sotto la stessa luna

di Dian87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Territorio libero di Trieste ***
Capitolo 2: *** Valea ***



Capitolo 1
*** Territorio libero di Trieste ***


«Candela, accenditi.»

Una scintilla un guizzo di luce ed una fiammella si formò sullo stoppino, illuminando la stanza oscurata.

«Madre! Madre! Venite!»

La porta si aprì quasi di scatto, rivelando una figura snella in cui la gonna si allargava come una campana. La donna osservò seria sia la bimba dal capo dorato sia la candela e la sua ombra si proiettò all'interno della stanza.

«Anna, dovresti dormire.» il tono della donna era duro mentre si avvicinava alla bimba il cui viso era imperlato di sudore.

«Ma, madre... io l'ho accesa! Senza l'acciarino e senza altre candele!» ribatté la bimba, col fiato corto. «L'ho fatto per voi.»

«Per me?» lo sguardo si accigliò, mentre raggiungeva la piccola.

«Sì, madre, per dimostrarvi che non ho rotto io quel vaso.» spiegò Anna, con lo sguardo misto tra il preoccupato e l'orgoglioso.

La donna scosse il capo e spense in un soffio la candela.

«Ora va' a dormire.» ordinò, prima di uscire dalla stanza.

Lo sguardo della bimba mutò in tristezza e rassegnazione e fece per dirigersi al letto, ma, quando la porta si chiuse, sollevò la gonna e corse alla porta, adagiando l'orecchio su questa.

«Non c'è dubbio... il suo potere si è manifestato.»

«Sai cosa significa, vero?» chiese una voce maschile.

«Sì, domani andrò a denunciarla e verranno a prenderla.»

«Almeno non abbiamo sprecato troppo tempo con lei...»

Non stette ad ascoltare oltre e si diresse verso il letto. Si fece strada tra i cuscini e abbracciò lo scoiattolo di stoffa che l'accompagnava da quando era nata, solo quattro anni prima.

«Domani me ne andrò, ma tu verrai con me...» gli sussurrò, addormentandosi tra le lacrime.

 

L'indomani la porta si aprì di schianto, facendola sobbalzare e lanciare uno strillo mentre stringeva a sé lo scoiattolino. Due uomini con una cotta d'armi rossa su cui spiccava un'alabarda bianca sul cuore e completamente avvolti in un'armatura di metallo si misero ai lati del suo letto ingombro di coperte e cuscini.

«Anna Senza Famiglia, venite con noi.» ordinò il più robusto.

La bimba cercò freneticamente qualcuno con gli occhi rubati al cielo più sereno che si trovava.

«Madre?» piagnucolò la bimba.

«Anna Senza Famiglia, non avete padre né madre, venite con noi se non volete che vi veniamo a prendere.» rispose l'altro, con un tono maggiormente spazientito.

La bimba strinse lo scoiattolo di stoffa e buttò avanti le gambe, arrancando verso il più robusto. La gonna grigia strisciava dietro di lei e lasciava intravedere la carne ancora tornita dell'infanzia ed il corpetto fasciava il torso, cadendo in morbide maniche sulle braccia.

«Dovete lasciare ogni cosa.» disse brusco il mingherlino.

«No, Sig no.» mugolò la bimba, stringendolo ancora più forte.

Il robusto si accucciò davanti a lei, sollevando solo una mano verso il compagno.

«Immagino che per voi sia un amico fidato.» la voce dell'uomo era calda e profonda e da quella posizione la bimba poté vedere gli occhi scuri che però brillavano di una luce strana. «Ma è tempo che lasciate questa casa con ogni cosa... andrete in un bel luogo dove ci sarà gente in grado di capirvi.»

«Sig non è una cosa...» ribatté la bimba, scuotendo con forza la testa mentre le tazzine del servizio da tè tremavano.

«Lo so bene,» la bimba non poteva giurarci, ma era sicura che l'uomo avesse sorriso. «ma i grandi sono strani e non vedono le cose come voi. Fateli contenti e lasciate qui Sig... più avanti vi potrete incontrare nuovamente.»

Le tazzine smisero di tremare, ma gli occhi iniziarono ad inumidirsi.

«Mi verrà a trovare? Me lo promettete?» chiese la bimba, tirando su con il naso.

L'uomo le mise una mano sul capo. «Ve lo prometto.»

La bimba strinse più forte lo scoiattolo di pezza e lo mise sul suo letto, coprendolo con un lembo del lenzuolo.

«Sig, io devo andare... fai il bravo mentre sono via e vieni a trovarmi presto.» lo salutò, con la voce che le moriva in gola e le lacrime che le scorrevano sulle guance. «E non prendere freddo.»

L'uomo robusto le mise la mano sulla spalla, rialzandosi e fece un cenno col capo all'altro. Il collega lasciò l'impugnatura della spada e questa scivolò nel fodero, poi si diresse verso la bimba e la prese per l'altra spalla in maniera più rude. L'uomo robusto spinse gentilmente la bimba verso l'esterno e lei salutò con la manina il suo amichetto di stoffa e osservò per l'ultima volta la sua cameretta. Con il cuore disse addio al letto ed al tavolino dove aveva giocato con le sue bambole, all'armadio dei suoi abiti più belli e allo specchio davanti al quale la madre l'aveva pettinata così tante volte. Uscì dalla propria camera e vide i suoi genitori nella sala, con gli occhi asciutti e la postura composta.

Anna scostò lo sguardo da coloro che le avevano donato la vita ma che l'avevano abbandonata a se stessa ed uscì dall'unica casa che ricordava come sua.

I sassi del cortile erano aguzzi sotto ai suoi piedini coperti solo dalle calze di lana e osservò il carro con il grosso cavallo davanti. A cassetta vi era un altro uomo con la medesima cotta d'armi degli altri due.

