one night in a burning house

di ilaria8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questo mio scritto è pubblicato senza alcuno scopo di lucro.
 
One night in a burning house
 
Tutto intorno sembrava fermo, immobile, quasi calmo mentre un unico suono…un unico rumore… quasi un boato distrusse quella quiete apparente.
Come un sibilo sentii il proiettile tagliare l’aria gelida di quella fredda mattina di gennaio…fiocchi di neve scendevano sul mio viso e al primo contatto sparivano…quasi accarezzandomi… quasi come se volessero avvicinarsi il più possibile per sussurrarmi qualcosa, ma alla fine non avevano la forza.
D’un tratto non sentì più niente…solo un dolore lancinante allo stomaco, come se qualcuno mi avesse colpito con estrema violenza…non mi accorsi neanche dell’istante in cui la mia guancia toccò il pavimento.
Vidi il cielo sopra di me e mi stupì, nel rendermi conto di quanto fosse particolare quella nuvola che passava proprio di lì in quel momento… era da tanto che non avevo più la curiosità di guardarmi intorno per il puro piacere di farlo…troppo concentrata com’ero su quel lavoro che mi aveva portato via tutto quello che avevo…tutte le certezze…le persone che conoscevo e amavo incondizionatamente, e che adesso mi ritrovavo a odiare.
Non sentivo più le gambe…anzi a dir la verità non sentivo quasi nulla…potevo solo distinguere il calore del sangue che scorreva tra le mie dita premute sulla ferita e il freddo della neve che continuava a cadere.
-Lizzie! Lizzie ascoltami…resisti l’ambulanza stà arrivando.- disse qualcuno.
Mi voltai leggermente mentre sentivo le mie palpebre farsi sempre più pesanti… e fu in quel preciso istante che lo vidi… Raymond Reddington, lui…la causa di tutta la mia sofferenza…il motivo per il quale sono arrivata a dubitare di mio padre e a voler uccidere mio marito senza il minimo rimorso…accovacciato al mio fianco mentre si sfilava la sciarpa e la premeva sulla ferita.
Mi venne quasi da sorridere nel vedere la sua faccia…aveva un espressione difficile da descrivere…era preoccupato, lo si poteva notare subito, sembrava come se una lacrima stesse per scendergli lungo la guancia, ma quegli occhi così forti…così coraggiosi…così verdi…non la volevano proprio lasciar andare; non volevano farla scivolare via.
Aveva lo sguardo fisso nel mio mentre muoveva le labbra per dirmi qualcosa che non riuscivo a sentire… così feci solo una cosa…con le mie ultime forze… sorrisi.
Chiusi gli occhi e non potei fare a meno di sentire un leggero sollievo dal dolore mentre le ultime forze mi abbandonarono.
 
 
Angolo dell’autrice:
Premetto che è molto che non scrivo, però in questo ultimo periodo mi sono appassionata a questa nuova serie tv e non ho potuto fare a meno di notare come ci siano pochissime ff in giro su questo fantastico show dalla trama avvincente che ti tiene attaccata alla tv nel tentativo di capire il maggior numero di indizi.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Grazie

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
Correvo…correvo e sembravo non arrivare mai!
Poco dietro di me c’era Dembe con la pistola ben salda in pugno, che si guardava intorno per cercare possibili pericoli.
Io ero concentrato solo su di lei…non vedevo altro che lei…lei…l’unica cosa che realmente importasse al mondo.
La vidi cadere a terra con le mani sporche di sangue premute sullo stomaco.
Mi dissi che non poteva succedere…non doveva succedere…io dovevo proteggerla; un terribile ricordo mi invase la mente, ma lo scacciai non appena la raggiunsi.
Doveva essere un semplice pedinamento che ci avrebbe portato all’esatta ubicazione del prossimo Blacklister; un operazione semplice e pulita; non avevo calcolato il rischio che Lizzie potesse essere coinvolta in un conflitto a fuoco.
Mi inginocchiai al suo fianco e premetti la mia sciarpa sulla ferita.
Era cosciente ma era in stato di shock, così cercai di farla ragionare.
-Lizzie! Lizzie ascoltami…resisti l’ambulanza stà arrivando.- dissi cercando i suoi occhi.
Finalmente vidi quelle splendide iridi blu fissarsi nei miei… Dio aveva degli occhi stupendi…sembravano l’oceano!
Sentivo le sue mani ghiacciate sopra le mie, che continuavano a premere sulla ferita.
Non ero un uomo di chiesa, quello era chiaro, ma in quel momento, quando vidi la sua espressione dipinta in volto…piena di dolore…dolore che in parte le avevo causato io mettendola in pericolo, mi ritrovai a supplicare, quasi implorare quella persona che stava lassù, di non farla morire tra le mie braccia.
Non avrei mai potuto perdonarmelo.
-Lizzie l’ambulanza stà arrivando…manca poco!- le sussurrai.
Sentì le mani scivolare giù dalle mie, mentre le sue labbra si mossero in un sorriso…prima che i suoi occhi blu si chiusero lentamente.
Mi voltai verso la strada dove in lontananza scorsi la figura del mio amico fidato.
Sentivo di non avere nessuna utilità…lei era li tra le mie braccia e non avrei mai potuto salvarla…la rabbia che avevo dentro non era niente in confronto al dolore che avrei passato se l’avessi persa per sempre.
-DEMBE L’AMBULANZA!- gridai.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
 
