La fiaba del Principe Scorpione

di _Sherazade_
(/viewuser.php?uid=243036)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***



Capitolo 1
*** I ***


L'angolo di Cendri/Shera ^o^

Ebbene sì, sono tornata, era da un po' che non pubblicavo nulla, nonostante abbia tutti i capitoli pronti della corte, e alcuni della nuova torre.
Normalmente mettevo sempre alla fine il mio piccolo siparietto, ma data la lunga assenza ho pensato bene, o male, di anticiparlo.
A scrivere le intro faccio pena, me ne rendo conto -.-, tuttavia spero che chiunque passi di qua per leggere la mia nuova favola, possa gradirne il contenuto.
L'idea iniziale era di fare un capitolo unico, ma dato che il prologo si è dilungato molto più del previsto ho pensato di suddividere la storia.
Non penso verranno fuori troppi capitoli, contando il prologo, massimo pensavo di arrivare a tre... Rispetto alle mie solite storie direi che ci può stare XD.
Era da Settembre che continuavo a pensare a questa favoletta, che trae ispirazione sia dalle favole classiche (credo che qua sia stata influenzata maggiormente dalla bella e la bestia e dal principe ranocchio), sia dalla mitologia greca (La favola di Amore e Psiche).
Mi hanno dato l'ispirazione, però il lavoro alla fine è della sottoscritta U_U.
Bon, bando alle ciance e buona lettura.

Aggiornamento del 25/08/2015 - La storia è stata revisionata, anche se penso che in futuro le darò un'altra rilettura. Essendo un lavoro recente, ero ancora parecchio attaccata ai miei personaggi, per questo lascerò passare più tempo prima di darle una terza revisione. Spero che questa nuova versione sia di vostro gradimento ^^



 I 
 

C’era una volta, in un regno molto lontano, nascosto fra le montagne, un re tanto temuto quanto rispettato.
Il re se ne viveva da solo nel suo grande castello, e nel corso degli anni si erano create strane voci sul suo conto.
All’inizio c’erano dei servitori a fargli compagnia, anche se nessuno di loro lo aveva mai visto davvero di persona.
Se ne stava sempre nelle sue stanze e al buio. Capitava di rado che ne uscisse, e quelle poche volte pretendeva che le tende coprissero ogni finestra. Non un fascio di luce doveva irrompere nella stanza. Voleva restare solo e che nessuno gli si avvicinasse, nemmeno nella sala del trono.
I servitori dovevano stare parecchi metri a distanza da lui.
Non era un re cattivo, lui stesso una volta raccontò alla governante più anziana e fedele che aveva una particolare malattia che gli impediva di esporsi alla luce e che fosse rimasto sfigurato in gioventù proprio a causa di essa. Lui se ne vergognava molto, e per questo non voleva essere guardato.
La buona governante allora fece capire al resto della servitù il perché del comportamento un po’ difficile del loro padrone, ed essi meglio compresero la sua situazione e cominciarono a rispettarlo di più.
Arrivò però il giorno in cui il re prese la decisione di chiudere le porte del suo bel castello, preferendo la solitudine a quella minima compagnia. Chiese alla servitù di andarsene, ma non senza elargire loro un più che degno compenso per il lavoro svolto negli anni.
Il re era molto ricco e per nulla avaro. Anche per questo, nonostante la sua ritrosia e nonostante l'ennesima chiusura, la gente aveva imparato ad apprezzarlo.
Poi però qualcosa cambiò, e i sentimenti di apprezzamento si tramutarono in timore.
Si diceva infatti che il re avesse sviluppato la singolare capacità di dominare una delle creature più temute in quelle zone: lo scorpione di montagna.
Molti uomini avevano giurato di aver visto un gruppo di scorpioni aggirarsi per il villaggio, e trascinare via i delinquenti, storditi dal loro veleno.
Secondo alcuni quelle bestie erano diventate le guardie del re. Quando veniva commesso un crimine e le guardie dei paesi non riuscivano a prendere il colpevole, entravano loro in scena.
Iniettavano agli uomini malvagi un po’ di veleno, quel tanto per far perdere loro conoscenza, per poi trascinarli al cospetto del re.
Nessuno, tra quelli che erano stati catturati, fece mai più ritorno.
Erano passati tanti anni, e si diceva che il re stesso fosse diventato uno scorpione, e che fosse divenuto immortale.
In realtà, quel buon re era sempre stato diverso, non certo perché avesse una strana malattia. Quella malattia, in verità, non era mai esistita. Quella era solo una bugia per celare la sua vera natura.
Quel re non era nato umano…

Quel re era nato scorpione.

 


Ebbene sì, la storia che sto per narrarvi riguarda dei particolari scorpioni, cari alla Terra, che avevano imparato il linguaggio degli uomini. Da tanto tempo avevano ammirato quella strana creatura capace di creare tante meraviglie, e per stare più vicini a loro avevano imparato il loro linguaggio.
Purtroppo però capirono ben presto che non potevano farsi scoprire dagli umani, perché altrimenti avrebbero potuto fare loro del male per capire cosa rendesse quei particolari scorpioni così speciali.
Col passare degli anni molti scorpioni decisero di non tramandare più quanto avevano imparato, volevano discostarsi dall'uomo. Alla fine ne rimase solo uno: Sargas, il primo grande re Scorpione.
Sargas amava ancora gli umani, e li vedeva per quelli che erano: creature che avevano bisogno di una mano, e lui avrebbe potuto dar loro quell’aiuto che mai si sarebbero sognati di chiedere. Un aiuto che di certo non avrebbero chiesto a uno come lui.
Sargas compì un lungo viaggio, durante il quale crebbe, non solo interiormente: lo scorpione crebbe a tal punto da non potersi più nascondere fra le rocce. Sargas aveva raggiunto le dimensioni di un grosso ippopotamo, dimensioni degne di un sovrano.
Il buon scorpione raggiunse infine la sua meta: il tempio della Fata della Terra.
Lui le spiegò il suo grande sogno: creare un mondo in cui non solo umani e scorpioni, ma anche tutte le altre creature, potessero vivere in pace, rispettarsi e amarsi.
La fata gli spiegò allora che ci sarebbe voluto molto tempo per ottenere ciò, e che per farlo avrebbe dovuto agire nell’ombra, poiché l’uomo ancora non era pronto per capire un tale disegno. Gli disse anche che non sarebbe riuscito da solo a portare a termine il suo obiettivo. Sargas apprese queste parole con gran sconforto, ma la fata lo rassicurò. Gli disse infatti che un giorno avrebbe trovato il degno erede per portare avanti il proprio sogno. Uno scorpione che come lui sapeva guardare aldilà delle cose.
Sargas sorrise alla fata, come solo uno scorpione poteva fare.
La fata non aveva bocciato le sue idee, le sue speranze. La fata gli aveva indicato semplicemente la strada.
 
Cominciò quindi il suo regno. La fata gli indicò un castello abbandonato, che lui e i suoi vecchi amici e parenti scorpioni, avrebbero potuto risistemare, e pian piano far avvicinare gli umani.

La fata gli spiegò anche che quello era il castello di un re deceduto da tempo, il signore di una ricca vallata. Nessun erede in vita e nessun pretendente.

Lui sarebbe diventato il sovrano di quel regno, e da lì avrebbe potuto poggiare le basi per far avverare il proprio sogno.
Purtroppo però Sargas doveva agire nell’ombra, senza potersi rivelare all'uomo, e così pian piano anche la sua scintilla, il suo ardore e la sua passione andarono a spegnersi, portandolo ad allontanare anche i suoi servitori, quei pochi uomini che era riuscito a conoscere.
 
Sargas vegliava sull’uomo ancora stolto e, vedendo che questo non riusciva nemmeno a cooperare fra i membri della propria stessa razza, decise di porvi lui rimedio. Voleva capire cosa spingesse la creatura a comportarsi in quella maniera.

Fu così che cominciò, con l'aiuto dei suoi compagni scorpioni, a far portare al suo cospetto coloro che si erano macchiati dei più svariati crimini.
Purtroppo, quello che ne venne fuori, fu solo l’odio, l’invidia e la rabbia che albergavano in quelle creature.

Tanti uomini vennero condotti nel castello di Sargas, e nel corso degli anni la volontà del buon re venne messa alla prova. Sargas temeva che non sarebbe mai riuscito a trovare lo spiraglio nella creatura umana per poter creare quel mondo meraviglioso a cui tanto aspirava.

Gli scorpioni al suo servizio, che tanto lo amavano, suggerirono allora a Sargas di lasciar perdere, perché non c’era speranza di poter vivere con la creatura umana.

Il buon re continuò con la sua incessante ricerca, ma finì con l'allontanare le persone con cui aveva convissuto per svariati anni. Per lui fu una sconfitta, ma aveva capito che non era ancora giunto il momento, che avrebbe dovuto ancora attendere prima di poter vedere umani e animali vivere insieme.

Inoltre, non voleva più costringere il suo popolo a vivere segregato nel castello, per paura della reazione degli uomini che lo abitavano.

Sargas non si curò delle voci, vere o meno, che cominciarono a circolare sul suo conto. Era certo, grazie anche alle parole della fata, che un giorno le cose sarebbero cambiate.

Lui aveva una missione e, per quanto demoralizzato di fronte alla costante conferma della cattiveria sconfinata dell'uomo, Sargas era certo di poter ancora sperare in un'umanità migliore.
Quella speranza sembrava quasi sul punto di sparire, quando un giorno vide uno dei piccoli scorpioni nel parco, tutto solo, intento a fissare le mura, come se il suo sguardo potesse andare oltre.
Quando ancora c’erano gli umani non era possibile per nessuno di loro gironzolare liberi per il castello, anche se era la loro casa.
Sargas si avvicinò e il piccolo Antares sospirò.
- Dimmi piccino, cosa c’è che ti ha reso così triste? - il re pensava che Antares fosse stato messo da parte dato che nessun piccolo scorpione gli era accanto. Quando però il piccolo si girò vide una strana luce nei suoi occhi.
- Io non sono triste, mio re. - disse il piccolo rivolgendogli un sorriso.
- E allora cosa c’è che ti tormenta? - Antares assunse un’aria preoccupata. - Coraggio, puoi dirmi tutto, non avere paura di confidarti.
- La mamma mi aveva detto di non avvicinarmi al villaggio, ma io ero curioso e l’ho fatto. Dei bambini stavano giocando, io mi sono avvicinato e mi hanno preso chiudendomi poi in vasetto di vetro. - il re allora avvicinò una delle sue grandi chele al piccolo, in modo da poterlo avvicinare meglio a sé.
- Ti hanno fatto del male? - chiese con apprensione. Antares abbassò lo sguardo, e il re sentì una morsa al cuore.
- Mi spiace piccolo. Purtroppo molti umani hanno paura di noi… - ma il piccolo Antares lo interruppe.
- Una bambina però mi ha salvato, ha gridato loro di lasciarmi in pace e… - il piccolo cominciò a piangere.
- Cosa Antares? - lo scorpioncino raccontò allora al re di come quei bambini torturarono la ragazzina tirandole i capelli e schernendola, lasciandola poi coi lacrimoni da sola nel bosco vicino al loro villaggio.
Antares raccontò a Sargas che aveva cercato di avvicinarsi a lei e quando posò la piccola chela sulla gamba della bambina, lei si ritrasse spaventata, temendo probabilmente che lui la pungesse.
Antares però le rimase accanto finché non si calmò. Lei lo fissò e capì che non doveva avere paura di lui, anche se lo scorpioncino leggeva una nota di repulsione nello sguardo che la piccola gli lanciava.
Nella colluttazione con gli altri bambini le era scivolato un piccolo cesto di vimini, lei lo raccolse chiedendo ad Antares di entrarvi, dicendogli anche che non gli avrebbe fatto alcun male.

La bambina chiese ad Antares di indicargli la direzione della sua casa. Il piccolo scorpione capì che non poteva di certo farsi portare fino al castello, così condusse la bambina fino a qualche centinaio di metri lontano dal villaggio, in modo che la bambina non si perdesse per ritrovare la strada di casa.
Lei depose allora il cesto non appena Antares le fece segno di fermarsi, così gli intimò di andarsene e di non tornare più. “Voi scorpioni non mi piacete, mi fate paura e non siete per niente carini. Però anche voi avete diritto di vivere se non fate del male a nessuno. Torna dalla tua mamma, sarà in pensiero non vedendoti”.
Da allora erano passati diversi mesi, e tutti i giorni il piccolo Antares sgattaiolava nel villaggio, ben nascosto, per controllare la sua nuova amica, ed essere certo che stesse bene.
Aveva così capito che la bambina cercava di aiutare tutti gli animali, anche quelli che temeva, perché credeva nel buon cuore di ognuno di loro. Sargas sorrise.
Il suo sogno non era infranto. Una piccola scintilla ancora brillava in lui, e con il piccolo Antares e la sua avventura se ne era accesa un’altra, ancora più brillante.
- Un giorno diventerò grande e forte come te, mio re, e allora la proteggerò.
- Chi proteggerai?
- Lei, e tutti noi ovviamente. La porterò qui e ne farò la mia sposa. - Negli occhi del piccolo scorpione brillava una bellissima luce, e Sargas capì che lui era il prescelto.

Lui avrebbe posto le basi per un nuovo e brillante futuro.



 
I nomi di Sargas e Antares li ho presi in prestito dalle stelle della costellazione dello scorpione ^^


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II ***


II



Passarono alcuni anni, durante i quali Sargas istruì Antares per renderlo il suo degno successore.
Il sovrano gli spiegò come amministrare al meglio il regno, come parlare la lingua degli uomini, e come meglio celarsi ai loro occhi.
Gli raccontò mille e più aneddoti sull’uomo, e Antares si mostrava anche fin troppo ansioso di creare un contatto, in particolare con la bambina che lo aveva salvato. Sargas però lo invitò alla pazienza e alla calma, così il piccolo e intraprendente Antares divenne presto un giovane scorpione intelligente e posato.
Durante quei lunghi anni Antares trovava sempre un po’ di tempo per poter raggiungere il villaggio e vegliare sulla bambina che aveva giurato di amare e proteggere.
Col tempo aveva imparato a conoscerla anche se lei non sapeva nulla di lui.
Scoprì che si chiamava Rea, figlia unica di due giovani contadini che facevano di tutto per rendere la loro vita serena. Adorava gli animali, e spesso accorreva in loro soccorso. Come guidata da forze superiori, Rea riusciva a trovare gli animali in difficoltà e curarli.
Amava il colore dell’oro, ma non amava molto i gioielli.
Le piacevano il profumo della lavanda e correre scalza per i prati.
Quando i capelli castani furono abbastanza lunghi la vide divertirsi ad intrecciarli e creare nuove acconciature, sempre adorne di fiori colorati che ne mettevano in risalto la carnagione leggermente dorata. Quella che ormai era una giovane donna aveva sviluppato un carattere deciso e indipendente, tanto da mettere in soggezione chi non la conosceva bene.
Le sue qualità erano molto apprezzate dai suoi amici. Rea era quel genere di persona che si metteva in primo piano per poter dare aiuto a chi ne aveva bisogno.


Quando i genitori di lei morirono a causa di una lunga malattia, Antares avrebbe voluto avvicinarla per consolarla. Avrebbe potuto parlarle, ma Sargas glielo aveva sconsigliato, suggerendogli però un’altra via da seguire.
La notte Antares le faceva visita, portando con sé una pianta molto particolare.
Questa pianta, se odorata, lasciava la persona in uno stato semi-cosciente. Non aveva effetti negativi, semplicemente l’uomo, o la donna, in questione avrebbe ricordato come un sogno confuso qualsiasi avvenimento accaduto sotto effetto della pianta.
Antares utilizzò quindi questo fiore con lei, e poté per la prima volta parlarle, anche se decise di non mostrarsi.
Durante il loro primo incontro poterono conoscersi, ma Antares non voleva rivelarle la sua vera natura: anche se sotto effetto della pianta, Rea avrebbe potuto non gradire la sua forma.
- Chi sei?
- Sono solo un amico. - Rea non sembrava convinta. Era titubante di fronte a quell'ombra, a quella voce che lei ancora non conosceva.
- Io sono Rea, qual'è il tuo nome? Non posso parlare con qualcuno di cui non conosco nemmeno il nome.
- È così importante? Sono solo un amico giunto da lontano. Qualcuno che ha solo il forte desiderio di proteggerti. - Rea pensò ai familiari persi da poco.
- Come uno spirito protettore?
- Una specie.
I modi gentili ed educati di Antares fecero sì che Rea si abituasse in fretta a lui, e col tempo si affezionò a quella voce che le faceva compagnia durante la notte.
Una sera Rea trovò un modo per chiamare quella voce a cui non poteva abbinare alcun volto. “Principe dei Sogni”, disse lei. Educato, gentile e premuroso, proprio come avrebbe dovuto essere un vero principe.
Antares fu molto felice di quell'appellativo che lei gli diede. Per lei, lui diventò importante, e di sera in sera il loro rapporto crebbe, tanto che entrambi passavano le giornate aspettando con ansia la sera, dato che quello era il momento designato per i loro incontri.
Grazie alla magia del fiore, Antares poté finalmente comunicare con lei, consolarla e conoscerla per davvero.


Tramite questo espediente, Antares le fece visita per un po' di tempo, e lei gli si affezionò molto, tanto che, pian piano, anche il dolore per la perdita dei genitori si placò.
Le notti di entrambi erano felici, ma anche i loro incontri dovettero cessare.
Col passare del tempo, le energie cominciarono ad abbandonare quel buon re. Le forze non erano più quelle di una volta, e Antares capì che doveva mettere da parte il suo egoismo e i suoi desideri per poter aiutare chi per primo lo aveva sostenuto.
Per quanto il suo desiderio di raggiungere Rea fosse forte, sapeva che c'era qualcosa di più importante.
Gli ultimi giorni di vita di Sargas non furono vissuti all'insegna dei pianti. Il re non voleva vedere facce tristi, ma voleva che si celebrasse la vita, perché quella non era la sua fine, ma solo un nuovo inizio.
Sargas si fece accompagnare nel giardinetto del palazzo, dove in più di un'occasione aveva parlato con Antares.
Da quel loro primo incontro, quello in cui il buon re aveva capito che quello scorpioncino sarebbe diventato il suo successore, erano passati molti anni.
Inizialmente Antares era testardo, ed era interessato quasi unicamente al raggiungimento del suo solo obiettivo, stare vicino a quell'unica umana.
Era un po' egoista e sbarazzino, ma Sargas sapeva che era dovuto alla giovane età del suo discepolo.
Crescendo, infatti, Antares capì meglio quello che era il disegno di Sargas, e lo appoggiò, senza che il re dovesse chiedergli nulla.
Antares non vide più il sogno di Sargas come il desiderio del solo sovrano, ma lo fece suo. Ora lui voleva che il suo popolo stesse vicino agli umani, in perfetta armonia. Voleva davvero che si ergesse un ponte tra gli uomini e gli scorpioni, gli uomini e le altre creature...
- Ma se non ce la facessi? Se fallissi per entrambi? Se non riuscissi a far avverare nessuno di questi desideri?
- Se parti già credendo di non farcela, non realizzerai mai nulla. - disse con pacatezza il vecchio re all'inquieto Antares. - Tu prenderai il mio posto, e riuscirai in qualunque impresa decidei di intraprendere. So bene che non mi deluderai.
- Ma io non sono pronto. - replicò lo scorpione con un nodo allo stomaco.
- È giunto il mio tempo. Il mio corpo deve tornare alla Terra.
- Ti prego, resta ancora con noi. Ci sono ancora tante cose che io non so. Ho ancora bisogno di te e della tua guida. - Antares continuò a implorare il suo re, ma per quanto Sargas potesse desiderare di restare ancora in quel mondo, non poteva opporsi a quanto era già stato scritto nel libro del destino.
Sargas consolò Antares, il quale alla fine si arrese.
Passarono insieme quegli ultimi giorni, cercando di non piangere l'incombente scomparsa del sovrano, ma provando invece a vivere la vita come sempre. Gioendo per ogni singolo istante di felicità passato insieme.


Alla fine, Sargas lasciò quel mondo che tanto aveva amato, regalando ad Antares il proprio sogno, nella speranza che il giovane potesse realizzarlo, e con esso anche il suo intimo desiderio di stare con la giovane umana.
Gli scorpioni piansero a lungo la scomparsa del loro re, e Antares prese il suo posto come nuovo sovrano di quella terra e degli scorpioni.
Proprio come Sargas, Antares si era fatto apprezzare ed amare fin da piccolo per il suo spirito e buon cuore. Anche per questo tutti sapevano che nessuno poteva succedere al buon re, ad eccezione di Antares.
Sargas era l’unico della sua generazione che sapesse parlare il linguaggio umano, e il suo unico allievo era stato proprio Antares.
Il nuovo sovrano decise quindi di insegnare nuovamente ai suoi simili a comunicare con gli uomini. Sapeva che un giorno sarebbe potuto tornare utile.


Passarono un po’ di giorni dalla morte di Sargas, e arrivò quindi il momento dell’incoronazione di Antares, alla quale parteciparono in molti, compresa la Fata della Terra, che lo fece diventare delle dimensioni di Sargas.
La fata spiegò al nuovo re che ancora molto lavoro era da fare per poter coronare il proprio sogno e quello del re scomparso, ma che se non avesse mollato ce l’avrebbe fatta.
Gli fece dono di un cristallo molto speciale: con quello sarebbero potuti entrare in comunicazione, ma solo per casi veramente speciali.
Il cristallo aveva poteri molto limitati e per questo non poteva essere usato troppo spesso.
Se Antares avesse avuto bisogno dell’intervento della fata sarebbe servito il pieno potere del cristallo per evocarla. Lo invitò ad usarlo con estrema cautela, e grazie agli insegnamenti di Sargas, Antares sapeva che solo una situazione critica lo avrebbe indotto ad evocarla.


Con le sue nuove dimensioni e il suo nuovo stato, Antares sapeva che avrebbe dovuto rinunciare ad incontrare la sua amata.
Per non farle sentire troppo la sua mancanza, inviava sempre uno scorpione nei pressi della sua casa per controllare che stesse bene, e ogni mattina faceva in modo che trovasse sempre dei fiori sulla sua finestra, proprio come faceva lui prima di tornare al castello in quelle belle notti passate insieme.



 
L'angolo di Shera ^o^

Questo è il mio primo siparietto dal cambio di nick :D
Dopo due anni sentivo la necessità di cambiare nickname, Cendrillon, per quanto mi sia caro, non lo sento più mio.
Ma torniamo al capitolo. Spero che questa seconda parte vi sia piaciuta. Per il momento non stiamo riscuotendo molto successo, tuttavia spero che Antares e Rea possano far breccia nel vostro cuore.
Attualmente il terzo capitolo è in fase di revisione e... è ancora da completare.
La corte dei demoni la pubblicherò in base a come mi gira. Completa è completa, ma mi piacerebbe capire se come scritto piace o meno (ringrazio Drachen che ogni volta mi lascia una recensione carina).
Per quanto riguarda la nuova torre invece sono in alto mare.
Mi manca la voglia di mettermi sotto con la sua stesura, ed il bello è che mi sono imposta di non andare avanti finchè non trascrivo al pc quello che ho già scritto a mano.

Bon, detto tutto questo spero di vedere qualche recensione, bella o brutta non importa ^^.
Alla fine tutto serve per migliorarsi ;)

Aggiornamento del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III ***


III


La vita nel villaggio di Rea procedeva tranquilla, anche se da alcuni anni giravano voci tutt'altro che rassicuranti.
Dalle lontane terre del nord, oltre la valle, era giunta voce di terribili disgrazie accadute a molti villaggi.
Uomini orribili depredavano e bruciavano i malcapitati paesi che avevano avuto la sfortuna di trovarsi sul loro cammino.
Per mesi i villaggi venivano depredati nella notte, e solo dopo un certo periodo, alcuni di questi venivano completamente rasi al suolo, e ogni piccola ricchezza rubata. Quelli che osavano opporsi venivano uccisi senza alcuna pietà.
Pareva però che un giovane e aitante sacerdote, assieme al suo gruppo di uomini fedeli, fosse riuscito a scacciare i malvagi briganti, senza però riuscire a imprigionarli. Per questo l'uomo si muoveva alla ricerca dei briganti malvagi, per poter evitare che ancora una volta, le terribili vicende, si ripetessero ancora.
Fu così che nel villaggio di Rea, arrivarono Nib e i suoi fedeli seguaci.
Nib offrì la sua protezione al villaggio, dato che aveva sentito di nuovi disordini, causati con ogni certezza, da quel gruppo malfamato.
In tutta la valle, infatti, non si parlava d'altro.
Ogni notte qualcuno piangeva per l'aggressione subita, o la perdita di quel parente che non aveva accettato di farsi portare via il frutto del proprio lavoro.
Nib chiese il sostegno degli abitanti del villaggio di Rea, per poter erigere un nuovo tempio del Dio del Sole. Un Dio buono, che non solo garantiva i buoni raccolti, ma anche una valida protezione contro l'oscurità che albergava negli uomini.
Rea ben presto si innamorò di Nib, quel giovane di pochi anni più grande di lei, alto, atletico e dallo sguardo ammaliante. Con la sua chioma mossa, gli occhi brillanti e castani, e tante belle parole; Rea, non poté che cedere di fronte alle continue lusinghe di lui.
Rea, che aveva sofferto per la sparizione del suo “Principe dei Sogni”, di quello spirito gentile che le faceva compagnia le notti, capì che Nib era come un raggio di sole, un vero e proprio dono del cielo inviato dalla sua famiglia.
Si era lasciata alla spalle un principe dei sogni e aveva incontrato un principe in carne ed ossa, pensava.
Quando venne a conoscenza del fidanzamento di Rea attraverso i suoi scorpioni sudditi, Antares ne soffrì moltissimo, ma decise che per il bene della ragazza avrebbe dovuto farsi da parte e lasciarla vivere con l’uomo che l’aveva fatta innamorare.
Il re degli scorpioni così non inviò più i suoi sudditi nel villaggio di Rea, e anche i fiori che faceva lasciare sempre sulla finestra della sua camera non ci furono più. Alla fine Rea si convinse che il suo amato “Principe dei Sogni”, sparito ormai da tempo, non fosse stato altro che un puro e semplice sogno, e che quei fiori alla finestra fossero in realtà dono di quant'altro.
Antares continuò con il progetto di Sargas, volgendo il suo sguardo verso altri villaggi che ancora avevano bisogno di lui. La minaccia incombente dei famigerati briganti venuti dal nord, che avevano già portato scompiglio oltre la valle, era sempre più incombente.


Shaula, la madre di Antares, non era molto convinta della scelta del figlio, la scelta di lasciar perdere la fanciulla che per anni aveva occupato ogni suo pensiero. Non poteva accettare che il figlio si arrendesse così, anche se lei non era mai stata molto convinta dell'interesse di lui per la ragazza umana. Vedere il figlio tanto amato così infelice la fece, per la prima volta, uscire dal castello per raggiungere la ragazza, sperando di riuscire a trovare un modo per riportare il sorriso sul volto del figlio.
Non sapeva ancora cosa fare, ma doveva almeno arrivare a Rea per potersi inventare qualcosa.
Rea era sicuramente felice, accanto a quell'uomo, ma Shaula aveva avvertito qualcosa di strano. Quell'uomo non le piaceva per niente, e non solo perché era la causa dell'allontanamento definitivo del figlio da quella ragazza.
Fu così che apprese una verità scomoda: in realtà il gruppo di fedeli guidato da Nib altro non era che quel gruppo di briganti tanto temuto. E Nib era il loro terribile capo. Volevano usare il villaggio come base per nascondersi dopo le loro malefatte nella valle, e il tempio era diventato il loro nascondiglio dei vari bottini confiscati.
Nonostante Antares avesse disposto molte guardie a difesa dei villaggi, questi uomini erano estremamente scaltri, e le fedeli guardie del re non erano state in grado di fare nulla. Le poche guardie umane a difesa dei villaggi erano a loro volta inermi di fronte all'abilità di questi uomini.


In quel momento Shaula capì che doveva avvisare immediatamente Antares.
In quel modo si sarebbe ripreso, e mosso dall'amore mai cessato per la giovane Rea, avrebbe salvato il villaggio punendo i malvagi e ritrovando la gioia, dato che sicuramente la ragazza gli sarebbe stata grata per aver salvato tutti quanti.
Shaula così tornò a casa, avvisando il figlio, il quale decise di muoversi esso stesso nella notte per raggiungere Rea e avvisarla del pericolo incombente.
Non conoscevano ancora i piani di Nib e dei suoi uomini, ma vedendo come aveva agito nelle altre terre, temeva che una volta che gli uomini di Nib si fossero stancati, questi avrebbero finito di depredare i villaggi, e li avrebbero rasi al suolo.
Antares non poteva permettere che Rea cadesse in mano a un uomo del genere. La ragazza avrebbe sofferto terribilmente, e se lui non l'avesse messa in guardia, non se lo sarebbe mai potuto perdonare.
Il re Scorpione si mise quindi in viaggio, portando con sé un manipolo di scorpioni, e un suo vecchio amico: il fiore che in passato aveva permesso, a lui e alla sua amata, di parlare e conoscersi.
Quando arrivò davanti alla finestra di lei era indeciso se usare o meno il potere del fiore, ma temeva il rifiuto di lei, se si fosse mostrato per quello che era.
- Salve Rea, è passato molto tempo dall'ultima mia visita. Scusa se sono sparito per così tanto tempo. - le disse Antares non appena il fiore fece effetto sull’addormentata Rea.
- Pensavo non avrei mai più sentito la tua voce. Mi sei mancato. - disse lei sorpresa. Non aveva mai scordato la sua voce. Si tirò su dal letto, e vi rimase seduta, cercando di capire da dove provenisse la voce, senza però riuscirci.
- Anche tu mi sei mancata. - la voce di Antares tremava.
- Nonostante i fiori che mi lasciavi ogni mattina sul davanzale, mi ero convinta che tu non fossi altro che un sogno creato per colmare il vuoto lasciato dalla perdita dei miei amati genitori, e che quei fiori fossero stati lasciati da qualcun altro... A volte pensavo che fosse lo stesso Nib a lasciarmeli, anche se non gliel'ho mai chiesto in realtà. Quando te ne sei andato, ero ormai più serena anche se ho sempre atteso con ansia la sera, per poterti parlare ancora. - disse lei imbarazzata, ma felice al tempo stesso. - Però tu non sei più venuto. E non ho più trovato i tuoi fiori. Io e Nib presto ci sposeremo, e io non potrei desiderare null'altro. Perché sei tornato? Se davvero tu fossi stato una mia creazione, non avrebbe senso la tua presenza qui adesso che sono felice.- Sentendo quelle parole, per un istante, il cuore di Antares si fermò. Sapeva però che doveva infrangere quella bella illusione, e spezzare le fantasie di Rea: Antares era reale, ma l’amore tra lei e quell’altro uomo no, era una finzione. Un’orribile bugia creata da un uomo di sani principi, un, presto, marito fedele e magari anche padre, al fine di non destare alcun sospetto. Ma quanto a lungo avrebbe retto tale bugia?
Quanto avrebbe retto prima di stancarsi di Rea e farle patire pene infinite?
Antares doveva intervenire, lo sapeva fin troppo bene.
- Non sono un sogno. Sono reale, proprio come te, se son giunto qui però è per avvertirti di una cosa poco piacevole. Il tuo amato è un bugiardo. - lei nel letto sussultò, e si alzò immediatamente serrando i pugni e cercando Antares nella stanza.
- Come sarebbe a dire? Amico mio, non puoi dirmi questo.
- Lui è un bugiardo, giunto in questo villaggio unicamente per avere una copertura per le proprie malefatte. Da tempo nella vallata una banda di briganti depreda interi villaggi, e questo lo sai anche tu. Il re scorpione di cui tanto si parla ha mandato in giro le sue guardie migliori per scovarli, ma questi riuscivano sempre a farla franca, e adesso hanno scoperto il perché. Tutti loro venivano in questo villaggio a nascondersi, e il tuo amato Nib sta usando te come ulteriore scudo. - Antares aspettò che la ragazza gli rispondesse, ma ciò che le uscì dalla bocca lo lasciò stupefatto.
- Non ti credo, non può essere. Lui mi ama, noi ci diciamo qualunque cosa. Non può essere l’uomo malvagio di cui parli. Ci deve essere un errore.
- So che è dura da capire, ma è la verità, devi credermi. - le disse lui con un filo di voce.
- Basta! - gridò lei. L’effetto del fiore stava già svanendo. Antares ne aveva presa una quantità molto ridotta, e così lei poté cominciare a vedere la sua sagoma dalla finestra. Rea realizzò che Antares non era umano, ma non capiva ancora cosa fosse in realtà. Si avvicinò, ma ancora non riusciva a vederlo, sapeva solo che non era come lei.
- Sono solo bugie! - continuò lei, - Non voglio vederti mai più! - Antares non poteva sentire parlare così la sua amata. Quando lei lo mise finalmente a fuoco, impallidì rapidamente.
Mentre l’orrore le attraversava il volto, Antares le disse che se non si fidava della sua parola, doveva allora andare nel tempio, seguendo le voci. Doveva solo fare attenzione nel non farsi scoprire.
Lei gli urlò di sparire, che era un’orribile bestia e che l’aveva disgustata e ingannata.
Entrambi avevano il volto solcato dalle lacrime, lei per la vergogna di essersi fidata di un mostro, per aver, un tempo, provato qualcosa per lui; lui per la delusione ed il cuore spezzato.
Shaula, che se ne era stata buona sul dorso del figlio, sentiva che in parte era anche colpa sua: tutto quel dolore era scaturito dalla scoperta che lei aveva fatto e rivelato in seguito al figlio.
Ora nessuno dei due era felice, entrambi soffrivano, e lei ne era la responsabile.
Mentre il figlio se ne andava scortato dalle sue guardie, lei scivolò a terra, ed entrò ancora una volta nella stanza di Rea, seguita da un paio di guardie.
La ragazza stava ancora piangendo, stringendo a sé il cuscino ormai umido per le lacrime.
- Non piangere, bambina. - le disse con voce dolce. - Piangere non serve a nulla.
Rea alzò la testa e cercò la donna che aveva parlato, ma nulla si mostrò a lei. Pensò che doveva essere stato frutto della sua immaginazione, prese un fazzoletto, e si asciugò il viso.
- Non è meglio così? - ancora una volta Rea si guardò attorno, e non vedendo nulla la paura l’assalì.
- Chi è là? Non sarai anche tu una bestia come… - Shaula dovette contenersi non poco per non risponderle male.
- Non sono una bestia, e nemmeno il tuo “Principe dei Sogni” lo è. - disse con voce ferma.
- Da quello che ho visto invece lo era eccome. Come ho mai potuto fidarmi?
- Non importa il suo aspetto, ma le sue buone intenzioni nei tuoi riguardi, non ti pare? - Rea rimase in silenzio. Non era un ragionamento sbagliato, ma per lei quell’essere era orribile.
- Non vuoi almeno vedere se avesse ragione o meno? Sono certa che sei un poco curiosa. Almeno non vivrai col pensiero di “e se fosse vero?”. Non credo tu voglia vivere col dubbio.
Shaula aveva fatto breccia nella ritrosia della ragazza e presto questa si vestì, pronta ad entrare nel tempio. Non riusciva a vedere la persona che la stava spingendo a indagare sul suo amato Nib, ma la voce sicura di quella, la fece dubitare per un attimo, sulla sincerità del suo amato.
“Il mio Nib non può essere un brigante. Quella bestia voleva solo prendersi gioco di me” pensò Rea mentre entrava nel tempio, seguendo le voci come Antares le aveva detto. Shaula la seguiva accompagnata dalle due guardie di Antares, arrampicati sul muro, e vegliavano silenziosamente su di lei.
Rea seguì il vociare fino a che non trovò una passaggio segreto che si apriva su una lunga scalinata. Non sapeva dove portasse, ma decise di percorrerla fino a che non avesse raggiunto quelle voci.
Era in un tempio, non poteva esserci nulla di malevolo od oscuro all'interno. Probabilmente Nib e i suoi fedeli stavano solo organizzando un qualche rito per il Dio del Sole. Rea stava cercando di dare un senso a tutto quello che stava accadendo.
Mentre scendeva le scale, a Rea pareva che il cuor potesse scoppiarle. “Non è vero, ne sono sicura. Tutte quelle accuse non possono che essere false”, continuava a ripetersi.
Purtroppo però, quando infine arrivò in fondo, si trovò davanti una porta socchiusa, cercò di aprirla un poco per vedere cosa vi accadesse dentro, e dato il frastuono sapeva che c’erano molte persone.
Ciò che vide ed udì la lasciò basita. Bastarono pochi minuti per farla correre su per le scale e tornare in fretta alla sua bella casetta.
Rea pianse tutte le lacrime che poteva piangere fino ad addormentarsi.
L’orribile bestia le aveva detto il vero: dentro quella stanza vide i briganti spartirsi il bottino, ridendo degli abitanti del villaggio creduloni e parlare del successivo colpo.
Tra loro non aveva visto il suo Nib, ma gli uomini lo avevano nominato spesso e, da come ne parlavano, non poteva che essere il loro capo.
Shaula poté tornare al castello, riferendo al figlio ciò che era successo infondendogli quel po’ di coraggio e una nuova ventata di ottimismo.
Rea alla fine aveva fatto quello che lui le aveva detto; scoprendo poi che quanto lui le aveva rivelato era la verità, convinto che di certo non l’avrebbe più odiato.


