Some wrongs can never be forgiven

di MarcoG
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII - prima parte ***
Capitolo 10: *** Capitolo VIII - seconda parte ***
Capitolo 11: *** Capitolo IX ***
Capitolo 12: *** Capitolo X ***
Capitolo 13: *** Capitolo XI ***
Capitolo 14: *** Ultimo capitolo: NEVE ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


ATTENZIONE: Quasi tutti i personaggi di questa storia sono tratti da Lilium inter Spina, una bellissima Originale che si trova in questa stessa sezione. Consiglio a tutti di leggerla, io da parte mia ho impiegato tutti i miei sforzi per far sì che i personaggi si possano seguire anche da chi non conosce la long-fic di nydrali e credo di esserci riuscito...ma vi consiglio in ogni modo di leggerla, sicuramente non ve ne pentirete :)



Joey salutò con un cenno della mano gli ultimi amici rimasti nel bar, dopodichè uscì dal locale e guardò in alto verso il cielo.
Pioveva a dirotto e lui si era dimenticato l'ombrello, questo voleva dire che doveva farsi una bella corsa fino alla macchina per evitare di inzupparsi completamente.
Fece mente locale sulla posizione esatta in cui l'aveva lasciata, dopodichè si strinse il giubbotto addosso e iniziò la sua corsa. Aprì la porta velocemente, si buttò nel veicolo e poi si chiuse dentro. "Che freddo!" pensò fra sè e sè mentre metteva in moto.
Diede un'occhiata all'orologio presente nel cruscotto della macchina e vide che segnava le 23:50. "Avevo detto a Lily che sarei stato a casa al massimo per le 23" pensò. Uscì dal parcheggio del bar e una volta in strada schiacciò a fondo l'accelleratore; non poteva far aspettare oltre Lily, altrimenti una volta a casa chissà quanti rimproveri avrebbe ricevuto.
Sorrise al solo pensiero di sua moglie che lo sgridava. Era come se riuscisse già adesso a sentire le sue parole nelle orecchie: "Ma Joey, ti rendi conto che ore sono? Avevi detto che saresti stato a casa oltre un'ora fa! Cos'hai fatto per essere arrivato così tardi? E ad Alexander non ci pensi? Come possiamo dargli il buon esempio se ti comporti così?" e chissà quante altre domande del genere.
Sorrise nuovamente perchè si immaginò a supplicare il suo perdono, senza avere un reale scusa per giustificare il suo ritardo se non quello del piacere di stare con i suoi amici.
Sorrideva soprattutto perchè ormai, dopo tutti quegli anni, sentirsi urlare contro da Lily non faceva altro che intenerirlo ulteriormente.
Molti anni prima, invece, se solo qualcuno si fosse permesso di farlo lui gli avrebbe rotto il collo ancora prima che quella persona potesse terminare la propria domanda.
Perchè Joey non si chiamava veramente Joey e Jacquet non era certo il suo vero cognome.
Anche nella scelta del nome Lily l'aveva influenzato, lui le aveva sempre risposto che trovava Joey un nome idiota, ma lei continuava a insistere che come nome si legava molto bene al loro nuovo cognome Jacquet. "Pensa!" gli diceva, "così potrai abbreviare le tue iniziali con J.J.! Non ha forse un tono melodioso?" e lui guardandola ridere perdeva ogni forza per opporsi. Finì così per accettare di chiamarsi Joey, rimanendo Joey per venti lunghi anni.
Quanto era cambiata la sua vita, in tutto quel tempo. Solo vent'anni fa Joey Jacquet non esisteva, esisteva solamente James Hawk, quello che veniva apostrofato dai suoi nemici come "il peggio figlio di puttana esistente su questa terra" per via della lunga serie delle sue malefatte.
James era un assassino. Uno stupratore. Un ladro e un bestemmiatore, veniva soprannominato Dagger per via del fatto che aveva sempre un coltello con se, qualsiasi cosa stesse facendo in qualsiasi posto si trovasse riusciva a tirarne fuori uno, anche se solo un attimo prima ne sembrava sprovvisto. Anche se prima era stato perquisito dal più esperto dei controllori, un secondo dopo James Hawk aveva già un coltello in mano e se qualcuno gli aveva fatto un torto beh...quel qualcuno era morto.
Questa vita di peccati finì però nel momento in cui incontrò Lily.
Lei, così candida e innocente, gli aveva fatto perdere la testa.
Lily si era messa in un brutto pasticcio, di certo non per colpa sua, e l'unico modo per uscirne era quello di rivolgersi a una persona che solo James conosceva. Fu così che i due si incontrarono e James si rese conto, passando del tempo con lei, che Lily era solo in apparenza fragile e sprovveduta. Al contrario, era una ragazza estremamente perspicace e dal carattere forte, che sapeva tirare fuori solo quando le serviva veramente.
Ci provò a lungo, James, a non innamorarsi di lei, ma gli fu impossibile. Lui l'aveva protetta per lungo tempo, aiutandola a trovare la persona che voleva incontrare e quando tutto finì si rese conto che non avrebbe potuto vivere senza di lei. Durante tutto quel tempo anche Lily si era accorta che James nascondeva un lato buono e sincero alla vista di tutti e così decisero di andarsene dall'America dove era nato, gettarono via per sempre il nome James Hawk e si trasferirono in Provenza.
Qua James si mise alla ricerca di un cognome "utilizzabile" per i loro scopi, ovvero un cognome che risultasse valido per permettere di creare una nuova famiglia legalmente valida, e trovò Jacquet. Glielo chiese molte volte se era proprio sicura di volerlo fare, di abbandonare l'America per scappare via con lui in Francia, ma era convinta che James sarebbe potuto cambiare grazie al suo amore e rispose sempre in maniera affermativa. E così Lily, che all'anagrafe era Lily Munari per via delle suo origini italiane, divenne Lily Jacquet moglie a tutti gli effetti di Joey Jacquet, l'ormai ex James Hawk.
Non fu affatto facile per lui redimersi dal suo passato pieno di ogni tipo di violenza, ma Lily fu sempre paziente e James non potè che ricompensarla dimostrandole di voler diventare una persona migliore. Fu così che James, ormai diventato Joey a tutti gli effetti, smise di bestemmiare, di bere e di essere violento. Vivere con Lily gli cambiò completamente la vita e ben presto ebbero anche un figlio, Alexander.
Il bimbo per lui fu un grosso problema. Joey non aveva avuto un'infanzia facile, come Lily aveva ovviamente intuito. Joey veniva picchiato dal padre e ignorato dalla madre, nato e cresciuto con un'unica certezza: se fosse morto da un momento all'altro nessuno avrebbe pianto la sua scomparsa. Era spazzatura, esattamente come tutte le persone che vivevano in uno di quei paesini poverissimi ai confini dell'Alabama. Questo rendeva di fatto impossibile a Joey diventare un buon padre: non aveva mai ricevuto affetto come figlio, di conseguenza non sapeva neanche di che natura fosse quello paterno.
Fin quando nei primi anni si trattò solamente di cullarlo quando piangeva o di cambiargli il pannolino, fu tutto abbastanza facile. Lily non lo lasciava solo per un momento e Joey la ringraziò sempre silenziosamente per la sua presenza rassicurante. I problemi nacquero quando Alexander iniziò a crescere e ci fu bisogno di comportarsi da padre e questo Joey non lo sapeva fare.
Nel bene o nel male alla fine il rapporto con suo figlio non era poi così disastroso, sola che Alexander aveva preso molto più dalla madre e questo lo portò da sempre ad affezionarsi di più a Lily che a lui. Gli ultimi anni erano stati ancora più difficili poichè era diventato maggiorenne ed era alle prese con tutti i problemi legati a quell'età, problemi su cui ancora una volta James faceva fatica a dare consigli.
Un tuono illuminò la macchina a giorno e si rese conto solo in quel momento che stava ripercorrendo fra mille pensieri tutta la sua vita. Da quando si era trasferito in Provenza, anche se erano passati vent'anni, gli capitava spesso di ripensare all'Alabama, a com'era un tempo prima di conoscere Lily ed avere Alexander.
Percorse gli ultimi chilometri a grande velocità e arrivò a casa nel giro di pochi minuti. Scese dalla macchina per aprire il garage e prima ancora di riuscire a tirare su il portone basculante si ritrovò completamente fradicio. La pioggia si era intensificata e sembrava che il temporale fosse proprio sopra casa sua da tanto si sentiva  tuonare. Ritornò velocemente in macchina e la parcheggiò al sicuro, dopodichè richiuse il garage e fece di corsa la strada per entrare in casa. Oltre alla pioggia che scendeva sempre più copiosa si era alzato anche un fastidiosissimo vento gelido e stringersi nel capotto non gli fu più di aiuto per trovare un po' di calore.
Fece di corsa i tre gradini che lo separavano dalla porta di casa e si fermò. Davanti a sè trovò la porta aperta con la maniglia distrutta abbandonata a terra. Joey rimase a fissarla per qualche secondo, con il terrore negli occhi. Incurante della pioggia che iniziava a farsi strada al di sotto del suo giubbotto bagnandogli i vestiti, spalancò lentamente la porta.
All'interno della casa sembrava non muoversi nulla.
Fece un passo per entrare, schiacciò l'interruttore per accendere la luce ma non successe niente. Lo schiacciò di nuovo ma niente, doveva essere saltata la corrente.
- Lily? Lily amore dove sei?- la sua voce gli risuonò nelle orecchie incredibilmente spaventata. Aveva un brutto presentimento e il fatto che sua moglie non rispendesse non faceva nient'altro che  fargli crescere una certa ansia.
- Lily? Lily? Da quanto la luce non funziona?- le sue domande non ricevevano risposta.
Fece qualche passo dirigendosi verso la stanza successiva, ma un lampo illuminò per un attimo l'intero ingresso e Joey vide un braccio spuntare dalla scala che portava al piano superiore.
- LILY!- urlò fiondandosi sul primo gradino. Appena mise piede davanti alla scala si rese conto che qualcosa di appiccicaticcio lo stava trattenendo; guardò in basso e vide sangue. Molto sangue, l'intera scala ne era imbrattata. Facendo fatica a respirare, percorse velocemente tutti i gradini che lo speravano dal piano superiore e quando li terminò trovò il corpo di sua moglie disteso sugli ultimi gradini davanti a lui.
Sentì uscire dalla sua bocca un lievissimo rantolio, un rumore che gli permise per un attimo di ritornare a respirare. Si chinò velocemente accanto a lei e le alzò piano la testa.
- Lily...Lily cos'è successo?- le chiese controllando il suo stato di salute. Per quel poco che si poteva vedere nella penombra delle scale l'intero suo corpo sembrava imbrattato di sangue, i vestiti erano strappati e lei sembrava in fin di vita. Cercò di rispondere qualcosa ma le uscì dalla bocca solamente un gemito. Joey, che aveva iniziato a tremare, rendendosi conto del suo stato ritirò immeditamente la domanda.
- No non parlare amore..Dio santo...as...aspettami qui ok? Corro a prendere la macchina e ti porto subito in ospedale- riappoggiò delicamente la testa di Lily sulla moquette che ricopriva la scala e corse fuori a riprendere la macchina. "Dio santo...Dio santo..." continuava a ripetersi. "Che è successo Lily, che è successo?"
Da sempre, soprattutto nei primissimi anni in cui si erano trasferiti in Francia, aveva avuto paura che qualcuno lo avesse potuto seguire per vendicarsi sulla sua famiglia di qualche sua malefatta passata. Ma ormai erano passati vent'anni ed era convinto che niente del genere sarebbe più potuto succedere, cosa era accaduto allora?
Aprì velocemente il garage e portò la macchina vicino alla porta di casa, si precipitò nell'ingresso e prese in braccio il corpo quasi assente della moglie. Appena la sollevò sentì un rumore come di un oggetto che cade, non ci fece troppo caso e la portò rapidamente fuori da casa. La pioggia investì immediatamente anche lei e Joey fece di tutto per fare più in fretta possibile mettendola al posto del passeggero.
- Ora ti porto in ospedale ok? Così ti riprendi e mi spieghi cos'è successo- le disse mettendo in moto e recuperando il cellulare. Chiamò il pronto soccorso avvisandoli che in pochi minuti sarebbe stato lì con una donna in fin di vita e poi riattaccò immediatamente. Di tanto in tanto si voltava a guardarla ma il volto di Lily era irriconoscibile, segnato da profonde ferite e da una continua smorfia di dolore. Sembrava stesse combattendo fra la vita e la morte proprio in quei momenti.
Joey guidò alla velocità massima consentita dalla macchina e arrivò presto in ospedale. Lily aveva già smesso di lamentarsi poco prima del loro arrivo ma lui non volle accettarlo, la condusse ugualmente al pronto soccorso e la consegnò ai medici, che non poterono fare altro che constatare il decesso.
Lily non c'era più.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


nydrali, una tua recensione in un mio scritto è un sogno che si avvera :) mi spiace per Lily, ma doveva fare quella fine per due motivi...il primo è che serviva per far partire la storia ^^' il secondo è che con lei avevi creato un personaggio troppo "avanti" per me :) riusciva a stupirmi in ogni cosa che diceva o faceva, io non sarei mai riuscito a "muovere" un personaggio simile senza snaturarlo completamente ^^




