The Writer and the Beast: ovvero come scrivere una favola moderna

di __aris__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Belle ***
Capitolo 2: *** Lionel ***
Capitolo 3: *** Bad Day ***



Capitolo 1
*** Prologo: Belle ***


AVVISO: caro lettore lo dico subito: il personaggio di Lionel è vagamente ispirato a William Forrester del film Scoprendo Forrester (se non lo hai mai visto te lo consiglio caldamente) ma solo nella misura in cui si tratta di uno scrittore che con il suo primo ed unico libro ha scritto il libro del secolo e sono anni che non esce di casa, per il resto la storia dei due personaggi è completamente diversa. Avviso anche che potrebbero esserci anche altri riferimenti al film nel corso della storia. Buona lettura.
 
 
 
 
La fine delle lezioni del professor Abbot erano sempre accolte con un profondo sentimento di liberazione negli studenti che si affrettava ad uscire dall’aula.
Belle! Belle! Dove vai così di corsa?” il ragazzo biondo che inseguiva l’amica era James Scott: il suo più grande talento era il basket, che gli era valso l’ingresso alla NYU, ma in letteratura moderna e contemporanea non era certo tanto bravo.
James, ciao.” Belle Lefort riusciva sempre a regalare un sorriso sincero a tutti, per questo tutti i suoi amici la adoravano. In realtà la maggior parte delle sue conoscenze erano romanzi e libri di varia natura, ma quei pochi fortunati che erano andati oltre l’aspetto ordinario e gli occhioni da cerbiatto avevano trovato una persona sempre gentile e allegra. “Devo andare al colloquio con le risorse umane. Altrimenti rischio di non poter pagare la prossima rata.”
Se vuoi ti accompagno con l’auto.” Propose sorridente.
Oh no grazie. Prenderò la metro. E poi il tuo fan club potrebbe ingelosirsi!” disse riferendosi ad un gruppo di ragazze che sospirava guardando James.
Che posso dire? Il capitano della squadra di basket è un lavoro duro ma qualcuno lo deve pur fare!” disse salutando le ammiratrici “Se hai bisogno di qualunque cosa però chiamami, intesi?
Grazie James! A domani.”
Belle non era esattamente “popolare”: non veniva da una famiglia ricca, il suo aspetto era comune, per non dire dimesso, ed in molti si chiedevano come facesse ad essere amica del capitano della squadra di basket che aveva segnato più tiri da tre punti negli ultimi due campionati. La verità era che un giorno gli aveva accidentalmente fatto cadere sul piede una copia dei Canterbury Tales e si era talmente imbarazzata che gli aveva fatto da stampella umana fino a quando il medico dell’ospedale diagnosticò solo una contusione che sarebbe guarita con due settimane di riposo assoluto. I due avevano deciso che quello sarebbe stato il loro segreto: lui non avrebbe rivelato l’identità della ragazza che aveva messo a rischio la vittoria al campionato e lei non avrebbe mai detto ad anima viva che l’idolo dell’università aveva urlato di dolore “come una femminuccia”, secondo le testuali parole di James.
 
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Giunta alle risorse umane Belle andò subito dalla Signora Clarks, un’afroamericana di mezza età con i capelli nerissimi e poca voglia di perdere tempo. “Signorina Lefort ci rivediamo.” La salutò la donna guardando dritta negli occhi. Ormai i loro incontri erano settimanali: Belle veniva, si sedeva e chiedeva se c’era qualcosa per lei; la signor Clrck le ripeteva che con le sue scarse credenziali non c’era nulla e la ragazza le sorrideva promettendole che la volta dopo sarebbe andata meglio. Solo che nelle ultime sei settimane non era andata mai meglio.
Buon giorno signora Clarks, ha qualcosa per me oggi?
Sei fortunata.” Disse mettendole un cartoncino grigiastro sotto al naso “Questo è arrivato oggi e l’ho messo da parte per te. Si tratta di un lavoro part time come segretaria di un certo Lionel Dubois.”
Sta scherzando?” urlò Belle spalancando gli occhi.
L’impiegata ritirò subito il foglio “Questo passa il convento bellezza. Se non ti piace te ne puoi anche andare, ma niente più sussidio.”
Oh no! La prego! È solo che Lionel Dubois è l’autore de The Unlucky Star!” spiegò entusiasta Belle.
La signora Clarcks la guardò di traverso attraverso gli occhiali non avendo idea di cosa stesse dicendo: “Quindi accetti?
Certamente!” rispose con convinzione.
Firma qui e qui. Dovrai andare all’indirizzo che ti darò e fare del lavoro d’ufficio: sistemare scartoffie e cose del genere. Non è molto ma con la tua esperienza e le tue credenziali è il massimo che potrai ottenere.”
Va benissimo.”
Controllò con attenzione che tutto fosse in ordine “Perfetto. Aspetta: è stato recapitato anche un pacchetto con delle particolari istruzioni per chi avesse accettato, vado a prenderlo e poi potrai andare.” Disse alzandosi dalla sua postazione per tornare qualche minuto dopo con una busta sigillata tra le mani “Dentro troverai l’indirizzo della casa del signor Dubois, l’orario in cui presentarti e le istruzioni dettagliate sui tuoi compiti. Buona fortuna signorina Lefort.”
La ringrazio signora Clarks. Buona giornata.” La salutò la studentessa mettendo il plico in borsa.
 