Purtroppo, quello che Antares e Shaula non sapevano era che Nib aveva assistito alla fuga di Rea dal tempio, e non solo: aveva assistito persino al colloquio fra Rea e Antares.
Quell’uomo malvagio era già pronto a tirare un brutto colpo alla dolce Rea, per metterla a tacere per sempre. Non avrebbe atteso una mossa dalla parte della giovane, l'avrebbe anticipata così che nessuno avrebbe mai potuto dar credito alla ragazza e alle sue compromettenti scoperte.


 

L'angolo di Shera ^^

Ed eccoci al terzo capitolo ^o^
Ringrazio subito Blue Feather e  Multifandom_is_the_way/Weakbow per aver commentato *_* Grazie infinite ad entrambe ^o^. Ringrazio anche tutti quelli che hanno letto la storia ^^.
Ovviamente ringrazio anche il mio ragazzo, senza il suo sostegno e le sue correzioni la storia sarebbe uno sfacelo XD.
Il quarto capitolo non l'ho ancora iniziato, ma nella mia testolina so già che fare, anche se alcuni aspetti della storia temo subiranno parecchie modifiche. L'idea iniziale era quella di sfruttare anche il "rito" d'accoppiamento degli scorpioni, ma non so se alla fine riuscirò ad inserirlo.
Boh, chi vivrà vedrà XD
E dire che ero partita con l'idea di fare una storia "breve", qua mi sa che verranno fuori almeno altri 2 capitoli... Dite che mi sto perdendo via troppo?

Un abbraccio e... grazie ancora ^^



Aggiornamento del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV ***


 
IV

Il giorno seguente Rea si era alzata con l’intenzione di parlare al saggio capo villaggio. Voleva mettere al corrente tutti quanti della sua sgradevole scoperta, era solo incerta se parlare del suo precedente incontro con quella creatura.
Non appena mise piede fuori di casa, trovò l'intero villaggio ad attenderla.
Era abbastanza insolito trovare tutti riuniti, normalmente accadeva solo per casi eccezionali. Cosa poteva aver smosso tutti? Lei non aveva ancora avuto modo di parlare con il vecchio Chrono, il capo villaggio, il quale si trovava in testa al gruppo che le stava di fronte in quel momento.
- Rea, c’è qualcosa che devi dirci? - Rea rimase sorpresa per la domanda diretta, sembrava quasi che il motivo per il quale si erano tutti riuniti fosse proprio lei. Come se la notizia fosse già giunta alle orecchie di tutti.
Rea iniziò allora il suo racconto e rivelò ai suoi compaesani quanto aveva scoperto nelle segrete del tempio, omettendo che a indirizzarla a questa scoperta erano stati una bestia terribile e una voce misteriosa. Quando finì, l’anziano capo abbassò la testa scuotendola. Come se le parole di lei fossero state la più amara delle rivelazioni. Rea sapeva quanto lui, come tutti, avesse riposto in Nib la sua fiducia. Allungò la mano per confortare il capo villaggio, ma uno dei ragazzi accanto a lui gliela schiaffeggiò e spinse Rea, facendola cadere a terra.
- Nib aveva ragione. - constatò rattristato il vecchio mentre il ragazzo che aveva spintonato la giovane, e un suo amico, la sovrastarono minacciosi.
Molti uomini puntarono allora le loro lance o i forconi verso Rea che spiazzata spalancò gli occhi chiedendo a Chrono cosa stesse accadendo. In quel momento Nib comparve al fianco del vecchio.
- Era come vi dicevo: questa ragazza è in combutta con il re Scorpione!
Disse che da anni la ragazza si accompagnava agli scorpioni del re solitario, e che era anche la causa di molte morti nella valle. Nib la accusò anche delle stragi oltre il confine settentrionale della valle. Le stesse che in realtà erano state causate proprio da lui e dai suoi uomini.
Chrono fissò la giovane che fin dalla più tenera età aveva dimostrato il proprio carattere testardo e vivace.
Quando i bambini litigavano, spesso Rea interveniva nella speranza di porre fine ad esse, ottenendo però l'effetto contrario e peggiorando la situazione, portando gli altri bambini il più delle volte ad accanirsi contro di lei. Eppure Rea faceva questo solo per ergersi in difesa dei più deboli, che fossero umani o anche animali.
Col tempo, la bambina aveva dimostrato il suo buon cuore, e gli abitanti del villaggio capirono meglio i suoi gesti, arrivando ad apprezzarla e stimarla.
Era vivace e temeraria, a volte con la lingua fin troppo lunga ma sempre pronta ad aiutare chiunque fosse in difficoltà.
L’anziano la fissò con gli occhi lucidi mentre la giovane, spaventata, veniva trascinata via da quelli che erano stati suoi amici per anni.
Ancora non poteva credere alle terribili accuse mosse da Nib nei suoi confronti, anche se le sue prove sembravano inconfutabili.


La notte precedente il giovane Nib, che si era conquistato un posto d’onore all’interno del villaggio, aveva bussato con insistenza alla porta del capo villaggio.
Chrono gli chiese cosa fosse successo con voce tremante. Subito pensò a un attacco da parte dei banditi, un incendio o qualche altra disgrazia.
Il giovane, visibilmente scosso, entrò nella casa del vecchio e gli raccontò in lacrime una terribile scoperta.
Aveva visto la sua fidanzata, Rea, parlare con gli scorpioni e con una bestia gigante, probabilmente il famoso re tramutato in scorpione di cui tanto si parlava. Disse a Chrono di averla spiata per un certo periodo, dato che non poteva credere ai suoi occhi.
Nib disse allora di averla sentita parlare col re Scorpione, lui non aveva sentito benissimo i loro discorsi, ma era certo che la ragazza presto avrebbe mosso accuse infamanti contro di lui.
Nib gli raccontò di come il proprio potere spirituale riuscisse a tenere a bada gli scorpioni malefici, i veri colpevoli delle stragi avvenute a nord della valle, e per questo Rea voleva fare di tutto per allontanare screditare lui e i suoi confratelli, dato che lei conosceva le loro doti.
Senza la sua presenza nel villaggio orribili conseguenze sarebbero accadute, a cominciare dall’invasione degli scorpioni del re.
Ovviamente Chrono non poteva credere a tale accusa, ma non avrebbe mai potuto dare del bugiardo a un sacerdote così buono e premuroso, così i due si accordarono: l’indomani l’intero villaggio si sarebbe riunito di fronte alla casa della giovane. Se Rea avesse davvero tentato di screditare il giovane ministro del Dio del Sole, come quest'ultimo temeva sarebbe successo, Chrono non avrebbe potuto più dubitare delle parole di Nib, e avrebbero condannato la ragazza per calunnia e tradimento.


Gli uomini legarono le caviglie di Rea ad un grosso masso non appena raggiunsero le sponde del lago che costeggiava il loro villaggio. La giovane li implorava di lasciarla andare dato che aveva detto solo il vero. Continuava a gridare la propria innocenza e ad accusare invece Nib, che in disparte coordinava tutto.
Continuava a gridare contro l'uomo che, secondo lei, stava tramando alle spalle di tutti e che presto avrebbe fatto del male a chiunque si fosse trovato sulla sua strada.
Avevano deciso di lasciare che le acque del lago si prendessero Rea.
Alcuni cominciavano anche a parlare di una spedizione verso il castello, ma Nib li esortò a lasciar perdere. Lui sapeva che se avessero attaccato il castello, nessuno di loro avrebbe potuto farcela.
La vista di quella grossa bestia che era il re Scorpione, lo aveva spaventato; anche se era uno dei briganti più scaltri e forzuti che si fosse mai visto.
Prima di far annegare Rea nel lago si era premurato di far setacciare la zona: nessun scorpione avrebbe dovuto assistere alla scena, poiché aveva capito che effettivamente c’era un forte legame tra loro e la ragazza, ma non aveva ancora ben inteso quanto. Temeva che se quell'orrida bestia avesse scoperto cosa fosse accaduto alla giovane, di certo lui e i suoi compari non sarebbero riusciti a fuggire dall'ira dello scorpione.
Se invece la notizia della punizione data alla fanciulla lo avesse raggiunto solo a distanza di tempo, di certo avrebbe attribuito la colpa all’intero villaggio.
Sebbene la copertura non fosse ancora saltata, aveva deciso che nel giro di poco tempo sarebbero ripartiti in cerca di una nuova base.
Come era nei piani, la loro reputazione di uomini onesti e dalle grandi doti spirituali avrebbe permesso a lui e alla sua banda di ricreare un nuovo rifugio. Lui avrebbe punito quella sciocca che aveva scoperto tutto, perché altrimenti la loro reputazione sarebbe stata infangata, e avrebbero avuto maggiori difficoltà nel far sì che altri villaggi li accogliessero a braccia aperte.
Nib aveva elaborato un piano così perfetto che non avrebbe permesso a nessuno di poterlo mandare in cenere.
Usare un villaggio come base a cui far ritorno, senza derubare nessuno fino al momento in cui lo avrebbero lasciato, e saccheggiare lentamente gli altri: questo era il suo ingegnoso piano. Ogni tanto qualche contadino si ribellava, ma loro erano briganti senza scrupolo alcuno. I villaggi venivano bruciati, e quei pochi sciocchi che avevano osato sfidarli, venivano uccisi senza alcuna pietà.
Fu Nib a guidare la barca verso il punto più profondo del lago. Lui e Rea, che era stata imbavagliata, erano soli e lui le rivelò tutta la verità, come per potersi ancora una volta gloriare per aver ideato un piano così perfetto.
Nessuno avrebbe mai potuto dire che lui, Nib, non era intelligente o scaltro. Lui era migliore di chiunque altro, anche se Rea era stata in grado di smascherarlo.
- Mi spiace che sia finita così. Devi ringraziare i tuoi orridi amici per questa ingloriosa fine. - le tolse il bavaglio per sentire la replica della giovane.
- Come hai potuto farmi questo? Io ti amavo. - gridò Rea con le lacrime agli occhi. - Non puoi uccidermi, non puoi fare del male al nostro villaggio.
La barca era troppo lontana da riva perché chiunque potesse sentire una sola parola detta dai due.
- Addio Rea. - Nib gettò la giovane nel lago che continuava disperatamente a dimenarsi, e tornò a riva soddisfatto.
La loro copertura era salva e così aveva una scocciatura in meno di cui occuparsi.


Pian piano la gente lasciò il lago tornando alle proprie faccende o ai propri lavori. Tutti tranne Chrono, che rimase a fissare il lago per tutta la giornata.
- Eppure io ancora ti credo piccola Rea. - disse alle acque immobili del lago, come se sperasse che la sua voce arrivasse a lei.
In cuor suo Chrono aveva sempre creduto che Rea fosse innocente, sentiva che qualcosa nella versione di Nib non era del tutto vera, ma non capiva che cosa. Nel tempo in cui Nib e i suoi uomini si erano stabiliti nel villaggio aveva imparato a rispettarli e apprezzarli, così come fece il resto degli abitanti del villaggio. Poi, però, cominciò a provare una strana sensazione.
Chrono aveva sentito dentro di sé, che l'energia sprigionata da Nib e dai suoi fedeli, non era energia positiva.
Col cuore gonfio per il timore di aver commesso un imperdonabile sbaglio, abbandonò la riva illuminata dal sole del tramonto e affidò le sue preghiere al vento.


Shaula era scesa a valle per vedere come stesse la ragazza. Quando l’aveva lasciata da sola la notte precedente, Rea era in lacrime per quanto scoperto. Shaula era comunque sicura che la giovane avrebbe comunicato a tutti la verità. Ciò che lo scorpione non aveva potuto calcolare era la mossa inaspettata di Nib.


Shaula non era molto distante dalla riva dove stavano legando Rea, e riuscì a sentire il vociare della gente del villaggio. Si avvicinò avendo cura di non farsi vedere, e osservò impotente quanto stava accadendo.
Voleva poter fare qualcosa, ma non avrebbe mai potuto fronteggiare tutti quegli uomini da sola.
Vide Nib trascinarla al centro del lago e poi gettarvi la povera Rea che si dimenava nella speranza di potersi liberare.
Shaula corse allora lungo la riva cercando di mettersi in contatto coi pesci per chiedere loro una mano.
Prima ancora che Shaula potesse contattare chiunque nel lago, già qualcuno si era mosso per salvare la giovane. Una vecchia conoscenza di Rea, uno dei tanti animali che la ragazza aveva aiutato nel corso degli anni.
Alpherg, un pesce siluro, che Rea aveva salvato un tempo da una rete dei pescatori, non avrebbe mai permesso a nessuno di far del male alla sua salvatrice.
Molti anni prima Alpherg era l’unico pesce che quel giorno rimase intrappolato nella rete dei pescatori. Rea lo vide dimenarsi per poter scivolare fuori dalla rete, e lo liberò prima che i pescatori lo riportassero al villaggio. I pesci siluro erano molto rinomati in quelle zone per le ottime carni, e riuscire a venderne anche solo uno, poteva fruttare parecchi soldi all'abile pescatore.
Anche se nelle reti finivano i pesci ancora piccoli, i pescatori li tenevano per allevarli e solo in seguito venderli o cucinarli. Li facevano diventare molto grandi per poterci guadagnare il più possibile.
Fu per puro caso che la piccola Rea si era trovata lì quel giorno, e notando la sofferenza di quel povero pesciolino da solo intrappolato in quella grande rete, non poté far altro che aiutarlo. Spesso si sentiva come guidata verso le povere bestiole rimaste ferite, o immobilizzate da qualche trappola lasciata dai cacciatori dei villaggi.
Rea non si ricordava di quel pesciolino che molti anni prima aveva liberato. Con tutte le creature a cui aveva prestato soccorso le sarebbe stato impossibile ricordarli tutti.
Alpherg invece di lei si ricordava.
Altri pesci avevano notato un gran movimento a riva. Incuriositi si erano nascosti e seguirono la scena: assistettero alla preparazione della giovane e al dialogo fra lei e l’uomo che l’avrebbe portata al centro del lago.
Alpherg era stato avvisato di quanto stava accadendo da altri pesci che avevano beneficiato dell’aiuto di Rea in passato, così aspettarono che lei venisse gettata in acqua per liberarla dalla zavorra che l’avrebbe trascinata rovinosamente verso il fondo. Avrebbero potuto cercare di rovesciare la barca, ma temevano così di destare troppi sospetti fra tutti quegli uomini.
Non appena la liberarono, nuotarono velocemente per riportarla a galla e cercarono un posto sicuro e lontano da quelle bestie che l’avevano condannata a morte.


Rea, poco dopo essere stata gettata in acqua, perdette i sensi, e non li riacquistò fino a quando non fu di nuovo all'aperto, fuori dall'acqua. Con dei forti colpi di tosse, Rea poté di nuovo respirare e liberarsi i polmoni dall’acqua. Debole com'era, si accasciò di nuovo priva di sensi, non riuscendo così a vedere i suoi salvatori.
Alpherg diresse le azioni dei suoi amici pesci e portò Rea al sicuro in quella baia nascosta dai canneti così che né dalla barca, né dalla riva, gli uomini potessero vedere che lei era stata tratta in salvo.
Shaula era riuscita a raggiungere un gruppo di pesci, e chiedendo loro aiuto apprese che Rea era già stata tratta in salvo. Si fece quindi condurre nella baia nascosta per portare con sé la ragazza al castello.
Non appena Shaula raggiunse Rea, chiese loro di lasciare la ragazza alle sue cure dato che l’avrebbe portata al sicuro.
Alpherg le chiese per quale motivo avrebbe dovuto affidarle la sua amica, e lei gli raccontò la sua storia e quella di Antares soprattutto.
Alpherg, sicuro nell’affidarla a Shaula, con la voce colma d’emozione le disse che Rea era per lui come un ponte fra il loro mondo, quello degli animali, e quello degli uomini. Una persona così preziosa non avrebbe mai potuto affidarla a nessuno che non l’avesse rispettata e stimata quanto lui.
Notando però che Shaula era troppo piccola e sola per portare la ragazza priva di sensi al palazzo di Antares, fece quanto in suo potere per darle una mano. Alpherg chiese aiuto alle anatre che vivevano fra i canneti, le quali volarono veloci nella vallata più vicina per chiamare i cavalli selvaggi.
Matar, il capo del gruppo di questi potenti e maestosi cavalli, qualche anno prima si era slogato la zampa non molto lontano dal villaggio della giovane.
Rea, che si trovava in quelle zone per ricercare erbe curative lo soccorse.
Matar era un cavallo diffidente, odiava gli uomini e tutto quello che li riguardava. La dolcezza e le premure di Rea riuscirono a far mutare l’atteggiamento del cavallo, facendosi così apprezzare da lui.
Non cambiò opinione nei confronti degli uomini, ma capì che non erano tutti uguali.
Quando seppe dalle anatre che la ragazza era in difficoltà corse subito al lago per sincerarsi delle sue condizioni e ricambiarle il favore che lei gli aveva fatto anni prima.
Rea era ancora priva di sensi, ma erano certi che stesse bene e che si sarebbe rimessa al più presto.
Shaula chiese a Matar di aiutarla nel portare la ragazza al palazzo di Antares, dove gli scorpioni avrebbero potuto prendersene cura.
Alpherg raccomandò al cavallo di prestare attenzione lungo il tragitto, ma fu un consiglio inutile dato che per Matar non v'era nulla più importante dell'incolumità della giovane. Matar, Shaula e Rea sparirono in fretta alla vista del simpatico pesce siluro coperti dal fitto dei boschi.


Dopo molto galoppare arrivarono di fronte al palazzo di Antares, dove lo scorpione attendeva impaziente la madre per avere notizie della sua Rea. Quando vide non solo la madre, ma anche quel maestoso cavallo e la giovane da lui amata rimase esterrefatto.
Di certo non si aspettava di vedere Rea al suo palazzo. Non dopo quello che era successo la notte prima, date le reazioni della ragazza.
Shaula e Matar aggiornarono Antares sugli ultimi avvenimenti, e il re Scorpione si arrabbiò moltissimo sentendo quanto era accaduto.
Matar lasciò che gli scorpioni al servizio di Antares prendessero la ragazza e la salutò, anche se lei non poteva sentirlo dato che era ancora priva di sensi. Chiese poi ad Antares di prendersi cura di lei. Lo scorpione glielo promise, aggiungendo che con lui non avrebbe mai corso alcun pericolo e che l’avrebbe protetta per tutta la sua esistenza.
- Se così non fosse, stai pur certo che tornerò a riprendermela. - disse Matar dando le spalle allo scorpione e sparendo inghiottito dal bosco sempre più scuro per l’approcciarsi della notte.




 
L'angolo di Shera ^^

Salve a tutti, come va?
Ebbene ho mentito la scorsa volta... col quinto capitolo non potrò chiudere la storia XD. La cosa mi sta prendendo più del previsto e nuovi scenari si stanno aprendo di fronte a me. La storia andrà avanti, ma non faccio alcuna previsione sulla quantità di capitoli.
Ogni volta che lo faccio la storia si allunga sempre di più.

Spero che questo lavoro vi stia piacendo, ringrazio tutti voi che avete speso un poco del vostro tempo per leggermi ^_^

A presto



Aggiornamento del 25/08/1015

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V ***


V


Antares fece portare Rea nell’ala più luminosa del castello, nella camera più bella e fastosa.
Girtab, vecchio amico d’infanzia di Antares e suo consigliere, nonché studioso e medico, visitò Rea, rassicurando l’amico e la madre di lui.
Rea era semplicemente spossata per quanto le era accaduto. Aveva comunque rischiato di morire, se non fosse stato per l'intervento dei pesci non ce l'avrebbe fatta.
Era probabile, secondo Girtab, che avrebbe impiegato qualche giorno per riprendersi, ma era certo che poi sarebbe stata bene.
Suggerì comunque all’amico di farla tenere sotto osservazione, e di approcciarsi a lei con cautela data la conclusione del loro ultimo incontro.
Antares, anche se ancora un po’ preoccupato, si rilassò per le parole dell’amico, e lasciò la stanza che aveva fatto preparare apposta per lei.
Ciò che in quel momento gli premeva era restituire a Rea la sua reputazione e farla pagare agli uomini che per poco non gliel’avevano portata via.


Rea, come aveva previsto Girtab, si risvegliò dopo un paio di giorni.
Inizialmente spaesata, si guardò attorno, nella speranza di vedere qualcuno ma senza alcun successo. Il sole stava tramontando e la stanza era irradiata dalla luce calda del sole morente.
Capì che era stata salvata, ma non ricordava nulla, solo l’acqua che pian piano la stava soffocando.
- Finalmente ti sei svegliata. - una voce femminile la fece voltare. Ma Rea non vide nessuno. Lei era certa di avere già udito quella voce ma non riusciva proprio a ricordare a chi potesse appartenere.
- Siete stata voi a salvarmi? - chiese Rea titubante.
- Non direttamente. Un pesce di nome Alpherg, a cui avevi salvato la vita anni fa, ha guidato il tuo salvataggio. Il cavallo Matar invece ti ha portata fino al nostro castello. - A Rea quei nomi non dicevano nulla. Quella storia per lei era incredibile.
- Io non capisco. Chi siete?
- Mi chiamo Shaula. Dolce Rea, hai sempre dimostrato un grande amore per chi era indifeso, tanto da buttarti sempre a capofitto per aiutare chiunque fosse in difficoltà. Ti sorprende tanto che qualcuno abbia voluto contraccambiare tanta gentilezza? - Rea non sapeva che rispondere. Le sembrava incredibile che qualche animale potesse aver fatto tanto per lei. Che si fossero ricordati di lei.
Rea allora ripensò alla bestia che l’aveva ingannata. “Forse quello non è l’unico essere in grado di mettersi in contatto con noi umani”, e allora ricordò.
- Voi… voi mi avete guidata fino alla verità quella notte. - Rea scattò in piedi e si guardò attorno preoccupata mentre la sua mente correva veloce, intuendo che quel castello non doveva essere altro che la dimora dell'orrida bestia.
- Non devi avere paura di noi. Se avessimo voluto farti del male non ti avremmo salvata. Non saresti stata accudita nemmeno negli ultimi due giorni. Guarda questa stanza attentamente… ti sembra forse una prigione? - Rea ammise che la stanza era molto ricca e bella ma la paura che da un momento all’altro quell’enorme bestia potesse comparire, la fece tremare come se si fosse trovata d’improvviso nel mezzo di una tempesta con addosso solo degli stracci.
- Io vi ringrazio, - disse Rea con voce tremante, - ma ora vorrei tornare a casa.
- Quale casa?
- La mia, che domande. La casa nella quale ho vissuto fino ad oggi. - Rea alzò leggermente la voce. Aveva paura e voleva lasciare immediatamente quei luoghi a lei sconosciuti e nuovi. Per quanto le parole di Shaula fossero incoraggianti, lei non poteva, non voleva restare in quel posto.
Si chiese allora quante bestie orribili infestassero quella dimora. Col terrore che lentamente si impossessava di lei, cominciò a chiedersi se tutti gli scorpioni fossero grandi come “quello”.
La piccola creatura sospirò dando a Rea una brutta notizia, una notizia che la ragazza non si sarebbe mai aspettata di ricevere.
- Purtroppo dopo che ti hanno gettata nel lago gli uomini al servizio di Nib hanno bruciato la tua casa. Qua sei la benvenuta, non hai che da chiedere e faremo il possibile per accontentarti.
Rea si accasciò a terra.
L’aver saputo che Nib l’aveva tradita e ingannata era stato un brutto colpo, vedere i suoi amici che improvvisamente le si erano rivoltati contro le aveva spezzato il cuore. L’aver poi appreso che la sua amata casa non era diventata altro che un cumulo di macerie si era rivelato anche peggiore delle altre due cose.
In quella casa era cresciuta con l’amore dei suoi genitori. Quella casa apparteneva ai suoi nonni, che con fatica l’avevano costruita. Quei nonni da lei tanto amati che purtroppo se ne erano andati quando lei era ancora piccina.
Nonostante vivesse da sola già da qualche anno, Rea si sentiva al sicuro fra quelle mura. Era come se l’amore dei genitori e dei nonni fosse rimasto a protezione della casa.
E ora quella casa non esisteva più.
Rea si sentì di nuovo sola e abbandonata.
- Ho perso tutto. - disse con un soffio di voce.
Shaula allora decise di mostrarsi e si avvicinò alla ragazza scossa per poterla confortare. Rea però non appena la vide si ritrasse, i suoi timori erano stati confermati alla vista di Shaula.
Per quanto cercasse di amare ogni creatura, per quanto potesse essere grata sia a Shaula per averle aperto gli occhi che alla stessa bestia che l’avevano messa in guardia contro Nib, Rea aveva paura.
Bastava dare una sguardo alla giovane per leggere al contempo la paura e il disgusto che provava.
- Perdonatemi. - disse a un certo punto Rea.
- Di cosa?
- Voi avete fatto molto per me, e io non vi sto mostrando il giusto rispetto. Dovrei dimostrarmi più grata, ma è più forte di me, non ci riesco proprio. - Rea voleva ricompensare in una qualche maniera tutti coloro che l’avevano aiutata, ma l’aspetto di Shaula la intimoriva. Nonostante Rea sovrastasse la piccola Shaula, quella creatura poteva essere letale, e Rea questo lo sapeva molto bene.
Shaula non sapeva bene come risponderle. Vedeva in lei un grande cuore, ma capiva quanto l’aspetto degli scorpioni difficilmente riuscisse gradevole per gli uomini.
- Non ti voglio chiedere nulla di impossibile. Solo non ritrarti ogni volta, non tanto per me, quanto per lui.
- Lui? Lui chi?
- Antares, il nostro re, colui che ti ha messa in guardia per primo. - Rea annuì, ma sperava di non doverlo incontrare nell’immediato. Seguirono dei lunghi minuti di silenzio, che alla fine venne rotto da Shaula.
- Ora io vado, dovevo avvisare Antares non appena ti fossi svegliata. Avrai fame, ti farò portare qualcosa. Nei prossimi giorni è meglio che tu stia a riposo. Niente sforzi. - Prima che Shaula potesse lasciare la stanza, Rea le chiese di fermarsi ancora un attimo.
- Io… vi ringrazio per tutto, ma ho una richiesta da farvi.
- Dimmi, cara.
- Datemi del tempo. Io… per me tutto questo è molto difficile da capire e concepire. Immagino che questo castello sia pieno di, ecco…
- Scorpioni?
- Sì. So che non devo, ma ho timore di voi. Datemi del tempo per abituarmi a questa situazione e vi prometto che ripagherò il mio debito. - Shaula ne fu molto sorpresa.
- Non sei in debito, non ci devi nulla se non un po’ di rispetto. - Rea annuì, ma aggiunse che quello che loro avevano fatto per lei era davvero molto, e che voleva dimostrare il suo apprezzamento. Voleva solo avere modo di abituarsi a loro dato che per tutta la vita ne aveva avuto timore.


Shaula concordò con lei alla fine. La giovane avrebbe potuto abituarsi meglio a loro se si fosse avvicinata agli scorpioni con calma, per questo concordò con lei che era meglio farla rimanere in camera per i primi giorni. Durante quel primo periodo sarebbe entrata in contatto unicamente con Shaula e pochi altri scorpioni. L'avrebbero poi introdotta al castello, facendole visitare la sua nuova dimora e farla interagire anche con gli altri scorpioni. Solo alla fine avrebbe potuto vedere Antares, del quale, date le dimensioni e l'aspetto, era ancora troppo spaventata.
L’aspetto degli scorpioni per Rea non era affatto gradevole, ma finché piccoli riusciva ancora a sopportarne la visione. Vedere uno scorpione delle fattezze di Antares la intimoriva al punto da perdere quasi la parola e i sensi.


Shaula lasciò sola Rea, e dopo poco tempo tornò con la cena seguita da un piccolo gruppo di altri scorpioni per aiutarla a servire la ragazza.
Dopo aver finito il pasto e ringraziato un po' titubante gli scorpioni, Rea tornò a letto per riposare. Era ancora debole, ma si stava già riprendendo un poco. Una parte di lei sperava che svegliandosi il mattino seguente tutto sarebbe tornato normale. Sapeva però che quella era la sua nuova realtà.


Nel frattempo, nella grande sala del trono, Antares discuteva con Girtab riguardo il villaggio di Rea.
Uno degli scorpioni incaricati di sorvegliare il villaggio della ragazza aveva udito Nib parlare in gran segreto con alcuni dei suoi uomini. In uno dei villaggi confinanti presto sarebbe giunto un ricco mercante. Nib e i suoi avrebbero aspettato il suo arrivo per derubarlo e fuggire per sempre da quelle terre.
Prima che ciò avvenisse avevano tempo non più di una decina di giorni per muoversi, altrimenti lo avrebbero perso di vista perché ancora non conoscevano la destinazione dell’uomo e dei suoi amici briganti.
Una sola occasione per dare all’uomo malvagio quello che si meritava.
Mentre i due discutevano entrò nella stanza Shaula che sentendoli parlare ebbe un colpo di genio.
- Da soli forse avremmo qualche difficoltà, ma se ci alleassimo con qualcuno? - i due scorpioni la fissarono senza capire di chi stesse parlando.
- A chi ti riferisci?
- Agli uomini ovviamente. Il grande sogno di Sargas era quello di unire noi e loro, animali e uomini. Basterà anche solo avere l’appoggio di un paio di villaggi, il resto verrà da sé. - Antares e Girtab non erano del tutto convinti, ma ragionando insieme alla saggia Shaula convennero che era una scelta da non sottovalutare.
- Abbiamo poco tempo e per questo dovremo muoverci in fretta. Manderemo degli scorpioni a vigilare sui villaggi per capire con quali avremmo maggiori probabilità di poter trovare un accordo. La reazione delle persone di fronte a noi sarà fondamentale. - disse Girtab cercando negli sguardi di Antares e Shaula il consenso.
- E intanto che aspettiamo nuovi sviluppi, potrai avvicinarti a Rea. E magari sarà proprio lei ad aiutarci con i villaggi. Vedendo un altro umano con noi, la gente potrebbe fidarsi più facilmente.
- Potrebbero anche pensare a un qualche maleficio, Shaula. - la contraddisse pensieroso Girtab. - Lo sai che gli uomini sono molto impressionabili. Hanno spesso paura di cose inesistenti. A volte mi chiedo se non si divertano a complicarsi la vita in quella maniera.
- Può essere, però noi dobbiamo tentarla. Logico che se lo facessimo ora, la ragazza risulterebbe poco credibile. È troppo spaventata da noi per dare loro l’idea migliore. - Antares distolse lo sguardo che si era fatto triste per le parole della madre. L'idea proposta da Shaula era buona, se quel piano avesse davvero funzionato avrebbero potuto fermare Nib per sempre ed evitare che potesse far male ancora ad altri. Il problema era come avvicinarsi a Rea. Antares temeva che lei non sarebbe mai stata in grado di accettarlo. - Se in questi giorni le diamo modo di conoscerci, sono certa che le cose cambieranno, però dobbiamo muoverci ora, o sarà inutile. - Girtab, inizialmente scettico, diede retta a Shaula, mentre Antares non si esprimeva a riguardo.
- Antares, tu non dici nulla? - gli chiese ansiosa la madre.
- E se lei non ci aiutasse? Se mi odiasse a tal punto da non volerne più sapere? - Antares era diviso. Da un lato avrebbe potuto dare davvero una svolta per il grande sogno di Sargas, fermando Nib, una minaccia per gli uomini, ed entrando in contatto con i primi villaggi. Dall'altra però, aveva Rea nel suo castello, e l'unica cosa a cui riusciva a pensare, era come potersi far apprezzare da lei. Antares non voleva più vederla spaventata o inorridita. Voleva vederla felice al suo fianco.
- Antares, devi solo darle del tempo. Le ho parlato io, e so che vuole ricambiare la nostra gentilezza, per questo, figlio mio adorato, devi stare tranquillo. Lasciale solo qualche giorno per meglio assimilare tutta questa situazione. La poverina ne ha passate così tante che di certo è molto spaventata. Dobbiamo darle qualche giorno per tranquillizzarsi e lasciarsi alle spalle quanto accaduto. Ha visto quella che era la sua famiglia rivoltarsi contro di lei, dobbiamo cercare anche noi di capire il suo stato d'animo. Sono certa che poi sarà in grado di aprirci il suo cuore. - Shaula cercò di consolare e tranquillizzare il figlio con quelle parole. Anche se lui era diventato il re, per lei, lui era il suo adorato bambino, e gli sussurrò parole dolci come solo una madre poteva fare.
Rincuorato un poco e ripresosi dai suoi pensieri, Antares approvò quel piano e si convinse a seguirlo.
Se fossero riusciti nella loro difficile impresa avrebbero liberato il villaggio di Rea, ristabilita la reputazione di lei ed infine avrebbero poggiato le prime basi per un nuovo futuro con gli uomini.
Il sogno di Sargas si sarebbe infine realizzato.


 
Versione aggiornata del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** VI ***


VI

Shaula fece visita a Rea nei successivi due giorni, cercando di farla abituare sempre di più a quella situazione del tutto nuova. La giovane, dapprima titubante, finì con l'abituarsi a Shaula e agli altri scorpioni.
Oltre a Shaula, infatti, entravano nelle stanze della ragazza i camerieri o le cameriere. Rea non aveva avuto modo di scambiare molte chiacchiere, ma aveva capito che aveva di fronte delle creature gentili e per nulla ostili.
Nel frattempo Antares inviò delle sentinelle nei vari villaggi per poter verificare se il piano suggerito dalla madre e da Girtab si potesse attuare. Se gli umani avessero avuto una reazione anche solo in minima parte positiva, lui avrebbe potuto, con l’aiuto di Rea, convincerli a dare loro una mano per smascherare Nib e impedire che altri villaggi venissero depredati.
Mentre il giovane re si occupava di altre questioni di rilievo, Rea si stava svegliando e Shaula era già pronta a darle il buongiorno.
All'alba del terzo giorno, Rea era oramai abituata alla presenza di Shaula, e la accolse con un sorriso.
Apprese così che nel castello quasi tutti i suoi abitanti erano in grado di comunicare con gli uomini, grazie alle insistenze di Antares.
Per anni il re si era preoccupato di insegnare a tutti gli scorpioni il linguaggio umano.
Shaula indicò a Rea il grande armadio bianco presente nella stanza, invitandola ad indossare uno dei vestiti posti al suo interno e preparati apposta per lei.
Aprendo le ante la giovane rimase molto sorpresa nel trovarvi abiti di ottima qualità, impreziositi da gemme rare e da filamenti dorati o argentati.
Tra tutte le belle vesti contenute nell’armadio, Rea scelse uno dei più semplici, preferendolo a quelli ricchi di fronzoli. Un abito che le ricordava il cielo d’estate, un azzurro intenso.
Shaula allora condusse Rea in una delle ali del castello, quella meno frequentata. Voleva che si abituasse a vivere a contatto con gli scorpioni, ma sapeva di dover agire per gradi.
La presentò quindi agli scorpioni più giovani, quelli che ancora stavano imparando il linguaggio umano. Sperava che mettendola a contatto con quelli che erano i loro cuccioli, lei potesse capire che non vi erano molte differenze fra umani e scorpioni. Che al di là di tutto, loro erano molto simili.
La giovane, come da lei sospettato, riuscì ad entrare quasi subito in sintonia coi piccoli scorpioni che, incuriositi da lei e dal motivo per il quale fosse giunta al castello, la tempestarono di domande.
I piccoli scorpioni ancora non conoscevano le vere intenzioni di Antares nei confronti di Rea, anche se alcuni di loro scherzavano sul possibile matrimonio di Antares con l’umana.
Gli scorpioni adulti dissero ai piccoli semplicemente che la giovane aveva salvato Antares quando ancora era piccolo e che lui aveva sempre avuto una certa simpatia nei suoi confronti dato che lei amava tanto gli animali.
Negli anni aveva sempre vegliato su di lei e, vedendola in pericolo, aveva deciso di soccorrerla e di ospitarla.