 
L’ambulanza sfrecciava tra le vie del centro senza preoccuparsi di incroci o semafori; non c’era tempo.
La perdita di sangue era notevole e non appena i paramedici la caricarono sul veicolo avvisarono subito via radio l’ospedale più vicino di prepararsi con le trasfusioni in sala operatoria.
Io ero lì…proprio accanto a lei…le tenevo la mano stretta nella mia; non l’avrei mai lasciata sola per niente al mondo.
Passarono pochi minuti e arrivammo all’ospedale dove dopo aver percorso poco più che due corridoi, mi trovai faccia a faccia con un medico che mi si parò di fronte.
-Lei non può passare! Dovrà aspettare laggiù!- disse sottovoce indicandomi una sedia nella sala d’attesa alle mie spalle.
Sentii la mano di Lizzie scivolarmi tra le dita mentre seguendola con lo sguardo la vidi sparire dietro a due pesanti porte completamente bianche.
Mi mancò il fiato…dovevo sedermi subito!
Raggiunsi la prima sedia più vicina e mi buttai con tutto il mio peso su di essa.
Fu come un pugno dritto in faccia…il momento in cui mi accorsi di amarla!
Sentivo che qualcosa era cambiato ma non volevo ammetterlo a me stesso!
Mi dicevo che NON POTEVO!
Avevo imparato a conoscerla, lentamente mi ero avvicinato guadagnandomi la sua fiducia, ma lei era come un uragano e mi aveva colpito con tutta la sua forza.
Sapeva essere così coraggiosa ma allo stesso tempo così fragile.
Così mi ero ripromesso di proteggerla anche a costo della mia vita; le avevo tenuto nascoste cose che aveva il diritto di sapere, solo per non metterla in pericolo.
Avevo la testa fra le mani mentre sentìi qualcosa solleticarmi la guancia…era una lacrima!
L’amavo e me ne ero accorto solo ora!
Una volta le avevo detto che il vero amore è quando si è in balia delle emozioni! Non si può averne il controllo!
Era come mi sentivo io proprio in quel momento…come se nulla al mondo potesse dare un senso alla mia vita…esisteva solo lei.
-Raymond!- qualcuno mi scosse la spalla e tornai sulla terra.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
 