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Pronto papà?” Belle aveva chiamato il padre appena uscita dalle risorse umane.
Belle, figlia mia!” la voce dell’uomo era stanca ma felice “Che bello sentirti. Tu sei l’unica che mi telefona, le tue sorelle sono sempre così impegnate con le lezioni di recitazione e danza che non hanno mai tempo per il loro vecchio padre.” Maurice Lefort era un rivenditore d’auto del Maine a cui gli affari avevano iniziato ad andare male da qualche anno. Aveva tre figlie ma solo Belle si ricordava sempre di lui.
Sono sicura che ti pensano tutti i giorni.”
Allora cosa mi racconti di nuovo?
“Ho trovato un lavoro. Dovrò fare da segretaria ad uno scrittore famoso! O almeno credo sia uno scrittore famoso e non uno che ha solo il suo stesso nome.
In ogni caso sarai bravissima.
Grazie papà.
Belle mi dispiace di non riuscire a provvedere a te come facci con Nataly e Holly ma …
Te l’ho detto non importa. Loro hanno molto più talento di me e sono le più grandi, e giusto così. Adesso scusa ma perdo la metro. Ciao papà! Ci sentiamo presto ok?
Ciao Belle.”

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Capitolo 2
*** Lionel ***


 Lionel Dubois viveva all’ultimo piano di un enorme grattacielo del West side; un edificio immenso color antracite che costrinse Belle a piegare completamente il collo per vederne la fine. La zona era davvero esclusiva e solo persone molto ricche vivevano lì. Secondo le sue sorelle, con cui condivideva la casa, era passata di moda assieme agli anni ’80 ma Belle non ci badò: per lei Lionel Dubois poteva anche vivere a Bronx o nel New Jersey: ovunque fosse vissuto sarebbe rimasto uno dei suoi scrittori preferiti.
Aveva fantasticato tutta la notte su che tipo di uomo fosse. Dietro la copertina della sua copia di The Unlucky Star era raffigurato un giovane con poco più di trent’anni con gli occhi chiari ed un filo di barba; un uomo la cui bellezza era risaltata dai chiaroscuri della foto in bianco e nero. Quell’immagine era una delle poche di Lionel: il suo libro fu subito un successo mondiale e lo scrittore divenne famosissimo; era invitato a tutte le feste e le pagine rosa erano piene di articoli sulla sua vita privata. Dopo appena due anni tutto finì: Lionel si rinchiuse in casa, esattamente come fece Greta Garbo, e non ne uscì più. Non diede alle stampe un solo libro, un solo saggio o un solo articolo. Niente. Gli amici tentarono in tutti i modi di stargli vicino ma, l’uno dopo l’atro, furono scacciati e Lionel rimase solo in cima alla sua torre alta più di cento piani.
Dopo un profondo respiro Belle entrò nell’edificio osservando ogni cosa del grandioso atrio. Dietro al pesante portone c’erano delle scale in marmo perfettamente lucidate che conducevano al bancone del portiere. Tutto era bianco: il marmo dei pavimenti e del bancone, le pareti stuccate, i lampadari che pendevano dal lucernario. Felci ed altre piante ben lucidate aumentavano l’eleganza dell’ambiente, evitando che sembrasse spoglio o austero. La ragazza si avvicinò al portiere intento a leggere una rivista.
Buon giorno. Sono Belle Lefort e sarei la nuova assistente del signor Dubois.”
L’uomo aveva immediatamente spostato il giornale e dedicato tutta la sua attenzione a Belle. Doveva avere circa una cinquantina d’anni, aveva pochi capelli e piccoli occhi neri; indossava una giacca scura ed una cravatta grigio argento. Per un attimo soltanto, una frazione di secondo, sembrò incredulo ma poi la sua espressione tornò neutra. “Mi avevano avvisato del suo arrivo.” disse composto dandole una tesserina magnetica ed una chiave “Il signor Dubois abita all’ultimo piano. Faccia strisciare la tessera all’ingresso, poi prenda l’ascensore, inserisca la chiave ed arriverà direttamente nel suo appartamento. Buona fortuna signorina Lefort.”
Qualcosa nel modo in cui aveva parlato faceva sospettare Belle che non la ritenesse adatta per il lavoro o che si aspettasse che non durasse molto.
Prese gli oggetti con un sorriso educato che cercava di non dare peso a quella sensazione. “La ringrazio.” Fece qualche passo oltre il bancone verso una porta a vetri, doveva essere qualche super vetro blindato, simile a quelli delle banche, perché era molto spesso. Strisciò la carta magnetica nell’apposito lettore e le porte si aprirono senza fare alcun rumore; diede un ultimo sguardo al portiere, ormai tornato alla sua rivista, e varcò la soglia.
L’ascensore era già a terra, Belle entrò ed inserì la chiave in un piccolo foro in cima alla pulsantiera ottonata. Più il cursore dei piani si alzava e più sentiva le mani sudare ed il respiro accelerare.  Molte delle sue coetanee avrebbero avuto la sua stessa emozione per il loro idolo pop preferito, ma lei non era come le altre! Lei era cresciuta leggendo The Ulucky Star. Quello era stato il libro preferito di sua madre; il libro che aveva tenuto sul comodino durante tutti quegli interminabili cicli di chemio. Quasi la vedeva sorridente che le augurava buona fortuna e le diceva che era tanto fiera di lei perché con Lionel avrebbe avuto la possibilità di imparare molto. Un leggero ding le fece notare che le porte dell’elevatore erano in procinto di aprirsi; alzò gli occhi verso il soffitto per riappropriarsi delle lacrime: per quanto il dolore fosse ancora insopportabile non voleva fare brutta impressione a Mr Dubois!