Abbandonato su una sedia dell'ospedale, sconvolto così come non lo era mai stato in tutta la sua vita, Joey stava provando per la prima volta un nuovo tipo di dolore. Il dolore dell'animo.
Aveva preso e soprattutto dato molte pugni in vita sua e si era spesso ubriacato fino a stare male, ma niente era paragonabile al dolore che sentiva in quel momento.
Lily era morta e con lei la sua ragione di vivere. Ancora non riusciva a credere che veramente la sua adorata moglie non c'era più.
- Monsieur?-
Joey non sentì l'infermiera che lo stava chiamando. I suoi pensieri erano rivolti alla tragica sorte di Lily, al fatto che nessun criminale di città riduce così le proprie vittime se vuole solamente rubare qualche soldo o gioiello.
-  Monsieur mi sente?-
Si accorse solo in quel momento della donna che gli stava di fronte.
- Sì?-
- E' arrivato l'agente Blanche e ha chiesto di parlare con lei.-
- Oh sì...dove lo posso trovare?-
Ascoltò le indicazioni dell'infermiera, dopodichè si alzò con gran fatica dalla sedia su cui era seduto ormai da mezz'ora. Si sentì improvvisamente vecchio, come svuotato di ogni forza.
Roland Blanche, 59 anni, era il poliziotto con cui Lily si preoccupò subito di stringere buoni rapporti. "Visto il tuo passato" ripeteva sempre, "è importante che ci facciamo amico qualcuno della polizia di Forcalquier, non si può mai sapere". Lo conobbero quando andarono per la prima volta in questura a rifare ufficiosamente i documenti, visto che a causa di una brutta sfortuna i due coniugi Jacquete erano stati rapinati e tutti i loro documenti erano andati persi. Lily si finse incredibilmente riconoscente per l'aiuto che l'agente Blanche le aveva dato a velocizzare tutta la burocrazia di cui c'era bisogno e arrivò anche ad invitarlo a cena. Il povero Roland, che era un uomo solo e non sposato, tentennò un po' davanti all'invito di Lily, ma quando lei si metteva in testa qualcosa riusciva sempre a convincere chiunque e difatti finì per accettare. Da allora si vedevano spesso, per una cena assieme o anche solo per una passeggiata nel weekend, ed entrambi riconobbero che Blache era veramente una brava persona e che erano stati fortunati a conoscerlo.
Ora era arrivato perchè probabilmente era stato avvisato di quello che era successo e conoscendo l'affetto che provava per Lily, sicuramente si era recato in ospedale appena aveva potuto.
Joey raggiunse la stanza del dottor Couturier come gli aveva detto l'infermiera e venne accolto dal dottore in persona e da Blanche. Il povero Roland aveva un'espressione distrutta, quasi quanto Joey.
- Oh Joey, io non so proprio come possano succedere certe cose- gli disse abbracciandolo ancora prima che lui potesse rispondere qualcosa.
- Ma li troveremo quei criminali, starò personalmente addosso ai miei colleghi fino a quando non li troveranno!-
- Ti ringrazio Roland- rispose Joey con tono assente. - Ho notato che sei venuto qui subito-
Al sentire queste parole il volto di Blanche si rabbuiò.
- Joey, forse è il caso che ti siedi. Io e il dottor Couturier dovremmo parlarti.-
I tre si accomodarono sulle eleganti poltrone di pelle scura e fu Blanche a parlare per primo.
- Non sono ancora passato da casa tua per vedere ciò che è successo, mi è stato solo riferito. Ti devo avvisare però che per decessi come questi si deve avviare tutta una particolare procedura e che...beh, potrà risultare molto dolorosa-. Roland sembrava realmente affranto dal dovergli dire tutte quelle cose.
- Che cosa intendi esattamente?-
- Intendo dire che dovremo fare un'autopsia al corpo di Lily- si fermò per un attimo, maledicendosi per il modo diretto in cui glielo aveva appena riferito, - e che casa tua dovrà essere sigillata dalla polizia in quanto scena di un crimine. Dovrai stare in un albergo per un po', mi spiace veramente moltissimo.-
Joey chiuse momentaneamente gli occhi portandosi una mano sulla fronte, cercando di trovare la forza per assorbire tutto quello che gli era appena stato detto.
- Ce ne è proprio bisogno Roland?- chiese infine.
Prima che l'agente potesse rispondere qualcosa il dottore Couturier non mancò di fargli notare la gravità della situazione.
- Credo proprio di sì, signor Jacquet. Sua moglie non è morta per un trauma unico ma per una serie di profonde lesioni che le sono state trovate su tutto il corpo. Per un caso come questo c'è bisogno di tempo e nulla deve essere trascurato-.
Joey lo fulminò con lo sguardo. "Un caso?" Era questo che era Lily per lui? Un caso?
Blanche si rese conto dallo sguardo di Joey che Couturier non aveva usato il giusto tatto e prima che potesse rispondere gli propose di uscire un attimo dalla stanza.
- Ci sono un paio di cose che ti devo dire...in privato.-
Joey annuì e uscì dalla stanza del dottore senza salutarlo. Blanche invece gli strinse velocemente la mano dopodichè lo seguì fuori e si chiuse la porta alle spalle.
- Mi dispiace per come ti ha parlato, purtroppo le disgrazie come quella che è successa a Lily per loro sono solo statistiche e...-
- Non affannarti troppo a giustificarlo, Roland- lo interruppe lui. - E poi cosa ne pensano i dottori di quello che è successo è l'ultimo dei miei pensieri.-
- Hai ragione Joey, scusa. Vado a prenotare l'hotel per te e Alexander ok?-
Lui annuì e  Blanche scomparve iniziando a fare le sue chiamate. Anche Joey prese il suo cellulare e digitò il numero di Alexander, cercando mentalmente le parole giuste per dirgli cos'era successo. Da quando era arrivato in ospedale non lo aveva ancora sentito e ora doveva dirgli che sua madre era morta, che la sua casa sarebbe stata inagibile per qualche giorno e che d'ora in poi sarebbero vissuti insieme solo loro due. Chiamò il suo numero ma risultò libero fino a quando non scattò la segreteria telefonica. Lily si arrabbiava sempre quando lo chiamava e non rispondeva, quella sera poi era sabato e chissà in quale postaccio si era andato a cacciare. D'altra parte era meglio così, se fosse stata una serata di settimana sarebbe rimasto in casa e di conseguenza coinvolto nella tragedia.
Gli lasciò un messaggio in segreteria dicendogli di richiamarlo immediatamente, dopodichè cercò con lo sguardo il primo posto libero disponibile per sedersi e ritornò a pensare a Lily. Avrebbe dovuto chiamare anche sua sorella, Morgana, per avvertirla di ciò che era successo. Sicuramente lei gli avrebbe dato la colpa di tutto, visto che conosceva bene il passato di Joey e anche la sua fedina penale. Morgana in passato aveva chiesto più e più volte a Lily se era convinta di sposare quell'individuo allora chiamato James Hawk, ma lei aveva sempre cercato di tranquillizzarla rispondendole che riusciva a vedere la vera anima di James e non era quella che vedevano tutti. James Hawk era un brav'uomo, doveva solamente andarsene da quei posti malvagi in cui era cresciuto e si sarebbe scoperto un uomo diverso e migliore.
Morgana non si convinse mai di quello che sua sorella le diceva ma non sentì la necessità di continuare ad insistere. In fondo era a Lily che doveva piacere, lei con la sua famiglia era andata a vivere in Italia e di conseguenza si sarebbero visti molto poco.
Ora però si sarebbero dovuti rincontrare e solo Dio sà cosa gli avrebbe detto.
Il suo cellulare iniziò a vibrare riportandolo un'altra volta bruscamente alla realtà. Era suo figlio che lo stava chiamando; prese un bel respiro, si alzò e diede avvio alla comunicazione.
- Che vuoi papà?- si sentiva un forte trambusto in sottofondo alla voce di Alexander.-
- Devi venire subito qua all'ospedale Salvator, figliolo. E' accaduto un brutto incidente a tua madre.-

