Dimmi solo che mi ami

di Lady Aileana
(/viewuser.php?uid=807526)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rinuncerei alla vita per salvarti ***
Capitolo 2: *** Il bacio dei Dissennatori ***
Capitolo 3: *** Seguimi ***
Capitolo 4: *** Un Malfoy ritrovato ***
Capitolo 5: *** Il Voto Infrangibile ***
Capitolo 6: *** Oblivion ***
Capitolo 7: *** Una visita indesiderata ***
Capitolo 8: *** La mia piccola guerriera ***
Capitolo 9: *** Grop ***



Capitolo 1
*** Rinuncerei alla vita per salvarti ***


" Un pensiero positivo! Forza Draco pensa al più bel ricordo che hai! Il più intenso! Sforzati! " urlai mentalmente al mio subconscio, alla ricerca disperata di un ricordo talmente intenso da cui ricavare abbastanza energia da ottenere un potente Patronus.

"Pensa, pensa, pensa! I dissenatori si stanno avvicinando! Devi salvarla!" continuavo a ripetermi nel panico. "Qual'è il più bel ricordo che hai? Qual'è??" poi la risposta arrivò.

Era talmente ovvia: "Hermione."

La ragazza per cui era disposto a dare la vita pur di prottegere.

La ragazza che cercavo di salvare dalle grinfie di una miriade di Dissenatori, affamati di anime innocenti come la sua, in un ultimo tentativo disperatissimo.

Ed ecco che iniziarono ad affiorare i ricordi...

I suoi occhi argentei che si perdevano in quelli ambrati di lei...

Le sue dolci labbra premute contro le sue, in un appassionato bacio proibito...

I dissenatori si era avvicinati all'alta figura di Draco e iniziarono a volteggiare in tondo sopra la sua testa.

Calò l'oscurità e il freddo in quella piccola radura. I dissenatori, affamati, iniziarono a risucchiare brandelli di felicità dalle anime dei due, prima di poter gustare il tanto ambito Bacio della Morte.

I ricordi iniziarono a farsi meno vividi: stavano sfuggendo dalla mente di Draco.

"No! Non può andare così! Non li lascerò vincere! Non gli permetterò mai di strappare la vita alla mia Hermione!"

Mi sforzai e i ricordi iniziarono ad affolarsi nuovamente nella mia mente.

Quella ragazza dalla folta chioma riccia, i cui boccoli castani ricadevano sempre sul viso e che lui adorava tanto attorcigliare, per poi scostarli dal suo viso per ammirarlo in tutta la sua innocente bellezza.

Quel viso che si apriva in un sorriso raggiante solo per lui.

Quel sorriso che arrivava ad illuminare anche gli astuti occhi da lince di lei, in un caloroso sguardo pieno di amore, cancellandole quell'arrogante espressione di so-tutto-io che tanto amava.

E infine, le sue labbra che si dischiudevano per mormorare in un soffio quelle tre parole, che per lui significavano tutto:
"Ti amo Draco."

- EXPECTO PATRONUM! - urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

Dalla bacchetta di Draco scaturì un'indefinita nube argentea, che ben presto iniziò a prendere forma, fino a diventare un maestoso ghepardo.

Balzò al centro della radura, frapponendosi tra i due ragazzi indifesi e la schiera di affamati dissennatori.

L'animale si accucciò sulle zampe anteriori per darsi lo slanciò per balzare sulla mostruosa creatura e attaccò con tutta la sua grazia felina.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il bacio dei Dissennatori ***


Rimasi paralizzato a fissare la scena.

Speravo che il mio Patronus fosse abbastanza forte da respingere tutti quei Dissennatori, eppure mi sbagliavo, erano troppi. Ma non mi diedi per vinto e mantenni la posizione.

Postura rigida, spalle alte, piedi ben piantati a terra e le mani saldamente avvolte intorno alla bacchetta, brandita contro quell'orda di Dissennatori.

Cercando di mantenere la concentrazione stavo tentando di trovare un modo per conservare il mio Patronus, la cui energia vitale stava lentamente scemando. 

Una parte del mio subconscio ormai si era lasciata trasportare dalla disperazione:

"Inutile bacchetta! Per una volta che mi occorri seriamente mi abbandoni e mi lasci tra le mani una tua brutta copia che non ubbidisce a pieno ai miei ordini!" ringhia frustato.

In un altro anfratto della mia mente, invece, stavo architettando un modo per poter mettere in salvo Hermione. La sua fragile vita era tra le mie mani e dovevo salvaguardarla con tutti i mezzi a mia disposizione. 

Un'idea, l'unica, mi balzò in mente.

"Mi sarei sacrificato per lei." pensai disperato. "Avrei speso le mie ultime energie per creare un Patronus abbastanza potente da allontanarne alcuni, per poi gettarmi tra le grinfie di quelli rimasti, sperando che la mia anima dannata sia abbastanza soddisfacente per saziare il loro appetito."

Non avevo scelta, avevo preso la mia decisione. 

Lanciai un'occhiata fugace alla ragazza svenuta poco lontano, ammirandone i bei lineamenti per quanto fosse possibile catturarne in quei fragili attimi.

Mi tremavano le mani, non ero più in grado di reggere l'incantesimo di difesa, ormai il ghepardo stava battendo la ritirata zoppicando e miagolando come un gatto ferito.

Digrignai i denti e strinsi gli occhi.

Mi concentrai sul suo viso delicato, poi visualizzai il suo sguardo e pensai intensamente:

"TI HO SEMPRE AM..." ma non ebbi il tempo di terminare quel pensiero quando sentii qualcuno tossire dietro le mie spalle.

Mi voltai immediatamente e vidi una Hermione provata riprendersi lentamente. Si sollevò appoggiandosi sui gomiti e quando, finalmente, i suoi occhi si schiusero posandosi sul mio volto, un'ondata di calore si insinuò nel mio cuore, propagandosi ovunque nel mio corpo, raggiungendo le ossa e stimolando il cervello, fornendomi quell'energia che mi serviva per respingere i Dissennatori. 

Per quanto fosse assurdo, sorrisi. Sì, un sorriso nacque spontaneo sulle mie labbra fino a raggiungere gli angoli dei miei occhi illuminadoli di una nuova luce.

Non erano quei soliti ghigni che sfoderavo a chiunque, era diverso.

Era quel sorriso che avevo sempre celato sotto la mia maschera di ferro incorruttibile, conservandolo per la persona che sarebbe riuscita nell'impresa di liberarmi dal peso di quella schermatura. 

Mi sentivo VIVO. Hermione era viva, ed era tutto quello che contava adesso.

Saremo usciti da questa situazione in qualche modo, insieme.

La scorsi mentre si guardava intorno spaesata. In seguito alla presa di coscienza della situazione in cui si trovava le vidi infondersi negli occhi la paura. Ormai, il color ambra aveva lasciato posto al nero delle pupille dilatate dal terrore.

Gli occhi sbarrati, le mani che si tastavano i vestiti alla ricerca disperata della propria bacchetta.

Solo quando le sue dita affusolate si avvolsero intorno all'impugnatura della bacchetta una parte della sua iride rivendicò il suo posto, donandole un briciolo di sicurezza.

La sentii bisbigliare irrequieta l'incantesimo mentre agitava freneticamente la bacchetta in aria, ma l'unica cosa che riuscì ad ottenere fu una nube argentata che si dissolse quasi immediatamente. 

Abbandonai la concentrazione e mi lancia al suo fianco, sperando che il mio Patronus resistesse ancora.

La guardai come non avevo mai fatto prima, feci scorrere lo sguardo sul suo delicato viso, assaporandone i graziosi lineamenti.

- Hermione. - riuscii a dire in un flebile sussurro.

Lei non mi degnò di uno sguardo e questo mi ferii profondamente.

- Oh, Draco, non riesco a concentrarmi! Non sono mai stata abbastanza brava a creare il mio Patronus, quello usciva solo a Harry! - disse con le lacrime di sconforto che le rigavano il viso sporco di fuliggine.

- Il mio Patronus si è indebolito! Non resisterà ancora per molto! - dissi a denti stretti. 

Lei mi scoccò un'occhiataccia e rispose sarcasticamente:

- Grazie Malfoy! Se avevi intenzione di mettermi maggiormente sotto pressione sei riuscito appieno nell'intento! - 

" Malfoy." pensai ferito. "Eravamo ritornati a chiamarci così."

- Granger. - ma non appena quella parola uscì dalle mie labbra me ne pentii amaramente.

Hermione aveva già nascosto dietro uno sguardo imperturbabile quel velo di tristezza che si era celato sui suoi occhi quando si sentì chiamare in quel modo.

- Bisogna assolutamente che... - ma venni interrotto.

Avvertii una presenza incorporea brandirmi e scaraventarmi a terra, i suoi artigli sprofondare nella carne. 

Un freddo intenso si insinuò nelle mie vene e così prese sopravvento anche la paura. Un'ondata di gelo si propagò ovunque, facendomi rabbrividire violentemente. 

Stavo precipitando nel vuoto senza fine della mia mente; avvertivo il suono agonizzante di una donna in lontananza che pregava piangendo di essere risparmiata. 

Mi aggrappai a quella voce; non potevo stare inerme ad ascoltare le suppliche incessanti di mia madre.

PIù mi avvicinavo e più riuscivo ad afferrare appieno le sue parole. Stava scongiurando Voldemort di risparmiare il suo unico figlio nonostante il tradimento mentre veniva torturata dalla crudele bacchetta della sorella.

- Cissy, è inutile supplicare. - si rivolse Bellatrix sprezzante alla sorella in lacrime. - Siete entrambi accusati di alto tradimento nei confronti del Signore Oscuro. - cantilenò infine.

- Bella, sei mia sorella, come puoi... - ricominciando a implorare pietà.

Lo schiocco di uno schiaffo che raggiunse il viso di Narcissa si spinse fino alle mie orecchie.

La voce di Bellatrix si fece agghiacciante: - Tu non sei più mia sorella! Io non ho più sorelle, sono entrambe morte! -  esclamò scandendo con cura ogni singola parola, che, come tanti pugnali affilati, arrivarono a ferire il cuore di mia madre più e più volte.

- Bellatrix...- sussurrò lei in un soffio, in un ultimo tentativo disperato. 

Un altro schiaffo si impresse sul viso di mia madre.

- Zitta! Le tue labbra da traditrice del proprio sangue non sono degne di pronunciare il mio nome! Zitta! -  gli gridò contro isterica.

Non potevo continuare ad assistere a quella scena, dovevo liberarmi, ma ero imprigionato nel mio corpo, paralizzato. 

A fatica riuscii a fuggire da quello scenario orribile e iniziai a vagare nel buio della mia mente alla ricerca di un ricordo felice a cui aggrapparmi, ma sentivo quei pochi brandelli di felicità scivolare via.

Una voce giunse alle mie orecchie, un grido agonizzante che urlava il mio nome. Mi ci aggrappai con tutte le forze che avevo. 

Uno spiraglio di luce si fece strada in quell'oscurità senza confine e mi ci abbandonai.

***

- DRACO! DRACO! NO! - urlai a squarciagola, le lacrime che mi rigavano il viso e che mi oscuravano la vista. 

Tremavo violentemente, ma ero incapace di fare qualunque cosa, se non stare stare a guardare mentre quel Dissennatore gli strappava l'anima.

Ma Draco era ancora vivo. Lo potevo vedere dagli occhi che si muovevano freneticamente sotto le palpebre; stava combattendo come un valoroso guerriero la sua battaglia.

Non lo avrei abbandonato al suo crudele destino, finchè la vita non lo avrebbe lasciato io avrei combattuto per proteggerlo.

Riuscii a sollevarmi e mi alzai. Mi guardai intorno e individuai il suo Patronus. Stava per svanire e molti Dissennatori avevano abbattuto le sue ultime difese. Ormai un'orda di Dissennatori ci circondava bramosa. Avevo paura, ma non era il momento di soccombere.

Cercai di rilassarmi, per quanto fosse possibile in quella situazione critica. 

Scavai il più a fondo possibile nel mio subconscio, ma niente era abbastanza per poterci salvare. 

Poi un'immagine ancora indefinita si fece strada nei miei pensieri, ma non era esattamente un ricordo.

Mi cullai al quel pensiero felice: immaginai la vita dopo la guerra, un mondo dove non esisteva Voldemort, un mondo dove i miei figli non conoscessero l'odore della paura che li soccombe ogni singolo giorno della loro vita. 

Pensai a un futuro meraviglioso, irrealizzabile: una casa circondata dalla brughiera inglese, una famiglia con Draco Malfoy con due adorabili bambini che cavalcavano una scopa nei cieli azzurri, spensierati e felici. 

Le nostre famiglie riunite. Avevo ritrovato i miei genitori, li avevo riportati in Inghilterra e gli avevo riconsegnato i propri ricordi.

Tutte le nostre famiglie, quella Weasley, Malfoy e Potter che convivevano insieme con serenità, senza litigi e faide. Un mondo che non avesse pregiudizi nei nostri confronti.

Un Patronus si fece strada dalla punta della mia bacchetta e un sorriso sollevato nacque spontaneo sulle mie labbra.

Una dolce lontra si lanciò coraggiosamente sul Dissennatore che stava attaccando Draco scaraventandolo lontano, poi andò in soccorso del ghepardo ormai ridotto a una nube incorporea. 

Ma non era abbastanza forte per contrastarli da sola.

Così, due Dissennatori che erano riusciti a eludere le difese dei nostri  due Patronus si tuffarono su di me e un grido sgorgò spontaneo dalla mia gola. 

- DRACO! SVEGLIATI! TI PREGO! Draco... - 

***

Sentii nuovamente quella voce. La riconobbi: era quella di Hermione, stava supplicando il mio aiuto, non potevo abbandonarla. Mi feci forza e mi affrettai ad uscire da quel limbo. Continuai a seguire quel fascio di luce che mi condusse nuovamente alla realtà.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Seguimi ***


Sobbalzai ansimando. Spalancai gli occhi e quel che vidi mi accapponò la pelle. 

Hermione stava per soccombere a due Dissennatori.

L'istinto prese il sopravvento e corsi in suo aiuto. Afferrai la bacchetta caduta a terra e la puntai contro quelle due mostruose creature. 

- Hermione! Evoca il tuo Patronus! - le gridai.  

Lei si girò e mi scoccò un'occhiata furiosa, annebbiata, però, dal terrore.

- Come se non ci avessi già pensato! - urlo in rimando, indicando un punto oltre le mie spalle.

Seguii la traiettoria indicata e scorsi una nube argentata che assumeva la forma poco definita di una lontra combattere valorosamente. La vidi sferrare l’ennesimo attacco, ma questa volta le fu fatale. Una di quelle mostruose creature si scagliò su di lei, riducendola a una debole nube argentata, che irradiava un flebile bagliore argenteo appena sufficiente a infastidire i Dissennatori.

