*O*
BBene Bbene, eccomi
qui con il secondo capitolo con un ritardo commovente =D
Mi dispiace, questa
storia non avrà degli updatamenti regolari, temo,
dipende tutto dalla scuola, che in questo periodo si sta facendo più antipatica
e tenebrosa ogni giorno che passa ò_ò
Comunque, questo
capitolo non mi soddisfa particolarmente, ma almeno è appena entrato in scena
Allen. Mi impegnerò al massimo per farli il più IC possibile (e Rabi è un po’ moscio ora per un motivo preciso, non preoccupatevi.
Nel corso della storia, con l’influenza - maligna o benefica? - di Allen, si
innalzerà di nuovo =ç= ). Argh, mi sono anche accorta
che non sono particolarmente brava con le scene thrillose,
che credo saranno frequenti nei prossimi capitoli, quindi non so bene come
farò, vabbè >_>
Sapete, la cosa più
irritante dello scrivere fanfictions è che nella
propria mente le si immagina perfette, con ogni minimo particolare, poi quando
le si scrive, se non si è capaci viene uno schifo =w= Infine, il capitolo doveva
essere a livello teorico più lungo dal punto di vista della storia, solo che mi
è uscito fuori più esteso del previsto, quindi l’ho tagliato dove l’ho
tagliato. E la cosa importante che volevo far succedere, mi dispiace per Feniz, arriverà nel prossimo capitolo.
E ora risposte alle
recensioni *w* ! Le ho apprezzate molto, gVazie a
tutti. Anche se gradirei che chi aggiunge la storia tra i preferiti mi lasci
almeno un commentino, please ç_ç
! E’ frustrante vedere 220 visite e 8 recensioni, anche se per il primo
capitolo penso sia normale: anch’io spesso clicco su una fic
e se vedo subito che è scritta male o cose del genere chiudo senza postare, ma
immagino la conti come una lettura. Quindi mi aspetto di avere un numero più
preciso di persone che leggono la fic con il secondo
capitolo, guoo. Ancora gVazie
a tutte <3
_Lily = Certo che la continuo! XD E grazie per
avermi messa tra i preferiti >3
Lunella = è_é Apprezzo
molto ma non osare toccare il MIO Allen, donna. Se vuoi ti presto
momentaneamente Lavi *le lancia un Lavi appena uscito
dalla LAVatrice* (uuh ma
che battute pessimee =_= Mi sento molto nonna.)
Kyaya = *patpat* *&yurizza*
Lyla88 = Vabbè, con te l’Allen lo devo condividere per forza,
cribbio é_é Sei l’unica sua fan rimasta sul forum apparte mmeH :mevoy:
Freija = Uaaaa, aiutooooo il Millennium Bug
NOOOOOOO!! *fuggeH*
Mirai = Yeah, una veterana delle LaviAllen
efp che mi recensisce XD Allora aspetto che tu la
legga, ma soprattutto, e con ansiaH, che tu pubblichi
la tua AU *w* E’ da troppo tempo che non leggo fic
italiane XD Dobbiamo rifarci, gli americani non ci batteranno è_é !!
Naru 4 ever = Uhhh, graziee X3 Mi fa tanto
piacere che tu l’abbia persino riletta XD Sai, stavo controllando qualche
giorno fa quella roba lì, boy’s next
door, e potrei anche farci un pensierino *w* . Vabbè, ora sono tutta presa da Sacro Furore Laven, ma un gioorno, quando
riuscirò eventualmente ad uscire dal limbo dello yaoi
esclusivo, magari lo leggerò =ò=
RedCrystal = …Sento di
dover sapere chi sei, ma non ne sono sicura >_> Ardé?
Disclaimer: Continuo a non possedere una beneamata
mazza di dgm. Possiedo però l’intestino della Hoshino.
Oo0o0o0o0o0o0o0oO
“… Ahi! Spostati, Renée!”
“Spostati tu, dannazione, non fai neanche parte di questo
club, ho più diritto io di guardare!”
Ed eccole tutte lì, posizionate lungo il perimetro della
palestra, alla ricerca di ogni possibile fessura per spiare all’interno.
Svariate ragazze erano appostate sotto due finestre, ed ogni tanto, quando si
aspettavano che nessuno all’interno stesse guardando verso di loro, lanciavano
occhiate furtive oltre il vetro. Altre avevano notato che la porta
dell’ingresso laterale non era chiusa perfettamente, quindi erano accalcate
letteralmente una sull’altra per sbirciare con un solo occhio dalla stretta
apertura.
Rabi si appoggiò al muro
esterno, osservando Lenalee che, come le altre, si
faceva largo tra le teste davanti alla porta per poter vedere il suo adorato
Principe. Si lasciò sfuggire un pesante sospiro, mentre si voltava per ammirare
il giardino davanti a sé: essendo quasi a fine ottobre, il piccolo boschetto
all’interno del cortile della scuola era dipinto con le tonalità più chiare
dell’autunno, e il sole illuminava con i suoi deboli raggi le poche foglie
cadute a terra. L’erba ancora bagnata di pioggia emanava un profumo che il
rosso adorava e, da più lontano, arrivavano le voci degli iscritti ad Atletica
che correvano sulla pista rossa e bianca. Tutto irradiava quel senso di
tranquillità che Rabi trovava perfetto per
riflettere. Lenalee. Ogni singolo momento che passava
con lei, la sentiva allontanarsi sempre di più, per quanti baci o abbracci si
scambiassero. Qualche volta aveva persino l’impressione che la ragazza si
vergognasse durante quei momenti. E ora questa passione per il Club, come doveva
affrontarla? Doveva dirle chiaro e tondo che lo scocciava da morire il fatto
che stesse sempre in compagnia di pazze idolatrici, o era meglio accettare
questo suo innocuo passatempo? D’altronde, dal punto di vista della
coppia, non doveva preoccuparsi troppo. Il Principe Kanda
era in pratica un bastardo cuore di pietra, la sua bellezza era unicamente
quella fisica, non c’era possibilità che Lenalee
lasciasse lui per mettersi con l’altro. O meglio, non era possibile che Kanda ricambiasse i sentimenti. …Giusto?
Continuando a rimuginare, Rabi si
spinse in avanti per staccare la schiena dal muro e si incamminò verso il punto
in cui si trovava Lenalee. Gli era venuta la
curiosità di vedere questo fantomatico dio muovere spade in aria. Ma perso
com’era nei suoi pensieri, non si accorse della ragazza che improvvisamente
girò, correndo, l’angolo della palestra e gli finì addosso, facendolo
barcollare pericolosamente.
“Scu-scusa..ahio…”
balbettò la ragazza, che arretrava altalenante da lui.
“Oi, fa’ più attenzione, le
ragazze non dovrebbero correre con tan…ta…” Rabi lasciò cadere la frase nel vuoto, quando la riconobbe.
La ragazza davanti a lui non era nientemeno che la
signorina Emilia, piuttosto famosa in tutta la scuola per essere una della fans più sfegatate di Kanda e per
altre qualità fisiche, come dire, piuttosto evidenti. Avevano
frequentato svariate classi assieme, e si potevano considerare buoni amici.
Soprattutto durante l’anno precedente, all’inizio del quale era arrivata.
Emilia era senza dubbio una bella ragazza, con un portamento da signora, e,
tralasciando i saltuari sbocchi d’ira improvvisi che erano soliti terrorizzare
tutti gli studenti che non la conoscevano, era simpatica e generosa: aveva
trovato un lavoro come aiutante all’orfanotrofio della città, e quando Rabi l’aveva conosciuta, gli parlava sempre dei suoi
ragazzi, di quali fossero dolci e buoni e quali delle vere e proprie pesti. Ne
parlava con una tale foga e emozione che aveva fatto venire a Rabi voglia di provare ad andarci. E così era stato: si era
recato all’orfanotrofio, con Lenalee appresso, per
quasi tre mesi interi circa due volte a
settimana, e là, come Emilia, si occupava di fare l’intrattenitore. E aveva
scoperto di essere piuttosto bravo a far ridere i bambini. Con grande gioia di Lenalee, che era rimasta commossa da quelle visite, Rabi aveva riscosso grande successo tra i marmocchi, tanto
che, ora che non veniva più, questi continuavano a chiedere di lui, o così
diceva Emilia.