***



- Ci deve essere una prenotazione a nome nostro, Jacquet.- chiese Joey.
La ragazza alla reception si mise a guardare sbadigliando la lista delle prenotazioni e trovò il loro cognome. Alzò gli occhi su Joey e Alexander e pensò che non avevano per niente la faccia da turisti. Allungò il collo per vedere se avevano bagagli con loro ma non vide nulla.
- Siete qui in vacanza?- chiese alzando appena un sopracciglio.
- No, siamo di  Forcalquier. Abbiamo bisogno di una stanza perchè....- le parole gli morirono in gola. Fece per riprendere la parola ma Alexander lo interruppe.
- Ci dia la chiave per favore, siamo stanchi.-
- Sì, certo certo.- risposte stizzita la ragazza. Diede loro un'ultima occhiata sospettosa dopodichè li salutò e li vide sparire all'interno dell'ascensore.
- Dio che stronza che era quella- esclamò Alexander una volta pigiato il tasto del loro piano.
- Sono le due del mattino Alex, è normale che sia poco gentile con noi-
- Normale un cazzo! E' il suo lavoro quello!- urlò come risposta.
Joey si passò nuovamente una mano sulla fronte, un gesto che durante le ultime ore stava iniziando a ripetere spesso. - Tua madre non ha mai approvato il fatto che tu dica tutte queste parolaccie, lo sai bene-
Le porte dell'ascensore si aprirono e i due cercarano la loro stanza. Appena entrati Alexander ricominciò. - Già...però ora non c'è più.- disse buttandosi sul primo letto che trovava.
Joey lo guardava ancora in piedi con le chiavi in mano.
- Cosa intendi dire?-
- Voglio sapere cos'è successo papà. Chi è stato a fare questo alla mamma? Tu lo sai?- c'era qualcosa di aggressivo nella sua voce.
Joey chiuse la porta a chiave e poi si abbandonò anche lui lentamente sull'altro letto libero. Sospirò, sapendo che questo era un'argomento che avrebbe dovuto toccare prima o poi.
- Perchè me lo chiedi?-
- Oh andiamo papà! Te lo devo ricordare io cos'hai fatto in passato? Voglio sapere se sai chi è stato, se hai un'idea di chi ha...- il suo tono cambiò drasticamente quando avrebbe dovuto aggiungere "ucciso la mamma". Era evidente che stava cercando di rimanere calmo ma il dolore dentro di lui era troppo grande per poter continuare a recitare quella parte.
- Non dobbiamo subito pensare che sia stato qualcuno che ci conosce Alex, lo sai anche tu quanti poco di buono ci sono in giro...-
- Stronzate papà!- urlò Alex. I suoi occhi diventarono rossi e Joey si sentì stringere il cuore. - La mamma era la persona più buona di questo mondo, mai nessuno avrebbe osato farle del male! Se è successo quello che è successo è perchè qualcuno ce l'aveva con te, lei non c'entra niente!-
Quello che seguì fu un pianto a dirotto, Joey provò ad avvicinarsi ma Alex ricacciò il suo abbraccio e corse a chiudersi in bagno. Il loro rapporto non era mai stato dei migliori ma quello che era successo a Lily rischiava di diventare la goccia che faceva traboccare il vaso.
 Joey si alzò e lo raggiunse dietro la porta del bagno, senza provare ad entrare.
- Alex non devi fare così...- anche la sua voce era tremante dal dolore. - non dobbiamo comportarci in questo modo proprio ora. Tua madre diceva sempre che bisogna avere qualcuno accanto nei momenti difficili...non starmi lontano...- si fermò per un attimo. -...ti prego- sussurrò, ma Alex non potè sentirlo.
Joey aveva bisogno di qualcuno a cui appoggiarsi per non impazzire. Sua moglie era morta e non aveva neanche la forza di pensare alla possibilità che ad ucciderla fosse stato lui indirettamente con il suo passato. Quello era un caso della polizia, lui non c'entrava niente, eppure non poteva fare a meno di pensarci.
Dall'altra parte della porta Alexander non riusciva a contenere le lacrime. Appena raggiuntà l'età adulta Lily gli aveva parlato del passato di Joey e la sua prima domanda fu: "quindi siamo in pericolo mamma?". Lei si era limitata a sorridergli e a rispondergli che non si sarebbe dovuto preoccupare, ma non negò mai il fatto che il loro passato avrebbe potuto un giorno tornare a galla. "Se dovesse succedere qualcosa ci penseremo io e papà a risolvere tutto, non ti preoccupare" aveva aggiunto. Da quel giorno Alex aveva iniziato a vedere Joey in modo diverso; erano cominciate le prime litigate, piuttosto normali per la sua giovane età, che finivano però con frecciatine acide sul suo passato. Il ragazzo si era messo in testa che Joey poteva essere in qualche modo un pericolo per sua madre e questo gli impedì di stringere un vero rapporto di fiducia con lui. Appena aveva un problema, di qualsiasi tipo, andava sempre da sua madre.
Joey dall'altra parte della porta si rendeva conto di tutto questo. Ora più che mai era necessario gestire bene quel momento di dolore: se non riusciva a mantenersi calmo con suo figlio che fine avrebbe fatto il loro rapporto? Probabilmente Alex avrebbe voluto andarsene da casa e a quel punto Joey sarebbe rimasto effettivamente solo.
Non c'era niente che lo spaventasse di più in quel momento. 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Fu una brutta notte sia per Alex che per Joey. Entrambi riuscirono a dormire solo poche ore, impossibilitati dal rilassarsi quel minimo che bastava per prendere sonno per più di qualche ora.
Quando giunsero le otto del mattino Joey si alzò e decise di andare a vedere di persona se la polizia stava ancora lavorando in casa sua. Chiese ad Alex se intendeva venire con lui ma ricevette come risposta solamente un grugnito. Si fingeva ancora addormentato ma Joey sentiva chiaramente dal suo respiro che era sveglio. Decise di lasciare perdere per il momento, la serata prima si era conclusa con una brutta litigata e forse gli ci voleva del tempo per recuperare.
Scese dalla stanza, recuperò la macchina e si diresse verso casa. Appena vide uno spiazzo al fianco della carreggiata si fermò e spense il motore. Era arrivato il momento più brutto, quello in cui doveva far sapere a tutti che Lily non c'era più.
Chiamò il numero di Morgana prima di tutti gli altri. Appena rispose Joey potè sentire sotto la sua voce le urla dei nipotini, Hugo e Marta. Gli fu ancora più difficile comunicargli quello che era successo a sua sorella.
- Morgana... - disse Joey.
- Sì Joey dimmi, che è successo di talmente grave da ricevere una tua telefonata?-
- Ecco vedi... Lily...- Non dovette aggiungere altro affinchè Morgana capisse.
- No, non dirmi che... NO!!! LILY NO!!! - urlò scoppiando a piangere.
- Morgana, non fare così...non potevo sapere che sarebbe successo...-
- Joey, era mia sorella!!! E tu eri un delinquente!!!-
- Sì ma lo ero, non lo sono più da tanto tempo! -
- Stai zitto! Pezzo di idiota, stai zitto! -
La sua voce si tramutò velocemente in un pianto isterico fino a quando sentì un forte "stoc" e il suo pianto iniziò a sentirsi lontano. Era probabile che avesse lasciato la cornetta per sedersi da qualche parte, forse per scivolare semplicemente per terra.
Si sentì in lontananza una voce che pareva avvicinarsi al ricevitore; Joey riconobbe Malcom, l'uomo che Morgana aveva conosciuto quando sia lei che Lily vivevano in America. Fra Malcom e Morgana era scoppiato da subito un grande amore e quando lei gli chiese di trasferirsi in Italia lui accettò subito senza obiettare nulla. Avevano avuto prima il bambino, Hugo, che costò loro un bel po' di litigate per via del fatto che Morgana lo reputava un nome orribile. Poi il secondo figlio, una bambina, e lì Morgana non volle sentir ragioni, si sarebbe chiamata Marta e basta.
- Pronto?-
Sì, era proprio Malcom. Dovette riferire anche lui il triste fatto e ottenne nuovamente come risposta qualche secondo di silenzio. Si sentiva ancora piangere Morgana in sottofondo.
- Mio Dio Joey...quando sarà il funerale?-
- Non lo so neanche io, devo aspettare che il medico legale finisca ciò che deve fare e solo dopo...potremo organizzarlo.-
- Capisco...devo andare da Morgana ora, ti fai risentire tu quando sai qualcosa di più?-
Joey rispose salutando e poi terminò la comunicazione. Non osava neanche pensare a cosa gli avrebbe detto Morgana quando l'avrebbe visto.
Mise via il cellulare e riaccese la macchina. Arrivò abbastanza velocemente a casa e vide ancora il nastro giallo attorno al suo giardino. Appena fuori c'erano parcheggiati tre grosse monovolumi della polizia, a dimostrazione del fatto che dalla sera prima non avevano ancora finito il loro lavoro. Il solo rivedere la porta di casa gli fece tornare in mente la serata precedente in cui aveva scoperto che Lily stava per andarsene e si sentitì improvvisamente male. Non era stata una buona idea quella di tornare lì, avrebbe fatto meglio ad attendere che Blanche gli avesse detto qualcosa prima di prendere iniziative come quelle.
Tornò velocemente in macchina e si allontanò dalla zona. Aveva bisogno di fare parecchie telefonate e non voleva essere disturbato da eventuali vicini che gli ricordassero quanto era buona Lily e di come fosse semplicemente assurdo quello che era successo. Iniziò prima di tutto col chiamare i dipendenti della sua officina per metterli al corrente di ciò che era successo, poi chiamò la scuola di Alexander per avvertirli che sarebbe rimasto assente per qualche giorno e poi proseguì con i vari parenti di sua moglie.
Quando finì si sentì ancora più giù di morale di quanto non lo fosse prima. Tutti, nessuno escluso, gli avevano elencato le varie occasioni in cui Lily era stata buona con loro e si erano offerti di dargli una mano qualora lo avesse ritenuto utile. Cosa ne sarebbe stato di loro ora che lei non c'era più? Joey lo sapeva benissimo che era sempre stata Lily quella interessata a curare il rapporto con i vicini e sapeva bene che tutti li adoravano solamente perchè lei era speciale.
Dopo essersi perso più volte fra i propri pensieri e dopo aver terminato tutte le chiamate che si era prefissato di fare tornò in albergo. Alexander non c'era e non aveva lasciato alcun biglietto. Gli avrebbe voluto proporre di andare insieme a comprare qualcosa nel pomeriggio visto che non sapevano quanto sarebbero dovuti restare fuori casa ma era probabile che ci avesse già pensato lui. Pranzò quindi da solo, ricadendo nuovamente nei pensieri tristi che lo accompagnavano da quella maledetta sera del giorno precedente.
Poco dopo aver finito di mangiare gli squillò il cellulare e riconobbe il numero di Blanche.
- Ciao Roland, hai qualche novità?-
- Sì Joey e...non so come dirtelo, ma dovresti venire qua da noi nel pomeriggio- la sua voce aveva qualcosa di terribilmente spaventato.
- Cos'è successo?-
- E' meglio che te lo dica quando verrai qui, fidati. Ti aspettiamo in centrale alle tre, cerca di essere puntuale-
- Se non mi puoi proprio dire niente...allora ok, ci vediamo dopo-
- Appena arriverai ti spiegheremo tutto. A dopo.-   
Quel ti spiegheremo faceva presupporre che fosse una cosa importante, visto che altrimenti non avrebbe usato il plurale per comunicargli qualcosa che riguardasse banalmente la burocrazia.
Chiamò immediatamente suo figlio e gli riportò tutto quello che gli avevano detto, Alexander chiese di poter venire e Joey non potè che accettare. Tenerlo lontano da ciò che stava succedendo era l'errore più grosso che potesse fare in quel momento.

