The real dream

di Willow Whisper
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [LIBRO PRIMO] Prologo/ 1.Introduzione alla mia vita ***
Capitolo 2: *** Sogno ***
Capitolo 3: *** Essere pazzi non è poi la fine del mondo, ma chi sono io per parlare? ***
Capitolo 4: *** Quando il sogno sembra diventare un incubo, e non mi sveglio. ***
Capitolo 5: *** Quando iniziano ad esserci delle spiegazioni e delle svolte impreviste ***
Capitolo 6: *** Un incontro pieno di sorprese ***
Capitolo 7: *** Un casino dietro l'altro ***
Capitolo 8: *** Sembrava troppo bello per essere vero…altre scoperte. ***
Capitolo 9: *** Voglia improvvisa di dialogare con un LICANTROPO. ***
Capitolo 10: *** Farsi travolgere in mille modi diversi... ***
Capitolo 11: *** Prima di partire c'è qualche montagna da scalare ***
Capitolo 12: *** Una festa assai movimentata, biglietti aerei e lettere ***
Capitolo 13: *** La sorpresa, l'incubo e l'incontro... ***
Capitolo 14: *** La lettera di protesta, il timore ed il futuro. ***
Capitolo 15: *** Notizie tremendamente spiacevoli ***
Capitolo 16: *** Aaaah! l'amour...l'amour...[POV Laura] ***
Capitolo 17: *** Un nuovo sconvolgimento & l'ultimo ricordo... ***
Capitolo 18: *** [LIBRO SECONDO] Prologo/ 1. Aspetti un bambino? Chi, un tuo cuginetto? [POV Laura] ***
Capitolo 19: *** I cento metri veloci rincorrendo un vampiro li posso fare solo io [POV Laura] ***
Capitolo 20: *** Sentirsi vivi in due è qualcosa di stupendo ***
Capitolo 21: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 22: *** Special: I° POV Laura/ II° POV Sammy ***
Capitolo 23: *** Nel buio e nella luce ***
Capitolo 24: *** Didyme ***
Capitolo 25: *** Ombre nel buio, possibili chiarimenti e chissà cos'altro... ***
Capitolo 26: *** Quando tuo figlio decide improvvisamente di volerti fare un dispetto ***
Capitolo 27: *** Troppo difficile è odiare [POV Laura] ***
Capitolo 28: *** Giorni sereni, almeno per me... ***
Capitolo 29: *** La strana sensazione di sentirsi mancare la terra sotto i piedi [unico POV Seth] ***
Capitolo 30: *** Sogna, sogna che tutto finisca [POV Laura] ***
Capitolo 31: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 32: *** E’ accaduto tutto così in fretta… ***
Capitolo 33: *** Manca poco, poi mi farò quattro risate…credo. ***
Capitolo 34: *** Il sogno preoccupante e la rabbia di Bella ***
Capitolo 35: *** Paure ***
Capitolo 36: *** Sono ansioso d’incontrare di persona la nuova signora Cullen ***
Capitolo 37: *** L'arrivo dei testimoni e l'idea nata durante un ultimo momento di perdizione ***
Capitolo 38: *** Semplicemente gioia [POV Laura] ***
Capitolo 39: *** Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna...peccato che qui non sia così conveniente ***
Capitolo 40: *** Questioni di coscienza [POV Laura] ***
Capitolo 41: *** [LIBRO TERZO] Prologo/ Capitolo 1 (POV Sammy/Seth) ***
Capitolo 42: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 3 (POV Sammy/ Seth) ***
Capitolo 44: *** Capitolo 4 (POV Sammy/ Seth) ***
Capitolo 45: *** Capitolo 5 (POV Sammy/ Seth/ Gabriel) ***
Capitolo 46: *** Capitolo 6 (POV Gabriel/ Nessie) ***
Capitolo 47: *** Capitolo 7 (POV Sammy/ Jacob/ Seth) ***
Capitolo 48: *** Capitolo 8 [Pov Laura] ***
Capitolo 49: *** Capitolo 9 (POV Seth/ Sammy) ***
Capitolo 50: *** Capitolo 10 (POV Laura/ Embry/ Sammy/ Gabriel) ***
Capitolo 51: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 52: *** [Capitolo extra] ***
Capitolo 53: *** Capitolo 12 [Pov Laura] ***
Capitolo 54: *** Capitolo 13 [POV Sam, Nessie, Seth, Sam] ***
Capitolo 55: *** Capitolo 14 (POV Sammy -parte prima) ***
Capitolo 56: *** Capitolo extra [Mentre Sam è ancora in viaggio] ***
Capitolo 57: *** Capitolo 14 parte seconda (POV Sam- Abraham) ***
Capitolo 58: *** Capitolo 15 [POV Sam] ***
Capitolo 59: *** Capitolo 16 (Pov Edward, Seth, Aro) ***



Capitolo 1
*** [LIBRO PRIMO] Prologo/ 1.Introduzione alla mia vita ***


capitolo 1

[LIBRO PRIMO]
Prologo

Nessuno mi aveva mai detto che esiste una realtà diversa da quella che conosciamo. Nessuno, neanche nei suoi sogni, avrebbe mai potuto sperare in qualcosa di così inverosimile.
Eppure io ero riuscita a viverlo sulla mia pelle.
C'erano creature fantastiche attorno a me. Le avevo sognate, cercate...ma mai -e dico mai- avrei pensato che sarebbero comparse davanti a me come un'apparizione....
e che mi avrebbero cambiato la vita.

 
1. Introduzione alla mia vita

Era una giornata qualunque, per me.
Dopo essere stata svegliata dal chiassoso trillare della sveglia elettrica sul comodino, mi ero alzata meccanicamente, e avevo cercato nel mio armadio qualcosa da indossare. Come al solito, niente mi sembrava adatto.
Non ero una ragazza qualunque, in fatto di abbigliamento, perciò se il resto del mondo formato da adolescenti indossava jeans a vita bassa, io preferivo le gonne lunghe.
Ma okay, forse così mi spiego male…
Chiariamo: ero gotica.
Nel senso più stretto della parola.
Perciò, non sarebbe stato il non seguire la moda il problema.
Solo che davvero non sapevo cosa indossare. Adocchiai nel marasma d’indumenti una camicetta nera con una rosa cucita al petto, e dei jeans a sigaretta neri.
Naturalmente il nero era il colore predominante.
Li lanciai sul letto e mi concentrai sulle scarpe. Gli stivali erano esclusi a priori, ero tremendamente goffa, perciò puntai su un semplice paio di scarpe da ginnastica.
Mentre ancora cercavo qua e là qualche cosa da indossare –accessori, perlopiù- sentii la voce di mia madre provenire dalla cucina.
-Samantha! Il tuo cappuccino si fredderà!-
ecco, mamma era così. Non si preoccupava tanto del fatto che se non mi fossi vestita –e truccata- in fretta avrei fatto tardi a scuola, ma della colazione che ignoravo totalmente.
Sbuffai scocciata, come ogni mattina, e risposi –Mamma, preferisco berlo dopo!- e detto questo trascinai gli abiti prescelti in bagno e mi lavai veloce, per poi indossare il tutto e guardare l’immagine riflessa con fare critico.
Non mi ero mai truccata prima di arrivare al quarto ginnasio –ovvero il primo anno nella scuola superiore-, ma da quando mi ero imparata, non riuscivo più a farne a meno.
Così, con mano ferma, passai l’eye-liner sul contorno superiore degli occhi, poi aggiungi l’ombretto e la matita –rigorosamente neri- e mi affannai per cercare il rossetto, sotterrato dalla miriade di roba che tenevo in una borsa inutilizzata e scucita dell’Onix (a otto anni non potevo sapere che sarei diventata una tipa gotica).
Quando lo trovai, lo passai velocemente sulle labbra, che si accesero subito di un rosso sangue.
Adoravo l’effetto.
Sogghignai soddisfatta dell’opera e non mi preoccupai di pettinare i capelli lunghi fino alle spalle.
A fine mese sarei andata da Emanuele, il parrucchiere davvero simpatico che me li aveva tagliati una sola volta precedentemente entrando nelle mie grazie.
Aveva talento il tipo!
Feci per uscire dal bagno vestita, truccata e profumata, ma mi bloccai sulla soia.
Avevo scordato un particolare importante: le lenti a contatto color ambra.
Sì, un colore del tutto strano. Ma che mi faceva sentire tremendamente vicina ad una persona…anzi, un personaggio.
Edward Cullen.
Lo amavo. Il che sembrava ancora più strano del normale.
Ma partiamo dall’inizio…era il personaggio di una saga di romanzi per teen agers, “Twilight”
Un essere abbastanza macabro e affascinante al col tempo. In parole povere? Un vampiro.
E sì, avete capito bene, lo amavo.
La cosa buffa è che non avevo riversato i miei sentimenti sull’attore che lo interpretava sul grande schermo, alias Robert Pattison, ma su di lui…nel senso profondo.
Anche quella mattina, prima ancora di aprire gli occhi, il suo nome era passato per la mia testa, flebile.
Questo accadeva da tempo, e non avevo voglia di lasciar perdere. Sentivo che faceva parte di me.
I miei sentimenti per lui erano nati molto tempo prima, quella sera in cui il libro finì tra le mie mani, non avrei mai pensato che la realtà si sarebbe unita alla fantasia…eppure, era accaduto.
Nei quasi tre anni in cui avevo seguito la serie con passione, mi ero sentita tremendamente legata ad Edward e tutta la sua famiglia, fino a quando non erano iniziati i sogni.
Fino a quando lui e gli altri, non mi avevano fatto visita nelle notti di vuoto e malinconia.
Un sogno ricorrente era quello in cui il giovane ed io ci trovavamo in una camera completamente bianca e vuota, con solo un divano nero ed una sedia, sul quale ero seduta.
Ogni volta il suo volto cambiava espressione. Da seria diventava preoccupata, e poi all’improvviso si alzava dal divano e faceva per venirmi vicino, come a volermi avvertire di qualcosa…ma a quel punto mi svegliavo, e notavo la luce del sole filtrare dalle persiane abbassate.
Era mattina, di nuovo…ed io non ricevevo risposte, ma domande.
Quel giorno entrai in cucina più malinconica del solito. Era lunedì. Perciò un’intera settimana di tortura si prostrava dinnanzi a me.
“Se avessi potuto definire la scuola in un qualunque modo, sarebbe stato un inferno.” Le parole dette da Edward sul primo capitolo di Midnight Sun mi fecero sorridere.
Aveva tremendamente ragione.
Mia madre stava seduta su uno degli sgabelli del tavolo, intenta a bersi il secondo caffè della mattinata.
-Bevi il tuo cappuccino e vai…è ora-.
Sbuffai e accontentai la sua richiesta. Sinceramente, non avevo così voglia di fare colazione.
Corsi in camera a recuperare un cappotto soffice per ripararmi dal freddo e poi misi lo zaino in spalla.
Diedi un bacio a mamma e cercai di non svegliare papà, che dormiva russando sonoramente nella sua camera. Faceva il turno di pomeriggio all’Ama, non mi andava di disturbarlo ora che poteva dormire un po’ di più.
Il suo solito turno di mattina sarebbe stato alle cinque, altrimenti.
Poi cercai il mio cane, un mostriciattolo bianco, nero e spelacchiato di nome Semola. Lo trovai accoccolato sul suo lettino, vicino al termosifone.


Freddoloso…non resisterebbe un solo giorno a Forks! Proprio come mamma!

Lo osservai un minuto e poi uscii di casa, correndo giù dalle scale e quasi ruzzolando al penultimo gradino.
Ero troppo imbranata…e sapevo perfettamente a chi potevo somigliare.
Pensai poco alla protagonista del romanzo.
Isabella Swan. Per me, una nemica…un ostacolo.
La odiavo. Provavo per lei una gelosia profonda.
Aveva ciò che io sognavo e basta. Non è una cosa tanto gradevole.
Aprii il portone con troppa foga e quello sbattè contro la parete. Borbottai impropri e camminai veloce oltre il cortile, verso la fermata dell’autobus, abbastanza distante da casa mia.

Maria comparì da dietro l’edicola proprio quando l’autobus si fermò e aprì le porte. Sospirai sollevata e la salutai con la mano.
Lei ricambiò e corse per raggiungermi.
-Ciao!- ci scambiammo due baci sulle guance e salimmo sul 781.
Durante il viaggio –che consisteva in tre fermate soltanto prima di scendere dal mezzo e fare una strada isolata a piedi- parlammo di un sacco di cose.
Ma ero io la vera chiacchierona.
Naturalmente, i miei discorsi erano sempre i soliti.
Le stavo raccontando della mia seconda uscita pomeridiana con le amiche per andare al cinema a rivedere “Twilight- the movie”.
Lei non sembrava stancarsi delle mie cronache noiose e ripetitive, perciò l’entusiasmo in me non scemava mai.
-…e poi quando Emmett ha salutato Bella con il coltello sono scoppiata a ridere…- e continuai così durante tutti i dieci minuti di camminata.
Arrivate al giardino della scuola, ci separammo. Non eravamo nella stessa classe, perciò mi affrettai a raggiungere Giulia.
Lei era una delle poche che in classe aveva letto quel libro, ma aveva un solo problema: le piaceva Robert.
A me non era mai sembrato molto adatto per il ruolo di Edward, ma alla fine ci avevo fatto l’abitudine.
Lei invece era davvero rapita dal tizio.
Roba che io lo avevo persino visto di persona! Con un’amica –carissima- di chat che avevo incontrato la sera del festival del cinema di Roma, Laura…una jacobiana patita.
Ecco, ora, vorrei parlare di questa giovincella.
Su Laura non ho molte cose da dire, la si può descrivere anche con una sola parola: unica.
Vi chiederete perché volessi così bene ad una ragazza incontrata solo una volta di persona, oltretutto –e tremendamente- fissata per Jacob Black…la risposta potrebbe sembrarvi addirittura contorta, ma posso solo dire che era il mio perfetto opposto, e la apprezzavo proprio per questo.
La prima volta che avevo notato le nostre foto sui profili di msn, le avevo detto esattamente questo: “Se ci incontrassero insieme penserebbero subito che tu vieni da la Push ed io da casa Cullen!”.
Non potrò mai rimangiarmi questa affermazione.
Se ci vedeste, direste che ho ragione al cento per cento.
Ma comunque, lei era un concentrato di energia pura; se vi capitasse d’incontrarla, avrebbe certamente un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, e incorniciato da una matassa di capelli scuri, scompigliati e dotati di vita propria. In poche parole, indomabili.
Il suo colorito messo al confronto col mio dava l’effetto “latte e cioccolato”, solo che ero io il gessetto vivente.
Per questo, quando ci incontrammo quel giorno a via Nazionale, il contrasto fu evidenziato ancora di più dall’abbigliamento.
Io potevo sembrare Mortisia, lei Mafalda…ma credo sia inutile dirlo.
La adoravo, nel senso più stretto del termine, e se mai ci fosse stata l’occasione, avrei dovuto conoscere un suo caro amico, Tommaso.
Ora, la domanda che vi starete ponendo è: e questo tizio adesso che c’entra?
Bene, vi spiego anche questo.
Tom era il sosia perfetto del licantropo –acerrimo rivale di Edward, sottoscrivo- ed ero curiosa fino alla morte di poterlo vedere con i miei occhi, di persona, non solo in foto.
Il problema erano la scuola e le uscite.
Sia io che la mia amica avevamo troppi impegni.
Perciò la cosa restava sospesa lì, nel vuoto più assoluto.

Durante le cinque ore di lezione, seguii le spiegazioni dei professori molto poco.
Ero impegnata a disegnare Edward su una pagina del mio diario.
Naturalmente era uno scarabocchio, e mi consolavo ripetendomi che la perfezione non può essere ricreata su carta.
Forse col tempo però sarei riuscita a disegnare qualcosa di più simile ad un essere umano che ad un manga.
Ogni domenica era stata riempita da immagini, tutte create da me.
Le mie compagne di classe spesso mi chiedevano perché avessi scelto il liceo classico invece dell’artistico, al che io facevo spallucce e dicevo di non saperlo davvero.
Non era la scuola ad importarmi sul serio di quei tempi.
Nella mia testa le immagini del suo volto erano vivide. Era l’unica cosa a cui pensassi nell’intero arco di una giornata.

Edward…

Ed il suo nome faceva sì che un sorriso solcasse le mie labbra.
Alessandra, seduta al mio fianco, ogni tanto notava l’espressione beata e alzando gli occhi al cielo borbottava –Ecco…di nuovo a pensare a quel coso buffo stai…-
Ma la ignoravo.
Lui non era buffo, per niente!
Accadde un giorno, poco tempo prima, che Valeria –un'altra amica- leggesse il mio diario segreto, che avevo deciso di portarmi a scuola per scrivere una cronaca dettagliata delle ore di lezione, e di ciò che gli altri combinavano.
Chiariamo, quasi tutte le pagine erano piene del suo nome fino a scoppiare, e se mancava il colore era solo in quelle volte in cui avevo raccontato i sogni che facevo.
Le parole che uscirono dalla bocca della ragazza mi causarono una fitta acuta di dolore, ma come poter dire la verità a lei?
-Ma Sammy…è solo il personaggio di un libro! Non esiste!- il suo tono era quasi tenero, materno. Non era sua intenzione ferirmi, eppure ci era riuscita.

…Non esiste…

ma questo lo ripetei nella mente, quando le risposi, dissi –Sì…lo so-.
Ma non avevo detto che aveva ragione.
No, questo non potevo farlo.

Questa storia è tremendamente autobiografica all'inizio, spero quindi che riuscirete a comprendere che mi sto mettendo a nudo. I miei sentimenti, le mie amicizie...è tutto vero. I personaggi non sono frutto della fantasia, esistono, e li ringrazio proprio per questo.
Il mondo surreale si unirà presto alla storia, ma dovrete pazientare massimo un altro capitolo o due.
Questo racconto è dedicato ad una persona fantastica(ndt: non Edward XD): Laura.
[La mia stupenda amica di chat, nonchè confidente e complice durante l'inseguimento a Rob Pattison XD].
[Laura, ti adoro].

Ringrazio in anticipo chi leggerà e se vorrà lascierà commenti.
Grazie infinite a tutte.

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Capitolo 2
*** Sogno ***


capitolo 2 2. Sogno

Quel giorno il mio umore era stato rovinato del tutto, le parole di Valeria mi avevano colpito forte.
Non ero capace di sopportare i giudizi altrui, e oltretutto, una piccolissima parte di me che ancora vantava di possedere una certa razionalità mi ripeteva che la ragazza aveva ragione.
All’uscita da scuola salutai tutte le mie compagne rapidamente e cercai l’auto di mio padre posteggiata da qualche parte.
La trovai al lato opposto della strada in cui mi trovavo.
Affrettai il passo e salii accanto a lui.
Neanche ci salutammo.
Il rapporto tra noi era complicato: non avevamo niente in comune. Volsi lo sguardo sulla strada non appena mise in moto, e infilai veloce le cuffiette dell’i-pod alle orecchie.
Quando non si ha niente da dire, tanto vale restare un po’ per conto proprio.
Durante i sette minuti –neanche- di viaggio, ripetei il nome di Edward fino allo svenimento e solo di tanto in tanto –quando decidevo di dar tregua al mio povero sogno- pensavo a qualche nuovo sviluppo per le storie fantasiose in elaborazione con Laura.
Un'altra cosa che adoravamo letteralmente fare insieme era creare avventure che si basassero su Twilight.
Scrivevamo su msn cose simili a copioni, potrei dire quasi come Shakeasper.
Ora sarebbe complicato scriverne qualche parte, perciò lascio stare.
Appena papà parcheggiò l’auto, ne uscii a fatica, ritrovandomi quasi ad inciampare in mezzo ai cespugli ai lati della strada.
Odiavo il fatto che mettesse l’auto in un punto così scomodo per me.
Mentre mi avviavo veloce verso il cortile, presi una stolta e sentii mio padre lamentarsi dietro di me con frasi del genere: “Ma come fa ad essere così imbranata…”.
Mi morsi un labbro e trattenei la voglia di rispondergli.
Entrammo in casa sentendo il nostro cane abbagliare come un forsennato –e vi assicuro, quasi ulula- e ridacchiai chinandomi per accarezzarlo, mentre lui scodinzolava gioioso.
-Sì, sì…lo so che mi vuoi bene!- e mentre gli dicevo questo lo stringevo forte. Come a volerlo stritolare.
Come sempre Semola si stancò prima di me con le feste, e si dibattè per liberarsi, così lo lasciai perdere e andai a lavarmi le mani rapidamente.
Mamma aveva già apparecchiato, ed ora era intenta a mettere la pasta al sugo nei piatti.
La salutai con un brontolio e attesi la solita domanda: “Com’è andata oggi?”. Per rispondere poi in questo esatto modo –Non saprei…-, e notare la sua espressione contrariata mentre ripeteva cose come “Ma chi va a scuola in questa casa, io o te?”.
Ma non era davvero infastidita, diceva sempre così.
Mi misi a tavola assieme ai miei genitori e mangiammo ascoltando il tg.
Nessuno di noi aveva argomenti così interessanti, o almeno io. Non potevo certo cominciare a lamentarmi su ciò che aveva detto Valeria e far pensare così a mamma e papà che fossi pazza per il semplice fatto che il mio malumore era causato da ciò che provavo per Edward Cullen!

Subito dopo mangiato mi misi a fare i compiti. Le difficoltà maggiori furono con Greco e Matematica, ma con Storia dell’Arte ed Epica il lavoro fu semplicissimo.
Il giorno seguente mi attendeva un compito di Latino però, così fui costretta a ripassare tutto il programma svolto.
Arrivai perciò alle sei e mezza del pomeriggio –o dovrei dire sera inoltrata- e mi fiondai subito sul computer, che avevo ribattezzato intelligentemente Jacob, perché era terribilmente lento certe volte.
Una volta entrata su msn, attesi due minuti e subito comparì la casella di dialogo con Laura.
Mi aveva salutato con un gran “CIAO!” e non potei far altro che ricambiare allegra.
Con lei ci si sentiva sempre così!
-Allora…com’è andata oggi?-
scrissi ed invia rapida, attendendo una risposta, che arrivò subito.
-Molto bene! Ho finito di leggere Cime tempestose!-
letto questo mi rabbuiai un po’, speravo non le sfuggisse qualche particolare, dal momento che io ero arrivata pressappoco a metà del romanzo.
-Bene, non raccontarmelo! Comunque…- aspettai qualche istante poi terminai la domanda con la parolina magica:
-…Scleriamo?-
e lei per tutta risposta mi inviò una faccina con gli occhi sognanti.
Sì, eravamo davvero fuori di testa, ma come poter lasciar perdere gli intrecci amorosi che creavamo con tanta facilità?
Non si può, naturale.
Passai il resto della serata, fino alle nove e mezza passate, a scrivere con la mia amica, ma poi mamma arrivò borbottando e dicendo che era ora di salutare tutti e spegnere il povero Jacob.
Sbuffai e salutai a malincuore Laura, lasciando in sospeso la storia fino al giorno seguente.
Non ne avremmo fatto a meno!

[…]

Non so chi fossero i due ragazzi seduti accanto a noi, so solamente che Edward stava mangiando del cibo, e che non faceva una piega. Sembrava tremendamente umano.
Sempre perfetto, ma diverso dai sogni precedenti.
-Sei sicuro di voler mangiare questa roba?- gli chiesi sottovoce per non farmi sentire da altri se non lui.
Edward si voltò e annuì lievemente, sorridendomi.
Sospirai e continuai a guardare il mio piatto, ancora pieno.
All’improvviso lo sentii sghignazzare. Mi voltai nuovamente verso di lui e lo vidi in uno stato non molto normale per un vampiro.
Sembrava brillo, un perfetto ubriaco.
Mi alzai scatto e lo tirai su agitata e impaurita.
“Che diavolo gli è successo?!” mi chiesi, ma davvero non potevo saperlo. Pensai a qualcosa che avesse a che fare col cibo che aveva appena ingerito.
All’improvviso mi ritrovai a doverlo sorreggere, sembrava un cadavere tanto era inerme.
-Edward!- il mio tono si era trasformato, ora si poteva percepire l’ombra d’isteria.
Lui non mi rispondeva, sembrava svenuto.
Mi toccò trascinarlo fino alla camera da letto, e lasciarlo lì, per recuperare il telefono e chiamare i suoi familiari.
Dopo meno di un attimo rispose Jasper.
-Pronto?-
-Jasper, sono Samantha…senti, è successo qualcosa a Edward. Ha mangiato del cibo umano e…-
-COSA HA FATTO?!-
era la prima volta che sentivo il tono allarmato di Jazz. La cosa non mi diede conforto.
Scrollai il capo e lanciai un’altra occhiata a Edward, ancora immobile sul letto.
-Cosa devo fare?- sembrava più una supplica che una domanda normale.
Il vampiro dall’altra cornetta mi disse di andare a casa loro.
Acconsentii e poi la scena del sogno cambiò. Mi trovavo in un bar, le pareti erano in legno chiaro, color ciliegio. Fuori dalla vetrata notai le nubi fitte ed il cielo grigio.
Dove ero? Non saprei dirlo, ma non avevo affatto timore di ciò.
Il cellulare nella mia tasca squillò all’improvviso.
Una donna, che credo potesse essere Esme, mi chiese ansiosa: -Dove hai intenzione di andare ora?- e la mia risposta fu quasi ovvia, niente più di una ripetizione.
-In Italia…credo sia arrivato il momento che aspettavo, e comunque prima o poi sarei partita-.
Lei non rispose, riattaccò semplicemente.
Uscii dal locale e salii in auto.
Sembrava la Volvo grigio metallizzata di Edward.
Misi in moto e partii in quarta, accorgendomi poco dopo di andare contromano. Sterzai e finii col la fiancata del mezzo nella corsia dove le altre macchine sfrecciavano veloci.
Subito la paura mi fece pensare “Ora mi scontrerò con qualcuno…”, ma ciò non accadde.
Le altre auto si erano fermate prima.
Solo due aveva oltrepassato il traffico che avevo creato e mi avevano affiancato.
Una voce maschile all’interno di un auto rossa sportiva disse con tono scherzoso -Davvero una guida perfetta!-.
Chissà come, o perché, lo riconobbi subito: Emmett.
Intanto, occupata com’ero ad osservare lui dal finestrino, non mi ero accorta di una presenza accanto a me.
Mi voltai e sussultai. Rosalie mi guardava storto, con le labbra tese.
-Chi accidenti ti ha dato la patente?!-
al che abbassai lo sguardo un po’ frustrata.
-Non mi ero accorta di andare nel senso sbagliato…-, cercai di dire.
Lei sbuffò e si mise al posto mio, facendomi togliere.
Davvero non riuscivo a sopportarla quando faceva così! Ma comunque…ripartimmo lungo la strada giusta, con l’auto rossa davanti a noi e quella nera al fianco.
Sapevo con sicurezza che lì si trovavano Alice e Jasper.
Non sapevo dove fossimo diretti. La mia stupidità aveva fatto sì che l’Italia venisse al secondo posto.
Speravo che loro potessero aiutarmi a capire cosa diamine era accaduto a Edward.
Lungo la strada trovammo del traffico, ma lo superammo rapidi, senza problemi.
Arrivammo fino ad un bosco, dove l’asfalto terminava e l’erba e la neve prendevano il suo posto.
Guardai il manto bianco e fitto e mi chiesi perché non sentissi freddo.
Poi notai le moto da neve poco lontane. Una per ognuno di noi.
A cosa ci servivano se potevamo correre con le nostre gambe ad una velocità maggiore?
Non feci domande, e salii su uno di quei cosi.
Mi sembravano terribilmente scomodi.
Alice ridacchiò notando la mia espressione. Non saprei dire quale fosse.
-Riuscirai a guidarla, te lo assicuro- e detto questo mise in moto la sua.
“Speriamo sia come dici!” pensai…e dopo aver spinto l’acceleratore m’impennai e caddi.
“Fantastico!” dissi amara.
All’improvviso sentimmo delle risate e Jacob comparve dal bosco sghignazzando.
-Problemi?- chiese, e subito ringhiai infastidita.
Edward, era ancora un punto interrogativo nella mia testa.

Mi sveglia di colpo, accorgendomi di aver sudato freddo.
Un altro sogno, oltretutto abbastanza lungo…e strano.
Perché Edward aveva rischiato così tanto?
Aggrottai la fronte pensierosa e osservai l’oscurità della mia stanza.
Le ombre mi parvero animate, quasi di persone. Le studiai con lo sguardo per un po’, poi sospirai e mi alzai andando in cucina. Avevo urgente bisogno di un bicchiere d’acqua.
Una volta che ebbi rinfrescato la gola secca, me ne tornai a letto e cercai di non dimenticare neanche il più piccolo particolare di quell’avventura.
Ero felice di averlo rivisto, anche se in circostanze poco piacevoli. Prima di cadere nuovamente nel sonno, con tante nuove domande a girarmi per la testa, il ghigno fastidioso di Jacob Black mi passò per la mente e crollai con una smorfia di rabbia stampata in faccia.

La mattina che seguì agli eventi di quella notte fu esattamente coma la precedente: il trillo della sveglia, la colazione, il viaggio verso scuola e –naturalmente- la scuola.
Non ripensai neanche un istante alle parole della mia amica, ma anzi m’impegnai in modo tenace a far ritornare a galla ogni piccola immagine del mio incontro notturno con il bel vampiro e la sua famiglia.
Avevo un bisogno disperato, quasi come quello di un drogato con l’eroina, di tenerlo stretto a me. Se avessi scordato tutto, mi sarei sentita persa, e ci sarebbe voluto molto prima che tornassi alla normalità.






Ringrazio con tutto il cuore le persone che hanno letto il primo capitolo di questo racconto, e che ora hanno dato un'occhiata anche al secondo.
Spero davvero che la storia continui ad interessarvi!
Ed ora, i ringraziamenti rapidi a chi ha anche commentato ^^:
x Princess of Vegeta: Lo sai Spruzzetto di sole che ti voglio tanto bene, no? ;-P grazie per aver commentato! =) bacioni, ci sentiamo eh? XD
x Kikyo90: ecco qui! che dici, ho aggiornato abbastanza presto? ;-p
x Rosalie_Hale_Cullen: sono contenta che la storia ti piaccia! attendo un tuo commento, bacini.
x Gin_ookami97: Welà! forse hai frainteso! XD all'inizio è davvero una biografia! stai leggendo le mie giornate -o almeno ciò che per me è routine!- comuuuuuunque...grazie del commento! e no, mi dispiace, Edward il suo numero non vuole che si dia in giro ù.ù (è un tipo riservato e permaloso XD). Alla prossima! Baci!
Sammy Cullen.

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Capitolo 3
*** Essere pazzi non è poi la fine del mondo, ma chi sono io per parlare? ***


capitolo 3 3. Essere pazzi non è poi la fine del mondo…ma chi sono io per parlare?

-Che leggi vampira? Twilight?-.
Alzai gli occhi da “Cime tempestose” solo per guardare dritto in faccia Francesco, un ragazzino alto sì e no un metro e sessanta.
Era uno dei compagni meno sopportabili che avessi in classe. Criticava il libro che aveva appena nominato dicendo che era un romanzetto economico.
Aggrottai la fronte confusa dall’affermazione e poi non lo degnai neanche di una risposta, tanto lui girò sui talloni e si allontanò.
A ricreazione preferivo godermi un po’ di sana quiete, mentre tutti gli altri ridevano e chiacchieravano di cose che in quell’attimo mi sembravano tremendamente stupide.
Riuscii a leggere un solo capitolo con quei dieci minuti di pausa, e la cosa non mi piacque molto.
Quando tutti i miei compagni di classe si rimisero ai propri posti, a fianco a me si accomodò Margherita, che aveva deciso di scambiare il proprio posto accanto a Valeria con Alessandra.
-Ehi Sammy Cullen…adesso due ore con la Sforza, eh? E devo anche essere interrogata…-
Tenni il segno del libro e lo poggiai nel ripiano sotto il banco, voltandomi verso di lei e sorridendo poco convinta –Credo che toccherà anche a me-.
Quando la giovane professoressa –di soli ventinove anni- entrò in aula, si alzarono tutti come è solito fare…tranne me.
Stando all’ultimo banco non avrebbe mai notato il fatto che preferivo restarmene comoda al mio posto.
Quando si accomodò alla cattedra, la vidi chiaramente prendere il registro e controllare i voti: in italiano ancora non ne avevo uno per l’orale.
-…Uhm, vediamo un po’…oggi vorrei sentire…Margherita e…-
fece un attimo di pausa per ricontrollare e disse -…e Samantha-. Poi guardò verso il fondo dell’aula, dove ci trovavamo noi due, ed entrambe annuimmo decise.
Cos’altro potevamo fare altrimenti?

L’interrogazione durò troppo a causa delle continue interruzioni. Quando era il mio voto in gioco, accadeva sempre così.
Ogni dieci minuti qualcuno doveva entrare in classe od uscirne, ed io ero costretta ad interrompermi.
Margherita accanto a me era tranquilla, le domande che la professoressa ci poneva non erano niente di che.
Una volta che la cosiddetta tortura ebbe fine, scoprimmo il verdetto.
La mia amica aveva preso sette, io sei e mezzo.
Odiavo i voti coi mezzi, mi sembravano tremendamente inutili, ma se togliendoli il voto invece che migliorare peggiorava, allora preferivo così.
Scrissi il risultato ottenuto sul mio diario e poi poggiai stancamente la testa sulla superficie liscia e fresca del banco, chiedendo in prestito a Margherita il suo i-pod, dal momento che il mio era a casa sotto carica.
-Ma è quasi scarico…e se la prof. ti becca…-
-Non mi scopre, tranquilla…-
stavo usando il mio tono rassicurante, quello che faceva sorgere i dubbi alle persone. Sapevo essere una tipa maledettamente convincente se volevo.
Presi il piccolo apparecchio e ficcai le cuffie alle orecchie, cercando nella lista dei vari artisti i Blue, e una volta che li trovai, feci partire “A chi mi dice”.
Quella canzone mi faceva deprimere, ma non vedevo cos’altro potessi fare oltre che crogiolarmi nel mio intenso stato quasi catatonico.

Edward…perché non compari? Ora, qui. In questo preciso istante…

-“A chi mi dice….che tornerai, non credo oramai…e indosserai sorrisi e allegria, ma senza magia…e incrocerai lo sguardo mio per poi dirmi addio e…a chi mi dice…”-
Ad un certo punto, mentre ripetevo le parole della canzone movendo le labbra mute, Margherita si voltò e disse svelta –Abbassa il volume! Si sente!-
E così feci, un po’ infastidita.

All’uscita da scuola sperai che papà non fosse venuto. Avevo voglia di camminare un po’.
Arrivai fino al cancello e cercai la nostra Mercedes, ma non la vidi, e mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo.
Poi, mentre salutavo i miei compagni che si avviavano ognuno a casa propria, in direzioni diverse, mi ricordai di aver scordato l’ombrello ed il libro nel rialzo del banco.
Corsi nell’edificio rapida facendo le scale a due a due.
Il corridoio era lungo e silenzioso, mi soffermai ad osservarlo agitata. Sapere che non c’era nessun altro oltre me metteva soggezione.
Entrai in classe e riposi i due oggetti nello zaino.
Quando mi affacciai di nuovo fuori dalla stanza, decisi di andare in bagno un istante a bere un goccio d’acqua.
Nessuno mi stava mettendo fretta, avevo il piano superiore della scuola tutto per me, visto che le bidelle non si erano accorte del mio rapido ingresso.
Aprii il rubinetto e feci scorrere un po’ l’acqua, poi mi piegai per berla.
Ad un certo punto sentii un rumore debolissimo, quasi impercettibile, e mi voltai di scatto, schizzando un po’ dappertutto.
Mi ritrovai ad osservare la parete che nascondeva i water. Aggrottai la fronte e la aggirai.
Di quattro porte, tre erano chiuse ed una no. Entrai nell’unico libero, timorosa di aprire gli altri.
Mi misi in silenzio ad ascoltare, quasi senza respirare, e poi una delle porte cigolò e si aprì. Strinsi forte i denti timorosa di cacciare un urlo, e mi schiacciai quanto più potevo contro la parete.
All’improvviso la porta si aprì e qualcuno mi tappò la bocca con una mano enorme. Chiusi gli occhi senza guardare chi fosse l’aggressore e cercai di liberarmi dalla stretta, ma le labbra di lui sfiorarono il mio orecchio e con tono spazientito disse: -Smettila, sta calma-.
Decisi di dare retta alla voce calda e roca.
Mi sembrava di conoscerla…percepii il tono divertito nascosto da quello serio e aprii gli occhi quando mi resi conto del fatto che la pelle a contatto con la mia superava i quarantuno gradi.
Chi poteva avere così tanta forza con la febbre?
Nessuno. A meno che…
Borbottai un nome con le labbra ancora bloccate dalla grossa mano, sperando che lui capisse che non mi sarei messa a gridare, ma quella restò li, a schiacciarmi la faccia.
Quando venni presa di peso come un sacco di patate –e di conseguenza ebbi la libertà di parlare- sussultai e mi chiesi cos’altro sarebbe accaduto di li a poco.
Restai bloccata dal terrore quando saltammo nel vuoto fuori dalla larga finestra e atterrammo nel campetto da calcio su cui si affacciava.
-Oddio…sono morta, lo so che sono morta!- ripetei le stesse parole almeno trenta volte, fino a quando non fui posata sull’erba verde e dovetti guardare all’insù per scrutare il mio rapitore.
Forse però sarebbe stato meglio non farlo, perché la persona che mi ritrovai davanti non me la sarei mai potuta aspettare…e non mi sarebbe dispiaciuta la sua assenza.
Jacob Black ora sorrideva allegro, come se non avesse appena sequestrato una ragazzina di quasi quindici anni!
-Ehi, tutto apposto? Non era mia intenzione causarti un infarto- ridacchiò divertito delle sue stesse parole.
Io restai in silenzio, travolta da una miriade di emozioni.
Ero scioccata, anzi terrorizzata dal fatto che uno dei personaggi del mio libro preferito si trovasse dinanzi a me, credendo vivamente di aver perso completamente il senno di poi.
Ma questo non era nulla paragonato al confronto della gioia e della speranza che provavo nel cuore. Se esisteva Jacob, perché non sarebbe dovuta esistere l’unica persona che contasse davvero qualcosa per me?
-J-Jake…- balbettai il suo nome incerta e attesi impaziente una risposta.
Poteva essere una specie di sosia? Ma allora com’era stato possibile per lui calarsi fuori dalla finestra con così tanta agilità?
Il ragazzone sorrise di nuovo e annuì con la testa –Esatto, Jacob Black in persona!- e dopo aver detto ciò, anche se non era un comportamento adeguato per una fun dei Cullen, mi alzai da terra rapidamente –come può essere rapida una normale umana, è chiaro- e mi schiacciai contro il suo petto scoperto e solido come una roccia.
-Allora è vero…- le parole sgorgarono dalle mie labbra come le lacrime dagli occhi.
Lui tossicchiò un po’ imbarazzato ed un po’ divertito e subito decisi di scansarmi, rossa di vergogna in volto.
-Ehm…scusa tanto…- stavo per terminare la frase quando sentii i passi leggeri di qualcun altro sull’erba umida.
Mi voltai notando lo sguardo più serio di Jake, e trovai davanti a me un gruppo di ragazzi –tutti grossi quanto lui e con gli stessi tratti del volto- ed una ragazza.
Mi soffermai su di lei il meno possibile. Leah, col viso tirato dall’agitazione, mi osservava in modo più che sprezzante.
Provai ad indovinare chi fosse ognuno di quegli individui, che nella mia mente non avevano mai avuto un volto ben definito come i Cullen.
Ipotizzai che quello grosso come Jacob e con l’espressione seria e composta fosse Sam, ei due alla sua sinistra Paul e Jared.
Riconobbi allora Quil, che era più basso ma robusto in confronto ai compagni, ed Embry, allampanato.
Ma di tutti, solo uno contava davvero per me, così cercai con lo sguardo il più giovane del gruppo e lo trovai vicino alla sorella.
Seth Clearweater mi osservava curioso e allegro, così l’istinto non riuscì a frenare il mio entusiasmo e gli saltai letteralmente addosso.
-Seth! Ci sei anche tu…questo è…stupendo, davvero! E dimmi… anche i Cullen sono qui?-
Il giovincello –che pur avendo la mia età dimostrava qualche anno di più ed era abbastanza in forma- arrossì mentre ancora mi teneva in braccio con qualche fatica in più di Jake e rispose –Beh ecco…-
Ma fu interrotto bruscamente da Sam, mentre ancora non mi aveva dato la risposta.
-Cosa importa che loro siano o no qui?-
le sue parole mi fece irriggidire ed infuriare subito dopo, così mi calai giu da Seth e quasi aggredii il suo stupido capo branco.
Era da tanto che desideravo mollargli un pugno, anche se ci avessi rimesso le dita della mano destra.
-Come osi dire questo?!- feci l’azione di colpirlo, ma questo mi bloccò il polso rapido, e lo tenne stretto.
-Calma i tuoi bollenti spiriti ragazzina-. Il tono perentorio ed autoritario non fece altro che peggiorare le cose, così mi ritrovai a sibilare tra i denti –Sta zitto cane pulcioso-.
E subito sentii ringhiare qualcuno dietro di me.
Con la coda dell’occhio vidi Leah tremare e stringere gli occhi e i pugni per calmarsi.

Che idiota che è…

Pensai, e poi guardai di nuovo male il signorino Uley, che ancora mi tratteneva il braccio.
-Mollami subito!- gridai, e lui accontentò la mia richiesta.
Girai allora su me stessa per osservarli tutti. Ero bloccata all’interno di un cerchio costituito dai membri del branco Quieleute.
Strinsi i denti e dissi rivolta verso Seth –Dimmi, ti prego, se anche loro sono qui!-
Lui annuì rapido e spostò lo sguardo dal lato opposto del campo, oltre la rete, nel piccolo spiazzo da cui si arrivava dove eravamo noi.
Non stetti a pensare molto al da farsi, e scattai verso il punto indicato, correndo rapida all’uscita dal campetto di calcio. Ma quando fui quasi arrivata, gli giovani indiani mi si pararono davanti e Sam disse –Preferiremmo che tu non ti avvicinassi a loro-.
Sbuffai infastidita e li oltrepassai con qualche difficoltà.
Sentii Paul lamentarsi dicendo –Stupida, un altra seguace dei succhiasangue-
E non potei fare a meno di togliermi una scarpa e lanciargliela in testa.
-Imbecille di un randagio!- dissi, e la reazione fu pressochè immediata.
Il giovane tremò così forte da farmi spaventare e prima ancora di vedere se si sarebbe trasformato o no, girai sui tacchi e corsi ancora.
Tre passi e mi sfracellai a terra, rotolando dai quattro grandi scaloni che non avevo notato.
Trattenni il respiro presa da una fitta dolorosa al fianco destro e strinsi I denti.
Quando un paio di mani gelide mi tirarono su seduta, spalancai gli occhi e mi ritrovai a fissare il volto più perfetto del mondo. L’unico bagliore di felicità che avessi atteso in tutta la mia vita.
Edward Cullen mi guardava dritto negli occhi col suo sguardo d’oro liquido.
Solo che c’era qualcosa che non andava: vedevo il suo viso capovolto.
Quando capii che lui si trovava dietro di me, mi voltai cercando di rialzarmi, e lui mi diede una mano.
-Tu…tu…- ma non riuscivo a terminare la frase, perchè la parola chiave mi era rimasta incastrata in gola.

Esisti...





Bene...ecco il terzo capitolo!!! da qui inizia il divertimento...la magia!
Ora vi saluto, mi dispiace che non possa ringraziarvi una per una ma ho fretta! Quindi grazie tante! bacioni a tutte, e alla prossima!
Sammy Cullen

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Capitolo 4
*** Quando il sogno sembra diventare un incubo, e non mi sveglio. ***


capitolo 4 4. Quando il sogno sembra diventare un incubo, e non mi sveglio.

Spalancai gli occhi quasi come se il mio intento fosse quello di farli uscire di proposito dalle orbite, poi cercai di terminare la frase, ma ancora una volta il tentativo fallì.
Edward mi prese tra le braccia premuroso, quasi fossi una bimbetta che cerca ancora le cure indispensabili di una madre, e la cosa inizialmente m’infastidì quasi…ma poi, continuando ad ammirare la perfezione del suo volto e facendo qualche osservazione –ad esempio il fatto che per lui ero pressapoco una neonata ancora in fasce, ragionando sugli anni che ci separavano- riuscii a trattenere ogni scintilla di negatività.
Cosa importava in quel momento della distanza tra la sua e la mia età?
Ero o no tra le sue braccia? E non stavo ammirando forse il viso pallido e dai tratti sottili, delicati, quasi creati apposta solo per renderlo ancora più stupendo?
Sì.
Allora, mi dissi, nient’altro aveva importanza.
Lui sorrise guardandomi, poi quando la sua voce sfiorò il mio udito quasi come una carezza, avvampai dalla commozione: mi era familiare quanto quella dei miei cari genitori.
-Tutto bene?-
e a questa domanda non riuscii a rispondere a parole, quindi mi limitai ad annuire.
Edward mi osservò un attimo dubbioso, poi mi adagiò delicatamente sul gradone più in alto.
Deglutii e restai paralizzata a fissarlo, per incanalare ogni immagine nella mente, e sperare che la memoria durasse fino alla fine dei miei giorni nel modo migliore.
Qualcuno ridacchiò sommessamente in un punto non molto lontano, e volsi lo sguardo oltre Edward, con un pò di amarezza, per vedere gli altri membri della famiglia Cullen avvicinarsi.
Emmett sogghignava divertito studiando la mia espressione, e fu grazie a quel particolare se riuscii in fine a dire –Siete qui! Oh, finalmente…non potevo ricevere gioia più immensa!- e balzai di nuovo in piedi di fronte a Edward sorridendo timidamente.
Alice intanto aveva fatto un passo avanti, sul suo volto era dipinta un’espressione curiosa, quasi quanto quella di Seth.
Sapevo che avrebbe previsto la mia reazione –se già non lo aveva fatto-, nel momento esatto in cui avessi pensato di gettargli le braccia al collo.
E così accadde, prima ancora che fossi io a muovermi, lei mi abbracciò e mi strinse contro la sua pelle fredda e dura.
-Ancora non posso crederci!-
E mentre li osservavo tutti, uno per uno, da Carlisle ad Esme, da Rosalie a Jasper ed Emmett…qualcosa riaffiorò dalla mia mente, e mi rattristai.
Mi scostai da Alice, coi suoi capelli neri e sparsi a destra e sinistra, e bisbigliai con una voce intrisa di rammarico –Esiste anche lei vero?-
Ma la domanda era diretta solo ad una persona, forse due, ma non sapevo se esistesse anche la figlia, in tal caso Jacob era fuori dai giochi.
Edward, che aveva continuato ad ascoltare I miei pensieri in silenzio osservandomi concentrato, rispose con voce calma, quasi avesse il timore di ferirmi ancora di più.
-Sì, Isabella esiste-.
Bene, ora, anche se potrebbe sembrare una reazione esagerata, accadde in un modo così immediato che nessuno, nemmeno il vampiro-folletto che avevo appena salutato affettuosamente, avrebbe potuto prevedere.
Le lacrime sgorgarono dai miei occhi così numerose da offuscarmi la vista, ei singhiozzi mi rubarono non poca aria, costringendomi a tossire e a respirare un bel pò.
Isabella esisteva, e questo voleva stare a significare che avrei sofferto in eterno per un amore non contraccambiato.
Ed ero tremendamente egoista, non pensando che sapere Edward felice avrebbe dovuto causarmi gioia di rimando, anche se I suoi sentimenti non erano per me.
Anzi, sapere ciò mi fece quasi deperire all’improvviso, e caddi in ginocchio, stringendomi la testa tra le mani.
-Perchè? Perchè non posso essere davvero felice?-
nessuno rispose alla mia domanda, perchè non era in attesa di risposta.
Quando qualcuno mi accarezzò la testa e aciugò con una mano –gelida- le lacrime che mi rigavano il viso, volli vedere chi fosse, e trovai Esme; la vampira col cuore d’oro, colei che aveva la capacità di amare in modo smisurato, mi sorrideva teneramente, cercando forse di farmi calmare.
Per un attimo la sentii davvero vicina a me, e sentii il bisogno di accocolarmi addosso a lei per sentirmi protetta…ma non lo feci.
Sarebbe stato un taglio nuovo al mio cuore, che di lacerazioni ne aveva subite fin troppe.
L’attesa straziante di due anni, il sogno che si avverava, e poi subito tutto allo sfracello.
Non era questo ciò che speravo.

Mentre ancora mi crologiolavo in uno stato di catatonia assoluta, sentii il ringhio infastidito di qualcuno e poi la voce di Jacob disse aspra: -Perfetto! Ora la ragazzina sta a pezzi. Possibile succhiasangue che tu non riesca a far qualcosa di giusto?!-
Edward sibilò, e seppi con certezza che era lui anche senza alzare gli occhi.
Non volevo ammirare la sua perfezione se non potevo possederla. A che pro? Non ero certo io ad ottenere qualcosa.
Mi rialzai e continuai a tenere gli occhi bassi.

Questo sogno può anche concludersi qui, allora…

Mi asciugai le lacrime e sperai che da un momento all’altro tornassi alla realtà.
Forse mi sarei svegliata con la testa pogiata al banco, con l’I-pod di Margherita acceso e la musica che mi riempiva la mente attraverso le cuffiette.
Forse.
O invece…
-Perdonami, ti prego-
la sua voce mi colpì forte. Uno schiaffo avrebbe fatto meno male. Ma queste parole causarono un effetto improvviso, a cui non potei oppormi.
Mi infuriai e alzai lo sguardo da terra solo per guardare male colui che amavo, sperando quasi di poterlo incenerire e poi –forse- farlo rinascere.
-Perdonarti?! Perdonarti per cosa?! Non capisci! Io non potrò mai davvero odiarti! Mai e poi mai, anche se tu decidessi di torturarmi e farmi a pezzi, come potrei odiarti se la mia morte sarebbe causata da te? Perdona tu me, perchè il mio egoismo causa più dolori di quanti l’amore che provo possa risolverne!-
Ciò che dissi fece ammutolire tutti. Vampiri e licantropi restarono in silenzio.
Seppi allora che avevo colpito a fondo.
Chi meglio dei ragazzi Queleute che avevano avuto l’imprinting poteva capirmi?
Oppure Carlisle ed Esme, Alice e Jasper ed Emmett con Rose.
Chi meglio di loro poteva comprendere?
Guardai Edward storcere la bocca e aggrottare la fronte, poi fece un passo verso di me, ed io uno verso di lui.
Non sapevo cosa sarebbe accaduto poi, ma non m’importava.
Sentii la rabbia sfumare, lasciare ogni muscolo del mio corpo in balia della stanchezza.
E la tristezza riprese possesso di me.
Quando Jasper mi toccò una spalla, si fece tutto buio, e poi, mi lasciai andare completamente alla pace.



Eccomi di nuovo!!! sono commossa! estremamente! sei commenti per un solo capitolo...WOW! mi dispiace, vorrei ringraziarvi una ad una, ma oggi sono un pò pigra ^^" vi sto facendo sorgere dei dubbi, e questo è ciò che voglio. "Perchè loro sono qui? e perchè parlano proprio con lei?" ve lo siete chiesto, vero?! XD beh, poco a poco capirete! baci! 

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Capitolo 5
*** Quando iniziano ad esserci delle spiegazioni e delle svolte impreviste ***


capitolo 5 5. Quando iniziano ad esserci delle spiegazioni e delle svolte impreviste

Quando un qualcosa di caldo e soffice ebbe spessore contro il mio corpo, capii che il sonno stava per terminare. Strizzai gli occhi ancora chiusi e cercai di ricordare dove fossi, e cosa era accaduto prima.
Il volto di Edward e degli altri mi comparirono davanti come un flash.
Al che mi tirai su di scatto, con gli occhi sbarrati, e mi aspettai di trovarli tutti intorno a me, ma la delusione fu immensa, quando riconobbi le pareti ed i mobili familiari di casa mia.
Fu così facile ritrovarsi con la vista annebbiata dalle lacrime che quasi non me ne resi conto.
Era stato un altro sogno? Aggrottai la fronte respirando affannosamente e ricacciando indietro I singhiozzi.
Lanciai una rapida occhiata all’orologio sul mobile accanto al mio divano-letto e vidi che erano le tre e mezza passate del pomeriggio.
Feci un rapido calcolo e capii cosa potesse essere accaduto, ma avevo bisogno di conferme.
Sapevo che papà era a lavoro, perciò chiamai –Mamma…?- e lei arrivò subito, agitata.
-Oh! Ti sei svegliata amore finalmente…mi spieghi cosa diavolo è accaduto? Una delle bidelle della scuola che stava pulendo la palestra ti ha trovata svenuta negli spogliatoi!-
ascoltai ben bene la cosa e poi tirai a caso una scusa abbastanza buona –o almeno per chi sviene e ricorda qualcosa-:
-Beh ecco…io…alla fine delle lezioni mi sono ricordata di aver scordato un libro e l’ombrello lì…sai, oggi è sabato…avevo educazione fisica in seconda ora…-
notai la sua espressione indecisa, non sapeva se credermi o non.
Mia madre era un osso duro da masticare, e ci voleva una bugia perfetta.
Ragionai veloce e poi dissi col tono tranquillo e deciso di chi non ha nulla da nascondere –Davvero, quando sono arrivata negli spogliatoi, sono scivolata…adesso ricordo meglio cosa è accaduto…e deve avermi trovata li per pura fortuna!-.
All’inizio si accigliò osservando la mia espressione, ma vedendomi così sicura sospirò solo e disse –E va bene…sei sempre la solita maldestra…per fortuna non è successo niente di grave…- mi baciò la fronte e tornò ai suoi affari.
Mi ricordai quasi subito di dover controllare una cosa: se la scarpa che avevo lanciato a Paul dritto in testa era con me o con loro.
Mi alzai e andai a vedere nell’armadietto dove le tenevamo tutte.
A quanto pareva mia madre non le aveva rimesse a posto, così le trovai per terra, sotto lo sgabello.
Tutte e due.
Serrai i pugni e sperai che fosse come credevo, e cioè che i miei adorati amici sovrannaturali (che già definivo in modo così intimo pur essendo al corrente del fatto che loro non sapevano quasi chi fossi) avessero solo fatto tornare le cose alla normalità per quanto fosse possibile.
Era una copertura.
Io, ero io la loro copertura.
Sorrisi tra me al pensiero e quasi senza pensare, mi fiondai sul cellulare e mandai un sms a Laura.

“Posso chiamarti a casa? Baci. Sammy”

Dovevo assolutamente incontrarla una seconda volta, sentivo che lei aveva diritto d’incontrarli quasi quanto me. Non passarono più di dieci secondi che ricevetti una risposta degna della mia amica:

“Ok, tanto sono a casa da sola, mamma è a lavoro…

ma che è successo?! Hai sognato il Tizio?!”

“Il tizio”.
Ridacchiai divertita. Edward con lei non aveva più un nome normale. Ogni volta Laura lo ribattezzava in ogni modo.
Qualche esempio?
Edwarduccio, Edwino, Eddy, Edwardino…
Il tizio.
Questo però era il suo preferito, e poi naturalmente poteva passare di tanto in tanto alle offese, ma non molto. Avevamo stipulato una specie di tregua, io non avrei chiamato Jacob “cane pulcioso” o “randagio” e lei non avrebbe neanche preso in considerazione “succhiasangue” e “sanguisuga”.
Ma certe volte le era sfuggito “pipistrello”, e quando ribattevo che era un animaletto adorabile, lei rispondeva prontamente “topo con le ali”.
Scossi il capo e composi il numero di casa con il cordless.
Fece qualche squillo poi sentii la sua voce, chiara e cristallina.
Prima di scambiarci i numeri di telefono, pensavo che avesse un timbro più basso e flebile, invece avrebbe potuto far concorrenza ad Alice.
Ma comunque, rispose con la solita allegria cucita addosso.
-Ciao Sammy!-
risposi che già ridacchiavo –Ehilà-
e la sua risatina si unì alla mia per qualche istante, poi presi fiato e dissi rapida –Non puoi immaginare cosa è accaduto!-.
-Uhm…nah infatti, dimmelo tu, no?-
era curiosa, ma celava la cosa dietro al tono scherzoso.
-Mi prenderai per pazza?- la mia voce si era fatta seria senza che lo avessi deciso, ma sapevo che era meglio così.
La ragazza restò un attimo in silenzio poi rispose più cauta –Devo preoccuparmi?-
-No! no assolutamente, ma…-
-Ma…???-
attendeva impaziente, e sapevo che se non glielo avessi detto in quel frangente, non ci sarei riuscita mai più.
Respirai a fondo e dissi –Possiamo vedercì questo giovedì?-
Un’intera settimana ad attendere, ma era un giorno abbastanza adatto.
Lei ci pensò su e poi rispose –Ma lo sai che il giovedì ho catechismo…e che il mio “branco” non è affabile con gli sconosciuti…-
Risi alla parola branco –I tuoi amici dovranno essere affabili, e se non gli va che vadano a quel paese, io conosco te, e devo mostrarti una cosa troppo…stupefacente!-
Laura ci rimuginò un pò su e poi disse –E va bene…ora mi hai incuriosita!-

Per fortuna…ora devo solo ritrovare loro.

Ci accordammo quindi per il giovedì prossimo ad arrivare.
Essendo sabato, già facevo il conto alla rovescia.
Mi vestii veloce e dissi a mamma che la settimana seguente sarei andata con Alessandro a San Giovanni.
Naturalmente il mio amico non era previsto, ma fui costretta a chiamarlo e a spiegargli che avrebbe dovuto reggermi il gioco.
La cosa che apprezzavo del mio migliore amico era la semplicità. Seppure mi chiedeva il motivo di un qualcosa che facevo e gli sembrava strano, non se la prendeva se non gli spiegavo il motivo.
I Cullen ed i Queleute erano top secret, e lo sarebbero stati fino a quel giovedì.
-Dove vai ora?- mia madre s’interessò al fatto che stessi per uscire.
Le dissi rapida che la mia meta era casa di Ale.
Seconda bugia in un giorno, ed il mio compagno di bravate era pronto a darmi una mano.

Ero a metà strada per arrivare da lui. Sarei salita solo un pò, avrei chiamato per assicurare mamma che ero arrivata e non avevo mentito, e poi sarei uscita di nuovo.
Per andare dove, però?
Non lo sapevo, ma ero certa che mi stessero tenendo d’occhio, quindi cercai un luogo abbastanza adatto a poter parlare con loro in santa pace.
Mi diressi sulla pista ciclabile, dove si trovava non molto lontano uno spiazzo con delle giostre.
Ci arrivai in venti minuti, e mi affrettai ad occupare una delle altalene, attendendo il loro arrivo.
Non passò molto che sentii dire–Eccola qua-
Era una voce allegra, un pò roca.
Emmett.
Mi voltai per osservarli, ma si erano volatilizzati. Aggrottai la fronte osservando sempre lo stesso punto, ma qualcuno bloccò l’oscillare tranquillo della mia seggiola tenendo le catene dal lato opposto.
Volsi lo sguardo e trovai Seth, che mi osservava con un’espressione strana.
Come se…come se non mi vedesse da anni!
Sembrava che la mia assenza lo avesse frastornato, quasi ferito nel profondo.
La cosa non mi piacque affatto.
Sapevo cosa era accaduto. Il ragazzo aveva ricevuto il sacro dono dell’imprinting, e la sua amata ero io.
Ma la cosa non poteva andar bene…il mio sguardo guizzò su Edward, e quando lesse le domande che mi ponevo tristemente annuì comprensivo.
Ma ero riuscita a ricacciare indietro un pensiero troppo profondo per poterlo gridare così ai quattro venti.
Che io amavo lui, e per Seth non avrei potuto provare mai altro che semplice affetto.
Ricacciai le lacrime, che già sembravano intenzionate a sgorgare, indietro e dissi -Seth…-
Lui spalancò gli occhi gioioso. Potevo immaginare che effetto avesse avuto su di lui la mia voce…
Lo stesso che quella di Edward aveva per me.
Il suo sorriso mi fece vacillare, ma mi tirai su abbandonando l’altalena e li osservai tutti ancora una volta.
I licantropi –o mutaforma, anche se mi riusciva difficile definirli così- osservavano il loro giovane compagno, alcuni tristemente, altri tranquilli o comprensivi.
Jacob era nettamente infastidito.
La cosa mi stupì non poco.
Se osservava così il comportamento del suo amico, voleva dire che ancora non aveva sperimentato sulla sua pelle.
Quindi, facendo due calcoli, potei arrivare alla conclusione che Edward non era ancora diventato papà.
Che gran cosa!
Sorrisi soddisfatta e poi dissi –Bene…ora che siamo tutti presenti…volete spiegarmi perchè siete venuti proprio da me? Non che mi dispiaccia, anzi! Ma davvero, sono curiosa-.
Alla mia domanda rispose Carlisle, dopo che tutti ebbero avuto un attimo di silenzio per riflettere.
-Neanche noi sappiamo perchè, o come, è accaduto, ma una donna…Stephenie Meyer, ha scritto dei romanzi e noi ne facciamo parte- aggrottò la fronte di alabastro come se le sue stesse parole gli suonassero assurde.
Io sorrisi ed iniziai a comprendere –Bene…a questo posso rispondere. Allora, per prima cosa sì, voi tutti siete i personaggi di una saga letteraria per ragazze, credo che avrete sentito parlare soprattutto a Forks dei libri “Twilight, “New moon”, “Eclipse” e “Breaking down” e che il film nelle sale non vi sia sfuggito-.
Sentire gli occhi di tutti puntati su di me dava un pò fastidio, ma sapevo che gli sarebbe stato difficile fare altrimenti.
Emmett bofonchiò qualcosa che percepii più o meno come “Già, il tizio che interpreta il nostro Eddy è davvero uno spasso, meno somigliante non si poteva!” ed il diretto interessato sorrise amaramente al fratello e rispose –Quello che ha la tua parte invece è davvero identico all’originale, il coltello in mano ti si addicerebbe-
Ripensai a quella scena del film e senza volerlo scoppiai a ridere. Ed Edward, che aveva rivisto l’immagine attraverso I pensieri, mi seguì a ruota. Mi piacque osservarlo mentre rideva. Era ancora più bello.
Riordinai le idee non appena la domanda che mi vorticava da tempo in testa non tornò al suo posto.
Mi feci pensierosa e poi diedi voce alle parole, pur sapendo che un vampiro tra tutti aveva già ascoltato ogni cosa.
-Potreste rispondere voi a una mia domanda?-
lo sguardò passò da Edward a suo padre, ma rispose il primo…a ciò che non avevo ancora chiesto direttamente.
-Abbiamo cercato te perchè i tuoi sogni ci hanno fatto capire che era la cosa giusta da fare-
mi bloccai dallo stupore e balbettai –I…I miei sogni?-. Edward sorrise rassicurante e fece di sì con la testa, Alice intanto si era avvicinata di nuovo, come quella stessa mattina, e un pò oscurata in volto disse –Non sono riuscita a vederti…tutta colpa loro- lanciò ai licantropi un’occhiataccia e poi sospirando disse –Mi sento come cieca…-
cercai di sorridere e poi dissi rivolta a tutti –Adesso ho le idee più chiare…ma vorrei informarvi che questo giovedì avrei intenzione di farvi fare un giro turistico, in fondo siete miei ospiti-
Seth sorrise e mi si avvicinò radioso –Grazie dell’ospitalità- il tono dolce non era stato ben nascosto, e mi causò un’ondata d’imbarazzo.
Paul, Quil ed Embry ridacchiarono, mentre Leah quasi ringhiava osservando sprezzante la scena e Jacob, Sam e Jared restavano seri.
Incrociai lo sguardo di Jake e vi lessi il fastidio ancora una volta, ma riusciva perfettamente a controllarsi.
Mi feci coraggio e rialzai gli occhi verso Seth –Ehm…non è niente di che…noi italiani siamo ospitali per natura! Comunque…Seth, dovrei dirti una cosa…-
Forse non era il momento adatto, forse sarei stata crudele…forse, forse, ma il coraggio di dire la verità chi l’aveva?
Lui continuava a fissarmi sereno e felice, senza sapere che non era un ottimo aiuto.
Feci per parlare ma poi sussurrai combattuta e vigliacca –Niente…niente di importante-. E sorrisi a lui, lanciando qualche occhiata fulminea a Edward.
Possibile che non potesse mai andare come dicevo io?







Ringrazio JulyTHFreiheit92, Princess of vegeta6 & _Niky_ che hanno commentato precedentemente e tutte le persone che hanno messo la mia storia tra i preferiti:
1 - AlessandraMalfoy
2 - egypta
3 - Honey Evans
4 - huli
5 - JulyTHFreiheit92
6 - Kikyo90
7 - lady bella
8 - Lady blue
9 - masychan
10 - princess of vegeta6
11 - _Niki_


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Capitolo 6
*** Un incontro pieno di sorprese ***


capitolo 6

6. Un incontro pieno di sorprese

Passarono instancabilmente tre giorni, poi arrivò il giovedì.
Ero nervosa, ma mai quanto i miei strani amici, che si dividevano in due parti per niente bilanciate.
Alice, Emmett, Carlisle, Esme e Quil non avevano problemi nel farsi vedere da altri oltre me, ma tutti i rimanenti avrebbero di gran lunga preferito saltare la “gita turistica”.
Da questo discorso naturalmente escludo Seth, che avrebbe sempre accettato con entusiasmo ogni mia idea improvvisa.
Edward mi dava molte complicazioni. Ogni volta che incontravo lui e gli altri, mi sentivo in un imbarazzo tremendo.
Come se non bastasse, il fatto che la sua ragazza esistesse, non mi era di aiuto.
Cercavo sempre di non pensarci e se m’impegnavo riuscivo a farcela.
Il suo carattere per me era un libro aperto. Sapevo come avrebbe potuto reagire, cosa voleva sentirsi dire e cosa non.
Di tanto in tanto ci eravamo ritrovati a battibeccare, e ne avevo ammirato la furia in tutto il suo splendore.
Il solito problema era un ragazzo che si metteva in mezzo per prendere le mie parti: Seth.
Non sapevo come fargli capire che ogni buon motivo che trovavo per rivolgere la parola a Edward –sia in modo positivo che negativo- era intenzionale.
Una miriade di idee colorate mi roteava per la testa, e ogni tanto mi davo da fare.
Accadde proprio il mercoledì prima dell’appuntamento con Laura, che iniziassimo a bisticciare…
-No, no, assolutamente NO!-
Edward era in piedi nel mio piccolo salotto, ancora mi chiedevo come fossero riusciti lui e gli altri ad entrarci.
C’erano sei sedie intorno al tavolo occupate dai Queleute, con Seth e Jacob sul mio divano-letto (avevo il timore che crollasse sotto il loro peso), mentre i Cullen se ne stavano tranquillamente in piedi, senza sentire il bisogno di sedersi.
Io mi ero alzata dal piccolo spazio ricavato accanto a Seth e gli stavo davanti nervosa.
-Perchè no?! posso assicurarti che non accadrà niente! Possiamo fidarci di lei!-
la mia voce si era alzata di qualche ottava. I miei genitori erano a cena da una delle mie cugine, avevo insistito molto prima di convincerli a lasciarmi a casa “da sola”.
Speravo solo che la coppia dell’appartamento accanto non informasse i miei che avevo avuto ospiti.
Per non avere fastidi, avevo addirittura chiuso il cane sul balcone (non sapevo quanto tempo gli sarebbe rimasto da vivere con Emmett nei paraggi).
Edward serrò la mascella e iniziò a scuotere la testa stancamente –Samantha, non siamo venuti qui per assecondare i desideri di una ragazzina-
La parola ragazzina mi fece irritare –Senti Edward, non m’importa cosa pensi tu, okay?-
Chissà se qualcun’altro oltre me e il diretto interessato avessero capito che mentivo!
M’importava eccome ciò che pensava!
Lui mi guardò storto e poi sibilò fra i denti –I tuoi pensieri sono troppo espliciti-.
-Allora smettila di ascoltarli!- gridai con tutta la voce che mi era rimasta, gli occhi già umidi, pronti a liberare nuove lacrime.
Edward volse la testa di lato e non mi guardò oltre.
Il gesto fece male, ma non riuscii a far altro che voltarmi anch’io.
Emmett sbuffò e disse –Okay, okay…ora fate pace, che ne dite?-
-TU STAI ZITTO!- gridammo all’unisono io ed il fratello.
Seth fece per alzarsi e abbracciarmi, ma lo ammonii con un gesto e mi voltai di nuovo, osservando il bel vampiro che avevo tanto agognato incontrare riprendendo fiato.
-Edward…- la mia voce era strozzata, sembrava che avessi sprecato l’ultima scorta di ossigeno.
-…Ti prego, non farmi arrivare a dire certe cose…lo sai che non mi diverto a discutere con te…-
ed ero sincera.
Discutere con lui era positivo solo per certi versi.
Sul suo viso comparì una scintilla di rabbia ancora trattenuta, ma iniziò a pizzicarsi la punta del naso con il pollice e l’indice.
Un gesto solito che faceva per riprendere possesso della sua mente.
-Okay…fammi solo calmare…- ma la voce era ancora un pò tesa, e la cosa non mi piacque.
Ad una certa Paul grugnì e disse –Ehi succhiasangue, la ragazzina qui ha ragione, datti una calmata-.
Edward lo fulminò con un’occhiata, mentre Quil rideva divertito ed Embry li ammoniva con lo sguardo.
Perfino Emmett e Jasper sghignazzarono, mentre Esme li guardava severa e Carlisle scuoteva la testa divertito. In quel frangente, mi resi conto che anche Leah si era lasciata sfuggire un sorrisetto.
Jacob sembrava pensieroso, e non avevo davvero voglia di indagare.
Mentre ancora cercavo di calmarmi come faceva Edward, mi accomodai sul tappeto e sospirai.
-Comunque di Laura mi fido ciecamente-.
Non ero tipo da lasciare ad altri l’ultima battuta.

Quel giovedì mattina ero euforica.
Stavo per rivelare quella stupenda realtà a Laura, e ciò non era poco.
Ogni tanto mi ponevo qualche domanda, ad esempio come mai mi fidassi così tanto di lei –che avevo visto una sola volta di persona- in confronto a ragazze come Giorgia o Alessandra, che vedevo tutti i giorni a scuola. Addirittura, più del mio migliore amico Alessandro!
Altre domande erano il perchè del nostro rapporto così spontaneo di amicizia reciproca e della simbiosi con tutto che fossimo l’opposto l’una dell’altra.
Mentre mi vestivo ripensavo alla discussione avuta con Edward.
Sapere che lui sapeva –o che almeno un pò immaginava- cosa provassi nei suoi confronti era un sollievo, ma anche una tremenda fonte d’imbarazzo.
Oltretutto, sentivo come un contrapporsi…un susseguirsi anzi…di emozioni quando Seth mi osservava.
Avevo un timore che mi dilaniava dall’interno.
Possibile che l’effetto dell’imprintying iniziasse a dare I suoi frutti?
Era questo che stava accadendo? I miei sentimenti verso Edward sarebbero stati rimpiazzati da quelli per Seth?
Fuoco o ghiaccio?
Gelo o calore?
Odiavo quello stato d’animo così pieno di confusione…era un sentimento? Era l’amore?
 
La giornata a scuola passò rapida, non ero nella lista degli interrogati con nessuna materia, non c’erano compiti in classe e di cinque ore, una era educazione fisica.
Purtroppo fui tutto il tempo agitata per colpa dell’eccitazione.
Sembrava che mi fossi bevuta una caraffa di caffè, o non so cos’altro!
Nell’intervallo le mie amiche mi chiesero più e più volte se mi sentissi bene, ed io rispondevo –Bene? Benissimo!-.
Margherita mi si avvicinò ridendo, col suo viso ovale ed i capelli lunghi con una frangetta molto emo e disse –Ma Sammy Cullen…con cosa hai fatto colazione stammattina?-
La domanda era dovuta al fatto che stessi saltellando sul posto e che sorridevo beata.
Risposi con un sorriso a trentadue denti e nient’altro.
A lei bastò per scoppiare in una fragorosa risata.
Giulia, Marisa, Nicoletta e Giorgia intanto mi guardavano facendo finta di chiacchierare e si chiedevano come mai stessi così.
Se avessi sentito per loro la stessa fiducia che sentivo per Laura, glielo avrei detto.
Fui perfino tentata, sapendo per certo che avrebbe scosso la testa e avrebbero risposto cinicamente “Sono personaggi di un libro, non esistono…sei proprio andata in fissa”.
Alessandra e Valeria invece furono più dirette e mi dissero che la droga era meglio lasciarla stare.
Ridacchiai ancora, e così continuò la giornata scolastica.
 
All’uscita mi guardai intorno in cerca di un auto, ma non di mio padre.
Non avrei trovato lui quel giorno.
Notai la Volvo grigio metallizzata, in sosta di fronte al cancello della scuola, e mi fiondai li senza guardare le auto che arrivavano in strada.
La mia sbadataggine prima o poi mi sarebbe costata caro, diceva mamma.
Aprii lo sportello posteriore sinistro ed entrai, accanto a Emmett, Rose e Jasper.
Notai lo sguardo di Edward su di me dallo specchietto retrovisore, e chiesi cortesemente ad Emmett di farmi passare al centro e di lasciargli così il posto accanto al finestrino.
Non m’importava un granchè di finire vicino a Rosalie in quel modo.
Emmett rispose ridacchiando –Sissignore- e mi spostò di peso.
Non appena Edward mise in moto, mi sporsi in avanti facendo capolino tra il suo sedile e quello di Alice e dissi –Avete qualche cd in questa macchina o devo tirare fuori il mio I-pod e collegarlo con il cavetto?-
Edward rispose calmo –Nello scompartimento trovi tutto ciò che vuoi- e aprì un cassettino stracolmo di dischetti.
Ne lessi i titoli facendomeli passare uno ad uno da Alice, poi sbuffando dissi –Spiacente, ma queste non mi piacciono…a parte Debussy, ma ora non ho voglia di musica classica…-
-E di cosa avresti voglia, allora?- il tono di Edward era di scherno.
Non risposi e sorridendo dispettosa ripescai l’I-pod dalla tasca davanti dello zaino e lo collegai con il cavetto allo stereo.
Cercai una traccia e la misi a tutto volume.
“Hakuna matata” iniziò subito nel modo migliore.
Con mio gran divertimento iniziò a canticchiare anche Emmett, che m’informò dopo di saperla in molte lingue, tra cui tedesco e spagnolo.
-Hakuna matata…ma che dolce poesia! Hakuna matata…tutta frenesia! Senza pensieri la tua vita sarà…chi vorrà vivrà in libertà…hakuna matata!-
Dopo il primo ritornello Edward ringhiò stufo e staccò l’affarino dalla radio.
-Ehi Edwarduccio, perchè diavolo l’hai tolta?!- Emmett era più incavolato di me.
Guardai male il vampiro concentrato sulla strada e dissi –Rimettimi subito il cavo al suo posto!-
-Per sentire ancora quella sciocchezza? No di certo!-
iniziavo a notare gli stupendi difetti di quel vampiro dai capelli rossicci e devo ammettere che non mi piacevano.
-Okay okay…giuro che non rimetterò la stessa canzone – non incrociai nemmeno le dita dietro la schiena. Non avevo accennato al fatto che c’erano al massimo altre trenta colonne sonore dei cartoni animati.
Edward mi guardò sospettoso dallo specchietto retrovisore e poi disse ad Alice di rimettere tutto al suo posto.
Ripresi in mano il piccolo apparecchio tecnologico e scelsi una traccia ancora migliore, iniziando a cantare subito e venendo seguita da Emmett che mi fece l’occhiolino divertito:
-Guarda il lampo che è laggiù, attraversa il cielo blu…Lady Oscar, Lady Oscar…è una luce abbagliante, dura solo un istante, ma in un attimo il silenzio c’è…Lady Osca, Lady Oscar, nell’azzurro dei tuoi occhi c’è l’arcobaleno…Lady Oscar, Lady Oscar, chi lo sa se un giorno tu l’attraverserai…-.

Il resto del tragitto fino a S. Giovanni fu così, con una canzoncina che finiva ed un’altra che iniziava.

La piazza era ghermita di gente, come sempre in Centro non si poteva chiedere meglio di così.
Scesi dalla Volvo e mi accorsi di altre tre auto dietro a quella di Edward: una Mercedes nera, un fuori strada o jeep o come diavolo la si poteva chiamare e un…pick-up?!
Cercai di capire cosa ci facesse lì quel catorcio, e il timore che Isabella fosse comparsa con uno schiocco di dita mi invase. Poi però iniziai a riflettere sul fatto che Edward l’avrebbe volentieri messa nella sua auto al mio posto se fosse stata lì con noi, così sospirai rasserenata.
Bussai ai finestrini di tutti e quattro i mezzi e scoprii chi aveva guidato jeep e pick-up.
Dalla prima scesero Sam, Paul, Jared ed Embry, mentre dal Catorcio-Pick up fecero capolino Jacob (e chi altri sennò?!), Seth con sua sorella Leah e Quil.
Immaginai che si fossero dovuti stringere parecchio quegli energumeni nelle auto.
Restai anche un pò sorpresa del fatto che Emmett –il MIO Emmett- avesse dato in prestito quel gioiellino di jeep ai Queleute.
Appena tutti mi furono intorno, dissi un pò imbarazzata dalla tanta attenzione che prestavano –Ora ragazzi…io vado da Laura, proprio lì, al portone della chiesa…- indicai il punto con un cenno del capo e continuai -…Voi arrivate non appena vi dò il segnale, okay?-
-E quale sarebbe il segnale?- Embry ridacchiò nel chiederlo e subito mi resi conto di non averci pensato.
-Okay…non ho idee, ma forse…- poi la lampadina si accese nel mio cervellino geneticamente modificato e dissi –EDWARD!-
Tutti guardarono il vampiro dai capelli ramati, e Jacob sbuffò borbottando qualcosa come –Oh certo, aumentiamo le manie di protagonismo del succhiasangue…-
Lo guardai quasi più male di Edward stesso, poi scrollai il capo e aggiunsi –Hai il permesso di ascoltare i miei pensieri-.
Lui, come tutti gli altri mi guardò sorpreso, così sbuffando aggiunsi –Ti dirò via mente quando avvicinarvi!- e sorrisi fiera di me per l’idea che in quel momento mi parve la migliore che avessi mai avuto.
Emmett ed Alice mi guardarono divertiti, dovevo aver assunto un’espressione davvero buffa!
Presi fiato e mi voltai, dando l’impressione di una che si dirige in guerra, su un campo minato.
Emmett sghignazzando disse –Buona fortuna- e risposi –E che Dio benedica l’America…-.
Così m’incamminai con le risate dei miei compagni d’avventura.

Arrivai con poche falcate veloci all’altro lato della piazza. Una cosa che mi faceva sentire tanto simile ai Cullen era questa, la velocità.
La amavo, pur non potendo apprezzarla appieno come loro.
Davanti alla chiesa non seppi come comportarmi. Come farmi trovare.
Alla fine mi appoggiai ad un lampione e attesi, attesi, attesi…
Quando vidi I capelli sparati a destra e a sinistra capii che Laura era finalmente arrivata.
La salutai col braccio alzato fin sopra la testa e lei ricambiò con un sorriso raggiante. Mi venne incontro seguita da due ragazzi, uno a destra ed uno a sinistra, quasi a voler imitare delle guardie del corpo.
Quello a destra era inconfondibile, tanto mi era stato detto su di lui.
Tommaso, che aiutava nel riconoscimento grazie alla spiccata somiglianza con Jake, mi osservava in silenzio, mettendomi un pò di soggezione.
Era alto, forse un metro e ottanta, e si notava il fisico ben fatto, soprattutto i pettorali che aderivano alla maglietta nera con la figura di un gruppo rock che non avevo mai sentito nominare.
Era davvero un gran bel pezzo di…
Mi diedi uno schiaffetto vergognandomi della mia stessa affermazione. Dire che lui era bello, stava a significare che Jacob potesse –sotto, sotto- piacermi.
Questo mai.
A sinistra invece si trovava Matteo, con spalle larghe e riccioli neri.
Sapevo di lui grazie alle cronache della mia amica, che aveva un comportamente tendenzialmente…”Emmettioso”.
Ridacchiai tra me e me per quel termine solo pensato…chissà se Edward…
Decisi di tentare.

Edward? Okay, se mi stai sentendo…

ma già dopo il suo nome, si era verificato un problema: un pensiero più debole, quasi un sussurro, aveva aggiunto

Diamine quanto è bello dire il tuo nome…

Mi morsi un labbro, ma cercai di mascherare il mio imbarazzo davanti ai tre.
-Finalmente ci si rivede, uhm?- la mia domanda così spigliata la fece ridere.
-Eh già! Finalmente! Allora…- Laura guardò prima Tommaso e poi Matteo e fece le presentazioni ufficiali.
-Matteo, Samantha. Samantha, Matteo- il tutto indicando prima me poi lui a se conda di chi si riferiva, con un teatrale gesto della mano.
Il ragazzo mi guardò dalla testa ai piedi e poi sorridendo e allungandomi una mano disse –Hola-, cercai di trattenere le risate. Era mio solito salutare così.
La strinsi e continuai a notare le sue occhiate.
Voleva dirmi qualcosa, ne ero certa.
Alla fine aprì bocca e pronunciò la fatidica domanda: -Sei emo per caso?- sogghignando.
Sbuffai divertita e risposi –No spiacente, non è mio solito andare in giro con lamette in tasca…e non odio nè il mondo nè me stessa-
-E allora cosa sei?- rideva della mia affermazione.
Alzai una mano al cielo in segno di adorazione e con tutta l’enfasi possibile parlai –Io sono gotica-.
Matteo sentendo ciò iniziò a ridere, poi disse –Okay allora non ho niente contro di te-
-Spruzzetto di sole qui mi aveva detto che eri simpatico, ma conoscerti di persona è meglio che sentire qualche cronaca-
-Modestamen…- stava per darsi un pò di arie, ma si bloccò e aggrottò la fronte –Ho capito bene? Sei tu ad averle dato questo soprannome?-
Ricordai qualcosa sul fatto che si era arrabbiato perchè non ci aveva pensato lui, ma annuii tranquilla.
Senza preavviso gli spuntò un sorriso a trentadue denti e disse –Preso da Hercules, vero?-.
Ecco, somigliava a Emmett per un motivo: I cartoni animati rigorosamente Disney.
Ridacchiai e dissi di nuovo che aveva indovinato.
Bene, uno me l’ero conquistato…ma l’altro?
Tommaso continuava a squadrarmi quasi come se pensasse che nascondessi una bomba ad orologeria chissà dove!
Decisi di farglielo notare facendo del sarcasmo –Notato qualcosa di interessante sul mio corpo?-.
Lui non distolse lo sguardo imbarazzato ne sembrò prenderla dal lato giusto, e rispose: -Forse-.
Lo guardai duramente e decisi di fare un giochino con lui.
Più mi guardava e più io lo guardavo.
Laura ci osservò qualche istante e poi un pò in imbarazzo per il comportamento del giovane, gli disse –Ehi Tom, cavolo la smetti?- ma il tono non era molto autoritario…
Sapevo che per la mia amica era complicato essere dura con quel ragazzo.
Tommaso rispose a Laura cambiando del tutto…umore.
-Laura, non sto facendo niente…- e per accentuare il suo disinteresse, alzò le spalle.
Lei storse la bocca e poi borbottando disse –Sì, sì…come sempre…- e mi guardò tra il divertito e l’imbarazzo, le feci l’occhiolino.
Lei alzò gli occhi al cielo e diede un buffetto all’amico  mentre l’altro lo guardava infastidito, come si può guardare un animale allo zoo fare le bizze.
Poi sembrò ridestarsi da un sogno, ed io feci lo stesso, così dissi –Ora dobbiamo andare, Laura…-
Lei annuì curiosa e guardandomi eloquente.
Ma non avevamo calcolato che quei due giovani, prossimi a beccarsi uno stipendio perchè a fare I body guard erano bravi, non ci avrebbero lasciato tanto facilmente.
O almeno…uno.
Matteo chiese solo un pò curioso –Dove andate di bello?- e tirai una risposta a caso –A casa mia, poi forse resterà a dormire da me e…-
Okay, mi bloccai di colpo quando vidi un gruppo di persone avvicinarsi.
Sapevo bene chi erano.
Edward, in testa al gruppo, mi guardava divertito e scocciato insieme.
Cosa avevo pensato di male, stavolta?
Cercai di ricordare I pensieri che avevo fatto, ma non mi venne nulla in mente.
Laura li notò poco dopo di me, e la sua reazione fu delle migliori(?) che le avessi mai visto compiere.
Si tuffò letteralmente addosso a Jake, ed ebbi il timore che vi ci fosse spiaccicata come una mosca su un vetro.
-Oh mio dio…Laura!- ignorai gli sguardi sorpresi dei suoi due amici o dei miei e mi avvicinai a lei e Jacob.
-Sei tu! Oddio non posso crederci! Jacob…- davvero, era più incollata lei a lui che un’ape su un fiore.
-A quanto pare, succhiasangue, dicono di amare te ma poi si fiondano sul sottoscritto- Jake non perdeva l’occasione di punzecchiare Edward, che si tratteneva dal rispondergli in modi non attinenti alla sua educazione.
La mia amica, potrei dire senza pudore, si voltò solo un pò per osservare il mio adorato vampiro in malo modo e poi gli mimò con le labbra mute –Ciao nonnino!-.
Ecco, a questo punto reagii io, e sbuffando la tirai via da Jacob e le sussurrai all’orecchio –Laura, dobbiamo liberarci dei tuoi due amici, mi dispiace, ma dobbiamo-.
Lei guardò estasiata Jacob un altro pò, poi sorrise raggiante a Quil ed Embry –che ricambiarono sghignazzando- e si voltò verso Matteo e Tommaso –Beh ora noi…dobbiamo andare…-
-Bel nome Jacob, sbaglio ho l’ho già sentito?- ridacchiò Tom divertito lanciando uno sguardo nella direzione di lei, che si gelò di colpo capendo il suo errore.
-Hey non era il coso mezzo lupo di quel libraccio?- storse il naso Matteo. Sia io che lei lo fissammo socchiudendo gli occhi. Twilight.non.poteva.essere.considerato.un.libraccio.
Sembrava che se su una cosa i due erano d’accordo era quella di screditare la cara zia Stephanie.
-Credo proprio di sì. Ormai lo conosco a memoria, la piccoletta fa troppe citazioni per screditare Edward culo rotto- questa volta a sghignazzare furono tutti e tre, logicamente lei per altri motivi.
Dietro di me l’interessato strinse i denti per resistere facendo uno sforzo sovraumano per controllare l’istinto di saltare non solo addosso ai due umani, ma anche ai fratelli che dietro erano piegati in due.
-Hey lampione, non chiamarmi piccoletta!- lo riprese stizzita lei, accorgendosi dopo delle parole, che però dal tono dolce sembravano essere più affettuose che altro.
Lui si chinò un po’ per guardarla bene negli occhi. Si stavano completamente estraniando finchè Matteo diede un calcio dietro al sedere di lui e lo fece rimettere in posizione eretta.
-Sei uno scassa coglioni sai?- il tono era tranquillo nonostante tutto.
-Non ci presenti questi altri amici?- il tono teso di Tom non prometteva niente di buono. Il suo sguardo era puntato su Jacob, per qualche assurdo motivo che non riuscii a capire (avevo saputo da Laura che era Edward ad andargli di traverso).
-Appunto- disse l’altro fissando eloquente Laura.
Laura balbettò una risposta –Oh…certo…ma non oggi…un’altra volta ragazzi, okay? Abbiamo fretta-
Si avvicinò per salutarli entrambi con un bacino sulla guancia, ma il sosia umano di Jake non sembrò essere felice della risposta che aveva ricevuto dalla ragazza, e si trattenne più del l’altro nel salutarla.
Io salutai con la mano, soprattutto Matteo, che già mi era simpatico, e mi trascinai dietro Laura, che osservava ancora dietro di se Tommaso, man mano che ci allontanavamo e Jacob, poco più avanti di noi.

Eccomi con il capitolo 6!!! spero che vi sia piaciuto, la comparsa di Laura -per chi non lo sapesse XD- preannuncia mooooooooooooolte scene divertenti! 
Grazie a chi legge e a chi commenta! ^^
Bye byeeeeeeeeeeeeeeee

Sammy Cullen

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Capitolo 7
*** Un casino dietro l'altro ***


capitolo 7 (brutta)

 7. Un casino dietro l’altro.

Laura non sembrava aver preso poi tanto male la cosa. Li osservava uno per uno incredula, o dovrei dire rapita…
Emmett e Jasper ancora sghignazzavano per la battuta di Tommaso, tanto che il vampiro più muscoloso disse ridendo –Quel tipo è davvero simpatico, non trovi Edwardino?-
E l’altro rispose sibilando.
Jacob mi sembrava il più strano di tutti, osservando il comportamento che aveva.
Sembrava più tranquillo rispetto a come veniva descritto sui racconti della Meyer. Ero tentata di studiarlo a fondo, come una cavia da laboratorio, ma gli sguardi di Laura erano già abbastanza per lui, così decisi di non esagerare.
Una volta arrivati alle auto, dissi alla mia amica di salire nella Mercedes con me, Carlisle ed Esme (avevo bisogno di parlare con lei, per farle un quadro generale della situazione, perciò le auto separate erano da escludere), ma lei iniziò a dire –Non potrei stare nel pick-up? Sammy…lo sai che io amo quel catorcio…- e per tutta risposta dissi –Tu ami chi lo guida, non m’incanti- e sogghignando la trascinai con me.
Sapevo che nè Carlisle nè sua moglie avrebbero mai ascoltato con vero interesse la nostra conversazione, come invece sarebbe accaduto con Alice o Edward stesso (che poteva sentire ciò che pensavamo, quindi con un immediato anticipo).
Stavo per salire in auto con lei al seguito, quando qualcuno tossicchiò leggermente per richiamare l’attenzione. Ci voltammo e trovammo la comitiva numerosa intenta a guardarci.
-Ehm…cosa c’è?-
La mia domanda causò non poche risatine, provenienti dai soliti ragazzi.
Carlisle chiese pacatamente, col suo tono sereno, e con l’accento italiano migliore di tutti –dovuto certamente a quel secolo e mezzo passato a Volterra-:
-Dove andiamo, ora? Credo che non sia il caso di creare problemi a casa tua, Samantha. Forse un bar sarebbe abbastanza-
-Un bar? Qui a Roma? È una battuta, vero?- ero molto scettica per quanto riguardava i locali, soprattutto in pieno Centro.
Il vampiro fece per dire qualche altro luogo, ma Sam, che per il suo bene era rimasto zitto (gli avevo dichiarato, infatti, guerra aperta) aggiunse –Potremmo benissimo andarcene, ora. La ragazzina qui voleva solo farci conosciere alla sua amica-. Sia io che la ragazza al mio fianco assottigliammo lo sguardo con cattiveria e lo guardammo male, proprio nello stesso istante, lei mi disse tra i denti –Mrs Cullen? Posso?-
-Con piacere Mrs Black-, e la vidi fare quei sette passi –minimo- che la separavano dal licantropo con una rapidità sorprendente e arrivare a guardarlo dalla sua postazione dal basso, per poi dirgli –Senti, io tiferò anche per voi lupi, ma quando tu ti ci metti mi fai davvero incavolare. La pianti di rompere, almeno per un pò? Non sei neanche il vero alpha-
nel dire l’ultima frase sogghignò strafottente e lanciò un’occhiata a Jake, che restò impietrito.
Io ridacchiai soddisfatta, sentendo di essere stata almeno in parte vendicata.
Sam fissò Laura qualche istante, solo per assimilare ben bene le sue parole e poi iniziò a tremare da capo a piedi. Lei non si mosse, forse a causa della sorpresa di quella reazione così spropositata, del terrore che l’aveva paralizzata oppure, più semplicemente, sapeva che non le avrebbe fatto del male. Era un “protettore”, no?
Ma io non mi fidavo, ed ero già al suo fianco, pronta a trascinarla anche di corsa il più lontano possibile da lui.
-Calmati, Sam- il tono basso di Jacob nascondeva un grande senso di inferiorità, che non meritava.
Laura aveva ragione, il ruolo di capobranco spettava a lui, non al ragazzo che smetteva di tremare facendo respiri profondi.
Presi fiato e dissi ansiosa –Okay, okay…facciamo una tregua, d’accordo? Da ora in poi, niente più frecciatine, neanche una battuta sarà accettata, chiaro?- guardai uno per uno i Queleute ed i Cullen, soffermandomi sui più “spiritosi”.
Incrociai lo sguardo di tutti, cercando di capire quanto mi avrebbero dato ascolto, poi continuai –Niente più battutine da parte di voi licantropi ai Cullen, e viceversa e per finire…-
Mi voltai verso Laura e lei spalancò la bocca incredula, guardandomi stupefatta –I…io?-
Alzai un sopracciglio e la guardai eloquente, aggiungendo –Niente più nomignoli contro Edward-
E lei per tutta risposta ringhiò infastidita.
Edward mi lanciò un’occhiata che intesi come di gratitudine.
Arrossii immediatamente, e volsi lo sguardo altrove. La mia amica ridacchiò osservando la scena e poi le si illuminò la lampadina e disse –Idea! Venite a casa mia! I miei sono a lavoro- fece spallucce ad indicare che quindi avevamo risolto il problema.
Sorrisi più tranquilla e chiesi conferma agli altri. Nessuno aveva direttamente problemi ad andare a casa sua, perciò salimmo tutti nelle rispettive auto, e con la Mercedes di Carlisle in testa per far strada agli altri, ci dirigemmo a casa di Laura.

-Quindi mi stai dicendo che i Cullen ed i Queleute sono venuti fin qui per cercare te ed ora vogliono che tu vada con loro da Stephenie Meyer per farle prendere un infarto?! Perchè, Sammy, è questo che accadrà…la zia Stephy resterà stecchita se li vede!-
Laura ancora non si capacitava di ciò che le avevo detto lungo il tragitto in macchina, mentre i signori Cullen cercavano di spiegarle a loro volta che se la donna umana che li aveva “creati” era affezionata a loro come ogni scrittrice coi propri personaggi, non avrebbe rischiato di prendersi un infarto.
-Assurdo…anzi, assurdamente fantastico!- era comunque euforica nel poterli vedere coi propri occhi e poterci interagire.
Avevo sperato che la parte di lei più fantasiosa avesse il sopravvento su quella realista per tutto il tempo.
Con pochissimo tempo arrivammo sotto casa sua, e ci facemmo guidare fino al grande appartamento (il doppio del mio).
Lei non aveva animali domestici da chiudere su un balcone, quindi i timori per quanto riguardava la sete di certi membri della famiglia Cullen erano risolti, ma aveva una sorellina…e per nostra fortuna si trovava da una compagna di scuola.
-Bene, ora…- Laura chiuse la porta d’ingresso e fece cenno a tutti noi di seguirla in salotto. Una stanza grande e luminosa.
-…Accomodatevi pure. Volete qualcosa da bere?- la domanda fece scoppiare a ridere me ed Emmett, che ormai eravamo sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda.
Lei capì dov’era l’errore nelle sue parole e disse mesta per riparare –Okay…esclusi voi vampiri…-
Ma non bastò a farci smettere, così battè I piedi per terra quasi in modo infantile e guardò solo I licantropi.
Quil ed Embry chiesero se avesse qualche birra nel frigo e lei rispose –Certo che ne ho, chi la vuole? Sono bottigliette-
Alzai una mano tranquilla e fischiando sorpreso Quil aggiunse –Sammy beve, wow-
Lo guardai strafottente e risposi scherzosa –Perchè, non posso?-. Lui ridacchiò e disse –Certo che puoi, non te lo vieterò di certo io-
Così Laura prese nota e portò sette bottiglie dalla cucina.
L’unico a non aver chiesto niente era stato Seth. La cosa mi parve strana, così non potei fare a meno che lanciargli un’occhiata curiosa alla quale lui rispose con un sorriso irresistibile.
Avvampai come mi era accaduto con Edward, pur non volendo che quella fosse la mia reazione.
Laura era così attenta che notò la cosa e mi guardò interrogativa. Cercai di farle capire con lo sguardo.
Guardavo prima Seth e poi lei, cercando di sembrare il più tranquilla possibile.
All’improvviso sembrò illuminarsi ed esclamò –Oh per la miseria!-
E restai impietrita, perchè le sfuggì di bocca la tremenda verità –Seth più Sammy uguale…imprinting!-.
La bottiglietta di birra mi sfuggì di mano –non so come- e rischiò di frantumarsi a terra, ma una mano pallida l’aveva ripescata, e quando incontrai lo sguardo di Edward mi sentii uno schifo.
Mi alzai di colpo dalla sedia e singhiozzando corsi fuori dalla stanza per arrivare fino al bagno e chiudermici dentro.

Sono una sporca traditrice…lo so…sono questo.

Quando sentii i passi rapidi di Laura fermarsi dietro la porta, trattenni il respiro, perchè sapevo perfettamente che c’erano tutti gli altri con lei, così leggiadri da non far rumore mentre camminavano.
-Sammy…Sammy? Esci ti prego…okay, ho fatto una delle mie solite scemenze ma…ti prego…-
Mi alzai a denti stretti e feci girare la chiave nella toppa per uscire.
Quando aprii la porta i primi che vidi furono lei, Seth ed Edward, con gli altri lungo il corridoio, ammassati per vedere come stessi, esclusi Leah, Sam e Paul, che se ne erano rimasti in salotto.
Singhiozzai ancora, ma asciugai le lacrime e ringraziai di non essermi truccata quel giorno…sarebbe stato un disastro.
Cercai di far tornare la mia voce normale e dissi –Va tutto bene…io…- ma non riuscii a terminare la frase, che le braccia di Seth già mi avevano stretto contro di se.
Non opposi nemmeno resistenza, l’unica cosa che riuscii a pensare fu un accusa, contro me stessa.

Traditrice…

Un abbraccio da parte di Edward sarebbe stato più comprensivo, perchè lui sapeva davvero cosa provavo, escluso Jasper naturalmente.
-Me lo fai un sorriso?- la voce di Seth vicino al mio orecchio fece sì che mi calmassi un pò e annuii contro il suo petto scolpito da una muscolatura leggera, che si notava da sotto la maglietta a maniche corte.
Tentai di sciogliere le mie labbra in una smorfia che sembrasse almeno un pò un sorriso, ma non credo di esserci riuscita davvero.
-Puoi lasciarmi adesso?- non volevo essere scortese con lui, in quel momento gli ero grata. Lui accontentò la mia richiesta un pò titubante, avrebbe sicuramente preferito farmi restare stretta a se.
Chiusi un attimo gli occhi e poi dissi rivolgendomi a Laura, che già era pronta a supplicarmi in ginocchio di perdonarla, con un tono abbastanza tranquillo –Non è niente…davvero-. La guardai seria per farle capire che il mio attacco di crisi era passato…per il momento.
Lei aggrottò la fronte indecisa se credermi o no, poi sospirò e annuì in silenzio.
Jasper mi guardava fissamente mettendomi in soggezione, molto peggio di Tommaso.
Sapevo che stava sondando l’atmosfera intorno a me, e ne ero felice.
Edward invece era estremamente teso, quando tornammo tutti in salotto e ci rimettemmo come in precedenza, pensai che fosse stato il mio comportamento a renderlo così nervoso, ma mi sbagliai.
Mentre sorseggiavo piano la mia birra, ancora intatta, e parlavo serenamente –o almeno in parte- con Alice e Rose, scambiandomi qualche battutta scherzosa ma innocente con Embry, Quil ed Emmett e Laura, accadde che il vampiro coi capelli ramati si alzò di nuovo con uno scatto, e mi prese per le spalle abbastanza forte da darmi un pò di fastidio.
Stavo per chiedergli cosa c’era che non andava, come molti dei presenti, ma lui parlò prima di tutti noi –Smettila.immediatamente.di.pensare.questa.parola- era davvero infuriato.
Restai pietrificata dalla sorpresa e lo fissai negli occhi –Perchè dovrei nascondere la verità?- la domanda mi uscì in un flebile sussurro.
Alice chiese al fratello –Edward? Cosa c’è? Lasciala andare…cosa sta pensando di così terribile?-
Ma lui la ignorò e continuò a guardarmi negli occhi, poi aggiunse parlando più rapidamente, costringendomi a seguire per bene il discorso –Non ripeterti che sei una traditrice, non sentirti legata a me, per il tuo bene. Smettila di crearti problemi, vivi la tua vita serenamente. Non posso amarti, sai anche perchè. Se io non fossi un essere diverso da te, e pericoloso, non ti attrarrei così. Samantha, sei una bambina, devi ancora capire cosa è giusto, cosa è sbagliato…devi riprenderti da questa…ossessione-. Come serrò la mascella lui, la serrai anch’io, per guardarlo con rancore. Aveva svelato i miei sentimenti più profondi davanti a tutti, e lo aveva fatto di proposito.
Sapevo bene come ragionava, perciò capivo il suo tentativo. Voleva che lo odiassi, almeno inizialmente.
Continuammo a fissarci in silenzio, finchè Seth, seduto vicino a me, non disse un pò irritato –Edward, per favore…- lasciando il discorso a metà.
Il vampiro allora sospirò e si rimise al suo posto.
Laura trovò immediatamente il modo di sdrammatizzare, la vidi uscire rapida dalla stanza e tornare poco dopo con qualcosa in mano.
Si fermò in piedi di fronte a Edward, con aria solenne e seria e gli disse –Tieni-.
Tutti videro cosa gli porgeva, e tutti a parte me capirono subito di cosa si trattava. Il preservativo nella sua bustina ben chiusa spiccava tra le mani della ragazza.
Edward lo prese allibito e cercò di capire dai pensieri di Laura cosa stesse macchinando, ma a quanto pare era brava a non lasciare indizi con la mente.
-Usalo con Isabella Tordella, non voglio che vi ritroviate una piccola bambina muta di nome Renesmee tra le scatole-
Lui guardò prima l’oggetto, poi lei fino a che non disse –Devo davvero preoccuparmi, vero? Sei così dalla nascita o il tuo cervello è stato menomato per colpa di qualche incidente?-
Lei sogghignò senza mostrare la minima traccia di offesa e ribattè prontamente –No, nonnino, il cervello è sano…e ringrazia che non abbia tirato fuori la pillolina blu, se ti serve, ho anche quella a portata di mano. Comunque sono cose che trovi nei distributori automatici o in farmacia-
Bene, grazie a lei riuscii a scoppiare a ridere. Non pensavo che avrebbe davvero avuto il coraggio di fare una cosa del genere, ma invece…
Anche i fratelli di Edward e una parte dei Queleute sghignazzarono.
Laura avrebbe sventolato quel profilattico davanti a Edward tutto il giorno se non glielo avesse preso di mano. Mi aveva sempre detto che la figlia aveva rovinato i suoi sogni di gloria con Jacob.
Scrollai il capo ancora incredula e mi ripetei che avevo davvero fatto bene a renderla partecipe.

Restammo da lei fino a sera, quando chiamai mia madre per dirle che era tutto okay, e che sarei tornata entro un’ora.
Erano le sette e mezza quando salutai Laura e me ne tornai con gli altri in auto, per farmi accompagnare a casa.

Quello stesso sabato la rivedemmo. Ci eravamo date appuntamento a viale Marconi, dove sia io che lei arrivavamo con il 781, da due direzioni diverse.
Poi insieme saremmo arrivate al piccolo alberghetto dove alloggiavano i nostri nuovi amici, che si trovava proprio a via Nazionale, di fronte alla libreria in cui Robert Pattison si era messo a firmare autografi.
Da lì avremmo fatto tutti assieme un giretto.

-Questa è piazza Navona- Laura era più brava di me a ricordare i nomi delle varie vie e delle svariate piazze di Roma.
Lì c’erano solo tre bar con i tavolini all’aperto, altrimento saremmo dovuti arrivare al Pantheon, dove ne era pieno zeppo. Ci accomodammo ad un tavolo del bar sulla facciata laterale, ma prima chiesi ai ragazzi-lupo cosa volessero e ordinai anche una bottiglia di Coca-cola per i Cullen (ricordavo perfettamente che Edward ne aveva bevuti due bicchieri nel primo libro, quando aveva portato Bella al ristorante), non essendo certa che lo stare senza niente nello stomaco per loro fosse una buona cosa.
Pagai per tutti, ignorando le lamentele di Esme, sempre troppo premurosa, e mi accomodai tra Seth ed Emmett.
Erano le cinque inoltrate, ed il cielo già era buio-perfetto per i Cullen.
Laura continuava a descrivere dettagliatamente Roma ai vampiri ed ai licantropi, e anch’io ascoltavo cercando di chiarirmi le idee.
La Coca-cola fu bevuta, con mia grande contentezza, anche se il dubbio che i miei pallidi e freddi amici lo facessero perchè non volevano che sprecassi i miei soldi.
Io avevo preso uno strano gusto a bere birra, e senza quasi rendermene conto avevo alzato un pò il gomito, scolandomi tre bottigliette di Nastro Azzurro.
Dopo l’ultimo goccio capii: ero ubriaca.
Quello che accadde in seguito fu il peggio del peggio.
Iniziai a sentire la testa pesante, poi improvvisamente leggera e di nuovo simile a un macigno, con le tempie pulsanti e la vista un pò sfocata.
Ma questo era niente, perchè messo a confronto con la strana euforia che mi pervadeva, il malessere fisico era niente.
Tutti si erano resi conto che qualcosa in me non andava da quando avevo finito di bere la seconda boccetta in vetro, ma avevo insistito contro le lamentele di Esme, Alice e Laura testardamente, dicendo che l’alcool lo reggevo bene.
E si vide proprio, come lo reggevo!
Iniziai a ridere senza controllo e a dire cose che mai e poi mai mi sarebbero passate per la testa.
-Sarebbe meglio che tu andassi in bagno a rinfrescarti la faccia con dell’acqua, Sammy…- Seth già tendeva le mani verso di me ansioso, così presi il gesto come un invito e mi buttai tra le sue braccia, tendendo le mie attorno al suo collo e aggrappandomi con forza.
I nostri volti furono vicinissimi.
-Perchè non mi accompagni tu, uhm?- biascicai le parole con un tono tremendamente seducente, un qualcosa che non sembrava provenire da me.
Il suo respiro caldo e denso contro il mio volto fece scattare qualcosa dentro di me. Gli ormoni ribollirono all’improvviso, il sangue infuocato di una passione mai avuta…
E passai dalla mia sedia a lui, sedendomi in un modo abbastanza sdegnoso. Seth restò senza fiato, cingendomi però in un gesto automatico i fianchi con le mani.
Sorrisi dopo il suo tocco morbido compiacendomi, e senza preavviso lo baciai con trasporto.
-Uou…qualcuno gliela tolga di dosso- la voce divertita di Quil risuonò come un eco nelle mie orecchie.
Seth intanto aveva ricambiato il bacio incerto, come se non fosse sicuro che ciò che stava facendo fosse la cosa giusta.
Non lo sapevo nemmeno io.
Inarcai la schiena per aderire meglio al suo corpo, e sentii la sua eccitazione cresciere. Stavo per far scendere una mano oltre confini che non avevo mai attraversato...
Quando delle mani gelide mi staccarono dal ragazzo e mi tirarono via, mi lamentai flebilmente strizzando gli occhi –Uhm…no…Seth, voglio Seth…-.
-Smettila Samantha, stai attirando l’attenzione degli altri presenti- la voce severa di Edward l’avrei riconosciuta non solo da sbronza, ma anche da morta.
Girai la testa quasi con l’intento di imitare un gufo, o una mantide religiosa e lo guardai del tutto rapita.
Forse era per colpa dell’alcool, o forse della luce delle lanterne tra i tavoli…ma mi sembrò ancora più perfetto…e più stuzzicante.
Mi voltai, aggrappandomi a lui senza sentirmi più le gambe, e sussurrai –Aaah…tu però hai il permesso di fare tutto con me…-
Laura si alzò da vicino a Leah e mi disse attenta –Sammy…ti accompagno in bagno, okay? Vieni…- tese le sue braccia verso di me, preparandosi a sorreggere il mio peso, ma Alice e Rose si avvicinarono, e il vampiro-folletto disse –Lascia…facciamo noi-.

Così venni portata nel bagno del piccolo locale dalle due vampire, seguite dalla mia amica umana.

Muahahah XD questo è il mio capitolo preferito ù.ù (per ora ^^") XD
Spero sia piaciuto anche a tutte voi, care lettrici ^^
Grazie mille per i commenti e per l'attenzione che prestate ogni volta alla mia storia. A presto! 

Sammy Cullen

P.s.: Su questa storia non ci saranno (almeno penso XD) scene più spinte di baci, carezze e abbracci...^^"

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Capitolo 8
*** Sembrava troppo bello per essere vero…altre scoperte. ***


capitolo 8 (brutta)

8. Sembrava troppo bello per essere vero…altre scoperte.

Quella sera riportarmi a casa fu un gran rischio. L’effetto di quelle birre continuava a persistere con tutto che Alice e Rose mi avessere immerso la faccia nell’acqua gelida più volte possibile.
-Baciare un licantropo! Ti rendi conto?!- Alice nel mentre scuoteva la testa e ripeteva ciò, con Rose che ogni tanto aggiungeva un suo commento.
Laura, che non sapeva come altro aiutarmi, stava poggiata ad una delle tre piccole porte di legno chiuse e borbottava risposte infastidite alle due vampire.
Non sopportava proprio le critiche sui Queleute.
Io mi lasciavo rinfrescare il volto inerme, simile ad un cadavere, e rivivevo la scena di pochi attimi prima nella mente, ancora un pò offuscata.
Ricordavo solo la sensazione delle sue labbra sulle mie, e dei nostri corpi così attaccati…
Strinsi i pugni.
Perchè dovevo sempre fare la cosa sbagliata?
Avevo immaginato ogni volta Edward in situazioni del genere, anche se provavo per Seth un profondo affetto.
La consapevolezza di aver dato il mio primo bacio a quel licantropo invece che al bel vampiro, mi martoriava il cuore in petto.
Davvero, non era questo che desideravo. Strizzai gli occhi e misi a fuoco il piccolo bagno un pò sudicio; Alice e Rose mi stavano ancora trattenendo, nel caso crollassi a terra.
Respirai a fondo e dissi –Ora va meglio ragazze…credo di riuscire a reggermi in piedi- loro si lanciarono una rapidissima occhiata indecisa, poi la vampira-folletto fissò il vuoto per un secondo e annuì sicura alla sorella.
A quanto pareva, ci volevano le sue visioni per essere certi che non cadessi giu come una pera cotta.
Quando Laura parlò di nuovo, scatenò in me non pochi problemi.
-Bene, ora sarebbe meglio riaccompagnarti a casa…forza, torniamo dagli altri- e fu proprio quest’ultima parte di frase a rendermi nervosa.
-No! io di là non ci torno!- rivedere Seth? Rivedere tutti gli altri? Mai e poi mai, preferivo scavarmi da sola la fossa.
La ragazza sbuffò e mi tirò per un braccio –Senti, quel che è successo è successo…ora cercai di non pensarci. Eri fuori di te, no? fingi di non ricordare!-
Ridacchiai amaramente e risposi –Ti sei dimenticata che c’è Edward? Posso fingere, certo, ma lui leggerà in ogni caso la mia mente, se già non lo sta facendo!-
Alice rispose alla mia ultima affermazione con aria solenne –Molto probabile-.
Laura mi guardò testardamente e continuò –Prima o poi dovrai parlarci, mettere in chiaro le cose…anche se io so perfettamente che alla fine ricambierai il suo amore-
Era tremendamente sicura di sè, come ogni altra jacobiana che si ritrovasse a dover far lezione a un’edwardiana.
Mi morsi un labbro e guardai le due sorelle di Edward come per cercare conferma.
Loro ricambiarono con sguardi di compassione. Questo sì che era sostegno! Sospirai e feci il primo passo verso i tavoli all’aperto.
 
Tutti ci attendevano seduti dove li avevamo lasciati, i primi sguardi che notai arrivarono da Esme, terribilmente in ansia, Edward e Seth.
Decisi di soffermarmi sulla prima e di ignorare gli altri due.
Naturalmente, le cose non potevano che peggiorare. Il ragazzo si alzò e mi si avvicinò teso e imbarazzato.
Lo guardai con tristezza e vergogna.
Come avevo potuto recargli un tale dolore?
Aprii bocca per parlare, e dalle mie labbra uscì un febile –Scusami, ti prego…- che sapevo avrebbero sentito tutti gli altri, a parte Laura.
Lui aggrottò la fronte sorpreso e fece un gesto molto azzardato. Allungò la mano destra per sfiorarmi il volto e di rimando, io allungai la mia sinistra, ma per dargli un ceffone.
Lo colpii, o forse dovrei dire che si lasciò colpire.
Naturalmente fui io a rimetterci.
Dieci secondi dopo il colpo, infatti, la mano aveva iniziato a dolere in modo tremendo, arrossandosi tutta.
La strinsi al petto e lamentandomi mi accovacciai a terra trattenendo le lacrime.
-Porca miseria!- osservavo la pelle infuocata del tutto incredula.
Seth s’inginocchiò subito e iniziò a dire che avrebbe dovuto bloccarmi, ma ero stata troppo veloce. Non gli importava nulla del fatto che gli avessi mollato intenzionalmente quello schiaffo.
Col fiato mozzato chiamai Carlisle, senza notare che già mi era vicino e gli feci osservare la mano. Il tocco delle sue dita gelide furono un toccasana per il bruciore.
Sembrava che avessi preso a ceffoni un muro di cemento armato, non un ragazzo.
-Mmm…- osservava il rossore con fare professionale, rigirando la mano per studiarne palmo e dorso.
-Ti fa male se la tocco così?- iniziò a tastarla poco più forte in vari punti, e sentii qualche fitta leggera.
-Un pò, ma non tanto- speravo di non essermi giocata la mano, anche se essendo la sinistra, non mi serviva quanto la destra.
Carlisle annuì tranquillo e poi sorridendo, lasciandomi del tutto abbagliata, disse con fare critico ma gentile –Hai davvero rischiato una frattura, ma non è niente, ti serve solo un pò di ghiaccio-. Ascoltai più serena e tirandomi su guardai Emmett e Alice supplichevole –Chi mi presta un braccio?-
C’era qualcosa meglio della pelle gelida dei Cullen? Non credo.
Emmett mi si avvicinò e mi porse l’arto muscoloso, ci passai il mio –in confronto gracile- e feci in modo che la mano aderisse ben bene alla superficie liscia della sua pelle.
Tornammo alle auto, salutando Laura, che notai scambiarsi qualche occhiata con Jacob, e mi feci riaccompagnare a casa.

Quella sera a cena mio padre tartassò mamma e me di domande su ciò che fosse accaduto alla mia mano.
Dal momento che lei ne sapeva quasi quanto lui, ma non era altrettanto pressante, risposi buffando che avevo solo colpito “per sbaglio” un muro.
Non era proprio bella come scusa, ma non sapevo cos’altro dire. Mangiai rapidamente e mi misi al computer, per parlare con Laura, che aveva lasciato in sospeso un discorso lunghissimo.

Accidenti! Questa è stata una delle più belle giornate della mia vita! Soprattutto alla fine, mi hai fatto preoccupare e divertire al tempo stesso e poi…SETH! Capisci?! Vi-siete-baciati!
E Jacob…fantastico, perfetto…LUI.
Mentre tu eri in bagno ero tentata di restare al tavolo con gli altri, ma mi sono detta che ci saranno altre occasioni…perchè ce ne saranno, vero?

Alla sua domanda sapevo perfettamente cosa rispondere. Certo che ci sarebbero state altre occasioni! Lei ormai era parte integrante di quello strano sogno ad occhi aperti.

All’inizio mi trovo insieme ai Cullen a casa loro, siamo intorno ad un tavolo ovale, Carlisle sta parlando di qualcosa, ma non attira la mia attenzione, che è rivolta ad Edward e alla ragazza che gli sta stretta addosso. Una tipa minuta, coi capelli castani, poco più chiari dei miei e gli occhi scuri. Sento la gelosia farsi strada. Poi la scena scompare e mi ritrovo in auto con Alice e la strana ragazza misteriosa…nel silenzio dell’abitacolo ci fissiamo male e poco dopo cominciamo a discutere, lei mi dice con la voce dura e decisa -Non pensarci nemmeno, Edward sta con me- ed io le rispondo altrettanto inviperita -Che c’è, vuoi farti chiamare Isabella forse?- e lei allora dice sogghignando -Veramente questo lo vuoi tu-. Ci guardiamo storto, poi di nuovo il nulla…la terza scena è in montagna, nel paesino dove passo le vacanze estive, in Abruzzo. Carlisle mi chiede di andare a buttare la spazzatura, prendo il sacco nero fuori dalla porta della cucina e mi avvio per una stradina…all’improvviso compare un auto verde e la osservo terrorizzata mentre mi viene contro. Inizio a correre, penso “Non ce la farò mai…” e poi invece la distanzio e con sorpresa balzo in alto e mi arrampico con agilità sul muro di casa mia. L’auto non può fare niente ormai, continua a lottare contro la parete, con le ruote che stridono ed il motore che ringhia. Io capisco cosa sono diventata: una vampira. Mi calo giù e scopro che alla guida non c’è nessuno. I Cullen sono sorpresi.
Di nuovo cambia tutti e mi ritrovo a casa mia, Alice è seduta alla mia scrivania e mi sorride, Edward è disteso sul divano…mi avvicino a lui e lo imploro di non lasciarmi.

Mi svegliai di colpo, come ogni volta in cui facevo sogni simili e mi passai una mano sulla faccia, esausta.
-Perché? Cosa volete dirmi?- mi chiesi con un filo di voce; era una domanda ricorrente. Ogni volta che li rivedevo nei miei sogni.
Nell’oscurità, sentii un rumore quasi impercettibile, attesi che lo sguardo si abituasse all’oscurità e notai le due sagome indistinte contro la parete di fronte al mio divano-letto.
Aggrottai la fronte e dissi due nomi a caso –Alice? Edward?- ed infatti si avvicinarono leggeri e silenziosi, sedendosi sul letto e accendendo la piccola luce che usavo per leggere i libri di sera.
Sussurrai sorpresa –Che accidenti ci fate qui?! Se mio padre o mia madre si svegliano per andare in bagno…o per bere un po’ d’acqua…-
Alice alzò gli occhi al cielo sicura e rispose –Stai tranquilla, non succederà niente di tutto ciò-.
Sapevo bene che le sue previsioni erano perlopiù infallibili, quindi annuii sconfitta, ma ripetei la domanda –Allora? Perché siete venuti?- il “come” non m’interessava, potevo immaginarlo: la finestra della cucina rimaneva sempre accostata, sia d’inverno che d’estate, ed io vivevo solo al secondo piano di un palazzo di sette.
Per loro arrampicarsi era una sciocchezza.
Alice fece per rispondere, ma Edward la batté sul tempo e osservandomi seriamente rispose pacato –Il sogno che hai fatto- e fece spallucce, un gesto insolito da parte sua.
Oh beh, questo spiegava tutto!
Grugnii infastidita e mi ributtai con la testa sul cuscino, coprendo gli occhi con un braccio.
-Questo è molto…curioso-
la voce del giovane era concentrata, sicuramente la sua mente vagava tra le immagini che ero riuscita a trattenere del sogno, e che ora stavo riguardando attenta quasi quanto lui.

Quella ragazza è…???

La domanda muta era diretta all’ascoltatore, che osservai scoprendo lo sguardo dal braccio.
Lui annuì.
E perciò era quella Isabella…
E non l’avevo mai vista…
Furono proprio queste riflessioni a far parlare nuovamente Edward –Credo che tu abbia qualche strana capacità…-
-Io? Capacità? Intendi cose come il tuo saper leggere nel pensiero o la preveggenza di Alice?-
la sorella s’illuminò in un sorriso tremendamente gradevole e disse –Più o meno potresti avere dei sogni premonitori-.
La cosa mi lasciò di sasso, ma non per molto. Mia madre era dotata di una capacità sovrannaturale, ma mi aveva ordinato di non dirlo a nessuno.
Era capace di fare ciò che faceva la vampira-folletto seduta davanti a me, solo che…non era lei a comandare le visioni.
Aveva previsto certi episodi, ma poi non si era mai messa a studiare quel “potere”. Mia madre non voleva sentirsi diversa, e non le importava di ciò che sapeva fare.
Io? Avrei ucciso per essere capace di fare ciò che faceva lei, proprio per sentirmi diversa.
Eravamo molto differenti, pur essendo legate come non tante madri con le proprie figlie.
Non l’avevo mai capita.
Strinsi gli occhi e sbadigliando dissi ai due –Sentite, non so voi, ma io avrei ancora un po’ sonno…possiamo parlarne domani con calma?- li guardai supplichevole, e loro annuirono calmi.
Alice mi diede un bacio veloce sulla fronte e spense la luce minuscola che teneva in mano, posandola sul tavolo e scomparendo nel buio assieme a Edward, che mi aveva regalato un mesto sorriso sghembo.
Era bello sapere che in fondo ero entrata nelle sue grazie.
Mi riaddormentai quasi immediatamente, con la certezza che qualunque sogno facessi, Edward lo avrebbe vissuto assieme a me.

Ciao a tutte! inizio col dire che mi dispiace che questo capitolo sia un pò corto, ma è di transizione (sono due pagine in meno del solito, da 6 a 4)...
Voglio solo dire che i sogni che scrivo su questa storia li ho avuti davvero...anche se non so quanto mi crederete, poi. Comunque...siamo ancora all'inizio...allo sviluppo del racconto, quindi potete mettervi comode e continuare a seguire le mie disavventure...
Spero che questo piccolo spazio autrice non vi annoi ogni volta...
A presto.

Sammy Cullen

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Capitolo 9
*** Voglia improvvisa di dialogare con un LICANTROPO. ***


capitolo 9 (brutta)

9. Voglia improvvisa di dialogare con un licantropo.

Le vacanze di Natale erano sempre più vicine, e la consapevolezza di avere molto più tempo libero a disposizione mi rendeva felice.
Non avrei più dovuto pensare a scuse e coperture con i miei per uscire di casa spesso…stupendo.
Erano passate quasi quattro settimane dalla comparsa dei miei stupendi amici, ed io non avevo fatto altro che peggiorare la mia situazione con Seth…sempre se “peggiorare” come termine si possa dire adeguato.
Dopo lo schiaffo che si era preso da parte mia, avevo assunto il comportamento di “arrabbiata-pentita”, mentre lui cercava di riappacificarsi nei modi più affettuosi e sinceri.
Certe notti restavo sveglia, osservando il buio della mia camera, e sperando che Edward comparisse e si sdraiasse vicino a me, facendo sfiorare la sua pelle ghiacciata con la mia.
Non riuscivo a capire quanto ancora lo amassi…quanto ancora io potessi amarlo.
Sapevo che poco a poco l’imprinting avrebbe fatto effetto, già circolava dentro di me, come uno strano virus pronto ad infettare.
Questa consapevolezza mi uccideva.
Chi amavo io?
Edward.
Ma questa era la risposta quasi automatica che il mio cervello decideva di riportare a galla…
Se andavo a scavare più a fondo, invece, sapevo che la presenza di un altro nome era forte, e combatteva prepotente per aggiudicarsi il primo posto.
Seth.
E tutto ciò in cui ancora credevo cadeva in mille pezzi. Spazzato via come un castello di carte colpito da un soffio di vento.
Ogni volta pensavo di poter combattere la cosa…sconfiggerla, addirittura! Ma poi…
Gli unici appigli che mi restavano scomparivano, e mi ritrovavo sola, in balia di me stessa…e dell’imprinting che avanzava.
 
-Samantha, ora ascoltami bene: hai presente la parola fortuna? Bene, è quella cosa che hai tra le mani! Non capisci che hai trovato il ragazzo perfetto, fatto apposta per te?! Non lo troveresti meglio di lui neanche su ordinazione! Io ucciderei per avere la fortuna che hai tu!-
Laura mi camminava accanto infervorata dal discorso che era impegnata a farmi, descrivendo da cima a fondo cosa fosse esattamente l’imprinting e quali fossero i suoi effetti.
-Imprinting vuol dire travolgere. Credo che sia il termine migliore…una forza immensa ti costringe ad amare colui che viene travolto da te. Ma forse è sbagliato parlare di “costrizione”, perché il sentimento viene sempre ricambiato. Non ci sono altre possibilità. Tu e Seth, siete come due metà di una mela, mi segui fino a qui?- al che mi guardò interrogativa, cercando di capire se avessi seguito con attenzione il filo del discorso.
Ero attentissima.
-Sì, ti seguo. Continua-.
Annuì contenta e proseguì –Bene. Ora, immagina di avere una mela a portata di mano, e di dividerla in un due mezzi perfetti. Ecco, uno sarà lui ed uno sarai tu. Se li avvicini, cosa accade?-
La domanda non era retorica, voleva che rispondessi con parole mie. Cercai di immaginare l’esempio della mela, e alla fine risposi con un sussurro sorpreso e un po’ rassegnato –Se li avvicino…combaciano perfettamente, pur essendo divisi-.
Laura batté le mani con fare scherzoso –Esatto!-.
Non avevo mai provato a vederla in quel modo.
La positività della cosa l’avevo sempre scartata.
Non avevo mai voluto prendere in considerazione il fatto che con Seth sarei stata felice, perché ancora mi ostinavo a credere che Edward potesse far parte del mio futuro.
Mi morsi un labbro e dissi alla mia amica, che camminava a passo rapido solo perché costretta a seguire il mio andamento –Quindi…prima o poi non potrò più combattere?-
La mia domanda la lasciò interdetta, aggrottò la fronte e ripeté –Combattere?-
-Sì…insomma…contro il travolgimento…- avevo il timore di cosa avrebbe risposto.
Lei sospirò quasi annoiata dalla mia testardaggine e rispose decisa –Sammy… non.si.può.combattere.contro.il.travolgimento-.
Oh, perfetto. Proprio come pensavo!
Vagai con lo sguardo tra le vetrine numerose di via Nazionale. Stavamo di nuovo andando da loro…ed io sentivo la strana voglia di parlare con un licantropo.

