di niente. A dopo-
 
 
Puntuale come la mezzanotte di Capodanno, Terenzi svolta con la sua macchina all’angolo della via che porta al commissariato.
Ginevra lo sta già aspettando, una mano che regge l’ombrello, l’altra nella tasca dell’impermeabile color pervinca.
I capelli sono sciolti e un po’ arruffati, forse per la troppa umidità. Appena la ragazza riconosce il poliziotto, lo saluta con una mano e si affretta a raggiungerlo.
-Buona sera, commissario. Brr, che tempaccio! - sale in macchina, chiude l’ombrello e lo scrolla sul marciapiede, giusto l’attimo prima di richiudere velocemente la portiera.
-Buona sera, spero che non si sia bagnata troppo-
-No, non si preoccupi, è stato puntualissimo. E poi, per fortuna, avevo l’ombrello!- sorride Ginevra, sbottonando le ultime due asole dell’impermeabile, e sistemandosi goffamente il golfino rosso che fuoriesce sui jeans macchiati di pioggia.
-Allora, dove abita?- si informa l’uomo, mentre dal deflettore laterale controlla che non arrivino macchine a tagliargli la strada.
-Dalle parti del Valentino-
-Non è lontanissimo, non ci impiegheremo molto. Traffico permettendo!-
La ragazza gli rivolge un sorriso veloce, mentre le loro due figure vengono illuminate dai lampioni ai lati dei marciapiedi.
La pioggia continua a cadere fitta: le setole dei tergicristalli non hanno un attimo di tregua, mentre le ruote della Panda devono deviare continuamente le grosse pozzanghere che stanno allagando le strade, trasformate in un deserto di acqua.
-Come procede lo stage al museo?- domanda Terenzi, dopo un minuto o due del monotono clic delle gocce sui vetri.
-Bene, molto bene. Sono tutti molto gentili e sto imparando un sacco di cose. Lei, invece, con il suo lavoro come va?-
-Bè, diciamo che preferirei fare il suo stage!-
I due si mettono a ridere: intanto il poliziotto affronta sicuro una curva.
-Perché? Non mi dica che non le piace più risolvere i misteri?!-
-No, tutt’altro. Il fatto è che lei, una volta tornata a casa, non deve più pensare al suo lavoro.
Fino all’indomani mattina ha tutto il tempo per fare quello che vuole, per andare dove vuole e con chi vuole. Mentre io, purtroppo, non me lo posso permettere. Sa, sto seguendo un caso particolarmente complesso, che mi porta via anche le poche ore che riesco a trascorrere fuori dal commissariato... -
-Più difficile di quello di Porto Ercole?- indaga interessata Ginevra, rivolgendogli un’occhiata interessata.
-Sono due indagini differenti. Vede, quello di Porto Ercole era complicato già di per sé, mentre questo è piuttosto chiaro-
-Allora cos’è che non la convince?-
-In realtà tutto. Per prima cosa non c’è un movente accreditato, in secondo luogo … mi scusi, ma non dovrei parlare di queste cose. L’indagine è ancora in corso-
-Già, che stupida. Mi scusi lei se gliel’ho chiesto-
La ragazza stringe nervosamente il manico dell’ombrello: Terenzi, per cercare di smorzare un po’ la tensione che si era non volutamente creata, la consola dicendole:
-Quando sarà finito, magari gliene posso parlare. Sempre che le faccia ancora piacere-
-D’accordo, fino ad allora non le chiederò più nulla-
Sui due cala un silenzio imbarazzante: Terenzi si concentra sulla strada, mentre Ginevra guarda fuori dal finestrino, sospirando un paio di volte un po’ più forte del normale.
-Ecco, commissario, io sono arrivata. Si fermi qui, per favore-
Il poliziotto accosta, prendendo in pieno una pozzanghera brillantemente superata dalle ruote posteriori.
-Grazie ancora per il passaggio- gli sorride, preparandosi a riallacciarsi l’impermeabile e ad aprire l’ombrello.
-Si figuri, è stato un piacere per me-
-Mi piacerebbe ricambiare con una cena o un aperitivo. Sempre che le faccia ancora piacere-
Terenzi non nota il lieve sarcasmo che traspare dall’invito della ragazza, che ha ripetuto volutamente  le stesse parole pronunciate da lui riguardo il caso di cui si sta occupando.
-Sì, è una buona idea. Se mi da il suo numero, la posso chiamare io… -
-Va bene. Aspetti, ho il biglietto da visita in una di queste tasche…-
-Vuole che accenda la luce?-
-No, non si preoccupi. E’ che mi ostino ad andare in giro con una borsa che sembra una valigia … se aspetta un minuto … -
La ragazza, armeggiando con l’ombrello che fa ricadere giocoforza sul tappetino, apre una mezza dozzina di cerniere, prima di porgergli trionfante un semplice cartellino rettangolare:
-Tenga. Allora aspetto una sua chiamata-
-Promesso. Se lei non ha niente da fare questo week end e se io non sono troppo impegnato, potremmo già…-
-Veda lei, commissario. Buonanotte … e grazie ancora- la giovane apre la portiera, facendo scattare velocemente il gancio dell’ombrello per ripararsi dalle gocce insistenti.
-A presto- mormora il poliziotto, accompagnando le parole con un rapido e accennato gesto di saluto.
Terenzi aspetta che Ginevra trovi la chiave giusta, entri nel portone, accenda le luci, salga le scale e…
“Vai a dormire che è meglio” si dice l’uomo, scuotendo divertito il capo.
Dà un’occhiata allo specchietto retrovisore per controllare che non ci siano altre macchine in coda: mette la freccia a sinistra, ingrana la prima e si avvia verso casa, pronto ad affrontare il deserto di acqua che lo attende.
 
 
NOTA DELL’AUTRICE:
 
Ciao a tutti! Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Come promesso, Ginevra è tornata a farci visita, in una veste non proprio da investigatrice, ma è pur sempre vicina al nostro commissario!
Sembra che le indagini stiano per concludersi: Terenzi e Marz hanno fissato il termine di lì a tre giorni, eppure adesso pare ci sia una nuova pista da seguire.
Sebastian Perrez è stato spinto al suicidio da qualcuno? O forse non è mai morto? Chi ha ucciso al suo posto?
E, soprattutto, chi ha ucciso Rebecca?
Se si scopre questo, allora il gioco è fatto!
Un’ultima cosa: sono stata combattuta se aprire il capitolo come lo avete letto voi, in seguito al tragico episodio accaduto appena qualche giorno fa all’Airbus tedesco, perché–ironia della sorte e della mia fantasia- avrei dovuto pubblicarlo proprio la sera in cui ho sentito la terribile notizia, ma ho preferito rimandarlo a stasera.
Spero che non lo prendiate come un gesto di inumanità.
Grazie a tutti quelli che leggono la storia, recensiscono, a chi l’ha inserita tra le preferite, tra le ricordate e le seguite!
Grazie! A presto!
 

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Capitolo 8
*** La dama in blu ***


Venerdì 16 aprile, ore 15.45, commissariato “L’Aquila”