Mi concentrai e richiamai il mio Patronus: - Expecto Patronum! - dalla punta della bacchetta scaturirono numerosi fili argentati che la avvolsero in un intrico di energia pura.

Lentamente quel flusso di energia si convertii creando un ghepardo riposato e guarito dalle ferite, pronto a difendere il proprio padrone.
Hermione era inciampata ed era caduta bruscamente a terra e i Dissennatori ne approfittarono per aggredirla. Immediatamente il mio ghepardo balzò addosso ai due aggressori, salvandola.

Prontamente Hermione sollevò la bacchetta e rievocò il suo Patronus mentre il mio si era già scagliato su un gruppo consistente di Dissennatori che ci stava raggiungendo.

Un'esplosione di luce argentea mi accecò. Mi voltai e mi stupii nel costatare che da quella nube si formò una tenera lontra che coraggiosamente si lanciò in aiuto del mio Patronus.

Insieme riuscirono a sbaragliare quell'esercito di Dissennatori, proteggendoci dal crudele destino che ci spettava.

- Hermione. - la chiamai.

Lei si voltò, mi rivolse un'occhiata sprezzante e abbandonò la piccola radura addentrandosi con passo svelto nella Foresta Proibita.

Mi affrettai a seguirla, ma continuava a sfuggirmi. La chiamai a gran voce più volte, ma Hermione continuava imperterrita ad ignorarmi. Finalmente riuscii a raggiungerla e le avvolsi una mano intorno al polso, bloccandola. 

- Presa. - dissi sorridendo.

Ma quel sorriso mi morii in gola non appena Hermione mi rivolse un’occhiata agghiacciante.

- Malfoy lasciami andare. - mi ordinò perentoria.

Sbigottito feci quello che mi aveva detto e la mollai. Mi tuffai nel liquido ambrato dei suoi occhi alla ricerca di una risposta, ma non ne trovai nessuna, almeno finché lei non parlò.

- Devo tornare... - iniziò a spiegare, ma venne interrotta dal frastuono di un'esplosione.

Un grido agghiacciante perforò l’aria, disturbando la inquietante tranquillità che aleggiava nel buio della Foresta Proibita.

Entrambi ci voltammo nella direzione da cui credevamo avesse origine quel trambusto, ma le atrocità di quella guerra erano celate dietro un’oscurità che i nostri occhi non riuscivano a contrastare.

La luna piena, alta in cielo, emetteva un flebile bagliore, illuminando scarsamente la volta celeste, ma permettendoci di levare lo sguardo all’orizzonte, da cui si intravedevano le imponenti mura del castello, straziate dalla battaglia in corso.

- Credo che quel putiferio abbia parlato per me. - mi riferì accigliata. - Devo tornare al castello. Resterò fedele ai miei principi; combatterò finchè ci sarà ancora qualcuno pronto a contrastare le forze oscure. Non tradirò i miei amici. -

E queste semplici parole si conficcarono nel mio cuore, come schegge di una bomba appena esplosa, penetrando in profondità, ferendomi irreparabilmente.

"Tradito. Che colpo basso Granger." pensai profondamente offeso. 

Mi allontanai da lei di qualche passo, finchè  le mie mani non incontrarono la superficie irregolare di un albero. Mi ci appoggiai e poi, sentendo le gambe cedere sotto il peso del mio corpo, iniziai ad accasciarmi a terra. La schiena scivolava lungo il dorso della ruvida corteccia, ma il dolore della pelle scorticata non era sufficiente per reprimere quella sofferenza che si era impossessata di me.

Non potevo cancellare quel dolore, ma potevo trasformarlo in qualcosa d’altro, così una rabbia furiosa esplose, travolgendomi in pieno. Un pugno si scaraventò contro il tronco di un albero, permettendomi di liberare una parte di quella rabbia irrefrenabile.

"Sarebbe questo il ringraziamento che ottengo dopo tutti i sacrifici che ho fatto per questa stupida causa?!” ringhiai adirato. “Ho tradito la mia famiglia,il Signore Oscuro. Ho rinunciato a tutto per lei. Per salvarla! E lei mi rinfaccia il mio tradimento?!”

- Non ti fidi? - borbottai mestamente, lo sguardo puntato a terra.

Lei non rispose e aleggiò tra di noi un silenzio inquietante, che decisi di rompere non appena incontrai il suo sguardo.

- Probabile. – mormorai malinconicamente, rispondendo al suo posto.    

Un altro pugno si scaraventò sul tronco dello stesso albero. Schegge della corteccia mi finirono tra i capelli, ma le ignorai, come feci per le ferite che si erano aperte lungo le nocche della mano.

Il frusciare di passi che si avvicinavano con cautela catturarono la mia attenzione, così alzai nuovamente gli occhi da terra. Hermione si era abbandonata contro il tronco di un albero di fronte al mio e lentamente scivolò lungo il suo dorso, fermandosi solo quando raggiunse le sue radici. Strinse le ginocchia al petto e le avvolse in uno stretto abbraccio. Nascose il viso tra le gambe, per poi alzare nuovamente la testa e porre il mento sulle ginocchia. Gli occhi astuti di lince di lei che studiavano i miei.

- Come potrei? - chiese lei in un bisbiglio appena udibile.

Mi alzai di scatto e sferrai l'ennesimo colpo. Una crepa si formò al centro del tronco, iniziando a propagarsi lungo la sua superficie. Appoggia la testa e socchiusi gli occhi. Un ghigno amareggiato si spinse fino agli angoli della mia bocca.

- Come potresti. – ripetei mestamente.

La sentii sospirare sonoramente e allora mi voltai. Gli occhi argentei, arsi da fiamme danzanti, la fissavano.  

Lei si alzò a sua volta e mi rispose con determinazione.

- Sì, come potrei. Hai sentito bene. - confermò lei. - Draco siamo nel bel mezzo di una guerra. Esistono due fronti per cui combattere, e tu non appartieni a nessuno dei due. – la sua voce iniziò ad abbassarsi di qualche ottava, facendosi più malinconica. – Ho visto maghi tradire le persone a loro più care per realizzare quello che loro ritenevano un bene più grande. E, nonostante tutto quello che è accaduto, tu hai continuato a celarti dietro sotto diverse maschere. Come faccio a sapere quale mi hai mostrato? – domandò lei sconsolata con lo sguardo annebbiato dalle lacrime. – Dopotutto, mentirmi…ingannarmi…non sarebbe stata così difficile… - ma la voce le morì in gola, non consentendole di continuare.

- Maledizione Granger! –ringhiai. – Cosa devo fare per dimostrarti la mia lealtà? Non sono lo stesso ragazzo che hai conosciuto due anni fa! Sono cambiato…e questo solo grazie a te…- arretrai di qualche passo, allontanandomi, per poi riprendere a parlare, sommessamente. – Chi credi che abbia mandato un messaggio ad Alberforth, avvertendolo del vostro arrivo a Hogsmeade? Eh? E chi credi che abbia convinto Alberforth a schierarsi dalla parte dell’Ordine della Fenice? La scoperta di quel nuovo passaggio segreto che collega Hogwarts al suo locale, Alberforth che decide di aiutare i ragazzi…pensi davvero che sia una semplice casualità? – strinsi gli occhi e li strofinai energicamente. – Hermione non puoi continuare a credere alle favole! Sei cresciuta ed è arrivato il momento che di svegliarsi, spalancare gli occhi e affrontare la realtà che ti si presenta davanti, per quanto assurda possa essere. Quindi, mi dispiace deluderti, ma devo darti una notizia che forse non ti farà piacere: è stata tutta opera mia. – sospirai sonoramente e proseguì a parlare amareggiato: - Tu non sai tutti i sacrifici che ho fatto per mantenere la promessa che ti ho fatto, per aiutare Potter come mi avevi chiesto, per proteggerti quando tu eri lontana. -

Mi avvicinai lentamente, fermandomi solo quando mi trovai di fronte a lei. Eravamo talmente vicini che quasi i nostri visi si toccavano. Incrociai il suo sguardo e mi persi in quei occhi ambrati che avevo tanto desiderato rivedere in tutti quei mesi di lontananza. Addolcì il tono di voce e cominciai a raccontarle la verità.

- Conosco solo quattro Legillimens abbastanza abili da riuscire a erigere barriere mentali sufficienti per contrastare i poteri del Signore Oscuro: Silente, Piton, io e mia madre. Per questo Silente si fidava di me, o almeno, abbastanza da affidarmi un compito, che si è rivelato essere molto delicato. Dovevo agire in incognito, per mantenere la segretezza del mio adoperato. Non potevo permettermi di destare alcun sospetto, altrimenti ne avrei pagate le conseguenze. Era un segreto che bisognava custodire accuratamente affinché il piano si realizzasse, e potevamo fidarci solo delle menti dei Legillimes più abili, tra cui, purtroppo, non rientravi. – le rivelai, terminando con un sospiro di sollievo, liberatorio.

Finalmente avevo potuto confessarle la verità. D’ora in avanti non sarebbero più esistiti segreti nascosti o bugie. Mi sentivo libero, alleggerito da quel pesante fardello che trasportavo sulle spalle ormai da anni.

Feci per sollevare una mano per accarezzarle il viso. Lei non si scostò e questo mi rincuorò. Feci scorrere la mano sulle sue guance, poi sulle sue labbra. Un ciuffo era sfuggito alla sua capigliatura. Lo afferrai e lo rigirai tra le dita, finchè non decisi di sistemarglielo dietro l’orecchio, con un gesto delicato.

- Credevi davvero che sarei stato in grado di farti del male? Di ingannarti? –

Hermione scosse il capo in un movimento appena percettibile. Teneva la testa china, incapace di sostenere il mio sguardo. Le presi il mento tra le dita e lo sollevai, finchè i nostri volti non si ritrovarono a pochi centimetri di distanza. Due occhi annegati nella confusione mi stavano fissando.

Si liberò dalla mia presa e si allontanò da me continuando a scuotere la testa. Le lacrime trattenute coraggiosamente ormai erano sgorgate, bagnandole il viso.

- Hai ancora paura di me? – mormorai in domanda. La voce spezzata da un nodo in gola che non mi permetteva di parlare.

- Oh, Draco… - iniziò a balbettare tra un singhiozzo e l’altro. – Io…Io…Io non ho paura di te. Io ho paura per i miei amici. Devo tornare da loro…-

- Perché? Non ce bisogno che tu faccia ritorno a Hogwarts. – le proposi disperatamente. Una scintilla di speranza si accese all’idea di quella possibilità. – La mia famiglia è al sicuro; nessuno scoprirà mai il mio tradimento. – dissi. L’emozione cresceva mentre quel pensiero si radicava nella mia mente. - Sono venuto a sapere che anche la tua famiglia è al sicuro. Non hai più nessuno che ti trattiene. Fuggiamo insieme da questo mondo straziato dal dolore e costruiamoci un futuro altrove. -

I suoi occhi erano straziati dalla sofferenza. L’indecisione la stava spezzando.

- È vero, i miei genitori sono in salvo, ma la mia famiglia è ancora in pericolo. Loro sono in quel castello a combattere per la vita e la morte. Non sono una vigliacca e non riuscirò mai ad abbandonarli a un destino così crudele. -

La sua attenzione si spostò oltre le mie spalle. 

Una nuvola di fumo si levava dalle alte mura del castello, oscurando il cielo stellato. Il rumore della battaglia straziava quel silenzio innaturale. Tutti gli abitanti della Foresta si erano soffermati ad assistere a quell’orrore.

I suoi occhi ambrati studiavano attentamente il mio volto, alla ricerca disperata di un segno della mia comprensione. Sperava che accettassi che compisse quella missione suicida, ma era inutile. Avrei fatto qualunque cosa per impedire che ritornasse nuovamente in mezzo a quel putiferio a rischiare la vita.

- Quello che ti sto dicendo ti sembrerà assurdo, dopotutto, non c’è nessuna garanzia che mi assicuri che sopravvivano. Qualcuno morirà, è inevitabile. Ma per la mia coscienza sarebbe troppo pesante da reggere il pensiero che, se fossi intervenenuta,  forse, avrei potuto evitarlo. -

Sarebbe stato un massacro e lei sarebbe rimasta uccisa inutilmente. Non potevo perderla. Era impensabile.

Così, tentai di persuaderla a cambiare idea, in un ultimo tentativo disperato. Mi avvicinai, le presi il volto tra le mani e la fissai intensamente. L’argento e l’ambra si erano fusi nuovamente in uno sguardo senza tempo.

- Hermione sii ragionevole. – la supplicai. – Sarebbe un suicidio…io non posso proteggerti lì…non posso permetterti di tornare…Non ti ho mai chiesto nulla, ma adesso mi ritrovo a pregarti di esaudire i miei desideri egoistici. Fallo per me, per noi… Prendi la decisione più sensata e scegli me… -
Lei scosse il capo, le lacrime che le sgorgavano dagli occhi come un fiume in piena.

Poi sollevò la testa e  vidi una scintilla di speranza accendersi in lei, riuscendo a sopraffare quel velo di tristezza che non lasciava mai il suo volto.

- Seguimi al castello. Scegli finalmente un fronte per cui combattere e schierati dalla nostra parte. Potremmo  uscire vittoriosi da questa guerra. Potremmo andare a vivere in campagna e costruirci un futuro insieme, senza rinunciare alle nostre famiglie. Nessuno potrà impedircelo e vivremo una vita felice e serena, senza rinunciare a nulla… - ma io la interruppi e smontai le sue fantasie.

Sbuffai innervosito e mi spostai sotto l’ombra di un maestoso pino. Strinsi le mani in dei pugni e li poggiai sul tronco dell’albero. Socchiusi gli occhi e digrignai i denti.

“Perché non voleva capire? Perché insisteva?”

- Granger, tu non capisci…-  dissi con un mormorio amareggiato. – Noi non avremo mai un futuro sereno insieme. Nessuno smetterà di avere pregiudizi nei miei confronti e in quelli della mia famiglia. Il ruolo che ho assunto in questa guerra non sarà mai visto di buon occhio e molti continueranno a dubitare della mia lealtà. Vivrei emarginato dalla comunità, considerato un reietto e tu saresti condannata a una vita infelice… -

La sentii singhiozzare e allora mi voltai a guardarla. Il flebile chiarore lunare era appena sufficiente a illuminare il suo viso straziato dal dolore. Scostò lo sguardo, cercando di evitare il mio e posò la sua attenzione sulle fiamme che si erigevano alte sulle mura del castello.

La sua faccia era stravolta da un’espressione di dolore, che cercava inutilmente di nascondere.

Poi, una maschera di indifferenza si dipinse sul suo volto e mi scoccò un’occhiata di disprezzo.