Salimmo al primo piano dell’albergo, dove i Cullen ed i Queleute avevano alloggio.
Due
suitte ben distinte, l’una accanto all’altra, li ospitavano.
Laura stava già per bussare a quella dei ragazzi di La Push, ma la bloccai delicatamente e repentina per il polso e dissi –Per oggi vorrei fare uno scambio-.
Lei s’illuminò in un sorriso a trentadue denti e annuì, pensando che volessi parlare con Seth.
Beh…forse un pò era così, ma…
Ci mettemmo di fronte alle due porte e lanciandoci un ultima occhiata bussammo con lo stesso ritmo.
Si aprirono entrambe subito, e scomparimmo l’una dalla vista dell’altra.
-Oh, oggi c’è qualcosa di diverso- Quil sghignazzava osservandomi da per terra, seduto sulla soffice mouquette intento a fare zapping sui canali in televisione.
Embry concordò ridendo assieme a Jared.
Alzai gli occhi al cielo, immaginando cosa stesse combinando Laura nella stanza accanto, con i Cullen.
Salutai con un cenno del capo Paul, Sam e Leah.
Lei, se conosciuta più a fondo, mi piaceva come tipa. Aveva un carattere forte, ma gli altri due…ancora faticavo un pò.
Cercai con lo sguardo Jacob e Seth, ma non li vidi.
-Dove sono i due lupi mancanti?- la mia domanda non era diretta a nessuno in particolare, ma rispose proprio Leah –Sul balcone…-.
Sorrisi per ringraziare e attraversai il salotto luminoso, aprendo la porta finestra e richiudendomela subito alla spalle.
I due giovani erano poggiati coi gomiti al muretto, discutendo animatamente di qualcosa. Cercai di non ascoltare, dal momento che non avevano notato la mia presenza e continuavano a dialogare, ma qualcosa sentii comunque.
Jacob scuoteva la testa e guardava giu, verso la strada, le auto che passavano e la gente che camminava –Non posso capire perfettamente cosa provi…ma lo immagino-
-Terribilmente stupendo…è come se tutto ruotasse intorno a lei e…-
Seth stava per iniziare un monologo su di me, perciò decisi di non approfittare oltre, e tossicchiai sommessamente per far notare la mia comparsa.
I due si voltarono, e Seth mi sorrise raggiante. Qualcosa dentro di me scattò, e ricambiai.
Jacob stava per lasciarci soli, ma quando mi passò accanto lo bloccai per un braccio e gli dissi –Vorrei parlare un pò con te…è un problema ?-
Il ragazzo mi guardò confuso, ma rispose –No, non credo ci siano problemi…-
Feci una specie di sorriso sghembo, per niente degno di Edward, e poi guardai Seth, che osservava entrambi circospetto, quasi geloso.
-Dopo desidero chiacchierare anche con te- e gli dissi ciò con un tono fin troppo…dolce ?
Lui allora si fece subito più tranquillo e rientrò nella camera, dove sentivo le grida esultanti di Embry mentre batteva Quil ad un qualche gioco per la P.S.P.
Chiusi la vetrata, che aveva lasciato –forse intenzionalmente- socchiusa e sospirando andai a poggiarmi contro il balconcino.
Jacob mi seguì in silenzio, mettendomisi accanto.
-Allora…di cosa vorresti parlare con me ?- la sua voce tradiva una certa curiosità mista a divertimento.
Risi rilassata e lo guardai di sottecchi –Di Seth…o forse dell’imprinting…oppure di te-
Solo una parte della mia risposta lo lasciò sorpreso, così ripetè –Di me ? e cosa vorresti sapere su di me?- alzò un sopracciglio.
-Stai bene, Jacob?- avevo fatto un nuovo sogno quella notte, e questa domanda gliel’avevo posta proprio io:

...Mi ritrovai a camminare per le vie del mio quartiere. Accanto a me c’era Jacob.
Parlavamo amichevolmente, e lui mi lanciava qualche frecciatina scherzosa, ogni tanto altre verso Edward…ed io facevoo finta di offendermi. Si scusò che ancora rideva.
Alla fine riuscì a rubarmi un sorriso e continuammo a passeggiare.

[...]

Il paesaggio sfumò, cambiò. Mi ritrovai con lui a casa mia... Jake si trovava nella vasca da bagno (mi chiedo ancora adesso come abbia fatto ad entrarci tutto).
Io non vedevo con gli occhi di altri, ma con i miei, ed osservavo le mie mani mentre gli massaggiavano il corpo...poi gli chiesi all'improvviso -Stai bene Jacob?-, e lui rispose -Oh sì, tranquilla! non preoccuparti per me- e sorrise affabile.
Ero ancora un pò dubbiosa, ma cercai di non darlo a vedere....poi la scena scomparve di colpo, e con essa anche Jacob.

Mi trovai in auto, sul sedile posteriore...mamma era alla guida. Accanto a me? Edward.
Quando mia madre parcheggiò, le dissi di portare la spesa a casa, facendole capire di lasciarmi sola con lui.
La vidi allontanarsi e poi mi sporsi verso Edward e lo guardai fisso negli occhi...ed il suo volto...oh che meraviglia!...
e senza sapere il perchè dissi -Dimmi la verità, Edward-
e lui aggrottò la fronte di alabastro, i suoi occhi si socchiusero. Non comprendeva...e neanch'io.
Sentivo di accusarlo, ma non sapevo il motivo. Continuavo a chiedergli spiegazioni su cose a entrambi sconosciute.
Lui chiese in fine, con un tono stanco e irritato -Cosa. Cosa vuoi sentirti dire?- e non seppi che rispondere. Mi svegliai con il ricordo dei volti dei due "ragazzi".

Tornai alla realtà solo per guardarlo negli occhi, e notai che cercava di capire il senso della mia domanda.
Provai ad iniziare a modo mio la conversazione, per vedere se avrebbe reagito in qualche modo –Ad esempio…Isabella-
Subito si irrigidì al mio fianco e gli diedi un colpetto col gomito –Non fare così…ho solo detto il suo nome!- ridacchiai e poi cercai di tornare seria…almeno in parte.
-Certe volte penso che lei esisterebbe comunque, anche se la Meyer non avesse scritto Twilight…perché in fondo è umana…mentre voi- e lanciai uno sguardo oltre la vetrata e al balcone confinante con il nostro –Siete…creature mitologiche…immaginarie, fantastiche-
lui respirò a fondo e disse –Tu e Laura sapete cosa mi accadrà, e cosa accadrà a lei- l’affermazione mi prese alla sprovvista, ma poi cercai di sorridere per non dar peso alla cosa e dissi –Sì, è così ma…non devi angosciarti…sarai felice, Jacob. Renesmee sarà una bambina deliziosa, anche se per metà è una vampira-
Lui tremò al suono dell’ultima parola, quasi avendone il ribrezzo.
Sbuffai e dissi –Anch’io soffrivo al pensiero che Edward stesse con Bella…fino a pochissimo tempo fa! Potrei addirittura dire fino a l’altroieri!-
Jacob allora ridacchiò e mi fece notare –Il fatto che tu stia usando il passato implica che ora come ora non ti interessi più-
Lo guardai esterrefatta e borbottai –Sì che m’importa ancora…ma non sono gelosa…ho deciso di fare un ragionamento meno egoistico-
-E cioè?- ora era curioso.
-Se lui è felice, lo sono anch’io-
-Questo ragionamento non mi sembra molto conveniente-
-Si soffrirebbe comunque, ma almeno so che così non rendo infelice anche lui-
Restò in silenzio a riflettere, poi disse –E Isabella soffrirà? Intendo durante la gravidanza…-
-Non hai letto il libro, vero Jake?-
lui si morse un labbro e poi disse –Non ho voluto-
scossi la testa affranta e poi, cercando di essere il più sincera possibile, risposi –Il parto sarà molto peggio di qualche bevuta di sangue…ah, un consiglio…se Rosalie si avvicina ai bisturi, mollale un calcio prima-
L’ultima parte sembrò coglierlo di sorpresa, ma decisi di non aggiungere altro. Avrebbe capito cosa fare al momento opportuno.
All’improvviso si rimise in posizione eretta e guardò oltre il vetro del balconcino dei Cullen.
Notammo entrambi i capelli di Laura che scomparivano dalla visuale in un gesto rapido.
Ridacchiai immaginando che avesse origliato.
Jacob alzò gli occhi al cielo –Laura è una tipa simpatica-
-Non immagini quanto- gli feci l’occhiolino e lui ricambiò con un sorriso jacobico…quasi più perfetto di quello sghembo fatto da Edward.
Mi diede una leggera pacca su una spalla e tornò nel grande solotto, per sfidare il campione di P.S.P in carica –Embry- che sghignazzava contro le proteste di Quil.
Dieci secondi dopo, Seth fece capolino e chiese scherzosamente –Toc toc…è permesso?-
Sorrisi e dissi stando al gioco–Certo, esci pure-.
Invece che far avvicinare lui a me, decisi di fare il contrario, così mi scansai dal bordo del balcone e gli arrivai davanti, allungando un braccio oltre lui per chiudere bene la vetrata.
-Così avremo l’impressione che la privacy ancora esista- sapevo benissimo che sia i Queleute che i Cullen potevano sentire ogni parola che dicevamo.
Il ragazzo rise e aggiunse –Beh, è già qualcosa-.
Mi soffermai a guardarlo, come non avevo mai guardato nessun altro, a parte Edward.
Era alto, almeno un metro e ottanta se non di più, la pelle bronzea e liscia splendeva contro la lampada al neon appesa alla parete, gli occhi potevano sembrare neri se visti da lontano, ma in realtà erano nocciola scuro, i capelli invece erano così scuri da emanare riflessi quasi viola o blu.
Li portava più lunghi rispetto a Sam o Paul, ma ci sarebbe voluto molto prima che riuscisse a farsi un codino degno di Jake.
I tratti del viso mi riportarono in mente Pocahontas.
Il naso aveva una linea dritta ma schiacciata, le labbra erano sottili ma morbide e si notavano i denti bianchi in contrasto col colorito più scuro. Il mento un po’ a punta e gli zigomi appena accennati gli davano un’aria adulta.
Era bello.
Non riuscivo a pensare che non lo fosse.
Il corpo slanciato celava a un primo sguardo i muscoli, ma c’erano, anche se leggeri.
Senza rendermene conto, mossi una mano fino a sfiorargli il volto, e lui sussultò.
-Oh…beh, io…scusami…- feci per ritirarla e stringerla al petto, ma lui la bloccò contro il viso stringendola con la sua, e poi guardandomi disse –Non è stato il gesto…ma la temperatura. Sei gelida-.
Sentendo ciò volsi lo sguardo altrove, imbarazzata.
La sua pelle a contatto con la mia era bollente…ne capivo il motivo. Chiusi gli occhi e lasciai che il tepore avvolgesse la mia mano.
Ad un certo punto sentii il suo tocco delicato dietro la schiena, e lasciai che mi sospingesse vicino a lui.
Lasciai che il mio sguardo potesse ammirarne ancora un po’ il viso, poi poggiai la testa contro il suo torace.
Le braccia mi strinsero leggere e non riuscii a trattenere un sospiro.
-Grazie-. La sua voce spezzò il silenzio che era venuto a crearsi. Alzai la testa per guardarlo confusa e mi ritrovai con le labbra a pochi centimetri dalle sue.
-Di cosa?- chiesi in un sussurro, immaginando già di sfiorare la sua bocca.
Lui sorrise dolcemente e rispose ancora più flebilmente –Di essere tu il mio imprinting-.
Non saprei dire cosa scattò in me dopo…
Ma mi lasciai del tutto travolgere…e mi ritrovai sul punto di baciarlo, con tutto il sentimento che mi logorava l’anima.
Io volevo solo lui. Ne ero certa.
Laura aveva ragione.
Proprio quando le nostre labbra già si sfioravano, sentimmo degli strani rumori provenire dalla camera dei Cullen, e sussultammo.
-Che diavolo…???- entrai nella camera con Seth accanto e trovammo tutti i Queleute intenti ad osservare la parete divertiti.
-Che succede?- il mio tono tradiva una certa preoccupazione, ma anche il fastidio per essere stata interrotta sul più bello.
Quil sghignazzando disse –Il succhiasangue ha deciso di sprecare un po’ di soldi per risalcire questo albergo-
Non capii per niente cosa intendesse dire, perciò uscii imprecando dalla loro suitte e bussai a quella accanto.
Mi aprì Alice e fece un cenno per dirmi di entrare, chiudendo letteralmente la porta in faccia ai Queleute –escluso Seth che mi stava ancora al fianco- che si gustavano la scena.
Quello che vidi fu inverosimile.
Edward stava prendendo a capocciate la parete, naturalmente non così forte da buttarla giu, ma lo stava facendo.
Avevo una vaga idea di quello che poteva essere accaduto.
-Ehm…Edward? Puoi fermarti? Sai, il muro vorrebbe riprendere fiato prima del secondo round…-
le mie parole fecero cessare il caos, e vidi i suoi occhi schizzare sul mio volto e poi disse, quasi implorante, ma sibilando –Portala via da qui se non vuoi che la uccida, ti prego-.
Subito compresi come era scaturito tutto.
Laura, rannicchiata dietro a Emmett, guardava il vampiro dai capelli rossicci e borbottava –Il vecchietto vuole uccidermi…è pazzo…e tutto solo perché gli ho detto che nascondere la verità non serve-
La guardai rassegnata e chiesi –Che verità?-
Lei mi osservò solo un istante prima di tornare ad osservare Edward attenta –Quella che riguarda il fatto del suo uso certo di pilloline blu per compiacere Bella Tordella. La verità brucia-.
Ancora mi chiedevo: perché a me?

Eccomi di nuovo!!! spero che questo capitolo vi piaccia! l'ho finito proprio ora ^^ non resistevo...così ho aggiornato XD
Ci si sente al prossimo! (vi informo che non aggiornerò così rapidamente a causa della scuola...e di molti, molti impegni ç_____ç).
Grazie tante a chi legge e a chi commenta *-*.
A presto -spero-.

Sammy Cullen

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Capitolo 10
*** Farsi travolgere in mille modi diversi... ***


capitolo 10 (brutta)

10. Farsi travolgere in mille modi diversi.

Ero davvero tentata di lasciare Laura nelle fauci di Edward, che era scattato a guardarla con gli occhi di un nero ardente.
Lei dal canto suo aveva iniziato ad appiattirsi ancora di più contro Emmett e a gridare –Salvami! Vuole farmi fuori!- ed il vampiro corpulento scoppiò a ridere fragorosamente per poi dire –Mi piacerebbe lottare un po’- e ghignò immaginando uno scontro imminente tra lui ed il fratello, che lo fulminò con un’occhiataccia e disse tra i denti –Non pensare certe assurdità, Em. E tu…- guardò Laura nel modo più terrificante possibile –Non stuzzicarmi più di tanto, la mia pazienza non è infinita-.
Al che, Carlisle tossicchiò e disse, cercando di calmare le acque –Figliolo, calmati…Laura stava solo scherzando-
-Carlisle, non essere così magnanimo- aggiunsi io, guardando la mia amica con aria di rimprovero.
Lui alzò gli occhi al cielo e ridendo leggero mi rispose –Se ora lasciassi che Edward torturasse Laura, credo proprio che l’avresti sulla coscienza-
-Oh, non sono poi così buona- ed era vero.
Il bel vampiro scosse la testa divertito e poi sospirando disse –Edward, ora tranquillizzati e…-
-Tu invece, Laura, chiudi il becco per un po’. Un consiglio da amica- aggiunsi io.
Entrambi ci guardarono come se gli avessimo inferto una pugnalata dritta nel petto, poi si lanciarono un’occhiata di pura antipatia e la ragazza disse –Credo che cambierò suitte per un pochino-.
-Buona idea, restaci-. Edward le fece ciao ciao con la mano e sorrise amaramente, facendo sì che Laura gli donasse una vistosa linguaccia.
Il gesto infantile lo fece scoppiare a ridere assieme a Emmett e Jasper.
Lei li guardò male ed uscì a testa alta dalla stanza, scontrandosi con Quil che era rimasto ad ascoltare, e tornando di là con lui.
All’improvviso, gli sguardi dei Cullen si spostarono su di me, o per meglio dire, su un punto che identificai come la mia mano, intrecciata a quella di Seth.
Avvampai e il ragazzo ridacchiò imbarazzato.
Esme ci guardò con estrema tenerezza, e non aiutò certo a farci sentire meglio.
Emmett sghignazzò, Alice mi fece l’occhiolino mentre Jasper sembrava non essere toccato più di tanto dalla cosa e Rosalie mi guardò con la stessa aria compassionevole della volta precedente.
Di tutti, lo sguardo che più mi colpì fu quello di Edward.
Era un misto tra gioia e…dispiacere?
Non riuscii a capirlo.
Li guardai tutti, uno per uno, poi dissi –Ora io e Seth…beh, sarebbe meglio se andassimo…- e lui aggiunse rapido –Sì…meglio andare…-
Così sorridemmo in un modo simile a Barbie e Ken e ce ne andammo da lì dentro.
Una volta che fummo nel corridoio, lanciammo una rapida occhiata alla porta dei Queleute.
Non volevamo per niente tornare da loro.
Ci guardammo un attimo e poi dissi d’un fiato –Seguimi-.

Corremmo fuori dall’albergo mano nella mano, il cielo era già scuro, ma erano solo le sei.
Qualche nuvola aveva delle fantastiche sfumature rosa e arancioni, causate dal tramonto, che mi sarebbe piaciuto poter osservare se non ci fossero stati palazzi in ogni punto.
Lo trascinai fino ad una stradina più isolata, dove avremmo potuto stare tranquilli e mi voltai a guardarlo.
-Abbiamo lasciato un discorso a metà, se non sbaglio-
lo guardai facendo la vaga, ma capì al volo e ridendo flebilmente mi strinse a se e continuò da dove aveva interrotto.
Non appena le nostre labbra si trovarono unite, una scintilla mi oltrepassò in tutto il corpo, e mi aggrappai a lui quasi come se avessi un bisogno impellente di sentirlo vicino.
Lasciai che la sua lingua toccasse la mia, prendendo confidenza con qualcosa di nuovo.
Avevo deciso che il bacio che gli avevo dato nel locale sarebbe stato definito come “di esercitazione”, perciò il mio primo VERO bacio era questo.
Nel mentre, sentivo le sue mani che passavano sul mio corpo, e le mie facevano lo stesso con lui.
Sapevo perfettamente che se non ci fossimo dati un limite, sarebbe accaduto qualcosa di più.

Fermati…fermati, Samantha, se non vuoi che…

La vocetta stridula nella mia testa gridava chiari allarmi, ma non le davo ascolto. Non me ne importava niente di niente.
Io volevo lui, lui voleva me.
Tutto andava secondo un piano ben prestabilito, deciso da qualcuno –o qualcosa- di potente.
Non volevo fuggire dal travolgimento, preferivo invece andargli incontro, e se non potevo fare null’altro, mi sarei rassegnata…avrei perso.

…Questa non è una guerra…non è la tua battaglia. Fermati. Guardalo negli occhi e sii sincera: credi di amarlo già? Non pensi invece che sia solo…

Zitta! Una seconda voce, più decisa, fece terminare le sciocche proteste dell’altra. Preferivo dar retta a questa.
Il mio cuore sapeva che strada seguire, e non voleva attaccarsi all’inutile speranza che Edward contasse più di Seth.
Ci avevo provato. Avevo tentato in tutto e per tutto per far sì che il vampiro comprendesse che non sarebbe stato gridandomi contro il modo migliore per farmi passare la “cotta” per lui…
Ma non aveva funzionato. Ed io non ero poi così tanto forte da riuscire a sopportare un simile dolore.
Seth era stato la mia manna caduta dal cielo.
Mi aveva dato il suo affetto, il suo amore incondizionato…senza chiedere mai nulla in cambio.
Ora cedere al travolgimento, per ricompensarlo, mi sembrava il minimo.
Così lasciai che l’imprinting facesse effetto, scorrendomi nelle vene, riempiendomi la testa, facendo rivivere la mia anima quasi spenta.
Quando le nostre labbra si divisero, avevo una sola ed unica certezza: amavo Seth Clearweater.

***

-Secondo me non sei così brava- Emmett rideva mentre continuava a ripetere che avrei dovuto indossare i braccioli per stare tranquilla.
Avevo trascinato lui e gli altri in piscina, per vedermi mentre facevo la mia ora buona di nuoto.
Era venerdì.
Indossavano tutti delle tute –i Cullen con marche famose, i Queleute un po’ meno-, per passare il tempo nella sala di attrezzistica, che si trovava proprio confinante alle vasche lunghe quindici metri, e dalla quale, grazie ad un’intera parete in vetro, potevano ammirare il mio talento da pesce mancato.
Negli spoiatoi m’infilai veloce il costume, la cuffia e gli occhialetti ed andai correndo fuori di lì, verso la vasca numero due.
Non avrei mai dovuto fare niente di più azzardato.
Nella fretta, misi un piede in fallo e scivolai col sedere a terra, procurandomi così un gran bel dolore.
Strinsi i denti e poi lasciai sfuggire un respiro soffocato, cercando di resistere all’impeto di battere i pugni a terra e iniziare a gridare come una bambina.
Sentii la risata fragorosa di Emmett addirittura da sotto il frastuono che mi circondava, tra il rumore dell’acqua in movimento e i richiami degli istruttori.
Sospirai e mi rialzai lanciando solo un rapido sguardo verso i miei amici, che stavano passando per una piccola porta che collegava la sala di attrezzistica a quella in cui mi trovavo.
Seth mi osservò preoccupato, dicendo al grosso vampiro e ai Queleute qualcosa, con un’espressione severa.
Doveva avergli ordinato di non ridere.
Emmett continuò a sghignazzare senza dargli retta.
Il ragazzo continuò a guardarmi in pensiero, così alzai una mano per far capire che era tutto okay.
Bugiarda. Ero davvero una brava bugiarda, visto che alcune fitte avevano iniziato a tartassarmi dal bacino in giu.
-Sempre la solita, uhm?-
Alessandro mi si avvicinò divertito. Sussultai al pensiero che potesse notare i Cullen ei licantropi…
Feci in modo che la mia attenzione fosse esclusivamente per lui, sperando che non avesse visto la direzione che puntavano i miei occhi fino a pochi istanti prima.
-Eh già…che vuoi farci…sono Isabella Swan due la vendetta-
la mia battutina così bassa nei confronti della ragazza di Edward non era stata intenzionale…oh forse un pochino sì…
Il mio amico guardò in su sbuffando, e borbottando che la mia fissa iniziava a fargli odiare il libro.
Poi però, aggrottò la fronte e mi chiese tra il curioso e il triste –Come mai oggi non sei voluta venire a chiamarmi?-
Mi prese di sorpresa, ma cercai di rispondere con un tono abbastanza calmo –Niente, tranquillo…io…non saprei. Mi andava così- feci spallucce, tentando di sembrargli il più innocente possibile.
Ma Alessandro ed io ci conoscevamo dall’asilo…e pur impegnandomi, non sarei mai riuscita ad ingannarlo davvero fino alla fine.
Mi guardò sospettoso socchiudendo gli occhi, finchè non disse –Okay, okay…come vuoi. Mi spiegherai un’altra volta-.
Sorrisi rasserenata e lo abbracciai senza molte difficoltà, visto che era alto come me, dicendo –Certo, certo!-.
Ogni tanto avevo pensato che tra me e lui sarebbe potuto nascere qualcosa quando fosse sembrato più adulto –cosa fino a quel momento assente-, ma poi il nome di Edward compariva nella mia testa e cambiavo subito idea.
Adesso invece apprezzavo Alessandro unicamente come migliore amico, facendo né più né meno ciò che facevo prima.
E c’era un altro nome a vorticarmi nella mente…
Sospirai beata, facendo notare la cosa anche a lui, e a salvarmi da un’altra serie di domande fu Jacopo, l’istruttore, che disse –Tutti a fare la doccia, forza-
E così io, Ale e le dieci ragazzine che stavano in vasca con noi e che ignoravamo del tutto passammo sotto il getto caldo della doccia.
Fui la penultima a tuffarmi, e visto che c’erano degli spettatori, decisi di vantarmi per quel poco che io –misera umana- sapevo fare.
Salii sul basso trampolino e prendendo slancio eseguii un perfetto tuffo in avanti con capriola in aria, prima dell’impatto con l’acqua.

Alla faccia tua, Emmett!

Sogghignai soddisfatta dal fondo della vasca e trattenendo quella boccata d’aria che avevo preso, nuotai in apnea per più della metà.
Quando riemersi, osservai prima Alessandro, intento a raggiungermi nuotando a stile libero, e poi la grande parete in vetro.
Tutti mi osservavano.
Certi nel mentre parlavano, altri ridevano…altri ancora restavano solo in silenzio fissandomi.
Feci ciao ciao con la mano e continuai il resto della nuotata a dorso.
Feci tutte ed otto le vasche a piacere in apnea, riservando abbastanza forze per l’ultima, nel testardo intento di rimanere senza respirare per tutti e quindici i metri, invece che metà o poco più.
Presi una bella boccata d’aria e scivolai verso il fondo movendo le gambe a delfino.
Adoravo la sensazione dello stare sott’acqua.
Mi pareva di trovarmi in un altro mondo, e di essere qualcosa di meglio che una semplice umana.
Quando ero più piccola ipotizzavo che fossi una sirena, ma ora preferivo continuare con la mia ossessione per i vampiri, che di ossigeno non avevano bisogno, e in acqua avrebbero potuto vivere.
Appena arrivai a più di dieci metri, lasciai che qualche bollicina di ossigeno fuoriuscisse dalle mie labbra serrate.
Gli occhialetti però si erano appannati, così, presa anche un po’ dai miei pensieri, non mi accorsi del muro e andai a sbatterci la faccia.
Quello che ne seguì non fu certamente una delle cose migliori in cui potessi sperare.
A causa dello scontro diretto, rilasciai tutta l’aria che avevo in corpo e si sa, con la mancanza di ciò, si va a fondo.
Battei qualche bracciata convulsa, ma non mi riuscì di risalire e il dolore ai polmoni era tremendo, li sentivo bruciare.
Notai grazie ai punti meno appannati degli occhialetti ben due figure che nuotavano verso di me.
Chiusi gli occhi, ripensando che doveva essersi sentita così Isabella dopo aver tentato il salto nel vuoto dallo scoglio per ritrovarsi quasi annegata.

Annegare
Non volevo certo morire così!
Quando qualcunò mi trascinò a galla, ringraziai il cielo.
Non appena il mio volto fu a contatto con il vuoto, pieno di splendido ossigeno, tirai una boccata e poi subito un’altra.
Accidenti a me e a quando avevo deciso di fare apnea.
Mi sfilai via gli occhialetti e osservai il mio salvatore.
Forse avrei sperato in Jacopo, ma qualcuno lo aveva preceduto, come anche Alessandro, che ora mi nuotava –anzi, ci nuotava- accanto…
Seth, ancora vestito, mi stringeva a sé ripetendo il mio nome teso.
-Samantha…ti prego…dimmi che stai bene!- la sua voce era un lamento tremendo.
Risposi tossendo –Stupidone! Come…potrei stare bene?! Sono quasi annegata!- ma nel dirlo iniziai anche a ridere, la cosa mi sembrava divertente, anche se in un modo tetro…

Dopo essere stata tirata fuori dalla vasca, controllaro che non mi fossi fatta nulla, e quando si furono assicurati del mio buon stato fisico, attesi la tremenda e fatale domanda.
-E tu saresti…???- Alessandro scrutava Seth senza usare sguardi accusatori o indagatori…ma comunque non potevo dirmi tranquilla.
Dovevo rispondere assolutamente prima di Seth!
-Ah giusto…ora vi presnto. Lui è Stefano-.
 
Un nome italiano, perfetto…lo avevo inventato sul momento.


Muahahah! salve a tutte! eccomi di nuovo, precisa come un orologio svizzero con l'aggiornamento! ogni fine settimana ù.ù.
Allora...vi lascio con questo capitolo che è sospeso nel vuoto! chissà cosa accadrà nel prossimo...XD
Sarò lieta di rispondere alle vostre domande, se ne avrete...non so...sulla storia...o sul meccanismo contorto che ho deciso di usare come è scritto nell'AVVISO della presentazione...

Sono come sempre felicissima di notare l'aggiunta di questa storia tra i preferiti...e voglio rivolgermi proprio a chi l'ha iniziata a leggere da poco...o non saprei cos'altro XD...
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate tutte...chi commenta da sempre e chi ancora non lo fa...^^

(naturalmente non è che se non vi va di dirmi il vostro parere io alzo l'ascia di guerra, nono ù.ù quindi siete libere di fare ciò che volete ^^ però vi ho detto come la penso XD).
Ora vi saluto...au bientout! ^^

Sammy Cullen


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Capitolo 11
*** Prima di partire c'è qualche montagna da scalare ***


capitolo 11

11. Prima di partire c’è qualche altra montagna da scalare…

Alessandro strinse la mano di Seth sorridente.
Era per questo che lo apprezzavo così tanto: la spontaneità, ed il carattere amichevole.
-Piacere, Stefano. Io sono Alessandro-
dal momento che da parte del mio amico non vedevo problemi, guardai l’altro.
Seth ancora non riusciva a capire il perché di quel nome, ma quando incrociò il mio sguardo rapidamente, decise di stare al gioco.
-Piacere mio, Alessandro- ricambio il sorriso spontaneo da ragazzo Queleute e mollò la presa.
Sospirai rasserenata.
Anche questa era andata bene, o almeno…così credevo.
Il mio amico infatti non riuscì a resistere, e chiese –Voi due siete…cioè…da quanto vi conoscete?- poi si voltò verso di me –Non mi hai mai parlato di lui- e fece spallucce.
Io avvampai e risposi osservandoli entrambi a turno –Ehm…a scuola. Già…è più grande di un anno ma…beh abbiamo fatto amicizia- sorrisi facendo un grande sforzo per sembrare naturale.
Entrambi alzarono un sopracciglio guardandomi, ma l’espressione di uno era quasi incredula, l’altra…sorpresa.
Dovevo assolutamente farli separare!
Iniziai a ragionare, a contare i minuti ed i secondi…non potevo permettermi altri sbagli. Per quanto volessi bene ad Ale, non potevo metterlo al corrente di tutto.
Laura aveva già causato scalpore tra i vampiri ed i licantropi, ci mancava solo lui!
Ad un certo punto li vidi tutti uscire dalla porta in vetro e passare alle spalle del ragazzo, causandomi una sottospecie di collasso.
Rimasi senza respirare, finché non capii che dovevo fare in modo che l’attenzione di Alessandro non si spostasse alle sue spalle, lontano almeno dieci metri.
-Ale!- lo chiamai con la voce acuta, quasi da soprano.
Lui, che mi stava abbastanza vicino da poter perdere l’udito strizzò gli occhi e sobbalzò –Cosa?!-
Ridacchiai nervosa tenendo d’occhio lui e gli altri a turno, rapidamente, come se stessi osservando il rimbalzare di una pallina da tennis tra due giocatori.
-Niente…senti, aspettami pure fuori dagli spogliatoi, tanto Stefano deve andar via…-
alle mie parole vidi lo sguardo di Seth rattristarsi.
Ignorai il gesto e attesi il momento buono per spiegargli.
Il mio amico umano alzò gli occhi al cielo e poi annuì divertito –E va bene, allora vado a cambiarmi…- fece per entrare nello spogliatoio maschile, quando si voltò e disse a Seth –Arrivederci allora…ci si vede-.
Il mio ragazzo sorrise di rimando facendo un cenno col capo.
Quando l’altro fu sparito, mi concentrai interamente su di lui.
Era bagnato dalla testa ai piedi, dal momento che per buttarsi in acqua e soccorrermi non aveva pensato a togliersi i vestiti.
I vestiti…
Qualche pensiero non molto appropriato si fece strada nella mia mente.
Scrollai il capo e dissi –Sei tutto bagnato…-
Lui ridacchiò e disse sfiorandomi il volto –Fa niente…-, ma non me ne importava nulla, sinceramente, del fatto che potesse permettersi di girare anche nudo a dicembre, in pieno inverno, senza beccarsi un quaranta e mezzo di febbre se non di più, solo perché quella era la sua temperatura solita.
-Non m’importa se per te non fa differenza avere vestiti bagnati o asciutti addosso! Chiedo a Carlisle se ha un cambio da prestarti…-
ma mi zittì mettendo un dito sulle mie labbra –Spiegami perché torni a casa con lui, stasera…-.
Oh, perfetto! Ora ci mancava Seth geloso per completare il quadro.
Chiusi gli occhi e sospirai rassegnata, alzando una mano per poter scansare la sua e parlare –Seth…non voglio coinvolgere anche Alessandro in questa storia, se mi è possibile riuscirci…quindi ti prego torna all’ hotel con gli altri-.
Sul suo viso comparì un cipiglio stupendo…le sopracciglia avvicinate al centro, a causa della fronte aggrottata, ed una ruga d’espressione leggera proprio nel mezzo.
Ma non mi rispose.
La cosa non mi fece certo star meglio. Forse era indeciso…o peggio, offeso!
-E dai…prometto che poi sarò tutta per te…- ridacchiai leggera e mi alzai in punta di piedi per avvicinarmi più che potevo alle sue labbra.
Seth in risposta sbuffò alzando gli occhi al cielo e disse –Se me lo chiedi in questo modo…- e fece sì che la sua lingua stuzzicasse la mia in un gioco movimentato.
Restai appiccicata a lui quanto bastava per finire in catalessi, poi mi staccai ed esclamai –Accidenti! Sto perdendo tempo! Se Alessandro esce dalla palestra e li vede…oddio, oddio…lui potrebbe capire!-.
Mi allontanai da lui a malincuore e corse nello spogliatoio per farmi la doccia, asciugarmi e rivestirmi.
 
Durante l’operazione, ruzzolai almeno tre, quattro volte sul pavimento umido, la scarpa destra si ruppe totalmente, creando un buco laterale, dal momento che era ormai consunta, e i capelli corti stavano sparati in ogni dove per l’aria, con la frangetta laterale tutta disordinata.
Sbuffai quando mi misi il borsone a tracolla e corsi contro la porta sbattendoci il muso.
-Ahia!- misi una mano sopra il mio delicato naso sottile e cacciai indietro una lacrimuccia.
Uscii da lì dentro osservandomi intorno come una pazza e trovai Alessandro seduto sul divanetto, intento ad aspettarmi, come al solito.
Mi avvicinai e lui si alzò –Oggi hai battuto il record…- rise.
-In anticipo?- risi anch’io.
-Nah, in ritardo- e scosse il capo sghignazzando.
Sospirai di sollievo quando non vidi i Cullen ed i Queleute fuori dalla porta d’ingresso in vetro…ma dovevo accertarmi che…
-Stefano è andato via? Lo hai visto?-
la domanda lo colse di sorpresa, ma rispose tranquillo –Sì, mi ha salutato scusandosi dicendo che andava di fretta-.
Perfetto.
Lasciai che un sorriso beato solcasse le mie labbra ed uscii con lui di fuori, col vento freddo a colpirmi il volto.
Camminammo chiacchierando della scuola, degli amici, delle vacanze di Natale imminenti e del nostro compleanno…
Gennaio.
Non mancava molto.
Come lo avrei passato? Avrei festeggiato con gli amici umani, o con quelli sovrannaturali?
 
Alessandro mi riaccompagnò fin sotto casa, dal momento che le nuvole si erano improvvisamente addensate causando una pioggia tremenda, ed ero sprovvista di ombrello mentre lui, preparato come sempre, ne aveva uno a portata di mano.
Durante il tragitto, notai un auto –un pick-up scassato- seguirci dalla strada.
Potevo sperare davvero che fosse un altro catorcio e non quello di Isabella? No. Era del tutto improbabile che non fosse lui. Quasi ringhiai ed Ale, alzando un sopracciglio sorpreso, chiese ironicamente –Da quando in qua hai iniziato ad imitare i cani?-.
Cercai di calmarmi e dissi falsamente –Mi sto solo schiarendo la gola…-. Non volle indagare oltre e gliene fui grata.
Una volta che mi ebbe scortata fino al portone, mi salutò e se ne andò veloce, cercando di coprirsi il più possibile con l’ombrello che rischiava di spiccare il volo per colpa di una folata di vento improvvisa.
Sospirai e, invece di entrare nel mio palazzo, attesi.
Passarono svariati minuti, ma non venne nessuno, così, ancora più snervata, chiamai con un tono da far gelare il sangue –Seth-.
E lui comparve dall’oscurità del cortile, con un’espressione di vergogna e dispiacere sul volto.
-Non.ti.avevo.detto.di.tornare.all’.hotel?- percepii con le mie stesse orecchie il tono infastidito della mia voce.
Seth, dal canto suo, si avvicinò fino ad arrivare al riparo dei balconi del primo piano, per non bagnarsi oltre.
Mi sovrastava del tutto, dandomi l’impressione che fosse cresciuto un altro po’.
Deglutii e lo guardai un po’ più incerta.
Come potevo essere dura con lui?
All’improvviso mi sembrò estremamente difficile tenergli il muso, come se una parte di me protestasse con tutta se stessa.
La cosa mi faceva sentire terribilmente…lasciva? Stavo diventando come Esme, se non peggio? Colei che perdona e sopporta tutto?
No, questo no…
Strinsi i pugni persa nei miei assurdi ragionamenti.
Quando decisi di aprir bocca per parlare, Seth avvicinò il suo volto al mio e sussurrò con le labbra a pochi centimetri dalle mie –Scusami, ma non ho saputo resistere…- feci molta poca attenzione a quelle altre due parole che pronunciò, presa com’ero a lasciarmi frastornare dal suo fiato caldo e con un profumo dolce e denso a soffiarmi sul viso.
Quasi contemporaneamente allo stordimento che mi aveva travolto, arrivò la foga…tutta insieme, di getto, e mi strinsi a lui cercando quasi bisognosa il contatto tra le nostre labbra.
Ecco, con lui non riuscivo proprio più a controllarmi.
Accidenti al travolgimento!

-Una festa?- ancora non riuscivo a capire cosa avesse in mente Laura, ma di certo avrei dovuto iniziare a preoccuparmi.
Lei mi guardava con quel suo sorriso tremendamente contagioso stampato in faccia: una scintilla allegra e luminosa a novanta gradi.
-Sì, esattamente! Sarà stupendo! Ogni anno nella mia scuola si svolge una festa per l’inizio delle vacanze Natalizie…e visto che è permesso invitare persone esterne…- lasciò la frase a metà, facendo la vaga.
Compresi allora cosa le passasse per quella testa dotata di una mente astuta e calcolatrice e la mia risposta non sarebbe potuta essere più seria, autorevole e concisa di quella che diedi io: -No-.
Secco, deciso, irremovibile.
Il “no” migliore che avessi mai detto!
O almeno, lo sarebbe stato se lo avessi dato come risposta a qualcuno che non si chiamava Laura, che era sempre pronta a tutto e terribilmente cocciuta e convincente.
-Oh dai Sammy…ci divertiremo!-
-No-.
-Ma perché?!-
-Perché no-.
-Ah beh, allora spiegalo tu, che non ne se ne fa niente,  ad Emmett, Alice, Quil, Embry e Jared- mi guardò strafottente e malignamente compiaciuta.
-Brutta…- non finii la frase che già le correvo dietro, un po’ ridendo ed un po’ gridandole contro.
Era come un gioco, per noi.
-Vieni qui! Fermati, Laura! Se ti prendo puoi dire addio alla festa!-, ma lei rideva soltanto, schivando o facendosi schivare dalle altre persone sul marciapiede, osservando alle sue spalle di tanto in tanto, per vedere se fossi in procinto di acchiapparla.
Proprio quando allungai una mano pronta ad afferrarla per il cappuccio del pesante cappotto viola, inciampai.
-Ahi…- la storta che mi ero presa non poteva essere peggiore di così.
La mia amica si voltò, facendo ancora qualche passetto all’indietro per un riflesso involontario, e quando si accorse del fatto che mi trovassi a terra, spalancò gli occhi e scoppiò in una fragorosa risata.
La cosa durò qualche istante e poi, quando vide che ancora non mi tiravo su, iniziò a preoccuparsi e si fece subito seria.
-Sa…Sammy? Tutto okay?- mi si chinò accanto.
Per tutta risposta dissi in un lamento –Stavo meglio prima…- e cercai di rialzarmi in piedi, con lei già pronta a reggermi in caso avessi deciso di ricadere giu.
-Tonta…immagino quando incontrerai la zia Stephenie con gli altri…penserà che sei tu Bella Tordella!-.
-Grazie tante- mugugnai.

[…]

Era il diciannove dicembre quando mi recai assieme agli altri nella scuola della mia pazza e scatenata amica.
Prima di arrivare lì, mi aveva avvertito sul rischio dell’arrivo di un tremendo uragano conosciuto col nome di Giorgia.
La sua più cara amica nella classe in cui si trovava.
Grazie alle sue cronache dettagliate, avevo capito che era la sosia perfetta di Alice…solo un po’ meno pallida, fredda, forte, veloce e beh…umana!

Non appena entrammo nel grande cortile, Sam disse nervoso –Prima o poi voi due, ragazzine, ci farete scoprire-
Ed io risposi a tono –Senti bello, ero meno d’accordo di te!-.
Lui ringhiò ed io gli feci la linguaccia, sotto lo sguardo divertito dei Cullen e le battutine di Quil ed Embry.
-Hai trovato una degna rivale, Sam-
-Già, Sammy non è poi così tranquilla come sembra- e Quil, aggiungendo ciò all’affermazione dell’amico, guardo a turno me e Seth, lasciando sottintendere qualche altro significato.
-Idioti!- ma lo dissi benevolmente, ridendo assieme a loro.
Non appena entrammo all’interno dell’edificio, mi guardai attorno cautamente. Dovevo fare attenzione alle reazioni che i ragazzi avrebbero potuto avere vedendo quello strano gruppetto che mi circondava; così appariscente, formato da giovani belli e perfetti, modelli e modelle, ognuno con un particolare da ricordare.
-Sta tranquilla, Sammy. Alice è cieca, ma io e Jasper possiamo controllare che tutto vada nel miglior modo possibile—Edward, che mi aveva affiancato a sinistra, visto che a destra c’era Seth, mi regalò un sorriso mesto per farmi capire di star tranquilla.
Respirai a fondo, annuii più a me stessa che a lui, li guardai uno per uno un istante e poi, quasi come se la mia tappa fosse il patibolo, feci il primo passo verso il lungo corridoio che conduceva alla palestra.

Era un rischio immenso quello che stavamo correndo. Andavamo alla cieca, come se l’oscurità ci avesse avvolto gli occhi, solo perché la piccola vampira-folletto era nell’impossibilità di vedere qualcosa di sicuro con i licantropi attorno.
Ascoltare Laura non mi era mai sembrato più insensato di quel giorno. Eravamo diretti in una stanza stracolma di ragazzi umani; possibili spuntini per Jasper, con la sua sete ancora troppo forte. Ragazze con la capacità di vedere oltre e capire chi erano quei ragazzi così somiglianti ai personaggi di un libro.
Un libro.
Ecco da dove derivavano…o forse no…forse era da un sogno.

Eccomi qui! scusate il ritardo...e anche il fatto che vada di fretta! vi ringrazio tutte! WOW! 7 recensioni...per me sono tante XD grazie infinite! Laura pretende la mia compagnia, perciò non mi dilungo, prendetevela con lei! XD 
baci.

By Sammy Cullen

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Capitolo 12
*** Una festa assai movimentata, biglietti aerei e lettere ***


capitolo 12


Nella palestra c’erano come minimo un centinaio di studenti, e credo proprio che fossero poco più della metà del numero intero.
Mi gelai sul posto, dopo aver fatto quattro passi, e non perché sapere di avere tutti quei giovani attorno mi rendesse nervosa, o perché ancora temevo una reazione improvvisa da parte di Jasper…
Ma perché una ragazza, alta più o meno come Laura, coi capelli scuri e mossi, gli occhi castani, la pelle pallida e un corpo minuto e dai movimenti aggraziati, ci stava letteralmente correndo incontro, inseguita dalla mia amica, che dopo averci notato, sorrise un po’ in difficoltà.
Sapevo esattamente chi fosse, e non appena la vidi fui costretta a stropicciarmi gli occhi incredula, visto che era una sottospecie di copia umana di Alice.
Nel mio cervello intanto, stavo cercando dei nomi fasulli per ognuno dei miei amici, come copertura, tralasciando Seth, a cui Stefano si addiceva molto bene.

Uhm…vediamo…Edward…accidenti! Per lui mi viene in mente solo la versione Italiana! Emmett…potrei dire che si chiama Massimo, è un bel nome. Rosalie… Sofia, è elegante, non le dispiacerà. Alice resta Alice, in italiano. Jasper…mmh…Jordan, Carlisle diventa Carlo, Esme invece Elena…bene, ora passiamo ai licantropi! Sam diventa Samuele, così non cambia molto, Quil direi che potrebbe chiamarsi Andrea, ad Embry si addice Lorenzo…Leah…lei potrei dire che si chiama Eleonora…Jared sarà Giacomo e Paul diventa Paolo…
Evviva! Ci sono tutti, se non sbaglio…

Tutti intorno a me restarono di sasso, finchè non vidi Edward rivolgere ad ognuno di loro parole veloci, sfuggenti. Stava dicendo i vari nomi per prepararli alla recita.
Rosalie sentendo quello che le era toccato, restò stranamente compiaciuta e mi sussurrò –Hai gusto per i nomi, Samantha-. Sorrisi per ringraziare del complimento e quasi sussultai quando voltandomi di nuovo trovai la furia dai capelli scuri davanti a me.
-Ehm…ciao…- lo spavento e la sorpresa erano stati così grandi che mi premetti una mano sul cuore.
Era stata silenziosa, pur portando delle scarpe eleganti coi tacchi di massimo quattro o cinque centimetri, forse per sembrare più alta, visto che altrimenti mi arrivava alle spalle, esattamente come Laura, che guardava lei e noi a turno in tensione.
-Ciao! Ho sentito parlare di te ogni tanto…sei la cosiddetta Sammy Cullen?-
aveva una voce allegra e sottile.

Annuii e le porsi la mano, in un gesto per me solito.
La strinse leggermente facendo vagare lo sguardo intanto verso i Cullen ed i Queleute. Prima ancora che chiedesse i loro nomi, ognuno dei giovani bellissimi si presentò, facendo un cenno col capo.
Giorgia sorrise a tutti e fui costretta a scansarmi di lato per schivarla, quando si bloccò davanti ad Alice, senza guardarla direttamente: la sua attenzione era tutta rivolta alle scarpe che indossava la vampira.
La giovane aveva due diamanti luccicanti al posto degli occhi, e li teneva fissi su quegli stivali neri in pelle di una qualche famosissima marca impossibile da non conoscere…se non per me.
Il folletto-vampiro di conseguenza a quella comparsa improvvisa –fin troppo, per lei- guardò Giorgia con malcelata curiosità e le sorrise.
Giorgia disse con enfasi assurda –Fantastiche…dove le hai comprate?!-
Ed Alice rispose col suo scampanellio di voce –In una boutique un po’ “fuori città”-.

Alla faccia del fuori città…

Il mio pensiero venne subito incanalato dalla mente di Edward, che ridacchiò quasi istantaneamente.
Ma nessuno prestò attenzione a lui, dal momento che eravamo gli unici a sapere il perché di quella leggera ilarità improvvisa.
La scena che si stava presentando davanti ai nostri occhi era a dir poco spassosa.
Alla risposta di Alice infatti, Giorgia aggiunse guardando finalmente lei invece dei suoi piedi e ciò che li copriva
–Boutique? Queste due meraviglie trovate in una boutique?! No, no…impossibile! Le ho viste in un catalogo di moda, proprio l’altra settimana! Sono stivali in vera pelle…di marca, per di più!-
Restai a bocca aperta, osservando la ragazza che ancora continuava a scuotere il capo parlando di colore, consistenza, materiale, data di creazione, nome della griff di quel paio di scarpe.
Cioè…rendiamoci conto…erano solo scarpe.
Okay, okay…io non avrei mai dovuto aprire bocca, perché tra Alice e Giorgia, non saprei dire neanche ora chi sarebbe stata la più insensibile nel momento in cui avessero deciso di torturarmi.
Ad attirare la mia attenzione fu Laura, che mi si avvicinò e disse –Speravo davvero che non la vedesse…ma meglio che abbia posato i suoi occhi su Alice invece che su…- ma non terminò la frase che subito ci accorgemmo di un qualcosa di strano.
Il parlare rapido della sua amica era cessato d’improvviso, e subito la guardammo confuse.
Bene, non sarebbe potuta andare meglio di così! Giorgia si trovava a pochi centimetri da Jasper, intenta a studiarlo da cima a fondo incredula, con le labbra tremanti e gli occhioni lucidi dalla contentezza.

-Wow…impossibile! Sei fantastico…e sembri il Jasper dei miei sogni…-
Nella mia testa immaginai una scena comica stile manga, in cui cadevo di lato come una pera cotta.
Edward dovette mordersi un labbro per resistere alla tentazione di ricominciare a ridere.
Jasper, che era diventato all’improvviso il centro dell’universo, mi sembrò un poco in difficoltà. Era questo ciò che temeva da sempre Laura, eppure non aveva fatto altro che muovere ogni pedina fino ad arrivare a quel punto.
Ad un certo punto, Giorgia smise di ammirare il vampiro biondo e rivolse uno sguardo entusiasta a Laura, che chiese
-Perché mi guardi così?- osservandola di rimando sospettosa.
-Nulla, volevo avvisarti di portare la quota per il campo scuola, al ritorno dalle vacanze, ieri al consiglio di classe abbiamo deciso, e i professori hanno accettato- sorrise e fece per girarsi.
-Dove andiamo?- domandò curiosa l'altra, mentre tutti quanti le osservavano divertiti; solo Edward era rimasto impassibile, concentrato sulla nuova arrivata con un'espressione contratta in volto.
-Volterra!- esclamò gioiosa Giorgia -A marzo, ci saranno anche le riprese! Ti immagini!- gli occhietti di lei si fecero sognanti.

Laura rimase interdetta. Notai la sua reazione e cercai di capire a che conclusione fosse giunta. Quando la lampadina si accese anche nel mio cervello, fu come un fulmine a ciel sereno.
Volterra, stava a significare morte…stava a significare Volturi.
Sentii il sangue gelarmisi nelle vene e un brivido salirmi lungo la schiena. Poteva andar peggio di così? Mentre iniziavo a ragionare su come fare per non mandare Laura a morire, lei esclamò -V-volterra!?- con la voce stridula. A questo punto perfino Alice e Rosalie, che parlavano di qualcos’altro, spostarono l'attenzione sulla conversazione.
Giorgia fece spallucce e guardò Laura interdetta: -Sì. Volterra, credevo ti piacesse. Stiamo in un hotel molto piccolo, al massimo una comitiva per volta, così era scritto sul depliant, proprio sulla piazza centrale, leggermente dietro alla cattedrale-
Se avessi potuto immaginare la faccia di un morto molto probabilmente sarebbe stata quella di Laura. Era sbiancata tutto d'un tratto, e spostava il suo sguardo frenetica da Edward all'amica, che con un'alzata di spalle entrò nella sala da ballo.

-Merda- fu l'unica cosa che riuscì a dire una volta sola con la compagnia sovrannaturale.
-L'avrei detto in altri termini, ma l'espressione giusta credo sia questa- Edward l’ affiancò con le mani in tasca.

-L' albergo non è un albergo, vero?- sussurrò impercettibilmente Laura al vampiro. I due nemici si guardarono per un attimo.
-Hai capito tutto- disse saccente lui.
-Già mi immagino le pagine dei giornali... comitiva studentesca muore su un autobus, cadaveri carbonizzati dall'esplosione- mormorò affranta.
 -Cavolo! Sei un genio del male! Non avrei mai pensato una cosa del genere!- esclamò divertito Emmett da dietro.
Allora tutti lo incenerimmo con un’occhiataccia ed io posai una mano sulla spalla di Laura –Non voglio che tu vada-.
-E come potrei fare? Con che coraggio potrei abbandonarli nel momento fatale?- la ragazza aveva gli occhi umidi. Cosa poteva esserci di peggio? È vero, io non potevo capirla a fondo, ma immaginavo la sensazione di impotenza di fronte a quella visione così tetra del futuro di una trentina e più di ragazzi.

Mi morsi un labbro e dissi –Troveremo il modo, Laura. Ma tu non devi andare lì. Sai bene che è un rischio, anzi, un vero e proprio suicidio-.
-Boicottali- aggiunse Edward ad una domanda solo pensata della mia amica.
Lei all’improvviso stizzita sbuffò e mormorò qualcosa molto simile al..."oh certo! come no, così vengo linciata!".
Tutte le tessere del puzzle si sarebbero unite, oppure, più probabilmente, divise violentemente e disperse.
Il pericolo era sempre stato vicino, ma non ci avevo mai davvero pensato. I Volturi, sovrani incontrastati di quel piccolo pezzetto di mondo che era Volterra, attendevano dopo le vacanze Natalizie un abbondante scorta di cibo. Laura era tra questi…
Una vittima.
No! Mai e poi mai l’avrei lasciata partire e, col cuore dal battito accelerato ed il respiro affannato, notai lo stesso pensiero dipinto sul volto di tutti i nostri amici vampiri e licantropi. Non avremmo fatto festeggiare i Volturi con lei come banchetto.

La festa si svolse in maniera abbastanza “tranquilla”…se tralasciamo il fatto che Giorgia aveva seguito Jasper per tutto il tempo, con Alice che da amichevole era diventata con lei più fredda, forse a causa del fatto che stesse sempre appiccicata al suo ragazzo.
Un’altra cosa che avrei preferito non ci fosse era il “momento del ballo”. Io, per prima, mi ero sempre ritenuta più immobile di una statua e simile ad un tronco d’albero nei movimenti, in più, quelle poche volte che mi ero lasciata trascinare su una qualsiasi pista da ballo, avevo pestato insistentemente i piedi del cavaliere che mi ero toccato.
Sapevo bene che Seth di quest’ultima parte non avrebbe dovuto preoccuparsi, dal momento che se anche gli fosse passato un carro armato sui piedi non avrebbe fatto una piega, ma…era tremendamente imbarazzante fare la figura dell’incapace, perciò quando proprio lui mi cinse i fianchi sorridendomi e dicendo –Andiamo a ballare un po’?- io per tutta risposta scossi la testa da destra verso sinistra freneticamente.
Neanche morta sarei mai andata al centro della palestra a danzare! Sempre se così si potesse chiamare il restare del tutto immobile a cui ero solita.
Seth mi guardò sorpreso dal rifiuto così energico e chiese –Come mai tutta questa repulsione per la danza?-
Sbuffai e risposi col muso –Sono una frana…balla con Giorgia, così la togli dai piedi a Jasper e sia lui che Alice saranno contenti…-

Ma dentro nascondevo un altro motivo per il quale ero così nervosa e indisposta ad ogni cosa.
Il terrore ancora mi attanagliava l’anima, e la mia mente non voleva davvero cercare di scacciare almeno un po’ il pensiero di quel luogo…di quei mostri dagli occhi rossi e lucenti.
Vampiri.
Ora capivo perché Laura aveva sempre detto che i Cullen non rispecchiavano un buon ideale di “mostro mitologico dalle sembianze angeliche”…loro erano buoni. Così tanto da non sembrare veri bevitori di sangue, ma…
Quelli che a Volterra banchettavano con esseri umani, non avevano nulla da invidiare al Dracula di Stocker.
Lui scoppiò a ridere e disse facendo lo strafottente, in modo comunque tenero –Ma io voglio ballare con te-
-Oh beh…allora è meglio che tu ti metta comodo oppure che vada al buffet…guarda lì Quil ed Embry, si stanno spazzolando tutto- ma il mio tentativo di farlo distrarre per scappare non funzionò, e mi trascinò al centro della sala, causandomi un malumore tremendo.

-Seth! No! Lasciami…- ma già volteggiavamo insieme, senza che me ne fossi resa conto. La cosa andò liscia per qualche minuto (lo ammetto, un record) poi gli pestai un piede, come mi aspettavo.
-Scusa, scusa, scusa!- ero già diventata rossa come un peperone. Lui sorrise e mi baciò la fronte dolcemente –Fa niente- e fece spallucce tranquillo.
Sospirai più serena.
Gli ero grata per essere sempre così buono con me.
Accanto a noi un’altra coppia intanto girava elegantemente su se stessa e svolgendo di tanto in tanto qualche elegante piroetta.
Quando spostai lo guardo su di essa, invece che osservarla passivamente con la coda dell’occhio, restai per un istante senza parole dallo stupore, e poi iniziai a concentrarmi per trattenere le risate.

Era strano vedere Edward e Laura ballare insieme, come se una tigre mangiasse amichevolmente con un leone, ma avrei scommesso tutto quello che avevo che i sorrisi sarcastici di lei, e i ghigni di lui erano solo lo specchio delle battute perfide che si stavano scambiando…
Sempre nel mezzo del tumulto si trovarono ancora più vicini a noi, e quindi non fu solo un piacere di Seth sentirli.
Vidi Laura staccarsi di colpo da Edward e guardare male il suo petto, mentre lui toglieva divertito un cellulare. Lei lanciò un'occhiata veloce allo schermo e con un'espressione infastidita e sardonica lo punzecchiò -Come mai non hai salvato il suo numero, con “A positivo”?-
Lui l'incenerì e aprì il telefono, ma lei fu più veloce e con una mossa rapida glielo tolse di mano.
Poggiò l'altra sul microfono e lo prese in giro -Hey cosa fai non riesci a leggermi nella testa?-
-No, sai…quando si supera un certo punto di idiozia diventa quasi illeggibile-
Lei aprì la bocca e spalancò gli occhi sbalordita e poi ghignò avvicinandosi il telefonino all'orecchio.
-Citazione dal tuo ragazzo: “quando si supera un certo punto di idiozia la mente diventa quasi illeggibile”- lo guardò con aria di sfida e quasi schifata gli restituì il telefono.

Bene, ora penserete che Edward si avventò su Laura senza neanche contare fino a dieci, ma invece ciò non accadde, perché il vampiro era troppo impegnato a spiegare a Isabella chi fosse la “simpatica” signorina che aveva risposto.
-No, Bella…Bella ascoltami, è solo una sciocca ragazzina. Un’amica della giovane che abbiamo raggiunto. Sì…va tutto bene, non preoccuparti per me-.
Ci fu un attimo di pausa, in cui immaginai Isabella intenta a dirgli tutto ciò che immaginavo di dirgli io quando ancora lo amavo e non gli volevo solo bene (perché sì, io provavo comunque un grande affetto per Edward).
Quando lui rispose di nuovo, il tono era tornato sereno –Tornerò da te non appena avremo riaccompagnato Samantha qui, in Italia, dopo il viaggio. Sai che la tua assenza è una tortura-.
Laura allora borbottò senza preoccuparsi di essere sentita –Io al posto suo avrei fatto i salti di gioia non avendoti tra le scatole…-
Edward parlò un altro po’ con la sua ragazza e poi la salutò con un “ti amo”, che venne subito contraccambiato.
Non appena ebbe riposto il cellulare in tasca, sibilò a Laura –Inizia a correre, ti do un po’ di vantaggio-.

Laura si salvò solo perché aveva trovato riparo dietro a Jacob, e perché Edward non aveva intenzione di usare la sua super velocità davanti a centinaia di sguardi divertiti e curiosi.
Quando la festa terminò, ce ne andammo lasciando lì lei e la sua amica Giorgia, che osservò con rammarico Jasper.
Accidenti, gli piaceva proprio.
Mi riaccompagnarono a casa tutti assieme.
Due giorni e avrei salutato baracca e burattini, sarei partita per l’Arizona. Un luogo assolato e caldo, dove Stephenie Meyer viveva coi tre figli ed il marito.
Ecco ciò che sapevo su di lei.
Immaginai che fosse una persona molto socievole…

-Mi mancherai in questi due giorni…- Seth mi strinse a sé e mi lasciai baciare davanti a tutti, rispondendo poi –Eh già…sono un’eternità, uhm?- e ridacchiai.
Mi riusciva facile essere felice con lui e gli altri vicini.
Lui di rimando sorrise e mi accarezzò il volto. Strinsi la sua mano con la mia e poi salutai i Cullen ed i Queleute con affetto.
Ero contenta di averli come amici.
Non appena se ne furono andati ed io fui entrata in casa raccontando ai miei della giornata che avevo trascorso –tralasciando molte cose-, mi distesi sul mio scricchiolante divano-letto e presi un foglio di carta.
Volevo scrivere una lettera a mamma e papà, da fargli trovare una volta che fossi uscita da quella casa.
Presi la penna più fluida che avevo, nera e iniziai a scrivere:

Adorati mamma e papà...

Molte di voi si chiedevano dove fosse finita Isabella...beh, è viva, ve lo assicuro, ma comparirà -di persona- dopo un bel pò di capitoli...ma che, vi manca? a me no XD sinceramente ù.ù
Beh, grazie tante a tutte voi! Spero che il capitolo vi piaccia!

Baci.

By Sammy Cullen

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Capitolo 13
*** La sorpresa, l'incubo e l'incontro... ***


capitolo 13

Osservavo il cielo grigio senza pensare a nulla in particolare, notando l’addensarsi sempre maggiore delle nuvole.
Era dal giorno in cui Robert Pattison aveva fatto la sua comparsa a Roma per quel maledetto festival del cinema, che aveva cominciato a piovere costantemente.
Avevo ipotizzato non poco indispettita il fatto che il giovane attore inglese si fosse portato dietro un po’ della pioggia di Forks e quella di Londra assieme.
Accidenti a lui! Non fraintendiamo, io amavo la pioggia, ma non così costantemente. Un giorno di sole a settimana mi sarebbe bastato, tanto per far rafforzare le ossa e resistere ai fastidiosi suoni onomatopeici che le mie scarpe annacquate creavano, tra cui scrash, splash e ciap-ciap.
Ecco, forse questo era l’unico pensiero che mi vorticava nel cervello mentre finivo coi piedi in tutte le pozzanghere, grandi e piccole, in cui m’imbattevo.
Era arrivato il fatidico giorno della partenza. Il ventuno dicembre.
I miei genitori già parlavano di passare il Natale coi miei nonni materni ed io restavo in silenzio. Il giorno precedente, avevo faticato molto per non dirgli che me ne sarei andata per un pò in America, oltremare.
Mi avrebbero odiato? Si sarebbero preoccupati?
Sicuramente.
Gli avrei causato non poco dolore.
Era mattina, ma quelle nuvole grigie rendevano il paesaggio scuro, quasi notturno…tetro.
Avevo augurato buone feste a tutti i miei amici di scuola, ad Alessandro e Lucrezia…con Laura invece non ce n’era stato bisogno, era certa che sarei tornata proprio entro il venticinque o giù di lì.
Respirai a fondo e attesi la comparsa della Volvo grigia seguita dalla Mercedes, il fuoristrada ed il pick-up provenienti dall’hotel, sulla via principale del mio quartiere.
Quando tutte e quattro le auto si accodarono una per una accanto al marciapiede su cui mi trovavo, ebbi l’imbarazzo della scelta.
Potevo infatti farmi spazio sia nella Volvo che nel pick-up…ma all’improvviso m’impuntai sul fatto di voler viaggiare comoda, così salii tutta tranquilla sulla macchina di Carlisle ed Esme, che salutai baciandoli entrambi su una guancia sporgendomi dal sedile posteriore.
Ero grata che fossero così protettivi e dolci con me…mi facevano sentire davvero a casa, anche se non eravamo ancora partiti.
-Sono un po’ nervosa…- ridacchiai imbarazzata nel dire ciò, e notai il leggero sorriso dei due vampiri, che guardandomi sereni, risposero –Era prevedibile-.
Sorrisi di rimando e mi afflosciai comodamente sul sedile, quando di colpo qualcuno picchiettò leggermente il finestrino e Carlisle ridendo nel suo modo composto abbassò il vetro quel tanto che bastava per dire –Sì, puoi salire-.
Aggrottai la fronte e mi misi al lato destro per far spazio al nuovo arrivato.
Chi cavolo osava rubarmi spazio?
Ma bloccai il pensiero a metà, perché ad occupare il posto accanto a me c’era Seth, a cui buttai le braccia al collo.
-Pensavo non mi volessi qui- rise.
-L’auto non è mia…e volevo viaggiare con tutto lo spazio possibile- risposi facendo la saccente.
-E per questo motivo hai del tutto ignorato il fatto che mi trovassi nel pick-up di Isabella ad aspettare te? Neanche un saluto al proprio fidanzato?-
La parola finale di tutto il discorso mi fece emozionare, ma risposi col tono più scherzoso possibile –Primo, il mio piano era quello di farti arrivare fin qui, per questo sono passata oltre quel catorcio e secondo, da quando siamo ufficialmente fidanzati? Non servirebbero cose come anelli, fiori e cioccolatini?-.
Sinceramente, io ero molto più una tipa da cioccolata che da gioielli.
Seth sorrise trionfante, per un qualche motivo che non potevo davvero immaginare e disse –Beh, ti ho fatto un regalo…-
Subito aguzzai la vista cercando pacchetti di ogni genere tra le sue mani, ma non vi era nulla.
Rimasi un attimo confusa.
Intanto, non mi ero accorta del fatto che l’auto era partita, scivolando fluida e veloce sull’asfalto coperto di macchie d’olio.
Il ragazzo tossicchiò per attirare di nuovo la mia attenzione, che si era dissolta nel nulla, e mise una mano in tasca. Ne tirò fuori una scatolina in velluto rosso.
La osservai senza sorprendermi più di tanto. Un anello. Tipico gioiello da fidanzamento. Ma forse sbagliavo a parlare così presto…
Mi guardò negli occhi e sorrise, attendendo che parlassi.
-Seth…aprila, forza! Non posso dirti niente finchè non vedo cosa c’è dentro-. Sghignazzai della sua espressione imbarazzata e vidi poco dopo la piccola scatola aprirsi…
 
…Mi ero aspettata di trovarci dentro un anello dei più semplici o forse costosissimo, con un piccolo aiuto economico da parte di Edward, invece…no, escludete anche l’idea del cioccolatino con dentro il gioiello da masticare prima di trovarlo.
L’idea di Seth era stata molto più splendida e originale. Mi aveva regalato, come simbolo di fidanzamento, un bacio.
No! Non il cioccolatino! Avete presente Peter Pan? Film o libro che vogliate, bene…era quello il dono che avevo ricevuto.
Un ditale.
Era d’oro rosa, quindi dovetti pensare nuovamente allo zampino del vampiro dai capelli ramati.
Lo ammirai rapita per qualche minuto, senza proferire parola, e causando così al mio ragazzo non pochi timori sul fatto che mi avesse delusa.
-Sammy?- mi alzò il volto tenendomi delicatamente il mento.
-Non ti piace? Scusa…rimedierò! Ma Laura aveva detto che la normalità ti sembrava sciocca e che avevi una passione per questa storia del “bacio”…-
Non riuscivo a capire perché fosse così agitato e sul suo viso fosse comparsa un’espressione triste, fino a quando non mi resi conto di aver iniziato a piangere.
-Non sto piangendo perché non mi piace…-
-E allora…-
-Perché è magnifico! Ti amo, Seth…- e singhiozzando mi strinsi contro il suo petto.
Lui restò un attimo sorpreso e poi mi abbracciò, così dovetti solo borbottare il resto della frase –E accetto il bacio volentieri…-.
Carlisle ed Esme, si erano goduti la scena in silenzio, senza fare commenti, in assoluto rispetto verso noi due.
Solo alla fine, mi parve di sentir sussurrare teneramente a Esme –Che teneri…-.

[…]

Arrivammo all’aeroporto verso mezzogiorno. Calcolando il ceck-in e l’imbarco dei miei bagagli, salimmo davvero sull’aereo un’ora e mezza dopo.
Che strazio, eppure cercavo di non pensarci.
Ero davvero felice, mi sentivo come un cieco che vede la luce per la prima volta. Nella tasca del mio giacchetto di jeans nero, all’altezza del petto, dove batteva il cuore, avevo riposto il regalo datomi da Seth.
Così sentivo che mi era vicino più di quanto non lo fosse già.
Edward ed i suoi fratelli si erano congratulati con il mio fidanzato, naturalmente non calorosamente o con lo scambio di battutine come c’era stato con il resto del branco.
Ad Edward lanciai un’occhiata eloquente e chiesi mentalmente se avesse in qualche modo contribuito al regalo.
Lui per tutta risposta, sviò il discorso per quanto gli fu possibile, dal momento che finì al posto davanti al mio sull’aereo, accanto ad Alice.
Seth mi stringeva la mano durante il volo osservando le nuvole fuori dall’oblò.
Mi chiesi più di una volta se non soffrisse un po’ il mal d’aria…

Il discorso è rimandato a quando staremo nuovamente coi piedi per terra, Edward…

Lui ridacchiò di rimando a quella mia sottospecie di minaccia e fece così incuriosire la sorella, che per tutto il viaggio cercò di comprendere il motivo dei suoi improvvisi attacchi di risate.
Sogghignai lasciando che fosse lei a tormentarlo un po’ e mi accoccolai come meglio potevo –visto che la cintura non aiutava- contro Seth, che di tanto in tanto mi baciava la fronte e mi sfiorava il viso.
Senza rendermene conto, finii con l’addormentarmi…

Il cielo sembrava un’immensa macchia di petrolio, non c’erano stelle a fare un po’ di luce e la luna non si vedeva. Tutt’intorno a me c’era una stanza. Non era molto grande, con le pareti dipinte di un tenue marroncino, una poltrona rossa dietro ad una scrivania e due grandissime librerie che coprivano tutto un lato della camera.
Mi guardavo intorno attenta, cercando di non fare rumore, fino a che…
La porta, alle mie spalle si spalancò con un colpo. Non stetti neanche a guardare chi fosse entrato. Non lo sapevo, ma potevo immaginarlo. Nella mia testa, una sola parola si ripeteva all’infinito: pericolo.
Così corsi per pochi passi fino alla grande finestra alle spalle della scrivania e mi buttai giu, nel vuoto, aggrappandomi ai rami dell’edere.
Una volta scesa, osservai il luogo attorno a me. C’erano case: tante, piccole, bianche, ammassate l’una contro l’altra ed una piazza di fronte a me, con una fontana nel mezzo.
Respirai a fatica e mi accorsi di avere un mantello scuro addosso. Misi il cappuccio e camminai a passi rapidi.
La mia intenzione era quella di fuggire lontano, il più possibile, ma invece le gambe si mossero in direzione di una delle abitazioni, e bussai freneticamente alla porta.
Mi aprì una donna, ed un uomo col volto smunto e la barba bianca e incolta mi fece cenno di sedermi, ma scossi la testa in segno di diniego, non vedendo l’ora di andarmene da lì.
Lei, una signora in carne, coi capelli castani striati d’argento mi offrì del cibo prima di ripartire, ma rifiutai anche quella gentile proposta e salutando uscii di nuovo.
Avevo paura. Paura di essere scoperta dai miei inseguitori.
Stavo ancora decidendo da che parte dirigermi, quando una voce infuriata ordinò ad altri –Trovatela!-, e così corsi, corsi e corsi, fino ad arrivare ad una via in discesa.
Sapevo che non mi sarei salvata se non avessi proseguito, ma di quella via non vedevo la fine, immersa nel buio, e così restai immobile, ad attendere.
A sperare.

Mi svegliai gridando come una pazza.
La poltroncina sotto di me traballava come tutto il resto. Un ’
hostess accorse per vedere cosa stesse accadendo, ed Edward con la sua voce pacata gli disse qualcosa che non compresi.
Seth invece, al mio fianco, mi scansava i capelli dal viso e mi sussurrava agitato –Va tutto bene…era un incubo…è passato, Samantha. Ci sono io qui, calmati, ti prego-.
Quando le sue parole vennero ben incanalate dalla mia mente, cercai di non tremare e chiusi la bocca, sperando di ricacciare indietro tutto il fiato che volevo sprecare per urlare.
L’ hostess, mi guardò un ultima volta come se fossi menomata al cervello e poi tornò alla sua postazione, proprio prima che l’altoparlante informasse tutti i passeggeri dell’atterraggio compiuto con successo.
Ai posti dietro quello mio e del mio ragazzo, si trovavano Jacob e Leah, mentre a quelli affianco Emmett e Rose.
Tutti loro e in più gli altri e qualche passeggero curioso, mi stavano osservando preoccupati o no a seconda dei casi.
Solo Edward era rimasto impassibile, concentrato a guardare fisso davanti a sé, potevo vedere il suo profilo e la nuca.
Lui sapeva, come me.
Ero certa che avremmo parlato del sogno che avevo appena fatto, non appena fossimo stati in auto…o, più probabilmente, a casa di Stephenie Meyer.
 
Il motivo vero e proprio per la quale i miei amici volevano incontrare la scrittrice, era per dirle che senza volerlo aveva causato non pochi problemi nella loro strana società segreta.
I Volturi, come prima cosa, non solo esistevano, ma erano stati tentati di farle visita, con l’intento (così si era venuto a sapere dalle voci sparse dai vampiri nomadi) di ringraziarla per le numerose scorte di cibo che gli aveva procurato.
Non per niente, infatti, centinaia e passa di sparizioni in un arco di tre anni dalla pubblicazione del primo libro, seguito dagli altri, erano state causate da loro.
A Volterra il turismo era cresciuto proprio per merito dei suoi romanzi.
Come poteva un evento del genere non rendere felici i più temibili bevitori di sangue dell’Europa?
Ma non era solo la possibile capatina a casa di Stephenie Meyer da parte di Caius, Aro e Marcus il problema.
Il fatto che la figura del vampiro, e quella del licantropo, fossero tornate così di moda facendo nascere nelle menti delle giovani più appassionate e fantasiose l’idea che potessero aggirarsi per il mondo veramente, aveva portato a galla il rischio di rendere pubblica la loro esistenza.
In poche parole, i Cullen ed i Queleute, volevano solo tentare di mettere in guardia –per quanto gli fosse possibile- la donna che aveva avuto uno strano contatto creato dal subconscio con due di loro.
Edward e Bella erano gli anelli più solidi di una catena lunghissima.
Avevo chiesto in precedenza ad Alice –che con me era la più propensa a parlare di cose che altrimenti Edward non mi avrebbe detto- per quale motivo Bella fosse rimasta a Forks, senza una protezione.
-Ottima domanda, Sammy. Se vuoi sapere la verità, non è stato facile convincere Bella ed Edward a separarsi. Lei non voleva saperlo lontano e lui non volevo abbandonarla…ma l’abbiamo lasciata in buone mani. Si trova a La Push, dove sicuramente saranno spuntati altri tre o quattro giovani  licantropi come funghi…da come ci ha detto Sam, il branco aumenta di qualche elemento ogni volta- aveva risposto così, lasciandosi sfuggire una smorfia di fastidio nell’ultima parte.
E così, altri giovani Queleute si ritrovavano a girovagare nei boschi facendo da sentinelle e guardie del corpo.
Isabella si era davvero sistemata bene, non c’è che dire.

Quando scendemmo tutti dall’aereo, andammo rapidi a riprendere il mio zainetto e la piccola valigia con dentro un pigiama e qualche cambio di vestiario.
Non avevo il coraggio di iniziare la conversazione con Edward, perché temevo la risposta che avrei ricevuto alla domanda “Erano i Volturi ad inseguirmi, vero?”.
Come mi sarei comportata se avesse risposto di sì?
Scrollai il capo in preda al panico. No…non dovevo aver paura di loro. Ricordai all’improvviso una frase di Hermione, sul secondo film di Harry Potter:
”La paura di un nome non fa altro che incrementare la paura della cosa stessa”.
Dire che aveva ragione era poco. Aveva perfettamente ragione.
Strinsi i denti mordendomi la lingua e subito trattenei un leggero sussulto dovuto al dolore.
Capitava sempre così quando ero nervosa.
Il vampiro e tutti gli altri mi lanciavano occhiate tese…volevano sapere o da me, o da Edward, cosa avessi sognato. Sospirai e chiesi a lui –Dimmi, Edward, erano loro…vero?-
Non parlò, ma annuì con la mascella contratta ed i muscoli tesi.
-“Loro” chi?- Jacob parlò all’improvviso, con un tono duro e attento.
Edward gli rispose aspro –I Volturi. A quanto pare è scritto che debbano arrivare-
-Quando?-
-Questo non posso saperlo-
Jake allora grugnì spazientito e si voltò verso Alice –Tu piccolo elfo non vedi niente?-.
Lei fece una smorfia per il nomignolo e scosse il capo –Ci sei tu tra le scatole-.
I due si guardarono male e il discorso terminò così.
Io ed Edward ci lanciammo un’altra occhiata eloquente, accordandoci muti sul fatto di rimandare la conversazione ad un altro momento.
Il viaggio non durò molto, forse grazie al fatto che tutti cercavano di distrarmi nei più svariati modi possibili.
Embry, Quil ed Emmett avevano fatto a turno con le loro battutine rivolte ai soggetti più irascibili della comitiva –tra cui Sam, Paul ed Edward-, Alice e Rosalie si erano impegnate a conversare su argomenti che m’interessassero, come la musica, il cinema…
Jasper mi si era seduto accanto per qualche tempo, usando il suo potere extra per darmi un po’ di sollievo ed Esme, assieme a suo marito, avevano ben pensato invece di lasciarmi spazio, senza fare tentativi inutili.
Edward osservava un punto fisso del vuoto, senza muoversi di un millimetro, in un silenzio quasi snervante.
Mi soffermai su di lui, sperando che incrociasse il mio sguardo, perché sentivo che avevo un estremo bisogno di averlo vicino, quasi più di Seth, che di tanto in tanto mi chiedeva se la paura causata dall’incubo fosse passata e mi sfiorava i capelli con le labbra.
Io pensavo a Laura, lontana da me, ma con un futuro legato al mio da qualcosa di più forte del destino.
Era certo che sia io che lei avremmo fatto conoscenza dei Volturi, ma sperai vivamente che non avvenisse quando loro avevano sete.

Il pulman che avevamo pagato per portarci fino a casa di Stephenie Meyer, terminò il tragitto con quelle che mi parvero un paio d’ore.
Mi feci forza con un bel respiro e scesi dal mezzo assieme a tutti gli altri.
Davanti a noi, una via che affacciava sul mare con delle alte palme verdi, sembrava darci il ben venuto.
Osservai attentamente il cielo, come se le previsioni di Alice –che aveva assicurato che saremmo arrivati in un momento in cui le nuvole coprivano il sole- non fossero potute essere esatte.
Eravamo pronti a rimanere chiusi in un albergo o viaggiare con qualche auto rubata provvista di vetri scuri per i Cullen.
Phoenix era davvero bella. Piena di vita.
Non mi stupivo del fatto che la Meyer avesse fatto arrivare Bella a Forks dal luogo in cui anche lei viveva.
Respirai una boccata d’aria salmastra e chiesi ad Edward –Come la troviamo?-.
Lui rispose con un mesto sorriso –Abbiamo un navigatore satellitare, ricordi?-
-Cioè?- non avevo compreso la battuta.
Lui fece un cenno del capo quasi impercettibile ad Alice, che si mosse leggiadra fino al suo fianco e si lasciò sfuggire un ghigno.
-Ah bene, ora ho capito- alzai gli occhi al cielo un po’ più serena e lasciai che i due fratelli facessero strada a me e agli altri.
Arrivammo fino ad una via grande e circondata da villette tutte identiche, alcune spiccavano nel bianco perché i proprietari le avevano ridipinte di colori più accesi.
Ne adocchiai una rosa storcendo il naso.
Quando vidi Alice dirigersi proprio in direzione di quella, seguirla non mi parve più una cosa tanto gradevole.
Dentro di me pregavo che la creatrice di Twilight non vivesse in una casa degna di Barbie e a quanto pare qualcuno ascoltò le mie suppliche solo pensate –tralasciando Edward- e vidi l’elfo dai capelli neri e più arruffati del solito fermarsi alla casa accanto, andando oltre a quell’oscenità.
Sia chiaro, io odiavo il colore rosa.
Osservai molto attentamente ogni dettaglio di quell’abitazione. Le mura esterne erano bianche, certo, ma agli angoli si trovavano dei mattoncini che davano un tocco più da baita che da casa qualunque. Era molto carina.
Il giardino intorno non era grande, ma c’era un angolo con uno scivolo di plastica ed un altalena per i bambini. Una palma da datteri e due graziose siepi spiccavano e c’era un’aiuola con tante margherite, tulipani e violette. Era un posto adorabile, se avessi avuto l’opportunità, anch’io da grande avrei voluto vivere in un luogo così curato ed ospitale.
Dovetti riscuotermi forzatamente dalle mie osservazioni quando, intenti ad abbaiare a me e gli altri, due cani sporsero il muso dal cancelletto che ci separava dall’interno della casa.
I due animali stavano sulla difensiva. Un meticcio grigio e nero ed uno
yorkshire che tenevano lo sguardo fisso interamente sui vampiri.
Emmett sghignazzò e disse –Non giocate col fuoco belli, potrei decidere di fare merenda-.
-Emmett!- lo ripresi stizzita.
Odiavo pensare al giovane che aggrediva quei due piccoli ammassi di pelo.
Lui di rimando alla mia reazione sbuffò e poi sorrise come per scusarsi. Dovetti trattenere le risate che la sua espressione stava per causarmi. Sembrava un bimbo monello che viene scoperto a mangiarsi un intero barattolo di Nutella senza permesso.
Edward si chinò verso i due animali e quelli smisero subito di dare l’allarme, allontanandosi guaendo con la coda tra le gambe.
-Cosa gli hai fatto?- ero incredula.
Lui si tirò di nuovo su senza però voltarsi e disse –Avvertono il pericolo-.
Bene, questo lo avevo capito anch’io.
Ad un certo punto, sentimmo la voce di una donna dire in inglese qualcosa che intesi come “Billy, Paggie…cosa è tutto questo chiasso?”, e Stephenie uscì di casa per vedere cosa stesse accadendo ai suoi due animali.
Benissimo. La sua reazione fu la più scontata possibile.
Tutti osservammo il suo cambio d’espressione: la sorpresa, lo stupore, l’incredulità, lo spavento, di nuovo l’incredulità ed infine, quando avevo quasi sperato che ci corresse incontro a braccia aperte, la vidi cadere giu come una pera cotta.
Il mio pensiero dopo l’accaduto?

Oh mio dio…Laura aveva ragione! Ho ucciso Stephenie Meyer!

Ed eccoci qui, siamo arrivati a casa di Stephenie Meyer. Volevo dire alcune cose prima di farvi come al solito i miei rapidi e pigri ringraziamenti. Alcune di voi non avevano ben chiaro il motivo del nostro incontro obbligatorio con la scrittrice, beh...volevo spiegarlo più in là, ma poi ho pensato che questo capitolo fosse adatto. Una di voi è addirittura stata così acuta da accorgersi della mia dimenticanza! A Jacob infatti non ho dato un nome di copertura, nel capitolo precedente. Voglio essere sincera con voi...di lui non mi ero dimenticata, ma il nome mi piace anche così...quindi ^^ Poi...l'incubo che avete letto in questo capitolo l'ho fatto ieri notte, ma solo mentre scrivevo ho deciso di far diventare i Volturi i miei inseguitori. Un ultima cosa e poi vi saluto qui, fino alla prossima...

Sono felicissima che la mia storia sia tra i preferiti di 25 persone! è una gioia immensa, e ancora di più lo è il fatto di sapere che molte di voi commentano. Beh...grazie tante, come sempre.
A presto.

Vostra Sammy Cullen

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Capitolo 14
*** La lettera di protesta, il timore ed il futuro. ***


capitolo 14


Non solo ci era toccato aprire il cancello di tutta fretta e in modo non molto delicato (Emmett nell’impazienza di andare a vedere se la Meyer fosse morta, lo aveva scardinato tenendolo in mano come se non pesasse affatto), ma anche assicurarci del fatto che quella donna di trentasette anni non collassasse proprio in quel momento.
Carlisle le si era chinato vicino tirandole delicatamente su le palpebre per osservare le pupille, mentre Emmett già scommetteva un bel gruzzoletto contro Quil sul fatto che fosse viva o meno.
Era speranzoso su quest’ultima ipotesi.
-Allora? Dicci Carl, è viva?- il vampiro muscoloso osservava la donna stesa a terra senza alcuna preoccupazione.

Accidenti! È insensibile!

Questo pensiero ricevette risposta da parte di Edward, che sorridendo –per quanto gli era possibile in quella situazione- disse –No, è solo infantile-.
Alice ridacchiò assieme a Jasper, immaginando quale potesse essere stata l’affermazione muta della mente di uno qualsiasi di noi.
Emmett, essendo il diretto interessato, storse il labbro infastidito ma non rispose, dal momento che sarebbero state accuse del tutto infondate, le sue, sul contenuto del pensiero.
-Direi che sarebbe meglio portarla dentro casa-. Sam, guardandosi attorno attento, si era rivolto a Carlisle, che prima di rispondere a lui, pensò opportunamente che fosse lecito assicurarsi del fatto che non ci fossero altri umani nella villa.
Edward si concentrò un poco e poi annuendo disse –Via libera. In casa non c’è nessuno…a parte I bambini, ma non saranno un problema-.
Giusto…I tre figli di Stephenie…chissà se la madre aveva letto loro qualche parte dei suoi libri, ogni tanto!
Strinsi forte la mano di Seth e osservai Edward e suo padre trasportare rapidi e nel modo più delicato possibile Stephenie in casa.
Subito dopo, assieme agli altri li seguii nel piccolo salotto.
Osservai attentamente l’interno di quell’abitazione. La sala da pranzo, aveva le pareti di un delicato color pesca, le tende alla vetrata principale, che dava sulla strada dalla quale eravamo giunti, erano in pizzo bianco. Il caminetto era fatto con gli stessi mattoncini sul muro esterno e sparse in modo da sembrare in disordine, ma dando un tocco di colore in più, stavano alcuni vasi di pianticelle.
Dal soffitto scendeva un lampadario formato da tante pietre che risplendevano dei colori dell’arcobaleno. Ipotizzai che fossero cristalli veri.
L’entrata alla stanza era formata da una porta ad arco e messo lateralmente ad essa, contro la parete, si trovava un divano spazioso, color crema.
Sorrisi tra me. L’arredamento non era niente male.
-Ecco, poggiamola qui…- mentre Carlisle pensava a quella sventurata di Stephenie, sentii dei passetti veloci e numerosi nelle altre camere.
Alice sussurrò –I piccoli…- e tutti concordarono mettendosi per un istante in ascolto.
Ero certa che percepissero molti più dettagli di me, così mi azzardai a rompere il silenzio di quell’attimo chiedendo a Seth, che mi era più vicino –Cosa fanno?-
E lui mi rispose con un sorriso appena accenato –Sono spaventati. La bambina più piccola sta piangendo-.
Ricordavo bene I nomi dei tre figli della scrittrice, e anche la loro età.
La più grande, Gabe, aveva solo otto anni, poi c’era il maschietto, Seth, di cinque…e l’ultima, la piccolina, si chiamava Eli e di anni ne aveva tre.
Feci un passo verso l’entrata principale, ma subito il mio fidanzato mi bloccò leggero il polso e chiese –Dove vai? Ferma…- ma sorrisi per rassicurarlo e risposi –Vado da loro-
Sam scuotè la testa rassegnato dalla mia incapacità di fare cose sensate, come ad esempio, in quel momento, restarmene dov’ero.
Lo guardai male e accarenzando il volto del mio adorato ragazzo andai verso le scale e mi voltai per chiedere se fossero al piano di sopra.
Ricevetti qualche cenno positivo da parte di tutti, sparsi.
Salii ansiosa. Era strano trovarsi in casa di una sconosciuta…perchè in fondo, per me la creatrice di Twilight non era altro che una sconosciuta! Di lei sapevo l’età, il nome del marito, dei figli ed ora anche dove vivesse ma poi basta. Non c’era altro che conoscessi sul suo conto e non ero una tipa impicciona, perciò non m’interessava il resto.
Una volta superata la rampa di scale, notai le tre stanze allineate lungo il piccolo corridoio.
Era la tipica casa americana, insomma.
Sotto il salone e la cucina, e sopra le camere da letto ed il bagno.
Feci un bel respiro e tesi l’orecchio. Sentivo dei leggeri singhiozzi provenire dalla camera centrale.
Camminai fino ad arrivare davanti alla porta chiusa e poggiai piano la mano sul pomello, poi contai fino a tre.
Non erano solo i bambini ad avere paura. Io ero tesa quanto loro, aspettandomi reazioni orribili come grida, lacrime, fuge.
Odiavo vedere delle creature così piccole in difficoltà.

Il tuo schifoso istinto materno!

Grugnii contro l'accusa formata dalla mia mente ed aprii piano la porta.

Li trovai appiattiti in un angolo della cameretta, con gli occhi puntati verso di me, spalancati.
Deglutii e camminai per avvicinarmi. Loro sussultarono e la più piccola singhiozzò ancora.
Dentro di me pregai che la smettesse.
Gabe, la più grande, le intimò dolcemente, ma con il tono teso, di fare silenzio.
Mi chinai e sorridendo sussurrai –Ehi…ciao piccoli…potete stare tranquilli, non vi farò male. Io e gli altri ragazzi che sono qui siamo amici di vostra mamma-.
Ma loro continuavano a fissarmi impauriti, così aggrottai la fronte. Davvero non riuscivano a credermi? Accidenti! Erano solo dei bambini!
Quando qualcuno parlò di colpo, alle mie spalle, mi sbilanciai e caddi col sedere a terra.
Edward, arrivato chissà da quanto, si avvicinò per aiutarmi a rimettermi in piedi…in un gesto, pensai, che doveva essere abituato a fare molte volte con quell’altra frana della sua ragazza.
Guardando lui ed I bimbi a turno, poi sussurrai imbronciata –Non si fidano…- ed il giovane sorrise in un misto di divertimento e consapevolezza, rispondendo –Sammy, non parlano la tua lingua. Ma è normale che tu non ci abbia pensato subito…sei abituata a dialogare con tutti noi che, l’italiano, lo sappiamo…- poi aggiunse senza nascondere il proprio compiacimento –Chi meglio e chi peggio-.
Sicuramente, per “peggio” si riferiva ai Queleute che, pur essendo intelligenti, non avevano una memoria ideata appositamente per il custodimento e l’apprendimento di quindicimila o chissà quante lingue, come i vampiri.
Mi trattenni dal dargli un pugno solo perchè ero coscente del fatto che se ci avessi anche solo provato e lui non avesse schivato il corpo intenzionalmente, mi sarei rotta la mano.
-Ottima constatazione- annuì col capo rivolgendomi un sorriso astuto.

Sempre il solito sbruffone, uhm?

A questo pensiero seguì un altro sorriso, stavolta di scherno.

E permaloso…

Gli feci l’occhiolino per metterla sul piano dello scherzo, e lui si fece calmo nuovamente, poi guardò i tre bambini, che avevano osservato il nostro strano comportamento senza capire niente, e avvicinandoglisi senza timore, disse con voce suadente e irresistibile –Hi, childrens…We’re friends of your mother-.
Le sue parole scaturirono una reazione da parte dei bimbi più grandi. Gabe, facendo un solo passo avanti, con la mano tenuta stretta a quella di Seth, ripetè col viso corrucciato dal sospetto –Are you friends of mum? Really?-, ed Edward, regalandogli un sorriso così dolce e perfetto, rispose senza indulgiare –Yes-.
Li vidi allora avvicinarsi tutti insieme, in un gruppo compatto, con la più piccolina intenta a studiare me ed il mio amico vampiro curiosa.
Sospirai di sollievo e chiesi –Si è ripresa?-.
Edward si concentrò un istante e disse –Siamo a buon punto. Tra qualche istante riaprirà gli occhi-.
-Spera che non li richiuda subito!- mi massaggiai le tempie ansiosa, e lui ridendo leggero disse –Aspetteremo che li riapra, allora-.

Scesi di sotto tenendo Eli in braccio. I piccoli dopo un primo istante di paura, si erano del tutto fidati di me ed Edward, come è solito che ogni bimbo faccia quando nota il comportamento gentile di un adulto nei propri riguardi.
Stephenie aveva riaperto gli occhi e si era messa seduta sul divano. Sul suo volto c’era ancora un’espressione di incredulità, ma sembrava abbastanza tranquilla.
Quando –facendo rumore quasi quanto i suoi figli- mi avvicinai al fianco di Edward, lei si voltò a guardarci e chiese esitante –Are you…Edward and…Bella?-.
Ci avrei scommesso! Laura aveva di nuovo avuto ragione! Mi aveva scambiato per Isabella!
Ridacchiai in imbarazzo e facendo scendere Eli dalle mie braccia per far sì che si avvicinasse alla madre insieme agli altri due, risposi con l’unica frase in inglese che mi era sempre riuscita bene –Ehm…no, I’m Samantha and…- mi bloccai mordendomi un labbro.
Io odiavo l’inglese! Perchè non parlava francese? Si può sapere?!
Maledissi il giorno in cui avevo iniziato a “studiare” quella lingua.
Alice, ridendo cristallina, si rivolse a me dicendo –Sammy, ti basterebbe chiedere a qualcuno di noi di fare da intermediario-.
Giusto…non ci avevo pensato.
Mi ricordai all’improvviso di una frase detta da Laura l’ultima volta che ci eravamo viste:
-Mi raccomando, conoscendoti so per certo che ti servirà qualcuno di loro per rivolgere parola alla zia Stephenie quindi, ti supplico…Edward!-.
In quel momento non avevo compreso perchè volesse che fosse lui, ma poi mi tornò in mente il fatto di avere una sua lettera per la Meyer nello zainetto.
Lo tirai giu dalle spalle e frugai al suo interno.
Quando la ripescai, un pò stropicciata, mi scusai con il tipo “ops” di Bella e la porsi ad Edward e dissi –L’ha scritta Laura, vuole che tu la traduca in inglese mentre leggi perchè è diretta alla signora Meyer-.
Lei aggrottò la fronte sentendo il proprio cognome, ma non riuscì a capire cosa avessi appena detto, anche se ipotizzai che avesse qualche idea.
Il vampiro aprì il foglio di carta spiegazzato ed iniziò a tradurre deciso e rapido dall’italiano all’inglese, leggendo in modo che Stephenie sentisse ben bene:

Cara Stephenie Mayer,
probabilmente se sta leggendo questa lettera, o meglio ascoltando, la mia previsione non si è avverata. Oppure sì, e lei sta all’ospedale sotto osservazione per arresto cardiaco...
Comunque mi scuso se non ho potuto scrivere in inglese, ma devo usare come interprete questo petulante vampiro roscio (Edward, guai a te se commenti questo fatto; se lo fai ho Emmett che me lo dice. E non guardarlo male!) ma credo che la mia lingua sia il miglior modo per esprimermi
(e ci tengo ad aggiungere che sarei venuta di persona a parlare con lei,
ma devo disdire un viaggio di sola andata per Volterra…sa com’è…
da quelle parti c’è strana gente…e lei dovrebbe ricordarseli. Sa i Volturi? Beh ecco, hanno
deciso di farci la pelle, a me ed i miei compagni).

Benissimo. Eravamo solo all’inizio ed Edward già ringhiava in tono basso e guardava Emmett con sguardo accusatorio, mentre io e gli altri –perfino la Meyer- facevamo il grande sforzo di trattenere le risate.
Il vampiro prese fiato come se ne avesse bisogno, e continuò a leggere in inglese:

Partiamo dalle basi.
Questa era una lettera che le volevo scrivere da tempo, circa da dopo la fine dell’ultimo libro.
Primo: Isabella Swan
Scommetto che già avrà sentito un ringhio da parte del succhiasangue che sta leggendo, e un’alzata di occhi da parte di Jake, ma qui proprio non posso tralasciare.
DICO IO!? Esiste una ragazza più noiosa, petulante, egoista, idiota?
No. Glielo assicuro. E ne vedo tante. Però il libro è suo, ha tutto il diritto di far smettere il paggetto di leggere. (ti ho chiamato paggetto Cullen, non soffiare come un gatto).

A questo puntò non riuscii a trattenermi, perché Edward aveva davvero soffiato come un gatto dopo aver letto i commenti contro la sua ragazza.
Ma continuò, mostrando quanto fosse alto il suo autocontrollo.

Come avrà capito non apprezzo quell’idiota della protagonista (scommetto che lo sta rifacendo! Emmett, di grazia, dagli una botta in testa)
Passiamo al secondo libro, perché se dovessi commentare pure Edward probabilmente finirei per insultare tutta la sua MERAVIGLIOSA famiglia (escluso te, tonto).
Okay, ci sto con il fatto che lui si scoccia di lei (e non dire che non è vero!) ma mi chiedo...
COME E’ POSSIBILE CHE UN VAMPIRO PERENNEMENTE A CONTATTO CON UMANI SI SCANDALIZZI PER UN TAGLIETTO CASUATO DA DELLA CARTA?!
E i giorni in cui nella scuola una sua compagna di classe ha le mestruazioni!?(non imbarazzarti stupido, sei pure dottore) Diciamo una con il ciclo abbondante? Bhà misteri... ma la storia deve andare avanti.
(Jasper ti prego non ti offendere, altrimenti cadiamo in depressione...)

Ormai né io, né Quil, Embry e –sorprendentemente- Leah, Jared e Paul, riuscivamo più a respirare, e la sottoscritta era arrivata ad avere le lacrime agli occhi per colpa delle risate.
Edward ringhiò e poi, storcendo un po’ il foglio, proseguì la lettura:

Su New Moon non mi posso lamentare, tranne per una piccola insignificante cosa...
MI DICE PERCHE’ I MAFIOSI SONO SEMPRE ITALIANI?!
Cosa le hanno fatto? Sono onorata per il fatto che i migliori stiano in casa mia ma mi scusi non credo che questa cosa aumenterà la considerazione per gli italiani all’estero.
Spero che non voglia approfondire l’argomento, non ne sarei capace.
Il terzo libro a mio parere è il migliore, sinceri complimenti. Magari si doveva fermare...
COSA HA FUMATO PRIMA DI SCRIVERE IL QUARTO?!
Una storia BANALE, con tutto rispetto, e assurda.,
Le concedo il sole, i paletti, le croci, perfino l’aglio!
MA I BAMBINI NO!
E sia chiaro, forse non avrei odiato un altro mocciosetto,
ma RENESMEE…come ha potuto?!
Già solo il nome fa capire quanto la madre sia idiota!
(in fondo è stata un’idea sua chiamarla così, no?)
e poi LEI…è un piccolo essere troppo pigro perfino per parlare!
Snervante come i genitori, non c’è che dire!
Non crede che così la cosa sia LEGGERMENTE assurda? Non crede di aver concesso troppo ad un’unica persona -per di più asfissiante e fastidiosa- come la Swan?
Ma perché fermarsi  qua...
Sorvoliamo sul fatto dell’imprinting, la cosa più poetica del mondo, descritta come un trattato sull’acciaio.
E tornando ai Volturi...
Dannazione un po’di sangue?!
MORTI?!
(tralasciando me ancora segnata sulla loro lista nera dei pasti)
NO!
Un happy ending!
Che roba...
Scommetto che adesso il vampiro starà fumando di rabbia, e probabilmente la parte superiore della lettera sarà stata sbriciolata, seguita da questa.
Scusi il piccolo sfogo.
Resterà sempre la creatrice di una magnifica saga.
Laura.

Quando Edward accartocciò in malo modo il pezzo di carta, rivolsi nuovamente la mia attenzione a Stephenie.
La donna aveva ascoltato il resto attentamente, senza mostrare nessun emozione apertamente, ma poi disse ( ed ebbi il piacere di capirla perché Edward aveva iniziato a tradurmi il suo discorso) –Questa ragazza ha carattere, non c’è che dire. Da quel che ho capito, deve essere una fun di Jacob…- guardò un attimo il giovane in questione e continuò -…Isabella ha iniziato ad essere odiata dalle ragazze da quando ho scritto Eclipse, ma se non ho frainteso, a lei non è mai andata a genio. Che strano, pensavo si sarebbero rispecchiate tutte in lei…Sicuramente questa Laura ha un’avversione contro la piccola Renesmèe e non solo perché è l’imprinting di Jake ma…la cosa che più mi dispiace è il fatto che dai miei romanzi possa essere trasparito un sentimento di rancore verso gli italiani, e di pregiudizio. Non era mia intenzione far avere impressioni del genere alle lettrici…-.
Una volta terminato di parlare, li guardò uno per uno e chiese come fosse possibile che esistessero, tralasciando me, che aveva capito essere più reale rispetto a loro.
Carlisle, che era il più bravo a dare spiegazione col suo tono tranquillo e pacato, la tenne impegnata un bel po’ di tempo.
Le disse del grande sconvolgimento che aveva causato e del rischio che i Volturi facessero visita a casa sua.
-Senza volerlo, signora, con i suoi quattro romanzi ha causato non pochi problemi. Sa benissimo che i Volturi apprezzano l’anonimato, anche se per quanto riguarda il loro nutrimento ora siano più avvantaggiati grazie alla moltitudine di ragazze, sue funs, in visita. Spero ardentemente, insieme a tutti gli altri che vede qui riuniti, in uno svolgimento ancora sereno e duraturo della sua vita. Se Aro decidesse di farle visita comunque, potremmo portare via lei e la sua famiglia in tempo-.
-Vi ringrazio per l’aiuto. Siete stupendi, proprio come ho sempre immaginato- la donna guardò rispettosamente Carlisle, stringendo di più a se i suoi tre bimbi.
Lui le sorrise, facendo trasparire dallo sguardo serio ma squisitamente quieto la sua venerabile e saggia età, nei secoli.
Notai l’espressione un po’ agitata di Stephenie alle sue parole, mentre osservava Gabe, Seth ed Eli in un misto tra tensione e tenerezza.
Fu la prima parte del discorso, infatti, ad inquietarla un po’ e non potrei darle ancora oggi tutti i torti.
Le assicurammo che comunque, se la storia doveva ancora seguire il suo corso, non sarebbero mai arrivati fino a lei e alla sua famiglia.
Si stupì del fatto che Renesmèe non fosse ancora nata finchè non fece un calcolo mentale e disse che in fondo le date ancora non combaciavano.
Era felice –sorprendentemente- che i suoi amati personaggi esistessero, e si servì di questa piccola consapevolezza per pensare positivo.
Restammo da lei quel tanto che bastava per spiegarle tutto al meglio, poi le dimmo addio, sperando che restasse in salvo e ci dirigemmo in un piccolo hotel per passare la notte, alcuni dormendo ed altri facendo chissà cosa per passare il tempo.

La mia fu una notte tormentata, col sonno reso irrequieto a causa di immagini movimentate e piene di colori. Non sapevo se definirle sogni, incubi o come uno strano effetto del dormiveglia.
Seth, che aveva dormito serenamente accanto a me su un piccolo lettino scricchiolante, venne svegliato quando la mia mano finì sul suo naso, bloccandogli le vie respiratorie.
Aprì gli occhi di colpo e accese una piccola luce sul comodino vicino al materasso, scansandomi i capelli umidi di sudore dalla fronte.
-Ehi…piccola…un altro incubo?- mi fece tirare un po’ su e singhiozzando lo abbracciai ansiosa. Sentivo l’estremo bisogno di averlo vicinissimo a me.
Poggiai il viso contro il suo torace respirando l’odore dolce, simile a vaniglia o cioccolato bianco, e chiusi gli occhi umidi.
-Ho paura Seth…ho paura che i miei sogni si avverino ancora…-.
Mi accarezzò la schiena e mi fece distendere di nuovo stringendomi contro di lui. Attesi che il mio respiro si facesse più lento mentre cercava di tranquillizzarmi, poi sussurrò al mio orecchio –Andrà tutto bene…resterò sempre al tuo fianco. Anche quando non mi vedrai, ci sarò. E ora cerca di dormire, Sammy. Domani ripartiremo, e voglio vederti bella riposata-. Mi baciò il collo e spense di nuovo la luce.
 
Nel buio della stanza, sospirai e accoccolandomi contro il suo petto massiccio dissi con la voce impastata da un –possibile- sonno migliore –Grazie-.

Vado davvero di fretta! ^^" quindi grazie a tutte voi, care lettrici! baci! al prossimo capitolo ^///^
Vostra
Sammy Cullen

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Capitolo 15
*** Notizie tremendamente spiacevoli ***


capitolo 15

15. Notizie spiacevolmente tremende

Il viaggio di ritorno fu meno stancante.
Ogni tanto guardavo fuori dall’oblò le nuvole, che si frantumavano quasi, contro le ali dell’aereo.
Mi sentivo riposata, pur ricordando la notte precedente alla partenza, con i suoi incubi e le dolci parole di Seth sussurrate all’orecchio.
Mi morsi un labbro ripensando a quelle figure scure che mi venivano incontro. Del sogno avevo ricordato solo qualche scena, come un flash;
c’erano i Volturi, una foresta piena di alberi alti e vischiosi circondati da nebbia…
ma no, io sapevo, in quell’attimo, che era altro.
Avevo cercato di spiegarmi cos’altro potesse essere e mi venne in mente del fumo.
Ipotizzai il fatto che, se il luogo in cui mi trovavo era Forks, non poteva essere altro che nebbia.
Un brivido mi corse lungo la schiena, così mi strinsi al piumino nero che indossavo.
Accanto a me era seduto Edward, che avevo trascinato –se così si può dire- al mio fianco al posto di Seth per poterci parlare comodamente.
Stava osservando le immagini riflesse nella mia testa attentamente.
Alberi, tuniche, ghigni, occhi rossi, denti lucenti, la paura che provavo…
Alla fine mi lasciai sfuggire un lamento e spalancai gli occhi, che avevo chiuso per concentrarmi meglio, facendolo voltare verso di me.
-Stai calma, anche se tutto questo può sembrarti orribile, dobbiamo continuare a capire. Sei un ottimo aiuto, Sammy, quasi meglio di Alice- disse Edward, passandosi una mano tra i capelli e poggiando la testa allo schienale in modo da guardare il tetto dell’aereo.
Mi massaggiai le tempie e risposi sbuffando –Non funzionano questi giochetti con me…Alice è mille volte meglio-.
La vampira, seduta stavolta dietro di noi con Seth –attento ad ogni mio scambio di parola con Edward-, rispose sporgendosi in avanti e ridendo col suo suono allegro –Grazie del complimento, Sammy…ma mio fratello ha ragione, sei un ottimo aiuto-.
Sospirai affranta e mi rilassai sulla poltroncina sperando che il sonno non mi assalisse.

Avevo sempre saputo che il ritorno a casa avrebbe portato qualche complicazione con sé…ed infatti il primo ostacolo da superare furono i miei genitori.
Quando bussai alla porta di casa infatti, avevo immaginato che non si aspettassero me, ed invece…
-Samantha!- mia madre mi strinse a sé singhiozzando e restai immobile, iniziando ad inventare scuse abbastanza plausibili per la mia fuga improvvisa.
Lei restò stretta a me per un po’ e poi, quando l’attimo di sorpresa passò, mi mollò un sonoro schiaffo –Come ti è saltato in mente di sparire così?! E perché, poi? Dove sei stata?-
Mi mordicchiai un labbro e poi risposi –Niente, mamma…io…- e da qui iniziò la sceneggiata.
Riuscii a piangere con la sola forza di volontà e cominciai a dire frasi senza senso.
L’effetto fu quello sperato: mia madre, come ogni altro genitore sulla faccia della terra, si impietosì e mi strinse a sé di nuovo.
-Scusa piccola mia…non avrei dovuto…- mentre lei cercava di farmi calmare, dentro esultavo per la vittoria in battaglia, ma ero consapevole del fatto che poi avrei dovuto trovare un'altra idea con papà, che rividi quella sera, quando staccò da lavoro.
Con lui faticai ancora meno –sorprendentemente- perché non appena rientrò in casa e si accorse di me, non gli importò di niente e mi riempì di baci sul volto come se fossi ancora una bambina.
-Sei tornata!- ripeteva queste due semplici parole, e basta.
Non avevo mai capito allora, quanto bene mi volesse…
Tutta la gioia di quell’attimo si spense come una candela cui la fiamma viene smorzata da un leggero soffio di vento: i miei genitori, infatti, dopo la felicità dovuta al mio ritorno, mi punirono severamente.
Pena da scontare: niente uscite pomeridiane.
Brutto problema, ma avrei trovato un modo…
 
La mia vita alla fin fine tornò quella di sempre. La mattina svolgevo i compiti che mi erano stati assegnati per le vacanze Natalizie ed il pomeriggio andavo subito a Via Nazionale (ero riuscita infatti, a trovare un’ottima copertura con i miei adorati mamma e papà, dicendo loro che Giorgia si era proposta di farmi ripetizioni di matematica), nell’albergo che ormai era diventato tappa fissa dei Cullen e dei Queleute.
Sia io che Laura intanto, avevamo iniziato a diventare più nervose.
Il fatto che prima o poi i Volturi sarebbero venuti a farci visita, non ci dava modo di stare calme.
Molto spesso io e gli altri uscivamo, dal momento che il tempo a Roma non sembrava voler migliorare ed anzi, era ogni giorno peggiore.
Pioveva ininterrottamente da due mesi, ed ero pronta a modificare il punteggio di città più piovosa.
Forks era stata battuta da Roma.
Certe volte, se non volevo uscire, rimanevo nella suitte dei Queleute o dei Cullen a godermi il televisore a schermo piatto assieme a Seth.
Era in quelle occasioni, che l’imbarazzo diventava più forte.
Il fatto di essere soli in una camera d’albergo, portava idee e possibilità infinite.
Una volta, eravamo stati vicini a…
No, no, no! Ogni volta che il pensiero si faceva avanti, lo ricacciavo il più lontano possibile.
Eravamo entrambi troppo piccoli, no?

Che guastafeste…

La vocina impertinente nella mia testa faceva sì che diventassi suscettibile. Odiavo dover reprimere i miei sentimenti e così, quando di tanto in tanto durante gli attimi dedicati con Seth a baciarci, mi rendevo conto che c’era il rischio di andare oltre, mi staccavo da lui e inventavo una scusa come ad esempio il fatto di dover andare al bagno o bere qualcosa perché avevo caldo.
La cosa che più mi preoccupava però era l’essermi accorta che sul volto di lui compariva poi un’espressione dispiaciuta.
Accidenti…la tentazione era così forte!

 […]

 -Sammy, Laura…penso avrete capito perché vi abbiamo chiamato-
Carlisle ci osservava entrambe tristemente. Sul suo volto non c’erano accenni di serenità.
Io deglutii e sentii la ragazza accanto a me paralizzarsi.
Ricordavo le parole pronunciate a Bella il giorno della festa nella scuola di Laura:
”Tornerò da te non appena avrò riaccompagnato Sammy qui in Italia, dopo il viaggio”.
Il respiro mi mancò di colpo.
E così, stavano per tornare tutti a casa?
Eravamo nella camera dei Cullen ed anche i licantropi erano stati fatti entrare.
Li osservai tutti, uno per uno, e strinsi i pugni, poi annuendo col capo risposi al vampiro che ancora ci osservava attento –E così ve ne andate, uhm? E a noi due non pensate? Non avete un briciolo di pietà?! Ci abbandonate così, senza far niente?-
La voce stava già salendo di qualche ottava, ma non me ne importava niente.
Quando il mio fidanzato si fece avanti per consolarmi, gridai contro anche a lui –E TU! Perché? Perché mi lasci così? Non devi, Seth! Non voglio che te ne vada!- il mio tono era disperato, così come l’espressione sul mio volto.
Lui abbassò lo sguardo e poi disse tremando un po’ –Sai che non me ne andrei da te, Sammy, ma ho delle responsabilità…-
Lo interruppi sibilando –C’è Leah, per le responsabilità!- e la ragazza guardò me tristemente, lanciando delle occhiate di disapprovazione al fratello, che si dimostrava così serio.
Attesi una risposta, ma non arrivò, così mi rivolsi a tutti –Se voi partite, vengo anch’io…- poi mi voltai fino a dove, pochi istanti prima, c’era Laura, ma quella si era ritirata vicino alla porta e disse solo -
Non mi piace oppormi alle decisioni altrui-.
Queste parole furono come una pugnalata, ma non capii subito che era triste in un modo differente dal mio.
I suoi occhi lucidi fecero sì che la mia lingua venisse frenata prima di urlare anche a lei.

Forse, starete pensando, le reazioni sarebbero sembrate più adatte ai nostri due temperamenti così differenti solo se le avessimo scambiate, ma posso assicurare che non è così.
Per quanto Laura fosse testarda, piena di fervore e amichevole, il comportamento che ebbe in quell’attimo mi sembrò comunque il più azzeccato…per quanto riguardava me, beh…il fatto che fossi più riservata, concisa e –di tanto in tanto- cinica, non condiziona il fatto che avessi urlato contro a quelle carissime “persone”.
Ma comunque, torniamo a quell’attimo…
Osservai la ragazza per quell’ultimo istante prima che uscisse velocemente dalla camera, ignorando tutti noi.
Seppi allora che le lacrime avevano iniziato a rigare quel visino rotondetto e incorniciato dai capelli sparati in ogni dove.
I miei occhi si fermarono qualche secondo su Edward, che certamente avrebbe potuto dirmi –se avessi voluto- cosa stava pensando la mia amica, e su Jacob, che teneva lo sguardo accorato verso il punto dove la giovane –che era per lui ormai una grande amica- era scomparsa.
Il mio cuore aveva i battiti accelerati, ma me ne infischiavo.
Non c’era niente che avrebbe potuto spronarmi ad essere felice dopo una notizia così tremendamente triste, dolorosa.
I nostri amici stavano per lasciarci come se nulla fosse, e tutto perché il loro mondo straordinario li stava richiamando.
Forks, cittadina isolata dello stato di Washington, già era pronta a rallegrarsi del loro ritorno, mentre io e Laura saremmo poco a poco deperite.
Insieme, certo, ma comunque saremmo deperite.

Grazie alla rispettabile sincerità di Carlisle, venni a sapere che la loro partenza era prevista tre giorni esatti dopo quella spiacevole notizia.
Era terribile sapere che quelle sessantadue ore –e sottraendo quelle servite a dormire e per svolgere i compiti per le vacanze- erano l’ultimo lasso di tempo da poter passare con la loro piacevolissima compagnia.
Seth.
Ci restava così poco tempo! Cosa poteva accadere?
Se solo avessi immaginato! Ma stiamo correndo troppo…sì, sì…meglio attendere.
Proprio per soffermarmi su di lui, continuerei a raccontare ciò che accadde in seguito.
Passai molto del mio tempo con Seth, sentendo che l’addio sarebbe stato migliore se non fossimo rimasti in conflitto solo a causa del mio dispiacere.
Mi aveva promesso che sarebbe venuto a farmi visita il più possibile, ma non mi bastava e dover annuire silenziosamente, senza poter dire che non era sufficiente, mi causava forte crisi interiori.
Fu il primo giorno del rapido conto alla rovescia, che passeggiammo in un posticino riservato che avevo scoperto anni prima, dove il piccolo fiumiciattolo, luogo che ogni primavera le rane lasciavano pieno di miriadi di girini, scorreva placidamente.
Ci sedemmo sull’erba umida e lasciai che mi stringesse a sé per ripararmi dal vento intento a trascinare lontano le nuvole alleggerite dalla perdita d’acqua.
Chiusi gli occhi e cercai di svuotare la mente, poi chiesi senza guardarlo, timorosa –Ti mancherò?- e lui, accarezzandomi i capelli, rispose –Come potrebbe essere altrimenti? Certo che mi mancherai. La mia vita sarà buia finchè non tornerò a trovarti-.
Le mie labbra si tesero.
No, non pensava proprio a rimanere con me.
-La mia sarà peggio del buio. Sarò morta, Seth-.
Queste parole scaturirono in lui una reazione piena di angoscia, che vidi riflettersi sul volto come in una riproduzione perfettamente studiata.
Subito mi pentii di essere stata così diretta. Non volevo rovinare anche i nostri ultimi attimi insieme…prima di chissà quando.

Carissime lettrici, purtroppo non ho tempo a disposizione per spiegarvi, ma vi informo che questo è uno degli ultimi capitoli del LIBRO PRIMO...quindi non abbandonatemi dopo questo, perchè continuerò subito col secondo, senza creare una storia staccata da questa! ^^
Ah, il prossimo capitolo avrà una sorpresa.
A presto! baci da Sammy Cullen.

P.S: Spero abbiate capito che Laura esiste davvero! ogni tanto leggendo le vostre recensioni sia io che lei crediamo che sia diventata solo un personaggio immaginario XD.

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Capitolo 16
*** Aaaah! l'amour...l'amour...[POV Laura] ***


capitolo 16

16. Ah! L’amour…l’amour…

[SPECIAL POV Laura]

 Se una persona vi fermasse per strada e vi dicesse “Hey ragazza posso avverare il tuo sogno!” io, per lo meno, gli riderei in faccia, e ancora sghignazzando gli risponderei che no, non era possibile. Anche perché io avevo l’assurda sfortuna di riuscire ad essere incompleta nel mio paradiso. Datemi della pazza, della megalomane, ma nella mia assurda vita niente era mai riuscito ad essere completo. Un perfetto cerchio ricongiunto io non lo avevo mai visto, ero, come dire, una persona che viveva in semicerchi, e che usava l’ottimismo come materiale di costruzione.
Ultimamente però veniva a mancare perfino questo, ed io i lavori a secco non sono mai stata capace a farli.
Quel pomeriggio ripercorremmo la solita via piena di negozi e persone, io ormai non ci facevo più caso, ero abituata a vivere nel trambusto; passammo davanti a quella libreria, la famosa, la prima volta che avevo incontrato Sammy, dove avevo mantenuto il mio orgoglio di Black, avete capito è inutile che ne dica il nome. Un sorrisetto di soddisfazione si accese sulla mia faccia, ma non durò molto.
Scacchi…io ho sempre odiato gli scacchi, ho sempre perso, e non ho mai capito se l’alfiere dovesse andare prima del cavallo. In definitiva non sopportavo quella copertina, non ne sopportavo la stazza, ne il contenuto di quel libro. Mi bloccai come se una coscienza remota, una vocina fastidiosa che avevo ricacciato nei meandri della mia mente da tempo, circa dal 6 agosto, quando avevo letto l’ultimo capitolo di quel libro, stesse riaffiorando pronta a schernirmi.
“Sempre la solita Lauretta, mai una giusta, lo vedi quel palazzo, là c’è lui, ma non potrà mai essere tuo…e in più, sta per andarsene”
Rideva quella maledetta, gongolava. Strinsi i denti e attraversai con il rosso, rischiai di essere investita da un autobus.
-Laura sei tutta matta!?- la voce di Samantha arrivò al mio orecchio come lontana, mentre le sua proprietaria a falcate veloci guadagnava terreno affiancandomi.
Tentai di sorridere tranquillizzandola, ma il suo sguardo sospetto mi dava la conferma che la mia impresa non era riuscita.
Ultimo piano, le uniche due suitte dell’albergo, ormai il tasto dell’ascensore portava la mia impronta, continuai a rimuginare in silenzio.
Non avevo mai soffermato il mio pensiero a lungo sul fatto che io non avrei mai avuto il mio “happy ending” non come Sammy, non come Edward, non come tutti in queste stanze.
-Laura vuoi dirmi cosa succede?- questa volta il tono era deciso, e non ammetteva la risposta di repertorio.
Attesi un attimo e poi risposi, sono sempre stata una brava attrice, -Niente Tommaso si era arrabbiato perché non sono potuta uscire con loro oggi, tutto qui-
-Ah…- borbottò lei –…non pensarci-
Provava a consolarmi, se fosse bastato quello.
Bussammo alle suitte, o meglio alla suitte. Io non avevo interesse per quella dei vampiri, e lei…lei era la fortunata. Sorrisi tra me e me amaramente. Che cosa malignamente comica, lei che aveva sempre reputato l’imprinting una maledizione ne era stata colpita, ed io! Che lo consideravo il più grande miracolo…niente, fumo, polvere.
Seth ci venne ad aprire con un sorriso, ma del tutto parziale, per lei il suo amore. Si scambiarono un bacio di saluto che mi costrinse a voltarmi. Aspettai poi scherzando borbottai –Prendetevi una camera!- entrai sbuffando nella loro, aggirando quel colosso indiano.
-Laura, gli altri sono usciti- disse chiudendo la porta dietro di se.
Mi gelai. Come, usciti?! Ed io ora che diamine facevo io?! Il terzo incomodo? O certo era la mia specialità.
-Oh, allora io vi lascio, okay?- mormorai queste parole e uscii dalla porta senza neanche sentirne la risposta.
Una volta fuori mi poggiai al muro e infilai la testa fra le mani. Quello stupido libro mi aveva sconvolto, dannazione!
“Ahahah eccola qui…sola”
Vocetta perfida! Incredibile aveva il tono di quella di Edward. Feci una smorfia, ma proprio in quel momento la porta affianco a quella dei Queleute si aprì e di lì sbucò fuori Jasper con un’espressione tra l’accigliato ed il divertito in faccia. Allora non era di marmo! Aveva dei sentimenti il soldatino di piombo!
-Ciao Laura- era cordiale come sempre del resto –Vuoi entrare? Edward oggi sembra calmo- rise.
Ogni volta rimanevo rapita dalle loro risate, era come sentire degli angeli.
-Grazie, rimanere qui non è il massimo- borbottai entrando nella camera.
Se quella dei lupi aveva le sembianze di un campo di ritrovo, questa era candidabile per entrare nei cataloghi di case perfette.
Sul divanetto Emmett e Rosalie stavano ridendo tra di loro, Alice sfogliava svogliata un catalogo di moda mentre Esme stava parlando allegramente con Carlise. Edward, l’unico non “accoppiato” in quel momento stava guardando fuori dalla finestra il brulicare della gente.
Quando sei sola, e tutto intorno a te è completo, in coppia ti senti male. Era una fredda realtà che provavo da tempo sulla mia pelle. Questi miei pensieri melanconici non sfuggirono al vampiro che si voltò quasi divertito verso di me.
Lo guarda con non sufficienza e provai a concentrare il mio pensiero su altro, più allegro e meno interessante per il mio peggior nemico. Ma non ci riuscii, quell’immagine di pace perfetta, Jake con in mano la bambina non se ne andava, come incisa nei miei pensieri.
Si avvicinò a me e sorridendo melenso, si sedette nella poltrona di fronte alla mia.
-Bella bambina, assomiglia alla madre- voce soave che per me era come un frastuono fastidioso.
Ringhiai non rispondendo. In quell’istante sembrava che io e lui fossimo da soli, niente Cullen intorno a noi, nulla. Solo io e la mia coscienza che in questo momento si era trasformata in un vampiro curioso.
-Piani di conquista infranti mia cara-
Quel suo tono, era quello della vendetta. Lo sapevo io che non dovevo esagerare con le battute.
-No, non avresti dovuto- scoppiò a ridere.
-Quando Jasper diceva che eri tranquillo metteva nel pacchetto anche l’opzione “cattivo di James Bond”?- risposi acida.
-Non so…fatto sta che ora sei da sola. Tu-
Me lo aspettavo bastardo ma non così tanto.
-Niente amore eterno, quello che tu dici di disprezzare, ma che in realtà vuoi con tutta te stessa, niente romanticismo, niente di niente- ghigna.
Mi alzai di scatto arrabbiata, sentivo le lacrime, la tristezza, la delusione che mi stavano rincorrendo, bastava uno scatto e le avrei seminate, dovevo solo riuscire a farlo.
-Vaffanculo, stronzo-
Quasi correndo mi precipitai fuori dalla porta  e una volta che l’ebbi chiusa dietro di me scoppiai a piangere.
Odiavo l’amore. Lo odiavo con tutta me stessa. Non riusciva a capire che non lo volevo, ritornava sempre come un cagnolino del quale tenti di liberarti.
Provai a smettere, ma niente, ritornavano. Maledette lacrime. Con un gesto deciso passai il maglione sugli occhi decisa ad eliminarle. Mi girai, volevo uscire, ma sbattei contro qualcosa di massiccio e duro.
Mi massaggiai il naso dolorante.
-Merda, pure questo…- mi lagnai ancora con gli occhi chiusi.
-Hey piccola, che hai?- la voce di Jake era preoccupata, il mio comportamento oggi spaventava parecchi.
Tirai su con il naso.
Come un attore dietro le quinte si lascia andare e rimane sconvolto ed imbarazzato se qualcuno lo trova in quelle condizioni, così io avevo posato la mia maschera e mi trovavo davanti a loro non pronta a recitare una nuova commedia.
-T-tutto apposto- stavo ancora singhiozzando, ma le lacrime si erano fermate, almeno loro capivano quando era il momento di placarsi.
-Non sembra- la voce bassa era preoccupata.
-Stupidaggini da ragazzine- sdrammatizzai con un sorriso –unite a compiti di “branco” male eseguiti- immaginai la faccia di Matteo quando gli avevo detto che avevo da fare.
-Male, molto male- imitò la voce di Sam alla perfezione e scoppiai a ridere
-Come mai qua fuori?E per di più puzzi di succhiasangue-
-I piccioncini hanno da fare- alzai gli occhi al cielo mettendo il broncio.
-Oddio quanto non sopporto chi non ride!- esclamò ridendo ed avvicinandosi pericolosamente.
-C-cosa stai facendo!? Hey?!-
No. IO.ODIAVO.IL.SOLLETICO. Scoppiai a ridere cercando di scappare e rifugiandomi nella loro camera che con un'altra mano era riuscito ad aprire.
-Jacob basta! Dai!!- tra le risate provavo a formulare richiami di aiuto.
Urtai un tavolino e mi mancò il fiato dal dolore. Cacchio faceva male, ero abbastanza resistente ma quello spigolo era stato micidiale.
Gli occhi di Jake erano allarmati, e se non mi fossi gettata io sul letto mi ci avrebbe portato lui.
Con gli occhi spalancati respiravo a fatica.
-Come stai?!-
-Sto morendo…!- borbottai massaggiandomi il punto colpito.- di risate-
La battuta lo tranquillizzò così si mise a sedere.
Mi guardai intorno alla ricerca di Sammy che riemerse dal terrazzo con le mani intrecciate in quelle di Seth, e gli lanciava degli sguardi così carichi d’amore che mi sembrava quasi finto.
Se nei miei sogni da adolescente innamorata e non ricambiata l’amore aveva una figura precisa, un modo di fare, di agire, era proprio questo: due mani unite, occhi che si cercano, ed un sorriso che rappresentava il paradiso.
-Eccoti, come mai tutto quel trambusto di là,cosa è successo?- era preoccupata, forse più del dovuto.
Ancora una volta l’attenzione di tutti si incentrò su di me: cosa gli potevo dire.
-La mia convivenza con Edward è qualcosa di impossibile. Per fortuna ho del sangue acido- ridacchiai.
-Oddio che ha fatto…-Jake era piuttosto preoccupato questa volta, e la cosa mi fece piacere.
-Il suo maledetto potere- sorrisi amara.
-Spalla su cui piangere?- sorrise affabile. Quel sorriso che avevo sempre agognato e desiderato. Non mio, né ora né mai.
-Spalla su cui piangere- risposi alzandomi verso il balconcino, il nuovo salotto.
Sammy e Seth ci guardarono un attimo divertiti poi ci dissero che sarebbero andati nell’altra stanza noi annuimmo e li avvisammo che tra pochi minuti saremmo scesi.
Avevo voglia di passeggiare.
-Allora cosa è successo?- il suo tono era dolce, tranquillo. Un amico, un ottimo amico. Se solo mi fossi accontentata…
Magari questo era il mio vero problema, il non riuscire ad accontentarmi, di posare i miei sogni sempre troppo in alto, e di non avere poi le forze per scalare la montagna.
-Se qualcuno ti dicesse che Miss Tordella, okay scusami- notai la sua faccia farsi nera e minacciosa – Isabella, per gli amici Bella- alzai gli occhi al cielo – si sposasse e che tu non avresti nessuno cosa faresti?-
-Tenterei comunque, sperando che si stufi del succhiasangue- Nel suo volto notai l’antica scintilla, quella che avevo sempre sognato fosse rivolta a me.
-Ma se Bella avesse l’impriting? Se tu non avessi una benché minima speranza- parlavo con affanno fissando la gente muoversi veloce.
Si bloccò e rimase in silenzio chiudendo la bocca e osservando il mio stesso punto.
-Perché ti sei innamorato di me e non di lui, come tutte?-domandò.
Lo guardai sorridendo –Tu sei … beh non lo so di preciso… colpo di fulmine?- ipotizzai.
-Ne sono onorato- sorrise e finse un inchino scherzoso.
-Eppure io non avrò la mia fine felice- sbuffai mettendomi sdraiata sulle maioliche bianche del balcone. Chiusi gli occhi, e misi le mani sotto la testa.
-Cosa fai?- domandò curioso.
-Prendo la luna- risposi tranquilla –Fa venire un’ottima tintarella-
-Non sei triste?- si sdraiò vicino a me, imitandomi.
-Molto, ma se riesco a scherzare magari accetto il mio freddo e crudele destino- accentuai le parole con enfasi strabordante.
-Magari trovi un ragazzo migliore di me…ancora non hai visto il mondo…- propose pensieroso osservando le stelle coperte dallo smog.
-Non commiserarmi!- scattai infastidita.-Sbaglio o quando ti dissero le stesse identiche parole ti lagnasti!?-
-E tu non diventarmi come Leah- ridacchiò e ritornò beato.
-E’simpatica, e la capisco benissimo- borbottai –Così il mio cavaliere nero non è mio-
-A quanto pare sono di una mocciosetta- mormorò poco convinto.
-Promettimi una cosa però- lo fissai negli occhi –non lasciarmi, mi accontento di essere tua amica, non chiedo di essere come Isabella, magari mai lo sarò, però non lasciarmi- sentivo le lacrime risalire.
-Te lo prometto- era serio.
Ero uscita senza maglione od altro, e stavo iniziando a tremare. Solitamente non sono una tipa freddolosa, anzi, la mia temperatura corporea si aggira intorno al trentasette, una piccola stufa, come mi chiamavano i miei amici, ma in quel momento avevo proprio freddo.
-Vuoi un po’ di calore?- domandò con un sorriso.
Annuii e mi avvicinai un po’, annusando bene il suo petto, sul quale avevo poggiato la testa, la rigirai poi per vedere le stelle, almeno tentare.
-Sai ho un’ipotesi sull’amore…- dissi.
-Spara-
-Secondo me il vero amore è l’amicizia. Il vero amore, quello platonico, che tutti desiderano, esiste nell’amicizia- spiegai.
-Tu dici?-
-Sì, perché non ha bisogno del gesto carnale per esistere, due amici, un ragazzo ed una ragazza intendo, sono come due amanti, ma non hanno bisogno del sesso per esprimere il loro amore. Entrambi si completano, vedono in ognuno il riflesso dell’altro- conclusi.
-Interessante teoria- mormorò soprappensiero –Quindi per te due amici, veri, sinceri dovrebbero dirsi, “ti amo” anziché “ti voglio bene”?- chiese.
-Esatto- risposi con un sorriso, voltandomi verso di lui.
-Bene…- si fece un attimo di silenzio, poi riprese –allora… ti amo Laura- disse quasi ridendo.
-Ti amo Jake- controbattei con la stessa ironia per poi riaccoccolarmi e parlare di costellazioni.
Magari la mia montagna era troppo alta, ed io avevo bisogno di riposare. Forse Jake era la grotta in cui avrei passato la notte di tempesta. No, la tristezza sarebbe rimasta, come i segni del freddo mi avrebbero accompagnato durante il viaggio, ma avrei continuato a salire. L’unica cosa che sapevo era questa, e mi bastava.