La pioggia era notevolmente diminuita durante la notte: nella mattinata era scesa solo qualche goccia, per poi smettere completamente, anche se nel cielo continuavano a persistere nuvoloni minacciosi.
Terenzi, gli occhi bassi a rileggere gli appunti sull’omicidio della pittrice, è seduto alla scrivania in attesa dell’arrivo di Virginia Rocca Regaldi, la signora Steinke.
E’ curioso di conoscerla: al telefono la sua voce risuonava calda e piacevole, chissà se è davvero come se l’è immaginata, un po’ altera e regale, come il suo cognome da nubile le impone.
Mancano poco più di quarantotto ore alla chiusura del caso, pensa il poliziotto, lei è una delle mie ultime carte da giocare: se anche questo interrogatorio si rivelerà un flop, sarò costretto ad archiviare definitivamente le indagini.
Niente assassinoo meglio c’era ma adesso è morto- e niente prove; per non parlare degli indizi, l’unico degno di nota è il messaggio misterioso scritto dalla Dünnerz alla suora, continua a riflettere, e che proprio il presunto omicida le ha consegnato appena due settimane fa, nascosto malamente in un’icona della Madonna.
Continuando a sfogliare in preda alla disperazione più nera, il poliziotto non può dimenticarsi del mistero che ruota attorno a  “Il Rosso e il Fiume”, e nemmeno delle lettere scritte dal Perrez, quando soggiornava amabilmente in Brasile…
-Commissario- Ghirodelli entra aprendo leggermente la porta, reggendo un raccoglitore nero e dal bordo spesso.
-Vieni, entra- lo invita il superiore, alzando gli occhi scuri dai fogli.
-E’ arrivata la signora Steinke. La faccio accomodare?-
-E’ in anticipo. Sì, falla entrare- constata con un sospiro, guardando l’orologio da polso.
Terenzi approfitta di quei pochi istanti per sistemare le carte sulla scrivania: una buona impressione è fondamentale per ottenere la fiducia delle persone.
Ritira velocemente i plichi di documenti di indagini ormai arretrate in uno dei cassetti del mobile, lasciando qualche pila di fogli per non sembrare uno scansafatiche, attributo che non gli calza per nulla.
Fa appena in tempo a riordinare le penne nell’apposito soprammobile, quando sente il rumore ritmico dei tacchi risuonare sul pavimento di fronte al suo ufficio: alza gli occhi come se fosse stato sorpreso a rubare in casa d’altri, e rimane piacevolmente stupito dalla presenza che appare davanti a lui.
Una donna alta e particolarmente magra, sui quarant’anni e i capelli castano ramato sciolti sulle spalle, si fa avanti sorridendo diplomaticamente.
Indossa un attillato abito blu, forse di raso, con scarpe basse e una borsa in tinta, talmente minuscola che quasi Terenzi non la notava: però, riflette per un nanosecondo l’uomo, che persona camaleontica
-Prego, si accomodi, signora Steinke-
Il poliziotto si alza cercando di darsi un tono e, con un gesto della mano destra, la invita a prendere posto all’altro lato della scrivania.
-Buon giorno, commissario, forse sono un po’ in anticipo- saluta la donna, stringendogli la mano e accomodandosi sulla sedia di fronte al poliziotto.
-No, non si preoccupi. La stavo comunque aspettando, quindi meglio così!- il poliziotto si appoggia allo schienale, sorridendo di rimando.
-Allora, per prima cosa la ringrazio per la sua disponibilità- continua solenne.
-Se posso esserle d’aiuto, e se finalmente si riuscirà a scoprire chi ha ucciso Rebecca, non esiti a pormi tutte le domande che ritiene necessarie … -
-Dalle sue parole deduco che lei è ancora convinta dell’innocenza del signor Perrez. Dico bene?-
-Certamente. Dal primo momento che sono venuta a conoscenza della morte di Rebecca, ho sempre creduto nell’innocenza di Sebastian. Si amavano troppo, erano la coppia perfetta, e poi lui non aveva movente per fare quello che sostenete abbia fatto- il tono controllato della donna, si tinge di una nota di rimprovero.
-Signora Steinke, rimane il fatto che l’impermeabile del fidanzato della sua amica sia stato rinvenuto in casa della vittima, macchiato del sangue della signorina Dünnerz. Inoltre, in questi nove anni, il signor Perrez si è dato alla fuga e, poco prima di uccidersi, ha chiamato Marz, il commissario che ha seguito le indagini a Berlino, dicendogli che non riusciva più a sopportare il peso di quello che aveva fatto. Lei che cosa penserebbe, se fosse al posto mio?-
-Sinceramente?- domanda alzando un sopracciglio e arricciando leggermente le labbra non troppo carnose.
-Ovvio- la invita il poliziotto, aiutandosi con un sorriso di circostanza.
-Non nego che la ricostruzione che ha appena fatto sia più che convincente, tuttavia continuo a pensare che Sebastian si sia sentito braccato: immagino fosse stanco di fuggire per qualcosa che non aveva fatto, forse la sua mente non ha più retto a tutte queste pressioni, fisiche e psichiche intendo. Credo sia per questo motivo che si sia ucciso-
-Quindi la colpa sarebbe della polizia?- cerca di capire Terenzi, accigliato e divertito al contempo.
-No, commissario, non dico questo. Voi avete fatto il vostro lavoro in questi anni, come è giusto che sia. Quello che sto cercando di dire, è che Sebastian è sempre stato un ragazzo sensibile e gentile con tutti. E’ molto probabile che, durante questo tempo trascorso lontano, da solo, non sia più riuscito a mantenere i nervi saldi-
La donna accavalla le gambe, incrociando le mani dalle dita affusolate sulla coscia sinistra.
-E’ un’ ipotesi interessante, signora, ma ad essere sinceri non mi convince molto. Per fare quello che ha fatto si deve essere dotati di sangue freddo e parecchia lucidità. Non crede?-
-Lei mi ha detto di parlare sinceramente, commissario, e io l’ho fatto-
-Ha ragione. Sapeva che il signor Perrez aveva abitato per un certo periodo in Brasile?-
Virginia Rocca Regaldi lo guarda con fare imperscrutabile, difficile da decifrare: non sembra né stupita né a conoscenza della risposta alla domanda a cui è appena stata sottoposta.
-No- emette alla fine, con lo stesso tono incolore e cauto di prima.
-Sa se lui e Rebecca hanno abbiano mai fatto un viaggio in Sud America?-
-No, anche di questo sono sicura-
-Quindi non era a conoscenza del fatto che loro due avessero intenzione di sposarsi?-
Un lampo di smarrimento attraversa gli occhi della donna: oh, finalmente, pensa soddisfatto Terenzi, sembra che ho fatto breccia nell’armatura di questa specie di robot!
-Sposarsi? No, non lo sapevo, ma chi gliel’ha detto?-
-Suor Maria-
-Ah, capisco- lei abbozza un sorriso, come a sottolineare l’ovvietà della fonte da cui proviene quell’informazione.
-Non è stupita di questo?-
-Non particolarmente. Suor Maria avrebbe potuto inventare tutto: era così affezionata a Rebecca e a Sebastian, come chi li conosceva del resto, che avrebbe potuto travisare le loro reali intenzioni-
-Uhm … - su questo punto non ha completamente torto, rifette Terenzi  -come vi siete conosciute, lei e la signorina Dünnerz?-
Virginia fa un lungo sospiro, le mani incrociate sempre adagiate elegantemente sulle gambe.
-E’ passato molto tempo da allora, più di dodici anni se non ricordo male.
Dei colleghi di mio marito le avevano comprato alcuni quadri, ed erano venuti a sapere che Rebecca cercava persone che fossero disposte a posare per altri suoi dipinti che stava realizzando. Mi è sembrata una proposta insolita, ma anche interessante, perciò decisi di recarmi a casa sua per conoscere qualcosa in più su questa iniziativa. Fissammo un appuntamento per qualche giorno più tardi. E’ così che è cominciata la nostra amicizia- spiega con un sorriso nostalgico la donna  - era una professionista molto valida, e una ragazza gentile e affabile-
-E quando ha finito di posare per lei, vi siete continuate a vedere?-
-Sì, esatto. Durante il periodo di produzione delle tele, ci incontravamo nella sua villa vicino a Berlino.
La cosa andò avanti per tre o quattro mesi, non ricordo bene. Una volta terminato il quadro, Rebecca ed io continuammo a frequentarci per fare le solite cose normali che si fanno tra amiche: uscireinsieme, andare al cinema, organizzare una cena… cose di questo genere -
-All’epoca era già fidanzata con il signor Perrez, vero?-
-Sì- conferma Virginia, sempre immutabilmente ferma nella sua posizione, quasi come se stesse ancora posando per un dipinto presente solo nella sua testa.
-Si erano conosciuti all’università, proprio qui a Torino. A volte, soprattutto quando andavo a cena da lei, c’era anche Sebastian. Mio marito ed io uscivamo spesso con loro-
-Quando l’ha vista per l’ultima volta, signora Steinke?- le domanda il poliziotto.
La donna abbassa per un paio di secondi lo sguardo, come a non voler farsi distrarre dalla presenza dell’uomo di fronte.
Quando lo rialza, scuote impercettibilmente il capo e, sollevando vinta il sopracciglio di sinistra, ammette suo malgrado:
 -E’ passato molto tempo, commissario, credo che fosse un paio di giorni prima di quello che è … successo. Era venuta a casa mia, per prendere il the-
-L’aveva invitata lei?-
-Non ricordo … sì, forse sì-
-E come le era sembrata? Nervosa, preoccupata?-
-No- risponde questa volta prontamente, abbozzando un sorriso  -era assolutamente normale, proprio come le altre volte-
-Non le ha parlato di qualcosa in particolare?-
-Nulla di insolito-
-C’era anche il signor Perrez?-
-La venne a prendere nel pomeriggio. Mi ricordo che ci siamo fermati a parlare ancora un po’, ma poi se ne sono andati tranquilli, come se niente fosse, perché non era successo nulla, glielo ho detto-
-Quindi non era nervoso nemmeno lui?-
-Per nulla. Era normalissimo-
-Mi scusi la domanda, ma in questi anni lei non ha per caso visto o sentito il signor Perrez, vero?-
-Certo che no, commissario! Non le nego che da una parte avrei voluto rincontrarlo, ma solamente per chiedergli perché continuasse a fuggire invece di consegnarsi alla polizia. Pero, dal momento che l’occasione non si è mai presentata, non capisco il motivo della sua domanda … -
-Fa parte delle solite domande di routine, signora. Va bene, per me è sufficiente così. Grazie di essere venuta fino a qui, davvero-
-Purtroppo non le sono stata molto utile, mi dispiace, ma è tutto quello che so- si giustifica la donna, alzandosi e riprendendo la borsetta che aveva appoggiato –o meglio sprofondato- sulla sedia di fianco alla sua.
-Non si preoccupi, lei ha fatto quello che poteva. Arrivederci, signora- Terenzi le stringe la mano e, precedendola prontamente, la accompagna all’uscita del commissariato.


La speranza di riuscire a sapere qualcosa di importante dal colloquio con la signora Virginia Steinke risulta alla fine vana.
Terenzi, terminati di fare gli onori di casa, fa dietrofront e va alla ricerca dell’ispettore Ghirodelli, per metterlo al corrente delle novità che, purtroppo, non ci sono.
Trova senza difficoltà il poliziotto, intento a prendere un caffè, vicino all’erogatore automatico di bevande.
-Commissario, ho visto andare via la Steinke. Come è andata?-
-Direi male: l’interrogatorio è servito a ben poco- commenta mesto l’altro –mi ha ripetuto le stesse cose che mi ha detto anche suor Maria: la Dünnerz e Perrez erano praticamente la coppia perfetta, andavano d’amore e d’accordo, mentre noi siamo ancora qui, punto e a capo. Anzi, ha persino messo in dubbio l’intenzione di quei due di sposarsi-
-Uhm … ero davvero convinto che avrebbe potuto dirci qualcosa di interessante-
-Anch’io, evidentemente la sorte non gioca a nostro favore. Mi hai fatto venire voglia di caffè-
Terenzi infila la chiavetta personale nell’apposita fessura, schiaccia sul bottone caffè macchiato e attende che sia pronto.
-Abbiamo solo quarantotto ore prima di chiudere definitivamente il caso-
-Lo so, Ghirodelli, non me lo ricordare-
L’ispettore finisce di bere l’ultimo sorso di caffè, butta il bicchierino di carta nel cestino della spazzatura, e aspetta che faccia altrettanto anche il suo superiore.
-Sai una cosa? Sono convinto che suor Maria non mi abbia detto tutto-
-Pensa che sappia qualcosa in più sulla morte dei due fidanzati?-
-E’ solo una mia sensazione, ma credo di sì- afferma pensieroso Terenzi, continuando a sorseggiare il caffè.
-Cosa pensa di fare?-
-Non lo so, devo cercare di capire se e cosa mi nasconde quella donna-
-La vuole interrogare di nuovo?- s’informa accigliato il sottoposto, la spalla destra appoggiata al muro.
-Sì, ma questa volta o viene lei qui o la sentirò telefonicamente-
-Prima lo fa e meglio è, commissario-
-Hai ragione, proverò subito a chiamare il convento. Però ti devo chiedere un favore … -
-Tutto quello che vuole-
-Fammi un elenco delle persone scomparse il giorno in cui è morto Perrez: restringi il campo agli uomini fisicamente uguali a lui, stessa corporatura, stesso colore dei capelli, stessa altezza. D’accordo?-
-Va bene. Mi concentro sul territorio svizzero e italiano?-
-Sì, chiama la polizia elvetica. Ah, se trovi dei cittadini che non sono di nazionalità tedesca, includili nell’elenco, ovviamente: quell’uomo era od è tanto furbo da non poter sottovalutare nulla-
-Sarà fatto, commissario-
-Perfetto. Ti chiedo solo una cosa: prima mi porti quell’elenco e meglio è!-
-Certamente. Mi metto subito al lavoro-
Il commissario annuisce soddisfatto: getta il bicchiere di carta nella spazzatura, dà una pacca sulla schiena dell’ispettore e si dirige nel suo ufficio, le spalle leggermente incurvate dalle preoccupazioni.


NOTA DELL’AUTRICE:

Ciao a tutti! Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Accidenti, la sorte è proprio sfavorevole a Terenzi e alle sue indagini! Nemmeno la signora Steinke è riuscita a dirgli qualche cosa di utile su Rebecca e Sebastian.
E di nuovo l’ultimo appiglio rimane suor Maria!
Sarà disposta nuovamente a collaborare? E Ghirodelli, nella sua ricerca di persone scomparse, troverà qualche pista concreta?
Lascio a voi le risposte!
Grazie tantissimo a chi legge e recensisce: mi fa sempre tanto piacere leggere un vostro commento!
A presto!