Rimasero a lungo con gli scorpioncini, e fu allora che Rea rimase colpita dalle parole di uno di loro. Il piccolo le confessò che non aveva mai capito il perché i loro re tenessero tanto a far riavvicinare uomini e animali. Conoscendo Rea però aveva compreso meglio: al di là dei loro aspetti diversi, non c’erano molte differenze. Entrambi avevano un cuore, un’anima, dei sentimenti… le sole differenze riguardavano la loro esteriorità.
Il piccolo le confidò anche che gli umani gli facevano paura per il loro aspetto, ma che quel pomeriggio, passando del tempo con lei, aveva cambiato idea.
Il piccolo scorpione aveva, per la prima volta capito il sogno che avevano inseguito i loro sovrani, e che anche lui cominciava a sostenere.
Rea rimase senza parole.
Quanto le aveva appena detto quel piccolo scorpione era stato per lei scioccante. Aveva sempre pensato che gli animali avessero dei pensieri, e che meritassero il rispetto da parte degli uomini. Mai però si sarebbe sognata di parlare con uno scorpione, e che questo le potesse dire qualcosa del genere. Il loro aspetto fisico era così diverso, eppure quando parlavano quelle differenze sparivano nel nulla.
Lei aveva sempre avuto timore e ribrezzo nei confronti degli scorpioni, così come di insetti e ragni, ma mai si era posta il problema su cosa loro pensassero di lei o dei suoi simili.
Rea si rammaricò con sé stessa per il comportamento che aveva sempre tenuto, per questo era ancora più convinta nel volersi rendere utile e ricambiare la cortesia degli scorpioni.


Quando Shaula la riaccompagnò in camera, lei si ricordò anche del discorso del piccolo riguardante il rapporto fra umani e scorpioni. C’era ancora molto che lei non conosceva, e voleva assolutamente capire anche questi aspetti nuovi.
Rea provò a chiedere a Shaula notizie in merito, ma lei le disse che avrebbe lasciato ad altri il compito di parlarle di questo argomento.
L’indomani infatti sarebbe stato Girtab, il consigliere reale, a guidarla e a farle compagnia dato che lei aveva dei compiti urgenti da sbrigare. In realtà Shaula non aveva dei veri e propri impegni, tuttavia riteneva che il modo di fare molto più spigliato e allegro di Girtab, sarebbe stato in grado di far aprire maggiormente la ragazza. Rea avrebbe potuto chiedere a lui di spiegarle meglio la situazione.
La giovane aveva imparato ad abituarsi a Shaula e al suo modo di fare, molto dolce, fermo, ma comunque gentile. Sperava che questo Girtab sarebbe stato abbastanza cordiale da non farla sentire troppo a disagio.


Rea trovò il bagno pronto e, dopo essersi lavata, fu pronta per la cena. Shaula le fece compagnia, e mangiò con lei mentre gli altri scorpioni le servivano il pasto.
La ragazza però si sentiva continuamente osservata, era come se qualcun altro li stesse tenendo d’occhio. Era una sensazione strana, che non riusciva a spiegarsi. “Sarà la stanchezza” pensò.
Rea si coricò senza più pensare a quella sgradevole sensazione. Pian piano si stava abituando a quella realtà, e gli scorpioni le sembravano sempre meno spaventosi.
Sapeva che prima o poi lo avrebbe rivisto, ma ancora non si sentiva pronta. Temeva che se lo avesse visto, non sarebbe stata in grado di contenere le sue reazioni. Si stava abituando agli scorpioni, ma non li trovava ancora così carini da apprezzare una loro versione gigante.
Aveva vaghi ricordi della bestia che aveva visto quel giorno, e ancora non riusciva a farselo piacere. Nonostante tutto quello che lui aveva fatto per lei. Rea non poté fare a meno di sentirsi terribilmente ingiusta e meschina.


Mentre Rea scivolava nel sonno, il suono d’un sospiro pesante riempì la stanza.
Antares aveva potuto seguire la giovane grazie ai tanti passaggi segreti presenti nel castello. Quando aveva avuto un attimo di respiro dai suoi impegni, aveva mollato tutto per seguirla.
Mentre parlava con gli scorpioncini o durante la cena, lui era stato presente, sempre con lei anche se nascosto dalla sua vista.
Shaula era stata chiara: tenersi alla larga almeno in principio, in modo che la giovane potesse integrarsi in quel nuovo ambiente e superare l’evidente timore che nutriva nei loro riguardi. Per lui era impossibile accettare il fatto di avere la sua Rea a palazzo senza poterla vedere. Senza poterle nemmeno parlare.
Quello era l’unico compromesso che poteva renderlo anche solo in parte felice. Non era ciò che voleva, ma era l’unico espediente che era riuscito a trovare per poter soddisfare almeno parzialmente il suo grande desiderio.


Shaula entrò nella camera di Rea per svegliarla e per farle fare colazione. La giovane mostrò di non avere più timori nei suoi confronti, la vedeva che si rapportava con lei con assoluta familiarità. Questa per Shaula era già una bellissima conquista. Presto avrebbe potuto permettere ad Antares di vederla, e i due forse avrebbero potuto avvicinarsi proprio come il re Scorpione aveva sempre sognato.
Non appena la ragazza si vestì, Shaula la condusse nella sala dei banchetti reali dove le stava attendendo Girtab.
- Bene, ora ti lascio nelle sue affidabili chele. Ci vedremo più tardi, Rea. - Shaula lasciò la stanza, così che Rea potesse seguire Girtab nell’altra ala del palazzo, quella che il giorno precedente Shaula aveva evitato dato il grande viavai di scorpioni.
Dopo un lieve imbarazzo iniziale, Girtab le mostrò le bellezze di quell’ala del palazzo, finendo poi nella spaziosa sala dedicata al sapere.
Lui le spiegò che molti di quei libri erano lì fin dal loro primo insediamento, e che i loro sovrani, prima Sargas, e in seguito Antares, si erano premurati di arricchire quella collezione.
Dalla portafinestra luminosa, Rea riuscì ad intravvedere un giardinetto con labirinto annesso all’interno del palazzo e, data la bella giornata, chiese a Girtab di mostrarglielo.
Rea aveva preso in simpatia anche Girtab. All’inizio era stata dura stargli dietro, ma col suo modo di fare molto gioioso e coinvolgente, Rea si era sciolta. Girtab le aveva parlato velocemente di così tante cose che molte di queste Rea rischiava più volte di perdere le fila del discorso. Era però riuscito ad accendere un vivo interesse nel cuore della giovane verso il loro mondo.


Non appena arrivarono al gazebo posto al centro del piccolo labirinto di siepi, Rea ne approfittò per chiedere a Girtab chiarimenti sul discorso che le aveva fatto lo scorpioncino il giorno precedente, quello del sogno dei loro sovrani e le differenze tra le due specie.
- Vuoi dirmi che non ne sai nulla? - Rea scosse la testa. Nessuno le aveva detto niente, e lei voleva capire che cosa stesse accadendo. Aveva capito che c’entrava qualcosa anche lo strano rapporto che aveva instaurato fin dall’inizio con Antares.
Girtab cominciò a raccontarle la storia di Sargas, e del suo grande amore e interesse per gli uomini. Rea fu dapprima incredula, poi si intenerì sentendo delle grandi imprese compiute dal primo re Scorpione. Capì quanto gli uomini, suoi simili, si erano sempre mostrati troppo indifferenti nei confronti degli animali, e di come fossero stati solo questi ultimi a muoversi realmente per un confronto serio fra le varie specie.
Girtab le raccontò molte storie e vicende che riguardavano la loro comunità. Alcune storie la fecero ridere, altre piangere e altre ancora arrabbiare. Da lontano Antares li osservava, fantasticando sul momento in cui quei sorrisi o quelle battute sarebbero state scambiate fra di loro.
Shaula era certa che non avrebbe atteso ancora a lungo, ma Antares stava per cedere e avvicinarsi a lei. Fu la madre a convincerlo a desistere dai suoi intenti. Anticipare gli eventi avrebbe potuto compromettere il loro avvicinamento. Antares sapeva che dovevano andare per gradi, ma aveva solo voglia di parlarle e di starle vicino.


Rea aveva delle domande alle quali era certa che Girtab avrebbe potuto dar risposta, ma non aveva il coraggio di porle.
- Tutto bene? - Rea balbettava nel rispondergli, così lui insistette fino a farla parlare.
- Mi avete parlato tanto di Sargas, così tanto che ora pare anche a me di conoscerlo da sempre, però… di Antares mi avete detto poco o niente. So che è il vostro sovrano. Che è buono e giusto, e che per un bel po’… - si interruppe mordendosi il labbro. Sentiva ancora come un peso il fatto che lui le fosse stato accanto per un lungo periodo, senza però dirle mai la verità. Sempre nascondendosi e celandole la sua vera natura.
- Per un bel po’ cosa?
- Per un bel po’ noi siamo stati in contatto, più o meno. Anche se io credevo fosse umano. La mia domanda è: perché? Perché volermi salvare e aiutare, perché mettersi in contatto con me ma nell’ombra, perché farmi portare qui… Perché tutto questo? - Rea lo fissò cercando risposte nello scorpione che le era accanto.
Girtab gli aveva detto che Antares, in quanto nuovo sovrano designato proprio da Sargas, stava cercando di portare avanti il sogno del suo predecessore, volendo aiutare in ogni maniera possibile gli umani proteggendoli da ogni possibile minaccia.
Il loro progetto si sarebbe concentrato inizialmente sulla loro vallata, e solo in seguito avrebbero provato a entrare in contatto anche con altri villaggi.
Rea aveva capito quanto amore e impegno, sia Sargas che Antares, avessero messo in quello strano progetto. Riunire uomini e animali non era semplice, però era un intento davvero nobile e meraviglioso, e non era certo impossibile.


Girtab allora ne approfittò per riportarle alla memoria il suo primo incontro con Antares. Rea si ricordava quell’episodio, ma mai si sarebbe aspettata che quello scorpione che anni prima aveva aiutato fosse proprio Antares.
- Vedendoti felice con quell’uomo, - Rea notò un lieve disprezzo nella voce di Girtab mentre glielo diceva, - aveva deciso di farsi da parte e di lasciarti vivere la tua vita con la persona che amavi. Quando abbiamo scoperto delle scorribande di “quello”, Antares ha deciso di metterti in guardia temendo che potessero farti del male. Quando è successo quel che è successo si è sentito colpevole, dato che se non ti avesse parlato, nulla di male ti sarebbe accaduto… tuttavia, vedendo anche come “quello” ha agito in passato, presto o tardi, avrebbe fatto qualcosa che ti avrebbe arrecato soltanto dolore e sofferenza. - Girtab la fissò serio, non con cattiveria. Sembrava volerle chiedere di rilassarsi con loro, e, soprattutto, con Antares. - Non giudicare male le sue azioni: lui voleva solo aiutarti.
- Io capisco, e sono grata per tutto questo. Lo ha fatto per riconoscenza e…
- Credi davvero che sia solo per riconoscenza? - Rea fissò lo scorpione, non capendo cosa intendesse. Se non era per riconoscenza, cos’altro poteva muoverlo? Vedeva forse in lei la chiave per la realizzazione del sogno di Sargas? Certo, non poteva essere altrimenti.
Loro avevano parlato senza problemi fin dall’inizio, anche se lei pensava che lui fosse un uomo, il suo amato “Principe dei Sogni”. Lei aveva da sempre dimostrato amore e rispetto per gli animali, per questo era la candidata migliore per dare loro una mano.
- Non solo per quel motivo, certo. Io posso darvi una mano per il sogno di Sargas, non è vero? Certamente da soli per voi potrebbe essere molto più difficile approcciarvi con gli uomini, ma se loro parlassero con me potrei facilitarvi il lavoro. - Girtab si sorprese nel constatare che la ragazza aveva intuito una parte del loro progetto, ma rimase al contempo deluso capendo che la giovane non aveva compreso i sentimenti di Antares.
- Sì, volevamo chiederti di aiutarci e…
- Sarò felice di ricambiare la vostra cortesia. Ditemi solo cosa devo fare e sarò lieta di darvi una mano. - Rea sorrise. Finalmente aveva potuto dare un senso a tutta quella strana avventura che stava vivendo. Capiva che Antares le si era avvicinato non solo per riconoscenza, doveva aver provato una forte simpatia nei suoi confronti. Realizzando che le motivazioni di Antares potevano, anzi, erano quelle, Rea si tranquillizzò, e l'idea di incontrarlo la spaventava di meno. Non era sicura di poter ancora incontrarlo senza farsi problemi, o senza trasalire, ma nel suo cuore era più serena. Qualcosa era cambiato.
Rea aveva capito, e aveva trovato il modo per ricambiare quanto gli scorpioni, e soprattutto Antares, avevano fatto per lei.
Era vero che lei era stata la prima ad aiutare lo scorpione, ma lui l’aveva aiutata per ben due volte, e in quel momento la stava ospitando nel suo ricco castello.
- Per quanto tu possa essere più aperta di mentalità rispetto ai tuoi simili… - cominciò Girtab, - ...hai lo stesso dei limiti. Se Antares fosse stato umano, come avresti giudicato il suo comportamento? Avresti visto solo della gratitudine nei suoi gesti o avresti visto altro? - Girtab sembrava quasi che la stesse rimproverando. Rea rimase spiazzata per le ultime affermazioni di Girtab, ma non fece a tempo a ribattere che in quel momento arrivò Shaula per portarla via e riaccompagnarla in camera.


- Dovevi proprio essere così duro? - chiese Antares raggiungendo Girtab una volta che Rea fu lontana dalla loro vista.
- Era quello che sentivo, Antares. Non vedo perché si debba tener celato il tuo sentimento. A meno che tu non ci abbia ripensato. - Antares subito si arrabbiò, dicendogli che non era certo così. Lui amava profondamente Rea anche se lei non lo ricambiava. Che differenza avrebbe fatto se lei avesse saputo o meno dei suoi sentimenti? Per lei, lui non era altro che un grosso mostro orrendo. Girtab sorrise, dato che la reazione di Antares era esattamente quella che si aspettava, quella che voleva vedere.
Girtab non voleva mettersi troppo in mezzo, ma voleva sinceramente aiutare l'amico, dato il forte trasporto che Antares provava per Rea.
- Credo che in questi due ultimi giorni la sua opinione possa essere cambiata, in positivo ovviamente.
- Credi davvero? - chiese Antares balbettando.
Girtab ne era convinto. Le reazioni della giovane di fronte ai suoi racconti gli avevano fatto capire che lentamente la ragazza si stava aprendo e che non li avrebbe più reputati come delle creature brutte e orripilanti.
- Invece che spiarla potresti prendere l’occasione per parlare, così, anche se lei non ti vede, potrete riprendere le vostre belle conversazioni. Non credi, Antares? Tanto lo so che ci stavi pensando. - Il re arrossì, scoperto in quelle che erano le sue intenzioni, anche se Shaula stava facendo di tutto per tenerli ancora un poco lontani. Non per cattiveria, ma perché riteneva che fosse ancora troppo presto per farli ricongiungere.
- E tu come fai a saperlo?
- Suvvia, ci conosciamo da quanto io e te? Sei un libro aperto per me, oramai. - Girtab si allontanò, prendendo la strada della biblioteca. - Comunque, non farti beccare da Shaula, lei non te lo permetterebbe mai.
Girtab aveva visto l’amico sospirare per anni a causa della giovane. In principio lo aveva schernito, ma visto anche l’incoraggiamento di Sargas, finì per seguire Antares e spiare assieme a lui la giovane.
Per Girtab l’umana, per quanto migliore rispetto ai suoi simili, era comunque brutta, ma capì i sentimenti dell’amico e decise di sostenerlo sempre, sperando di vedere il suo sogno realizzarsi un giorno.
“Ora tocca a te, Antares”.


Rea mangiò lentamente, quasi come se non avesse voglia. Shaula più volte le chiese se c’era qualcosa che non andava, o se il cibo non le piacesse.
Lei le rispose che andava tutto bene e che il cibo era squisito. Era solo più stanca che affamata.
Quando fu l’ora di coricarsi, Shaula la lasciò sola, e Rea non poté far altro che cercare di scacciare i pensieri che continuavano a darle il tormento.
Seduta sul letto continuava a pensare a una frase detta da Girtab. Non riusciva a capire cosa lo scorpione intendesse dire.


Se Antares fosse stato umano, come avresti giudicato il suo comportamento? Avresti visto solo della gratitudine nei suoi gesti o avresti visto altro?


Rea continuava a rimuginare su quella frase, quando una voce la chiamò, e quel pensiero che si stava formando nella sua mente rimase sospeso.
Lei quella voce la conosceva bene. Era Antares.


 
L'angolo di Shera ^^

Buondì, spero che questo nuovo capitolo sia di vostro gradimento.
Oramai ci stiamo avviando verso la fine, Nib sta per essere finalmente messo al proprio posto, e le cose fra Rea e Antares sembrano essere avviate per il loro lieto fine ;), ma io sono cattiva, per questo ci vorrà ancora un po' per poter far sì che il sogno di Antares possa finalmente realizzarsi.
Ringrazio ancora il mio ragazzo per aver betato il capitolo. Grazie ai suoi preziosi consigli son riuscita a migliorare questo importante capitolo.

A presto!

Versione aggiornata del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** VII ***


VII


- Buonasera, Rea. Hai trascorso una bella giornata nel mio palazzo? - La voce di Antares spezzò ancora una volta il silenzio della stanza.
Rea non sapeva bene come rispondergli, una parte di lei era ancora molto preoccupata per l’aspetto terrificante di lui. Temeva che vedendolo avrebbe ancora potuto tremare, e mancargli quindi di rispetto.
Rea però sapeva che rimanere in silenzio sarebbe stato peggiore di qualsiasi altra reazione, per questo cercò di farsi coraggio e rispondere.
- Buonasera Antares. Sì, sono tutti molto gentili con me. Vi ringrazio per la vostra ospitalità e per le premure che mi state mostrando. - Imbarazzata, Rea non sapeva dove poggiare lo sguardo. Se lui si trovava in quella stanza e lei lo avesse visto, come avrebbe potuto reagire? Nemmeno lei lo sapeva bene. Seduta tremante sul letto, Rea cercava di tranquillizzarsi, senza però riuscirci.
- Non serve tutta questa formalità. Noi ci conosciamo bene, no? - dalla voce che tremava, Rea capì quanto Antares fosse nervoso. La cosa la lasciò di stucco, perché non si aspettava che lui potesse essere in difficoltà. Si trovava a casa sua, e lei non era altro che una semplice umana. Rea era sicura che in quanto a forza lo scorpione gigante fosse molto più forte di lei.
La ragazza si chiese se tale agitazione non fosse dovuta anche alle strane parole che Girtab le aveva rivolto e sulle quali aveva continuato a rimuginare. Rea respirò profondamente prima di rispondergli.
Lui aveva detto il vero, loro si conoscevano molto bene, ma il loro ultimo incontro era stato tutt’altro che piacevole. Non voleva riportare alla memoria quello spiacevole evento, ma non poteva fare altrimenti. Purtroppo lei era stata ingiusta nei confronti del gentile Antares, doveva perlomeno scusarsi. Era da tanto che voleva farlo.
- Sì, ma l’ultima volta io non mi sono comportata molto bene. Voi… tu hai cercato di aiutarmi, ma io non ti ho voluto ascoltare. Scusa se non ti ho dato fiducia. - Rea, quella notte, gli aveva gridato cose orribili, ma lui l’aveva comunque soccorsa e protetta.
L’aveva fatta portare nel suo castello, salvandola dalla morte a cui Nib l’aveva condannata.
- Dimentica quello che è stato. Va bene? Io capisco che per te deve essere stato uno shock vedermi per la prima volta. Del resto avevi sempre pensato che io fossi un uomo. Dico bene? - Mentre glielo chiedeva, Antares sentiva come una morsa allo stomaco. Per logica, Rea non avrebbe mai potuto immaginare che non fosse umano. Come avrebbe mai potuto farla innamorare di sé? - Mi spiace averti omesso questa verità, però sul resto son sempre stato sincero. So che per te potrebbe essere difficile credermi… Fidati, però, quando ti dico che non ho mai voluto nuocerti in alcun modo. Tutt’altro, il mio unico interesse era la tua felicità, la tua incolumità. - Rea lo sapeva. Lo aveva capito fin dal suo primo giorno in quel castello.
Rea sapeva che una voce tanto dolce e gentile non poteva appartenere a una creatura malvagia e bugiarda. Antares aveva sempre dimostrato delle piccole premure per lei, e Rea non l’aveva scordato.
- Spero che mia madre e Girtab non ti abbiano fatta troppo innervosire. So che a volte Girtab ha dei modi che possono infastidire, ma è buono. Te lo posso assicurare. - Rea gli rispose che Girtab aveva dei modi strani, ma che aveva intuito che a muoverlo era semplicemente il grandissimo affetto che lo legava all’amico, e che per questo Antares non doveva preoccuparsi. Lei nel castello si era trovata talmente bene che le era impossibile nutrire cattivi pensieri verso chiunque in quel luogo.
Dopo un attimo, però, Rea pensò a quanto le aveva appena detto lo scorpione: lui le aveva parlato di sua madre. Gli unici scorpioni con cui lei aveva avuto dei contatti prolungati erano stati Shaula e Girtab.
- Vuoi dire che Shaula è tua madre? Com’è possibile? - chiese Rea con gran stupore.
- Pensavo te l’avesse detto. - disse Antares sorpreso. Per Rea non era certo un problema il fatto di non aver saputo che Shaula fosse la madre del re, ma si chiedeva come mai Antares fosse così grande, considerando che Shaula era esattamente come tutti gli altri scorpioni.
- Certo, ora capisco il perché Shaula ci tenesse tanto a difenderti. È normale per una madre cercare di dare il meglio per il proprio figlio. E, soprattutto, aiutarlo in ogni circostanza. Ma se tu sei suo figlio, perché sei…
- Così grande? - Antares le raccontò allora di come Sargas divenne grande durante il suo peregrinare alla ricerca della fata della Terra, e di come questa avesse poi reso simile anche Antares una volta che venne incoronato sovrano degli scorpioni. Antares era convinto che quel mutamento serviva per esprimere al meglio la grandezza dei loro sogni e dei loro intenti. Sargas aveva messo tutto il suo cuore in quella ricerca, e così, lentamente, era cresciuto. Antares, a sua volta, aveva seguito i saggi insegnamenti del buon re, e con la stessa devozione e lo stesso amore si era messo d’impegno nella speranza di vedere i sogni di entrambi realizzati.
Le raccontò quindi dei suoi progetti per il futuro, e di quello che sperava di fare per vedere il sogno di Sargas finalmente realizzarsi.
Rea si addolcì sentendo il racconto di Antares, nelle sue parole si poteva sentire molta passione e tutto l'affetto che lui provava per Sargas. Tuttavia, rifletté su un particolare.
- È da lì che ti sei allontanato allora. Dopo la tua incoronazione. - concluse Rea.
- Sì, non sarei più potuto passare inosservato. Se mi fossi avvicinato a casa tua sarei stato subito scoperto. - La sua voce riempì ancora la stanza. Rea non poteva vederlo, ma sentiva che lui c’era.
- Capisco. - Sembrava essere tornato tutto come ai tempi in cui lei lo chiamava “il Principe dei Sogni”. Con un'unica differenza: Rea sapeva finalmente chi lui fosse in realtà.
- Dove ti trovi in questo momento? Sento la tua voce, ma non riesco a vederti.
- In questo castello esistono molti passaggi segreti, grazie a questi ho potuto seguirti quando ero libero dai miei impegni. Ho anche potuto vegliare sul tuo sonno, proprio come facevo allora. Io posso vederti e sentirti, tu per ora puoi solo sentirmi. Ma va bene così, è solo un inizio. - nonostante la voce dolce di Antares, Rea non poté fare a meno di indispettirsi un poco alla rivelazione di lui.
- Quindi mi hai spiata per tutto il tempo? - Rea non fu contenta di udire ciò. Non le piacevano i sotterfugi, ed essere spiata la faceva sentire a disagio.
- Se anche mi mostrassi a te in questo momento, tu ti tireresti indietro. Non amo vedere quell’espressione di paura e disgusto sul tuo volto. - Un senso di colpevolezza colpì Rea. Spiarla non era certo un’azione regale, ma Antares non aveva tutti i torti. - Volevo solo starti vicino, come prima che diventassi sovrano. Non mi piace dire che ti spiavo. Volevo solo godere della tua compagnia. - La voce di Antares era sconsolata. Rea temeva di averlo ferito. - È forse un crimine, Rea?
Rea non sapeva cosa rispondergli. Temeva di poter urtare ancora una volta i suoi sentimenti. Capiva cosa aveva mosso il re Scorpione, e non poteva fargliene una colpa, del resto era anche vero che non si sentiva ancora pronta per un vero incontro.
- Non credo tu abbia sbagliato, conoscendo le tue motivazioni. Scusa se me la son presa, ma non amo sentirmi osservata. Non volevo offenderti.
- Tu non mi hai offeso, vorrei solo poterti stare più vicino. Sebbene abbia accanto molte creature che mi amano, e che io amo a mia volta, l’unica che ora vorrei vicino sei tu, Rea. - La giovane ripensò alle parole di Girtab, e a quel pensiero che era stato lasciato in sospeso. Poteva davvero essere quella la risposta?
- Antares, tra tutti perché proprio io?
Lo scorpione, dall’altra parte del muro, tremava di fronte alle parole della sua amata. In quel breve lasso di tempo in cui avevano potuto parlare e chiarirsi, gli era parso di essere tornato indietro nel tempo. Tornato al tempo in cui loro due parlavano, anche se lei aveva creduto che i loro incontri fossero frutto di uno splendido sogno. Antares aveva capito che, per quanto lei potesse essere ancora un poco intimorita dal suo aspetto, lo aveva accettato per quello che era. Antares era altresì certo che presto Rea sarebbe stata in grado di superare anche quell’ostacolo.
E allora lui che avrebbe fatto?, si chiedeva Antares.
Se lui si fosse dichiarato, lei lo avrebbe comunque accettato… o si sarebbe allontanata da lui per sempre?
- Rea, dolce Rea, se me lo chiedi è perché in cuor tuo già sai. - nella voce di Antares vi era una silenziosa confessione. - Vorrei solo che le cose fossero diverse.
“ Era questo che volevi dirmi, vero, Girtab?” pensò Rea mentre il silenzio ripiombò nella stanza. La giovane non sapeva più che cosa dire al re. Se lei avesse esternato ciò che lei provava veramente in quel momento per quella bestia così gentile, Antares avrebbe potuto soffrirne, e Rea questo non lo voleva.
Per la fortuna di Rea, il re Scorpione ruppe di nuovo il silenzio.
- Rea, posso chiederti un favore?
- Certo, tutto quello che vuoi. - gli rispose Rea mentre, con una mano, scacciava via una lacrima dal viso.
- So che vuoi aiutarci con la nostra causa. - Rea per un momento si sentì sollevata.
- Ma certo. Voi avete in mente un disegno per il nostro futuro che merita di essere appoggiato. Ditemi solo cosa fare ed io lo farò - Antares la ringraziò, ma non era quello a cui alludeva. Lo scorpione prese un profondo respiro prima di chiederle quello che voleva davvero.
- Noi avremmo trovato un modo per smascherare Nib, - sentendo quel nome, Rea ebbe un sussulto, - e per farlo avremo bisogno del tuo aiuto. Vogliamo coinvolgere altri villaggi, e così daremmo anche il via per il progetto che molti anni fa aveva iniziato Sargas. Se riusciremo nel nostro intento, il tuo nome verrà riabilitato, e anche quelli che ti avevano cacciato dal tuo villaggio potranno ricredersi. - Rea ascoltò silenziosamente quanto Antares le stava dicendo. Di certo il re sapeva che Nib sarebbe stato una minaccia per tutti, anche per altri villaggi, e per questo bisognava bloccarlo prima che fosse troppo tardi. Lei sapeva anche che lui non si stava muovendo solo per quello. Lo faceva soprattutto per lei.
- Ciò che voglio chiederti, dolce Rea, è di restare con me quando tutto questo sarà finito. - Ad Antares batteva forte il cuore mentre glielo chiedeva, e l’angoscia cominciò ad assalirlo quando completò la sua richiesta. - Altrimenti, ti devo chiedere di tornare al tuo villaggio e di non cercarmi mai più. Soffrirei troppo nel non poterti vedere sempre. So che sono passati solo pochi giorni, ma il semplice fatto di averti qua, ha reso per me la tua presenza indispensabile. Se non ti potessi più vedere ogni volta che ne ho voglia, so che ne morirei dal dolore. - Antares si stava maledicendo per averglielo detto. Se avesse scelto di lasciarlo, lui come avrebbe potuto vivere? In quel momento sentì qualcuno dargli delle pacche sulla testa: era Girtab.
L’amico lo aveva raggiunto per dargli il suo sostegno.
- Devo prendere ora una decisione? - domandò Rea titubante. Antares cercò con lo sguardo Girtab. L’amico lo incoraggiò.
- No, Rea. Ma ti prego, quando verrà il tempo, di pensarci bene. - Antares fissò allora Girtab, il quale gli sorrise. - Si è fatto tardi, ti lascio riposare.
- Aspetta, Antares! - Il cuore del re Scorpione si fermò per un istante. Temeva che la ragazza potesse già dargli una risposta senza nemmeno avergli lasciato il tempo di provarle il suo amore. - Domani Shaula mi aveva promesso di mostrarmi l’ultima parte del castello, per portarmi poi fino alla grande sala. Se non ci dovessimo vedere, mi prometti che dopo cena verrai ancora a trovarmi? - Rea si stupì delle sue stesse parole.
La richiesta di Antares l’aveva scossa, ma capiva perché lui gliela avesse fatta. Quando lui non era più andato a trovarla, come si diceva lei, nei “suoi sogni”, era rimasta dispiaciuta per la sua perdita, percependola come un vuoto. Vuoto che venne colmato in apparenza dal vile Nib.
La verità su Antares e sulla sua vera natura, era per lei stata dura da superare. Tuttavia si stava abituando in fretta agli scorpioni, al loro aspetto e alla loro incredibile gentilezza.
Al di là del suo aspetto, lui era sempre lui, il Principe dei Sogni.
Per lungo tempo si erano confidati, e per un certo periodo lei aveva sentito crescere un sentimento più profondo nei confronti di quel principe che non aveva mai visto in realtà. Ogni giorno non vedeva l’ora di coricarsi per poterlo “incontrare”. Aveva fantasticato su quale potesse essere il suo aspetto, e su un possibile futuro insieme.
Lei sapeva ora che quel tipo di futuro che aveva sognato, sarebbe stato per sempre irrealizzabile. Eppure, se non fosse stato per Antares e per gli altri animali, lei non si sarebbe salvata. Doveva la sua vita a tutti quelli che l'avevano aiutata.
Nib le aveva lasciato delle grosse ferite al cuore, e la sua casa era andata in fumo. Se anche fosse tornata al villaggio sarebbe stata sola. Lì con Antares, Shaula, Girtab e gli altri scorpioni invece…
Con voce balbettante, Antares acconsentì, felice per quell’inaspettata richiesta. “ Proprio come sospettavo. Hai visto, Antares? ” gli sussurrò Girtab. Contento, il re diede la buonanotte alla giovane, e silenziosamente si ritirò nelle sue stanze.
Rea si coricò, e mentre si stava per addormentare sentì una risatina fresca e leggera, come quella di una ragazzina.
“ Ben fatto, Rea. Fidati delle tue sensazioni e vedrai che troverai la tua felicità.”


Shaula aspettava Girtab e Antares nella grande sala del trono.
I due scorpioni, entrando nella sala e vedendola visibilmente irritata, temevano che potesse aver scoperto quanto aveva fatto Antares per avvicinarsi a Rea.
- Non ti sarai fatto scoprire, vero, Antares? - il figlio non riuscì a tenere nascosto alla madre quanto aveva appena fatto, ma l’espressione di contentezza che mostrò alla madre, la fece calmare.
Nonostante Shaula fosse molto più piccola del figlio, aveva una certa influenza, e così anche su Girtab. Shaula era un esempio per molti, il carattere deciso ma dolce, riusciva a far breccia nel cuore di chiunque.
- Non parlerei proprio del fatto di essermi fatto scoprire. È stata una cosa che ho voluto io, madre. Volevo solo parlarle come ai vecchi tempi, e non è andata male. - Shaula, sorpresa, si fece raccontare allora quanto accaduto, e gioì nell’apprendere la notizia dal figlio.
- Certo non mi sarei aspettata che le cose andassero bene così in fretta, ma meglio così! - si voltò verso Girtab per ringraziarlo. A spingere Antares a muoversi era stato proprio il comportamento che Girtab aveva tenuto con Rea nel pomeriggio. Antares aveva temuto che il comportamento dell’amico potesse aver turbato la giovane, per questo si era deciso a parlarle, anche se così avrebbe velocizzato un po’ i tempi, rischiando comunque un rifiuto da parte di lei.
Avrebbe preferito seguire il piano così come era stato pensato in principio, ma in questo modo era riuscito in un’impresa che mai avrebbe sognato di poter superare. Rea non lo odiava. Già questa per lui era una piccola vittoria.


Il giorno successivo Shaula e Rea passarono il loro tempo visitando quanto rimaneva da vedere nel castello.
Antares ebbe cura di non farsi mai vedere, e chiese alla madre di fare dei giri larghi, specie quando lui si trovava nella grande sala. Temeva che Rea lo potesse vedere prima di essere davvero pronta per il loro incontro. Lui aveva capito che se avesse atteso ancora un poco, Rea si sarebbe abituata a sentirlo senza vedere in lui “Antares lo scorpione gigante”, ma semplicemente “Antares”. Con gli altri scorpioni sembrava essere quasi completamente a proprio agio, e Antares sperava che presto si sarebbe abituata anche a lui e al suo aspetto.


Dopo che lei ebbe cenato, e dopo che Shaula lasciò la stanza, Antares le parlò ancora. E così fece per le notti successive.
Tra di loro le cose erano tornate come prima. A lui non sembrava vero. Per lei aveva anche raccolto dei preziosi fiori che crescevano solo all’interno del palazzo. Erano molto rari, e il loro profumo rendeva immediatamente felice chiunque ne avesse sentito il profumo. Questi preziosi fiori glieli lasciava sempre sul tavolino vicino alla portafinestra, come faceva un tempo al suo villaggio prima della sua incoronazione e dell'arrivo di Nib.