Era passato un bel po’ di tempo, così mi alzai e decisa a ritornare a casa provai ad aprire la porta del balconcino: bloccata.
Mi girai di colpo verso Jake che rimaneva dietro di me impietrito, mi avvicinai e gli passai una mano sul viso, lui ancora con lo sguardo fisso me la bloccò e mi fece cenno di tacere, poi si portò la mano all’orecchio per indicarmi di sentire.
Assottigliai l’orecchio e quello che sentii mi fece gelare il sangue nelle vene: gemiti.
Cosa diamine stava succedendo?!
Lo guardai sconvolta e lui ghignò un pochino.
-Il piccoletto si dà da fare…-
-COME?!- esclamai.
Lui sorrise eloquente e mi portò verso una finestra meglio illuminata in cui la scena che mi si presentò era tutta tranne che casta: Seth sopra Sammy che si muoveva freneticamente.
O.MIO.SANTISSIMO.DIO.
Rimasi a bocca aperta finché non realizzai, mi portai una mano sugli occhi e stizzita mi voltai, lui fece lo stesso meno vergognoso di me.
-Hai capito come?- disse tranquillo.
-Fin troppo bene- risposi balbettando di imbarazzo.
Non si erano resi minimamente conto che noi eravamo fuori! Per di più chiusi.
-E ora che si fa?- domandai sconfortata.
-Le opzioni sono due: bussare- alzò il dito indice saccente –ma dubito che ci sentirebbero, presi come sono a …-
-NON DIRLO!- gridai con la vocetta acuta.
Lui rise- non credevo ti scandalizzassi con così poco!- osservò
-Oppure rimanere qua fuori- detto questo si sedette a terra e iniziò a giocherellare con dei sassolini presi dai vasi.
Mi sedetti affianco a lui.
-Quando credi che verranno gli altri?- mormorai affranta.
-Stavano cercando per cenare fuori, io sono tornato per chiamare Seth, ma credo che non accetterebbe l’invito- ghignò divertito.
-Nessuna soluzione quindi?-
-Nessuna- confermò con un sorriso e mi strinse un po’ a se per riscaldarmi.
Rimanemmo così per un po’, chiacchierando del più e del meno. Interrotti ogni tanto da qualche apice di piacere dei due piccioncini che a me facevano rabbrividire a lui ridere.
Mi accorsi mentre spostavo lo sguardo infastidita verso destra che i balconi dei Cullen e il loro era unito, bisognava semplicemente scavalcare una piccola staccionata. Sorrisi trionfante e gli picchiettai con la mano sul braccio.
-Cosa c’è?- domandò incuriosito dalla mia faccia esultante.
-Soluzione trovata- mi alzai veloce e mi avvicinai alla finestra degli altri.
-Dai succhiasangue?- disse scettico seguendomi
Lo ignorai, era meglio non peggiorare la mia situazione.
-Cullen…Cullen!- li chiamai sporgendomi un po’.
A me andava bene chiunque. Tranne Edward sia chiaro.
Uscì Rosalie… e lei.
-Ciao Rose- dissi allegra, dovevo essere carina con lei. A tutti i costi. Jacob spostò lo sguardo e il volto, probabilmente cercando una corrente d’aria meno inquinata di puzzo di vampiro.
-Cosa vuoi?- chiese gelida.
Ecco così non andava. Per niente.Ci guardava con aria schifata dalla sua altezza di Miss “me la sento proprio tanto”
-Ecco…ci servirebbe un aiutino- sorrisi ancora più, dovevo nascondere in qualche modo il mio vaffanculo.
-E quindi?- alzò un angolo delle labbra schifata.
-Potreste farci entrare?-
Sorrise –Ecco… fammi pensare…no- ancora sorridendo si girò.
-E perché?! CARLISE!- urlai per richiamarlo.
-Non c’è- affermò vittoriosa.
-ESME?!-
-No-
-ALICE?!-
-Nah-
-EMMETT!!!- esclamai.
-Non provarci neanche ragazzina!- mostrò i denti ringhiando.
-Inutile tentare Laura - mi provò a tranquillizzare Jake –sono solo testa di cazzo uno e due, lei e Edward-
-Ma dai Rose! Ti prego!- la supplicai.
Avevo freddo in quel momento. Molto.
-Non hai letto?- rispose lei ghignando.
-Cosa?- chiesi in difficoltà.
Il tempo di chiudere gli occhi che davanti a me comparve un foglio bianco con scritto sopra “vietato l’ingresso ai cani”
Sorridendo strafottente si girò e entrò dentro.
Io rimasi allibita a guardarla mentre si voltava, poi dentro di me si levò come un ruggito animale una voglia di insultarla pazzesca.
-STUPIDA DI UNA TINTA!- gridai con tutto il fiato che avevo in gola.
-Cosa.hai.detto?- era magicamente ricomparsa, e più che un angelo sembrava una posseduta.
-Tinta- socchiusi gli occhi con aria di sfida.
-Barboncino!-
-Gallina-
-Nana!-
-Rifatta!-
-Stu…Stupida umana!- ringhiò e si chiuse violentemente il portone dietro.
Mi voltai infuriata e vidi Jacob piegato in due tentare di battere le mani.
-Sei stata grande!- mi abbracciò all’improvviso.
Tutto l’astio si sciolse di colpo e mi lasciai trattenere da quelle braccia che emanavano calore.
Di colpo si aprì la porta del nostro balcone ed uscì un Seth estremamente imbarazzato.

 

Forse  dal titolo vi aspettavate qualcosa di perfino più romantico...forse un cambio d'idea da parte dei nostri carissimi amici fantastici...ma no, spiacente...è scritto che debbano partire, o la seconda parte di questo libro non si potrà scrivere! Bene...ora, la sorpresa a cui ho accennato la volta precedente è il POV di Laura. Abituatevi, perchè sul LIBRO SECONDO, sarà presente di tanto in tanto ^^. Ah, ci tengo a chiedervi cortesemente di fare a Laura i complimenti stavolta, visto che il capitolo che avete avuto il piacere di leggere è opera sua (li leggerà di certo ^^). Il prossimo sarà l'ultimo di questa prima parte e sarà sotto il POV della sottoscritta XD 

Okay...vi ho detto tutto! Grazie come sempre e a prestissimo!

Vostra Sammy Cullen


P.s.: I Volturi ci saranno, ma dopo un "pochino"...non posso dirvi niente, ma nel libro II ci saranno tante sorprese e le mie vicende andranno di pari passo con quelle di Isabella...quindi i Volturi nello stesso periodo di BD ^^

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Capitolo 17
*** Un nuovo sconvolgimento & l'ultimo ricordo... ***


capitolo 17

17. Un nuovo sconvolgimento e l’ultimo ricordo

Quello che io e Seth avevamo appena fatto era stupendo.
Sesso.
Un qualcosa che serviva solo ad unire di più due animi che già combaciavano perfettamente. Lui aveva desiderato il mio corpo, ed io il suo.
Li avevamo messi insieme ed ecco a cosa si era arrivati.
Sesso.
Wow…mentre stavo stesa sopra di lui, con la testa poggiata al torace, intenta ad accarezzarlo in punti estremamente intimi, pensavo che avrei ripetuto tutto ciò milioni di volte, solo perché era con Seth.
All’improvviso, mentre salivo un po’ più su per baciarlo in un modo tutt’altro che casto, sentimmo bussare entrambi leggermente da fuori, sul balcone.
-Seth…hai sentito?-
lui aggrottò la fronte pensieroso ed annuì, poi sospirando, si alzo in tutta la sua nudità e tolse il gancio dalla finestra.
Bene.
Da fuori sbucarono Jacob e Laura. L’una rossa come un peperone, non appena vide Seth senza vestiti (che intanto si era coperto lì in basso come poteva con un giornale buttato a terra) e l’altro che sogghignava divertito osservando a turno me e l’amico.
La risposta più stupida che avessi mai dato venne a galla in quel preciso momento: con tutto il fiato che avevo (e non era molto) dissi velocemente –Non è come sembra!-. Stupida, stupidissima frase insensata.
Se erano rimasti lì tutto il tempo…loro avevano visto.
-Ottimo lavoro, Seth- disse ridacchiando, ed il mio fidanzato iniziò col dire –Oh, stai zitto Jak…- ma la porta principale si aprì e sentimmo tutti il vociare degli altri ragazzi Queleute.
Io, ancora stesa sul letto interamente nuda con solo le coperte a nascondermi, rimasi pietrificata e lo stesso accadde agli altri.
Quil disse dalla stanza adiacente alla nostra –Ehi! Seth, Sammy…dove diavolo siete andati a…-
Ma arrivò alla porta della camera e restò bloccato, sussurrando dopo aver immaginato chissà quale assurda fantasia, vedendoci tutti e quattro –Oh santo cielo- e poi si soffermò su Seth e me, esattamente come aveva fatto Jacob.
-Ora ho capito cosa avete fatto mentre non c’eravamo…- rise senza controllo mentre gli altri comparivano dietro di lui uno per uno, incuriositi da ciò che stava succedendo.
La voce che sentimmo per prima fu quella di Leah, che gridò incredula al fratello –Seth! Per la miseria…!-
E lui per tutta risposta disse –Cosa?! Leah, accidenti…fatti gli affari tuoi…- era la risposta più infastidita che gli avessi mai sentito dire, e di veramente cattivo nel suo tono non c’era niente.
Laura tossicchiò come per schiarirsi la gola, ed Embry guardando lei invece che me o il mio ragazzo, fece per chiedere –Tu e Jacob quando siete arrivati qui?-
-Oh beh…un po’ prima del fatto…-
A queste parole, pronunciate dalla mia amica in un sussurro, avvampai e mi coprii il volto con le lenzuola.
Possibile che non ci fossero momenti eterni e speciali per me?!
Non vidi chi ridacchiò e chi invece tossicchiò in imbarazzo, ma quando scoprii di nuovo gli occhi, feci in tempo a vedere una scena molto peggiore.
Laura, aveva alzato in un gesto istantaneo la mano che era ancora stretta a quella di Jacob ed Embry, pochi secondi dopo aveva letteralmente aggredito l’amico.
-Cosa è questa storia, Jacob?- aveva chiesto con un tono di voce estremamente teso.
Jake dal canto suo disse sbuffando tranquillo, come se niente fosse –Niente Embry, che ti prende?- e lo guardò un attimo più attentamente.
Embry ringhiò basso e disse –Ah, tu lo chiami niente!- e si avventò su di lui, mollandogli un pugno dritto sul naso.
-No! Embry!- Laura era stata spinta via da Jacob un attimo prima che l’altro gli finisse addosso.
Io restai senza parole, con gli occhi sgranati, come il resto della comitiva.
Cosa era preso al giovane? Perché aveva appena preso a pugni uno dei suoi due migliori amici?
Possibile che…
Nella mia mente, quella parola risuonò di nuovo, ma stavolta non riguardava me:

…imprinting…

Laura lanciò un ultimo sguardo ad Embry, carico di incredulità, poi si gettò a terra, tentando di tamponare con la tenda il sangue che usciva dal naso di Jake. Aveva il volto preoccupatissimo, ma gli occhi fissi sul ragazzo che cercava di tranquillizzarla sorridendo.
Lei smise per un attimo di poggiare il tessuto per assorbire il rosso e si girò furiosa verso Embry.
-Cosa dannazione ti è preso EMBRY?!- gli urlò contro, alzandosi di scatto.
-Sei partito?! Ti sembra questo il modo di comportarsi!?-.
Laura era davvero, davvero furiosa e lo guardava con un’espressione mista tra l’incredulità e la rabbia.
Io dal canto mio, avevo sfruttato l’assenza di attenzione nei miei riguardi per riacchiappare i vestiti da terra –sempre tenendomi ben stretta le coperte- e mi ero rivestita come meglio potevo da sdraiata.
Nel mentre, la ferita di Jacob era già bella che guarita, ma a Laura non importava niente di ciò, presa com’era ad attendere spiegazioni da Embry.
La sottoscritta, che aveva capito ogni cosa, era arrivata alla semplice conclusione che il giovane era riuscito a mantenere segreto il suo travolgimento per la ragazza grazie al fatto che non si fosse mai dovuto trasformare assieme agli altri.
Se avesse preso le sembianze di lupo con tutti gli altri giovani Queleute, a quest’ora la notizia sarebbe stata di dominio pubblico, grazie al collegamento mentale di cui erano provvisti.

Ma comunque…torniamo a vedere cosa accadde poi…
Embry guardò il proprio pugno chiuso incredulo e l’amico, che si rialzò e arricciò il naso solo per controllare che si fosse riformato bene…
Ma i suoi occhi non riuscirono a soffermarsi sul visino di Laura, facendo sì che la risposta sembrasse aiutare a far caso all’imbarazzo di quell’attimo –Mi dispiace…non so cosa mi sia preso- e detto questo, lanciò solo una rapida occhiata alla mia amica, che rispose duramente –Non è con me che devi scusarti!-.
Intanto, la mia mente aveva già dovuto frenare l’impulso di alzarmi e dire alla ragazza che era cieca, se ancora non riusciva a rendersi conto di ciò che provava Embry per lei e che…
Beh, lei stessa prima o poi avrebbe ricambiato.
Amore.
Un amore così forte da rendere fragili, indifesi, ma al col tempo capaci di sconfiggere ogni avversità.
Era l’imprinting che mano a mano dava i suoi ricchi frutti.
Perché Laura, colei che mi aveva indottrinato come meglio poteva dei suoi saperi “Jacobici”, non si rendeva minimamente conto del fatto così ovvio?
E gli altri ragazzi Queleute? Avevano compreso? Poteva non essere altrimenti?
Li osservai attentamente, cercando di trovare una risposta alle mie domande, ma proprio quando mi parve di scorgere una soluzione…
Chissà chi e perché, decise di bussare alla porta della loro suitte.

Mi alzai veloce e, battendo gli altri sul tempo, feci per andare ad aprire. Prima però, feci un cenno del capo a Laura e lei aggrottando la fronte e passando oltre Embry guardandolo male, mi seguì.
Ero a conoscenza del fatto che tutti avrebbero potuto sentire le mie parole se si fossero concentrati, ma impegnati com’erano a fare domande a Seth sul nostro conto –forse nello stolto tentativo di alleggerire la tensione- presi fiato e sussurrai a Laura –Sei cieca o cosa?- e la lasciai così perplessa da decidere di non attendere una risposta, perché in fondo la mia non era altro che una domanda retorica.
-Non hai ancora capito…- la mia fu un’affermazione piena di consapevolezza. Possibile che stesse fingendo di non aver sentito nessun cambiamento dentro di se? Come mille scosse tutte insieme quando lui le era vicino?
La ragazza mi guardò confusa, poi chiese –Sammy, cosa dovrei capire?- ma sospirai e risposi per sviare il discorso –Niente…assolutamente niente-.
Volevo che arrivasse alla conclusione da sola.
Intanto, avevo fatto quei cinque passi che mi separavano dalla porta d’ingresso ed avevo girato il pomello.
Edward, in tutta la sua perfezione, si era deciso –chissà perché- ad uscire dalla sua stanza d’albergo per arrivare a quella dei licantropi.
Notai il fatto che il suo petto non si muovesse, ad indicare che si stava privando dell’aria che lo circondava solo perché per lui i Queleute puzzavano.
Ridacchiai tra me e gli chiesi amichevole come sempre –Cosa succede, Edward?- e notai i suoi occhi ambrati posarsi su Laura, che lo guardava a sua volta con l’espressione più piena di rancore che le avessi mai visto rivolgere al giovane.
Cos’altro era successo tra quei due in mia assenza?
Avevo capito quindi che non c’era speranza di vederli andare d’accordo…neanche una volta in tutta la vita di lei e l’esistenza di lui.
Che stress…
Edward rispose pacatamente –Vorrei fare le mie scuse a Laura, visto che ci resta poco tempo per restare- poi si soffermò solo su lei –Ti chiedo perdono, ho capito solo ora di aver dato troppo peso alle tue frecciatine infantili e di essermi comportato da stupido ferendoti a quel modo-.
Quanto era bello il suo volto, mentre le chiedeva scusa per chissà cosa!
Ogni tanto quel vampiro riusciva ad incantarmi, come se Seth non ci fosse…ma durava pochi attimi, prima di tornare col pensiero fisso sul mio fidanzato.
Mentre osservavo imbambolata Edward, notai di sfuggita la smorfia perfida di Laura e subito mi tenni pronta ad intervenire.
Sapevo perfettamente che nelle scuse del vampiro c’era stata una parola che a lei non sarebbe sfuggita: infantili.
Quando le sue labbra si mossero, le misi una mano sulla bocca appena in tempo per fermare l’insulto che già si preparava a lanciargli, ma questo non può certo servire in casi come quello a cui stavo assistendo.
Se infatti, uno dei due impegnati a discutere può leggere il pensiero e l’altro è a conoscenza di questo fatto, il non poter parlare a voce non è un grosso ostacolo.
La vocina interiore della mia amica stava certamente continuando da dove l’avevo interrotta.
Notai Edward alzare gli occhi al cielo come a dire “io ci ho provato ma con questa qui è inutile” e poi in silenzio e con un mezzo sorriso astuto se ne rientrò nella camera d’albergo accanto alla nostra.

*°*°*

Il giorno della partenza arrivò troppo velocemente. Non ci fu modo di rallentare il tempo, o addirittura fermarlo. Non si poteva nulla contro un avvenimento simile.
La tristezza mi aveva portato via ogni cosa, rendendomi agli occhi di chi mi stava vicino vuota e fredda.
La sensazione di solitudine che avrei provato si era fatta avanti un po’ prima, come per darmi un assaggio di ciò che mi aspettava.
Stavano per partire ed io non potevo seguirli…
Andarmene via di nuovo, causando finalmente un infarto a mio padre e una crisi isterica a mamma! No, non potevo sparire di nuovo come avevo già fatto.
Eppure…non riuscivo a capacitarmi del fatto che Seth se ne sarebbe tornato a Forks, e con lui tutti gli altri.
Scuotevo la testa a quel pensiero, prima, ma…una volta che arrivammo all’aeroporto, decisi di prendere atto della cosa e di sembrare il meno triste possibile.
Sembrare.
Non potevo fare altro, dal momento che Jasper teneva d’occhio ogni sentimento attorno a lui.
Seth mi strinse a sé fortemente e ricambiai la stretta trattenendo i singhiozzi.
Passammo metà del tempo a salutarci, io e Laura ci eravamo preparate reciprocamente per quel triste momento ed ora ci sentivamo sollevate almeno un po’ del fatto che avremmo sofferto in due.
-Mi mancherai-
-Torna presto…-
Seth mi baciò leggero le labbra prima di voltarsi per andare con gli altri sul proprio volo, mentre una voce metallica annunciava l’arrivo del loro aereo.
Ero già in procinto di voltarmi per lasciar fluire le lacrime, quando Laura disse gridando a tutti loro –Ehi! Ho capito che avete fretta di andarvene, ma una foto potreste anche farmela fare!- cercava di sdrammatizzare, lei.
Fermò vivacemente una signora sulla cinquantina e le chiese di scattare una fotografia cercando di far entrare tutti nell’obiettivo della piccola macchinetta digitale.
-Va bene così, ora dite “formaggio”- alcuni di noi risero per le parole della donna, che dopo aver accontentato la richiesta di Laura, se ne andò coi suoi bagagli verso l’uscita dall’aeroporto.
Questa fu l’ultima cosa che mi rimase impressa di tutti gli attimi stupendi passati assieme a quelle creature così magiche quanto umane, angeliche quanto spettrali.

Mi svegliai una mattina maledicendo la sveglia e cercai di ricordare cosa fosse accaduto tempo prima.
Sapevo solo di aver fatto un sogno estremamente lungo, pieno di avventure e di sorprese.
C’erano i Cullen, i Queleute e Laura…ma anche i miei genitori e gli amici di scuola…e…
Così tante persone!
Feci colazione più abbondantemente del solito, salutai i miei e mi diressi a scuola.
La solita routine giornaliera.
Delle vacanze Natalizie non ricordavo nulla, come se tutto fosse annebbiato. C’era solo il sogno.
Avevo chiamato Laura il giorno seguente all’accaduto e glielo raccontai.
Rimase terribilmente sorpresa del fatto che entrambe avessimo vissuto –con prospettive diverse- la stessa avventura creata dal subconscio.
Un sogno!
Ed era lo stesso per entrambe…
-Forse è colpa delle nostre storie su messanger…- Laura aveva ipotizzato milione di cose, ma nessuna ci era sembrata così logica.
Era strano sentire come se ci fosse più di quello che sembrava. Ogni tanto un eco nella mia mente mi aveva detto che non era stato un sogno…ma…
Questo non potevo crederlo davvero.
Solo più avanti, grazie ad una sorpresa inaspettata, sia io che la mia amica, avremmo capito che la realtà è relativa a occhio umano.




Carissime lettrici...ù.ù ecco l'ultimo capitolo del libro 1!!!
Spero ardentemente che seguirete anche il seguito ^^ "The really dream" continua muahah XD (sono la prima ad esserne felice XD).
Il prossimo aggiornamento sarà rapido, e vi aspettano un sacco di risate *-*
A prestissimo allora! bye byeeeeeeeee

Sammy Cullen

P.s.: Devo rispondere ad una di voi...^^
Per wbloom: carissima, sinceramente...anch'io metto Edward al primo posto. Resterà sempre il numero 1 per me, ma in questa storia non posso cambiare il corso degli eventi. L'imprinting che ho con Seth è irreversibile, quindi non posso mettermi con Edward neanche per farti un piacere...spero comunque che continuerai a seguire questa storia, ora che inizia il Libro II. Baci ed a presto.

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Capitolo 18
*** [LIBRO SECONDO] Prologo/ 1. Aspetti un bambino? Chi, un tuo cuginetto? [POV Laura] ***


Capitolo 1

[LIBRO SECONDO]
Prologo
POV Laura

Dicono che faccia ridere… A me non sembra.
Anche perché la mia vita non è così… divertente.
Anzi da quando avevo conosciuto quella pazza, le cose andavano di male in peggio.
Ho passato parecchi giorni credendo di essere folle.
E chi dice che non lo sia. Eppure la mia vita non mi fa ridere.
Neanche sorridere. Al massimo sogghigno, delle volte piango anche.
Pensate che adesso mi trovo tra le braccia di un vampiro sanguinario, che mi sta leccando famelico la mano ferita.
A voi fa ridere?
A me non tanto.

1. Aspetti un bambino? Chi, un tuo cuginetto?

L’idea di analizzare cipolle non mi era mai piaciuta, il farlo in una giornata noiosa come questa tanto meno, avere come compagno di analisi il mio peggior nemico era una vera e propria tortura.
La professoressa di biologia si muoveva per i banchi dell’aula, intenta a somministrare consigli a destra e manca. Logicamente non al mio tavolo. L’essere l’eccellenza nella classe portava a questo: vivere completamente ignorata dai professori. La cosa non mi dispiaceva affatto, mi permetteva di seguire le lezioni per cinque minuti scarsi e poi ritornare nel mio torpore. Sfortunatamente quella volta non lo potei fare.
Furio, soprannominato il “succhisangue” da me, sembrava non possedere la proverbiale bravura in questa materia tipica dei vampiri.
Vampiri… già… il pensare a quella parole non poteva che riportare la mia mente a quel sogno.
Il più fantastico e inquietante sogno. Perché direte… bhè il fatto che sia io che Samantha l’avessimo avuto precisamente identico non era normale. Ne tranquillizzante. Soprattutto per il gran numero di particolari che lo contraddistingueva. Rimuginai sul fatto, come d’altronde facevo da un mese a quella parte.
-Hey…psss… cucciola…- il ghigno di divertimento comparì sul volto del mio compagno di banco.
Ecco, il fatto che lui mi chiamasse così era estremamente fastidioso, considerando che lui non superava il metro e sessantatre.
-Che vuoi sanguisuga?-risposi annoiata annotando su un foglietto un’idea da proporre a Sammy: magari ci avevano rapito gli alieni e ci avevano cancellato la memoria con un ricordo simile.
-Senti mi dici cosa è il secondo?- si stava lagnando e io mi divertivo.
-Uhm… fammi pensare… no- sorrisi raggiante chiudendo il quaderno e scattando fuori dall’aula al suono della campanella.
Ora avrei dovuto lottare come al mio solito con “occhioni-d’angelo-glaciali” per il posto, e come al solito avrei vinto io sempre perdendo un po’ di stima dei compagni, ma sinceramente… non me ne fregava nulla, avrei cambiato scuola, volentieri, se non fosse stato per Giorgia, la mia migliore amica, la mia Alice Cullen personale.
Mi sedetti attendendo annoiata l’arrivo della furia bionda, pronta a combattere per il mio posto.

Ritornai a casa a piedi, l’idea di entrare in un autobus pieno di turisti non mi allettava e tanto meno farlo con i miei compagni che si sarebbero lamentati per l’ennesimo brutto voto, meritato per giunta.
Una volta tolto il cappotto e posato lo zaino andai ad armeggiare in cucina per prepararmi qualcosa che mi avrebbe permesso per lo meno di resistere fino a cena. Optai per un uovo. Non ero molto brava a cucinare, non per me almeno.
Finii di mangiare e spensi la tv ancora ridacchiando per le battute di Homer Simpson. Arrivata alla mia scrivania aprii il diario e guardai se avevo qualche compito: niente, già fatti tutti.
Così allegra accesi il computer, avrei potuto scrivere un po’, visto che di solito Sammy a quest’ ora non era connessa, stranamente invece il suo omino era verde e sul nick era scritta la parola “nausea”. Prima che riuscissi a scrivere qualcosa squillò il telefono. Risposi e quando sentii la sua voce trasalii, era spettrale.
-Laura?-
-Ehm sì. Sammy, stavo per chiamarti su msn, ma a quanto pare sei telepatica- ridacchiai.
Lei rise a sua volta poi rimase in silenzio, sembrava volesse dirmi qualcosa, ma che, allo stesso tempo, non trovasse le parole adatte; così proseguii io per lei.
-A proposito! Ho una nuova teoria!- sorrisi tra me e me –Rapite dagli alieni, ci hanno cancellato la memoria sostituendola con qualche ricordo perennemente presente nella nostra mente- finito di esporre la mia idea mi sedetti soddisfatta.
Lei non rispose. –Hey? Stai bene?- ero preoccupata, non era da lei rimanere in silenzio, non così a lungo.
La sentii sospirare come per farsi coraggio e poi dire con parole veloci e precipitose:-Laura, aspetto un bambino-
Rimasi interdetta: cosa voleva dire?
-Un bambino? Chi, un cuginetto? Che carino! Ti viene a far visita?- non era possibile. Questa era l’unica possibilità L’UNICA. Non potevo credere che intendesse l’altro aspettare.
A quanto pare era proprio l’altro.
-No, Laura. Sono incinta-
Gelai di colpo. Il telefono mi cadde dalle mani e si posò pesantemente sul tappeto color senape che stava a coprire il parquet. Non era possibile. Samantha non poteva essere incinta. No.
Con chi?! Lei.. non si sentiva con nessuno, non mi aveva mai parlato di nessuno!
La sua voce usciva dalla cornetta e mi chiamava accorata, io però rimasi ancora qualche secondo a realizzare le sue parole, poi lentamente, cauta riavvicinai il telefono al mio orecchio.
-Tu…cosa?- dissi in un sussurro.
-Sono incinta, diventerò…mamma-
Mamma… a quindici anni. Mamma… che parola assurda. Mamma… CON CHI L’AVEVA FATTO!?
-Tu. Ora. Uscire. Andare. Punto. Di. Incontro. Me. Te. Nessuno. Dovere. Parlare- sibilai tutto di un fiato e senza neanche aspettare la sua risposta chiusi la conversazione.
Come era stato possibile.
In uno stato d’animo indescrivibile armeggiai con la mia cesta di borse, ne afferrai una che non usavo da circa un mesetto, poiché era rimasta nel fondo. La sbattei un po’ per togliere le pieguzze e in fretta e furia ci infilai il portafoglio e il resto dei beni di prima necessità.
Una volta sull’autobus mandai un sms a mia madre per avvisarla, e, dopo aver chiuso il cellulare, mi rimisi a pensare a questa situazione
Cosa le avrei dovuto dire?
Io non ero di sicuro la persona adatta, io se fossi stata in lei, avrei abortito. Non riuscivo a concepire l’idea di una ragazzina, perfino di un anno più piccola di me, con la responsabilità di un bambino sulle spalle. E poi… di chi era? Samantha non era affatto il tipo di ragazza che andava a ragazzi, anzi! Dai suoi resoconti mi diceva che non vedeva nessuno; che nessuno riusciva a catturare la sua attenzione...prima per colpa del roscio-ramato, ed ora di colpo, appena dopo il sogno “miracoloso”, per colpa di Seth. 
Certo quello era un altro bel problema, da quello che mi aveva raccontato, e che anche io sapevo, visto che, anche se contro la mia volontà, avevo assistito come spettatrice imbarazzata, lei lo aveva fatto con il Queluete. Sì! Ma in un sogno!
Non ci volevo neanche pensare! Questo andava contro ogni regola logica! Sammy si era sbagliata tutto qui, era l’unica soluzione. perché i sogni non mettono incinta, neanche se sono licantropi.
Scesi alla fermata e la trovai ad aspettarmi seduta su uno scalino davanti all’Altare della patria, intenta a fissare un vigile che dirigeva il traffico.
-Sammy?- la chiamai gentilmente, scuotendole un po’ il braccio. Lei si voltò e si gettò su di me abbracciandomi. Rimasi un po’ ferma attendendo che la smettesse, ma così non fu.
-Ehm… Sammy… sto morendo soffocata…- mugugnai alzando gli occhi al cielo.
Lei si staccò e mi guardo con due occhi pieni di “speranza”. Sì, era proprio speranza. COME POTEVA AVERE QUEGLI OCCHI!? Era incinta. Oddio mio, stavo ripetendo in testa quella parola troppe volte!
-Esistono- sussurrò a mezza voce con quegli occhioni.
-Sammy stai delirando- la rimproverai spostandola da quel trambusto e mettendoci al riparo, vicino alla fontana illuminata.
-No! Esistono!- ripeté  decisa. –Altrimenti come li giustifichi ben cinque, e ripeto cinque test positivi, tutti rossi!- mi rimbeccò.
Mi strinsi nel mio cappotto, stava tirando vento quel pomeriggio.
-Senti io non lo so, ma non credo proprio che sia possibile, magari vanno male- borbottai a mezza bocca.
-Laura, cinque!- esclamò divertita lei.
-Sarai andata con qualcuno- risposi io indispettita.
-Sì, con Seth Clearwater- rispose solenne lei sgusciando via dalla mia morsa.
-Non scherzare! Samantha è un sogno!- ribattei a disagio.
Era un sogno? Ora come ora avevo seri dubbi… Avevamo delle prove. Lei era incinta. Cosa altro mi serviva per farmi credere che tutto fosse vero.
-E’ tutto vero, e io li voglio andare a cercare- di nuovo quel espressione che non ammetteva repliche.
Stavo per trovare una frase adatta ma mi squillò il cellulare, un messaggio. Misi la mano nella borsa e mi misi a cercare freneticamente il telefonino, agitata per la sua affermazione, ma, mentre era alla ricerca di quell’aggeggetto noioso, la mia mano afferrò qualcosa di sottile, un foglio, ma lucido.
Lo tirai fuori curiosa, era una foto, la girai e mi bloccai di colpo.
Non era assolutamente possibile.
Era la foto che avevamo scattato il giorno della partenza. Io stavo tra Embry e Jake sormontata dalle loro figure, Quil faceva le corna a Paul che lo guardava ringhiando, mentre Leah osservava la scena con uno sguardo misto tra rassegnazione e divertimento mal celato; i Cullen erano impeccabili nei loro vestiti firmati e precisi, Sam e Jared guardavano seri l’obbiettivo, mentre Sammy e Seth si abbracciavano dolci, estraniandosi completamente dalla stazione.
Lasciai un po’ la presa troppo sconvolta per dire una qualsivoglia cosa, che il vento mi portò via violento la MIA prova della loro esistenza, la mia scarcerazione dalla prigione della pazzia.
Certo quello che feci dopo mi costrinse a vivere per sempre tra le sue sbarre, ma… era troppo importante.
La fotografia era finita nella fontana, proprio al centro, sotto i getti ed io senza pensarci due volte mi buttai gettando via la borsa. Dietro di me Samantha mi chiamava credendo che avessi dato veramente i numeri.
I turisti scattavano foto a non finire, e io… Io stavo recuperando la MiA foto, con tutta la foga possibile.
Mi ero bagnata completamente, pure i capelli finiti sotto la cascatella. Uscii lasciandomi dietro una scia di bagnato, con i vestiti zuppi d’acqua, le scarpe che suonavano rumorosamente di uno “squak squak” fastidioso.
-Cosa diavolo hai fatto?!- mi urlò contro lei agitatissima.
-Preparati mia cara, andiamo a Forks- sorrisi raggiante mentre lei da allibita quale era non si trasformò in una pazza, proprio come me, che saltava di gioia stringendomi e saltellando contenta.
Era vero. Tutto vero.

...La vita è come un gioco, a questo punto, tanto vale giocarla...



Ecco il PRIMO E NUOVO CAPITOLO del LIBRO 2 ^^ è una gioia immensa poter continuare questo racconto! Ma ora...chissà dopo quanto...risponderò ai vostri commenti (ma non fateci l'abitudine, sono tremendamente pigra e lenta!^^"):
Per Sexy_eclipse: Ecco qui il primo capitolo che aspettavi così tanto! XD grazie per l'ultimo commentino del Libro I ^^ la scena con Jacob & Laura era stata ben studiata ù.ù speravo che facesse divertire muahah XD
Per DiNozzo323: Uhm...vediamo...per la tua domanda la risposta è semplice ^^ dal momento che -come ho già detto in precedenza- il Libro II seguirà precisamente la trama di BD (naturalmente con tanti imprevisti causati da me & Laura XD) ho pensato che Jacob potesse benissimo avere l'imprinting per Renesmèe come -a parer mio- è giusto che sia. Poi...la scelta è ricaduta su Embry perchè era l'unico oltre Seth a sembrarmi meritevole di trovare la sua felicità...(non puoi immaginare Laura mentre le dicevo quello che sto dicendo a te! è felicissima di poter scrivere qualche capitolo della storia e di stare con Embry XD).
Per Wbloom: le tue domande sono sempre chiare e dirette, per questo mi piacciono XD rispondo subitissimo ^^...Inizialmente, come hai detto tu, ho sempre e solo scritto di amare Edward (*-* fammi riprendere un attimino dalla catalessi XD) e se devo essere sincera, il mio piano era quello di scrivere una storia in cui comparisse solo lui...ma poi ho pensato che cambiare le cose di colpo sarebbe stato apprezzato anche per voi lettrici. Non nego che leggere storie intere su Edward sia stupendo, ma l'idea di avere il "travolgimento" con Seth per me è stata una sfida personale...ho cercato di studiare il nemico XD. Se hai altre domande chiedi pure e risponderò! ^^
Per Smemo92: Contenta?^^ la foto è ricomparsa e con lei anche una bella sorpresa per la sottoscritta XD (scusa ma davvero non riesco a parlare di me in III persona XD). Embry come hai prontamente ipotizzato, è timido. Se al posto suo ci fosse stato Quil, quello avrebbe certamente agito d'impulso...ma vuoi mettere i due amici al confronto?XD nah, troppo diversi ^^ Embry mi è sempre sembrato più riflessivo di quel bischero di Quil ù.ù
Per TUTTE VOI CHE LEGGETE E COMMENTATE: Grazie, grazie, grazie, grazie...ma vi prego di FARE I COMPLIMENTI A QUELLA MATTA DI LAURA PER IL CAPITOLO COSì MAGNIFICO CHE HA SCRITTO ^-^
e naturalmente...come dimenticarmi di...LAURA! (XD): Cara come al solito hai superato te stessa con questo capitolo! io sono stata la mente e tu le mani che scrivevano XD che coppia di pazze che siamo! muahahah! *-*

By Sammy Cullen...

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Capitolo 19
*** I cento metri veloci rincorrendo un vampiro li posso fare solo io [POV Laura] ***


Capitolo 19

2. I cento metri veloci rincorrendo un vampiro 
li posso fare solo io…

[POV Laura]

Bene…
Considerando che saremmo arrivate a Seattle per il pomeriggio del… cinque agosto tutto si proiettava magnificamente organizzato.
Togliamo il fatto che i nostri genitori ci credevano a New York, che non sapevamo come arrivare a Forks, e nemmeno dove dormire, la situazione era perfettamente sotto controllo. Mi ero scordata un particolare, viaggiavo con una ragazza incinta con perpetui sbalzi d’umore e una bella pancia dovuta al sesto mese di gestazione.
Tutto magnificamente perfetto.
Spostai lo sguardo dal finestrino bagnato dalla pioggia alla mia amica di fianco che saltellava sul suo sedile eccitata.
Che emozione.
Una parte di me era così scettica nell’andare a Forks, in particolar modo a La Push, che riteneva quel comportamento fastidioso. Io non volevo rivedere Embry. No. In nessun modo.
Ero stanca, come a mio solito avevo passato l’estate sballottata da un luogo all’altro, Transilvania, Londra… certo alla perpetua caccia di vampiri, magari se mettevo su un’agenzia di viaggio potevo promuovere questo tour: “Sulle tracce di Dacula”.
L’estate si sarebbe potuta definire da sogno, se io, la sottoscritta, la medesima idiota che sta narrando non avesse rifiutato il fidanzamento che attendeva da tutta la vita! Tommaso dopo secoli si era dichiarato ed io, stupida imbecille quale ero, avevo detto un secco e freddo: no.
"NO" COSA?! DANNATO DI UN IMPRINTING!
No che non posso scegliere con chi stare?
Che non posso farmi piacere un ragazzo all’infuori di Call?
No che non posso avere una vita mia, unicamente mia?!
Ringhiai sommessamente, infastidita, ma Sammy non ci fece molto caso, stavamo atterrando ed era troppo impegnata ad immaginare la rimpatriata con il branco per preoccuparsi di come raggiungerlo: gli spostamenti e l’invenzione di scuse plausibili spettavano a me, piccolo genio del male, che qualche mese fa aveva placidamente fregato la più potente organizzazione vampiresca del mondo.
Attesi impaziente di toccare terra per cercare un qualche modo per raggiungere il paesino dell’Oregon.

Regnava il caos per l’atrio degli arrivi internazionali, il nostro volo da Roma, con scalo New York, era pieno di nostri connazionali in vacanza.
Arrancammo con le nostre valige fino ad uno stand di trasporti, dei pullman  che portavano un po’ ovunque, sperai che portassero anche a Forks, non avevo voglia di passare una notte alla ricerca di una stanza di albergo.
Stavo pensando a cosa dire, in inglese logicamente, che la mia amica mi afferrò per la manica del giacchetto, sembrava eccitatissima.
-Cosa c’è Sam?- chiesi incuriosita.
-Guarda!- esclamò con gli occhi accesi d'ilarità –...quella signora assomiglia a Reène, presente la mamma di Isabella?- continuò ancora più entusiasta.
Lancia un’occhiata nella direzione che mi indicava ma non ci feci molto caso, ero troppo occupata a tradurmi mentalmente una frase di senso logico, e nel frattempo inventarmi una scusa decente per mia madre, almeno per giustificare lo spostamento della mia meta di circa… quanti? Centinaia di chilometri?
Mi avvicinai al bancone e mi sporsi un po’ per parlare meglio con la signorina in divisa rosa.
-Ehm… Hello, I need a coach for Forks, Do you have it?- domandai impacciata.
Questa mi rispose che no, non ne avevano, ma potevo andare a Seattle, e da là cercare, che sicuramente avrei trovato.
Quando mi chiese se avevo capito però non le risposi, ero troppo occupata ad ascoltare quello che si stavano dicendo due sue colleghe dietro di lei.
Una sembrava eccitata, parlava a raffica e quello che riuscii a capire  furono poche, ma vitali, parole.
-I’ve seen a boy! He was spettacular! O My God! Blond, tall, and… I can’t explain! I was like a angel!-
Mentalmente ripercorsi tutti gli indizzi: pochi giorni prima del matrimonio, Reène nell’aeroporto, un angelo, che in realtà era un vampiro… JASPER!
Dovevamo correre, subito, potevamo raggiungerlo al volo e unirci a lui per arrivare a destinazione.
Mi voltai di scatto verso Sammy.
-Corri. Ora.- urlai lanciandomi in mezzo alla folla.
Mi caricai addosso anche il suo borsone a tracolla, avremmo fatto prima.
Saltai, schivai, investii valige e persone, urlando con quanto fiato in gola il nome del vampiro.
-JASPER! JASPER HALE!-
Come faceva a non sentirmi?! Non aveva il super udito lui?
C’era troppo trambusto, la gente era rumorosa.
Dietro di me la mia mica mi urlò cosa diamine facevo, e si fermava esausta. La potevo capire benissimo , erano in due a correre!
Osservai la sagoma di un uomo, con in testa un berretto da baseball, che si infilava dentro una volvo argentata, mentre un ragazzo biondo chiudeva il portellone.
Erano loro.
Mi gettai senza pensarci due volte nel parcheggio, augurandomi che la macchina non si mettesse in moto, non subito!
Lasciai il trolley che mi era di ingombro e quando sentii il rombo del motore accendersi mi fermai proprio davanti all’auto.
Salve.
Respiravo a fatica, mi dovetti poggiare sul cofano per riprendere fiato. Probabilmente sarei morta prima di arrivare in quella dannatissima cittadina!
Uscì di corsa Jazz, preoccupatissimo, che con voce sorpresa pronunciò il mio nome.
-Laura? Cosa diamine ci fai qui?- chiese sbigottito, mentre lo seguirono fuori anche i due ospiti.
-Mi… potevo… perdere… il matrimonio… di quel frigido… di … tuo… fratello?- annaspavo ridacchiando.
Si concesse un sorriso e mi tolse il borsone a tracolla, che mi stava soffocando.
-Sei da sola?- ripose anche i miei bagagli dietro, recuperando la valigia che avevo abbandonato per strada.
-No…- non riuscii a proseguire, ero troppo stanca.
-LAURA!- esclamò dietro di noi Sammy, che nel frattempo ci aveva raggiunti.
-Con lei- sorrisi e mi sedetti un attimo a terra esausta.
-C-come mai...?- chiese incredulo e divertito osservando il delicato rigonfiamento del ventre di lei.
-Storia lunga. Conosci anatomia?- lanciai uno sguardo veloce a Samantha che si teneva il pancione preoccupata.
Per un attimo credetti che anche i vampiri potessero morire di infarto. La osservò ancora un pò e poi ci disse, senza indagare molto, di salire. Se serviva un passaggio.
Mi gettai ancora respirando a fatica sul sedile posteriore insieme alla mia amica e alla madre della mia peggior nemica.
Dovevo riprendere fiato per poi chiamare i miei, altro ostacolo insormontabile, dovevo ammettere però di aver superato favolosamente i primi.
Una volta tranquillizzata e rinfrescata grazie al finestrino che faceva entrare la brezza fresca dell’estate dei Monti Dell’Olympia presi coraggio e composi il numero.
Al quarto quillo risposero.
-Laura, dove sei?!- urlò mia madre al telefono in piena crisi isterica.
-America, Seattle, in una casa, l’ho affittata con Sammy, è tutto ok, perfettamente organizzato, sono iscritta ad una scuoa qua, in un paesino, va tutto ok,  mamma ti prego non urlare, passerò l’anno accademico qui, come volevi tu no? Mamma ti prego non morire!- esclamai alla sua minaccia.
La sua voce fluì fuori dalla cornetta come se lo stesso oggetto fosse posseduto. Dopo dieci minuti abbondanti la linea cadde, avevo consumato tutti i soldi, fortunatamente il suo tono si era tranquillizzato un po’. Per lo meno non mi minacciava di morte.
Sospirai e mi accasciai sul sedile.
Ero distrutta. Questo viaggio mi avrebbe ucciso, definitivamente.

E non avevo ancora incontrato Embry! O mio dio non volevo neanche pensare a quella situazione!
Sammy aveva tirato fuori la sua ottima parlantina colloquiando con gli altri, io me ne rimanevo in silenzio.
Era una cosa stranissima, io non stavo mai zitta. MAI.
Parlare, usare la voce, era la mia specialità, ma non in quel momento. Ora volevo solo stare zitta, muta, senza far capire a nessuno come realmente stavo. Tranne a Jasper, lui poteva sapere tutto.
Samantha notò la situazione, ma non la rese pubblica, anche Renèe sembrò accorgersi che non doveva parlarmi, che ero campo minato in quel momento.
Dopo un’ora di viaggio cominciammo ad avvicinarci a Forks, guardai fuori dal finestrino e mi gelai.
Jacob…
-Jake…- pronunciai con voce fievole.
Gli annunci per la sua scomparsa erano ovunque, appesi in ogni luogo, su ogni palo possibile.
Sentii una morsa al cuore, opprimente, distruttiva.
Mi stava logorando dentro, come un tarlo fastidioso e vorace.
Per la prima volta, però, l’unica parola che affiancai al suo nome fu amico.
Un amico, il più stretto e al quale tenevo di più.
Che ora se ne stava fuori, chissà dove.
Prima che me ne potessi accorgere imbucammo la stradina sterrata che portava alla casa dei Cullen, mi sentii un po’ più viva all’idea di poter insultare il mio nemico preferito.
Quando scendemmo dalla macchina potei respirare a pieni polmoni l’aria del bosco e compiacermi del fatto che la casa fosse proprio dove l’avevo immaginata io.
Facemmo pochi passi che la porta dell’abitazione si aprì e ne uscì fuori Bella accompagnata dal futuro marito.
Senza pesarci due volte, ne filtrare i pensieri parlai.
-Oh! Cacchio! Isabella tordella!-.
Annotai mentalmente la mia prima figuraccia.

Ta daaaan!!! Anche il secondo capitolo è stato scritto da Laura ^-^ (ha insistito tanto per scriverlo perchè aveva le idee tutte ammassate in quella mente subdola e malignamente astuta ù.ù) ma il terzo sarà mio eh XD 
Vi ringrazio tutte! anzi...VI RINGRAZIAMO io & Laura ^^ 
A presto!

By Sammy Cullen

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Capitolo 20
*** Sentirsi vivi in due è qualcosa di stupendo ***


Capitolo 20

20. Sentirsi vivi in due è qualcosa di stupendo

L’esclamazione di Laura fu una vera fonte di divertimento, ma come potevo essere così cattiva da mettermi a ridere proprio davanti alla malcapitata Isabella? No, davvero, non mi era possibile.
Rivedere Edward per me fu una gioia immensa o almeno, molto più grande di quella che provai con Jasper, come sempre silenzioso ed enigmatico.
Il piccolino scalciava nel mio ventre con forza, quasi volesse uscire. Sussultai un minuto pregando che non fosse prematuro, come lo ero stata io, nata a sei mesi.
Mi accarezzai la pancia e subito sembrò che riuscisse a percepire il mio contatto. Sorrisi. Era bello essere in due.
Rialzai gli occhi dal mio corpo per guardare quei due giovani vicini al fatidico giorno del matrimonio.
Isabella, osservando me e Laura di sfuggita impegnata com’era a salutare la madre ed il patrigno, nascondeva male la curiosità, ma Edward, che non ci avrebbe messo molto a fare le presentazioni ufficiali, si avvicinò osservando il rigonfiamento che il mio fisico aveva aquisito grazie alla gravidanza.
Attesi il momento buono per parlare, quando i suoi occhi si posarono sul mio volto –Ciao, Edward- il cambiamento nella mia voce lo lasciò sorpreso.
Io stessa mi ero accorta del cambiamento: il tono si era fatto più maturo, profondo, lento.
Non era il suono giovanile che fuoriesce dalle labbra di una quindicenne, ma quello di una donna vissuta, cresciuta, pronta a tutto…
Una madre.
Feci attenzione al suo cambio di espressione ad ogni passo.
-Sei incinta…- il suo bel viso solcato dall’incredulità.
Anuii e gli regalai un leggero sorriso. Era meraviglioso rivedere il mio amico. La lontananza era stato uno strazio, ancora di più il viaggio per arrivare a Forks…
-Come avete…- aggiunse Laura nella domanda facendole un cenno col capo per poi guardare di nuovo me -…fatto ad arrivare qui? I vostri parenti non hanno obiettato? Lo sanno? E poi…- storse il labbro lanciandomi un’occhiata quasi severa -…I tuoi genitori non hanno fatto niente? Nessun aborto?-.
L’ultima parola fu come una pugnalata. Il bambino scalciò un pò più forte ed io chiusi gli occhi per trattenere le lacrime.
Era stato tutto così difficile…
Ricordavo poco dei primi due mesi di gestazione perchè erano stati i più
semplici da coprire. Il ventre piccolo, la rotondità appena accennata e la scusa di aver preso qualche chilo erano bastati, ma più in là c’erano stati i conati di vomito, il sudore la notte tra le coperte ed il fiato corto.
Dal terzo mese ero stata costretta ad usare una pancera.
Quella stringeva il piccolino come in una morsa ed ero conscia del fatto che soffrisse…ma non potevo comportarmi in altro modo…
Naturalmente si era rivelata un’impresa difficile anche così: l’abbigliamento moderno infatti non è tanto comodo. Troppo aderente, troppo stretto.
Ero arrivata a comprare abitini semplici che non avrei mai indossato in circostanze normali e tute da ginnastica di una o due misure più grandi.
Il cibo era stato ridotto al minimo indispensabile per non aumentare ancora di più il mio peso e tenere il mio dolce segreto al sicuro.
Feci il gesto solito di mordicchiarmi un labbro e riaprii gli occhi per guardare Edward e dire –Ora sai come sono riuscita a tenerlo-.
Le immagini mi erano fluite nella mente lente come il corso di un fiume e lui le aveva catturate e assimilate attento.
Respirò a fondo e disse –Sammy, hai rischiato molto-
-Non m’importa, Edward. La mia vita adesso è dedicata a lui- sfiorai il mio ventre per enfatizzare il concetto ed il vampiro sembrò capire.
Ci sarebbe passato con Isabella, io per lui ero un’anteprima, una preparazione.
Laura che era rimasta in silenzio, disse all’improvviso facendomi sussultare –Oh, insomma! Edward, presentaci Bella, tanto ormai deve aver capito chi sono-.
La ragazza sentendosi chiamare guardò la mia amica interrogativa e affiancò Edward, poi chiese serena (in inglese, certo, ma avevo chiesto a Laura di farmi qualche lezioncina avanzata per cavarmela meglio, così riuscii a capire) –Sono loro, Edward?-.
La osservai un po’ meglio.
Era carina, più di quanto immaginassi.
Era un po’ meno alta di me, ma con qualche centimetro più di Laura , i capelli castani e gli occhi color cioccolato fondente.
La pelle era esattamente come la mia prima della gravidanza: delicata, color latte.
Pensai di essere stata sempre troppo dura con quella giovane.
Non la conoscevo, non potevo giudicarla.
Isabella avrebbe sofferto davvero…
Perché lo capivo solo in quell’attimo?
Edward accarezzò la schiena della sua ragazza e le annuì sorridendo, poi disse –Bella, ti presento Samantha e la sua amica, Laura - .
Lei ci guardò entrambe e poi chiese al vampiro cosa avesse esclamato la mia amica appena la aveva vista.
Lui le rispose ridendo mentre Laura già si preparava a gridargli contro di star zitto.
All’improvviso, presa dalla stanchezza, sentii il bisogno disperato di sedermi. Renèe e Phil mi aiutarono quando videro che ero in procinto di buttarmi a terra, sull’erba fangosa ed umida.
Dalla porta d’ingresso intanto comparvero i Cullen mancanti, e la vista del mio pancione fu una sorpresa per tutti…perfino per Alice.

-Sammy! Laura! Che meravigliosa sorpresa…siete arrivate al momento giusto! Domani già sapete che c’è il matrimonio di Edward…due damigelle in più, che bellezza!-
Alice continuava a girarci attorno rapida con un nastro per prenderci le misure.
Le avevo risposto che mai e poi mai avrei fatto la damigella, per di più nello stato in cui mi trovavo, ma lei sembrava come sorda, pur sentendoci benissimo.
Laura dal canto suo era quasi arrivata al punto di risponderle per le rime, ma si era trattenuta sapendo che la mia testa sembrava scoppiare con suoni troppo elevati.
Ormai volevo solo la pace, e in aeroporto non è che ne avessi avuta poi molta così, ora che mi trovavo nelle casa dei Cullen -spaziosa, ariosa e abitata da due talentuosi musicisti-, non riuscivo a fare a meno di pregare Edward o Rosalie di suonare il piano che si trovava sul rialzo tondeggiante nell’angolo sinistro del pianterreno.
Rose sembrava essere al settimo cielo e assecondava ogni mia richiesta. Mi chiesi più di una volta se non pensasse che la musica giovasse a mio figlio invece che a me.
Edward ogni tanto si degnava di rispondere alle mie domande pensate, quando l’attenzione della suscettibile sorella bionda era altrove.
Passammo la giornata con i vampiri, Bella ed i suoi genitori e poi, quando si fece tardi, dissi imbarazzata –Sono felice di avervi rivisto tutti…-
-Lo siamo anche noi con te, cara- Esme non riuscì a controllarsi dall’esprimermi il suo più sincero affetto e le sorrisi, poi continuai -…Ma non vorrei crearvi disturbi restando qui e mi chiedevo se qualcuno di voi non avrebbe potuto portarmi fino al…confine- parlavo in Italiano per due motivi: primo, mi era più facile; secondo, sapevo che la madre di Bella, Renèe, avrebbe certamente notato la mia titubanza a dire “confine” e si sarebbe chiesta cosa intendessi per poi bombardare di domande fin troppo fantasiose ma reali la figlia.
Non era mia intenzione complicare la vita alla fidanzata di Edward.
Non ne avevo un valido motivo, come invece sembrava essere per la mia amica, che la guardava con odio senza farsi tanti problemi.
Immaginavo soltanto per quale motivo provasse del rancore per la giovane…anch’io, come lei, avevo notato i volantini che ricoprivano la cittadina come un mantello.
Jacob, il suo nuovo migliore amico, era sparito e sapevamo entrambe che il suo ritorno era previsto per il giorno seguente.
Sarebbe stata una breve comparsa, ma almeno lo avremmo rivisto.
Dentro di me pregavo che il nostro arrivo potesse alterare ancora di più il corso degli eventi. Jake era una parte portante della storia e la sua presenza giovava molto a Laura.
Avevo notato il suo sguardo un po’ più triste appena arrivate.
Si era del tutto dimenticata della partenza di Jacob accennata già dall’ultimo capitolo di Eclipse perché si sa, il cervello elimina gli episodi spiacevoli dalla memoria.
Ma comunque…torniamo a noi.
Emmett si offrì di accompagnarmi per primo e così accettai benevolmente la sua richiesta.
Rose venne con noi e più di una volta sembrò tentata di portarmi in braccio, perché continuava a dire che sembravo esausta.
Non aveva tutti i torti, sinceramente.
Quando avevo detto a Laura di prendere la sua valigia e seguirmi, lei mi lasciò sorpresa dicendo –Preferirei restare con i Cullen, per ora-. Dicendo questo, guardo interrogativa Carlisle ed Esme per chiedere il permesso e loro annuirono prontamente dicendo che avrebbero trovato una sistemazione per la giovane. Edward le aveva rivolto uno sguardo infastidito e rassegnato, preparandosi psicologicamente al fatto di doverla sopportare.
La guardai un ultima volta in tensione e seguii il vampiro muscoloso e la bionda.
Una volta entrati nel garage, mi accomodai sul sedile posteriore della BMW della bionda e chiusi gli occhi per rilassarmi un po’.
Durante il tragitto, avevo cercato di addormentarmi, ma di tanto in tanto, lei faceva qualche domanda e le rispondevo forzatamente.
Ce ne fu solo una, che mi diede modo di passare il tempo per un po’.
Eravamo a metà strada, fuori dai finestrini non si vedevano altro che il verde dell’erba, dei boschi e dei monti Olimpici e il grigio insistente del cielo.
Emmett era stato imbeccato da Rosalie perché aveva acceso la radio a volume troppo alto per i miei gusti ed io avevo trattenuto le risate per lo sbuffare spazientito di lui.
Era già la quarta volta che chiudevo gli occhi senza riuscire a prendere sonno, quando la vampira chiese con un tono lento e melodioso –Sai già se è un maschietto od una femminuccia?-
Incrociai il suo sguardo dallo specchietto retrovisore e rispose flebilmente –A dire il vero ho optato per la sorpresa…-
Sia lei che Emmett risero, una leggermente e l’altro nel suo modo fragoroso, e ricevetti da Rose un’altra domanda –E come ti piacerebbe chiamarlo o chiamarla?.
Ecco, a questo dovetti pensare qualche minuto, poi dissi –Se fosse un bambino, mi piacerebbero
Joseph, Benjamin o Stefan…-
Lei si sporse dal sedile anteriore per sorridermi e dire –Sono tutti molto belli…e se fosse una bimba?-
Mi concentrai di nuovo e dissi –Eleanor, Cassidy oppure Misha
-.
Stava per rispondermi quando Emmett disse allegro –Siamo arrivati a destinazione-.
Subito schiacciai la faccia contro il vetro e osservai la riserva indiana.
Era proprio come l’avevo immaginata: circondata da un’alta staccionata di legno, restava aperta in un punto da cui poter entrare od uscire. Il terreno perennemente fangoso si ramificava nelle varie viuzze tra le abitazioni in legno e formate da due piani ciascuna.
Notai che nel disordine generale che poteva sembrare esserci, invece le costruzioni erano poste in modo preciso, come una scacchiera.
Mi chiesi quale fosse la casa di Seth ed aprii lo sportello per uscire.
Prima di chiudermelo dietro, Rose disse ansiosa –Scusa se non ti accompagniamo fin dentro…ma i cani non ce lo permettono-.
Scossi il capo rassegnata nel sentire l’espressione “cani” e poi le risposi serena –Non fa niente…mi riconosceranno…né io né il piccolo corriamo alcun pericolo-.
Le mie parole sembrarono tranquillizzarla ed Emmett ci mise del suo aggiungendo divertito che ero una “ragazza lupo” ormai e che quindi mi trovavo a casa mia.
Osservai la macchina mettersi in moto e sparire veloce e subito mi voltai verso la staccionata aperta.
Feci qualche passo fino ad arrivare al confine netto, quando un lupo gigante con un balzo mi comparve davanti a denti scoperti, pronto ad attaccare.

[…]

Restai bloccata dallo stupore quando mi resi conto che era Paul, col pelo grigio e corto.
Osservai i suoi denti appuntiti e scintillanti e subito ebbi l’impeto di coprirmi il ventre con le mani, come se fosse d’aiuto.
Quello intanto ringhiava e si avvicinava lentamente, osservandomi con i suoi occhi da ragazzo.
Deglutii e feci per parlare, quando un altro lupo, col pelo di un grigio più chiaro, abbaiò furioso al compagno e mi si avvicinò tranquillo.
Cercai di ricordare chi dei Queleute avesse quella colorazione argentata nella trasformazione e mi venne in mente Leah.
Guardai i due animali ancora un po’ scossa e sussurrai –Paul…Leah…sono io, Samantha-.
Detto questo, notai il latrato trionfante e subito dopo lo sbuffo di lei e il ringhio sommesso di lui. Mi chiesi curiosa cosa si stessero dicendo.
A quanto pare ero capitata durante uno dei loro turni di guardia e Paul, certamente, si era soffermato al primo odore che le sue narici da lupo avevano percepito, e cioè quello di vampiro.
Ringraziai il cielo che Leah fosse stata più attenta a ciò che c’era dopo.
Li vidi infiltrarsi tra dei cespugli, una a destra e l’altro a sinistra e ricomparire poco dopo “vestiti”.
Leah si era infilata una maglietta tre volte più grande di lei e delle logore scarpe da tennis mentre Paul si era accontentato di un paio di calzoncini, restando a petto nudo.
Sorrisi a entrambi e poi chiesi senza riuscire a controllarmi –Cosa vi siete detti?-
La ragazza rispose per prima con un leggero sorriso compiaciuto sulle labbra –Gli ho detto di non fare scemenze, poi che è un idiota e che come al solito avevo ragione io a pensare che fossi tu. Questo stupido si affida solo all’olfatto quando è di guardia e anche in modo parziale!-
-Leah, sta zitta una buona volta!-
il giovane la guardava scocciato, ma lei se ne infischiò e parlando ancora con me, osservandomi attentamente, esclamò –Per la miseria!-
risi e dissi, prima che facesse la fatidica domanda incredula o la semplice esclamazione “sei incinta”, così –Leah, diventerai zia-.
Mi bombardarono di domande quasi peggio di Edward e Rose messi assieme, ma erano molto meno critici e composti.
Gli spiegai perché avessi tenuto il piccolo e come ero riuscita a nasconderlo faticosamente.
Loro sembravano davvero interessati e non avevano mai detto nulla di negativo su ciò che avevo fatto.
Paul insistette sul fatto di fare una sorpresa agli altri ragazzi che, aggiunse, mi avevano atteso con molta più impazienza di lui o Sam, ma senza far caso a questa piccola parentesi o ai desideri dei miei cari e pazzi amici, risposi che prima volevo assecondare un mio desiderio: rivedere Seth.

Leah cacciò nel suo solito modo indelicato Paul dicendogli di non informare gli altri del mio arrivo per il momento e mi fece strada fino a casa sua.
Durante la camminata in mezzo alle piccole case, m’informò del fatto che suo fratello era molto cambiato dopo la partenza e che svolgeva il suo “odioso” dovere di licantropo senza più allegria.
Questo mi rese triste per qualche istante, ma poi pensai che la mia comparsa gli avrebbe giovato come sarebbe accaduto a me con lui.
Immaginai la sua reazione quando mi avrebbe visto diversa e avrebbe capito di cosa si trattava.
Sapevo che non sarebbe mai stato triste per un evento del genere…oltretutto, lo vedevo bene a fare il papà.
Tornai alla realtà solo quando Leah aprì la porta di casa e chiamò –Mamma, Seth…ho una sorpresa-.
Restai paralizzata dall’emozione quando lo vidi scendere dalle scale quasi di corsa, seguito da sua madre che era spuntata dalla cucina.
I nostri sguardi s’incrociarono, le labbra vennero solcate da un sorriso spontaneo e nulla, davvero nulla, avrebbe potuto rovinare quell’attimo così speciale.

Ciao a tutte di nuovo! ecco qui finalmente il primo capitolo del nuovo libro sotto il mio POV XD (ero impaziente ù.ù). Spero possa piacervi, perchè io lo adoro XD le tante parti che ho scritto sulle mie riflessioni e le osservazioni sono venute da sè...ho scritto di getto! 
Fatemi sapere cosa ne pensate! 

A presto!

By Sammy Cullen

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Capitolo 21
*** Ritrovarsi ***


Capitolo 20

21. Ritrovarsi

Il tempo scorre rapido, imperterrito. Porta un autunno, un inverno, una primavera ed un’estate…ed il giro ricomincia da capo.
Il tempo rende la vita meno noiosa, cambia ogni tanto il nostro aspetto, rendendoci diversi, pur essendo in fondo sempre gli stessi.
Il tempo è preciso e letale. Ci fa perdere come in un labirinto fino a che vuole lui.
Il tempo mi aveva separato da Seth per mesi, senza sapere davvero quanto soffrissi la lontananza…ed ora eccomi qui, ad osservarlo come lui osserva me.
Piena di amore, di gioia, di passione da riversare su di egli.

Non so per quanto restammo a fissarci, ma so che passarono secondi e minuti…forse ore, poi fece un passo che venne seguito da tanti altri e arrivò fino a stringermi tra le sue braccia.
Io lasciai scivolare le lacrime di gioia che avevo trattenuto e accarezzandogli il volto lo baciai su ogni strato di quella pelle bronzea e liscia.
Mi tenni aggrappata a lui come un naufrago ad una tavola di legno che lo tiene a galla.
Le nostre labbra s’incontrarono a metà strada e le lingue s’intrecciarono giocose.
Avevo aspettato così tanto! Ed eccolo di nuovo stretto a me, intento a regalarmi I suoi baci dolci, simili a carezze.
Quando Leah tossicchiò un pò infastidita, riprendemmo fiato ridendo e continuando a guardarci negli occhi.
-Sei venuta tu al posto mio…- mi sfiorò il volto con le labbra incredulo, come se pensasse che fossi un’allucinazione. Sorrisi e passai le dita tra I suoi capelli.
-Seth…non te ne sei accorto…- risi dolcemente. Era così difficile contenere tanta ilarità…
Lui si scostò e chiese –Cosa…?- ma Leah dietro di me gli fece segno di guardare più giu del mio volto.
Il mio ragazzo aggrottò la fronte e una volta abbassati gli occhi, li sgranò sorpreso e tornò a fissarmi stupito –Aspetti un bambino?- c’era qualcosa di strano nel suo tono. Sembrava tristezza, insicurezza…
Lo osservai meglio e dissi –Sì, amore…ma…-
-E chi è il padre?- la sua voce era tesa, quasi timorosa…aveva paura di sapere la risposta.
Capii allora cosa accidenti gli fosse sfuggito di tutto il discorso e non potei trattenermi dal ridere di cuore e rispondergli baciandolo nuovamente –Seth, è tuo figlio! Nostro figlio!-.
Subito ci fu una trasformazione in lui, e vidi il suo volto essere solcato da un sorriso immenso, accecante e mi prese in braccio delicatamente facendomi volteggiare assieme a lui.
Ridemmo insieme di quell’attimo e poi mi rimise coi piedi per terra, permettendomi allora di presentarmi alla madre, Sue.
La donna, che aveva quasi una cinquantina d’anni, aveva osservato e ascoltato attentamente la scena ed ora mi guardava con serenità.
Doveva già essere al corrente di chi fossi, ma le presentazioni ufficiali con la futura nonna di nostro figlio erano obbligatorie.
Le sorrisi e fui felice di essere ricambiato quasi più cordialmente.
Sue mi porse una delle sue esili manine bronzee e la strinsi delicatamente. Quella donna sembrava forte, circondata da una strana aura di serenità e saggezza.
Mi ricordai solo dopo averne notato l’assenza, che suo marito, Harry Clearweater, era morto dopo essersi trovato davanti agli occhi entrambi I figli trasformati in lupi.
Immaginai soltanto con quanta forza quella donna avesse sopportato una perdita così grande, e subito la mia attenzione ricadde su Seth e Leah, che si dimostravano calmi, felici pur sapendo che il quadro non era completo.
Mi dissi che Henry doveva essere stato un uomo degno di rispetto e affettuoso.
-Piacere di conoscerla signora, mi chiamo Samantha e sono la…- guardai prima lei e poi il figlio un pò imbarazzata.
All’improvviso, dirle che ero la fidanzata di Seth, mi parve sciocco.
Sue notò la mia difficoltà e con un tono calmo, pacato, così somigliante a quello di Carlisle, rispose gentile –Oh, so bene chi sei. Seth mi ha sempre parlato di te durante tutto questo tempo. Sono contenta che ti abbia trovato, eri l’unica cosa che gli mancasse per tornare ad essere felice-. Le sue mani allora strinsero le mie, e seppi che ormai ero in tutto e per tutto un membro della famiglia Clearweater.

Quella sera fui troppo stanca per assecondare la richiesta di Leah di andare con lei nel piccolo bar di La Push ad incontrare il resto dei giovani scavezzacollo di licantropi.
Venni portata in braccio da Seth fino alla sua camera, in fondo al corridoio stretto del secondo piano, e mi lasciai spogliare dalle sue mani delicate che mi rivestirono con un pigiama di Leah, nuovo, mai indossato dalla legittima proprietaria perchè venni a sapere poi che la ragazza preferiva girare in magliettona e mutandine, esattamente come Laura.
Mi distese sul suo letto e mi si mise accanto, stringendomi da dietro leggermente, accarezzandomi il ventre rotondetto dentro al quale il piccolino stava tranquillo, senza mollare calci o pugnetti.
Chiusi gli occhi serena e iniziai a lasciarmi cullare dal sonno, quando all’improvviso mi sentii in dovere di dirgli –Seth…come vorresti chiamarlo?-.
Nel buio della stanza lo sentii ridere leggermente e poi, baciandomi il collo, parlò in un sussurro –Lascerei a te la scelta…-
-No!- le sue parole mi innervosirono. Non volevo fare tutto da sola. Mi sarebbe sembrato di non avere un compagno, di essere una ragazza madre…ma non lo ero. Io avevo lui.
Il mio tono agitato lo fece rimuginare un pò più a fondo, poi sfiorandomi I capelli con una mano, rispose –E va bene…se fosse una femminuccia, mi piacerebbe Noemi…se fosse un maschietto invece opterei per Gabriel-.
Ci riflettei a lungo allora, restando in un –non a caso- religioso silenzio.
Seth puntava a nomi biblici, ebrei…esattamente come il suo.
Lui era il secondo figlio buono di Adamo ed Eva…e poi, c’erano Sam, Paul, Embry, Jacob…tutti nomi che si ricollegavano al vecchio testamento.
Perfino Sue, Rebecca, Rachel!
Tutti nomi biblici.
Era un pò comica la cosa, per me che ero atea, ma dovevo ammettere sinceramente che fossero nomi molto belli.
Pensai che se fosse stato un maschio, il nome dell’
arcangelo avrebbe potuto andar bene…per quanto riguardava Noemi…ancora non mi convinceva del tutto.
-Sono molto belli, Seth…- non mi resi conto della voce fievole e sbiascicata fino a quando non capii di essere già nel mondo dei sogni.
L’ultima cosa che udii fu la sua risata e le parole –Sogni d’oro amore-.

-SORPRESA!-
sbucai dalla porta della casa di Quil facendo restare tutti di stucco.
Proprio il giovane per primo esclamò –Accidenti! Guardate un po’ chi c’è…- e subito dopo aver notato il mio fisico enfatizzò molto sulla frase –O cristo!-.
Stavo per iniziare a ridere, quando Embry mi si parò davanti stringendomi lievemente le spalle e guardandomi negli occhi agitato chiese –Lei è venuta con te?-.
Sapevo perfettamente di chi parlasse…e la tristezza si fece largo dentro di me fin troppo prepotentemente, accentuata dall’emotività causata dalla gravidanza.
Iniziai a giocare nervosamente con un lembo del vestitino pre-maman color prugna che Alice aveva fatto prendere a Seth quella mattina, verso le cinque, a casa Cullen, quando io dormivo beatamente e lui avrebbe voluto fare lo stesso ancora per un po’.
La sorella di Edward non aveva infatti rinunciato, cocciuta com’era, a farmi restare seduta durante la cerimonia nuziale, così ero costretta a fare da damigella con abiti riadattati.
Lanciai un’occhiata rapida all’orologio da polso del mio ragazzo per vedere che ora fosse e, notando il ritardo che stavamo avendo, riuscii a sviare dal discorso con Embry dicendo frettolosamente –Scusa ma faremo tardi alle nozze…- poi guardai di sfuggita gli altri ancora intenti ad osservarmi sorpresi e trascinai via Seth con me.
Prossima meta: matrimonio di Edward e Bella.

In auto, mentre cercavo di slacciarmi la cintura di sicurezza -così terribilmente scomoda-, ignorando le opposizioni apprensive di Seth e Sue a liberarmene, dissi sospirando –Per un soffio…-
E riuscii ad attirare l’attenzione di lui su un altro argomento che non fossimo io e la mia sicurezza.
Spostò lo sguardo rapidamente verso di me e tornò a fissare la strada, poi chiese –Per un soffio cosa?- e riuscendo a cacciar via la cintura che mi soffocava, rispose afflitta –Ci è mancato poco che avrei dovuto rispondere ad Embry…preferirei non dirgli che Laura è qui a Forks…-
-Perché?-
-Perché lei non vuole che lui lo sappia…ne sono certa-.
Lui non parve capire il motivo della mia affermazione così decisa e parlando nuovamente disse con tono incerto –E perché lei non vuole che Embry venga a sapere della sua presenza?-
-Forse il motivo è che deve ancora accettare la cosa. Conosco Laura, e so che in altre circostanze avrebbe gioito di una cosa simile…ma qualcosa la rende triste…e so bene cosa, o per meglio dire, chi-.
Seth ascoltò attentamente e poi sospirando sussurrò a mezza voce –Jacob lascia una traccia di sé in ognuno di noi…e non lo fa apposta. Bella mi ha chiamato come ben sai, prima che tu e la tua amica arrivaste, numerose volte per sapere se ci fossero notizie di lui…-
Sue dal sedile posteriore disse silenziosamente e tra se qualcosa come “Billy ne ha sofferto molto”.
Cercai d’ignorare questa debole affermazione e risposi soltanto –Comunque sia, arriverà. Oggi-.
Il discorso cadde così.
Seth non sapeva cosa dirmi ed io non dovevo aggiungere altro, quindi mi concentrai sul paesaggio che mi scivolava accanto, fuori dal finestrino dell’auto del vecchio Henry.
Quest’oggi le nuvole erano meno dense, ma comunque abbondanti abbastanza da non far uscire un singolo spicchio di sole.
Sospirai e chiusi gli occhi ripensando a tutti i capitoli di Breaking Dawn…arrivai con la memoria fino a quello con la comparsa dei Volturi.
Sussultai un attimo quando immaginai nella mia testa i volti di Aro, Caius e Marcus.
Il primo così bello, ipnotico, coi capelli neri e lo sguardo astutamente amichevole…il secondo sempre così irritato, bellicoso, coi capelli bianchi e lunghi ed un ghigno crudele ed il terzo…una figura annebbiata, priva di scintille vitali, emotive, la stessa chioma argentea e lucente dell’altro…
Li avrei visti di persona…anche se non ne conoscevo il motivo preciso.
All’improvviso non sentii il leggero tremore dell’auto in corsa e aprii di nuovo gli occhi.
Eravamo arrivati, e quasi metà dell’intera cittadina dello stato di Washington si trovava già lì.
Mi feci forza tristemente e abbandonai il sedile della macchina, l’unico posto in cui sarei voluta restare.
Seth cinse delicatamente per i fianchi sia me a destra che sua madre a sinistra e fece per portarci fino alla seconda fila a destra di panche, dove uno spazio che poteva bastare per due o tre persone precise sembrava attenderci…ma non può sempre andare come si spera, e nel momento esatto in cui stavo per accomodarmi, Alice arrivò rapida dal piccolo corridoio formato per il passaggio degli sposi e prendendomi per un braccio disse a Seth –Scusa davvero, ma lei deve fare la damigella!- e trattenendo lacrime d’irritazione mi lasciai portare via senza poter vedere altro che la sorpresa del giovane e di Sue.
Forse avrei dovuto ribellarmi a quella sottospecie di manipolazione, ma con Alice si sa che ogni tentativo di rifiuto è inutile.
Quando trovai Laura con un fantastico vestitino color crema affianco a Rose, sgranai gli occhi.
Ci era riuscita! Quel piccolo e folle elfo bevitore di sangue aveva trascinato fin lì anche la mia caparbia e irremovibile amica!
Accidenti…allora era davvero imbattibile…
Affiancai Laura e sospirando dissi –Siamo le prime damigelle vestite tutte diversamente o sbaglio?- lanciai un’occhiata a Rose che indossava un vestito molto più spettacolare dei nostri.
Lei per tutta risposta grugnì imbronciata –Silenzio! Per me è già così snervante senza che tu mi ricordi cosa indosso!- notai allora, mentre era intenta a scuotere nervosa la testa, che non c’era quella massa nera e ispida di capelli arruffati sparati a destra e a manca.
Alice era riuscita ad acconciarglieli.
-Oh! Avanti, preparatevi, è arrivata Bella con Charlie!- la vampira intanto saltellava agitata quasi come se il matrimonio fosse il suo.

Sia io che Laura stringemmo i denti e poi, solo io, salutai Isabella e suo padre, al quale aprii la strada verso l’altare assieme a Rosalie, Alice e la mia amica imbronciata, che non si sforzò neanche di sorridere, mentre io mi nascondevo il volto dietro al semplice bouchè di primule e narcisi che la vampira aveva messo tra le mani di tutte noi, comprese le sue.

Fu splendido scorgere il sorriso orgoglioso e felice di Edward mentre osservava la sua sposa avvicinarsi poco a poco, e mi ricordai di quando immaginavo di esserci io al posto di lei, a sentire quegli occhi ambrati fissi nei miei.
Potevo comprendere benissimo come si sentisse Bella, e fui stranamente felice.
Essere cosciente del fatto che lui sarebbe stato finalmente in pace con se stesso, sereno, mi rendeva tranquilla.
Non desideravo altro che anche Edward vivesse la sua esistenza felicemente.
Forse ascoltò questi miei pensieri in quel momento, perché per un attimo brevissimo, notai il suo sguardo rivolgersi al mio viso e un accenno di sorriso sulle labbra sottili.
Mi chiesi se in realtà non stesse guardando divertito la faccia scura di Laura, ma mi dissi che non era così.
Una volta che la cerimonia terminò, tutti gli invitati salirono sulle proprie vetture e si diressero nella lussuosa ed elegante casa dei Cullen.
Lì, mentre i cittadini di Forks si mettevano man mano in fila per congratularsi con i due neo-sposini, io e Seth, con Sue al seguito un po’ agitata per il fatto di trovarsi nell’antro dei vampiri, già ci trovavamo davanti ai due giovani, stretti insieme grazie al braccio di Edward che cingeva i fianchi di Bella.
Non appena il vampiro dai capelli ramati ci vide, sorrise e strinse amichevole la mano del mio fidanzato dicendo –Trattala nel miglior modo possibile…- riferendosi a me e al bambino che portavo in grembo.
Seth per tutta risposta annuì e rispose –Puoi contarci…auguri e congratulazioni, Edward…Bella- si ritrovò costretto a dover parlare in inglese per farsi capire anche dalla sposa e un pochino mi scocciai.
Bella avrebbe ricevuto numerose lezioni sull’apprendimento della mia lingua, una volta che fosse diventata una vampira…e me ne sarei occupata personalmente.
Era stancante dover tradurre i loro dialoghi, perciò m’impuntai sul fatto che anche lei avrebbe dovuto mettersi d’impegno.
Quando mi allontanai con Seth, lasciando Sue a chiacchierare con Charlie, mi guardai attorno per vedere a che punto fossero della fila i quattro vampiri di Denali e li trovai molto vicini alla fine.
Stavo per andare a presentarmi, perché desideravo davvero molto di conoscere Tanya e compagnia bella, quando di colpo il bambino scalciò nel mio ventre prepotentemente e dovetti avvicinarmi al tavolo del buffet e sedermi.
Seth mi si mise accanto, accarezzando dolcemente il delicato rigonfiamento del mio corpo e all’improvviso, spalancando gli occhi e bloccandosi, esclamò –Jacob!-.
Ecco, questo non avrebbe avuto effetti e conseguenze differenti da quelle già decise…o almeno, non se vicinissima a noi non ci fosse stata Laura, che subito scattò a guardare tra gli alberi che circondavano il giardino e chiamarlo a gran voce, attirando su di sé l’attenzione di molti presenti, tra cui gli sposi, che avevano iniziato a ballare –o per meglio dire, lui trascinava lei sui suoi piedi- e di numerosi invitati.

Scusate il terribile ritardo nell'aggiornare, ma sono stata molto impegnata con la scuola...spero che possa essere stato di vostro gradimento...ho cercato di non renderlo troppo sdolcinato...altrimenti vi sarebbe salito il diabete XD ma vabbè, tralasciando le mie battute non idonee -_______-"""
Aggiungo solo che il piccolo accenno ad Aro, Marcus e Caius è venuto da se XD non stavo pensando a cosa scrivevo (visto che solitamente scrivo quasi come se fossi cieca, con la mente intenta ad immaginare ogni singola scena, come se la vivessi davvero)...e l'ho lasciata perchè mi pareva un ottimo distaccamento dal resto...in più, ammetto di essere incline ad affezionarmi a Marcus XD (tutta colpa di Laura a cui ora farò pubblicità...XD se non vi è già capitato, leggete la sua storia "Marcus non ama"...è davvero bella ^^)...beh, spero che mi direte cosa ve ne pare come sempre.

Vi ringrazio di tutto cuore e vi prometto che TENTERò di aggiornare più in fretta il prossimo capitolo.
Baci.

Sammy Cullen.

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Capitolo 22
*** Special: I° POV Laura/ II° POV Sammy ***


Capitolo 22

22.

Caro amico…Quante me ne fai passare!

[I° POV Laura]

Jacob… solo un nome nella mia testa, che rimbombava come l’eco di un ricordo troppo forte per essere contenuto dentro di me.
Dovevo raggiungerlo, subito.
Scattai correndo verso il buio della notte, verso gli alberi, verso di lui.
La gente mi guardava come se fossi impazzita, forse perché urlavo il suo nome, forse perché stavo correndo in tacchi a spillo per una sala da ballo elegante, quale era diventata il salotto di casa Cullen.
Poco importava, lo stavo raggiungendo.
Appena toccai l’era verde ed umida del giardino mi tolsi le scarpe e continuai imperterrita la mia corsa, vedevo qualcosa muoversi debolmente al confine con la foresta.
Il vestito era troppo stretto, mi attanagliava le gambe impedendone i movimenti sciolti adatti alla corsa, lo strappai con una falcata più lunga. Già immaginavo la faccia di Alice, ed anche le terribili torture che ne sarebbero conseguite.
L’acconciatura si scioglieva e quando finalmente lo vidi sentii dentro di me crescere sempre più forte l’urlo di gioia nel rincontrarlo.
Aveva i capelli tagliati male, probabilmente una sforbiciata veloce giusto per venire a vedere il matrimonio, per venire a vedere lei. Ma non me ne fregava. Ora c’ero io, e volevo salutarlo al meglio.
Strabuzzava gli occhi sconvolto, io non ero nei piani, e mai lo sarei stata.
-JAKE!- urlai con tutta la felicità che era possibile esprimere con delle parole.
-Merda! Tu che ci fai qui?!- scoppiò a ridere entusiasta mentre mi stringeva tra le sue braccia, nell’abbraccio migliore del mondo. Quello del mio amico, del mio migliore amico.
Rimanemmo ferme per un po’, mentre io piangevo come una cretina e lui rideva sommessamente.
Mi scostai di colpo mentre con una mano provavo a pulirmi il viso sporco per quel dannato trucco che mi avevano obbligato a mettere.
-Oh! Che stupida… piango come un’idiota!- mi lamentai scherzando.
-Stai benissimo- commentò con un sorriso dolce, simile a quello di un fratello maggiore che vede la sua sorellina crescere.
-Ma che dici! Guarda come sono ridotta!- feci una piccola giravolta su me stessa per fargli notare il mio stato indecente.
-Una principessa alternativa- dichiarò saccente, sciogliendo poi l’espressione magistrale in un sorriso smagliante.
Jake, il mio Jake. Si era scordato appena per un momento di Bella, pensando solo a noi. Almeno per poco.
-Cosa ci fai qui?- domandò ancora sorridendo mentre mi aiutava a pulire il mascara che era sceso giù per la guancia tracciando il percorso della lacrime.
-Imprevisti dovuti a… è lunga come storia, però c’è pure Sammy- dissi divertita.
-Sammy?- era perplesso, pensare che non l’aveva ancora vista!
-Esatto, lei e il caro Sethuccio hanno avuto un…imprevisto di percorso!- esclamai soddisfatta dalle mie parole.
Strabuzzò gli occhi sconvolto, tentò di parlare più volte senza riuscirci. Mimai la pancia di Samantha con le mani e lui a momenti non morì soffocato.
-Non ci credo!- esclamò sconvolto, continuava a fissare il punto esatto cove avevo imitato il pancione.
-Bhè è così- sospirai ripensando all’idiozia di quei due, non condividevo molto la scelta di tenere il bambino, ma poi si sa…affari loro.
Rimanemmo in silenzio per un po’ osservandoci a vicenda, entrambi con un sorriso enigmatico sulle labbra. Forse gioia, forse tristezza.
In lontananza la musica si espandeva per la casa, mi bloccai un attimo quando sentii le note della canzone.
Ironia della sorte! Proprio quella canzone! Quella del film! Ah! Non era possibile!
Sbuffai scocciata, troppo melensa, e troppi ricordi che ritornavano a galla.
Embry…
Come faceva male il suo nome, ma come gioiva nel sentirlo il mio cuore! Chissà se qualcuno glielo aveva detto, se sapeva che io ero qui, ma non avevo voluto vederlo…
Ancora immersa nei miei pensieri alzai la testa verso di Jake che mi guardava preoccupato.
Allungò un attimo la mano verso di me con un gesto teatrale, io l’accettai volentieri e mi strinse a sé ridendo.
-Spero tu mi voglia concedere questo ballo, potremmo chiamarlo… uhm… sfiga dance?- propose abbozzando un ghigno gentile.
-Mio caro, di sfigati al mondo ce ne sono fin troppi, noi siamo semplicemente… gli esponenti maggiori- risposi saccente facendomi guidare da quel tronco d’albero quale era. Troppo negati per la danza entrambi.
-Embry lo sa che sei qui?- di colpo era diventato serio, mi aveva inchiodato con i suoi occhi scuri, e non mi lasciava via di scampo. Quanto l’odiavo quando faceva così, era come se leggesse dentro di me, traducendo le mie emozioni dai semplici gesti che facevo.
-No- borbottai scostando lo sguardo verso il basso –voglio aspettare per vederlo, non me la sento- mormorai sconfortata.
-Gli stai facendo male! Mi auguro per lui che non lo venga a sapere- mi ammonì con un’occhiata scura.
Arrossii violentemente per i sensi di colpa.
Ma lui che ne sapeva! Cosa ne voleva sapere lui di come ci si sente quando si scopre di essere legati per l’eternità a qualcuno?! Senza avere la forza, ne la possibilità di sfuggirne?!
Cosa ne voleva sapere…
Alzai nuovamente lo sguardo arrabbiata e lo fissai a lungo.
-Affari miei Jake- risposi brusca.
-Ok, fai come ti pare, ma lui sta messo peggio di tutti, perfino di me!- la voce non tradiva nessun sentimento, come se stessimo parlando di un partita di bocce.
-Ti odio quando fai così!- borbottai esasperata, scoppiò a ridere per poi zittirsi.
-Sai cosa vuol dire la canzone?- chiese con un tono calmo.
-Sì, ha un significato molto stupido- commentai sarcastica.
-Non tanto… alla fine tutti diventiamo un gatto ciccione e pigro- sospirò poggiando il mento sopra la mia testa.
-Io non voglio- mi lamentai, ma con poca forza.
-Non me la bevo signorina- sorrise leggermente.
-Lo sai che non dovresti ballare con me ma con Lei?- un sussurro impercettibile il mio.
-Sì, ma ora starà con suo…- strinse la mandibola e non finì la frase.
-La storia sta cambiando- osservai assorta.
-Non più di tanto… e poi io voglio ballare con te- dichiarò solenne accarezzandomi la testa –la mia gnappa preferita- ridacchiò.
Sbuffai e quando finì la canzone l’abbracciai nuovamente per poi staccarmi.
Il suo volto si trasformò in una maschera di tensione, fissava delle figure che si avvicinavano dietro di lui. Emmett e Edward.
-Salve Jacob- salutò il secondo con voce tranquilla.
Rispose con un grugnito scocciato.
Mi guardò confuso ma non ebbe tempo di formulare la domanda che dietro di noi Isabella era spuntata per correre ad abbracciare Jake, il suo Jake.
Mi spostai urtata. Un pugnale che era entrato nel mio cuore mille e mille volte, ogni volta sempre più doloroso. Voltai lo sguardo. Possibile che dovessi essere gelosa anche da amica?!
Ci allontanammo tutti e tre, lasciandoli soli. Aspettai là vicino, non volevo rientrare nella sala, non in queste condizioni. Anche perché attendevo una reazione violenta del mio amico, quell’idiota l’avrebbe sicuramente portato ad arrabbiarsi.
La mia supposizione non tardò ad avverarsi. Sentii un breve ruggito profondo ed in un istante mi catapultai da lui seguita dai due vampiri. Ed era teso come una corda di violino.
-Jake calmati- sussurrai avvicinandomi a lui ed accarezzandolo sulle braccia per calmarlo. Non funzionava, continuava a tremare. Urlava contro Edward, lo voleva ammazzare. Ebbi un tremito di paura. La cosa poteva degenerare, il percorso era stato cambiato.
Fortunatamente Seth comparve in un secondo e lo tenne fermo da dietro, anche lui cercava di tranquillizzarlo con le parole. Non riusciva a spostarlo, sembrava più minaccioso che mai. Bella era stata allontanata da Edward con un colpo veloce e gentile. Io rimanevo là, cercando in tutti i modi di aiutare il mio amico.
Il tempo di battere le ciglia che una schiera di lupi enormi fu davanti a noi. Sam, il lupo nero, teneva il compagno per i pantaloni indietreggiando.
Ma in quell’istante non fu lui a colpirmi, no.
Il lupo dalla pelliccia di un marrone caldo, grande quasi quanto Sam mi fissava con degli occhi addolorati, da sfiorare la frustrazione.
Embry…
Rimaneva fermo, guardandomi, due lacrime gigantesche scendevano giù dal muso.
Per un istante fu come se tutto cioè che ci circondava: il rumore, gli urli, lo sgomento di Bella, l’ira di Jake; fosse scomparso. Io e lui. Mi sentii un brivido per tutto il corpo.
Di colpo tutto finì. I lupi se ne andarono e anche lui li seguì, strattonato dai compagni. Ed io rimasi da sola, unicamente con il senso di colpa che mi erodeva dentro.
Che stronza che ero stata.

Sconvolta da falsi allarmi e da un nuovo incubo, mi sembra di cadere sempre più in basso…

[II° Pov Sammy]

La reazione di Laura mi causò un attacco isterico di panico, e non tanto per lei di per sé quanto per Seth.
Io, infatti, ricordavo. Ricordavo ogni singola riga dell’ultimo libro, ricordavo la reazione di Jacob ad un certo punto, nell’incontro con Bella, e ricordavo l’intervento di Seth e degli altri membri del branco.
Il terrore si fece strada dentro di me colpendomi violento, imperterrito. Osservai senza saper bene cosa fare la mia amica correre spedita verso il boschetto circostante e addentrarcisi.
Avevo una fottutissima e spietata paura.
Perché, al contrario di quello che avrei potuto sperare, io ricordavo, ma non sapevo.
Non sapevo se il corso degli eventi sarebbe stato alterato dalla comparsa di due ragazze umane, sconosciute sui libri della saga.
Non sapevo se l’incontro di Jacob con Laura avrebbe potuto evitare qualcosa di peggio.
Non potevo neanche immaginare a cosa avrebbe comportato, invece, la comparsa di lei e Isabella messe assieme.

Respira profondamente…è tutto okay…Laura sarà un toccasana per gli eventi spiacevoli!

Me lo ripetevo caparbiamente ma davvero non riuscivo a crederci.
Quando Seth, che si alzò dalla sedia accanto a me con lo sguardo attento, Edward, Emmett e Bella si mossero verso la foresta portando su di loro l’attenzione dei soliti invitati curiosi, mi si fermò il cuore e mi sembrò quasi di sentirlo scendere nello stomaco.
Perfino il piccolino era agitato e mi colpiva terribilmente forte…sembrava quasi che volesse uscire.
Scattai in piedi fin troppo agilmente per una della mia stazza e fui tentata di seguire i quattro, ma contemporaneamente Leah e Alice mi si avvicinarono e la seconda disse –Ferma, Sammy, lascia che ci pensino loro. Non accadrà nulla…- ma storse la bocca incerta, rimuginando sul fatto di non poter prevedere un futuro abitato da licantropi.
Leah invece grugnì in tensione –La succiasangue qui ha ragione, tu non ti muovi, capito?-.
Uff…la fastidiosa protettività della mia quasi-sorella!
Annuii combattuta e mi rimisi seduta.
Passai tutto il tempo ad osservare il punto i cui il piccolo gruppetto era scomparso.
Non ci volle molto, che Edward, sua moglie e suo fratello erano già ritornati, ma Seth…
Non riuscii a trattenermi e corsi incontro al vampiro dai capelli ramati in preda all’agitazione –Edward, dov’è Seth? E Laura?-
Lui mi guardò teso e disse cercando di tornare calmo –Lui è con Jacob ed il resto del branco. La tua amica invece è rimasta nel bosco-.
-Grazie infinite!- ascoltai attentamente e feci per raggiungere almeno lei, ma Edward mi richiamò e fui costretta a voltarmi per guardarlo.
-Forse preferisce stare da sola-.
Mi mordicchiai un labbro e risposi –Forse-.
Detto ciò camminai a passo spedito per arrivare da Laura.

La trovai con la schiena poggiata alla corteccia di una sequoia e mi feci largo tra le felci ed i cespugli per avvicinarmi. Guardava il vuoto con il volto teso, la mascella contratta.
I capelli si erano liberati dai fermagli, dalle forcine, sembrando più disordinati che mai anche a causa della lacca, che li aveva resi più stropicciati.
Le labbra erano semichiuse, come se si trovasse di fronte a una platea di spettatori impazienti di vederla recitare, e lei era rimasta senza parole dalla tensione.
Una volta che le fui vicina, sperai ardentemente che mi guardasse, ma non rivolse il suo sguardo verso di me neanche un istante.
Continuava a fissare un punto imprecisato dell’oscurità tristemente.
Allungai allora una mano e le sfiorai il braccio.
Fu questo mio movimento a causare la sua reazione improvvisa e a dir poco inaspettata. Le lacrime le sgorgarono dagli occhi e i singhiozzi riempirono il silenzio che ci circondava.
La strinsi a me con difficoltà, a causa del mio ventre gonfio e della differenza d’altezza. Lei era molto, molto più bassetta della sottoscritta.
-Shh…Laura, calmati…va tutto bene…- ma sapevo che non era così.
Se non ci fossero stati problemi, avrebbe riso, no?
Lei singhiozzò ancora e disse con la voce spezzata –No, è tutto uno schifo. Io sono uno schifo, la mia vita è uno schifo…perché non sono fortunata come te? Perché non riesco ad amare ciò che il destino mi ha assegnato?-.
Feci uno sforzo enorme per trattenermi dal piangere con lei. Non era causa della maternità infatti, che anch’io sentissi il bisogno quasi lacerante di sfogarmi.
Vedere lei in quello stato, era una tortura…ed io non sono mai stata brava a sopportare il dolore.
Senza rendermene conto, lascia sgorgare le lacrime e questo attirò l’attenzione di lei, che chiese –E tu che cavolo piangi a fare?- ed io risposi –Mi sento inutile…-.
E grazie a queste parole iniziò a ridere e piangere assieme.
La guardai confusa e mi asciugai gli occhi –Che ho detto?- ma Laura non rispose, scosse la testa e mi abbracciò teneramente, poi prendendomi per mano disse tirando su col naso –Meglio tornare alla festa…-.
Socchiusi gli occhi sospetta, chiedendomi se stesse cercando di nascondere per la millesima volta ciò che davvero provava e sospirai quando capii che se anche così fosse stato, avrei dovuto lasciarla fare a modo suo, fino a che non mi avesse chiesto di persona un aiuto.

Quando i festeggiamenti per il matrimonio di Edward e Bella terminarono, tornai a casa di Seth assieme a sua sorella, sua madre e Laura, che aveva deciso improvvisamente di voler venire a La Push. Il tragitto mi parve orribilmente lungo, seppur Leah al volante fosse una vera furia.
Laura mi aveva detto che Seth stava bene e Sue aveva aggiunto abbastanza apprensiva che sicuramente lo avremmo trovato a casa ad attenderci.
Annuii poco convinta e rimasi in silenzio per tutto il tempo.
Non appena l’auto venne parcheggiata di fronte alla casetta in legno, uscii di corsa e chiamai –Seth!-, ma la porta d’ingresso non si aprì. Nessuna luce si accese.
Sussultai impaurita e mi voltai per osservare le tre che si erano avvicinate e che a loro volta osservavano l’abitazione vuota e silenziosa.
Leah grugnì scocciata e disse –Vado a cercare gli altri. Quel petulante di Jake non poteva trovare un momento migliore per arrivare! Stupido ragazzino!-.
Tremò, fece un agile balzo in avanti ed esplose in una matassa di peli argentei.
Guardai il lupo di statura media scomparire nell’oscurità.
Laura mi si mise accanto e sfiorandomi la schiena sussurrò –Stanno tutti benissimo. Sam li avrà solo voluti tenere tutti uniti per calmare la situazione. Ora noi andiamo a dormire tranquille e vedrai che domani mattina te lo trovi steso vicino-.
Come la faceva facile lei! Eppure, decisi di darle retta ed entrai in casa con la mia amica e Sue, che ogni tanto lanciava delle occhiate furtive verso la notte dei viottoli.

Il freddo mi gelava le ossa, il silenzio mi faceva fischiare le orecchie e l’oscurità rendeva difficile ogni tentativo di guardarmi attorno per bene.
La luce debole del tramonto filtrava da delle vetrate dipinte nell’alto del soffitto ei candelabri accesi agli angoli estremi della grande sala facevano sì che l’atmosfera fosse delle più macabre.
Tremai e cercai di distinguere i dettagli nell’ombra.
La mia attenzione si soffermò sui tre grandi troni nel fondo della camera abnorme, occupati rispettivamente da tre individui austeri.
Sapevo fin troppo bene chi fossero, ma non pensavo –e non ci avevo mai sperato- che li avrei visti coi miei occhi, seppur non di persona.
Aro, seduto al centro, con Caius a sinistra e Marcus a destra, mi sorrise attento e disse con voce fluida, profonda, sensuale –Ti chiedi il perché…-.
Ed io, aggrottando la fronte confusa e facendo qualche passo avanti, chiesi –Il perché di cosa?-.
Al che il vampiro ghignò e si alzò per avvicinarsi, facendo strusciare il suo mantello nero sul pavimento.
Qualcosa nella mia testa mi consigliò di indietreggiare, di fuggire, se possibile…ma non feci nulla di tutto ciò, e rimasi a fissarlo rapita, come ipnotizzata.
Quando ci furono minimo dieci passi a separarci, iniziammo a conversare come se ci conoscessimo da secoli –non per niente.
La tensione mi si era man mano sciolta di dosso e proprio quando avevo iniziato a sperare che il sogno non si tramutasse in incubo, Aro disse improvvisamente –Beh, un vero peccato…ora saremo costretti ad ucciderti-. Ma ghignava, l’infame, come un serpente a sonagli che resta in silenzio per non farsi scoprire dalla propria preda e l’attacca veloce.
Subito venni presa da tremiti, notando anche l’espressione maligna di Caius ancora seduto, che già pregustava la mia morte, se non anche il mio sangue.
Nel momento in cui il vampiro dai capelli neri come le vesti si fece avanti un altro poco, mi dissi che era la fine, ma di colpo la scena ed i tre sovrani iniziarono ad arretrare…come se mi stessi allontanando sempre di più, di più e di più…

Ta daaaaan!!!! sorpresa! questo capitolo ha 2 POV XD avevo pensato che vi sarebbe piaciuto leggere una stessa parte con il punto di vista sia mio che di Laura e così ecco che ci siamo messe a scriverlo in comune ù.ù
Ringrazio come al solito chi legge e commenta -o legge e basta XD- questa storia! Bacioni dalla vostra Sammy Clearweater Cullen!!!

P.s.: l'incubo l'ho fatto davvero ç________________________ç

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Capitolo 23
*** Nel buio e nella luce ***


Capitolo 23

23. Nel buio e nella luce.

Scattai su a sedere nel letto col sudore ad appiccicarmi i capelli sulla fronte e rendermi difficile respirare tra le lenzuola.
Mi massaggiai il volto stancamente e con gli occhi ancora chiusi tastai di fianco a me, ma lui non c’era. Il fatto che la mia unica speranza si fosse frantumata come un vaso di cristallo non aiutò la mia mente a liberarsi dalle immagini così chiare, nitide dell’incubo, ma sapevo che avrei dovuto tentare di non riportarle a galla.
In un gesto naturale mi mordicchiai il labbro e con un bel po’ di fatica mi alzai e uscii nel corridoio.
Le porte della camera di Sue e quella di Leah erano chiuse, mi chiesi se almeno la ragazza fosse ritornata durante la notte e così in punta di piedi e maledicendo il pavimento di legno scricchiolante arrivai di fronte alla porta in fondo e la aprii piano.
Sbircia all’interno della stanza e quando vidi che era vuota, mi sentii svenire. La richiusi e svelta e, senza curarmi del fatto che fossi in pigiama, scesi al piano di sotto affannata per lo sforzo e lanciai un rapido sguardo al divano del salottino, sul quale Laura dormiva –almeno in modo apparente- profondamente.
Mi sbrigai ad uscire dall’abitazione e non feci in tempo a scendere l’ultimo basso scalino della veranda che subito le mie pantofole sprofondarono nel fango.
-Per la miseria!-.
Sibilai scocciata ma non mi fermai a guardare il danno.
Dovevo assolutamente trovare Seth e gli altri…e avevo una minima idea di dove potessero essere, anche se speravo di aver ragione.
Camminai a lungo tra le vie che costituivano La Push, cercando ogni casa che avesse le luci interne accese, ma per molto non trovai la benché minima traccia di vita.
Tutto era buio, silenzioso, e creava un atmosfera simile a quella che si ha in un cimitero. Sinceramente, il buio mi metteva un po’ in soggezione, se ero sola.
Notavo le nuvole di vapore che venivano a crearsi dal mio respiro caldo a contatto con l’umidità e la temperatura bassa del posto.
Il corpo era preso dai tremiti e non me curavo affatto. Non riuscivo a pensare ad altro che a Seth, e a dove fosse.
Mio figlio non si muoveva dentro di me, rendendomi allo stesso tempo serena e ansiosa; infatti, saperlo così tranquillo era una consolazione, perché il pensiero che almeno lui stesse bene aiutava, ma d’altro canto il suo non esserci mi faceva sentire ancora più sola…
E non mi piaceva per niente.
Quando mi resi conto di essere arrivata alla parte opposta della riserva a quella in cui mi trovavo inizialmente, e che di luci accese non ce n’erano, gridai frustrata e mi voltai seccamente per tornare indietro.
Non c’erano…ma perché?
Cosa stava accadendo?
Cercai di concentrarmi per un millesimo di secondo su Breaking Dawn. Doveva esserci, nel romanzo, almeno qualche accenno sotto il punto di vista di Jake che parlasse di quegli attimi…
Il matrimonio, il viaggio di nozze, il ritorno anticipato, Bella incinta, Jacob che la vedeva in quello stato così pietoso, la sua reazione, la richiesta di Edward di farsi uccidere in caso sua moglie fosse morta, la separazione dal resto del branco, il suo voler prendere il comando indirettamente, la fiducia che Seth e Leah gli avevano dato…
No.
Niente.
Non c’era niente del prima.
Perché era Bella a raccontare. Bella con le sue fissazione sul fare l’amore con Edward. Bella e il suo istinto materno così simile al mio…
Accidentaccio!
Mi ravvivai indietro la frangetta corta e spettinata, come il resto dei miei capelli, e ricominciai a guardare le finestre delle stesse identiche abitazioni dell’andata con un groppo in gola.
Se solo fosse comparsa una minima scintilla di vita!
E poi, di colpo, eccola lì.

Corsi letteralmente verso l’unica casa con le lampade accese. Si trovava una via più in là di quella in cui avevo vagato e non l’avevo notata con la coda dell’occhio da subito.
Mi avvicinai ai vetri e guardai all’interno.
Sorrisi rincuorata quando li trovai tutti intorno a un piccolo tavolinetto, con Emily intenta a cucinare frittelle e uova a volontà.
C’era anche Jacob e l’aria che tirava non sembrava delle migliori, ma me ne infischiai e senza neanche bussare, entrai nell’abitazione.
Tutti si voltarono a guardarmi stupiti e notai che Sam, intento a fare un discorso lungo abbastanza da poter essere chiamato monologo, si era zittito serio.
Sbuffai stanca e scocciata e dissi –Continua pure bello, non sono qui per sentire i vostri discorsi da lupi!-.
Cercai con sguardo ansioso Seth e sua sorella e li trovai seduti vicino a Jake, così mi avvicinai e ignorai l’espressione di quest’ultimo.
Era la stessa che avevano avuto tutti gli altri vedendo il mio stato gravido.
Il mio fidanzato scattò in piedi teso e mi strinse delicatamente a se –Che ci fai tu qui?-. Il tono era pieno di sottintesi, sembrava quasi che mi stesse accusando.
-Te ne sei andato senza dirmi niente! Mi hai letteralmente lasciata da sola e Leah anche è rimasta con tutti voi! Credi che mi sia divertita a svegliarmi di colpo e a non trovarti vicino a me?!-.
Lui storse la bocca all’ingiù e sussurrò con lo stesso strano tono –Amore, non è il momento…torna a casa mia e riaddormentati…tornerò. Dove pensi che potrei andare?-.
-Non lo so, ma preferirei essere avvertita in anticipo delle vostre riunioni notturne!-.
Seth rimase in silenzio allora, osservandomi in difficoltà, senza saper bene come rispondermi.
Troppa fu la mia convinzione del fatto che prima o poi –in un certo lasso di tempo- avrebbe aperto bocca, ma com’era mio solito, errai.
I nostri sguardi non riuscivano a trasmettere davvero del rancore, ma io sentivo che ce n’era almeno un pochino…e derivava dalla sottoscritta.
In fine, proprio quando stavo per voltarmi e lasciarlo col resto del branco, a parlare di fatti che –a quanto pareva- non potevano e non dovevano interessarmi, disse –Scusami…- e non aggiunse altro.
Lo guardai tristemente e me ne tornai a casa sua, scortata da Leah, che aveva preso la palla al balzo in modo da non dover sopportare oltre i suoi compagni.
Durante il tragitto, proprio quando avevo iniziato a sperare che restasse in silenzio per lasciarmi il tempo di calmarmi, chiese fin troppo calma –Come mai sei venuta a cercarci?-
E per tutta risposta, storsi la bocca e poi cercando di inventarmi una buona scusa, dissi –Niente…quando non l’ho trovato accanto a me mi sono agitata…-
La giovane ascoltò attenta e poi ridacchiando sommessamente disse –Okay, okay…non vuoi dirmi il vero motivo. Fa niente, non sarò io a costringerti a parlare-.
La guardai sorpresa e dissi timidamente –Ehm…bene, grazie-.
Una volta che fummo davanti la porta d’ingresso, accennai svelta –Ho davvero bisogno di dormire…semmai ti spiegherò domani, uhm?-.
Leah annuì più seria e augurandomi una buona notte –o quel che ne restava- se ne tornò silenziosa sui suoi passi.
Era così difficile esprimere a parole ciò che avevo vissuto nell’incubo!
I Volturi…
Strizzai gli occhi come per scacciare quel nome così inquietante.
Di colpo, però, un’idea quasi folle mi balenò per la testa e iniziai chiamare tramite i pensieri l’unica persona che potesse davvero riuscire a capirmi: Edward. 

Edward…so che TU sei sveglio –come potrebbe essere altrimenti?!-…devi assolutamente essere in ascolto, chiaro?! Li ho sognati, Edward…e non so neanche se tu abbia visto il mio sogno o fossi impegnato in altro con tua moglie! Ho un brutto presentimento…tornate presto, ti supplico…
 

Non sapevo bene nemmeno io per quale motivo avere quel vampiro vicino mi rendesse più sicura, eppure era così.
Non appena smisi di ricordare ogni dettaglio dell’incubo –in caso lui non lo avesse visto prima-, rientrai in casa tremando dal freddo e feci per salire le scale, ma d’improvviso la luce si accese e voltandomi di scatto trovai Laura in piedi poggiata con la schiena al muro, intenta ad osservarmi tra il preoccupato e l’irritato.
Sorrisi come se fossi tornata bambina e mia madre mi avesse scoperto a prendere le merendine dalla credenza.
-Ehilà…- ma il mio tentativo di essere normale non fece altro che intensificare la sua espressione severa.
-Dove sei stata?- chiese scrutandomi.
Naturalmente, non potevo sperare di mentirle. Era troppo arguta, furba per farsi ingannare…da me.
Così, sospirai sconfitta e borbottai –A cercare Seth…-. Lei alzò un sopracciglio e attese il resto, quindi continuai -…E l’ho trovato a casa di Emily e Sam…con tutti gli altri. C’era anche Jake-.
Annuì ascoltando concentrata e poi sbuffando disse –Non dovresti uscire con questo freddo. Se ti ammali si aggrava anche la salute del piccolo-.
Volsi altrove lo sguardo dispiaciuta e mugugnando un “hai ragione” come risposta, feci per andare di sopra, ma lei tossicchiò per richiamare la mia attenzione e così la guardai di nuovo.
-Non è che mi nascondi qualche altro motivo per il quale ti sei svegliata a notte fonda, vero?-.
Deglutii e poi risposi rapida, prima di correre goffamente in camera –Certo che no!-.

Mi chiusi la porta dietro e andai a distendermi sul letto, osservando il buio della stanza e pensando che qualche Cullen a farmi compagnia sarebbe stato d’aiuto.
Dopo un bel po’, mentre riflettevo su miliardi di cose, sentii battere qualcosa contro il vetro della finestra, e pensai subito che fosse Alice –la mia seconda preferita dopo Edward-, così mi tirai su e corsi ad aprirla, ma la delusione fece sì che quella piccola parte di euforia rimasta scomparisse.
L’abete vicino alla casa stava dondolando i suoi rami per colpa del forte vento.
Richiusi la finestra e mi ripetei che dovevo dormire almeno un altro paio di ore.
Ma osservare quel letto sfatto, vuoto e freddo non aiutava di certo a rilassarmi e così, tornando indietro di almeno dieci anni, scesi di nuovo in salotto e avvicinandomi al divano sussurrai –Laura…-
Lei rispose con prontezza, facendomi capire che non si era rimessa a dormire –Cosa succede, Sammy?-.
-Vieni a dormire con me?- mugugnai a mezza bocca, imbarazzata.
La sagoma della ragazza tremò un pochino nel buio della casa e la sentii ridacchiare –E va bene…ma non prenderci l’abitudine-.
Si alzò e venne a farmi compagnia. 

Tin, tin, tin, tin…

Ma che cavolo…???
Aprii pigramente gli occhi e guardandomi attorno trovai Seth ai piedi del letto, intento ad osservare fissamente il suo pollice e l’indice della mano sinistra intenti a creare quel tintinnio snervante contro la spalliera.
Storsi le labbra e mugugnai –Mmm…Seth…piantala…- sentivo un bisogno tremendo di dormire. Il corpo pesante, come se non arrivassero gli impulsi dal cervello.
Feci un grandissimo sforzo per muovere almeno un braccio e notai che accanto a me non c’era Laura. Aggrottai la fronte e tentai di ricordare quando si fosse alzata per andarsene, ma a quanto pare avevo dormito profondamente…
…così tanto da non accorgermi di nulla.
Rotolai –letteralmente- di lato e tirai le gambe fuori dalle lenzuola per alzarmi. Nel mentre continuai a fissare Seth attentamente, un po’ in ansia, perché il suo silenzio fastidioso e il fatto che continuasse a schioccare le dita contro il letto non era normale.
Non m’infilai neanche le pantofole e gli andai vicino pian piano, cercando di ignorare il “tin, tin, tin” che mi urtava il sistema nervoso in modo incredibile.
Quando gli fui abbastanza vicina, poggiai la mia mano sulla sua per bloccarlo e disse –Tutto okay?-.
Ma lui non rispose, guardò le nostre mani unite e poi, di colpo, mi strinse a sé affondando il viso nei miei capelli arruffati.
Restai ferma dalla sorpresa per qualche attimo e dopo gli strinsi le braccia al collo –Ehi…va tutto bene…non ce l’ho con te…-.
-Dovresti, invece!- esclamò teso scostandosi solo un poco e continuando a parlare più calmo, avendo notato il mio spavento, a fior di labbra –Ti ho fatto stare in pensiero, quando invece il mio compito è quello di saperti tranquilla e al sicuro…-.
Ascoltai le sue parole con ben poca attenzione, solo per colpa del fatto che sentire il suo alito dolce e caldo contro il mio volto aiutava abbastanza a finire in
tranche.
Parlai cercando di riordinare le idee –Ti perdono…se può farti star meglio…anche se non credo che…ce ne fosse il bisogno…- stavo combattendo contro l’istinto di assalire le sue labbra così vicine…
Lui sospirò annuendo incerto e poi, lasciando che un bel sorriso dolce gli facesse tendere le labbra sottili, mi baciò e non ci fu più niente a frenarmi dal ricambiare con ardore.
Mi aggrappai goffamente a Seth, dispiacendomi un po’ del fatto che il ventre rotondo ci separasse, e passai con le mie labbra su ogni centimetro del suo volto, mentre lui mi sfiorava il corpo delicatamente.
Quando la sua bocca scese giu fino al mio collo tirai indietro la testa e respirai più velocemente, presa dall’attimo.
Il ragazzo mi prese tra le braccia e mi portò sul letto stendendosi in modo un po’ scomodo sopra di me, sbottonandomi la camicia da notte corta fino alle ginocchia, di un bel turchese acceso.
Passò la lingua tra l’incavo dei seni e sfiorò con piccoli e teneri baci il pancione dentro al quale il piccolo batteva leggermente i pugnetti.
Ridemmo entrambi di quel momento, in modo spigliato, felice, sincero.
Era passato così tanto tempo da quando avevamo fatto l’amore per la prima volta…ed ora eravamo stesi insieme tra delle lenzuola sfatte, che sembravano quasi invitarci a peggiorare la loro situazione.
Avevo letto da qualche parte –forse proprio su un libro di scuola- che l’essere incinta per una donna non comportava problemi per quanto riguardava la sua vita sessuale.
Così, lasciai che Seth prendesse possesso del mio corpo dopo un tempo che sembrò infinito, e mi cullai nel piacere di quell’attimo con tutta me stessa.

C'era di nuovo luce.

Eccomi qui! questo capitolo è transitorio (per questo non è molto lungo) e...beh, ehm...l'ultima parte l'ho scritta perchè volevo togliermi uno sfizio XD (il fatto del poter fare l'amore incinta è vero <.<).
Ho notato che ha commentato solo una persona ç__________________ç sigh...vi prego, non abbandonatemi! i vostri pareri sono adorabili! mi diverto un mondo a leggere quello che pensate!
Baci.
Da Sammy Clearweater Cullen.

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Capitolo 24
*** Didyme ***


Capitolo 24

24. Didyme

La grande sala buia stavolta era avvolta da un alone di luce. Osservavo ogni dettaglio delle antiche mura, del pavimento ruvido e delle vetrate piene di colori. Gli occhi fissi sui volti dipinti di uomini e donne, di angeli e diavoli, di esseri umani e non.
Ad altri sarebbe parso inquietante, ma a me piaceva tutto quel che mi circondava. Mi sentivo stranamente a mio agio, come se quel luogo fosse casa mia. Il luogo sicuro che avrei cercato in ogni attimo di smarrimento.
Soffi di vento arrivavano dalle porte agli angoli più nascosti della stanza, che era circondata ai lati da porticati immensi.
Era bello lì.
C’era aria di sapere, di saggezza…
Dentro di me riecheggiava solo un piccolo sussurro che m’incitava a correre via, e non lo ascoltavo. Una strana forza mi trascinava verso quei luoghi…
-Didyme…-
non avrei dovuto girarmi, quando sentii chiamare quel nome da una voce fluida, pacata, bassa, eppure è ciò che feci.
La sorpresa s’impossessò di me per un secondo, poi si tramutò in gioia quando incrociai lo sguardo di Marcus.
Le mie dita s’intrecciarono all’abito di stoffa liscia, bianca e mista al porpora, che osservandolo per un solo attimo senza curiosità, come se fosse il mio abbigliamento solito, notai avere le fattezze di una veste risalente all’epoca dell’antica Roma.
-Eccoti, finalmente. Perché sparisci così d’improvviso?- si avvicinò lentamente, col viso sereno, lo sguardo tranquillo.
Feci un passo anch’io verso di lui esitante e di colpo la scena cambiò, pur restando la stessa.
Io ero di nuovo nel mio corpo –non capendo subito se fossi stata qualcun’altra- e vidi una persona a me cara avvicinarsi a Marcus.
Laura, o la sua copia sputata, non avrei saputo dirlo, era intenta a sfiorargli il viso, con un gran sorriso radioso ad illuminare il proprio.
Mi sentii mancare il respiro osservando la scena di quei due intenti ad ammirare ognuno lo splendore dell’altro come se non ci fossero altre cose a circondarli.
In parole povere, erano letteralmente estraniati dal resto del mondo.
-Laura!- ero abbastanza distante dai due, nascosta dietro una delle colonne del porticato a sinistra così, per corrergli incontro, dovetti uscire allo scoperto.
Non poteva assolutamente finire così…Perché la mia amica aveva preso il mio posto? E per quale assurdo e tetro motivo entrambe ci trovavamo ad essere chiamate col nome della moglie defunta del più silenzioso dei tre inquietanti capi dei Volturi?
Ero a pochi passi da loro, già col braccio teso per allontanare la ragazza dal pericolo, quando mi accorsi che non correva alcun rischio.
Era diversa. Pelle diafana, occhi ambrati e luminosi, chioma lucente e mossa…
Se non mi stavo sbagliando, Laura aveva raggiunto lo stato d’immortalità.
Pur essendo vicina, nessuno dei due sembrava accorgersi della mia presenza. La cosa mi spaventava.
-Didyme…- ripetei quel nome per non scordarlo e nel dormiveglia, prima di aprire gli occhi, incanalai ben bene ogni minuscola parte del sogno.
Era un altro segnale.
Feci un bel respiro ed uscii dall’oscurità.
Ammirai la dolce familiarità della stanzetta di Seth e mi gustai lo scalpitare di nostro figlio nella pancia.
La luce filtrava dalle leggere tende bianche della finestra. Era fioca e spariva a tratti.
Le nuvole della penisola Olimpica non lasciavano certo spazio al sole.
Sorrisi ancora un po’ insonnolita e mi tirai lentamente su a sedere, col corpo rivestito solo delle lenzuola.
Il mio fidanzato, ancora addormentato affianco a me, aveva un’espressione terribilmente beata. Sperai per un istante che il suo erede fosse bello come lui.
Gli lasciai le coperte e alzandomi senza niente addosso, raccattai da sopra uno sgabello all’angolo il largo abitino pre-maman e me lo infilai, poi raccolsi le pantofole infangate e sbuffando pensai che avrei dovuto sciacquarle e tenerle sotto l’aria calda del phon per un po’.
Ma non avevo tempo da perdere per loro, scesi di sotto scalza, in punta di piedi ripetendomi che Seth non si sarebbe svegliato neanche con le cannonate, ed entrai nella piccola cucina, dove trovai Laura intenta ad aiutare Sue a preparare la colazione per il mio ragazzo e Leah.
Non vedendola, capii che anche lei doveva essere stanca morta.
Non appena le due si accorsero di me, mi sorrisero e mi diedero il buon giorno, poi Sue chiese cosa preferissi tra uova e pancetta oppure caffè, pane con la Nutella e frutta.
In altri casi avrei chiesto una semplice tazza di thè o di cappuccino e, al massimo, qualche biscotto, ma la fame mi assaliva come un crampo nello stomaco e mio figlio avrebbe apprezzato un nutrimento vasto.
-Mmm…un caffè insieme a del pane con la cioccolata sarà gradito da entrambi- sorrisi come per ringraziare e accarezzai il mio ventre.
Quella mattina avevo lo strano presentimento che il piccolo fosse maschio. Gabriel…
Sì, il nome mi piaceva davvero, ma era ancora poco. Adoravo i nomi composti.