Pochi istanti dopo davanti a lei apparve un piccolo corridoio in legno con il soffitto a botte. Non era stretto ma era alquanto buio. Alla fine si intravedeva un’artificiale luce soffusa. Tutto sembrava molto lugubre.
Venga avanti signorina Lefort.” La voce autoritaria di un uomo rimbombò nella casa.
Belle prese la chiavetta dorata dalla pulsantiera e si avviò timidamente in direzione della luce. La stanza era grandissima, con finestroni che andavano dal pavimento al soffitto coperte da pesanti tende scure che non lasciavano entrare i raggi del Sole. Era di forma rettangolare, arredata con mobili eleganti dalle linee essenziali: al centro c’era un gruppetto di divani disposti a ferro di cavalo attorno ad un tavolino, a sinistra un piccolo scrittoio ricolmo di carte ed a destra un pianoforte a coda su cui era adagiata una coperta logora. Anche se i mobili erano voluminosi rimaneva ancora moltissimo spazio libero. Tutto sembrava in disuso; come se al proprietario di tutte quelle cose importasse di loro talmente poco da non prendersi nemmeno il disturbo di sbarazzarsene.
So di non essere bello come un tempo signorina, ma non ho tutta la mattina a sua disposizione. Nel mio studio. Faccia presto!” tuonò ancora.
Arrivo!” Senza nemmeno sapere che direzione prendeva Belle seguì la voce oltre un porta ed entrò in una stanza ancora più buia ed abbandonata della precedete: le tende erano serrate, il divano di pelle verde addossato ad una parete era rotto, lasciando fuoriuscire diversi spruzzi di imbottitura; sull’enorme scrivania regnava il caos assoluto: carte, giornali e vari oggetti vi erano stati abbandonati stratificandosi gli uni sopra gli altri. Un’altra parete era completamente occupata da un polveroso archivio in legno con la vernice sbeccata. Gli altri mobili erano quanto meno consunti. Plichi di libri erano ammucchiati in diversi punti del pavimento. Adesso che ci rifletteva anche in salotto ne aveva visti diversi. Tutto era illuminato in penombra da poche lampade accese. L’aria era pesante, segno che doveva essere passato molto tempo dall’ultima volta in cui qualcuno aveva aperto le finestre.
Sentì dei passi dietro di lei e poi la porta chiudersi. “Se avessi saputo che le risorse umane mi avrebbero mandato una bambina avrei desistito.” Commentò l’uomo deluso osservando la ragazza appena entrata. Era minuta, tutt’occhi. Un topolino impaurito.
Belle si voltò e riconobbe Lionel Dubois alle sue spalle. Il respiro le si mozzò in gola mentre confrontava la foto in copertina con l’uomo che aveva davanti. Non fu l’invecchiamento a colpire la fanciulla quanto cosa fosse diventata la parte sinistra del viso. La metà destra era semplicemente invecchiata: la mascella bel delineata, la fronte ampia, i folti capelli e gli occhi azzurri erano ancora perfetti. Ma la metà sinistra era completamente bruciata ed accartocciata: il lobo dell’orecchio era completamente scomparso; metà guancia, fin sotto l’occhio, era bruciata ed in alcuni punti consunta fino quasi al cranio; l’occhio stesso aveva cambiato forma, e la sopracciglia era sparita. Anche parte dei capelli vicino all’orecchio erano stati mangiati dal fuoco. Belle si sforzò di non dare l’impressione di guardare ma lo shock era notevole. Cosa gli era successo? Era per tutte quelle cicatrici che nessuno lo vedeva più?
Il gatto le ha mangiato la lingua o non è in grado di presentarsi?” il tono di quell’uomo era talmente rude da mettere quasi più soggezione del suo aspetto.
Il topolino alzò la testa con fermezza:“Non sono una bambina Mr Dubois. Mi chiamo Belle Lefort ed ho compiuto vent’anni a maggio.
Senza guardarla si andò a sedere dietro la scrivania “Hai l’aspetto di una bambina. Hai mai lavorato?
No … ma quando vivevo con mio padre tenevo in ordine i suoi registi contabili.
Capisco. E dov’è adesso tuo padre?
Nel Maine. Vende auto ma purtroppo non …
Qualsiasi cosa sia, non mi interessa.” Tagliò corto. “Hai letto le indicazioni della busta?” la ragazza annuì “Bene. Dovrai sistemare tutti i miei libri, i miei articoli, le mie riviste e tutto ci che ti sembra fuori posto. Verrai qui tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, per almeno due ore. Di mattino o di pomeriggio non mi importa. Prenderai centocinquanta dollari a settimana che verranno versati sul tuo conto in banca, e se non ne hai uno ti farò degli assegni. Non dovrai dire a nessuno per chi lavori e dovrai venire sempre da sola, altrimenti sarai immediatamente licenziata. Cerca di svolgere le tue cose in silenzio, senza disturbarmi. E se hai qualcosa da chiedere non esitare a tenertela per te. Ci sono domande?
No signor Dubois.
Lionel si alzò facendo cenno di seguirlo in una stanza piena di scaffali. “Tutti i libri andranno messi in questa stanza. Li voglio ordinati per materia, autore ed anno di pubblicazione. Come hai visto sono un po’ in tutte le stanze quindi ti conviene toglierti il cappotto perché avresti dovuto iniziare da dieci minuti.” Poi senza dire niente si allontanò, lasciandola in quella stanza vuota.
 
