The real dream di Willow Whisper (/viewuser.php?uid=45917)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [LIBRO PRIMO] Prologo/ 1.Introduzione alla mia vita ***
Capitolo 2: *** Sogno ***
Capitolo 3: *** Essere pazzi non è poi la fine del mondo, ma chi sono io per parlare? ***
Capitolo 4: *** Quando il sogno sembra diventare un incubo, e non mi sveglio. ***
Capitolo 5: *** Quando iniziano ad esserci delle spiegazioni e delle svolte impreviste ***
Capitolo 6: *** Un incontro pieno di sorprese ***
Capitolo 7: *** Un casino dietro l'altro ***
Capitolo 8: *** Sembrava troppo bello per essere vero…altre scoperte. ***
Capitolo 9: *** Voglia improvvisa di dialogare con un LICANTROPO. ***
Capitolo 10: *** Farsi travolgere in mille modi diversi... ***
Capitolo 11: *** Prima di partire c'è qualche montagna da scalare ***
Capitolo 12: *** Una festa assai movimentata, biglietti aerei e lettere ***
Capitolo 13: *** La sorpresa, l'incubo e l'incontro... ***
Capitolo 14: *** La lettera di protesta, il timore ed il futuro. ***
Capitolo 15: *** Notizie tremendamente spiacevoli ***
Capitolo 16: *** Aaaah! l'amour...l'amour...[POV Laura] ***
Capitolo 17: *** Un nuovo sconvolgimento & l'ultimo ricordo... ***
Capitolo 18: *** [LIBRO SECONDO] Prologo/ 1. Aspetti un bambino? Chi, un tuo cuginetto? [POV Laura] ***
Capitolo 19: *** I cento metri veloci rincorrendo un vampiro li posso fare solo io [POV Laura] ***
Capitolo 20: *** Sentirsi vivi in due è qualcosa di stupendo ***
Capitolo 21: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 22: *** Special: I° POV Laura/ II° POV Sammy ***
Capitolo 23: *** Nel buio e nella luce ***
Capitolo 24: *** Didyme ***
Capitolo 25: *** Ombre nel buio, possibili chiarimenti e chissà cos'altro... ***
Capitolo 26: *** Quando tuo figlio decide improvvisamente di volerti fare un dispetto ***
Capitolo 27: *** Troppo difficile è odiare [POV Laura] ***
Capitolo 28: *** Giorni sereni, almeno per me... ***
Capitolo 29: *** La strana sensazione di sentirsi mancare la terra sotto i piedi [unico POV Seth] ***
Capitolo 30: *** Sogna, sogna che tutto finisca [POV Laura] ***
Capitolo 31: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 32: *** E’ accaduto tutto così in fretta… ***
Capitolo 33: *** Manca poco, poi mi farò quattro risate…credo. ***
Capitolo 34: *** Il sogno preoccupante e la rabbia di Bella ***
Capitolo 35: *** Paure ***
Capitolo 36: *** Sono ansioso d’incontrare di persona la nuova signora Cullen ***
Capitolo 37: *** L'arrivo dei testimoni e l'idea nata durante un ultimo momento di perdizione ***
Capitolo 38: *** Semplicemente gioia [POV Laura] ***
Capitolo 39: *** Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna...peccato che qui non sia così conveniente ***
Capitolo 40: *** Questioni di coscienza [POV Laura] ***
Capitolo 41: *** [LIBRO TERZO] Prologo/ Capitolo 1 (POV Sammy/Seth) ***
Capitolo 42: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 3 (POV Sammy/ Seth) ***
Capitolo 44: *** Capitolo 4 (POV Sammy/ Seth) ***
Capitolo 45: *** Capitolo 5 (POV Sammy/ Seth/ Gabriel) ***
Capitolo 46: *** Capitolo 6 (POV Gabriel/ Nessie) ***
Capitolo 47: *** Capitolo 7 (POV Sammy/ Jacob/ Seth) ***
Capitolo 48: *** Capitolo 8 [Pov Laura] ***
Capitolo 49: *** Capitolo 9 (POV Seth/ Sammy) ***
Capitolo 50: *** Capitolo 10 (POV Laura/ Embry/ Sammy/ Gabriel) ***
Capitolo 51: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 52: *** [Capitolo extra] ***
Capitolo 53: *** Capitolo 12 [Pov Laura] ***
Capitolo 54: *** Capitolo 13 [POV Sam, Nessie, Seth, Sam] ***
Capitolo 55: *** Capitolo 14 (POV Sammy -parte prima) ***
Capitolo 56: *** Capitolo extra [Mentre Sam è ancora in viaggio] ***
Capitolo 57: *** Capitolo 14 parte seconda (POV Sam- Abraham) ***
Capitolo 58: *** Capitolo 15 [POV Sam] ***
Capitolo 59: *** Capitolo 16 (Pov Edward, Seth, Aro) ***
Capitolo 1 *** [LIBRO PRIMO] Prologo/ 1.Introduzione alla mia vita ***
capitolo 1
[LIBRO PRIMO] Prologo
Nessuno mi aveva mai detto che esiste una realtà diversa da quella che
conosciamo. Nessuno, neanche nei suoi sogni, avrebbe mai potuto sperare
in qualcosa di così inverosimile.
Eppure io ero riuscita a viverlo sulla mia pelle.
C'erano creature fantastiche attorno a me. Le avevo sognate, cercate...ma mai
-e dico mai- avrei pensato che sarebbero comparse davanti a me come
un'apparizione....
e che mi avrebbero cambiato la vita.
1.
Introduzione alla mia vita
Era una giornata qualunque, per
me.
Dopo essere stata svegliata dal
chiassoso trillare della sveglia elettrica sul comodino, mi ero alzata
meccanicamente, e avevo cercato nel mio armadio qualcosa da indossare. Come al
solito, niente mi sembrava adatto.
Non ero una ragazza qualunque, in
fatto di abbigliamento, perciò se il resto del mondo formato da adolescenti
indossava jeans a vita bassa, io preferivo le gonne lunghe.
Ma okay, forse così mi spiego
male…
Chiariamo: ero gotica.
Nel senso più stretto della
parola.
Perciò, non sarebbe stato il non
seguire la moda il problema.
Solo che davvero non sapevo cosa
indossare. Adocchiai nel marasma d’indumenti una camicetta nera con una rosa
cucita al petto, e dei jeans a sigaretta neri.
Naturalmente il nero era il colore
predominante.
Li lanciai sul letto e mi
concentrai sulle scarpe. Gli stivali erano esclusi a priori, ero tremendamente
goffa, perciò puntai su un semplice paio di scarpe da ginnastica.
Mentre ancora cercavo qua e là
qualche cosa da indossare –accessori, perlopiù- sentii la voce di mia madre
provenire dalla cucina.
-Samantha! Il tuo cappuccino si
fredderà!-
ecco, mamma era così. Non si
preoccupava tanto del fatto che se non mi fossi vestita –e truccata- in fretta
avrei fatto tardi a scuola, ma della colazione che ignoravo totalmente.
Sbuffai scocciata, come ogni
mattina, e risposi –Mamma, preferisco berlo dopo!- e detto questo trascinai gli
abiti prescelti in bagno e mi lavai veloce, per poi indossare il tutto e
guardare l’immagine riflessa con fare critico.
Non mi ero mai truccata prima di
arrivare al quarto ginnasio –ovvero il primo anno nella scuola superiore-, ma
da quando mi ero imparata, non riuscivo più a farne a meno.
Così, con mano ferma, passai
l’eye-liner sul contorno superiore degli occhi, poi aggiungi l’ombretto e la
matita –rigorosamente neri- e mi affannai per cercare il rossetto, sotterrato
dalla miriade di roba che tenevo in una borsa inutilizzata e scucita dell’Onix
(a otto anni non potevo sapere che sarei diventata una tipa gotica).
Quando lo trovai, lo passai
velocemente sulle labbra, che si accesero subito di un rosso sangue.
Adoravo l’effetto.
Sogghignai soddisfatta dell’opera
e non mi preoccupai di pettinare i capelli lunghi fino alle spalle.
A fine mese sarei andata da
Emanuele, il parrucchiere davvero simpatico che me li aveva tagliati una sola
volta precedentemente entrando nelle mie grazie.
Aveva talento il tipo!
Feci per uscire dal bagno vestita,
truccata e profumata, ma mi bloccai sulla soia.
Avevo scordato un particolare
importante: le lenti a contatto color ambra.
Sì, un colore del tutto strano. Ma
che mi faceva sentire tremendamente vicina ad una persona…anzi, un personaggio.
Edward Cullen.
Lo amavo. Il che sembrava ancora
più strano del normale.
Ma partiamo dall’inizio…era il
personaggio di una saga di romanzi per teen agers, “Twilight”
Un essere abbastanza macabro e
affascinante al col tempo. In parole povere? Un vampiro.
E sì, avete capito bene, lo amavo.
La cosa buffa è che non avevo
riversato i miei sentimenti sull’attore che lo interpretava sul grande schermo,
alias Robert Pattison, ma su di lui…nel senso profondo.
Anche quella mattina, prima ancora
di aprire gli occhi, il suo nome era passato per la mia testa, flebile.
Questo accadeva da tempo, e non
avevo voglia di lasciar perdere. Sentivo che faceva parte di me.
I miei sentimenti per lui erano
nati molto tempo prima, quella sera in cui il libro finì tra le mie mani, non
avrei mai pensato che la realtà si sarebbe unita alla fantasia…eppure, era
accaduto.
Nei quasi tre anni in cui avevo
seguito la serie con passione, mi ero sentita tremendamente legata ad Edward e
tutta la sua famiglia, fino a quando non erano iniziati i sogni.
Fino a quando lui e gli altri, non
mi avevano fatto visita nelle notti di vuoto e malinconia.
Un sogno ricorrente era quello in
cui il giovane ed io ci trovavamo in una camera completamente bianca e vuota,
con solo un divano nero ed una sedia, sul quale ero seduta.
Ogni volta il suo volto cambiava
espressione. Da seria diventava preoccupata, e poi all’improvviso si alzava dal
divano e faceva per venirmi vicino, come a volermi avvertire di qualcosa…ma a
quel punto mi svegliavo, e notavo la luce del sole filtrare dalle persiane
abbassate.
Era mattina, di nuovo…ed io non
ricevevo risposte, ma domande.
Quel giorno entrai in cucina più
malinconica del solito. Era lunedì. Perciò un’intera settimana di tortura si prostrava
dinnanzi a me.
“Se avessi potuto definire la
scuola in un qualunque modo, sarebbe stato un inferno.” Le parole dette da
Edward sul primo capitolo di Midnight Sun mi fecero sorridere.
Aveva tremendamente ragione.
Mia madre stava seduta su uno
degli sgabelli del tavolo, intenta a bersi il secondo caffè della mattinata.
-Bevi il tuo cappuccino e vai…è
ora-.
Sbuffai e accontentai la sua
richiesta. Sinceramente, non avevo così voglia di fare colazione.
Corsi in camera a recuperare un
cappotto soffice per ripararmi dal freddo e poi misi lo zaino in spalla.
Diedi un bacio a mamma e cercai di
non svegliare papà, che dormiva russando sonoramente nella sua camera. Faceva
il turno di pomeriggio all’Ama, non mi andava di disturbarlo ora che poteva
dormire un po’ di più.
Il suo solito turno di mattina
sarebbe stato alle cinque, altrimenti.
Poi cercai il mio cane, un
mostriciattolo bianco, nero e spelacchiato di nome Semola. Lo trovai
accoccolato sul suo lettino, vicino al termosifone.
Freddoloso…non resisterebbe un
solo giorno a Forks! Proprio come mamma!
Lo osservai un minuto e poi
uscii di casa, correndo giù dalle scale e quasi ruzzolando al penultimo
gradino.
Ero troppo imbranata…e sapevo
perfettamente a chi potevo somigliare.
Pensai poco alla protagonista del romanzo.
Isabella Swan. Per me, una
nemica…un ostacolo.
La odiavo. Provavo per lei una
gelosia profonda.
Aveva ciò che io sognavo e basta.
Non è una cosa tanto gradevole.
Aprii il portone con troppa foga e
quello sbattè contro la parete. Borbottai impropri e camminai veloce oltre il
cortile, verso la fermata dell’autobus, abbastanza distante da casa mia.
Maria comparì da dietro l’edicola
proprio quando l’autobus si fermò e aprì le porte. Sospirai sollevata e la
salutai con la mano.
Lei ricambiò e corse per
raggiungermi.
-Ciao!- ci scambiammo due baci
sulle guance e salimmo sul 781.
Durante il viaggio –che consisteva
in tre fermate soltanto prima di scendere dal mezzo e fare una strada isolata a
piedi- parlammo di un sacco di cose.
Ma ero io la vera chiacchierona.
Naturalmente, i miei discorsi
erano sempre i soliti.
Le stavo raccontando della mia
seconda uscita pomeridiana con le amiche per andare al cinema a rivedere
“Twilight- the movie”.
Lei non sembrava stancarsi delle
mie cronache noiose e ripetitive, perciò l’entusiasmo in me non scemava mai.
-…e poi quando Emmett ha salutato
Bella con il coltello sono scoppiata a ridere…- e continuai così durante tutti
i dieci minuti di camminata.
Arrivate al giardino della scuola,
ci separammo. Non eravamo nella stessa classe, perciò mi affrettai a
raggiungere Giulia.
Lei era una delle poche che in
classe aveva letto quel libro, ma aveva un solo problema: le piaceva Robert.
A me non era mai sembrato molto
adatto per il ruolo di Edward, ma alla fine ci avevo fatto l’abitudine.
Lei invece era davvero rapita dal
tizio.
Roba che io lo avevo persino visto
di persona! Con un’amica –carissima- di chat che avevo incontrato la sera del
festival del cinema di Roma, Laura…una jacobiana patita.
Ecco, ora, vorrei parlare di
questa giovincella.
Su Laura non ho molte cose da
dire, la si può descrivere anche con una sola parola: unica.
Vi chiederete perché volessi così
bene ad una ragazza incontrata solo una volta di persona, oltretutto –e
tremendamente- fissata per Jacob Black…la risposta potrebbe sembrarvi
addirittura contorta, ma posso solo dire che era il mio perfetto opposto, e la
apprezzavo proprio per questo.
La prima volta che avevo notato le
nostre foto sui profili di msn, le avevo detto esattamente questo: “Se ci
incontrassero insieme penserebbero subito che tu vieni da la Push ed io da casa
Cullen!”.
Non potrò mai rimangiarmi questa
affermazione.
Se ci vedeste, direste che ho
ragione al cento per cento.
Ma comunque, lei era un
concentrato di energia pura; se vi capitasse d’incontrarla, avrebbe certamente
un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, e incorniciato da una matassa
di capelli scuri, scompigliati e dotati di vita propria. In poche parole,
indomabili.
Il suo colorito messo al confronto
col mio dava l’effetto “latte e cioccolato”, solo che ero io il gessetto
vivente.
Per questo, quando ci incontrammo
quel giorno a via Nazionale, il contrasto fu evidenziato ancora di più
dall’abbigliamento.
Io potevo sembrare Mortisia, lei
Mafalda…ma credo sia inutile dirlo.
La adoravo, nel senso più stretto
del termine, e se mai ci fosse stata l’occasione, avrei dovuto conoscere un suo
caro amico, Tommaso.
Ora, la domanda che vi starete
ponendo è: e questo tizio adesso che c’entra?
Bene, vi spiego anche questo.
Tom era il sosia perfetto del
licantropo –acerrimo rivale di Edward, sottoscrivo- ed ero curiosa fino alla
morte di poterlo vedere con i miei occhi, di persona, non solo in foto.
Il problema erano la scuola e le
uscite.
Sia io che la mia amica avevamo
troppi impegni.
Perciò la cosa restava sospesa lì,
nel vuoto più assoluto.
Durante le cinque ore di lezione,
seguii le spiegazioni dei professori molto poco.
Ero impegnata a disegnare Edward
su una pagina del mio diario.
Naturalmente era uno scarabocchio,
e mi consolavo ripetendomi che la perfezione non può essere ricreata su carta.
Forse col tempo però sarei
riuscita a disegnare qualcosa di più simile ad un essere umano che ad un manga.
Ogni domenica era stata riempita
da immagini, tutte create da me.
Le mie compagne di classe spesso
mi chiedevano perché avessi scelto il liceo classico invece dell’artistico, al
che io facevo spallucce e dicevo di non saperlo davvero.
Non era la scuola ad importarmi
sul serio di quei tempi.
Nella mia testa le immagini del
suo volto erano vivide. Era l’unica cosa a cui pensassi nell’intero arco di una
giornata.
Edward…
Ed il suo nome faceva sì che un
sorriso solcasse le mie labbra.
Alessandra, seduta al mio fianco,
ogni tanto notava l’espressione beata e alzando gli occhi al cielo borbottava
–Ecco…di nuovo a pensare a quel coso buffo stai…-
Ma la ignoravo.
Lui non era buffo, per niente!
Accadde un giorno, poco tempo
prima, che Valeria –un'altra amica- leggesse il mio diario segreto, che avevo
deciso di portarmi a scuola per scrivere una cronaca dettagliata delle ore di
lezione, e di ciò che gli altri combinavano.
Chiariamo, quasi tutte le pagine
erano piene del suo nome fino a scoppiare, e se mancava il colore era
solo in quelle volte in cui avevo raccontato i sogni che facevo.
Le parole che uscirono dalla bocca
della ragazza mi causarono una fitta acuta di dolore, ma come poter dire la
verità a lei?
-Ma Sammy…è solo il personaggio di
un libro! Non esiste!- il suo tono era quasi tenero, materno. Non era sua
intenzione ferirmi, eppure ci era riuscita.
…Non esiste…
ma questo lo ripetei nella
mente, quando le risposi, dissi –Sì…lo so-.
Ma non avevo detto che aveva
ragione.
No, questo non potevo farlo.
Questa storia è tremendamente autobiografica all'inizio, spero
quindi che riuscirete a comprendere che mi sto mettendo a nudo. I miei sentimenti, le
mie amicizie...è tutto vero. I
personaggi non sono frutto della fantasia, esistono, e li ringrazio proprio per
questo.
Il mondo surreale si unirà presto alla storia, ma dovrete pazientare massimo un altro capitolo o due.
Questo
racconto è dedicato ad una persona fantastica(ndt:
non Edward XD): Laura.
[La mia stupenda amica di chat, nonchè confidente e
complice durante l'inseguimento a Rob Pattison XD].
[Laura, ti
adoro].
Ringrazio in anticipo chi leggerà e se vorrà
lascierà commenti.
Grazie infinite a tutte.
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Capitolo 2 *** Sogno ***
capitolo 2
2. Sogno
Quel giorno il mio umore era stato rovinato del tutto, le parole di Valeria mi avevano colpito forte.
Non ero capace di sopportare
i giudizi altrui, e oltretutto, una piccolissima parte di me che ancora
vantava di possedere una certa razionalità mi ripeteva che la
ragazza aveva ragione.
All’uscita da scuola
salutai tutte le mie compagne rapidamente e cercai l’auto di mio
padre posteggiata da qualche parte.
La trovai al lato opposto della strada in cui mi trovavo.
Affrettai il passo e salii accanto a lui.
Neanche ci salutammo.
Il rapporto tra noi era
complicato: non avevamo niente in comune. Volsi lo sguardo sulla strada
non appena mise in moto, e infilai veloce le cuffiette dell’i-pod
alle orecchie.
Quando non si ha niente da dire, tanto vale restare un po’ per conto proprio.
Durante i sette minuti
–neanche- di viaggio, ripetei il nome di Edward fino allo
svenimento e solo di tanto in tanto –quando decidevo di dar
tregua al mio povero sogno- pensavo a qualche nuovo sviluppo per le
storie fantasiose in elaborazione con Laura.
Un'altra cosa che adoravamo letteralmente fare insieme era creare avventure che si basassero su Twilight.
Scrivevamo su msn cose simili a copioni, potrei dire quasi come Shakeasper.
Ora sarebbe complicato scriverne qualche parte, perciò lascio stare.
Appena papà
parcheggiò l’auto, ne uscii a fatica, ritrovandomi quasi
ad inciampare in mezzo ai cespugli ai lati della strada.
Odiavo il fatto che mettesse l’auto in un punto così scomodo per me.
Mentre mi avviavo veloce
verso il cortile, presi una stolta e sentii mio padre lamentarsi dietro
di me con frasi del genere: “Ma come fa ad essere così
imbranata…”.
Mi morsi un labbro e trattenei la voglia di rispondergli.
Entrammo in casa sentendo il
nostro cane abbagliare come un forsennato –e vi assicuro, quasi
ulula- e ridacchiai chinandomi per accarezzarlo, mentre lui
scodinzolava gioioso.
-Sì, sì…lo so che mi vuoi bene!- e mentre gli dicevo questo lo stringevo forte. Come a volerlo stritolare.
Come sempre Semola si
stancò prima di me con le feste, e si dibattè per
liberarsi, così lo lasciai perdere e andai a lavarmi le mani
rapidamente.
Mamma aveva già apparecchiato, ed ora era intenta a mettere la pasta al sugo nei piatti.
La salutai con un brontolio e
attesi la solita domanda: “Com’è andata
oggi?”. Per rispondere poi in questo esatto modo –Non
saprei…-, e notare la sua espressione contrariata mentre
ripeteva cose come “Ma chi va a scuola in questa casa, io o
te?”.
Ma non era davvero infastidita, diceva sempre così.
Mi misi a tavola assieme ai miei genitori e mangiammo ascoltando il tg.
Nessuno di noi aveva
argomenti così interessanti, o almeno io. Non potevo certo
cominciare a lamentarmi su ciò che aveva detto Valeria e far
pensare così a mamma e papà che fossi pazza per il
semplice fatto che il mio malumore era causato da ciò che
provavo per Edward Cullen!
Subito dopo mangiato mi misi
a fare i compiti. Le difficoltà maggiori furono con Greco e
Matematica, ma con Storia dell’Arte ed Epica il lavoro fu
semplicissimo.
Il giorno seguente mi
attendeva un compito di Latino però, così fui costretta a
ripassare tutto il programma svolto.
Arrivai perciò alle
sei e mezza del pomeriggio –o dovrei dire sera inoltrata- e mi
fiondai subito sul computer, che avevo ribattezzato intelligentemente
Jacob, perché era terribilmente lento certe volte.
Una volta entrata su msn, attesi due minuti e subito comparì la casella di dialogo con Laura.
Mi aveva salutato con un gran “CIAO!” e non potei far altro che ricambiare allegra.
Con lei ci si sentiva sempre così!
-Allora…com’è andata oggi?-
scrissi ed invia rapida, attendendo una risposta, che arrivò subito.
-Molto bene! Ho finito di leggere Cime tempestose!-
letto questo mi rabbuiai un
po’, speravo non le sfuggisse qualche particolare, dal momento
che io ero arrivata pressappoco a metà del romanzo.
-Bene, non raccontarmelo! Comunque…- aspettai qualche istante poi terminai la domanda con la parolina magica:
-…Scleriamo?-
e lei per tutta risposta mi inviò una faccina con gli occhi sognanti.
Sì, eravamo davvero
fuori di testa, ma come poter lasciar perdere gli intrecci amorosi che
creavamo con tanta facilità?
Non si può, naturale.
Passai il resto della serata,
fino alle nove e mezza passate, a scrivere con la mia amica, ma poi
mamma arrivò borbottando e dicendo che era ora di salutare tutti
e spegnere il povero Jacob.
Sbuffai e salutai a malincuore Laura, lasciando in sospeso la storia fino al giorno seguente.
Non ne avremmo fatto a meno!
[…]
Non so chi fossero i due
ragazzi seduti accanto a noi, so solamente che Edward stava mangiando
del cibo, e che non faceva una piega. Sembrava tremendamente umano.
Sempre perfetto, ma diverso dai sogni precedenti.
-Sei sicuro di voler mangiare questa roba?- gli chiesi sottovoce per non farmi sentire da altri se non lui.
Edward si voltò e annuì lievemente, sorridendomi.
Sospirai e continuai a guardare il mio piatto, ancora pieno.
All’improvviso lo
sentii sghignazzare. Mi voltai nuovamente verso di lui e lo vidi in uno
stato non molto normale per un vampiro.
Sembrava brillo, un perfetto ubriaco.
Mi alzai scatto e lo tirai su agitata e impaurita.
“Che diavolo gli
è successo?!” mi chiesi, ma davvero non potevo saperlo.
Pensai a qualcosa che avesse a che fare col cibo che aveva appena
ingerito.
All’improvviso mi ritrovai a doverlo sorreggere, sembrava un cadavere tanto era inerme.
-Edward!- il mio tono si era trasformato, ora si poteva percepire l’ombra d’isteria.
Lui non mi rispondeva, sembrava svenuto.
Mi toccò trascinarlo
fino alla camera da letto, e lasciarlo lì, per recuperare il
telefono e chiamare i suoi familiari.
Dopo meno di un attimo rispose Jasper.
-Pronto?-
-Jasper, sono Samantha…senti, è successo qualcosa a Edward. Ha mangiato del cibo umano e…-
-COSA HA FATTO?!-
era la prima volta che sentivo il tono allarmato di Jazz. La cosa non mi diede conforto.
Scrollai il capo e lanciai un’altra occhiata a Edward, ancora immobile sul letto.
-Cosa devo fare?- sembrava più una supplica che una domanda normale.
Il vampiro dall’altra cornetta mi disse di andare a casa loro.
Acconsentii e poi la scena
del sogno cambiò. Mi trovavo in un bar, le pareti erano in legno
chiaro, color ciliegio. Fuori dalla vetrata notai le nubi fitte ed il
cielo grigio.
Dove ero? Non saprei dirlo, ma non avevo affatto timore di ciò.
Il cellulare nella mia tasca squillò all’improvviso.
Una donna, che credo potesse
essere Esme, mi chiese ansiosa: -Dove hai intenzione di andare ora?- e
la mia risposta fu quasi ovvia, niente più di una ripetizione.
-In Italia…credo sia arrivato il momento che aspettavo, e comunque prima o poi sarei partita-.
Lei non rispose, riattaccò semplicemente.
Uscii dal locale e salii in auto.
Sembrava la Volvo grigio metallizzata di Edward.
Misi in moto e partii in
quarta, accorgendomi poco dopo di andare contromano. Sterzai e finii
col la fiancata del mezzo nella corsia dove le altre macchine
sfrecciavano veloci.
Subito la paura mi fece pensare “Ora mi scontrerò con qualcuno…”, ma ciò non accadde.
Le altre auto si erano fermate prima.
Solo due aveva oltrepassato il traffico che avevo creato e mi avevano affiancato.
Una voce maschile all’interno di un auto rossa sportiva disse con tono scherzoso -Davvero una guida perfetta!-.
Chissà come, o perché, lo riconobbi subito: Emmett.
Intanto, occupata com’ero ad osservare lui dal finestrino, non mi ero accorta di una presenza accanto a me.
Mi voltai e sussultai. Rosalie mi guardava storto, con le labbra tese.
-Chi accidenti ti ha dato la patente?!-
al che abbassai lo sguardo un po’ frustrata.
-Non mi ero accorta di andare nel senso sbagliato…-, cercai di dire.
Lei sbuffò e si mise al posto mio, facendomi togliere.
Davvero non riuscivo a
sopportarla quando faceva così! Ma comunque…ripartimmo
lungo la strada giusta, con l’auto rossa davanti a noi e quella
nera al fianco.
Sapevo con sicurezza che lì si trovavano Alice e Jasper.
Non sapevo dove fossimo diretti. La mia stupidità aveva fatto sì che l’Italia venisse al secondo posto.
Speravo che loro potessero aiutarmi a capire cosa diamine era accaduto a Edward.
Lungo la strada trovammo del traffico, ma lo superammo rapidi, senza problemi.
Arrivammo fino ad un bosco, dove l’asfalto terminava e l’erba e la neve prendevano il suo posto.
Guardai il manto bianco e fitto e mi chiesi perché non sentissi freddo.
Poi notai le moto da neve poco lontane. Una per ognuno di noi.
A cosa ci servivano se potevamo correre con le nostre gambe ad una velocità maggiore?
Non feci domande, e salii su uno di quei cosi.
Mi sembravano terribilmente scomodi.
Alice ridacchiò notando la mia espressione. Non saprei dire quale fosse.
-Riuscirai a guidarla, te lo assicuro- e detto questo mise in moto la sua.
“Speriamo sia come dici!” pensai…e dopo aver spinto l’acceleratore m’impennai e caddi.
“Fantastico!” dissi amara.
All’improvviso sentimmo delle risate e Jacob comparve dal bosco sghignazzando.
-Problemi?- chiese, e subito ringhiai infastidita.
Edward, era ancora un punto interrogativo nella mia testa.
Mi sveglia di colpo, accorgendomi di aver sudato freddo.
Un altro sogno, oltretutto abbastanza lungo…e strano.
Perché Edward aveva rischiato così tanto?
Aggrottai la fronte pensierosa e osservai l’oscurità della mia stanza.
Le ombre mi parvero animate,
quasi di persone. Le studiai con lo sguardo per un po’, poi
sospirai e mi alzai andando in cucina. Avevo urgente bisogno di un
bicchiere d’acqua.
Una volta che ebbi
rinfrescato la gola secca, me ne tornai a letto e cercai di non
dimenticare neanche il più piccolo particolare di
quell’avventura.
Ero felice di averlo rivisto,
anche se in circostanze poco piacevoli. Prima di cadere nuovamente nel
sonno, con tante nuove domande a girarmi per la testa, il ghigno
fastidioso di Jacob Black mi passò per la mente e crollai con
una smorfia di rabbia stampata in faccia.
La mattina che seguì
agli eventi di quella notte fu esattamente coma la precedente: il
trillo della sveglia, la colazione, il viaggio verso scuola e
–naturalmente- la scuola.
Non ripensai neanche un
istante alle parole della mia amica, ma anzi m’impegnai in modo
tenace a far ritornare a galla ogni piccola immagine del mio incontro
notturno con il bel vampiro e la sua famiglia.
Avevo un bisogno disperato,
quasi come quello di un drogato con l’eroina, di tenerlo stretto
a me. Se avessi scordato tutto, mi sarei sentita persa, e ci sarebbe
voluto molto prima che tornassi alla normalità.
Ringrazio
con tutto il cuore le persone che hanno letto il primo capitolo di
questo racconto, e che ora hanno dato un'occhiata anche al secondo.
Spero davvero che la storia continui ad interessarvi!
Ed ora, i ringraziamenti rapidi a chi ha anche commentato ^^:
x Princess of Vegeta: Lo sai Spruzzetto di sole che ti voglio tanto
bene, no? ;-P grazie per aver commentato! =) bacioni, ci sentiamo eh? XD
x Kikyo90: ecco qui! che dici, ho aggiornato abbastanza presto? ;-p
x Rosalie_Hale_Cullen: sono contenta che la storia ti piaccia! attendo un tuo commento, bacini.
x Gin_ookami97: Welà! forse hai frainteso! XD all'inizio
è davvero una biografia! stai leggendo le mie giornate -o almeno
ciò che per me è routine!- comuuuuuunque...grazie del
commento! e no, mi dispiace, Edward il suo numero non vuole che si dia
in giro ù.ù (è un tipo riservato e permaloso XD).
Alla prossima! Baci!
Sammy Cullen.
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Capitolo 3 *** Essere pazzi non è poi la fine del mondo, ma chi sono io per parlare? ***
capitolo 3
3. Essere pazzi non è poi la fine del mondo…ma chi sono io per parlare?
-Che leggi vampira? Twilight?-.
Alzai gli occhi da “Cime tempestose” solo per guardare
dritto in faccia Francesco, un ragazzino alto sì e no un metro e
sessanta.
Era uno dei compagni meno sopportabili che avessi in classe. Criticava
il libro che aveva appena nominato dicendo che era un romanzetto
economico.
Aggrottai la fronte confusa dall’affermazione e poi non lo degnai
neanche di una risposta, tanto lui girò sui talloni e si
allontanò.
A ricreazione preferivo godermi un po’ di sana quiete, mentre
tutti gli altri ridevano e chiacchieravano di cose che in
quell’attimo mi sembravano tremendamente stupide.
Riuscii a leggere un solo capitolo con quei dieci minuti di pausa, e la cosa non mi piacque molto.
Quando tutti i miei compagni di classe si rimisero ai propri posti, a
fianco a me si accomodò Margherita, che aveva deciso di
scambiare il proprio posto accanto a Valeria con Alessandra.
-Ehi Sammy Cullen…adesso due ore con la Sforza, eh? E devo anche essere interrogata…-
Tenni il segno del libro e lo poggiai nel ripiano sotto il banco,
voltandomi verso di lei e sorridendo poco convinta –Credo che
toccherà anche a me-.
Quando la giovane professoressa –di soli ventinove anni-
entrò in aula, si alzarono tutti come è solito
fare…tranne me.
Stando all’ultimo banco non avrebbe mai notato il fatto che preferivo restarmene comoda al mio posto.
Quando si accomodò alla cattedra, la vidi chiaramente prendere
il registro e controllare i voti: in italiano ancora non ne avevo uno
per l’orale.
-…Uhm, vediamo un po’…oggi vorrei sentire…Margherita e…-
fece un attimo di pausa per ricontrollare e disse -…e Samantha-.
Poi guardò verso il fondo dell’aula, dove ci trovavamo noi
due, ed entrambe annuimmo decise.
Cos’altro potevamo fare altrimenti?
L’interrogazione durò troppo a causa delle continue
interruzioni. Quando era il mio voto in gioco, accadeva sempre
così.
Ogni dieci minuti qualcuno doveva entrare in classe od uscirne, ed io ero costretta ad interrompermi.
Margherita accanto a me era tranquilla, le domande che la professoressa ci poneva non erano niente di che.
Una volta che la cosiddetta tortura ebbe fine, scoprimmo il verdetto.
La mia amica aveva preso sette, io sei e mezzo.
Odiavo i voti coi mezzi, mi sembravano tremendamente inutili, ma se
togliendoli il voto invece che migliorare peggiorava, allora preferivo
così.
Scrissi il risultato ottenuto sul mio diario e poi poggiai stancamente
la testa sulla superficie liscia e fresca del banco, chiedendo in
prestito a Margherita il suo i-pod, dal momento che il mio era a casa
sotto carica.
-Ma è quasi scarico…e se la prof. ti becca…-
-Non mi scopre, tranquilla…-
stavo usando il mio tono rassicurante, quello che faceva sorgere i
dubbi alle persone. Sapevo essere una tipa maledettamente convincente
se volevo.
Presi il piccolo apparecchio e ficcai le cuffie alle orecchie, cercando
nella lista dei vari artisti i Blue, e una volta che li trovai, feci
partire “A chi mi dice”.
Quella canzone mi faceva deprimere, ma non vedevo cos’altro
potessi fare oltre che crogiolarmi nel mio intenso stato quasi
catatonico.
Edward…perché non compari? Ora, qui. In questo preciso istante…
-“A chi mi dice….che
tornerai, non credo oramai…e indosserai sorrisi e allegria, ma
senza magia…e incrocerai lo sguardo mio per poi dirmi addio
e…a chi mi dice…”-
Ad un certo punto, mentre ripetevo le parole della canzone movendo le
labbra mute, Margherita si voltò e disse svelta –Abbassa
il volume! Si sente!-
E così feci, un po’ infastidita.
All’uscita da scuola sperai che papà non fosse venuto. Avevo voglia di camminare un po’.
Arrivai fino al cancello e cercai la nostra Mercedes, ma non la vidi, e mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo.
Poi, mentre salutavo i miei compagni che si avviavano ognuno a casa
propria, in direzioni diverse, mi ricordai di aver scordato
l’ombrello ed il libro nel rialzo del banco.
Corsi nell’edificio rapida facendo le scale a due a due.
Il corridoio era lungo e silenzioso, mi soffermai ad osservarlo
agitata. Sapere che non c’era nessun altro oltre me metteva
soggezione.
Entrai in classe e riposi i due oggetti nello zaino.
Quando mi affacciai di nuovo fuori dalla stanza, decisi di andare in bagno un istante a bere un goccio d’acqua.
Nessuno mi stava mettendo fretta, avevo il piano superiore della scuola
tutto per me, visto che le bidelle non si erano accorte del mio rapido
ingresso.
Aprii il rubinetto e feci scorrere un po’ l’acqua, poi mi piegai per berla.
Ad un certo punto sentii un rumore debolissimo, quasi impercettibile, e
mi voltai di scatto, schizzando un po’ dappertutto.
Mi ritrovai ad osservare la parete che nascondeva i water. Aggrottai la fronte e la aggirai.
Di quattro porte, tre erano chiuse ed una no. Entrai nell’unico libero, timorosa di aprire gli altri.
Mi misi in silenzio ad ascoltare, quasi senza respirare, e poi una
delle porte cigolò e si aprì. Strinsi forte i denti
timorosa di cacciare un urlo, e mi schiacciai quanto più potevo
contro la parete.
All’improvviso la porta si aprì e qualcuno mi tappò
la bocca con una mano enorme. Chiusi gli occhi senza guardare chi fosse
l’aggressore e cercai di liberarmi dalla stretta, ma le labbra di
lui sfiorarono il mio orecchio e con tono spazientito disse: -Smettila,
sta calma-.
Decisi di dare retta alla voce calda e roca.
Mi sembrava di conoscerla…percepii il tono divertito nascosto da
quello serio e aprii gli occhi quando mi resi conto del fatto che la
pelle a contatto con la mia superava i quarantuno gradi.
Chi poteva avere così tanta forza con la febbre?
Nessuno. A meno che…
Borbottai un nome con le labbra ancora bloccate dalla grossa mano,
sperando che lui capisse che non mi sarei messa a gridare, ma quella
restò li, a schiacciarmi la faccia.
Quando venni presa di peso come un sacco di patate –e di
conseguenza ebbi la libertà di parlare- sussultai e mi chiesi
cos’altro sarebbe accaduto di li a poco.
Restai bloccata dal terrore quando saltammo nel vuoto fuori dalla larga
finestra e atterrammo nel campetto da calcio su cui si affacciava.
-Oddio…sono morta, lo so che sono morta!- ripetei le stesse
parole almeno trenta volte, fino a quando non fui posata
sull’erba verde e dovetti guardare all’insù per
scrutare il mio rapitore.
Forse però sarebbe stato meglio non farlo, perché la
persona che mi ritrovai davanti non me la sarei mai potuta
aspettare…e non mi sarebbe dispiaciuta la sua assenza.
Jacob Black ora sorrideva allegro, come se non avesse appena sequestrato una ragazzina di quasi quindici anni!
-Ehi, tutto apposto? Non era mia intenzione causarti un infarto- ridacchiò divertito delle sue stesse parole.
Io restai in silenzio, travolta da una miriade di emozioni.
Ero scioccata, anzi terrorizzata dal fatto che uno dei personaggi del
mio libro preferito si trovasse dinanzi a me, credendo vivamente di
aver perso completamente il senno di poi.
Ma questo non era nulla paragonato al confronto della gioia e della
speranza che provavo nel cuore. Se esisteva Jacob, perché non
sarebbe dovuta esistere l’unica persona che contasse davvero
qualcosa per me?
-J-Jake…- balbettai il suo nome incerta e attesi impaziente una risposta.
Poteva essere una specie di sosia? Ma allora com’era stato
possibile per lui calarsi fuori dalla finestra con così tanta
agilità?
Il ragazzone sorrise di nuovo e annuì con la testa
–Esatto, Jacob Black in persona!- e dopo aver detto ciò,
anche se non era un comportamento adeguato per una fun dei Cullen, mi
alzai da terra rapidamente –come può essere rapida una
normale umana, è chiaro- e mi schiacciai contro il suo petto
scoperto e solido come una roccia.
-Allora è vero…- le parole sgorgarono dalle mie labbra come le lacrime dagli occhi.
Lui tossicchiò un po’ imbarazzato ed un po’
divertito e subito decisi di scansarmi, rossa di vergogna in volto.
-Ehm…scusa tanto…- stavo per terminare la frase quando
sentii i passi leggeri di qualcun altro sull’erba umida.
Mi voltai notando lo sguardo più serio di Jake, e trovai davanti
a me un gruppo di ragazzi –tutti grossi quanto lui e con gli
stessi tratti del volto- ed una ragazza.
Mi soffermai su di lei il meno possibile. Leah, col viso tirato
dall’agitazione, mi osservava in modo più che sprezzante.
Provai ad indovinare chi fosse ognuno di quegli individui, che nella
mia mente non avevano mai avuto un volto ben definito come i Cullen.
Ipotizzai che quello grosso come Jacob e con l’espressione seria
e composta fosse Sam, ei due alla sua sinistra Paul e Jared.
Riconobbi allora Quil, che era più basso ma robusto in confronto ai compagni, ed Embry, allampanato.
Ma di tutti, solo uno contava davvero per me, così cercai con lo
sguardo il più giovane del gruppo e lo trovai vicino alla
sorella.
Seth Clearweater mi osservava curioso e allegro, così
l’istinto non riuscì a frenare il mio entusiasmo e gli
saltai letteralmente addosso.
-Seth! Ci sei anche tu…questo è…stupendo, davvero! E dimmi… anche i Cullen sono qui?-
Il giovincello –che pur avendo la mia età dimostrava
qualche anno di più ed era abbastanza in forma- arrossì
mentre ancora mi teneva in braccio con qualche fatica in più di
Jake e rispose –Beh ecco…-
Ma fu interrotto bruscamente da Sam, mentre ancora non mi aveva dato la risposta.
-Cosa importa che loro siano o no qui?-
le sue parole mi fece irriggidire ed infuriare subito dopo, così
mi calai giu da Seth e quasi aggredii il suo stupido capo branco.
Era da tanto che desideravo mollargli un pugno, anche se ci avessi rimesso le dita della mano destra.
-Come osi dire questo?!- feci l’azione di colpirlo, ma questo mi bloccò il polso rapido, e lo tenne stretto.
-Calma i tuoi bollenti spiriti ragazzina-. Il tono perentorio ed
autoritario non fece altro che peggiorare le cose, così mi
ritrovai a sibilare tra i denti –Sta zitto cane pulcioso-.
E subito sentii ringhiare qualcuno dietro di me.
Con la coda dell’occhio vidi Leah tremare e stringere gli occhi e i pugni per calmarsi.
Che idiota che è…
Pensai, e poi guardai di nuovo male il signorino Uley, che ancora mi tratteneva il braccio.
-Mollami subito!- gridai, e lui accontentò la mia richiesta.
Girai allora su me stessa per osservarli tutti. Ero bloccata
all’interno di un cerchio costituito dai membri del branco
Quieleute.
Strinsi i denti e dissi rivolta verso Seth –Dimmi, ti prego, se anche loro sono qui!-
Lui annuì rapido e spostò lo sguardo dal lato opposto del
campo, oltre la rete, nel piccolo spiazzo da cui si arrivava dove
eravamo noi.
Non stetti a pensare molto al da farsi, e scattai verso il punto
indicato, correndo rapida all’uscita dal campetto di calcio. Ma
quando fui quasi arrivata, gli giovani indiani mi si pararono davanti e
Sam disse –Preferiremmo che tu non ti avvicinassi a loro-.
Sbuffai infastidita e li oltrepassai con qualche difficoltà.
Sentii Paul lamentarsi dicendo –Stupida, un altra seguace dei succhiasangue-
E non potei fare a meno di togliermi una scarpa e lanciargliela in testa.
-Imbecille di un randagio!- dissi, e la reazione fu pressochè immediata.
Il giovane tremò così forte da farmi spaventare e prima
ancora di vedere se si sarebbe trasformato o no, girai sui tacchi e
corsi ancora.
Tre passi e mi sfracellai a terra, rotolando dai quattro grandi scaloni che non avevo notato.
Trattenni il respiro presa da una fitta dolorosa al fianco destro e strinsi I denti.
Quando un paio di mani gelide mi tirarono su seduta, spalancai gli
occhi e mi ritrovai a fissare il volto più perfetto del mondo.
L’unico bagliore di felicità che avessi atteso in tutta la
mia vita.
Edward Cullen mi guardava dritto negli occhi col suo sguardo d’oro liquido.
Solo che c’era qualcosa che non andava: vedevo il suo viso capovolto.
Quando capii che lui si trovava dietro di me, mi voltai cercando di rialzarmi, e lui mi diede una mano.
-Tu…tu…- ma non riuscivo a terminare la frase, perchè la parola chiave mi era rimasta incastrata in gola.
Esisti...
Bene...ecco il terzo capitolo!!! da qui inizia il divertimento...la magia!
Ora vi saluto, mi dispiace che non possa ringraziarvi una per una ma ho
fretta! Quindi grazie tante! bacioni a tutte, e alla prossima!
Sammy Cullen
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Capitolo 4 *** Quando il sogno sembra diventare un incubo, e non mi sveglio. ***
capitolo 4
4. Quando il sogno sembra diventare un incubo, e non mi sveglio.
Spalancai gli occhi quasi
come se il mio intento fosse quello di farli uscire di proposito dalle
orbite, poi cercai di terminare la frase, ma ancora una volta il
tentativo fallì.
Edward mi prese tra le braccia premuroso, quasi fossi una bimbetta che
cerca ancora le cure indispensabili di una madre, e la cosa
inizialmente m’infastidì quasi…ma poi, continuando
ad ammirare la perfezione del suo volto e facendo qualche osservazione
–ad esempio il fatto che per lui ero pressapoco una neonata
ancora in fasce, ragionando sugli anni che ci separavano- riuscii a
trattenere ogni scintilla di negatività.
Cosa importava in quel momento della distanza tra la sua e la mia età?
Ero o no tra le sue braccia? E non stavo ammirando forse il viso
pallido e dai tratti sottili, delicati, quasi creati apposta solo per
renderlo ancora più stupendo?
Sì.
Allora, mi dissi, nient’altro aveva importanza.
Lui sorrise guardandomi, poi quando la sua voce sfiorò il mio
udito quasi come una carezza, avvampai dalla commozione: mi era
familiare quanto quella dei miei cari genitori.
-Tutto bene?-
e a questa domanda non riuscii a rispondere a parole, quindi mi limitai ad annuire.
Edward mi osservò un attimo dubbioso, poi mi adagiò delicatamente sul gradone più in alto.
Deglutii e restai paralizzata a fissarlo, per incanalare ogni immagine
nella mente, e sperare che la memoria durasse fino alla fine dei miei
giorni nel modo migliore.
Qualcuno ridacchiò sommessamente in un punto non molto lontano,
e volsi lo sguardo oltre Edward, con un pò di amarezza, per
vedere gli altri membri della famiglia Cullen avvicinarsi.
Emmett sogghignava divertito studiando la mia espressione, e fu grazie
a quel particolare se riuscii in fine a dire –Siete qui! Oh,
finalmente…non potevo ricevere gioia più immensa!- e
balzai di nuovo in piedi di fronte a Edward sorridendo timidamente.
Alice intanto aveva fatto un passo avanti, sul suo volto era dipinta un’espressione curiosa, quasi quanto quella di Seth.
Sapevo che avrebbe previsto la mia reazione –se già non lo
aveva fatto-, nel momento esatto in cui avessi pensato di gettargli le
braccia al collo.
E così accadde, prima ancora che fossi io a muovermi, lei mi
abbracciò e mi strinse contro la sua pelle fredda e dura.
-Ancora non posso crederci!-
E mentre li osservavo tutti, uno per uno, da Carlisle ad Esme, da
Rosalie a Jasper ed Emmett…qualcosa riaffiorò dalla mia
mente, e mi rattristai.
Mi scostai da Alice, coi suoi capelli neri e sparsi a destra e
sinistra, e bisbigliai con una voce intrisa di rammarico –Esiste
anche lei vero?-
Ma la domanda era diretta solo ad una persona, forse due, ma non sapevo
se esistesse anche la figlia, in tal caso Jacob era fuori dai giochi.
Edward, che aveva continuato ad ascoltare I miei pensieri in silenzio
osservandomi concentrato, rispose con voce calma, quasi avesse il
timore di ferirmi ancora di più.
-Sì, Isabella esiste-.
Bene, ora, anche se potrebbe sembrare una reazione esagerata, accadde
in un modo così immediato che nessuno, nemmeno il
vampiro-folletto che avevo appena salutato affettuosamente, avrebbe
potuto prevedere.
Le lacrime sgorgarono dai miei occhi così numerose da offuscarmi
la vista, ei singhiozzi mi rubarono non poca aria, costringendomi a
tossire e a respirare un bel pò.
Isabella esisteva, e questo voleva stare a significare che avrei sofferto in eterno per un amore non contraccambiato.
Ed ero tremendamente egoista, non pensando che sapere Edward felice
avrebbe dovuto causarmi gioia di rimando, anche se I suoi sentimenti
non erano per me.
Anzi, sapere ciò mi fece quasi deperire all’improvviso, e caddi in ginocchio, stringendomi la testa tra le mani.
-Perchè? Perchè non posso essere davvero felice?-
nessuno rispose alla mia domanda, perchè non era in attesa di risposta.
Quando qualcuno mi accarezzò la testa e aciugò con una
mano –gelida- le lacrime che mi rigavano il viso, volli vedere
chi fosse, e trovai Esme; la vampira col cuore d’oro, colei che
aveva la capacità di amare in modo smisurato, mi sorrideva
teneramente, cercando forse di farmi calmare.
Per un attimo la sentii davvero vicina a me, e sentii il bisogno di
accocolarmi addosso a lei per sentirmi protetta…ma non lo feci.
Sarebbe stato un taglio nuovo al mio cuore, che di lacerazioni ne aveva subite fin troppe.
L’attesa straziante di due anni, il sogno che si avverava, e poi subito tutto allo sfracello.
Non era questo ciò che speravo.
Mentre ancora mi crologiolavo in uno stato di catatonia assoluta,
sentii il ringhio infastidito di qualcuno e poi la voce di Jacob disse
aspra: -Perfetto! Ora la ragazzina sta a pezzi. Possibile succhiasangue
che tu non riesca a far qualcosa di giusto?!-
Edward sibilò, e seppi con certezza che era lui anche senza alzare gli occhi.
Non volevo ammirare la sua perfezione se non potevo possederla. A che pro? Non ero certo io ad ottenere qualcosa.
Mi rialzai e continuai a tenere gli occhi bassi.
Questo sogno può anche concludersi qui, allora…
Mi asciugai le lacrime e sperai che da un momento all’altro tornassi alla realtà.
Forse mi sarei svegliata con la testa pogiata al banco, con
l’I-pod di Margherita acceso e la musica che mi riempiva la mente
attraverso le cuffiette.
Forse.
O invece…
-Perdonami, ti prego-
la sua voce mi colpì forte. Uno schiaffo avrebbe fatto meno
male. Ma queste parole causarono un effetto improvviso, a cui non potei
oppormi.
Mi infuriai e alzai lo sguardo da terra solo per guardare male colui
che amavo, sperando quasi di poterlo incenerire e poi –forse-
farlo rinascere.
-Perdonarti?! Perdonarti per cosa?! Non capisci! Io non potrò
mai davvero odiarti! Mai e poi mai, anche se tu decidessi di torturarmi
e farmi a pezzi, come potrei odiarti se la mia morte sarebbe causata da
te? Perdona tu me, perchè il mio egoismo causa più dolori
di quanti l’amore che provo possa risolverne!-
Ciò che dissi fece ammutolire tutti. Vampiri e licantropi restarono in silenzio.
Seppi allora che avevo colpito a fondo.
Chi meglio dei ragazzi Queleute che avevano avuto l’imprinting poteva capirmi?
Oppure Carlisle ed Esme, Alice e Jasper ed Emmett con Rose.
Chi meglio di loro poteva comprendere?
Guardai Edward storcere la bocca e aggrottare la fronte, poi fece un passo verso di me, ed io uno verso di lui.
Non sapevo cosa sarebbe accaduto poi, ma non m’importava.
Sentii la rabbia sfumare, lasciare ogni muscolo del mio corpo in balia della stanchezza.
E la tristezza riprese possesso di me.
Quando Jasper mi toccò una spalla, si fece tutto buio, e poi, mi lasciai andare completamente alla pace.
Eccomi
di nuovo!!! sono commossa! estremamente! sei commenti per un solo
capitolo...WOW! mi dispiace, vorrei ringraziarvi una ad una, ma oggi
sono un pò pigra ^^" vi sto facendo sorgere dei dubbi, e questo
è ciò che voglio. "Perchè loro sono qui? e
perchè parlano proprio con lei?" ve lo siete chiesto, vero?! XD
beh, poco a poco capirete! baci!
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Capitolo 5 *** Quando iniziano ad esserci delle spiegazioni e delle svolte impreviste ***
capitolo 5
5. Quando iniziano ad esserci delle spiegazioni e delle svolte impreviste
Quando un qualcosa di caldo e soffice ebbe spessore contro il mio
corpo, capii che il sonno stava per terminare. Strizzai gli occhi
ancora chiusi e cercai di ricordare dove fossi, e cosa era accaduto
prima.
Il volto di Edward e degli altri mi comparirono davanti come un flash.
Al che mi tirai su di scatto, con gli occhi sbarrati, e mi aspettai di
trovarli tutti intorno a me, ma la delusione fu immensa, quando
riconobbi le pareti ed i mobili familiari di casa mia.
Fu così facile ritrovarsi con la vista annebbiata dalle lacrime che quasi non me ne resi conto.
Era stato un altro sogno? Aggrottai la fronte respirando affannosamente e ricacciando indietro I singhiozzi.
Lanciai una rapida occhiata all’orologio sul mobile accanto al
mio divano-letto e vidi che erano le tre e mezza passate del pomeriggio.
Feci un rapido calcolo e capii cosa potesse essere accaduto, ma avevo bisogno di conferme.
Sapevo che papà era a lavoro, perciò chiamai –Mamma…?- e lei arrivò subito, agitata.
-Oh! Ti sei svegliata amore finalmente…mi spieghi cosa diavolo
è accaduto? Una delle bidelle della scuola che stava pulendo la
palestra ti ha trovata svenuta negli spogliatoi!-
ascoltai ben bene la cosa e poi tirai a caso una scusa abbastanza buona –o almeno per chi sviene e ricorda qualcosa-:
-Beh ecco…io…alla fine delle lezioni mi sono ricordata di
aver scordato un libro e l’ombrello lì…sai, oggi
è sabato…avevo educazione fisica in seconda ora…-
notai la sua espressione indecisa, non sapeva se credermi o non.
Mia madre era un osso duro da masticare, e ci voleva una bugia perfetta.
Ragionai veloce e poi dissi col tono tranquillo e deciso di chi non ha
nulla da nascondere –Davvero, quando sono arrivata negli
spogliatoi, sono scivolata…adesso ricordo meglio cosa è
accaduto…e deve avermi trovata li per pura fortuna!-.
All’inizio si accigliò osservando la mia espressione, ma
vedendomi così sicura sospirò solo e disse –E va
bene…sei sempre la solita maldestra…per fortuna non
è successo niente di grave…- mi baciò la fronte e
tornò ai suoi affari.
Mi ricordai quasi subito di dover controllare una cosa: se la scarpa
che avevo lanciato a Paul dritto in testa era con me o con loro.
Mi alzai e andai a vedere nell’armadietto dove le tenevamo tutte.
A quanto pareva mia madre non le aveva rimesse a posto, così le trovai per terra, sotto lo sgabello.
Tutte e due.
Serrai i pugni e sperai che fosse come credevo, e cioè che i
miei adorati amici sovrannaturali (che già definivo in modo
così intimo pur essendo al corrente del fatto che loro non
sapevano quasi chi fossi) avessero solo fatto tornare le cose alla
normalità per quanto fosse possibile.
Era una copertura.
Io, ero io la loro copertura.
Sorrisi tra me al pensiero e quasi senza pensare, mi fiondai sul cellulare e mandai un sms a Laura.
“Posso chiamarti a casa? Baci. Sammy”
Dovevo assolutamente incontrarla una seconda volta, sentivo che lei
aveva diritto d’incontrarli quasi quanto me. Non passarono
più di dieci secondi che ricevetti una risposta degna della mia
amica:
“Ok, tanto sono a casa da sola, mamma è a lavoro…
ma che è successo?! Hai sognato il Tizio?!”
“Il tizio”.
Ridacchiai divertita. Edward con lei non aveva più un nome normale. Ogni volta Laura lo ribattezzava in ogni modo.
Qualche esempio?
Edwarduccio, Edwino, Eddy, Edwardino…
Il tizio.
Questo però era il suo preferito, e poi naturalmente poteva
passare di tanto in tanto alle offese, ma non molto. Avevamo stipulato
una specie di tregua, io non avrei chiamato Jacob “cane
pulcioso” o “randagio” e lei non avrebbe neanche
preso in considerazione “succhiasangue” e
“sanguisuga”.
Ma certe volte le era sfuggito “pipistrello”, e quando
ribattevo che era un animaletto adorabile, lei rispondeva prontamente
“topo con le ali”.
Scossi il capo e composi il numero di casa con il cordless.
Fece qualche squillo poi sentii la sua voce, chiara e cristallina.
Prima di scambiarci i numeri di telefono, pensavo che avesse un timbro
più basso e flebile, invece avrebbe potuto far concorrenza ad
Alice.
Ma comunque, rispose con la solita allegria cucita addosso.
-Ciao Sammy!-
risposi che già ridacchiavo –Ehilà-
e la sua risatina si unì alla mia per qualche istante, poi presi
fiato e dissi rapida –Non puoi immaginare cosa è
accaduto!-.
-Uhm…nah infatti, dimmelo tu, no?-
era curiosa, ma celava la cosa dietro al tono scherzoso.
-Mi prenderai per pazza?- la mia voce si era fatta seria senza che lo avessi deciso, ma sapevo che era meglio così.
La ragazza restò un attimo in silenzio poi rispose più cauta –Devo preoccuparmi?-
-No! no assolutamente, ma…-
-Ma…???-
attendeva impaziente, e sapevo che se non glielo avessi detto in quel frangente, non ci sarei riuscita mai più.
Respirai a fondo e dissi –Possiamo vedercì questo giovedì?-
Un’intera settimana ad attendere, ma era un giorno abbastanza adatto.
Lei ci pensò su e poi rispose –Ma lo sai che il
giovedì ho catechismo…e che il mio “branco”
non è affabile con gli sconosciuti…-
Risi alla parola branco –I tuoi amici dovranno essere affabili, e
se non gli va che vadano a quel paese, io conosco te, e devo mostrarti
una cosa troppo…stupefacente!-
Laura ci rimuginò un pò su e poi disse –E va bene…ora mi hai incuriosita!-
Per fortuna…ora devo solo ritrovare loro.
Ci accordammo quindi per il giovedì prossimo ad arrivare.
Essendo sabato, già facevo il conto alla rovescia.
Mi vestii veloce e dissi a mamma che la settimana seguente sarei andata con Alessandro a San Giovanni.
Naturalmente il mio amico non era previsto, ma fui costretta a chiamarlo e a spiegargli che avrebbe dovuto reggermi il gioco.
La cosa che apprezzavo del mio migliore amico era la semplicità.
Seppure mi chiedeva il motivo di un qualcosa che facevo e gli sembrava
strano, non se la prendeva se non gli spiegavo il motivo.
I Cullen ed i Queleute erano top secret, e lo sarebbero stati fino a quel giovedì.
-Dove vai ora?- mia madre s’interessò al fatto che stessi per uscire.
Le dissi rapida che la mia meta era casa di Ale.
Seconda bugia in un giorno, ed il mio compagno di bravate era pronto a darmi una mano.
Ero a metà strada per arrivare da lui. Sarei salita solo un
pò, avrei chiamato per assicurare mamma che ero arrivata e non
avevo mentito, e poi sarei uscita di nuovo.
Per andare dove, però?
Non lo sapevo, ma ero certa che mi stessero tenendo d’occhio,
quindi cercai un luogo abbastanza adatto a poter parlare con loro in
santa pace.
Mi diressi sulla pista ciclabile, dove si trovava non molto lontano uno spiazzo con delle giostre.
Ci arrivai in venti minuti, e mi affrettai ad occupare una delle altalene, attendendo il loro arrivo.
Non passò molto che sentii dire–Eccola qua-
Era una voce allegra, un pò roca.
Emmett.
Mi voltai per osservarli, ma si erano volatilizzati. Aggrottai la
fronte osservando sempre lo stesso punto, ma qualcuno bloccò
l’oscillare tranquillo della mia seggiola tenendo le catene dal
lato opposto.
Volsi lo sguardo e trovai Seth, che mi osservava con un’espressione strana.
Come se…come se non mi vedesse da anni!
Sembrava che la mia assenza lo avesse frastornato, quasi ferito nel profondo.
La cosa non mi piacque affatto.
Sapevo cosa era accaduto. Il ragazzo aveva ricevuto il sacro dono dell’imprinting, e la sua amata ero io.
Ma la cosa non poteva andar bene…il mio sguardo guizzò su
Edward, e quando lesse le domande che mi ponevo tristemente
annuì comprensivo.
Ma ero riuscita a ricacciare indietro un pensiero troppo profondo per poterlo gridare così ai quattro venti.
Che io amavo lui, e per Seth non avrei potuto provare mai altro che semplice affetto.
Ricacciai le lacrime, che già sembravano intenzionate a sgorgare, indietro e dissi -Seth…-
Lui spalancò gli occhi gioioso. Potevo immaginare che effetto avesse avuto su di lui la mia voce…
Lo stesso che quella di Edward aveva per me.
Il suo sorriso mi fece vacillare, ma mi tirai su abbandonando l’altalena e li osservai tutti ancora una volta.
I licantropi –o mutaforma, anche se mi riusciva difficile
definirli così- osservavano il loro giovane compagno, alcuni
tristemente, altri tranquilli o comprensivi.
Jacob era nettamente infastidito.
La cosa mi stupì non poco.
Se osservava così il comportamento del suo amico, voleva dire che ancora non aveva sperimentato sulla sua pelle.
Quindi, facendo due calcoli, potei arrivare alla conclusione che Edward non era ancora diventato papà.
Che gran cosa!
Sorrisi soddisfatta e poi dissi –Bene…ora che siamo tutti
presenti…volete spiegarmi perchè siete venuti proprio da
me? Non che mi dispiaccia, anzi! Ma davvero, sono curiosa-.
Alla mia domanda rispose Carlisle, dopo che tutti ebbero avuto un attimo di silenzio per riflettere.
-Neanche noi sappiamo perchè, o come, è accaduto, ma una
donna…Stephenie Meyer, ha scritto dei romanzi e noi ne facciamo
parte- aggrottò la fronte di alabastro come se le sue stesse
parole gli suonassero assurde.
Io sorrisi ed iniziai a comprendere –Bene…a questo posso
rispondere. Allora, per prima cosa sì, voi tutti siete i
personaggi di una saga letteraria per ragazze, credo che avrete sentito
parlare soprattutto a Forks dei libri “Twilight, “New
moon”, “Eclipse” e “Breaking down” e che
il film nelle sale non vi sia sfuggito-.
Sentire gli occhi di tutti puntati su di me dava un pò fastidio,
ma sapevo che gli sarebbe stato difficile fare altrimenti.
Emmett bofonchiò qualcosa che percepii più o meno come
“Già, il tizio che interpreta il nostro Eddy è
davvero uno spasso, meno somigliante non si poteva!” ed il
diretto interessato sorrise amaramente al fratello e rispose
–Quello che ha la tua parte invece è davvero identico
all’originale, il coltello in mano ti si addicerebbe-
Ripensai a quella scena del film e senza volerlo scoppiai a ridere. Ed
Edward, che aveva rivisto l’immagine attraverso I pensieri, mi
seguì a ruota. Mi piacque osservarlo mentre rideva. Era ancora
più bello.
Riordinai le idee non appena la domanda che mi vorticava da tempo in testa non tornò al suo posto.
Mi feci pensierosa e poi diedi voce alle parole, pur sapendo che un vampiro tra tutti aveva già ascoltato ogni cosa.
-Potreste rispondere voi a una mia domanda?-
lo sguardò passò da Edward a suo padre, ma rispose il
primo…a ciò che non avevo ancora chiesto direttamente.
-Abbiamo cercato te perchè i tuoi sogni ci hanno fatto capire che era la cosa giusta da fare-
mi bloccai dallo stupore e balbettai –I…I miei sogni?-.
Edward sorrise rassicurante e fece di sì con la testa, Alice
intanto si era avvicinata di nuovo, come quella stessa mattina, e un
pò oscurata in volto disse –Non sono riuscita a
vederti…tutta colpa loro- lanciò ai licantropi
un’occhiataccia e poi sospirando disse –Mi sento come
cieca…-
cercai di sorridere e poi dissi rivolta a tutti –Adesso ho le
idee più chiare…ma vorrei informarvi che questo
giovedì avrei intenzione di farvi fare un giro turistico, in
fondo siete miei ospiti-
Seth sorrise e mi si avvicinò radioso –Grazie
dell’ospitalità- il tono dolce non era stato ben nascosto,
e mi causò un’ondata d’imbarazzo.
Paul, Quil ed Embry ridacchiarono, mentre Leah quasi ringhiava
osservando sprezzante la scena e Jacob, Sam e Jared restavano seri.
Incrociai lo sguardo di Jake e vi lessi il fastidio ancora una volta, ma riusciva perfettamente a controllarsi.
Mi feci coraggio e rialzai gli occhi verso Seth –Ehm…non
è niente di che…noi italiani siamo ospitali per natura!
Comunque…Seth, dovrei dirti una cosa…-
Forse non era il momento adatto, forse sarei stata
crudele…forse, forse, ma il coraggio di dire la verità
chi l’aveva?
Lui continuava a fissarmi sereno e felice, senza sapere che non era un ottimo aiuto.
Feci per parlare ma poi sussurrai combattuta e vigliacca
–Niente…niente di importante-. E sorrisi a lui, lanciando
qualche occhiata fulminea a Edward.
Possibile che non potesse mai andare come dicevo io?
Ringrazio
JulyTHFreiheit92, Princess of vegeta6 & _Niky_ che hanno commentato
precedentemente e tutte le persone che hanno messo la mia storia tra i
preferiti:
1 - AlessandraMalfoy
2 - egypta
3 - Honey Evans
4 - huli
5 - JulyTHFreiheit92
6 - Kikyo90
7 - lady bella
8 - Lady blue
9 - masychan
10 - princess of vegeta6
11 - _Niki_
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Capitolo 6 *** Un incontro pieno di sorprese ***
capitolo 6
6. Un incontro pieno di
sorprese
Passarono
instancabilmente tre giorni, poi arrivò il giovedì.
Ero nervosa, ma mai quanto i miei
strani amici, che si dividevano in due parti per niente bilanciate.
Alice, Emmett, Carlisle, Esme e
Quil non avevano problemi nel farsi vedere da altri oltre me, ma tutti i
rimanenti avrebbero di gran lunga preferito saltare la “gita turistica”.
Da questo discorso naturalmente
escludo Seth, che avrebbe sempre accettato con entusiasmo ogni mia idea
improvvisa.
Edward mi dava molte
complicazioni. Ogni volta che incontravo lui e gli altri, mi sentivo in un
imbarazzo tremendo.
Come se non bastasse, il fatto che
la sua ragazza esistesse, non mi era di aiuto.
Cercavo sempre di non pensarci e
se m’impegnavo riuscivo a farcela.
Il suo carattere per me era un
libro aperto. Sapevo come avrebbe potuto reagire, cosa voleva sentirsi dire e
cosa non.
Di tanto in tanto ci eravamo
ritrovati a battibeccare, e ne avevo ammirato la furia in tutto il suo
splendore.
Il solito problema era un ragazzo
che si metteva in mezzo per prendere le mie parti: Seth.
Non sapevo come fargli capire che
ogni buon motivo che trovavo per rivolgere la parola a Edward –sia in modo
positivo che negativo- era intenzionale.
Una miriade di idee colorate mi
roteava per la testa, e ogni tanto mi davo da fare.
Accadde proprio il mercoledì prima
dell’appuntamento con Laura, che iniziassimo a bisticciare…
-No, no, assolutamente NO!-
Edward era in piedi nel mio
piccolo salotto, ancora mi chiedevo come fossero riusciti lui e gli altri ad
entrarci.
C’erano sei sedie intorno al
tavolo occupate dai Queleute, con Seth e Jacob sul mio divano-letto (avevo il
timore che crollasse sotto il loro peso), mentre i Cullen se ne stavano
tranquillamente in piedi, senza sentire il bisogno di sedersi.
Io mi ero alzata dal piccolo
spazio ricavato accanto a Seth e gli stavo davanti nervosa.
-Perchè no?! posso assicurarti che
non accadrà niente! Possiamo fidarci di lei!-
la mia voce si era alzata di
qualche ottava. I miei genitori erano a cena da una delle mie cugine, avevo
insistito molto prima di convincerli a lasciarmi a casa “da sola”.
Speravo solo che la coppia
dell’appartamento accanto non informasse i miei che avevo avuto ospiti.
Per non avere fastidi, avevo
addirittura chiuso il cane sul balcone (non sapevo quanto tempo gli sarebbe
rimasto da vivere con Emmett nei paraggi).
Edward serrò la mascella e iniziò
a scuotere la testa stancamente –Samantha, non siamo venuti qui per assecondare
i desideri di una ragazzina-
La parola ragazzina mi fece
irritare –Senti Edward, non m’importa cosa pensi tu, okay?-
Chissà se qualcun’altro oltre me e
il diretto interessato avessero capito che mentivo!
M’importava eccome ciò che
pensava!
Lui mi guardò storto e poi sibilò
fra i denti –I tuoi pensieri sono troppo espliciti-.
-Allora smettila di ascoltarli!-
gridai con tutta la voce che mi era rimasta, gli occhi già umidi, pronti a
liberare nuove lacrime.
Edward volse la testa di lato e
non mi guardò oltre.
Il gesto fece male, ma non riuscii
a far altro che voltarmi anch’io.
Emmett sbuffò e disse –Okay,
okay…ora fate pace, che ne dite?-
-TU STAI ZITTO!- gridammo
all’unisono io ed il fratello.
Seth fece per alzarsi e
abbracciarmi, ma lo ammonii con un gesto e mi voltai di nuovo, osservando il
bel vampiro che avevo tanto agognato incontrare riprendendo fiato.
-Edward…- la mia voce era strozzata,
sembrava che avessi sprecato l’ultima scorta di ossigeno.
-…Ti prego, non farmi arrivare a
dire certe cose…lo sai che non mi diverto a discutere con te…-
ed ero sincera.
Discutere con lui era positivo
solo per certi versi.
Sul suo viso comparì una scintilla
di rabbia ancora trattenuta, ma iniziò a pizzicarsi la punta del naso con il
pollice e l’indice.
Un gesto solito che faceva per
riprendere possesso della sua mente.
-Okay…fammi solo calmare…- ma la
voce era ancora un pò tesa, e la cosa non mi piacque.
Ad una certa Paul grugnì e disse
–Ehi succhiasangue, la ragazzina qui ha ragione, datti una calmata-.
Edward lo fulminò con un’occhiata,
mentre Quil rideva divertito ed Embry li ammoniva con lo sguardo.
Perfino Emmett e Jasper
sghignazzarono, mentre Esme li guardava severa e Carlisle scuoteva la testa
divertito. In quel frangente, mi resi conto che anche Leah si era lasciata
sfuggire un sorrisetto.
Jacob sembrava pensieroso, e non
avevo davvero voglia di indagare.
Mentre ancora cercavo di calmarmi
come faceva Edward, mi accomodai sul tappeto e sospirai.
-Comunque di Laura mi fido
ciecamente-.
Non ero tipo da lasciare ad altri
l’ultima battuta.
Quel giovedì mattina ero euforica.
Stavo per rivelare quella stupenda
realtà a Laura, e ciò non era poco.
Ogni tanto mi ponevo qualche
domanda, ad esempio come mai mi fidassi così tanto di lei –che avevo visto una
sola volta di persona- in confronto a ragazze come Giorgia o Alessandra, che
vedevo tutti i giorni a scuola. Addirittura, più del mio migliore amico
Alessandro!
Altre domande erano il perchè del
nostro rapporto così spontaneo di amicizia reciproca e della simbiosi con tutto
che fossimo l’opposto l’una dell’altra.
Mentre mi vestivo ripensavo alla
discussione avuta con Edward.
Sapere che lui sapeva –o che
almeno un pò immaginava- cosa provassi nei suoi confronti era un sollievo, ma
anche una tremenda fonte d’imbarazzo.
Oltretutto, sentivo come un
contrapporsi…un susseguirsi anzi…di emozioni quando Seth mi osservava.
Avevo un timore che mi dilaniava
dall’interno.
Possibile che l’effetto
dell’imprintying iniziasse a dare I suoi frutti?
Era questo che stava accadendo? I
miei sentimenti verso Edward sarebbero stati rimpiazzati da quelli per Seth?
Fuoco o ghiaccio?
Gelo o calore?
Odiavo quello stato d’animo così
pieno di confusione…era un sentimento? Era l’amore?
La giornata a scuola passò rapida,
non ero nella lista degli interrogati con nessuna materia, non c’erano compiti
in classe e di cinque ore, una era educazione fisica.
Purtroppo fui tutto il tempo
agitata per colpa dell’eccitazione.
Sembrava che mi fossi bevuta una
caraffa di caffè, o non so cos’altro!
Nell’intervallo le mie amiche mi
chiesero più e più volte se mi sentissi bene, ed io rispondevo –Bene?
Benissimo!-.
Margherita mi si avvicinò ridendo,
col suo viso ovale ed i capelli lunghi con una frangetta molto emo e disse –Ma
Sammy Cullen…con cosa hai fatto colazione stammattina?-
La domanda era dovuta al fatto che
stessi saltellando sul posto e che sorridevo beata.
Risposi con un sorriso a trentadue
denti e nient’altro.
A lei bastò per scoppiare in una
fragorosa risata.
Giulia, Marisa, Nicoletta e
Giorgia intanto mi guardavano facendo finta di chiacchierare e si chiedevano
come mai stessi così.
Se avessi sentito per loro la
stessa fiducia che sentivo per Laura, glielo avrei detto.
Fui perfino tentata, sapendo per
certo che avrebbe scosso la testa e avrebbero risposto cinicamente “Sono
personaggi di un libro, non esistono…sei proprio andata in fissa”.
Alessandra e Valeria invece furono
più dirette e mi dissero che la droga era meglio lasciarla stare.
Ridacchiai ancora, e così continuò
la giornata scolastica.
All’uscita mi guardai intorno in
cerca di un auto, ma non di mio padre.
Non avrei trovato lui quel giorno.
Notai la Volvo grigio
metallizzata, in sosta di fronte al cancello della scuola, e mi fiondai li
senza guardare le auto che arrivavano in strada.
La mia sbadataggine prima o poi mi
sarebbe costata caro, diceva mamma.
Aprii lo sportello posteriore
sinistro ed entrai, accanto a Emmett, Rose e Jasper.
Notai lo sguardo di Edward su di
me dallo specchietto retrovisore, e chiesi cortesemente ad Emmett di farmi
passare al centro e di lasciargli così il posto accanto al finestrino.
Non m’importava un granchè di
finire vicino a Rosalie in quel modo.
Emmett rispose ridacchiando
–Sissignore- e mi spostò di peso.
Non appena Edward mise in moto, mi
sporsi in avanti facendo capolino tra il suo sedile e quello di Alice e dissi
–Avete qualche cd in questa macchina o devo tirare fuori il mio I-pod e
collegarlo con il cavetto?-
Edward rispose calmo –Nello
scompartimento trovi tutto ciò che vuoi- e aprì un cassettino stracolmo di dischetti.
Ne lessi i titoli facendomeli
passare uno ad uno da Alice, poi sbuffando dissi –Spiacente, ma queste non mi
piacciono…a parte Debussy, ma ora non ho voglia di musica classica…-
-E di cosa avresti voglia,
allora?- il tono di Edward era di scherno.
Non risposi e sorridendo
dispettosa ripescai l’I-pod dalla tasca davanti dello zaino e lo collegai con
il cavetto allo stereo.
Cercai una traccia e la misi a
tutto volume.
“Hakuna matata” iniziò subito nel
modo migliore.
Con mio gran divertimento iniziò a
canticchiare anche Emmett, che m’informò dopo di saperla in molte lingue, tra
cui tedesco e spagnolo.
-Hakuna matata…ma che dolce
poesia! Hakuna matata…tutta frenesia! Senza pensieri la tua vita sarà…chi vorrà
vivrà in libertà…hakuna matata!-
Dopo il primo ritornello Edward
ringhiò stufo e staccò l’affarino dalla radio.
-Ehi Edwarduccio, perchè diavolo
l’hai tolta?!- Emmett era più incavolato di me.
Guardai male il vampiro
concentrato sulla strada e dissi –Rimettimi subito il cavo al suo posto!-
-Per sentire ancora quella
sciocchezza? No di certo!-
iniziavo a notare gli stupendi
difetti di quel vampiro dai capelli rossicci e devo ammettere che non mi
piacevano.
-Okay okay…giuro che non rimetterò
la stessa canzone – non incrociai nemmeno le dita dietro la schiena. Non avevo
accennato al fatto che c’erano al massimo altre trenta colonne sonore dei
cartoni animati.
Edward mi guardò sospettoso dallo
specchietto retrovisore e poi disse ad Alice di rimettere tutto al suo posto.
Ripresi in mano il piccolo
apparecchio tecnologico e scelsi una traccia ancora migliore, iniziando a
cantare subito e venendo seguita da Emmett che mi fece l’occhiolino divertito:
-Guarda il lampo che è laggiù,
attraversa il cielo blu…Lady Oscar, Lady Oscar…è una luce abbagliante, dura
solo un istante, ma in un attimo il silenzio c’è…Lady Osca, Lady Oscar,
nell’azzurro dei tuoi occhi c’è l’arcobaleno…Lady Oscar, Lady Oscar, chi lo sa
se un giorno tu l’attraverserai…-.
Il
resto del tragitto fino a S. Giovanni fu così, con una canzoncina che finiva ed
un’altra che iniziava.
La piazza era ghermita di
gente, come sempre in Centro non si poteva chiedere meglio di così.
Scesi dalla Volvo e mi accorsi di
altre tre auto dietro a quella di Edward: una Mercedes nera, un fuori strada o
jeep o come diavolo la si poteva chiamare e un…pick-up?!
Cercai di capire cosa ci facesse
lì quel catorcio, e il timore che Isabella fosse comparsa con uno schiocco di
dita mi invase. Poi però iniziai a riflettere sul fatto che Edward l’avrebbe
volentieri messa nella sua auto al mio posto se fosse stata lì con noi, così
sospirai rasserenata.
Bussai ai finestrini di tutti e
quattro i mezzi e scoprii chi aveva guidato jeep e pick-up.
Dalla prima scesero Sam, Paul,
Jared ed Embry, mentre dal Catorcio-Pick up fecero capolino Jacob (e chi altri
sennò?!), Seth con sua sorella Leah e Quil.
Immaginai che si fossero dovuti
stringere parecchio quegli energumeni nelle auto.
Restai anche un pò sorpresa del
fatto che Emmett –il MIO Emmett- avesse dato in prestito quel gioiellino di jeep
ai Queleute.
Appena tutti mi furono intorno,
dissi un pò imbarazzata dalla tanta attenzione che prestavano –Ora ragazzi…io
vado da Laura, proprio lì, al portone della chiesa…- indicai il punto con un
cenno del capo e continuai -…Voi arrivate non appena vi dò il segnale, okay?-
-E quale sarebbe il segnale?-
Embry ridacchiò nel chiederlo e subito mi resi conto di non averci pensato.
-Okay…non ho idee, ma forse…- poi
la lampadina si accese nel mio cervellino geneticamente modificato e dissi
–EDWARD!-
Tutti guardarono il vampiro dai
capelli ramati, e Jacob sbuffò borbottando qualcosa come –Oh certo, aumentiamo
le manie di protagonismo del succhiasangue…-
Lo guardai quasi più male di
Edward stesso, poi scrollai il capo e aggiunsi –Hai il permesso di ascoltare i
miei pensieri-.
Lui, come tutti gli altri mi
guardò sorpreso, così sbuffando aggiunsi –Ti dirò via mente quando
avvicinarvi!- e sorrisi fiera di me per l’idea che in quel momento mi parve la
migliore che avessi mai avuto.
Emmett ed Alice mi guardarono divertiti,
dovevo aver assunto un’espressione davvero buffa!
Presi fiato e mi voltai, dando
l’impressione di una che si dirige in guerra, su un campo minato.
Emmett sghignazzando disse –Buona
fortuna- e risposi –E che Dio benedica l’America…-.
Così m’incamminai con le risate
dei miei compagni d’avventura.
Arrivai con poche falcate veloci
all’altro lato della piazza. Una cosa che mi faceva sentire tanto simile ai
Cullen era questa, la velocità.
La amavo, pur non potendo
apprezzarla appieno come loro.
Davanti alla chiesa non seppi come
comportarmi. Come farmi trovare.
Alla fine mi appoggiai ad un
lampione e attesi, attesi, attesi…
Quando vidi I capelli sparati a
destra e a sinistra capii che Laura era finalmente arrivata.
La salutai col braccio alzato fin
sopra la testa e lei ricambiò con un sorriso raggiante. Mi venne incontro
seguita da due ragazzi, uno a destra ed uno a sinistra, quasi a voler imitare
delle guardie del corpo.
Quello a destra era
inconfondibile, tanto mi era stato detto su di lui.
Tommaso, che aiutava nel
riconoscimento grazie alla spiccata somiglianza con Jake, mi osservava in
silenzio, mettendomi un pò di soggezione.
Era alto, forse un metro e
ottanta, e si notava il fisico ben fatto, soprattutto i pettorali che aderivano
alla maglietta nera con la figura di un gruppo rock che non avevo mai sentito
nominare.
Era davvero un gran bel pezzo di…
Mi diedi uno schiaffetto
vergognandomi della mia stessa affermazione. Dire che lui era bello, stava a
significare che Jacob potesse –sotto, sotto- piacermi.
Questo mai.
A sinistra invece si trovava
Matteo, con spalle larghe e riccioli neri.
Sapevo di lui grazie alle cronache
della mia amica, che aveva un comportamente tendenzialmente…”Emmettioso”.
Ridacchiai tra me e me per quel
termine solo pensato…chissà se Edward…
Decisi di tentare.
Edward? Okay, se mi stai
sentendo…
ma già dopo il suo nome, si era verificato
un problema: un pensiero più debole, quasi un sussurro, aveva aggiunto
Diamine quanto è bello dire il tuo nome…
Mi morsi un labbro, ma cercai di
mascherare il mio imbarazzo davanti ai tre.
-Finalmente ci si rivede, uhm?- la
mia domanda così spigliata la fece ridere.
-Eh già! Finalmente! Allora…-
Laura guardò prima Tommaso e poi Matteo e fece le presentazioni ufficiali.
-Matteo, Samantha. Samantha,
Matteo- il tutto indicando prima me poi lui a se conda di chi si riferiva, con
un teatrale gesto della mano.
Il ragazzo mi guardò dalla testa
ai piedi e poi sorridendo e allungandomi una mano disse –Hola-, cercai di
trattenere le risate. Era mio solito salutare così.
La strinsi e continuai a notare le
sue occhiate.
Voleva dirmi qualcosa, ne ero
certa.
Alla fine aprì bocca e pronunciò
la fatidica domanda: -Sei emo per caso?- sogghignando.
Sbuffai divertita e risposi –No
spiacente, non è mio solito andare in giro con lamette in tasca…e non odio nè
il mondo nè me stessa-
-E allora cosa sei?- rideva della
mia affermazione.
Alzai una mano al cielo in segno
di adorazione e con tutta l’enfasi possibile parlai –Io sono gotica-.
Matteo sentendo ciò iniziò a
ridere, poi disse –Okay allora non ho niente contro di te-
-Spruzzetto di sole qui mi aveva
detto che eri simpatico, ma conoscerti di persona è meglio che sentire qualche
cronaca-
-Modestamen…- stava per darsi un
pò di arie, ma si bloccò e aggrottò la fronte –Ho capito bene? Sei tu ad averle
dato questo soprannome?-
Ricordai qualcosa sul fatto che si
era arrabbiato perchè non ci aveva pensato lui, ma annuii tranquilla.
Senza preavviso gli spuntò un
sorriso a trentadue denti e disse –Preso da Hercules, vero?-.
Ecco, somigliava a Emmett per un
motivo: I cartoni animati rigorosamente Disney.
Ridacchiai e dissi di nuovo che
aveva indovinato.
Bene, uno me l’ero conquistato…ma
l’altro?
Tommaso continuava a squadrarmi
quasi come se pensasse che nascondessi una bomba ad orologeria chissà dove!
Decisi di farglielo notare facendo
del sarcasmo –Notato qualcosa di interessante sul mio corpo?-.
Lui non distolse lo sguardo
imbarazzato ne sembrò prenderla dal lato giusto, e rispose: -Forse-.
Lo guardai duramente e decisi di
fare un giochino con lui.
Più mi guardava e più io lo
guardavo.
Laura ci osservò qualche istante e
poi un pò in imbarazzo per il comportamento del giovane, gli disse –Ehi Tom,
cavolo la smetti?- ma il tono non era molto autoritario…
Sapevo che per la mia amica era
complicato essere dura con quel ragazzo.
Tommaso rispose a Laura cambiando
del tutto…umore.
-Laura, non sto facendo niente…- e
per accentuare il suo disinteresse, alzò le spalle.
Lei storse la bocca e poi
borbottando disse –Sì, sì…come sempre…- e mi guardò tra il divertito e
l’imbarazzo, le feci l’occhiolino.
Lei alzò gli occhi al cielo e
diede un buffetto all’amico mentre
l’altro lo guardava infastidito, come si può guardare un animale allo zoo fare
le bizze.
Poi sembrò ridestarsi da un sogno,
ed io feci lo stesso, così dissi –Ora dobbiamo andare, Laura…-
Lei annuì curiosa e guardandomi
eloquente.
Ma non avevamo calcolato che quei
due giovani, prossimi a beccarsi uno stipendio perchè a fare I body guard erano
bravi, non ci avrebbero lasciato tanto facilmente.
O almeno…uno.
Matteo chiese solo un pò curioso
–Dove andate di bello?- e tirai una risposta a caso –A casa mia, poi forse
resterà a dormire da me e…-
Okay, mi bloccai di colpo quando
vidi un gruppo di persone avvicinarsi.
Sapevo bene chi erano.
Edward, in testa al gruppo, mi
guardava divertito e scocciato insieme.
Cosa avevo pensato di male,
stavolta?
Cercai di ricordare I pensieri che
avevo fatto, ma non mi venne nulla in mente.
Laura li notò poco dopo di me, e
la sua reazione fu delle migliori(?) che le avessi mai visto compiere.
Si tuffò letteralmente addosso a
Jake, ed ebbi il timore che vi ci fosse spiaccicata come una mosca su un vetro.
-Oh mio dio…Laura!- ignorai gli
sguardi sorpresi dei suoi due amici o dei miei e mi avvicinai a lei e Jacob.
-Sei tu! Oddio non posso crederci!
Jacob…- davvero, era più incollata lei a lui che un’ape su un fiore.
-A quanto pare, succhiasangue,
dicono di amare te ma poi si fiondano sul sottoscritto- Jake non perdeva
l’occasione di punzecchiare Edward, che si tratteneva dal rispondergli in modi
non attinenti alla sua educazione.
La mia amica, potrei dire senza
pudore, si voltò solo un pò per osservare il mio adorato vampiro in malo modo e
poi gli mimò con le labbra mute –Ciao nonnino!-.
Ecco, a questo punto reagii io, e
sbuffando la tirai via da Jacob e le sussurrai all’orecchio –Laura, dobbiamo
liberarci dei tuoi due amici, mi dispiace, ma dobbiamo-.
Lei guardò estasiata Jacob un
altro pò, poi sorrise raggiante a Quil ed Embry –che ricambiarono
sghignazzando- e si voltò verso Matteo e Tommaso –Beh ora noi…dobbiamo andare…-
-Bel nome Jacob, sbaglio ho l’ho
già sentito?- ridacchiò Tom divertito lanciando uno sguardo nella direzione di
lei, che si gelò di colpo capendo il suo errore.
-Hey non era il coso mezzo lupo di
quel libraccio?- storse il naso Matteo. Sia io che lei lo fissammo socchiudendo
gli occhi. Twilight.non.poteva.essere.considerato.un.libraccio.
Sembrava che se su una cosa i due
erano d’accordo era quella di screditare la cara zia Stephanie.
-Credo proprio di sì. Ormai lo
conosco a memoria, la piccoletta fa troppe citazioni per screditare Edward culo
rotto- questa volta a sghignazzare furono tutti e tre, logicamente lei per
altri motivi.
Dietro di me l’interessato strinse
i denti per resistere facendo uno sforzo sovraumano per controllare l’istinto
di saltare non solo addosso ai due umani, ma anche ai fratelli che dietro erano
piegati in due.
-Hey lampione, non chiamarmi
piccoletta!- lo riprese stizzita lei, accorgendosi dopo delle parole, che però
dal tono dolce sembravano essere più affettuose che altro.
Lui si chinò un po’ per guardarla
bene negli occhi. Si stavano completamente estraniando finchè Matteo diede un
calcio dietro al sedere di lui e lo fece rimettere in posizione eretta.
-Sei uno scassa coglioni sai?- il
tono era tranquillo nonostante tutto.
-Non ci presenti questi altri
amici?- il tono teso di Tom non prometteva niente di buono. Il suo sguardo era
puntato su Jacob, per qualche assurdo motivo che non riuscii a capire (avevo
saputo da Laura che era Edward ad andargli di traverso).
-Appunto- disse l’altro fissando
eloquente Laura.
Laura balbettò una risposta
–Oh…certo…ma non oggi…un’altra volta ragazzi, okay? Abbiamo fretta-
Si avvicinò per salutarli entrambi
con un bacino sulla guancia, ma il sosia umano di Jake non sembrò essere felice
della risposta che aveva ricevuto dalla ragazza, e si trattenne più del l’altro
nel salutarla. Io salutai con la mano, soprattutto Matteo, che già mi
era simpatico, e mi trascinai dietro Laura, che osservava ancora dietro di se
Tommaso, man mano che ci allontanavamo e Jacob, poco più avanti di noi.
Eccomi
con il capitolo 6!!! spero che vi sia piaciuto, la comparsa di Laura
-per chi non lo sapesse XD- preannuncia mooooooooooooolte scene
divertenti!
Grazie a chi legge e a chi commenta! ^^
Bye byeeeeeeeeeeeeeeee
Sammy Cullen
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Capitolo 7 *** Un casino dietro l'altro ***
capitolo 7 (brutta)
7. Un casino dietro l’altro.
Laura
non sembrava aver preso poi tanto male la cosa. Li osservava uno per uno
incredula, o dovrei dire rapita…
Emmett
e Jasper ancora sghignazzavano per la battuta di Tommaso, tanto che il vampiro
più muscoloso disse ridendo –Quel tipo è davvero simpatico, non trovi
Edwardino?-
E
l’altro rispose sibilando.
Jacob
mi sembrava il più strano di tutti, osservando il comportamento che aveva.
Sembrava
più tranquillo rispetto a come veniva descritto sui racconti della Meyer. Ero
tentata di studiarlo a fondo, come una cavia da laboratorio, ma gli sguardi di
Laura erano già abbastanza per lui, così decisi di non esagerare.
Una
volta arrivati alle auto, dissi alla mia amica di salire nella Mercedes con me,
Carlisle ed Esme (avevo bisogno di parlare con lei, per farle un quadro
generale della situazione, perciò le auto separate erano da escludere), ma lei
iniziò a dire –Non potrei stare nel pick-up? Sammy…lo sai che io amo quel
catorcio…- e per tutta risposta dissi –Tu ami chi lo guida, non m’incanti- e
sogghignando la trascinai con me.
Sapevo
che nè Carlisle nè sua moglie avrebbero mai ascoltato con vero interesse la
nostra conversazione, come invece sarebbe accaduto con Alice o Edward stesso
(che poteva sentire ciò che pensavamo, quindi con un immediato anticipo).
Stavo
per salire in auto con lei al seguito, quando qualcuno tossicchiò leggermente
per richiamare l’attenzione. Ci voltammo e trovammo la comitiva numerosa
intenta a guardarci.
-Ehm…cosa
c’è?-
La
mia domanda causò non poche risatine, provenienti dai soliti ragazzi.
Carlisle
chiese pacatamente, col suo tono sereno, e con l’accento italiano migliore di
tutti –dovuto certamente a quel secolo e mezzo passato a Volterra-:
-Dove
andiamo, ora? Credo che non sia il caso di creare problemi a casa tua,
Samantha. Forse un bar sarebbe abbastanza-
-Un
bar? Qui a Roma? È una battuta, vero?- ero molto scettica per quanto riguardava
i locali, soprattutto in pieno Centro.
Il
vampiro fece per dire qualche altro luogo, ma Sam, che per il suo bene era
rimasto zitto (gli avevo dichiarato, infatti, guerra aperta) aggiunse –Potremmo
benissimo andarcene, ora. La ragazzina qui voleva solo farci conosciere alla sua
amica-. Sia io che la ragazza al mio fianco assottigliammo lo sguardo con
cattiveria e lo guardammo male, proprio nello stesso istante, lei mi disse tra
i denti –Mrs Cullen? Posso?-
-Con
piacere Mrs Black-, e la vidi fare quei sette passi –minimo- che la separavano
dal licantropo con una rapidità sorprendente e arrivare a guardarlo dalla sua
postazione dal basso, per poi dirgli –Senti, io tiferò anche per voi lupi, ma
quando tu ti ci metti mi fai davvero incavolare. La pianti di rompere, almeno
per un pò? Non sei neanche il vero alpha-
nel
dire l’ultima frase sogghignò strafottente e lanciò un’occhiata a Jake, che
restò impietrito.
Io
ridacchiai soddisfatta, sentendo di essere stata almeno in parte vendicata.
Sam
fissò Laura qualche istante, solo per assimilare ben bene le sue parole e poi
iniziò a tremare da capo a piedi. Lei non si mosse, forse a causa della
sorpresa di quella reazione così spropositata, del terrore che l’aveva
paralizzata oppure, più semplicemente, sapeva che non le avrebbe fatto del male.
Era un “protettore”, no?
Ma
io non mi fidavo, ed ero già al suo fianco, pronta a trascinarla anche di corsa
il più lontano possibile da lui.
-Calmati,
Sam- il tono basso di Jacob nascondeva un grande senso di inferiorità, che non
meritava.
Laura
aveva ragione, il ruolo di capobranco spettava a lui, non al ragazzo che
smetteva di tremare facendo respiri profondi.
Presi
fiato e dissi ansiosa –Okay, okay…facciamo una tregua, d’accordo? Da ora in
poi, niente più frecciatine, neanche una battuta sarà accettata, chiaro?-
guardai uno per uno i Queleute ed i Cullen, soffermandomi sui più “spiritosi”.
Incrociai
lo sguardo di tutti, cercando di capire quanto mi avrebbero dato ascolto, poi
continuai –Niente più battutine da parte di voi licantropi ai Cullen, e viceversa
e per finire…-
Mi
voltai verso Laura e lei spalancò la bocca incredula, guardandomi stupefatta
–I…io?-
Alzai
un sopracciglio e la guardai eloquente, aggiungendo –Niente più nomignoli
contro Edward-
E
lei per tutta risposta ringhiò infastidita.
Edward
mi lanciò un’occhiata che intesi come di gratitudine.
Arrossii
immediatamente, e volsi lo sguardo altrove. La mia amica ridacchiò osservando
la scena e poi le si illuminò la lampadina e disse –Idea! Venite a casa mia! I
miei sono a lavoro- fece spallucce ad indicare che quindi avevamo risolto il
problema.
Sorrisi
più tranquilla e chiesi conferma agli altri. Nessuno aveva direttamente
problemi ad andare a casa sua, perciò salimmo tutti nelle rispettive auto, e
con la Mercedes di Carlisle in testa per far strada agli altri, ci dirigemmo a
casa di Laura.
-Quindi
mi stai dicendo che i Cullen ed i Queleute sono venuti fin qui per cercare te
ed ora vogliono che tu vada con loro da Stephenie Meyer per farle
prendere un infarto?! Perchè, Sammy, è questo che accadrà…la zia Stephy resterà
stecchita se li vede!-
Laura
ancora non si capacitava di ciò che le avevo detto lungo il tragitto in
macchina, mentre i signori Cullen cercavano di spiegarle a loro volta che se la
donna umana che li aveva “creati” era affezionata a loro come ogni scrittrice
coi propri personaggi, non avrebbe rischiato di prendersi un infarto.
-Assurdo…anzi,
assurdamente fantastico!- era comunque euforica nel poterli vedere coi propri
occhi e poterci interagire.
Avevo
sperato che la parte di lei più fantasiosa avesse il sopravvento su quella
realista per tutto il tempo.
Con
pochissimo tempo arrivammo sotto casa sua, e ci facemmo guidare fino al grande
appartamento (il doppio del mio).
Lei
non aveva animali domestici da chiudere su un balcone, quindi i timori per
quanto riguardava la sete di certi membri della famiglia Cullen erano risolti,
ma aveva una sorellina…e per nostra fortuna si trovava da una compagna di
scuola.
-Bene,
ora…- Laura chiuse la porta d’ingresso e fece cenno a tutti noi di seguirla in
salotto. Una stanza grande e luminosa.
-…Accomodatevi
pure. Volete qualcosa da bere?- la domanda fece scoppiare a ridere me ed
Emmett, che ormai eravamo sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda.
Lei
capì dov’era l’errore nelle sue parole e disse mesta per riparare –Okay…esclusi
voi vampiri…-
Ma
non bastò a farci smettere, così battè I piedi per terra quasi in modo
infantile e guardò solo I licantropi.
Quil
ed Embry chiesero se avesse qualche birra nel frigo e lei rispose –Certo che ne
ho, chi la vuole? Sono bottigliette-
Alzai
una mano tranquilla e fischiando sorpreso Quil aggiunse –Sammy beve, wow-
Lo
guardai strafottente e risposi scherzosa –Perchè, non posso?-. Lui ridacchiò e
disse –Certo che puoi, non te lo vieterò di certo io-
Così
Laura prese nota e portò sette bottiglie dalla cucina.
L’unico
a non aver chiesto niente era stato Seth. La cosa mi parve strana, così non
potei fare a meno che lanciargli un’occhiata curiosa alla quale lui rispose con
un sorriso irresistibile.
Avvampai
come mi era accaduto con Edward, pur non volendo che quella fosse la mia
reazione.
Laura
era così attenta che notò la cosa e mi guardò interrogativa.
Cercai di farle capire con lo sguardo.
Guardavo
prima Seth e poi lei, cercando di sembrare il più tranquilla possibile.
All’improvviso
sembrò illuminarsi ed esclamò –Oh per la miseria!-
E
restai impietrita, perchè le sfuggì di bocca la tremenda verità –Seth più Sammy
uguale…imprinting!-.
La
bottiglietta di birra mi sfuggì di mano –non so come- e rischiò di frantumarsi
a terra, ma una mano pallida l’aveva ripescata, e quando incontrai lo sguardo
di Edward mi sentii uno schifo.
Mi
alzai di colpo dalla sedia e singhiozzando corsi fuori dalla stanza per
arrivare fino al bagno e chiudermici dentro.
Sono una sporca traditrice…lo so…sono questo.
Quando
sentii i passi rapidi di Laura fermarsi dietro la porta, trattenni il respiro,
perchè sapevo perfettamente che c’erano tutti gli altri con lei, così leggiadri
da non far rumore mentre camminavano.
-Sammy…Sammy?
Esci ti prego…okay, ho fatto una delle mie solite scemenze ma…ti prego…-
Mi
alzai a denti stretti e feci girare la chiave nella toppa per uscire.
Quando
aprii la porta i primi che vidi furono lei, Seth ed Edward, con gli altri lungo
il corridoio, ammassati per vedere come stessi, esclusi Leah, Sam e Paul, che
se ne erano rimasti in salotto.
Singhiozzai
ancora, ma asciugai le lacrime e ringraziai di non essermi truccata quel
giorno…sarebbe stato un disastro.
Cercai
di far tornare la mia voce normale e dissi –Va tutto bene…io…- ma non riuscii a
terminare la frase, che le braccia di Seth già mi avevano stretto contro di se.
Non
opposi nemmeno resistenza, l’unica cosa che riuscii a pensare fu un accusa,
contro me stessa.
Traditrice…
Un
abbraccio da parte di Edward sarebbe stato più comprensivo, perchè lui sapeva
davvero cosa provavo, escluso Jasper naturalmente.
-Me
lo fai un sorriso?- la voce di Seth vicino al mio orecchio fece sì che mi
calmassi un pò e annuii contro il suo petto scolpito da una muscolatura
leggera, che si notava da sotto la maglietta a maniche corte.
Tentai
di sciogliere le mie labbra in una smorfia che sembrasse almeno un pò un
sorriso, ma non credo di esserci riuscita davvero.
-Puoi
lasciarmi adesso?- non volevo essere scortese con lui, in quel momento gli ero
grata. Lui accontentò la mia richiesta un pò titubante, avrebbe sicuramente
preferito farmi restare stretta a se.
Chiusi
un attimo gli occhi e poi dissi rivolgendomi a Laura, che già era pronta a
supplicarmi in ginocchio di perdonarla, con un tono abbastanza tranquillo –Non
è niente…davvero-. La guardai seria per farle capire che il mio attacco di
crisi era passato…per il momento.
Lei
aggrottò la fronte indecisa se credermi o no, poi sospirò e annuì in silenzio.
Jasper
mi guardava fissamente mettendomi in soggezione, molto peggio di Tommaso.
Sapevo
che stava sondando l’atmosfera intorno a me, e ne ero felice.
Edward
invece era estremamente teso, quando tornammo tutti in salotto e ci rimettemmo
come in precedenza, pensai che fosse stato il mio comportamento a renderlo così
nervoso, ma mi sbagliai.
Mentre
sorseggiavo piano la mia birra, ancora intatta, e parlavo serenamente –o almeno
in parte- con Alice e Rose, scambiandomi qualche battutta scherzosa ma
innocente con Embry, Quil ed Emmett e Laura, accadde che il vampiro coi capelli
ramati si alzò di nuovo con uno scatto, e mi prese per le spalle abbastanza
forte da darmi un pò di fastidio.
Stavo
per chiedergli cosa c’era che non andava, come molti dei presenti, ma lui parlò
prima di tutti noi –Smettila.immediatamente.di.pensare.questa.parola- era
davvero infuriato.
Restai
pietrificata dalla sorpresa e lo fissai negli occhi –Perchè dovrei nascondere
la verità?- la domanda mi uscì in un flebile sussurro.
Alice
chiese al fratello –Edward? Cosa c’è? Lasciala andare…cosa sta pensando di così
terribile?-
Ma
lui la ignorò e continuò a guardarmi negli occhi, poi aggiunse parlando più rapidamente,
costringendomi a seguire per bene il discorso –Non ripeterti che sei una
traditrice, non sentirti legata a me, per il tuo bene. Smettila di crearti
problemi, vivi la tua vita serenamente. Non posso amarti, sai anche perchè. Se
io non fossi un essere diverso da te, e pericoloso, non ti attrarrei così.
Samantha, sei una bambina, devi ancora capire cosa è giusto, cosa è
sbagliato…devi riprenderti da questa…ossessione-. Come serrò la mascella
lui, la serrai anch’io, per guardarlo con rancore. Aveva svelato i miei
sentimenti più profondi davanti a tutti, e lo aveva fatto di proposito.
Sapevo
bene come ragionava, perciò capivo il suo tentativo. Voleva che lo odiassi,
almeno inizialmente.
Continuammo
a fissarci in silenzio, finchè Seth, seduto vicino a me, non disse un pò
irritato –Edward, per favore…- lasciando il discorso a metà.
Il
vampiro allora sospirò e si rimise al suo posto.
Laura
trovò immediatamente il modo di sdrammatizzare, la vidi uscire rapida dalla
stanza e tornare poco dopo con qualcosa in mano.
Si
fermò in piedi di fronte a Edward, con aria solenne e seria e gli disse
–Tieni-.
Tutti
videro cosa gli porgeva, e tutti a parte me capirono subito di cosa si
trattava. Il preservativo nella sua bustina ben chiusa spiccava tra le mani
della ragazza.
Edward
lo prese allibito e cercò di capire dai pensieri di Laura cosa stesse
macchinando, ma a quanto pare era brava a non lasciare indizi con la mente.
-Usalo
con Isabella Tordella, non voglio che vi ritroviate una piccola bambina muta di
nome Renesmee tra le scatole-
Lui
guardò prima l’oggetto, poi lei fino a che non disse –Devo davvero
preoccuparmi, vero? Sei così dalla nascita o il tuo cervello è stato menomato
per colpa di qualche incidente?-
Lei
sogghignò senza mostrare la minima traccia di offesa e ribattè prontamente –No,
nonnino, il cervello è sano…e ringrazia che non abbia tirato fuori la pillolina
blu, se ti serve, ho anche quella a portata di mano. Comunque sono cose che
trovi nei distributori automatici o in farmacia-
Bene,
grazie a lei riuscii a scoppiare a ridere. Non pensavo che avrebbe davvero
avuto il coraggio di fare una cosa del genere, ma invece…
Anche
i fratelli di Edward e una parte dei Queleute sghignazzarono.
Laura
avrebbe sventolato quel profilattico davanti a Edward tutto il giorno se non
glielo avesse preso di mano. Mi aveva sempre detto che la figlia aveva rovinato
i suoi sogni di gloria con Jacob.
Scrollai
il capo ancora incredula e mi ripetei che avevo davvero fatto bene a renderla
partecipe.
Restammo
da lei fino a sera, quando chiamai mia madre per dirle che era tutto okay, e
che sarei tornata entro un’ora.
Erano
le sette e mezza quando salutai Laura e me ne tornai con gli altri in auto, per
farmi accompagnare a casa.
Quello
stesso sabato la rivedemmo. Ci eravamo date appuntamento a viale Marconi, dove
sia io che lei arrivavamo con il 781, da due direzioni diverse.
Poi
insieme saremmo arrivate al piccolo alberghetto dove alloggiavano i nostri
nuovi amici, che si trovava proprio a via Nazionale, di fronte alla libreria in
cui Robert Pattison si era messo a firmare autografi.
Da
lì avremmo fatto tutti assieme un giretto.
-Questa
è piazza Navona- Laura era più brava di me a ricordare i nomi delle varie vie e
delle svariate piazze di Roma.
Lì
c’erano solo tre bar con i tavolini all’aperto, altrimento saremmo dovuti
arrivare al Pantheon, dove ne era pieno zeppo. Ci
accomodammo ad un tavolo del bar sulla facciata laterale, ma prima chiesi ai
ragazzi-lupo cosa volessero e ordinai anche una bottiglia di Coca-cola per i
Cullen (ricordavo perfettamente che Edward ne aveva bevuti due bicchieri nel
primo libro, quando aveva portato Bella al ristorante), non essendo certa che lo
stare senza niente nello stomaco per loro fosse una buona cosa.
Pagai
per tutti, ignorando le lamentele di Esme, sempre troppo premurosa, e mi
accomodai tra Seth ed Emmett.
Erano
le cinque inoltrate, ed il cielo già era buio-perfetto per i Cullen.
Laura
continuava a descrivere dettagliatamente Roma ai vampiri ed ai licantropi, e
anch’io ascoltavo cercando di chiarirmi le idee.
La
Coca-cola fu bevuta, con mia grande contentezza, anche se il dubbio che i miei
pallidi e freddi amici lo facessero perchè non volevano che sprecassi i miei
soldi.
Io
avevo preso uno strano gusto a bere birra, e senza quasi rendermene conto avevo
alzato un pò il gomito, scolandomi tre bottigliette di Nastro Azzurro.
Dopo
l’ultimo goccio capii: ero ubriaca.
Quello
che accadde in seguito fu il peggio del peggio.
Iniziai
a sentire la testa pesante, poi improvvisamente leggera e di nuovo simile a un
macigno, con le tempie pulsanti e la vista un pò sfocata.
Ma
questo era niente, perchè messo a confronto con la strana euforia che mi pervadeva,
il malessere fisico era niente.
Tutti
si erano resi conto che qualcosa in me non andava da quando avevo
finito di
bere la seconda boccetta in vetro, ma avevo insistito contro le
lamentele di Esme, Alice e Laura testardamente, dicendo che
l’alcool lo reggevo bene.
E
si vide proprio, come lo reggevo!
Iniziai
a ridere senza controllo e a dire cose che mai e poi mai mi sarebbero passate
per la testa.
-Sarebbe
meglio che tu andassi in bagno a rinfrescarti la faccia con dell’acqua, Sammy…-
Seth già tendeva le mani verso di me ansioso, così presi il gesto come un
invito e mi buttai tra le sue braccia, tendendo le mie attorno al suo collo e
aggrappandomi con forza.
I
nostri volti furono vicinissimi.
-Perchè
non mi accompagni tu, uhm?- biascicai le parole con un tono tremendamente
seducente, un qualcosa che non sembrava provenire da me.
Il
suo respiro caldo e denso contro il mio volto fece scattare qualcosa dentro di
me. Gli ormoni ribollirono all’improvviso, il sangue infuocato di una passione
mai avuta…
E
passai dalla mia sedia a lui, sedendomi in un modo abbastanza sdegnoso. Seth
restò senza fiato, cingendomi però in un gesto automatico i fianchi con le
mani.
Sorrisi
dopo il suo tocco morbido compiacendomi, e senza preavviso lo baciai con
trasporto.
-Uou…qualcuno
gliela tolga di dosso- la voce divertita di Quil risuonò come un eco nelle mie
orecchie.
Seth
intanto aveva ricambiato il bacio incerto, come se non fosse sicuro che ciò che stava
facendo fosse la cosa giusta.
Non
lo sapevo nemmeno io.
Inarcai la schiena per aderire meglio al suo corpo, e sentii la sua eccitazione cresciere. Stavo per far scendere una mano oltre confini che non avevo mai attraversato...
Quando
delle mani gelide mi staccarono dal ragazzo e mi tirarono via, mi lamentai
flebilmente strizzando gli occhi –Uhm…no…Seth, voglio Seth…-.
-Smettila
Samantha, stai attirando l’attenzione degli altri presenti- la voce severa di
Edward l’avrei riconosciuta non solo da sbronza, ma anche da morta.
Girai
la testa quasi con l’intento di imitare un gufo, o una mantide religiosa e lo
guardai del tutto rapita.
Forse
era per colpa dell’alcool, o forse della luce delle lanterne tra i tavoli…ma mi
sembrò ancora più perfetto…e più stuzzicante.
Mi
voltai, aggrappandomi a lui senza sentirmi più le gambe, e sussurrai –Aaah…tu
però hai il permesso di fare tutto con me…-
Laura
si alzò da vicino a Leah e mi disse attenta –Sammy…ti accompagno in bagno,
okay? Vieni…- tese le sue braccia verso di me, preparandosi a sorreggere il mio
peso, ma Alice e Rose si avvicinarono, e il vampiro-folletto disse –Lascia…facciamo
noi-.
Così venni portata nel bagno
del piccolo locale dalle due vampire, seguite dalla mia amica umana.
Muahahah XD questo è il mio capitolo preferito ù.ù (per ora ^^") XD
Spero sia piaciuto anche a tutte voi, care lettrici ^^
Grazie mille per i commenti e per l'attenzione che prestate ogni volta alla mia storia. A presto!
Sammy Cullen
P.s.: Su questa storia non ci saranno (almeno penso XD) scene più spinte di baci, carezze e abbracci...^^"
|
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Capitolo 8 *** Sembrava troppo bello per essere vero…altre scoperte. ***
capitolo 8 (brutta)
8. Sembrava
troppo bello per essere vero…altre
scoperte.
Quella sera riportarmi a casa fu un gran rischio.
L’effetto di quelle birre continuava a persistere con tutto che Alice e Rose mi
avessere immerso la faccia nell’acqua gelida più volte
possibile.
-Baciare un licantropo! Ti rendi conto?!- Alice nel
mentre scuoteva la testa e ripeteva ciò, con Rose che ogni tanto aggiungeva un
suo commento.
Laura, che non sapeva come altro aiutarmi, stava
poggiata ad una delle tre piccole porte di legno chiuse e borbottava risposte
infastidite alle due vampire.
Non sopportava proprio le critiche
sui Queleute.
Io mi lasciavo rinfrescare il volto inerme, simile
ad un cadavere, e rivivevo la scena di pochi attimi prima nella mente, ancora un
pò offuscata.
Ricordavo solo la sensazione delle sue labbra sulle
mie, e dei nostri corpi così attaccati…
Strinsi i
pugni.
Perchè dovevo sempre fare la cosa
sbagliata?
Avevo immaginato ogni volta Edward in situazioni del
genere, anche se provavo per Seth un profondo affetto.
La
consapevolezza di aver dato il mio primo bacio a quel licantropo invece che al
bel vampiro, mi martoriava il cuore in petto.
Davvero, non era
questo che desideravo. Strizzai gli occhi e misi a fuoco il piccolo bagno un pò
sudicio; Alice e Rose mi stavano ancora trattenendo, nel caso crollassi a
terra.
Respirai a fondo e dissi –Ora va meglio ragazze…credo di
riuscire a reggermi in piedi- loro si lanciarono una rapidissima occhiata
indecisa, poi la vampira-folletto fissò il vuoto per un secondo e annuì sicura
alla sorella.
A quanto pareva, ci volevano le sue visioni per
essere certi che non cadessi giu come una pera cotta.
Quando Laura
parlò di nuovo, scatenò in me non pochi problemi.
-Bene, ora
sarebbe meglio riaccompagnarti a casa…forza, torniamo dagli altri- e fu proprio
quest’ultima parte di frase a rendermi nervosa.
-No! io di là non
ci torno!- rivedere Seth? Rivedere tutti gli altri? Mai e poi mai, preferivo
scavarmi da sola la fossa.
La ragazza sbuffò e mi tirò per un
braccio –Senti, quel che è successo è successo…ora cercai di non pensarci. Eri
fuori di te, no? fingi di non ricordare!-
Ridacchiai amaramente e
risposi –Ti sei dimenticata che c’è Edward? Posso fingere, certo, ma lui leggerà
in ogni caso la mia mente, se già non lo sta facendo!-
Alice
rispose alla mia ultima affermazione con aria solenne –Molto
probabile-.
Laura mi guardò testardamente e continuò –Prima o poi
dovrai parlarci, mettere in chiaro le cose…anche se io so perfettamente che alla
fine ricambierai il suo amore-
Era tremendamente sicura di sè,
come ogni altra jacobiana che si ritrovasse a dover far lezione a
un’edwardiana.
