Your Place Is With Me

di _Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I. ***
Capitolo 2: *** Parte II. ***
Capitolo 3: *** Parte III. ***
Capitolo 4: *** Parte IV. ***



Capitolo 1
*** Parte I. ***





Kurt si strinse nel caldo scialle di lana beige appoggiato sulle sue spalle. 
Gli arrivava fino alla vita, ora che era cresciuto, ma ricordava ancora quando da piccolo era lungo fin sotto i suoi piedi e lui andava in giro per i corridoi della sua piccola casa, giocando a fare il re, con una baguette come scettro. Ma non era più un bambino. Aveva imparato che quello che regola il mondo è un equilibro precario: vacilla continuamente, e basta una piccola scossa a creare un terremoto. 
Kurt si passò una mano tra i capelli castani, sospirando, rassegnato a quale fosse il suo posto nel mondo: un semplice popolano, figlio di un riparatore di carrozze e di una sarta. 
Avvolse ancora di più l’indumento intorno al suo torace, ispirando profondamente il profumo di sua madre, che ancora impregnava la stoffa. Stava svanendo però, e Kurt temeva che quando sarebbe scomparso del tutto avrebbe perso l’ultima cosa che lo legava a lei.
Si incamminò per le strade tortuose che abbracciavano le colline di Saint-Floret, pensando che tra qualche mese sarebbe stato maggiorenne e avrebbe dovuto cercare un lavoro. Burt, suo padre, gli ripeteva sempre che poteva lavorare con lui e poi – a questo punto Kurt si tappava sempre le orecchie - quando  sarebbe morto, ereditare l’attività. Ma lui voleva fare qualcosa che gli piacesse, che lo rendesse felice, per quanto possibile in un paesino come quello.
Un brivido di freddo lo scosse dai suoi pensieri.
Era novembre inoltrato a Saint-Floret, e sulle alture il clima gelido era ancora più accentuato. Il maglione blu che indossava si stava sfilacciando, e Kurt capì che avrebbe dovuto cucirne un altro, una volta a casa. Gli era sempre piaciuto disegnare abiti, fin da piccolo, quando sognava di essere ricco e potersi permettere tutte le stoffe più pregiate; sua madre però gli aveva insegnato che non sempre il vestito più bello è quello più costoso, così come non sempre le persone migliori sono le più ricche. Il ragazzo, crescendo, aveva quindi imparato ad usufruire di tutti i mezzi a sua disposizione per creare i prodotti migliori, qualcosa di cui essere fiero, qualcosa di cui sua madre sarebbe stata fiera.
Purtroppo però, non tutti apprezzavano. Kurt si era abituato ormai agli sguardi che tutti gli rivolgeva quando usciva vestito con una camicia ricavata da una tenda, un capello da un rivestimento di una sedia, eppure non gli importava. Si ripeteva che un giorno –un bel giorno - tutte quelle persone non avrebbero più riso di lui. Da due anni ormai, giurava a sé stesso che se ne sarebbe andato da quel luogo: e avrebbe trovato il suo posto nel mondo, libero dai pregiudizi e dalle sofferenze che lo circondavano a Saint-Floret, facendolo affondare in un mare di dolore e delusione, come un’ancora.
Kurt era giunto alla piccola piazza dove c’era la sua - altrettanto piccola - casa. 
Poi li vide. 
Sembravano aspettarlo davanti all’uscio, distraendosi calciando una palla, al posto della quale, temeva Kurt, presto ci sarebbe stata la sua faccia
«Ehi, signora sarta! La mia maglietta ha un buco, potresti cucirmela?» cominciò uno. 
«Amico, non vorrai che ti veda a petto nudo?» continuò un altro. «Sai come sono fatti questi qui.» sussurrò a voce bassa, ma non abbastanza perché Kurt non potesse udirla. Mentre i ragazzi ridevano, lui camminò dritto verso la porta, come se quello che succedeva intorno non lo riguardasse e non lo ferisse. 
Giunto davanti alla casa, si sentì tirare indietro: uno dei ragazzi l’aveva afferrato per la sciarpa verde, e ora lo trascinava verso gli altri. Kurt si portò le mani alla gola, per allontanare la sciarpa e non essere strangolato. Finalmente il ragazzo lo lasciò, ma solo per buttarlo a terra e dargli un calcio sulla faccia. Prima che anche gli altri potessero iniziare, suo padre – probabilmente avendo avvertito il chiasso - uscì correndo dalla porta con un aggeggio da lavoro piuttosto appuntito, con cui riuscì a far fuggire i ragazzi.
«Ci vediamo presto, Hummel.» disse uno, prima di sputare sulla terra dove lui era ancora accasciato.
Suo padre lo raggiunse, porgendo una mano per aiutarlo ad alzarsi, ma Kurt si sollevò piano da solo sulle ginocchia, raccolse lo scialle ormai lurido – non avrebbe mai più avuto l’odore di sua madre - e si diresse verso la porta, con un semplice «Sto bene papà.» pronunciato a labbra strette. Corse nella sua stanza, con le lacrime che rigavano le guance candide, scendendo dagli occhi azzurri, e lo scialle che ondeggiava dietro le sue spalle, ma non fu come quando era bambino.
Perché lo sapeva, nessun re sarebbe mai stato ridotto in quello stato.

***

Dopo qualche ora, suo padre bussò alla porta.
«Kurt…posso entrare?» chiese con fare timido, e il figlio se lo figurò mentre si passava il berretto da una mano all’altra, imbrattandolo, mentre lui andava su tutte le furie.
Prima di farsi vedere, Kurt si specchiò e- Dio. Il collo era rosso, con delle escoriazioni sui lati, dove la sciarpa aveva tirato più forte, aveva un taglio che partiva dal labbro per finire sotto il naso, e gli occhi gonfi e rossi. Lo scialle giaceva a terra, sporco e rovinato, senza più una traccia del profumo che tanto amava e che gli aveva sempre dato conforto in momenti come questo. 
Suo padre entrò e quando lo vide ridotto in quello stato strinse i pugni e la sua faccia si fece rossa. Kurt si sforzò di sembrare sereno, per confortare il padre, e lo abbracciò.
«Non mi hanno fatto tanto male.» mormorò, non del tutto convinto. Infatti, quando provò a sorridere, lo spacco cominciò a sanguinare e il ragazzo si pulì con un fazzoletto.
Suo padre si lasciò cadere su una vecchia sedia di legno, che scricchiolò sotto il suo peso, facendo ridacchiare Kurt: lì si sedeva sempre sua madre, leggiadra come una farfalla.
«Vuoi andartene da qui?» gli chiese Burt, rimettendosi il berretto. Il ragazzo lo guardò con gli occhi improvvisamente più luminosi: non c’era niente che desiderasse di più
«Dici sul serio?» esclamò.
Suo padre ridacchiò del suo entusiasmo, pensando che in quei momenti sembrava ancora un bambino, con gli occhi azzurri uguali a quelli di sua madre. Ma poi spostava lo sguardo sulle cicatrici, e si rendeva conto che suo figlio era cresciuto.
«Mi hanno offerto un lavoro a palazzo.»
Kurt sbiancò. Credeva che quello splendido castello di cui tutti parlavano, con affreschi, mobili pregiati, servitori in ogni angolo, colmo di oro, fosse solo una leggenda.
«E perché io potrei venire?» chiese Kurt, rendendosi conto che i sovrani avevano richiesto la presenza di suo padre, il miglior riparatore della piccola Saint-Floret, ma perché avrebbero dovuto volere anche lui?
«Ecco…» balbettò il padre. «Potrei aver elogiato le tue capacità di sarto e…e…dato che dovremo vivere lì, mi sono rifiutato di andarci senza di te.»
Per la seconda volta quel giorno, gli occhi di Kurt si riempirono di lacrime, ma questa volta erano di gioia sincera, come non ne provava dalla morte di sua madre. Finalmente avrebbe lasciato quel paesino.
Sarebbe andato a palazzo.