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Gli avevano mandato una bambina che non aveva ancora terminato gli studi. E dire che aveva sperato in uno di quei donnoni teutonici capaci di spostare armadi solo arricciando il naso. Quella ragazzina con gli occhioni da cerbiatto non sarebbe mai riuscita a finire tutto. Anche una donna di colore dotata di molta tenacia gli sarebbe andata bene; ma non quegli occhioni limpidi che si erano immobilizzati per la paura nel vederlo!
Si passò la mano sulle tracce dell’incidente, sopra la pelle raggrinzita.
Quella bambina non avrebbe dovuto vedere una cosa tanto mostruosa.
Nessuno avrebbe dovuto vederla.
Una volta, quando non si perdeva una festa, la sua bellezza gli permetteva tutto. Ovunque non arrivasse il suo successo arrivava il fascino dello scrittore talentuoso e bello. Poi ci furono l’incidente, l’ospedale e la commiserazione. Il brucione del fuoco sula pelle e nei polmoni che aveva divorato tutto ciò che un tempo era stato. Gli sguardi di ammirazione si trasformarono in ribrezzo o in condiscendenza. I saluti divennero brusii sussurrati alle spalle. Di tutti coloro che si proclamavano suoi amici ne rimasero meno delle dita di una mano, ma anche a loro fu cortesemente chiesto di andarsene perché non sopportava nemmeno i loro sguardi e le loro parole.
Tutto e tutti gli erano diventati così insopportabili!
Perfino il rumore della macchina da scrivere!
Il silenzio era diventato il suo più caro amico. Con lui riusciva a vivere sentendo meno il fuoco. Con lui trovava la pace che gli permetteva di vivere lontano da tutti, isolato dove gli sguardi di tutti non lo potevano raggiungere.

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Capitolo 3
*** Bad Day ***


  
NOTE DELL’AUTRICE: buon giorno Lettore. Chiedo infinitamente scusa p
er il ritardo con cui aggiorno questa storia ma scrivere l’ultima parte di questo capitolo è stata un’impresa ardua. La verità è che io e le sorellastre cattive non andiamo d’accordo. Piccola nota per tutti coloro convinti che le sorelle acide e snob siano un privilegio di Cenerentola sappiate che non è così: sono presenti anche nella versione originale de La Bella e La Bestia. Per cui le ritroverete anche nelle prossime righe. Ma non siate troppo cattivi con loro perché non avranno il loro lieto fine.

Chiedo ancora scusa per il ritardo, spero che il capitolo vi piaccia e che mi lasciate un comento.
Grazie per aver conservato la stria tra le seguite, preferite o ricordate.
 