-  Se non credi in un futuro insieme, allora non abbiano più nulla di cui discutere… - disse tagliente. – In quel castello, ripeto, ci sono le persone a me più care. Persone che tengono veramente a me e che non mi abbandonerebbero mai nel caso del bisogno. Harry e Ron hanno bisogno del mio aiuto e non li deluderò… -

Lasciò la frase in sospeso e si allontanò con passo deciso, addentrandosi da sola nella fitta boscaglia della Foresta Proibita, abbandonandomi ai miei lugubri pensieri.

“Weasley, ma certo.” ringhiai. “Qualcosa è sbocciato tra quei due, era inevitabile. Tutti quei mesi trascorsi lontani, lei che credeva che fossi solo un lurido traditore. Chi, se non Weasley, poteva risanare le ferite del suo cuore spezzato?”

Dal centro del mio petto ebbe origine un’ondata di calore che si infuse ovunque, prendendo possesso del mio corpo. Una rabbia furiosa mai provata prima mi stava sopraffando. L’unica cosa che vedevano i miei occhi erano fiamme ardenti scoppiettare allegramente; oramai la gelosia mi aveva accecato la vista, ma la lucidità non mi aveva ancora abbandonato e nella mia mente si fece strada un pensiero capace di contrastare quel cruccio.

“Non l’avrei lasciata andare ad affrontare da sola quella guerra. Dove andava lei, andavo anche io. La seguirei anche in capo al mondo. Dovevo proteggerla. Avrei combattuto la sua stupida battaglia, se era il prezzo da pagare per poterla portare in salvo.” pensai con determinazione. “Hermione non poteva rendere vani tutti i sacrifici che avevo fatto per mantenerla in vita. Ormai avevo già rischiato tutto per lei e se era necessario schierarmi contro il Signore Oscuro e lottare contro i Mangiamorte per proteggerla lo avrei fatto; niente mi faceva più paura, se non il rischio di poterla perdere. Non mi importava degli conseguenze delle mie azioni, l’importante è che lei rimanesse viva, non mi importava più il costo del prezzo da pagare per farlo. ”

Sbuffai sonoramente. Sfoderai la bacchetta e mi affrettai a seguirla. E così, anche io venni inghiottito dall’oscurità della Foresta Proibita.
 
 
 
#SPAZIOAUTRICE

Buondì a tutti (o buonasera. dipende dall'orario in cui leggerete questo post).

Sarò breve, perchè non voglio annoiarvi troppo.


Allora cosa ne pensate del nuovo capitolo? E della storia in generale?
Sono curiosa di conoscere le vostre opinioni. Sono aperta a qualunque consiglio, commento o critica.
Aspetto con trepidazione le vostre recensioni!  

Lady Aileana

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Un Malfoy ritrovato ***


Sentivo le foglie frusciare al suo passaggio; i rami spezzarsi sotto il suo peso; il respiro irregolare perforare l’aria.

“Certe volte dubito della tua intelligenza, Granger.” pensai scuotendo la testa contrariato mentre aumentavo il passo per starle dietro.

Le macerie del castello venivano ospitate nell’immenso cortile di Hogwarts, dove finalmente sbucai.

Un rumore inaspettato giunse alle mie spalle. Istintivamente mi voltai per accertarmi quale ne fosse la causa. Aguzzai la vista e percorsi con lo sguardo il limitare della foresta. Avevo la netta sensazione di essere osservato, come se fossimo sempre stati seguiti da qualcuno.

Quando riportai l’attenzione al punto di partenza mi accorsi di aver perso di vista Hermione. Mi guardai attorno disperatamente e maledissi la mia disattenzione.

“Dannazione Granger! Dove sei andata a cacciarti?!” ringhiai esasperato.

Scorsi una folta chioma leonina alle porte del castello, così corsi alla volta di Hogwarts.

                                                                                        ***

Fuori dalle mura del castello, nei corridoi della scuola, a cavallo delle correnti del cielo plumbeo con le proprio scope fidate… ovunque si combatteva, senza alcuna differenza.

Scavalcai diversi corpi inermi di maghi morti o feriti, di Mangiamorte o studenti. Ero indifferente. Accertarmi chi fossero, se avessero bisogno di aiuto…non era una mia preoccupazione. Non mi importava di loro e di chi stesse avendo la meglio.

Scansai malamente maghi e streghe intenti nei loro duelli. Schivai diversi incantesimi che riuscirono solo a sfiorarmi. I rischi che correvo non rientravano nella lista delle mie priorità. Mi sentivo invincibile. Come se una corazza indistruttibile mi avvolgesse l’intero corpo e mi proteggesse da qualunque pericolo. Allo stesso tempo, però, mi sembrava di arrancare in una poltiglia di gelatina, come se la mia corsa fosse continuamente rallentata, come se il tempo scorresse sempre più lentamente.

Ma ero talmente indifferente a quello che mi circondava che anche questi piccoli ostacoli erano insignificanti. Il mio unico pensiero, che mi dava quella forza necessaria per continuare a lottare, era dover ritrovare Hermione in quel marasma e portarla in salvo.

“Perché deve essere così testarda? Perché non mi dà mai ascolto? Perché doveva fare sempre di testa sua? Perché?!” pensai irritato.

Mentre quelle domande scorrevano come lava infuocata nella mia mente, una scintilla rosso sangue mi sfiorò pericolosamente l’orecchio. Prontamente riuscii a sfiorare quell’Anatema e con la vista accecata da fiamme rabbiose, contrattaccai.

“Non posso rompere la promessa” mi ricordai con una certa frustrazione.

Così feci a meno dell’uso delle Maledizioni Senza Perdono, ma l’effetto non fu così efficace, nonostante riuscì ugualmente ad abbattere il Mangiamorte.

La preoccupazione si insinuò nei miei pensieri. Rimasi paralizzato. La paura che scorreva allegramente nelle mie vene provocò un’accelerazione smisurata del battito cardiaco.

“Per mano di quel Mangiamorte forse Hermione era destinata a morire. A quanti Anatemi riuscirà a sopravvivere?”

Quel pensiero mi infuse una scarica di determinazione che accese un istinto che prese il sopravvento delle mie azioni. Continuai a correre, più veloce di prima; percorsi diversi corridoi senza però ottenere nessun risultato soddisfacente.

Voltai l’angolo e scorsi una coppia di maghi combattere contro dei Mangiamorte. La speranza illuminava i lori occhi, e nonostante fossero ben consapevoli di non poter superare le abilità dei due Maghi Oscuri da soli, continuarono a lottare con determinazione.

All’improvviso uno schiantesimo raggiunse il ragazzo che abbandonò alla mercé dei due Mangiamorte la giovane Corvonero. Ma la ragazza non si diede per vinta e continuò a lottare, difendendo entrambi da una morte che si spettava atroce.

Con la sola forza della volontà, riuscì a parare incantesimi molto potenti. Era ammirevole. Ma non sarebbe stata in grado di resistere ancora per molto; già dava i primi segni di cedimento.

Mi soffermai a riflettere per un attimo.

“Quella scena si presenta analoga a quella che abbiamo appena vissuto.” considerai dolorosamente.

Misi a confronto la ragazza dai capelli corvini con la mia dolce Hermione, e un senso di consapevolezza mi trafisse nuovamente il cuore. Immaginai Hermione terrorizzata, la consapevolezza di tener in mano due vite umane da proteggere. Da sola. Senza nessun aiuto.

“Anche io avevo abbandonato Hermione nel momento del bisogno.

La tristezza si depose come la neve sull’erba. Attecchì e mi travolse, scatenando in me le più svariate emozioni.

“Peccato che nessuno è intervenuto in nostro soccorso.”  Ragionai con amarezza. “Ma, dopotutto, io mi trovo nel posto giusto nel momento giusto.”

La situazione in cui mi trovavo era talmente assurda che non riuscì a fare a meno di curvare gli angoli della bocca in un ghigno.

“Non posso semplicemente ignorarli e scappare sapendo di essere accomunati dallo stesso triste destino.”

Smisi di rimuginarci sopra e feci quello che doveva essere fatto. Agii d’istinto. Pensare ora non era lecito, era solo un ulteriore freno.

Sfruttai l’astuzia e colpì facilmente l’avversario. Un’espressione sbigottita si dipinse sul suo volto. Ma poco prima che il suo corpo colpisse il pavimento tutt’altre emozioni si potevano leggere e allora fui consapevole di aver accertato qualunque dubbio del possibile tradimento dei Malfoy.

Il compagno, attirato dal brusco rumore che il corpo del Mangiamorte produsse cadendo a terra, si voltò, ma non era pronto a reagire. Sfruttai l’effetto sorpresa e con un movimento fulmineo della mano lo stesi a terra.

La strega smise di darmi le spalle e si voltò per poter vedere in faccia il suo salvatore.

Il suo viso straziato dalla stanchezza e dal dolore si era aperto in un’espressione di sollievo e sorpresa. Gli occhi le si riempirono di gratitudine, ma non appena mi riconobbe il dubbio si riversò nel suo sguardo. Il corpo si irrigidì e con un gesto incerto sollevò la bacchetta. La confusione le annebbiò lo sguardo e la mano con cui puntava la bacchetta al mio petto tremava violentemente.

“Crede che io sia il nemico.” pensai malinconicamente, sconsolato.

Improvvisamente, alle spalle della ragazza, vidi comparire un uomo che si stagliava minacciosamente sull’esile figura della studentessa, con la bacchetta sollevata.

Accadde tutto talmente velocemente che non mi resi conto delle mie azione finchè non fu tutto finito. Con il respiro affannato abbassai la guardia e ripercorsi mentalmente la dinamica di quello appena accaduto.

Quando la giovane strega mi vide sollevare minacciosamente la bacchetta, la paura si infuse nei suoi occhi, conscia dei suoi errori. Nel momento in cui una scintilla rosso sangue partì, la ragazza strinse gli occhi terrorizzata, consapevole che la morte le avrebbe dato il benvenuto a braccia aperte ben presto. Quando, invece, una leggera brezza le sfiorò l’orecchio, sollevandole i capelli corvini, aprì un occhio per sbirciare.

Il tintinnio di una maschera cadere a terra attirò la sua attenzione. Girò il collo di centottanta gradi e vide la faccia incredula di un Mangiamorte spiaccicarsi al suolo.

Sentivo la testa bruciare, come se fosse sottoposta a uno sguardo indagatore, così, alzai lo sguardo che avevo momentaneamente posato a terra per poter riflettere.

Adesso la ragazza era incapace di evitare di guardarmi con un’espressione meravigliata dipinta sul volto. Ebbi appena il tempo di ricambiare con un sorriso, quando il mondo venne nuovamente rivoluzionato.

La Corvonero fece per aprir bocca per dire qualcosa, ma dalla sua gola, invece, gorgogliò un urlo terrorizzato. Con gli occhi sbarrati farneticò qualcosa talmente velocemente che non riuscì ad afferrare le parole, ma feci solo in tempo a vedere l’ombra di un’alta figura appostata alle mie spalle.

Un incantesimo mi sfiorò, ma questa volta non ebbi il tempo di schivarlo.

Incredulo, vidi la ragazza alzare prontamente la bacchetta. Parò il colpo e lo deviò, facendo rimbalzare il maleficio sul mio aggressore, che stramazzò a terra senza vita.

Il rumore dei nostri respiri affannati riecheggiava nei corridoi stranamente in silenzio; sembrava che tutto si fosse fermato per noi, il tempo, i combattimenti, come se volessero darci l’opportunità di isolarci dal quel mondo crudele, rinchiudendoci sotto un’enorme campana di vetro.

Un’ondata di calore mi confortò, una sensazione mai sperimentata si impadronì dei miei sentimenti.

“Era così che ci si sentiva a giocare a essere Potter?”

Risi, per quanto potesse essere assurdo. Mi sentivo bene. Non riuscivo a descrivere l’emozione che provavo, ma se dovevo scegliere una parola, forse l’unica adatta alla situazione in cui mi trovavo era: nuvole.

“Sono diventato matto.” pensai sorridendo.

Nuvole era la parola esatta. Mi sentivo libero, sollevato, leggero come una nuvola. Mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Avevo finalmente soddisfatto me stesso compiendo quel gesto e mi sentivo fiero, orgoglioso.

“È diverso” mi corressi. “Sono pazzo d’amore. E devo ringraziare Hermione per questo.”

“Hermione”

Il suo nome rimbombò all’infinito sulle pareti della mia mente. Immagini del suo delicato viso, del suo sorriso innocente e puro si fecero strada nei mie pensieri, minacciando di non andarsene mai più. Ma non potevo lamentarmene, anzi, mi cullavo tra quei ricordi felici, estasiato come un bambino che vola spensierato tra i cieli plumbei della brughiera inglese con la sua nuova scopa volante.

Hermione era magnifica. Lei mi aveva spronato a scavare nel mio cuore, a scovare sentimenti che non avrei mai immaginato di trovare e di voler cercare.

Hermione mi aveva permesso di ritrovare il vero Draco, un bambino impaurito, segregato in un angolo buio della mia anima, rinchiuso dalla volontà crudele di mio padre fin dall’infanzia. Non avevo mai conosciuto l’amore, l’affetto, l’amicizia, la generosità e l’altruismo, tutti quei valori nella mia famiglia era stati banditi per essere sostituiti dalla pura e sola crudeltà.

Forse dovevo ringraziare anche mia madre, se non fosse per lei, per il poco affetto e amore che mi aveva regalato in tutti questi anni, la malvagità avrebbe preso il sopravvento e non ci sarebbe più stato niente da salvare in tutto quel marcio.

Ma ora mi trovavo qui, in mezzo a una battaglia a pensare come un’ebete alla felicità sperimentata nel salvare due vite umane. Nuotai nella contentezza e mi beai nella meraviglia provata nel constatare che qualcuno poteva ancora avere fiducia in un Malfoy, come ha dimostrato la giovane Corvonero poco fa salvandomi da una morte certa.

Ero ubriaco di nettare di nuvole e nulla poteva più fermarmi. Per cui, per quanto fosse stupido e imprudente, porsi una domanda alla Corvonero:

- La Granger, l’hai vista? Sai dove è andata? –

La ragazza si avvicinò e posizionandosi proprio sotto un flebile fascio di luce notai un dettaglio veramente irrilevante in quel momento. La luce dorata perforava quell’oscurità e illuminava quelli che si rivelarono dei setosi capelli castani, che nonostante fossero intrisi di sporcizia, mantenevano la loro naturale bellezza risaltando quei occhi castani da cerbiatto.

La ragazza annuì e schiarendosi la voce aggiunse:

- Abbiamo avuto molte perdite alla Torre di Astronomia. Ci servivano maghi con una buona mira e la Granger si è unita al gruppo di soccorso. –

Le feci con il capo un segno di ringraziamento, anche se non ero in grado di esprimere la mia gratitudine per quelle informazioni così importanti per me. 

Mi voltai e mi affrettai a seguire le sue indicazioni, quando il soffio di un flebile sussurro mi fece attardare ancora per qualche secondo.