Già, perché non andava più? Altra piacevole attività che
aveva, senza un preciso motivo, smesso di svolgere dopo quelle vacanze…
“Oh, Rabi! Che ci fai qui? Non… non fai parte del Club, no? Non dirmi che Lenalee ti ha chiesto di venire!” esclamò Emilia stupita.
“Ah, no, assolutamente!
Mi sono auto-invitato… puoi immaginare quanto fosse felice il vostro
Boss, ahah…” scherzò Rabi,
grattandosi la nuca imbarazzato.
Emilia rise dolcemente: “Ah, capisco.” Poi aggiunse,
sorridendo con innocenza: “Geloso della tua splendida ragazza? Non preoccuparti
del signorino Kanda, lui è assolutamente mio.” Il suo sorriso si allargò, gli
occhi azzurri che scintillavano maliziosamente.
Ecco il cambiamento di Emilia-con-sbocchi-d’ira-ma-generosa a Emilia-la-conquistatrice:
ciò che era radicalmente cambiato nel loro amichevole rapporto dall’inizio del
nuovo anno, era proprio l’ossessione per il Principe per cui era tanto famosa. Rabi si era ben presto ritrovato a sentire più chiacchiere
su di lui che sui vivaci ragazzi dell’orfanotrofio. E, non avendo Rabi una buona predisposizione verso Kanda,
ciò aveva in parte allentato il loro legame. Il cambiamento era stato
impressionante: ogni tanto la si vedeva camminare rapida per i corridoi con uno
sguardo misto tra l’adorante e il sadico, solo per notare poco più avanti la
presenza del Principe, frequentemente affiancato dall’altro suo compagno
famoso.
“Ci conto, Emilia! E sicuramente Lenalee
non ha speranza con lui, se ci sei tu di mezzo.” le ammiccò Rabi.
Manovra di auto-convinzione. Non sempre efficace.
Emilia, però, sembrava essere più sicura: “Ah, stanne
certo! E quando avremo deciso la data del matrimonio, inviterò sia te che Lenalee!” scherzò – perché stava scherzando, vero…? – e stava per continuare, quando si levò da dietro
di loro un coro di soffocati “kyaaa!”. A quanto pare Kanda doveva appena aver esibito una mossa tremendamente
sensuale.
La stessa realizzazione doveva essere passata per la mente
di Emilia, perché iniziò a spostare il peso da un piede all’altro con fare
impaziente: “Scusa, Rabi, ma…
devo proprio andare. A dopo!” detto ciò, fece uno scatto in avanti,
sorpassandolo, e raggiunse in una frazione di secondo le sue compagne di Club
che l’accolsero con ulteriori ‘kyaa’ di sorpresa.
Ricordandosi dei suoi stessi propositi, Rabi si avvicinò a una finestra, la stessa sotto cui erano
appostate Rou Fa e Moore Hesse. Queste stavano
bisbigliando qualcosa tra di loro, rosse in volto e visibilmente agitate.
“Beh, è effettivamente magnifico…
ma il Principino è decisamente meglio! Ha un’aria così pura e dolce, mentre
questo qui se ne sta accigliato ventidue ore su ventiquattro! E ogni volta mi
stupisco che possano stare così spesso insieme… Sono
uno l’opposto dell’altro, come il bianco e il nero. Cioè, cosa ne esce fuori se
li mescoli? Il grigio è un colore così deprimente… La
nebbia è deprimente… “
“Ro-Rou Fa…
Ciò che stai dicendo non ha assolutamente alcun senso, te ne rendi conto,
vero?” commentò con un tono di voce sconcertato Hesse. “E poi, da come parli,
sembra che tu sia una fan dello yaoi…”
“Oddio, no! Non mi interessa lo yaoi,
io voglio Allen per me!”
“E anche tu hai i capelli neri…”
“Cosa? O-Oddio, hai ragione!! Devo tingermeli!! Non voglio
creare grigio!”
“Rou Fa calmati! Stai dicendo
cose assurde!”
“Me li tingerò di rosso!! Bianco e rosso fanno rosa, e il
rosa è un bel colore! Non trovi??”
“Rou Fa…
Senti, capisco che la tua cotta per Allen è pesante, ma non penso che
dovresti—“
“Già, il rosa è un bel colore.” commentò Rabi a mezza voce.
Entrambe le ragazze, non accortesi della presenza del
rosso, lanciarono un gridolino di stupore, di cui si pentirono subito quando
arrivarono loro parecchie occhiatacce da parte del gruppo di spie più vicino.
Rabi ridacchiò: “Scusate, non
era mia intenzione spaventarvi. Piuttosto, dov’è il nostro signorino Principe?”
alzò di poco la testa, per cercare di individuare all’interno dell’edificio una
figura con dei capelli neri lunghi tanto quanto quelli di Lenalee.
Finalmente, riuscì a scorgerlo tra la ventina di ragazzi vestiti in tunica.
Beh, quello era qualcosa da vedere.
Kanda era distanziato dal resto
del gruppo, sicuramente allenandosi da solo, dato che i suoi movimenti non
erano gli stessi degli altri. Ma confrontandolo con tutti i presenti, egli
aveva delle movenze che parevano divine: la grazia con cui faceva roteare la
katana, l’agilità con cui cambiava appoggio sui piedi, l’ondulare della coda di
capelli corvini che sembrava essere coordinata ad ogni suo passo. Ora Rabi capiva che l’aggettivo ‘magnifico’ usato poco
prima da Rou Fa fosse l’unico termine utilizzabile.
‘Beh, se fossi gay…’. Rabi restò a fissarlo per parecchi secondi, troppo
affascinato per distogliere lo sguardo. In quel momento il viso del Principe
non mostrava neanche la solita espressione scocciata o irosa che aveva di
solito.
Non si accorse quindi di un’altra figura, che avanzava
decisa verso la sua finestra.
“Sshh! Abbassati!”
“Ormai ci ha visti, togliamoci di qui!” Le due ragazze, di
cui Rabi aveva momentaneamente dimenticato
l’esistenza, a quanto pare se n’erano accorte. Anche se troppo tardi.
La finestra si aprì di scatto, facendo sobbalzare tutti e
tre per lo spavento. Da questa si sporse un uomo, probabilmente sulla
quarantina, alto e con folti capelli rosso scuro e muscoli perfettamente
scolpiti su braccia e petto. Più che l’allenatore di kendo, sembrava un
lottatore di wrestling. Questi guardò verso di loro, per poi voltare la testa
con sguardo minaccioso anche verso le altre ragazze più lontane, con
espressioni altrettanto spaventate.
“Ancora qui?! Vi avevo già detto le altre volte di non
venire più! Qui ci alleniamo, capito?! Non ci aiuta in alcun modo sentire
gridolini estasiati ogni dieci secondi! Ora smammate!” ruggì l’insegnante.
Un coro di lamentele miste a urletti
sconvolti si alzò dal gruppo di fans che erano state
colte spiare dalla fessura della porta laterale. Tra quelle con l’espressione
più scocciata, con grande disappunto di Rabi, c’era
anche Lenalee.