 
Blaine gettò la testa all’indietro, appoggiandola sulla comoda poltrona di velluto blu su cui sedeva.
«Rachel, potresti lasciarmi un po’ da solo?» chiese con un piccolo sorriso alla sua dama di compagnia.
«Certamente, principe.» Il ragazzo trasalì a quell’appellativo, come sempre.
Aveva chiesto a Rachel per favore di chiamarlo solo Blaine, ma non c’era stato verso.
Molti avrebbero desiderato essere al suo posto, essere lui, il figlio niente meno che del Re e della Regina, mentre lui aveva sempre sognato il contrario, di potersi sentire normale. Non che non gli piacesse la sua vita, certo, ma gli sarebbe piaciuto provare a vivere un giorno come tutti gli altri, senza dover aver intorno guardie o servitori, essere sempre sotto l’esame dei suoi genitori perché «Blaine sei il principe» e avere degli amici non solo per questo motivo.
Rachel si sollevò da terra, mantenendo con le mani l’ampia gonna, poi fece un inchino e uscì dalla stanza. Blaine conosceva la ragazza sin da piccolo, quando era stata adottata dal Conte e dalla Contessa Berry, fidati consiglieri e amici dei sovrani, ma non sapeva nulla della sua vera famiglia.
Pavarotti – l’usignolo che suo padre gli aveva regalato quando aveva otto anni - cinguettò dalla sua gabbia sulla finestra e Blaine sorrise.
Amava la musica, era una di quelle cose che lo faceva sentire al suo posto, specialmente quando era davanti al pianoforte e lasciava che le dita accarezzassero i tasti bianchi e neri.
Faceva molto caldo, nonostante il palazzo si trovasse sul punto più alto della collina. Il ragazzo si sistemò il panciotto rosso, afferrò gli stivali e sgusciò fuori dalla stanza infilandoseli. Corse il più silenziosamente possibile giù per la lunga scalinata di marmo bianco e blu. Uscì dal palazzo, correndo verso le stalle.
«Sam!» gridò, cercando lo scudiero, che era diventato anche il suo migliore amico. Il ragazzo arrivò poco dopo, con i vestiti sgualciti e i capelli biondi attaccati alla fronte madida di sudore: probabilmente, era andato a fare una delle sue corse clandestine con Evan, il suo cavallo.
Fece un inchino e Blaine pensò che fosse…bello. Non sapeva cos’era l’amore e quindi tantomeno quello che provava per Sam, anche se pensava di doversi innamorare di una donna, una che un giorno avrebbe dovuto sposare.
«Principe» salutò Sam, raggiunto subito dopo da Finn, l’altro scudiero, che fece la stessa cosa. «Mi avete chiamato?»
Blaine annuì. «Mi servirebbe il mio cavallo.»
L’altro sembrò rifletterci per un secondo, poi esitò. «Oggi non ci sono lezioni. Vostro padre è d’accordo?»
«Mi prenderò tutte le responsabilità.» rispose in fretta lui. Sam – che era fin troppo buono - acconsentì, andando a prendere Renier nella stalla.
Blaine montò velocemente in sella e sfrecciò fuori: cavalcare era come la musica, lo faceva sentire libero. 
Il vento freddo lo investì in pieno, scompigliandogli i ricci neri, ma gli occhi nocciola brillavano. Si allontanò dalla residenza reale il più velocemente possibile, avvicinandosi al piccolo paese subito sotto la loro collina.
Saint-Floret: non ci era mai andato, anche se gli sarebbe piaciuto. Aguzzando la vista, notò che proprio dal paesino, lungo una strada tortuosa, stava salendo una carrozza –una di quelle del palazzo!
La seguì trotterellando, stavolta lentamente: arrivò fino al cancello del castello, proprio il luogo da cui aveva cercato di allontanarsi. Ma la curiosità di scoprire chi era arrivato –dato che non accadeva spesso che si vedessero facce nuove - era troppa.
Dalla carrozza scese un uomo corpulento, con un pantalone blu scuro, un panciotto un po’ sgualcito grigio, che richiamava il suo berretto e una giacca di una tonalità simile, solo più scura. Si vedeva che non erano stoffe pregiate, ma erano lavorate alla perfezione. Lo seguì subito dopo quello che Blaine presumeva fosse il figlio. Un ragazzo bellissimo, dai tratti così delicati da poter sembrare un principe quasi più di lui.
Fermò il cavallo per poterlo guardare più da vicino: indossava un completo blu, pantaloni, camicia e maglione, perfettamente abbinati agli occhi azzurri, di un colore che sembrava a metà tra quello del cielo e quello del mare. Blaine rimase incantato a guardare quel ragazzo, che sembrava appena uscito da una fiaba, mentre si passava una mano tra i capelli castani, prima di aggiustarsi la tracolla della borsa di cuoio sulla spalla. Il ragazzo si mosse verso l’entrata, e Blaine era talmente impegnato a guardarlo che cadde quando il suo cavallo impennò, prima di correre verso la stalla.
Si rialzò imprecando, con i vestiti sporchi di fango e terra e corse verso la sua camera, nel palazzo, sperando di non incrociare suo padre conciato in quello stato, fuori dai giorni prestabiliti per le lezioni di equitazione, per di più. Camminò di soppiatto, guardandosi dietro le spalle ad ogni angolo, fino a che non raggiunse le scale di marmo: stava per tirare un sospiro di sollievo, gli sarebbe bastato salirle e sarebbe stato al sicuro in camera sua, quando…
«Oh scusami…ciao, posso farti una domanda? Sono nuovo qui…»
Era il ragazzo della carrozza. Da vicino Blaine notò una piccola cicatrice appena sopra il labro superiore. Stringeva nervosamente la tracolla della borsa, mentre i luminosi occhi azzurri scrutavano l’ambiente circostante.
Decise di rischiare. Non sapeva di certo che fosse il principe, e non conosceva mica il suo nome, no?
«Piacere, Blaine.» disse semplicemente, allungando una mano verso di lui.
L’altro esitò, poi sorrise e la strinse. «Kurt.» 
Kurt. Mai nome suonò più bello nella sua mente.
«Cosa stai cercando?» chiese, facendo arrossire il ragazzo.
«Ehm, ho perso mio padre. Credo sia andato nella sala del ricevimento, ma –ecco, non so dove sia…»
Blaine rise del suo imbarazzo, trovandolo adorabile.
«Posso portartici io.»
Kurt annuì e sorrise, e lui pensò che le stelle in confronto non erano nulla.
Blaine gli afferrò la mano e trascinò il ragazzo –con le guance bordeaux - per un lungo corridoio, sbirciando il suo volto di tanto in tanto. In quel momento si sentiva quasi normale, solamente Blaine, e non il principe o qualunque altra persona che gli altri avrebbero voluto che fosse.
Solo quando arrivarono davanti alla porta della stanza lasciò andare Kurt, che gli sorrise –di nuovo - e, di nuovo, Blaine si sentì mancare il respiro.
«Ecco mio figlio.» disse l’uomo della carrozza avvicinandosi. «Si sarà confuso con tutte le stanze di questo palazzo.» e ridacchiò scompigliando i capelli al ragazzo, un semplice gesto che suggerì a Blaine l’affetto che quei due condividevano. Un affetto puro e reale. 
«Gli avrà fatto strada mio figlio.» intervenne suo padre, Re Robert, allungando un braccio verso di lui. «Anche se non nelle sue migliori condizioni.» aggiunse sibilando, squadrandolo da capo a piedi.
A quelle parole, Kurt si girò velocemente verso di lui, con gli occhi spalancati e, arrossì, abbassando lo sguardo. 
Ecco. 
Blaine era tornato ad essere solo il principe, mentre Kurt era tornato a essere solo un semplice popolano.