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Capitolo 9
*** Dolci tentazioni ***


Tre ore più tardi aveva ripreso a piovere, una di quelle piogge che ci si domanda quando ha avuto inizio, perché appena un attimo prima il cielo non dava alcun preavviso dello scherzo che ci avrebbe tirato di lì a breve, sebbene era da giorni che le nuvole si addensassero innocue sopra Torino.
Terenzi ha appena finito di interrogare quelle due teste vuote degli spacciatori arrestati per il caso “Biancaneve”, poco prima del suo viaggio in Germania di inizio settimana.
Dopo essersi rifocillato con un paio dei tramezzini speciali di Maurizio, che gleli aveva portati a domicilio, adesso ha un po’ di tempo per starsene da solo a gustarsi la crêpe al cioccolato fondente cosparsa di scorze di arancia, un altro pezzo forte dell’ex poliziotto ora barista.
Nella sinistra il commissario tiene ben stretta la dolce tentazione, mentre con la destra regge il biglietto da visita che gli ha dato Ginevra il giorno prima.
Con tutti i casini che ho, pensa l’uomo, addentando con un bel morso un pezzo del suo fine cena, è davvero assurdo che stia qui con questo numero tra le mani, ma ho promesso che l’avrei chiamata.
Facendo un rapido calcolo mentale, era da tanto tempo che Terenzi non usciva più con una donna, talmente tanto che si era persino dimenticato l’anno: non che la cosa gli pesasse o gli dispiacesse, perché tra Miss Marple e il lavoro, aveva fin troppe cose a cui pensare, però, da qualche giorno a quella parte, non era raro che pensasse a Ginevra, né che la sognasse, come era successo durante il viaggio di ritorno dopo l’interrogatorio con suor Maria.
Proprio la scorsa notte, ad esempio, si era immaginato insieme alla giovane archeologa, sdraiato su una spiaggia, lui che il caldo lo odiava, a fissare il mare piatto e brillante a pochi metri da loro.
“E’ bello qui, vero?” gli aveva chiesto: era molto carina con il bikini arancione e i capelli castani raccolti in una treccia, gli stessi occhiali da sole che indossava quando si erano incontrati per caso tre giorni prima.
“Sì, molto” le aveva risposto, guardandola con un’espressione da pesce lesso, almeno era la sensazione che aveva provato nel sogno e adesso che ci ripensava.
“Perché non ti sei messo il costume?” Ginevra si era tolta gli occhiali, aveva portato l’asticella tra le labbra per mordicchiarla, e poi si era fermata a fissarlo seria.
“Io cosa?” e solo in quel momento, infatti, il commissario si era accorto di indossare una giacca blu con una cravatta a pois, un paio di bermuda verde acido e degli orribili mocassini rossi.
A quel punto si era alzato rapido come una saetta, ed era fuggito a gambe levate, mentre la risata della ragazza lo inseguiva.
Domani è sabato, continua il poliziotto, scacciando dalla mente quella vergognosa e insensata scena che aveva sognato,  forse non andrà al museo, o forse sì, però sul biglietto c’è anche il cellulare. Se dovessi decidere di chiamarla, potrei sempre provare su quello
Per consolarsi e cercare di risolvere quel dubbio amletico, addenta un altro boccone di crêpe, la parte centrale, la più ricca di caldo e dolce ripieno.
-Commissario, posso?- l’ispettore Ghirodelli socchiude la porta, ed entra reggendo un piccolo plico di fogli in mano.
-Sei ancora qui? E’ tardi, sono quasi le otto- il superiore sta per strozzarsi, nel vano tentativo di nascondere sotto la scrivania il corpo del reato.
-Cosa sta facendo?!- lo apostrofa con un mezzo sorriso l’altro, facendosi sempre più avanti.
-Cosa vuoi che faccia? Sto riordinando tutte le scartoffie arretrate e … ma a te cosa importa, scusa! Piuttosto, dimmi perché sei venuto!-
Reprimendo l’ennesimo sorrisino, l’ispettore ridiventa serio e professionale:
-Prima di andare via, le volevo portare l’elenco che mi ha chiesto: ho trovato una trentina di nominativi che penso facciano al caso nostro-
-Ottimo, fammi vedere-
Terenzi, la crêpe in bilico sotto la scrivania, prende i fogli e comincia a leggere interessato:
-Non c’è nessun italiano … -
-No, infatti. Ho dovuto disturbare i colleghi svizzeri, che però mi hanno dato tutte le informazioni che volevo: gli uomini nell'elenco, infatti, sono stati avvistati l'ultima volta in territorio elvetico-
-Bene, hai già controllato qualche nome?-
-Una decina li scarterei, perché sebbene fisicamente assomiglino a Perrez, sono o più giovani o più vecchi di lui-
-Quindi ne rimangono venti- conclude impensierito Terenzi, lanciando un’occhiata preoccupato in direzione del corpo del reato, nascosto sotto lo scrittoio -lascia pure qui la lista: approfitterò per controllarla adesso che non ho niente da fare-
-Ma commissario, ha appena detto che è tardi!-
-Sì, ma questo vale per te, non per me. Io mi preoccupo per i miei sottoposti, Ghirodelli, ormai dovresti conoscermi … -
-Se mi fermo, sicuramente faremo prima … -
-Non ce n’è bisogno!- si affretta ad aggiungere l'altro; poi, cercando di distogliere l’attenzione dell’ispettore, s’informa innocentemente:
-A proposito, hai aggiustato le manopole del gas?-
E il punto va a segno:
-Non ancora, i pezzi di ricambio arriveranno lunedì … -
-Quindi non hai da cucinare?-
-Eh no, perciò se vuole … -
-Guarda, ho lo stomaco chiuso: tu vai pure, non preoccuparti- e qui, da bravo attore drammatico qual è, Terenzi si porta la mano destra, quella libera, nel punto in cui ha improvvisamente dolore.
-Commissario … -
-Dimmi … - anche la voce è quella di un moribondo: ormai si è proprio calato nella parte.
-Io me ne vado, però le vorrei dire una cosa per il suo bene-
-Certo, mi fa piacere che ti interessi. Allora?-
-Ha del cioccolato su un angolo della bocca, proprio qui- e per infierire, l’ispettore gli si avvicina per mostrarglielo.
-Va bene, Ghirodelli, hai vinto tu!- sbuffa annoiato il superiore, riposizionando la ormai fredda crêpe sulla scrivania  -resta, però, per renderti utile, prenota due pizze-
-Lei parte a cenare dal dolce?!- lo stuzzica ulteriormente
-A dirla tutta, ho già mangiato due tramezzini speciali di Maurizio! Ma visto che mi hai fatto innervosire, mi tocca prendere una pizza: non è perché lavoriamo che non dobbiamo mangiare-
-Subito, commissario! La solita?-
-Sì, quattro stagioni e una birra media. Mi voglio rovinare del tutto-
-Perfetto, vado subito a prenotare-
 


Alle undici, le pance piene come due mongolfiere, sia Terenzi che l’ispettore sono ancora in alto mare: quando pensano di aver trovato finalmente l’uomo giusto, ecco che si accorgono che per un particolare o per un altro, non può essere la persona che probabilmente Sebastian Perrez ha fatto morire al posto suo.
-Siamo sicuri che la pista che stiamo seguendo sia quella giusta? C’è ancora suor Maria da riascoltare, magari lei può darci qualche altra informazione - sbotta improvvisamente Ghirodelli, passandosi una mano tra i capelli pel di carota.
-Ragioniamo un attimo- si concentra il commissario -punto primo, nessuno è venuto a reclamare il corpo di Perrez, quindi non possiamo escludere totalmente l’ipotesi che il cadavere ritrovato in fondo al dirupo non sia il suo.
Punto secondo, suor Maria ci ha già detto tutto quello che sapeva: lei adorava morbosamente Rebecca, non mi avrebbe tenuto nascosto nulla che potesse inficiare il buon esito delle indagini. Quando mi sono accorto del biglietto nascosto nella cornice, era sinceramente stupita, te lo assicuro. La Steinke ha voluto soltanto mettere in dubbio le sue parole per una forma di acredine nei confronti della suora, credo una sorta di gelosia. Con questo non voglio escludere completamente la possibilità di rinterrogarla se fosse necessario, ma adesso non lo ritengo opportuno.
Terzo punto, le lettere che Perrez scriveva alla madrina della sua fidanzata. Guarda!-
Il poliziotto apre un cassetto della scrivania, e tira fuori il sacchetto con le quarantuno buste prelevate durante la trasferta in Germania.
-“Amavo troppo Rebecca per aver fatto quello che dicono. Credimi, Maria, lei era ed è la cosa più importante per me, più importante della mia vita”. Ti pare che uno che scrive queste cose ammazzi la donna con cui sta?! E’ anche vero che, con i tempi che corrono, gli uomini troppo spesso impazziscono, ma così, con questa dichiarazione esplicita, mi sembra quasi impossibile!
Ormai è tardi, non siamo più concentrati- taglia corto, sbuffando -ci sono ancora otto nomi da controllare, lasciamo tutto com’è e finiamo domani!-
-Commissario, e se tutto questo non servisse a nulla? Se Perrez si è davvero ucciso e noi stiamo semplicemente complicando un caso che è già stato risolto nove anni fa?- l’ispettore guarda in faccia il superiore, che si passa affranto la mano sinistra sulla barba incolta.
-Non è solo un presentimento, Ghirodelli! Se vogliamo andare avanti con l’elenco dei fatti, ti accontento subito!
Punto quattro, la lettera che la Dünnerz ha fatto avere a suor Maria proprio per mezzo del fidanzato, in cui esplicitamente la pittrice scrive che sarà lui a far luce sugli eventi accaduti; punto cinque, che è subito sembrato strano anche a te, è perché Perrez si sia suicidato solo dopo nove anni. Cos’è che lo ha spinto a farlo?!-
-I sensi di colpa, lo ha detto lei a Marz…-
-Non solo quelli: non parliamo di giorni o di mesi, ma di anni, molti anni! Deve aver avuto un bel pelo sullo stomaco per dimenticarsi dei rimorsi per tutto quel tempo e poi, improvvisamente, lasciare che questi affiorino di nuovo! No, quell’uomo è ancora vivo!-
-D’accordo, facciamo come vuole lei … però non me ne vado fino a mezzanotte, commissario, se dobbiamo andare fino in fondo, usiamo anche i minuti che ci restano di questo giorno!-
-Perfetto, rimettiamoci al lavoro!-
Venti minuti più tardi, l’agente di guardia bussa alla porta dell’ufficio.
-Avanti!- grida Terenzi, alzando appena la testa dai fogli.
-Commissario, mi scusi. Sto andando a prendere un caffè, ne volete uno anche voi?-
-Sì, Berardi, grazie. Per me macchiato, per te Ghirodelli?-
L’ispettore drizza lo sguardo dal computer su cui sta confrontando i dati mandatigli dai colleghi elvetici:
-Per me senza zucchero-
-Bene, torno subito-
L’agente, un giovane sui trent'anni, è appena rientrato con i due caffè, quando Ghirodelli, alzandosi dalla sedia, esclama spiritato:
-Commissario, l’ho trovato!-
-Ne sei sicuro?!- Terenzi si alza a sua volta e si avvicina al sottoposto.
-E’ lui, corrisponde in tutto e per tutto a Perrez, inoltre è cittadino tedesco, proprio come lo era lui!-
-Fammi vedere: Markus Podonskij, quarantacinque anni, occhi nocciola, capelli castani, alto un metro e ottantaquattro, residente a Berlino: hai ragione, sembra che tutto combaci, anche la data relativa alla scomparsa, lunedì 12 aprile! Chi ha denunciato la scomparsa?-
-Uhm, aspetti che giro la pagina ... la sorella-
-Direi che è proprio l’uomo che cercavamo: a vedere la fotografia di Perrez a confronto con quella di questo Podonskij, chi conosce bene uno dei due sicuramente si accorgerebbe che non sono la stessa persona, ma la somiglianza è piuttosto evidente. Cosa ne pensi?-
-Lo credo anch’io, e poi è l’unico uomo dell’elenco con maggiori punti in comune con il nostro ricercato …  -
-Esatto, a noi serve proprio uno così- Terenzi guarda l’orologio – sono le undici e mezza. Te la senti di stare ancora qui, Ghirodelli?-
-Certamente, fino a mezzanotte, l'ho detto e lo ribadisco! Adesso che abbiamo trovato il nostro uomo, non mi schiodo di qui fino a quando non abbiamo la certezza che sia davvero lui!-
-Molto bene: chiama l’INTERPOL e senti se sanno qualcosa di questo Podonskij, altrimenti domani mattina manderò un fax a Marz per sapere se è schedato-
-Vado subito-
-Io intanto vedo se, per puro caso, è una conoscenza del nostro archivio! Forza, manca poco ormai!-