Il rosso lanciò un’occhiata veloce all’interno
dell’edificio per studiare le reazioni dei ragazzi che si stavano allenando:
alcuni guardavano nella loro direzione, con facce divertite, stupite e alcune
persino lusingate dall’attenzione riservata loro. Altri sembravano invece più
timidi e nervosi, e trascinavano la punta della propria spada di legno lungo il
pavimento, aspettando che il maestro tornasse da loro. Ma ciò che stupì di più Rabi, fu proprio Yu Kanda. Questi non si fermò come tutti gli altri, ma
continuò a danzare con la sua spada con movimenti ancora più ampi e lenti. La
sua fronte si era leggermente aggrottata, come se si sforzasse nel compiere un
movimento particolarmente difficile. Ma i suoi movimenti sembravano fluenti e
aggraziati come quelli di prima.
E c’era qualcosa di strano in quelle movenze. Rabi non era riuscito a capirlo poco prima, perché era
troppo sbalordito dalla sua abilità, ma ora che era l’unico a muoversi in tutta
la palestra, comprese ciò che lo inquietava: il rumore dei suoi passi.
Un’improvvisa tensione invase il suo corpo, accompagnata da un vago senso di
minaccia.
“Ma mancano soltanto dieci minuti! Non possiamo restare
qui a finire di vede—“ Lenalee cominciò a dire, ma,
nel tentativo di camminare verso l’insegnante per fronteggiarlo e scavalcare le
innumerevoli paia di piedi e mani poggiati a terra che la separavano dal suo
obiettivo, inciampò quando una di queste si mosse improvvisamente, e per
sostenersi appoggiò una mano sulla porta semi-aperta. Ovviamente la porta non
sostenne il peso e si aprì completamente verso l’interno, lasciando la ragazza
cadere rovinosamente sul pavimento della palestra, trascinando qualcun'altra
con lei.
“Lenalee! Ti sei fatta male?!”
strillò una sua compagna.
Rabi, trattenendosi dal ridere
per rispetto nei confronti della sua ragazza, superò rapidamente le persone che
si agitavano verso di lei, e la raggiunse porgendole una mano. “Dai, tirati
su.”
Lenalee arrossì d’imbarazzo, e
strinse la mano di Rabi. Il quale, però, non notò
niente di tutto questo.
Un’ondata di
freddo lo investì in pieno, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Sentì che le
sue dita scivolavano tra quelle di Lenalee, mentre il
suo braccio ritornava come morto lungo il fianco e lui cadeva sulle sue
ginocchia. Ansimò, con la faccia rivolta verso terra, sentiva solo vagamente le
braccia che lo circondavano e tentavano di tirarlo su in posizione eretta.
Sentì, invece, una spada affilata che gli trafiggeva i polmoni, inondandoli di
freddo, mentre il terrore gli invadeva il cuore. Davanti ai suoi occhi si
materializzò una sagoma imprecisa, offuscata da qualcosa che assomigliava a un
fitto strato di nebbia. La figura aveva un che di familiare, e solo quando la
nebbia si fece più rada, Rabi notò che era una
ragazza ricoperta di sangue, sangue che lentamente sgorgava da due piccoli e
profondi buchi vicino al collo. Cercò di gridare, di allungare il braccio verso
la persona di fronte a lui, ma la gola e il corpo non rispondevano ai suoi
comandi. Gli occhi che lo guardavano erano vacui, senza espressione, come se la
ragazza fosse ormai morta, ma la sua bocca si stava movendo, senza che ne
uscissero suoni. All’improvviso, due mani dalle dita pallide e magre
afferrarono i fianchi della vittima, e dietro quest’ultima comparve una nuova
sagoma, ancor meno definita. L’unica cosa che Rabi
distinse, prima di venire avvolto completamente da quella nebbia gelida, furono
due occhi di un rosso brillante guardarlo assetati da dietro la figura di Lenalee.
Oo0o0o0o0o0o0o0oO
---
Un Anno Prima
“Il vostro rapporto si prospetta
piuttosto doloroso” commentò divertito Rabi, toccando
ancora una volta il livido sul braccio di Bak.
“Non
sei divertente, Rabi” commentò acido Bak, massaggiandosi il punto in cui la pelle era vagamente
violacea “Ha detto anche che non l’ha fatto apposta.”
“Oh
ho, su quello non ci conterei!” rise l’altro “E in quanto tempo dovresti
guarire?”chiese, indicando con un cenno della mano la fasciatura che circondava
un polso del biondo.
“Il
medico dice che non è niente di grave, si risolverà in pochissimo tempo.”
“Mh.” Commentò il rosso, scrutando tra la folla del pub. Ad
un tratto vide la porta del bagno aprirsi e da dentro uscirne una ragazza
decisamente bassa e dai capelli arancioni, che iniziò a dirigersi verso il loro
tavolo. Una volta arrivata davanti ai due giovani, sbottò con voce irritata:
“Ma è
così difficile mettere degli stupidissimi rotoli di carta igienica in ogni
bagno? Cazzo, mi chiedo per cosa stiano disboscando la foresta amazzonica! Un
semplice. Rotolo. Di. Carta igienica. O almeno, che mettano fuori un cartello
con un avviso, perché poi una entra, fa quello che deve fare e solo quando
arriva il momento, nota che manca la carta! Dio, quant’è irritante!”
Bak arrossì per l’imbarazzo, notando due persone che
si erano voltate, dal tavolo vicino, verso di loro, mentre Rabi
tratteneva a stento le risate: sebbene ogni tanto gli sfoghi di rabbia di Fou potessero essere fonte d’imbarazzo per i due, c’era
sempre qualcosa di esilarante in essi, e Rabi si
divertiva ogni volta. A differenza di Bak, che pareva
spesso tener troppo conto delle impressioni altrui.
“Quindi?
Come hai fatto?” chiese Rabi fingendo assoluto
interesse.
“Ma
anche no, non lo voglio sapere! Fou, ti prego!”
esclamò Bak con voce implorante.
“Oh,
fortunatamente avevo un pacchetto di fazzoletti, fazzoletti che ho anche usato
per appendere alla porta del bagno un avviso sulla problematica mancanza di
carta.”
Rabi ridacchiò sommessamente e si portò il bicchiere di
birra alla bocca. “Voi due mi dovete ancora spiegare nei dettagli come Bak si è slogato un polso e quasi sfasciato una spalla.”
commentò, ancora una volta tentando di trattenersi dallo scoppiare a ridere in
faccia ai due.
Bak a questo punto diventò paonazzo, e anche Fou sembrò non essere completamente a suo agio. Ed era
piuttosto raro, almeno fino alle ultime settimane, vedere Fou
arrossire o essere impacciata.
“Non è
successo niente di che,” iniziò la ragazza, fingendo indifferenza nonostante il
rossore sulle guance la tradisse “Ieri Bak è venuto a
casa mia verso mezzanotte per… salutarmi… e, dato che è
basso” –“non sono basso! Sono più alto di te!” – “dicevo, dato
che è basso e senza muscoli, come al solito non riusciva ad arrampicarsi sul
davanzale della finestra, nonostante abiti al piano terra.”
“Non è
proprio un piano terra, abbiamo già constatato che si tratta di un piano terra
molto rialzato. E sbaglio o anche Rabi fa fatica a
salire? Lui riesce a salire solo perché è un mostruoso fascio di muscoli! Vero Rabi?!”
“Beh,
effettivamente ci arrivo quasi solo con le mani…
quindi tu che sei deboluccio proprio non hai speranza.”
“Visto?
Perciò, come ogni volta ha ricorso all’albero davanti alla finestra” – “che usi
anche tu!” – “sì ma che c’entra, io sono una ragazza! E dall’albero si è
arrampicato. Poi da lì è caduto. Fine.”
Rabi sgranò gli occhi incredulo. Poi, intuendo qualcosa,
guardò maliziosamente prima Fou, poi Bak.
“Ah
ha, Bak è salito troppe volte su quell’albero per
poter cadere così. Non è che… ha subito qualche
distrazione?” chiese con falsa innocenza.