Passarono ore prima che qualcuno riuscì a darci qualche notizia.
Andavo avanti e indietro per quel dannato corridoio chiedendomi se l’avrei rivista…se l’avrei riabbracciata…se l’avrei mai fatta sorridere di nuovo…se avrei mai avuto la possibilità di baciarla!
Sentivo lo sguardo di Dembe su di me…era preoccupato per Lizzie ma era preoccupato anche per me.
Sapeva che se l’avrei persa non ci sarebbe stato più nulla che mi avrebbe salvato!
Anche Ressler era su una di quelle sedie della sala d’attesa. Passava da una telefonata all’altra senza sosta. Cercavano il colpevole ma ancora non era venuto fuori niente. E la mia Lizzie era ancora la dentro.
Stava iniziando a fare buio fuori quando ad un tratto un medico si avvicinò a me.
-Siete la famiglia della signorina Keen?- chiese leggendo una cartella che teneva in mano.
-Si siamo noi!- risposi subito io andandogli incontro, seguito da Ressler e Dembe. –Come sta?-
-Ha perso molto sangue e ancora non ha ripreso conoscenza, ma crediamo che se passerà la notte senza nessun problema possiamo dichiarare che è fuori pericolo!-
Finalmente potevo respirare. Avevo tenuto il fiato per tutto quel tempo e non me ne ero reso conto.
-Possiamo vederla?- domandò Ressler.
-Certo ma solo uno per volta in modo da non creare confusione nella stanza…ha bisogno di riposo! Camera 208.- rispose il medico voltandosi vedendo l’arrivo di un altro paziente. –Se volete scusarmi!- esclamò dirigendosi verso l’uomo in barella appena arrivato.
Mi voltai verso Ressler che era poco dietro di me. –Entro io per primo!- non era una domanda e non ammettevo obiezioni.
Mi fece cenno con il capo di andare avanti.
Presi un bel respiro e mi incamminai verso il corridoio delle camere.
Camera 208…eccola!.
Aprii delicatamente la porta per non far rumore.
-Lizzie!- sussurrai più a me stesso che a qualcuno in particolare…era così piccola in quel letto d’ospedale…avevo paura che anche solo sfiorandola le avrei procurato del dolore.
Presi una sedia e l’avvicinai al bordo del letto; mi sedetti e la osservai per qualche minuto.
Respirava senza l’aiuto dei macchinari e già questo era confortante.
Le presi la mano nella mia; Dio quanto mi era mancata!
Stavolta c’era mancato poco…solo un attimo in più e l’avrei persa per sempre.
Ma per fortuna adesso era lì di fronte a me.
Tutta la tensione e la stanchezza di quella lunga e interminabile giornata si fecero sentire nel momento in cui poggiai la testa sul letto e le mie palpebre si chiusero facendomi scivolare in un sonno profondo, senza mai lasciare però la mano di Lizzie!
Sapevo che quando mi sarei svegliato avrei maledetto quella sedia per quanto era scomoda…ma per il momento l’unica cosa importante era stare vicino a Lizzie e anche se avrei avuto male alla schiena per una settimana non mi importava.
Volevo solo che si svegliasse il più presto possibile per rivedere i suoi splendidi occhi blu!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 
Un leggero raggio di luce riuscì a penetrare attraverso le tende della finestra.
Sentivo la testa pesantissima; cercai di tirarmi su e mi accorsi di essere su un letto d’ospedale, con fili e macchinari ovunque.
Intorno a me non c’era nessuno…una cosa però riuscivo a percepirla…nessun suono si sentiva né all’interno dell’edificio e neanche all’esterno.
Sembravo come in una bolla sott’acqua…come immersa nel nulla.
D’un tratto qualcosa sfiorò la mia guancia; mi voltai e rimasi pietrificata!
Non potevo crederci…non poteva essere lì di  fronte a me.
Una lacrima scese sul mio viso…ero morta.
Mio padre Sam era accanto a me e mi sorrideva.
-Papà!- sussurrai pianissimo quasi non volessi spaventarlo.
-Ciao piccola Liz!- rispose avvicinandosi a me.
-Dove sono? Come faccio a vederti?- ero in preda al panico; mille domande mi affollavano la mente.
-Sei stata ferita. Ti hanno portato all’ospedale!-
-Allora sono morta!- esclamai mentre un'altra lacrima trovò la sua strada lungo la mia guancia.
Il suo sorriso si allargò mentre lo vidi sedersi accanto a me nel letto. –No cara, non sei morta! Non sei ancora pronta per questo!-
-Mi sei mancato tanto papà!- lo abbracciai come se non avessi un domani. Avevo migliaia cose da dirgli…piansi tantissimo e lui mi tenne stretta stretta come quando da piccola, cadendo, mi sbucciavo le ginocchia e correvo tra le sue braccia per cercare conforto.
-Liz devo dirti una cosa…è importante!- sussurrò al mio orecchio. Mi allontanai leggermente e vidi un velo di preoccupazione nei suoi occhi…potevo sentirlo anche nel suo tono di voce…c’era qualcosa che lo turbava.
-Devi cambiare atteggiamento piccola mia…non puoi continuare a opporti…non è così che funziona! Devi capire cosa è giusto per te e con tutta la grinta che hai devi afferrare il momento e farlo tuo…non limitarti ad osservare da lontano…fai felice la tua vita!- sussurrò accarezzandomi la guancia dove poco prima c’erano le lacrime.
-Ma cosa stai dicendo papà?- non riuscivo a capire; non capivo a cosa si riferiva mentre sentivo il mal di testa farsi sempre più forte.
-Ascolta quello che senti dentro di te e non pensare a cosa è giusto o no! Quell’uomo ti ama più di ogni altra cosa al mondo!-
Mi mancò il fiato…immediatamente le sue parole fecero come da breccia dentro i miei pensieri e mi ritrovai subito a pensare all’unico uomo che riusciva a farmi sentire speciale; l’unico che mi avrebbe protetta da tutto e tutti; l’unico che non mi aveva mai mentito; l’unico che sapeva farmi sentire importante e amataRed!
-Lo sapevo che eri una ragazza in gamba!- esclamò mentre lo vidi allontanarsi; poco dopo tutto intorno divenne buio.
 
 
Un dolore lancinante mi attraversò il ventre e mi mancò il fiato. La testa era talmente pesante che non potevo neanche voltarmi da un lato senza sentire la nausea che saliva. Lentamente riuscì appena ad aprire gli occhi, ma c’era talmente tanta luce che vedevo tutto completamente bianco.
Sentivo la mia mano destra più calda rispetto all’altra, così con un po’ di fatica mi voltai da quella parte, trovandomi faccia a faccia con un viso familiare.
-Ciao Lizzie!- sussurrò sorridendomi e stringendomi un poco la mano.
-Red!- risposi con le poche forze che avevo.
-Riposati piccola…ci sono io qui…non vado da nessuna parte!- i miei occhi si chiusero e sentii le sue labbra calde e morbide poggiarsi sulla mia fronte mentre la sua mano mi accarezzava delicatamente i capelli.
Ora ero al sicuro!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
 