 

Note
Ancora non ci credo di averla davvero pubblicata. Non sapete quanto mi senta agitata. In questo fandom ci sono bravissime scrittrici, e io mi sento piccola piccola. E' la prima vera storia che scrivo sui Klaine. Ci ho lavorato a lungo, mi farebbe molto piacere ricevere un vostro parere, negativo o positivo che sia. La storia è nata come una one-shot, ma essendo molto lunga ho deciso di dividerla in tre parti. La seconda dovrebbe arrivare tra qualche settimana.
Ci tengo a ringraziare di nuovo Life before his eyes -Alice, senza la quale molto probabilmente la storia neanche esisterebbe.
E poi, voglio dedicare questa cosa a due ragazze che sono tipo troppo -tutto: Antonella e Deborah sapete che parlo di voi.
Adesso, data l'ora, vado, ma potete sempre trovarmi 
 qui. ♥
Fire 

 

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Capitolo 2
*** Parte II. ***




 


«Principe Blaine, la sua giacca è pronta.» disse Kurt, spingendo la porta con la schiena per entrare nella sua stanza.
Lui e suo padre erano a palazzo solo da un paio di mesi, ma si stavano già abituando al ritmo che c’era lì, completamente diverso da quello di un piccolo paesino come Saint-Floret. Lavorava come sarto personale di Blaine e doveva ammettere che come lavoro non gli dispiaceva affatto: per essere un principe, infatti, Blaine si era dimostrato meno altezzoso di quanto Kurt si aspettasse. E poi la sua compagnia era così gradevole e…Shh. Metteva a tacere questi pensieri ogni volta che lo sfioravano, perché erano da ragazzino. Non poteva permettersi di innamorarsi di un principe; Blaine, ovviamente, in quanto erede al trono, era promesso e, altrettanto ovviamente, ad una donna di sangue reale. Due canoni in cui lui non rientrava. Essere innamorato di Blaine era come guardare il paradiso da fuori senza poterci entrare.
Quindi era meglio non illudersi e mettersi l’anima in pace sin dall’inizio. Il tempo per sognare era finito.
«Kurt!» lo salutò Blaine, con il solito splendido sorriso sulla faccia, uno di quelli veri, che coinvolgono tutto il volto, dalle guance agli occhi. «Vieni qui.»
Lui si avvicinò, chinando un po’ il capo. «Sai che non devi farlo quando siamo solo noi due.» lo riprese Blaine. Kurt ridacchiò e gli si sedette accanto sul divano di velluto blu. Sapeva che non gli piaceva essere trattato da principe quando erano da soli, ed era una cosa che gli faceva sempre scaldare il cuore: Blaine lo trattava e, cosa ancor più importante, lo considerava un suo pari.
«Vuoi provarla?» chiese infine, alludendo all’indumento che aveva ancora in mano.
«Certo, anche se so già che sarà perfetta perché l’hai confezionata tu.»
Si alzarono e Kurt si mise alle spalle di Blaine davanti allo specchio. «Oggi siamo di buon umore?» domandò prendendolo in giro, mentre gli infilava la giacca color caramello. Il ragazzo si girò verso di lui e Kurt notò che il colore del soprabito faceva risaltare il colore dei suoi occhi. «Molto.» annuì Blaine, entusiasta. «Mio padre sarà fuori per tutto il fine settimana e ciò vuol dire libertà. Ti farò fare una visita guidata completa del palazzo, ti porterò a cavallo e…»
«Okay, okay» rise Kurt, aggiustando la stoffa sulle spalle di Blaine. «Come corri.»
«Non voglio perdere nemmeno un secondo.» ribatté lui, sorridendo.
Si guardò per un secondo allo specchio e, quando Kurt vide che non si toglieva la giacca, pensò che gli fosse piaciuta.
A quel punto Blaine si sedette davanti al pianoforte, dando una pacca sul posto accanto a lui. Kurt lo raggiunse e – come sempre – si incantò a guardare gli occhi di Blaine scrutare lo spartito concentrato, e le sue dita scivolare veloci sui tasti bianchi e neri. Sol, sol, sol, la, si, sol, re.
Si fermò e Kurt lo guardò per incitarlo a continuare.
«Prova.» gli disse però Blaine, prendendo le sue mani e mettendole sulla tastiera. Poi ci poggiò sopra le sue. «Pronto?»
«Non sono capace.» si scusò Kurt, con le guance leggermente rosse.
Le dita di Blaine si strinsero sulle sue. «Pronto?» ripeté, così vicino che l’altro sentì il suo respiro sulla pelle. Allora annuì piano e lasciò che Blaine muovesse le sue mani sul pianoforte, ripetendo le stesse note. Poi lasciò che continuasse da solo, lentamente, aiutandolo a leggere lo spartito e unendosi a lui. Stavano suonando insieme.
Quando le loro mani si incontrarono di nuovo, Kurt pensò a come le persone possano innamorarsi in modi misteriosi, a volte anche solo sfiorandosi le dita.
Blaine scoppiò a ridere, sereno, appoggiando la testa sulla spalla di Kurt. «Sono felice.» sospirò, strofinando il naso contro la sua pelle.
Lui ridacchiò, passando una mano tra i suoi ricci. «Blaine…»
Pensò che avrebbe potuto dirglielo, che era innamorato di lui. Lì, in quel momento. E forse Blaine non l’avrebbe respinto.
L’altro alzò la testa, per guardarlo. Erano pericolosamente vicini.
«Principe» chiamò Rachel, entrando nella stanza. Non appena vide i due ragazzi in quella posizione compromettente arrossì e balbettò: «I-interrompo qualcosa?»
Kurt diventò rosso come il vestito della ragazza, e si alzò velocemente. «Nulla» rispose, in modo più convincente possibile. «Il principe stava solo provando la giacca. Che va bene. Arrivederci.» disse tutto d’un fiato, quasi scappando dalla stanza, sentendosi addosso lo sguardo imbarazzato di Rachel e quello di Blaine, che lo guardava andare via, ancora seduto, cercando di inseguirlo con la vista.
 