 
 
 
 
Lionel aveva moltissimi libri e tutti dei generi più disparati: dalla narrativa, alla botanica, passando per la saggistica e la filosofia o alle scienze in genere. Belle iniziò a spostarli nella stanza che le era stata indicata dividendoli in base all’argomento trattato. Iniziò da quelli del salotto perché nello studio c’era ancora Lionel e le non voleva assolutamente disturbarlo: le era sembrato un Rottweiler pronto ad azzannare il prossimo, o almeno a scacciarlo. Così decise che i libri dello studio erano rimandati al giorno seguente; sperando che il suo datore di lavoro fosse di umore migliore.
Tra un tomo e l’altro arrivò l’ora in cui doveva prendere la metro se non voleva tardare alla lezione del professor Abbot. Diede un ultima occhiata alla stanza: i libi erano messi apparentemente a caso sugli scaffali di ferro, altri erano per terra accanto alle pareti. Avrebbe voluto riuscire a sistemarli meglio ma erano davvero troppi e se fosse arrivata tardi il trattamento che Abbot le avrebbe riservato non sarebbe stato piacevole: visto l’estro che l’insegnante aveva nel tormentare ed umiliare i suoi studenti non voleva scoprire cosa sarebbe stato capace di inventarsi. Infilò il soprabito e mise la borsa a tracolla, poi con circospezione si avvicinò allo studio di Lionel.
La porta scura era chiusa.
Belle soffiò via l’aria per prendere coraggio e poi bussò.
Nessuno rispose.
Facendo appello a tutte le sue forze riprovò, leggermente più forte rispetto al primo tentativo, poi aprì la porta ed entrò timidamente. Non c’erano luci accese e la stanza era completamente buia.
Che succede?” domandò lo scrittore con voce infastidita.
Mr Dubois, io avrei finito…” rispose Belle con un sussurro.
Allora vattene. E cerca di non fare troppo rumore!” fu l’unica risposta che ricevette.
La ragazza deglutì “A domani.” Sussurrò sospettando che l’uomo oltre la porta le inveisse contro. In silenzio si avviò verso l’uscita, ammirando ancora una volta l’aria desolata di quella casa; sicuramente in passato era stata illuminata e rumorosa, chiudendo gli occhi poteva immaginare feste con camerieri in giacca bianca che portavano vassoi di Chapagne e caviale. Magari con qualche musicista in un angolo. Ma adesso era tutto talmente abbandonato da metterle nel cuore una strana malinconia. Nell’ascensore scrollò le spalle sbuffando un paio di volte per allontanare quella spiacevole sensazione.
L’uomo della reception mise da parte la rivista scandalistica appena sentì i passi della ragazza, aspettando che si avvicinasse. “Posso fare qualcosa per lei?” domandò con distacco.
Em … il signor Dubois mi ha detto di tornare domani.” Disse posano la chiave sul bancone in marmo bianco.
L’uomo le avvicinò l’oggetto con espressione piatta “Tenga la chiave e buona giornata.”
Grazie, buon giorno a lei.” Disse prima di uscire per prendere la metropolitana per l’università.
 