Credevo di aver dormito per settimane. Mi sentivo così stanca che, non appena riuscì ad aprire gli occhi, la prima cosa a cui pensai fu tornare a dormire .
Sentivo chiaramente delle voci provenire dal corridoio.
Capii subito chi erano i due interlocutori: Ressler e Red.
Erano come cane e gatto quei due…sempre pronti a punzecchiarsi con battutine sottili con il solo scopo di far innervosire l’altro.
Stavolta stavano discutendo sul prossimo blacklister da catturare.
Ressler insisteva per avere un altro nome…quel ragazzo odiava stare con le mani in mano…doveva sempre lavorare.
D’altra parte Red non sembrava andare così di fretta.
Gli rispose che fino a che non mi sarei ripresa del tutto, lui non avrebbe dato inizio a nessun’altra indagine.
D’altra parte come dargli torto! L’accordo era ancora valido…lui parlava solo con Elizabeth Keen.
Avevo talmente tante domande a cui non sapevo ancora rispondere, e l’unico che sembrava poter aiutarmi era anche l’unica persona che non voleva farmi arrivare alla verità.
Fu solo il click della serratura che mi fece tornare alla realtà.
-Buongiorno Lizzie!- sorrise non appena incrociò il mio sguardo; si sedette nell’unica sedia presente nella stanza, proprio accanto al mio letto. –Come ti senti?- chiese sfiorandomi il braccio.
Come mi sentivo? Ottima domanda. Il mal di testa ormai faceva parte della mia quotidianità quindi anche se mi infastidiva molto non mi avrebbe certo ucciso; d’altra parte il dolore all’addome era una cosa terribile.
-Potrei stare meglio Red! Le fitte di dolore al ventre non mi danno tregua.-
Lo vidi alzarsi di scatto e fiondarsi in corridoio in cerca di un medico.
Tornò dopo neanche un minuto, seguito da un’infermiera che dopo aver dato una rapida occhiata alla mia cartella, mise qualcosa nella mia flebo.
-Inizierà a fare effetto tra qualche minuto! Non la faccia stancare molto; ha bisogno di riposo!- esclamò sottovoce quasi per non farmi udire le sue parole.
-Grazie!- rispose Red che la seguì con lo sguardo fino alla porta della stanza.
Tornò lentamente sulla sedia dove stava poco prima.
-Mi hai fatto proprio spaventare Lizzie! Come ti è venuto in mente di separarti dal resto del team?-
Ecco che ci risiamo…adesso mi toccava sorbirmi la predica come se fossi una bambina in castigo.
-Red…nel mio lavoro può capitare che ti sparino…sia che sei con la squadra o no! Non sempre le cose vanno come si vorrebbe. Se un giorno dovessi morire vorrei che accadesse mentre faccio il mio dovere. Visto che non mi darai mai una risposta alle mille domande che ho, vorrei almeno essere ricordata per quello che sono diventata; al di là della mia infanzia.- risposi cercando una posizione migliore in modo da alleviare il dolore alla pancia.
Lo vidi irrigidirsi sulla sedia come se avessi toccato un nervo scoperto.
-Sai Lizzie…non avevo mai visto la questione dal tuo punto di vista…ho sempre pensato che se un giorno fosse successa una cosa del genere, sarei stato io a prendermi quella pallottola. Non avrei mai permesso che un criminale da strapazzo facesse del male all’unica persona veramente importante per me. Ma hai ragione tu…non sono in grado di rispondere alle tue domande e a quanto pare non sono neanche in grado di proteggerti visto quello che è successo!- mi guardò dritto negli occhi e potei facilmente vedere un velo di tristezza in quelle iridi verdi così profonde.
Si alzò lentamente e senza far rumore raccolse il cappotto, lasciò la stanza senza proferir parola e si richiuse la porta alle spalle lasciandomi con un senso di colpa che non avevo mai provato prima.
Non avrei mai permesso che un criminale da strapazzo facesse del male all’unica persona veramente importante per me. Ripensando a quelle parole il mio cuore perse un battito…una strana emozione prese piede dentro di me…un brivido scese lungo tutta la schiena…fremevo dalla voglia di avere quell’uomo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 
Passarono quasi tre settimane prima che i medici mi dimisero dall’ospedale.
Mi ero ripresa completamente grazie anche alla pazienza delle infermiere che mi avevano seguito passo passo permettendo alla ferita di rimarginarsi al meglio.
Purtroppo però, per tornare in servizio, dovevo aspettare un’altra settimana e presentarmi ad almeno cinque sedute con uno psicologo…non vedevo l’ora!
Quelle tre settimane in ospedale erano state veramente infinite; dopo la discussione con Red lui non si era più presentato neanche per una volta a farmi visita.
A volte arrivava Dembe con un immenso vaso pieno di fiori profumati e di mille colori, ma Red non c’era mai. Sentivo la sua lontananza e soffrivo perché non sapevo cosa fare.
Aram e Ressler mi tenevano aggiornata sugli sviluppi della blacklist e cercavano di tirarmi su il morale fino a che non sarei uscita da quel posto; ma i miei pensieri erano concentrati giorno e notte su una sola persona.
Mi ero ripromessa che non appena mi avrebbero dimesso sarei andata a chiedergli scusa per come lo avevo trattato; non era mia intenzione essere così impertinente quel giorno…sentivo che quando ero al suo fianco non ero più in grado di ragionare con chiarezza.
Mi faceva uno strano effetto…più o meno lo stesso effetto che avrebbe fatto a qualsiasi altra donna penso.
Era  così misterioso...affascinante…sexy e accattivante che anche senza guardarlo sentivi l’effetto della sua sola vicinanza a te.
Lui questo lo sapeva! Sapeva di avere un certo controllo su di me, eppure non si era mai spinto oltre qualche lieve carezza o abbraccio verso di me.
Fu proprio nell’istante in cui bussai alla sua porta che mi ritrovai a pensare, che in realtà, non avevo le parole per spiegare la mia visita.
Stavo per fare dietro-front quando la porta si aprì.
-Buongiorno agente Keen! Vedo che stà meglio!- esclamò Dembe sorpreso alla mia vista.
-Ciao Dembe! È un piacere vederti! Sono qui per parlare con Reddington. È di sopra?- feci per entrare ma Dembe mi si parò davanti per non farmi passare.
-Raymond è impegnato al momento. Non credo che questa sua visita improvvisa sia una buona cosa!- parlò piano quasi come non volesse farsi sentire da qualcuno.
-Dembe ti prego! È importante!- non mi andava di supplicare ma avevo proprio bisogno di parlargli…anche solo di vederlo! Lo spinsi leggermente da un lato per far si che riuscissi a intrufolarmi, quando mi sentì afferrare al braccio e tirarmi indietro.
Mi ritrovai la faccia di Dembe a due centimetri dalla mia. -Agente Keen devo insistere…mi creda…è meglio se passa un altro giorno!-.
Non riuscivo a capire cosa stava succedendo, quando ad un tratto una strana risata proveniente dal piano di sopra mi trafisse quasi come la pallottola che mi aveva ferito qualche settimana prima.
-DEMBE…CHI è ALLA PORTA?- la riconobbi subito…senza neanche aver bisogno di alzare lo sguardo…la voce di Madeline Pratt.
La vidi sporgersi in cima alle scale e quando incrociò il mio sguardo sorrise quasi divertita.
Non so se il colore del mio viso era rimasto lo stesso, se avevo ancora l’aspetto di una donna tranquilla per niente intimidita o sorpresa da quello che stava succedendo…so solo però che nella mia testa qualcosa partì…avevo lo stomaco che mi ribolliva dalla rabbia…gli occhi annebbiati dal nervoso…poteva essere una sola cosa…gelosia!
Era praticamente nuda; coperta solo da un asciugamano che lasciava intravedere gran parte del suo corpo. Quella donna era senza vergogna.
-Ciao Lizzie! Non sapevo che Ray avesse invitato anche te alla festa!- esclamò sorridendo. –Hey Raymond potevi dirmelo. Avevamo detto niente più segreti fra noi!- urlò verso la camera da letto.
-Perché chi c’è? Chi è arrivato? Dembe ti avevo detto di non far entr…!- lo vidi uscire da dietro l’angolo con indosso un paio di boxer e una camicia abbottonata solo per metà. Aveva un’aria sorpresa, come a chiedersi che diavolo ci facevo a casa sua in quel momento.- Lizzie!- era a corto di parole, ma a quanto pare il mio nome se lo ricordava ancora.
E pensare che ero venuta solo per chiarire le cose tra di noi…volevo scusarmi per averlo trattato in malo modo; ma come potevo vedere era impegnato a fare altro per questo non è venuto più a farmi visita in ospedale…non perché era arrabbiato…bensì perché non aveva tempo…doveva giocare con la barbie girl che era Madeline Pratt.
-Scusa Dembe per aver insistito poco fà…dovevo capire prima il tuo avvertimento! A presto!- provavo tenerezza per quell’uomo così devoto e fedele ad una persona che non si meritava neanche l’un per cento dell’impegno che Dembe ci metteva nel proteggere Reddington.
Mi guardò dritto negli occhi quasi come a scusarsi per una cosa che non aveva neanche fatto lui.
Mi voltai e raggiunsi la macchina…misi in moto e mi diressi a tutta velocità verso la mia stanza del motel…avevo bisogno di un bicchiere di vino…anzi una bottiglia!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
 
