Martini

di Ritalyyz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un uomo solo ***
Capitolo 2: *** Complici ***
Capitolo 3: *** Martini Dry ***



Capitolo 1
*** Un uomo solo ***


Gin odiava la pioggia perché si perdeva nella monotonia, uggiosa flagellava i vetri e si prostrava al volere del vento che con veemenza tentava di imporsi tra gli spifferi.  Quando pioveva Gin apriva i cassetti nei quali aveva stipato un tempo che ora non gli apparteneva più, un passato scomodo rilegato in vecchie fotografie ma ancora vivido nella sua memoria. Prima non era l’uomo dallo sguardo truce col cappotto nero che si confondeva nell’oscurità e nemmeno quello dai capelli biondo platino, ora  peculiarità immancabile. Aveva una donna e alle volte anche più di una e la sua vita mondana sembrava appagarlo. Poi tutto era cambiato e sebbene amasse la sua nuova vita da gangster, alle volte affogava in un mare di indicibile angoscia. Lui era Solo, sempre. Niente avrebbe sovvertito le regole della sua nuova esistenza, del suo nuovo lavoro  né lui avrebbe osato barattare la sua quotidianità per quella di un altro. Aveva tutto e anche se in cuor suo sapeva che quel tutto non era niente, sapeva anche che quel tutto gli bastava.
La pioggia cadeva su Tokyo bagnandola di tristezza. Nessuno amava i monsoni specie se si protraevano giorni e giorni. E mentre Gin si improvvisava filosofo facendo queste e ben altre considerazioni, il telefono squillò.
-Ehi Aniki perché non andiamo a farci un drink?. Ci vediamo al solito posto fra un’ora-
Era Vodka, il suo compagno d’avventure. Qualcuno con un tono canzonatorio aveva addirittura parlato di un cane fedele al suo padrone. A quel qualcuno Gin aveva dato ragione dimenticando che spesso Vodka si rivelava uno psicologo qualificato, un legittimo consigliere e forse anche un amico inaspettato.
Non aveva voglia di andare a  quell’appuntamento improvviso ma conosceva l’espressione di rammarico che l’omaccione avrebbe assunto se gli avesse dato buca. Soffriva di meteoropatia e per questo di pessimo umore si trascinò fino alla sua porche.
/
Lo trovò in uno di quei posti appartati, lontani dal caos della città, squallidi nel nome ma confortevoli nell’intrattenimento. Sparuti tavoli costeggiavano il palco sul quale donne esibivano il loro corpo senza pudore e si gettavano tra le braccia di uomini o forse solo tra le loro banconote.
-Finalmente sei arrivato, devo parlarti-
-Spara- Gin esordi con una frase secca, tentando di sopprimere quella voce che gli diceva di andarsene. Dove? In qualsiasi posto ma non li, a quel tavolo, a guardare forme e seni prosperosi di donne sconosciute, cadute nel baratro profondo della disperazione. Nessuna di quelle lo attirava o era alla sua altezza.
-Domani quella persona vuole che tu vada all’aeroporto, Vermouth è appena tornata dall’America e ha bisogno di un passaggio per rientrare alla base-
Il nome di quella donna gli faceva rapprendere il sangue nelle vene. Vermouth. Si figurava il suo sorriso malizioso e calcolatore, gli occhi di una gazza che esternavano baldanza e alterigia e quella sua superficialità esibita con nonchalant. Non lo sopportava, non LA sopportava. Detestava il suo modo di comportarsi, di rendere inoffensivi  gli altri con uno sguardo e di addomesticare gli animi più accesi con un ghigno beffardo. Considerare che una donna di quel calibro potesse essere cosi cinica e manipolatrice lo esasperava e Gin sapeva bene il perché : lui non era poi cosi diverso.
- Neanche per sogno, non mi metto a fare l’autista. Non sono qui per questo-
-Ma Aniki... se fai buon viso a cattivo gioco potrai essere considerato di più. Sai quanto può essere influente Vermouth-
-Per essere considerato non ho bisogno di scorrazzare come un cagnolino appresso a lei, buona sera Vodka-
 Spazientito come non mai si allontanò, lasciando Vodka in bilico tra lo stupore e l’aspettato. Non aveva voglia di fare da autista, non aveva voglia di vivere una vita che sembrava non gli appartenesse, non aveva voglia di VIVERE e basta. Ecco l’aveva detto. L’aveva sussurrato a se stesso cosi piano da averne paura eppure l’aveva detto.
/
Gli aerei sfrecciavano nel cielo puntellato di nuvole e si perdevano nel blu cobalto distante migliaia di kilometri. Gli uomini avevano rivoluzionato i principi della fisica ridefinendo nuovi limiti e invece lui, Gin, cosa aveva fatto di cosi straordinario perché una sua immagine spiccasse nei libri di storia? Alla fine c’era andato a quel maledettissimo aeroporto, ritrovandosi a constatare quanto il tempo alle volte si dilati in maniera esonerabile e come le lancette si ribellino al suo scorrere, tanto da mettersi in pausa.  Gin cominciava lentamente a scocciarsi di tutta quell’attesa. Se qualcuno lo avesse notato in quella porche nera scottata dal sole, avrebbe detto che era un uomo paziente e ammirabile. In realtà contro tutte le aspettative, Gin era stizzito per il capo che non gli aveva lasciato possibilità di appello e per quella donna che presto avrebbe investito la sua auto d’epoca col suo profumo.
La figura di Vermouth si materializzò dopo un’ora. Era bellissima, non era la bellezza che si esauriva in semplicità, quella che Vermouth sfoggiava era qualcosa di ben altro, di elaborato, ricercato. E Gin dovette ammetterlo : lo intrigava. Era quasi paradossale. Sebbene odiasse Vermouth non poteva rinnegare l’impatto che aveva nel vederla. Rimaneva sbalordito, si perdeva tra le sue forme, i suoi seni, le sue gambe slanciate e ricorreva a pensieri sconci e patetici. Quanto poteva essere fragile e corruttibile l’animo umano? Ma Gin non poteva permettersi di perdere il controllo. Era consapevole che era tutta una mera illusione, che dietro quei tacchi e quel vestito attillato c’era una vipera e non una persona o per lo meno cosi credeva.
Questa è la mia nuova storia, appena battezzata. Ho pensato che potesse essere interessante stravolgere le aspettative e mettere insieme due personaggi cosi complicati. Fatemi sapere che ne pensate =) Continua eh