- Grazie per averci salvato la vita. Ti sono immensamente grata. –

Abbassai il capo e chiusi gli occhi. Il nero che annebbiava i miei sensi era scomparso, sostituito da una miriade di colori che esplodevano davanti ai miei occhi a intermittenza.
Le poche tracce ancora rimaste del vecchio Malfoy si sciolsero e se ne andarono per sempre, lasciando posto a un Draco migliore. Il mio corpo contaminato si stava purificando. 

“La serpe sta mutando in un bellissimo Drago.” pensai mestamente. “Allora tutto è possibile.”

Un sorriso che mai aveva solcato le mie labbra si dipinse sul mio volto. Così, mi attardai a dire in un sussurro quasi impercettibile:

- Grazie per aver creduto in un Malfoy diverso. -

Detto ciò mi misi a correre, ma prima di voltare l’angolo un borbottio sommesso giunse alle mie orecchie.

- Anche dietro il più crudele dei Serpeverde si cela un cuore capace di compatire…di amare…Questo significa che non tutto è perduto… C’è ancora speranza… - 

La sua dichiarazione di fiducia fu come lanciare un ordigno nel mio cuore. Un’esplosione di sentimenti, originati dalla sua positività, mi investì. Feci respiri profondi e i miei polmoni si riempirono di una nuova aria mai respirata prima.

Adesso avevo un vero scopo per combattere e corsi, corsi sempre più veloce di quanto non avessi mai fatto in passato. Correvo per raggiungere l’alba di una nuova era.
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il Voto Infrangibile ***


 “Ti prego, non di nuovo!” supplicai disperato.
 
- Ah, ma chi abbiamo qui? La giovane Mezzosangue. – udii dire dalla voce divertita di Bellatrix.
- La nata babbana amichetta di Potter…Bene, bene, bene… - continuò a cantilenare con la sua voce squillante da bambina.
 
Aumentai il passo e salii le scale più velocemente, ma non appena la sentii pronunciare: - Crucius! - il cuore smise di battere e il mio respiro venne smorzato. Mi bloccai a metà scalinata, incapace di muovermi. Terrorizzato attendevo l’arrivo di quelle grida che ormai conoscevo fin troppo bene.
 
Quelle urla che mi affollavano la mente, dopo che Hermione aveva fatto visita a Villa Malfoy; penetravano nei miei sogni per trasformarli in incubi senza fine, costringendomi a restare sveglio la notte.
 
Ma le grida non arrivarono, al loro posto, invece, giunse la voce irritante di Bellatrix.
 
- Come osi sfidarmi, lurida Mezzosangue…? -
 
I rumori di un duello in corso rimbombarono nella tromba delle scale.
 
Il mio cuore iniziò a volteggiare nelle più svariate acrobazie. Pompava adrenalina nelle vene, donandomi l’energia necessaria per reagire.
 
Con falcate enormi feci gli ultimi gradini e sbucai nell’osservatorio.
 
Una scintilla blu cobalto riuscì a eludere le difese di Bellatrix, riuscendo però solo a sfiorarla.
Lei strabuzzò gli occhi. Uno sguardo truce, che emanava rabbia e sdegno, trafisse Hermione.
 
- Colpirmi? Come hai potuto tentare solo? Brutta… - lasciò in sospeso la frase, perché dovette  concentrasi sull’incantesimo da scagliare.
 
Agitò in un movimento fulmineo il polso e sferrò l’attacco successivo. - Avada Kedavra! – squillò.
 
Hermione stesa a terra, rotolò su un fianco, proprio un secondo prima che l’Anatema la colpisse e  un cratere fumante si formò proprio dove si trovava prima.
 
Nonostante fosse provata, Hermione si rialzò e cercò di contrattaccare, ma Bellatrix era più scaltra; dopo tutti gli anni di esperienza che si era lasciata alle spalle, maneggiava l’arte del combattimento meglio di chiunque altro. E una raffica di Maledizioni Senza Perdono si scagliarono su Hermione.  
 
La ragazza riuscì a proteggersi miracolosamente da alcune, ma altre oltrepassarono le sue difese, disarmandola e gettandola a terra.
 
Hermione era percossa da convulsioni e si contorceva a terra, straziata da un dolore inconcepibile.
 
Urla di disperazione si scontrarono con la cupola dell’osservatorio per poi propagarsi in un’eco straziante.
 
Quelle grida mi riportarono con la mente a Villa Malfoy, in quel giorno di primavera che appariva così distante, eppure così vicino. Impotente avevo dovuto rimanere a guardare Hermione che veniva torturata senza pietà. I suoi occhi imploravano solo un briciolo di compassione, cercavano inutilmente di incrociare i miei per potermi comunicare mute supplice di aiuto. Avevo dovuto ignorarla e, dannazione, quanto era stato difficile rimanere indifferente! Ma questa volta non si sarebbe ripetuto.
 
Bellatrix si avvicinò al corpo ancora scosso dagli spasmi della Grifondoro e un luccichio folle illuminò il suo sguardo da predatrice.
 
Un incantesimo partì improvviso dalla mia bacchetta, impedendole di scagliare altre maledizioni.
Ma lei era fin troppo agile e parò senza il minimo sforzo il mio attacco.
 
Alzò lo sguardo e disse: - Draco. - abbozzò un sorriso divertito e cantilenò in domanda: - Vuoi avere l’onore di uccidere la Mezzosangue? - 
 
Si piegò e la afferrò malamente per la collottola, la strattonò e la costrinse a mettersi in ginocchio e a voltarsi. Le prese i capelli, le tirò con un gesto violento la testa all’indietro e il collo nudo venne illuminato dal bagliore lunare. Bellatrix le puntò minacciosamente alla gola la bacchetta e impaziente la rigirava tra le mani. Aveva gli occhi stravolti dalla sete di sangue e scrutava la Grifondoro come se fosse un animale in trappola da torturare.
 
Incrociò il mio sguardo e sorrise.
 
Sarai in grado questa volta di adempiere al tuo compito? - chiese impaziente con gli occhi illuminati dal quella disgustosa astinenza dall’uccidere, quella astinenza straziante che caratterizzava gli alcolisti, ma che per lei consisteva nell’assaporare l’inebriante odore della morte.
- O hai bisogno che zietta ti aiuti? -
 
Cercai di trattenere la rabbia e i singhiozzi che minacciavano di farmi arricciare il mento in una smorfia di sofferenza e di farmi tremare violentemente la mascella. Così, deglutì e ricacciai quel groppo che avevo in gola indietro.
 
Ritornai nuovamente al passato, a quel giorno, e una paura agghiacciante si insinuò dentro di me, facendomi arricciare le viscere e accapponare la pelle.
 
Quella notte, il giorno peggiore della mia vita, il giorno del mio Tradimento.
 
Era tutto programmato, non altrettanto dover abbandonare Hermione. Le sue lacrime, le sue preghiere, i singhiozzi che avevo causato si erano impressi con il fuoco nei miei ricordi. L’avevo spezzata. Ma, soprattutto, avevo distrutto la mia dolce Hermione. Avevo distrutto quella poca fiducia che ero riuscito a costruire.
 
Non era stata più la stessa da allora. Attorno a sé aveva eretto una corazza impenetrabile. Il sangue, che prima scorreva cantando brama per il mio cuore, si era ghiacciato. I nervi sensibili a ogni tocco o parola, si erano anestetizzati. Un meccanismo di difesa per proteggersi dal male della vita, quella parte marcia che io gli avevo fatto scoprire brutalmente.
 
Il fuoco si accese nel mio petto; scoppiettava allegramente, ardendo qualunque sentimento che non fosse la rabbia. Inconsciamente sollevai la bacchetta e con uno sguardo omicida scagliai impassibile il colpo successivo, liberando quell’ira e trasformandola in energia.
 
Bellatrix, investita da quel potente colpo, barcollò leggermente, ma riuscii a mantenersi ugualmente in piedi.
 
Un’occhiata intrisa di sdegno, venne scagliata contro il mio petto. Invece di ferirmi risanò quelle lesioni che ancora mi ricoprivano, dandomi la carica di cui avevo bisogno.
 
- Come osi…! - sibilò sommessamente, adirata.
- Come osi tu, brutta strega! - ribattei spregevolmente sferrando l’attacco successivo, che purtroppo riuscì a parare.
 
Riposi il mio sguardo sul suo volto e venni ammaliato. I suoi occhi stralunati erano come una calamita, riuscivano a catalizzare tutta l’attenzione.
 
Dicono che gli occhi siano lo specchio dell’anima e quelli neri di Bellatrix, vuoti, insensibili, la rispecchiavano pienamente per quello che era: un’anima dannata.
 
Non mi arresi e sferrai un fattura dopo l’altra. Ma era tutto inutile, incantesimi così deboli non sarebbero serviti.
 
Una risata malvagia, squillante rimbombò nelle mie orecchie, assordandomi.
 
- Credi davvero di poter riuscire a battermi con questi incantesimi da quattro soldi? - chiese spregevole. - Dracuccio, non hai nessuna possibilità contro di me. - lei sferrò un potente attacco che mi costrinse ad arretrare.
 
Un sorriso intriso di crudele compiacimento si impresse sul suo volto scannato dalla follia.  
 
- Il sangue da Purosangue che scorre nelle tue vene è sprecato! Perché sei senza valore! Non vali niente! Sei come tua madre e tuo padre! -
 
Un’Avada Kedavra partì dalla sua bacchetta per colpire Hermione, che si trovava stesa a terra, inerme, con le energie completamente prosciugate.
 
Balzai in avanti, eseguii un affondo come se fossi uno spadaccino e deviai la maledizione, che finii a colpire il muro di pietra. Polvere e calcinacci caddero dalla parete a causa del violento impatto.
 
Bellatrix posò lo sguardo sulla Grifondoro e la scrutò a lungo con una strana luce che le brillava negli occhi. Alzò lo sguardo e un sorriso di pura malvagità mi abbagliò.
 
- E così ti sei innamorato di una Mezzosangue? - fece con una dolcezza smielata, shakerata con una punta di disgusto, che rendeva lo sputo della sentenza amarognolo. - La proteggi, ma per quanto ci riuscirai? Sei un illuso Draco. Un traditore del proprio sangue. Come puoi disonorare così la tua famiglia? -
 
Trovai il coraggio di ribattere, per reagire a quell’affronto.
 
- Tu non hai capito niente della vita zia! -
 
Una saetta fulminante zampillò dai suoi occhi per accecarmi, poi la strega si mise a sogghignare beffardamente di fronte alla mia filosofia di vita.
 
- E perché tu sì? Sei un pulcino che non ha ancora spiccato il volo dal nido e vorresti venire a insegnare a me… cosa è giusto? - mi domandò in tono di sfida.
 
- Non sei altro che una bambina capricciosa troppo cresciuta! Sei la parte marcia della famiglia. Tu. Non noi. - sottolineai sibilando con asprezza ogni singola parola che usciva tagliente come una lama dalle mie labbra. - Le tue sorelle e i loro figli hanno imparato a stare al mondo. E, soprattutto, ad amare! - ribattei infine a denti stretti. Non ero mai stato così adirato in vita mia.
 
La bacchetta mi scivolava via e cercavo inutilmente ti mantenere ferme le mani intorno al manico, ma la rabbia non mi agevolata. Sferrai uno schiantesimo, un pietrificus totalus… qualunque malocchio attraversasse la mia mente scaturiva dalla bacchetta, ma Bellatrix parava agilmente ogni colpo. Mi sentii avvampare di calore il viso e mi trasformai in una furia. Continuai ad attaccare senza sosta, riuscendo a farla arretrare.
 
Bellatrix indietreggiò, finchè non raggiunse il cornicione. Sotto di noi infuriava la battaglia, un cortile pieno di nemici pronti ad accogliere a braccia aperte la morte della nuova arrivata. Bastava solo disarmarla e farla precipitare di sotto e il gioco era fatto. Non poteva sopravvivere a una caduta da quell’altezza e nessuno dei maghi nel parco erano disposti a salvarla, né i suoi nemici né i suoi alleati.
 
- Expelliarmus! - esclamai, cercando di inglobare in quel semplice incantesimo la potenza della tempesta di rabbia che infuriava dentro di me.
 
La bacchetta della strega volteggiò nell’aria, per poi essere accolta dal richiamo delle fiamme che, bramose di distruzione, si allungavano su per le mura dell’alta torre di Astronomia.
 
Bellatrix fissò la traiettoria tracciata dalla propria arma, impotente. Con le labbra arricciate in segno di disappunto rivolse l’attenzione dei suoi occhi, sbarrati dall’incredulità, a me. La rabbia e l’ostilità, però, ben presto presero il sopravvento.
 
- Brutto marmocchio insolente! - ringhiò infuriata.
 
La ignorai e facendo qualche passo in avanti mi avvicinai e lei stravolse l’espressione del viso in una che non lasciava trapelare emozioni.
 
Le rivolsi la punta della bacchetta alla gola; la mano ferma e pronta a reagire a ogni suo minimo movimento, come se stessi maneggiando un coltello dalla lama affilata per poterle recidere una delle carotidi.
 
- Non avvicinarti più a lei! - sibilai inferocito, gli occhi stravolti dall’ira e le labbra che sputavano queste parole di avvertimento come se fosse veleno. Per essere sicuri che il concetto le entrasse in quella sua testa bacata, aumentai la pressione che esercitavo sull’arma, conficcandola più a fondo, quasi perforandole la trachea, sottolineando chi fosse adesso il predatore e chi la preda.
 
Mi scrutò attentamente con i suoi grandi occhi neri; poi, un sorriso da bambina viziata, si aprì sul suo viso e iniziò a ridere divertita. La sua risata, che più che cristallina definirei inquietante, penetrò nella carne come un proiettile e quel brivido agghiacciante si propagò ovunque; prima passò dalla colonna vertebrale, poi arrivò alle ossa che tremarono al suo passaggio e infine arrivò ad annebbiare i pensieri della mia mente.
 
- Non ne hai il coraggio. Sei uno smidollato come tuo padre. - disse, tentando di deridermi, mentre i suoi occhi mi squadravano indagatori, come se potessero leggere nella mia mente; come se potesse annusare veramente l’odore della paura che emanava la mia pelle.
 
- Forza, uccidimi! Sarebbe la soluzione migliore per sbarazzarsi di me. - io invece non mi mossi e rimasi a fissarla silenziosamente, indeciso sul da farsi. Allora lei mosse leggermene il collo in avanti e posando le labbra sul mio orecchio mormorò con persuasione. - Fallo! Uccidimi! - il silenzio aleggiò tra di noi e non avendo risposta una risata sgorgò beffarda dalla sua gola.
 
- Non hai il… - ma prima che potesse terminare quella frase le inflissi un colpo al diaframma, costringendola a piegarsi su se stessa dal dolore. Il sorriso le era morto in gola, lasciando posto a un’espressione infuriata.
 