***
 

«Mi dispiace…» si scusò Rachel, ancora in piedi sulla soglia.
Blaine sospirò, accasciandosi sulla panca, stavolta però senza trovare accanto a se’ il calore del corpo di Kurt.
Da quando era entrato nella sua vita, non si era più sentito lo stesso. Aveva smesso di temere il giudizio degli altri, di nascondersi, di dover fare qualcosa che lo facesse sentire libero e felice, perché ora c’era Kurt e lui bastava.
Aveva persino smesso di pensare a Sam, capendo finalmente che era solo un amico. Questo però non lo faceva sentire meno confuso.
Anche se lui e Kurt erano amici da poco, gli sembrava di star cominciando a ricordarsi di lui, più che star cominciando a conoscerlo. Aveva qualcosa di così familiare, e quando stavano vicini sembrava giusto, come se fosse stato sempre così, in ogni loro vita precedente.
Erano diventati subito buoni amici…ma Blaine non riusciva a capire se quel sentimento che provava ogni volta che Kurt lo guardava o lo toccava fosse normale o se provava di più che semplice amicizia.
Di una cosa però era certo: nessuno lo faceva stare così bene come Kurt. Sorrise al suo solo pensiero del ragazzo. 
«Non fa niente, Rach» disse lui, mentre la ragazza chiudeva la porta e poi si avvicinava a lui.
Si accovacciò, in modo da avere gli occhi alla stessa altezza di quelli di Blaine, ancora seduto.
«Sei innamorato di lui?» chiese, con un piccolo sorriso sulle labbra. Rachel di solito preferiva non toccare l’argomento, a causa della cotta che aveva per Finn, lo scudiero, quindi la cosa doveva essere proprio evidente per spingerla a parlare di amore.
«Cosa te lo fa pensare?» ribatté Blaine, evasivo, anche per guadagnare tempo.
«Il modo in cui lo guardi.» rispose semplicemente la ragazza, con un’alzata di spalle. Si scostò un po’ la frangetta dalla fronte e incrociò le braccia al petto, guardando Blaine aspettandosi una risposta.
«E come dovrei guardarlo?» insisté lui.
Rachel sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Come se fosse la stella più luminosa del cielo.»
Il pensiero di Blaine andò subito agli occhi di Kurt, di quel colore azzurro che il cielo avrebbe dovuto solo invidiare e che brillavano sul serio come stelle. E al suo sorriso– Dio, quel sorriso, che sembrava illuminare tutta la stanza quando Kurt entrava.
«Non lo so, Rach.» ammise lui. «Come hai fatto a capire di essere innamorata di Finn?»
La ragazza arrossì, infastidita dal cambio di argomento. Di solito le piaceva essere al centro dell’attenzione, tranne in quei casi. «Uhm» rifletté lei. «Quando sono con lui sto bene. E mi piace ogni cosa di lui…mi fa sorridere il solo pensare a Finn» confessò, dicendo finalmente il nome del ragazzo.
Blaine allora realizzò. Tutto ciò che aveva detto Rachel valeva anche per lui e Kurt. E sperò soltanto che per l’altro fosse lo stesso, perché in quel momento non c’era niente che desiderasse di più.
«Sì.» disse, e non aveva mai detto niente di cui era più sicuro. «Sono innamorato di Kurt.»
 
 

Kurt si guardò allo specchio per un’ultima volta, aggiustandosi il maglione blu sul pantalone grigio.
Blaine gli aveva detto di farsi trovare pronto alle sette e mezza di quella sera, perché gli avrebbe fatto vedere il castello, approfittando della partenza dei suoi genitori.
Non vedeva Blaine da quando erano stati interrotti da Rachel il giorno prima, per questo era un po’ imbarazzato di incontrarlo dopo quell’episodio. Si disse che non era niente, e che probabilmente Blaine non aveva neanche fatto caso a cosa aveva provato quando i loro visi erano stati così vicini.
Scosse la testa, come per cacciare quei pensieri, ma la sua testa era occupata solo da lui. Non avrebbe mai pensato che andare a palazzo per lavorare come sarto gli avrebbe fatto conoscere un ragazzo meraviglioso come Blaine, e soprattutto che se ne sarebbe innamorato senza avere la possibilità di impedirlo. Era semplicemente successo.
Sentiva ancora nelle orecchie la sua risata cristallina e automaticamente sorrise anche lui.
Quando sentì bussare alla porta, Kurt corse ad aprire, sentendo il cuore che stava per esplodergli nel petto. Sulla soglia c’era Blaine, con un completo blu, la giacca aperta sulla camicia bianca che forse aveva cucito un po’ troppo stretta, visto come aderiva al suo petto.
Blaine gli sorrise, afferrandogli una mano per farlo uscire. Il suo cuore era decisamente esploso.
«Ho convinto mio padre ad andare a dormire prima, via libera.» sussurrò Kurt.
«Andiamo allora.» disse Blaine.
«Aspetta.» Kurt raccolse il suo coraggio. «Ho una cosa per te.»
Il ragazzo sembrò sorpreso e lo guardò piegando la testa di lato, con fare interrogativo. «Cioè?»
Lui tolse le mani da dietro la schiena e gli mostrò un piccolo fiocco nero. «E’ avanzato dalla giacca che indossi.» spiegò. «Mi sembrava carino.» Kurt glielo allacciò dietro il collo, cingendo quindi Blaine con le braccia al di sopra delle spalle. Erano vicinissimi, ma Kurt si ripeté di non fare nulla di azzardato, perché se ne sarebbe pentito, e non voleva rovinare tutto con Blaine.
Una volta fatto, si allontanò per vedere come stava. «Sei bellissimo.» mormorò. Arrossì e abbassò lo sguardo, rendendosi conto solo dopo di quello che aveva appena detto, e sperò che Blaine non fuggisse spaventato. Al contrario, il ragazzo gli andò vicino e gli prese la mano. «Grazie.» disse, e poi gli sfiorò una guancia con le labbra. Fu come fuoco.
Kurt si chiese come era possibile stare lì e non innamorarsi di lui, ancora e ancora. Pensò che sarebbe morto se non l’avesse baciato subito.
«Allora» disse con voce tremante, desideroso ma anche spaventato di quella vicinanza. «Dove avevi intenzione di portarmi?»
«Pensavo al giardino. Di sera si vedono tutte le stelle.»
Anche se nessuna brilla come te.
Blaine gli porse la mano e Kurt la strinse. Camminarono in silenzio fino al cancello, beandosi semplicemente di quel contatto il più a lungo possibile. Blaine si girava ogni tanto per guardarlo e lui arrossiva sempre sotto il suo sguardo, chiedendosi se aveva una speranza.
Una volta varcata in silenzio la soglia, i due ragazzi si trovarono circondati dal verde: erba, siepi e fiori di tutti i tipi ornavano l’intero giardino. «Wow.» mormorò Kurt, estasiato.
«Voglio farti vedere la serra.» disse Blaine.
Si incamminarono verso una struttura in vetro e, una volta dentro, Blaine lasciò la sua mano. Kurt si guardò intorno: c’era un’enorme varietà di piante nei vasi, tutte di colori diversi, allineate come per formare un arcobaleno; dalla parte opposta c’era una porta in legno chiaro che Blaine teneva aperta. «Ti avevo promesso che ti avrei fatto vedere le stelle, no?» gli chiese, mentre lui correva dentro.
Ai lati c’erano soffici divani bassi pieni di cuscini e davanti tavolini con diversi servizi da tè. Tuttavia, lo sguardo di Kurt si soffermò sul soffitto: il vetro si interrompeva al centro, lasciando uno spazio aperto che mostrava direttamente il cielo.
«Kurt» lo chiamò Blaine, invitandolo a mettersi vicino a lui su un materasso posto direttamente sotto l’apertura. Il ragazzo lo raggiunse, accoccolandosi contro la spalla di Blaine.
«Non sembra vero.» commentò, facendo ridere l’altro.
«Dici? Non l’ho mai fatto vedere a nessuno. Era il mio nascondiglio.»
Kurt si sentì quasi speciale a stare in quel posto così intimo per lui. «Perché ci hai portato proprio me?» gli chiese, sedendosi di fronte a lui. Blaine prese fiato, come se si stesse preparando per qualcosa. «Kurt, arriva un momento in cui diciamo a noi stessi: “Oh, eccolo là”. Cerco uno così da una vita. Ho capito una cosa: t-tu mi emozioni, Kurt. E questa specie di visita sarebbe solo una scusa per passare più tempo con te.»
Kurt rimase senza parole. Dischiuse le labbra ma non ne uscì alcun suono. Aveva immaginato il momento in cui qualcuno gli avrebbe detto di essere innamorato di lui, anche se non pensava che sarebbe stato così. Ma non poteva di certo lamentarsi.
Provò a dire qualcosa per far sapere a Blaine che lo amava anche lui, ma non ne ebbe tempo.
Il ragazzo si allungò verso di lui e premette le labbra sulle sue. Mentre si avvicinava ancora di più, Kurt poggiò una mano sulla sua guancia, spingendosi verso di lui per ricambiare il bacio.
Quando si staccarono, vide che Blaine aveva le labbra tutte rosse –probabilmente anche le sue erano così – che si curvarono in un sorriso. Blaine rise imbarazzato, passandosi una mano sul volto. Kurt non sapeva cosa pensare, figuriamoci cosa dire. Ma di una cosa era sicuro: l’avrebbe rifatto altre cento volte. Sperò che le sue labbra avessero ancora il suo sapore.
«Dovremo…» provò a dire Blaine.
Kurt gli prese il mento tra le dita e lo guardò negli occhi. «Te ne sei pentito?» chiese, temendo la risposta. Sapeva che c’era la possibilità che Blaine avesse cambiato idea, che avesse paura di quello che quel bacio avrebbe portato.
«No.» rispose invece Blaine con voce ferma. «Per niente.» confermò, prima di baciarlo di nuovo.
«Nemmeno io.» sussurrò Kurt sulle sue labbra, anche se pensava che Blaine l’avesse già capito, dal modo in cui lo strinse a se’, come se non volesse lasciarlo andare mai più.