Mi morsi un labbro e guardai le due sorelle di
Edward come per cercare conferma.
Loro ricambiarono con sguardi di
compassione. Questo sì che era sostegno! Sospirai e feci il primo passo verso i
tavoli all’aperto.
Tutti ci attendevano seduti
dove li avevamo lasciati, i primi sguardi che notai arrivarono da Esme,
terribilmente in ansia, Edward e Seth.
Decisi di soffermarmi sulla
prima e di ignorare gli altri due.
Naturalmente, le cose non
potevano che peggiorare. Il ragazzo si alzò e mi si avvicinò teso e
imbarazzato.
Lo guardai con tristezza e
vergogna.
Come avevo potuto recargli un tale
dolore?
Aprii bocca per parlare, e dalle mie labbra uscì un febile
–Scusami, ti prego…- che sapevo avrebbero sentito tutti gli altri, a parte
Laura.
Lui aggrottò la fronte sorpreso e fece un gesto molto
azzardato. Allungò la mano destra per sfiorarmi il volto e di rimando, io
allungai la mia sinistra, ma per dargli un ceffone.
Lo colpii, o
forse dovrei dire che si lasciò colpire.
Naturalmente fui
io a rimetterci.
Dieci secondi dopo il colpo, infatti, la mano
aveva iniziato a dolere in modo tremendo, arrossandosi tutta.
La
strinsi al petto e lamentandomi mi accovacciai a terra trattenendo le
lacrime.
-Porca miseria!- osservavo la pelle infuocata del tutto
incredula.
Seth s’inginocchiò subito e iniziò a dire che avrebbe
dovuto bloccarmi, ma ero stata troppo veloce. Non gli importava nulla del fatto
che gli avessi mollato intenzionalmente quello schiaffo.
Col fiato
mozzato chiamai Carlisle, senza notare che già mi era vicino e gli feci
osservare la mano. Il tocco delle sue dita gelide furono un toccasana per il
bruciore.
Sembrava che avessi preso a ceffoni un muro di cemento
armato, non un ragazzo.
-Mmm…- osservava il rossore con fare
professionale, rigirando la mano per studiarne palmo e dorso.
-Ti
fa male se la tocco così?- iniziò a tastarla poco più forte in vari punti, e
sentii qualche fitta leggera.
-Un pò, ma non tanto- speravo di non
essermi giocata la mano, anche se essendo la sinistra, non mi serviva quanto la
destra.
Carlisle annuì tranquillo e poi sorridendo, lasciandomi
del tutto abbagliata, disse con fare critico ma gentile –Hai davvero rischiato
una frattura, ma non è niente, ti serve solo un pò di ghiaccio-. Ascoltai più
serena e tirandomi su guardai Emmett e Alice supplichevole –Chi mi presta un
braccio?-
C’era qualcosa meglio della pelle gelida dei Cullen? Non
credo.
Emmett mi si avvicinò e mi porse l’arto muscoloso, ci
passai il mio –in confronto gracile- e feci in modo che la mano aderisse ben
bene alla superficie liscia della sua pelle.
Tornammo alle auto,
salutando Laura, che notai scambiarsi qualche occhiata con Jacob, e mi feci
riaccompagnare a casa.
Quella sera a cena mio padre tartassò mamma e me di domande su ciò
che fosse accaduto alla mia mano.
Dal momento che lei ne sapeva
quasi quanto lui, ma non era altrettanto pressante, risposi buffando che avevo
solo colpito “per sbaglio” un muro.
Non era proprio bella come
scusa, ma non sapevo cos’altro dire. Mangiai rapidamente e mi misi al computer,
per parlare con Laura, che aveva lasciato in sospeso un discorso
lunghissimo.
Accidenti! Questa è stata una delle più
belle giornate della mia vita! Soprattutto alla fine, mi hai fatto preoccupare e
divertire al tempo stesso e poi…SETH! Capisci?!
Vi-siete-baciati!
E Jacob…fantastico,
perfetto…LUI.
Mentre tu eri in bagno ero tentata di restare al
tavolo con gli altri, ma mi sono detta che ci saranno altre occasioni…perchè ce
ne saranno, vero?
Alla sua domanda sapevo perfettamente cosa
rispondere. Certo che ci sarebbero state altre occasioni! Lei ormai era parte
integrante di quello strano sogno ad occhi aperti.
All’inizio mi trovo insieme ai Cullen a casa loro, siamo intorno ad un
tavolo ovale, Carlisle sta parlando di qualcosa, ma non attira la mia
attenzione, che è rivolta ad Edward e alla ragazza che gli sta stretta addosso.
Una tipa minuta, coi capelli castani, poco più chiari dei miei e gli occhi
scuri. Sento la gelosia farsi strada. Poi la scena scompare e mi ritrovo in auto
con Alice e la strana ragazza misteriosa…nel silenzio dell’abitacolo ci fissiamo
male e poco dopo cominciamo a discutere, lei mi dice con la voce dura e decisa
-Non pensarci nemmeno, Edward sta con me- ed io le rispondo altrettanto
inviperita -Che c’è, vuoi farti chiamare Isabella forse?- e lei allora dice
sogghignando -Veramente questo lo vuoi tu-. Ci guardiamo storto, poi di nuovo il
nulla…la terza scena è in montagna, nel paesino dove passo le vacanze estive, in
Abruzzo. Carlisle mi chiede di andare a buttare la spazzatura, prendo il sacco
nero fuori dalla porta della cucina e mi avvio per una stradina…all’improvviso
compare un auto verde e la osservo terrorizzata mentre mi viene contro. Inizio a
correre, penso “Non ce la farò mai…” e poi invece la distanzio e con sorpresa
balzo in alto e mi arrampico con agilità sul muro di casa mia. L’auto non può
fare niente ormai, continua a lottare contro la parete, con le ruote che
stridono ed il motore che ringhia. Io capisco cosa sono diventata: una vampira.
Mi calo giù e scopro che alla guida non c’è nessuno. I Cullen sono
sorpresi.
Di nuovo cambia tutti e mi ritrovo a casa mia, Alice è
seduta alla mia scrivania e mi sorride, Edward è disteso sul divano…mi avvicino
a lui e lo imploro di non lasciarmi.
Mi svegliai di colpo, come ogni volta in cui facevo sogni simili e mi
passai una mano sulla faccia, esausta.
-Perché? Cosa volete
dirmi?- mi chiesi con un filo di voce; era una domanda ricorrente. Ogni volta
che li rivedevo nei miei sogni.
Nell’oscurità, sentii un rumore
quasi impercettibile, attesi che lo sguardo si abituasse all’oscurità e notai le
due sagome indistinte contro la parete di fronte al mio
divano-letto.
Aggrottai la fronte e dissi due nomi a caso –Alice?
Edward?- ed infatti si avvicinarono leggeri e silenziosi, sedendosi sul letto e
accendendo la piccola luce che usavo per leggere i libri di
sera.
Sussurrai sorpresa –Che accidenti ci fate qui?! Se mio padre
o mia madre si svegliano per andare in bagno…o per bere un po’
d’acqua…-
Alice alzò gli occhi al cielo sicura e rispose –Stai
tranquilla, non succederà niente di tutto ciò-.
Sapevo bene che le
sue previsioni erano perlopiù infallibili, quindi annuii sconfitta, ma ripetei
la domanda –Allora? Perché siete venuti?- il “come” non m’interessava, potevo
immaginarlo: la finestra della cucina rimaneva sempre accostata, sia d’inverno
che d’estate, ed io vivevo solo al secondo piano di un palazzo di
sette.
Per loro arrampicarsi era una
sciocchezza.
Alice fece per rispondere, ma Edward la batté sul
tempo e osservandomi seriamente rispose pacato –Il sogno che hai fatto- e fece
spallucce, un gesto insolito da parte sua.
Oh beh, questo spiegava
tutto!
Grugnii infastidita e mi ributtai con la testa sul cuscino,
coprendo gli occhi con un braccio.
-Questo è
molto…curioso-
la voce del giovane era concentrata, sicuramente la
sua mente vagava tra le immagini che ero riuscita a trattenere del sogno, e che
ora stavo riguardando attenta quasi quanto lui.
Quella ragazza è…???
La domanda muta era diretta all’ascoltatore, che
osservai scoprendo lo sguardo dal braccio.
Lui
annuì.
E perciò era quella Isabella…
E non l’avevo
mai vista…
Furono proprio queste riflessioni a far parlare
nuovamente Edward –Credo che tu abbia qualche strana
capacità…-
-Io? Capacità? Intendi cose come il tuo saper leggere
nel pensiero o la preveggenza di Alice?-
la sorella s’illuminò in
un sorriso tremendamente gradevole e disse –Più o meno potresti avere dei
sogni premonitori-.
La cosa mi lasciò di sasso, ma non per
molto. Mia madre era dotata di una capacità sovrannaturale, ma mi aveva ordinato
di non dirlo a nessuno.
Era capace di fare ciò che faceva la
vampira-folletto seduta davanti a me, solo che…non era lei a comandare le
visioni.
Aveva previsto certi episodi, ma poi non si era mai messa
a studiare quel “potere”. Mia madre non voleva sentirsi diversa, e non le
importava di ciò che sapeva fare.
Io? Avrei ucciso per essere
capace di fare ciò che faceva lei, proprio per sentirmi
diversa.
Eravamo molto differenti, pur essendo legate come non
tante madri con le proprie figlie.
Non l’avevo mai
capita.
Strinsi gli occhi e sbadigliando dissi ai due –Sentite,
non so voi, ma io avrei ancora un po’ sonno…possiamo parlarne domani con calma?-
li guardai supplichevole, e loro annuirono calmi.
Alice mi diede
un bacio veloce sulla fronte e spense la luce minuscola che teneva in mano,
posandola sul tavolo e scomparendo nel buio assieme a Edward, che mi aveva
regalato un mesto sorriso sghembo.
Era bello sapere che in fondo
ero entrata nelle sue grazie.
Mi riaddormentai quasi
immediatamente, con la certezza che qualunque sogno facessi, Edward lo avrebbe
vissuto assieme a me.
Ciao a tutte! inizio col dire che mi
dispiace che questo capitolo sia un pò corto, ma è di transizione (sono due
pagine in meno del solito, da 6 a 4)...
Voglio solo dire che i sogni che
scrivo su questa storia li ho avuti davvero...anche se non so quanto mi
crederete, poi. Comunque...siamo ancora all'inizio...allo sviluppo del racconto,
quindi potete mettervi comode e continuare a seguire le mie
disavventure...
Spero che questo piccolo spazio autrice non vi annoi ogni
volta...
A presto.
Sammy Cullen
|
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Capitolo 9 *** Voglia improvvisa di dialogare con un LICANTROPO. ***
capitolo 9 (brutta)
9. Voglia improvvisa di dialogare con un
licantropo.
Le vacanze di Natale erano sempre più vicine, e la consapevolezza
di avere molto più tempo libero a disposizione mi rendeva
felice.
Non avrei più dovuto pensare a scuse e coperture con i
miei per uscire di casa spesso…stupendo.
Erano passate quasi
quattro settimane dalla comparsa dei miei stupendi amici, ed io non avevo fatto
altro che peggiorare la mia situazione con Seth…sempre se “peggiorare” come
termine si possa dire adeguato.
Dopo lo schiaffo che si era preso
da parte mia, avevo assunto il comportamento di “arrabbiata-pentita”, mentre lui
cercava di riappacificarsi nei modi più affettuosi e
sinceri.
Certe notti restavo sveglia, osservando il buio della mia
camera, e sperando che Edward comparisse e si sdraiasse vicino a me, facendo
sfiorare la sua pelle ghiacciata con la mia.
Non riuscivo a capire
quanto ancora lo amassi…quanto ancora io potessi
amarlo.
Sapevo che poco a poco l’imprinting avrebbe fatto effetto,
già circolava dentro di me, come uno strano virus pronto ad
infettare.
Questa consapevolezza mi uccideva.
Chi
amavo io?
Edward.
Ma questa era la risposta quasi
automatica che il mio cervello decideva di riportare a galla…
Se
andavo a scavare più a fondo, invece, sapevo che la presenza di un altro nome
era forte, e combatteva prepotente per aggiudicarsi il primo
posto.
Seth.
E tutto ciò in cui ancora credevo
cadeva in mille pezzi. Spazzato via come un castello di carte colpito da un
soffio di vento.
Ogni volta pensavo di poter combattere la
cosa…sconfiggerla, addirittura! Ma poi…
Gli unici appigli che mi
restavano scomparivano, e mi ritrovavo sola, in balia di me stessa…e
dell’imprinting che avanzava.
-Samantha, ora
ascoltami bene: hai presente la parola fortuna? Bene, è quella cosa che
hai tra le mani! Non capisci che hai trovato il ragazzo perfetto, fatto apposta
per te?! Non lo troveresti meglio di lui neanche su ordinazione! Io ucciderei
per avere la fortuna che hai tu!-
Laura mi camminava accanto
infervorata dal discorso che era impegnata a farmi, descrivendo da cima a fondo
cosa fosse esattamente l’imprinting e quali fossero i suoi
effetti.
-Imprinting vuol dire travolgere. Credo che
sia il termine migliore…una forza immensa ti costringe ad amare colui che viene
travolto da te. Ma forse è sbagliato parlare di “costrizione”, perché il
sentimento viene sempre ricambiato. Non ci sono altre possibilità. Tu e Seth,
siete come due metà di una mela, mi segui fino a qui?- al che mi guardò
interrogativa, cercando di capire se avessi seguito con attenzione il filo del
discorso.
Ero attentissima.
-Sì, ti seguo.
Continua-.
Annuì contenta e proseguì –Bene. Ora, immagina di avere
una mela a portata di mano, e di dividerla in un due mezzi perfetti. Ecco, uno
sarà lui ed uno sarai tu. Se li avvicini, cosa accade?-
La domanda
non era retorica, voleva che rispondessi con parole mie. Cercai di immaginare
l’esempio della mela, e alla fine risposi con un sussurro sorpreso e un po’
rassegnato –Se li avvicino…combaciano perfettamente, pur essendo
divisi-.
Laura batté le mani con fare scherzoso
–Esatto!-.
Non avevo mai provato a vederla in quel
modo.
La positività della cosa l’avevo sempre
scartata.
Non avevo mai voluto prendere in considerazione il fatto
che con Seth sarei stata felice, perché ancora mi ostinavo a credere che Edward
potesse far parte del mio futuro.
Mi morsi un labbro e dissi alla
mia amica, che camminava a passo rapido solo perché costretta a seguire il mio
andamento –Quindi…prima o poi non potrò più combattere?-
La mia
domanda la lasciò interdetta, aggrottò la fronte e ripeté
–Combattere?-
-Sì…insomma…contro il travolgimento…- avevo
il timore di cosa avrebbe risposto.
Lei sospirò quasi annoiata
dalla mia testardaggine e rispose decisa –Sammy…
non.si.può.combattere.contro.il.travolgimento-.
Oh, perfetto.
Proprio come pensavo!
Vagai con lo sguardo tra le vetrine numerose
di via Nazionale. Stavamo di nuovo andando da loro…ed io sentivo la strana
voglia di parlare con un licantropo.
Salimmo al primo piano dell’albergo, dove i Cullen ed i Queleute avevano
alloggio.
Due suitte ben distinte, l’una accanto all’altra, li
ospitavano.
Laura stava già per bussare a quella dei ragazzi di La
Push, ma la bloccai delicatamente e repentina per il polso e dissi –Per oggi
vorrei fare uno scambio-.
Lei s’illuminò in un sorriso a trentadue
denti e annuì, pensando che volessi parlare con Seth.
Beh…forse un
pò era così, ma…
Ci mettemmo di fronte alle due porte e
lanciandoci un ultima occhiata bussammo con lo stesso ritmo.
Si
aprirono entrambe subito, e scomparimmo l’una dalla vista
dell’altra.
-Oh, oggi c’è qualcosa di diverso- Quil sghignazzava
osservandomi da per terra, seduto sulla soffice mouquette intento a fare zapping
sui canali in televisione.
Embry concordò ridendo assieme a
Jared.
Alzai gli occhi al cielo, immaginando cosa stesse
combinando Laura nella stanza accanto, con i Cullen.
Salutai con
un cenno del capo Paul, Sam e Leah.
Lei, se conosciuta più a
fondo, mi piaceva come tipa. Aveva un carattere forte, ma gli altri due…ancora
faticavo un pò.
Cercai con lo sguardo Jacob e Seth, ma non li
vidi.
-Dove sono i due lupi mancanti?- la mia domanda non era
diretta a nessuno in particolare, ma rispose proprio Leah –Sul balcone…-.
Sorrisi per ringraziare e attraversai il salotto luminoso,
aprendo la porta finestra e richiudendomela subito alla spalle.
I
due giovani erano poggiati coi gomiti al muretto, discutendo animatamente di
qualcosa. Cercai di non ascoltare, dal momento che non avevano notato la mia
presenza e continuavano a dialogare, ma qualcosa sentii
comunque.
Jacob scuoteva la testa e guardava giu, verso la strada,
le auto che passavano e la gente che camminava –Non posso capire perfettamente
cosa provi…ma lo immagino-
-Terribilmente stupendo…è come se tutto
ruotasse intorno a lei e…-
Seth stava per iniziare un monologo su
di me, perciò decisi di non approfittare oltre, e tossicchiai sommessamente per
far notare la mia comparsa.
I due si voltarono, e Seth mi sorrise
raggiante. Qualcosa dentro di me scattò, e ricambiai.
Jacob stava
per lasciarci soli, ma quando mi passò accanto lo bloccai per un braccio e gli
dissi –Vorrei parlare un pò con te…è un problema ?-
Il ragazzo mi
guardò confuso, ma rispose –No, non credo ci siano problemi…-
Feci
una specie di sorriso sghembo, per niente degno di Edward, e poi guardai Seth,
che osservava entrambi circospetto, quasi geloso.
-Dopo desidero
chiacchierare anche con te- e gli dissi ciò con un tono fin
troppo…dolce ?
Lui allora si fece subito più tranquillo e rientrò
nella camera, dove sentivo le grida esultanti di Embry mentre batteva Quil ad un
qualche gioco per la P.S.P.
Chiusi la vetrata, che aveva lasciato
–forse intenzionalmente- socchiusa e sospirando andai a poggiarmi contro il
balconcino.
Jacob mi seguì in silenzio, mettendomisi
accanto.
-Allora…di cosa vorresti parlare con me ?- la sua voce
tradiva una certa curiosità mista a divertimento.
Risi rilassata e
lo guardai di sottecchi –Di Seth…o forse dell’imprinting…oppure di
te-
Solo una parte della mia risposta lo lasciò sorpreso, così
ripetè –Di me ? e cosa vorresti sapere su di me?- alzò un
sopracciglio.
-Stai bene, Jacob?- avevo fatto un nuovo sogno
quella notte, e questa domanda gliel’avevo posta proprio
io:
...Mi ritrovai a camminare per le vie del mio quartiere. Accanto a
me c’era Jacob.
Parlavamo amichevolmente, e lui mi lanciava qualche frecciatina
scherzosa, ogni tanto altre verso Edward…ed io facevoo finta di offendermi. Si
scusò che ancora rideva.
Alla fine riuscì a rubarmi un sorriso e continuammo a
passeggiare.
[...]
Il paesaggio sfumò, cambiò. Mi ritrovai con lui a casa mia... Jake si
trovava nella vasca da bagno (mi chiedo ancora adesso come abbia fatto ad
entrarci tutto).
Io non vedevo con gli occhi di altri, ma con i miei, ed osservavo
le mie mani mentre gli massaggiavano il corpo...poi gli chiesi all'improvviso
-Stai bene Jacob?-, e lui rispose -Oh sì, tranquilla! non preoccuparti per me- e
sorrise affabile.
Ero ancora un pò dubbiosa, ma cercai di non darlo a vedere....poi
la scena scomparve di colpo, e con essa anche Jacob.
Mi
trovai in auto, sul sedile posteriore...mamma era alla guida. Accanto a me?
Edward.
Quando mia madre parcheggiò, le dissi di portare la spesa a casa,
facendole capire di lasciarmi sola con lui.
La vidi allontanarsi e poi mi sporsi verso Edward e lo guardai
fisso negli occhi...ed il suo volto...oh che meraviglia!...
e senza sapere il perchè dissi -Dimmi la verità,
Edward-
e lui aggrottò la fronte di alabastro, i suoi occhi si socchiusero.
Non comprendeva...e neanch'io.
Sentivo di accusarlo, ma non sapevo il motivo.
Continuavo a chiedergli spiegazioni su cose a entrambi
sconosciute.
Lui chiese in fine, con un tono stanco e irritato -Cosa. Cosa vuoi
sentirti dire?- e non seppi che rispondere. Mi svegliai con il ricordo dei volti
dei due "ragazzi".
Tornai alla realtà solo per guardarlo negli occhi, e notai che
cercava di capire il senso della mia domanda.
Provai ad iniziare a
modo mio la conversazione, per vedere se avrebbe reagito in qualche modo –Ad
esempio…Isabella-
Subito si irrigidì al mio fianco e gli diedi un
colpetto col gomito –Non fare così…ho solo detto il suo nome!- ridacchiai e poi
cercai di tornare seria…almeno in parte.
-Certe volte penso che
lei esisterebbe comunque, anche se la Meyer non avesse scritto Twilight…perché
in fondo è umana…mentre voi- e lanciai uno sguardo oltre la vetrata e al balcone
confinante con il nostro –Siete…creature mitologiche…immaginarie,
fantastiche-
lui respirò a fondo e disse –Tu e Laura sapete cosa
mi accadrà, e cosa accadrà a lei- l’affermazione mi prese alla sprovvista, ma
poi cercai di sorridere per non dar peso alla cosa e dissi –Sì, è così ma…non
devi angosciarti…sarai felice, Jacob. Renesmee sarà una bambina deliziosa, anche
se per metà è una vampira-
Lui tremò al suono dell’ultima parola,
quasi avendone il ribrezzo.
Sbuffai e dissi –Anch’io soffrivo al
pensiero che Edward stesse con Bella…fino a pochissimo tempo fa! Potrei
addirittura dire fino a l’altroieri!-
Jacob allora ridacchiò e mi
fece notare –Il fatto che tu stia usando il passato implica che ora come ora non
ti interessi più-
Lo guardai esterrefatta e borbottai –Sì che
m’importa ancora…ma non sono gelosa…ho deciso di fare un ragionamento meno
egoistico-
-E cioè?- ora era curioso.
-Se lui è
felice, lo sono anch’io-
-Questo ragionamento non mi sembra molto
conveniente-
-Si soffrirebbe comunque, ma almeno so che così non
rendo infelice anche lui-
Restò in silenzio a riflettere, poi
disse –E Isabella soffrirà? Intendo durante la gravidanza…-
-Non
hai letto il libro, vero Jake?-
lui si morse un labbro e poi disse
–Non ho voluto-
scossi la testa affranta e poi, cercando di essere
il più sincera possibile, risposi –Il parto sarà molto peggio di qualche bevuta
di sangue…ah, un consiglio…se Rosalie si avvicina ai bisturi, mollale un calcio
prima-
L’ultima parte sembrò coglierlo di sorpresa, ma decisi di
non aggiungere altro. Avrebbe capito cosa fare al momento
opportuno.
All’improvviso si rimise in posizione eretta e guardò
oltre il vetro del balconcino dei Cullen.
Notammo entrambi i
capelli di Laura che scomparivano dalla visuale in un gesto
rapido.
Ridacchiai immaginando che avesse
origliato.
Jacob alzò gli occhi al cielo –Laura è una tipa
simpatica-
-Non immagini quanto- gli feci l’occhiolino e lui
ricambiò con un sorriso jacobico…quasi più perfetto di quello sghembo fatto da
Edward.
Mi diede una leggera pacca su una spalla e tornò nel
grande solotto, per sfidare il campione di P.S.P in carica –Embry- che
sghignazzava contro le proteste di Quil.
Dieci secondi dopo, Seth
fece capolino e chiese scherzosamente –Toc toc…è
permesso?-
Sorrisi e dissi stando al gioco–Certo, esci
pure-.
Invece che far avvicinare lui a me, decisi di fare il
contrario, così mi scansai dal bordo del balcone e gli arrivai davanti,
allungando un braccio oltre lui per chiudere bene la
vetrata.
-Così avremo l’impressione che la privacy ancora esista-
sapevo benissimo che sia i Queleute che i Cullen potevano sentire ogni parola
che dicevamo.
Il ragazzo rise e aggiunse –Beh, è già
qualcosa-.
Mi soffermai a guardarlo, come non avevo mai guardato
nessun altro, a parte Edward.
Era alto, almeno un metro e ottanta
se non di più, la pelle bronzea e liscia splendeva contro la lampada al neon
appesa alla parete, gli occhi potevano sembrare neri se visti da lontano, ma in
realtà erano nocciola scuro, i capelli invece erano così scuri da emanare
riflessi quasi viola o blu.
Li portava più lunghi rispetto a Sam o
Paul, ma ci sarebbe voluto molto prima che riuscisse a farsi un codino degno di
Jake.
I tratti del viso mi riportarono in mente
Pocahontas.
Il naso aveva una linea dritta ma schiacciata, le
labbra erano sottili ma morbide e si notavano i denti bianchi in contrasto col
colorito più scuro. Il mento un po’ a punta e gli zigomi appena accennati gli
davano un’aria adulta.
Era bello.
Non riuscivo a
pensare che non lo fosse.
Il corpo slanciato celava a un primo
sguardo i muscoli, ma c’erano, anche se leggeri.
Senza rendermene
conto, mossi una mano fino a sfiorargli il volto, e lui
sussultò.
-Oh…beh, io…scusami…- feci per ritirarla e stringerla al
petto, ma lui la bloccò contro il viso stringendola con la sua, e poi
guardandomi disse –Non è stato il gesto…ma la temperatura. Sei
gelida-.
Sentendo ciò volsi lo sguardo altrove,
imbarazzata.
La sua pelle a contatto con la mia era bollente…ne
capivo il motivo. Chiusi gli occhi e lasciai che il tepore avvolgesse la mia
mano.
Ad un certo punto sentii il suo tocco delicato dietro la
schiena, e lasciai che mi sospingesse vicino a lui.
Lasciai che il
mio sguardo potesse ammirarne ancora un po’ il viso, poi poggiai la testa contro
il suo torace.
Le braccia mi strinsero leggere e non riuscii a
trattenere un sospiro.
-Grazie-. La sua voce spezzò il silenzio
che era venuto a crearsi. Alzai la testa per guardarlo confusa e mi ritrovai con
le labbra a pochi centimetri dalle sue.
-Di cosa?- chiesi in un
sussurro, immaginando già di sfiorare la sua bocca.
Lui sorrise
dolcemente e rispose ancora più flebilmente –Di essere tu il mio
imprinting-.
Non saprei dire cosa scattò in me
dopo…
Ma mi lasciai del tutto travolgere…e mi ritrovai sul punto
di baciarlo, con tutto il sentimento che mi logorava l’anima.
Io
volevo solo lui. Ne ero certa.
Laura aveva
ragione.
Proprio quando le nostre labbra già si sfioravano,
sentimmo degli strani rumori provenire dalla camera dei Cullen, e
sussultammo.
-Che diavolo…???- entrai nella camera con Seth
accanto e trovammo tutti i Queleute intenti ad osservare la parete
divertiti.
-Che succede?- il mio tono tradiva una certa
preoccupazione, ma anche il fastidio per essere stata interrotta sul più
bello.
Quil sghignazzando disse –Il succhiasangue ha deciso di
sprecare un po’ di soldi per risalcire questo albergo-
Non capii
per niente cosa intendesse dire, perciò uscii imprecando dalla loro suitte e
bussai a quella accanto.
Mi aprì Alice e fece un cenno per dirmi
di entrare, chiudendo letteralmente la porta in faccia ai Queleute –escluso Seth
che mi stava ancora al fianco- che si gustavano la scena.
Quello
che vidi fu inverosimile.
Edward stava prendendo a capocciate la
parete, naturalmente non così forte da buttarla giu, ma lo stava
facendo.
Avevo una vaga idea di quello che poteva essere
accaduto.
-Ehm…Edward? Puoi fermarti? Sai, il muro vorrebbe
riprendere fiato prima del secondo round…-
le mie parole fecero
cessare il caos, e vidi i suoi occhi schizzare sul mio volto e poi disse, quasi
implorante, ma sibilando –Portala via da qui se non vuoi che la uccida, ti
prego-.
Subito compresi come era scaturito
tutto.
Laura, rannicchiata dietro a Emmett, guardava il vampiro
dai capelli rossicci e borbottava –Il vecchietto vuole uccidermi…è pazzo…e tutto
solo perché gli ho detto che nascondere la verità non serve-
La
guardai rassegnata e chiesi –Che verità?-
Lei mi osservò solo un
istante prima di tornare ad osservare Edward attenta –Quella che riguarda il
fatto del suo uso certo di pilloline blu per compiacere Bella Tordella. La
verità brucia-.
Ancora mi chiedevo: perché a
me?
Eccomi di nuovo!!!
spero che questo capitolo vi piaccia! l'ho finito proprio ora ^^ non
resistevo...così ho aggiornato XD
Ci si sente al prossimo! (vi informo che
non aggiornerò così rapidamente a causa della scuola...e di molti, molti impegni
ç_____ç).
Grazie tante a chi legge e a chi commenta *-*.
A presto
-spero-.
Sammy Cullen
|
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Capitolo 10 *** Farsi travolgere in mille modi diversi... ***
capitolo 10 (brutta)
10. Farsi travolgere in mille
modi diversi.
Ero davvero tentata di lasciare Laura nelle fauci di Edward, che
era scattato a guardarla con gli occhi di un nero ardente.
Lei dal
canto suo aveva iniziato ad appiattirsi ancora di più contro Emmett e a gridare
–Salvami! Vuole farmi fuori!- ed il vampiro corpulento scoppiò a ridere
fragorosamente per poi dire –Mi piacerebbe lottare un po’- e ghignò immaginando
uno scontro imminente tra lui ed il fratello, che lo fulminò con un’occhiataccia
e disse tra i denti –Non pensare certe assurdità, Em. E tu…- guardò Laura
nel modo più terrificante possibile –Non stuzzicarmi più di tanto, la mia
pazienza non è infinita-.
Al che, Carlisle tossicchiò e disse,
cercando di calmare le acque –Figliolo, calmati…Laura stava solo
scherzando-
-Carlisle, non essere così magnanimo- aggiunsi io,
guardando la mia amica con aria di rimprovero.
Lui alzò gli occhi
al cielo e ridendo leggero mi rispose –Se ora lasciassi che Edward torturasse
Laura, credo proprio che l’avresti sulla coscienza-
-Oh, non sono
poi così buona- ed era vero.
Il bel vampiro scosse la testa
divertito e poi sospirando disse –Edward, ora tranquillizzati
e…-
-Tu invece, Laura, chiudi il becco per un po’. Un consiglio da
amica- aggiunsi io.
Entrambi ci guardarono come se gli avessimo
inferto una pugnalata dritta nel petto, poi si lanciarono un’occhiata di pura
antipatia e la ragazza disse –Credo che cambierò suitte per un
pochino-.
-Buona idea, restaci-. Edward le fece ciao ciao con la
mano e sorrise amaramente, facendo sì che Laura gli donasse una vistosa
linguaccia.
Il gesto infantile lo fece scoppiare a ridere assieme
a Emmett e Jasper.
Lei li guardò male ed uscì a testa alta dalla
stanza, scontrandosi con Quil che era rimasto ad ascoltare, e tornando di là con
lui.
All’improvviso, gli sguardi dei Cullen si spostarono su di
me, o per meglio dire, su un punto che identificai come la mia mano, intrecciata
a quella di Seth.
Avvampai e il ragazzo ridacchiò
imbarazzato.
Esme ci guardò con estrema tenerezza, e non aiutò
certo a farci sentire meglio.
Emmett sghignazzò, Alice mi fece
l’occhiolino mentre Jasper sembrava non essere toccato più di tanto dalla cosa e
Rosalie mi guardò con la stessa aria compassionevole della volta
precedente.
Di tutti, lo sguardo che più mi colpì fu quello di
Edward.
Era un misto tra gioia e…dispiacere?
Non
riuscii a capirlo.
Li guardai tutti, uno per uno, poi dissi –Ora
io e Seth…beh, sarebbe meglio se andassimo…- e lui aggiunse rapido –Sì…meglio
andare…-
Così sorridemmo in un modo simile a Barbie e Ken e ce ne
andammo da lì dentro.
Una volta che fummo nel corridoio, lanciammo
una rapida occhiata alla porta dei Queleute.
Non volevamo per
niente tornare da loro.
Ci guardammo un attimo e poi dissi d’un
fiato –Seguimi-.
Corremmo fuori dall’albergo mano nella mano, il cielo era già scuro, ma
erano solo le sei.
Qualche nuvola aveva delle fantastiche
sfumature rosa e arancioni, causate dal tramonto, che mi sarebbe piaciuto poter
osservare se non ci fossero stati palazzi in ogni punto.
Lo
trascinai fino ad una stradina più isolata, dove avremmo potuto stare tranquilli
e mi voltai a guardarlo.
-Abbiamo lasciato un discorso a metà, se
non sbaglio-
lo guardai facendo la vaga, ma capì al volo e ridendo
flebilmente mi strinse a se e continuò da dove aveva
interrotto.
Non appena le nostre labbra si trovarono unite, una
scintilla mi oltrepassò in tutto il corpo, e mi aggrappai a lui quasi come se
avessi un bisogno impellente di sentirlo vicino.
Lasciai che la
sua lingua toccasse la mia, prendendo confidenza con qualcosa di
nuovo.
Avevo deciso che il bacio che gli avevo dato nel locale
sarebbe stato definito come “di esercitazione”, perciò il mio primo VERO bacio
era questo.
Nel mentre, sentivo le sue mani che passavano sul mio
corpo, e le mie facevano lo stesso con lui.
Sapevo perfettamente
che se non ci fossimo dati un limite, sarebbe accaduto qualcosa di
più.
Fermati…fermati, Samantha, se non vuoi
che…
La
vocetta stridula nella mia testa gridava chiari allarmi, ma non le davo ascolto.
Non me ne importava niente di niente.
Io volevo lui, lui voleva
me.
Tutto andava secondo un piano ben prestabilito, deciso da
qualcuno –o qualcosa- di potente.
Non volevo fuggire dal
travolgimento, preferivo invece andargli incontro, e se non potevo fare
null’altro, mi sarei rassegnata…avrei perso.
…Questa non è una guerra…non è la tua battaglia. Fermati. Guardalo negli
occhi e sii sincera: credi di amarlo già? Non pensi invece che sia
solo…
Zitta! Una seconda voce, più decisa, fece terminare le sciocche proteste
dell’altra. Preferivo dar retta a questa.
Il mio cuore sapeva che
strada seguire, e non voleva attaccarsi all’inutile speranza che Edward contasse
più di Seth.
Ci avevo provato. Avevo tentato in tutto e per tutto
per far sì che il vampiro comprendesse che non sarebbe stato gridandomi contro
il modo migliore per farmi passare la “cotta” per lui…
Ma non
aveva funzionato. Ed io non ero poi così tanto forte da riuscire a sopportare un
simile dolore.
Seth era stato la mia manna caduta dal
cielo.
Mi aveva dato il suo affetto, il suo amore
incondizionato…senza chiedere mai nulla in cambio.
Ora cedere al
travolgimento, per ricompensarlo, mi sembrava il minimo.
Così
lasciai che l’imprinting facesse effetto, scorrendomi nelle vene, riempiendomi
la testa, facendo rivivere la mia anima quasi spenta.
Quando le
nostre labbra si divisero, avevo una sola ed unica certezza: amavo Seth
Clearweater.
***
-Secondo me non sei così brava- Emmett rideva mentre continuava a
ripetere che avrei dovuto indossare i braccioli per stare
tranquilla.
Avevo trascinato lui e gli altri in piscina, per
vedermi mentre facevo la mia ora buona di nuoto.
Era
venerdì.
Indossavano tutti delle tute –i Cullen con marche famose,
i Queleute un po’ meno-, per passare il tempo nella sala di attrezzistica, che
si trovava proprio confinante alle vasche lunghe quindici metri, e dalla quale,
grazie ad un’intera parete in vetro, potevano ammirare il mio talento da pesce
mancato.
Negli spoiatoi m’infilai veloce il costume, la cuffia e
gli occhialetti ed andai correndo fuori di lì, verso la vasca numero
due.
Non avrei mai dovuto fare niente di più
azzardato.
Nella fretta, misi un piede in fallo e scivolai col
sedere a terra, procurandomi così un gran bel dolore.
Strinsi i
denti e poi lasciai sfuggire un respiro soffocato, cercando di resistere
all’impeto di battere i pugni a terra e iniziare a gridare come una
bambina.
Sentii la risata fragorosa di Emmett addirittura da sotto
il frastuono che mi circondava, tra il rumore dell’acqua in movimento e i
richiami degli istruttori.
Sospirai e mi rialzai lanciando solo un
rapido sguardo verso i miei amici, che stavano passando per una piccola porta
che collegava la sala di attrezzistica a quella in cui mi
trovavo.
Seth mi osservò preoccupato, dicendo al grosso vampiro e
ai Queleute qualcosa, con un’espressione severa.
Doveva avergli
ordinato di non ridere.
Emmett continuò a sghignazzare senza
dargli retta.
Il ragazzo continuò a guardarmi in pensiero, così
alzai una mano per far capire che era tutto okay.
Bugiarda. Ero
davvero una brava bugiarda, visto che alcune fitte avevano iniziato a
tartassarmi dal bacino in giu.
-Sempre la solita,
uhm?-
Alessandro mi si avvicinò divertito. Sussultai al pensiero
che potesse notare i Cullen ei licantropi…
Feci in modo che la mia
attenzione fosse esclusivamente per lui, sperando che non avesse visto la
direzione che puntavano i miei occhi fino a pochi istanti
prima.
-Eh già…che vuoi farci…sono Isabella Swan due la
vendetta-
la mia battutina così bassa nei confronti della ragazza
di Edward non era stata intenzionale…oh forse un pochino sì…
Il
mio amico guardò in su sbuffando, e borbottando che la mia fissa iniziava a
fargli odiare il libro.
Poi però, aggrottò la fronte e mi chiese
tra il curioso e il triste –Come mai oggi non sei voluta venire a
chiamarmi?-
Mi prese di sorpresa, ma cercai di rispondere con un
tono abbastanza calmo –Niente, tranquillo…io…non saprei. Mi andava così- feci
spallucce, tentando di sembrargli il più innocente possibile.
Ma
Alessandro ed io ci conoscevamo dall’asilo…e pur impegnandomi, non sarei mai
riuscita ad ingannarlo davvero fino alla fine.
Mi guardò
sospettoso socchiudendo gli occhi, finchè non disse –Okay, okay…come vuoi. Mi
spiegherai un’altra volta-.
Sorrisi rasserenata e lo abbracciai
senza molte difficoltà, visto che era alto come me, dicendo –Certo,
certo!-.
Ogni tanto avevo pensato che tra me e lui sarebbe potuto
nascere qualcosa quando fosse sembrato più adulto –cosa fino a quel momento
assente-, ma poi il nome di Edward compariva nella mia testa e cambiavo subito
idea.
Adesso invece apprezzavo Alessandro unicamente come migliore
amico, facendo né più né meno ciò che facevo prima.
E c’era un
altro nome a vorticarmi nella mente…
Sospirai beata, facendo
notare la cosa anche a lui, e a salvarmi da un’altra serie di domande fu Jacopo,
l’istruttore, che disse –Tutti a fare la doccia, forza-
E così io,
Ale e le dieci ragazzine che stavano in vasca con noi e che ignoravamo del tutto
passammo sotto il getto caldo della doccia.
Fui la penultima a
tuffarmi, e visto che c’erano degli spettatori, decisi di vantarmi per quel poco
che io –misera umana- sapevo fare.
Salii sul basso trampolino e
prendendo slancio eseguii un perfetto tuffo in avanti con capriola in aria,
prima dell’impatto con l’acqua.
Alla faccia tua,
Emmett!
Sogghignai soddisfatta dal fondo della vasca e trattenendo quella
boccata d’aria che avevo preso, nuotai in apnea per più della
metà.
Quando riemersi, osservai prima Alessandro, intento a
raggiungermi nuotando a stile libero, e poi la grande parete in
vetro.
Tutti mi osservavano.
Certi nel mentre
parlavano, altri ridevano…altri ancora restavano solo in silenzio
fissandomi.
Feci ciao ciao con la mano e continuai il resto della
nuotata a dorso.
Feci tutte ed otto le vasche a piacere in apnea,
riservando abbastanza forze per l’ultima, nel testardo intento di rimanere senza
respirare per tutti e quindici i metri, invece che metà o poco
più.
Presi una bella boccata d’aria e scivolai verso il fondo
movendo le gambe a delfino.
Adoravo la sensazione dello stare
sott’acqua.
Mi pareva di trovarmi in un altro mondo, e di essere
qualcosa di meglio che una semplice umana.
Quando ero più piccola
ipotizzavo che fossi una sirena, ma ora preferivo continuare con la mia
ossessione per i vampiri, che di ossigeno non avevano bisogno, e in acqua
avrebbero potuto vivere.
Appena arrivai a più di dieci metri,
lasciai che qualche bollicina di ossigeno fuoriuscisse dalle mie labbra
serrate.
Gli occhialetti però si erano appannati, così, presa
anche un po’ dai miei pensieri, non mi accorsi del muro e andai a sbatterci la
faccia.
Quello che ne seguì non fu certamente una delle cose
migliori in cui potessi sperare.
A causa dello scontro diretto,
rilasciai tutta l’aria che avevo in corpo e si sa, con la mancanza di ciò, si va
a fondo.
Battei qualche bracciata convulsa, ma non mi riuscì di
risalire e il dolore ai polmoni era tremendo, li sentivo
bruciare.
Notai grazie ai punti meno appannati degli occhialetti
ben due figure che nuotavano verso di me.
Chiusi gli occhi,
ripensando che doveva essersi sentita così Isabella dopo aver tentato il salto
nel vuoto dallo scoglio per ritrovarsi quasi
annegata.
Annegare…
Non volevo certo morire così!
Quando
qualcunò mi trascinò a galla, ringraziai il cielo.
Non appena il
mio volto fu a contatto con il vuoto, pieno di splendido ossigeno, tirai una
boccata e poi subito un’altra.
Accidenti a me e a quando avevo
deciso di fare apnea.
Mi sfilai via gli occhialetti e osservai il
mio salvatore.
Forse avrei sperato in Jacopo, ma qualcuno lo aveva
preceduto, come anche Alessandro, che ora mi nuotava –anzi, ci nuotava-
accanto…
Seth, ancora vestito, mi stringeva a sé ripetendo il mio
nome teso.
-Samantha…ti prego…dimmi che stai bene!- la sua voce
era un lamento tremendo.
Risposi tossendo –Stupidone! Come…potrei
stare bene?! Sono quasi annegata!- ma nel dirlo iniziai anche a ridere, la cosa
mi sembrava divertente, anche se in un modo tetro…
Dopo essere stata tirata fuori dalla vasca, controllaro che non mi fossi
fatta nulla, e quando si furono assicurati del mio buon stato fisico, attesi la
tremenda e fatale domanda.
-E tu saresti…???- Alessandro scrutava
Seth senza usare sguardi accusatori o indagatori…ma comunque non potevo dirmi
tranquilla.
Dovevo rispondere assolutamente prima di
Seth!
-Ah giusto…ora vi presnto. Lui è
Stefano-.
Un nome italiano, perfetto…lo avevo inventato sul momento.
Muahahah!
salve a tutte! eccomi di nuovo, precisa come un orologio svizzero con
l'aggiornamento! ogni fine settimana ù.ù.
Allora...vi lascio con questo
capitolo che è sospeso nel vuoto! chissà cosa accadrà nel prossimo...XD
Sarò
lieta di rispondere alle vostre domande, se ne avrete...non so...sulla
storia...o sul meccanismo contorto che ho deciso di usare come è scritto
nell'AVVISO della presentazione...
Sono come sempre felicissima di
notare l'aggiunta di questa storia tra i preferiti...e voglio rivolgermi proprio
a chi l'ha iniziata a leggere da poco...o non saprei cos'altro XD...
Mi
farebbe piacere sapere cosa ne pensate tutte...chi commenta da sempre e chi
ancora non lo fa...^^
(naturalmente non è che se non vi va di
dirmi il vostro parere io alzo l'ascia di guerra, nono ù.ù quindi siete libere
di fare ciò che volete ^^ però vi ho detto come la penso
XD).
Ora vi saluto...au bientout! ^^
Sammy
Cullen
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Capitolo 11 *** Prima di partire c'è qualche montagna da scalare ***
capitolo 11
11. Prima di partire c’è qualche altra montagna da
scalare…
Alessandro strinse la mano di Seth sorridente.
Era
per questo che lo apprezzavo così tanto: la spontaneità, ed il carattere
amichevole.
-Piacere, Stefano. Io sono
Alessandro-
dal momento che da parte del mio amico non vedevo
problemi, guardai l’altro.
Seth ancora non riusciva a capire il
perché di quel nome, ma quando incrociò il mio sguardo rapidamente, decise di
stare al gioco.
-Piacere mio, Alessandro- ricambio il sorriso
spontaneo da ragazzo Queleute e mollò la presa.
Sospirai
rasserenata.
Anche questa era andata bene, o almeno…così
credevo.
Il mio amico infatti non riuscì a resistere, e chiese
–Voi due siete…cioè…da quanto vi conoscete?- poi si voltò verso di me –Non mi
hai mai parlato di lui- e fece spallucce.
Io avvampai e risposi
osservandoli entrambi a turno –Ehm…a scuola. Già…è più grande di un anno ma…beh
abbiamo fatto amicizia- sorrisi facendo un grande sforzo per sembrare
naturale.
Entrambi alzarono un sopracciglio guardandomi, ma
l’espressione di uno era quasi incredula, l’altra…sorpresa.
Dovevo
assolutamente farli separare!
Iniziai a ragionare, a contare i
minuti ed i secondi…non potevo permettermi altri sbagli. Per quanto volessi bene
ad Ale, non potevo metterlo al corrente di tutto.
Laura aveva già
causato scalpore tra i vampiri ed i licantropi, ci mancava solo
lui!
Ad un certo punto li vidi tutti uscire dalla porta in vetro e
passare alle spalle del ragazzo, causandomi una sottospecie di
collasso.
Rimasi senza respirare, finché non capii che dovevo fare
in modo che l’attenzione di Alessandro non si spostasse alle sue spalle, lontano
almeno dieci metri.
-Ale!- lo chiamai con la voce acuta, quasi da
soprano.
Lui, che mi stava abbastanza vicino da poter perdere
l’udito strizzò gli occhi e sobbalzò –Cosa?!-
Ridacchiai nervosa
tenendo d’occhio lui e gli altri a turno, rapidamente, come se stessi osservando
il rimbalzare di una pallina da tennis tra due
giocatori.
-Niente…senti, aspettami pure fuori dagli spogliatoi,
tanto Stefano deve andar via…-
alle mie parole vidi lo sguardo di
Seth rattristarsi.
Ignorai il gesto e attesi il momento buono per
spiegargli.
Il mio amico umano alzò gli occhi al cielo e poi annuì
divertito –E va bene, allora vado a cambiarmi…- fece per entrare nello
spogliatoio maschile, quando si voltò e disse a Seth –Arrivederci allora…ci si
vede-.
Il mio ragazzo sorrise di rimando facendo un cenno col
capo.
Quando l’altro fu sparito, mi concentrai interamente su di
lui.
Era bagnato dalla testa ai piedi, dal momento che per
buttarsi in acqua e soccorrermi non aveva pensato a togliersi i
vestiti.
I vestiti…
Qualche pensiero non molto
appropriato si fece strada nella mia mente.
Scrollai il capo e
dissi –Sei tutto bagnato…-
Lui ridacchiò e disse sfiorandomi il
volto –Fa niente…-, ma non me ne importava nulla, sinceramente, del fatto che
potesse permettersi di girare anche nudo a dicembre, in pieno inverno, senza
beccarsi un quaranta e mezzo di febbre se non di più, solo perché quella era la
sua temperatura solita.
-Non m’importa se per te non fa differenza
avere vestiti bagnati o asciutti addosso! Chiedo a Carlisle se ha un cambio da
prestarti…-
ma mi zittì mettendo un dito sulle mie labbra
–Spiegami perché torni a casa con lui, stasera…-.
Oh, perfetto!
Ora ci mancava Seth geloso per completare il quadro.
Chiusi gli
occhi e sospirai rassegnata, alzando una mano per poter scansare la sua e
parlare –Seth…non voglio coinvolgere anche Alessandro in questa storia, se mi è
possibile riuscirci…quindi ti prego torna all’ hotel con gli
altri-.
Sul suo viso comparì un cipiglio stupendo…le sopracciglia
avvicinate al centro, a causa della fronte aggrottata, ed una ruga d’espressione
leggera proprio nel mezzo.
Ma non mi rispose.
La
cosa non mi fece certo star meglio. Forse era indeciso…o peggio,
offeso!
-E dai…prometto che poi sarò tutta per te…- ridacchiai
leggera e mi alzai in punta di piedi per avvicinarmi più che potevo alle sue
labbra.
Seth in risposta sbuffò alzando gli occhi al cielo e disse
–Se me lo chiedi in questo modo…- e fece sì che la sua lingua stuzzicasse la mia
in un gioco movimentato.
Restai appiccicata a lui quanto bastava
per finire in catalessi, poi mi staccai ed esclamai –Accidenti! Sto perdendo
tempo! Se Alessandro esce dalla palestra e li vede…oddio, oddio…lui potrebbe
capire!-.
Mi allontanai da lui a malincuore e corse nello
spogliatoio per farmi la doccia, asciugarmi e
rivestirmi.
Durante l’operazione, ruzzolai almeno
tre, quattro volte sul pavimento umido, la scarpa destra si ruppe totalmente,
creando un buco laterale, dal momento che era ormai consunta, e i capelli corti
stavano sparati in ogni dove per l’aria, con la frangetta laterale tutta
disordinata.
Sbuffai quando mi misi il borsone a tracolla e corsi
contro la porta sbattendoci il muso.
-Ahia!- misi una mano sopra
il mio delicato naso sottile e cacciai indietro una
lacrimuccia.
Uscii da lì dentro osservandomi intorno come una
pazza e trovai Alessandro seduto sul divanetto, intento ad aspettarmi, come al
solito.
Mi avvicinai e lui si alzò –Oggi hai battuto il record…-
rise.
-In anticipo?- risi anch’io.
-Nah, in ritardo-
e scosse il capo sghignazzando.
Sospirai di sollievo quando non
vidi i Cullen ed i Queleute fuori dalla porta d’ingresso in vetro…ma dovevo
accertarmi che…
-Stefano è andato via? Lo hai
visto?-
la domanda lo colse di sorpresa, ma rispose tranquillo
–Sì, mi ha salutato scusandosi dicendo che andava di
fretta-.
Perfetto.
Lasciai che un sorriso beato
solcasse le mie labbra ed uscii con lui di fuori, col vento freddo a colpirmi il
volto.
Camminammo chiacchierando della scuola, degli amici, delle
vacanze di Natale imminenti e del nostro
compleanno…
Gennaio.
Non mancava
molto.
Come lo avrei passato? Avrei festeggiato con gli amici
umani, o con quelli sovrannaturali?
Alessandro mi
riaccompagnò fin sotto casa, dal momento che le nuvole si erano improvvisamente
addensate causando una pioggia tremenda, ed ero sprovvista di ombrello mentre
lui, preparato come sempre, ne aveva uno a portata di
mano.
Durante il tragitto, notai un auto –un pick-up scassato-
seguirci dalla strada.
Potevo sperare davvero che fosse un altro
catorcio e non quello di Isabella? No. Era del tutto improbabile che non fosse
lui. Quasi ringhiai ed Ale, alzando un sopracciglio sorpreso, chiese
ironicamente –Da quando in qua hai iniziato ad imitare i
cani?-.
Cercai di calmarmi e dissi falsamente –Mi sto solo
schiarendo la gola…-. Non volle indagare oltre e gliene fui
grata.
Una volta che mi ebbe scortata fino al portone, mi salutò e
se ne andò veloce, cercando di coprirsi il più possibile con l’ombrello che
rischiava di spiccare il volo per colpa di una folata di vento
improvvisa.
Sospirai e, invece di entrare nel mio palazzo,
attesi.
Passarono svariati minuti, ma non venne nessuno, così,
ancora più snervata, chiamai con un tono da far gelare il sangue
–Seth-.
E lui comparve dall’oscurità del cortile, con
un’espressione di vergogna e dispiacere sul
volto.
-Non.ti.avevo.detto.di.tornare.all’.hotel?- percepii con le
mie stesse orecchie il tono infastidito della mia voce.
Seth, dal
canto suo, si avvicinò fino ad arrivare al riparo dei balconi del primo piano,
per non bagnarsi oltre.
Mi sovrastava del tutto, dandomi
l’impressione che fosse cresciuto un altro po’.
Deglutii e lo
guardai un po’ più incerta.
Come potevo essere dura con
lui?
All’improvviso mi sembrò estremamente difficile
tenergli il muso, come se una parte di me protestasse con tutta se
stessa.
La cosa mi faceva sentire terribilmente…lasciva? Stavo
diventando come Esme, se non peggio? Colei che perdona e sopporta
tutto?
No, questo no…
Strinsi i pugni persa nei miei
assurdi ragionamenti.
Quando decisi di aprir bocca per parlare,
Seth avvicinò il suo volto al mio e sussurrò con le labbra a pochi centimetri
dalle mie –Scusami, ma non ho saputo resistere…- feci molta poca attenzione a
quelle altre due parole che pronunciò, presa com’ero a lasciarmi frastornare dal
suo fiato caldo e con un profumo dolce e denso a soffiarmi sul
viso.
Quasi contemporaneamente allo stordimento che mi aveva
travolto, arrivò la foga…tutta insieme, di getto, e mi strinsi a lui cercando
quasi bisognosa il contatto tra le nostre labbra.
Ecco, con lui
non riuscivo proprio più a controllarmi.
Accidenti al
travolgimento!
-Una festa?- ancora non riuscivo a capire cosa avesse in mente Laura, ma
di certo avrei dovuto iniziare a preoccuparmi.
Lei mi guardava con
quel suo sorriso tremendamente contagioso stampato in faccia: una scintilla
allegra e luminosa a novanta gradi.
-Sì, esattamente! Sarà
stupendo! Ogni anno nella mia scuola si svolge una festa per l’inizio delle
vacanze Natalizie…e visto che è permesso invitare persone esterne…- lasciò la
frase a metà, facendo la vaga.
Compresi allora cosa le passasse
per quella testa dotata di una mente astuta e calcolatrice e la mia risposta non
sarebbe potuta essere più seria, autorevole e concisa di quella che diedi io:
-No-.
Secco, deciso, irremovibile.
Il “no”
migliore che avessi mai detto!
O almeno, lo sarebbe stato se lo
avessi dato come risposta a qualcuno che non si chiamava Laura, che era sempre
pronta a tutto e terribilmente cocciuta e convincente.
-Oh dai
Sammy…ci divertiremo!-
-No-.
-Ma
perché?!-
-Perché no-.
-Ah beh, allora
spiegalo tu, che non ne se ne fa niente, ad Emmett, Alice, Quil,
Embry e Jared- mi guardò strafottente e malignamente
compiaciuta.
-Brutta…- non finii la frase che già le correvo
dietro, un po’ ridendo ed un po’ gridandole contro.
Era come un
gioco, per noi.
-Vieni qui! Fermati, Laura! Se ti prendo puoi dire
addio alla festa!-, ma lei rideva soltanto, schivando o facendosi schivare dalle
altre persone sul marciapiede, osservando alle sue spalle di tanto in tanto, per
vedere se fossi in procinto di acchiapparla.
Proprio quando
allungai una mano pronta ad afferrarla per il cappuccio del pesante cappotto
viola, inciampai.
-Ahi…- la storta che mi ero presa non poteva
essere peggiore di così.
La mia amica si voltò, facendo ancora
qualche passetto all’indietro per un riflesso involontario, e quando si accorse
del fatto che mi trovassi a terra, spalancò gli occhi e scoppiò in una fragorosa
risata.
La cosa durò qualche istante e poi, quando vide che ancora
non mi tiravo su, iniziò a preoccuparsi e si fece subito
seria.
-Sa…Sammy? Tutto okay?- mi si chinò
accanto.
Per tutta risposta dissi in un lamento –Stavo meglio
prima…- e cercai di rialzarmi in piedi, con lei già pronta a reggermi in caso
avessi deciso di ricadere giu.
-Tonta…immagino quando incontrerai
la zia Stephenie con gli altri…penserà che sei tu Bella
Tordella!-.
-Grazie tante- mugugnai.
[…]
Era il diciannove dicembre quando mi recai assieme agli altri nella
scuola della mia pazza e scatenata amica.
Prima di arrivare lì, mi
aveva avvertito sul rischio dell’arrivo di un tremendo uragano conosciuto col
nome di Giorgia.
La sua più cara amica nella classe in cui si
trovava.
Grazie alle sue cronache dettagliate, avevo capito che
era la sosia perfetta di Alice…solo un po’ meno pallida, fredda, forte, veloce e
beh…umana!
Non appena entrammo nel grande cortile, Sam disse nervoso –Prima o poi
voi due, ragazzine, ci farete scoprire-
Ed io risposi a tono
–Senti bello, ero meno d’accordo di te!-.
Lui ringhiò ed io gli
feci la linguaccia, sotto lo sguardo divertito dei Cullen e le battutine di Quil
ed Embry.
-Hai trovato una degna rivale, Sam-
-Già,
Sammy non è poi così tranquilla come sembra- e Quil, aggiungendo ciò
all’affermazione dell’amico, guardo a turno me e Seth, lasciando sottintendere
qualche altro significato.
-Idioti!- ma lo dissi benevolmente,
ridendo assieme a loro.
Non appena entrammo all’interno
dell’edificio, mi guardai attorno cautamente. Dovevo fare attenzione alle
reazioni che i ragazzi avrebbero potuto avere vedendo quello strano gruppetto
che mi circondava; così appariscente, formato da giovani belli e perfetti,
modelli e modelle, ognuno con un particolare da ricordare.
-Sta
tranquilla, Sammy. Alice è cieca, ma io e Jasper possiamo controllare che tutto
vada nel miglior modo possibile—Edward, che mi aveva affiancato a sinistra,
visto che a destra c’era Seth, mi regalò un sorriso mesto per farmi capire di
star tranquilla.
Respirai a fondo, annuii più a me stessa che a
lui, li guardai uno per uno un istante e poi, quasi come se la mia tappa fosse
il patibolo, feci il primo passo verso il lungo corridoio che conduceva alla
palestra.
Era un rischio immenso quello che stavamo correndo. Andavamo alla
cieca, come se l’oscurità ci avesse avvolto gli occhi, solo perché la piccola
vampira-folletto era nell’impossibilità di vedere qualcosa di sicuro con i
licantropi attorno.
Ascoltare Laura non mi era mai sembrato più
insensato di quel giorno. Eravamo diretti in una stanza stracolma di ragazzi
umani; possibili spuntini per Jasper, con la sua sete ancora troppo forte.
Ragazze con la capacità di vedere oltre e capire chi erano quei ragazzi così
somiglianti ai personaggi di un libro.
Un
libro.
Ecco da dove derivavano…o forse no…forse era da un
sogno.
Eccomi qui! scusate il ritardo...e anche il fatto che vada di fretta! vi
ringrazio tutte! WOW! 7 recensioni...per me sono tante XD grazie infinite! Laura
pretende la mia compagnia, perciò non mi dilungo, prendetevela con lei!
XD
baci.
By Sammy Cullen
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Capitolo 12 *** Una festa assai movimentata, biglietti aerei e lettere ***
capitolo 12
Nella palestra c’erano come minimo un
centinaio di studenti, e credo proprio che fossero poco più della metà del
numero intero.
Mi
gelai sul posto, dopo aver fatto quattro passi, e non perché sapere di avere
tutti quei giovani attorno mi rendesse nervosa, o perché ancora temevo una
reazione improvvisa da parte di Jasper…
Ma
perché una ragazza, alta più o meno come Laura, coi capelli scuri e mossi, gli
occhi castani, la pelle pallida e un corpo minuto e dai movimenti aggraziati, ci
stava letteralmente correndo incontro, inseguita dalla mia amica, che dopo
averci notato, sorrise un po’ in difficoltà.
Sapevo
esattamente chi fosse, e non appena la vidi fui costretta a stropicciarmi gli
occhi incredula, visto che era una sottospecie di copia umana di
Alice.
Nel
mio cervello intanto, stavo cercando dei nomi fasulli per ognuno dei miei amici,
come copertura, tralasciando Seth, a cui Stefano si addiceva molto
bene.
Uhm…vediamo…Edward…accidenti! Per lui mi viene
in mente solo la versione Italiana! Emmett…potrei dire che si chiama Massimo, è
un bel nome. Rosalie… Sofia, è elegante, non le dispiacerà. Alice resta Alice,
in italiano. Jasper…mmh…Jordan, Carlisle diventa Carlo, Esme invece Elena…bene,
ora passiamo ai licantropi! Sam diventa Samuele, così non cambia molto, Quil
direi che potrebbe chiamarsi Andrea, ad Embry si addice Lorenzo…Leah…lei potrei
dire che si chiama Eleonora…Jared sarà Giacomo e Paul diventa Paolo…
Evviva! Ci sono tutti, se non
sbaglio…
Tutti intorno a me restarono di sasso, finchè
non vidi Edward rivolgere ad ognuno di loro parole veloci, sfuggenti. Stava
dicendo i vari nomi per prepararli alla recita.
Rosalie sentendo quello che le era toccato,
restò stranamente compiaciuta e mi sussurrò –Hai gusto per i nomi, Samantha-.
Sorrisi per ringraziare del complimento e quasi sussultai quando voltandomi di
nuovo trovai la furia dai capelli scuri davanti a me.
-Ehm…ciao…- lo spavento e la sorpresa erano
stati così grandi che mi premetti una mano sul cuore.
Era
stata silenziosa, pur portando delle scarpe eleganti coi tacchi di massimo
quattro o cinque centimetri, forse per sembrare più alta, visto che altrimenti
mi arrivava alle spalle, esattamente come Laura, che guardava lei e noi a turno
in tensione.
-Ciao!
Ho sentito parlare di te ogni tanto…sei la cosiddetta Sammy Cullen?-
aveva una voce
allegra e sottile.
Annuii
e le porsi la mano, in un gesto per me solito.
La
strinse leggermente facendo vagare lo sguardo intanto verso i Cullen ed i
Queleute. Prima ancora che chiedesse i loro nomi, ognuno dei giovani bellissimi
si presentò, facendo un cenno col capo.
Giorgia sorrise a tutti e fui costretta a
scansarmi di lato per schivarla, quando si bloccò davanti ad Alice, senza
guardarla direttamente: la sua attenzione era tutta rivolta alle scarpe che
indossava la vampira.
La
giovane aveva due diamanti luccicanti al posto degli occhi, e li teneva fissi su
quegli stivali neri in pelle di una qualche famosissima marca impossibile da non
conoscere…se non per me.
Il
folletto-vampiro di conseguenza a quella comparsa improvvisa –fin troppo, per
lei- guardò Giorgia con malcelata curiosità e le
sorrise.
Giorgia
disse con enfasi assurda –Fantastiche…dove le hai comprate?!-
Ed
Alice rispose col suo scampanellio di voce –In una boutique un po’ “fuori
città”-.
Alla faccia del fuori
città…
Il mio pensiero venne subito incanalato dalla
mente di Edward, che ridacchiò quasi istantaneamente.
Ma
nessuno prestò attenzione a lui, dal momento che eravamo gli unici a sapere il
perché di quella leggera ilarità improvvisa.
La
scena che si stava presentando davanti ai nostri occhi era a dir poco
spassosa.
Alla
risposta di Alice infatti, Giorgia aggiunse guardando finalmente lei invece dei
suoi piedi e ciò che li copriva –Boutique? Queste due meraviglie trovate in una
boutique?! No, no…impossibile! Le ho viste in un catalogo di moda, proprio
l’altra settimana! Sono stivali in vera pelle…di marca, per di
più!-
Restai a
bocca aperta, osservando la ragazza che ancora continuava a scuotere il capo
parlando di colore, consistenza, materiale, data di creazione, nome della griff
di quel paio di scarpe.
Cioè…rendiamoci conto…erano solo scarpe.
Okay,
okay…io non avrei mai dovuto aprire bocca, perché tra Alice e Giorgia, non
saprei dire neanche ora chi sarebbe stata la più insensibile nel momento in cui
avessero deciso di torturarmi.
Ad attirare la mia attenzione fu Laura, che mi
si avvicinò e disse –Speravo davvero che non la vedesse…ma meglio che abbia
posato i suoi occhi su Alice invece che su…- ma non terminò la frase che subito
ci accorgemmo di un qualcosa di strano.
Il
parlare rapido della sua amica era cessato d’improvviso, e subito la guardammo
confuse.
Bene,
non sarebbe potuta andare meglio di così! Giorgia si trovava a pochi centimetri
da Jasper, intenta a studiarlo da cima a fondo incredula, con le labbra tremanti
e gli occhioni lucidi dalla contentezza.
-Wow…impossibile! Sei fantastico…e sembri il
Jasper dei miei sogni…-
Nella
mia testa immaginai una scena comica stile manga, in cui cadevo di lato come una
pera cotta.
Edward
dovette mordersi un labbro per resistere alla tentazione di ricominciare a
ridere.
Jasper, che era diventato all’improvviso il
centro dell’universo, mi sembrò un poco in difficoltà. Era questo ciò che temeva
da sempre Laura, eppure non aveva fatto altro che muovere ogni pedina fino ad
arrivare a quel punto.
Ad un
certo punto, Giorgia smise di ammirare il vampiro biondo e rivolse uno sguardo
entusiasta a Laura, che chiese -Perché mi guardi così?- osservandola di
rimando sospettosa.
-Nulla, volevo avvisarti di portare la quota
per il campo scuola, al ritorno dalle vacanze, ieri al consiglio di classe
abbiamo deciso, e i professori hanno accettato- sorrise e fece per
girarsi.
-Dove
andiamo?- domandò curiosa l'altra, mentre tutti quanti le osservavano divertiti;
solo Edward era rimasto impassibile, concentrato sulla nuova arrivata con
un'espressione contratta in volto.
-Volterra!- esclamò gioiosa Giorgia -A marzo,
ci saranno anche le riprese! Ti immagini!- gli occhietti di lei si fecero
sognanti.
Laura
rimase interdetta. Notai la sua reazione e cercai di capire a che conclusione
fosse giunta. Quando la lampadina si accese anche nel mio cervello, fu come un
fulmine a ciel sereno.
Volterra, stava a significare morte…stava a
significare Volturi.
Sentii
il sangue gelarmisi nelle vene e un brivido salirmi lungo la schiena. Poteva
andar peggio di così? Mentre iniziavo a ragionare su come fare per non mandare
Laura a morire, lei esclamò -V-volterra!?- con la voce stridula. A questo punto
perfino Alice e Rosalie, che parlavano di qualcos’altro, spostarono l'attenzione
sulla conversazione.
Giorgia fece spallucce e guardò Laura
interdetta: -Sì. Volterra, credevo ti piacesse. Stiamo in un hotel molto
piccolo, al massimo una comitiva per volta, così era scritto sul depliant,
proprio sulla piazza centrale, leggermente dietro alla cattedrale-
Se
avessi potuto immaginare la faccia di un morto molto probabilmente sarebbe stata
quella di Laura. Era sbiancata tutto d'un tratto, e spostava il suo sguardo
frenetica da Edward all'amica, che con un'alzata di spalle entrò nella sala da
ballo.
-Merda- fu l'unica cosa che riuscì a dire una
volta sola con la compagnia sovrannaturale.
-L'avrei detto in altri termini, ma
l'espressione giusta credo sia questa- Edward l’ affiancò con le mani in tasca.
-L'
albergo non è un albergo, vero?- sussurrò impercettibilmente Laura al vampiro. I
due nemici si guardarono per un attimo.
-Hai capito tutto- disse saccente
lui.
-Già
mi immagino le pagine dei giornali... comitiva studentesca muore su un autobus,
cadaveri carbonizzati dall'esplosione- mormorò affranta.
-Cavolo! Sei un genio del male! Non avrei mai
pensato una cosa del genere!- esclamò divertito Emmett da dietro.
Allora
tutti lo incenerimmo con un’occhiataccia ed io posai una mano sulla spalla di
Laura –Non voglio che tu vada-.
-E
come potrei fare? Con che coraggio potrei abbandonarli nel momento fatale?- la
ragazza aveva gli occhi umidi. Cosa poteva esserci di peggio? È vero, io non
potevo capirla a fondo, ma immaginavo la sensazione di impotenza di fronte a
quella visione così tetra del futuro di una trentina e più di
ragazzi.
Mi morsi
un labbro e dissi –Troveremo il modo, Laura. Ma tu non devi andare lì. Sai bene
che è un rischio, anzi, un vero e proprio suicidio-.
-Boicottali- aggiunse Edward ad una domanda
solo pensata della mia amica.
Lei
all’improvviso stizzita sbuffò e mormorò qualcosa molto simile al..."oh certo!
come no, così vengo linciata!".
Tutte
le tessere del puzzle si sarebbero unite, oppure, più probabilmente, divise
violentemente e disperse.
Il
pericolo era sempre stato vicino, ma non ci avevo mai davvero pensato. I
Volturi, sovrani incontrastati di quel piccolo pezzetto di mondo che era
Volterra, attendevano dopo le vacanze Natalizie un abbondante scorta di cibo.
Laura era tra questi…
Una
vittima.
No!
Mai e poi mai l’avrei lasciata partire e, col cuore dal battito accelerato ed il
respiro affannato, notai lo stesso pensiero dipinto sul volto di tutti i nostri
amici vampiri e licantropi. Non avremmo fatto festeggiare i Volturi con lei come
banchetto.
La festa si svolse in maniera abbastanza
“tranquilla”…se tralasciamo il fatto che Giorgia aveva seguito Jasper per tutto
il tempo, con Alice che da amichevole era diventata con lei più fredda, forse a
causa del fatto che stesse sempre appiccicata al suo ragazzo.
Un’altra cosa che avrei preferito non ci fosse
era il “momento del ballo”. Io, per prima, mi ero sempre ritenuta più immobile
di una statua e simile ad un tronco d’albero nei movimenti, in più, quelle poche
volte che mi ero lasciata trascinare su una qualsiasi pista da ballo, avevo
pestato insistentemente i piedi del cavaliere che mi ero toccato.
Sapevo
bene che Seth di quest’ultima parte non avrebbe dovuto preoccuparsi, dal momento
che se anche gli fosse passato un carro armato sui piedi non avrebbe fatto una
piega, ma…era tremendamente imbarazzante fare la figura dell’incapace, perciò
quando proprio lui mi cinse i fianchi sorridendomi e dicendo –Andiamo a ballare
un po’?- io per tutta risposta scossi la testa da destra verso sinistra
freneticamente.
Neanche morta sarei mai andata al centro della
palestra a danzare! Sempre se così si potesse chiamare il restare del tutto
immobile a cui ero solita.
Seth mi guardò sorpreso dal rifiuto così
energico e chiese –Come mai tutta questa repulsione per la danza?-
Sbuffai e risposi col muso –Sono una
frana…balla con Giorgia, così la togli dai piedi a Jasper e sia lui che Alice
saranno contenti…-
Ma
dentro nascondevo un altro motivo per il quale ero così nervosa e indisposta ad
ogni cosa.
Il
terrore ancora mi attanagliava l’anima, e la mia mente non voleva davvero
cercare di scacciare almeno un po’ il pensiero di quel luogo…di quei mostri
dagli occhi rossi e lucenti.
Vampiri.
Ora
capivo perché Laura aveva sempre detto che i Cullen non rispecchiavano un buon
ideale di “mostro mitologico dalle sembianze angeliche”…loro erano buoni. Così
tanto da non sembrare veri bevitori di sangue, ma…
Quelli che a Volterra banchettavano con esseri
umani, non avevano nulla da invidiare al Dracula di Stocker.
Lui
scoppiò a ridere e disse facendo lo strafottente, in modo comunque tenero –Ma io
voglio ballare con te-
-Oh
beh…allora è meglio che tu ti metta comodo oppure che vada al buffet…guarda lì
Quil ed Embry, si stanno spazzolando tutto- ma il mio tentativo di farlo
distrarre per scappare non funzionò, e mi trascinò al centro della sala,
causandomi un malumore tremendo.
-Seth!
No! Lasciami…- ma già volteggiavamo insieme, senza che me ne fossi resa conto.
La cosa andò liscia per qualche minuto (lo ammetto, un record) poi gli pestai un
piede, come mi aspettavo.
-Scusa, scusa, scusa!- ero già diventata rossa
come un peperone. Lui sorrise e mi baciò la fronte dolcemente –Fa niente- e fece
spallucce tranquillo.
Sospirai più
serena.
Gli ero
grata per essere sempre così buono con me.
Accanto a noi un’altra coppia intanto girava
elegantemente su se stessa e svolgendo di tanto in tanto qualche elegante
piroetta.
Quando
spostai lo guardo su di essa, invece che osservarla passivamente con la coda
dell’occhio, restai per un istante senza parole dallo stupore, e poi iniziai a
concentrarmi per trattenere le risate.
Era
strano vedere Edward e Laura ballare insieme, come se una tigre mangiasse amichevolmente
con un leone, ma avrei scommesso tutto quello che avevo che i sorrisi sarcastici
di lei, e i ghigni di lui erano solo lo specchio delle battute perfide che si
stavano scambiando…
Sempre
nel mezzo del tumulto si trovarono ancora più vicini a noi, e quindi non fu solo
un piacere di Seth sentirli.
Vidi
Laura staccarsi di colpo da Edward e guardare male il suo petto, mentre lui
toglieva divertito un cellulare. Lei lanciò un'occhiata veloce allo schermo e
con un'espressione infastidita e sardonica lo punzecchiò -Come mai non hai
salvato il suo numero, con “A positivo”?-
Lui l'incenerì e aprì il telefono, ma lei fu
più veloce e con una mossa rapida glielo tolse di mano.
Poggiò
l'altra sul microfono e lo prese in giro -Hey cosa fai non riesci a leggermi
nella testa?-
-No,
sai…quando si supera un certo punto di idiozia diventa quasi
illeggibile-
Lei
aprì la bocca e spalancò gli occhi sbalordita e poi ghignò avvicinandosi il
telefonino all'orecchio.
-Citazione dal tuo ragazzo: “quando si supera
un certo punto di idiozia la mente diventa quasi illeggibile”-
lo guardò con aria di sfida e quasi schifata gli restituì il
telefono.
Bene,
ora penserete che Edward si avventò su Laura senza neanche contare fino a dieci,
ma invece ciò non accadde, perché il vampiro era troppo impegnato a spiegare a
Isabella chi fosse la “simpatica” signorina che aveva risposto.
-No,
Bella…Bella ascoltami, è solo una sciocca ragazzina. Un’amica della giovane che
abbiamo raggiunto. Sì…va tutto bene, non preoccuparti per
me-.
Ci fu un
attimo di pausa, in cui immaginai Isabella intenta a dirgli tutto ciò che
immaginavo di dirgli io quando ancora lo amavo e non gli volevo solo bene
(perché sì, io provavo comunque un grande affetto per Edward).
Quando
lui rispose di nuovo, il tono era tornato sereno –Tornerò da te non appena
avremo riaccompagnato Samantha qui, in Italia, dopo il viaggio. Sai che la tua
assenza è una tortura-.
Laura
allora borbottò senza preoccuparsi di essere sentita –Io al posto suo avrei
fatto i salti di gioia non avendoti tra le scatole…-
Edward
parlò un altro po’ con la sua ragazza e poi la salutò con un “ti amo”, che venne
subito contraccambiato.
Non
appena ebbe riposto il cellulare in tasca, sibilò a Laura –Inizia a correre, ti
do un po’ di vantaggio-.
Laura si salvò solo perché aveva trovato
riparo dietro a Jacob, e perché Edward non aveva intenzione di usare la sua
super velocità davanti a centinaia di sguardi divertiti e curiosi.
Quando
la festa terminò, ce ne andammo lasciando lì lei e la sua amica Giorgia, che
osservò con rammarico Jasper.
Accidenti, gli piaceva proprio.
Mi
riaccompagnarono a casa tutti assieme.
Due
giorni e avrei salutato baracca e burattini, sarei partita per l’Arizona. Un
luogo assolato e caldo, dove Stephenie Meyer viveva coi tre figli ed il
marito.
Ecco
ciò che sapevo su di lei.
Immaginai che fosse una persona molto
socievole…
-Mi
mancherai in questi due giorni…- Seth mi strinse a sé e mi lasciai baciare
davanti a tutti, rispondendo poi –Eh già…sono un’eternità, uhm?- e
ridacchiai.
Mi
riusciva facile essere felice con lui e gli altri vicini.
Lui di
rimando sorrise e mi accarezzò il volto. Strinsi la sua mano con la mia e poi
salutai i Cullen ed i Queleute con affetto.
Ero
contenta di averli come amici.
Non
appena se ne furono andati ed io fui entrata in casa raccontando ai miei della
giornata che avevo trascorso –tralasciando molte cose-, mi distesi sul mio
scricchiolante divano-letto e presi un foglio di carta.
Volevo
scrivere una lettera a mamma e papà, da fargli trovare una volta che fossi
uscita da quella casa.
Presi
la penna più fluida che avevo, nera e iniziai a
scrivere:
Adorati mamma e papà...
Molte di voi si chiedevano dove fosse finita
Isabella...beh, è viva, ve lo assicuro, ma comparirà -di persona- dopo un bel pò di
capitoli...ma che, vi manca? a me no XD sinceramente ù.ù
Beh, grazie tante a
tutte voi! Spero che il capitolo vi
piaccia!
Baci.
By Sammy
Cullen
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Capitolo 13 *** La sorpresa, l'incubo e l'incontro... ***
capitolo 13
Osservavo il cielo grigio senza
pensare a nulla in particolare, notando l’addensarsi sempre maggiore delle
nuvole.
Era dal giorno in cui Robert
Pattison aveva fatto la sua comparsa a Roma per quel maledetto festival del
cinema, che aveva cominciato a piovere costantemente.
Avevo ipotizzato non poco
indispettita il fatto che il giovane attore inglese si fosse portato dietro un
po’ della pioggia di Forks e quella di Londra assieme.
Accidenti a lui! Non fraintendiamo,
io amavo la pioggia, ma non così costantemente. Un giorno di sole a settimana
mi sarebbe bastato, tanto per far rafforzare le ossa e resistere ai fastidiosi
suoni onomatopeici che le mie scarpe annacquate creavano, tra cui scrash,
splash e ciap-ciap.
Ecco, forse questo era l’unico
pensiero che mi vorticava nel cervello mentre finivo coi piedi in tutte le
pozzanghere, grandi e piccole, in cui m’imbattevo.
Era arrivato il fatidico giorno
della partenza. Il ventuno dicembre.
I miei genitori già parlavano di
passare il Natale coi miei nonni materni ed io restavo in silenzio. Il giorno
precedente, avevo faticato molto per non dirgli che me ne sarei andata per un
pò in America, oltremare.
Mi avrebbero odiato? Si sarebbero
preoccupati?
Sicuramente.
Gli avrei causato non poco dolore.
Era mattina, ma quelle nuvole
grigie rendevano il paesaggio scuro, quasi notturno…tetro.
Avevo augurato buone feste a tutti
i miei amici di scuola, ad Alessandro e Lucrezia…con Laura invece non ce n’era
stato bisogno, era certa che sarei tornata proprio entro il venticinque o giù
di lì.
Respirai a fondo e attesi la
comparsa della Volvo grigia seguita dalla Mercedes, il fuoristrada ed il
pick-up provenienti dall’hotel, sulla via principale del mio quartiere.
Quando tutte e quattro le auto si
accodarono una per una accanto al marciapiede su cui mi trovavo, ebbi
l’imbarazzo della scelta.
Potevo infatti farmi spazio sia
nella Volvo che nel pick-up…ma all’improvviso m’impuntai sul fatto di voler
viaggiare comoda, così salii tutta tranquilla sulla macchina di Carlisle ed
Esme, che salutai baciandoli entrambi su una guancia sporgendomi dal sedile
posteriore.
Ero grata che fossero così
protettivi e dolci con me…mi facevano sentire davvero a casa, anche se non
eravamo ancora partiti.
-Sono un po’ nervosa…- ridacchiai
imbarazzata nel dire ciò, e notai il leggero sorriso dei due vampiri, che
guardandomi sereni, risposero –Era prevedibile-.
Sorrisi di rimando e mi afflosciai
comodamente sul sedile, quando di colpo qualcuno picchiettò leggermente il
finestrino e Carlisle ridendo nel suo modo composto abbassò il vetro quel
tanto che bastava per dire –Sì, puoi salire-.
Aggrottai la fronte e mi misi al
lato destro per far spazio al nuovo arrivato.
Chi cavolo osava rubarmi spazio?
Ma bloccai il pensiero a metà,
perché ad occupare il posto accanto a me c’era Seth, a cui buttai le braccia al
collo.
-Pensavo non mi volessi qui- rise.
-L’auto non è mia…e volevo
viaggiare con tutto lo spazio possibile- risposi facendo la saccente.
-E per questo motivo hai del tutto
ignorato il fatto che mi trovassi nel pick-up di Isabella ad aspettare te?
Neanche un saluto al proprio fidanzato?-
La parola finale di tutto il
discorso mi fece emozionare, ma risposi col tono più scherzoso possibile
–Primo, il mio piano era quello di farti arrivare fin qui, per questo sono
passata oltre quel catorcio e secondo, da quando siamo ufficialmente
fidanzati? Non servirebbero cose come anelli, fiori e cioccolatini?-.
Sinceramente, io ero molto più una
tipa da cioccolata che da gioielli.
Seth sorrise trionfante, per un
qualche motivo che non potevo davvero immaginare e disse –Beh, ti ho fatto un
regalo…-
Subito aguzzai la vista cercando
pacchetti di ogni genere tra le sue mani, ma non vi era nulla.
Rimasi un attimo confusa.
Intanto, non mi ero accorta del
fatto che l’auto era partita, scivolando fluida e veloce sull’asfalto coperto
di macchie d’olio.
Il ragazzo tossicchiò per attirare
di nuovo la mia attenzione, che si era dissolta nel nulla, e mise una mano in
tasca. Ne tirò fuori una scatolina in velluto rosso.
La osservai senza sorprendermi più
di tanto. Un anello. Tipico gioiello da fidanzamento. Ma forse sbagliavo a
parlare così presto…
Mi guardò negli occhi e sorrise,
attendendo che parlassi.
-Seth…aprila, forza! Non posso
dirti niente finchè non vedo cosa c’è dentro-. Sghignazzai della sua
espressione imbarazzata e vidi poco dopo la piccola scatola aprirsi…
…Mi ero aspettata di trovarci
dentro un anello dei più semplici o forse costosissimo, con un piccolo aiuto
economico da parte di Edward, invece…no, escludete anche l’idea del
cioccolatino con dentro il gioiello da masticare prima di trovarlo.
L’idea di Seth era stata molto più
splendida e originale. Mi aveva regalato, come simbolo di fidanzamento, un
bacio.
No! Non il cioccolatino! Avete
presente Peter Pan? Film o libro che vogliate, bene…era quello il dono che
avevo ricevuto.
Un ditale.
Era d’oro rosa, quindi dovetti
pensare nuovamente allo zampino del vampiro dai capelli ramati.
Lo ammirai rapita per qualche
minuto, senza proferire parola, e causando così al mio ragazzo non pochi timori
sul fatto che mi avesse delusa.
-Sammy?- mi alzò il volto
tenendomi delicatamente il mento.
-Non ti piace? Scusa…rimedierò! Ma
Laura aveva detto che la normalità ti sembrava sciocca e che avevi una passione
per questa storia del “bacio”…-
Non riuscivo a capire perché fosse
così agitato e sul suo viso fosse comparsa un’espressione triste, fino a quando
non mi resi conto di aver iniziato a piangere.
-Non sto piangendo perché non mi
piace…-
-E allora…-
-Perché è magnifico! Ti amo,
Seth…- e singhiozzando mi strinsi contro il suo petto.
Lui restò un attimo sorpreso e poi
mi abbracciò, così dovetti solo borbottare il resto della frase –E accetto il
bacio volentieri…-.
Carlisle ed Esme, si erano goduti la
scena in silenzio, senza fare commenti, in assoluto rispetto verso noi due.
Solo alla fine, mi parve di sentir
sussurrare teneramente a Esme –Che teneri…-.
[…]
Arrivammo all’aeroporto verso
mezzogiorno. Calcolando il ceck-in e l’imbarco
dei miei bagagli, salimmo davvero sull’aereo un’ora e mezza dopo.
Che strazio, eppure cercavo di non
pensarci.
Ero davvero felice, mi sentivo
come un cieco che vede la luce per la prima volta. Nella tasca del mio
giacchetto di jeans nero, all’altezza del petto, dove batteva il cuore, avevo
riposto il regalo datomi da Seth.
Così sentivo che mi era vicino più
di quanto non lo fosse già.
Edward ed i suoi fratelli si erano
congratulati con il mio fidanzato, naturalmente non calorosamente o con lo
scambio di battutine come c’era stato con il resto del branco.
Ad Edward lanciai un’occhiata
eloquente e chiesi mentalmente se avesse in qualche modo contribuito al regalo.
Lui per tutta risposta, sviò il
discorso per quanto gli fu possibile, dal momento che finì al posto davanti al mio
sull’aereo, accanto ad Alice.
Seth mi stringeva la mano durante
il volo osservando le nuvole fuori dall’oblò.
Mi chiesi più di una volta se non
soffrisse un po’ il mal d’aria…
Il discorso è rimandato a quando staremo
nuovamente coi piedi per terra, Edward…
Lui ridacchiò di rimando a quella
mia sottospecie di minaccia e fece così incuriosire la sorella, che per tutto
il viaggio cercò di comprendere il motivo dei suoi improvvisi attacchi di
risate.
Sogghignai lasciando che fosse lei
a tormentarlo un po’ e mi accoccolai come meglio potevo –visto che la cintura
non aiutava- contro Seth, che di tanto in tanto mi baciava la fronte e mi
sfiorava il viso.
Senza rendermene conto, finii con
l’addormentarmi…
Il cielo sembrava un’immensa
macchia di petrolio, non c’erano stelle a fare un po’ di luce e la luna non si
vedeva. Tutt’intorno a me c’era una stanza. Non era molto grande, con le pareti
dipinte di un tenue marroncino, una poltrona rossa dietro ad una scrivania e
due grandissime librerie che coprivano tutto un lato della camera.
Mi guardavo intorno attenta,
cercando di non fare rumore, fino a che…
La porta, alle mie spalle si
spalancò con un colpo. Non stetti neanche a guardare chi fosse entrato. Non lo
sapevo, ma potevo immaginarlo. Nella mia testa, una sola parola si ripeteva
all’infinito: pericolo.
Così corsi per pochi passi fino
alla grande finestra alle spalle della scrivania e mi buttai giu, nel vuoto,
aggrappandomi ai rami dell’edere.
Una volta scesa, osservai il luogo
attorno a me. C’erano case: tante, piccole, bianche, ammassate l’una contro
l’altra ed una piazza di fronte a me, con una fontana nel mezzo.
Respirai a fatica e mi accorsi di
avere un mantello scuro addosso. Misi il cappuccio e camminai a passi rapidi.
La mia intenzione era quella di
fuggire lontano, il più possibile, ma invece le gambe si mossero in direzione
di una delle abitazioni, e bussai freneticamente alla porta.
Mi aprì una donna, ed un uomo col
volto smunto e la barba bianca e incolta mi fece cenno di sedermi, ma scossi la
testa in segno di diniego, non vedendo l’ora di andarmene da lì.
Lei, una signora in carne, coi
capelli castani striati d’argento mi offrì del cibo prima di ripartire, ma
rifiutai anche quella gentile proposta e salutando uscii di nuovo.
Avevo paura. Paura di essere
scoperta dai miei inseguitori.
Stavo ancora decidendo da che
parte dirigermi, quando una voce infuriata ordinò ad altri –Trovatela!-, e così
corsi, corsi e corsi, fino ad arrivare ad una via in discesa.
Sapevo che non mi sarei salvata se
non avessi proseguito, ma di quella via non vedevo la fine, immersa nel buio, e
così restai immobile, ad attendere.
A sperare.
Mi svegliai gridando come una
pazza.
La poltroncina sotto di me
traballava come tutto il resto. Un ’hostess accorse per
vedere cosa stesse accadendo, ed Edward con la sua voce pacata gli disse
qualcosa che non compresi.
Seth invece, al mio fianco, mi
scansava i capelli dal viso e mi sussurrava agitato –Va tutto bene…era un
incubo…è passato, Samantha. Ci sono io qui, calmati, ti prego-.
Quando le sue parole vennero ben
incanalate dalla mia mente, cercai di non tremare e chiusi la bocca, sperando
di ricacciare indietro tutto il fiato che volevo sprecare per urlare.
L’ hostess, mi guardò un ultima
volta come se fossi menomata al cervello e poi tornò alla sua postazione,
proprio prima che l’altoparlante informasse tutti i passeggeri dell’atterraggio
compiuto con successo.
Ai posti dietro quello mio e del
mio ragazzo, si trovavano Jacob e Leah, mentre a quelli affianco Emmett e Rose.
Tutti loro e in più gli altri e
qualche passeggero curioso, mi stavano osservando preoccupati o no a seconda
dei casi.
Solo Edward era rimasto
impassibile, concentrato a guardare fisso davanti a sé, potevo vedere il suo
profilo e la nuca.
Lui sapeva, come me.
Ero certa che avremmo parlato del
sogno che avevo appena fatto, non appena fossimo stati in auto…o, più
probabilmente, a casa di Stephenie Meyer.
Il motivo vero e proprio per la
quale i miei amici volevano incontrare la scrittrice, era per dirle che senza
volerlo aveva causato non pochi problemi nella loro strana società segreta.
I Volturi, come prima cosa, non
solo esistevano, ma erano stati tentati di farle visita, con l’intento (così si
era venuto a sapere dalle voci sparse dai vampiri nomadi) di ringraziarla per
le numerose scorte di cibo che gli aveva procurato.
Non per niente, infatti, centinaia
e passa di sparizioni in un arco di tre anni dalla pubblicazione del primo
libro, seguito dagli altri, erano state causate da loro.
A Volterra il turismo era
cresciuto proprio per merito dei suoi romanzi.
Come poteva un evento del genere
non rendere felici i più temibili bevitori di sangue dell’Europa?
Ma non era solo la possibile
capatina a casa di Stephenie Meyer da parte di Caius, Aro e Marcus il problema.
Il fatto che la figura del
vampiro, e quella del licantropo, fossero tornate così di moda facendo nascere
nelle menti delle giovani più appassionate e fantasiose l’idea che potessero
aggirarsi per il mondo veramente, aveva portato a galla il rischio di rendere
pubblica la loro esistenza.
In poche parole, i Cullen ed i
Queleute, volevano solo tentare di mettere in guardia –per quanto gli fosse
possibile- la donna che aveva avuto uno strano contatto creato dal subconscio
con due di loro.
Edward e Bella erano gli anelli
più solidi di una catena lunghissima.
Avevo chiesto in precedenza ad
Alice –che con me era la più propensa a parlare di cose che altrimenti Edward
non mi avrebbe detto- per quale motivo Bella fosse rimasta a Forks, senza una
protezione.
-Ottima domanda, Sammy. Se vuoi
sapere la verità, non è stato facile convincere Bella ed Edward a separarsi.
Lei non voleva saperlo lontano e lui non volevo abbandonarla…ma l’abbiamo
lasciata in buone mani. Si trova a La Push, dove sicuramente saranno spuntati
altri tre o quattro giovani licantropi
come funghi…da come ci ha detto Sam, il branco aumenta di qualche elemento ogni
volta- aveva risposto così, lasciandosi sfuggire una smorfia di fastidio
nell’ultima parte.
E così, altri giovani Queleute si
ritrovavano a girovagare nei boschi facendo da sentinelle e guardie del corpo.
Isabella si era davvero sistemata
bene, non c’è che dire.
Quando scendemmo tutti dall’aereo,
andammo rapidi a riprendere il mio zainetto e la piccola valigia con dentro un
pigiama e qualche cambio di vestiario.
Non avevo il coraggio di iniziare
la conversazione con Edward, perché temevo la risposta che avrei ricevuto alla
domanda “Erano i Volturi ad inseguirmi, vero?”.
Come mi sarei comportata se avesse
risposto di sì?
Scrollai il capo in preda al
panico. No…non dovevo aver paura di loro. Ricordai all’improvviso una frase di
Hermione, sul secondo film di Harry Potter:
”La paura di un nome non fa altro che incrementare la paura della cosa stessa”.
Dire che aveva ragione era poco.
Aveva perfettamente ragione.
Strinsi i denti mordendomi la
lingua e subito trattenei un leggero sussulto dovuto al dolore.
Capitava sempre così quando ero
nervosa.
Il vampiro e tutti gli altri mi
lanciavano occhiate tese…volevano sapere o da me, o da Edward, cosa avessi
sognato. Sospirai e chiesi a lui –Dimmi, Edward, erano loro…vero?-
Non parlò, ma annuì con la
mascella contratta ed i muscoli tesi.
-“Loro” chi?- Jacob parlò
all’improvviso, con un tono duro e attento.
Edward gli rispose aspro –I
Volturi. A quanto pare è scritto che debbano arrivare-
-Quando?-
-Questo non posso saperlo-
Jake allora grugnì spazientito e
si voltò verso Alice –Tu piccolo elfo non vedi niente?-.
Lei fece una smorfia per il
nomignolo e scosse il capo –Ci sei tu tra le scatole-.
I due si guardarono male e il discorso
terminò così.
Io ed Edward ci lanciammo un’altra
occhiata eloquente, accordandoci muti sul fatto di rimandare la conversazione
ad un altro momento.
Il viaggio non durò molto, forse
grazie al fatto che tutti cercavano di distrarmi nei più svariati modi
possibili.
Embry, Quil ed Emmett avevano
fatto a turno con le loro battutine rivolte ai soggetti più irascibili della
comitiva –tra cui Sam, Paul ed Edward-, Alice e Rosalie si erano impegnate a
conversare su argomenti che m’interessassero, come la musica, il cinema…
Jasper mi si era seduto accanto
per qualche tempo, usando il suo potere extra per darmi un po’ di sollievo ed
Esme, assieme a suo marito, avevano ben pensato invece di lasciarmi spazio,
senza fare tentativi inutili.
Edward osservava un punto fisso
del vuoto, senza muoversi di un millimetro, in un silenzio quasi snervante.
Mi soffermai su di lui, sperando
che incrociasse il mio sguardo, perché sentivo che avevo un estremo bisogno di
averlo vicino, quasi più di Seth, che di tanto in tanto mi chiedeva se la paura
causata dall’incubo fosse passata e mi sfiorava i capelli con le labbra.
Io pensavo a Laura, lontana da me,
ma con un futuro legato al mio da qualcosa di più forte del destino.
Era certo che sia io che lei
avremmo fatto conoscenza dei Volturi, ma sperai vivamente che non avvenisse
quando loro avevano sete.
Il pulman che avevamo pagato per
portarci fino a casa di Stephenie Meyer, terminò il tragitto con quelle che mi
parvero un paio d’ore.
Mi
feci forza con un bel respiro e scesi dal mezzo assieme a tutti gli altri.
Davanti
a noi, una via che affacciava sul mare con delle alte palme verdi, sembrava
darci il ben venuto.
Osservai
attentamente il cielo, come se le previsioni di Alice –che aveva assicurato che
saremmo arrivati in un momento in cui le nuvole coprivano il sole- non fossero
potute essere esatte.
Eravamo
pronti a rimanere chiusi in un albergo o viaggiare con qualche auto rubata
provvista di vetri scuri per i Cullen.
Phoenix era davvero bella. Piena
di vita.
Non mi stupivo del fatto che la
Meyer avesse fatto arrivare Bella a Forks dal luogo in cui anche lei viveva.
Respirai una boccata d’aria
salmastra e chiesi ad Edward –Come la troviamo?-.
Lui rispose con un mesto sorriso
–Abbiamo un navigatore satellitare, ricordi?-
-Cioè?- non avevo compreso la
battuta.
Lui fece un cenno del capo quasi
impercettibile ad Alice, che si mosse leggiadra fino al suo fianco e si lasciò
sfuggire un ghigno.
-Ah bene, ora ho capito- alzai gli
occhi al cielo un po’ più serena e lasciai che i due fratelli facessero strada
a me e agli altri.
Arrivammo fino ad una via grande e
circondata da villette tutte identiche, alcune spiccavano nel bianco perché i
proprietari le avevano ridipinte di colori più accesi.
Ne adocchiai una rosa storcendo il
naso.
Quando vidi Alice dirigersi
proprio in direzione di quella, seguirla non mi parve più una cosa tanto
gradevole.
Dentro di me pregavo che la
creatrice di Twilight non vivesse in una casa degna di Barbie e a quanto pare
qualcuno ascoltò le mie suppliche solo pensate –tralasciando Edward- e vidi
l’elfo dai capelli neri e più arruffati del solito fermarsi alla casa accanto,
andando oltre a quell’oscenità.
Sia chiaro, io odiavo il colore
rosa.
Osservai molto attentamente ogni
dettaglio di quell’abitazione. Le mura esterne erano bianche, certo, ma agli
angoli si trovavano dei mattoncini che davano un tocco più da baita che da casa
qualunque. Era molto carina.
Il giardino intorno non era
grande, ma c’era un angolo con uno scivolo di plastica ed un altalena per i
bambini. Una palma da datteri e due graziose siepi spiccavano e c’era un’aiuola
con tante margherite, tulipani e violette. Era un posto adorabile, se avessi
avuto l’opportunità, anch’io da grande avrei voluto vivere in un luogo così
curato ed ospitale.
Dovetti riscuotermi forzatamente
dalle mie osservazioni quando, intenti ad abbaiare a me e gli altri, due cani
sporsero il muso dal cancelletto che ci separava dall’interno della casa.
I due animali stavano sulla
difensiva. Un meticcio grigio e nero ed uno yorkshire che tenevano lo sguardo
fisso interamente sui vampiri.
Emmett
sghignazzò e disse –Non giocate col fuoco belli, potrei decidere di fare
merenda-.
-Emmett!-
lo ripresi stizzita.
Odiavo
pensare al giovane che aggrediva quei due piccoli ammassi di pelo.
Lui
di rimando alla mia reazione sbuffò e poi sorrise come per scusarsi. Dovetti
trattenere le risate che la sua espressione stava per causarmi. Sembrava un
bimbo monello che viene scoperto a mangiarsi un intero barattolo di Nutella
senza permesso.
Edward
si chinò verso i due animali e quelli smisero subito di dare l’allarme,
allontanandosi guaendo con la coda tra le gambe.
-Cosa
gli hai fatto?- ero incredula.
Lui
si tirò di nuovo su senza però voltarsi e disse –Avvertono il pericolo-.
Bene,
questo lo avevo capito anch’io.
Ad
un certo punto, sentimmo la voce di una donna dire in inglese qualcosa che
intesi come “Billy, Paggie…cosa è tutto questo chiasso?”, e Stephenie uscì di
casa per vedere cosa stesse accadendo ai suoi due animali.
Benissimo.
La sua reazione fu la più scontata possibile.
Tutti
osservammo il suo cambio d’espressione: la sorpresa, lo stupore, l’incredulità,
lo spavento, di nuovo l’incredulità ed infine, quando avevo quasi sperato che
ci corresse incontro a braccia aperte, la vidi cadere giu come una pera cotta.
Il
mio pensiero dopo l’accaduto?
Oh mio dio…Laura aveva ragione! Ho ucciso Stephenie Meyer!
Ed
eccoci qui, siamo arrivati a casa di Stephenie Meyer. Volevo dire
alcune cose prima di farvi come al solito i miei rapidi e pigri
ringraziamenti. Alcune di voi non avevano ben chiaro il motivo del
nostro incontro obbligatorio con la scrittrice, beh...volevo spiegarlo
più in là, ma poi ho pensato che questo capitolo fosse
adatto. Una di voi è addirittura stata così acuta da
accorgersi della mia dimenticanza! A Jacob infatti non ho dato un nome
di copertura, nel capitolo precedente. Voglio essere sincera con
voi...di lui non mi ero dimenticata, ma il nome mi piace anche
così...quindi ^^ Poi...l'incubo che avete letto in questo
capitolo l'ho fatto ieri notte, ma solo mentre scrivevo ho deciso di
far diventare i Volturi i miei inseguitori. Un ultima cosa e poi vi
saluto qui, fino alla prossima...
Sono
felicissima che la mia storia sia tra i preferiti di 25 persone!
è una gioia immensa, e ancora di più lo è il fatto
di sapere che molte di voi commentano. Beh...grazie tante, come sempre.
A presto.
Vostra Sammy Cullen
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Capitolo 14 *** La lettera di protesta, il timore ed il futuro. ***
capitolo 14
Non solo ci era toccato
aprire il cancello di tutta fretta e in modo non molto delicato (Emmett
nell’impazienza di andare a vedere se la Meyer fosse morta, lo aveva scardinato
tenendolo in mano come se non pesasse affatto), ma anche assicurarci del fatto
che quella donna di trentasette anni non collassasse proprio in quel
momento.
Carlisle le si era chinato vicino tirandole delicatamente
su le palpebre per osservare le pupille, mentre Emmett già scommetteva un bel
gruzzoletto contro Quil sul fatto che fosse viva o meno.
Era
speranzoso su quest’ultima ipotesi.
-Allora? Dicci Carl, è viva?-
il vampiro muscoloso osservava la donna stesa a terra senza alcuna
preoccupazione.
Accidenti! È
insensibile!
Questo pensiero ricevette risposta da parte di Edward,
che sorridendo –per quanto gli era possibile in quella situazione- disse –No, è
solo infantile-.
Alice ridacchiò assieme a Jasper,
immaginando quale potesse essere stata l’affermazione muta della mente di uno
qualsiasi di noi.
Emmett, essendo il diretto interessato,
storse il labbro infastidito ma non rispose, dal momento che sarebbero state
accuse del tutto infondate, le sue, sul contenuto del pensiero.
-Direi che sarebbe meglio portarla dentro
casa-. Sam, guardandosi attorno attento, si era rivolto a Carlisle, che prima di
rispondere a lui, pensò opportunamente che fosse lecito assicurarsi del fatto
che non ci fossero altri umani nella villa.
Edward si concentrò un poco e poi
annuendo disse –Via libera. In casa non c’è nessuno…a parte I bambini, ma non
saranno un problema-.
Giusto…I tre figli di Stephenie…chissà se
la madre aveva letto loro qualche parte dei suoi libri, ogni tanto!
Strinsi forte la mano di Seth e osservai
Edward e suo padre trasportare rapidi e nel modo più delicato possibile
Stephenie in casa.
Subito dopo, assieme agli altri li seguii
nel piccolo salotto.
Osservai attentamente l’interno di
quell’abitazione. La sala da pranzo, aveva le pareti di un delicato color pesca,
le tende alla vetrata principale, che dava sulla strada dalla quale eravamo
giunti, erano in pizzo bianco. Il caminetto era fatto con gli stessi mattoncini
sul muro esterno e sparse in modo da sembrare in disordine, ma dando un tocco di
colore in più, stavano alcuni vasi di pianticelle.
Dal soffitto scendeva un lampadario
formato da tante pietre che risplendevano dei colori dell’arcobaleno. Ipotizzai
che fossero cristalli veri.
L’entrata alla stanza era formata da una
porta ad arco e messo lateralmente ad essa, contro la parete, si trovava un
divano spazioso, color crema.
Sorrisi tra me. L’arredamento non era
niente male.
-Ecco, poggiamola qui…- mentre Carlisle
pensava a quella sventurata di Stephenie, sentii dei passetti veloci e numerosi
nelle altre camere.
Alice sussurrò –I piccoli…- e tutti
concordarono mettendosi per un istante in ascolto.
Ero certa che percepissero molti più
dettagli di me, così mi azzardai a rompere il silenzio di quell’attimo chiedendo
a Seth, che mi era più vicino –Cosa fanno?-
E lui mi rispose con un sorriso appena
accenato –Sono spaventati. La bambina più piccola sta piangendo-.
Ricordavo bene I nomi dei tre figli della
scrittrice, e anche la loro età.
La più grande, Gabe, aveva solo otto
anni, poi c’era il maschietto, Seth, di cinque…e l’ultima, la piccolina, si
chiamava Eli e di anni ne aveva tre.
Feci un passo verso l’entrata principale,
ma subito il mio fidanzato mi bloccò leggero il polso e chiese –Dove vai?
Ferma…- ma sorrisi per rassicurarlo e risposi –Vado da
loro-
Sam
scuotè la testa rassegnato dalla mia incapacità di fare cose sensate, come ad
esempio, in quel momento, restarmene dov’ero.
Lo guardai male e accarenzando il volto
del mio adorato ragazzo andai verso le scale e mi voltai per chiedere se fossero
al piano di sopra.
Ricevetti qualche cenno positivo da parte
di tutti, sparsi.
Salii ansiosa. Era strano trovarsi in
casa di una sconosciuta…perchè in fondo, per me la creatrice di Twilight non era
altro che una sconosciuta! Di lei sapevo l’età, il nome del marito, dei figli ed
ora anche dove vivesse ma poi basta. Non c’era altro che conoscessi sul suo
conto e non ero una tipa impicciona, perciò non m’interessava il
resto.
Una
volta superata la rampa di scale, notai le tre stanze allineate lungo il piccolo
corridoio.
Era la tipica casa americana,
insomma.
Sotto il salone e la cucina, e sopra le
camere da letto ed il bagno.
Feci un bel respiro e tesi l’orecchio.
Sentivo dei leggeri singhiozzi provenire dalla camera centrale.
Camminai fino ad arrivare davanti alla
porta chiusa e poggiai piano la mano sul pomello, poi contai fino a
tre.
Non erano solo i bambini ad avere paura.
Io ero tesa quanto loro, aspettandomi reazioni orribili come grida, lacrime,
fuge.
Odiavo vedere delle creature così piccole
in difficoltà.
Il
tuo schifoso istinto materno!
Grugnii contro l'accusa formata dalla mia
mente ed aprii piano la porta.
Li trovai appiattiti in un
angolo della cameretta, con gli occhi puntati verso di me,
spalancati.
Deglutii e camminai per avvicinarmi. Loro
sussultarono e la più piccola singhiozzò ancora.
Dentro di me pregai che la
smettesse.
Gabe, la più grande, le intimò
dolcemente, ma con il tono teso, di fare silenzio.
Mi chinai e sorridendo sussurrai
–Ehi…ciao piccoli…potete stare tranquilli, non vi farò male. Io e gli altri
ragazzi che sono qui siamo amici di vostra mamma-.
Ma loro continuavano a fissarmi
impauriti, così aggrottai la fronte. Davvero non riuscivano a credermi?
Accidenti! Erano solo dei bambini!
Quando qualcuno parlò di colpo, alle mie
spalle, mi sbilanciai e caddi col sedere a terra.
Edward, arrivato chissà da quanto, si
avvicinò per aiutarmi a rimettermi in piedi…in un gesto, pensai, che doveva
essere abituato a fare molte volte con quell’altra frana della sua
ragazza.
Guardando lui ed I bimbi a turno, poi
sussurrai imbronciata –Non si fidano…- ed il giovane sorrise in un misto di divertimento e
consapevolezza, rispondendo –Sammy, non parlano la tua lingua. Ma è normale che
tu non ci abbia pensato subito…sei abituata a dialogare con tutti noi che,
l’italiano, lo sappiamo…- poi aggiunse senza nascondere il proprio compiacimento
–Chi meglio e chi peggio-.
Sicuramente, per “peggio” si riferiva ai
Queleute che, pur essendo intelligenti, non avevano una memoria ideata
appositamente per il custodimento e l’apprendimento di quindicimila o chissà
quante lingue, come i vampiri.
Mi trattenni dal dargli un pugno solo
perchè ero coscente del fatto che se ci avessi anche solo provato e lui non
avesse schivato il corpo intenzionalmente, mi sarei rotta la mano.
-Ottima constatazione- annuì col capo
rivolgendomi un sorriso astuto.
Sempre il solito sbruffone,
uhm?
A questo pensiero seguì un altro sorriso,
stavolta di scherno.
E
permaloso…
Gli feci l’occhiolino
per metterla sul piano dello scherzo, e lui si fece calmo nuovamente, poi guardò
i tre bambini, che avevano osservato il nostro strano comportamento senza capire
niente, e avvicinandoglisi senza timore, disse con voce suadente e irresistibile
–Hi, childrens…We’re friends of your mother-.
Le sue parole scaturirono una reazione da
parte dei bimbi più grandi. Gabe, facendo un solo passo avanti, con la mano
tenuta stretta a quella di Seth, ripetè col viso corrucciato dal sospetto –Are
you friends of mum? Really?-, ed Edward, regalandogli un sorriso così dolce e
perfetto, rispose senza indulgiare –Yes-.
Li vidi allora avvicinarsi tutti insieme,
in un gruppo compatto, con la più piccolina intenta a studiare me ed il mio
amico vampiro curiosa.
Sospirai di sollievo e chiesi –Si è
ripresa?-.
Edward si concentrò un istante e disse
–Siamo a buon punto. Tra qualche istante riaprirà gli occhi-.
-Spera che non li richiuda subito!- mi
massaggiai le tempie ansiosa, e lui ridendo leggero disse –Aspetteremo che li
riapra, allora-.
Scesi di sotto tenendo Eli
in braccio. I piccoli dopo un primo istante di paura, si erano del tutto fidati
di me ed Edward, come è solito che ogni bimbo faccia quando nota il
comportamento gentile di un adulto nei propri riguardi.
Stephenie aveva riaperto gli occhi e si
era messa seduta sul divano. Sul suo volto c’era ancora un’espressione di
incredulità, ma sembrava abbastanza tranquilla.
Quando –facendo rumore quasi quanto i
suoi figli- mi avvicinai al fianco di Edward, lei si voltò a guardarci e chiese
esitante –Are you…Edward and…Bella?-.
Ci avrei scommesso! Laura aveva di nuovo
avuto ragione! Mi aveva scambiato per Isabella!
Ridacchiai in imbarazzo e facendo
scendere Eli dalle mie braccia per far sì che si avvicinasse alla madre insieme
agli altri due, risposi con l’unica frase in inglese che mi era sempre riuscita
bene –Ehm…no, I’m Samantha and…- mi bloccai mordendomi un labbro.
Io odiavo l’inglese! Perchè non parlava
francese? Si può sapere?!
Maledissi il giorno in cui avevo iniziato
a “studiare” quella lingua.
Alice, ridendo cristallina, si rivolse a
me dicendo –Sammy, ti basterebbe chiedere a qualcuno di noi di fare da
intermediario-.
Giusto…non ci avevo pensato.
Mi ricordai all’improvviso di una frase
detta da Laura l’ultima volta che ci eravamo viste:
-Mi raccomando, conoscendoti so per certo
che ti servirà qualcuno di loro per rivolgere parola alla zia Stephenie quindi,
ti supplico…Edward!-.
In quel momento non avevo compreso perchè
volesse che fosse lui, ma poi mi tornò in mente il fatto di avere una sua
lettera per la Meyer nello zainetto.
Lo tirai giu dalle spalle e frugai al suo
interno.
Quando la ripescai, un pò stropicciata,
mi scusai con il tipo “ops” di Bella e la porsi ad Edward e dissi –L’ha scritta
Laura, vuole che tu la traduca in inglese mentre leggi perchè è diretta alla
signora Meyer-.
Lei aggrottò la fronte sentendo il
proprio cognome, ma non riuscì a capire cosa avessi appena detto, anche se
ipotizzai che avesse qualche idea.
Il vampiro aprì il foglio di carta
spiegazzato ed iniziò a tradurre deciso e rapido dall’italiano all’inglese,
leggendo in modo che Stephenie sentisse ben bene:
Cara Stephenie Mayer,
probabilmente se sta leggendo questa
lettera, o meglio ascoltando, la mia previsione non si è avverata. Oppure sì, e
lei sta all’ospedale sotto osservazione per arresto
cardiaco...
Comunque mi scuso se non ho potuto scrivere
in inglese, ma devo usare come interprete questo petulante vampiro roscio
(Edward, guai a te se commenti questo fatto; se lo fai ho Emmett che me lo dice.
E non guardarlo male!) ma credo che la mia lingua sia il miglior modo per
esprimermi
(e
ci tengo ad aggiungere che sarei venuta di persona a parlare con
lei,
ma devo
disdire un viaggio di sola andata per Volterra…sa com’è…
da
quelle parti c’è strana gente…e lei dovrebbe ricordarseli. Sa i Volturi? Beh
ecco, hanno
deciso di farci la pelle, a me ed i miei
compagni).
Benissimo. Eravamo solo all’inizio ed
Edward già ringhiava in tono basso e guardava Emmett con sguardo accusatorio,
mentre io e gli altri –perfino la Meyer- facevamo il grande sforzo di trattenere
le risate.
Il vampiro prese fiato come se ne avesse
bisogno, e continuò a leggere in inglese:
Partiamo dalle
basi.
Questa era
una lettera che le volevo scrivere da tempo, circa da dopo la fine dell’ultimo
libro.
Primo:
Isabella Swan
Scommetto che già avrà sentito un ringhio da
parte del succhiasangue che sta leggendo, e un’alzata di occhi da parte di Jake,
ma qui proprio non posso tralasciare.
DICO IO!? Esiste una ragazza più noiosa,
petulante, egoista, idiota?
No. Glielo assicuro. E ne vedo tante. Però
il libro è suo, ha tutto il diritto di far smettere il paggetto di leggere. (ti
ho chiamato paggetto Cullen, non soffiare come un
gatto).
A questo puntò non riuscii a trattenermi,
perché Edward aveva davvero soffiato come un gatto dopo aver letto i commenti
contro la sua ragazza.
Ma continuò, mostrando quanto fosse alto
il suo autocontrollo.
Come avrà capito non apprezzo quell’idiota
della protagonista (scommetto che lo sta rifacendo! Emmett, di grazia, dagli una
botta in testa)
Passiamo al secondo libro, perché se dovessi
commentare pure Edward probabilmente finirei per insultare tutta la sua
MERAVIGLIOSA famiglia (escluso te, tonto).