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Capitolo 2
*** Complici ***


Tokyo di notte sembrava perdersi nell’immenso, una miriade di stelle scrutava i suoi vichi e le sue piazze dove qualcuno ciondolava senza meta. Era una città silenziosa, di notte, che negli angoli delle  strade serbava segreti inconfessabili ma solo fino all’alba. Quando il sole faceva capolino, la coltre di mistero sfumava fino ad annullarsi  ma intanto, mentre il buio vagava tra i grattacieli, Tokyo conservava la sua magia.  Fra i vicoli celati nell’ombra, l’oscurità diveniva complice di crimini e delitti, tra quelle mura si acquattava la morte pronta ad attaccare di soppiatto. Lì, una porche nera faceva da spettatrice.
-Credi che sia morto?- L’ingenuità di Vodka lo sorprendeva.
-Due pallottole in pieno petto, cosa pensi?- Gin era laconico ma quando parlava pronunciava frasi a effetto, incisive.
Ben presto i due uomini, confondendosi nel buio, si allontanarono dal posto dove un attimo primo una vita era stata stroncata. Per Gin quella vita non valeva niente, era un corpo morto imbrattato di sangue, senza nome e identità, lontano dall’essere persona. Tutti quelli che Gin ammazzava erano solo imprese da annoverare, erano il tempo che impiegavano a morire, la paura nel vedere gli occhi del carnefice.
-Ce ne manca ancora uno però. C’è un industriale, uno grosso che non vuole collaborare. Il boss gli ha proposto un affare e lui l’ha rifiutato. Peggio per lui. Dobbiamo sbarazzarcene-
-E quindi qual è il problema?-
-Dalla paura si fa circondare da guardie del corpo, vive barricato in casa e frequenta solo un locale di belle donne e persone fidate. Praticamente è in una campana di vetro-
Le sue parole sapevano di premeditato.
-Quindi?-
Era una domanda retorica, che prevedeva già una risposta, scontata e palese. Aveva bisogno d’aiuto. Quel pensiero, quella richiesta sommessa arrivò prima che lui potesse ritrarsi. E per una volta, forse per l’unica volta, l’idea di aiuto trovò appiglio in Vermouth.
 