«L'avete presa?» il tono dell'uomo era distratto e Anna poté vedere che stava puntando il gomito sulla coscia e con quella mano si sosteneva l'elmo.

«Sì, portiamola dagli altri.» rispose il mingherlino, salendo sul pianale.

Il robusto la prese per le ascelle e la sollevò sul pianale del carro, salendovi a sua volta.

«Vai!» urlò l'uomo a cassetta, frustando i cavalli con le briglie.

Anna si voltò, osservando la villetta dall'intonaco rosato farsi a mano a mano più piccola, finché non sparì in mezzo agli alberi quando svoltarono su un altro sentiero.

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Capitolo 2
*** Valea ***


Un fruscio tra l'erba indicava la posizione della preda. Il bimbo trattenne il fiato, con la piccola lancia stretta in mano.

Il nasino fremente fece capolino nell'aria fredda della mattina e le orecchie si sollevarono. Il bimbo posò un ginocchio al suolo, sollevando appena la lascia. La lepre si voltò di scatto e saltò via, rendendo vano l'appostamento del piccolo.

«Nooo!» fu la reazione alla fuga. «C'ero quasi!»

«Cosimo!» una voce chiamò il bimbo, non era molto più matura di quella di lui. «Dove ti sei cacciato?»

Il bambino si sollevò, con un sospiro, voltandosi verso la persona che si stava avvicinando.

«Dovevi proprio venire, Titti?» chiese il bimbo, lanciando un'occhiata di stizza alla persona lontana.

Osservò il ragazzino che lo stava raggiungendo i cui capelli gli ricordavano il legno non completamente bruciato e gli occhi scuri... se non fosse stato per gli zigomi più alti ed il viso più affilato sarebbero stati due gocce d'acqua.

«Mamma ci sta cercando.» rispose il ragazzino. «Ti sei dimenticato che oggi passa il re?»

Cosimo scosse la testa, puntando i pugnetti contro i fianchi. I capelli erano così corti che non ondeggiarono nemmeno un po'.

«No che non me lo sono dimenticato.» il visino del bimbo arrossì.

Il ragazzino scosse il capo e prese l'altro per mano.

«Andiamo, altrimenti si arrabbieranno.»

I due iniziarono a camminare. Il bosco risplendeva del verde più chiaro delle foglie novelle ed i massi erano umidi di rugiada, che di tanto in tanto si raccoglieva in pozzanghere o rivoletti. Il più grande portò la mano sulla testa dell'altro e lo spinse indietro, iniziando a correre, saltando sassi e pozzanghere; dopo un attimo di perplessità, anche l'altro iniziò a correre. I due cominciarono ad arrampicarsi per un irto pendio, prendendosi da una parte con la mano, o spingendosi su su sasso, fino a quando arrivarono ad un pianoro. Corsero tra i campi arati in cui le piante stavano appena sbucando dopo il sonno invernale fino alla loro meta: una grande casa di tronchi e col tetto formato da zolle d'erba.

Il bambino aprì con forza la porta, correndo all'interno e ridendo.

«Sono primo!» esclamò, voltandosi verso il fratello e facendo una linguaccia.

«Cosimo, ti pare il modo di rivolgerti a tuo fratello?» il tono della voce ero duro e severo.

Il bimbo si voltò, con le spalle che cadevano..

«Scusa, babbo, ma Titti diceva che ero più lento di lui.» disse il piccolo, mentre il fratello arrivava con le guance arrossate.

«Mi hai battuto solo di poco.» rispose l'altro, lanciando un'occhiataccia al fratellino.

Il padre scosse il capo, fissandoli con gli occhi chiari. «Andate dalla mamma e dalla nonna, dobbiamo essere in città entro metà giornata.»

I bimbi annuirono e si diressero verso il retro, lasciando il padre a sospirare nella sala. Videro la madre poco dopo e Cosimo appoggiò la lancia contro la parete prima di entrare nella stanza di pietra. Qui dentro vi era anche un'altra donna, i cui capelli erano d'argento.

«Cosimo, Tiziano, andate in acqua.» disse la donna con la cascata di riccioli mori.

I bimbi si spogliarono e s'infilarono nella tinozza messa su un ripiano di pietra sotto il quale era acceso un fuoco molto basso.

«È fredda...» si lamentò Tiziano.

«Se non foste andati nel bosco, sarebbe stata ancora calda...» commentò la madre, mentre la nonna strofinava vigorosamente il più piccolo con uno strofinaccio.

«Nonna, mi togli la pelle...» si lamentò Cosimo.

«Tolgo solo lo sporco, Cosimo.» rispose la vecchia con voce dolce, continuando a strofinare vigorosamente.

A poco a poco le pelli rosee dei bimbi diventarono rosse e solo quando la madre li reputò sufficientemente puliti li fece uscire ed asciugare.

«Andate in camera vostra, troverete gli abiti sui vostri letti.» disse la madre.

Cosimo spostò lo sguardo sulla vecchia, con un sorriso in volto.

«Nonna, mi dai una mano?» le chiese.

La vecchia annuì e tutti e due corsero fuori dalla stanza e salirono sulla scala. Il primo a raggiungere la camera fu Tiziano, mentre Cosimo aveva quella successiva. Sul loro letto si trovava una semplice tunica che arrivava a metà polpaccio di colore verde e dei pantaloni aderenti sulla tonalità del marrone. Cosimo prese in mano la tunica, squadrandola con diffidenza e cominciò ad arricciare il lato con l'apertura più larga fino a metà della sua lunghezza, poi mandò una preghiera agli avi ed infilò il capo...

 

Quando la nonna arrivò, il bimbo stava cercando inutilmente di far passare la testa per la manica...

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