Flares for broken hearts.

di darthteddy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1. "Crush"

Quando apro gli occhi il buio incombe sulla mia misera esistenza. La serranda è chiusa e la porta anche, tengo la chiave sul comodino. La mia camera è sempre stata un taboo per le persone che mi conoscono, nessuno è mai più entrato nella mia stanza da quando avevo tredici anni. Ho sempre disegnato -cose- e per un po’ di tempo mi chiudevo nel mio mondo di quattro mura perché volevo essere come Rizzo, di Greese, la mia paladina di un tempo. Lei non li avrebbe fatti entrare i suoi in camera. Ma cominciavo ad annoiarmi sempre da sola, così disegnavo ancora e ormai non disegno se non sono sola e chiusa nella mia stanza.
Mi sono appena trasferita a Brighton, in un appartamento dell’università, e la mia paranoia più grande è stata quella di avere una stanza senza la chiave. Già era straziante vivere con la consapevolezza di dover condividere l’appartamento con il primo sconosciuto che, per quanto mi riguarda, potrebbe essere anche figlio della regina, ma io sono una che ha bisogno dei suoi spazi. Insomma, mai sentito parlare di privacy? Quella cara amica che in realtà ci rendiamo conto di non aver mai conosciuto, perché nessuno prima del tempo debito se ne va a vivere da solo nelle isolate lande del nord. Cosa che farò io una volta che mi sarò liberata degli incomodi. Ciò che mi rassicura è il fatto che non sono l’unica pazza che ha deciso di trasferirsi subito dopo il diploma perché no, fondamentalmente non c’era tempo per godersi la vita con tutto ciò che c’era da fare. Molti ragazzi stavano passando le loro giornate di libertà assoluta sotto i grandi olmi verdi che ombreggiavano tutti i giardini, a leggere, a pomiciare disgustosamente o anche solo a parlare.
Se non vi piacciono le persone ciniche beh, state leggendo la persona sbagliata. Sono una a cui l’umanità in generale non è mai andata giù, non che io sia convinta di meritarmi un posto sull’Olimpo e che chi mi ha fatto venir fuori si sia sbagliato a mettermi dove sono, se ci sono ci sarà un motivo. Non mi sopravvaluterei mai pur conoscendo il grado di degrado al quale noi uomini siamo capaci di arrivare.
È un po’ anche per questo che me ne rimango chiusa nella mia stanza il maggior tempo possibile, il resto del tempo lo passo sul divano guardando tristi show televisivi per adolescenti altrettanto tristi maledicendomi di spendere la metà dei miei risparmi in sigarette. Sì, perché se c’è un’altra cosa senza la quale non posso vivere sono le sigarette. Mi odio per questo, sia chiaro; odio dover leggere le avvertenze e sentirmi in colpa, insomma, lasciami fumare in pace sono consapevole dei rischi no?
Lo so che fin’ora la mia vita non è un granché, anzi, fa proprio schifo. Mi rendo anche conto che fino ad ora avrò elencato un milione di cose che odio e solo due che mi piacciono, non so neanche a chi sto raccontando e maledico il giorno in cui quest’affascinante taccuino nero, che mia zia mi ha regalato prima di partire, è entrato a far parte della mia vita.
Sono nella mia nuova casa da due settimane, i miei parenti sono dall’altra parte del mondo e tutto va bene. L’Inghilterra è così diversa dal Sud Korea, beh si, io ho vissuto lì fino ad un paio di settimane fa. Mio zio ha sposato una donna di lì e, essendo lui il mio tutore legale, ho passato con loro la mia infanzia e la mia adolescenza da vera americana fuori luogo. Sarei potuta tornare in America, direte voi, ma in confronto all’Europa, credetemi, il continente degli alci e delle stelle e strisce sembra sputo di cammello. La mia migliore amica, Chaerin*, è coreana e senza di lei probabilmente non saprei neanche lontanamente cos’è un amico. Lo so cosa state pensando: come può una persona così simpatica e meravigliosa come me non avere amici? Semplice. Credo nella selezione naturale.
Mi ricordo di una ragazza nella mia stessa classe al liceo, l’ho odiata dal primo giorno, prima di conoscerla ero consapevole che esistono persone così chiuse di mente, ma mai come lei ne avevo conosciute. Aveva questa strana fissa di dover piacere a tutti per forza, così fece di tutto per avvicinarsi a me. Una volta mi portò persino un cornetto per addolcire la mia esistenza. Se c’è una cosa che odio sono i cornetti. Insomma, niente a che vedere con le ciambelle giusto? Ecco, se mi chiedessero quali sono le due cose che odio di più al mondo voi penserete che non saprei rispondere, invece ho le idee molto chiare. Odio le persone che non sono gentili, per prime. Io mi sono sempre imposta di essere moderata con tutti quelli che dimostrano di essere civili e trattabili, non devo per forza fare amicizia no? Non per questo faccio la stronza acida con chi non se lo merita. Odio i ragazzi, al secondo posto. Si, e non è una scelta casuale credete a me. Se vi state per caso –neanche lontanamente, ne sono consapevole- chiedendo che cosa c’è in terza posizione vi dirò i cornetti… o forse i bambini. I bambini con i cornetti.
Ora sono felice, perché sono nella mia cucina, nel mio appartamento e sto mangiando il mio amato burro d’arachidi a cucchiaiate davanti alla mia tazza di caffé delle sei del pomeriggio.
 