Ringhiò, come se fosse un animale in gabbia, e con le mani tese cercò di saltarmi alla gola. Non riuscii a scostarmi in tempo e Bellatrix penetrò con le sue unghie affilate nella carne del mio collo.
 
- Draco… - sentii chiamarmi da una voce flebile proveniente alle mie spalle.
 
Con la coda nell’occhio, vidi una Hermione scossa e provata alzarsi lentamente da terra e tastarsi la testa dolorante.
 
- Draco! - la sentii strillare spaventata, quando si rese conto della situazione in cui mi trovavo.
 
Riuscivo a respirare a malapena. Bellatrix teneva una mano agganciata al mio collo mentre con l’altra cercava in tutti i modi di disarmarmi.
 
- Reducto! - un’esplosione rimbombò nella torre. Un cratere si formò accanto a me. Ero illeso. Invece, Bellatrix era stata scagliata violentemente contro un muro e ora si trovava accasciata a terra dolorante.
 
Mi voltai e andai incontro a una ragazza spaventata e in lacrime. Mi avvicinai con nonchalance e la avvolsi in un abbraccio rassicurante. Il pianto liberatorio si era trasformato in isterico, facendola tremare violentemente. Ma nulla le impediva di mantenere la bacchetta saldamente tra le mani e puntarla di fronte a sé, per potersi difendere da un eventuale attacco
 
- Hermione, calmati … - le sussurrai dolcemente. La voce era soffocata dai suoi capelli, su cui avevo posato la testa per donarle un leggero bacio rassicurante.
 
Mi allontanai, le presi il mento tra le dita e le scostai una ciocca dal viso, riponendola delicatamente dietro un orecchio.
 
Posai le labbra vicino al lobo e mormorai sommessamente: - Grazie. - regalandole un altro tenero bacio sulla gola.
 
- Draco… - mormorò trafelata. - I suoi occhi… erano folli…Poteva ucciderti a mani nude… -
 
- Shh… - la zittì con una carezza sulla guancia. - È tutto finito. - la rassicurai.
 
- Maledetti marmocchi…! - strillò Bellatrix ansimante. - Vi rimetterò in riga come si deve! -
 
Aveva recuperato la bacchetta di un Mangiamorte caduto e adesso ce la stava puntando contro minacciosamente. Ma prima che avesse il tempo di scagliare una qualsiasi maledizione, io e Hermione ci girammo e attaccammo all’unisono.
 
- Stupeficium! - esclamai. Il colpo venne schivato, ma una Maledizione Senza Perdono, mormorata mestamente, giunse alle mie spalle. - Imperius… - e quasi immediatamente Bellatrix raddrizzò il busto in un portamento rigido, rispettoso.
 
Mi voltai a guardare Hermione stupefatto.
 
- Hai stretto tu un Voto Infrangibile, non io. - rispose malinconicamente. - Non dovresti essere così scioccato. -
 
Evitai di commentare e mi misi a osservare la strega immobilizzata.
 
- E adesso cosa facciamo? - domandai cautamente.
- Cosa vuoi dire? -
- Sa troppe cose su di noi. Non possiamo permetterci il lusso di lasciarla andare così facilmente. –
- E allora cosa hai intenzione di fare? -
- Ucciderla. Mi sembra ovvio. - risposi impassibile.
- No. - la sua risposta mi meravigliò e mi girai a guardarla.
 
Era rimasta nella stessa identica posizione in cui l’avevo lasciata: postura rigida e mani saldamente avvolte intorno alla bacchetta. Conoscevo quegli occhi impossibili da decifrare mentre fissava Bellatrix. Stava valutando accuratamente ogni singola soluzione, prima di poterla scartare definitamene. Quello era uno sguardo calcolatore, uno sguardo che, sicuramente, ci avrebbe fatto uscire indenni da quella terribile situazione.
 
- Così desteremo troppi sospetti. - aggiunse finalmente.
 
- Hermione, sii ragionevole. - dissi. - Bellatrix potrebbe benissimo morire in un combattimento, dopotutto nemmeno lei è infallibile, non è immortale. E in questo modo alleggeriremo le fatiche dell’Ordine della Fenice. Faremo un favore a tutti. -
 
Lei scosse il capo contraria.
 
- Tu non stai considerando l’altra faccia della medaglia. Bellatrix è la suddita più devota a Tu-Sai-Chi e anche la sua preferita. E se lei morisse…sarebbe la fine… .- riferì lei. - La scelta migliore è cancellarle la memoria… - non riuscì a terminare la frase, che gli occhi le si ribaltarono all’indietro. Perse i sensi e si precipitò tra le mie braccia, evitandole il brutale scontro con il pavimento. Mi girai quasi immediatamente alla ricerca della causa di quel mancamento.
 
Avevamo sottovalutato la forza e la tenacia di Bellatrix, che era riuscita a liberarsi dalla prigionia. Dopotutto una Maledizione Senza Perdono per essere ben efficace doveva essere intrisa di odio, malvagità, crudeltà… caratteristiche che Hermione non riuscirebbe mai a riprodurre fedelmente, neppure se volesse.
 
La adagiai a terra delicatamente e mi concentrai sull’avversaria che mi si era parata contro.
 
-Svelato il mistero dell’innocenza del nostro Dracuccio. – disse con voce melodica la strega. – Un Voto Infrangibile, eh? – chiese divertita. – Ti ho sottovalutato, dopotutto… - borbottò con una voce che andava a scendere a ogni parola pronunciata. - … ma io imparo dai miei errori… - mormorò tagliente con gli occhi strizzati in due fessure.
 
-Prima la ragazza, poi tu… È questo il trucco per vincere… -
 
Strabuzzai gli occhi spaventato e preoccupato che l’incolumità di Hermione fosse in pericolo.
 
Puntò la bacchetta sulla Grifondoro stesa a terra e scagliò la prima fattura. Il corpo di Hermione sobbalzò e la sua sofferenza si propagò fino al mio cuore, che sussultò dolorosamente insieme a lei.
 
-Vigliacca! – strillai.
-Vigliacca? – ripetè e le dimensioni del suo ghigno maligno, appena abbozzato, aumentarono. – Direi astuta, più che altro. –
 
Un’altra maledizione raggiunse Hermione, senza che potessi impedirlo, mentre lei già si contorceva sul pavimento. Però, riuscii a parare il colpo successivo e poi ancora quello dopo.
 
La rabbia, ormai l’unica emozione che alimentava la mia voglia di lottare, che mi spronava a non mollare e andare avanti, si impossessò nuovamente di me. Il pensiero che Hermione potesse ancora soffrire per colpa mia mi produceva un dolore fisico, una sofferenza che potevo combattere soltanto sconfiggendo Bellatrix.
 
Il tempo di difendere era terminato, era giunto il momento di attaccare. Mi mossi velocemente, sfuggendo alla vista di Bellatrix; la colsi di sorpresa con un colpo a tradimento, che non riuscì a evitare e gemette per il dolore.
 
Un ghigno beffardo si spinse fino agli angoli della mia bocca.
 
“Non sei invincibile, cara zietta.” Pensai compiaciuto e con determinazione scagliai una raffica di incantesimi che la colsero di sorpresa.
 
Il ghigno beffardo, infantile, era ormai scomparso da tempo dal volto della strega. Pensavo che l’ira lo avrebbe sostituito, invece, scorsi un sentimento, che mai mi sarei immaginato di leggere nelle rughe che solcavano il suo viso senza tempo.  Dubbio, incertezza, paura erano le emozioni che predominavano, emozioni che non si addicevano a quell’essere dannato e senza umanità di mia zia.
 
Bellatrix cercò di parare tutti gli attacchi, ma quella raffica incessante di incantesimi la stavano stancando e già dava segni di cedimento.
 
Lo scontro ci costrinse a girare in tondo, seguendo il perimetro circolare della torre, in una danza mortale, da cui uno solo ne sarebbe uscito vivo. Le colonne erano i nostri scudi mentre le mura le nostre vittime innocenti; scintille zampillavano dalle nostre armi per andarsi a scontrare con la pietra, incidendola di rupestri graffiti, che illustravano la nostra lotta per il bene e il male. L’ultimo incantesimo scaturito dalla mia bacchetta, però, messe finalmente il punto a quella storia, declamato il vincitore.
 
Un semplice schiantesimo scagliato dalla bacchetta che impugnava Bellatrix le si ritorse contro quando si scontrò con il mio incantesimo di scudo, che riflesse il colpo contro la proprietaria. La fattura la prese in pieno petto, proprio dove si trovava quel vano vuoto che doveva ospitare il suo cuore, ormai marcito da troppo tempo per essere recuperato. Bellatrix travolta dalla potenza di quell’incantesimo stramazzò a terra inevitabilmente, con gli occhi sbarrati in un’espressione di incredulità.
 
Tirai finalmente un respiro di sollievo e mi asciugai la fronte imperlata di sudore. Mi aggiustai la giacca e rivolsi un’occhiata furtiva a Hermione, per assicurarmi che stesse bene. Il petto si alzava in un movimento appena percettibile. Ma respirava. Ma, sopratutto, era viva.
 
Solo allora potei tornare a dedicare la mia attenzione al corpo di Bellatrix sepolto sotto alcune macerie in una posizione innaturale. Mi avvicinai e mi accovacciai al suo cospetto.
Tesi la bacchetta e…
 
- Stupido! - uscì dalla bocca della strega. Una mano raggiunse il mio braccio e fece cadere a terra la bacchetta, un’altra, invece, mi cinse nuovamente il collo in una morsa mortale.
 
Non riuscivo a respirare, mi bruciavano i polmoni, richiedevano disperatamente ossigeno.
Con uno sforzo abnorme riuscii ad avvolgere entrambe le mani intorno al suo braccio, nel tentativo invano di liberarmi, ma venni sopraffatto dalla sua forza.
 
“Che ingenuo.” Pensai frustato. “Sarebbe questo il tuo modo eroico di salvare entrambi? Che disonore per un mago morire in questo modo.”
 
Avevo perso ogni fede; non solo sentivo ogni briciola di speranza lasciare il mio corpo, ma lo vedevo riflesso anche negli occhi assetati di sangue di Bellatrix.
 
Mi accasciai a terra, privo di energie, sopraffatto dalla volontà del destino.
Guardai quella strega che si era privata del suo animo umano e mi persi nell’oblio di quei occhi neri.
 
Gradualmente l’oscurità accolse i miei sensi, finchè le palpebre non iniziarono a scendere, calando quel buio totale, che identificai come il benvenuto della morte. Ma prima che cadessi tra le braccia delle tenebre , un lampo di luce incontrò la mia traiettoria. Poi tutto si fece completamente, inesorabilmente buio.
 
 
 
     
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Oblivion ***


- Draco… - quella voce soave riaccompagnò il mio risveglio.
 
Strinsi gli occhi intensamente, poi sbattei le palpebre più volte e finalmente mi concessi di aprirli.
Mossi il collo e una fitta atroce mi colpì la gola come una pugnalata, smorzandomi il respiro. Fui costretto a trarre un profondo respiro, ma quello fu la mia rovina. L’ossigeno aspirato mi scorticò la trachea e alimentava quell’incendio che infuriava nei miei polmoni.
 
Immediatamente mi portai una mano alla gola, dove erano rimasti i segni delle unghie di Bellatrix. Ormai anche solo respirare era diventata una sofferenza. Mi massaggiai insistentemente il collo, nella speranza di far scomparire quel fastidio.
 
Voltai lentamente il collo nella direzione da cui proveniva quella voce. Vidi una figura esile e slanciata stagliarsi su di me ed ebbi improvvisamente paura. La vidi barcollare, come se non si reggesse sulle proprie gambe. La osservai con sguardo guardingo fare qualche passo incerto nella mia direzione. Poi un bagliore di luna le illuminò il viso e finalmente la riconobbi. La tensione si sciolse portando via la paura che fino a poco mi assaliva. Il cuore mi si riempì di una dolce sensazione di rassicurazione. Era Hermione. Era salva.
 
Per quanto mi costasse fare quel gesto non potei farne a meno e tirai un sospiro di sollievo. Le sorrisi raggiante e quando le vidi la bacchetta tra le mani fui ancora più felice.
 
Notai un cratere sulla parente accanto al corpo della strega e abbozzai un sorriso compiaciuto. E andai fiero dell’adoperato di Hermione.
 
“Questa volta mi sa che dormirai per molto tempo ancora.” sogghignai beffardamente.
 
Hermione fece ancora qualche passo barcollante verso di me, ma prima che potesse accasciarsi al suolo, con un movimento fulmineo, che mi costò una scarica di dolore alle ossa, la presi al volo. Accolsi il suo corpo tra le mie braccia e lo strinsi forte. Nemmeno io ero tanto stabile e ben presto anche le mie gambe cedettero sotto il nostro peso. Mi voltai in modo tale da attutire con il mio corpo quella che sarebbe stata una caduta brutale. 
 
Stramazzammo pesantemente a terra e una fitta di dolore si propagò ovunque a partire dalla colonna vertebrale. Il peso del corpo di Hermione mi sopraffava, ma non ci feci caso, perché la cosa più importante per me era che stesse bene.
 
La spostai delicatamente e la sua testa ricadde sul mio petto, proprio sopra quel cuore che batteva a un ritmo pazzo per lei. Sperai che si risvegliasse, ma quello che più mi preoccupava è che respirasse ancora.
 
Le alzai il viso e lo presi tra le mani e lo esaminai in cerca di eventuali ferite. Cercai di svegliarla, ma era inutile. Così, le misi due dita sul collo e altre due sul polso per controllarle il battito cardiaco. Era lento e debole, ma regolare. Le forzai le palpebre e non vidi altro che il bianco dei suoi occhi.
 
Mi alzai e la sollevai tra le braccia e nonostante non fossi esattamente in forze, riuscì a reggerla per quei pochi secondi che mi servivano per deporla delicatamente a terra con la schiena premuta contro quel muro di pietra.
 
 Per ora non correva rischi, così la lasciai per qualche minuto da sola. Mi avvicinai a Bellatrix e pensai a quello che dovevo fare con lei.
 
Feci passi cauti. La scrutai attentamente guardingo, alla ricerca di un qualsiasi segno di vita. Sembrava morta, ma non era possibile.
 
Recuperai la bacchetta da terra e la puntai contro la strega. Mi avvicinai sempre di più, finchè non mi ritrovai nuovamente accovacciato al suo cospetto. Le controllai le funzioni vitali come avevo fatto con Hermione e da quello che mi risultava sembrava ancora viva. Probabilmente era solo stata  schiantata, ma prima di allontanarmi la legai ugualmente con strette funi.
 
Speravo che al mio ritorno Hermione si sarebbe ripresa, invece rimasi deluso.
 