 
Il campus era affollato come sempre con studenti ed insegnanti che si affrettavano per raggiungere la loro meta, mischiati ai newyorkesi che passeggiavano per Washigton Square o Bleccker Street. Le bandiere del NYU sventolavano sotto le finestre e sopra le porte sospinte dal vento. Belle corse nell’aula del professor Abbot, sedendosi nel posto che James le aveva riservato.
L’ho difeso con le unghie e con i denti.” Disse il ragazzo mentre si sedeva “Ormai è l’ultimo posto libero.
Mi spiace, ho fatto tardi a lavoro.” Sussurrò lei togliendosi il cappotto.
Hai trovato un lavoro?  Di che si tratta?” ma Belle portò l’indice alle labbra indicando con la testa Abbot che entrava.
Lauwrence Abbot era un uomo che aveva passato a mezza età da più di dieci anni, con il volto squadrato segnato da tante piccole rughe tra le sopracciglia, ai lati del naso e degli occhi. L’età gli aveva alzato l’attaccatura dei capelli, che però rimanevano folti e ben curati. Portava grandi occhiali squadrati con la montatura in plastica nera, che si sfilava solo quando doveva torturare i suoi studenti, ed era sempre circondato da un’aura di arcigna severità tale da mettere quasi tutti in un perenne stato di inadeguatezza davanti a lui.
Buon giorno signori.” Iniziò arrivando davanti alla lavagna sistemata accanto alla cattedra. L’aula era molto grande, aveva le pareti in legno, c’erano scaffali con libri antichi o prime edizioni sormontati da busti di scrittori e filosofi; la luce entrava da alte finestre in vetro piombato. Dietro i posti degli studenti erano appesi ritratti dei romanzieri più famosi dell’800 e del 900. “Oggi iniziamo il semestre con un autore che ha avuto tutto ed avrebbe potuto dare molto di più. Lionel Dubois aveva 23 anni quando ha pubblicato il suo primo ed unico libro, The Unlucky Star. Molti hanno tentato di scrivere il libro del secolo ma Dubois ci è riuscito, ed al suo primo tentativo. Non sappiamo perché non abbia pubblicato altro e non sappiamo nemmeno se ha scritto altri libri, ma questi saranno le domande che dovrete risolvere entro la prossima settimana. Dopo aver letto il libro, ovviamente.” Dalla platea si levarono suoni di disapprovazione ma il professore li ignorò mentre prendeva alcune copie del romanzo dalla cattedra perché fossero distribuite. “Voglio i vostri saggi tra una settimana esatta a partire da oggi.” Ammonì prima di iniziare ad esporre il romanzo.
Belle sfogliò la sua copia distrattamente, accarezzando le pagine come sentisse le parole impresse ad inchiostro semplicemente sfiorandole. Era ironico che, tra tutti gli autori del corso, Abbot avesse scelto proprio Lionel come lezione del giorno. Il cuore saltò un battito quando, arrivata alla copertina posteriore, rivide la foto in bianco e nero dell’autore: bello, affascinante e sorridente. Gli occhi la colpirono: sentì che qualsiasi cosa gli avesse potato via metà del volto era arrivata fin nel suo sguardo lasciandoci il vuoto: gli occhi della foto brillavano, quelli dell’uomo che aveva incontrato prima erano l’esatto opposto. Stentava a credere che fossero della stessa persona.
Se avesse scritto ciò che aveva visto quella stessa mattina Abbot non avrebbe creduto ad una sola parola, le avrebbe sicuramente messo una valutazione negativa, e sarebbe anche stata licenziata, se Lionel l’avesse scoperta. Ma cos’avrebbe dovuto scrivere? Che Dubois era sfigurato e si rifiutava di uscire o anche solo di parlare con qualcuno? Senza conoscere il motivo di un simile cambiamento? E che diritto aveva di spiattellare qualcosa che per qualcuno era così doloroso? Alla fine la campanella suonò e Belle smise di pensarci mentre prendeva distrattamente appunti.
Credo che questo sarà il compito che ti piacerà di più.” Disse James uscendo dall’aula con Belle.
Solo perché ho perso il conto delle volte in cui ho letto The Ulucky Star?
O perché lo hai sempre in borsa!” le fece l’occhiolino. “Ti sei mai chiesta perché ha scritto un libro solo?
Tutti se lo sono chiesto, James.” Disse vaga “Un unico libro, un premio Pulizer e poi il vuoto. Tutti si sono chiesti cosa gli sia successo … tutti possono fare le loro ipotesi perché Dobuis non replicherà mai.”
Il ragazzo smise di camminare guardandola perplesso. “Sai che oggi sei particolarmente strana.” Visti da lontano parevano un gigante accanto ad un topolino: il giocatore biondo, dal fisico perfettamente allenato e Belle, con la bora su un fianco, che gli arrivava alla spalla.
La ragazza alzò le spalle. “Sarà il primo giorno di lavoro.”
Gli occhi castani di James si spalancarono: “Ehi! Non mi hai ancora detto che lavoro hai trovato! Speravi che me lo fossi dimenticato, ammettilo?
Mi hai scoperta!” Belle fece un finta espressione colpevole e poi entrambi i ragazzi risero. “A dire il devo solo sistemare dei libri a casa di un tizio, nulla di esaltante.” Spiegò alzando le spalle.