***



L'agente Roland Blanche stava aspettando da parecchi minuti. Si era recato all'ingresso della centrale di polizia in grande anticipo, voleva essere sicuro di essere il primo ad incontrare Joey non appena fosse arrivato. Quando si presentò con il figlio Roland si sentì subito in dovere di parlargli per un attimo in privato.
- Joey...quello che dobbiamo fare oggi è abbastanza delicato, sei sicuro che Alexander debba essere presente?- gli chiese mentre ancora lo guardava.
- Credo di sì, ha diciannove anni ormai, non lo posso tenere lontano da ciò che sta succedendo. Sono sicuro che si arrabbierebbe moltissimo se scoprisse che gli ho tenuto nascosto qualcosa, è meglio così Roland, credimi.-
Blanche si dimostrò dubbioso a riguardo ma accettò e portò entrambi in una stanzetta che aveva chiesto poco tempo prima di lasciare libera. Voleva essere solo quando gli avrebbe dovuto riportare ciò che aveva da dirgli.
- Prego...accomodatevi pure- disse una volta entrati.
Joey notò subito un certo nervosismo nell'indicare le sedie attorno al piccolo tavolo. Non appena si furono tutti seduti passò un lungo secondo di silenzio.
- Allora?- Alexander sembrava impaziente di sapere cosa aveva da dire il vecchio agente.
- Ecco io...cioè noi...avevamo chiesto a tuo padre di venire qui perchè...è stata ritrovata una piccola cassetta contenente un videotape vicino al corpo di...tua madre-
Roland li guardò entrambi per vedere come avrebbero reagito.
- La cassettina era sporca di sangue...doveva essere vicino a Lily nel momento in cui quei due farabutti l'hanno lasciata cadere-
- Un momento- Joey lo interruppe. - Quali due farabutti?-
Il povero agente si dimostrava sempre più preoccupato di secondo in secondo e quell'ultima sua domanda lo mise in grave difficoltà. Prese un lungo respiro e poi continuò.
- Quelli che si vedono nel videotape, Joey. Abbiamo dovuto visionarlo perchè era accanto al corpo di Lily e...beh abbiamo dovuto farlo. Io vorrei evitare che lo veda anche tu, e soprattutto Alex...-
Passò un altro secondo di silenzio.
- Cosa si vede in quel videotape Roland?- chiese Alexander rompendo il silenzio.
Blanche guardò per l'ultima volta Joey, come a chiedergli se fosse sicuro della presenza di suo figlio lì .
- Parla pure- disse Joey, che aveva capito perfettamente il significato di quello sguardo.
- Si vede cosa hanno fatto a tua madre, Alex...ed è qualcosa di disgustoso- si dovette fermare nuovamente per qualche attimo prima di poter continuare. - Hanno iniziato a registrare non appena sono arrivati davanti a casa vostra, poi non hanno più smeso fino a quando sono entrati e...fino a quando Lily non è morta.-
Joey sentì per un attimo mancargli il respiro.
- Si vede cosa le hanno fatto?- chiese con un tono di voce che non sembrava neanche arrivare dalla sua bocca.
- Sì...sono due malati Joey, due pervertiti...è meglio che tu non sappia mai cosa hanno fatto alla povera Lily...- Roland era sul punto di commuoversi. Si portò le mani agli occhi e li chiuse per un attimo, cercando le forze per continuare.
- Ti abbiamo chiamato qui perchè il video finisce con uno dei due che lascia un numero di telefono e dice a te che lo devi chiamare. Stiamo facendo dei controlli ma sembra un numero di cellulare non registrato, purtroppo non siamo ancora riusciti a risalire neanche a dove è stato rilasciato e da quale negozio. In ogni modo i miei colleghi vogliono che lo chiami e che parli con questo Steven di cui parlano i due uomini nel video, per cercare di capire chi è.-
- Steven non mi sembra un nome francese...- bisbigliò Joey.
- No infatti non lo è...i due uomini parlano per tutto il tempo in americano e questo non riusciamo proprio a spiegarcelo. Lily mi aveva detto che voi due vi eravate conosciuti in America...so già prima di fartela questa domanda che può sembrare assurda, ma non è che avevate avuto qualche problema là in America che non siete riusciti a risolvere?-
Alexander si voltò furioso verso suo padre e stava per dire qualcosa prima che Joey lo interrompesse per rispondere in modo secco - No Roland, niente di quello che tu o i tuoi colleghi possiate pensare. Ce ne siamo andati via dall'America per altri motivi.-
L'agente davanti a lui sospirò. - Devi comunque chiamare quel numero e parlare con la persona che si chiama Steven. I due uomini nel video dicono che è stato lui a...mandarli da Lily.-
Tutto tornava. Il timore che Joey aveva avuto fin da subito, ovvero quello della vendetta di qualcuno che si era lasciato alle spalle in America, si era fatto realtà.
- Puoi anche rifiutarti ovviamente...ma è importante per le indagini avere più informazioni possibili e tu potresti chiedere a questo Steven chi è, così da poter partire da qualcosa per le nostre indagini.-
Joey, completamente perso nei suoi pensieri, sentì per un attimo la voce di Roland estremamente lontana.
- Certo, certo. Lo dobbiamo chiamare ora?-
- Sì, al piano di sopra i miei colleghi sono già pronti con tutti gli apparati di cui c'è bisogno per rintracciarlo.- si fermò per un momento guardandolo negli occhi. - Se vuoi Joey possiamo anche fare un altro giorno, io non vorrei che...- ma fu subito interrotto.
- Chiamiamolo ora, Roland, e cerchiamo di capire chi è questo...uomo.- dovette sforzarsi a lungo per non usare parole volgari.
Blanche annuì e si alzò, chiedendogli di seguirlo. Portò lui e suo figlio al piano superiore in una grande stanza piena di computer, dove molti agenti sembravano aspettare solo loro. C'erano fogli e cavi sparsi ovunque sulle scrivanie, qualcuno anche abbandonato per terra. Alcuni dei presenti si alzarono per portare le proprie condoglianze ai due Jacquet, altri invece rimasero alle loro postazioni preparando tutto ciò che era necessario per poter rintracciare questo misterioso Steven.
- Joey ti presento Labarthe, è lui che si occuperà del lato tecnico della  telefonata che stiamo per fare- Blanche gli presentò un uomo di circa trent'anni che gli porse subito la mano.
- Buongiorno signor Jaquet. Come credo che l'agente Blanche le abbia già detto, è ovviamente necessario acquisire più informazioni possibili da questa persona, quindi dovrebbe cercare di farlo parlare il più possibile. Domande come chi è o perchè ha voluto inviare i due uomini del video devono essere le prime a essere fatte, poi le altre ve le suggeriremo noi mentre parlerà al telefono.-
 Joey annuì, guardandosi attorno sorpreso dalla quantità di computer presenti nella stanza. Fissò il microfono che gli indicarono come quello che doveva utilizzare per parlare durante la chiamata e si sentì incredibilmente vecchio, fuori da tutto quel mondo di indagini tecnologiche di cui non sapeva nulla.
- Te lo chiedo per l'ultima volta, sei sicuro di volerlo fare proprio oggi? Per noi non c'è problema possiamo anche rimandare a un altro giorno non c'è...-
- Non ti preoccupare Roland, ce la posso fare. Fate pure quel numero.-
Roland sospirò, dopodichè si sedette anche lui e guardò con ansia Labarthe che dava il segnale ai suoi uomini per far iniziare la telefonata e la registrazione. L'audio si sarebbe sentito in tutta la stanza grazie a quattro grosse casse presenti su una delle tante scrivanie.
Suonò libero per due squilli, dopodichè qualcuno rispose.
E si sentì una profonda risata.
- Ahaha oddio Dagger, pensavo che non mi avresti più chiamato!-
Se c'era ancora un piccolissimo dubbio che ad organizzare l'assassinio di Lily non fosse stato qualcuno che conosceva Joey, in quel momento sparì completamente. Lo aveva chiamato proprio Dagger, gli unici che lo conoscevano con quel soprannome erano coloro con cui Joey aveva "lavorato" quando viveva ancora in America.
- Scommetto che non ti sei fatto sentire prima perchè solo adesso la polizia ti ha parlato di quel video vero? Beh è un peccato se non te lo fanno vedere, avevo ordinato ai miei uomini di girarlo proprio perchè tu potessi vedere cos'hanno fatto a tua moglie...-
Joey si sentì avvampare di rabbia. Non conosceva la voce che stava parlando, era troppo giovane per essere qualcuno della sua età.
- Eddai non mi dici niente Dagger? Ah no aspetta, com'è che ti fai chiamare adesso? Joey Jacquet se non sbaglio...- seguì un'altra risata. - Dimmi una cosa, com'è che hai scelto proprio la Francia? Con tutti i bei posti che ci sono in Europa...certo non si starà mai come in America, ma proprio la Francia non la capisco come scelta...-
La maggior parte dei tecnici presenti in sala si voltò verso Labarthe, che a sua volta guardò Blanche. Il povero Rolan non potè che alzare le spalle, neanche lui aveva idea di chi fosse la persona che stava parlando o del come mai dimostrasse così tanta familiarità con Joey.
- Avanti dimmi qualcosa...posso immaginare che la polizia sia lì tutta attorno a te per cercare di capire chi sono o dove mi trovo, ma non pensavo che tu volessi veramente collaborare con loro. Sei invecchiato, certo, ma un tempo non avresti mai fatto una cosa del genere- e scoppiò l'ennesima risata, questa volta accompagnata da altre due o tre voci in sottofondo.
Joey si chinò in avanti lentamente per avvicinarsi al microfono.
- Sei tu Steven?- chiese in americano. Blanche notò un forte accento del sud nella sua voce, oltre all'ottima pronuncia delle parole.
- Oh finalmente ti decidi a parlare! Certo che sono io, Joey- scandì lentamente le parole che componevano il suo nome, con un vago tono denigratorio. - Però per ovvie ragioni non ti posso dire anche il cognome...capirai, non è vero?-
- Mi devi dire una cosa sola- rispose Joey alzando leggermente il tono di voce. - Dove ti trovi.-
Appena Labarthe sentì "solo una cosa" alzò immediatamente gli occhi su di lui, guardandolo sorpreso.
- Ci credo che tu lo voglia sapere, vecchio bastardo! Sono sicuro che tu non vedi l'ora di venire qui ad ammazzarmi vero?-
Joey, che fino a quel momento era rimasto calmo, scoppiò in un urlo di rabbia. - DIMMI DOVE SEI FIGLIO DI PUTTANA!-
Tutti i presenti in sala sussultarono all'unisono.
A Roland non parve vero che l'uomo che aveva al suo fianco era veramente Joey Jacquet. Lo aveva sempre visto come un uomo sicuro di sè, quello certamente, ma mai in vent'anni lo aveva sentito urlare così. Era sembrato quasi più un ruggito che non un urlo, talmente tanta aggressività aveva potuto sentirci dentro.
Seguirono un paio di secondi di silenzio in cui nessuno fiatò, nemmeno la voce al telefono. Poi riprese.
- Ehy Dagger, vedi di fare meno lo stronzo. Se sei ancora in vita è solo perchè io ho voluto così, ricordatelo- Sembrava che anche questo Steven fosse rimasto colpito dal tono di Joey, visto che aveva ripreso a parlare in modo molto più pacato.
- Vuoi venire qua eh? Va bene Joey o come diavolo ti fai chiamare adesso. Ti ricordi della prigione nella quale ha lavorato tua moglie quando era qua in America vero? Ecco, diciamo che ti lascio qualche giorno per piangere sulla sua tomba dopodichè ti aspetto proprio lì davanti, all'ingresso. Facciamo a quattro giorni a partire da oggi, a mezzogiorno.-
- Come ti riconosco?- chiese Joey che sembrava essersi momentaneamente calmato.
- Non ti preoccupare, ti riconosco io. Addio- e la telefonata si interruppe.
Per un attimo ognuno dei tecnici presenti nella sala si guardò attorno, come se non avesse capito nulla di quell'assurda conversazione. Labarthe si alzò e dal suo sguardo si poteva capire che era furioso.
- Ma per la miseria Jacquet, che diavolo è successo? Doveva parlare con lui, farsi dare informazioni!-
Joey, senza neanche degnarlo di uno sguardo, si alzò e si diresse verso la porta d'uscita.
- Andiamo Alex- disse a bassa voce. Suo figlio rimase per un attimo ancora seduto, dopodichè si alzò velocemente e lo seguì. Appena uscirono dalla stanza Roland gli corse subito dietro urlando.
- Ehy Joey, non te ne puoi mica andare così! Devi dirci cos'è successo! Chi è questo Steven? Dov'è che Lily ha lavorato quando era in America?-   
Ma Joey non rispose. Scese velocemente le scale e uscì dalla centrale di polizia a passo molto svelto. Doveva organizzare per bene quei quattro giorni che gli rimanevano, dopodichè sarebbe partito per tornare in America, paese che si era lasciato alle spalle per venti lunghi anni.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


- Chi è questo Steven?-
- Quand'è che mi dai le chiavi di casa?-
- E Dagger? Perchè si appellava a te in questo modo?
- Le chiavi? Voglio anche sapere di Lily, quand'è che possiamo farle il funerale?-
- Oh insomma smettila Joey!-
Il povero Roland stava iniziando a perdere la pazienza. Joey non rispondeva neanche a una delle sue  domande e questo lo stava facendo innervosire.
- Possibile che tu non capisca l'importanza di ciò che è successo durante quella telefonata? Se non rispondi a me devi sapere che queste stesse domande te le faranno i miei colleghi e non saranno gentili come me nel porgertele!-
Joey sbuffò.
- Non ho idea di chi sia quel pazzo e non ho neanche idea del perchè mi chiamasse così.-
- Però tu gli rispondevi quando ti appellava in quel modo! Inoltre gli hai subito detto che lo raggiungerai, come se conoscessi benissimo il posto a cui si riferiva!-
- A proposito di quel posto, devi ancora darmi il videotape. Lo devo vedere.-
Al solo ricordo di quel video Roland si ammutolì.
- Joey credimi...non è il caso....-
- Agente Blanche- rispose lui alzando la voce. - Esigo delle risposte. Voglio sapere quando potrò rietrare in casa mia, voglio sapere quando potrò organizzare il funerale di mia moglie e voglio quel video.-
Davanti a tanta insistenza, Roland abbassò lo sguardo scuotendo appena la testa.
- Oggi pomeriggio puoi ripassare che ti daremo le chiavi. Gli esami sul corpo di Lily sono finiti, dobbiamo solo attendere i risultati delle analisi. Se non dovesse risultare nulla di anomalo domani potrai riaverla.-
- E per quanto riguarda il videotape?-
- Ti farò trovare anche quello questo pomeriggio quando passerai. Ovviamente ti daremo una copia visto che l'originale la dobbiamo tenere noi.-
Joey si alzò, soddisfatto delle novità che gli erano appena state comunicate. Era il primo giorno dei quattro che Steven gli aveva concesso, era importante riuscire a fare tutto quello che doveva prima di partire.
Si alzò dalla sedia e fece per andarsene.
- Joey guarda che quello che ti dicevo prima era vero...presto verrai contattato dai miei colleghi che ti dovranno fare le mie stesse domande...-
Roland ottenne come risposta solamente un cenno di saluto con la mano.
Joey non poteva perdere tempo con un agente come Blanche, anche se era un vecchio amico di famiglia. Steven era stato chiaro quando gli aveva parlato al telefono, aveva detto "sei ancora vivo solo perchè l'ho voluto io" facendogli intendere che o faceva esattamente quello che voleva, oppure molto presto ci sarebbe stato un altro morto.
Tornò in albergo e iniziò a mettere vie le poche cose che aveva comprato negli ultimi giorni. Quello stesso giorno sarebbe tornato a casa sua, l'indomani avrebbe finalmente riavuto il corpo di Lily e il giorno seguente le avrebbe potuto dare una giusta sepoltura. Dopodichè avrebbe potuto prendere l'aereo e tornare in America ad incontrare questo misterioso Steven.
Entrò in stanza e non trovò Alexander. Gli tornò in mente il dialogo che aveva avuto con lui il giorno precedente, quando erano usciti da poco dalla centrale ed erano ancora in macchina per tornare in albergo.
- Papà?- gli aveva chiesto lui.
- Dimmi Alex- aveva risposto Joey senza alcuna emozione.
- Tu...sai chi è questo Steven...vero?-
- No Alex, non lo so-
Il ragazzo rimase qualche secondo in silezio, dopodichè riprese.
- E adesso cosa facciamo?-
- Prenderò un aereo e mi recherò a quell'incontro, come abbiamo concordato mentre eravamo al telefono-
Alexander non riusciva a spiegarsi se ciò che lo turbava di più era il tono distaccato che aveva suo padre oppure ciò che stava dicendo.
- Come...cosa intendi dire per "mi recherò a quell'incontro?" Mi vuoi lasciare qui da solo?-
- Non c'è altra soluzione Alex.-
- Ma come? Vuoi veramente andare ad incontrarlo? Ma quello ti ammazza se ti vede!-
Joey si lasciò scappare un sorriso.
- No che non mi ammazza Alex. O per lo meno non lo farà subito.-
Suo figlio lo guardava rapito, senza capacitarsi delle parole che stava sentendo.
- Pe...perchè?-
- Perchè se avesse voluto farmi fuori l'avrebbe già fatto con i due bastardi che ci sono nel video, ecco perchè. Inoltre ha accuratamente evitato di chiamarmi per nome durante la telefonata, quindi non vuole neanche che io venga arrestato. Mi vuole lì da lui sano e salvo, questo è poco ma sicuro.-
A quel punto Alexander disse qualcosa che Joey non si sarebbe mai aspettato.
- Se è così che stanno le cose allora voglio venire con te-
Joey si voltò immediatamente a guardarlo, stupito da una tale reazione. Mise la freccia ed accostò la macchina, fermandosi.
- Stammi bene a sentire- gli disse slacciandosi la cintura e girandosi verso di lui. - Ciò che hai ascoltato oggi fa parte di un mondo che non conosci ed è il caso che tu continui a non conoscere. Ci siamo intesi?-
- Ma quella persona ha ucciso la mamma!- esclamò con tono disperato. - Cosa posso fare io qua da solo?-
- Sei un ragazzo in gamba Alex, sono sicuro che te la caverai.-
- No no no no!- ribattè lui nascondendosi il viso fra le mani.
Joey rimase per un attimo a guardarlo senza dire nulla. Era come se quel momento se lo fosse già immaginato molte volte nella propria mente prima che succedesse realmente.
- Tu vivrai la tua vita, Alex, e sarai felice. Starai fuori da tutto marciume in cui ho vissuto io e che tua madre ha condiviso per qualche tempo per colpa mia. La tua sarà una vita migliore della nostra, è giusto che vada così.-
Si girò e rimise in moto la macchina. Alexander stava ancora cercando di trattenere le lacrime e non gli rispose.