…Gabriel Edward Harry Clearweater

Sì. Perfetto.
Immaginai l’aspetto che avrebbe avuto a qualche anno…due, tre…e davanti agli occhi comparì un bambino splendido, dai tratti indiani ma la pelle più chiara, gli occhi scuri sia come i miei che come quelli di Seth ed i capelli neri.
Di certo sarebbe stato un angioletto. Una creaturina buona e sensibile.
Quando una mano si agitò davanti al mio sguardo perso, ripresi lucidità.
Laura aveva poggiato un vassoio sul tavolino e attendeva solo che mi mettessi a mangiare, ridendo sommessamente notando la mia espressione un po’ confusa.
-Sempre con la testa fra le nuvole…- alzò gli occhi in su e si sedette ad una sedia vicino a quella che avrei occupato io e afferrò un biscotto dal barattolo mordicchiandolo.
Sospirai rilassata e iniziai a gustare il sapore del caffè, poi sussurrai in modo che comunque sia lei che Sue sentissero –Stavo pensando a Gabriel…-.
Ed entrambe mi guardarono confuse.
La madre di Seth solo di sfuggita, intenta com’era a preparare anche per i propri figli una montagna di roba.
Sghignazzai e dissi per spiegarmi –Il bambino…credo che sarà un maschietto…e questo è il nome che ha scelto Seth-.
Laura sorrise e disse più allegra dei giorni precedenti o della notte prima –Gabriel…bel nome, ma non avevi detto che…-
Stava certamente per chiedere “Non avevi detto che volevi chiamarlo come quell’esaurito di un vampiro roscio?”.
Così, risposi interrompendola –Per intero infatti sarà Gabriel Edward Harry-.
Sue si voltò di nuovo incredula e ripetè –Il nome di mio marito?-.
Annuii –Il mio modo di fargli capire che gli voglio bene pur non avendolo conosciuto di persona-, feci spallucce tentando di alleggerire l’argomento.
Non era mia intenzione, infatti, parlare di un uomo che non era in vita.
Sapevo che le persone morte era meglio lasciarle tra i ricordi e cercare di nominarle il meno possibile, perché il dolore riaffiorava e pungeva come del filo spinato.
La madre di Seth sorrise con un’espressione piena di gratitudine e affetto e tornò a controllare che l’enorme frittata nella padella non si bruciasse.
Divorai la mia colazione in pochi minuti e mi alzai con l’aiuto di Laura, intenzionata a portare il vassoio stracolmo di cibo al ragazzo, che ancora non scendeva.
-Rischierai di far cadere tutto a terra!- la mia amica mi guardava già pronta a scattare per tentare di raccogliere i possibili cocci di un disastro imminente creato da me, ma le ripetei che sarei stata attenta e con un sorrisino compiaciuto salii le scale senza rovesciare neanche una goccia del caffè nella tazza.
Avevo lasciato la porta socchiusa, così la aprii del tutto dandole un calcetto col piede e poggiai il vassoio sul comodino, sedendomi poi sullo sgabelletto e osservando Seth in assoluto silenzio.
Nel tempo che ero rimasta di sotto, si era mosso, facendo sì che le lenzuola scoprissero i pettorali scolpiti e s’intrecciassero tra le sue gambe solide, coi tendini quasi visibili.
Dopo qualche altro minutino, la fragranza dolce del caffè e quella salata di una metà della frittata fumante col bacon, riempirono la stanza, e lui si mosse nuovamente, respirando a fondo e schiudendo le palpebre.
-Uhm…Samantha?- osservava il soffitto come imbambolato e risi leggera, così il suo sguardo si posò su di me e in fine sul cibo.
-Da quanto sei sveglia?- mugugnò e si mise seduto scoprendo tutto il suo corpo nudo.
Lo ammirai un istante e poi alzandomi andai a chiudere la porta della stanza per evitare che le altre tre donne in casa passassero e lo trovassero in quel modo.
-Circa una mezz’oretta- risposi, andando a poggiarmi ai piedi del letto.
Lui si passò una mano tra i capelli e si spostò al lato più vicino al vassoio, continuando a guardare me anche mentre gustava il caffè o le uova subito dopo.
-Devo dirti una cosa…- parlai in imbarazzo e attesi la domanda certa.
-Cosa?- appunto.
Mi mangiucchiai le unghie e dissi –Queste notti, ho fatto dei sogni…-
Subito Seth smise di masticare e mi fissò teso, poi mandò giu e chiese svelto –Che tipo di sogni?-.
Lo sguardo si era fatto attento, così non riuscii più a fissarlo direttamente e spostai la mia attenzione sulle tende mosse dal vento.
-Beh, in entrambi i casi c’erano i Volturi…tu come li definiresti?-.
-Di sicuro non è una bella cosa-
-Già…-.
Stavolta lo guardai eloquente e aspettai paziente che formulasse la domanda mancante, quella che mi stavo ancora ponendo io stessa: -Pensi che Edward sia rimasto in ascolto?-.
Non lo sapevo, così scossi il capo affranta e dissi cercando di cambiare discorso –Finisci di mangiare…e non assillarti con problemi miei. Se anche il nostro amico non si fosse goduto in prima visione assoluta le mie disavventure notturne, mi sono concentrata per tenerle a mente. Quando tornerà dal viaggio di nozze con Bella a causa di Renesmèe, sapremo direttamente da lui se ha osservato o meno-.
Le mie parole sembrarono convincerlo, così mi tranquillizzai io stessa e restai a fargli compagnia mentre terminava il pasto.
Un paio d’ore dopo, eravamo diretti a casa Cullen, per avere notizie dei due sposini.

-Sì, ho già previsto tutto, Sammy. Non c’è da preoccuparsi-.
Alice gironzolava a passo di danza per il lungo corridoio del secondo piano seguita dalla sottoscritta, che aveva l’andatura di un ippopotamo.
-Sono al corrente del fatto che tu abbia avuto una visione dell’imminente scoperta di Isabella di essere rimasta in cinta…-
-E allora perché sei qui?- si bloccò un istante e fissò il vuoto, poi sussurrò –Oh…è difficile leggere il nulla!- mi guardò afflitta e scocciata al tempo stesso.
L’imprinting per lei era un grosso ostacolo.
Non era più in grado di sbirciare nel mio futuro, o in caso le fosse potuto servire, in quello di Laura, per risalire a me.
Poverina, mi faceva tenerezza.
-Volevo solo sapere se quei due avessero dato loro notizie-, il mio tono era calmo, anche se dentro l’agitazione mi contorceva i nervi.
La vampira rise cristallina e parlò con un trillo della voce –Sono troppo impegnati per chiamare noi, Sammy. Abbi pazienza, almeno fino alla fine della prossima settimana-.
Giusto.
Bella avrebbe chiamato più o meno due settimane dopo la partenza sua e di Edward per l’isola Esme…
Sbuffai e annuii tetra.
L’attesa mi snervava e in più, il mio carattere impaziente non mi aiutava molto.
Aprì la porta della camera che divideva con Jasper e mi fece cenno di entrare quando notò che mi creavo problemi.
Quella stanza infatti sembrava un piccolo museo della moda. C’erano abiti appesi a stampelle sparsi e ne notai almeno una miriade dentro l’armadio a muro di cui l’ampiezza e la profondità mi erano noti.
Si accomodò sul letto e mi disse –Uno di questi giorni, ti porterò a fare shopping-.
Il mio cervello schizzò sul pensiero che Alice potesse riempirmi il guardaroba di abiti rosa o ancora peggio, griffati e rosa.
Mi lascia sfuggire un lamento di terrore e disgusto e borbottai –Ricordati che non seguo la moda e che il rosa è l’ultimo colore che mi metterei addosso-.
Lei sospirò rassegnata e poi s’illuminò di colpo esclamando –Tuo figlio! Se sarà una bambina potrò comprarle qualcosa?-.
Era proprio la parola “qualcosa” a rendermi scettica perché, conoscendo Alice, lo intendeva come “potrò comprarle UN INTERO NEGOZIO DI VESTIARIO PER BIMBI?”.
La risposta? Ovvio: certo che no!
Mi accomodai vicino a lei e dissi –Ho il presentimento che sarà un bambino ma comunque, se dovessi sbagliarmi, puoi comprarle dei completini…ma non rosa, per carità! Giallo. Ti concedo il colore giallo-.
Sbuffò ma non osò controbattere.

-Didyme?-
-Esatto, Carlisle. Cosa sai di lei?-.
Mi trovavo seduta di fronte al “padre” di Edward, che mi osservava sorpreso dalla richiesta che gli avevo fatto di raccontarmi tutto ciò che sapeva sulla ragazza.
A dividerci, c’era la sua spaziosa scrivania.
Il vampiro biondo, col viso gentile e lo sguardo sereno, riflettè un attimo e iniziò a parlare, alzandosi e girando oltre la mia sedia, per mettersi di spalle e osservare dritto davanti a sé i quadri alle pareti, tra cui il più grande, quello di spicco, che lo ritraeva assieme ad Aro, Marcus e Caius.
-Di certo sai grazie ai libri di Stephenie che è la moglie defunta di Marcus…-
-Sì, questo sì-.
-Bene-. Fece silenzio poi raccontò –Didyme non solo era la donna, e poi vampira, amata da Marcus, ma anche la sorella di Aro. Da quel che riuscii a sapere da quest’ultimo, morì…fu uccisa e da quel momento il marito diventò come tutti lo conoscono: vuoto, distaccato.
Aro accennò al fatto che la sorella avesse qualche dote innata, un po’ come quella di Edward, o di Alice e Jasper…ma non approfondì oltre l’argomento ed io non mi permisi mai di fare domande-.
Si voltò di nuovo per guardarmi e sospirando disse –Tutto ciò che posso dirti-.

…Poco. Ancora troppo poco…

Non c’eravamo proprio.
Chi era, e cosa era accaduto veramente, a Didyme?



Eccomi di nuovo! questo capitolo l'ho scritto con un'ora e mezza di lavoro XD -vi assicuro che è un record ^^"- ed ora l'ho aggiornato con impazienza *__* (i vostri commenti mi rendono quasi frettolosa XD).
Spero vi piaccia! Sono pigrissima, quindi vi ringrazio tutte assieme. Ah, se avete domande da fare chiedete, in quel caso risponderò o metterò la risposta che cercate sul capitolo nuovo XD
Baci.
By Sammy Cullen

P.s.: io e Laura stiamo scrivendo una storia, "To lose heart"...vi chiedo di fare un salto a vederla. Potrebbe interessarvi ^^.

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Capitolo 25
*** Ombre nel buio, possibili chiarimenti e chissà cos'altro... ***


Capitolo 25

25. Ombre nel buio, possibili chiarimenti e chissà cos'altro...

…Svegliati…

No. Avevo così sonno…E quel sussurro quasi impercettibile, che mi incitava ad aprire gli occhi…una voce dolce, armoniosa, delicata.

…Svegliati…

Sbattei le palpebre e vidi una sagoma ai piedi del letto. Una figura umana, rivestita con un abito bianco che ricadeva sui fianchi. Mi alzai pesantemente sui gomiti e mi stropicciai gli occhi rapida, facendo così in modo che quella visione svanisse.
Nel buio non l’avevo ben vista, ma un brivido mi corse lungo la schiena quando ipotizzai chi –o cosa- potesse essere.
Didyme, con la sua misteriosa morte. Mi perseguitava. Potevano, i vampiri, possedere davvero un’anima in grado di vagare senza meta sul mondo, privi di quei loro corpi morti?
Insomma, avevo appena visto il fantasma di una vampira deceduta quattro millenni prima, o era solo la mia fervida immaginazione? La mia angoscia, aggiunta al fatto di essere incinta e di essere soggetta a incubi o sogni –a seconda dei casi- che mi preannunciavano avvenimenti da vivere?
Seth accanto a me dormiva come sempre in modo beato. Avevamo fatto nuovamente l’amore, come se qualcosa si spingesse a restare l’uno contro il corpo dell’altra, ed eravamo crollati assieme tra le soffici lenzuola.
Ma ora, mentre mi asciugavo il sudore della fronte e continuavo a fissare imperterrita e scioccata il punto vuoto dell’apparizione, sentivo il terribile bisogno di alzarmi e andare in cucina a prendermi un bicchiere d’acqua.
Troppa strada da fare.
Non riuscivo ad avere la forza neanche di alzarmi dal letto. E poi, se devo essere sincera, non ero proprio una ragazza di per se coraggiosa. Avevo paura dei fantasmi, ecco.
E quel che avevo visto, seppur fosse stato una specie di sogno da dormiveglia, mi aveva spaventato, così cercai di reprimere la voglia insistente di gustare la freschezza dell’acqua e mi avvinghiai alle coperte schiarendomi la gola e storcendo le labbra sentendo la bocca secca.
No, avevo davvero bisogno di bere.
Rotolai su un fianco e osservai il profilo dolce di Seth al chiaro di luna, sotto quei raggi d’argento che arrivavano dalla finestra che avevo lasciato socchiusa la sera prima.
Così perfetto, così puro e gentile…ed era mio.
Sospirai e gli passai le dita tra i capelli scompigliati. Mugugnò il mio nome e poi iniziò a russare leggermente.
Sorrisi e mi feci coraggio, mi voltai di nuovo e misi i piedi fuori dal letto per andare a prendermi quel benedetto bicchierone di acqua che mi attendeva.
Scesi guardando agitata nel buio e quasi non inciampai per le scale, ma una mano mi bloccò leggermente e sussultai.
-Sei sempre la solita imbranata…perchè sei sveglia, Sammy?- Laura nel buio mi sembrava quell’ombra, e tremai.
Chissa come lo notò e chiese nell’oscurità –Hai freddo?-. Sussurrai di no e le dissi che ero arrivata fin lì rischiando di ruzzolare per bere.
-Potevi chiamarmi…- si voltò e entrando in cucina andò a prendermi ciò che volevo, poi m’incitò a berla lì altrimenti, aveva aggiunto, l’avrei certamente rovesciata sul pavimento.
Sbuffai offesa ma obbedii, perchè sapevo di non poterle dare tutti i torti.
Per un istante aggrottai la fronte ed ebbi la tentazione di chiederle per quale motivo la trovassi sveglia di notte.

…Forse è stata così presa da La Push che si è messa a fare le ronde notturne coi licantropi…

Che pensiero idiota…eppure il dubbio che non fosse così per davvero mi rimase per un bel pò.
-Ora tornatene a letto e riposa. Se continui a girovagare per la casa come uno spettro mi verrà davvero il timore che tu sia sonnambula. Sciò, va a nanna-.
Il tono così imperioso ma amorevole mi fece sentire una bambina, ed in fondo, forse lo ero ancora un po’.
Osservai quella piccola figura davanti a me, l’ombra confusa dei suoi capelli scomposti e del viso rotondo.
Desideravo con tutta me stessa accendere la luce e vedere che espressione avesse, perché nella sua voce c’era una scintilla di agitazione, che riuscivo a percepire solo con uno sforzo maggiore dei miei sensi.
-E tu, Laura? Perché tu sei sveglia, la notte?- non ero riuscita a trattenermi e alla fine la domanda mi ero sgorgata fuori dalla bocca, cacciata via dal cantuccio che le avevo riservato nella mente. Volevo sapere.
Lei sussultò. Sentii perfettamente il sospiro di sorpresa che le uscì dalle labbra e poi, dopo un attimo di silenzio, sussurrò –Ho sognato…una cosa-.
Paura.
Quella confessione mi spiazzò del tutto.
Deglutii –Ti va di raccontarmelo?-.
Perché doveva esserci un’altra complicazione? Perché non potevo essere la sola a soffrire durante il sonno? Già sapevo che se avesse deciso di parlarmene, sarebbe stato un qualcosa di tetro…
Ma una strana scintilla mi circolava nelle vene, mi rendeva il sangue più caldo e si espandeva in piccoli e rapidi brividi…
Ero infastidita.
Non accettavo l’ipotesi che anche quella ragazza, la mia carissima amica, potesse avere il dono astratto di prevedere attraverso i sogni.
Egoismo allo stato puro.
Storsi le labbra e restai a fissarla, poi finalmente, parlò.
-Mi trovavo in una tenda…sì, ne sono certa, era una tenda…e intorno a me c’erano oggetti sparsi in un disordine caotico, umano, ma che mi faceva sentire a mio agio. Una panca di legno con sopra mappe, gioielli, veli e monete grosse e rozze.
Indossavo un vestito di epoca romana e sentivo ogni suono fuori dal piccolo spazio che mi circondava…
Ma non capivo, Sammy. E d’improvviso delle voci si fecero più vicine. Di più, di più…e dall’entrata della tenda sbucarono Aro, Caius e Marcus. Non arretrai come avrei dovuto, ma anzi gli andai incontro e sorrisi gaia ai tre, poi mi lasciai abbracciare rapidamente da Aro e sfiorai le labbra di Marcus…
Mi hanno chiamato Didyme…ed io sapevo che era il mio nome. Non ero mai stata nessuno, a parte lei. Laura. Quel nome non mi apparteneva. Poi tutto è diventato confuso. Li sentivo parlare di spedizioni contro “clan rivali”, ma non sono riuscita a catturare altre informazioni…e mi sentivo triste per ciò che volevano fare…-
Si bloccò di colpo, come in tranche ed io ebbi il tempo d’incanalare ogni sua più piccola parola. Didyme.
E così, ora anche Laura si ritrovava coinvolta.

Stupida!

La mia vocina interiore mi offendeva, e si impegnava a ricordarmi che lei era una delle persone presenti anche nei sogni fatti da me.
Perciò, quella ragazza era destinata a finire nei guai…ed io? Io che parte orribile avevo in tutto questo?

La casa era nuovamente illuminata dal sole.
Erano le undici di mattina, e avevo chiamato i miei genitori per informarli che il “viaggio-studio” andava alla grande.
Gli mancavo, ma erano felici di sentirmi così in pace e perciò resistevano dall’implorarmi di tornare.
Quando la chiamata con i miei cari familiari terminò, aiutai Sue nelle faccende domestiche, poi le augurai una buona giornata quando uscì di casa per recarsi a lavoro.
Restai sola.
Seth e Leah ancora studiavano e Laura, piena di energia e voglia di fare, aveva pensato di iscriversi al liceo, ma non quello della riserva.
Ipotizzava di diventare un’allieva della Forks High School.
Prima d’iscriversi, mi aveva supplicato di andare con lei, ma il pensiero di diventare l’attrazione principale di quella massa di sciocchi ragazzi paesani mi dava la nausea. Nessuno infatti, avrebbe mai posato la propria attenzione sulla mia amica.
E come avrebbero potuto, se c’era una sedicenne incinta? Io sarei di certo stata lo scoop, e la cosa mi rendeva irascibile già solo a pensarci.
Immaginai amaramente Jessica e chissà chi altro intenta a spettegolare e a mettere in giro voci sul mio conto! Puah, che razza di idiota poteva mai essere!
Tutti questi pensieri m’inondavano la mente durante la mia stancante e noiosa passeggiatina tra le abitazioni di La Push.
Non mi piaceva restare in casa da sola, perché il vuoto mi pressava e martellava il cervello. Era come se non potessi sopportare il silenzio.
Gabriel dentro di me sembrava ogni giorno più pesante, ma sapevo che non poteva essere così.
Lui era un bimbo più normale di Renesmèe…
La bambina. Già…chissà quanto mancava prima che Edward arrivasse a mettere Bella incinta…
Feci un rapido calcolo e arrivai alla conclusione che ci sarebbero voluti almeno altre quattro o cinque giorni.
Erano troppi…
Ed io volevo togliermi il dubbio…
Quel giorno il cielo era coperto di nubi, ma non pioveva, così durante la passeggiata mi fermai ad osservare le varie forme distorte che le nuvole potevano avere.
Restai con la testa alzata per così tanto che infine mi fece male il collo, adocchiai un’aiuola vicino ad una piccola villetta e mi ci andai a distendere.
Mi appisolai così, stesa su un minuscolo spazietto di proprietà privata.
-Embry!-
una voce fece sì che riaprissi gli occhi dopo non so quanto. Forse ore, forse minuti…
Sbattei assonnata le palpebre e mi tirai su a sedere, osservando in lontananza una scena che forse sarebbe dovuta restare segreta ai miei occhi.
Laura stava correndo per raggiungere faticosamente il ragazzo che la seminava a grandi falcate.
-Fermati, maledizione!- lo raggiunse e gli strinse un polso con entrambe le manine dalle dita sottili, perché con una sola non ci sarebbe riuscita.
Lui si voltò e lo sentii dire teso –Cosa vuoi, Laura?-.
Lei sembrava triste, vista da lontano, ma credo che lo fosse davvero. Senza rispondergli, si strinse a lui, tentando di abbracciarlo, ma era un energumeno, e lei gli arrivava un bel po’ più giu del torace.
Il gigante e l’elfo dei boschi, pensai.
Mi tirai su e gli lascia la loro privacy, non volendo sapere se Embry l’avrebbe respinta o –molto probabilmente- avrebbe ricambiato la stretta.
Di colpo, mentre cercavo di allontanarmi facendo sì che quei due non mi notassero, il padrone della casa e dell’aiuola che avevo rovinato uscì e accorgendosi del disastro e di me che mi allontanavo quatta, mi gridò –Ehi tu! Ragazzina, guarda cos’hai fatto!-
Sussultai e corsi più rapida di quanto avessi mai potuto pensare, ma l’uomo era riuscito ad attirare l’attenzione di Laura ed Embry, così mi sentii chiamare anche da lei quando ormai ero già lontana.
Mi catapultai in casa e trovai Seth e Leah in cucina, intenti a prepararsi da soli il pranzo.
Non appena mi videro stremata e in disordine, mi si avvicinarono entrambi veloci e la prima domanda che mi fece la ragazza fu –Cos’hai Samantha? Non saranno mica le dolie, vero? E dove eri? Non dovresti uscire e affaticarti-.
Sbuffai.
Perché mi facevano sentire così incapace di fare qualunque cosa?
Ah sì, giusto. Ero in attesa di un bambino!
Non le risposi e abbracciai Seth –Credo che Laura ed Embry abbiano chiarito…- mugugnai con la faccia affondava contro il suo corpo.
Mmh…quel profumo simile a muschio…avevo una così gran voglia di lui…
Un leggero brivido mi travolse e scacciai quel pensiero impuro. Stavo diventando una macchina del sesso, tutto a causa degli ormoni in fibrillazione dovuti alla gravidanza.
Ipotizzai addirittura che ormai Gabriel dal mio interno conoscesse suo “padre” meglio di me!
Trattenei le risate con un grande sforzo, dopo essermi ripetuta cose così comiche col pensiero.
Oh! Se Edward avesse sentito! Che vergogna…
Ma in quell’attimo c’eravamo solo io e Seth…e sua sorella, che ridacchiando mugugnò –E va bene…voi piccioncini andate pure a fare quello che vi pare, dovrò pensare a preparare il pranzo da sola-.
Ed io e lui ridemmo di cuore e prendemmo sul serio ciò che Leah disse.
Mi lasciai portare di sopra a passare il tempo in modo migliore.
Molto, molto migliore.

[…]

 
Tenevo tra le mani uno dei miei romanzi preferiti, “Scelti dalle tenebre” di Anne Rice, e m’immaginavo nei luoghi che la scrittrice aveva descritto con così tanta bravura da farmi credere che li avesse visitati tutti di persona.
Leah aveva dovuto raggiungere il resto del branco e Seth l’aveva seguita di malavoglia.
Da quando ero arrivata io, avevo scoperto che era diventato molto più pigro nei confronti dei suoi doveri di licantropo. Ma perché gli amici non capivano? Accidenti! Stava per diventare padre!
Laura sedeva accanto a me sul divano in una posa svogliata, guardando senza il minimo interesse un documentario sull’antico Egitto.
Io non avevo mai preso in considerazione la TV da quando ero arrivata in America.
In inglese! No, spiacente, ero troppo pigra per impegnarmi a capire quel che veniva detto dalle figure colorate che stavano dentro quella scatola elettronica.
Solo ogni tanto, mettevo un dvd in italiano, ma per il resto passavo la metà del tempo senza Seth a leggere.
Nei miei bagagli infatti c’erano libri su libri, quasi più carta che stoffa.
Ai miei vestiti infatti aveva provveduto Alice, assieme a Rose ed Esme, non appena ero arrivata in casa loro.
Vampiri! Così fissati con il lusso e gli sfizi degli umani agiati!
Risi fra me e me pensando che si parlava ben poco di immortali veramente poveri. Addirittura i nomadi, mi sembravano esseri dotati di una certa notorietà e con tutti i capricci facili da colmare.
Mi ero accorta della differenza tra bevitori di sangue e uomini-lupo anche da questo.
A La Push infatti si respirava un’aria più povera, ma non in senso negativo. Tutto era più semplice e comune. Le auto parcheggiate nei vialetti erano scassate, con la ruggine o soltanto di modelli anonimi, le villette dovevano essere al proprio interno tutte molto simili e strette e chi ci abitava non possedeva di sicuro capitali stratosferici.
Ma i Cullen…wow…erano ultramilionari.
Macchine sportive o eleganti a seconda dei gusti, tutte brillanti e veloci sull’asfalto. La casa che sembrava un castello per quanto era enorme e poi…gli abiti, i mobili, la fantastica vetrata fornita di un pannello elettronico per tenerla nascosta…
Scossi il capo e mi resi conto che la mia amica mi stava fissando. Alzai gli occhi dalle pagine del mio libro e aggrottando la fronte chiesi –Che c’è?- e Laura sorridendo raggiante disse –Niente-.
Grugnii e rimettendo il segnalibro tra le pagine mi scostai e le andai più vicina –No, ora mi dici cosa c’è!- iniziai a farmi il solletico e trattenendo le risate senza riuscirci supplicò di smetterla e poi disse con le lacrime agli occhi –E va bene, e va bene! Te lo dico…ma non è niente di che-.
La lasciai libera e attesi impaziente.
Ridacchiò e disse –Avevi una faccia buffa mentre leggevi. Davvero, è solo per questo-.
Mi finsi offesa e poi ghignando feci il gesto di ricominciare a torturarla, ma un colpo mi mozzò il respiro, e poi un altro e un altro ancora.
Strinsi le mani sul ventre e lo fissai in tensione, mentre Laura aveva sgranato gli occhi e guardava me impietrita.

Eccomi di nuovo mie care lettrici!!! Ho deciso che dopo tanta tensione vi ci voleva un capitolino un poco più tranquillo...(anche se come al solito vi lascio col fiato sospeso all'ultimo XD). Spero vi piacerà come sempre! ah, perdonatemi se ho aggiornato un pò lentamente...cercherò di sbrigarmi col prossimo.

Baci.

By Sammy

P.s.: forse il prossimo sarà scritto da Laura, ma prima dovrà leggere questo post scriptum e dirmi se le va xd

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Capitolo 26
*** Quando tuo figlio decide improvvisamente di volerti fare un dispetto ***


Capitolo 26

26. Quando tuo figlio decide improvvisamente di volerti fare un dispetto

[...capitolo transitorio...]

Restai contorta sul divano respirando a tratti e accarezzandomi il ventre come se quel gesto potesse far calmare il piccolo Gabriel.
Laura mi si era avvicina e disse nervosa, col tono ansioso –Okay…calma…sono solo le doglie. Va tutto bene. Le acque sono apposto-.
Alzai il viso per fissarla e mi resi conto che avevo iniziato a piangere. Avevo così tanta paura di partorire, che solo in quell’attimo avevo compreso come mai avessi sempre sperato che mio figlio non fosse prematuro.
Singhiozzai e risposi –Fa male, Laura…fa tanto male…-.
Lei si morse un labbro e mi aiutò a tirarmi su, poi con molta fatica mi portò in bagno trascinandomi per le scale e mi fece sedere sul water.
-Stai tranquilla, per favore. Se c’è qualcuna che deve avere paura qui sono io! Se Gabriel decide di farsi un giretto tre mesi prima del previsto come la mamma, non sarò molto utile. Credi che abbia una laurea in medicina tipo quel nevrotico di Edward? Non potrei trasformarmi in un’ostetrica, Samantha! Quindi ordina a tuo figlio di restare immerso nella placenta per questo fottutissimo mese che resta!- stava bagnando un panno con l’acqua del rubinetto, e ascoltai in silenzio, quasi mortificata, ciò che disse.
Era vero, non potevo certo chiederle di star calma in situazioni del genere…
-Io…- ma non sapevo che dirle, così sussurrai afflitta -…Scusa-.
Laura sospirò e si girò per guardarmi. Sorrise.
Tornò ad essere serena e poi, chinandosi davanti a me per passarmi la stoffa umida sul volto sudato, parlò di nuovo –Non devi scusarti…ma di certo sarebbe meglio portarti altrove. Se questo era il primo segnale della futura nascita del bimbo, dobbiamo prepararci. Per prima cosa, non puoi restare a casa di Seth e, seconda cosa, ti servono persone più esperte di me accanto-.
Ci guardammo negli occhi e arrivammo entrambe alla stessa conclusione: Carlisle Cullen.
Annuii e le risposi con un tono che passava dal fiducioso a quello triste –Sì, concordo con te ma…lasciare Seth qui…-
-Seth potrà benissimo venire con te. I Cullen lo apprezzano più degli altri licantropi. E poi, quando Edward e Bella torneranno…farà comunque tappa fissa lì…-
sicuramente il pensiero arrivò a Jacob e alla vicina divisione in due del branco. Mi mordicchiai un unghia e iniziai a riflettere.
Perché quegli eventi dovevano svolgersi se i nostri amici avevano letto i libri scritti da Stephenie? Perché non rendevano tutto più facile? Ad esempio, per quale motivo Sam avrebbe dovuto decidere di uccidere Bella e Renesmèe se era a conoscenza del fatto che la bambina sarebbe diventata l’imprinting di Jake e che proprio per questo era compito di tutto il branco difenderla? Perché non potevano far come Edward, che non era fuggito dal suo futuro? Edward, che aveva accettato l’idea di diventare padre e di rendere la sua amata immortale?
Era così complicato come sembrava?
Ma alla fine, mi ritrovai a ripetermi che se la divisione del branco doveva esserci, c’era un motivo che andava oltre l’arrivo della piccola Nessie.
La storia non cambiava del tutto il suo corso, e neanche io e Laura potevamo sperare di far molto per migliorare gli eventi.
In fondo, io e lei oramai non eravamo altro che personaggi di un racconto un po’ modificato.
Vivevamo avventure fantastiche con personaggi fantastici e non ci tiravamo indietro. Forse, eravamo entrambe due esseri inesistenti nel mondo reale.
Chi poteva dire, ormai, cosa fosse vero e cosa no?

Chiamammo Carlisle per chiedergli ospitalità, ed il vampiro naturalmente non ebbe nulla da obiettare.
-Bene, ha detto che Esme, Rose e Alice stanno già preparando la tua stanza. Andrà benone. Ora usciamo, io e te, e andiamo a comprare un po’ di cibo per far sì che quando Sue torni da lavoro trovi quello che le serve per preparare la cena…quei due ingordi del tuo fidanzato e la sorella mangiano come…lupi-.
Sghignazzammo entrambe per la sua battuta.
Era riuscita a farmi calmare e, con un po’ d’impegno mi aveva rubato un sorriso. Concordai con la sua idea di uscire un po’ e salii di sopra per prendere il largo giaccone di Seth che mi rendeva i movimenti un po’ più agili ed era estremamente comodo.
Feci le scale due a due e notai l’occhiataccia della ragazza che borbottò –L’eleganza di un ippopotamo…- ridacchiai e dissi –Quando torniamo mi aiuti a preparare le valigie, Laura?-. Lei alzò le sopracciglia e ribattè confusa e divertita –Quali valigie?! I Cullen ti avranno comprato un intero negozio di vestiti in pochi secondi…ei tuoi libri puoi lasciar…-
-NO!- gridai imperiosa. Lasciare lì i miei libri! Mai e poi mai!
Laura alzò le mani in segno di resa e sbuffando disse –Okay, okay…come non detto. Ora però muoviti…- sentii un tintinnio di chiavi e fissai quelle che teneva in mano.
-Ehm…scusa, Laura, posso chiederti perché hai le chiavi dell’auto di Leah?- quando si voltò ghignando disse –Non penserai mica che andremo a piedi fino al supermarket di Forks, vero?- sgranai gli occhi.
-Tu.sai.guidare?!-.
-Mmm…sì, in modo abbastanza buono. Emmett mi ha dato qualche lezioncina quando stavo con lui e il resto dei vampiri- fece spallucce e uscì dalla porta d’ingresso con me al seguito.
Salì al posto di guida ed io mi accomodai al suo fianco allacciandomi bene la cintura di sicurezza. Chissà perché, ma non mi fidavo proprio del tutto…
-Pronta?- aveva un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Deglutii e dissi incerta –S…sì, pronta-.
Inserì la chiave nel riquadro, la girò e subito la macchina prese vita. Non fece in tempo a compiere la retromarcia, che fece finire il cofano del mezzo contro il cancelletto di ferro e investì letteralmente un vaso di ciclamini.
Restammo bloccate e poi Laura disse in un sussurro –Ops…-.
Grugnii esasperata e dissi –Bene! Perfetto! Ora, spera che l’auto non si sia graffiata o abbozzata in alcun modo…meglio se ci sbrighiamo ad andare a comprare da mangiare…Leah ci ammazzerà-.
Storse la bocca al posto mio pensando a una tale possibilità e si sbrigò ad uscire da La Push.
Al supermarket per nostra fortuna non c’era tanta gente, così non impiegammo molto tempo per acquistare frutta, verdura e un po’ di cibo surgelato o in scatola.

Tornammo alla riserva dopo un’oretta e mezza, visto che avevamo colto l’occasione per fermarci in un piccolo bar a prenderci da bere.
Laura parcheggiò l’auto più o meno nello stesso punto dove la legittima proprietaria l’aveva lasciata, scese e andò a prendere rapida la busta stracolma di roba dal portabagagli e aspettò che uscissi anch’io dall’abitacolo.
Mi prese un leggera fitta al ventre ma cercai di non darlo a vedere e seguii la mia amica in casa.
La aiutai a sistemare i cibi in frigo o nella credenza e poi, salii di sopra per prendere i libri e quei pochi vestitini che erano ancora interi (visto che certi erano stati strappati da Seth…).
Osservai solo un po’ la stanza del mio ragazzo e sospirai. Mi sarebbe mancata, anche se di certo i Cullen mi avevano preparato uno spazio squisito e con tutte le comodità che avessi mai potuto chiedere…
Eppure, le pareti di legno, le tendine bianche, la finestrella dalla quale il sole filtrava delicatamente la mattina, i poster di quelle rock band che non avevo mai sentito nominare e l’armadio pieno di vestiti sparsi alla rinfusa…
Come poteva non mancarmi tutto ciò?
Di colpo, qualcuno bussò alla porta di sotto. Fissai l’orologio sul comodino. Erano appena le sei. Sue ancora lavorava e Seth mi aveva assicurato che non sarebbe potuto tornare con sua sorella prima delle sette e mezza circa, se non più tardi.
Sentii i passi di Laura mentre andava ad aprire e poi, all’improvviso, il caos.

Ciao a tutte mie carissime lettrici! perdonate il fatto che il capitolo sia così corto e che non sia sotto il POV di Laura...ma avevo specificato che non era certo che lo avrebbe scritto lei...comuuuuuuunque XD...dal prossimo, è SICURO che sarà Laura a scrivere, e se i suoi piani sono esatti, si prenderà ben tre capitoli di questa storia XD contente? siiiii, di certo già pensate che ci sarà da ridere...mmm...non posso dirvi niente perchè non so nemmeno io cosa abbia in mente di preciso XD. Baci.

By Sammy Cullen.

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Capitolo 27
*** Troppo difficile è odiare [POV Laura] ***


Capitolo 27

Carissime lettrici! ecco la bella sorpresa! Laura mi ha inviato pochissimi minuti fa il suo capitolo. Oggi non mi soffermo a dirvi molto. Alla fine troverete un piccolo "angolo autrice" dove la mia cara compagnuccia vi rivolge qualche parola XD (le dirò di farlo per tutti i suoi capitoli, altrimenti mi sento ingiusta a scrivere anche per lei ^^"). Beh, buona lettura!

Sammy Cullen

27. Troppo difficile è odiare

[POV Laura]

Quando andai ad aprire la porta ero totalmente sicura del fatto che avrei ritrovato Jacob davanti a me, dato che era uscito da poco e aveva dimenticato il cellulare sul divano di casa Clearwater, perciò quando la spalancai con un sorriso divertito e canzonatorio mentre tenevo in mano il telefonino non mi sarei mai e poi mai aspettata di ritrovarmi davanti Embry. Esattamente, Embry, l’unica persona che non avrei mai e poi mai voluto vedere.
Imprinting, molte volte mi sono chiesta se fossimo noi due gli strani, dopo tutto non era mai successo che un licantropo con questo particolare innamoramento allontanasse la ragazza, indignato per il comportamento di questa.
Come non lo sapete?
Esatto, qualche settimana fa, mentre chiedevo scusa, IO! Chiedevo scusa, quel ragazzino infantile mi aveva guardato storto e piuttosto freddo mi aveva detto di lasciarlo stare.
Sono orgogliosa lo ammetto, quindi un comportamento del genere non aveva fatto altro che aumentare il mio sentimento di astio verso di lui.
Credevate fosse impossibile? Sbagliavate.
Il sorriso mi si gelò sulle labbra, trasformandosi in una smorfia di delusione.
-Oh, ciao- lo salutai voltandomi, intenzionata a sparire di sopra per aiutare Sammy con le valige.
-Mi dispiace di averti deluso, non sono Jake, sono solo Embry, il tuo imprinting se non sbaglio- rispose cinico lui prendendomi per un polso, costringendomi a voltarmi.
Non potevo negare il fatto che Emb fosse bello, pure più bello di Jacob, anzi a dirla tutta era il più bel ragazzo che avessi mai conosciuto. Le mascelle leggermente squadrate, che gli davano un’aria adulta, le spalle larghe, il naso appiattito ma armonioso ed i capelli che sembravano stessero crescendo poco alla volta.
-Non lo so, dimmelo tu, data la tua ultima reazione- con un gesto secco liberai la mia mano e posai il cellulare sul primo appoggio che trovai.
-IO?! Ti rendi conto di quello che stai dicendo?!- esclamò stupito, mentre notavo che teneva stretto il pugno destro, come a trattenere la rabbia.
-Sì! Io sono venuta a scusarmi, ho tentato di farti ragionare e tu hai fatto l’offeso!- mi spostai un po’ più avanti, cercando di far valere un po’ di più le mie parole.
-Lo sai quando sei venuta?- gridò furioso, sentii muoversi dal piano di sopra la mia amica e Sue che ci guardavano dalle scale preoccupate. –Sei venuta quando sei stata obbligata dalla tua coscienza!-
Era tremendamente imponente, insieme a Sam e Jacob era il più alto del branco, ed in quel momento mi sembrava ancora più grande.
Boccheggiai sconvolta, poi ripresi fiato e risposi: - Non credi che sia leggermente… confusa?- domandai retorica. –Magari il fatto che per COLPA tua non abbia più una mia vita… non so fai tu!- sibilai fissandolo intensamente negli occhi neri.
Lui ghignò un attimo, non l’avevo mai visto così. –Hai ragione, come ho fatto a non accorgermene! Il mondo gira intorno a te!- rise sarcastico –Io chi sono? A sì! Un povero disgraziato che non ha sentimenti ne prova emozioni!- ringhiò scurendosi in volto all’improvviso.
-Non hai capito!- esclamai rabbiosa, mi aveva frainteso, come al solito!
-Io invece ho capito benissimo! Ed anzi, mi sto seriamente domandando se tra noi due ci sia quell’idiozia, ne sto dubitando seriamente- concluse gelido, riprendendo un po’ della sua calma abituale.
-Credi che sia facile?- domandai infuriata –Che sia normale per me abbandonare tutto, perdere parte della mia identità per il capriccio di non so quale spiritello maledetto!?-
Dietro di me Leah si era avvicinata, probabilmente temendo uno scatto di rabbia di Embry, che in quel momento tremava ancore più forte.
-Tu non sai niente- sibilò furioso –Tu sei semplicemente una ragazzina che per gioco si è  immischiata, ed ora che ne è rimasta bruciata si lamenta. Sei una bambina, volevi il gioco, te lo hanno dato, ma non era quello che desideravi, ed ora fai i capricci.- disse con la voce sottile e rabbiosa.
Mi fermai un attimo gelata da tanta cattiveria, le sue parole mi ferivano, mi facevano male nel profondo, un punto imprecisato del mio cuore che non credevo neanche esistesse, che nessuno aveva mai sfiorato, e che lui, con semplici e vere parole aveva distrutto..
Stavo soffrendo come non mai nella mia vita.
Sono sempre stata molto gelida riguardo ai rapporti, credevo che se mi fossi spinta troppo a fondo risalire dal burrone sarebbe stato troppo difficile, questa volta però qualcuno mi aveva buttato giù, e lui, il mio vero amore, anziché aiutarmi a risalire mi rigettava sul fondo.
Tutti gli affetti di imprinting mi dicevano che una volta che lo avevano visto il loro carattere era cambiato notevolmente, plasmandosi ai bisogni del compagno, con noi due non è mai stato così: ognuno, in qualche modo, manteneva il suo caratteraccio.
Eravamo troppo simili l’uno all’altra e anche quella volta entrambi reagimmo come avremmo fatto se privi dell’imprinting.
Eravamo Laura ed Embry, due ragazzi alle prese con il primo amore, e poco centrava quella magia.
Prima di rendermi conto che mi sarei fatta male gli diedi uno schiaffo, il dolore che ne seguì, probabilmente mi ero rotta la mano, fu però solo in piccola parte paragonabile a quello che ebbi quando notai il suo sguardo disperato e preoccupato. Non gli avevo fatto nulla, fisicamente parlando, ma lo stavo facendo preoccupare per me. Danneggiandomi, lo danneggiavo.
-Stai bene?!- chiese terrorizzato puntando i suoi occhi sulla mano completamente rossa e pulsante.
-A te che te ne frega? Dopo tutto sono una ragazzina viziata no?!- urlai mentre mi voltavo per salire. Trattenevo le lacrime mordendomi il labbro che ora aveva quasi iniziato a sanguinare.
Dovevo andarmene via, dai Cullen, lontano da lui, almeno finché non avrei avuto la testa a posto e dei pensieri coerenti anziché una serie di idee scomposte.
La mia scelta iniziale era la migliore, ed io, da brava idiota quale ero, l’avevo corretta nella certezza che sarei riuscita a rimediare.
Idiota, idiota, idiota, avevo semplicemente fatto peggio.
Percorsi a grandi falcate le scale di legno chiaro, costringendo Sammy ed il suo pancione a scansarsi per farmi passare. Incontrai solo un attimo i suoi occhi e fu l’ennesima pugnalata in quella mattinata maledetta: mi rimproveravano, in qualche modo, sapevano bene che ero egoista e che invece di perdonarlo, pretendevo di essere perdonata.
Embry mi seguì silenzioso fino in camera di Leeh-leeh dove, una volta dentro, iniziai a prendere i miei vestiti da dentro l’armadio che la ragazza aveva gentilmente condiviso con me.
-Laura non fare l’idiota!- mi sgridò lui sottraendomi la valigia da sotto la mano che ancora funzionava. Continuavo a trattenere le lacrime.
-Cosa Emb? Cosa vuoi? Sono una bambina, no? Una stupida orgogliosa bambina!- ripetei le sue parole singhiozzando e riprendendo il mio borsone nero che però rimase fermo nelle sue mani possenti.
-Senti non è facile nemmeno per me essere innamorato di una persona che conosco a mala pena!- sbottò esasperato, poi si gelò e mi guardò spaventato, sapeva bene che la frase appena pronunciata aveva aggravato la sua posizione.
Mi fermai, con un gesto secco ripresi il bagaglio e lo guardai gelida: -Hai detto bene, noi non ci conosciamo. Non possiamo amarci- fissai i suoi occhi spalancarsi per lo stupore, la bocca aprirsi senza parole, poi socchiuse gli occhi, come se una parte di se stesso l’avesse ripreso ed ora lo comandava.
-Io mi chiedo solo una cosa: perché la fai così difficile! Non ti basta accettarlo?- sibilò le parole con rancore e pena, stava soffrendo, quando me, se non di più.
-Senti chi parla! Sei tu il signorino che si offende facile!- gridai mentre chiudevo la prima valigia e mi accingevo a prendere il mio zainaccio di cuoio, pronta ad infilarci dentro alcuni libri a cui tenevo veramente.
-Io mi chiedo perché non la fai semplice come le altre! Facciamo così: dimentichiamo tutto- sospirò come per calmare la rabbia che vedevo che cresceva in lui.
-Eh no! Mio caro! Dopo che mi hai fatto tutta la filippica sul fatto che sono una…”bambina” viziata non te la scampi così- chiusi la cerniera con la mano che avevo usato per schiaffeggiarlo e mi ritrovai a lanciare un grido di dolore mentre l’arto si gonfiava sempre di più e diventava rosso.
La sua mano calda strinse immediatamente la mia contusa ed in un attimo crollò la maschera di autorità e rigidezza che aveva mantenuto fino a pochi istanti prima.
-Dobbiamo vederla subito…- sussurrò visibilmente accorato, non finì la frase perché tolsi l’oggetto della preoccupazione con un gesto bruto e lo portai accanto al mio petto.
-Non toccarmi Embry! Te l’ho detto, lo hai detto, non possiamo amarci, non vogliamo amarci, mettiamoci una pietra sopra, io sono una ragazza sconosciuta, e quindi NON MI TOCCARE!- sbottai voltandomi e iniziando a trascinare i bagagli per le scale, tenendoli con un'unica mano, perdendo molte volte l’equilibrio.
Vidi Leah che si avvicinava per darmi aiuto, che non rifiutai, poi si girò verso Embry e gli sibilò contro un “idiota” al quale rispose emettendo un ruggito sovrumano, rabbrividii e non mi voltai verso il ragazzo che saltava gli scalini due a due senza fatica.
-Laura dove pensi di andare?-
Non gli risposi ma presi il telefonino e in pochi secondi composi il numero di Emmett, volevo andarmene e lui era l’unico che sarebbe venuto a prendermi, almeno fino al confine.
Attesi i tre squilli abituali, che ogni vampiro faceva attendere per non sembrare troppo veloce nel rispondere e quando sentii la sua voce non aspettai che mi salutasse o altro ma gli chiesi semplicemente un passaggio. Non me lo negò, anzi probabilmente sentì il tono della mia voce alterato.
Quando Emb sentì la voce del mio amico “defunto” scoppiò in un ruggito, l’ennesimo, che soffocò afferrando la valigia dalle mani di Leeh-Leeh.
-Perché non fai come Sammy, cazzo!- mi gridò contro, sentivo la gola farmi male, quella sensazione di oppressione, che ti stringe le corde vocali e non ti permette di parlare, le lacrime che trattenevo si stavano concentrando tutte sulla gola rendendola secca e dolorante.
Mi voltai e lo fulminai.
-Sai perché, Embry? Sai perché non faccio come Sammy, o Emily, o che ne so, come Rachel? Perché non sono rimasta incinta a quindici anni, perché non ho fregato il ragazzo di mia cugina, non vivo con un fratello che si trasforma in licantropo, non ho crisi di timidezza come Kim, non ho due anni scarsi e mi diverto a truccare adolescenti come Claire: sono normale, afferri?  N.O.R.M.A.L.E!- gli urlai in faccia per poi togliergli nuovamente la valigia dalle mani.
La porta era rimasta aperta, dannazione, tutti avevano sentito tutto, eravamo il nuovo gossip giù alla riserva, ogni tanto notai qualche testa curiosa sporgersi, primo fra tutti Quil che guardava l’amico con aria afflitta.
-E’ tutto?- disse gelido guardandomi estremamente deluso.
-Tutto quello che due sconosciuti dovevano dirsi- ribadii uscendo dalla porta insieme a lui, rimanendo incastrata per qualche attimo, quando fummo finalmente fuori ci lanciammo un’ultima occhiata rancorosa per poi dividerci, io verso nord, lui verso Sud, verso la foresta, dalla quale dopo pochi attimi si levò un ululato di puro dolore.
Sfortunatamente io non potevo urlare in quel modo il mio dolore, potevo solo aspettare di scappare da quel piccolo mondo che mi osservava sbigottito, ed una volta fuori avrei potuto finalmente pugnalare il mio maledettissimo orgoglio e abbandonarmi al pianto.
Non tutti sanno che La Push è una piccola riserva, minuscola, dove ogni casa è attaccata o vicina, però la vicinanza tra casa Black e Clearwater è così minima che dalle finestre di ognuna si potevano vedere le azioni degli abitanti dell’altra.
Perciò non mi stupii più di tanto nel vedere jacob fuori dalla porta che mi guardava stupito e addolorato allo stesso tempo.
Lo superai senza parlargli un suo rimprovero, l’ennesimo, era l’ultima cosa che volevo sentire, ma come ho detto: non sono molto fortunata.
-Laura, cosa diamine vi è preso?!- esclamò riprendendomi in poche falcate e affiancandomi senza problemi.
-Fatti gli affari tuoi Jake- sibilai senza guardarlo negli occhi e continuando dritta per la mia strada.
-Sono affari miei! Sentire lo strazio e l’agonia, sì Laura, agonia! Di Embry ogni notte quando mi trasformo è anche un mio affare!- rispose senza urlare ma con un tono leggermente alterato.
-Cosa vuoi che ti dica?- mi voltai e lo guardai stanca, fermandomi un attimo nella mia corsa alla ricerca della libertà, che avrei trovato almeno in parte a casa Cullen, almeno così speravo, non avrei mai pensato che il suo pensiero mi avrebbe perseguitato ogni istante.
-Ritorna da lui e scusati! E’ colpa di tutti e due, però diamine! Siete proprio uguali! Nessuno ammetterà di aver sbagliato!- sbuffò esasperato.
Lo guardai stupita: uguali? Come poteva dirlo? Noi due non ci eravamo mai conosciuti, eravamo nati e cresciuti in ambienti completamente diversi, e come era possibile che ci assomigliassimo?
-Jake non me ne frega niente, lasciatemi stare, tutti- sospirai con voce stanca riprendendo a camminare.
-VI state facendo male!- mi gridò dietro fermo, per lo meno aveva capito che non doveva continuare a parlarmi, avrei potuto concludere male pure con lui.
-ZITTO!- gridai mentre sparivo dietro un angolo.
Camminai un altro po’ poi vidi finalmente la jeep enorme che stava parcheggiata mentre fuori era poggiato Emmett che scrutava l’orizzonte con piglio accigliato, in un attimo mi venne incontro e presi i miei bagagli li caricò dietro.
Tenendo le labbra strette e la mano dolorante attaccata al busto entrai nella macchina, una volta seduta mi allacciò veloce le cinture senza dire niente, lanciando solo uno sguardo incuriosito alla mano ormai gonfissima e rossa.
Chiuse il portellone e in quel preciso istante scoppiai a piangere. Tutta la rabbia, il dolore, in rancore che avevo trattenuto per quei minuti interminabili si riversavano in lacrime silenziose, mentre il mio corpo, leggermente piegato in avanti, era scosso dai singhiozzi.
L’auto si mise in moto e solo quando ci ritrovammo sulla provinciale proferì parola: -Dobbiamo metterci del ghiaccio- osservò porgendomi il braccio destro sul quale poggiai la mano trattenendo un urlo di dolore, poco alla volta si placò. Nonostante guidasse con un solo braccio non perdeva di vista la strada e non sbandò neanche per un attimo.
-Cosa è successo?!- esclamò allarmatissimo guardandomi negli occhi ormai arrossati e gonfi –Non ti ho mai vista così sconvolta!-
-Emmett…- sospirai.
-Si?- si voltò verso di me con un sopraciglio incarcato.
-Odiare è estremamente difficile- singhiozzai nuovamente, da quel momento smisi di parlare per un bel pò.
Aspettai che Samantha ci raggiungesse e nemmeno con lei fiatai, passavo tutte le giornate in camera mia, o meglio, l’ex camera di Edward, tentando di leggere o più spesso abbandonandomi a crisi di autocommiserazione seguite da una serie di accuse che mi auto-rivolgevo.
Ero come morta, letteralmente morta.
Ed i sogni che iniziai a fare non fecero che confermare la mia sensazione.

Angolo autrice:
Eccomi! In diretta dalla Dolomiti con il sedere dolorante T_T.
Mi scuso per l’immenso ritardo, scusatemi veramente tanto!
Spero il capitolo sia piaciuto ^^, lo so è una litigata, credo la prima nella storia dell’imprinting, ma io vedo Embry come una persona estremamente testarda e quindi poco propensa all’innamoramento, così come la sottoscritta (_ _).
Au revoir!

Laura Black

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Capitolo 28
*** Giorni sereni, almeno per me... ***


Capitolo 28

28. Giorni sereni, almeno per me…

I Cullen si erano davvero dati da fare per rendere il mio soggiorno, e quello di Seth e Laura, il migliore possibile. La camera di Edward, coi suoi milioni di cd, il divano in pelle nera ed il fantastico letto con la spalliera formata da rose intrecciate, era stata ceduta a me ed al mio fidanzato, ma non c’entravamo spesso, perché Laura se ne restava chiusa lì tutto il giorno, da sola, ed usciva solamente la sera per accamparsi sul divano a guardare la t.v senza interesse e in fine coricarsi.
Non mi parlava molto e la cosa mi rendeva triste, ma sapevo che ci sarebbe voluto del tempo prima che ricacciasse indietro l’orgoglio e corresse da Embry…se non avesse fatto qualcosa lui, chiaro.
Era destino che stessero insieme, perciò confidavo nel fatto che tutto si sarebbe risolto, tra loro.
Ma comunque, passiamo a parlare di me.
Erano le prime ore del pomeriggio quando iniziai a sentire lo strano, irresistibile desiderio di gustarmi una coppa di fragole con la panna.
Rose e Esme si erano subito offerte di andare a vedere nel piccolo supermarket di Forks se ci fossero le confezioni già pronte, ma il tempo era stato così maligno da cambiare improvvisamente e far comparire il sole così, quelle due amabili baby-sitter, si erano dovute accontentare di cercare un modo per farmi passare la strana voglia che avevo, ma senza successo.
-Sicura di non volere niente di diverso? Nel frigo abbiamo messo della cioccolata bianca, come piace a te…e in credenza sono rimaste ben cinque girelle…- diceva Esme, accarezzandomi teneramente una mano, come se fossi una bambina.
-…E anche della frutta! Possiamo farti un frullato o una crostata…vuoi, Sammy?- aggiungeva Rose premurosa, quasi euforica per il fatto di avere qualcuno da accudire…anche se non riuscivo a comprendere se tenesse più a me o a Gabriel.
Scuotevo il capo testarda e ribattevo che non avevo fame, ma solo una grande e stranissima voglia di fragole con la panna.
Roba che non sapevo neanche se in America le fragole ci fossero!
Alice arrivò dalla sua camera assieme a Jasper, che mi osservava curioso, anche se non capii perché fino a quando l’elfo-vampiro al suo fianco non disse con la voce simile al suono di tanti campanelli –E’ nervosa, Jasper?-
E lui scotendo il capo rispose fissandomi –No, per niente. E’ calmissima, nessuno sbalzo di umore-.
Ero felice che tutti si prendessero cura di me, in un modo o nell’altro, ma mi mancava Edward, così come mi mancava Alessandro.
Avevo bisogno dei miei due migliori amici. Del ragazzo umano e del bel vampiro enigmatico, perché sentivo che c’erano tante cose da raccontare. Cose che non me la sentivo di dire a Seth, sapendo che si sarebbe preoccupato.
Volevo piangere stando seduta sul letto di Ale, dicendogli tutta la verità, dicendogli che gli volevo bene comunque pur dovendo stare lontana e che sarebbe sempre rimasto speciale, per me.
E volevo Edward per poter raccontare quei sogni che mi vorticavano in testa, e per sapere qualcos’altro su Didyme o almeno, qualcosa che già non sapessi.
Avevo infatti scoperto grazie a quell’immensa fonte del sapere chiamata Internet, su un sito dedicato alla saga dei quattro libri, che Aro aveva ucciso sua sorella per il semplice motivo che intralciava i suoi piani di conquista, volendo andarsene col suo alleato dotato di un ottimo potere extra, Marcus.
Quant’era meschino…
Avevo subito chiuso la pagina web scioccata. Uccidere qualcuno che si ama…a cui si vuole bene…una di famiglia.
Speravo di non dover mai incontrare quel mostro, ma i sogni parlavano chiaro, così come quell’unico che Laura mi aveva raccontato.
Ero certa che ne avesse fatti degli altri, ma vista la sua situazione con Embry, non me la sentivo di entrare in camera di Edward per chiederle di raccontarmeli.
-Ho un’idea, fermi tutti- Emmett era arrivato dalla cucina con in mano un bicchiere pieno di macedonia ricoperta di panna, me la mise sotto il naso e disse sorridendo a trentadue denti scintillanti e acuminati –Ecco, frutta e panna. Non cambia niente no? Le fragole sono frutti e la panna ci sta sopra-
-Perspicace, Emmett- Jasper ridacchiava per stuzzicarlo.
Emmett gli ringhiò scherzosamente e ficcò un grosso cucchiaio nella massa morbida e cremosa, poi lo tirò fuori e me lo avvicinò alle labbra.
-Su, apri la tua bella boccuccia da umana, bambolina-.
Lo fulminai e poi di colpo mi misi una mano sulla bocca e tutti scattarono. Rose mi cinse le spalle delicatamente e disse –Cos’hai?-.
Tolsi la mano per dire cercando di non parlare troppo –Mi viene da vomitare…è l’odore della frutta…-
Rosalie fulminò Emmett che roteò gli occhi e andò a buttare la roba in un cestino, forse con tutto il bicchiere di vetro ed il cucchiaino.
Seth, che era andato a La Push per il suo turno di guardia intorno al confine, trovandomi accerchiata dai Cullen come se fossi in punto di morte, mi si precipitò vicino accarezzandomi il viso in quel modo così dolce da lasciarmi una traccia bollente sulla pelle e chiese soffermandosi su Carlisle, che era rimasto sereno durante tutto il tempo osservando con un’espressione leggermente divertita e dolce sul viso angelico –Cosa c’è che non va? È tutto apposto? Di nuovo le contrazioni?- sembrava una macchina, quasi non respirava.
Sbuffai e gli arruffai i capelli neri con le punte tinte color sabbia, proprio come il colore della sua pelliccia da lupo, poi dissi ridendo di gusto –Ho solo voglia di fragole e panna, Seth. Calmati, sia io che Gabriel stiamo bene-.
Aggrottò la fronte e poi mi accarezzò il ventre gonfio dicendo –Ah-.
Nessuno parlò per qualche istante, e stavo per rompere il silenzio ricominciando a dire che avevo voglia di queste maledette fragole, quando lui mi baciò la fronte e a grandi passi si diresse verso la porta d’ingresso per uscire.
Cercai di alzarmi ma non mi andava di sforzarmi da sola, così Rose mi diede una mano, poi mi avvicinai a Seth prima che scappasse senza dirmi niente –Dove vai?- non mi andava che scomparisse di nuovo lasciandomi lì.
Si voltò, mi strinse a se baciandomi con ardore e poi, mentre cercavo di riordinare le idee, disse ridendo nel suo modo allegro –Torno presto-. Uscì, si trasformò in lupo con un balzò e scomparve tra gli alberi che circondavano la casa.
Visto che oramai ero in piedi, decisi di uscire.
Sospirai e mi girai verso Rosalie chiedendole in prestito la sua BMW. Lei non disse di no, ma inizialmente insistette sul fatto che sarebbe stato meglio se mi avesse accompagnato dove volevo andare, ragionando sul mio stato fisico.
La supplicai di lasciarmi un po’ sola perché avevo il disperato bisogno di riflettere –non accennai su cosa- e alla fine la bionda acconsentì a darmi un po’ di libertà.
Mi diede le chiavi dell’auto (roba che perfino quelle avevano un design spettacolare) e scesi in garage.
Il problema era che non sapevo come si guidava un’auto…
Storsi la bocca e accomodandomi goffamente al posto di guida, mi infilai la cintura immediatamente e infilai la chiave nel riquadro.

Bene, perfetto…sei a buon punto…

Annuii poco decisa e misi in moto. Subito il mezzo prese vita, col motore intento a fare le fusa docilmente.
Armeggiai un po’ col freno a mano e coi pedali rischiando di finire contro la jeep di Emmett, parcheggiata dietro la M3 di Rose.
Inchiodai in tempo e fissai dallo specchietto retrovisore il bestione su quattro ruote del vampiro che, lo sapevo bene, non si sarebbe ammaccato quanto la splendida berlina della moglie.
Persi mezz’ora cercando di capire come funzionassero le cose ed infine riuscii finalmente a guidarla.
La cosa più complicata in fondo era capire come manovrarla, ma una volta che avevo preso il via, era un gioco da ragazzi…anche perché quella BMW…wow…si comandava che era una meraviglia!
Non andai mai ad una velocità troppo elevata perché pur essendo euforica a causa della mia nuova impresa andata a buon termine, ero cosciente di avere la responsabilità di una vita umana oltre la mia, e che un incidente sarebbe stato poco gradito.

Forse era meglio se prendevi in prestito l’auto antimissile che Edward ha comprato a Bella…

Roteai gli occhi a quel pensiero così idiota e iniziai a prendere in considerazione l’idea di fare di persona una capatina al piccolo supermarket.
Sorrisi compiaciuta e aumentai di poco la velocità, così arrivai in dieci minuti a destinazione.
Parcheggiai di fronte all’entrata, un po’ sulla sinistra, scesi lasciando le chiavi nel riquadro ed entrai all’interno.
Alla cassa c’era una donna sulla cinquantina, coi capelli lunghi e secchi, bianchi all’altezza delle tempie e all’attaccatura, gli occhiali poggiati alla fronte come se ci vedesse bene, ma avevo qualche dubbio perché strizzava le palpebre ogni trenta secondi, la pelle con delle rughe leggere ed una sfumatura giallognola e le labbra screpolate e piccole.
C’era il riscaldamento acceso, con tutto che fuori brillasse il sole dopo chissà quanto, e mi si stava formando un leggero strato di sudore in fronte.
Mi avvicinai alla signora e chiesi –Scusi, avete delle cassette di fragole, qui?- lei alzò un sopracciglio biondiccio e folto e rispose come se l’avessi scocciata –Non mi sembra, spiacente signorina-.
Annuii e sussurrai un “okay…”, poi decisi di sbirciare tra gli scaffali per vedere se il mio stomaco potesse reclamare qualcosa di diverso.
Ero arrivata allo spazio riservato ai cibi in scatola, mentre quella cassiera silenziosa e scorbutica mi controllava come se fossi una ladra, quando sentii la porta aprirsi e le campanelle attaccate suonare come in uno di quei film horror dove la vittima incontra l’assassino la prima volta, quando ancora non sa di essere la prossima malcapitata.
Le voci di un gruppetto di giovani riempì lo spazio circostante, interrompendo il silenzio quasi opprimente che c’era lì dentro, infastidito solo dal ronzare di un piccolo freezer all’angolo con dentro birre in lattina e coca-cola in boccette da un litro.
-Ehi, Mike, non strafare con quella roba, o ingrasserai-.
-Ah, sta zitto Erik! Mi tengo in forma io-
-Insomma ragazzi, smettetela di comportarvi come bambini…-
-Angela, loro non si comportano così…lo sono e basta-.
-Jess non essere così perfida con noi…-
una risata generale e trattenei il fiato per un istante.
Allora esistevano davvero! E pensare che io non ci credevo! Sbirciai da dietro lo scaffale pieno di barattoli di uvetta passa e ananas confezionate e vidi Mike, Jessica, Angela, Erik, Tyler e Lauren.
Grugnii infastidita fissando quest’ultima, ma poi restai immobile a spiarli, sperando che la cassiera non facesse la spia e che il gruppo di giovani non decidesse di venire dalla mia parte.
Jessica, bassina e coi capelli sciolti sulle spalle a incorniciare un viso paffutello, disse mentre prendeva due pacchetti di patatine dallo scaffale vicino l’entrata –Sapete le ultime notizie?-.
I ragazzi aggrottarono la fronte e fecero spallucce come a dire che no, non le sapevano, mentre Angela chiese senza un vero e proprio interesse –Che notizie?- e quella snob di Lauren assottigliava lo sguardo da pesce lesso già pronta al gossip.
Jessica iniziò a dire –Sono arrivate due nuove ragazze in città, vivono a La Push ma una di loro verrà nel nostro vecchio liceo, da settembre…- restai congelata e deglutii pensando che in quell’accidenti di cittadina non c’era privacy e che perfino Edward, col vizio di entrare nella mente di tutti, era meno impiccione della gente che viveva lì!
Ma non potei continuare ad irritarmi silenziosamente, perché la ragazza continuò -…Ho addirittura sentito dire che sono state portate qui dai Cullen! Ma ci pensate?- il tono era diventato quasi critico.
-Oh beh, allora saranno due tipe strane, se stanno con loro- disse Erik mettendosi in mezzo, seguito subito dopo da Lauren, che chiese, attenta come un serpente a sonagli viscido e letale –Come mai ne verrà solo una, alla Forks High School? L’altra che problemi ha? Preferisce stare con gli indigeni ad appuntire le frecce?- dalle mie labbra uscì un suono simile a un sibilo e per poco non mi misi paura da sola. Sembravo una vampira, per la miseria! A soffiare come un gatto!
Gabriel nel mio ventre scalciava come se avesse ascoltato le insinuazioni della ragazza e volesse picchiarla.
Ah, ero così tentata di farlo io!
Jess rispose subito, col tono più divertito, quasi sogghignante –Oh, qui viene la parte più bella! È incinta, e non si sa di chi! Ha addirittura due anni meno di noi...è un peccato che non potremo conoscerla di persona, sarebbe divertente-.

Bene, posso ucciderla? Risparmierò solo Angela, e forse Mike, anche se gli sta sul cavolo Edward.

L’altra pettegola stava per fare un commentino, mentre Erik e Tyler si scambiavano occhiate eloquenti. Chissà cosa diavolo pensavano di me!
Angela se ne stava zitta, non sembrava piacergli quel discorso.
Ringraziai il cielo pensando che tutti quei ragazzi da settembre sarebbero stati in qualche college, visto che si erano beccati il tanto reclamato diploma. Questo stava quindi a significare che Jessica e Lauren erano state private della nuova attrazione dell'anno: me. Sbuffai scocciata e feci per passare dietro gli scaffali per non farmi vedere, ma il pavimento era umido e così per non cadere a terra, mi aggrappai ad uno di quelli rovesciando a terra le scatole di cibo confezionato e attirando l’attenzione degli giovani.
Sospirai rassegnata e mi chinai con un grande sforzo per cercare di raccogliere la roba sparsa, ma non riuscivo a piegarmi abbastanza giu.
Qualcuno, due paia di mani, iniziarono a fare quel lavoro al posto mio.
Alzai gli occhi e trovai proprio Angela e Mike.
Lei mi sorrise e disse gentile –Lascia, facciamo noi-.
Il ragazzo invece annuì e mi fece un cenno amichevole. Mi domandai se avessero capito già chi fossi.
A quanto pare, le due oche sì, e mi fissavano tra l’imbarazzo e il fastidio di essere state colte in fragrante.
Le ignorai e restai aggrappata allo scaffale, incrociando lo sguardo ancora più scocciato della cassiera, che mi faceva venir voglia di mandarla a quel paese.
Quando sul pavimento non restò niente e tutto fu rimesso al suo posto ordinatamente, dissi per scusarmi –Mi dispiace…lo avrei fatto io ma…beh…non sono molto elastica di questi tempi- e il piccolo scalciò come per confermare la sua presenza.
Mike disse ridendo leggermente nervoso –Ah…non preoccuparti, non è stato un fastidio…possiamo…capirti…diciamo-.
Gli sorrisi leggermente e ricambiai allo stesso modo per Angela.
A loro due porsi la mano e mi presentai –Piacere…mi chiamo Samantha. Samantha Al…- mi bloccai prima di dire il mio cognome. Volevo godermi l’attimo di popolarità, visto che c’ero, così dissi rapida –…Cullen-.
Tutti sgranarono gli occhi, perfino la donna scorbutica alla cassa.
-Ora capisco il perché di quella BMW parcheggiata qua fuori!- Tyler fissava l’auto da oltre il vetro quasi sbavando.
Ridacchiai e dissi –Beh sì…è di Rosalie Hale, me l’ ha prestata-.
Ancora quegli sguardi stupiti.
Decisi che era meglio andarmene prima che arrivassero i giornalisti, così li salutai in fretta –certi più calorosamente di altri- e salendo in auto me ne tornai rapida a casa Cullen.

Quando rientrai in casa dalla porta del garage collegata alla cucina, notai con dispiacere che Seth ancora non c’era e che gli avevo dato un’ora e mezza di tempo tra andata e ritorno.
Sbuffai ributtandomi sul divano, mentre Alice facendomi spazio disse divertita dalla mia espressione tetra –Stai tranquilla, è vicino, sento il suo odore-.
Fissai prima lei poi gli altri che annuirono per confermare e dopo qualche minuto, Seth comparì dall’ingresso.
Teneva una bustina in mano, ma non riuscii a capire cosa ci fosse dentro. Fece un cenno leggero a Esme di seguirlo e la vampira accetto volentieri.
Entrarono in cucina e sentii dei rumori deboli a orecchio umano, poi ricomparvero entrambi e Seth, il mio tenero Seth, si avvicinava al divano sul quale stavo con una coppa di cristallo tra le mani e dentro, affogate nella panna, delle fragoline di bosco.
Le fissai stupita, poi guardai lui e dissi –Tu…hai…preso le fragole…per me-
Ridacchiò e disse –Cercate, a dir la verità. Sono corso sui monti per raccoglierle-.
Avevo ancora la bocca spalancata.
Mi lasciai mettere la coppa tra le mani, col cucchiaino piantato dentro come la bandiera americana sulla luna e poco dopo avevo iniziato a mangiarle gustandole a fondo.
Il sapore dolce mi riempiva la bocca e rendeva felici le papille gustative.
Non ci misi comunque molto a spazzolarmele tutte.
Una volta che ebbi finito, Seth disse –Vorrei portarvi in un posto-. Oramai parlava spesso al plurale, inserendo nostro figlio nel discorso.
Aggrottai la fronte e chiesi –Dove?-
Roteò gli occhi e disse sorridendo –Se te lo dicessi non farebbe lo stesso effetto, no?-.
Già, anche questo era vero. Annuii ridendo leggera e lasciai che Rosalie portasse via la coppa vuota col cucchiaio.
Il ragazzo mi prese in braccio e poi, una volta fuori casa, mi mise giu di nuovo e disse –Mi salirai in groppa, okay?- lo fissai scettica. Io sul dorso di un lupo gigante? Era uno scherzo?
Osservandolo bene capii che la risposta alla mia domanda era no.
Lo ammirai trasformarsi di nuovo, dopo aver legato i pantaloni ad un laccio sulla caviglia e voltarsi col muso verso di me.
I suoi occhi erano quasi all’altezza dei miei.
Sapevo che Jacob e Sam erano il doppio di lui e tremai al pensiero.
Si appiattì sul terreno per rendermi più facile il compito e alzando goffamente una gamba gli finii sopra.
Quando percepì la mia stretta forte sulla sua pelliccia color sabbia, si alzò e iniziò a trottare.
Mi parve di percepire un ammonimento da parte di Rosalie, prima che fossimo troppo lontani dalla villa. Qualcosa come “Se la fai cadere e si fa male sei un cane morto!”.
Trattenei le risate anche perché c’era il rischio di mordermi la lingua. Ammirai il verde tutt’intorno a noi, gli alberi pieni di muschio che sfrecciavano vicino, la luce che filtrava dai rami e il canto di qualche piccolo volatile tra di essi ma, soprattutto, mi cocentrai sul suono delle sue zampe che schiacciavano il fogliame, come un raschiare leggero e il fischio del vento nelle orecchie.
Tutto meraviglioso.
Perfino il sole, mio acerrimo nemico, quel giorno mi pareva splendido. Il tocco finale per terminare un’opera d’arte.
Non saprei dire quanto corse Seth, ne quanto gli restai aggrappata sopra, ma so che quando comparimmo ad una cascata stupenda, col riflesso dell’arcobaleno ed il rumore dell’acqua scrosciante, il mio cuore si fermò per un attimo.
Era magnifico.
Avevo sempre amato le cascate, ed ora ne vedevo una, dopo anni.
Si distese nuovamente per darmi modo di scendere e poi tornò alla sua forma umana e mi chiese trepidante: -Ti piace?-
Gli buttai le braccia al collo goffamente, saltellando fino a che non si chinò e mi tirò su per baciarmi.
-Speravo che reagissi così- era terribilmente soddisfatto.
Lo baciai ancora e sussurrai –Non vedo l’ora che nostro figlio nasca, così potrà ammirarla assieme a noi due-.

-Sì, non vedo l’ora anch’io, amore-. Mi sfiorò il volto e mi fece distendere vicino a sé per contemplare quel luogo stupendo in tutta tranquillità.

Bene, bene...eccomi qui, la vostra Sammy Cullen XD. Questo capitolo è stato scritto dalle mie manine fatate solo perchè Lalla Black ha bisogno di tempo per il prossimo xd.
Spero vi sia piaciuto! non vedo l'ora di leggere i vostri commenti!

By Sammy C.

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Capitolo 29
*** La strana sensazione di sentirsi mancare la terra sotto i piedi [unico POV Seth] ***


Capitolo 29

29. La strana sensazione di sentirsi mancare la terra sotto i piedi
[POV Seth]

Era una giornata come tante altre, ma un solo, piccolo e delicato dettaglio, la rendeva migliore: Samantha. L’avevo lasciata da poco a casa Cullen, dopo averla tenuta per un po’ da me, visto che mia madre, Sue, ci teneva a rivederla.
Tutti, nel branco o non, avevano saputo delle sue doglie improvvise, dei falsi allarmi.
Naturalmente, non potevano capire come mi sentissi io o, ancor di più, come si sentisse lei…la mia piccola sfera di luce, la bolla di sapone che conteneva dentro di sé la mia vita.
Avevo deciso di riportarla dai Cullen con l’auto di Leah, pensando che gli sbalzi che poteva subire standomi in groppa se l’avessi trasportata sottoforma di lupo, avrebbero avuto qualche effetto negativo su nostro figlio –o figlia, ma lei era certa che fosse un maschio, perciò non la contraddicevo-, che ormai era vicino al venire alla luce.
Diventare padre così presto non mi sarebbe mai passato per la testa, ma sapere di condividere un’esperienza simile con Samantha, aiutava a darmi coraggio.
Già, avevo terribilmente paura.
Ogni volta che la stringevo a me, che percepivo il battito di un secondo cuore nel suo ventre, quando vi poggiavo l’orecchio…ogni volta che le cedevano le gambe e la riprendevo prima che ruzzolasse a terra, ogni volta che sussultava poggiando una mano su quel rigonfiamento del corpo morbido e roseo e, per finire, ogni volta che storceva la bocca annusando l’odore del cibo che Rosalie ed Esme le preparavano con tanta premura.
Io avevo paura.
Perché la sensazione di sentirsi parte di qualcosa di così tremendamente stupendo, la formazione di un nuovo essere vivente che non sarebbe stato me o lei, ma che al tempo stesso sarebbe stato un po’ entrambi…
Wow…
Padre…diventavo giorno per giorno padre.
Più il bambino cresceva dentro il corpo di Sammy, più io mi sentivo spaventato, ma allo stesso tempo pronto, a prendermi una responsabilità così grande.
-Edward e Bella non sono ancora arrivati?-
il suono della voce così bassa e calda di Sammy mi riportò alla realtà. Ogni volta che parlava, mi sembrava di stare ad ascoltare il suono di mille arpe…un tono così profondo e rilassante…
Laura era seduta sul divano, intenta a guardare quello che mi sembrava un documentario, o roba simile.
Mi dispiaceva per la situazione venutasi a creare tra lei ed Embry, ma non mi ci ero soffermato molto.
Ero sempre troppo occupato a preoccuparmi per la mia delicata sfera di luce.
La ragazza le rispose sorprendendo tutti i vampiri in casa, visto che era da quel giorno a La Push, con il litigio, che non aveva quasi più aperto bocca.
-Mentre Seth ti riportava qui, Edward ha chiamato. Ormai saranno a metà strada…- non appena terminò, posai lo  sguardo sullo splendido volto della mia ragazza, che disse illuminandosi –Bene! Non vedevo l’ora di riabbracciare Edward-.
Stranamente, non riuscivo a sentirmi geloso dopo questa affermazione. Ero solo felice che lei fosse felice a sua volta.
Semplice.
Avrei fatto qualsiasi cosa, se me lo avesse chiesto. E se il mio amico vampiro non avesse amato Isabella e si fosse –chissà per quale assurdo motivo- interessato all’amore della mia vita, non avrei mosso un solo dito per separarli.
Era la felicità di Sammy, a contare, e null’altro.
Perciò, ammirando il suo sorriso sbieco, provavo solo un calore più immenso del normale in tutto il corpo.
Amavo ogni dettaglio di quel viso ovale e scaldato dal sangue che le arrossava le guance.
Ed era mio. Mio, per sempre.
La strinsi a me in un gesto abitudinario e gioii quando la vidi tremare a causa del contatto, come se una scossa elettrica ci avesse oltrepassato.
Rispose a Laura fissandola teneramente, quasi come se lei fosse una donna adulta che si apprestava a rivolgere la parola ad una bambina –Laura…posso chiedere a Edward di lasciarti la sua camera…Carlisle non ne ha bisogno, vero?- fissò il dottore come per chiedere conferma e lui disse pacato, sorridendo –Naturalmente. Lo spazio non è un problema. Sistemeremo Bella nel mio studio, con le apparecchiature che servono, quando vedremo che la piccola sarà arrivata alla fine dello sviluppo-.
Sammy mi si strinse addosso e percepii l’euforia nell’aver ricevuto il consenso del padrone di casa.
Credo che adorasse Carlisle. Che lo ritenesse come il padre biologico.
Le accarezzai la schiena, poi di colpo sentii un ululato e capii che gli altri mi stavano chiamando.
Grugnii scocciato. Non mi andava di lasciare sola Samantha nelle condizioni in cui stava…ci fissammo per un istante e provai un dolore lancinante, misto alla soddisfazione di sapere che lei non poteva fare a meno di me, quando notai lo sguardo triste ma rassegnato.
Non poteva obbligarmi a restarle vicino. O almeno, questo è ciò che pensava. Se lo avesse fatto, non avrei opposto la minima resistenza. Avrei ignorato tutto.
Il branco non sarebbe più stato un problema mio. Ma sapevo come la pensava. Si sarebbe sentita in colpa verso i miei amici se mi avesse portato via da loro e dalle mie responsabilità di licantropo…le stesse che mesi prima erano riuscite a separarmi da lei.
-Ti aspetto, okay?- disse sfiorandomi le labbra con due dita e poi scostarle per poggiarci le proprie, più morbide e squisitamente saporite.
Amavo tutto di Samantha. Il sorriso, lo sguardo, i capelli castani corti e coi riflessi ramati, il profumo ed il sapore dolce della pelle.
La baciai con urgenza, sperando che quegli ululati cessassero, in lontananza, ma a quanto pare le mie suppliche erano inutili.
Mi scostai sospirando da Sammy, le presi il volto tra le mani, con la fronte contro la sua, e dissi in un sussurro –Non affaticarti. Fai quello che ti dicono Rosalie ed Esme…e sarebbe anche ora di fare un’ecografia, no?-.
-No, è una cosa sciocca. So che nostro figlio sta bene e che è maschio…quindi…- lasciò cadere la frase, sapendo che avevo capito cosa intendeva.
Ridacchiai e accarezzai la sua pancia gonfia, poi mi girai dopo aver salutato con un cenno la famiglia Cullen e aver detto –Se non torno in tempo, salutate Edward e Bella da parte mia e ditegli che sarò di ritorno abbastanza presto con Jacob-.
Uscii nel giardino togliendomi mano a mano qualche parte di abbigliamento, poi saltai in avanti ed esplosi.
Il calore m’invase, iniziò a scorrermi in ogni singola vena, annebbiandomi la vista, poi sentii la carne strapparsi, tendersi e coprirsi di pelliccia.

Ricaddi a terra su quattro zampe e usufruii della spinta iniziale per correre più rapido.

-         Ehi moccioso, finalmente hai deciso di prestarci un po’ del tuo tempo!

-         Paul, stà zitto.

-         Già Paul, chiudi il becco.

-         Tu non impicciarti, Leah!

Ringhiai infastidito dal fatto che Paul mi chiamasse “moccioso”, proprio come Jake, ma sghignazzai in un latrato quando Sam e Leah lo rimbeccarono. Chi meglio chi peggio.

-         Seth, sbrigati a raggiungerci.

-         D’accordo, ci sono quasi. A cosa è dovuta questa riunione, ragazzi?

-         Ne parliamo appena saremo tutti riuniti. Quil e Jared devono ancora arrivare.

-         Okay, niente domande.

La voce di Sam era seria, ma non così tanto da farmi preoccupare. Allungai il passo trottando e sbucai dopo poco in un piccolo spazio erboso.
A parte Jared e Quil, c’erano tutti, perfino i più giovani. Quelli che, se fossi stato infame come i miei amici, avrei potuto chiamare a mia volta “mocciosi” o “cuccioli”.
Ci eravamo messi in cerchio, stando più larghi solo per lasciare il posto ai ritardatari, che comparirono assieme da sud.
Dovevano essere rimasti qualche minuto di più con le rispettive…ragazze. Beh, per Quil bambina, parlando della piccola Claire, ma il senso è quello.

-         Ehilà gente! Eccoci qui.

-         Quil, smettila di fare lo scemo e mettiti in cerchio. Non vi ho convocati per fare quattro chiacchiere. E’ una cosa seria.

-         Di che si tratta, Sam?

Jared era più calmo del lupo al suo fianco. Quell’idiota di Quil infatti continuava a pensare al nome della bimba senza sosta e di colpo, qualcuno, ringhiando disse:

-         Quil! Dacci un taglio!

Embry era teso, si vedeva lontano un miglio che non voleva stare lì, ma naturalmente non era l’unico.
Io infatti ero terribilmente in ansia. E se il bambino fosse nato mentre ero assente? E se accadeva qualcosa a Sammy? Come mi sarei comportato tornando a casa Cullen e trovandola stesa su un lettino in fin di vita per colpa di qualche incidente domestico?
Ah, no, no, NO! Dovevo scacciare quei pensieri dalla testa.

-         Sì fratellino, lo penso anch’io.

-         Mi associo a Leah.

Grugnii in direzione di Jake e mia sorella, poi di colpo Sam ululò facendo calare il silenzio.

-         Basta adesso. State tutti in silenzio. Dobbiamo decidere come comportarci.

Non capivo. Cosa doveva accadere di così importante da costringerci a riunirci? Non feci domande, attesi di sentire ciò che il nostro capo branco aveva da dire.

-         Come tutti sapete, Edward Cullen ed Isabella Swan sono di ritorno dal loro viaggio di nozze, e lei è incinta.

-         …Di una piccola mutante…

-         Risparmiaci i tuoi commenti, Paul

-         Okay capo

Ci fu un attimo di silenzio, poi le parole che seguirono, causarono un’ondata di pensieri ammassati gli uni sugli altri:

-         So che la bambina nascerà comunque, anche se il branco si dividesse, quindi, credo che cambiare il corso degli eventi non sia un problema.

Sospirai rasserenato. Era una fortuna che non si decidesse di dividere il gruppo.
Anche se, in caso fosse accaduto, avrei seguito Jacob.
Ma qualcuno non era d’accordo. Certi di noi cercavano di trattenere il proprio malcontento.
Paul, ad esempio, era irritato fin dal principio. Se non avessimo saputo che la piccola Renesmèe sarebbe stata l’imprinting di Jake, sicuramente lui avrebbe scoperto i denti per primo contro i Cullen, ma naturalmente quest’ultima consapevolezza aveva fatto sì che riuscisse a frenare i suoi bollenti spiriti.
Leah si era affezionata a Sammy in modo sorprendente e grazie a lei e a Laura aveva iniziato a pensare in modo meno egoista così, se prima non le sarebbe interessato niente della salvaguardia dei vampiri vegetariani, adesso iniziava a rifletterci solo per il semplice fatto che la mia ragazza ne avrebbe sofferto.
Per quanto riguardava me e Jake, avevamo i nostri motivi per non voler dare fastidi ai Cullen.
Quil era la testa calda nel gruppo. Come Paul, anche lui avrebbe volentieri lottato contro Emmett o che ne so…Jasper.
Embry non sembrava interessato all’argomento, lo capii non sentendo alcun pensiero provenire da lui. Era silenzioso, e se ne stava accucciato da una parte con una delle grosse zampe anteriori sul muso, decisi di ignorare il caos creato dagli altri e mi avvicinai.

-         Passerà, Embry, ne sono certo. E’ solo un periodo no…dalle tempo.

-         Tempo?! Quanto tempo serve per capire se si ama o no una persona?!

Ringhiò, ma non come per minacciarmi. Gli restai affianco e dissi ancora

-         Ti ricordi come andò tra me e Sammy?

-         Sì…

Restò a rifletterci e nel mentre aggiunsi deciso

-         Non accettava il fatto di dover stare con me. Non mi voleva ferire dicendomelo in faccia, ma avevo capito. E poi, di colpo, qualcosa le ha fatto cambiare idea, ma all’inizio ho dovuto aspettare anch’io, come te adesso.

-         Ma tu non hai mai discusso con Samantha. Non ti ha mai incolpato di averle rovinato la vita e non…

Si bloccò di colpo e puntò il muso verso nord, nella direzione da cui ero arrivato io, e così fecero tutti gli altri, poi Jacob disse

-         Ehi, due dei succhiasangue stanno correndo verso di noi

L’odore era inconfondibile, ma non riuscimmo a capire chi fosse.
Poi, dalla vegetazione, comparve Alice, seguita come sempre da Jasper. Ci guardarono tutti, ma si capiva che cercavano qualcuno in particolare, così non riuscii a trattenere un guaito immaginando chissà quale incidente accaduto a lei.
Alice sospirò e ignorando i ringhi di Collin, Quil e Paul si fece avanti assieme al suo ragazzo.
-Seth, devi venire subito- mi guardò attenta e poi voltandosi aggiunse –Sta per partorire-.
Mi paralizzai dal terrore.
Ricapitoliamo, io stavo perdendo tempo in un momento come quello?!
Merda, merda, merda!
Non chiesi neanche il permesso di potermene andare da lì, seguii subito i due vampiri che mi precedevano correndo rapidi.
La scia del loro odore mi bruciava nelle narici, ma non m’importava. Dovevo solo essere veloce abbastanza da arrivare il prima possibile da Samantha, e da nostro figlio.
Schivai alberi, cespugli, spezzai rami e iniziai a sentirmi stanco, ma alla fine, arrivammo nel giardino di casa Cullen e quasi mi dimenticai di essere ancora trasformato in lupo, mettendo una zampa sul primo gradino della veranda coperta di edera.
-Seth!- Edward comparì sulla soglia. Sarei stato felice di vederlo in circostanze diverse. Tornai alla mia forma umana e m’infilai velocemente i jeans che avevo legato al laccio sulla caviglia.
Entrai nella villa e non la trovai. Sul divano, al suo posto, c’era Bella. Si vedeva che non stava proprio in modo perfetto, ma ignorai anche lei, forse egoisticamente.
-Dov’è? Lei dov’è, Edward?- mi voltai a guardarlo agitato e lui mi rispose –Seguimi-.
Feci come mi disse, lasciando che mi facesse strada ai piani superiori, più precisamente nello studio del padre, che si era trasformato in una perfetta sala operatoria.
Subito la mia attenzione si posò su Sammy, stesa su un lettino, mezza nuda e intenta a respirare rapida tenendosi il ventre.
Le andai accanto e le accarezzai la fronte ripetendo –Sono qui. Sono vicino a te…-. Rosalie mi spinse via con la sua solita delicatezza e disse seria –Non stare qui, occupi spazio-.
La ignorai restando fermo dov’ero.
Come poteva chiedermi di non assistere alla nascita di mio figlio?
Con la coda dell’occhio, vidi Edward scomparire. Sicuramente era tornato da Bella. Riuscivo a capirlo.
Riuscivo davvero, davvero a capirlo.
-ODDIO SANTISSIMO!- Samantha aveva gridato presa dal dolore, inarcando un po’ la schiena.
Carlisle, vicino a lei, intento a occuparsene con la vampira bionda ed Esme, le ripeteva di resistere. Di pazientare ancora un po’ e continuare a spingere.
E lei obbediva facendo lunghi respiri.
Poi, all’improvviso, dopo un tempo che mi sembrò infinito, ci fu il grido più forte, quello che stava ad indicare la fine del suo calvario.
Esme esclamò tendendo le mani verso qualcosa tra le gambe di lei –Eccolo! Manca poco tesoro, avanti. Un altro piccolo sforzo!- quelle parole così premurose, sembravano dirette alla ragazza quanto al bambino.
Rose continuava a passarle un panno umido sulla fronte e Carlisle le teneva la mano. Io mi sentivo inutile. Che ci facevo lì?
Mentre Sammy stringeva i denti, la sentii chiamarmi e dire poi –Carl…isle… voglio… tenere la sua…mano-.
Ed il dottore annuì e mi cedette il suo posto. Non appena sfiorai quella pelle morbida, mi sentii meglio, e pochi secondi dopo osservai Samantha chiudere gli occhi e imprecare contro Dio, Allah e Budda messi assieme.
Dovetti trattenere le risate. Anche in momenti del genere, rimaneva sempre la stessa: quella che non sopportava il dolore. Nemmeno il più piccolo.
Si rilassò di colpo continuando a respirare faticosamente e ci fu un secondo suono, più delizioso e stridulo.
Il primo vagito di nostro figlio squarciò l’aria in quella stanza e, dopo aver accarezzato il volto al mio amore, che ora mi sorrideva fiera del suo operato e tremendamente felice, fissai un affarino tra le braccia di Esme.
-E’ un bel maschietto- disse quella sorridendo dolce, poi si avvicinò a me e a Sammy e le porse il piccolo facendo attenzione.
Mi chiesi quanta forza stesse trattenendo in quell’attimo per non rischiare di fargli male. Credo parecchia.
Ammirai quel corpicino già tutto formato, la pelle liscia e bronzea come la mia, il nasino schiacciato, quasi invisibile e gli occhi grinzosi e aperti, già pronti a far capire che appartenevano a un esserino curioso, deciso a scoprire il mondo.
La testolina era già coperta da ciuffi umidi di capelli scuri.
Era bello, come la mamma.
Sorrisi trattenendo il fiato e Sammy se ne accorse, chiedendomi dolcemente –Vuoi tenerlo in braccio?-.
Boccheggiai senza saper bene cosa rispondere.
Non mi ero reso conto del fatto che Carlisle, sua moglie e Rosalie ci avevano lasciati soli.
Poi mi accomodai al lato del lettino e annuii deglutendo ansioso.
Lei rise notando l’espressione e mi passò piano nostro figlio.
-Ehi…ciao, Gabriel- alla fine aveva avuto ragione lei.
Mi corresse scherzosa, sembrava che la fatica le fosse scivolata addosso –Ti correggo: Gabriel Edward Harry-.
Ridemmo assieme, mentre lui mi osservava con quegli occhioni grandi e neri, forse chiedendosi chi fossi.
Ma no…doveva averlo capito sicuramente.

Quando uscii dalla stanza, lasciando il piccolo con Sammy, trovai la fila.
Non c’erano solo i Cullen e Bella, tenuta da Edward in braccio per non farla affaticare, ma anche Laura che mi fissò con sguardo interrogativo, come se non sapessi che Rose aveva certamente raccontato ogni dettaglio euforica!
E poi, dopo tutti loro, comparvero Jacob e il resto dei nostri amici.
Era bello vederli tutti insieme.

I lupi ed i “freddi” delle leggende riuniti per ammirare la bellezza della vita che va avanti.

Eccomi qui!!! lo so, vi starete chiedendo perchè non ci sia il capitolo scritto da Laura e per di più sotto il suo POV...xD beh, ci tenevo a scrivere anche questo col POV di Seth ^^
Ora, vi informo che ho apportato qualche modifica al capitolo precedente...alcune di voi mi hanno fatto notare delle incorrezioni ^-^
E...beh...vi ringrazio come al solito! e spero mi direte cosa ne pensate di questo! ^^ (lo ammetto, è la cosa più lunga che abbia mai scritto sotto il POV di un licantropo *-*).
Baci dalla vostra Sammy Clearweater Cullen.

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Capitolo 30
*** Sogna, sogna che tutto finisca [POV Laura] ***


Capitolo 30, speriamo bene
30. Sogna, sogna che tutto finisca
[POV Laura]

Ognuno di noi ha una fobia, una paura incondizionata che lo blocca assoggettandolo. La mia è semplice, non troppo complicata, ho il terrore, idiota, degli uomini che indossano tuniche nere. Esatto, avete capito bene, se vedo un gesuita in giro, insomma, cambio strada o smetto di respirare per tutto il tempo in cui lo vedo. Stupido? Forse.

Stavo camminando incerta in una stradina medievale, accanto ad una chiesa; passo dopo passo aumentava in me la certezza di essermi persa, così, quando mi trovai davanti ad una porta, mi fermai alla ricerca della strada giusta. All'improvviso spuntò dalla porta un uomo, un cappuccio nero a coprirgli il volto ed un sorriso appena accennato che potei notare appena.
-Ti sei persa, bambina?- domandò gentile; mi guardai, ero diventata bambina? Come era possibile?
-No, signore- affermai decisa, nonostante tutto non ero stupita dall'appellativo di “bambina”.
-Sicura?- ripeté, più suadente allettandomi e aprendo un altro po' la porta.
-Sì, grazie. Posso farcela- confermai cercando di allontanarmi ma non ce la feci: ero bloccata, paralizzata ad osservarlo, rapita dai suoi modi.
-Se sei stanca puoi entrare- propose con un sorrisino a solcargli le labbra.
Tentata, ero estremamente tentata. Sapevo bene che entrare significava mettermi nei guai, però in quel momento annuii, riponendo fiducia in quell'uomo garbato e gentile.
-Grazie- accettai facendo un passo avanti e catapultandomi di colpo in una stanza bianchissima, accecante, nel quale interno si trovavano solo due sedie, una di fronte all'altra.
L'uomo mi fece segno di accomodarmi, ed io non replicai, rapita, catturata da lui; di colpo avevo ripreso le mie fattezze di ragazza, lasciando quelle di bambina.
Si accomodò anche lui, lasciando cadere il cappuccio e osservandomi divertito.
-Siamo molto simili- decretò ridendo. Io lo osservavo, chiedendomi come fosse possibile: lunghi capelli lisci e corvini, pelle chiara e diafana, occhi rossi e bramosi.
-Mi dispiace ma non vedo queste somiglianze- risposi in imbarazzo.
-Tu dici? Abbiamo i capelli dello stesso colore-
-molta gente li ha- feci notare critica.
-Ed i miei occhi erano come i tuoi, alla continua ricerca di domande e risposte. Vinci spesso?- chiese sornione.
Alzai gli occhi confusa. -Sì, ma non mi piace molto, o meglio, non piace alla mia coscienza- storsi la bocca in una smorfia.
-Immaginavo. Sei molto perfida, se devo essere sincero, molto, ma molto simile. Furba, sì, esatto; sei un'astuta doppiogiochista- rise sfiorandomi una guancia.
Io boccheggia, spaesata da tante parole, sconvolta da tanta verità. Ma non feci in tempo a chiedere chiarimenti poiché l'immagine sparì ed io mi ritrovai, come ogni notte, nel mio letto, senza fiato e con l'eterna sensazione di incompletezza e colpevolezza.
Mi alzai, scocciata più con me stessa che con il sogno, chiedendomi chi fosse quell'uomo che mi ossessionava in ogni incubo, che poi non era tale.
Dormivo male, vivevo peggio. Lo specchio rifletteva un'immagine che non ero io: le occhiaie, mai presenti sul mio viso, il viso pallido, nel limite della mia melanina, e una stanchezza interiore che non riuscivo a spiegarmi.
Il ritorno di Bella non aveva comportato molte tensioni, anzi, erano tutti felici e contenti. Anche Gabriel era un fattore di felicità non trascurabile. Un favoloso bambino a cui volevo un mondo di bene, ma che, nella mia situazione di zombie vivente, preferivo lasciare alle cure ed alle attenzioni di Rosalie o Esme.
In quei giorni io avevo un altro problema: Embry, o meglio come comportarmi con Embry, e soprattutto gravi problemi con la mia coscienza, che sembrava mandarmi segni attraverso quell'uomo dai modi cordiali e micidiali.
Dovevo uscire da quella stanza opprimente, dovevo prendere un po’ d’aria e sperare di riaddormentarmi.; appena fuori sentii il russare leggero di Seth, in contrapposizione a quello più forte di Jake. Jake, il mio amico che era rimasto a casa Cullen nonostante l’odore solo per Bella, e me. Già, l’amica depressa era fonte di preoccupazione quasi quanto quella incinta di un mostriciattolo mutante, comico, no?
Scesi le scale, non c’era nessuno in casa, tutti chiusi nelle loro stante, interpretando una notte comune, dove tutti, chi per abitudine, chi non, fingevano di dormire placidi. Fuori infuriava una tempesta, aveva iniziato a fare freddo, l’autunno iniziava a farsi avanti, sempre più prepotente, ed i fulmini illuminavano il salotto dove dormiva beatamente Jacob.
Sospirai e mi avvicinai al divano che era diventato il suo nuovo letto, ma senza volerlo inciampai ritrovandomi su di Jake, che si svegliò di colpo con la bocca a pochi centimetri da me.
-Laura?!- esclamò sconvolto.
Deglutii sonoramente e lo fissai negli occhi –Heilà Jake, come va?- tentai di sdrammatizzare la situazione, piuttosto precaria.
-Cosa diamine stai facendo?!- domandò quasi isterico.
-Tecnicamente sto sopra di te, praticamente sono inciampata- sorrisi in imbarazzo tentando di togliermi di dosso, peggiorando solo la situazione; mi gelai di colpo.
-Laura fermati, ti prego- gemette in imbarazzo, quel rigonfiamento era... imbarazzante, sì, imbarazzante. Eseguii l'ordine ed attesi che mi rimettesse al mio posto, proprio come se fossi una bambola.
Seduti uno di fronte all'altra ci fissavano ancora visibilmente in difficoltà.
-Zitti?- proposi.
-Zitti- confermò sospirando e passandosi una mano sul viso, visibilmente stanco.
Rimasi in silenzio e lo guardai di sottecchi. –Sembri un morto vivente- osservai –dovresti andartene a dormire su un letto; dopo tutto sia io che Bella stiamo bene- continuai.
-Avrei da ribattere- ridacchiò lui –Punto primo: non mi sembra il caso che tu dica a me che sembro un morto, dato che la tua faccia è più stravolta di un succhiasangue. Punto secondo: per Bella te la passo, ma per te no. Vuoi farmi credere di stare bene?-
Sbuffai scocciata, odiavo quando qualcuno aveva ragione, soprattutto se quel qualcuno non ero io. Era estremamente frustrante.
-Jake lo sai come la penso: io non mi impiccio, tu non ti impicci. No? Semplice, preciso, conciso- borbottai.
-E tu sai come la penso: non potete continuare a ferirvi l’un l’altra! Siete dei masochisti! Mi spieghi quale è il gusto di soffrire? O meglio, tu che gusto ci provi a soffrire, per cosa lo fai!?- mi sgridò, era estremamente più adulto di me, diamine.
-Libertà, Jacob. Mai sentito parlare?- risposi acida ed infastidita, senza avere, però, il coraggio di guardarlo negli occhi.
-Ma che bella libertà! Sei completamente fusa?! Laura, sinceramente non so se vorrei anche io la libertà, se averla porta queste conseguenze- mi squadrò scettico e poi riabbassò lo sguardo, non voleva peggiorare oltre la situazione.
Mi alzai in piedi di scatto, arrabbiata e infuriata contro me stessa. –Ok, hai ragione, va bene! Fatto sta che anche lui ha sbagliato, ed io di sicuro non chiedo scusa per prima!- sbottai stizzita.
-Siete DUE idioti, esatto. DUE!- borbottò lui seduto a braccia incrociate – Sembra quasi che abbiate imparato lo stesso copione!-
Lo guardai confusa, come al solito, non riuscivo a capire perché io ed Embry fossimo così complementari tra di noi. Il mio amico sbuffò, poi si alzò un attimo, sovrastandomi con la sua imponenza e cercando qualcosa nella tasca dei pantaloni; mi rifilò in un attimo una busta di carta bianca, completamente sgualcita ed accartocciata, l’osservai incuriosita ma non la presi, non riuscivo a vedere il nome del destinatario.
-Però, a differenza tua, quella testa vuota e orgoglio gonfio ha deciso di “parlarti”. Thò- me la lanciò –è da parte del tuo imprinting- sottolineò le ultime due parole con un ghigno, ma non si sedette, anzi, si avvicinò a me e mi si mise dietro, incuriosito a sua volta.
-Sai cosa c’è scritto?- domandai rigirandomela tra le mani, la scrittura di Emb era estremamente chiara e bella, non complicata, semplice. Come lui. Mi ritrovai di colpo a pensare alla sua voce, così bella e bassa, che a me sembrava la migliore del mondo, sentendola provavo un brivido per tutta la schiena, fino al cuore, che veniva invaso sciogliendosi.
-No. E se non riesci a tradurla non ti preoccupare, nessuno capisce i suoi geroglifici- scherzò. Geroglifici? Era così… facile da capire, almeno per me.
L’aprii con le mani tremanti e mi sedetti, non ce la facevo a stare in piedi. Era stropicciata, come se l’avesse accartocciata e poi ripresa, in alcuni punti era perfino perforata dalla penna; sospirai immaginandolo chino su una scrivania, con una mano tra i capelli lunghi, tirandoseli e stringendoli per l’ansia.
Iniziai a leggere silenziosa.


La Push, 5 settembre, non so quale anno, non lo voglio sapere, non ricordo neanche questo.
Cara Laura sarebbe un modo troppo stupido per iniziare.
Amore mio, ipocrita ed incoerente, esiste amore tra di noi?
Mio sole, mia vita dire che va più che bene, è la cosa più vera che abbia trovato fin ora.
Sono seduto, come sempre in punizione, nella mia stanza, è piccola lo sai? No, non lo puoi sapere, non sei mai venuta a casa mia, mai. Dopo tutto non possiamo illuderci: chi siamo noi due? Sconosciuti; ed uno sconosciuto è mai entrato a casa tua? No.
Come al solito sono un idiota e divago, divago anche per codardia, starai pensando, ed hai ragione.
Diciamo, più che altro, che è il mio orgoglio ad essere codardo; ed io lo seguo di conseguenza.
Potrei scriverti che ti amo, che ti voglio, che ho bisogno di te; tutto vero, ma non abbastanza.
Potrei scriverti che mi dispiace, che sono il solito scemo che non capisce al volo, che non ti capisce abbastanza. Però, ammettilo: non sei facile da capire.
Tu, Laura, sei esattamente come la pioggia con il sole, nessuno sa da dove venga, perché sia lì; lei, semplicemente, c’è. Ed io non aprirò certo l’ombrello, non ora.
Non ora che, mentre vedo questa pioggia scendere, mi sento un bastardo, un bastardo abbandonato a se stesso, che invece di ammettere i suoi errori vuole che tu ammetta i tuoi.
Ho sempre creduto che ognuno di noi avesse un orbita, hai presente quella degli atomi?


Mi fermai un attimo e guardai divertita il foglio, il mio piccolo scienziato; mi divertii ad immaginarlo studiare, così cocciuto e testardo.
-E’ un folle, non riesce a scrivere una lettere senza cadere in… robaccia da scuola-  disse schifato, io scoppiai a ridere: allora non ero la sola a farlo.
Continuai a scorrere con gli occhi il foglio.


Ognuno di noi ne ha una, che percorre per tutta la vita. Più orbite girano intorno ad uno stesso asse, ogni tanto noi, piccoli punti su di essa, ci incontriamo una volta, più volte. Esistono però, sempre secondo questa mia supposizione, delle orbite perfettamente coincidenti, i punti delle quali vivranno insieme per sempre.

Forse noi dovremmo semplicemente… coinciderci. Tutto qui.
Facciamo così, Laura, scusa.
E’ tutto quello che posso fare, a te sta l’ultima parola; sappi, però, che per quante volte potrai pugnalare il mio cuore lui continuerà a battere, un po’ per ripicca, un po’ per amore. Non è forse il nostro rapporto un’eterna sfida?
Tuo per sempre
Embry.


Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Quando finii di leggere sentii pesanti lacrime scendermi per il viso. Embry, la persona che amavo veramente, e che dovevo riprendermi.
Mi alzai nuovamente e con passo deciso: dovevo andare a La Push.
-Cosa stai facendo?- mi domandò allarmato Jake seguendomi fino alla porta.
-Vado da lui, a scusarmi- risposi secca, aprii la porta e uscii; diluviava ma non mi importava nulla: dovevo arrivare da lui.
-E come?!- esclamò stupito.
-A piedi, no?-
Detto questo mi inoltrai nella foresta, verso la strada iniziando a correre a perdifiato: dovevo raggiungerlo.


Camminai sotto l’acqua, corsi, respirai a fatica ma alla fine arrivai alla casetta Call, appena all’inizio della riserva. Zuppa e tossicchiante scavalcai il piccolo recinto, aggirando la casa di legno, fino ad arrivare dietro all’abitazione. Una lucina proveniva da una stanza in alto, mi piazzai perfettamente sotto e trattenendo uno starnuto presi un sassolino da terra tirandolo sulla finestra. Uno, poi un altro; doveva rispondermi, doveva farlo: avevo bisogno del suo sorriso, della sua voce. Avevo bisogno di lui.
Al quinto sasso alzato la finestra si aprì di colpo e se non fosse stato per i suoi riflessi velocissimi l’avrei sicuramente preso in pieno viso; quel viso che ora mi guardava sconvolto, indeciso se sorridere o spalancarsi in un espressione di stupore puro.
Non sono sicura, pioveva così tanto che a malapena vedevo il muro della casa, ma potei notare della polvere uscire dalla sua mano, come se avesse sgretolato il sasso.
-Laura?- non sentii il rumore delle sue parole, notai a malapena le labbra muoversi.
Annuii decisa, feci qualche passo ancora poi, finalmente alzai la testa.
-Embry sono un’idiota. E… mi scuso- sussurrai, certa che lui potesse sentirmi –Mi scuso per tutto quello che ti ho fatto, ma… sono così. Sono esattamente così: un’emerita idiota che non ha capito quanto teneva a te.
Embry io… non sono dolce come Emily, anzi, perfino Emmett dice che ho il sangue più acido che abbia mai sentito; non sono accondiscende come Rachel, a mala pena accetto le MIE di costrizioni; non sono pacata e timida come Kim, lo sai meglio di me, vero? Non sono come Sammy, pronta a tutto, perfino ad avere un figlio a quindici anni.- abbassai la testa in colpa, non riuscii a sopportare il suo sguardo carico di amore, era troppo, perfino per me.
-Embry io sono io, tutto qui. Sono un’indisponente, fastidiosa, petulante orgogliosa- continua senza accorgermi che lui era sceso, con un balzo rapido, accanto a me, sollevandomi la testa con le sue mani incandescenti.
-…piccola, egocentrica, perfida, pazza, folle, unica ragione di vita. La mia ragione di vita- finì per me con la sua voce bassa e roca, non dolce, non celestiale, sua.
Lo inchiodai con gli occhi, dai quali iniziavano a scendere lacrime copiose, che si mischiavano con la pioggia.
Lo amavo, fine della storia; ed era inutile fingere di non farlo, era dannoso, mortale.
Scoppiai a ridere, buttando indietro la testa mentre lui mi seguì, irrompendo nell’aria con la sua risata rauca e fragorosa.
Di colpo sentii il bisogno vero e proprio di abbracciarlo, di farmi abbracciare da lui, il MIO lui; mi gettai tra le sue braccia, cingendolo con le mie e facendo in modo che la mia testa affondasse completamente nel suo torace. Era caldo, era profumato, era mio.
-Ti amo, e lo sai bene, vero?- mormorò accarezzandomi la testa.
-Ti amo, anche se si potrebbe non capire, devi tradurmi- borbottai singhiozzando e ridendo.
-Sono un ottimo traduttore- sussurrò divertito.
Poco importava della pioggia che scendeva impertinente su di noi, noi eravamo finalmente un… noi, non più un io ed un tu.
-Non credo nell’eterno, lo sai?- sussurrai staccandomi da lui per un attimo, senza però abbandonare la stretta.
-Neanche io, se devo essere sincero- borbottò scocciato dall’interruzione.
-Perciò ti prometto che ti amerò fino ad un attimo prima che l’eterno finisca- sorrisi nuovamente, osservando la sua reazione che fu veloce, troppo veloce.
Ho sempre immaginato il mio primo bacio come qualcosa di lento, calcolato; dove i miei occhi si sarebbero chiusi al momento giusto, proprio come in ogni film. Invece non fu così: rimasi con gli occhi spalancati, sorpresa da tanta velocità ed intensità.
Non avevo mai baciato e ringraziai chiunque mi avesse concesso di avere il mio primo bacio da lui, il mio amore Eterno-non-eterno.
Quanto mi staccai, respirando a fatica per l’emozione mi ritrovai a fissarlo intensamente, senza trovare parole per esprimere la mia gioia, la mia completa gioia, riuscii solo a ridere, come una folle.
Mi prese una mano, leggero e delicato, come mai avrei pensato potesse essere, e silenzioso mi fece girare di nuovo intorno alla casa, fino all’ingresso, che, prendendo una chiave nascosta sotto lo zerbino, aprì.
-Benvenuta, è piccola ma non male- sussurrò al mio orecchio precedendo al buio, in quello che ipotizzai fosse il salotto.
-Non ci vedo molto- sorrisi seguendolo per le scale, completamente persa in lui, Embry, Embry, Embry. Solo il suo nome nella mia testa.
-Silenzio, ufficialmente sono in punizione- borbottò infastidito aprendo la porta della sua camera; prima di uscire aveva spento la luce, così adesso barcollavo al buio, stetti per cadere una decina di volte: il pavimento era completamente cosparso di libri.
Con un balzo andò a chiudere la finestra e si riavvicinò nuovamente a me, con un sorriso allegro a solcargli le labbra.
-Scusa per la confusione e… non farti illudere dai libri, non sono un topo di biblioteca- rise e raccolse quelli più fastidiosi e li poggiò su una scrivania già stracolma. –Nonostante i ragazzi affermino altro-
Starnutii, a differenza sua io potevo provare freddo e raffreddarmi, l’uscire sotto la pioggia non era stata un’ottima idea.
Lui si girò preoccupato ed in un attimo mi ritrovai circondata dal suo corpo bollente, piacevolmente bollente.
-Ti sei raffreddata per colpa mia Scema- ridacchiò.
-Dovresti ringraziarmi, Scemo- risi sottovoce abbandonandomi a quella stretta.
-Mi piacciono come soprannomi, molto meglio di Orsetto, micetta e roba varia- ghignò lasciandomi e voltandosi verso l’armadio, ritornò verso di me con una maglietta enorme, sicuramente sua, e gialla. Lo guardai confusa.
-Cosa è?- chiesi.
-Una maglietta, per te. Non vorrai mica restare con quella roba umida?- domandò retorico gettandosi sul letto, i piedi scalzi e completamente sporchi, scoppiai a ridere.
Mi guardò incuriosito e stranito.
-Cosa c’è?- alzò un sopracciglio sospettoso.
-Nulla, sei proprio un indiano- risi.
Si rimise a letto guardando il soffitto, mentre io mi toglievo la maglietta per cambiarmi.
-E’ strano- mormorò soprapensiero –Ti stai spogliando in camera mia, così, come se niente fosse-
Arrossi visibilmente infilandomi di corsa il magliettone e rimanendo solo con sotto le mutande.
-Perché non dovrei?- risposi con un sorriso –Te l’ho detto, sono un’idiota, ho sbagliato per- contai sulle mani i mesi che avevo passato amandolo-odiandolo –sette mesi, circa. Ora che ho ripreso il senno voglio fare le cose al… naturale-
Sorrise a sua volta, come tranquillizzandosi, poi si voltò verso di me e mi fece un po’ di spazio sul letto, che sembrava così piccolo con lui sopra.
Mi sfilai da sotto il reggiseno per fondarmi finalmente sul materasso, non feci in tempo a rimbalzare che le sue braccia già mi tenevano strette a se.
Il suo viso affondato nel mio collo, ogni tanto le sue labbra mi baciavano dolci, lente rassicurandomi.
Il tepore che emanava, unito al suo sapore di salsedine e di bosco era la cosa più piacevole del mondo.
Nessuno dei due parlò per molto tempo, rimanemmo così, al buio, completamente dediti uno all’adorazione dell’altra, semplicemente noi due.
Laura ed Embry.


Per sempre.


Angolo autrici:
TA DAAAAAAAAAAAN!

FINITO!
Scusate, questo capitolo è stato un parto >.<
L’avevo pensato mooooooooooooooooolto più lungo, ma, aimè, non ce la facevo proprio a scriverlo tutto! Sarebbe venuto un poema!
Nulla o niente da dire; tranne che amo Embry, con tutto il cuore *-*
Mi scuso con Sammy, ma… lo sai che ho un casino di contest e storie <.<
Arrivederci!
Laura B.

Salve!!! oggi dico solo una cosa: odio l'html 
=_=. Poi vi spiegherò xD fate i complimenti a Laura, non a me, per questo bel
capitolo ^^. Il ritardo si può perdonare
;-p
By Sammy C.
P.s.: traduzione frasetta in latino: 
"Amo ed Odio, il perchè mi è ignoto; 

eppure son qui, al mio odio ed al mio amore".

(Catullo)

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Capitolo 31
*** La quiete prima della tempesta ***


Capitolo 31

31. La quiete prima della tempesta

Saranno state le sette di sera quando vidi Laura catapultarsi fuori da casa Cullen come un tornado. Me n’ero rimasta seduta silenziosamente sulle scale senza fiatare, cullando il mio piccolo Gabriel e chiedendomi che accidenti fosse successo. Avevo notato il suo sguardo determinato, quello che mi aveva sempre messo un po’ soggezione, e poi PUFF! Sparita fuori dalla porta d’ingresso!
Era così presa dai suoi affari da non essersi accorta di me, la neo-mamma invisibile.
Ridacchiai immaginando il motivo della sua fretta.
Embry.
Chi altri?
Il movimento lento delle braccia era diventato quasi involontario, un’altalena per quel tenero fagottino a cui avevo dato vita. Singhiozzò di colpo e abbassai lo sguardo. Aveva aperto i suoi occhietti e si guardava attorno come in cerca di qualcosa. Subito sentii il fruscio dell’aria intorno a me e non ebbi bisogno di alzare gli occhi per sapere che Rose ed Esme si erano fatte avanti apprensive.
Sorrisi senza volgere a loro la mia attenzione e mi tirai su, in piedi, per scendere dalle scale ed andare a sedermi sul divano, vicino a Jake, che fissava ancora incredulo il punto in cui era scomparsa quella pazza di Laura.
-Cos ’ha?- chiese Rosalie, seguendomi attenta e aggiungendo a Jacob con la solita delicatezza –Togliti dal mio divano, animale-.
Lui la ignorò sghignazzando e disse –Ehi Psyco, ascolta questa: come fa una bionda a crepare?-
-Smettila con queste battutine, le conosco tutte!- sibilò lei, ma il licantropo non le diede retta e rispose –Basta rasarle i capelli-.
Mi mordicchiai un labbro per trattenere le risate, mentre Rosalie cercava di incenerirlo con lo sguardo.
Il resto dei Cullen erano sparsi per casa, a parte Edward che se ne stava con Bella il maggior tempo possibile. La ragazza se la stava cavando in modo migliore di quanto non fosse accaduto nel libro ed il merito era del fatto che fossimo a conoscenza dell’unico modo per tenere buona la piccola Nessie senza che le rompesse costole e cose varie. Il sangue. Bella ne beveva già abbastanza. Non c’era voluto niente a convincerla.
Ed ora si trovava seduta tra me ed il suo migliore amico, ad osservare Gabriel persa nei suoi pensieri di futura mamma. La maternità ci aveva infatti rese unite. Scostò le labbra dalla cannuccia che usciva dal bicchiere col coperchio e mi chiese con la voce un po’ più bassa del normale –Cosa vuole?-.
Io non avevo ancora risposto nemmeno a Rose. Edward, seduto sul tappeto, tenendo una mano di Bella tra le sue, ci fissò entrambe col suo sguardo attento e premuroso.
Sorrisi notando l’accalcarsi di gente nel salotto. Dai piani di sopra erano arrivati Emmett, che aveva affiancato Rosalie, e Carlisle, seguito da Alice e Jasper.
Esme stava in cucina, a preparare qualcosa da mangiare per me, Seth e Jacob.
E lui, l’unico che non avessi nominato, il mio amato ragazzo, se ne stava di sopra, in camera di Edward, a riposare. Le ronde erano stancanti.
-Ha fame il nostro ometto…- sfiorai con la punta di un dito il nasino schiacciato di Gab e quello allungò una delle minuscole manine per catturarlo, ma lo ritirai prima ridendo leggera. Cercai in modo un po’ scomodo di tirare su la maglietta per poterlo allattare e quando ci riuscii sbuffai fingendomi esausta. Qualcuno tossicchiò in imbarazzo e mi voltai a guardare Jake, mentre il piccolo bimbo affamato si lasciava aiutare dalla mia mano per far sì che la testa fosse sorretta e lui potesse mangiucchiare e mordicchiare in santa pace.
Il ragazzo non mi guardava, ma mugugnò –Non ti imbarazza?-
Aggrottai la fronte, perché inizialmente proprio non riuscii a capire a cosa si riferiva, poi come suo solito, Edward spiegò –Intende il fatto che tu dia da mangiare al bambino senza vergognarti di noi intorno-.
Ah…adesso si spiegava tutto.
Risi e guardai Jacob, ancora con gli occhi puntati altrove –Jake, è una cosa così naturale… non sento di dovermi trovare a disagio, proprio no-.
-Non capirò mai voi donne…madri, soprattutto-. Ghignò e inizio a scompigliare i capelli a me ed a Isabella.
-Che idiota…- Rose aveva alzato gli occhi al cielo fissandolo. Esme comparì dopo un po’ con vassoi stracolmi di leccornie. Uova sode, ravioli coi funghi, verdure, bistecche, frutta e perfino il mio amato tiramisù.
Naturalmente la carne non era destinata a me, vegetariana convinta.
Il mio modo di mangiare era stato fonte di molte discussioni con Laura. Si chiedeva come riuscissi a rifiutare le salsicce, le fettine panate e così via.
Rispondevo sempre che pensare a cavalli, maiali, conigli uccisi non aiutava a farmi desiderare un bel pezzo di carne.
Questo ragionamento, lo avevo sviluppato in modo da riflettere sullo stile di vita dei Cullen. Se fossi diventata una vampira, mi sarei sentita un’assassina cibandomi di alci, orsi e puma…e avrei avuto invece molta meno pietà per gli uomini.
Gli animali era innocenti, no? Non commettevano reati, se uccidevano altre bestie era solo per sfamarsi. Ma gli uomini? Si poteva avere pietà della mia specie? Perché non si poteva fare il ragionamento di Edward, quello che aveva messo in pratica durante la sua crisi da neonato?
Cibarsi solamente di quegli essere umani che compivano azioni meschine, crudeli. Ladri, stupratori, pedofili, assassini…erano tutti lì, per le vie delle milioni di città nel mondo, pronti a farsi squarciare la gola da qualche vampiro, e invece no. Sopravvivevano e in certi casi diventavano a loro volta “succhiasangue”.
Una mano fredda mi accarezzò la testa e tornai alla realtà. Edward aveva posato la sua attenzioni ai miei pensieri e adesso mi fissava concentrato. Abbassai lo sguardo su Gabriel e poi sospirai affranta –Scusa…lo so che questi discorsi non ti piacciono-.
-No, non è questo, Samantha- lo guardai di nuovo e trovai il suo bel sorriso sghembo a solcargli le labbra, così tentai di ricambiare in un modo abbastanza buono.
-Allora cos’è?- chiesi, ignorando completamente il fatto che il resto delle persone attorno a noi stesse cercando di capire di cosa accidenti stessimo parlando.
-E’ che…che mi stupisci, ogni volta un po’ di più. La tua visione delle cose è molto simile a quella che avevo io, come già sai, ma…sentendoti formulare certe domande, fare supposizioni…non so, ma è come se detto da te tutto questo sembrasse più giusto, logico- tese ancora le labbra mesto e attese che parlassi o formulassi un pensiero. Me ne restai zitta a guardarlo negli occhi e a ripetermi che non potevo chiedere un amico migliore di lui.
-…Edward?- chiusi la mente chiedendomi se ci stessi riuscendo davvero ed il vampiro che ancora stava con la mano fredda sulla mia fronte, congelandomi, ricreò il suono –Mmm?- per chiedere cosa volessi.
Gli sorrisi e chiesi –Suoneresti qualcosa per me?-.
Bella al mio fianco guardò il marito e annuì, anche lei desiderava ascoltare qualcosa, e così fece anche Esme. Jacob grugnì dicendo qualcosa come “il rock vi fa così schifo?” e Rose gli rispose prontamente –Tutto ciò che riguarda te fa schifo, cagnaccio-.
-ROSE!!!- l’avevamo rimbeccata tutti nella stanza, e lei ci guardò uno ad uno stupita e poi sibilò stizzita –Ah certo! È sempre mia la colpa!- passò oltre il divano mollando un calcio a Jake ed Emmett sospirando e alzando gli occhi al soffitto la seguì di fuori.
Quel vampiro doveva avere una pazienza immensa…
Edward ridacchiò e si mise davanti al pianoforte, poi girò un po’ la testa e mi chiese –Cosa vuoi ascoltare?-. Ci pensai su poi dissi –Uhm…le tue composizioni-.
S’illuminò e subito le dita scivolarono rapide sui tasti in avorio. Mi lasciai sommergere dalla musica.
Poco dopo, Gab si addormentò.

Gabriel era nato il ventisei di agosto, in anticipo e senza preavviso. Se Alice avesse potuto vedere me, di certo avrebbe visto lui, ma così non era stato e quindi ci eravamo organizzati come potevamo.
A La Push si era sparsa la notizia del nuovo arrivato, ed ero certa che lo stesso fosse accaduto a Forks, ma non ero andata in giro ad ascoltare i discorsi degli abitanti della cittadina. Le mie nuove priorità erano quelle di prendermi cura del mio compagno e di nostro figlio, insomma...cominciare a comportarmi da donna responsabile, matura.
Edward cercava di essermi vicino quando pensava che Bella potesse cavarsela da sola -quindi il massimo erano trenta secondi, se non di meno- o quando lei stessa non insisteva sul fatto di essere in grado di restare senza di lui per un po'.
-C'è Rosalie con me, tu puoi anche aiutare Sammy, farle compagnia-. Diceva così, e non aiutava certo a diminuire il mio sbalordimento. Non era gelosa? Non era possessiva come mi era parsa dai libri di Stephenie? Allora wow...mi era sfuggito qualche punto, non dovevo poi aver letto i romanzi con così tanta attenzione.
E lui la fissava di rimando con la sua perfetta espressione “scettica” come amavo definirla, per poi insistere abbastanza a lungo sul fatto che fosse solita minimizzare. Stesse cose che diceva Jake. Ah, e continuavano ad ignorare i miei discorsi, quando mi ritrovavo insieme al vampiro ed al licantropo e ripetevo più a me stessa che a loro “Siete identici, e sapete anche perchè?” e i due si guardavano storto e attendevano che terminassi con “Perchè siete entrambi testardi, strafottenti, egocentrici, possessivi, dolci, romantici, gelosi e con dei...beh, super poteri”.
Jacob quasi sempre sbuffava e poi diceva mugugnando -Io uguale al succhiasangue? Non credo proprio, Sam- e l'altro rideva nel suo modo compito e ribatteva al giovane -Al posto tuo sarei felice di essere definito uguale a me-.
Accidenti, il problema era che poi iniziavano a battibeccare come due zitelle...o forse per non sminuirli, è meglio dire come due maschi con l'ego troppo grande.
Un giorno, mentre Seth ed Alice si godevano lo spettacolo, assieme a Emmett e Jasper che ridacchiavano seduti sulle scale, Laura scese dal piano superiore con un grosso, immenso, smisurato sorriso sulle labbra.
Gabriel, in braccio ad Esme, attirò la sua attenzione un istante. Gli si avvicinò, gli diede un bacio in fronte, poi fissò Edward e Jake e disse ancora sorridendo -Non vi siete ancora stancati?!- e poi, si fece largo per arrivare di fronte a me e dire luminosa -Pronta per stasera?- alzai un sopracciglio, poi aggrottai la fronte -Ehm...dovrei sapere di cosa stai parlando, Lalla?-.
Lei mi guardò un istante, forse per fare un rapido calcolo mentale, azionare i neuroni della ragione per arrivare al perchè della mia completa impreparazione.
Restai a fissarla mentre si voltava di novanta gradi verso Jacob per poi tossicchiare -facendo sì che l'attenzione di lui e anche degli altri si spostasse su di lei- e chiedere col tono deciso di chi sa già la risposta -Non glielo hai detto, eh?-.
Jake tentò di sorridere e disse -Beh, mi è passato di mente...scusa-.
-Passato di mente? E dirmi che cosa, scusate?- ora sì che ero confusa.
Seth mi si avvicinò poggiandomi una mano sulla spalla -Già, cosa dovremmo sapere?-. Plurale. Il mio ragazzo parlava plurale.
Jake fece per rispondere, ma Laura disse prima, anticipandolo -Questa sera, si terrà un falò, sulla spiaggia della riserva, e naturalmente tu Sammy sei invitata...anzi, costretta a venire. Il piccolo Gab compreso-. E' straordinario come ci si possa ritrovare spaesati.
Aprii la bocca per parlare ma non ne uscì alcun suono. Quella era tensione...
Cioè...chiariamo...io non ero mai stata ad un falò di indiani! Non mi ero mai ritrovata circondata solo dal branco e -sicuramente- dalle rispettive fidanzate di certi e in più i pezzi grossi, quelli che Laura aveva chiamato qualche volta “boss”.
Certo, uno di questi era il papà di Jacob...ma comunque...non cambiava le cose...proprio no. Stare senza i Cullen...oddio...oddio...oddio...
-Calmati, Samantha-. La voce di Edward aiutò a distendere i nervi. Respirai a fondo e annuii, poi guardai a turno Seth, Jacob e la mia amica.
Ah! erano tutti...tranquilli!
-Beh...credo non ci siano problemi...- un sorriso forzato mi solcò il volto.