Mi ero comportato proprio come un bambino idiota stavolta…non mi aspettavo una visita da parte di Lizzie…e di certo non pensavo che arrivasse proprio mentre ero in compagnia di Madeline.
A dir la verità appena la vidi, subito pensai a come ero felice di vederla di nuovo in piedi e in forze…ma non appena incrociai il suo sguardo e intravidi nei suoi occhi tutta la rabbia che aveva, capii che dovevo fare qualcosa al più presto.
Dopo la nostra discussione quel giorno in ospedale non ero più andato a trovarla. Mi mancava ogni giorno di più…volevo sentire la sua voce…tenerla stretta a me se mai ne avesse avuto bisogno…accarezzarle i capelli per rassicurarla…farla sorridere per dimenticare, anche solo un secondo, le difficoltà.
Le sue parole mi avevano aperto gli occhi però. Non ero stato in grado di proteggerla…dopotutto mi aveva sempre rinfacciato il fatto che la pedinassi continuamente e io le avevo spiegato il perché…volevo sapere che era al sicuro!
Eppure proprio nel momento di maggior bisogno…nel momento in cui la sua vita dipendeva da me…non ero stato in grado di prevenire la situazione…sarebbe potuta morire e io non avevo fatto niente per evitarlo.
Tutte quelle precauzioni…quegli avvertimenti per quando andava sotto copertura erano solo parole al vento se poi, proprio quando IO dovevo fare la mia parte, ne venivo meno.
Fù così che mi ritrovai nel parcheggio del motel a pensare alle parole giuste per spiegare la situazione sgradevole che si era creata.
Io l’amavo…questo era innegabile ormai…e Madeline non avrebbe mai…dico mai…potuto rimpiazzare Lizzie nel mio cuore.
Era difficile pensare che anche se le avessi confessato il mio amore lei sarebbe corsa fra le mie braccia.
Nelle braccia di chi? Un criminale pluriomicida ricercato dalle forze dell’ordine di mezzo mondo…senza contare tutti gli altri criminali che mi volevano morto.
Non avevo nulla da offrirle…lei era così giovanecosì bella…era la luce nelle mie giornate.
 