***



- Signor Jacquet, prima di riconsegnarle le chiavi di casa intendo presentarle il tenente Jean Dastè, colui che è a capo dell'indagine che riguarda il suo caso.-
Roland Blanche si stava sforzando di mostrarsi il più professionale possibile.
L'uomo che gli aveva appena presentato era sulla cinquantina, incredibilmente grasso e dall'aria antipatica.
- Piacere- disse Joey allungandogli una mano.
- Poche storie signor Jacquet- rispose lui con un tono estremamente arrogante, - mi sto facendo un'idea abbastanza chiara di ciò che è successo e non mi piace per niente.-
Joey ritirò immediatamente la mano.
- Ovvero?-
- Ovvero abbiamo fatto qualche ricerca sui due uomini che si vedono nel video e abbiamo contattato anche la polizia americana- si fermò guardandolo con una vaga aria di disprezzo. - E indovini un po' signor Jacquet? L'unico dei due che si vede abbastanza bene per essere riconosciuto si chiama John Roukis, un tipo che è già stato un paio di volte in carcere per reati minori. La polizia della contea di St.Claire è sulle sue tracce da tempo, nonostante non siano mai riusciti ad incastrarlo per qualche reato serio sono sicuri che sia un uomo abbastanza importante per la criminalità locale.-
Fece una pausa e lo guardò, attendendosi forse una sua particolare reazione.
- E quindi?- rispose Joey alzando appena un sopracciglio.
- E quindi un uomo come quello non si scomoda dall'America per venire fino a qua per niente, mio caro signor Joey Jacquet. Ci deve essere qualcosa sotto.-
Dal suo tono di voce era chiaro che aveva intuito qualcosa.
- Cosa intende dire esattamente?-
- Intendo dire che se Roukis è venuto in Francia per ammazzare sua moglie è perchè o quella donna o lei avete fatto arrabbiare qualcuno delle sue parti, qualcuno di abbastanza importante da potersi permettere di spedire un proprio uomo fin qui.-
- Non vi seguo tenente Dastè- rispose Joey con assoluta calma.
- Ci sarà tempo per spiegarsi, non si preoccupi. Nel frattempo lei è stato inserito fra le persone che dovremo interrogare, quindi non potrà ovviamente uscire dal nostro paese fino a quando non glielo diremo noi.-
- Certamente- rispose subito Joey. Il suo tono freddo e distaccato aveva colpito Dastè che probabilmente si aspettava un altro tipo di reazione.
- E non le dispiace questo?-
- No. Perchè dovrebbe?-
Dastè iniziò a dare evidenti segni di nervosismo.
- Perchè ho parlato con Labarthe e mi ha riferito com'è andata la telefonata! Non mi prenda per il culo signor Jacquet, lei sta pensando di lasciarci tutti qua e partire per l'America!- sbottò alzando la voce.
Joey spostò lo sguardo sulle chiavi che Dastè teneva nella mano sinistra.
- Immagini quello che vuole, io ora ho solo bisogno di tornare a casa mia. Posso?- chiese indicando  le chiavi.
- Lo accompagno io se non ti dispiace Jean- disse Blanche interrompendo quel brutto momento. - Se me le dai lo riaccompagno io.-
Dastè lanciò un ultimo sguardo gelido a Joey, dopodichè senza staccargli gli occhi di dosso passò le chiavi a Blanche.
- Ci rivediamo presto, signor Jacquet- gli disse con tono furibondo.
Non appena se ne andò Blanche e Joey uscirono dalla centrale e si diressero verso la macchina in cui c'era Alexander che questa volta aveva deciso di aspettare fuori.
Non appena arrivarono nei pressi della loro casa Roland iniziò a parlare.
- Ti devo dire un paio di cose. La prima è che abbiamo ovviamente dovuto togliere la moquette dalla scala, quindi quando entrerai non la troverai più. Abbiamo riparato poi la serratura della porta grazie ad alcuni nostri collaboratori e ci sarebbe infine il sangue sulle pareti e sulla balaustra da sistemare. Abbiamo delle agenzie che collaborano con noi per situazioni come queste, se vuoi ti posso mettere in contatto con una di loro-
- Sì, ti ringrazio.-
Parcheggiò la macchina davanti al garage, dopodichè continuò.
- E ora come torni indietro?-
- Oh non c'è problema, mi faccio volentieri quattro passi. Promettimi però una cosa Joey- gli chiese guardandolo con occhi pieni di speranza. - Promettimi che non farai stupidaggini ok?-
- Ok- rispose come al solito senza lasciar trapelare emozioni.
- Va bene. Allora ci vediamo domani per Lily ok?-
- Va bene. Ah Roland...-
- Sì Joey?-
- Il videotape...-
Blanche si lasciò sfuggire uno sguardo preoccupato, dopodichè estrasse dalla tasca una piccola cassetta.
- Come vuoi Joey. Cerca per lo meno di evitare di farlo vedere al ragazzo- aggiunse indicando con la testa i sedili posteriori dove era seduto Alexander.
- Sarà fatto.-
- E un ultima cosa Joey...promettimi che non farai stupidaggini ok?-
Joey annuì e due si salutarono. Alexander seguì silenziosamente il padre fino a quando non arrivarono davanti alla porta d'ingresso. Appena entrati avvertirono immediatamente un odore forte, forse a causa delle sostanze che i poliziotti avevano usato per rilevare chissà quale indizio.
- Papà- chiamò Alex.
- Dimmi-
- Cosa intendeva prima Roland per "non farai stupidaggini"?
- Si riferiva al fatto che Dastè mi ha detto di non lasciare il paese.-
- Chi è Dastè?-
- E' lo sbirro che sta indigando su quello che è successo alla mamma-
Alexander lo guardò stupito.
- E come farai allora?-
- La scorsa estate mi sono imbattuto quasi per caso in un'altra identità utilizzabile, non dettagliata quanto la nostra ma comunque utilizzabile qua in Francia. All'aereoporto userò quella, poi una volta in America tornerò semplicemente ad essere James Hawk.-
Al sentire che non aggiungeva nulla, Alex si preoccupò.
- E cosa intendi fare quando la polizia lo verrà a sapere?-
Joey scrollò le spalle.
- Quando lo verrà a sapere io sarò già in America-
- Sì ma...-
Joey lo interruppe.
- Alex, non ti preoccupare di queste cose. Stai più che altro attento a quello che dirai nella chiamate che farai da oggi in poi ok?-
- Perchè?-
- E' probabile che i nostri telefoni siano sotto controllo-
Alexander dovette prendere una sedia e sedersi.
- Intendi dire che spieranno tutte le nostre conversazioni? E perchè lo dovrebbero fare?-
- Perchè mi è stato detto chiaramente che sono un sospettato e questa è la prassi.-
Il ragazzo si lasciò scappare un sospiro.
- Quando ritroveremo la pace, papà?-
Joey scosse la testa.
- Per quelli come me la pace non esiste, figlio mio. Mi devo già ritenere fortunato degli ultimi vent'anni che ho vissuto, ora è arrivato il momento di fare i conti con la realtà.-
Notando lo sguardo del figlio si rese conto di essere stato troppo diretto e duro.
- Ma tu non ti devi preoccupare. Tu avrai la tua vita tranquilla e serena, sei un ragazzo intelligente e giudizioso, so che non mi deluderai.-
- Papà...-
- Sì?-
- Parli sempre come se già sapessi che non tornerai vivo dall'America...-
Joey lo guardò e notò nuovamente la tristezza nel suo sguardo.
- Ora sali e metti a posto le cose che ci siamo portati dietro dall'albergo, siamo finalmente a casa, pensiamo solamente a questo.-

***



Digitò il numero sul cordless, dopodichè partirono i primi squilli.
- Pronto?-
Era Malcom, Joey ringraziò il fato che a rispondere non fosse stata Morgana.
- Ciao Malcom, sono Joey. Ti chiamo per dirti che domani sera potrò riavere il corpo di Lily, quindi dopodomani ci sarà il funerale-
- Così presto?- fu l'immediata risposta del suo interlocutore.
- Hanno detto di aver finito gli esami quindi ormai me la possono ridare, hanno detto che...-
- No non intendevo quello, mi riferivo al fatto che si farà il funerale già dopodomani-
Joey rimase un attimo in silenzio, cercando le parole giuste per giustificarsi.
- Sono io che ho un problema Malcom...fra tre giorni ho già un biglietto prenotato per l'America, non posso rimanere qua per altro tempo.-
- Parti per l'America? E per quale diavolo di motivo?- La voce di Malcom apparve fortemente nervosa, il comportamento di Joey sembrava non rendere giustizia al triste dramma che era successo a Lily.
- E' una storia lunga Malcom...e non posso parlarne al telefono. Già per dirti questo ho dovuto rispolverare un'antico numero che non usavo più da anni...-
- Se non ti spieghi Joey non posso capirti. Perchè non mi stai chiamando dal tuo numero?-
- Lascia perdere Malcom, ti spiegherò tutto quando verrete qui. Arriverderci.-
Mise fine alla telefonata. Malcom aveva tutto il diritto di arrabbiarsi nei suoi confronti, il comportamento che stava adottando non era certo dei migliori. Non sembrava mostrare tatto nè tantomeno interesse per ciò che stava succedendo e questo portava le persone che lo guardavano ad avere due tipi di reazioni: o ne venivano spaventati o ne venivano infastiditi.
D'altra parte Joey non poteva farci niente, erano finiti i tempi in cui poteva permettersi emozioni. Aveva avuto questa fortuna per venti lunghi anni, ora era tempo di riportare la propria vita ai livelli di un tempo.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


nydrali, ben ritrovata! mi chiedi se sono voluti tutti questi capitoli antecedenti alla partenza? diciamo , ecco :) la verità è che da una parte è vero, ci sto mettendo forse un po' troppo (e questo è l'ultimo capitolo, lo giuro!), da un'altra invece mi interessava proprio esaminare cosa succedeva sia nella mente di Joey che alla polizia del luogo, visto che comunque c'è stato un omicidio piuttosto violento e non spenderci due parole mi sarebbe sembrato piuttosto irreale.
Monnis, come hai anche potuto leggere in "anteprima", ecco il nuovo capitolo ;)