Okay, ci sto con il fatto che lui si scoccia
di lei (e non dire che non è vero!) ma mi chiedo...
COME E’ POSSIBILE CHE UN VAMPIRO
PERENNEMENTE A CONTATTO CON UMANI SI SCANDALIZZI PER UN TAGLIETTO CASUATO DA
DELLA CARTA?!
E i
giorni in cui nella scuola una sua compagna di classe ha le mestruazioni!?(non
imbarazzarti stupido, sei pure dottore) Diciamo una con il ciclo abbondante? Bhà
misteri... ma la storia deve andare avanti.
(Jasper ti prego non ti offendere,
altrimenti cadiamo in depressione...)
Ormai né io, né Quil, Embry e
–sorprendentemente- Leah, Jared e Paul, riuscivamo più a respirare, e la
sottoscritta era arrivata ad avere le lacrime agli occhi per colpa delle
risate.
Edward ringhiò e poi, storcendo un po’ il
foglio, proseguì la lettura:
Su New Moon non mi posso lamentare, tranne
per una piccola insignificante cosa...
MI DICE PERCHE’ I MAFIOSI SONO SEMPRE
ITALIANI?!
Cosa
le hanno fatto? Sono onorata per il fatto che i migliori stiano in casa mia ma
mi scusi non credo che questa cosa aumenterà la considerazione per gli italiani
all’estero.
Spero
che non voglia approfondire l’argomento, non ne sarei capace.
Il
terzo libro a mio parere è il migliore, sinceri complimenti. Magari si doveva
fermare...
COSA HA FUMATO PRIMA DI SCRIVERE IL
QUARTO?!
Una storia BANALE, con tutto rispetto, e
assurda.,
Le
concedo il sole, i paletti, le croci, perfino l’aglio!
MA
I BAMBINI NO!
E
sia chiaro, forse non avrei odiato un altro mocciosetto,
ma
RENESMEE…come ha potuto?!
Già solo il nome fa capire quanto la madre
sia idiota!
(in fondo è stata un’idea sua chiamarla
così, no?)
e
poi LEI…è un piccolo essere troppo pigro perfino per parlare!
Snervante come i genitori, non c’è che
dire!
Non crede che così la cosa sia LEGGERMENTE
assurda? Non crede di aver concesso troppo ad un’unica persona -per di più
asfissiante e fastidiosa- come la Swan?
Ma perché fermarsi qua...
Sorvoliamo sul fatto dell’imprinting, la
cosa più poetica del mondo, descritta come un trattato sull’acciaio.
E
tornando ai Volturi...
Dannazione un po’di sangue?!
MORTI?!
(tralasciando me ancora segnata sulla loro
lista nera dei pasti)
NO!
Un happy ending!
Che roba...
Scommetto che adesso il vampiro starà
fumando di rabbia, e probabilmente la parte superiore della lettera sarà stata
sbriciolata, seguita da questa.
Scusi il piccolo sfogo.
Resterà sempre la creatrice di una magnifica
saga.
Laura.
Quando Edward accartocciò in malo modo il
pezzo di carta, rivolsi nuovamente la mia attenzione a Stephenie.
La donna aveva ascoltato il resto
attentamente, senza mostrare nessun emozione apertamente, ma poi disse ( ed ebbi
il piacere di capirla perché Edward aveva iniziato a tradurmi il suo discorso)
–Questa ragazza ha carattere, non c’è che dire. Da quel che ho capito, deve
essere una fun di Jacob…- guardò un attimo il giovane in questione e continuò
-…Isabella ha iniziato ad essere odiata dalle ragazze da quando ho scritto
Eclipse, ma se non ho frainteso, a lei non è mai andata a genio. Che strano,
pensavo si sarebbero rispecchiate tutte in lei…Sicuramente questa Laura ha
un’avversione contro la piccola Renesmèe e non solo perché è l’imprinting di
Jake ma…la cosa che più mi dispiace è il fatto che dai miei romanzi possa essere
trasparito un sentimento di rancore verso gli italiani, e di pregiudizio. Non
era mia intenzione far avere impressioni del genere alle lettrici…-.
Una volta terminato di parlare, li guardò
uno per uno e chiese come fosse possibile che esistessero, tralasciando me, che
aveva capito essere più reale rispetto a loro.
Carlisle, che era il più bravo a dare
spiegazione col suo tono tranquillo e pacato, la tenne impegnata un bel po’ di
tempo.
Le
disse del grande sconvolgimento che aveva causato e del rischio che i Volturi
facessero visita a casa sua.
-Senza volerlo, signora, con i suoi
quattro romanzi ha causato non pochi problemi. Sa benissimo che i Volturi
apprezzano l’anonimato, anche se per quanto riguarda il loro nutrimento ora
siano più avvantaggiati grazie alla moltitudine di ragazze, sue funs, in visita.
Spero ardentemente, insieme a tutti gli altri che vede qui riuniti, in uno
svolgimento ancora sereno e duraturo della sua vita. Se Aro decidesse di farle
visita comunque, potremmo portare via lei e la sua famiglia in
tempo-.
-Vi ringrazio per l’aiuto. Siete
stupendi, proprio come ho sempre immaginato- la donna guardò rispettosamente
Carlisle, stringendo di più a se i suoi tre bimbi.
Lui le sorrise, facendo trasparire dallo
sguardo serio ma squisitamente quieto la sua venerabile e saggia età, nei
secoli.
Notai l’espressione un po’ agitata di
Stephenie alle sue parole, mentre osservava Gabe, Seth ed Eli in un misto tra
tensione e tenerezza.
Fu la prima parte del discorso, infatti,
ad inquietarla un po’ e non potrei darle ancora oggi tutti i torti.
Le assicurammo che comunque, se la storia
doveva ancora seguire il suo corso, non sarebbero mai arrivati fino a lei e alla
sua famiglia.
Si stupì del fatto che Renesmèe non fosse
ancora nata finchè non fece un calcolo mentale e disse che in fondo le date
ancora non combaciavano.
Era felice –sorprendentemente- che i suoi
amati personaggi esistessero, e si servì di questa piccola consapevolezza per
pensare positivo.
Restammo da lei quel tanto che bastava
per spiegarle tutto al meglio, poi le dimmo addio, sperando che restasse in
salvo e ci dirigemmo in un piccolo hotel per passare la notte, alcuni dormendo
ed altri facendo chissà cosa per passare il tempo.
La mia fu una notte tormentata, col sonno
reso irrequieto a causa di immagini movimentate e piene di colori. Non sapevo se
definirle sogni, incubi o come uno strano effetto del dormiveglia.
Seth, che aveva dormito serenamente
accanto a me su un piccolo lettino scricchiolante, venne svegliato quando la mia
mano finì sul suo naso, bloccandogli le vie respiratorie.
Aprì gli occhi di colpo e accese una
piccola luce sul comodino vicino al materasso, scansandomi i capelli umidi di
sudore dalla fronte.
-Ehi…piccola…un altro incubo?- mi fece
tirare un po’ su e singhiozzando lo abbracciai ansiosa. Sentivo l’estremo
bisogno di averlo vicinissimo a me.
Poggiai il viso contro il suo torace
respirando l’odore dolce, simile a vaniglia o cioccolato bianco, e chiusi gli
occhi umidi.
-Ho paura Seth…ho paura che i miei sogni
si avverino ancora…-.
Mi accarezzò la schiena e mi fece
distendere di nuovo stringendomi contro di lui. Attesi che il mio respiro si
facesse più lento mentre cercava di tranquillizzarmi, poi sussurrò al mio
orecchio –Andrà tutto bene…resterò sempre al tuo fianco. Anche quando non mi
vedrai, ci sarò. E ora cerca di dormire, Sammy. Domani ripartiremo, e voglio
vederti bella riposata-. Mi baciò il collo e spense di nuovo la luce.
Nel buio della
stanza, sospirai e accoccolandomi contro il suo petto massiccio dissi con la
voce impastata da un –possibile- sonno migliore –Grazie-.
Vado davvero di fretta! ^^" quindi grazie
a tutte voi, care lettrici! baci! al prossimo capitolo
^///^
Vostra Sammy Cullen
|
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Capitolo 15 *** Notizie tremendamente spiacevoli ***
capitolo 15
15.
Notizie spiacevolmente tremende
Il
viaggio di ritorno fu meno stancante.
Ogni
tanto guardavo fuori dall’oblò le nuvole, che si frantumavano quasi, contro le
ali dell’aereo.
Mi
sentivo riposata, pur ricordando la notte precedente alla partenza, con i suoi
incubi e le dolci parole di Seth sussurrate all’orecchio.
Mi
morsi un labbro ripensando a quelle figure scure che mi venivano incontro. Del
sogno avevo ricordato solo qualche scena, come un flash;
c’erano
i Volturi, una foresta piena di alberi alti e vischiosi circondati da nebbia…
ma no,
io sapevo, in quell’attimo, che era altro.
Avevo
cercato di spiegarmi cos’altro potesse essere e mi venne in mente del fumo.
Ipotizzai
il fatto che, se il luogo in cui mi trovavo era Forks, non poteva essere altro
che nebbia.
Un
brivido mi corse lungo la schiena, così mi strinsi al piumino nero che
indossavo.
Accanto
a me era seduto Edward, che avevo trascinato –se così si può dire- al mio
fianco al posto di Seth per poterci parlare comodamente.
Stava
osservando le immagini riflesse nella mia testa attentamente.
Alberi,
tuniche, ghigni, occhi rossi, denti lucenti, la paura che provavo…
Alla
fine mi lasciai sfuggire un lamento e spalancai gli occhi, che avevo chiuso per
concentrarmi meglio, facendolo voltare verso di me.
-Stai
calma, anche se tutto questo può sembrarti orribile, dobbiamo continuare a
capire. Sei un ottimo aiuto, Sammy, quasi meglio di Alice- disse Edward,
passandosi una mano tra i capelli e poggiando la testa allo schienale in modo
da guardare il tetto dell’aereo.
Mi
massaggiai le tempie e risposi sbuffando –Non funzionano questi giochetti con
me…Alice è mille volte meglio-.
La
vampira, seduta stavolta dietro di noi con Seth –attento ad ogni mio scambio di
parola con Edward-, rispose sporgendosi in avanti e ridendo col suo suono
allegro –Grazie del complimento, Sammy…ma mio fratello ha ragione, sei un
ottimo aiuto-.
Sospirai
affranta e mi rilassai sulla poltroncina sperando che il sonno non mi
assalisse.
Avevo
sempre saputo che il ritorno a casa avrebbe portato qualche complicazione con
sé…ed infatti il primo ostacolo da superare furono i miei genitori.
Quando
bussai alla porta di casa infatti, avevo immaginato che non si aspettassero me,
ed invece…
-Samantha!-
mia madre mi strinse a sé singhiozzando e restai immobile, iniziando ad
inventare scuse abbastanza plausibili per la mia fuga improvvisa.
Lei
restò stretta a me per un po’ e poi, quando l’attimo di sorpresa passò, mi
mollò un sonoro schiaffo –Come ti è saltato in mente di sparire così?! E
perché, poi? Dove sei stata?-
Mi
mordicchiai un labbro e poi risposi –Niente, mamma…io…- e da qui iniziò la
sceneggiata.
Riuscii
a piangere con la sola forza di volontà e cominciai a dire frasi senza senso.
L’effetto
fu quello sperato: mia madre, come ogni altro genitore sulla faccia della
terra, si impietosì e mi strinse a sé di nuovo.
-Scusa
piccola mia…non avrei dovuto…- mentre lei cercava di farmi calmare, dentro
esultavo per la vittoria in battaglia, ma ero consapevole del fatto che poi
avrei dovuto trovare un'altra idea con papà, che rividi quella sera, quando
staccò da lavoro.
Con lui
faticai ancora meno –sorprendentemente- perché non appena rientrò in casa e si
accorse di me, non gli importò di niente e mi riempì di baci sul volto come se
fossi ancora una bambina.
-Sei
tornata!- ripeteva queste due semplici parole, e basta.
Non
avevo mai capito allora, quanto bene mi volesse…
Tutta
la gioia di quell’attimo si spense come una candela cui la fiamma viene
smorzata da un leggero soffio di vento: i miei genitori, infatti, dopo la
felicità dovuta al mio ritorno, mi punirono severamente.
Pena da
scontare: niente uscite pomeridiane.
Brutto
problema, ma avrei trovato un modo…
La mia
vita alla fin fine tornò quella di sempre. La mattina svolgevo i compiti che mi
erano stati assegnati per le vacanze Natalizie ed il pomeriggio andavo subito a
Via Nazionale (ero riuscita infatti, a trovare un’ottima copertura con i miei
adorati mamma e papà, dicendo loro che Giorgia si era proposta di farmi
ripetizioni di matematica), nell’albergo che ormai era diventato tappa fissa
dei Cullen e dei Queleute.
Sia io
che Laura intanto, avevamo iniziato a diventare più nervose.
Il
fatto che prima o poi i Volturi sarebbero venuti a farci visita, non ci dava
modo di stare calme.
Molto
spesso io e gli altri uscivamo, dal momento che il tempo a Roma non sembrava
voler migliorare ed anzi, era ogni giorno peggiore.
Pioveva
ininterrottamente da due mesi, ed ero pronta a modificare il punteggio di città
più piovosa.
Forks
era stata battuta da Roma.
Certe
volte, se non volevo uscire, rimanevo nella suitte dei Queleute o dei Cullen a
godermi il televisore a schermo piatto assieme a Seth.
Era in
quelle occasioni, che l’imbarazzo diventava più forte.
Il
fatto di essere soli in una camera d’albergo, portava idee e possibilità
infinite.
Una
volta, eravamo stati vicini a…
No, no,
no! Ogni volta che il pensiero si faceva avanti, lo ricacciavo il più lontano
possibile.
Eravamo
entrambi troppo piccoli, no?
Che
guastafeste…
La
vocina impertinente nella mia testa faceva sì che diventassi suscettibile.
Odiavo dover reprimere i miei sentimenti e così, quando di tanto in tanto
durante gli attimi dedicati con Seth a baciarci, mi rendevo conto che c’era il
rischio di andare oltre, mi staccavo da lui e inventavo una scusa come ad
esempio il fatto di dover andare al bagno o bere qualcosa perché avevo caldo.
La cosa
che più mi preoccupava però era l’essermi accorta che sul volto di lui
compariva poi un’espressione dispiaciuta.
Accidenti…la
tentazione era così forte!
[…]
-Sammy,
Laura…penso avrete capito perché vi abbiamo chiamato-
Carlisle
ci osservava entrambe tristemente. Sul suo volto non c’erano accenni di
serenità.
Io
deglutii e sentii la ragazza accanto a me paralizzarsi.
Ricordavo
le parole pronunciate a Bella il giorno della festa nella scuola di Laura:
”Tornerò da te non appena avrò riaccompagnato Sammy qui in Italia, dopo il
viaggio”.
Il
respiro mi mancò di colpo.
E così,
stavano per tornare tutti a casa?
Eravamo
nella camera dei Cullen ed anche i licantropi erano stati fatti entrare.
Li
osservai tutti, uno per uno, e strinsi i pugni, poi annuendo col capo risposi
al vampiro che ancora ci osservava attento –E così ve ne andate, uhm? E a noi
due non pensate? Non avete un briciolo di pietà?! Ci abbandonate così, senza
far niente?-
La voce
stava già salendo di qualche ottava, ma non me ne importava niente.
Quando
il mio fidanzato si fece avanti per consolarmi, gridai contro anche a lui –E
TU! Perché? Perché mi lasci così? Non devi, Seth! Non voglio che te ne vada!-
il mio tono era disperato, così come l’espressione sul mio volto.
Lui
abbassò lo sguardo e poi disse tremando un po’ –Sai che non me ne andrei da te,
Sammy, ma ho delle responsabilità…-
Lo
interruppi sibilando –C’è Leah, per le responsabilità!- e la ragazza guardò me
tristemente, lanciando delle occhiate di disapprovazione al fratello, che si
dimostrava così serio.
Attesi
una risposta, ma non arrivò, così mi rivolsi a tutti –Se voi partite, vengo
anch’io…- poi mi voltai fino a dove, pochi istanti prima, c’era Laura, ma
quella si era ritirata vicino alla porta e disse solo -Non mi
piace oppormi alle decisioni altrui-.
Queste parole furono come una pugnalata, ma non
capii subito che era triste in un modo differente dal mio.
I suoi occhi lucidi fecero sì che la mia lingua
venisse frenata prima di urlare anche a lei.
Forse,
starete pensando, le reazioni sarebbero sembrate più adatte ai nostri due
temperamenti così differenti solo se le avessimo scambiate, ma posso assicurare
che non è così.
Per
quanto Laura fosse testarda, piena di fervore e amichevole, il comportamento
che ebbe in quell’attimo mi sembrò comunque il più azzeccato…per quanto
riguardava me, beh…il fatto che fossi più riservata, concisa e –di tanto in
tanto- cinica, non condiziona il fatto che avessi urlato contro a quelle
carissime “persone”.
Ma
comunque, torniamo a quell’attimo…
Osservai
la ragazza per quell’ultimo istante prima che uscisse velocemente dalla camera,
ignorando tutti noi.
Seppi
allora che le lacrime avevano iniziato a rigare quel visino rotondetto e
incorniciato dai capelli sparati in ogni dove.
I miei
occhi si fermarono qualche secondo su Edward, che certamente avrebbe potuto
dirmi –se avessi voluto- cosa stava pensando la mia amica, e su Jacob, che
teneva lo sguardo accorato verso il punto dove la giovane –che era per lui
ormai una grande amica- era scomparsa.
Il mio
cuore aveva i battiti accelerati, ma me ne infischiavo.
Non
c’era niente che avrebbe potuto spronarmi ad essere felice dopo una notizia
così tremendamente triste, dolorosa.
I
nostri amici stavano per lasciarci come se nulla fosse, e tutto perché il loro
mondo straordinario li stava richiamando.
Forks,
cittadina isolata dello stato di Washington, già era pronta a rallegrarsi del
loro ritorno, mentre io e Laura saremmo poco a poco deperite.
Insieme,
certo, ma comunque saremmo deperite.
Grazie
alla rispettabile sincerità di Carlisle, venni a sapere che la loro partenza
era prevista tre giorni esatti dopo quella spiacevole notizia.
Era
terribile sapere che quelle sessantadue ore –e sottraendo quelle servite a
dormire e per svolgere i compiti per le vacanze- erano l’ultimo lasso di tempo
da poter passare con la loro piacevolissima compagnia.
Seth.
Ci
restava così poco tempo! Cosa poteva accadere?
Se solo
avessi immaginato! Ma stiamo correndo troppo…sì, sì…meglio attendere.
Proprio
per soffermarmi su di lui, continuerei a raccontare ciò che accadde in seguito.
Passai
molto del mio tempo con Seth, sentendo che l’addio sarebbe stato migliore se
non fossimo rimasti in conflitto solo a causa del mio dispiacere.
Mi
aveva promesso che sarebbe venuto a farmi visita il più possibile, ma non mi
bastava e dover annuire silenziosamente, senza poter dire che non era
sufficiente, mi causava forte crisi interiori.
Fu il
primo giorno del rapido conto alla rovescia, che passeggiammo in un posticino
riservato che avevo scoperto anni prima, dove il piccolo fiumiciattolo, luogo
che ogni primavera le rane lasciavano pieno di miriadi di girini, scorreva
placidamente.
Ci
sedemmo sull’erba umida e lasciai che mi stringesse a sé per ripararmi dal
vento intento a trascinare lontano le nuvole alleggerite dalla perdita d’acqua.
Chiusi
gli occhi e cercai di svuotare la mente, poi chiesi senza guardarlo, timorosa
–Ti mancherò?- e lui, accarezzandomi i capelli, rispose –Come potrebbe essere
altrimenti? Certo che mi mancherai. La mia vita sarà buia finchè non tornerò a
trovarti-.
Le mie
labbra si tesero.
No, non
pensava proprio a rimanere con me.
-La mia
sarà peggio del buio. Sarò morta, Seth-.
Queste
parole scaturirono in lui una reazione piena di angoscia, che vidi riflettersi
sul volto come in una riproduzione perfettamente studiata. Subito mi
pentii di essere stata così diretta. Non volevo rovinare anche i nostri ultimi
attimi insieme…prima di chissà quando.
Carissime
lettrici, purtroppo non ho tempo a disposizione per spiegarvi, ma vi
informo che questo è uno degli ultimi capitoli del LIBRO
PRIMO...quindi non abbandonatemi dopo questo, perchè
continuerò subito col secondo, senza creare una storia staccata
da questa! ^^
Ah, il prossimo capitolo avrà una sorpresa.
A presto! baci da Sammy Cullen.
P.S:
Spero abbiate capito che Laura esiste davvero! ogni tanto leggendo le
vostre recensioni sia io che lei crediamo che sia diventata solo un
personaggio immaginario XD.
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Capitolo 16 *** Aaaah! l'amour...l'amour...[POV Laura] ***
capitolo 16
16. Ah! L’amour…l’amour…
[SPECIAL POV Laura]
Se una persona vi fermasse per strada e vi dicesse “Hey
ragazza posso avverare il tuo sogno!” io, per lo meno, gli riderei in faccia, e
ancora sghignazzando gli risponderei che no, non era possibile. Anche perché io
avevo l’assurda sfortuna di riuscire ad essere incompleta nel mio paradiso.
Datemi della pazza, della megalomane, ma nella mia assurda vita niente era mai
riuscito ad essere completo. Un perfetto cerchio ricongiunto io non lo avevo
mai visto, ero, come dire, una persona che viveva in semicerchi, e che usava
l’ottimismo come materiale di costruzione.
Ultimamente però veniva a mancare perfino questo, ed io i
lavori a secco non sono mai stata capace a farli.
Quel pomeriggio ripercorremmo la solita via piena di negozi
e persone, io ormai non ci facevo più caso, ero abituata a vivere nel
trambusto; passammo davanti a quella libreria, la famosa, la prima volta che
avevo incontrato Sammy, dove avevo mantenuto il mio orgoglio di Black, avete
capito è inutile che ne dica il nome. Un sorrisetto di soddisfazione si accese
sulla mia faccia, ma non durò molto.
Scacchi…io ho sempre odiato gli scacchi, ho sempre perso, e
non ho mai capito se l’alfiere dovesse andare prima del cavallo. In definitiva
non sopportavo quella copertina, non ne sopportavo la stazza, ne il contenuto
di quel libro. Mi bloccai come se una coscienza remota, una vocina fastidiosa
che avevo ricacciato nei meandri della mia mente da tempo, circa dal 6 agosto,
quando avevo letto l’ultimo capitolo di quel libro, stesse riaffiorando pronta
a schernirmi.
“Sempre la solita Lauretta, mai una giusta, lo vedi quel
palazzo, là c’è lui, ma non potrà mai essere tuo…e in più, sta per andarsene”
Rideva quella maledetta, gongolava. Strinsi i denti e
attraversai con il rosso, rischiai di essere investita da un autobus.
-Laura sei tutta matta!?- la voce di Samantha arrivò al mio
orecchio come lontana, mentre le sua proprietaria a falcate veloci guadagnava
terreno affiancandomi.
Tentai di sorridere tranquillizzandola, ma il suo sguardo
sospetto mi dava la conferma che la mia impresa non era riuscita.
Ultimo piano, le uniche due suitte dell’albergo, ormai il
tasto dell’ascensore portava la mia impronta, continuai a rimuginare in
silenzio.
Non avevo mai soffermato il mio pensiero a lungo sul fatto
che io non avrei mai avuto il mio “happy ending” non come Sammy, non come
Edward, non come tutti in queste stanze.
-Laura vuoi dirmi cosa succede?- questa volta il tono era
deciso, e non ammetteva la risposta di repertorio.
Attesi un attimo e poi risposi, sono sempre stata una brava
attrice, -Niente Tommaso si era arrabbiato perché non sono potuta uscire con
loro oggi, tutto qui-
-Ah…- borbottò lei –…non pensarci-
Provava a consolarmi, se fosse bastato quello.
Bussammo alle suitte, o meglio alla suitte. Io non avevo
interesse per quella dei vampiri, e lei…lei era la fortunata. Sorrisi tra me e
me amaramente. Che cosa malignamente comica, lei che aveva sempre reputato
l’imprinting una maledizione ne era stata colpita, ed io! Che lo consideravo il
più grande miracolo…niente, fumo, polvere.
Seth ci venne ad aprire con un sorriso, ma del tutto
parziale, per lei il suo amore. Si scambiarono un bacio di saluto che mi
costrinse a voltarmi. Aspettai poi scherzando borbottai –Prendetevi una
camera!- entrai sbuffando nella loro, aggirando quel colosso indiano.
-Laura, gli altri sono usciti- disse chiudendo la porta
dietro di se.
Mi gelai. Come, usciti?! Ed io ora che diamine facevo io?!
Il terzo incomodo? O certo era la mia specialità.
-Oh, allora io vi lascio, okay?- mormorai queste parole e
uscii dalla porta senza neanche sentirne la risposta.
Una volta fuori mi poggiai al muro e infilai la testa fra le
mani. Quello stupido libro mi aveva sconvolto, dannazione!
“Ahahah eccola qui…sola”
Vocetta perfida! Incredibile aveva il tono di quella di
Edward. Feci una smorfia, ma proprio in quel momento la porta affianco a quella
dei Queleute si aprì e di lì sbucò fuori Jasper con un’espressione tra
l’accigliato ed il divertito in faccia. Allora non era di marmo! Aveva dei
sentimenti il soldatino di piombo!
-Ciao Laura- era cordiale come sempre del resto –Vuoi
entrare? Edward oggi sembra calmo- rise.
Ogni volta rimanevo rapita dalle loro risate, era come
sentire degli angeli.
-Grazie, rimanere qui non è il massimo- borbottai entrando
nella camera.
Se quella dei lupi aveva le sembianze di un campo di
ritrovo, questa era candidabile per entrare nei cataloghi di case perfette.
Sul divanetto Emmett e Rosalie stavano ridendo tra di loro,
Alice sfogliava svogliata un catalogo di moda mentre Esme stava parlando
allegramente con Carlise. Edward, l’unico non “accoppiato” in quel momento
stava guardando fuori dalla finestra il brulicare della gente.
Quando sei sola, e tutto intorno a te è completo, in coppia
ti senti male. Era una fredda realtà che provavo da tempo sulla mia pelle.
Questi miei pensieri melanconici non sfuggirono al vampiro che si voltò quasi
divertito verso di me.
Lo guarda con non sufficienza e provai a concentrare il mio
pensiero su altro, più allegro e meno interessante per il mio peggior nemico.
Ma non ci riuscii, quell’immagine di pace perfetta, Jake con in mano la bambina
non se ne andava, come incisa nei miei pensieri.
Si avvicinò a me e sorridendo melenso, si sedette nella
poltrona di fronte alla mia.
-Bella bambina, assomiglia alla madre- voce soave che per me
era come un frastuono fastidioso.
Ringhiai non rispondendo. In quell’istante sembrava che io e
lui fossimo da soli, niente Cullen intorno a noi, nulla. Solo io e la mia
coscienza che in questo momento si era trasformata in un vampiro curioso.
-Piani di conquista infranti mia cara-
Quel suo tono, era quello della vendetta. Lo sapevo io che
non dovevo esagerare con le battute.
-No, non avresti dovuto- scoppiò a ridere.
-Quando Jasper diceva che eri tranquillo metteva nel
pacchetto anche l’opzione “cattivo di James Bond”?- risposi acida.
-Non so…fatto sta che ora sei da sola. Tu-
Me lo aspettavo bastardo ma non così tanto.
-Niente amore eterno, quello che tu dici di disprezzare, ma
che in realtà vuoi con tutta te stessa, niente romanticismo, niente di niente-
ghigna.
Mi alzai di scatto arrabbiata, sentivo le lacrime, la
tristezza, la delusione che mi stavano rincorrendo, bastava uno scatto e le
avrei seminate, dovevo solo riuscire a farlo.
-Vaffanculo, stronzo-
Quasi correndo mi precipitai fuori dalla porta e una volta che l’ebbi chiusa dietro di me
scoppiai a piangere.
Odiavo l’amore. Lo odiavo con tutta me stessa. Non riusciva
a capire che non lo volevo, ritornava sempre come un cagnolino del quale tenti
di liberarti.
Provai a smettere, ma niente, ritornavano. Maledette
lacrime. Con un gesto deciso passai il maglione sugli occhi decisa ad
eliminarle. Mi girai, volevo uscire, ma sbattei contro qualcosa di massiccio e
duro.
Mi massaggiai il naso dolorante.
-Merda, pure questo…- mi lagnai ancora con gli occhi chiusi.
-Hey piccola, che hai?- la voce di Jake era preoccupata, il
mio comportamento oggi spaventava parecchi.
Tirai su con il naso.
Come un attore dietro le quinte si lascia andare e rimane
sconvolto ed imbarazzato se qualcuno lo trova in quelle condizioni, così io
avevo posato la mia maschera e mi trovavo davanti a loro non pronta a recitare
una nuova commedia.
-T-tutto apposto- stavo ancora singhiozzando, ma le lacrime
si erano fermate, almeno loro capivano quando era il momento di placarsi.
-Non sembra- la voce bassa era preoccupata.
-Stupidaggini da ragazzine- sdrammatizzai con un sorriso
–unite a compiti di “branco” male eseguiti- immaginai la faccia di Matteo
quando gli avevo detto che avevo da fare.
-Male, molto male- imitò la voce di Sam alla perfezione e
scoppiai a ridere
-Come mai qua fuori?E per di più puzzi di succhiasangue-
-I piccioncini hanno da fare- alzai gli occhi al cielo
mettendo il broncio.
-Oddio quanto non sopporto chi non ride!- esclamò ridendo ed
avvicinandosi pericolosamente.
-C-cosa stai facendo!? Hey?!-
No. IO.ODIAVO.IL.SOLLETICO. Scoppiai a ridere cercando di
scappare e rifugiandomi nella loro camera che con un'altra mano era riuscito ad
aprire.
-Jacob basta! Dai!!- tra le risate provavo a formulare
richiami di aiuto.
Urtai un tavolino e mi mancò il fiato dal dolore. Cacchio
faceva male, ero abbastanza resistente ma quello spigolo era stato micidiale.
Gli occhi di Jake erano allarmati, e se non mi fossi gettata
io sul letto mi ci avrebbe portato lui.
Con gli occhi spalancati respiravo a fatica.
-Come stai?!-
-Sto morendo…!- borbottai massaggiandomi il punto colpito.-
di risate-
La battuta lo tranquillizzò così si mise a sedere.
Mi guardai intorno alla ricerca di Sammy che riemerse dal
terrazzo con le mani intrecciate in quelle di Seth, e gli lanciava degli
sguardi così carichi d’amore che mi sembrava quasi finto.
Se nei miei sogni da adolescente innamorata e non ricambiata
l’amore aveva una figura precisa, un modo di fare, di agire, era proprio
questo: due mani unite, occhi che si cercano, ed un sorriso che rappresentava
il paradiso.
-Eccoti, come mai tutto quel trambusto di là,cosa è
successo?- era preoccupata, forse più del dovuto.
Ancora una volta l’attenzione di tutti si incentrò su di me:
cosa gli potevo dire.
-La mia convivenza con Edward è qualcosa di impossibile. Per
fortuna ho del sangue acido- ridacchiai.
-Oddio che ha fatto…-Jake era piuttosto preoccupato questa
volta, e la cosa mi fece piacere.
-Il suo maledetto potere- sorrisi amara.
-Spalla su cui piangere?- sorrise affabile. Quel sorriso che
avevo sempre agognato e desiderato. Non mio, né ora né mai.
-Spalla su cui piangere- risposi alzandomi verso il
balconcino, il nuovo salotto.
Sammy e Seth ci guardarono un attimo divertiti poi ci
dissero che sarebbero andati nell’altra stanza noi annuimmo e li avvisammo che
tra pochi minuti saremmo scesi.
Avevo voglia di passeggiare.
-Allora cosa è successo?- il suo tono era dolce, tranquillo.
Un amico, un ottimo amico. Se solo mi fossi accontentata…
Magari questo era il mio vero problema, il non riuscire ad
accontentarmi, di posare i miei sogni sempre troppo in alto, e di non avere poi
le forze per scalare la montagna.
-Se qualcuno ti dicesse che Miss Tordella, okay scusami- notai
la sua faccia farsi nera e minacciosa – Isabella, per gli amici Bella- alzai
gli occhi al cielo – si sposasse e che tu non avresti nessuno cosa faresti?-
-Tenterei comunque, sperando che si stufi del succhiasangue-
Nel suo volto notai l’antica scintilla, quella che avevo sempre sognato fosse
rivolta a me.
-Ma se Bella avesse l’impriting? Se tu non avessi una benché
minima speranza- parlavo con affanno fissando la gente muoversi veloce.
Si bloccò e rimase in silenzio chiudendo la bocca e
osservando il mio stesso punto.
-Perché ti sei innamorato di me e non di lui, come
tutte?-domandò.
Lo guardai sorridendo –Tu sei … beh non lo so di preciso…
colpo di fulmine?- ipotizzai.
-Ne sono onorato- sorrise e finse un inchino scherzoso.
-Eppure io non avrò la mia fine felice- sbuffai mettendomi
sdraiata sulle maioliche bianche del balcone. Chiusi gli occhi, e misi le mani
sotto la testa.
-Cosa fai?- domandò curioso.
-Prendo la luna- risposi tranquilla –Fa venire un’ottima
tintarella-
-Non sei triste?- si sdraiò vicino a me, imitandomi.
-Molto, ma se riesco a scherzare magari accetto il mio
freddo e crudele destino- accentuai le parole con enfasi strabordante.
-Magari trovi un ragazzo migliore di me…ancora non hai visto
il mondo…- propose pensieroso osservando le stelle coperte dallo smog.
-Non commiserarmi!- scattai infastidita.-Sbaglio o quando ti
dissero le stesse identiche parole ti lagnasti!?-
-E tu non diventarmi come Leah- ridacchiò e ritornò beato.
-E’simpatica, e la capisco benissimo- borbottai –Così il mio
cavaliere nero non è mio-
-A quanto pare sono di una mocciosetta- mormorò poco
convinto.
-Promettimi una cosa però- lo fissai negli occhi –non
lasciarmi, mi accontento di essere tua amica, non chiedo di essere come
Isabella, magari mai lo sarò, però non lasciarmi- sentivo le lacrime risalire.
-Te lo prometto- era serio.
Ero uscita senza maglione od altro, e stavo iniziando a
tremare. Solitamente non sono una tipa freddolosa, anzi, la mia temperatura
corporea si aggira intorno al trentasette, una piccola stufa, come mi
chiamavano i miei amici, ma in quel momento avevo proprio freddo.
-Vuoi un po’ di calore?- domandò con un sorriso.
Annuii e mi avvicinai un po’, annusando bene il suo petto,
sul quale avevo poggiato la testa, la rigirai poi per vedere le stelle, almeno
tentare.
-Sai ho un’ipotesi sull’amore…- dissi.
-Spara-
-Secondo me il vero amore è l’amicizia. Il vero amore,
quello platonico, che tutti desiderano, esiste nell’amicizia- spiegai.
-Tu dici?-
-Sì, perché non ha bisogno del gesto carnale per esistere,
due amici, un ragazzo ed una ragazza intendo, sono come due amanti, ma non
hanno bisogno del sesso per esprimere il loro amore. Entrambi si completano,
vedono in ognuno il riflesso dell’altro- conclusi.
-Interessante teoria- mormorò soprappensiero –Quindi per te
due amici, veri, sinceri dovrebbero dirsi, “ti amo” anziché “ti voglio bene”?-
chiese.
-Esatto- risposi con un sorriso, voltandomi verso di lui.
-Bene…- si fece un attimo di silenzio, poi riprese –allora…
ti amo Laura- disse quasi ridendo.
-Ti amo Jake- controbattei con la stessa ironia per poi
riaccoccolarmi e parlare di costellazioni.
Magari la mia montagna era troppo alta, ed io avevo bisogno
di riposare. Forse Jake era la grotta in cui avrei passato la notte di
tempesta. No, la tristezza sarebbe rimasta, come i segni del freddo mi
avrebbero accompagnato durante il viaggio, ma avrei continuato a salire.
L’unica cosa che sapevo era questa, e mi bastava.
Era passato un bel po’ di tempo, così mi alzai e decisa a
ritornare a casa provai ad aprire la porta del balconcino: bloccata.
Mi girai di colpo verso Jake che rimaneva dietro di me
impietrito, mi avvicinai e gli passai una mano sul viso, lui ancora con lo
sguardo fisso me la bloccò e mi fece cenno di tacere, poi si portò la mano
all’orecchio per indicarmi di sentire.
Assottigliai l’orecchio e quello che sentii mi fece gelare
il sangue nelle vene: gemiti.
Cosa diamine stava succedendo?!
Lo guardai sconvolta e lui ghignò un pochino.
-Il piccoletto si dà da fare…-
-COME?!- esclamai.
Lui sorrise eloquente e mi portò verso una finestra meglio
illuminata in cui la scena che mi si presentò era tutta tranne che casta: Seth
sopra Sammy che si muoveva freneticamente.
O.MIO.SANTISSIMO.DIO.
Rimasi a bocca aperta finché non realizzai, mi portai una
mano sugli occhi e stizzita mi voltai, lui fece lo stesso meno vergognoso di
me.
-Hai capito come?- disse tranquillo.
-Fin troppo bene- risposi balbettando di imbarazzo.
Non si erano resi minimamente conto che noi eravamo fuori!
Per di più chiusi.
-E ora che si fa?- domandai sconfortata.
-Le opzioni sono due: bussare- alzò il dito indice saccente
–ma dubito che ci sentirebbero, presi come sono a …-
-NON DIRLO!- gridai con la vocetta acuta.
Lui rise- non credevo ti scandalizzassi con così poco!-
osservò
-Oppure rimanere qua fuori- detto questo si sedette a terra
e iniziò a giocherellare con dei sassolini presi dai vasi.
Mi sedetti affianco a lui.
-Quando credi che verranno gli altri?- mormorai affranta.
-Stavano cercando per cenare fuori, io sono tornato per
chiamare Seth, ma credo che non accetterebbe l’invito- ghignò divertito.
-Nessuna soluzione quindi?-
-Nessuna- confermò con un sorriso e mi strinse un po’ a se
per riscaldarmi.
Rimanemmo così per un po’, chiacchierando del più e del
meno. Interrotti ogni tanto da qualche apice di piacere dei due piccioncini che
a me facevano rabbrividire a lui ridere.
Mi accorsi mentre spostavo lo sguardo infastidita verso
destra che i balconi dei Cullen e il loro era unito, bisognava semplicemente
scavalcare una piccola staccionata. Sorrisi trionfante e gli picchiettai con la
mano sul braccio.
-Cosa c’è?- domandò incuriosito dalla mia faccia esultante.
-Soluzione trovata- mi alzai veloce e mi avvicinai alla
finestra degli altri.
-Dai succhiasangue?- disse scettico seguendomi
Lo ignorai, era meglio non peggiorare la mia situazione.
-Cullen…Cullen!- li chiamai sporgendomi un po’.
A me andava bene chiunque. Tranne Edward sia chiaro.
Uscì Rosalie… e lei.
-Ciao Rose- dissi allegra, dovevo essere carina con lei. A
tutti i costi. Jacob spostò lo sguardo e il volto, probabilmente cercando una
corrente d’aria meno inquinata di puzzo di vampiro.
-Cosa vuoi?- chiese gelida.
Ecco così non andava. Per niente.Ci guardava con aria
schifata dalla sua altezza di Miss “me la sento proprio tanto”
-Ecco…ci servirebbe un aiutino- sorrisi ancora più, dovevo
nascondere in qualche modo il mio vaffanculo.
-E quindi?- alzò un angolo delle labbra schifata.
-Potreste farci entrare?-
Sorrise –Ecco… fammi pensare…no- ancora sorridendo si girò.
-E perché?! CARLISE!- urlai per richiamarlo.
-Non c’è- affermò vittoriosa.
-ESME?!-
-No-
-ALICE?!-
-Nah-
-EMMETT!!!- esclamai.
-Non provarci neanche ragazzina!- mostrò i denti ringhiando.
-Inutile tentare Laura - mi provò a tranquillizzare Jake
–sono solo testa di cazzo uno e due, lei e Edward-
-Ma dai Rose! Ti prego!- la supplicai.
Avevo freddo in quel momento. Molto.
-Non hai letto?- rispose lei ghignando.
-Cosa?- chiesi in difficoltà.
Il tempo di chiudere gli occhi che davanti a me comparve un
foglio bianco con scritto sopra “vietato l’ingresso ai cani”
Sorridendo strafottente si girò e entrò dentro.
Io rimasi allibita a guardarla mentre si voltava, poi dentro
di me si levò come un ruggito animale una voglia di insultarla pazzesca.
-STUPIDA DI UNA TINTA!- gridai con tutto il fiato che avevo
in gola.
-Cosa.hai.detto?- era magicamente ricomparsa, e più che un
angelo sembrava una posseduta.
-Tinta- socchiusi gli occhi con aria di sfida.
-Barboncino!-
-Gallina-
-Nana!-
-Rifatta!-
-Stu…Stupida umana!- ringhiò e si chiuse violentemente il
portone dietro.
Mi voltai infuriata e vidi Jacob piegato in due tentare di
battere le mani.
-Sei stata grande!- mi abbracciò all’improvviso.
Tutto l’astio si sciolse di colpo e mi lasciai trattenere da
quelle braccia che emanavano calore.
Di colpo si aprì la porta del nostro balcone ed uscì un Seth
estremamente imbarazzato.
Forse
dal titolo vi aspettavate qualcosa di perfino più
romantico...forse un cambio d'idea da parte dei nostri carissimi amici
fantastici...ma no, spiacente...è scritto che debbano partire, o
la seconda parte di questo libro non si potrà scrivere!
Bene...ora, la sorpresa a cui ho accennato la volta precedente è
il POV di Laura. Abituatevi, perchè sul LIBRO SECONDO,
sarà presente di tanto in tanto ^^. Ah, ci tengo a chiedervi
cortesemente di fare a Laura i complimenti stavolta, visto che il
capitolo che avete avuto il piacere di leggere è opera sua (li
leggerà di certo ^^). Il prossimo sarà l'ultimo di questa
prima parte e sarà sotto il POV della sottoscritta XD
Okay...vi ho detto tutto! Grazie come sempre e a prestissimo!
Vostra Sammy Cullen
P.s.: I Volturi ci saranno, ma dopo un "pochino"...non posso dirvi niente, ma nel libro II ci saranno tante sorprese e le mie vicende andranno di pari passo con quelle di Isabella...quindi i Volturi nello stesso periodo di BD ^^
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Capitolo 17 *** Un nuovo sconvolgimento & l'ultimo ricordo... ***
capitolo 17
17. Un nuovo sconvolgimento e l’ultimo
ricordo
Quello che io e Seth avevamo appena fatto
era stupendo.
Sesso.
Un qualcosa che serviva solo ad unire di
più due animi che già combaciavano perfettamente. Lui aveva desiderato il mio
corpo, ed io il suo.
Li avevamo messi insieme ed ecco a cosa
si era arrivati.
Sesso.
Wow…mentre stavo stesa sopra di lui, con
la testa poggiata al torace, intenta ad accarezzarlo in punti estremamente
intimi, pensavo che avrei ripetuto tutto ciò milioni di volte, solo perché era
con Seth.
All’improvviso, mentre salivo un po’ più
su per baciarlo in un modo tutt’altro che casto, sentimmo bussare entrambi
leggermente da fuori, sul balcone.
-Seth…hai sentito?-
lui aggrottò la fronte pensieroso ed
annuì, poi sospirando, si alzo in tutta la sua nudità e tolse il gancio dalla
finestra.
Bene.
Da fuori sbucarono Jacob e Laura. L’una
rossa come un peperone, non appena vide Seth senza vestiti (che intanto si era
coperto lì in basso come poteva con un giornale buttato a terra) e l’altro che
sogghignava divertito osservando a turno me e l’amico.
La risposta più stupida che avessi mai
dato venne a galla in quel preciso momento: con tutto il fiato che avevo (e non
era molto) dissi velocemente –Non è come sembra!-. Stupida, stupidissima frase
insensata.
Se erano rimasti lì tutto il tempo…loro
avevano visto.
-Ottimo lavoro, Seth- disse ridacchiando,
ed il mio fidanzato iniziò col dire –Oh, stai zitto Jak…- ma la porta principale
si aprì e sentimmo tutti il vociare degli altri ragazzi Queleute.
Io, ancora stesa sul letto interamente
nuda con solo le coperte a nascondermi, rimasi pietrificata e lo stesso accadde
agli altri.
Quil disse dalla stanza adiacente alla
nostra –Ehi! Seth, Sammy…dove diavolo siete andati a…-
Ma arrivò alla porta della camera e restò
bloccato, sussurrando dopo aver immaginato chissà quale assurda fantasia,
vedendoci tutti e quattro –Oh santo cielo- e poi si soffermò su Seth e me,
esattamente come aveva fatto Jacob.
-Ora ho capito cosa avete fatto mentre
non c’eravamo…- rise senza controllo mentre gli altri comparivano dietro di lui
uno per uno, incuriositi da ciò che stava succedendo.
La voce che sentimmo per prima fu quella
di Leah, che gridò incredula al fratello –Seth! Per la miseria…!-
E lui per tutta risposta disse –Cosa?!
Leah, accidenti…fatti gli affari tuoi…- era la risposta più infastidita che gli
avessi mai sentito dire, e di veramente cattivo nel suo tono non c’era
niente.
Laura
tossicchiò come per schiarirsi la gola, ed Embry guardando lei invece che me o
il mio ragazzo, fece per chiedere –Tu e Jacob quando siete arrivati
qui?-
-Oh beh…un po’ prima del
fatto…-
A queste parole, pronunciate dalla mia
amica in un sussurro, avvampai e mi coprii il volto con le lenzuola.
Possibile che non ci fossero momenti
eterni e speciali per me?!
Non vidi chi ridacchiò e chi invece
tossicchiò in imbarazzo, ma quando scoprii di nuovo gli occhi, feci in tempo a
vedere una scena molto peggiore.
Laura, aveva alzato in un gesto
istantaneo la mano che era ancora stretta a quella di Jacob ed Embry, pochi
secondi dopo aveva letteralmente aggredito l’amico.
-Cosa è questa storia, Jacob?- aveva
chiesto con un tono di voce estremamente teso.
Jake dal canto suo disse sbuffando
tranquillo, come se niente fosse –Niente Embry, che ti prende?- e lo guardò un
attimo più attentamente.
Embry ringhiò basso e disse –Ah, tu lo
chiami niente!- e si avventò su di lui, mollandogli un pugno dritto sul
naso.
-No! Embry!- Laura era stata spinta via
da Jacob un attimo prima che l’altro gli finisse addosso.
Io restai senza parole, con gli occhi
sgranati, come il resto della comitiva.
Cosa era preso al giovane? Perché aveva
appena preso a pugni uno dei suoi due migliori amici?
Possibile che…
Nella mia mente, quella parola risuonò di
nuovo, ma stavolta non riguardava me:
…imprinting…
Laura lanciò un ultimo sguardo ad Embry,
carico di incredulità, poi si gettò a terra, tentando di tamponare con la tenda
il sangue che usciva dal naso di Jake. Aveva il volto preoccupatissimo, ma gli
occhi fissi sul ragazzo che cercava di tranquillizzarla sorridendo.
Lei smise per un attimo di
poggiare il tessuto per assorbire il rosso e si girò furiosa verso
Embry.
-Cosa
dannazione ti è preso EMBRY?!- gli urlò contro, alzandosi di scatto.
-Sei partito?! Ti sembra questo il modo
di comportarsi!?-.
Laura era davvero, davvero furiosa e lo
guardava con un’espressione mista tra l’incredulità e la rabbia.
Io dal canto mio, avevo sfruttato
l’assenza di attenzione nei miei riguardi per riacchiappare i vestiti da terra
–sempre tenendomi ben stretta le coperte- e mi ero rivestita come meglio potevo
da sdraiata.
Nel mentre, la ferita di Jacob era già
bella che guarita, ma a Laura non importava niente di ciò, presa com’era ad
attendere spiegazioni da Embry.
La sottoscritta, che aveva capito ogni
cosa, era arrivata alla semplice conclusione che il giovane era riuscito a
mantenere segreto il suo travolgimento per la ragazza grazie al fatto che non si
fosse mai dovuto trasformare assieme agli altri.
Se avesse preso le sembianze di lupo con
tutti gli altri giovani Queleute, a quest’ora la notizia sarebbe stata di
dominio pubblico, grazie al collegamento mentale di cui erano
provvisti.
Ma comunque…torniamo a vedere cosa
accadde poi…
Embry guardò il proprio pugno chiuso
incredulo e l’amico, che si rialzò e arricciò il naso solo per controllare che
si fosse riformato bene…
Ma i suoi occhi non riuscirono a
soffermarsi sul visino di Laura, facendo sì che la risposta sembrasse aiutare a
far caso all’imbarazzo di quell’attimo –Mi dispiace…non so cosa mi sia preso- e
detto questo, lanciò solo una rapida occhiata alla mia amica, che rispose
duramente –Non è con me che devi scusarti!-.
Intanto, la mia mente aveva già dovuto
frenare l’impulso di alzarmi e dire alla ragazza che era cieca, se ancora non
riusciva a rendersi conto di ciò che provava Embry per lei e che…
Beh, lei stessa prima o poi avrebbe
ricambiato.
Amore.
Un amore così forte da rendere fragili,
indifesi, ma al col tempo capaci di sconfiggere ogni avversità.
Era l’imprinting che mano a mano dava i
suoi ricchi frutti.
Perché Laura, colei che mi aveva
indottrinato come meglio poteva dei suoi saperi “Jacobici”, non si rendeva
minimamente conto del fatto così ovvio?
E gli altri ragazzi Queleute? Avevano
compreso? Poteva non essere altrimenti?
Li osservai attentamente, cercando di
trovare una risposta alle mie domande, ma proprio quando mi parve di scorgere
una soluzione…
Chissà chi e perché, decise di bussare
alla porta della loro suitte.
Mi alzai veloce e, battendo
gli altri sul tempo, feci per andare ad aprire. Prima però, feci un cenno del
capo a Laura e lei aggrottando la fronte e passando oltre Embry guardandolo
male, mi seguì.
Ero a conoscenza del fatto che tutti
avrebbero potuto sentire le mie parole se si fossero concentrati, ma impegnati
com’erano a fare domande a Seth sul nostro conto –forse nello stolto tentativo
di alleggerire la tensione- presi fiato e sussurrai a Laura –Sei cieca o cosa?-
e la lasciai così perplessa da decidere di non attendere una risposta, perché in
fondo la mia non era altro che una domanda retorica.
-Non hai ancora capito…- la mia fu
un’affermazione piena di consapevolezza. Possibile che stesse fingendo di non
aver sentito nessun cambiamento dentro di se? Come mille scosse tutte insieme
quando lui le era vicino?
La ragazza mi guardò confusa, poi chiese
–Sammy, cosa dovrei capire?- ma sospirai e risposi per sviare il discorso
–Niente…assolutamente niente-.
Volevo che arrivasse alla conclusione da
sola.
Intanto, avevo fatto quei cinque passi
che mi separavano dalla porta d’ingresso ed avevo girato il pomello.
Edward, in tutta la sua perfezione, si
era deciso –chissà perché- ad uscire dalla sua stanza d’albergo per arrivare a
quella dei licantropi.
Notai il fatto che il suo petto non si
muovesse, ad indicare che si stava privando dell’aria che lo circondava solo
perché per lui i Queleute puzzavano.
Ridacchiai tra me e gli chiesi amichevole
come sempre –Cosa succede, Edward?- e notai i suoi occhi ambrati posarsi su
Laura, che lo guardava a sua volta con l’espressione più piena di rancore che le
avessi mai visto rivolgere al giovane.
Cos’altro era successo tra quei due in
mia assenza?
Avevo capito quindi che non c’era
speranza di vederli andare d’accordo…neanche una volta in tutta la vita di lei e
l’esistenza di lui.
Che stress…
Edward rispose pacatamente –Vorrei fare
le mie scuse a Laura, visto che ci resta poco tempo per restare- poi si soffermò
solo su lei –Ti chiedo perdono, ho capito solo ora di aver dato troppo peso alle
tue frecciatine infantili e di essermi comportato da stupido ferendoti a quel
modo-.
Quanto era bello il suo volto, mentre le
chiedeva scusa per chissà cosa!
Ogni tanto quel vampiro riusciva ad
incantarmi, come se Seth non ci fosse…ma durava pochi attimi, prima di tornare
col pensiero fisso sul mio fidanzato.
Mentre osservavo imbambolata Edward,
notai di sfuggita la smorfia perfida di Laura e subito mi tenni pronta ad
intervenire.
Sapevo perfettamente che nelle scuse del
vampiro c’era stata una parola che a lei non sarebbe sfuggita: infantili.
Quando le sue labbra si mossero, le misi
una mano sulla bocca appena in tempo per fermare l’insulto che già si preparava
a lanciargli, ma questo non può certo servire in casi come quello a cui stavo
assistendo.
Se infatti, uno dei due impegnati a
discutere può leggere il pensiero e l’altro è a conoscenza di questo fatto, il
non poter parlare a voce non è un grosso ostacolo.
La vocina interiore della mia amica stava
certamente continuando da dove l’avevo interrotta.
Notai Edward alzare gli occhi al cielo
come a dire “io ci ho provato ma con questa qui è inutile” e poi in silenzio e
con un mezzo sorriso astuto se ne rientrò nella camera d’albergo accanto alla
nostra.
*°*°*
Il giorno della partenza
arrivò troppo velocemente. Non ci fu modo di rallentare il tempo, o addirittura
fermarlo. Non si poteva nulla contro un avvenimento simile.
La tristezza mi aveva portato via ogni
cosa, rendendomi agli occhi di chi mi stava vicino vuota e fredda.
La sensazione di solitudine che avrei
provato si era fatta avanti un po’ prima, come per darmi un assaggio di ciò che
mi aspettava.
Stavano per partire ed io non potevo
seguirli…
Andarmene via di nuovo, causando
finalmente un infarto a mio padre e una crisi isterica a mamma! No, non potevo
sparire di nuovo come avevo già fatto.
Eppure…non riuscivo a capacitarmi del
fatto che Seth se ne sarebbe tornato a Forks, e con lui tutti gli
altri.
Scuotevo la testa a quel pensiero, prima,
ma…una volta che arrivammo all’aeroporto, decisi di prendere atto della cosa e
di sembrare il meno triste possibile.
Sembrare.
Non potevo fare altro, dal momento che
Jasper teneva d’occhio ogni sentimento attorno a lui.
Seth mi strinse a sé fortemente e
ricambiai la stretta trattenendo i singhiozzi.
Passammo metà del tempo a salutarci, io e
Laura ci eravamo preparate reciprocamente per quel triste momento ed ora ci
sentivamo sollevate almeno un po’ del fatto che avremmo sofferto in
due.
-Mi mancherai-
-Torna presto…-
Seth mi baciò leggero le labbra prima di
voltarsi per andare con gli altri sul proprio volo, mentre una voce metallica
annunciava l’arrivo del loro aereo.
Ero già in procinto di voltarmi per
lasciar fluire le lacrime, quando Laura disse gridando a tutti loro –Ehi! Ho
capito che avete fretta di andarvene, ma una foto potreste anche farmela fare!-
cercava di sdrammatizzare, lei.
Fermò vivacemente una signora sulla
cinquantina e le chiese di scattare una fotografia cercando di far entrare tutti
nell’obiettivo della piccola macchinetta digitale.
-Va bene così, ora dite “formaggio”-
alcuni di noi risero per le parole della donna, che dopo aver accontentato la
richiesta di Laura, se ne andò coi suoi bagagli verso l’uscita
dall’aeroporto.
Questa fu l’ultima cosa che mi rimase
impressa di tutti gli attimi stupendi passati assieme a quelle creature così
magiche quanto umane, angeliche quanto
spettrali.
Mi svegliai una mattina
maledicendo la sveglia e cercai di ricordare cosa fosse accaduto tempo
prima.
Sapevo solo di aver fatto un sogno
estremamente lungo, pieno di avventure e di sorprese.
C’erano i Cullen, i Queleute e Laura…ma
anche i miei genitori e gli amici di scuola…e…
Così tante persone!
Feci colazione più abbondantemente del
solito, salutai i miei e mi diressi a scuola.
La solita routine giornaliera.
Delle vacanze Natalizie non ricordavo
nulla, come se tutto fosse annebbiato. C’era solo il sogno.
Avevo chiamato Laura il giorno seguente
all’accaduto e glielo raccontai.
Rimase terribilmente sorpresa del fatto
che entrambe avessimo vissuto –con prospettive diverse- la stessa avventura
creata dal subconscio.
Un sogno!
Ed era lo stesso per
entrambe…
-Forse è colpa delle nostre storie su
messanger…- Laura aveva ipotizzato milione di cose, ma nessuna ci era sembrata
così logica.
Era strano sentire come se ci fosse più
di quello che sembrava. Ogni tanto un eco nella mia mente mi aveva detto che non
era stato un sogno…ma…
Questo non potevo crederlo
davvero. Solo
più avanti, grazie ad una sorpresa inaspettata, sia io che la mia amica, avremmo
capito che la realtà è relativa a occhio umano.
Carissime lettrici...ù.ù ecco l'ultimo
capitolo del libro 1!!!
Spero ardentemente che seguirete anche il seguito ^^
"The really dream" continua muahah XD
(sono la prima ad esserne felice XD).
Il prossimo aggiornamento sarà rapido,
e vi aspettano un sacco di risate *-*
A prestissimo allora! bye
byeeeeeeeee
Sammy
Cullen
P.s.: Devo rispondere ad una di
voi...^^
Per wbloom: carissima, sinceramente...anch'io metto Edward
al primo posto. Resterà sempre il numero 1 per me, ma in questa storia non posso
cambiare il corso degli eventi. L'imprinting che ho con Seth è irreversibile,
quindi non posso mettermi con Edward neanche per farti un piacere...spero
comunque che continuerai a seguire questa storia, ora che inizia il Libro II.
Baci ed a presto.
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Capitolo 18 *** [LIBRO SECONDO] Prologo/ 1. Aspetti un bambino? Chi, un tuo cuginetto? [POV Laura] ***
Capitolo 1
[LIBRO
SECONDO]
Prologo
POV
Laura
Dicono che faccia ridere… A me non sembra.
Anche perché la mia vita non è così… divertente.
Anzi da quando avevo conosciuto quella pazza, le
cose andavano di male in peggio.
Ho passato parecchi giorni credendo di essere folle.
E chi dice che non lo sia. Eppure la mia vita non
mi fa ridere.
Neanche sorridere. Al massimo sogghigno, delle
volte piango anche.
Pensate che adesso
mi trovo tra le braccia di un vampiro sanguinario, che mi sta leccando famelico
la mano ferita.
A voi fa ridere?
A me non tanto.
1. Aspetti un
bambino? Chi, un tuo cuginetto?
L’idea di
analizzare cipolle non mi era mai piaciuta, il farlo in una giornata noiosa
come questa tanto meno, avere come compagno di analisi il mio peggior nemico
era una vera e propria tortura.
La professoressa di
biologia si muoveva per i banchi dell’aula, intenta a somministrare consigli a
destra e manca. Logicamente non al mio tavolo. L’essere l’eccellenza nella
classe portava a questo: vivere completamente ignorata dai professori. La cosa
non mi dispiaceva affatto, mi permetteva di seguire le lezioni per cinque
minuti scarsi e poi ritornare nel mio torpore. Sfortunatamente quella volta non
lo potei fare.
Furio,
soprannominato il “succhisangue” da me, sembrava non possedere la proverbiale
bravura in questa materia tipica dei vampiri.
Vampiri… già… il
pensare a quella parole non poteva che riportare la mia mente a quel sogno.
Il più fantastico e
inquietante sogno. Perché direte… bhè il fatto che sia io che Samantha
l’avessimo avuto precisamente identico non era normale. Ne tranquillizzante.
Soprattutto per il gran numero di particolari che lo contraddistingueva.
Rimuginai sul fatto, come d’altronde facevo da un mese a quella parte.
-Hey…psss…
cucciola…- il ghigno di divertimento comparì sul volto del mio compagno di
banco.
Ecco, il fatto che
lui mi chiamasse così era estremamente fastidioso, considerando che lui non
superava il metro e sessantatre.
-Che vuoi
sanguisuga?-risposi annoiata annotando su un foglietto un’idea da proporre a
Sammy: magari ci avevano rapito gli alieni e ci avevano cancellato la memoria
con un ricordo simile.
-Senti mi dici cosa
è il secondo?- si stava lagnando e io mi divertivo.
-Uhm… fammi
pensare… no- sorrisi raggiante chiudendo il quaderno e scattando fuori
dall’aula al suono della campanella.
Ora avrei dovuto
lottare come al mio solito con “occhioni-d’angelo-glaciali” per il posto, e
come al solito avrei vinto io sempre perdendo un po’ di stima dei compagni, ma
sinceramente… non me ne fregava nulla, avrei cambiato scuola, volentieri, se
non fosse stato per Giorgia, la mia migliore amica, la mia Alice Cullen
personale.
Mi sedetti
attendendo annoiata l’arrivo della furia bionda, pronta a combattere per il mio
posto.
Ritornai a casa a
piedi, l’idea di entrare in un autobus pieno di turisti non mi allettava e
tanto meno farlo con i miei compagni che si sarebbero lamentati per l’ennesimo
brutto voto, meritato per giunta.
Una volta tolto il
cappotto e posato lo zaino andai ad armeggiare in cucina per prepararmi qualcosa
che mi avrebbe permesso per lo meno di resistere fino a cena. Optai per un
uovo. Non ero molto brava a cucinare, non per me almeno.
Finii di mangiare e
spensi la tv ancora ridacchiando per le battute di Homer Simpson. Arrivata alla
mia scrivania aprii il diario e guardai se avevo qualche compito: niente, già
fatti tutti.
Così allegra accesi
il computer, avrei potuto scrivere un po’, visto che di solito Sammy a quest’
ora non era connessa, stranamente invece il suo omino era verde e sul nick era scritta
la parola “nausea”. Prima che riuscissi a scrivere qualcosa squillò il
telefono. Risposi e quando sentii la sua voce trasalii, era spettrale.
-Laura?-
-Ehm sì. Sammy,
stavo per chiamarti su msn, ma a quanto pare sei telepatica- ridacchiai.
Lei rise a sua
volta poi rimase in silenzio, sembrava volesse dirmi qualcosa, ma che, allo
stesso tempo, non trovasse le parole adatte; così proseguii io per lei.
-A proposito! Ho
una nuova teoria!- sorrisi tra me e me –Rapite dagli alieni, ci hanno
cancellato la memoria sostituendola con qualche ricordo perennemente presente
nella nostra mente- finito di esporre la mia idea mi sedetti soddisfatta.
Lei non rispose.
–Hey? Stai bene?- ero preoccupata, non era da lei rimanere in silenzio, non
così a lungo.
La sentii sospirare
come per farsi coraggio e poi dire con parole veloci e precipitose:-Laura,
aspetto un bambino-
Rimasi interdetta:
cosa voleva dire?
-Un bambino? Chi, un
cuginetto? Che carino! Ti viene a far visita?- non era possibile. Questa era
l’unica possibilità L’UNICA. Non potevo credere che intendesse l’altro
aspettare.
A quanto pare era
proprio l’altro.
-No, Laura. Sono
incinta-
Gelai di colpo. Il
telefono mi cadde dalle mani e si posò pesantemente sul tappeto color senape
che stava a coprire il parquet. Non era possibile. Samantha non poteva essere
incinta. No.
Con chi?! Lei.. non
si sentiva con nessuno, non mi aveva mai parlato di nessuno!
La sua voce usciva
dalla cornetta e mi chiamava accorata, io però rimasi ancora qualche secondo a
realizzare le sue parole, poi lentamente, cauta riavvicinai il telefono al mio
orecchio.
-Tu…cosa?- dissi in
un sussurro.
-Sono incinta,
diventerò…mamma-
Mamma… a quindici
anni. Mamma… che parola assurda. Mamma… CON CHI L’AVEVA FATTO!?
-Tu. Ora. Uscire.
Andare. Punto. Di. Incontro. Me. Te. Nessuno. Dovere. Parlare- sibilai tutto di
un fiato e senza neanche aspettare la sua risposta chiusi la conversazione.
Come era stato
possibile.
In uno stato
d’animo indescrivibile armeggiai con la mia cesta di borse, ne afferrai una che
non usavo da circa un mesetto, poiché era rimasta nel fondo. La sbattei un po’
per togliere le pieguzze e in fretta e furia ci infilai il portafoglio e il
resto dei beni di prima necessità.
Una volta
sull’autobus mandai un sms a mia madre per avvisarla, e, dopo aver chiuso il
cellulare, mi rimisi a pensare a questa situazione
Cosa le avrei
dovuto dire?
Io non ero di
sicuro la persona adatta, io se fossi stata in lei, avrei abortito. Non
riuscivo a concepire l’idea di una ragazzina, perfino di un anno più piccola di
me, con la responsabilità di un bambino sulle spalle. E poi… di chi era?
Samantha non era affatto il tipo di ragazza che andava a ragazzi, anzi! Dai
suoi resoconti mi diceva che non vedeva nessuno; che nessuno riusciva a
catturare la sua attenzione...prima per colpa del roscio-ramato, ed ora di
colpo, appena dopo il sogno “miracoloso”, per colpa di Seth.
Certo quello era un
altro bel problema, da quello che mi aveva raccontato, e che anche io sapevo,
visto che, anche se contro la mia volontà, avevo assistito come spettatrice
imbarazzata, lei lo aveva fatto con il Queluete. Sì! Ma in un sogno!
Non ci volevo
neanche pensare! Questo andava contro ogni regola logica! Sammy si era
sbagliata tutto qui, era l’unica soluzione. perché i sogni non mettono incinta,
neanche se sono licantropi.
Scesi alla fermata
e la trovai ad aspettarmi seduta su uno scalino davanti all’Altare della
patria, intenta a fissare un vigile che dirigeva il traffico.
-Sammy?- la chiamai
gentilmente, scuotendole un po’ il braccio. Lei si voltò e si gettò su di me
abbracciandomi. Rimasi un po’ ferma attendendo che la smettesse, ma così non
fu.
-Ehm… Sammy… sto
morendo soffocata…- mugugnai alzando gli occhi al cielo.
Lei si staccò e mi
guardo con due occhi pieni di “speranza”. Sì, era proprio speranza. COME POTEVA
AVERE QUEGLI OCCHI!? Era incinta. Oddio mio, stavo ripetendo in testa quella
parola troppe volte!
-Esistono- sussurrò
a mezza voce con quegli occhioni.
-Sammy stai
delirando- la rimproverai spostandola da quel trambusto e mettendoci al riparo,
vicino alla fontana illuminata.
-No! Esistono!-
ripeté decisa. –Altrimenti come li
giustifichi ben cinque, e ripeto cinque test positivi, tutti rossi!- mi
rimbeccò.
Mi strinsi nel mio
cappotto, stava tirando vento quel pomeriggio.
-Senti io non lo
so, ma non credo proprio che sia possibile, magari vanno male- borbottai a
mezza bocca.
-Laura, cinque!-
esclamò divertita lei.
-Sarai andata con
qualcuno- risposi io indispettita.
-Sì, con Seth
Clearwater- rispose solenne lei sgusciando via dalla mia morsa.
-Non scherzare!
Samantha è un sogno!- ribattei a disagio.
Era un sogno? Ora
come ora avevo seri dubbi… Avevamo delle prove. Lei era incinta. Cosa altro mi
serviva per farmi credere che tutto fosse vero.
-E’ tutto vero, e
io li voglio andare a cercare- di nuovo quel espressione che non ammetteva
repliche.
Stavo per trovare
una frase adatta ma mi squillò il cellulare, un messaggio. Misi la mano nella
borsa e mi misi a cercare freneticamente il telefonino, agitata per la sua
affermazione, ma, mentre era alla ricerca di quell’aggeggetto noioso, la mia
mano afferrò qualcosa di sottile, un foglio, ma lucido.
Lo tirai fuori
curiosa, era una foto, la girai e mi bloccai di colpo.
Non era
assolutamente possibile.
Era la foto che
avevamo scattato il giorno della partenza. Io stavo tra Embry e Jake sormontata
dalle loro figure, Quil faceva le corna a Paul che lo guardava ringhiando, mentre Leah osservava la scena con uno sguardo misto tra rassegnazione e divertimento mal celato; i
Cullen erano impeccabili nei loro vestiti firmati e precisi, Sam e Jared
guardavano seri l’obbiettivo, mentre Sammy e Seth si abbracciavano dolci,
estraniandosi completamente dalla stazione.
Lasciai un po’ la
presa troppo sconvolta per dire una qualsivoglia cosa, che il vento mi portò
via violento la MIA prova della loro esistenza, la mia scarcerazione dalla
prigione della pazzia.
Certo quello che
feci dopo mi costrinse a vivere per sempre tra le sue sbarre, ma… era troppo
importante.
La fotografia era
finita nella fontana, proprio al centro, sotto i getti ed io senza pensarci due
volte mi buttai gettando via la borsa. Dietro di me Samantha mi chiamava
credendo che avessi dato veramente i numeri.
I turisti
scattavano foto a non finire, e io… Io stavo recuperando la MiA foto, con tutta
la foga possibile.
Mi ero bagnata
completamente, pure i capelli finiti sotto la cascatella. Uscii lasciandomi
dietro una scia di bagnato, con i vestiti zuppi d’acqua, le scarpe che
suonavano rumorosamente di uno “squak squak” fastidioso.
-Cosa diavolo hai
fatto?!- mi urlò contro lei agitatissima.
-Preparati mia
cara, andiamo a Forks- sorrisi raggiante mentre lei da allibita quale era non
si trasformò in una pazza, proprio come me, che saltava di gioia stringendomi e
saltellando contenta.
Era vero. Tutto
vero.
...La vita è come un gioco, a
questo punto, tanto vale giocarla...
Ecco il PRIMO E NUOVO CAPITOLO del LIBRO 2 ^^
è una gioia immensa poter continuare questo racconto! Ma ora...chissà dopo quanto...risponderò ai vostri commenti (ma non fateci l'abitudine, sono tremendamente pigra e lenta!^^"):
Per Sexy_eclipse: Ecco qui il primo capitolo che aspettavi così tanto! XD grazie per l'ultimo commentino del Libro I ^^ la scena con Jacob & Laura era stata ben studiata ù.ù speravo che facesse divertire muahah XD
Per DiNozzo323: Uhm...vediamo...per la tua domanda la risposta è semplice ^^ dal momento che -come ho già detto in precedenza- il Libro II seguirà precisamente la trama di BD (naturalmente con tanti imprevisti causati da me & Laura XD) ho pensato che Jacob potesse benissimo avere l'imprinting per Renesmèe come -a parer mio- è giusto che sia. Poi...la scelta è ricaduta su Embry perchè era l'unico oltre Seth a sembrarmi meritevole di trovare la sua felicità...(non puoi immaginare Laura mentre le dicevo quello che sto dicendo a te! è felicissima di poter scrivere qualche capitolo della storia e di stare con Embry XD).
Per Wbloom: le tue domande sono sempre chiare e dirette, per questo mi piacciono XD rispondo subitissimo ^^...Inizialmente, come hai detto tu, ho sempre e solo scritto di amare Edward (*-* fammi riprendere un attimino dalla catalessi XD) e se devo essere sincera, il mio piano era quello di scrivere una storia in cui comparisse solo lui...ma poi ho pensato che cambiare le cose di colpo sarebbe stato apprezzato anche per voi lettrici. Non nego che leggere storie intere su Edward sia stupendo, ma l'idea di avere il "travolgimento" con Seth per me è stata una sfida personale...ho cercato di studiare il nemico XD. Se hai altre domande chiedi pure e risponderò! ^^
Per Smemo92: Contenta?^^ la foto è ricomparsa e con lei anche una bella sorpresa per la sottoscritta XD (scusa ma davvero non riesco a parlare di me in III persona XD). Embry come hai prontamente ipotizzato, è timido. Se al posto suo ci fosse stato Quil, quello avrebbe certamente agito d'impulso...ma vuoi mettere i due amici al confronto?XD nah, troppo diversi ^^ Embry mi è sempre sembrato più riflessivo di quel bischero di Quil ù.ù
Per TUTTE VOI CHE LEGGETE E COMMENTATE: Grazie, grazie, grazie, grazie...ma vi prego di FARE I COMPLIMENTI A QUELLA MATTA DI LAURA PER IL CAPITOLO COSì MAGNIFICO CHE HA SCRITTO ^-^
e naturalmente...come dimenticarmi di...LAURA! (XD): Cara come al solito hai superato te stessa con questo capitolo! io sono stata la mente e tu le mani che scrivevano XD che coppia di pazze che siamo! muahahah! *-*
By Sammy Cullen...
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Capitolo 19 *** I cento metri veloci rincorrendo un vampiro li posso fare solo io [POV Laura] ***
Capitolo 19
2. I cento metri veloci
rincorrendo un vampiro
li posso fare solo io…
[POV Laura]
Bene…
Considerando che saremmo arrivate a Seattle per il
pomeriggio del… cinque agosto tutto si proiettava magnificamente organizzato.
Togliamo il fatto che i nostri genitori ci credevano a New
York, che non sapevamo come arrivare a Forks, e nemmeno dove dormire, la
situazione era perfettamente sotto controllo. Mi ero scordata un particolare,
viaggiavo con una ragazza incinta con perpetui sbalzi d’umore e una bella
pancia dovuta al sesto mese di gestazione.
Tutto magnificamente perfetto.
Spostai lo sguardo dal finestrino bagnato dalla pioggia alla
mia amica di fianco che saltellava sul suo sedile eccitata.
Che emozione.
Una parte di me era così scettica nell’andare a Forks, in
particolar modo a La Push, che riteneva quel comportamento fastidioso. Io non
volevo rivedere Embry. No. In nessun modo.
Ero stanca, come a mio solito avevo passato l’estate
sballottata da un luogo all’altro, Transilvania, Londra… certo alla perpetua
caccia di vampiri, magari se mettevo su un’agenzia di viaggio potevo promuovere
questo tour: “Sulle tracce di Dacula”.
L’estate si sarebbe potuta definire da sogno, se io, la
sottoscritta, la medesima idiota che sta narrando non avesse rifiutato il
fidanzamento che attendeva da tutta la vita! Tommaso dopo secoli si era
dichiarato ed io, stupida imbecille quale ero, avevo detto un secco e freddo:
no.
"NO" COSA?! DANNATO DI UN IMPRINTING!
No che non posso scegliere con chi stare?
Che non posso farmi piacere un ragazzo all’infuori di Call?
No che non posso avere una vita mia, unicamente mia?!
Ringhiai sommessamente, infastidita, ma Sammy non ci fece
molto caso, stavamo atterrando ed era troppo impegnata ad immaginare la
rimpatriata con il branco per preoccuparsi di come raggiungerlo: gli
spostamenti e l’invenzione di scuse plausibili spettavano a me, piccolo genio
del male, che qualche mese fa aveva placidamente fregato la più potente
organizzazione vampiresca del mondo.
Attesi impaziente di toccare terra per cercare un qualche
modo per raggiungere il paesino dell’Oregon.
Regnava il caos per l’atrio degli arrivi internazionali, il
nostro volo da Roma, con scalo New York, era pieno di nostri connazionali in
vacanza.
Arrancammo con le nostre valige fino ad uno stand di
trasporti, dei pullman che portavano un
po’ ovunque, sperai che portassero anche a Forks, non avevo voglia di passare
una notte alla ricerca di una stanza di albergo.
Stavo pensando a cosa dire, in inglese logicamente, che la
mia amica mi afferrò per la manica del giacchetto, sembrava eccitatissima.
-Cosa c’è Sam?- chiesi incuriosita.
-Guarda!- esclamò con gli occhi accesi d'ilarità –...quella signora assomiglia a
Reène, presente la mamma di Isabella?- continuò ancora più entusiasta.
Lancia un’occhiata nella direzione che mi indicava ma non ci
feci molto caso, ero troppo occupata a tradurmi mentalmente una frase di senso
logico, e nel frattempo inventarmi una scusa decente per mia madre, almeno per
giustificare lo spostamento della mia meta di circa… quanti? Centinaia di
chilometri?
Mi avvicinai al bancone e mi sporsi un po’ per parlare
meglio con la signorina in divisa rosa.
-Ehm…
Hello, I need a coach for Forks, Do you have it?- domandai impacciata.
Questa mi rispose che no, non ne avevano, ma potevo andare a
Seattle, e da là cercare, che sicuramente avrei trovato.
Quando mi chiese se avevo capito però non le risposi, ero
troppo occupata ad ascoltare quello che si stavano dicendo due sue colleghe
dietro di lei.
Una sembrava eccitata, parlava a raffica e quello che riuscii
a capire furono poche, ma vitali,
parole.
-I’ve seen
a boy! He was spettacular! O My God! Blond, tall, and… I can’t explain!
I was like a angel!-
Mentalmente ripercorsi tutti gli indizzi: pochi giorni prima
del matrimonio, Reène nell’aeroporto, un angelo, che in realtà era un vampiro…
JASPER!
Dovevamo correre, subito, potevamo raggiungerlo al volo e unirci
a lui per arrivare a destinazione.
Mi voltai di scatto verso Sammy.
-Corri. Ora.- urlai lanciandomi in mezzo alla folla.
Mi caricai addosso anche il suo borsone a tracolla, avremmo
fatto prima.
Saltai, schivai, investii valige e persone, urlando con quanto
fiato in gola il nome del vampiro.
-JASPER! JASPER HALE!-
Come faceva a non sentirmi?! Non aveva il super udito lui?
C’era troppo trambusto, la gente era rumorosa.
Dietro di me la mia mica mi urlò cosa diamine facevo, e si
fermava esausta. La potevo capire benissimo , erano in due a correre!
Osservai la sagoma di un uomo, con in testa un berretto da
baseball, che si infilava dentro una volvo argentata, mentre un ragazzo biondo
chiudeva il portellone.
Erano loro.
Mi gettai senza pensarci due volte nel parcheggio,
augurandomi che la macchina non si mettesse in moto, non subito!
Lasciai il trolley che mi era di ingombro e quando sentii il
rombo del motore accendersi mi fermai proprio davanti all’auto.
Salve.
Respiravo a fatica, mi dovetti poggiare sul cofano per
riprendere fiato. Probabilmente sarei morta prima di arrivare in quella
dannatissima cittadina!
Uscì di corsa Jazz, preoccupatissimo, che con voce sorpresa
pronunciò il mio nome.
-Laura? Cosa diamine ci fai qui?- chiese sbigottito, mentre
lo seguirono fuori anche i due ospiti.
-Mi… potevo… perdere… il matrimonio… di quel frigido… di …
tuo… fratello?- annaspavo ridacchiando.
Si concesse un sorriso e mi tolse il borsone a tracolla, che
mi stava soffocando.
-Sei da sola?- ripose anche i miei bagagli dietro,
recuperando la valigia che avevo abbandonato per strada.
-No…- non riuscii a proseguire, ero troppo stanca.
-LAURA!- esclamò dietro di noi Sammy, che nel frattempo ci
aveva raggiunti.
-Con lei- sorrisi e mi sedetti un attimo a terra esausta.
-C-come mai...?- chiese incredulo e divertito osservando il delicato rigonfiamento del ventre di lei.
-Storia lunga. Conosci anatomia?- lanciai uno sguardo veloce
a Samantha che si teneva il pancione preoccupata.
Per un attimo credetti che anche i vampiri potessero morire di
infarto. La osservò ancora un pò e poi ci disse, senza indagare
molto, di salire. Se serviva un passaggio.
Mi gettai ancora respirando a fatica sul sedile posteriore
insieme alla mia amica e alla madre della mia peggior nemica.
Dovevo riprendere fiato per poi chiamare i miei, altro
ostacolo insormontabile, dovevo ammettere però di aver superato favolosamente i
primi.
Una volta tranquillizzata e rinfrescata grazie al finestrino
che faceva entrare la brezza fresca dell’estate dei Monti Dell’Olympia presi
coraggio e composi il numero.
Al quarto quillo risposero.
-Laura, dove sei?!- urlò mia madre al telefono in piena crisi
isterica.
-America, Seattle, in una casa, l’ho affittata con Sammy, è
tutto ok, perfettamente organizzato, sono iscritta ad una scuoa qua, in un
paesino, va tutto ok, mamma ti prego
non urlare, passerò l’anno accademico qui, come volevi tu no? Mamma ti prego
non morire!- esclamai alla sua minaccia.
La sua voce fluì fuori dalla cornetta come se lo stesso
oggetto fosse posseduto. Dopo dieci minuti abbondanti la linea cadde, avevo consumato
tutti i soldi, fortunatamente il suo tono si era tranquillizzato un po’. Per lo
meno non mi minacciava di morte.
Sospirai e mi accasciai sul sedile.
Ero distrutta. Questo viaggio mi avrebbe ucciso,
definitivamente.
E non avevo ancora incontrato Embry! O mio dio non volevo
neanche pensare a quella situazione!
Sammy aveva tirato fuori la sua ottima parlantina
colloquiando con gli altri, io me ne rimanevo in silenzio.
Era una cosa stranissima, io non stavo mai zitta. MAI.
Parlare, usare la voce, era la mia specialità, ma non in
quel momento. Ora volevo solo stare zitta, muta, senza far capire a nessuno
come realmente stavo. Tranne a Jasper, lui poteva sapere tutto.
Samantha notò la situazione, ma non la rese pubblica, anche
Renèe sembrò accorgersi che non doveva parlarmi, che ero campo minato in quel
momento.
Dopo un’ora di viaggio cominciammo ad avvicinarci a Forks,
guardai fuori dal finestrino e mi gelai.
Jacob…
-Jake…- pronunciai con voce fievole.
Gli annunci per la sua scomparsa erano ovunque, appesi in
ogni luogo, su ogni palo possibile.
Sentii una morsa al cuore, opprimente, distruttiva.
Mi stava logorando dentro, come un tarlo fastidioso e
vorace.
Per la prima volta, però, l’unica parola che affiancai al
suo nome fu amico.
Un amico, il più stretto e al quale tenevo di più.
Che ora se ne stava fuori, chissà dove.
Prima che me ne potessi accorgere imbucammo la stradina
sterrata che portava alla casa dei Cullen, mi sentii un po’ più viva all’idea
di poter insultare il mio nemico preferito.
Quando scendemmo dalla macchina potei respirare a pieni
polmoni l’aria del bosco e compiacermi del fatto che la casa fosse proprio dove
l’avevo immaginata io.
Facemmo pochi passi che la porta dell’abitazione si aprì e
ne uscì fuori Bella accompagnata dal futuro marito.
Senza pesarci due volte, ne filtrare i pensieri parlai.
-Oh! Cacchio! Isabella tordella!-.
Annotai mentalmente la mia prima figuraccia.
Ta daaaan!!! Anche il secondo capitolo è stato scritto da Laura
^-^ (ha insistito tanto per scriverlo perchè aveva le idee tutte
ammassate in quella mente subdola e malignamente astuta
ù.ù) ma il terzo sarà mio eh XD
Vi ringrazio tutte! anzi...VI RINGRAZIAMO io & Laura ^^
A presto!
By Sammy Cullen
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Capitolo 20 *** Sentirsi vivi in due è qualcosa di stupendo ***
Capitolo 20
20. Sentirsi vivi in due è qualcosa di stupendo
L’esclamazione
di Laura fu una vera fonte di divertimento, ma come potevo essere così cattiva
da mettermi a ridere proprio davanti alla malcapitata Isabella? No, davvero,
non mi era possibile.
Rivedere
Edward per me fu una gioia immensa o almeno, molto più grande di quella che
provai con Jasper, come sempre silenzioso ed enigmatico.
Il
piccolino scalciava nel mio ventre con forza, quasi volesse uscire. Sussultai
un minuto pregando che non fosse prematuro, come lo ero stata io, nata a sei
mesi.
Mi
accarezzai la pancia e subito sembrò che riuscisse a percepire il mio contatto.
Sorrisi. Era bello essere in due.
Rialzai
gli occhi dal mio corpo per guardare quei due giovani vicini al fatidico giorno
del matrimonio.
Isabella,
osservando me e Laura di sfuggita impegnata com’era a salutare la madre ed il
patrigno, nascondeva male la curiosità, ma Edward, che non ci avrebbe messo
molto a fare le presentazioni ufficiali, si avvicinò osservando il
rigonfiamento che il mio fisico aveva aquisito grazie alla gravidanza.
Attesi
il momento buono per parlare, quando i suoi occhi si posarono sul mio volto
–Ciao, Edward- il cambiamento nella mia voce lo lasciò sorpreso.
Io
stessa mi ero accorta del cambiamento: il tono si era fatto più maturo,
profondo, lento.
Non
era il suono giovanile che fuoriesce dalle labbra di una quindicenne, ma quello
di una donna vissuta, cresciuta, pronta a tutto…
Una
madre.
Feci
attenzione al suo cambio di espressione ad ogni passo.
-Sei
incinta…- il suo bel viso solcato dall’incredulità.
Anuii
e gli regalai un leggero sorriso. Era meraviglioso rivedere il mio amico. La
lontananza era stato uno strazio, ancora di più il viaggio per arrivare a
Forks…
-Come
avete…- aggiunse Laura nella domanda facendole un cenno col capo per poi
guardare di nuovo me -…fatto ad arrivare qui? I vostri parenti non hanno obiettato?
Lo sanno? E poi…- storse il labbro lanciandomi un’occhiata quasi severa
-…I tuoi genitori non hanno fatto niente? Nessun aborto?-.
L’ultima
parola fu come una pugnalata. Il bambino scalciò un pò più forte ed io chiusi
gli occhi per trattenere le lacrime.
Era
stato tutto così difficile…
Ricordavo
poco dei primi due mesi di gestazione perchè erano stati i più semplici da coprire. Il ventre piccolo, la rotondità appena
accennata e la scusa di aver preso qualche chilo erano bastati, ma più in là
c’erano stati i conati di vomito, il sudore la notte tra le coperte ed il fiato
corto.
Dal terzo mese ero stata costretta
ad usare una pancera.
Quella stringeva il piccolino come
in una morsa ed ero conscia del fatto che soffrisse…ma non potevo comportarmi
in altro modo…
Naturalmente si era rivelata
un’impresa difficile anche così: l’abbigliamento moderno infatti non è tanto
comodo. Troppo aderente, troppo stretto.
Ero arrivata a comprare abitini
semplici che non avrei mai indossato in circostanze normali e tute da
ginnastica di una o due misure più grandi.
Il cibo era stato ridotto al
minimo indispensabile per non aumentare ancora di più il mio peso e tenere il
mio dolce segreto al sicuro.
Feci il gesto solito di
mordicchiarmi un labbro e riaprii gli occhi per guardare Edward e dire –Ora sai
come sono riuscita a tenerlo-.
Le immagini mi erano fluite nella
mente lente come il corso di un fiume e lui le aveva catturate e assimilate
attento.
Respirò a fondo e disse –Sammy,
hai rischiato molto-
-Non m’importa, Edward. La mia
vita adesso è dedicata a lui- sfiorai il mio ventre per enfatizzare il concetto
ed il vampiro sembrò capire.
Ci sarebbe passato con Isabella,
io per lui ero un’anteprima, una preparazione.
Laura che era rimasta in silenzio,
disse all’improvviso facendomi sussultare –Oh, insomma! Edward, presentaci
Bella, tanto ormai deve aver capito chi sono-.
La ragazza sentendosi chiamare
guardò la mia amica interrogativa e affiancò Edward, poi chiese serena (in
inglese, certo, ma avevo chiesto a Laura di farmi qualche lezioncina avanzata
per cavarmela meglio, così riuscii a capire) –Sono loro, Edward?-.
La osservai un po’ meglio.
Era carina, più di quanto
immaginassi.
Era un po’ meno alta di me, ma con
qualche centimetro più di Laura , i capelli castani e gli occhi color
cioccolato fondente.
La pelle era esattamente come la
mia prima della gravidanza: delicata, color latte.
Pensai di essere stata sempre
troppo dura con quella giovane.
Non la conoscevo, non potevo
giudicarla.
Isabella avrebbe sofferto davvero…
Perché lo capivo solo in
quell’attimo?
Edward accarezzò la schiena della
sua ragazza e le annuì sorridendo, poi disse –Bella, ti presento Samantha e la
sua amica, Laura - .
Lei ci guardò entrambe e poi
chiese al vampiro cosa avesse esclamato la mia amica appena la aveva vista.
Lui le rispose ridendo mentre
Laura già si preparava a gridargli contro di star zitto.
All’improvviso, presa dalla
stanchezza, sentii il bisogno disperato di sedermi. Renèe e Phil mi aiutarono
quando videro che ero in procinto di buttarmi a terra, sull’erba fangosa ed
umida.
Dalla porta d’ingresso intanto
comparvero i Cullen mancanti, e la vista del mio pancione fu una sorpresa per
tutti…perfino per Alice.
-Sammy! Laura! Che meravigliosa
sorpresa…siete arrivate al momento giusto! Domani già sapete che c’è il
matrimonio di Edward…due damigelle in più, che bellezza!-
Alice continuava a girarci attorno
rapida con un nastro per prenderci le misure.
Le avevo risposto che mai e poi
mai avrei fatto la damigella, per di più nello stato in cui mi trovavo, ma lei
sembrava come sorda, pur sentendoci benissimo.
Laura dal canto suo era quasi
arrivata al punto di risponderle per le rime, ma si era trattenuta sapendo che
la mia testa sembrava scoppiare con suoni troppo elevati.
Ormai volevo solo la pace, e in
aeroporto non è che ne avessi avuta poi molta così, ora che mi trovavo nelle
casa dei Cullen -spaziosa, ariosa e abitata da due talentuosi musicisti-, non
riuscivo a fare a meno di pregare Edward o Rosalie di suonare il piano che si
trovava sul rialzo tondeggiante nell’angolo sinistro del pianterreno.
Rose sembrava essere al settimo
cielo e assecondava ogni mia richiesta. Mi chiesi più di una volta se non
pensasse che la musica giovasse a mio figlio invece che a me.
Edward ogni tanto si degnava di rispondere
alle mie domande pensate, quando l’attenzione della suscettibile sorella bionda
era altrove.
Passammo la giornata con i
vampiri, Bella ed i suoi genitori e poi, quando si fece tardi, dissi
imbarazzata –Sono felice di avervi rivisto tutti…-
-Lo siamo anche noi con te, cara-
Esme non riuscì a controllarsi dall’esprimermi il suo più sincero affetto e le
sorrisi, poi continuai -…Ma non vorrei crearvi disturbi restando qui e mi
chiedevo se qualcuno di voi non avrebbe potuto portarmi fino al…confine- parlavo
in Italiano per due motivi: primo, mi era più facile; secondo, sapevo che la
madre di Bella, Renèe, avrebbe certamente notato la mia titubanza a dire
“confine” e si sarebbe chiesta cosa intendessi per poi bombardare di domande
fin troppo fantasiose ma reali la figlia.
Non era mia intenzione complicare
la vita alla fidanzata di Edward.
Non ne avevo un valido motivo,
come invece sembrava essere per la mia amica, che la guardava con odio senza
farsi tanti problemi.
Immaginavo soltanto per quale
motivo provasse del rancore per la giovane…anch’io, come lei, avevo notato i
volantini che ricoprivano la cittadina come un mantello.
Jacob, il suo nuovo migliore
amico, era sparito e sapevamo entrambe che il suo ritorno era previsto per il
giorno seguente.
Sarebbe stata una breve comparsa,
ma almeno lo avremmo rivisto.
Dentro di me pregavo che il nostro
arrivo potesse alterare ancora di più il corso degli eventi. Jake era una parte
portante della storia e la sua presenza giovava molto a Laura.
Avevo notato il suo sguardo un po’
più triste appena arrivate.
Si era del tutto dimenticata della
partenza di Jacob accennata già dall’ultimo capitolo di Eclipse perché si sa,
il cervello elimina gli episodi spiacevoli dalla memoria.
Ma comunque…torniamo a noi.
Emmett si offrì di accompagnarmi
per primo e così accettai benevolmente la sua richiesta.
Rose venne con noi e più di una
volta sembrò tentata di portarmi in braccio, perché continuava a dire che
sembravo esausta.
Non aveva tutti i torti,
sinceramente.
Quando avevo detto a Laura di
prendere la sua valigia e seguirmi, lei mi lasciò sorpresa dicendo –Preferirei
restare con i Cullen, per ora-. Dicendo questo, guardo interrogativa Carlisle
ed Esme per chiedere il permesso e loro annuirono prontamente dicendo che
avrebbero trovato una sistemazione per la giovane. Edward le aveva rivolto uno
sguardo infastidito e rassegnato, preparandosi psicologicamente al fatto di
doverla sopportare.
La guardai un ultima volta in
tensione e seguii il vampiro muscoloso e la bionda.
Una volta entrati nel garage, mi
accomodai sul sedile posteriore della BMW della bionda e chiusi gli occhi per
rilassarmi un po’.
Durante il tragitto, avevo cercato
di addormentarmi, ma di tanto in tanto, lei faceva qualche domanda e le
rispondevo forzatamente.
Ce ne fu solo una, che mi diede
modo di passare il tempo per un po’.
Eravamo a metà strada, fuori dai
finestrini non si vedevano altro che il verde dell’erba, dei boschi e dei monti
Olimpici e il grigio insistente del cielo.
Emmett era stato imbeccato da
Rosalie perché aveva acceso la radio a volume troppo alto per i miei gusti ed
io avevo trattenuto le risate per lo sbuffare spazientito di lui.
Era già la quarta volta che
chiudevo gli occhi senza riuscire a prendere sonno, quando la vampira chiese
con un tono lento e melodioso –Sai già se è un maschietto od una femminuccia?-
Incrociai il suo sguardo dallo
specchietto retrovisore e rispose flebilmente –A dire il vero ho optato per la
sorpresa…-
Sia lei che Emmett risero, una
leggermente e l’altro nel suo modo fragoroso, e ricevetti da Rose un’altra
domanda –E come ti piacerebbe chiamarlo o chiamarla?.
Ecco, a questo dovetti pensare
qualche minuto, poi dissi –Se fosse un bambino, mi piacerebbero Joseph, Benjamin o Stefan…-
Lei si sporse dal sedile anteriore
per sorridermi e dire –Sono tutti molto belli…e se fosse una bimba?-
Mi concentrai di nuovo e dissi –Eleanor, Cassidy oppure Misha -.
Stava per rispondermi quando
Emmett disse allegro –Siamo arrivati a destinazione-.
Subito schiacciai la faccia contro
il vetro e osservai la riserva indiana.
Era proprio come l’avevo
immaginata: circondata da un’alta staccionata di legno, restava aperta in un
punto da cui poter entrare od uscire. Il terreno perennemente fangoso si
ramificava nelle varie viuzze tra le abitazioni in legno e formate da due piani
ciascuna.
Notai che nel disordine generale
che poteva sembrare esserci, invece le costruzioni erano poste in modo preciso,
come una scacchiera.
Mi chiesi quale fosse la casa di
Seth ed aprii lo sportello per uscire.
Prima di chiudermelo dietro, Rose
disse ansiosa –Scusa se non ti accompagniamo fin dentro…ma i cani non ce lo
permettono-.
Scossi il capo rassegnata nel
sentire l’espressione “cani” e poi le risposi serena –Non fa niente…mi
riconosceranno…né io né il piccolo corriamo alcun pericolo-.
Le mie parole sembrarono
tranquillizzarla ed Emmett ci mise del suo aggiungendo divertito che ero una
“ragazza lupo” ormai e che quindi mi trovavo a casa mia.
Osservai la macchina mettersi in
moto e sparire veloce e subito mi voltai verso la staccionata aperta.
Feci qualche passo fino ad
arrivare al confine netto, quando un lupo gigante con un balzo mi comparve
davanti a denti scoperti, pronto ad attaccare.
[…]
Restai bloccata dallo stupore
quando mi resi conto che era Paul, col pelo grigio e corto.
Osservai i suoi denti appuntiti e
scintillanti e subito ebbi l’impeto di coprirmi il ventre con le mani, come se
fosse d’aiuto.
Quello intanto ringhiava e si
avvicinava lentamente, osservandomi con i suoi occhi da ragazzo.
Deglutii e feci per parlare,
quando un altro lupo, col pelo di un grigio più chiaro, abbaiò furioso al
compagno e mi si avvicinò tranquillo.
Cercai di ricordare chi dei
Queleute avesse quella colorazione argentata nella trasformazione e mi venne in
mente Leah.
Guardai i due animali ancora un
po’ scossa e sussurrai –Paul…Leah…sono io, Samantha-.
Detto questo, notai il latrato
trionfante e subito dopo lo sbuffo di lei e il ringhio sommesso di lui. Mi
chiesi curiosa cosa si stessero dicendo.
A quanto pare ero capitata durante
uno dei loro turni di guardia e Paul, certamente, si era soffermato al primo
odore che le sue narici da lupo avevano percepito, e cioè quello di vampiro.
Ringraziai il cielo che Leah fosse
stata più attenta a ciò che c’era dopo.
Li vidi infiltrarsi tra dei cespugli,
una a destra e l’altro a sinistra e ricomparire poco dopo “vestiti”.
Leah si era infilata una maglietta
tre volte più grande di lei e delle logore scarpe da tennis mentre Paul si era
accontentato di un paio di calzoncini, restando a petto nudo.
Sorrisi a entrambi e poi chiesi
senza riuscire a controllarmi –Cosa vi siete detti?-
La ragazza rispose per prima con
un leggero sorriso compiaciuto sulle labbra –Gli ho detto di non fare scemenze,
poi che è un idiota e che come al solito avevo ragione io a pensare che fossi
tu. Questo stupido si affida solo all’olfatto quando è di guardia e anche in
modo parziale!-
-Leah, sta zitta una buona volta!-
il giovane la guardava scocciato,
ma lei se ne infischiò e parlando ancora con me, osservandomi attentamente,
esclamò –Per la miseria!-
risi e dissi, prima che facesse la
fatidica domanda incredula o la semplice esclamazione “sei incinta”, così
–Leah, diventerai zia-.
Mi bombardarono di domande quasi
peggio di Edward e Rose messi assieme, ma erano molto meno critici e composti.
Gli spiegai perché avessi tenuto
il piccolo e come ero riuscita a nasconderlo faticosamente.
Loro sembravano davvero
interessati e non avevano mai detto nulla di negativo su ciò che avevo fatto.
Paul insistette sul fatto di fare
una sorpresa agli altri ragazzi che, aggiunse, mi avevano atteso con molta più
impazienza di lui o Sam, ma senza far caso a questa piccola parentesi o ai
desideri dei miei cari e pazzi amici, risposi che prima volevo assecondare un
mio desiderio: rivedere Seth.
Leah cacciò nel suo solito modo
indelicato Paul dicendogli di non informare gli altri del mio arrivo per il
momento e mi fece strada fino a casa sua.
Durante la camminata in mezzo alle
piccole case, m’informò del fatto che suo fratello era molto cambiato dopo la
partenza e che svolgeva il suo “odioso” dovere di licantropo senza più
allegria.
Questo mi rese triste per qualche
istante, ma poi pensai che la mia comparsa gli avrebbe giovato come sarebbe
accaduto a me con lui.
Immaginai la sua reazione quando
mi avrebbe visto diversa e avrebbe capito di cosa si trattava.
Sapevo che non sarebbe mai stato
triste per un evento del genere…oltretutto, lo vedevo bene a fare il papà.
Tornai alla realtà solo quando
Leah aprì la porta di casa e chiamò –Mamma, Seth…ho una sorpresa-.
Restai paralizzata dall’emozione
quando lo vidi scendere dalle scale quasi di corsa, seguito da sua madre che
era spuntata dalla cucina. I nostri sguardi s’incrociarono, le labbra vennero
solcate da un sorriso spontaneo e nulla, davvero nulla, avrebbe potuto rovinare
quell’attimo così speciale.
Ciao
a tutte di nuovo! ecco qui finalmente il primo capitolo del nuovo libro
sotto il mio POV XD (ero impaziente ù.ù). Spero
possa piacervi, perchè io lo adoro XD le tante parti che ho
scritto sulle mie riflessioni e le osservazioni sono venute da
sè...ho scritto di getto!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto!
By Sammy Cullen
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Capitolo 21 *** Ritrovarsi ***
Capitolo 20
21. Ritrovarsi
Il
tempo scorre rapido, imperterrito. Porta un autunno, un inverno, una primavera
ed un’estate…ed il giro ricomincia da capo.
Il
tempo rende la vita meno noiosa, cambia ogni tanto il nostro aspetto,
rendendoci diversi, pur essendo in fondo sempre gli stessi.
Il
tempo è preciso e letale. Ci fa perdere come in un labirinto fino a che vuole
lui.
Il
tempo mi aveva separato da Seth per mesi, senza sapere davvero quanto soffrissi
la lontananza…ed ora eccomi qui, ad osservarlo come lui osserva me.
Piena
di amore, di gioia, di passione da riversare su di egli.
Non
so per quanto restammo a fissarci, ma so che passarono secondi e minuti…forse
ore, poi fece un passo che venne seguito da tanti altri e arrivò fino a
stringermi tra le sue braccia.
Io
lasciai scivolare le lacrime di gioia che avevo trattenuto e accarezzandogli il
volto lo baciai su ogni strato di quella pelle bronzea e liscia.
Mi
tenni aggrappata a lui come un naufrago ad una tavola di legno che lo tiene a
galla.
Le
nostre labbra s’incontrarono a metà strada e le lingue s’intrecciarono giocose.
Avevo
aspettato così tanto! Ed eccolo di nuovo stretto a me, intento a regalarmi I
suoi baci dolci, simili a carezze.
Quando
Leah tossicchiò un pò infastidita, riprendemmo fiato ridendo e continuando a
guardarci negli occhi.
-Sei
venuta tu al posto mio…- mi
sfiorò il volto con le labbra incredulo, come se pensasse che fossi
un’allucinazione. Sorrisi e passai le dita tra I suoi capelli.
-Seth…non
te ne sei accorto…- risi dolcemente. Era così difficile contenere tanta
ilarità…
Lui
si scostò e chiese –Cosa…?- ma Leah dietro di me gli fece segno di guardare più
giu del mio volto.
Il
mio ragazzo aggrottò la fronte e una volta abbassati gli occhi, li sgranò sorpreso
e tornò a fissarmi stupito –Aspetti un bambino?- c’era qualcosa di strano nel
suo tono. Sembrava tristezza, insicurezza…
Lo
osservai meglio e dissi –Sì, amore…ma…-
-E
chi è il padre?- la sua voce era tesa, quasi timorosa…aveva paura di sapere la
risposta.
Capii
allora cosa accidenti gli fosse sfuggito di tutto il discorso e non potei
trattenermi dal ridere di cuore e rispondergli baciandolo nuovamente –Seth, è
tuo figlio! Nostro figlio!-.
Subito
ci fu una trasformazione in lui, e vidi il suo volto essere solcato da un
sorriso immenso, accecante e mi prese in braccio delicatamente facendomi
volteggiare assieme a lui.
Ridemmo
insieme di quell’attimo e poi mi rimise coi piedi per terra, permettendomi
allora di presentarmi alla madre, Sue.
La
donna, che aveva quasi una cinquantina d’anni, aveva osservato e ascoltato
attentamente la scena ed ora mi guardava con serenità.
Doveva
già essere al corrente di chi fossi, ma le presentazioni ufficiali con la
futura nonna di nostro figlio erano obbligatorie.
Le
sorrisi e fui felice di essere ricambiato quasi più cordialmente.
Sue
mi porse una delle sue esili manine bronzee e la strinsi delicatamente. Quella
donna sembrava forte, circondata da una strana aura di serenità e saggezza.
Mi
ricordai solo dopo averne notato l’assenza, che suo marito, Harry Clearweater,
era morto dopo essersi trovato davanti agli occhi entrambi I figli trasformati
in lupi.
Immaginai
soltanto con quanta forza quella donna avesse sopportato una perdita così
grande, e subito la mia attenzione ricadde su Seth e Leah, che si dimostravano
calmi, felici pur sapendo che il quadro non era completo.
Mi
dissi che Henry doveva essere stato un uomo degno di rispetto e affettuoso.
-Piacere
di conoscerla signora, mi chiamo Samantha e sono la…- guardai prima lei e poi
il figlio un pò imbarazzata.
All’improvviso,
dirle che ero la fidanzata di Seth, mi parve sciocco.
Sue
notò la mia difficoltà e con un tono calmo, pacato, così somigliante a quello
di Carlisle, rispose gentile –Oh, so bene chi sei. Seth mi ha sempre parlato di
te durante tutto questo tempo. Sono contenta che ti abbia trovato, eri l’unica
cosa che gli mancasse per tornare ad essere felice-. Le sue mani allora
strinsero le mie, e seppi che ormai ero in tutto e per tutto un membro della
famiglia Clearweater.
Quella
sera fui troppo stanca per assecondare la richiesta di Leah di andare con lei
nel piccolo bar di La Push ad incontrare il resto dei giovani scavezzacollo di licantropi.
Venni
portata in braccio da Seth fino alla sua camera, in fondo al corridoio stretto
del secondo piano, e mi lasciai spogliare dalle sue mani delicate che mi
rivestirono con un pigiama di Leah, nuovo, mai indossato dalla legittima
proprietaria perchè venni a sapere poi che la ragazza preferiva girare in
magliettona e mutandine, esattamente come Laura.
Mi
distese sul suo letto e mi si mise accanto, stringendomi da dietro leggermente,
accarezzandomi il ventre rotondetto dentro al quale il piccolino stava
tranquillo, senza mollare calci o pugnetti.
Chiusi
gli occhi serena e iniziai a lasciarmi cullare dal sonno, quando all’improvviso
mi sentii in dovere di dirgli –Seth…come vorresti chiamarlo?-.
Nel
buio della stanza lo sentii ridere leggermente e poi, baciandomi il collo,
parlò in un sussurro –Lascerei a te la scelta…-
-No!-
le sue parole mi innervosirono. Non volevo fare tutto da sola. Mi sarebbe
sembrato di non avere un compagno, di essere una ragazza madre…ma non lo ero.
Io avevo lui.
Il
mio tono agitato lo fece rimuginare un pò più a fondo, poi sfiorandomi I
capelli con una mano, rispose –E va bene…se fosse una femminuccia, mi
piacerebbe Noemi…se fosse un maschietto invece opterei per Gabriel-.
Ci
riflettei a lungo allora, restando in un –non a caso- religioso silenzio.
Seth
puntava a nomi biblici, ebrei…esattamente come il suo.
Lui
era il secondo figlio buono di Adamo ed Eva…e poi, c’erano Sam, Paul, Embry,
Jacob…tutti nomi che si ricollegavano al vecchio testamento.
Perfino
Sue, Rebecca, Rachel!
Tutti
nomi biblici.
Era
un pò comica la cosa, per me che ero atea, ma dovevo ammettere sinceramente che
fossero nomi molto belli.
Pensai
che se fosse stato un maschio, il nome dell’arcangelo
avrebbe potuto andar bene…per quanto riguardava Noemi…ancora non mi convinceva
del tutto.
-Sono molto belli, Seth…- non mi
resi conto della voce fievole e sbiascicata fino a quando non capii di essere
già nel mondo dei sogni.
L’ultima cosa che udii fu la sua
risata e le parole –Sogni d’oro amore-.
-SORPRESA!-
sbucai dalla porta della casa di
Quil facendo restare tutti di stucco.
Proprio il giovane per primo
esclamò –Accidenti! Guardate un po’ chi c’è…- e subito dopo aver notato il mio
fisico enfatizzò molto sulla frase –O cristo!-.
Stavo per iniziare a ridere,
quando Embry mi si parò davanti stringendomi lievemente le spalle e guardandomi
negli occhi agitato chiese –Lei è venuta con te?-.
Sapevo perfettamente di chi
parlasse…e la tristezza si fece largo dentro di me fin troppo prepotentemente,
accentuata dall’emotività causata dalla gravidanza.
Iniziai a giocare nervosamente con
un lembo del vestitino pre-maman color prugna che Alice aveva fatto prendere a
Seth quella mattina, verso le cinque, a casa Cullen, quando io dormivo
beatamente e lui avrebbe voluto fare lo stesso ancora per un po’.
La sorella di Edward non aveva
infatti rinunciato, cocciuta com’era, a farmi restare seduta durante la
cerimonia nuziale, così ero costretta a fare da damigella con abiti riadattati.
Lanciai un’occhiata rapida
all’orologio da polso del mio ragazzo per vedere che ora fosse e, notando il
ritardo che stavamo avendo, riuscii a sviare dal discorso con Embry dicendo
frettolosamente –Scusa ma faremo tardi alle nozze…- poi guardai di sfuggita gli
altri ancora intenti ad osservarmi sorpresi e trascinai via Seth con me.
Prossima meta: matrimonio di
Edward e Bella.
In auto, mentre cercavo di
slacciarmi la cintura di sicurezza -così terribilmente scomoda-, ignorando le
opposizioni apprensive di Seth e Sue a liberarmene, dissi sospirando –Per un
soffio…-
E riuscii ad attirare l’attenzione
di lui su un altro argomento che non fossimo io e la mia sicurezza.
Spostò lo sguardo rapidamente
verso di me e tornò a fissare la strada, poi chiese –Per un soffio cosa?- e
riuscendo a cacciar via la cintura che mi soffocava, rispose afflitta –Ci è
mancato poco che avrei dovuto rispondere ad Embry…preferirei non dirgli che
Laura è qui a Forks…-
-Perché?-
-Perché lei non vuole che lui lo
sappia…ne sono certa-.
Lui non parve capire il motivo
della mia affermazione così decisa e parlando nuovamente disse con tono incerto
–E perché lei non vuole che Embry venga a sapere della sua presenza?-
-Forse il motivo è che deve ancora
accettare la cosa. Conosco Laura, e so che in altre circostanze avrebbe gioito
di una cosa simile…ma qualcosa la rende triste…e so bene cosa, o per meglio
dire, chi-.
Seth ascoltò attentamente e poi
sospirando sussurrò a mezza voce –Jacob lascia una traccia di sé in ognuno di
noi…e non lo fa apposta. Bella mi ha chiamato come ben sai, prima che tu e la
tua amica arrivaste, numerose volte per sapere se ci fossero notizie di lui…-
Sue dal sedile posteriore disse
silenziosamente e tra se qualcosa come “Billy ne ha sofferto molto”.
Cercai d’ignorare questa debole
affermazione e risposi soltanto –Comunque sia, arriverà. Oggi-.
Il discorso cadde così.
Seth non sapeva cosa dirmi ed io
non dovevo aggiungere altro, quindi mi concentrai sul paesaggio che mi
scivolava accanto, fuori dal finestrino dell’auto del vecchio Henry.
Quest’oggi le nuvole erano meno
dense, ma comunque abbondanti abbastanza da non far uscire un singolo spicchio
di sole.
Sospirai e chiusi gli occhi
ripensando a tutti i capitoli di Breaking Dawn…arrivai con la memoria fino a
quello con la comparsa dei Volturi.
Sussultai un attimo quando
immaginai nella mia testa i volti di Aro, Caius e Marcus.
Il primo così bello, ipnotico, coi
capelli neri e lo sguardo astutamente amichevole…il secondo sempre così
irritato, bellicoso, coi capelli bianchi e lunghi ed un ghigno crudele ed il
terzo…una figura annebbiata, priva di scintille vitali, emotive, la stessa
chioma argentea e lucente dell’altro…
Li avrei visti di persona…anche se
non ne conoscevo il motivo preciso.
All’improvviso non sentii il
leggero tremore dell’auto in corsa e aprii di nuovo gli occhi.
Eravamo arrivati, e quasi metà
dell’intera cittadina dello stato di Washington si trovava già lì.
Mi feci forza tristemente e
abbandonai il sedile della macchina, l’unico posto in cui sarei voluta restare.
Seth cinse delicatamente per i
fianchi sia me a destra che sua madre a sinistra e fece per portarci fino alla
seconda fila a destra di panche, dove uno spazio che poteva bastare per due o
tre persone precise sembrava attenderci…ma non può sempre andare come si spera,
e nel momento esatto in cui stavo per accomodarmi, Alice arrivò rapida dal
piccolo corridoio formato per il passaggio degli sposi e prendendomi per un
braccio disse a Seth –Scusa davvero, ma lei deve fare la damigella!- e
trattenendo lacrime d’irritazione mi lasciai portare via senza poter vedere
altro che la sorpresa del giovane e di Sue.
Forse avrei dovuto ribellarmi a
quella sottospecie di manipolazione, ma con Alice si sa che ogni tentativo di
rifiuto è inutile.
Quando trovai Laura con un
fantastico vestitino color crema affianco a Rose, sgranai gli occhi.
Ci era riuscita! Quel piccolo e
folle elfo bevitore di sangue aveva trascinato fin lì anche la mia caparbia e
irremovibile amica!
Accidenti…allora era davvero imbattibile…
Affiancai Laura e sospirando dissi
–Siamo le prime damigelle vestite tutte diversamente o sbaglio?- lanciai
un’occhiata a Rose che indossava un vestito molto più spettacolare dei nostri.
Lei per tutta risposta grugnì
imbronciata –Silenzio! Per me è già così snervante senza che tu mi ricordi cosa
indosso!- notai allora, mentre era intenta a scuotere nervosa la testa, che non
c’era quella massa nera e ispida di capelli arruffati sparati a destra e a
manca.
Alice era riuscita ad acconciarglieli.
-Oh! Avanti, preparatevi, è
arrivata Bella con Charlie!- la vampira intanto saltellava agitata quasi come
se il matrimonio fosse il suo.
Sia io che Laura stringemmo i
denti e poi, solo io, salutai Isabella e suo padre, al quale aprii la strada
verso l’altare assieme a Rosalie, Alice e la mia amica imbronciata, che non si
sforzò neanche di sorridere, mentre io mi nascondevo il volto dietro al
semplice bouchè di primule e narcisi che la vampira aveva messo tra le mani di
tutte noi, comprese le sue.
Fu splendido scorgere il sorriso
orgoglioso e felice di Edward mentre osservava la sua sposa avvicinarsi poco a
poco, e mi ricordai di quando immaginavo di esserci io al posto di lei, a
sentire quegli occhi ambrati fissi nei miei.
Potevo comprendere benissimo come
si sentisse Bella, e fui stranamente felice.
Essere cosciente del fatto che lui
sarebbe stato finalmente in pace con se stesso, sereno, mi rendeva tranquilla.