Bak sembrava volersi sotterrare sotto il tavolo, Rabi poteva giurare che iniziavano a vedersi i primi
sintomi dell’orticaria che lo colpiva quando si agitava troppo. Fou, d’altro canto, era allenata a mascherare le emozioni,
come gradimento o imbarazzo, con atteggiamenti di insufficienza, irritazione o
rabbia illogica, ma quando la si conosceva bene, si poteva imparare a
distinguere l’indifferenza sincera da quella forzata. Infatti il rossore delle
guance quasi impossibile da vedere, soprattutto sotto le luci al neon gialle e
azzurrognole del locale, ancora la tradiva.
Quando
però tutt’e due arrivavano a quello stato, era meglio interrompere la
conversazione lì, se si voleva evitare un improvviso sbocco d’ira di Fou o un Bak mugolante per la sua
orticaria.
“Vaa bene, non voglio sapere.” concesse Rabi,
prendendo nota mentale di estorcere l’informazione a Bak
in privato, più tardi. “Piuttosto… Mancano 2 giorni
al Ballo di Halloween della scuola. Avete intenzione di candidarvi
ufficialmente per il concorso della migliore coppia?”
Fou fece una faccia disgustata: “Assolutamente no! Non
voglio essere classificata come la Barbie dell’anno! Non che in realtà ci siano
possibilità… E
poi mi sembra ci siano delle terzo-anno spaventose
questa volta, per non parlare di alcune new entry
niente male. Vogliamo tirare dentro una certa Lenalee
Lee? Sembra molto apprezzata dai ragazzi, di ogni anno.”
“Pare
che tu abbia molti concorrenti, amico mio.” sghignazzò Bak,
uscito per metà da sotto il tavolo.
Rabi sbuffò, posando sulla superficie piana il
bicchiere mezzo vuoto e portando le mani dietro la testa: “Sinceramente, penso
di avere buone probabilità con Lena. Inoltre, ho intenzione di passare molto
tempo con lei al Ballo… Non la inviterò direttamente,
dato che non ci siamo quasi mai parlati. Tra l’altro credo che ormai
gliel’abbiano già chiesto in migliaia. Sarei solo un altro che viene rifiutato
ora come ora. Quindi mi avvicinerò a lei in modo…
originale.”
“Ossia
rovesciarle ‘accidentalmente’ un bicchiere di vino addosso e offrirle il tuo
‘aiuto’ per pulirsi?” chiese Bak, sospettoso dell’integrità morale dell’amico.
Rabi lo guardò fingendo una faccia scandalizzata: “O
mio Dio, no! Non potrei mai!” e aggiunse con nonchalance “quel trucco è ormai
superato. Semplicemente lasciatemi fare.” E sfoderò un sorrisetto malizioso.
---
“Allora,
cos’è successo a casa di Fou?” domandò impaziente Rabi, una volta usciti dal locale.
Bak distolse velocemente lo sguardo dai due occhi
verde smeraldo che lo fissavano con insistenza.
“Ecco… io… Oh, e va bene” cedette prima
ancora di trovare una scusa per scappare da lì “Stavo…
mi stavo arrampicando, e volevo fare una sorpresa a Fou,
quindi non l’avevo avvisata. Ma non avevo previsto il fatto che…
aveva appena finito di farsi la doccia e si stava cambiando per andare a letto.”
disse, senza prendere il respiro nell’ultima parte della frase.
Rabi spalancò gli occhi, mentre il suo cervello si
chiedeva se era il caso di ridere o se doveva essere imbarazzato lui stesso per
l’amico. Prima che potesse decidere, però, Bak continuò.
“Quindi
mi sono, come dire… distratto. E allora mi è
scivolata una mano dal ramo e sono caduto per terra sbattendo il polso. Grazie
al cielo quell’albero è piuttosto basso.” finì emettendo un lungo sospiro.
“…
wow, solo… wow.” Rabi aveva
la mente paralizzata. Nonostante avesse sempre sospettato che il rapporto tra Bak e Fou, suoi amici da quando
aveva dieci anni, si sarebbe evoluto in qualcosa di più, sentirsi raccontare
dal suo migliore amico che questo aveva visto la sua migliore amica nuda, era abbastanza
destabilizzante.
“E, a
proposito, dato che ormai la parte più imbarazzante te l’ho detta – e non osare
fare accenno di tutto questo a Fou! -, mi chiedevo se
tu mi potresti dare qualche consiglio per il Ballo di Halloween.”
---
O0o0o0o0o0o0o0o0o0O
“…è stato così improvviso… mi sono
spaventata a morte…”
“Non
preoccuparti, Lenalee, si sveglierà tra poco.”
“E le ragazze e
i ragazzi presenti?”
“Li ho mandati
tutti via, nonostante mancassero 10 minuti alla fine della lezione.”
“Ma cosa è successo?”
“Avrà avuto un semplice svenimento, può capitare. Sa se ha
fatto molti sforzi negli ultimi giorni, se era affaticato in qualche modo?”
“No, non credo. Con le materie non ha problemi, anche se… Beh, nell’ultimo periodo…”
Rabi non aprì l’occhio. Si limitò
a restare sdraiato dov’era. Sotto di sé sentiva il lettino duro
dell’infermeria, che poteva facilmente riconoscere date le numerose volte in
cui si era rifugiato dentro la stanza per sfuggire alle lezioni che si
prospettavano troppo noiose.
Le voci che sentiva provenivano dai suoi lati, ed era già
riuscito a riconoscerle tutte: il tono preoccupato e spaventato di Lenalee, la voce perplessa dell’infermiera scolastica e
quella calma e ferma dell’allenatore di atletica. Ma doveva esserci un’altra
persona, dato che i respiri erano quattro, per quanto flebile e silenzioso
fosse l’ultimo. Combattendo contro la voglia di dormire ancora per qualche
minuto, la curiosità ebbe la meglio su di lui e aprì lentamente l’occhio
sinistro. La vista gli parve sfuocata per qualche secondo, ma dopo aver
sbattuto le palpebre un paio di volte, ritornò alla sua solita chiarezza.
Vedere la faccia di Lenalee
davanti a lui, sana e viva come sempre, gli fece tirare un sospiro di sollievo.
Nonostante quel che aveva visto era palesemente solo un’allucinazione, gli era
sembrata così vera che per un attimo… aveva creduto
davvero che la ragazza fosse morta. Un brivido gli percorse la spina dorsale.
“Rabi! Finalmente!” Lenalee esclamò quando lo vide svegliarsi, il sollievo che
le dipingeva l’espressione. Si buttò su di lui a braccia aperte, incurante
degli avvisi che nel mentre le venivano fatti dal professore, che stava dal
lato opposto del letto.
“Ow, Lee, vacci piano!” scherzò Rabi, abbracciando la ragazza di rimando “Lasciami
respirare prima!”
Lenalee rise, una risata nervosa
che Rabi sentì vibrare sul suo petto. Si allontanò
quindi da lui, liberandolo dall’abbraccio e ritornando alla sua posizione
precedente, vicino al lettino. Rabi perciò scrutò i
dintorni della stanza: come aveva indovinato, il professore era anch’egli al
suo fianco, che lo guardava probabilmente cercando di capire se era tutto a
posto; l’infermiera, una donna alta e magra, sulla cinquantina, con un viso altero
che terrorizzava sempre tutti i pazienti non abituali, era seduta davanti alla
piccola scrivania in legno, piegata su dei fogli stampati che stava velocemente
compilando. E infine, appoggiato di schiena contro il muro rosato della stanza,
c’era un ragazzo.
Aveva sedici anni, eppure la sua statura e il suo aspetto
innocente lo facevano sembrare ancora più giovane. Era snello e piuttosto
basso, infatti, e il suo viso aveva qualcosa di sorprendente: la pelle pallida
sembrava liscissima e quasi risplendeva sotto i fiochi raggi di luce che
entravano dalla finestra dell’infermeria. Il viso, dagli occhi grandi e
luminosi, di un pallido grigio-azzurro, era incorniciato da corte ciocche di
capelli dal colore più insolito che Rabi avesse mai
visto, il colore della luna. Solo un particolare di quel volto sembrava stonare
con tutto il senso di purezza che esso trasmetteva: una lunga cicatrice rosso
sangue correva da sopra l’occhio sinistro lungo tutta la guancia, finendo poco
prima di raggiungere la linea della mandibola.