Mi accostai all’entrata per assicurarmi che non ci fosse nessuno in giro e poi dedicai nuovamente tutta la mia attenzione a lei.
 
Mi accovacciai vicino a lei e rimasi in punta di piedi con le gambe piegate per essere alla stessa altezza e osservala meglio.
 
Gli occhi che scorrevano sul suo corpo bramosi erano estasiati di fronte a tanta ingenuità. Hermione da addormentata poteva catalizzare l’attenzione di chiunque, nessuno poteva resistere alla sua innocenza. I boccoli biondo scuro che le ricadevano scompostamente sul viso, i tratti delicati del volto…tutto di lei poteva ricordare un angelo, un angelo caduto dal cielo. Io, d’altro canto, potevo essere un angelo dell’inferno… un angelo egoista che aveva permesso che la bellezza di un servitore di Dio fosse condannata all’esilio sulla Terra per un capriccio. Sorrisi a quel pensiero stupido e mi rimproverai.
 
Mi concentrai sulle cose più importanti e la preoccupazione cominciò a salire. Non capivo il motivo per cui non si fosse ancora svegliata e non sapevo cosa fare. Non ero a conoscenza del sortilegio che quella strega le aveva lanciato, poteva essere un semplice schiantesimo, come poteva essere una maledizione. Ero ansioso e avevo paura che le avesse indotto una morte graduale, in un sonno senza fine.
 
Chiusi gli occhi e inspirai profondamente.
 
“Calmati. Non è morta.”
 
Vagai con la mente, alla ricerca disperata di una soluzione a quel problema.
 
Pregai che funzionasse e sussurrai in un soffio: - Innerva! -
 
Come se il cuore di Hermione fosse stato scosso da una scarica elettrica di un defibrillatore, il suo petto si alzò bruscamente in un rapido spasmo, per poi ricadere pesantemente e ricominciare a respirare in modo lento, ma regolare.
 
Senza accorgermene avevo trattenuto il respiro, così finalmente buttai fuori l’aria che mi comprimeva i polmoni.
 
“Non ha funzionato.” Considerai mestamente, sconsolato.
 
Mi alzai di scatto e lanciai con violenza la bacchetta a terra. - Maledizione! - imprecai frustato.
 
Feci respiri profondi e raccolsi la bacchetta da terra. Mi passai una mano tra i capelli nervosamente e sbuffai.
 
Poi la sentii sussultare e allora mi voltai speranzoso, con il cuore in mano. La vidi tossire, sbatacchiare gli occhi freneticamente alla ricerca della luce e poi abbandonare la schiena contro il muro con un lungo respiro gracchiante.
 
Quell’emozione trattenuta dal mio stupore finalmente venne liberata e mi travolse in pieno in tutta la sua potenza. Così, senza pensarci, mi avvicinai e mi sedetti accanto a lei, la presi in braccio per avvolgere il suo esile corpo, scosso dagli spasmi, in una calorosa stretta e feci sprofondare il volto nei suoi capelli mentre il suo fiato caldo mi scaldava il petto congelato dalla paura.
 
Rimanemmo fermi in quella posizione per quella che ci apparve un’eternità. Poi, però, mi decisi a
sollevarla e con premura la aiutai ad alzarsi in piedi. Prima che si staccasse da me barcollando, le regalai tanti piccoli baci, fino a che non arrivai a posare le labbra sugli angoli della sua bocca. Le sue labbra erano così invitanti, il profumo di vaniglia che emanava la sua pelle mi inebriava la mente, ma resistetti e le donai solo un lungo e tenero bacio all’angolo della bocca dove mi ero soffermato.
 
“Dovevo resistere.” mi convinsi e mi allontanai da lei delicatamente.
 
Le guance di Hermione si imporporarono di un dolce colore che mi scaldò il cuore. Mi lanciò una rapida occhiata per poi abbassare quello sguardo complice, così simile al mio. Ma quello che contava era che avesse apprezzato quel gesto così avventato.
 
Altrettanto decise di fare lei e prese timorosa la mia mano e intrecciò le sue dita alle mie in una timida stretta.
 
Sollevò lo sguardo e mi guardò con una nuova luce negli occhi.
 
“Forse non tutto è perduto per noi.” pensai speranzoso.
 
Poi quel velo di speranza che aveva schermato per qualche secondo i suoi occhi venne sostituito momentaneamente, per poter affrontare con lucidità la situazione in cui ci trovavamo.
 
Aumentò la stretta esercitata sulla mia mano, come se avesse bisogno di un appigliò per mantenere quell’equilibrio precario che aleggiava nell’aria.
 
- Bellatrix? - domandò lei.
 
Un sorriso compiaciuto si aprì sul mio volto. - Ancora fuori combattimento. Ottimo lavoro. -
 
Lei annuì soddisfatta. Le strinsi più forte la mano e aggiunsi: - Ora è legata e non può fare del male a nessuno, però non bisogna sottovalutarla, dobbiamo affrettarci a prendere una decisione su cosa fare con lei. -
- Ho un’idea. - disse Hermione. La sua mano scivolò via dalle mie dita e invitandomi a seguirla si avviò per le scale.
 
Quando raggiungemmo Bellatrix notai con piacere che non era riuscita a liberarsi dalla prigionia e il suo corpo giaceva ancora inerme a terra.
 
Hermione si avvicinò con cautela alla strega, ma prima che riuscisse a raggiungerla la presi per un braccio e la strattonai indietro.
 
Lei mi lanciò un’occhiataccia, stava giusto per ribattere quando io la precedetti.
 
- Fai attenzione. Non voglio che ti faccia del male. -
- So badare a me stessa. - ribadì impassibile.
- Lo so bene. - risposi mestamente e la lasciai andare fiducioso.
 
Le coprì le spalle e con sguardo guardingo osservai attentamente Bellatrix. Ero pronto a reagire in qualsiasi momento, non sarebbe riuscita a fermarmi nuovamente.
 
Hermione si accovacciò al suo fianco e dopo averla squadrata attentamente per qualche secondo mi rivolse uno sguardo e mi fece cenno di avvicinarmi con la mano, per poi aggiungere: - Aiutami a sollevarla, che da sola non ci riesco. -
 
Annuii e ubbidii. Hermione la prese da un lato e io dall’altro e insieme riuscimmo a sollevarla, la portammo poco più in là e la deponemmo a terra con la schiena poggiata contro il muro.
 
Osservai Hermione e le domandai con curiosità: - Che cos’hai in mente? -
 
- L’ho già fatto in precedenza, non preoccuparti. - disse distrattamente.
 
Si accucciò al fianco di Bellatrix e le puntò la bacchetta alla tempia.
 
- Non importerà a nessuno se l’incantesimo non riuscirà alla perfezione. Tanto matta lo è già, peggio di così non posso conciarla. - aggiunse poi.
- Ma che… - ma non riuscii a terminare che Hermione aveva già scagliato l’incantesimo su Bellatrix.
- Oblivion! - la sentii mormorare.
 
Stupefatto, non terminai la frase che rimase sospesa nell’aria e rimasi a guardare mentre un flusso di ricordi veniva rimosso dalla memoria di Bellatrix.
 
Tra Hermione e la strega aleggiavano sbuffi di nuvole argentei. Lampi fulminei che raffiguravano scene di lotta e sprazzi di conversazioni compromettenti. Si vedeva come Hermione aveva combattuto valorosamente aiutando i compagni nella lotta contro i Mangiamorte e di come fosse rimasta l’ultima guerriera insieme a Bellatrix; il braccio di Hermione che veniva malamente strattonato per essere denudato dalla strega, ansiosa di farle esibire la cicatrice “Mezzosangue” che lei stessa aveva impresso qualche settimana prima e il suo compiacimento nel scoprire la sua identità; sprazzi di luce illuminavano la notte per poi fare spazio alla figura di un Draco inferocito che prendeva in mano la situazione; le nostre voci rimbombarono nell’osservatorio quando assistemmo alle dichiarazioni del mio tradimento e alla rivelazione della natura della relazione con la Grifondoro; infine, prima che quel flusso di ricordi si interrompesse vennero proiettati i momenti in cui combattei ferocemente contro Bellatrix per salvare la Grifondoro e anche quelli in cui Hermione, con una forza di volontà eccezionale, si era alzata e aveva colto di sorpresa Bellatrix. Così, proprio un attimo prima che soccombessi tra le sue grinfie, la strega era stata scagliata da un potente incantesimo contro il muro, per poi riversarsi a terra priva di sensi.
 
Poi con un sonoro risucchio quegli ultimi ricordi vennero assorbiti completamente dall’incantesimo della Grifondoro.
 
Basito spostai lo sguardo verso Hermione e non lo staccai più.
 
“Ma certo… Quel lampo di luce accecante…chi poteva essere se non Hermione?” pensai mestamente. “Aveva salvato entrambi.”
 
 Non sapevo se essere orgoglioso o meno, quei flashback sono stati degli shock per me. In quei momenti ho potuto rivivere quella situazione, ma guardarli con gli occhi di un altro era diverso. Avevo potuto analizzare la carica di energia che aveva mosso entrambi per salvare l’altro e non sapevo che dire.
 
La forza di volontà dimostrata da Hermione era stata ammirevole, tanta bellezza si era riversata nei suoi gesti disperati di altruismo.
 
Invece… quel Draco che credevo aver rimosso era ricomparso in quegli attimi di furia improvvisa.
Ho rivisto il Malfoy di una volta e tutta la sua cattiveria…ero diventato un mostro… ero determinato ad uccidere, a far scomparire per sempre quel ghigno, che animava le espressioni di Bellatrix, dalla faccia della Terra.
 
Forse…forse non guarirò mai, quel Malfoy sarà per sempre una parte di me…Quello che mi auguravo era che non si manifestasse mai più…
 
Cercai di non pensarci e dedicai nuovamente la mia attenzione a Hermione che stava ancora armeggiando pericolosamente con la memoria di Bellatrix.
 
Tale bellezza non poteva essere ignorata, ogni attimo rubato per ammirarla non era assolutamente sprecato, anzi veniva archiviato in un cassetto speciale della mia mente per essere tirato nei momenti più bui della mia vita.
 
La Grifondoro aveva appena finito, quando, alzandosi, si accorse del mio sguardo impertinente.
Alzò un sopracciglio scettica e con una stupida domanda riuscì a farmi curvare gli angoli della bocca in un sorriso.
 
- Che hai da guardare? - 
- Niente. - risposi sempre ghignando.
- Bel modo di affrontare la situazione, Malfoy. - ribatté con scetticismo.
- Bel modo di affrontare la situazione, Granger. - la rimproverai allora con tono divertito.
 
Allora sì che riuscii a strapparle un sorriso e ne fu immensamente contento.
 
Okay, eravamo sommersi dai problemi, ma perlomeno ora eravamo insieme, non stavamo litigando, anzi avevamo appena collaborato da bravi bambini per sopravvivere e avevamo risolto una questione che avrebbe potuto mettere a repentaglio la vita di entrambi. Cosa potevo chiedere di più?
 
“Ah, giusto, un abbraccio…” Spalancai le braccia e invitai Hermione ad affondare il suo viso nel mio petto.
 
A quel gesto di affetto Hermione rimase piacevolmente sorpresa e il suo volto si aprì in un sorriso timido. Fece qualche passo in avanti con titubanza, ma poi decise di buttarsi tra le mie braccia senza troppi problemi.
 
L’impatto mi fece barcollare leggermente, ma ero abituato alle sfide e riuscii a evitare a entrambi un incontro doloroso con il pavimento.
 
La strinsi forte al mio petto e affondai il viso nei suoi capelli. Sentivo il corpo di Hermione teso come una corda di violino, ma quando presi ad accarezzarla dolcemente finalmente tutti i suoi muscoli si sciolsero e la tensione la abbandonò.
 
“Beh, forse adesso potrebbe scappare anche un bacio…” pensai maliziosamente.
 
Purtroppo dovetti accettare la decisione di Hermione di staccarsi e riprendemmo la conversazione interrotta. Non ci rimasi così male, dopotutto potevamo aspettare, ora c’erano cose più urgenti di cui discutere.
 
- Come avrai visto le ho cancellato la memoria e per non destare alcun sospetto ho sostituito i ricordi rubati con altri che non fuoriuscissero troppo da quello che sarebbe potuto accadere veramente. -
 
Annuì soddisfatto e afferrandole la mano intrecciai le dita insieme alle sue per dimostrargli la mia solidarietà e il fatto di essere orgoglioso per il suo adoperato.
 
- Come mai così silenzioso? Stai pensando troppo e questo non mi piace. Dimmi cosa ti frulla per la testa, sono curiosa. - mi squadrò con fare indagatore e io non potei fare a meno di sorridere.
 
Hermione spazientita dal fatto che non rispondessi alle sue richieste cominciò a farmi il solletico.
All’inizio resistetti, ma poi divenne insopportabile e mi misi a ridere.
 
- Dai parla. - mi ordinò Hermione tra una risata e l’altra.
 
Feci di no con la testa e continuai imperterrito a non parlare e allora Hermione divenne se possibile più determinata.
 
Ingenuamente entrambi ci mettemmo a ridere e quegli schiamazzi rimbombarono in un suono soave nell’osservatorio, per poi propagarsi in un’eco giù per le trombe delle scale.
Molti si sarebbero chiesti chi fosse così pazzo da mettersi a ridere in un momento così critico, ma i combattimenti avevano talmente catalizzato l’attenzione dei maghi che non si erano nemmeno accorti della nostra assenza.
 
Il solletico mi stava facendo impazzire. Era sempre stato un mio punto debole ed Hermione,
astutamente, dopo averlo scoperto, aveva imparato a usarlo come arma. Quella lotta mi ricordava molto quelle che facevamo io e mia mamma quando ero piccolo, forse uno dei pochi ricordi belli che avevo della mia infanzia. 
 
Finalmente riuscii ad afferrarle le braccia e le bloccai i polsi in una morsa ferrea. Aumentai la presa e la strattonai per farla avvicinarle. Con le braccia imprigionate dietro la schiena finalmente potevo riprendere fiato.
I nostri sguardi si incrociarono e non si staccarono più. Il nostro respiro affannato era l’unico che riusciva a rompere quel silenzio.
 
Poi Hermione abbozzò un sorriso malizioso e io abboccai immediatamente al trabocchetto. Allentai la presa e lei ne approfittò per liberarsi e iniziare nuovamente a farmi il solletico. Preso di sprovvista barcollai indietro per cercare di evitare le sue mani. Poi, però, inciampai e Hermione immediatamente tese una mano per acchiapparmi al volo, ma invece di tirarmi verso di sé, riuscì
soltanto a farsi trascinare a terra insieme a me.
 
Caddi brutalmente al suolo e il peso della Granger non fece altro che peggiorare le cose, ma nonostante ciò mi misi a ridere e così contagiai anche lei.
 