NOTA DELL’AUTRICE

Ciao a tutti! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e che non lo abbiate trovato troppo confusionario!
Sembra che, una volta per tutte, Terenzi e Ghirodelli siano finalmente sulla buona strada!
Forse Perrez è ancora vivo e, se così fosse, tutto cambierebbe: per prima cosa si farebbe luce sull’omicidio di Rebecca e, di conseguenza, sulla sparizione del fidanzato.
E Markus Podonskij chi è? Cosa c’entra con Sebastian?
Vi aspetto al prossimo capitolo!
Grazie a chi legge e recensisce!!!
A presto!

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Capitolo 10
*** Istinti suicidi ***


Sabato 17 aprile, ore 8.45

Terenzi, all’alba delle due del mattino, era finalmente riuscito a mettere piede in casa, accolto dal gioioso sottofondo di musica country della coppia diabolica, il deejay e l’estetista suoi vicini di pianerottolo.
Il poliziotto, reprimendo un moto di stizza e di rabbia per quel benvenuto per nulla cercato, dà una gomitata alla porta d’entrata dei due sposini, nella speranza che non serva alcuna dimostrazione di forza per intimargli di starsene in silenzio.
Avanza stanco morto in direzione di Miss Marple, la quale, come il più fedele dei quattro zampe, non appena si rende conto dei passi cadenzati del suo padrone che annunciano il suo ritorno, tira fuori la testa dal carapace e si avvicina al commissario, nell’attesa di vedersi servita la cena.
Più che una tartaruga mi sembra un cane …” pensa tra sé e sé l’uomo, spogliandosi dell’impermeabile e infilando l’ombrello nell’apposito cilindro all’imbocco del corridoio.
Poi, da bravo proprietario che ha cuore la salute del suo animaletto domestico, si dirige in cucina, apre la porta del frigorifero e recupera il sacchetto di insalata, rigorosamente pieno di foglie di lattuga: ne prende tre o quattro e, ricordandosi che ha ancora ai piedi le scarpe, ne approfitta per togliersele, s’infila le pantofole vicino al divano e, finalmente, ritorna da Miss Marple, ancora in religioso silenzio, ad aspettare lo spuntino notturno.
“E anche per oggi ho fatto il mio dovere … “ si congratula ad alta voce Terenzi.
Spogliandosi della camicia e dei pantaloni, si raggomitola sotto le coperte: appoggia l’avambraccio destro sulla fronte, e comincia a contare.
Se quei due imbecilli non la piantano subito, prendo la pistola di ordinanza e gliela sventolo sotto quel naso che si ritrovano! Voglio vedere se poi hanno ancora il coraggio di ascoltare musica alle due del mattino!”.
Arrivato a duecento uno – di solito il suo traguardo era centocinquanta, come il punteggio di Scala 40, ma dopotutto anche l’atro numero c’entrava con il gioco a carte che tanto gli piaceva fare- il commissario era già pronto ad alzarsi, imbracciare l’arma, uscire sul pianerottolo anche senza vestirsi, e mettere a segno il suo piano quando, improvvisamente, il rumore cessa di colpo.
A pochi passi dal letto, l’uomo aguzza le antenne: si guarda intorno un paio di volte, chiude gli occhi e sorride:
L’ho sempre detto io che con le maniere forti non si ottiene nulla!”.
Soddisfatto, ritorna a letto e, in un battito di ciglia, cade tra le accoglienti e tanto sospirate braccia di Morfeo.


E' l’ennesima giornata uggiosa: il tempo continua ad essere volubile, esattamente come lo stato d’animo del commissario, che un momento prima è sicuro di essere a un passo dall’afferrare e sbrigliare il bandolo della matassa, mentre l’attimo successivo si getta nel più cupo sconforto, certo che, il nome di Markus Podonskij sia l’ennesimo buco nell’acqua di quell’indagine dalla doppia faccia, all’incirca come le parole di suor Maria, di Virginia e delle lettere di Sebastian, un minestrone di pareri contrastanti e di emozioni.
Ovviamente, l’uomo non era noto alle forze dell’ordine italiane, mi sembrava che la fortuna girasse troppo dalla nostra, si dice Terenzi, speriamo che Ghirodelli sia più fortunato: ormai mancano meno di quarantotto ore alla chiusura delle indagini, la nostra unica speranza rimangono i colleghi dell’INTERPOL.
Il poliziotto si stropiccia gli occhi, si stiracchia braccia e schiena, e si alza per andare a cercare l’ispettore.
Tutta quell'agitazione gli sta facendo venire un certo languorino: una voglia improvvisa di uno dei tramezzini super speciali di Maurizio si fa largo tra il groviglio di pensieri che gli affollano la mente.
Guarda desideroso la cornetta del telefono appoggiato alla scrivania, un'occhiata avida rivolta verso l'apparecchio che, nelle sue fantasie più torbide, prende la forma del panino imbottito che vorrebbe tanto addentare.
Ma la sua coscienza di poliziotto integerrimo prende subito il sopravvento sottoforma di Ghirodelli che, come se sapesse dell'irresistibile tentazione che sta confondendo la razionalità del superiore, giunge in suo aiuto.
Bussa alla porta e, senza attendere l'invito ad entrare, la spalanca come nelle migliori scene di film western, annunciando:
-Commissario, sono riuscito a contattare l’INTERPOL!-
Il sorriso di giubilo sul suo volto glabro sembra promettere bene, così come i fogli pinzati che custodisce vittoriosamente tra le mani.
-Ottima notizia, vieni- Terenzi si risiede sulla sedia e, con un cenno del capo, già dimentico della tentazione passeggera che rischiava di compromettere la sua lucidità, invita
il sottoposto a fare lo stesso.
-Allora, si metta comodo perchè ho un bel pò di cose da riferirle!-
-Benissimo: da dove vuoi iniziare?- ribatte solennemente l'altro poliziotto.
-Dunque, Markus Podonskij non è una persona molto pulita: il suo vero nome risulta essere Markus Friedrich Schörell, nato a Berlino il 12 agosto 1968, di professione architetto, guarda a caso lo stesso mestiere che esercitava Perrez. In realtà il suo è solo un lavoro di copertura: da una dozzina d’anni, infatti, è sulla cresta dell’onda come trafficante di diamanti, ma non sono mai riusciti ad arrestare perché è sempre stato molto attento a non farsi beccare.
Sembra che abbia contatti con delle cosche sudafricane di Johannesburg e di Hong Kong, ma il fulcro dell’associazione è a Berlino, probabilmente nella sede del suo studio.
Lui e la moglie sono ricercati in mezzo mondo, anche se da nove anni a questa parte stanno perdendo il primato sul mercato-
-Aspetta un attimo… nove anni, hai detto?-
Terenzi, le mani incrociate a mo’ di piramide, a quel particolare si fa ancora più attento.
-Sì, così c'è scritto. Schörell ha continuato ad importare diamanti, ma con minore assiduità rispetto ai suoi standard, e questo probabilmente è il motivo per cui non sono ancora riusciti a prenderlo, per via appunto dell'attività che non è più così vitale come agli albori-
-E la moglie?-
-La moglie … si chiama Andrea Henriette Oliver- prosegue Ghirodelli  -è nata ad Amburgo il 7 luglio 1972, anche lei architetto. L'INTERPOL però non ha alcun file su di lei-
-Ieri sera mi hai detto che è stata la sorella a denunciare la scomparsa di Schörell, giusto?-
-Esattamente-
-Ma se è sposato, perché non è stata la moglie a farlo? Non ti sembra strano?-
L’ispettore annuisce gravemente, apre la bocca un paio di volte, poi azzarda:
-Forse perché aveva paura che la polizia questa volta ne approfittasse per arrestarla. Anche se non è mai stata ufficialmente indagata, non è detto che sia all'oscuro dei traffici illeciti del marito -
-Uhm sì, può essere- abbuona Terenzi  -sai se sono separati o divorziati?-
-No, qui non risulta, c’è scritto solo che è sposato- riprende il sottoposto, gli occhi azzurri fissi sui fogli.
-Scommetto quello che vuoi che Perrez ha fatto fuori Schörell, inscenando il suo suicidio per liberarsi una volta per tutte dalla polizia!-
-Aspetti un secondo, commissario! Non crede di correre un pò troppo?-
-Niente affatto, mio caro! Ti ricordo che sono quasi due settimane che siamo fermi su questo caso senza capo né coda! Non credi anche tu che sia ora di scrivere la parola fine?-
-Sì, certo, ma non così in fretta. Lei, quindi, pensa che sia stato il trafficante ad uccidere la Dünnerz?!-
-E’ un’ipotesi che ha più di una possibilità di corrispondere a realtà: Perrez, se davvero ha ucciso questo Schörell alias Podonskij, sa che è innocente, sa che non è stato lui ad ammazzare la fidanzata, naturalmente, ma non ha le prove per dimostrare ciò che afferma, tanto più che, molto probabilmente, è invischiato in questo giro di traffico di diamanti ... non chiedermi quale ruolo riveste perchè non godo ancora della sfera di cristallo!
Comunque, tornando a noi, Perrez è consapevole che è stato questo tizio a rovinare la sua vita e quella di Rebecca, quindi promette di vendicarsi: aspetta il momento opportuno, ovvero pochi giorni fa, riesce ad ottenere un appuntamento con Podonskij e lo accoppa! Così, in un solo colpo, ha vendicato la fidanzata e ha allontanato da sé tutti i sospetti! Cosa te ne pare come ricostruzione?-
Ghirodelli rimane per qualche secondo in silenzio, al fine di gustarsi quelle parole che non gli appaiono poi così tanto stralunate e campate per aria.
-Certo, come storia sembra reggere abbastanza. Ma come facciamo a rintracciare Perrez? E poi dovremmo far riesumare il corpo di questo Schörell per essere davvero sicuri che sia lui!-
-Purtroppo quello che ci ostacola è proprio questo piccolo particolare ... -
-Vuole che vada a contattare il medico legale?- cerca di risolevvargli l'animo l'ispettore.
-No, adesso non serve. Prima bisogna rintracciare la moglie di Podonskij, questa Oliver o come diavolo si chiama! Marz la metterà alle strette e confesserà!-
-E se non lo facesse o, peggio ancora, non si riuscisse a contattarla? L’unica spiaggia che rimane è il test del DNA, ma dal dossier dell’INTERPOL non risulta che
questi due abbiano figli o parenti -
-Non cominciare a diffondere il tuo pessimismo cosmico, ispettore! Datti da fare e manda un fax ai colleghi tedeschi! Scrivi che devono immediatamente riuscire ad interrogare la Oliver, massima priorità, intesi?!-
-Io sono realistico, commissario- ribatte
il sottoposto, alzandosi dalla sedia e, con una punta di risentimento, taglia corto:
– Ma, da bravo poliziotto, obbedisco ai suoi ordini. Ci vediamo dopo-