...Ok, sono morta. Mortissima...

Seth scavalcò il divano con un balzo e mi si accomodò vicino, mettendomi un braccio intorno, come un cuscino.
Gli sorrisi e lo baciai leggera, mentre Jake alzava gli occhi al cielo e Laura continuava a sorridere come un hippy.
Grugnii nella sua direzione e borbottai -Sei molto più allegra, da qualche giorno-.
Già, altro dettaglio abbastanza importante: la mia amica era tornata normale. Contenta, instancabile e rompiscatole.
Ricordai di colpo quella notte. Era rientrata a casa in trance, con i capelli zuppi ed i vestiti gocciolanti. Mi chiesi se fossero riusciti ad asciugarsi tra andata e ritorno.
Le andai vicino prima che lo facesse Jacob e gli chiesi -Dove accidenti sei stata? Uscire con questo tempo...ti prenderai una polmonite!-.
La trascinai sul divano, più distante da Bells, in modo che non s'inzuppasse anche lei e corsi di sopra a raccattare qualche vestito asciutto. Quando scesi di nuovo, la trovai nello stesso stato di prima. Sguardo perso, sorriso accecante...sembrava una che ha appena visto Dio!
Naturalmente la risposta era ovvia. Sapevo dove era corsa, chi aveva incontrato. Embry. Un nome che rispondeva a tante domande.
Ed ora, mentre quella ragazza mi stava davanti, guardandomi entusiasta, mi chiesi se anch'io fossi stata o fossi così. La riproduzione perfetta di Barbie, o per meglio dire del suo sorriso di plastica.
Dal momento che non volevo formulare a voce quella domanda, lanciai un'occhiata a Edward che poteva rispondermi comunque e sospirai sollevata quando fece cenno di no in modo quasi impercettibile.
Dentro di me, ipotizzai che Laura non sarebbe rimasta così. Di certo, la gioia che provava in quei primi tempi sarebbe diventata più misurata ma, fino a che l'effetto che la riappacificazione aveva avuto non fosse scemato, quel sorriso da ebete sarebbe durato. Ed io sarei dovuta essere molto, molto, molto paziente.

Il cielo scuro non faceva vedere nemmeno una stella, coperto così com'era di nubi. La spiaggia sembrava una massa senza contorni, il mare invisibile se non ne avessi sentito il rumore, la scogliera somigliava a ombre tetre, perciò ci puntavo poco lo sguardo.
E poi c'era il fuoco. Una fiamma viva e calda in mezzo al nulla più assoluto. Lo circondava un gruppetto di persone, il quale più della metà erano miei amici.
Strinsi forte la mano di Seth, mentre con l'altra accarezzavo leggera la testa di Gab, che dormiva nel marsupio che tenevo contro il petto. Il giovane sorrise guardandomi con la coda dell'occhio mentre continuavamo ad avvicinarci a tutta quella gente, poi mi sussurrò all'orecchio rendendo roca la voce, sapendo che non avrei resistito -Andrà tutto bene...ti conoscono già-.
-Non tutti- ci tenni a precisare.
Lui rise e mi trascinò verso il cerchio, formato da tronchi d'albero che venivano usati come panche. Laura era già lì accanto al suo Embry, che la stringeva a sé. Li guardai un attimino e, dopo che lei mi ebbe fatto cenno di sederle vicino, mi feci forza e compii gli ultimi due passi per sbucare dal buio insieme a Seth.
-Ah, guardate un po' chi è arrivato!- Quil sghignazzò e ci salutò con la mano, allegramente. Sorrisi di rimando e li fissai tutti continuando a restare in piedi. Notai subito Sue e Billy in mezzo agli altri, con le loro espressioni più sagge.
Iniziai a tremare mentre tutti aspettavano che mi mettessi comoda. Forse sembravo peggio di Kim, eppure la maggior parte di loro sapeva che non ero poi così timida dopo un primo tempo. Respirai e dissi –Buona sera a tutti- in italiano, senza pensare che usare la mia madrelingua non conveniva.
Chinai un istante il capo e incespicando ripetei in inglese.
Laura mi guardò alzando un sopracciglio –Sbaglio o sei nervosa?- e Paul aggiunse –Facciamo così effetto?-.
Li fissai tutti e dissi cercando di alleggerire la mia tensione –Scusatemi…è che è il primo…”raduno” a cui partecipo-.
-Ah, ora è tutto chiaro. La seconda ragazza-vampiro dopo Bella si sente di troppo- Emily mi parlò amichevole, sorridendo. Come avevo letto tante volte, non mi soffermai sulla sua cicatrice, quella che le sfigurava mezzo volto.
Cercai di ridacchiare per l’appellativo ma mi uscì un risolino strozzato. Gabriel si svegliò di colpo iniziando a piangere.
-Oh no…Gabriel, tesoro…- mi dondolai un pochino sulle gambe e sembrò calmarsi. Jacob e il resto del gruppo ridacchiarono, mentre Sue teneva il suo sguardo fermo su me, il nipote e Seth. Uno sguardo carico d’amore, di gioia.
Leah aggirò il falò e mi si avvicinò chiedendo –Posso tenere il mio bel nipotino?-. Con lei era facile andare d’accordo, strano ma vero.
Annuii e tolsi il bambino dal marsupio per metterglielo in braccio. Lei gli regalò una smorfia giocosa e si rimise seduta. D’improvviso capii che Seth non si sarebbe accomodato finchè non mi fossi mossa io, così mi feci spazio accanto a Laura e aspettai impaziente che anche lui mi si mettesse vicino, stringendomi a sé.
La serata fu davvero emozionante. Restai colpita dalle leggende dei Queleute, o almeno da quelle che già non conoscevo. Come avevo potuto sottovalutare una popolazione tanto splendida in quel modo? Bah, non riuscivo a trovare una risposta valida.
Io, Seth e nostro figlio restammo a dormire a casa di Sue e Leah visto che si era fatto tardi e non c’era più motivo di fare gli abusivi dai Cullen. Quella notte, purtroppo, non dormii serenamente…

…Il paesaggio che mi si stagliava davanti era splendido. Montagne. Montagne tutte intorno e un paesino alla mia destra, un po’ staccato.
Lo osservai di sfuggita, perché la mia attenzione era rivolta allo stupendo laghetto ai miei piedi. Sembrava essersi formato da una fossa, dentro i resti di una costruzione sotterranea di cui riuscivo a vedere le rovine. L’acqua infatti era limpida, di una straordinaria colorazione celeste. Inizialmente ipotizzai che fosse a causa del riflesso del cielo, ma alzando gli occhi vidi che quello era coperto di nubi sottili, addensate tra loro.
Storsi la bocca confusa, poi decisi che non era il caso di pensare a sciocchezze del genere e iniziai a girare attorno a quella strana pozza d’acqua trasparente.
Mi tuffai poco dopo gustandomi il contatto con la superficie liquida. Stavo bene lì dentro, sembrava una piscina. Ma la pace durò ben poco, perché sentii le risate di un gruppo di ragazzi avvicinarsi ed uscii veloce da lì. Me li ritrovai davanti. Erano almeno una decina divisi equamente tra maschi e femmine, ma di tutti solamente uno attirò la mia attenzione, perché subito capii di aver attirato la sua. Gli andai incontro perché mi fece un cenno e subito si presentò col nome di Andrea. Dissi a mia volta come mi chiamavo e mi resi conto che avevo iniziato a tremare, gocciolante. Portavo indosso un costume da bagno intero.
Anche tutti quei giovani sembravano pronti a farsi un tuffo, ma Andrea, coi suoi tratti ben delineati, gli occhi neri come i capelli ed un sorriso amichevole sul volto, disse –Credo sarà meglio andare, no?-. Ed io annuii, senza capire per quale motivo mi stesse parlando. Aprì lo sportello della sua auto grigia, simile alla Volvo di Edward sul film e attese che mi accomodassi sul sedile posteriore dandomi un asciugamano. Salì al posto di guida e mise in moto dopo aver salutato gli altri. Seguimmo la strada fino ad arrivare davanti al paese che riuscivo a vedere anche dal laghetto. Mi si mozzò il respiro notando la piazza, larga, e un palazzo con una torre dove un grande orologio scandiva il tempo. Degli uomini lo stavano restaurando, ma non me ne importò. Iniziai a gridare euforica –Volterra! Questa è Volterra! I Volturi…loro sono qui!-. Andrea aggrottò la fronte, lo notai dallo specchietto retrovisore e ripetè –I Volturi?-. Io annuii e continuai a fissare ipnotizzata il palazzo dei Priori. Poi tutto si fece buio e mi ritrovai stretta tra le braccia di Seth che sussurrava al mio orecchio cercando di calmarmi –Era solo un sogno…sei a casa….non a Volterra-.
Avevo parlato nel sonno?

 

Eccomi qui!!! uff questo capitolo non ha nessun evento particolare ma mi ha dato filo da torcere xD allora...voglio dare una notizia a tutte voi, mie carissime lettrici!!! Una volta terminata questa storia, scriverò il seguito. Tutta una cosa a parte. Non metterò "libro terzo". Il titolo non posso dirvelo perchè rivelerebbe parti importanti del racconto xD (fatti che ci tengo a lasciare top secret ^^) poi...uhm...ah sì! fate attenzione a tutti i sogni che sto scrivendo su "The really dream" perchè non solo sono veri, ma certi hanno degli spoiler che se state attente riuscite a cogliere, in quest'ultimo compreso. Ma naturalmente ci tengo a precisare che non dovete pensare chissà cosa -oddio sì, potreste anche, nessuno ve lo vieta xD-...sarò muta come una tomba e continuerò a sperare che mi restiate fedeli xD. Un immenso grazie a chi commenta, a chi l'ha aggiunta ai preferiti o alle seguite :-D. A presto. Baci dalla vostra Sammy Clearweater Cullen.

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Capitolo 32
*** E’ accaduto tutto così in fretta… ***


Capitolo 32

32. E’ accaduto tutto così in fretta…

I giorni erano passati rapidi, forse troppo, e a casa Cullen iniziava a crescere la tensione. Una volta arrivati al mese di settembre, tutti ci aspettavamo che da un momento all’altro Renesmèe rompesse quelle benedette costole alla madre e causasse il panico generale.
Isabella, per prima, sembrava prepararsi a sopportare il dolore. Ogni volta che la bambina dentro di lei dava qualche calcio ben assestato, sussultava e si ritrovava con Edward e Rose già pronti a tirarla su e portarla nello studio di Carlisle, ma poi si rivela un falso allarme. Pensai spesso che Nessie lo facesse apposta. Me l’ero sempre immaginata dispettosa…bah.

Era il dieci settembre quando chiamai i miei genitori e li informai che non sarei tornata a casa per la data prestabilita. Non era nei miei programmi tornarci, così come non lo era per Laura, ma dovevamo calmare le acque e far credere che tutto filasse liscio. Il piano che avevamo progettato era doloroso, ma non c’erano altre alternative. Avremmo finto di essere morte ed una volta arrivata la notizia alle nostre famiglie, avremmo potuto vivere tranquille senza preoccuparci del fatto che avrebbero potuto capire che nascondevamo qualcosa. Sì, eravamo convinte che altre soluzioni non ci fossero. Carlisle stava già cercando nell’obitorio dell’ospedale di Forks due corpi che potessero sembrare i nostri, per poi bruciarli e fingere un incidente…come ad esempio lo scontro con un’altra auto –e di conseguenza il cadavere di un'altra persona per rimpiazzare il fantomatico guidatore.
La cosa sarebbe andata a buon termine se una sera, mentre io, Seth, Laura ed Embry guardavamo assieme a Jacob e Leah una partita di Baseball in casa Black, la mia amica non avesse detto di colpo –Credo che io non abbia bisogno di fingermi morta…-. Naturalmente ci ammutolimmo tutti e la fissammo sbigottiti. Lei ci guardò e disse alzando le mani in segno di resa –Ehi…non ho detto niente di strano! È solo che stavo riflettendo…i miei genitori sanno che vivere qui in America è tutto ciò che voglio…li ho sempre assillati. Quindi, basandomi su questo fatto, posso benissimo restare viva e non farli soffrire inutilmente. Li chiamerò e dirò loro che la scuola qui è perfetta e che basterà che loro mi inviino le rate da pagare- fece spallucce –Più facile di così beh…si muore-. Sgranai gli occhi e ringraziai il cielo che mio figlio fosse rimasto a casa Clearweater con Sue e Billy, perché iniziai a dire a voce abbastanza alta –Da sola?! Vuoi farmi morire da sola?!- e Laura alzò un sopracciglio e rispose incerta –Ehm…sì, se non vuoi fare come me…-. Respirai a fondo, mentre Seth cercava di farmi rilassare accarezzandomi il viso e Jacob ed Embry sghignazzavano. Leah ci fissava trattenendo le risate, e non aiutò molto. Risposi alla ragazza con voce bassa, abbastanza controllata –Sai che non posso fare come te. I miei genitori non mi farebbero mai restare qui! Mai e poi MAI! Ma credevo che tu volessi fingere con me…non è giusto che io debba recitare la parte del cadavere da sola…-. Mugugnai come una bambina che viene sgridata dal padre e dalla madre. Leah osservò –Potresti almeno fare un tentativo, con i tuoi. Tu digli le stesse cose che dirà Laura alla sua famiglia. Tentar non nuoce-. Ah sì, la faceva così facile! Poi però iniziai a rifletterci. Mio padre era debole di cuore, esattamente come lo era Harry Clearweater. Se gli fosse giunta la notizia che ero deceduta, gli sarebbe preso un infarto per arrivare quindi all’altro mondo? E mia madre, che aveva solo me e lui, si sarebbe ritrovata sola? Non volevo infliggerle così tanti dolori. Mi soffermai a riflettere sulla strana coincidenza che mamma e Sue avessero lo stesso nome. E visto che una era vedova doveva diventarlo anche l’altra…Capitava così alle anime gemelle come me e Seth? Avere nelle proprie mani il destino delle vite di chi ci circondava e decidere se renderlo uguale per tutti? Tesi le labbra e poi scossi il capo, cercando di scacciar via quei pensieri tanto macabri. Una volta che ci fui riuscita, tentai di concentrarmi sulla partita di baseball, ma quello sport, come tutti gli altri, non mi aveva mai appassionato. Mi ritrovai a sonnecchiare con la testa sulle gambe di Seth, godendomi la sua mano calda intenta a sfiorarmi un braccio, scaldandolo.

Un suono leggero mi fece riaprire gli occhi e mi accorsi di essere distesa sul sedile posteriore dell’auto di Leah, con Seth alla guida. Mi tirai su sbadigliando e osservai un po’ imbambolata il suo sguardo attento dallo specchietto retrovisore. Mi guardai attorno nel veicolo ma non trovai Gabriel. Oddio, dov’era mio figlio?! Spalancai gli occhi e subito l’assopimento svanì, mi sporsi e dissi al ragazzo guardandolo –Dov’è Gab?! E…e perché siamo in macchina?- argh, che confusione nella mia povera testa! Seth non distolse gli occhi dalla strada e disse tranquillo, ma rapido –L’ ho lasciato da mia madre, calmati. Ora dobbiamo solo arrivare a casa Cullen. Jacob ci sta seguendo-. Poco ci mancava che parlasse a monosillabi o con l’alfabeto morse. Mi girai per vedere se ci fossero altre auto dietro quella di Leah, ma non ne trovai. Aggrottai la fronte e feci per parlare, voltandomi nuovamente verso il ragazzo, ma lui disse prima –E’ sottoforma di lupo e Laura è con lui-. Ah, tutto chiaro. La mia amica si stava facendo una corsa in groppa a un lupo rossiccio gigante. Ma perché? Seth rispose anche a questo, come se avesse di colpo acquisito il potere di Edward di entrare nelle menti altrui –Nessie. E’ arrivato il giorno tanto atteso-. Okay, perfetto.  Ci furono massimo trenta secondi di silenzio, poi finalmente il cervello tornò a reagire agli impulsi ed esclamai con enfasi –Che cosa?!-. Seth sussultò e mi guardò con la coda dell’occhio –Ehi, ehi…Sammy, amore, calma. Andrà tutto bene, e lo sappiamo-. Già, aveva ragione. Non c’era niente di cui preoccuparsi. Bella sarebbe diventata una vampira e la figlioletta avrebbe incantato tutto col suo strano fascino da ibrido. Magnifico. Dovevo soltanto calmarmi un po’. Arrivammo dopo un po’ nel giardino di fronte casa Cullen ed io mi catapultai fuori dall’auto prima che Seth aprisse il suo sportello, mentre quel bestione di Jake compariva dal fitto del bosco circostante con Laura appiccicata alla schiena e gli occhi sgranati. Immaginai che il viaggio le fosse sembrato peggio delle montagne russe. Si lasciò scivolare goffamente giù dal dorso morbido e caldo di Jacob e respirò per riprendersi. Subito le corsi incontro prendendola per un polso –Su forza, entriamo den…- la parola “dentro” mi si strozzò in gola. Quell’idiota di Jake era tornato alla sua forma umana. Tutto normale, direte voi, invece no! Era nudo! Chiusi gli occhi e gridai scocciata e imbarazzata –JACOB, PER LA MISERIA!- e sentii la sua risata –Ti scandalizzi per così poco? Hai già visto qualcun altro nudo- ci tenne a precisare, sicuramente lanciando un’occhiata divertita a Seth, che ringhiò sommessamente e gli lanciò qualcosa. Ne sentii il fruscio, qualcosa come stoffa, che l’altro prese al volo. Aprii gli occhi dopo qualche secondo e capii. Il mio ragazzo gli aveva dato i suoi pantaloni…pure se gli stavano un po’ stretti, meglio di niente. Anche Laura aveva tenuto gli occhi chiusi, mi chiesi se non avesse sbirciato. Io, quello che avevo visto, stavo cercando di dimenticarlo. Ottimo senso del pudore. Seth mi prese per mano di colpo e sobbalzai, ma mi lasciai trascinare da lui, trascinando a mia volta Laura. Jacob ci seguì svelto. In casa, come previsto, c’era agitazione. Alice stava seduta sulle scale massaggiandosi le tempie e subito mi tornò in mente il fatto che non potesse prevedere come sarebbero andate le cose. Per fortuna, eravamo arrivati noi per attenuarle il dolore alla testa e poi, sapevamo già tutto, quindi…l’elfo dai capelli neri ci venne incontro con un sorriso accecante. Emmett, seduto sul divano con Jasper, sembrava impaziente e anche un po’ rassegnato. Immaginai perché. Rosalie stava di sopra con Edward, visto che Carlisle ed Esme dovevano essere andati a procurarsi altre sacche di sangue per la bambina in arrivo. Sul libro invece, tutti i Cullen a parte i due pianisti e la veggente, sarebbero dovuti essere a caccia. La scelta del branco di restare unito aveva cambiato le cose, forse in meglio. Salii di sopra e lo stesso fece Jacob, che già si sentiva calamitato verso Bella, o per meglio dire, ciò che le stava dentro. Entrammo veloci nello studio di Carlisle e trovammo la ragazza semicosciente, che boccheggiava ad ogni nuovo schiocco delle sue ossa spezzate. Ah già…eravamo arrivati proprio nel momento spassoso. Ci volle un attimo prima che vedessi Rose acchiappare il bisturi e tagliare il ventre di Bella, fissando poi con bramosia il sangue intento a sgorgare a catinelle. Porca miseria! Imprecai e dissi –JAKE! PORTALA VIA!- e lui obbedì mollandogli quella ginocchiata nello stomaco -che mi aveva fatto sbudellare dal ridere mentre leggevo Breaking Dawn-, mentre Edward fissava teso il taglio e l’espressione di sua moglie. Una maschera di dolore. Gli andai vicino e dissi –Edward, fa presto, forza! Dopo tamponerò le ferite per non farle perdere troppo sangue!-. Oddio, da quando ero diventata una specie di ostetrica?! Il vampiro annuì e mi ritrovai a fissare i suoi denti intenti a squarciare una membrana che sembrava pietra. Accidenti…che schifo. Sentii chiaramente il suono stridulo, come un gessetto che graffia sulla lavagna e strinsi i pugni per il fastidio, mentre un brivido mi correva su per la schiena. Poi, vidi le mani di Edward tirare qualcosa fuori dal corpo martoriato di Isa e potei ammirare Nessie. Tutto si svolse come previsto. Lui sussurrò –Renesmèe…- e subito dopo lei esclamò –Dammela…voglio vederla- col tono spento, distrutto. Prima che Edward porgesse la piccola alla ragazza, avvertii –Ricordati che la morderà-.
-No, non credo lo farà- rispose deciso e mise Renesmèe tra le braccia di Bells. Chissà perché, non la morse. Un altro insignificante cambiamento. Bella ammirò la sua bambina, il suo angioletto, quello che aveva chiamato stupidamente “il mio brontolone” e poi “E.J”. Sospirai. Io avevo più gusto in fatto di nomi. Edward roteò gli occhi sentendo i miei pensieri e si riprese la bambina, poi la voce melodiosa e perfetta di Rosalie riapparve dietro le mie spalle –Dalla a me…è tutto apposto-. Il vampiro guardò me come per chiedere conferma e annuii, poi le passò Nessie, che mi lanciò un’occhiata fin troppo attenta per un esserino così piccolo. Scossi il capo e subito tornai a fissare Edward, che sfiorò coi denti la pelle di Bella nuovamente, sui polsi, le caviglie, il collo…e poi, la siringa con quello strano liquido dritta nel cuore della giovane. Veleno. Il suo veleno. Tesi le labbra e poi iniziai a spingere un panno sul grosso taglio che Isabella aveva al ventre. Le mani sporche del suo sangue erano un dettaglio banale in quell’istante. Io ero lì per aiutare Edward, per essere certa che l’amore della sua esistenza resistesse. –Grazie, Samantha- sussurrò lui fissandomi, ed io alzai un istante lo sguardo per incrociare i suoi occhi. Neri. Mmm…doveva essere un gran sacrificio vedere il sangue di lei. Immaginai il bruciore alla gola e lui disse –No, va tutto bene. Resisto perfettamente-. Ci credei. Me ne restai così, con le mani imbrattate di sangue, lo sguardo fisso su Bella, per non so quanto, poi Edward mi tirò via delicatamente –Non ce n’è più bisogno, ora si chiuderà-. Non capii perfettamente, ma arretrai e quello che vidi fu stranissimo, sconvolgente. Il taglio creato dal bisturi si stava rimarginando, mentre lei stava immobile, come morta. La morfina…dovevano avergliela data prima che arrivassi con Seth e gli altri.
-Puoi scendere, adesso. Dì agli altri che va tutto bene- la voce di Edward era un po’ tremante, così non riuscii a resistere e gli strinsi la mano, visto che mi era accanto. Lui voltò la testa per guardarmi e sorrise mesto –Grazie ancora. Grazie di tutto-. Ricambiai il sorriso e lasciai la presa. La sua pelle fredda si era sporcata col sangue che mi era rimasto sulle dita. Lo vidi pulirsi subito per non essere tentato dal profumo. Mi girai e scesi. Tutti gli occhi erano puntati su di me, a parte quelli di due persone. Rosalie stava discutendo con Jacob per tenere la bambina in braccio. Guardai esasperata in alto e poi di colpo mi paralizzai. Jasper si era alzato e fissava un punto preciso su di me. Le mani, macchiate del sangue di Bella. Smisi di respirare, perché accadde tutto troppo in fretta. Lo vidi saltare verso di me, senza controllo, ma Seth ed Emmett lo bloccarono rapidi e Alice mi si avvicinò tesa, dicendo –Non ho fatto in tempo ad avvertirti…non credevo accadesse…è stato improvviso-. La ignorai e poi sentii qualcuno tirarmi per un braccio, mi voltai mentre il mio ragazzo ed il vampiro muscoloso portavano Jasper di fuori e trovai Laura che disse tetra –Vieni di sopra, adesso- mi lasciai portare in bagno e la osservai mentre mi sciacquava le mani.
-Tu.sei.una.pazza-. Le avevo fatto prendere un colpo. Stavo per scusarmi, come mio solito, ma la vidi boccheggiare e portarsi una mano al petto, dal lato del cuore. Sussultai e mi chinai su di lei, che era scivolata in ginocchio ansimando e strizzando gli occhi. Oddio, oddio, oddio…mi ero dimenticata dei suoi problemi cardiaci. –Laura, Laura! Cristo…- non sapevo che fare, come aiutarla. Poco a poco sembrò passare e poi sussurrò –Zitta…sta già passando-. Restai a fissarla in tensione e rimasi con le braccia tese verso di lei anche quando si rialzò in piedi.
Respirò a fondo e disse con voce tremante, forse per lo spavento –Tu.mi.farai.venire.un.infarto.sappilo-. Singhiozzai e la abbracciai –Scusa…scusami per favore…-. La sentii sbuffare, poi mi scostò e disse –Piantala. Vedi? Sto già benone. E’ passata. Ora scendiamo e andiamo a dire a Jasper che non deve farsi venire i sensi di colpa, perché è prerogativa di quel depresso di suo fratello Edward-. Sorrise nel suo modo allegro e riuscì a convincermi del fatto che fosse finito tutto. Tornammo di sotto, ma non trovammo né Jasper né Alice. In compenso, c’erano gli altri, ed erano arrivati anche Carlisle ed Esme. Li salutai. A quanto pare, gli avevano già spiegato cos’era successo. Lei mi abbracciò e disse –Oh piccola…devi esserti spaventata-. Ridacchiai tesa e rispose –Ne ho viste di peggiori…potete dire a Jazz che è tutto okay? Non ce l’ho con lui, davvero…è colpa mia, dovevo pulirmi prima di scendere-. Carlisle mi guardò paterno e disse –Alice lo sta già tranquillizzando. Di certo gli dirà che è stato un incidente-. Annuii poco convinta e poi, mi girai a guardare i due seduti sul divano, e la creaturina che stava tra le braccia del licantropo. Nessie incrociò il mio sguardo e sorrise. Diamine…era splendida. Tutto il suo papà. Seth mi si avvicinò e bisbigliò al mio orecchio –Stai bene?-. Feci di sì col capo e mi avvicinai alla piccola. Qualcosa mi spingeva verso di lei. Allora, pensai, è proprio vero che incanta tutti quanti. Rose si accorse di me e sorrise –Non è bellissima?-. Non fui capace di rispondere, ma continuai ad osservare Renesmèe. La bambina allungò le manine verso di me. Ah guarda un po’, già le piacevo! Stavo per prenderla in braccio, sotto lo sguardo possessivo di Jacob che –dovetti ricordare- adesso sarebbe diventato veramente idiota, ma poi ci ripensai e prima le dissi, come se fosse adulta e capisse perfettamente –Allora, piccolina, adesso chiariamo una cosa: ti coccolo se tu non mi mordi, okay?-. I suoi occhioni castani erano attenti, svegli. Mi sembrò perfino di vederla annuire. Sbattei le palpebre sorpresa e poi la tolsi di dosso a Jake. Lei non scoprì i dentini, restò con la bocca chiusa, ma sorrise. Aveva già i capelli riccioluti e ramati. Era veramente un amore. Mi sarebbe piaciuto farle vedere il mio Gabriel, ma lui era ancora troppo piccolo mentalmente, rispetto a lei.
-Brava Nessie! Lo vedi? Se non mordi le persone è più facile-. Risi e lei battè le manine rosee.





Hola! ecco il nuovo capitolo *///* la nascita della piccola pesticiattola xD vi è piaciuta sotto il mio punto di vista? o preferivate quello di Jake su BD? ^^ Allora...piccola informazione ^^ l'altra volta ho detto che i sogni contengono spoiler, ma non solo di QUESTO racconto, anche del sequel! sono tentata di dirvi il titolo, ma non posso XD. E...uhm...ah sì...ho in mente una cosa per "The really dream" che forse vi piacerà, anche se è una cosuccia picciola picciola...indizio? c'entra Edward ^^. Grazie mille per i commenti del capitolo precedente...e un grazie a chi legge e basta, a chi l'ha messa tra i preferiti o tra le seguite. Bacioni da Sammy Cullen.

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Capitolo 33
*** Manca poco, poi mi farò quattro risate…credo. ***


Capitolo 33

33. Manca poco, poi mi farò quattro risate…credo.

Passarono tre giorni. Tre giorni in cui tutti sembravano nervosi e in cui tutto pareva terribilmente noioso. Edward non scendeva mai dal piano di sopra, così se volevo parlarci ero costretta a salire io, e non mi permetteva di restare a lungo, visto che c’era Bella in quello stato. Ogni tanto avevo l’impressione che lo studio di Carlisle fosse diventato un obitorio, o meglio, una camera mortuaria, con un cadavere che avrebbe riaperto gli occhi di lì a poco. Certo, avrebbero avuto un colore diverso, più inquietante, ma si sarebbero aperti. Ah, già mi immaginavo la scena. Sapevo che si sarebbe svolta nel modo identico a quello descritto dalla Meyer. Per quanto riguardava la figlioletta dei due, invece, avevo rinunciato già dopo la prima volta a tenerla in braccio, perché pesava più di un qualunque neonato umano o, come il mio Gab, provvisto di un DNA formato da ventiquattro coppie di cromosomi invece che da ventitré. Anche lei ne aveva una in più, per questo Carlisle parlava della possibile creazione di una nuova specie, quando sarebbe cresciuta. Le affinità della bimba con Jacob erano innumerevoli, e questa aumentava le probabilità che in un futuro –neanche così lontano- avrebbero dato vita a nuovi piccoli…mutanti, o roba simile. Ma non era da me fare pensieri sulla scienza, perciò smettevo molto presto di rimuginare sulle coppie di ventitré, ventiquattro o venticinque cromosomi. Nessie aveva preso in simpatia mio figlio, era gioiosa quando lo andavo a prendere da casa di Sue per farglielo vedere. Ma ero titubante sul fatto di darle modo di toccarlo. Chi poteva dire se le immagini che la piccola poteva trasmettergli lo avrebbero…non so, ad esempio…urtato al sistema nervoso? Ah! diventavo paranoica, così mentre le arruffavo i capelli ramati, sussurravo –Quando sarà più grande, Renesmèe, potrai mostrargli tutte le cose belle che vedi, ma per ora è troppo piccolo, rispetto a te…- e lei storceva un po’ le labbra rosee e carnose, ma non ribatteva. Si limitava a trasmettermi un “va bene” col pensiero, sfiorando un braccio con le mani. E poi, finalmente, arrivò il giorno tanto atteso, in cui Bella diventò una vampira in tutto e per tutto.

-Voglio vederla! Emmett, non bloccare così il passaggio!- era irritante sapere che i Cullen non mi avrebbero permesso di osservare Bella trasformata. Se ne stavano tutti ammassati davanti alla porta, con Alice che faceva capolino da dietro Jasper ed Esme che mi pregava di tranquillizzarmi e di scendere di sotto per non correre il rischio di…brrr…solo pensarci mi dava i brividi. Soltanto due vampiri avrebbero avuto il permesso di mordermi, se proprio doveva capitare…ed erano Edward e Carlisle. Non transigevo, perciò Isa doveva cercarsi il cibo altrove.
-Ma…Esme! Lo sappiamo tutti che non mi attaccherà! Ha uno strano autocontrollo!-. La vampira stava per rispondere, ma una voce melodiosa, quasi migliore di quella di Rosalie, disse –Non farò del male a nessuno…- e sentii Edward subito dopo –Bella, amore, preferiamo non rischiare. Sarà meglio andare prima a caccia, poi potrai vedere nostra figlia e gli altri-.
-Renesmeè…dov’è?-
-Di sotto, Jacob è con lei-.

Ah già. Adesso avrebbe iniziato a farsi mille domande, senza arrivare alla conclusione più ovvia! Nessuno infatti, le aveva detto che il suo migliore amico licantropo avrebbe avuto l’imprinting per la figlia. Ipotizzai che Edward ci tenesse troppo a vederle scoprire i denti contro il ragazzo e che per questo fosse rimasto muto. Se avevo indovinato, potevo ammettere che fosse tremendamente sadico…ma anch’io non speravo in una scena più bella. Cercai ancora di sbirciare nella stanza, ma senza successo, così brontolai un “siete ingiusti, ecco!” e mi sentii tirare per un braccio subito dopo.
Mi voltai e incrociai gli occhi di Seth, ed il suo sorriso divertito.
-Sempre la solita bambina testarda…- disse, ridacchiando e sfiorando la punta del mio naso con l’indice. Feci una smorfia e sospirai roteando gli occhi –Credo che non mi daranno modo di vederla subito…-
-Esattamente-. La voce di Edward mi giunse distintamente dall’ufficio di Carlisle. Tutti risero divertiti quando mugugnai un “bell’amico che sei…” e poi lasciai che il mio amato licantropo mi portasse di sotto, continuando a dirmi –Devi solo portare pazienza. O ci tieni così tanto a farti ammazzare?- alzò un sopracciglio guardandomi sospettoso. Ghignai sorniona e risposi stringendomi a lui mentre scendevamo le scale –No…sono ancora troppo giovane per morire. Ed ho due bambini da accudire…- il tono vago era studiato.

Seth sghignazzò amaro –Ah. Ah. Davvero spiritosa-.
-Lo so…- sogghignai e mi aggrappai a lui baciandolo. Era sempre difficoltoso, purtroppo. Non bastava che mi mettessi in punta di piedi.
Lui mi accolse compiaciuto tra le sue braccia chinandosi quel tanto che bastava e mi mordicchiò le labbra, poi inoltrò la lingua e mi divertii a giocarci.
Qualcuno tossicchiò.
Ci scostammo subito e facemmo caso a Jacob, Rose e Laura seduti sul divano, con Nessie che sbirciava da oltre le spalle della bionda la scenetta che io e Seth le avevamo appena mostrato.
Avvampai –Ehm…scusateci…-. Morivo dalla voglia di riprendere ciò che avevo lasciato in sospeso col mio ragazzo, e mentre pensavo a tutto ciò che potevamo fare insieme, Laura disse interrompendo i miei pensieri –Scuse accettate, ma potreste anche darvi una calmata. C’è una bambina, qui-.

Il modo in cui aveva detto “bambina” riferendosi a Renesmèe, mi fece ricordare quanto le stesse antipatica. La odiava, credo, come si può odiare la pioggia –o il sole, se parliamo di gente come me-, o la professoressa di matematica, o la scuola. La odiava come si odiano le nuove fidanzate dei propri ex, o meglio ancora…la odiava come se fosse la peste. Quella dei Promessi Sposi di Manzoni. Ah, ecco. Laura odiava i Promessi Sposi. Bene, avevo trovato l’esempio perfetto.
Le lanciai un’occhiataccia che forse doveva sembrare severa, ma lei la ignorò completamente. Avevamo già discusso del fatto che potesse fare un piccolo sforzo per farsi piacere la bambina così come si faceva piacere mio figlio, ma era una testone, molto più di me, quando voleva.
Rosalie dal canto suo, sfruttò le parole di Laura per lanciare una frecciatina a Jake –Veramente di bambini ne vedo due…- col tono acido, certo. Non potevamo aspettarci che la voce fosse serena.
E Jacob la guardò male, ma non rispose. Si limitò ad allargare le braccia verso Nessie, che subito si illuminò e tese tutto il corpicino verso di lui.
Erano carini insieme, in fondo. Ma qualcuno non la pensava così. Non riusciva ad accettare il fatto che quella bimba avesse occupato del tutto i pensieri di Jake. Laura scattò in piedi e disse cercando di nascondere il tono scocciato –Vado a La Push da Embry…salutate Bella da parte mia-. Non c’era molto entusiasmo in quella richiesta. Di certo avrebbe fatto a meno di formularla, se non fosse sembrata scortese.

Sbuffai e annuii, poi prima che scomparisse fuori dalla porta d’ingresso, le chiesi –Puoi passare da Sue a vedere come sta Gabriel? Torniamo tra un po’ anche noi. Il tempo di vedere Isabella e siamo a casa-. Naturalmente, non volevo sembrare la ragazza che diventa madre e ignora completamente i propri figli.
Stavo molto col mio bambino, perché mi piaceva tenerlo stretto al petto, sentire il suo cuoricino battere e gli occhi scuri brillare. Mi piaceva nutrirlo e accarezzargli leggermente la testa mentre lo cullavo per far sì che si addormentasse, e mi piaceva sentirlo piangere quando dovevo cambiarlo.
Gabriel era un raggio di sole, per me. Un esserino benefico, che mi rasserenava. E lo amavo. Lo amavo troppo per poterlo lasciare alle cure di sua nonna o di Leah, che lo adorava in modo indiscutibile, quasi come se fosse figlio suo.
Chiusi gli occhi e sospirai pensando a quanto mi sarebbe piaciuto tenerlo in quell’esatto momento.
Sentii il motore dell’auto di Jacob accendersi e allontanarsi poco a poco, fino a non essere più udibile. Il suono di una canzone fragorosa provenire dalla radio.
Di colpo mi paralizzai e fissai Seth. Lui notò l’espressione sorpresa sul mio volto e subito chiese –Che c’è? Cos’ hai, Sammy?-.
Boccheggiai, poi dissi balbettando –Su “Breaking Dawn”…mentre Bella è a caccia con Edward…lei dice di sentire il suono di una canzone provenire da un’auto, sulla superstrada…-.

-Sì, e allora?-. Ancora non ricollegava.
-Seth…se è come credo, vuol dire che anche noi facciamo parte di un libro. Io e Laura…-.
Scoppiò a ridere, così come Jake che aveva ascoltato divertito e disse –Sammy, ti sei fatta condizionare. E’ impossibile, una cosa del genere. Tu sei reale, Laura è reale e noi siamo reali. Punto. La questione è chiusa-.
-M…ma…- non poteva essere così semplice!
-Niente ma, Jacob ha ragione, amore. E’ tutto frutto della tua fantasia. Ti piace complicare le cose, renderle diverse da ciò che sono-. Seth mi baciò la fronte e rise leggero –Le cose a volte sono più normali di quello che sembrano-.
-O più inverosimili- obiettai.
-Non sempre-. Disse Rosalie, e quest’ultima battuta mi smontò. Va bene, va bene…gliel’avrei data vinta. Grugnii stizzita e aggirai il divano, chinandomi davanti a Jake e sorridendo a Renesmèe –Tu che ne pensi, piccolina, uhm? Hanno ragione il tuo Jacob, la zia Rose e Seth, oppure io?-.
Lei fissò tutti e quattro, poi si soffermò indecisa su me ed il ragazzone che la teneva in braccio e allungò una manina sulla mia fronte.

Jacob.

Sospirai. Anche lei era contro di me! Eppure, anche frustrata com’ero, un sorriso mi solcò le labbra e la fissai. Era una bambina dolcissima e non riuscivo a prendermela sul serio con lei.
-D’accordo…darò ascolto a te-. Le accarezzai il viso e lei mi regalò una splendida visuale dei suoi dentini splendenti.
-Che ti ha detto?- la voce di Jacob era curiosa, ma percepii un tono che forse, se fosse stato meno bravo a celarlo, avrei riconosciuto come gelosia. Ridacchiai e risposi –Il tuo nome. Te lo ricordi, vero?-. Sghignazzai seguita da Seth e Rose, mentre lui diventava raggiante e stringeva un po’ di più Nessie –Le piaccio-.
Sarà stata la cinquantesima volta che lo ripeteva.
Non ricordo esattamente quanto tempo passò prima che Edward e Bella tornassero a casa dalla caccia, ma lo capii –pur non sentendoli correre ed entrare in giardino- grazie al fatto che Jake si alzò ed uscì, dando la bambina a Rose.
Seth fece un passo per seguirlo e lo bloccai per un polso –Ehi, aspetta! Perché vai anche tu?-.
E lui mi sorrise –Starò solo di guardia. Jake vuole accertarsi che Bella sia in grado di…controllarsi-. Un'altra scena del libro mi passò davanti. La ricordavo perfettamente. Annuii e dissi –Okay, okay…ma fa attenzione…e dopo non metterti in mezzo!-.
Lui aggrottò la fronte –Dopo quando?-. Oddio…non ditemi che davvero non sapeva che Isa lo avrebbe attaccato! Per la miseria!
I Cullen scesero dal piano di sopra e si avvicinarono. Emmett già sghignazzava, ed Esme lo ammonì con lo sguardo.

Continuò imperterrito, cingendo Rose con un braccio muscoloso quando lei si avvicinò, tenendo la piccola Nessie in braccio.
-Ora inizia il divertimento…- disse ridendo, e Rose gli diede una leggera gomitata, trattenendo a sua volta un ghigno divertito. Roteai gli occhi e fissai la scena che si svolgeva in giardino.
Seth si era trasformato con un balzo, esplodendo in una massa di peli color sabbia, Leah invece era comparsa dal bosco circostante, già sottoforma di lupo, coi denti scoperti verso Bella e lo sguardo attento. Non si fidava di lei. Tesi le labbra, poi incrociai lo sguardo di Edward, vicino a sua moglie, per un istante e lo osservai mentre diceva al licantropo –Piano, Jacob-. E l’altro si lasciò sfuggire un ringhio sommesso, quasi un guaito, di preoccupazione per poi rispondere –Pensi che sarebbe meglio lasciarla prima avvicinare alla bambina?-. Un attimo di silenzio, prima di aggiungere rapido e deciso –E’ più sicuro vedere come si comporta con me. Io guarisco in fretta-.
Notai l’espressione di Bella, qualcosa che mi ricordava la nausea. Di certo non le piaceva sentir dire certe cose.
Fissò Edward ansiosa, e ricordai  quando le passò per la mente che fosse stata un’idea sua, ma anche lui era preoccupato. O almeno, lo fu per un po’, prima di alzare le spalle e dire ostile –Come credi, la gola è tua-.

Leah gli abbaiò contro e Seth le diede una spintarella per farla calmare. Immaginai i loro discorsi pensati.
La mia attenzione era incentrata sulla vampira neonata. La tensione sul suo viso, ora bellissimo, perfetto, traspariva in modo tremendo. Si sarebbe visto lontano un miglio che non capiva un accidenti di quel che stava accadendo! Poi di colpo, seppi che Jacob le sorrise, pur vedendolo di spalle, perché così era stato scritto da Stephenie.
-Devo dirtelo, Bells. Sei un fenomeno da baraccone-. La sua voce era calda, amichevole. Quel tono che si usa tra cari amici. Lei sorrise di rimando, poi Edward grugnì –Guardati allo specchio, bastardo-. Il vento soffiò all’improvviso. Ne sentii il suono, il sussurro smorzato. Bella inspirò profondamente ed il suo sguardo schizzò un solo istante su di me, ma invece che saltarmi alla gola, scoprì i denti per sorridermi, proprio come aveva fatto con Jake.
Sospirai rasserenata ed il cuore ricominciò a battere a tempo stabile.
Quando parlò, ammirai la nuova sfumatura della voce, con un intonazione più acuta, come lo scampanellio di Alice, ed un tono melodioso come tante campane dal suono basso, più simile a quello di Rosalie od Esme.
-No, ha ragione. Gli occhi sono proprio strani, vero?-.
Emmett trattenne le risate quando la conversazione continuò così:
-Super-spaventosi. Ma non brutti come pensavo-.
-Ehi…grazie per il bel complimento-.

Non potevo dargli tutti i torti. Sentirli era una cosa davvero comica. La coppia di amici più stravaganti che ci fossero, di sicuro.
Jacob ridacchiò di nuovo e mi distolse dalle mie osservazioni –A ogni modo, credo che mi abituerò presto a quegli occhi-.
-Davvero?- chiese lei, confusa, ma il licantropo non le rispose nuovamente e si rivolse ad Edward –Grazie- gli disse –Promessa o no, non ero sicuro che riuscissi a non dirglielo. Di solito esaudisci ogni suo desiderio-.
-Forse spero che si arrabbi e ti strappi la testa- insinuò Edward con le labbra tirate in un ghigno.
Sbuffai nello stesso attimo in cui lo fece Jake, poi mugugnai sapendo che mi avrebbe sentito –Edward! Ci tengo anch’io a vedere la scena ma…cavolo, un po’ di tatto!-.
Lui rise, così come Emmett e Rose, ma Bella girò un po’ la testa e mi fissò –Cosa? Quale scena, scusa?-.
Ops. Ma perché non stavo zitta?!
Ridacchiai nervosa e balbettai –Niente, niente! È una storia lunga, Bella!-. Lei alzò un sopracciglio sottile e tese le labbra incerta sul fatto di ignorare o insistere. Esultai mentalmente quando Jake disse svelto per far cadere il discorso –Ti spiego dopo-.

Grazie, mio salvatore…






Ta daaaaaan!!! ecco il nuovo capitolo xD è corto, ma solo perchè non voglio correre troppo e in più, ci tengo ad aggiungere che una parte dei dialoghi è opera della Meyer, e che non li ho copiati a scopo di plagio, ma solo per rendere al meglio la scena. Ringrazio nel mio solito modo pigro chi commenta, chi legge e chi la aggiunta a preferiti o seguite xD grazie infinite! ah! in più, aggiungo alcuni disegni che ho fatto ^^ un pò in ritardo, perchè riguardano attimi della storia già passati, ma vabbè...sempre meglio di niente xD

Okay...solo uno -.- tutta colpa del sito hosting che non mi carica gli altri disegni T^T sigh...>.<
a presto! cercherò di metterci gli altri =_=.
Bacioni!
By Sammy Cullen

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Capitolo 34
*** Il sogno preoccupante e la rabbia di Bella ***


Capitolo 34 34. Il sogno preoccupante e la rabbia di Bella

In quei tre giorni di attesa, aspettando che Bella si svegliasse vampira, un sogno mi aveva tormentato durante la notte. Era sempre lo stesso, e così vivido –reale-, da essere riuscita a ricordarne i dettagli. Mi spaventava, perché racchiudeva tutto ciò che non avrei mai voluto vivere. In più, il brutto dei miei sogni, era che non sapevo se c’entrassi solo io, o se anche le persone che amavo rischiassero qualcosa. Era frustrante. Sentirsi così potenti ma al tempo stesso inutili. Se avessi avuto la certezza…o se almeno quegli episodi avessero avuto un senso preciso…invece no. Supposizioni. Solo stupide e snervanti supposizioni.

Nella stanza non c’erano altro che un comodino, una lampada accesa sopra di esso per permettermi di leggere e la sedia sul quale mi trovavo seduta. Per il resto, oscurità. Oscurità in ogni più piccola parte di quel luogo. Ma io ero tranquilla perché, in fondo, avevo tutto ciò che mi serviva: un po’ di luce e qualcosa per passare il tempo. La copertina di quel libro era blu scuro, o forse nero, non saprei dirlo tutt’ora con certezza. Aprii più o meno alla metà superata, come se avessi memorizzato il numero sul limitare della carta, ed iniziai a leggere con sicurezza:
“…Sammy dormiva serenamente su quel letto troppo grande e troppo duro, dopo essersi rigirata stancamente milioni di volte, forse stando scomoda. Lui, Marcus, le si era messo accanto non appena Morfeo era riuscito a farla cadere nel sonno più profondo, seduto vicino a lei, fissando quel volto rilassato e le labbra schiuse. Gli piaceva, si sentiva attratto da lei, non tanto sentimentalmente quanto per una questione di carattere, di pensieri. Per lui, difatti, Sammy aveva una mente curiosa. Forse, solo un pochino contorta. Era questo ciò che pensava della ragazza, mentre la osservava dormire. Ad un certo punto, nel silenzio, lei parlò. Con voce flebile, così bassa da essere quasi impercettibile, e sussurrò -…Demetri-. Marcus restò sorpreso. Demetri? Perché nominava quel vampiro invece di lui? lui che le era stato un po’ più vicino degli altri? Non riusciva davvero a spiegarselo, e forse fu anche questo ad innervosirlo. La risata arrivò alle sue spalle. Quel suono tranquillo, caldo, suadente. Ed Aro gli si avvicinò, osservando a sua volta la giovane, e dicendo –Ti avevo già detto di non fidarti, di non lasciarti incantare da lei, fratello-.  Le labbra sottili erano inclinate a formare un ghigno, ma non uno di quelli perfidi soliti di Caius. Era più delicato, quasi inesistente. Una scintilla che scomparì in un istante. E Marcus non seppe cosa rispondere, osservò ancora il viso di Sammy in silenzio, così l’altro continuò –Per un oltraggio del genere, ci vuole una punizione…-. Queste parole fecero alzare gli occhi di Marcus per fissare il suo compagno. Punizione. Già, gli era sembrato strano che ancora non parlasse di mettere fine alla vita di qualcuno. Attese pazientemente che terminasse con –Se per te va bene, l’esecuzione si terrà tra tre giorni minimo-, e quindi gli rispose, con tono accondiscendente –Sì, può andare. Non ho nulla in contrario-. Sogghignò mesto, come per rendere più credibili le proprie parole. C’era una cosa, infatti, che Aro non sapeva: Marcus gli aveva appena mentito…”.
Un rumore. Un rumore che arrivava da oltre la stanza buia, da oltre quella realtà sospesa, creata dal mio subconscio. Un suono, e riaprii gli occhi. Gabriel piangeva nella culla in cui da bambino dormì il mio amato Seth. Guardai l’orologio alla parete della stanza e vidi che erano le cinque di mattina. Era troppo presto per andare dai Cullen.


Terzo giorno. Dopo la prima caccia di Bella.
-Prima di tutto, diamo inizio allo spettacolo-. Jacob sorrideva nel suo modo speciale, quello allegro, accecante. Mi chiedevo quando si sarebbe deciso a sputare il rospo.
Leah guaì da dietro gli alberi e fece capolino, tesa. Dietro di lei Seth osservava attento la scena, ed io osservavo attenta lui. Ci avrebbe rimesso, me lo sentivo.
-Tranquilli ragazzi, statene fuori-. Jake continuava ad avanzare verso Bella con passo lento, il che rendeva più snervante l’attesa.
Iniziai a sudare freddo, pregando che qualcosa cambiasse il corso degli eventi all’ultimo minuto. Non mi andava davvero di assistere alla scena di Seth che si faceva rompere le ossa da Bella solo per proteggerò quell’incosciente di Jake.
Sbuffai, e restando ferma in posizione dall’erta, continuai a fissare intesamente quest’ultimo e la neonata.
-Tranquilla, non accadrà niente di grave…- la voce pacata di Carlisle mi arrivò da molto vicino, così mi voltai sussultando e incrociai i suoi occhi più dorati di quelli del resto della famiglia Cullen. Iniziai quasi senza rendermene conto a mangiucchiarmi le unghie e risposi mugugnando –Seth si farà male…-
-Ma guarirà in fretta-. Rispose lui, saggiamente.
Era impossibile controbattere, soprattutto se a parlare era quel vampiro con così tanta esperienza e compassione. Mi arresi all’evidenza dei fatti: il mio ragazzo non avrebbe corso pericoli, tranne qualche frattura qua e là…
Tremai al solo pensiero.
Sentii la mano gelida di Carlisle posarsi sulla mia spalla, ci misi sopra la mia sospirando e ringraziandolo, con tutta la gratitudine che potevo avere nei suoi confronti.
-Su Bells, fai del tuo peggio-. Jacob parlò, di nuovo.
Bella si immobilizzò e capii subito che aveva smesso di respirare, guardò il suo migliore amico con un’espressione tesa e incerta. Non era sicura di ciò che avrebbe potuto combinare, così, quando vidi le sue labbra muoversi senza creare alcun suono, ipotizzai che stesse sussurrando ad Edward “tienimi stretta”, rannicchiandosi poi contro il suo petto e lasciando che lui la tenesse per le braccia.
Fece qualche respiro profondo, concentrandosi, e poi quando riaprì gli occhi, capii che qualcosa era cambiato, ed io naturalmente ne ero la causa.
Gli occhi si scurirono di colpo e con slancio, cercò di venire contro di me, ma Edward, una volta capita la sua traiettoria, mantenne la stretta e Jacob cercò di alleggerirgli un po’ il peso spingendo indietro Bella, che teneva i denti scoperti fissandomi.


Oh! Perfetto! E con questo fanno due vampiri assetati del mio sangue o di quello che mi resta tra le dita!

Non arretrai, non ne avevo la minima intenzione. Continuai a guardarla negli occhi, poi dissi solo –Bella, sei capace di controllarti. Io lo so. Se smetti di respirare, passerà tutto-. Lei ascoltò cercando ancora di dibattersi, poi man mano smise di fare resistenza e così ripetei –Devi solo smettere di portare aria nei polmoni-.
Il suo sguardo tornò lucido, allora, rosso acceso dopo la caccia, e mi guardò in imbarazzo sussurrando –Scusa…non volevo…-
Sorrisi –E’ comprensibile, no? Sono sicuramente più appetitosa di Jacob-.
Tutti i Cullen risero leggermente, a parte Emmett che sghignazzò ed Edward, che mi lanciò un’occhiata di rimprovero. Feci spallucce, immaginando cosa avrebbe detto di lì a poco: “Devi sempre fare del sarcasmo per minimizzare, proprio come Bella, eh?”.
Roteò gli occhi sentendo la sua voce nella mia testa. Gli avevo rubato davvero le parole di bocca.
Jacob invece tese le labbra e disse –Forse non dovremmo farle vedere la bambina…- e questo scatenò l’irritazione di Edward, che rispose –La terremo d’occhio, cane. Ma ha tutto il diritto di vederla-.
-E’ pericolosa! Hai appena visto cosa ha rischiato con Sammy!-.
Il vampiro sospirò, ma ignorai la sua reazione o quella del licantropo e mi soffermai su Isabella. Era confusa e allo stesso tempo impaziente. La stavano privando dell’unica cosa –a parte suo marito- che contasse davvero: Nessie.
Decisi di parlare, di darle una mano –Credo che Renesmèe corra meno rischi di me. Per metà in fondo, è una vampira. Il suo odore susciterà molta meno sete in Bella, no?-.
Gli occhi di tutti si puntarono su di me, e mi sentii a disagio, così tossicchiai –Io non riuscirei a stare lontana da Gabriel…vorrei poterlo vedere-. Ero l’esempio materno migliore, in quel frangente.
Carlisle disse dopo un breve silenzio –Forse hai ragione-. Si voltò verso suo figlio –Edward, tienila comunque saldamente-.
Lui annuì attento, ma Bella ignorò il fastidio del contatto, o tutto il dialogo. Mi sorrise riconoscente e pensai che le sarebbe dispiaciuto avermi per merenda. Prima di entrare in casa con gli altri, lanciai un’occhiata a Seth, che mosse il muso come per dirmi di non stare in pensiero per lui. Sì, facile a dirsi…
La bambina era dentro, in braccio a Rose, l’unica che, oltre Jake –che ora si sbrigava a pararsi davanti alla bionda con fare protettivo-, l’aveva stretta a sé per la maggior parte del tempo. Subito Nessie osservò i suoi familiari rientrare in casa, e Rosalie si alzò dal divano, aspettando che Bella vedesse la piccola, intenta a sporgersi oltre il corpo massiccio di Jacob.
La vampira neonata fissò la creaturina con incredulità e disse –E’ nata solo da due giorni?- come se non fosse figlia sua.
Era anche vero, che Nessie dimostrava varie settimane, se non mesi.
La bimba iniziò ad esaminare la propria madre attentamente, con lo sguardo serio e consapevole. A me ormai non faceva più senso, non mi stupiva, ma per Isabella, fu una sorpresa. Restarono così per qualche attimo, poi Renesmèe poggiò una mano sul viso di Rose, decisa, e quella rispose dolce –Sì, è lei-, prima che il visetto incorniciato dai capelli ramati s’illuminasse in uno splendido sorriso fatto di tanti e perfetti dentini bianchi.
Bella, senza rendersene conto, credo, fece un passo avanti, e subito Emmett e Jasper scattarono, pronti a tenerla se fosse servito, ma Alice disse scocciata –Oh, datele un po’ di fiducia!- e così fecero, restando fermi.
Edward seguiva sua moglie come un’ombra, sempre con una mano a tenerle il braccio, per sicurezza. Lei sussurrò –Sto bene-, ma poi aggiunse per stare più tranquilla –Restate vicini, non si sa mai-. Jasper attento, osservava ogni suo più piccolo spostamento, e ne controllava le emozioni.
La bambina subito iniziò a muoversi frenetica tra le braccia di Rose, desiderosa di stringersi alla propria madre. Ma quando Edward mollò la presa, lo sentii dire a Jasper che potevano stare tranquilli, che non c’erano altri rischi.
Bella non mi guardò, e capii che aveva smesso di respirare per sicurezza. Si avvicinò, e fece per prendere la bambina, ma Rosalie e Jacob non erano ancora sicuri di poterle dare fiducia, così Edward disse –Ascoltate, durante la caccia ha sentito il profumo di alcuni escursionisti che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato…-.
Silenzio. Silenzio tombale. C’era da aspettarselo, ma per chi già conosceva la storia e le reazioni, era tutto molto noioso, monotono. Io ed Alice, a parte Edward, eravamo le più tranquille, e poi c’era Carlisle, che aveva letto i libri –così mi avevano raccontato agli inizi- facendo da portavoce per il resto della famiglia.
Gli altri, erano abbastanza sorpresi, e Jasper scuoteva il capo ipotizzando il peggio. Avevo sempre provato una strana simpatia, anche se era silenzioso e più enigmatico di Edward.
Mentre tutti continuavano a fissare Bella, lei mugugnò il nome di Edward per richiamare la sua attenzione e lui le accarezzò un braccio –Sono solo arrivati troppo presto alle conclusioni errate. Non immaginano quanto tu sia forte-.
Alice roteò gli occhi e disse –Bella battuta, Edward-, il suo compagno, invece, restò a bocca aperta –Aspetta…non ha attaccato gli umani?-.
-Stava per farlo- rispose l’altro, col tono compiaciuto nel poter raccontare –Era completamente concentrata sulla caccia-.
E mentre lui raccontava l’episodio ai fratelli, io decisi di uscire da lì, superando il giardino ed entrando nel boschetto circostante. Mi piaceva stare un po’ in pace, ogni tanto…soprattutto se non c’era nulla di nuovo di cui discutere. Nulla che non avessi già letto ed immaginato con i miei occhi. Mi misi seduta su un ramo basso, con la schiena poggiata al tronco, tenendo chiusi gli occhi. Le braccia rilassate cadevano lungo i fianchi, penzolando.
Non capii bene quanto tempo passai così, ma non direi più di qualche minuto, prima che qualcosa di umido non sfiorasse il palmo sinistro. Sobbalzai e mi ritrovai a fissare Seth, ancora sotto le sembianze di lupo. Sorrisi e lui scodinzolò causando un attacco di risa.
Scivolai giù dall’albero e mi misi a gambe incrociate sul fogliame, accarezzandogli il pelo liscio e sabbioso.
-Sai…non avrei mai immaginato una vita del genere- sussurrai, continuando a coccolarlo come se fosse solo un animale. Lui, che aveva poggiato la testa sulla mie gambe stendendosi di lato, alzò gli occhi umani sul mio viso guardandomi confuso e incerto, e risi di nuovo, leggera.
-Non me ne sto lamentando, Seth-. Gli diedi un bacino su quella che sarebbe stata la guancia e lui latrò. L’unico modo per imitare una risata. –E’ solo che…sembra troppo perfetta. Ho paura di svegliarmi, un giorno, e di non trovarti accanto a me, di non sentire il pianto di nostro figlio o poter parlare con Edward e tutti gli altri…-.
Guaì e alzò il testone leccandomi la faccia. Feci una smorfia e poi aggiunsi –Sono solo pensieri stupidi di una ragazzina stupida-. Ringhiò sommessamente, forse per ribattere, per farmi capire che non era d’accordo. Lo fissai alzando un sopracciglio e dissi –Potresti tornare umano per cinque minuti?-. Lui si lasciò sfuggire un altro latrato e poi, di colpo, osservai il suo cambiamento, la mutazione.
La pelliccia si accorciava man mano, ed il muso si rimpiccioliva, schiacciandosi e deformandosi, il resto del corpo, poco a poco somigliava a quello di un giovane.
Era stupendo vedere una cosa del genere. Non mi faceva senso, né mi spaventava. Era solo terribilmente affascinante. Quando le mie mani sfiorarono di nuovo una massa ispida, erano solo i suoi capelli. Si rigirò, tirandosi su per potermi guardare negli occhi e sorrise, senza proferire parola. Gli presi il viso trascinandolo verso di me e lo baciai con foga. Era un bisogno, quello che sentivo. Fremetti leggermente quando capii di essere sotto di lui, privo di vestiti, che continuava a giocherellare con la mia lingua permettendomi di fare lo stesso con la sua. Mi scostai solo per riprendere fiato e dissi sghignazzando –Ora sì che mi piace parlare con te…mi stavo stancando a rivolgere la parola a un animale-.
Rise e scese con le labbra fino al mio collo, mordicchiandolo –Immagina quando nostro figlio ci chiederà un cane per regalo di Natale, o di compleanno…-. Socchiusi gli occhi e lo feci risalire –Lo accontenteremo…-. Ero già senza fiato.
Seth mi accarezzò i capelli e disse, rispondendo al discorso precedente –Questo è un sogno, Sammy. Il più bello che io e te potessimo vivere…insieme, almeno-.
Sorrisi tra me e mi strinsi a lui abbracciandolo, sfiorandogli l’orecchio con le labbra –Spero di non svegliarmi mai, allora…-. Ridemmo entrambi, felici, persi, per poi baciarci di nuovo. Uno sbuffo ci fece scostare subito, costringendoci a voltarci per osservare Leah che teneva il suo sguardo scocciato su di noi. Seth sospirò e si ritrasformò immediatamente allontanandosi da me. Mugugnai un “prendete troppo sul serio il vostro lavoro” e lei latrò proprio come il fratello precedentemente. Mi alzai e prima di rientrare in casa gli dissi –Se Bella salta contro Jake, non mettetevi in mezzo, per favore-. Loro si guardarono eloquenti e poi annuirono con i testoni pelosi verso di me, ma capii che non mi avrebbero dato retta.
Grugnii spazientita e non feci in tempo a mettere piede sulla veranda che sentii il grido di Bella –Stupido imbecille! Come hai potuto? La mia bambina!-  e vidi Jacob uscire veloce, arretrando sui gradini, superandomi e arrivando nel giardino.
-Mica l’ ho deciso io, Bella!- rispose lui cercando di alleggerire la situazione, ma senza successo.
-L ’ho tenuta in braccio una sola volta, e già pensi di avere qualche pretesa idiota da lupo su di lei? Lei è mia-.
-Me ne basta un po’…- disse implorante Jake facendo qualche altro passo indietro.
Emmett se ne uscì con –Pagare prego- verso Jasper, e dovetti trattenere le risate. Bella mi superò quasi senza far caso a me, seguendo passo, passo il suo amico, con sguardo omicida.
-Come hai osato avere l’imprinting con mia figlia? Sei fuori di testa?!-.
-Non è una cosa volontaria!- insistette lui, arrivando fino agli alberi dal quale ero sbucata io. Subito Seth e Leah fecero capolino, e il lupo grigio abbaiò contro la vampira. Strinsi i pugni e feci un passo avanti, incerta. Cosa avrei fatto se Seth si fosse davvero messo in mezzo? Tremai sentendo il ringhiò di Bella, e Jake che continuava a dire –Puoi provare ad ascoltarmi solo per un secondo? Per favore?-, poi gridò verso Leah, spazientito –Leah, torna indietro!-, ma quella restò immobile scoprendo i denti.
-Perché dovrei ascoltarti?- Bella ormai non parlava, sibilava nel senso letterale della cosa.
Jake le ricordò delle sue parole, quelle che gli aveva rivolto da umana, sul fatto di sentirlo parte della famiglia, più o meno, come un fratello. Mi schiaffai una mano in faccia. Era senza speranze. Stava portando il mio Seth al patibolo!
-Pensi di poter far parte della mia famiglia come genero!- gridò lei, sputando l’ultima parola. Emmett rise, mentre Esme sussurrò –Fermala, Edward…non penso che sarà felice di fargli del male-. Ma nessuno le se avvicinò.
Per un attimo fui tentata di farlo io, poi la vocina nella mia testa mi disse che era meglio non rischiare di farmi ammazzare da Isabella col semplice colpo di un dito sulla fronte.
Persi qualche parte del discorso ragionando su come comportarmi, sentii di sfuggita Edward dire –Fantastica, non è vero?- e poi arrivai a concentrarmi di nuovo sulla scena proprio nel momento che avevo temuto e atteso impazientemente.
-Dai, Bells! Anch’io piaccio a Nessie!- Jacob aveva fatto un buco nell’acqua ogni secondo passato, ma questo era il più profondo. Bella sgranò gli occhi e ringhiò –Hai dato a mia figlia il soprannome del Mostro di Loch Ness?-.
Balzò verso la gola del ragazzo e vidi Seth scattare per mettersi in mezzo.
-No!- gridai.
Ma troppo tardi.








Angolino autrice
Eccomi! dio che fatica! questo capitolo non voleva uscir fuori xD adesso mi impegnerò per scrivere il prossimo ù.ù e cercherò di essere più veloce! spero che le vostre vacanze siano iniziate bene ^^
Grazie infinite a chi legge e/o commenta.
Bye byeeee ^^
Sammy Cullen

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Capitolo 35
*** Paure ***


Capitolo 35


Non ero riuscita a decidere con chi prendermela, sapevo solo di essere tremendamente nervosa, coi nervi a fior di pelle. Era colpa di Jacob, che era riuscito a usare le parole sbagliate nel momento sbagliato? Di Bella? Che sarebbe stata comunque difesa da Edward sotto le mie accuse soltanto per il semplice fatto di essere una neonata? O, per finire, era stata colpa di Seth? Del mio adorato Seth? Che si era messo prontamente in mezzo ai due amici per salvare la pellaccia a Jake? No. Non riuscivo davvero a decidere, così, per semplificare le cose, mi ero ritrovata ad avercela con tutti e tre. Carlisle finì di fasciare la spalla al mio ragazzo, dicendogli di restare immobile per un’oretta e mezzo, se non di meno, poi dopo avergli arruffato in modo quasi paterno i capelli, scomparì di sopra, nel suo studio. Edward continuava a scusarsi al posto della vera colpevole, sua moglie, che quell’unica volta in cui provò a dire –Seth io…-, venne bloccata immediatamente dal mio fidanzato che ribattè veloce –Non ti preoccupare Bella, sto benissimo-. Ecco. Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Edward stava per aggiungere, lo sapevo bene, parole di conforto, per scagionarla, diciamo, ma mi alzai dalla mia sedia, portata vicino al divano sul quale stavano solo lei ed il licantropo, con il mio amico vampiro seduto a terra, ed esclamai –Oh! Certo! Continuate a dire che va tutto bene! Che non è successo niente!-. Emmett comparì dalla porta che dava sul garage, incuriosito. Già si gustava la scenata, mentre Jasper si teneva pronto per calmarmi un po’ ed Alice mi fissava stupita. Era bello non essere “previste” ogni tanto. Edward tese le labbra e si mise in piedi –Sammy, smettila-.

Ah…il tono autoritario, quello da “io ho cent’anni più di te quindi posso sgridarti”.

Sentì la mia frecciatina solo pensata e sibilò –Non posso darti tutti i torti, ti stai
comportando da bambina-. Risi amaramente, di gusto, prima di rispondere –Beh, scusami tanto, ma in confronto a te lo sono!-. Sospirò fissandomi intensamente –Non c’è motivo di fare scenate-.
Boccheggiai, poi dissi –Non volevo parlare con te, infatti!-, volsi lo sguardo su Seth, che chinò il capo colpevole. No, no, no! Non mi andava che si lasciasse gridare contro da me! Non poteva permettermi di incolparlo! Deglutii e dissi cercando di mantenere la voce calma –Seth, non voglio che tu faccia più niente di così irresponsabile! Non voglio, chiaro?! Tu non…- respirai -…tu non capisci quanta paura abbia avuto! Vedere Bella finirti addosso…io…- sentii un brivido corrermi sulla schiena, e le parole mi si strozzarono in gola. Mi portai una mano tra i capelli, che ora arrivavano alle spalle in tante ciocche disordinate, e li arruffai sapendo che sarebbero tornati lisci e ordinati in poco tempo.  Lui fece per alzarsi ma storse la bocca e rimase dov’era. La spalla, gli faceva male la spalla. Bella tentò di parlare, in un sussurro –M…mi dispiace. So che è tutta colpa mia e…- alzai una mano per intimarle di star zitta –Senti, Swan, mettiamo in chiaro una cosa. Tu non mi eri affatto simpatica, poi ho cercato di capirti e ti ho trovato abbastanza…di compagnia. Siamo diventate una specie di amiche, esattamente nello stesso modo in cui è accaduto con Rosalie, solo perché c’erano i nostri figli a renderci simili. Madri. Ma adesso, scusa se mi permetto, voglio solo dirti che mi hanno stufato i tuoi piagnistei! Non è sempre colpa tua, okay?! Stavolta infatti, è tutta colpa di quel cretino di Jake!-.
Lei rimase immobile, senza respirare, credo soffermandosi sulle mie parole, una ad una. Edward si mise in mezzo, attento, non sapendo se ciò che avevo detto avrebbe potuto scatenare un suo attacco di rabbia improvviso. Tremavo, ma non per paura. Ero solo contenta di essermi tolta un peso che in quel frangente sembrava più faticoso da tenere di un macigno. Emmett fischiò, un suono acuto che si affievolì man mano, come quando si imita la caduta di una bomba, e l’esplosione subito dopo. Poi sghignazzò, forse per il “cretino” che avevo attribuito a Jacob, che mi fissava a bocca aperta –più o meno come tutti i presenti. Cercai di calmare il respiro, poi dissi, tetra –Vado a casa, da Gabriel-. Guardai Seth nuovamente e sussurrai –Torna quando la spalla sarà guarita…-. Mi voltai verso la porta d’ingresso e intruppai addosso a Laura.
Aveva la stessa espressione degli altri stampata in faccia, perciò ipotizzai che avesse assistito ad almeno metà della scena senza che me ne accorgessi.
-Tutto okay? Ma che cavolo è successo?- mi chiese, attenta, socchiudendo gli occhi. Tesi le labbra e dissi veloce –Fattelo spiegare dagli altri, Laura - ed uscii veloce senza girarmi. Lei mi richiamò, agitata e confusa, ma la ignorai, iniziando a camminare nel bosco.
Ormai mi facevo spesso trasportare in groppa a Seth, quindi l’auto di Leah se ne restava a riposo a La Push. Sentivo il respiro farsi pesante, poco a poco un po’ di più, le gambe tremare per la stanchezza e gli occhi chiudersi e riaprirsi di scatto per non serrarsi del tutto. Non avevo idea di che ora fosse, ed il cielo non era visibile attraverso gli alberi e la leggera nebbiolina che si stava formando. Singhiozzai e mi guardai attorno. Alberi, soltanto alberi. Ormai avevo iniziato a camminare da un bel po’, senza riflettere su dove stessi andando. Credevo che fosse la direzione giusta per arrivare alla superstrada, e seguirla fino a raggiungere La Push, ma avrei dovuto ricordarmi che non ero un asso in fatto di senso dell’orientamento. Il cuore iniziò a battermi più velocemente. Era da me lasciarmi assalire dal panico. Portai una mano in tasca per tirare fuori il cellulare, con l’intenzione di guardare l’ora e chiamare Edward, ma un lampo, seguito da un tuono, mi fecero sobbalzare e vidi l’affarino sfuggirmi dalle mani e cadere su un sasso pieno di muschio viscido ai miei piedi.
-No…no, accidenti!- lo raccolsi e controllai immediatamente lo schermo. Bianco. Bianco impallato. Mi morsi un labbro aspettando che la foto di Seth che teneva in braccio Gabriel ricomparisse sullo sfondo, ma non accadde nulla. –Merda…- singhiozzai di nuovo e maledii il telefonino, scagliandolo contro un albero. Forse, avrei potuto dargli altri cinque minuti per riprendersi…

Troppo tardi. Dì addio al tuo Motorola.

Tentai di calmarmi e di non muovermi troppo. Se mi fossi girata, avrei raggiunto un’altra direzione, e quindi tanto valeva fissare dritto davanti a me. Sospirai avvicinandomi ai piedi del tronco e mi chinai prendendo di nuovo quel telefono da rottamare. Ero riuscita a spaccargli il vetro. Grandioso…
Un secondo tuono mi fece lanciare un grido. Era stupida, come cosa. Non avevo più paura dei temporali dall’età di cinque anni.
Mi mossi, a passi svelti, ritrovandomi a correre. Non ero del tutto certa che avesse iniziato a piovere, pensando che sotto quella massa di alberi, non sarebbe filtrata comunque nemmeno una goccia. Mi strinsi a terra, quando le ginocchia cedettero, e immaginai di essere Bella, in New moon, subito dopo l’abbandono di Edward. Tremai, stringendo forte gli occhi, osservando il nulla più assoluto.
Non sapevo che fare, come comportarmi, poi di colpo, Edward.
Sperai che la distanza non fosse troppa, che riuscisse ancora a captare i miei pensieri.

Edward…ti prego…se riesci a sentirmi…

Iniziavo ad avere freddo, così strinsi forte le braccia al petto.

…Mi sono persa, Edward…nel bosco…mi sono persa nel bosco…ti prego aiutami…

Sospirai tremante. Ricordai che era il compleanno di Isabella, e che non avrei assistito alla scenetta in cui le facevano gli auguri, con tutto che lei obiettasse testardamente dicendo che era scorretto. Passai il tempo a cercare di scaldarmi, accorgendomi d’un tratto di essere diventata meno resistente al gelo, e a richiamare tramite la mente il mio amico vampiro, fino a che non mi addormentai.
O forse svenni, non saprei dirlo con certezza.

Lo specchio rifletteva la mia immagine. Il mio volto era sempre lo stesso. Un po’ ovale, spazioso, incorniciato dai capelli castani e corti. Le labbra grandi e sottili ed il naso leggermente abbozzato, ma non così tanto da notarsi, vista la linea dritta creata dalle ombre. Mi era sempre piaciuto guardare il mio riflesso, sin da bambina, così me la presi comoda. Poi, un rumore leggero di passi, mi fece voltare, visto che dal vetro non si notavano altre persone.
Nessuno.
Non c’era nessuno intento ad avvicinarsi. Aggrottai la fronte osservando il bianco tutto intorno a me, poi feci spallucce e tornai con lo sguardo allo specchio. Paura. Mi entrò in circolo come l’adrenalina, ma in modo molto più efficace.
Il mio viso era diverso, come tagliato in due. Una parte, era esattamente come prima: la pelle colorita come se fossi abbronzata, uno degli occhi castani che sembrava nero, ma l’altra metà, era terrificante. Candida come quella dei Cullen, diafana e lo sguardo, di un rosso acceso.
L’angolo della bocca che apparteneva a quella parte più spaventosa ma allo stesso tempo affascinante, si curvò creando un ghigno.
Lanciai un grido, acutissimo.

-Sammy, amore, svegliati! Svegliati, Samantha!-.
Una voce…
Battei le palpebre e mi ritrovai a fissare Seth, con l’espressione tesa, la fronte aggrottata per formare un tenero cipiglio. Cercai di respirare regolarmente, mentre sussurravo il suo nome e gli buttavo le braccia al collo, piangendo. Era stato un brutto sogno. Solo un brutto sogno…
Continuavo a ripetermelo, tremando come una foglia. Ricambiò la stretta deciso, baciandomi ogni centimetro di pelle, veloce e delicato –Mi hai fatto prendere un infarto, Sammy…-. Restai in silenzio, sapendo che avrebbe continuato a parlare. –Edward si è irrigidito di colpo e ha detto “andiamo a cercarla, si è persa” e…non capivo bene cosa volesse dire, così ha specificato “Samantha si è persa nel bosco, e sta chiedendo aiuto tramite i pensieri”. Mi sono sentito morire, come se mi fosse crollato il mondo intero addosso.  Per fortuna non aveva ancora parlato a Bella dei regali o del compleanno, così non ha dovuto interrompere i festeggiamenti. L’ ho seguito veloce tra gli alberi ed abbiamo trovato la tua scia, così siamo arrivati fino a te, ma eri svenuta…-. Si bloccò respirando, poi sospirò e ripetè –Dio…ho temuto il peggio…-.
Cercai di ridere –Il solito esagerato…- poi aggiunsi -…ho avuto paura anch’io e…mi sono giocata il cellulare-.
Mi scostò un poco per potermi guardare con un’espressione tetra. Già, forse era stato stupido da parte mia mettere in mezzo la storia del mio ormai deceduto Motorola. Sfiorò il mio volto con una mano e disse in un soffio –Ti ho immaginata fredda e immobile…schiacciata da un albero, colpita da un fulmine o…io…sono paranoico, lo ammetto-. Alzai un sopracciglio, poi lo baciai dolcemente, assaporando il sapore salato delle sue labbra, gemendo dopo averlo sentito ricambiare con forza, spingendomi giù, con la schiena contro la superficie morbida di un materasso, sfiorando ancora il mio volto con una mano. Mi accigliai e cercai di scostarlo –Uhm…aspetta, aspetta…- si allontanò un poco per darmi modo di vedere dove fossimo, e di respirare.
La sua camera. La sua adorata, familiare, incantevole camera, con la culla all’angolo e Gabriel intento a dormirci beato. Capii per quale motivo Seth avesse sussurrato durante tutto il discorso. Sospirai più serena, poi chiesi –Perché mi avete portato qui invece che a casa Cullen?-.
-Non ti sei minimamente resa conto di quanta strada tu abbia fatto…ti trovavi più o meno ad una via di mezzo, nel bosco che circonda uno degli edifici scolastici- rispose lui, serio ma con una strana nota di incredulità nella voce, come se non mi avesse trovato da quelle parti di persona.
Mi zittii sorpresa. Un tragitto così lungo…
Poi, tornai a ripetere le sue parole, tra me e me.
Ti ho immaginata fredda e immobile…
Come un cadavere. Fui scossa da un tremito, e l’immagine riflesso nello specchio del sogno mi riapparve davanti come un flash. Quelle labbra, così familiari, sogghignanti.
Nella mia testa, il pensiero fece capolino flebile, in un sussurro smorzato…


…O come una vampira.








Angolino autrice <3
Ecco il capitolo 35. E' corto, mi serviva per staccare un attimino dal resto...ora già immagino i vostri prossimi commenti xD dopo il sogno che ho fatto...ma vabbè. Io resto muta come un pesciolino, mi piace lasciarvi coi dubbi e coi timori <.<. Sul prossimo capitolo ci sarà un piccolo salto temporale -se riesco a studiarmi per bene la situazione xD-...ringrazio
Smemo92 che commenta sempre -e quindi anche Princess of vegeta6 alias Laura xD- e tutte le altre che leggono soltanto. Non ho notato se qualcun'altro ha aggiunto la storia tra le preferite o le seguite, ma se c'è, faccio un altro ringraziamento xD.
Spero continuerete a seguirmi!
Bacioni.
Sammy Cullen <3
P.s.: quella nella foto sono io xD

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Capitolo 36
*** Sono ansioso d’incontrare di persona la nuova signora Cullen ***


Capitolo 37 36. “Sono ansioso d’incontrare di persona la nuova signora Cullen”

Passò il tempo. Passò in fretta, come accadeva sempre, quando ad attenderci alla fine c’erano eventi spiacevoli. Passò perché così doveva andare, e così doveva essere.
Passò mentre me ne rimanevo chiusa in casa, con Seth che tentava di farmi compagnia sfuggendo ai suoi turni di ronda intorno a La Push, e cedendo sotto i miei continui rimproveri in cui ripetevo, come in una monotona cantilena, che non doveva ignorare i suoi doveri per me. “Ho Gabriel a farmi compagnia”, ma poi dentro mi dicevo “stupida, stupida, stupida”. Quanto tempo ci restava? Quanto, prima che tutto ciò in cui avevamo sperato –una famiglia più numerosa, una vita serena, un lavoro, una casa tutta per noi, adulti- cadesse a pezzi? In tante minuscole schegge sottili e taglienti? Tremavo, e stringevo mio figlio al petto, nutrendolo, baciandolo delicata sulla testolina coperta di capelli scuri.
Tenevo la finestra chiusa, perché con tutto che fossimo arrivati al mese di settembre, faceva freddo, e la pioggia non lasciava spazio all’immaginazione. Ero certa che presto avrebbe nevicato, e stranamente, non ci speravo. Mi ero isolata da tutto e tutti, dopo quel giorno a casa Cullen, in cui avevo gridato contro Isabella, Edward e Jacob, con l’imbarazzo a riempirmi l’animo. I sensi di colpa per aver avuto una reazione così esagerata mi si erano incollati addosso. Ero riuscita a perdermi tanti episodi teneri, come –e non solo- il compleanno di Bella, ma anche la sua sfida a braccio di ferro con Emmett, o Charlie che si ritrovava ad osservare Jacob trasformato e poi correva da sua figlia. Sospirai e iniziai a canticchiare a voce bassa, a Gabriel che faceva qualche versetto buffo, tenero.

That you were Romeo
You were throwing pebbles
'Till my daddy said Stay away from Juliet
And I was crying on the staircase
Beggin' you Please don't go

And I said

Romeo take me
Somewhere we can be alone
I'll be waiting
All that's left to do is run
You'll be the Prince
And I'll be the Princess
It's a Love Story
Baby just say Yes

Tesi le labbra in una smorfia, riflettendo sulla fine che avevano fatto i due protagonisti della storia. Era troppo triste cantare qualcosa che riguardasse loro, così cercai qualche altra musica, ma in mente mi venivano solo strazianti storie d’amore finite male. Dovetti mordermi un labbro, perché avevo iniziato a pronunciare il ritornello di “Sere nere”. Gab tra le mie braccia rise, lo guardai e dissi divertita, pensando che mi capisse –Già…la tua mamma è negata con le cose allegre, amore-. Continuò a ridacchiare. Buttai la testa all’indietro, sullo schienale della sedia a dondolo, chiudendo gli occhi e godendomi il silenzio. Ero sola in casa, sola con mio figlio, a fare il conto alla rovescia dei giorni che separavano me e gli altri dalla fine di tutto. Tremai pensando che dopo la battaglia, sarebbe scomparsa ogni cosa. I vampiri, i licantropi, mio figlio, addirittura. Era un libro arrivato al termine. Strinsi di più Gabriel al mio petto, come se questo facesse sì che tutte le mie stupide paure insensate sparissero. Iniziai a piangere in silenzio, per un lasso di tempo che non saprei definire con certezza, poi mi decisi, all’improvviso, di andare dai Cullen e di chiedere scusa a tutti per il mio comportamento.
Ero stata infantile. Edward aveva ragione.
Misi Gabriel nel marsupio, dopo avergli infilato il cappottino ed il berretto per ripararlo dal freddo ed uscii di casa rapida, chiedendomi se il mio amico avesse visto il mio ultimo incubo tramite la mente, o attendesse me per parlarne. L’auto di Leah era parcheggiata davanti al giardino fangoso, che continuava ad essere attaccato da gocce d’acqua giganti. L’ombrello mi si piegò per colpa di una folata di vento, grugnii e mi sbrigai ad entrare nell’auto. Gabriel aveva iniziato a piangere, così dopo aver messo in moto (Leah mi aveva dato un doppione delle chiavi della sua macchina), accesi la radio, cercando una vecchia stazione che trasmetteva musica classica. Forse era il Caso, o forse il Destino, ma capitò Claire de lune. Guidai senza distogliere mai l’attenzione dalla strada, oltre il vetro appannato e colpito dalla pioggia che cadeva, arrivando con qualche minuto di ritardo –rispetto a quelli che avrei potuto impiegare con un tempo migliore- a casa Cullen. Parcheggiai più vicina che potevo al porticato ed uscii goffamente dal veicolo, correndo sotto il porticato e assicurandomi che il mio bambino fosse rimasto asciutto. Sembrava di sì. Non ebbi nemmeno il tempo di bussare, che Edward già aveva aperto la porta, osservandomi con un’espressione indecifrabile, fino ad aprirsi in un sorriso stupendo. Lo guardai in imbarazzo e sussurrai –Posso entrare?-, causando la sua risata. Mi prese per mano trascinandomi dentro –Non sono domande da farsi, sai perfettamente di essere la benvenuta, qui-. Restai confusa. Per quale motivo non mi teneva il muso? Perché mi parlava come se non gli avessi gridato contro? A lui e a sua moglie, accidenti! Rispose ai miei pensieri, facendosi un po’ più serio –Eri tesa, Sammy. Avrei dovuto capirti, invece ti ho sgridato come ad una bambina, e mi dispiace…- stavo per dire “scusa”, ma mi bloccò –Non scusarti. Nessuno ce l’ ha con te-. Sbuffai, e mi guardai attorno, incerta. Tutti mi sorrisero, perfino Bella. Eppure, notai qualcosa. Qualcosa che sarebbe dovuto sembrarmi ovvia da subito. Alice e Jasper.
Dove erano Alice e Jasper?
Edward si scurì in volto, e sussurrò –Li abbiamo cercati, ma non c’è stato niente da fare-. Capirono tutti a cosa aveva risposto, e sui loro visi apparve la stessa espressione affranta. Mi mancò il respiro. Eravamo già arrivati a quel giorno? Eravamo già così vicini al pericolo? Non potevo –non volevo- crederci. Eppure la prova era lì, il fatto che né Alice né Jasper si trovassero in quella casa, con il resto del piccolo clan. Mi morsi un labbro, per trattenere i singhiozzi, mentre la paura iniziava ad espandersi dentro di me come la cancrena di un fumatore accanito. Edward osservò me e mio figlio, poi disse –Eravamo pronti per dividerci. Per rintracciare gli altri clan ed i vampiri nomadi-. Annuii vuota, con la testa piena di pensieri degni di una persona depressa, finchè non sentii il freddo delle sue mani stringermi leggere per le spalle e non alzai gli occhi per guardarlo –Ho paura, Edward. Per voi, come per me. Sento che…- mi tremò la voce -…Sento che sarà diverso da come dovrebbe essere-. Carlisle sospirò –Spero che non vada come credi, Sammy. Non mi farebbe piacere combattere contro Aro e gli altri, in nessun caso-. Tentai un sorriso –Autodifesa, Carlisle-. Il vampiro tentò una risata –Non conta per quale motivo si combatta, ma il dolore che ne scaturisce-. Aveva sempre la risposta pronta, scossi il capo, prima di avvicinarmi timidamente a Bella, sussurrando –So che non dovrei parlarti dopo il modo in cui mi sono comportata…-, ma stavolta fu lei a bloccare me e dire –Non preoccuparti… davvero-. Mi domandai chi fosse più in imbarazzo tra noi due. Nessie fissò mio figlio, stando tra le braccia della neonata, e si tirò avanti per toccarlo. Sorrisi leggermente e pensai al nome di Edward, invece che chiamarlo a voce. Si materializzò al mio fianco in un attimo e dissi –Tieni Gabriel in braccio per un po’, zio Edward?- lui mi regalò un sorriso sghembo e annuì –Certo, con piacere…- poi aggiunse –E così, sarei lo zio, eh?- feci di sì con la testa.
-Tutti i bambini devono avere degli zii, ed io ti voglio bene come ad un fratello, lo sai-. Ci guardammo intensamente per un istante, poi sussurrò –Grazie. Sei la seconda umana, dopo Bella, a cui io tenga davvero-. Arrossii e non riuscii a rispondere, poi tirai Gabriel fuori dal marsupio, passandoglielo attenta. Lo strinse delicatamente e si sedette accanto a sua moglie, facendo sì che Nessie potesse sfiorarlo. Avevo deciso di dare fiducia alla bambina, sperando che mostrasse a mio figlio solo cose belle.
Carlisle interruppe quell’attimo apparentemente tranquillo dicendo –Sarà meglio andare, Esme-. Strinse la moglie per mano, e quella annuì.
Sospirai affranta. Prima tappa, il clan di Denali.
E che il gioco abbia inizio…

***
Leggere il biglietto di Aro mi fece sentire come morta. Ero di sopra, con Bella. Solo io e lei, a fissare quel pezzetto di carta, con su scritto:

Sono ansioso d' incontrare di persona la nuova signora Cullen

Eravamo entrambe tese, ognuna con i suoi pensieri apprensivi, con le proprie paure. Tesi le labbra e parlai per prima –Ho fatto un sogno…-
-Sì, Edward ci ha detto tutto-.
-Ah…bene-.
Eravamo sempre in difficoltà, quando si trattava di comunicare. Ci guardammo, e tentammo nello stesso istante un sorriso timido, poi disse –Mi hanno anche spiegato cosa sai fare. Premonizioni, più o meno…- continuò a tenere gli occhi rossi fissi sulla carta -…Spero che il tuo ultimo sogno sia privo di significati-. Mi tremò la voce, quando risposi –Sai, Bella, ci spero tanto anch’io-. Paura. Ormai, era davvero come un tumore ai polmoni. Peccato che per curarla, non ci fosse la chemioterapia.
Sentimmo bussare, ma fu lei a dire –Avanti-, e Laura comparì da dietro la porta, richiudendola dietro di sé subito dopo. Ci fissò un istante, poi notò il biglietto e la scatola intagliata, con dentro il ciondolo antico, dono di Aro. Si paralizzò, e mi domandai se non fossi in procinto di beccarsi un infarto, prima di vederla correre letteralmente verso quel pezzo di carta, che Isabella aveva tenuto in mano così tanto da consumarlo. Lo lesse, soffermandosi con lo sguardo su ogni singola parola, e lettera.
-Quindi siamo già a questo punto…- disse tra sé, riflettendo. Mi feci attenta, cercando di capire cosa stesse pensando. Avevo notato che veniva spesso -da sola o accompagnata da Embry, che faceva compagnia a Jake di sotto, un po’ in difficoltà per il numero elevato di “sanguisughe”- chiudendosi nello studio di Carlisle, a “fare ricerche” diceva lei. Ma per cosa restava un mistero. Era diventata strana, quasi…ansiosa, ed ora leggevo quell’ansia nei suoi occhi, mentre teneva tra le mani il foglio stropicciato. Anche Bella osservava in silenzio la mia amica, che soltanto dopo alcuni istanti, prese fiato e parlò di nuovo –Immaginavo che fosse questo il motivo per cui non ho trovato quasi nessuno in casa…- ci guardò, e disse col tono meno dispiaciuto di quello che avremmo avuto io od un’altra persona –Alice e Jasper se la sono data a gambe come previsto-. Sapevo che non aveva detto “sono partiti in cerca di Nahuel e del clan delle Amazzoni” per lasciare Bella all’oscuro e farle compiere tutte le azioni raccontato sul libro.
Le risposi facendo di sì con la testa, poi tornai a guardare il gioiello nella scatola, e un brivido mi corse lungo la schiena. Dal volto di Laura, non trasparivano emozioni.

***
Forse tutto sarebbe andato per il meglio, in fondo. Irina non si era ancora messa in viaggio, quando Carlisle chiamò Tanya dicendole che sarebbe arrivato da lei e dalle sue sorelle assieme ad Esme parlandole di “un favore” e ripartire subito per radunare altri “amici”.
Se Irina non avesse visto Nessie, di conseguenza non sarebbe corsa dai Volturi, in Italia, a dare false testimonianze ed a condannarsi a morte certa. Sarebbe stata un’alleata in più, e faceva comodo.
Pensare questo mi risollevava un po’ il morale, ma non abbastanza per sentirmi tranquilla. Restai assieme a Laura dai Cullen fino alle sette, poi Embry si alzò di scatto ed esclamò –Oh, cavolo!- facendomi sobbalzare, mentre la mia amica aggrottava la fronte –Emb? Che c’è?-. Il ragazzone disse –Devo scappare amore, mi sono scordato che è il mio turno di guardia adesso! Paul mi romperà se non mi trova lì con lui-. Jacob sghignazzò –Corri, Embry, ti conviene- e l’altro baciò Laura rapido e prima di correre fuori disse –Sammy, la riporti tu a La Push vero?-, stavo per dire sì, ma era già sparito. Laura ridacchiò leggera, la guardai sorridendo tra me, poi mi alzai sospirando –Andiamo anche noi?- annuì e si tirò su. Gabriel si era addormentato stretto al mio petto, col viso sereno. Salutammo Edward, Bella, la piccola Renesmèe, Emmett e Rose. Jacob ci fece “ciao, ciao” con la mano continuando a guardare Nessie con amore. Sia io che Laura sbuffammo, poi ci sbrigammo a salire in auto, per tornare a casa.
Durante il viaggio di ritorno, restammo in silenzio per un bel po’, e mi chiesi cosa stesse accadendo a lei. Non era da Laura restare in silenzio. Non così tanto, almeno. Storsi un po’ la bocca e provai a dire –Mmm…Laura? C…c’è qualcosa che non va?-. La ragazza voltò la testa, che fino a quel momento era rimasta girata verso il finestrino, per osservare il paesaggio verde, omogeneo, e disse regalandomi un sorriso allegro –No, è tutto apposto. Beh, se non pensiamo al fatto che un esercito di vampiri, nostri connazionali, arriverà da qui a poco tempo per attaccarci…- si zittì quando notò le mie mani stringersi sul volante, e sussurrò –Scusa, non dovrei farci del sarcasmo. E’ davvero fuori luogo-. Annuii tesa, poi cercai di rilassarmi. Avevo dato a lei mio figlio, che continuava a dormirle tra le braccia sereno, così mi era più facile guidare tranquilla. Deglutii prima di dire –Se ci fosse qualcosa che ti disturba, che ti spaventa…me lo diresti, vero?- non la guardai, neanche di sfuggita. Lei restò in silenzio, pensando, poi parlò -…Sì. Sì, te lo direi-. Sospirai più serena –Scusa…è che…mi sembra tutto così difficile…e ti voglio bene, quindi mi preoccupo…-.
Rise. –Anch’io te ne voglio. Tanto, tanto-.
Risi un pochino con lei –Dovremmo pensare positivo, fino all’ultimo-.
Sogghignò e disse –D’accordo. Nessun pensiero negativo, stile “vampiro roscio”-. La fulminai esclamando stizzita –Laura!- ma questo la fece divertire il doppio. Misi il broncio scherzosamente.
Quella sì che era la Laura che conoscevo.









Angolino autrice

Ed ecco che iniziano ad esserci problemi...da adesso potete iniziare a preoccuparvi xD Volturi in arrivo <3
Per chi non ricordasse -e avesse il dubbio che io abbia invertito gli eventi xD-: Aro invia il regalo prima che Irina veda Nessie e decida di andargli a raccontare idiozie <.< (xD). A presto!!! spero che il capitolo vi piaccia ;-p
By Sammy C.

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Capitolo 37
*** L'arrivo dei testimoni e l'idea nata durante un ultimo momento di perdizione ***


Capitolo 37 37. L'arrivo dei testimoni e l'idea nata durante un ultimo momento di perdizione

In casa Cullen, per quanto mi riguardava, c’erano troppe persone. Una ventina e passa di vampiri, e non tutti con gli stessi “gusti alimentari”. Erano tutti incuriositi da me, e molti mi rivolsero da subito la parola, come ad esempio quelli del clan di Denali, che mi incutevano molto meno timore dei cosiddetti “occhi rossi”. Era stato facile socializzare soprattutto con Kate, mentre con Tanya avevo qualche difficoltà. Non perché non fosse simpatica, ma perché ero al corrente grazie ai libri letti del suo interesse per Edward, ed ero –scioccamente, lo ammetto, senza alcuno logica- gelosa. Era già stato tanto riuscire ad amare Seth, per me, e lasciare che Edward vivesse la sua eternità con Bella, ma la paura di dover cedere anche il posto di migliore amica mi rendeva un po’ distaccata. Più di una volta mi chiesi se la vampira mi avesse preso in antipatia, ma così non sembrò. Altri che mi lasciarono del tutto esterrefatta furono Garrett, il vampiro nomade, Benjamin del clan dell’Egitto ed in fine Siobhan del clan irlandese. Erano davvero molto carini con me, e spesso sembravano ignorare il fatto che per loro sarei potuta essere un ottimo spuntino, ma ad incuriosirmi erano i due più silenziosi di tutti, quelli che se ne restavano in disparte, a confabulare tra loro. Vladimir e Stefan, molto meno attraenti di altri loro simili, ma con uno strano fascino magnetico. Percepivo dai loro sguardi, il grado d’importanza che avrebbero avuto nello scontro con i Volturi –semmai ci fosse stato. Erano antichi, e letali. Proprio come i vampiri italiani. Capitò proprio un pomeriggio, mentre Bella si allenava nel giardino davanti casa col suo scudo (facendo colpire Edward invece che se stessa da Kate, per giunta!), di ritrovarmi per un attimo in casa con i meno cordiali, tra cui Amun, e di sorpresa anche quello che ritenevo buffo, Alistair, che se ne era rimasto chiuso in soffitta da quando era arrivato.
-Ehi, secondo me, se gli dici “buh”, se la dà a gambe-. Jacob stava in disparte, perfino più di me, perciò gli facevo compagnia quando non ero impegnata ad ascoltare dei viaggi di Garrett o a divertirmi ad osservare quello che Benjamin sapeva fare con gli elementi della natura. Anche Laura passava spesso, forse incuriosita come lo ero io. Si metteva ad osservare annoiata i progressi di Isabella e a ridacchiare quando Kate dava scosse a Edward per far sì che lei si smuovesse. Era davvero maligna.
Ridacchiai come una matta per la battuta di Jake e risposi guardando Alistair, che sicuramente lo aveva sentito –anche perché Jacob di rado parlava alle spalle, soprattutto coi vampiri, preferiva dire in faccia le sue sfrecciatine.
-Di sicuro non se la dà a gambe se sono io a dirglielo…però prova a trasformarti-. Lui sogghignò –Carina come idea-. Sghignazzammo.
Laura anche ci sentì, dopo essersi avvicinata, e non riuscì a trattenere una risata, iniziando a dire –Siete due pazzi. Parlare in questo modo dentro una casa piena di succhiasangue…- mi guardò più seria -…Tu soprattutto, dovresti cercare di non farti ammazzare-.
Le regalai un sorriso e feci spallucce, facendole roteare gli occhi.
Chiamai Seth per sentire come stesse Gabriel, con il cellulare che Edward aveva insistito per comprarmi. Naturalmente, era un modello non ancora in vendita nei negozi. Di quelli touch screen con televisione e Internet incorporati, e chissà quanti altri strani menù incorporati. Ci vollero solo tre squilli prima che la voce di Seth mi arrivasse all’orecchio.
-Amore, tutto okay?-. Come al solito, si preoccupava per me.
Sorrisi, come se mi fosse davanti, e dissi –Sì, qui per ora va tutto alla grande. Nessuno ha cercato di mordermi sul collo, e poi…Jacob è una brava guardia del corpo- guardai il ragazzo, che mi sorrise nel suo modo allegro e ricambiai, poi continuai –Lì va tutto bene? Gabriel è sveglio?-.
Lo sentii ridere leggero –Sì, e sta benissimo. Cosa credi? Sono un ottimo papà- il tono di voce scherzoso ma al tempo stesso fiero. Sospirai serena.
-Sì, sei un papà bello e bravo…non c’è che dire-.
Per un istante, mi chiesi a che età ci saremmo sposati. Perché lo avremmo fatto, no? Insomma, se tutto quel casino fosse finito. Ci speravo. Seth mi richiamò due, tre volte prima che mi risvegliassi dalla trance –Oh…sì, scusa Seth…ero distratta. Puoi ripetere?- aggrottai la fronte e cercai di capire cosa diceva. C’era qualche interferenza –Pass…a …erti…a…e…nove-.
Cadde la linea. Tesi le labbra e cercai di ripetere quello che aveva detto. Jacob, accanto a me, disse tranquillo –Passerà a prenderti alle nove-.
La mia bocca formò una “O” perfetta –Oh, grazie, Jake-.
-Di niente- fece spallucce e poi scattò in piedi quando sentì Bella ringhiare. Sia io che Laura restammo ferme dov’eravamo. Sapevamo che Kate si stava solo avvicinando alla neonata che teneva in braccio la bambina. Non c’era da preoccuparsi, quindi. Sbuffai e mi avvicinai al divano, da dove Amun si tolse subito, come se fossi dotata di qualche strana malattia trasmettibile anche ai vampiri. Lo guardai storto e poi mi accasciai sfinita.
Tornai a pensare a me e a Seth. M’immaginai con indosso un vestito bianco, gonfio, col velo lunghissimo, mentre mi facevo avanti per un lungo corridoio che portava ad un altare. E lì, ad aspettarmi, col sorriso sulle labbra, il mio amore. Lui, semplicemente lui. Seth. In smoking, elegante e fiero, impeccabile.
Sospirai beata, poi mi sentii osservata, così voltai un poco la testa e incrociai gli sguardi di Vladimir e Stefan. Mi soffermai sul primo, e visto che loro se ne restavano in silenzio, mi permisi di “rompere il ghiaccio” facendo una domanda che mi ero tenuto in serbo proprio per un momento del genere.
-Vladimir, posso chiederti se per caso sei tu quello che noi tutti conosciamo come Dracula?-. Laura mi si avvicinò e disse tesa –Tu.sei.fuori.di.testa-. Ridacchiai continuando a fissare lui –Semplice curiosità-. Avevo ricominciato a parlare italiano, e questo non lo rese certo più amichevole, ma almeno fece sì che mi degnasse di una risposta –No, sciocca  umana italiana, non sono il vampiro che ha ispirato tanti stupidi e insensati romanzi-.
Bene, aveva parlato più di quanto mi sarei mai aspettata!
Stefan –con mia sorpresa- ridacchiò e diede una pacca al suo compagno, facendo sibilare contro. Mi alzai ridendo sotto i baffi e, seguita da Laura, uscii fuori dal salone. Jacob aveva di nuovo rubato Nessie dalle braccia della madre. Mi chiesi quanto avrebbe resistito Bella prima di prenderlo a pugni.
-Spero molto poco-.
Sobbalzai e girai la testa per ritrovarmi Edward accanto, che sorrise mesto e mi strinse una mano, leggero, per poi continuare a fissare sua moglie, tremante a causa della fatica, che incitava Kate a non smettere di attaccarla, così come a Zafrina, arrivata per ultima assieme a Senna.
Ricambiai con più forza la stretta, sapendo di potermelo permettere, essendo la debole. Quella che non rischiava certo di spezzare le ossa a qualcuno.
-Sei sempre così cattivo, con lui…- dissi sarcastica. Edward ridacchiò leggermente, prima di rispondere –Solo quanto basta. Lui in fondo non è che si risparmi molto…e poi, dovrò pur vendicarmi del fatto che abbia scelto mia figlia come imprinting-.
-Non è una cosa volontaria- ripetei come in una cantilena le parole che usò Jacob con Isabella. Il vampiro sospirò –Già. Forse è inutile stare a combattere con lui-. Annuii e poi dissi dandogli una leggera gomitata su un braccio terribilmente duro –E poi, pensa che bello quando diventerai nonno!-, facendogli sgranare gli occhi e scuotere il capo per togliersi il pensiero dalla testa. Scoppiai a ridere, e lui mi fissò tetro, ponendomi una domanda che mai e poi mai mi sarei aspettata –Sei davvero così felice come sembra, Sammy?-. Mi zittii di colpo, paralizzandomi, e incrociai gli occhi di Laura, un po’ più distante, seduta su una seggiola.
Deglutii e sussurrai –Perché questa domanda, Edward?-.
-Perché i tuoi pensieri non mi permettono di capire. Stai solo cercando di nascondere la paura, o hai davvero così fiducia nel fatto che si risolverà tutto?-. Tremai prima di aprir bocca per rispondere –Non lo so, Edward. E’ tutto…tutto confuso. Io, sono confusa. Certe mattine mi sveglio, accanto a Seth, lo guardo dormire e penso che non vorrei mai far terminare un momento del genere. Mi ripeto che il pericolo sparirà, che ce la caveremo e vivremo felici e contenti come in una favola…-
-E poi…???- la sua voce suadente, affettuosa.
-Poi ci sono quei giorni dove mi lascio prendere dal panico, e mi chiedo cosa accadrà. Chi perderà chi. Io perderò lui? lui perderà me? E tutti voialtri, resterete vivi? Perderemo qualcuno dei vampiri che ora sono riuniti qui per darci il loro aiuto?- presi fiato, poi terminai –E’ difficile decidere come mi sento. Finchè saprò di dovermi preoccupare per le persone a cui tengo. A voi-.
Mi accarezzò il viso e mormorò –Seth sta arrivando. Davanti a lui continua ad essere forte, non fargli mai vedere cosa provi davvero, Sammy-. Annuii sospirando.
-E da te che ricava la forza per se stesso-. E detto questo, mi lasciò la mano. L’auto di Leah comparì dalla strada alberata, mi voltai verso la mia unica amica umana presente e feci per chiederle se volesse un passaggio, ma lei disse sorridendomi –Non preoccuparti, mi farò riportare da Jake. Stasera deve fare un salto a casa…- lanciò un’occhiata al licantropo, che sentendola sospirò e mugugnò qualcosa a Renesmèe tra le sue braccia, come “Non resto con te, stanotte, piccolina”.  Entrambe roteammo gli occhi, io divertita, lei con un’espressione che avrei potuto intendere come “uccidetemi”. Salutai tutti, più o meno, veloce, prima di correre in macchina.
Seth mi scrutò un attimo, come per controllare se avessi lesioni sul corpo, poi una volta che si fu convinto del mio ottimo stato di salute, mise in moto e fece una perfetta manovra a U, dirigendosi alla superstrada per La Push. Restammo in silenzio tutto il tempo, come se fossimo in imbarazzo.
Come se fossimo tornati agli inizi…
Pensai, guardandolo con la coda dell’occhio.
Ad una certa, però, mentre parcheggiava l’auto davanti casa, tossicchiò, poi disse –Siamo solo noi in casa. Leah è di ronda e mia madre è da Charlie…- aggrottai la fronte.
-Compreso Gab?-.
-No, Sue ha voluto portarlo con sé dal capo Swan…-
-Ah…okay. A Charlie farà bene vedere qualche bambino più normale della sua nipotina-.
Sicuramente…
Lui ridacchiò, poi finalmente si voltò e mi accarezzò il viso. Venni travolta da una scarica elettrica immediatamente. Eravamo di nuovo solo io e lui.
Schiusi le labbra e mi sporsi per poterlo baciare, ed ammirai il suo sorriso mentre capiva e, a sua volta, si avvicinava per far scontrare la sua bocca con la mia. Inizialmente, fu un bacio come tutti gli altri. Dolce, lento, delicato, ma poi cambiò, quasi di colpo, facendoci ritrovare presi da un gioco di lingue intrecciate, e da morsi quasi violenti sulle labbra dell’uno e dell’altra. Mi aggrappai a lui, scomodamente, visto il poco spazio che c’era in auto, continuando a restargli attaccata, gustandomi il sapore della sua pelle.
Mi costrinse a scostarmi solo per poter scendere dal veicolo e farsi seguire da me, passando rapidi per il vialetto ed entrando in casa. Non appena la porta si fu richiusa dietro di noi, Seth mi schiacciò tra la parete, alle mie spalle, ed il suo corpo, di fronte. Il respiro mi si fece pesante, iniziai a boccheggiare in cerca di aria, ma ogni istante era buono per incontrare di nuovo le sue labbra sottili ma morbide. Mi aggrappai a lui e sussurrai –S…Seth…- ma non mi lasciò neanche iniziare una frase di senso compiuto, togliendomi di dosso la maglietta e scendendo con la bocca e le mani sui miei seni scoperti, visto che non avevo messo il reggiseno. Disse in un soffio –Ti desidero. Subito, amore…- ed iniziò a stuzzicare con la lingua i miei capezzoli turgidi; gemetti socchiudendo gli occhi, e strinsi le dita tra i suoi capelli inarcando la schiena. Lo volevo immediatamente, come lui voleva me…
Sorrisi percependo le sue carezze, ricambiando i suoi baci, e ne ammirai il corpo mano a mano che veniva liberato dai vestiti, come il mio. Mi strinse contro il suo torace e avvertii il calore invadermi il basso ventre, gli morsi un labbro, frenetica, e intanto lui sussurrò –Ce la faremo, Samantha. Resteremo insieme. Se…- si bloccò un istante ricambiando con foga un mio bacio -…Se le cose non dovessero…-
Baciami…baciami ancora…
-…Andare come è scritto. Ti proteggerò, a costo della mia stessa vita-. Avrei preferito che non terminasse in quel modo la frase. Una lacrima scese solitaria sul mio viso, ma non la vide; mi limitai a rispondergli –Non parlare…non parlare, Seth-. Già si inoltrava dentro di me con ardore, e con una forza e dei movimenti così frenetici, da farmi pensare che ne sentisse davvero il bisogno. Gli graffiai la schiena lasciandomi trasportare. I pensieri, tentai di lasciarli da parete, anche se uno, mi passò per la mente. Edward aveva ragione di nuovo. Il mio Seth aveva paura, paure per me come io ne avevo per lui. Che quella fosse la nostra ultima notte d’amore?
Forse, chissà. E mentre il suo piacere si faceva grande dentro di me, un’idea iniziò a balenarmi in testa.
Tentare di essere utile a tutti gli altri, in un modo forse avventato, rischioso. Mancava poco all’arrivo dei Volturi. Poco, prima che il destino decidesse le sorti. Chi vince, chi perde.

Gemetti.
Dovevo fare qualcosa. Ma cosa?
Mi morsi un labbro tra i sospiri.
Attendere la loro comparsa. Attendere e addentrarsi nel campo nemico per cercare di chiedere una tregua, o l’uso del buonsenso da parte dei tre capi.
Gridai all’orecchio di Seth raggiungendo l’apice, e lo sentii muoversi per arrivare subito dopo di me. Tremante, madida di sudore, ma soddisfatta, respirai faticosamente, restando tra le sue braccia, non facendogli vedere il volto, affondandolo nell’incavo del collo.
Rischiare la vita, per poterne salvare in cambio molte, molte di più.








Angolino Autrice:
Bene, bene, bene...ormai si avvicina la fine di questa storia...non saprei dire quanti capitoli manchino...uhm...credo...dai 4 ai 5. Naturalmente poi c'è il sequel, quindi...xD Vi dirò il titolo solo con l'ultimo capitolo (che poi sarà scritto da Laura ^^ *me sua fun più curiosa di voi xD*). Ma passiamo a questo che avete appena letto ^^. Allora, me stessa medesima ha sempre delle idee molto rischiose, soprattutto verso la propria vita xD questa causerà problemi, cambiamenti pericolosi? oppure davvero risolverà coi Volturi? E riuscirà a non far rischiare nessuno a cui tiene? mah...lo scoprirete nei prossimi capitoli mie adorate lettrici!!! <3
Grazie un milione di volte per i commenti, o per la semplice attenzione che date alle mie fantasiose disavventure ^^

Bacioni da Sammy Cullen
P.s.: questo capitolo tende al rating arancione/rosso alla fine...^^" potete dirmi se ho esagerato...xD

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Capitolo 38
*** Semplicemente gioia [POV Laura] ***


Capitolo 38 38. Semplicemente Gioia
[POV Laura]

Era strano passare così tanto tempo in mezzo a dei vampiri, quasi inquietante, se ci pensate su. Mi ritrovavo circondata da occhi rossi e dorati senza farci grande caso, probabilmente a forza di vivere nella follia diventi tu stesso parte integrante di essa. Già.
Quel pomeriggio era come tanti altri, stavo in salotto, finendo il mio regalo di Natale per Embry: una maglietta colorata a mano, disegnata. Sorrisi concludendo l’ultimo pesciolino, l’unico che andava contro corrente. Di un bel rosso sgargiante, che doveva risaltare sul blu uniforme degli altri. Non notai Jake, una volta tanto senza bambina, venirmi affianco.
-Hey, che fai?- domandò, sporgendosi oltre la mia spalla.
-Il regalo di Natale per Embry, piace?- gli mostrai la maglia orgogliosa, indicandogli con l’indice il mio pesce preferito.
-Fai pure un regalo a quella zucca vuota di Emb?- sghignazzò, scompigliandomi i capelli. Lo guardai male, fulminandolo.
-La zucca vuota ha preso tutte A a scuola, a differenza tua, che, se non sbaglio, neanche ci sei andato- gongolai affondando il dito nelle piaga.
-Avevo i miei buoni motivi- mugugnò, incrociando le braccia e mettendo il muso, si sedette affianco a me, sulla magnifica sedia di legno lavorato dei Cullen, mi chiesi se non fosse il caso di farlo alzare, poteva tranquillamente romperla con il suo peso.  Mi sporsi ridendo e gli baciai il naso –Certo, certo; dicono tutti così-
-Non tutti sono licantropi- ribatté stizzito, addolcendo l’espressione.
-Embry sì- risi, prendendolo contro piede e mi alzai, passandogli una mano nei capelli. –Mr. Poppins, non vinci con me- lo presi in giro, mentre lui borbottava dietro.
Mi voltai ancora con il sorriso sulle labbra, ma mi bloccai notando l’espressione dei vampiri che mi circondavano, in particolar modo quella di Eleazar e Edward, alzai un sopracciglio confusa e lanciai uno sguardo insospettito a Samantha, che osservava Gabriel mentre giocava con Nessie.
-Laura, posso chiederti un parere?- la voce di Ed mi fece girare, gli sorrisi il più gentilmente possibile e annuii.
-Io e gli altri- indicò la platea composta da tutta la totalità degli alleati –ci stavamo domandando, più che altro ipotizzando, il modo in cui Aro verrà; cioè, arrabbiato, infastidito …- la voce suadente si interruppe, facendo così calare il silenzio. Mi guardai intorno, ora Sammy mi fissava intensamente, odiavo dover parlare di queste cose, l’odiavo.
-Perché … perché a me?- sorrisi istericamente, arretrando in modo istintivo.
-Sei l’unica di cui non conosciamo il parere- Benjamin era di gran lunga più gentile di quell’idiota di Ed. Pensai questa cosa ed immediatamente il citato ringhiò, lo ignorai come mio solito.
-Ah, tutto qui?- domandai sospettosa, non riuscivo a far quadrare la cosa.
Eleazar mi sorrise affabile -Sai, mi ricordi in uno modo incredibile una persona- , lo guardai confusa, quel vampiro mi fissava da quando era venuto, insistentemente, scambiando un po’ troppe battute con Edward.
-Comunque, che ne dici?- Bella riprese il discorso inoltrato dal marito, insistendo.
-Credo che arriverà … piuttosto stizzito, sì, direi stizzito. Dopo tutto hanno scritto che lui perde, no? Il mondo sa che Aro perde, mi sembra piuttosto fastidiosa come cosa. Cioè, parlo come se fossi lui. Mi sembra impossibile che non sia a conoscenza dei libri, del tutto improbabile; considerando anche che chissà quante volte, durante i raduni delle fan, si saranno ritrovati costretti a rimanere nelle loro mura. Quindi, sa che perderà. Tutto qui. E’ come se Napoleone avesse già saputo che a Waterloo avrebbe perso, di sicuro sarebbe andato nel campo di battaglia con il doppio dei soldati e sicuramente più agguerrito- spiegai calma, cercando di rendere il mio ragionamento il più chiaro possibile.
-Stai dicendo che … Aro sta venendo qua nonostante sappia già come andrà a finire?- chiese Tanya, curiosa.
-No, dico che Aro verrà qua per cambiare il finale, è diverso- risposi tranquilla. Calò il silenzio: un finale differente non sarebbe stato un bel finale. Bella strinse istintivamente la figlia a sé, mentre il marito mi fissava con insistenza.
Sam mi guardava sospirando, sapeva benissimo come la pensavo, fin troppo bene.
-Come immaginavo! Quel … sta facendo di tutto per ucciderci! Per estendere la sua maledetta Volterra, il suo maledetto potere!- tutta la stanza guardò Vladimir, che era scoppiato in questo moto di rabbia repressa; gli lanciai un’occhiata schifata.
Avevo sempre odiato il suo astio, l’astio dei falliti, verso Aro. Edward mi guardò sconvolto, avevo pensato troppo oltre.
-Non credo sia il caso di condannare una persona come Aro- ribattei secca, sollevando parecchi mormorii di protesta.
-Come puoi dire una cosa del genere!? Anche solo pensarla?!- Garrett mi fisso intensamente, sconvolto e adirato.
Ascoltai sospirando tutti i vari commenti di protesta alla mia frase, come sempre dovevo difendermi.
-Aro, per me, non si può classificare come “cattivo”- mimai le virgolette scocciata. –Come antagonista nell’ambito in cui ci è stata raccontata ed in cui viviamo la storia, sì. Il bene e il male sono la più grande relatività del mondo- feci notare, saccente. Oh, sapevo il fatto mio, lo sapevo eccome.
Non  si poteva affatto considerare Aro come il perfido della questione, era come dire che Capitano Uncino era naturalmente cattivo, nessuno pensa mai a quanto possa essere petulante un ragazzino roscio di dieci anni che saltella in calzamaglia sulla tua nave.
Carlisle mi sorrise, annuendo:-Perfettamente d’accordo-
-Oh, Laura! Non puoi farmi credere che giustifichi il fatto che collezioni esseri umani o che stia venendo qui per distruggere una famiglia innocente!- Samantha sbottò, alzandosi in piedi e stringendo al petto il piccolo Gab. Feci spallucce, ormai ero abituata a reazioni simili, qualunque mia opinione ne produceva.
-Colleziona vampiri-sottolineai la differenza -ma esiste gente che ha manie ben peggiori, no?  Se devo essere sincera mi sembrano più folli quelli che passano ore davanti ad un francobollo, senza ricavarci nulla né dare nulla. Il rapporto a Volterra tra Aro e i suoi subordinati è a doppio taglio, porta vantaggi per entrambe le parti. Lui riceve potere e lo spartisce in piccole parti. Il problema non è scappare è voler scappare- guardai Eleazar eloquente, che mi fissò sbigottito –là hai potere, fama, tutto alla modica cifra di essere te stesso-
-Di fare del male- specificò Edward sibilando.
-Un vampiro non fa del bene, così come una tigre non mangia bambù- ribattei stizzita.
Perfida, perfida Laura. E’ sbagliato, sei sbagliata.
Tutti i Cullen si guardarono allarmati, scorsi nei loro occhi rammarico e impotenza, forse mi stavo spingendo un po’ troppo in là, Rosalie mi fissò con disprezzo mentre Jake mi tirò giù con uno scatto secco, facendomi accasciare sulla sedia.
-Sei completamente impazzita?- sibilò furioso, trattenendomi ancora per il braccio.
-No, sono sincera- ribattei stizzita.
Eleazar sospirò, stringendo un po’ al suo fianco Carmen, trattenendola a sé, come per paura di perderla, di lasciarsela andare solo rievocando un ricordo oscuro. –Non hai tutti i torti da quel punto di vista. Io stesso ne sono la prova, vero?- gli occhi gli sorridevano, come oro al sole, aveva solo anticipato la mia mossa.
-Esatto-
-La ragazzina ha ragione- per la prima volta sentii Amun mugugnare, teneva le braccia al petto, scontroso e all’erta come sempre. –Non andrebbe contraddetto Aro, ci ucciderà tutti, fine della storia- schioccò la lingua secco, fulminando i più accaniti sostenitori con gli occhi cremisi.
-Io non ho detto questo- specificai rialzandomi, sentivo come una rabbia strana scorrermi nelle vene, un’adrenalina impossibile da trattenere, bisognosa di essere lasciata vagare, di essere lasciata libera di agire. –La famiglia Cullen è innocente, questa è una verità oggettiva. Quello che biasimo io è il fatto che Aro sia dipinto come un malvagio a tutto tondo-
-Laura, sta attaccando la famiglia che hai appena dichiarato innocente. Non ti sembra di essere incoerente?- Sammy alzò un sopracciglio scettica, tamburellando con le dita sul braccio.
-I Volturi sono come la polizia, almeno io la vedo così, qualcosa di necessario. Parlo da preda, non da predatrice; Volterra è necessaria per noi. Mi sembra strano che tu non l’abbia capito- risposi piuttosto scocciata. Lei mi fissò sbigottita, poi ripeté –Non hai scusanti per giustificare il gesto di Aro in questa occasione. Lui sa che loro- indicò la famiglia in questione con un ampio gesto della mano –sono innocenti, lo ha letto, lo ha sentito, lo dovrebbe dedurre! Stiamo parlando di Carlisle! Diamine!- sembrava furiosa, io storsi la bocca di rimando, poi lanciai un’occhiata verso il clan di Denali, anche loro erano vegetariani e inattaccabili, eppure la loro fondatrice aveva creato dei bambini vampiro. –Anche il meno sospetto commette reato. Nel libro è venuto a controllare … ora … credo sia per curiosità, e nel caso dovremmo stare tranquilli, non penso neanche che voglia Nessie con lui, non ha questo gran potere- mi sedetti nuovamente, prendendo la maglietta per andarmene in camera mia, mi ero stufata di spiegare una cosa che a me pareva così logica.
-Cosa vorresti dire?- la voce, punta nell’orgoglio, di Edward mi giunse che già stavo salendo le scale.
-Che nel suo ambito Nessie ha un’utilità pari a zero. Se fossi in lui non la prenderei mai, per quanto si possa amare collezionare oggetti non se ne prende mai uno nocivo alla salute. Il potere di Nessie è simpatico, ma inutile; a cosa gli servirebbe? A far sapere tattiche e piani al nemico? A inimicarsi una ventina o più di vampiri? Verrà scocciato, poco ma sicuro, ma è inutile preoccuparsi.- mi voltai nuovamente, sperando nella pace assoluta e mi chiusi in camera mia, sigillata nel mio mondo.
Stavo impazzendo. Fissai con sguardo vacuo il riflesso nello specchio, nonostante avessi ripreso le mie sembianze, il mio carattere, fossi, insomma, ritornata me stessa continuavo a sentire dentro di me qualcosa di marcio, una sensazione di oppressione proprio in mezzo al petto. I sogni erano continuati, avevo sperato che una volta sistemato con Embry questi sarebbero smessi, invece si erano fatti pure più decisi e precisi, nitidi. Ed io, di sogno in sogno, non facevo che affogare nel personaggio che li popolava: Aro. Oh, ormai lo sapevo, l’avevo capito che era lui, ma non riuscivo a sbarazzarmene. Se da una parte odiavo il dover riconoscere che quel’uomo era più simile a me di quanto volessi, dall’altre necessitavo della sua presenza. Ogni notte, ogni santissima notte, era impossibile per me non desiderare, almeno per un attimo, che lui ci fosse. Era strano, sbagliato e dannoso; eppure lo volevo.
Sfiorai la catenina di cuoio che mi aveva regalato Embry e mi voltai, bastava poco per scordarmi quel mondo nascosto che la notte mi regalava, seppur contro la mia volontà; bastava lui, il mio Emb. Sorrisi, scacciando i cattivi pensieri e mi iniziai a sistemare. Un fine settimana con lui, magnificamente perfetto.
Il campanello non tardò a suonare, ascoltai il mormorio di protesta alzarsi dai vampiri meno propensi alla condivisione degli spazi, poi presi veloce le borsa e mi precipitai di sotto, saltandogli addosso. Lui mi guardò stupito, rimanendo sulla soglia, per poi prendermi al volo con un sorriso.
-Hey, scema, che hai?- ridacchiò, baciandomi la testa e lasciandomi scivolare delicatamente a terra.
-Nulla- sorrisi e gli presi una mano, stringendola –avevo voglia di uscire, tutto qui-
Tutta la stanza si era voltata, avevo presto imparato che i vampiri sono tremendamente rispettosi della privacy, un’ottima cosa.
-Buoni, fermi, calmi!- si intromise Jacob, i licantropi un po’ meno.
Lo ignorai e presi il mio cappotto, infilandomelo velocemente, senza staccare gli occhi di dosso al mio ragazzo, che fissava scettico l’amico.
-Jake, che vuoi?- mugugnò, trascinandomi fuori con lui.
Ero persa, completamente persa.
Il ragazzo ci squadrò a turno. –ricordate quanti anni avete- ci ammonì con un dito inquisitore.
Entrambi lo guardammo scettici. –Ah. Ah. Mary Poppins, i pupi ti chiamano- lo canzonò Emb, passandomi un braccio dietro la schiena e voltandosi per andare in macchina, risi con lui, mentre Jake ci fulminava:-Sempre l’ultima dovete avere!-
Non lo vidi rientrare, né chiudere la porta. Guardai solo il mio fidanzato sorridermi entusiasta, stringendomi a lui. Aprì la macchina e mi fece salire, baciandomi leggero mentre chiudeva la portiera, per poi catapultarsi, a velocità supersonica, al suo posto di guida. Prima di mettersi la cintura armeggiò nella tasca dei vecchi pantaloni logori, tirandone fuori una minuscola, soprattutto nelle sue mani, macchinetta digitale, con la quale, rapido ed efficiente mi scatto una foto a sorpresa.
Lo guardai sbigottita, mentre la rivedeva e scoppiava a ridere –Magnifica, avevi una faccia magnifica- la girò nella mia direzione ed impallidii: ero orrida.
-Cosa stai dicendo!? Eliminala!- ordinai, cercando invano di riprenderla, finii tra le sue braccia.
-No, affatto, avevi una faccia curiosa, e mi piace- sistemò al sicuro la macchinetta e mise in moto, con me ancora sdraiata su di lui; sospirai mettendomi meglio e osservandolo dal basso.
-Sei uno Scemo- risi e feci un piegamento per baciargli il mento, riatterrando sulle sue gambe. –E quella è nuova, vero?-
Annuì sorridendo entusiasta, mentre si infilava un paio di occhiali da sole eccentrici ed inutili, dato il tempo.
-Regalo anticipato di natale, mia madre- spiegò, lasciando scivolare una mano dal volante al mio viso, accarezzandomi. Sospirai felice, socchiudendo gli occhi al tocco.
-Sei viziatissimo- risi e alzai il mio braccio, accarezzandogli la guancia destra, non sbarbata.
-Hey, ho delle passioni che mi piace coltivare, e poi sono figlio unico, ho diritto ad essere viziato- ghignò, continuando a guidare. –Comoda?- aggiunse, svoltando a destra, capii che aveva preso la super strada verso Seattle.
-Comodissima- confermai sorridendo. –Dove andiamo?- chiesi curiosa.
-Ho dei soldi da spendere in libri, quindi … libreria e parco? Ci stai?- mi guardò, abbassando per un attimo gli occhi.
Era strano guardare negli occhi Embry, ogni volta che lo facevo rimanevo rapita dal colore scuro e brillante allo stesso tempo. Era come specchiarsi in un pozzo, profondo, senza fine; potevi vederti, scrutarti. Eppure, quegli occhi, erano carichi di un sentimento così unico da farmi venire i brividi, non potevo non volerlo, abbracciarlo, baciarlo, amarlo, dopo averli visti.
-Certo, adoro passeggiate del genere- sorrisi e ritornai nel mio torpore, sfiorando la sua mano bollente e chiacchierando fino alla città.