 

Note:
Buona sera 

Mi scuso per l'attesa, ma tra compiti e problemi con internet non sono proprio riuscita ad aggiornare. Spero di essermi fatta perdonare (?) con questa seconda parte e che vi sia piaciuta.
Vi ringrazio davvero tantissimo per le recensioni che mi avete lasciato al capitolo precendente, mi avete spinta ad andare avanti e magari a scrivere altre Klaine. - Amo questa coppia, cosa posso farci - Ah, ringrazio ovviamente anche le 19 persone che l'hanno messa tra le seguite, le 2 tra le ricordate e le 4 tra le preferite. 

Spero di trovare i vostri pareri anche per questa parte.
Ringrazio Alice - Life Before His Eyes - perché mi ha diciamo betato il capitolo e perché mi sostiene sempre. E anche Anto e Deb che mi minacciano amorevolmente per farmi scrivere.
Ricordo che potete trovarmi 
qui. ♥
Fire
 

 

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Capitolo 3
*** Parte III. ***




 



I mesi seguenti furono decisamente i più belli della vita di Kurt.
Gli sembrava di essere in una specie di bolla, isolato dal resto del mondo, da tutti i problemi e da tutte le cose che lo avevano fatto soffrire, perché ora con lui c’era Blaine.
Nella sua vita gli era sempre sembrato tutto difficile, eppure innamorarsi di Blaine era stata la cosa più semplice che avesse mai fatto. Era successo, semplicemente come se dovesse essere così.
Finalmente, Kurt poteva dire di essere davvero felice, per la prima volta da quando era morta sua madre.
Sapeva che la sua relazione con Blaine sarebbe stata una sfida e non riusciva a immaginare come sarebbe andata a finire.
Di certo non potevano sbandierare al paese la loro omosessualità, né tantomeno regnare insieme. Quale sarebbe stato il loro destino? Vivere un amore proibito e segreto per sempre? Per quanto la prospettiva di una storia simile a quella dei libri potesse sembrare eccitante, nella realtà lo era decisamente meno.
Ma…ma la verità era che Kurt non voleva che finisse con Blaine. Non riusciva più a pensare alla sua vita senza il ragazzo al suo fianco, anche se era così che era stata per la maggior parte del tempo. Però Kurt si sentiva per la prima volta completo, come se Blaine fosse quello che cercava anche prima di sapere di averne bisogno.
Il rumore di suo padre che lavorava lo riscosse dai suoi pensieri.
Due secondi dopo, comunque, la sua mente era di nuovo occupata da Blaine.
Tra due mesi sarebbe stato il suo compleanno: avrebbe compiuto diciotto anni e sarebbe stato maggiorenne. Era una data importante per un principe.
Il Re e la Regina stavano già organizzando un ballo in suo onore. Sarebbero state invitati tutti i nobili di Sain-Floret, oltre ad amici dei sovrani provenienti anche da altre contee.
Ovviamente però Kurt non sarebbe potuto esserci. Sarebbe rimasto sveglio fino a tardi, aspettando che la festa finisse per poi raggiungere Blaine in camera sua. Meglio di niente, no?
Prese dall’armadio il vestito che aveva cominciato a confezionare per il suo grande giorno; avrebbe chiesto a Blaine se voleva che apportasse delle modifiche prima di rendere il lavoro definitivo.
«Papà, io vado da Blaine.» gridò a Burt, che, però, invece di lasciarlo andare come al solito, corse da lui, con ancora un attrezzo in mano.
«Kurt, cosa sta succedendo tra te e il principe?»
Il ragazzo arrossì, abbassando lo sguardo. «Cosa?» farfugliò. «Niente, devo solo fargli provare il- il vestito, ecco.»
Suo padre lo guardò per un istante e lui si sentì nudo sotto quello sguardo. Burt si tolse il cappellino, passandosi una mano sulla testa. Sospirò. «D’accordo. Sai che per qualsiasi cosa io ci sono, no?»
Kurt si sentì un po’ in colpa a stargli mentendo. «Siamo buoni amici.» azzardò.
Il padre gli sorrise in modo dolce. «Sono contento di questo.» Poi tacque, ma lui capì che la conversazione non finiva lì.
«Io e Blaine stiamo insieme.» ammise allora Kurt tutto d’un fiato.
Burt ridacchiò, scompigliandogli i capelli. «Lo so.»
«E’ così evidente?» sibilò, in preda al panico.
«Sei mio figlio, ti conosco. E poi lo vedo, quando parli di lui. Sei felice?»
«Blaine mi rende felice, sì.»
«Allora va bene. Ma stai attento: non tutti sono abbastanza coraggiosi da impegnarsi in una storia così. E non voglio che tu stia male per questo.»
«Lo so.» rispose Kurt, con un groppo in gola. Era la cosa che lo spaventava di più: sapeva che Blaine lo amava, ma aveva paura che un giorno non sarebbe stato più abbastanza per lui.
«Ora va’, sennò farai tardi.»
«A dopo.»
Kurt si avviò verso la camera di Blaine; ormai conosceva la strada a memoria. Una volta nel corridoio incrociò Rachel, che usciva proprio da lì. La ragazza gli andò vicino per salutarlo. Essendo la migliore amica del principe, anche Kurt ci aveva fatto amicizia: doveva ammettere che, nonostante fosse molto ambiziosa e un po’ logorroica, era una brava ragazza.
Lei alzò gli occhi al cielo, indicando la porta alle sue spalle. «Non l’ho mai visto così nervoso.» bisbigliò, riferendosi a Blaine, prima di proseguire per la sua strada scuotendo la testa.
Kurt, d’altro canto, accelerò verso la porta. Entrò senza bussare, trovando Blaine seduto davanti al pianoforte che premeva tasti a caso con forza. Rachel aveva ragione.
«Ehi.» disse lui, avvicinandosi.
L’altro si fermò, ma non si voltò. «Ehi.»
«Tutto bene?»
«No. Niente va bene.» rispose secco Blaine.
Kurt si sedette accanto a lui, costringendolo finalmente a guardarlo. «Vuoi dirmi che ti prende?»
Blaine scosse piano la testa. «I miei genitori hanno deciso di farmi una sorpresa: al ballo per il mio compleanno ci sarà anche Mia, principessa del regno vicino, Saint-Montan. Vogliono che io la conosca.»