Non desideravo altro che anche
Edward vivesse la sua esistenza felicemente.
Forse ascoltò questi miei pensieri
in quel momento, perché per un attimo brevissimo, notai il suo sguardo
rivolgersi al mio viso e un accenno di sorriso sulle labbra sottili.
Mi chiesi se in realtà non stesse
guardando divertito la faccia scura di Laura, ma mi dissi che non era così.
Una volta che la cerimonia
terminò, tutti gli invitati salirono sulle proprie vetture e si diressero nella
lussuosa ed elegante casa dei Cullen.
Lì, mentre i cittadini di Forks si
mettevano man mano in fila per congratularsi con i due neo-sposini, io e Seth,
con Sue al seguito un po’ agitata per il fatto di trovarsi nell’antro dei
vampiri, già ci trovavamo davanti ai due giovani, stretti insieme grazie al
braccio di Edward che cingeva i fianchi di Bella.
Non appena il vampiro dai capelli
ramati ci vide, sorrise e strinse amichevole la mano del mio fidanzato dicendo
–Trattala nel miglior modo possibile…- riferendosi a me e al bambino che
portavo in grembo.
Seth per tutta risposta annuì e
rispose –Puoi contarci…auguri e congratulazioni, Edward…Bella- si ritrovò
costretto a dover parlare in inglese per farsi capire anche dalla sposa e un
pochino mi scocciai.
Bella avrebbe ricevuto numerose
lezioni sull’apprendimento della mia lingua, una volta che fosse diventata una
vampira…e me ne sarei occupata personalmente.
Era stancante dover tradurre i
loro dialoghi, perciò m’impuntai sul fatto che anche lei avrebbe dovuto
mettersi d’impegno.
Quando mi allontanai con Seth,
lasciando Sue a chiacchierare con Charlie, mi guardai attorno per vedere a che
punto fossero della fila i quattro vampiri di Denali e li trovai molto vicini
alla fine.
Stavo per andare a presentarmi,
perché desideravo davvero molto di conoscere Tanya e compagnia bella, quando di
colpo il bambino scalciò nel mio ventre prepotentemente e dovetti avvicinarmi
al tavolo del buffet e sedermi.
Seth mi si mise accanto,
accarezzando dolcemente il delicato rigonfiamento del mio corpo e
all’improvviso, spalancando gli occhi e bloccandosi, esclamò –Jacob!-. Ecco, questo non avrebbe avuto effetti e conseguenze
differenti da quelle già decise…o almeno, non se vicinissima a noi non ci fosse
stata Laura, che subito scattò a guardare tra gli alberi che circondavano il
giardino e chiamarlo a gran voce, attirando su di sé l’attenzione di molti
presenti, tra cui gli sposi, che avevano iniziato a ballare –o per meglio dire,
lui trascinava lei sui suoi piedi- e di numerosi invitati.
Scusate
il terribile ritardo nell'aggiornare, ma sono stata molto impegnata con
la scuola...spero che possa essere stato di vostro gradimento...ho
cercato di non renderlo troppo sdolcinato...altrimenti vi sarebbe
salito il diabete XD ma vabbè, tralasciando le mie battute non
idonee -_______-"""
Aggiungo solo che il piccolo accenno ad Aro, Marcus e Caius è
venuto da se XD non stavo pensando a cosa scrivevo (visto che
solitamente scrivo quasi come se fossi cieca, con la mente intenta ad
immaginare ogni singola scena, come se la vivessi davvero)...e l'ho
lasciata perchè mi pareva un ottimo distaccamento dal resto...in
più, ammetto di essere incline ad affezionarmi a Marcus XD
(tutta colpa di Laura a cui ora farò pubblicità...XD se
non vi è già capitato, leggete la sua storia "Marcus non
ama"...è davvero bella ^^)...beh, spero che mi direte cosa ve ne
pare come sempre.
Vi ringrazio di tutto cuore e vi prometto che TENTERò di aggiornare più in fretta il prossimo capitolo.
Baci.
Sammy Cullen.
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Capitolo 22 *** Special: I° POV Laura/ II° POV Sammy ***
Capitolo 22
22.
Caro
amico…Quante me ne fai passare!
[I° POV Laura]
Jacob… solo un nome nella mia testa, che rimbombava come l’eco di
un ricordo troppo forte per essere contenuto dentro di me.
Dovevo raggiungerlo, subito.
Scattai correndo verso il buio
della notte, verso gli alberi, verso di lui.
La gente mi guardava come se
fossi impazzita, forse perché urlavo il suo nome, forse perché stavo correndo
in tacchi a spillo per una sala da ballo elegante, quale era diventata il
salotto di casa Cullen.
Poco importava, lo stavo
raggiungendo.
Appena toccai l’era verde ed
umida del giardino mi tolsi le scarpe e continuai imperterrita la mia corsa,
vedevo qualcosa muoversi debolmente al confine con la foresta.
Il vestito era troppo stretto, mi
attanagliava le gambe impedendone i movimenti sciolti adatti alla corsa, lo
strappai con una falcata più lunga. Già immaginavo la faccia di Alice, ed anche
le terribili torture che ne sarebbero conseguite.
L’acconciatura si scioglieva e
quando finalmente lo vidi sentii dentro di me crescere sempre più forte l’urlo
di gioia nel rincontrarlo.
Aveva i capelli tagliati male,
probabilmente una sforbiciata veloce giusto per venire a vedere il matrimonio,
per venire a vedere lei. Ma non me ne fregava. Ora c’ero io, e volevo salutarlo
al meglio.
Strabuzzava gli occhi sconvolto,
io non ero nei piani, e mai lo sarei stata.
-JAKE!- urlai con tutta la
felicità che era possibile esprimere con delle parole.
-Merda! Tu che ci fai qui?!-
scoppiò a ridere entusiasta mentre mi stringeva tra le sue braccia,
nell’abbraccio migliore del mondo. Quello del mio amico, del mio migliore
amico.
Rimanemmo ferme per un po’,
mentre io piangevo come una cretina e lui rideva sommessamente.
Mi scostai di colpo mentre con
una mano provavo a pulirmi il viso sporco per quel dannato trucco che mi
avevano obbligato a mettere.
-Oh! Che stupida… piango come
un’idiota!- mi lamentai scherzando.
-Stai benissimo- commentò con un
sorriso dolce, simile a quello di un fratello maggiore che vede la sua
sorellina crescere.
-Ma che dici! Guarda come sono
ridotta!- feci una piccola giravolta su me stessa per fargli notare il mio
stato indecente.
-Una principessa alternativa-
dichiarò saccente, sciogliendo poi l’espressione magistrale in un sorriso
smagliante.
Jake, il mio Jake. Si era
scordato appena per un momento di Bella, pensando solo a noi. Almeno per poco.
-Cosa ci fai qui?- domandò ancora
sorridendo mentre mi aiutava a pulire il mascara che era sceso giù per la
guancia tracciando il percorso della lacrime.
-Imprevisti dovuti a… è lunga
come storia, però c’è pure Sammy- dissi divertita.
-Sammy?- era perplesso, pensare
che non l’aveva ancora vista!
-Esatto, lei e il caro Sethuccio
hanno avuto un…imprevisto di percorso!- esclamai soddisfatta dalle mie parole.
Strabuzzò gli occhi sconvolto,
tentò di parlare più volte senza riuscirci. Mimai la pancia di Samantha con le
mani e lui a momenti non morì soffocato.
-Non ci credo!- esclamò
sconvolto, continuava a fissare il punto esatto cove avevo imitato il pancione.
-Bhè è così- sospirai ripensando
all’idiozia di quei due, non condividevo molto la scelta di tenere il bambino,
ma poi si sa…affari loro.
Rimanemmo in silenzio per un po’
osservandoci a vicenda, entrambi con un sorriso enigmatico sulle labbra. Forse
gioia, forse tristezza.
In lontananza la musica si
espandeva per la casa, mi bloccai un attimo quando sentii le note della
canzone.
Ironia della sorte! Proprio
quella canzone! Quella del film! Ah! Non era possibile!
Sbuffai scocciata, troppo
melensa, e troppi ricordi che ritornavano a galla.
Embry…
Come faceva male il suo nome, ma
come gioiva nel sentirlo il mio cuore! Chissà se qualcuno glielo aveva detto, se
sapeva che io ero qui, ma non avevo voluto vederlo…
Ancora immersa nei miei pensieri
alzai la testa verso di Jake che mi guardava preoccupato.
Allungò un attimo la mano verso
di me con un gesto teatrale, io l’accettai volentieri e mi strinse a sé ridendo.
-Spero tu mi voglia concedere
questo ballo, potremmo chiamarlo… uhm… sfiga dance?- propose abbozzando un
ghigno gentile.
-Mio caro, di sfigati al mondo ce
ne sono fin troppi, noi siamo semplicemente… gli esponenti maggiori- risposi
saccente facendomi guidare da quel tronco d’albero quale era. Troppo negati per
la danza entrambi.
-Embry lo sa che sei qui?- di
colpo era diventato serio, mi aveva inchiodato con i suoi occhi scuri, e non mi
lasciava via di scampo. Quanto l’odiavo quando faceva così, era come se
leggesse dentro di me, traducendo le mie emozioni dai semplici gesti che
facevo.
-No- borbottai scostando lo
sguardo verso il basso –voglio aspettare per vederlo, non me la sento- mormorai
sconfortata.
-Gli stai facendo male! Mi auguro
per lui che non lo venga a sapere- mi ammonì con un’occhiata scura.
Arrossii violentemente per i
sensi di colpa.
Ma lui che ne sapeva! Cosa ne
voleva sapere lui di come ci si sente quando si scopre di essere legati per
l’eternità a qualcuno?! Senza avere la forza, ne la possibilità di sfuggirne?!
Cosa ne voleva sapere…
Alzai nuovamente lo sguardo
arrabbiata e lo fissai a lungo.
-Affari miei Jake- risposi
brusca.
-Ok, fai come ti pare, ma lui sta
messo peggio di tutti, perfino di me!- la voce non tradiva nessun sentimento,
come se stessimo parlando di un partita di bocce.
-Ti odio quando fai così!-
borbottai esasperata, scoppiò a ridere per poi zittirsi.
-Sai cosa vuol dire la canzone?-
chiese con un tono calmo.
-Sì, ha un significato molto
stupido- commentai sarcastica.
-Non tanto… alla fine tutti
diventiamo un gatto ciccione e pigro- sospirò poggiando il mento sopra la mia
testa.
-Io non voglio- mi lamentai, ma
con poca forza.
-Non me la bevo signorina-
sorrise leggermente.
-Lo sai che non dovresti ballare
con me ma con Lei?- un sussurro impercettibile il mio.
-Sì, ma ora starà con suo…-
strinse la mandibola e non finì la frase.
-La storia sta cambiando-
osservai assorta.
-Non più di tanto… e poi io
voglio ballare con te- dichiarò solenne accarezzandomi la testa –la mia gnappa
preferita- ridacchiò.
Sbuffai e quando finì la canzone
l’abbracciai nuovamente per poi staccarmi.
Il suo volto si trasformò in una
maschera di tensione, fissava delle figure che si avvicinavano dietro di lui.
Emmett e Edward.
-Salve Jacob- salutò il secondo
con voce tranquilla.
Rispose con un grugnito
scocciato.
Mi guardò confuso ma non ebbe
tempo di formulare la domanda che dietro di noi Isabella era spuntata per
correre ad abbracciare Jake, il suo Jake.
Mi spostai urtata. Un pugnale che
era entrato nel mio cuore mille e mille volte, ogni volta sempre più doloroso.
Voltai lo sguardo. Possibile che dovessi essere gelosa anche da amica?!
Ci allontanammo tutti e tre,
lasciandoli soli. Aspettai là vicino, non volevo rientrare nella sala, non in
queste condizioni. Anche perché attendevo una reazione violenta del mio amico,
quell’idiota l’avrebbe sicuramente portato ad arrabbiarsi.
La mia supposizione non tardò ad
avverarsi. Sentii un breve ruggito profondo ed in un istante mi catapultai da
lui seguita dai due vampiri. Ed era teso come una corda di violino.
-Jake calmati- sussurrai
avvicinandomi a lui ed accarezzandolo sulle braccia per calmarlo. Non
funzionava, continuava a tremare. Urlava contro Edward, lo voleva ammazzare.
Ebbi un tremito di paura. La cosa poteva degenerare, il percorso era stato
cambiato.
Fortunatamente Seth comparve in
un secondo e lo tenne fermo da dietro, anche lui cercava di tranquillizzarlo
con le parole. Non riusciva a spostarlo, sembrava più minaccioso che mai. Bella
era stata allontanata da Edward con un colpo veloce e gentile. Io rimanevo là,
cercando in tutti i modi di aiutare il mio amico.
Il tempo di battere le ciglia che
una schiera di lupi enormi fu davanti a noi. Sam, il lupo nero, teneva il
compagno per i pantaloni indietreggiando.
Ma in quell’istante non fu lui a
colpirmi, no.
Il lupo dalla pelliccia di un
marrone caldo, grande quasi quanto Sam mi fissava con degli occhi addolorati,
da sfiorare la frustrazione.
Embry…
Rimaneva fermo, guardandomi, due
lacrime gigantesche scendevano giù dal muso.
Per un istante fu come se tutto
cioè che ci circondava: il rumore, gli urli, lo sgomento di Bella, l’ira di
Jake; fosse scomparso. Io e lui. Mi sentii un brivido per tutto il corpo.
Di colpo tutto finì. I lupi se ne
andarono e anche lui li seguì, strattonato dai compagni. Ed io rimasi da sola,
unicamente con il senso di colpa che mi erodeva dentro.
Che stronza che ero stata.
Sconvolta da falsi allarmi e da un nuovo incubo, mi sembra
di cadere sempre più in basso…
[II° Pov Sammy]
La reazione di Laura mi causò un attacco isterico di
panico, e non tanto per lei di per sé quanto per Seth.
Io,
infatti, ricordavo. Ricordavo
ogni singola riga dell’ultimo libro, ricordavo la reazione di Jacob ad un certo
punto, nell’incontro con Bella, e ricordavo l’intervento di Seth e degli altri
membri del branco.
Il
terrore si fece strada dentro di me colpendomi violento, imperterrito. Osservai
senza saper bene cosa fare la mia amica correre spedita verso il boschetto
circostante e addentrarcisi.
Avevo
una fottutissima e spietata paura.
Perché,
al contrario di quello che avrei potuto sperare, io ricordavo, ma non sapevo.
Non
sapevo se il corso degli eventi sarebbe stato alterato dalla comparsa di due
ragazze umane, sconosciute sui libri della saga.
Non
sapevo se l’incontro di Jacob con Laura avrebbe potuto evitare qualcosa di
peggio.
Non
potevo neanche immaginare a cosa avrebbe comportato, invece, la comparsa di lei
e Isabella messe assieme.
Respira
profondamente…è tutto okay…Laura sarà un toccasana per gli eventi spiacevoli!
Me lo ripetevo caparbiamente ma davvero non riuscivo a
crederci.
Quando
Seth, che si alzò dalla sedia accanto a me con lo sguardo attento, Edward,
Emmett e Bella si mossero verso la foresta portando su di loro l’attenzione dei
soliti invitati curiosi, mi si fermò il cuore e mi sembrò quasi di sentirlo
scendere nello stomaco.
Perfino
il piccolino era agitato e mi colpiva terribilmente forte…sembrava quasi che
volesse uscire.
Scattai
in piedi fin troppo agilmente per una della mia stazza e fui tentata di seguire
i quattro, ma contemporaneamente Leah e Alice mi si avvicinarono e la seconda
disse –Ferma, Sammy, lascia che ci pensino loro. Non accadrà nulla…- ma storse
la bocca incerta, rimuginando sul fatto di non poter prevedere un futuro abitato
da licantropi.
Leah
invece grugnì in tensione –La succiasangue qui ha ragione, tu non ti muovi,
capito?-.
Uff…la
fastidiosa protettività della mia quasi-sorella!
Annuii
combattuta e mi rimisi seduta.
Passai
tutto il tempo ad osservare il punto i cui il piccolo gruppetto era scomparso.
Non ci
volle molto, che Edward, sua moglie e suo fratello erano già ritornati, ma
Seth…
Non
riuscii a trattenermi e corsi incontro al vampiro dai capelli ramati in preda
all’agitazione –Edward, dov’è Seth? E Laura?-
Lui mi
guardò teso e disse cercando di tornare calmo –Lui è con Jacob ed il resto del
branco. La tua amica invece è rimasta nel bosco-.
-Grazie
infinite!- ascoltai attentamente e feci per raggiungere almeno lei, ma Edward
mi richiamò e fui costretta a voltarmi per guardarlo.
-Forse
preferisce stare da sola-.
Mi
mordicchiai un labbro e risposi –Forse-.
Detto
ciò camminai a passo spedito per arrivare da Laura.
La
trovai con la schiena poggiata alla corteccia di una sequoia e mi feci largo
tra le felci ed i cespugli per avvicinarmi. Guardava
il vuoto con il volto teso, la mascella contratta.
I
capelli si erano liberati dai fermagli, dalle forcine, sembrando più
disordinati che mai anche a causa della lacca, che li aveva resi più
stropicciati.
Le
labbra erano semichiuse, come se si trovasse di fronte a una platea di
spettatori impazienti di vederla recitare, e lei era rimasta senza parole dalla
tensione.
Una
volta che le fui vicina, sperai ardentemente che mi guardasse, ma non rivolse
il suo sguardo verso di me neanche un istante.
Continuava
a fissare un punto imprecisato dell’oscurità tristemente.
Allungai
allora una mano e le sfiorai il braccio.
Fu
questo mio movimento a causare la sua reazione improvvisa e a dir poco
inaspettata. Le lacrime le sgorgarono dagli occhi e i singhiozzi riempirono il
silenzio che ci circondava.
La
strinsi a me con difficoltà, a causa del mio ventre gonfio e della differenza
d’altezza. Lei era molto, molto più bassetta della sottoscritta.
-Shh…Laura,
calmati…va tutto bene…- ma
sapevo che non era così.
Se non
ci fossero stati problemi, avrebbe riso, no?
Lei
singhiozzò ancora e disse con la voce spezzata –No, è tutto uno schifo. Io sono
uno schifo, la mia vita è uno schifo…perché non sono fortunata come te? Perché
non riesco ad amare ciò che il destino mi ha assegnato?-.
Feci
uno sforzo enorme per trattenermi dal piangere con lei. Non era causa della
maternità infatti, che anch’io sentissi il bisogno quasi lacerante di sfogarmi.
Vedere
lei in quello stato, era una tortura…ed io non sono mai stata brava a
sopportare il dolore.
Senza
rendermene conto, lascia sgorgare le lacrime e questo attirò l’attenzione di
lei, che chiese –E tu che cavolo piangi a fare?- ed io risposi –Mi sento
inutile…-.
E
grazie a queste parole iniziò a ridere e piangere assieme.
La
guardai confusa e mi asciugai gli occhi –Che ho detto?- ma Laura non rispose,
scosse la testa e mi abbracciò teneramente, poi prendendomi per mano disse
tirando su col naso –Meglio tornare alla festa…-.
Socchiusi
gli occhi sospetta, chiedendomi se stesse cercando di nascondere per la
millesima volta ciò che davvero provava e sospirai quando capii che se anche
così fosse stato, avrei dovuto lasciarla fare a modo suo, fino a che non mi
avesse chiesto di persona un aiuto.
Quando
i festeggiamenti per il matrimonio di Edward e Bella terminarono, tornai a casa
di Seth assieme a sua sorella, sua madre e Laura, che aveva deciso
improvvisamente di voler venire a La Push. Il
tragitto mi parve orribilmente lungo, seppur Leah al volante fosse una vera
furia.
Laura
mi aveva detto che Seth stava bene e Sue aveva aggiunto abbastanza apprensiva
che sicuramente lo avremmo trovato a casa ad attenderci.
Annuii
poco convinta e rimasi in silenzio per tutto il tempo.
Non
appena l’auto venne parcheggiata di fronte alla casetta in legno, uscii di
corsa e chiamai –Seth!-, ma la porta d’ingresso non si aprì. Nessuna luce si
accese.
Sussultai
impaurita e mi voltai per osservare le tre che si erano avvicinate e che a loro
volta osservavano l’abitazione vuota e silenziosa.
Leah grugnì
scocciata e disse –Vado a cercare gli altri. Quel petulante di Jake non poteva
trovare un momento migliore per arrivare! Stupido ragazzino!-.
Tremò,
fece un agile balzo in avanti ed esplose in una matassa di peli argentei.
Guardai
il lupo di statura media scomparire nell’oscurità.
Laura
mi si mise accanto e sfiorandomi la schiena sussurrò –Stanno tutti benissimo.
Sam li avrà solo voluti tenere tutti uniti per calmare la situazione. Ora noi
andiamo a dormire tranquille e vedrai che domani mattina te lo trovi steso
vicino-.
Come la
faceva facile lei! Eppure, decisi di darle retta ed entrai in casa con la mia
amica e Sue, che ogni tanto lanciava delle occhiate furtive verso la notte dei
viottoli.
Il
freddo mi gelava le ossa, il silenzio mi faceva fischiare le orecchie e
l’oscurità rendeva difficile ogni tentativo di guardarmi attorno per bene.
La luce
debole del tramonto filtrava da delle vetrate dipinte nell’alto del soffitto ei
candelabri accesi agli angoli estremi della grande sala facevano sì che l’atmosfera
fosse delle più macabre.
Tremai
e cercai di distinguere i dettagli nell’ombra.
La mia
attenzione si soffermò sui tre grandi troni nel fondo della camera abnorme,
occupati rispettivamente da tre individui austeri.
Sapevo
fin troppo bene chi fossero, ma non pensavo –e non ci avevo mai sperato- che li
avrei visti coi miei occhi, seppur non di persona.
Aro,
seduto al centro, con Caius a sinistra e Marcus a destra, mi sorrise attento e
disse con voce fluida, profonda, sensuale –Ti chiedi il perché…-.
Ed io,
aggrottando la fronte confusa e facendo qualche passo avanti, chiesi –Il perché
di cosa?-.
Al che
il vampiro ghignò e si alzò per avvicinarsi, facendo strusciare il suo mantello
nero sul pavimento.
Qualcosa
nella mia testa mi consigliò di indietreggiare, di fuggire, se possibile…ma non
feci nulla di tutto ciò, e rimasi a fissarlo rapita, come ipnotizzata.
Quando
ci furono minimo dieci passi a separarci, iniziammo a conversare come se ci
conoscessimo da secoli –non per niente.
La
tensione mi si era man mano sciolta di dosso e proprio quando avevo iniziato a
sperare che il sogno non si tramutasse in incubo, Aro disse improvvisamente
–Beh, un vero peccato…ora saremo costretti ad ucciderti-. Ma ghignava,
l’infame, come un serpente a sonagli che resta in silenzio per non farsi
scoprire dalla propria preda e l’attacca veloce.
Subito
venni presa da tremiti, notando anche l’espressione maligna di Caius ancora
seduto, che già pregustava la mia morte, se non anche il mio sangue. Nel momento in cui il vampiro dai capelli neri come le vesti si
fece avanti un altro poco, mi dissi che era la fine, ma di colpo la scena ed i
tre sovrani iniziarono ad arretrare…come se mi stessi allontanando sempre di
più, di più e di più…
Ta
daaaaan!!!! sorpresa! questo capitolo ha 2 POV XD avevo pensato che vi
sarebbe piaciuto leggere una stessa parte con il punto di vista sia mio
che di Laura e così ecco che ci siamo messe a scriverlo in
comune ù.ù
Ringrazio come al solito chi legge e commenta -o legge e basta XD-
questa storia! Bacioni dalla vostra Sammy Clearweater Cullen!!!
P.s.: l'incubo l'ho fatto davvero ç________________________ç
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Capitolo 23 *** Nel buio e nella luce ***
Capitolo 23
23. Nel buio e nella luce.
Scattai su a sedere nel letto col sudore ad appiccicarmi i capelli
sulla fronte e rendermi difficile respirare tra le lenzuola.
Mi massaggiai il volto stancamente e con gli occhi ancora chiusi
tastai di fianco a me, ma lui non c’era. Il fatto che la mia unica speranza si
fosse frantumata come un vaso di cristallo non aiutò la mia mente a liberarsi
dalle immagini così chiare, nitide dell’incubo, ma sapevo che avrei dovuto
tentare di non riportarle a galla.
In un gesto naturale mi mordicchiai il labbro e con un bel po’ di
fatica mi alzai e uscii nel corridoio.
Le porte della camera di Sue e quella di Leah erano chiuse, mi
chiesi se almeno la ragazza fosse ritornata durante la notte e così in punta di
piedi e maledicendo il pavimento di legno scricchiolante arrivai di fronte alla
porta in fondo e la aprii piano.
Sbircia all’interno della stanza e quando vidi che era vuota, mi
sentii svenire. La richiusi e svelta e, senza curarmi del fatto che fossi in
pigiama, scesi al piano di sotto affannata per lo sforzo e lanciai un rapido
sguardo al divano del salottino, sul quale Laura dormiva –almeno in modo
apparente- profondamente.
Mi sbrigai ad uscire dall’abitazione e non feci in tempo a
scendere l’ultimo basso scalino della veranda che subito le mie pantofole
sprofondarono nel fango.
-Per la miseria!-.
Sibilai scocciata ma non mi fermai a guardare il danno.
Dovevo assolutamente trovare Seth e gli altri…e avevo una minima
idea di dove potessero essere, anche se speravo di aver ragione.
Camminai a lungo tra le vie che costituivano La Push, cercando
ogni casa che avesse le luci interne accese, ma per molto non trovai la benché
minima traccia di vita.
Tutto era buio, silenzioso, e creava un atmosfera simile a quella
che si ha in un cimitero. Sinceramente, il buio mi metteva un po’ in soggezione, se ero sola.
Notavo le nuvole di vapore che venivano a crearsi dal mio respiro
caldo a contatto con l’umidità e la temperatura bassa del posto.
Il corpo era preso dai tremiti e non me curavo affatto. Non
riuscivo a pensare ad altro che a Seth, e a dove fosse.
Mio figlio non si muoveva dentro di me, rendendomi allo stesso
tempo serena e ansiosa; infatti, saperlo così tranquillo era una consolazione,
perché il pensiero che almeno lui stesse bene aiutava, ma d’altro canto il suo
non esserci mi faceva sentire ancora più sola…
E non mi piaceva per niente.
Quando mi resi conto di essere arrivata alla parte opposta della
riserva a quella in cui mi trovavo inizialmente, e che di luci accese non ce
n’erano, gridai frustrata e mi voltai seccamente per tornare indietro.
Non c’erano…ma perché?
Cosa stava accadendo?
Cercai di concentrarmi per un millesimo di secondo su Breaking
Dawn. Doveva esserci, nel romanzo, almeno qualche accenno sotto il punto di
vista di Jake che parlasse di quegli attimi…
Il matrimonio, il viaggio di nozze, il ritorno anticipato, Bella
incinta, Jacob che la vedeva in quello stato così pietoso, la sua reazione, la
richiesta di Edward di farsi uccidere in caso sua moglie fosse morta, la
separazione dal resto del branco, il suo voler prendere il comando
indirettamente, la fiducia che Seth e Leah gli avevano dato…
No.
Niente.
Non c’era niente del prima.
Perché era Bella a raccontare. Bella con le sue fissazione sul
fare l’amore con Edward. Bella e il suo istinto materno così simile al mio…
Accidentaccio!
Mi ravvivai indietro la frangetta corta e spettinata, come il
resto dei miei capelli, e ricominciai a guardare le finestre delle stesse
identiche abitazioni dell’andata con un groppo in gola.
Se solo fosse comparsa una minima scintilla di vita!
E poi, di colpo, eccola lì.
Corsi letteralmente verso l’unica casa con le lampade accese. Si
trovava una via più in là di quella in cui avevo vagato e non l’avevo notata
con la coda dell’occhio da subito.
Mi avvicinai ai vetri e guardai all’interno.
Sorrisi rincuorata quando li trovai tutti intorno a un piccolo
tavolinetto, con Emily intenta a cucinare frittelle e uova a volontà.
C’era anche Jacob e l’aria che tirava non sembrava delle migliori,
ma me ne infischiai e senza neanche bussare, entrai nell’abitazione.
Tutti si voltarono a guardarmi stupiti e notai che Sam, intento a
fare un discorso lungo abbastanza da poter essere chiamato monologo, si era
zittito serio.
Sbuffai stanca e scocciata e dissi –Continua pure bello, non sono
qui per sentire i vostri discorsi da lupi!-.
Cercai con sguardo ansioso Seth e sua sorella e li trovai seduti
vicino a Jake, così mi avvicinai e ignorai l’espressione di quest’ultimo.
Era la stessa che avevano avuto tutti gli altri vedendo il mio
stato gravido.
Il mio fidanzato scattò in piedi teso e mi strinse delicatamente a
se –Che ci fai tu qui?-. Il tono era pieno di sottintesi, sembrava quasi che mi
stesse accusando.
-Te ne sei andato senza dirmi niente! Mi hai letteralmente
lasciata da sola e Leah anche è rimasta con tutti voi! Credi che mi sia
divertita a svegliarmi di colpo e a non trovarti vicino a me?!-.
Lui storse la bocca all’ingiù e sussurrò con lo stesso strano tono
–Amore, non è il momento…torna a casa mia e riaddormentati…tornerò. Dove pensi
che potrei andare?-.
-Non lo so, ma preferirei essere avvertita in anticipo delle
vostre riunioni notturne!-.
Seth rimase in silenzio allora, osservandomi in difficoltà, senza
saper bene come rispondermi.
Troppa fu la mia convinzione del fatto che prima o poi –in un
certo lasso di tempo- avrebbe aperto bocca, ma com’era mio solito, errai.
I nostri sguardi non riuscivano a trasmettere davvero del rancore,
ma io sentivo che ce n’era almeno un pochino…e derivava dalla sottoscritta.
In fine, proprio quando stavo per voltarmi e lasciarlo col resto
del branco, a parlare di fatti che –a quanto pareva- non potevano e non
dovevano interessarmi, disse –Scusami…- e non aggiunse altro.
Lo guardai tristemente e me ne tornai a casa sua, scortata da
Leah, che aveva preso la palla al balzo in modo da non dover sopportare oltre i
suoi compagni.
Durante il tragitto, proprio quando avevo iniziato a sperare che
restasse in silenzio per lasciarmi il tempo di calmarmi, chiese fin troppo
calma –Come mai sei venuta a cercarci?-
E per tutta risposta, storsi la bocca e poi cercando di inventarmi
una buona scusa, dissi –Niente…quando non l’ho trovato accanto a me mi sono
agitata…-
La giovane ascoltò attenta e poi ridacchiando sommessamente disse
–Okay, okay…non vuoi dirmi il vero motivo. Fa niente, non sarò io a
costringerti a parlare-.
La guardai sorpresa e dissi timidamente –Ehm…bene, grazie-.
Una volta che fummo davanti la porta d’ingresso, accennai svelta
–Ho davvero bisogno di dormire…semmai ti spiegherò domani, uhm?-.
Leah annuì più seria e augurandomi una buona notte –o quel che ne
restava- se ne tornò silenziosa sui suoi passi.
Era così difficile esprimere a parole ciò che avevo vissuto
nell’incubo!
I Volturi…
Strizzai gli occhi come per scacciare quel nome così inquietante.
Di colpo, però, un’idea quasi folle mi balenò per la testa e
iniziai chiamare tramite i pensieri l’unica persona che potesse davvero
riuscire a capirmi: Edward.
Edward…so che TU sei sveglio –come potrebbe essere
altrimenti?!-…devi assolutamente essere in ascolto, chiaro?! Li ho sognati,
Edward…e non so neanche se tu abbia visto il mio sogno o fossi impegnato in
altro con tua moglie! Ho un brutto presentimento…tornate presto, ti supplico…
Non sapevo bene nemmeno io per quale motivo avere quel vampiro
vicino mi rendesse più sicura, eppure era così.
Non appena smisi di ricordare ogni dettaglio dell’incubo –in caso
lui non lo avesse visto prima-, rientrai in casa tremando dal freddo e feci per
salire le scale, ma d’improvviso la luce si accese e voltandomi di scatto
trovai Laura in piedi poggiata con la schiena al muro, intenta ad osservarmi
tra il preoccupato e l’irritato.
Sorrisi come se fossi tornata bambina e mia madre mi avesse
scoperto a prendere le merendine dalla credenza.
-Ehilà…- ma il mio tentativo di essere normale non fece altro che
intensificare la sua espressione severa.
-Dove sei stata?- chiese scrutandomi.
Naturalmente, non potevo sperare di mentirle. Era troppo arguta,
furba per farsi ingannare…da me.
Così, sospirai sconfitta e borbottai –A cercare Seth…-. Lei alzò
un sopracciglio e attese il resto, quindi continuai -…E l’ho trovato a casa di
Emily e Sam…con tutti gli altri. C’era anche Jake-.
Annuì ascoltando concentrata e poi sbuffando disse –Non dovresti
uscire con questo freddo. Se ti ammali si aggrava anche la salute del piccolo-.
Volsi altrove lo sguardo dispiaciuta e mugugnando un “hai ragione”
come risposta, feci per andare di sopra, ma lei tossicchiò per richiamare la
mia attenzione e così la guardai di nuovo.
-Non è che mi nascondi qualche altro motivo per il quale ti sei
svegliata a notte fonda, vero?-.
Deglutii e poi risposi rapida, prima di correre goffamente in
camera –Certo che no!-.
Mi chiusi la porta dietro e andai a distendermi sul letto,
osservando il buio della stanza e pensando che qualche Cullen a farmi compagnia
sarebbe stato d’aiuto.
Dopo un bel po’, mentre riflettevo su miliardi di cose, sentii
battere qualcosa contro il vetro della finestra, e pensai subito che fosse
Alice –la mia seconda preferita dopo Edward-, così mi tirai su e corsi ad
aprirla, ma la delusione fece sì che quella piccola parte di euforia rimasta
scomparisse.
L’abete vicino alla casa stava dondolando i suoi rami per colpa
del forte vento.
Richiusi la finestra e mi ripetei che dovevo dormire almeno un
altro paio di ore.
Ma osservare quel letto sfatto, vuoto e freddo non aiutava di
certo a rilassarmi e così, tornando indietro di almeno dieci anni, scesi di
nuovo in salotto e avvicinandomi al divano sussurrai –Laura…-
Lei rispose con prontezza, facendomi capire che non si era rimessa
a dormire –Cosa succede, Sammy?-.
-Vieni a dormire con me?- mugugnai a mezza bocca, imbarazzata.
La sagoma della ragazza tremò un pochino nel buio della casa e la
sentii ridacchiare –E va bene…ma non prenderci l’abitudine-.
Si alzò e venne a farmi compagnia.
Tin, tin, tin, tin…
Ma che cavolo…???
Aprii pigramente gli occhi e guardandomi attorno trovai Seth ai
piedi del letto, intento ad osservare fissamente il suo pollice e l’indice
della mano sinistra intenti a creare quel tintinnio snervante contro la
spalliera.
Storsi le labbra e mugugnai –Mmm…Seth…piantala…- sentivo un
bisogno tremendo di dormire. Il corpo pesante, come se non arrivassero gli
impulsi dal cervello.
Feci un grandissimo sforzo per muovere almeno un braccio e notai che
accanto a me non c’era Laura. Aggrottai la fronte e tentai di ricordare quando
si fosse alzata per andarsene, ma a quanto pare avevo dormito profondamente…
…così tanto da non accorgermi di nulla.
Rotolai –letteralmente- di lato e tirai le gambe fuori dalle
lenzuola per alzarmi. Nel mentre continuai a fissare Seth attentamente, un po’
in ansia, perché il suo silenzio fastidioso e il fatto che continuasse a
schioccare le dita contro il letto non era normale.
Non m’infilai neanche le pantofole e gli andai vicino pian piano,
cercando di ignorare il “tin, tin, tin” che mi urtava il sistema nervoso in
modo incredibile.
Quando gli fui abbastanza vicina, poggiai la mia mano sulla sua
per bloccarlo e disse –Tutto okay?-.
Ma lui non rispose, guardò le nostre mani unite e poi, di colpo,
mi strinse a sé affondando il viso nei miei capelli arruffati.
Restai ferma dalla sorpresa per qualche attimo e dopo gli strinsi
le braccia al collo –Ehi…va tutto bene…non ce l’ho con te…-.
-Dovresti, invece!- esclamò teso scostandosi solo un poco e
continuando a parlare più calmo, avendo notato il mio spavento, a fior di
labbra –Ti ho fatto stare in pensiero, quando invece il mio compito è quello di
saperti tranquilla e al sicuro…-.
Ascoltai le sue parole con ben poca attenzione, solo per colpa del
fatto che sentire il suo alito dolce e caldo contro il mio volto aiutava
abbastanza a finire in tranche.
Parlai cercando di riordinare le idee –Ti perdono…se può farti
star meglio…anche se non credo che…ce ne fosse il bisogno…- stavo combattendo
contro l’istinto di assalire le sue labbra così vicine…
Lui sospirò annuendo incerto e poi, lasciando che un bel sorriso
dolce gli facesse tendere le labbra sottili, mi baciò e non ci fu più niente a
frenarmi dal ricambiare con ardore.
Mi aggrappai goffamente a Seth, dispiacendomi un po’ del fatto che
il ventre rotondo ci separasse, e passai con le mie labbra su ogni centimetro
del suo volto, mentre lui mi sfiorava il corpo delicatamente.
Quando la sua bocca scese giu fino al mio collo tirai indietro la
testa e respirai più velocemente, presa dall’attimo.
Il ragazzo mi prese tra le braccia e mi portò sul letto
stendendosi in modo un po’ scomodo sopra di me, sbottonandomi la camicia da
notte corta fino alle ginocchia, di un bel turchese acceso.
Passò la lingua tra l’incavo dei seni e sfiorò con piccoli e
teneri baci il pancione dentro al quale il piccolo batteva leggermente i
pugnetti.
Ridemmo entrambi di quel momento, in modo spigliato, felice,
sincero.
Era passato così tanto tempo da quando avevamo fatto l’amore per
la prima volta…ed ora eravamo stesi insieme tra delle lenzuola sfatte, che
sembravano quasi invitarci a peggiorare la loro situazione.
Avevo letto da qualche parte –forse proprio su un libro di scuola-
che l’essere incinta per una donna non comportava problemi per quanto
riguardava la sua vita sessuale.
Così, lasciai che Seth prendesse possesso del mio corpo dopo un
tempo che sembrò infinito, e mi cullai nel piacere di quell’attimo con tutta me
stessa.
C'era di nuovo luce.
Eccomi
qui! questo capitolo è transitorio (per questo non è
molto lungo) e...beh, ehm...l'ultima parte l'ho scritta perchè
volevo togliermi uno sfizio XD (il fatto del poter fare l'amore incinta
è vero <.<).
Ho notato che ha commentato solo una persona
ç__________________ç sigh...vi prego, non abbandonatemi!
i vostri pareri sono adorabili! mi diverto un mondo a leggere quello
che pensate!
Baci.
Da Sammy Clearweater Cullen.
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Capitolo 24 *** Didyme ***
Capitolo 24
24.
Didyme
La
grande sala buia stavolta era avvolta da un alone di luce. Osservavo ogni
dettaglio delle antiche mura, del pavimento ruvido e delle vetrate piene di
colori. Gli occhi fissi sui volti dipinti di uomini e donne, di angeli e
diavoli, di esseri umani e non.
Ad
altri sarebbe parso inquietante, ma a me piaceva tutto quel che mi circondava.
Mi sentivo stranamente a mio agio, come se quel luogo fosse casa mia. Il luogo
sicuro che avrei cercato in ogni attimo di smarrimento.
Soffi
di vento arrivavano dalle porte agli angoli più nascosti della stanza, che era
circondata ai lati da porticati immensi.
Era
bello lì.
C’era
aria di sapere, di saggezza…
Dentro
di me riecheggiava solo un piccolo sussurro che m’incitava a correre via, e non
lo ascoltavo. Una strana forza mi trascinava verso quei luoghi…
-Didyme…-
non
avrei dovuto girarmi, quando sentii chiamare quel nome da una voce fluida,
pacata, bassa, eppure è ciò che feci.
La
sorpresa s’impossessò di me per un secondo, poi si tramutò in gioia quando
incrociai lo sguardo di Marcus.
Le mie
dita s’intrecciarono all’abito di stoffa liscia, bianca e mista al porpora, che
osservandolo per un solo attimo senza curiosità, come se fosse il mio
abbigliamento solito, notai avere le fattezze di una veste risalente all’epoca
dell’antica Roma.
-Eccoti,
finalmente. Perché sparisci così d’improvviso?- si avvicinò lentamente, col
viso sereno, lo sguardo tranquillo.
Feci un
passo anch’io verso di lui esitante e di colpo la scena cambiò, pur restando la
stessa.
Io ero
di nuovo nel mio corpo –non capendo subito se fossi stata qualcun’altra- e vidi
una persona a me cara avvicinarsi a Marcus.
Laura,
o la sua copia sputata, non avrei saputo dirlo, era intenta a sfiorargli il
viso, con un gran sorriso radioso ad illuminare il proprio.
Mi
sentii mancare il respiro osservando la scena di quei due intenti ad ammirare
ognuno lo splendore dell’altro come se non ci fossero altre cose a circondarli.
In
parole povere, erano letteralmente estraniati dal resto del mondo.
-Laura!-
ero abbastanza distante dai due, nascosta dietro una delle colonne del
porticato a sinistra così, per corrergli incontro, dovetti uscire allo
scoperto.
Non
poteva assolutamente finire così…Perché la mia amica aveva preso il mio posto?
E per quale assurdo e tetro motivo entrambe ci trovavamo ad essere chiamate col
nome della moglie defunta del più silenzioso dei tre inquietanti capi dei
Volturi?
Ero a
pochi passi da loro, già col braccio teso per allontanare la ragazza dal
pericolo, quando mi accorsi che non correva alcun rischio.
Era
diversa. Pelle diafana, occhi ambrati e luminosi, chioma lucente e mossa…
Se non
mi stavo sbagliando, Laura aveva raggiunto lo stato d’immortalità.
Pur
essendo vicina, nessuno dei due sembrava accorgersi della mia presenza. La cosa
mi spaventava.
-Didyme…-
ripetei quel nome per non scordarlo e nel dormiveglia, prima di aprire gli
occhi, incanalai ben bene ogni minuscola parte del sogno.
Era un
altro segnale.
Feci un
bel respiro ed uscii dall’oscurità.
Ammirai
la dolce familiarità della stanzetta di Seth e mi gustai lo scalpitare di
nostro figlio nella pancia.
La luce
filtrava dalle leggere tende bianche della finestra. Era fioca e spariva a
tratti.
Le
nuvole della penisola Olimpica non lasciavano certo spazio al sole.
Sorrisi
ancora un po’ insonnolita e mi tirai lentamente su a sedere, col corpo
rivestito solo delle lenzuola.
Il mio
fidanzato, ancora addormentato affianco a me, aveva un’espressione
terribilmente beata. Sperai per un istante che il suo erede fosse bello come
lui.
Gli
lasciai le coperte e alzandomi senza niente addosso, raccattai da sopra uno
sgabello all’angolo il largo abitino pre-maman e me lo infilai, poi raccolsi le
pantofole infangate e sbuffando pensai che avrei dovuto sciacquarle e tenerle
sotto l’aria calda del phon per un po’.
Ma non
avevo tempo da perdere per loro, scesi di sotto scalza, in punta di piedi
ripetendomi che Seth non si sarebbe svegliato neanche con le cannonate, ed
entrai nella piccola cucina, dove trovai Laura intenta ad aiutare Sue a
preparare la colazione per il mio ragazzo e Leah.
Non
vedendola, capii che anche lei doveva essere stanca morta.
Non
appena le due si accorsero di me, mi sorrisero e mi diedero il buon giorno, poi
Sue chiese cosa preferissi tra uova e pancetta oppure caffè, pane con la
Nutella e frutta.
In
altri casi avrei chiesto una semplice tazza di thè o di cappuccino e, al
massimo, qualche biscotto, ma la fame mi assaliva come un crampo nello stomaco
e mio figlio avrebbe apprezzato un nutrimento vasto.
-Mmm…un
caffè insieme a del pane con la cioccolata sarà gradito da entrambi- sorrisi
come per ringraziare e accarezzai il mio ventre.
Quella
mattina avevo lo strano presentimento che il piccolo fosse maschio. Gabriel…
Sì, il
nome mi piaceva davvero, ma era ancora poco. Adoravo i nomi composti.
…Gabriel
Edward Harry Clearweater…
Sì.
Perfetto.
Immaginai
l’aspetto che avrebbe avuto a qualche anno…due, tre…e davanti agli occhi
comparì un bambino splendido, dai tratti indiani ma la pelle più chiara, gli
occhi scuri sia come i miei che come quelli di Seth ed i capelli neri.
Di
certo sarebbe stato un angioletto. Una creaturina buona e sensibile.
Quando
una mano si agitò davanti al mio sguardo perso, ripresi lucidità.
Laura
aveva poggiato un vassoio sul tavolino e attendeva solo che mi mettessi a
mangiare, ridendo sommessamente notando la mia espressione un po’ confusa.
-Sempre
con la testa fra le nuvole…- alzò gli occhi in su e si sedette ad una sedia
vicino a quella che avrei occupato io e afferrò un biscotto dal barattolo
mordicchiandolo.
Sospirai
rilassata e iniziai a gustare il sapore del caffè, poi sussurrai in modo che
comunque sia lei che Sue sentissero –Stavo pensando a Gabriel…-.
Ed
entrambe mi guardarono confuse.
La
madre di Seth solo di sfuggita, intenta com’era a preparare anche per i propri
figli una montagna di roba.
Sghignazzai
e dissi per spiegarmi –Il bambino…credo che sarà un maschietto…e questo è il
nome che ha scelto Seth-.
Laura
sorrise e disse più allegra dei giorni precedenti o della notte prima
–Gabriel…bel nome, ma non avevi detto che…-
Stava
certamente per chiedere “Non avevi detto che volevi chiamarlo come quell’esaurito
di un vampiro roscio?”.
Così,
risposi interrompendola –Per intero infatti sarà Gabriel Edward Harry-.
Sue si
voltò di nuovo incredula e ripetè –Il nome di mio marito?-.
Annuii
–Il mio modo di fargli capire che gli voglio bene pur non avendolo conosciuto
di persona-, feci spallucce tentando di alleggerire l’argomento.
Non era
mia intenzione, infatti, parlare di un uomo che non era in vita.
Sapevo
che le persone morte era meglio lasciarle tra i ricordi e cercare di nominarle
il meno possibile, perché il dolore riaffiorava e pungeva come del filo
spinato.
La
madre di Seth sorrise con un’espressione piena di gratitudine e affetto e tornò
a controllare che l’enorme frittata nella padella non si bruciasse.
Divorai
la mia colazione in pochi minuti e mi alzai con l’aiuto di Laura, intenzionata
a portare il vassoio stracolmo di cibo al ragazzo, che ancora non scendeva.
-Rischierai
di far cadere tutto a terra!- la mia amica mi guardava già pronta a scattare
per tentare di raccogliere i possibili cocci di un disastro imminente creato da
me, ma le ripetei che sarei stata attenta e con un sorrisino compiaciuto salii
le scale senza rovesciare neanche una goccia del caffè nella tazza.
Avevo
lasciato la porta socchiusa, così la aprii del tutto dandole un calcetto col
piede e poggiai il vassoio sul comodino, sedendomi poi sullo sgabelletto e
osservando Seth in assoluto silenzio.
Nel
tempo che ero rimasta di sotto, si era mosso, facendo sì che le lenzuola
scoprissero i pettorali scolpiti e s’intrecciassero tra le sue gambe solide,
coi tendini quasi visibili.
Dopo
qualche altro minutino, la fragranza dolce del caffè e quella salata di una
metà della frittata fumante col bacon, riempirono la stanza, e lui si mosse
nuovamente, respirando a fondo e schiudendo le palpebre.
-Uhm…Samantha?-
osservava il soffitto come imbambolato e risi leggera, così il suo sguardo si
posò su di me e in fine sul cibo.
-Da
quanto sei sveglia?- mugugnò e si mise seduto scoprendo tutto il suo corpo
nudo.
Lo
ammirai un istante e poi alzandomi andai a chiudere la porta della stanza per
evitare che le altre tre donne in casa passassero e lo trovassero in quel modo.
-Circa
una mezz’oretta- risposi, andando a poggiarmi ai piedi del letto.
Lui si
passò una mano tra i capelli e si spostò al lato più vicino al vassoio,
continuando a guardare me anche mentre gustava il caffè o le uova subito dopo.
-Devo
dirti una cosa…- parlai in imbarazzo e attesi la domanda certa.
-Cosa?-
appunto.
Mi
mangiucchiai le unghie e dissi –Queste notti, ho fatto dei sogni…-
Subito
Seth smise di masticare e mi fissò teso, poi mandò giu e chiese svelto –Che
tipo di sogni?-.
Lo
sguardo si era fatto attento, così non riuscii più a fissarlo direttamente e
spostai la mia attenzione sulle tende mosse dal vento.
-Beh,
in entrambi i casi c’erano i Volturi…tu come li definiresti?-.
-Di
sicuro non è una bella cosa-
-Già…-.
Stavolta
lo guardai eloquente e aspettai paziente che formulasse la domanda mancante,
quella che mi stavo ancora ponendo io stessa: -Pensi che Edward sia rimasto in
ascolto?-.
Non lo
sapevo, così scossi il capo affranta e dissi cercando di cambiare discorso
–Finisci di mangiare…e non assillarti con problemi miei. Se anche il nostro
amico non si fosse goduto in prima visione assoluta le mie disavventure
notturne, mi sono concentrata per tenerle a mente. Quando tornerà dal viaggio
di nozze con Bella a causa di Renesmèe, sapremo direttamente da lui se ha
osservato o meno-.
Le mie
parole sembrarono convincerlo, così mi tranquillizzai io stessa e restai a
fargli compagnia mentre terminava il pasto.
Un paio
d’ore dopo, eravamo diretti a casa Cullen, per avere notizie dei due sposini.
-Sì, ho
già previsto tutto, Sammy. Non c’è da preoccuparsi-.
Alice
gironzolava a passo di danza per il lungo corridoio del secondo piano seguita
dalla sottoscritta, che aveva l’andatura di un ippopotamo.
-Sono
al corrente del fatto che tu abbia avuto una visione dell’imminente scoperta di
Isabella di essere rimasta in cinta…-
-E
allora perché sei qui?- si bloccò un istante e fissò il vuoto, poi sussurrò
–Oh…è difficile leggere il nulla!- mi guardò afflitta e scocciata al tempo
stesso.
L’imprinting
per lei era un grosso ostacolo.
Non era
più in grado di sbirciare nel mio futuro, o in caso le fosse potuto servire, in
quello di Laura, per risalire a me.
Poverina,
mi faceva tenerezza.
-Volevo
solo sapere se quei due avessero dato loro notizie-, il mio tono era calmo,
anche se dentro l’agitazione mi contorceva i nervi.
La
vampira rise cristallina e parlò con un trillo della voce –Sono troppo
impegnati per chiamare noi, Sammy. Abbi pazienza, almeno fino alla fine della
prossima settimana-.
Giusto.
Bella
avrebbe chiamato più o meno due settimane dopo la partenza sua e di Edward per
l’isola Esme…
Sbuffai
e annuii tetra.
L’attesa
mi snervava e in più, il mio carattere impaziente non mi aiutava molto.
Aprì la
porta della camera che divideva con Jasper e mi fece cenno di entrare quando
notò che mi creavo problemi.
Quella
stanza infatti sembrava un piccolo museo della moda. C’erano abiti appesi a
stampelle sparsi e ne notai almeno una miriade dentro l’armadio a muro di cui
l’ampiezza e la profondità mi erano noti.
Si
accomodò sul letto e mi disse –Uno di questi giorni, ti porterò a fare
shopping-.
Il mio
cervello schizzò sul pensiero che Alice potesse riempirmi il guardaroba di
abiti rosa o ancora peggio, griffati e rosa.
Mi
lascia sfuggire un lamento di terrore e disgusto e borbottai –Ricordati che non
seguo la moda e che il rosa è l’ultimo colore che mi metterei addosso-.
Lei
sospirò rassegnata e poi s’illuminò di colpo esclamando –Tuo figlio! Se sarà
una bambina potrò comprarle qualcosa?-.
Era
proprio la parola “qualcosa” a rendermi scettica perché, conoscendo Alice, lo
intendeva come “potrò comprarle UN INTERO NEGOZIO DI VESTIARIO PER BIMBI?”.
La
risposta? Ovvio: certo che no!
Mi
accomodai vicino a lei e dissi –Ho il presentimento che sarà un bambino ma
comunque, se dovessi sbagliarmi, puoi comprarle dei completini…ma non rosa, per
carità! Giallo. Ti concedo il colore giallo-.
Sbuffò
ma non osò controbattere.
-Didyme?-
-Esatto,
Carlisle. Cosa sai di lei?-.
Mi
trovavo seduta di fronte al “padre” di Edward, che mi osservava sorpreso dalla
richiesta che gli avevo fatto di raccontarmi tutto ciò che sapeva sulla
ragazza.
A
dividerci, c’era la sua spaziosa scrivania.
Il vampiro
biondo, col viso gentile e lo sguardo sereno, riflettè un attimo e iniziò a
parlare, alzandosi e girando oltre la mia sedia, per mettersi di spalle e
osservare dritto davanti a sé i quadri alle pareti, tra cui il più grande,
quello di spicco, che lo ritraeva assieme ad Aro, Marcus e Caius.
-Di
certo sai grazie ai libri di Stephenie che è la moglie defunta di Marcus…-
-Sì,
questo sì-.
-Bene-.
Fece silenzio poi raccontò –Didyme non solo era la donna, e poi vampira, amata
da Marcus, ma anche la sorella di Aro. Da quel che riuscii a sapere da
quest’ultimo, morì…fu uccisa e da quel momento il marito diventò come tutti lo
conoscono: vuoto, distaccato.
Aro
accennò al fatto che la sorella avesse qualche dote innata, un po’ come quella
di Edward, o di Alice e Jasper…ma non approfondì oltre l’argomento ed io non mi
permisi mai di fare domande-.
Si
voltò di nuovo per guardarmi e sospirando disse –Tutto ciò che posso dirti-.
…Poco.
Ancora troppo poco…
Non
c’eravamo proprio.
Chi era,
e cosa era accaduto veramente, a Didyme?
Eccomi
di nuovo! questo capitolo l'ho scritto con un'ora e mezza di lavoro XD
-vi assicuro che è un record ^^"- ed ora l'ho aggiornato con
impazienza *__* (i vostri commenti mi rendono quasi frettolosa XD).
Spero vi piaccia! Sono pigrissima, quindi vi ringrazio tutte assieme.
Ah, se avete domande da fare chiedete, in quel caso risponderò o
metterò la risposta che cercate sul capitolo nuovo XD
Baci.
By Sammy Cullen
P.s.: io e Laura stiamo scrivendo una storia, "To lose heart"...vi chiedo di fare un salto a vederla. Potrebbe interessarvi ^^.
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Capitolo 25 *** Ombre nel buio, possibili chiarimenti e chissà cos'altro... ***
Capitolo 25
25. Ombre nel buio, possibili chiarimenti e chissà cos'altro...
…Svegliati…
No. Avevo così sonno…E quel sussurro quasi
impercettibile, che mi incitava ad aprire gli occhi…una voce dolce, armoniosa,
delicata.
…Svegliati…
Sbattei le palpebre e vidi una sagoma ai
piedi del letto. Una figura umana, rivestita con un abito bianco che ricadeva
sui fianchi. Mi alzai pesantemente sui gomiti e mi stropicciai gli occhi
rapida, facendo così in modo che quella visione svanisse.
Nel buio non l’avevo ben vista, ma un
brivido mi corse lungo la schiena quando ipotizzai chi –o cosa- potesse essere.
Didyme, con la sua misteriosa morte. Mi
perseguitava. Potevano, i vampiri, possedere davvero un’anima in grado di vagare
senza meta sul mondo, privi di quei loro corpi morti?
Insomma, avevo appena visto il fantasma di
una vampira deceduta quattro millenni prima, o era solo la mia fervida
immaginazione? La mia angoscia, aggiunta al fatto di essere incinta e di essere
soggetta a incubi o sogni –a seconda dei casi- che mi preannunciavano
avvenimenti da vivere?
Seth accanto a me dormiva come sempre in
modo beato. Avevamo fatto nuovamente l’amore, come se qualcosa si spingesse a
restare l’uno contro il corpo dell’altra, ed eravamo crollati assieme tra le
soffici lenzuola.
Ma ora, mentre mi asciugavo il sudore
della fronte e continuavo a fissare imperterrita e scioccata il punto vuoto
dell’apparizione, sentivo il terribile bisogno di alzarmi e andare in cucina a
prendermi un bicchiere d’acqua.
Troppa strada da fare.
Non riuscivo ad avere la forza neanche di
alzarmi dal letto. E poi, se devo essere sincera, non ero proprio una ragazza
di per se coraggiosa. Avevo paura dei fantasmi, ecco.
E quel che avevo visto, seppur fosse stato
una specie di sogno da dormiveglia, mi aveva spaventato, così cercai di
reprimere la voglia insistente di gustare la freschezza dell’acqua e mi
avvinghiai alle coperte schiarendomi la gola e storcendo le labbra sentendo la
bocca secca.
No, avevo davvero bisogno di bere.
Rotolai su un fianco e osservai il profilo
dolce di Seth al chiaro di luna, sotto quei raggi d’argento che arrivavano
dalla finestra che avevo lasciato socchiusa la sera prima.
Così perfetto, così puro e gentile…ed era
mio.
Sospirai e gli passai le dita tra i
capelli scompigliati. Mugugnò il mio nome e poi iniziò a russare leggermente.
Sorrisi e mi feci coraggio, mi voltai di
nuovo e misi i piedi fuori dal letto per andare a prendermi quel benedetto
bicchierone di acqua che mi attendeva.
Scesi guardando agitata nel buio e quasi
non inciampai per le scale, ma una mano mi bloccò leggermente e sussultai.
-Sei sempre la solita imbranata…perchè sei
sveglia, Sammy?- Laura nel buio mi sembrava quell’ombra, e tremai.
Chissa come lo notò e chiese nell’oscurità
–Hai freddo?-. Sussurrai di no e le dissi che ero arrivata fin lì rischiando di
ruzzolare per bere.
-Potevi chiamarmi…- si voltò e entrando in
cucina andò a prendermi ciò che volevo, poi m’incitò a berla lì altrimenti,
aveva aggiunto, l’avrei certamente rovesciata sul pavimento.
Sbuffai offesa ma obbedii, perchè sapevo
di non poterle dare tutti i torti.
Per un istante aggrottai la fronte ed ebbi
la tentazione di chiederle per quale motivo la trovassi sveglia di notte.
…Forse è stata così presa da La Push che
si è messa a fare le ronde notturne coi licantropi…
Che pensiero idiota…eppure il dubbio che
non fosse così per davvero mi rimase per un bel pò.
-Ora
tornatene a letto e riposa. Se continui a girovagare per la casa come uno
spettro mi verrà davvero il timore che tu sia sonnambula. Sciò, va a nanna-.
Il tono
così imperioso ma amorevole mi fece sentire una bambina, ed in fondo, forse lo
ero ancora un po’.
Osservai
quella piccola figura davanti a me, l’ombra confusa dei suoi capelli scomposti
e del viso rotondo.
Desideravo
con tutta me stessa accendere la luce e vedere che espressione avesse, perché
nella sua voce c’era una scintilla di agitazione, che riuscivo a percepire solo
con uno sforzo maggiore dei miei sensi.
-E tu,
Laura? Perché tu sei sveglia, la notte?- non ero riuscita a trattenermi e alla
fine la domanda mi ero sgorgata fuori dalla bocca, cacciata via dal cantuccio
che le avevo riservato nella mente. Volevo sapere.
Lei
sussultò. Sentii perfettamente il sospiro di sorpresa che le uscì dalle labbra
e poi, dopo un attimo di silenzio, sussurrò –Ho sognato…una cosa-.
Paura.
Quella
confessione mi spiazzò del tutto.
Deglutii
–Ti va di raccontarmelo?-.
Perché
doveva esserci un’altra complicazione? Perché non potevo essere la sola a
soffrire durante il sonno? Già sapevo che se avesse deciso di parlarmene,
sarebbe stato un qualcosa di tetro…
Ma una
strana scintilla mi circolava nelle vene, mi rendeva il sangue più caldo e si
espandeva in piccoli e rapidi brividi…
Ero
infastidita.
Non
accettavo l’ipotesi che anche quella ragazza, la mia carissima amica, potesse
avere il dono astratto di prevedere attraverso i sogni.
Egoismo
allo stato puro.
Storsi
le labbra e restai a fissarla, poi finalmente, parlò.
-Mi
trovavo in una tenda…sì, ne sono certa, era una tenda…e intorno a me c’erano
oggetti sparsi in un disordine caotico, umano, ma che mi faceva sentire a mio
agio. Una panca di legno con sopra mappe, gioielli, veli e monete grosse e
rozze.
Indossavo
un vestito di epoca romana e sentivo ogni suono fuori dal piccolo spazio che mi
circondava…
Ma non
capivo, Sammy. E d’improvviso delle voci si fecero più vicine. Di più, di più…e
dall’entrata della tenda sbucarono Aro, Caius e Marcus. Non arretrai come avrei
dovuto, ma anzi gli andai incontro e sorrisi gaia ai tre, poi mi lasciai
abbracciare rapidamente da Aro e sfiorai le labbra di Marcus…
Mi
hanno chiamato Didyme…ed io sapevo che era il mio nome. Non ero mai stata
nessuno, a parte lei. Laura. Quel nome non mi apparteneva. Poi tutto è
diventato confuso. Li sentivo parlare di spedizioni contro “clan rivali”, ma
non sono riuscita a catturare altre informazioni…e mi sentivo triste per ciò
che volevano fare…-
Si
bloccò di colpo, come in tranche ed io ebbi il tempo d’incanalare ogni sua più
piccola parola. Didyme.
E così,
ora anche Laura si ritrovava coinvolta.
Stupida!
La mia
vocina interiore mi offendeva, e si impegnava a ricordarmi che lei era una
delle persone presenti anche nei sogni fatti da me.
Perciò,
quella ragazza era destinata a finire nei guai…ed io? Io che parte orribile
avevo in tutto questo?
La casa
era nuovamente illuminata dal sole.
Erano
le undici di mattina, e avevo chiamato i miei genitori per informarli che il
“viaggio-studio” andava alla grande.
Gli
mancavo, ma erano felici di sentirmi così in pace e perciò resistevano
dall’implorarmi di tornare.
Quando
la chiamata con i miei cari familiari terminò, aiutai Sue nelle faccende
domestiche, poi le augurai una buona giornata quando uscì di casa per recarsi a
lavoro.
Restai
sola.
Seth e
Leah ancora studiavano e Laura, piena di energia e voglia di fare, aveva pensato di iscriversi al liceo, ma non quello della riserva.
Ipotizzava di diventare
un’allieva della Forks High School.
Prima
d’iscriversi, mi aveva supplicato di andare con lei, ma il pensiero di
diventare l’attrazione principale di quella massa di sciocchi ragazzi paesani
mi dava la nausea. Nessuno infatti, avrebbe mai posato la propria attenzione
sulla mia amica.
E come
avrebbero potuto, se c’era una sedicenne incinta? Io sarei di certo stata lo
scoop, e la cosa mi rendeva irascibile già solo a pensarci.
Immaginai
amaramente Jessica e chissà chi altro intenta a spettegolare e a mettere in
giro voci sul mio conto! Puah, che razza di idiota poteva mai essere!
Tutti
questi pensieri m’inondavano la mente durante la mia stancante e noiosa
passeggiatina tra le abitazioni di La Push.
Non mi
piaceva restare in casa da sola, perché il vuoto mi pressava e martellava il
cervello. Era come se non potessi sopportare il silenzio.
Gabriel
dentro di me sembrava ogni giorno più pesante, ma sapevo che non poteva essere
così.
Lui era
un bimbo più normale di Renesmèe…
La
bambina. Già…chissà quanto mancava prima che Edward arrivasse a mettere Bella
incinta…
Feci un
rapido calcolo e arrivai alla conclusione che ci sarebbero voluti almeno altre
quattro o cinque giorni.
Erano
troppi…
Ed io
volevo togliermi il dubbio…
Quel
giorno il cielo era coperto di nubi, ma non pioveva, così durante la
passeggiata mi fermai ad osservare le varie forme distorte che le nuvole
potevano avere.
Restai
con la testa alzata per così tanto che infine mi fece male il collo, adocchiai
un’aiuola vicino ad una piccola villetta e mi ci andai a distendere.
Mi
appisolai così, stesa su un minuscolo spazietto di proprietà privata.
-Embry!-
una
voce fece sì che riaprissi gli occhi dopo non so quanto. Forse ore, forse
minuti…
Sbattei
assonnata le palpebre e mi tirai su a sedere, osservando in lontananza una
scena che forse sarebbe dovuta restare segreta ai miei occhi.
Laura stava correndo per raggiungere faticosamente il ragazzo che
la seminava a grandi falcate.
-Fermati,
maledizione!- lo raggiunse e gli strinse un polso con entrambe le manine dalle
dita sottili, perché con una sola non ci sarebbe riuscita.
Lui si
voltò e lo sentii dire teso –Cosa vuoi, Laura?-.
Lei
sembrava triste, vista da lontano, ma credo che lo fosse davvero. Senza
rispondergli, si strinse a lui, tentando di abbracciarlo, ma era un energumeno,
e lei gli arrivava un bel po’ più giu del torace.
Il
gigante e l’elfo dei boschi, pensai.
Mi
tirai su e gli lascia la loro privacy, non volendo sapere se Embry l’avrebbe
respinta o –molto probabilmente- avrebbe ricambiato la stretta.
Di
colpo, mentre cercavo di allontanarmi facendo sì che quei due non mi notassero,
il padrone della casa e dell’aiuola che avevo rovinato uscì e accorgendosi del
disastro e di me che mi allontanavo quatta, mi gridò –Ehi tu! Ragazzina, guarda
cos’hai fatto!-
Sussultai
e corsi più rapida di quanto avessi mai potuto pensare, ma l’uomo era riuscito
ad attirare l’attenzione di Laura ed Embry, così mi sentii chiamare anche da
lei quando ormai ero già lontana.
Mi
catapultai in casa e trovai Seth e Leah in cucina, intenti a prepararsi da soli
il pranzo.
Non
appena mi videro stremata e in disordine, mi si avvicinarono entrambi veloci e
la prima domanda che mi fece la ragazza fu –Cos’hai Samantha? Non saranno mica
le dolie, vero? E dove eri? Non dovresti uscire e affaticarti-.
Sbuffai.
Perché
mi facevano sentire così incapace di fare qualunque cosa?
Ah sì,
giusto. Ero in attesa di un bambino!
Non le
risposi e abbracciai Seth –Credo che Laura ed Embry abbiano chiarito…- mugugnai
con la faccia affondava contro il suo corpo.
Mmh…quel
profumo simile a muschio…avevo una così gran voglia di lui…
Un
leggero brivido mi travolse e scacciai quel pensiero impuro. Stavo diventando
una macchina del sesso, tutto a causa degli ormoni in fibrillazione dovuti alla
gravidanza.
Ipotizzai
addirittura che ormai Gabriel dal mio interno conoscesse suo “padre” meglio di
me!
Trattenei
le risate con un grande sforzo, dopo essermi ripetuta cose così comiche col
pensiero.
Oh! Se
Edward avesse sentito! Che vergogna…
Ma in
quell’attimo c’eravamo solo io e Seth…e sua sorella, che ridacchiando mugugnò
–E va bene…voi piccioncini andate pure a fare quello che vi pare, dovrò pensare
a preparare il pranzo da sola-.
Ed io e
lui ridemmo di cuore e prendemmo sul serio ciò che Leah disse.
Mi
lasciai portare di sopra a passare il tempo in modo migliore.
Molto,
molto migliore.
[…]
Tenevo
tra le mani uno dei miei romanzi preferiti, “Scelti dalle tenebre” di Anne
Rice, e m’immaginavo nei luoghi che la scrittrice aveva descritto con così
tanta bravura da farmi credere che li avesse visitati tutti di persona.
Leah
aveva dovuto raggiungere il resto del branco e Seth l’aveva seguita di
malavoglia.
Da
quando ero arrivata io, avevo scoperto che era diventato molto più pigro nei
confronti dei suoi doveri di licantropo. Ma perché gli amici non capivano?
Accidenti! Stava per diventare padre!
Laura
sedeva accanto a me sul divano in una posa svogliata, guardando senza il minimo
interesse un documentario sull’antico Egitto.
Io non
avevo mai preso in considerazione la TV da quando ero arrivata in America.
In
inglese! No, spiacente, ero troppo pigra per impegnarmi a capire quel che
veniva detto dalle figure colorate che stavano dentro quella scatola
elettronica.
Solo
ogni tanto, mettevo un dvd in italiano, ma per il resto passavo la metà del
tempo senza Seth a leggere.
Nei
miei bagagli infatti c’erano libri su libri, quasi più carta che stoffa.
Ai miei
vestiti infatti aveva provveduto Alice, assieme a Rose ed Esme, non appena ero
arrivata in casa loro.
Vampiri!
Così fissati con il lusso e gli sfizi degli umani agiati!
Risi
fra me e me pensando che si parlava ben poco di immortali veramente poveri.
Addirittura i nomadi, mi sembravano esseri dotati di una certa notorietà e con
tutti i capricci facili da colmare.
Mi ero
accorta della differenza tra bevitori di sangue e uomini-lupo anche da questo.
A La
Push infatti si respirava un’aria più povera, ma non in senso negativo. Tutto
era più semplice e comune. Le auto parcheggiate nei vialetti erano scassate,
con la ruggine o soltanto di modelli anonimi, le villette dovevano essere al proprio
interno tutte molto simili e strette e chi ci abitava non possedeva di sicuro
capitali stratosferici.
Ma i
Cullen…wow…erano ultramilionari.
Macchine
sportive o eleganti a seconda dei gusti, tutte brillanti e veloci sull’asfalto.
La casa che sembrava un castello per quanto era enorme e poi…gli abiti, i
mobili, la fantastica vetrata fornita di un pannello elettronico per tenerla
nascosta…
Scossi
il capo e mi resi conto che la mia amica mi stava fissando. Alzai gli occhi
dalle pagine del mio libro e aggrottando la fronte chiesi –Che c’è?- e Laura
sorridendo raggiante disse –Niente-.
Grugnii
e rimettendo il segnalibro tra le pagine mi scostai e le andai più vicina –No,
ora mi dici cosa c’è!- iniziai a farmi il solletico e trattenendo le risate
senza riuscirci supplicò di smetterla e poi disse con le lacrime agli occhi –E
va bene, e va bene! Te lo dico…ma non è niente di che-.
La
lasciai libera e attesi impaziente.
Ridacchiò
e disse –Avevi una faccia buffa mentre leggevi. Davvero, è solo per questo-.
Mi finsi
offesa e poi ghignando feci il gesto di ricominciare a torturarla, ma un colpo
mi mozzò il respiro, e poi un altro e un altro ancora. Strinsi
le mani sul ventre e lo fissai in tensione, mentre Laura aveva sgranato gli
occhi e guardava me impietrita.
Eccomi
di nuovo mie care lettrici!!! Ho deciso che dopo tanta tensione vi ci
voleva un capitolino un poco più tranquillo...(anche se come al
solito vi lascio col fiato sospeso all'ultimo XD). Spero vi
piacerà come sempre! ah, perdonatemi se ho aggiornato un
pò lentamente...cercherò di sbrigarmi col prossimo.
Baci.
By Sammy
P.s.: forse il prossimo sarà scritto da Laura, ma prima dovrà leggere questo post scriptum e dirmi se le va xd
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Capitolo 26 *** Quando tuo figlio decide improvvisamente di volerti fare un dispetto ***
Capitolo 26
26.
Quando tuo figlio decide improvvisamente di volerti fare un dispetto
[...capitolo transitorio...]
Restai
contorta sul divano respirando a tratti e accarezzandomi il ventre come se quel
gesto potesse far calmare il piccolo Gabriel.
Laura
mi si era avvicina e disse nervosa, col tono ansioso –Okay…calma…sono solo le
doglie. Va tutto bene. Le acque sono apposto-.
Alzai
il viso per fissarla e mi resi conto che avevo iniziato a piangere. Avevo così
tanta paura di partorire, che solo in quell’attimo avevo compreso come mai
avessi sempre sperato che mio figlio non fosse prematuro.
Singhiozzai
e risposi –Fa male, Laura…fa tanto male…-.
Lei si
morse un labbro e mi aiutò a tirarmi su, poi con molta fatica mi portò in bagno
trascinandomi per le scale e mi fece sedere sul water.
-Stai
tranquilla, per favore. Se c’è qualcuna che deve avere paura qui sono io! Se
Gabriel decide di farsi un giretto tre mesi prima del previsto come la mamma,
non sarò molto utile. Credi che abbia una laurea in medicina tipo quel
nevrotico di Edward? Non potrei trasformarmi in un’ostetrica, Samantha! Quindi
ordina a tuo figlio di restare immerso nella placenta per questo
fottutissimo mese che resta!- stava bagnando un panno con l’acqua del
rubinetto, e ascoltai in silenzio, quasi mortificata, ciò che disse.
Era
vero, non potevo certo chiederle di star calma in situazioni del genere…
-Io…-
ma non sapevo che dirle, così sussurrai afflitta -…Scusa-.
Laura
sospirò e si girò per guardarmi. Sorrise.
Tornò
ad essere serena e poi, chinandosi davanti a me per passarmi la stoffa umida
sul volto sudato, parlò di nuovo –Non devi scusarti…ma di certo sarebbe meglio
portarti altrove. Se questo era il primo segnale della futura nascita del
bimbo, dobbiamo prepararci. Per prima cosa, non puoi restare a casa di Seth e,
seconda cosa, ti servono persone più esperte di me accanto-.
Ci
guardammo negli occhi e arrivammo entrambe alla stessa conclusione: Carlisle
Cullen.
Annuii
e le risposi con un tono che passava dal fiducioso a quello triste –Sì, concordo
con te ma…lasciare Seth qui…-
-Seth
potrà benissimo venire con te. I Cullen lo apprezzano più degli altri
licantropi. E poi, quando Edward e Bella torneranno…farà comunque tappa fissa
lì…-
sicuramente
il pensiero arrivò a Jacob e alla vicina divisione in due del branco. Mi
mordicchiai un unghia e iniziai a riflettere.
Perché
quegli eventi dovevano svolgersi se i nostri amici avevano letto i libri
scritti da Stephenie? Perché non rendevano tutto più facile? Ad esempio, per
quale motivo Sam avrebbe dovuto decidere di uccidere Bella e Renesmèe se era a
conoscenza del fatto che la bambina sarebbe diventata l’imprinting di Jake e
che proprio per questo era compito di tutto il branco difenderla? Perché non
potevano far come Edward, che non era fuggito dal suo futuro? Edward, che aveva
accettato l’idea di diventare padre e di rendere la sua amata immortale?
Era
così complicato come sembrava?
Ma alla
fine, mi ritrovai a ripetermi che se la divisione del branco doveva esserci,
c’era un motivo che andava oltre l’arrivo della piccola Nessie.
La
storia non cambiava del tutto il suo corso, e neanche io e Laura potevamo
sperare di far molto per migliorare gli eventi.
In
fondo, io e lei oramai non eravamo altro che personaggi di un racconto un po’
modificato.
Vivevamo
avventure fantastiche con personaggi fantastici e non ci tiravamo indietro.
Forse, eravamo entrambe due esseri inesistenti nel mondo reale.
Chi
poteva dire, ormai, cosa fosse vero e cosa no?
Chiamammo
Carlisle per chiedergli ospitalità, ed il vampiro naturalmente non ebbe nulla
da obiettare.
-Bene,
ha detto che Esme, Rose e Alice stanno già preparando la tua stanza. Andrà
benone. Ora usciamo, io e te, e andiamo a comprare un po’ di cibo per far sì
che quando Sue torni da lavoro trovi quello che le serve per preparare la
cena…quei due ingordi del tuo fidanzato e la sorella mangiano come…lupi-.
Sghignazzammo
entrambe per la sua battuta.
Era
riuscita a farmi calmare e, con un po’ d’impegno mi aveva rubato un sorriso.
Concordai con la sua idea di uscire un po’ e salii di sopra per prendere il
largo giaccone di Seth che mi rendeva i movimenti un po’ più agili ed era
estremamente comodo.
Feci le
scale due a due e notai l’occhiataccia della ragazza che borbottò –L’eleganza
di un ippopotamo…- ridacchiai e dissi –Quando torniamo mi aiuti a preparare le
valigie, Laura?-. Lei alzò le sopracciglia e ribattè confusa e divertita –Quali
valigie?! I Cullen ti avranno comprato un intero negozio di vestiti in pochi
secondi…ei tuoi libri puoi lasciar…-
-NO!-
gridai imperiosa. Lasciare lì i miei libri! Mai e poi mai!
Laura
alzò le mani in segno di resa e sbuffando disse –Okay, okay…come non detto. Ora
però muoviti…- sentii un tintinnio di chiavi e fissai quelle che teneva in
mano.
-Ehm…scusa,
Laura, posso chiederti perché hai le chiavi dell’auto di Leah?- quando si voltò
ghignando disse –Non penserai mica che andremo a piedi fino al supermarket di
Forks, vero?- sgranai gli occhi.
-Tu.sai.guidare?!-.
-Mmm…sì,
in modo abbastanza buono. Emmett mi ha dato qualche lezioncina quando stavo con
lui e il resto dei vampiri- fece spallucce e uscì dalla porta d’ingresso con me
al seguito.
Salì al
posto di guida ed io mi accomodai al suo fianco allacciandomi bene la cintura
di sicurezza. Chissà perché, ma non mi fidavo proprio del tutto…
-Pronta?-
aveva un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Deglutii e dissi incerta
–S…sì, pronta-.
Inserì
la chiave nel riquadro, la girò e subito la macchina prese vita. Non fece in
tempo a compiere la retromarcia, che fece finire il cofano del mezzo contro il
cancelletto di ferro e investì letteralmente un vaso di ciclamini.
Restammo
bloccate e poi Laura disse in un sussurro –Ops…-.
Grugnii
esasperata e dissi –Bene! Perfetto! Ora, spera che l’auto non si sia graffiata
o abbozzata in alcun modo…meglio se ci sbrighiamo ad andare a comprare da
mangiare…Leah ci ammazzerà-.
Storse
la bocca al posto mio pensando a una tale possibilità e si sbrigò ad uscire da
La Push.
Al
supermarket per nostra fortuna non c’era tanta gente, così non impiegammo molto
tempo per acquistare frutta, verdura e un po’ di cibo surgelato o in scatola.
Tornammo
alla riserva dopo un’oretta e mezza, visto che avevamo colto l’occasione per
fermarci in un piccolo bar a prenderci da bere.
Laura
parcheggiò l’auto più o meno nello stesso punto dove la legittima proprietaria
l’aveva lasciata, scese e andò a prendere rapida la busta stracolma di roba dal
portabagagli e aspettò che uscissi anch’io dall’abitacolo.
Mi
prese un leggera fitta al ventre ma cercai di non darlo a vedere e seguii la
mia amica in casa.
La
aiutai a sistemare i cibi in frigo o nella credenza e poi, salii di sopra per
prendere i libri e quei pochi vestitini che erano ancora interi (visto che
certi erano stati strappati da Seth…).
Osservai
solo un po’ la stanza del mio ragazzo e sospirai. Mi sarebbe mancata, anche se
di certo i Cullen mi avevano preparato uno spazio squisito e con tutte le
comodità che avessi mai potuto chiedere…
Eppure,
le pareti di legno, le tendine bianche, la finestrella dalla quale il sole
filtrava delicatamente la mattina, i poster di quelle rock band che non avevo
mai sentito nominare e l’armadio pieno di vestiti sparsi alla rinfusa…
Come
poteva non mancarmi tutto ciò?
Di
colpo, qualcuno bussò alla porta di sotto. Fissai l’orologio sul comodino.
Erano appena le sei. Sue ancora lavorava e Seth mi aveva assicurato che non
sarebbe potuto tornare con sua sorella prima delle sette e mezza circa, se non
più tardi.
Sentii
i passi di Laura mentre andava ad aprire e poi, all’improvviso, il caos.
Ciao
a tutte mie carissime lettrici! perdonate il fatto che il capitolo sia
così corto e che non sia sotto il POV di Laura...ma avevo
specificato che non era certo che lo avrebbe scritto
lei...comuuuuuuunque XD...dal prossimo, è SICURO che sarà
Laura a scrivere, e se i suoi piani sono esatti, si prenderà ben
tre capitoli di questa storia XD contente? siiiii, di certo già
pensate che ci sarà da ridere...mmm...non posso dirvi niente
perchè non so nemmeno io cosa abbia in mente di preciso XD. Baci.
By Sammy Cullen.
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Capitolo 27 *** Troppo difficile è odiare [POV Laura] ***
Capitolo 27
Carissime
lettrici! ecco la bella sorpresa! Laura mi ha inviato pochissimi minuti
fa il suo capitolo. Oggi non mi soffermo a dirvi molto. Alla fine
troverete un piccolo "angolo autrice" dove la mia cara compagnuccia vi
rivolge qualche parola XD (le dirò di farlo per tutti i suoi
capitoli, altrimenti mi sento ingiusta a scrivere anche per lei ^^").
Beh, buona lettura!
Sammy Cullen
27. Troppo difficile è odiare
[POV Laura]
Quando andai ad aprire la porta
ero totalmente sicura del fatto che avrei ritrovato Jacob davanti a me, dato
che era uscito da poco e aveva dimenticato il cellulare sul divano di casa
Clearwater, perciò quando la spalancai con un sorriso divertito e canzonatorio
mentre tenevo in mano il telefonino non mi sarei mai e poi mai aspettata di
ritrovarmi davanti Embry. Esattamente, Embry, l’unica persona che non avrei mai
e poi mai voluto vedere.
Imprinting, molte volte mi sono
chiesta se fossimo noi due gli strani, dopo tutto non era mai successo che un
licantropo con questo particolare innamoramento allontanasse la ragazza,
indignato per il comportamento di questa.
Come non lo sapete?
Esatto, qualche settimana fa,
mentre chiedevo scusa, IO! Chiedevo scusa, quel ragazzino infantile mi
aveva guardato storto e piuttosto freddo mi aveva detto di lasciarlo stare.
Sono orgogliosa lo ammetto,
quindi un comportamento del genere non aveva fatto altro che aumentare il mio
sentimento di astio verso di lui.
Credevate fosse impossibile?
Sbagliavate.
Il sorriso mi si gelò sulle
labbra, trasformandosi in una smorfia di delusione.
-Oh, ciao- lo salutai voltandomi,
intenzionata a sparire di sopra per aiutare Sammy con le valige.
-Mi dispiace di averti deluso,
non sono Jake, sono solo Embry, il tuo imprinting se non sbaglio- rispose
cinico lui prendendomi per un polso, costringendomi a voltarmi.
Non potevo negare il fatto che
Emb fosse bello, pure più bello di Jacob, anzi a dirla tutta era il più bel ragazzo
che avessi mai conosciuto. Le mascelle leggermente squadrate, che gli davano
un’aria adulta, le spalle larghe, il naso appiattito ma armonioso ed i capelli
che sembravano stessero crescendo poco alla volta.
-Non lo so, dimmelo tu, data la
tua ultima reazione- con un gesto secco liberai la mia mano e posai il
cellulare sul primo appoggio che trovai.
-IO?! Ti rendi conto di quello
che stai dicendo?!- esclamò stupito, mentre notavo che teneva stretto il pugno
destro, come a trattenere la rabbia.
-Sì! Io sono venuta a scusarmi,
ho tentato di farti ragionare e tu hai fatto l’offeso!- mi spostai un po’ più
avanti, cercando di far valere un po’ di più le mie parole.
-Lo sai quando sei venuta?- gridò
furioso, sentii muoversi dal piano di sopra la mia amica e Sue che ci
guardavano dalle scale preoccupate. –Sei venuta quando sei stata obbligata
dalla tua coscienza!-
Era tremendamente imponente,
insieme a Sam e Jacob era il più alto del branco, ed in quel momento mi
sembrava ancora più grande.
Boccheggiai sconvolta, poi
ripresi fiato e risposi: - Non credi che sia leggermente… confusa?- domandai
retorica. –Magari il fatto che per COLPA tua non abbia più una mia vita… non so
fai tu!- sibilai fissandolo intensamente negli occhi neri.
Lui ghignò un attimo, non l’avevo
mai visto così. –Hai ragione, come ho fatto a non accorgermene! Il mondo gira
intorno a te!- rise sarcastico –Io chi sono? A sì! Un povero disgraziato che
non ha sentimenti ne prova emozioni!- ringhiò scurendosi in volto
all’improvviso.
-Non hai capito!- esclamai
rabbiosa, mi aveva frainteso, come al solito!
-Io invece ho capito benissimo!
Ed anzi, mi sto seriamente domandando se tra noi due ci sia quell’idiozia, ne
sto dubitando seriamente- concluse gelido, riprendendo un po’ della sua calma
abituale.
-Credi che sia facile?- domandai
infuriata –Che sia normale per me abbandonare tutto, perdere parte della mia
identità per il capriccio di non so quale spiritello maledetto!?-
Dietro di me Leah si era
avvicinata, probabilmente temendo uno scatto di rabbia di Embry, che in quel
momento tremava ancore più forte.
-Tu non sai niente- sibilò
furioso –Tu sei semplicemente una ragazzina che per gioco si è immischiata, ed ora che ne è rimasta
bruciata si lamenta. Sei una bambina, volevi il gioco, te lo hanno dato, ma non
era quello che desideravi, ed ora fai i capricci.- disse con la voce sottile e
rabbiosa.
Mi fermai un attimo gelata da
tanta cattiveria, le sue parole mi ferivano, mi facevano male nel profondo, un
punto imprecisato del mio cuore che non credevo neanche esistesse, che nessuno
aveva mai sfiorato, e che lui, con semplici e vere parole aveva distrutto..
Stavo soffrendo come non mai
nella mia vita.
Sono sempre stata molto gelida
riguardo ai rapporti, credevo che se mi fossi spinta troppo a fondo risalire
dal burrone sarebbe stato troppo difficile, questa volta però qualcuno mi aveva
buttato giù, e lui, il mio vero amore, anziché aiutarmi a risalire mi rigettava
sul fondo.
Tutti gli affetti di imprinting
mi dicevano che una volta che lo avevano visto il loro carattere era cambiato
notevolmente, plasmandosi ai bisogni del compagno, con noi due non è mai stato
così: ognuno, in qualche modo, manteneva il suo caratteraccio.
Eravamo troppo simili l’uno
all’altra e anche quella volta entrambi reagimmo come avremmo fatto se privi
dell’imprinting.
Eravamo Laura ed Embry, due
ragazzi alle prese con il primo amore, e poco centrava quella magia.
Prima di rendermi conto che mi
sarei fatta male gli diedi uno schiaffo, il dolore che ne seguì, probabilmente
mi ero rotta la mano, fu però solo in piccola parte paragonabile a quello che
ebbi quando notai il suo sguardo disperato e preoccupato. Non gli avevo fatto
nulla, fisicamente parlando, ma lo stavo facendo preoccupare per me.
Danneggiandomi, lo danneggiavo.
-Stai bene?!- chiese terrorizzato
puntando i suoi occhi sulla mano completamente rossa e pulsante.
-A te che te ne frega? Dopo tutto
sono una ragazzina viziata no?!- urlai mentre mi voltavo per salire. Trattenevo
le lacrime mordendomi il labbro che ora aveva quasi iniziato a sanguinare.
Dovevo andarmene via, dai Cullen,
lontano da lui, almeno finché non avrei avuto la testa a posto e dei pensieri
coerenti anziché una serie di idee scomposte.
La mia scelta iniziale era la
migliore, ed io, da brava idiota quale ero, l’avevo corretta nella certezza che
sarei riuscita a rimediare.
Idiota, idiota, idiota, avevo
semplicemente fatto peggio.
Percorsi a grandi falcate le
scale di legno chiaro, costringendo Sammy ed il suo pancione a scansarsi per farmi
passare. Incontrai solo un attimo i suoi occhi e fu l’ennesima pugnalata in
quella mattinata maledetta: mi rimproveravano, in qualche modo, sapevano bene
che ero egoista e che invece di perdonarlo, pretendevo di essere perdonata.
Embry mi seguì silenzioso fino in
camera di Leeh-leeh dove, una volta dentro, iniziai a prendere i miei vestiti
da dentro l’armadio che la ragazza aveva gentilmente condiviso con me.
-Laura non fare l’idiota!- mi
sgridò lui sottraendomi la valigia da sotto la mano che ancora funzionava.
Continuavo a trattenere le lacrime.
-Cosa Emb? Cosa vuoi? Sono una
bambina, no? Una stupida orgogliosa bambina!- ripetei le sue parole
singhiozzando e riprendendo il mio borsone nero che però rimase fermo nelle sue
mani possenti.
-Senti non è facile nemmeno per
me essere innamorato di una persona che conosco a mala pena!- sbottò
esasperato, poi si gelò e mi guardò spaventato, sapeva bene che la frase appena
pronunciata aveva aggravato la sua posizione.
Mi fermai, con un gesto secco
ripresi il bagaglio e lo guardai gelida: -Hai detto bene, noi non ci
conosciamo. Non possiamo amarci- fissai i suoi occhi spalancarsi per lo
stupore, la bocca aprirsi senza parole, poi socchiuse gli occhi, come se una
parte di se stesso l’avesse ripreso ed ora lo comandava.
-Io mi chiedo solo una cosa: perché
la fai così difficile! Non ti basta accettarlo?- sibilò le parole con rancore e
pena, stava soffrendo, quando me, se non di più.
-Senti chi parla! Sei tu il
signorino che si offende facile!- gridai mentre chiudevo la prima valigia e mi
accingevo a prendere il mio zainaccio di cuoio, pronta ad infilarci dentro
alcuni libri a cui tenevo veramente.
-Io mi chiedo perché non la fai
semplice come le altre! Facciamo così: dimentichiamo tutto- sospirò come per
calmare la rabbia che vedevo che cresceva in lui.
-Eh no! Mio caro! Dopo che mi hai
fatto tutta la filippica sul fatto che sono una…”bambina” viziata non te la
scampi così- chiusi la cerniera con la mano che avevo usato per schiaffeggiarlo
e mi ritrovai a lanciare un grido di dolore mentre l’arto si gonfiava sempre di
più e diventava rosso.
La sua mano calda strinse
immediatamente la mia contusa ed in un attimo crollò la maschera di autorità e
rigidezza che aveva mantenuto fino a pochi istanti prima.
-Dobbiamo vederla subito…-
sussurrò visibilmente accorato, non finì la frase perché tolsi l’oggetto della
preoccupazione con un gesto bruto e lo portai accanto al mio petto.
-Non toccarmi Embry! Te l’ho
detto, lo hai detto, non possiamo amarci, non vogliamo amarci, mettiamoci una
pietra sopra, io sono una ragazza sconosciuta, e quindi NON MI TOCCARE!-
sbottai voltandomi e iniziando a trascinare i bagagli per le scale, tenendoli
con un'unica mano, perdendo molte volte l’equilibrio.
Vidi Leah che si avvicinava per
darmi aiuto, che non rifiutai, poi si girò verso Embry e gli sibilò contro un “idiota”
al quale rispose emettendo un ruggito sovrumano, rabbrividii e non mi voltai
verso il ragazzo che saltava gli scalini due a due senza fatica.
-Laura dove pensi di andare?-
Non gli risposi ma presi il
telefonino e in pochi secondi composi il numero di Emmett, volevo andarmene e
lui era l’unico che sarebbe venuto a prendermi, almeno fino al confine.
Attesi i tre squilli abituali,
che ogni vampiro faceva attendere per non sembrare troppo veloce nel rispondere
e quando sentii la sua voce non aspettai che mi salutasse o altro ma gli chiesi
semplicemente un passaggio. Non me lo negò, anzi probabilmente sentì il tono
della mia voce alterato.
Quando Emb sentì la voce del mio
amico “defunto” scoppiò in un ruggito, l’ennesimo, che soffocò afferrando la
valigia dalle mani di Leeh-Leeh.
-Perché non fai come Sammy,
cazzo!- mi gridò contro, sentivo la gola farmi male, quella sensazione di
oppressione, che ti stringe le corde vocali e non ti permette di parlare, le
lacrime che trattenevo si stavano concentrando tutte sulla gola rendendola
secca e dolorante.
Mi voltai e lo fulminai.
-Sai perché, Embry? Sai perché
non faccio come Sammy, o Emily, o che ne so, come Rachel? Perché non sono
rimasta incinta a quindici anni, perché non ho fregato il ragazzo di mia
cugina, non vivo con un fratello che si trasforma in licantropo, non ho crisi
di timidezza come Kim, non ho due anni scarsi e mi diverto a truccare
adolescenti come Claire: sono normale, afferri? N.O.R.M.A.L.E!- gli urlai in faccia per poi togliergli nuovamente
la valigia dalle mani.
La porta era rimasta aperta,
dannazione, tutti avevano sentito tutto, eravamo il nuovo gossip giù alla
riserva, ogni tanto notai qualche testa curiosa sporgersi, primo fra tutti Quil
che guardava l’amico con aria afflitta.
-E’ tutto?- disse gelido
guardandomi estremamente deluso.
-Tutto quello che due sconosciuti
dovevano dirsi- ribadii uscendo dalla porta insieme a lui, rimanendo incastrata
per qualche attimo, quando fummo finalmente fuori ci lanciammo un’ultima
occhiata rancorosa per poi dividerci, io verso nord, lui verso Sud, verso la
foresta, dalla quale dopo pochi attimi si levò un ululato di puro dolore.
Sfortunatamente io non potevo
urlare in quel modo il mio dolore, potevo solo aspettare di scappare da quel
piccolo mondo che mi osservava sbigottito, ed una volta fuori avrei potuto
finalmente pugnalare il mio maledettissimo orgoglio e abbandonarmi al pianto.
Non tutti sanno che La Push è una
piccola riserva, minuscola, dove ogni casa è attaccata o vicina, però la
vicinanza tra casa Black e Clearwater è così minima che dalle finestre di
ognuna si potevano vedere le azioni degli abitanti dell’altra.
Perciò non mi stupii più di tanto
nel vedere jacob fuori dalla porta che mi guardava stupito e addolorato allo
stesso tempo.
Lo superai senza parlargli un suo
rimprovero, l’ennesimo, era l’ultima cosa che volevo sentire, ma come ho detto:
non sono molto fortunata.
-Laura, cosa diamine vi è
preso?!- esclamò riprendendomi in poche falcate e affiancandomi senza problemi.
-Fatti gli affari tuoi Jake-
sibilai senza guardarlo negli occhi e continuando dritta per la mia strada.
-Sono affari miei! Sentire lo
strazio e l’agonia, sì Laura, agonia! Di Embry ogni notte quando mi trasformo è
anche un mio affare!- rispose senza urlare ma con un tono leggermente alterato.
-Cosa vuoi che ti dica?- mi
voltai e lo guardai stanca, fermandomi un attimo nella mia corsa alla ricerca
della libertà, che avrei trovato almeno in parte a casa Cullen, almeno così
speravo, non avrei mai pensato che il suo pensiero mi avrebbe perseguitato ogni
istante.
-Ritorna da lui e scusati! E’
colpa di tutti e due, però diamine! Siete proprio uguali! Nessuno ammetterà di
aver sbagliato!- sbuffò esasperato.
Lo guardai stupita: uguali? Come
poteva dirlo? Noi due non ci eravamo mai conosciuti, eravamo nati e cresciuti
in ambienti completamente diversi, e come era possibile che ci assomigliassimo?
-Jake non me ne frega niente,
lasciatemi stare, tutti- sospirai con voce stanca riprendendo a camminare.
-VI state facendo male!- mi gridò
dietro fermo, per lo meno aveva capito che non doveva continuare a parlarmi,
avrei potuto concludere male pure con lui.
-ZITTO!- gridai mentre sparivo
dietro un angolo.
Camminai un altro po’ poi vidi
finalmente la jeep enorme che stava parcheggiata mentre fuori era poggiato
Emmett che scrutava l’orizzonte con piglio accigliato, in un attimo mi venne
incontro e presi i miei bagagli li caricò dietro.
Tenendo le labbra strette e la
mano dolorante attaccata al busto entrai nella macchina, una volta seduta mi
allacciò veloce le cinture senza dire niente, lanciando solo uno sguardo
incuriosito alla mano ormai gonfissima e rossa.
Chiuse il portellone e in quel
preciso istante scoppiai a piangere. Tutta la rabbia, il dolore, in rancore che
avevo trattenuto per quei minuti interminabili si riversavano in lacrime
silenziose, mentre il mio corpo, leggermente piegato in avanti, era scosso dai
singhiozzi.
L’auto si mise in moto e solo
quando ci ritrovammo sulla provinciale proferì parola: -Dobbiamo metterci del
ghiaccio- osservò porgendomi il braccio destro sul quale poggiai la mano
trattenendo un urlo di dolore, poco alla volta si placò. Nonostante guidasse
con un solo braccio non perdeva di vista la strada e non sbandò neanche per un
attimo.
-Cosa è successo?!- esclamò
allarmatissimo guardandomi negli occhi ormai arrossati e gonfi –Non ti ho mai
vista così sconvolta!-
-Emmett…- sospirai.
-Si?- si voltò verso di me con un
sopraciglio incarcato.
-Odiare è estremamente difficile-
singhiozzai nuovamente, da quel momento smisi di parlare per un bel pò.
Aspettai che Samantha ci
raggiungesse e nemmeno con lei fiatai, passavo tutte le giornate in camera mia,
o meglio, l’ex camera di Edward, tentando di leggere o più spesso
abbandonandomi a crisi di autocommiserazione seguite da una serie di accuse che
mi auto-rivolgevo.
Ero come morta, letteralmente
morta.
Ed i sogni che iniziai a fare non
fecero che confermare la mia sensazione.
Angolo autrice:
Eccomi! In diretta dalla Dolomiti
con il sedere dolorante T_T.
Mi scuso per l’immenso ritardo,
scusatemi veramente tanto!
Spero il capitolo sia piaciuto
^^, lo so è una litigata, credo la prima nella storia dell’imprinting, ma io
vedo Embry come una persona estremamente testarda e quindi poco propensa
all’innamoramento, così come la sottoscritta (_ _).
Au revoir!
Laura Black
|
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Capitolo 28 *** Giorni sereni, almeno per me... ***
Capitolo 28
28.
Giorni sereni, almeno per me…
I
Cullen si erano davvero dati da fare per rendere il mio soggiorno, e quello di
Seth e Laura, il migliore possibile. La
camera di Edward, coi suoi milioni di cd, il divano in pelle nera ed il
fantastico letto con la spalliera formata da rose intrecciate, era stata ceduta
a me ed al mio fidanzato, ma non c’entravamo spesso, perché Laura se ne restava
chiusa lì tutto il giorno, da sola, ed usciva solamente la sera per accamparsi
sul divano a guardare la t.v senza interesse e in fine coricarsi.
Non mi
parlava molto e la cosa mi rendeva triste, ma sapevo che ci sarebbe voluto del
tempo prima che ricacciasse indietro l’orgoglio e corresse da Embry…se non avesse fatto qualcosa lui, chiaro.
Era
destino che stessero insieme, perciò confidavo nel fatto che tutto si sarebbe
risolto, tra loro.
Ma
comunque, passiamo a parlare di me.
Erano
le prime ore del pomeriggio quando iniziai a sentire lo strano, irresistibile
desiderio di gustarmi una coppa di fragole con la panna.
Rose e
Esme si erano subito offerte di andare a vedere nel piccolo supermarket di
Forks se ci fossero le confezioni già pronte, ma il tempo era stato così
maligno da cambiare improvvisamente e far comparire il sole così, quelle due
amabili baby-sitter, si erano dovute accontentare di cercare un modo per farmi
passare la strana voglia che avevo, ma senza successo.
-Sicura
di non volere niente di diverso? Nel frigo abbiamo messo della cioccolata
bianca, come piace a te…e in credenza sono rimaste ben cinque girelle…- diceva
Esme, accarezzandomi teneramente una mano, come se fossi una bambina.
-…E
anche della frutta! Possiamo farti un frullato o una crostata…vuoi, Sammy?-
aggiungeva Rose premurosa, quasi euforica per il fatto di avere qualcuno da
accudire…anche se non riuscivo a comprendere se tenesse più a me o a Gabriel.
Scuotevo
il capo testarda e ribattevo che non avevo fame, ma solo una grande e
stranissima voglia di fragole con la panna.
Roba
che non sapevo neanche se in America le fragole ci fossero!
Alice
arrivò dalla sua camera assieme a Jasper, che mi osservava curioso, anche se
non capii perché fino a quando l’elfo-vampiro al suo fianco non disse con la
voce simile al suono di tanti campanelli –E’ nervosa, Jasper?-
E lui
scotendo il capo rispose fissandomi –No, per niente. E’ calmissima, nessuno sbalzo
di umore-.
Ero
felice che tutti si prendessero cura di me, in un modo o nell’altro, ma mi
mancava Edward, così come mi mancava Alessandro.
Avevo
bisogno dei miei due migliori amici. Del ragazzo umano e del bel vampiro
enigmatico, perché sentivo che c’erano tante cose da raccontare. Cose che non
me la sentivo di dire a Seth, sapendo che si sarebbe preoccupato.
Volevo
piangere stando seduta sul letto di Ale, dicendogli tutta la verità, dicendogli
che gli volevo bene comunque pur dovendo stare lontana e che sarebbe sempre
rimasto speciale, per me.
E
volevo Edward per poter raccontare quei sogni che mi vorticavano in testa, e
per sapere qualcos’altro su Didyme o almeno, qualcosa che già non sapessi.
Avevo
infatti scoperto grazie a quell’immensa fonte del sapere chiamata Internet, su
un sito dedicato alla saga dei quattro libri, che Aro aveva ucciso sua sorella
per il semplice motivo che intralciava i suoi piani di conquista, volendo
andarsene col suo alleato dotato di un ottimo potere extra, Marcus.
Quant’era
meschino…
Avevo
subito chiuso la pagina web scioccata. Uccidere qualcuno che si ama…a cui si
vuole bene…una di famiglia.
Speravo
di non dover mai incontrare quel mostro, ma i sogni parlavano chiaro, così come
quell’unico che Laura mi aveva raccontato.
Ero
certa che ne avesse fatti degli altri, ma vista la sua situazione con Embry,
non me la sentivo di entrare in camera di Edward per chiederle di
raccontarmeli.
-Ho
un’idea, fermi tutti- Emmett era arrivato dalla cucina con in mano un bicchiere
pieno di macedonia ricoperta di panna, me la mise sotto il naso e disse
sorridendo a trentadue denti scintillanti e acuminati –Ecco, frutta e panna.
Non cambia niente no? Le fragole sono frutti e la panna ci sta sopra-
-Perspicace,
Emmett- Jasper ridacchiava per stuzzicarlo.
Emmett
gli ringhiò scherzosamente e ficcò un grosso cucchiaio nella massa morbida e
cremosa, poi lo tirò fuori e me lo avvicinò alle labbra.
-Su,
apri la tua bella boccuccia da umana, bambolina-.
Lo
fulminai e poi di colpo mi misi una mano sulla bocca e tutti scattarono. Rose
mi cinse le spalle delicatamente e disse –Cos’hai?-.
Tolsi
la mano per dire cercando di non parlare troppo –Mi viene da vomitare…è l’odore
della frutta…-
Rosalie
fulminò Emmett che roteò gli occhi e andò a buttare la roba in un cestino,
forse con tutto il bicchiere di vetro ed il cucchiaino.
Seth,
che era andato a La Push per il suo turno di guardia intorno al confine,
trovandomi accerchiata dai Cullen come se fossi in punto di morte, mi si
precipitò vicino accarezzandomi il viso in quel modo così dolce da lasciarmi
una traccia bollente sulla pelle e chiese soffermandosi su Carlisle, che era
rimasto sereno durante tutto il tempo osservando con un’espressione leggermente
divertita e dolce sul viso angelico –Cosa c’è che non va? È tutto apposto? Di
nuovo le contrazioni?- sembrava una macchina, quasi non respirava.
Sbuffai
e gli arruffai i capelli neri con le punte tinte color sabbia, proprio come il
colore della sua pelliccia da lupo, poi dissi ridendo di gusto –Ho solo voglia
di fragole e panna, Seth. Calmati, sia io che Gabriel stiamo bene-.
Aggrottò
la fronte e poi mi accarezzò il ventre gonfio dicendo –Ah-.
Nessuno
parlò per qualche istante, e stavo per rompere il silenzio ricominciando a dire
che avevo voglia di queste maledette fragole, quando lui mi baciò la fronte e a
grandi passi si diresse verso la porta d’ingresso per uscire.
Cercai
di alzarmi ma non mi andava di sforzarmi da sola, così Rose mi diede una mano,
poi mi avvicinai a Seth prima che scappasse senza dirmi niente –Dove vai?- non
mi andava che scomparisse di nuovo lasciandomi lì.
Si
voltò, mi strinse a se baciandomi con ardore e poi, mentre cercavo di
riordinare le idee, disse ridendo nel suo modo allegro –Torno presto-. Uscì, si
trasformò in lupo con un balzò e scomparve tra gli alberi che circondavano la
casa.
Visto
che oramai ero in piedi, decisi di uscire.
Sospirai
e mi girai verso Rosalie chiedendole in prestito la sua BMW. Lei non disse di
no, ma inizialmente insistette sul fatto che sarebbe stato meglio se mi avesse
accompagnato dove volevo andare, ragionando sul mio stato fisico.
La
supplicai di lasciarmi un po’ sola perché avevo il disperato bisogno di
riflettere –non accennai su cosa- e alla fine la bionda acconsentì a darmi un
po’ di libertà.
Mi
diede le chiavi dell’auto (roba che perfino quelle avevano un design
spettacolare) e scesi in garage.
Il
problema era che non sapevo come si guidava un’auto…
Storsi
la bocca e accomodandomi goffamente al posto di guida, mi infilai la cintura
immediatamente e infilai la chiave nel riquadro.
Bene,
perfetto…sei a buon punto…
Annuii
poco decisa e misi in moto. Subito il mezzo prese vita, col motore intento a
fare le fusa docilmente.
Armeggiai
un po’ col freno a mano e coi pedali rischiando di finire contro la jeep di
Emmett, parcheggiata dietro la M3 di Rose.
Inchiodai
in tempo e fissai dallo specchietto retrovisore il bestione su quattro ruote
del vampiro che, lo sapevo bene, non si sarebbe ammaccato quanto la splendida
berlina della moglie.
Persi
mezz’ora cercando di capire come funzionassero le cose ed infine riuscii
finalmente a guidarla.
La cosa
più complicata in fondo era capire come manovrarla, ma una volta che avevo
preso il via, era un gioco da ragazzi…anche perché quella BMW…wow…si comandava
che era una meraviglia!
Non
andai mai ad una velocità troppo elevata perché pur essendo euforica a causa
della mia nuova impresa andata a buon termine, ero cosciente di avere la
responsabilità di una vita umana oltre la mia, e che un incidente sarebbe stato
poco gradito.
Forse era
meglio se prendevi in prestito l’auto antimissile che Edward ha comprato a
Bella…
Roteai
gli occhi a quel pensiero così idiota e iniziai a prendere in considerazione
l’idea di fare di persona una capatina al piccolo supermarket.
Sorrisi
compiaciuta e aumentai di poco la velocità, così arrivai in dieci minuti a
destinazione.
Parcheggiai
di fronte all’entrata, un po’ sulla sinistra, scesi lasciando le chiavi nel
riquadro ed entrai all’interno.
Alla
cassa c’era una donna sulla cinquantina, coi capelli lunghi e secchi, bianchi
all’altezza delle tempie e all’attaccatura, gli occhiali poggiati alla fronte
come se ci vedesse bene, ma avevo qualche dubbio perché strizzava le palpebre
ogni trenta secondi, la pelle con delle rughe leggere ed una sfumatura giallognola
e le labbra screpolate e piccole.
C’era
il riscaldamento acceso, con tutto che fuori brillasse il sole dopo chissà
quanto, e mi si stava formando un leggero strato di sudore in fronte.
Mi
avvicinai alla signora e chiesi –Scusi, avete delle cassette di fragole, qui?-
lei alzò un sopracciglio biondiccio e folto e rispose come se l’avessi
scocciata –Non mi sembra, spiacente signorina-.
Annuii
e sussurrai un “okay…”, poi decisi di sbirciare tra gli scaffali per vedere se
il mio stomaco potesse reclamare qualcosa di diverso.
Ero
arrivata allo spazio riservato ai cibi in scatola, mentre quella cassiera
silenziosa e scorbutica mi controllava come se fossi una ladra, quando sentii
la porta aprirsi e le campanelle attaccate suonare come in uno di quei film
horror dove la vittima incontra l’assassino la prima volta, quando ancora non
sa di essere la prossima malcapitata.
Le voci
di un gruppetto di giovani riempì lo spazio circostante, interrompendo il
silenzio quasi opprimente che c’era lì dentro, infastidito solo dal ronzare di
un piccolo freezer all’angolo con dentro birre in lattina e coca-cola in
boccette da un litro.
-Ehi,
Mike, non strafare con quella roba, o ingrasserai-.
-Ah,
sta zitto Erik! Mi tengo in forma io-
-Insomma
ragazzi, smettetela di comportarvi come bambini…-
-Angela,
loro non si comportano così…lo sono e basta-.
-Jess
non essere così perfida con noi…-
una
risata generale e trattenei il fiato per un istante.
Allora
esistevano davvero! E pensare che io non ci credevo! Sbirciai da dietro lo
scaffale pieno di barattoli di uvetta passa e ananas confezionate e vidi Mike,
Jessica, Angela, Erik, Tyler e Lauren.
Grugnii
infastidita fissando quest’ultima, ma poi restai immobile a spiarli, sperando
che la cassiera non facesse la spia e che il gruppo di giovani non decidesse di
venire dalla mia parte.
Jessica,
bassina e coi capelli sciolti sulle spalle a incorniciare un viso paffutello,
disse mentre prendeva due pacchetti di patatine dallo scaffale vicino l’entrata
–Sapete le ultime notizie?-.
I
ragazzi aggrottarono la fronte e fecero spallucce come a dire che no, non le
sapevano, mentre Angela chiese senza un vero e proprio interesse –Che notizie?-
e quella snob di Lauren assottigliava lo sguardo da pesce lesso già pronta al
gossip.
Jessica
iniziò a dire –Sono arrivate due nuove ragazze in città, vivono a La Push ma
una di loro verrà nel nostro vecchio liceo, da settembre…- restai congelata e deglutii
pensando che in quell’accidenti di cittadina non c’era privacy e che perfino
Edward, col vizio di entrare nella mente di tutti, era meno impiccione della
gente che viveva lì!
Ma non
potei continuare ad irritarmi silenziosamente, perché la ragazza continuò -…Ho
addirittura sentito dire che sono state portate qui dai Cullen! Ma ci pensate?- il tono era diventato quasi critico.
-Oh
beh, allora saranno due tipe strane, se stanno con loro- disse Erik mettendosi
in mezzo, seguito subito dopo da Lauren, che chiese, attenta come un
serpente a sonagli viscido e letale –Come mai ne verrà solo una, alla Forks High School?
L’altra che problemi ha? Preferisce stare con gli indigeni ad appuntire le
frecce?- dalle mie labbra uscì un suono simile a un sibilo e per poco non mi misi paura da sola. Sembravo una vampira, per la miseria! A soffiare come un
gatto!
Gabriel
nel mio ventre scalciava come se avesse ascoltato le insinuazioni della ragazza
e volesse picchiarla.
Ah, ero
così tentata di farlo io!
Jess
rispose subito, col tono più divertito, quasi sogghignante –Oh, qui viene la
parte più bella! È incinta, e non si sa di chi! Ha addirittura due anni
meno di noi...è un peccato che non potremo conoscerla di persona, sarebbe divertente-.
Bene,
posso ucciderla? Risparmierò solo Angela, e forse Mike, anche se gli sta sul
cavolo Edward.
L’altra
pettegola stava per fare un commentino, mentre Erik e Tyler si scambiavano
occhiate eloquenti. Chissà cosa diavolo pensavano di me!
Angela
se ne stava zitta, non sembrava piacergli quel discorso.
Ringraziai il cielo pensando che tutti quei ragazzi da settembre sarebbero stati in qualche college, visto che si erano beccati il tanto reclamato diploma. Questo stava quindi a significare che Jessica e Lauren erano state private della nuova attrazione dell'anno: me.
Sbuffai
scocciata e feci per passare dietro gli scaffali per non farmi vedere, ma il
pavimento era umido e così per non cadere a terra, mi aggrappai ad uno di
quelli rovesciando a terra le scatole di cibo confezionato e attirando
l’attenzione degli giovani.
Sospirai
rassegnata e mi chinai con un grande sforzo per cercare di raccogliere la roba
sparsa, ma non riuscivo a piegarmi abbastanza giu.
Qualcuno,
due paia di mani, iniziarono a fare quel lavoro al posto mio.
Alzai
gli occhi e trovai proprio Angela e Mike.
Lei mi
sorrise e disse gentile –Lascia, facciamo noi-.
Il
ragazzo invece annuì e mi fece un cenno amichevole. Mi domandai se avessero
capito già chi fossi.
A
quanto pare, le due oche sì, e mi fissavano tra l’imbarazzo e il fastidio di
essere state colte in fragrante.
Le
ignorai e restai aggrappata allo scaffale, incrociando lo sguardo ancora più
scocciato della cassiera, che mi faceva venir voglia di mandarla a quel paese.
Quando
sul pavimento non restò niente e tutto fu rimesso al suo posto ordinatamente,
dissi per scusarmi –Mi dispiace…lo avrei fatto io ma…beh…non sono molto
elastica di questi tempi- e il piccolo scalciò come per confermare la sua
presenza.
Mike
disse ridendo leggermente nervoso –Ah…non preoccuparti, non è stato un
fastidio…possiamo…capirti…diciamo-.
Gli
sorrisi leggermente e ricambiai allo stesso modo per Angela.