Poco prima di pranzo, arriva il fax di risposta di Marz: nella casa in cui dovrebbe alloggiare Schörell insieme alla moglie, della consorte invece non c’è alcuna traccia. Anzi, il mistero si infittisce ulteriormente, perché è un monolocale quello in cui fanno irruzione i colleghi germanici, in cui non c’è alcuna presenza femminile, né un rossetto, un indumento, una fotografia che ritragga la donna, il nulla più assoluto.
A quella notizia, Terenzi vorrebbe buttarsi giù dalla finestra:
-Non è possibile, Ghirodelli! Cosa accidenti abbiamo fatto di male per non riuscire a risolvere questa indagine?! Da dove proseguiamo, anzi, da dove ricominciamo?! Se non c’è la moglie a dirci cosa è successo nove anni fa, a riconoscere il corpo del marito, come ci muoviamo?!-
-Se le dico che non ne ho la più pallida idea, le piace come risposta?- azzarda l’ispettore, cercando di risollevare il morale del superiore.
-Farò finta di non aver sentito! Ho la testa che mi scoppia, davvero ... - mugugna affranto il commissario, che si alza dalla poltrona girevole, si dirige verso la finestra alle sue spalle e guarda fuori:
-Abbiamo due cadaveri, quello della Dünnerz e quello di Podonskij o come caspita si chiama! Poi abbiamo un latitante, morto, vivo? Chi lo sa … e, giusto per non farci mancare nulla, a tenerci compagnia c’è anche una suora, che tiene una fitta corrispondenza con il suddetto fuggitivo per quasi nove anni, così, come se fosse la cosa più naturale del mondo!-
L'uomo si rigira in direzione di Ghirodelli e, guardandolo con aria incredula, gli domanda:
-Secondo te, cosa mi impedisce di uscire da questa stanza e di non tornare fino a quando una manna dal cielo non ci aiuti a risolvere questo caso?!-
-Adesso mi sembra sia un po’ troppo tragico, commissario. Deve cercare di essere più ottimista!-
Terenzi scuote amareggiato il capo, le mani in tasca, la camicia azzurra a risaltare il profilo della schiena.
Sta marciando, sconsolato, per risedersi al suo posto, quando un’illuminazione prende il sopravvento nella sua mente, un sorriso ebete stampato sul volto contornato dalla solita barba incolta:
-Credo che nemmeno lei sia morta, anzi che in realtà la donna assassinata nove anni fa sia proprio la Oliver!-
-Chi, commissario? Cosa sta dicendo?-
Ghirodelli ha il sospetto che il troppo lavoro abbia reso pazzo il superiore, così si avvicina con fare cauto e, mettendogli una mano sulla spalla, prosegue:
-E’ un’accusa molto grave. E poi, mi scusi, ma di chi sta parlando?-
-Lo so, lo so, Ghirodelli, ma adesso mi sembra tutto così ovvio! Per averne la certezza, però, devo chiamare suor Maria, lei sa molto di più di quello che mi ha detto!-
-Vuol dire che Rebecca Dünnerz non è morta?-
-Ma sì, certo, è così!- esulta come un bambino Terenzi  -tutte quelle lettere che l’uomo ha scritto alla suora, in cui proclamava a gran voce la sua innocenza e il suo amore per la donna, l'aver portato appena due settimane fa il ritratto della Madonna al convento, icona guarda a caso dipinto dalla Dünnerz, rischiare di farsi beccare alla stazione di Berlino, arrivare fino a qui, a Torino, e far finta di noleggiare un’automobile, chiamare Marz, dicendogli che non riesce più a sopportare il fardello di quello che ha commesso nove anni prima! Era tutta una messinscena, ispettore, tutto uno spettacolo architettato alla perfezione, con dovizia di particolari, ma è stata una farsa, una colossale farsa!-
Ghirodelli toglie la mano dalla spalla del superiore, attratto dalle parole che gli ha appena sentito pronunciare:
-Se è davvero così, allora quei due in realtà sono degli assassini senza scrupoli, e forse si nascondono proprio in Brasile!-
-E’ quello di cui sono praticamente certo! Ma il Brasile è immenso, prima di chiedere aiuto alle autorità locali, dobbiamo almeno sapere in quale città si sono rifugiati-
-Magari nella stessa città in cui Perrez ha abitato da bambino!- rilancia la palla l'ispettore, anche lui estasiato da quella nuova pista.
-Questo potrebbe essere un buon punto di partenza. Suor Maria lo saprà sicuramente, lo deve sapere!-
-Beh, se le cose stanno come dice lei, allora dobbiamo muoverci, prima che sia troppo tardi!-
-Hai ragione- il commissario annuisce convinto, lo sguardo eccitato ma serio al contempo:
Adesso non posso più permettermi di sbagliare!” si dice, “sono sicuro che la chiave del mistero è a un passo dall’essere svelata! Sono stato così stupido a fidarmi di quella suora! Avrei dovuto capire fin dall'inizio che era completamente accecata dall’amore che nutriva per la sua figlioccia …”
-Ghirodelli, per piacere, contatta nuovamente Marz. Scrivigli le nostre ipotesi, io intanto contatto il questore e, poi, quella furbona di suor Maria! Ci riaggiorniamo tra …-
Terenzi dà un’occhiata sfuggevole all’orologio sulla scrivania:
-Facciamo tra un’ora, giusto in tempo per il pranzo. D’accordo?-
L’ispettore annuisce e, solennemente, esce dall’ufficio, anche lui coinvolto dalla nuova pista investigativa che si è affacciata all’orizzonte, contagiato dall’entusiasmo infantile del superiore.


NOTA DELL'AUTRICE

Ciao a tutti! Scusate l'immenso ritardo con cui ho aggiornato, ma sono impegnata con uno stage universitario, che mi obbliga a stare fuori casa e fuori città ancora per un pò di tempo.
Venendo al capitolo, spero che vi sia piaciuto!
Vi giuro che, questa volta, Terenzi e Ghirodelli sono finalmente sulla giusta strada, manca davvero pochissimo per risolvere il mistero!
Proprio a causa della lontananza e dall'impossibilità di lavorare con passione e impegno a questa storia, vi avviso che, purtroppo, ci saranno ancora due capitoli, non di più, ma che mi rifarò appena potrò con un'altra avventura del commissario torinese!
Grazie infinite a chi legge e recensisce, a chi ha inserito la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite!
Vi abbraccio e vi ringrazio per il vostro immenso sostegno!
A presto!

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Capitolo 11
*** Otto e l'osso di gomma gialla ***


Ore 12.30, commissariato “L’Aquila”, Torino

L’improvvisa e sperata presa di coscienza che prestissimo sul caso “Dünnerz-Perrez” si sarebbe finalmente scritta a caratteri cubitali la parola fine, ha ristorato Terenzi, ripagandolo di tutti quei giorni d’indagine a vuoto.
Ora la quasi certezza che Sebastian Perrez in realtà sia vivo e vegeto, così come probabilmente Rebecca Dünnerz, lo fa gongolare come il cane che aveva da ragazzino, Otto, un incrocio tra un meticcio e un labrador nero, che aveva la mania di scavare nel giardino di casa e al parco piccole buche ad otto, capacità che gli aveva fatto guadagnato il nome.
Il commissario ricompensava l’affetto del quattro zampe con un osso di gomma gialla, per cui il cane andava letteralmente matto, cominciando a saltellare e a sbavare non appena vedeva Terenzi avvicinarsi con il premio tra le mani: ecco, riflette soddisfatto il poliziotto, in quest’ultima ora mi sento proprio come Otto, felice di aver ottenuto la mia ricompensa!
Quell’osso finto, sebbene per il momento riesca a vedere solo la forma galleggiante nella sua mente invasa dalla foto segnaletica di Perrez e dall’ultimo quadro della fidanzata ex morta e ora viva, non lo fa smettere di sorridere inebetito, perso tra i ricordi del passato e le ipotesi sull’indagine in corso.  
Altro che vittime, commenta a bassa voce, cercando di darsi un certo tono, quei due sono peggio del diavolo e dell’acquasanta! Si sono trasformati in carnefici  e per nove anni si sono presi gioco della polizia!
E’ anche vero che la parte più difficile deve ancora venire, si dice, dobbiamo ancora scoprire dove si trovano e perché hanno ucciso Schörell e la Oliver.
Lo stomaco comincia a brontolargli: con tutto quel trambusto, tra donne che resuscitano, assassini presunti che in realtà si rivelano tali, trafficanti di diamanti, sparizioni misteriose ed ossi di gomma, Terenzi, quella mattina, si è completamente dimenticato di andare da Maurizio a fare colazione con i soliti cappuccino e brioche alla crema.
Miss Marple e le sue buste di insalata! continua a pensare tra sé e sé, riferendosi al pranzo della sua tartaruga di terra, ogni volta mi riduco all’ultimo momento a fare la spesa! Così, puntualmente, chi ci rimette siamo sempre io e il mio stomaco!
Sbuffando leggermente per quello spiacevole inconveniente e per la nostalgia del cornetto soffice e profumato, il poliziotto si dirige alla macchinetta del caffè: in corridoio c’è il solito viavai di agenti in divisa e in borghese, ma vicino alla sua meta, per fortuna, non c’è nessuno.
Recupera dalla tasca dei jeans la chiavetta da inserire nell’apposita fessura di quell’aggeggio spara schifezze: preme con una smorfia di disgusto il bottone blu di fianco la scritta cappuccino, ben consapevole che la brodaglia che uscirà non sarà neppure lontanamente il gemello della spumosa e abbondante tazza di cappuccio di Maurizio, innaffiato da una spolverata di cacao amaro.
Nel frattempo che aspetta il risultato di quell’esperimento alla Frankenstein, Terenzi si concentra sull’altra macchina sputa schifezze, piena di merendine, pacchetti di patatine unte e bisunte, tramezzini mezzi ammuffiti.
Per una volta, non morirò mica … cerca di consolarsi il poliziotto.
Il beep che annuncia l’avvenuta preparazione della sottospecie di cappuccino, distoglie per un attimo l’uomo dalla sua ricerca poco convinta di una porcheria meno porcheria delle altre: notando che nessun altro si sta dirigendo verso l’aggeggio spara bevande, il commissario ritorna a fissare un pacchetto di barretta di riso ricoperto di cioccolato.
La chiavetta ancora in mano, l’uomo digita il numero per ottenere quello spuntino che sembra il più salutare in mezzo a quel mare di cibo spazzatura.
Vergognandosi di quanto sia caduto in basso, Terenzi recupera, furtivo come un ladro e lanciando occhiate a destra e a manca, lo scarso bottino e, bicchiere e barretta tra le grinfie, ritorna lesto come Otto con il suo osso di gomma gialla in bocca, in ufficio, tirando un sospiro di sollievo una volta richiusa la porta dietro di sé.