Lasciai Dembe nella macchina e salì le scale della palazzina, fino a trovarmi di fronte alla porta dell’appartamento che stavo cercando.
Bussai, ma nessun rumore proveniva dall’interno.
Bussai di nuovo, poggiando l’orecchio sulla porta per capire se Lizzie era nell’appartamento o no.
-Hai intenzione di buttare giù la porta o pensi che sia meglio lasciar perdere e tornare un’altra volta?-
Una voce mi sorprese alle mie spalle…ero così preso da cercare le parole per spiegare tutto che non mi ero accorto di una presenza dietro di me.
-Lizzie! A dir la verità stavo pensando di sedermi qui, in attesa del tuo ritorno…ma visto che sei qua…possiamo parlare!- ero felice di averla trovata. Finalmente avevo la possibilità di sistemare le cose.
-Ho molto da fare. Non è il momento adatto per una chiacchierata. Ho una vita molto piena!- esclamò mostrando un sorriso finto.
Sapevo sarebbe stato difficile convincerla ma ero disposto a tutto!
-Lizzie ero venuto per scusarmi!- mi spostò da un lato per passare ed entrare nell’appartamento.
-Lo so che non sono più venuto a trovarti all’ospedale ma dovevo riflettere. Avevi ragione…mi sentivo in colpa per non essermi fatto trovare pronto. Potevi rimanere uccisa!- bloccai la porta con la mano prima che mi venisse sbattuta in faccia.
-Non ho proprio voglia di starti a sentire Red. E poi non hai da fare anche tu? Penso proprio che la tua amichetta ti stia aspettando con ansia!- rispose secca tentando nuovamente di chiudere la porta.
-Lizzie per favore…non è come pensi tu…lasciami spiegare. Posso entrare? Non mi va di parlare qua fuori!-
-Non mi importa ciò che ti và o meno. Non ho né il tempo né l’intenzione di stare qui a sentire un’altra delle tue tante storielle.- detto ciò mi sbatté letteralmente la porta in faccia.
All’inizio pensavo la riaprisse per dirmi che era uno scherzo e che potevo entrare…invece dopo essere rimasto lì per qualche minuto…con il naso a due centimetri della superficie marrone…mi resi conto di essere stato fortunato. Per il mio naso poteva andare molto peggio!
Scesi le scale e raggiunsi alla macchina Dembe che mi guardava con aria divertita.
-Devi dirmi qualcosa amico mio?- chiesi entrando dalla porta posteriore dell’auto.
-Detto francamente Raymond! Questa te la sei cercata!- rispose mettendo in moto.
-Non mi arrendo. Domani sarà una lunga giornata!- ribattei chidendo gli occhi per schiarirmi le idee e rilassarmi un minimo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
 