Tutto è andato come doveva andare fino a metà Luglio, quando la mia migliore amica, della quale non riesco proprio a liberarmi, ha deciso di anticipare il suo arrivo così da riuscire a trascinarmi fuori da casa per almeno metà dell’estate. Lei è un po’ così, una a cui piace rovinare le relazioni che non le vanno proprio giù, come quella tra il mio sedere e il mio meraviglioso divano di pelle verde. È l’opposto della mia persona ma è anche tanto simile a me nel suo piccolo.
Così il giorno in cui viene a bussare disperatamente alla mia porta, che è nuova e ci terrei a non distruggerla prima del tempo, non posso lamentarmi. Lei è... così. Una ragazzina minuta e magrolina, di quelle che rimangono bambine per sempre, con dei lunghissimi capelli biondi e dei sottili occhi a mandorla di un azzurro ‘penetrante’.  È una che ci tiene a curare se stessa, non come la sottoscritta, quindi si veste ed esce solo in un certo modo. Rigorosamente truccata con una linea sottile di eyeliner nero sulle palpebre. Mi guarda dalla testa ai piedi, sconcertata, restando ferma sulla porta del mio piccolo angolo di paradiso. Commenta la mia maglietta grigia troppo grande, sgualcita e sporca di vernice. Commenta la mia giacca di pelle nera e i miei jeans neri, non si spreca nemmeno a darmi fuoco alle vans grigie che ho ai piedi. Ma io non l’ascolto e mi ripeto che tutto va bene. Potrei denunciarla per rapimento in teoria ma mi ha promesso di portarmi a prendere il caffé delle cinque –sì, ho un caffé ad ogni ora-.
Come sempre lei parla, parla, parla, fa discorsi complicati con se stessa perché io non le rispondo quasi mai quando sono stanca e mi sento particolarmente pigra ultimamente. Mi racconta di un certo Joe, poi di un tale David e di altri due tizi, ed è lì che smetto di seguirla ufficialmente perché la mia mente è troppo stanca per lavorare altre informazioni.
Alla fine stufa della mia estenuante compagnia mi trascina sotto un olmo e si siede sull’erba appena tagliata: “Sei così loquace” dice infine.
“Tu devi lavorare sul tuo sarcasmo” rispondo alzando un sopracciglio da dietro gli occhiali da sole. Io mi sento offesa quando qualcuno non riesce a fare del buon sarcasmo, insomma, qualche forza superiore ci ha donato una cosa tanto bella e perché rovinarla in questo modo? Poi pensandoci mi rendo conto che il saper fare del sarcasmo è una dote innata, che nel mio caso è anche troppo sviluppata.
“Sono quasi le cinque” dico guardando preoccupata lo schermo del cellulare, perché ho una sola cosa in mente. Il mio caffé. Così la convinco con un’altra dote a mia disposizione, gli occhi dolci da magico cucciolo di unicorno triste, e rientriamo a casa. Ero così felice di ritornare al mio buio, alla mia solitudine e al mio burro d’arachidi, finché non sono inciampata in uno scatolone lasciato proprio in mezzo al salone. Potrei