Rabi lo aveva già visto ogni tanto
nei corridoi durante gli intervalli, svariate volte fuori dalla scuola, nel
parcheggio, qualche altra quando era costretto a restare a scuola nel
pomeriggio per qualche attività e si ritrovava nelle vicinanze del club di
cucina. Era convinto di aver memorizzato ogni particolare del suo aspetto fin dal
primo incontro, ma ogni singola volta
che lo incrociava, non poteva non rimanere stupito dalle sue fattezze. Ed erano
infatti queste sue fattezze ad averlo reso in poco tempo uno dei ragazzi più
popolari della scuola, a farlo nominare quasi ufficialmente “il Principino”.
Quegli occhi grigi e profondi lo guardavano inquisitori come
il suo occhio verde smeraldo li stava osservando. Rabi
sentì un secondo brivido freddo scendergli lungo la schiena, lasciandogli la
pelle d’oca per qualche secondo. Ancora una volta, una sensazione di pericolo
imminente lo invase completamente, e i suoi muscoli si irrigidirono
all’istante, pronti a scattare al minimo accenno di movimenti avventati. Il
rosso realizzò che quell’istinto per il pericolo era un aspetto del suo altro
lato che doveva ancora imparare a controllare.
Dopo quello che sembrò un secolo, ma trattandosi di fatto
solo di una decina di secondi, il professore prese la parola: “Rabi, come stai ora? In caso non ti ricordassi, sei svenuto
in palestra, e hai sbattuto la testa sul pavimento abbastanza forte.
Gentilmente, l’allenatore di Kendo ci ha aiutato a portarti qui. Se ti sentissi
male di nuovo, ti prego di dircelo subito. La signorina” disse, accennando con
un movimento della testa verso l’infermiera “sta compilando i fogli per la
denuncia, che poi daremo al signor Bookman. Ma mi
sembra che tu ora stia bene, no?” finì, rivolgendogli un sorriso gentile.
“Si, sto… penso di stare bene”
borbottò Rabi in risposta. “Quanto sono stato… addormentato?”
“Poco più di 5 minuti, non preoccuparti. Hai fatto sforzi
particolari, oggi o in questi giorni, qualcosa che potrebbe spiegare perché sei
svenuto?” chiese gentilmente l’uomo.
“No, niente di che. Penso di aver semplicemente avuto un
calo di zuccheri, tutto qui.” mentì. Aveva mangiato abbondantemente quella
mattina a colazione, come ogni altra mattina. Ma non aveva la minima intenzione
di raccontare ciò che aveva visto, o aveva pensato di vedere, poco prima di
svenire.
Il professore annuì e camminò al fianco dell’infermiera per
aiutarla a finire i moduli. Lenalee, dopo aver
seguito con gli occhi l’adulto mentre si allontanava, ritornò a Rabi, e parlò con voce bassa, ma più rilassata di prima: “Rabi, il professore ha chiamato tuo nonno, dovrebbe essere
qui tra pochi minuti. Sembrava preoccupato, sai?” disse, l’ultima frase
pronunciata con un tono di sincero stupore. D’altronde Rabi
non poteva biasimarla, e lui stesso faticava ad immaginare suo nonno con un’espressione
diversa da quella impassibile che usava sempre a scuola, o da quella irritata
che invece tirava fuori – insieme a un calcio volante ben assestato – quando Rabi lo stuzzicava. Ora che ci pensava bene, molti
abusavano della sua testa per un allenamento speciale di calci. Almeno, se i
suoi voti scolastici si fossero mai abbassati – cosa di cui dubitava
profondamente – poteva dare la colpa a queste particolari persone.
“Ah, davvero?” ridacchiò sarcastico, essendo riuscito a
distogliere lo sguardo da un certo paio d’occhi che si sentiva ancora addosso.
Portò le gambe oltre il bordo del lettino, e scese da esso. Ma a quanto pare si
era mosso troppo velocemente, perché quando toccò terra gli comparvero dei
fastidiosi lampi neri nella raggio visivo del suo unico occhio sano. Si
appoggiò quindi al lettino con un braccio, portandosi l’altro alla fronte per
sfregare le dita contro la pelle, in un tentativo di ristabilizzarsi.
“Non dovresti muoverti così velocemente dopo essere svenuto,
lo sai?” commentò il giovane dai capelli bianchi, prima che Lenalee
riuscisse a comporre una sola parola “E’ meglio che tu rimanga seduto fino a
che tuo nonno non arriva.” continuò, con una voce talmente musicale che Rabi fu costretto dal solo suono a rinchiodare il suo
occhio sulla giovane faccia pallida. Lo irritava tremendamente quel vago senso
di sottomessa venerazione che il ragazzo gli suscitava, lo faceva sentire
inferiore.
“No, grazie, ce la faccio. Sto perfettamente.” disse Rabi.
Il ragazzo assunse un’aria lievemente sorpresa per
l’immotivata freddezza della voce di Rabi, ma rispose
con un ampio sorriso, in apparenza sinceramente soddisfatto che il rosso stesse
bene: “Meglio così, no?”
Rabi lo guardò, incerto su cosa
rispondere. Era rimasto un po’ spiazzato da quel sorriso, e la seconda
realizzazione del giorno lo aveva portato a notare che in effetti non aveva mai
rivolto la parola al ragazzo prima di allora. Certo, si erano incrociati
parecchie volte, ma mai parlati. L’unica volta in cui aveva provato a
parlargli, era stato uno dei primi giorni di scuola, lo stesso in cui lo
spadaccino sclerato lo aveva quasi affettato in
mensa. Da subito, infatti, il ragazzo aveva suscitato il suo interesse. Quella
sete di sapere incontrollabile che caratterizzava lui, come anche suo nonno, lo
aveva spinto a cercare di scoprire il perché della presenza di quei capelli
bianchi, della sottile cicatrice rossa sul viso e persino dei guanti che usava
ogni giorno per venire a scuola. Ma quella volta, appena si era avvicinato ai
nuovi arrivati per fare conoscenza, poco prima dell’incidente, il ragazzo aveva
iniziato a comportarsi in modo strano, continuava a spostare il peso da una
gamba all’altra con aria agitata, e si era tappato il naso con una mano, a quel
punto dicendo di dover andare in bagno.
“Ovviamente!” disse Lenalee
sollevata. Poi continuò, l’eccitazione evidente nella sua voce: “Ecco, Rabi, come sai, lui è —“
“Allen Walker, il Principe della scuola, primo nella
classifica degli studenti del suo anno e frequentatore del club di Cucina” finì
per lei il rosso “come non saperlo.” aggiunse, non sforzandosi troppo nel nascondere
lo scetticismo nella sua voce. Abbandonò il suo posto in piedi accanto al
lettino, e allungò una mano verso il ragazzo, perché questo la stringesse.
Allen prontamente rispose al gesto, ma Rabi notò il
suo occhio destro contrarsi per un attimo, all’accenno del soprannome datogli
dalle fangirls. Soddisfatto di aver intaccato, anche
se minimamente, quella faccia felicemente perfetta, il rosso continuò “Io sono
–“
“Rabi Bookman,”
lo interruppe Allen, afferrando la sua mano “nipote del professor Bookman, primo nella classifica degli studenti del suo
anno, ex-frequentatore del club di atletica e di nuoto e fidanzato di Lenalee Lee, figlia del preside scolastico. Come non
ricordarlo.” terminò, allargando il sorriso gentile che aveva stampato in
faccia. Rabi lo guardò, nuovamente stupito, prima di
ridacchiare sommessamente e rilasciare la mano inguantata. Allen 1 Rabi 0.