Alcuni degli scorpioni che avevano inviato fra i villaggi avevano già fatto ritorno, con notizie tutt’altro che positive. Tutti gli uomini con cui avevano avuto a che fare si erano spaventati o avevano cercato di ucciderli.
Sebbene nei villaggi si sapesse che dietro alle sparizioni dei briganti ci fossero gli scorpioni, e che quindi questi volevano proteggere gli abitanti, la gente ne aveva comunque timore.
- L’aiuto di Rea sarà essenziale, dobbiamo solo trovare qualcuno in grado di accettarci. - disse Shaula al figlio e a Girtab.
- Sì, e sono certo che presto troveremo queste persone, così come tanti anni fa io ho trovato lei. - disse Antares.
Il re era deciso quindi a mostrarsi a Rea, nella speranza che tutti quei giorni passati assieme, anche se divisi da un muro, avessero dato i loro frutti.


Antares lasciò passare la notte, e, come sempre, subito dopo l’alba, era entrato dalla portafinestra della stanza di Rea, per posarle i fiori sul lato del letto che lei non occupava.
Sapeva che la giovane stava per svegliarsi, e, anche se quel giorno era stato deciso per essere quello del loro incontro, non voleva che lei lo vedesse come prima cosa al suo risveglio. Voleva creare un ambiente adatto, l'atmosfera e rendere quel momento assolutamente perfetto. Posò i suoi fiori e in silenzio fece per andarsene.
- Aspetta, Antares. - Lo scorpione si bloccò di colpo e si girò. Rea, con voce tremante, un sorriso timido e gli occhi puntati su di lui, gli chiese semplicemente: - Non mi dai nemmeno il buongiorno?
Interdetto, Antares balbettò un saluto mentre chinava leggermente la testa.
Finalmente erano insieme, nella stessa stanza, che si guardavano faccia a faccia. Rea era sveglia, cosciente, e soprattutto, nel suo sguardo non c’era ribrezzo né paura.


Shaula entrò proprio mentre i due parlavano amabilmente, così come Antares aveva sempre sognato. Erano talmente presi che non la sentirono, così lei fece portare la colazione di entrambi nella stanza senza farsi vedere e senza disturbarli.
Ad Antares pareva incredibile, lui ci aveva sperato, ma non si aspettava che alla fine sarebbe stato così semplice.
E la stessa Rea si stupì di sé stessa. Nei giorni precedenti aveva avuto modo di conoscere fino in fondo il vero Antares. Pur senza vederlo, i due avevano consolidato il rapporto e lei ora in lui non vedeva più quell'orribile bestia che tanto l'aveva terrorizzata quella sera lontana.


Antares la condusse poi nel giardino, dove le raccontò di quello che era successo ai tempi in cui lei l’aveva salvato, di come lui aveva svelato a Sargas il suo desiderio più grande, omettendole però la parte in cui avrebbe voluto sposarla: non voleva spaventarla di nuovo. Ci sarebbe stato un tempo anche per quello, così diceva fra sé e sé.
Rea trovò molto dolce il proposito del piccolo Antares di proteggere lei e tutte le persone e gli animali a cui lui teneva. Per Rea era incredibile pensare che aveva sempre avuto timore degli scorpioni, e ancora più incredibile era il cambiamento avvenuto in così pochi giorni. Ora lei era lì, al cospetto di un grande scorpione, di un re. Ma lì non c’erano un re e una ragazza, una bestia e un’umana: lì c’erano Antares e Rea. Insieme.
Sembrava che niente potesse interrompere quel momento idilliaco, quando arrivò Shaula per informarli del ritorno di due delle sentinelle inviate nei villaggi. Finalmente avevano buone notizie.
Erano stati trovati dei capi villaggi che non solo non avevano reagito con paura di fronte agli scorpioni, ma si erano anche inchinati per ringraziarli per aver spesso catturato i briganti che avevano portato lo scompiglio nelle loro terre.


Rea e Antares si scambiarono uno sguardo complice: sapevano cosa fare.
Presto si sarebbero mossi per raggiungere quei villaggi e chiedere l'aiuto dei loro abitanti. Solo così avrebbero potuto fermare Nib e i suoi uomini una volta per tutte.
Nessuno avrebbe più sofferto per causa loro. Nessuno.


 
Versione aggiornata del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** VIII ***


VIII
 

Gli abitanti dei due villaggi che si erano dimostrati ben disposti verso gli scorpioni, si trovavano non molto lontani dal castello di Antares.
E uno di questi era proprio quello dove Nib avrebbe commesso il suo ultimo furto nella valle.
Antares radunò un piccolo gruppo di scorpioni, sue fedeli guardie, e assieme a Rea e a Girtab si preparò per raggiungere quei luoghi, per parlare coi rispettivi capi. Antares non aveva mai parlato con nessun umano, oltre a Rea ovviamente, e la cosa lo rendeva parecchio inquieto.
- Non essere troppo nervoso, - cercò di rassicurarlo Rea, - se sei incerto o nervoso finirai per insospettirli. Non si potrebbero mai fidare di qualcuno tanto titubante, non trovi? Sii te stesso e vedrai che andrà tutto bene - il re Scorpione annuì, ringraziando Rea per il suo incoraggiamento.
Durante il loro tragitto, spiegò alla giovane cosa avrebbe dovuto fare o dire ai capi villaggio prima di introdurlo.
Rea avrebbe dovuto parlare con onestà ai capi, spiegando loro che il grande re della valle aveva scoperto i piani malvagi di Nib. Uomo all’apparenza buono, gentile e onesto, ma che in realtà era il peggiore dei briganti.
Rea avrebbe poi condotto i capi al cospetto di Antares, che si sarebbe fatto conoscere e avrebbe spiegato il suo piano.
Come Antares, anche Rea era un po' tesa, pur volendo fare il possibile per perorare la causa degli scorpioni e fermare quel traditore di Nib.
Girtab però le confidò dei piccoli trucchetti per riuscire a far dissipare l'imbarazzo ed essere più sciolta.


Dopo molto viaggiare, finalmente, videro in lontananza le porte del villaggio.
Antares e il suo seguito si allontanarono dalla strada principale, dirigendosi verso il grande altare di pietra ai limiti del villaggio.
Normalmente la gente vi si recava solo durante le grandi cerimonie, per questo erano sicuri che avrebbero potuto restare in quel posto senza che nessuno li potesse scoprire.
Prima di incontrare qualsiasi altra persona, volevano aver già discusso con il capo, per essere certi di avere l'approvazione e il sostegno che stavano ricercando.
L’unica persona che effettivamente avrebbero potuto incontrare in quel luogo, era proprio il buon capo villaggio. Infatti l'uomo vi si recava spesso per pregare o pensare.
Rea conosceva solo il suo nome: Altarf.
Altarf era molto famoso per essere non solo un uomo saggio, ma soprattutto molto vicino agli dei. Proprio come il “sacerdote” Nib, solo che a differenza sua, Altarf era davvero capace di sentire la presenza divina.
Aveva ereditato dai suoi avi l’antica arte della divinazione. Tramite essa era stato in grado, in gioventù, di prevenire gravi calamità che altrimenti avrebbero gettato la valle e tutti i suoi abitanti nella desolazione e nella disperazione.
Con la vecchiaia questa dote si era affievolita, ma Altarf aveva ancora la capacità di capire se la persona con cui stava parlando fosse sincera o meno.


Nib non era mai entrato in quel villaggio. Probabilmente temeva che il vecchio Altarf potesse smascherarlo, pensò Rea mentre cercava fra le case, l'abitazione del capo.
Sebbene fosse a tutti gli effetti una forestiera, la gente fu molto cortese e ospitale nei suoi confronti. Non sapendo dove abitasse Altarf, chiese a una giovane di indicarle la strada, e lei gentilmente la condusse di fronte alla bella casetta del capo villaggio.
Bussò, ma non udì alcuna risposta. Bussò ancora, e ad aprirle fu una persona che proprio non si aspettava: Chrono.
I due si guardarono, e la ragazza, pietrificata dalla paura, voleva correre via verso Antares. Chrono non aveva impedito a Nib di farle del male e vedendola, avrebbe di certo riferito al perfido uomo che si era salvata, e chissà che altro.
Anche se Chrono, era sempre stato gentile con lei quando era bambina, le cose erano cambiate da quello sventurato giorno.
Anche se scioccata, Rea fece per fuggire, ma un emozionato Chrono la fermò, afferrandola per i polsi.
- Sei viva! - gridò gioendo. Rea non capiva.
Altarf, che se ne era rimasto in disparte fino a quel momento, si avvicinò chiedendo a Chrono cosa stesse accadendo, e chi fosse la fanciulla giunta alla sua porta.
Chrono gli disse che era la ragazza del suo villaggio, della quale gli aveva appena parlato, e Altarf fece accomodare Rea in casa sua.
- Questa è Rea, amico mio. - Rea ancora non capiva. Chrono non la odiava?
Il suo vecchio capo villaggio allora le raccontò del perché si fosse recato nel villaggio di Altarf.
Dopo la presunta morte della giovane infatti, Chrono aveva tenuto d’occhio il giovane Nib.
Sapeva di avere sbagliato nel non opporsi maggiormente al destino che quell’uomo aveva riservato alla dolce Rea, per questo aveva deciso di tenere d’occhio quell’uomo del quale aveva cominciato a dubitare.
In cuor suo, Chrono aveva l'orribile sospetto che Nib li avesse raggirati tutti.
Perché Rea avrebbe dovuto allearsi con degli scorpioni maligni per arrecare danno ad altri villaggi ed in seguito rivoltarsi anche contro il proprio?
Era amata, e tenuta in considerazione, non avrebbe avuto motivo di far del male a nessuno. Non era nella sua indole.
Rea aveva amato Nib fin dal primo momento. Il vecchio Chrono se ne era subito accorto, vedendo la bambina che scorrazzava libera per i prati, trasformarsi in una donna grazie a quell'amore che era appena sbocciato.
Tutto quello che Nib gli aveva detto, per Chrono era sempre stato poco chiaro. L'anziano uomo aveva passato ore chiuso in casa da solo, ad interrogarsi su queste domande che lo affliggevano.
Fu così che cominciò a tenerlo d’occhio e scoprì anche lui l’amara verità. Gli uomini di Nib erano tutt’altro che furbi, e Chrono li sentì parlare incautamente del colpo che volevano fare ai danni del ricco mercante in arrivo al villaggio di Altarf.
Rea, rincuorata dalle rivelazioni fatte da Chrono, e dalle scuse che lui le fece, lo abbracciò versando molte lacrime di gioia. Lui non l’aveva tradita, non l’odiava. Era solo rimasto inerme di fronte a quella serpe di Nib che era stato in grado di manipolare tutti quanti.
- Ma tu Rea, come hai fatto a salvarti? - Chrono e Altarf fissavano la giovane in attesa di una risposta.
Rea non sapeva bene come rispondere a quella semplicissima domanda.
Ma i due anziani però aspettavano una sua risposta, e lei era lì proprio per dargliela. Era l’unico modo per poter garantire non solo la liberazione dei loro villaggi, ma anche la salvezza di molti altri.
Rea prese fiato e cominciò a raccontare gli avvenimenti che si erano susseguiti da quando Nib l'aveva gettata nel lago. Si era basata su quanto Shaula le aveva detto dato che lei era rimasta priva di sensi per parecchio tempo. Rea raccontò agli increduli capi, di come i pesci la liberarono dalla sua zavorra e riportata a riva grazie al pesce Alpherg, di come il cavallo Matar l’avesse trasportata poi al grande palazzo del bosco, il palazzo del re Scorpione, e di come venne poi accudita e calorosamente accolta dai piccoli abitanti dell'immenso castello.
Raccontò loro anche dell'incontro che aveva avuto con Antares quella sera in cui aveva scoperto la verità. Senza Antares, probabilmente Nib si sarebbe preparato per attuare il suo piano, e con ogni probabilità, lo avrebbe pure portato a compimento.
L’attuale re Scorpione, come il precedente, aveva un grande sogno. Così disse loro Rea, e scoperto quanto le era accaduto e conosciute le vere intenzioni del malefico Nib, voleva muoversi per porre fine, una volta per tutte, all'operato di quell'uomo e dei suoi amici briganti.


Rea chiese quindi ai due uomini di seguirla, poiché il re li stava aspettando, ansioso di poter parlare con loro. Le sue intenzioni non riguardavano solo il perfido Nib, ma voleva soprattutto, poter creare un punto d’incontro fra le varie specie. Questo era il prezioso sogno a cui i due sovrani scorpioni si erano dedicati.
I due uomini si guardarono e sorrisero.
- Ce ne è voluto di tempo, ma finalmente qualcosa sta cambiando. Vero, amico mio? - chiese Chrono ad Altarf, alzandosi dalla sedia.
- Meglio tardi che mai, Chrono. - Rea fissò i due uomini che sembravano saperla lunga, senza però dire altro. Sorridendo soddisfatti, si fecero condurre da Rea verso l'altare di pietra, dove Antares e gli altri scorpioni li stavano attendendo.
Chrono fece strada, mentre Altarf si fece scortare a braccetto da Rea.
- Sai, piccola, quando ero giovane, i miei genitori mi dissero che nei tempi antichi uomini e bestie erano legati da profondo rispetto e amicizia. Gli uomini conoscevano il linguaggio animale, e così anche gli animali conoscevano il nostro.
Un giorno, esponenti di entrambe le specie, troppo orgogliosi e invidiosi, decisero di troncare i rapporti, e via via, sempre più facilmente, persone e animali si allontanarono, ergendo un muro che per secoli ci ha separati.
Si diceva però che un giorno qualcuno, avrebbe cominciato a ricostruire quell’antico ponte, e mia cara, credo proprio che quel qualcuno sia proprio tu.
- Io? No, io no. È Antares quello che sta facendo tutto, io lo sto solo aiutando. - rispose lei con dolcezza.
- È te che gli animali hanno aiutato, o sbaglio? Il re Antares, è per te che si è mosso fin dal principio, o no? - Rea non sapeva che rispondere e, imbarazzata, cambiò discorso. Erano finalmente arrivati al grande altare di pietra.
Antares era lì coi suoi scorpioni, ad attenderli, sperando che il colloquio di Rea fosse andato a buon fine.
Lei gli sorrise non appena lo rivide, e lui si rilassò.


Dopo un primo imbarazzo iniziale, e dopo le presentazioni, Antares espose ai due capi villaggio quanto aveva appreso dai suoi scorpioni.
Al colpo, pareva, avrebbe partecipato l’intero gruppo di Nib, e infatti, subito dopo aver derubato il ricco mercante, avrebbero lasciato la loro valle.
Probabilmente avrebbero anche saccheggiato qualche casa, data la grande frenesia per l’imminente festa che si sarebbe celebrata quella sera stessa.
Il ricco mercante proveniente dalle prosperose terre del sud, sarebbe giunto proprio in occasione delle feste sacre del raccolto.
Tutti gli abitanti sarebbero stati per le strade, durante il banchetto cittadino; per questo, nessuno sarebbe stato d’ostacolo per i furti extra commessi dagli incauti briganti che avrebbero potuto agire indisturbati. L’unico veramente da temere era Nib, furbo come una volpe e lesto come un gatto. Quell’uomo poteva essere molto pericoloso, e per questo non avrebbero mai dovuto prenderlo troppo alla leggera.
Chrono, Altarf e Antares sembravano andare molto d’accordo, e mentre discutevano di un possibile piano, a Rea tornò in mente il fatto che c’era un altro capo villaggio da interpellare.
Più persone avrebbero dato il loro appoggio, e più vi sarebbero state possibilità di bloccare l’intero gruppo di Nib.
Chrono chiese il nome del capo villaggio, ma né Rea, né Antares o Girtab lo conoscevano. Conoscevano solo il nome del villaggio: Acuben.
- Ma certo! - esclamò Altarf, - Non mi sorprende che l’unico altro villaggio ben disposto che avete trovato, fosse proprio Acuben. Il capo villaggio è mio fratello: Tegmine.
Altarf invitò quindi Rea, Antares e i suoi scorpioni nel villaggio dove, dopo l’iniziale sorpresa dei suoi abitanti, vennero tutti accolti con gli onori.
Molti arrivarono per ringraziare Antares. Infatti, per merito di alcune sue guardie, molte donne o bambini erano stati salvati da alcuni briganti durante delle scampagnate nei boschi.
Altarf mandò il nipote al vicino villaggio di Acuben per convocare, con la massima urgenza, il fratello.
Nel frattempo, Chrono parlò con alcune delle guardie presenti nel piccolo villaggio di Altarf.
La valle era una zona piuttosto tranquilla, ma ogni villaggio aveva qualche uomo addestrato alle armi. Non erano tanti, ma sapevano maneggiare molto bene le spade.
Dovevano essere pronti allo scontro, e per questo si riunirono per decidere insieme la linea d'azione. Gli uomini di Nib non erano particolarmente pericolosi, per quanto riguardava l'astuzia. Erano forti, ma non erano degli strateghi. Per quello bastava Nib, purtroppo, che in quanto ad astuzia era un vero maestro.
In attesa dell'arrivo di Tegmine, erano già stati in grado di elaborare un piano d'azione.


Vedendo Antares così preso e così a proprio agio, Rea ripensò a quanto era accaduto subito dopo avere avuto la bella notizia da parte delle sentinelle scorpione mandate in avanscoperta nei villaggi.
Sebbene in quel momento fossero presi da altro, contenti com'erano per essersi finalmente ritrovati, sapevano di doversi muovere in fretta dato che non avevano più molto tempo.
La fortuna non li aveva abbandonati, aveva solo impiegato un po' per dare loro una mano.
Antares, mentre aspettavano di radunare le guardie per partire dal palazzo, aveva confidato a Rea di essere molto preoccupato.
Aveva paura di fallire, e di non riuscire a farsi accettare dagli umani. Non era la prima volta che una paura del genere lo assaliva, ma quello era il primo vero contatto che avrebbe mai avuto con un essere umano.
- Con me alla fine sei riuscito, no?
- Con te è un discorso diverso, e lo sai bene. Potrei non riuscire a trovare le parole, o a non essere molto gradito, oppure… - Rea gli posò la mano sulla testa, e si chinò per poter avere lo sguardo allo stesso livello.
- Con me può anche essere stato diverso, ma ti basterà aprire loro il tuo cuore. Queste persone ti sono già grate per il solo fatto che ogni giorno i tuoi scorpioni hanno vegliato e protetto il loro villaggio. Fidati, devi solo essere te stesso. Magari all’inizio alcuni potrebbero spaventarsi, del resto tu sei diverso da tutti gli altri scorpioni… - Rea sospirò, poi proseguì guardandolo con quella dolcezza che Antares aveva sempre sperato di leggerle nel volto, e che fosse rivolta verso di lui. - Alla fine però capiranno quanto sei buono e giusto, e il tuo aspetto non avrà più alcuna importanza.
Antares sorrise, e le porte del palazzo si aprirono per permettere loro di partire.


Rea si sentiva orgogliosa di lui. All’inizio era molto preoccupato, ma una volta sul posto, era riuscito a farsi apprezzare per quello che era e a superare i suoi timori.
Girtab richiamò l’attenzione della giovane, che era così assorta nei propri pensieri, da non aver sentito il consigliere che l’aveva chiamata svariate volte.
- C’è qualcosa che ti preoccupa, mia cara?
- A dire il vero no. Non ero preoccupata. Antares se la sta cavando davvero molto bene. Si sta facendo amare da tutti, e apprezzare sinceramente.
- Sembra però che qualcosa ti turbi. -Girtab studiò la giovane che non aveva distolto mai, per un solo istante, lo sguardo dal suo re. - Non dirmi che non è niente, a me queste cose non sfuggono, mia cara.
Rea era talmente presa dal seguire quello che Antares faceva che non ebbe la forza di mentire o negare.
- Li invidio. Solo questo. - Girtab ne rimase davvero sorpreso dato che non si aspettava da lei una risposta del genere. Chi invidiava? Girtab glielo chiese, ma la ragazza non rispose.
- Su, che ti costa dirmelo? - Rea sbuffò, spostando il ciuffo che le ricadeva sugli occhi, e gli disse che invidiava quei ragazzi che in quel momento conversavano con Antares.
- Se vuoi la sua compagnia di certo dopo Antares avrà del tempo libero. L’altro capo villaggio dovrebbe essere qui a breve, e per questo avrà bisogno di un po’ di tempo per mettersi d’accordo anche con lui. Servirà anche la tua presenza chiaramente. Dopo però potrete stare insieme. - Girtab sorrise soddisfatto. Le cose cominciavano davvero ad andare bene. E Antares non avrebbe potuto che gioirne.
- Non è per questo che li invidio, Girtab.
- E per quale ragione, allora?
- Perché loro sono riusciti a fare quello che io non sono mai riuscita a fare fin dall’inizio. - la voce di Rea tremava mentre ammetteva quella che, per lei, era stata una delle sue colpe più grandi.
- Non capisco. Di cosa stai parlando, Rea?
- Loro sono riusciti ad accettarlo fin dall’inizio… Io invece l’ho insultato e rifiutato. Quando l'ho conosciuto, pensavo fosse solo frutto di un sogno. Un sogno meraviglioso. Speravo che potesse diventare reale, più lo conoscevo e più il nostro rapporto diventava importante… Eppure, quando quel sogno ho scoperto che poteva divenire realtà e l’ho visto la prima volta, ho avuto paura, e l’ho rinnegato. Rifiutandolo e trattandolo come un'orribile bestia, rivolgendogli parole indegne.- In quelle parole, e in quelle lacrime che solcavano le gote dorate di Rea, Girtab sentì tutta la colpa che la giovane provava nel cuore.
- Ora però l’hai fatto. - commentò Girtab e Rea annuì.
- Però l’ho ferito tante volte. - la giovane aveva capito quanto Antares tenesse a lei, e lei stessa aveva capito che il sentimento che aveva provato per il suo “Principe dei Sogni” si era trasferito al vero. Tuttavia, nel suo cuore, non poteva scordare come lei lo aveva trattato. Lui era sempre stato molto gentile con lei, ma lei non lo era stata altrettanto con lui.
- Le cose sono cambiate però, ora lo rispetti. Ora gli vuoi bene. Credo che questo conti più di ogni altra cosa, Rea. - Girtab la guardò intenerito.
In pochi giorni l’aveva vista cambiare e crescere. Dopo quella prima e unica volta, Girtab non aveva più seguito Antares nelle sue visite serali alla giovane dato che non ce ne era più bisogno.
Aveva già capito che quei due erano sulla strada giusta.
Un problema però sorgeva: se anche Rea lo avesse amato, tanto quanto Antares amava lei, come avrebbero fatto ad avere una vita insieme, come una normale coppia? Lui era pur sempre uno scorpione, e lei era pur sempre umana. Non avrebbero mai avuto fino in fondo una vita serena.
Girtab aveva sempre temuto l’arrivo di quel giorno, il giorno in cui i sogni di entrambi si sarebbero infranti. Ma ancora sperava in un miracolo.
- Oh, pare che sia arrivato Tegmine. - Rea indicò un uomo non giovanissimo, appena arrivato da est del villaggio. Dall’accoglienza che gli avevano riservato sia Chrono che Altarf, senza considerare la straordinaria somiglianza, era chiaro che fosse Tegmine.
“È inutile che mi preoccupi ora” pensò Girtab. “Quando verrà il tempo ce ne preoccuperemo, fino ad allora è bene che vivano tutto questo nella maniera più libera e spensierata possibile.”
- Che ne dici di raggiungere Antares, allora? Di certo avrà bisogno di entrambi.
Rea e Girtab si riunirono al gruppo. Chrono aveva già fatto le presentazioni, e Tegmine, di temperamento molto più gioviale e sbarazzino rispetto al fratello, dopo essersi presentato, abbracciò immediatamente Rea riempiendola di complimenti. Tegmine le disse che era la giovane più bella che avesse mai visto, e che le ricordava moltissimo sua moglie da giovane.
I capi villaggio, Antares e Girtab, discussero fino a tardi sulla strategia da utilizzare, e quando ebbero finalmente concluso era impensabile lasciare il villaggio per tornare al palazzo.
Antares inviò così una delle sue guardie per poter avvisare Shaula, e comunicarle il da farsi.


Altarf concesse a Rea, ad Antares e seguito, una delle stanze libere della sua piccola dimora. Le grandi porte permisero ad Antares di passarvi attraverso, e così il re poté entrare nella camera che il buon Altarf aveva preparato. Gli scorpioni, guidati da Girtab, preferirono però restare all’esterno, per vigilare sul villaggio e lasciar riposare il loro re e Rea.
- Sembra di essere tornati alla mia vecchia casa, non trovi anche tu? - chiese Rea ad Antares mentre si coricava.
- Già, mi mancava un po’, sai?
- Anche a me. - Rea arrossì mentre tirava le coperte fin sotto al mento. Si girò dalla parte del letto che guardava la parete, e mentre scivolava nel sonno disse ad Antares che era stato davvero molto bravo e che era fiera di lui.
Antares la ringraziò, assicurandole che avrebbero fermato Nib, e che la tranquillità sarebbe ritornata nella valle.
- Antares? - lo chiamò Rea con la voce impastata per il sonno.
- Dimmi, Rea.
- Grazie per tutto quanto. Senza di te, io non so che farei. - Antares non si aspettava che dal nulla Rea gli dicesse una cosa del genere. Balbettò per cinque minuti ringraziamenti vari, e complimenti rivolti a Rea. Complimenti rimasti per anni solo nella sua testa.
Antares sentiva che quello era il momento giusto per dichiararsi.
Si fece coraggio e quando finalmente lo fece, quando riuscì a dirle quelle parole che tanto aveva sperato di poterle dire senza alcun timore, senza alcun velo, senza alcun problema… si accorse che Rea era già scivolata nel sonno da qualche minuto.
Antares sorrise, potendo ammirare da vicino il viso disteso e rilassato di lei. Anche se lei non aveva potuto udire le sue parole, lui avrebbe trovato un’altra occasione per potersi dichiarare.
Ancora più bella, ancora più speciale.
Rea oramai, Antares lo sapeva, gli voleva davvero bene, e questo per lui era già un sogno che diventava realtà.
- Buonanotte mia dolce Rea. Ti amo, e non smetterò mai di farlo, da qui fino all’eternità. - Sfiorandole leggermente la guancia con la chela, Antares si coricò a sua volta, promettendo ancora una volta a sé stesso di proteggere per sempre la donna che amava.



 
L'angolo di Shera ^^
Scrivi una fiaba, dicevano. Saranno solo pochi capitoli... dicevano.
E invece no... Siamo già all'ottavo, e ancora, quel dannato Nib, Rompe ancora le scatole. Tranquilli, col nono TUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUTTO si sistemerà, con lui dico. Per la fiaba in sé non so ancora quanto dovrò tribulare. E dire che mi sembrava molto breve all'inizio, ma i miei personaggi hanno deciso invece di farmi andare avanti ancora per un bel po'.
Spero che vi stia piacendo, mi piacerbbe sapere che ne pensate ;)

Alla prossima


Aggiornamento del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** IX ***


IX



Passò la notte, e giunta la mattina, il gruppo di Antares e i capi villaggio si riunirono per decidere gli ultimi dettagli.
Non appena arrivato, anche il ricco mercante sarebbe stato avvisato di quanto stava per accadere. Del resto era impensabile agire senza dirgli nulla.
L’indomani sarebbe stato il giorno in cui tutto avrebbe raggiunto il tanto sospirato epilogo, e Nib avrebbe finalmente assaggiato un po’ di giustizia.
Il gruppo capitanato da Antares, che comprendeva oltre che Rea, Girtab e le sue personali guardie, anche gli uomini della guardia dei villaggi di Altarf e Tegmine, si sarebbe nascosto inizialmente nel bosco.
Solo col calare della notte si sarebbero potuti avvicinare al villaggio di Altarf. Non potevano farsi scoprire da Nib e dai suoi uomini. Per quanto stupidi potessero essere quest’ultimi, di certo uno scorpione grande come Antares non sarebbe passato inosservato.
Mentre gli abitanti sarebbero stati presi dai grandi festeggiamenti nel grande spiazzo all’ingresso del villaggio, Nib si sarebbe di certo avvicinato alla casa dove sarebbe stato ospitato il mercante, per derubarlo di tutte le merci e le ricchezze che si sarebbe portato appresso. Da quello che era riuscito a sentire Chrono, mentre Nib si occupava delle ricchezze del mercante, i suoi uomini si sarebbero divisi in due gruppi: uno di guardia, in modo che se qualcuno fosse tornato dalla festa, loro lo avrebbero messo a tacere in modo che non potesse essere dato alcun allarme; l’altro gruppo invece avrebbe saccheggiato le altre case. Considerando che la popolazione non navigava nell’oro, quella era un’azione vile: privare quelle persone dei pochissimi averi preziosi che disponevano, era da vigliacchi.


- Ora noi torneremo a palazzo per radunare gli scorpioni. Saremo di nuovo qui domattina. - Antares salutò i capi che con tanta gentilezza si erano preoccupati per loro. Il suo modo di fare era più sicuro, la notte sembrava averlo rassicurato e rincuorato. L'accoglienza e la fiducia ricevute avevano permesso al suo spirito, di elevarsi, rendendolo ancora più determinato nel portare a termine quella missione.
Per Antares nulla era più importante di essa: voleva a tutti costi aiutare gli uomini liberandoli dalla piaga di Nib e consegnandolo così alla giustizia; inoltre, voleva vendicare Rea per ciò che il farabutto le aveva fatto.
Chrono, Tegmine e Altarf ringraziarono Antares, augurando, a lui e al suo seguito, buon viaggio.
Prima di partire però, Chrono prese in disparte Rea per lasciarle un piccolo regalo.
- Quando la tua buona mamma si ammalò, mi consegnò un oggetto molto prezioso, chiedendomi di consegnartelo una volta che tu fossi stata grande abbastanza. Dopo quello che ti hanno fatto, l'ho sempre tenuto con me, ovunque andassi, come per ricordami ogni giorno di quello che non ero riuscito a fare: salvarti. - Il vecchio porse alla giovane un piccolo pacchetto avvolto nella carta. Quando Rea lo aprì vi trovò una collana, il cui ciondolo era una rara e preziosa pietra rossa. - Quando lei ci ha lasciati eri già abbastanza grande, ma volevo ancora aspettare un’occasione speciale. Quando tu e Nib vi metteste insieme avevo in mente di dartelo per il giorno delle tue nozze… - Chrono si interruppe studiando il volto di Rea. Quel nome non la scuoteva più. Nib non contava più niente per lei. Con la coda dell’occhio, Rea cercò Antares, il quale stava parlando allegramente con alcuni degli uomini della guardia dei villaggi. Gli stessi che il giorno seguente, avrebbero collaborato con loro per la riuscita de piano.
- Ti ringrazio moltissimo, Chrono. Grazie per averla conservata fino ad oggi, e grazie per aver creduto in me nonostante tutto. So che era difficile darmi retta quel giorno, Nib è stato in grado di raggirare tutti quanti. Tu però, in cuor tuo, ancora mi credevi, e questo mi basta. - Rea mise subito la collana della madre, e con orgoglio chiese all’anziano capo villaggio come le stesse.
- Sembri tua madre, Rea. Spero che un giorno la potrai tramandare anche a una delle tue figlie. - Rea cambiò espressione per un istante, il sorriso le morì sulle labbra. Con Nib aveva creduto di poter creare una sua famiglia, ma quel sogno era naufragato. “Forse,” si era detta, “non sono portata per quel genere di avvenire. Forse il mio posto è con gli scorpioni. Con Antares.” Quel pensiero la fece sorridere, perché sapeva che non sarebbe mai più stata sola, anche se c'era una nota amarognola che non permetteva a Rea di gioirne appieno.
- Ti ringrazio, ma io non avrò mai dei figli. Ho deciso che quando Nib sarà consegnato a chi di dovere, continuerò a vivere nel palazzo di Antares. Lo aiuterò a portare avanti il sogno di Sargas. - Rea si voltò per guardare ancora una volta il suo re, - Ieri immagino che Antares te ne abbia parlato, no? - Chrono annuì. Antares aveva spiegato a tutti loro di ciò che il precedente re scorpione sperava di costruire assieme agli uomini: un futuro migliore. - Forse non è questo quello che ogni ragazza sogna di vivere, ma assieme a lui, assieme a tutti loro, io sono felice. Ce ne è voluta, giorni fa non l’avrei mai detto… - Rea sorrise quando Antares si girò verso di lei, - ma ora sono davvero contenta, Chrono. E devo tutto a lui. - disse con gli occhi che brillavano mentre si voltava verso Chrono. L’uomo annuì e la riaccompagnò dal re scorpione.
- Buon viaggio, ci vedremo molto presto. - li salutò, e il piccolo gruppetto si allontanò alla volta del palazzo.


Quando Rea e Antares furono abbastanza lontani, Altarf chiese a Chrono cosa avesse da sorridere.
- La speranza, amico mio. Qualcosa sta cambiando, e ancora qualcosa deve cambiare. Spero con tutto il mio cuore che Rea possa davvero trovare la felicità che merita, e spero che lui possa esserne degno. - Altarf sorrise a sua volta, e trascinò l’amico verso Tegmine: c’era ancora molto di cui loro tre dovevano discutere.
Se volevano fermare Nib, avrebbero dovuto agire in fretta e con astuzia. Loro avrebbero fatto tutto il possibile per fermarlo, ed erano certi che con l’aiuto di Antares, Nib non sarebbe più stato un problema per nessuno.
La giustizia avrebbe trionfato, e la pace sarebbe ritornata nella valle.