-Ora ti servo?- La sua voce era un suono privo di soavità, acre, che urtava i timpani.  Sebbene le sue parole fossero infarcite di acidità, Gin aveva quasi la sensazione che fosse tutta una recita, un subdolo intento per persuaderlo.
-Ci vediamo al solito posto tra un’ora-  
E quando la conversazione cessò ,Gin pensò sul serio di essere caduto nel baratro, aveva toccato il fondo e non aveva più possibilità di redimersi.
/
Vermouth per la riuscita del piano aveva optato per un tubino nero che risaltava le forme. Era dannatamente seducente ed era abile nell’utilizzare la bellezza per i suoi scopi. La bellezza                              era un dono casuale eppure pareva che lei la sua beltà l’avesse scelta tra molte altre perché                                        le si addiceva perfettamente.  La sua sensualità era oltraggiosa, lasciava gli uomini persi nella                                libidine e le donne nell’invidia. Quando entrò nella porche, Gin fu investito dal suo fascino, adulato da i suoi modi di fare e sebbene fosse infastidito non tentò nulla per opporvisi.
-Mi sorprende che tu abbia pensato a me per questo piano-  
- Mi serviva una in gamba e Vodka mi ha suggerito di rivolgermi a te-  Voleva evitare che quella donna al pari di un cecchino potesse colpirlo perché quel momento era un bersaglio e le pallottole facevano male.
/
Il locale del magnate svettava in una strada puntellata di luci soffuse. Il piano di Gin era banale ma risultava efficace se l’architetto era Vermouth. Doveva sedurre quell’uomo, far si che si abbandonasse all’istinto animalesco che soppianta la ragione, si sarebbe perso nell’oblio, in bilico tra ciò che il desiderio detta e la razionalità rifiuta.  Sarebbe affogato in quella contraddizione, nell’opposto sarebbero tramontati i suoi giorni. E mentre la  morte affilava i suoi artigli pronta ad agguantare la preda, Gin iniziava ad assaporare il gusto sublime della riuscita, il suono della sconfitta traslato in uno sparo immediato, sbrigativo ma dannatamente efficace.
Vermouth amava essere sotto i riflettori , non a caso era un’attrice, la sua vita era un eterno palcoscenico e tutti gli altri dei semplici spettatori in foga ad applaudirla e ad elogiarla, gli occhi incollati alla sua figura longilinea, lo sguardo nel vuoto, i pensieri  contratti. Tutto era parte integrante di uno spettacolo che si protraeva all’infinito, una replica di una scena già vista, un copione ,di un regista, già recitato.
Il magnate però sembrava accorto,  la paura che aveva era esasperante, si camuffava in prudenza, lo gettava nello sconforto, riempiva l’aria di ansia. Teneva cosi tanto alla sua vita, all’impero che aveva costruito col sangue e sudore ma sapeva che era appeso a un filo e se inciampava perdeva tutto.  Eppure per un momento sembrò che i suoi pensieri vagassero nel vacuo, che la retina schiacciata dall’immagine di una donna bionda, si staccasse.
-Vuole ballare?-
-E’ raro trovare un gentiluomo che addirittura lo chiede-
Vermouth e quell’uomo erano cosi vicini che i loro respiri si confondevano. Gin li sentiva, da un auricolare udiva il suo respiro regolare, il suo battito cadenzato, si figurò quell’uomo avvinghiarsi a Vermouth, ancora una volta regrediva allo stato infantile. Era geloso per qualcosa che non gli spettava eppure in quel momento pensò di volerla, fu un capriccio che gli paralizzò la mente , lo proiettò in una realtà proibita dove il desiderio aveva un nome: Vermouth.