giurare che quello prima non c’era. “Cazzo” urlo sbattendoci in pieno il mignolo del piede subito dopo essermi tolta le vans, sento che ora non ho più nessun peccato da confessare. Sono stata punita a dovere per tutto l’odio che sprigiono, mi sono meritata la tortura del mignolino. Come se l’avessi chiamato una figura fa capolino dal corridoio, è una figura insolita così mi sposto gli occhiali sopra la testa per guardare meglio –sempre massaggiandomi il mio povero mignolino ferito dalla mia stessa crudeltà-.
È una persona, come sono perspicace, che porta degli orribili jeans a vita bassa e una felpa blu e gialla altrettanto brutta. Noto un ciuffo ribelle di capelli rossi spuntare fuori dal cappuccio, tenuto rigorosamente sulla testa.  È un ragazzo. Un maschio. Con un pene, probabilmente. Sento Chaerin che mormora qualcosa come ‘ecco, è finita’ e non posso neanche fulminarla con lo sguardo perché primo, sono girata di spalle, e secondo c’è un maschio nel mio appartamento.
“Wow” commentò lui stupito. Aveva la voce fastidiosa, ecco, l’incubo dell’incubo. Come sarei sopravvissuta? Ero ancora in tempo per scappare in un continente lontano? “A giudicare da ciò che c’è nel frigo mi aspettavo un ragazzo come coinquilino”. Non potrebbe andare peggio: Maschio, con la voce fastidiosa e non gli piace neanche la birra... deduco, così. Quella c'è nel mio frigo. Basta.
“Tu lo sei” sospiro. Nella mia mente lo sto insultando dicendogli che lui è effettivamente un ragazzo, ma lui non lo sa, io lo so e voi lo sapete. Avete capito no?
“Caspita, si è fatto tardi” dice Chaerin. Maledetta, non puoi abbandonarmi ora in quello che sta per diventare il giorno più brutto e sfortunato in tutta la mia vita. Lei sa. Sa che me la pagherà carissima questa, perché quale amico ti abbandona proprio nel momento in cui stai affogando? Fatta eccezione per Rose e Jack in Titanic, ovviamente. “Ci sentiamo più tardi” si rivolge prima a me “addio” a lui. Simpatica. La uccido appena la rivedo, giuro, a costo di finire in prigione per il resto della vita. Così alzo di nuovo lo sguardo sul tizio sconosciuto.
“Sono Ed… comunque” si presenta. Perché mi guarda in modo strano? Perché mi guarda? Non guardarmi essere sconosciuto. Dopo averci pensato su altri due minuti mi ricordo che posso anche smetterla di massaggiarmi il piede. Oddio e se fosse feticista? Potrebbe aver pensato che io gli stia mandando qualche messaggio subliminale strano e perverso, non so mica come ragionano i ragazzi.
“E io ho perso un dito… Ed” dico sprezzante posando la mia giacca di pelle sul divano, prendo le sigarette e me ne accendo velocemente una.
“Devo chiamarti Hopersoundito?” chiede seguendomi in cucina mentre metto la moka sui fornelli. Respiro profondamente, preparo il più finto dei sorrisi e mi giro a guardarlo intensamente.
“No” butto fuori alla fine “Ho un nome”