Tutto qui? Non mi dici altro?” James rimase tutt’occhi, deluso perché avrebbe voluto un racconto dettagliato della prima giornata del primo lavoro di Belle.
“Il mio datore di lavoro vuole rimanere anonimo, così non posso dire niente.”
Il ragazzo le si mise davanti posando le mani sulle spalle di Belle. “Mica lavorerai per uno squilibrato? Ed i libri sono veri o son come quelli dei film che nascondono eroina?” domandò guardandola dritta negli occhi.
Belle rese “No, niente eroina. È un tipo ok, non è un maniaco o uno psicopatico. Vive in centro, in un attico pieno di libri, solo che non ama avere persone in giro. Forse non ama proprio le persone.”
E tu devi solo sistemargli i libri?
Esatto. Devo andare lì tutti i giorni per un pio d’ore e ordinare tutti i suoi libri in una stanza pena di scaffali.”
E sei da sola o ci sono altre persone che lavorano per lui?” Ad ogni domanda la sua voce era sempre più preoccupata: James sapeva perfettamente che New York era piena di tipi strani, specie se erano persone di una certa classe sociale; spesso erano solo persone un po’ bizzarre, con manie innocue, ma non voleva stare in pensiero per Belle.
La ragazza posò l’indice sulla bocca riflessiva: se Lionel avesse avuto un cameriera non avrebbe visto tutta quella polvere. “Non mi sembra che abbia qualcuno che gli faccia le pulizie.
Ma sei sicura che sia un uomo ricco? Senza una cameriera!
Credimi: lo è. Solo che non ami le persone, tutto qua. Mi dispiace, James, ma non posso dirti di più. Ho promesso.” Belle gli sorrise cercando di rassicurarlo.
James la lasciò andare dopo qualche istante, ancora poco convinto. “Promettimi che starai attenta. C’è qualcosa che non mi convince in tutto questo.”
Starò attenta!” gli sorrise la ragazza “Ma corro meno rischi di quanto immagini.” Il giocatore la guardava ancora scettico, non completamente rassicurato da quelle parole “Dai, andiamo a pranzo. Prima che il tuo fan club ci veda.”
Troppo tardi, ecco Cheryll!” disse James a mezza bocca.
Cheryll Bird era il capitano delle cheerleaders: ricchissima, biondissima e bellissima. Era stata sempre la reginetta di tutti i balli a cui aveva partecipato, oltre che una delle ragazze più popolari del suo liceo a Miami. Alla NYU la conoscevano tutti per le acrobazie che faceva prima delle partite di basket e per essere la fan più agguerrita di James. Erano in molti a farle la corte ma l’unico con cui sarebbe davvero voluta uscire era proprio James, che non degnava mai di troppe attenzioni i membri del suo fan club.
Non possiamo scappare?” domandò Belle osservando la bionda che si avvicinava con la stessa determinazione di una rompighiaccio.
Ormai è tardi. Sta puntando proprio noi.
La cheerleader li raggiunse pochi secondi dopo, con lo stesso sorriso delle concorrenti dei concorsi di bellezza. “Ciao James!” poi vide Belle ed il sorriso fu sostituito da una smorfia di repulsione “E … Belle! Non hai una biblioteca in cui seppellirti? Oggi James potrebbe cambiare il suo destino e di certo perdere tempo camminando non lo aiuterà.”
Non oggi, Cheryll.” Rispose l’altra incassando con il sorriso più educato di cui fu capace “Cosa intendi dicendo che oggi James potrebbe cambiare il suo destino?”
La cheerleader sfoderò la sua espressine da Miss Universo, quella che le faceva sempre ottenere tutto ciò che voleva. “So che da Scarpetta c’è un reclutatore dei Knicks. Dato che il ristorante è qui vicino avevo pensato di invitarti a pranzo.” Affermò come se Belle non fosse presente.
Ti ringrazio Cheryll, ma preferisco che mi notino per come gioco e non per come arrotolo gli spaghetti sulla forchetta.” Le rispose James prima di girarsi verso Belle “E poi sono già impegnato.”
Lo vedo.” borbottò a mezza voce storcendo il naso. “È un peccato che tu la pensi in questo modo.” Continuò guardando James: “Se hai davvero intenzione di passare al professionismo dovresti iniziare a prendere contatti con le squadre delle leghe maggiori.”
Quando sarà il momento ci penserò. Per ora vorrei solo andare a pranzo, con Belle.” Ribadì il ragazzo calcando le ultime parole.
Se è quello che vuoi, vi lascio soli. Ciao James.” Disse prima di girare i tacchi delle sue Louboutin.
I due ragazzi si osservarono senza dire niente per qualche istante. Erano abituati alle intrusioni di Cheryll, che arrivava come un tornado e poi spariva alla velocità della luce, ma Belle si sentiva sempre a disagio quando se ne andava. Cheryll riusciva sempre a ricordarle che tra lei e James c’erano diversi zeri che, terminata la NYU, avrebbero inciso nelle loro prospettive future. La famiglia di James possedeva giornali, tv e case editrici; quando avrebbe finito gli studi suo nonno lo avrebbe inserito in qualche consiglio d’amministrazione o qualcosa del genere. Lei probabilmente sarebbe tornata nel Maine da suo padre.
Pizza?” propose il biondo ugualmente desideroso di mangiare e romper il silenzio.
Pizza!
 