Adesso lo stomaco è pieno, così il poliziotto può buttarsi nuovamente a capofitto nelle indagini.
Prima di convocare  Ghirodelli, come erano rimasti d'accordo, l’uomo vuole togliersi lo sfizio e il dovere di richiamare la donna da cui tutto ha avuto inizio, la persona che gli ha fatto perdere tempo con le sue menzogne ma, contemporaneamente, lo ha -a sua insaputa- messo sulla giusta strada, indirizzandolo verso la Verità.
L’unica persona che può chiarire gli ultimi punti oscuri di questa intricata vicenda è suor Maria, devo solo chiamarla, si decide, rovistando in uno dei cassetti della scrivania per recuperare il numero di telefono del convento.
Apre il taccuino su cui ha appuntato le parole che aveva scambiato con la suora poche settimane prima quando, l’ennesima presa in giro, si era fatto convincere a raggiungerla in convento, dove però non tutto gli si era ritorto contro: aveva infatti scoperto che il presunto assassino della pittrice intesseva costanti rapporti con la madrina della vittima e, prove importantissime, aveva trovato il dipinto della Madonna con il biglietto d’addio di Rebecca e le lettere scambiate tra Perrez e suor Maria.
Vittorioso e più sicuro che mai di trovarsi a pochi passi dalla fine positiva dell’indagine, compone il numero dell’ “Heilige Familie Kloster” e si fa passare la donna, in attesa che gli dia finalmente gli ultimi chiarimenti di cui ha bisogno.
Qualche attimo dopo, una voce tremolante fa capolino dall’altro lato della cornetta:
-Signor commissario, come mai mi ha cercata? Vuole restituirmi le lettere di Sebastian e la miniatura della mia bambina?-
-No, suor Maria- ribatte l’uomo, mettendo da parte una punta d’imbarazzo, reazione del tono affettuoso e spaurito della donna  -l’ho chiamata per sapere finalmente la verità-
-La verità? Ma gliel’ho già detta quando è venuto a trovarmi l’altro giorno … -
-Lei mi ha detto solo una parte della verità! E, da adesso in poi, la prego di non mentire!-
-Perché mi sta aggredendo, signor commissario? Che cosa le fa pensare di dire tutte queste cattiverie con cui mi sta travolgendo?-
-Non è cattiveria, suor Maria, non mi permetterei mai. Abbiamo però fatto dei passi avanti con le indagini e mi sembrava giusto metterla al corrente-
Un attimo di pausa interrompe il botta e risposta tra l’uomo e l’anziana suora.
-Se è così, ha fatto bene ad avvisarmi, signor commissario. Mi dica … -
-Abbiamo scoperto che molto probabilmente né il signor Perrez né la signorina Dünnerz sono morti-
-Oh, santo Cielo, che il Signore la ascolti! Come è successo? Come ha fatto a scoprirlo?!-
-Suor Maria, la prego, la smetta di recitare! Lei è una donna di chiesa, come può essere così convincente?!-
-Signor commissario, lei continua a darmi della bugiarda, e questo non posso tollerarlo! Io le ho sempre detto la verità, non le ho mai mentito!-
-Non è vero!-
Terenzi cambia orecchio, accalorato da quella conversazione che non sta prendendo la piega tanto sperata: se l’avessi qui davanti, credo che la strozzerei! Non è una suora, è un’attrice!
-Mi dispiace suor Maria, ma non le posso e non le voglio credere! Sono state uccise due persone e …-
-Come sono state uccise due persone? Se mi ha appena detto che Rebecca e Sebastian sono vivi!-
-Sì, loro sì, ma hanno ucciso un uomo e una donna per farlo credere a tutti altri, polizia compresa!-
-Oh no, non è vero, sta dicendo così solo per spaventarmi-
-Questa è la verità! Non quella che lei sta cercando di propinarmi!-
La donna emette un lungo sospiro di indecisione, seguito da un rumore molto simile a un singhiozzo:
-Se è così, allora le devo raccontare tutto, ma giuro sulla mia anima, signor commissario, che tutto quello che ci siamo detti nel nostro incontro, corrisponde a verità, anche per quanto riguarda il biglietto che ha trovato nella cornice: non lo avevo mai visto prima-
-Allora cos’è che non mi ha detto?- ribatte esasperato l’uomo, cambiando nuovamente orecchio.
-Due settimane fa, quando Sebastian è venuto a trovarmi per l’ultima volta, oltre al ritratto della Madonna, mi ha lasciato una busta: non c’era nome, non c’era scritto nulla sopra. Mi ha fatto promettere che l’avrei aperta solo se la polizia fosse tornata ad interrogarmi … -
-E lei l’ha fatto? Ha letto la lettera?-
-No, non ho avuto il coraggio: c’era qualcosa dentro di me che mi spingeva a non farlo.
Ho ancora la busta, se è questo che le interessa-
-Probabilmente lì dentro c’è la chiave di questo mistero. La conservi fino a quando non arriverà il collega Marz a prenderla. Me lo giura?-
Qualche attimo di incertezza da parte della donna e di Terenzi, che prende a mordicchiarsi il labbro inferiore, poi la voce rassegnata della suora risuona nella cornetta:
-Sì, non la aprirò né la nasconderò. Quando verrà il suo collega?-
-Lo chiamerò subito, spero già oggi pomeriggio-
-Signor commissario, davvero Rebecca ha fatto quello che mi ha detto? E davvero è viva?-
-Se la lettera confermerà la mia ricostruzione dei fatti, allora sì, Rebecca è viva, ma a caro prezzo e dovrà pagare per quello che ha fatto, così come Sebastian-
-La potrò incontrare?- continua emozionata.
-Non lo so, questo non dipende da me. Sarà la giustizia tedesca a decidere -
-Ho capito. Signor commissario, le chiedo solo un favore … -
-Mi dica-
-Mi ridia le lettere e l’immagine della Madonna, la prego: sarà l’unico ricordo certo della mia bambina-
Terenzi annuisce come se l’altra potesse vederlo poi, a voce alta e accondiscendente per la prima volta dall’inizio della conversazione, prosegue:
-Non si preoccupi, suor Maria, gliele spedirò oggi stesso-
-Grazie, signor commissario, grazie-



Ore 13.40, commissariato “L’Aquila”, Torino

Terenzi è riuscito ad andare in posta prima che chiudesse e a spedire quello che la suora gli ha chiesto così accoratamente, non prima di aver fatto una copia di tutto il materiale.
Al rientro ha subito mandato un fax a Marz per informarlo delle ultime novità, scrivendogli di recarsi al convento per ritirare la misteriosa lettera che Perrez ha fatto avere a suor Maria.
La risposta del collega non si fa attendere, così come la meraviglia per quella che sembra la risoluzione definitiva del caso e la promessa che nel pomeriggio gli avrebbe fatto pervenire la traduzione del messaggio.
Adesso gli manca solo da contattare il questore, sperando che sia di buon umore e che abbia tempo per ascoltarlo.
-Commissario, che piacere sentirla! Sbaglio o è da un po’ che non mi telefona per tenermi informata?-
Bene, dalla voce Crudelia Demon mi sembra mansueta, ha appena il tempo di pensare Terenzi, prima di trovare una risposta che potesse soddisfarla:
-Signor questore, mi scusi, ma siamo stati molto impegnati in questi ultimi due giorni, per questo non ho avuto modo di contattarla-
-Si riferisce al caso della pittrice assassinata?- s’informa interessata la donna, mentre il poliziotto se la immagina avvolta in qualche attillato completo, tappezzata di trucco e gioielli costosissimi.
-Sì, esatto. Finalmente abbiamo risolto il caso-
-Molto bene, commissario, molto bene! Allora l’omicida era quel tale, il fidanzato, giusto?-
-No, lui e Rebecca Dünnerz in realtà non sono le vittime, ma gli assassini-
-Come?! Non sono morti?-
-No, signor questore, al loro posto hanno ucciso due trafficanti di diamanti, probabilmente per questioni economiche. Nove anni fa è stata la volta della moglie di Markus Podonskij, Andrea Henriette Oliver, e pochi giorni fa dello stesso Podonskij, che in realtà si chiamava Markus Friedrich Schörell-
-Mi sono già persa con tutti questi nomi falsi! Comunque sia, ottimo lavoro, commissario, come sempre non mi delude! Per lunedì voglio una relazione dettagliata, la aspetto alle dieci nel mio ufficio-
-Perfetto-
-Potrebbe anticiparmi il movente?-
-Di questo non siamo ancora sicuri, signor questore. Probabilmente avevano degli affari in comune, poi qualcosa è andato storto e la Dünnerz e Perrez hanno ucciso la Oliver. Oggi pomeriggio saprò rispondere anche a quest’ultima domanda: Marz, il collega che si è occupato fin da subito delle indagini, mi farà avere una prova che confermerà quello che le ho appena detto-
-Quindi lo ha già avvisato?-
-Sì, signor questore-
-Bene, molto bene. E il cadavere che hanno ritrovato in Svizzera poche settimane fa apparterrebbe a questo tale Markus Nonsoché?-
-Esatto … -
-E’ stato un caso davvero insolito, ma sembra che abbia scritto la parola fine anche questa volta. Le rinnovo ancora i miei complimenti, commissario. La saluto e si ricordi la relazione per lunedì-
-Mi scusi, avrei ancora una cosa da dirle: le potrei chiedere un favore?-
-Dipende, mi dica-
Fine dell’idillio, commenta Terenzi, notando il tono di voce non più euforico e accondiscendente della donna.
-Vede, l’ispettore Ghirodelli, come lei sa, è un poliziotto molto capace: è merito suo se sono riuscito a comprendere una parte importante di questo mistero-
-Si sta riferendo al quadro del Brasile, quell’intuizione del suo sottoposto di cui mi aveva accennato un po’ di tempo fa?-
-Sì, esatto. Per questo motivo e per la proficua collaborazione che c’è sempre stata con l’ispettore, le chiedo di riconoscere pubblicamente il merito delle operazioni investigative anche a lui, tenendo presente quella promozione che da tempo aspetta-
Adesso mi bloccherà con la solita domanda: altre richieste?
Invece, stranamente, la donna sembra comprendere, tanto da ribattere ragionevolmente:
-Ho capito, commissario. Me ne ricorderò, non si preoccupi-
-Grazie, signor questore-




NOTA DELL’AUTRICE


Ciao a tutti! Scusate la mia lunga assenza di un mese, ma sono davvero presa dall’attività universitaria fuori sede!
Siamo agli sgoccioli! Nel prossimo capitolo scopriremo davvero tutto, dalla sparizione del padre di Rebecca a quella dei due fidanzati e, finalmente, ci sarà anche un incontro più o meno romantico tra Terenzi e Ginevra!
Grazie a chi leggerà e commenterà il capitolo!
A presto!