“Ottimo inizio, direi.” commentò ghignando.
Allen aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu zittito dal
suono di un cellulare che squillava. Nella tasca dei jeans di Rabi, infatti, vibrò l’apparecchio telefonico, e il ragazzo
lo tirò velocemente fuori, schiacciando un pulsante e aprendo la connessione.
“Pronto?”
“Rabi?”
“Ah, ciao Panda-jiji.” Se l’uomo
dall’altra parte della conversazione avesse avuto il potere di entrare nel
cellulare e uscire dal capo opposto calciando la testa del rosso come fosse
stato un pallone da calcio, beh, probabilmente avrebbe applicato questa sua
dote.
“Stupido nipote, trascina quel tuo cervello completamente
inutilizzato in strada, sono arrivato.” rispose con voce scocciata.
Rabi sorrise: “Ma certo, Pan~da, arrivo subito!” e, senza dare all’altro il tempo di
replicare, riattaccò. Era particolarmente esaltante punzecchiare Bookman al telefono, era una situazione in cui l’idea
dell’”azione-reazione” non valeva. O meglio, valeva, ma la suddetta reazione –
il venire scagliato a metri di distanza da un nonnetto
tappo – arrivava in ritardo e dava il tempo a Rabi di
prepararsi emotivamente, o persino studiare delle tecniche per sfuggire
all’ottima mira del vecchio.
Intanto il professore si era voltato verso di lui:
“Perfetto, allora. Domani daremo al signor Bookman il
foglio, e dovrebbe essere tutto a posto. Ti ripeto, se ci sono ripercussioni,
faccelo sapere.”
“Certo, professore” rispose educatamente Rabi.
“Lenalee, ti dobbiamo accompagnare a casa?”
La ragazza scosse la testa, pensosa: “No, non dovrei averne
bisogno. Ni-san ha detto che mi riaccompagnava a casa
lui se aspettavo solo un altro po’. Ho già detto all’infermiera che l’aiuterò a
mettere a posto qualche documento, o una cosa del genere. Quindi non c’è
problema, vai pure.”
“Okay” commentò Rabi, sorpassando
il lettino e avvicinandosi a lei. “Sicuro di stare bene?” chiese Lenalee dubbiosa.
Rabi le sorrise e la abbracciò.
Con la coda dell’occhio vide che dietro di sé Allen spostava il peso da una
gamba all’altra, non soffermando lo sguardo su nulla, lasciandolo vagare per la
stanza. probabilmente non sapendo come concedere spazio ai due. Questo non fece
altro che allargare il suo sorriso: “Ovvio che si, io guarisco piuttosto
velocemente, lo sai.”
“Almeno questo.” sussurrò la cinese.
Rabi la fissò perplesso. “Cosa
vuoi dire?”
Lenalee alzò la testa per
incrociare lo sguardo con il suo, e prese un profondo respiro prima di dire,
ancor più a bassa voce: “Ci sono altre cose che vorrei sapere.”
Rabi avrebbe quasi potuto giurare
che, vicino a lui, Allen si era immobilizzato per un attimo, prima di
riprendere i suoi ridicoli ondeggiamenti sul posto. Il suo sorriso di cominciò
a cadere. Esitò sulla scelta delle parole da usare: “Lee, io…”
“Non fa niente, Rabi. Tuo nonno ti
sta aspettando.” disse, liberandosi dal suo abbraccio “Il film lo rimandiamo a
un altro giorno, okay?” continuò sorridendogli.
“Va bene, Lee. Allora… a domani.” Rabi salutò, frustrato dalla piega con cui era terminata la
conversazione. Distogliendo lo sguardo dai tristi occhi viola della ragazza,
alzò una mano per salutare il professore e l’infermiera, che ora si era alzata
e stava tirando fuori da un cassetto un grosso pacco di fogli, appoggiandoli
sulla scrivania, sotto la luce della lampada da tavolo. Lenalee
camminò fino a questa, e iniziò a sfogliare curiosa i documenti.
Proprio quando Rabi stava per
salutare anche Allen, quest’ultimo lo precedette alla porta.
“Vengo con te fino al parcheggio.” disse velocemente.
A Rabi sembrò che dicendo ciò,
Allen fosse arrossito.
O0o0o0o0o0o0o0o0o0O
“Bene.”
“Si, allora… Io vado di qua.”
“Okay. Non… non hai bisogno di un
passaggio?”
“Rabi, un altro secondo di più e…”
“Sii sii, vecchio Panda…”
Rabi sventolò una mano su e giù in
direzione del professor Bookman, seduto al posto di
guida all’interno di una Smart grigio metallizzato, una sorta di
rappresentazione meccanica del suo proprietario, anch’egli piccolo, grigio, e
in generale orrendo. L’anziano aspettava impaziente che il nipote salutasse il
ragazzino dai capelli argentati per poter ritornare nella propria casa, a
finire una ricerca particolarmente complicata su un passo della Bibbia. Si
trattenne a stento dal suonare il clacson, semplicemente perché lui stesso odiava
quel rumore spacca timpani, ma quando ci voleva ci voleva.
“No, grazie, abito… nei dintorni.”
rispose Allen, apparendo un po’ a disagio “Bene, spero che tu stia meglio in
futuro. Ci si vede nei corridoi?”
Rabi sorrise, non sapendo
esattamente che altro fare: “Certo, nei corridoi. Allora a domani.”
Una folata di vento gli scompigliò ancor di più i capelli
rossi, che ora non erano tenuti composti dalla bandana che gli stava attorno al
collo. Davanti a lui, Allen si irrigidì di scatto, puntando gli occhi verso la
zona del suo collo. Pensando che avesse visto qualcosa o qualcuno comparire
oltre le sue spalle, Rabi voltò la testa per
controllare, ma non vide nessuno.
“Io d-devo andare. Ciao.” balbettò Allen, Rabi ritornando a guardarlo perplesso.
“Ehi, Allen, stai be —“ non fece
in tempo a finire la frase, il ragazzino era già partito, correndo a una
velocità sorprendente lungo la strada che costeggiava un lato della scuola.
Rabi lo guardò allontanarsi sempre
di più, rimanendo comunque piuttosto riconoscibile a casa dei suoi insoliti
capelli. Sentendo uno sguardo insistente su di lui, il ragazzo si volse e si
avvicinò alla piccola macchina parcheggiata a pochi passi di distanza. Mentre
apriva la portiera del posto davanti, Rabi notò che Bookman non aveva un’espressione irritata, ma seria e sospettosa.
“Perché quella faccia, nonno?” chiese Rabi,
sperando che la domanda potesse distrarlo dalla vendetta fisica che di solito
gli arrivava a quel punto.
Bookman gli tirò uno scappellotto
in testa, con uno movimento tanto veloce che Rabi,
fosse stato quello di un tempo, non sarebbe riuscito a seguire. Ma anche potendo,
lo spazio per schivarlo non c’era, date le dimensioni di quella scatola
meccanica. Comunque, tentativo di distrazione miseramente fallito.
“Aww, non vale attaccarmi in spazi
ristretti, vecchiaccio! Io non riesco quasi a stare dritto qu-
Ow!” esclamò, ricevendo un secondo colpo. Si portò le
mani dietro la testa per tenersi il punto dolorante.
“Non hai risposto alla domanda, in ogni caso.” commentò,
mettendo il broncio.
“Stupido nipote” borbottò Bookman.
Rabi notò la rapida occhiata che il vecchio lanciò
allo specchietto retrovisore “Da quanto frequenti Allen Walker?”
“Eh?” Rabi rispose stupito. Non
era suo solito chiedere delle amicizie che stringeva a scuola “Non lo
frequento, ci siamo solo incontrati oggi in infermeria. Era solo lì per…per…” il ragazzo si accorse solo ora che non sapeva
cosa diavolo ci facesse Walker nell’infermeria quel
pomeriggio.