  Mi scuso tantissimo per il ritardo ma sono stata molto impegnata con la scuola. Mi dispiace. Spero vi piaccia e al prossimo capitolo :)

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Capitolo 3
*** Martini Dry ***


La strada, che costeggiava il parco di Haido, contava uno sparuto numero di auto lungo un marciapiede diroccato. Quel tratto di asfalto, che finiva diramandosi in piccole viuzze, era stato un tempo il ritrovo degli innamorati che imperniavano il loro amore su giuramenti solenni e su baci schioccati all’ombra di un salice. Che mera convinzione l’amore, un appiglio disperato per dare un senso alla propria esistenza, un buffo pretesto per palesare la propria felicità, un subdolo modo per giustificare il compiuto o  per non calarsi nel rimpianto. Per Gin l’amore era l’onere dei deboli, quel macigno che lui si era scrollato di dosso per temprare forza e prepotenza.
-L’odio sovverte i limiti, l’amore li pone-  Vermouth lasciò che il fumo della sigaretta imbrattasse i sedili prima che quella frase piombasse nei timpani del biondo. Pareva che la donna gli controllasse il sistema sinaptico, si dilettasse a stroncare  il flusso dei suoi pensieri esordendo con frasi che non tediavano mai.  
-Ti accompagno a casa- Le parole di Vermouth soffocarono nell’indifferenza prima ancora di divenire pensieri su cui Gin avrebbe rimuginato.
-Rilassati, speravo mi portassi a festeggiare, caro –
Eccola che riattaccava, riprendendo saldamente le redini di una conversazione che sembrava naufragata e che invece non era ancora salpata. Il suo tono era calato nel confidenziale appigliandosi ad un <> che gli faceva accapponare la pelle. Gin era sull’orlo di una crisi di nervi in bilico tra la sua strafottenza e la sua vanità, stizzito e spazientito da un comportamento che per lui sapeva di ridicolo. Non aveva intenzione di festeggiare, di osannare la donna per la quale era allocchito e incappato nella gelosia. Sapeva però che quella non sarebbe stata la prima e l’ultima volta.
/
Alle due di notte Tokyo viveva ancora il suo silenzio con risolutezza, ignara del sole che presto avrebbe sancito l’alba e tutto il caos che avrebbe intasato la città, infarcendo le strade di rumore e stipando negli uffici una calca di persone. Quelle stesse persone che si appagavano della quiete del sonno, al mattino si trascinavano riluttanti nella confusione di una vita frenetica, annaspando tra i mille impegni. Gin invidiava quella gente perché nonostante tutto sapeva ritornare a casa, affacciarsi a un mondo con non apparteneva alla solita routine: i sogni. 
Lui invece non sognava mai e non perché non voleva ma perché gli mancava una prerogativa basilare. Gin non dormiva. I suoi pensieri vagavano nell’oblio, si appigliavano a parole non dette, a omissioni, frasi spezzate o stroncate sul nascere e rimuginava, si imbestialiva, placava la sua ira esaurendo le  meningi in ragionamenti infruttuosi. Chi poteva tradire l’organizzazione, chi era una potenziale spia da scovare  e da far saltare il cervello.
 Quella sera, però, nel suo appartamento di un palazzo semivuoto, i pensieri veicolarono altrove. Si arrovellò sulla gelosia che gli aveva infervorato l’animo, demolendo ogni barriera di inflessibilità modellata negli anni. Voleva spaccargli la faccia a quel magnate e non si capacitava del perché. Il suo istinto da killer sebbene impulsivo quant’era non gli avrebbe accordato un’azione del genere, c’era dell’altro. Avrebbe tanto voluto trascinarsi via da quel macello e portarsi con se Vermouth. La voleva. Malgrado fosse tutto così irrazionale e sbagliato, malgrado fosse tutto un mero errore gettato li per caso, la voleva senza inibizioni.