A loro
due porsi la mano e mi presentai –Piacere…mi chiamo Samantha. Samantha Al…- mi
bloccai prima di dire il mio cognome. Volevo godermi l’attimo di popolarità,
visto che c’ero, così dissi rapida –…Cullen-.
Tutti
sgranarono gli occhi, perfino la donna scorbutica alla cassa.
-Ora
capisco il perché di quella BMW parcheggiata qua fuori!- Tyler fissava l’auto
da oltre il vetro quasi sbavando.
Ridacchiai
e dissi –Beh sì…è di Rosalie Hale, me l’ ha prestata-.
Ancora
quegli sguardi stupiti.
Decisi
che era meglio andarmene prima che arrivassero i giornalisti, così li salutai
in fretta –certi più calorosamente di altri- e salendo in auto me ne tornai
rapida a casa Cullen.
Quando
rientrai in casa dalla porta del garage collegata alla cucina, notai con
dispiacere che Seth ancora non c’era e che gli avevo dato un’ora e mezza di
tempo tra andata e ritorno.
Sbuffai
ributtandomi sul divano, mentre Alice facendomi spazio disse divertita dalla
mia espressione tetra –Stai tranquilla, è vicino, sento il suo odore-.
Fissai
prima lei poi gli altri che annuirono per confermare e dopo qualche minuto,
Seth comparì dall’ingresso.
Teneva
una bustina in mano, ma non riuscii a capire cosa ci fosse dentro. Fece un
cenno leggero a Esme di seguirlo e la vampira accetto volentieri.
Entrarono
in cucina e sentii dei rumori deboli a orecchio umano, poi ricomparvero
entrambi e Seth, il mio tenero Seth, si avvicinava al divano sul quale stavo
con una coppa di cristallo tra le mani e dentro, affogate nella panna, delle
fragoline di bosco.
Le
fissai stupita, poi guardai lui e dissi –Tu…hai…preso le fragole…per me-
Ridacchiò
e disse –Cercate, a dir la verità. Sono corso sui monti per raccoglierle-.
Avevo
ancora la bocca spalancata.
Mi
lasciai mettere la coppa tra le mani, col cucchiaino piantato dentro come la
bandiera americana sulla luna e poco dopo avevo iniziato a mangiarle gustandole
a fondo.
Il
sapore dolce mi riempiva la bocca e rendeva felici le papille gustative.
Non ci
misi comunque molto a spazzolarmele tutte.
Una
volta che ebbi finito, Seth disse –Vorrei portarvi in un posto-. Oramai parlava
spesso al plurale, inserendo nostro figlio nel discorso.
Aggrottai
la fronte e chiesi –Dove?-
Roteò
gli occhi e disse sorridendo –Se te lo dicessi non farebbe lo stesso effetto,
no?-.
Già,
anche questo era vero. Annuii ridendo leggera e lasciai che Rosalie portasse
via la coppa vuota col cucchiaio.
Il
ragazzo mi prese in braccio e poi, una volta fuori casa, mi mise giu di nuovo e
disse –Mi salirai in groppa, okay?- lo fissai scettica. Io sul dorso di un lupo
gigante? Era uno scherzo?
Osservandolo
bene capii che la risposta alla mia domanda era no.
Lo
ammirai trasformarsi di nuovo, dopo aver legato i pantaloni ad un laccio sulla
caviglia e voltarsi col muso verso di me.
I suoi
occhi erano quasi all’altezza dei miei.
Sapevo
che Jacob e Sam erano il doppio di lui e tremai al pensiero.
Si
appiattì sul terreno per rendermi più facile il compito e alzando goffamente
una gamba gli finii sopra.
Quando
percepì la mia stretta forte sulla sua pelliccia color sabbia, si alzò e iniziò
a trottare.
Mi
parve di percepire un ammonimento da parte di Rosalie, prima che fossimo troppo
lontani dalla villa. Qualcosa come “Se la fai cadere e si fa male sei un cane
morto!”.
Trattenei
le risate anche perché c’era il rischio di mordermi la lingua. Ammirai il verde
tutt’intorno a noi, gli alberi pieni di muschio che sfrecciavano vicino, la luce che filtrava dai rami e il canto di qualche piccolo volatile tra di essi ma, soprattutto, mi cocentrai sul suono delle sue zampe che schiacciavano il fogliame, come un raschiare leggero e il fischio
del vento nelle orecchie.
Tutto
meraviglioso.
Perfino
il sole, mio acerrimo nemico, quel giorno mi pareva splendido. Il tocco finale
per terminare un’opera d’arte.
Non
saprei dire quanto corse Seth, ne quanto gli restai aggrappata sopra, ma so che
quando comparimmo ad una cascata stupenda, col riflesso dell’arcobaleno ed il
rumore dell’acqua scrosciante, il mio cuore si fermò per un attimo.
Era
magnifico.
Avevo
sempre amato le cascate, ed ora ne vedevo una, dopo anni.
Si
distese nuovamente per darmi modo di scendere e poi tornò alla sua forma umana
e mi chiese trepidante: -Ti piace?-
Gli
buttai le braccia al collo goffamente, saltellando fino a che non si chinò e mi
tirò su per baciarmi.
-Speravo
che reagissi così- era terribilmente soddisfatto.
Lo
baciai ancora e sussurrai –Non vedo l’ora che nostro figlio nasca, così potrà
ammirarla assieme a noi due-.
-Sì, non
vedo l’ora anch’io, amore-. Mi sfiorò il volto e mi fece distendere vicino a sé
per contemplare quel luogo stupendo in tutta tranquillità.
Bene,
bene...eccomi qui, la vostra Sammy Cullen XD. Questo capitolo è
stato scritto dalle mie manine fatate solo perchè Lalla Black ha
bisogno di tempo per il prossimo xd.
Spero vi sia piaciuto! non vedo l'ora di leggere i vostri commenti!
By Sammy C.
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Capitolo 29 *** La strana sensazione di sentirsi mancare la terra sotto i piedi [unico POV Seth] ***
Capitolo 29
29. La strana
sensazione di sentirsi mancare la terra sotto i piedi
[POV Seth]
Era una
giornata come tante altre, ma un solo, piccolo e delicato dettaglio, la
rendeva migliore: Samantha. L’avevo
lasciata da poco a casa Cullen, dopo averla tenuta per un po’ da me, visto che
mia madre, Sue, ci teneva a rivederla.
Tutti,
nel branco o non, avevano saputo delle sue doglie improvvise, dei falsi
allarmi.
Naturalmente,
non potevano capire come mi sentissi io o, ancor di più, come si sentisse
lei…la mia piccola sfera di luce, la bolla di sapone che conteneva dentro di sé
la mia vita.
Avevo
deciso di riportarla dai Cullen con l’auto di Leah, pensando che gli sbalzi che
poteva subire standomi in groppa se l’avessi trasportata sottoforma di lupo,
avrebbero avuto qualche effetto negativo su nostro figlio –o figlia, ma lei
era certa che fosse un maschio, perciò non la contraddicevo-, che ormai era
vicino al venire alla luce.
Diventare
padre così presto non mi sarebbe mai passato per la testa, ma sapere di
condividere un’esperienza simile con Samantha, aiutava a darmi coraggio.
Già,
avevo terribilmente paura.
Ogni
volta che la stringevo a me, che percepivo il battito di un secondo cuore nel
suo ventre, quando vi poggiavo l’orecchio…ogni volta che le cedevano le gambe e
la riprendevo prima che ruzzolasse a terra, ogni volta che sussultava poggiando
una mano su quel rigonfiamento del corpo morbido e roseo e, per finire, ogni
volta che storceva la bocca annusando l’odore del cibo che Rosalie ed Esme le
preparavano con tanta premura.
Io
avevo paura.
Perché
la sensazione di sentirsi parte di qualcosa di così tremendamente stupendo, la
formazione di un nuovo essere vivente che non sarebbe stato me o lei, ma che al
tempo stesso sarebbe stato un po’ entrambi…
Wow…
Padre…diventavo
giorno per giorno padre.
Più il
bambino cresceva dentro il corpo di Sammy, più io mi sentivo spaventato, ma
allo stesso tempo pronto, a prendermi una responsabilità così grande.
-Edward
e Bella non sono ancora arrivati?-
il
suono della voce così bassa e calda di Sammy mi riportò alla realtà. Ogni volta
che parlava, mi sembrava di stare ad ascoltare il suono di mille arpe…un tono
così profondo e rilassante…
Laura
era seduta sul divano, intenta a guardare quello che mi sembrava un
documentario, o roba simile.
Mi
dispiaceva per la situazione venutasi a creare tra lei ed Embry, ma non mi ci
ero soffermato molto.
Ero
sempre troppo occupato a preoccuparmi per la mia delicata sfera di luce.
La
ragazza le rispose sorprendendo tutti i vampiri in casa, visto che era da quel
giorno a La Push, con il litigio, che non aveva quasi più aperto bocca.
-Mentre
Seth ti riportava qui, Edward ha chiamato. Ormai saranno a metà strada…- non
appena terminò, posai lo sguardo sullo
splendido volto della mia ragazza, che disse illuminandosi –Bene! Non vedevo
l’ora di riabbracciare Edward-.
Stranamente,
non riuscivo a sentirmi geloso dopo questa affermazione. Ero solo felice che
lei fosse felice a sua volta.
Semplice.
Avrei
fatto qualsiasi cosa, se me lo avesse chiesto. E se il mio amico vampiro non
avesse amato Isabella e si fosse –chissà per quale assurdo motivo- interessato
all’amore della mia vita, non avrei mosso un solo dito per separarli.
Era la
felicità di Sammy, a contare, e null’altro.
Perciò,
ammirando il suo sorriso sbieco, provavo solo un calore più immenso del normale
in tutto il corpo.
Amavo
ogni dettaglio di quel viso ovale e scaldato dal sangue che le arrossava le
guance.
Ed era
mio. Mio, per sempre.
La
strinsi a me in un gesto abitudinario e gioii quando la vidi tremare a causa
del contatto, come se una scossa elettrica ci avesse oltrepassato.
Rispose
a Laura fissandola teneramente, quasi come se lei fosse una donna adulta che si
apprestava a rivolgere la parola ad una bambina –Laura…posso chiedere a Edward
di lasciarti la sua camera…Carlisle non ne ha bisogno, vero?- fissò il dottore
come per chiedere conferma e lui disse pacato, sorridendo –Naturalmente. Lo
spazio non è un problema. Sistemeremo Bella nel mio studio, con le apparecchiature
che servono, quando vedremo che la piccola sarà arrivata alla fine dello
sviluppo-.
Sammy
mi si strinse addosso e percepii l’euforia nell’aver ricevuto il consenso del
padrone di casa.
Credo
che adorasse Carlisle. Che lo ritenesse come il padre biologico.
Le
accarezzai la schiena, poi di colpo sentii un ululato e capii che gli altri mi
stavano chiamando.
Grugnii
scocciato. Non mi andava di lasciare sola Samantha nelle condizioni in cui
stava…ci fissammo per un istante e provai un dolore lancinante, misto alla
soddisfazione di sapere che lei non poteva fare a meno di me, quando notai lo
sguardo triste ma rassegnato.
Non
poteva obbligarmi a restarle vicino. O almeno, questo è ciò che pensava. Se lo
avesse fatto, non avrei opposto la minima resistenza. Avrei ignorato tutto.
Il
branco non sarebbe più stato un problema mio. Ma sapevo come la pensava. Si
sarebbe sentita in colpa verso i miei amici se mi avesse portato via da loro e
dalle mie responsabilità di licantropo…le stesse che mesi prima erano riuscite
a separarmi da lei.
-Ti
aspetto, okay?- disse sfiorandomi le labbra con due dita e poi scostarle per
poggiarci le proprie, più morbide e squisitamente saporite.
Amavo
tutto di Samantha. Il sorriso, lo sguardo, i capelli castani corti e coi
riflessi ramati, il profumo ed il sapore dolce della pelle.
La
baciai con urgenza, sperando che quegli ululati cessassero, in lontananza, ma a
quanto pare le mie suppliche erano inutili.
Mi
scostai sospirando da Sammy, le presi il volto tra le mani, con la fronte contro
la sua, e dissi in un sussurro –Non affaticarti. Fai quello che ti dicono
Rosalie ed Esme…e sarebbe anche ora di fare un’ecografia, no?-.
-No, è
una cosa sciocca. So che nostro figlio sta bene e che è maschio…quindi…- lasciò
cadere la frase, sapendo che avevo capito cosa intendeva.
Ridacchiai
e accarezzai la sua pancia gonfia, poi mi girai dopo aver salutato con un cenno
la famiglia Cullen e aver detto –Se non torno in tempo, salutate Edward e Bella
da parte mia e ditegli che sarò di ritorno abbastanza presto con Jacob-.
Uscii
nel giardino togliendomi mano a mano qualche parte di abbigliamento, poi saltai
in avanti ed esplosi.
Il
calore m’invase, iniziò a scorrermi in ogni singola vena, annebbiandomi la
vista, poi sentii la carne strapparsi, tendersi e coprirsi di pelliccia.
Ricaddi a terra su
quattro zampe e usufruii della spinta iniziale per correre più rapido.
-
Ehi
moccioso, finalmente hai deciso di prestarci un po’ del tuo tempo!
-
Paul, stà
zitto.
-
Già Paul,
chiudi il becco.
-
Tu non
impicciarti, Leah!
Ringhiai
infastidito dal fatto che Paul mi chiamasse “moccioso”, proprio come Jake, ma
sghignazzai in un latrato quando Sam e Leah lo rimbeccarono. Chi meglio chi
peggio.
-
Seth,
sbrigati a raggiungerci.
-
D’accordo,
ci sono quasi. A cosa è dovuta questa riunione, ragazzi?
-
Ne parliamo
appena saremo tutti riuniti. Quil e Jared devono ancora arrivare.
-
Okay,
niente domande.
La voce di Sam era
seria, ma non così tanto da farmi preoccupare. Allungai il passo trottando e
sbucai dopo poco in un piccolo spazio erboso.
A parte Jared e
Quil, c’erano tutti, perfino i più giovani. Quelli che, se fossi stato infame
come i miei amici, avrei potuto chiamare a mia volta “mocciosi” o “cuccioli”.
Ci eravamo messi in
cerchio, stando più larghi solo per lasciare il posto ai ritardatari, che
comparirono assieme da sud.
Dovevano essere
rimasti qualche minuto di più con le rispettive…ragazze. Beh, per Quil bambina,
parlando della piccola Claire, ma il senso è quello.
-
Ehilà
gente! Eccoci qui.
-
Quil,
smettila di fare lo scemo e mettiti in cerchio. Non vi ho convocati per fare
quattro chiacchiere. E’ una cosa seria.
-
Di che si
tratta, Sam?
Jared era più calmo
del lupo al suo fianco. Quell’idiota di Quil infatti continuava a pensare al
nome della bimba senza sosta e di colpo, qualcuno, ringhiando disse:
-
Quil! Dacci
un taglio!
Embry era teso, si
vedeva lontano un miglio che non voleva stare lì, ma naturalmente non era
l’unico.
Io infatti ero
terribilmente in ansia. E se il bambino fosse nato mentre ero assente? E se
accadeva qualcosa a Sammy? Come mi sarei comportato tornando a casa Cullen e
trovandola stesa su un lettino in fin di vita per colpa di qualche incidente
domestico?
Ah, no, no, NO!
Dovevo scacciare quei pensieri dalla testa.
-
Sì
fratellino, lo penso anch’io.
-
Mi associo
a Leah.
Grugnii in
direzione di Jake e mia sorella, poi di colpo Sam ululò facendo calare il
silenzio.
-
Basta
adesso. State tutti in silenzio. Dobbiamo decidere come comportarci.
Non capivo. Cosa
doveva accadere di così importante da costringerci a riunirci? Non feci
domande, attesi di sentire ciò che il nostro capo branco aveva da dire.
-
Come tutti
sapete, Edward Cullen ed Isabella Swan sono di ritorno dal loro viaggio di
nozze, e lei è incinta.
-
…Di una
piccola mutante…
-
Risparmiaci
i tuoi commenti, Paul
-
Okay capo
Ci fu un attimo di
silenzio, poi le parole che seguirono, causarono un’ondata di pensieri
ammassati gli uni sugli altri:
-
So che la
bambina nascerà comunque, anche se il branco si dividesse, quindi, credo che
cambiare il corso degli eventi non sia un problema.
Sospirai
rasserenato. Era una fortuna che non si decidesse di dividere il gruppo.
Anche se, in caso
fosse accaduto, avrei seguito Jacob.
Ma qualcuno non era
d’accordo. Certi di noi cercavano di trattenere il proprio malcontento.
Paul, ad esempio, era
irritato fin dal principio. Se non avessimo saputo che la piccola Renesmèe
sarebbe stata l’imprinting di Jake, sicuramente lui avrebbe scoperto i denti
per primo contro i Cullen, ma naturalmente quest’ultima consapevolezza aveva
fatto sì che riuscisse a frenare i suoi bollenti spiriti.
Leah si era
affezionata a Sammy in modo sorprendente e grazie a lei e a Laura aveva
iniziato a pensare in modo meno egoista così, se prima non le sarebbe
interessato niente della salvaguardia dei vampiri vegetariani, adesso iniziava
a rifletterci solo per il semplice fatto che la mia ragazza ne avrebbe
sofferto.
Per quanto
riguardava me e Jake, avevamo i nostri motivi per non voler dare fastidi ai
Cullen.
Quil era la testa
calda nel gruppo. Come Paul, anche lui avrebbe volentieri lottato contro Emmett
o che ne so…Jasper.
Embry non sembrava
interessato all’argomento, lo capii non sentendo alcun pensiero provenire da
lui. Era silenzioso, e se ne stava accucciato da una parte con una delle grosse
zampe anteriori sul muso, decisi di ignorare il caos creato dagli altri e mi
avvicinai.
-
Passerà,
Embry, ne sono certo. E’ solo un periodo no…dalle tempo.
-
Tempo?!
Quanto tempo serve per capire se si ama o no una persona?!
Ringhiò, ma non
come per minacciarmi. Gli restai affianco e dissi ancora
-
Ti ricordi
come andò tra me e Sammy?
-
Sì…
Restò a rifletterci
e nel mentre aggiunsi deciso
-
Non
accettava il fatto di dover stare con me. Non mi voleva ferire dicendomelo in
faccia, ma avevo capito. E poi, di colpo, qualcosa le ha fatto cambiare idea,
ma all’inizio ho dovuto aspettare anch’io, come te adesso.
-
Ma tu non
hai mai discusso con Samantha. Non ti ha mai incolpato di averle rovinato la vita e non…
Si bloccò di colpo
e puntò il muso verso nord, nella direzione da cui ero arrivato io, e così
fecero tutti gli altri, poi Jacob disse
-
Ehi, due
dei succhiasangue stanno correndo verso di noi
L’odore era
inconfondibile, ma non riuscimmo a capire chi fosse.
Poi, dalla
vegetazione, comparve Alice, seguita come sempre da Jasper. Ci guardarono
tutti, ma si capiva che cercavano qualcuno in particolare, così non riuscii a
trattenere un guaito immaginando chissà quale incidente accaduto a lei.
Alice sospirò e
ignorando i ringhi di Collin, Quil e Paul si fece avanti assieme al suo
ragazzo.
-Seth, devi venire subito-
mi guardò attenta e poi voltandosi aggiunse –Sta per partorire-.
Mi paralizzai dal
terrore.
Ricapitoliamo, io
stavo perdendo tempo in un momento come quello?!
Merda, merda,
merda!
Non chiesi neanche
il permesso di potermene andare da lì, seguii subito i due vampiri che mi
precedevano correndo rapidi.
La scia del loro
odore mi bruciava nelle narici, ma non m’importava. Dovevo solo essere veloce
abbastanza da arrivare il prima possibile da Samantha, e da nostro figlio.
Schivai alberi,
cespugli, spezzai rami e iniziai a sentirmi stanco, ma alla fine, arrivammo nel
giardino di casa Cullen e quasi mi dimenticai di essere ancora trasformato in
lupo, mettendo una zampa sul primo gradino della veranda coperta di edera.
-Seth!- Edward
comparì sulla soglia. Sarei stato felice di vederlo in circostanze diverse.
Tornai alla mia forma umana e m’infilai velocemente i jeans che avevo legato al
laccio sulla caviglia.
Entrai nella villa
e non la trovai. Sul divano, al suo posto, c’era Bella. Si vedeva che non stava
proprio in modo perfetto, ma ignorai anche lei, forse egoisticamente.
-Dov’è? Lei dov’è,
Edward?- mi voltai a guardarlo agitato e lui mi rispose –Seguimi-.
Feci come mi disse,
lasciando che mi facesse strada ai piani superiori, più precisamente nello
studio del padre, che si era trasformato in una perfetta sala operatoria.
Subito la mia
attenzione si posò su Sammy, stesa su un lettino, mezza nuda e intenta a
respirare rapida tenendosi il ventre.
Le andai accanto e
le accarezzai la fronte ripetendo –Sono qui. Sono vicino a te…-. Rosalie mi
spinse via con la sua solita delicatezza e disse seria –Non stare qui, occupi
spazio-.
La ignorai restando
fermo dov’ero.
Come poteva
chiedermi di non assistere alla nascita di mio figlio?
Con la coda
dell’occhio, vidi Edward scomparire. Sicuramente era tornato da Bella. Riuscivo
a capirlo.
Riuscivo davvero,
davvero a capirlo.
-ODDIO SANTISSIMO!-
Samantha aveva gridato presa dal dolore, inarcando un po’ la schiena.
Carlisle, vicino a
lei, intento a occuparsene con la vampira bionda ed Esme, le ripeteva di
resistere. Di pazientare ancora un po’ e continuare a spingere.
E lei obbediva
facendo lunghi respiri.
Poi,
all’improvviso, dopo un tempo che mi sembrò infinito, ci fu il grido più forte,
quello che stava ad indicare la fine del suo calvario.
Esme esclamò
tendendo le mani verso qualcosa tra le gambe di lei –Eccolo! Manca poco tesoro,
avanti. Un altro piccolo sforzo!- quelle parole così premurose, sembravano
dirette alla ragazza quanto al bambino.
Rose continuava a
passarle un panno umido sulla fronte e Carlisle le teneva la mano. Io mi
sentivo inutile. Che ci facevo lì?
Mentre Sammy
stringeva i denti, la sentii chiamarmi e dire poi –Carl…isle… voglio… tenere la
sua…mano-.
Ed il dottore annuì
e mi cedette il suo posto. Non appena sfiorai quella pelle morbida, mi sentii
meglio, e pochi secondi dopo osservai Samantha chiudere gli occhi e imprecare
contro Dio, Allah e Budda messi assieme.
Dovetti trattenere
le risate. Anche in momenti del genere, rimaneva sempre la stessa: quella che
non sopportava il dolore. Nemmeno il più piccolo.
Si rilassò di colpo
continuando a respirare faticosamente e ci fu un secondo suono, più delizioso e
stridulo.
Il primo vagito di
nostro figlio squarciò l’aria in quella stanza e, dopo aver accarezzato il
volto al mio amore, che ora mi sorrideva fiera del suo operato e tremendamente
felice, fissai un affarino tra le braccia di Esme.
-E’ un bel
maschietto- disse quella sorridendo dolce, poi si avvicinò a me e a Sammy e le
porse il piccolo facendo attenzione.
Mi chiesi quanta
forza stesse trattenendo in quell’attimo per non rischiare di fargli male.
Credo parecchia.
Ammirai quel
corpicino già tutto formato, la pelle liscia e bronzea come la mia, il nasino
schiacciato, quasi invisibile e gli occhi grinzosi e aperti, già pronti a far
capire che appartenevano a un esserino curioso, deciso a scoprire il mondo.
La testolina era
già coperta da ciuffi umidi di capelli scuri.
Era bello, come la
mamma.
Sorrisi trattenendo
il fiato e Sammy se ne accorse, chiedendomi dolcemente –Vuoi tenerlo in
braccio?-.
Boccheggiai senza
saper bene cosa rispondere.
Non mi ero reso
conto del fatto che Carlisle, sua moglie e Rosalie ci avevano lasciati soli.
Poi mi accomodai al
lato del lettino e annuii deglutendo ansioso.
Lei rise notando l’espressione
e mi passò piano nostro figlio.
-Ehi…ciao, Gabriel-
alla fine aveva avuto ragione lei.
Mi corresse
scherzosa, sembrava che la fatica le fosse scivolata addosso –Ti correggo:
Gabriel Edward Harry-.
Ridemmo assieme,
mentre lui mi osservava con quegli occhioni grandi e neri, forse chiedendosi chi
fossi.
Ma no…doveva averlo
capito sicuramente.
Quando uscii dalla
stanza, lasciando il piccolo con Sammy, trovai la fila.
Non c’erano solo i
Cullen e Bella, tenuta da Edward in braccio per non farla affaticare, ma anche
Laura che mi fissò con sguardo interrogativo, come se non sapessi che Rose
aveva certamente raccontato ogni dettaglio euforica!
E poi, dopo tutti
loro, comparvero Jacob e il resto dei nostri amici.
Era bello vederli
tutti insieme.
I lupi ed i “freddi” delle
leggende riuniti per ammirare la bellezza della vita che va avanti.
Eccomi
qui!!! lo so, vi starete chiedendo perchè non ci sia il capitolo
scritto da Laura e per di più sotto il suo POV...xD beh, ci
tenevo a scrivere anche questo col POV di Seth ^^
Ora, vi informo che ho apportato qualche modifica al capitolo
precedente...alcune di voi mi hanno fatto notare delle incorrezioni ^-^
E...beh...vi ringrazio come al solito! e spero mi direte cosa ne
pensate di questo! ^^ (lo ammetto, è la cosa più lunga
che abbia mai scritto sotto il POV di un licantropo *-*).
Baci dalla vostra Sammy Clearweater Cullen.
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Capitolo 30 *** Sogna, sogna che tutto finisca [POV Laura] ***
Capitolo 30, speriamo bene
30. Sogna, sogna
che tutto finisca
[POV Laura]
Ognuno
di noi ha una fobia, una paura incondizionata che lo blocca assoggettandolo. La
mia è semplice, non troppo complicata, ho il terrore, idiota, degli uomini che
indossano tuniche nere. Esatto, avete capito bene, se vedo un gesuita in giro,
insomma, cambio strada o smetto di respirare per tutto il tempo in cui lo vedo.
Stupido? Forse.
Stavo
camminando incerta in una stradina medievale, accanto ad una chiesa; passo dopo
passo aumentava in me la certezza di essermi persa, così, quando mi trovai
davanti ad una porta, mi fermai alla ricerca della strada giusta. All'improvviso
spuntò dalla porta un uomo, un cappuccio nero a coprirgli il volto ed un sorriso
appena accennato che potei notare appena.
-Ti
sei persa, bambina?- domandò gentile; mi guardai, ero diventata bambina? Come
era possibile?
-No, signore- affermai decisa, nonostante
tutto non ero stupita dall'appellativo di “bambina”.
-Sicura?- ripeté, più suadente allettandomi e
aprendo un altro po' la porta.
-Sì, grazie. Posso farcela- confermai cercando
di allontanarmi ma non ce la feci: ero bloccata, paralizzata ad osservarlo,
rapita dai suoi modi.
-Se sei stanca puoi entrare- propose con un
sorrisino a solcargli le labbra.
Tentata, ero estremamente tentata. Sapevo bene
che entrare significava mettermi nei guai, però in quel momento annuii,
riponendo fiducia in quell'uomo garbato e gentile.
-Grazie- accettai facendo un passo avanti e
catapultandomi di colpo in una stanza bianchissima, accecante, nel quale interno
si trovavano solo due sedie, una di fronte all'altra.
L'uomo
mi fece segno di accomodarmi, ed io non replicai, rapita, catturata da lui; di
colpo avevo ripreso le mie fattezze di ragazza, lasciando quelle di
bambina.
Si accomodò anche lui, lasciando cadere il
cappuccio e osservandomi divertito.
-Siamo
molto simili- decretò ridendo. Io lo osservavo, chiedendomi come fosse
possibile: lunghi capelli lisci e corvini, pelle chiara e diafana, occhi rossi e
bramosi.
-Mi dispiace ma non vedo queste somiglianze-
risposi in imbarazzo.
-Tu dici? Abbiamo i capelli dello stesso
colore-
-molta gente li ha- feci notare
critica.
-Ed i miei occhi erano come i tuoi, alla
continua ricerca di domande e risposte. Vinci spesso?- chiese
sornione.
Alzai gli occhi confusa. -Sì, ma non mi piace
molto, o meglio, non piace alla mia coscienza- storsi la bocca in una
smorfia.
-Immaginavo. Sei molto perfida, se devo essere
sincero, molto, ma molto simile. Furba, sì, esatto; sei un'astuta
doppiogiochista- rise sfiorandomi una guancia.
Io
boccheggia, spaesata da tante parole, sconvolta da tanta verità. Ma non feci in
tempo a chiedere chiarimenti poiché l'immagine sparì ed io mi ritrovai, come
ogni notte, nel mio letto, senza fiato e con l'eterna sensazione di
incompletezza e colpevolezza.
Mi alzai, scocciata più con me stessa che con
il sogno, chiedendomi chi fosse quell'uomo che mi ossessionava in ogni incubo,
che poi non era tale.
Dormivo male, vivevo peggio. Lo specchio
rifletteva un'immagine che non ero io: le occhiaie, mai presenti sul mio viso,
il viso pallido, nel limite della mia melanina, e una stanchezza interiore che
non riuscivo a spiegarmi.
Il ritorno di Bella non aveva comportato molte
tensioni, anzi, erano tutti felici e contenti. Anche Gabriel era un fattore di
felicità non trascurabile. Un favoloso bambino a cui volevo un mondo di bene, ma
che, nella mia situazione di zombie vivente, preferivo lasciare alle cure ed
alle attenzioni di Rosalie o Esme.
In
quei giorni io avevo un altro problema: Embry, o meglio come comportarmi con
Embry, e soprattutto gravi problemi con la mia coscienza, che sembrava mandarmi
segni attraverso quell'uomo dai modi cordiali e micidiali.
Dovevo
uscire da quella stanza opprimente, dovevo prendere un po’ d’aria e sperare di
riaddormentarmi.; appena fuori sentii il russare leggero di Seth, in
contrapposizione a quello più forte di Jake. Jake, il mio amico che era rimasto
a casa Cullen nonostante l’odore solo per Bella, e me. Già, l’amica depressa era
fonte di preoccupazione quasi quanto quella incinta di un mostriciattolo
mutante, comico, no?
Scesi le scale, non c’era nessuno in casa,
tutti chiusi nelle loro stante, interpretando una notte comune, dove tutti, chi
per abitudine, chi non, fingevano di dormire placidi. Fuori infuriava una
tempesta, aveva iniziato a fare freddo, l’autunno iniziava a farsi avanti,
sempre più prepotente, ed i fulmini illuminavano il salotto dove dormiva
beatamente Jacob.
Sospirai e mi avvicinai al divano che era
diventato il suo nuovo letto, ma senza volerlo inciampai ritrovandomi su di
Jake, che si svegliò di colpo con la bocca a pochi centimetri da me.
-Laura?!- esclamò sconvolto.
Deglutii sonoramente e lo fissai negli occhi
–Heilà Jake, come va?- tentai di sdrammatizzare la situazione, piuttosto
precaria.
-Cosa diamine stai facendo?!- domandò quasi
isterico.
-Tecnicamente sto sopra di te, praticamente
sono inciampata- sorrisi in imbarazzo tentando di togliermi di dosso,
peggiorando solo la situazione; mi gelai di colpo.
-Laura
fermati, ti prego- gemette in imbarazzo, quel rigonfiamento era... imbarazzante,
sì, imbarazzante. Eseguii l'ordine ed attesi che mi rimettesse al mio posto,
proprio come se fossi una bambola.
Seduti
uno di fronte all'altra ci fissavano ancora visibilmente in
difficoltà.
-Zitti?- proposi.
-Zitti- confermò sospirando e passandosi una
mano sul viso, visibilmente stanco.
Rimasi
in silenzio e lo guardai di sottecchi. –Sembri un morto vivente- osservai
–dovresti andartene a dormire su un letto; dopo tutto sia io che Bella stiamo
bene- continuai.
-Avrei da ribattere- ridacchiò lui –Punto
primo: non mi sembra il caso che tu dica a me che sembro un morto, dato che la
tua faccia è più stravolta di un succhiasangue. Punto secondo: per Bella te la
passo, ma per te no. Vuoi farmi credere di stare bene?-
Sbuffai scocciata, odiavo quando qualcuno
aveva ragione, soprattutto se quel qualcuno non ero io. Era estremamente
frustrante.
-Jake lo sai come la penso: io non mi
impiccio, tu non ti impicci. No? Semplice, preciso, conciso-
borbottai.
-E tu sai come la penso: non potete continuare
a ferirvi l’un l’altra! Siete dei masochisti! Mi spieghi quale è il gusto di
soffrire? O meglio, tu che gusto ci provi a soffrire, per cosa lo fai!?- mi
sgridò, era estremamente più adulto di me, diamine.
-Libertà, Jacob. Mai sentito parlare?- risposi
acida ed infastidita, senza avere, però, il coraggio di guardarlo negli
occhi.
-Ma che bella libertà! Sei completamente
fusa?! Laura, sinceramente non so se vorrei anche io la libertà, se averla porta
queste conseguenze- mi squadrò scettico e poi riabbassò lo sguardo, non voleva
peggiorare oltre la situazione.
Mi
alzai in piedi di scatto, arrabbiata e infuriata contro me stessa. –Ok, hai
ragione, va bene! Fatto sta che anche lui ha sbagliato, ed io di sicuro non
chiedo scusa per prima!- sbottai stizzita.
-Siete
DUE idioti, esatto. DUE!- borbottò lui seduto a braccia incrociate – Sembra
quasi che abbiate imparato lo stesso copione!-
Lo
guardai confusa, come al solito, non riuscivo a capire perché io ed Embry
fossimo così complementari tra di noi. Il mio amico sbuffò, poi si alzò un
attimo, sovrastandomi con la sua imponenza e cercando qualcosa nella tasca dei
pantaloni; mi rifilò in un attimo una busta di carta bianca, completamente
sgualcita ed accartocciata, l’osservai incuriosita ma non la presi, non riuscivo
a vedere il nome del destinatario.
-Però,
a differenza tua, quella testa vuota e orgoglio gonfio ha deciso di “parlarti”.
Thò- me la lanciò –è da parte del tuo imprinting- sottolineò le ultime due
parole con un ghigno, ma non si sedette, anzi, si avvicinò a me e mi si mise
dietro, incuriosito a sua volta.
-Sai
cosa c’è scritto?- domandai rigirandomela tra le mani, la scrittura di Emb era
estremamente chiara e bella, non complicata, semplice. Come lui. Mi ritrovai di
colpo a pensare alla sua voce, così bella e bassa, che a me sembrava la migliore
del mondo, sentendola provavo un brivido per tutta la schiena, fino al cuore,
che veniva invaso sciogliendosi.
-No. E
se non riesci a tradurla non ti preoccupare, nessuno capisce i suoi geroglifici-
scherzò. Geroglifici? Era così… facile da capire, almeno per me.
L’aprii con le mani tremanti e mi sedetti, non
ce la facevo a stare in piedi. Era stropicciata, come se l’avesse accartocciata
e poi ripresa, in alcuni punti era perfino perforata dalla penna; sospirai
immaginandolo chino su una scrivania, con una mano tra i capelli lunghi,
tirandoseli e stringendoli per l’ansia.
Iniziai a leggere silenziosa.
La Push, 5 settembre, non
so quale anno, non lo voglio sapere, non ricordo neanche questo.
Cara Laura sarebbe un modo
troppo stupido per iniziare.
Amore mio, ipocrita ed
incoerente, esiste amore tra di noi?
Mio sole, mia vita dire
che va più che bene, è la cosa più vera che abbia trovato fin ora.
Sono seduto, come sempre
in punizione, nella mia stanza, è piccola lo sai? No, non lo puoi sapere, non
sei mai venuta a casa mia, mai. Dopo tutto non possiamo illuderci: chi siamo noi
due? Sconosciuti; ed uno sconosciuto è mai entrato a casa tua? No.
Come al solito sono un
idiota e divago, divago anche per codardia, starai pensando, ed hai
ragione.
Diciamo, più che altro,
che è il mio orgoglio ad essere codardo; ed io lo seguo di
conseguenza.
Potrei scriverti che ti
amo, che ti voglio, che ho bisogno di te; tutto vero, ma non
abbastanza.
Potrei scriverti che mi
dispiace, che sono il solito scemo che non capisce al volo, che non ti capisce
abbastanza. Però, ammettilo: non sei facile da capire.
Tu, Laura, sei esattamente
come la pioggia con il sole, nessuno sa da dove venga, perché sia lì; lei,
semplicemente, c’è. Ed io non aprirò certo l’ombrello, non ora.
Non ora che, mentre vedo
questa pioggia scendere, mi sento un bastardo, un bastardo abbandonato a se
stesso, che invece di ammettere i suoi errori vuole che tu ammetta i tuoi.
Ho sempre creduto che
ognuno di noi avesse un orbita, hai presente quella degli atomi?
Mi fermai un attimo e guardai divertita il
foglio, il mio piccolo scienziato; mi divertii ad immaginarlo studiare, così
cocciuto e testardo.
-E’ un folle, non riesce a scrivere una
lettere senza cadere in… robaccia da scuola- disse schifato, io scoppiai a
ridere: allora non ero la sola a farlo.
Continuai a scorrere con gli occhi il
foglio.
Ognuno di
noi ne ha una, che percorre per tutta la vita. Più orbite girano intorno ad uno
stesso asse, ogni tanto noi, piccoli punti su di essa, ci incontriamo una volta,
più volte. Esistono però, sempre secondo questa mia supposizione, delle orbite
perfettamente coincidenti, i punti delle quali vivranno insieme per
sempre.
Forse noi dovremmo
semplicemente… coinciderci. Tutto qui.
Facciamo così, Laura,
scusa.
E’ tutto quello che posso
fare, a te sta l’ultima parola; sappi, però, che per quante volte potrai
pugnalare il mio cuore lui continuerà a battere, un po’ per ripicca, un po’ per
amore. Non è forse il nostro rapporto un’eterna sfida?
Tuo per sempre
Embry.
Odi et amo. Quare id
faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio
et excrucior.
Quando
finii di leggere sentii pesanti lacrime scendermi per il viso. Embry, la persona
che amavo veramente, e che dovevo riprendermi.
Mi
alzai nuovamente e con passo deciso: dovevo andare a La Push.
-Cosa
stai facendo?- mi domandò allarmato Jake seguendomi fino alla porta.
-Vado
da lui, a scusarmi- risposi secca, aprii la porta e uscii; diluviava ma non mi
importava nulla: dovevo arrivare da lui.
-E
come?!- esclamò stupito.
-A piedi, no?-
Detto
questo mi inoltrai nella foresta, verso la strada iniziando a correre a
perdifiato: dovevo raggiungerlo.
Camminai sotto l’acqua, corsi, respirai a
fatica ma alla fine arrivai alla casetta Call, appena all’inizio della riserva.
Zuppa e tossicchiante scavalcai il piccolo recinto, aggirando la casa di legno,
fino ad arrivare dietro all’abitazione. Una lucina proveniva da una stanza in
alto, mi piazzai perfettamente sotto e trattenendo uno starnuto presi un
sassolino da terra tirandolo sulla finestra. Uno, poi un altro; doveva
rispondermi, doveva farlo: avevo bisogno del suo sorriso, della sua voce. Avevo
bisogno di lui.
Al quinto sasso alzato la finestra si aprì di
colpo e se non fosse stato per i suoi riflessi velocissimi l’avrei sicuramente
preso in pieno viso; quel viso che ora mi guardava sconvolto, indeciso se
sorridere o spalancarsi in un espressione di stupore puro.
Non
sono sicura, pioveva così tanto che a malapena vedevo il muro della casa, ma
potei notare della polvere uscire dalla sua mano, come se avesse sgretolato il
sasso.
-Laura?- non sentii il rumore delle sue
parole, notai a malapena le labbra muoversi.
Annuii
decisa, feci qualche passo ancora poi, finalmente alzai la testa.
-Embry
sono un’idiota. E… mi scuso- sussurrai, certa che lui potesse sentirmi –Mi scuso
per tutto quello che ti ho fatto, ma… sono così. Sono esattamente così:
un’emerita idiota che non ha capito quanto teneva a te.
Embry
io… non sono dolce come Emily, anzi, perfino Emmett dice che ho il sangue più
acido che abbia mai sentito; non sono accondiscende come Rachel, a mala pena
accetto le MIE di costrizioni; non sono pacata e timida come Kim, lo sai meglio
di me, vero? Non sono come Sammy, pronta a tutto, perfino ad avere un figlio a
quindici anni.- abbassai la testa in colpa, non riuscii a sopportare il suo
sguardo carico di amore, era troppo, perfino per me.
-Embry
io sono io, tutto qui. Sono un’indisponente, fastidiosa, petulante orgogliosa-
continua senza accorgermi che lui era sceso, con un balzo rapido, accanto a me,
sollevandomi la testa con le sue mani incandescenti.
-…piccola, egocentrica, perfida, pazza, folle,
unica ragione di vita. La mia ragione di vita- finì per me con la sua voce bassa
e roca, non dolce, non celestiale, sua.
Lo
inchiodai con gli occhi, dai quali iniziavano a scendere lacrime copiose, che si
mischiavano con la pioggia.
Lo amavo, fine della storia; ed era inutile
fingere di non farlo, era dannoso, mortale.
Scoppiai a ridere, buttando indietro la testa
mentre lui mi seguì, irrompendo nell’aria con la sua risata rauca e
fragorosa.
Di colpo sentii il bisogno vero e proprio di
abbracciarlo, di farmi abbracciare da lui, il MIO lui; mi gettai tra le sue
braccia, cingendolo con le mie e facendo in modo che la mia testa affondasse
completamente nel suo torace. Era caldo, era profumato, era mio.
-Ti
amo, e lo sai bene, vero?- mormorò accarezzandomi la testa.
-Ti
amo, anche se si potrebbe non capire, devi tradurmi- borbottai singhiozzando e
ridendo.
-Sono un ottimo traduttore- sussurrò
divertito.
Poco importava della pioggia che scendeva
impertinente su di noi, noi eravamo finalmente un… noi, non più un io ed un
tu.
-Non credo nell’eterno, lo sai?- sussurrai
staccandomi da lui per un attimo, senza però abbandonare la stretta.
-Neanche io, se devo essere sincero- borbottò
scocciato dall’interruzione.
-Perciò ti prometto che ti amerò fino ad un
attimo prima che l’eterno finisca- sorrisi nuovamente, osservando la sua
reazione che fu veloce, troppo veloce.
Ho
sempre immaginato il mio primo bacio come qualcosa di lento, calcolato; dove i
miei occhi si sarebbero chiusi al momento giusto, proprio come in ogni film.
Invece non fu così: rimasi con gli occhi spalancati, sorpresa da tanta velocità
ed intensità.
Non avevo mai baciato e ringraziai chiunque mi
avesse concesso di avere il mio primo bacio da lui, il mio amore
Eterno-non-eterno.
Quanto mi staccai, respirando a fatica per
l’emozione mi ritrovai a fissarlo intensamente, senza trovare parole per
esprimere la mia gioia, la mia completa gioia, riuscii solo a ridere, come una
folle.
Mi prese una mano, leggero e delicato, come
mai avrei pensato potesse essere, e silenzioso mi fece girare di nuovo intorno
alla casa, fino all’ingresso, che, prendendo una chiave nascosta sotto lo
zerbino, aprì.
-Benvenuta, è piccola ma non male- sussurrò al
mio orecchio precedendo al buio, in quello che ipotizzai fosse il
salotto.
-Non ci vedo molto- sorrisi seguendolo per le
scale, completamente persa in lui, Embry, Embry, Embry. Solo il suo nome nella
mia testa.
-Silenzio, ufficialmente sono in punizione-
borbottò infastidito aprendo la porta della sua camera; prima di uscire aveva
spento la luce, così adesso barcollavo al buio, stetti per cadere una decina di
volte: il pavimento era completamente cosparso di libri.
Con un
balzo andò a chiudere la finestra e si riavvicinò nuovamente a me, con un
sorriso allegro a solcargli le labbra.
-Scusa
per la confusione e… non farti illudere dai libri, non sono un topo di
biblioteca- rise e raccolse quelli più fastidiosi e li poggiò su una scrivania
già stracolma. –Nonostante i ragazzi affermino altro-
Starnutii, a differenza sua io potevo provare
freddo e raffreddarmi, l’uscire sotto la pioggia non era stata un’ottima
idea.
Lui si girò preoccupato ed in un attimo mi
ritrovai circondata dal suo corpo bollente, piacevolmente bollente.
-Ti
sei raffreddata per colpa mia Scema- ridacchiò.
-Dovresti ringraziarmi, Scemo- risi sottovoce
abbandonandomi a quella stretta.
-Mi
piacciono come soprannomi, molto meglio di Orsetto, micetta e roba varia- ghignò
lasciandomi e voltandosi verso l’armadio, ritornò verso di me con una maglietta
enorme, sicuramente sua, e gialla. Lo guardai confusa.
-Cosa
è?- chiesi.
-Una maglietta, per te. Non vorrai mica
restare con quella roba umida?- domandò retorico gettandosi sul letto, i piedi
scalzi e completamente sporchi, scoppiai a ridere.
Mi
guardò incuriosito e stranito.
-Cosa c’è?- alzò un sopracciglio
sospettoso.
-Nulla, sei proprio un indiano-
risi.
Si rimise a letto guardando il soffitto,
mentre io mi toglievo la maglietta per cambiarmi.
-E’
strano- mormorò soprapensiero –Ti stai spogliando in camera mia, così, come se
niente fosse-
Arrossi visibilmente infilandomi di corsa il
magliettone e rimanendo solo con sotto le mutande.
-Perché non dovrei?- risposi con un sorriso
–Te l’ho detto, sono un’idiota, ho sbagliato per- contai sulle mani i mesi che
avevo passato amandolo-odiandolo –sette mesi, circa. Ora che ho ripreso il senno
voglio fare le cose al… naturale-
Sorrise a sua volta, come tranquillizzandosi,
poi si voltò verso di me e mi fece un po’ di spazio sul letto, che sembrava così
piccolo con lui sopra.
Mi sfilai da sotto il reggiseno per fondarmi
finalmente sul materasso, non feci in tempo a rimbalzare che le sue braccia già
mi tenevano strette a se.
Il suo viso affondato nel mio collo, ogni
tanto le sue labbra mi baciavano dolci, lente rassicurandomi.
Il
tepore che emanava, unito al suo sapore di salsedine e di bosco era la cosa più
piacevole del mondo.
Nessuno dei due parlò per molto tempo,
rimanemmo così, al buio, completamente dediti uno all’adorazione dell’altra,
semplicemente noi due.
Laura ed Embry.
Per
sempre.
Angolo autrici:
TA
DAAAAAAAAAAAN!
FINITO!
Scusate, questo capitolo
è stato un parto >.<
L’avevo pensato
mooooooooooooooooolto più lungo, ma, aimè, non ce la facevo proprio a scriverlo
tutto! Sarebbe venuto un poema!
Nulla o niente da dire;
tranne che amo Embry, con tutto il cuore *-*
Mi scuso con Sammy, ma…
lo sai che ho un casino di contest e storie <.<
Arrivederci!
Laura B.
Salve!!! oggi dico solo una cosa: odio l'html =_=. Poi vi spiegherò xD fate i complimenti a Laura, non a me, per questo bel capitolo ^^. Il ritardo si può perdonare ;-p
By Sammy C.
P.s.: traduzione frasetta in latino: "Amo ed Odio, il perchè mi è ignoto; eppure son qui, al mio odio ed al mio amore". (Catullo)
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Capitolo 31 *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 31
31.
La quiete prima della tempesta
Saranno
state le sette di sera quando vidi Laura catapultarsi fuori da casa Cullen come
un tornado. Me n’ero rimasta seduta silenziosamente sulle scale senza fiatare,
cullando il mio piccolo Gabriel e chiedendomi che accidenti fosse successo.
Avevo notato il suo sguardo determinato, quello che mi aveva sempre messo un
po’ soggezione, e poi PUFF! Sparita fuori dalla porta d’ingresso!
Era
così presa dai suoi affari da non essersi accorta di me, la neo-mamma
invisibile.
Ridacchiai
immaginando il motivo della sua fretta.
Embry.
Chi
altri?
Il
movimento lento delle braccia era diventato quasi involontario, un’altalena per
quel tenero fagottino a cui avevo dato vita. Singhiozzò di colpo e abbassai lo
sguardo. Aveva aperto i suoi occhietti e si guardava attorno come in cerca di
qualcosa. Subito sentii il fruscio dell’aria intorno a me e non ebbi bisogno di
alzare gli occhi per sapere che Rose ed Esme si erano fatte avanti apprensive.
Sorrisi
senza volgere a loro la mia attenzione e mi tirai su, in piedi, per scendere
dalle scale ed andare a sedermi sul divano, vicino a Jake, che fissava ancora
incredulo il punto in cui era scomparsa quella pazza di Laura.
-Cos
’ha?- chiese Rosalie, seguendomi attenta e aggiungendo a Jacob con la solita
delicatezza –Togliti dal mio divano, animale-.
Lui la
ignorò sghignazzando e disse –Ehi Psyco, ascolta questa: come fa una bionda a
crepare?-
-Smettila
con queste battutine, le conosco tutte!- sibilò lei, ma il licantropo non le
diede retta e rispose –Basta rasarle i capelli-.
Mi
mordicchiai un labbro per trattenere le risate, mentre Rosalie cercava di
incenerirlo con lo sguardo.
Il
resto dei Cullen erano sparsi per casa, a parte Edward che se ne stava con
Bella il maggior tempo possibile. La ragazza se la stava cavando in modo
migliore di quanto non fosse accaduto nel libro ed il merito era del fatto che
fossimo a conoscenza dell’unico modo per tenere buona la piccola Nessie senza
che le rompesse costole e cose varie. Il sangue. Bella ne beveva già
abbastanza. Non c’era voluto niente a convincerla.
Ed ora
si trovava seduta tra me ed il suo migliore amico, ad osservare Gabriel persa
nei suoi pensieri di futura mamma. La maternità ci aveva infatti rese unite.
Scostò le labbra dalla cannuccia che usciva dal bicchiere col coperchio e mi
chiese con la voce un po’ più bassa del normale –Cosa vuole?-.
Io non
avevo ancora risposto nemmeno a Rose. Edward, seduto sul tappeto, tenendo una
mano di Bella tra le sue, ci fissò entrambe col suo sguardo attento e
premuroso.
Sorrisi
notando l’accalcarsi di gente nel salotto. Dai piani di sopra erano arrivati
Emmett, che aveva affiancato Rosalie, e Carlisle, seguito da Alice e Jasper.
Esme
stava in cucina, a preparare qualcosa da mangiare per me, Seth e Jacob.
E lui,
l’unico che non avessi nominato, il mio amato ragazzo, se ne stava di sopra, in
camera di Edward, a riposare. Le ronde erano stancanti.
-Ha
fame il nostro ometto…- sfiorai con la punta di un dito il nasino schiacciato
di Gab e quello allungò una delle minuscole manine per catturarlo, ma lo
ritirai prima ridendo leggera. Cercai in modo un po’ scomodo di tirare su la
maglietta per poterlo allattare e quando ci riuscii sbuffai fingendomi esausta.
Qualcuno tossicchiò in imbarazzo e mi voltai a guardare Jake, mentre il piccolo
bimbo affamato si lasciava aiutare dalla mia mano per far sì che la testa fosse
sorretta e lui potesse mangiucchiare e mordicchiare in santa pace.
Il
ragazzo non mi guardava, ma mugugnò –Non ti imbarazza?-
Aggrottai
la fronte, perché inizialmente proprio non riuscii a capire a cosa si riferiva,
poi come suo solito, Edward spiegò –Intende il fatto che tu dia da mangiare al
bambino senza vergognarti di noi intorno-.
Ah…adesso
si spiegava tutto.
Risi e
guardai Jacob, ancora con gli occhi puntati altrove –Jake, è una cosa così
naturale… non sento di dovermi trovare a disagio, proprio no-.
-Non
capirò mai voi donne…madri, soprattutto-. Ghignò e inizio a scompigliare
i capelli a me ed a Isabella.
-Che
idiota…- Rose aveva alzato gli occhi al cielo fissandolo. Esme comparì dopo un
po’ con vassoi stracolmi di leccornie. Uova sode, ravioli coi funghi, verdure,
bistecche, frutta e perfino il mio amato tiramisù.
Naturalmente
la carne non era destinata a me, vegetariana convinta.
Il mio
modo di mangiare era stato fonte di molte discussioni con Laura. Si chiedeva
come riuscissi a rifiutare le salsicce, le fettine panate e così via.
Rispondevo
sempre che pensare a cavalli, maiali, conigli uccisi non aiutava a farmi desiderare
un bel pezzo di carne.
Questo
ragionamento, lo avevo sviluppato in modo da riflettere sullo stile di vita dei
Cullen. Se fossi diventata una vampira, mi sarei sentita un’assassina cibandomi
di alci, orsi e puma…e avrei avuto invece molta meno pietà per gli uomini.
Gli
animali era innocenti, no? Non commettevano reati, se uccidevano altre bestie
era solo per sfamarsi. Ma gli uomini? Si poteva avere pietà della mia specie?
Perché non si poteva fare il ragionamento di Edward, quello che aveva messo in
pratica durante la sua crisi da neonato?
Cibarsi
solamente di quegli essere umani che compivano azioni meschine, crudeli. Ladri,
stupratori, pedofili, assassini…erano tutti lì, per le vie delle milioni di
città nel mondo, pronti a farsi squarciare la gola da qualche vampiro, e invece
no. Sopravvivevano e in certi casi diventavano a loro volta “succhiasangue”.
Una
mano fredda mi accarezzò la testa e tornai alla realtà. Edward aveva posato la
sua attenzioni ai miei pensieri e adesso mi fissava concentrato. Abbassai lo
sguardo su Gabriel e poi sospirai affranta –Scusa…lo so che questi discorsi non
ti piacciono-.
-No,
non è questo, Samantha- lo guardai di nuovo e trovai il suo bel sorriso sghembo
a solcargli le labbra, così tentai di ricambiare in un modo abbastanza buono.
-Allora
cos’è?- chiesi, ignorando completamente il fatto che il resto delle persone
attorno a noi stesse cercando di capire di cosa accidenti stessimo parlando.
-E’
che…che mi stupisci, ogni volta un po’ di più. La tua visione delle cose è molto
simile a quella che avevo io, come già sai, ma…sentendoti formulare certe
domande, fare supposizioni…non so, ma è come se detto da te tutto questo
sembrasse più giusto, logico- tese ancora le labbra mesto e attese che parlassi
o formulassi un pensiero. Me ne restai zitta a guardarlo negli occhi e a
ripetermi che non potevo chiedere un amico migliore di lui.
-…Edward?-
chiusi la mente chiedendomi se ci stessi riuscendo davvero ed il vampiro che
ancora stava con la mano fredda sulla mia fronte, congelandomi, ricreò il suono
–Mmm?- per chiedere cosa volessi.
Gli
sorrisi e chiesi –Suoneresti qualcosa per me?-.
Bella
al mio fianco guardò il marito e annuì, anche lei desiderava ascoltare
qualcosa, e così fece anche Esme. Jacob grugnì dicendo qualcosa come “il rock
vi fa così schifo?” e Rose gli rispose prontamente –Tutto ciò che riguarda te
fa schifo, cagnaccio-.
-ROSE!!!-
l’avevamo rimbeccata tutti nella stanza, e lei ci guardò uno ad uno stupita e
poi sibilò stizzita –Ah certo! È sempre mia la colpa!- passò oltre il divano
mollando un calcio a Jake ed Emmett sospirando e alzando gli occhi al soffitto
la seguì di fuori.
Quel
vampiro doveva avere una pazienza immensa…
Edward
ridacchiò e si mise davanti al pianoforte, poi girò un po’ la testa e mi chiese
–Cosa vuoi ascoltare?-. Ci pensai su poi dissi –Uhm…le tue composizioni-.
S’illuminò
e subito le dita scivolarono rapide sui tasti in avorio. Mi lasciai sommergere
dalla musica.
Poco
dopo, Gab si addormentò.
Gabriel
era nato il ventisei di agosto, in anticipo e senza preavviso. Se Alice avesse
potuto vedere me, di certo avrebbe visto lui, ma così non era stato e quindi ci
eravamo organizzati come potevamo.
A La
Push si era sparsa la notizia del nuovo arrivato, ed ero certa che lo stesso
fosse accaduto a Forks, ma non ero andata in giro ad ascoltare i discorsi degli
abitanti della cittadina. Le mie nuove priorità erano quelle di prendermi cura
del mio compagno e di nostro figlio, insomma...cominciare a comportarmi da
donna responsabile, matura.
Edward
cercava di essermi vicino quando pensava che Bella potesse cavarsela da sola
-quindi il massimo erano trenta secondi, se non di meno- o quando lei stessa
non insisteva sul fatto di essere in grado di restare senza di lui per un po'.
-C'è
Rosalie con me, tu puoi anche aiutare Sammy, farle compagnia-. Diceva così, e
non aiutava certo a diminuire il mio sbalordimento. Non era gelosa? Non era
possessiva come mi era parsa dai libri di Stephenie? Allora wow...mi era
sfuggito qualche punto, non dovevo poi aver letto i romanzi con così tanta
attenzione.
E lui
la fissava di rimando con la sua perfetta espressione “scettica” come amavo
definirla, per poi insistere abbastanza a lungo sul fatto che fosse solita
minimizzare. Stesse cose che diceva Jake. Ah, e continuavano ad ignorare i miei
discorsi, quando mi ritrovavo insieme al vampiro ed al licantropo e ripetevo
più a me stessa che a loro “Siete identici, e sapete anche perchè?” e i due si
guardavano storto e attendevano che terminassi con “Perchè siete entrambi
testardi, strafottenti, egocentrici, possessivi, dolci, romantici, gelosi e con
dei...beh, super poteri”.
Jacob
quasi sempre sbuffava e poi diceva mugugnando -Io uguale al
succhiasangue? Non credo proprio, Sam- e l'altro rideva nel suo modo compito e
ribatteva al giovane -Al posto tuo sarei felice di essere definito uguale a
me-.
Accidenti,
il problema era che poi iniziavano a battibeccare come due zitelle...o forse
per non sminuirli, è meglio dire come due maschi con l'ego troppo grande.
Un
giorno, mentre Seth ed Alice si godevano lo spettacolo, assieme a Emmett e
Jasper che ridacchiavano seduti sulle scale, Laura scese dal piano superiore
con un grosso, immenso, smisurato sorriso sulle labbra.
Gabriel,
in braccio ad Esme, attirò la sua attenzione un istante. Gli si avvicinò, gli
diede un bacio in fronte, poi fissò Edward e Jake e disse ancora sorridendo
-Non vi siete ancora stancati?!- e poi, si fece largo per arrivare di fronte a
me e dire luminosa -Pronta per stasera?- alzai un sopracciglio, poi aggrottai
la fronte -Ehm...dovrei sapere di cosa stai parlando, Lalla?-.
Lei mi
guardò un istante, forse per fare un rapido calcolo mentale, azionare i neuroni
della ragione per arrivare al perchè della mia completa impreparazione.
Restai
a fissarla mentre si voltava di novanta gradi verso Jacob per poi tossicchiare
-facendo sì che l'attenzione di lui e anche degli altri si spostasse su di lei-
e chiedere col tono deciso di chi sa già la risposta -Non glielo hai detto,
eh?-.
Jake
tentò di sorridere e disse -Beh, mi è passato di mente...scusa-.
-Passato
di mente? E dirmi che cosa, scusate?- ora sì che ero confusa.
Seth mi
si avvicinò poggiandomi una mano sulla spalla -Già, cosa dovremmo sapere?-.
Plurale. Il mio ragazzo parlava plurale.
Jake
fece per rispondere, ma Laura disse prima, anticipandolo -Questa sera, si terrà
un falò, sulla spiaggia della riserva, e naturalmente tu Sammy sei
invitata...anzi, costretta a venire. Il piccolo Gab compreso-. E'
straordinario come ci si possa ritrovare spaesati.
Aprii
la bocca per parlare ma non ne uscì alcun suono. Quella era tensione...
Cioè...chiariamo...io
non ero mai stata ad un falò di indiani! Non mi ero mai ritrovata circondata
solo dal branco e -sicuramente- dalle rispettive fidanzate di certi e in più i
pezzi grossi, quelli che Laura aveva chiamato qualche volta “boss”.
Certo,
uno di questi era il papà di Jacob...ma comunque...non cambiava le
cose...proprio no. Stare senza i Cullen...oddio...oddio...oddio...
-Calmati,
Samantha-. La voce di Edward aiutò a distendere i nervi. Respirai a fondo e
annuii, poi guardai a turno Seth, Jacob e la mia amica.
Ah!
erano tutti...tranquilli!
-Beh...credo
non ci siano problemi...- un sorriso forzato mi solcò il volto.
...Ok,
sono morta. Mortissima...
Seth
scavalcò il divano con un balzo e mi si accomodò vicino, mettendomi un braccio
intorno, come un cuscino.
Gli
sorrisi e lo baciai leggera, mentre Jake alzava gli occhi al cielo e Laura
continuava a sorridere come un hippy.
Grugnii
nella sua direzione e borbottai -Sei molto più allegra, da qualche giorno-.
Già,
altro dettaglio abbastanza importante: la mia amica era tornata normale.
Contenta, instancabile e rompiscatole.
Ricordai
di colpo quella notte. Era rientrata a casa in trance, con i capelli zuppi ed i
vestiti gocciolanti. Mi chiesi se fossero riusciti ad asciugarsi tra andata e
ritorno.
Le
andai vicino prima che lo facesse Jacob e gli chiesi -Dove accidenti sei stata?
Uscire con questo tempo...ti prenderai una polmonite!-.
La
trascinai sul divano, più distante da Bells, in modo che non s'inzuppasse anche
lei e corsi di sopra a raccattare qualche vestito asciutto. Quando scesi di
nuovo, la trovai nello stesso stato di prima. Sguardo perso, sorriso
accecante...sembrava una che ha appena visto Dio!
Naturalmente
la risposta era ovvia. Sapevo dove era corsa, chi aveva incontrato. Embry. Un
nome che rispondeva a tante domande.
Ed ora,
mentre quella ragazza mi stava davanti, guardandomi entusiasta, mi chiesi se
anch'io fossi stata o fossi così. La riproduzione perfetta di Barbie, o per
meglio dire del suo sorriso di plastica.
Dal
momento che non volevo formulare a voce quella domanda, lanciai un'occhiata a
Edward che poteva rispondermi comunque e sospirai sollevata quando fece cenno
di no in modo quasi impercettibile.
Dentro
di me, ipotizzai che Laura non sarebbe rimasta così. Di certo, la gioia che
provava in quei primi tempi sarebbe diventata più misurata ma, fino a che
l'effetto che la riappacificazione aveva avuto non fosse scemato, quel sorriso da ebete sarebbe durato. Ed io sarei dovuta essere molto, molto, molto paziente.
Il
cielo scuro non faceva vedere nemmeno una stella, coperto così com'era di nubi.
La spiaggia sembrava una massa senza contorni, il mare invisibile se non ne
avessi sentito il rumore, la scogliera somigliava a ombre tetre, perciò ci
puntavo poco lo sguardo.
E poi
c'era il fuoco. Una fiamma viva e calda in mezzo al nulla più assoluto. Lo
circondava un gruppetto di persone, il quale più della metà erano miei amici.
Strinsi
forte la mano di Seth, mentre con l'altra accarezzavo leggera la testa di Gab, che
dormiva nel marsupio che tenevo contro il petto. Il giovane sorrise guardandomi
con la coda dell'occhio mentre continuavamo ad avvicinarci a tutta quella
gente, poi mi sussurrò all'orecchio rendendo roca la voce, sapendo che non
avrei resistito -Andrà tutto bene...ti conoscono già-.
-Non
tutti- ci tenni a precisare.
Lui
rise e mi trascinò verso il cerchio, formato da tronchi d'albero che venivano
usati come panche. Laura era già lì accanto al suo Embry, che la stringeva a
sé. Li guardai un attimino e, dopo che lei mi ebbe fatto cenno di sederle
vicino, mi feci forza e compii gli ultimi due passi per sbucare dal buio
insieme a Seth.
-Ah,
guardate un po' chi è arrivato!- Quil sghignazzò e ci salutò con la mano,
allegramente. Sorrisi di rimando e li fissai tutti continuando a restare in
piedi. Notai subito Sue e Billy in mezzo agli altri, con le loro espressioni
più sagge.
Iniziai
a tremare mentre tutti aspettavano che mi mettessi comoda. Forse sembravo
peggio di Kim, eppure la maggior parte di loro sapeva che non ero poi così
timida dopo un primo tempo. Respirai e dissi –Buona sera a tutti- in italiano,
senza pensare che usare la mia madrelingua non conveniva.
Chinai
un istante il capo e incespicando ripetei in inglese.
Laura
mi guardò alzando un sopracciglio –Sbaglio o sei nervosa?- e Paul aggiunse
–Facciamo così effetto?-.
Li
fissai tutti e dissi cercando di alleggerire la mia tensione –Scusatemi…è che è
il primo…”raduno” a cui partecipo-.
-Ah,
ora è tutto chiaro. La seconda ragazza-vampiro dopo Bella si sente di troppo-
Emily mi parlò amichevole, sorridendo. Come avevo letto tante volte, non mi
soffermai sulla sua cicatrice, quella che le sfigurava mezzo volto.
Cercai
di ridacchiare per l’appellativo ma mi uscì un risolino strozzato. Gabriel si
svegliò di colpo iniziando a piangere.
-Oh
no…Gabriel, tesoro…- mi dondolai un pochino sulle gambe e sembrò calmarsi.
Jacob e il resto del gruppo ridacchiarono, mentre Sue teneva il suo sguardo
fermo su me, il nipote e Seth. Uno sguardo carico d’amore, di gioia.
Leah
aggirò il falò e mi si avvicinò chiedendo –Posso tenere il mio bel nipotino?-.
Con lei era facile andare d’accordo, strano ma vero.
Annuii
e tolsi il bambino dal marsupio per metterglielo in braccio. Lei gli regalò una
smorfia giocosa e si rimise seduta. D’improvviso capii che Seth non si sarebbe
accomodato finchè non mi fossi mossa io, così mi feci spazio accanto a Laura e
aspettai impaziente che anche lui mi si mettesse vicino, stringendomi a sé.
La
serata fu davvero emozionante. Restai colpita dalle leggende dei Queleute, o
almeno da quelle che già non conoscevo. Come avevo potuto sottovalutare una
popolazione tanto splendida in quel modo? Bah, non riuscivo a trovare una
risposta valida.
Io,
Seth e nostro figlio restammo a dormire a casa di Sue e Leah visto che si era
fatto tardi e non c’era più motivo di fare gli abusivi dai Cullen. Quella
notte, purtroppo, non dormii serenamente…
…Il
paesaggio che mi si stagliava davanti era splendido. Montagne. Montagne tutte
intorno e un paesino alla mia destra, un po’ staccato.
Lo
osservai di sfuggita, perché la mia attenzione era rivolta allo stupendo
laghetto ai miei piedi. Sembrava essersi formato da una fossa, dentro i resti
di una costruzione sotterranea di cui riuscivo a vedere le rovine. L’acqua
infatti era limpida, di una straordinaria colorazione celeste. Inizialmente
ipotizzai che fosse a causa del riflesso del cielo, ma alzando gli occhi vidi
che quello era coperto di nubi sottili, addensate tra loro.
Storsi
la bocca confusa, poi decisi che non era il caso di pensare a sciocchezze del
genere e iniziai a girare attorno a quella strana pozza d’acqua trasparente.
Mi
tuffai poco dopo gustandomi il contatto con la superficie liquida. Stavo bene
lì dentro, sembrava una piscina. Ma la pace durò ben poco, perché sentii le
risate di un gruppo di ragazzi avvicinarsi ed uscii veloce da lì. Me li
ritrovai davanti. Erano almeno una decina divisi equamente tra maschi e
femmine, ma di tutti solamente uno attirò la mia attenzione, perché subito
capii di aver attirato la sua. Gli andai incontro perché mi fece un cenno e
subito si presentò col nome di Andrea. Dissi a mia volta come mi chiamavo e mi
resi conto che avevo iniziato a tremare, gocciolante. Portavo indosso un
costume da bagno intero.
Anche
tutti quei giovani sembravano pronti a farsi un tuffo, ma Andrea, coi suoi
tratti ben delineati, gli occhi neri come i capelli ed un sorriso amichevole
sul volto, disse –Credo sarà meglio andare, no?-. Ed io annuii, senza capire
per quale motivo mi stesse parlando. Aprì lo sportello della sua auto grigia,
simile alla Volvo di Edward sul film e attese che mi accomodassi sul sedile
posteriore dandomi un asciugamano. Salì al posto di guida e mise in moto dopo
aver salutato gli altri. Seguimmo la strada fino ad arrivare davanti al paese che
riuscivo a vedere anche dal laghetto. Mi si mozzò il respiro notando la piazza,
larga, e un palazzo con una torre dove un grande orologio scandiva il tempo.
Degli uomini lo stavano restaurando, ma non me ne importò. Iniziai a gridare
euforica –Volterra! Questa è Volterra! I Volturi…loro sono qui!-. Andrea
aggrottò la fronte, lo notai dallo specchietto retrovisore e ripetè –I
Volturi?-. Io annuii e continuai a fissare ipnotizzata il palazzo dei Priori.
Poi tutto si fece buio e mi ritrovai stretta tra le braccia di Seth che
sussurrava al mio orecchio cercando di calmarmi –Era solo un sogno…sei a
casa….non a Volterra-.
Avevo
parlato nel sonno?
Eccomi
qui!!! uff questo capitolo non ha nessun evento particolare ma mi ha
dato filo da torcere xD allora...voglio dare una notizia a tutte voi,
mie carissime lettrici!!! Una volta terminata questa storia,
scriverò il seguito. Tutta una cosa a parte. Non metterò
"libro terzo". Il titolo non posso dirvelo perchè rivelerebbe
parti importanti del racconto xD (fatti che ci tengo a lasciare top
secret ^^) poi...uhm...ah sì! fate attenzione a tutti i sogni
che sto scrivendo su "The really dream" perchè non solo sono veri, ma certi hanno degli spoiler
che se state attente riuscite a cogliere, in quest'ultimo compreso. Ma
naturalmente ci tengo a precisare che non dovete pensare chissà
cosa -oddio sì, potreste anche, nessuno ve lo vieta
xD-...sarò muta come una tomba e continuerò a sperare che
mi restiate fedeli xD. Un immenso grazie a chi commenta, a chi l'ha
aggiunta ai preferiti o alle seguite :-D. A presto. Baci dalla vostra
Sammy Clearweater Cullen.
|
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Capitolo 32 *** E’ accaduto tutto così in fretta… ***
Capitolo 32
32. E’ accaduto tutto così in fretta…
I giorni erano passati rapidi, forse troppo, e a casa Cullen
iniziava a crescere la tensione. Una volta arrivati al mese di settembre, tutti
ci aspettavamo che da un momento all’altro Renesmèe rompesse quelle benedette
costole alla madre e causasse il panico generale.
Isabella, per prima, sembrava prepararsi a sopportare il dolore.
Ogni volta che la bambina dentro di lei dava qualche calcio ben assestato,
sussultava e si ritrovava con Edward e Rose già pronti a tirarla su e portarla
nello studio di Carlisle, ma poi si rivela un falso allarme. Pensai spesso che
Nessie lo facesse apposta. Me l’ero sempre immaginata dispettosa…bah.
Era il dieci settembre quando chiamai i miei genitori e li
informai che non sarei tornata a casa per la data prestabilita. Non era nei
miei programmi tornarci, così come non lo era per Laura, ma dovevamo calmare le
acque e far credere che tutto filasse liscio. Il piano che avevamo progettato
era doloroso, ma non c’erano altre alternative. Avremmo finto di essere morte
ed una volta arrivata la notizia alle nostre famiglie, avremmo potuto vivere
tranquille senza preoccuparci del fatto che avrebbero potuto capire che
nascondevamo qualcosa. Sì, eravamo convinte che altre soluzioni non ci fossero.
Carlisle stava già cercando nell’obitorio dell’ospedale di Forks due corpi che
potessero sembrare i nostri, per poi bruciarli e fingere un incidente…come ad
esempio lo scontro con un’altra auto –e di conseguenza il cadavere di un'altra
persona per rimpiazzare il fantomatico guidatore.
La cosa sarebbe andata a buon termine se una sera, mentre io,
Seth, Laura ed Embry guardavamo assieme a Jacob e Leah una partita di Baseball
in casa Black, la mia amica non avesse detto di colpo –Credo che io non abbia
bisogno di fingermi morta…-. Naturalmente ci ammutolimmo tutti e la fissammo
sbigottiti. Lei ci guardò e disse alzando le mani in segno di resa –Ehi…non ho
detto niente di strano! È solo che stavo riflettendo…i miei genitori sanno che
vivere qui in America è tutto ciò che voglio…li ho sempre assillati. Quindi,
basandomi su questo fatto, posso benissimo restare viva e non farli soffrire
inutilmente. Li chiamerò e dirò loro che la scuola qui è perfetta e che basterà
che loro mi inviino le rate da pagare- fece spallucce –Più facile di così
beh…si muore-. Sgranai gli occhi e ringraziai il cielo che mio figlio fosse
rimasto a casa Clearweater con Sue e Billy, perché iniziai a dire a voce
abbastanza alta –Da sola?! Vuoi farmi morire da sola?!- e Laura alzò un
sopracciglio e rispose incerta –Ehm…sì, se non vuoi fare come me…-. Respirai a
fondo, mentre Seth cercava di farmi rilassare accarezzandomi il viso e Jacob ed
Embry sghignazzavano. Leah ci fissava trattenendo le risate, e non aiutò molto.
Risposi alla ragazza con voce bassa, abbastanza controllata –Sai che non posso
fare come te. I miei genitori non mi farebbero mai restare qui! Mai e poi MAI!
Ma credevo che tu volessi fingere con me…non è giusto che io debba recitare la
parte del cadavere da sola…-. Mugugnai come una bambina che viene sgridata dal
padre e dalla madre. Leah osservò –Potresti almeno fare un tentativo, con i
tuoi. Tu digli le stesse cose che dirà Laura alla sua famiglia. Tentar non
nuoce-. Ah sì, la faceva così facile! Poi però iniziai a rifletterci. Mio padre
era debole di cuore, esattamente come lo era Harry Clearweater. Se gli fosse
giunta la notizia che ero deceduta, gli sarebbe preso un infarto per arrivare
quindi all’altro mondo? E mia madre, che aveva solo me e lui, si sarebbe
ritrovata sola? Non volevo infliggerle così tanti dolori. Mi soffermai a
riflettere sulla strana coincidenza che mamma e Sue avessero lo stesso nome. E
visto che una era vedova doveva diventarlo anche l’altra…Capitava così alle
anime gemelle come me e Seth? Avere nelle proprie mani il destino delle vite di
chi ci circondava e decidere se renderlo uguale per tutti? Tesi le labbra e poi
scossi il capo, cercando di scacciar via quei pensieri tanto macabri. Una volta
che ci fui riuscita, tentai di concentrarmi sulla partita di baseball, ma
quello sport, come tutti gli altri, non mi aveva mai appassionato. Mi ritrovai
a sonnecchiare con la testa sulle gambe di Seth, godendomi la sua mano calda
intenta a sfiorarmi un braccio, scaldandolo.
Un suono leggero mi fece riaprire gli occhi e mi accorsi di essere
distesa sul sedile posteriore dell’auto di Leah, con Seth alla guida. Mi tirai
su sbadigliando e osservai un po’ imbambolata il suo sguardo attento dallo
specchietto retrovisore. Mi guardai attorno nel veicolo ma non trovai Gabriel. Oddio,
dov’era mio figlio?! Spalancai gli occhi e subito l’assopimento svanì, mi
sporsi e dissi al ragazzo guardandolo –Dov’è Gab?! E…e perché siamo in
macchina?- argh, che confusione nella mia povera testa! Seth non distolse gli
occhi dalla strada e disse tranquillo, ma rapido –L’ ho lasciato da mia madre,
calmati. Ora dobbiamo solo arrivare a casa Cullen. Jacob ci sta seguendo-. Poco
ci mancava che parlasse a monosillabi o con l’alfabeto morse. Mi girai per
vedere se ci fossero altre auto dietro quella di Leah, ma non ne trovai.
Aggrottai la fronte e feci per parlare, voltandomi nuovamente verso il ragazzo,
ma lui disse prima –E’ sottoforma di lupo e Laura è con lui-. Ah, tutto chiaro.
La mia amica si stava facendo una corsa in groppa a un lupo rossiccio gigante.
Ma perché? Seth rispose anche a questo, come se avesse di colpo acquisito il
potere di Edward di entrare nelle menti altrui –Nessie. E’ arrivato il giorno
tanto atteso-. Okay, perfetto. Ci
furono massimo trenta secondi di silenzio, poi finalmente il cervello tornò a
reagire agli impulsi ed esclamai con enfasi –Che cosa?!-. Seth sussultò e mi
guardò con la coda dell’occhio –Ehi, ehi…Sammy, amore, calma. Andrà tutto bene,
e lo sappiamo-. Già, aveva ragione. Non c’era niente di cui preoccuparsi. Bella
sarebbe diventata una vampira e la figlioletta avrebbe incantato tutto col suo
strano fascino da ibrido. Magnifico. Dovevo soltanto calmarmi un po’. Arrivammo
dopo un po’ nel giardino di fronte casa Cullen ed io mi catapultai fuori
dall’auto prima che Seth aprisse il suo sportello, mentre quel bestione di Jake
compariva dal fitto del bosco circostante con Laura appiccicata alla schiena e
gli occhi sgranati. Immaginai che il viaggio le fosse sembrato peggio delle
montagne russe. Si lasciò scivolare goffamente giù dal dorso morbido e caldo di
Jacob e respirò per riprendersi. Subito le corsi incontro prendendola per un
polso –Su forza, entriamo den…- la parola “dentro” mi si strozzò in gola.
Quell’idiota di Jake era tornato alla sua forma umana. Tutto normale, direte
voi, invece no! Era nudo! Chiusi gli occhi e gridai scocciata e imbarazzata
–JACOB, PER LA MISERIA!- e sentii la sua risata –Ti scandalizzi per così poco?
Hai già visto qualcun altro nudo- ci tenne a precisare, sicuramente lanciando
un’occhiata divertita a Seth, che ringhiò sommessamente e gli lanciò qualcosa.
Ne sentii il fruscio, qualcosa come stoffa, che l’altro prese al volo. Aprii
gli occhi dopo qualche secondo e capii. Il mio ragazzo gli aveva dato i suoi
pantaloni…pure se gli stavano un po’ stretti, meglio di niente. Anche Laura
aveva tenuto gli occhi chiusi, mi chiesi se non avesse sbirciato. Io, quello
che avevo visto, stavo cercando di dimenticarlo. Ottimo senso del pudore. Seth
mi prese per mano di colpo e sobbalzai, ma mi lasciai trascinare da lui,
trascinando a mia volta Laura. Jacob ci seguì svelto. In casa, come previsto,
c’era agitazione. Alice stava seduta sulle scale massaggiandosi le tempie e
subito mi tornò in mente il fatto che non potesse prevedere come sarebbero
andate le cose. Per fortuna, eravamo arrivati noi per attenuarle il dolore alla
testa e poi, sapevamo già tutto, quindi…l’elfo dai capelli neri ci venne
incontro con un sorriso accecante. Emmett, seduto sul divano con Jasper,
sembrava impaziente e anche un po’ rassegnato. Immaginai perché. Rosalie stava
di sopra con Edward, visto che Carlisle ed Esme dovevano essere andati a
procurarsi altre sacche di sangue per la bambina in arrivo. Sul libro invece,
tutti i Cullen a parte i due pianisti e la veggente, sarebbero dovuti essere a
caccia. La scelta del branco di restare unito aveva cambiato le cose, forse in
meglio. Salii di sopra e lo stesso fece Jacob, che già si sentiva calamitato
verso Bella, o per meglio dire, ciò che le stava dentro. Entrammo veloci nello
studio di Carlisle e trovammo la ragazza semicosciente, che boccheggiava ad
ogni nuovo schiocco delle sue ossa spezzate. Ah già…eravamo arrivati proprio
nel momento spassoso. Ci volle un attimo prima che vedessi Rose acchiappare il
bisturi e tagliare il ventre di Bella, fissando poi con bramosia il sangue
intento a sgorgare a catinelle. Porca miseria! Imprecai e dissi –JAKE! PORTALA
VIA!- e lui obbedì mollandogli quella ginocchiata nello stomaco -che mi aveva
fatto sbudellare dal ridere mentre leggevo Breaking Dawn-, mentre Edward
fissava teso il taglio e l’espressione di sua moglie. Una maschera di dolore.
Gli andai vicino e dissi –Edward, fa presto, forza! Dopo tamponerò le ferite
per non farle perdere troppo sangue!-. Oddio, da quando ero diventata una
specie di ostetrica?! Il vampiro annuì e mi ritrovai a fissare i suoi denti
intenti a squarciare una membrana che sembrava pietra. Accidenti…che schifo.
Sentii chiaramente il suono stridulo, come un gessetto che graffia sulla
lavagna e strinsi i pugni per il fastidio, mentre un brivido mi correva su per
la schiena. Poi, vidi le mani di Edward tirare qualcosa fuori dal corpo
martoriato di Isa e potei ammirare Nessie. Tutto si svolse come previsto. Lui
sussurrò –Renesmèe…- e subito dopo lei esclamò –Dammela…voglio vederla- col
tono spento, distrutto. Prima che Edward porgesse la piccola alla ragazza,
avvertii –Ricordati che la morderà-.
-No, non credo lo farà- rispose deciso e mise Renesmèe tra le
braccia di Bells. Chissà perché, non la morse. Un altro insignificante
cambiamento. Bella ammirò la sua bambina, il suo angioletto, quello che aveva
chiamato stupidamente “il mio brontolone” e poi “E.J”. Sospirai. Io avevo più
gusto in fatto di nomi. Edward roteò gli occhi sentendo i miei pensieri e si
riprese la bambina, poi la voce melodiosa e perfetta di Rosalie riapparve
dietro le mie spalle –Dalla a me…è tutto apposto-. Il vampiro guardò me come
per chiedere conferma e annuii, poi le passò Nessie, che mi lanciò un’occhiata
fin troppo attenta per un esserino così piccolo. Scossi il capo e subito tornai
a fissare Edward, che sfiorò coi denti la pelle di Bella nuovamente, sui polsi,
le caviglie, il collo…e poi, la siringa con quello strano liquido dritta nel
cuore della giovane. Veleno. Il suo veleno. Tesi le labbra e poi iniziai a spingere
un panno sul grosso taglio che Isabella aveva al ventre. Le mani sporche del
suo sangue erano un dettaglio banale in quell’istante. Io ero lì per aiutare
Edward, per essere certa che l’amore della sua esistenza resistesse. –Grazie,
Samantha- sussurrò lui fissandomi, ed io alzai un istante lo sguardo per
incrociare i suoi occhi. Neri. Mmm…doveva essere un gran sacrificio vedere il
sangue di lei. Immaginai il bruciore alla gola e lui disse –No, va tutto bene.
Resisto perfettamente-. Ci credei. Me ne restai così, con le mani imbrattate di
sangue, lo sguardo fisso su Bella, per non so quanto, poi Edward mi tirò via
delicatamente –Non ce n’è più bisogno, ora si chiuderà-. Non capii
perfettamente, ma arretrai e quello che vidi fu stranissimo, sconvolgente. Il
taglio creato dal bisturi si stava rimarginando, mentre lei stava immobile,
come morta. La morfina…dovevano avergliela data prima che arrivassi con Seth e
gli altri.
-Puoi scendere, adesso. Dì agli altri che va tutto bene- la voce
di Edward era un po’ tremante, così non riuscii a resistere e gli strinsi la
mano, visto che mi era accanto. Lui voltò la testa per guardarmi e sorrise
mesto –Grazie ancora. Grazie di tutto-. Ricambiai il sorriso e lasciai la
presa. La sua pelle fredda si era sporcata col sangue che mi era rimasto sulle
dita. Lo vidi pulirsi subito per non essere tentato dal profumo. Mi girai e
scesi. Tutti gli occhi erano puntati su di me, a parte quelli di due persone.
Rosalie stava discutendo con Jacob per tenere la bambina in braccio. Guardai esasperata in alto e poi di colpo mi paralizzai. Jasper si era alzato e fissava un punto
preciso su di me. Le mani, macchiate del sangue di Bella. Smisi di respirare,
perché accadde tutto troppo in fretta. Lo vidi saltare verso di me, senza
controllo, ma Seth ed Emmett lo bloccarono rapidi e Alice mi si avvicinò tesa,
dicendo –Non ho fatto in tempo ad avvertirti…non credevo accadesse…è stato
improvviso-. La ignorai e poi sentii qualcuno tirarmi per un braccio, mi voltai
mentre il mio ragazzo ed il vampiro muscoloso portavano Jasper di fuori e
trovai Laura che disse tetra –Vieni di sopra, adesso- mi lasciai portare
in bagno e la osservai mentre mi sciacquava le mani.
-Tu.sei.una.pazza-. Le avevo fatto prendere un colpo. Stavo per
scusarmi, come mio solito, ma la vidi boccheggiare e portarsi una mano al
petto, dal lato del cuore. Sussultai e mi chinai su di lei, che era scivolata
in ginocchio ansimando e strizzando gli occhi. Oddio, oddio, oddio…mi ero
dimenticata dei suoi problemi cardiaci. –Laura, Laura! Cristo…- non sapevo che
fare, come aiutarla. Poco a poco sembrò passare e poi sussurrò –Zitta…sta già
passando-. Restai a fissarla in tensione e rimasi con le braccia tese verso di
lei anche quando si rialzò in piedi. Respirò a fondo e disse con voce
tremante, forse per lo spavento –Tu.mi.farai.venire.un.infarto.sappilo-.
Singhiozzai e la abbracciai –Scusa…scusami per favore…-. La sentii sbuffare,
poi mi scostò e disse –Piantala. Vedi? Sto già benone. E’ passata. Ora
scendiamo e andiamo a dire a Jasper che non deve farsi venire i sensi di colpa,
perché è prerogativa di quel depresso di suo fratello Edward-. Sorrise nel suo
modo allegro e riuscì a convincermi del fatto che fosse finito tutto. Tornammo
di sotto, ma non trovammo né Jasper né Alice. In compenso, c’erano gli altri,
ed erano arrivati anche Carlisle ed Esme. Li salutai. A quanto pare, gli
avevano già spiegato cos’era successo. Lei mi abbracciò e disse –Oh
piccola…devi esserti spaventata-. Ridacchiai tesa e rispose –Ne ho viste di
peggiori…potete dire a Jazz che è tutto okay? Non ce l’ho con lui, davvero…è
colpa mia, dovevo pulirmi prima di scendere-. Carlisle mi guardò paterno e
disse –Alice lo sta già tranquillizzando. Di certo gli dirà che è stato un
incidente-. Annuii poco convinta e poi, mi girai a guardare i due seduti sul
divano, e la creaturina che stava tra le braccia del licantropo. Nessie
incrociò il mio sguardo e sorrise. Diamine…era splendida. Tutto il suo papà.
Seth mi si avvicinò e bisbigliò al mio orecchio –Stai bene?-. Feci di sì col
capo e mi avvicinai alla piccola. Qualcosa mi spingeva verso di lei. Allora,
pensai, è proprio vero che incanta tutti quanti. Rose si accorse di me e
sorrise –Non è bellissima?-. Non fui capace di rispondere, ma continuai ad
osservare Renesmèe. La bambina allungò le manine verso di me. Ah guarda un po’,
già le piacevo! Stavo per prenderla in braccio, sotto lo sguardo possessivo di
Jacob che –dovetti ricordare- adesso sarebbe diventato veramente idiota,
ma poi ci ripensai e prima le dissi, come se fosse adulta e capisse perfettamente
–Allora, piccolina, adesso chiariamo una cosa: ti coccolo se tu non mi mordi,
okay?-. I suoi occhioni castani erano attenti, svegli. Mi sembrò perfino di
vederla annuire. Sbattei le palpebre sorpresa e poi la tolsi di dosso a Jake.
Lei non scoprì i dentini, restò con la bocca chiusa, ma sorrise. Aveva già i
capelli riccioluti e ramati. Era veramente un amore. Mi sarebbe piaciuto farle
vedere il mio Gabriel, ma lui era ancora troppo piccolo mentalmente,
rispetto a lei.
-Brava
Nessie! Lo vedi? Se non mordi le persone è più facile-. Risi e lei battè le
manine rosee.
Hola!
ecco il nuovo capitolo *///* la nascita della piccola pesticiattola xD
vi è piaciuta sotto il mio punto di vista? o preferivate quello
di Jake su BD? ^^ Allora...piccola informazione ^^ l'altra volta ho
detto che i sogni contengono spoiler, ma non solo di QUESTO racconto,
anche del sequel! sono tentata di dirvi il titolo, ma non posso XD.
E...uhm...ah sì...ho in mente una cosa per "The really dream"
che forse vi piacerà, anche se è una cosuccia picciola
picciola...indizio? c'entra Edward ^^. Grazie mille per i commenti del
capitolo precedente...e un grazie a chi legge e basta, a chi l'ha messa
tra i preferiti o tra le seguite. Bacioni da Sammy Cullen.
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Capitolo 33 *** Manca poco, poi mi farò quattro risate…credo. ***
Capitolo 33
33. Manca poco, poi mi
farò quattro risate…credo.
Passarono tre giorni. Tre giorni in cui tutti sembravano nervosi e in
cui tutto pareva terribilmente noioso. Edward non scendeva mai dal piano
di sopra, così se volevo parlarci ero costretta a salire io, e non mi
permetteva di restare a lungo, visto che c’era Bella in quello stato. Ogni
tanto avevo l’impressione che lo studio di Carlisle fosse diventato un
obitorio, o meglio, una camera mortuaria, con un cadavere che avrebbe riaperto
gli occhi di lì a poco. Certo, avrebbero avuto un colore diverso, più
inquietante, ma si sarebbero aperti. Ah, già mi immaginavo la scena. Sapevo che
si sarebbe svolta nel modo identico a quello descritto dalla Meyer. Per quanto
riguardava la figlioletta dei due, invece, avevo rinunciato già dopo la prima
volta a tenerla in braccio, perché pesava più di un qualunque neonato umano o,
come il mio Gab, provvisto di un DNA formato da ventiquattro coppie di cromosomi
invece che da ventitré. Anche lei ne aveva una in più, per questo Carlisle
parlava della possibile creazione di una nuova specie, quando sarebbe
cresciuta. Le affinità della bimba con Jacob erano innumerevoli, e questa
aumentava le probabilità che in un futuro –neanche così lontano- avrebbero dato
vita a nuovi piccoli…mutanti, o roba simile. Ma non era da me fare pensieri
sulla scienza, perciò smettevo molto presto di rimuginare sulle coppie di
ventitré, ventiquattro o venticinque cromosomi. Nessie aveva preso in simpatia
mio figlio, era gioiosa quando lo andavo a prendere da casa di Sue per
farglielo vedere. Ma ero titubante sul fatto di darle modo di toccarlo. Chi
poteva dire se le immagini che la piccola poteva trasmettergli lo avrebbero…non
so, ad esempio…urtato al sistema nervoso? Ah! diventavo paranoica, così mentre
le arruffavo i capelli ramati, sussurravo –Quando sarà più grande, Renesmèe,
potrai mostrargli tutte le cose belle che vedi, ma per ora è troppo piccolo,
rispetto a te…- e lei storceva un po’ le labbra rosee e carnose, ma non
ribatteva. Si limitava a trasmettermi un “va bene” col pensiero,
sfiorando un braccio con le mani. E poi, finalmente, arrivò il giorno tanto
atteso, in cui Bella diventò una vampira in tutto e per tutto.
-Voglio vederla! Emmett, non bloccare
così il passaggio!- era irritante sapere che i Cullen non mi avrebbero permesso
di osservare Bella trasformata. Se ne stavano tutti ammassati davanti alla
porta, con Alice che faceva capolino da dietro Jasper ed Esme che mi pregava di
tranquillizzarmi e di scendere di sotto per non correre il rischio di…brrr…solo
pensarci mi dava i brividi. Soltanto due vampiri avrebbero avuto il permesso di
mordermi, se proprio doveva capitare…ed erano Edward e Carlisle. Non
transigevo, perciò Isa doveva cercarsi il cibo altrove.
-Ma…Esme! Lo sappiamo tutti che non mi
attaccherà! Ha uno strano autocontrollo!-. La vampira stava per rispondere, ma
una voce melodiosa, quasi migliore di quella di Rosalie, disse –Non farò del
male a nessuno…- e sentii Edward subito dopo –Bella, amore, preferiamo non
rischiare. Sarà meglio andare prima a caccia, poi potrai vedere nostra figlia e
gli altri-.
-Renesmeè…dov’è?-
-Di sotto, Jacob è con lei-.
Ah già. Adesso avrebbe iniziato a farsi
mille domande, senza arrivare alla conclusione più ovvia! Nessuno infatti, le
aveva detto che il suo migliore amico licantropo avrebbe avuto l’imprinting per
la figlia. Ipotizzai che Edward ci tenesse troppo a vederle scoprire i denti
contro il ragazzo e che per questo fosse rimasto muto. Se avevo indovinato,
potevo ammettere che fosse tremendamente sadico…ma anch’io non speravo in una
scena più bella. Cercai ancora di sbirciare nella stanza, ma senza successo,
così brontolai un “siete ingiusti, ecco!” e mi sentii tirare per un braccio
subito dopo.
Mi voltai e incrociai gli occhi di
Seth, ed il suo sorriso divertito.
-Sempre la solita bambina testarda…-
disse, ridacchiando e sfiorando la punta del mio naso con l’indice. Feci una
smorfia e sospirai roteando gli occhi –Credo che non mi daranno modo di vederla
subito…-
-Esattamente-. La voce di Edward mi
giunse distintamente dall’ufficio di Carlisle. Tutti risero divertiti quando
mugugnai un “bell’amico che sei…” e poi lasciai che il mio amato licantropo mi
portasse di sotto, continuando a dirmi –Devi solo portare pazienza. O ci tieni
così tanto a farti ammazzare?- alzò un sopracciglio guardandomi sospettoso.
Ghignai sorniona e risposi stringendomi a lui mentre scendevamo le scale
–No…sono ancora troppo giovane per morire. Ed ho due bambini da accudire…- il
tono vago era studiato.
Seth sghignazzò amaro –Ah. Ah. Davvero
spiritosa-.
-Lo so…- sogghignai e mi aggrappai a
lui baciandolo. Era sempre difficoltoso, purtroppo. Non bastava che mi mettessi
in punta di piedi.
Lui mi accolse compiaciuto tra le sue
braccia chinandosi quel tanto che bastava e mi mordicchiò le labbra, poi
inoltrò la lingua e mi divertii a giocarci.
Qualcuno tossicchiò.
Ci scostammo subito e facemmo caso a
Jacob, Rose e Laura seduti sul divano, con Nessie che sbirciava da oltre le
spalle della bionda la scenetta che io e Seth le avevamo appena mostrato.
Avvampai –Ehm…scusateci…-. Morivo dalla
voglia di riprendere ciò che avevo lasciato in sospeso col mio ragazzo, e
mentre pensavo a tutto ciò che potevamo fare insieme, Laura disse interrompendo
i miei pensieri –Scuse accettate, ma potreste anche darvi una calmata. C’è una bambina,
qui-.
Il modo in cui aveva detto “bambina”
riferendosi a Renesmèe, mi fece ricordare quanto le stesse antipatica. La
odiava, credo, come si può odiare la pioggia –o il sole, se parliamo di gente
come me-, o la professoressa di matematica, o la scuola. La odiava come si
odiano le nuove fidanzate dei propri ex, o meglio ancora…la odiava come se
fosse la peste. Quella dei Promessi Sposi di Manzoni. Ah, ecco. Laura odiava i
Promessi Sposi. Bene, avevo trovato l’esempio perfetto.
Le lanciai un’occhiataccia che forse
doveva sembrare severa, ma lei la ignorò completamente. Avevamo già discusso
del fatto che potesse fare un piccolo sforzo per farsi piacere la bambina così
come si faceva piacere mio figlio, ma era una testone, molto più di me, quando
voleva.
Rosalie dal canto suo, sfruttò le
parole di Laura per lanciare una frecciatina a Jake –Veramente di bambini ne
vedo due…- col tono acido, certo. Non potevamo aspettarci che la voce fosse
serena.
E Jacob la guardò male, ma non rispose.
Si limitò ad allargare le braccia verso Nessie, che subito si illuminò e tese
tutto il corpicino verso di lui.
Erano carini insieme, in fondo. Ma
qualcuno non la pensava così. Non riusciva ad accettare il fatto che quella
bimba avesse occupato del tutto i pensieri di Jake. Laura scattò in piedi e
disse cercando di nascondere il tono scocciato –Vado a La Push da
Embry…salutate Bella da parte mia-. Non c’era molto entusiasmo in quella
richiesta. Di certo avrebbe fatto a meno di formularla, se non fosse sembrata
scortese.
Sbuffai e annuii, poi
prima che
scomparisse fuori dalla porta d’ingresso, le chiesi –Puoi
passare da Sue a vedere come sta Gabriel? Torniamo tra un po’
anche noi. Il tempo di
vedere Isabella e siamo a casa-. Naturalmente, non volevo sembrare la
ragazza
che diventa madre e ignora completamente i propri figli.
Stavo molto col mio bambino, perché mi
piaceva tenerlo stretto al petto, sentire il suo cuoricino battere e gli occhi
scuri brillare. Mi piaceva nutrirlo e accarezzargli leggermente la testa mentre
lo cullavo per far sì che si addormentasse, e mi piaceva sentirlo piangere
quando dovevo cambiarlo.
Gabriel era un raggio di sole, per me.
Un esserino benefico, che mi rasserenava. E lo amavo. Lo amavo troppo per
poterlo lasciare alle cure di sua nonna o di Leah, che lo adorava in modo
indiscutibile, quasi come se fosse figlio suo.
Chiusi gli occhi e sospirai pensando a
quanto mi sarebbe piaciuto tenerlo in quell’esatto momento.
Sentii il motore dell’auto di Jacob
accendersi e allontanarsi poco a poco, fino a non essere più udibile. Il suono
di una canzone fragorosa provenire dalla radio.
Di colpo mi paralizzai e fissai Seth.
Lui notò l’espressione sorpresa sul mio volto e subito chiese –Che c’è? Cos’
hai, Sammy?-.
Boccheggiai, poi dissi balbettando –Su
“Breaking Dawn”…mentre Bella è a caccia con Edward…lei dice di sentire il suono
di una canzone provenire da un’auto, sulla superstrada…-.
-Sì, e allora?-. Ancora non
ricollegava.
-Seth…se è come credo, vuol dire che
anche noi facciamo parte di un libro. Io e Laura…-.
Scoppiò a ridere, così come Jake che
aveva ascoltato divertito e disse –Sammy, ti sei fatta condizionare. E’
impossibile, una cosa del genere. Tu sei reale, Laura è reale e noi siamo
reali. Punto. La questione è chiusa-.
-M…ma…- non poteva essere così
semplice!
-Niente ma, Jacob ha ragione, amore. E’
tutto frutto della tua fantasia. Ti piace complicare le cose, renderle diverse
da ciò che sono-. Seth mi baciò la fronte e rise leggero –Le cose a volte sono
più normali di quello che sembrano-.
-O più inverosimili- obiettai.
-Non sempre-. Disse Rosalie, e
quest’ultima battuta mi smontò. Va bene, va bene…gliel’avrei data vinta.
Grugnii stizzita e aggirai il divano, chinandomi davanti a Jake e sorridendo a
Renesmèe –Tu che ne pensi, piccolina, uhm? Hanno ragione il tuo Jacob,
la zia Rose e Seth, oppure io?-.
Lei fissò tutti e quattro, poi si
soffermò indecisa su me ed il ragazzone che la teneva in braccio e allungò una
manina sulla mia fronte.
Jacob.
Sospirai. Anche lei era contro di me! Eppure, anche
frustrata com’ero, un sorriso mi solcò le labbra e la fissai. Era una bambina
dolcissima e non riuscivo a prendermela sul serio con lei.
-D’accordo…darò ascolto a te-. Le
accarezzai il viso e lei mi regalò una splendida visuale dei suoi dentini
splendenti.
-Che ti ha detto?- la voce di Jacob era
curiosa, ma percepii un tono che forse, se fosse stato meno bravo a celarlo,
avrei riconosciuto come gelosia. Ridacchiai e risposi –Il tuo nome. Te lo
ricordi, vero?-. Sghignazzai seguita da Seth e Rose, mentre lui diventava
raggiante e stringeva un po’ di più Nessie –Le piaccio-.
Sarà stata la cinquantesima volta che
lo ripeteva.
Non ricordo esattamente quanto tempo
passò prima che Edward e Bella tornassero a casa dalla caccia, ma lo capii –pur
non sentendoli correre ed entrare in giardino- grazie al fatto che Jake si alzò
ed uscì, dando la bambina a Rose.
Seth fece un passo per seguirlo e lo
bloccai per un polso –Ehi, aspetta! Perché vai anche tu?-.
E lui mi sorrise –Starò solo di
guardia. Jake vuole accertarsi che Bella sia in grado di…controllarsi-.
Un'altra scena del libro mi passò davanti. La ricordavo perfettamente. Annuii e
dissi –Okay, okay…ma fa attenzione…e dopo non metterti in mezzo!-.
Lui aggrottò la fronte –Dopo quando?-.
Oddio…non ditemi che davvero non sapeva che Isa lo avrebbe attaccato! Per la
miseria!
I Cullen scesero dal piano di sopra e
si avvicinarono. Emmett già sghignazzava, ed Esme lo ammonì con lo sguardo.
Continuò imperterrito, cingendo Rose
con un braccio muscoloso quando lei si avvicinò, tenendo la piccola Nessie in
braccio.
-Ora inizia il divertimento…- disse
ridendo, e Rose gli diede una leggera gomitata, trattenendo a sua volta un
ghigno divertito. Roteai gli occhi e fissai la scena che si svolgeva in
giardino.
Seth si era trasformato con un balzo,
esplodendo in una massa di peli color sabbia, Leah invece era comparsa dal
bosco circostante, già sottoforma di lupo, coi denti scoperti verso Bella e lo
sguardo attento. Non si fidava di lei. Tesi le labbra, poi incrociai lo sguardo
di Edward, vicino a sua moglie, per un istante e lo osservai mentre diceva al
licantropo –Piano, Jacob-. E l’altro si lasciò sfuggire un ringhio sommesso,
quasi un guaito, di preoccupazione per poi rispondere –Pensi che sarebbe meglio
lasciarla prima avvicinare alla bambina?-. Un attimo di silenzio, prima di
aggiungere rapido e deciso –E’ più sicuro vedere come si comporta con me. Io
guarisco in fretta-.
Notai l’espressione di Bella, qualcosa
che mi ricordava la nausea. Di certo non le piaceva sentir dire certe cose.
Fissò Edward ansiosa, e ricordai quando le passò per la mente che fosse stata
un’idea sua, ma anche lui era preoccupato. O almeno, lo fu per un po’, prima di
alzare le spalle e dire ostile –Come credi, la gola è tua-.
Leah gli abbaiò contro e Seth le diede
una spintarella per farla calmare. Immaginai i loro discorsi pensati.
La mia attenzione era incentrata sulla
vampira neonata. La tensione sul suo viso, ora bellissimo, perfetto, traspariva
in modo tremendo. Si sarebbe visto lontano un miglio che non capiva un
accidenti di quel che stava accadendo! Poi di colpo, seppi che Jacob le
sorrise, pur vedendolo di spalle, perché così era stato scritto da Stephenie.
-Devo dirtelo, Bells. Sei un fenomeno
da baraccone-. La sua voce era calda, amichevole. Quel tono che si usa tra cari
amici. Lei sorrise di rimando, poi Edward grugnì –Guardati allo specchio,
bastardo-. Il vento soffiò all’improvviso. Ne sentii il suono, il sussurro
smorzato. Bella inspirò profondamente ed il suo sguardo schizzò un solo istante
su di me, ma invece che saltarmi alla gola, scoprì i denti per sorridermi,
proprio come aveva fatto con Jake.
Sospirai rasserenata ed il cuore
ricominciò a battere a tempo stabile.
Quando parlò, ammirai la nuova
sfumatura della voce, con un intonazione più acuta, come lo scampanellio di
Alice, ed un tono melodioso come tante campane dal suono basso, più simile a
quello di Rosalie od Esme.
-No, ha ragione. Gli occhi sono proprio
strani, vero?-.
Emmett trattenne le risate quando la
conversazione continuò così:
-Super-spaventosi. Ma non brutti come
pensavo-.
-Ehi…grazie per il bel complimento-.
Non potevo dargli tutti i torti.
Sentirli era una cosa davvero comica. La coppia di amici più stravaganti che ci
fossero, di sicuro.
Jacob ridacchiò di nuovo e mi distolse
dalle mie osservazioni –A ogni modo, credo che mi abituerò presto a quegli
occhi-.
-Davvero?- chiese lei, confusa, ma il
licantropo non le rispose nuovamente e si rivolse ad Edward –Grazie- gli disse
–Promessa o no, non ero sicuro che riuscissi a non dirglielo. Di solito
esaudisci ogni suo desiderio-.
-Forse spero che si arrabbi e ti
strappi la testa- insinuò Edward con le labbra tirate in un ghigno.
Sbuffai nello stesso attimo in cui lo
fece Jake, poi mugugnai sapendo che mi avrebbe sentito –Edward! Ci tengo
anch’io a vedere la scena ma…cavolo, un po’ di tatto!-.
Lui rise, così come Emmett e Rose, ma
Bella girò un po’ la testa e mi fissò –Cosa? Quale scena, scusa?-.
Ops. Ma perché non stavo zitta?!
Ridacchiai nervosa e balbettai –Niente,
niente! È una storia lunga, Bella!-. Lei alzò un sopracciglio sottile e tese le
labbra incerta sul fatto di ignorare o insistere. Esultai mentalmente quando Jake
disse svelto per far cadere il discorso –Ti spiego dopo-.
Grazie, mio salvatore…
Ta
daaaaaan!!! ecco il nuovo capitolo xD è corto, ma solo
perchè non voglio correre troppo e in più, ci tengo ad
aggiungere che una parte dei dialoghi è opera della Meyer, e che
non li ho copiati a scopo di plagio, ma solo per rendere al meglio la
scena. Ringrazio nel mio solito modo pigro chi commenta, chi legge e
chi la aggiunta a preferiti o seguite xD grazie infinite! ah! in
più, aggiungo alcuni disegni che ho fatto ^^ un pò in
ritardo, perchè riguardano attimi della storia già
passati, ma vabbè...sempre meglio di niente xD
Okay...solo uno -.- tutta colpa del sito hosting che non mi carica gli altri disegni T^T sigh...>.<
a presto! cercherò di metterci gli altri =_=.
Bacioni!
By Sammy Cullen
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Capitolo 34 *** Il sogno preoccupante e la rabbia di Bella ***
Capitolo 34
34. Il sogno preoccupante e la rabbia di Bella
In quei tre giorni di
attesa, aspettando che Bella si svegliasse vampira, un sogno mi aveva
tormentato durante la notte. Era sempre lo stesso, e così vivido
–reale-, da essere riuscita a ricordarne i dettagli. Mi
spaventava, perché racchiudeva tutto ciò che non avrei
mai voluto vivere. In più, il brutto dei miei sogni, era che non
sapevo se c’entrassi solo io, o se anche le persone che amavo
rischiassero qualcosa. Era frustrante. Sentirsi così potenti ma
al tempo stesso inutili. Se avessi avuto la certezza…o se almeno
quegli episodi avessero avuto un senso preciso…invece no.
Supposizioni. Solo stupide e snervanti supposizioni.
Nella stanza non
c’erano altro che un comodino, una lampada accesa sopra di esso
per permettermi di leggere e la sedia sul quale mi trovavo seduta. Per
il resto, oscurità. Oscurità in ogni più piccola
parte di quel luogo. Ma io ero tranquilla perché, in fondo,
avevo tutto ciò che mi serviva: un po’ di luce e qualcosa
per passare il tempo. La copertina di quel libro era blu scuro, o forse
nero, non saprei dirlo tutt’ora con certezza. Aprii più o
meno alla metà superata, come se avessi memorizzato il numero
sul limitare della carta, ed iniziai a leggere con sicurezza:
“…Sammy dormiva serenamente su quel letto troppo grande e
troppo duro, dopo essersi rigirata stancamente milioni di volte, forse
stando scomoda. Lui, Marcus, le si era messo accanto non appena Morfeo
era riuscito a farla cadere nel sonno più profondo, seduto
vicino a lei, fissando quel volto rilassato e le labbra schiuse. Gli
piaceva, si sentiva attratto da lei, non tanto sentimentalmente quanto
per una questione di carattere, di pensieri. Per lui, difatti, Sammy
aveva una mente curiosa. Forse, solo un pochino contorta. Era questo
ciò che pensava della ragazza, mentre la osservava dormire. Ad
un certo punto, nel silenzio, lei parlò. Con voce flebile,
così bassa da essere quasi impercettibile, e sussurrò
-…Demetri-. Marcus restò sorpreso. Demetri? Perché
nominava quel vampiro invece di lui? lui che le era stato un po’
più vicino degli altri? Non riusciva davvero a spiegarselo, e
forse fu anche questo ad innervosirlo. La risata arrivò alle sue
spalle. Quel suono tranquillo, caldo, suadente. Ed Aro gli si
avvicinò, osservando a sua volta la giovane, e dicendo –Ti
avevo già detto di non fidarti, di non lasciarti incantare da
lei, fratello-. Le labbra sottili erano inclinate a formare un
ghigno, ma non uno di quelli perfidi soliti di Caius. Era più
delicato, quasi inesistente. Una scintilla che scomparì in un
istante. E Marcus non seppe cosa rispondere, osservò ancora il
viso di Sammy in silenzio, così l’altro continuò
–Per un oltraggio del genere, ci vuole una punizione…-.
Queste parole fecero alzare gli occhi di Marcus per fissare il suo
compagno. Punizione. Già, gli era sembrato strano che ancora non
parlasse di mettere fine alla vita di qualcuno. Attese pazientemente
che terminasse con –Se per te va bene, l’esecuzione si
terrà tra tre giorni minimo-, e quindi gli rispose, con tono
accondiscendente –Sì, può andare. Non ho nulla in
contrario-. Sogghignò mesto, come per rendere più
credibili le proprie parole. C’era una cosa, infatti, che Aro non
sapeva: Marcus gli aveva appena mentito…”.
Un rumore. Un rumore che arrivava da oltre la stanza buia, da oltre
quella realtà sospesa, creata dal mio subconscio. Un suono, e
riaprii gli occhi. Gabriel piangeva nella culla in cui da bambino
dormì il mio amato Seth. Guardai l’orologio alla parete
della stanza e vidi che erano le cinque di mattina. Era troppo presto
per andare dai Cullen.
Terzo giorno. Dopo la prima caccia di Bella.
-Prima di tutto, diamo inizio allo spettacolo-. Jacob sorrideva nel suo
modo speciale, quello allegro, accecante. Mi chiedevo quando si sarebbe
deciso a sputare il rospo.
Leah guaì da dietro gli alberi e fece capolino, tesa. Dietro di
lei Seth osservava attento la scena, ed io osservavo attenta lui. Ci
avrebbe rimesso, me lo sentivo.
-Tranquilli ragazzi, statene fuori-. Jake continuava ad avanzare verso
Bella con passo lento, il che rendeva più snervante
l’attesa.
Iniziai a sudare freddo, pregando che qualcosa cambiasse il corso degli
eventi all’ultimo minuto. Non mi andava davvero di assistere alla
scena di Seth che si faceva rompere le ossa da Bella solo per
proteggerò quell’incosciente di Jake.
Sbuffai, e restando ferma in posizione dall’erta, continuai a fissare intesamente quest’ultimo e la neonata.
-Tranquilla, non accadrà niente di grave…- la voce pacata
di Carlisle mi arrivò da molto vicino, così mi voltai
sussultando e incrociai i suoi occhi più dorati di quelli del
resto della famiglia Cullen. Iniziai quasi senza rendermene conto a
mangiucchiarmi le unghie e risposi mugugnando –Seth si
farà male…-
-Ma guarirà in fretta-. Rispose lui, saggiamente.
Era impossibile controbattere, soprattutto se a parlare era quel
vampiro con così tanta esperienza e compassione. Mi arresi
all’evidenza dei fatti: il mio ragazzo non avrebbe corso
pericoli, tranne qualche frattura qua e là…
Tremai al solo pensiero.
Sentii la mano gelida di Carlisle posarsi sulla mia spalla, ci misi
sopra la mia sospirando e ringraziandolo, con tutta la gratitudine che
potevo avere nei suoi confronti.
-Su Bells, fai del tuo peggio-. Jacob parlò, di nuovo.
Bella si immobilizzò e capii subito che aveva smesso di
respirare, guardò il suo migliore amico con un’espressione
tesa e incerta. Non era sicura di ciò che avrebbe potuto
combinare, così, quando vidi le sue labbra muoversi senza creare
alcun suono, ipotizzai che stesse sussurrando ad Edward “tienimi
stretta”, rannicchiandosi poi contro il suo petto e lasciando che
lui la tenesse per le braccia.
Fece qualche respiro profondo, concentrandosi, e poi quando
riaprì gli occhi, capii che qualcosa era cambiato, ed io
naturalmente ne ero la causa.
Gli occhi si scurirono di colpo e con slancio, cercò di venire
contro di me, ma Edward, una volta capita la sua traiettoria, mantenne
la stretta e Jacob cercò di alleggerirgli un po’ il peso
spingendo indietro Bella, che teneva i denti scoperti fissandomi.
Oh! Perfetto! E con questo fanno due vampiri assetati del mio sangue o di quello che mi resta tra le dita!
Non arretrai, non ne avevo
la minima intenzione. Continuai a guardarla negli occhi, poi dissi solo
–Bella, sei capace di controllarti. Io lo so. Se smetti di
respirare, passerà tutto-. Lei ascoltò cercando ancora di
dibattersi, poi man mano smise di fare resistenza e così ripetei
–Devi solo smettere di portare aria nei polmoni-.