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 ehilà,
allora ehm... è la mia prima FF in assoluto.
sono timida quindi niente ahahah, fatemi sapere se volete che cambi qualcosa o se vi piace o se volete unirvi a me per il caffé delle 22.30
quello che volete insomma.

*Chaerin non è mia, sarebbe questa creatura meravigliosa qui:


all'inizio avevo pensato "si, okay, la migliore amica me la invento" ma poi mi sono detta "ma mi serve qualcuno cazzuto..." e più cazzuto della signorina Lee Chaerin.
Se non la conoscete... eh vabbe è una pazza. Se la conoscete... amiamoci. Ora.


Okay beh, adios.
-DT

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Capitolo 2
*** 2. ***


2. "Mind"

Mi viene un gran mal di testa ripensando a ciò che ho sognato questa notte. Lande desolate e paesi sconosciuti. Una solitudine infinita, spaventosa ma agognata. Per lo spavento, è per questo che mi sono svegliata di soprassalto alle sette di mattina di una casuale domenica d’Agosto. Sebbene io sia sempre stata un’amante della solitudine, questa mi ha anche sempre spaventata. Ci sono due facce in una sola medaglia giusto? Un po’ mi dispiace essermi svegliata, perché così devo ricominciare a pensare ai problemi di tutti i giorni.
Nel giro di mezzo mese non è successo praticamente nulla d’interessante. Il coinquilino di Chaerin si chiama Joe ed è l’unico maschio sulla faccia della terra con cui vado d’accordo: è gay… è davvero tanto gay. Abbiamo gli stessi gusti e le stesse preferenze ma due caratteri completamente opposti. Sono in buona compagnia quando sono fuori casa almeno. Ed invece si è rivelato un ragazzo tranquillo, anche gentile a volte. Gli ho dato delle regole ben precise, perché se vogliamo vivere in pace per gli anni a venire allora deve seguire le mie di regole. Sono una persona molto esigente.
Mi guardo intorno e tutto va bene.
Le nostre scarpe sono al loro posto, vicino all’entrata. Sul divano di pelle le due coperte sono piegate perfettamente. Nell’aria c’è odore di caffé e sigarette, il mio odore preferito. Chaerin e Joe discutono animatamente nella mia cucina sul colore del tappeto da comprare per il loro salotto. Ed non c’è. La sua ragazza è arrivata da Londra quasi una settimana fa e sono sempre fuori insieme, ma quando sono dentro loro io sono fuori. Non sono ancora pronta a sentire gente che fa sesso nella stanza accanto alla mia.
Lei non mi piace per niente. È la classica inglese super tirata, super abbronzata, super tutto che neanche gli Avengers messi insieme sono così super. Posso passare sopra alle extentions perché si, sono donna anche io alla fine e so come ci si sente a dover sopportare dei capelli brutti, rovinati, che ti fanno sentire un vero schifo dalla mattina alla sera. Per favore però, le tue unghie laccate di nuovo stanno rovinando i miei mobili, quelli che, sai, io pago con il mio sudore. Che poi, so che non sono affari miei, ma oddio Ed. Potevi prendertene una un po’ meno… un po’ meno… non saprei proprio come definirla. Ma la cosa peggiore rimane sicuramente quella vocina irritante da stereotipo dei film comici e i cartoni animati, quella che rompe i bicchieri di cristallo e blablabla.
Un profumo improvviso si sparge nell’aria. Perché Joe sta giocando con il profumo alla menta e qualcos’altro di Ed?
 
Un profumo alla menta invade l’intera stanza sovrastando qualsiasi altro profumo all’interno. C'è ancora il suo profumo.
 