 
 
Belle trascorse il pomeriggio alla New York Library e tornò a casa solo quando il Sole fu tramontato. Viveva in un appartamento che condivideva con le sorelle maggiori: era una casa piccola, ma non era sopra ad un ristorante indiano e non affacciava su insegne al neon. Era un semplicissimo appartamento vicino alla metropolitana ma a lei piaceva molto. Anche se Nataly e Holly lo lasciavano spesso in disordine, come quella sera.
Ah! Sei arrivata!” disse Nataly, la sorella maggiore, stendendo un gloss davanti allo specchio. “Si può sapere che fine hai fatto oggi?” Nataly era una bella ragazza bionda e magra. Da quando aveva imparato a camminare aveva deciso che sarebbe diventata una ballerina. Oltre alle lezioni di danza aveva studiato anche canto, riuscendo sempre ad ottenere il ruolo della protagonista alle recite del liceo. Era alta, aveva lunghi capelli biondi e portava sempre abiti attillati che sembravano usciti da un videoclip.
Questa mattina sono andata a lavoro e poi ho passato il pomeriggio in biblioteca per un compito.” Rispose Belle togliendosi la giacca.
Tu e quella dannata biblioteca!” sbuffò richiudendo il tappo del cosmetico. “Sinceramente non capisco perché ti ostini a frequentare l’università. A cosa credi che ti servirà quando sarai tornata nel Maine da papà?
La mamma sarebbe felice della mia ammissione alla NYU.”
Ma lo siamo anche io e Holly. È solo che non vogliamo che tu stia male quando nessuno vorrà pubblicare il tuo romanzo. Per avere successo devi spiccare, brillare e tu sei sempre così ordinaria! Mi chiedo solo come faranno a notare il tuo libro tra tutti quelli che gli vengono inviti tutti i giorni.” Disse con voce compassionevole
“I libri non si giudicano per la copertina ma per ciò che c’è dentro.”
Prima che Nataly le rispondesse Holly entrò nella stanza. “Finalmente sei tornata! Non dirmi che eri di nuovo a studiare in biblioteca? Davvero non capisco come fai a frequentare l’università, con tutti quei compiti di metà corso e gli esami di fine semestre. Io non resisterei cinque minuti.” La seconda delle sorelle Lefor aveva un anno in meno di Nataly e l’aveva sempre imitata in tutto: dai vestiti al trucco, nel modo di comportarsi o nella scelta di entrare alla Juliard.
“A me piace. Alla lezione di oggi abbiamo parlato di The Unlucky Star.
Contenta tu.” Rispose a mezza voce Holly ignorando completamente l’entusiasmo della sorella minore.
Noi dobbiamo andare ad una festa al MET e probabilmente faremo tardi. Prima di andare a dormire ripulisci la cucina, lo avremo fatto noi ma dovevamo prepararci. Buona notte Belle.” Disse Nataly uscendo.
Notte.” Fece eco l’altra chiudendo la porta.
Le sue sorelle erano ottime ballerine ma non erano mai state persone ordinate o brave nelle faccende domestiche. Anche quando sua madre stava male era stata lei ad occuparsi della casa perché loro potessero pensare solo alla danza. Ad un occhio esterno questo poteva sembrare un comportamento egoista ma Belle era la prima sostenitrice delle sue sorelle e le incombenze domestiche non le pesavano perché sapeva che Nataly e Holly sarebbero andate lontane sulle loro scarpette da danza.
Rimasta sola, Belle si guardò attorno: non era solo la cucina che doveva essere ripulita ma tutta la casa che necessitava di essere riordinata. E poi quell’appartamento era davvero piccolo: cucina e salotto erano praticamente una stanza unica, o meglio era la cucina ad occupare una delle pareti del salotto. Il pavimento era in legno scuro mentre le pareti bianche e senza decori, con l’eccezione di quattro quadretti raffiguranti ballerine famose. Il divano a due posti era praticamente attaccato alla porta d’ingresso ed aveva tanti cuscini colorati, nell’angolo della finestra di fronte c’era una poltroncina bianca con un cuscino verde. La grande tv a schermo piatto era appesa sul muro vicino alla finestra. Il resto della stanza era occupato da un tavolo rotondo con quattro sedie in legno. Di fronte alla porta d’ingresso c’era il piccolo corridoio che portava alle camere da letto ed al bagno.
Con pazienza riassettò i cucini color crema del salotto, sistemò le riviste di moda e spettacolo sparse sul tavolino e passò l’aspirapolvere in tutte le stanze, prima di pulire anche la cucina. Quando ebbe finito tutto mancavano pochi minuti alla mezzanotte e Belle era davvero stanca. Sbadigliando roteò il collo, prima in una direzione e poi nell’atra, sentendo tutti i muscoli tendersi. Sbadigliando per l’ennesima volta rese The Unlucky Star dalla borsa ed andò in camera sua: una piccola stanza dove c’era posto solo per il letto, l’armadio ed una libreria che non riusciva a contenere tutti i libri di Belle. Si sedette sul letto promettendo che dopo cinque minuti avrebbe infilato il pigiama e dormito ma gli occhi le si chiusero da soli mentre, osservando ancora la foto di Lionel, si chiedeva cos’aveva potuto trasformarlo nell’uomo che aveva incontrato.




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