Il suo sguardo tornò lucido, allora, rosso acceso dopo la
caccia, e mi guardò in imbarazzo sussurrando
–Scusa…non volevo…-
Sorrisi –E’ comprensibile, no? Sono sicuramente più appetitosa di Jacob-.
Tutti i Cullen risero leggermente, a parte Emmett che sghignazzò
ed Edward, che mi lanciò un’occhiata di rimprovero. Feci
spallucce, immaginando cosa avrebbe detto di lì a poco:
“Devi sempre fare del sarcasmo per minimizzare, proprio come
Bella, eh?”.
Roteò gli occhi sentendo la sua voce nella mia testa. Gli avevo rubato davvero le parole di bocca.
Jacob invece tese le labbra e disse –Forse non dovremmo farle
vedere la bambina…- e questo scatenò l’irritazione
di Edward, che rispose –La terremo d’occhio, cane. Ma ha
tutto il diritto di vederla-.
-E’ pericolosa! Hai appena visto cosa ha rischiato con Sammy!-.
Il vampiro sospirò, ma ignorai la sua reazione o quella del
licantropo e mi soffermai su Isabella. Era confusa e allo stesso tempo
impaziente. La stavano privando dell’unica cosa –a parte
suo marito- che contasse davvero: Nessie.
Decisi di parlare, di darle una mano –Credo che Renesmèe
corra meno rischi di me. Per metà in fondo, è una
vampira. Il suo odore susciterà molta meno sete in Bella, no?-.
Gli occhi di tutti si puntarono su di me, e mi sentii a disagio,
così tossicchiai –Io non riuscirei a stare lontana da
Gabriel…vorrei poterlo vedere-. Ero l’esempio materno
migliore, in quel frangente.
Carlisle disse dopo un breve silenzio –Forse hai ragione-. Si
voltò verso suo figlio –Edward, tienila comunque
saldamente-.
Lui annuì attento, ma Bella ignorò il fastidio del
contatto, o tutto il dialogo. Mi sorrise riconoscente e pensai che le
sarebbe dispiaciuto avermi per merenda. Prima di entrare in casa con
gli altri, lanciai un’occhiata a Seth, che mosse il muso come per
dirmi di non stare in pensiero per lui. Sì, facile a
dirsi…
La bambina era dentro, in braccio a Rose, l’unica che, oltre Jake
–che ora si sbrigava a pararsi davanti alla bionda con fare
protettivo-, l’aveva stretta a sé per la maggior parte del
tempo. Subito Nessie osservò i suoi familiari rientrare in casa,
e Rosalie si alzò dal divano, aspettando che Bella vedesse la
piccola, intenta a sporgersi oltre il corpo massiccio di Jacob.
La vampira neonata fissò la creaturina con incredulità e
disse –E’ nata solo da due giorni?- come se non fosse
figlia sua.
Era anche vero, che Nessie dimostrava varie settimane, se non mesi.
La bimba iniziò ad esaminare la propria madre attentamente, con
lo sguardo serio e consapevole. A me ormai non faceva più senso,
non mi stupiva, ma per Isabella, fu una sorpresa. Restarono così
per qualche attimo, poi Renesmèe poggiò una mano sul viso
di Rose, decisa, e quella rispose dolce –Sì, è
lei-, prima che il visetto incorniciato dai capelli ramati
s’illuminasse in uno splendido sorriso fatto di tanti e perfetti
dentini bianchi.
Bella, senza rendersene conto, credo, fece un passo avanti, e subito
Emmett e Jasper scattarono, pronti a tenerla se fosse servito, ma Alice
disse scocciata –Oh, datele un po’ di fiducia!- e
così fecero, restando fermi.
Edward seguiva sua moglie come un’ombra, sempre con una mano a
tenerle il braccio, per sicurezza. Lei sussurrò –Sto
bene-, ma poi aggiunse per stare più tranquilla –Restate
vicini, non si sa mai-. Jasper attento, osservava ogni suo più
piccolo spostamento, e ne controllava le emozioni.
La bambina subito iniziò a muoversi frenetica tra le braccia di
Rose, desiderosa di stringersi alla propria madre. Ma quando Edward
mollò la presa, lo sentii dire a Jasper che potevano stare
tranquilli, che non c’erano altri rischi.
Bella non mi guardò, e capii che aveva smesso di respirare per
sicurezza. Si avvicinò, e fece per prendere la bambina, ma
Rosalie e Jacob non erano ancora sicuri di poterle dare fiducia,
così Edward disse –Ascoltate, durante la caccia ha sentito
il profumo di alcuni escursionisti che si trovavano nel posto sbagliato
al momento sbagliato…-.
Silenzio. Silenzio tombale. C’era da aspettarselo, ma per chi
già conosceva la storia e le reazioni, era tutto molto noioso,
monotono. Io ed Alice, a parte Edward, eravamo le più
tranquille, e poi c’era Carlisle, che aveva letto i libri
–così mi avevano raccontato agli inizi- facendo da
portavoce per il resto della famiglia.
Gli altri, erano abbastanza sorpresi, e Jasper scuoteva il capo
ipotizzando il peggio. Avevo sempre provato una strana simpatia, anche
se era silenzioso e più enigmatico di Edward.
Mentre tutti continuavano a fissare Bella, lei mugugnò il nome
di Edward per richiamare la sua attenzione e lui le accarezzò un
braccio –Sono solo arrivati troppo presto alle conclusioni
errate. Non immaginano quanto tu sia forte-.
Alice roteò gli occhi e disse –Bella battuta, Edward-, il
suo compagno, invece, restò a bocca aperta
–Aspetta…non ha attaccato gli umani?-.
-Stava per farlo- rispose l’altro, col tono compiaciuto nel poter
raccontare –Era completamente concentrata sulla caccia-.
E mentre lui raccontava l’episodio ai fratelli, io decisi di
uscire da lì, superando il giardino ed entrando nel boschetto
circostante. Mi piaceva stare un po’ in pace, ogni
tanto…soprattutto se non c’era nulla di nuovo di cui
discutere. Nulla che non avessi già letto ed immaginato con i
miei occhi. Mi misi seduta su un ramo basso, con la schiena poggiata al
tronco, tenendo chiusi gli occhi. Le braccia rilassate cadevano lungo i
fianchi, penzolando.
Non capii bene quanto tempo passai così, ma non direi più
di qualche minuto, prima che qualcosa di umido non sfiorasse il palmo
sinistro. Sobbalzai e mi ritrovai a fissare Seth, ancora sotto le
sembianze di lupo. Sorrisi e lui scodinzolò causando un attacco
di risa.
Scivolai giù dall’albero e mi misi a gambe incrociate sul fogliame, accarezzandogli il pelo liscio e sabbioso.
-Sai…non avrei mai immaginato una vita del genere- sussurrai,
continuando a coccolarlo come se fosse solo un animale. Lui, che aveva
poggiato la testa sulla mie gambe stendendosi di lato, alzò gli
occhi umani sul mio viso guardandomi confuso e incerto, e risi di
nuovo, leggera.
-Non me ne sto lamentando, Seth-. Gli diedi un bacino su quella che
sarebbe stata la guancia e lui latrò. L’unico modo per
imitare una risata. –E’ solo che…sembra troppo
perfetta. Ho paura di svegliarmi, un giorno, e di non trovarti accanto
a me, di non sentire il pianto di nostro figlio o poter parlare con
Edward e tutti gli altri…-.
Guaì e alzò il testone leccandomi la faccia. Feci una
smorfia e poi aggiunsi –Sono solo pensieri stupidi di una
ragazzina stupida-. Ringhiò sommessamente, forse per ribattere,
per farmi capire che non era d’accordo. Lo fissai alzando un
sopracciglio e dissi –Potresti tornare umano per cinque minuti?-.
Lui si lasciò sfuggire un altro latrato e poi, di colpo,
osservai il suo cambiamento, la mutazione.
La pelliccia si accorciava man mano, ed il muso si rimpiccioliva,
schiacciandosi e deformandosi, il resto del corpo, poco a poco
somigliava a quello di un giovane.
Era stupendo vedere una cosa del genere. Non mi faceva senso, né
mi spaventava. Era solo terribilmente affascinante. Quando le mie mani
sfiorarono di nuovo una massa ispida, erano solo i suoi capelli. Si
rigirò, tirandosi su per potermi guardare negli occhi e sorrise,
senza proferire parola. Gli presi il viso trascinandolo verso di me e
lo baciai con foga. Era un bisogno, quello che sentivo. Fremetti
leggermente quando capii di essere sotto di lui, privo di vestiti, che
continuava a giocherellare con la mia lingua permettendomi di fare lo
stesso con la sua. Mi scostai solo per riprendere fiato e dissi
sghignazzando –Ora sì che mi piace parlare con
te…mi stavo stancando a rivolgere la parola a un animale-.
Rise e scese con le labbra fino al mio collo, mordicchiandolo
–Immagina quando nostro figlio ci chiederà un cane per
regalo di Natale, o di compleanno…-. Socchiusi gli occhi e lo
feci risalire –Lo accontenteremo…-. Ero già senza
fiato.
Seth mi accarezzò i capelli e disse, rispondendo al discorso
precedente –Questo è un sogno, Sammy. Il più bello
che io e te potessimo vivere…insieme, almeno-.
Sorrisi tra me e mi strinsi a lui abbracciandolo, sfiorandogli
l’orecchio con le labbra –Spero di non svegliarmi mai,
allora…-. Ridemmo entrambi, felici, persi, per poi baciarci di
nuovo. Uno sbuffo ci fece scostare subito, costringendoci a voltarci
per osservare Leah che teneva il suo sguardo scocciato su di noi. Seth
sospirò e si ritrasformò immediatamente allontanandosi da
me. Mugugnai un “prendete troppo sul serio il vostro
lavoro” e lei latrò proprio come il fratello
precedentemente. Mi alzai e prima di rientrare in casa gli dissi
–Se Bella salta contro Jake, non mettetevi in mezzo, per favore-.
Loro si guardarono eloquenti e poi annuirono con i testoni pelosi verso
di me, ma capii che non mi avrebbero dato retta.
Grugnii spazientita e non feci in tempo a mettere piede sulla veranda
che sentii il grido di Bella –Stupido imbecille! Come hai potuto?
La mia bambina!- e vidi Jacob uscire veloce, arretrando sui
gradini, superandomi e arrivando nel giardino.
-Mica l’ ho deciso io, Bella!- rispose lui cercando di alleggerire la situazione, ma senza successo.
-L ’ho tenuta in braccio una sola volta, e già pensi di
avere qualche pretesa idiota da lupo su di lei? Lei è mia-.
-Me ne basta un po’…- disse implorante Jake facendo qualche altro passo indietro.
Emmett se ne uscì con –Pagare prego- verso Jasper, e
dovetti trattenere le risate. Bella mi superò quasi senza far
caso a me, seguendo passo, passo il suo amico, con sguardo omicida.
-Come hai osato avere l’imprinting con mia figlia? Sei fuori di testa?!-.
-Non è una cosa volontaria!- insistette lui, arrivando fino agli
alberi dal quale ero sbucata io. Subito Seth e Leah fecero capolino, e
il lupo grigio abbaiò contro la vampira. Strinsi i pugni e feci
un passo avanti, incerta. Cosa avrei fatto se Seth si fosse davvero
messo in mezzo? Tremai sentendo il ringhiò di Bella, e Jake che
continuava a dire –Puoi provare ad ascoltarmi solo per un
secondo? Per favore?-, poi gridò verso Leah, spazientito
–Leah, torna indietro!-, ma quella restò immobile
scoprendo i denti.
-Perché dovrei ascoltarti?- Bella ormai non parlava, sibilava nel senso letterale della cosa.
Jake le ricordò delle sue parole, quelle che gli aveva rivolto
da umana, sul fatto di sentirlo parte della famiglia, più o
meno, come un fratello. Mi schiaffai una mano in faccia. Era senza
speranze. Stava portando il mio Seth al patibolo!
-Pensi di poter far parte della mia famiglia come genero!- gridò
lei, sputando l’ultima parola. Emmett rise, mentre Esme
sussurrò –Fermala, Edward…non penso che sarà
felice di fargli del male-. Ma nessuno le se avvicinò.
Per un attimo fui tentata di farlo io, poi la vocina nella mia testa mi
disse che era meglio non rischiare di farmi ammazzare da Isabella col
semplice colpo di un dito sulla fronte.
Persi qualche parte del discorso ragionando su come comportarmi, sentii
di sfuggita Edward dire –Fantastica, non è vero?- e poi
arrivai a concentrarmi di nuovo sulla scena proprio nel momento che
avevo temuto e atteso impazientemente.
-Dai, Bells! Anch’io piaccio a Nessie!- Jacob aveva fatto un buco
nell’acqua ogni secondo passato, ma questo era il più
profondo. Bella sgranò gli occhi e ringhiò –Hai
dato a mia figlia il soprannome del Mostro di Loch Ness?-.
Balzò verso la gola del ragazzo e vidi Seth scattare per mettersi in mezzo.
-No!- gridai.
Ma troppo tardi.
Angolino autrice
Eccomi! dio che fatica! questo
capitolo non voleva uscir fuori xD adesso mi impegnerò per
scrivere il prossimo ù.ù e cercherò di essere
più veloce! spero che le vostre vacanze siano iniziate bene ^^
Grazie infinite a chi legge e/o commenta.
Bye byeeee ^^
Sammy Cullen
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Capitolo 35 *** Paure ***
Capitolo 35
Non ero riuscita a decidere
con chi prendermela, sapevo solo di essere tremendamente nervosa, coi
nervi a fior di pelle. Era colpa di Jacob, che era riuscito a usare le
parole sbagliate nel momento sbagliato? Di Bella? Che sarebbe stata
comunque difesa da Edward sotto le mie accuse soltanto per il semplice
fatto di essere una neonata? O, per finire, era stata colpa di Seth?
Del mio adorato Seth? Che si era messo prontamente in mezzo ai due
amici per salvare la pellaccia a Jake? No. Non riuscivo davvero a
decidere, così, per semplificare le cose, mi ero ritrovata ad
avercela con tutti e tre. Carlisle finì di fasciare la spalla al
mio ragazzo, dicendogli di restare immobile per un’oretta e
mezzo, se non di meno, poi dopo avergli arruffato in modo quasi paterno
i capelli, scomparì di sopra, nel suo studio. Edward continuava
a scusarsi al posto della vera colpevole, sua moglie, che
quell’unica volta in cui provò a dire –Seth
io…-, venne bloccata immediatamente dal mio fidanzato che
ribattè veloce –Non ti preoccupare Bella, sto benissimo-.
Ecco. Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Edward stava per
aggiungere, lo sapevo bene, parole di conforto, per scagionarla,
diciamo, ma mi alzai dalla mia sedia, portata vicino al divano sul
quale stavano solo lei ed il licantropo, con il mio amico vampiro
seduto a terra, ed esclamai –Oh! Certo! Continuate a dire che va
tutto bene! Che non è successo niente!-. Emmett comparì
dalla porta che dava sul garage, incuriosito. Già si gustava la
scenata, mentre Jasper si teneva pronto per calmarmi un po’ ed
Alice mi fissava stupita. Era bello non essere “previste”
ogni tanto. Edward tese le labbra e si mise in piedi –Sammy,
smettila-.
Ah…il tono autoritario, quello da “io ho cent’anni più di te quindi posso sgridarti”.
Sentì la mia frecciatina solo pensata e sibilò –Non posso darti tutti i torti, ti stai
comportando da bambina-. Risi amaramente, di gusto, prima di rispondere
–Beh, scusami tanto, ma in confronto a te lo sono!-.
Sospirò fissandomi intensamente –Non c’è
motivo di fare scenate-.
Boccheggiai, poi dissi –Non volevo parlare con te, infatti!-,
volsi lo sguardo su Seth, che chinò il capo colpevole. No, no,
no! Non mi andava che si lasciasse gridare contro da me! Non poteva
permettermi di incolparlo! Deglutii e dissi cercando di mantenere la
voce calma –Seth, non voglio che tu faccia più niente di
così irresponsabile! Non voglio, chiaro?! Tu non…-
respirai -…tu non capisci quanta paura abbia avuto! Vedere Bella
finirti addosso…io…- sentii un brivido corrermi sulla
schiena, e le parole mi si strozzarono in gola. Mi portai una mano tra
i capelli, che ora arrivavano alle spalle in tante ciocche disordinate,
e li arruffai sapendo che sarebbero tornati lisci e ordinati in poco
tempo. Lui fece per alzarsi ma storse la bocca e rimase
dov’era. La spalla, gli faceva male la spalla. Bella tentò
di parlare, in un sussurro –M…mi dispiace. So che è
tutta colpa mia e…- alzai una mano per intimarle di star zitta
–Senti, Swan, mettiamo in chiaro una cosa. Tu non mi eri affatto
simpatica, poi ho cercato di capirti e ti ho trovato
abbastanza…di compagnia. Siamo diventate una specie di amiche,
esattamente nello stesso modo in cui è accaduto con Rosalie,
solo perché c’erano i nostri figli a renderci simili.
Madri. Ma adesso, scusa se mi permetto, voglio solo dirti che mi hanno
stufato i tuoi piagnistei! Non è sempre colpa tua, okay?!
Stavolta infatti, è tutta colpa di quel cretino di Jake!-.
Lei rimase immobile, senza respirare, credo soffermandosi sulle mie
parole, una ad una. Edward si mise in mezzo, attento, non sapendo se
ciò che avevo detto avrebbe potuto scatenare un suo attacco di
rabbia improvviso. Tremavo, ma non per paura. Ero solo contenta di
essermi tolta un peso che in quel frangente sembrava più
faticoso da tenere di un macigno. Emmett fischiò, un suono acuto
che si affievolì man mano, come quando si imita la caduta di una
bomba, e l’esplosione subito dopo. Poi sghignazzò, forse
per il “cretino” che avevo attribuito a Jacob, che mi
fissava a bocca aperta –più o meno come tutti i presenti.
Cercai di calmare il respiro, poi dissi, tetra –Vado a casa, da
Gabriel-. Guardai Seth nuovamente e sussurrai –Torna quando la
spalla sarà guarita…-. Mi voltai verso la porta
d’ingresso e intruppai addosso a Laura.
Aveva la stessa espressione degli altri stampata in faccia,
perciò ipotizzai che avesse assistito ad almeno metà
della scena senza che me ne accorgessi.
-Tutto okay? Ma che cavolo è successo?- mi chiese, attenta,
socchiudendo gli occhi. Tesi le labbra e dissi veloce –Fattelo
spiegare dagli altri, Laura - ed uscii veloce senza girarmi. Lei mi
richiamò, agitata e confusa, ma la ignorai, iniziando a
camminare nel bosco.
Ormai mi facevo spesso trasportare in groppa a Seth, quindi
l’auto di Leah se ne restava a riposo a La Push. Sentivo il
respiro farsi pesante, poco a poco un po’ di più, le gambe
tremare per la stanchezza e gli occhi chiudersi e riaprirsi di scatto
per non serrarsi del tutto. Non avevo idea di che ora fosse, ed il
cielo non era visibile attraverso gli alberi e la leggera nebbiolina
che si stava formando. Singhiozzai e mi guardai attorno. Alberi,
soltanto alberi. Ormai avevo iniziato a camminare da un bel po’,
senza riflettere su dove stessi andando. Credevo che fosse la direzione
giusta per arrivare alla superstrada, e seguirla fino a raggiungere La
Push, ma avrei dovuto ricordarmi che non ero un asso in fatto di senso
dell’orientamento. Il cuore iniziò a battermi più
velocemente. Era da me lasciarmi assalire dal panico. Portai una mano
in tasca per tirare fuori il cellulare, con l’intenzione di
guardare l’ora e chiamare Edward, ma un lampo, seguito da un
tuono, mi fecero sobbalzare e vidi l’affarino sfuggirmi dalle
mani e cadere su un sasso pieno di muschio viscido ai miei piedi.
-No…no, accidenti!- lo raccolsi e controllai immediatamente lo
schermo. Bianco. Bianco impallato. Mi morsi un labbro aspettando che la
foto di Seth che teneva in braccio Gabriel ricomparisse sullo sfondo,
ma non accadde nulla. –Merda…- singhiozzai di nuovo e
maledii il telefonino, scagliandolo contro un albero. Forse, avrei
potuto dargli altri cinque minuti per riprendersi…
Troppo tardi. Dì addio al tuo Motorola.
Tentai di calmarmi e di non muovermi troppo. Se mi fossi girata, avrei
raggiunto un’altra direzione, e quindi tanto valeva fissare
dritto davanti a me. Sospirai avvicinandomi ai piedi del tronco e mi
chinai prendendo di nuovo quel telefono da rottamare. Ero riuscita a
spaccargli il vetro. Grandioso…
Un secondo tuono mi fece lanciare un grido. Era stupida, come cosa. Non
avevo più paura dei temporali dall’età di cinque
anni.
Mi mossi, a passi svelti, ritrovandomi a correre. Non ero del tutto
certa che avesse iniziato a piovere, pensando che sotto quella massa di
alberi, non sarebbe filtrata comunque nemmeno una goccia. Mi strinsi a
terra, quando le ginocchia cedettero, e immaginai di essere Bella, in
New moon, subito dopo l’abbandono di Edward. Tremai, stringendo
forte gli occhi, osservando il nulla più assoluto.
Non sapevo che fare, come comportarmi, poi di colpo, Edward.
Sperai che la distanza non fosse troppa, che riuscisse ancora a captare i miei pensieri.
Edward…ti prego…se riesci a sentirmi…
Iniziavo ad avere freddo, così strinsi forte le braccia al petto.
…Mi sono persa, Edward…nel bosco…mi sono persa nel bosco…ti prego aiutami…
Sospirai tremante. Ricordai che era il compleanno di Isabella, e che
non avrei assistito alla scenetta in cui le facevano gli auguri, con
tutto che lei obiettasse testardamente dicendo che era scorretto.
Passai il tempo a cercare di scaldarmi, accorgendomi d’un tratto
di essere diventata meno resistente al gelo, e a richiamare tramite la
mente il mio amico vampiro, fino a che non mi addormentai.
O forse svenni, non saprei dirlo con certezza.
Lo specchio rifletteva la mia immagine. Il mio volto era sempre lo
stesso. Un po’ ovale, spazioso, incorniciato dai capelli castani
e corti. Le labbra grandi e sottili ed il naso leggermente abbozzato,
ma non così tanto da notarsi, vista la linea dritta creata dalle
ombre. Mi era sempre piaciuto guardare il mio riflesso, sin da bambina,
così me la presi comoda. Poi, un rumore leggero di passi, mi
fece voltare, visto che dal vetro non si notavano altre persone.
Nessuno.
Non c’era nessuno intento ad avvicinarsi. Aggrottai la fronte
osservando il bianco tutto intorno a me, poi feci spallucce e tornai
con lo sguardo allo specchio. Paura. Mi entrò in circolo come
l’adrenalina, ma in modo molto più efficace.
Il mio viso era diverso, come tagliato in due. Una parte, era
esattamente come prima: la pelle colorita come se fossi abbronzata, uno
degli occhi castani che sembrava nero, ma l’altra metà,
era terrificante. Candida come quella dei Cullen, diafana e lo sguardo,
di un rosso acceso.
L’angolo della bocca che apparteneva a quella parte più
spaventosa ma allo stesso tempo affascinante, si curvò creando
un ghigno.
Lanciai un grido, acutissimo.
-Sammy, amore, svegliati! Svegliati, Samantha!-.
Una voce…
Battei le palpebre e mi ritrovai a fissare Seth, con
l’espressione tesa, la fronte aggrottata per formare un tenero
cipiglio. Cercai di respirare regolarmente, mentre sussurravo il suo
nome e gli buttavo le braccia al collo, piangendo. Era stato un brutto
sogno. Solo un brutto sogno…
Continuavo a ripetermelo, tremando come una foglia. Ricambiò la
stretta deciso, baciandomi ogni centimetro di pelle, veloce e delicato
–Mi hai fatto prendere un infarto, Sammy…-. Restai in
silenzio, sapendo che avrebbe continuato a parlare. –Edward si
è irrigidito di colpo e ha detto “andiamo a cercarla, si
è persa” e…non capivo bene cosa volesse dire,
così ha specificato “Samantha si è persa nel bosco,
e sta chiedendo aiuto tramite i pensieri”. Mi sono sentito
morire, come se mi fosse crollato il mondo intero addosso. Per
fortuna non aveva ancora parlato a Bella dei regali o del compleanno,
così non ha dovuto interrompere i festeggiamenti. L’ ho
seguito veloce tra gli alberi ed abbiamo trovato la tua scia,
così siamo arrivati fino a te, ma eri svenuta…-. Si
bloccò respirando, poi sospirò e ripetè
–Dio…ho temuto il peggio…-.
Cercai di ridere –Il solito esagerato…- poi aggiunsi
-…ho avuto paura anch’io e…mi sono giocata il
cellulare-.
Mi scostò un poco per potermi guardare con un’espressione
tetra. Già, forse era stato stupido da parte mia mettere in
mezzo la storia del mio ormai deceduto Motorola. Sfiorò il mio
volto con una mano e disse in un soffio –Ti ho immaginata fredda
e immobile…schiacciata da un albero, colpita da un fulmine
o…io…sono paranoico, lo ammetto-. Alzai un sopracciglio,
poi lo baciai dolcemente, assaporando il sapore salato delle sue
labbra, gemendo dopo averlo sentito ricambiare con forza, spingendomi
giù, con la schiena contro la superficie morbida di un
materasso, sfiorando ancora il mio volto con una mano. Mi accigliai e
cercai di scostarlo –Uhm…aspetta, aspetta…- si
allontanò un poco per darmi modo di vedere dove fossimo, e di
respirare.
La sua camera. La sua adorata, familiare, incantevole camera, con la
culla all’angolo e Gabriel intento a dormirci beato. Capii per
quale motivo Seth avesse sussurrato durante tutto il discorso. Sospirai
più serena, poi chiesi –Perché mi avete portato qui
invece che a casa Cullen?-.
-Non ti sei minimamente resa conto di quanta strada tu abbia
fatto…ti trovavi più o meno ad una via di mezzo, nel
bosco che circonda uno degli edifici scolastici- rispose lui, serio ma
con una strana nota di incredulità nella voce, come se non mi
avesse trovato da quelle parti di persona.
Mi zittii sorpresa. Un tragitto così lungo…
Poi, tornai a ripetere le sue parole, tra me e me.
Ti ho immaginata fredda e immobile…
Come un cadavere. Fui scossa da un tremito, e l’immagine riflesso
nello specchio del sogno mi riapparve davanti come un flash. Quelle
labbra, così familiari, sogghignanti.
Nella mia testa, il pensiero fece capolino flebile, in un sussurro smorzato…
…O come una vampira.
Angolino autrice <3
Ecco il capitolo 35.
E' corto, mi serviva per staccare un attimino dal resto...ora già immagino i vostri prossimi commenti xD dopo il sogno che ho fatto...ma vabbè. Io resto muta come un pesciolino, mi piace lasciarvi coi dubbi e coi timori <.<. Sul
prossimo capitolo ci sarà un piccolo salto temporale -se riesco a studiarmi
per bene la situazione xD-...ringrazio Smemo92 che
commenta sempre -e quindi anche Princess of vegeta6 alias Laura xD- e tutte le altre che leggono soltanto. Non ho notato se
qualcun'altro ha aggiunto la storia tra le preferite o le seguite, ma
se c'è, faccio un altro ringraziamento xD.
Spero continuerete a seguirmi!
Bacioni.
Sammy Cullen <3
P.s.: quella nella foto sono io xD
|
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Capitolo 36 *** Sono ansioso d’incontrare di persona la nuova signora Cullen ***
Capitolo 37
36. “Sono ansioso d’incontrare di persona la nuova signora Cullen”
Passò il tempo.
Passò in fretta, come accadeva sempre, quando ad attenderci alla
fine c’erano eventi spiacevoli. Passò perché
così doveva andare, e così doveva essere.
Passò mentre me ne
rimanevo chiusa in casa, con Seth che tentava di farmi compagnia
sfuggendo ai suoi turni di ronda intorno a La Push, e cedendo sotto i
miei continui rimproveri in cui ripetevo, come in una monotona
cantilena, che non doveva ignorare i suoi doveri per me. “Ho
Gabriel a farmi compagnia”, ma poi dentro mi dicevo
“stupida, stupida, stupida”. Quanto tempo ci restava?
Quanto, prima che tutto ciò in cui avevamo sperato –una
famiglia più numerosa, una vita serena, un lavoro, una casa
tutta per noi, adulti- cadesse a pezzi? In tante minuscole schegge
sottili e taglienti? Tremavo, e stringevo mio figlio al petto,
nutrendolo, baciandolo delicata sulla testolina coperta di capelli
scuri.
Tenevo la finestra chiusa,
perché con tutto che fossimo arrivati al mese di settembre,
faceva freddo, e la pioggia non lasciava spazio
all’immaginazione. Ero certa che presto avrebbe nevicato, e
stranamente, non ci speravo. Mi ero isolata da tutto e tutti, dopo quel
giorno a casa Cullen, in cui avevo gridato contro Isabella, Edward e
Jacob, con l’imbarazzo a riempirmi l’animo. I sensi di
colpa per aver avuto una reazione così esagerata mi si erano
incollati addosso. Ero riuscita a perdermi tanti episodi teneri, come
–e non solo- il compleanno di Bella, ma anche la sua sfida a
braccio di ferro con Emmett, o Charlie che si ritrovava ad osservare
Jacob trasformato e poi correva da sua figlia. Sospirai e iniziai a
canticchiare a voce bassa, a Gabriel che faceva qualche versetto buffo,
tenero.
That you were Romeo
You were throwing pebbles
'Till my daddy said Stay away from Juliet
And I was crying on the staircase
Beggin' you Please don't go
And I said
Romeo take me
Somewhere we can be alone
I'll be waiting
All that's left to do is run
You'll be the Prince
And I'll be the Princess
It's a Love Story
Baby just say Yes
Tesi le labbra in una
smorfia, riflettendo sulla fine che avevano fatto i due protagonisti
della storia. Era troppo triste cantare qualcosa che riguardasse loro,
così cercai qualche altra musica, ma in mente mi venivano solo
strazianti storie d’amore finite male. Dovetti mordermi un
labbro, perché avevo iniziato a pronunciare il ritornello di
“Sere nere”. Gab tra le mie braccia rise, lo guardai e
dissi divertita, pensando che mi capisse –Già…la
tua mamma è negata con le cose allegre, amore-. Continuò
a ridacchiare. Buttai la testa all’indietro, sullo schienale
della sedia a dondolo, chiudendo gli occhi e godendomi il silenzio. Ero
sola in casa, sola con mio figlio, a fare il conto alla rovescia dei
giorni che separavano me e gli altri dalla fine di tutto. Tremai
pensando che dopo la battaglia, sarebbe scomparsa ogni cosa. I vampiri,
i licantropi, mio figlio, addirittura. Era un libro arrivato al
termine. Strinsi di più Gabriel al mio petto, come se questo
facesse sì che tutte le mie stupide paure insensate sparissero.
Iniziai a piangere in silenzio, per un lasso di tempo che non saprei
definire con certezza, poi mi decisi, all’improvviso, di andare
dai Cullen e di chiedere scusa a tutti per il mio comportamento.
Ero stata infantile. Edward aveva ragione.
Misi Gabriel nel marsupio,
dopo avergli infilato il cappottino ed il berretto per ripararlo dal
freddo ed uscii di casa rapida, chiedendomi se il mio amico avesse
visto il mio ultimo incubo tramite la mente, o attendesse me per
parlarne. L’auto di Leah era parcheggiata davanti al giardino
fangoso, che continuava ad essere attaccato da gocce d’acqua
giganti. L’ombrello mi si piegò per colpa di una folata di
vento, grugnii e mi sbrigai ad entrare nell’auto. Gabriel aveva
iniziato a piangere, così dopo aver messo in moto (Leah mi aveva
dato un doppione delle chiavi della sua macchina), accesi la radio,
cercando una vecchia stazione che trasmetteva musica classica. Forse
era il Caso, o forse il Destino, ma capitò Claire de lune.
Guidai senza distogliere mai l’attenzione dalla strada, oltre il
vetro appannato e colpito dalla pioggia che cadeva, arrivando con
qualche minuto di ritardo –rispetto a quelli che avrei potuto
impiegare con un tempo migliore- a casa Cullen. Parcheggiai più
vicina che potevo al porticato ed uscii goffamente dal veicolo,
correndo sotto il porticato e assicurandomi che il mio bambino fosse
rimasto asciutto. Sembrava di sì. Non ebbi nemmeno il tempo di
bussare, che Edward già aveva aperto la porta, osservandomi con
un’espressione indecifrabile, fino ad aprirsi in un sorriso
stupendo. Lo guardai in imbarazzo e sussurrai –Posso entrare?-,
causando la sua risata. Mi prese per mano trascinandomi dentro
–Non sono domande da farsi, sai perfettamente di essere la
benvenuta, qui-. Restai confusa. Per quale motivo non mi teneva il
muso? Perché mi parlava come se non gli avessi gridato contro? A
lui e a sua moglie, accidenti! Rispose ai miei pensieri, facendosi un
po’ più serio –Eri tesa, Sammy. Avrei dovuto
capirti, invece ti ho sgridato come ad una bambina, e mi
dispiace…- stavo per dire “scusa”, ma mi
bloccò –Non scusarti. Nessuno ce l’ ha con te-.
Sbuffai, e mi guardai attorno, incerta. Tutti mi sorrisero, perfino
Bella. Eppure, notai qualcosa. Qualcosa che sarebbe dovuto sembrarmi
ovvia da subito. Alice e Jasper.
Dove erano Alice e Jasper?
Edward si scurì in
volto, e sussurrò –Li abbiamo cercati, ma non
c’è stato niente da fare-. Capirono tutti a cosa aveva
risposto, e sui loro visi apparve la stessa espressione affranta. Mi
mancò il respiro. Eravamo già arrivati a quel giorno?
Eravamo già così vicini al pericolo? Non potevo
–non volevo- crederci. Eppure la prova era lì, il fatto
che né Alice né Jasper si trovassero in quella casa, con
il resto del piccolo clan. Mi morsi un labbro, per trattenere i
singhiozzi, mentre la paura iniziava ad espandersi dentro di me come la
cancrena di un fumatore accanito. Edward osservò me e mio
figlio, poi disse –Eravamo pronti per dividerci. Per rintracciare
gli altri clan ed i vampiri nomadi-. Annuii vuota, con la testa piena
di pensieri degni di una persona depressa, finchè non sentii il
freddo delle sue mani stringermi leggere per le spalle e non alzai gli
occhi per guardarlo –Ho paura, Edward. Per voi, come per me.
Sento che…- mi tremò la voce -…Sento che
sarà diverso da come dovrebbe essere-. Carlisle sospirò
–Spero che non vada come credi, Sammy. Non mi farebbe piacere
combattere contro Aro e gli altri, in nessun caso-. Tentai un sorriso
–Autodifesa, Carlisle-. Il vampiro tentò una risata
–Non conta per quale motivo si combatta, ma il dolore che ne
scaturisce-. Aveva sempre la risposta pronta, scossi il capo, prima di
avvicinarmi timidamente a Bella, sussurrando –So che non dovrei
parlarti dopo il modo in cui mi sono comportata…-, ma stavolta
fu lei a bloccare me e dire –Non preoccuparti… davvero-.
Mi domandai chi fosse più in imbarazzo tra noi due. Nessie
fissò mio figlio, stando tra le braccia della neonata, e si
tirò avanti per toccarlo. Sorrisi leggermente e pensai al nome
di Edward, invece che chiamarlo a voce. Si materializzò al mio
fianco in un attimo e dissi –Tieni Gabriel in braccio per un
po’, zio Edward?- lui mi regalò un sorriso sghembo e
annuì –Certo, con piacere…- poi aggiunse –E
così, sarei lo zio, eh?- feci di sì con la testa.
-Tutti i bambini devono avere
degli zii, ed io ti voglio bene come ad un fratello, lo sai-. Ci
guardammo intensamente per un istante, poi sussurrò
–Grazie. Sei la seconda umana, dopo Bella, a cui io tenga
davvero-. Arrossii e non riuscii a rispondere, poi tirai Gabriel fuori
dal marsupio, passandoglielo attenta. Lo strinse delicatamente e si
sedette accanto a sua moglie, facendo sì che Nessie potesse
sfiorarlo. Avevo deciso di dare fiducia alla bambina, sperando che
mostrasse a mio figlio solo cose belle.
Carlisle interruppe
quell’attimo apparentemente tranquillo dicendo –Sarà
meglio andare, Esme-. Strinse la moglie per mano, e quella annuì.
Sospirai affranta. Prima tappa, il clan di Denali.
E che il gioco abbia inizio…
***
Leggere il biglietto di
Aro mi fece sentire come morta. Ero di sopra, con Bella. Solo io e lei,
a fissare quel pezzetto di carta, con su scritto:
Sono ansioso d' incontrare di persona la nuova signora Cullen
Eravamo
entrambe tese, ognuna con i suoi pensieri apprensivi, con le proprie
paure. Tesi le labbra e parlai per prima –Ho fatto un
sogno…-
-Sì, Edward ci ha detto tutto-.
-Ah…bene-.
Eravamo sempre in
difficoltà, quando si trattava di comunicare. Ci guardammo, e
tentammo nello stesso istante un sorriso timido, poi disse –Mi
hanno anche spiegato cosa sai fare. Premonizioni, più o
meno…- continuò a tenere gli occhi rossi fissi sulla
carta -…Spero che il tuo ultimo sogno sia privo di significati-.
Mi tremò la voce, quando risposi –Sai, Bella, ci spero
tanto anch’io-. Paura. Ormai, era davvero come un tumore ai
polmoni. Peccato che per curarla, non ci fosse la chemioterapia.
Sentimmo bussare, ma fu lei a
dire –Avanti-, e Laura comparì da dietro la porta,
richiudendola dietro di sé subito dopo. Ci fissò un
istante, poi notò il biglietto e la scatola intagliata, con
dentro il ciondolo antico, dono di Aro. Si paralizzò, e mi
domandai se non fossi in procinto di beccarsi un infarto, prima di
vederla correre letteralmente verso quel pezzo di carta, che Isabella
aveva tenuto in mano così tanto da consumarlo. Lo lesse,
soffermandosi con lo sguardo su ogni singola parola, e lettera.
-Quindi siamo già a
questo punto…- disse tra sé, riflettendo. Mi feci
attenta, cercando di capire cosa stesse pensando. Avevo notato che
veniva spesso -da sola o accompagnata da Embry, che faceva compagnia a
Jake di sotto, un po’ in difficoltà per il numero elevato
di “sanguisughe”- chiudendosi nello studio di Carlisle, a
“fare ricerche” diceva lei. Ma per cosa restava un mistero.
Era diventata strana, quasi…ansiosa, ed ora leggevo
quell’ansia nei suoi occhi, mentre teneva tra le mani il foglio
stropicciato. Anche Bella osservava in silenzio la mia amica, che
soltanto dopo alcuni istanti, prese fiato e parlò di nuovo
–Immaginavo che fosse questo il motivo per cui non ho trovato
quasi nessuno in casa…- ci guardò, e disse col tono meno
dispiaciuto di quello che avremmo avuto io od un’altra persona
–Alice e Jasper se la sono data a gambe come previsto-. Sapevo
che non aveva detto “sono partiti in cerca di Nahuel e del clan
delle Amazzoni” per lasciare Bella all’oscuro e farle
compiere tutte le azioni raccontato sul libro.
Le risposi facendo di
sì con la testa, poi tornai a guardare il gioiello nella
scatola, e un brivido mi corse lungo la schiena. Dal volto di Laura,
non trasparivano emozioni.
***
Forse tutto sarebbe andato per
il meglio, in fondo. Irina non si era ancora messa in viaggio, quando
Carlisle chiamò Tanya dicendole che sarebbe arrivato da lei e
dalle sue sorelle assieme ad Esme parlandole di “un favore”
e ripartire subito per radunare altri “amici”.
Se Irina non avesse visto Nessie, di conseguenza non sarebbe corsa dai
Volturi, in Italia, a dare false testimonianze ed a condannarsi a morte
certa. Sarebbe stata un’alleata in più, e faceva comodo.
Pensare questo mi risollevava un po’ il morale, ma non abbastanza
per sentirmi tranquilla. Restai assieme a Laura dai Cullen fino alle
sette, poi Embry si alzò di scatto ed esclamò –Oh,
cavolo!- facendomi sobbalzare, mentre la mia amica aggrottava la fronte
–Emb? Che c’è?-. Il ragazzone disse –Devo
scappare amore, mi sono scordato che è il mio turno di guardia
adesso! Paul mi romperà se non mi trova lì con lui-.
Jacob sghignazzò –Corri, Embry, ti conviene- e
l’altro baciò Laura rapido e prima di correre fuori disse
–Sammy, la riporti tu a La Push vero?-, stavo per dire sì,
ma era già sparito. Laura ridacchiò leggera, la guardai
sorridendo tra me, poi mi alzai sospirando –Andiamo anche noi?-
annuì e si tirò su. Gabriel si era addormentato stretto
al mio petto, col viso sereno. Salutammo Edward, Bella, la piccola
Renesmèe, Emmett e Rose. Jacob ci fece “ciao, ciao”
con la mano continuando a guardare Nessie con amore. Sia io che Laura
sbuffammo, poi ci sbrigammo a salire in auto, per tornare a casa.
Durante il viaggio di ritorno, restammo in silenzio per un bel
po’, e mi chiesi cosa stesse accadendo a lei. Non era da Laura
restare in silenzio. Non così tanto, almeno. Storsi un po’
la bocca e provai a dire –Mmm…Laura?
C…c’è qualcosa che non va?-. La ragazza
voltò la testa, che fino a quel momento era rimasta girata verso
il finestrino, per osservare il paesaggio verde, omogeneo, e disse
regalandomi un sorriso allegro –No, è tutto apposto. Beh,
se non pensiamo al fatto che un esercito di vampiri, nostri
connazionali, arriverà da qui a poco tempo per
attaccarci…- si zittì quando notò le mie mani
stringersi sul volante, e sussurrò –Scusa, non dovrei
farci del sarcasmo. E’ davvero fuori luogo-. Annuii tesa, poi
cercai di rilassarmi. Avevo dato a lei mio figlio, che continuava a
dormirle tra le braccia sereno, così mi era più facile
guidare tranquilla. Deglutii prima di dire –Se ci fosse qualcosa
che ti disturba, che ti spaventa…me lo diresti, vero?- non la
guardai, neanche di sfuggita. Lei restò in silenzio, pensando,
poi parlò -…Sì. Sì, te lo direi-. Sospirai
più serena –Scusa…è che…mi sembra
tutto così difficile…e ti voglio bene, quindi mi
preoccupo…-.
Rise. –Anch’io te ne voglio. Tanto, tanto-.
Risi un pochino con lei –Dovremmo pensare positivo, fino all’ultimo-.
Sogghignò e disse –D’accordo. Nessun pensiero
negativo, stile “vampiro roscio”-. La fulminai esclamando
stizzita –Laura!- ma questo la fece divertire il doppio. Misi il
broncio scherzosamente.
Quella sì che era la Laura che conoscevo.
Angolino autrice
Ed ecco che iniziano ad esserci problemi...da adesso potete iniziare a preoccuparvi xD Volturi in arrivo <3
Per chi non ricordasse -e avesse il dubbio che io abbia invertito gli eventi xD-: Aro invia il regalo prima che Irina veda Nessie e decida di andargli a raccontare idiozie <.< (xD).
A presto!!! spero che il capitolo vi piaccia ;-p
By Sammy C.
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Capitolo 37 *** L'arrivo dei testimoni e l'idea nata durante un ultimo momento di perdizione ***
Capitolo 37
37. L'arrivo dei testimoni e l'idea nata durante un ultimo momento di perdizione
In
casa Cullen, per quanto mi riguardava, c’erano troppe persone.
Una ventina e passa di vampiri, e non tutti con gli stessi “gusti
alimentari”. Erano tutti incuriositi da me, e molti mi rivolsero
da subito la parola, come ad esempio quelli del clan di Denali, che mi
incutevano molto meno timore dei cosiddetti “occhi rossi”.
Era stato facile socializzare soprattutto con Kate, mentre con Tanya
avevo qualche difficoltà. Non perché non fosse simpatica,
ma perché ero al corrente grazie ai libri letti del suo
interesse per Edward, ed ero –scioccamente, lo ammetto, senza
alcuno logica- gelosa. Era già stato tanto riuscire ad amare
Seth, per me, e lasciare che Edward vivesse la sua eternità con
Bella, ma la paura di dover cedere anche il posto di migliore amica mi
rendeva un po’ distaccata. Più di una volta mi chiesi se
la vampira mi avesse preso in antipatia, ma così non
sembrò. Altri che mi lasciarono del tutto esterrefatta furono
Garrett, il vampiro nomade, Benjamin del clan dell’Egitto ed in
fine Siobhan del clan irlandese. Erano davvero molto carini con me, e
spesso sembravano ignorare il fatto che per loro sarei potuta essere un
ottimo spuntino, ma ad incuriosirmi erano i due più silenziosi
di tutti, quelli che se ne restavano in disparte, a confabulare tra
loro. Vladimir e Stefan, molto meno attraenti di altri loro simili, ma
con uno strano fascino magnetico. Percepivo dai loro sguardi, il grado
d’importanza che avrebbero avuto nello scontro con i Volturi
–semmai ci fosse stato. Erano antichi, e letali. Proprio come i
vampiri italiani. Capitò proprio un pomeriggio, mentre Bella si
allenava nel giardino davanti casa col suo scudo (facendo colpire
Edward invece che se stessa da Kate, per giunta!), di ritrovarmi per un
attimo in casa con i meno cordiali, tra cui Amun, e di sorpresa anche
quello che ritenevo buffo, Alistair, che se ne era rimasto chiuso in
soffitta da quando era arrivato.
-Ehi, secondo me, se gli dici
“buh”, se la dà a gambe-. Jacob stava in disparte,
perfino più di me, perciò gli facevo compagnia quando non
ero impegnata ad ascoltare dei viaggi di Garrett o a divertirmi ad
osservare quello che Benjamin sapeva fare con gli elementi della
natura. Anche Laura passava spesso, forse incuriosita come lo ero io.
Si metteva ad osservare annoiata i progressi di Isabella e a
ridacchiare quando Kate dava scosse a Edward per far sì che lei
si smuovesse. Era davvero maligna.
Ridacchiai come una matta per
la battuta di Jake e risposi guardando Alistair, che sicuramente lo
aveva sentito –anche perché Jacob di rado parlava alle
spalle, soprattutto coi vampiri, preferiva dire in faccia le sue
sfrecciatine.
-Di sicuro non se la
dà a gambe se sono io a dirglielo…però prova a
trasformarti-. Lui sogghignò –Carina come idea-.
Sghignazzammo.
Laura anche ci sentì,
dopo essersi avvicinata, e non riuscì a trattenere una risata,
iniziando a dire –Siete due pazzi. Parlare in questo modo dentro
una casa piena di succhiasangue…- mi guardò più
seria -…Tu soprattutto, dovresti cercare di non farti ammazzare-.
Le regalai un sorriso e feci spallucce, facendole roteare gli occhi.
Chiamai Seth per sentire come
stesse Gabriel, con il cellulare che Edward aveva insistito per
comprarmi. Naturalmente, era un modello non ancora in vendita nei
negozi. Di quelli touch screen con televisione e Internet incorporati,
e chissà quanti altri strani menù incorporati. Ci vollero
solo tre squilli prima che la voce di Seth mi arrivasse
all’orecchio.
-Amore, tutto okay?-. Come al solito, si preoccupava per me.
Sorrisi, come se mi fosse
davanti, e dissi –Sì, qui per ora va tutto alla grande.
Nessuno ha cercato di mordermi sul collo, e poi…Jacob è
una brava guardia del corpo- guardai il ragazzo, che mi sorrise nel suo
modo allegro e ricambiai, poi continuai –Lì va tutto bene?
Gabriel è sveglio?-.
Lo sentii ridere leggero
–Sì, e sta benissimo. Cosa credi? Sono un ottimo
papà- il tono di voce scherzoso ma al tempo stesso fiero.
Sospirai serena.
-Sì, sei un papà bello e bravo…non c’è che dire-.
Per un istante, mi chiesi a
che età ci saremmo sposati. Perché lo avremmo fatto, no?
Insomma, se tutto quel casino fosse finito. Ci speravo. Seth mi
richiamò due, tre volte prima che mi risvegliassi dalla trance
–Oh…sì, scusa Seth…ero distratta. Puoi
ripetere?- aggrottai la fronte e cercai di capire cosa diceva.
C’era qualche interferenza –Pass…a
…erti…a…e…nove-.
Cadde la linea. Tesi le
labbra e cercai di ripetere quello che aveva detto. Jacob, accanto a
me, disse tranquillo –Passerà a prenderti alle nove-.
La mia bocca formò una “O” perfetta –Oh, grazie, Jake-.
-Di niente- fece spallucce e
poi scattò in piedi quando sentì Bella ringhiare. Sia io
che Laura restammo ferme dov’eravamo. Sapevamo che Kate si stava
solo avvicinando alla neonata che teneva in braccio la bambina. Non
c’era da preoccuparsi, quindi. Sbuffai e mi avvicinai al divano,
da dove Amun si tolse subito, come se fossi dotata di qualche strana
malattia trasmettibile anche ai vampiri. Lo guardai storto e poi mi
accasciai sfinita.
Tornai a pensare a me e a
Seth. M’immaginai con indosso un vestito bianco, gonfio, col velo
lunghissimo, mentre mi facevo avanti per un lungo corridoio che portava
ad un altare. E lì, ad aspettarmi, col sorriso sulle labbra, il
mio amore. Lui, semplicemente lui. Seth. In smoking, elegante e fiero,
impeccabile.
Sospirai beata, poi mi sentii
osservata, così voltai un poco la testa e incrociai gli sguardi
di Vladimir e Stefan. Mi soffermai sul primo, e visto che loro se ne
restavano in silenzio, mi permisi di “rompere il ghiaccio”
facendo una domanda che mi ero tenuto in serbo proprio per un momento
del genere.
-Vladimir, posso chiederti se
per caso sei tu quello che noi tutti conosciamo come Dracula?-. Laura
mi si avvicinò e disse tesa –Tu.sei.fuori.di.testa-.
Ridacchiai continuando a fissare lui –Semplice curiosità-.
Avevo ricominciato a parlare italiano, e questo non lo rese certo
più amichevole, ma almeno fece sì che mi degnasse di una
risposta –No, sciocca umana italiana, non sono il vampiro
che ha ispirato tanti stupidi e insensati romanzi-.
Bene, aveva parlato più di quanto mi sarei mai aspettata!
Stefan –con mia
sorpresa- ridacchiò e diede una pacca al suo compagno, facendo
sibilare contro. Mi alzai ridendo sotto i baffi e, seguita da Laura,
uscii fuori dal salone. Jacob aveva di nuovo rubato Nessie dalle
braccia della madre. Mi chiesi quanto avrebbe resistito Bella prima di
prenderlo a pugni.
-Spero molto poco-.
Sobbalzai e girai la testa
per ritrovarmi Edward accanto, che sorrise mesto e mi strinse una mano,
leggero, per poi continuare a fissare sua moglie, tremante a causa
della fatica, che incitava Kate a non smettere di attaccarla,
così come a Zafrina, arrivata per ultima assieme a Senna.
Ricambiai con più
forza la stretta, sapendo di potermelo permettere, essendo la debole.
Quella che non rischiava certo di spezzare le ossa a qualcuno.
-Sei sempre così
cattivo, con lui…- dissi sarcastica. Edward ridacchiò
leggermente, prima di rispondere –Solo quanto basta. Lui in fondo
non è che si risparmi molto…e poi, dovrò pur
vendicarmi del fatto che abbia scelto mia figlia come imprinting-.
-Non è una cosa
volontaria- ripetei come in una cantilena le parole che usò
Jacob con Isabella. Il vampiro sospirò –Già. Forse
è inutile stare a combattere con lui-. Annuii e poi dissi
dandogli una leggera gomitata su un braccio terribilmente duro –E
poi, pensa che bello quando diventerai nonno!-, facendogli sgranare gli
occhi e scuotere il capo per togliersi il pensiero dalla testa.
Scoppiai a ridere, e lui mi fissò tetro, ponendomi una domanda
che mai e poi mai mi sarei aspettata –Sei davvero così
felice come sembra, Sammy?-. Mi zittii di colpo, paralizzandomi, e
incrociai gli occhi di Laura, un po’ più distante, seduta
su una seggiola.
Deglutii e sussurrai –Perché questa domanda, Edward?-.
-Perché i tuoi
pensieri non mi permettono di capire. Stai solo cercando di nascondere
la paura, o hai davvero così fiducia nel fatto che si
risolverà tutto?-. Tremai prima di aprir bocca per rispondere
–Non lo so, Edward. E’ tutto…tutto confuso. Io, sono
confusa. Certe mattine mi sveglio, accanto a Seth, lo guardo dormire e
penso che non vorrei mai far terminare un momento del genere. Mi ripeto
che il pericolo sparirà, che ce la caveremo e vivremo felici e
contenti come in una favola…-
-E poi…???- la sua voce suadente, affettuosa.
-Poi ci sono quei giorni dove
mi lascio prendere dal panico, e mi chiedo cosa accadrà. Chi
perderà chi. Io perderò lui? lui perderà me? E
tutti voialtri, resterete vivi? Perderemo qualcuno dei vampiri che ora
sono riuniti qui per darci il loro aiuto?- presi fiato, poi terminai
–E’ difficile decidere come mi sento. Finchè
saprò di dovermi preoccupare per le persone a cui tengo. A voi-.
Mi accarezzò il viso e
mormorò –Seth sta arrivando. Davanti a lui continua ad
essere forte, non fargli mai vedere cosa provi davvero, Sammy-. Annuii
sospirando.
-E da te che ricava la forza
per se stesso-. E detto questo, mi lasciò la mano. L’auto
di Leah comparì dalla strada alberata, mi voltai verso la mia
unica amica umana presente e feci per chiederle se volesse un
passaggio, ma lei disse sorridendomi –Non preoccuparti, mi
farò riportare da Jake. Stasera deve fare un salto a
casa…- lanciò un’occhiata al licantropo, che
sentendola sospirò e mugugnò qualcosa a Renesmèe
tra le sue braccia, come “Non resto con te, stanotte,
piccolina”. Entrambe roteammo gli occhi, io divertita, lei
con un’espressione che avrei potuto intendere come
“uccidetemi”. Salutai tutti, più o meno, veloce,
prima di correre in macchina.
Seth mi scrutò un
attimo, come per controllare se avessi lesioni sul corpo, poi una volta
che si fu convinto del mio ottimo stato di salute, mise in moto e fece
una perfetta manovra a U, dirigendosi alla superstrada per La Push.
Restammo in silenzio tutto il tempo, come se fossimo in imbarazzo.
Come se fossimo tornati agli inizi…
Pensai, guardandolo con la coda dell’occhio.
Ad una certa, però,
mentre parcheggiava l’auto davanti casa, tossicchiò, poi
disse –Siamo solo noi in casa. Leah è di ronda e mia madre
è da Charlie…- aggrottai la fronte.
-Compreso Gab?-.
-No, Sue ha voluto portarlo con sé dal capo Swan…-
-Ah…okay. A Charlie farà bene vedere qualche bambino più normale della sua nipotina-.
Sicuramente…
Lui ridacchiò,
poi finalmente si voltò e mi accarezzò il viso. Venni
travolta da una scarica elettrica immediatamente. Eravamo di nuovo solo io e lui.
Schiusi le labbra e mi sporsi
per poterlo baciare, ed ammirai il suo sorriso mentre capiva e, a sua
volta, si avvicinava per far scontrare la sua bocca con la mia.
Inizialmente, fu un bacio come tutti gli altri. Dolce, lento, delicato,
ma poi cambiò, quasi di colpo, facendoci ritrovare presi da un
gioco di lingue intrecciate, e da morsi quasi violenti sulle labbra
dell’uno e dell’altra. Mi aggrappai a lui, scomodamente,
visto il poco spazio che c’era in auto, continuando a restargli
attaccata, gustandomi il sapore della sua pelle.
Mi costrinse a scostarmi solo
per poter scendere dal veicolo e farsi seguire da me, passando rapidi
per il vialetto ed entrando in casa. Non appena la porta si fu richiusa
dietro di noi, Seth mi schiacciò tra la parete, alle mie spalle,
ed il suo corpo, di fronte. Il respiro mi si fece pesante, iniziai a
boccheggiare in cerca di aria, ma ogni istante era buono per incontrare
di nuovo le sue labbra sottili ma morbide. Mi aggrappai a lui e
sussurrai –S…Seth…- ma non mi lasciò neanche
iniziare una frase di senso compiuto, togliendomi di dosso la maglietta
e scendendo con la bocca e le mani sui miei seni scoperti, visto che
non avevo messo il reggiseno. Disse in un soffio –Ti desidero. Subito,
amore…- ed iniziò a stuzzicare con la lingua i miei
capezzoli turgidi; gemetti socchiudendo gli occhi, e strinsi le dita
tra i suoi capelli inarcando la schiena. Lo volevo immediatamente, come
lui voleva me…
Sorrisi percependo le sue
carezze, ricambiando i suoi baci, e ne ammirai il corpo mano a mano che
veniva liberato dai vestiti, come il mio. Mi strinse contro il suo
torace e avvertii il calore invadermi il basso ventre, gli morsi un
labbro, frenetica, e intanto lui sussurrò –Ce la faremo,
Samantha. Resteremo insieme. Se…- si bloccò un istante ricambiando con foga un mio bacio -…Se le cose non dovessero…-
Baciami…baciami ancora…
-…Andare come è scritto. Ti proteggerò, a costo della mia stessa vita-.
Avrei preferito che non terminasse in quel modo la frase. Una lacrima
scese solitaria sul mio viso, ma non la vide; mi limitai a rispondergli
–Non parlare…non parlare, Seth-. Già si inoltrava
dentro di me con ardore, e con una forza e dei movimenti così
frenetici, da farmi pensare che ne sentisse davvero il bisogno. Gli
graffiai la schiena lasciandomi trasportare. I pensieri, tentai di
lasciarli da parete, anche se uno, mi passò per la mente. Edward
aveva ragione di nuovo. Il mio Seth aveva paura, paure per me come io
ne avevo per lui. Che quella fosse la nostra ultima notte
d’amore?
Forse, chissà. E mentre il suo piacere si faceva grande dentro di me, un’idea iniziò a balenarmi in testa.
Tentare di essere utile a tutti gli
altri, in un modo forse avventato, rischioso. Mancava poco
all’arrivo dei Volturi. Poco, prima che il destino decidesse le
sorti. Chi vince, chi perde.
Gemetti.
Dovevo fare qualcosa. Ma cosa?
Mi morsi un labbro tra i sospiri.
Attendere
la loro comparsa. Attendere e addentrarsi nel campo nemico per cercare
di chiedere una tregua, o l’uso del buonsenso da parte dei tre
capi.
Gridai all’orecchio di
Seth raggiungendo l’apice, e lo sentii muoversi per arrivare
subito dopo di me. Tremante, madida di sudore, ma soddisfatta, respirai
faticosamente, restando tra le sue braccia, non facendogli vedere il
volto, affondandolo nell’incavo del collo.
Rischiare la vita, per poterne salvare in cambio molte, molte di più.
Angolino Autrice:
Bene, bene, bene...ormai si avvicina
la fine di questa storia...non saprei dire quanti capitoli
manchino...uhm...credo...dai 4 ai 5. Naturalmente poi c'è il
sequel, quindi...xD Vi dirò il titolo solo con l'ultimo capitolo
(che poi sarà scritto da Laura ^^ *me sua fun più curiosa
di voi xD*). Ma passiamo a questo che avete appena letto ^^. Allora, me
stessa medesima ha sempre delle idee molto rischiose, soprattutto verso
la propria vita xD questa causerà problemi, cambiamenti
pericolosi? oppure davvero risolverà coi Volturi? E
riuscirà a non far rischiare nessuno a cui tiene? mah...lo
scoprirete nei prossimi capitoli mie adorate lettrici!!! <3
Grazie un milione di volte per i commenti, o per la semplice attenzione che date alle mie fantasiose disavventure ^^
Bacioni da Sammy Cullen
P.s.: questo capitolo tende al rating arancione/rosso alla fine...^^" potete dirmi se ho esagerato...xD
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Capitolo 38 *** Semplicemente gioia [POV Laura] ***
Capitolo 38
38. Semplicemente Gioia
[POV Laura]
Era strano passare
così tanto tempo in mezzo a dei vampiri, quasi inquietante, se
ci pensate su. Mi ritrovavo circondata da occhi rossi e dorati senza
farci grande caso, probabilmente a forza di vivere nella follia diventi
tu stesso parte integrante di essa. Già.
Quel pomeriggio era come
tanti altri, stavo in salotto, finendo il mio regalo di Natale per
Embry: una maglietta colorata a mano, disegnata. Sorrisi concludendo
l’ultimo pesciolino, l’unico che andava contro corrente. Di
un bel rosso sgargiante, che doveva risaltare sul blu uniforme degli
altri. Non notai Jake, una volta tanto senza bambina, venirmi affianco.
-Hey, che fai?- domandò, sporgendosi oltre la mia spalla.
-Il regalo di Natale per
Embry, piace?- gli mostrai la maglia orgogliosa, indicandogli con
l’indice il mio pesce preferito.
-Fai pure un regalo a quella zucca vuota di Emb?- sghignazzò, scompigliandomi i capelli. Lo guardai male, fulminandolo.
-La zucca vuota ha preso
tutte A a scuola, a differenza tua, che, se non sbaglio, neanche ci sei
andato- gongolai affondando il dito nelle piaga.
-Avevo i miei buoni
motivi- mugugnò, incrociando le braccia e mettendo il muso, si
sedette affianco a me, sulla magnifica sedia di legno lavorato dei
Cullen, mi chiesi se non fosse il caso di farlo alzare, poteva
tranquillamente romperla con il suo peso. Mi sporsi ridendo e gli
baciai il naso –Certo, certo; dicono tutti così-
-Non tutti sono licantropi- ribatté stizzito, addolcendo l’espressione.
-Embry sì- risi,
prendendolo contro piede e mi alzai, passandogli una mano nei capelli.
–Mr. Poppins, non vinci con me- lo presi in giro, mentre lui
borbottava dietro.
Mi voltai ancora con il
sorriso sulle labbra, ma mi bloccai notando l’espressione dei
vampiri che mi circondavano, in particolar modo quella di Eleazar e
Edward, alzai un sopracciglio confusa e lanciai uno sguardo
insospettito a Samantha, che osservava Gabriel mentre giocava con
Nessie.
-Laura, posso chiederti un parere?- la voce di Ed mi fece girare, gli sorrisi il più gentilmente possibile e annuii.
-Io e gli altri-
indicò la platea composta da tutta la totalità degli
alleati –ci stavamo domandando, più che altro ipotizzando,
il modo in cui Aro verrà; cioè, arrabbiato, infastidito
…- la voce suadente si interruppe, facendo così calare il
silenzio. Mi guardai intorno, ora Sammy mi fissava intensamente, odiavo
dover parlare di queste cose, l’odiavo.
-Perché … perché a me?- sorrisi istericamente, arretrando in modo istintivo.
-Sei l’unica di cui
non conosciamo il parere- Benjamin era di gran lunga più gentile
di quell’idiota di Ed. Pensai questa cosa ed immediatamente il
citato ringhiò, lo ignorai come mio solito.
-Ah, tutto qui?- domandai sospettosa, non riuscivo a far quadrare la cosa.
Eleazar mi sorrise
affabile -Sai, mi ricordi in uno modo incredibile una persona- , lo
guardai confusa, quel vampiro mi fissava da quando era venuto,
insistentemente, scambiando un po’ troppe battute con Edward.
-Comunque, che ne dici?- Bella riprese il discorso inoltrato dal marito, insistendo.
-Credo che
arriverà … piuttosto stizzito, sì, direi stizzito.
Dopo tutto hanno scritto che lui perde, no? Il mondo sa che Aro perde,
mi sembra piuttosto fastidiosa come cosa. Cioè, parlo come se
fossi lui. Mi sembra impossibile che non sia a conoscenza dei libri,
del tutto improbabile; considerando anche che chissà quante
volte, durante i raduni delle fan, si saranno ritrovati costretti a
rimanere nelle loro mura. Quindi, sa che perderà. Tutto qui.
E’ come se Napoleone avesse già saputo che a Waterloo
avrebbe perso, di sicuro sarebbe andato nel campo di battaglia con il
doppio dei soldati e sicuramente più agguerrito- spiegai calma,
cercando di rendere il mio ragionamento il più chiaro possibile.
-Stai dicendo che … Aro sta venendo qua nonostante sappia già come andrà a finire?- chiese Tanya, curiosa.
-No, dico che Aro
verrà qua per cambiare il finale, è diverso- risposi
tranquilla. Calò il silenzio: un finale differente non sarebbe
stato un bel finale. Bella strinse istintivamente la figlia a
sé, mentre il marito mi fissava con insistenza.
Sam mi guardava sospirando, sapeva benissimo come la pensavo, fin troppo bene.
-Come immaginavo! Quel
… sta facendo di tutto per ucciderci! Per estendere la sua
maledetta Volterra, il suo maledetto potere!- tutta la stanza
guardò Vladimir, che era scoppiato in questo moto di rabbia
repressa; gli lanciai un’occhiata schifata.
Avevo sempre odiato il
suo astio, l’astio dei falliti, verso Aro. Edward mi
guardò sconvolto, avevo pensato troppo oltre.
-Non credo sia il caso di condannare una persona come Aro- ribattei secca, sollevando parecchi mormorii di protesta.
-Come puoi dire una cosa del genere!? Anche solo pensarla?!- Garrett mi fisso intensamente, sconvolto e adirato.
Ascoltai sospirando tutti i vari commenti di protesta alla mia frase, come sempre dovevo difendermi.
-Aro, per me, non si
può classificare come “cattivo”- mimai le virgolette
scocciata. –Come antagonista nell’ambito in cui ci è
stata raccontata ed in cui viviamo la storia, sì. Il bene e il
male sono la più grande relatività del mondo- feci
notare, saccente. Oh, sapevo il fatto mio, lo sapevo eccome.
Non si poteva
affatto considerare Aro come il perfido della questione, era come dire
che Capitano Uncino era naturalmente cattivo, nessuno pensa mai a
quanto possa essere petulante un ragazzino roscio di dieci anni che
saltella in calzamaglia sulla tua nave.
Carlisle mi sorrise, annuendo:-Perfettamente d’accordo-
-Oh, Laura! Non puoi
farmi credere che giustifichi il fatto che collezioni esseri umani o
che stia venendo qui per distruggere una famiglia innocente!- Samantha
sbottò, alzandosi in piedi e stringendo al petto il piccolo Gab.
Feci spallucce, ormai ero abituata a reazioni simili, qualunque mia
opinione ne produceva.
-Colleziona
vampiri-sottolineai la differenza -ma esiste gente che ha manie ben
peggiori, no? Se devo essere sincera mi sembrano più folli
quelli che passano ore davanti ad un francobollo, senza ricavarci nulla
né dare nulla. Il rapporto a Volterra tra Aro e i suoi
subordinati è a doppio taglio, porta vantaggi per entrambe le
parti. Lui riceve potere e lo spartisce in piccole parti. Il problema
non è scappare è voler scappare- guardai Eleazar
eloquente, che mi fissò sbigottito –là hai potere,
fama, tutto alla modica cifra di essere te stesso-
-Di fare del male- specificò Edward sibilando.
-Un vampiro non fa del bene, così come una tigre non mangia bambù- ribattei stizzita.
Perfida, perfida Laura. E’ sbagliato, sei sbagliata.
Tutti i Cullen si
guardarono allarmati, scorsi nei loro occhi rammarico e impotenza,
forse mi stavo spingendo un po’ troppo in là, Rosalie mi
fissò con disprezzo mentre Jake mi tirò giù con
uno scatto secco, facendomi accasciare sulla sedia.
-Sei completamente impazzita?- sibilò furioso, trattenendomi ancora per il braccio.
-No, sono sincera- ribattei stizzita.
Eleazar sospirò,
stringendo un po’ al suo fianco Carmen, trattenendola a
sé, come per paura di perderla, di lasciarsela andare solo
rievocando un ricordo oscuro. –Non hai tutti i torti da quel
punto di vista. Io stesso ne sono la prova, vero?- gli occhi gli
sorridevano, come oro al sole, aveva solo anticipato la mia mossa.
-Esatto-
-La ragazzina ha ragione-
per la prima volta sentii Amun mugugnare, teneva le braccia al petto,
scontroso e all’erta come sempre. –Non andrebbe
contraddetto Aro, ci ucciderà tutti, fine della storia-
schioccò la lingua secco, fulminando i più accaniti
sostenitori con gli occhi cremisi.
-Io non ho detto questo-
specificai rialzandomi, sentivo come una rabbia strana scorrermi nelle
vene, un’adrenalina impossibile da trattenere, bisognosa di
essere lasciata vagare, di essere lasciata libera di agire. –La
famiglia Cullen è innocente, questa è una verità
oggettiva. Quello che biasimo io è il fatto che Aro sia dipinto
come un malvagio a tutto tondo-
-Laura, sta attaccando la
famiglia che hai appena dichiarato innocente. Non ti sembra di essere
incoerente?- Sammy alzò un sopracciglio scettica, tamburellando
con le dita sul braccio.
-I Volturi sono come la
polizia, almeno io la vedo così, qualcosa di necessario. Parlo
da preda, non da predatrice; Volterra è necessaria per noi. Mi
sembra strano che tu non l’abbia capito- risposi piuttosto
scocciata. Lei mi fissò sbigottita, poi ripeté –Non
hai scusanti per giustificare il gesto di Aro in questa occasione. Lui
sa che loro- indicò la famiglia in questione con un ampio gesto
della mano –sono innocenti, lo ha letto, lo ha sentito, lo
dovrebbe dedurre! Stiamo parlando di Carlisle! Diamine!- sembrava
furiosa, io storsi la bocca di rimando, poi lanciai un’occhiata
verso il clan di Denali, anche loro erano vegetariani e inattaccabili,
eppure la loro fondatrice aveva creato dei bambini vampiro.
–Anche il meno sospetto commette reato. Nel libro è venuto
a controllare … ora … credo sia per curiosità, e
nel caso dovremmo stare tranquilli, non penso neanche che voglia Nessie
con lui, non ha questo gran potere- mi sedetti nuovamente, prendendo la
maglietta per andarmene in camera mia, mi ero stufata di spiegare una
cosa che a me pareva così logica.
-Cosa vorresti dire?- la voce, punta nell’orgoglio, di Edward mi giunse che già stavo salendo le scale.
-Che nel suo ambito
Nessie ha un’utilità pari a zero. Se fossi in lui non la
prenderei mai, per quanto si possa amare collezionare oggetti non se ne
prende mai uno nocivo alla salute. Il potere di Nessie è
simpatico, ma inutile; a cosa gli servirebbe? A far sapere tattiche e
piani al nemico? A inimicarsi una ventina o più di vampiri?
Verrà scocciato, poco ma sicuro, ma è inutile
preoccuparsi.- mi voltai nuovamente, sperando nella pace assoluta e mi
chiusi in camera mia, sigillata nel mio mondo.
Stavo impazzendo. Fissai
con sguardo vacuo il riflesso nello specchio, nonostante avessi ripreso
le mie sembianze, il mio carattere, fossi, insomma, ritornata me stessa
continuavo a sentire dentro di me qualcosa di marcio, una sensazione di
oppressione proprio in mezzo al petto. I sogni erano continuati, avevo
sperato che una volta sistemato con Embry questi sarebbero smessi,
invece si erano fatti pure più decisi e precisi, nitidi. Ed io,
di sogno in sogno, non facevo che affogare nel personaggio che li
popolava: Aro. Oh, ormai lo sapevo, l’avevo capito che era lui,
ma non riuscivo a sbarazzarmene. Se da una parte odiavo il dover
riconoscere che quel’uomo era più simile a me di quanto
volessi, dall’altre necessitavo della sua presenza. Ogni notte,
ogni santissima notte, era impossibile per me non desiderare, almeno
per un attimo, che lui ci fosse. Era strano, sbagliato e dannoso;
eppure lo volevo.
Sfiorai la catenina di
cuoio che mi aveva regalato Embry e mi voltai, bastava poco per
scordarmi quel mondo nascosto che la notte mi regalava, seppur contro
la mia volontà; bastava lui, il mio Emb. Sorrisi, scacciando i
cattivi pensieri e mi iniziai a sistemare. Un fine settimana con lui,
magnificamente perfetto.
Il campanello non
tardò a suonare, ascoltai il mormorio di protesta alzarsi dai
vampiri meno propensi alla condivisione degli spazi, poi presi veloce
le borsa e mi precipitai di sotto, saltandogli addosso. Lui mi
guardò stupito, rimanendo sulla soglia, per poi prendermi al
volo con un sorriso.
-Hey, scema, che hai?- ridacchiò, baciandomi la testa e lasciandomi scivolare delicatamente a terra.
-Nulla- sorrisi e gli presi una mano, stringendola –avevo voglia di uscire, tutto qui-
Tutta la stanza si era
voltata, avevo presto imparato che i vampiri sono tremendamente
rispettosi della privacy, un’ottima cosa.
-Buoni, fermi, calmi!- si intromise Jacob, i licantropi un po’ meno.
Lo ignorai e presi il mio
cappotto, infilandomelo velocemente, senza staccare gli occhi di dosso
al mio ragazzo, che fissava scettico l’amico.
-Jake, che vuoi?- mugugnò, trascinandomi fuori con lui.
Ero persa, completamente persa.
Il ragazzo ci squadrò a turno. –ricordate quanti anni avete- ci ammonì con un dito inquisitore.
Entrambi lo guardammo
scettici. –Ah. Ah. Mary Poppins, i pupi ti chiamano- lo
canzonò Emb, passandomi un braccio dietro la schiena e
voltandosi per andare in macchina, risi con lui, mentre Jake ci
fulminava:-Sempre l’ultima dovete avere!-
Non lo vidi rientrare,
né chiudere la porta. Guardai solo il mio fidanzato sorridermi
entusiasta, stringendomi a lui. Aprì la macchina e mi fece
salire, baciandomi leggero mentre chiudeva la portiera, per poi
catapultarsi, a velocità supersonica, al suo posto di guida.
Prima di mettersi la cintura armeggiò nella tasca dei vecchi
pantaloni logori, tirandone fuori una minuscola, soprattutto nelle sue
mani, macchinetta digitale, con la quale, rapido ed efficiente mi
scatto una foto a sorpresa.
Lo guardai sbigottita,
mentre la rivedeva e scoppiava a ridere –Magnifica, avevi una
faccia magnifica- la girò nella mia direzione ed impallidii: ero
orrida.
-Cosa stai dicendo!? Eliminala!- ordinai, cercando invano di riprenderla, finii tra le sue braccia.
-No, affatto, avevi una
faccia curiosa, e mi piace- sistemò al sicuro la macchinetta e
mise in moto, con me ancora sdraiata su di lui; sospirai mettendomi
meglio e osservandolo dal basso.
-Sei uno Scemo- risi e
feci un piegamento per baciargli il mento, riatterrando sulle sue
gambe. –E quella è nuova, vero?-
Annuì sorridendo entusiasta, mentre si infilava un paio di occhiali da sole eccentrici ed inutili, dato il tempo.
-Regalo anticipato di
natale, mia madre- spiegò, lasciando scivolare una mano dal
volante al mio viso, accarezzandomi. Sospirai felice, socchiudendo gli
occhi al tocco.
-Sei viziatissimo- risi e alzai il mio braccio, accarezzandogli la guancia destra, non sbarbata.
-Hey, ho delle passioni
che mi piace coltivare, e poi sono figlio unico, ho diritto ad essere
viziato- ghignò, continuando a guidare. –Comoda?-
aggiunse, svoltando a destra, capii che aveva preso la super strada
verso Seattle.
-Comodissima- confermai sorridendo. –Dove andiamo?- chiesi curiosa.
-Ho dei soldi da spendere
in libri, quindi … libreria e parco? Ci stai?- mi guardò,
abbassando per un attimo gli occhi.
Era strano guardare negli
occhi Embry, ogni volta che lo facevo rimanevo rapita dal colore scuro
e brillante allo stesso tempo. Era come specchiarsi in un pozzo,
profondo, senza fine; potevi vederti, scrutarti. Eppure, quegli occhi,
erano carichi di un sentimento così unico da farmi venire i
brividi, non potevo non volerlo, abbracciarlo, baciarlo, amarlo, dopo
averli visti.
-Certo, adoro passeggiate
del genere- sorrisi e ritornai nel mio torpore, sfiorando la sua mano
bollente e chiacchierando fino alla città.
Arrivammo che pioveva,
sbuffai scocciata, mentre lui mi guardava divertito, continuava a
scattare foto idiote a me, sembrava quasi impazzito.
Prese i libri, li scelse
con cura minuziosa, facendo in modo che anche io non li avessi, per
scambiarli, diceva. Rimanemmo lì dentro e prendemmo un
caffè, era anche bar, un enorme bar, che notai, ironia, era
perfino più grande della libreria. Passai un pomeriggio
così, osservandolo, ridendo, parlando di scuola. Una normale
uscita, una normale fetta di felicità. Quando smise di piovere
mi alzai di scatto e lo trascinai via, lui e i suoi dieci chili di
carta rilegata, scavalcammo la folla del sabato pomeriggio fino ad
arrivare ad un parchetto nascosto e verde, fuori dal caos, dove la cosa
più rumorosa erano gli uccelli nei loro nidi.
Intrecciai le mie dita
alle sue, poggiandomi con la testa sulla sua spalla, passeggiando
lentamente, mentre lui, con lentezza mi accarezzava il dorso della
mano. Scegliemmo una panchina appartata, lui si sedette, poggiando per
terra le buste di plastica e facendomi segno di avvicinarmi, mi misi su
di lui, faccia a faccia.
Click. Altra foto, rapido
come un serpente me l’aveva scattata, proprio mentre mi
avvicinavo per baciarlo. Sibilai scocciata e lo guardai male.
-Dacci un taglio, Em – sbuffai, poggiando la testa sulla sua spalla.
-Che fai non mi baci più?- rise, fingendosi offeso, chiusi gli occhi, sentendo le sue mani scivolare sulla mia schiena.
-No, così impari-
ribattei stizzita, non riuscii a resistere oltre, però, lo
baciai sul collo. Era una droga, per quanto tentassi di disintossicarmi
non avrei mai potuto farne a meno.
-Mi hai baciato - ridacchiò, alzandomi il mento e fissandomi negli occhi, sospirai e sorrisi allegra.
-Sei irresistibile,
tonto- ghignai e lo baciai svelta, socchiudendo le labbra e
accarezzando le sue con la lingua. Lui sorrise, sentii il freddo dei
suoi denti, poi approfondì il bacio, trattenendomi per la testa.
Sospirai quando ci staccammo per prendere fiato. Faceva freddo, notavo
la gente che correva a casa, incappottata e tremante, sorrisi; io, con
lui, non avevo bisogno di nulla. Presi la mia sciarpa e me la tolsi ,
avvolgendo entrambi nel suo caldo abbraccio, sfiorai la punta del suo
naso con il mio, chiudendo gli occhi.
-Sei mio- mormorai, baciandolo dolcemente.
Attimi, istanti, secondi,
tutti piccoli pezzi dell’eternità che continuava a
scorrerci affianco, sotto forma di foglie, piante, animali, sospiri,
carezze.
-Ho comprato la saga- mugugnò, sistemandosi meglio e facendomi poggiare la testa sul suo petto. Alzai la testa curiosa.
-Non l’avevi ancora letta?- domandai, strabiliata.
-No, non mi andava, mi
sembrava stupido. Però, oggi, non so, mi ispirava- mi sorrise e
si chinò, trattenendomi a lui, per afferrare il libro nero.
Scorse la pagine, sorridendo, si bloccò su di una e la lesse
veloce, scoppiando a ridere.
-Wow, che bella
comparsata, la mia- richiuse il libro scocciato e lo posò
accanto, sulla panchina bagnata. Aveva sempre avuto il timore di
sembrare troppo piccolo, troppo marginale in questa storia,
quella… questa? Ormai non lo sapevo più nemmeno io.
Eppure non capiva che lui
era il fulcro, il mio fulcro. Non esisteva nient’altro che lui,
lui ed il suo sorriso, lui ed i suoi baci, lui e basta. Lui.
-Io odio i principi,
sempre odiati- sussurrai, stringendomi alle sue spalle. Il maglione blu
ruvido e sbiadito profumava di mare.
-Preferivi i re?- rise, giocando con i mie capelli. Riccio per ricco infilava il suo dito e l’arrotolava interessato.
-No, gli scudieri- lo
fissai negli occhi e lo baciai nuovamente. –Hanno più
storie da raccontare, sono misteriosi, nessuno li conosce.- bacio,
carezza, sospiro. Tutto qui, semplicemente noi.
Lasciai scivolare la mani
sui suoi capelli corvini, che piano piano iniziavano a ricrescere, li
sciolsi, affondando le dita in quella cascata di pece, beandomi del
contatto.
-Sei pazza- mormorò, sfiorandomi il collo e poggiando delicatamente la bocca.
Non so perché o
come si ama, se esiste un giusto modo, un altro sbagliato. E’ una
cosa istintiva, come il bere, il respirare, il mangiare; si deve fare,
per il proprio bene, per la propria sopravvivenza. Molto spesso mi
chiedevo se sarei riuscita a sopravvivere senza di lui, senza il suo
tocco, il suo viso. Non riuscii mai ad immaginare oltre la sua morte,
mai. Era come venire inghiottiti in un tunnel di disperazione da me
creato e da me detestato. Impossibile solo pensare qualcosa di tanto
doloroso.
-Sono innamorata
pazzamente di te, è diverso- ridacchiai continuando in quel
gioco di carezze e baci che non mi avrebbe mai stancato.
Iniziò a nevicare,
poco alla volta, come per concederci il tempo di andarcene, di scappare
da quel meraviglioso angolo di paradiso formato da una panchina
scrostata ed una vecchia quercia, che con il suo lento crescere ci
aveva coperti. Camminammo lenti fino alla macchina, riparandoci sotto
il suo ombrello enorme, potevo sentire il tepore che emanava, soffuso e
dolce, come un abbraccio. Proprio davanti all’auto si
fermò, bloccandomi per il polso, si mise di fronte e mi
guardò, come un professionista, mentre tirava fuori la sua
macchinetta.
-Oddio! No! Non altre
foto!- esclamai esasperata, voltandomi e tirandomi su il cappuccio,
rimaneva scoperto solo la mia bocca. Mi guardò sorpreso, poi
sorrise compiaciuto.
-Perfetto, sorridi- ordinò calmo, confusa eseguii. Un click, un flash, un sorriso entusiasta.
-Cosa hai…?-
-Un sorriso, il tuo
sorriso, mi basta questo- distese le labbra a sua volta, ormai nella
macchina, intento ad accenderla. Sbigottita salii, senza parlare, ma
con una muta voglia di piangere fino a morire, per quanta
felicità il mio corpo aveva.
Un folle ed una pazza,
due pezzi di una mela invisibile, divisa dalla nascita. Così
dannatamente bisognosi l’uno dell’altra.
Casa di Embry era
all’inizio della riserva, proprio attaccata al mare, se si apriva
la finestra della sua camera e si disponeva di una buona vista si
poteva perfino vedere l’oceano, sentirlo, a volte.
Quella sera il vialetto
di cemento era completamente bianco di neve, io tenevano tra le mani le
quattro pizze che avevamo comprato, l’ingordo mangiava come un
lupo, mentre lui mi apriva la porta e posava a terra i libri, correndo
a togliersi il maglione.
-Posale in cucina, vado a
spogliarmi, che sto morendo di caldo- mi urlò, correndo su per
le scale, due gradini alla volta; feci come disse lui, posai i cartoni
e mi tolsi la sciarpa ed il cappotto, appendendoli
all’attaccapanni. Lo raggiunsi svelta e sorrisi, osservando la
sua schiena scura tirarsi mentre sollevava le braccia per togliersi la
maglia, mi avvicinai repentina e l’abbracciai di dietro,
affondando il naso nella sua schiena nuda.
-Che fai?- domandò dolce, piegando la testa divertito.
-Ti annuso, sei buonissimo- scoppiò a ridere e si girò, baciandomi veloce.
-Cambiati e andiamo, che
si freddano- ridacchiò e si tolse pure i pantaloni rimanendo in
boxer bianchi. Lo guardai ghignando.
-Al limite, eh?-
-Sto a casa con la mia
ragazza, come dovrei stare?- si finse innocente ridendo. –Woody
Allen?- gridò da sotto, usava un po’ troppo i suoi super
poteri, ma non potevo farci nulla, lo amavo.
Mi svestii veloce,
infilandomi la magliettina grigia che mi aveva prestato, scesi e andai
a prendere le pizze. Lui armeggiava con il videoregistratore, poi
soddisfatto si gettò a peso morto sulla poltrona e si
sistemò meglio, sbragandosi. Mi sedetti vicino a lui e gli porsi
i suoi tre cartoni, ne prese uno e lasciò gli altri sul tavolino
davanti a noi, poi fece iniziare il film e addentò la prima
fetta sorridendo.
Forse la cosa strana del
nostro rapporto risiedeva nella normalità che lo
contraddistingueva; all’interno del più totale
sconvolgimento della realtà, che era l’ambiente in cui
vivevamo, noi eravamo normali, facevamo cose normali, sembravamo quasi
normali. Nessuno dei due poteva vivere senza l’altro ma non era
una relazione pericolosa, legata alla morte, a strani avvenimenti era
semplicemente amore.
Il film andava avanti tra
battute e sarcasmo e lui continuava a mangiare, mi alzai una volta
finita la pizza e mi andai a lavare le mani, quanto tornai aveva appena
concluso la seconda pizza gigante, cosparsa della più grande e
assurda varietà di condimenti. Fissai l’alimento schifata
e lo guardai senza cambiare espressione.
-Come fai a mangiare quella roba?-
-Apro la bocca-
illustrò passaggio per passaggio –inserisco la pizza; la
mordo; la mastico e deglutisco. I succhi gastrici penseranno al resto-
mi sorrise con la bocca sporca di sugo, risi e poggiai la testa sulla
sua spalla, scivolando poco alla volta.
Ormai a metà film
aveva mangiato tutto, mi meravigliai che avesse lasciato
l’involucro, tanta era la foga con cui aveva cenato, gli ordinai
di andarsi a lavare a sua volta le mani, altrimenti non mi sarei
avvicinata alle sue ditaccia unte; lui scoppiò a ridere e
obbedì all’ordine, ritornando entusiasta e stringendomi in
un abbraccio micidiale si sdraiò, osservando curioso il film.
Un ora, un giorno, un
anno. Non so quanto tempo passò, eppure sembrava troppo veloce.
La sua mano era il migliore dei tocchi, leggero e delicato, si
insinuava sotto la mia maglia, accarezzando vertebra per vertebra.
Quando anche i titoli di
coda passarono nel silenzio più totale si alzò, senza
fiatare, mi prese in braccio e mi guardò intensamente, io
scoppiai a ridere.
-Emb, che faccia! Mi
ricordi uno di quei divi indiani, stile Bollywood- gli accarezzai il
viso, spostando una ciocca di capelli. Si unì alla mia risata e
salì le scale, sempre senza smettere di baciarmi, sospirai
quando mi mise sul letto, intrappolandomi con il suo corpo.
Era fantastico, di una
perfezione unica, quasi disarmante. Percorsi con una mano tutti i
muscoli degli addominali, quelli del petto; lentamente, studiandone
ogni solco con minuzia.
-Non è che tutte
quelle pizze ti faranno ingrassare?- scherzai, guardandolo divertita.
Lui ghignò e mi tolse la maglietta, passando con il viso prima
tra i seni, poi baciandomi la pancia.
-Senti chi parla- rise e
mi accarezzo i fianchi, grugnii; lui scoppiò a ridere e mi
mordicchiò il ventre –ma io, a differenza tua, non mi
lamento- continuò a scendere rubandomi un sospiro. Alzò
la testa soddisfatto e con un gesto veloce mi ritrovai con il cuscino
sotto il collo, al centro esatto del letto.
Si spogliò,
togliendosi i boxer in un attimo, era sempre impaziente, quel folle del
mio Embry. Lo guardai soddisfatta, mentre lui scoppiava a ridere.
-Hai una faccia da ebete-
scherzò, mettendosi tra le mie gambe, e lasciando scivolare una
mano all’interno; fremetti socchiudendo gli occhi.
-Scemo, sempre gentile- ribattei, accarezzandogli i capelli.
Sorrise, liberandomi
degli slip, e sfiorandomi l’intimità, lanciai un ansimo
leggero stringendogli una spalla, lui continuò imperterrito.
-Mi faccio perdonare, se
vuoi?- ridacchiò, risalendo su per il corpo, fino ad arrivare al
reggiseno, me lo tolse senza problemi, lanciandolo via, poi mi
guardò intensamente.
Impossibile immaginare un
attimo più perfetto, non esisteva, in quel momento avrei voluto
poter scattare una foto, precisa, secca. Una pagina della propria vita,
trattenerla con sé fino alla morte, se non oltre. Il calore del
suo corpo sul mio, unito in un unico essere, destinato a completarsi, a
soddisfarsi, in ogni più piccolo gesto, in ogni minima azione.
E i suoi, di gesti,
provocavano la felicità più intima e nascosta, che si
espandeva sotto forma di sorrisi, di grida, di denti stretti, di graffi
leggeri. Si univano due voci, le nostre, per urlare al mondo
un’unica cosa: di amarci l’un l’altra.
In un amplesso totale,
dove si poteva dimenticare il luogo, il tempo, l’essere stesso
delle due persone scompariva, rimanevano le anime; rimanevano forti e
orgogliose a contendersi un amore giusto, per troppo tempo ritenuto
sbagliato.
Era istinto, era amore.
Era. Non aveva un soggetto, era una semplice azione che veniva svolta
per necessità, precisa, lenta, desiderata.
Sentii il suo peso dolce
scendere sul mio corpo, una coperta di infinita esistenza che si
estendeva su di me, tremante e sudata, sfinita da tanto.
Ansimava, scosso come me;
si teneva al mio collo, continuando ad accarezzarmi in un gesto
istintivo, quasi quanto il resto. Rimanemmo così, senza dire
nulla, ascoltando ognuno il respiro dell’altra, mentre fuori la
neve scendeva lenta, imbiancando il paesaggio.
-Domani mi porti al
mare?- mormorai, sfiorando i suoi capelli. Lui poggiava la testa sui
miei seni, li baciava, vezzeggiava, in un gioco delicato.
-Fa freddo per andare al
mare, ti ammalerai- rispose, senza alzare la voce, rispettando quel
silenzio, quel buio soffuso e invisibile.
-Voglio andare al mare con te, potrei morire tra qualche giorno, voglio fare tutto con te-
Il suo corpo scosso da fremiti ben più decisi dei precedenti, una carezza e tutto si ferma.
-Non morirai, non moriremo, nessuno dei due- sussurrò deciso, stringendomi ancora di più, quasi facendomi male.
Amore è un
sentimento infantile, ci fa spesso vedere cose che non esistono, ci
tende agguati ingannevoli, bendandoci, impedendoci di vedere, perfino
le cose più ovvie, perfino la realtà.
Sprofondai in un sonno profondo, cullata dalle sue carezze; un sonno dove, però, sembrava che queste fossero scomparse.
-Non morirò-, mormorai titubante all’uomo di fronte a me.
Sorrise. Si fermò. Mi baciò la testa.
-Moriranno-
Angolino autrice (Sammy Cullen):
Allour...per farsi perdonare del graaaaaaaande ritardo *me la fulmina e borbotta "tu hai rallentato la mia tabella di marcia!>.<"*,
Laura ha scritto questo capitolo di ben 8 pagine, tutto per voi mie
care xD leggetelo con comodo e fate a lei i complimenti. Scusate l'ora,
sicuramente lo leggerete domani, ma vabbè...è che sono
tornata solo da un'oretta da un weekend passato in Abruzzo, e
vabbè...^^" Vi informo che mancano 2 capitoli alla fine. Uno mio
e uno sempre di Laura...(me già si torce le mani *poi fa la vaga*).
Devo dire addio alla mia tabella di marcia T^T...bacioni.
By Sammy C. e Laura Black -che ci tengo a ripetere da parte sua: "non so fare le scene hard, quindi ho descritto un momento di pura felicità tra me ed Embry ù.ù"-.
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Capitolo 39 *** Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna...peccato che qui non sia così conveniente ***
Capitolo 39
39. Se la montagna non va da Maometto, Maometto và dalla montagna…peccato che qui non sia così conveniente.
Non riuscivo ancora a
crederci. Alla fine, avevo davvero deciso di fare una pazzia. Forse la
peggiore di tutta la mia giovane vita. Quasi sedici anni buttati al
vento, ed un futuro così incerto, che mi sarebbe sicuramente
servita Alice per darmi qualche certezza, se solo fosse stata capace di
vedermi. Ripensandoci, mi ero resa conto che in quel piano così
folle, non avevo incontrato ostacoli: la piccola vampira-folletto non
era in grado di prevedere un bel niente sul mio futuro a causa
dell’imprinting con Seth, dunque, sarei stata libera di tuffarmi
da una scogliera senza che ipotizzasse un suicidio come con Bella.
Bene, allora se sopravvivi a questa missione, fai un tentativo!
Sapevo più o meno
dove si erano accampati i Volturi grazie a un sogno premonitore avuto
la notte precedente, così, quando ero rimasta sola in casa
Clearweater, avevo fatto dei preparativi. Per prima cosa, ero riuscita
a procurarmi un paio di tuniche nere da un piccolo mercatino
dell’usato (volevo comprarne solo una, ma la donna che vendeva
tutta quella roba si era intestardita, pregandomi di liberarla da
entrambi gli stracci). Per seconda, le avevo nascoste nei pressi di
casa Cullen, ma non così vicino da rischiare di farle trovare da
qualcuno e per ultima cosa, ero stata capace di chiudere la mia mente
ad Edward per far sì che non vedesse cosa avevo intenzione di
fare, ed ero uscito da quella villa piena di vampiri nel tardo
pomeriggio, mentendo sul fatto che volevo tornare a casa del mio
fidanzato a piedi, per poi correre invece a raccogliere solo una delle
due tuniche, con tanto di cappuccio, piegate e coperte dai cespugli.
Ed ora eccomi lì,
a camminare sola soletta nel bosco, sapendo perfettamente quale
percorso seguire, con indosso una veste che mi faceva sentire simile ad
un monaco, od una suora di clausura. Respiravo a fondo, ad ogni passo,
osservando ogni tanto in alto, verso i rami fitti, trovando dei buchi
che permettevano la spietata visuale di un cielo grigio e pronto a
sputare neve a fiotti.
Il vento fischiava e
mentre mi guardavo intorno, notavo con tensione crescente che una
leggera nebbiolina risaliva maligna. Ci mancava solo che diventassi
cieca, e il gioco era fatto.
-Stai calma…pensa
positivo…com’è che si dice? Calma e sangue freddo,
no?- sussurrai battendo i denti per il freddo, che mi entrava fin
dentro le ossa infischiandosene dei vestiti che mi coprivano. Mi fermai
solo un istante per controllare che il paesaggio fosse identico a
quello del mio sogno –o incubo, dato che non era una situazione
gradevole-, e lanciai un grido acuto.
La mano si era poggiata
sulla mia spalla di colpo, facendomi girare con uno scatto per
ritrovarmi davanti una figurina bassa con addosso una tunica
esattamente uguale alla mia. Il primo pensiero era arrivato a Jane, ma
quando quella stessa mano mi tappò la bocca, ne percepii il
calore e decisi di zittirmi per ritrovarmi poi a fissare Laura, ancora
col fiato mozzato per lo spavento. Mi fulminò, poi fece
sì che potessi di nuovo parlare, e disse tetra –Se
è come penso, stai andando incontro alla morte, stupida-.
Cercai di respirare
regolarmente, ascoltando il battere frenetico del mio cuore, e risposi
con la voce spezzata –Tu non…dovresti essere…qui,
Laura!-. Lei per tutta risposta, alzò un sopracciglio ed
esclamò visibilmente irritata, picchiettandomi con un dito sul
petto –Neanche tu, Samantha! Non avresti mai dovuto nemmeno
pensare ad un gesto così insensato ed idiota!-, poi fece un bel
respiro e aggiunse cercando di mantenere calmo il tono di voce
–Ma visto che ormai siamo a questo punto, e che di sicuro tu non
cambieresti idea, ti seguirò come ho fatto finora senza che tu
te ne accorgessi-. Tesi le labbra frustrata. Non sarebbe mai, e ripeto
mai, dovuto accadere un imprevisto del genere. Lei non doveva essere
lì, con me, e con addosso la seconda tunica che la rendeva in
modo ancora più diretto mia complice. Laura sarebbe dovuta
rimanere col suo Embry fino alla mattina seguente, forse anche fino
alle prime ore del pomeriggio. Non ricordavo bene in quale momento
della giornata i Cullen e tutti gli altri si sarebbero spostati fino
alla radura per incontrare i Volturi. Invece no, era stata così
sconsiderata da seguirmi. A cosa era servito il mio piano, se una delle
persone che volevo cercare di tenere al sicuro si offriva
spontaneamente di seguirmi tra le fiamme dell’inferno? A niente.
Assolutamente niente.
-Torna indietro, Laura. Vai via…non ti voglio qui con me, chiaro?-
-Non si tratta di
ciò che vuoi tu o di ciò che voglio io, ma di ciò
che vogliono i vampiri che stiamo andando a cercare-. Seria e diretta
al sodo, come sempre.
-Sei maledettamente
testarda! Lo ripeto: non ti voglio con me; non c’è nessun
“noi” in questa storia! Ora fai dietrofront e tornatene da
Embry!- avevo iniziato ad urlare, scocciata.
-Io. Non. Me. Ne. Vado- restava immobile, coi piedi ben piantati sul terreno fangoso, guardandomi con aria di sfida.
-Ti odio…-
-Bugiarda-.
Dovetti arrendermi
grugnendo fuori di me dalla rabbia e mi voltai per ricominciare a
camminare, con lei sempre dietro, come un cane da guardia, intenta a
tenere d’occhio la situazione.
Il silenzio non
durò comunque molto. Dopo un po’, infatti, Laura decise di
aprir bocca –Sei certa di aver preso la direzione giusta?-.
-…Uhm…Più o meno-.
-Come “più o meno”?!- esclamò allarmata.
Mugugnai –Le
foreste americane sono tutte uguali. Figurati se con un misero incubo
posso riuscire a indovinare precisamente la via giusta per finire in un
accampamento pieno zeppo di vampiri!-.
Lei smise di respirare, ne fui certa anche senza voltarmi a guardarla, e poi disse solo –Accidenti a te, accidenti!-.
Chissà come o
perché, seppi di essermi lasciata sfuggire un sorriso fugace,
divertito, per poi continuare a camminare muta come un pesce.
C’era odore di fumo
intorno a noi, a coprire il vuoto tra gli alberi, fitto come nebbia. Ci
rendeva quasi impossibile vedere ciò che c’era davanti ai
nostri occhi o dietro le nostre spalle. Laura al mio fianco continuava
a ripetere che avevo deciso di farci ammazzare entrambe. Quella
cantilena era incominciata dopo qualche tempo, come se si fosse
scordata che era stata lei a volermi per forza seguire. Ma
comunque…
Forse era come
diceva…o forse no . Ero nata per fare sciocchezze, e questa
–per quanto potesse sembrare assurdo- mi sembrava la più
sensata di tutte. Se avessi capito cosa volevano fare davvero…
-Perché siamo
venute?! La mia mente matematica dice di andarcene, e sai io mi fido!-
non le diedi retta, e proseguii. Poteva andar via in ogni momento, lo
sapeva. Glielo avevo ripetuto in continuazione, e non smettevo di
farlo…ma mi voleva bene, e alla fine, sarebbe rimasta. Non
voleva essere così meschina. –Sammy…ferma!- Laura
mi strinse per un braccio guardandosi attorno. I nostri passi
scricchiolavano sul fogliame. Le mantelle nere ci avevano scaldato solo
un poco dal vento freddo che aleggiava, ma l’odore…quello
era il vero e proprio problema.
-Presente i super poteri? LORO LI HANNO!-.
Iniziai a dire -Dobbiamo
capire se hanno qualche tattica o…-, ma si bagnò un dito
con la saliva -E siamo a favore di vento!- lamentandosi.
-Shhh!- posai un dito
sulle sue labbra per intimarle di far silenzio, ma quando sentii
numerose risate tutt’intorno a noi, macabre, mi paralizzai.
-Beccate. Sono italiani, sono svegli loro- mormorò infastidita.
Dal fumo comparvero altre
mantelle di colorazioni diverse. Grigio chiaro, scuro, nero. Tremai. Ma
riuscii a rispondere a Laura tra i denti -Siamo italiane anche noi!-.
-Su di te ho dei seri dubbi!-.
Mentre io e la mia amica
bisticciavamo, un vampiro si era fatto avanti. Smisi di parlare e mi
guardai alle spalle, capendo che eravamo circondate. Più di
quindici paia di occhi rossi e accesi dalla sete ci osservavano.
Il fumo. La lampadina si accese di colpo. Così, all’improvviso.
Ecco a cosa è dovuto! bruciano i corpi delle vittime!
Deglutii e restai
immobile, stringendomi contro Laura, che borbottò, facendomi
chiedere se avesse davvero capito in che situazione ci trovassimo -A
beh, adesso si stringe…-.
-Okay…non avevo
calcolato un imprevisto del genere- sussurrai incominciando a sentire
il panico circolare nel corpo, proprio come adrenalina.
-NON LO AVEVI
CALCOLATO?!- Laura gridò isterica, ma tentai con tutta me stessa
d’ignorarla, e continuai a fissare il vampiro che ci si era
avvicinato. Aveva una corporatura massiccia, i capelli
neri…poteva sembrare Emmett, e pensandoci bene, mi sembrava di
conoscerlo in modo indiretto, ma non solo grazie alle descrizioni dei
romanzi. Ero quasi del tutto certa di averlo sognato, mentre Seth
dormiva stringendomi a sé, dopo aver fatto sesso per
quell’ultima volta.
La ragazza vicino a me,
intanto, continuava con –CIOE’, SONO DOVUTA VENIRE QUI PER
ESSERE FATTA FUORI DAI VOLTURI?! DOPO AVER FATTO TUTTO QUEL CASINO A
NATALE?!-, così fui costretta a sibilare tra i denti -Laura, non
è il caso…-Urlava incurante di tutti. E la scena sarebbe
anche potuta sembrare comica, se non fossimo state a pochi passi da
vampiri bevitori di sangue umano.
Respirai a fondo e dissi
in un soffio quando capii chi mai fosse –Tu…- la mia
attenzione era per quel vampiro in particolare. Lui ghignò e
disse -Ci conosciamo?-.
-Felix-, dissi soltanto.
Laura si voltò un
attimo e si bloccò, chiedendogli -Ho parlato con te a Natale,
vero?-. La fissai, stavolta, spalancando gli occhi. E così,
quando aveva annullato la gita della sua classe a Volterra, aveva
informato lui! oh, davvero perfetto!
Felix da parte sua, la
guardò attentamente e sussurrò
–Uhm…già, la tua voce mi è familiare-, fece
silenzio un attimo, poi continuò -Sei quella che ha disdetto il
viaggio. Per colpa tua abbiamo perso un ottimo pranzo-. Io li guardai
incredula. Ora facevano del sarcasmo! tanto!
Sorrisi nervosa e dissi
-Oh beh…avrete trovato qualcun altro…- e lui, ridendo
amaro, disse -Certo, ma ora siete qui e possiamo fare merenda-.
Scoprì i denti ghignando, e molti dei suoi compagni lo
imitarono. Ringraziai il cielo che nel piccolo gruppo non ci fossero
Jane ed Alec, anche se con tutta sincerità, mi preoccupavo
più della prima. Nemmeno Demetri era presente, ma in compenso
credei di scorgere Chelsea.
Laura s’intromise
rapida dicendo –Mi dispiace…- finse quasi come una
professionista, poi riprese con -…Sarà per un’
altra volta, mi farebbe piacere, ma la mia amica è vegetariana.
Il sangue umano non è male, lo ammetto, però io
personalmente credo di essere un po’ insipida- e sorridendo, si
voltò come con l’intenzione reale di andarsene.
Seguii speranzosa
l’esempio della ragazza e dissi -Ed io sono…amara
e…e anemica! non ho proteine-. Lei mi guardò scettica e
mi sussurrò -Lascia le trattative a me...perché per
quanto ti riguarda, hai fatto abbastanza danni-.
Laura si rivolse di nuovo
a Felix con lo stesso straordinario sorriso allegro -Sei molto carino
ma...dobbiamo andare, abbiamo un bimbetto da accudire, sai...un
po’ di casini vari...- fece spallucce e mi prese per un braccio
tentando ancora una volta di riuscire a salvare la pelle a entrambe.
Chissà per quale
motivo, nessuno dei Volturi si mosse, non ci lasciarono spazio
sufficiente per uscire dal cerchio, né ci saltarono addosso per
bloccarci o, peggio ancora, ucciderci. La voce acuta, ma senza vita, di
Jane arrivò alle nostre spalle, e quando Laura strinse per un
istante gli occhi, forse maledicendo me, se stessa e tutto il resto del
mondo, capii che era arrivata alla mia stessa conclusione: non avevamo
scampo.
-Carine, le vostre mantelle…-. Alla battuta della ragazzina nessuno rise, perché nessuno
aveva il coraggio di farlo. Io e la mia amica ci voltammo lentamente e
ci stringemmo una mano, come per farci forza, fissandola. Lei si fece
avanti con passò lento e silenzioso. Nessuno scricchiolio sulle
foglie cadute dagli alberi o sul terreno verde viscido o fangoso.
–Perché siete qui?- il tono era cambiato. Ora era freddo,
agghiacciante, letale.
Laura parlò per
prima, dicendo quello che se non fosse stata presente, avrei detto io,
ma controllando la voce e cercando di renderla sicura
–Perché vorremmo parlare con i vostri padroni. Con Aro,
soprattutto-.
Tesi le labbra e trattenei l’istinto di fulminarla. Per quale motivo aveva specificato?!
Jane, dal canto suo,
alzò un sopracciglio, facendo comparire sul viso angelico da
eterna dodicenne, un piccola ruga, che sparì quasi
immediatamente, mentre poneva un’altra domanda, stavolta alla
sottoscritta –E chi vi
manda?-. Laura sussultò e fece per parlare, ma la vampira la
fulminò bloccandola in anticipo. Mi ritrovai a incrociare gli
occhi della ragazza al mio fianco, tesa, senza capire perché.
Quando tornai a fissare Jane, mi feci coraggio e risposi
–Nessuno-.
Avete
presente i temporali estivi? Quelli improvvisi, che vi rovinano un
giorno assolato e caldo? Quelli in cui compaiono tuoni e fulmini?
Sì? Bene.
E
avete presente soltanto i fulmini? Riuscite a immaginarli in modo
nitido, mentre tagliano nettamente il cielo grigio? Perfetto.
Ora
pensate al dolore di quando si viene colpiti da uno di essi. La scossa
in tutto il corpo, che parte dal cervello e arriva agli arti. Vorreste
che finisse, ma quando accade, siete morti.
Non sentivo una base
sotto il corpo, non percepivo il contatto col fogliame, né col
fango. Pregavo in vano Jane di smetterla, mentre gridavo sentendo ogni
più piccolo muscolo, o nervo, assalito da fitte terrificanti.
Avevo sempre pensato che fosse come fuoco, che somigliasse al veleno
che scorre quando si è in procinto di trasformarsi in vampiro,
invece no . Avrei potuto dire perfino che era peggio, perché non
era un dolore qualsiasi. Era il dolore. L’essenza più
precisa e perfetta di ciò che noi chiameremmo tortura. E mi
stava massacrando tutto il corpo.
Chiamavo Laura, tra i
lamenti e le grida, perché sentivo che in quel momento era
l’unica che potesse darmi la forza per resistere. Sentii la sua
voce che chiedeva a Jane di smetterla, che le gridava in preda al
panico di cessare col suo attacco, ma quella continuava.
-Jane, cara, adesso basta-.
La voce suadente e bassa
fece sì che la mia sofferenza cessasse un secondo dopo aver
interrotto le suppliche della mia amica. Tutto tornò
all’improvviso nitido. Vedevo di nuovo gli alberi sopra le nostre
teste. Vedevo i vampiri, vedevo il terreno sul quale stavo, e vedevo
Laura.
Laura, alla quale le
lacrime avevano solcato il viso. Sospirò rasserenata quando mi
vide libera dal dolore, e mi aiutò a rimettermi in piedi.
Naturalmente, per lei che era così piccola accanto a me,
costituivo un peso. Mi fissò come per accertarsi che stessi
bene, che non avessi di colpo riscontrato qualche menomazione al
cervello. Le annuii rapida, avendo un leggero giramento. Strizzai
gli occhi, poi, insieme a lei e a tutte le creature intorno a noi,
compresa Jane, osservammo l’ultimo arrivato.
Ah…lo conoscevo. Eccome, se lo conoscevo.
In posa eretta e fiera,
ma al tempo stesso con lo sguardo rilassato di chi non ha niente da
temere, e un bagliore che avrei definito come di curiosità, se
ne stava Aro.
Il capo assoluto dei vampiri.
***
Ci aveva
fatte portare nella tenda che condivideva con Caius e Marcus.
Naturalmente, non potevamo sperare che ci ospitasse lì per la
notte…sempre che riuscissimo a restare in vita. Saremmo morte
assiderate a causa del freddo che avevo iniziato a percepire in modo
quasi violento fuori.
Si era addirittura premurato di farci sedere su due scomodissimi
sgabelli di legno, e poi, assieme agli altri due, ci aveva fissato
insistentemente per qualche secondo. Il silenzio era quasi più
snervante delle parole, per quanto mi riguardava. Ero riuscita a
riprendermi del tutto dal colpo di Jane, perché mi era bastato
capire di non essere più sotto il suo effetto per sentirmi
meglio, ed ora, dovevo assolutamente fare ciò per cui ero
arrivata fin lì.
-Chi vi manda?- la stessa domanda, riproposta da Aro, pareva molto meno
inquietante. Il tono era quello colloquiale che si usa tra amici di
vecchia data.
Laura lo fissava, persa nei suoi pensieri. Mi domandai se dovessi
iniziare a preoccuparmi, ma più che altro, ero terribilmente
curiosa di sapere cosa aveva in mente. Invidiai Edward, e lo stesso
Aro, per il loro potere in comune.
Mi decisi a parlare, sperando che la voce non fosse tremante, dopo aver
fatto un bel respiro –Abbiamo già risposto a Jane.
Non…non ci ha mandati nessuno. Volevo venire qui da sola per
potervi parlare, e Laura mi ha seguita-.
Dal momento che alla piccola vampira sadica e a Felix avevamo parlato
in inglese, Aro si era impegnato di usare la stessa lingua, ma visto
che sia loro che noi provenivamo dallo stesso Stato, mi sembrava idiota
non ricominciare a comunicare in italiano.
Non restarono davvero colpiti, lo capii subito, anche se lui, Aro, si divertì a recitare come suo solito.
-Ah! Delle connazionali! Fantastico!-.
Battè le mani in un modo che me lo fece quasi sembrare buffo,
poi si ricompose, sempre con un leggero sorriso sulle labbra, ma
socchiudendo gli occhi attento –Parlarci di cosa, mia
cara…?-. Chinò leggermente il capo di lato, lasciando in
sospeso la domanda. Capii che voleva sapere il mio nome. Non ebbi
problemi a rispondergli –Samantha-.
Caius faceva avanti e indietro alle sue spalle, scocciato. Immaginai
che di lì a poco avrebbe chiesto al fratello di poterci
uccidere. In fondo, eravamo solo sciocche e fragili umane.
Marcus, che rimasi ad osservare affascinata e impietosita, se ne
restava in piedi in un angolo, senza proferire parola, limitandosi ad
ascoltare. Incrociò il mio sguardo, forse incuriosito dai
sentimenti che provavo verso di lui, poi mi ignorò di nuovo e si
soffermò sulla mia amica, colpito da qualcosa che pensai di
capire.
Quel sogno, così vivido nella mia mente…di lui e Didyme.
Tesi le labbra, perdendo per un attimo il filo del discorso. Aro fu
costretto a ripetere qualcosa che mi era sfuggito, con una leggera nota
d’impazienza nella voce –Allora, Samantha? Di cosa volevi
parlare con me ed i miei fratelli?-.
Mi riscossi e risposi subito –Del motivo per cui siete qui. Credo
che non ci sia bisogno di andare avanti, Aro…un possibile
spargimento di…- fui un po’ titubante, prima di dire
-…sangue, non mi pare conveniente. Parlo soprattutto a te,
così attaccato al giudizio che hanno tutti i vampiri nei tuoi
confronti-.
Sicuramente, avrebbe risposto, ma Laura mi disse anticipandolo
–E’ lui a crearsi il parere dei vampiri, Sammy. Non dipende
dagli altri, è lui a tenere i fili dei burattini. E’ lui,
il burattinaio, capisci?-. Sembrava irritata per una mia mancanza.
Storsi la bocca scotendo il capo. Non potevo credere che avesse
ragione. Avevo un mio modo di vedere le cose, forse troppo
rivoluzionario, come Garrett.
Laura terminò tetra –I giudizi verso di lui non sono mai
del tutto negativi, e mai lo saranno. La paura rende falsi. E tutti lo
temono, quindi cerca di capire dove voglio arrivare-. Ci guardammo
negli occhi, prima di sentire il diretto interessato schiarirsi la gola
–pur non avendone bisogno- per attirare di nuovo la nostra
attenzione su di sé. Ma quando io
lo fissai di nuovo, mi accorsi che i suoi occhi erano immobili
solamente su Laura, con una strana e macabra scintilla di compiacimento.
Tremai e cercai di dibattermi quando chiamò Felix e Demetri per
farmi uscire dalla tenda e rimanere con la mia amica. Lei restò
sorpresa, ma poi, mi sembrò di vederla sorridere fugace.
Cosa aveva in mente, Laura?
Possibile che avesse già pensato a un piano per tener testa ad Aro e metterlo alle strette?
E, soprattutto, se era così…ci sarebbe riuscita?