Il rumore della sveglia risuonò per tutta la camera da letto fino a che non aprii gli occhi e la lanciai contro la parete.
Gli incubi non mi avevano dato tregua nel sonno e i pensieri non mi lasciavano un istante neanche da sveglia!
Ero stanca! Stanca di dover sempre aspettare qualcosa che mai arriverà…stanca di aver sempre paura…ma soprattutto stanca di dover sempre pensare alle conseguenze.
Nell’istante in cui lo vidi su quelle scale con quella donna, non riuscivo neanche a nominarla, capii che l’amavo.
Tutta quella rabbia che mi esplose dentro; ero accecata dall’odio verso di lei ma soprattutto verso di lui. Non era solo odio…anche delusione. Chissà perché non avevo mai pensato al fatto che anche lui avesse dei bisogni che voleva soddisfare.
Ero divorziata da un uomo che non conoscevo neanche e innamorata di un altro alla quale bisognava stare a chilometri e chilometri di distanza. Ma qual’era il mio problema? Forse il problema principale era che mi sentivo talmente sola che avevo bisogno di qualcuno…uno qualsiasi…che mi stesse accanto.
Mi buttai nel letto con la faccia nel cuscino tentando di trattenere le lacrime che volevano farsi strada.
Non sapevo più cosa fare…avevo un lavoro che non mi permetteva vie di fuga…avrei tanto voluto fare una piccola valigia con le cose più indispensabili e avrei guidato fino a che non avrei trovato un posto dove mi sarei sentita a casa.
Eppure non avevo una casa…vivevo nella stanza di un motel alla quale mi ero anche affezionata, ma mi rendevo conto che era a dir poco squallido. Quella non era vita.
Mi vestii, presi la borsa e mi diressi verso l’ufficio.
La mia gamba si poteva dire completamente guarita; ora bisognava solo convincere Cooper a rimettermi in servizio…così almeno avevo qualcosa da fare durante la giornata invece che stare solo a pensare alla mia insignificante vita priva di rapporti interpersonali.
Bussai alla porta del direttore.
-Avanti!- esclamò Cooper dall’altro lato.
-Buongiorno signore!- ero felice di vederlo. Quelle settimane chiusa in ospedale erano state lunghissime.
-Bentornata agente Keen! Sono felice di vedere che stai meglio.-
-Grazie signore…sono pronta per tornare!- risposi entusiasta.
-Ho letto la tua cartella clinica dell’ospedale e il dottore mi ha rassicurato sul fatto che la tua gamba non ha subito danni permanenti e che hai ripreso la totale funzionalità dell’arto. Non vedo perché tu debba stare ancora a casa. C’è bisogno di te qui e quindi riprenderai il servizio stamattina stessa!- sembrava veramente felice di rivedermi. Era proprio una brava persona.
-Grazie Signore!- dissi alzandomi in piedi e stringendogli la mano.
Uscì dall’ufficio con uno strano senso di buon umore addosso, che durò pochissimo…fino a che non raggiunsi il mio ufficio e trovai comodamente seduto un Raymond Reddington che non avevo proprio voglia di vedere.
-Ciao Lizzie! Vedo che Cooper non ha perso tempo! Subito a lavoro eh?- esclamò non appena richiusi la porta alle mie spalle.
-Ascolta Red non è proprio il momento per i tuoi giochetti. O hai un nuovo nome da darci oppure io ho troppo lavoro da fare. Devo recuperare il tempo perso, quindi se non ti dispiace, ho una montagna di rapporti da compilare.-
-Sono venuto per parlare Lizzie. Non me ne andrò di qui fino a che non avremo chiarito la situazione!- mi guardò dritto negli occhi. Era serio e deciso…non ne sarei uscita facilmente.
Feci il giro e mi sedetti alla mia scrivania prorpio di fronte a lui; incrociai le mani su di essa e aspettai. Non ero certo io a dover dare delle spiegazioni, quindi se voleva parlare…lo avrei lasciato fare.
-Sono tutta orecchie!- risposi acida.
Lo vidi sorridere leggermente. Aveva capito il mio gioco e conoscendolo non era uno che parlava direttamente; avrebbe di sicuro tirato fuori qualche storia delle sue.
-A proposito di quello che è successo l’altra sera con Madeline…non deve essere stato un bello spettacolo…volevo scusarmi con te. Anzi ti pregherei la prossima volta di avvisare prima di presentarti a casa mia a sorpresa.- parlò piano come a farmi capire bene ogni sua parola.
-Quindi sarebbe colpa mia?- ribattei mentre sentivo la rabbia che mi saliva al cervello.
-Non ho detto questo. Vorrei solo che la mia vita privata rimanesse tale.-
-Ah!- sbottai -Senti da che pulpito la predica! Uno che non si è mai preoccupato della vita privata altrui, ora viene a dare lezioni di buone maniere! Sai cosa ti dico? Vai al diavolo! Ero venuta quella sera per scusarmi dopo la discussione avuta in ospedale perche mi sentivo in colpa per come ti avevo trattato e questo è quello che mi sento dire adesso! ESCI FUORI DAL MIO UFFICIO SUBITO!- gridai accecata dall’odio.