«Oh.» Non c’era bisogno che continuasse, il resto si intuiva da sé. Quella ragazza probabilmente sarebbe stata la sua promessa sposa. Kurt dovette trattenere le lacrime e un conato di vomito, ma dopotutto non c’era niente che lui o Blaine potessero fare.
«Non voglio andarci.» disse il principe, puntando gli occhi nei suoi. «Non senza di te.»
Kurt rise, accarezzandogli piano una guancia con il pollice. «Sai che non posso. Va’ e divertiti, non lasciare che i tuoi genitori ti buttino giù.»
«Vieni anche tu. Ti prego, Kurt.»
«Vorrei. Te lo giuro, se potessi non ti lascerei nemmeno un secondo. Ma non mi faranno mai partecipare al ballo. Ti aspetterò dopo, d’accordo? Coraggio.»
Pronunciò quell’ultima parola più a bassa voce, come se fosse un segreto.
Blaine lo guardò, e Kurt si perse nei suoi occhi. Avevano un colore che non era mai riuscito a definire, a metà tra il verde e il marrone chiaro, quasi miele. Dischiuse le labbra per chiederglielo, ma prima che potesse parlare l’altro premette piano le labbra sulle sue, come se volesse catturarne il sapore.
«Ti amo.» sentì sussurrare sulla sua bocca. 
Quelle due parole lo colsero di sorpresa: non credeva che Blaine fosse già così sicuro di quello che provava per lui. Kurt credeva di esserlo, ma c’era qualcosa che lo spaventava, ancora, nonostante ormai sapesse di essere ricambiato.
«Ti amo, Kurt.» ripeté l’altro, sospirando e appoggiando la testa sul suo cuore che batteva all’impazzata.
Kurt gli strinse forte la mano e specchiò gli occhi nei suoi. Poi annullò quella fastidiosa distanza che li separava.
E sperò che bastasse.
 

Due mesi dopo

«Stai consumando il pavimento, Blaine!» sbottò Rachel, prendendolo per le spalle e costringendolo a fermarsi. Era così irritata che si era addirittura dimenticata di chiamarlo principe.
«Scusami.» rispose, buttando fuori il fiato. Aveva cercato di allontanare il pensiero di quella sera per tutto il tempo, ma ora era una realtà che incombeva su di lui. Su di lui e su Kurt.
Sapeva che la scelta dei suoi genitori non era casuale: la famiglia della principessa Mia era molto ricca, e un matrimonio sarebbe stato estremamente vantaggioso per loro; in più, avrebbero stretto una sorta di alleanza con Saint-Montan.
Mai quanto in quel momento avrebbe voluto semplicemente scomparire.
Aveva pensato e ripensato a cosa fare, ma le opzioni gli sembravano una più improponibile dell’altra.


1. Dire ai suoi genitori che era gay. – Esclusa per ovvi motivi. Si vergognava solo di averci pensato.
2. Trovare un modo per evitare la principessa. – I suoi genitori avrebbero sicuramente fatto in modo che non accadesse.
3. Fare ciò che doveva fare e continuare a stare segretamente con Kurt.

Questa ultima opzione era quella che all’inizio aveva ritenuto possibile, ma poi si era sentito immediatamente in colpa per essere stato così egoista. Mentre lui sarebbe stato ancora il principe, circondato da tutti i suoi onori, Kurt avrebbe dovuto nascondersi per tutta la vita, senza poter vivere e amare alla luce del sole.
E non se lo meritava.
Non lui.
Quindi ora Blaine si ritrovava senza la minima idea di cosa fare, senza riuscire a controllare l’ansia che cresceva dentro di lui.
Continuava a ripetersi coraggio nella testa, come glielo aveva detto Kurt, ma con scarsi risultati.
Rachel sospirò, lasciandolo andare. «Devi calmarti. Se stasera ti comporti così sarà come se stessi firmando la tua condanna.»
«Che intendi?» chiese Blaine, spaventato da quello che l’amica stava per dirgli.
La ragazza si morse un labbro, abbassando lo sguardo sulle proprie mani.
Oh no.
Rachel non aveva peli sulla lingua, quindi se ora stava zitta – cosa terribilmente insolita per lei – quello che pensava era davvero brutto.
Il principe trattenne il respiro finché lei non interruppe il silenzio che si era creato nella stanza.
«Hai mai pensato a cosa succederebbe se i tuoi genitori venissero a sapere la verità?» chiese prima, timidamente, quasi come se volesse preparare Blaine ad una terribile rivelazione.
Ed era così.
«Non punirebbero solo te» continuò. «Ma anche Kurt.»
Blaine crollò sulla poltrona.
Sapeva che la loro relazione era un rischio – sin dall’inizio – ma non aveva mai avuto così paura.
Le parole di Rachel rimbombavano nella sua testa, mentre cominciavano a comparire davanti ai suoi occhi immagini di Kurt che soffriva.
Ed era tutta colpa sua.
Si prese la testa tra le mani, strofinandosi gli occhi sui palmi. Non poteva permettere che accadesse una cosa del genere.
Si sentì improvvisamente debole.
Sapeva che la strada più facile sarebbe stata chiudere ogni tipo di rapporto con Kurt, – anche se forse non avrebbe fatto bene a nessuno dei due – ma sapeva che non ci sarebbe mai riuscito.
La sua testa gli diceva di dimenticarlo, mentre il suo cuore…il suo cuore gli diceva di non lasciarlo andare.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter stare con Kurt; è vero, si conoscevano solamente da quasi un anno, ma Blaine era sicuro che era di quanto più vicino alla felicità esistesse.
Non gli era mai capitato di pensare “ehi, questo è eterno”, eppure l’aveva fatto ogni volta che guardava Kurt, che lo toccava o che lo baciava.
Se c’era una persona per cui avrebbe dato tutto, sacrificato qualsiasi cosa, combattuto con le unghie e con i denti, quella era Kurt.
Era quella persona con cui avrebbe voluto trascorrere il resto della sua vita.
E non l’avrebbe perso né quella sera né mai.
«Ho sempre saputo recitare bene.» pensò con amarezza.
Guardò Rachel e sfoderò il suo sorriso migliore. «Stasera sarà tutto perfetto.»
 