Abbassare e alzare il torace mi provocava fitte atroci, ma non mi importava in questo momento, niente poteva rovinarmi quell’euforia che mi stava dominando.
 
La presi per le braccia e la ribaltai in modo tale da essere sopra di lei. Appoggiai i gomiti a terra e feci leva su di essi per non schiacciare Hermione sotto il mio peso. I nostri sguardi si incrociarono nuovamente e questa volta fu uno sguardo vero… uno sguardo così intenso da sprizzare scintille ovunque.
 
Ormai mi aveva rapito. Quegli occhi ambrati mi avevano attirato verso quella prigionia, come gli insetti venivano attratti dal dolce profumo della linfa di quella pietra preziosa. Non c’erano molte differenze in effetti, loro vivevano una vita immortale come fossili mentre il nostro amore, intriso di quell’ambra e rifinito dall’argento, sarebbe resistito per sempre alle intemperie.
 
“Un amore platonico, eh?” pensai maliziosamente. “Non è nel mio stile.”
 
Spezzai quell’incantesimo che ci aveva stregato e mi avvicinai al volto di Hermione pericolosamente.
 
Il sorriso era scomparso improvvisamente dal suo volto e una maschera di indifferenza lo aveva sostituito. Non sapevo esattamente come interpretare quell’espressione, ma nulla poteva fermarmi ormai.
 
Non rimasi deluso dalla sua reazione però. E questo non fece altro che aumentare il mio desiderio irrefrenabile.
 
Quando mi feci più vicino, il suo volto avvampò e riuscii addirittura a percepire da quella distanza il calore che emanava. Sogghignai compiaciuto e la invogliai a fare il passo successivo, solleticandole le guance con il naso. Lei, in tutta risposta, mi prese il viso tra le mani e iniziò a lasciarmi tenere carezze sulle guance.
 
Aveva appena sistemato qualche ciuffo ribelle, quando l’istinto prese il sopravvento. Mi avvicinai e senza troppi preamboli posai le mie labbra sulle sue. Erano calde, carnose e morbide, proprio come me le ricordavo e questo rese quel bacio ancora più passionale. E mi abbandonai alla scarica suscitata da quel contatto imprevisto.
 
Le morsi un labbro e lo tirai teneramente per invogliarla a rispondere, a reagire a quella provocazione. Il suo viso avvampò ulteriormente e divenne se possibile ancora più bollente di prima.
 
Non mi sarei mai stancato della sua innocenza e cercai di prolungare quel bacio finchè fosse stato possibile.
 
Con un sonoro schiocco le nostre labbra si straccarono e allora le donai un ultimo bacio tentatore sulla guancia. E poi strofinando leggermente il naso sul suo mi abbandonai finalmente al suo fianco.
 
Mi tirai su e dopo aver appoggiato la schiena contro il muro la accolsi nuovamente tra le mie braccia.
 
Rimanemmo avvintati in quella posizione, come se non volessimo più lasciare andare l’altro per paura di perderlo e allora strinsi sempre più forte mentre il mio desiderio cresceva sempre di più.
 
Mentre Hermione stava giocherellando con il filo della mia camicia presi ad accarezzarle i capelli dolcemente e iniziai a parlare e senza pensarci due volte dissi:
 
- A meno che mio padre non decida di diseredarmi dovrei ancora possedere una casa in campagna. È grande e molto accogliente e oltretutto si affaccia proprio sulle sponde di un meraviglioso lago… - sorrisi all’immagine di un ricordo che attraversò la mia mente e aggiunsi: - Nuotare è sempre stata una passione che ci accomunava…dopotutto. -
 
Hermione si voltò e mi squadrò cauta, come se cercasse di capire se stessi scherzando.
 
- E questo cosa sarebbe? Un invito? -
 
Alzai le spalle e risposi: - Forse esiste ancora un futuro… - e poi abbassando gli occhi aggiunsi a bassa voce - … per noi due… -
 
Nessuno dei due fiatò e allora sollevai lo sguardo per capire quali fossero state le reazioni di Hermione.
 
Incrociammo per l’ennesima volta lo sguardo e questa volta non servirono parole per esprimere quello che stavamo provando. Semplicemente Hermione cercò la mia mano e io intrecciai le mie dita alle sue in una morsa che speravo significasse il suggello di una promessa.
 
La Grifondoro posò il volto sul mio petto e si abbandonò completamente. Ma non sarebbe stato semplice scampare dalle mie grinfie così facilmente. Così le presi il mento tra le dita, le sollevai la testa e cogliendola di sorpresa la baciai nuovamente.
 
Avvertii gli angoli della sua bocca curvarsi in un sorriso e altrettanto feci io. Entrambi ci abbandonammo a quel bacio, godendoci quel momento di tranquillità.
 
Sembrava veramente che nulla potesse impedirci di essere felici. Né la guerra, né le nostre famiglie e nemmeno il nostro sangue.
 
Appariva impossibile che proprio sotto di noi infuriava la battaglia decisiva di una guerra durata decenni, eppure era tornato tutto come prima. C’eravamo solo io e Hermione e nessun altro poteva disturbare quella pace surreale.
Sembrava che avessimo fatto un tuffo nel passato e di essere tornati davvero sotto l’ombra di quell’albero sulle sponde del Lago Nero, dove ci godevamo insieme le ultime settimane di scuola prima delle vacanze estive.
 
Ma dopotutto mi sbagliavo…come sempre del resto…
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Una visita indesiderata ***


Un violento rimbombo risalì le scale per invadere la Torre di Astronomia di fumi. Il pavimento iniziò a ballare sotto di noi e allora sfoderammo immediatamente le bacchette e ci alzammo in piedi.
 
Ci preparammo a ricevere visite indesiderate, ma l’unica cosa che arrivò fu il rumore della cupola dell’osservatorio andare in frantumi.
 
Schegge di vetro iniziarono a piovere dal cielo, così come pezzi di pietra. Afferrai Hermione e la cercai di proteggerla per quanto mi fosse possibile.
 
Fummo fortunati e la polvere di calcinaccio che imbiancò i nostri capelli fu l’unico danno che ci procurammo insieme a qualche lieve taglio a causa delle schegge di vetro.
 
Stavo giusto per rivolgermi ad Hermione per chiederle se stesse bene, quando venimmo investiti dalle gocce di un liquido molto denso.
 
“Ma che diavolo sta succedendo?” pensai preoccupato.
 
Alzai le braccia per ripararmi gli occhi da quella pioggia di sangue e altrettanto fece Hermione.
 
Sollevai lo sguardo e vidi orripilato un enorme braccio grottesco cercare di inserire la propria mano nel buco che aveva creato nella cupola.
 
Poi, di punto in bianco, Hermione sparì dalla mia vista.
 
- DRAAACOOO! AIUU… AAARGH! - le sue urla di terrore mi giunsero dall’alto.
 
Allora sollevai lo sguardo e assistetti a quella scena atroce, impotente…ormai era troppo tardi.
 
- HEEEERMIOONEEEE!!! -
 
   
 
 
 
 
      
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La mia piccola guerriera ***


Le mie grida si persero nel vuoto della notte.
 
Mi sporsi oltre la balaustra e cercai di aguzzare lo sguardo, alla ricerca disperata di Hermione, ma era inutile, lo zampillo di qualche incantesimo non bastava per illuminare il buio della notte.
 
Mi misi a spostare le macerie freneticamente, finchè non trovai un telescopio ancora in grado di funzionare. Lo afferrai e in tutta fretta lo montai, sistemandolo alla mia altezza. Posai un occhio sulla lente e regolai la quadratura, ingrandendo quelle che dovevano essere le enormi impronte lasciate dal gigante.
 
Riuscii a individuarlo facilmente e non potei fare a meno di posare lo sguardo su quella scena atroce che si stendeva all’orizzonte.
 
Al suo passaggio urla di terrore si dispersero nel campo di battaglia, gettando chiunque nel panico. Con quella enorme clava era riuscito a spazzare via intere legioni di maghi, che intimiditi furono costretti ad abbandonare il duello per evitare di incontrare la sua traiettoria distruttiva, che non faceva distinzioni tra chi fosse suo nemico e chi suo alleato.
 
“I giganti possono essere molto imprevedibili…” richiamai alla mente quelle noiose lezioni di Storia della Magia, durante le quali il professor Ruf ripeteva interrottamente tutti quegli episodi di slealtà da parte della popolazione dei giganti nei confronti dei maghi.
 
“Ma non riesco a capire cosa abbia in mente…” cercai di scervellarmi, ma il fatto che il mostro si stava dirigendo a passo spedito verso quella che doveva essere la Foresta Proibita non aiutava.
 
Dietro di sé aveva lasciato una scia di stragi di morti e feriti e quei pochi che erano sopravvissuti al massacro ripresero immediatamente il duello, prima che l’avversario avesse la meglio, ignorando, però, quella ragazza intrappolata tra le grinfie del mostro.
 
Nel cielo stellato una astro più brillante degli altri si agitava freneticamente e non appena le attribuii un nome non potei fare a meno di abbozzare un sorriso.
 
“La mia piccola guerriera.” pensai compiaciuto.
 
Hermione era assolutamente formidabile. La ragione è sempre stata la sua migliore alleata, l’ha accompagnata in ogni avventura per aiutarla a trovare soluzioni a problemi irresolubili. Insieme avevano trovato modi fantasiosi, ma efficaci, per combattere egregiamente il gigante.
 
Liberatosi le braccia da quella potente morsa che la intrappolava, Hermione maneggiava la sua bacchetta come se stesse orchestrando i migliori strumentisti del mondo magico: gli incantesimi.
 
Rimasi incantato di fronte alla sua strabiliante abilità di maneggiare la magia come se fosse la corda di un violino, con cui riusciva a compiere le più complicate e affascinanti intonazioni. Era il Paganini dell’Occulto.    
 
Utilizzò svariati stratagemmi per distrarre o ferire il gigante, ma uno di questi mi si ritorse contro… Un enorme blocco di pietra cadde pesantemente accanto a me e questo mi ricordò che se volevo trarre in salvo Hermione forse prima dovevo uscire indenne dalla Torre di Astronomia.
 
***
 
Continuavo a urlare terrificata e a scalciare come una forsennata. Ero nel panico.
 
Il terrore aveva spodestato dal suo trono la ragione e con violenza aveva preso il suo posto.
 
Mi imposi di espirare e inspirare lentamente, ma non era facile mantenere un respiro regolare quando l’unica cosa che ero in grado di fare era gridare a squarciagola. Dopotutto cosa volevate aspettarvi da una che soffre di vertigini?
 
Non per altro ho sempre odiato i manici di scopa e tutto quello che riguardava le altezze.
 
Ancora adesso mi domando dove ho tirato fuori il coraggio per cavalcare un Thestral e combattere sul suo dorso mentre una tempesta infuriava intorno a me, oppure a fuggire sulla groppa di un Drago inferocito e cieco. Quello che ora mi serviva era una bella iniezione di adrenalina, capace di soffocare i miei timori e di risvegliare quel senso di responsabilità che, in precedenza, era riuscito a sopraffare quella semplice paura. Il punto della questione era: il Coraggio era corso sotto le sottane di sua mamma Paura, e quest’ultima non sapeva dove nascondersi per far affrontare al figlio le sue sfide; e, quindi, la mia mente era rimasta in balia dei suoi peggiori incubi. 
 
Finalmente quando tentai per l’ennesima volta a riattivare il mio apparato respiratorio, riuscii a controllarmi, smisi di strillare come una matta e buttai fuori l’aria in un leggero soffio.
 
Una nuvoletta argentea si formò dalle mie labbra, come per inglobare quei pensieri negativi che prima mi assillavano e per disperderli nell’atmosfera, per allontanarli da me, donandomi quella tranquillità che mi serviva per riflettere con lucidità.
 
“Brava così Hermione.” mi complimentai con me stessa fieramente.
 
Guardandomi intorno potei finalmente vedere quello che mi circondava da una prospettiva diversa, come se fino ad ora avessi sempre avuto la vista offuscata da una patina, in grado di ingigantire e enfatizzare quei minimi dettagli che potevano rendere quella situazione ancor più raccapricciante di quello che già era realmente.
 
“È solo un’altra sfida da superare. Non è poi così diversa dalle altre, solo un po’…beh, più complicata.” concretizzai che non era poi così impossibile uscirne sana e salva e misi subito in moto il cervello.
 
Forse riuscire a scacciare la paura e a rinchiuderla in un angolo della mia testa rimarrà sempre la prova più difficile da superare. Una volta sorpassato questo ostacolo si aprivano tutte le strade della mia mente che mi permettevano di entrare e esplorare mondi diversi, che se uniti da collegamenti logici, potevano veramente salvarmi la pelle.
 
Strinsi le mani in pugni e mi accorsi di avere ancora la bacchetta con me. Sollevata dalla notizia aumentai la stretta intorno al manico per evitare che il nervosismo potesse giocarmi brutti scherzi. Iniziai a muovermi freneticamente, alla ricerca di un modo per liberarmi dalla morsa di quella possente mano che mi avrebbe potuto spezzare in due da un momento all’altro.
Respirare era molto faticoso e quel poco ossigeno che riuscivo a incamerare non sarebbe mai stato sufficiente per mantenere attive tutte le funzioni del mio corpo. Calcolando che non mi restava molto tempo a disposizione prima di svenire, dovevo affrettarmi prima che tutto fosse perduto.
 
Evitai di alzare gli occhi; non volevo assolutamente incontrare lo sguardo di quel mostro.
 
Il fatto di avere una visuale ravvicinata della sua pelle, grigiastra e tempestata da protuberanze gonfie e piene di un liquido di un colore indefinito, superava già il livello di disgusto che poteva sopportare il mio stomaco in subbuglio. E mi bastavano le illustrazioni dettagliate dei libri di scuola per immaginarmi il suo viso, soprattutto perché avevo un buono spunto da cui partire a ricostruirlo.
 
Mi venne un’idea assurda, che sperai disperatamente funzionasse, soprattutto perché era assolutamente disgustosa e mi serviva tutta la mia forza di volontà per compiere quel gesto.
 
Con una smorfia già stampata sulla faccia, avvicinai pericolosamente le labbra alla mano del mostro. Una puzza di rancido e di marcio mi investii in pieno e storsi il naso nauseata.
Poi mi decisi a farlo e fu ancora peggio di quanto mi fossi immaginata. Aprii la bocca e conficcai con forza i denti nella sua pelle maleodorante.
 
Rischiai seriamente di rompermi i denti e allora dedussi che quelle nozioni basilari scritte sui libri sono realisticamente vere: i giganti possedevano davvero una pelle altamente resistente agli attacchi, una pelle che si rivelò a mie spese più robusta e dura di un semplice metallo.
 
A fatica affondai i denti in quella che semplicemente non potevo chiamare carne e strinsi forte, finchè non gli procurai una ferita abbastanza profonda da dargli almeno un leggero fastidio. E per poco non vomitai.
 