Non appena Joey fu sicuro che Alexander avesse preso sonno si mise subito a guardare il video che Blanche gli aveva dato.
Il video iniziava con una ripresa dentro una macchina dalla quale si vedeva che il veicolo stava percorrendo la via che portava alla loro casa. - Ok, eccoci qua a girare questo reportage su...- la voce fuoricampo si interrompeva subito in una grassa risata, dopodichè riprendeva - un reportarge su come ammazzare la moglie di Dagger- poi seguiva un minuto di silenzio in cui continuava a vedersi solamente la via che pian piano finiva. La ripresa era molto disturbata e Joey si chiese se era colpa di una videocamera di scarso valore oppure della copia di Blanche che era stata realizzata male.
La macchina arrivò davanti a casa sua e si fermò. La videocamera fu presa e portata fuori dall'abitacolo, poi la stessa voce di prima riprese a parlare. - Benissimo, sono le ore...- si vide un orologio da polso inquadrato - 23:03 per l'esattezza- e scoppiò nuovamente a ridere. - E io sono  John Roukis, piacere Dagger!- la videocamera fece un giro di 180° inquadrando il suo stesso operatore.
Da quei pochi secondi in cui Joey potè guardare in faccia Roukis notò che aveva un'espressione da tossico come non ne vedeva da tempi, con tanto di barba sfatta e giubbotto mal messo sulle spalle.
La videocamera ruotò nuovamente e tornò a inquadrare casa sua mentre i due si avvicinavano a passo svelto verso la porta. - Mi scuserai, Dagger, se non inquadro anche il mio amico qui accanto, ma lui non vuole casini con la polizia e quindi non vuole essere ripreso-
Arrivarono davanti alla porta di casa e dall'inquadratura si vide che l'altro che camminava affianco di Roukis si appoggiava con la fronte sul vetro della porta, inquadrato da dietro, cercando di guardarci dentro per vedere qualcosa. Probabilmente ebbe esito negativo visto che la videocamera si spostò e fece il giro della casa. - Ci sarà una finestra aperta no?- sussurrò Roukis. - Oh ecco, questa fa al caso nostro- l'inquadratura rimase su una finestra ad altezza uomo che fu subito raggiunta dal compare di Roukis. Questo si tolse il giubbotto, lo appoggiò contro il vetro e tirò un pugno, rompendola provocando pochissimo rumore. Si rimise lentamente il giubbotto, dopodichè armeggiò un po' con la serratura e poi la aprì completamente. - Ok si entra Dagger! Ora viene il bello!- la voce di Roukis pareva eccitata.
Appena entrati l'inquadratura si mosse un po' a destra e a sinistra, ma la stanza era buia e non non si riusciva a mettere a fuoco bene. Nonostante la pessima qualità del video Joey riconobbe il soggiorno e si stupì del fatto che sua moglie non fosse lì a vedere la tv.
Si sentì anche una leggera botta, seguita immediatamente da una imprecazione dell'uomo che era appena entrato insieme a Roukis. - Dannazione John! Stai attento!- lo rimproverò. - Sì hai ragione, scusa...- rispose Roukis, iniziando immediatamente a ridere. Era chiaro che era ubriaco o drogato perchè sembrava ipereccitato da qualsiasi cosa faceva o riprendeva.
I due si spostarono lentamente dal soggiorno all'ingresso, ma continuarono a vedere buio nella casa. - La puttana deve essere di sopra allora- si sentì la voce del compare di Roukis.
Iniziarono a salire un paio di gradini ma si fermarono immediatamente perchè si sentì la voce di Lily. - E voi chi diavolo siete?-
Joey notò dal tono che era terribilmente spaventata.
Probabilmente li doveva aver sentiti entrare ed era corsa al piano superiore per prendere la pistola che lui stesso le aveva comprato. "Questa è per i casi di emergenza, casomai dovesse succedere qualcosa" le aveva detto Joey quando gliela aveva comprata. Lei aveva cercato di rifiutarla dicendo che non voleva avere un'arma in casa, ma alla fine si convinse che non era un'idea troppo sbagliata. Joey si ritrovò a sperare che fosse corsa di sopra per prenderla, come se ignorasse come fosse tragicamente finita l'irruzione dei due assassini.
- Ehy bellezza, noi siamo amici di Dagger, tuo marit- ma l'uomo non riuscì neanche a finire di pronunciare la parola che si sentì uno sparo. - Porca puttana!- si sentì immediatamente dopo e la videocamera fu lasciata cadere, finendo per inquadrare uno scalino della scala. Si sentì immediatamente un secondo sparo e poi un tonfo. Joey poteva solo sentire ciò che accadeva intorno poichè la videocamera sembrava essere stata abbandonata.
- Per la miseria John, quella troia mi ha sparato!- diceva il compare di Roukis. - L'hai beccata tu?- si sentì uno sforzo nella sua voce, probabilmente stava cercando di alzarsi. - Sì certo, aspetta che vado a vedere se è morta.- Si sentì il rumore sordo dei passi che corrono sopra la rampa di scale coperta dalla moquette. Poi un gemito di sofferenza. - No, è ancora viva- ora la sua voce si sentiva lontana, era salito al piano superiore, mentre la videocamera era ancora abbandonata sui primi gradini.
Roukis tornò giù e la riprese in mano, tornando a mostrare ciò che vedeva lui. La scala si vedeva lievemente illuminata da una luce che veniva dal corridoio superiore, probabilmente una stanza con la luce accesa era stata lasciata con la porta aperta. L'inquadratura andò sul compare di Roukis, che per via della penombra continuava a non vedersi in volto. Si teneva con una mano una spalla, dove probabilmente Lily gli aveva sparato.
Entrambi finirono di salire la scala e arrivano ad inquadrare il suo corpo riverso per terra. - Ma che cazzo, non l'avrai mica ammazzata vero?- chiese l'uomo insieme a Roukis. - Non lo so, non credo...prima si muoveva...-  l'altro stava per rispondere quando Lily si mosse e cercò di raggiungere la pistola che le era caduta poco lontana. L'uomo mai inquadrato in volto fu lesto a darle un calcio allontanandogliela, poi ne diede uno anche a Lily. - Per la miseria, altro che morta! Questa stava riprendendo quella fottuta pistola per spararci!- Roukis con la videocamera non era riuscito a seguire bene l'azione, l'inquadratura si era mossa velocemente e si potè solo intuire cosa era successo. - E' proprio la moglie di quel pezzo di merda, c'è poco da fare. Magari l'ha addestrata lui..- aveva aggiunto Roukis. - Beh, meglio così no? Se è viva ci si diverte di più!- aggiunse subito dopo. - Certamente. Sai cosa devi fare?- gli chiese quell'altro. Così Roukis si sedette sulle ginocchia di Lily, che con le ultime forze stava ancora cercando di trascinarsi il più lontano possibile dai due assassini, mentre l'altro le si sedeva sul petto iniziando ad estrarre un coltello da barbiere. Roukis, che era dietro di lui, riprese solamente la sua schiena curvarsi di un poco verso il volto di Lily e si iniziarono a sentire le grida. Inquadrato da dietro l'uomo aveva iniziato la sua lenta  tortura, Joey aspettò per circa un minuto che la situazione cambiasse ma non si vedeva altro che la schiena dell'uomo ricurva sul corpo di Lily e le sue urla di dolore, quindi decise di mandare avanti il video. Schiacciò nervosamente sul telecomando fino a quando non vide che l'uomo si alzava dal petto di sua moglie. Lasciando libera la visuale del volto di Lily, Joey potè vedere almeno una trentina di tagli, praticamente ovunque su tutta la faccia ad eccezione degli occhi. I gemiti e le lacrime di sua moglie costrinsero Joey a togliere l'audio, semplicemente non ce la faceva a sentirla disperarsi in quel modo.
Ciò che vide dopo, una volta che Roukis si alzò dalle sue ginocchia controllando che Lily fosse ancora  viva, fu lo stesso operatore iniziare a slacciarsi la cintura, azione che fece definitivamente spegnere la televisione a Joey.
Aveva visto quanto bastava per memorizzarsi la faccia di John Roukis e la voce dell'altro assassino, altro non gli interessava. Rimosse dal lettore il videotape che Blanche gli aveva dato e si recò velocemente in cucina a metterlo dentro un pentolino. Lo inondò di alcol e dopo aver acceso un fiammifero lo fece cadere sopra la cassetta che prese immediatamente fuoco.
Nel giro di pochi minuti di quel videotape non era rimasto null'altro che un cumulo di cenere.

***



Quel giorno iniziò il secondo dei quattro che aveva a disposizione prima di partire per l'America. Nel tardo pomeriggio sarebbe andato a recuperare il corpo di Lily e alle 19 sarebbero arrivati Malcom e Morgana, quindi si apprestò a fare le chiamate del caso. Contattò l'agenzia funebre e il cimitero più vicino presente a  Forcalquier, dopodichè si mise a preparare svariate brocche di caffè per tutti coloro che sarebbero arrivati in serata a portare le proprie condoglianze a lui e a sua cognata.
Quando finì tutto ciò che doveva fare per preparare la serata si recò in garage a recuperare il borsone che avrebbe utilizzato per tornare in America. Lo tirò fuori da un vecchio scatolone in cui era rimasto per ben venti lunghi anni, praticamente da quando si erano trasferiti in Provenza. Era un grosso borsone militare color sabbia che usava spesso in Alabama quando si spostava e aveva bisogno di portarsi dietro parecchie armi. Questa volte le armi non le poteva più usare, visto che sarebbe dovuto passare sia dal check-in dell'aereporto francese che da quello americano, ma pensò ugualmente che fosse la scelta più giusta per il viaggio. Voleva portarsi dietro meno oggetti possibili che gli ricordassero la Francia e Lily, anche se già sapeva che sarebbe stato impossibile non pensare a lei e ad Alexander.
Quando arrivò l'ora di recarsi in centrale trovò  Jean Dastè pronto ad aspettarlo.
- Oh, il signor Jacquet. E' qua per sua moglie, vero?- Indossava lo stesso impermeabile scuro e lo stesso cappello che gli aveva visto addosso la volta precedente, sembrava non si fosse minimamente cambiato.
- Esatto e avrei una certa urgenza di farlo, se non le dispiace- rispose Joey continuando a camminare.
- Ma certo, si figuri! Le volevo solo dire che la polizia di tutta St.Claire è all'opera per trovare l'assassino di sua moglie, quelli non scherzano, ci sanno fare! Vedrà che in poco tempo glielo troveranno- poi, visto che Joey faceva finta di non sentire, aggiunse - così non dovrà andare lei a prenderlo fino in America, eh signor Jacquet?- e a quel punto Joey si fermò.
- Le ho già detto che non intendo espatriare-
- Certamente, certamente..- gli rispose Dastè avvicinandosi ancora di più. - Non farebbe mai una cosa così idiota vero?-
- Mai- rispose Joey guardandolo storto. Fortunatamente per lui questa fu l'ultima battuta che dovette subire e riuscì ad andarsene per raggiungere il reparto decessi.
Firmò i documenti che doveva e seguì in macchina l'auto che portò il corpo di sua moglie fino a casa sua, dopodichè si preparò a ricevere i vicini e i conoscenti. Alexander, che era rimasto a casa, scoppiò a piangere non appena vide la bara di sua madre. I prossimi due giorni sarebbero stati i più difficili e Joey fu contento che da lì a poco sarebbe arrivata Morgana, visto che con Alex aveva sempre avuto un rapporto molto buono.
Rimase per circa un'ora a ricevere tutte le persone che arrivavano per dare l'ultimo saluto a Lily, dopodichè prese la macchina per andare all'aereoporto a ricevere Morgana e Malcom. Il loro areo fu puntale e Joey arrivò giusto in tempo per vederli scendere da lì. Morgana aveva gli occhi rossi e gonfi, segno evidente che avesse appena pianto. Ciò che colpiva sempre di lei, soprattutto quando era giovane ma ancora adesso che aveva quarant'anni, era un incredibile fascino che rapiva lo sguardo di qualsiasi uomo. Tutti coloro che l'avevano vista almeno una volta erano finiti per innamorarsi di lei; non era semplicemente bellissima, possedeva un incredibile magnetismo in grado di attirare qualsiasi uomo.
Ma per la prima volta quella sera Morgana non mostrava nulla di tutto questo. Aveva i capelli leggermente spettinati, il vestito nero lungo e lo sguardo distrutto. Sembrava quasi irriconoscibile.
- Ciao Joey- salutò Malcom con le valigie in mano.
- Ciao Malcom, ciao Morgana...- non riuscì neanche a concludere il suo saluto che Morgana continuò a camminare dritto come se non l'avesse neanche sentito.
- Senti Joey...credimi, è meglio se le parli il meno possibile. So che è brutto da dire, ma tu non puoi neanche immaginare quanto sia stata male da quando ha saputo di Lily...quindi lasciala stare ok?-
Joey al sentire queste parole avrebbe voluto rispondere molte cose, ma dallo sguardo di Malcom capì che non era il caso. Si limitò a seguirlo fuori dall'aereoporto e poi a condurli in macchina fino a casa. Sistemarono le loro cose nella stanza degli ospiti e alla sera Morgana si ritirò nella sua stanza molto presto. Malcom invece gli chiese di parlare per un attimo in privato. Uscirono di casa e si sedettero sulle sedie sdraio che c'erano in giardino. Joey gli raccontò tutta la storia del videotape e della sua decisione di partire per l'America appena finito il funerale e Malcom ascoltò l'intero racconto in silenzio.
- Capisco...e di Alexander che mi dici? Vuoi che lo portiamo con noi in Italia?- gli chiese alla fine.
- Mah- rispose Joey alzando le spalle. - Credo sia abbastanza grande per decidere da solo, anche se sarei più felice a sapere che vivrà con voi d'ora in poi.-
Seguirono alcuni secondi di silenzio in cui i due uomini si guardarono, dopodichè Malcom riprese a domandare.
- Senti Joey, te la posso chiedere una cosa?- la sua voce risultò titubante.
- Dimmi pure Malcom-
- Ascolta...non penso neanche di poterti convincere a cambiare idea perchè so che ormai sei più che convinto di quello che vuoi fare, però permettimi di farti notare una cosa...ormai hai cinquantacinque anni, non sei più un trent'enne com'eri ai tempi in cui ti ha conosciuto Lily...cosa credi di poter fare una volta arrivato in America?-
A Joey scappò un sorriso.
- Certo è vero, sono invecchiato. Ed è anche vero che ormai non sono più abituato ad uccidere o a scappare da situazioni mortali come era invece all'ordine del giorno vent'anni fa. Però non posso ugualmente tirarmi indietro da questa storia, è in America che è accaduto tutto ed è lì che devo tornare.-
- Ok ma...ammettiamo per un attimo che tu riesca a trovare la persona che ha commissionato l'omicidio di Lily, cosa gli farai? Lo ammazzerai macchiandoti di un altro omicidio? E se anche dovessi farcela senza riportare alcun danno...quando tornerai qua in Francia come credi che la prenderà la polizia il fatto che tu sei scappato in quel modo? Comunque andrà tu perderai!-
- Ma è esattamente quello che sono sempre stato, Malcom....- aggiunse immediatamente Joey, senza lasciar trasparire alcun sentimento nella propria voce. -...un perdente, da quando sono nato fino a quando ho conosciuto Lily. E non cambierò mai, Malcom, al di là di come finirà questa storia.-
Joey alzò gli occhi al cielo e iniziò a guardare le stelle, Malcom lo fissò per qualche attimo e poi decise di fare lo stesso. Una di loro, esattamente sopra le loro teste, sembrava brillare più di tutte le altre. "Quella è sicuramente Lily", pensarono entrambi.