***
 

La porta scricchiolò dietro le sue spalle mentre usciva. Kurt la maledisse mentalmente, ma poi si disse che nessuno sarebbe mai riuscito a sentire quel suono con tutto il rumore che arrivava dal piano inferiore.
Secondo i suoi calcoli, il ballo era iniziato da circa due ore, e quindi ormai tutti stavano ballando o erano troppo presi dai rinfreschi.
Scese le scale di marmo con un sorriso ebete sulla faccia.
Era consapevole che poteva mettersi nei guai intrufolandosi nella festa, ma allo stesso tempo era anche eccitato per lo stesso motivo.
E poi moriva dalla voglia di vedere Blaine. Non sarebbe rimasto a lungo, solo il tempo di guardarlo, intercettare il suo sguardo e sorridergli. Se lo sarebbe fatto bastare fino a quando non si sarebbero incontrati più tardi.
Il fatto era che non riusciva proprio a sopportare l’idea di non poter trascorrere il compleanno insieme a lui. Aveva sempre accettato quello che era, senza mai vergognarsene, e per questo odiava doversi nascondere.
Pensò che anche per Blaine fosse così dura, forse anche di più. Dopotutto, era su di lui che erano puntati tutti gli occhi. Lui era costretto a fingere, in ogni momento.
Ci stava ancora pensando quando arrivò nell’enorme sala tutta adornata perfettamente. Cercò immediatamente Blaine, ma la pista da ballo era affollatissima di nobili che danzavano.
Aguzzando la vista riuscì ad individuare, proprio al centro, una ragazza con un corpetto rosso – decisamente troppo succinto e appariscente – e un’ampia gonna del medesimo colore. Sorrideva, e aveva le braccia allacciate dietro il collo di un ragazzo…
Blaine.
Kurt si nascose dietro una delle numerose sontuose colonne alle estremità della sala, in modo da non farsi vedere quando un maggiordomo passò trasportando bicchieri su un vassoio.
Continuò a guardare Blaine mentre danzava con quella che Kurt realizzò essere la principessa Mia.
Capiva che era necessario che lo facesse, per non destare sospetti, eppure quando sorrise, Kurt sentì una fitta allo stomaco. Sembrava davvero a suo agio.
Poi Mia si avvicinò e lo baciò sulla guancia. Blaine non si scostò.
Kurt rimase lì, ignorando il dolore che cominciava a lacerarlo dentro.
Alcuni nobili si avvicinarono al ragazzo, ridendo insieme a lui e dandogli pacche sulle spalle.
Kurt fece un sorriso amaro, allontanandosi finalmente dalla sala. Doveva accettare che era quello il mondo di Blaine. Un mondo di cui lui non faceva parte.
Si rese conto che lo stava condannando ad amare qualcuno che non avrebbe mai potuto presentare ai suoi amici, portare fuori; con cui in futuro non si sarebbe mai potuto sposare, o magari avere una famiglia.
Blaine meritava molto di più, e il minimo che Kurt poteva fare era dargli la possibilità di trovare quel di più.
Ripensò al ti amoche Blaine gli aveva detto due mesi prima, e si pentì di non averglielo detto di rimando quando poteva.
Perché ora non ce ne sarebbe stata più occasione.





 

»Note dell'autrice:
Sono consapevole di essere in un ritardo vergognoso, ma ultimamente tra la scuola e un bruttissimo blocco non sono riuscita proprio a scrivere.
Poi ho recuperato ieri scrivendo per tre ore di seguito.

Per quanto riguarda il capitolo, vi giuro che non è colpa mia. Si è scritto da solo. E' solo che mi mancavano i miei Klaine, tutto qua.
Okay, ora la smetto di blaterare. Grazie a tutti quelli che recensiscono e continuano a leggere, siete troppo buoni, davvero. Spero che vi sia piaciuto e prometto che per la prossima - e ultima - parte non vi farò aspettare così tanto. 

Per qualsiasi cosa, potete trovarmi anche nella mia pagina d'autrice facebook.
Fire


 
 

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Capitolo 4
*** Parte IV. ***


Volevo semplicemente ringraziare tutti voi per avermi supportato con le vostre recensioni 
o semplicemente per aver letto questa storia.
Significa davvero tanto per me.
Grazie, grazie, grazie.
(Un grazie particolare va anche a Alice, Anto e Deb per il continuo sostegno,
e Ari per lo splendido banner.) 
Spero di non deludervi.
Questo è l'ultimo capitolo di "Your Place Is With Me"  




 