/
Gin sarebbe impazzito se non ne avesse parlato con qualcuno seduta stante. Impiegò pochissimo a raccogliere i cocci frammentati delle sue idee, assemblarli e trovare una soluzione. Prima che potesse ricomporsi del tutto,  Vodka si materializzò alla porta dell’ appartamento senza alcuna richiesta d’aiuto o preavviso che potesse annunciare il suo arrivo. Gin era seccato dalle improvvisate stuccate dell’amico che miravano a lasciarlo sorpreso o peggio inebetito ma per una volta ne fu sollevato e abbandonò la parte del capo cattivo.
-Com’è andata con lei, Aniki?-
Vodka sfoggiò un’invadenza che non gli si addiceva, una confidenza azzardata che scadeva nell’insolito. Era strano ma era una stranezza camuffata, dettata forse dalla goffaggine.
-Dimmi, come pensi doveva andare? Ah, puoi chiamarla per nome, non ti arrestano-
Gin, invece, esibiva la sua arroganza compiaciuto, scrollandosi di dosso il minimo di empatia avanzata  che poteva riesumare, accorto di prestare occhiatacce e ghigni beffardi all’omaccione e di incrostare le frasi con una punta di insolenza.  Vodka tentò di battere in ritirata ma Gin rincarò la dose.
-Non è successo niente dopo , Fottutamente Niente-
Il biondo sentì di aver elargito un’informazione superflua. A Vodka non importava sapere di un eventuale proseguo della serata, la sua domanda seppur ambigua rimandava semplicemente al piano, al magnate, all’omicidio. Cazzo. Di colpo la stanza perse di contenuto e a Gin sembrò di cadere in un vacuo spazio bianco, afoso. Si tolse prima il cappotto e poi la camicia senza un briciolo di lucidità. Vodka non colse e improvvisò una risposta.
-Volevi che succedesse qualcosa, capo?-
La sua ingenuità lo esasperava, l’avrebbe mandato a quel paese se il suo orgoglio virile non l’avesse placato. L’orgoglio modellò la rabbia comprimendola in uno sguardo che suggellò repentinamente la conversazione e stroncò ogni possibilità di replica. Allontanandosi, la stanza si riappropriò della sua forma e i contorni e le linee che prima parevano sfuocate, ora scandivano precisamente ogni oggetto. Anche le sensazione si ridefinirono e Gin pensò che il freddo fosse una sensazione, uno stato d’animo.
 Era a torso nudo e i capelli gli si adagiavano sulle spalle solleticandogli  l’addome, i pettorali erano vanto di una bellezza stipata dentro un cappotto, i bicipiti e tricipiti solcavano braccia possenti.  Se non si fosse trascurato cosi tanto, avrebbe tappezzato le edicole con foto in prima pagina per poi finire nell’oblio, nel dimenticatoio unanime di coloro che sono per sempre perché non furono mai (cit)
Vodka trainò avanti la conversazione in un altro modo, avanzando proposte, una delle quali parecchio allettanti.
-Ci facciamo un drink?. Un Martini che ne dici, Aniki-
Martini Era uno di quei rimandi impliciti camuffati dietro le frasi a doppio senso, un vaffanculo non detto ma stampato sulle labbra, un omissione più o meno importante. Martini : liquore a base di Vermouth e  Gin e non era una coincidenza che lo amasse cosi tanto.
Ripescò una bottiglia dal fondo di un monticello di polvere e come un comando programmato e meccanico, roteò il capo verso l’omone. Quello sorrise ed era un sorriso finto, impastato con qualcosa di insolito di indefinito, informe. Era un ghigno che soggiogava, spogliava, manipolava. Era il ghigno di una donna. 

 
Salve Ragazzi, Questo è il nuovo capitolo. Spero vi piaccia anche se ci ho messo un pò. Ringrazio Juuchan per avere la storia tra le seguite e tutti coloro che hanno recensito: Laix, Shinichi e ran amore, Zanexd22. Fatemi sapere cosa ne pensate :)



 

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