Angolino autrice
Penultimo
capitolo mie care, e sono commossa, perchè in fondo è
l'ultimo scritto da me xD ho cambiato di nuovo idea, e ho deciso che il
sequel, sarà aggiunto come "libro terzo", così lo
troverete insieme al resto ^^ però ci metterò un titolo a
parte, così si capirà che "the real dream" è
terminato ^*. Un solo commento al capitolo precedente...(grazie Smemo92
^^) ma sono contenta comunque, e spero lo sia anche Laura che se ne sta
in Inghilterra XD grazie infinite da parte nostra a tutte le persone
che hanno letto, aggiunto alle seguite o alle preferite.
Parlo al prulare perchè in fondo quella pazzerella della mia
amica ormai è diventata del tutto una collega xD e pensare che
questa ff era dedicata a lei! ma vabbè XD.
A presto...spero...visto che l'ultimo capitolo è scritto da Laura -.-" (Lalla...ti voglio bene, lo sai vero?! xD).
Bacioni a tutte voi da parte mia...e credo anche da Miss Black ù_ù"
|
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Capitolo 40 *** Questioni di coscienza [POV Laura] ***
Capitolo 40
40. Questioni di coscienza
Laura
Gocciola, gocciola; goccia, dopo goccia.
Scende, scende; fiocco dopo fiocco.
Trema, trema; fa freddo. Troppo freddo.
Starnutii, stringendomi nel mio cappotto, infilando le mani, coperte
dai guanti, nelle tasche, con forza, cercando di scaricare tutta la
rabbia che avevo nel corpo. Avvolsi la sciarpa intorno al collo,
lasciando fuori unicamente il naso, ormai rosso.
Affianco a me, Sammy, non stava diversamente; batteva i denti e teneva le mani nelle tasche. Senza guanti, lei, troppo cocciuta.
-Laura, stai bene?- sussurrò, la voce fioca.
La fulminai, un’occhiataccia che la riportò con lo sguardo
verso terra. Era colpa sua se stavamo in questa situazione, se mi
ritrovavo in un accampamento di vampiri famelici e bellicosi, con un
capo che mi aveva appena offerto l’immortalità;
causandomi, quindi, problemi esistenziali inimmaginabili.
Ermes, Dio della mente, la rende facilmente volubile.
La voce suadente di Aro mi rimbombava nella testa, con il suo sorriso,
uguale a quello dei miei sogni, uguale al mio, da quanto dicevano.
Forte, intelletto svelto; ma estremamente egoista, poco attaccato alle cose. Anche a quelle decise dal destino.
Amavo Embry, lo amavo, lo amavo. Mi stringevo la testa tra le mani,
ripetendomi quella litania per renderla ancora più vera.
-Hey, ragazza- la voce di tuono di Felix mi fece alzare la testa
insieme a Samantha. Rimanemmo in silenzio, aspettando un ordine.
Avevamo passato tutta la notte sedute tra la neve, al freddo, sapevamo
bene che all’arrivo del giorno ci saremmo dovuti muovere, per
andare sul campo di “battaglia”.
-Muovetevi, che si va in scena- rise e si avvicinò, aiutandomi
ad alzarmi. Fantastico, il mio aguzzino faceva dell’ironia.
Una volta in piedi aiutai Sam, che si alzò, guardandomi con
occhi incuriositi. Era tutta la notte che mi chiedeva con lo sguardo
cosa avessi deciso con Aro. Un patto, che ci avrebbe portate in salvo;
un patto, secondo il quale il suo minimo movimento contro di noi
avrebbe comportato lo svelare del suo segreto. Didyme ed il suo
assassino.
Ci facemmo trascinare dall’onda gelida e nera, percorremmo la
foresta a passo umano, in silenzio, ognuno immerso nei suoi pensieri.
Presa com’ero a trovare un modo per comunicare con Embry, una
volta dall’altra parte dello schieramento, non mi accorsi di Aro,
che mi affiancò, sfiorandomi la mano con la sua, fredda e morta.
Trasalii guardandolo spaventata, sul suo volto un sorrisino furbo e
sicuro di sé. Non disse nulla, ma proseguì dritto, verso
la fine degli alberi. Forse quel sorriso doveva essere il campanello di
allarme, ma così non fu, scossa e infreddolita non riuscii a
capire cosa volesse dire.
Di colpo l’ombra del sottobosco si diradò, il grigiume del
cielo permetteva a tutti di camminare a volto scoperto, sia noi, che
loro.
Una schiera di vampiri e lupi enormi ci stavano di fronte; potei notare
Seth e Embry scattare di pochi metri, i denti scoperti, un ruggito
animale scoppiare dal loro torace. Sam fu davanti a loro con un balzo,
li guardò comprensivo e con un gesto secco della testa rifece
arretrare, sempre con il muso sfigurato dalla rabbia.
Mi voltai, una frazione di secondo, giusto il tempo di vedere come
tutti i vampiri, proprio come soldati di un esercito, si allineavano
veloci in una formazione, leggermente a semicerchio, con le ali
laterali piegate. Al centro Aro, Caius e Marcus, affianco a loro noi.
La mia amica tremante, io rimanevo ferma, cercavo in tutti i modi di
sembrare tranquilla. Le carte erano a mio favore, almeno così
credevo.
Il gesto di Aro fu secco, impercettibile, di colpo mi ritrovai tra le
braccia, tenaglie, gelide e marmoree di Demetri, mentre, al mio fianco,
Felix ridacchiava fermando Samantha.
Avevo i piedi sollevati, mi stringeva la gola;
-Lasicami! Lasciami!- gridai, battendolo con dei pugni tanto forti e
decisi quanto inutili sul petto, cercando in tutti i modi di liberarmi.
La risata cattiva del mio aguzzino mi inondò il cervello, non
riuscivo a sentire altro, se non il dolore. Avevo la mano ferita,
gocciolava del sangue, scuro, quasi nero. Mio.
Lo guardai con occhi disperati; non dovevo sanguinare, no.
Vidi i suoi canini brillare, la bocca scattare in avanti repentina e
leccare via il sangue dalle ferite, mentre il mio battito si bloccava,
i miei occhi si sgranavano per il terrore.
Di fronte a noi tutti si erano paralizzati, nessuno si mosse.
Mi girai, Aro stava infrangendo i patti, e lo cercai con lo sguardo; mi stava fissando, in un modo strano, nuovo.
In quel momento, ignorando il dolore pulsante della mano, potei vedere
l’ennesima sfaccettatura di quel diamante che era il vampiro. Mi
guardava, infatti, con occhi supplichevoli, con un velo di preghiera
che li copriva, mentre, con la bocca perfetta, mimava, senza voce, un
ordine insolito e ben preciso.
Parla. Ora. Dì la verità.
Mi bloccai, confusa, le parole che ripeteva io non le capivo. Perché avrei dovuto parlare?
Qualcosa non andava, aveva finto, nella tenda, aveva semplicemente fatto finta di aver paura.
Mi aveva ingannato, aveva vinto al mio gioco, dove le regole le facevo io.
Eppure, in qualche modo, quegli occhi, che sembravano essere ignorati
da tutti tranne me, mi dicevano che la partita non era ancora finita e
che io stavo vincendo, rimanendo in silenzio, trattenendo il mio
segreto.
Quegli occhi, infatti, erano occhi di un colpevole che voleva
confessare la sua pena, ed io, in quella situazione, non lo avrei di
certo aiutato.
Scossi la testa violentemente nella sua direzione, guardandolo con uno
sguardo di fuoco decisa a morire piuttosto che confessare per lui,
piuttosto che alleggerirlo.
Fremette, strinse le labbra in una linea sottile ed adirata e schioccò le dita.
L’urlo di Sammy mi risvegliò dai miei pensieri, spostai lo
sguardo su di lei e inorridii, le dita che cercavano di staccare il
braccio di Felix dal suo collo, mentre i denti di questo affondavano
nella pelle, e le sue urla, molto più forti delle mie, ma, allo
stesso tempo, estremamente più indifese.
Fu un attimo, un attimo così minuscolo da sembrare fantasia, ed
io caddi a terra, lasciata da Demetri, battei la testa su una roccia o
su un pezzo di ghiaccio, non ricordo, l’unica immagine precisa,
che il mio cervello trattenne di quel momento fu il sangue che scorreva
sui miei occhi e tutti, ogni singola persona, essere, che si
scontravano tra di loro.
Respiravo a fatica, strisciando lentamente sul terreno coperto di neve,
sentendo ogni singola fibra del mio corpo urlare il dolore. La stretta
di Demetri mi aveva fratturato qualche osso, la caduta mi aveva aperto
una ferita appena sopra l'occhio destro, rendendomi, almeno da quella
parte, la vista limitata.
Cercavo in tutti i modi di ritrovare Samantha, tentai di sentire, di
carpire i suoi urli, ma era un'impresa inutile: tutti, in quel campo di
battaglia, stavano gridando o ululando, poco importava.
Scorsi all'improvviso, appena dopo aver superato le gambe di qualcuno,
un vampiro dei Volturi, il corpo di Sammy, dimenarsi per terra, in
preda all'agonia.
Feci uno sforzo titanico e mi tirai in piedi, traballando sfinita.
Respirai profondamente e arrancai fino a lei, decisa a trascinarla via
di lì, via da tutta quella morte.
Con lo sguardo cercavo disperatamente il lupo dalla pelliccia marrone,
lo vidi atterrare un cumolo di stracci neri ed esultai internamente;
Emb, almeno lui, era al sicuro. Forse la troppa rabbia, il buon motivo
che aveva per combattere l'avrebbero salvato, no, di sicuro. Lui
sarebbe sopravvissuto.
Sollevata almeno da questo peso mi chinai, con l'intenzione di tirarla
su, ed in quell'istante un braccio, non so di chi, non so come,
precipitò su di me. Il sangue mi ricoprì totalmente, le
ossa più piccole sbucavano, fratturate e distrutte; marmo
macerato, i tendini, i muscoli squarciati; sentii un conato di vomito
risalire per lo stomaco, lo rigettai indietro, senza fiatare, sembrava
come se anche l'aria si fosse gelata nella mia gola; mi guardai
intorno, ma nulla.
Ero invisibile. Nessuno mi notava, nessuno, in quel momento, era interessato a noi.
Tirai su Sam a fatica, era troppo alta e si agitava, dimenandosi. Mi
morsi un labbro, ricordando che, in fin dei conti, la colpa era la mia.
Provai a urlare il nome di Carlisle, forse poteva fare qualcosa, ma
quello che uscì dalle mie labbra fu solo un sussurro
impercettibile.
La trascinai fino al limite della radura, cercando di farle il meno
male possibile, decisi che era meglio infilarsi tra gli alberi, almeno
un po' più internamente, per evitare qualsiasi coinvolgimento
con la battaglia; eravamo già state fin troppo messe dentro a
quest'affare.
Non mi accorsi, per la stanchezza, per la rabbia di tanta
stupidità da parte mia, che la foresta era in pendenza e misi un
piede nel posto sbagliato.
Lo sanno tutti, le radici sporgenti non perdonano mai.
Iniziai a precipitare, rotolando tra le felci e il fango, in un
sottobosco pieno di rocce e sassi, dove la neve, a causa del fitto ed
impenetrabile tetto verde, non era riuscita a passare.
Mi fermai di colpo, sbattendo la schiena contro un tronco, un dolore allucinante mi invase tutto il corpo, facendolo tremare.
Chiusi gli occhi: Sammy era vicino a me, questo bastava; potevo benissimo svenire.
Persi conoscenza per qualche minuto, quando riaprii le palpebre avevo
la bocca che mi bruciava, il sapore forte di rame mi fece inorridire.
Tossii, i polmoni furono trapassati, lacerati da miliardi di spilli
appuntiti; mi bloccai, stringendo i denti e sputando il rosso che mi
aveva invaso la bocca.
Cercai di muovere una mano, la chiusi, tentando di combattere contro il freddo: i guanti si erano bagnati, gelandole.
Altro dolore, altra sofferenza.
Sentii le lacrime scendermi lente, mentre continuavo a ripetere quel nome costantemente.
Embry. Embry. Embry.
Non volevo morire, non dovevo morire.
Non doveva farlo lui, non doveva assolutamente farlo. Quella battaglia non doveva distruggerlo, lui doveva vivere, doveva farlo!
Stavo rannicchiata a terra, in posizione fetale, quasi tentando di
difendermi da quelle urla, quelle di Sammy, che mi ricordavano quanto
fossi stata egoista.
Tutto questo per una maledetta vittoria, una voglia irrefrenabile di
vincere, contro di lui. E se ora lei era così... era tutta colpa
mia.
-Coscienza?- la voce melodica, troppo conosciuta, irruppe il silenzio
sommesso che si era venuto a creare, ero quasi riuscita a isolare Sam,
lasciarla da sola, di nuovo, stavo fuggendo dalle mie colpe.
-Non … non sono perfetta- continuavo a scusarmi, prima mentalmente, ora, contro questo nemico amico.
-Nessuno lo è- ribatté, il fruscio della veste si fece
più vicino, la sentii stendersi; si era seduto affianco a me.
-Mi chiedo, anzi, mi sto torturando, sul come sia possibile che tu … - si bloccò.
Alzai lo sguardo e finalmente ebbi il coraggio di fissare quegli occhi
rossi, Aro stava seduto di fronte a me, il viso contratto in
un'espressione dubbiosa.
Nuovamente silenzio.
-La coscienza è un affare assai noioso, Laura- riprese,
lasciando da parte il discorso iniziale, forse era troppo difficile?
Perfino per lui?
-Se lo dici tu...- sospirai, un'altra morsa mi strinse i polmoni, tossii, dolorante.
-Assomigli molto alla mia coscienza, è questo che mi preoccupa-
mormorò, guardandomi curioso, allungando una mano pallida, per
sfiorarmi. Non mi scansai, lo lasciai fare, sembrava intento a pulire
qualche ferita. Non so quale, troppe mi avevano tagliato il volto.
Il freddo delle sue dita mi provocò un leggero piacere, sorrise, ascoltando i miei pensieri.
Non riuscivo a staccarmi da quel lembo di felicità, che era rappresentato dal viso di Embry.
-Io non so se la mia coscienza ha una faccia, se devo essere sincera-
risposi, la voce era un soffio impercettibile; un altro urlo di
Samantha mi fece rabbrividire.
Si staccò, poggiando la testa ad un tronco e socchiudendo gli occhi.
-La mia era identica a te, solo che è morta...- spiegò trattenendo un sorriso amaro.
-La hai uccisa?- mormorai, preoccupata; non sapevo se prenderla come minaccia o come una semplice confessione.
-Forse-
-La vuoi uccidere di nuovo?- tremai, provandomi a tirare su, il terreno
era troppo freddo, dovevo isolarmi, sentii le ossa scricchiolare e
lanciai un gemito di dolore.
-No-
Respirando velocemente, a fatica, mi misi di fronte a lui; l'occhio
destro si era gonfiato, non vedevo più nulla. La figura
longilinea e perfetta di lui era davanti a me, sorridendo amichevole.
Rabbrividii, spaventata e lo guardai, cercando di essere il più forte possibile.
-Cosa vuoi da me? Non ti è bastata lei?!- indicai con la testa
Sammy, che sembrava agonizzare, un tremore mi percorse la schiena.
-Volevo sapere perché non hai parlato- secco e preciso, la voce
era quasi sprezzante, arrabbiata contro qualcuno, qualcosa, sicuramente
contro me.
Lo guardai impaurita, non avevo idea di cosa sarebbe successo; se
avrebbe voluto pareggiare i conti o se, per qualche strana ragione, si
sarebbe accontentato di una piacevole chiacchierata.
-Io... volevo...- deglutii, in difficoltà, bloccandomi, senza riuscire a dire altro.
-Punirmi?- concluse lui per me, sorridendo affabile.
Annuii lentamente. -Avevi infranto il patto ed io...- presi fiato e lo
fissai con più forza, cercando di diventare più sicura,
non potevo continuare a soccombere sotto i suoi occhi rubino. -Ho
voluto punirti.- ribattei, sibilando, sembrando un po' troppo
aggressiva.
Lui scoppiò a ridere, avvicinandosi con un braccio e scansandomi
una ciocca di capelli, un riccio bagnato e sporco di terriccio e
sangue; mi fermai, senza respirare. Il suo viso era troppo dolce,
troppo calmo, troppo... umano.
Le mascelle erano rilassate, i sopraccigli distesi, nessuna ruga
d'espressione, all'infuori di quei piccoli solchi provocati dalle
guance, che, nel sorridere, si erano tirate.
-Straordinario... come tu sia... non credevo di riuscire a trovare
qualcuno che mi conoscesse più di me stesso. Strabiliante,
sei...- parlava velocemente, aveva perso almeno per un attimo la fredda
calma che lo contraddistingueva.
Ci zittimmo entrambi, guardandoci negli occhi senza parlare, sentivo
Samantha urlare e un'altra lacrima scese, rigandomi il volto scurito
dalla sporcizia del terreno; tirai su con il naso e emettei un
singhiozzo sommesso.
Mi sentivo sporca, lurida; come se al posto del sangue nelle mie vene
scorresse del veleno letale, che avrebbe potuto annientare ogni persona
a me vicina.
-Sono un mostro- la voce mi uscì in un soffio -guarda quello che
ho fatto! Guardala!- mi voltai di scatto verso di lei, gattonai e la
raggiunsi, cercando di calmare quel viso stringendole una mano
convulsamente.
-Quello che ho fatto io- precisò, rimanendo al suo posto. In
lontananza udimmo il rumore della battaglia, che non accennava a
fermarsi.
-No! Se io... se io... avessi parlato, se... non... se l'avessi
convinta a non venire, se... non fossi stata così curiosa,
così egoista- parlavo senza pensare, portandomi le mani nei
capelli, stringendoli e tirandoli con rabbia, finché non sentii
le sue, di mani, fredde e leggere trattenere le mie.
-Il se non esiste, è un'illusione creata dall'uomo, per scusarsi
quando è troppo tardi per farlo; quindi, non credo che questo
discorso possa continuare mantenendo una logica, a mio parere- era
freddo, calmo, come se non riuscisse a capire tutto il dolore che stavo
provando, l'agonia, non solo fisica, ma anche dell'anima. Era come se
anche quest'ultima, insieme alle mie forze, mi stesse abbandonando.
-Cosa vuoi fare, Aro? Perché sei così gentile,
perché non mi uccidi, non mi trasformi! Perché!?- urlai,
usai tutta me stessa per farlo, in quello scatto di adrenalina pura mi
ritrovai in piedi, di fronte a lui, tremando di rabbia e frustrazione.
Volevo pagare, volevo dare quella piccola parte di me per sentirmi
libera; sacrificare un po' di felicità in cambio della mia
coscienza, la rivolevo integra.
-Non ci riuscirei- rispose semplicemente, un'altra carezza che mi
stupì, spiazzandomi. -Ho già fatto troppo male per...
farlo anche a te; se ti uccidessi, se ti trasformassi, se, come ho
già fatto in passato, tentassi di toglierti quella vita, che
tanto mi affascina, quel sorriso che ti ho visto sfoggiare davanti a
tutti, quella sicurezza... se ti togliessi sono una piccola scaglia di
tutto questo ucciderei anche me. Ho vissuto troppo tempo senza una coscienza per non desiderarla, per ferirla. Ho già commesso un errore simile, me lo hai ricordato tu stessa.
Troppe volte rivedo il volto della cara Didyme nella mia testa, troppe
volte soffro ricordando quello che ho fatto. Chiamalo egoismo, chiamalo come vuoi, ma non ce la farei a sopportare altro. Quindi, mi dispiace, ma non avrai nessuno sconto di pena.- sorrise, allontanandosi un po'.
Le gambe mi tremarono e mi ritrovai nuovamente a terra, piangendo.
-Cosa vuoi dirmi?- sussurrai, secondo dopo secondo avvertivo come se
una forza, un filo scarlatto e inspiegabile ci stesse unendo,
contro il nostro volere forse, o, una volta tanto nella mia vita, in
questa mia nuova vita, con il mio volere. Per il mio volere.
Perché io, una parte di me, quella più ribelle,
più recidiva a scomparire, voleva un'altra possibilità.
Non voleva rinchiudersi in un unico sentimento; voleva essere libera.
-Ti sto umilmente chiedendo di essere la mia coscienza- mi
guardò dall'alto, senza ombra di superbia, di voglia di dominare.
Era un semplice uomo che stava chiedendo un favore, che lo stava
chiedendo a me, con degli occhi rossi, d'assassino, ma, allo stesso
tempo deboli e desiderosi di una risposta che potesse confortarli,
farli divenire, almeno per un attimo, gli occhi di un innocente, di una
persona pura, senza macchie nell'animo.
Aro mi stava chiedendo di stargli vicino per essere un po' più umano.
Scossi la testa, spaventata; io, io!, non potevo certo fare una cosa del genere.
Ma ne ero sicura? Io, od una parte di me?
Io o la parte che amava Embry? Che ora lo stava richiedendo con forza e amore irrazionale ed impazzito.
Io?
Ero confusa, disorientata ma, non so come, non so perché, alla
fine dalle mie labbra uscì un sussurro preciso, pensato e
desiderato.
-Sì-
Mi lasciai cadere, sdraiandomi affianco alla mia amica,
raggomitolandomi tenendole la mano, non volli vedere il suo viso, ma,
ne fui sicura, sorrise; lo fece in un modo nuovo, una volta tanto, dopo
tempo, veramente felice.
Lo sentii muoversi, andare verso la battaglia, con passi lenti.
-Cosa stai facendo?- mormorai. Ormai non vedevo più, le
palpebre si erano abbassate completamente, l'olfatto si era azzerato,
non sentivo più nulla, se non i rumori.
-Credo che le guerre siano noiose, non ti pare? Spreco di forza...
Spero che Caius si accontenti per i prossimi anni, non ce la farei a
sopportare altro spargimento di sangue così... inutile.-
sospirò, la voce sempre più lontana.
-La farai finire?- mormorai sorpresa e felice, stendendo le labbra in un sorriso.
-Sto facendo quello che la mia coscienza mi ha suggerito- rispose.
-Posso chiederti un'ultima cosa?- sapevo che ogni istante che stavo
sprecando in questo dialogo assurdo era una possibilità in
più che Emb rimanesse ferito o peggio. Eppure non ce la facevo a
staccarmi da lui, da Aro; era più forte di me.
-Certo-
-Come era la tua coscienza?-
Si fermò, un sasso od un bastoncino rotolò giù
dalla salita, raggiungendo la mia mano, lo scansai, rimanendo con gli
occhi chiusi, attendendo la sua risposta.
-Era una giovane donna, bellissima, unica. Rideva molto, lo sai? Forse
per questo era così bella. Pensava che non esistessero i
cattivi, i buoni. Era molto simile a te-
Fu l'ultimo scambio di battute, l'ultima voce che sentii prima di sprofondare di nuovo nell'incoscienza del sonno.
Poi ci fu il silenzio.
Poi ci fu il dolore.
Poi ci fu lui, il mio vero amore.
Stavo gelando, anche nel sonno riuscivo a percepire il dolore provocato
dal freddo pungente dell'inverno; quando, all'improvviso, una stretta
calda, avvolgente e familiare mi circondò.
Due braccia, quelle del mio amore, della mia ragione di vita, mi strinsero a sé.
Sentii le voci agitate, i ruggiti di rabbia, sentii tutti correre
accanto a Sammy, come doveva succedere. I cattivi, gli egoisti come me
non dovrebbero ricevere attenzioni.
Eppure vidi solo lui, socchiusi gli occhi stancamente, e incrociai i
suoi; dolci e colmi di amore, sicuri, certi di non avermi perso. Ed io
ricambiai, lo stesso sguardo, stringendomi flebilmente alle sue spalle,
esausta.
Finalmente potevo addormentarmi in pace, lo avevo nuovamente con me. Vivo. Ed era finito, era finito tutto.
Non tutti sono destinati a rinchiudersi in un unico essere,
alcuni, dicono, hanno una personalità plurima.
Questi personaggi sono ambigui, inafferrabili,
e per questo costretti a vivere nell'infelicità totale.
Perché saranno sempre costretti ad accontentare due differenti persone,
rinchiuse in una.
Le due persone continueranno a combattersi,
annientando, quindi, la personalità della stessa.
La felicità, dicono, per queste persone, è la vera utopia.
Note autrice Laura Black:
Sono viva, sono in giro per l'America, per la precisione in macchina.
Mi scuso per l'immenso ritardo e se il capitolo ha fatto schifo. Mi
scuso veramente ._. Aro solitamente, come dice Sammy, è mia
competenza, ma qua ho avuto paura ad usarlo, perché la storia
non è mia e per quanto mi piaccia “dare una mano”,
infilando questi “capitoli”, se così si può
chiamarli, ho sempre il terrore di rovinarla.
Quindi, vorrei ringraziare un po' di persone, in primis e veramente tanto, la cara Samantha, che odia il suo nome intero.
Grazie per la fiducia che mi dai, non è da tutti, anzi …
solitamente la gente non si fida, dice che sarebbe come dare le porte
del paradiso al diavolo. XD
Grazie a tutte le persone che nei commenti mi hanno fatto i complimenti
o che, stranamente, si sono fatti “fun” -nel senso
più ampio del termine- del mio personaggio. Non credevo fosse
possibileXD
E... grazie.
Tutto qui.
Abbiamo concluso questo secondo “libro”. Per me è
stato veramente bello scrivere i POV rari che ho messo, è una
storia che mi ha preso, e che io, mi scuso con Sammy, ho preso.
Per il prossimo! Huhu! Vi assicuro che ce ne saranno delle belle e che
quest'ultimo capitolo è strettamente legato al prossimo libro!
Sammy, se hai censurato hai fatto bene <3
Note autrice Sammy Cullen:
niente da aggiungere a ciò che ha detto Laura ^^
prossimo aggiornamento, mie care, col Libro III intitolato Second Life-When you are a Cold.
Ho solo una richiesta: visto che è l'ultimo capitolo del secondo libro, lasciatelo un commento, VI SUPPLICO. Se non per me, fatelo per Laura che si è degnata di regalarvi questo "finale".
Comunque, ancora grazie.
A presto, allora.
By due "scrittrici" pazzerelle ;)
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Capitolo 41 *** [LIBRO TERZO] Prologo/ Capitolo 1 (POV Sammy/Seth) ***
capitolo 1
Second
Life
...when you are a Cold...
Prologo
Stare in mezzo a
loro non
mi piaceva. Era orribile essere circondata dai nemici, dal pericolo.
Eppure ero lì, pronta a sacrificarmi per difendere chi
amavo. Mi
ero chiesta tante volte se la mia seconda vita sarebbe stata migliore
della prima, ma la risposta non c’era mai stata, o almeno,
fino a
quel momento...No. Non era affatto come speravo.
Capitolo
1
Sammy
Fuoco.
Non c’era niente di peggio, in quell’istante.
Finire sotto
un treno in corsa, farsi staccare la faccia a morsi da un cane
rabbioso, ritrovarsi con braccia e gambe rotte…non era niente in
confronto.
Fuoco.
Mi invadeva il corpo e lo potevo quasi sentire durante quella folle
corsa nelle vene. Partiva dal collo per continuare a scorrere lento nel
basso. Spalle, braccia, petto…e poi giù, passando
per lo
stomaco, il ventre, le gambe, i piedi…
Cosa accadeva attorno a me?
Non potevo –non riuscivo- a saperlo.
Fuoco.
Era come lava. Una colata insaziabile e senza freni che mi logorava
ogni più piccolo ossicino. Solo una cosa, in mezzo a tutto
quel
dolore, mi sembrava fin troppo udibile.
Il battito di un cuore accelerato. Di chi era? Perché
mi sembrava così vicino?
Fuoco.
Sapevo di gridare, in quel momento.
Sapevo di contorcermi come un’anguilla.
Sapevo che qualcuno al mio fianco parlava, forse mi stava chiamando.
Sapevo perfino che quel cuore intento a battere così forte
era il mio.
Fuoco.
Fuoco dappertutto.
Dov’era la mia bocca?
E gli occhi? Dov’erano gli occhi?
Buio.
Tutto così buio…e rovente.
Cosa stavo dicendo?
Cercai di trovare le mie labbra in movimento, ma proprio quando stavo
per raggiungerle, uno strato più caldo di lava mi
circondò l’unico organo che ancora resisteva.
Il cuore pulsava più rapido delle ali di un
colibrì.
Stavo respirando?
Sì, no, forse, chissà…
Ma volevo trovare le mie labbra, volevo controllare la mia
voce…
E volevo almeno uscire dall’oscurità.
Gli occhi. Apri gli
occhi.
Come potevo concentrarmi su di loro, in un momento come quello?
Allora le orecchie!
Ascolta…ascolta…
Quelle suppliche sussurrate nella mia testa, mentre tutto il resto di
me stessa gridava, implorava di farsi uccidere, perché quel
dolore era insopportabile.
Fuoco.
Fuoco in ogni singola parte del cuore.
Un tonfo sordo mi fece sobbalzare. Seppi di essermi mossa. Seppi di
aver soffocato un grido assieme a tutto il resto.
Seppi di essere morta nell’attimo esatto in cui il silenzio
mi circondò e il fuoco iniziò a consumarsi.
Pace.
D’improvviso percepii ogni cosa. Pian piano, ogni parte del
mio corpo tornava sotto il mio controllo.
Le mani.
Sentivo che erano strette a pugno, e sapevo di poter distendere le
dita, se mi concentravo.
Gli occhi.
Le palpebre potevano aprirsi come le tende di un palcoscenico, se lo
volevo.
Le labbra.
Erano socchiuse. Ebbi paura di passare la lingua sui denti. Troppo affilati?
La parte migliore, nell’oscurità, era
l’udito.
Ogni più piccolo
e impercettibile
rumore mi apparteneva.
Lo sentivo quasi come se lo stessi producendo io.
Per prima cosa, respiri.
Erano leggeri, soffici come piume, e mi stavano tutti attorno. Una
splendida e ipnotica melodia.
Una celestiale composizione d’orchestra.
Per seconda cosa, i cuori che pulsavano sangue caldo.
Erano tanti, questo sì, ma quasi con un meccanismo
istantaneo,
riuscii a sapere con esattezza che ne erano presenti due più
vicini degli altri sette.
Per terza cosa, i movimenti.
Udivo il rumore di passi, di vestiti che frusciavano, di capelli
smossi, di carezze.
Era tutto così…strano.
Volevo aprire gli occhi.
Con tutta me stessa, desideravo di poter avere un po’ di
luce, ma qualcosa mi spingeva a non far niente.
Muovermi, respirare…assolutamente niente.
Timore? Incoscienza? Stupidità?
Cosa mi faceva comportare in modo tanto idiota?
Di colpo, un semplice e adorabile suono mi spinse a scattare in piedi
senza essermi resa davvero conto di aver compiuto il minimo movimento.
Era una melodia mille volte più perfetta dei respiri,
più
suadente dei battiti di quegli nove cuori intorno a me, più
acuta ed espressiva.
Ma, soprattutto, familiare. Un pianto.
Musica frenetica e straziante.
Ero certa di sapere a chi appartenesse, come in un dejà-vu…
Ricordai il viso tondo di una creaturina minuscola. Un bimbo.
Il mio bimbo.
Gabriel.
Anzi no, Gabriel Edward Harry.
All’improvviso sentii i passi di qualcuno vicino a me farsi
più forti. Voleva dire che si stava avvicinando, chiunque
fosse.
Mi concentrai solo un minimo sul pianto di mio figlio e subito i miei
occhi si posarono su un giovane.
Aveva il volto straziato dall’ansia, mista a gioia quasi
accecante. Riuscivo a vederla irradiata dal suo corpo.
Ma era fastidioso, c’era qualcosa che non andava.
Vedevo…troppe cose, che prima non mi ero mai resa conto ci
fossero.
Gli acari della polvere nell’aria, per esempio. Era
scioccante
ritrovarsi a fissare ciò che fino a poco tempo prima non si
poteva notare se non con una lente di ingrandimento o, meglio, un
microscopio!
Restai paralizzata dalla sorpresa.
Oh. Mio. Dio.
Al quale, se non erravo, non avevo mai creduto.
Seth
Fissare quel
corpo in
preda alle convulsioni e a un dolore visibile, era straziante. Ma non
avrei percepito in modo così orribile tutta quella
sofferenza,
se non fosse appartenuta a Samantha.
Teneva gli occhi chiusi, le mani strette a pugno e più di
una
volta, il dottor Carlisle ed Edward, l’avevano dovuta tenere
per
non farla cadere dal lettino sul quale era stata messa.
Non avevo sentito niente per tutto il tempo. Ero diventato immobile.
Una perfetta statua che Esme poteva portare in giardino per abbellire
l’ambiente.
Mi ero concentrato su di lei, pregando che finisse presto.
-BASTA! VI
PREGO…SPEGNETE IL FUOCO! UCCIDETEMI...UCCIDETEMI...-
era terribile sentirle gridare a squarciagola cose del genere. Chiedere
così spasmodicamente di poter morire.
Per un attimo mi chiesi se lo avessero provato tutti o se il dolore
della trasformazione cambiasse da uomo a uomo, da donna a donna.
Carlisle come aveva reagito? E Edward, Emmett, Alice?
Avevano fatto esattamente come Sammy, o avevano trattenuto lo strazio
dentro se stessi fino alla fine?
Non potevo neanche immaginarlo.
E intanto lei era lì, a supplicarci di farla fuori.
E poi, di sorpresa, non saprei dire dopo quanto, osservai il suo corpo
sobbalzare. La schiena
inarcata, gli occhi sgranati, le labbra schiuse senza emettere alcun
suono. Le si era mozzato il respiro. Poi ricadde inerme come se fosse
morta davvero.
Non fui capace, allora, di camminare verso di lei. Me ne restai
immobile a guardarla, in silenzio come tutti gli altri.
Di sotto, col resto del branco –meno Jacob, finito
chissà
dove con Renesmèe-, mia sorella si prendeva cura di mio
figlio,
suo nipote.
Sam aveva rimandato a casa i licantropi più giovani subito
dopo
la grande guerra, tre giorni prima, perchè non li voleva
lì. Tutti noi avevamo notato che erano rimasti scossi, pur
avendo dato prova di grande coraggio.
Io invece stavo coi Cullen, che attendevano una qualche reazione da
parte di Sammy.
Con la coda dell’occhio notai Bella, accanto a Edward,
indecisa sul fatto di dire qualcosa o meno.
Cambiò idea quasi subito e tese le labbra pazientemente.
C’era una calma tremenda.
Laura, al mio fianco, fissava Sammy senza timore. Non sembrava agitarsi
per il fatto che la mia ragazza fosse ormai passata allo status di
vampira e che, se era come pensavo, non avesse un minimo di
lucidità e bramasse solo il sangue.
Era seria, concentrata, e aspettava.
Come me, come loro.
A spezzare il silenzio fu il pianto di Gabriel, e ci volle un attimo
prima di ritrovarmi a fissare Samantha in piedi, di fronte a me. Era
bellissima, ma lo era stata anche da umana.
I capelli castani rilucevano in modo straordinario, pieni di riflessi
ramati, e arrivavano alle spalle in modo disordinato. La frangetta, una
volta scompigliata, ora le ricadeva di lato coprendo in modo fluido una
parte dell’occhio destro.
Ma non mi soffermai sul castano- ciliegio della chioma, e restai
paralizzato a fissare il volto avvicinandomi a lei senza riflettere.
Volevo stringerla a me, perché sapevo che se non lo avessi
fatto, sarei crollato. Dovevo sapere se era reale, se non stavo
sognando ogni cosa, ed era morta in quel campo di battaglia.
Strinsi i pugni ricordando quegli attimi. Il vampiro moro che ghignava,
che la stringeva a sé con così tanta forza da non
darle
modo di poter fuggire e poi, le mordeva il collo…
Ed io, che scattavo dando il via alla guerra, ma con la certezza che lo
avrei ucciso.
E di fatti è ciò che feci.
Felix, se non sbaglio, mi aveva tenuto testa in modo impareggiabile, ma
alla fine più di metà corpo era volato nel fitto
del
bosco attorno alla radura. Il resto, invece, lo avevo ridotto a
brandelli.
Qualcuno dei nostri aveva pensato a bruciare il mucchio.
Dopo, ero stato tentato di cercarla, perché non la trovavo
in mezzo ai combattenti, e nemmeno la sua amica.
Che Laura avesse trascinato via Sammy dal caos? Non ne ero stato certo,
e molti di quei vampiri…i Volturi…mi erano venuti
contro
di soppiatto.
Solo alla fine, quando quei mostri hanno deciso di ritirarsi, abbiamo
fatto un conto della situazione. Eravamo stati in grado di metter fine
alla vita di una ventina e passa di vampiri, ma Edward aveva detto che
almeno una metà erano stati solo testimoni, e non soldati.
Dal canto nostro, non c'erano state perdite. Zafrina, una delle vampire "amazzoni", si era occupata di togliere la vista a molti dei nemici, mentre Bella s'impegnava a mantere intatto il suo strano scudo invisibile contro gli attacchi che Jane provava a infliggerle quando Kate veniva distratta da altri soldati.
Vedendo i Volturi andarsene, Vladimir e Stefan, i rumeni, avevano giurato vendetta per la seconda volta con un sorriso di trionfo stampato in faccia.
Stefan parlò, dicendo "Abbiamo vinto la battaglia, vinceremo anche la guerra"; poi, se n'era andato col suo compagno senza proferir parola.
Cercai di calmarmi sentendo il tremore delle mani e ci riuscii
perfettamente. Quei ricordi non erano il massimo dell'allegria...e non lo era neanche quell'attimo.
Tornai perciò a concentrarmi sull’amore della mia vita, quello che
era mutato, restando comunque se stesso.
Sammy non poteva essere cambiata irreparabilmente. Prendendo Bella come
esempio, ero arrivato a sperare che anche lei possedesse un ottimo
autocontrollo.
La tristezza mi passò sul viso per un istante, poi sorrisi
per
farmi forza e perché, seppur con un colore diverso, lo
sguardo
di lei si era finalmente posato su di me.
Sammy
Ci volle un
attimo prima che capissi, che ricordassi.
Quel ragazzo, così bello, così
dolce…era Seth. Il mio amatissimo Seth.
Restai stupita. Possibile che mi ricordassi di lui? Lo fissai.
Sì, era in tutto e per tutto chi credevo…col suo
sorriso, coi tratti sottili, la pelle bronzea…
Arricciai il naso. Il suo odore mi colpì di botto.
Sapeva di muschio…
Ma non mi infastidiva, o almeno, non dopo un primo momento.
Volevo parlare, volevo avvicinarmi a lui…ma la paura non me
lo
permetteva. Pregai che continuasse a farsi avanti al mio posto, dato
che avevo la certezza che di mia spontanea volontà, non
sarei
riuscita a compiere neanche un passo.
Avvicinati...ti
prego...avvicinati.
Desiderai per un istante che avesse il potere di Edward,
così da potermi accontentare immediatamente.
Seth
Perché
non si avvicinava? Perché restava distante?
Perché non mi parlava?
Perché continuava a sembrarmi che temesse qualcosa?
Ero troppo impaziente per restarmene fermo, così feci quei
due
passi giganteschi che ancora ci dividevano e la strinsi a me.
Sussultai dalla gioia quando la percepii, fredda e solida contro il mio
torace. Reale.
-Oddio…grazie Signore, grazie…-
avevo sempre avuto un
briciolo di fede, e in quell’occasione capii che avevo fatto
bene
a non buttarla all’aria.
Ero stato ricompensato.
La sua voce mi vorticò nel cervello. Era terribilmente
seducente
e armoniosa. Come al solito, un miglioramento di ciò che era
già stupendo prima. La perfezione della perfezione stessa.
-Oh, Seth! Ti prego…perdonami…io non…-
ma la
melodia era spezzata da lamenti rumorosi. Quelli che, se fosse stata
una semplice umana, credo avrei chiamato singhiozzi.
Le accarezzai il viso e restai ad ammirarlo un po’. Non solo
era
pallido e perfettamente liscio, ma sembrava brillare. Gli occhi,
grandi, espressivi, un po’ allungati, ora sembravano ancora
più somiglianti a quelli di un felino.
E la linea dritta del naso, le labbra sottili e rosa
sbiadito…
Le tenni fermo il mento e sussurrai –Shhh…- poi la
baciai con trasporto.
Era lì, con me. E non m’interessava che fosse
diventata una…Fredda.
Angolino
autrice
Ecco
il primo capitolo...sono commossa
ç________________ç
spero che tutte le lettrici del primo racconto si degnino di leggere
anche il sequel xD.
Piccola nota: dal secondo capitolo ci sarà un bel salto
avanti...qualcosa come ANNI. Così Gabriel diventa un
pò
più grande <3 Ah, avrete notato che il rating
è
cambiato. Ormai andiamo spediti sull' arancione *me indecisa se
spostarlo a rosso*...perchè sarà molto
più...SERIO
e PASSIONALE? xD
...ah, quella nella foto sono io modificata da tutti e 2 i lati ^^ (piccola informazione inutile e del
tutto fuori luogo xD)
Ho pensato ad una motivazione più che logica per il fatto
che io
già da neonata abbia un autocontrollo così grande
<.<: il mio imprinting con Seth. Ho immaginato che fosse
un
qualcosa di così forte da farmi restare lucida; da non farmi
del
tutto cancellare ogni ricordo della mia vita umana. No come Bella,
che è per magia una super-vampira <.<
Ah! non so esattamente quando lo specificherò, ma ho un
potere
extra che avete già avuto modo di conoscere grazie a
un'altra
vampira, solo con qualche modifica xD
By Sammy Clearweater Cullen <3
P.s.: per
segnalare il cambio di Pov da adesso in poi scriverò in
grassetto il nome del personaggio, come per l'ultimo capitolo del libro II scritto da Laura....^^
|
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Capitolo 42 *** Capitolo 2 ***
capitolo 2 SL
Per
questo capitolo, visto che ho finalmente scoperto come si aggiungono
link di altri siti o immagini ecc ecc...ho deciso di "linkare" in
fondo, nell'angolo autrice, alcune cose ^^...ma ora, vi auguro buona
lettura :D
Capitolo 2
Sammy
-Ferma! Se continui a voltare la testa, ti giuro che per acconciarti te
la staccherò a morsi e dopo lascerò che si ricongiunga al
resto del corpo!-.
Sospirai e cercai di resistere all’impulso di fuggire dalle
grinfie di Alice, che stava lavorando con attenzione e passione a spese
dei miei poveri capelli. Ogni tanto non riuscivo a restare concentrata
sul mio riflesso. Quel volto che dallo specchio sembrava chiaramente
gridare aiuto. Arricciavo il labbro superiore sui denti pensando che il
passatempo della mia amica fosse sciocco, del tutto inutile. Per quale
motivo si impegnava a riempirmi la testa di forcine se sapevamo
entrambe che non avrebbero retto sul mio taglio troppo corto? Ah, come
farglielo capire? Ma il piccolo elfo continuava instancabile, ignorando
le mie proteste –Alice, perché non la pianti?-
-No. Non prima di aver terminato. Ah! Sarai bellissima, più di quanto tu non sia già!-.
Ringhiai sommessamente e iniziai a cercare qualche modo per restare
calma. Subito il volto di Seth mi passò davanti, ma non
c’era solo lui. I Cullen, i Queleute, il clan di Denali e gli
altri…e poi c’ero io, che mi facevo strada a passo umano
verso l’altare.
Non riuscivo a contare i minuti, i secondi che mi separavano da quel momento.
-Voglio vedere la mamma!-
quella voce così imperiosa, seria, ma infantile, mi
riportò di nuovo coi piedi per terra. Risi leggera e guardai con
la coda dell’occhio la porta. Il rumore veniva da là
dietro. Qualcuno, nel corridoio, stava spiegando al mio piccolo Gabriel
che non era il momento. Che “la mamma” doveva restare
nascosta da papà finché lui non usciva di casa.
Renesmèe.
Era cresciuta davvero molto, e in fretta, come ci aspettavamo tutti.
Adesso dimostrava la mia età. Quindici graziosi anni che per
lei, però, sarebbero passati. Mi dava un po’ fastidio il
fatto che alla fine sarei rimasta la più giovane. La bambina.
Le restavano sì e no quattro anni prima di arrivare
all’età di maggiorenne, l’ultima tappa prima di
restare identica per sempre. Per un istante mi tornò alla
memoria quella sera di quattro anni prima, in cui Edward chiamò
a casa di Seth informandoci con la voce del tutto trasformata dalla
gioia, che sua figlia e Jacob erano tornati dopo mesi di attesa. E lei
era già cresciuta molto.
-Allora vado a dire a papà di uscire, così posso vederla-.
Quant’era cocciuto quell’ometto. Con gli occhi pieni di curiosità, la mente affollata da domande.
Eravamo arrivati al fatidico periodo del “perché”.
-No, Gabriel, è ancora troppo presto…tuo padre non può ancora uscire-.
-E perché?-
-Te l’ ho detto, è troppo presto…ci vuole ancora un po’-
-E perché?-
-Perché se il tuo papà esce adesso da casa, non troverà nessuno in chiesa-
-Ma non è domenica…perché andiamo in chiesa?-.
Scoppiai a ridere assieme ad Alice e a Rosalie, che aveva sistemato le
scarpette bianche e il velo cucito alla corona di fiori finti su uno
sgabello.
-Tuo figlio la farà impazzire- disse la bionda, poi da fuori sentimmo altre voci.
-Zio Edward!-
-Gabriel, stai mettendo in difficoltà Nessie o sbaglio?- il suo
tono così affettuoso mi riempì il cuore freddo e immobile
di gioia. Adoravo il fatto che avesse preso –stranamente- sul
serio il suo ruolo di padrino. Un’ altra splendida persona
parlò mentre la ragazzina e suo padre occupavano il proprio
tempo con Gab.
-Sarebbe il primo che riesce nell’intento- Kate, che aveva deciso
di seguirci in macchina invece che farsi trovare già in chiesa.
Con lei, naturalmente, c’era Garrett.
-Ehi, se il piccoletto vuole vedere la sposa, basta che Nessie entri un istante e poi gli trasmetta le immagini-.
Ah, giusto. Che genio.
Edward scoppiò a ridere, doveva aver sentito i miei pensieri, ma
non lo disse agli altri, come era suo solito fare, godendosi in privato
battutine tanto divertenti. Roteai gli occhi divertita, mentre sentii
il mio bambino rispondere quasi indignato a Garrett con –Io non
sono piccolo! Ho cinque anni!-.
-Ah, giusto, giusto. Sei un ometto, Gab-. Rispose quello con la voce
spezzata dalle risate, fino a che Kate non gli mollò una
gomitata nello stomaco e si sentì il suono sordo del colpo.
–Se non ci sbrighiamo, gli ospiti inizieranno a
spazientirsi…- Alice era agitata quasi più di me. Tesi le
labbra e sobbalzai quando la sua vocetta da soprano non esclamò
–Ecco fatto! Sei perfetta!- enfatizzò battendo le mani.
Rose dietro di noi ridacchiò –Sammy, ora tocca all’
abito…-
-…Ed alla corona di fiori- aggiunse l’elfo-vampiro
sorridente. Quasi iniziai a piagnucolare mentre mi lasciavo vestire da
quelle due come se fossi una bambola di pezza. Quel giorno mi sembrava
quasi un sogno e un incubo assieme. Sarei diventata di lì a poco
la nuova signora Clearweater, moglie legittima di Seth. Sua compagna
per la vita, o meglio dire, l’eternità, eppure
l’agitazione mi rendeva immobile come una statua di ghiaccio.
Proprio come quella a forma di cigno che Alice aveva fatto creare per
il buffet. Oh mio dio…avrei dovuto sopportare anche quel
momento! Mi lamentai quando Rose incastrò con altre forcine la
coroncina di fiori con tanto di velo sulla mia testa. Ebbi il dubbio
che Alice già da poco prima fosse riuscita a ficcarmene un paio
fin dentro il cervello. Per fortuna, non rischiavo la vita per
così poco.
Il mio vestito da sposa era firmato Gucci, con tutto che avessi
supplicato -e in seguito anche minacciato- Alice di non esagerare; mi stringeva un pò all'altezza del ventre, ma il bello
di non dover respirare era proprio questo. Poi, c'era la gonna, in due
strati voluminosi ma che arrivavano al ginocchio. Era un modello
abbastanza comodo...avrei osato dire sportivo.
Qualcuno bussò alla porta leggermente, riconobbi l’odore
dolce, simile a cannella, di Laura. Ora aveva ventuno anni, ed un
figlio da tre soltanto, Abram. Dissi avanti a voce abbastanza alta,
visto che ormai ero abituata a dialogare in modo quasi impercettibile
con i miei simili o i licantropi. Entrò facendo capolino e mi
osservò lasciando che un sorriso le solcasse il volto –Sei
stupenda, Sammy…- poi aggiunse con tono saccente –Stiamo
aspettando solo te! Ed in più, dovrai ringraziarmi, visto che
sono riuscita a convincere tuo figlio ad andare con “zio
Edward” e famigliola-. Risi divertita e le risposi mentre Alice
mi spingeva fuori assieme a Rosalie –Okay, Laura. Ti sono
immensamente grata per l’aiuto-. Mi guardò di sbieco
–Sono o no la madrina di quel piccolo tornado di Gabriel?-. Non
ebbi il tempo di rispondere, che Rose mi portò di sotto
facendomi superare la mia amica e, seguita da quel folletto di sua
sorella, mi spinse veloce nella limousine. Emmett e Jasper dovevano
avermi scambiata per un’allucinazione, tanto ero stata rapida a
passargli davanti gli occhi.
Chiusi lo sportello dell’auto e vidi le loro, compresa quella
contenente Laura, Embry e il loro bambino, sfrecciarci accanto
superandoci. Poggiai la fronte ai vetri scuri e guardai il cielo
nuvolo. Non avrebbe piovuto quel giorno, ma mi sarebbe piaciuto.
“Sposa bagnata, sposa fortunata”, no?
Gli invitati erano già tutti in Chiesa. Non erano molti, ed il
buffet anche se numeroso, era stato preparato solo per i miei amici
lupi, per le loro rispettive compagne, per Sue, Billy e Charlie.
Naturalmente, non correvano rischi, pur trovandosi in un luogo pieno
zeppo di vampiri. Avevano cacciato tutti precedentemente, me compresa.
Quando scesi dall’auto, Carlisle mi affiancò e sorrise
rassicurante sussurrando al mio orecchio –Andrà tutto
bene, Samantha. Seth è lì che aspetta solo te-. Annuii
veloce e sussurrai un “sì, sì lo so” prima di
dirgli direttamente –Grazie, Carl. Sei…sei come un padre
per me…- il vampiro mi prese sottobraccio accarezzandomi il viso
–E tu sei sempre stata come una figlia-. Ci sorridemmo, poi
compimmo i primi passi verso il lungo corridoio e tutti si alzarono,
mentre la marcia nuziale prendeva il via. Ogni tanto, fui tentata di
sbirciare sotto i miei piedi, timorosa di schiacciare il velo ma poi,
guardavo Seth, sempre più vicino, e mi ripetevo che non
c’era niente che potesse andare storto. Eravamo tutti lì
riuniti solo per rendere definitiva un’unione. La nostra. Mia e
di Seth. Respirai a fondo quando gli fui davanti, e mi accorsi
che attorno a noi c’era un silenzio quasi terrificante. Solo
metà dei cuori che battevano, uno tra tutti molto più
veloce degli altri, rapido come il movimento delle ali di un uccellino.
Carlisle si allontanò da me, andando a mettersi accanto ad Esme,
commossa. Le mie damigelle erano vestite tutte uguali: un corto abito
sbarazzino rosso con la gonna stropicciata a strati ed il corpetto
deliziosamente ricamato (Alice era stata felicissima di potersi creare
un vestito senza fare obiezioni per Rose o Bella). Quel piccolo elfo
maligno aveva rispettato –saggiamente- le mie scelte...o almeno,
una parte. Quando il parroco della piccola Chiesa di Forks
iniziò la cerimonia, smisi di concentrarmi su tutto e tutti,
tranne il giovane che mi stava di fronte; il suo abito da cerimonia era
bianco, con la cravatta di uno strano grigio tendente al celestino. Mi
piaceva la scelta che aveva fatto, perchè quei toni chiari,
mettevano in risalto il colore della sua pelle bronzea. Quando
incominciai a farci un pensierino -senza ritegno, visto che mi trovavo
in Chiesa-, ringraziai Edward, che finse un colpo di tossè e mi
guardò tra l'esterrefatto e il rassegnato, incuriosendo Jacob, a
cui Seth aveva chiesto di fare da secondo testimone assieme all'altro.
Restò serio tutto il tempo, facendomi quasi preoccupare, fino a
quando non si aprì in un sorriso dicendo alla fine quel fatidico
“sì” e facendomi andare in estasi. Chissà
come fu possibile, dato il mio stato di vampira con
un’intelligenza quasi più programmata di quella di un pc,
ma riuscii a far accadere l’inverosimile.
-E vuoi tu, Samantha Cullen, prendere quest’uomo come tuo
legittimo sposo, per amarlo ed onorarlo, in salute e in malattia, in
ricchezza e in povertà, per sempre?-.
Seth sorrise di nuovo, ed io ricambiai, ma poi ci fu il silenzio. Mi
ero persa qualche pezzo forse? Jake sghignazzò, mentre
l’altro aggrottò la fronte e scosse il capo divertito,
fissandomi. Sbattei le palpebre e guardai il parroco. Un uomo sulla
sessantina, quasi del tutto calvo, che sussurrò verso di me, non
sapendo che molti avrebbero sentito –Adesso dovresti dire
sì o no…-.
-C…cosa?- confusa. Oddio, avevo davvero saltato qualche parte?!
Lui non si scompose quando tra gli invitati si alzò un leggero
brusio di risatine, e ripeté –Vuoi prendere Seth come tuo
sposo?-.
La mia bocca formò una O perfetta, poi annuii e dissi quasi
gridandolo –Sì! Certo! Certo che lo voglio!-. Quello
sospirò rasserenato e disse –Bene, allora adesso posso
dichiararvi marito e moglie-.
Altre risate prima della frase –Puoi baciare la sposa-. Poi
accadde tutto velocemente, e mi ritrovai con le labbra contro quelle di
mio marito. Non potevo crederci. Sembrava un sogno. Io e Seth, sposati.
Fuori dal piccolo edificio santificato, in prima fila pronti a lanciare
il riso, c’erano Emmett, Garrett e Quil, che di sicuro avevano
scommesso a chi avrebbe colpito nel modo più preciso gli sposi.
Risi quando Seth alzò un braccio sulla mia testa per ripararmi e
fui quasi tentata di dirgli che non c’era nessun problema per
qualche manciata di riso, ma poi decisi di lasciarlo fare. Gabriel
scalciò per scendere dalle spalle di Embry e ci corse incontro.
Lo presi in braccio e ascoltai la sua risata quando i chicchi gli
finirono tra i capelli. Mi fermai di colpo esclamando –Ehi, ehi!
Fermi tutti!- e misi Gab in braccio a suo padre dando le spalle agli
invitati per lanciare il bouquet in alto, nell’aria, osservandolo
ricadere preciso tra le mani di Laura. Ghignai e dissi –Era
destino, cara mia- poi io e Seth ci sbrigammo a salire insieme in auto
e quando aprii il finestrino per dire “Ci vediamo al
buffet” qualcuno mi colpì in piena faccia e fulminai
Emmett, che piegato in due dalle risate diede il cinque a Garrett.
Grugnii, prima di notare Edward, Bella e Nessie con Jake accanto che li
fissavano con rassegnazione.
Secondo me, soffrivano della classica sindrome di Peter Pan.
-Mamma, mamma!- Gabriel mi tirò una ciocca di capelli, seduto
tra me e –che goduria poter finalmente dire- mio marito nella
limousine. Spostai lo sguardo oltre la Chiesa e le auto degli invitati
che mano a mano ci seguivano verso il giardino dei Cullen.
-Che c’è, amore?- gli baciai la fronte quanto più
leggera potessi essere. Lui sorrise e si arrampicò scomodamente,
sprofondando quasi nel mio abito, in braccio, aggrappandosi al mio
collo –Lo sai che cosa ha detto lo zio Quil?-.
Sorrisi tra me pensando che per lui ormai erano tutti “zii”
o “zie”. Feci di no con la testa, curiosa –No, cosa
ha detto?-.
-Ha detto che avresti dovuto scriverti dei foglietti per non
dimenticare cosa dire-. Mentre lui ancora sorrideva, e Seth scoppiava a
ridere, io arricciai un labbro e ringhiai sommessamente –Me lo
ricorderanno per sempre, vero?- era una domanda retorica, visto che
sapevo perfettamente che sarebbe stato così, ma mio marito volle
rispondere –Sicuramente, Samantha-.
Sbuffai e buttai la testa all’indietro, sul comodo sedile. Una
forcina schizzò via e ringhiando ancora, iniziai a toglierle
tutte, una ad una, liberando i miei poveri capelli dalla corona col
velo.
-Stai molto meglio così…- la mano di Seth mi
sfiorò una guancia. Mi voltai un po’ per guardarlo e
subito, come una calamita, avvicinai il viso al suo, per baciarlo, ma
l’auto si fermò e Gabriel si mise in mezzo –Siamo
arrivati!-. Ci scostammo subito ridendo leggeri e poi, guardandoli
entrambi, sospirai beata.
Una famiglia. Eravamo finalmente una vera e propria famiglia.
Scendemmo dalla limousine, con Gab sempre avanti a precederci, correndo
veloce, raggiungendo Claire, che tra tutti gli invitati era una dei
più piccoli, con soli otto anni, e ricevemmo da tutti, mano a
mano, le più vive congratulazioni. Perlopiù, casa Cullen
era occupata da vampiri. Il clan di Denali, quello Irlandese, perfino
Benjamin era arrivato dall’egitto, con Tia e le Amazzoni. In
Chiesa mi era sembrato perfino di aver intravisto Nahuel, poggiato a un
albero, ma ora che osservavo tutti per bene, mi rendevo conto della sua
assenza. Possibile che fosse andato subito via?
Lanciai uno sguardo a Edward per avere conferma alla mia domanda, e lui
annuì. Senza accorgermene, mi lasciai sfuggire un
“oh” dispiaciuta. Sarei stata contenta di vederlo con gli
altri, ed in più, era un buon amico per Nessie…e una
specie di rivale per Jacob.
Strinsi la mano di Seth e ridacchiai quando si avvicinò Laura
con in braccio il piccolo Abram, ed Embry che le camminava affianco
come un’ombra, cingendola per la vita.
-Davvero una bella cerimonia, sorvolando sulla tua figuraccia
immancabile-. La ragazza sghignazzò divertita, ed il sorriso
scomparì dalle mie labbra, mentre mugugnavo –Non ti ci
mettere anche tu, eh!-, ma lei continuò peggio di prima, seguita
a ruota dal suo fidanzato. Li fulminai entrambi, poi osservai il loro
bambino. Abram era l’opposto di mio figlio. Più piccolo di
due anni, era meno rumoroso. Nelle numerose volte in cui lo avevo
visto, era sempre stato in silenzio. Così calmo, per essere solo
un piccolino di due anni, da sembrarmi inquietante. Non piangeva, non
strillava in modo quasi spasmodico…era una specie di bambolotto,
muto con le sue guanciotte tonde e morbide e gli occhi grandi.
Somigliava terribilmente alla madre.
-Credo proprio di aver bloccato la fila col mio arrivo…- Laura
si guardò dietro vedendo Siobhan, Maggie e Liam. La piccola
vampira dai capelli rossi disse –Tranquilla, possiamo aspettare-,
sorridendo timidamente. Lei aveva la mia stessa età, o almeno,
fisicamente poteva sembrare così, anche se in realtà era
una vampira da almeno una decina d’anni, ed io a malapena
arrivavo a sei, come Isabella.
Laura ricambiò veloce tirando le labbra per creare una strana
smorfia, poi si voltò di nuovo verso di me –Ci troverai al
tavolo del buffet…di questi tempi ho sempre uno strano
languorino- e si sbrigò a trascinare via Embry, come pentita di
aver accennato a quella strana fame improvvisa. Sussurrai un
“okay” confusa, poi mi preparai a ringraziare con Seth
tutti gli altri per essere venuti al nostro matrimonio.
La giornata passò rapidamente, e ad una certa ora il cibo era
quasi del tutto sparito dal lungo tavolo che Alice aveva fatto
posizionare al limitare del grande giardino. Il cigno di ghiaccio si
era sciolto perdendo la sua forma originale, ed era rimasto solo
qualche tramezzino sui vassoi. Pensai che quel piccolo elfo avesse
fatto bene ad esagerare, data l’ingordigia dei licantropi.
Arrivati alla sera, io e Seth fummo costretti a dare spettacolo, mentre
lasciavo che mi sfilasse coi denti la giarrettiera, ringraziando il
fatto che non potessi più arrossire, e tentavo di ignorare le
risate della gente intorno a noi quando mi mordicchiò la gamba e
gli mollai un pugnetto sul cranio sussurrando in una specie di
iperventilazione –Seth! Accidenti…-. Lo guardai sorridere
divertito, mentre si rialzava e lanciava quel pezzo di stoffa verso gli
invitati, facendolo prendere al volo da Charlie, che vidi arrossire
senza sforzo, mentre Billy al suo fianco gli dava una gomitata dal
basso della sua posizione sulla sedia a rotelle.
L’unica cosa che i lupi non avevano avuto modo di trangugiare era
stata la torta. Alta cinque piani, interamente fatta di mimosa e panna,
che Alice portò fuori per ultima, aiutata da Esme. Mi impegnai
per tagliarla in modo preciso, un pezzo enorme per ogni essere umano
–o quasi- che fosse presente, per tutti i vampiri che avrebbero
finto di gustarsela o avrebbero davvero avuto il coraggio di mangiarla,
e due fette per me e Seth.
Prima di imboccarlo, mi chiese in un sussurro impercettibile ad alcuni –Sei certa di voler…???-.
-Sì, Seth. Non morirò avvelenata, sta tranquillo!- risi e
ingoiai per prima un pezzo di dolce. Riuscire a fingere
un’espressione normale, mi sembrò facile, anche se quello
che da umana avrebbe potuto sembrarmi delizioso, adesso pareva quasi
impossibile da mandar giu.
Quando i festeggiamenti finirono, Alice venne a bisbigliarmi
all’orecchio che era ora per me e Seth di partire. La luna di
miele. Mi sembrava quasi buffo pensarci. Le dissi grazie sottovoce e
dopo aver salutato gli ultimi ad andarsene, tra cui Kate e il resto del
suo clan ed i licantropi con Laura, mi accorsi di Gabriel, addormentato
tra le braccia di Rosalie. Sorrisi tra me e le andai vicino –Te
lo affido, mentre sono via, Rose-.
Lei sorrise a ennuì –Lo tratterò nel modo migliore
possibile- mentre Emmett le si metteva vicino, baciandole leggero una
tempia. Li fissai, prima di chinarmi col viso a pochi centimetri da
quello del mio bambino e baciandogli la fronte –Fai il bravo,
tesoro mio…e dai sempre retta a zia Rosalie…- lui
aggrottò la fronte e mugugnò a mezzabocca
“sì, mamma” nel dormiveglia. Quasi mi commossi, poi
salutai nuovamente i Cullen, prima di seguire Seth in auto, verso
l’aeroporto. Prossima destinazione, Tenerife.
Angolino autrice
Secondo capitolo del terzo libro.
Ancora non riesco a credere di essere arrivata fin qui...è...fantastico.
Allora, visto che PENSO di aver finalmente capito come si fa, metto alcuni collegamenti ;-)
Per prima cosa, il mio abito da sposa, di Gucci (vi pare che Alice non me ne trovava uno firmato?XD) poi, quello da damigella
delle tre vampire Cullen (cliccateci sopra e poi ditemi se si vedono
xD). Per quelli di Seth, Edward e Jacob non ho fatto ricerche visto
stanno in un normale smoking, credo non vi servano immagini
ù_ù.
...Come al solito non mi dilungo in ringraziamenti, tanto lo sapete che
vi sono riconoscente XD e che gioisco a ogni nuovo commento che leggo o
ad ogni persona che passa a leggere <.< (anzi, spero che questo capitolo lo commenterete visto che l'altro è rimasto senza pareri. Mi rendereste davvero FELICE ^^")
A presto :*
Bye bye!
Sammy Cullen
|
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Capitolo 43 *** Capitolo 3 (POV Sammy/ Seth) ***
capitolo 3
Capitolo
3
*Questo capitolo
è esplicito al 90%, siete avvertite*
Seth
(Everything-
Michael Bublè)
Arrivammo a
Tenerife
più o meno di mattina, dopo un lungo viaggio fatto di
spostamenti in auto e subito dopo in aereo, con qualche ora di attesa
all’aeroporto per caricare i bagagli e via discorrendo.
Il sonno mi
stava
lentamente portando via, ma cercavo in tutti i modi di non darlo a
vedere davanti a Samantha, che osservava a bocca aperta e del tutto
rapita l’albergo a otto stelle semicircolare formato da un
ristorante immenso al pian terreno e due piani superiori con le camere
dei clienti.
Per
arrivarci,
però, dovevamo attraversare un piccolo ponticello di legno,
circondato da una piscina dalle forme tondeggianti e stratosferica.
Quasi non credetti ai miei occhi quando mi ritrovai come lei, a fissare
quel posto.
A dir la
verità,
era stato il nostro regalo di nozze da parte dei Cullen che, come al
solito, non sembravano voler badare per niente a spese. Ripensai per un
attimo al sorriso furbo di Edward quando mi aveva dato la busta con
dentro i due biglietti per un volo in prima classe diretto
sull’isola, e scossi la testa ridendo tra me.
Questo
destò
l’attenzione di mia moglie (mi faceva uno stranissimo
effetto,
dirlo o anche solo pensarlo), che abbandonando per un attimo la
contemplazione di quel luogo stupendo, mi chiese
–Perché
ridacchi?-, ma non riuscii a spiegarle il motivo…o meglio,
non
ne trovai la voglia.
-Niente,
niente…-
mi affrettai a dire. Poi, restai a fissarla da capo a piedi e la
attirai a me per baciarla. Non appena capì, sorrise
compiaciuta
e avvicinò le sue labbra alle mie. Stavo per sfiorarle,
quando si tirò indietro di colpo, divertita.
-Ehi…ora
facciamo
anche le finte?- non la lasciai comunque, gustandomi la pressione che
il suo corpo creava contro il mio, da sotto i vestiti.
Ghignò
e disse in
un sussurro, maliziosa –Finchè non arriveremo in
quella
che sarà la nostra camera per almeno due settimane e
mezzo…-, le punte dei nostri nasi si sfiorarono, poi
sgusciò via dalla mia presa e, ridendo cristallina, mi
precedette fino all’albergo.
Sammy
Se avevo
pensato che
Tenerife fosse stupenda, non appena avevo messo piede dentro
l’albergo, seguita da Seth, avevo pensato che quello fosse
ancora
più fantastico di tutto il resto.
L’intera
sala ristorante sembrava non avere una fine.
I tavoli
spaziosi, tondi e
ordinati, erano stati messi abbastanza distanti l'uno dall'altro da
poter permettere ai camerieri di camminarci in mezzo senza problemi e
nell'angolo a nord, su un rialzo, si trovava un pianoforte lungo
almeno tre metri. Dalle mie labbra uscì un
“wow”
enfatizzato, e percepii la mano destra di Seth che stringeva la mia
sinistra. Sorrise incrociando per un istante il mio sguardo, che
immaginai
essere quello di una che non crede ai propri occhi.
Avrei potuto
prevedere
quegli istanti ancor prima di salire sull’aereo, o
addirittura
prima ancora del matrimonio
stesso, ma dal momento che il mio potere
extra era differente da quello di Alice, e si basava sul fatto che io
potessi decidere se vederlo o meno, il futuro, invece che ritrovarmi
con
delle visioni improvvise e incerte, avevo scelto di restare con il
cosiddetto “effetto
sorpresa”. Un’altra
cosa
positiva, era che fossi capace di vedere anche i licantropi.
Non avevo
ostacoli, quindi.
-E’…è
fantastico!!!- esclamai, prima di ridere euforica e abbracciare mio
marito saltellando come una bambina.
Lui mi prese
in braccio,
lasciando che un fattorino si avvicinasse e ci chiedesse se
desideravamo qualcosa dalle cucine oppure preferissimo essere scortati
nella nostra stanza mentre caricava su un carrello i bagagli.
-No, grazie.
Stiamo
apposto così, ci basta arrivare in camera- Seth sorrise
gentile
all’ uomo, che sembrava avere massimo trent’anni, e
che
ricambiò annuendo e parlando in inglese con uno spiccato
accento
spagnolo –Bene. Nessuno problema signore. Voi e la vostra
adorabile sposina potete seguirmi-. Avrei scommesso non so cosa sul
fatto che da umana sarei arrossita per quell’adorabile, ma in
fondo, sentirmelo dire non fu così male. Ormai iniziavo ad
abituarmi ai complimenti frequenti o alle occhiate che mi lanciavano i
ragazzi, sapendo che non lo facevano apposta. Gli veniva spontaneo.
Seth mi
strinse a
sé gonfiando il petto con fierezza e ridacchiando per le
parole
di Carlos (lessi il nome sulla targhetta che portava attaccata alla
giacca rossa); non era geloso, e faceva bene, visto che non avrei mai
potuto cedere alle lusinghe di altri che non fossero lui:
Seth. Per me
non esisteva nessuno oltre mio
marito.
Sussurrai un
“grazie” al fattorino per il complimento e poi
lasciai che
ci facesse strada spingendo il carrello con i borsoni. Non ero per
niente certa di cosa
avesse ficcato Alice nella mia (la più grossa di tutte e
apparentemente piena di roba), così diedi una sbirciatina al
futuro. Mi concentrai su almeno tre minuti avanti al momento che
stavamo vivendo, e quello che vidi mi lasciò esterrefatta.
La mia borsa
era stracolma di lingerie di ogni tipo,
colore e forma.
...Alice!
Pensai il
nome di quel
piccolo elfo diabolico e poi sospirai sconsolata e me ne restai a
vagare con la mente, fino a che la voce di Carlos non mi
richiamò alla realtà.
-Stanza 48b-
Tirò
fuori un enorme mazzo di chiavi dalla tasca e ne pescò una
nel
mezzo, porgendola a Seth. Attaccato c’era un cartellino
rettangolare con
lo
stesso numero inciso a lettere d’oro sulla porta.
48b…
Ipotizzai
che tutte le camere del primo piano avessero la lettera
“a”.
Ringraziammo
un ultima
volta l'uomo, dopo che ebbe portato i bagagli fin dentro la camera -che
si rivelò essere il doppio del mio vecchio appartamento
a
Roma- e poi, scoppiammo a ridere.
Seth
Non solo
tutto sembrava
troppo stupendo per essere vero, ma pochi istanti dopo essere rimasti
soli, io e Samantha ci decidemmo a dare un’occhiata
intorno,
e trovammo il letto in una delle tre stanze adiacenti al mega
salotto che, più che a un letto normale, somigliava ad
un’amaca.
Era sospeso
in aria
grazie a delle resistenti catene tenute da dei ganci, e sembrava
chiamarmi a sé come una calamita, ma non per dormire. No.
Non appena
me l’ero
ritrovato davanti, un altro modo di utilizzo mi era passato per la
testa, ed era molto più allettante. Quando puntai i miei
occhi
sull’espressione stupefatta e compiaciuta di Sammy, capii che
era
arrivata alla mia stessa conclusione.
-…Sarebbe
un
peccato non inaugurarlo come si deve-. Ruppe così il
silenzio,
prima di lasciare che la stringessi a me mordendole e baciandole le
labbra, scendendo poi fino al collo.
Rise e lasciò che le sfiorassi la pelle gelida e liscia con
bocca e punta del naso, senza mettermi fretta.
Quando
fui vicino alla stoffa dell'abito che le copriva i seni morbidi,
sbuffai sussurrando con la voce già roca per via
dell'eccitazione -Posso strapparlo?-
-Certo che no!- esclamò, e fui in grado di immaginare il
sorriso sulle sue labbra anche senza aprire gli occhi.
-Ti prego...-.
Voglio strappartelo di dosso, amore...voglio strapparti di dosso ogni
cosa.
Irremovibile, rispose con un secco e conciso -NO-.
Ridacchiai dandomi per vinto, così sempre a tentoni riuscii
a trovare la cerniera del suo vestito bianco che correva lungo la
schiena e, abbassandola poco a poco, la mia bocca fu in grado di
intrappolare a turno i suoi capezzoli, turgidi.
Seppi allora che lei aveva schiuso le labbra lasciandosi sfuggire un
gemito, mentre le dita s'intrecciavano tra i miei capelli, e sogghignai
tutto contento, lasciandomi da parte il piacere di poterle tormentare
ancora i seni per dopo.
La mia lingua creò delle linee umide sul ventre ed era
vicina ad arrivare più in là...
Più
giù…solo un altro po’…
Stavo per
toglierle gli
slip ma le sue mani si posarono delicatamente sulla mia testa e lasciai
che mi scostasse, alzando gli occhi per incrociare i suoi, neri di
desiderio.
-Cosa…???-
stavo
per chiedere, ma Sammy sussurrò –Dammi cinque
secondi e
sarò di nuovo da te…- si fece distante e prima di
scomparire oltre la porta del bagno con la propria borsa, le sentii
aggiungere seducente -…Tutta
per te-.
Tesi le
labbra in un sorriso e andai a sedermi su quello stranissimo letto,
dondolandomi un poco spingendo coi piedi.
(Perverso-
Tiziano Ferro)
Passarono
quasi quattro
minuti, e lei non ricomparve. Mi chiesi cosa accidenti stesse
combinando e, incuriosito, feci il gesto naturale di alzarmi per andare
a vedere, ma la sua voce arrivò da dentro l’altra
stanza
–Non muoverti! Resta lì!!!- prima di veder
spuntare un suo
braccio diafano che spinse sull’interruttore facendo
sì
che restassimo al buio, con solo delle piccole bajours che ricreavano
una luce soffusa.
Aggrottai la
fronte e
dissi ridendo –Io non mi muovo, okay…ma se aspetto
altri
dieci secondi, giuro che mi addormento, e sai bene che poi riuscire a
svegliarmi è difficile-. La sentii sbuffare e poi, quando
uscì allo scoperto, sgranai gli occhi e restai a bocca
spalancata.
Quella non
era solo mia moglie. Era uno dei sogni
erotici migliori che avessi mai potuto fare.
Restai
bloccato a
fissarla come un cieco che rivede di colpo il sole, senza saper bene
cosa fare. Andarle incontro? Aspettare che si facesse avanti? Davvero,
non lo sapevo.
-Sei…non
trovo le parole- ammisi, in imbarazzo.
Lei
sogghignò e
camminò verso di me con passo felino. Era diversa dalle
altre
volte. Perché stavolta, sembrava davvero una vampira. Una
predatrice. Mi resi conto del fatto che ero gonfio e
boccheggiai quando
compresi che ci aveva fatto caso anche lei. Lei, che si era
andata ad
infilare un body nero
di pizzo completamente trasparente.
Quando mi fu
davanti, non
riuscii a resistere dieci secondi prima di cingerle i fianchi,
accarezzandola, per poi spostare le mani più in alto,
stringendo
i suoi seni e guardandola schiudere le labbra per un istante tirando
indietro la testa,
sospirando di piacere.
Sammy
Oh
Dio sì…
Quella era
la tortura
migliore del mondo. Le sue dita impegnate a stuzzicare i miei capezzoli
da sopra la stoffa…lo fissai pensando che era ancora troppo
vestito, in confronto a me, e gli occhi finirono col puntare vogliosi
quella escrescenza tra le sue gambe. Decisi di farlo dannare un
po’, per divertirmi.
Mi leccai le
labbra e poi
andai a sedermi a cavalcioni su di lui, poggiando le braccia sulle sue
spalle e baciandolo per poi passare la lingua sul contorno delle sua
bocca soffice.
Seth diventò per un attimo come di pietra, poi disse con un
filo di voce -Vuoi farmi morire...- e questo causò la mia
risata mentre gli rispondevo -Nah...voglio farti ben altro-. Sorrise
regalandomi un nuovo bacio, e poi un altro e un altro ancora...
Non mi sarei mai potuta stancare. Mai.
Ebbi
un
fremito quando sentii il suo membro già così duro
e mi domandai quanto sarebbe riuscito a resistere. Mi mossi un
pochettino, giusto per incitarlo…e la sua reazione mi
sorprese.
Seth
Cristo...respira Seth, respira...
Quello che stava facendo,
era chiedere troppo alla mia forza di volontà. Non poteva
pensare certo che reggessi più a lungo, eppure guardando la
sua
espressione incredula sembrava proprio così.
L’avevo
fatta
finire sotto di me con uno scatto veloce, dopo averle stretto le
natiche sode, godendomi il contatto col freddo della sua pelle, e lei
aveva lanciato un gridolino mentre tratteneva le risate.
-…Non
c’è gusto. Vuoi sempre tutto e subito-.
-Sbagliato-.
-Come?-
-Voglio solo te, subito-.
Sorrise
regalandomi il -come minimo- centesimo bacio che spezzava
l’euforia dell’attimo,
perché non
era come gli altri, passionale o estremamente erotico, ma
bensì uno
di
quelli da film sdolcinati. La sensazione più bella e
perfetta
stava racchiusa tutta lì, in quel contatto tra le nostre
labbra.
L’amore era sempre meglio del sesso, ed il sesso non era
niente
senza amore.
Logico.
Comprensibile. Facile.
Ricambiai,
sfiorandole il
volto, pregando che quel momento durasse per sempre…ma il
corpo
era bisognoso di altro, ne ero consapevole, così quando mi
scostai, feci per parlare, ma Sammy mi anticipò
–Non farmi
attendere, amore…- e si mosse un altro pò sotto
di me,
strappandomi letteralmente di dosso i vestiti, divertendosi come una
bambina.
Ridacchiai,
prima di
prendere uno dei suoi capezzoli tra i denti, spostando la stoffa che li
teneva nascosti, e mordicchiandolo con forza.
-Mmm...Dio…Seth…-
chiuse gli occhi e mi lasciò fare
questo per qualche minuto, poi, decisi di smuovere le acque. La
volevo. Mi voleva.
Le aprii la
chiusura del
body tra le gambe e dopo averle accarezzato l'interno coscia, sfiorai
con le dita il suo clitoride, e lei sobbalzò iniziando a
gemere. Restai davvero molto compiaciuto dalla sua reazione, e decisi
di scavare più a fondo. Inoltrai un dito con sveltezza e
Sammy lanciò un grido, inarcando la schiena sotto di me
-Seth...oddio...Seth, Seth!!!-.
Incrociai il suo sguardo, perso, e sorrisi dandole tanti piccoli baci
sul volto, attendendo che mi chiedesse dell'altro, mentre muovevo nella
sua apertura quell'unico dito.
-Con...continua...- la sua voce spezzata, era quasi più
seducente che da ferma. La accontentai, aggiungendo un secondo dito, e
percependo l'umido ed il calore avvolgere sia quello che l'altro. Mia
moglie si stava eccitando...e anch'io.
Mentre i nostri sospiri ei gemiti andavano a formare la melodia
più dolce sulla faccia della Terra, compresi che ero allo
stremo, quindi liberai la sua intimità e mi posizionai,
strusciandomi. Samantha gemette più forte e si
aggrappò a me strettamente, senza staccare neanche un attimo
i
suoi occhi dai miei. Osservai le due catenelle davanti a me
–due
delle quattro che tenevano sollevato il letto- e decisi di
aggrapparmici. Sammy mi lasciò fare e, quando pensai di
essermi
messo nel modo migliore, le sussurrai –Ti amo- prima di
entrarle dentro con un colpo deciso dei fianchi.
-AH!-
lanciò un grido artigliandomi la schiena. Ringhiai sentendo
la
pelle pizzicare dove aveva affondato le unghie e continuai con forza.
Sammy
-Sì…mmm...così...-
quel che stavo provando era il Paradiso.
Lo sentivo
dentro di me, così tanto da non riuscire a resistere dieci
minuti senza urlare il piacere che provavo.
Era mio. Ero sua.
Il letto
dondolava in
modo preoccupante, mentre lui stringeva le catene tra le mani per
prendere ogni volta lo slancio. Mi domandai quanto sarebbe durato prima
di crollare a terra con noi due sopra.
Ti
supplico…di più…ancora di
più…
La mia
concentrazione
vacillava come quella sottospecie di amaca sulla quale stavamo. Mi
morsi un labbro per trattenere un urlo.
-Lo
sento…oh Dio
sì…lo sento Seth…lo sento!- stavo
mano a mano affondando in acque profonde...ed era una vera goduria.
Restavo a galla tra sogno e realtà chiedendo solo di non
arrivare mai alla fine. Stavo troppo bene lì, per pensare
anche solo di abbandonare l'oceano nel quale mi pareva di essere. Dove
onde lunghe e lente mi cullavano senza tregua.
Ma anche
presa com'ero da quell'attimo di estasi, ero in grado di sentire mio
marito, mentre
mi baciava o
affondava il volto nell’incavo del mio collo, chinando il
capo, per poi ringhiare sembrandomi ancora più seducente.
Notai anche che non
apriva
bocca. Gli piaceva ascoltare me, quello che lui riusciva a farmi
provare.
Solo alla
fine, quando le
spinte si fecero frenetiche e violente, esclamò
–Dio
santissimo!-, poi si buttò a capofitto sulle
mie labbra,
gemendo. Sentii il calore tra le mie gambe, e dentro di me.
Sospirai
rumorosamente,
poi mi rilassai e gli feci poggiare la testa sui miei seni
accarezzandogli i capelli dopo la centesima volta -anzi, che dico!
millesima- in cui disse che mi
amava.
Non si sarebbe mai stancato di pronunciare quelle parole, e
d’altro canto, io non mi sarei mai stancata di sentirgliele
dire.
-Ti amo
anch’io…- buttai un occhio sul suo volto e restai
sorpresa
quando mi accorsi che si era addormentato così, di botto.
Sorrisi banciandogli la
fronte e lo lasciai riposare, steso su di me.
Queste due settimane,
pensai, saranno le
migliori della mia
vita.
Ecco
il capitolo 3 XD allora...io non so bene cosa ho scritto...so solo di
aver fatto un tentativo, quindi ditemi voi che leggete se le scene hot
possono andar bene xD vi è piaciuto? spero di sì
ò_ò
Ora, oltre alle canzoni che ho pensato stessero bene con certe scene,
vi linko anche delle immagini *.*
Allora, per prima cosa, l'hotel
<3 è fantastico, secondo un mio modesto parere xD
poi, il ristorante
interno ed infine...signore e signori...ecco a voi il fantastico letto!
(che chiederò ai miei genitori come regalo di Natale XD).
Dal capitolo seguente, si farà un salto...*me si preparara a
coprirsi da eventuali lanci di pomodori* lo so che -forse- avreste
preferito altri giorni della luna di miele...ma chi ha il comando qui?
io, quindi zut XD accontentatevi.
Gabriel sarà più grandicello. Non un bimbetto,
quindi
potrete pure innamorarvi di lui e creare una specie di fun club
ù.ù come per Eddy e Jake xD
Beh...ci si sente gente! xD Il prossimo aggiornamento sarà a settembre!
a presto!
bye bye
Sammy Cullen P.s.: grazie a tutti, ma in particolar modo alla nuova arrivata tra le lettrici: Mistica, per il commento tanto gentile a me e Laura ^^
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Capitolo 44 *** Capitolo 4 (POV Sammy/ Seth) ***
capitolo 4
Capitolo 4
Sammy (Swan- Elisa)
Erano passati quasi tredici anni da quando io e Seth ci eravamo
sposati, e tutto sembrava andare bene. La mia routine non era poi
così diversa da quella di una qualsiasi donna umana, se non con
qualche piccola differenza. Ormai era una vampira perfettamente
controllata, molto più di quanto non fossi il giorno delle mie
nozze. Gli occhi erano diventati ambrati, aiutandomi a sentirmi parte
del gruppo. Già...il gruppo. Vivevo a La Push con mio marito e
mio figlio, Gabriel, che ora si avvicinava ai suoi diciotto anni.
Strano a dirlo, ma finalmente una vampira era riuscita a stabilirsi
nella riserva indiana dove fino a poco tempo prima c'era mancato quasi
che mettessero un cartello con su scritto qualcosa come "E' VIETATO
L'INGRESSO AI FREDDI" o "LE SANGUISUGHE RESTANO FUORI"
Tutti, nel branco, si erano abituati...ma qui parliamo delle vecchie
generazioni, dal momento che i figli si erano divisi distintamente in
due gruppi separati. Ad esempio, Jordan, il figlio maggiore di Jared e
Kim, ce l'aveva con me quasi quanto Abram, uno dei più giovani,
il primo nato da Laura ed Embry (seguito subito dopo dai fratelli
minori, i gemelli Kenai e Neka, due combinaguai di tredici anni).
Credevano infatti che io fossi la causa di ciò che erano
diventati.
Poi però, c'erano gli altri. Mio figlio, primo fra tutti, che mi
amava quasi quanto io amavo lui...non gli importava che fossi una
vampira perchè ragionava come suo padre, sempre in modo positivo
e allegro.
E poi, c'era il secondo figlio di Jared, Simon, di sedici anni proprio
come Abram, che mi apprezzava (ed era stranamente felice di essere
capace di trasformarsi in lupo) ei due gemelli della mia amica, che mi
trattavano come una di loro, essendo affabili e spiritosi.
Insomma, tra loro e gli altri giovani della riserva, si era creata una
massa di palle di pelo ambulanti...e tutto per colpa dell'unica Fredda
che avesse avuto il permesso di vivere nel LORO territorio.
Sospirai quando vidi mio figlio avvicinarsi a casa dalla finestra della
cucina. Era diventato tutto estremamente facile: cucinavo, pensavo
distrattamente e allo stesso tempo captavo ogni singolo movimento
interno ed esterno all'abitazione. Mentre continuavo a tagliuzzare
pomodori, carote, zucchine -arricciando il naso per l'odore- mi
soffermai a guardarlo camminare.
Era cresciuto terribilmente, diventando un colosso di almeno due metri,
o giu di lì. I tratti erano cambiati con gli anni, lasciandomi
stupefatta dai dettagli che lo rendevano più simile a me di
quanto pensassi. Aveva gli occhi neri, ereditati da Seth, ma i capelli
si erano schiariti fino a diventare del mio colore originario. Quel
castano scuro coi deboli riflessi rossi, che dopo la mia trasformazione
sembravano essere diventati più evidenti del resto.
E poi, c'era il carattere. Quello era stupendo. Non volevo vantarmi, ma
sapevo con certezza che non avrei potuto avere un figlio migliore di
lui. Era allegro, spigliato, ma allo stesso tempo timido. Scherzava col
resto del nuovo giovane branco e amava lottare sottoforma di lupo, ma
ancora di più, si divertiva a gareggiare con i Cullen, quando
andavamo a trovarli.
Era la felicità impersonificata, tutto il contrario di qualcun altro...
Il figlio di Laura, Abram, rappresentava tutto tranne che i suoi genitori.
Da bambino era silenzioso, non amava stare con i suoi coetanei, era
più facile trovarlo a gironzolare per il giardino di casa o
vicino al bosco con un libro, che nel passare degli anni si
affiancò ad un block notes ed una penna. Era strano, o meglio,
voleva fare in modo di sembrarlo.
Se era obbligato dal padre ad andare sulla spiaggia lo faceva, anche se
era costretto a circondarsi con quei bambini che non sopportava,
rimanendo poi sulla riva a guardare l'orizzonte, aspettando in silenzio
che tutti se ne andassero per fare il bagno. Insomma, Abram faceva
tutto ciò che serviva per alienarsi dalla riserva e dai suoi
abitanti.
Sin dalle elementari succedeva che le maestre uscissero dalla scuola
durante le ore di lezione per cercarlo, mentre lui si trovava
placidamente sulla scogliera a scrivere o fotografare. Con il liceo le
cose non cambiarono.
Riservato, non parlava con nessuno, giusto l'indispensabile per
rispondere ai professori. Era probabilmente il migliore della scuola,
ma non faceva nulla per farlo vedere. Annoiato, esatto. Vedeva ogni
cosa con occhio scocciato, forse per mancanza di novità, forse
per altro.
Si trasformò all'età di quindicianni e da quel momento
smise di parlarmi, credeva che fosse tutta colpa mia. Quando era
costretto a fare la ronda ci andava ma correva senza meta, più
intento a inventare ed a pensare che a cercare vampiri. Odiava Gabriel,
poco ma sicuro. E odiava Nessie. Non sopportava tutto ciò che
noi rappresentavamo: il fantastico. Era grande, alto come Gabriel,
nonostante la differenza di età; nei suoi occhi potevo vedere
una scintilla che però faceva fatica a brillare, come se fosse
soffocata da qualcosa. Laura non si preoccupava più di tanto,
forse il rapporto speciale che aveva con lui aveva fatto in modo che le
rivelasse più del dovuto; il vero problema era Embry.
Non dico che considerasse il figlio una disgrazia, certo che no. Solo
che il comportamento di Ambram lo devastava, facendolo preoccupare
oltremodo. Si chiedeva come mai lui non fosse come Gabriel o uno dei
tanti ragazzi che popolavano la riserva.
Spesso Abram ritornava con un occhio nero, o un labbro rotto. Non era
ben visto dai compagni, che lo definivano snob e scocciato. Lui non
diceva niente, e quando si ritrovò nel branco, tutti quanti
seppero che quelli che veramente le prendevano erano loro, non lui.
Ogni tanto Abram era stato trascinato via da mio figlio prima che
iniziasse ad azzuffarsi. Mi dispiaceva il fatto che sembrasse
così...solo. Emarginato, anche se era lui a volerlo. Non
sopportava mio figlio, questo l’ho già detto, ed il
sentimento era reciproco, ma Gabriel aveva l'animo troppo buono,
così cercava di essergli amico. Più che altro, mi era
sembrato che il disaccordo tra i due fosse dovuto per colpa di una
certa competizione...o gelosia. Inizialmente non seppi spiegarmelo.
Avevo ipotizzato milioni di cose, ma l'idea migliore che mi ero fatta,
quella più logica, era che Abram invidiasse la parte DIVERSA che
Gabriel possedeva. Quella parte che fingeva di non sopportare,
perchè c'entravo io. Abram, pensavo, avrebbe desiderato stare
più a stretto contatto con i Cullen.
Ma qui si parla di sciocche supposizioni di una vampira al fior fiore dei suoi anni immortali.
Smisi di pensare ad ogni cosa quando la porta d’ingressò sbattè.
-Sono tornato…ehi, che buon odore…- ridacchiai sentendo le parole di Gab.
I suoi passi erano falcate, ci mise meno di dieci secondi per arrivare
in cucina e stringermi da dietro affettuoso –Ah, mi sei mancata
mamma…e anche i tuoi manicaretti- sghignazzò e
allungò una mano verso il vassoio pieno di tartine.
Gli mollai uno schiaffetto sul palmo dicendo –Fermo lì
tu…mangerai quando tuo padre sarà…- la porta
sbattè di nuovo.
-…Tornato?- terminò lui ghignando e rubando ben due tartine per mettersele in bocca.
Seth comparve e restò a fissarci un attimo con sguardo dolce.
Era meraviglioso averlo davanti agli occhi, ma anche orribilmente
triste. Mio marito era cresciuto, e continuava a crescere. A
invecchiare.
Lentamente, questo sì. Come se un normale anno di vita umano per
lui valesse il quintuplo. Non sembrava passare mai, eppure sapevo che
era così.
Ora aveva la voce adulta, roca e calda, una barbetta incolta…e per il resto era sempre bellissimo, se non di più.
Cercai di non fissarmi troppo su di lui continuando a cucinare e a
controllare che le lasagne nel forno a microonde non si bruciassero.
Devo essere sincera, non avevo mai cucinato da umana. Ero stata sempre
negata ai fornelli e preferivo di gran lunga mangiare quello che altri
si dilettavano a cucinare.
Poi, invece, con la mia seconda vita era diventato tutto fin troppo
facile. Mi era bastato leggere un libro di ricette di cucina italiana
–piccolo omaggio alle mie origini, che non volevo dimenticare-,
cinese e francese…
E di colpo PUFF! Ero diventata una cuoca coi fiocchi e controfiocchi.
Per la gioia degli stomaci insaziabili dei due uomini di casa, ci tengo
ad aggiungere. Poi sentii una leggera pressione dietro di me e delle
mani che mi scivolavano sui fianchi.
Seth
La sentii fremere non appena le mie mani toccarono il suo corpo e
sorrisi compiaciuto, chinando il capo fino ad arrivare a sfiorarle il
collo con le labbra, baciandolo e segnandolo con dei piccoli morsi. Il
suo odore era una tentazione irresistibile, così dolce e denso.
Lei sospirò, e percepii nell’aria l’eccitazione che
riusciva ad emanare; girò un pò il volto per trovare la
mia bocca e mi baciò succhiando la lingua, prima di lasciare che
la facessi voltare del tutto e la poggiassi sul ripiano della cucina
senza interrompere il bacio.
Qualcosa cadde a terra.
Sammy doveva aver mollato il cortello che stava usando per le verdure.
Le sue gambe mi si strinsero intorno ai fianchi e intrecciò le
dita ai miei capelli. Dio, come la desideravo…Lì, in
cucina. Seduta stante.
…Ma qualcuno tossicchiò infastidito e ci separammo.
Samantha saltò giu dal ripiano e ricominciò a tagliare le
verdure, come se nulla fosse, ma ero certo che se fosse stata ancora
umana, le sue guance si sarebbero infiammate. Ridacchiai lanciando
un’occhiata a Gabriel, che ci fissava tenendo il muso, e poi
decisi che era meglio lasciar finire Sammy di cucinare.
Sammy
Sentii la mano di Seth accarezzarmi la schiena e mi mordicchiai un
labbro per resistere ai miei famelici impulsi, poi i suoi passi
arrivarono nel salottino e lo sentii chiaramente mettersi sul divano e
accendere la t.v.
-Gab, vieni, c’è la partita di baseball. I Red Sox sono in
vantaggio contro gli Yankees- il tono trionfale mentre si rendeva conto
che la sua squadra vinceva la partita.
Ma Gabriel era rimasto a fissarmi divertito, percepivo il suo sguardo addosso anche senza voltarmi.
–Mamma, preferirei che tu e papà controllaste i
vostri ormoni da eterni quindicenni… almeno quando è
quasi ora di fare colazione, pranzare, stuzzicare qualcosa per merenda
o cenare. Sai com’è…poi digerisco con
difficoltà-.
Risi e gli accarezzai il volto dopo aver tirato fuori le lasagne e
averle divise in due enormi pezzi identici per lui e suo padre.
-Questo accade perchè tu non mastichi, ingogli e basta-.
Alzò gli occhi al cielo –Nah…non credo sia per questo- sorrise e corse a tavola.
Condii l’insalata, finii di cuocere le verdure e portai tutto di là.
Loro già si leccavano i baffi. Era gratificante sapere di essere apprezzata in ogni cosa che facevo.
Capitolo 4, e come promesso c'è un "piccolo" salto temporale xD
Allora...questo è del tutto una cronaca di ciò che
definirei "vita quotidiana"...a me personalmente piace, ma il mio
parere non conta ù.ù"
Chissà cosa ve ne pare a voi XD
Ora vorrei mettere qui una specie di scheda personale che Laura ha
scritto su suo figlio Abram, così il personaggio potrà
sembrarvi più chiaro^^ spero ne farà una anche dei
gemelli Kenai e Neka...ma per immaginare loro ci vuole poco! avete
presente i fratelli Fred e George Weasly?XD
Da Laura:
"Tanto vorranno tutte bene al mio Abram *ghigna* anzi, non avendo niente da fare scrivo una sua piccola scheda personale.
Due anni
meno di Gabriel, silenzioso e taciturno. Frequanta la palestra di Paul,
box, da quando era umano, dopo la trasformazione è l'unico logo
che frequenta all'infuori della scuola, pur non avendo stretto amicizia
con nessuno del branco.
Brillante
a scuola, nonostante tutto e' in continuo conflitto con gli altri
ragazzi, dato il suo caratteraccio ed il modi di sprezzo con cui li
tratta. Sa di essere superiore e lo da a vedere.
Viaggia molto cn Laura ed Embry, sin da quando era piccolo.
Odia La Push, forks e la sua condizione da lupo.
Non e' fidanzato, tantomeno vuole esserlo.
E' alto come Jake, tra i piu' robusti del branco, capelli ricci, l'unico.
Ha due fratelli, due pesti.
Ha la
passione per la fotografia, tanto che, da quando aveva 10 anni, a volte
esce di scuola senza dire niente e va sulla scogliera, a scattare foto.
In perenne conflitto con l'ispettore Swan, che lo odia, e suo padre.
Suona il
piano, ascolta sono musica classica, odia tutto cio' che e' etichettato
come "ogetto di massa". Appena qualcosa diventa di moda lui l'abbandona.
Odia
Gabriel, per il fatto che e' il suo completo opposto e perche' comunque
tenta di stringere amicizia, o, perlomeno, di sembrare gentile.
Sin da
piccolo, dato che laura gli ha sempre raccontato la storia di Aro come
una favola, ha il desiderio di incontrare questo fantomatico
personaggio, provando un'irresistibile sensazione di ammirazione verso
di lui.
Odia
Nessie, i due sono in conflitto dalla tenera eta', adora sminuirla, o
insultarla in modo sottile; con giochi di aprole o frasi velenose. Per
questo anche Jake lo vede male.
Bien."
Qui
metto una foto del paesaggio che si ammira dalla mia casetta a La Push
(e il luogo che vedete è DAVVERO la spiaggia della riserva
Queleute **). Non ho altro da aggiungere oltre un immenso GRAZIE e, in più, un piccolo chiarimento:
L'imprinting tra Sammy (me XD) e Seth aiuta a superare il fatto dell'odore, perchè è come se tutto diventasse perfetto, più buono; dato lo status di vampira di lei, la procreazione è cosa da eliminare, ma hanno già avuto un figlio, quindi farne altri a che serve? *me però fa la vaga...chissà*.
Insomma, l'imprinting rende tutto più facile, io la vedo così ^^.
Bye byee
By Sammy Cullen ^^
|
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Capitolo 45 *** Capitolo 5 (POV Sammy/ Seth/ Gabriel) ***
capitolo 5
Capitolo 5
Seth
Se ne stava seduta sul davanzale della finestra osservando il cielo
stellato, senza sbattere le palpebre, ma respirando leggermente, in
modo tranquillo. L’odore salmastro del mare arrivava
aleggiando
nella stanza sospinto dalla brezza leggera, e sapevo che riusciva a
gustarlo appieno, lasciando che le riempisse i polmoni per poi
fuoriuscire di nuovo dalle narici dilatate.
Era una visione, illuminata dal pallido riflesso della luna piena che,
per una volta tanto, era riuscita a ritrovarsi senza nuvole grigie ad
oscurarla. Naturalmente, la mattina seguente quest’ultime si
sarebbero impegnate a coprire il sole, per la gioia dei Cullen e di
Samantha.
Chiuse un attimo gli occhi tirando indietro la testa, prima di
sussurrare –Perché non dormi, Seth?-.
Ah, mi aveva scoperto.
Sbuffai prima di alzarmi e andarle vicino, sfiorandole una gamba bianca
e liscia con la mano destra, trattenendo l’istinto che mi
diceva
di prenderla e farla mia immediatamente. Lei ridacchiò
–No
amore. Niente biss questa notte-.
-Hai dato una sbirciatina al futuro dei prossimi cinque minuti?-
mormorai sfiorando il suo orecchio con le labbra. Vidi la sua bocca
curvarsi a formare un ghigno –Affatto. So solo che
sarà
così-.
Capito l’antifona…non le andava.
Mi finsi offeso smettendo di accarezzarla e Sammy roteò gli
occhi prima di riprendere la mano che avevo allontanato per stringerla
–Sei incontentabile…-.
Alzai di nuovo gli occhi per guardarla sorridendo vittorioso, ma lei
aggiunse -…Non era un sì, amore-. Mi diedi per
vinto
poggiando il mento sulla sua spalla, abbracciandola come potevo
sopportando il freddo del corpo slanciato.
-D ’accordo, d’accordo…hai vinto. Mi
accontento di
poterti stare vicino- dissi mentre le baciavo il collo e ogni singola
parte di pelle scoperta. Mi sembrò di sentirle fare le fusa,
come un gatto, e risi.
-Ora farò la parte della moglie rompiscatole ma…-
si
zittì facendomi scostare e terminò in un sussurro
-…mettiti a letto, Seth. Domani mattina devi alzarti presto
per
andare a lavoro-.
-Obbedisco solo se mi fai compagnia-. Non poteva credere certo che
avrei ceduto così.
-Chi ha mai detto il contrario?- scivolò con lentezza
giù
dal davanzale e scomparì. Mi ci vollero sei secondi per
compiere
un giro completo e ritrovarla sotto le lenzuola, intenta a ridacchiare
come una bambina pestifera –Ehi…io sto aspettando
te-.
Scossi il capo divertito prima di balzare sul materasso per trascinarla
contro di me, baciandola con forza e assaporando il sapore smielato
della sua bocca gelida.
Si allontanò di pochi centimetri solo per ripetere
–Ora
dormi però-, poi si lasciò stringere tra le mie
braccia,
finché non crollai.
Sammy
Gli avevo
fatto trovare la colazione in cucina dieci minuti prima che si
svegliasse, avevo atteso che finisse di mangiare e lo avevo guardato
uscire di casa, prima di salire di sopra a rifare il letto ed iniziare
le faccende di casa.
Seth lavorava in una piccola edicola fuori da La Push, nei pressi della
stazione di Polizia dove si trovava Charlie, ormai vicino
all’età pensionabile, ma in ottima salute.
Tra le tante riviste che vendeva, c’era il National
Geographic,
con le pagine strapiene di foto fatte da Embry e di articoli scritti da
Laura.
Era per questo motivo che non stavano spesso nella loro piccola
abitazione a trenta metri dalla nostra. I loro viaggi continui non gli
permettevano di riposarsi nemmeno un attimo. Invidiavo la mia amica,
pensando di tanto in tanto che era riuscita a fare ciò che
io
avevo dovuto abbandonare nel “cassetto delle aspirazioni
perdute”. Essendo un’eterna quindicenne, al massimo
avrei
potuto lavorare par-time in un bar o –più
probabilmente-
tornare tra i banchi di scuola, ma cosa c’era di divertente
in
tutto questo? La cultura per me non valeva più niente. Mi
bastava leggere un libro di storia una volta per saperlo tutto a
memoria. Edward aveva cercato di convincermi, ma senza successo, a
frequentare le lezioni con Nessie.
Perciò mi ritrovavo a fare la casalinga. Un lavoro duro,
certo,
ma non per chi impiega massimo mezz’ora a lucidare
l’intera
casa…come me.
Per il resto della giornata –di ogni giornata- impiegavo il
mio
tempo a guardare vecchi film grazie al quale potevo tornare indietro, a
quando non ero altro che una semplice ragazzina.
Tra i miei preferiti, c’erano addirittura quelli tratti dai
libri
di Stephenie Meyer. New Moon era il migliore, secondo mio modesto
parere, per quanto riguardava gli effetti speciali.
Ma alla finzione, preferivo di gran lunga la realtà, e se
volevo
vedere Edward Cullen, mi bastava uscire di casa e correre attraverso la
foresta che copriva l’intera Washington.
Proprio in quell’attimo, mentre stavo per prendere tra le
mani un
vecchio film italiano a colori sbiaditi, sentii il motore della nuova
Jeep di Embry, così lasciai da parte il dvd ed uscii nel
giardino innevato.
Laura balzò giù sbattendo lo sportello, sul viso
un’espressione allegra. Era una donna, ormai. Non come al mio
matrimonio. A quei tempi, era ancora una ragazza, ma adesso la sua
fronte era segnata da piccole e quasi invisibili rughe, e nel complesso
aveva una fisionomia più asciutta rispetto ai suoi passati
quindici anni.
Sospirai prima di nascondere la mia tristezza sotto una maschera di
spensieratezza immensa e la guardai venirmi incontro, mentre suo marito
ed i tre figli tiravano fuori i bagagli dal dietro
dell’automobile. Abram teneva in bocca un nuovo block notes,
costretto com’era a trascinare due pesanti valigie in casa
tenendo quindi entrambe le mani occupate mentre quei due briganti di
Kenai e Ka (diminutivo di Neka, già molto corto di suo, come
nome) se la ridevano alle sue spalle gridando tra gli sghignazzi
–Ehi, fattorino, poi ricordati anche le
nostre, di borse!-.
All’unisono, come capitava spesso. Dietro di loro, un husky
grigio perla di cinque anni scodinzolava allegro annusando la ruota
sinistra posteriore dell'auto, prima di svuotarsi la vescica da liquidi
repressi.
Si chiamava Unk, ed era stato portato a casa Call da Embry quando
somigliava ad una palla da basket ricoperta di pelo, con due orecchie
appuntite, una piccola coda e un paio di occhioni azzurri.
Era il regalo di Natale peggiore che i gemelli avessero potuto
chiedergli, aveva detto.
Non mi era mai stato chiaro per quale assurdo motivo odiasse tanto i
cani e, malignamente forse, avevo pensato che portare un'altra bestia
in casa non servisse, avendo già quattro lupi -Embry
compreso- da sfamare.
Edward e gli altri due fratelli erano scoppiati a ridere dopo che gli
ebbi detto quelle cose. Passavo a casa loro spesso perchè
infondo, erano l'unica famiglia che mi restava, oltre quella formata da
Seth e Gabriel. Un piccolo nucleo.
Fissai Abram, che si girò fulminando Kenai e Ka prima di
oltrepassare la porta di
casa e sbattergliela in faccia, scontroso. I gemelli si fermarono a un
centimetro di distanza, prima di farci schiacciare i nasi, ed
esclamarono –Ooooh…il fattorino
fa anche l'offeso!-.
Poi Ka aggiunse ad alta voce, per far sì che Abram da dentro
sentisse –Sappi che per questo non ti daremo la mancia di
cortesia!-, poi scoppiò a ridere battendo il cinque al
fratello.
-RAGAZZI, SMETTETELA. SUBITO!- Embry non era un
padre severo, ma voleva
un po’ di tranquillità da parte dei suoi figli. I
due
sbuffarono e prima ancora di metter piede in casa, la voce
dell’uomo risuonò dai piani superiori dicendo
–E PRENDETE DA SOLI I
VOSTRI BAGAGLI, FORZA!-.
Pochi secondi di silenzio, poi -...E TU, CANE, VIA DALLA MIA AUTO!-.
I ragazzi mugugnarono qualche obiezione a mezza bocca, ma poi
obbedirono. Unk li seguì passo passo, zompettando gioioso
dopo essersi liberato da un impellente fastidio.
Laura
ormai mi era di fronte. Rise dicendo –Non cambieranno
mai…-.
-No, infatti-. Asserii, senza saper bene cos’altro
aggiungere. Da
quando mi ero trasformata, ero diventata molto, molto
più…criptica, senza volerlo.
Una vampira, ecco.
La donna sorrise e chiese –Tutto okay, Sam?-. Tesi le labbra,
guardandola. Pur crescendo, era rimasta più bassa rispetto a
me.
-Certo. Cosa potrebbe andarmi storto? È tutto perfettamente
apposto, Laura. Gabriel continua ad essere uno dei migliori del suo
corso di studi e il lavoro di Seth procede tranquillo. Forse dovremmo
ringraziare te ed Embry per l’incasso abbondante. Il National
Geographic ha aumentato le vendite da quando ci lavorate tu e tuo
marito-.
-Oh, ne sono contenta!- Mi regalò un sorriso accecante,
formando
due parentesi ai lati della piccola bocca, poi aggiunse
–Abram
non avrà problemi a stare al passo con gli altri. Studia
perfino
quand’è in viaggio…- si
bloccò un istante
assaporando le sue stesse parole. Era fiera del figlio maggiore, poi
proseguì -…Sono Ka e Kenai a darmi filo da
torcere. Si
divertono a creare problemi e tocca al loro fratello risolverli-. Mi
accorsi solo in quell’attimo, di una catenina d’oro
che
ricadeva intorno al suo collo, finendo col nascondersi sotto il
colletto del giubbotto imbottito che le arrivava fino al mento. I miei
piedi scalzi
affondavano nella neve senza percepirne il freddo, ma per la sua pelle
di umana qualunque, il gelo era letale. Per questo si era risparmiata
dall’abbracciarmi…per non finire del tutto
congelata.
Socchiusi gli occhi e sussurrai impercettibile, così rapida
da non darle modo di sentire -…Un regalo nuovo-.
Laura capì ugualmente cosa stavo fissando, così
tirò fuori il resto del gioiello, scoprendo un ciondolo che
doveva essere di almeno quattro carati. Il grosso rubino brillava fiero
sotto i miei occhi. Era una pietra contornata da una corona
d’oro
che ricreava un elaborato ghirigoro di rose e spine. Seppi di aver
sollevato sorpresa le sopracciglia prima di chiedere curiosa
–Il
vostro stipendio è così alto da permettere a
Embry di
riempirti di regali?- risi tra me. Ma lei si scurì e disse
rapida, rimettendo quel dono al sicuro sotto gli abiti, come per voler
cambiare discorso –Sì. Stiamo molto bene
economicamente e
comunque…questo ce l’ ho già da un
po’.
Sicuramente, ti era sfuggito-.
Storsi la bocca e questo le fece aggiungere –Devi ammettere
che
neanche voi succhiasangue siete infallibili, no?-. Mi fece
l’occhiolino prima di voltarsi e dire senza guardare
indietro,
camminando verso casa –Passo da te non appena rimettiamo
tutto in
ordine. Così non ti annoierai!-.
Naturalmente, pensai.
Poi la osservai un’ultima volta prima di rientrare in casa,
con l’intenzione di preparare una torta.
Ci vollero due ore prima che Laura bussasse alla mia porta e, quando
andai ad aprire, in casa entrarono come razzi quei furfanti dei
gemelli, dicendo allegri –Hola Sam!-.
-Prima non abbiamo avuto il tempo di salutarti…-
iniziò Kenai.
-…Ma adesso eccoci qua! Gab non è ancora tornato
dai suoi allenamenti?- concluse Neka.
Roteai gli occhi divertita, incrocia lo sguardo di Laura, rilassato, e
poi risposi guardando i due che avevano la mia età
(apparente)
dicendo –No, ma ormai dovrebbe essere di ritorno. Ho
preparato
una torta. Sapevo che sareste venuti con vostra madre; potete aspettare
Gabriel mangiando e accomodandovi sul divano a guardare la t.v-.
-Sempre molto gentile- a parlare fu Ka, ma a regalarmi due grossi baci
sulle guance furono entrambi, uno a destra e l’altro a
sinistra.
-Già, Sam…se tu non fossi già sposata,
chiederei
la tua mano!- Kenai sghignazzò prima di beccarsi uno
scappellotto da parte di Laura dietro alla nuca –Sempre i
soliti
burloni-.
-Oh…Laura, lascia perdere. Lo sai che non mi danno
fastidio-.
Parlare al muro sarebbe stato più facile. La mia amica
chiedeva
almeno un po’ di serietà ai due che,
com’era
evidente, non volevano accontentarla.
-No, Samantha…devono maturare-.
-Ma se loro “maturassero”, io non mi divertirei-
ribattei
saccente. I ragazzi mi sorrisero soddisfatti, poi corsero veloci in
cucina, seguendo l’odore della torta al cioccolato.
Mi domandai se ne sarebbero rimasti almeno due pezzi per mio marito e
mio figlio. Altrimenti non avrei avuto il tempo di prepararne
un’altra per l’ora di cena. Feci un cenno a Laura
di
seguirmi in salotto, mentre sbirciavo nel futuro per assicurarmi che il
dolce non venisse spazzolato tutto via dal piatto. Non sbirciavo mai
nel futuro della mia amica, invece. Lei mi aveva chiesto apertamente di
non farlo, ed io avevo giurato di accontentare quella semplice
richiesta, qualunque cosa fosse potuta accadere.
Quindi sulla sua vita, non avevo certezze. Non sapevo se avrebbe
continuato a vivere tranquilla o qualche sgradita sorpresa attendeva il
momento più opportuno per fare capolino.
Quando ci sedemmo sulle due poltrone vicine al caminetto, lasciando il
divano libero ai due ragazzi di ritorno dalla cucina con dei piatti
stracolmi di torta a fette, mi accorsi che il ciondolo che Laura aveva
al collo non c’era più. La cosa mi
lasciò
perplessa, ma decisi di farmi gli affari miei, come sempre.
-Perché non torni a scuola, Sam? Passeresti del
tempo…forse ti divertiresti anche. Lo sappiamo entrambe che
non
ti piace stare a casa-.
Fu con queste parole che ruppe il silenzio. I gemelli drizzarono le
orecchie –Fico…e dai, Sam, chiedi
un’iscrizione per
il liceo di La Push!-.
Risi –Non voglio inimicarmi tutta la riserva, ragazzi. Se
venissi
alla vostra scuola, qui si riempirebbe del tutto di palle di pelo-.
Ma le mie parole non li sconvolsero, anzi, l’idea li
entusiasmò –Sarebbe fantastico!
Immagina che forza se
tutti qui potessero trasformarsi in lupi!-.
Se dovevo essere sincera, non ero del tutto certa che quella
possibilità potesse piacermi molto. Ero pur sempre
l’unica
creatura che non avrebbe neanche dovuto mettere piede lì
dentro.
-No, davvero…io non ci scherzerei-.
-Nemmeno io-. Laura annuì energicamente col capo, poi
sospirò guardando i figli.
Gabriel
Ah…sono distrutto. Il coach mi sta massacrando,
accidenti.
Ritrovarmi davanti alla porta di casa dopo due ore di allenamento a
rugby, non mi pareva vero. Era la cosa migliore del mondo.
Tirai fuori le chiavi dalla tasca della felpa e feci scattare la
serratura. L’odore di dolce mi tentò, e quasi me
ne andai
dritto, dritto in cucina, ma mi ripresi appena in tempo e feci capolino
in salotto.
Trovai mia madre e Laura impegnate a chiacchierare e capii
immediatamente che nei paraggi c’erano quei pazzi dei gemelli.
Il fracasso arrivava dal piano di sopra, nella mia camera. Sospirai
ipotizzando le peggiori ipotesi.