Staccai finalmente la bocca, che era stata invasa da una cascata di sangue che mi sgocciolava rivoltante dalle labbra e andava a macchiarmi quei vestiti già abbastanza luridi. Sputai quel liquido denso e mi pulii la bocca sfregandola sulla manica della camicia con forza, come se potessi veramente togliermi dalla testa quel sapore ripugnante, ma dovevo rassegnarmi al fatto che le mie papille non si sarebbero mai riprese da quel violento trauma e che quella poltiglia disgustosa si sarebbe ripresentata nella mia mente come un brutto ricordo da rivivere quando meno me lo sarei aspettata.
 
Quel trucco funzionò il tempo necessario per permettermi di liberare le braccia e con in mano una bacchetta che fremeva dalla vendetta iniziai a scagliare a raffica gli incantesimi più insulsi, nella speranza che agissero.
 
Quando però mi resi conto che rimbalzavano sulla spessa corazza rischiando che mi si ritorcessero contro, avvertii come un click nella mia mente, come se fosse appena partito un ingranaggio che mi portò ad agire come se avessi una tattica studiata nei minimi dettagli.
 
Iniziai a mirare alle sue parti deboli, cominciando dagli occhi per poi passare alla bocca, ma i miei sforzi furono inutili, sembrava quasi che il gigante avesse un cervello funzionante che gli dicesse di stare attento e non voltare mai la faccia e tenere lo sguardo basso. Così fui costretta ad abbandonare questa strategia e trovarne una più efficace e sorprendente. Dopotutto era sempre stato il mio forte e non dovevo complicarmi la vita con pare mentali del tipo: Oh, mio dio! Sto per essere divorata da un gigante e non mi ricordo nemmeno più come si agita in aria una bacchetta quando si è nel panico e vuoi chiedere soccorso!
 
“Forza Hermione. Sii creativa.” mi spronai, gridando al mio subconscio di scavare il più a fondo possibile negli archivi e trovare quella cartella contenete la soluzione a questo problema impellente.
 
“Glisseo.” mimai con le labbra e feci scivolare con grazia gigantesca il mostro sullo scivolo del nuovo parco divertimenti che aveva creato la mia giovane mente, un parco pieno di insidie e trabocchetti, per nulla piacevole per famiglie accompagnate da bambini.
 
In un primo momento sembrava che funzionasse, il mostro si divertiva a eseguire le piroette più fantasiose mai viste, ma poi la situazione non fece altro che peggiorare quando per l’ennesima volta il gigante perse l’equilibrio e per mantenerlo si aggrappò alla punta della torre di astronomia, distruggendola.
 
Il mio primo pensiero fu solo un nome e saettò tra i miei pensieri alla velocità della luce, come se non avessi nemmeno bisogno di richiamare alla mente chi avessi lasciato in mia attesa in quel luogo.
 
“Draco.” Un’agitazione irrefrenabile prese a farmi tremare come se fossi scossa da violente convulsioni epilettiche. “Sarà morto?” quella domanda rimbombava in un’eco senza fine nella mia testa. “Respira. Se ti fai ammazzare non aiuterai nessuno dei due.”         
 
Cercai di calmarmi. Prima riuscivo a liberarmi prima potevo correre in soccorso di Draco. Dovevo solo trovare un modo, ma quale?
 
Il gigante infuriato aveva preso a correre verso la Foresta Proibita a grande velocità. “Devo assolutamente sbrigarmi, prima che sia troppo tardi e tutto sia perduto…”
 
Feci respiri profondi e mi concentrai su quella raffica di incantesimi che avrebbero potuto riscattare la mia prigionia.
 
Inspirai e alzando la bacchetta con fare plateale diedi finalmente inizio ai giochi.
 
Chiusi gli occhi e mimai quelle semplici parole che avrebbero fatto pentire amaramente il gigante delle proprie azioni. - Accio… -
 
Cercai di cancellare quell’ansia che mi stava smorzando il respiro e mi liberai da ogni pensiero prima di essere pronta ad agire. Solo quando un senso di vuoto avvolse il mio corpo, creando giochi di color bianco dietro le palpebre dei miei occhi, capii di essere decisa.
 
Un ghigno solcò il mio viso rilassato e un semplice pensiero sfrecciò veloce nella mia mente senza colori. “Facile come rubare le caramelle a un bambino.”
 
Zolle di terra si librarono in aria in attesa del mio successivo ordine. Alzai la bacchetta in aria e sferrai il colpo di inizio partita. “Bombarda Maxima…” pensai e tutto esplose intorno a me in uno spettacolo cacofonico.
 
Una bolla protettiva doveva difendermi, ma qualcosa superò i miei incantesimi e si schiantò sulla mia testa violentemente. Era una clava.
 
“Forse ho sottovalutato troppo la perspicacia del gigante…” pensai amaramente quando il mondo intorno a me cominciò a vorticare.
 
Il mostro aveva capito che la causa di tutto ero io. Bastava spegnere l’interruttore e tutto sarebbe terminato e così aveva fatto il gigante.
 
Persi la sensibilità delle dita e la bacchetta mi scivolò via dalle mani come se fosse burro, ma non me ne preoccupai più di tanto, ormai avevo perso la lucidità e non capivo più quale fosse la differenza tra realtà e fantasia.
 
Vedevo tutto sfumato, di un colore tendente al bianco dorato, come se fossi abbagliata dalla luce cocente di un sole primaverile, eppure ci trovavamo in piena notte; forse era la luna, ma la sua debole aurea non poteva bruciare gli occhi così intensamente da farmi strillare a squarciagola.
 
Però ormai il dolore lo sentivo appena, mi sembrava di nuotare in una sostanza gelatinosa, tutto era ovattato, come se fossi estraniata dal mio corpo, e per quanto cercassi di riaffiorare a galla le mie bracciate diventavano sempre più deboli e svogliate, finchè non mi dimenticai perché volessi raggiungere la superficie.
 
Avvertii un pizzicore alla spalla, poi una leggera pressione alla cassa toracica e la testa bagnarsi di liquido un po’ appiccicoso, ma non me ne preoccupai più di tanto, almeno finchè qualcosa - un’immagine forse? - non mi apparve davanti agli occhi. Era un volto, un viso angelico ma in sé anche diabolico. Era perfetto come doveva essere una volta quello di Lucifero: tratti affilati e occhi grandi e grigi che potevano ammaliare chiunque facesse l’errore di incrociarne lo sguardo, per perdersi nell’immensità di quel liquido argentato.
 
Sbattei freneticamente le palpebre, come un cieco alla ricerca della luce del sole, ma riuscii solo a catturare qualche immagine confusa. Capii soltanto che il gigante era bruscamente caduto a terra, spinto violentemente da quella tempesta che non voleva arrestarsi e che continuava imperterrito a imprigionarmi tra le sue grinfie, almeno finchè qualcosa di altrettanto grottesco, estraneo alla furia della tormenta che avevo generato, mi strattonò via con una forza immane e solo allora persi nuovamente i sensi, come se sapessi di essere finalmente al sicuro e mi abbandonai nuovamente a quel limbo che aveva creato la mia mente.
 
 
#SPAZIOAUTRICE

Solo un breve post per chi segue questa storia e aspettava con trepidazione che aggiornassi, volevo solo scusarmi per il lungo lasso di tempo che vi ho fatto attendere per leggere il nuovo capitolo, ma questa è stata un'estate molto lunga e non ho avuto un attimo di respiro per dedicarmi alla scrittura.

Vi lascio con un finale in sospeso, ma prometto di essere più veloce nella stesura del prossimo capitolo. Attendo vostre notizie sperando che qualcuno lasci qualche recensione.

Buona lettura. 

Lady Aileana
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
    

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Grop ***


Mi svegliai di soprassalto, sconquassata dalla ferocia del gigante e mi resi conto di essere nel bel mezzo di una lotta fra giganti. Strattonata con una delicatezza pari a quella delle montagne russe, ma non altrettanto entusiasmante, venivo brutalmente contesa tra i due.
 
Il mio sequestratore stava avendo la meglio sull’avversario, nonostante si trovasse in svantaggio. Sferrava un colpo dopo l’altro con una violenza tale da poter uccidere il suo omonimo, ma l’altro era tenace e parava ogni attacco con una goffaggine che mi fece intenerire.
 
“Intenerire…?” ripetei, sorpresa dai miei stessi pensieri.
 
Studiai i suoi modi di fare e mi ritrovai piacevolmente confusa nel riconoscere qualcosa di alquanto familiare nel suo portamento che fece scattare in me un leggero senso di speranza e disperazione.
 
Così cercai di aguzzare lo sguardo, per quanto mi fosse possibile in quel lugubre buio, perché…
 
“…ma non è possibile…” ma quel viso mi era fin troppo conosciuto… non volevo sbagliarmi, eppure…
 
Poi notai la sua piccola statura, che avrei potuto associare a un gigante ancora nella fase dello sviluppo, ma il mostro sembrava perfettamente cresciuto, con le tipiche forme caratteristiche della sua specie che lo distinguevano da uno con pochi anni di vita.
 
Solo quando mi giunse un suo lamento, in un inglese sdentato, tutti i tasselli del puzzle ritornarono al loro posto; ma il quadro generale della situazione che si formò non mi fece impazzire dalla gioia. Mi si gonfiò il cuore di orgoglio, ma lo stomaco si strinse in una morsa dolorosa di preoccupazione.
 
-Lascia andare…Tu…lascia…H-herr…mioone! –
 
“Grop.” capii subito. “Era venuto a salvarmi…” un violento strattone mi strappò dalle mani del gigante lasciandomi stordita per un attimo.
 
Passai fra le rassicuranti mani del mio fidato amico, ma quel breve stallo di serenità venne brutalmente interrotto da un colpo brutale sferratogli alla nuca, talmente feroce da farlo sanguinare copiosamente.
 
Uno strillo rotto da un singhiozzo mi scappò assordante dalla gola. Ero inorridita, ma non tanto per quella cascata di sangue putrido che mi si riversò addosso; questa volta tutte le mie premure erano unicamente rivolte al fratellastro di Hagrid.
 
“Che sciocco! Si farà ammazzare così!” pensai disperatamente con le lacrime agli occhi. “Perché ha dovuto intromettersi? Non ho mai desiderato che qualcuno morisse per me.”
 
Doveva pur esserci un modo per uscire indenni da quella situazione, ma mi si sentivo completamente inutile tra le sue braccia. Ero una spettatrice passiva di quell’orribile teatro di sangue e mi odiavo per questo.
 
La situazione stava andando a peggiorare: il mostro aveva ripreso possesso della sua clava, aveva fatto lo sgambetto a Grop e aveva approfittato del suo intronamento per sbatterlo ferocemente contro un albero.
 
Rotolammo insieme per terra, ma prima che la visuale mi fosse oscurata da un braccio di Grop, vidi il mostro alzare pericolosamente la sua mazza con uno sguardo assassino che animava i suoi occhi neri e insensibili.
 
Strinsi gli occhi e venni avvolta completamente da quelle tenebre a cui mi sarei dovuta abituare.
 
“Ormai è finita… Grop morirà e io finirò tra le grinfie di quel mostro.” mi rassegnai sconsolata con lacrime di dolore che mi rigavano il viso. “Nessuno verrà a salvarci questa volta.”
 
Sentii il gigante gridare. Un gemito pietoso che mi fece accapponare la pelle dal raccapriccio. Quella scena di tortura non era concepibile e mi raggomitolai spaurita su me stessa, come per soffocare quei rumori strazianti che si disegnavano nella mia mente in immagini abbastanza realistiche da farmi rabbrividire violentemente.
 
Scossa dai singhiozzi mi resi conto di aver sempre voluto bene a quel goffo gigante, così piccolo e insicuro, troppo simile al fratellastro per poterlo declassare a qualcosa che non sia simile a un amico.
 
Avvertii il suo peso su di me e la sua energia vitale afflosciarsi fino a quasi lasciarlo andare e piansi sempre più forte, consapevole dell’arrivo della sua morte.
 
Anche se la mia aspettativa di vita stava andando ad assottigliarsi sempre di più, promisi a me stessa di non dimenticare mai la sua lealtà; era qualcosa di troppo forte da poter dimenticare e sorvolare con leggerezza. Lo avrei sempre portato nel cuore, insieme a tutte le altre vittime che andavano sempre ad aumentare a causa di questa maledetta guerra e che avevano il diritto di essere ugualmente vendicate, senza alcuna distinzione di sangue.
 
Ecco, avevo deciso: il mio obiettivo, se mai sarei sopravvissuta miracolosamente a quella battaglia, sarebbe stato portare giustizia nel Ministero della Magia. Avrei lottato fino allo stremo per portare alla votazione di una legge di diritti che garantisse il rispetto vitale di qualunque creatura magica, ognuna delle quali era dotata di un cuore capace di donare un amore sincero, forse anche più vero di quello degli stessi maghi. Fino a prova contraria erano l’odio e l’egoismo la causa delle morti di quegli innocenti, sentimenti che prevalevano nell’umanità, fin troppo radicati negli animi altrui per riuscire a estirparli veramente del tutto.
 
Poi qualcosa di inaspettato accadde e quel miracolo tanto atteso si presentò nelle sembianze di un angelo vendicatore.
 
Avvertii il peso del gigante affievolirsi fino quasi a scomparire, concentrandosi solo sulla pressione che esercitavano le sue mani per tenermi con sé, finchè non venni depositata delicatamente a terra, in una piccola radura spoglia.
 
Avvertii una presenza premere sul mio corpo e il mio cuore sobbalzò una volta e poi una seconda quando il fiato di qualcuno mi solleticò la pelle all’altezza del collo e poi una terza quando sentii premere violentemente una mano sul mio cuore che cominciò a pulsare all’impazzata dando a chiunque fosse quell’essere la prova della mia vitalità stupidamente.
Sentendomi minacciati mi costrinsi a socchiudere gli occhi e con una fatica immane li aprii quel tanto che bastava per scogliere nella notte l’unica fonte di luce, che rifletteva i propri raggi nella notte illuminando con un bagliore etereo e quasi ultraterreno la figura di un ragazzo che si stagliava imperiosamente sopra di me.
 
“Ero morta.” conclusi semplicemente.
 
Quella visione celestiale era solo frutto della mia immaginazione, non poteva essere altro, non era possibile…
 
Il suo volto si aprì in un sorriso di sollievo, abbagliandomi. Un sorriso tirato da una preoccupazione che andava ad affievolirsi, concedendogli di rilassare quei muscoli tesi dal nervosismo.
 
…eppure se avessi dovuto soffermarmi su tutte le cose che avevo sempre ritenuto impossibili, e che invece si erano rivelate fattibili, sarei impazzita, Ma come era possibile? Stava veramente accadendo quello che i miei occhi vedevano oppure era tutto frutto della mia immaginazione?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3024746