Ho un sussulto: “Lo metti via per favore?” gli chiedo “mi fa schifo”.
Joe fa spallucce e rimette al suo posto il profumo con cui sta giocando. Era da un bel po’ di tempo che avevo imparato a sopprimere certi ricordi, ormai li avevo sepolti. Un fastidioso brivido mi percorre la schiena ma faccio finta di niente, respiro profondamente.
“Phoebe, non lasciarlo entrare” mi ripeto a bassissima voce più e più volte. Non sto per niente tranquilla, per niente. Finché i miei amici non escono di casa mia sono nervosa, mi mordo le labbra e mi mangio le unghie.
Ho bisogno di stare sola ma appena entro nella mia stanza sento delle urla, di persone che litigano, provenire esattamente dal mio salone.  
Riconosco le voci.
Una appartiene a Ed, la più pacata e tranquilla. La seconda è acuta e fastidiosa, probabilmente della sua ragazza.
Da ciò che mi ha raccontato Joe quei due stanno insieme da due anni e lei gli avrà messo le corna si e no quindici volte. Ma perché una persona sana di mente, supponendo che Ed sia sano di mente, deve farsi umiliare in questo modo da qualcuno? Io, se fossi stata in lui, sarei già sparito dalla vita di quella ragazza... o dalla faccia della terra per la vergogna. Non c'è vergogna nell'essere traditi, lo so, ma c'è eccome quando ti rendi conto di esser stato sotto i piedi di una persona così orribile. Un vero schifo
Mi alzo dal letto perché non ce la faccio più, sto per dare fuoco alla casa usando la suddetta ragazza come miccia. Perché una così fatta di plastica prenderebbe fuoco dopo neanche dieci secondi.
“Scusate” dico, venendo ignorata. Sono tornata invisibile ora? Bei vecchi tempi, mi siete mancati davvero ma non è esattamente il momento. “Scusate” ripeto alzando la voce. Si voltano entrambi a fissarmi. “Grazie” dico sperando che abbiano recepito il messaggio ma non faccio neanche in tempo a girarmi che tornano ad urlarsi addosso. Santissimo cielo.
“Senti” dico spazientita piazzandomi tra Ed e la barbie made in china, che mi guarda dalla testa ai piedi ferma sul mio pianerottolo. Con aria di sufficienza tra l'altro. Ma che vuoi? “Caccerei entrambi ma” e segnatevi ciò che sto per dire perché non lo dirò mai più “tu sei quella che mi sta meno simpatica e lui vive qui, non posso cacciarlo” e le sbatto la porta in faccia. Dove sono le mie medaglie ora, Obama?
Mi sento molto meglio, più sollevata e pronta a godermi la mia solitudine e la mia tranquillità. Chiusa nella mia stanza magari, con un caffé e un pacchetto di sigarette da finire.
Quando mi giro Ed è dietro di me, mi guarda confuso e stupito. Sorride ed è lì che lo sento. Un profumo di menta mi invade le narici. Si avvicina a me e mette una mano sulla mia spalla.
 
Quei grandi occhi azzurri.
Come puoi dimenticarli, Phoebe?
 
Ed ha dei grandi, enormi occhi azzurri puntati su di me. Mi ritraggo sbattendo la schiena contro la porta e scivolando a terra: “Non toccarmi, urlo”. Corro via prima di impazzire ma è troppo tardi.
Non dormirò più.
Non posso farlo entrare di nuovo per prendersi gioco di me. Venendo a studiare a Brighton mi ero ripromessa che lui non avrebbe più controllato la mia vita. Ma riuscivo a sentire ancora la sua voce, vedere ancora i suoi occhi e sentire ancora quel maledetto profumo.
Mi siedo a terra prendendomi la testa tra le mani. Eccola la sua voce.
“Vai via” ho mormorato stringendomi i capelli tra le dita.
Vuoi mandarmi via?” mi dice.

 

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Holaaa,
vabeh è cortissimo lo so, chiedo umilmente perdono.
intanto ringrazio le 60 persone che hanno letto il primo capitolo, awh
recensite per favore, graziepregociao


1. è cortissimo perché mi si è cancellato da word tre volte e l'ultimo che avevo scritto mi faceva schifo, così ho scritto questo e ho deciso di pubblicarlo perché di litigare ancora con il pc non mi va.
2. un accenno di trama, evviva AHAHAH non vi ho lasciato molto su cui riflettere, mi dispiace ma è così
3. non siete ancora pronti per vedere come immagino Phoebe
4. le parti in corsivo sono "ricordi" (nel caso non fosse chiaro)
5. recensite lol
6. ECCOLA LA MIA AMORA:



-DT

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