***



Il funerale si svolse interamente sotto una leggerissima pioggerellina che caratterizzò l'intera giornata. I presenti alla cerimonia furono molti, parecchi in più rispetto a quelli che si aspettava Joey. Anche quel giorno Morgana non gli rivolse la parola, sembrava fingere costantemente che lui non esistesse. Joey ne approfittò per dire tutto quello che aveva in mente durante il pranzo che si stava svolgendo nel silenzio più assoluto.
- Oggi pomeriggio starò via tutto il tempo, devo assolutamente andare a trovare una persona prima di partire. Domani mattina alle otto ho il volo per Birmingham, quindi non so se ci rivedremo più.-
Tutti i partecipanti smisero all'unisono di mangiare, rimanendo in silenzio per qualche secondo.
- E si può sapere dove vorresti andare?- gli chiese Morgana alzando gli occhi per la prima volta su di lui.
- Devo andare a Manosque ad avvertire una persona della mia partenza-
- E certo! E a noi non pensi?- Morgana alzò la voce e Malcom accorgendosene le mise subito una mano sopra la sua.
- No Malcom stavolta non starò zitta! Gli dirò tutto quello che penso!-
Morgana stava proprio per scoppiare e Joey stupì tutti alzandosi dalla sedia.
- Non c'è bisogno che mi dica niente, so benissimo quello che pensi di me. Me lo hai già detto più volte in passato, sarebbe inutile ripetersi.-
Morgana lo guardò allibita dirigersi verso l'appenaditabiti. Joey prese il giubbotto e aprì la porta.
- Se domattina non ci dovessimo vedere, addio figliolo- disse spostando appena lo sguardo verso Alexander. Dopodichè si chiuse la porta alle spalle e si diresse in garage a prendere la macchina.
C'era veramente un'ultima persona che doveva incontrare e quella persona era Liu Shulan, colui a cui Joey si era rivolto cinque anni fa.
Lily lo aveva avvisato di questa nuova palestra in cui venivano insegnate una gran quantità di discipline orientali, dette comunemente arti marziali, scherzando sul fatto che lui avrebbe dovuto iscriversi per rimanere in forma. "Anzichè fare tutti i giorni quelle  flessioni e quegli addominali da solo", gli diceva, "perchè non vai a farli in palestra con loro? Magari se non fate niente di troppo violento posso venire anche io!" e in pratica l'aveva costretto a recarsi a Manosque per interessarsi delle tariffe e delle discipline insegnate.
Joey allora si era recato in quella palestra, per niente convinto del valore di "quelle cose da cinesi", sperando che Lily si fosse ricreduta presto e che non avesse voluto veramente andarci con constanza. All'ingresso della palestra aveva notato una moltitudine di coppe premio dalle più svariate città italiane e non, quasi tutte vinte da un certo Liu Shulan. Fu proprio mentre le osservava che Liu gli si avvicinò. - Belle, non è vero?- Joey si voltò di scatto, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza. L'uomo che aveva davanti a sè era più basso di lui di almeno venti centimetri, magro e con i capelli tutti bianchi. Joey per tutta risposta alzò le spalle, abituato ancora ai modi ben poco educati che aveva a quei tempi. - Sono qua solamente per sapere quanto costate, nient'altro- gli aveva risposto lui. Liu Shulan non sembrò sorpreso dalla sua risposta e si mise a fissarlo ancora più intensamente. - Lei non crede nel valore delle nostre discipline, vero?- poi, senza neanche dargli il tempo di rispondere, gli chiese - le andrebbe di permettermi di darle una dimostrazione ora? Ci metteremo poco, glielo giuro.- Joey lo guardò sorpreso, incapace di capire come mai così tanta improvvisa insistenza da parte sua, ma accettò.
Si ritrovò a seguirlo attraverso un breve corridoio oltre al bancone dove c'erano tutte le coppe e poi dentro una piccola stanza, forse il suo ufficio personale. - Quì dentro?- gli chiese Joey. - Certamente- rispose Liu. - Se è un vero combattente dovrebbe riuscire ad avere la meglio sempre, anche nei posti più angusti.-
Joey, che ancora si chiedeva come quell'uomo si permettesse di trattarlo con tanta familiarità quando invece lo conosceva solo da due minuti, scoprì ben presto che non stava per niente scherzando. Liu alzò le braccia chiudendo i pugni, si abbassò leggermente piegando le gambe e cercò di colpirlo al volto con la mano sinistra. Joey tirò immediatamente la testa indietro e per poco non si trovò con il naso rotto. - Ehy ma dico sei impazzito? Che cazzo stai combinando?- gli ringhiò contro. Ma Liu sembrava determinato in quello che faceva. - Lei crede che queste siano tutte baggianate, giusto? Mi dimostri che non è così!- e lo attaccò nuovamente. Si mosse a una velocità che Joey non aveva mai visto in vita sua; fece per colpirlo al volto con il pugno destro, ma nel momento in cui si accorse che Joey stava guardandogli solo quella mano portò un altro pugno con la sinistra dritto nel suo stomaco, colpendolo velocemente e duramente.
Joey cadde a terra tossendo e portandosi le mani alla pancia; non aveva minimamente visto arrivare il secondo pugno. Liu, che stava guardando Joey come un padrone guarda il proprio cane che ha appena rotto qualcosa di prezioso, lo intimò ad alzarsi. - E ora se ne vada! Non vogliamo gente come lei nella nostra palestra!- Joey pensò di rispondegli con i fatti, alzandosi a fatica ed estraendo un coltello da dietro la schiena. La reazione dell'uomo che aveva davanti lo fece però fermare immediatamente. - Questo suo gesto conferma l'impressione che ho avuto dal primo momento in cui l'ho vista. Lei è una balordo, un assassino, non è vero?- gli chiese guardandolo fisso negli occhi. Quei suoi occhi da orientale parevano scrutare l'animo di Joey e per la prima volta nella sua vita si ritrovò a disagio durante un combattimento. - Se ne vada- gli urlò l'uomo, che ancora lo stava fissando senza dare importanza al coltello che il suo avversario teneva in mano.
Come faceva quell'uomo a sapere che Joey era un assassino? Forse lo conosceva? Si sforzò di ricordare se l'aveva già visto in America, ma non si ricordò di nessuno come lui. - Se ne vada!- ripetè Liu ad alta voce. Joey ci pensò per un attimo, dopodichè mise via il coltello e uscì velocemente dalla stanza e dalla palestra. "Quell'uomo deve essere un pazzo", pensò, e quando tornò a casa disse semplicemente a Lily che era il loro giorno di chiusura e che non aveva potuto avere le informazioni che gli aveva chiesto. La verità era che non voleva ammettere che lui, il pericolosissimo Dagger, era stato atterrato da un vecchietto che con dei semplici colpi era riuscito a renderlo innoffensivo.
Riuscì a convincere Lily a non interessarsi più di quelle cose e col passare del tempo riuscì anche a dimenticarsi dell'accaduto, fino a quando un pomeriggio successe qualcosa che lo sconvolse.
Era in un ristorante, con Lily e Alexander che al tempo aveva sei anni, festeggiando gli affari della propria officina che in quel periodo andavano particolarmente bene. Era un ristorante in cui non erano mai stati ma che distava poco da casa loro e di cui avevano sentito parlar bene, tanto che si erano sempre detti che un giorni ci sarebbero andati. Stavano consumando il loro pranzo quando improvvisamente uno dei presenti nella grossa sala si alzò e si girò spingendo con violenza l'uomo che stava al tavolo dietro al suo. - La volete finire o no?- gli urlò con rabbia tanto da attirare l'attenzione di tutti gli altri clienti. - Ma che cazzo vuoi?- gli rispose sempre urlando l'uomo che aveva subito lo spintone. - E' da quando siamoarrivati che tu e lei- disse indicando la donna che era al tavolo con lui - non la finite di prenderci per il culo! La smettete o no?- I presenti nella sala si divisero in due categorie, coloro che fecero finta di niente e continuarono il loro pasto e quelli che alzarono la voce invitandoli a stare calmi. - Ehy amico, se hai problemi puoi anche andartene a fanculo ok? Io e mia moglie diciamo quello che ci pare.- Questa sua risposta peggiorò l'umore dell'uomo che lo aveva appena spinto, invitandolo con rabbia ad alzarsi e ad andare fuori con lui per parlarne "da veri uomini".
Joey, che aveva guardato tutta la scena estremamente divertito dalla demenzialità di entrambi gli individui, fu immediatamente ripreso da Lily. - Vai Joey!- gli disse lei, quasi rimproverandolo delle sue risatine. - Vado dove?- le rispose mentre si stava mettendo un nuovo pezzo di carne in bocca. - Come dove? Seguili fuori e falli ragionare prima che si menino veramente!- Il fatto che Lily molto spesso pensasse o facesse cose che a Joey sembravano completamente assurde era un dato di fatto, ma quella proposta fu per lui veramente insensata. - Io? Non sono mica uno sbirro, che si pestino pure quei due se ne hanno voglia!- come risposta ricevette uno sguardo che avrebbe potuto incenerirlo lì da un secondo all'altro, soprattutto perchè Lily si voltò velocemente verso Alexander e gli disse - non ti preoccupare tesoro, ora va papà a far fare pace a quei due uomini ok?- e Joey rimase incastrato in quella spiacevole situazione.
Mise giù la forchetta con ancora il pezzo di carne infilzato, si alzò dal tavolo e fece per uscire quando sentì improvvisamente il peso di ciò che aveva appena bevuto e mangiato. Quel giorno non si era certo limitato nè in uno nè nell'altro visto che il posto era vicino a casa e che quindi non avrebbe dovuto guidare. Li raggiunse fuori dove i due stavano ancora urlando furiosamente e appena provò a dire qualcosa uno dei due gli urlò minaccioso di andarsene via. - Ehy,  ascoltate...avete proprio dato spettacolo là dentro e non è stato per niente bello, sarebbe il caso che rientraste e...- ma non riuscì a finire la sua frase che uno dei due lo spintonò e Joey cadde a terra.
Per la seconda volta in vita sua, dopo la prima con Liu, Joey fu atterrato senza che potesse fare nulla. Proprio lui, James Hawk, altrimenti chiamato Dagger, il famoso criminale dell'Alabama, era stato reso inoffensivo come fosse una persona normalissima da un uomo qualunque. Era vero che aveva mangiato e bevuto molto, ma questo non giustificava comunque quello che era successo.
Era un chiaro segno che c'era qualcosa che non andava e il motivo era semplice, stava diventando vecchio. Quando era giovane poteva contare sulla forza, sulla prontezza dei riflessi e sull'agilità, ma ora che stava invecchiando tutte queste qualità stavano scomparendo.
Come avrebbe fatto a difendere la sua famiglia qualora ce ne fosse stato bisogno se non riusciva più neanche a schivare un pugno?
Pensò molto a questo aspetto, sotto l'insistenza di Lily che gli chiedeva cosa ci fosse che non andava, e concluse che si doveva rivolgere a colui che pur mostrando più anni dei suoi era riuscito a farsi beffe di lui facilmente.
Liu Shulan.
Fece così l'ultima cosa che pensava di fare, ovvero tornare a  Manosque e chiedere a Liu quale disciplina avesse seguito per essere capace di fare quello che faceva.
E fu così che Liu Shulan si mise pazientemente ad ascoltare le motivazioni di Joey, che per l'occasione si fidò a raccontargli tutto sul suo passato, fino a prendere la sua decisione. Gli avrebbe insegnato il Tai Chi Chuan e successivamente lo stile di combattimento delle dodici forme letali, a patto che gli promettesse di utilizzarle solo qualora ce ne fosse stato reale bisogno.
Da parte sua Joey accettò le condizioni e promise di impegnarsi a fondo, purchè riuscisse a diventare abile quanto lui.
Da quando era morta Lily però aveva fatto la sua scelta, sarebbe partito per l'America alla ricerca degli assissini di sua moglie e avrebbe fatto di tutti per trovarli, anche infrangere il giuramento di usare le dodici forme letali solamente per difesa.
Arrivò a casa sua attorno alle dieci di sera e suonò al suo citofono. Liu si stava già preparando per la notte ma lo fece entrare lo stesso, perchè gli bastò il suo sguardo per capire che c'era qualcosa di importante che gli doveva dire.
Joey raccontò tutto.
- Ho capito...quindi sei qui per dirmi che usarai i miei insegnamenti per uccidere delle persone, è così?-
Joey sospirò. - Esatto.-
Ora fu il turno di Liu di sospirare.
- E...avanti figliolo, dimmi, quante possibilità hai di riuscire a trovare quegli assassini e di tornare vivo?-
- Poche, maestro, molte poche...-
Liu abbassò leggermente lo sguardo.
- Dimmi qualcosa di questa prigione in cui ha lavorato tua moglie almeno...-
- In realtà c'è poco da dire. Avevano preso me e Damian, un ragazzo che stava aiutando Lily a risolvere il suo problema, e ci condannarono a venticinque anni di prigione. Ci portarono a Old Mission, una vecchia prigione che veniva continuamente rimodernata e restaurata, e rimanemmo lì solo per qualche giorno perchè Lily ci aiutò a scappare molto presto.-
Liu sbarrò gli occhi.
- Tua moglie vi fece evadere dal carcere?-
- Sì, ma è una storia lunga, mi creda...Lily aveva bisogno di incontrare una persona di mia conoscenza e io l'avevo...ricattata- l'ultima parola la pronunciò quasi sotto voce.
- Ricattata?- ripetè Liu ancora più sbalordito.
- Le avevo detto che o ci avrebbe tirato fuori oppure non l'avrei mai portata da quella persona, ma cerchi di capire, a quel tempo ero un'altra persona!-
Il suo maestro lo guardò e sospirò, esattamente come fa una mamma quando vede una nota sul diario del proprio figlio.
- E siete riusciti a scappare senza nessun problema?-
- Sì, perchè durante la nostra permanenza a Old Mission scoprimmo un giro di corruzione fra le guardie e fu aperta un'inchiesta parallela alla nostra evasione. Ne venne fuori una bella condanna per parecchie di loro, incluso il loro responsabile, in cui figurò che erano stati loro a farci evadere.-
- Tutto questo l'aveva pensato tua moglie?- chiese Liu sempre più sbalordito.
- Già, Lily è...era fantastica.-
Seguì qualche minuto di silenzio in cui entrambi abbassarono lo sguardo fissando il tavolo.
- Che fine hanno fatto quelle guardie e il loro capo?-
- Sono stati tutti condannati- poi, capendo il senso di quella domanda, diventò immediatamente bianco in volto. - Mi vuole dire che pensa che sia stato uno di loro?-
 Liu alzò le spalle. - Può essere, sto solo facendo delle ipotesi. Nessuno sa meglio di te cosa è successo durante quel periodo.-
- No, non può essere, la voce al telefono che ho sentito era troppo giovane per essere un mio coetaneo...e tutti là dentro lo erano, anche il loro responsabile.-
Liu si alzò lentamente dalla sedia. - Capisco, capisco. In ogni modo non potrò perdonarti se userai le dodici forme per uccidere qualcuno- lo guardò per un attimo con uno sguardo severo - quindi vedi di farti ammazzare da qualche americano, altrimenti se torni vivo ci penserò io ad ucciderti!-
Joey sorrise, cosa che non faceva più da tanto tempo. Sapeva che Liu avrebbe capito.
- La ringrazio maestro, di tutto.-
- Và figliolo- gli rispose lui ricambiando la stretta di mano. - E cerca di trovare la pace c he ti spetta.-