- Come mai Chrono ti ha regalato quella collana? - chiese Antares senza incrociare lo sguardo con Rea.
- Oh, questa… - disse Rea toccando il ciondolo rosso. - Non è proprio un suo regalo. Era di mia madre, Chrono l’ha conservata per conto suo, una volta che lei è morta. Aspettava solo il momento opportuno per lasciarmela. Perché, non ti piace?
- No, trovo che ti doni molto invece. - Antares arrossì, perché trovava che la sua Rea fosse ancora più bella con quel gioiello al collo. Durante il lungo cammino, le parlò di quello di cui aveva discusso con i ragazzi della guardia.
Si era divertito molto a conversare con loro, e non vedeva l’ora di dare una grande festa, invitando, per il momento, solo i loro tre villaggi: quello di Altarf, quello di Tegmine, ed infine, quello di Rea e di Chrono.
Arrivare al palazzo richiese il suo tempo e la sua fatica, infatti, non appena vi arrivarono, Shaula era già pronta a scortarli nella sala dei banchetti.
Previdente com’era, aveva immaginato che il lungo cammino avrebbe stimolato l’appetito a tutti loro.
Dopo aver gustato il delizioso pranzo preparato dagli abili cuochi, Antares e Rea fecero una passeggiata nel parco, conversando di ogni argomento futile.
Oramai sapevano cosa dovevano fare, continuare a parlarne avrebbe solo fatto accrescere la loro ansia.
Rea era abbastanza sicura di potercela fare. Era solo un po' tesa all’idea di rivedere Nib e per un’unica ragione: l’ultima volta che lei lo aveva visto, lui aveva cercato di ucciderla. Rea temeva che il loro incontro avrebbe potuto turbarla, riportandole alla mente quello spiacevole episodio. Erano passati giorni, e lei non ci pensava più, però non sapeva se vedendolo avrebbe potuto rimanerne scossa.
- Antares, ti ricordi quello che mi avevi chiesto la prima sera che abbiamo parlato? Quando eri nascosto dietro una delle pareti della mia stanza?
Lo scorpione non ci stava neanche più pensando. Preso com'era dal loro piano, dalla felicità per essere riuscito ad avere un incontro positivo con altri umani, trasalì di fronte alla domanda di lei.
- Sì, certo. - Antares temeva che Rea potesse dirgli che sarebbe tornata al villaggio. Del resto l’aveva vista a lungo conversare con Chrono, e forse lui l’aveva convinta a tornare a casa. Non aveva più la sua vecchia abitazione, ma Chrono avrebbe potuta ospitarla per un po'.
- Sai qual è il tuo problema, Antares? - Rea si sedette accanto a lui sull’erba del giardinetto in cui si trovavano.
- Quale?
- Ti perdi sempre via, temendo di ricevere sempre e solo notizie negative. Almeno, quando parli con me a volte mi dai l’impressione di farti sempre molti complessi. Hai paura, e sì, a volte anche io temevo di dire o fare la cosa sbagliata. Però…
- Però? - chiese lui tentennante.
- Non ce ne è più il bisogno. Prima di tornare, quando Chrono mi ha restituito la collana, gli ho detto che avevo deciso di rimanere qua con voi tutti. Potrebbe servirti ancora il mio aiuto. - Rea sorrise mentre glielo diceva. Antares era contento, anche se sperava di sentire altro da lei.
Scioccamente sperava che lei gli dicesse che rimaneva solo per lui.
- Sono molto felice qui. Non voglio tornare indietro, e l'idea di poter contribuire alla riuscita del sogno di Sargas, mi invoglia ancora di più a restare. Quando la faccenda di Nib sarà finita, potremmo raggiungere anche altri villaggi, e io potrei fare da tramite in un primo momento. - Rea allungò la mano per accarezzare la chela di Antares. - Non mi sembri del tutto convinto, però. C’è qualcosa che non va? - Antares, agitato, si affrettò a dirle che andava tutto bene, e che probabilmente era leggermente teso per l’indomani. Sperava che tutto andasse per il meglio e che nessuno si facesse male.
- Sono felice che tu voglia restare, Rea. Non potrei desiderare niente di più da te. Spero che tu possa continuare ad essere felice qua con me, con tutti noi. - Antares e Rea si scambiarono una dolce occhiata, mentre, da lontano, Shaula e Girtab li osservavano.
- Si è ambientata bene alla fine.
- Sì, Girtab. E Antares mi sembra molto più felice del solito. Per domani è tutto pronto, le nostre guardie sono già state preparate e informate su quello che dovranno fare. Domattina potrete partire, e porre fine a questa storia una volta per tutte. Quel Nib avrà ben poco da festeggiare. - Shaula fissò con orgoglio il figlio. Antares era buono, e col tempo era maturato al punto da diventare un re saggio e giusto. Proprio come lo era stato Sargas prima di lui. Purtroppo però, quando si trattava di Rea, diventava timido e impacciato.
Antares normalmente era estroverso e spigliato, ma con lei tutta la sua sicurezza svaniva nel nulla, attanagliato dal timore di poter dire alla giovane la cosa sbagliata.
Man mano che i giorni passavano però, entrambi stavano superando i rispettivi limiti, mostrandosi reciprocamente i lati migliori del proprio carattere.
Più Shaula li vedeva assieme, e più era felice per la loro unione. Era certa che fra Rea e Antares, le cose sarebbero andate avanti per molti e molti anni ancora, nonostante gli ostacoli che avrebbero potuto incontrare.
Si era affezionata alla ragazza, e voleva che entrambi gioissero di un futuro meraviglioso. Insieme.


La giornata finì, Antares condusse Rea nella sala del trono prima di riaccompagnarla nelle sue stanze.
- Domani sarà una giornata molto importante. Sei pronta? - Rea inspirò profondamente prima di fargli cenno di sì con la testa.
- Sono un poco agitata, ma credo che sia normale e comprensibile, non trovi? - Antares le sorrise.
- Tu sei sicura di voler venire con noi, vero? Se preferisci puoi rimanere qua con mia madre e...
- Sì, voglio dire in faccia a Nib tutto quello che penso di lui. Prima che lo portino via, devo assolutamente chiudere i conti con quell’essere. - Antares allungò una chela verso Rea, e lei la prese fra le sue mani.
- Promettimi che non ti metterai in pericolo. Non potrei mai sopportare se ti accadesse qualcosa. - Antares era molto serio mentre la implorava di non agire di testa propria. Rea allora glielo promise. Promise di seguire ogni direttiva che lui le avrebbe dato.
- Credo sia giunta l’ora di andare a dormire, Antares.
- Lo credo anche io. Ti accompagno nelle tue stanze, se ti fa piacere.
- Ma certo. - I due si scambiarono un dolce sguardo, quasi come se nessuno dei due volesse abbandonare l’altro.
In quel momento entrò nella sala Girtab. Aveva ancora alcune cose da discutere col re, e non poteva aspettare. Pur non senza un leggero dispiacere, Rea lasciò allora il salone per potersi andare a coricare. Antares era visibilmente contrariato per l’interruzione, ma sapeva di dover adempiere ai suoi doveri.
Mentre raggiungeva le sue stanze, Rea sentiva che il suo cuore era oramai perduto. Un misto di gioia e tristezza si fece largo in lei. Aveva confidato a Chrono e allo stesso Antares che sarebbe rimasta lì con gli scorpioni, ma non era solo per aiutarli. Se lei rimaneva lì, era per restare accanto al suo Principe dei Sogni, al suo salvatore, il re Scorpione: Antares. Tuttavia, sapeva che per loro non v’era alcuna possibilità di un normale futuro insieme. E quella triste verità cominciava già a logorarle il cuore.


Shaula chiamò Rea molto presto: Antares e i suoi scorpioni erano già pronti per partire. Mancava solo lei all’appello.
Fece mille e più raccomandazioni alla ragazza e al figlio, chiedendo a Girtab di vegliare su di loro, e di proteggerli.
Shaula era certa che insieme sarebbero riusciti a superare anche quell'ultima difficoltà, e anche Nib sarebbe stato dimenticato una volta per tutte.


Per raggiungere il villaggio avrebbero impiegato tutta la mattinata. Rea sapeva che la strada l’avrebbe affaticata, a differenza degli scorpioni che invece avrebbero retto molto bene la fatica del viaggio.
Una volta arrivati avrebbero discusso degli ultimi aspetti con gli uomini della guardia, e dopo si sarebbero riposati. Per la serata avrebbero di certo recuperato abbastanza energie per poter finalmente fermare Nib e assicurarlo alla giustizia.


Ad accoglierli all’ingresso del bosco fu Graffias, il più abile di tutti i ragazzi della guardia dal villaggio di Tegmine. Graffias era un ragazzo piuttosto muscoloso, alto ben oltre la media rispetto agli altri ragazzi dei villaggi.
Antares aveva subito preso in simpatia il ragazzo, ed era certo che grazie alle sue abilità, avrebbero fermato Nib senza problemi
Graffias spiegò ad Antares che erano state preparate già le loro due squadre: una che avrebbe tenuto d’occhio l’intero villaggio, e l’altra che si sarebbe concentrata unicamente su Nib, e su ogni suo spostamento.
Come avevano già pianificato il giorno precedente, Rea si sarebbe nascosta nella casa dove avrebbe alloggiato il mercante, e quella casa, era quella di Altarf.
Antares non era più molto convinto di voler usare Rea per sorprendere Nib, temeva infatti che l'uomo potesse farle del male, ma Graffias era certo che sarebbe rimasto talmente scosso nel rivedere la donna che pensava di avere ucciso, da non accorgersi di loro. Infatti Rea non sarebbe stata sola: nascosti nell’ombra ci sarebbero stati Antares, Graffias e alcune guardie, sia umane che scorpioni.
Antares divise così le sue guardie: una parte sarebbe rimasta con lui e Graffias, mentre l’altra, capitanata da Girtab, avrebbe dato manforte all’altro gruppo di guardie. Non andava protetto solo il mercante, ma anche, e soprattutto, il villaggio stesso.


Rea rimase molto colpita dal giovane Graffias, non solo per il bell’aspetto. Le piacevano i suoi capelli corti e neri, gli occhi scuri e la pelle abbronzata, ma anche per la personalità brillante e sicura.
La giovane volse allora lo sguardo verso Antares. Lui non era bello, non era affascinante, e a volte era pure troppo impacciato…
Eppure, a lei piaceva.
A Rea, Antares piaceva per davvero.


Presto giunsero Tegmine e Altarf, accompagnati da un individuo che né Rea, né Antares, avevano mai visto: un uomo grassottello, dalla pelle scura e capelli corvini, con vesti esotiche e sgargianti.
Quell’uomo era Plutone, il mercante i cui averi erano oggetto delle attenzioni di Nib. L’uomo non rimase molto scosso alla vista di Antares, e anzi, con la sua simpatia e allegria riuscì a far distendere i nervi a tutti.
Nonostante tutto, c’era un po’ di tensione nell’aria, e serviva proprio un tipo come Plutone per scacciarla via.
L’uomo ringraziò Antares per quanto stava per fare per lui. Sapeva che non era solo la voglia di difendere un mercante, a muovere il re Scorpione, ma il semplice fatto che comunque lo avessero avvisato, lo aveva molto colpito.
Plutone raccontò ad Antares che da dove veniva lui, animali e uomini da tempo avevano abbattuto le loro barriere: si comprendevano e vivevano assieme come un’unica comunità.
La sua terra era molto distante, e lui pativa quella lontananza, ma il suo viaggio l’aveva ripagato. Aveva conosciuto molte persone nuove, e scoperto cose che nemmeno i libri avevano potuto mostrargli.
Antares lo ascoltò rapito e, sentendo che nelle terre di Plutone, animali e umani avevano raggiunto un tale livello di cooperazione, lo rendeva fiducioso. Il desiderio di Sargas non sembrava più così difficile da raggiungere.


Passarono le ore, Tegmine, Altarf e Plutone tornarono nel villaggio, dove tutti gli abitanti si erano mobilitati per addobbare il grande spiazzo. Il buio calò, e le voci cominciarono a levarsi alte, gioiose e festose per festeggiare i sacri raccolti.
Si sentiva la gente divertirsi, ridere, scherzare e banchettare.
Pian piano i gruppi di Antares e Graffias, e quello di Girtab, cominciarono ad avvicinarsi al villaggio, ricoprendo ognuno le proprie posizioni.
Rea sgattaiolò nella casa dove alloggiava Plutone, e si nascose in modo che l’oscurità la potesse celare. Graffias, Antares e le altre guardie trovarono altri angoli in cui potersi nascondere, pronti a seguire il piano che Antares e Graffias avevano ideato.
Non dovevano catturare immediatamente Nib, avevano infatti previsto di farlo fuggire dopo un breve colloquio con Rea. Esso sarebbe infatti servito per scuotere l'uomo. La sorpresa sarebbe stata tanta che di certo Nib non avrebbe più agito a mente fredda, e allora colpirlo sarebbe stato molto più semplice.


Passarono alcune ore, ma di Nib non v’era traccia. Antares temette di aver sbagliato qualcosa, che forse erano stati scoperti e che quindi Nib era fuggito… ma in quel momento qualcuno entrò dalla finestra: quel qualcuno era proprio Nib.


 

Aggiornamento del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** X ***


X


L’uomo si guardò attorno e, una volta sicuro di non essere stato visto da nessuno e di non essere stato seguito, cominciò a ispezionare la stanza.
Rea era nascosta in un angolino, aspettava solo il momento giusto per alzarsi e rivelarsi a Nib.
La giovane aveva ascoltato con molta attenzione i consigli di Antares e di Graffias. Non avrebbe dovuto attaccare l’uomo, ma solo rivelarsi al segnale di Antartes.
Se avevano intuito bene, l'uomo, sorpreso alla vista di lei, avrebbe agito in maniera meno cauta e calcolata dato che era quella un’eventualità non prevista.


Nib era distante da Rea solo un paio di metri. Il cuore di lei batteva velocemente per la tensione, alzò lo sguardo in cerca di lui, di Antares, il quale era aggrappato all’alto soffitto. L’oscurità lo celava, ma, per un momento, vide il pungiglione illuminato dall’eterea luce della luna.
Quello era il segnale. Graffias aveva suggerito ad Antares di abbassare leggermente la coda in modo che Rea la potesse vedere, e questo solo nel momento in cui Nib non lo potesse notare. Solo allora Rea avrebbe dovuto mostrarsi al viscido uomo.
Rea si alzò lentamente e silenziosamente. Nib le dava le spalle: stava controllando uno degli armadi presenti nella stanza in cerca di qualche merce rara.
- Ciao, Nib. - l’uomo si girò di scatto e, non appena riconobbe la giovane, sbiancò in volto.
- Tu? Come è possibile? - balbettò lui, indietreggiando e cadendo a terra.
- Come mai così sorpreso, Nib? Non lo sai che presto o tardi tutto quello che fai, torna sempre indietro? - Rea rimase immobile a guardarlo. Nonostante fosse tesa per la situazione, la vista di lui non le stava procurando nulla. Rea aveva superato quello che c'era stato fra loro, e in quel momento voleva unicamente vederlo pagare per tutte le cattiverie commesse.
- Tu eri morta - Nib stava cercando di ritrovare la sua solita calma. Dopo lo spavento iniziale cominciò a ragionare. Rea non era di certo un fantasma.
- Tu mi hai solo gettata nel lago. Per mia fortuna ho molti più amici di quello che pensi. - Rea alzò l’indice verso il soffittò. Antares si mostrò a Nib, il quale sussultò alla vista dello scorpione gigante. E riconobbe immediatamente la bestia che aveva visto quella sera.
Nib fissò prima l’animale, poi la ragazza, poi ancora l'animale. Contro una bestia del genere non avrebbe potuto farcela: doveva cercare di prendere qualcosa e fuggire. Non poteva andarsene a mani vuote, quello era un colpo sicuro. La fama del mercante Plutone era tale proprio per le merci rarissime e preziose che lui aveva accumulato negli anni. Solo merce di ottima qualità e dall'alto valore. Se Nib non fosse riuscito a derubare Plutone in quell'occasione, sarebbe stato lo zimbello della comunità dei ladri, e lui non avrebbe mai permesso a nessuno di sbeffeggiarlo.
Avrebbe radunato i suoi uomini e sarebbero scappati come da programma. Non avrebbero rubato tanto quanto sperato, non avrebbe mai messo a rischio la propria vita per l'intero bottino, ma mai sarebbe scappato senza una piccola refurtiva.
Anche se a fronteggiarlo fossero stati degli uomini, Nib non li avrebbe mai affrontati, se non fosse stato necessario. Lui preferiva non sporcarsi le mani, per quello aveva i suoi sicari. Nib era furbo.
Mentre cercava di capire che cosa fare, notò sul comò vicino alla finestra un vaso che era certo fosse di Plutone.
- Sai Nib, ti devo ringraziare. - Quelle parole inaspettate di Rea fecero stupire sia Antares che Nib. L’uomo, con lo sguardo sempre fisso su di loro, che si stava pian piano muovendo verso il prezioso oggetto, si bloccò.
- Che intendi dire?
- Senza di te non avrei capito tante cose… Meritavo di più di un brigante bugiardo e falso. Più di un ladro. Più di un mascalzone. Tu non vali niente, Nib. - Rea lo guardò senza astio. Lo sguardo andava oltre l’uomo che, risentito per l’accusa, allungò lentamente la mano verso il vaso dietro di sé. Era pronto a scattare verso la finestra.


Anche Graffias e il suo seguito erano pronti. Nib avrebbe cercato di fuggire, e loro lo sapevano, per questo non l’avrebbero fermato nella casa. Nib sarebbe scappato e avrebbe cercato i suoi uomini, come previsto.
Nib non avrebbe mai aggredito Rea, questo perché c’era Antares accanto a lei. Graffias era molto abile nel pianificare le strategie, gli bastava poco per capire cosa fare.
Il ragazzo aveva chiesto al gruppo di Girtab di fare un particolare suono non appena avessero affrontato e catturato tutti gli uomini di Nib. Rea non ricordava bene quanti compagni l’uomo avesse. Ma a questo aveva rimediato Chrono, che li aveva informati del fatto che Nib avesse dodici compagni. Sei erano di guardia, e i restanti sei si erano occupati del saccheggio delle abitazioni.
Si sentì ululare: quello era il segnale, Nib non avrebbe mai trovato i suoi amici ad attenderlo.
Quel suono non impensierì l'uomo, troppo intento ad osservare le mosse di Rea e Antares. Non poteva certo immaginare che si fossero preparati per fermarlo, assicurandosi di mettere fuorigioco la sua scorta.
- Credi di poter scappare, Nib? - gli chiese Rea. - Sappi che ti prenderanno. Tutti sapranno presto chi sei, e allora non avrai via di scampo.
- Certo, Rea. Peccato però che io sia molto più agile e veloce di tutti voi, e sicuramente più scaltro. - prese finalmente il vaso e con uno scatto scavalcò la finestra. - Dato che son buono vi lascerò vivere le vostre patetiche vite. A te e a quella brutta bestiaccia che ti porti appresso. Dovreste essermene grati. - Antares non replicò. Non perché non avesse nulla da dire all’uomo orribile che aveva di fronte, ma perché Rea lo aveva anticipato.
- Qua c’è un uomo, Nib, ma quello non sei tu. Antares è molto più uomo di quanto tu non lo sia mai stato. - Rea replicò con fermezza.
Nib non rispose. Le lanciò solo un’occhiata truce prima di dileguarsi nel bosco.


- Sei stata brava, Rea. - disse Antares, guardando la giovane.
- Grazie, Antares. - lei gli sorrise. Aveva detto a Nib quello che lei pensava di lui, ora non rimaneva altro da fare che catturarlo.
- Su, muoviamoci. Adesso il ragazzo farà la sua bella scoperta, e poi, se andrà tutto come previsto, e statene certi che sarà così, lo potremo catturare una volta per tutte.
Graffias incitò entrambi nel seguirlo. I loro uomini erano già dietro a Nib, il quale non si era accorto minimamente di essere braccato.


Nib cercava freneticamente i suoi compagni, ma nessuno rispondeva ai suoi richiami. Prima di lasciare il villaggio, avevano concordato dei punti di ritrovo, e dei segnali da fare in caso di pericolo.
Ma nulla. I suoi uomini non si trovavano, e Nib cominciava a spazientirsi.
Si era raccomandato tanto per la buona riuscita di quel colpo.
Da mesi non avevano avuto una così ghiotta opportunità, nonostante avessero viaggiato tanto. Il villaggio era la loro copertura, di tanto in tanto inviava un piccolo gruppo di uomini a fare qualche saccheggio qua e là.
Per non destare troppi sospetti aveva anche fatto in modo che non tutti gli uomini vivessero al villaggio.
Molti di loro non avevano più fatto ritorno, catturati dalle sentinelle silenziose. Dagli scorpioni.
Nib aveva maledetto più di una volta il re Scorpione della valle, per averlo privato dei suoi uomini. Erano rimasti solo quei dodici.
Non che provasse affetto per i suoi compagni di viaggio, loro gli servivano e basta, erano le sue pedine, servivano unicamente per fare il lavoro sporco al posto suo e nient'altro. Se le cose fossero andate male, poi, li avrebbe volentieri sacrificati.
In quel momento però gli servivano, e il fatto che non ricevesse risposta lo stava rendendo ansioso, temendo che fossero stati catturati dai servi della bestia che accompagnava Rea.
Per lui, ogni uomo doveva trovare il proprio sistema per vivere, e lui l’aveva trovato nel brigantaggio, nel viaggiare e depredare.
Non conosceva altro, e a lui andava bene così. Non era quella la prima volta in cui si fermava per lunghi periodi in un villaggio, usandolo come copertura. Una volta che il posto non era più utile, lui e i suoi sicari lo abbandonavano, talvolta saccheggiandolo totalmente prima di lasciarlo, e, se incontravano troppa resistenza, lo facevano bruciare. Era un modo come un altro per tenere i cittadini impegnati: se il paese andava a fuoco, l’ultimo dei pensieri di quegli uomini sarebbe stato quello di seguire un gruppo di malviventi, forti e armati.
C'era scappato qualche morto. A Nib non piaceva uccidere, ma se era necessario lasciava che i suoi uomini si divertissero mettendo a tacere gli stolti che provavano a mettersi contro di loro.
Per anni aveva comandato parecchi uomini, ed era riuscito a ottenere molto oro, molta fama e rispetto fra quelli come lui. Si può dire che Nib era diventato una leggenda nel mondo dei briganti.
Nib non aveva mai fallito… fino a che non era arrivato a quel villaggio. Fino a che non aveva incontrato Rea, nessuno dei suoi piani aveva subito degli intoppi. Lui aveva sempre cercato di prendere in considerazione qualsiasi eventualità, qualsiasi imprevisto. Per questo nessuno l’aveva mai colto in fallo.
Nessuno tranne lei.
Lei, coi suoi dolci sorrisi, lei con la sua allegria e spontaneità, lei semplicemente era riuscita a fargliela sotto al naso.
Lui aveva abbassato la guardia, mai avrebbe creduto che la giovane potesse avere un legame col re Scorpione, e che potesse scoprire i suoi veri intenti.
Nib aveva visto in Rea solo l'ennesima copertura, un qualcosa da utilizzare per potersi proteggere nel caso in cui le cose non fossero andate bene.
Quella sera in cui la vide, quella sera in cui lui la scoprì, e lei capì chi lui fosse veramente, quella sera capì che si era lasciato traviare. E questo non poteva, non doveva succedere.
Non era più un impacciato ragazzino, non era più un bambino che si lasciava plagiare. Lui era un vero uomo, che non conosceva pietà o amore. Nessuno avrebbe mai potuto farsi beffa di lui. Eppure lei lo aveva scoperto.
Era ancora viva, dopo che lui l'aveva data per morta. Ed era tornata, a fianco di quell’orribile bestione.
Nib cominciava ad avere il fiato corto. Da tanto continuava a girare a vuoto in cerca dei suoi compagni. Dove erano finiti?
Cominciò a guardarsi attorno e tutto il mondo cominciò a girare su sé stesso. Stava andando nel panico, lui stava avendo una crisi, e non sapeva proprio che fare per calmarsi. Lui non era mai stato vittima dell'ansia, e quella nuova situazione proprio non gli piaceva.
Si appoggiò ansante ad un albero, quando una voce chiamò il suo nome.
- Nib, sei stanco di fuggire?
Rea sbucò da dietro un albero e lo fissò con aria di sufficienza.
Da quanto tempo era lì? Come aveva fatto a seguirlo? Era da sola o c’era anche quella bestia con lei?
Il cuore di Nib batteva all’impazzata. Si sentiva in trappola e vulnerabile. Lasciò cadere a terra il vaso che fino a quel momento si era portato appresso. La sua mente, per quanto annebbiata, riuscì a formulare piano per poter fuggire e salvarsi. Doveva però cercare di ritrovare il proprio sangue freddo, o non ce l’avrebbe mai potuta fare.
- Se ti arrendi ora sarà tutto più semplice. Ti porteremo da chi di dovere e pagherai lì i tuoi debiti. Ma non sarai solo: i tuoi uomini sono già nelle nostre mani, anche se immagino che tu ci fossi già arrivato da solo. Vi farete compagnia a vicenda. - Lei sorrise, e dietro di lei comparve un uomo molto alto dai capelli neri e la carnagione scura, pronto per portare via Nib.
- Sebbene la voglia di punirti che provo ora sia forte, abbiamo deciso di portarti al carcere, fuori dalla nostra valle. - Anche Graffias guardò con aria di sufficienza Nib.
Nib non sopportava quei loro sguardi. Per tutta la sua infanzia era stato trattato come se non valesse nulla, e quello sguardo che Graffias e Rea gli avevano lanciato, lui l’aveva sempre visto negli occhi dei suoi vecchi compaesani.
Lui, rimasto orfano in giovanissima età, senza nessuno che lo accogliesse, senza nessuno che lo amasse, era stato trattato come se non valesse niente per anni. Lasciato solo, solo con le sue sole forze.
Aveva imparato molto presto che nella vita, stringere legami era solo per i deboli. Era il modo in cui le persone senza valore speravano di poter sopravvivere.
Lui però aveva imparato a vivere. Per l’etica comune lui non era altro che un brigante, un uomo senza valore e senza onore. Ma lui era vivo. Lui stava bene. Lui era più forte di tutti loro, e anche loro lo sapevano.
Nib poteva giocare la sua ultima carta, sebbene volesse far inginocchiare quell'uomo che lo fissava con tanto disprezzo, non poteva lasciarci sfuggire quell'unica via di scampo che gli rimaneva.
- Io e te non stavamo poi così male insieme, Rea. Ti assicuro che cambierò. Dammi una possibilità. Ricominciamo. - Appena pronunciò quell’ultima parola, l'agile Nib afferrò in un lampo le mani di Rea e la strinse a sé. Graffias fece per intervenire, ma il brigante tirò fuori con abilità il coltello che portava alla cintola, puntandole la lama alla gola. Ora lui l’aveva con sé: Rea le sarebbe tornata di nuovo utile, sarebbe stata il suo scudo. La ragazza, sorpresa, provò a divincolarsi dalla presa dell’uomo, ma lui la strinse ancora di più.
- Toglimi le mani di dosso! Pagherai per quello che mi hai fatto. Per tutto quello che hai fatto e che ancora faresti se ne avessi la possibilità.
Il traditore si rivolse allora a Graffias. - Lasciatemi andare, o la ragazza farà una brutta fine.
Rea sembrava essere più scocciata che intimorita. - Prima mi hai usata come copertura, e ora vuoi usarmi come scudo per fuggire, Nib? Quanto in basso ancora puoi scendere? Non sei abbastanza uomo da farcela con le tue sole forze? - Il fiato caldo di Nib le solleticava l’orecchio, tanto da farla rabbrividire. Per il disgusto. La vicinanza con lui le faceva ribrezzo. Nib avrebbe voluto schiaffeggiarla, ma cercò di mantenere la lucidità. Un passo falso e avrebbe fallito.
- Sei sicura di volerlo scoprire, Rea? Tu non hai idea di cosa possa arrivare a fare per salvarmi la vita. - Rea, nonostante l’inaspettata mossa di Nib, non era spaventata: sapeva che Antares l’avrebbe protetta. Tuttavia, non riusciva a vederlo. Antares non era lì con loro, e quando Rea lo capì cominciò a temere il peggio. Sapeva che Graffias era in gamba, ma, di certo, essendo diventata lo scudo umano di Nib, la guardia non avrebbe mai attaccato il mascalzone.
Rea rimase immobile mentre l’odioso uomo, che lei una volta aveva tanto amato, la minacciava, e minacciava anche Graffias.
“Dove sei, Antares?” silenziosamente pregava per il suo arrivo.
Graffias fu costretto ad abbassare le armi, e così anche gli uomini che erano rimasti nascosti fra gli alberi. Graffias ordinò a tutti di farsi vedere, uomini e scorpioni. Ma di Antares non c’era traccia.
- Dov’è la bestia? - chiese Nib spazientito. Anche Rea voleva saperlo. Gli scorpioni della guardia si risentirono nell’udire quell’orribile uomo insultare il loro re. Avrebbero voluto intervenire, ma dovevano attenersi al piano, e agli ordini che Antares stesso gli aveva dato. Avrebbero dovuto obbedire a Graffias, il quale, in quel momento, restava immobile, fremendo dalla rabbia. Sconfitto e amareggiato per non essere stato in grado di proteggere la ragazza che il re gli aveva affidato.
Lui avrebbe dovuto proteggerla dalle grinfie dell'uomo che dovevano fermare. Ma incautamente se l'era fatta soffiare via dall'agile e scattante Nib, e ora la ragazza si trovava fra la vita e la morte. Se Nib avesse voluto, avrebbe potuto ferirla, o addirittura ucciderla.
Graffias non aveva scelta. Spiegò a Nib che poco prima, il re Scorpione si era recato più avanti, assieme ad altri uomini e scorpioni. Temevano che potessero esserci ulteriori intoppi nella cattura dell’uomo, per questo avevano scelto di dividersi. Rea non ne sapeva nulla. Antares aveva preferito tenere solo per sé e Graffias alcuni dettagli del piano, e lei non aveva avuto nulla da ridire al momento. In quel frangente però, si rammaricava di non essere stata messa a conoscenza di quei dettagli. Aveva paura, e sapere che cosa stava accadendo, l'avrebbe resa più tranquilla, anche se Nib l'aveva presa come ostaggio.
L'abile Nib chiese dove fosse diretto Antares, ma Graffias non parlava. L'uomo allora fece un piccolo taglio con la lama del coltello sulla guancia di lei.
- Se non me lo dici, la lama entrerà più in profondità, e non mi limiterò a toccarle la guancia. - Nib li guardò come se lui fosse stato un gigante e tutti gli altri delle piccole ed insignificanti formiche. Era tornato il più forte, sarebbe stato di nuovo vincitore. Il coltello dalla parte del manico lo aveva di nuovo lui. Graffias gemette, e glielo disse. Antares si era diretto verso nord, dato che avevano saputo che Nib e i suoi uomini avrebbero seguito quella strada prima di dirigersi verso la loro prossima meta. Il bosco sarebbe infatti stato più sicuro. Questo era quello che Chrono aveva riferito ad Antares, avendo udito gli uomini di Nib parlarne senza preoccuparsi del fatto che qualcuno potesse udirli.
Graffias non disse a Nib che la talpa era proprio il vecchio capo. E Nib non pensò che qualcuno al villaggio potesse avere capito qualcosa. Nib era certo che almeno lì fossero ancora al sicuro, al di là di ogni sospetto.
Nib non impiegò molto a decidere che strada prendere. Ai suoi uomini aveva oramai rinunciato, avrebbe tenuto con sé Rea come ostaggio, e quando non gli sarebbe più stata utile l’avrebbe abbandonata da qualche parte. O forse l’avrebbe uccisa. Sarebbe tutto dipeso da come la ragazza si sarebbe comportata con lui, e dal suo stesso umore.
Nib non era contento di come erano andate le cose. Anche se si sarebbe salvato, per lui quella era una sconfitta, una macchia sul suo nome.
Trascinò Rea per parecchi metri, minacciando Graffias e i suoi uomini che se avessero mosso un solo muscolo, lui l'avrebbe uccisa.
Rea era terrorizzata più che mai. Voleva solo rivedere Antares, e tornare al palazzo con lui.
Nib si guardò attorno, e cominciò a dire che il piano che avevano ideato era davvero da stupidi. Lui era troppo furbo per lei. Era troppo furbo per tutti. Alla fine lui l’avrebbe sempre fatta franca e nessuno l’avrebbe mai potuto fermare.
Rea non disse nulla. Sperava solo che presto la trovassero. Ubbidiente, seguì Nib sperando che Antares e gli altri li potessero raggiungere e fermare quell'orribile uomo.
Camminarono, ancora e ancora, fino a che non fu quasi l’alba. Erano entrambi stanchi e sfiniti.
- Non ce la faccio più. Oramai siamo lontani. Lasciami qui e vattene. Non ti inseguiranno mai oltre. - disse Rea ansante, accasciandosi a terra senza più forze.
L’uomo la fissò, e giocherellò col coltello che non aveva mai mollato per un solo istante.
- Forse hai ragione. Forse dovrei davvero lasciarti qui. Sei stanca, e debole. Non mi inseguiresti mai, vero? - Nib si inginocchiò e costrinse Rea a guardarlo negli occhi. Un lampo di cattiveria illuminò il suo sguardo. - Però me ne hai fatte troppe, Rea. Non posso proprio lasciarti vivere. Ho perso tutti i miei uomini, tutti i miei averi per colpa tua. Mi ci vorrà un bel po’ per rimettermi in pari… - l’uomo guardò prima il coltello, e poi tornò a fissare lei. Rea capì e fece per divincolarsi, ma era troppo debole.
- Antares… - sussurrò con le lacrime agli occhi.
- Brava, chiama il tuo amico mostro. Lui non potrà fare nulla per salvarti stavolta. - Nib rise vittorioso, e Rea chiuse gli occhi. Non aveva più le forze per ribellarsi, avevano camminato così tanto che non era riuscita nemmeno a tirarsi in piedi. Rea si stava arrendendo alla fine a cui Nib voleva condannarla per la seconda volta. Non c'erano fonti d'acqua nelle vicinanze, e i pesci non avrebbero potuto soccorrerla. I cavalli selvaggi non vivevano in quelle zone, e nemmeno loro avrebbero potuto salvarla. Antares non era riuscito a trovarla, e Rea capì che la sua fine era segnata.
Pensò che se doveva morire, doveva andarsene solo coi bei ricordi di quel mondo. Solo col ricordo di chi le aveva voluto del bene, e fatta stare bene. L’ultimo pensiero lo rivolse ad Antares. L’unico che in cuor suo avesse davvero amato, anche se all’inizio era stata dura. Anche se lui non era ciò che Rea avrebbe desiderato per la sua vita… lei lo amava.
Aspettò il colpo di Nib, ma quella lama non la raggiunse mai. La voce di Nib si spezzò, e un forte tonfo la spinse ad aprire gli occhi.
L’astuto e malefico Nib giaceva a terra, privo di vita, mentre un grosso pungiglione si staccava dal suo corpo.
Lei aveva gli occhi offuscati dalle lacrime, e Antares le si avvicinò.
- È tutto finito, Rea. - lei lo abbracciò singhiozzando.
- Ho avuto paura. - Antares lo sapeva.
- Non gli avrei mai permesso di farti del male. - Li raggiunsero anche Graffias e le guardie del re. - Ora non tormenterà più nessuno. Siamo liberi. - Rea fissò con amore Antares. Lui le aveva salvato la vita. Ancora una volta.
- Torniamo a casa, Antares? - sorrise, con le lacrime che ancora le rigavano il volto.
- Torniamo a casa, Rea.

 
L'angolo di Shera ^^


Ebbene eccoci di nuovo qui con questo nuovo capitolo.
Comincio col ringraziare so_poplez per la recensione ;), e tutti quelli che fino ad ora hanno letto il mio racconto.

Sono stata via per un bel po', ma non per mia scelta. Il mio amato portatile, dopo un onorato servizio di sei anni, mi ha abbandonata, e per ragioni ignote, al pc fisso io non riesco a scrivere XD. Revisionare sì però.
Col tablet non è andata meglio, per questo ho dovuto attendere l'arrivo del nuovo pc, che è arrivato una settimana fa.
Da lunedì ho lavorato al nuovo capitolo, e oggi ho dato un'ultima rilettura assieme al mio amore per vedere se poteva andare bene.

Oramai stiamo arrivando quasi alla fine, spero che questi nuovi sviluppi vi tengano ancora un po' incollate alla mia storia ;)

A presto ^o^


Aggiornamento del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** XI ***


XI



Finalmente erano tutti quanti liberi dalla minaccia di Nib.
Le lunghe ore in cui l'uomo aveva tenuto Rea in ostaggio, aveva lasciato il povero Antares col fiato sospeso. La paura che quell'uomo potesse ucciderla da un momento all'altro, aveva mandato in crisi il giovane sovrano.
Lui stava seguendo il piano ideato con Graffias, non poteva certo immaginare che la sua Rea fosse in così grave pericolo.
Avevano scelto di separarsi per essere sicuri di bloccarlo, dato che Nib avrebbe anche potuto decidere di dirigersi dalla parte opposta rispetto a quella seguita da Graffias. Dividendosi sarebbero stati sicuri di fermarlo in una maniera o nell'altra.
Non appena ricevette la notizia della cattura di Rea, per un attimo, perdette la ragione.
Accecato dalla rabbia, colpì, non troppo duramente, il povero Graffias, il quale era già afflitto dai sensi di colpa per aver lasciato che Nib prendesse Rea come ostaggio. Non appena il re ebbe compreso quanto fatto si scusò con il giovane guerriero. Fu però Graffias stesso a porgere le sue scuse al sovrano: Rea era finita nelle grinfie del terribile Nib, proprio per la sua incapacità.
Sopraggiunse Girtab, che suggerì ad Antares di muoversi. Erano in due, e Nib era anche provato, di certo la sua instabilità legata all'ansia per il fallimento del suo stesso piano lo avrebbe fatto agire senza seguire dei piani precisi. Di certo Nib avrebbe vagato verso la salvezza, ma senza ragionare con la dovute lucidità.
Se avessero giocato bene le loro carte, avrebbero potuto fermarlo, ma dovevano muoversi in tanti gruppetti: non avevano tantissimi uomini, ma l'unica soluzione era quella di dividersi.
Fu allora che Antares ebbe un lampo di genio: Chrono avrebbe potuto parlare agli abitanti del suo villaggio, e spiegare loro la verità. Se avessero avuto un po' di buon senso, di certo sarebbero accorsi per dare una mano.
Graffias appoggiò la proposta di Antares, e Girtab, accompagnato da una delle guardie addestrate da Graffias, si mosse verso il villaggio di Rea per poter parlare al più presto con Chrono.
Nel frattempo, Antares e Graffias avrebbero suddiviso tutti gli uomini che avevano a disposizione in tanti gruppi e setacciato ogni angolo della foresta per poterli trovare. Non potevano limitarsi ad aspettare l'arrivo degli aiuti: ogni minuto poteva essere decisivo.
Dovevano trovare Nib prima che fosse troppo tardi.