Arrivammo che pioveva, sbuffai scocciata, mentre lui mi guardava divertito, continuava a scattare foto idiote a me, sembrava quasi impazzito.
Prese i libri, li scelse con cura minuziosa, facendo in modo che anche io non li avessi, per scambiarli, diceva. Rimanemmo lì dentro e prendemmo un caffè, era anche bar, un enorme bar, che notai, ironia, era perfino più grande della libreria. Passai un pomeriggio così, osservandolo, ridendo, parlando di scuola. Una normale uscita, una normale fetta di felicità. Quando smise di piovere mi alzai di scatto e lo trascinai via, lui e i suoi dieci chili di carta rilegata, scavalcammo la folla del sabato pomeriggio fino ad arrivare ad un parchetto nascosto e verde, fuori dal caos, dove la cosa più rumorosa erano gli uccelli nei loro nidi.
Intrecciai le mie dita alle sue, poggiandomi con la testa sulla sua spalla, passeggiando lentamente, mentre lui, con lentezza mi accarezzava il dorso della mano. Scegliemmo una panchina appartata, lui si sedette, poggiando per terra le buste di plastica e facendomi segno di avvicinarmi, mi misi su di lui, faccia a faccia.
Click. Altra foto, rapido come un serpente me l’aveva scattata, proprio mentre mi avvicinavo per baciarlo. Sibilai scocciata e lo guardai male.
-Dacci un taglio, Em – sbuffai, poggiando la testa sulla sua spalla.
-Che fai non mi baci più?- rise, fingendosi offeso, chiusi gli occhi, sentendo le sue mani scivolare sulla mia schiena.
-No, così impari- ribattei stizzita, non riuscii a resistere oltre, però, lo baciai sul collo. Era una droga, per quanto tentassi di disintossicarmi non avrei mai potuto farne a meno.
-Mi hai baciato - ridacchiò, alzandomi il mento e fissandomi negli occhi, sospirai e sorrisi allegra.
-Sei irresistibile, tonto- ghignai e lo baciai svelta, socchiudendo le labbra e accarezzando le sue con la lingua. Lui sorrise, sentii il freddo dei suoi denti, poi approfondì il bacio, trattenendomi per la testa. Sospirai quando ci staccammo per prendere fiato. Faceva freddo, notavo la gente che correva a casa, incappottata e tremante, sorrisi; io, con lui, non avevo bisogno di nulla. Presi la mia sciarpa e me la tolsi , avvolgendo entrambi nel suo caldo abbraccio, sfiorai la punta del suo naso con il mio, chiudendo gli occhi.
-Sei mio- mormorai, baciandolo dolcemente.
Attimi, istanti, secondi, tutti piccoli pezzi dell’eternità che continuava a scorrerci affianco, sotto forma di foglie, piante, animali, sospiri, carezze.
-Ho comprato la saga- mugugnò, sistemandosi meglio e facendomi poggiare la testa sul suo petto. Alzai la testa curiosa.
-Non l’avevi ancora letta?- domandai, strabiliata.
-No, non mi andava, mi sembrava stupido. Però, oggi, non so, mi ispirava- mi sorrise e si chinò, trattenendomi a lui, per afferrare il libro nero. Scorse la pagine, sorridendo, si bloccò su di una e la lesse veloce, scoppiando a ridere.
-Wow, che bella comparsata, la mia- richiuse il libro scocciato e lo posò accanto, sulla panchina bagnata. Aveva sempre avuto il timore di sembrare troppo piccolo, troppo marginale in questa storia, quella… questa? Ormai non lo sapevo più nemmeno io.
Eppure non capiva che lui era il fulcro, il mio fulcro. Non esisteva nient’altro che lui, lui ed il suo sorriso, lui ed i suoi baci, lui e basta. Lui.
-Io odio i principi, sempre odiati- sussurrai, stringendomi alle sue spalle. Il maglione blu ruvido e sbiadito profumava di mare.
-Preferivi i re?- rise, giocando con i mie capelli. Riccio per ricco infilava il suo dito e l’arrotolava interessato.
-No, gli scudieri- lo fissai negli occhi e lo baciai nuovamente. –Hanno più storie da raccontare, sono misteriosi, nessuno li conosce.- bacio, carezza, sospiro. Tutto qui, semplicemente noi.
Lasciai scivolare la mani sui suoi capelli corvini, che piano piano iniziavano a ricrescere, li sciolsi, affondando le dita in quella cascata di pece, beandomi del contatto.
-Sei pazza- mormorò, sfiorandomi il collo e poggiando delicatamente la bocca.
Non so perché o come si ama, se esiste un giusto modo, un altro sbagliato. E’ una cosa istintiva, come il bere, il respirare, il mangiare; si deve fare, per il proprio bene, per la propria sopravvivenza. Molto spesso mi chiedevo se sarei riuscita a sopravvivere senza di lui, senza il suo tocco, il suo viso. Non riuscii mai ad immaginare oltre la sua morte, mai. Era come venire inghiottiti in un tunnel di disperazione da me creato e da me detestato. Impossibile solo pensare qualcosa di tanto doloroso.
-Sono innamorata pazzamente di te, è diverso- ridacchiai continuando in quel gioco di carezze e baci che non mi avrebbe mai stancato.
Iniziò a nevicare, poco alla volta, come per concederci il tempo di andarcene, di scappare da quel meraviglioso angolo di paradiso formato da una panchina scrostata ed una vecchia quercia, che con il suo lento crescere ci aveva coperti. Camminammo lenti fino alla macchina, riparandoci sotto il suo ombrello enorme, potevo sentire il tepore che emanava, soffuso e dolce, come un abbraccio. Proprio davanti all’auto si fermò, bloccandomi per il polso, si mise di fronte e mi guardò, come un professionista, mentre tirava fuori la sua macchinetta.
-Oddio! No! Non altre foto!- esclamai esasperata, voltandomi e tirandomi su il cappuccio, rimaneva scoperto solo la mia bocca. Mi guardò sorpreso, poi sorrise compiaciuto.
-Perfetto, sorridi- ordinò calmo, confusa eseguii. Un click, un flash, un sorriso entusiasta.
-Cosa hai…?-
-Un sorriso, il tuo sorriso, mi basta questo- distese le labbra a sua volta, ormai nella macchina, intento ad accenderla. Sbigottita salii, senza parlare, ma con una muta voglia di piangere fino a morire, per quanta felicità il mio corpo aveva.
Un folle ed una pazza, due pezzi di una mela invisibile, divisa dalla nascita. Così dannatamente bisognosi l’uno dell’altra.

Casa di Embry era all’inizio della riserva, proprio attaccata al mare, se si apriva la finestra della sua camera e si disponeva di una buona vista si poteva perfino vedere l’oceano, sentirlo, a volte.
Quella sera il vialetto di cemento era completamente bianco di neve, io tenevano tra le mani le quattro pizze che avevamo comprato, l’ingordo mangiava come un lupo, mentre lui mi apriva la porta e posava a terra i libri, correndo a togliersi il maglione.
-Posale in cucina, vado a spogliarmi, che sto morendo di caldo- mi urlò, correndo su per le scale, due gradini alla volta; feci come disse lui, posai i cartoni e mi tolsi la sciarpa ed il cappotto, appendendoli all’attaccapanni. Lo raggiunsi svelta e sorrisi, osservando la sua schiena scura tirarsi mentre sollevava le braccia per togliersi la maglia, mi avvicinai repentina e l’abbracciai di dietro, affondando il naso nella sua schiena nuda.
-Che fai?- domandò dolce, piegando la testa divertito.
-Ti annuso, sei buonissimo- scoppiò a ridere e si girò, baciandomi veloce.
-Cambiati e andiamo, che si freddano- ridacchiò e si tolse pure i pantaloni rimanendo in boxer bianchi. Lo guardai ghignando.
-Al limite, eh?-
-Sto a casa con la mia ragazza, come dovrei stare?- si finse innocente ridendo. –Woody Allen?- gridò da sotto, usava un po’ troppo i suoi super poteri, ma non potevo farci nulla, lo amavo.
Mi svestii veloce, infilandomi la magliettina grigia che mi aveva prestato, scesi e andai a prendere le pizze. Lui armeggiava con il videoregistratore, poi soddisfatto si gettò a peso morto sulla poltrona e si sistemò meglio, sbragandosi. Mi sedetti vicino a lui e gli porsi i suoi tre cartoni, ne prese uno e lasciò gli altri sul tavolino davanti a noi, poi fece iniziare il film e addentò la prima fetta sorridendo.
Forse la cosa strana del nostro rapporto risiedeva nella normalità che lo contraddistingueva; all’interno del più totale sconvolgimento della realtà, che era l’ambiente in cui vivevamo, noi eravamo normali, facevamo cose normali, sembravamo quasi normali. Nessuno dei due poteva vivere senza l’altro ma non era una relazione pericolosa, legata alla morte, a strani avvenimenti era semplicemente amore.
Il film andava avanti tra battute e sarcasmo e lui continuava a mangiare, mi alzai una volta finita la pizza e mi andai a lavare le mani, quanto tornai aveva appena concluso la seconda pizza gigante, cosparsa della più grande e assurda varietà di condimenti. Fissai l’alimento schifata e lo guardai senza cambiare espressione.
-Come fai a mangiare quella roba?-
-Apro la bocca- illustrò passaggio per passaggio –inserisco la pizza; la mordo; la mastico e deglutisco. I succhi gastrici penseranno al resto- mi sorrise con la bocca sporca di sugo, risi e poggiai la testa sulla sua spalla, scivolando poco alla volta.
Ormai a metà film aveva mangiato tutto, mi meravigliai che avesse lasciato l’involucro, tanta era la foga con cui aveva cenato, gli ordinai di andarsi a lavare a sua volta le mani, altrimenti non mi sarei avvicinata alle sue ditaccia unte; lui scoppiò a ridere e obbedì all’ordine, ritornando entusiasta e stringendomi in un abbraccio micidiale si sdraiò, osservando curioso il film.
Un ora, un giorno, un anno. Non so quanto tempo passò, eppure sembrava troppo veloce. La sua mano era il migliore dei tocchi, leggero e delicato, si insinuava sotto la mia maglia, accarezzando vertebra per vertebra.
Quando anche i titoli di coda passarono nel silenzio più totale si alzò, senza fiatare, mi prese in braccio e mi guardò intensamente, io scoppiai a ridere.
-Emb, che faccia! Mi ricordi uno di quei divi indiani, stile Bollywood- gli accarezzai il viso, spostando una ciocca di capelli. Si unì alla mia risata e salì le scale, sempre senza smettere di baciarmi, sospirai quando mi mise sul letto, intrappolandomi con il suo corpo.
Era fantastico, di una perfezione unica, quasi disarmante. Percorsi con una mano tutti i muscoli degli addominali, quelli del petto; lentamente, studiandone ogni solco con minuzia.
-Non è che tutte quelle pizze ti faranno ingrassare?- scherzai, guardandolo divertita. Lui ghignò e mi tolse la maglietta, passando con il viso prima tra i seni, poi baciandomi la pancia.
-Senti chi parla- rise e mi accarezzo i fianchi, grugnii; lui scoppiò a ridere e mi mordicchiò il ventre –ma io, a differenza tua, non mi lamento- continuò a scendere rubandomi un sospiro. Alzò la testa soddisfatto e con un gesto veloce mi ritrovai con il cuscino sotto il collo, al centro esatto del letto.
Si spogliò, togliendosi i boxer in un attimo, era sempre impaziente, quel folle del mio Embry. Lo guardai soddisfatta, mentre lui scoppiava a ridere.
-Hai una faccia da ebete- scherzò, mettendosi tra le mie gambe, e lasciando scivolare una mano all’interno; fremetti socchiudendo gli occhi.
-Scemo, sempre gentile- ribattei, accarezzandogli i capelli.
Sorrise, liberandomi degli slip, e sfiorandomi l’intimità, lanciai un ansimo leggero stringendogli una spalla, lui continuò imperterrito.
-Mi faccio perdonare, se vuoi?- ridacchiò, risalendo su per il corpo, fino ad arrivare al reggiseno, me lo tolse senza problemi, lanciandolo via, poi mi guardò intensamente.
Impossibile immaginare un attimo più perfetto, non esisteva, in quel momento avrei voluto poter scattare una foto, precisa, secca. Una pagina della propria vita, trattenerla con sé fino alla morte, se non oltre. Il calore del suo corpo sul mio, unito in un unico essere, destinato a completarsi, a soddisfarsi, in ogni più piccolo gesto, in ogni minima azione.
E i suoi, di gesti, provocavano la felicità più intima e nascosta, che si espandeva sotto forma di sorrisi, di grida, di denti stretti, di graffi leggeri. Si univano due voci, le nostre, per urlare al mondo un’unica cosa: di amarci l’un l’altra.
In un amplesso totale, dove si poteva dimenticare il luogo, il tempo, l’essere stesso delle due persone scompariva, rimanevano le anime; rimanevano forti e orgogliose a contendersi un amore giusto, per troppo tempo ritenuto sbagliato.
Era istinto, era amore. Era. Non aveva un soggetto, era una semplice azione che veniva svolta per necessità, precisa, lenta, desiderata.
Sentii il suo peso dolce scendere sul mio corpo, una coperta di infinita esistenza che si estendeva su di me, tremante e sudata, sfinita da tanto.
Ansimava, scosso come me; si teneva al mio collo, continuando ad accarezzarmi in un gesto istintivo, quasi quanto il resto. Rimanemmo così, senza dire nulla, ascoltando ognuno il respiro dell’altra, mentre fuori la neve scendeva lenta, imbiancando il paesaggio.
-Domani mi porti al mare?- mormorai, sfiorando i suoi capelli. Lui poggiava la testa sui miei seni, li baciava, vezzeggiava, in un gioco delicato.
-Fa freddo per andare al mare, ti ammalerai- rispose, senza alzare la voce, rispettando quel silenzio, quel buio soffuso e invisibile.
-Voglio andare al mare con te, potrei morire tra qualche giorno, voglio fare tutto con te-
Il suo corpo scosso da fremiti ben più decisi dei precedenti, una carezza e tutto si ferma.
-Non morirai, non moriremo, nessuno dei due- sussurrò deciso, stringendomi ancora di più, quasi facendomi male.
Amore è un sentimento infantile, ci fa spesso vedere cose che non esistono, ci tende agguati ingannevoli, bendandoci, impedendoci di vedere, perfino le cose più ovvie, perfino la realtà.
Sprofondai in un sonno profondo, cullata dalle sue carezze; un sonno dove, però, sembrava che queste fossero scomparse.

-Non morirò-, mormorai titubante all’uomo di fronte a me.
Sorrise. Si fermò. Mi baciò la testa.
-Moriranno-

 














Angolino autrice (Sammy Cullen):
Allour...per farsi perdonare del graaaaaaaande ritardo *me la fulmina e borbotta "tu hai rallentato la mia tabella di marcia!>.<"*, Laura ha scritto questo capitolo di ben 8 pagine, tutto per voi mie care xD leggetelo con comodo e fate a lei i complimenti. Scusate l'ora, sicuramente lo leggerete domani, ma vabbè...è che sono tornata solo da un'oretta da un weekend passato in Abruzzo, e vabbè...^^" Vi informo che mancano 2 capitoli alla fine. Uno mio e uno sempre di Laura...(me già si torce le mani *poi fa la vaga*).
Devo dire addio alla mia tabella di marcia T^T...bacioni.
By Sammy C. e Laura Black -che ci tengo a ripetere da parte sua: "non so fare le scene hard, quindi ho descritto un momento di pura felicità tra me ed Embry ù.ù"-.

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Capitolo 39
*** Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna...peccato che qui non sia così conveniente ***


Capitolo 39 39. Se la montagna non va da Maometto, Maometto và dalla montagna…peccato che qui non sia così conveniente.

Non riuscivo ancora a crederci. Alla fine, avevo davvero deciso di fare una pazzia. Forse la peggiore di tutta la mia giovane vita. Quasi sedici anni buttati al vento, ed un futuro così incerto, che mi sarebbe sicuramente servita Alice per darmi qualche certezza, se solo fosse stata capace di vedermi. Ripensandoci, mi ero resa conto che in quel piano così folle, non avevo incontrato ostacoli: la piccola vampira-folletto non era in grado di prevedere un bel niente sul mio futuro a causa dell’imprinting con Seth, dunque, sarei stata libera di tuffarmi da una scogliera senza che ipotizzasse un suicidio come con Bella.
Bene, allora se sopravvivi a questa missione, fai un tentativo!
Sapevo più o meno dove si erano accampati i Volturi grazie a un sogno premonitore avuto la notte precedente, così, quando ero rimasta sola in casa Clearweater, avevo fatto dei preparativi. Per prima cosa, ero riuscita a procurarmi un paio di tuniche nere da un piccolo mercatino dell’usato (volevo comprarne solo una, ma la donna che vendeva tutta quella roba si era intestardita, pregandomi di liberarla da entrambi gli stracci). Per seconda, le avevo nascoste nei pressi di casa Cullen, ma non così vicino da rischiare di farle trovare da qualcuno e per ultima cosa, ero stata capace di chiudere la mia mente ad Edward per far sì che non vedesse cosa avevo intenzione di fare, ed ero uscito da quella villa piena di vampiri nel tardo pomeriggio, mentendo sul fatto che volevo tornare a casa del mio fidanzato a piedi, per poi correre invece a raccogliere solo una delle due tuniche, con tanto di cappuccio, piegate e coperte dai cespugli.
Ed ora eccomi lì, a camminare sola soletta nel bosco, sapendo perfettamente quale percorso seguire, con indosso una veste che mi faceva sentire simile ad un monaco, od una suora di clausura. Respiravo a fondo, ad ogni passo, osservando ogni tanto in alto, verso i rami fitti, trovando dei buchi che permettevano la spietata visuale di un cielo grigio e pronto a sputare neve a fiotti.
Il vento fischiava e mentre mi guardavo intorno, notavo con tensione crescente che una leggera nebbiolina risaliva maligna. Ci mancava solo che diventassi cieca, e il gioco era fatto.
-Stai calma…pensa positivo…com’è che si dice? Calma e sangue freddo, no?- sussurrai battendo i denti per il freddo, che mi entrava fin dentro le ossa infischiandosene dei vestiti che mi coprivano. Mi fermai solo un istante per controllare che il paesaggio fosse identico a quello del mio sogno –o incubo, dato che non era una situazione gradevole-, e lanciai un grido acuto.

La mano si era poggiata sulla mia spalla di colpo, facendomi girare con uno scatto per ritrovarmi davanti una figurina bassa con addosso una tunica esattamente uguale alla mia. Il primo pensiero era arrivato a Jane, ma quando quella stessa mano mi tappò la bocca, ne percepii il calore e decisi di zittirmi per ritrovarmi poi a fissare Laura, ancora col fiato mozzato per lo spavento. Mi fulminò, poi fece sì che potessi di nuovo parlare, e disse tetra –Se è come penso, stai andando incontro alla morte, stupida-.
Cercai di respirare regolarmente, ascoltando il battere frenetico del mio cuore, e risposi con la voce spezzata –Tu non…dovresti essere…qui, Laura!-. Lei per tutta risposta, alzò un sopracciglio ed esclamò visibilmente irritata, picchiettandomi con un dito sul petto –Neanche tu, Samantha! Non avresti mai dovuto nemmeno pensare ad un gesto così insensato ed idiota!-, poi fece un bel respiro e aggiunse cercando di mantenere calmo il tono di voce –Ma visto che ormai siamo a questo punto, e che di sicuro tu non cambieresti idea, ti seguirò come ho fatto finora senza che tu te ne accorgessi-. Tesi le labbra frustrata. Non sarebbe mai, e ripeto mai, dovuto accadere un imprevisto del genere. Lei non doveva essere lì, con me, e con addosso la seconda tunica che la rendeva in modo ancora più diretto mia complice. Laura sarebbe dovuta rimanere col suo Embry fino alla mattina seguente, forse anche fino alle prime ore del pomeriggio. Non ricordavo bene in quale momento della giornata i Cullen e tutti gli altri si sarebbero spostati fino alla radura per incontrare i Volturi. Invece no, era stata così sconsiderata da seguirmi. A cosa era servito il mio piano, se una delle persone che volevo cercare di tenere al sicuro si offriva spontaneamente di seguirmi tra le fiamme dell’inferno? A niente. Assolutamente niente.
-Torna indietro, Laura. Vai via…non ti voglio qui con me, chiaro?-
-Non si tratta di ciò che vuoi tu o di ciò che voglio io, ma di ciò che vogliono i vampiri che stiamo andando a cercare-. Seria e diretta al sodo, come sempre.
-Sei maledettamente testarda! Lo ripeto: non ti voglio con me; non c’è nessun “noi” in questa storia! Ora fai dietrofront e tornatene da Embry!- avevo iniziato ad urlare, scocciata.
-Io. Non. Me. Ne. Vado- restava immobile, coi piedi ben piantati sul terreno fangoso, guardandomi con aria di sfida.
-Ti odio…-
-Bugiarda-.
Dovetti arrendermi grugnendo fuori di me dalla rabbia e mi voltai per ricominciare a camminare, con lei sempre dietro, come un cane da guardia, intenta a tenere d’occhio la situazione.
Il silenzio non durò comunque molto. Dopo un po’, infatti, Laura decise di aprir bocca –Sei certa di aver preso la direzione giusta?-.
-…Uhm…Più o meno-.
-Come “più o meno”?!- esclamò allarmata.
Mugugnai –Le foreste americane sono tutte uguali. Figurati se con un misero incubo posso riuscire a indovinare precisamente la via giusta per finire in un accampamento pieno zeppo di vampiri!-.
Lei smise di respirare, ne fui certa anche senza voltarmi a guardarla, e poi disse solo –Accidenti a te, accidenti!-.
Chissà come o perché, seppi di essermi lasciata sfuggire un sorriso fugace, divertito, per poi continuare a camminare muta come un pesce.

C’era odore di fumo intorno a noi, a coprire il vuoto tra gli alberi, fitto come nebbia. Ci rendeva quasi impossibile vedere ciò che c’era davanti ai nostri occhi o dietro le nostre spalle. Laura al mio fianco continuava a ripetere che avevo deciso di farci ammazzare entrambe. Quella cantilena era incominciata dopo qualche tempo, come se si fosse scordata che era stata lei a volermi per forza seguire. Ma comunque…
Forse era come diceva…o forse no . Ero nata per fare sciocchezze, e questa –per quanto potesse sembrare assurdo- mi sembrava la più sensata di tutte. Se avessi capito cosa volevano fare davvero…
-Perché siamo venute?! La mia mente matematica dice di andarcene, e sai io mi fido!- non le diedi retta, e proseguii. Poteva andar via in ogni momento, lo sapeva. Glielo avevo ripetuto in continuazione, e non smettevo di farlo…ma mi voleva bene, e alla fine, sarebbe rimasta. Non voleva essere così meschina. –Sammy…ferma!- Laura mi strinse per un braccio guardandosi attorno. I nostri passi scricchiolavano sul fogliame. Le mantelle nere ci avevano scaldato solo un poco dal vento freddo che aleggiava, ma l’odore…quello era il vero e proprio problema.
-Presente i super poteri? LORO LI HANNO!-.
Iniziai a dire -Dobbiamo capire se hanno qualche tattica o…-, ma si bagnò un dito con la saliva -E siamo a favore di vento!- lamentandosi.
-Shhh!- posai un dito sulle sue labbra per intimarle di far silenzio, ma quando sentii numerose risate tutt’intorno a noi, macabre, mi paralizzai.
-Beccate. Sono italiani, sono svegli loro- mormorò infastidita.
Dal fumo comparvero altre mantelle di colorazioni diverse. Grigio chiaro, scuro, nero. Tremai. Ma riuscii a rispondere a Laura tra i denti -Siamo italiane anche noi!-.
-Su di te ho dei seri dubbi!-.
Mentre io e la mia amica bisticciavamo, un vampiro si era fatto avanti. Smisi di parlare e mi guardai alle spalle, capendo che eravamo circondate. Più di quindici paia di occhi rossi e accesi dalla sete ci osservavano.
Il fumo. La lampadina si accese di colpo. Così, all’improvviso.
Ecco a cosa è dovuto! bruciano i corpi delle vittime!
Deglutii e restai immobile, stringendomi contro Laura, che borbottò, facendomi chiedere se avesse davvero capito in che situazione ci trovassimo -A beh, adesso si stringe…-.
-Okay…non avevo calcolato un imprevisto del genere- sussurrai incominciando a sentire il panico circolare nel corpo, proprio come adrenalina.
-NON LO AVEVI CALCOLATO?!- Laura gridò isterica, ma tentai con tutta me stessa d’ignorarla, e continuai a fissare il vampiro che ci si era avvicinato. Aveva una corporatura massiccia, i capelli neri…poteva sembrare Emmett, e pensandoci bene, mi sembrava di conoscerlo in modo indiretto, ma non solo grazie alle descrizioni dei romanzi. Ero quasi del tutto certa di averlo sognato, mentre Seth dormiva stringendomi a sé, dopo aver fatto sesso per quell’ultima volta.
La ragazza vicino a me, intanto, continuava con –CIOE’, SONO DOVUTA VENIRE QUI PER ESSERE FATTA FUORI DAI VOLTURI?! DOPO AVER FATTO TUTTO QUEL CASINO A NATALE?!-, così fui costretta a sibilare tra i denti -Laura, non è il caso…-Urlava incurante di tutti. E la scena sarebbe anche potuta sembrare comica, se non fossimo state a pochi passi da vampiri bevitori di sangue umano.
Respirai a fondo e dissi in un soffio quando capii chi mai fosse –Tu…- la mia attenzione era per quel vampiro in particolare. Lui ghignò e disse -Ci conosciamo?-.
-Felix-, dissi soltanto.
Laura si voltò un attimo e si bloccò, chiedendogli -Ho parlato con te a Natale, vero?-. La fissai, stavolta, spalancando gli occhi. E così, quando aveva annullato la gita della sua classe a Volterra, aveva informato lui! oh, davvero perfetto!
Felix da parte sua, la guardò attentamente e sussurrò –Uhm…già, la tua voce mi è familiare-, fece silenzio un attimo, poi continuò -Sei quella che ha disdetto il viaggio. Per colpa tua abbiamo perso un ottimo pranzo-. Io li guardai incredula. Ora facevano del sarcasmo! tanto!
Sorrisi nervosa e dissi -Oh beh…avrete trovato qualcun altro…- e lui, ridendo amaro, disse -Certo, ma ora siete qui e possiamo fare merenda-. Scoprì i denti ghignando, e molti dei suoi compagni lo imitarono. Ringraziai il cielo che nel piccolo gruppo non ci fossero Jane ed Alec, anche se con tutta sincerità, mi preoccupavo più della prima. Nemmeno Demetri era presente, ma in compenso credei di scorgere Chelsea.
Laura s’intromise rapida dicendo –Mi dispiace…- finse quasi come una professionista, poi riprese con -…Sarà per un’ altra volta, mi farebbe piacere, ma la mia amica è vegetariana. Il sangue umano non è male, lo ammetto, però io personalmente credo di essere un po’ insipida- e sorridendo, si voltò come con l’intenzione reale di andarsene.
Seguii speranzosa l’esempio della ragazza e dissi -Ed io sono…amara e…e anemica! non ho proteine-. Lei mi guardò scettica e mi sussurrò -Lascia le trattative a me...perché per quanto ti riguarda, hai fatto abbastanza danni-.
Laura si rivolse di nuovo a Felix con lo stesso straordinario sorriso allegro -Sei molto carino ma...dobbiamo andare, abbiamo un bimbetto da accudire, sai...un po’ di casini vari...- fece spallucce e mi prese per un braccio tentando ancora una volta di riuscire a salvare la pelle a entrambe.
Chissà per quale motivo, nessuno dei Volturi si mosse, non ci lasciarono spazio sufficiente per uscire dal cerchio, né ci saltarono addosso per bloccarci o, peggio ancora, ucciderci. La voce acuta, ma senza vita, di Jane arrivò alle nostre spalle, e quando Laura strinse per un istante gli occhi, forse maledicendo me, se stessa e tutto il resto del mondo, capii che era arrivata alla mia stessa conclusione: non avevamo scampo.
-Carine, le vostre mantelle…-. Alla battuta della ragazzina nessuno rise, perché nessuno aveva il coraggio di farlo. Io e la mia amica ci voltammo lentamente e ci stringemmo una mano, come per farci forza, fissandola. Lei si fece avanti con passò lento e silenzioso. Nessuno scricchiolio sulle foglie cadute dagli alberi o sul terreno verde viscido o fangoso. –Perché siete qui?- il tono era cambiato. Ora era freddo, agghiacciante, letale.
Laura parlò per prima, dicendo quello che se non fosse stata presente, avrei detto io, ma controllando la voce e cercando di renderla sicura –Perché vorremmo parlare con i vostri padroni. Con Aro, soprattutto-.
Tesi le labbra e trattenei l’istinto di fulminarla. Per quale motivo aveva specificato?!
Jane, dal canto suo, alzò un sopracciglio, facendo comparire sul viso angelico da eterna dodicenne, un piccola ruga, che sparì quasi immediatamente, mentre poneva un’altra domanda, stavolta alla sottoscritta –E chi vi manda?-. Laura sussultò e fece per parlare, ma la vampira la fulminò bloccandola in anticipo. Mi ritrovai a incrociare gli occhi della ragazza al mio fianco, tesa, senza capire perché. Quando tornai a fissare Jane, mi feci coraggio e risposi –Nessuno-.

Avete presente i temporali estivi? Quelli improvvisi, che vi rovinano un giorno assolato e caldo? Quelli in cui compaiono tuoni e fulmini? Sì? Bene.
E avete presente soltanto i fulmini? Riuscite a immaginarli in modo nitido, mentre tagliano nettamente il cielo grigio? Perfetto.
Ora pensate al dolore di quando si viene colpiti da uno di essi. La scossa in tutto il corpo, che parte dal cervello e arriva agli arti. Vorreste che finisse, ma quando accade, siete morti.

Non sentivo una base sotto il corpo, non percepivo il contatto col fogliame, né col fango. Pregavo in vano Jane di smetterla, mentre gridavo sentendo ogni più piccolo muscolo, o nervo, assalito da fitte terrificanti. Avevo sempre pensato che fosse come fuoco, che somigliasse al veleno che scorre quando si è in procinto di trasformarsi in vampiro, invece no . Avrei potuto dire perfino che era peggio, perché non era un dolore qualsiasi. Era il dolore. L’essenza più precisa e perfetta di ciò che noi chiameremmo tortura. E mi stava massacrando tutto il corpo.
Chiamavo Laura, tra i lamenti e le grida, perché sentivo che in quel momento era l’unica che potesse darmi la forza per resistere. Sentii la sua voce che chiedeva a Jane di smetterla, che le gridava in preda al panico di cessare col suo attacco, ma quella continuava.
-Jane, cara, adesso basta-.
La voce suadente e bassa fece sì che la mia sofferenza cessasse un secondo dopo aver interrotto le suppliche della mia amica. Tutto tornò all’improvviso nitido. Vedevo di nuovo gli alberi sopra le nostre teste. Vedevo i vampiri, vedevo il terreno sul quale stavo, e vedevo Laura.
Laura, alla quale le lacrime avevano solcato il viso. Sospirò rasserenata quando mi vide libera dal dolore, e mi aiutò a rimettermi in piedi. Naturalmente, per lei che era così piccola accanto a me, costituivo un peso. Mi fissò come per accertarsi che stessi bene, che non avessi di colpo riscontrato qualche menomazione al cervello. Le annuii rapida, avendo un leggero giramento. Strizzai gli occhi, poi, insieme a lei e a tutte le creature intorno a noi, compresa Jane, osservammo l’ultimo arrivato.
Ah…lo conoscevo. Eccome, se lo conoscevo.
In posa eretta e fiera, ma al tempo stesso con lo sguardo rilassato di chi non ha niente da temere, e un bagliore che avrei definito come di curiosità, se ne stava Aro.
Il capo assoluto dei vampiri.


***
Ci aveva fatte portare nella tenda che condivideva con Caius e Marcus. Naturalmente, non potevamo sperare che ci ospitasse lì per la notte…sempre che riuscissimo a restare in vita. Saremmo morte assiderate a causa del freddo che avevo iniziato a percepire in modo quasi violento fuori.
Si era addirittura premurato di farci sedere su due scomodissimi sgabelli di legno, e poi, assieme agli altri due, ci aveva fissato insistentemente per qualche secondo. Il silenzio era quasi più snervante delle parole, per quanto mi riguardava. Ero riuscita a riprendermi del tutto dal colpo di Jane, perché mi era bastato capire di non essere più sotto il suo effetto per sentirmi meglio, ed ora, dovevo assolutamente fare ciò per cui ero arrivata fin lì.
-Chi vi manda?- la stessa domanda, riproposta da Aro, pareva molto meno inquietante. Il tono era quello colloquiale che si usa tra amici di vecchia data.
Laura lo fissava, persa nei suoi pensieri. Mi domandai se dovessi iniziare a preoccuparmi, ma più che altro, ero terribilmente curiosa di sapere cosa aveva in mente. Invidiai Edward, e lo stesso Aro, per il loro potere in comune.
Mi decisi a parlare, sperando che la voce non fosse tremante, dopo aver fatto un bel respiro –Abbiamo già risposto a Jane. Non…non ci ha mandati nessuno. Volevo venire qui da sola per potervi parlare, e Laura mi ha seguita-.
Dal momento che alla piccola vampira sadica e a Felix avevamo parlato in inglese, Aro si era impegnato di usare la stessa lingua, ma visto che sia loro che noi provenivamo dallo stesso Stato, mi sembrava idiota non ricominciare a comunicare in italiano.
Non restarono davvero colpiti, lo capii subito, anche se lui, Aro, si divertì a recitare come suo solito.
-Ah! Delle connazionali! Fantastico!-. Battè le mani in un modo che me lo fece quasi sembrare buffo, poi si ricompose, sempre con un leggero sorriso sulle labbra, ma socchiudendo gli occhi attento –Parlarci di cosa, mia cara…?-. Chinò leggermente il capo di lato, lasciando in sospeso la domanda. Capii che voleva sapere il mio nome. Non ebbi problemi a rispondergli –Samantha-.
Caius faceva avanti e indietro alle sue spalle, scocciato. Immaginai che di lì a poco avrebbe chiesto al fratello di poterci uccidere. In fondo, eravamo solo sciocche e fragili umane.
Marcus, che rimasi ad osservare affascinata e impietosita, se ne restava in piedi in un angolo, senza proferire parola, limitandosi ad ascoltare. Incrociò il mio sguardo, forse incuriosito dai sentimenti che provavo verso di lui, poi mi ignorò di nuovo e si soffermò sulla mia amica, colpito da qualcosa che pensai di capire.
Quel sogno, così vivido nella mia mente…di lui e Didyme.
Tesi le labbra, perdendo per un attimo il filo del discorso. Aro fu costretto a ripetere qualcosa che mi era sfuggito, con una leggera nota d’impazienza nella voce –Allora, Samantha? Di cosa volevi parlare con me ed i miei fratelli?-.
Mi riscossi e risposi subito –Del motivo per cui siete qui. Credo che non ci sia bisogno di andare avanti, Aro…un possibile spargimento di…- fui un po’ titubante, prima di dire -…sangue, non mi pare conveniente. Parlo soprattutto a te, così attaccato al giudizio che hanno tutti i vampiri nei tuoi confronti-.
Sicuramente, avrebbe risposto, ma Laura mi disse anticipandolo –E’ lui a crearsi il parere dei vampiri, Sammy. Non dipende dagli altri, è lui a tenere i fili dei burattini. E’ lui, il burattinaio, capisci?-. Sembrava irritata per una mia mancanza. Storsi la bocca scotendo il capo. Non potevo credere che avesse ragione. Avevo un mio modo di vedere le cose, forse troppo rivoluzionario, come Garrett.
Laura terminò tetra –I giudizi verso di lui non sono mai del tutto negativi, e mai lo saranno. La paura rende falsi. E tutti lo temono, quindi cerca di capire dove voglio arrivare-. Ci guardammo negli occhi, prima di sentire il diretto interessato schiarirsi la gola –pur non avendone bisogno- per attirare di nuovo la nostra attenzione su di sé. Ma quando io lo fissai di nuovo, mi accorsi che i suoi occhi erano immobili solamente su Laura, con una strana e macabra scintilla di compiacimento.
Tremai e cercai di dibattermi quando chiamò Felix e Demetri per farmi uscire dalla tenda e rimanere con la mia amica. Lei restò sorpresa, ma poi, mi sembrò di vederla sorridere fugace.
Cosa aveva in mente, Laura?
Possibile che avesse già pensato a un piano per tener testa ad Aro e metterlo alle strette?
E, soprattutto, se era così…ci sarebbe riuscita?












Angolino autrice
Penultimo capitolo mie care, e sono commossa, perchè in fondo è l'ultimo scritto da me xD ho cambiato di nuovo idea, e ho deciso che il sequel, sarà aggiunto come "libro terzo", così lo troverete insieme al resto ^^ però ci metterò un titolo a parte, così si capirà che "the real dream" è terminato ^*. Un solo commento al capitolo precedente...(grazie Smemo92 ^^) ma sono contenta comunque, e spero lo sia anche Laura che se ne sta in Inghilterra XD grazie infinite da parte nostra a tutte le persone che hanno letto, aggiunto alle seguite o alle preferite.
Parlo al prulare perchè in fondo quella pazzerella della mia amica ormai è diventata del tutto una collega xD e pensare che questa ff era dedicata a lei! ma vabbè XD.
A presto...spero...visto che l'ultimo capitolo è scritto da Laura -.-" (Lalla...ti voglio bene, lo sai vero?! xD).
Bacioni a tutte voi da parte mia...e credo anche da Miss Black ù_ù"

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Capitolo 40
*** Questioni di coscienza [POV Laura] ***


Capitolo 40 40. Questioni di coscienza

Laura
Gocciola, gocciola; goccia, dopo goccia.
Scende, scende; fiocco dopo fiocco.
Trema, trema; fa freddo. Troppo freddo.

Starnutii, stringendomi nel mio cappotto, infilando le mani, coperte dai guanti, nelle tasche, con forza, cercando di scaricare tutta la rabbia che avevo nel corpo. Avvolsi la sciarpa intorno al collo, lasciando fuori unicamente il naso, ormai rosso.
Affianco a me, Sammy, non stava diversamente; batteva i denti e teneva le mani nelle tasche. Senza guanti, lei, troppo cocciuta.
-Laura, stai bene?- sussurrò, la voce fioca.
La fulminai, un’occhiataccia che la riportò con lo sguardo verso terra. Era colpa sua se stavamo in questa situazione, se mi ritrovavo in un accampamento di vampiri famelici e bellicosi, con un capo che mi aveva appena offerto l’immortalità; causandomi, quindi, problemi esistenziali inimmaginabili.
Ermes, Dio della mente, la rende facilmente volubile.
La voce suadente di Aro mi rimbombava nella testa, con il suo sorriso, uguale a quello dei miei sogni, uguale al mio, da quanto dicevano.
Forte, intelletto svelto; ma estremamente egoista, poco attaccato alle cose. Anche a quelle decise dal destino.
Amavo Embry, lo amavo, lo amavo. Mi stringevo la testa tra le mani, ripetendomi quella litania per renderla ancora più vera.
-Hey, ragazza- la voce di tuono di Felix mi fece alzare la testa insieme a Samantha. Rimanemmo in silenzio, aspettando un ordine. Avevamo passato tutta la notte sedute tra la neve, al freddo, sapevamo bene che all’arrivo del giorno ci saremmo dovuti muovere, per andare sul campo di “battaglia”.
-Muovetevi, che si va in scena- rise e si avvicinò, aiutandomi ad alzarmi. Fantastico, il mio aguzzino faceva dell’ironia.
Una volta in piedi aiutai Sam, che si alzò, guardandomi con occhi incuriositi. Era tutta la notte che mi chiedeva con lo sguardo cosa avessi deciso con Aro. Un patto, che ci avrebbe portate in salvo; un patto, secondo il quale il suo minimo movimento contro di noi avrebbe comportato lo svelare del suo segreto. Didyme ed il suo assassino.
Ci facemmo trascinare dall’onda gelida e nera, percorremmo la foresta a passo umano, in silenzio, ognuno immerso nei suoi pensieri.
Presa com’ero a trovare un modo per comunicare con Embry, una volta dall’altra parte dello schieramento, non mi accorsi di Aro, che mi affiancò, sfiorandomi la mano con la sua, fredda e morta.
Trasalii guardandolo spaventata, sul suo volto un sorrisino furbo e sicuro di sé. Non disse nulla, ma proseguì dritto, verso la fine degli alberi. Forse quel sorriso doveva essere il campanello di allarme, ma così non fu, scossa e infreddolita non riuscii a capire cosa volesse dire.
Di colpo l’ombra del sottobosco si diradò, il grigiume del cielo permetteva a tutti di camminare a volto scoperto, sia noi, che loro.
Una schiera di vampiri e lupi enormi ci stavano di fronte; potei notare Seth e Embry scattare di pochi metri, i denti scoperti, un ruggito animale scoppiare dal loro torace. Sam fu davanti a loro con un balzo, li guardò comprensivo e con un gesto secco della testa rifece arretrare, sempre con il muso sfigurato dalla rabbia.
Mi voltai, una frazione di secondo, giusto il tempo di vedere come tutti i vampiri, proprio come soldati di un esercito, si allineavano veloci in una formazione, leggermente a semicerchio, con le ali laterali piegate. Al centro Aro, Caius e Marcus, affianco a loro noi. La mia amica tremante, io rimanevo ferma, cercavo in tutti i modi di sembrare tranquilla. Le carte erano a mio favore, almeno così credevo.
Il gesto di Aro fu secco, impercettibile, di colpo mi ritrovai tra le braccia, tenaglie, gelide e marmoree di Demetri, mentre, al mio fianco, Felix ridacchiava fermando Samantha.
Avevo i piedi sollevati, mi stringeva la gola;
-Lasicami! Lasciami!- gridai, battendolo con dei pugni tanto forti e decisi quanto inutili sul petto, cercando in tutti i modi di liberarmi. La risata cattiva del mio aguzzino mi inondò il cervello, non riuscivo a sentire altro, se non il dolore. Avevo la mano ferita, gocciolava del sangue, scuro, quasi nero. Mio.
Lo guardai con occhi disperati; non dovevo sanguinare, no.
Vidi i suoi canini brillare, la bocca scattare in avanti repentina e leccare via il sangue dalle ferite, mentre il mio battito si bloccava, i miei occhi si sgranavano per il terrore.
Di fronte a noi tutti si erano paralizzati, nessuno si mosse.
Mi girai, Aro stava infrangendo i patti, e lo cercai con lo sguardo; mi stava fissando, in un modo strano, nuovo.
In quel momento, ignorando il dolore pulsante della mano, potei vedere l’ennesima sfaccettatura di quel diamante che era il vampiro. Mi guardava, infatti, con occhi supplichevoli, con un velo di preghiera che li copriva, mentre, con la bocca perfetta, mimava, senza voce, un ordine insolito e ben preciso.
Parla. Ora. Dì la verità.
Mi bloccai, confusa, le parole che ripeteva io non le capivo. Perché avrei dovuto parlare?
Qualcosa non andava, aveva finto, nella tenda, aveva semplicemente fatto finta di aver paura.
Mi aveva ingannato, aveva vinto al mio gioco, dove le regole le facevo io.
Eppure, in qualche modo, quegli occhi, che sembravano essere ignorati da tutti tranne me, mi dicevano che la partita non era ancora finita e che io stavo vincendo, rimanendo in silenzio, trattenendo il mio segreto.
Quegli occhi, infatti, erano occhi di un colpevole che voleva confessare la sua pena, ed io, in quella situazione, non lo avrei di certo aiutato.
Scossi la testa violentemente nella sua direzione, guardandolo con uno sguardo di fuoco decisa a morire piuttosto che confessare per lui, piuttosto che alleggerirlo.
Fremette, strinse le labbra in una linea sottile ed adirata e schioccò le dita.
L’urlo di Sammy mi risvegliò dai miei pensieri, spostai lo sguardo su di lei e inorridii, le dita che cercavano di staccare il braccio di Felix dal suo collo, mentre i denti di questo affondavano nella pelle, e le sue urla, molto più forti delle mie, ma, allo stesso tempo, estremamente più indifese.
Fu un attimo, un attimo così minuscolo da sembrare fantasia, ed io caddi a terra, lasciata da Demetri, battei la testa su una roccia o su un pezzo di ghiaccio, non ricordo, l’unica immagine precisa, che il mio cervello trattenne di quel momento fu il sangue che scorreva sui miei occhi e tutti, ogni singola persona, essere, che si scontravano tra di loro.

Respiravo a fatica, strisciando lentamente sul terreno coperto di neve, sentendo ogni singola fibra del mio corpo urlare il dolore. La stretta di Demetri mi aveva fratturato qualche osso, la caduta mi aveva aperto una ferita appena sopra l'occhio destro, rendendomi, almeno da quella parte, la vista limitata.
Cercavo in tutti i modi di ritrovare Samantha, tentai di sentire, di carpire i suoi urli, ma era un'impresa inutile: tutti, in quel campo di battaglia, stavano gridando o ululando, poco importava.
Scorsi all'improvviso, appena dopo aver superato le gambe di qualcuno, un vampiro dei Volturi, il corpo di Sammy, dimenarsi per terra, in preda all'agonia.
Feci uno sforzo titanico e mi tirai in piedi, traballando sfinita. Respirai profondamente e arrancai fino a lei, decisa a trascinarla via di lì, via da tutta quella morte.
Con lo sguardo cercavo disperatamente il lupo dalla pelliccia marrone, lo vidi atterrare un cumolo di stracci neri ed esultai internamente; Emb, almeno lui, era al sicuro. Forse la troppa rabbia, il buon motivo che aveva per combattere l'avrebbero salvato, no, di sicuro. Lui sarebbe sopravvissuto.
Sollevata almeno da questo peso mi chinai, con l'intenzione di tirarla su, ed in quell'istante un braccio, non so di chi, non so come, precipitò su di me. Il sangue mi ricoprì totalmente, le ossa più piccole sbucavano, fratturate e distrutte; marmo macerato, i tendini, i muscoli squarciati; sentii un conato di vomito risalire per lo stomaco, lo rigettai indietro, senza fiatare, sembrava come se anche l'aria si fosse gelata nella mia gola; mi guardai intorno, ma nulla.
Ero invisibile. Nessuno mi notava, nessuno, in quel momento, era interessato a noi.
Tirai su Sam a fatica, era troppo alta e si agitava, dimenandosi. Mi morsi un labbro, ricordando che, in fin dei conti, la colpa era la mia.
Provai a urlare il nome di Carlisle, forse poteva fare qualcosa, ma quello che uscì dalle mie labbra fu solo un sussurro impercettibile.
La trascinai fino al limite della radura, cercando di farle il meno male possibile, decisi che era meglio infilarsi tra gli alberi, almeno un po' più internamente, per evitare qualsiasi coinvolgimento con la battaglia; eravamo già state fin troppo messe dentro a quest'affare.
Non mi accorsi, per la stanchezza, per la rabbia di tanta stupidità da parte mia, che la foresta era in pendenza e misi un piede nel posto sbagliato.
Lo sanno tutti, le radici sporgenti non perdonano mai.
Iniziai a precipitare, rotolando tra le felci e il fango, in un sottobosco pieno di rocce e sassi, dove la neve, a causa del fitto ed impenetrabile tetto verde, non era riuscita a passare.
Mi fermai di colpo, sbattendo la schiena contro un tronco, un dolore allucinante mi invase tutto il corpo, facendolo tremare.
Chiusi gli occhi: Sammy era vicino a me, questo bastava; potevo benissimo svenire.

Persi conoscenza per qualche minuto, quando riaprii le palpebre avevo la bocca che mi bruciava, il sapore forte di rame mi fece inorridire. Tossii, i polmoni furono trapassati, lacerati da miliardi di spilli appuntiti; mi bloccai, stringendo i denti e sputando il rosso che mi aveva invaso la bocca.
Cercai di muovere una mano, la chiusi, tentando di combattere contro il freddo: i guanti si erano bagnati, gelandole.
Altro dolore, altra sofferenza.
Sentii le lacrime scendermi lente, mentre continuavo a ripetere quel nome costantemente.
Embry. Embry. Embry.
Non volevo morire, non dovevo morire.
Non doveva farlo lui, non doveva assolutamente farlo. Quella battaglia non doveva distruggerlo, lui doveva vivere, doveva farlo!
Stavo rannicchiata a terra, in posizione fetale, quasi tentando di difendermi da quelle urla, quelle di Sammy, che mi ricordavano quanto fossi stata egoista.
Tutto questo per una maledetta vittoria, una voglia irrefrenabile di vincere, contro di lui. E se ora lei era così... era tutta colpa mia.
-Coscienza?- la voce melodica, troppo conosciuta, irruppe il silenzio sommesso che si era venuto a creare, ero quasi riuscita a isolare Sam, lasciarla da sola, di nuovo, stavo fuggendo dalle mie colpe.
-Non … non sono perfetta- continuavo a scusarmi, prima mentalmente, ora, contro questo nemico amico.
-Nessuno lo è- ribatté, il fruscio della veste si fece più vicino, la sentii stendersi; si era seduto affianco a me.
-Mi chiedo, anzi, mi sto torturando, sul come sia possibile che tu … - si bloccò.
Alzai lo sguardo e finalmente ebbi il coraggio di fissare quegli occhi rossi, Aro stava seduto di fronte a me, il viso contratto in un'espressione dubbiosa.
Nuovamente silenzio.
-La coscienza è un affare assai noioso, Laura- riprese, lasciando da parte il discorso iniziale, forse era troppo difficile? Perfino per lui?
-Se lo dici tu...- sospirai, un'altra morsa mi strinse i polmoni, tossii, dolorante.
-Assomigli molto alla mia coscienza, è questo che mi preoccupa- mormorò, guardandomi curioso, allungando una mano pallida, per sfiorarmi. Non mi scansai, lo lasciai fare, sembrava intento a pulire qualche ferita. Non so quale, troppe mi avevano tagliato il volto.
Il freddo delle sue dita mi provocò un leggero piacere, sorrise, ascoltando i miei pensieri.
Non riuscivo a staccarmi da quel lembo di felicità, che era rappresentato dal viso di Embry.
-Io non so se la mia coscienza ha una faccia, se devo essere sincera- risposi, la voce era un soffio impercettibile; un altro urlo di Samantha mi fece rabbrividire.
Si staccò, poggiando la testa ad un tronco e socchiudendo gli occhi.
-La mia era identica a te, solo che è morta...- spiegò trattenendo un sorriso amaro.
-La hai uccisa?- mormorai, preoccupata; non sapevo se prenderla come minaccia o come una semplice confessione.
-Forse-
-La vuoi uccidere di nuovo?- tremai, provandomi a tirare su, il terreno era troppo freddo, dovevo isolarmi, sentii le ossa scricchiolare e lanciai un gemito di dolore.
-No-
Respirando velocemente, a fatica, mi misi di fronte a lui; l'occhio destro si era gonfiato, non vedevo più nulla. La figura longilinea e perfetta di lui era davanti a me, sorridendo amichevole.
Rabbrividii, spaventata e lo guardai, cercando di essere il più forte possibile.
-Cosa vuoi da me? Non ti è bastata lei?!- indicai con la testa Sammy, che sembrava agonizzare, un tremore mi percorse la schiena.
-Volevo sapere perché non hai parlato- secco e preciso, la voce era quasi sprezzante, arrabbiata contro qualcuno, qualcosa, sicuramente contro me.
Lo guardai impaurita, non avevo idea di cosa sarebbe successo; se avrebbe voluto pareggiare i conti o se, per qualche strana ragione, si sarebbe accontentato di una piacevole chiacchierata.
-Io... volevo...- deglutii, in difficoltà, bloccandomi, senza riuscire a dire altro.
-Punirmi?- concluse lui per me, sorridendo affabile.
Annuii lentamente. -Avevi infranto il patto ed io...- presi fiato e lo fissai con più forza, cercando di diventare più sicura, non potevo continuare a soccombere sotto i suoi occhi rubino. -Ho voluto punirti.- ribattei, sibilando, sembrando un po' troppo aggressiva.
Lui scoppiò a ridere, avvicinandosi con un braccio e scansandomi una ciocca di capelli, un riccio bagnato e sporco di terriccio e sangue; mi fermai, senza respirare. Il suo viso era troppo dolce, troppo calmo, troppo... umano.
Le mascelle erano rilassate, i sopraccigli distesi, nessuna ruga d'espressione, all'infuori di quei piccoli solchi provocati dalle guance, che, nel sorridere, si erano tirate.
-Straordinario... come tu sia... non credevo di riuscire a trovare qualcuno che mi conoscesse più di me stesso. Strabiliante, sei...- parlava velocemente, aveva perso almeno per un attimo la fredda calma che lo contraddistingueva.
Ci zittimmo entrambi, guardandoci negli occhi senza parlare, sentivo Samantha urlare e un'altra lacrima scese, rigandomi il volto scurito dalla sporcizia del terreno; tirai su con il naso e emettei un singhiozzo sommesso.
Mi sentivo sporca, lurida; come se al posto del sangue nelle mie vene scorresse del veleno letale, che avrebbe potuto annientare ogni persona a me vicina.
-Sono un mostro- la voce mi uscì in un soffio -guarda quello che ho fatto! Guardala!- mi voltai di scatto verso di lei, gattonai e la raggiunsi, cercando di calmare quel viso stringendole una mano convulsamente.
-Quello che ho fatto io- precisò, rimanendo al suo posto. In lontananza udimmo il rumore della battaglia, che non accennava a fermarsi.
-No! Se io... se io... avessi parlato, se... non... se l'avessi convinta a non venire, se... non fossi stata così curiosa, così egoista- parlavo senza pensare, portandomi le mani nei capelli, stringendoli e tirandoli con rabbia, finché non sentii le sue, di mani, fredde e leggere trattenere le mie.
-Il se non esiste, è un'illusione creata dall'uomo, per scusarsi quando è troppo tardi per farlo; quindi, non credo che questo discorso possa continuare mantenendo una logica, a mio parere- era freddo, calmo, come se non riuscisse a capire tutto il dolore che stavo provando, l'agonia, non solo fisica, ma anche dell'anima. Era come se anche quest'ultima, insieme alle mie forze, mi stesse abbandonando.
-Cosa vuoi fare, Aro? Perché sei così gentile, perché non mi uccidi, non mi trasformi! Perché!?- urlai, usai tutta me stessa per farlo, in quello scatto di adrenalina pura mi ritrovai in piedi, di fronte a lui, tremando di rabbia e frustrazione.
Volevo pagare, volevo dare quella piccola parte di me per sentirmi libera; sacrificare un po' di felicità in cambio della mia coscienza, la rivolevo integra.
-Non ci riuscirei- rispose semplicemente, un'altra carezza che mi stupì, spiazzandomi. -Ho già fatto troppo male per... farlo anche a te; se ti uccidessi, se ti trasformassi, se, come ho già fatto in passato, tentassi di toglierti quella vita, che tanto mi affascina, quel sorriso che ti ho visto sfoggiare davanti a tutti, quella sicurezza... se ti togliessi sono una piccola scaglia di tutto questo ucciderei anche me. Ho vissuto troppo tempo senza una coscienza per non desiderarla, per ferirla. Ho già commesso un errore simile, me lo hai ricordato tu stessa. Troppe volte rivedo il volto della cara Didyme nella mia testa, troppe volte soffro ricordando quello che ho fatto. Chiamalo egoismo, chiamalo come vuoi, ma non ce la farei a sopportare altro. Quindi, mi dispiace, ma non avrai nessuno sconto di pena.- sorrise, allontanandosi un po'.
Le gambe mi tremarono e mi ritrovai nuovamente a terra, piangendo.
-Cosa vuoi dirmi?- sussurrai, secondo dopo secondo avvertivo come se una forza, un filo scarlatto e  inspiegabile ci stesse unendo, contro il nostro volere forse, o, una volta tanto nella mia vita, in questa mia nuova vita, con il mio volere. Per il mio volere.
Perché io, una parte di me, quella più ribelle, più recidiva a scomparire, voleva un'altra possibilità. Non voleva rinchiudersi in un unico sentimento; voleva essere libera.
-Ti sto umilmente chiedendo di essere la mia coscienza- mi guardò dall'alto, senza ombra di superbia, di voglia di dominare.
Era un semplice uomo che stava chiedendo un favore, che lo stava chiedendo a me, con degli occhi rossi, d'assassino, ma, allo stesso tempo deboli e desiderosi di una risposta che potesse confortarli, farli divenire, almeno per un attimo, gli occhi di un innocente, di una persona pura, senza macchie nell'animo.
Aro mi stava chiedendo di stargli vicino per essere un po' più umano.
Scossi la testa, spaventata; io, io!, non potevo certo fare una cosa del genere.
Ma ne ero sicura? Io, od una parte di me?
Io o la parte che amava Embry? Che ora lo stava richiedendo con forza e amore irrazionale ed impazzito.
Io?
Ero confusa, disorientata ma, non so come, non so perché, alla fine dalle mie labbra uscì un sussurro preciso, pensato e desiderato.
-Sì-
Mi lasciai cadere, sdraiandomi affianco alla mia amica, raggomitolandomi tenendole la mano, non volli vedere il suo viso, ma, ne fui sicura, sorrise; lo fece in un modo nuovo, una volta tanto, dopo tempo, veramente felice.
Lo sentii muoversi, andare verso la battaglia, con passi lenti.
-Cosa stai facendo?- mormorai. Ormai non vedevo più, le  palpebre si erano abbassate completamente, l'olfatto si era azzerato, non sentivo più nulla, se non i rumori.
-Credo che le guerre siano noiose, non ti pare? Spreco di forza... Spero che Caius si accontenti per i prossimi anni, non ce la farei a sopportare altro spargimento di sangue così... inutile.- sospirò, la voce sempre più lontana.
-La farai finire?- mormorai sorpresa e felice, stendendo le labbra in un sorriso.
-Sto facendo quello che la mia coscienza mi ha suggerito- rispose.
-Posso chiederti un'ultima cosa?- sapevo che ogni istante che stavo sprecando in questo dialogo assurdo era una possibilità in più che Emb rimanesse ferito o peggio. Eppure non ce la facevo a staccarmi da lui, da Aro; era più forte di me.
-Certo-
-Come era la tua coscienza?-
Si fermò, un sasso od un bastoncino rotolò giù dalla salita, raggiungendo la mia mano, lo scansai, rimanendo con gli occhi chiusi, attendendo la sua risposta.
-Era una giovane donna, bellissima, unica. Rideva molto, lo sai? Forse per questo era così bella. Pensava che non esistessero i cattivi, i buoni. Era molto simile a te-
Fu l'ultimo scambio di battute, l'ultima voce che sentii prima di sprofondare di nuovo nell'incoscienza del sonno.
Poi ci fu il silenzio.
Poi ci fu il dolore.
Poi ci fu lui, il mio vero amore.

Stavo gelando, anche nel sonno riuscivo a percepire il dolore provocato dal freddo pungente dell'inverno; quando, all'improvviso, una stretta calda, avvolgente e familiare mi circondò.
Due braccia, quelle del mio amore, della mia ragione di vita, mi strinsero a sé.
Sentii le voci agitate, i ruggiti di rabbia, sentii tutti correre accanto a Sammy, come doveva succedere. I cattivi, gli egoisti come me non dovrebbero ricevere attenzioni.
Eppure vidi solo lui, socchiusi gli occhi stancamente, e incrociai i suoi; dolci e colmi di amore, sicuri, certi di non avermi perso. Ed io ricambiai, lo stesso sguardo, stringendomi flebilmente alle sue spalle, esausta.
Finalmente potevo addormentarmi in pace, lo avevo nuovamente con me. Vivo. Ed era finito, era finito tutto.

Non tutti sono destinati a rinchiudersi in un unico essere,
alcuni, dicono, hanno una personalità plurima.
Questi personaggi sono ambigui, inafferrabili,
e per questo costretti a vivere nell'infelicità totale.
Perché saranno sempre costretti ad accontentare due differenti persone,
rinchiuse in una.
Le due persone continueranno a combattersi,
annientando, quindi, la personalità della stessa.

La felicità, dicono, per queste persone, è la vera utopia.











Note autrice Laura Black:
Sono viva, sono in giro per l'America, per la precisione in macchina.
Mi scuso per l'immenso ritardo e se il capitolo ha fatto schifo. Mi scuso veramente ._. Aro solitamente, come dice Sammy, è mia competenza, ma qua ho avuto paura ad usarlo, perché la storia non è mia e per quanto mi piaccia “dare una mano”, infilando questi “capitoli”, se così si può chiamarli, ho sempre il terrore di rovinarla.
Quindi, vorrei ringraziare un po' di persone, in primis e veramente tanto, la cara Samantha, che odia il suo nome intero.
Grazie per la fiducia che mi dai, non è da tutti, anzi … solitamente la gente non si fida, dice che sarebbe come dare le porte del paradiso al diavolo. XD
Grazie a tutte le persone che nei commenti mi hanno fatto i complimenti o che, stranamente, si sono fatti “fun” -nel senso più ampio del termine- del mio personaggio. Non credevo fosse possibileXD
E... grazie.
Tutto qui.
Abbiamo concluso questo secondo “libro”. Per me è stato veramente bello scrivere i POV rari che ho messo, è una storia che mi ha preso, e che io, mi scuso con Sammy, ho preso.
Per il prossimo! Huhu! Vi assicuro che ce ne saranno delle belle e che quest'ultimo capitolo è strettamente legato al prossimo libro!
Sammy, se hai censurato hai fatto bene <3

Note autrice Sammy Cullen:
niente da aggiungere a ciò che ha detto Laura ^^
prossimo aggiornamento, mie care, col Libro III intitolato Second Life-When you are a Cold.
Ho solo una richiesta: visto che è l'ultimo capitolo del secondo libro, lasciatelo un commento, VI SUPPLICO. Se non per me, fatelo per Laura che si è degnata di regalarvi questo "finale".
Comunque, ancora grazie.
A presto, allora.
By due "scrittrici" pazzerelle ;)

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Capitolo 41
*** [LIBRO TERZO] Prologo/ Capitolo 1 (POV Sammy/Seth) ***


capitolo 1
Second Life
...when you are a Cold...


Prologo
Stare in mezzo a loro non mi piaceva. Era orribile essere circondata dai nemici, dal pericolo. Eppure ero lì, pronta a sacrificarmi per difendere chi amavo. Mi ero chiesta tante volte se la mia seconda vita sarebbe stata migliore della prima, ma la risposta non c’era mai stata, o almeno, fino a quel momento...No. Non era affatto come speravo.

Capitolo 1

Sammy
Fuoco.
Non c’era niente di peggio, in quell’istante. Finire sotto un treno in corsa, farsi staccare la faccia a morsi da un cane rabbioso, ritrovarsi con braccia e gambe rotte…non era niente in confronto.
Fuoco.
Mi invadeva il corpo e lo potevo quasi sentire durante quella folle corsa nelle vene. Partiva dal collo per continuare a scorrere lento nel basso. Spalle, braccia, petto…e poi giù, passando per lo stomaco, il ventre, le gambe, i piedi…
Cosa accadeva attorno a me?
Non potevo –non riuscivo- a saperlo.
Fuoco.
Era come lava. Una colata insaziabile e senza freni che mi logorava ogni più piccolo ossicino. Solo una cosa, in mezzo a tutto quel dolore, mi sembrava fin troppo udibile.
Il battito di un cuore accelerato. Di chi era? Perché mi sembrava così vicino?
Fuoco.
Sapevo di gridare, in quel momento.
Sapevo di contorcermi come un’anguilla.
Sapevo che qualcuno al mio fianco parlava, forse mi stava chiamando.
Sapevo perfino che quel cuore intento a battere così forte era il mio.
Fuoco.
Fuoco dappertutto.
Dov’era la mia bocca?
E gli occhi? Dov’erano gli occhi?
Buio.
Tutto così buio…e rovente.
Cosa stavo dicendo?
Cercai di trovare le mie labbra in movimento, ma proprio quando stavo per raggiungerle, uno strato più caldo di lava mi circondò l’unico organo che ancora resisteva.
Il cuore pulsava più rapido delle ali di un colibrì.
Stavo respirando?
Sì, no, forse, chissà…
Ma volevo trovare le mie labbra, volevo controllare la mia voce…
E volevo almeno uscire dall’oscurità.
Gli occhi. Apri gli occhi.
Come potevo concentrarmi su di loro, in un momento come quello?
Allora le orecchie!
Ascolta…ascolta…
Quelle suppliche sussurrate nella mia testa, mentre tutto il resto di me stessa gridava, implorava di farsi uccidere, perché quel dolore era insopportabile.
Fuoco.
Fuoco in ogni singola parte del cuore.
Un tonfo sordo mi fece sobbalzare. Seppi di essermi mossa. Seppi di aver soffocato un grido assieme a tutto il resto.
Seppi di essere morta nell’attimo esatto in cui il silenzio mi circondò e il fuoco iniziò a consumarsi.
Pace.
D’improvviso percepii ogni cosa. Pian piano, ogni parte del mio corpo tornava sotto il mio controllo.
Le mani.
Sentivo che erano strette a pugno, e sapevo di poter distendere le dita, se mi concentravo.
Gli occhi.
Le palpebre potevano aprirsi come le tende di un palcoscenico, se lo volevo.
Le labbra.
Erano socchiuse. Ebbi paura di passare la lingua sui denti. Troppo affilati?
La parte migliore, nell’oscurità, era l’udito.
Ogni più piccolo e impercettibile rumore mi apparteneva.
Lo sentivo quasi come se lo stessi producendo io.
Per prima cosa, respiri.
Erano leggeri, soffici come piume, e mi stavano tutti attorno. Una splendida e ipnotica melodia.
Una celestiale composizione d’orchestra.
Per seconda cosa, i cuori che pulsavano sangue caldo.
Erano tanti, questo sì, ma quasi con un meccanismo istantaneo, riuscii a sapere con esattezza che ne erano presenti due più vicini degli altri sette.
Per terza cosa, i movimenti.
Udivo il rumore di passi, di vestiti che frusciavano, di capelli smossi, di carezze.
Era tutto così…strano.
Volevo aprire gli occhi.
Con tutta me stessa, desideravo di poter avere un po’ di luce, ma qualcosa mi spingeva a non far niente.
Muovermi, respirare…assolutamente niente.
Timore? Incoscienza? Stupidità?
Cosa mi faceva comportare in modo tanto idiota?
Di colpo, un semplice e adorabile suono mi spinse a scattare in piedi senza essermi resa davvero conto di aver compiuto il minimo movimento.
Era una melodia mille volte più perfetta dei respiri, più suadente dei battiti di quegli nove cuori intorno a me, più acuta ed espressiva.
Ma, soprattutto, familiare. Un pianto.
Musica frenetica e straziante.
Ero certa di sapere a chi appartenesse, come in un dejà-vu
Ricordai il viso tondo di una creaturina minuscola. Un bimbo.
Il mio bimbo.
Gabriel.
Anzi no, Gabriel Edward Harry.
All’improvviso sentii i passi di qualcuno vicino a me farsi più forti. Voleva dire che si stava avvicinando, chiunque fosse. Mi concentrai solo un minimo sul pianto di mio figlio e subito i miei occhi si posarono su un giovane.
Aveva il volto straziato dall’ansia, mista a gioia quasi accecante. Riuscivo a vederla irradiata dal suo corpo.
Ma era fastidioso, c’era qualcosa che non andava. Vedevo…troppe cose, che prima non mi ero mai resa conto ci fossero.
Gli acari della polvere nell’aria, per esempio. Era scioccante ritrovarsi a fissare ciò che fino a poco tempo prima non si poteva notare se non con una lente di ingrandimento o, meglio, un microscopio!
Restai paralizzata dalla sorpresa.
Oh. Mio. Dio.
Al quale, se non erravo, non avevo mai creduto.

Seth
Fissare quel corpo in preda alle convulsioni e a un dolore visibile, era straziante. Ma non avrei percepito in modo così orribile tutta quella sofferenza, se non fosse appartenuta a Samantha.
Teneva gli occhi chiusi, le mani strette a pugno e più di una volta, il dottor Carlisle ed Edward, l’avevano dovuta tenere per non farla cadere dal lettino sul quale era stata messa.
Non avevo sentito niente per tutto il tempo. Ero diventato immobile. Una perfetta statua che Esme poteva portare in giardino per abbellire l’ambiente.
Mi ero concentrato su di lei, pregando che finisse presto.
-BASTA! VI PREGO…SPEGNETE IL FUOCO! UCCIDETEMI...UCCIDETEMI...-
era terribile sentirle gridare a squarciagola cose del genere. Chiedere così spasmodicamente di poter morire.
Per un attimo mi chiesi se lo avessero provato tutti o se il dolore della trasformazione cambiasse da uomo a uomo, da donna a donna.
Carlisle come aveva reagito? E Edward, Emmett, Alice?
Avevano fatto esattamente come Sammy, o avevano trattenuto lo strazio dentro se stessi fino alla fine?
Non potevo neanche immaginarlo.
E intanto lei era lì, a supplicarci di farla fuori.
E poi, di sorpresa, non saprei dire dopo quanto, osservai il suo corpo sobbalzare. La schiena inarcata, gli occhi sgranati, le labbra schiuse senza emettere alcun suono. Le si era mozzato il respiro. Poi ricadde inerme come se fosse morta davvero.
Non fui capace, allora, di camminare verso di lei. Me ne restai immobile a guardarla, in silenzio come tutti gli altri.
Di sotto, col resto del branco –meno Jacob, finito chissà dove con Renesmèe-, mia sorella si prendeva cura di mio figlio, suo nipote.
Sam aveva rimandato a casa i licantropi più giovani subito dopo la grande guerra, tre giorni prima, perchè non li voleva lì. Tutti noi avevamo notato che erano rimasti scossi, pur avendo dato prova di grande coraggio.
Io invece stavo coi Cullen, che attendevano una qualche reazione da parte di Sammy.
Con la coda dell’occhio notai Bella, accanto a Edward, indecisa sul fatto di dire qualcosa o meno.
Cambiò idea quasi subito e tese le labbra pazientemente.
C’era una calma tremenda.
Laura, al mio fianco, fissava Sammy senza timore. Non sembrava agitarsi per il fatto che la mia ragazza fosse ormai passata allo status di vampira e che, se era come pensavo, non avesse un minimo di lucidità e bramasse solo il sangue.
Era seria, concentrata, e aspettava.
Come me, come loro.
A spezzare il silenzio fu il pianto di Gabriel, e ci volle un attimo prima di ritrovarmi a fissare Samantha in piedi, di fronte a me. Era bellissima, ma lo era stata anche da umana.
I capelli castani rilucevano in modo straordinario, pieni di riflessi ramati, e arrivavano alle spalle in modo disordinato. La frangetta, una volta scompigliata, ora le ricadeva di lato coprendo in modo fluido una parte dell’occhio destro.
Ma non mi soffermai sul castano- ciliegio della chioma, e restai paralizzato a fissare il volto avvicinandomi a lei senza riflettere.
Volevo stringerla a me, perché sapevo che se non lo avessi fatto, sarei crollato. Dovevo sapere se era reale, se non stavo sognando ogni cosa, ed era morta in quel campo di battaglia.
Strinsi i pugni ricordando quegli attimi. Il vampiro moro che ghignava, che la stringeva a sé con così tanta forza da non darle modo di poter fuggire e poi, le mordeva il collo…
Ed io, che scattavo dando il via alla guerra, ma con la certezza che lo avrei ucciso.
E di fatti è ciò che feci.
Felix, se non sbaglio, mi aveva tenuto testa in modo impareggiabile, ma alla fine più di metà corpo era volato nel fitto del bosco attorno alla radura. Il resto, invece, lo avevo ridotto a brandelli.
Qualcuno dei nostri aveva pensato a bruciare il mucchio.
Dopo, ero stato tentato di cercarla, perché non la trovavo in mezzo ai combattenti, e nemmeno la sua amica.
Che Laura avesse trascinato via Sammy dal caos? Non ne ero stato certo, e molti di quei vampiri…i Volturi…mi erano venuti contro di soppiatto.
Solo alla fine, quando quei mostri hanno deciso di ritirarsi, abbiamo fatto un conto della situazione. Eravamo stati in grado di metter fine alla vita di una ventina e passa di vampiri, ma Edward aveva detto che almeno una metà erano stati solo testimoni, e non soldati.
Dal canto nostro, non c'erano state perdite. Zafrina, una delle vampire "amazzoni", si era occupata di togliere la vista a molti dei nemici, mentre Bella s'impegnava a mantere intatto il suo strano scudo invisibile contro gli attacchi che Jane provava a infliggerle quando Kate veniva distratta da altri soldati.
Vedendo i Volturi andarsene, Vladimir e Stefan, i rumeni, avevano giurato vendetta per la seconda volta con un sorriso di trionfo stampato in faccia.
Stefan parlò, dicendo "Abbiamo vinto la battaglia, vinceremo anche la guerra"; poi, se n'era andato col suo compagno senza proferir parola.
Cercai di calmarmi sentendo il tremore delle mani e ci riuscii perfettamente. Quei ricordi non erano il massimo dell'allegria...e non lo era neanche quell'attimo.
Tornai perciò a concentrarmi sull’amore della mia vita, quello che era mutato, restando comunque se stesso.
Sammy non poteva essere cambiata irreparabilmente. Prendendo Bella come esempio, ero arrivato a sperare che anche lei possedesse un ottimo autocontrollo.
La tristezza mi passò sul viso per un istante, poi sorrisi per farmi forza e perché, seppur con un colore diverso, lo sguardo di lei si era finalmente posato su di me.


Sammy
Ci volle un attimo prima che capissi, che ricordassi.
Quel ragazzo, così bello, così dolce…era Seth. Il mio amatissimo Seth.
Restai stupita. Possibile che mi ricordassi di lui? Lo fissai.
Sì, era in tutto e per tutto chi credevo…col suo sorriso, coi tratti sottili, la pelle bronzea…
Arricciai il naso. Il suo odore mi colpì di botto.
Sapeva di muschio…
Ma non mi infastidiva, o almeno, non dopo un primo momento.
Volevo parlare, volevo avvicinarmi a lui…ma la paura non me lo permetteva. Pregai che continuasse a farsi avanti al mio posto, dato che avevo la certezza che di mia spontanea volontà, non sarei riuscita a compiere neanche un passo.
Avvicinati...ti prego...avvicinati.
Desiderai per un istante che avesse il potere di Edward, così da potermi accontentare immediatamente.

Seth
Perché non si avvicinava? Perché restava distante? Perché non mi parlava?
Perché continuava a sembrarmi che temesse qualcosa?
Ero troppo impaziente per restarmene fermo, così feci quei due passi giganteschi che ancora ci dividevano e la strinsi a me.
Sussultai dalla gioia quando la percepii, fredda e solida contro il mio torace. Reale.
-Oddio…grazie Signore, grazie…- avevo sempre avuto un briciolo di fede, e in quell’occasione capii che avevo fatto bene a non buttarla all’aria.
Ero stato ricompensato.
La sua voce mi vorticò nel cervello. Era terribilmente seducente e armoniosa. Come al solito, un miglioramento di ciò che era già stupendo prima. La perfezione della perfezione stessa.
-Oh, Seth! Ti prego…perdonami…io non…- ma la melodia era spezzata da lamenti rumorosi. Quelli che, se fosse stata una semplice umana, credo avrei chiamato singhiozzi.
Le accarezzai il viso e restai ad ammirarlo un po’. Non solo era pallido e perfettamente liscio, ma sembrava brillare. Gli occhi, grandi, espressivi, un po’ allungati, ora sembravano ancora più somiglianti a quelli di un felino.
E la linea dritta del naso, le labbra sottili e rosa sbiadito…
Le tenni fermo il mento e sussurrai –Shhh…- poi la baciai con trasporto.
Era lì, con me. E non m’interessava che fosse diventata una…Fredda.












Angolino autrice
Ecco il primo capitolo...sono commossa ç________________ç spero che tutte le lettrici del primo racconto si degnino di leggere anche il sequel xD.
Piccola nota: dal secondo capitolo ci sarà un bel salto avanti...qualcosa come ANNI. Così Gabriel diventa un pò più grande <3 Ah, avrete notato che il rating è cambiato. Ormai andiamo spediti sull' arancione *me indecisa se spostarlo a rosso*...perchè sarà molto più...SERIO e PASSIONALE? xD
...ah, quella nella foto sono io modificata da tutti e 2 i lati ^^ (piccola informazione inutile e del tutto fuori luogo xD)
Ho pensato ad una motivazione più che logica per il fatto che io già da neonata abbia un autocontrollo così grande <.<: il mio imprinting con Seth. Ho immaginato che fosse un qualcosa di così forte da farmi restare lucida; da non farmi del tutto cancellare ogni ricordo della mia vita umana. No come Bella, che è per magia una super-vampira <.<
Ah! non so esattamente quando lo specificherò, ma ho un potere extra che avete già avuto modo di conoscere grazie a un'altra vampira, solo con qualche modifica xD

By Sammy Clearweater Cullen <3
P.s.: per segnalare il cambio di Pov da adesso in poi scriverò in grassetto il nome del personaggio, come per l'ultimo capitolo del libro II scritto da Laura....^^

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Capitolo 42
*** Capitolo 2 ***


capitolo 2 SL Per questo capitolo, visto che ho finalmente scoperto come si aggiungono link di altri siti o immagini ecc ecc...ho deciso di "linkare" in fondo, nell'angolo autrice, alcune cose ^^...ma ora, vi auguro buona lettura :D

Capitolo 2


Sammy
-Ferma! Se continui a voltare la testa, ti giuro che per acconciarti te la staccherò a morsi e dopo lascerò che si ricongiunga al resto del corpo!-.
Sospirai e cercai di resistere all’impulso di fuggire dalle grinfie di Alice, che stava lavorando con attenzione e passione a spese dei miei poveri capelli. Ogni tanto non riuscivo a restare concentrata sul mio riflesso. Quel volto che dallo specchio sembrava chiaramente gridare aiuto. Arricciavo il labbro superiore sui denti pensando che il passatempo della mia amica fosse sciocco, del tutto inutile. Per quale motivo si impegnava a riempirmi la testa di forcine se sapevamo entrambe che non avrebbero retto sul mio taglio troppo corto? Ah, come farglielo capire? Ma il piccolo elfo continuava instancabile, ignorando le mie proteste –Alice, perché non la pianti?-
-No. Non prima di aver terminato. Ah! Sarai bellissima, più di quanto tu non sia già!-.
Ringhiai sommessamente e iniziai a cercare qualche modo per restare calma. Subito il volto di Seth mi passò davanti, ma non c’era solo lui. I Cullen, i Queleute, il clan di Denali e gli altri…e poi c’ero io, che mi facevo strada a passo umano verso l’altare.
Non riuscivo a contare i minuti, i secondi che mi separavano da quel momento.
-Voglio vedere la mamma!-
quella voce così imperiosa, seria, ma infantile, mi riportò di nuovo coi piedi per terra. Risi leggera e guardai con la coda dell’occhio la porta. Il rumore veniva da là dietro. Qualcuno, nel corridoio, stava spiegando al mio piccolo Gabriel che non era il momento. Che “la mamma” doveva restare nascosta da papà finché lui non usciva di casa.
Renesmèe.
Era cresciuta davvero molto, e in fretta, come ci aspettavamo tutti. Adesso dimostrava la mia età. Quindici graziosi anni che per lei, però, sarebbero passati. Mi dava un po’ fastidio il fatto che alla fine sarei rimasta la più giovane. La bambina.
Le restavano sì e no quattro anni prima di arrivare all’età di maggiorenne, l’ultima tappa prima di restare identica per sempre. Per un istante mi tornò alla memoria quella sera di quattro anni prima, in cui Edward chiamò a casa di Seth informandoci con la voce del tutto trasformata dalla gioia, che sua figlia e Jacob erano tornati dopo mesi di attesa. E lei era già cresciuta molto.
-Allora vado a dire a papà di uscire, così posso vederla-.
Quant’era cocciuto quell’ometto. Con gli occhi pieni di curiosità, la mente affollata da domande.
Eravamo arrivati al fatidico periodo del “perché”.
-No, Gabriel, è ancora troppo presto…tuo padre non può ancora uscire-.
-E perché?-
-Te l’ ho detto, è troppo presto…ci vuole ancora un po’-
-E perché?-
-Perché se il tuo papà esce adesso da casa, non troverà nessuno in chiesa-
-Ma non è domenica…perché andiamo in chiesa?-.
Scoppiai a ridere assieme ad Alice e a Rosalie, che aveva sistemato le scarpette bianche e il velo cucito alla corona di fiori finti su uno sgabello.
-Tuo figlio la farà impazzire- disse la bionda, poi da fuori sentimmo altre voci.
-Zio Edward!-
-Gabriel, stai mettendo in difficoltà Nessie o sbaglio?- il suo tono così affettuoso mi riempì il cuore freddo e immobile di gioia. Adoravo il fatto che avesse preso –stranamente- sul serio il suo ruolo di padrino. Un’ altra splendida persona parlò mentre la ragazzina e suo padre occupavano il proprio tempo con Gab.
-Sarebbe il primo che riesce nell’intento- Kate, che aveva deciso di seguirci in macchina invece che farsi trovare già in chiesa. Con lei, naturalmente, c’era Garrett.
-Ehi, se il piccoletto vuole vedere la sposa, basta che Nessie entri un istante e poi gli trasmetta le immagini-.
Ah, giusto. Che genio.
Edward scoppiò a ridere, doveva aver sentito i miei pensieri, ma non lo disse agli altri, come era suo solito fare, godendosi in privato battutine tanto divertenti. Roteai gli occhi divertita, mentre sentii il mio bambino rispondere quasi indignato a Garrett con –Io non sono piccolo! Ho cinque anni!-.
-Ah, giusto, giusto. Sei un ometto, Gab-. Rispose quello con la voce spezzata dalle risate, fino a che Kate non gli mollò una gomitata nello stomaco e si sentì il suono sordo del colpo. –Se non ci sbrighiamo, gli ospiti inizieranno a spazientirsi…- Alice era agitata quasi più di me. Tesi le labbra e sobbalzai quando la sua vocetta da soprano non esclamò –Ecco fatto! Sei perfetta!- enfatizzò battendo le mani. Rose dietro di noi ridacchiò –Sammy, ora tocca all’ abito…-
-…Ed alla corona di fiori- aggiunse l’elfo-vampiro sorridente. Quasi iniziai a piagnucolare mentre mi lasciavo vestire da quelle due come se fossi una bambola di pezza. Quel giorno mi sembrava quasi un sogno e un incubo assieme. Sarei diventata di lì a poco la nuova signora Clearweater, moglie legittima di Seth. Sua compagna per la vita, o meglio dire, l’eternità, eppure l’agitazione mi rendeva immobile come una statua di ghiaccio. Proprio come quella a forma di cigno che Alice aveva fatto creare per il buffet. Oh mio dio…avrei dovuto sopportare anche quel momento! Mi lamentai quando Rose incastrò con altre forcine la coroncina di fiori con tanto di velo sulla mia testa. Ebbi il dubbio che Alice già da poco prima fosse riuscita a ficcarmene un paio fin dentro il cervello. Per fortuna, non rischiavo la vita per così poco.
Il mio vestito da sposa era firmato Gucci, con tutto che avessi supplicato -e in seguito anche minacciato- Alice di non esagerare; mi stringeva un pò all'altezza del ventre, ma il bello di non dover respirare era proprio questo. Poi, c'era la gonna, in due strati voluminosi ma che arrivavano al ginocchio. Era un modello abbastanza comodo...avrei osato dire sportivo. Qualcuno bussò alla porta leggermente, riconobbi l’odore dolce, simile a cannella, di Laura. Ora aveva ventuno anni, ed un figlio da tre soltanto, Abram. Dissi avanti a voce abbastanza alta, visto che ormai ero abituata a dialogare in modo quasi impercettibile con i miei simili o i licantropi. Entrò facendo capolino e mi osservò lasciando che un sorriso le solcasse il volto –Sei stupenda, Sammy…- poi aggiunse con tono saccente –Stiamo aspettando solo te! Ed in più, dovrai ringraziarmi, visto che sono riuscita a convincere tuo figlio ad andare con “zio Edward” e famigliola-. Risi divertita e le risposi mentre Alice mi spingeva fuori assieme a Rosalie –Okay, Laura. Ti sono immensamente grata per l’aiuto-. Mi guardò di sbieco –Sono o no la madrina di quel piccolo tornado di Gabriel?-. Non ebbi il tempo di rispondere, che Rose mi portò di sotto facendomi superare la mia amica e, seguita da quel folletto di sua sorella, mi spinse veloce nella limousine. Emmett e Jasper dovevano avermi scambiata per un’allucinazione, tanto ero stata rapida a passargli davanti gli occhi.
Chiusi lo sportello dell’auto e vidi le loro, compresa quella contenente Laura, Embry e il loro bambino, sfrecciarci accanto superandoci. Poggiai la fronte ai vetri scuri e guardai il cielo nuvolo. Non avrebbe piovuto quel giorno, ma mi sarebbe piaciuto. “Sposa bagnata, sposa fortunata”, no?

Gli invitati erano già tutti in Chiesa. Non erano molti, ed il buffet anche se numeroso, era stato preparato solo per i miei amici lupi, per le loro rispettive compagne, per Sue, Billy e Charlie. Naturalmente, non correvano rischi, pur trovandosi in un luogo pieno zeppo di vampiri. Avevano cacciato tutti precedentemente, me compresa. Quando scesi dall’auto, Carlisle mi affiancò e sorrise rassicurante sussurrando al mio orecchio –Andrà tutto bene, Samantha. Seth è lì che aspetta solo te-. Annuii veloce e sussurrai un “sì, sì lo so” prima di dirgli direttamente –Grazie, Carl. Sei…sei come un padre per me…- il vampiro mi prese sottobraccio accarezzandomi il viso –E tu sei sempre stata come una figlia-. Ci sorridemmo, poi compimmo i primi passi verso il lungo corridoio e tutti si alzarono, mentre la marcia nuziale prendeva il via. Ogni tanto, fui tentata di sbirciare sotto i miei piedi, timorosa di schiacciare il velo ma poi, guardavo Seth, sempre più vicino, e mi ripetevo che non c’era niente che potesse andare storto. Eravamo tutti lì riuniti solo per rendere definitiva un’unione. La nostra. Mia e di Seth.  Respirai a fondo quando gli fui davanti, e mi accorsi che attorno a noi c’era un silenzio quasi terrificante. Solo metà dei cuori che battevano, uno tra tutti molto più veloce degli altri, rapido come il movimento delle ali di un uccellino. Carlisle si allontanò da me, andando a mettersi accanto ad Esme, commossa. Le mie damigelle erano vestite tutte uguali: un corto abito sbarazzino rosso con la gonna stropicciata a strati ed il corpetto deliziosamente ricamato (Alice era stata felicissima di potersi creare un vestito senza fare obiezioni per Rose o Bella). Quel piccolo elfo maligno aveva rispettato –saggiamente- le mie scelte...o almeno, una parte. Quando il parroco della piccola Chiesa di Forks iniziò la cerimonia, smisi di concentrarmi su tutto e tutti, tranne il giovane che mi stava di fronte; il suo abito da cerimonia era bianco, con la cravatta di uno strano grigio tendente al celestino. Mi piaceva la scelta che aveva fatto, perchè quei toni chiari, mettevano in risalto il colore della sua pelle bronzea. Quando incominciai a farci un pensierino -senza ritegno, visto che mi trovavo in Chiesa-, ringraziai Edward, che finse un colpo di tossè e mi guardò tra l'esterrefatto e il rassegnato, incuriosendo Jacob, a cui Seth aveva chiesto di fare da secondo testimone assieme all'altro.
Restò serio tutto il tempo, facendomi quasi preoccupare, fino a quando non si aprì in un sorriso dicendo alla fine quel fatidico “sì” e facendomi andare in estasi. Chissà come fu possibile, dato il mio stato di vampira con un’intelligenza quasi più programmata di quella di un pc, ma riuscii a far accadere l’inverosimile.
-E vuoi tu, Samantha Cullen, prendere quest’uomo come tuo legittimo sposo, per amarlo ed onorarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, per sempre?-.
Seth sorrise di nuovo, ed io ricambiai, ma poi ci fu il silenzio. Mi ero persa qualche pezzo forse? Jake sghignazzò, mentre l’altro aggrottò la fronte e scosse il capo divertito, fissandomi. Sbattei le palpebre e guardai il parroco. Un uomo sulla sessantina, quasi del tutto calvo, che sussurrò verso di me, non sapendo che molti avrebbero sentito –Adesso dovresti dire sì o no…-.
-C…cosa?- confusa. Oddio, avevo davvero saltato qualche parte?!
Lui non si scompose quando tra gli invitati si alzò un leggero brusio di risatine, e ripeté –Vuoi prendere Seth come tuo sposo?-.
La mia bocca formò una O perfetta, poi annuii e dissi quasi gridandolo –Sì! Certo! Certo che lo voglio!-. Quello sospirò rasserenato e disse –Bene, allora adesso posso dichiararvi marito e moglie-.
Altre risate prima della frase –Puoi baciare la sposa-. Poi accadde tutto velocemente, e mi ritrovai con le labbra contro quelle di mio marito. Non potevo crederci. Sembrava un sogno. Io e Seth, sposati.
Fuori dal piccolo edificio santificato, in prima fila pronti a lanciare il riso, c’erano Emmett, Garrett e Quil, che di sicuro avevano scommesso a chi avrebbe colpito nel modo più preciso gli sposi. Risi quando Seth alzò un braccio sulla mia testa per ripararmi e fui quasi tentata di dirgli che non c’era nessun problema per qualche manciata di riso, ma poi decisi di lasciarlo fare. Gabriel scalciò per scendere dalle spalle di Embry e ci corse incontro. Lo presi in braccio e ascoltai la sua risata quando i chicchi gli finirono tra i capelli. Mi fermai di colpo esclamando –Ehi, ehi! Fermi tutti!- e misi Gab in braccio a suo padre dando le spalle agli invitati per lanciare il bouquet in alto, nell’aria, osservandolo ricadere preciso tra le mani di Laura. Ghignai e dissi –Era destino, cara mia- poi io e Seth ci sbrigammo a salire insieme in auto e quando aprii il finestrino per dire “Ci vediamo al buffet” qualcuno mi colpì in piena faccia e fulminai Emmett, che piegato in due dalle risate diede il cinque a Garrett. Grugnii, prima di notare Edward, Bella e Nessie con Jake accanto che li fissavano con rassegnazione.
Secondo me, soffrivano della classica sindrome di Peter Pan.
-Mamma, mamma!- Gabriel mi tirò una ciocca di capelli, seduto tra me e –che goduria poter finalmente dire- mio marito nella limousine. Spostai lo sguardo oltre la Chiesa e le auto degli invitati che mano a mano ci seguivano verso il giardino dei Cullen.
-Che c’è, amore?- gli baciai la fronte quanto più leggera potessi essere. Lui sorrise e si arrampicò scomodamente, sprofondando quasi nel mio abito, in braccio, aggrappandosi al mio collo –Lo sai che cosa ha detto lo zio Quil?-.
Sorrisi tra me pensando che per lui ormai erano tutti “zii” o “zie”. Feci di no con la testa, curiosa –No, cosa ha detto?-.
-Ha detto che avresti dovuto scriverti dei foglietti per non dimenticare cosa dire-. Mentre lui ancora sorrideva, e Seth scoppiava a ridere, io arricciai un labbro e ringhiai sommessamente –Me lo ricorderanno per sempre, vero?- era una domanda retorica, visto che sapevo perfettamente che sarebbe stato così, ma mio marito volle rispondere –Sicuramente, Samantha-.
Sbuffai e buttai la testa all’indietro, sul comodo sedile. Una forcina schizzò via e ringhiando ancora, iniziai a toglierle tutte, una ad una, liberando i miei poveri capelli dalla corona col velo.
-Stai molto meglio così…- la mano di Seth mi sfiorò una guancia. Mi voltai un po’ per guardarlo e subito, come una calamita, avvicinai il viso al suo, per baciarlo, ma l’auto si fermò e Gabriel si mise in mezzo –Siamo arrivati!-. Ci scostammo subito ridendo leggeri e poi, guardandoli entrambi, sospirai beata.
Una famiglia. Eravamo finalmente una vera e propria famiglia.
Scendemmo dalla limousine, con Gab sempre avanti a precederci, correndo veloce, raggiungendo Claire, che tra tutti gli invitati era una dei più piccoli, con soli otto anni, e ricevemmo da tutti, mano a mano, le più vive congratulazioni. Perlopiù, casa Cullen era occupata da vampiri. Il clan di Denali, quello Irlandese, perfino Benjamin era arrivato dall’egitto, con Tia e le Amazzoni. In Chiesa mi era sembrato perfino di aver intravisto Nahuel, poggiato a un albero, ma ora che osservavo tutti per bene, mi rendevo conto della sua assenza. Possibile che fosse andato subito via?
Lanciai uno sguardo a Edward per avere conferma alla mia domanda, e lui annuì. Senza accorgermene, mi lasciai sfuggire un “oh” dispiaciuta. Sarei stata contenta di vederlo con gli altri, ed in più, era un buon amico per Nessie…e una specie di rivale per Jacob.
Strinsi la mano di Seth e ridacchiai quando si avvicinò Laura con in braccio il piccolo Abram, ed Embry che le camminava affianco come un’ombra, cingendola per la vita.
-Davvero una bella cerimonia, sorvolando sulla tua figuraccia immancabile-. La ragazza sghignazzò divertita, ed il sorriso scomparì dalle mie labbra, mentre mugugnavo –Non ti ci mettere anche tu, eh!-, ma lei continuò peggio di prima, seguita a ruota dal suo fidanzato. Li fulminai entrambi, poi osservai il loro bambino. Abram era l’opposto di mio figlio. Più piccolo di due anni, era meno rumoroso. Nelle numerose volte in cui lo avevo visto, era sempre stato in silenzio. Così calmo, per essere solo un piccolino di due anni, da sembrarmi inquietante. Non piangeva, non strillava in modo quasi spasmodico…era una specie di bambolotto, muto con le sue guanciotte tonde e morbide e gli occhi grandi. Somigliava terribilmente alla madre.
-Credo proprio di aver bloccato la fila col mio arrivo…- Laura si guardò dietro vedendo Siobhan, Maggie e Liam. La piccola vampira dai capelli rossi disse –Tranquilla, possiamo aspettare-, sorridendo timidamente. Lei aveva la mia stessa età, o almeno, fisicamente poteva sembrare così, anche se in realtà era una vampira da almeno una decina d’anni, ed io a malapena arrivavo a sei, come Isabella.  
Laura ricambiò veloce tirando le labbra per creare una strana smorfia, poi si voltò di nuovo verso di me –Ci troverai al tavolo del buffet…di questi tempi ho sempre uno strano languorino- e si sbrigò a trascinare via Embry, come pentita di aver accennato a quella strana fame improvvisa. Sussurrai un “okay” confusa, poi mi preparai a ringraziare con Seth tutti gli altri per essere venuti al nostro matrimonio.
La giornata passò rapidamente, e ad una certa ora il cibo era quasi del tutto sparito dal lungo tavolo che Alice aveva fatto posizionare al limitare del grande giardino. Il cigno di ghiaccio si era sciolto perdendo la sua forma originale, ed era rimasto solo qualche tramezzino sui vassoi. Pensai che quel piccolo elfo avesse fatto bene ad esagerare, data l’ingordigia dei licantropi. Arrivati alla sera, io e Seth fummo costretti a dare spettacolo, mentre lasciavo che mi sfilasse coi denti la giarrettiera, ringraziando il fatto che non potessi più arrossire, e tentavo di ignorare le risate della gente intorno a noi quando mi mordicchiò la gamba e gli mollai un pugnetto sul cranio sussurrando in una specie di iperventilazione –Seth! Accidenti…-. Lo guardai sorridere divertito, mentre si rialzava e lanciava quel pezzo di stoffa verso gli invitati, facendolo prendere al volo da Charlie, che vidi arrossire senza sforzo, mentre Billy al suo fianco gli dava una gomitata dal basso della sua posizione sulla sedia a rotelle.
L’unica cosa che i lupi non avevano avuto modo di trangugiare era stata la torta. Alta cinque piani, interamente fatta di mimosa e panna, che Alice portò fuori per ultima, aiutata da Esme. Mi impegnai per tagliarla in modo preciso, un pezzo enorme per ogni essere umano –o quasi- che fosse presente, per tutti i vampiri che avrebbero finto di gustarsela o avrebbero davvero avuto il coraggio di mangiarla, e due fette per me e Seth.
Prima di imboccarlo, mi chiese in un sussurro impercettibile ad alcuni –Sei certa di voler…???-.
-Sì, Seth. Non morirò avvelenata, sta tranquillo!- risi e ingoiai per prima un pezzo di dolce. Riuscire a fingere un’espressione normale, mi sembrò facile, anche se quello che da umana avrebbe potuto sembrarmi delizioso, adesso pareva quasi impossibile da mandar giu.

Quando i festeggiamenti finirono, Alice venne a bisbigliarmi all’orecchio che era ora per me e Seth di partire. La luna di miele. Mi sembrava quasi buffo pensarci. Le dissi grazie sottovoce e dopo aver salutato gli ultimi ad andarsene, tra cui Kate e il resto del suo clan ed i licantropi con Laura, mi accorsi di Gabriel, addormentato tra le braccia di Rosalie. Sorrisi tra me e le andai vicino –Te lo affido, mentre sono via, Rose-.
Lei sorrise a ennuì –Lo tratterò nel modo migliore possibile- mentre Emmett le si metteva vicino, baciandole leggero una tempia. Li fissai, prima di chinarmi col viso a pochi centimetri da quello del mio bambino e baciandogli la fronte –Fai il bravo, tesoro mio…e dai sempre retta a zia Rosalie…- lui aggrottò la fronte e mugugnò a mezzabocca “sì, mamma” nel dormiveglia. Quasi mi commossi, poi salutai nuovamente i Cullen, prima di seguire Seth in auto, verso l’aeroporto. Prossima destinazione, Tenerife.












Angolino autrice
Secondo capitolo del terzo libro.
Ancora non riesco a credere di essere arrivata fin qui...è...fantastico.
Allora, visto che PENSO di aver finalmente capito come si fa, metto alcuni collegamenti ;-)
Per prima cosa, il mio
abito da sposa, di Gucci (vi pare che Alice non me ne trovava uno firmato?XD) poi, quello da damigella delle tre vampire Cullen (cliccateci sopra e poi ditemi se si vedono xD). Per quelli di Seth, Edward e Jacob non ho fatto ricerche visto stanno in un normale smoking, credo non vi servano immagini ù_ù.
...Come al solito non mi dilungo in ringraziamenti, tanto lo sapete che vi sono riconoscente XD e che gioisco a ogni nuovo commento che leggo o ad ogni persona che passa a leggere <.< (anzi, spero che questo capitolo lo commenterete visto che l'altro è rimasto senza pareri. Mi rendereste davvero FELICE ^^")
A presto :*
Bye bye!
Sammy Cullen

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Capitolo 43
*** Capitolo 3 (POV Sammy/ Seth) ***


capitolo 3 Capitolo 3
*Questo capitolo è esplicito al 90%, siete avvertite*

Seth (Everything- Michael Bublè)
Arrivammo a Tenerife più o meno di mattina, dopo un lungo viaggio fatto di spostamenti in auto e subito dopo in aereo, con qualche ora di attesa all’aeroporto per caricare i bagagli e via discorrendo.
Il sonno mi stava lentamente portando via, ma cercavo in tutti i modi di non darlo a vedere davanti a Samantha, che osservava a bocca aperta e del tutto rapita l’albergo a otto stelle semicircolare formato da un ristorante immenso al pian terreno e due piani superiori con le camere dei clienti.
Per arrivarci, però, dovevamo attraversare un piccolo ponticello di legno, circondato da una piscina dalle forme tondeggianti e stratosferica. Quasi non credetti ai miei occhi quando mi ritrovai come lei, a fissare quel posto.
A dir la verità, era stato il nostro regalo di nozze da parte dei Cullen che, come al solito, non sembravano voler badare per niente a spese. Ripensai per un attimo al sorriso furbo di Edward quando mi aveva dato la busta con dentro i due biglietti per un volo in prima classe diretto sull’isola, e scossi la testa ridendo tra me.
Questo destò l’attenzione di mia moglie (mi faceva uno stranissimo effetto, dirlo o anche solo pensarlo), che abbandonando per un attimo la contemplazione di quel luogo stupendo, mi chiese –Perché ridacchi?-, ma non riuscii a spiegarle il motivo…o meglio, non ne trovai la voglia.
-Niente, niente…- mi affrettai a dire. Poi, restai a fissarla da capo a piedi e la attirai a me per baciarla. Non appena capì, sorrise compiaciuta e avvicinò le sue labbra alle mie. Stavo per sfiorarle, quando si tirò indietro di colpo, divertita.
-Ehi…ora facciamo anche le finte?- non la lasciai comunque, gustandomi la pressione che il suo corpo creava contro il mio, da sotto i vestiti.
Ghignò e disse in un sussurro, maliziosa –Finchè non arriveremo in quella che sarà la nostra camera per almeno due settimane e mezzo…-, le punte dei nostri nasi si sfiorarono, poi sgusciò via dalla mia presa e, ridendo cristallina, mi precedette fino all’albergo.

Sammy
Se avevo pensato che Tenerife fosse stupenda, non appena avevo messo piede dentro l’albergo, seguita da Seth, avevo pensato che quello fosse ancora più fantastico di tutto il resto.
L’intera sala ristorante sembrava non avere una fine.
I tavoli spaziosi, tondi e ordinati, erano stati messi abbastanza distanti l'uno dall'altro da poter permettere ai camerieri di camminarci in mezzo senza problemi e nell'angolo a nord, su un rialzo, si trovava un pianoforte lungo almeno tre metri. Dalle mie labbra uscì un “wow” enfatizzato, e percepii la mano destra di Seth che stringeva la mia sinistra. Sorrise incrociando per un istante il mio sguardo, che immaginai essere quello di una che non crede ai propri occhi.
Avrei potuto prevedere quegli istanti ancor prima di salire sull’aereo, o addirittura prima ancora del matrimonio stesso, ma dal momento che il mio potere extra era differente da quello di Alice, e si basava sul fatto che io potessi decidere se vederlo o meno, il futuro, invece che ritrovarmi con delle visioni improvvise e incerte, avevo scelto di restare con il cosiddetto “effetto sorpresa”. Un’altra cosa positiva, era che fossi capace di vedere anche i licantropi. Non avevo ostacoli, quindi.
-E’…è fantastico!!!- esclamai, prima di ridere euforica e abbracciare mio marito saltellando come una bambina.
Lui mi prese in braccio, lasciando che un fattorino si avvicinasse e ci chiedesse se desideravamo qualcosa dalle cucine oppure preferissimo essere scortati nella nostra stanza mentre caricava su un carrello i bagagli.
-No, grazie. Stiamo apposto così, ci basta arrivare in camera- Seth sorrise gentile all’ uomo, che sembrava avere massimo trent’anni, e che ricambiò annuendo e parlando in inglese con uno spiccato accento spagnolo –Bene. Nessuno problema signore. Voi e la vostra adorabile sposina potete seguirmi-. Avrei scommesso non so cosa sul fatto che da umana sarei arrossita per quell’adorabile, ma in fondo, sentirmelo dire non fu così male. Ormai iniziavo ad abituarmi ai complimenti frequenti o alle occhiate che mi lanciavano i ragazzi, sapendo che non lo facevano apposta. Gli veniva spontaneo.
Seth mi strinse a sé gonfiando il petto con fierezza e ridacchiando per le parole di Carlos (lessi il nome sulla targhetta che portava attaccata alla giacca rossa); non era geloso, e faceva bene, visto che non avrei mai potuto cedere alle lusinghe di altri che non fossero lui:
Seth. Per me non esisteva nessuno oltre mio marito.
Sussurrai un “grazie” al fattorino per il complimento e poi lasciai che ci facesse strada spingendo il carrello con i borsoni. Non ero per niente certa di cosa avesse ficcato Alice nella mia (la più grossa di tutte e apparentemente piena di roba), così diedi una sbirciatina al futuro. Mi concentrai su almeno tre minuti avanti al momento che stavamo vivendo, e quello che vidi mi lasciò esterrefatta.
La mia borsa era stracolma di lingerie di ogni tipo, colore e forma.
...Alice!
Pensai il nome di quel piccolo elfo diabolico e poi sospirai sconsolata e me ne restai a vagare con la mente, fino a che la voce di Carlos non mi richiamò alla realtà.
-Stanza 48b- Tirò fuori un enorme mazzo di chiavi dalla tasca e ne pescò una nel mezzo, porgendola a Seth. Attaccato c’era un cartellino rettangolare con lo stesso numero inciso a lettere d’oro sulla porta.
48b…
Ipotizzai che tutte le camere del primo piano avessero la lettera “a”.
Ringraziammo un ultima volta l'uomo, dopo che ebbe portato i bagagli fin dentro la camera -che si rivelò essere il doppio del mio vecchio appartamento a Roma- e poi, scoppiammo a ridere.

Seth
Non solo tutto sembrava troppo stupendo per essere vero, ma pochi istanti dopo essere rimasti soli, io e Samantha ci decidemmo a dare un’occhiata intorno, e trovammo il letto in una delle tre stanze adiacenti al mega salotto che, più che a un letto normale, somigliava ad un’amaca.
Era sospeso in aria grazie a delle resistenti catene tenute da dei ganci, e sembrava chiamarmi a sé come una calamita, ma non per dormire. No.
Non appena me l’ero ritrovato davanti, un altro modo di utilizzo mi era passato per la testa, ed era molto più allettante. Quando puntai i miei occhi sull’espressione stupefatta e compiaciuta di Sammy, capii che era arrivata alla mia stessa conclusione.
-…Sarebbe un peccato non inaugurarlo come si deve-. Ruppe così il silenzio, prima di lasciare che la stringessi a me mordendole e baciandole le labbra, scendendo poi fino al collo.
Rise e lasciò che le sfiorassi la pelle gelida e liscia con bocca e punta del naso, senza mettermi fretta.
Quando fui vicino alla stoffa dell'abito che le copriva i seni morbidi, sbuffai sussurrando con la voce già roca per via dell'eccitazione -Posso strapparlo?-
-Certo che no!- esclamò, e fui in grado di immaginare il sorriso sulle sue labbra anche senza aprire gli occhi.
-Ti prego...-.
Voglio strappartelo di dosso, amore...voglio strapparti di dosso ogni cosa.
Irremovibile, rispose con un secco e conciso -NO-. Ridacchiai dandomi per vinto, così sempre a tentoni riuscii a trovare la cerniera del suo vestito bianco che correva lungo la schiena e, abbassandola poco a poco, la mia bocca fu in grado di intrappolare a turno i suoi capezzoli, turgidi.
Seppi allora che lei aveva schiuso le labbra lasciandosi sfuggire un gemito, mentre le dita s'intrecciavano tra i miei capelli, e sogghignai tutto contento, lasciandomi da parte il piacere di poterle tormentare ancora i seni per dopo.
La mia lingua creò delle linee umide sul ventre ed era vicina ad arrivare più in là...
Più giù…solo un altro po’…
Stavo per toglierle gli slip ma le sue mani si posarono delicatamente sulla mia testa e lasciai che mi scostasse, alzando gli occhi per incrociare i suoi, neri di desiderio.
-Cosa…???- stavo per chiedere, ma Sammy sussurrò –Dammi cinque secondi e sarò di nuovo da te…- si fece distante e prima di scomparire oltre la porta del bagno con la propria borsa, le sentii aggiungere seducente -…Tutta per te-.
Tesi le labbra in un sorriso e andai a sedermi su quello stranissimo letto, dondolandomi un poco spingendo coi piedi.

(Perverso- Tiziano Ferro)
Passarono quasi quattro minuti, e lei non ricomparve. Mi chiesi cosa accidenti stesse combinando e, incuriosito, feci il gesto naturale di alzarmi per andare a vedere, ma la sua voce arrivò da dentro l’altra stanza –Non muoverti! Resta lì!!!- prima di veder spuntare un suo braccio diafano che spinse sull’interruttore facendo sì che restassimo al buio, con solo delle piccole bajours che ricreavano una luce soffusa.
Aggrottai la fronte e dissi ridendo –Io non mi muovo, okay…ma se aspetto altri dieci secondi, giuro che mi addormento, e sai bene che poi riuscire a svegliarmi è difficile-. La sentii sbuffare e poi, quando uscì allo scoperto, sgranai gli occhi e restai a bocca spalancata.
Quella non era solo mia moglie. Era uno dei sogni erotici migliori che avessi mai potuto fare.
Restai bloccato a fissarla come un cieco che rivede di colpo il sole, senza saper bene cosa fare. Andarle incontro? Aspettare che si facesse avanti? Davvero, non lo sapevo.
-Sei…non trovo le parole- ammisi, in imbarazzo.
Lei sogghignò e camminò verso di me con passo felino. Era diversa dalle altre volte. Perché stavolta, sembrava davvero una vampira. Una predatrice. Mi resi conto del fatto che ero gonfio e boccheggiai quando compresi che ci aveva fatto caso anche lei. Lei, che si era andata ad infilare un body nero di pizzo completamente trasparente.
Quando mi fu davanti, non riuscii a resistere dieci secondi prima di cingerle i fianchi, accarezzandola, per poi spostare le mani più in alto, stringendo i suoi seni e guardandola schiudere le labbra per un istante tirando indietro la testa, sospirando di piacere.

Sammy
Oh Dio sì…
Quella era la tortura migliore del mondo. Le sue dita impegnate a stuzzicare i miei capezzoli da sopra la stoffa…lo fissai pensando che era ancora troppo vestito, in confronto a me, e gli occhi finirono col puntare vogliosi quella escrescenza tra le sue gambe. Decisi di farlo dannare un po’, per divertirmi.
Mi leccai le labbra e poi andai a sedermi a cavalcioni su di lui, poggiando le braccia sulle sue spalle e baciandolo per poi passare la lingua sul contorno delle sua bocca soffice.
Seth diventò per un attimo come di pietra, poi disse con un filo di voce -Vuoi farmi morire...- e questo causò la mia risata mentre gli rispondevo -Nah...voglio farti ben altro-. Sorrise regalandomi un nuovo bacio, e poi un altro e un altro ancora...
Non mi sarei mai potuta stancare. Mai.
Ebbi un fremito quando sentii il suo membro già così duro e mi domandai quanto sarebbe riuscito a resistere. Mi mossi un pochettino, giusto per incitarlo…e la sua reazione mi sorprese.

Seth
Cristo...respira Seth, respira...
Quello che stava facendo, era chiedere troppo alla mia forza di volontà. Non poteva pensare certo che reggessi più a lungo, eppure guardando la sua espressione incredula sembrava proprio così.

L’avevo fatta finire sotto di me con uno scatto veloce, dopo averle stretto le natiche sode, godendomi il contatto col freddo della sua pelle, e lei aveva lanciato un gridolino mentre tratteneva le risate.
-…Non c’è gusto. Vuoi sempre tutto e subito-.
-Sbagliato-.
-Come?-
-Voglio solo te, subito-.
Sorrise regalandomi il -come minimo- centesimo bacio che spezzava l’euforia dell’attimo, perché non era come gli altri, passionale o estremamente erotico, ma bensì uno di quelli da film sdolcinati. La sensazione più bella e perfetta stava racchiusa tutta lì, in quel contatto tra le nostre labbra. L’amore era sempre meglio del sesso, ed il sesso non era niente senza amore.
Logico. Comprensibile. Facile.
Ricambiai, sfiorandole il volto, pregando che quel momento durasse per sempre…ma il corpo era bisognoso di altro, ne ero consapevole, così quando mi scostai, feci per parlare, ma Sammy mi anticipò –Non farmi attendere, amore…- e si mosse un altro pò sotto di me, strappandomi letteralmente di dosso i vestiti, divertendosi come una bambina.
Ridacchiai, prima di prendere uno dei suoi capezzoli tra i denti, spostando la stoffa che li teneva nascosti, e mordicchiandolo con forza.
-Mmm...Dio…Seth…- chiuse gli occhi e mi lasciò fare questo per qualche minuto, poi, decisi di smuovere le acque. La volevo. Mi voleva.
Le aprii la chiusura del body tra le gambe e dopo averle accarezzato l'interno coscia, sfiorai con le dita il suo clitoride, e lei sobbalzò iniziando a gemere. Restai davvero molto compiaciuto dalla sua reazione, e decisi di scavare più a fondo. Inoltrai un dito con sveltezza e Sammy lanciò un grido, inarcando la schiena sotto di me -Seth...oddio...Seth, Seth!!!-.
Incrociai il suo sguardo, perso, e sorrisi dandole tanti piccoli baci sul volto, attendendo che mi chiedesse dell'altro, mentre muovevo nella sua apertura quell'unico dito.
-Con...continua...- la sua voce spezzata, era quasi più seducente che da ferma. La accontentai, aggiungendo un secondo dito, e percependo l'umido ed il calore avvolgere sia quello che l'altro. Mia moglie si stava eccitando...e anch'io.
Mentre i nostri sospiri ei gemiti andavano a formare la melodia più dolce sulla faccia della Terra, compresi che ero allo stremo, quindi liberai la sua intimità e mi posizionai, strusciandomi. Samantha gemette più forte e si aggrappò a me strettamente, senza staccare neanche un attimo i suoi occhi dai miei. Osservai le due catenelle davanti a me –due delle quattro che tenevano sollevato il letto- e decisi di aggrapparmici. Sammy mi lasciò fare e, quando pensai di essermi messo nel modo migliore, le sussurrai –Ti amo- prima di entrarle dentro con un colpo deciso dei fianchi.

-AH!- lanciò un grido artigliandomi la schiena. Ringhiai sentendo la pelle pizzicare dove aveva affondato le unghie e continuai con forza.

Sammy
-…mmm...così...-  quel che stavo provando era il Paradiso.
Lo sentivo dentro di me, così tanto da non riuscire a resistere dieci minuti senza urlare il piacere che provavo.
Era mio. Ero sua.
Il letto dondolava in modo preoccupante, mentre lui stringeva le catene tra le mani per prendere ogni volta lo slancio. Mi domandai quanto sarebbe durato prima di crollare a terra con noi due sopra.
Ti supplico…di più…ancora di più…
La mia concentrazione vacillava come quella sottospecie di amaca sulla quale stavamo. Mi morsi un labbro per trattenere un urlo.
-Lo sento…oh Dio sì…lo sento Seth…lo sento!- stavo mano a mano affondando in acque profonde...ed era una vera goduria. Restavo a galla tra sogno e realtà chiedendo solo di non arrivare mai alla fine. Stavo troppo bene lì, per pensare anche solo di abbandonare l'oceano nel quale mi pareva di essere. Dove onde lunghe e lente mi cullavano senza tregua.
Ma anche presa com'ero da quell'attimo di estasi, ero in grado di sentire mio marito, mentre mi baciava o affondava il volto nell’incavo del mio collo, chinando il capo, per poi ringhiare sembrandomi ancora più seducente. Notai anche che non apriva bocca. Gli piaceva ascoltare me, quello che lui riusciva a farmi provare.
Solo alla fine, quando le spinte si fecero frenetiche e violente, esclamò –Dio santissimo!-, poi si buttò a capofitto sulle mie labbra, gemendo. Sentii il calore tra le mie gambe, e dentro di me.
Sospirai rumorosamente, poi mi rilassai e gli feci poggiare la testa sui miei seni accarezzandogli i capelli dopo la centesima volta -anzi, che dico! millesima- in cui disse che mi amava.
Non si sarebbe mai stancato di pronunciare quelle parole, e d’altro canto, io non mi sarei mai stancata di sentirgliele dire.

-Ti amo anch’io…- buttai un occhio sul suo volto e restai sorpresa quando mi accorsi che si era addormentato così, di botto. Sorrisi banciandogli la fronte e lo lasciai riposare, steso su di me.

Queste due settimane, pensai, saranno le migliori della mia vita.











Ecco il capitolo 3 XD allora...io non so bene cosa ho scritto...so solo di aver fatto un tentativo, quindi ditemi voi che leggete se le scene hot possono andar bene xD vi è piaciuto? spero di sì ò_ò
Ora, oltre alle canzoni che ho pensato stessero bene con certe scene, vi linko anche delle immagini *.*
Allora, per prima cosa, l'hotel <3 è fantastico, secondo un mio modesto parere xD poi, il ristorante interno ed infine...signore e signori...ecco a voi il fantastico letto! (che chiederò ai miei genitori come regalo di Natale XD).
Dal capitolo seguente, si farà un salto...*me si preparara a coprirsi da eventuali lanci di pomodori* lo so che -forse- avreste preferito altri giorni della luna di miele...ma chi ha il comando qui? io, quindi zut XD accontentatevi.
Gabriel sarà più grandicello. Non un bimbetto, quindi potrete pure innamorarvi di lui e creare una specie di fun club ù.ù come per Eddy e Jake xD
Beh...ci si sente gente! xD Il prossimo aggiornamento sarà a settembre!
a presto!
bye bye
Sammy Cullen
P.s.: grazie a tutti, ma in particolar modo alla nuova arrivata tra le lettrici: Mistica, per il commento tanto gentile a me e Laura ^^
















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Capitolo 44
*** Capitolo 4 (POV Sammy/ Seth) ***


capitolo 4 Capitolo 4

Sammy (Swan- Elisa)
Erano passati quasi tredici anni da quando io e Seth ci eravamo sposati, e tutto sembrava andare bene. La mia routine non era poi così diversa da quella di una qualsiasi donna umana, se non con qualche piccola differenza. Ormai era una vampira perfettamente controllata, molto più di quanto non fossi il giorno delle mie nozze. Gli occhi erano diventati ambrati, aiutandomi a sentirmi parte del gruppo. Già...il gruppo. Vivevo a La Push con mio marito e mio figlio, Gabriel, che ora si avvicinava ai suoi diciotto anni. Strano a dirlo, ma finalmente una vampira era riuscita a stabilirsi nella riserva indiana dove fino a poco tempo prima c'era mancato quasi che mettessero un cartello con su scritto qualcosa come "E' VIETATO L'INGRESSO AI FREDDI" o "LE SANGUISUGHE RESTANO FUORI"
Tutti, nel branco, si erano abituati...ma qui parliamo delle vecchie generazioni, dal momento che i figli si erano divisi distintamente in due gruppi separati. Ad esempio, Jordan, il figlio maggiore di Jared e Kim, ce l'aveva con me quasi quanto Abram, uno dei più giovani, il primo nato da Laura ed Embry (seguito subito dopo dai fratelli minori, i gemelli Kenai e Neka, due combinaguai di tredici anni). Credevano infatti che io fossi la causa di ciò che erano diventati.
Poi però, c'erano gli altri. Mio figlio, primo fra tutti, che mi amava quasi quanto io amavo lui...non gli importava che fossi una vampira perchè ragionava come suo padre, sempre in modo positivo e allegro.
E poi, c'era il secondo figlio di Jared, Simon, di sedici anni proprio come Abram, che mi apprezzava (ed era stranamente felice di essere capace di trasformarsi in lupo) ei due gemelli della mia amica, che mi trattavano come una di loro, essendo affabili e spiritosi.
Insomma, tra loro e gli altri giovani della riserva, si era creata una massa di palle di pelo ambulanti...e tutto per colpa dell'unica Fredda che avesse avuto il permesso di vivere nel LORO territorio.
Sospirai quando vidi mio figlio avvicinarsi a casa dalla finestra della cucina. Era diventato tutto estremamente facile: cucinavo, pensavo distrattamente e allo stesso tempo captavo ogni singolo movimento interno ed esterno all'abitazione. Mentre continuavo a tagliuzzare pomodori, carote, zucchine -arricciando il naso per l'odore- mi soffermai a guardarlo camminare.
Era cresciuto terribilmente, diventando un colosso di almeno due metri, o giu di lì. I tratti erano cambiati con gli anni, lasciandomi stupefatta dai dettagli che lo rendevano più simile a me di quanto pensassi. Aveva gli occhi neri, ereditati da Seth, ma i capelli si erano schiariti fino a diventare del mio colore originario. Quel castano scuro coi deboli riflessi rossi, che dopo la mia trasformazione sembravano essere diventati più evidenti del resto.
E poi, c'era il carattere. Quello era stupendo. Non volevo vantarmi, ma sapevo con certezza che non avrei potuto avere un figlio migliore di lui. Era allegro, spigliato, ma allo stesso tempo timido. Scherzava col resto del nuovo giovane branco e amava lottare sottoforma di lupo, ma ancora di più, si divertiva a gareggiare con i Cullen, quando andavamo a trovarli.
Era la felicità impersonificata, tutto il contrario di qualcun altro...
Il figlio di Laura, Abram, rappresentava tutto tranne che i suoi genitori.
Da bambino era silenzioso, non amava stare con i suoi coetanei, era più facile trovarlo a gironzolare per il giardino di casa o vicino al bosco con un libro, che nel passare degli anni si affiancò ad un block notes ed una penna. Era strano, o meglio, voleva fare in modo di sembrarlo.
Se era obbligato dal padre ad andare sulla spiaggia lo faceva, anche se era costretto a circondarsi con quei bambini che non sopportava, rimanendo poi sulla riva a guardare l'orizzonte, aspettando in silenzio che tutti se ne andassero per fare il bagno. Insomma, Abram faceva tutto ciò che serviva per alienarsi dalla riserva e dai suoi abitanti.
Sin dalle elementari succedeva che le maestre uscissero dalla scuola durante le ore di lezione per cercarlo, mentre lui si trovava placidamente sulla scogliera a scrivere o fotografare. Con il liceo le cose non cambiarono.
Riservato, non parlava con nessuno, giusto l'indispensabile per rispondere ai professori. Era probabilmente il migliore della scuola, ma non faceva nulla per farlo vedere. Annoiato, esatto. Vedeva ogni cosa con occhio scocciato, forse per mancanza di novità, forse per altro.
Si trasformò all'età di quindicianni e da quel momento smise di parlarmi, credeva che fosse tutta colpa mia. Quando era costretto a fare la ronda ci andava ma correva senza meta, più intento a inventare ed a pensare che a cercare vampiri. Odiava Gabriel, poco ma sicuro. E odiava Nessie. Non sopportava tutto ciò che noi rappresentavamo: il fantastico. Era grande, alto come Gabriel, nonostante la differenza di età; nei suoi occhi potevo vedere una scintilla che però faceva fatica a brillare, come se fosse soffocata da qualcosa. Laura non si preoccupava più di tanto, forse il rapporto speciale che aveva con lui aveva fatto in modo che le rivelasse più del dovuto; il vero problema era Embry.
Non dico che considerasse il figlio una disgrazia, certo che no. Solo che il comportamento di Ambram lo devastava, facendolo preoccupare oltremodo. Si chiedeva come mai lui non fosse come Gabriel o uno dei tanti ragazzi che popolavano la riserva.
Spesso Abram ritornava con un occhio nero, o un labbro rotto. Non era ben visto dai compagni, che lo definivano snob e scocciato. Lui non diceva niente, e quando si ritrovò nel branco, tutti quanti seppero che quelli che veramente le prendevano erano loro, non lui.
Ogni tanto Abram era stato trascinato via da mio figlio prima che iniziasse ad azzuffarsi. Mi dispiaceva il fatto che sembrasse così...solo. Emarginato, anche se era lui a volerlo. Non sopportava mio figlio, questo l’ho già detto, ed il sentimento era reciproco, ma Gabriel aveva l'animo troppo buono, così cercava di essergli amico. Più che altro, mi era sembrato che il disaccordo tra i due fosse dovuto per colpa di una certa competizione...o gelosia. Inizialmente non seppi spiegarmelo.
Avevo ipotizzato milioni di cose, ma l'idea migliore che mi ero fatta, quella più logica, era che Abram invidiasse la parte DIVERSA che Gabriel possedeva. Quella parte che fingeva di non sopportare, perchè c'entravo io. Abram, pensavo, avrebbe desiderato stare più a stretto contatto con i Cullen.
Ma qui si parla di sciocche supposizioni di una vampira al fior fiore dei suoi anni immortali.
Smisi di pensare ad ogni cosa quando la porta d’ingressò sbattè.
-Sono tornato…ehi, che buon odore…- ridacchiai sentendo le parole di Gab.
I suoi passi erano falcate, ci mise meno di dieci secondi per arrivare in cucina e stringermi da dietro affettuoso –Ah, mi sei mancata mamma…e anche i tuoi manicaretti- sghignazzò e allungò una mano verso il vassoio pieno di tartine.
Gli mollai uno schiaffetto sul palmo dicendo –Fermo lì tu…mangerai quando tuo padre sarà…- la porta sbattè di nuovo.
-…Tornato?- terminò lui ghignando e rubando ben due tartine per mettersele in bocca.
Seth comparve e restò a fissarci un attimo con sguardo dolce. Era meraviglioso averlo davanti agli occhi, ma anche orribilmente triste. Mio marito era cresciuto, e continuava a crescere. A invecchiare.
Lentamente, questo sì. Come se un normale anno di vita umano per lui valesse il quintuplo. Non sembrava passare mai, eppure sapevo che era così.
Ora aveva la voce adulta, roca e calda, una barbetta incolta…e per il resto era sempre bellissimo, se non di più.
Cercai di non fissarmi troppo su di lui continuando a cucinare e a controllare che le lasagne nel forno a microonde non si bruciassero. Devo essere sincera, non avevo mai cucinato da umana. Ero stata sempre negata ai fornelli e preferivo di gran lunga mangiare quello che altri si dilettavano a cucinare.
Poi, invece, con la mia seconda vita era diventato tutto fin troppo facile. Mi era bastato leggere un libro di ricette di cucina italiana –piccolo omaggio alle mie origini, che non volevo dimenticare-, cinese e francese…
E di colpo PUFF! Ero diventata una cuoca coi fiocchi e controfiocchi.
Per la gioia degli stomaci insaziabili dei due uomini di casa, ci tengo ad aggiungere. Poi sentii una leggera pressione dietro di me e delle mani che mi scivolavano sui fianchi.