“Per?” chiese insistente Bookman.
Rabi abbassò lo sguardo, quasi
vergognato di se stesso per non sapere una cosa così semplice: “Io… non lo so. Non gliel’ho chiesto. So solo che era già
lì, quando mi sono svegliato. A quanto mi ha detto Lenalee,
sembra vada a prendere spesso Yu Kanda
dopo gli allenamenti. Probabilmente è arrivato quando sono svenuto e ci avrà accompagnato
dall’infermiera. Anche se…” effettivamente non c’era
molta logica in questo. Il professore stesso aveva detto che aveva mandato a
casa tutti gli studenti presenti. Perché Allen, che non c’entrava niente e non
aveva neanche assistito alla scena, sarebbe dovuto restare? Mentalmente, si
segnò il promemoria di chiederlo a Lenalee il giorno
dopo.
“A proposito di svenimenti… Tu che
svieni, Rabi, è un fenomeno piuttosto insolito ormai.
Cosa ti è successo?” mentre chiedeva, Bookman accese
il motore della macchina e cominciò a svolgere complicate e inutili manovre per
uscire dal posto di parcheggio in cui, Rabi si
domandò come, si era infilato.
“Dannata carriola…” cominciò a
imprecare Bookman sottovoce, voltando con un
movimento brusco tutto il volante da una parte.
“Eh, Panda – ow!! Non puoi
lasciare il volante per picchiarmi, nonno!” gli gridò Rabi,
massaggiandosi la testa “Comunque, te lo dico solo se mi lasci guidare.”
dichiarò con solennità.
Bookman imprecò ancora una volta,
ma sembrò pensarci su. Poi, senza dire niente e aggrottando la fronte, aprì la
portiera e scese dalla macchina. Rabi sorrise e lo
imitò, uscendo rapidamente e dirigendosi verso l’altro lato. Una volta
effettuato il cambio, il rosso avviò il motore e in due semplici mosse riuscì a
liberare l’auto, dirigendola ora sulla strada di casa. Il suo sorriso si allargò
divertito quando vide la faccia alterata del vecchio.
“Allora, perché sei svenuto?” domandò ancora una volta, e il
ghigno di Rabi cadde all’istante. Tenendo gli occhi
puntati sulla strada, tirò un profondo respiro, cercando di riportare alla
memoria ciò che aveva visto poco prima di perdere i sensi. A Bookman era sicuro di poter dire la verità, non doveva
preoccuparsi di essere ritenuto pazzo. Non molti ne erano a conoscenza, ma
l’anziano era un esperto in fenomeni sovrannaturali, e Rabi,
essendo quello che era, lo sapeva meglio di tutti.
“Ho… visto delle cose.” cominciò
il ragazzo, cercando intanto le parole giuste per descrivere quei momenti
confusi.
Il sole era ormai quasi tramontato, e uno strato di nebbia
si stava formando tra le strade della città.
In pochi minuti, Rabi finì di
raccontare, e ora il Bookman sembrava immerso nei
suoi pensieri. Ormai mancava poco al loro appartamento, e il rosso era curioso
di conoscere le conclusioni a cui era arrivato l’altro.
Finalmente, quando iniziava a intravedersi in lontananza il
piccolo cortile della loro casa, Bookman parlò: “Stai
attento a scuola, Rabi, cerca di evitare certe
compagnie. Ti ho già accennato alla notizia che mi è arrivata da loro
riguardante l’arrivo in città di nuovi… pericoli. Non
posso ancora esserne certo, ma da quello che ho visto a scuola e che mi
racconti tu, ho i miei sospetti.”
Rabi si girò verso di lui con gli
occhi spalancati, prima di ricordarsi che stava ancora guidando: “Ehi ehi, cosa
intendi dire con ‘nuovi pericoli’?
Non mi hai raccontato tutto l’altra volta! E chi sono ‘lo—Ah.” terminò Rabi, ammutolito dalla
realizzazione. Se loro si erano presi
la briga di avvisare Bookman, vuol dire che la
faccenda era seria. Non che il vecchio si fosse preoccupato di dirgli chi
fossero effettivamente, ma era chiaro da come li aveva visti andare in giro,
delle armi che si portavano dietro, che erano una sorta di combattenti. Che
stessero dalla parte degli uomini o contro, questo non lo sapeva. E chiedere
informazioni a Bookman era pressoché inutile, ma
valeva la pena provare ogni tanto.
“È un grave problema per te dirmi cosa sta succedendo
dandomi maggiori dettagli?” chiese ironico.
Bookman lo squadrò con una gelida
occhiata: “Per ora non mi sembra il caso, e non voglio che tu ti concentri su
altro in questo periodo. Il tuo obiettivo dev’essere
uno soltanto: devi imparare a stabilizzarti.”
Rabi sbuffò sonoramente: “Sto già
facendo grandi progressi, Pand—Ow! Non vale neanche
se sto guidando io!!” esclamò scocciato.
Lo metteva terribilmente di malumore essere lasciato all’oscuro di qualcosa.
“Allora assumi un atteggiamento più devoto verso il tuo
istruttore!” gli rimbeccò l’altro.
“Ma tu non mi stai insegnando niente!!” sbottò Rabi irato. Bookman non rispose,
e il silenzio calò nello stretto abitacolo.
Arrivati davanti al cortile, Rabi
cercò con lo sguardo, nel buio ormai fitto, un posto libero lungo il
marciapiede.
“Accendi le luci anteriori.”
“Non ne ho bisogno.” ribatté secco il ragazzo.
Infatti, una volta trovato, Rabi
riuscì a parcheggiare senza difficoltà nonostante il buio. Spense il motore e
tolse le chiavi dalla fessura, lanciandole a Bookman.
Dopodiché, rimanendo in silenzio, aprì la portiera, ma mentre portava le gambe
a terra, sentì la presa di una mano sul suo braccio.
“Nipote idiota, tieni sotto controllo la tua curiosità.
Quando riterrò giusto dirtelo, te lo dirò. Per ora, non legarti troppo né a Yu Kanda né ad Allen Walker. E… tieni d’occhio anche Lenalee.”
Rabi sgranò l’occhio per lo
stupore, ma si riprese in pochi istanti.
“Non ho problemi a stare lontano dal giapponese – a meno che
non voglia andare incontro a morte certa – ma non vedo il motivo di non
stringere amicizia con Allen. A me sembra un bravo ragazzo.” rispose Rabi. In realtà non si era ancora fatto un parere su Walker, e al momento non era particolarmente interessato a
diventare un suo grande amico. Semplicemente, molte cose di lui lo intrigavano,
e Rabi non era un tipo che si tirava indietro quando
c’era da scoprire qualcosa di nascosto. E dato che Bookman
sembrava così infastidito da un suo possibile legame con lui, il ragazzo
pensava che stargli vicino fosse proprio un buon punto di partenza per trovare indizi
da solo. Ciò che lo aveva stupito di più, in realtà, era stato l’avviso su Lenalee: cosa c’entrava lei in tutto questo? Doveva dedurne
che il ‘sogno’ che aveva visto poteva essere in qualche modo reale…?
Bookman lo guardò scetticamente,
ma gli lasciò andare il braccio. “Bene.”
“Vado a farmi una dormita, mi gira un po’ la testa al
momento. Sarà a causa del colpo in testa che ho preso cadendo per terra” disse Rabi, finalmente uscendo dall’auto.
“Sai perfettamente che non può essere così.”
“Allora andrò a farmi una dormita per il semplice gusto di
farla.” ribatté Rabi irritato. Detto ciò andò ad
aprire la porta di casa, entrò, Bookman poco dietro
di lui, e si diresse subito in camera sua. C’erano parecchie cose su cui doveva
riflettere, ed era sicuro di poter arrivare a qualche indizio solo ripensando
agli avvenimenti del giorno, in particolare quelli concernenti un certo ragazzo
dai capelli bianchi.