-Tranquillo, Gab, stanno solamente giocando con la tua Wii-. Mia madre
si alzò, così come Laura, e mi venne incontro con
uno
scatto rapido, massaggiandomi le spalle –Te l’avevo
detto
che oggi ti saresti stancato-. Sogghignò strafottente, poi
mi
diede un bacino e si scostò quando sentì, assieme
al
sottoscritto e a Laura, un tonfo sulle nostre teste.
Quasi non avevo il coraggio di salire per vedere cosa avessero
combinato Kenai e Ka, ma mi feci forza e –lentamente,
respirando
a fondo- arrivai fino alla porta della mia stanza, la aprii
e…
-No…No, NO!!! VOI DUE! GUARDATE COME
AVETE RIDOTTO I MIEI JOY-STICK!!!-.
Fracassati. Li avevano fracassati.
Angolino autrice
Ecco il V capitolo tutto per voi, ragazze! sono tornata soltanto oggi e spero che, come me, voi abbiate passato delle belle vacanze^^
Grazie infinite a chi ha solo letto e/o commentato. Voglio dire a Smemo92 che è sempre troppo attenta alle mie sviste xD. Quella che hai notato nel capitolo precedente è stata tolta...anche se con un pò di ritardo...
Spero che questo capitolo vi piaccia come gli altri, e così via. A presto allora!
By Sammy Cullen
P.s.: si avvicina il tempo dell'azione *^
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Capitolo 46 *** Capitolo 6 (POV Gabriel/ Nessie) ***
capitolo 6
Capitolo 6
Gabriel (She wolf-
Shakira)
La Mercedes di mia madre scivolava sull’asfalto in modo
fantastico. Le curve si superavano che era una meraviglia, e il
paesaggio grigio e verde di Forks mi sfrecciava davanti agli occhi.
Quell’auto era stata un regalo per il suo compleanno da parte
di
zio Edward, che in fatto di regali –dovevo ammetterlo- ci
sapeva
proprio fare.
Accesi la radio su una stazione di vecchi successi, poi lanciai uno
sguardo rapido all’orologio sul cruscotto. Erano le quattro e
mezza. Sarei arrivato dai miei zii in tempo per prendere Nessie e
portarla a La Push con me.
Sperai ardetentemente di non incrociare Abram, una volta tornati, dato
il fatto che lui e Renesmèe si ritrovavano puntualmente a
litigare in modo fin troppo animato.
La mia cosiddetta “cugina”, era nata un mese dopo
di me, ma
per quanto riguardava la crescita, era stata un pochettino
più
veloce. Dimostrava l’età di mia madre quando io
avevo
compiuto da poco cinque anni, così aveva atteso paziente che
arrivassi al mio diciottesimo compleanno.
Era molto diversa dal resto dei Cullen, perchè riusciva a
sembrare umana, mentre tutti gli altri parevano dei scesi
dall’Olimpo o chissà cos’altro. Se
dovevo essere
sincero, mi ero preso una cotta per lei qualche anno prima, ma
ringraziando il cielo, mio zio Edward –suo padre- non ne
aveva
fatto parola con la diretta interessata.
E comunque, Renesmèe era indiscutibilmente legata a Jacob da
un
sentimento che andava oltre l’immaginario…quindi
mi ero
rassegnato a vederla solo come una specie di parente.
Quando fui arrivato davanti al giardino di casa Cullen, sostai
l’auto senza spegnere il motore e scesi per andare a bussare
alla
porta, ma quella si aprì prima che potessi sfiorarla e mi
ritrovai a fissare zia Rosalie. Vederla mi causava sempre un certo
spalordimento per colpa della sua bellezza; dieci secondi di silenzio
per riordinare le idee poi dissi in imbarazzo –Nessie
è
già pronta?-.
Lei ridacchiò e mi fece cenno di entrare dicendo
–Ancora
qualche minuto e lo sarà. Ormai dovresti essere abituato ad
aspettarla. Lo sai, no? “Non
posso presentarmi da Jacob…-
-…con
qualcosa –qualunque cosa- fuori posto!”-
terminai l’imitazione di zia Rose della solita frase della
ragazza ridendo, poi parlai di nuovo con uno sbuffo.
-Sì…lo so. Ma spero sempre che prima o poi mi
faccia una sorpresa e venga ad aprire lei la porta-.
-Accadrà-. Un’altra voce parlò mentre
il resto dei
Cullen ridacchiava. Renesmèe comparì dalla cima
delle
scale con indosso un abitino color pesca tutto fiocchi e veli
svolazzanti.
Finsi di spalancare la bocca sotto tanta magnificenza e le strappai un
sorriso mentre pian piano si avvicinava –Ah, piantala, Gab!
Non
fare lo scemo!-.
Mi venne incontro dandomi un bacio su una guancia dopo che mi fui
chinato per renderle il compito più facile, poi mi prese
allegramente per mano trascinandomi verso la porta e disse rivolta alla
sua famiglia –Non farò tardi…-
-Poco ma sicuro-. Edward parlò serio, prima di vederci
sparire in auto, verso La Push.
Nessie
Forse avrei dovuto dirglielo. Dirgli quanto fosse diventato carino, ma
non ne avevo il coraggio. Quella parte più timida di me
riusciva
a sovrastare la più intraprendente.
Non sapevo descrivere esattamente cosa fosse il sentimento che provavo
per Gabriel, ma sicuramente non poteva essere amore.
Quello lo riservavo interamente per Jake. Il mio Jake.
Perciò la conclusione migliore a cui fossi giunta era che
quel
ragazzo smuovesse in me una semplice e infantile attrazione fisica.
Avevo avuto il dubbio, qualche anno prima, che lui per primo avesse una
cottarella per me, ma dato che non ne ero stata certa, mi ero imposta
di far finta di niente…anche perchè Jacob era un
pò geloso, e preferivo di non farlo diventare nervoso in un
modo
inimagginabile.
Mentre mi fissavo le mani, e l’anello di fidanzamento da
parte di
Jake messo all’anulare, sentii la pioggia incominciare a
picchiare sul tettuccio ed I vetri dell’auto di Samantha.
Alzai lo sguardo ammirando il paesaggio di quella che era stata da
sempre casa mia. Gli alberi ricoperti dal muschio, i prati pieni
d’erba selvatica, il cielo plumbeo. Non avrei potuto chiedere
niente di meglio.
-Nessie-.
Mi voltai a guardare Gabriel, con gli occhi fissi sulla strada e chiesi
–Sì?-. Lui sorrise rapido, poi disse
–Fammi un
favore. Se per caso incontrassimo Abram, non parlarci. Ignoralo
semplicemente-.
Roteai gli occhi e vi spostai un ciuffo ramato e mosso da davanti,
prima di ribattere –Impossibile, Gab. Sai benissimo che
è
il suo gioco preferito farmi spazientire-.
Ridacchiò –A dir la verità, quello era
il mio passatempo da bambino-.
-Beh, lui è un bambino, quindi…-
Lo sentii sospirare prima di dire, un pò più
serio e
supplichevole allo stesso tempo –Cerca di metterti nei suoi
panni, Ness. E’ solo. Non ha amici…-
-E’ lui a non volerne-.
-Ma almeno io provo ad esserlo. Tutti gli altri
invece…sembra
non importargliene niente, lo detestano, e non credo sia giusto
comportarsi così con una persona solamente perchè
ha un
modo tutto suo di vedere le cose-.
Si era infervorato, e stringeva con forza le mani al volante. Le nocche
si erano schiarite. Feci un bel respiro prima di sfiorarle e dire
–Calmati…-.
Gabriel tese le labbra ma si rilassò svoltando alla sinistra
di
un bivio, verso la riserva Queleute –Okay ma…fai
come ti
ho detto, chiaro?-.
Annuii di malavoglia, mettendo il broncio per strappargli una risata,
poi gli mollai un pugnetto amichevole sulla spalla –Ci
proverò, ma non ti prometto nulla-.
-E’ già tanto- ammise soddisfatto, per poi
continuare a concentrarsi sulla guida, in silenzio.
Un leggero sorriso mi spuntò sulle labbra, mentre lo
guardavo.
Era sempre stato buono, fin da bambino. In un modo così
grande
da lasciarmi spesso interdetta. Mi ricordava mio nonno Carlisle e nonna
Esme e, inoltre, si comportava in modo così maturo
–a
volte- da farmi percepire davvero quel mese di differenza tra me e lui.
Ero la più piccola, in fondo.
Gabriel
Non ero del tutto certo che Nessie avrebbe accontentato la mia
richiesta. Conoscendola, sarebbe durata al massimo trenta secondi,
prima di imprecare stizzita contro Abram.
Non era mai stata come sua madre. Da Bella aveva ripreso solo un bel
pò di testardaggine, senso del dovere e una minuscola dose
di
timidezza. Per il resto, avrei potuto dire che era la copia sputata di
zio Edward…con qualche strano accenno al carattere che
–avevo notato- zia Rose aveva con quasi tutte le persone che
non
ritenesse membri della sua famiglia…perfino mio padre.
Renesmèe si era rivelata una mezza vampira molto permalosa,
ma
pronta a tutto per far felice nel migliore dei modi chiunque le andasse
a genio e in grado di amare in modo terribilmente smisurato. Non pensai
neanche per un istante che quel dettaglio fosse dovuto
all’effetto dell’imprinting.
Lei era così, e basta.
Aveva iniziato a parlare per davvero solo quando io fui abbastanza
grande da capirla. Quindi più o meno, quando io avevo
compiuto
due anni e mezzo e incespicavo sulle prime parole, e lei ne dimostrava
già sette.
Non aveva mai voluto dirmi per quale assurdo motivo prima non avesse la
minima voglia di apri bocca e preferisse trasmettere immagini tramite
il tocco leggero di una mano.
Mentre ricominciai a rifletterci distrattamente, la Nessie del
presente, quella adulta e con una lingua biforcuta in caso di bisogno,
disse –Spero che Abram sia impegnato a rifare le
valige…-.
Risi –Rifare le valige?-.
-Naturale. Prima se ne va, e meglio è-.
-Testarda. Ti stai sfogando ora per poter mantenere dopo la promessa
che mi hai fatto?-.
Finse di pensarci su -Uhm…può darsi di
sì e può darsi di no-
-…Perfida-.
-Oh, lo so-
compiaciuta, scosse i boccoli ramati in un gesto fin troppo umano.
Roteai gli occhi e pensai per un istante a mia madre.
Se ne stava tutto il tempo chiusa in casa, sempre se non le veniva la
voglia improvvisa di andare a trovare zio Edward e gli altri, poi
cercava d’impegnarsi più che poteva –e
senza alcuna
fretta- a cucinare pranzo e cena per me e papà.
Sapevo che si annoiava, ma non mi venivano idee su come farla star
meglio. L’eternità non era poi così
allettante, per
molti.
Chissà come, Nessie capì che ero sovrapensiero
–Rifletti su qualcosa?-.
Scrollai le spalle –Perchè?-.
-Perchè, quando rifletti, aggrotti la fronte e sembri
irritato-.
Entrai nella riserva e guidai superando tre file ordinate di case,
prima di posteggiare l’auto senza spegnere il motore, davanti
a
quella di Jacob.
Renesmèe sbuffò e mi diede un rapido bacino sulla
guancia
per poi dire –Qualunque cosa pensi…non
preoccuparti, Gab.
C’è una soluzione a tutto-.
Una soluzione a tutto…
Nessie
Salutai Gabriel e andai zompettando –letteralmente- a bussare
alla porta di casa Black. Quella si aprì un secondo e mezzo
prima che riuscissi a ricreare anche un solo “toc”
smorzato, e Jacob vi comparì da dietro, con uno dei suoi
sorrisi
migliori a solcargli il volto.
Restai imbambolata a guardarlo, poi gli buttai le braccia al collo.
Baciandolo.
Rise tirandomi su, come se non pesassi niente, per ricambiare con
ardore come suo solito, poi chiese –Tutto okay?-. Le dita
della
sua mano destra intrecciate a quelle della mia sinistra, dove
l’anello di fidanzamento –piccolo, semplice, senza
troppo
sfarzo…così tanto da essere un ogetto anonimo-
brillava
riflettendo la fievole luce che il sole pallido riusciva a far filtrare
da dietro le nuvole grigie.
Annuii alla sua domanda senza aprir bocca, trasmettendogli le immagini
della mia giornata trascorsa nella solita routine.
Ridacchiò quando si ritrovò a osservare il
ricordo di mia
madre, nonchè sua migliore amica, a caccia di orsi assieme a
zio
Emmett.
-Sbaglio o Cullen è molto meno iperprotettivo verso di lei?-.
Lo guardai rassegnata. Non avrebbe mai chiamato mio padre per nome
più di un paio di volte all’anno. Mi strinsi a lui
e
mugugnai –Certo che no. Ora preferisce controllare me-.
Lo sentii dire qualcosa a mezza bocca per risposta, come
“già…davvero una gran
fortuna”.
Non ero mai certa del fatto che fosse geloso del tempo che passavo con
lui oppure di quello che occupava tenendomi d’occhio al posto
suo.
Erano peggio di due sentinelle, e non se ne rendevano minimamente conto.
…o forse sì?
-Sarebbe meglio se entraste in casa. Tra poco pioverà- la
voce
di Billy Black fece sobbalzare entrambi. Non ci eravamo accorti delle
ruote della sua sedia che grattavano contro il pavimento. Jake rise
ancora trascinandomi in casa –Certo, certo-.
Sorrisi tra me, dopo aver salutato garbata come al solito suo padre e
averlo seguito nella sua camera. Piccola, disordinata, un pò
spoglia.
Eppure, malgrado il poco che c’era, la adoravo. Una foto
sulla
scrivania che occupava mezza parete ritraeva I volti di una famiglia
felice.
Un Billy più giovane, due bambine coi capelli neri legati in
codini disordinati ed una donna. Bella, felice mentre stringeva a
sè un bambino con grandi occhioni scuri. Serena, circondata
dal
resto delle persone che amava.
Non sapevo molto, di Sarah Black.
Jacob non me ne parlava mai perchè io, incerta su cosa
chiedere esattamente, alla fine preferivo non fare domande.
Di foto come quella, ce n’erano tante anche nel piccolo
salotto
al piano inferiore, dove quasi tutto lo spazio era occupato da un
divano, una t.v piccola e antica di vent’anni e un camino.
Era lì sopra che stavano ammassate altre sette cornici, tre
grandi, una media e altre tre piccole. Sarah c’era sempre,
viva
nei ricordi di chi l’aveva amata.
Mi riscossi dai miei pensieri solo quando percepii lo sguardo di Jake
addosso. Aveva notato cosa stavo guardando
Gabriel
Dopo che ebbi lasciato Nessie da Jake, decisi di fare un salto nella vecchia casa di mio padre, dove ora viveva mia zia, Leah, da sola, visto che nonna Sue si era trasferita da Charlie anni prima.
L’abitazione era sempre rimasta la stessa. Due piani, un piccolo giardino fangoso pieno di vasi fioriti che non duravano nulla a causa del freddo, le finestre piccole e le tende bianche,
Mi piaceva tornarci di tanto in tanto, quando non avevo niente da fare, per fare un pò di compagnia a Lee-lee, che lavorava la sera ad una piccola tavola calda di Forks.
Era bello stare con lei, contro tutto ciò che I miei amici del branco ne pensassero. Leah aveva un temperamento combattivo e testardo, per questo fare conversazione diventava divertente. Accadeva spesso che ci ritrovassimo a discutere su chi aveva ragione e chi torto.
Il suo aspetto restava giovane, anche se il tempo continuava a passare, a correre troppo rapido. Avevo sempre pensato che fosse bella, fin da bambino. Era bella come una rosa, che vorresti tanto prenderla, ma quando lo fai, ti ritrovi con le dita graffiate dalle spine sul gambo.
Parcheggiai l’auto davanti al vialetto –ricoperto di ghiaccio- e andai a bussare alla porta.
Sentii il rumore di ogetti che cadono a terra, poi venne ad aprire e sorrise, nervosa –Oh, ciao, Gabriel…sono contenta di vederti. Non ti sei più fatto vivo da sabato scorso-.
Agrottai la fronte.
Perchè parlava a voce alta?
Non mi persi in pensieri stupidi e risposi –Ho avuto molto da fare con la squadra…e con le ronde-.
Ronde, sempre e solo ronde alle cinque di mattina.
Leah annuì comprensiva, poi lanciò un’occhiata alle proprie spalle, prima di girarsi di nuovo a fissare me. Sembrava che nascondesse qualcosa…o qualcuno. Annusai un pò l’aria e percepii un odore strano, simile a quello di Renesmèe.
Chi cavolo c’era, in casa sua?
-Mi dispiace cacciarti via in questo modo, tesoro, ma ho davvero molte cose da fare e…non ho tempo per spiegarti. Mi farebbe piacere se tu passassi più tardi, okay?- parlò a raffica, prima di darmi un bacio sulla guancia e chiudere la porta.
Mi voltai e dissi più a me stesso che ad altri –Ma sono tutti impazziti, qui?-.
Capitolo 6...^^
è di transizione, diciamo. Un piccolo scambio di pov tra Gab
e Nessie e un bel grattacapo da risolvere per quanto riguarda Leah xD Ho deciso solo oggi di regalarle un pò di felicità, quindi il pezzetto finale è aggiuntivo, non sarebbe dovuto essere nel capitolo. Ora vi chiedo...secondo voi, chi c'è in casa?XD
A presto :) by Sammy Cullen
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Capitolo 47 *** Capitolo 7 (POV Sammy/ Jacob/ Seth) ***
capitolo 7
Capitolo 7
Jacob
Quando mi voltai dopo aver cercato di migliorare un pò
l’aspetto della mia stanza –sempre se di stanza si
può parlare, piuttosto che di un campo di battaglia-, mi accorsi
che lo sguardo di Nessie era puntato sull’unica foto di mia madre
che tenevo in camera.
Sembrò come se averla scoperta in fragrante l’avesse messa
in imbarazzo. Si sbrigò a volgere lo sguardo altrove e disse
veloce –Cosa facciamo di bello oggi?-.
Sorrisi tra mè e, prendendola per mano la trascinai
delicatamente sul letto. Lei ridacchiò e mi fece per baciarmi,
ma prima che ci riuscisse sussurrai a un centimetro dalla sua bocca
–Non mi dà fastidio se parli di mia madre, o se guardi
semplicemente le foto dove c’è lei-.
Vidi le sue guance arrossarsi –Scusa. Penso sempre che…sia
un argomento delicato, tutto qui-. Tentò un sorriso, incerta, e
mi ritrovai a stringerla contro di me, senza poter resistere. Era
troppo, troppo simile a sua madre, sempre così dolce ma allo
stesso tempo testarda.
-E’ un argomento come tanti altri, Ness. Se…se è
morta, vuol dire che era così che doveva andare. Ormai ho
iniziato a credere davvero al destino-.
Detto questo, le accarezzai il viso, e lei si accoccolò contro
di me, sospirando. Iniziai a tracciare linee invisibili con
l’indice sulla sua spalla scoperta e mormorai
–Sai…sarebbe l’occasione giusta per…-
-Non pensarci neanche-.
-Perchè?!- sbuffai, ma senza smettere di fantasticare sulle possibilità che avremmo avuto.
Renesmèe si tirò sui gomiti e guardandomi negli occhi
disse –Perchè vorrei arrivare al matrimonio con lo sposo
integro, non fatto a pezzi-.
Ah, giusto…mi dimenticavo sempre del piccolo accordo che
c’era stato tra me e Edward. Consisteva nel fatto che io e sua
figlia (aveva calcato bene l’aggettivo possessivo) non
superassimo certi livelli di azioni –come aveva deciso di
chiamarle- esplicite, fino a dopo il matrimonio.
In parole povere, io e la mia ragazza non eravamo autorizzati a fare sesso senza essere proclamati prima marito e moglie.
Emmett diceva spesso a Edward che io e sua figlia gliela facevamo sotto
al naso per farlo innervosire ma, sinceramente, sarebbe stato bello se
fosse stato vero.
Sospirai e baciai leggermente il collo di Nessie, prima di dire –Giusto, giusto…mi tocca resistere-.
Lei ridacchiò del mio tono e affondò il viso contro il
mio torace, mormorando –Bisogna solo portare pazienza e
poi…pensa positivo, Jake, abbiamo l’eternità dalla
nostra, no?-.
Mi paralizzai al pensiero di aspettare per un tempo infinito.
Insomma, il mio futuro suocero aveva già tanti buoni motivi per sfottermi, perchè dargliene anche un altro?
Pensai in modo quasi spasmodico ai giorni che separavano me e Nessie
dalla libertà vigilata, accarezzandole I capelli mossi e setosi.
L’unica cosa che desideravo, era renderla felice. Edward? Era solo un dettaglio, al confronto.
Qualche giorno dopo…
Sammy
Laura mi camminava al fianco a passo svelto. Con tutto che lei fosse
cresciuta un pò, e che io fossi costretta ad andare a lentezza
umana, non riuscivamo a fare una passeggiata l’una affianco
all’altra.
“Le tue odiose falcate da maratoneta!”, diceva a distanza
di dieci minuti sbuffando, e causandomi ogni volta un attacco isterico
di risa.
Il centro commerciale di Port Angeles non era niente di speciale, ma
spingerci fino a Seattle sarebbe stato troppo, perciò ci eravamo
accontentate. Oltretutto, sia io che lei restavamo distanti dalla moda,
quindi se spendevamo qualche soldo, era per vestiti comodi e a buon
prezzo.
Naturalmente, lei avrebbe potuto permettersi molto di
più…come quel bracciale che cercava di non farmi notare,
coperto sotto la manica della camicia di flanella. Ero stata in grado
di notare solamente un leggero bagliore azzurro e ambrato, prima che
Laura iniziasse a tenere il polso nascosto all’interno
dell’enorme giubotto imbottito.
La cosa mi rendeva sempre più nervosa, ma cercavo di ripetermi
che non c’era assolutamente niente di cui preoccuparsi.
Perchè mai avrebbe dovuto mentirmi? Dirmi che erano regali di
Embry quando invece potevano provenire da altri?
Ma “altri” chi, poi? Un amante? Possibile che la mia amica,
così innamorata di suo marito, così legata ai suoi figli,
potesse avere una seconda vita?
No, davvero impensabile. In fondo era schiava dell’imprinting,
come me. Non avremmo mai voluto altri che non fossero i nostri adorati
uomini.
Sospirai, poi catturai aria nuova nei polmoni, inspirando col naso, per
catturare gli odori squisiti che mi avvolgevano. Una donna di mezza
età, cinquant’anni più o meno, mi passò
accanto, dirigendosi dalla parte opposta alla mia. Il suo profumo
naturale era mischiato a quello agrumato di limone, con
un’aggiunta davvero deliziosa proveniente dalla pelliccia che le
avvolgeva il corpo gracile e slanciato.
Una famiglia formata da padre, madre e due gemelli –entrambi
maschi-, ridevano ragruppati attorno ad uno di quei piccoli giochi
meccanici a pagamento. I bambini se ne stavano seduti sulla macchina a
gettoni, con grandi dentini bianchi a splendere da sotto le labbra.
Per un istante fui colta dalla nostalgia. Il mio Gabriel era cresciuto,
era un giovane bello, intelligente. Non sarebbe mai più stato il
mio piccolo, adorato bambino con la fissa dei perchè. Il brutto
di essere immortali era questo. Veder crescere chi si ama. Vederlo
crescere senza sapere come far sì che il tempo si fermi, come
è accaduto a te.
-Ehi, Sam, tutto okay?- la voce risuonò limpida, come se non
stessi attraversando il tunnel dei pensieri. Mi ripresi guardando
Laura, intenta a studiarmi attenta, come suo solito. Sorrisi rapida e
dissi –Sì, tutto okay-.
Era così facile ritrovarsi a parlare in italiano, con la mia amica.
Lei roteò gli occhi e disse –Certo, certo. Con te va
sempre tutto alla grande, neanche un piccolo problema. A cosa pensavi
di così interessante da non stare a seguire per niente il filo
del mio discorso?-.
Agrottai la fronte. Che discorso stava facendo?
Poi dissi –Scusa, okay, te lo dico. Pensavo al tempo che passa-.
-Non per te-.
-Sì, lo so. Pensavo al tempo di Gabriel-.
-Oh, capisco…- fece silenzio, poi mi prese per una manica
cercando di trascinarmi, come se si fosse dimenticata che non era in
grado di spostarmi nemmeno di un millimetro, fino ad uno dei tavolini
ammassati fuori da uno dei tanti piccoli bar che c’erano dentro
l’edificio.
Decisi di non farla affaticare seguendola obbediente, e andai a sedermi
col viso rivolto verso l’interno del locale, dove un’aria
densa e calda si espandeva, e l’odore del cioccolato, delle
ciambelle e dei frullati alla frutta arrivava a sfiorarmi le narici, in
modo carezzevole.
Chiusi gli occhi rilassata, buttando indietro la testa. C’era
odore di sangue ovunque, mischiato alle altre sublimi fragranze di cibo
che, anni prima, avrei trovato davvero appetitoso.
Sentii il rieccheggiare di passi prima ancora che la piccola cameriera,
di almeno diciannove anni, si avvicinasse al tavolo mio e di Laura,
domandando in modo spontaneo –Volete che vi porti qualcosa?-.
Mi chiesi che effetto le facessimo. Io ero la quindicenne pallida come
un cadavere, figlia della trentaseienne con la pelle color caramello?
Forse, chissà.
Riaprii gli occhi e notai il suo stupore, senza darle peso. Ipotizzai
che mi avesse creduta morta, svenuta o addormentata. Laura, di fronte a
me, cercò d’ignorare a sua volta la reazione di Nancy
(così c’era scritto sulla minuscola targhetta attaccata
alla camicietta verde bottiglia) e le disse –Sì, grazie.
Mi porti un caffè-, sorridendo.
Nancy annotò mentalmente l’ordinazione della donna, e si voltò verso di me –Tu vuoi qualcosa?-.
Tu. Mi stava dando del tu. A me, che avevo vent’anni più
di lei. Cercai di non pensarci, poi risposi –Aggiunga un
caffè e stiamo apposto-. Io, almeno, davo del lei, pure se
quella ragazzina non aveva altro che quattro anni più di
me…fisicamente.
Lei annuì, con un’espressione palesemente perplessa
stampata in faccia. Si stava sicuramente chiedendo se fosse un bene
portare un caffè ad una ragazzina. Quando chiese il consenso di
Laura per la mia ordinazione, mi sentii sprofondare e, per un istante,
fui in grado d’immaginare quanto fosse frustrante la cosa per
Jane, che non arrivava a dimostrare neanche tredici anni.
La mia amica si paralizzò dallo stupore. Forse perchè non
era abituata ad essere scambiata per mia madre, o comunque tutrice.
Deglutì, mi guardò eloquente, poi rispose a Nancy
–Faccia come dice, è meglio-.
Ah, adesso mi faceva anche passare per una pazza che va assecondata!
Quando Nancy sparì all’interno del bar, fissai Laura
alzando un sopracciglio. La mia domanda muta era comprensibile: ti
sembro così pericolosa?
Lei ridacchiò e disse prontamente, capendo –Ogni tanto
metti in soggezione, sì-. Non riuscii a non rispondere con
–Odio essere così…lo odio-, sorprendendola. Notai
con precisione ogni cambio d’espressione sul suo viso tondo.
Gli occhi si spalancarono, le sopracciglia ad arco si sollevarono al
massimo, le labbra formarono una linea diritta, perfetta, poi disse con
la voce spezzata dalla confusione –Frena,
frena…Tu.mi.stai.dicendo.che.odi.essere.una.vampira?!
Cosa…come…insomma…non può essere, Sammy.
L’eternità è…fantastica, sotto certi
aspetti. Vivrai per sempre al fianco di Seth e di Gabriel, vedrai i
tuoi nipoti, ed i figli dei loro figli! Resterai giovane, bloccata nel
limbo dei tuoi quindici anni…-
-…Ma non era quello che volevo, Laura. Ci ho pensato tante
volte, da umana, ma dentro di me sapevo che alla fine, se avessi potuto
scegliere, avrei preferito restare…viva-.
Avevo solo immaginato il tono disperato della mia voce?
-Io non…non avrò mai altri figli, non rivivrò
più l’esperienza del dover accudire un bambino nato da me
e mio marito. Non lavorerò mai, non sarò mai rispettata
come una qualunque persona adulta. Almeno Carlisle, Esme e tutti gli
altri possono avere delle opportunità! Ma io? Io cos’ho?-
strinsi le mani poggiate sul tavolino, a pugno, e osservai la mano,
più calda e colorita, di Laura, posarsi sulla mia destra,
delicatamente.
-Speravo che ti fossi abituata agli aspetti negativi. Mi dispiace,
Sam-. Ebbi paura di alzare lo sguardo, perchè sapevo di averla
fatta soffrire. Era sempre stata colta dai sensi di colpa riguardo a
ciò che era accaduto quel giorno di diciannove anni fa. Forse
era arrivata addirittura a pensare che fosse stata sua la colpa della
mia rinascita, ma non essendone certa, mi limitavo a fare congetture.
Puntai di nuovo lo sguardo verso i negozi frontali al bar, dove
l’uomo e la donna cercavano di convincere i loro figli a scendere
dalla macchina a gettoni.
-Dobbiamo andare a casa, forza-, diceva lui, mentre lei cercava di
tirare fuori di lì prima l’uno e poi l’altra
bambino. Era una scena davvero emozionante, che avrei desiderato
osservare per ore ed ore, certa di non stancarmi tanto presto.
Quando finalmente li vidi andar via tutti assieme, Nancy ricomparì, con due tazzine fumanti di caffè.
Mi resi conto immediatamente che al mio aveva aggiunto del latte,
annusandone l’odore e studiando per bene il colore e la
densità. Storsi la bocca, poi finsi indifferenza e la
ringraziai. Non appena sparì con i soldi da mettere in cassa,
Laura mi fissò e chiese –Dovrò berlo io, quello,
vero?-, sorrise tranquilla.
Iniziai a girare il cucchiaino in senso antiorario con la mano destra,
osservando il liquido di un bel marrone chiaro, con una schiuma leggera
in superficie, poi rispose –No, non dovrai-.
Percepii la sua sorpresa ed il suo scetticismo anche senza bisogno di
alzare gli occhi, poi sogghignai, portandomi la tazzina alle labbra e
bevendo come se fosse una bibita fresca invece che caffè
bollente.
Quando scivolò oltre le papille gustative, non lasciò
alcun segno del suo passagio. Era insapore. Un qualcosa di
terribilmente sciapo, privo di attrattiva. Niente al confronte del
sangue. Mandai giu, poi feci un bel respiro –Bisogna sempre
fingere bene. Se non avessi voluto berlo, questo caffè, non lo
avrei neanche ordinato-.
Laura roteò gli occhi, poi disse –Non lo hai bevuto, ma
bensì ingoiato. C’è differenza tra le due cose-.
Già, aveva ragione. L’unica cosa che io riuscissi a bere
era la forza vitale che scorreva nelle vene dei puma e dei cervi sui
monti Olimpici.
Di nuovo, la sensazione di nostalgia ed inutilità mi si
ammassarono sulla schiena, pesanti come macigni invisibili. Cercai di
alleggerirmi, pensando a tutto ciò che mi restava di più
bello, oltre la mia piccola famigliola, e gli occhi puntarono dritti
dritti sul bracciale che, al polso di Laura, ora era ben visibile.
Le bloccai il braccio, facendo attenzione ad essere il più
delicata possibile, e glielo feci alzare. Lei sussultò e
cercò di farmi mollare la presa, dicendo con la voce seccata e
matura della donna che era –Sam! Accidenti, sei gelida! Lasciami
il braccio. SUBITO!-.
La ignorai, come sa fare ogni bravo vampiro che si annoi e cerchi un
diversivo per passare il tempo, e studiai il gioiello attentamente.
Era un cerchio d’oro perfetto, con incastonati alla superficie zaffiri e topazi. Un bell’accostamento di colori.
Secondo gli studi che mi ero decisa di fare a casa, nelle innumerevoli
ore di solitudine, quel tesoro doveva appartenere al XVII secolo. Un
bel pezzo d’antiquariato, che sicuramente nessun amante comune
avrebbe potuto permettersi, se non fosse stato un contrabbandiere od un
collezionista.
Quindi, l’ipotesi che Embry avesse fatto un altro regalo a Laura,
poteva anche essere esatta. Come avevo già detto, guadagnavano
molto entrambi.
Lasciai la presa quando mi accorsi che la mia amica aveva iniziato a
tremare leggermente per colpa del freddo e sussurrai –Scusa, ero
solo curiosa-.
La donna si massagiò il braccio per scaldarlo un pò e
disse tetra –Sempre la solita, eh?-. Sorrisi leggermente e
risposi, alzando le mani –Ehi, sono pur sempre una
“succhiasangue”, no? lasciami ficcanasare-.
Riuscii a farla ridere leggermente, rassegnata, poi proposi
–Ricominciamo il nostro giretto?- e lei asserì, tornando
serena.
Seth
Quella sera, quando tornai da lavoro, notai che Gabriel non era a casa.
Aggrottai la fronte ed entrai in cucina, certo che Sam fosse lì,
impegnata a cucinare, ma non la trovai. Mi grattai il mento, decidendo
di seguire l’odore, pigramente, che portava al secondo piano.
Salii i gradini a due a due, agilmente, e arrivai fino alla porta del
bagno. Non c’era il rumore dell’acqua proveniente dalla
doccia, ma sapevo che lei era lì, immersa nella vasca.
Feci capolino e incrociai i suoi occhi. Quando mi accorsi che erano
segnati da un’espressione triste, entrai senza preoccuparmi di
richiudere la porta e m’inginocchiai, accarezzandole il viso.
Qualunque cosa la stesse affiggendo, non potevo sopportare di vederla
così.
Sam trattenne la mia mano stringendola nella sua e sorrise leggermente,
socchiudendo gli occhi, poi mormorò –Prima che tu possa
anche solo preoccuparti, voglio dirti che sto bene, okay?-. La fissai
scettico, rispondendo incerto –Non vuoi parlarne con me?-.
Lei rise leggermente, poi rispose –Sono solo pensieri stupidi di una vampira stupida-.
-Tu non sei stupida e non lo sono neanche i tuoi pensieri- dissi, deciso e sincero.
Alzò gli occhi al cielo, sospirando –Seth…stavo
solo…pensando a quello che ho perso. Ne ho già parlato
oggi con Laura ma…non mi è bastato, a quanto pare-.
Feci per chiederle di spiegarmi meglio, ma lei mi anticipò
–Ho perso la mia umanità. Ho perso l’unica cosa che
in fondo valesse la pena di essere gustata appieno-.
Restai immobile, colpito da quella confessione. Avevo sperato con tutto
me stesso che la cosa non le pesasse, ma dovevo essermi illuso.
Samantha non aveva mai accettato davvero la propria morte da umana.
OKay, scusate
l'immenso ritardo, ma il ritorno tra i banchi di scuola mi ha rubato
del tempo prezioso e l'ispirazione sembrava essere rimasta in vacanza.
Ma adesso eccomi di nuovo col capitolo 7, di quattro pagine e mezzo.
Non è tanto, ma neanche poco e, per ora, può bastarvi. Il
prossimo capitolo è scritto da Laura e v'informo da subito che
non le metterò fretta, anche se spero vivamente che lo scriva in
un mese, massimo xD
Vi ringrazio
per avermi continuato a seguire in questa storia e, prima di salutarvi,
ho deciso di precisare alcuni punti per rendervi più chiara la
storia:
1) Il potere di Sammy:
il suo potere consiste nel prevedere il futuro di chiunque ogni
qualvolta lei lo desideri. Nessuna visione frammentaria e confusa, come
quelle di Alice.
2) Sintesi libro I: "Samantha
ha quindici anni e mezzo, frequenta il liceo classico, ha una bella
famiglia, amici fantastici ed un solo unico sogno nel cassetto:
incontrare il personaggio dei suoi sogni, Edward Cullen. Quando
è vicina a perdere le speranze, accade un fatto che la
segnerà per sempre; viene quasi rapita letteralmente da un altro
personaggio della saga scritta dalla Meyer: Jacob Black che, assieme al
resto del branco, esistente anch'esso, le intimerà di non
avvicinarsi troppo ai Cullen. Ma come resistere, una volta trovati?
Sammy si sente felicissima, soprattutto nel vedere Edward e Seth
Clearweater. Quest'ultimo farà scattare il tutto. L'imprinting
travolgerà lui e Samantha che, dopo una faticosa lotta
interiore, abbandonerà il sogno di poter amare ed essere amata
da Edward, atteso a Forks dalla sua amata Bella. Tra litigi comici
venuti a crearsi tra Laura -amica di Sam, catapultata proprio grazie a
lei nell'avventurata migliore di sempre- ed Edward, e partenze verso
luoghi lontani, il sogno non è più semplice finsione, ma
pura realtà."
3) Sintesi libro II: "Prima
di ripartire per l'America, Seth decide senza pensarci, assieme a
Sammy, di fare l'amore con lei, ma nessuno dei due prevede che Laura e
Jake siano rimasti bloccati fuori, sul piccolo balcone della stanza
dell'albergo, ritrovandosi ad osservare la scena imbarazzante
dell'unione fisica dei loro amici.[...] All'aeroporto, Laura
chiederà ad una donna di scattare un'ultima foto a lei, Sam, i
Cullen ed i Queleute tutti assieme.
***
Così
era finita l'avventura iniziale delle nostre due protagoniste, ma cosa
accade se un giorno Sammy chiama Laura, dicendole di essere rimasta
incinta? E di chi? si chiede l'altra. Beh, naturale: dell'unico ragazzo
con cui Sam sia stata.
Ma Seth Clearweater non dovrebbe essere solo un sogno, così come
tutti gli altri? Sì, si ripete Laura, ma quando ritroverà
nella sua borsa, in mezzo al disordine, la foto scattata all'aeroporto
mesi prima, comprenderà che Sammy non è impazzita, che i
test di gravidanza non sono andati male e che, in fondo, se ha
rifiutato la proposta di fidanzamento fattale dal ragazzo che tanto le
piaceva solo per colpa del suo imprinting con Embry Call, un motivo ci
sarà. La decisione è improvvisa e sorprendente: si parte
per Forks. Una volta arrivate a Seattle, incappano per un caso fortuito
in Jasper, arrivato fin lì per portare con sè
Reneè e Phil, dato il fatto che il matrimonio tra Edward e Bella
è imminente. I Cullen ed il branco di La Push restano sconvolti
dal ventre rotondo di Sam, ma a parte Edward in un primo momento, alla
fine riescono ad accettare di buon grado la cosa. Da lì in poi
gli eventi si susseguono rapidi. Jacob, scomparso dopo aver ricevuto
l'invito al matrimonio, ricompare dopo la cerimonia, creando il
disastro già scritto da Stephenie; Bella parte assieme a Edward
per la luna di miele, restando incinta. Dalla loro unione nasce Nessie,
pochissimo tempo dopo Gabriel, il bambino di Sammy e Seth, e Bella
viene trasformata in vampira. Dove sta il problema? nell'arrivo dei
Volturi che, infuriati per le conseguenze che i libri della Meyer hanno
portato, saranno ancor più decisi a far scoppiare una guerra.
Samantha complica ancor di più le cose, ritrovandosi in
trappola, assieme alla sua amica Laura, che aveva deciso testardamente
di seguirla, per parlare con Aro, Caius e Marcus, tentando di
convincerli a lasciar perdere quello che Sam definisce "uno sciocco
spargimento di 'sangue'". Ma si sapeva, i Volturi non sono così
facili da convincere, così, pur dopo un accordo -che
andrà in fumo- avvenuto tra Laura ed Aro, la battaglia inizia e,
accidentalmente, Sammy viene morsa da Felix, sotto un ordine dato dal
capo dei vampiri Italiani. Questo porterà alla sua
trasformazione in vampira, dopo che Laura l'avrà faticosamente
trascinata lontano dalla lotta nel campo innevato.
Spero possa
esservi stato d'aiuto, questo piccolo spazio dedicato a riassumere.
Avrei dovuto farlo prima ma, ad ogni modo, meglio tardi che mai, no? XD
a presto!
By Sammy Cullen ^^
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Capitolo 48 *** Capitolo 8 [Pov Laura] ***
capitolo 8
Capitolo 8
Solo normalità, con un pizzico di mistero
Laura
Ero sempre stata sicura che la normalità avrebbe fatto parte
della mia vita e quel giorno, mentre sentivo l'abbraccio caldo di Embry
dietro mi me ne ero più che convinta. Il suo corpo aderiva
completamente al mio, potevo vedere i piccoli spiragli di sole
trapassare dietro la tenda e sbuffai, notando la sveglia indicarmi un
orario ben preciso e da rispettare.
Quando spostai le coperte sentii un mugugno di disapprovazione
provenire dal mio compagno, sorrisi e dopo averlo baciato gli ricoprii
il corpo nudo.
Mi vestii velocemente e scesi a preparare la colazione per il branco di
bestioline che mi ritrovavo come figli; sorrisi, sentendo il trambusto
provenire dal piano di sopra e coprire il soffriggere delle frittelle
in padella. Quando vidi il turbinio di vestiti e capelli sconvolti
arrivare in cucina servii i piatti sul tavolo, mentre i gemelli si
fiondavano contro il frigorifero, per prendere il cioccolato con il
quale condirle. Abraham, al contrario, si sedette composto, versandosi
il latte freddo nella tazza e iniziò a mangiare.
-Mamma, sappi che ti amiamo- disse a gran voce Neka, infilandosi un
boccone più grande della sua faccia in bocca; sorrise angelico,
mentre il fratello maggiore gli regalava un fraterno scappellotto
dietro la nuca.
-Non si mangia a bocca aperta- lo ammonì, dopo che io avevo
fulminato Kenai, che come il fratello, stava per fare lo stesso.
Deglutirono entrambi sonoramente e mi fissarono di nuovo con un sorriso gigantesco.
-Le frittelle non le fai mai- spiegarono -tranne quando sei felice, ma
felicissima, ma tanto tanto, come quando papà- si guardarono e
ghignarono, poi ammiccarono tra di loro maliziosi -come quando
papà ti rende felice- ridacchiarono, e Ab roteò gli occhi
scocciato.
-Comunque, grazie mamma- sorrise, poi, annunciando che tra cinque
minuti lui sarebbe uscito con la bicicletta e non li avrebbe aspettati.
I due si ingozzarono ancora più velocemente e dopo avermi
regalato due baci appiccicosi si scapicollarono in bagno, pronti a
lavarsi i denti.
Sospirai sorridendo e iniziai a infilare i piatti nella lavatrice,
mentre scompigliai ancora di più i capelli di Abraham, dandogli
un bacio sulla testa.
-Oggi sei autorizzato a rispondere al professore se dice stupidaggini- risi e mi guadagnai un suo sorriso.
Ab non rideva mai, non lo faceva se non in occasioni speciali e la maggior parte delle volte non era a La Push.
Ma come sempre, il sorriso che si apriva sul suo viso era il più
bello che avessi mai visto. Non credo di aver mai notato qualcosa di
più allegro, più vivo, più vero. Forse era per
questo che non sorrideva, lo voleva nascondere, era come un regalo, lo
donava unicamente a chi voleva lui.
-Papà lo sa?- sogghignò, alzandosi e porgendomi la sua tazza sporca.
-Oh! Con tuo padre me la vedo io- borbottai, mentre scappava anche lui in bagno.
Quando uscirono da casa, Abaharam e Ka in bicicletta, Kenai con il suo
fedele skate, cadde il silenzio. La mia casa era un vero e proprio
manicomio, a volte; Embry era costretto spesso ad alzare la voce, i
gemelli ascoltavano la musica a volume alto, Ab suonava il piano a
tutte le ore. Era il mio adorato inferno casalingo.
Sospirai sorridendo tra me e me, poi presi la cesta dei panni sporchi e
mi avviai in cantina, pronta ad affrontare l'ennesima lavatrice
interminabile, con decine di capi che avrebbero impiegato millenni ad
asciugarsi, con l'umidità che mi ritrovavo nella riserva il
record era di due giorni per una maglietta.
Una volta giù iniziai a caricarla, canticchiando, chinata
davanti al cestello, dividendo i vestiti colorati da quelli bianchi:
Neka e Ke erano dei geni del male nel mischiarli. Quando chiusi lo
sportello, sentii la voce bassa e rauca di Embry provenire dall'entrata.
-Già attiva?- mugugnò, poggiandosi alla lavatrice, in
mano una ciotola di cereali, la faccia stravolta dal sonno e i capelli
sconvolti.
-Io sono una donna, sono programmata per attivarmi prima di voi
fannulloni- risi, cercando di dare una posizione al suo ciuffo ribelle:
lui posò sulla mensola vicino la colazione, fermandomi i due
polsi e baciandomi veloce.
-Hai finito l'articolo?- disse, mentre mi stringeva, lasciando scivolare le mani sui fianchi, avvicinandomi a lui.
-Sì, ieri sera... mi sembra venuto bene; lo revisiono e entro
domani lo rinvio in redazione- spostai le mie braccia sul suo collo, mi
misi in punta di piedi e lo baciai.
-Me lo farai leggere prima, vero?- mi ammonì, ridacchiando,
scendendo ad accarezzarmi il collo con le labbra. Ebbi un leggero
fremito e sospirai.
-Certo, come se non avessi letto anche uno solo dei miei articoli- risi
e gli accarezzai la testa, mentre con un gesto svelto lui mi metteva
seduta sulla lavatrice, boforchiai qualcosa di incomprensibile come
protesta.
-Su, amore- mi guardò con l'espressione più supplichevoli
che avesse -vuoi negare?- e scese, ancora, a baciarmi i seni da sopra
la maglietta; provai a scansarmi, ma sia la voglia sia la forza mi
vennero meno, mentre con le mani mi accarezzava la schiena.
-Ma ho da fare- protestai, nonostante lo avvicinassi con le braccia, cingendogli il collo.
-Il tempo di una lavatrice- disse, azionandola e scoppiare a ridere,
mentre questa iniziava a muoversi; mentre mi iniziava a spogliare
sorrisi, baciandolo.
Era normalità che mi stava annebbiando.
Quando la lavatrice finì, emettendo un leggero sibilo di
protesta, Embry era sdraiato sorridente sulla poltrona vecchia che
avevamo messo giù in cantina, mentre io mi iniziavo a rivestire,
guardandolo divertita.
-Il fatto che tu abbia lavato i panni ben due volte è sleale-
scherzai, mentre mi chinavo per baciarlo e gli allungavo i boxer; li
prese ridacchiando.
-No, è che voglio un bucato pulito- si alzò, vestendosi e regalandomi l'ennesima carezza.
-Arriverai in ritardo se non ti muovi- lo avvertii, mentre aprivo la
lavatrice e rovesciavo i panni dentro un cesto, pronta a sfruttare le
nubi non temporalesche della giornata.
Lui mi strinse tra le sue braccia e rise, rilasciandomi dopo poco,
scappando su a prepararsi. Doveva andare a Seattle per presentare alla
redazione gli scatti che aveva fatto nell'ultimo viaggio, che sarebbero
poi stati abbinati al mio articolo.
Uscii e inizia a stendere, mentre potevo sentire in lontananza il
rumore della bici cigolante del postino; aguzzai le orecchie, attenta.
Oggi, tecnicamente, era il giorno.
Aspettai che Embry salisse sulla jeep, lo salutai sorridente dal
giardino davanti casa, mentre stendevo i panni e, agitata, lo vidi
girare l'angolo della strada, sparendo dietro gli alberi della foresta.
Mentre mettevo le mollette alle felpe tre volte più grandi di
Kenai le mani mi tremavano: dovevo assolutamente prendere la lettera al
volo, senza che nessuno mi vedesse.
Infatti, quando il postino arrivò non gli diedi il tempo di
posare la posta nella cassetta delle lettere che già l'avevo tra
le mie mani; lo ringraziai borbottando e sfogliando le buste veloce
cercai quella con i gigli rossi. L'adorava quel tipo di carta da
lettera, l'avevo pure da bambina, ci scrivevo sempre alla mia migliore
amica, l'avevo presa a Firenze e me ne ero innamorata. Così,
quando vidi che anche lui le usava, per scrivermi, non potei che
sorridere.
La aprii rapida, guardandomi intorno preoccupata e proprio mentre stavo
per rientrare a casa, scordandomi perfino la sacca con le mollette
fuori, sentii la presa gelida e ferma di Sammy. Mi voltai, nascondendo
la lettera dentro la tasca dei miei pantaloni e le sorrisi, leggermente
agitata.
-Sam!- esclamai, nascondendo lo spavento.
-Laura?- rispose lei, più sospettosa, provando ad allungare la
mano per riprendere il foglio che le avevo tolto praticamente da sotto
il naso.
Il viso da eterna ragazza era corrugato in un'espressione sospetta, i
capelli corti le svolazzavano al vento che aveva iniziato a tirare;
sorrisi, rassicurante e mormorai.
-Posta, dalla redazione- le feci passare sotto gli occhi dorati il
pacco di lettere bianche e entrai in casa, nascondendo al meglio la mia
lettera, tanto preziosa quanto segreta.
Lei sospirò, notando che non le volevo parlare della cosa e mi
seguì dentro. In un attimo quell'atmosfera di imbarazzo
sparì, sostituita dalle mie mille faccende; le mi veniva dietro,
mentre passavo per ogni stanza, rifacendo i letti, sistemando i cuscini.
Vedendola attenta ad ogni mio minimo movimento la guardai incuriosita.
-Cosa c'è?- risi, entrai nella camera di Abahram. Era
perfettamente ordinata, il pianoforte al muro era attaccato alla
finestra, precisamente tra quella e l'oblo. Gli spartiti erano messi
uno sopra l'altro, mentre i fogli delle sue composizioni erano tutti
dentro un quadernone ad anelli. Il letto era già rifatto, mentre
la libreria che occupava la parete opposta era stracolma di testi di
filosofia e letteratura classica; sorrisi, passando accanto alla
scrivania, sfiorando il quaderno di matematica ancora aperto sui
calcoli complicati, affianco degli schizzi.
-Nulla- mormorò lei, accostandosi e sfiorando i fogli disegnati,
si fece più attenta: ritraevano una donna, una Venere, che
accarezzava la testa di un uomo e, anziché sorridere, dolcemente
come faceva lui, sogghignava -che.. che disegno è?-
mugugnò.
Lo presi in mano e lo studiai, lo rigirai e vidi dietro la scritta
“Amore”. Sorrisi tra me e glielo passai di nuovo, lei lo
lesse a sua volta e mi guardò strano.
-Abaharam non ti preoccupa?- domandò, dopo che uscimmo, fortunatamente non c'era nulla da sistemare.
-No- risposi veloce, sincera. -Dovrebbe?- sentii l'ululato di Unc dal
giardino, che si lamentava per qualcosa; immaginai immediatamente che
volesse fare una passeggiata. Credo fosse l'unico cane al mondo che
adori la macchina.
Scesi, veloce, era già tardi, dovevo andare a fare la spesa.
-Mi accompagni al supermercato?- le proposi, mentre mi infilavo un
maglione pesante e indossavo gli stivaletti da scalatore, impermeabili
e caldi. Odiavo il clima di Forks.
-Certo- cinguettò allegra lei, uscendo fuori tranquilla.
Vidi la sua figura da ragazza avvicinarsi alla macchina e rimasi per
alcuni attimi a fissarla. Non sopportava la sua condizione eppure non
mi aveva mai rinfacciato niente.
Era stata condannata all'eternità... ed io ero condannata alla mia misera umanità.
Sospirai e la seguii, aprendo la macchina con il piccolo telecomando.
Il pick-up era enorme, formato famiglia allargata, con tanto di cane;
feci un segno e un fischio a quello, che, scodinzolando e strusciandosi
allegro ai miei pantaloni, gli accarezzai il testone peloso e lo feci
salire dietro, dove si sedette composto. Unc era indisciplinato
unicamente con Embry, e credo proprio che lo facesse apposta.
Entrai in macchina e accesi il motore, accanto a me Sam guardava fuori
dal finestrino, lo specchietto, ridacchiando mentre Unc si sporgeva.
Come al solito iniziammo a parlare, mi chiese dell'ultimo viaggio,
curiosa come non mai; delle volte sembrava rivivere dietro i miei
racconti; mi domandavo spesso perché non decidesse di partire,
di fare un viaggio... andarsene, almeno per un poco. Sgusciare via
dalla sua vita e librarsi, anche solo una settimana.
Le lanciai un'occhiata veloce, mentre parcheggiavo e sorrisi pacata.
A quanto pareva aveva notato che stavo pensando a qualcosa, tanto da
fissarmi accorata; quando le dissi che stavo semplicemente
fantasticando sbuffò, andando a prendere il carrello.
La seguii e entrammo, l'ondata di calore mi avvolse, riportando il
sangue delle mie mani a scorrere nuovamente, si era gelato! Tanto
faceva freddo.
Ebbi un leggero brivido e iniziammo a camminare, tra gli scaffali
colorati e pieni di roba. In poco tempo riempimmo il carrello, con
figli e mariti come i nostri era inevitabile, dovevo prendere
unicamente la passata di pomodoro che, essendo un prodotto poco
venduto, era sempre, inevitabilmente, all'ultimo ripiano, nascosto
dietro a tutto. Sospirai affranta, notando che, come al solito, non
riuscivo a raggiungerlo unicamente mettendomi in punta di piedi, mi
voltai e guardai trucidandola Sammy, che era quasi piegata in due dalle
risate.
-Oh! Smettila!- sbuffai, mentre lei le prendeva al mio posto, ancora
ridacchiando, lo posò e mi diede un bacione sulla fronte.
Borbottai qualcosa di scocciata, fulminandola.
Lei non fece in tempo a rispondere che una vocina gracchiante ci raggiunse.
-Che bello vedere ancora qualche figlia aiutare la madre- una vecchietta ci stava osservando raggiante, mentre teneva in mano il suo bel cestino.
Rimasi sbigottita e fissai Sam, che sorrise di circostanza, mostrando i suoi denti perfetti.
In quel momento, con il rumore meccanico della cassa come sottofondo, sentii qualcosa infrangersi nel mio petto.
Ero vecchia. Sarei stata vecchia. Sarei morta vecchia.
Inevitabilmente.
Morta.
Cenere.
Saluti.
All'improvviso, passando davanti al finestrino della macchina vidi il
mio riflesso e non riuscii quasi a vedermi: avevo delle rughe,
minuscole, è vero, ma pur sempre le avevo!
Un abbaiò allegro, vedendoci di ritorno, caricai tutto in macchina e salii; senza dire nulla.
Sam continuava a fissarmi, confusa e io, una volta tanto, rimasi in silenzio.
Era impossibile, continuavo a pensarci e a ripensarci.
Morte.
Sarei morta.
Dannazione.
Da parte di Laura: "Fa schifo ._."
Da parte di Sammy: "Non datele retta"
Questo capitolo come avrete capito l'ha scritto la mia collaboratrice,
che si è sforzata tantissimo, ve lo assicuro, e che ha
rinunciato a farlo più lungo perchè proprio non aveva
ispirazione (capita a tutte, no?).
A me personalmente è piaciuto lo stesso...voi, che ne dite?^^
Il prossimo capitolo sarà sotto il mio pov, ma devo ancora
scriverlo, visto che credevo che Laura avrebbe pensato anche al nono xD
ma vabbè, no problem. M'impegnerò <_<
Voi commentate questo, ditele che non fa schifo, o si deprimerà...vi supplico XD
By Sammy C. & Laura B.
P.s.: Scusate il ritardo<3
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Capitolo 49 *** Capitolo 9 (POV Seth/ Sammy) ***
capitolo 9
Capitolo 9
Seth
I suoi sospiri riuscivano a stordirmi, mentre il corpo le si tendeva sotto il mio peso.
Le sfiorai i seni con le labbra, baciandoli prima di risalire a
incontrare la sua bocca, gelida e morbida. Gridammo entrambi
nell’attimo esatto in cui il piacere ci avvolse come la calda
coperta sotto la quale ci riparavamo.
Respirava lenta, tenendo gli occhi chiusi e accarezzandomi I capelli,
mentre io tenevo la testa poggiata al suo petto. La amavo, e questa
consapevolezza sembrava aumentare ogni giorno, ingrandirsi, espandersi
come un fuoco d’artificio nel cielo notturno.
Ero arrivato a pensare che l’imprinting non fosse stato altro che
un semplice aiuto, che io e Sam fossimo destinati già da prima
ad essere uniti, ma a lei non lo avevo mai detto. Come potevo essere
certo che lei avesse avuto la mia stessa idea, formulato la mia stessa
ipotesi, almeno una volta?
Affondai il viso contro la sua pelle e mormorai, come se ormai fosse
un’abitudine, un rito –Ti amo-, osservando le labbra
tendersi, mentre gli occhi si soffermavano sui miei. Eppure
quell’espressione serena, piena d’amore, gioia,
soddisfazione, andò man mano a spegnersi, senza che riuscissi a
capirne il perchè. Mi scostai da lei rotolando su un fianco e le
sfiorai una guancia col dorso della mano sinistra.
Questo gesto riuscì a farla star meglio, lo capii dallo sguardo
riconoscente che mi regalò, prima di mormorare –Vorrei
tanto poter avere la speranza che dal nostro rapporto possa nascere un
bambino, Seth…vorrei…- si zittì, prima di
sospirare e alzarsi, infilandosi la vestaia e continuare
-…Essere certa che il nostro amore fosse in grado di ridarci la
stessa gioia di quando naque Gabriel…-.
Ah…ancora lo stesso pensiero a tormentarla. Mi sentii uno
schifo, sapendo di non per far niente per accontentarla o per
accontentare me stesso.
Avrei tanto desiderato un altro figlio da Sam, ma la sua eterna
giovinezza, il corpo impossibilitato a cambiare per ospitare un
feto…non lo avrebbero mai permesso.
Saremmo stati per sempre io, lei e Gabriel. Nessun altro.
Mi sedetti, continuando a fissarla, poi mormorai –Devi accettare
questa cosa, amore. So che…è difficile, ma devi andare
avanti, devi pensare in modo più positivo-. Vedendo che non
riuscivo a convincerla, mi costrinsi a fare un esempio un pò
cattivo –Allora…ricorda che tu almeno hai avuto la fortuna
di essere madre, e di esserlo adesso, ma Esme, Rosalie,
Alice…loro non potranno mai…provare la stessa emozione,
ecco-.
Alzò un sopracciglio con fare scettico, poi parve rassegnarsi e
mormorò, dopo essersi avvicinata baciandomi –Vado a
prepararti una bella colazione…-. Guardai l’orologio sul
comodino e chiesi, bloccandola di nuovo, desidoroso di trattenerla
vicino a me –Gabriel è sveglio?-.
Sorrise divertita prima di rispondermi con voce bassa, vellutata –Sì, lui non è pigro come te…-.
-Non sono pigro, anzi…oserei dire che una certa persona di mia conoscenza riesce a farmi stancare ogni sera…-
-Ah! Bugiardo! Sei tu che non riesci a fare a meno di…-
-Grazie per avermi dato così tante informazioni sulle vostre
serate, davvero, ne avevo un gran bisogno-. La voce di Gabriel ci
arrivò dal piano di sotto, in cucina, e senza rendercene quasi
conto, io e Sam scoppiammo a ridere.
Sammy
Non appena Seth e Gabriel furono usciti di casa, mi decisi che quella
era la giornata adatta per far visita ai Cullen. Mi vestii velocemente,
quasi senza far caso agli accostamenti di colore, e superai la porta
d’ingresso facendo un bel respiro.
Laura mi diceva spesso che sarei dovuta uscire più
frequentemente, ma io le rispondevo sempre “per andare
dove?” così lei rassegnata smetteva di propormi
l’idea.
Il cielo era come sempre coperto di nubi, ma non sembrava che dovesse
piovere da un momento all’altro. Mi accorsi del fatto che Gabriel
avesse preso la mia auto, così roteai gli occhi e mi inoltrai
nel bosco, per essere libera di correre.
La velocità era la cosa migliore tra tutti i “super
poteri” da vampiro. Riusciva a distrarmi dal resto delle mie
sciocche idee insensante.
Percepii l’odore della pioggia quand’ero ormai sotto il
portico della villa abbracciata dall’edera, scuotendo la testa
rassegnata, ripetendomi che non ci sarebbe mai stato un giorno privo di
umidità in quella minuscola cittadina che era Forks.
Non bussai neanche. Alice mi aveva aperto prima ancora che salissi i
tre gradini esterni, sorridendomi coi suoi denti piccoli e affilati.
Avevo sempre adorato quel mostriciattolo, ma mai come quel giorno. Non
era più in grado di vedermi nel suo futuro, ma in compenso
capiva immediatamente quando arrivavo nei pressi di casa Cullen.
-Sono felicissima di vederti! Oggi è la giornata giusta per giocare a baseball, ti va?-.
Mi trascinò in casa e si chiuse dietro la porta. Notai con gran
dispiacere che nè Bella e –soprattutto- Edward erano
presenti. Forse a caccia, o a starsene un pò insieme soli
soletti nella loro minuscola villetta di pietra.
Mormorai un –Ma siamo solamente in sette…- a cui rispose
dicendo –Oh, non preoccuparti, Esme farà l’arbitro-.
Sempre con la risposta pronta. Sorrisi tra me e alla fine dissi, come
per farle un favore –E va bene, va bene…gioco a baseball
con voi, ma sono negata, chiaro?-.
-E’ solo un gioco, Samantha. Nessuno ti ucciderà se non
riesci a fare neanche uno strike…- Carlisle aveva già
raggruppato assieme le mazze, quando Emmett, incrociando gli occhi
attenti e stranamente divertiti di Jasper, sovrappose la sua voce a
quella del padre, dicendo –Sarà anche un gioco, Carl, ma
lei starà in squadra con Jazz-.
L’altro sghignazzò –Credi davvero che questo ti aiuterà a vincere contro di me?-.
-Naturalmente- rispose Emm, poi mi sorrise angelico e sussurrò –Senza offessa, Sammy-.
Storsi la bocca stizzita mugugnando un “idioti”, poi
però scoppiai a ridere. Come si poteva resistere a Emmett? Era
la copia sputata di Quil, in fatto di sarcasmo. Gli feci
l’occhiolino, ricevendo in risposta una delle sue fragorose
risate, di quelle capaci di far tremare le fondamenta della casa, poi
ribattei –Credi di essere tanto forte, Emm? Bene, vediamo se
vincerai tu o io…-
-E’ una minaccia?- ridacchiò.
Io sogghignai, di rimando, poi dissi suadente –Una scommessa, se
preferisci-, e subito Emmett socchiuse gli occhi, formando un cipiglio
quasi simile a quello di un bambino troppo grosso di spalle.
Jasper, al mio fianco, rise quasi impercettibile, attendendo impaziente
che facessi la mia proposta, così, dopo averci pensato su
qualche secondo, riprendei a parlare.
-Se vince la mia squadra…tu dovrai chiamarmi
“Padrona” per l’eternità- sghignazzai, poi
reclinai la testa da un lato, come ad invitarlo a fare la sua scommessa.
Emmett alzò un sopracciglio, poi disse scettico
–Tsè…per così poco? Sam, mi deludi, e
comunque…vincerò io, perciò non darti tante arie-
fece una piccola pausa, poi scoprì I denti in un sorriso enorme,
strafottente –Dato che vincerà la mia squadra, ti
consiglio di tirare fuori la telecamera-.
Aggrottai la fronte.
Avevo capito bene?
-Telecamera?- ripetei.
Lui e Jasper si scambiarono uno sguardo che mi sembrò tanto
d’intesa, poi l’altro terminò per lui, forse con
voce fin troppo controllata, mentre cercava visibilmente di trattenere
le risate –Dovrai girare un filmino di te e
Seth…beh…-
Non terminò la frase, ma comunque capii il concetto. Se
possibile, sbiancai, poi sibilai a Emmett –Ma siamo pazzi?! Mai,
Emm, questo è troppo!-.
Il vampiro ghignò e disse, perfidamente –Sei tu che hai voluto scommettere, sorellina-.
Boccheggiai, poi ringraziai Jazz per essere corso in mio aiuto col suo potere, altrimenti ad Emmett avrei spaccato la faccia.
Alice ci interruppe, zompettando a passo di danza al fianco di suo
marito, che si chinò per darle un tenero bacio sulle labbra, poi
disse allegra –Bene, possiamo andare-.
Strinsi i pugni, con l’espressione più macabra di cui fossi capace. Emmett non poteva vincere. Non poteva.
***
Quando lo vidi correre in
terza base, dalle mie labbra fuoriuscì un sibilo e sentii il
veleno scorrermi a fiotti nella bocca. Un solo punto, e la sua squadra
avrebbe vinto. Un solo punto, ed io avrei dovuto rispettare la
scommessa.
La visione che mi si parò davanti agli occhi non poteva essere
delle peggiori, la ricacciai indietro con forza, maledicendo il mio
fratello-orso-vampiro a mezzabocca, poi continuai a fissarlo, sperando
in un qualche scherzo del destino. Chissà, forse anche un
vampiro può inciampare…
Me lo dissi tra me e me, ma quando feci per darmi da sola una risposta,
una voce leggera e dolce, al mio orecchio, mormorò –Non
sperarci troppo, Sammy-.
Mi voltai, perdendo la concentrazione dal resto della partita, e buttai le braccia al collo di Edward, felice come una pasqua.
Erano passate solo due settimane da quando lo avevo visto, eppure mi sembrava un’intera esistenza.
-Edward! Finalmente ti sei degnato di passare da queste parti, non ci
speravo più, e poi…- mi zittii e mugugnai tramite i
pensieri “…Oggi ho bisogno di supporto morale”.
Lui ridacchiò, ricambiando l’abbraccio, sfiorandomi la
schiena, poi scostandosi rispose –Già, credo proprio che
Emmett non rinuncerà tanto facilmente a quel filmato…-.
Sospirai, prima di accorgermi dell’assenza di Bella, dietro di lui.
-E la tua adorata metà? Dove l’hai lasciata?- risi cristallina, e mi soffermai ad ammirare il suo volto.
Edward mi avrebbe incantata negli anni avvenire, e nei secoli, nei millenni, perfino, se saremmo riusciti ad arrivarci.
I suoi occhi, pur essendo ambrati come quelli di tutti noialtri,
sembrana così espressivi, pieni di emozioni, sentimenti, da
stordirmi. Erano perfino più profondi di quelli di Carlisle.
E poi, c’erano le labbra sottili, la forma del viso, I capelli sempre così disordinati…
Sapevo di non amare Edward. Lo sapevo, eppure ogni tanto i dubbi
tornavano ad assalirmi. Come si può non amare la perfezione?
Lui e Rosalie sarebbero sempre stati I più splendidi, tra i Cullen.
Mi riscossi dai miei pensieri quando notai la sua espressione. Era
qualcosa di terribilmente vicino all’imbarazzo, o forse
addirittura alla vergogna, come se si stesse sentendo in colpa per
qualcosa che ancora non mi pareva chiaro.
Gli sorrisi veloce e dissi –Allora? La tua bella dov’è?-.
Sembrò molto felice di uscire dalla mia testa, e rispose
tenendomi per mano (ormai mi ero completamente estraniata dalla stupida
partita a baseball contro Emmett) –E’ andata da Charlie e
Sue, assieme a Nessie e Jacob. Torneranno stasera, sai
com’è Charlie, gli piace avere compagnia, anche se
è di poche parole-.
Annuii tra me, poi lo trascinai verso un tronco riverso a terra, ottimo per essere usato come panchina su cui sedersi.
Mi ci appollaiai sopra, ignorando il fatto che avrei potuto sporcare i
vestiti, e mi concentrai per un istante sul futuro dei prossimi cinque
secondi.
Un tuono squarciò l’aria, nella mia testa, e poco dopo
l’evento si ripetè, rubandomi un sorriso. Era un bel
passatempo, il mio.
Edward, seduto accanto a me, rise, prima di mormorare nuovamente, con
lo stesso tono suadente –Vuoi che mi prenda la rivincita al posto
tuo, contro Emm?-.
Ridacchiai –Sarebbe davvero un bel favore, grazie-.
Lui si lasciò andare ad uno sghignazzo, poi richiamò su
di sè l’attenzione del fratello, che già si stava
riavvicinando assieme a tutto il resto della famiglia.
Emmett lo guardò, ma prima di ascoltarlo cantilenò verso
di me, soddisfatto –Indovina chi ha vinto, Sam…-
Roteai gli occhi, poi ammiccai verso Edward, che schiarendosi la gola
disse al fratello, visibilmente divertito –Ti va un’altra
scommessa, Emmett?-.
Non ci fu bisogno di risposta. Era naturale che suo fratello avrebbe
accettato la nuova sfida, così lui propose, lento –Se
vinco, rinuncerai al video su Sammy e Seth…se vinci,
invece…- fece un sorrisino leggero, di sfida, sicuro di
sè -…Io a mia volta girerò un video di me e Bella-.
Jazz scoppiò a ridere, mentre tutti gli altri cercavano di
trattenersi, ed Emmett lo fissava come se gli avesse fatto il dono
migliore di sempre. Porse la mano, gigantesca, ed esclamò
soddisfatto –Ci sto, Eddy, ma sappi che non ti converrà
affatto-.
Edward scuotè il capo, divertito, poi si rimise in piedi, mi
guardò con affetto e disse –Resti a guardare il secondo
round o vuoi che ti informi prossimamente?-.
Mi alzai anch’io, con un balzo agile, poi sospirando mormorai
–No, meglio che io torni a casa. Domani verrò di nuovo,
comunque, e spero di trovare anche Isabella, con te-.
Lui mi accarezzò il viso –Non credo avrà altri impegni, domani-.
Detto questo, si voltò, lasciando che Emmett lo precedesse verso il centro del campo da baseball.
Esme rise, leggera, formando un suono estremamente delicato e
rilassante, poi mi disse, dolce –Allora a domani, Sammy, e saluta
Seth e Gabriel da parte mia-.
La abbracciai, annuendo, poi salutai tutti gli altri e iniziai a correre nuovamente verso La Push, inoltrandomi nel bosco.
Quando arrivai sul confine, mi accorsi che non c’era
l’odore pressante dei lupi. A fare la ronda, se non erravo,
sarebbero dovuti esserci i due gemelli pestiferi. Sbuffai, immaginando
chissà quale diaboleria stessero mettendo in atto, bighellonando
com’erano sempre soliti fare quelle rare volte che toccava a loro
prendersi qualche responsabilità. Non m’interessai a
seguire la debole scia lasciata da Kenai e Neka, e mi incamminai a
passo umano verso casa mia. Era bello attraversare l’intera
riserva per arrivarci. Passeggiare superando le piccole case in legno,
molte dipinte di rosso, come quella in cui vivevano Jacob o Sam ed
Emily, per arrivare alle uniche due affacciate sulla spiaggia. Casa
Clearweater oppure la quasi sempre disabitata casa Call.
Sospirai e sorrisi rassegnata notando la mia piccola abitazione a sei
chilometri di distanza. Mi sarebbe bastato uno scatto, e sarei
già stata sulla soglia di casa, ma che gusto c’era? E poi,
a La Push, non dovevo dare nell’occhio.
Continuai a farmi avanti, ma una volta arrivata davanti casa, capii che
qualcosa non andava. Gabriel era ancora fuori, Seth a lavoro, le chiavi
le tenevo in tasca, e non ce n’era una copia sotto lo zerbino
consumato…
Ma allora, per quale motivo la porta era aperta?
Restai immobile, a fissare l’ingresso, ed il piccolo corridoio
che dava sulle scale, poi compii un passo superando l’entrata e
mi ritrovai circondata dalla sgradevole sensazione che ci fosse
qualcosa di diverso. Una brezza leggera mi sfiorò il naso. Mi
sembrò di percepire un odore diverso da quello di mio marito e
mio figlio, ma quando stavo per classificarlo, svanì,
dissolvendosi.
Scusate l'attesa, e scusate anche la
brevità del capitolo, ma diciamo che questo è più
o meno di transizione. Alla fine ho scritto io, non Laura
e...beh...spero possa andarvi bene! xD
Non ho molto da dire, ma sono curiosa
di sapere tramite i vostri commenti cosa pensate possa accadere nel
prossimo capitolo, che sarà aggiornato più in fretta,
giuro.
Ora vi saluto, che sono un pò impegnata XD
By Sammy C. ^^
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Capitolo 50 *** Capitolo 10 (POV Laura/ Embry/ Sammy/ Gabriel) ***
capitolo
Capitolo 10
Laura
Una foto.
Un'altra.
Un'altra ancora.
Continuavo a scattarle agitata, spaventata, terrorizzata.
Davanti a me stava la mia famiglia, in posa, pronta a
ricevere una fotografia che non arrivava.
Ogni volta la polaroid mostrava il mio volto, non i loro. Le
mie espressioni, i miei tratti.
Il tempo passava, loro se ne erano andati e io continuavo a
scattare.
In ogni foto ero sempre più vecchia, sempre più avvizzita.
E scattavo, e scattavo.
E morivo.
Mentre la marea di polaroids mi soffocava io cercavo di
afferrarne una, ma mi tagliavo, non ci riuscivo!
Quando, alla fine, un piccolo ritaglio di carta lo riuscii a
prendere lo girai, scrutandolo: non c'era nulla, al posto mio c'era solo
cenere.
Quella mattina mi svegliai respirando velocemente, al mio
fianco Embry dormiva tranquillo, beato nel suo sonno. Io, al contrario, non riuscivo
a calmarmi: l'incubo mi aveva distrutto, mi passavo le mani tra i capelli,
cercando di calmarmi; ma niente.
Passai le ore seguenti a preoccuparmi, con un cipiglio in
viso, mentre tutti uscirono io rimasi a casa, sfinita.
Quando poi bussarono alla porta, mi sentii morire.
Embry
Sapevo che Kenai e Neka avrebbero combinato disastri, lo
sapevo dal primo giorno in cui avevamo messo le loro zampucce a terra e avevano
iniziato a camminare.
Un vaso rotto, ancora lo ricordo.
Perciò quando si trasformarono pensai seriamente che le cose
sarebbero andate male, molto male.
Avrebbero saltato i turni, e lo fecero.
Avrebbero bighellonato tutto il tempo, e lo fecero.
Avrebbero pensato a tutto fuor che alla ronda, e lo fecero.
Ma non avrei mai e poi mai pensato che avrebbero lasciato
entrare un vampiro nella riserva.
Dove stanno quei due!?
La voce allarmata di Jacob mi giunse, sospirai e dissi,
stizzito.
E io che ne so?! Mica sto con loro!
Avvertii il suo fastidio e allungai il passo: potevamo
ancora raggiungerli.
Non erano soli, una scia di odore più debole li seguiva, ma era ben
camuffato.
Sammy (Twilight Score: Bella is part of the family- Carter Burwell)
In quell’esatto momento, mi parve che l’intero mondo mi
fosse crollato addosso. Avevo smesso di respirare così
rapidamente da non accorgermene quasi, continuando a fissare il pezzo
di carta tra le mie mani. Dovevano aver avuto molta fretta,
perché la calligrafia, per quanto elegante e ordinata, aveva
delle sbavature leggere verso destra. Ipotizzai che l’essere che
aveva scritto il messaggio fosse mancino.
Ci siamo permessi di portar via la tua amica per conto del nostro Signore, Aro; Fiducioso
del fatto che non avvertirai nessuno e obbedirai alla semplice
richiesta che stiamo per farti da parte sua: prendi il primo volo per
l’Italia e vieni a Volterra. Non importa che scusa inventerai con il clan dei Cullen (sempre se sarai così sciocca da accennargli anche solo qualcosa). In fretta perché, più tempo fai trascorrere, e più Laura rischia la vita. A presto, allora. Tic tac tic tac…
Rileggevo in continuazione, senza riuscire a smettere o a fare una
piccola pausa tra un punto e l’altro. L’avevano presa.
Avevano preso Laura, e si divertivano a fare del maledetto sarcasmo.
Ebbi quasi l’impressione di poter svenire, così mi ressi
forte al ripiano della cucina. Erano entrati in casa mia, l’odore
era ancora percepibile, anche se andava a disperdersi poco a poco. Misi
in tasca il foglio stracciato e guardai l’orologio. Erano le due
e ventisette. Gabriel stava finendo di giocare la sua partita contro la
squadra del liceo di Forks, e non sarebbe sicuramente tornato presto,
mentre Seth come sempre avrebbe fatto ritorno la sera.
Mi passai le mani tra i capelli lasciando che un lamento mi sfuggisse
dalla bocca. Ero terribilmente confusa. Come se qualcuno mi avesse dato
una botta in testa con un macigno. Decisi di lasciare scritte a mio
marito e a mio figlio poche righe su un post-it attaccato al frigo.
Troverete gli avanzi del pranzo nel frigo. Uova, insalata, filetto di tonno.
Non preoccupatevi per me. Tornerò presto, ma ora devo assolutamente andare in un luogo.
Vi amo.
Vostra Samantha
Non
mi soffermai a rileggerlo e iniziai a preparare rapida uno zaino.
Dentro infilai un paio di sacche di plastica contenenti del sangue
che Carlisle mi faceva portare ogni tanto da Nessie, ripetendo che era
meglio tenersi pronti ad ogni evenienza (se fossi mai tornata a casa,
lo avrei ringraziato di cuore), un paio di occhiali da sole abbastanza
larghi da corprire mezzo volto e un basco; indossai dei guanti di pelle
nera, una
tuta di jeans che copriva l’intero corpo e una camicia bianca
lasciando il colletto alto.
Tutto quel travestimento solo per non mettere a rischio il segreto
della mia specie visto che, per quanto ne sapevo e riuscivo a
ricordare, l’Italia –il mio paese natio- non era nuvola
quanto l’intera Washington. Perciò, più pelle
riuscivo a coprire, e meglio era.
Mi
caricai la borsa sulle spalle e -dopo aver tirato fuori una cifra
abbastanza alta di denaro dal barattolo che tenevo nascosto sul mobile
della cucina-, uscii rapida da casa.
Stavo per salire sulla mia auto quando riflettei sul fatto che Seth o
gli altri avrebbero potuto cercare di rintracciare il mio numero di
targa e non volevo assolutamente correre un rischio simile.
Dalla riuscita delle mie azioni, dipendeva la vita di Laura.
Tesi le labbra e puntai lo sguardo verso la foresta. Avrei potuto
viaggiare attraverso i rami degli alberi e arrivare fuori città.
Da lì sarei stata libera di fare l’autostop a qualche
guidatore di passaggio e chiedere uno strappo fino all’aeroporto
di Seattle, per poi imbarcarmi col primo volo diretto in Italia, con
scalo a Pisa, o Firenze. Poi arrivare a Volterra sarebbe stato
facilissimo.
Decisi di fare così prima ancora di terminare i miei
ragionamenti, che mi rubarono un massimo di tre secondi. Tre secondi in
meno per Laura.
Il panico mi assaliva all’improvviso per poi svanire non appena
mi ripetevo che non correva rischi. Aro voleva me –anche se
ancora non riuscivo a immaginare il perché o il come-, quindi
lei sarebbe stata al sicuro. Era l’ostaggio, no?
E gli ostaggi non muoiono, pensavo.
Feci uno scatto agile e tutto ciò che mi circondava
iniziò a disperdersi in ombre sfocate e colori che a
intermittenza si davano il cambio. Verde, marrone, grigio, verde,
marrone, grigio…
Balzai su un ramo con slancio e così iniziai la mia folle corsa
contro il tempo. Durante ogni spinta, ogni atterraggio tra i rami degli
alberi pieni di muschio, ripensavo a tutto quello che la vita mi aveva
riservato. Da umana, l’unico desiderio mai espresso prima si era
avverato –anche se con un bel po’ di ritardo e
sconvolgimenti del tutto inattesi-, avevo trovato Edward e tutti gli
altri…o per meglio dire, erano stati loro a trovare me. Poi,
c’era stato l’incidente di percorso con Seth, e questo
aveva portato alla nascita del mio adorato Gab. Più tardi
l’arrivo di Nessie, la trasformazione di
Isabella…così tanti eventi tutti in una volta.
Ed infine, la conclusione. Quella che nessuno si aspetterebbe mai di
leggere perché si pensa che non accada. La protagonista di tutte
quelle avventure veniva uccisa.
La Samantha del mondo normale veniva distrutta per dar luce a quella
del sovrannaturale. Restavano solo le spoglie di ciò che era
stata, ma al suo interno, si nascondeva un mostro.
Quasi persi la presa da un ramo viscido e fui costretta ad aggrapparmi
con l’altra mano ad uno più sottile, che si spezzò
e cadde giù, con un piccolo tonfo sordo.
Smisi di respirare e restando sospesa mi guardai intorno, perché
i miei sentori avevano avvertito l’odore di un licantropo e il
suono di zampe che affondavano nel fango si faceva sempre più
vicino.
Tesi le labbra e mi diedi abbastanza slancio per passare
all’albero vicino, ma quel lupo –chiunque fosse sottoforma
di umano-, non smetteva di seguire la mia scia man mano più
debole.
Se mi fossi sbrigata, lo avrei seminato.
Dondolai le gambe e poi, compiendo un salto con tanto di piroetta, mi ritrovai aggrappata a testa in giu, come un pipistrello.
Un ululato mi avvertì del fatto che quel ficcanaso mi aveva raggiunto, trovandosi proprio sotto di me.
Ringhiai frustrata. Non avrei voluto che i Queleute fossero veloci
quanto noi vampiri, nella corsa. Guardai l’animale, prima di
allentare la presa delle gambe e cadere giu, atterrando sul terriccio
senza fare una piega. Almeno da vampira, ero solita cadere sempre in
piedi.
Il lupo non era grosso quanto Jake o Sam, ma come quest’ultimo,
era dotato di una lucente pelliccia nera e lo sguardo attento non
sembrava promettermi niente di buono. Sospirai.
Abram era l’ultimo giovane della tribù che volessi vedere.
Primo, perché sua madre era stata portata via e non volevo certo
dirglielo e, secondo, perché era molto difficile mentire con
lui…anche per una come me.
-Ciao, Abram-. Sorrisi veloce, mentre i suoi occhi continuavano a
tenermi inchiodata dov’ero –Senti, è tutto okay. Sto
solo facendo una passeggiata, torna pure indietro-.
Ma lui ringhiò sommessamente e fui tentata di sbuffare prima di dire ancora –Ho fretta, quindi ti prego di non farmi perdere tempo-.
Scrollò il testone peloso come a dire che no, non avrebbe
obbedito e si avvicinò mollando una botta leggera al mio zaino
con il muso umido.
Storsi la bocca e strinsi i pugni. Aveva sentito l’odore di
sangue umano. Mi chiesi per quale motivo Carlisle non si occupasse
anche del campo veterinario. Sarebbe stato più facile.
-Non posso fermarmi a darti spiegazioni- sussurrai con voce fredda,
prima di voltarmi intenzionata a correre. Un secondo ululato
squarciò l’aria rompendo il silenzio. Imprecai e non
riuscii a reggere oltre. Se non voleva ascoltarmi con le buone, avrei
dovuto provare con le cattive. Mi girai di scatto lasciandomi sfuggire
un ruggito tutt’altro che giocoso, scoprendo i denti, poi gridai
con voce acuta e penetrante –TORNA INDIETRO, ABRAM! MI HAI
CAPITO?! TORNA SUBITO INDIETRO!-.
Lui guaì, ma sapevo riconoscere quando si trattava di paura o stupore…e il ragazzo non era certo spaventato.
Lo fulminai prima di fare un salto tornando tra i rami. Abram mi
fissò ancora sorpreso e guardingo, ma non si mosse come per
seguirmi. Annuii tra me soddisfatta e ricominciai a muovermi agile
verso la fine di Forks.
I miei pensieri erano una massa informe e confusionaria di parole e
immagini sovrapposte. Tra queste, spiccava il ricordo dei gioielli
vistosi che Laura aveva indossato tentando sempre di farmelo notare il
meno possibile.
Qualcosa dentro mi disse che quelli non erano regali da parte del suo
romantico Embry, ma bensì dei doni appartenuti ad Aro
chissà per quanti millenni.
Gemetti frustrata, poi mollai volutamente la presa da un secondo ramo
che si era inclinato sotto il mio peso. Finii coi piedi affondati in un
piccolo tratto ancora coperto dalla neve resistente caduta qualche
settimana prima. Era il mese di aprile.
Sospirai chiudendo per un attimo gli occhi, assaporando quegli ultimi
istanti –ore- di libertà, nel luogo che ormai reputavo
casa mia, e dove vivevano le persone stupende che per me erano
diventate una famiglia in tutto e per tutto.
La morte era davvero la cosa peggiore di tutte? Oppure la prigionia poteva sembrare più dolorosa?
Cosa mi attendeva, una volta arrivata tra le mura della piccola cittadina etrusca?
A quest’ultima domanda, avrei potuto trovare risposta guardando
al futuro, ma non ne avevo il coraggio, così come non mi sentivo
in grado di vedere come stava Laura e cosa sarebbe successo dopo il mio
arrivo. Un tuono spezzò il silenzio tutt’intorno a me, e
annusai l’aria, avvertendo l’arrivo di un temporale a
qualche chilometro di distanza.
Presi una manciata di neve tra le mani e la fissai restare intatta, senza sciogliersi, stretta dalle mie dita ghiacciate.
La gola era chiusa come in una morsa. E la voce, il
respiro…qualunque cosa potesse uscire da me, sembrava essersi
dispersa. Avrei desiderato piangere, perché ricordavo la
sensazione che ne seguiva, ed era maledettamente piacevole; come se
tutto diventasse più leggero, facile…ma non l’avrei
più provata. Nessuna lacrima sarebbe sgorgata dai miei occhi
dandomi un po’ di sollievo.
Il dolore, noi vampiri, eravamo costretti a tenercelo stretto.
Nell’angolino più sperduto e profondo del cuore immobile,
cercando di essere sempre pronti per sopportarlo. Alcuni erano
abbastanza forti, altri meno…e altri ancora, riuscivano a
perdere i sentimenti per strada, diventando semplicemente animali.
Predatori che cercano prede, per sopravvivere.
Laura…
Il mio pensiero tornò a lei, facendomi chiedere di nuovo come
stava e per quale ragione fosse rimasta in contatto con Aro.
Credevo che avesse smesso di rispettarlo, dopo ciò che mi aveva
fatto. Credevo che avesse capito che razza di mostro fosse ma, a quanto
sembrava, non era così. Eppure, io ora ero in viaggio. In
viaggio per andare a riprendermi la mia amica, viva o –nel caso
peggiore- morta che fosse.
Feci un respiro veloce riempiendomi d’aria fredda i polmoni e poi corsi, corsi e corsi…verso la fine della foresta.
(Eyes on fire- Blue foundation)
Spuntai dagli alberi ritrovandomi a fissare l’autostrada. Una
delle tante. Per mia fortuna, proprio alla corsia destra si trovava un
piccolo autogrill, dove i guidatori di due camion stavano facendo il
pieno di benzina. Uno di questi, trasportava animali.
Socchiusi gli occhi e, dilatando un po’ le narici, sentii
l’odore delle bestie. Cavalli. Un paio, massimo tre. Aggrottai la
fronte in un gesto naturale, mentre riflettevo sulle possibilità
che avevo, poi camminai a passo umano fino ad essere alle spalle di uno
dei due uomini, intento a parlare con l’altro -come se fossero
vecchi amici-, che vedendomi si zittì un istante, sbattendo le
palpebre in un modo che mi fece venire il dubbio che fosse spuntato il
sole per un istante facendo brillare il mio viso, accecandolo.
Aveva come minimo una quarantina d’anni, i capelli corti e
già striati di grigio ai lati. Forse era lo stress, pensai.
Boccheggiò quando mi presi la briga di parlare, dicendo
–Salve. Scusatemi, ma vorrei farvi una domanda, se non vi crea
troppo disturbo-.
Agli degli esseri umani, mi ero chiesta spesso come apparissi.
Una dea scesa dall’Olimpo? Un angelo caduto dalle argentee nuvole del Paradiso?
Ottime metafore, sicuramente.
L’altro camionista, un vecchio sulla settantina, si girò
dopo aver notato l’espressione sbigottita dell’uomo
più giovane…e per mia fortuna, rimase un po’ meno
folgorato dal mio aspetto. Mi studiò un istante e poi,
sorridendo gentilmente –credendo certamente di avere a che fare
con una normale adolescente, invece che con una trentacinquenne
bloccata nello stesso aspetto per l’eternità-, si
degnò di darmi una risposta –Oh, certo…certo,
chiedi pure, ragazzina-.
Ragazzina.
Storsi la bocca rimpiangendo ancora una volta la mia vita da umana, ma
riuscii a restare calma. Non era certo colpa sua se mi trovavo in una
situazione del genere.
-Beh, mi chiedevo se uno di voi due…- lanciai uno sguardo anche
all’uomo al suo fianco, che sembrava essersi ripreso
-…Passasse dalle parti di Seattle-.
Si guardarono un istante, poi l’anziano parlò di nuovo
–Seattle, eh? Sei fortunata, piccola. Ian è diretto
proprio lì-.
-Trasporto computer e altra roba tecnologica per la Microsoft- Ian finalmente parlò.
Mi soffermai a guardare lui e sorrisi –Fantastico! Potreste darmi
un passaggio?-. Era sempre meglio dare del “lei”, per non
sembrare sgarbata, anche se Ian aveva la mia vera età.
Forse avevo scoperto un po’ troppo i denti, perché mi
accorsi del suo tremore improvviso, che non durò comunque meno
di cinque secondi, prima che abbozzasse a sua volta un sorriso e disse
–Uhm…okay, nessun problema-.
Lo ringraziai e mi misi seduta per terra, mentre fissavo quei due che infilavano le pompe nel serbatoio.
-Come ti chiami?-. Il vecchio, ruppe il silenzio, parlando tranquillo.
Rispondergli mi parve fin troppo facile –Samantha, Samantha
Cullen-.
Annuì e disse qualcosa tra sé, che compresi
perfettamente, anche se si trattava di un sussurro a mezza bocca
“Ah…Cullen…uno dei cognomi più diffusi in
America”. Ridacchiò.
Aveva una bella voce, calda e rassicurante.
Sorrisi mesta, senza farmi notare, prima di dover rispondere alla
domanda più curiosa fatta da Ian: -E da dove arrivi?
Insomma…- rise –Qui ci sono solo
l’autostrada, o il bosco-.
-Stavo facendo trekking, è da ore che cammino. Arrivo da Forks, presente?-.
-Oh…capito. Bella passeggiata eh? Comunque sì, ce l’ ho presente. È il posto più…-
-…Piovoso d’America?- terminai, sghignazzando. Entrambi scoppiarono a ridere fragorosamente, annuendo.
Poi il trasportatore di cavalli chiese ancora –E tu ti metti a
far trekking tutta sola nella foresta? È pieno di orsi e lupi
là in mezzo-.
Stavolta fui costretta a mordermi un labbro per non ridere. Ah! Se solo avessero saputo…
-Sono stata fortunata, allora, perché non ne ho incontrati-.
-E’ inutile discutere coi giovani d’oggi, Barnie. Per loro
il rischio è un giochetto di tutti i giorni. Noi siamo vecchi
ormai, non possiamo capire-. Ian fece del sarcasmo, dando una pacca
sulla spalla al vecchio, dopo essersi di nuovo avvicinato ricomparendo
da dietro il suo camion.
Barnie. Quindi era questo il suo nome. Sapendolo mi sentii più
soddisfatta, perché fino a quel momento, era come se mi fosse
mancato un piccolo pezzo nel puzzle.
Diedi un rapido sguardo all’orologio da polso che portava Ian e
fingendo di non vedere perfettamente l’ora, chiesi all’uomo
–Scusi, può dirmi l’ora?-.
Ian alzò lo sguardo da un laccio dei suoi stivaloni da cowboy un
po’ sfilacciato e rispose –Ehi, tranquilla, puoi darmi del
tu. Comunque…- alzò il polso solo un po’, poi disse
-…Sono appena le quattro e un quarto-.
Bene. Era ancora presto. Avevo lasciato casa mia verso le due e venti.
Lo ringraziai e mi rimisi agile in piedi –ma sempre a
velocità umana-, quando salutò Barnie augurandogli un
buon viaggio coi suoi cavalli, facendomi un cenno di seguirlo
all’interno dell’abitacolo del suo grosso mezzo pieno zeppo
di pc.
Dissi addio al vecchio Barnie anch’io, poi salii sul sedile
accanto a quello di Ian e vidi sfrecciare di nuovo la strada davanti ai
miei occhi.
Il viaggio vero e proprio, ebbe finalmente inizio.
Gabriel
Due punti. La mia squadra aveva perso per due maledetti punti di svantaggio! Accidenti...
Stavo per rintanarmi nelle docce col resto dei miei compagni, quando mi
accorsi di Abram, in piedi accanto a Renesmèe, con la quale
stava discutendo di qualcosa che mi parve più serio del solito.
Aggrottai la fronte e mi avvicinai. Si zittirono entrambi fissandomi,
poi lui parlò, e quello che disse mi lasciò perplesso
–Sappi che tua madre è fuggita da casa con una borsa piena
di sacche di sangue-.
Impossibile. Davvero impossibile.
Okay...potete
dirmi che questo non ve l'aspettavate -o forse sì xD-...ma
niente cambierà le cose...*risata malvagia*. E poi, Laura
è stata d'accordo con me sul fatto di farsi rapire (anche
perchè non aveva altra scelta, la storia è comunque mia
XD). Spero che il capitolo vi piaccia. La musica accanto al mio nome e
la canzone più avanti, le conoscete sicuramente, visto che sono
presenti anche sul film Twilight. Mi sembravano adatte per questo
episodio della ff ^*.
Per quanto riguarda la questione "Abram" o l'ultimo pezzetto sotto il pov di Gabriel, avrete chiarimenti nel prossimo capitolo.
I due pezzetti sotto il pov di Laura ed Embry sono stati scritti dalla
mia collega^^ potete farle i complimenti xD Era previsto una specie di
suo capitolo extra, ma ha altro per la testa, quindi spero che, come
me, vi accontenterete di quella piccola comparsa d'effetto<3
(Complimenti comunque da parte mia, Lalla. Ogni parola scritta da te è comunque fonte di emozione ù.ù)
By Sammy Cullen
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Capitolo 51 *** Capitolo 11 ***
Capitolo 11
Sammy (Friends- Band of
skulls)
Ian si rivelò un buon compagno di viaggio.
Parlava di cose interessanti, o che riuscissero comunque a farmi pesare un po’
meno la dura realtà del tempo che passava, secondo dopo secondo.
Uno degli argomenti migliori, riguardò la sua famiglia…
-…Mia moglie, Christie, si è trasferita a Tacoma due anni prima che ci
conoscessimo. A quei tempi, io avevo ventitre anni. Lei, invece, diciassette. I
suoi genitori non volevano che stessimo assieme, pensavano che fossi uno
scansafatiche e che non sarei riuscito a renderla felice…oltretutto, sembrava
pesargli la differenza d’età-.
Si era preso una pausa, sorridendo al ricordo. Lo sguardo era sereno, come se il
pensiero di quei giorni andati non gli pesasse.
Mi venne spontaneo domandare –E allora come avete fatto a restare insieme?-.
Lui fece spallucce prima di lanciarmi uno sguardo gentile –Beh…fuggimmo a Las
Vegas per sposarci-.
Alzai le sopracciglia –Davvero?-.
Lui scoppiò a ridere notando il mio tono incredulo e si sbrigò ad aggiungere
–Certo che no! Ma…fui tentato di proporglielo. In realtà, una sera decisi di
andare a casa sua, a parlare a quattrocchi col padre, Arthur. Quello mi ascoltò
tutto il tempo senza fare una piega, seduto sulla sua poltrona ad aggiustarsi i
grossi baffi biondicci, fissandomi con gli occhi grigi come se volesse mettermi
in soggezione fino a farmi fuggire da quell’abitazione. Quando terminai di
esporgli le ragioni per cui ero disposto a stare con Christie, sospirò e disse
alla moglie, Josephine: “Cara, andresti a prendermi il fucile, per favore?”.
Perfino lei restò un attimo perplessa, così chiese prima che lo facesse la
figlia, o io “E che vorresti farci?!”…-.
Ian fece una seconda pausa, lanciandomi un’occhiata veloce, forse aspettandosi
che fossi rimasta scioccata ma, naturalmente, non lo ero. Il fatto che lui
fosse lì, vivo, implicava che nessuno gli avesse sparato contro. Sembrò un po’
deluso, ma continuò sorridente, e visibilmente divertito -…L’uomo aggrottò la
fronte e disse “Andarci a caccia di cervi, naturalmente!”. Sia io che Christie
cercammo di comprendere, ma Arthie non volle darci altre spiegazioni. Si
avvicinò e mi diede una pacca un po’ troppo forte sulla schiena esclamando “Io
e te, giovanotto, abbiamo tanto di cui parlare!”. Rideva, perciò capii che lo
avevo convinto-;
sospirò per poi dire tra sé, in un sussurro –Il giorno seguente andammo insieme
a caccia sui monti…e quattro mesi dopo, diventai suo genero-.
Sorrisi sinceramente intenerita dalla sua storia, poi mi venne in mente che non
aveva accennato a qualche figlio, così chiesi, curiosa.
Lui rispose un po’ più in imbarazzo. Lo percepii dal tono basso della voce.
-No, non abbiamo bambini…purtroppo-.
Mi decisi a lasciar cadere il discorso, per non entrare troppo nel personale, e
mi accorsi che portavo al dito la fede, proprio come lui. Feci il gesto rapido
di togliermela, ma Ian l’aveva già notata in precedenza senza accennare al
fatto, forse aspettando il momento giusto per chiedere o cercando di resistere
alla curiosità.
-E tu, invece…???- iniziò la frase, e non lasciai che terminasse, rispondendo
rapida –Oh…questa non è mia. Era di mia madre. E’ morta tre anni fa…e prima di
lasciare soli me e mio padre ha voluto che tenessi quest’anello-.
Recitai la parte della ragazzina con l’aria triste e nostalgica senza sforzarmi
troppo. Sotto certi aspetti, potevo dire che i miei genitori mi avessero
lasciato.
O meglio, ero io ad averli lasciati. Ad avergli causato tanto dolore fingendo
di essere morta in un fatidico incidente stradale, restando bloccata nell’auto
in fiamme senza speranza di salvarmi…
Sospirai.
Ian ascoltò tenendo le sopracciglia abbassate, la fronte corrucciata. Quando
parlò di nuovo, disse –Beh, mi…dispiace, davvero molto-.
Rimasi in silenzio un istante, concentrata sulla risposta da dare alla sua
prossima domanda, mentre intanto annuivo alle sue parole e sussurravo –Ormai è
passato…-, poi decidemmo entrambi di cambiare discorso, e Ian mi chiese perché
fossi diretta a Seattle, se arrivavo da Forks.
Gli risposi che a Forks avevo alcuni amici, e che mi ero fermata da loro per
qualche giorno, prima di decidere di fare trekking e tornare a casa, a Seattle,
per conto mio.
La strada verso la città non fu breve; l’uomo guidava a velocità poco elevata,
cercando milioni di argomenti allegri, come per non farmi pesare il viaggio.
Sarebbe stato un buon padre, secondo me.
Quando mi disse che erano le sei e mezza, sobbalzai ma, per mia fortuna, lui
non se ne accorse e continuò a tenere lo sguardo fisso sulla corsia destra. Il
fuso orario significava tutto, per me. Dovevo sperare di arrivare in Italia
quando il sole si fosse trovato almeno vicino al crepuscolo. Rischiare di
espormi alla sua luce, proprio nella terra dei Volturi, non avrebbe di certo
aiutato molto. Fissai fuori dal finestrino il paesaggio, poco a poco meno
selvaggio e viscido. Seattle era formata da piccole abitazioni di tre o quattro
piani sparsi, prima di addentrarsi all’interno, nel cuore della città, dove svettavano
palazzi e costruzioni davvero ben fatte, dall’aria resistente.
Non ero mai arrivata fin lì con mio marito o mio figlio, tutti disinteressati a
visitare la città, forse perché troppo abituati alla strana pace monotona e
incessante che c’era a Forks, e quindi anche a La Push.
Sospirai.
Forse, se fossi riuscita a tornare a casa assieme a Laura, avrei potuto
proporre un’uscita a Seth, pensai.
Mi soffermai a guardare i negozi, le strade brulicanti di auto e persone.
Ascoltai i milioni di suoni, uniti a formare un’unica grande melodia, e per un
istante riuscii a tornare con la mente a quand’ero ancora umana. Quando avevo
solo quindici anni e mezzo e vivevo a Roma, così caotica e dispersiva, piena di
bellezze antiche e moderne mischiate assieme.
La nostalgia riuscì quasi a impossessarsi di me, più di quanto non avesse già
fatto. Cercai di restare lucida, trattenendo i lamenti che, se non fossi stata
una vampira, si sarebbero trasformati in singhiozzi, certamente seguiti da
lacrime copiose.
Ian frenò al lato di un marciapiede e disse, allegramente –Eccoci qui, nella
grande e chiassosa Seattle…-.
Gli sorrisi e cercai di dire con la voce più calma e serena che riuscissi a
imitare –Grazie infinite Ian. Davvero, non avrei saputo come fare altrimenti,
cominciavo ad essere stanca di camminare-.
Rise, con calore, prima di ribattere –Nessun problema, non c’è bisogno che tu
mi ringrazi. E’ stato un piacere viaggiare in compagnia, non capita spesso-.
Lo guardai riconoscente, poi mormorai –Beh…ora è meglio che vada-. Ci salutammo
con una stretta di mano, e fui titubante comunque, temendo che percepisse la
temperatura sotto lo zero della mia pelle anche da sotto i guanti.
Scesi dal camion tenendomi stretta lo zainetto e osservai il cielo. Nuvole,
nuvole ovunque. Perfetto.
Sorrisi tra me, mi voltai a salutare con una mano Ian un ultima volta prima che
ripartisse, poi mi guardai attorno e notai con gran compiacimento che il mio
nuovo amico umano mi aveva portato nei pressi dell’aeroporto, poco distante
dalla strada in cui mi trovavo.
M’illuminai e iniziai a correre, sforzandomi di mantenere una velocità umana,
fino ad arrivare all’ingresso con le porte girevoli. Mi sbrigai ad entrare
all’interno dell’edificio, stracolmo di uomini e donne intenti a partire o
attendere i propri bagagli, impazienti.
Feci quasi per dirigermi subito da una delle donne alla reception, ma mi
paralizzai, pensando che erano già quattro giorni che non cacciavo, e avevo
bisogno di nutrimento.
Fissai lo zaino che stringevo al petto e mi decisi a fare quello che Emmett
avrebbe scherzosamente definito come “uno snack”.
Puntai rapida verso il bagno delle donne e una volta entrata mi chiusi
all’interno di una delle cabine, tirando fuori una delle sacche di sangue. Un
altro vampiro vegetariano al posto mio ci avrebbe pensato su. Era pur sempre
umano, no? Ma io non potevo permettermi tentennamenti e, in ogni caso, quel
sangue non era stato preso con la forza da nessun uomo. Presa dalla fretta,
decisi di mordere direttamente la plastica, iniziando a bere avidamente,
cercando di restare almeno un poco lucida. Non era facile, infatti, controllare
i propri sensi se ci si ritrovava impegnati a bere quel tipo di sangue.
Il sapore non sarebbe stato affatto magnifico, se avessi già avuto modo in
precedenza di cacciare orsi o puma sui monti, ma dovetti accontentarmi e la
coscienza iniziò a gridarmi –sottoforma di voce stridula, terribilmente
penetrante e fastidiosa- che quello era uno degli sbagli più grossi che avessi
mai commesso.
Sicuramente, il peggiore di tutti era stato quello di andare in cerca dei
Volturi, quel giorno di tanti anni prima, quando ancora ero una piccola e
fragile umana, proprio come disse James a Bella, in quella stramaledetta scuola
di danza, alle origini di tutto.
Bevvi con così tanta rapidità da non farci quasi caso ed, in fine, mi sbrigai a
rimettere tutto nella borsa, passando davanti allo specchio per essere certa
che non ci fossero residui di sangue sulle mie labbra. Gocce fuggite alla mia
sete.
Tutto apposto, così uscii da lì, fingendo la migliore disinvoltura di cui fossi
capace, e mi misi a fare la fila per pagarmi un biglietto per il viaggio
oltreoceano.
Non mi ero portata la carta di credito datami da Carlisle, sapendo che
avrebbero potuto rintracciarmi tramite il conto bancario intestato a lui. Pagai
in contanti e, dopo aver fatto ceck-in e ceck-up, salii sul grosso aereo,
lasciando che una giovane hostess –Tiffanie Hardwood, lessi sulla targhetta- mi
indicasse cordialmente e con fare professionale il mio posto. Mi sbrigai a
raggiungerlo e subito coprii il vetro dell’oblò. Accanto a me finì un bambino
e, il posto affianco, della fila centrale, venne occupato dal padre.
Ringrazia il cielo, perché sapevo che quella creaturina non mi avrebbe dato
fastidi. Mi bastò dare una sbirciatina veloce al viaggio che mi si prospettava
davanti, nell’immediato futuro.
Quel ragazzino, Davon, di massimo sei anni, coi capelli castani e disordinati e
due immensi occhi verdi, non avrebbe mai chiesto cortesemente di poter
osservare il cielo fuori dal finestrino, con le nuvole simili a zucchero filato
impegnate a passarci accanto.
Non appena fui certa di avere un po’ di tempo per riflettere, poggiai la testa
al sedile e chiusi gli occhi, fingendo una posa umana abbastanza rilassata,
seppur non ce ne fosse molto bisogno visto il piccolo compagno di viaggio che
mi ritrovavo vicino.
Respirai con lentezza calcolata, catturando l’odore dei caffè, dei drink o del
cibo che le hostess portavano ai passeggeri, con professionale rapidità. Era
pur sempre la prima classe di un volo diretto in Italia.
La mia mente iniziò subito a lasciar spazio all’immenso afflusso di pensieri
che vorticavano senza sosta al suo interno.
Per prima cosa, avevo lo spiacevolissimo dubbio che Laura non fosse solo stata
rapita ma che, in un qualche modo, avesse scelto di seguire i soldati mandati
da Aro (ero certa che il biglietto fosse stato scritto da Demetri)
spontaneamente.
Questa era comunque un’ipotesi che preferivo escludere, a priori.
Per seconda, non riuscivo a comprendere perché Aro avesse deciso di compiere un
atto tanto meschino. Stava puntando ad un ricatto? Uno scambio, un accordo?
Insomma, cosa aveva tramato il vampiro dal sorriso di ghiaccio e gli occhi di
fuoco?
Tremai leggermente, senza rendermi conto che Davon, al mio fianco, si era
deciso di fissarmi tutto il tempo, incuriosito.
-Hai freddo?-. Mi diede del tu, com’è solito dei piccoli.
Aprii gli occhi, guardandolo, e lui sussultò. Mi paralizzai solo immaginando
cosa avesse potuto notare, poi sorrisi fingendomi serena e risposi –No, ma sei
davvero tanto gentile a preoccuparti, sai?-. Non dovetti impegnarmi molto per
usare il tono di voce più suadente di cui fossi in grado.
Lui sembrò credermi e, dopo aver incrociato una seconda i miei occhi, tornò a
fissarsi le mani, visibilmente annoiato.
Mi fece tenerezza, ed ebbi per un istante l’impeto di parlargli di me, di
raccontargli storie fantastiche, con mostri bevitori di sangue e lupi che
difendevano indiani non ancora privati delle loro terre dai visi pallidi.
Sicuramente le avrebbe gradite, mi dissi, ma non sono la cosa migliore di cui
discutere ora come ora.
Tornai quindi ad ignorarlo, dispiaciuta, e ricominciai a riflettere.
Aro aveva un piano, aveva un piano che Laura sicuramente non conosceva, ma in
cui doveva essersi ritrovata coinvolta per sbaglio. Tutto un tragico errore,
niente di più.
Speravo di riuscire a risolverlo in meno tempo possibile, per la salvezza di
entrambe o, perlomeno, quella di lei.
Buffo, no? Invece che preoccuparmi della mia intera esistenza, mi trastullavo
su come salvare la vita umana di Laura…
Mi paralizzai, di colpo.
L’idea mi entrò nella testa come un fulmine durante un giorno di pioggia, e
scacciarla fu quasi faticoso.
Cosa avrei fatto se la mia amica non fosse stata più sé stessa? Come avrei
reagito ritrovandomi a fissarla diversa da come la ricordavo? Con occhi e
labbra rosse come il sangue?
Se possibile, impallidii. Quell’idea non mi era mai balenata per la testa
durante tutta la mia corsa verso l’aeroporto, lontano da casa.
Pregai così intensamente di aver ipotizzato male che in fine riuscii a
convincermene.
Laura era viva, Laura era umana, Laura stava aspettando.
L’aereo atterrò a Pisa, dopo un viaggio durato più di dodici ore. In Italia,
erano le otto e un quarto di sera, e la luna già brillava sospesa nel vuoto del
cielo scuro.
Era quasi piena, le mancava uno spicchio per completarsi.
La osservai affascinata, come mi accadeva ogni volta, anche da umana, poi mi
soffermai sulla città. Solo un istante, visto che non avevo per niente tempo di
fare un giro turistico.
Strinsi i pugni, poi iniziai a correre a velocità umana verso una fermata
dell’autobus. Non sapevo bene come orientarmi, ma lì c’erano molte persone,
uomini e donne, che forse avrebbero potuto essermi d’aiuto.
Mi avvicinai al gruppo in attesa del mezzo pubblico –sette anziani e una
comitiva di giovani- e iniziai ad ascoltare le varie conversazioni.
“Roberto non si è ancora deciso a tornare dal suo viaggio in Francia…”
“E’ giovane, gli piace girare…”
Questo si dicevano due donne sulla settantina, forse parlando del nipote di una
delle due.
Più in là, sempre con un forte accento toscano, la comitiva rideva ed i ragazzi
si scambiavano battute.
Osservare quella gente, ascoltare e comprendere in modo tanto naturale la
lingua con cui comunicavano, mi fece sentire a casa.
Decisi di concentrarmi sui discorsi di quei teenagers.
“Domani compito di matematica, che tu sei pronto, Luca?”
“Ma che, io la matematica proprio non la capisco…”
“Stavo pensando che potremmo uscire insieme, io e te, qualche volta…”
“Beh…ecco…va bene!”
Tante parole. Così tante da farmi quasi confondere, girare la testa, ma nel bel
mezzo di quell’attimo, un giovane, in particolar modo, catturò la mia
attenzione.
Capelli neri, sorriso allegro, sguardo gentile.
Fu come un debole deja-vù, una sensazione di “già vissuto” estremamente
flebile, quasi invisibile. Quel ragazzo, io già lo conoscevo, anche se non
direttamente. Smisi di respirare, prima di decidermi a farmi avanti.
Lui era impegnato a parlare del tanto temuto compito di algebra assieme ad altri
suoi amici, ma non mi creai problemi ad interromperli, dicendo –Ciao, scusate
il disturbo…- a cui uno dei due, forse Luca, rispose sottovoce, guardandomi
spaesato, con un “Oh no, disturba pure quanto ti pare…”.
Sorrisi melliflua, poi mi concentrai su Andrea.
Eh già, quel giovane, che mi fissava incuriosito, era lo stesso di un sogno che
avevo fatto tanti, tanti anni prima, quando l’immortalità non mi era ancora
stata cucita addosso.
-Volevo sapere se per caso voi foste a conoscenza di un modo per arrivare a
Volterra. Per me è molto urgente raggiungerla al più presto…-
-Uhm…Volterra? Beh, sì…di mezzi non ce ne sono molti. Se vuoi posso portartici
io-. Fissai Andrea quasi senza credere davvero alle mie orecchie, eppure, mi
sarebbe bastato sbirciare il futuro un minuto prima per essere certa che
avrebbe proposto una cosa simile.
L’entusiasmo, la soddisfazione, s’impossessarono di me, tutto all’improvviso,
ed esclamai –Fantastico! Grazie, grazie infinite Andrea-.
Restò perplesso, aggrottando la fronte, poi iniziò a chiedermi –Come fai a…-
-Sembri la persona adatta per questo nome- risposi rapida -…Semplice intuito-.
Gli amici sghignazzarono, gli diedero qualche gomitata scherzosa e gli
mormorarono di “darci dentro”, facendo alzare gli occhi al cielo sia a me che a
lui, poi lo lasciarono libero di camminare al mio fianco fino ad una piccola
Punto grigia, non proprio di ultima generazione, come auto.
Non mi scomodai ad aspettare che m’invitasse a salire, e mi sistemai al posto
vicino a quello del guidatore. Il ragazzo sembrava un po’ nervoso, ma era bravo
a non darlo a vedere. Decisi di classificare il suo modo di passarsi una mano
tra i capelli e di grattarsi la punta del naso come imbarazzo.
Sorrisi tra me e poi mormorai, forse controllando troppo poco il tono suadente
e cristallino della voce –Qualcosa non va?-.
Sobbalzò, poi intanto che metteva in moto, si voltò a guardarmi e rispose,
sorridendo –No, no figurati! È tutto apposto-.
Gli porsi la mano, ancora coperta dai guanti, e mi presentai –Scusa, non mi
sono ancora presentata. Io sono Samantha, Samantha Altarozzi-.
Erano anni, secoli quasi, che non dicevo più il mio vecchio cognome. Ero stata
per più di trent’anni la signora Cullen, in Clearweater, senza dar peso alla
mancanza delle mie origini, ma ora, di fronte a quel giovanotto toscano, tutto
sembrava essere svanito.
Mi trovavo in Italia, seppur con tutta l’intenzione di andarmene il prima
possibile, quindi perché mai non avrei dovuto fare un piccolo tuffo nel
passato, visto che più frequentemente mi divertivo a sguazzare nel futuro?
Aggiornamento veloce!+w+
- Ecco il capitolo 11, un pò più lungo
dei precedenti, spero che possa piacervi. Ho cercato di far sentire il distacco
dall'anormale, cioè da un mondo popolato da vampiri, lupi mannari, mutaforma e
chissà cos'altro. C'è un completo ritorno all'umanità, prima grazie alle
conversazioni con Ian, poi la piccola scena col bambino, in aereo, ed in fine,
eccolo qui per voi, Andrea, il giovane che avevo sognato nel Libro II.
Sono certa che molte di voi apprezzeranno questo piccolo cambio di rotta,
mentre altre forse avrebbero ancora preferito la presenza di vampiri o roba del
genere. Comunque non disperate, non sono così pazza da togliervi il
divertimentoXD
However…
Grazie, come sempre, a tutte voi. A chi legge, chi commenta, chi segue.
Grazie a Laura, che continua a collaborare con me, e che ora se ne sta oltre i
confini italiani ;)...
e...beh, niente.
A presto!
By Sammy C.
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