Seth
La sentii fremere non appena le mie mani toccarono il suo corpo e sorrisi compiaciuto, chinando il capo fino ad arrivare a sfiorarle il collo con le labbra, baciandolo e segnandolo con dei piccoli morsi. Il suo odore era una tentazione irresistibile, così dolce e denso. Lei sospirò, e percepii nell’aria l’eccitazione che riusciva ad emanare; girò un pò il volto per trovare la mia bocca e mi baciò succhiando la lingua, prima di lasciare che la facessi voltare del tutto e la poggiassi sul ripiano della cucina senza interrompere il bacio.
Qualcosa cadde a terra.
Sammy doveva aver mollato il cortello che stava usando per le verdure.
Le sue gambe mi si strinsero intorno ai fianchi e intrecciò le dita ai miei capelli. Dio, come la desideravo…Lì, in cucina. Seduta stante.
…Ma qualcuno tossicchiò infastidito e ci separammo.
Samantha saltò giu dal ripiano e ricominciò a tagliare le verdure, come se nulla fosse, ma ero certo che se fosse stata ancora umana, le sue guance si sarebbero infiammate. Ridacchiai lanciando un’occhiata a Gabriel, che ci fissava tenendo il muso, e poi decisi che era meglio lasciar finire Sammy di cucinare.

Sammy
Sentii la mano di Seth accarezzarmi la schiena e mi mordicchiai un labbro per resistere ai miei famelici impulsi, poi i suoi passi arrivarono nel salottino e lo sentii chiaramente mettersi sul divano e accendere la t.v.
-Gab, vieni, c’è la partita di baseball. I Red Sox sono in vantaggio contro gli Yankees- il tono trionfale mentre si rendeva conto che la sua squadra vinceva la partita.
Ma Gabriel era rimasto a fissarmi divertito, percepivo il suo sguardo addosso anche senza voltarmi.
 –Mamma, preferirei che tu e papà controllaste i vostri ormoni da eterni quindicenni… almeno quando è quasi ora di fare colazione, pranzare, stuzzicare qualcosa per merenda o cenare. Sai com’è…poi digerisco con difficoltà-.
Risi e gli accarezzai il volto dopo aver tirato fuori le lasagne e averle divise in due enormi pezzi identici per lui e suo padre.
-Questo accade perchè tu non mastichi, ingogli e basta-.
Alzò gli occhi al cielo –Nah…non credo sia per questo- sorrise e corse a tavola.
Condii l’insalata, finii di cuocere le verdure e portai tutto di là.
Loro già si leccavano i baffi. Era gratificante sapere di essere apprezzata in ogni cosa che facevo.










Capitolo 4, e come promesso c'è un "piccolo" salto temporale xD
Allora...questo è del tutto una cronaca di ciò che definirei "vita quotidiana"...a me personalmente piace, ma il mio parere non conta ù.ù"
Chissà cosa ve ne pare a voi XD
Ora vorrei mettere qui una specie di scheda personale che Laura ha scritto su suo figlio Abram, così il personaggio potrà sembrarvi più chiaro^^ spero ne farà una anche dei gemelli Kenai e Neka...ma per immaginare loro ci vuole poco! avete presente i fratelli Fred e George Weasly?XD

Da Laura:
"Tanto vorranno tutte bene al mio Abram *ghigna* anzi, non avendo niente da fare scrivo una sua piccola scheda personale.
Due anni meno di Gabriel, silenzioso e taciturno. Frequanta la palestra di Paul, box, da quando era umano, dopo la trasformazione è l'unico logo che frequenta all'infuori della scuola, pur non avendo stretto amicizia con nessuno del branco.
Brillante a scuola, nonostante tutto e' in continuo conflitto con gli altri ragazzi, dato il suo caratteraccio ed il modi di sprezzo con cui li tratta. Sa di essere superiore e lo da a vedere.
Viaggia molto cn Laura ed Embry, sin da quando era piccolo.
Odia La Push, forks e la sua condizione da lupo.
Non e' fidanzato, tantomeno vuole esserlo.
E' alto come Jake, tra i piu' robusti del branco, capelli ricci, l'unico.
Ha due fratelli, due pesti.
Ha la passione per la fotografia, tanto che, da quando aveva 10 anni, a volte esce di scuola senza dire niente e va sulla scogliera, a scattare foto.
In perenne conflitto con l'ispettore Swan, che lo odia, e suo padre.
Suona il piano, ascolta sono musica classica, odia tutto cio' che e' etichettato come "ogetto di massa". Appena qualcosa diventa di moda lui l'abbandona.
Odia Gabriel, per il fatto che e' il suo completo opposto e perche' comunque tenta di stringere amicizia, o, perlomeno, di sembrare gentile.
Sin da piccolo, dato che laura gli ha sempre raccontato la storia di Aro come una favola, ha il desiderio di incontrare questo fantomatico personaggio, provando un'irresistibile sensazione di ammirazione verso di lui.
Odia Nessie, i due sono in conflitto dalla tenera eta', adora sminuirla, o insultarla in modo sottile; con giochi di aprole o frasi velenose. Per questo anche Jake lo vede male.
Bien."

Qui metto una foto del paesaggio che si ammira dalla mia casetta a La Push (e il luogo che vedete è DAVVERO la spiaggia della riserva Queleute **). Non ho altro da aggiungere oltre un immenso GRAZIE e, in più, un piccolo chiarimento:
L'imprinting tra Sammy (me XD) e Seth aiuta a superare il fatto dell'odore, perchè è come se tutto diventasse perfetto, più buono; dato lo status di vampira di lei, la procreazione è cosa da eliminare, ma hanno già avuto un figlio, quindi farne altri a che serve? *me però fa la vaga...chissà*.
Insomma, l'imprinting rende tutto più facile, io la vedo così ^^.
Bye byee
By Sammy Cullen ^^

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Capitolo 45
*** Capitolo 5 (POV Sammy/ Seth/ Gabriel) ***


capitolo 5 Capitolo 5

Seth
Se ne stava seduta sul davanzale della finestra osservando il cielo stellato, senza sbattere le palpebre, ma respirando leggermente, in modo tranquillo. L’odore salmastro del mare arrivava aleggiando nella stanza sospinto dalla brezza leggera, e sapevo che riusciva a gustarlo appieno, lasciando che le riempisse i polmoni per poi fuoriuscire di nuovo dalle narici dilatate.
Era una visione, illuminata dal pallido riflesso della luna piena che, per una volta tanto, era riuscita a ritrovarsi senza nuvole grigie ad oscurarla. Naturalmente, la mattina seguente quest’ultime si sarebbero impegnate a coprire il sole, per la gioia dei Cullen e di Samantha.
Chiuse un attimo gli occhi tirando indietro la testa, prima di sussurrare –Perché non dormi, Seth?-.
Ah, mi aveva scoperto.
Sbuffai prima di alzarmi e andarle vicino, sfiorandole una gamba bianca e liscia con la mano destra, trattenendo l’istinto che mi diceva di prenderla e farla mia immediatamente. Lei ridacchiò –No amore. Niente biss questa notte-.
-Hai dato una sbirciatina al futuro dei prossimi cinque minuti?- mormorai sfiorando il suo orecchio con le labbra. Vidi la sua bocca curvarsi a formare un ghigno –Affatto. So solo che sarà così-.
Capito l’antifona…non le andava.
Mi finsi offeso smettendo di accarezzarla e Sammy roteò gli occhi prima di riprendere la mano che avevo allontanato per stringerla –Sei incontentabile…-.
Alzai di nuovo gli occhi per guardarla sorridendo vittorioso, ma lei aggiunse -…Non era un sì, amore-. Mi diedi per vinto poggiando il mento sulla sua spalla, abbracciandola come potevo sopportando il freddo del corpo slanciato.
-D ’accordo, d’accordo…hai vinto. Mi accontento di poterti stare vicino- dissi mentre le baciavo il collo e ogni singola parte di pelle scoperta. Mi sembrò di sentirle fare le fusa, come un gatto, e risi.
-Ora farò la parte della moglie rompiscatole ma…- si zittì facendomi scostare e terminò in un sussurro -…mettiti a letto, Seth. Domani mattina devi alzarti presto per andare a lavoro-.
-Obbedisco solo se mi fai compagnia-. Non poteva credere certo che avrei ceduto così.
-Chi ha mai detto il contrario?- scivolò con lentezza giù dal davanzale e scomparì. Mi ci vollero sei secondi per compiere un giro completo e ritrovarla sotto le lenzuola, intenta a ridacchiare come una bambina pestifera –Ehi…io sto aspettando te-.
Scossi il capo divertito prima di balzare sul materasso per trascinarla contro di me, baciandola con forza e assaporando il sapore smielato della sua bocca gelida.
Si allontanò di pochi centimetri solo per ripetere –Ora dormi però-, poi si lasciò stringere tra le mie braccia, finché non crollai.

Sammy

Gli avevo fatto trovare la colazione in cucina dieci minuti prima che si svegliasse, avevo atteso che finisse di mangiare e lo avevo guardato uscire di casa, prima di salire di sopra a rifare il letto ed iniziare le faccende di casa.
Seth lavorava in una piccola edicola fuori da La Push, nei pressi della stazione di Polizia dove si trovava Charlie, ormai vicino all’età pensionabile, ma in ottima salute.
Tra le tante riviste che vendeva, c’era il National Geographic, con le pagine strapiene di foto fatte da Embry e di articoli scritti da Laura.
Era per questo motivo che non stavano spesso nella loro piccola abitazione a trenta metri dalla nostra. I loro viaggi continui non gli permettevano di riposarsi nemmeno un attimo. Invidiavo la mia amica, pensando di tanto in tanto che era riuscita a fare ciò che io avevo dovuto abbandonare nel “cassetto delle aspirazioni perdute”. Essendo un’eterna quindicenne, al massimo avrei potuto lavorare par-time in un bar o –più probabilmente- tornare tra i banchi di scuola, ma cosa c’era di divertente in tutto questo? La cultura per me non valeva più niente. Mi bastava leggere un libro di storia una volta per saperlo tutto a memoria. Edward aveva cercato di convincermi, ma senza successo, a frequentare le lezioni con Nessie.
Perciò mi ritrovavo a fare la casalinga. Un lavoro duro, certo, ma non per chi impiega massimo mezz’ora a lucidare l’intera casa…come me.
Per il resto della giornata –di ogni giornata- impiegavo il mio tempo a guardare vecchi film grazie al quale potevo tornare indietro, a quando non ero altro che una semplice ragazzina.
Tra i miei preferiti, c’erano addirittura quelli tratti dai libri di Stephenie Meyer. New Moon era il migliore, secondo mio modesto parere, per quanto riguardava gli effetti speciali.
Ma alla finzione, preferivo di gran lunga la realtà, e se volevo vedere Edward Cullen, mi bastava uscire di casa e correre attraverso la foresta che copriva l’intera Washington.
Proprio in quell’attimo, mentre stavo per prendere tra le mani un vecchio film italiano a colori sbiaditi, sentii il motore della nuova Jeep di Embry, così lasciai da parte il dvd ed uscii nel giardino innevato.
Laura balzò giù sbattendo lo sportello, sul viso un’espressione allegra. Era una donna, ormai. Non come al mio matrimonio. A quei tempi, era ancora una ragazza, ma adesso la sua fronte era segnata da piccole e quasi invisibili rughe, e nel complesso aveva una fisionomia più asciutta rispetto ai suoi passati quindici anni.
Sospirai prima di nascondere la mia tristezza sotto una maschera di spensieratezza immensa e la guardai venirmi incontro, mentre suo marito ed i tre figli tiravano fuori i bagagli dal dietro dell’automobile. Abram teneva in bocca un nuovo block notes, costretto com’era a trascinare due pesanti valigie in casa tenendo quindi entrambe le mani occupate mentre quei due briganti di Kenai e Ka (diminutivo di Neka, già molto corto di suo, come nome) se la ridevano alle sue spalle gridando tra gli sghignazzi –Ehi, fattorino, poi ricordati anche le nostre, di borse!-. All’unisono, come capitava spesso. Dietro di loro, un husky grigio perla di cinque anni scodinzolava allegro annusando la ruota sinistra posteriore dell'auto, prima di svuotarsi la vescica da liquidi repressi.
Si chiamava Unk, ed era stato portato a casa Call da Embry quando somigliava ad una palla da basket ricoperta di pelo, con due orecchie appuntite, una piccola coda e un paio di occhioni azzurri.
Era il regalo di Natale peggiore che i gemelli avessero potuto chiedergli, aveva detto.
Non mi era mai stato chiaro per quale assurdo motivo odiasse tanto i cani e, malignamente forse, avevo pensato che portare un'altra bestia in casa non servisse, avendo già quattro lupi -Embry compreso- da sfamare.
Edward e gli altri due fratelli erano scoppiati a ridere dopo che gli ebbi detto quelle cose. Passavo a casa loro spesso perchè infondo, erano l'unica famiglia che mi restava, oltre quella formata da Seth e Gabriel. Un piccolo nucleo.
Fissai Abram, che si girò fulminando Kenai e Ka prima di oltrepassare la porta di casa e sbattergliela in faccia, scontroso. I gemelli si fermarono a un centimetro di distanza, prima di farci schiacciare i nasi, ed esclamarono –Ooooh…il fattorino fa anche l'offeso!-.
Poi Ka aggiunse ad alta voce, per far sì che Abram da dentro sentisse –Sappi che per questo non ti daremo la mancia di cortesia!-, poi scoppiò a ridere battendo il cinque al fratello.
-RAGAZZI, SMETTETELA. SUBITO!- Embry non era un padre severo, ma voleva un po’ di tranquillità da parte dei suoi figli. I due sbuffarono e prima ancora di metter piede in casa, la voce dell’uomo risuonò dai piani superiori dicendo –E PRENDETE DA SOLI I VOSTRI BAGAGLI, FORZA!-.
Pochi secondi di silenzio, poi -...E TU, CANE, VIA DALLA MIA AUTO!-.
I ragazzi mugugnarono qualche obiezione a mezza bocca, ma poi obbedirono. Unk li seguì passo passo, zompettando gioioso dopo essersi liberato da un impellente fastidio.
Laura ormai mi era di fronte. Rise dicendo –Non cambieranno mai…-.
-No, infatti-. Asserii, senza saper bene cos’altro aggiungere. Da quando mi ero trasformata, ero diventata molto, molto più…criptica, senza volerlo. Una vampira, ecco.
La donna sorrise e chiese –Tutto okay, Sam?-. Tesi le labbra, guardandola. Pur crescendo, era rimasta più bassa rispetto a me.
-Certo. Cosa potrebbe andarmi storto? È tutto perfettamente apposto, Laura. Gabriel continua ad essere uno dei migliori del suo corso di studi e il lavoro di Seth procede tranquillo. Forse dovremmo ringraziare te ed Embry per l’incasso abbondante. Il National Geographic ha aumentato le vendite da quando ci lavorate tu e tuo marito-.
-Oh, ne sono contenta!- Mi regalò un sorriso accecante, formando due parentesi ai lati della piccola bocca, poi aggiunse –Abram non avrà problemi a stare al passo con gli altri. Studia perfino quand’è in viaggio…- si bloccò un istante assaporando le sue stesse parole. Era fiera del figlio maggiore, poi proseguì -…Sono Ka e Kenai a darmi filo da torcere. Si divertono a creare problemi e tocca al loro fratello risolverli-. Mi accorsi solo in quell’attimo, di una catenina d’oro che ricadeva intorno al suo collo, finendo col nascondersi sotto il colletto del giubbotto imbottito che le arrivava fino al mento. I miei piedi scalzi affondavano nella neve senza percepirne il freddo, ma per la sua pelle di umana qualunque, il gelo era letale. Per questo si era risparmiata dall’abbracciarmi…per non finire del tutto congelata.
Socchiusi gli occhi e sussurrai impercettibile, così rapida da non darle modo di sentire -…Un regalo nuovo-.
Laura capì ugualmente cosa stavo fissando, così tirò fuori il resto del gioiello, scoprendo un ciondolo che doveva essere di almeno quattro carati. Il grosso rubino brillava fiero sotto i miei occhi. Era una pietra contornata da una corona d’oro che ricreava un elaborato ghirigoro di rose e spine. Seppi di aver sollevato sorpresa le sopracciglia prima di chiedere curiosa –Il vostro stipendio è così alto da permettere a Embry di riempirti di regali?- risi tra me. Ma lei si scurì e disse rapida, rimettendo quel dono al sicuro sotto gli abiti, come per voler cambiare discorso –Sì. Stiamo molto bene economicamente e comunque…questo ce l’ ho già da un po’. Sicuramente, ti era sfuggito-.
Storsi la bocca e questo le fece aggiungere –Devi ammettere che neanche voi succhiasangue siete infallibili, no?-. Mi fece l’occhiolino prima di voltarsi e dire senza guardare indietro, camminando verso casa –Passo da te non appena rimettiamo tutto in ordine. Così non ti annoierai!-.
Naturalmente, pensai.
Poi la osservai un’ultima volta prima di rientrare in casa, con l’intenzione di preparare una torta.

Ci vollero due ore prima che Laura bussasse alla mia porta e, quando andai ad aprire, in casa entrarono come razzi quei furfanti dei gemelli, dicendo allegri –Hola Sam!-.
-Prima non abbiamo avuto il tempo di salutarti…- iniziò Kenai.
-…Ma adesso eccoci qua! Gab non è ancora tornato dai suoi allenamenti?- concluse Neka.
Roteai gli occhi divertita, incrocia lo sguardo di Laura, rilassato, e poi risposi guardando i due che avevano la mia età (apparente) dicendo –No, ma ormai dovrebbe essere di ritorno. Ho preparato una torta. Sapevo che sareste venuti con vostra madre; potete aspettare Gabriel mangiando e accomodandovi sul divano a guardare la t.v-.
-Sempre molto gentile- a parlare fu Ka, ma a regalarmi due grossi baci sulle guance furono entrambi, uno a destra e l’altro a sinistra.
-Già, Sam…se tu non fossi già sposata, chiederei la tua mano!- Kenai sghignazzò prima di beccarsi uno scappellotto da parte di Laura dietro alla nuca –Sempre i soliti burloni-.
-Oh…Laura, lascia perdere. Lo sai che non mi danno fastidio-. Parlare al muro sarebbe stato più facile. La mia amica chiedeva almeno un po’ di serietà ai due che, com’era evidente, non volevano accontentarla.
-No, Samantha…devono maturare-.
-Ma se loro “maturassero”, io non mi divertirei- ribattei saccente. I ragazzi mi sorrisero soddisfatti, poi corsero veloci in cucina, seguendo l’odore della torta al cioccolato.
Mi domandai se ne sarebbero rimasti almeno due pezzi per mio marito e mio figlio. Altrimenti non avrei avuto il tempo di prepararne un’altra per l’ora di cena. Feci un cenno a Laura di seguirmi in salotto, mentre sbirciavo nel futuro per assicurarmi che il dolce non venisse spazzolato tutto via dal piatto. Non sbirciavo mai nel futuro della mia amica, invece. Lei mi aveva chiesto apertamente di non farlo, ed io avevo giurato di accontentare quella semplice richiesta, qualunque cosa fosse potuta accadere.
Quindi sulla sua vita, non avevo certezze. Non sapevo se avrebbe continuato a vivere tranquilla o qualche sgradita sorpresa attendeva il momento più opportuno per fare capolino.
Quando ci sedemmo sulle due poltrone vicine al caminetto, lasciando il divano libero ai due ragazzi di ritorno dalla cucina con dei piatti stracolmi di torta a fette, mi accorsi che il ciondolo che Laura aveva al collo non c’era più. La cosa mi lasciò perplessa, ma decisi di farmi gli affari miei, come sempre.
-Perché non torni a scuola, Sam? Passeresti del tempo…forse ti divertiresti anche. Lo sappiamo entrambe che non ti piace stare a casa-.
Fu con queste parole che ruppe il silenzio. I gemelli drizzarono le orecchie –Fico…e dai, Sam, chiedi un’iscrizione per il liceo di La Push!-.
Risi –Non voglio inimicarmi tutta la riserva, ragazzi. Se venissi alla vostra scuola, qui si riempirebbe del tutto di palle di pelo-.
Ma le mie parole non li sconvolsero, anzi, l’idea li entusiasmò –Sarebbe fantastico! Immagina che forza se tutti qui potessero trasformarsi in lupi!-.
Se dovevo essere sincera, non ero del tutto certa che quella possibilità potesse piacermi molto. Ero pur sempre l’unica creatura che non avrebbe neanche dovuto mettere piede lì dentro.
-No, davvero…io non ci scherzerei-.
-Nemmeno io-. Laura annuì energicamente col capo, poi sospirò guardando i figli.


Gabriel
Ah…sono distrutto. Il coach mi sta massacrando, accidenti.
Ritrovarmi davanti alla porta di casa dopo due ore di allenamento a rugby, non mi pareva vero. Era la cosa migliore del mondo.
Tirai fuori le chiavi dalla tasca della felpa e feci scattare la serratura. L’odore di dolce mi tentò, e quasi me ne andai dritto, dritto in cucina, ma mi ripresi appena in tempo e feci capolino in salotto.
Trovai mia madre e Laura impegnate a chiacchierare e capii immediatamente che nei paraggi c’erano quei pazzi dei gemelli.
Il fracasso arrivava dal piano di sopra, nella mia camera. Sospirai ipotizzando le peggiori ipotesi.
-Tranquillo, Gab, stanno solamente giocando con la tua Wii-. Mia madre si alzò, così come Laura, e mi venne incontro con uno scatto rapido, massaggiandomi le spalle –Te l’avevo detto che oggi ti saresti stancato-. Sogghignò strafottente, poi mi diede un bacino e si scostò quando sentì, assieme al sottoscritto e a Laura, un tonfo sulle nostre teste.
Quasi non avevo il coraggio di salire per vedere cosa avessero combinato Kenai e Ka, ma mi feci forza e –lentamente, respirando a fondo- arrivai fino alla porta della mia stanza, la aprii e…
-No…No, NO!!! VOI DUE! GUARDATE COME AVETE RIDOTTO I MIEI JOY-STICK!!!-.
Fracassati. Li avevano fracassati.









Angolino autrice
Ecco il V capitolo tutto per voi, ragazze! sono tornata soltanto oggi e spero che, come me, voi abbiate passato delle belle vacanze^^
Grazie infinite a chi ha solo letto e/o commentato. Voglio dire a Smemo92 che è sempre troppo attenta alle mie sviste xD. Quella che hai notato nel capitolo precedente è stata tolta...anche se con un pò di ritardo...
Spero che questo capitolo vi piaccia come gli altri, e così via. A presto allora!
By Sammy Cullen
P.s.: si avvicina il tempo dell'azione *^


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Capitolo 46
*** Capitolo 6 (POV Gabriel/ Nessie) ***


capitolo 6 Capitolo 6

Gabriel (She wolf- Shakira)
La Mercedes di mia madre scivolava sull’asfalto in modo fantastico. Le curve si superavano che era una meraviglia, e il paesaggio grigio e verde di Forks mi sfrecciava davanti agli occhi. Quell’auto era stata un regalo per il suo compleanno da parte di zio Edward, che in fatto di regali –dovevo ammetterlo- ci sapeva proprio fare.
Accesi la radio su una stazione di vecchi successi, poi lanciai uno sguardo rapido all’orologio sul cruscotto. Erano le quattro e mezza. Sarei arrivato dai miei zii in tempo per prendere Nessie e portarla a La Push con me.
Sperai ardetentemente di non incrociare Abram, una volta tornati, dato il fatto che lui e Renesmèe si ritrovavano puntualmente a litigare in modo fin troppo animato.
La mia cosiddetta “cugina”, era nata un mese dopo di me, ma per quanto riguardava la crescita, era stata un pochettino più veloce. Dimostrava l’età di mia madre quando io avevo compiuto da poco cinque anni, così aveva atteso paziente che arrivassi al mio diciottesimo compleanno.
Era molto diversa dal resto dei Cullen, perchè riusciva a sembrare umana, mentre tutti gli altri parevano dei scesi dall’Olimpo o chissà cos’altro. Se dovevo essere sincero, mi ero preso una cotta per lei qualche anno prima, ma ringraziando il cielo, mio zio Edward –suo padre- non ne aveva fatto parola con la diretta interessata.
E comunque, Renesmèe era indiscutibilmente legata a Jacob da un sentimento che andava oltre l’immaginario…quindi mi ero rassegnato a vederla solo come una specie di parente.
Quando fui arrivato davanti al giardino di casa Cullen, sostai l’auto senza spegnere il motore e scesi per andare a bussare alla porta, ma quella si aprì prima che potessi sfiorarla e mi ritrovai a fissare zia Rosalie. Vederla mi causava sempre un certo spalordimento per colpa della sua bellezza; dieci secondi di silenzio per riordinare le idee poi dissi in imbarazzo –Nessie è già pronta?-.
Lei ridacchiò e mi fece cenno di entrare dicendo –Ancora qualche minuto e lo sarà. Ormai dovresti essere abituato ad aspettarla. Lo sai, no? “Non posso presentarmi da Jacob…-
-…con qualcosa –qualunque cosa- fuori posto!”- terminai l’imitazione di zia Rose della solita frase della ragazza ridendo, poi parlai di nuovo con uno sbuffo.
-Sì…lo so. Ma spero sempre che prima o poi mi faccia una sorpresa e venga ad aprire lei la porta-.
-Accadrà-. Un’altra voce parlò mentre il resto dei Cullen ridacchiava. Renesmèe comparì dalla cima delle scale con indosso un abitino color pesca tutto fiocchi e veli svolazzanti.
Finsi di spalancare la bocca sotto tanta magnificenza e le strappai un sorriso mentre pian piano si avvicinava –Ah, piantala, Gab! Non fare lo scemo!-.
Mi venne incontro dandomi un bacio su una guancia dopo che mi fui chinato per renderle il compito più facile, poi mi prese allegramente per mano trascinandomi verso la porta e disse rivolta alla sua famiglia –Non farò tardi…-
-Poco ma sicuro-. Edward parlò serio, prima di vederci sparire in auto, verso La Push.

Nessie
Forse avrei dovuto dirglielo. Dirgli quanto fosse diventato carino, ma non ne avevo il coraggio. Quella parte più timida di me riusciva a sovrastare la più intraprendente.
Non sapevo descrivere esattamente cosa fosse il sentimento che provavo per Gabriel, ma sicuramente non poteva essere amore.
Quello lo riservavo interamente per Jake. Il mio Jake.
Perciò la conclusione migliore a cui fossi giunta era che quel ragazzo smuovesse in me una semplice e infantile attrazione fisica.
Avevo avuto il dubbio, qualche anno prima, che lui per primo avesse una cottarella per me, ma dato che non ne ero stata certa, mi ero imposta di far finta di niente…anche perchè Jacob era un pò geloso, e preferivo di non farlo diventare nervoso in un modo inimagginabile.
Mentre mi fissavo le mani, e l’anello di fidanzamento da parte di Jake messo all’anulare, sentii la pioggia incominciare a picchiare sul tettuccio ed I vetri dell’auto di Samantha.
Alzai lo sguardo ammirando il paesaggio di quella che era stata da sempre casa mia. Gli alberi ricoperti dal muschio, i prati pieni d’erba selvatica, il cielo plumbeo. Non avrei potuto chiedere niente di meglio.
-Nessie-.
Mi voltai a guardare Gabriel, con gli occhi fissi sulla strada e chiesi –Sì?-. Lui sorrise rapido, poi disse –Fammi un favore. Se per caso incontrassimo Abram, non parlarci. Ignoralo semplicemente-.
Roteai gli occhi e vi spostai un ciuffo ramato e mosso da davanti, prima di ribattere –Impossibile, Gab. Sai benissimo che è il suo gioco preferito farmi spazientire-.
Ridacchiò –A dir la verità, quello era il mio passatempo da bambino-.
-Beh, lui è un bambino, quindi…-
Lo sentii sospirare prima di dire, un pò più serio e supplichevole allo stesso tempo –Cerca di metterti nei suoi panni, Ness. E’ solo. Non ha amici…-
-E’ lui a non volerne-.
-Ma almeno io provo ad esserlo. Tutti gli altri invece…sembra non importargliene niente, lo detestano, e non credo sia giusto comportarsi così con una persona solamente perchè ha un modo tutto suo di vedere le cose-.
Si era infervorato, e stringeva con forza le mani al volante. Le nocche si erano schiarite. Feci un bel respiro prima di sfiorarle e dire –Calmati…-.
Gabriel tese le labbra ma si rilassò svoltando alla sinistra di un bivio, verso la riserva Queleute –Okay ma…fai come ti ho detto, chiaro?-.
Annuii di malavoglia, mettendo il broncio per strappargli una risata, poi gli mollai un pugnetto amichevole sulla spalla –Ci proverò, ma non ti prometto nulla-.
-E’ già tanto- ammise soddisfatto, per poi continuare a concentrarsi sulla guida, in silenzio.
Un leggero sorriso mi spuntò sulle labbra, mentre lo guardavo. Era sempre stato buono, fin da bambino. In un modo così grande da lasciarmi spesso interdetta. Mi ricordava mio nonno Carlisle e nonna Esme e, inoltre, si comportava in modo così maturo –a volte- da farmi percepire davvero quel mese di differenza tra me e lui. Ero la più piccola, in fondo.

Gabriel
Non ero del tutto certo che Nessie avrebbe accontentato la mia richiesta. Conoscendola, sarebbe durata al massimo trenta secondi, prima di imprecare stizzita contro Abram.
Non era mai stata come sua madre. Da Bella aveva ripreso solo un bel pò di testardaggine, senso del dovere e una minuscola dose di timidezza. Per il resto, avrei potuto dire che era la copia sputata di zio Edward…con qualche strano accenno al carattere che –avevo notato- zia Rose aveva con quasi tutte le persone che non ritenesse membri della sua famiglia…perfino mio padre.
Renesmèe si era rivelata una mezza vampira molto permalosa, ma pronta a tutto per far felice nel migliore dei modi chiunque le andasse a genio e in grado di amare in modo terribilmente smisurato. Non pensai neanche per un istante che quel dettaglio fosse dovuto all’effetto dell’imprinting.
Lei era così, e basta.
Aveva iniziato a parlare per davvero solo quando io fui abbastanza grande da capirla. Quindi più o meno, quando io avevo compiuto due anni e mezzo e incespicavo sulle prime parole, e lei ne dimostrava già sette.
Non aveva mai voluto dirmi per quale assurdo motivo prima non avesse la minima voglia di apri bocca e preferisse trasmettere immagini tramite il tocco leggero di una mano.
Mentre ricominciai a rifletterci distrattamente, la Nessie del presente, quella adulta e con una lingua biforcuta in caso di bisogno, disse –Spero che Abram sia impegnato a rifare le valige…-.
Risi –Rifare le valige?-.
-Naturale. Prima se ne va, e meglio è-.
-Testarda. Ti stai sfogando ora per poter mantenere dopo la promessa che mi hai fatto?-.
Finse di pensarci su -Uhm…può darsi di sì e può darsi di no-
-…Perfida-.
-Oh, lo so- compiaciuta, scosse i boccoli ramati in un gesto fin troppo umano.
Roteai gli occhi e pensai per un istante a mia madre.
Se ne stava tutto il tempo chiusa in casa, sempre se non le veniva la voglia improvvisa di andare a trovare zio Edward e gli altri, poi cercava d’impegnarsi più che poteva –e senza alcuna fretta- a cucinare pranzo e cena per me e papà.
Sapevo che si annoiava, ma non mi venivano idee su come farla star meglio. L’eternità non era poi così allettante, per molti.
Chissà come, Nessie capì che ero sovrapensiero –Rifletti su qualcosa?-.
Scrollai le spalle –Perchè?-.
-Perchè, quando rifletti, aggrotti la fronte e sembri irritato-.
Entrai nella riserva e guidai superando tre file ordinate di case, prima di posteggiare l’auto senza spegnere il motore, davanti a quella di Jacob.
Renesmèe sbuffò e mi diede un rapido bacino sulla guancia per poi dire –Qualunque cosa pensi…non preoccuparti, Gab. C’è una soluzione a tutto-.
Una soluzione a tutto…

Nessie
Salutai Gabriel e andai zompettando –letteralmente- a bussare alla porta di casa Black. Quella si aprì un secondo e mezzo prima che riuscissi a ricreare anche un solo “toc” smorzato, e Jacob vi comparì da dietro, con uno dei suoi sorrisi migliori a solcargli il volto.
Restai imbambolata a guardarlo, poi gli buttai le braccia al collo. Baciandolo.
Rise tirandomi su, come se non pesassi niente, per ricambiare con ardore come suo solito, poi chiese –Tutto okay?-. Le dita della sua mano destra intrecciate a quelle della mia sinistra, dove l’anello di fidanzamento –piccolo, semplice, senza troppo sfarzo…così tanto da essere un ogetto anonimo- brillava riflettendo la fievole luce che il sole pallido riusciva a far filtrare da dietro le nuvole grigie.
Annuii alla sua domanda senza aprir bocca, trasmettendogli le immagini della mia giornata trascorsa nella solita routine.
Ridacchiò quando si ritrovò a osservare il ricordo di mia madre, nonchè sua migliore amica, a caccia di orsi assieme a zio Emmett.
-Sbaglio o Cullen è molto meno iperprotettivo verso di lei?-.
Lo guardai rassegnata. Non avrebbe mai chiamato mio padre per nome più di un paio di volte all’anno. Mi strinsi a lui e mugugnai –Certo che no. Ora preferisce controllare me-.
Lo sentii dire qualcosa a mezza bocca per risposta, come “già…davvero una gran fortuna”.
Non ero mai certa del fatto che fosse geloso del tempo che passavo con lui oppure di quello che occupava tenendomi d’occhio al posto suo.
Erano peggio di due sentinelle, e non se ne rendevano minimamente conto.
…o forse sì?
-Sarebbe meglio se entraste in casa. Tra poco pioverà- la voce di Billy Black fece sobbalzare entrambi. Non ci eravamo accorti delle ruote della sua sedia che grattavano contro il pavimento. Jake rise ancora trascinandomi in casa –Certo, certo-.
Sorrisi tra me, dopo aver salutato garbata come al solito suo padre e averlo seguito nella sua camera. Piccola, disordinata, un pò spoglia.
Eppure, malgrado il poco che c’era, la adoravo. Una foto sulla scrivania che occupava mezza parete ritraeva I volti di una famiglia felice.
Un Billy più giovane, due bambine coi capelli neri legati in codini disordinati ed una donna. Bella, felice mentre stringeva a sè un bambino con grandi occhioni scuri. Serena, circondata dal resto delle persone che amava.
Non sapevo molto, di Sarah Black.
Jacob non me ne parlava mai perchè io, incerta su cosa chiedere esattamente, alla fine preferivo non fare domande.
Di foto come quella, ce n’erano tante anche nel piccolo salotto al piano inferiore, dove quasi tutto lo spazio era occupato da un divano, una t.v piccola e antica di vent’anni e un camino.
Era lì sopra che stavano ammassate altre sette cornici, tre grandi, una media e altre tre piccole. Sarah c’era sempre, viva nei ricordi di chi l’aveva amata.
Mi riscossi dai miei pensieri solo quando percepii lo sguardo di Jake addosso. Aveva notato cosa stavo guardando

Gabriel
Dopo che ebbi lasciato Nessie da Jake, decisi di fare un salto nella vecchia casa di mio padre, dove ora viveva mia zia, Leah, da sola, visto che nonna Sue si era trasferita da Charlie anni prima. L’abitazione era sempre rimasta la stessa. Due piani, un piccolo giardino fangoso pieno di vasi fioriti che non duravano nulla a causa del freddo, le finestre piccole e le tende bianche, Mi piaceva tornarci di tanto in tanto, quando non avevo niente da fare, per fare un pò di compagnia a Lee-lee, che lavorava la sera ad una piccola tavola calda di Forks. Era bello stare con lei, contro tutto ciò che I miei amici del branco ne pensassero. Leah aveva un temperamento combattivo e testardo, per questo fare conversazione diventava divertente. Accadeva spesso che ci ritrovassimo a discutere su chi aveva ragione e chi torto. Il suo aspetto restava giovane, anche se il tempo continuava a passare, a correre troppo rapido. Avevo sempre pensato che fosse bella, fin da bambino. Era bella come una rosa, che vorresti tanto prenderla, ma quando lo fai, ti ritrovi con le dita graffiate dalle spine sul gambo. Parcheggiai l’auto davanti al vialetto –ricoperto di ghiaccio- e andai a bussare alla porta. Sentii il rumore di ogetti che cadono a terra, poi venne ad aprire e sorrise, nervosa –Oh, ciao, Gabriel…sono contenta di vederti. Non ti sei più fatto vivo da sabato scorso-. Agrottai la fronte. Perchè parlava a voce alta? Non mi persi in pensieri stupidi e risposi –Ho avuto molto da fare con la squadra…e con le ronde-. Ronde, sempre e solo ronde alle cinque di mattina. Leah annuì comprensiva, poi lanciò un’occhiata alle proprie spalle, prima di girarsi di nuovo a fissare me. Sembrava che nascondesse qualcosa…o qualcuno. Annusai un pò l’aria e percepii un odore strano, simile a quello di Renesmèe. Chi cavolo c’era, in casa sua? -Mi dispiace cacciarti via in questo modo, tesoro, ma ho davvero molte cose da fare e…non ho tempo per spiegarti. Mi farebbe piacere se tu passassi più tardi, okay?- parlò a raffica, prima di darmi un bacio sulla guancia e chiudere la porta. Mi voltai e dissi più a me stesso che ad altri –Ma sono tutti impazziti, qui?-.







Capitolo 6...^^
è di transizione, diciamo. Un piccolo scambio di pov tra Gab e Nessie e un bel grattacapo da risolvere per quanto riguarda Leah xD Ho deciso solo oggi di regalarle un pò di felicità, quindi il pezzetto finale è aggiuntivo, non sarebbe dovuto essere nel capitolo. Ora vi chiedo...secondo voi, chi c'è in casa?XD
A presto :) by Sammy Cullen

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Capitolo 47
*** Capitolo 7 (POV Sammy/ Jacob/ Seth) ***


capitolo 7 Capitolo 7

Jacob
Quando mi voltai dopo aver cercato di migliorare un pò l’aspetto della mia stanza –sempre se di stanza si può parlare, piuttosto che di un campo di battaglia-, mi accorsi che lo sguardo di Nessie era puntato sull’unica foto di mia madre che tenevo in camera.
Sembrò come se averla scoperta in fragrante l’avesse messa in imbarazzo. Si sbrigò a volgere lo sguardo altrove e disse veloce –Cosa facciamo di bello oggi?-.
Sorrisi tra mè e, prendendola per mano la trascinai delicatamente sul letto. Lei ridacchiò e mi fece per baciarmi, ma prima che ci riuscisse sussurrai a un centimetro dalla sua bocca –Non mi dà fastidio se parli di mia madre, o se guardi semplicemente le foto dove c’è lei-.
Vidi le sue guance arrossarsi –Scusa. Penso sempre che…sia un argomento delicato, tutto qui-. Tentò un sorriso, incerta, e mi ritrovai a stringerla contro di me, senza poter resistere. Era troppo, troppo simile a sua madre, sempre così dolce ma allo stesso tempo testarda.
-E’ un argomento come tanti altri, Ness. Se…se è morta, vuol dire che era così che doveva andare. Ormai ho iniziato a credere davvero al destino-.
Detto questo, le accarezzai il viso, e lei si accoccolò contro di me, sospirando. Iniziai a tracciare linee invisibili con l’indice sulla sua spalla scoperta e mormorai –Sai…sarebbe l’occasione giusta per…-
-Non pensarci neanche-.
-Perchè?!- sbuffai, ma senza smettere di fantasticare sulle possibilità che avremmo avuto.
Renesmèe si tirò sui gomiti e guardandomi negli occhi disse –Perchè vorrei arrivare al matrimonio con lo sposo integro, non fatto a pezzi-.
Ah, giusto…mi dimenticavo sempre del piccolo accordo che c’era stato tra me e Edward. Consisteva nel fatto che io e sua figlia (aveva calcato bene l’aggettivo possessivo) non superassimo certi livelli di azioni –come aveva deciso di chiamarle- esplicite, fino a dopo il matrimonio.
In parole povere, io e la mia ragazza non eravamo autorizzati a fare sesso senza essere proclamati prima marito e moglie.
Emmett diceva spesso a Edward che io e sua figlia gliela facevamo sotto al naso per farlo innervosire ma, sinceramente, sarebbe stato bello se fosse stato vero.
Sospirai e baciai leggermente il collo di Nessie, prima di dire –Giusto, giusto…mi tocca resistere-.
Lei ridacchiò del mio tono e affondò il viso contro il mio torace, mormorando –Bisogna solo portare pazienza e poi…pensa positivo, Jake, abbiamo l’eternità dalla nostra, no?-.
Mi paralizzai al pensiero di aspettare per un tempo infinito.
Insomma, il mio futuro suocero aveva già tanti buoni motivi per sfottermi, perchè dargliene anche un altro?
Pensai in modo quasi spasmodico ai giorni che separavano me e Nessie dalla libertà vigilata, accarezzandole I capelli mossi e setosi.
L’unica cosa che desideravo, era renderla felice. Edward? Era solo un dettaglio, al confronto.

Qualche giorno dopo…
Sammy
Laura mi camminava al fianco a passo svelto. Con tutto che lei fosse cresciuta un pò, e che io fossi costretta ad andare a lentezza umana, non riuscivamo a fare una passeggiata l’una affianco all’altra.
“Le tue odiose falcate da maratoneta!”, diceva a distanza di dieci minuti sbuffando, e causandomi ogni volta un attacco isterico di risa.
Il centro commerciale di Port Angeles non era niente di speciale, ma spingerci fino a Seattle sarebbe stato troppo, perciò ci eravamo accontentate. Oltretutto, sia io che lei restavamo distanti dalla moda, quindi se spendevamo qualche soldo, era per vestiti comodi e a buon prezzo.
Naturalmente, lei avrebbe potuto permettersi molto di più…come quel bracciale che cercava di non farmi notare, coperto sotto la manica della camicia di flanella. Ero stata in grado di notare solamente un leggero bagliore azzurro e ambrato, prima che Laura iniziasse a tenere il polso nascosto all’interno dell’enorme giubotto imbottito.
La cosa mi rendeva sempre più nervosa, ma cercavo di ripetermi che non c’era assolutamente niente di cui preoccuparsi. Perchè mai avrebbe dovuto mentirmi? Dirmi che erano regali di Embry quando invece potevano provenire da altri?
Ma “altri” chi, poi? Un amante? Possibile che la mia amica, così innamorata di suo marito, così legata ai suoi figli, potesse avere una seconda vita?
No, davvero impensabile. In fondo era schiava dell’imprinting, come me. Non avremmo mai voluto altri che non fossero i nostri adorati uomini.
Sospirai, poi catturai aria nuova nei polmoni, inspirando col naso, per catturare gli odori squisiti che mi avvolgevano. Una donna di mezza età, cinquant’anni più o meno, mi passò accanto, dirigendosi dalla parte opposta alla mia. Il suo profumo naturale era mischiato a quello agrumato di limone, con un’aggiunta davvero deliziosa proveniente dalla pelliccia che le avvolgeva il corpo gracile e slanciato.
Una famiglia formata da padre, madre e due gemelli –entrambi maschi-, ridevano ragruppati attorno ad uno di quei piccoli giochi meccanici a pagamento. I bambini se ne stavano seduti sulla macchina a gettoni, con grandi dentini bianchi a splendere da sotto le labbra.
Per un istante fui colta dalla nostalgia. Il mio Gabriel era cresciuto, era un giovane bello, intelligente. Non sarebbe mai più stato il mio piccolo, adorato bambino con la fissa dei perchè. Il brutto di essere immortali era questo. Veder crescere chi si ama. Vederlo crescere senza sapere come far sì che il tempo si fermi, come è accaduto a te.
-Ehi, Sam, tutto okay?- la voce risuonò limpida, come se non stessi attraversando il tunnel dei pensieri. Mi ripresi guardando Laura, intenta a studiarmi attenta, come suo solito. Sorrisi rapida e dissi –Sì, tutto okay-.
Era così facile ritrovarsi a parlare in italiano, con la mia amica.
Lei roteò gli occhi e disse –Certo, certo. Con te va sempre tutto alla grande, neanche un piccolo problema. A cosa pensavi di così interessante da non stare a seguire per niente il filo del mio discorso?-.
Agrottai la fronte. Che discorso stava facendo?
Poi dissi –Scusa, okay, te lo dico. Pensavo al tempo che passa-.
-Non per te-.
-Sì, lo so. Pensavo al tempo di Gabriel-.
-Oh, capisco…- fece silenzio, poi mi prese per una manica cercando di trascinarmi, come se si fosse dimenticata che non era in grado di spostarmi nemmeno di un millimetro, fino ad uno dei tavolini ammassati fuori da uno dei tanti piccoli bar che c’erano dentro l’edificio.
Decisi di non farla affaticare seguendola obbediente, e andai a sedermi col viso rivolto verso l’interno del locale, dove un’aria densa e calda si espandeva, e l’odore del cioccolato, delle ciambelle e dei frullati alla frutta arrivava a sfiorarmi le narici, in modo carezzevole.
Chiusi gli occhi rilassata, buttando indietro la testa. C’era odore di sangue ovunque, mischiato alle altre sublimi fragranze di cibo che, anni prima, avrei trovato davvero appetitoso.
Sentii il rieccheggiare di passi prima ancora che la piccola cameriera, di almeno diciannove anni, si avvicinasse al tavolo mio e di Laura, domandando in modo spontaneo –Volete che vi porti qualcosa?-.
Mi chiesi che effetto le facessimo. Io ero la quindicenne pallida come un cadavere, figlia della trentaseienne con la pelle color caramello?
Forse, chissà.
Riaprii gli occhi e notai il suo stupore, senza darle peso. Ipotizzai che mi avesse creduta morta, svenuta o addormentata. Laura, di fronte a me, cercò d’ignorare a sua volta la reazione di Nancy (così c’era scritto sulla minuscola targhetta attaccata alla camicietta verde bottiglia) e le disse –Sì, grazie. Mi porti un caffè-, sorridendo.
Nancy annotò mentalmente l’ordinazione della donna, e si voltò verso di me –Tu vuoi qualcosa?-.
Tu. Mi stava dando del tu. A me, che avevo vent’anni più di lei. Cercai di non pensarci, poi risposi –Aggiunga un caffè e stiamo apposto-. Io, almeno, davo del lei, pure se quella ragazzina non aveva altro che quattro anni più di me…fisicamente.
Lei annuì, con un’espressione palesemente perplessa stampata in faccia. Si stava sicuramente chiedendo se fosse un bene portare un caffè ad una ragazzina. Quando chiese il consenso di Laura per la mia ordinazione, mi sentii sprofondare e, per un istante, fui in grado d’immaginare quanto fosse frustrante la cosa per Jane, che non arrivava a dimostrare neanche tredici anni.
La mia amica si paralizzò dallo stupore. Forse perchè non era abituata ad essere scambiata per mia madre, o comunque tutrice. Deglutì, mi guardò eloquente, poi rispose a Nancy –Faccia come dice, è meglio-.
Ah, adesso mi faceva anche passare per una pazza che va assecondata!
Quando Nancy sparì all’interno del bar, fissai Laura alzando un sopracciglio. La mia domanda muta era comprensibile: ti sembro così pericolosa?
Lei ridacchiò e disse prontamente, capendo –Ogni tanto metti in soggezione, sì-. Non riuscii a non rispondere con –Odio essere così…lo odio-, sorprendendola. Notai con precisione ogni cambio d’espressione sul suo viso tondo.
Gli occhi si spalancarono, le sopracciglia ad arco si sollevarono al massimo, le labbra formarono una linea diritta, perfetta, poi disse con la voce spezzata dalla confusione –Frena, frena…Tu.mi.stai.dicendo.che.odi.essere.una.vampira?! Cosa…come…insomma…non può essere, Sammy. L’eternità è…fantastica, sotto certi aspetti. Vivrai per sempre al fianco di Seth e di Gabriel, vedrai i tuoi nipoti, ed i figli dei loro figli! Resterai giovane, bloccata nel limbo dei tuoi quindici anni…-
-…Ma non era quello che volevo, Laura. Ci ho pensato tante volte, da umana, ma dentro di me sapevo che alla fine, se avessi potuto scegliere, avrei preferito restare…viva-.
Avevo solo immaginato il tono disperato della mia voce?
-Io non…non avrò mai altri figli, non rivivrò più l’esperienza del dover accudire un bambino nato da me e mio marito. Non lavorerò mai, non sarò mai rispettata come una qualunque persona adulta. Almeno Carlisle, Esme e tutti gli altri possono avere delle opportunità! Ma io? Io cos’ho?- strinsi le mani poggiate sul tavolino, a pugno, e osservai la mano, più calda e colorita, di Laura, posarsi sulla mia destra, delicatamente.
-Speravo che ti fossi abituata agli aspetti negativi. Mi dispiace, Sam-. Ebbi paura di alzare lo sguardo, perchè sapevo di averla fatta soffrire. Era sempre stata colta dai sensi di colpa riguardo a ciò che era accaduto quel giorno di diciannove anni fa. Forse era arrivata addirittura a pensare che fosse stata sua la colpa della mia rinascita, ma non essendone certa, mi limitavo a fare congetture.
Puntai di nuovo lo sguardo verso i negozi frontali al bar, dove l’uomo e la donna cercavano di convincere i loro figli a scendere dalla macchina a gettoni.
-Dobbiamo andare a casa, forza-, diceva lui, mentre lei cercava di tirare fuori di lì prima l’uno e poi l’altra bambino. Era una scena davvero emozionante, che avrei desiderato osservare per ore ed ore, certa di non stancarmi tanto presto.
Quando finalmente li vidi andar via tutti assieme, Nancy ricomparì, con due tazzine fumanti di caffè.
Mi resi conto immediatamente che al mio aveva aggiunto del latte, annusandone l’odore e studiando per bene il colore e la densità. Storsi la bocca, poi finsi indifferenza e la ringraziai. Non appena sparì con i soldi da mettere in cassa, Laura mi fissò e chiese –Dovrò berlo io, quello, vero?-, sorrise tranquilla.
Iniziai a girare il cucchiaino in senso antiorario con la mano destra, osservando il liquido di un bel marrone chiaro, con una schiuma leggera in superficie, poi rispose –No, non dovrai-.
Percepii la sua sorpresa ed il suo scetticismo anche senza bisogno di alzare gli occhi, poi sogghignai, portandomi la tazzina alle labbra e bevendo come se fosse una bibita fresca invece che caffè bollente.
Quando scivolò oltre le papille gustative, non lasciò alcun segno del suo passagio. Era insapore. Un qualcosa di terribilmente sciapo, privo di attrattiva. Niente al confronte del sangue. Mandai giu, poi feci un bel respiro –Bisogna sempre fingere bene. Se non avessi voluto berlo, questo caffè, non lo avrei neanche ordinato-.
Laura roteò gli occhi, poi disse –Non lo hai bevuto, ma bensì ingoiato. C’è differenza tra le due cose-.
Già, aveva ragione. L’unica cosa che io riuscissi a bere era la forza vitale che scorreva nelle vene dei puma e dei cervi sui monti Olimpici.
Di nuovo, la sensazione di nostalgia ed inutilità mi si ammassarono sulla schiena, pesanti come macigni invisibili. Cercai di alleggerirmi, pensando a tutto ciò che mi restava di più bello, oltre la mia piccola famigliola, e gli occhi puntarono dritti dritti sul bracciale che, al polso di Laura, ora era ben visibile.
Le bloccai il braccio, facendo attenzione ad essere il più delicata possibile, e glielo feci alzare. Lei sussultò e cercò di farmi mollare la presa, dicendo con la voce seccata e matura della donna che era –Sam! Accidenti, sei gelida! Lasciami il braccio. SUBITO!-.
La ignorai, come sa fare ogni bravo vampiro che si annoi e cerchi un diversivo per passare il tempo, e studiai il gioiello attentamente.
Era un cerchio d’oro perfetto, con incastonati alla superficie zaffiri e topazi. Un bell’accostamento di colori.
Secondo gli studi che mi ero decisa di fare a casa, nelle innumerevoli ore di solitudine, quel tesoro doveva appartenere al XVII secolo. Un bel pezzo d’antiquariato, che sicuramente nessun amante comune avrebbe potuto permettersi, se non fosse stato un contrabbandiere od un collezionista.
Quindi, l’ipotesi che Embry avesse fatto un altro regalo a Laura, poteva anche essere esatta. Come avevo già detto, guadagnavano molto entrambi.
Lasciai la presa quando mi accorsi che la mia amica aveva iniziato a tremare leggermente per colpa del freddo e sussurrai –Scusa, ero solo curiosa-.
La donna si massagiò il braccio per scaldarlo un pò e disse tetra –Sempre la solita, eh?-. Sorrisi leggermente e risposi, alzando le mani –Ehi, sono pur sempre una “succhiasangue”, no? lasciami ficcanasare-.
Riuscii a farla ridere leggermente, rassegnata, poi proposi –Ricominciamo il nostro giretto?- e lei asserì, tornando serena.

Seth
Quella sera, quando tornai da lavoro, notai che Gabriel non era a casa. Aggrottai la fronte ed entrai in cucina, certo che Sam fosse lì, impegnata a cucinare, ma non la trovai. Mi grattai il mento, decidendo di seguire l’odore, pigramente, che portava al secondo piano.
Salii i gradini a due a due, agilmente, e arrivai fino alla porta del bagno. Non c’era il rumore dell’acqua proveniente dalla doccia, ma sapevo che lei era lì, immersa nella vasca.
Feci capolino e incrociai i suoi occhi. Quando mi accorsi che erano segnati da un’espressione triste, entrai senza preoccuparmi di richiudere la porta e m’inginocchiai, accarezzandole il viso. Qualunque cosa la stesse affiggendo, non potevo sopportare di vederla così.
Sam trattenne la mia mano stringendola nella sua e sorrise leggermente, socchiudendo gli occhi, poi mormorò –Prima che tu possa anche solo preoccuparti, voglio dirti che sto bene, okay?-. La fissai scettico, rispondendo incerto –Non vuoi parlarne con me?-.
Lei rise leggermente, poi rispose –Sono solo pensieri stupidi di una vampira stupida-.
-Tu non sei stupida e non lo sono neanche i tuoi pensieri- dissi, deciso e sincero.
Alzò gli occhi al cielo, sospirando –Seth…stavo solo…pensando a quello che ho perso. Ne ho già parlato oggi con Laura ma…non mi è bastato, a quanto pare-.
Feci per chiederle di spiegarmi meglio, ma lei mi anticipò –Ho perso la mia umanità. Ho perso l’unica cosa che in fondo valesse la pena di essere gustata appieno-.
Restai immobile, colpito da quella confessione. Avevo sperato con tutto me stesso che la cosa non le pesasse, ma dovevo essermi illuso. Samantha non aveva mai accettato davvero la propria morte da umana.













OKay, scusate l'immenso ritardo, ma il ritorno tra i banchi di scuola mi ha rubato del tempo prezioso e l'ispirazione sembrava essere rimasta in vacanza. Ma adesso eccomi di nuovo col capitolo 7, di quattro pagine e mezzo. Non è tanto, ma neanche poco e, per ora, può bastarvi. Il prossimo capitolo è scritto da Laura e v'informo da subito che non le metterò fretta, anche se spero vivamente che lo scriva in un mese, massimo xD
Vi ringrazio per avermi continuato a seguire in questa storia e, prima di salutarvi, ho deciso di precisare alcuni punti per rendervi più chiara la storia:
1) Il potere di Sammy: il suo potere consiste nel prevedere il futuro di chiunque ogni qualvolta lei lo desideri. Nessuna visione frammentaria e confusa, come quelle di Alice.
2) Sintesi libro I: "Samantha ha quindici anni e mezzo, frequenta il liceo classico, ha una bella famiglia, amici fantastici ed un solo unico sogno nel cassetto: incontrare il personaggio dei suoi sogni, Edward Cullen. Quando è vicina a perdere le speranze, accade un fatto che la segnerà per sempre; viene quasi rapita letteralmente da un altro personaggio della saga scritta dalla Meyer: Jacob Black che, assieme al resto del branco, esistente anch'esso, le intimerà di non avvicinarsi troppo ai Cullen. Ma come resistere, una volta trovati? Sammy si sente felicissima, soprattutto nel vedere Edward e Seth Clearweater. Quest'ultimo farà scattare il tutto. L'imprinting travolgerà lui e Samantha che, dopo una faticosa lotta interiore, abbandonerà il sogno di poter amare ed essere amata da Edward, atteso a Forks dalla sua amata Bella. Tra litigi comici venuti a crearsi tra Laura -amica di Sam, catapultata proprio grazie a lei nell'avventurata migliore di sempre- ed Edward, e partenze verso luoghi lontani, il sogno non è più semplice finsione, ma pura realtà."
3) Sintesi libro II: "Prima di ripartire per l'America, Seth decide senza pensarci, assieme a Sammy, di fare l'amore con lei, ma nessuno dei due prevede che Laura e Jake siano rimasti bloccati fuori, sul piccolo balcone della stanza dell'albergo, ritrovandosi ad osservare la scena imbarazzante dell'unione fisica dei loro amici.[...] All'aeroporto, Laura chiederà ad una donna di scattare un'ultima foto a lei, Sam, i Cullen ed i Queleute tutti assieme.
***
Così era finita l'avventura iniziale delle nostre due protagoniste, ma cosa accade se un giorno Sammy chiama Laura, dicendole di essere rimasta incinta? E di chi? si chiede l'altra. Beh, naturale: dell'unico ragazzo con cui Sam sia stata.
Ma Seth Clearweater non dovrebbe essere solo un sogno, così come tutti gli altri? Sì, si ripete Laura, ma quando ritroverà nella sua borsa, in mezzo al disordine, la foto scattata all'aeroporto mesi prima, comprenderà che Sammy non è impazzita, che i test di gravidanza non sono andati male e che, in fondo, se ha rifiutato la proposta di fidanzamento fattale dal ragazzo che tanto le piaceva solo per colpa del suo imprinting con Embry Call, un motivo ci sarà. La decisione è improvvisa e sorprendente: si parte per Forks. Una volta arrivate a Seattle, incappano per un caso fortuito in Jasper, arrivato fin lì per portare con sè Reneè e Phil, dato il fatto che il matrimonio tra Edward e Bella è imminente. I Cullen ed il branco di La Push restano sconvolti dal ventre rotondo di Sam, ma a parte Edward in un primo momento, alla fine riescono ad accettare di buon grado la cosa. Da lì in poi gli eventi si susseguono rapidi. Jacob, scomparso dopo aver ricevuto l'invito al matrimonio, ricompare dopo la cerimonia, creando il disastro già scritto da Stephenie; Bella parte assieme a Edward per la luna di miele, restando incinta. Dalla loro unione nasce Nessie, pochissimo tempo dopo Gabriel, il bambino di Sammy e Seth, e Bella viene trasformata in vampira. Dove sta il problema? nell'arrivo dei Volturi che, infuriati per le conseguenze che i libri della Meyer hanno portato, saranno ancor più decisi a far scoppiare una guerra. Samantha complica ancor di più le cose, ritrovandosi in trappola, assieme alla sua amica Laura, che aveva deciso testardamente di seguirla, per parlare con Aro, Caius e Marcus, tentando di convincerli a lasciar perdere quello che Sam definisce "uno sciocco spargimento di 'sangue'". Ma si sapeva, i Volturi non sono così facili da convincere, così, pur dopo un accordo -che andrà in fumo- avvenuto tra Laura ed Aro, la battaglia inizia e, accidentalmente, Sammy viene morsa da Felix, sotto un ordine dato dal capo dei vampiri Italiani. Questo porterà alla sua trasformazione in vampira, dopo che Laura l'avrà faticosamente trascinata lontano dalla lotta nel campo innevato.

Spero possa esservi stato d'aiuto, questo piccolo spazio dedicato a riassumere. Avrei dovuto farlo prima ma, ad ogni modo, meglio tardi che mai, no? XD
a presto!
By Sammy Cullen ^^

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Capitolo 48
*** Capitolo 8 [Pov Laura] ***


capitolo 8
Capitolo 8
Solo normalità, con un pizzico di mistero

Laura
Ero sempre stata sicura che la normalità avrebbe fatto parte della mia vita e quel giorno, mentre sentivo l'abbraccio caldo di Embry dietro mi me ne ero più che convinta. Il suo corpo aderiva completamente al mio, potevo vedere i piccoli spiragli di sole trapassare dietro la tenda e sbuffai, notando la sveglia indicarmi un orario ben preciso e da rispettare.
Quando spostai le coperte sentii un mugugno di disapprovazione provenire dal mio compagno, sorrisi e dopo averlo baciato gli ricoprii il corpo nudo.
Mi vestii velocemente e scesi a preparare la colazione per il branco di bestioline che mi ritrovavo come figli; sorrisi, sentendo il trambusto provenire dal piano di sopra e coprire il soffriggere delle frittelle in padella. Quando vidi il turbinio di vestiti e capelli sconvolti arrivare in cucina servii i piatti sul tavolo, mentre i gemelli si fiondavano contro il frigorifero, per prendere il cioccolato con il quale condirle. Abraham, al contrario, si sedette composto, versandosi il latte freddo nella tazza e iniziò a mangiare.
-Mamma, sappi che ti amiamo- disse a gran voce Neka, infilandosi un boccone più grande della sua faccia in bocca; sorrise angelico, mentre il fratello maggiore gli regalava un fraterno scappellotto dietro la nuca.
-Non si mangia a bocca aperta- lo ammonì, dopo che io avevo fulminato Kenai, che come il fratello, stava per fare lo stesso.
Deglutirono entrambi sonoramente e mi fissarono di nuovo con un sorriso gigantesco.
-Le frittelle non le fai mai- spiegarono -tranne quando sei felice, ma felicissima, ma tanto tanto, come quando papà- si guardarono e ghignarono, poi ammiccarono tra di loro maliziosi -come quando papà ti rende felice- ridacchiarono, e Ab roteò gli occhi scocciato.
-Comunque, grazie mamma- sorrise, poi, annunciando che tra cinque minuti lui sarebbe uscito con la bicicletta e non li avrebbe aspettati.
I due si ingozzarono ancora più velocemente e dopo avermi regalato due baci appiccicosi si scapicollarono in bagno, pronti a lavarsi i denti.
Sospirai sorridendo e iniziai a infilare i piatti nella lavatrice, mentre scompigliai ancora di più i capelli di Abraham, dandogli un bacio sulla testa.
-Oggi sei autorizzato a rispondere al professore se dice stupidaggini- risi e mi guadagnai un suo sorriso.
Ab non rideva mai, non lo faceva se non in occasioni speciali e la maggior parte delle volte non era a La Push.
Ma come sempre, il sorriso che si apriva sul suo viso era il più bello che avessi mai visto. Non credo di aver mai notato qualcosa di più allegro, più vivo, più vero. Forse era per questo che non sorrideva, lo voleva nascondere, era come un regalo, lo donava unicamente a chi voleva lui.
-Papà lo sa?- sogghignò, alzandosi e porgendomi la sua tazza sporca.
-Oh! Con tuo padre me la vedo io- borbottai, mentre scappava anche lui in bagno.
Quando uscirono da casa, Abaharam e Ka in bicicletta, Kenai con il suo fedele skate, cadde il silenzio. La mia casa era un vero e proprio manicomio, a volte; Embry era costretto spesso ad alzare la voce, i gemelli ascoltavano la musica a volume alto, Ab suonava il piano a tutte le ore. Era il mio adorato inferno casalingo.
Sospirai sorridendo tra me e me, poi presi la cesta dei panni sporchi e mi avviai in cantina, pronta ad affrontare l'ennesima lavatrice interminabile, con decine di capi che avrebbero impiegato millenni ad asciugarsi, con l'umidità che mi ritrovavo nella riserva il record era di due giorni per una maglietta.
Una volta giù iniziai a caricarla, canticchiando, chinata davanti al cestello, dividendo i vestiti colorati da quelli bianchi: Neka e Ke erano dei geni del male nel mischiarli. Quando chiusi lo sportello, sentii la voce bassa e rauca di Embry provenire dall'entrata.
-Già attiva?- mugugnò, poggiandosi alla lavatrice, in mano una ciotola di cereali, la faccia stravolta dal sonno e i capelli sconvolti.
-Io sono una donna, sono programmata per attivarmi prima di voi fannulloni- risi, cercando di dare una posizione al suo ciuffo ribelle: lui posò sulla mensola vicino la colazione, fermandomi i due polsi e baciandomi veloce.
-Hai finito l'articolo?- disse, mentre mi stringeva, lasciando scivolare le mani sui fianchi, avvicinandomi a lui.
-Sì, ieri sera... mi sembra venuto bene; lo revisiono e entro domani lo rinvio in redazione- spostai le mie braccia sul suo collo, mi misi in punta di piedi e lo baciai.
-Me lo farai leggere prima, vero?- mi ammonì, ridacchiando, scendendo ad accarezzarmi il collo con le labbra. Ebbi un leggero fremito e sospirai.
-Certo, come se non avessi letto anche uno solo dei miei articoli- risi e gli accarezzai la testa, mentre con un gesto svelto lui mi metteva seduta sulla lavatrice, boforchiai qualcosa di incomprensibile come protesta.
-Su, amore- mi guardò con l'espressione più supplichevoli che avesse -vuoi negare?- e scese, ancora, a baciarmi i seni da sopra la maglietta; provai a scansarmi, ma sia la voglia sia la forza mi vennero meno, mentre con le mani mi accarezzava la schiena.
-Ma ho da fare- protestai, nonostante lo avvicinassi con le braccia, cingendogli il collo.
-Il tempo di una lavatrice- disse, azionandola e scoppiare a ridere, mentre questa iniziava a muoversi; mentre mi iniziava a spogliare sorrisi, baciandolo.
Era normalità che mi stava annebbiando.

Quando la lavatrice finì, emettendo un leggero sibilo di protesta, Embry era sdraiato sorridente sulla poltrona vecchia che avevamo messo giù in cantina, mentre io mi iniziavo a rivestire, guardandolo divertita.
-Il fatto che tu abbia lavato i panni ben due volte è sleale- scherzai, mentre mi chinavo per baciarlo e gli allungavo i boxer; li prese ridacchiando.
-No, è che voglio un bucato pulito- si alzò, vestendosi e regalandomi l'ennesima carezza.
-Arriverai in ritardo se non ti muovi- lo avvertii, mentre aprivo la lavatrice e rovesciavo i panni dentro un cesto, pronta a sfruttare le nubi non temporalesche della giornata.
Lui mi strinse tra le sue braccia e rise, rilasciandomi dopo poco, scappando su a prepararsi. Doveva andare a Seattle per presentare alla redazione gli scatti che aveva fatto nell'ultimo viaggio, che sarebbero poi stati abbinati al mio articolo.
Uscii e inizia a stendere, mentre potevo sentire in lontananza il rumore della bici cigolante del postino; aguzzai le orecchie, attenta. Oggi, tecnicamente, era il giorno.
Aspettai che Embry salisse sulla jeep, lo salutai sorridente dal giardino davanti casa, mentre stendevo i panni e, agitata, lo vidi girare l'angolo della strada, sparendo dietro gli alberi della foresta.
Mentre mettevo le mollette alle felpe tre volte più grandi di Kenai le mani mi tremavano: dovevo assolutamente prendere la lettera al volo, senza che nessuno mi vedesse.
Infatti, quando il postino arrivò non gli diedi il tempo di posare la posta nella cassetta delle lettere che già l'avevo tra le mie mani; lo ringraziai borbottando e sfogliando le buste veloce cercai quella con i gigli rossi. L'adorava quel tipo di carta da lettera, l'avevo pure da bambina, ci scrivevo sempre alla mia migliore amica, l'avevo presa a Firenze e me ne ero innamorata. Così, quando vidi che anche lui le usava, per scrivermi, non potei che sorridere.
La aprii rapida, guardandomi intorno preoccupata e proprio mentre stavo per rientrare a casa, scordandomi perfino la sacca con le mollette fuori, sentii la presa gelida e ferma di Sammy. Mi voltai, nascondendo la lettera dentro la tasca dei miei pantaloni e le sorrisi, leggermente agitata.
-Sam!- esclamai, nascondendo lo spavento.
-Laura?- rispose lei, più sospettosa, provando ad allungare la mano per riprendere il foglio che le avevo tolto praticamente da sotto il naso.
Il viso da eterna ragazza era corrugato in un'espressione sospetta, i capelli corti le svolazzavano al vento che aveva iniziato a tirare; sorrisi, rassicurante e mormorai.
-Posta, dalla redazione- le feci passare sotto gli occhi dorati il pacco di lettere bianche e entrai in casa, nascondendo al meglio la mia lettera, tanto preziosa quanto segreta.
Lei sospirò, notando che non le volevo parlare della cosa e mi seguì dentro. In un attimo quell'atmosfera di imbarazzo sparì, sostituita dalle mie mille faccende; le mi veniva dietro, mentre passavo per ogni stanza, rifacendo i letti, sistemando i cuscini.
Vedendola attenta ad ogni mio minimo movimento la guardai incuriosita.
-Cosa c'è?- risi, entrai nella camera di Abahram. Era perfettamente ordinata, il pianoforte al muro era attaccato alla finestra, precisamente tra quella e l'oblo. Gli spartiti erano messi uno sopra l'altro, mentre i fogli delle sue composizioni erano tutti dentro un quadernone ad anelli. Il letto era già rifatto, mentre la libreria che occupava la parete opposta era stracolma di testi di filosofia e letteratura classica; sorrisi, passando accanto alla scrivania, sfiorando il quaderno di matematica ancora aperto sui calcoli complicati, affianco degli schizzi.
-Nulla- mormorò lei, accostandosi e sfiorando i fogli disegnati, si fece più attenta: ritraevano una donna, una Venere, che accarezzava la testa di un uomo e, anziché sorridere, dolcemente come faceva lui, sogghignava -che.. che disegno è?- mugugnò.
Lo presi in mano e lo studiai, lo rigirai e vidi dietro la scritta “Amore”. Sorrisi tra me e glielo passai di nuovo, lei lo lesse a sua volta e mi guardò strano.
-Abaharam non ti preoccupa?- domandò, dopo che uscimmo, fortunatamente non c'era nulla da sistemare.
-No- risposi veloce, sincera. -Dovrebbe?- sentii l'ululato di Unc dal giardino, che si lamentava per qualcosa; immaginai immediatamente che volesse fare una passeggiata. Credo fosse l'unico cane al mondo che adori la macchina.
Scesi, veloce, era già tardi, dovevo andare a fare la spesa.
-Mi accompagni al supermercato?- le proposi, mentre mi infilavo un maglione pesante e indossavo gli stivaletti da scalatore, impermeabili e caldi. Odiavo il clima di Forks.
-Certo- cinguettò allegra lei, uscendo fuori tranquilla.
Vidi la sua figura da ragazza avvicinarsi alla macchina e rimasi per alcuni attimi a fissarla. Non sopportava la sua condizione eppure non mi aveva mai rinfacciato niente.
Era stata condannata all'eternità... ed io ero condannata alla mia misera umanità.
Sospirai e la seguii, aprendo la macchina con il piccolo telecomando. Il pick-up era enorme, formato famiglia allargata, con tanto di cane; feci un segno e un fischio a quello, che, scodinzolando e strusciandosi allegro ai miei pantaloni, gli accarezzai il testone peloso e lo feci salire dietro, dove si sedette composto. Unc era indisciplinato unicamente con Embry, e credo proprio che lo facesse apposta.
Entrai in macchina e accesi il motore, accanto a me Sam guardava fuori dal finestrino, lo specchietto, ridacchiando mentre Unc si sporgeva.
Come al solito iniziammo a parlare, mi chiese dell'ultimo viaggio, curiosa come non mai; delle volte sembrava rivivere dietro i miei racconti; mi domandavo spesso perché non decidesse di partire, di fare un viaggio... andarsene, almeno per un poco. Sgusciare via dalla sua vita e librarsi, anche solo una settimana.
Le lanciai un'occhiata veloce, mentre parcheggiavo e sorrisi pacata.
A quanto pareva aveva notato che stavo pensando a qualcosa, tanto da fissarmi accorata; quando le dissi che stavo semplicemente fantasticando sbuffò, andando a prendere il carrello.
La seguii e entrammo, l'ondata di calore mi avvolse, riportando il sangue delle mie mani a scorrere nuovamente, si era gelato! Tanto faceva freddo.
Ebbi un leggero brivido e iniziammo a camminare, tra gli scaffali colorati e pieni di roba. In poco tempo riempimmo il carrello, con figli e mariti come i nostri era inevitabile, dovevo prendere unicamente la passata di pomodoro che, essendo un prodotto poco venduto, era sempre, inevitabilmente, all'ultimo ripiano, nascosto dietro a tutto. Sospirai affranta, notando che, come al solito, non riuscivo a raggiungerlo unicamente mettendomi in punta di piedi, mi voltai e guardai trucidandola Sammy, che era quasi piegata in due dalle risate.
-Oh! Smettila!- sbuffai, mentre lei le prendeva al mio posto, ancora ridacchiando, lo posò e mi diede un bacione sulla fronte.
Borbottai qualcosa di scocciata, fulminandola.
Lei non fece in tempo a rispondere che una vocina gracchiante ci raggiunse.
-Che bello vedere ancora qualche figlia aiutare la madre- una vecchietta ci stava osservando raggiante, mentre teneva in mano il suo bel cestino.
Rimasi sbigottita e fissai Sam, che sorrise di circostanza, mostrando i suoi denti perfetti.
In quel momento, con il rumore meccanico della cassa come sottofondo, sentii qualcosa infrangersi nel mio petto.
Ero vecchia. Sarei stata vecchia. Sarei morta vecchia.
Inevitabilmente.
Morta.
Cenere.
Saluti.
All'improvviso, passando davanti al finestrino della macchina vidi il mio riflesso e non riuscii quasi a vedermi: avevo delle rughe, minuscole, è vero, ma pur sempre le avevo!
Un abbaiò allegro, vedendoci di ritorno, caricai tutto in macchina e salii; senza dire nulla.
Sam continuava a fissarmi, confusa e io, una volta tanto, rimasi in silenzio.
Era impossibile, continuavo a pensarci e a ripensarci.
Morte.
Sarei morta.
Dannazione.












Da parte di Laura: "Fa schifo ._."
Da parte di Sammy: "Non datele retta"

Questo capitolo come avrete capito l'ha scritto la mia collaboratrice, che si è sforzata tantissimo, ve lo assicuro, e che ha rinunciato a farlo più lungo perchè proprio non aveva ispirazione (capita a tutte, no?).
A me personalmente è piaciuto lo stesso...voi, che ne dite?^^
Il prossimo capitolo sarà sotto il mio pov, ma devo ancora scriverlo, visto che credevo che Laura avrebbe pensato anche al nono xD ma vabbè, no problem. M'impegnerò <_<
Voi commentate questo, ditele che non fa schifo, o si deprimerà...vi supplico XD
By Sammy C. & Laura B.
P.s.: Scusate il ritardo<3




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Capitolo 49
*** Capitolo 9 (POV Seth/ Sammy) ***


capitolo 9 Capitolo 9

Seth
I suoi sospiri riuscivano a stordirmi, mentre il corpo le si tendeva sotto il mio peso.
Le sfiorai i seni con le labbra, baciandoli prima di risalire a incontrare la sua bocca, gelida e morbida. Gridammo entrambi nell’attimo esatto in cui il piacere ci avvolse come la calda coperta sotto la quale ci riparavamo.
Respirava lenta, tenendo gli occhi chiusi e accarezzandomi I capelli, mentre io tenevo la testa poggiata al suo petto. La amavo, e questa consapevolezza sembrava aumentare ogni giorno, ingrandirsi, espandersi come un fuoco d’artificio nel cielo notturno.
Ero arrivato a pensare che l’imprinting non fosse stato altro che un semplice aiuto, che io e Sam fossimo destinati già da prima ad essere uniti, ma a lei non lo avevo mai detto. Come potevo essere certo che lei avesse avuto la mia stessa idea, formulato la mia stessa ipotesi, almeno una volta?
Affondai il viso contro la sua pelle e mormorai, come se ormai fosse un’abitudine, un rito –Ti amo-, osservando le labbra tendersi, mentre gli occhi si soffermavano sui miei. Eppure quell’espressione serena, piena d’amore, gioia, soddisfazione, andò man mano a spegnersi, senza che riuscissi a capirne il perchè. Mi scostai da lei rotolando su un fianco e le sfiorai una guancia col dorso della mano sinistra.
Questo gesto riuscì a farla star meglio, lo capii dallo sguardo riconoscente che mi regalò, prima di mormorare –Vorrei tanto poter avere la speranza che dal nostro rapporto possa nascere un bambino, Seth…vorrei…- si zittì, prima di sospirare e alzarsi, infilandosi la vestaia e continuare -…Essere certa che il nostro amore fosse in grado di ridarci la stessa gioia di quando naque Gabriel…-.
Ah…ancora lo stesso pensiero a tormentarla. Mi sentii uno schifo, sapendo di non per far niente per accontentarla o per accontentare me stesso.
Avrei tanto desiderato un altro figlio da Sam, ma la sua eterna giovinezza, il corpo impossibilitato a cambiare per ospitare un feto…non lo avrebbero mai permesso.
Saremmo stati per sempre io, lei e Gabriel. Nessun altro.
Mi sedetti, continuando a fissarla, poi mormorai –Devi accettare questa cosa, amore. So che…è difficile, ma devi andare avanti, devi pensare in modo più positivo-. Vedendo che non riuscivo a convincerla, mi costrinsi a fare un esempio un pò cattivo –Allora…ricorda che tu almeno hai avuto la fortuna di essere madre, e di esserlo adesso, ma Esme, Rosalie, Alice…loro non potranno mai…provare la stessa emozione, ecco-.
Alzò un sopracciglio con fare scettico, poi parve rassegnarsi e mormorò, dopo essersi avvicinata baciandomi –Vado a prepararti una bella colazione…-. Guardai l’orologio sul comodino e chiesi, bloccandola di nuovo, desidoroso di trattenerla vicino a me –Gabriel è sveglio?-.
Sorrise divertita prima di rispondermi con voce bassa, vellutata –Sì, lui non è pigro come te…-.
-Non sono pigro, anzi…oserei dire che una certa persona di mia conoscenza riesce a farmi stancare ogni sera…-
-Ah! Bugiardo! Sei tu che non riesci a fare a meno di…-
-Grazie per avermi dato così tante informazioni sulle vostre serate, davvero, ne avevo un gran bisogno-. La voce di Gabriel ci arrivò dal piano di sotto, in cucina, e senza rendercene quasi conto, io e Sam scoppiammo a ridere.

Sammy
Non appena Seth e Gabriel furono usciti di casa, mi decisi che quella era la giornata adatta per far visita ai Cullen. Mi vestii velocemente, quasi senza far caso agli accostamenti di colore, e superai la porta d’ingresso facendo un bel respiro.
Laura mi diceva spesso che sarei dovuta uscire più frequentemente, ma io le rispondevo sempre “per andare dove?” così lei rassegnata smetteva di propormi l’idea.
Il cielo era come sempre coperto di nubi, ma non sembrava che dovesse piovere da un momento all’altro. Mi accorsi del fatto che Gabriel avesse preso la mia auto, così roteai gli occhi e mi inoltrai nel bosco, per essere libera di correre.
La velocità era la cosa migliore tra tutti i “super poteri” da vampiro. Riusciva a distrarmi dal resto delle mie sciocche idee insensante.
Percepii l’odore della pioggia quand’ero ormai sotto il portico della villa abbracciata dall’edera, scuotendo la testa rassegnata, ripetendomi che non ci sarebbe mai stato un giorno privo di umidità in quella minuscola cittadina che era Forks.
Non bussai neanche. Alice mi aveva aperto prima ancora che salissi i tre gradini esterni, sorridendomi coi suoi denti piccoli e affilati.
Avevo sempre adorato quel mostriciattolo, ma mai come quel giorno. Non era più in grado di vedermi nel suo futuro, ma in compenso capiva immediatamente quando arrivavo nei pressi di casa Cullen.
-Sono felicissima di vederti! Oggi è la giornata giusta per giocare a baseball, ti va?-.
Mi trascinò in casa e si chiuse dietro la porta. Notai con gran dispiacere che nè Bella e –soprattutto- Edward erano presenti. Forse a caccia, o a starsene un pò insieme soli soletti nella loro minuscola villetta di pietra.
Mormorai un –Ma siamo solamente in sette…- a cui rispose dicendo –Oh, non preoccuparti, Esme farà l’arbitro-.
Sempre con la risposta pronta. Sorrisi tra me e alla fine dissi, come per farle un favore –E va bene, va bene…gioco a baseball con voi, ma sono negata, chiaro?-.
-E’ solo un gioco, Samantha. Nessuno ti ucciderà se non riesci a fare neanche uno strike…- Carlisle aveva già raggruppato assieme le mazze, quando Emmett, incrociando gli occhi attenti e stranamente divertiti di Jasper, sovrappose la sua voce a quella del padre, dicendo –Sarà anche un gioco, Carl, ma lei starà in squadra con Jazz-.
L’altro sghignazzò –Credi davvero che questo ti aiuterà a vincere contro di me?-.
-Naturalmente- rispose Emm, poi mi sorrise angelico e sussurrò –Senza offessa, Sammy-.
Storsi la bocca stizzita mugugnando un “idioti”, poi però scoppiai a ridere. Come si poteva resistere a Emmett? Era la copia sputata di Quil, in fatto di sarcasmo. Gli feci l’occhiolino, ricevendo in risposta una delle sue fragorose risate, di quelle capaci di far tremare le fondamenta della casa, poi ribattei –Credi di essere tanto forte, Emm? Bene, vediamo se vincerai tu o io…-
-E’ una minaccia?- ridacchiò.
Io sogghignai, di rimando, poi dissi suadente –Una scommessa, se preferisci-, e subito Emmett socchiuse gli occhi, formando un cipiglio quasi simile a quello di un bambino troppo grosso di spalle.
Jasper, al mio fianco, rise quasi impercettibile, attendendo impaziente che facessi la mia proposta, così, dopo averci pensato su qualche secondo, riprendei a parlare.
-Se vince la mia squadra…tu dovrai chiamarmi “Padrona” per l’eternità- sghignazzai, poi reclinai la testa da un lato, come ad invitarlo a fare la sua scommessa.
Emmett alzò un sopracciglio, poi disse scettico –Tsè…per così poco? Sam, mi deludi, e comunque…vincerò io, perciò non darti tante arie- fece una piccola pausa, poi scoprì I denti in un sorriso enorme, strafottente –Dato che vincerà la mia squadra, ti consiglio di tirare fuori la telecamera-.
Aggrottai la fronte.
Avevo capito bene?
-Telecamera?- ripetei.
Lui e Jasper si scambiarono uno sguardo che mi sembrò tanto d’intesa, poi l’altro terminò per lui, forse con voce fin troppo controllata, mentre cercava visibilmente di trattenere le risate –Dovrai girare un filmino di te e Seth…beh…-
Non terminò la frase, ma comunque capii il concetto. Se possibile, sbiancai, poi sibilai a Emmett –Ma siamo pazzi?! Mai, Emm, questo è troppo!-.
Il vampiro ghignò e disse, perfidamente –Sei tu che hai voluto scommettere, sorellina-.
Boccheggiai, poi ringraziai Jazz per essere corso in mio aiuto col suo potere, altrimenti ad Emmett avrei spaccato la faccia.
Alice ci interruppe, zompettando a passo di danza al fianco di suo marito, che si chinò per darle un tenero bacio sulle labbra, poi disse allegra –Bene, possiamo andare-.
Strinsi i pugni, con l’espressione più macabra di cui fossi capace. Emmett non poteva vincere. Non poteva.

***
Quando lo vidi correre in terza base, dalle mie labbra fuoriuscì un sibilo e sentii il veleno scorrermi a fiotti nella bocca. Un solo punto, e la sua squadra avrebbe vinto. Un solo punto, ed io avrei dovuto rispettare la scommessa.
La visione che mi si parò davanti agli occhi non poteva essere delle peggiori, la ricacciai indietro con forza, maledicendo il mio fratello-orso-vampiro a mezzabocca, poi continuai a fissarlo, sperando in un qualche scherzo del destino. Chissà, forse anche un vampiro può inciampare…
Me lo dissi tra me e me, ma quando feci per darmi da sola una risposta, una voce leggera e dolce, al mio orecchio, mormorò –Non sperarci troppo, Sammy-.
Mi voltai, perdendo la concentrazione dal resto della partita, e buttai le braccia al collo di Edward, felice come una pasqua.
Erano passate solo due settimane da quando lo avevo visto, eppure mi sembrava un’intera esistenza.
-Edward! Finalmente ti sei degnato di passare da queste parti, non ci speravo più, e poi…- mi zittii e mugugnai tramite i pensieri “…Oggi ho bisogno di supporto morale”.
Lui ridacchiò, ricambiando l’abbraccio, sfiorandomi la schiena, poi scostandosi rispose –Già, credo proprio che Emmett non rinuncerà tanto facilmente a quel filmato…-.
Sospirai, prima di accorgermi dell’assenza di Bella, dietro di lui.
-E la tua adorata metà? Dove l’hai lasciata?- risi cristallina, e mi soffermai ad ammirare il suo volto.
Edward mi avrebbe incantata negli anni avvenire, e nei secoli, nei millenni, perfino, se saremmo riusciti ad arrivarci.
I suoi occhi, pur essendo ambrati come quelli di tutti noialtri, sembrana così espressivi, pieni di emozioni, sentimenti, da stordirmi. Erano perfino più profondi di quelli di Carlisle.
E poi, c’erano le labbra sottili, la forma del viso, I capelli sempre così disordinati…
Sapevo di non amare Edward. Lo sapevo, eppure ogni tanto i dubbi tornavano ad assalirmi. Come si può non amare la perfezione?
Lui e Rosalie sarebbero sempre stati I più splendidi, tra i Cullen.
Mi riscossi dai miei pensieri quando notai la sua espressione. Era qualcosa di terribilmente vicino all’imbarazzo, o forse addirittura alla vergogna, come se si stesse sentendo in colpa per qualcosa che ancora non mi pareva chiaro.
Gli sorrisi veloce e dissi –Allora? La tua bella dov’è?-.
Sembrò molto felice di uscire dalla mia testa, e rispose tenendomi per mano (ormai mi ero completamente estraniata dalla stupida partita a baseball contro Emmett) –E’ andata da Charlie e Sue, assieme a Nessie e Jacob. Torneranno stasera, sai com’è Charlie, gli piace avere compagnia, anche se è di poche parole-.
Annuii tra me, poi lo trascinai verso un tronco riverso a terra, ottimo per essere usato come panchina su cui sedersi.
Mi ci appollaiai sopra, ignorando il fatto che avrei potuto sporcare i vestiti, e mi concentrai per un istante sul futuro dei prossimi cinque secondi.
Un tuono squarciò l’aria, nella mia testa, e poco dopo l’evento si ripetè, rubandomi un sorriso. Era un bel passatempo, il mio.
Edward, seduto accanto a me, rise, prima di mormorare nuovamente, con lo stesso tono suadente –Vuoi che mi prenda la rivincita al posto tuo, contro Emm?-.
Ridacchiai –Sarebbe davvero un bel favore, grazie-.
Lui si lasciò andare ad uno sghignazzo, poi richiamò su di sè l’attenzione del fratello, che già si stava riavvicinando assieme a tutto il resto della famiglia.
Emmett lo guardò, ma prima di ascoltarlo cantilenò verso di me, soddisfatto –Indovina chi ha vinto, Sam…-
Roteai gli occhi, poi ammiccai verso Edward, che schiarendosi la gola disse al fratello, visibilmente divertito –Ti va un’altra scommessa, Emmett?-.
Non ci fu bisogno di risposta. Era naturale che suo fratello avrebbe accettato la nuova sfida, così lui propose, lento –Se vinco, rinuncerai al video su Sammy e Seth…se vinci, invece…- fece un sorrisino leggero, di sfida, sicuro di sè -…Io a mia volta girerò un video di me e Bella-.
Jazz scoppiò a ridere, mentre tutti gli altri cercavano di trattenersi, ed Emmett lo fissava come se gli avesse fatto il dono migliore di sempre. Porse la mano, gigantesca, ed esclamò soddisfatto –Ci sto, Eddy, ma sappi che non ti converrà affatto-.
Edward scuotè il capo, divertito, poi si rimise in piedi, mi guardò con affetto e disse –Resti a guardare il secondo round o vuoi che ti informi prossimamente?-.
Mi alzai anch’io, con un balzo agile, poi sospirando mormorai –No, meglio che io torni a casa. Domani verrò di nuovo, comunque, e spero di trovare anche Isabella, con te-.
Lui mi accarezzò il viso –Non credo avrà altri impegni, domani-.
Detto questo, si voltò, lasciando che Emmett lo precedesse verso il centro del campo da baseball.
Esme rise, leggera, formando un suono estremamente delicato e rilassante, poi mi disse, dolce –Allora a domani, Sammy, e saluta Seth e Gabriel da parte mia-.
La abbracciai, annuendo, poi salutai tutti gli altri e iniziai a correre nuovamente verso La Push, inoltrandomi nel bosco.

Quando arrivai sul confine, mi accorsi che non c’era l’odore pressante dei lupi. A fare la ronda, se non erravo, sarebbero dovuti esserci i due gemelli pestiferi. Sbuffai, immaginando chissà quale diaboleria stessero mettendo in atto, bighellonando com’erano sempre soliti fare quelle rare volte che toccava a loro prendersi qualche responsabilità. Non m’interessai a seguire la debole scia lasciata da Kenai e Neka, e mi incamminai a passo umano verso casa mia. Era bello attraversare l’intera riserva per arrivarci. Passeggiare superando le piccole case in legno, molte dipinte di rosso, come quella in cui vivevano Jacob o Sam ed Emily, per arrivare alle uniche due affacciate sulla spiaggia. Casa Clearweater oppure la quasi sempre disabitata casa Call.
Sospirai e sorrisi rassegnata notando la mia piccola abitazione a sei chilometri di distanza. Mi sarebbe bastato uno scatto, e sarei già stata sulla soglia di casa, ma che gusto c’era? E poi, a La Push, non dovevo dare nell’occhio.
Continuai a farmi avanti, ma una volta arrivata davanti casa, capii che qualcosa non andava. Gabriel era ancora fuori, Seth a lavoro, le chiavi le tenevo in tasca, e non ce n’era una copia sotto lo zerbino consumato…
Ma allora, per quale motivo la porta era aperta?
Restai immobile, a fissare l’ingresso, ed il piccolo corridoio che dava sulle scale, poi compii un passo superando l’entrata e mi ritrovai circondata dalla sgradevole sensazione che ci fosse qualcosa di diverso. Una brezza leggera mi sfiorò il naso. Mi sembrò di percepire un odore diverso da quello di mio marito e mio figlio, ma quando stavo per classificarlo, svanì, dissolvendosi.








Scusate l'attesa, e scusate anche la brevità del capitolo, ma diciamo che questo è più o meno di transizione. Alla fine ho scritto io, non Laura e...beh...spero possa andarvi bene! xD
Non ho molto da dire, ma sono curiosa di sapere tramite i vostri commenti cosa pensate possa accadere nel prossimo capitolo, che sarà aggiornato più in fretta, giuro.
Ora vi saluto, che sono un pò impegnata XD
By Sammy C. ^^

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Capitolo 50
*** Capitolo 10 (POV Laura/ Embry/ Sammy/ Gabriel) ***


capitolo
Capitolo 10

Laura
Una foto.
Un'altra.
Un'altra ancora.
Continuavo a scattarle agitata, spaventata, terrorizzata.
Davanti a me stava la mia famiglia, in posa, pronta a ricevere una fotografia che non arrivava.
Ogni volta la polaroid mostrava il mio volto, non i loro. Le mie espressioni, i miei tratti.
Il tempo passava, loro se ne erano andati e io continuavo a scattare.
In ogni foto ero sempre più vecchia, sempre più avvizzita.
E scattavo, e scattavo.
E morivo.
Mentre la marea di polaroids mi soffocava io cercavo di afferrarne una, ma mi tagliavo, non ci riuscivo!
Quando, alla fine, un piccolo ritaglio di carta lo riuscii a prendere lo girai, scrutandolo: non c'era nulla, al posto mio c'era solo cenere.

Quella mattina mi svegliai respirando velocemente, al mio fianco Embry dormiva tranquillo, beato nel suo sonno. Io, al contrario, non riuscivo a calmarmi: l'incubo mi aveva distrutto, mi passavo le mani tra i capelli, cercando di calmarmi; ma niente.
Passai le ore seguenti a preoccuparmi, con un cipiglio in viso, mentre tutti uscirono io rimasi a casa, sfinita.
Quando poi bussarono alla porta, mi sentii morire.

Embry
Sapevo che Kenai e Neka avrebbero combinato disastri, lo sapevo dal primo giorno in cui avevamo messo le loro zampucce a terra e avevano iniziato a camminare.
Un vaso rotto, ancora lo ricordo.
Perciò quando si trasformarono pensai seriamente che le cose sarebbero andate male, molto male.
Avrebbero saltato i turni, e lo fecero.
Avrebbero bighellonato tutto il tempo, e lo fecero.
Avrebbero pensato a tutto fuor che alla ronda, e lo fecero.
Ma non avrei mai e poi mai pensato che avrebbero lasciato entrare un vampiro nella riserva.
Dove stanno quei due!?
La voce allarmata di Jacob mi giunse, sospirai e dissi, stizzito.
E io che ne so?! Mica sto con loro!
Avvertii il suo fastidio e allungai il passo: potevamo ancora raggiungerli.
Non erano soli, una scia di odore più debole li seguiva, ma era ben camuffato.


Sammy (Twilight Score: Bella is part of the family- Carter Burwell)
In quell’esatto momento, mi parve che l’intero mondo mi fosse crollato addosso. Avevo smesso di respirare così rapidamente da non accorgermene quasi, continuando a fissare il pezzo di carta tra le mie mani. Dovevano aver avuto molta fretta, perché la calligrafia, per quanto elegante e ordinata, aveva delle sbavature leggere verso destra. Ipotizzai che l’essere che aveva scritto il messaggio fosse mancino.

Ci siamo permessi di portar via la tua amica per conto del nostro Signore, Aro; Fiducioso del fatto che non avvertirai nessuno e obbedirai alla semplice richiesta che stiamo per farti da parte sua: prendi il primo volo per l’Italia e vieni a Volterra. Non importa che scusa inventerai con il clan dei Cullen (sempre se sarai così sciocca da accennargli anche solo qualcosa). In fretta perché, più tempo fai trascorrere, e più Laura rischia la vita. A presto, allora. Tic tac tic tac

Rileggevo in continuazione, senza riuscire a smettere o a fare una piccola pausa tra un punto e l’altro. L’avevano presa. Avevano preso Laura, e si divertivano a fare del maledetto sarcasmo.
Ebbi quasi l’impressione di poter svenire, così mi ressi forte al ripiano della cucina. Erano entrati in casa mia, l’odore era ancora percepibile, anche se andava a disperdersi poco a poco. Misi in tasca il foglio stracciato e guardai l’orologio. Erano le due e ventisette. Gabriel stava finendo di giocare la sua partita contro la squadra del liceo di Forks, e non sarebbe sicuramente tornato presto, mentre Seth come sempre avrebbe fatto ritorno la sera.
Mi passai le mani tra i capelli lasciando che un lamento mi sfuggisse dalla bocca. Ero terribilmente confusa. Come se qualcuno mi avesse dato una botta in testa con un macigno. Decisi di lasciare scritte a mio marito e a mio figlio poche righe su un post-it attaccato al frigo.

Troverete gli avanzi del pranzo nel frigo. Uova, insalata, filetto di tonno.
Non preoccupatevi per me. Tornerò presto, ma ora devo assolutamente andare in un luogo.
Vi amo.
Vostra Samantha

Non mi soffermai a rileggerlo e iniziai a preparare rapida uno zaino. Dentro infilai un paio di sacche di plastica contenenti del sangue che Carlisle mi faceva portare ogni tanto da Nessie, ripetendo che era meglio tenersi pronti ad ogni evenienza (se fossi mai tornata a casa, lo avrei ringraziato di cuore), un paio di occhiali da sole abbastanza larghi da corprire mezzo volto e un basco; indossai dei guanti di pelle nera, una tuta di jeans che copriva l’intero corpo e una camicia bianca lasciando il colletto alto.
Tutto quel travestimento solo per non mettere a rischio il segreto della mia specie visto che, per quanto ne sapevo e riuscivo a ricordare, l’Italia –il mio paese natio- non era nuvola quanto l’intera Washington. Perciò, più pelle riuscivo a coprire, e meglio era.
Mi caricai la borsa sulle spalle e -dopo aver tirato fuori una cifra abbastanza alta di denaro dal barattolo che tenevo nascosto sul mobile della cucina-, uscii rapida da casa. Stavo per salire sulla mia auto quando riflettei sul fatto che Seth o gli altri avrebbero potuto cercare di rintracciare il mio numero di targa e non volevo assolutamente correre un rischio simile.
Dalla riuscita delle mie azioni, dipendeva la vita di Laura.
Tesi le labbra e puntai lo sguardo verso la foresta. Avrei potuto viaggiare attraverso i rami degli alberi e arrivare fuori città. Da lì sarei stata libera di fare l’autostop a qualche guidatore di passaggio e chiedere uno strappo fino all’aeroporto di Seattle, per poi imbarcarmi col primo volo diretto in Italia, con scalo a Pisa, o Firenze. Poi arrivare a Volterra sarebbe stato facilissimo.
Decisi di fare così prima ancora di terminare i miei ragionamenti, che mi rubarono un massimo di tre secondi. Tre secondi in meno per Laura.
Il panico mi assaliva all’improvviso per poi svanire non appena mi ripetevo che non correva rischi. Aro voleva me –anche se ancora non riuscivo a immaginare il perché o il come-, quindi lei sarebbe stata al sicuro. Era l’ostaggio, no?
E gli ostaggi non muoiono, pensavo.
Feci uno scatto agile e tutto ciò che mi circondava iniziò a disperdersi in ombre sfocate e colori che a intermittenza si davano il cambio. Verde, marrone, grigio, verde, marrone, grigio…
Balzai su un ramo con slancio e così iniziai la mia folle corsa contro il tempo. Durante ogni spinta, ogni atterraggio tra i rami degli alberi pieni di muschio, ripensavo a tutto quello che la vita mi aveva riservato. Da umana, l’unico desiderio mai espresso prima si era avverato –anche se con un bel po’ di ritardo e sconvolgimenti del tutto inattesi-, avevo trovato Edward e tutti gli altri…o per meglio dire, erano stati loro a trovare me. Poi, c’era stato l’incidente di percorso con Seth, e questo aveva portato alla nascita del mio adorato Gab. Più tardi l’arrivo di Nessie, la trasformazione di Isabella…così tanti eventi tutti in una volta.
Ed infine, la conclusione. Quella che nessuno si aspetterebbe mai di leggere perché si pensa che non accada. La protagonista di tutte quelle avventure veniva uccisa.
La Samantha del mondo normale veniva distrutta per dar luce a quella del sovrannaturale. Restavano solo le spoglie di ciò che era stata, ma al suo interno, si nascondeva un mostro.
Quasi persi la presa da un ramo viscido e fui costretta ad aggrapparmi con l’altra mano ad uno più sottile, che si spezzò e cadde giù, con un piccolo tonfo sordo.
Smisi di respirare e restando sospesa mi guardai intorno, perché i miei sentori avevano avvertito l’odore di un licantropo e il suono di zampe che affondavano nel fango si faceva sempre più vicino.
Tesi le labbra e mi diedi abbastanza slancio per passare all’albero vicino, ma quel lupo –chiunque fosse sottoforma di umano-, non smetteva di seguire la mia scia man mano più debole.
Se mi fossi sbrigata, lo avrei seminato.
Dondolai le gambe e poi, compiendo un salto con tanto di piroetta, mi ritrovai aggrappata a testa in giu, come un pipistrello.
Un ululato mi avvertì del fatto che quel ficcanaso mi aveva raggiunto, trovandosi proprio sotto di me.
Ringhiai frustrata. Non avrei voluto che i Queleute fossero veloci quanto noi vampiri, nella corsa. Guardai l’animale, prima di allentare la presa delle gambe e cadere giu, atterrando sul terriccio senza fare una piega. Almeno da vampira, ero solita cadere sempre in piedi.
Il lupo non era grosso quanto Jake o Sam, ma come quest’ultimo, era dotato di una lucente pelliccia nera e lo sguardo attento non sembrava promettermi niente di buono. Sospirai.
Abram era l’ultimo giovane della tribù che volessi vedere. Primo, perché sua madre era stata portata via e non volevo certo dirglielo e, secondo, perché era molto difficile mentire con lui…anche per una come me.
-Ciao, Abram-. Sorrisi veloce, mentre i suoi occhi continuavano a tenermi inchiodata dov’ero –Senti, è tutto okay. Sto solo facendo una passeggiata, torna pure indietro-.
Ma lui ringhiò sommessamente e fui tentata di sbuffare prima di dire ancora –Ho fretta, quindi ti prego di non farmi perdere tempo-.
Scrollò il testone peloso come a dire che no, non avrebbe obbedito e si avvicinò mollando una botta leggera al mio zaino con il muso umido.
Storsi la bocca e strinsi i pugni. Aveva sentito l’odore di sangue umano. Mi chiesi per quale motivo Carlisle non si occupasse anche del campo veterinario. Sarebbe stato più facile.
-Non posso fermarmi a darti spiegazioni- sussurrai con voce fredda, prima di voltarmi intenzionata a correre. Un secondo ululato squarciò l’aria rompendo il silenzio. Imprecai e non riuscii a reggere oltre. Se non voleva ascoltarmi con le buone, avrei dovuto provare con le cattive. Mi girai di scatto lasciandomi sfuggire un ruggito tutt’altro che giocoso, scoprendo i denti, poi gridai con voce acuta e penetrante –TORNA INDIETRO, ABRAM! MI HAI CAPITO?! TORNA SUBITO INDIETRO!-.
Lui guaì, ma sapevo riconoscere quando si trattava di paura o stupore…e il ragazzo non era certo spaventato.
Lo fulminai prima di fare un salto tornando tra i rami. Abram mi fissò ancora sorpreso e guardingo, ma non si mosse come per seguirmi. Annuii tra me soddisfatta e ricominciai a muovermi agile verso la fine di Forks.
I miei pensieri erano una massa informe e confusionaria di parole e immagini sovrapposte. Tra queste, spiccava il ricordo dei gioielli vistosi che Laura aveva indossato tentando sempre di farmelo notare il meno possibile.
Qualcosa dentro mi disse che quelli non erano regali da parte del suo romantico Embry, ma bensì dei doni appartenuti ad Aro chissà per quanti millenni.
Gemetti frustrata, poi mollai volutamente la presa da un secondo ramo che si era inclinato sotto il mio peso. Finii coi piedi affondati in un piccolo tratto ancora coperto dalla neve resistente caduta qualche settimana prima. Era il mese di aprile.
Sospirai chiudendo per un attimo gli occhi, assaporando quegli ultimi istanti –ore- di libertà, nel luogo che ormai reputavo casa mia, e dove vivevano le persone stupende che per me erano diventate una famiglia in tutto e per tutto.
La morte era davvero la cosa peggiore di tutte? Oppure la prigionia poteva sembrare più dolorosa?
Cosa mi attendeva, una volta arrivata tra le mura della piccola cittadina etrusca?
A quest’ultima domanda, avrei potuto trovare risposta guardando al futuro, ma non ne avevo il coraggio, così come non mi sentivo in grado di vedere come stava Laura e cosa sarebbe successo dopo il mio arrivo. Un tuono spezzò il silenzio tutt’intorno a me, e annusai l’aria, avvertendo l’arrivo di un temporale a qualche chilometro di distanza.
Presi una manciata di neve tra le mani e la fissai restare intatta, senza sciogliersi, stretta dalle mie dita ghiacciate.
La gola era chiusa come in una morsa. E la voce, il respiro…qualunque cosa potesse uscire da me, sembrava essersi dispersa. Avrei desiderato piangere, perché ricordavo la sensazione che ne seguiva, ed era maledettamente piacevole; come se tutto diventasse più leggero, facile…ma non l’avrei più provata. Nessuna lacrima sarebbe sgorgata dai miei occhi dandomi un po’ di sollievo.
Il dolore, noi vampiri, eravamo costretti a tenercelo stretto. Nell’angolino più sperduto e profondo del cuore immobile, cercando di essere sempre pronti per sopportarlo. Alcuni erano abbastanza forti, altri meno…e altri ancora, riuscivano a perdere i sentimenti per strada, diventando semplicemente animali. Predatori che cercano prede, per sopravvivere.
Laura…
Il mio pensiero tornò a lei, facendomi chiedere di nuovo come stava e per quale ragione fosse rimasta in contatto con Aro.
Credevo che avesse smesso di rispettarlo, dopo ciò che mi aveva fatto. Credevo che avesse capito che razza di mostro fosse ma, a quanto sembrava, non era così. Eppure, io ora ero in viaggio. In viaggio per andare a riprendermi la mia amica, viva o –nel caso peggiore- morta che fosse.
Feci un respiro veloce riempiendomi d’aria fredda i polmoni e poi corsi, corsi e corsi…verso la fine della foresta.

(Eyes on fire- Blue foundation)
Spuntai dagli alberi ritrovandomi a fissare l’autostrada. Una delle tante. Per mia fortuna, proprio alla corsia destra si trovava un piccolo autogrill, dove i guidatori di due camion stavano facendo il pieno di benzina. Uno di questi, trasportava animali.
Socchiusi gli occhi e, dilatando un po’ le narici, sentii l’odore delle bestie. Cavalli. Un paio, massimo tre. Aggrottai la fronte in un gesto naturale, mentre riflettevo sulle possibilità che avevo, poi camminai a passo umano fino ad essere alle spalle di uno dei due uomini, intento a parlare con l’altro -come se fossero vecchi amici-, che vedendomi si zittì un istante, sbattendo le palpebre in un modo che mi fece venire il dubbio che fosse spuntato il sole per un istante facendo brillare il mio viso, accecandolo.
Aveva come minimo una quarantina d’anni, i capelli corti e già striati di grigio ai lati. Forse era lo stress, pensai. Boccheggiò quando mi presi la briga di parlare, dicendo –Salve. Scusatemi, ma vorrei farvi una domanda, se non vi crea troppo disturbo-.
Agli degli esseri umani, mi ero chiesta spesso come apparissi.
Una dea scesa dall’Olimpo? Un angelo caduto dalle argentee nuvole del Paradiso?
Ottime metafore, sicuramente.
L’altro camionista, un vecchio sulla settantina, si girò dopo aver notato l’espressione sbigottita dell’uomo più giovane…e per mia fortuna, rimase un po’ meno folgorato dal mio aspetto. Mi studiò un istante e poi, sorridendo gentilmente –credendo certamente di avere a che fare con una normale adolescente, invece che con una trentacinquenne bloccata nello stesso aspetto per l’eternità-, si degnò di darmi una risposta –Oh, certo…certo, chiedi pure, ragazzina-.
Ragazzina.
Storsi la bocca rimpiangendo ancora una volta la mia vita da umana, ma riuscii a restare calma. Non era certo colpa sua se mi trovavo in una situazione del genere.
-Beh, mi chiedevo se uno di voi due…- lanciai uno sguardo anche all’uomo al suo fianco, che sembrava essersi ripreso -…Passasse dalle parti di Seattle-.
Si guardarono un istante, poi l’anziano parlò di nuovo –Seattle, eh? Sei fortunata, piccola. Ian è diretto proprio lì-.
-Trasporto computer e altra roba tecnologica per la Microsoft- Ian finalmente parlò.
Mi soffermai a guardare lui e sorrisi –Fantastico! Potreste darmi un passaggio?-. Era sempre meglio dare del “lei”, per non sembrare sgarbata, anche se Ian aveva la mia vera età.
Forse avevo scoperto un po’ troppo i denti, perché mi accorsi del suo tremore improvviso, che non durò comunque meno di cinque secondi, prima che abbozzasse a sua volta un sorriso e disse –Uhm…okay, nessun problema-.
Lo ringraziai e mi misi seduta per terra, mentre fissavo quei due che infilavano le pompe nel serbatoio.
-Come ti chiami?-. Il vecchio, ruppe il silenzio, parlando tranquillo. Rispondergli mi parve fin troppo facile –Samantha, Samantha Cullen-.
Annuì e disse qualcosa tra sé, che compresi perfettamente, anche se si trattava di un sussurro a mezza bocca “Ah…Cullen…uno dei cognomi più diffusi in America”. Ridacchiò.
Aveva una bella voce, calda e rassicurante.
Sorrisi mesta, senza farmi notare, prima di dover rispondere alla domanda più curiosa fatta da Ian: -E da dove arrivi? Insomma…- rise –Qui ci sono solo l’autostrada, o il bosco-.
-Stavo facendo trekking, è da ore che cammino. Arrivo da Forks, presente?-.
-Oh…capito. Bella passeggiata eh? Comunque sì, ce l’ ho presente. È il posto più…-
-…Piovoso d’America?- terminai, sghignazzando. Entrambi scoppiarono a ridere fragorosamente, annuendo.
Poi il trasportatore di cavalli chiese ancora –E tu ti metti a far trekking tutta sola nella foresta? È pieno di orsi e lupi là in mezzo-.
Stavolta fui costretta a mordermi un labbro per non ridere. Ah! Se solo avessero saputo…
-Sono stata fortunata, allora, perché non ne ho incontrati-.
-E’ inutile discutere coi giovani d’oggi, Barnie. Per loro il rischio è un giochetto di tutti i giorni. Noi siamo vecchi ormai, non possiamo capire-. Ian fece del sarcasmo, dando una pacca sulla spalla al vecchio, dopo essersi di nuovo avvicinato ricomparendo da dietro il suo camion.
Barnie. Quindi era questo il suo nome. Sapendolo mi sentii più soddisfatta, perché fino a quel momento, era come se mi fosse mancato un piccolo pezzo nel puzzle.
Diedi un rapido sguardo all’orologio da polso che portava Ian e fingendo di non vedere perfettamente l’ora, chiesi all’uomo –Scusi, può dirmi l’ora?-.
Ian alzò lo sguardo da un laccio dei suoi stivaloni da cowboy un po’ sfilacciato e rispose –Ehi, tranquilla, puoi darmi del tu. Comunque…- alzò il polso solo un po’, poi disse -…Sono appena le quattro e un quarto-.
Bene. Era ancora presto. Avevo lasciato casa mia verso le due e venti.
Lo ringraziai e mi rimisi agile in piedi –ma sempre a velocità umana-, quando salutò Barnie augurandogli un buon viaggio coi suoi cavalli, facendomi un cenno di seguirlo all’interno dell’abitacolo del suo grosso mezzo pieno zeppo di pc.
Dissi addio al vecchio Barnie anch’io, poi salii sul sedile accanto a quello di Ian e vidi sfrecciare di nuovo la strada davanti ai miei occhi.
Il viaggio vero e proprio, ebbe finalmente inizio.

Gabriel
Due punti. La mia squadra aveva perso per due maledetti punti di svantaggio! Accidenti...
Stavo per rintanarmi nelle docce col resto dei miei compagni, quando mi accorsi di Abram, in piedi accanto a Renesmèe, con la quale stava discutendo di qualcosa che mi parve più serio del solito.
Aggrottai la fronte e mi avvicinai. Si zittirono entrambi fissandomi, poi lui parlò, e quello che disse mi lasciò perplesso –Sappi che tua madre è fuggita da casa con una borsa piena di sacche di sangue-.
Impossibile. Davvero impossibile.












Okay...potete dirmi che questo non ve l'aspettavate -o forse sì xD-...ma niente cambierà le cose...*risata malvagia*. E poi, Laura è stata d'accordo con me sul fatto di farsi rapire (anche perchè non aveva altra scelta, la storia è comunque mia XD). Spero che il capitolo vi piaccia. La musica accanto al mio nome e la canzone più avanti, le conoscete sicuramente, visto che sono presenti anche sul film Twilight. Mi sembravano adatte per questo episodio della ff ^*.
Per quanto riguarda la questione "Abram" o l'ultimo pezzetto sotto il pov di Gabriel, avrete chiarimenti nel prossimo capitolo.
I due pezzetti sotto il pov di Laura ed Embry sono stati scritti dalla mia collega^^ potete farle i complimenti xD Era previsto una specie di suo capitolo extra, ma ha altro per la testa, quindi spero che, come me, vi accontenterete di quella piccola comparsa d'effetto<3
(Complimenti comunque da parte mia, Lalla. Ogni parola scritta da te è comunque fonte di emozione ù.ù)
By Sammy Cullen

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Capitolo 51
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11



Sammy (Friends- Band of skulls)
Ian si rivelò un buon compagno di viaggio.
Parlava di cose interessanti, o che riuscissero comunque a farmi pesare un po’ meno la dura realtà del tempo che passava, secondo dopo secondo.
Uno degli argomenti migliori, riguardò la sua famiglia…
-…Mia moglie, Christie, si è trasferita a Tacoma due anni prima che ci conoscessimo. A quei tempi, io avevo ventitre anni. Lei, invece, diciassette. I suoi genitori non volevano che stessimo assieme, pensavano che fossi uno scansafatiche e che non sarei riuscito a renderla felice…oltretutto, sembrava pesargli la differenza d’età-.
Si era preso una pausa, sorridendo al ricordo. Lo sguardo era sereno, come se il pensiero di quei giorni andati non gli pesasse.
Mi venne spontaneo domandare –E allora come avete fatto a restare insieme?-. Lui fece spallucce prima di lanciarmi uno sguardo gentile –Beh…fuggimmo a Las Vegas per sposarci-.
Alzai le sopracciglia –Davvero?-.
Lui scoppiò a ridere notando il mio tono incredulo e si sbrigò ad aggiungere –Certo che no! Ma…fui tentato di proporglielo. In realtà, una sera decisi di andare a casa sua, a parlare a quattrocchi col padre, Arthur. Quello mi ascoltò tutto il tempo senza fare una piega, seduto sulla sua poltrona ad aggiustarsi i grossi baffi biondicci, fissandomi con gli occhi grigi come se volesse mettermi in soggezione fino a farmi fuggire da quell’abitazione. Quando terminai di esporgli le ragioni per cui ero disposto a stare con Christie, sospirò e disse alla moglie, Josephine: “Cara, andresti a prendermi il fucile, per favore?”. Perfino lei restò un attimo perplessa, così chiese prima che lo facesse la figlia, o io “E che vorresti farci?!”…-.
Ian fece una seconda pausa, lanciandomi un’occhiata veloce, forse aspettandosi che fossi rimasta scioccata ma, naturalmente, non lo ero. Il fatto che lui fosse lì, vivo, implicava che nessuno gli avesse sparato contro. Sembrò un po’ deluso, ma continuò sorridente, e visibilmente divertito -…L’uomo aggrottò la fronte e disse “Andarci a caccia di cervi, naturalmente!”. Sia io che Christie cercammo di comprendere, ma Arthie non volle darci altre spiegazioni. Si avvicinò e mi diede una pacca un po’ troppo forte sulla schiena esclamando “Io e te, giovanotto, abbiamo tanto di cui parlare!”. Rideva, perciò capii che lo avevo convinto-;
sospirò per poi dire tra sé, in un sussurro –Il giorno seguente andammo insieme a caccia sui monti…e quattro mesi dopo, diventai suo genero-.
Sorrisi sinceramente intenerita dalla sua storia, poi mi venne in mente che non aveva accennato a qualche figlio, così chiesi, curiosa.
Lui rispose un po’ più in imbarazzo. Lo percepii dal tono basso della voce.
-No, non abbiamo bambini…purtroppo-.
Mi decisi a lasciar cadere il discorso, per non entrare troppo nel personale, e mi accorsi che portavo al dito la fede, proprio come lui. Feci il gesto rapido di togliermela, ma Ian l’aveva già notata in precedenza senza accennare al fatto, forse aspettando il momento giusto per chiedere o cercando di resistere alla curiosità.
-E tu, invece…???- iniziò la frase, e non lasciai che terminasse, rispondendo rapida –Oh…questa non è mia. Era di mia madre. E’ morta tre anni fa…e prima di lasciare soli me e mio padre ha voluto che tenessi quest’anello-.
Recitai la parte della ragazzina con l’aria triste e nostalgica senza sforzarmi troppo. Sotto certi aspetti, potevo dire che i miei genitori mi avessero lasciato.
O meglio, ero io ad averli lasciati. Ad avergli causato tanto dolore fingendo di essere morta in un fatidico incidente stradale, restando bloccata nell’auto in fiamme senza speranza di salvarmi…
Sospirai.
Ian ascoltò tenendo le sopracciglia abbassate, la fronte corrucciata. Quando parlò di nuovo, disse –Beh, mi…dispiace, davvero molto-.
Rimasi in silenzio un istante, concentrata sulla risposta da dare alla sua prossima domanda, mentre intanto annuivo alle sue parole e sussurravo –Ormai è passato…-, poi decidemmo entrambi di cambiare discorso, e Ian mi chiese perché fossi diretta a Seattle, se arrivavo da Forks.
Gli risposi che a Forks avevo alcuni amici, e che mi ero fermata da loro per qualche giorno, prima di decidere di fare trekking e tornare a casa, a Seattle, per conto mio.
La strada verso la città non fu breve; l’uomo guidava a velocità poco elevata, cercando milioni di argomenti allegri, come per non farmi pesare il viaggio. Sarebbe stato un buon padre, secondo me.
Quando mi disse che erano le sei e mezza, sobbalzai ma, per mia fortuna, lui non se ne accorse e continuò a tenere lo sguardo fisso sulla corsia destra. Il fuso orario significava tutto, per me. Dovevo sperare di arrivare in Italia quando il sole si fosse trovato almeno vicino al crepuscolo. Rischiare di espormi alla sua luce, proprio nella terra dei Volturi, non avrebbe di certo aiutato molto. Fissai fuori dal finestrino il paesaggio, poco a poco meno selvaggio e viscido. Seattle era formata da piccole abitazioni di tre o quattro piani sparsi, prima di addentrarsi all’interno, nel cuore della città, dove svettavano palazzi e costruzioni davvero ben fatte, dall’aria resistente.
Non ero mai arrivata fin lì con mio marito o mio figlio, tutti disinteressati a visitare la città, forse perché troppo abituati alla strana pace monotona e incessante che c’era a Forks, e quindi anche a La Push.
Sospirai.
Forse, se fossi riuscita a tornare a casa assieme a Laura, avrei potuto proporre un’uscita a Seth, pensai.
Mi soffermai a guardare i negozi, le strade brulicanti di auto e persone. Ascoltai i milioni di suoni, uniti a formare un’unica grande melodia, e per un istante riuscii a tornare con la mente a quand’ero ancora umana. Quando avevo solo quindici anni e mezzo e vivevo a Roma, così caotica e dispersiva, piena di bellezze antiche e moderne mischiate assieme.
La nostalgia riuscì quasi a impossessarsi di me, più di quanto non avesse già fatto. Cercai di restare lucida, trattenendo i lamenti che, se non fossi stata una vampira, si sarebbero trasformati in singhiozzi, certamente seguiti da lacrime copiose.
Ian frenò al lato di un marciapiede e disse, allegramente –Eccoci qui, nella grande e chiassosa Seattle…-.
Gli sorrisi e cercai di dire con la voce più calma e serena che riuscissi a imitare –Grazie infinite Ian. Davvero, non avrei saputo come fare altrimenti, cominciavo ad essere stanca di camminare-.
Rise, con calore, prima di ribattere –Nessun problema, non c’è bisogno che tu mi ringrazi. E’ stato un piacere viaggiare in compagnia, non capita spesso-.
Lo guardai riconoscente, poi mormorai –Beh…ora è meglio che vada-. Ci salutammo con una stretta di mano, e fui titubante comunque, temendo che percepisse la temperatura sotto lo zero della mia pelle anche da sotto i guanti.
Scesi dal camion tenendomi stretta lo zainetto e osservai il cielo. Nuvole, nuvole ovunque. Perfetto.
Sorrisi tra me, mi voltai a salutare con una mano Ian un ultima volta prima che ripartisse, poi mi guardai attorno e notai con gran compiacimento che il mio nuovo amico umano mi aveva portato nei pressi dell’aeroporto, poco distante dalla strada in cui mi trovavo.
M’illuminai e iniziai a correre, sforzandomi di mantenere una velocità umana, fino ad arrivare all’ingresso con le porte girevoli. Mi sbrigai ad entrare all’interno dell’edificio, stracolmo di uomini e donne intenti a partire o attendere i propri bagagli, impazienti.
Feci quasi per dirigermi subito da una delle donne alla reception, ma mi paralizzai, pensando che erano già quattro giorni che non cacciavo, e avevo bisogno di nutrimento.
Fissai lo zaino che stringevo al petto e mi decisi a fare quello che Emmett avrebbe scherzosamente definito come “uno snack”.
Puntai rapida verso il bagno delle donne e una volta entrata mi chiusi all’interno di una delle cabine, tirando fuori una delle sacche di sangue. Un altro vampiro vegetariano al posto mio ci avrebbe pensato su. Era pur sempre umano, no? Ma io non potevo permettermi tentennamenti e, in ogni caso, quel sangue non era stato preso con la forza da nessun uomo. Presa dalla fretta, decisi di mordere direttamente la plastica, iniziando a bere avidamente, cercando di restare almeno un poco lucida. Non era facile, infatti, controllare i propri sensi se ci si ritrovava impegnati a bere quel tipo di sangue.
Il sapore non sarebbe stato affatto magnifico, se avessi già avuto modo in precedenza di cacciare orsi o puma sui monti, ma dovetti accontentarmi e la coscienza iniziò a gridarmi –sottoforma di voce stridula, terribilmente penetrante e fastidiosa- che quello era uno degli sbagli più grossi che avessi mai commesso.
Sicuramente, il peggiore di tutti era stato quello di andare in cerca dei Volturi, quel giorno di tanti anni prima, quando ancora ero una piccola e fragile umana, proprio come disse James a Bella, in quella stramaledetta scuola di danza, alle origini di tutto.
Bevvi con così tanta rapidità da non farci quasi caso ed, in fine, mi sbrigai a rimettere tutto nella borsa, passando davanti allo specchio per essere certa che non ci fossero residui di sangue sulle mie labbra. Gocce fuggite alla mia sete.
Tutto apposto, così uscii da lì, fingendo la migliore disinvoltura di cui fossi capace, e mi misi a fare la fila per pagarmi un biglietto per il viaggio oltreoceano.
Non mi ero portata la carta di credito datami da Carlisle, sapendo che avrebbero potuto rintracciarmi tramite il conto bancario intestato a lui. Pagai in contanti e, dopo aver fatto ceck-in e ceck-up, salii sul grosso aereo, lasciando che una giovane hostess –Tiffanie Hardwood, lessi sulla targhetta- mi indicasse cordialmente e con fare professionale il mio posto. Mi sbrigai a raggiungerlo e subito coprii il vetro dell’oblò. Accanto a me finì un bambino e, il posto affianco, della fila centrale, venne occupato dal padre.
Ringrazia il cielo, perché sapevo che quella creaturina non mi avrebbe dato fastidi. Mi bastò dare una sbirciatina veloce al viaggio che mi si prospettava davanti, nell’immediato futuro.
Quel ragazzino, Davon, di massimo sei anni, coi capelli castani e disordinati e due immensi occhi verdi, non avrebbe mai chiesto cortesemente di poter osservare il cielo fuori dal finestrino, con le nuvole simili a zucchero filato impegnate a passarci accanto.
Non appena fui certa di avere un po’ di tempo per riflettere, poggiai la testa al sedile e chiusi gli occhi, fingendo una posa umana abbastanza rilassata, seppur non ce ne fosse molto bisogno visto il piccolo compagno di viaggio che mi ritrovavo vicino.
Respirai con lentezza calcolata, catturando l’odore dei caffè, dei drink o del cibo che le hostess portavano ai passeggeri, con professionale rapidità. Era pur sempre la prima classe di un volo diretto in Italia.
La mia mente iniziò subito a lasciar spazio all’immenso afflusso di pensieri che vorticavano senza sosta al suo interno.
Per prima cosa, avevo lo spiacevolissimo dubbio che Laura non fosse solo stata rapita ma che, in un qualche modo, avesse scelto di seguire i soldati mandati da Aro (ero certa che il biglietto fosse stato scritto da Demetri) spontaneamente.
Questa era comunque un’ipotesi che preferivo escludere, a priori.
Per seconda, non riuscivo a comprendere perché Aro avesse deciso di compiere un atto tanto meschino. Stava puntando ad un ricatto? Uno scambio, un accordo? Insomma, cosa aveva tramato il vampiro dal sorriso di ghiaccio e gli occhi di fuoco?
Tremai leggermente, senza rendermi conto che Davon, al mio fianco, si era deciso di fissarmi tutto il tempo, incuriosito.
-Hai freddo?-. Mi diede del tu, com’è solito dei piccoli.
Aprii gli occhi, guardandolo, e lui sussultò. Mi paralizzai solo immaginando cosa avesse potuto notare, poi sorrisi fingendomi serena e risposi –No, ma sei davvero tanto gentile a preoccuparti, sai?-. Non dovetti impegnarmi molto per usare il tono di voce più suadente di cui fossi in grado.
Lui sembrò credermi e, dopo aver incrociato una seconda i miei occhi, tornò a fissarsi le mani, visibilmente annoiato.
Mi fece tenerezza, ed ebbi per un istante l’impeto di parlargli di me, di raccontargli storie fantastiche, con mostri bevitori di sangue e lupi che difendevano indiani non ancora privati delle loro terre dai visi pallidi.
Sicuramente le avrebbe gradite, mi dissi, ma non sono la cosa migliore di cui discutere ora come ora.
Tornai quindi ad ignorarlo, dispiaciuta, e ricominciai a riflettere.
Aro aveva un piano, aveva un piano che Laura sicuramente non conosceva, ma in cui doveva essersi ritrovata coinvolta per sbaglio. Tutto un tragico errore, niente di più.
Speravo di riuscire a risolverlo in meno tempo possibile, per la salvezza di entrambe o, perlomeno, quella di lei.
Buffo, no? Invece che preoccuparmi della mia intera esistenza, mi trastullavo su come salvare la vita umana di Laura…
Mi paralizzai, di colpo.
L’idea mi entrò nella testa come un fulmine durante un giorno di pioggia, e scacciarla fu quasi faticoso.
Cosa avrei fatto se la mia amica non fosse stata più sé stessa? Come avrei reagito ritrovandomi a fissarla diversa da come la ricordavo? Con occhi e labbra rosse come il sangue?
Se possibile, impallidii. Quell’idea non mi era mai balenata per la testa durante tutta la mia corsa verso l’aeroporto, lontano da casa.
Pregai così intensamente di aver ipotizzato male che in fine riuscii a convincermene.
Laura era viva, Laura era umana, Laura stava aspettando.