Una volta raggiunto il villaggio, Girtab raccontò l'accaduto a Chrono, il quale, in ansia per la sorte della giovane Rea, non aspettò nemmeno che Girtab gli chiedesse quanto Antares si aspettava da lui. L'anziano capo aveva già intuito le intenzioni del Re Scorpione, ed era ben lieto di poter dare loro una mano.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter salvare la vita a Rea, ed era giunto il tempo di dire la verità anche al villaggio.


L'uomo uscì di casa, seguito da Girtab e dalla giovane guardia, fece così chiamare tutti gli abitanti, tirandoli fuori dai loro letti.
Con il peso nel cuore che lo aveva afflitto per giorni, raccontò loro del grande rimorso che aveva provato, quando vide gettare la ragazza nel lago.
Alcuni fra gli abitanti abbassarono il capo.
Anche se le prove erano state tutte confutate, grazie alla manipolazione di Nib, molti non erano del tutto convinti di quello che stavano facendo, ma non avevano avuto modo di difendere l'amica d'infanzia.
Chrono allora cominciò a raccontare loro la storia del Re Scorpione, del salvataggio di Rea dal lago, dell'accoglienza che essa ricevette alla corte del re e la verità su Nib.
Gli uomini e le donne si indignarono scoperta la verità, si sentirono anche tremendamente colpevoli per aver trattato Rea in quella maniera orribile.
Chrono presentò quindi Girtab ai suoi concittadini.
Inizialmente molti rimasero sorpresi e spaventati alla vista dello scorpione, ma dopo che Girtab spiegò loro il motivo principale della sua venuta, i ragazzi più giovani si fecero avanti.
Avevano sbagliato una volta nei confronti di Rea: quella era l'occasione per porvi rimedio.
Gli scorpioni non erano creature graziose, o comunque venerate o apprezzate particolarmente in quelle zone. Tutti però sapevano, anche se non si conosceva tutta la verità, che gli scorpioni della valle punivano i malvagi. Rea era stata salvata da quegli scorpioni, e non dai suoi stessi amici, che avevano preferito invece dare credito alle parole false di uno straniero.
Guidati da Girtab, si mossero quindi alla ricerca di Nib, il traditore, e della cara Rea. Non c'era molto tempo, la notte stava per giungere al termine.


Non si incontrarono con Antares o Graffias, i quali stavano setacciando un'altra area, ma sapevano che potevano fidarsi, e quindi incominciarono le ricerche nelle loro zone.
Passarono le ore, e il sole si stava già levando. Anche se con il minimo delle forze, i ragazzi continuarono la ricerca, guidati dal saggio scorpione, fino a che non giunse la notizia: Rea era stata ritrovata, e Nib aveva finalmente ricevuto quello che si meritava.


Con gioia tornarono al villaggio, e riuniti tutti quanti, partirono alla volta del villaggio di Altarf.
Quando arrivarono, videro gli abitanti dei villaggi dei due fratelli, Altarf e Tegmine, in festa, persone che brindavano e cantavano. Anche se la ricerca era stata estenuante, tutti quanti avevano solo voglia di festeggiare.
Le guardie di entrambi i villaggi e quelle del re Scorpione, si erano date un gran da fare per fermare gli uomini dello scaltro Nib, e nelle ricerche poi dell'uomo e di Rea. Pur di festeggiare tutti, si davano il cambio nella sorveglianza dei briganti catturati.
Al centro di tutti i festeggiamenti però, v'erano Rea e Antares, acclamati e festeggiati da chiunque.
Erano tutti felici che la giovane fosse stata liberata e salvata appena in tempo, ed erano entusiasti per il Re Scorpione, che ancora una volta l'aveva salvata.
Sebbene lo avessero conosciuto da poco, Antares era già entrato nel cuore degli abitanti dei due villaggi.
Chrono si avvicinò allora alla giovane, e per un attimo i festeggiamenti si fermarono. Per quei brevi istanti, il silenzio calò, avvolgendo il villaggio e tutte le persone che vi erano riunite.
Rea abbracciò Chrono, e prima che lei potesse dire qualsiasi cosa, lui le indicò i suoi vecchi amici, che erano rimasti a guardare distanti la scena.
Uno di loro, a sguardo basso, si avvicinò e si scusò, a nome di tutti per non averle creduto quando lei aveva cercato di avvisarli sulla vera natura di Nib.
Rea rimase spiazzata, non si aspettava di vederli e nemmeno di ricevere così le loro scuse.
Si girò cercando lo sguardo di Antares, il quale, a suo modo, le sorrise.
- Non nutro alcuna rabbia o rancore nei vostri riguardi, - disse lei, - oramai è tutto passato. Nib non è più una minaccia, e siamo tutti liberi. Grazie ad Antares, è lui che ci ha salvati tutti.
Rea si riappacificò con gli abitanti del suo vecchio villaggio. Molti le porsero le proprie scuse, e ad ognuno, lei rispose sorridendo che tutto era a posto. Che tutto era dimenticato e cancellato.
Rea aveva sofferto per quanto era accaduto, ma sapeva che non era tutta colpa loro. Certo, erano stati ingenui, e avevano sbagliato ad affidarsi unicamente alle parole di Nib. Tuttavia, quell'uomo sapeva essere così convincente che era difficile non cedere alle sue parole.
Nib era stato in grado di ammaliare i suoi vecchi amici con una molta facilità, ma alla fine era stato smascherato.
Antares l'aveva salvata, Antares aveva creduto in lei, l'aveva sempre protetta. Aveva cercato di proteggere chiunque. Non poteva fare tutto da solo per poter realizzare il sogno di Sargas, toccava agli uomini fare a propria volta un passo per unire quei mondi che erano stati separati per tanto tempo.
Rea chiese allora che ogni uomo, donna, bambino o scorpione, avesse di che brindare.
- Al nostro re, ad Antares! - i calici vennero alzati, e tutti inneggiavano al suo nome.
Antares era commosso per l'affetto che tutti gli stavano mostrando. Temeva che quel giorno sarebbe arrivato molti anni dopo... Vedere invece che quel loro sogno si stava avverando, aveva commosso il giovane sovrano.
- Non solo a me dovete brindare, ma a Sargas, e anche ai vostri temerari uomini che hanno permesso la cattura di Nib. Spero che da oggi in avanti il nostro possa essere un radioso futuro.
Antares e Rea si scambiarono un dolce sguardo, e la popolazione riprese coi suoi festeggiamenti.
I due erano stanchi, ma la tanta felicità per l'essersi ritrovati, aveva posto rimedio a tutto, cancellando anche le fatiche.
L'indomani avrebbero lasciato il villaggio per fare ritorno al castello, e presto vi avrebbero dato una grande festa. Così come Antares aveva già programmato.
I festeggiamenti, come previsto, si protrassero fino alla tarda serata, ma Rea e Antares si coricarono molto prima: alla fine, la stanchezza tornò a farsi sentire.
- Antares?
- Dimmi, Rea.
- Ti ho già ringraziato oggi per quello che hai fatto?
- Migliaia di volte, e ti ho già detto che non devi ringraziarmi di nulla.
- Se tu non ci fossi stato, però... ammetto che per un attimo ho avuto paura di non rivederti più. - Rea sospirò pesantemente, - Non vederti più era la cosa che più mi avrebbe addolorata.
Antares fu felice nel sentirle dire quelle parole. Nelle dure ore di separazione, anche il suo cuore era afflitto dagli stessi tormenti. Antares voleva ripeterle quello che aveva già provato a confessarle, ma voleva attendere, voleva aspettare un momento più opportuno.
Voleva fare le cose per bene, e aspettare pochi giorni, di certo questo non avrebbe creato alcun problema.
- Ora però devi riposare, Rea. Ne abbiamo bisogno entrambi. - lei gli sorrise, e si coricò accanto a lui.
Rea sapeva che Antares si era innamorato di lei, avrebbe dovuto gioirne sapendo di essere contraccambiata. Ma non poteva farlo.
Lei era felice per il solo potergli stare accanto, ma aveva anche capito che fra loro non avrebbe mai potuto nascere un vero amore.
Le differenze che c'erano non avrebbero potuto essere più grandi. Rea però era decisa a stare per sempre accanto al suo amato Antares.
I due innamorati, donna e scorpione, scivolarono nel sonno, lei con il tormento per quell'amore che sapeva non avrebbe mai visto la luce, e lui con l'amore traboccante per lei, deciso, ad ogni costo, a renderla felice.


Il mattino non tardò ad arrivare, molti si stavano adoperando per pulire il villaggio, e Tegmine, Altarf e Chrono, avevano preparato un piccolo regalo per Antares e Rea.
- È un trattato di amicizia fra i nostri villaggi, e con essa giuriamo fedeltà al re Scorpione. Se mai doveste essere in pericolo, i nostri villaggi si muoveranno per difendervi.
Detto questo i tre fecero un lieve inchino ad Antares.
Il Re Scorpione li ringraziò, promettendo che anche lui, se loro fossero stati in difficoltà, sarebbe accorso in loro aiuto.
Graffias arrivò per salutare i suoi nuovi amici, ma era di gran fretta: avrebbe scortato, assieme ai suoi uomini, i briganti che avevano catturato, e che erano stati al servizio di Nib.
- Oramai non potranno più nuocere a nessuno. Li scorteremo fino alla prigione del fondo valle, là sapranno come raddrizzarli. - Il giovane sorrise, dicendo loro che presto si sarebbero rivisti. Lui e Antares avevano instaurato un ottimo legame: nonostante la breve conoscenza, avevano subito stretto amicizia.
Assieme a Rea, Girtab e agli altri scorpioni, Antares fece ritorno al proprio castello dove ad attenderli c'era l'intera corte. La voce di quanto era accaduto era già giunta fino a loro. Nella valle non si parlava d'altro.
Antares informò subito la madre dell'intenzione che aveva: dare una grande festa a cui avrebbero preso parte gli abitanti dei villaggi coi quali avevano stretto amicizia.
Lui sperava anche di poter, in futuro, rendere tali feste una tradizione. Un paio di volte all'anno almeno, voleva poter invitare quanta più gente possibile per poter celebrare i rapporti amichevoli instaurati.
Il Re Scorpione incaricò Shaula e Rea di occuparsi dei preparativi, dato che lui aveva altri lavori da sbrigare. Si affidava quindi a loro due per portare a termine questo importante compito. Anche se si trattava solo di una festa, per Antares era molto importante. Quello era il primo grande avvenimento che organizzavano, e al quale avrebbero partecipato sia scorpioni che umani.


Rea e Shaula si consultarono a lungo, dividendosi i vari compiti: alla fine Shaula si occupò del salone, mentre Rea scese nelle cucine per poter discutere coi cuochi del menù, dando essa stessa una mano.
Avevano tre giorni a disposizione, e per fortuna avevano già le idee molto chiare. Rea affidò anche a un messaggero il compito di recapitare ad Altarf, Chrono e Tegmine gli inviti preparati da Antares stesso.
Il bel salone, grazie alla cure e alle direttive della brava Shaula, stava risplendendo, le tende di rosso dipinte stavano dando una nuova luce all'ambiente, rendendolo ancora più caldo e accogliente.
Fece portare moltissime candele, e presto molti tavoli cominciarono a riempire la sala. Sotto le sue direttive, gli abili scorpioni sistemarono le varie decorazioni, arrivando a finire giusto in tempo all'alba del terzo giorno.
Nelle cucine, Rea e i cuochi, trovarono un menù perfetto, che potesse accontentare sia gli uomini che gli scorpioni.
Antares aveva provato a convincere altri animali a partecipare, ma nessuno gli rispose. Probabilmente non si sentivano ancora pronti per quel passo.
Il re ne rimase addolorato, ma Rea cercò di consolarlo, dicendogli che dovevano fare un passo alla volta. Presto anche gli altri avrebbero condiviso il suo desiderio e si sarebbero uniti a loro.


Mentre Rea e Shaula si occupavano dei preparativi, Girtab e Antares erano presi dal progetto di quest'ultimo. Il re aveva spiegato all'amico che voleva, una volta finita la festa, rimettersi immediatamente in cammino e raggiungere gli altri villaggi della valle, per presentarsi e cercare di creare nuovi rapporti.
Il progetto sarebbe stato lungo e difficile da portare avanti, ma con calma e pazienza, avrebbero potuto farcela.
Antares avrebbe chiesto a Rea di fare esattamente quanto fatto con Altarf: presentarsi al capo villaggio, raccontare la loro storia, quella di Sargas, la sua storia e quanto successo con Nib.
Forse non tutti si sarebbero trovati ben disposti verso di loro, ma lui era certo che molti avrebbero invece aperto il loro cuore.
Girtab mostrò allora la mappa ad Antares, ed insieme stabilirono il percorso migliore da fare.
Quel viaggio avrebbe richiesto un bel po' di settimane, ma alla fine ne sarebbe valsa la pena.
- E quindi, con Rea che intenzioni hai? Gliene parlerai o aspetterai ancora?
- Se vogliamo partire dopo la festa, è meglio dirglielo subito. No? Gliene parlerò dopo cena. - il piccolo scorpione sospirò.
- Non mi riferivo al viaggio. Dopo il suo salvataggio è cambiata ancora.
- Che intendi con “ancora”?
- Già prima di andare al villaggio era diversa, più rilassata con tutti noi. È sempre stata molto gentile, ma una volta che tu ti sei mostrato, lei si è trovata davvero a proprio agio.
Dopo il salvataggio l'ho vista ancora più serena, e gli sguardi che vi lanciate parlano da soli. - Antares sorrise, non si era ingannato. C'erano stati dei momenti in cui aveva temuto di aver immaginato gli sguardi teneri di Rea. Con quelle parole, Girtab aveva fugato ogni dubbio.
- Lo so, e infatti pensavo di dichiararmi dopo la festa, non appena fossimo rimasti da soli. Pensavo di portarla alla roccia sacra. Pensi sia una buona idea? - La roccia sacra era un luogo nascosto all'interno del castello.
Per raggiungerla bisognava entrare nel giardino e trovare il passaggio segreto che li avrebbe portati sotto le fondamenta del palazzo. Là, oltre alla pietra, giaceva sepolto Sargas.
Quella roccia, si diceva, era dotata di grandi poteri. All'apparenza era una roccia come tante, ma dentro di sé racchiudeva lo spirito stesso della Terra.
- Sì, trovo sia una buona idea. Speriamo allora che anche a lei possa piacere, ma non credo sarà difficile: Rea è molto sensibile a queste cose.
Antares sospirò: non vedeva l'ora di poter dire finalmente alla sua amata quello che da sempre covava nell'anima.
Quella sera Antares spiegò a Shaula e Rea quello che aveva intenzione di fare.
- Ma siete appena tornati! - protestò la madre.
- Sì, però non vedo il motivo di attendere ancora. Tu Rea che ne pensi? - le chiese Antares.
- Io trovo che sia una splendida idea. - le rispose lei entusiasta. Rea non si era mai mossa dal suo villaggio, solo grazie ad Antares era riuscita a vedere nuovi luoghi. L'idea di poter visitare nuovi villaggi la resero molto contenta.
Shaula sospirò, dovendosi adeguare alle scelte del figlio, ma era comunque felice nel vedere i due così affiatati. Mancava meno di un giorno alla festa, e nel castello c'era un gran viavai di scorpioni intenti a sistemare tutto quanto.
Quel luogo non era stato così allegro e gioioso da molto, molto tempo.


Il momento tanto atteso arrivò, e ben presto il castello fu riempito dagli abitanti dei tre villaggi.
Antares li accolse tutti con gran calore, e venne ricambiato con lo stesso trasporto.
Chrono, Tegmine, Altarf e anche Plutone, erano stati fra i primi a mettere piede nel palazzo. Meravigliati da tanta bellezza riempirono il re di molti complimenti. Le voci raccontavano come quello fosse un bellissimo castello, ma la realtà aveva superato la fantasia.
Il sovrano riconobbe molti dei volti dei presenti, e con estrema gioia vide i primi bambini giocare assieme agli scorpioni più giovani.
“Se solo tu potessi vedere tutto questo, Sargas”, pensò Antares. Oramai il salone era stato riempito, ma ancora qualcuno mancava all'appello.
Graffias, che fino a quel momento aveva conversato allegramente con Girtab, gli si avvicinò.
- Complimenti, è tutto splendido, e il salone è meraviglioso. Il cibo inoltre è assolutamente squisito. Una festa ben riuscita! - si complimentò con lui, il ragazzo.
- Ti ringrazio, Graffias. Mi fanno molto piacere sentirti dire questo, vuol dire che una parte del lavoro è andato bene. Dici che anche per il resto della compagnia...
- Stai scherzando vero? Non vedi tutti quei volti distesi e soddisfatti? - Graffias gli sorrise, svelandogli come tutti erano molto contenti, e che era tutto merito suo. Se Antares non si fosse mosso, chissà quando la barriera fra umani e animali sarebbe stata abbattuta. Antares era riuscito a farsi amare, e a far apprezzare al popolo la sua stessa gente. Graffias gli disse che non vedeva uomini e scorpioni in quella sala: vedeva solo gente felice, aldilà delle rispettive differenze. - Qui però manca qualcuno... Dov'è Rea?
Antares sapeva che non doveva essere in ansia, sua madre gli aveva detto che avrebbe impiegato un po' per sistemare la sua Rea per la festa. Gli aveva detto “Non preoccuparti, figlio mio. Vedrai che poi mi ringrazierai”. La festa però era iniziata già da un po' e di Rea non vi era traccia
- Dovrebbe arrivare tra poco. - disse Girtab avvicinandosi ai due. - Ho visto prima Shaula, mi ha detto che erano pronte. - e proprio in quel momento, Antares vide la sua Rea.
Shaula aveva detto bene “Ne varrà la pena”.
Antares non aveva mai visto la sua Rea così splendida.
Con l'aiuto di Shaula, Rea sembrava una vera regina. I lunghi capelli castani erano stati raccolti in una gloriosa treccia adornata di piccole gemme rosse e brillanti. Al collo portava la collana della madre, e Shaula aveva fatto realizzare degli orecchini che si potessero sposare con il prezioso ricordo.
Il vestito non era ornato eccessivamente, ma riusciva ad apparire molto regale. Oro e Rosso erano i colori che dominavano il vestito dalla gonna ampia che arrivava fino alle caviglie.
- Come sto? Non fate quelle facce, mi fate preoccupare. - Rea era visibilmente in ansia. Non era abituata a quel genere di abiti.
- Sei splendida, Rea. Sembri la regina di questo castello. - disse Graffias inchinandosi e chiedendole il permesso di poterle baciare la mano.
- Non immaginavo fossi così galante, Graffias. - sorrise, voltandosi verso Antares in attesa di una risposta.
- Stai molto bene, come dice Graffias, sembri una regina. Spero che mia madre non ti abbia troppo assillata per questa festa.
- Non più del dovuto. Ammetto che non ero del tutto convinta di dovermi vestire a questa maniera, ma vedere la vostra espressione mi ha fatta ricredere. - Rea era davvero felice.
Anche Shaula li raggiunse, pretendendo i complimenti, non solo per la buona riuscita della festa, ma anche per aver reso ancora più bella la giovane.
- La regina c'era anche prima, dovevamo solo tirarla fuori. - Shaula fissò prima Antares e poi Rea. La giovane abbassò lo sguardo, memore anche di un certo discorso che le due avevano affrontato poche ore prima nella sua stessa stanza.
- Adesso credo che mi concederò anche io qualcosa da mangiare e da bere - disse Rea scherzando, spezzando la tensione che provava. - Sto morendo di fame. Volete unirvi a me o preferite starvene qua in disparte a parlare? - Antares non aspettava che il suo arrivo per potersi concedere il pasto. Presero posto al loro tavolo e cominciarono a gustare le deliziose pietanze che avevano preparato i fantastici cuochi scorpione.
La festa stava procedendo come da programma.
La gente si divertiva, cantava e ballava.
Antares pronunciò il suo discorso. Un discorso col quale ringraziava tutti gli ospiti per aver partecipato alla festa, e per aver deciso di aprire i loro cuori a questa nuova realtà. Vedere che la gente non aveva più paura di loro aveva acceso una nuova speranza nel cuore di Antares e nel cuore degli altri scorpioni.
Condivise con tutti questa gioia, ricordando loro la storia di Sargas, quel re tanto buono che per primo aveva voluto credere in quel possibile cambiamento. In quel possibile nuovo futuro.
Annunciò quindi quelli che erano i suoi progetti, il suo viaggio fra i vari villaggi della valle. Il suo sogno e quello di Sargas non finiva con la pace e l'unione dei tre villaggi e della sua gente. Almeno per quanto riguardava la loro valle, voleva poterci almeno provare.
Grida di incitamento e schiamazzi riempirono il salone: erano tutti con lui. Rea era lì al suo fianco, e una lacrima le rigò il volto. Lui sapeva che lei era commossa, soprattutto perché sapeva quanto tutto quello era importante per lui. I festeggiamenti ripresero con ancora più slancio, e quando la serata giunse al termine, Antares condusse Rea alla roccia sacra.


- Che meraviglia. Non immaginavo che sotto al castello ci potesse essere un luogo del genere. - Oltre alla roccia vi era anche una piccola sorgente. Quel luogo emanava un'aria mistica tale che Rea ne rimase subito impressionata.
Antares le indicò anche il luogo dove riposava Sargas, e la giovane fece un piccolo inchino. Grazie a lui, molte cose meravigliose erano accadute, e molte altre sarebbero presto successe.
- Questo è un luogo sacro per noi, ed è importante che questa cosa rimanga segreta. So che posso fidarmi di te, Rea - lei annuì. Antares non sapeva ancora come affrontare l'argomento. Era molto agitato. Nonostante fosse sicuro che lei lo ricambiasse, temeva di poter dire la cosa sbagliata e di rovinare il momento.
- Non vedo l'ora di partire. Saremo impegnati per un bel po' di tempo, ma ne varrà la pena. - Rea sperava che l'agitazione di Antares fosse legata solo a quello. Del resto sarebbe stato molto impegnativo il loro viaggio, e non privo di ostacoli. Trovarsi in quel posto speciale aveva fatto temere a Rea che lui volesse dirle altro. Qualcosa che non riguardava la loro missione, ma soltanto loro due.
- Lo so, e sono felice del fatto che avrò te al mio fianco. Sei una compagna insostituibile, Rea. - Antares si avvicinò alla giovane. Rea lo fissò, e subito ripensò a quanto aveva discusso con Shaula nel pomeriggio.


- Sembri molto più rilassata qui al castello.
- Oh sì, mi dispiace solo di aver impiegato così tanto tempo per riuscire a stare bene. Non avrei dovuto avere così tanta paura. - disse lei con le gote che si arrossavano per la vergogna.
- Era comprensibile, mia cara. Ora ti vedo molto più a tuo agio, e anche con Antares vedo che le cose vanno meglio. Lui è molto contento di questo, lo sai, vero?
- Certo, e lo sono anche io. Non potremmo essere più uniti e felici di così.
Shaula smise di sistemarle l'acconciatura, e chiese alle altre scorpioncine di uscire per prendere altre gemme.
- Rea, tu sai cosa prova Antares per te? - quella domanda così diretta sorprese la ragazza. Decise di essere altrettanto diretta nel risponderle che lo sapeva. - E tu cosa provi per lui?- continuò Shaula. Rea aveva già ammesso a sé stessa quanto provava per Antares. Non si vergognava di quel sentimento che era nato fra di loro, anche se sapeva che un futuro per loro era impossibile.
- Lo ricambio, Shaula. - Le lacrime cominciarono a rigarle il volto.
- Cosa ti turba allora? - Rea inspirò profondamente.
- Anche se ci vogliamo bene, anche se possiamo stare insieme, l'uno al fianco dell'altra, il nostro è un amore che non potrà mai essere completo. Non potremo mai vivere come una vera coppia. Non importa quanto io possa amarlo, o lui amare me. Lui è uno scorpione, e io sono umana.
Shaula avrebbe voluto poterla consolare, ma sapeva che quelle parole corrispondevano al vero. Prima di quella conversazione non era sicura che Rea avrebbe potuto amare sinceramente e totalmente il suo amato figliolo, ma quell'amara confessione le avevano dimostrato quanto la ragazza ci tenesse.
- Ho promesso ad Antares che non l'avrei mai abbandonato, e così voglio fare, separarmi da lui è l'ultimo dei miei desideri. Non gli confesserò mai però i miei sentimenti, e ti pregherei di fare lo stesso. - Rea fissò Shaula, la quale annuì.
- Lui non cederà mai, sono abbastanza sicura del fatto che voglia dichiararsi. Come ti comporterai quando lui lo farà?
- Cercherò di non ferirlo, ma dovrò fare in modo di allontanarlo da me. Forse un giorno riuscirà a trovare qualcuno che potrà renderlo davvero felice. Non importa se non sarò io quella persona. L'importante è Antares. - Shaula pianse con Rea. Non avrebbe mai rivelato quel segreto al figlio, per il bene di entrambi, ma sapeva già che quella scelta avrebbe portato a molte sofferenze per quei poveri innamorati.


- Rea, adesso che sai chi sono e cosa sono, non ci sono più segreti fra noi. Da quando sei arrivata al castello molte cose sono cambiate, e ti vedo molto felice. - lei annuì. - Tu sei felice con me, vero?
- Certo, Antares. Non dovrei esserlo?
- Tutto quello che voglio è vederti felice... mia regina. - Rea sentì il battito del suo cuore accelerare.
- Non ricomincerai ancora con questa storia del vestito? - cercò di sdrammatizzare, lei. Antares però era serissimo.
- Rea, ci conosciamo da molto tempo, anche se è solo di recente che ogni barriera fra di noi è stata abbattuta. Conosco il tuo cuore e tu conosci il mio. Negli ultimi giorni ho capito che il mio trasporto verso di te era finalmente ricambiato.
- No, Antares. Ti sbagli. - la voce di lei tremava, mentre gli doveva dire quell'orribile ed ingiusta bugia. Shaula l'aveva già messa in guardia, ma anche se era preparata, non sapeva come reagire, divisa fra testa e cuore.
- I tuoi sguardi parlavano per te. Perché tenti di nascondere quello che senti? Non meritiamo di essere felici? - lei non rispose, ma Antares non voleva cedere. - Io ti amo, immensamente, e fin da quel giorno di tanti anni fa in cui tu mi salvasti la vita. Anche se non te l'ho mai detto apertamente, in più di un'occasione ho lasciato intendere che i miei sentimenti verso di te fossero molto profondi.
- Non è che ti sei lasciato abbagliare da quell'unico gesto di bontà che tu ricevesti da un'umana? - molte volte lui si era posto quella domanda. Anche Girtab e Shaula avevano cercato di farlo ragionare, ma per lui non esisteva altro che Rea. Aveva imparato a conoscerla, anche se nell'ombra, e lentamente il suo amore per lei era cresciuto.
Quando si presentò a lei come il “Principe dei Sogni”, poté confermare ancora una volta quello che era il suo forte sentimento per lei.
- No, il mio sentimento per te è puro e sincero. So che tu provi lo stesso. Di cosa ti vergogni? Ti vergogni ancora per il mio aspetto? - quell'ultima domanda lasciava percepire tutto il dispiacere e i timori del sovrano. A Rea si stringeva il cuore a quelle parole, ma sentiva che doveva mentire. Mentire per preservarli entrambi da un dolore che sarebbe stato ancora più grande.
- Antares, io ti voglio bene, ma solo come il più caro degli amici. Il tuo aspetto non mi intimorisce più. Ti vedo per quello che sei: il più caro e fidato dei miei amici. Mi spiace, ma non posso ricambiare il tuo amore. Non potrò mai farlo. - dicendogli queste parole la giovane si diresse verso le scale che avevano seguito per raggiungere quel luogo.
- Perdonami, ma sono molto stanca. Se domani vogliamo partire ci conviene sbrigarci e andare a dormire. - Antares non disse nulla, rimase lì, da solo a pensare, mentre Rea se ne tornò nelle sue stanze, scoppiando in un pianto dirotto non appena richiuse la porta dietro di sé.
Shaula e Girtab l'avevano vista passare, ma non ebbero tempo di dire nulla. Avevano già intuito cosa fosse successo, e raggiunsero Antares che era rimasto immobile di fronte alla roccia sacra.
- Forse non era destino, Antares. - cercò di consolarlo Girtab. - Lei però a te ci tiene, di questo puoi esserne certo. - Antares non rispondeva.
- Magari in futuro...
- Lei ha detto che mi vuole bene, ma che non mi ama. Ha detto che non potrà mai amarmi. Cosa ho sbagliato? - Shaula cercò di consolarlo, dicendogli che non c'era alcuna colpa che doveva rimproverarsi.
Cercò di farlo ragionare, ricordandogli, come altre volte aveva provato a fare, che per loro un amore sarebbe stato impossibile.
Dopo molti tentativi, infine, Antares si arrese all'evidenza.
- Alla fine, siamo rimasti amici. Forse era davvero così che dovevano andare le cose.
Col cuore affranto, Antares si ritirò, cercando di riposarsi, ma senza alcun successo.
Il mattino seguente, Girtab consigliò di rimandare la partenza per permettere al re di riprendersi, ma Antares riteneva che quel viaggio avrebbe potuto giovare molto più di una bella dormita al castello. Era inutile aspettare.
Cominciò quindi il loro viaggio nella valle.
Apparentemente fra Antares e Rea sembrava tutto normale, ma lei aveva cominciato a erigere una barriera invisibile fra loro due.
I sentimenti di entrambi non erano mutati. Entrambi soffrivano per la situazione, ma non potevano fare nulla.
Quel viaggio durò un paio di mesi. Non riuscirono a convincere tutti i villaggi a fidarsi di loro, ma molti aprirono il loro cuore ad Antares e agli scorpioni.
Rea aveva cercato in ogni modo di essere d'aiuto, ma non sempre la sua buona volontà era riuscita a far sciogliere i cuori di chi aveva di fronte. Inoltre, quella barriera invisibile che lentamente stava innalzando fra lei e Antares comprometteva involontariamente la buona riuscita del suo compito.
Lei non amava quella situazione. Avrebbe tanto voluto che le cose potessero tornare come prima che lui le si dichiarasse, ma sapeva che non doveva cedere. In cuor suo avrebbe voluto dirgli che tutte le sue parole erano state una bugia, che anche lei lo amava, ma non poteva.
Avrebbe dovuto mantenere le distanze ancora per un po', certa che poi le cose si sarebbero sistemate da sole.


Di ritorno dal viaggio, erano tutti stremati.
L'ultimo tratto di strada era stato particolarmente insidioso, ma alla fine erano riusciti a fare ritorno al castello.
Rea andò subito nelle sue stanze, mentre Antares rimase nella grande sala.
In cuor suo aveva sempre saputo che Rea gli aveva mentito. Sentiva che non gli aveva detto tutta la verità, che per una ragione a lui sconosciuta, lei aveva deciso di nascondergli i suoi sentimenti. Rea lo amava, e Antares ne era convinto.
Avrebbe voluto parlarle, ma lei era cambiata durante quel viaggio, era diventata così distante che non ci riusciva.
Parlavano e scherzavano in compagnia, ma c'era una freddezza che mai prima di allora aveva percepito fra loro. Nemmeno quando lei aveva provato ribrezzo per lui.
Antares si avvicinò al suo trono, e, a voce alta, chiese cosa mai potesse fare per lei, per scoprire la verità.
Vide il trono emanare un lieve bagliore. Non era mai successo prima una cosa del genere. Si avvicinò e vide il cristallo che molto tempo prima la Fata della Terra gli aveva donato.
Lui ricordò allora le parole della gentile fata, e, non sapendo a chi altri rivolgersi, la invocò.
Il trono, e tutta la grande sala, compreso Antares, vennero avvolti da un bagliore accecante.
- Mio buon Antares. È da tanto che non ci vediamo. Cosa posso fare per te?
Antares si voltò, e vide la cara fata che svolazzava per il salone.
- Ho bisogno del tuo aiuto, amica mia, ora più che mai - la fata sorrise in attesa di esaudire le richieste del giovane re.


 
Aggiornamento del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** XII ***


XII



La buona Fata della Terra ascoltò con trasporto tutte le vicende accadute al giovane sovrano.
- Tu sei quindi sicuro che lei ti ami, ma che per una qualche ragione ti ha mentito a riguardo? - chiese lei volgendo il suo sguardo verso Antares.
- Sì, ne sono certo. Da quella sera lei non è più stata la stessa. Le cose stavano andando così bene... - Dalla voce si capiva quanto il povero Antares stesse soffrendo. Il tempo non aveva lenito il suo dispiacere, ma anzi, lo aveva accresciuto, portandolo a diventare quell'enorme macigno che gravava sul cuore del giovane scorpione.
- Lei è diventata più distaccata solo dopo che tu ti sei dichiarato, giusto?
- Sì. Durante il viaggio parlavamo e scherzavamo, ma non era la stessa cosa. Era più tranquilla solo se c'erano altri scorpioni accanto o noi, o altre persone. Cercava anche di evitare di rimanere troppo sola con me. - sospirò lui. - Lei magari crede che io non l'abbia notato, ma non mi è sfuggito questo suo comportamento. Amica mia, non so più che fare. Io sono certo che lei provi qualcosa per me. Se solo potessimo stare insieme come prima, se solo potessimo trovare un modo per...
- Per abbattere l'ultima barriera... - Antares annuì.
- Sono disposto a fare qualunque cosa - disse poi alla fata che aveva già trovato una soluzione.
- Antares, per stare con la tua amata c'è un rimedio, ma dovrai ascoltare bene ciò che ti dirò. Se accetterai però dovrai fare ogni cosa che ti chiederò. Sei pronto ad affrontare qualsiasi sacrificio?
Il Re Scorpione annuì senza pensarci sopra nemmeno un attimo.