Lo vidi alzarsi dalla sedia e fare il giro della scrivania per poi trovarmelo di fronte a pochi centimetri da me.
-Non gridarmi Lizzie…non è questo quello che vuoi!- sussurrò e potei sentire il suo respiro sulle mie labbra. Era troppo vicino e non riuscivo a ragionare. Avevo bisogno di spazio, ma nell’istante in cui cercai di indietreggiare mi accorsi che ero letteralmente con le spalle al muro…l’ufficio era finito.
-Non osare avvicinarti ancora o sarò costretta a usare la forza Red…non scherzo!-
Ero spaventata…ma al contempo volevo sentire le sue labbra sulle mie…volevo il contatto fisico…volevo le sue mani su di me.
-Mi dispiace non esserti stato accanto in ospedale. Non era mia intenzione lasciarti sola. Avevo bisogno di tempo per pensare.- spiegò fissando i suoi occhi nei miei per farmi capire che non mentiva.
Ripensare a quei giorni dopo la discussione che avevamo avuto…a come mi ero sentita verso di lui…mi ero sentita veramente in colpa.
-Ogni volta che si apriva la porta della camera mi aspettavo di vedere il tuo cappello spuntare da dietro l’angolo…invece niente. Andai avanti così per una settimana…fino a quando ogni volta che la porta si riapriva non mi aspettavo nulla. Niente. Perché sapevo che non saresti venuto a farmi visita.- sentivo le lacrime nei miei occhi.
La sua mano mi accarezzò la guancia e non potei fare a meno di sentire un brivido scendermi lungo la schiena.
-Perdonami! Non era mia intenzione farti soffrire. E per quello che è successo con Madeline…quello non conta niente.- inclinò leggermente la testa per essere allo stesso livello con il mio sguardo.
Sentivo il suo corpo contro il mio. Le sue labbra erano così vicine…non riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi occhi. Annullai la distanza che ci divideva e lo baciai come non avevo mai baciato nessuno. Immediatamente sentì la sua mano scendere sul mio collo per tenermi ferma nel caso mi fossi allontanata.
Avevo bisogno di sentirlo…per rendermi conto che non era un sogno. Feci scivolare le mie mani sul suo torace cercando di farmi strada fra i bottoni del suo completo.
La sua lingua incontrò la mia e sentì un leggero suono provenire dalla sua gola.
Stavo baciando Raymond Reddington...nell’ufficio dell’FBI!
Quel pensiero mi trafisse come un fulmine.
Lo spinsi con tutta la forza che avevo lontano da me.
-Oh mio Dio! Ma che diavolo ti è preso. Esci subito dall’ufficio per favore…ho bisogno di spazio!-
-A me cosa mi è preso? Ti ricordo che sei stata tua a baciarmi cara!- rispose con un sorriso grande come una casa.
-SHHH!- non poteva capitare a me dannazione…qualcuno ci poteva scoprire. Ma quel bacio ragazzi. Amavo quell’uomo!
Ero così persa nei miei pensieri che non mi accorsi del fatto che si era nuovamente avvicinato a me.
Questa volta fu lui a baciarmi.
Fu un bacio meno appassionato del primo…quasi come a voler confermare la situazione precedente.
-Adesso devo andare Lizzie. Ti aspetto a casa mia stasera alle otto per cena…cucino io…tutto a base di pesce!- sussurrò nel mio orecchio.
-D’accordo!- annuì.
-Non vedo l’ora di baciarti ancora!- bisbigliò prima di lasciarmi un leggero bacio sulla guancia e sparire dietro alla porta.
Sentivo il suo profumo addosso…le sue mani su di me. Dovevo riprendermi prima di rimettere il naso fuori dalla stanza. Non potevo permettere che qualcuno si accorgesse di me e Red.
Sì, perché a quanto pare c’era un noi adesso. Io lo amavo e lui amava me. Nessuno poteva più dividerci. Neanche l’FBI avrebbe potuto tenerci lontani.
Come se niente fosse accaduto mi sedetti alla scrivania e iniziai a compilare rapporti su rapporti; l’unica cosa che però occupava la mia mente era la persona che aveva rubato il mio cuore. Stasera però mi sarei vendicata…ruberò anche il suo!
 
THE END!
 
Angolo dell’autrice:
 
FINITOOOOO! Che fatica ragazzi! Quest’ultimo capitolo mi ha messo a dura prova. Nella mia testa l’avevo pensato in un modo che mi era sembrato perfetto e quando mi sono trovata a doverlo scrivere con carta e penna non riuscivo a ripeterlo come me l’ero immaginato. Infatti ho dovuto cambiare molte parti per renderlo scorrevole…ma anche lì non sono completamente soddisfatta del lavoro.
Che dire…sarà per la prossima.
Uno speciale ringraziamento a Kairyporter che ha avuto la pazienza di recensire con costanza la mia ff spronandomi ad andare avanti fino al capitolo finale.
Grazie di cuore a tutti quelli che hanno anche solo letto la storia e a presto.

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