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Capitolo 12
*** Diamoci del tu! ***


Sabato 17 aprile, ore 16, commissariato "L'Aquila", Torino

Tre ore più tardi, Ghirodelli bussa alla porta dell’ufficio di Terenzi
-Commissario, mi scusi, è arrivato il fax con la traduzione della lettera-
-Bene, è come pensavamo noi?-
-Da una prima occhiata che ho dato, direi di sì. Tenga-
Il poliziotto prende in mano il foglio, non c’è né la data né il luogo in cui è stata scritta.
Nota con piacere che la prima parte è in italiano, mentre la seconda è stata tradotta dall’interprete di Marz.
Il poliziotto invita l’ispettore a sedersi e, finalmente, comincia a leggere ad alta voce:

 
Cara Maria,
mi dispiace davvero tanto darti un dispiacere così enorme, tale che sarà difficile per te, ma anche per me, riuscire a placare. Forse nemmeno a distanza di anni ci riuscirò.
Sì, perché questa lettera che ora ti sto scrivendo con il cuore pieno di angoscia e di amarezza, porterà alla tua dolce anima solamente delusione e tristezza.
Io non sono morta, non mi ha uccisa nessuno quella notte fatale di nove anni fa.
Posso immaginare la tua meraviglia, il tuo stupore quando leggerai queste mie righe.
Lo so, starai pensando:
“La mia Rebecca è impazzita! Mi vuole fare un brutto scherzo!”
Almeno fosse uno scherzo, un incubo, ne sarai felice, ma è arrivato il momento di dire la verità ...
Sebastian ed io siamo fuggiti in Brasile, a San Poalo, dopo che abbiamo ucciso Andrea Oliver, la notte tra il 26 e il 27 Marzo 2006, e suo marito Markus Schörell  solo qualche giorno fa.
Andrea  e suo marito erano dei trafficanti di diamanti, io li avevo conosciuti tramite Sebastian, ma ti giuro che lui, all’inizio, non sapeva nulla dei loro sporchi traffici illeciti.
Podonskij, come si faceva chiamare, aveva offerto un impiego a Sebastian circa dieci anni fa.
All’inizio lui credeva  si trattasse di un lavoro pulito, perché anche Schörell era un architetto come noi, ma poi tutto cambiò: scoprimmo i veri piani di Markus solamente un anno dopo, e orami era troppo tardi per poter fare qualcosa, per poterci ribellare o denunciarlo. Anche noi, nostro malgrado, ci eravamo dentro fino al collo.
Lui ci ricattava perché aveva scoperto che mio padre si trovava in Sudafrica ed era stato anche lui un trafficante di diamanti, per questo era fuggito tanti anni fa, perché come noi anche lui voleva smettere, ma non era riuscito ad uscire dal giro, così ha dovuto nascondersi per tutto questo tempo.
L’ho rivisto per la prima volta cinque anni fa e da allora ogni estate viene qui a San Paolo a trovarmi.
Io non ho avuto il coraggio di rivelarlo a mia madre, se dovesse capitare l’occasione, ti prego, fallo per me, Maria cara.
Ti chiederai che cosa c’entrassimo noi con il traffico di diamanti … ebbene, Sebastian veniva costretto a fare dei lunghi viaggi tra l’Europa e l’Africa, per portare nei due rifugi la quantità massima di diamanti che potesse trasportare in una sola volta: i soci di Podonskij nascondevano la polvere di diamanti nelle cuciture dei pantaloni e delle giacche poi, una volta in Sudafrica, con un metodo particolare a laser, ricostituivano l’intero diamante.
Sebastian divenne un fattorino talmente importante per Podonskij da non riuscire più a farne a meno.
Il mio compito era quello di nascondere i pezzi di diamanti nelle cornici dei miei quadri: li riconoscevo perché queste erano di un colore più chiaro, ed erano destinate ai pezzi grossi dell’organizzazione.
Poi, quando un’operazione stava quasi per essere scoperta dalla polizia, Sebastian ed io aprimmo finalmente gli occhi: nonostante eravamo sempre stati contrari, ma obbligati a svolgere quel lavoro perché altrimenti Podonskij ci avrebbero uccisi, eravamo diventati complici di quell’uomo.
Perciò decidemmo di farlo ragionare, anche se sapevamo che sarebbe stato molto difficile, infatti non riuscimmo a convincerlo a lasciarci in pace.
Così, su mia idea, invitai a cena Andrea, sua moglie: lei è sempre stata la mente dell’organizzazione, mentre il marito era il braccio, il burattino abile nelle sue mani, ma pur sempre succube della moglie rimaneva.
Organizzai tutto fin nei minimi dettagli, ma all’ultimo momento Sebastian decise di partecipare anche lui alla cena, perché diceva che noi si fidava di quella donna, aveva paura che potesse succedermi qualcosa.
Io accettai, speranzosa di uscire, una volta per tutte, da quel giro di azioni vergognose in cui eravamo caduti.
Purtroppo avevo torto, cara Maria, perché Andrea fu molto difficile da convincere: provammo in qualsiasi maniera, la supplicammo, le giurammo che saremmo spariti per sempre se ci avessero lascito liberi, ma lei continuò a non darci ascolto, anzi cominciò a minacciarci.
Poi, al momento del caffè, mi venne in mente un’ idea: sai che io soffro di insonnia, così misi nella sua tazzina una dose delle mie gocce, sperando che, intontita, l’avremmo fatta ragionare, invece divenne ancora più aggressiva.
Mi colpì con un coltello e io tamponai la ferita con l’impermeabile di Sebastian, per questo la polizia lo trovò macchiato del mio sangue.
Ma, pochi minuti dopo, ci rendemmo conto di aver sbagliato a fare i conti,  perché la dose somministrata era troppo elevata e lei non era abituata: cadde a terra svenuta.
All’inizio pensavamo che fosse un trucco per spaventarci, ma i minuti passavano e lei continuava a rimanere inerte, immobile, perciò ci rendemmo conto che era morta, che noi l’avevamo uccisa.
Sebastian allora perse la ragione e con il posacenere la colpì alla testa per inscenare una colluttazione.
La somiglianza tra Andrea e me era notevole, perciò ci augurammo che nessuno si accorgesse che in realtà quel corpo non era il mio.
Le mettemmo addosso persino i miei vestiti, addirittura le tagliai i capelli allo stesso modo di come li portavo io.
Nascosi tutte le prove, dal posacenere, agli abiti e ai capelli, gettando tutto in un sacco dell’immondizia che buttai per strada, in un cassonetto a un paio di isolati.
Dopo preparammo le valige: non potevamo più stare lì, Maria, lo capisci anche tu!
Andammo all’aeroporto per scappare: per nostra fortuna, c’era un volo per San Paolo che sarebbe partito di lì a poco, così decidemmo di prenderlo.
Avevo sempre sognato di andare a visitare il Sud America, Sebastian me ne parlava spesso, perché come tu sai, aveva vissuto un felice e sereno periodo con i suoi genitori proprio in Brasile.
Tutto andò come avevamo previsto fino ad una settimana fa, quando Markus Schörell venne a conoscenza del nostro nascondiglio, e pretese una rivincita sull’omicidio di sua moglie.
Ci scrisse che aveva scoperto ogni cosa e, che se non  volevamo che ci denunciasse alla polizia, ci aspettava a Chateux, in Svizzera, dove si trova uno dei suoi numerosi covi di diamanti.
Sebastian ed io eravamo spaventati, ma lui prese una decisione: avrebbe preso un appuntamento con Markus, sebbene io cercai di farlo desistere, perché era inevitabilmente folle e pericoloso.
Sebastian partì la sera stessa alla volta di Berlino, dove io gli avevo pregato di portarti questa lettera e il ritratto della Madonna che avevo dipinto per te.
Seppi che volle andare a Torino per rivedere la bella città che ci aveva accolto durante i nostri studi universitari e che, per colpa della sua sbadataggine di non aver pagato il biglietto del treno, per pochissimo il nostro piano andò in fumo …
Poi, finalmente, si recò all’appuntamento e qui cercò di farlo ragionare, ma capì all’istante che Podonskij desiderava solamente una cosa: la nostra morte.
Disperato, Sebastian inscenò il proprio finto suicidio: dopo aver colpito Podonskij con un pesante ramo caduto da un albero, caricò il corpo privo di vita nell’automobile al posto del guidatore e spinse con tutte le forze la vettura, in direzione del fosso sottostante.
Se un giorno leggerai questa lettera, sappi che abbiamo sbagliato, che ho commesso un gravissimo errore, ma che penso sempre a te con tanto amore e devozione, Maria.
Ti abbraccio e ti bacio forte, perdonami
 