Rea si alzò, e come sempre scese nel grande salone.
La notte precedente aveva dormito male, ma ci aveva fatto l'abitudine. Da quando Antares si era dichiarato non era più riuscita a chiudere occhio grazie ai suoi dilemmi interiori.
Dimostrarsi così fredda con Antares le costava una grande fatica, ma sapeva che, in quella maniera, un giorno il suo amato Antares, avrebbe potuto trovare la felicità al di fuori di lei.
Cercò Shaula per fare colazione assieme a lei, le era molto mancata durante quei mesi d'assenza.
Nonostante il poco tempo trascorso assieme, Rea aveva visto in Shaula la figura materna che aveva perduto molti anni prima.
Shaula si era sempre dimostrata molto disponibile e buona con lei.
Inoltre, dopo i fatti della roccia sacra, sapeva che gli altri scorpioni non la vedevano più così di buon occhio. Durante la sua assenza la cosa era trapelata, e molti la accusavano silenziosamente del malessere del loro sovrano. Tutti gli abitanti del castello l'avevano notato.
Rea se ne era resa conto non appena misero piede a palazzo, ed era certa che anche le guardie con cui aveva passato gli ultimi mesi, fianco a fianco, una volta appresa la notizia, avrebbero cominciato ad evitarla.
Girtab le aveva già riferito, durante il loro viaggio, che molti si chiedevano cosa fosse successo fra lei e Antares. La loro freddezza, o per meglio dire la sua, non era passata inosservata.
Molto sottilmente Girtab stesso le fece notare che non si stava comportando bene nei confronti di Antares.
Rea avrebbe voluto gettare alle ortiche i propositi che si era fatta, ma sapeva che se lo avesse fatto, se avesse davvero seguito quello che il proprio cuore le diceva, avrebbe rischiato di ferire ancora di più Antares.
Si ripeteva ogni giorno che un amore fra loro non avrebbe mai dato frutto a nulla. Se loro fossero stati insieme nessuno dei due sarebbe mai stato completamente appagato.
Shaula era l'unica che sapeva la verità sul suo comportamento e sul perché doveva tenere alla larga Antares.
- Finalmente ti ho trovata! - la voce di Shaula interruppe i suoi pensieri.
- Ti stavo cercando anche io. Dopo tutto questo tempo avrei tanto voluto fare colazione insieme. - Le sorrise, ma l'affanno di Shaula non le sembrava normale. - Che è successo? Sembra che sia accaduta una catastrofe.
- Non esattamente una catastrofe. Ma... seguimi che ti spiego tutto. - a quelle parole, Rea sobbalzò. Che poteva essere mai successo per mettere così tanta agitazione a Shaula? Subito temette che potesse riguardare Antares, e infatti non si era sbagliata.
Shaula la condusse nel gran salone, dove ad attenderle c'era Girtab.
Normalmente avrebbe trovato anche Antares, ma di lui non v'era traccia.
- Che succede. Dov'è Antares? - la voce di Rea lasciava trasparire tutta l'ansia che la giovane stava provando. - Gli è successo qualcosa? - Shaula cercò di calmarla, per poter permettere a Girtab di spiegarle cosa era accaduto.
- Questa notte Antares si è incontrato con una nostra vecchia amica: la Fata della Terra. Hanno parlato a lungo e lei gli ha raccontato di un regno, non molto distante dalla nostra vallata.
Secondo la fata ci sono ottime probabilità di allacciare rapporti con esso, e, dopo aver parlato anche con noi, abbiamo convenuto che poteva essere un'ottima opportunità.
- È andato quindi da solo? - Nella sua voce vi era tutto il suo disappunto. La distanza che aveva innalzato fra loro era stata tale da rendersi inutile ai suoi occhi?
- Non esattamente, - le disse Girtab, - lo ha accompagnato la Fata, e hanno già trovato un accordo, se così lo vogliamo chiamare.
- Ovvero? - la voce di Rea tremava. Il fatto che fosse andato da solo proprio non se lo sarebbe mai aspettata.
Non voleva stare lì senza di lui, non dopo aver passato così tanto tempo assieme. Si malediceva per aver lei stessa allontanato lui, seppur con le migliori intenzioni.
- Uno scambio. Il principe del loro regno sarà nostro ospite per un po' di tempo. Antares stesso ha chiesto che tu possa fargli da guida, portandolo magari a vedere i villaggi più vicini. Sempre se te la senti. Antares ha molta fiducia in te. - Non era dunque troppo arrabbiato con lei! Rea, che era quasi sul punto di mettersi a piangere, tirò un sospiro di sollievo.
- A me va bene, se è quello che Antares desidera farò di tutto per rendere onore alla sua richiesta.
In quel momento il portone principale si aprì, e fece il suo ingresso il principe Cal del regno di Bal Acrab.
Rea arrossì alla sua vista, era senza dubbio l'uomo più affascinante che avesse mai visto.
I lunghi capelli lisci erano scuri, ma la luce che filtrava dall'esterno rivelava delle sfumature rossastre. Gli occhi erano anch'essi scuri, e la figura era alta, slanciata e atletica. Portava un leggero pizzetto, che lo rendeva ancora più misterioso e affascinante.
I vestiti di lui rivelavano la provenienza esotica: Rea non aveva mai visto dei vestiti così strani e stoffe così lucenti.
Non appena lui li raggiunse, Girtab si affrettò a fare le presentazioni. - Rea, permettimi di presentarti il principe Cal. -
Il principe le fece un inchino, e Rea contraccambiò porgendogli poi la mano che il principe baciò. Quel bacio fu come un tiepido soffio, come il primo tocco del sole caldo dell'estate.
- È un vero piacere conoscervi. Ho sentito molto parlare di voi. - Rea si stupì.
- Vi ringrazio, è un piacere anche per me. Ma come fate ad aver sentito parlare di me? Non siete appena arrivato?
- Prima di giungere qui, ho avuto modo di parlare col vostro sovrano, e i suoi racconti sono stati molto... come dire, incisivi. Anche se la sua descrizione non vi rende affatto giustizia. - Rea arrossì per il complimento fattole dal giovane principe.
- Vorreste essere così gentile da farmi fare un giro del castello?
Rea acconsentì, ma solo dopo aver cercato conferma negli sguardi di Shaula e di Girtab.
La ragazza mostrò al principe ogni parte del castello, compresa la biblioteca e il giardinetto che lei aveva imparato ad adorare.
- Girtab avrebbe saputo rendere più giustizia di me a questo immenso palazzo. Non vivo qui da moltissimo tempo, come ben saprete, e negli ultimi mesi sono anche stata assente. - Il principe si fermò, e Rea si girò verso di lui.
- Certo. Il re me ne ha parlato. Voi amate davvero stare qui? Da quello che ho capito siete l'unica umana - il principe si avvicino a Rea, erano così vicini che il cuore di lei cominciò a battere forte nel petto. Il suo sguardo aveva un che di malinconico, ma al contempo riusciva ad essere penetrante.
Subito distolse imbarazzata lo sguardo, - Ma certo. Questa è diventata la mia seconda casa. Sono molto grata ad Antares per tutto quello che ha fatto per me. - Rea cercò di calmarsi. L'unico uomo dal quale si era sentita attratta fisicamente si era rivelato essere un mascalzone.
Lei non conosceva ancora questo principe, eppure le sembrava che fosse un uomo perbene, non un essere meschino come Nib.
Nonostante il suo grande fascino però, il cuore di lei sarebbe stato per sempre devoto unicamente ad Antares.
- Ho forse detto qualcosa di sconveniente? - Il principe aveva un'aria talmente sconsolata che Rea non poté trattenere un sorriso.
- Affatto, Vostra Altezza. Il vostro sguardo era molto intenso, tanto da mettermi quasi in soggezione. Non dovreste guardare in quel modo una ragazza così giovane. - scherzò lei nella speranza di poter smorzare la sua tensione.
Il principe fu sorpreso dalle sue parole.
- Perdonate la domanda indiscreta, da quanto mi è sembrato di capire, fino a non molti mesi fa voi eravate in procinto di sposarvi. Sono stato male informato? - Rea si stupì più per il fatto che Antares, non poteva essere stato altri che lui, era stato così incline al pettegolezzo. Non conosceva questo aspetto della sua personalità. L'aveva sempre ritenuto molto riservato. - Stavolta temo di aver toccato un tasto dolente, - disse il principe notando una certa tensione nella giovane. - vi chiedo scusa.
- No, state tranquillo, quella è una storia vecchia. Sì, stavo per sposarmi, ma quell'uomo non era interessato davvero a me, anzi, si è rivelato essere invece un mascalzone della peggior specie. Non ho perso molto e anzi, sono stata salvata da un destino tutt'altro che gioioso. Sono più che altro sorpresa del comportamento di Antares. Non immaginavo che avrebbe discusso con voi, uno sconosciuto, di questi dettagli riguardanti la mia vita privata. - Il principe sembrava quasi che si sentisse ancora più colpevole di fronte a quelle parole. - Non vi crucciate, principe, non è colpa vostra.
- Non pensiate che abbiamo voluto spettegolare su di voi. Il Re Antares ci ha raccontato la storia che vi ha visti coinvolti. Il re ha semplicemente risposto a qualche domanda.
- Capisco. Voi... No, nulla. - Rea arrossì, e cambiò discorso, dicendo che era tardi e che dovevano sbrigarsi a raggiungere la sala per la cena.
Cal avrebbe voluto chiederle che domanda stesse per fargli, ma preferì lasciare perdere.


Passarono un paio di giorni, durante i quali il principe Cal e Rea passarono insieme tutto il loro tempo. Dopo avergli mostrato ogni luogo possibile del palazzo, eccezione fatta per i passaggi segreti e il luogo dove giaceva Sargas, per Rea era giunto il momento di condurlo ai villaggi, come del resto aveva suggerito di fare lo stesso Antares. Anche se non ne aveva parlato direttamente con lei. Rea era ancora giù di morale per la partenza di lui, e per l'importante incarico affidatole da Antares senza che fosse stato Antares stesso a farglielo presente. Le aveva sempre parlato di tutto, resa partecipe di ogni sua decisione, e quell'improvvisa scelta senza che lui la coinvolgesse, l'aveva fatta star male.
La sua lontananza, inoltre, le pesava, ma a questo riuscì a porre rimedio Cal.
Fra loro due si era subito creata una speciale intesa, e Rea riprese a sorridere come quando era con Antares. Prima della grande festa. Prima della dichirazione.
Nonostante inizialmente la giovane avesse cercato di mantenere un comportamento consono, il principe Cal aveva dimostrato di essere molto alla mano, di animo nobile e gentile.
Non voleva essere chiamato con gli appellativi di “principe” o “Vostra Altezza”, voleva essere semplicemente chiamato per nome. Aveva insistito tanto per essere trattato con familiarità da Rea, e infine ci riuscì.
- Domani potremmo fare un giro nei villaggi. Che ne pensi? Hai ancora un po' di giorni da trascorrere qui, quindi perché non approfittarne per vedere i dintorni? - gli propose Rea subito dopo cena.
- Trovo che sia una splendida idea. - le sorrise lui. - Non vedo l'ora.
Quando giunse il momento di coricarsi i due si salutarono, contenti per la gita imminente. Per Rea sarebbe stata anche la prima occasione per rivedere gli amici che non vedeva da ben due mesi.


- Credi davvero che sia giusto mentirle così? Un'altra volta? - chiese allora Shaula al principe che, invece di dirigersi nelle sue stanze, era entrato nel salone.
- Lo so, lo so, madre, ma la Fata ha detto di fare così.
- Eppure io credo che questa sia una pessima idea. Se lei si innamorasse di questa forma tu moriresti. - la voce di Shaula era spezzata dal pianto. Raramente Antares, ora Cal, aveva visto la madre piangere. L'uomo si inginocchiò, e prese la madre fra le mani.
- Fidati di me. Io sono certo di quello che ho sentito, anche se devo metterla alla prova in questa maniera, io sono sicuro che la supererà. La supereremo insieme. - Shaula si calmò, ma pose ad Antares una domanda che per un attimo lo fece dubitare della scelta che quel giorno aveva preso, in quella stessa stanza in cui si trovava in quel momento.
- E se una volta scoperto l'inganno, Rea si arrabbiasse a tal punto da fuggire? Se non accettasse questa scelta che tu hai fatto? - Antares non ci aveva mai pensato, ma sapeva che poteva fidarsi delle parole della fata.
- Rea capirà. Capirà perché l'ho fatto e mi perdonerà. Noi siamo legati indissolubilmente, niente ci separerà mai.
Shaula non rispose. Sapeva quanto Rea ci tenesse a lui, e come promesso la madre scorpione non aveva rivelato al figlio ciò che sapeva. Ma non poteva evitare la pena che provava nel cuore.


Quando lui l'aveva mandata a chiamare quella sera in cui era avvenuta la sua trasformazione, era rimasta ammutolita.
Non riusciva a credere a quello che stava accadendo.
La Fata della Terra capì fin dal principio che Rea era davvero innamorata di Antares, ma sapeva anche che la giovane umana aveva rifiutato il sovrano scorpione per le reciproche differenze. La Fata, però, aveva una soluzione. Avrebbe concesso al re un dono: lo avrebbe reso umano, ma solo temporaneamente. Antares avrebbe assunto una nuova identità, quella del principe Cal della lontana terra di Bal Acrab. Rea non avrebbe mai dovuto scoprire chi lui fosse realmente, e nessuno avrebbe mai dovuto rivelarglielo.
Sotto le sembianze di Cal, Antares avrebbe potuto avvicinarsi ancora di più alla giovane. Ma se questa non fosse stata in grado di confessare i suoi veri sentimenti entro la fine dell'ultimo giorno concesso come umano dalla fata, l'incantesimo sarebbe cessato, e avrebbe preteso la vita di lui come scotto.
Se invece, Rea avesse dimostrato e ammesso una volta per tutte, quello che in cuor suo provava, Antares sarebbe sopravvissuto e avrebbero potuto continuare a vivere insieme.
- Fidatevi di me. Tutto avrà un senso ai vostri occhi quando ogni cosa sarà compiuta. - disse loro la fata.
Shaula cercò di dissuadere il figlio. L'ultimo giorno che la fata avrebbe concesso loro, coincideva con il Sacro Rito degli Scorpioni. Antares vi avrebbe dovuto partecipare in quanto re. Era la loro tradizione.
Se gli fosse accaduto qualcosa in quella circostanza, secondo gli antichi, una disgrazia senza pari avrebbe colpito per oltre cent'anni il loro popolo.
Inoltre non poteva permettere al suo unico figlio di sacrificare inutilmente la sua vita, anche se mosso dalle intenzioni più nobili.
- Non accettare, Antares. Potremmo trovare un altro sistema. Lei a te ci tiene, non serve mettere a repentaglio la tua vita. - Shaula supplicò il figlio, e a lei si aggiunse anche Girtab. Ma le loro preghiere non sortirono alcun effetto.
- E sia, Fata. Accetto le tue condizioni, sono sicuro di voler tentare.
- Come desideri, mio Re. Buona fortuna.
E con quelle parole la Fata della Terra lasciò il castello con un bagliore e regalò al sovrano un nuovo corpo umano.


- Speriamo davvero che vada come dici.- disse Shaula.
- Fidati di me. - lui le fece l'occhiolino.
- Ti preferivo prima, sai, Antares? Certo, per essere un umano non sei bruttissimo, ma come scorpione sei più affascinante. - Antares rise di gusto, e si diresse verso le stanze degli ospiti.


L'indomani mattina, Rea e Cal partirono presto per raggiungere il villaggio di Altarf.
Non avevano preso delle guardie con loro dato che la valle era ormai sicura.
Antares aveva comunque fatto in modo già da molto tempo, di lasciare che alcune guardie scorpione vegliassero sui villaggi e sulle strade.
Se mai avessero avuto bisogno di aiuto, gli sarebbe bastato invocare il loro intervento.
Quando giunsero al villaggio, Altarf fu molto sorpreso nel vedere la giovane in compagnia dello sconosciuto principe. Rea spiegò allora al vecchio amico chi fosse Cal e del perché fossero arrivati al villaggio.
L'uomo si dimostrò gentile come sempre, ma di tanto in tanto lanciò strane occhiate al giovane che accompagnava Rea.
Arrivò anche Graffias che, non vedendo Antares ma solo Cal, le porse le stesse domande che già Altarf le aveva fatto.
Rea e Cal passarono la prima giornata fuori dal castello godendo della compagnia dei due fratelli, visitando i rispettivi villaggi e ammirando i bei panorami che avevano dinnanzi.
Altarf e Tegmine si contesero i giovani, entrambi ritenevano di poter offrire loro un'ottima sistemazione, ma alla fine fu il primo a vincere.
Il giorno seguente, Rea e Cal raggiunsero il vecchio villaggio di Rea, dove, ad attenderli, vi era Chrono che ripeté loro la stessa domanda che già i due anziani fratelli avevano posto il giorno precedente.
- Quando tornerà Antares? - chiese il capo villaggio.
- Non dovrebbero mancare molti giorni, giusto Cal? - Rea si voltò verso di lui, e il principe fece cenno di sì con la testa.
- Sarai impaziente di rivederlo, immagino. - l'anziano sorrise, ma Rea abbassò il capo. A Chrono non sfuggì quella reazione, e le chiese immediatamente se fosse successo qualcosa.
Rea era molto imbarazzata, anche per via della presenza di Cal. Non voleva parlare di cose così personali davanti a lui. Pur stimandolo, e pur trovando molto gradevole la sua compagnia, preferiva non parlare direttamente dei propri sentimenti per Antares con lui.
- Sono successe delle cose che... ci hanno allontanati, ecco. - Rea aveva cercato di far capire loro che non aveva intenzione di dire altro. Il vecchio Chrono sospirò, mentre Cal la fissava con apprensione.
Il principe prese la mano fra le sue e le chiese di guardarlo.
- Qualsiasi cosa sia successa, ne dovreste parlare. Sono certo che anche lui sente la tua mancanza, e che soffre per la vostra lontananza. Non parlo solo del fatto che ora lui non è a palazzo. - Le parole di Cal la toccarono profondamente. Sembrava quasi che lui sapesse che problema la affliggeva, e in quel momento Rea pianse, sfogando la sua tristezza fra le braccia di quel principe. Anche se non era Antares, si sentiva come avvolta dal suo calore.
Rimasero ospiti da Chrono per la notte.
Prima di andare a letto, Rea ringraziò Cal per averla consolata.
- Di nulla, mi spiace solo vederti in questo stato per colpa sua. - Per un momento, Rea si risentì di fronte a quelle parole.
- Non è colpa sua, alla fine, tutto questo è colpa mia. Solo mia!
- Non capisco... - Rea avrebbe voluto mordersi la lingua per essersi lasciata sfuggire quelle parole.
- Nulla, lascia stare. Scusami, ma è tardi, è ora di andare a letto. - Cal le afferrò la mano e la attirò a sé abbracciandola.
Rea poteva sentire il suo cuore battere, batteva così forte che avrebbe potuto squarciargli il petto. Lei fece per divincolarsi, ma lui sembrava non voler cedere.
“Solo qualche minuto”, le sussurrò dolcemente. Sembrava una supplica la sua, come se quell'abbraccio avesse il potere di salvarlo da un destino già segnato e avviato verso la fine.
Per un momento fu per Rea un viaggio nel passato.
Fu come se fosse tornata al tempo in cui per lei Antares era “il Principe dei Sogni”. In quel momento non sentiva il principe Cal accanto a sé, ma il suo primo amore.
Prima di sciogliersi da lei, lui le diede un bacio sulla fronte, e le augurò la buonanotte.
Rea riuscì a malapena a chiudere occhio. Quell'azione, quel gesto inaspettato, il ricordo di Antares come Principe dei Sogni l'avevano sconvolta.


Una volta che si era fatta mattina, i due ripartirono alla volta del castello, ma nessuno dei due riusciva a rivolgere la parola all'altro.
La tensione era tale che sembrava quasi un reato spezzarla, ma alla fine, Cal cedette, e le parlò nella speranza di poterla calmare.
- Scusami per ieri. - Rea era come in trance.
- Cosa?
- Ti chiedo scusa per quell'abbraccio, e il bacio. Temo di essere stato troppo irruento nei tuoi confronti, non avrei dovuto osare tanto.
Se all'inizio Rea era tesa e come in un altro mondo, in quel momento, aveva ripreso possesso di sé, ed era diventata rossa per l'imbarazzo.
- Era molto inatteso in effetti, ma non dovete scusarvi. Se provate simpatia nei miei riguardi, non posso che esserne lieta. La vostra compagnia mi è molto gradita, Cal, e vi trovo molto simpatico. - Rea si era rimessa sulla difensiva, dato che non lo trattava con la solita familiarità. Ma Cal non si preoccupò di questo: non sapeva se gioire per ciò che disse di Antares la sera prima o rimanerci male. Alla fine era una confessione rivolta sempre a lui, anche se aveva un'apparenza umana.
Una volta spezzato il silenzio, sembrava pace fatta fra i due.
Erano quasi giunti al castello, quando un maestoso cavallo gli sbarrò la strada.
Cal spalancò gli occhi non appena lo vide, e Rea lo notò subito: pensò che fosse normale stupirsi di fronte a un animale così splendido. Non poteva certo immaginare che i due si conoscessero.
L'animale fece un piccolo inchino, e parlò, rivolgendosi a Rea.
- È molto tempo che non ci vediamo, Rea, l'ultima volta eri in fin di vita. - Rea capì subito chi fosse quello stallone.
- Voi dovete essere Matar. Giusto? - il cavallo annuì, e lei gli fece un profondo inchino.
- Grazie per avermi salvata, mi spiace che sia passato così tanto tempo da quel giorno. Non ho mai potuto ringraziare voi o i pesci per il salvataggio.
- Un giorno dovresti andare dall'altra parte del lago. Penso che anche Alpherg sarebbe contento di ricevere i tuoi ringraziamenti. - Rea gli sorrise.
- Lo farò, grazie per avermelo ricordato.
- E Antares? Lui dov'è? - si rivolse a Rea, ma il suo sguardo severo era puntato verso l'uomo. Sembrava quasi che ai suoi occhi Cal fosse un pericoloso estraneo... o un traditore ben noto.
Rea gli spiegò la situazione, ma il cavallo continuò a fissare Cal, sempre più con rabbia.
- Quindi ti ha abbandonata qui con... quest'uomo? - Matar sembrava sul punto di caricare verso il principe, e Cal aveva cominciato a ricambiare gli sguardi rabbiosi che il cavallo gli lanciava. Rea intervenne, anche se non sapeva come mai c'era tanta tensione fra quei due.
- No, non è così. Te l'ho detto, è una questione diplomatica. Antares è nel paese di Cal per conoscere quel luogo lontano, le abitudini dei suoi abitanti e quant'altro. Cal è venuto qui per le stesse motivazioni.
Il cavallo però sembrava non essere soddisfatto.
- Non avrei dovuto lasciarti a loro, ma portarti con me.
- Come?
- Gli avevo chiesto di prendersi cura di te, e lui ti ha lasciata sola! - Rea non capiva cosa stesse accadendo. Cal le parò un braccio davanti intimandole di mettersi dietro di lui.
- Io non capisco. - la giovane era spaventata e stupita. Sembrava che Cal capisse cose di cui lei invece era stata tenuta all'oscuro.
- Tranquilla, ti proteggerò io. - le disse sicuro Cal. Rea aveva una strana sensazione quando gli stava accanto. Era una sensazione che non le era nuova, era familiare e la rendeva sicura. E quella cosa la turbò.
Pensava che solo con Antares avrebbe potuto provare quelle emozioni. Si sentiva come se stesse tradendo il suo re, il suo amato re.
- Spostati, umano! - disse con disprezzo Matar. - Questa giovane verrà con me, dove sarà al sicuro e felice per il resto dei suoi giorni. - il suo tono era duro e autoritario mentre guardava Cal, ma si addolcì quando rivolse la sua richiesta a Rea. -Molti anni fa tu mi salvasti la vita. Sei l'unica umana per la quale io provi rispetto. Avevo detto ad Antares che se non si fosse preso cura di te, sarei tornato. Tu non sei felice, lo sento, e devi ammetterlo anche con te stessa. Vieni con me. Ti prometto che non soffrirai mai più.
Rea gli sorrise e fece cenno a Cal di spostarsi.
Lui la guardò sbigottito, ma lei insistette. Non sapeva cosa fare, ma dietro la perseveranza di lei, finì per lasciarla passare, temendo di perderla.
Lei allungò una mano, e Matar le permise di accarezzargli il muso.
- Mi spiace, Matar, ma il mio posto è accanto al mio re. Ho fatto una promessa, e intendo mantenerla. - gli fece abbassare la testa e gliela baciò. Cal poté trarre un sospiro di sollievo, anche se si chiedeva se la fedeltà di lei non fosse più legata a quello che le aveva fatto promettere mesi prima, ancora prima della cattura di Nib.
Lui le aveva chiesto di scegliere, se rimanere con lui per sempre, o di sparire per sempre. Lei aveva risposto a Matar in quella maniera perché si sentiva legata a lui per la promessa, o perché mossa da sentimenti più profondi?
- Ne sei sicura? - le chiese il cavallo, e lei annuì.
- Antares è molto importante per me, non voglio lasciarlo, e anche se adesso è distante, io... - aveva gli occhi occhi lucidi per l'emozione.
Matar non disse nulla e lasciò che Cal le mettesse un braccio attorno alle spalle tremanti della giovane.
- Tu, - disse riferendosi a Cal, - devi dire ad Antares di non osare mai più lasciare qua sola Rea. O verrò a prenderla, che lei lo voglia o no. Non posso permettere che lei soffra se lui non è in grado di renderla felice. - le parole erano dure, però Rea capì anche quanto Matar tenesse a lei, e lo ringraziò.
Cal guardò fisso negli occhi severi e intransigenti di Matar.
- Non preoccuparti, al Re scorpione verrà recapitato il tuo messaggio seduta stante.
Cal sapeva che Matar lo aveva riconosciuto, e sapeva anche che il cavallo non stava facendo quelle minacce a vuoto.
Entrambi tenevano a Rea, ma il trasporto di Antares per la giovane era maggiore e niente e nessuno li avrebbe separati. Niente e nessuno avrebbe potuto allontanarlo da lei.
Rea aveva detto che ci teneva a lui, e questa era un'ammissione a metà. Anche a lui stesso aveva detto le medesime parole davanti alla roccia sacra, ma solo per un discorso di amicizia.
Rimaneva solo poco tempo a disposizione per Cal-Antares. Rea avrebbe dovuto aprire di più il suo cuore, altrimenti, per colpa dell'incantesimo, il re l'avrebbe davvero abbandonata per sempre.


A ritorno al castello erano entrambi molto stanchi, ma trovarono comunque il tempo per cenare.
Non discussero di quanto accaduto con Matar, Rea gli chiese soltanto se era in pensiero per quanto successo, ma Cal non era per nulla turbato.
Durante la cena, Shaula si lasciò sfuggire delle parole che vennero colte da Rea, e immediatamente, spinta dalla curiosità, chiese di cosa si trattasse.
- Ballo degli scorpioni? - Shaula sussultò. Guardò di soppiatto Cal, che le fece cenno di continuare.
- Ogni anno celebriamo il Sacro Rito degli Scorpioni, chiamato anche “ballo degli scorpioni”. Non è nulla di che...
- Non sono la benvenuta, forse? - a Rea venne di getto porre quella domanda. Non appena aveva chiesto di cosa stessero parlando sembrava che avesse fatto una domanda molto sconveniente.
- Beh, se volete potete anche assistere, ma vi pregherei di non intralciare il tutto. - Shaula sembrava in difficoltà mentre cercava di spiegare a Rea di questo strano rito. - Potreste seguire dalla balconata. - suggerì infine.
- Potrebbe essere interessante, non trovi? - Cal sembrava contento, e Rea si acquietò. Finì poi per darsi della stupida per aver sospettato di non essere gradita. Shaula era dalla sua parte, era diventata una sua carissima confidente. In realtà, la madre scorpione aveva stuzzicato di proposito l'interesse della sua amica umana affinché lei e Cal potessero assistere assieme alla sacra promessa d'amore che gli scorpioni si scambiavano ogni anno tramite quel rito. Sperava che l'aura di quell'importante evento potesse spingerla definitivamente a dichiararsi.
Era la loro ultima possibilità. Per entrambi.
Shaula avrebbe voluto spiegare la verità a Rea, ma se lo avesse fatto, avrebbe condannato a morte lei stessa sia lui che lei.


Passarono dei giorni e Rea e Cal sembravano più due bambini, che due adulti, dato che giocavano e si rincorrevano in giardino.
- Non dovremmo comportarci così, lo sai? - chiese Rea a Cal, riprendendosi dalla lunga corsa.
- Nessuno ce lo vieta in questo momento.
- Hai ragione. Provo dispiacere nel sapere che presto ripartirai. Spero che potremo rivederci un giorno. - disse lei con una punta di malinconia nella voce.
- O forse, potresti venire con me. - le suggerì lui.
- Quando Antares vorrà tornare nel vostro regno, io mi unirò a lui.
- Non era questo che intendevo. - le prese la mano e la baciò.
- Rea... - lei ritrasse la mano e si alzò.
- Fa molto caldo oggi, che ne dici di andare a prendere qualcosa di fresco da bere? Temo che il caldo possa farci brutti scherzi. - lei stava cercando in tutte le maniere di allontanare dai suoi pensieri quanto lui aveva appena fatto.
Cal si alzò e la seguì, riconoscendo gli stessi comportamenti che Rea aveva avuto nei suoi riguardi come Antares, dopo che si era dichiarato a lei davanti alla roccia sacra.
- Stasera ci sarà il famoso ballo degli scorpioni. Non vedo l'ora di vedere di cosa si tratta. - disse lei voltandosi verso di lui.
- Sono certo che sarà emozionante. Saliremo in balconata subito dopo avere cenato, e da lì potremo vedere tutto. - Shaula aveva spiegato loro quando e cosa fare. Li aveva anche ammoniti, dicendo di non fare troppo rumore. Ci sarebbe stata un po' di musica, ma era essenziale che loro non disturbassero in alcun modo la cerimonia.


Rea si comportò come se nulla fosse, e subito dopo aver finito di cenare, trascinò con forza Cal nella balconata.
Attesero per un bel po', l'impazienza di Rea li aveva fatti arrivare con largo anticipo, ma alla fine videro entrare moltissimi scorpioni.
Una lieve musica cominciò a riempire il salone. Gli scorpioni si muovevano, gironzolando per tutta la grande stanza, e cominciarono a formarsi le prime coppie.
Rea li fissò meravigliata, mentre questi si afferravano per le chele e compievano quella strana e affascinante tradizione. Come rapiti da una sorta di danza, gli scorpioni si univano per dare vita a quell'antico rito. Lo chiamavano ballo, ma in realtà era il modo in cui gli scorpioni suggellavano l'amore che provavano l'un l'altro.
- Vuoi ballare, Rea? - le chiese Cal ad un certo punto. - La musica arriva fino a qui e bene o male il rito è quasi finito, perché non approfittarne?
Rea ci pensò, e alla fine accettò. Non era una grande ballerina, ma si stava divertendo.
- Sai perché è così importante questo rito? - le chiese Cal ad un tratto.
- No, perché, tu sì? Comincio a intuire che significhi, ma non ne sono ancora del tutto certa - lui annuì.
- È importante perché questo è un rito della fertilità. Le femmine presto aspetteranno i loro piccoli, e una nuova generazione di scorpioni verrà al mondo.
- In pratica è come se molti di loro si fossero sposati, no?
- Una specie. - le sorrise Cal.
- È molto particolare, e trovo molto dolce che si afferrino per le chele.
- Un po' come stiamo facendo noi ora. - disse Cal stringendole la mano e tenendola salda in vita.
- Non è proprio lo stesso, ma sì, è simile.
La musica era finita e gli scorpioni lasciarono la stanza, ma Cal e Rea continuarono a ballare.
- Cosa hai detto prima? - chiese Cal. Rea ripensò a quello che aveva detto riguardo il rito.
- Ho detto che era particolare e dolce.
- E poi? - le chiese. Lei deglutì, e ripeté le stesse parole che aveva pronunciato poco prima.
- Ora noi stiamo facendo le stesse identiche cose, quindi, dovrebbe valere anche per noi. - disse Cal.
- Non essere sciocco, è diverso. - Cal pensò bene alla risposta da darle, e alla fine trovò quella perfetta.
- Hai ragione, in effetti per noi umani è differente. - Rea poté tirare un sospiro di sollievo. Adorava la compagnia di Cal, ma a volte aveva paura di aver acceso in lui un interesse non opportuno.
- Sposami, Rea.
- Come? - balbettò lei, fermandosi all'istante.
- Come hai ben notato, per noi è diverso. Ci sono determinati passi da fare, e io voglio essere corretto. Mia dolcissima Rea - disse inchinandosi, - vuoi sposarmi?
Quella proposta inaspettata era un ultimo gesto disperato, nella speranza che lei finalmente potesse dirgli la verità che a lungo aveva tenuto celata nel suo cuore.
Rea si voltò, dirigendosi verso le scale, ma Cal la fermò.
- Non mi hai risposto. Almeno una risposta dovresti darmela. - disse lui serio. Il suo volto divenne pallido, e cominciava a sentirsi molto affaticato.
- Mi spiace, non posso. Ora lasciami andare. - lo guardò con l'ansia che cresceva, notando come il principe non avesse un buon aspetto: era pallido, e sembrava affaticato. Pur cominciando a preoccuparsi vedendo l'uomo in quelle condizioni, non voleva restare lì.
- Perché no?
- Non ti devo spiegazioni. Un no dovrebbe esserti più che sufficiente. - dopo l'ansia iniziale, stava ritirando fuori la grinta. Non gli doveva alcuna spiegazione. Voleva solo andare a letto e aspettare che Antares tornasse a casa da lei.
- Non ti piaccio? Ho fatto qualcosa di male?
- No. Sei un uomo affascinante, e la tua compagnia mi era molto gradita prima di questi tuoi insulsi comportamenti. - Cal sembrava però non voler allentare la presa. Rea si dimenava sperando che lui la lasciasse andare.
- Che cos'ho che non va allora? C'è qualcosa di me che non ti piace, ti faccio sentire a disagio?
- Nulla di tutto ciò. Lasciami andare, ti prego. - le voci di entrambi erano stanche e rotte per le emozioni che in quel momento si scuotevano dentro di loro. Rea era confusa, agitata, non sapeva più che cosa fare. Cal-Antares si sentiva sempre più esausto, più spossato, come se le sue energie lo stessero abbandonando...
- Facciamo finta che non sia successo nulla, Cal.
- No, ti prego, rispondimi. - lui si accasciò a terra, quasi senza più forze, ma tenendo ancore la mani di lei, aggrappandosi a lei, a Rea, l'unica cosa al mondo in grado di non farlo precipitare nel vuoto. La ragazza sospirò, capendo che non aveva scelta, se non quella di dirgli la verità, certa che quella verità avrebbe potuto porre fine alle sofferenze che aveva inflitto al principe, pur senza volerlo.
Cal non sapeva se queste sue reazioni, il suo essere possessivo, fossero dovute più a quella nuova identità che aveva assunto e che lo stava privando delle energie, o se erano le stesse reazioni che avrebbe voluto esprimere quando venne rifiutato per la prima volta, quando avrebbe voluto pretendere da Rea una vera risposta. Quando ancora era Antares.
Gli rimaneva solo poco tempo ormai, e se lei non gli avesse detto la verità, non solo sarebbe stato tutto inutile, ma la sua vita sarebbe cessata, e il suo popolo condannato.
“ E se mi fossi ingannato, se davvero lei non mi amasse?” dubitò Antares. Arrivò a dubitare di quella che per lui era sempre stata una certezza. E questo pensiero era per lui peggiore di qualunque sconfitta, peggiore della morte stessa che di lì a poco avrebbe potuto coglierlo. Ma ancora un barlume di speranza risplendeva nel suo cuore.
Rea lo guardò, con gli occhi ricolmi di lacrime.
- Mi dispiace, Cal. Sei una splendida persona, ma non posso accettare la tua proposta. Amo già un'altra persona, e contro lui non potrai mai, né tu né altri, avere la meglio. Mi dispiace. Stando con te ho avvertito sensazioni simili, mi sentivo protetta, e mi sono divertita molto. Ma lui mi manca di più. Anche se non potrò mai stare con lui, anche se il destino ci è avverso, anche se la mia sola consolazione è vederlo, io resterò al suo fianco.
Per ragioni che non voglio spiegarti, sono costretta a tenerlo a distanza, ma il mio amore per lui è tanto forte quanto lo è il suo. - la voce di Rea tremava e le lacrime le rigavano il viso. Ma era come se si fosse liberata di un peso immenso.
- Anche se Antares non potrà mai stare davvero con me, io gli resterò per sempre fedele. Io lo amo, lo amo... lo amo immensamente, con tutto il mio cuore!
Cal la fissò esterrefatto. All'improvviso, sentì di nuovo le energie scorrere in lui. Quindi si alzò e la strinse a sé, sorridendo e piangendo al tempo stesso.
Antares lo sapeva. Rea lo amava. Sapeva che Rea non avrebbe mai potuto scordarsi di lui e innamorarsi dell'affascinante principe Cal.
Antares sapeva che Rea lo amava davvero.
Lo aveva sempre saputo.
E sapeva anche ciò che sarebbe accaduto di lì a poco: una luce eterea esplose, e la Fata della Terra apparve per la prima volta di fronte ad una sbalordita Rea.