«Mi scusereste un momento?» disse cortesemente Blaine alle persone che lo circondavano. Rivolse un finto sorriso – l’ennesimo – a Mia, e corse fuori.
Era sicuro di aver visto Kurt con la coda dell’occhio, ma poi era scomparso. Non aveva idea di dove poteva essere andato, così cominciò col salire le scale. Lo vide seduto su uno degli scalini della rampa superiore.
Cercò di avanzare piano, ma l’altro si accorse immediatamente della sua presenza. Non lo guardò, si limitò solamente a correre via, verso il tetto. Blaine lo inseguì.
«Kurt!» gridò. «Kurt! Fermati!»
Quando ormai l’aveva quasi raggiunto, Kurt rallentò e si fermò. Si appoggiò alla balconata chinando la testa. Dal luccichio sulla sua guancia, Blaine fu sicuro che stesse piangendo, anche se quando gli fu vicino aveva già asciugato le lacrime.
Non sicuro di cosa dire, seguì lo sguardo dell'altro sul paesino sotto di loro: Saint-Floret era quasi più bella di notte, silenziosa e accesa solo dai sogni delle persone.
«Mi piace.» commentò.
Kurt si girò a guardarlo con un sorriso pieno di risentimento e malinconia. «Già, be’– fidati, è meglio guardarla che viverci.»
Blaine gli afferrò una mano. «Tu vivi qui. Con noi. Con me
Gli occhi di Kurt si fecero lucidi. L’azzurro delle iridi era oscurato dalle lacrime trattenute. Deglutì, cercando di scacciare il groppo che aveva in gola. «Non posso...non più
Blaine sentì le gambe cedere: adesso furono i suoi occhi a riempirsi di lacrime.
Non poteva credere che Kurt stesse avendo dei ripensamenti. Aveva bisogno che credesse in loro, proprio come lui.
«Cosa stai dicendo?» gli chiese.
L’altro abbassò la testa, rifiutandosi di guardarlo negli occhi. Blaine però si abbassò, cercando di catturare il suo sguardo. «Mi ami ancora?» mormorò, con la voce che tremava.
Kurt fece una risata amara, che gli spezzò il cuore. «Certo che ti amo, Blaine. Ti amo abbastanza da capire che per te è meglio che me ne vada.»
Blaine si sentì pervadere da un'immensa tristezza, quando si rese conto che quella era la prima volta che Kurt gli diceva che lo amava. E ora voleva andarsene? «Kurt, non capisco...» disse, ed era sincero.
Se c’era qualcosa che aveva mai reso la sua vita bella, era proprio Kurt.
«Stare con me ti renderà tutto difficile. E sai perché? Perché questa non è la mia vita, Blaine, è la tua, è il tuo posto.»
Il principe dischiuse le labbra. Non poteva starlo dicendo davvero. Come poteva anche solo pensarlo?
Non gli importava di quello che sarebbe successo, qualsiasi cosa brutta, perché era certo che ne sarebbe valsa la pena. Loro due ne sarebbero valsa la pena.
Blaine gli prese il volto tra le mani. «Ascoltami bene, Kurt» sussurrò, specchiandosi nei suoi occhi azzurri. «Il tuo posto è con me. Lo sarà sempre
Kurt sorrise, mentre le lacrime scorrevano finalmente libere sul suo volto. Blaine le asciugò con il pollice e poi lasciò un bacio lì dove erano cadute.
«Resta. Ti amo Kurt. Resta.» lo pregò, ma dentro di sé sapeva che lì non c’era futuro per loro.
E lo sapeva anche Kurt. «Non rendere tutto più difficile.» mormorò con la voce spezzata dal dolore. Si allontanò, pronto a scendere le scale e tornare in camera sua.
«Scappiamo.» disse Blaine.
L’altro si voltò a guardarlo, sbigottito. «Cosa?»
«Andiamo via insieme. Solo io e te, Kurt.» ripeté lui, con un sorriso sempre più grande.
Kurt voleva dire che era una follia, che sarebbe stato impossibile, invece si limitò a chiedere: «E’ quello che vuoi?»
«Quello che voglio – quello che ho sempre voluto, è poterti amare per tutta la vita.»
Kurt rise, pensando che Blaine non poteva essere più bello, lì sotto la luce della luna, e che non avrebbe potuto amarlo più di così.
Probabilmente quello che stavano facendo era irresponsabile, ma nessuno dei due si era mai sentito più libero.
«Quando partiamo?»
Blaine lo raggiunse e lo strinse forte. «E’ un sì?»
Kurt lo allontanò un po’ solo per poterlo guardare negli occhi. «E’ un sempre
 
***
 
I due giovani correvano nel cortile, fendendo il freddo e l’oscurità della notte.
Blaine aveva preso un po’ di soldi dalla cassa dei genitori, quanto bastava per iniziare una nuova vita. Aveva lasciato un brevissimo biglietto ai suoi genitori: “E’ meglio così. Troverete sicuramente un principe migliore di me, io- io non sono tagliato per questo ruolo. Non posso essere qualcuno che non sono. E non cercatemi, vi prego. Se mi volete bene, non fatelo.”
Kurt aveva preparato in fretta e furia due valigie, poi aveva scritto un lungo biglietto al padre, dove spiegava tutto, sperando che non lo avrebbe odiato. Gli avrebbe poi scritto di nuovo una settimana dopo.
Una volta arrivati nella stalla, comparvero Finn, Rachel e Sam.
Mentre i due scudieri aiutavano Kurt a salire su un cavallo, Blaine si fermò a salutare la sua amica.
«Sei consapevole di tutti i rischi che stai correndo, aiutandoci?»
«Sì.» Lei sorrise. «Ma voglio farlo. Per due motivi: primo, perché spero che un giorno io e Finn avremmo il coraggio di fare lo stesso.»
«State insieme?» la interruppe lui.
Rachel arrossì. «Da un paio di mesi. Non trovavo mai l’occasione giusta per dirtelo.»
«E secondo?» chiese Blaine, ignorando il fatto che lei glielo avesse nascosto, consapevole che il tempo stava scadendo.
«Non te l’ho mai detto, ma per i primi anni di vita sono stata cresciuta da due uomini, dopo che mia madre mi abbandonò. All’epoca non compresi il motivo per cui me li avevano portati via, ma crescendo ho capito che era solo perché amavano una persona dello stesso sesso. Non voglio che succeda anche a voi. Lo faccio anche per i miei papà.»
Blaine le strinse la mano, commosso.
«Spero di poterti rivedere, un giorno.»
«Anche io.» disse Rachel sorridendo, prima di lasciarlo andare.
Blaine salutò Finn e Sam con un abbraccio, prima di salire sul cavallo con Kurt.
Questo è solo l’inizio di una bellissima storia.
 

 
 
Sei anni dopo

«Riesci a credere che siamo sposati?» domandò Blaine, mentre entravano in casa.
Kurt rise. «Se per “sposati”» pronunciando l’ultima parola mimò il segno delle virgolette. «Intendi uniti da una cerimonia clandestina celebrata da Finn nel salone di casa di Rachel…»
«Perché devi sempre fare il guastafeste?» domandò Blaine, fingendosi esasperato, ma non riuscì a trattenere una risata.
Era felice. La verità era che era difficile non essere felice con Kurt.
Vivevano insieme da quando erano scappati, e sì, avevano avuto qualche diverbio, ma non avevano mai smesso di amarsi.
Ogni giorno era come la prima volta.
Rachel e Finn abitavano poco distante, erano arrivati qualche anno prima.
Sam invece era ancora a palazzo. Blaine aveva provato a convincerlo a raggiungerlo con qualche lettera, ma il ragazzo aveva detto che, nonostante gli mancassero tutti, sentiva che il suo posto era lì.
Kurt e suo padre si scrivevano regolarmente. Burt era tornato a vivere tranquillamente e Sain-Floret, lontano dal palazzo: sosteneva che era meglio così. Si vedevano una volta ogni due mesi, dato che il viaggio era piuttosto lungo.
Blaine si stese sul letto accanto a Kurt, rannicchiandosi contro di lui, con la testa sul suo petto. Kurt lasciò un bacio tra i ricci di Blaine, cingendolo poi con le braccia.
«Grazie» sussurrò.
«Per cosa?»
«Per non esserti arreso con me.»
Blaine alzò la testa e lo guardò negli occhi sorridendo. «Grazie a te per essere venuto con me.»
Kurt gli accarezzò una guancia, pensando che non riusciva ancora a credere che quella fosse la sua vita. «E’ stata la cosa migliore che abbia mai fatto.»
Poi gli si avvicinò e poggiò le labbra sulle sue. Blaine rispose al bacio, come se fosse ormai una cosa naturale.
Ora erano insieme, perché, come aveva detto Blaine, il loro posto era accanto all’altro.
E la vita non poteva essere più bella.
 
Never knew I could feel like this
Like I've never seen the sky before
I want to vanish inside your kiss
Every day I love more and more
Listen to my heart, can you hear it sings
Telling me to give you everything
Seasons may change, winter to spring
But I love you until the end of time
Come what may
Come what may
I will love you until my dying day
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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