L’aereo atterrò a Pisa, dopo un viaggio durato più di dodici ore. In Italia, erano le otto e un quarto di sera, e la luna già brillava sospesa nel vuoto del cielo scuro.
Era quasi piena, le mancava uno spicchio per completarsi.
La osservai affascinata, come mi accadeva ogni volta, anche da umana, poi mi soffermai sulla città. Solo un istante, visto che non avevo per niente tempo di fare un giro turistico.
Strinsi i pugni, poi iniziai a correre a velocità umana verso una fermata dell’autobus. Non sapevo bene come orientarmi, ma lì c’erano molte persone, uomini e donne, che forse avrebbero potuto essermi d’aiuto.
Mi avvicinai al gruppo in attesa del mezzo pubblico –sette anziani e una comitiva di giovani- e iniziai ad ascoltare le varie conversazioni.
“Roberto non si è ancora deciso a tornare dal suo viaggio in Francia…”
“E’ giovane, gli piace girare…”
Questo si dicevano due donne sulla settantina, forse parlando del nipote di una delle due.
Più in là, sempre con un forte accento toscano, la comitiva rideva ed i ragazzi si scambiavano battute.
Osservare quella gente, ascoltare e comprendere in modo tanto naturale la lingua con cui comunicavano, mi fece sentire a casa.
Decisi di concentrarmi sui discorsi di quei teenagers.
“Domani compito di matematica, che tu sei pronto, Luca?”
“Ma che, io la matematica proprio non la capisco…”
“Stavo pensando che potremmo uscire insieme, io e te, qualche volta…”
“Beh…ecco…va bene!”
Tante parole. Così tante da farmi quasi confondere, girare la testa, ma nel bel mezzo di quell’attimo, un giovane, in particolar modo, catturò la mia attenzione.
Capelli neri, sorriso allegro, sguardo gentile.
Fu come un debole deja-vù, una sensazione di “già vissuto” estremamente flebile, quasi invisibile. Quel ragazzo, io già lo conoscevo, anche se non direttamente. Smisi di respirare, prima di decidermi a farmi avanti.
Lui era impegnato a parlare del tanto temuto compito di algebra assieme ad altri suoi amici, ma non mi creai problemi ad interromperli, dicendo –Ciao, scusate il disturbo…- a cui uno dei due, forse Luca, rispose sottovoce, guardandomi spaesato, con un “Oh no, disturba pure quanto ti pare…”.
Sorrisi melliflua, poi mi concentrai su Andrea.
Eh già, quel giovane, che mi fissava incuriosito, era lo stesso di un sogno che avevo fatto tanti, tanti anni prima, quando l’immortalità non mi era ancora stata cucita addosso.
-Volevo sapere se per caso voi foste a conoscenza di un modo per arrivare a Volterra. Per me è molto urgente raggiungerla al più presto…-
-Uhm…Volterra? Beh, sì…di mezzi non ce ne sono molti. Se vuoi posso portartici io-. Fissai Andrea quasi senza credere davvero alle mie orecchie, eppure, mi sarebbe bastato sbirciare il futuro un minuto prima per essere certa che avrebbe proposto una cosa simile.
L’entusiasmo, la soddisfazione, s’impossessarono di me, tutto all’improvviso, ed esclamai –Fantastico! Grazie, grazie infinite Andrea-.
Restò perplesso, aggrottando la fronte, poi iniziò a chiedermi –Come fai a…-
-Sembri la persona adatta per questo nome- risposi rapida -…Semplice intuito-. Gli amici sghignazzarono, gli diedero qualche gomitata scherzosa e gli mormorarono di “darci dentro”, facendo alzare gli occhi al cielo sia a me che a lui, poi lo lasciarono libero di camminare al mio fianco fino ad una piccola Punto grigia, non proprio di ultima generazione, come auto.
Non mi scomodai ad aspettare che m’invitasse a salire, e mi sistemai al posto vicino a quello del guidatore. Il ragazzo sembrava un po’ nervoso, ma era bravo a non darlo a vedere. Decisi di classificare il suo modo di passarsi una mano tra i capelli e di grattarsi la punta del naso come imbarazzo.
Sorrisi tra me e poi mormorai, forse controllando troppo poco il tono suadente e cristallino della voce –Qualcosa non va?-.
Sobbalzò, poi intanto che metteva in moto, si voltò a guardarmi e rispose, sorridendo –No, no figurati! È tutto apposto-.
Gli porsi la mano, ancora coperta dai guanti, e mi presentai –Scusa, non mi sono ancora presentata. Io sono Samantha, Samantha Altarozzi-.
Erano anni, secoli quasi, che non dicevo più il mio vecchio cognome. Ero stata per più di trent’anni la signora Cullen, in Clearweater, senza dar peso alla mancanza delle mie origini, ma ora, di fronte a quel giovanotto toscano, tutto sembrava essere svanito.
Mi trovavo in Italia, seppur con tutta l’intenzione di andarmene il prima possibile, quindi perché mai non avrei dovuto fare un piccolo tuffo nel passato, visto che più frequentemente mi divertivo a sguazzare nel futuro?












Aggiornamento veloce!+w+
- Ecco il capitolo 11, un pò più lungo dei precedenti, spero che possa piacervi. Ho cercato di far sentire il distacco dall'anormale, cioè da un mondo popolato da vampiri, lupi mannari, mutaforma e chissà cos'altro. C'è un completo ritorno all'umanità, prima grazie alle conversazioni con Ian, poi la piccola scena col bambino, in aereo, ed in fine, eccolo qui per voi, Andrea, il giovane che avevo sognato nel Libro II.
Sono certa che molte di voi apprezzeranno questo piccolo cambio di rotta, mentre altre forse avrebbero ancora preferito la presenza di vampiri o roba del genere. Comunque non disperate, non sono così pazza da togliervi il divertimentoXD

However…
Grazie, come sempre, a tutte voi. A chi legge, chi commenta, chi segue.
Grazie a Laura, che continua a collaborare con me, e che ora se ne sta oltre i confini italiani ;)...
e...beh, niente.
A presto!
By Sammy C.

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Capitolo 52
*** [Capitolo extra] ***


piccolo extra 1 [Piccolo extra]
...a Forks, durante il viaggio di Sam...

Gabriel
Ancora non riuscivo a credere a ciò che mi aveva detto. Mia madre in fuga con uno zaino pieno di sangue umano mantenuto. Eppure stavo guidando, rapido, verso casa, con Nessie seduta al mio fianco e Abram sistemato silenziosamente dietro. L’unica cosa positiva era che quei due non avevano iniziato ad infastidirsi.
Strinsi la presa sul volante –Non ti ha detto niente? Un luogo, un motivo?-.
-Niente. Solo di tornare indietro-. La voce del ragazzino mi arrivò alle orecchie in tono sommesso, che non sembrava minimamente preso dall’ansia, come lo era invece la mia.
Cristo, adesso chi glielo spiegava a papà?
Bel dilemma, mi dissi, poi cercai di non distogliere l’attenzione dalla strada. Ero davvero tentato di voltare la testa e guardare in che condizioni stesse Abram. Se non si preoccupava nemmeno un po’, allora forse avrei avuto un primo buon motivo per irritarmi con lui.
Nessie accanto a me disse, fissando fuori dal finestrino –Chiamo gli altri?- aveva già il cellulare tra le mani. Lo guardai un secondo, poi dissi, incerto –No, non subito. Prima vediamo come si mettono le cose. Se mia madre non ricompare entro un paio d’ore e non dà sue notizie, allora raggruppiamo il branco ed i Cullen-.

Neka
Cioè, rendiamoci conto! La “zia” Sam era sparita e quei tre volevano lasciarci da parte, a me e mio fratello!
Li osservammo correre fuori dalla palestra in quattro e quattr’otto e dire qualcosa su del sangue, argomento che già di per sé ci interessava molto, se lo aggiungevamo all’elemento mancante: Samantha.
Sogghignai e dissi, estremamente compiaciuto –Kenai, stai pensando anche tu quello che sto pensando io?-.







Scusate tutti questi aggiornamenti, ragazzuole, ma questo ci voleva^^
Allour, adesso credo di potervi spiegare quella faccenda di Abram e Gabriel.
In poche parole, da adesso in poi, la storia sarà sotto molti -molti- POV. Il mio, naturalmente, sarà, se non sempre, comunque il più presente di tutti. Laura non può dedicare altrettanto tempo a "The real dream" (o "Second ife", se ormai pensate sia più giusto chiamare la storia col secondo titolo), poichè -come molte di voi che la seguono assiduamente sapranno- ha una marea di long-fic scritte di suo pugno che deve -giustamente- continuare. Questo non significa che non parteciperà più, ma soltanto che più spesso prevarranno i POV coi miei personaggi. Per facilitare le cose, scriverò ora chi ho io e chi lei.

Sammy: Sam, Seth, Gabriel, Neka, Jacob, Nessie (in caso ce ne fossero altri, li aggiungerò)
Laura: Laura, Embry, Kenai, Abram (appena potrà, mi dirà se vuole farsi carico di qualcun'altro oppure no)

Bene, un ultima annotazione, poi vi lascio in pace^^
Forse l'avrete già capito, ma i ragazzi -la nuova generazione-, faranno di testa loro, alla fine +w+
Bien, a bientout!
By Sammy Cullen
P.s.: Felice 2010 a tutte voi<3


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Capitolo 53
*** Capitolo 12 [Pov Laura] ***


capitolo 53 Capitolo 12

Laura
Avevo sempre reputato i vampiri esseri piuttosto intelligenti, dopo tutto un'eternità per sviluppare il proprio intelletto doveva pur dar frutto a qualcosa.
Sì, li avevo sempre considerati per lo meno furbi. Già. Peccato che non avevo considerato il fattore Y, cromosoma Y. Fissai annoiata il vampiro davanti a me, che sedeva affianco a Demetri. Era da più di un'ora che bisticciava con una ragazza, vampira, al mio fianco.
Aveva i capelli corti, castani e scompigliati, una testa troppo piccola per il corpo muscoloso che possedeva, e la carnagione diafana, quasi invisibile. Alzai lo sguardo e notai che gli occhi, inizialmente di un rosso acceso, si stavano via via affievolendo verso un cupo nero.
Lei, al contrario, aveva una carnagione olivastra e i lineamenti orientali, un piccolo e grazioso nasino schiacciato e due enormi occhi, profondi e penetranti, i capelli alla maschietta le ricadevano sugli occhi e spesso se li portava dietro, scocciata.
Un'ora, e quell'idiota di Jhoel ancora non ammetteva di essere tale. Sarita, al contrario, e a buona ragione, ammetteva che era la mutazione genetica di un mulo. Io mi chiedevo come Aro avesse potuto prenderlo al posto di Felix; nelle lettere mi aveva accennato al cambiamento ma non pensavo che avrebbe accettato un tale scemo nelle sue file.
Erano venuti a prendermi a casa, sì: una casa piena in una riserva piena di licantropi, tanto per farsi sentire di più. Sarita ci aveva raggiunto mentre eravamo in viaggio, mentre Demetri era già dentro il furgone che era diventato la mia attuale “prigione”. Quindi, la colpa di tale idiozia, quella di lasciare quante più tracce possibili, era solo ed unicamente di Jhoel, da quanto avevo capito Demetri gli aveva consigliato di rapirmi mentre facevo la spesa o, comunque, fuori da La Push; lui, troppo ebete e avventato, aveva preferito non aspettare e prendermi subito.
Perciò, già da quando entrai dentro il retro del furgoncino avvertii le occhiate di fuoco che il vampiro biondo gli aveva lanciato, che qualcosa non andava. Quando poi rientrò anche Sarita, in un breve istante in cui ci eravamo fermati, la mia teoria aveva avuto la sua conferma. Una cosa che però notai era l'espressione di lei, differente da quella degli altri Volturi che avevo incontrato, quasi innocente. Scombussolata. Sì, proprio così.
Chiudendo la porta dietro di sé si era seduta pensierosa, mentre Demetri storceva il naso: c'era un qualche odore che lo infastidiva; dopo un secondo le sibilò qualcosa stizzita velocemente, per poi tornare a squadrare Jhoel.
Abitando con vampiri e licantropi avevo imparato che, se esisteva qualcosa di veramente importante, questa era l'attenzione ai particolari: avevo scoperto che ogni piccolo gesto del viso rifletteva una precisa sensazione, un preciso odore; in particolare con un segugio come Demetri. Io rimasi silenziosa al mio posto, cercando di farmi notare il meno possibile. Fissai il suo naso, in quel momento, arricciarsi, gli occhi socchiudersi infastiditi e la bocca serrarsi, come a trattenere un ringhio.
Era arrabbiato, ma una rabbia diversa di quella di Sarita, qualcosa di più bestiale, animale. Inorridii, riconoscendo quel viso: Sarita aveva incontrato uno del branco, trasportando qui l'odore. Sbiancai, impaurita. Un'improvvisa ansia mi assalì, terrore allo stato puro, paura che quel qualcuno del branco potesse essere uno dei miei figli, Embry, Jake, un mio amico. Provai a mantenere un respiro e un battito regolare, non volevo che capissero il mio stato d'animo.
Mi girai di scatto verso Sarita: se avesse ucciso o anche solo ferito uno di loro i vestiti sarebbero dovuti essere sporchi di sangue, stracciati, rovinati. Su di lei sarebbe dovuto rimanere un qualche segno della colluttazione, invece, studiando centimetro per centimetro il maglione e i pantaloni che portava non notai nessun indizio che potesse riportarmi ad una conclusione negativa.
Forse aveva incontrato qualcuno e aveva preferito scappare. Non pensavo che Aro sarebbe arrivato a tanto, non avevo mai voluto credere che potesse essere così deciso a farlo, a rischiare così tanto. Quando le acque si acquietarono e Sarita smise di battibeccare con Jhoel, guardai intensamente Demetri, che mi stava fissando a sua volta.
-Sei invecchiata- commentò, sogghignando.
-E tu sei sempre lo stesso; non sembra passato un giorno da quando mi minacciavi di morte- ironizzai cinicamente, mentre lui scoppiava a ridere.
Oltre ad essere stupidi avevano anche uno scarso senso dell'umorismo.
-Aro alla fine si è deciso a portarti via- la voce era sensuale, adatta ad un predatore.
-Mi ha rapito, è diverso-
-Devi anche considerare il tipo- ghignò, spostando leggermente lo sguardo, io cercai di rimanere calma, tentando di convincermi che i miei figli e mio marito stavano bene, assolutamente bene.
-Avete perfino pensato di prendere l'aereo a Vancouver- mormorai, fissando le mie ciabatte.
Dannazione, neanche il tempo di cambiarmi. La sua attenzione si spostò anch'essa sui miei piedi, sghignazzando.
-Dovremo procurarti un paio di scarpe … - sogghignò, lo sguardo rosso e furbo -e sì- ci fu un attimo di silenzio, nel quale mi scrutò incuriosito.
-Ci siamo fermati e l'autista ha parlato in francese, abbiamo superato il confine, no?- mugugnai la spiegazione della mia tesi e lui sembrò tranquillizzarsi.
-Capisco perché il Capo ti voglia con sé- ridacchiò. Non credevo che in una minaccia ci potesse essere tanta ironia. Da quel momento in poi calò il silenzio. Rabbrividii, sentendomi all'improvviso maledettamente fragile, umana.
Forse avevo giocato con il fuoco, provando a instaurare un'amicizia con Aro; probabilmente avevo passato troppo tempo ad ondeggiare su un precipizio attaccata ad un semplice filo; di sicuro mi ero cacciata in un guaio enorme e al di sopra delle mie capacità risolutive.
Il problema, però, era un altro: la mia coscienza.
Pur rivangando e scavando dentro di essa non riuscivo a trovare un solo motivo, abbastanza valido, che riuscisse a confermarmi che stavo agendo male, che, in verità, all'ultima lettera, avrei dovuto semplicemente dire di no, tagliando così ogni possibile disguido. Eppure non ci riuscivo. Non riuscivo a convincermi di stare sbagliando. E questo, questo mi terrorizzava.

Arrivammo a Volterra ancora avvolti nel silenzio, i lineamenti graziosi ed orientali di Sarita si erano tesi e ancora guardava con fastidio Jhoel.
Demetri era al mio fianco, mentre percorrevamo le strade della piccola cittadina medievale.
Fu un attimo e mi ritrovai ragazza, tra gli odori di cucina che provenivano dalle strade, le persone che parlavano nella mia lingua, la strana e assurda sensazione di asciutto, nessuna pozzanghera nella strada, tirava un vento leggero che stava poco alla volta spazzando via le nubi, scoprendo la luna piena, che brillava nel cielo. Avvertii l'impazienza dei vampiri che avevano accelerato il passo, costringendomi quasi a corrergli dietro.
Ci fermammo precisamente davanti ad una porticina di legno, che sembrava il retro di una bottega, nonostante si affacciasse su un enorme muro, quasi del tutto privo di finestre.
Demetri bussò velocemente, guardandosi intorno con sospetto, quando la porta si aprì non vidi nessuno dietro di essa, ma uno strano odore mi investì, una fragranza che respirai a pieni polmoni: fiori.
La luce fioca ci diede il benvenuto, passo dopo passo ci inoltrammo nel Palazzo dei Priori, e la luce si fece più decisa, non rilegandosi più a delle semplici lampade a basso consumo ma a dei veri e propri lampadari che si sporgevano dal soffitto di pietra.
Per terra si rincorrevano, come in una strana giostra, animali fantastici, intarsiati in un lungo, e giurai infinito, tappeto.
Ogni cosa, in quel posto, trasudava lusso e ricchezza. Non avrei mai creduto possibile ritrovarmi là, a Volterra, nel covo dei vampiri più potenti della storia. Il tappeto si concludeva con un enorme e ruggente leone, che teneva nelle fauci un albero, guardai con più attenzione e notai che era una quercia, rabbrividii.
-Lo sai cosa rappresenta la quercia?- cantilenò Demetri, poggiando le mani sulle maniglie di una colossale porta di legno scuro.
-L'uomo, non è vero? Vis, roboris... la forza umana- sussurrai tra me e me, assorta.
-Esatto- ghignò e, con un gesto teatrale, la spalancò. Rimasi ferma, immobile, quasi soffocata dalla grandezza della sala.
Non era la sala di cui avevo letto da giovane, manteneva toni troppo caldi per rilegarsi ad un ruolo di esecuzione, al contrario, gli arazzi alle pareti ed un camino acceso, che mi fece capire ancora di più quanto adorassero fingere di essere umani, infondeva nell'aria una strana atmosfera di tranquillità.
Tranquillità concessa a chi non rischiava di divenire la cena, logico.
Jhoel si dileguò veloce, salutando con il capo Caius, seduto accanto a Athenodora su una poltrona, accorgendosi di me, questo, si volse all'indietro, come quando un bambino, andato ad aprire alla porta, si accorge di non poter essere utile e si gira verso il genitore, per chiamarlo. Marcus non c'era, ed erano pochi i vampiri ancora rimasti lì.
Seguii lo sguardo dell'uomo dai capelli bianchi e lo intercettai mentre fissava intensamente Aro.
Accorgendomi di come erano vestiti tutti, eleganti, perfetti, non potei che guardare il mio, di abbigliamento, e notare quanto fosse fuori luogo e imbarazzante: una tuta da ginnastica logora e un paio di scarpe nuove. Iniziai a torturarmi le mani agitata, improvvisamente conscia, più che durante tutto il viaggio, di essere fuori luogo in tutta quella faccenda.
Aro sorrise all'istante, guardandomi, percorse a grandi falcate la stanza, raggiungendomi, Sarita e Demetri si erano dileguati appena lui era giunto.
Deglutii, erano passati anni e lui era rimasto lo stesso: lo stesso uomo con il quale avevo parlato in punto di morte, lo stesso uomo che aveva mostrato debolezza a me, a me sola, come scrisse lui, a me e non alla moglie, che mi fissava con aria di insufficienza dall'altro capo della sala.
-Laura! Sei arrivata finalmente! Magnifico! Sapevo che avresti accettato!- esclamò allegro.
-Diciamo che Jhoel mi ha trascinato via- scherzai, nervosa, la voce aveva assunto uno strano tono acuto.
Lui non rispose, mi fissò e basta. Gli occhi rossi, anche se all'apparenza opachi, brillavano, studiandomi, le mani si erano spostate in avanti, verso di me, porgendosi, mentre il viso si distendeva in un'espressione di stupore e meraviglia.
-Sei diversa- sussurrò.
Per quanto lo disse piano avvertii solo le labbra muoversi lentamente, la sua solita voce melodiosa era scomparsa.
-Sono invecchiata- mormorai affranta, riportando alla mente le mille discussioni con Embry, riguardo a questo tema.
-No, non intendevo questo- sorrise gentile, allungando una mano verso di me. Mi chiesi se veramente era lui l'uomo che incuteva tanto terrore e che, con un semplice gesto, aveva fatto sgombrare la sala.
Perfino Caius, seppur riluttante si era alzato e aveva portato via la moglie, che, a sua volta, aveva lanciato uno sguardo eloquente alla cugina. Eravamo rimasti solo io ed Aro, io e quell'uomo che mi fissava intensamente.
Si guardò intorno e sorrise nuovamente, sospirando.
-E' stato pesante il viaggio?- domandò, calmo. Rimasi in silenzio, interdetta. Come … come poteva pensare a cose così futili, inutili! Io stavo in Italia, a Volterra, nel suo covo, mentre la mia famiglia poteva essere in pericolo, essersi preoccupata o... o non so cos'altro.
-Aro, non ho voglia di scherzare- sibilai tra i denti, perdendo tutta la calma che mi ero predisposta a mantenere. -Ma io non sto scherzando- rispose pacato e divertito lui -sto solo chiedendo, con serietà, se il viaggio ti è pesato, Laura- sorrise, divertito.
Lo guardai assottigliando gli occhi, stringendo un pugno; per un attimo dimenticai chi, cosa, fosse veramente e mi avventai contro di lui con tutta la rabbia che avevo in corpo.
-Sei un folle! Come ti è venuto in mente di rapirmi?- gridai, pur mantenendo la voce bassa, quei luoghi mi mettevano una tremenda soggezione. Lui fece scivolare il braccio fino alla mia mano, la distese dal pugno che avevo stretto.
-Non ti ho rapita, ti sono venuto a prendere- ribatté, poi alzò lo sguardo -hai le mani rovinate- osservò, sviando il discorso.
-Mi sono venuti a prendere staccandomi dal bucato che stavo facendo, sì, è per questo che ho le mani rovinate e solitamente il portare una persona dove NON vuole si chiama rapimento!- sbottai, ritirando la mano dalla sua, come se scottasse. Sospirò, poi sogghignò.
-Mi hai detto che per te sarebbe andato bene, lo hai scritto- mi ricordò, allegro; era un bambino, un bambino troppo cresciuto. Scuotei la testa in disappunto, mentre tentavo di mettere chiarezza nella mia testa. Avevo un vorticare irrefrenabile di idee, che si accavallavano, sovrastavano, senza darmi l'opportunità di elaborare un pensiero preciso, che potesse rendere stabile la mia lamentela. Non ne trovai. Aveva ragione. Alzai lo sguardo sconfitta, poi sospirai.
-Hai ragione, ma questo non giustifica il metodo. Volevo avvisare Embry...-
-Oh! Non lo avresti mai avvisato- mi prese in giro, gli occhi si socchiusero mentre rideva, formando due sottili linee, magnifiche, che sembravano poter appartenere ad un dio di un altro mondo, ben lontano da quello che avevo lasciato.
-Invece sì- insistei io, stizzita, sembrava che l'agitazione si fosse sciolta in rabbia e che questa si stesse riversando su di lui, che, prendendola ottimisticamente, ne rideva.
-No, hai scritto anche questo.- ribatté.
-Non mi importa cosa ho scritto! So solo che è sbagliato, capisci Aro. Sba.glia.to. Errato il lasciare la mia famiglia così, senza dire nulla! Ho dei figli, degli affetti!- ringhiai furiosa -si staranno preoccupando!-
-E di me, non ti preoccupi?- scherzò lui.
-Tu... tu sei un pazzo. Lo capisci, vero? Non sono la tua baby-sitter. Io... io non posso rimanere qui- scossi la testa agitata, presa da un nuovo tremore. Ripensai a tutti i mesi, gli anni, passati a scriverci. Agli aneddoti che lui mi raccontava, ai racconti della mia vita che gli lasciavo su quei fogli sempre maggiori, come se, con l'aumentare degli anni, aumentasse la voglia di parlargli. Mi guardò contrariato e storse la bocca.
-Allora ora posso anche dire a Marcus la verità- borbottò tra sé. In un attimo, prima di potermi rendere conto di cosa stessi facendo, scattai, poggiando le mie mani sulla sua bocca, zittendolo; gli occhi spalancati, il viso terrorizzato. La sola idea che potesse essere in pericolo mi infastidiva, il fatto poi che potesse essere colpa mia mi annientava.
Ero mossa da un qualcosa che non riuscivo a spiegarmi, ma che c'era. E ne stavo morendo soffocata.
-Vedi, allora tieni a me- sussurrò,sfiorandomi leggermente il viso, una carezza leggera che riuscì a tranquillizzarmi, pur contro la mia volontà.
-E tu, perché mi hai portato qua?- chiesi, sussurrando, lo sguardo spostato verso il basso, a fissare i pantaloni sporchi di fango.
-Volevo rivederti. Non è la stessa cosa lo scriverti- spiegò, avvertii le sue iridi fissarmi intensamente; mi voltai, sospirando. -Sei come sarebbe stata...- sussurrò, più a se stesso che ad altri.
Non dissi nulla.
Non dissi nulla finché non mi accompagnò nella mia stanza, baciandomi leggermente sulla fronte per poi sparire.
Non dissi nulla, e capii dopo che quello fu il mio vero errore.







ND II AUTRICE, Ulissae (Laura)
Sì, come al solito non mi piace .-. non so cosa farci, mi immagino capitoli grandiosi ma non mi soddisfano mail >.< Volevo chiarire un particolare: Laura e Aro si sono continuati a scrivere, confessando ciascuno se stesso all'altro. Entrambi si fidano, si conoscono e non hanno effettivi segreti. La cosa potrebbe risultare un po' OOC per Aro, lo so; però mi sono immaginata che lui, rivedendo in Laura la sorella, potesse veramente aprirsi, provando un affetto naturale verso di lei. Laura, a sua volta, ricambia questo affetto. Amor che nulla amato amar perdona, disse Dante. Ùù

ND I AUTRICE, Sammy Cullen
Awwwww -w- non potete immaginare che goduria per me leggere un capitolo scritto dalla mia colleguzza XD non stavo più nella pelle, come voi, credo ^^
Allour...Il prossimo credo sarà il mio, ma visto che ho finito i capitoli pronti, ormai vado allo sbaraglio xD (no, scherzo, la storia ce l'ho tutta in testa <3) bah...spero solo che questo vi piaccia! Commentatelo, se vi va^^ a Laura sicuramente farebbe piacere, con tutta la fatica che ha fatto per tirarlo fuori xD

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Capitolo 54
*** Capitolo 13 [POV Sam, Nessie, Seth, Sam] ***


capitolo 13
Capitolo 13


Sammy
Quando mi si stagliarono davanti agli occhi, quasi non riuscii a credere di essere riuscita ad arrivarci davvero.
Le mura di Volterra, innalzate per proteggere la città al suo interno, se ne stavano lì, in tutta la loro magnificenza, deridendo il tempo che non era riuscito quasi minimamente a scalfirle.
Era un bel luogo, sicuramente. Peccato per i vampiri che la abitavano.
Mi morsi un labbro, ed il gesto fortunatamente sfuggì ad Andrea. Quel ragazzo non aveva parlato molto, e questo aveva facilitato le cose, almeno a me. Non volevo sentirmi in obbligo di difenderlo, in caso fosse accaduto qualcosa, ma naturalmente già sapevo che, in caso fosse servito, lo avrei fatto.
La musica arrivava lieve dalla radio dell’auto. Una stazione che non ricordavo di aver mai ascoltato da giovane, ed anche la canzone doveva essere nuova. I Seventeen- qualcosa del genere, gridavano il loro rock giovanile accompagnati da percussioni e bassi assordanti. Naturalmente solo a me quel frastuono arrivava in modo così diretto ai timpani. Andrea non avrebbe mai posseduto gli ultrasuoni simili a quelli di un cane o –come diceva spesso Laura, in tempi più sereni- di un pipistrello.
-Ti piace questo gruppo?- con voce tranquilla, meno imbarazzata rispetto a qualche minuto prima, Andrea cercava un nuovo modo di fare conversazione. Sorrisi, stando attenta a non mostrare troppo i denti, e dissi affabile –A dir la verità non è il mio genere-.
I suoi occhi si posarono un istante su di me e notai un lieve rossore colorirgli il volto. Trattenni le risate, aspettando pazientemente che facesse qualche altra domanda. Intanto, la cittadina continuava a sembrare sempre più vicina.
Andrea, spegnendo la radio, prese fiato e disse –Potremmo…uscire, ogni tanto, se ti va-. Voltai di scatto la testa, fissandolo, rimanendo incredula. Ero così impegnata a ragionare su quello che mi attendeva da essermi scordata di controllare anticipatamente le sue mosse. Tesi le labbra, mordicchiandole in un secondo momento, recitando, prima di rispondergli in modo imbarazzato –Mi dispiace, ma non credo sia il caso. Sono già…impegnata, per così dire-.
Lui schiuse la bocca lasciandosi sfuggire un deluso e amareggiato –Ah…-.
Da quel momento, la poca distanza che separava noi e Volterra fu superata in un avvolgente e per nulla fastidioso silenzio.
Smisi di corrucciarmi con pensieri troppo irrilevanti, o spasmodici, anche se una vocina nella mia testa –una su un milione- mi ringraziava di averle concesso almeno un po’ di “relax”. Avevo i nervi a fior di pelle, ad ogni chilometro in meno.
Il ragazzo seduto al mio fianco si rimise a giocherellare nervosamente con la radio, forse per sbollire la delusione del mio rifiuto e della sua colossale figuraccia.
Sospirai ripensando di colpo a Seth, distante, impegnato a chiedersi il motivo della mia scomparsa, così come Embry si torturava con quella di Laura. Senza rendermene conto, infilai la mano destra in tasca, ritrovando quel pezzo di carta sgualcito dove, l’ironica imitazione del ticchettio delle lancette, sembrava divenire reale, rimbombandomi nella testa peggio del suono di un martello pneumatico. Singhiozzai.
-Stai bene?-.
E di nuovo, non ero riuscita a trattenermi. Puntai gli occhi sul volto di Andrea e risposi con voce pronta –Certo, non preoccuparti-.
Lui annuì, studiandomi un po’, indeciso sul fatto di credermi o meno, fino a convincersi che fosse tutto apposto, poi puntò di nuovo gli occhi sulla strada. Ormai eravamo in salita…così vicini alle mura che mi sembrava quasi di poterle toccare, e di poterle scavalcare grazie ad un solo, lungo, salto.
Respirando a fondo, l’odore dell’essere umano al mio fianco m’inondò le narici. Per fortuna, non bastava una sola bevuta di sangue per far cambiare l’oro colato degli occhi in un agghiacciante color rubino acceso, altrimenti mi sarebbe parso più complicato far sentire Andrea al sicuro.
Si sa, il rosso è un colore inquietante.
Ad una certa, mentre continuavo a chiedermi come fare per portare via Laura di lì, notai quattro figure immobili all’entrata della città. Non mi sarei preoccupata, se non fosse stato per l’aspetto troppo statuario di ognuno di loro.
Smisi di respirare, letteralmente, e sgranando gli occhi dissi, veloce –Torna indietro, subito!-, ma intanto io ero già scesa dal veicolo, fissando quei vampiri. Naturalmente, sperare che Andrea mi desse subito ascolto sarebbe stato troppo, così lo vidi scendere a sua volta e chiedere, confuso –Cosa? Che ti succede?-, poi lanciò un’occhiata alle figure così distanti, senza riuscire a nascondere l’ansia.
Mi girai e dissi, tra i denti –Vattene via di qui!-, poi gli eventi si susseguirono molto in fretta.
Si erano avvicinati, in pochi secondi, ghignando e fissandoci a turno, divertiti. L’unico a restare in silenzio, era Demetri, che riservava la sua attenzione solamente a me.
Tremai, senza riuscire a controllarmi, perdendomi con la mente a quel lontano giorno innevato, quando erano bastati pochi secondi per scatenare una vera e propria guerra.
Una di quelle guardie, approfittando del mio breve attimo di distrazione, fece un passo avanti, verso Andrea. Me ne resi conto di colpo e ruggii, contro di lui, scatenando nell’umano al mio fianco una scarica di sorpresa e confusione.
Non era mia intenzione lasciarlo morire così, se possibile, perciò difenderlo mi sembrava l’unica soluzione, ma questo comportava che capisse che nemmeno io –un’apparente ragazzina di sedici anni- ero umana, come lo era lui.
Mi preparai ad attaccare il più vicino, concentrandomi per un minuscolo istante sul futuro prossimo, in grado di svelarmi quale potere avesse quell’essere. Uno scudo, più o meno come Bella.
Perfetto, mi dissi, ma sapevo anche che tenendone impegnato uno, gli altri avrebbero benissimo potuto saltare al collo di Andrea in ogni istante, quindi, che fare? Sibilai, travolta da un senso di frustrazione. Ero stata io a portarlo fin lì, a chiedergli il suo aiuto ed ora, quando ormai ero vicina al traguardo, mi ritrovavo a dover combattere sola contro una minuscola schiera di guardie sanguinarie, pronte a fargli la pelle.
Strinsi i pugni, cercando di ristabilire la concentrazione, poi rimettendomi in posa eretta, decisi di tentare il tutto per tutto. Alzai le mani, come a far capire che non volevo finire col lottare, e dissi –Vi seguirò senza fiatare se lascerete andare il ragazzo-.
-Lui sa cosa siamo!- sibilò uno di loro, di statura media, coi capelli chiari coperti dal largo cappuccio del mantello. Storsi la bocca dicendogli, seccata –No, non ne è al corrente. Conosco le leggi. Non vado a raccontare a chiunque le solite storielle su di noi-.
Ah…troppo strafottente.
Demetri tese le labbra e fece un cenno al suo compagno di zittirsi. Quello obbedì, dandomi un altro indizio: il segugio doveva essere salito di carica nella scala sociale dei Volturi.
Naturalmente, la cosa non poteva che farmi piacere.
Quando si avvicinò a me, fino quasi a sfiorarmi il viso solo alzando una mano, disse, con voce così gelida da non farmi quasi credere che fosse lo stesso vampiro descritto sui libri di Stephenie –D’accordo. Lui va, tu resti-.
Sospirai, rincuorata, poi feci un cenno ad Andrea di muoversi a salire in auto e andarsene. Quello mi guardò spaesato per un attimo, indeciso sul fatto di lasciarmi o meno lì. Gli sorrisi nel modo più rassicurante possibile, come a dirgli “me la caverò”, ma non ne avevo la certezza. Per quanto riguardava l’idea di vedere il futuro che mi attendeva, non ne avevo la benché minima intenzione. Troppa paura, forse.
Lo osservai correre all’interno del suo veicolo e poi mettere in moto, rapido, poi voltandomi di nuovo verso Demetri dissi soltanto –Bene, ora possiamo andare dai vostri padroni-.
E da Laura.

Nessie
Mi stavo ancora chiedendo il perché. Perché alla fine io, Gabriel e Abram ci fossimo ritrovati sull’ auto di zio Emmett (con cui eravamo andati recentemente a fare “trekking”), sì, ma invece che diretti dai Cullen, in prossimità dell’aeroporto di Seattle.
Forse il motivo era che, una volta entrati in casa di Gabriel, avessimo trovato un angolino strappato da un foglio di carta dove si leggeva qualcosa come “…non perdere tempo” che –ovviamente- aveva dato una svolta a tutta la questione della scomparsa di Sam.
Gabriel si era messo a controllare i risparmi di lei in fretta e furia, i vestiti che le mancavano dai cassetti, addirittura. Insomma, era diventato una specie di detective, mentre Abram se ne restava poggiato al muro guardandolo girare ovunque, come se fosse del tutto disinteressato agli avvenimenti in constante sviluppo o tentasse addirittura di rallentare il nostro amico. A volte sembrava teso, altre ancora ansioso, e questo suo modo di fare riusciva a confondermi. Non lo capivo.
Non lo capivo affatto.
Dal canto mio, non sapevo proprio che fare, e mi era stato vietato di chiamare chiunque. Un grande cambio di rotta, quindi.
Sospirai, guardando fuori dal finestrino, poi dissi –Perché a Volterra?-.
-Perché ci scommetto tutto quel che vuoi che i Volturi c’entrano qualcosa- rispose Gabriel, fissando dritto davanti a sé la strada.
Ignorai i borbottii sommessi di Abram, provenienti dal sedile posteriore, e mi resi conto solo allora che c’erano due battiti cardiaci in più, nell’auto.
Cinque, non tre. Com’era possibile?
-Gabriel, ferma l’auto- dissi, rapida. Lui girò la testa per guardarmi confuso e chiese –Perché dovrei?-.
-Perché c’è qualcuno nascosto nel portabagagli, forse-.
Frenò così all’improvviso che rischiai quasi di finire contro il vetro. Arricciai il naso, guardandolo scendere e dirigersi dietro il veicolo.
Due secondi soltanto, e lanciò un’imprecazione a voce così alta che credo mio padre e mia madre sarebbero riusciti benissimo a sentirlo da Forks.
-Che.cosa.ci.fate.voi.due.qui?!-.
-Veniamo con voi a Volterra, mi pare logico-
-Tornate subito a casa!-
-Oh…d’accordo. E come?-.
Solo due persone potevano parlare all’unisono a Gabriel, e solo quelle due persone potevano essere così brave da costringere addirittura Abram a scendere dall’auto e affiancare –almeno per una volta- Gabriel.
Perfetto, pensai, altri due cuccioli a bordo.
Kenai e Neka.

Seth
Dove sei? Dove sei?
L’unica domanda che riuscivo a farmi era questa, e non c’era nessuna risposta pronta a darmi il benché minimo aiuto.
Dov’era Sam? E Gabriel?
Cos’era successo?
Domande. Milioni di domande, tutte compresse nel mio cervello, vicine ad esplodere come una bomba ad orologeria. E non erano le sole.
Sentivo la pelle così tirata da non riuscire quasi a muovermi, per paura di poter innescare la trasformazione in lupo.
Ma, dio…non riuscivo proprio a calmarmi. Era come se tutto ciò che mi circondava girasse ad una velocità troppo elevata. Alla fine, mi parve quasi di svenire.
Sam era sparita. Gabriel era sparito.
Ed io non avevo potuto far nulla per fermare né l’una e né l’altro.
Quando sentii un ululato, agghiacciante, pieno di dolore, innalzarsi dal bosco vicino casa, sussultai e corsi immediatamente fuori, compiendo un balzo per poi atterrare sulle quattro enormi zampe canine.
Laura…Laura…
Solo una persona poteva pensare così insistentemente a quel nome, e solo una persona poteva prendere le sembianze di un lupo dal folto pelo color cioccolato. Embry guaiva, girando in tondo, come impazzito, annusando ogni centimetro di terreno umido e ricoperto da muschio viscido.
Gli andai incontro, sbuffando col naso, in preda alla stessa incontrollabile ansia, lo stesso immenso timore di aver perso qualcosa di inestimabile.
Ma se Laura era sparita, capivo dove poteva essere andata Sam. O con lei, oppure alla ricerca di lei.
Un piccolo indizio, che poteva esserci utile.
Erano sparite più di due persone, e tutte per lo stesso motivo.
Ora restava solo una cosa, da capire: quale?

Sammy
La sala non mi era mai parsa così immensa, in nessuno dei sogni fatti da umana, né durante le fantasiose visioni che ne avevo avuto durante la lettura di New Moon. Le vetrate erano a forma d’arco, prive di tutti quei disegni colorati che vi avevo immaginato, e si estendevano lungo entrambe le pareti laterali, facendo filtrare –durante il giorno- la luce calda del sole. Le pareti, immense, alte almeno una quindicina di metri, erano interamente di pietra, forse formate da mattoni laterizi o tufo, e sempre ai due lati maggiormente estesi -data la forma rettangolare dell’intero spazio- della sala, si innalzavano sei colonne in marmo, che contrastavano molto, data la loro lucentezza, con i colori caldi che c’erano tutt’intorno.
Tremai leggermente, pensando a quanto fosse azzeccata quell’architettura così curata per il luogo comune della più numerosa e temuta famiglia di vampiri nell’intero mondo abitato.
Era proprio vero che gli italiani non avevano pari nella costruzione di edifici. Nemmeno sotterranei.
-Finalmente! Speravo davvero di rivederti, prima o poi…-.
Quella voce così seducente, così ammaliante, mi riecheggiò nella testa per almeno una decina di secondi. Troppi, dato che Aro mi era comparso di fronte nella metà, osservandomi come un premio da vincere all’asta.
Mi morsi un labbro, poi dissi, cercando di mantenere un tono di voce calmo e naturale –Io speravo il contrario, ma a quanto pare il destino ha voluto così-.
Rise, di gusto, arretrando di due o tre passi per guardarmi meglio –Davvero brava nel rispondere. Sei notevolmente migliorata. Da umana mi eri parsa un tantino…nervosa-. Sogghignò.
Mi resi conto solo allora che c’erano tutti gli altri, attorno, compresi Marcus e Caius seduti sui rispettivi troni.
Non gli risposi, perché non me ne diede il tempo. Si voltò un attimo verso Demetri e disse, sorridendo come se la mia visita fosse per lui motivo di gioia –Davvero un ottimo lavoro, Demetri. Ero certo che saresti stato gentile, nel scortarla da noi-.
Il segugio chinò il capo, ma riuscii benissimo a notare l’occhiata piena d’odio che mi riservò da sotto le folte ciglia.
Sibilai, intromettendomi –La mia non è proprio una visita di cortesia, Aro. Sono qui per un motivo preciso, e lo sai-.
Caius storse la bocca –Giovane e insolente-, disse, ma riuscii a ignorarlo.
Aro sorrise, girandomi attorno, come un leone pronto a balzare. Peccato che lui avesse le fattezze di un cobra, invece che di un felino. Perciò conveniva restare fermi.
Smisi quasi di catturare aria e trattenerla nei polmoni.
-Oh, ma io so tutto, Samantha…- fece silenzio un secondo, prima di chiedere –O preferisci che io ti chiami Sam?-.
-Come preferisci-. Non mi voltai, e percepii le sue labbra estremamente vicine al mio orecchio sinistro, mentre mormorava -…Dovresti rilassarti, Sam. Lei sta bene, oserei dire che non è mai stata meglio in tutta la sua vita…umana-.
Fu come se mi avesse staccato la testa dal corpo e avesse bruciato il resto, solo che non c’era dolore, ma solo uno strano senso di stordimento. Ogni suono era ovattato come quando ci si immerge in acqua. Cos’è che aveva appena detto? Cosa, a parte il mio peggior timore?
Si può morire più di una volta, nella vita? Perché se la risposta è sì, beh…a me era appena capitato.
-Laura, no…- un soffio, sfuggito dalle mie labbra.








Se si può chiedere perdono, allora lasciate che lo faccia. E' terribile avervi fatto attendere mesi per un solo capitolo. Orrendo davvero, ma la mia vena creativa era andata a nascondersi non so dove, e di questo sono la prima a dispiacermi. Ora sembra essere tornata, perciò spero di riuscire a tornare a passo coi tempi, ma non si sa mai cosa può accadere. Non mi perdo in chiacchiere e vi lascio immaginare cosa accadrà a ogni personaggio. Grazie a chi ha avuto la pazienza di attendere il mio ritorno.
Baci
da Sam

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Capitolo 55
*** Capitolo 14 (POV Sammy -parte prima) ***


capitolo 14
Capitolo 14


Sammy
La vita può essere un’avventura meravigliosa.
Avevo sentito questa frase da qualche parte, anche se non ricordavo dove. Forse ne avrei apprezzato il senso da umana, così come ora che ero una vampira potevo apprezzarne il sarcasmo. La vita non è affatto meravigliosa, figuriamoci quindi l’immortalità. Ma cosa potevo dire a Laura, che aveva accettato senza troppi complimenti di diventare come loro, come me?
Nulla, naturalmente.    
Mi voltai, forse più con l’intento di scostarmi dal tocco leggero e tiepido delle labbra di Aro che per guardarlo in viso, e sibilai, travolta da un improvviso senso di impotenza, ma anche da una rabbia cieca.
-Lei dov’è? Dimmelo!- scoprii i denti.
Lui rise, sinceramente divertito, prima di rispondere alla mia domanda –Proprio dietro di te, mia cara-.
Mi paralizzai, girandomi a guardare una vampira di bassa statura, ma dal corpo ben proporzionato, dalle forme morbide. Inconfondibili, erano quei capelli ricci e quegli occhi così espressivi, eppure di un colore estremamente diverso. Non c’era nemmeno una minima traccia del marrone scuro che ricordavo così perfettamente. Rossi. Occhi rossi, come quelli di tutti gli immortali decisi a non cambiare le proprie abitudini.
Mi sentii in uno stato di tale malessere che quasi ebbi il dubbio di essere di nuovo umana, di essere di nuovo viva.
Eppure era l’esatto contrario. La mia non era vita, era morte. Una morte tanto dolorosa da non riuscire a sopportarla.
Cosa avevo appena perso? Un’amica? Soltanto questo? O l’unico appiglio che riuscisse a ricordarmi che anch’io anni addietro ero stata un essere umano?
Singhiozzai, prima di buttargli le braccia al collo.
-Laura…che diavolo hai fatto…- mi morsi un labbro, scostandomi solo per osservarla in viso.
Sapevo che il silenzio tutt’intorno a noi era dovuto al fatto che quello che stava avvenendo era per i Volturi uno spettacolo irripetibile. La sofferenza di uno dei membri della famiglia di vampiri vegetariani più numerosa, cioè io.
Lei mi osservò un istante, poi mi sfiorò il volto con due dita e disse, lentamente –Ho solo avuto una seconda opportunità, Sam-.
Mi sembrò di percepire una minuscola nota di disappunto in quelle parole. Amarezza, come se in fondo non lo avesse davvero chiesto, ma pensai di averlo solo immaginato.
-E’ sbagliato, Laura! Sei stata una stupida, te ne rendi conto? Aro ti sta usando, come ha sempre fatto con tutti i suoi adepti!-.
Ah. Mai schiaffo fu più doloroso di quello che ricevetti da Laura. Mi portai una mano sulla guancia, restando paralizzata dalla sorpresa. Un po’ più forte e sarebbe riuscita a scaraventarmi dall’altra parte della sala.
-Laura c…cosa ti è accaduto?!- sibilai, scuotendo il capo, poi mi voltai, per ignorarla e fissare Aro nuovamente. Se tutto questo aveva avuto inizio, la colpa era solo sua. Sua, non di Laura.
-Cos’è che vuoi? Parla! Cos’è che vuoi?- quasi gridavo.
Lui sorrise, come se il mio comportamento non lo stesse minimamente scalfendo.
Mi oltrepassò, affiancando Laura e stringendola per i fianchi, leggero, poi disse, gentilmente, con quel suo tono così suadente e rassicurante da sembrare un nonno affettuoso, pur dimostrando massimo trent’anni –Credevo saresti riuscita ad arrivarci senza aiuti da parte mia, ma a quanto pare non è stato così, il che mi fa pensare che tu abbia rifiutato di pensarci, semplicemente-.
Arricciai irritata il naso, poi dissi –Posso farti perdere meno tempo. Dammi qualche secondo-. Lui sogghignò, così rapidamente che quasi non riuscii a notare il movimento delle labbra –Certo, fai pure con comodo, Sam-.
Lo fulminai, prima di concentrarmi un attimo su un lasso di tempo simile a tre minuti dall’attimo che stavo vivendo, ed i miei occhi si persero ad osservare Aro sempre intento a tenersi stretto al fianco la mia –difficile definirla ancora tale, ma non riuscivo a pensare altrimenti- amica, che mi diceva, sempre sorridendo –Abbiamo saputo da un nostro vecchio conoscente della capacità di cui sei provvista e, naturalmente, abbiamo preso subito in considerazione la cosa. Tua sorella ha rifiutato l’offerta più di una volta, perciò…-.
Alice, mi dissi, prima di continuare ad ascoltarlo.
-…Io ed i miei fratelli siamo arrivati alla conclusione che tu potessi essere un buon rimpiazzo. Oserei dire addirittura ottimo, ma che sicuramente non avrebbe accettato tanto volentieri di unirsi alla nostra famiglia, com’è solito dei Cullen. Senza offesa- aggiunse, veloce.
Smisi di respirare, prima di attendere che arrivasse al dunque.
Aro intanto si era teso in avanti, verso di me, dicendo, con quell’aria amichevole –Non pensare subito che io abbia rapito Laura, o cose simili, te ne prego. Io e lei eravamo in contatto da anni, da dopo la battaglia. Di certo sapevamo che avrebbe influito molto il suo arrivo qui, e che ti saresti imbarcata sul primo aereo per raggiungerla e riportarla a casa-.
Strizzai gli occhi e mi resi conto che Aro, quello reale, mi teneva con delicatezza una mano, osservando la stessa scena che osservavo io. Ringhiai, facendogli lasciare la presa, in tensione, poi dissi, a denti stretti –Quindi è questo. Tu vuoi me, il mio potere, e Laura era solo un mezzo per obbligarmi ad arrivare fin qui!-.
Il vampiro socchiuse gli occhi, tese le labbra, teatralmente, poi disse –E’ un vero peccato che tu voglia metterla su un piano così meschino. Credevo di essere stato abbastanza chiaro nella tua visione. Non ho usato Laura per giungere a te-.
-Ah, no, certo- risi, amara –Lei era solo un surplus-.
Laura abbassò lo sguardo, in difficoltà, come se finalmente qualcosa nelle mie parole la avessero colpita davvero.
Mi resi conto solo allora che tra lei ed Aro c’era stato qualcosa di più di un semplice incontro tra amici. Una relazione era più che comprensibile, visto come si tenessero l’uno vicino all’altra e viceversa. La rabbia mi inondò il corpo, quasi dandomi l’impressione che potessi esplodere.
Ruggii, prima di balzare contro Aro, con tutta l’intenzione di staccargli la testa a morsi, ma Laura fu più veloce, e mi bloccò buttandomi a terra. Sentii il colpo duro e forte della mia schiena che andava a frantumare il pavimento, ed i miei occhi si incrociarono con quelli di lei per un solo, brevissimo, istante.
Laura mi guardava con occhi pieni di fastidio, di sfida, come quelli di un qualunque neonato pieno di sé, ma poi, concentrandomi, notai sul fondo un debole riflesso di qualcosa che mi parve vergogna, o afflizione.
Era questo, che stava facendo? Chiedeva silenziosamente il mio perdono per com’erano andate a finire le cose e per quello che mi stava facendo?
Cercai di respirare regolarmente e sussurrai –Sei e sarai la mia migliore amica sempre, qualunque cosa accada. Ti ricordi, Laura? Lo dissi a te anni fa, non ad Alice, non a Edward. A te-.
Lei allentò la presa sul mio collo, distrutta, e mi rispose in modo che nessuno a parte me riuscisse a sentire –Mi dispiace…- e per un attimo pensai di essere riuscita a farla ragionare, ma poi terminò con -…non riesci a capire, Sam. Non ci riesci- e si scostò, tornando accanto ad Aro.
Dolore. Un dolore terribile.
Mi rimisi lentamente in piedi, barcollando, e puntai i miei occhi sul vampiro dai capelli neri.
Non c’erano altre possibilità, quindi? Dovevo restare? Era questo il finale della storia?










Scusate il fatto di avervi DI NUOVO fatto attendere un mese, e anche che questo capitolo sia monuscolo come un extra, ma gli ultimi giorni -settimane- di liceo mi hanno rubato tempo (sicuramente capirete cosa intendo, con verifiche, interrogazioni, domande generali per confermare un voto o due), quindi mi è stata tolta la possibilità di impegnarmi di più in questa storia o riprendere a scrivere anche le altre che ormai ho quasi del tutto dimenticato (ç_ç).
Laura a sua volta ha così tante idee da non potersi dedicare anche alla collaborazione con me, quindi per un certo periodo (non so quanto) lavorerò da sola.
Vi prometto che cercherò di tornare a passo coi tempi, ma voi restatemi vicine, ne ho bisogno.
Grazie per l'ascolto, e scusate ancora.
Sammy C.



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Capitolo 56
*** Capitolo extra [Mentre Sam è ancora in viaggio] ***


capitolo extra sam in viaggio laura

Capitolo extra [mentre Sam è ancora in viaggio]

Laura

Suppongo che ora vi starete chiedendo il perché, no?
Direi che è una domanda più che dovuta e quasi scontata, ve la concedo senza troppi problemi. Anzi, è lecita.
Sicuramente anche voi avrete condannato la mia scelta, avrete pensato o che amica infingarda, che schifo, che ribrezzo. Tutto normale, ma per favore, state a sentire qui.
Credo che per farvi capire al meglio le mie ragioni dobbiamo fare una digressione, più o meno di due settimane. Ora, se penso all'idea di due settimane, mi viene da ridere.
Non appena arrivai a Volterra capii che Aro avrebbe giocato sporco; lo sapevo da prima di partire e perciò non mi sconvolsi di niente né mi offesi per alcuni suoi atteggiamenti.
La prima sera che rimasi lì non dormii: il jet leg aveva completamente sballato i miei orari biologici e l'eccitazione era così prepotente e presente nel mio corpo che mi rifiutai di chiudere gli occhi.
Lui protestò per un po', se non fosse stato per la sua natura di “gentiluomo” mi avrebbe messo a forza a letto, ma alla fine dovette arrendersi all'evidenza dei fatti: dormire era l'ultimo dei miei pensieri.
La camera dove alloggiavo aveva un piccolo bagno attinente, mi spiegò che era una delle poche a possederlo o, per lo meno, a possedere anche un water e non solo una vasca da bagno. Mi spiegò che erano presenti delle terme, nei sotterranei. Mi disse molte altre cose, ma ora non le ricordo; probabilmente neanche le stetti a sentire, ero così emozionata che tutto mi sembrava superfluo.
Camminando per la stanza notai la cura con la quale era stata arredata: il letto enorme, dalle coperte soffici e profumate, l'armadio d'epoca, accanto alla finestra, con le ante possenti e la parete di fronte alla porta del bagno, con una magnifica libreria.
I dorsi dei volumi erano tutti tremendamente antichi: di cuoio o di pelle colorata, conservavano i titoli dorati, anche se alcuni erano sbiaditi. Erano per la maggior parte in italiano, ma alcuni, come potei notare, erano o latini o francesi o inglesi. In tutta quell'antichità ci furono dei libri che catturarono la mia attenzione: edizione economica, industriali, moderni. Andavano a cozzare tremendamente con quell'ambiente, risultavano... sgraziati.
Mi volti e lo fissai negli occhi, che poco a poco si scurivano.
-Allora?- mi domandò, gentilmente.
Gli indicai con un indice i testi e lui scoppiò a ridere, si avvicinò a me e mi sistemò meglio i capelli, con quelle mani gelide e delicate allo stesso tempo.
Pensai che avrebbe potuto uccidermi solo volendolo, con un gesto secco farmi morire, bere il mio sangue e poi lasciar cadere il mio corpo inerme. Magari calpestarlo in un moto di stizza. Sì, sarebbe stato da lui.
-No, non lo farei mai- mugugnò, quasi offeso. Sorrisi, flebilmente e lo guardai di nuovo.
-Che mi significano questi libri?- domandai, non nascondendo una certa curiosità.
-Oh, lo sapevo che li avresti notati- commentò, la voce si tinse di soddisfazione e osservai la mano lunga e affusolata prenderne uno avvicinandoselo.
La pelle era innaturalmente liscia e in un primo momento poteva dare quell'impressione di più strati sovrapposti, con un'attenta osservazione, però, si potevano notare perfino le piccole vene secche, e rendersi conti di quanto fosse compatta.
-Saga terribilmente avvincente, non se ne trovano molte in giro di questi tempi- sorrise e mi guardò.
Anne Rice, signora delle tenebre.
Alzai un sopracciglio e dissi: -anche mio figlio la pensa come te, non conserva molta fiducia nella modernità-
-Saggio ragazzo- rise lui, poi ripose il libro e disse.
-So che ti piacciono e ho voluto procurarteli...- iniziò.
-Mezzi di persuasione, vero?- lo fermai, guardandolo intensamente. Sorpreso non poté trattenere un'espressione stupita, distendendo il viso terribilmente pallido, dall'aspetto malato.
Le occhiaie sotto gli occhi erano ancora più scure e gli occhi ormai si avvicinavano al nero.
Scosse la testa, divertito e si chinò su di me. Mi sfiorò l'orecchio con le labbra piene e gelide, sussurrando all'orecchio: -riuscirò mai a stupirti?-
Mi gelai e all'istante, nel mio cervello, si proiettarono migliaia di immagini di me e la mia famiglia.
Embry, Embry, Embry.
Cosa stavo facendo?
-Suppongo sia un sì- sviai la sua domanda, che aveva assunto dei toni troppo spinti per la mia mente e lo guardai di nuovo.
-Sai bene che sono più che decisa della mia scelta. Ho passato quasi vent'anni a vedere i pro e contro di una tale decisione...-
-Sei tremendamente matematica- rise, scostandosi e sedendosi su una poltrona. Era antica e scricchiolò un poco sotto al suo peso.
-E sai bene che non mi tirerò indietro- conclusi, continuando a guardarlo con attenzione.
Mi sorrise e annuì, compiacente.
-Lo so. Lo so bene-
Sospirai e mi avvicinai, sedendomi sul letto. La stanchezza che avevo non mi permetteva comunque di stendermi e chiudere gli occhi, avrei di sicuro perso tantissimo tempo nel rimuginare.
Mi tirai su i capelli, sospirando.
Lo vidi tendersi e portarsi una mano alla bocca con un gesto così veloce che non lo avvertii se non concluso. Inarcai le sopracciglia e feci per parlare, ma lui alzò un'altra mano, facendomi segno di tacere. Obbedii e rimasi a fissarlo.
Aveva smesso di respirare, lo vidi alzarsi e chinare leggermente la testa, visibilmente irritato.
-Perdonami... non posso rimanere...-
Non risposi e continuai a fissarlo. Il mio odore. Dovevo immaginarlo.
Annuii, facendogli intendere che lo capivo e che non doveva preoccuparsi. Scocciato uscì, borbottando qualcosa contro di sé.
Lasciai vagare lo sguardo per un po', finché alle sei del mattino, come indicava un pendolo accanto all'armadio, non crollai.
Sognai i miei figli quella notte e mi ripetei che tutto questo lo facevo per loro. Anche per loro.

Aro venne da me la notte dopo. Avevo ormai preso degli orari assurdi, ma non avevo la benché minima voglia di modificarli. Gli occhi erano così accesi che quasi mi spaventarono: doveva aver cacciato molto.
-Scusami per ieri: duemila anni e ancora non riesco a sopportare un odore- commentò acido.
Sorrisi e gli dissi che non mi importava, e che conoscendomi io non avrei resistito. La battuta non gli piacque e mi lanciò un'occhiata tremenda.
-Dovrai resistere. Ricorda che creare neonati è sempre una presa di responsabilità. Diventare vampiro è una presa di responsabilità- rettificò, si sedette nuovamente sulla stessa poltrona e capii che di sicuro quella era la sa preferita e che probabilmente l'aveva fatta portare lì da qualche suo studio, tanto ci si trovava a suo agio.
-Scherzavo, Aro. Lo sai meglio di me che userò tutta la mia forza per concentrarmi- risposi, leggermente irritata.
Lui mi guardò, poi rise e allungò una mano verso di me. Sospirai e gli porsi la mia. La strinse delicatamente, poi ne baciò il dorso. Mi guardò con occhi più affettuosi e dolci, mormorando: -perdona anche il mio modo di fare, mi scordo di quanto possa risultare brusco, a volte-
-Ti facevo più gentiluomo- scherzai, sedendomi sul bracciolo e fissandolo.
Rise, una risata leggera e ammaliante, dovetti sbattere più volte gli occhi per non cadere in trance.
-Con te mi lascio andare troppo spesso, è un gran peccato- sospirò.
Gli sorrisi e gli spostai una ciocca di capelli dal viso. Il volto freddo e perfetto sembrava quello di un angelo di Michelangelo o, più precisamente, quello di qualche infernale diavolo di Caravaggio. Sì, più oscuro.
-O una gran fortuna, sei sincero... non è cosa da poco- ritirai la mano e rimasi in silenzio.
Lui sorrise a quelle parole e annuì. Poi mi guardò e disse: -pensavo di trasformarti la prossima settimana. Ci saranno meno guardie, meno scandalo- iniziò.
Lo stabilire la data rese la cosa ancora più concreta e perciò trasalii, quasi realizzando in quel momento la gravità dell'azione.
Inarcò un sopracciglio sottile e perfetto, studiandomi.
-Laura?-
Mi alzai, come se la sua presenza mi facesse male, come se all'improvviso la sua pelle fosse diventata bollente e io ne fossi rimasta bruciata. Lo guardai per un attimo e gli diedi le spalle.
-Tu perché lo fai?- domandai, sentivo la voce che si modulava a suo piacimento, facendogli notare ogni mio singolo umore. Pensai, nello stesso tempo, che ormai doveva essere tanto esperto che voce o no, avrebbe comunque capito il mio stato d'animo.
-Che domanda... stupida, se permetti- commentò, inacidendosi un poco. Non mi voltai, non ne ebbi il coraggio; ripetei nuovamente la domanda e lui sospirò.
Nonostante ormai fossi adulta e che probabilmente lui risultava quasi più giovane di me, mi sentivo a disagio. Avvertivo ogni singolo anno, esperienza, situazione che ci rendeva differenti.
E, come sempre, mi sentii debole.
Così dannatamente umana.
-Non volevi, cosa ti ha fatto cambiare idea, Aro?- questa volta lo guardai, passandomi una mano nei capelli a disagio.
-Sai bene perché non volevo...-
-No, non lo so affatto. Non mi hai mai spiegato il perché. E, sinceramente, non capisco neanche quale possa essere. Potrò comunque vedere il sole, stare con i miei figli, con mio marito, fare una vita completamente normale- parlavo concitata, non fermandomi sulle parole, facendomi travolgere da quel discorso che da anni volevo affrontare con lui. Non su sterile carta, ma faccia a faccia. Osservandolo, cercando di capire.
-Quindi per te uccidere uomini per nutrirti sarebbe normale?- iniziò a parlare lento, guardandosi le unghie così particolari. Sembravano risplendere, lucenti, era la prima volta che le notavo così, lo fissai stranita.
-Ho scordato di metterci sopra della cenere... sono così fastidiose alla vista- storse il naso, aprendo e chiudendo subito quella piccola parentesi. -Allora. Questa normalità?-
Lo inchiodai con gli occhi e dissi, seria: -sai bene che non ucciderò nessun uomo. Lo sai.- scandii le ultime due parole quasi con rabbia. Lui scosse la testa tra di sé, come un genitore troppo paziente.
-Laura, quando verrai trasformata dubito fortemente che riuscirai a pensare con tanta lucidità... siamo in pochi a...-
-Tu ci sei riuscito, no?- tagliai corto, avvicinandomi e serrandolo alla poltrona. Gli occhi gli brillarono, estasiati: le mie azioni, i miei modi di fare gli piacevano, me lo aveva sempre detto.
-Sì, ma non siamo tutti uguali- il tono era basso, quasi non lo sentii.
-Non ho mai fallito in nulla, Aro- commentai acida, allontanandomi.
-Vorrei correggerti e ricordarti in quale situazione ci incontrammo- ridacchio, quella risata argentina, che allo stesso tempo mi affascinava e raccapricciava.
-Non lavoravo da sola- ribattei subito, ma la sola idea di quel lontano giorno mi aveva messo addosso un'ansia e una tristezza improvvisa. Scacciai subito dalla testa quei ricordi e gli risposi.
-Aro, non mangerò umani, a costo di passare i prossimi cento anni in Siberia-
-Neanche una volta?- si chinò in avanti, afferrandomi delicatamente per un polso, costringendomi di nuovo a sedermi sulle sue gambe. Smaniai un poco, ma non opposi vera e propria resistenza.
Sospirai e lo guardai stancamente.
-No. Lo devo a mio marito e alla mia famiglia. Lo faccio per loro- conclusi decisa.
Sorrise e mi prese le mani tra le sue, iniziò a giocarci con movimenti lenti. Sembrava deliziato dalle mie dita, quelle dita che tanto odiavo. Passò l'indice sulle piccole fossette che si venivano a creare all'altezza delle nocche.
-Sei curiosa tanto quanto me- mormorò.
Deglutii e sospirai: -non mi interessa sapere il gusto del sangue- la voce mi tremava e io stessa non ero sicura della mia risposta.
-Non è una questione di sapore, Laura e tu lo sai bene. SI tratta di sensazioni, è ben diverso.
C'è gente che ucciderebbe per provare l'estasi di una sorsata, gente che crede in noi, ovviamente- aggiunse con fare saccente, quasi divertito dall'idea.
-Non io, Aro- sussurrai, facendo per alzarmi, scossa da quella conversazione.
Riusciva sempre a demolire tutto, lo fissai in piedi e sentii un pizzicorio agli occhi. Dovevo piangere.
-Aro, ho una famiglia e... e tutto questo lo faccio per l'egoistica pretesa di rimanere con loro; di non diventare cenere, di non... di non far sì che io sia lasciata indietro. I miei figli, se vorranno, potranno vivere in eterno, così mio marito. Perché io non potrei?-
Tremavo di rabbia, e mi resi conto che iniziai a piangere copiosamente, eppure lui non si alzò. Continuò a guardami, l'attenzione rivolta alle mie lacrime.
-Non potrai piangere- mormorò sottovoce -tuo marito ti troverà gelida e fredda nel suo letto; detesterai l'odore dei tuoi figli, la tua piccola casa, il tuo lavoro... quello sì che diventerà cenere. Morirai nel preciso istante in cui il mio veleno entrerà nelle tue vene. Non sarai tu a svanire, ma tutto il resto-
Si era alzato e mi fissava, la voce si era addolcita, perdendo l'asprezza iniziale e ora mi sfiorava una guancia, asciugando le lacrime.
Mi chiesi perché non si gelassero sulle sue mani.
Quando ero con lui mi ponevo molte domande stupide.
-Io non voglio diventare cenere- sussurrai.
Credo che in fin dei conti l'immortalità ruoti intorno a questo desiderio incostante di esistere. Con tutti i mezzi; si può giocare sporco o pulito, ma il fine è sempre lo stesso: la vita.
-E' per questo che ti trasformerò- si era chinato e mi disse ciò all'orecchio, con voce soave e completamente priva di artefici.
Mi baciò il collo e si ritirò su. Mi sorride e uscì, lasciandomi sola.
Eppure, senza dire nulla mi aveva posto la domanda cruciale: fino a dove arrivava la mia famiglia?

I giorni seguenti non disse nient'altro. Si rivelò l'amabile ospite che voleva essere; mi portò ogni sera a cena fuori, scordando quasi il suo ruolo di regnante e sollevando la curiosità comune.
Mi ritrovai perfino Marcus in camera un pomeriggio. Non disse nulla, semplicemente mi studiò, uscendo dopo circa un'ora, con la faccia stralunata.
Quella settimana passò troppo in fretta o troppo lentamente. Le notti le passai insonni, nonostante desiderassi a tutti i costi dormire. Mi resi conto che i sogni mi sarebbero mancati nella mia nuova vita.
Più volte fui tentata di chiamare i miei figli ed Embry, ma sapevo bene che farlo avrebbe significato la fine di ogni mio piano.
Sapevo che Abraham avrebbe capito più di tutti, i gemelli erano di vedute così aperte che non costituivano un problema... ma Embry. Oh, Embry era la grande incognita di tutto quel carosello che avevo costruito.
Non sapevo in che modo avrebbe preso la mia decisione, se l'imprinting sarebbe stato abbastanza potente per fargli scordare la mia situazione o se, al contrario, ogni mia scelta sarebbe stata da lui condannata.
Per di più la lontananza aveva, in qualche modo, allentato quella stretta amorosa nella quale per anni ero vissuta.
L'imprinting non è un obbligo al matrimonio, questo credo sia chiaro. E' bensì l'attaccamento di uno a un altro, ma non obbligatoriamente viceversa.
Si ricambia perché si vuole, non perché si è obbligati da qualche legge naturale.
E io, che sin dal principio avevo trovato qualche problema nell'integrami all'interno di questo schema, ora che non avevo più il suo sguardo unico e speciale a fissarmi... mi sentivo più libera.
Mi resi conto che la trasformazione avrebbe dato inizio a una nuova concezione dell'imprinting da parte mia e che quell'affetto smisurato che in tutti quegli anni avevo provato per Embry stava sbiadendo, con la semplice lontananza.
Lo amavo, lo avevo amato con tutta me stessa, ma mi rendevo anche conto che era qualcosa indirizzato e pilotato, poco... naturale.
Aro, inoltre, aveva subito carpito questi miei pensieri e non faceva che gettare benzina sul fuoco.
Come a sedici anni avevo dubbi esistenziali, della stessa gravità e importanza, solo che questa volta ci andavano in mezzo tre figli.

Era venerdì sera quando Aro entrò in camera, ben vestito. Si era concesso una camicia bianca senza cravatta e un paio di pantaloni di cotone neri; potei notare che, come sempre, indossava un piccolo accessorio color porpora, in questa occasione si trattava di un paio di gemelli. Due minuscoli rubini, che potrei giurare avessero il valore dello stipendio annuale di un normale essere umano.
Gli sorrisi, ero seduta davanti al tavolo da toletta. Era un oggetto che a casa non possedevo -andavo sempre così di corsa!-, ma del quale ero rimasta affascinata.
Continuavo a scrutarmi in continuazione, sfiorandomi la fronte, solcata da leggere rughe.
Mi domandavo se sarebbero rimaste o se il suo veleno mi avrebbe concesso un piccolo lavoro di chirurgia plastica. Si avvicinò e fece scivolare le mani sulle mie palpebre, obbligando a chiudere gli occhi.
Sorrisi flebilmente e lo lasciai fare, sentendo cadere in mezzo ai seni un pesante ciondolo. Quando fui di nuovo libera di guardare abbassai lo sguardo e presi quel magnifico gioiello.
Era un medaglione piuttosto grande; tondo e di oro puro, così brillante da sembrare falso. Era ruvido, probabilmente non lavorato dai moderni orafi, ma di più antica fattura. Potei notare i classici lavori dell'arte etrusca e lo guardai interrogativa.
-Sulpicia non l'ha mai apprezzato, ma a me è sempre piaciuto- mi spiegò -mi perdonerai se ho “riciclato” questo dono-
Scossi la testa e lo guardai, poi fissai di nuovo il medaglione e sorrisi entusiasta. Mi alzai e lo abbracciai con tutta me stessa, posando le labbra sul suo collo, così tremendamente freddo.
Si gelò, immobilizzandosi. Deglutì e fece scivolare le dita magre tra i miei ricci, sempre scomposti e indomabili.
Lo avvertii accarezzarmi la testa delicatamente, impicciandosi con i boccoli e sorridendo.
-Mi piacciono tremendamente- commentò sottovoce, con dolcezza.
Sorrisi e mi scostai.
-Grazie mille, mi piace tantissimo- volevo continuare la frase, aggiungendo quanto la moglie fosse stupida a non gradire un regalo del genere.
Lui capì e scoppiò a ridere, tirò fuori dal taschino della camicia un paio di occhiali da sole, il modello d'aviatore, e li indosso con eleganza unica.
-Glielo regalai in seguito all'ennesimo tradimento. Tentò di strozzarmici- ironizzò, aprendo la porta. Io ero andata a infilarmi le scarpe, lo guardai stralunata, e trattenni le risate.
-Strozzarti?-
-Oh, sì. E ci era quasi riuscita. Se non fossi immortale ora come ora sarei morto un migliaio di volte in seguito a tutti gli attentati da parte di mia moglie- si poggiò allo stipite, mantenendo spalancata la porta.
-Smetterai di tradirla?- risi, superandolo e aspettandolo poi. Mi raggiunse e con sguardo furbo mi fissò per un poco.
-Dubito. Se veramente diverrai immortale, dubito fortemente- ridacchiò, lasciando in sospeso quella questione, e facendomi sospirare profondamente.
Chissà se Embry avrebbe cercato di strozzarmi con il laccio della macchinetta fotografica.

Aro guidava da dio. O meglio... la macchina che guidava era qualcosa di favoloso. Le strade della campagna a quell'ora erano praticamente deserte e lui poteva scivolare tranquillamente, semplicemente sfiorando il volante dell'auto sportiva.
Avevamo mangiato in un piccolo borgo lì vicino, diceva che la maggior parte dei turisti italiani ci passava almeno una volta prima di finire a Volterra.
Solo dopo qualche ora mi resi conto di quanto fosse tremendo quello che aveva detto.
Aro non mangiò nulla né l'ordinò. Rimase a fissarmi compostamente, intavolando discussioni interessanti e che più volte mi fecero scordare il resto del mondo.
Stando con lui, dimenticando la sua natura di regnante e assassino senza scrupoli, mi sentivo nuovamente me stessa. Approfondivo argomenti che da sempre mi interessavano, parlavo liberamente, potevo sentire le sue idee così articolate e solide.
Aro, era innegabile come cosa, era la mia anima complementare.
Certo il fatto che a volte uccidesse unicamente per divertimento era una cosa piuttosto... inquietante, ma non mi importava.
In quel momento non mi importava più nulla.
Desideravo stare con lui. Con lui e basta. Provavo questa voglia di stare in sua compagnia, sentirlo parlare, vederlo gesticolare con eleganza mentre mi spiegava antiche e nuove teorie.
Per la prima volta dopo tempo scordai Embry.
Aro mi chiese dei miei figli e si interessò molto ad Abrahaam e al suo modo di fare. Era affascinato dai suoi comportamenti, questo me lo scriveva anche nelle lettere, e rimasi piacevolmente stupita nel vederlo completamente assorto nelle mie parole.
Lo interessavo. Io interessavo una mente volubile ed estremamente portata per l'annoiarsi come la sua.
Passando il tempo con lui, seguendolo anche nella sala maggiore, potei notare alcune piccolezze che mi resero facile il capire quando era sincero e quando no.
Quando era sincero era serio, tremendamente serio e calmo. Il viso era disteso e poteva suggerire quasi severità e fastidio, ma più volte mi assicurò che non era affatto così, semplicemente, disse scherzando, doveva far riposare i muscoli.

Ritornammo nella mia camera che era ormai notte inoltrata, mi sedetti pesantemente sul letto e mi buttai giù, sorridendo.
Ero stanca ma tremendamente felice. Il pensiero del mio egoismo mi aveva abbandonato per tutta la serata e per la prima volta dopo giorni mi sentii leggera, senza preoccupazioni.
Pensai che Abraham mi avrebbe sostenuto, che i gemelli avrebbero riso della cosa e che Embry mi avrebbe capito. Che avrebbe capito che tutto ciò ci avrebbe reso più felici.
Avvertii il letto abbassarsi ancora un po': Aro si era seduto accanto a me. Fece scivolare una mano sulla mia, ma si bloccò; la ritirò e sussurrò: -mi puoi dire cosa stai pensando?-
Rimasi stupita da quella richiesta, ma gli spiegai tutto e lui sorrise tra sé.
-Mi dispiacerà quando te ne andrai, queste mura diventeranno nuovamente noiose e grige. Proverò di nuovo invidia per tuo marito e ti continuerò a scrivere chiedendoti perché hai scelto quel luogo umido e privo di vita, anziché queste solari colline-
Capii tutto d'un tratto che, in tutti quegli anni, nelle sue lettere, aveva inteso altro.
Lui mi voleva. Aveva scavalcato quel ricordo di Didyme, e era riuscito a focalizzarsi unicamente su di me. Senza secondi fini, voleva me.
-Perché ho scelto lui invece che te, vero?- mormorai, tirandomi su, con uno scatto di agitazione.
Logicamente avevo accarezzato l'idea di noi due, devo essere sincera. Ma il piccolo anello d'oro sul mio anulare mi aveva sempre bloccato.
-Meno elegantemente...- scherzò, la voce era un soffio, aveva chinato la testa e mi guardava.
Sorrisi a disagio e provai a scostarmi.
Non ci riuscii: non so se fu il suo tocco leggero sul mio viso, le mani che mi sfioravano le labbra, oppure la mia stessa volontà di non andarmene.
Lo volevo. Volevo tutto ciò e lo volevo per me.
Avvicinai il mio viso e sentii la sua mano scivolare sul mio collo, delicata e finalmente baciarmi.
Il contatto con le sue labbra mi fece rabbrividire, ma non mi spostai, anzi, presi più sicurezza e lo strinsi a me, portando la mano tra i suoi capelli e slegandoli.
Caddero in avanti: erano pesanti, folti e scuri. Ali di corvo, sorrisi tra me.
Mi scostai, avevo la bocca fredda e il respiro affannato, lui mi guardò con un sorriso così tremendamente felice da spiazzarmi.
Non riuscii a dire nulla, non guardai nient'altro che lui, nella paura di far cadere il mio sguardo sulla fede.
Continuai a baciarlo e continuai a farmi sfiorare. Sembrava come se mi conoscesse, come se ogni punto del mio corpo che veniva toccato fosse pronto a donarsi a lui.
-Sei un fiore che sta sbocciando, Laura- mi sussurrò all'orecchio. Ormai nudi stavamo l'uno stretto all'altra, baciandoci il collo, il petto, ovunque.
Anni di carta avevano portato a questa necessità di contatto, come mai ne avevo avuta in tutta la mia vita.
Risi sommessamente e mormorai: -sono sfiorita, Aro, da qualche anno-
-Non sempre l'età porta decadenza- soffiò al mio orecchio, portandosi su di me e iniziando a scendere sui miei seni.
Fremetti e mi tesi, gli sfiorai le braccia; pallide e asciutte.
Non avvertii il freddo del suo corpo, ma solo un calore unico e prorompente.
Poi il dolore, il morso, quella strana sensazione di estasi mentre beveva da me, quel misto di dolore e piacere che si provava solo poche volte nella vita.
Fremeva anche lui e non si voleva staccare. La vista mi si appannava, il soffitto a cassettoni della stanza era sempre più sfocato e la mia voce veniva meno.
Ricordo che continuai a sussurrare il suo nome, pregandolo di staccarsi.

-Embry, ricordati di prendere i giochi dei gemelli- urlai, mentre chiudevo la porta.
C'era il sole a La Push, Abraham ci aspettava composto in macchina, affondando il viso in un libro.
I lamenti di Neka e Kenai erano così acuti che non riuscivo a capacitarmene.
C'era Aro e io gli facevo segno di andarsene, che lo avrebbero visto i vicini. Lui scoppiò a ridere e mi rispose che i vicini erano peggio di lui.
Uscì Sam dalla casa e mi guardò, lo sguardo vacuo e di quel colore dorato.
Non capivo. Cosa avevo fatto.
Abbassai lo sguardo e i corpicini di Neka e Kenai giacevano esangui tra le mie braccia.
Cosa avevo fatto?
E all'improvviso fui nuda, tentando di coprirmi. Jake mi guardava, sconvolto e con il viso contrito.
-Cenere-
Non sapevo chi lo diceva, Aro era sparito.
La casa bruciava. Perché?
-Cenere-
Io ero fredda, di marmo, ma tutto bruciava. Avevo paura del fuoco.
Abaharam continuava a leggere ignaro di tutto ciò, come isolato da tutto e tremendamente al sicuro.

-Aro, brucia- lo sussurravo continuamente.
Avvertii la mano fredda sulla fronte, poi le sue parole, sempre più confuse.
Infine caddi in un sonno infernale per tre lunghi giorni.










Solo una cosa, ragazze: fatevelo bastare .-." io sto ancora tentando di rimettere in chiaro le idee. Questo capitolo enorme è opera di Laura, e spero lo commenterete almeno per dirle grazie di essersi impegnata tanto anche per aiutare me e far continuare questa storia^^

Nient'altro.

Grazie ancora a tutte voi.

Da Sam

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Capitolo 57
*** Capitolo 14 parte seconda (POV Sam- Abraham) ***


Capitolo 14 finito
Capitolo 14


Sam
Mi ero lasciata rimettere in piedi da Demetri senza badare al fatto che il suo aiuto fosse stato del tutto indelicato e che avesse quasi cercato di rompermi un braccio; senza badare agli occhi di Aro ancora puntati su di me, mentre affiancava Laura sfiorandole delicatamente una mano, e senza badare a lei, che mi osservava in silenzio, con quegli occhi accesi e impegnati a dirmi qualcosa che non riuscivo o che -probabilmente- non volevo capire.
Tesi le labbra un attimo verso il soldato che mi teneva ferma e dissi, tra i denti -Lasciami il braccio. Non farò nessun altro scatto-, ma quello sembrò non ascoltarmi minimamente, così pensai di dover rinunciare all'idea di sentirmi almeno libera di muovermi. Il fastidio che sentivo a causa sua non era nulla paragonato a tutto ciò che le azioni impensabili e prive di senso della mia amica avevano causato al mio interno. Forse, in un’altra vita, se non fossi stata capace di prevedere con precisione ogni evento futuro e mi fossi permessa di attentare alla vita di Aro, sarei già stata uccisa da un pezzo, ma qui era tutto diverso, perciò ringraziavo almeno il fatto di ritrovarmi ancora con la mia testa sulle spalle o le gambe una accanto all’altra.
Tutt’intorno a noi si erano radunati altri vampiri. Altre guardie. Altri soldati.
Probabilmente, ero davvero diventata il miglior modo di passare il tempo, con la mia ridicola farsa, il mio voler sembrare coraggiosa di fronte a chi –ne avevo la certezza- non provava alcun timore, ma bensì solo un malcelato interesse.
I bisbigli di Sulpicia e Athenodora, andate a posizionarsi al fianco dei troni dei rispettivi mariti, mi davano alla testa. Mi osservavano, la prima con un leggero e quasi impercettibile sorrisino di sfida e la seconda con un’espressione che rasentava la scocciatura già molto visibile sul viso di Caius. Sparlavano silenziosamente di me, dandomi un voto. Può essere utile? O come al solito mio marito sta solo esagerando?
Questi erano i dilemmi di Sulpicia, che notai molto attenta nel sottolineare l’aggettivo possessivo “mio”, come se le sue parole quasi del tutto impercettibili fossero dirette anche a Laura.
Laura, che continuava a stringere una mano ad Aro come se non le fosse possibile separarsi da lui.
Tesi le labbra di nuovo, abbassai lo sguardo e mi ripromisi di restare calma e di non portare nessuno dei tre capi a perdere la pazienza, anche se non nutrivo molti dubbi nel credere che Marcus sarebbe rimasto impassibile anche in caso avessi cercato di uccidere lui.
Quando Aro schioccò le dita, tornai a osservare lui, e mi soffermai su quel volto così pallido e luminoso da mostrare anche il minimo dettaglio che la pelle candida tentava di nascondere. Le vene azzurre erano forse lo spettacolo più affascinante; riuscivo a trovarle tutte, in quell’immenso labirinto di filamenti bluastri, ma sapevo che agli occhi di un essere umano sarebbero apparse massimo le più visibili, quelle che –dopo una caccia sanguinosa- si sarebbero riempite di nuovo sostentamento, fino a che il corpo non ne avesse richiesto altro.
Ce n’erano a migliaia, e si diradavano come i rami di un albero secolare sotto quella pelle così trasparente, ma fui costretta a concentrare il mio sguardo sui suoi occhi, che si socchiusero un istante, fissandomi, prima di tornare a essere rilassati, con le palpebre leggermente abbassate a conferire un’espressione bonaria ad Aro.
-Direi che è il caso di dirci se vuoi restare o no, mia cara- disse, con voce dolce e seducente.
Mandai giu e mormorai, portando la mia attenzione su Laura –Va bene, Aro. Resterò con voi…-
Stava per esultare, nel suo modo enfatico, quando lo interruppi aggiungendo, con un sibilo -…ma devi prima giurarmi una cosa, chiaro?-.
Aro si ritrovò a studiarmi, attento, pur fingendosi solo sorpreso e perplesso. Intanto, Caius aveva sorriso amaramente, come aspettandoselo, e disse, stranamente divertito –Troppo facile, Aro. Te lo avevo detto. Non si sarebbe arresa con un nonnulla-.
L'altro sospirò, annuendo tra sé. Lo sguardo gli si fece vacuo per un secondo, e percepii il suo nervosismo crescere, prima che Laura gli dicesse, a voce bassa, accostando le proprie labbra al suo orecchio –Ascoltala…-.
Scoprii i denti, poi mi ripetei di star calma e li nascosi di nuovo ai loro occhi, mentre il vampiro moro tornava coi suoi rossi e sbiaditi a puntarmi, sorridendo con fare cordiale e paziente –Sentiamo-.
-Giurami su Laura…- sibilai -…Che non attenterai mai più alla vita dei Cullen, né che cercherai di portare qui i mutaforma di La Push-.
Lo vidi tendersi e serrare la mascella sentendo su cosa gli chiedevo di giurare, ma rimasi stupita dal fatto che subito dopo non tentennò minimamente nel rispondermi –E va bene, Samantha. Lo giuro sulla vita di Laura-. Sorrise e si mise teatralmente una mano sul petto.
Mi chiesi quanto potessi credergli e puntai i miei occhi vigili sull’oggetto del nostro giuramento. Laura se ne stava immobile, con l’espressione calma e controllata che aveva sempre avuto, fin da ragazzina, quando si trovava impegnata a riflettere.
Lei non mi guardò. Stava riservando l’attenzione ad Aro, forse chiedendosi la stessa cosa che io stessa mi ero appena chiesta.
Non feci in tempo a pensare altro, che sentii la presa di Demetri farsi più energica sul mio braccio e ringhiai, senza riuscire a trattenermi. Lui ignorò la cosa e chiese, chinando il capo –Padrone, vuole che la accompagni nella stanza che avevate precedentemente fatto preparare per lei?-.
-No, Demetri- Aro rise –Sarà Laura a scortarla. Me lo ha già chiesto in precedenza e non voglio certo negarle il piacere di stare con la sua amica-. Vidi Laura sorridere freddamente a Demetri per poi avvicinarsi a me e dirgli, secca -Lasciala-.
Il segugio obbedì, storcendo rapidamente la bocca, capendo che il suo sogno di potermi trascinare con violenza e magari spezzarmi le ossa di tanto in tanto era andato in fumo, mentre io mormorai, a bassa voce -Grazie-, ritrovandomi a fissare quella neonata negli occhi, prima che ricambiasse dicendo solo -Dovere-.

Mi lasciai scortare da Laura, quindi, fuori da quella che venni a sapere poi veniva chiamata Sala Maggiore, mormorando tra me e me di tanto in tanto i nomi di Seth e Gabriel, chiedendomi cosa stessero facendo, e sperando che non gli passasse per la testa di arrivare fin lì solo per rischiare la vita.
Poi il mio pensiero andò a Edward, di cui sentivo la mancanza fin nel profondo del cuore, dove avevo sempre riservato un posticino interamente dedicato a lui.
-Dovresti smettere di pensarci, Sam-.
Sussultai, alzando gli occhi su Laura, che mi camminava accanto -Come scusa?-
Lei puntò il suo sguardo sul mio viso e ripeté, calma -Pensare a Edward, Seth e Gabriel. Ho tentato di convincere Aro a non rimettere mai piede a Forks, se non per qualche sporadica visita di cortesia verso Carlisle-.
Sbiancai -Hai il potere di Edward?-.
-No- rise -Ma è scontato che tu stia pensando a loro. Lo noto dalla tua espressione. Sei molto più afflitta-. Mi superò di qualche passo e mi sforzai di restarle accanto, chiedendo, lenta -Dimmi perchè-.
-Perchè cosa, Sam?-
-Perchè hai lasciato che ti trasformasse. Tu...avevi una vita felice, una famiglia stupenda...hai dato il permesso ad Aro di...-
-Smettila!- sibilò, inchiodandomi col suo sguardo per un solo secondo, prima di ricominciare a camminare e dire, intanto, con voce tesa -Sei esattamente come quella fastidiosa di Rosalie. Non accetti quel che ti è accaduto e te ne lamenti, non avendo altra scelta. Ma io, Sam...io lo volevo, capisci? Pensare di invecchiare ancora, di ritrovarmi impotente su un letto d'ospedale negli ultimi giorni di una vita umana...no. No, non riuscivo ad accettarlo. Potrai pensare...- prese fiato -Che io abbia avuto paura del tempo che passava, e che abbia pensato in modo egoista, ma sappi che non è così-.
-Allora spiegami- mormorai, continuando ad osservarla.
Laura socchiuse gli occhi, fissando per un istante il vuoto, poi disse, lenta -Più tardi, forse. Ora voglio mostrarti la tua stanza, è molto confortevole- tentò un sorriso -Ho una certa influenza, qui, sai?- la notai guardarmi con la coda dell'occhio e poi aggiungere, divertita -Sulpicia mi avrebbe già uccisa da un pezzo, se solo non fossi sotto la protezione di Aro e non...- si zittì prima di terminare la frase e capii che c'era qualcos'altro.
Inclinai un poco la testa di lato, attenta -E non...?-
-Niente, Sam- mi superò, rapida -Vedrai, quando ce ne sarà occasione-.
Questo fu il nostro primo dialogo, e questo fu il modo in cui venne troncato.

Abraham
Dannazione. Dannazione. DANNAZIONE.
Per quale assurdo motivo quei due avevano deciso di infilarsi nei miei affari? E perché quell'impulsiva di Sam era subito scattata?
Il mio piano era andato a farsi fottere. Storsi il naso, sentendo le lamentele di Nessie contro i gemelli. Come se fossero stati loro il vero problema!
Era tutto un casino e io dovevo rimediare.
Non doveva andare così. Solo io sarei dovuto andare a Volterra, io, lì, avrei proposto ad Aro di prendere me al posto di mia madre.
Io sarei stato felice. E tutto si sarebbe risolto. Invece, ora... Gabriel poteva essere un tranquillo sostituto delle mie potenzialità; e Nessie era uno specchietto che avrebbe sicuramente distratto Aro.
Per non parlare di Samantha!
Gli unici che sarebbero stati utili, anche se non indispensabili, erano i gemelli: non troppo grandi per la trasformazione e quindi non appetibili per la mente del vampiro, ma sicuramente una spinta in più per far accettare a mia madre quell'ipotetico scambio.
Ed ora?
Niente. Dovevo inventarmi qualcos'altro.
Guardai Kenai e Neka che sogghignavano furbescamente a Gabriel e sospirai, guardai fuori e chiusi gli occhi.
Come se non bastasse avevamo la macchina di Emmett. Li aprii di scatto e cercai con lo sguardo possibili congegni che avrebbero indicato la nostra posizione; guardai il navigatore e la radio con uno scatto secco li staccai e li disintegrai tra le mie mani, gettandoli giù dalla scogliera.
-Cosa stai facendo!?- urlò istericamente Ness.
Mi voltai con un sorriso amaro.
-Sto semplicemente eliminando ogni traccia che ci renderebbe riconducibili dai tuoi genitori ultra iper protettivi- feci una pausa, durante la quale Gabriel grugnì e lei soffiò come un gatto -e ora, carissima, cellulare e carta di credito-
-A...a cosa ti servono?!-
Kenai si aprì in un sorriso divertito: -Il cellulare perché hai il GPRS, mentre la carta di credito...-
-Perché sei un'oca spendacciona e non vorrei che la usassi, rendendo noti a tutti i nostri spostamenti- tagliai corto io, mentre Neka aveva già sfilato abilmente tutto dalla borsetta della ragazza e me lo porgeva.
Distrussi anche questi, velocemente, sotto lo sguardo allibito di Ness.
-Voi... siete...folli!? E ora come pensate di pagare i biglietti?! EH?!- urlò, in preda ad una crisi isterica.
Ghignai, divertito e tirai fuori dalla mia tasca ben duemila euro, pronti all'uso.
-A differenza vostra- indicai sia lei che Gabriel, che era diventato improvvisamente muto -avevo già pensato a tutto. Ho altri duemila dollari, questi euro ci serviranno là. Ti prego di non schiamazzare ulteriormente- le dissi, ridacchiando e rigirandomi verso la strada.
-Sei un idiota! Stupido... come ti è anche solo venuto in mente di partire da solo per Volterra...-
Continuò ad urlare per tutto il tragitto, ma non le prestai attenzione.
Oramai eravamo partiti e quella solitaria per l'Italia si era rivelata un'allegra scampagnata di gruppo.








Altro capitolo, mie care lettrici. Naturalmente spero che chi non è in grado di leggerlo ora per mancanza di un pc passi delle buone vacanze ^^
La seconda parte è un pezzettino che Laura mi aveva mandato tempo fa e che io avevo deciso di lasciare da conto, perciò, ho pensato di metterlo qui.
Spero che nell'insieme quello che abbiamo scritto io e lei vi piaccia, anche perchè la sottoscritta sta passando una gran crisi con l'ispirazione, che sembra essere sparita, e perciò non si sente soddisfatta di quel che ha scritto e che vi ha appena fatto leggere.
*Sospira, poi dice*: Spero comunque che siate felici del mio impegno .-.
A presto, credo...

Sam

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Capitolo 58
*** Capitolo 15 [POV Sam] ***


capitolo 15


Sam
La stanza in cui Laura mi fece entrare aveva le dimensioni di un appartamento di almeno settanta metri quadri, priva di finestre e provvista di uno splendido camino già acceso, che sicuramente era stato costruito facendo sì che il fumo nella canna fumaria fuoriuscisse da un'apertura distanziata dalle mura della cittadina. Mi avvicinai un poco per percepire il tiepido calore che le fiamme emanavano, poi mi voltai di nuovo verso la mia guida, mentre con gli occhi continuavo ad esplorare ogni dettaglio di quello spazio.
Il letto a baldacchino era posizionato verso ovest, alla sinistra della porta d'ingresso, ed era circondato da tende di colore verde smeraldo. Un colore che, ricordai, da umana mi era sempre piaciuto. Osservai velocemente Laura, chiedendomi se c'entrasse qualcosa, ma non mi soffermai a fare domande e feci un paio di passi verso quel letto, sfiorando con le dita le lenzuola lisce e di un bel blu elettrico (altro colore che gradivo), prima di sedermici per dover subito dopo ammettere che era comodo, seppur non mi sarebbe mai servito davvero, data la mia mancanza di sonno.
-Aro si è...davvero impegnato- mi rimisi in piedi, girando un secondo su me stessa, per poi arrivare vicina ad una porta chiusa, dalla quale sentivo arrivare un leggero odore di zolfo. Stavolta non riuscii a trattenermi dal guardare espressamente Laura con uno sguardo interrogativo. Lei sembrò sorridere, anche se osservandola più attentamente ebbi l'impressione che stesse sogghignando, divertita, e poi mi affiancò dicendo, mentre apriva lentamente la porta -Aro ha saputo sfruttare ogni più insignificante cosa, ed ha creato delle terme. Spero ti piacciano, Sam-.
Sbiancai, ritrovandomi a fissare una stanza quasi del tutto privata di un pavimento, per far spazio ad una vasca ovale, interrata -Delle terme...-. Non riuscivo a capacitarmene, devo ammetterlo.
Laura ridacchiò e annuì -Se vuoi, posso lasciartele godere e tornare più tardi per la cena-.
Fu l'ultima parola a farmi tornare alla realtà.
-Cena?- smisi di respirare.
Lei tese un secondo le labbra e disse -Anche per me è difficile, Sam. Ho molti sensi di colpa, quando uccido, ma...la mia natura di neonata rende le cose molto più facili. La sete spegne ogni altra sofferenza interiore, per cui non devo neanche preoccuparmi troppo, quando caccio-.
-E a Embry, non pensi? Né a lui né ai tuoi figli, Laura?! Credi che sarebbero felici di sapere che...-
mi fece segno di star zitta alzando una mano, poi rispose, con lentezza quasi studiata e la voce calma -Non devi ripetermi niente a cui io non abbia già pensato. E ora vieni, credo che tu debba continuare la tua osservazione della stanza. Aro sarà pronto a trovarne una migliore, se questa non ti soddisferà appieno-.
Sospirai, facendo di sì con la testa, lasciandole richiudere la porta e tornando ad osservare quel che restava.
Sistemate vicino al camino stavano due poltrone e un piccolo divano di pelle nera, mentre di fronte al letto, attaccato alla parete come un quadro, stava uno schermo piatto di ventiquattro pollici, con sotto un piccolo armadietto pieno di film in dvd.
Era strano vedere oggetti moderni e antichi messi assieme, eppure mi sembrò lì per lì un buon accostamento.
C'era anche un'intera parete stracolma di libri, il che mi fece pensare che fosse stata lei a informare Aro della mia passione per la lettura. Fui attratta dai volumi più grandi, o da quelli che, lo sapevo bene, dovevano essere antichi quasi quanto chi li aveva diligentemente custoditi per tutto quel tempo. Ne presi alcuni tra le mani, sfogliando con avidità le pagine, osservando le varie scritture con interesse.
Laura si schiarì la voce, ad una certa, e disse, tranquilla -Allora?-.
Mi voltai, dopo aver rimesso ogni cosa al suo posto, e dissi, sospirando -Puoi dirgli che è una stanza davvero deliziosa, e che mi accontento-.
Rise e disse -Me lo aspettavo- annuì tra sé, poi parlò, rapida -Tra poche ore sarà giorno, ma se hai bisogno di cacciare...-.
-No- mormorai -Posso resistere ancora un po' e...ho ancora alcune sacche nel mio zaino. Per ora me le farò bastare-.
-Carlisle te le ha procurate, non è così?- sospirò.
Io feci di sì con la testa e risposi, lenta -Voglio evitare di uccidere umani finché mi sarà possibile-. Mi mordicchiai un labbro prima di ipotizzare -Aro non potrebbe...fare uno strappo alla regola? Cosa gli importa che io cacci o meno esseri umani?-.
La vidi incupirsi e voltare rapidamente la testa, prima di dire, tetra -Aro vuole accertarsi che tu non esca da qui, almeno per ora, e non si fida a lasciarti troppa libertà, neanche sotto il controllo di una o più guardie. Naturalmente...- mi fissò un secondo -...ci sarebbe Demetri, pronto a tenerti d'occhio. E da lui, lo sappiamo bene, non fuggiresti. Ti ritroverebbe prima ancora di quanto pensi-.
Chiusi con forza gli occhi, poi dissi, rassegnata -Sì, lo so-.
-Potresti anche abituarti, Sam...- lo disse così flebilmente che quasi non la sentii. -Voglio ancora essere tua amica, capito? Non credere che aver saputo di servire come esca mi abbia reso felice. Speravo che tu...-
-Che io cosa, Laura?! Capissi? No, mi dispiace, non ci riesco se non mi dai una mano- arricciai il naso, mentre andavo a sedermi pesantemente su una delle due poltrone -Mi dici in continuazione che mi spiegherai questo, che mi spiegherai quello...ma quanto tempo abbiamo, in fondo? Adesso potresti, invece sembra che tu muoia dalla voglia di andartene e lasciarmi sola!-.
Si zittì, fissandomi, col suo eterno volto di donna matura ora liscio e luminoso, privo di rughe leggere e altri segni del tempo. Sembrava più giovane, e sarebbe rimasta tale nei secoli dei secoli.
Per quanto mi riguardava, ero stata trasformata in un'età che non permetteva al corpo di cambiare poi così tanto. Tutto ciò che avevo di diverso erano il colore degli occhi, della pelle e una leggera luminosità in più nei capelli.
-Vieni...- sospirai -Siediti vicino a me-.
La vidi avvicinarsi e mettersi comoda sulla poltrona di fronte alla mia, per poi dire -Per ora...voglio mostrarti una delle cose di cui ti ho accennato prima-.
La studiai attentamente, e in quel frangente lei mi ordinò, seria -E, per favore, non sbirciare nel futuro. Voglio che ci sia un effetto sorpresa- tentò di metterla sul ridere, poi mi esortò a osservare con attenzione il camino, col suo fuoco scoppiettante e tiepido.
Inizialmente non mi parve di vedere nulla di strano, poi, però, quel fuoco si spense di colpo. Smisi di respirare, perché sapevo che nessuno spiffero d'aria avrebbe potuto causare una cosa simile, e quella fiamma era ancora troppo viva per poter morire tanto celermente.
Mi voltai subito a fissarla in volto -Tu riesci a...-
-Riuscirei a far spegnere un incendio immenso, se mi impegnassi, come hai appena potuto vedere- annuì, sogghignando maliziosamente – E non solo, riuscirei anche a...- il legno mezzo bruciato nel camino venne di nuovo assalito dalle fiamme, mentre lei mormorava, compiaciuta -...Dargli vita-.
Cercai di rimettere ordine nella mia testa, prima di dire -Aro deve...essere molto compiaciuto di ciò che sai fare-.
Lei rise, di gusto -Naturalmente. Dice di avermi messo al primo posto nella sua classifica personale, e questo significa che...-
-...Hai spodestato Jane- sussurrai, incredula.
Vidi il suo sorriso allargarsi ancora di più fino a diventare una macchia scintillante contro il colorito olivastro della pelle.
M'immaginai che per lei quella fosse la soddisfazione più grande degli ultimi trent'anni.
-Avresti dovuto vederla, Sam, quando Aro mi ha chiesto la prima volta di usare pubblicamente il mio potere nella Sala Maggiore!- stava ridendo, con gli occhi accesi d'ilarità.
-Pubblicamente, hai detto?-
-Sì, esatto! Jane non ci vedeva più dalla rabbia. Era...uno spettacolo splendido, ed il bello è che ogni volta finisce così-.
Sorrisi flebilmente e dissi, scrollando le spalle -Probabilmente oggi assisterò anch'io allo spettacolo, allora-.

Per la caccia dovemmo attendere (parlo come se anch'io avessi partecipato, anche se in realtà non fu così) almeno mezzogiorno, quando i primi gruppetti di turisti cominciavano a riversarsi fuori dai pullman coi quali erano giunti fino a Volterra, e io mi ritrovai senza volerlo a dover combattere col bruciore insopportabile alla gola, seppur prima di uscire dalla mia stanza con Laura, le avessi chiesto di concedermi alcuni minuti per bere il sangue di una delle sacche dell'ospedale.
Lei non ebbe nulla in contrario, e anzi la notai osservare con bisogno il contenuto con cui io mi stavo nutrendo. Capii che per lei la sete era almeno dieci volte peggiore. Io, potevo resistere, ma la mia amica? Avevo qualche dubbio.
Quando entrammo in sala, Laura mi sussurrò, veloce -Tu resta lì- m'indicò con un cenno del capo un angolo della sala, quello più vicino al trono di Marcus, poi continuò -Io vado da Aro-.
Si mosse rapidissima verso di lui prima ancora che potessi aggiungere altro, e mi zittii, facendo come mi aveva suggerito e appostandomi il più lontano possibile da tutto il resto e da tutti gli altri.
Li osservai stringersi l'una all'altro come se la distanza li uccidesse, e dentro di me arrivai a pensare, senza volerlo, che forse Laura voleva solo sentirsi libera dalle catene del suo imprinting, così come a volte avevo pensato di voler fare io, seppure l'oggetto delle mie attenzioni -Edward- non avrebbe mai potuto ricambiare come Aro faceva con lei, ignorando moglie e amanti.
Forse, pensai, è questo che Laura sperava che io capissi.
Mi ripromisi di chiederglielo, appena avessi trovato il momento più opportuno. Intanto, il resto della sala si era riempito. Ogni angolo, ogni minimo spazio delle pareti, erano occupati da una guardia o da un soldato, e l'unico spazio libero era al centro esatto della stanza, dove sarebbero finiti gli umani che, li sentivo lungo il corridoio, erano sempre più vicini.
Smisi di respirare, paralizzandomi, ansiosa di diventare spettatrice di quel massacro, vedendo entrare Heidi, seguita da una trentina di uomini e donne assieme. Ringraziai il fatto che non ci fossero, in mezzo al gruppo, anche dei bambini.
Aro sorrise, cordiale, allargando le braccia, e stando sempre a una minima distanza da Laura, esclamando con voce suadente e calda -Benvenuti! Benvenuti a Volterra!-.
Poi, non ci fu il tempo per quelle povere persone di guardarsi ancora attorno, perchè ognuna di loro si era ritrovata stretta tra le braccia di un vampiro famelico.
Anche Laura, si era sbrigata ad attaccare un giovane uomo, di massimo ventotto anni, per poi dividere la sua preda con Aro; si strinsero entrambi contro quel corpo saturo di sangue e vita, con fare pieno di erotismo, e mi ritrovai ad ammirare la scena, senza pensarci, a causa dell'intensità che riusciva a emanare.
Era uno spettacolo macabro, questo sì, ma anche terribilmente splendido e seducente.
A Edward non sarebbe piaciuto, mi dissi.
Quando le grida furono rimpiazzate da un silenzio ostile e violento, gli occhi di ognuno di loro risplendevano del sangue che avevano rubato, e le loro labbra erano nella maggior parte tese in sogghigni soddisfatti ed estasiati.
Aro tenne il mento di Laura con due dita, dopo aver lasciato cadere malamente il cadavere, e la baciò, voracemente, ripulendo le sue labbra da alcune goccioline rosse.
La vidi fremere e tendersi, ricambiando con bisogno, premendosi contro di lui, e la cosa mi mise in imbarazzo, così per un istante abbassai lo sguardo.
Lo rialzai solo quando sentii il vampiro dai capelli corvini mormorare, suadente, all'orecchio della neonata -Fai un po' di pulizia, tesoro...-.
Laura ridacchiò, mordicchiandogli le labbra, con fare da bambina pestifera, prima di voltarsi ad osservare con noncuranza quei corpi a terra, sparsi sul pavimento.
I suoi occhi sembrarono brillare per un minuscolo istante, come se al loro interno ci fosse stata una scintilla, poi le fiamme divamparono con la stessa facilità di quando si schioccano le dita.
Sussultai, premendomi contro la parete e guardando con disgusto l'enorme falò.
Ero l'unica, all'interno della Sala Maggiore, a soffrire per tutte quelle persone.





Nuovo capitolo uguale nuove sorprese! Per il potere da dare a Laura ci ho messo un pò a riflettere, e prima naturalmente ho dovuto sentire il parere della mia collaboratrice, visto che è un suo personaggio xD
Lei si è ritrovata d'accordo a saper usare il fuoco come un'arma di distruzione^^
il motivo per cui ho deciso una cosa simile, è che ho sempre pensato che Laura dentro di sè bruci, che abbia come un immenso incendio causato da più emozioni.
Non so...la vedo bene in questo modo *scrolla le spalle*.
Per quanto riguarda la scena nella sala, spero vi abbia fatto provare qualche brivido, perchè il mio intento era quello ;) che ne dite? è abbastanza dark? xD
Baci,
da Sam
P.s.: Il capitolo seguente si svolgerà a Forks, per vedere cosa sta accadendo ai Cullen e ai Queleute ;]
P.s. II: scusate il TERRIBILE ritardo T.T

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Capitolo 59
*** Capitolo 16 (Pov Edward, Seth, Aro) ***


capitolo 16 Capitolo 16

Edward
Perché? Perché Samantha aveva fatto una cosa simile? Fuggire, senza lasciare null'altro che un biglietto privo d' informazioni per Seth. E per dove, poi? Naturalmente aveva già un'idea più che chiara. Se Laura era sparita, sicuramente lei aveva tentato di non perderne le tracce, ma non era nemmeno questo il problema, no. Il problema stava nel fatto che noi non potessimo seguire i suoi spostamenti. Alice era cieca, quando si parlava di imprinting. Ostacolo che Sam sapeva avrebbe potuto concederle un netto vantaggio.
La conoscevo abbastanza da pensare che fosse partita con la certezza di tornare presto a casa o almeno di far tornare Laura.
Laura. Era questo che mi rendeva nervoso, mentre ci pensavo. L'idea che Samantha stesse andando a farsi ammazzare per proteggere una simile traditrice. Non era da me provare tanto fastidio verso qualcuno, e ammetto che perfino per Rosalie o per Jacob c'era stata più simpatia che per quella ragazzina -oramai donna- che aveva stravolto la vita di due “famiglie”.
Sia noi Cullen che il branco eravamo in ansia, e non sapevamo spiegarci cosa le avesse spinte entrambe ad andarsene. E ad affliggerci c'erano anche la scomparsa di mia figlia, di Gabriel e dei tre figli di Embry e sua moglie.
Esme aveva per così dire “i nervi a pezzi”, con la sua tendenza a preoccuparsi per tutti. Anche per chi non se lo meritava.
Carlisle discuteva spesso con Jacob, cercando di farlo ragionare, visto che la scomparsa di Renesmèe lo aveva reso ancora più fastidioso del solito e -terrei ad aggiungere- anche leggermente suscettibile. Embry sembrava finito in una specie di trance; partecipava solo un minimo a tutto quel che avveniva intorno a lui e ascoltava poco e niente quel che dicevamo durante tutte le riunioni tra noi vampiri e il branco di La Push.
-Laura deve essere partita per raggiungere Aro in Italia, non potrebbe essere altrimenti- dissi, cercando di non mostrare quanto la sola idea potesse mandarmi fuori di testa, mentre Bella mi stringeva con forza una mano, sentendo nuovamente il nome di Aro.
-Non può essere. Laura non andrebbe mai a casa di un succhiasangue! E' ridicolo!- Paul scrollò le spalle, seccato -Non può essere- ripetè.
-Paul, non possiamo dare nulla per scontato- la voce pacata di Carlisle era sempre in grado stupirmi. Non sarei mai riuscito ad essere come lui, neanche continuando a impegnarmi per riuscirci.
-Ma allora...se Laura non ha seguito Aro, Sam non ha seguito Laura e i ragazzini non hanno seguito Sam...cos'altro potrebbe averle portati tutti ad andarsene?- Emmett mi guardò un attimo, poi fissò Carlile, sicuro di aver fatto una buona osservazione.
Carlisle tese le labbra, affranto, poi sospirando mormorò -Potrebbe essere la soluzione più logica, ma non abbiamo certezze. Prima di fare qualunque cosa dobbiamo essere sicuri di aver ragione-.
-Certo. Non potremmo presentarci a Volterra accusando Aro di chissà quale mossa meschina, anche se sarebbe da lui- Seth strinse i pugni, ricordando un giorno di tanti anni prima, quando era in corso una battaglia.
Ci ritrovammo tutti ad annuire, sapendo che era nella natura di Aro fare qualunque cosa per avere ciò che voleva. Il punto era capire se la sua attenzione era rivolta a Laura o a Sam, e speravamo che Renesmèe e gli altri non fossero diretti in Italia, perché se i giovani Queleute potevano salvarsi, non sapevo quante possibilità avesse mia figlia.
Le parole che disse una volta Laura mi tornarono in mente. Qualcosa come “Tua figlia e il suo potere avrebbero per lui un'utilità pari a zero, e se ne stancherebbe presto”.
Scoprii per un secondo i denti, colto da un'improvviso senso d'inquietudine. La mia Nessie, forse, stava andando incontro alla morte.

Seth
Non c'era tortura più grande di sapere Sam lontana da me e dalle mie cure (anche se, ne ero al corrente, sarebbe stata in grado di sopravvivere senza il minimo controllo da parte mia). La distanza mi faceva sentir male, eppure mi ero ripromesso di non reagire nello stesso modo in cui aveva reagito Embry, che sembrava così sconvolto dall'aver perso moglie e figli in un solo giorno da non riuscire più nemmeno a ragionare.
Noi tutti continuavamo a discutere sui come e sui perché, eppure c'era una persona che per tutto il tempo era rimasta in silenzio, e non sto parlando del mio amico ma bensì di mia sorella Leah. La guardai in viso e capii subito che stava tenendo nascosto qualcosa a tutti noi, e lo stava facendo con così tanta cura, forse aspettando il momento giusto, da non rendere la cosa nota nemmeno a Edward, forse a sua volta troppo impegnato a riflettere per permettersi di entrare nelle teste altrui.
Le andai vicino, lentamente, mettendomi accanto a lei, e dissi, a voce bassa -Cosa nascondi, Leah?-. Lei sussultò, fissandomi, tese le labbra e mi rispose come avrebbe fatto quand'ero ancora un ragazzino -Fatti gli affari tuoi, Seth-. Si torceva le mani, fissando un punto imprecisato nel vuoto davanti a lei, per evitare di guardarmi. Le presi il mento tra le mani, costringendola a voltarsi -Guardami-.
Obbedì, seppur controvoglia, mordendosi con forza un labbro, mentre tutti gli altri si erano voltati a fissarci e Edward, in quell'attimo di lucidità, si era soffermato sui pensieri di mia sorella, perdendo -se possibile- colorito, prima di ringhiare -CHE COSA?!-.
Bella gli stringe un braccio, osservandolo -Che succede?-.
Sam e gli altri del branco fissarono Leah attenti. Erano giorni che durante i nostri turni di guardia Jared, Paul o Quil si lamentavano dello stranissimo fatto che la donna non pensasse assolutamente niente durante le ronde di guardia attorno alla riserva.
Leah mi fulminò, come incolpandomi di aver fatto spostare l'attenzione di tutti su di lei, poi sospirò e iniziò a dire, passandosi una mano sui capelli tenuti come sempre corti e disordinati -Qualche tempo fa un vampiro è entrato in casa mia, dicendomi che non era venuti da voi Cullen per non rischiare di mettervi ancora nei guai, e che aveva preferito parlare con me che ero una “parente di Sam, il nuovo membro della loro famiglia”, cioè vostra- guardò Carlisle, cupa, poi proseguì -Lo ricordai dopo qualche attimo. Aveva partecipato alla battaglia contro i vampiri italiani. Si chiama Eleazar, mi pare-.
Il padre di Edward sussultò, mentre ripeteva, tra sé -Eleazar?-.
Leah annuì velocemente -Rimase tutto il tempo immobile al centro del mio salotto, aveva l'aria distrutta. Mi spiegò che avrei dovuto mantenere il segreto di quel che stava per dirmi fino a che non si fosse presentato il momento giusto-.
-Di che accidenti parli, Leah?!- Paul la guardò seccato, ma Sam, con la mascella contratta, alzò un braccio come per dirgli di fare silenzio. Jacob la fissava come se stesse pensando ucciderla, e lo stesso valeva per Edward, che sicuramente aveva già letto ogni cosa che stava per dirci dalla sua mente.
Mia sorella sembrò ignorare gli sguardo più severi -Mi disse che quel vampiro italiano...Aro, lo aveva richiamato a Volterra per un incontro amichevole, e che lui non se l'era sentita di rischiare che mandasse qualcuno fino a Denali per mettere in pericolo tutto il resto della sua famiglia, così era partito da solo per arrivare fin lì. Questo Eleazar...ve lo dico sinceramente...sembrava afflitto. Sono certa che deve essergli costato parecchio andare da quell'altra sanguisuga, ma queste sono cose che sapete voi Cullen e in cui non voglio immischiarmi. Comunque, mi spiegò che Aro aveva voluto sapere da lui di quale potere fosse provvista Sam e che era stato costretto a rispondergli in tutta sincerità, sempre per non recare possibili danni a...com'è che si chiamava...-
-Carmen- notai l'espressione tesa di Esme, mentre diceva il nome della vampira.
Mia sorella fece di nuovo un cenno di assenso con la testa, poi si passò una mano sul viso e disse -Questo Eleazar...continuò a ripetermi che non avrei dovuto parlare della sua visita con nessuno di voi, e che non dovevo assolutamente avvertirvi di quel che Aro aveva in mente se non se ne fosse presentato il bisogno. Aro lo ha mandato via apparentemente senza problemi, ma lui sapeva che se lo aveva richiamato per chiedergli un'informazione simile, voleva dire che desiderava averla, e che avrebbe trovato il modo di farla arrivare fino al suo palazzo. “Ottima per la sua collezione” mi disse, poi arrivò Gabriel e lui si agitò, dicendo che non poteva restare oltre-.
Smise di parlare, lasciando che un profondo silenzio avvolgesse il salone dei Cullen. I miei occhi dovevano essere spalancati, mentre la guardavo come se mi avesse appena fatto il più grande torto di tutti i tempi (e forse era davvero quel che pensai in quel momento).
Carlisle si passò stancamente le mani sul viso, sospirando, poi disse, lento -Capisco cosa lo ha spinto a non venire da noi subito, ma ora dobbiamo pensare a come comportarci. Almeno sappiamo che Sam deve essere in Italia-.
-E anche Laura- Embry ringhiò, come risvegliandosi dal suo strano stato di trance. Lo vidi scostarsi dalla parete su cui era poggiato e tremare, teso. Quil gli mise una mano sulla spalla -Embry, risolveremo la cosa-.
L'entusiasmo di Emmett di fece subito sentire -Si va in Italia?-.

Aro
Le sue labbra erano al cosa più deliziosa del mondo, ed il suo sangue, quando mi aveva inondato la bocca, mi era parso più dolce dell'ambrosia tanto amata dagli dei pagani che millenni prima avevo pregato e lodato.
Gliele mordicchiai, compiacendomi della fedeltà che mi dimostrava e dell'attenzione che metteva in tutto ciò che le mostravo in ogni attimo che passavamo assieme.
Laura era una piccola fonte di sapere che a sua volta si sentiva in bisogno di conoscere il doppio delle cose che già aveva assimilato coi pochi anni di vita umana, ed io -quasi mi viene da ridere, combattendo contro quella parte di me che ancora adesso cerca di non ammetterlo- la amavo.
La amavo come non avrei mai potuto amare mia moglie, così ottusa e viziata; come non avrei potuto amare il carattere irascibile di Caius o gli occhi sonnolenti di Marcus. Lei era la luce in mezzo a tutto il buio che mi avvolgeva, e sapevo di non potermene separare, per motivi ovvi.
Punto primo, era dotata di un inestimabile e assolutamente letale potere e, secondo, la sua allegria ed il suo aspetto mi aiutavano a non scordare di quali peccati mi ero macchiato nel corso del tempo. Era l'unica persona al mondo che riuscisse a rendermi felice e al tempo stesso torturarmi col ricordo di mia sorella Didyme.
Anche Marcus, girovagando come uno spettro per i corridoi, a volte si fermava davanti alla soglia della camera che avevo fatto sistemare per Laura, osservandola quando capitava che lei lasciasse la porta aperta o anche solo socchiusa.
Lei mi raccontava tutto ciò con estrema calma, osservandomi senza incolparmi di nulla, senza farmi sentire un mostro, regalandomi piccoli baci veloci o intere notti d'amore.
Il nostro era e sarebbe sempre stato un rapporto equilibrato, fatto di cultura, sesso e sangue. Proprio ciò che serviva, non trovate?
-Sai, oggi ho osservato la reazione di Sam nella Sala Maggiore...- si strinse a me, stuzzicandomi uno dei capezzoli con la punta della lingua -Continua...-. Non saprei dire se quella richiesta fosse diretta alle sue parole o al suo perfido giochino.
La vidi sorridere, mentre sussurrava -Il nostro spettacolino l'ha fatta agitare molto-. Arricciai il naso. Mettendomi seduto e facendola scostare delicatamente -Agitazione, agitazione, agitazione! Non si parla di nient'altro! Dovrà abituarsi, Laura! Sono sicuro che quando sarà costretta a bere da un uomo, o da una donna, il sangue le farà tornare la ragione! Nessun vampiro ha la stessa forza di volontà di Carlisle, ne sono più che certo. Lui è l'unico ad essere davvero convinto di ciò che fa, a non avere mai tentennamenti...- avrei continuato a parlare, per scaricare la tensione e il nervosismo, ma sentii le mani sicure di Laura massaggiarmi le spalle e le sue labbra morbide andarono a posarsi sulle mia pelle. I seni candidi e prosperosi premuti alla mia schiena. Socchiusi gli occhi, sospirando -Sei sempre così astuta...-.
Rise -So soltanto cosa ti piace, è diverso-. Mi lasciai sfuggire un sorrisino malizioso e voltai la testa, per cercare la sua bocca. Lei mi accontentò, baciandomi, ed io velocemente mi morsi la lingua, donandole un piccolo assaggio del mio sangue. Lei ci si aggrappò con tutto il suo bisogno, lasciandosi rapire dal dolce sapore di quel liquido rosso, poi ridacchiò, buttandosi all'indietro di peso, sul materasso con le sfatte lenzuola color porpora.
Diedi il permesso ai miei occhi di vagare sul suo corpo morbido e tiepido, con estrema soddisfazione, poi, sempre con un'estrema sensazione di “relax”, mi rimisi al suo fianco, baciandola dolcemente perché, al contrario di quel che si possa pensare del sottoscritto, sapevo tirar fuori anche un lato tenero...con chi volevo, chiaro.
Laura strofinò il suo viso contro il mio torace, facendo le fusa -Con te...mi sento libera-.
Sorrisi, stringendola con forza -Con te mi sento vivo-.







Come potete vedere, l'ospite misterioso in casa di Leah non era Nahuel (qualcuna di voi lo aveva ipotizzato, me lo ricordo bene -w-) ma in realtà è il povero Eleazar, preso di mira dal suo ex padrone per sapere se Sam fosse stata provvista o no di qualche potere. Altrimenti come faceva Aro a venirlo a sapere? xD Laura non gli parlava mica dell'amica, sulle sue lettere, eh ù.ù
Ma, comunque! passo a ringraziare chi continua a seguire la nostra -mia e ormai anche di Laura- storia.
Apprezziamo i commenti, seppure pochi, visto il periodo di vacanze :)
A presto, quindi, con un altro capitolo!
Tanti baci.
Sam

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