 


 
L'angolo di Shera ^^

Eccoci oramai giunti al tanto sospirato finale (intendo il prossimo capitolo, salvo che non mi vengano altre idee).
È in fase di scrittura, e credo di essere a metà dello stesso. Credo, perchè ho ancora alcune cose da scrivere, e probabilmente una piccola "guest star" tratta da altri miei racconti ^^ il che lascia ben poco all'immaginazione, per chi ha già letto altre storie che ho scritto. 
Per quelllo che sto per dire non intendo paragonarmi a questo colosso della letteratura, ma mi vedo sempre più simile a Lovecraft.
Il mio ragazzo ne è un grande estimatore, e prima che mi perdessi anche io nella lettura delle sue opere mi aveva parlato di lui, di come si fosse dedicato a molti raccontini, che avrebbe poi ripreso per dare vita a storie più ampie.
"La ricerca dello sconosciuto Kadath" ne è un validissimo esempio. Prima di leggere questo romanzo, mi son letta alcuni racconti che sarebbero stati poi ripresi nel romanzo. "Il modello di Pickman", è stato il primo che ho letto, la prima novella di Lovecraft della mia vita, e non a caso è la mia preferita.

Questa mia storia era partita da quella che voleva essere una oneshot, ma avevo capito che non mi sarebbe bastato, e avevo in mente tre capitoli. Eccoci arrivati allla soglia del dodicesimo che dovrebbe veder conclusa questa storia.
Non ho questo grandissimo seguito, ma spero che quei pochi di voi che saranno giunti fin qui, possano apprezzare il mio lavoro, e che i miei personaggi abbiano loro lasciato qualcosa.
Ho già in mente alcune modifiche, non so se definirle essenziali o meno, ma che daranno un qualcosa in più a certi aspetti della storia.
Grazie a tutti per essere arrivati fin qui, e grazie al mio fantastico beta <3, per il sostegno e i preziosi consigli.
Ti amo ♥


Oh, il nome Cal, scelto per la forma umana di Antares, e il paese di provenienza, Bal Acrab, altro non è che il nome alternativo di Antares. Questa luminosa stella della costellazione dello scorpione è infatti conosciuta anche come Calbalacrab.

Se vi intereassa, il mio ragazzo ha realizzato queste due splendide fanart. La terza arriverà prima o poi, con protagonista Matar ;):
http://antivsartlesspage.deviantart.com/art/Rea-538732082

http://antivsartlesspage.deviantart.com/art/Cal-541515872?q=gallery%3AAntivsArtlessPage&qo=3

Al prossimo capitolo

 
Aggiornamento del 25/08/2015

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** XIII ***


XIII



- Finalmente ci incontriamo, Rea. - la piccola fata fece un inchino mentre svolazzava davanti alla giovane. Cal liberò Rea dall'abbraccio, e la ragazza si avvicinò alla creatura che le stava di fronte.- Io sono la Fata della Terra. - A Rea quella voce pareva familiare, eppure non aveva mai incontrato alcuna fata. Aveva sempre creduto che quelle creature piccoline, dalle fattezze umane, non esistessero nemmeno. Non riusciva a credere a ciò che aveva di fronte.
- Perdonatemi, la vostra voce mi è familiare, ma non riesco a ricordare dove...
- Ti avevo detto di fidarti delle tue sensazioni, ricordi? È passato del tempo, ma non credo tu abbia dimenticato... - Rea cercò di ricordare, e quelle parole avevano infatti riportato alla memoria un ricordo, che a lei però era sempre sembrato solo un sogno. Era successo la prima volta che aveva parlato con Antares dopo essere giunta al castello. Prima di coricarsi sentì una risata e delle parole. Parole dolci e che la spronavano a fidarsi del proprio cuore.
- Eravate voi dunque...
- Sì, e ho sempre sperato di poter vedere questo momento. Ce ne è voluta per farti seguire il mio consiglio, ma finalmente ce l'hai fatta. - disse la fatina sorridendole. Cal, che fino a quel momento era rimasto silenzioso al suo fianco, si fece avanti e si inchinò dinnanzi alla fata.
- Grazie per tutto quanto, amica mia. - disse Cal rivolgendosi alla fata, che gli sorrise.
- Alla fine avete fatto tutto quanto con le vostre sole forze. Non devi ringraziarmi. Ammetto che per un momento ho temuto che poteste non farcela, ma alla fine, mio caro, sei stato in grado di spingerla a dire la verità.
- Ma voi due vi conoscete? Di cosa state parlando? Io non riesco a capire - Rea posava il suo sguardo prima sull'uomo e poi sulla fata. Ma nessuno dei due rispondeva. Arrivarono anche Girtab e Shaula. - Qualcuno può dirmi che sta succedendo? - chiese sempre più spazientita. Avrebbe voluto mantenere una certa calma, ma sentiva che tutti quanti le avevano nascosto qualcosa, qualcosa di molto importante. Nessuno però sembrava voler parlare. - Shaula, Girtab, almeno voi... - li pregò Rea.
- Antares, forse è il caso che sia tu a spiegarglielo.
Rea voltò di scatto la testa, aspettandosi di vedere il suo amato Re Scorpione, ma non lo vide. Rea si guardò attorno, ma Antares non arrivava, si voltò allora verso Shaula, la quale aveva lo sguardo posato su Cal.
- Non... può... essere. - si portò le mani alla bocca. Cal non poteva essere Antares.
- Rea, perdonami se ti ho mentito. - disse Cal, o meglio, Antares, confermando quello che la giovane stava pensando. Lui si avvicinò, ma lei fece un passo indietro, rifiutando la mano che lui la stava tendendo.
- Come... e soprattutto, perché? Perché mentirmi e mettere in scena questa farsa? - Rea era arrabbiata e delusa. Come avevano potuto farle credere a tutta quell'immensa bugia? Come aveva potuto lui mentirle, lui che diceva tanto di amarla? Ma soprattutto, come aveva potuto lei non notare le somiglianze fra Antares e Cal?
Lo stesso sguardo dolce, i modi di fare, le premure che Antares le aveva sempre mostrato, erano le stesse che aveva avuto nei suoi riguardi anche vestendo i panni di Cal.
- Mi avete tutti mentito! - Rea disse quelle parole con disprezzo. Era come se tutti quanti avessero tradito la sua fiducia.
- Rea, io ero così demoralizzato per il tuo rifiuto e il tuo allontanamento da me, che alla fine ho chiesto aiuto all'unica persona che forse avrebbe potuto aiutarmi.- disse volgendo lo sguardo verso la Fata della Terra. - Io ho sempre saputo che dietro al tuo rifiuto c'era dell'altro, sentivo di essere ricambiato, ma non capivo il perché tu ancora non mi volessi. Ero a pezzi dopo il nostro rientro, e quando mi ritrovai da solo nella sala del trono quella sera, la chiamai, e lei mi offrì il suo aiuto.
Per stare insieme ero disposto a qualunque sacrificio, anche dare la mia vita se necessario.
- Che vuoi dire? - chiese lei.
- Se tu non gli avessi confessato i tuoi sentimenti, o se ti fossi innamorata della sua nuova forma, senza sapere chi lui fosse, Antares avrebbe perso la vita. - quelle parole pronunciate dalla fata, furono come un pugnale trafitto nel petto per la povera Rea. Stava realizzando in quel momento di aver quasi perso il suo amato Antares.
Con rabbia Rea si scagliò contro di lui, dandogli uno schiaffo e cominciando a battergli i pugni sul petto.
- Stupido! Sei un stupido Antares! - cominciò a singhiozzare e si fermò. Lo guardò, e lui poté cogliere tutta la sua paura. Lei non aveva saputo fino a quel momento quanto era stata vicina dal perderlo, e quella scoperta l'aveva sconvolta. - Non hai pensato alle conseguenze delle tue azioni? Se le cose fossero andate male, io... senza te che avrei fatto? - Antares la abbracciò, nonostante lei avesse provato a resistergli.
- Non mi hai lasciato altra scelta. In che altro modo avrei potuto farti dire quello che provavi? Continuavi a respingermi, e io ero terrorizzato da quel muro invalicabile che avevi eretto fra noi. - Rea si morse il labbro nel sentire le sue parole. Sapeva che quella sua scelta avrebbe portato a grandi sofferenze per entrambi, ma non avrebbe potuto immaginare che lui avrebbe rischiato così tanto per lei.
- Non credere che per me sia stato facile. - disse lei con voce spezzata dai singhiozzi che stava cercando di reprimere. - Ti ho respinto solo perché per noi non sarebbe stato possibile sperare in un futuro normale. Siamo troppo diversi... Ma non pensare, non credere mai che io voglia stare lontana da te. In questi giorni ho sentito la tua mancanza e... ogni giorno mi chiedevo come stessi trascorrendo le tue giornate. Se stessi bene e se mi avessi pensata, anche solo un poco. - Rea stava tremando, e Antares la strinse ancora più forte a sé, accarezzandole dolcemente la testa.
- Mia cara, dolce Rea. Valeva la pena rischiare per sentirti dire che anche tu mi ami. Volevo solo spingerti ad aprire finalmente il tuo cuore senza più paura. Più di una volta avrei voluto dirti che ero io, ma non potevo, avevo promesso di non farlo. Erano le condizioni. - sospirò Antares, mentre le spiegava quanto anche lui fosse stato in difficoltà durante la sua trasformazione. - Io, però, per la prima volta, potevo starti vicino come essere umano. Ti avrei voluta tutta per me, avrei voluto potermi comportare come un qualsiasi uomo innamorato. - Antares arrossì, e Rea, vedendolo così indifeso e tenero, gli sorrise. Lui le accarezzò tremando i capelli che le incorniciavano il viso - Ora però, mia adorata, non devi più nascondermi nulla, e promettimi che rimarrai con me.
Rea era molto incerta su cosa dirgli. Lui le aveva mentito, e l'aveva corteggiata sotto mentite spoglie. Però tutte le sue azioni erano state mosse dal fatto che era stata lei per prima a nascondergli la verità. Se lui aveva agito in quella maniera, era solo per poter arrivare al suo cuore. Nonostante tutto, era sempre il suo Antares, e non importava più nulla, se non il fatto che si amavano.
- Solo a una condizione, Antares.
- Questo significa che mi hai perdonato per averti mentito e nascosto tutto questo?
- Tu mi hai perdonato per non averti mai detto quanto profondamente io ti ami? - Rea sorrise, mentre Antares le annuiva contento.
- Dunque, quali sono le tue condizioni? - le chiese Antares con la gioia che aveva illuminato il suo volto.
- Solo se mi prometti di restare con me per sempre e di non nascondermi più la verità. - Antares l'abbracciò e la baciò. Antares e Rea erano finalmente felici e liberi. Anche Shaula e Girtab, testimoni silenziosi di quelle dichiarazioni, erano contenti.
- Mi spiace interrompere questo lieto momento...
- Perdonatemi, Fata della Terra. - disse Rea, facendole un inchino. - Se io e Antares ora siamo finalmente felici, lo dobbiamo solo al vostro aiuto.
- Oh, così mi fate arrossire. - rise lei.
- Ora riporterete Antares alla sua forma originale? - chiese Rea. Antares si sorprese di quella domanda, dato che sapeva oramai che l'unico motivo che aveva spinto la sua adorata a respingerlo, era la sua reale forma. Non perché a lei non piacesse, ma per le ragione legate alla loro natura, di umana e di scorpione.
- Ma Rea, se io tornassi ad essere uno scorpione, noi due non...
- Va bene così Antares, sarò comunque la tua regina, no? - lui la abbracciò e la riempì di baci, fino a che la fata non si schiarì la voce per farlo smettere. Lui si scusò cercando di sopprimere una risatina.
- Cara Rea, se vuole Antares può mantenere questo aspetto. Resta comunque il re degli scorpioni.
- No, non posso chiedergli un sacrificio del genere. Che ne sarebbe del sogno di Sargas? - Antares prese le mani di lei e con dolcezza le disse quello che sentiva.
- Rea, non importa con quale aspetto io cerchi di portare avanti il suo sogno. L'importante è provarci. Insieme. - Nella sua voce si sentiva la grande emozione che provava nel dire quelle parole. - Fino ad oggi non mi son mai sentito un vero re, ma solo un principe che aspettava l'arrivo della sua adorata principessa. Della sua amatissima regina. Tu mi stai rendendo un re migliore, mia amata. Insieme porteremo avanti il sogno di Sargas, e credimi quando ti dico che ce la faremo. - Rea sorrise al suo Antares. Shaula stava piangendo a dirotto, mentre Girtab cercava di consolarla.
- Adoro i lieti fine. - disse singhiozzando la fatina. - Dunque, se è questo ciò che desiderate, sarò ben lieta di rendere questo incantesimo permanente. Vi auguro ogni felicità, miei cari. - in coro, Antares e Rea, la ringraziarono.
- Senza di voi nulla sarebbe stato possibile, io avrei continuato a tenere per me i miei sentimenti, - disse Rea, e nella sua voce vi era una nota di imbarazzo, - e avrei ancora tenuto a distanza il mio adorato Antares.
Antares baciò la mano di Rea e rivolse i suoi ringraziamenti alla fata per aver reso possibile la loro unione.
- Miei cari, sono così felice che voglio farvi un altro dono! - disse così la fata, con gli occhi che brillavano dalla gioia. - Ora che Antares è umano voi potrete stare insieme come una normale coppia, ma se dovrete portare a termine il sogno di Sargas sarete molto impegnati, troppo. Non mi sembrerebbe giusto privarvi di altro tempo prezioso. - si imbronciò leggermente dopo aver pronunciato quelle parole. Antares prese la parola anche per Rea, certo che avrebbe approvato anche lei quanto lui stava per dire.
- A noi però va bene così. Non ci sono problemi. Erano i nostri programmi già da molto tempo. È la nostra missione.
- Non avrei saputo esprimere meglio di Antares quanto ha appena detto. Questa esperienza sarà meravigliosa e inoltre faremo insieme questo viaggio, per cui non sarà proprio una perdita di tempo. - La fata non era per nulla d'accordo con i due innamorati.
- Io però posso fare in modo che tutti possano andare d'accordo fra loro. In tutto il mondo, io potrei ricreare il legame perduto fra uomini e animali. Certo richiederà un bel po' d'energia, ma posso farcela. Dovete solo chiedermelo. - La fata sorrise, in attesa che i due giovani le dessero una risposta. Bastò uno sguardo fra loro due, per capirsi a vicenda.
Antares e Rea erano sempre andati d'accordo, e c'era sempre stata una tale sintonia, che le parole a volte non servivano nemmeno. Rea annuì, e Antares si rivolse alla fata che gentilmente si era offerta di realizzare quel grandissimo sogno attorno al quale si erano succedute così tante vicende che ci sarebbe voluto un libro per poterle narrare al meglio.
- Mia cara e vecchia amica. Siamo onorati del tuo aiuto e del tuo supporto, ma non possiamo accettare questa tua proposta.
- E perché mai?! - chiese la fatina sull'orlo del pianto.
- Perché non sarebbe giusto. - rispose Rea.
- Sarebbe bello poter far esaudire qualunque nostro desiderio senza alcuno sforzo, ma per alcune cose bisogna lottare, e darsi da fare ogni giorno per riuscire ad ottenere dei risultati. Sono certo che Sargas sarebbe d'accordo con le mie parole. Lui credeva nel suo sogno, e per questo siamo noi a doverlo far realizzare, e non la magia. - Rea e Antares si tennero stretti per mano, come a voler rendere la loro decisione ancora più solida.
- Come son fiera di te, piccolo mio. - disse Shaula fra i singhiozzi.
La fata sorrise, e annuì con la testa.
- Capisco, e rispetto la vostra decisione. - Rea e Antares, sorridendo, si scambiarono una dolce occhiata. - Vi auguro ogni felicità, ma non temete, perché tornerò presto. Ci rivedremo per il vostro matrimonio, che sono certa non tarderà nell'essere celebrato. - con quelle parole, la Fata della Terra, sparì inondando di luce l'intera stanza.


La Fata della Terra fece ritorno nel mondo incantato dal quale proveniva, dove ad aspettarla c'erano le sue fate compagne.
Non appena raggiunse le sue amiche, venne riempita di domande. Quello che aveva portato a termine era un compito molto importante.
- Bentornata, piccola Gaia.
- Divina Iris! - Iris era la divinità che vegliava su quel luogo e su molti altri. Era una divinità dotata di gran cuore e amore rivolto verso tutte le creature.
- Hai fatto un ottimo lavoro con quei giovani. Ti faccio i miei complimenti, abbiamo visto giusto anche questa volta. - la dea le sorrise, e la piccola fata arrossì per i complimenti.
- Io però sono dell'idea che non avremmo dovuto metterli alla prova, ma aiutarli davvero con il progetto di Sargas. - si azzardò a dire la fata. La dea non si scompose, e prese in disparte Gaia.
Nonostante la curiosità, le altre fatine non si avvicinarono, temendo di poter essere riprese dalla dea. Per questioni serie la divina Iris, non ammetteva interruzioni.
- Gaia, sei ancora giovane come fata, e hai ancora così tanto da imparare. Quei due ragazzi dovevamo metterli alla prova per capire se erano davvero degni del dono che avevamo loro fatto. Antares ha sempre cercato di farcela con le sue sole forze, aiutato dagli amici e dalla madre, ma sfruttando unicamente le forze terrene, e non la magia. - la dea si sedette nel bel prato verde che costeggiava il laghetto vicino al tempio nel quale viveva.
- Antares ti ha chiesto aiuto quando aveva capito di non riuscire a fare quel passo in più. Sapeva che uno dei loro limiti, se non addirittura l'unico, era la loro natura, quella di scorpione e quella di umana. Lui ha fatto bene in quella circostanza a chiederti una mano. Ma non per il sogno di Sargas. Quei due sono certi di potercela fare con le loro sole forze. Loro vogliono, - Iris mise tutta la sua enfasi in quell'ultima parola, - farcela con le loro forze. La magia deve essere solo un piccolo aiuto, quella piccola spinta, ma non il motivo di riuscita. Loro sanno che se fosse la magia a far avverare quel sogno, sarebbe solo una costrizione nei confronti degli altri, e non il vero desiderio degli uomini di andare oltre a quel muro che tiene ora lontani animali e umani. Capisci ora? - La dolcezza con cui la dea aveva cercato di spiegare alla fatina il perché aveva dovuto proporre ad Antares e Rea di realizzare il grande sogno di Sargas, riuscì a sortire l'effetto sperato. La fatina finalmente capì le intenzioni della divina Iris.
Se i due giovani si fossero accontentati di veder realizzato, senza alcun impegno, quello che era il loro obiettivo, la loro missione, oltre il poter stare insieme, avrebbero dimostrato di non essere poi così puri di cuore.
- Perché non me lo avete detto prima? - chiese allora la piccola Gaia.
- Perché avresti dovuto arrivarci da sola. - la piccola Gaia sembrò rattristarsi a quelle parole. Come se avesse fallito, ma la dea la consolò. - Cara, piccola Gaia. Hai fatto grandissimi progressi, e sei riuscita in questa importante missione che è durata parecchi anni. Hai vegliato prima su Sargas, e in seguito anche su Rea e Antares. Ma non solo, hai sempre avuto un occhio vigile, cercando di aiutare chiunque fosse in difficoltà. Non direttamente hai aiutato gli altri, ma hai fatto in modo che le brave persone trovassero qualcuno che potesse dare loro un aiuto. Ad esempio hai spesso aiutato Rea a trovare le creature in difficoltà, in modo che lei le potesse aiutare. Tu hai fatto incontrare Rea ed Antares, e sebbene nel libro del destino il loro incontro era già scritto, sei stata tu a metterli l'uno sul cammino dell'altra - il dolce sorriso di Iris fece illuminare il volto della piccola Gaia. - Io sono davvero molto fiera di te. Certo, devi ancora crescere, voi fate godete di una vita estremamente lunga, e la vostra crescita è altresì rallentata. Sei ancora così giovane, ma hai già molte esperienze alle spalle. Devi essere orgogliosa per tutto quello che hai fatto fino ad oggi. - La fatina era così commossa a quelle parole che pianse e abbracciò la sorridente Iris.
- Asciugati le lacrime e sorridi. Raggiungi le tue amiche, che hanno ancora molto da chiederti e divertiti assieme a loro. - la dea si allontanò, mentre Gaia e le sue amiche presero parte a una piccola festa che avevano organizzato per il ritorno della fatina dal suo grande incarico.


Dopo che la fata li lasciò, i due innamorati decisero di non perdere tempo, avevano aspettato anche fin troppo, e fissarono il giorno delle tanto sospirate nozze.
I primi giorni dopo l'annuncio del matrimonio, e anche la spiegazione data al popolo degli scorpioni di quanto era accaduto, aveva lasciato loro senza parole. Molti erano scettici riguardo il cambiamento subito dal loro sovrano, ma ben presto si dovettero ricredere.
Antares era sempre lo stesso, aveva solo un aspetto differente, ma il cuore, quello era rimasto il medesimo.
I due giovani stavano per coronare il loro sogno d'amore, e volevano condividere con chiunque la loro immensa felicità.
Passarono quei giorni che precedevano il matrimonio sempre insieme, raccontandosi storie, o passeggiando nel cortile del castello. Antares rivelò a Rea che in realtà il suo sogno, era sempre stato quello di giungere a quel tanto sospirato momento. L'amore che c'era fra i due non era più ostacolato dalla loro natura diversa, finalmente erano liberi di stare insieme.
Rea si era abituata al vecchio aspetto del suo amato Antares, ma in forma umana potevano veramente sentirsi uniti più che mai.
- Farò un po' di fatica ad abituarmi a questo tuo nuovo aspetto. Del resto io ho cominciato ad amarti come scorpione.
- Non mi dirai che rimpiangi il mio vecchio aspetto? - Rea sorrise.
- Un po', ma non posso dire che così tu non mi piaccia. - lo baciò sulla guancia, e lui di rimando la abbracciò teneramente. - I tuoi occhi però son gli stessi. Son gli stessi occhi dolci del mio amato re Scorpione. Non importa quale che sia il tuo aspetto, Antares è sempre Antares.
Antares baciò Rea, e la prese in braccio, portandola nel giardino dove aveva fatto allestire il gazebo per la loro cerimonia nuziale.
Con le lacrime di gioia, lei lo ringraziò, emozionata e innamorata come non mai.


Nel mondo di Antares e Rea, era giunto il giorno tanto atteso: il matrimonio del principe Scorpione e della sua amata.
Shaula aveva aiutato Rea a prepararsi, come sempre aiutata dalle sue infaticabili assistenti, e il risultato lasciò senza fiato Antares che non riuscì quasi a parlare per parecchi minuti.
La giovane era davvero splendida, coi capelli sciolti e una corona di fiori in testa. Il vestito avorio corsettato dalla gonna vaporosa, la rendevano un poco impacciata nei movimenti, ma alla fine la giovane si abituò.
Lei era raggiante, e lui era, come sempre, innamorato perso di lei.
Girtab, dal canto suo, aveva aiutato lo sposo trepidante, nella sua preparazione. Rea era arrossita immediatamente vedendo il suo amato Antares con quei bei vestiti di seta pregiata.
Entrambi gli abiti erano stati fatti utilizzando le preziose stoffe che Plutone gli aveva regalato tempo prima, subito dopo la cattura di Nib, come piccola ricompensa per quello che avevano fatto e come segno di amicizia.
Accorsero dai villaggi vecchi e nuovi amici: Chrono, assieme ai fratelli Altarf e Tegmine, Graffias, le tante guardie e gli abitanti dei rispettivi villaggi. Persino Plutone il mercante riuscì a unirsi ai festeggiamenti, portando come dono un ricordo dal suo paese lontano.
Era una rara reliquia del suo paese, una tavola di legno intagliata.
Raccontava la storia di una donna che si innamorò di uno dei grandi lupi antichi che vegliavano sul mondo.
Dopo molte difficoltà, avevano anche loro potuto coronare il loro sogno d'amore, e così lei divenne lupo per poter trascorrere il resto della sua vita accanto al suo amato.
Quella storia fece commuovere i freschi sposi, rivedendo in quella coppia anche loro stessi. Ringraziarono calorosamente Plutone per lo splendido regalo che prontamente venne fatto appendere nella grande sala.
Anche quella storia meritava di essere raccontata e ricordata. Non solo Sargas aveva creduto in quel sogno, ma altri prima di lui, e altri ancora sarebbero venuti dopo di loro.


Giunsero anche i capi villaggio che Antares e Rea avevano conosciuto durante i mesi di viaggio.
Inaspettatamente giunsero anche alcuni dei capi che non avevano voluto nemmeno incontrare Antares, gli stessi che non avevano neppure lasciato Rea finire il proprio racconto, scacciandola dalle loro terre. Fu solo dopo aver parlato con alcuni amici dei villaggi adiacenti che capirono di aver commesso un errore, ed erano ansiosi già da tempo di porre rimedio al torto fatto. Giunta la notizia dell'imminente matrimonio, si fecero coraggio e si misero in viaggio per raggiungere il castello di Antares e porgere, oltre alle congratulazioni, le proprie scuse per la cecità mostrata in passato.
La sorpresa dei giovani sposi fu enorme, e accolsero con gioia gli ultimi arrivati.
Il castello era gremito di gente, e non solo.
Oltre agli umani, anche alcune creature del mondo animale che avevano deciso di prendere parte al lieto evento. Quella era la prima volta che altri animali, oltre agli scorpioni, si mostravano aperti all'intera comunità umana della valle.
Rea non si sorprese affatto nel vedere una vecchia conoscenza.
Fu lei stessa a chiedere ad Alpherg di partecipare al suo matrimonio pochi giorni prima, chiedendogli se poteva risalire il fiume e raggiungere il castello percorrendo il torrente che passava all'interno della tenuta.
Il matrimonio che si sarebbe celebrato all'aperto, avrebbe permesso anche ai pesci di potervi assistere.
Rea non aveva scordato le parole che Matar le aveva rivolto quando si erano incontrati. Non era giunta al lago solo per recapitare l'invito, ma anche per ringraziare l'amico per averla salvata quel lontano giorno.
Il pesce era rimasto molto sorpreso nel vederla, e appresa la notizia di quanto era accaduto, gioì con lei accettando volentieri l'invito, promettendole che avrebbe fatto di tutto per convincere anche Matar a partecipare, dato che era già stato invitato dalla ragazza. Il cavallo, tuttavia, aveva rifiutato di partecipare.
Alpherg aveva detto a Rea che Matar era terribilmente testardo, ma che ci teneva a lei, e che lui stesso avrebbe fatto quanto in suo potere per convincerlo.
E come promesso, quel giorno, Matar e alcuni dei suoi amici, giunsero al palazzo di Antares, porgendo dei fiori a una sorridente Rea.
- Sono davvero felice di vederti, Matar. E sono anche contenta di poter conoscere i tuoi amici. - Matar non fu di molte parole, ma in compenso, i suoi amici, fecero subito amicizia con Rea.
Matar sembrava in imbarazzo, ma riuscì comunque a scambiare qualche parola da solo con Rea.
- Sei ancora in tempo. Se lo volessi non avresti che da chiederlo, e io ti porterei via con me. - Rea però scosse la testa.
-Caro Matar, vorrei poterti accontentare, ma è questo il mio posto. È qui che c'è il mio cuore. Tu e la tua famiglia sarete sempre i benvenuti, la tua amicizia mi sarà sempre cara. Hai fatto molto per me, e io te ne sarò per sempre riconoscente.
Il cavallo appoggiò la fronte contro quella di Rea, sussurrandole che lei avrebbe avuto per sempre un posto nel suo cuore.
Quando giunse anche Antares, Matar gli fece le sue congratulazioni, scambiando i consueti sguardi d'intesa, quindi si riunì al suo gruppo, mentre i festeggiamenti continuavano.
A un certo punto, fece ritorno nel palazzo anche la Fata della Terra per benedire i novelli sposi.
- Ho un dono per voi. - disse lei sorridendo allegramente.
Rea e Antares si affrettarono a ringraziarla, dicendole anche che non era necessario, dato tutto quello che aveva già fatto per loro, ma la fatina non volle sentire ragioni e porse agli sposi un pacchetto.
Antares lo aprì: era un libro con la copertina rigida in cuoio, sulla quale era stata incisa l'effige di uno scorpione, e il profilo di una fanciulla.
Aprì il libro, ma le pagine erano bianche.
Antares e Rea si guardarono stupiti.
- Questo libro lo dovrete riempire voi. È la vostra storia quella che dovrete andare ad inserire, così che anche le generazioni a venire possano prendere esempio dalla vostra meravigliosa esperienza e dal vostro grande amore. Possiate essere felici e vivere una vita meravigliosa.
Con quelle dolci parole, la fatina se ne andò come sempre, avvolta da una luce meravigliosa, che a Rea parve ancora più meravigliosa di quanto non ricordasse.


- Grazie a tutti voi per essere giunti al castello per festeggiare le nostre nozze. - disse Rea, rivolgendosi ai loro ospiti. La giornata era trascorsa molto bene, animali e umani erano riusciti a passare insieme tutto il tempo e sembrava che nessuno di essi avesse vissuto male quell'esperienza. Antares e Rea ne erano rimasti molto compiaciuti e volevano concludere la serata al meglio dato che presto sarebbero andati a dormire. - Non potete immaginare quanto io sia felice di vedervi tutti qui riuniti per festeggiare assieme a noi il raggiungimento di questo sogno. - gli applausi, i fischi, o i versi degli animali, risposero gioiosi alla nuova regina. Rea non la smetteva più di ringraziare, e Antares prese il suo posto e con esso la parola.
- Grazie anche da parte mia. Io e Rea non potremmo essere più lieti, e dobbiamo ringraziare voi tutti, perché ognuno, nel suo piccolo, ha fatto qualcosa per noi nel corso della nostra vita, rendendoci migliori di giorno in giorno. Oramai tutto conoscono la nostra storia, il nostro non è stato un amore semplice, ma anzi, per poter essere qui oggi ne abbiamo passate tante, e il nostro cammino non è che all'inizio. Oggi il nostro sogno di stare insieme è stato finalmente coronato, e questo è il meraviglioso preludio a un sogno più grande: l'unione tra gli uomini e le creature. Io e Rea vogliamo ancora vedere realizzato il sogno di Sargas, e presto ci rimetteremo in cammino, nella speranza di riunire anche gli altri villaggi della valle. Noi siamo convinti che questo possa realizzarsi, ma dobbiamo impegnarci tutti per la sua riuscita. Non sarà una cosa che si realizzerà da sola, ma richiederà l'impegno di ognuno di noi. Spero che condividiate il nostro pensiero e che vi unirete a noi per la sua riuscita.
Inaspettatamente il primo a dare segni di assenso fu proprio Matar, ben noto fra gli animali per essere sempre stato contrario al quel sogno e a qualunque contatto con gli uomini, eccezione fatta ovviamente per Rea. Il cavallo cominciò a battere rumorosamente gli zoccoli a terra come segno di approvazione, e poco dopo a lui si unirono anche i suoi compagni equini.
Graffias fu il primo umano a dare il proprio assenso e lentamente tutti gli invitati fecero sentire tutto il loro appoggio al re e alla regina con applausi e grida festose.
Di fronte a un tale miracolo, Antares si inchinò davanti a Rea e prese le sue mani fra le sue.
- Grazie, mia dolce regina, per aver reso possibile tutto questo, con il tuo amore e il tuo immancabile sostegno. Ma soprattutto, grazie per essere diventata mia. Prometto che ti renderò felice, e ogni giorno resterò al tuo fianco. Ammetto che spesso sono stati i consigli di mia madre e di Girtab ad aiutarmi, ma di giorno in giorno ho potuto maturare, solo per poterti finalmente raggiungere. Il mio cuore ti appartiene, oggi come ieri e da qui all'eternità! - con le lacrime agli occhi, i due si strinsero.
Antares e Rea avrebbero dato inizio ad un nuovo futuro, pur sapendo che il loro sarebbe stato un cammino pieno di difficoltà. Erano certi che se si fossero fidati l'uno dell'altra avrebbero potuto superare ogni ostacolo.


Pochi giorni dopo, la novella coppia di sposi ripartì con un piccolo seguito di uomini e animali.
Non fu facile, con alcuni abitanti dovettero riprovare più volte, con alcuni impiegarono anni, ricevendo insulti, venendo accusati di stregoneria e altri misfatti.
L'amore però che Rea e Antares provavano l'uno per l'altra, e l'affetto col quale il loro seguito li sosteneva, riuscì a far breccia nel cuore di coloro che ancora dubitavano nel sogno di Sargas, e alla fine anche la valle si riunì sotto lo stendardo dello scorpione.
Tra vittorie, felicità, dolori e fatiche, la vita di quella dolce coppia venne allietata, un bel giorno, dalla nascita di due gemellini: Wei e Dshubba.
Il che diede alla coppia una buona ragione per anticipare la festa ricorrente che veniva data al palazzo di Antares.
Come il buon re aveva promesso, ogni anno venivano date sontuose feste, alle quali venivano invitati tutti i loro amici, vecchi e nuovi.
Antares, Rea e i loro amati figli vissero una vita serena, fatta di viaggi, nuovi amici e del loro incessante amore.
I due sovrani avevano trasmesso agli amati figli il loro sogno, e sapevano che un giorno, anche loro avrebbero continuato a inseguire quel desiderio che il buon Sargas aveva espresso molti anni prima. Espandendolo ben oltre il grande lago salato del Sud, oltre il quale, si diceva, esisteva un nuovo continente inesplorato.
- Non importa come, è solo una questione di quando, giusto mia regina?
- Se non saremo noi, saranno loro a portare avanti questo meraviglioso sogno. - Rea non aveva mai immaginato di poter essere così felice e così piena di speranza per il futuro.
- L'importante, mia adorata, è restare insieme.
- Per sempre, mio re.
I due innamorati fissarono l'orizzonte dal balcone della loro stanza, mentre l'alba di un nuovo giorno stava già per baciare la loro amata terra.

Fine

 
L'angolo di Shera ^o^

E con questo siamo giunti alla fine. Ringrazio calorosamente chi mi ha seguita, qui o sul mio blog ;)
L'ho detto più e più volte, e mi ripeterò ancora una volta, se non volete potete anche non leggermi XD.
Mi sorprendo ogni volta di come questa storia, che voleva essere una piccola e semplice one shot, sia diventata questo racconto di dodici capitoli. Non so come, ma di volta in volta ero tentata dal dare maggiori dettagli, dare determinati spazi a questo o quell'altro personaggio.

Ero stata anche tentata di dare ad Altarf e Tegmine un background familiare molto particolare, per dare una speranza in più ad Antares. Ebbene, una delle mie idee era quella di dare una storia simile a quella di Antares e Rea, ai nonni dei due fratelli, o di aggiungere un terzo fratello che, per amore, aveva scelto di mutare forma e di diventare lupo.
Questa storia mi ha dato davvero un sacco di spunti.
È forse il racconto che ho scritto meglio in assoluto, e sono già sotto con la revisione dell'intero testo.
Non per pubblicarlo qui, ma nella speranza, un giorno, di poter pubblicare una piccola raccolta di racconti.
Non sono una scrittrice eccelsa, ma ho fiducia nelle mie storie, specie in questa.

Adoro Antares e Rea, ma credo che il mio personaggio preferito sia Matar, come del resto lo è Silke in "In bilico fra i mondi", che tra parentesi, anche quello sarebbe da sistemare. Che volete, ho un debole per i personaggi secondari XD


Speravo di completare "l'opera" per fine Maggio, causa anche l'assenza del portatile la cosa è slittata, ma alla fine ce l'ho fatta ^o^.

Spero che questa storia vi sia piaciuta, se volete, commentate ;)
Non mordo di solito XD


 
Alla prossima ♥



Aggiornamento del 25/o8/2015

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3022009