O0o0o0o0o0o0o0o0o0O
Allen rallentò il passo, ritenendo di essersi allontanato
abbastanza ormai. Non avvertiva più alcun odore, e, ora che ci pensava, non era
neanche sicuro di conoscere il luogo in cui si trovava. Era sicuro di aver
preso la strada giusta mentre correva, aveva svoltato una volta a sinistra, due
a destra e poi aveva… Erano due a destra? O solo una?
Di solito faceva più attenzione a ciò che lo circondava, nella speranza di
cogliere qualche segno riconoscibile, ma la fuga improvvisata gli aveva fatto momentaneamente
dimenticare delle sue innate capacità orientative. Quindi ora si trovava in una
delle tante, stramaledettamente identiche vie costeggiate da villette a schiera
e non sapeva cosa avrebbe dovuto fare ora. Poi si ricordò della splendida invenzione
degli ultimi decenni chiamata ‘cellulare’, e tirò suddetto apparecchio fuori
dalla tasca dei jeans e compose uno degli unici tre numeri che avesse mai
chiamato. Poggiò la cornetta contro l’orecchio, aspettando che dall’altra parte
rispondessero.
Click. “Pronto.”
“Ehi, BaKanda, anche al telefono i
tuoi modi riescono ad irritarmi! Non lo trovi un fenomeno fantastico?!”
“Cosa vuoi, moyashi.”
“È Allen, BaKanda, Allen. Dopo
quanto, un secolo? Dopo un secolo non riesci ad afferrare una parola così semplice?
Comunque” tagliò corto il ragazzo, prima che l’altro potesse rispondere “ho
bisogno di te. Sono in una via che non so esattamente dove si trovi, e il fatto
che qui tutte le vie siano uguali non mi sta aiutando per niente.”
“Ti sei perso.”
“Non lo definirei così. Direi più che…
sto scoprendo nuovi posti. Quindi? Riesci a trovarmi?”
“Col cazzo, moyashi. Mi sto
allenando, non posso interrompere per ritirare una mammoletta
da una strada pericolosa.” Era sempre sorprendente notare come Kanda acquisisse velocemente il linguaggio volgare base di
ogni decennio.
“Daaai, Kandaaa!
Se mi vieni a prendere, mhh… ti cucino la soba?”
“…”
“Anche domani sera?”
“Aspettami lì. Dimmi il nome della via.” Allen lo lesse su una
targhetta in ferro attaccata all’estremità di un palo all’inizio della strada.
“Sei dall’altra parte della città.”
“Ma per favore, non è assolutamente vero! La direzione è
giusta, ne sono sicuro!” si lamentò Allen. Dall’altra parte, però, non giunsero
risposte, e il ragazzo si accorse che Kanda aveva
riattaccato.
Allen allora si appoggiò alla recinzione bianca di uno dei
giardini, osservando il sole che spariva dietro l’orizzonte dei tetti. Occupò
quel breve tempo che aveva prima che Kanda arrivasse,
per ripensare agli avvenimenti di poco prima. Nonostante la giornata non fosse
iniziata particolarmente bene, dato il lavoro che aveva dovuto svolgere in
mattinata, era contento di aver deciso di andare incontro a Kanda
alla fine dell’allenamento. Prima di tutto perché era riuscito a evitare una
possibile catastrofe, riguardo alla quale aveva seriamente intenzione di
discutere con il giapponese, poi anche perché era riuscito finalmente a parlare
al ragazzo dai capelli rossi. Era da un po’ che seguiva i suoi movimenti a
scuola e raccoglieva informazioni su di lui, senza mai avere il coraggio di
parlargli direttamente. Certo, quel giorno non era andato esattamente al
meglio, dato che Rabi aveva seriamente rischiato di
finire in coma, ma meglio di niente. Si era aspettato, per la verità, di
parlare persino di più in tali circostanze, si era aspettato domande sulla sua
presenza in infermeria con la ragazza cinese e il professore, sulla sua
presenza in generale a scuola, dato che quel giorno non era venuto – a meno che
qualcuno non avesse già informato il rosso del motivo ‘ufficiale’. Invece
niente, erano rimasti a guardarsi per pochi secondi, che erano parsi
un’eternità, e poi si era scambiati due parole fuori da scuola. Ah, il fatidico
momento ‘fuori da scuola’… al diavolo le città ventose. Una zaffata un po’ più
intensa e Rabi non avrebbe probabilmente fatto in
tempo a registrare ciò che stava succedendo, prima di trovarsi il collo
sbranato.
Un movimento rapido di fianco a lui richiamò la sua
attenzione. Il giovane giapponese, con addosso vestiti neri che si
mimetizzavano nel buio, si avvicinò a lui. E lo colpì alla testa.
“Ahi, BaKanda! Per cos’era
quello?!”
“Per avere interrotto il mio allenamento.” disse asciutto Kanda, nascondendo un ghigno soddisfatto. Probabilmente il
suo cervello era perso in pensieri legati in qualche modo alla soba.
Allen guardò l’ora segnata sul display del cellulare che
teneva ancora in mano. “Visto che non era dall’altra parte della città? Non
puoi metterci un minuto per percorrerla tutta.” constatò compiaciuto.
Kanda sbuffò irritato e riprese a
camminare, questa volta poco davanti ad Allen.
Quest’ultimo fissò la sua schiena, pensieroso: “Sai, penso
sia il caso di parlare di ciò che è successo in palestra.” affermò calmo.
“Tch, non sono affari tuoi. È
stata una cosa momentanea, lui si è avvicinato troppo a lei, con quel suo
sorriso sornione, mi ha irritato. E poi mi fissava.” commentò Kanda, più scocciato di prima.
Allen si fece serio: “Vedi che non accada mai più, Kanda, potevi mandarlo in coma, com’è successo quella volta
a Crowley.” Poi aggiunse, toccandosi leggermente la
guancia con l’indice: “Per la verità, sono stupito: è rimasto svenuto solo per
5 minuti, e anche da sveglio, non sembrava particolarmente sconvolto. Magari
non ci sei andato così pesante come avrei creduto” concluse, non troppo sicuro
delle sue supposizioni.
Kanda si fermò davanti a lui,
senza voltarsi indietro, e così Allen. “Quel che ha visto era pesante.” disse soltanto. Allen lo guardò perplesso, poi annuì
silenziosamente, e il giapponese riprese a camminare “Comunque non mi sembra tu
ti possa lamentare troppo, moyashi” – “È Allen!!” –
“dato che hai finalmente parlato con quell’idiota da cui sei ossessionato da
due mesi.”
Allen arrossì a quelle parole, non avendo previsto che Kanda avrebbe trovato il modo per prenderlo in giro
ulteriormente riguardo a questo: “No-non sono ossessionato… soltanto, mi interessa. Tutto qui.”
“Il fatto che tu sappia tutto di lui senza avergli nemmeno
mai parlato, che lo spii a scuola quando ti capita di incontrarlo, e che
diventi oscenamente rosso appena ti faccio notare tutto ciò, io questa la
chiamo ossessione.”
Allen non rispose subito, occupato a studiare una smorfia
con cui potesse trasmettere al compagno tutta la sua irritazione. Se lo diceva
così, dava l’impressione sbagliata, lui non era un maniaco... giusto? Seguire
di nascosto una persona all’interno della scuola non era un comportamento così
strano! Tutte le ragazze del primo anno facevano così con lui – certo, loro non
avevano proprio la stessa sua capacità di rimanere nell’ombra, ma pur
pedinamento era.
Continuarono a camminare per qualche tempo in silenzio, uno
dietro l’altro, poi Allen ruppe di nuovo il silenzio.
“Ora che siamo sicuri che hai trovato la tua, cosa pensi di fare?” chiese,
cercando di mascherare la sua tristezza nella voce.
“…”
“Sappi che… se ne avessi bisogno,
io ci sarò sempre.”
“Tch.”