Tua Rebecca


 
-E’ incredibile, è una storia davvero incredibile!- commenta Ghirodelli, sbuffando come ipnotizzato dalle parole che ha appena udito.
-Lo è, ma è una confessione scritta e, per quanto amara, purtroppo è la verità.
Non oso immaginare come si sarà sentita suor Maria se e quando avrà letto questa lettera.
Lei ha sempre creduto nell’innocenza di Perrez e ancora di più era convinta che Rebecca fosse la povera vittima immolata-
-L’importante, commissario, è che siamo riusciti a chiudere in tempo il caso: rischiavamo di lasciare in libertà quei due criminali!-
-Hai ragione. Certo, criminali lo sono eccome, ma anche quei due, Schörell e la moglie, non erano proprio degli angioletti. La cosa che mi rincuora è che perlomeno giustizia è stata fatta-
-E il padre della Dünnerz? Thomas o come si chiamava? Dalla lettera sembra che anche lui sia stato un trafficante di diamanti … -
-Bravo, vedo che non ti è sfuggito nulla. Non abbiamo molte notizie su di lui: sappiamo che dovrebbe trovarsi in Sudafrica e che, d’estate, si reca a far visita alla figlia a San Paolo. L’unica cosa che possiamo fare è aspettare che Marz interroghi la Dünnerz e Perrez: mi sembra che la cara pittrice sia abbastanza distrutta da quello che hanno fatto, quindi mi auguro che crolli facilmente, rivelando anche il nome della località in cui si nasconde il paparino, anche lui delinquente-
Terenzi liscia un paio di volte il pezzo di carta tra le mani, mordendosi distrattamente il labbro inferiore.
-Mi auguro che entro domani quei due siano assicurati alla giustizia ... quanto tempo ci vorrà per volare fino in Brasile?-
-Beh non saprei, commissario. Credo undici o dodici ore. Sul retro del foglio, comunque, Marz ha scritto che andrà di persona con un gruppo di agenti scelti a prelevare la Dűnnerz e Perrez. Hanno già avvisato le forze dell'ordine di San Paolo: si metteranno sicuramente all'opera fin da subito per rintracciare l'indirizzo dell'abitazione dei due assassini-
-Ottimo!- l'uomo gira il foglio, dove trova scritto quello che Ghirodelli gli ha prontamente illustrato.
-Avevano proprio studiato tutto nei minimi dettagli- prosegue l'ispettore, incredulo per la perizia con cui era stato organizzato il piano  -la cena, il sonnifero, la ferita alla testa, persino il dettaglio dei capelli! Mi perdoni la battuta, commissario, ma potrebbero vincere l’Oscar per la migliore sceneggiatura!-
-Già- sorride il poliziotto  - anche se sei un po’ troppo generoso per i miei gusti, ispettore.
Per fortuna che quel pomeriggio alla stazione di Berlino Perrez non ha pagato il biglietto e ha aggredito il controllore, altrimenti non avremmo mai scoperto questa incredibile storia-
-Qualche volta siamo fortunati anche noi, commissario-
-Qualche volta sì- risponde abbozzando un sorriso sornione -direi che per oggi può bastare, abbiamo fatto il nostro dovere e ci meritiamo un bel week end rilassante-
-E la relazione per il questore?-
-A quella ci penso io, non preoccuparti. Lunedì mattina alle dieci mi attende nel suo antro, ehm, volevo dire ufficio: e comunque si dovrà accontentare di quello che passa il convento, anzi no, di conventi non ne voglio più sapere per un po’!- sancisce con un moto di stizza il superiore.
-Perché dice così, commissario? Ha qualche impegno mondano?- lo stuzzica il sottoposto
-Sai, Ghirodelli, sebbene non sembri, anche io, rarissimamente, ho una vita al di fuori di questo posto! Quindi, per rispondere alla tua per nulla curiosa domanda, sì, ho un impegno!-
-E potrei sapere con chi?-
-Vorrei ricordarti che non stai mettendo sottotorchio un malfattore! E che, fino a prova contraria, anch’io ho diritto alla mia privacy, come recita l’articolo … -
-Ho capito, commissario, non sia così presuntuoso! Ho recepito l’antifona e me ne vado-
L’ispettore si alza dalla sedia e, un falso broncio di accusa, comunica:
-Allora posso andare. Sa, anch’io ho una vita privata che mi attende: tra un’ora dovrebbero venire a mettermi le manopole del gas-
Terenzi trattiene una risata e, anche lui da bravo attore qual è, continua a stare al gioco:
-Certo, vai pure, te lo sei meritato. Ci vediamo lunedì-
Ghirodelli è già oltre la soglia quando si gira e, leggermente allarmato, domanda:
-Non avrà trovato una fidanzata!?-
Il commissario prima impallidisce e poi diventa rosso peperone:
-Ah, ispettore!- sbraita -la piantiamo di fare gli affaracci degli altri! Ti ordino di uscire immediatamente dal mio ufficio! Sei peggio di una vecchia zitella pettegola e inacidita! Forza, andale andale!-
Il sottoposto rilancia con un ultimo sorriso e, le mani intrecciate dietro la schiena, assume l’andatura ciondolante di chi è ubriaco, in questo caso, ubriaco d’amore però.


Come avevano preannunciato le previsioni, il tempo è notevolmente migliorato: la pioggia ha lasciato spazio a un timido sole.
Terenzi è seduto sul bordo della scrivania, tiene in mano il biglietto da visita di Ginevra.
Si passa una mano sulla barba incolta, indeciso se telefonare o meno alla ragazza.
Guarda l’orologio: sono le quattro e venticinque, forse fa ancora in tempo a invitarla a cena, così decide di chiamarla sul cellulare.
-Pronto?-
-Sono il commissario T…-
-Buona sera, commissario! Allora si è ricordato del nostro appuntamento?-
-S-sì, glielo avevo promesso. La disturbo?-
Oh no, sto cominciando ad agitarmi …
-No, non si preoccupi. Oggi il museo è particolarmente tranquillo. E lei, come sta? Ha risolto quel caso che mi ha accennato l’altro giorno?!-
-Finalmente l’abbiamo risolto! Ora mi sento più rilassato e più libero: se vuole glielo posso persino raccontare!-
-Ah beh, se la mettiamo in questi termini, sa bene che non posso resisterle!-
Un po’ di coraggio, su
-Senta, questa sera se è libera, le andrebbe di uscire a cena?-
-Questa sera … uhm, mi faccia consultare l’agenda …-
-Oh, se è impegnata non importa, cioè, possiamo fare domani a pranzo o a cena o un altro giorno in cui è più comoda o magari …-
Una mezza risata si leva dall’altro capo del telefono:
-Ma stavo scherzando, commissario! Sono onoratissima del suo invito, anzi, veramente dovrei invitarla io per sdebitarmi del passaggio che mi ha dato l’altra sera!-
Un sospiro di sollievo fa rilassare un po’ di più Terenzi, bloccato come uno stoccafisso nella sua camicia ormai fradicia di sudore, le gambe a penzoloni.
-Non si preoccupi, è stato un piacere poterla aiutare. A proposito, notizie della bici?-
-Purtroppo nulla. Ma, come le ho detto quando ci siamo visti, i ladri non hanno fatto un grande affare: andava a pezzi!-
- Sì, è vero, cioè, io non l’ho mai vista, la sua bici intendo, però se mi dice così … Allora accetta?-
-Non gliel’ho appena detto dieci secondi fa che sono onorata del suo invito?! Sbaglio, commissario, o ha un po’ la memoria corta?!-
-Scusi, ha ragione. Bene, allora a che ora passo a prenderla?-
-Sa una cosa? Cosa ne dice se passassimo a darci del tu? Insomma, non vorrà passare l’intera serata a rispettare tutti questi antichi convenevoli?!-
Uff, respira profondamente
-C-certo, sono pienamente d’accordo. Ehm, Ginevra-
-Benissimo! Io so solo che ti chiami commissario Terenzi, ma il tuo nome qual è?-
-Alessandro, mi chiamo Alessandro …-
Ah, quanto sei patetico!
Il poliziotto si sistema meglio sulla scrivania e cambia orecchio.
-Oh ma che bel nome! Ho un cugino alla lontana che si chiama come te! Cosa stavamo dicendo?-
-Dell’orario in cui vuoi che passa a prenderti …-
-Giusto, ottima memoria!-
Ma prima non mi ha detto che avevo la memoria corta?
-Quindi?-
-Beh, alle otto e mezza può andarti bene o è troppo tardi?-
-Va benissimo. Anzi, avrò anche il tempo per andare a comprare le buste di insalata …-
-Sei un salutista?-
-Cosa? Oh no, cioè anche, ma è il cibo principale che mangia Miss Marple … -
-Miss Marple!?-
Perché sto parlando a mezze frasi?
-Sì, è la mia tartaruga di terra. In realtà me l’ha regalata tre anni fa la mia vicina di casa, che le ha dato anche il nome, però adesso è mia, anche se non gliel’avevo chiesta io di portarmela e … -
-Ho capito. Comunque sia ne parliamo stasera. Altrimenti rischiamo di non avere argomenti di cui parlare!-
-D’accordo, allora a più tardi-
-A più tardi, Alessandro!-

Terenzi attacca la cornetta, soddisfatto come Otto con il suo osso di gomma tra le zampe, mentre la bocca si apre in un sorriso.
Comincia a piacermi il mio nome! Accidenti, a che ora ha detto di passare a prenderla? Alle otto o alle otto e mezza? No, mi sembra alle otto e mezza, sì sì, di certo non prima.
Anzi, per sicurezza arriverò dieci minuti prima e aspetterò in macchina e
Un pensiero improvviso balena nella mente del commissario che, dandosi del grandissimo stupido e insultandosi abbondantemente con i migliori epiteti che gli vengono in mente in quel momento, fa uno sforzo per ritrovare la sua calma saggezza:
Il qui presente commissario dei miei stivali non ha domandato l’indirizzo alla sua bella … ehm, a Ginevra.
Che imbranato che sono!
Riprende il biglietto con il numero del cellulare della ragazza: ricompone il numero ma gli squilli a vuoto segnalano che nessuno gli può rispondere.
Ma si può essere così stupidi?! Dove ho la testa?! Altro che vicequestore, qui dovrebbero mandarmi sull’Aspromonte a pascolare le capre!
Terenzi ritenta altre due volte e, facendo dei profondi respiri in stile esercizi di yoga o, se preferite, corso pre-parto, l’uomo prova una quarta volta.
-Scusami, ho visto le tue telefonate, ma non potevo rispondere! E’ appena arrivata una comitiva di turisti australiani e … tutto bene, Alessandro?-
-Oh sì, infatti ti ho chiamato tre volte perché mi è venuta in mente una cosa …-
-Dobbiamo rimandare?- azzarda Ginevra, mascherando la voce leggermente inviperita
-No no, non è per questo! E’ che non so dove abiti, cioè, non mi ricordo esattamente: l'altra sera, quando ti ho accompagnato, pioveva ed era buio e c'eri tu, così prima non ti ho chiesto l’indirizzo e … beh, se me lo dici lo scrivo su un foglietto, così non me lo dimentico-
-Ahaha, sei proprio sbadato!- commenta divertita, poi, più seria, precisa  –in realtà poteva venire in mente anche a me … comunque, abito dalle parti del Valentino, in via Garibaldi n°60. Sai più o meno dove si trova?-
-Certo- risponde lui, finendo di scarabocchiare il numero civico -ti ricordo che hai a che fare con un commissario e, dove non arriva il mio intuito, arriva il navigatore!-
-Sei proprio simpatico! Arrivo!! Ora scusami, ma devo andare. Mi avranno dato per dispersa! A questa sera, ci vediamo alle otto e mezza!-
-Sì, sì, certo. A più tardi … -  
Bene, almeno l’orario me lo ricordavo corretto
Terenzi scende dalla scrivania, prende il giubbotto dall’attaccapanni, se lo mette sottobraccio ed esce dall’ufficio ancora sorridendo, pronto per le buste d’insalata da comprare e, ancora di più, per la serata che lo attende.


NOTA DELL'AUTRICE

Ciao a tutti! Ed eccoci al gran finale!
Anche quest'avventura di Terenzi è giunta al termine, mio ( e vostro, spero) malgrado.
Spero di non avervi delusa e mi scuso per la lunghissima assenza dell'ulltimo periodo che, forse, vi ha un pò fatto dimenticare l'intreccio e il filo conduttore di questa indagine.
Grazie di cuore ai magnifici recensori che mi hanno fatto sapere cosa ne pensavano di questo giallo e mi hanno riempito di graditissimi omplimenti!
Grazie davvero di cuore, vi abbraccio!
E grazie anche a chi ha letto!
Prossimamente tornerò con un'altra indagine di Terenzi , in cui Ginevra sarà finalmente la sua fedele compagna!
A proposito, vi è piaciuta questa telefonata un pò sui generis? Vi aspettavate il famoso incontro tra Terenzi e Ginevra in questi termini? Ho voluto scegliere qualcosa di diverso e, spero, di non avervi deluso!
A prestissimo e ancora grazie a tutti!
Ah, un'ultima cosa! Vi invito ad andare a leggere "L'uomo di cartapesta", che ho appena pubblicato, nella sezione Romantico, una storia a cui tengo moltissimo!
Per quanto riguarda l'altro mio racconto in corso, "Il centro Arcobaleno" mi scuso ma appena potrò andrò avanti anche con quello!

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