***



L'indomani mattina alle nove Joey era già in viaggio sull'aereo. Aveva incontrato suo figlio Alexander vicino alla porta di casa, ancora in pigiama, pronto per dargli quello che molto probabilmente era l'ultimo saluto. L'aveva stretto forte a se, così come non aveva mai fatto in tutta la sua vita, e si era scusato con lui per non essere mai stato un buon padre.
Poi era andato in garage a prendere il suo borsone e mentre il taxi lo portava all'aereoporto ne estrasse un piccolo foulard nero che strinse attorno al collo.
Al check-in non ci fu nessun problema con il suo passaporto, se avesse avuto un po' di fortuna sarebbe riuscito a partire per l'America e tornare senza che la polizia francese se ne accorgesse.
Non appena annunciarono il suo volo si diresse a passo svelto verso il gate per essere uno dei primi a salire sull'aereo.
"Steven, chiunque tu sia, sto arrivando". 

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Monnis, certo che uso una betareader, come credi che riesca ad azzeccare tutti i congiutivi sennò? XD
a parte gli scherzi, grazie per tutto l'aiuto che mi stai dando ;)





Fra i tanti dubbi che Joey aveva in testa, quello che gli dava più noia era il non capire perchè scegliere come punto di ritrovo la vecchia prigione di Old Mission. Jean Dastè era stato chiaro: John Roukis era ricercato nella contea di St.Claire e l'Old Mission stava in quella di Jefferson, quindi non c'era apparente nesso fra le due cose. Forse Steven gli aveva voluto dire qualcosa scegliendo proprio quel posto come punto di ritrovo?
In ogni modo ormai era tardi per pensarci. Il comandante di volo avvisò i passeggeri che l'aereo stava per iniziare le manovre di atterraggio e Joey mise momentaneamente da parte i suoi pensieri.
Sceso dall'aereo passò al chek-in d'uscita dando nuovamente tutte le proprie generalità, anche questa volta fu lasciato passare senza problemi.
Uscito dall'aeroporto prese un taxi in direzione "La prigione Old Mission, per favore" e nel giro di tre quarti d'ora arrivò a destinazione. Pagò il tassista, prese il suo borsone e scese in strada.
Il solo rivedere l'edificio-prigione in cui era stato carcerato gli provocò un lieve malessere. I ricordi gli si affollarono immediatamente nella testa, ricordi di Lily e di Damian, il ragazzo con cui passò quei pochi giorni dietro le sbarre, ricordi di tutti quei carcerati con cui aveva litigato e con cui si era battuto e anche ricordi più brutti, come il cibo che faceva schifo o la cella immensamente piccola. Se nella sua vita c'era una cosa su cui era pronto a giurare che non sarebbe mai più riaccaduta, sicuramente quella era il suo ritorno a Old Mission.
Si sforzò comunque di riabbassare lo sguardo fra la gente comune, cercando ovviamente di ignorare quello delle guardie armate che vigilavano all'ingresso, per cercare di intravedere Steven.
Non vide nessuno farsi incontro, ma dall'altra parte della strada c'era parcheggiato in divieto di sosta un piccolo furgoncino grigio che catturò subito la sua attenzione. Due uomini, entrambi appoggiati con le schiene sulla fiancata, lo stavano fissando da quando era sceso dal taxi. Erano entrambi vestiti interamente di nero ma mentre uno era piuttosto basso e biondo, l'altro sembrava il suo perfetto alter ego. Alto quasi due volte il suo compare, nero e senza capelli, sembrava essere in grado di fargli ombra solamente mettendosi davanti a lui.
Il biondo guardò l'orologio e poi disse qualcosa all'altro, dopodichè i due controllarono la strada per attraversarla. Una volta che si furono avvicinati a Joey fu il biondo a iniziare a parlare.
- Sei tu James Hawk? -
Joey sentì una ventata di puzza di fumo non appena i due uomini avevano cominciato ad avvicinarsi.
- E tu sei Steven? -
Il biondo si lasciò scappare un mezzo sorriso.
- No, ma ti portiamo noi da lui. Seguici. -
I due uomini riattraversarono la strada, senza minimamente controllare se Joey li seguisse o no, e una volta arrivati davanti al furgoncino gli aprirono una porta nei sedili posteriori.
- Prego, accomodati - fece il biondo indicandogli con un gesto della mano i sedili.
Non appena Joey entrò capì come mai quei due puzzassero tanto di fumo; l'intero abitacolo ne era impregnato, fumo di sigaretta misto a quello di sigaro.
- Cristo santo! - si lasciò scappare Joey non appena inspirò per la prima volta.
- Che c'è amico? - gli chiese il biondo che si stava mettendo al posto del guidatore. Il gigante nero invece si posizionò al lato passeggero.
- Ma dico li aprite mai i finestrini qua dentro? -
Il biondo si limitò a sorridere e ad avviare la macchina.
Joey fece passare qualche minuto nell'attesa che qualcuno gli dicesse qualcosa, ma visto che nessuno parlava chiese lui qualche spiegazione.
- Si può sapere dove stiamo andando o è tutta una sorpresa? -
- Stiamo andando al Red Monkey, un locale a Ashville. -
"Ashville è nella contea di St.Claire" pensò Joey fra sè e sè.
- E quanto ci vorrà per raggiungere questo posto? -
- Cinquanta minuti, forse qualcosa di più. Ma tu rilassati amico, ci pensiamo noi a portarti dal grande boss - rispose sempre il biondo, accennando una risata.
- Va bene. Ah, una cosa - aggiunse subito dopo Joey, - Io non sono tuo amico, capito biondino? -
L'uomo davanti a lui portò immediatamente lo sguardo sullo specchietto retrovisore per fissarlo negli occhi, ma Joey di sguardi assassini ne aveva visti a centinaia e quello non era neanche lontanamente paragonabile al peggiore che aveva visto. Si limitò quindi a ignorarlo completamente.
Il viaggio lo fecero per tutto il tempo in assoluto silenzio, ogni tanto uno dei due si accendeva una sigaretta per poi buttarla fuori dal finestrino nel giro di qualche minuto. Dopo circa un'ora arrivarono al Red Monkey. Nonostante fossero solamente le 6 di sera il cielo era già diventato buio e si era alzato anche un leggero vento freddo.
Il furgoncino fu parcheggiato nell'ampio parcheggio davanti al locale e i tre scesero praticamente all'unisono dalla macchina. Joey fece per prendere il suo borsone ma il biondo lo interruppe subito.
- Quello lo puoi anche lasciare lì, tanto dentro al Red non ti serve. -
Joey alzò appena un sopracciglio.
- Vuoi dire che poi torneremo qui? -
- Sì, diciamo di sì - rispose riaccennando la stessa risatina di prima. Il nero invece aveva sempre la stessa espressione da quando lo aveva visto.
- E poi ti devo perquisire - aggiunse il biondo.
- Umph, ti risparmio la fatica. Non sono armato. - ripose Joey fissando l'insegna luminosa del Red Monkey.
- Devo perquisirti lo stesso - rispose il biondo avvicinandosi a Joey.
- Come vuoi - disse alzando le braccia. Effettivamente Joey era disarmato e la perquisizione non portò ad alcun risultato.
Quando dopo aver percorso a piedi il lungo parcheggio del locale finalmente entrarono, Joey pensò di essere finito nel set di qualche film. Superato l'ingresso dove bastò un cenno del biondo per essere lasciati passare, Joey si ritrovò dentro un'enorme stanza strapiena di ragazzi e ragazze che ballavano. Fu come essere catapultato d'improvviso in un altro mondo; non c'era nessuna di loro che non potesse concorre a miss mondo da tanto erano belle e non c'era nessun uomo che potesse invidiare qualcosa ai sex symbol del cinema. Ovunque Joey vedesse trovava ragazze e ragazzi bellissimi intenti a ballare, parlare o semplicemente bere qualcosa, tutti rigorosamente vestiti con abiti e scarpe il cui prezzo avrebbe fatto impallidire lo stipendio dei suoi operai.
Fortunatamente per lui non fu uno spettacolo che guardò a lungo perchè il biondo, dopo aver parlato con quello che sembrava un buttafuori all'ingresso della stanza, lo condusse al secondo piano di quell'immensa sala. Una volta arrivati di sopra passarono attraverso una porta lontana dai vari tavolini e dopo un breve corridoio finirono dentro una piccola stanza ammobiliata con molta cura.
Lo stile sembrava quasi classico; la grande scrivania presente al centro sembrava di legno pregiato e i quadri attaccati alle pareti erano tutte copie di famose opere del settecento. Sia sulla scrivania che sugli altri piccoli mobili presenti nella stanza c'erano moltissimi soprammobili, qualcuno anche raffigurante figure religiose.
- Tu aspettami qui che io vado a chiamare Steven - disse il biondo lasciando Joey da solo con il colosso nero. Nel momento in cui aprì la porta per uscire entrambi furono nuovamente investiti dalla musica ad altissimo volume del locale, che fortunatamente sembrò scomparire nel momento in cui la porta si chiuse.
Joey si aspettava di vederlo comparire a breve, invece si fece attendere per circa cinque minuti. Stufo di aspettarlo, iniziò a guardare i molti fogli presenti sulla scrivania, spostandone qualcuno che non era completamente visibile per via della quantità di tagliacarte e biro presenti.
- Ehy amico non toccare le cose che non sono tue - tuonò il nero che per la prima volta gli rivolgeva la parola.
Joey rimise a posto il foglio, dopodichè si voltò verso di lui. - Ti ho già detto che non sono amico tuo, bestione! - gli rispose con una certa rabbia. Il gigante lo guardò per un attimo furibondo, poi iniziò a scricchiolarsi le mani e ad avvicinarsi.
Prima che potesse succedere qualsiasi cosa si aprì la porta.
Entrò un ragazzo vestito di bianco dalla testa ai piedi, un paio di ragazze svestite come se fossero in spiaggia ad agosto e il biondino che l'aveva condotto lì.
- Non ci posso credere! Ragazzi, abbiamo portato veramente Dagger qui! - esclamò il ragazzo.
Joey lo squadrò da capo a piedi: era vestito molto bene, il vestito bianco completamente pulito e stirato e le scarpe erano splendenti come se fossero state appena lucidate. La barba perfettamente fatta e due mani curate, quell'uomo era tutto fuorchè un criminale.
- Porca miseria! Ma lo sai che da queste parti sei una specie di eroe? - continuò lui, iniziando a girare attorno alla scrivania per andare a sedersi sulla grande poltrona che c'era al centro.
- Dimmi un po', Dagger, Billy one-eye dice sempre che ha perso l'occhio al militare quando gli è esplosa una bomba in faccia, ma qualcuno dice che sei stato tu a farlo diventare così! Qualcuno dice che ti aveva fatto un torto e tu per vendetta hai cercato di cavargli via l'occhio con del filo spinato, è vero? -
Joey vide una leggera smorfia di disgusto dipingersi sulle labbra di una delle due ragazze appena entrate.
- Sei tu Steven? - chiese lui ignorando la domanda del giovane.
- Su avanti Dagger, toglimi questa curiosità! -
Joey sospirò.
- Sì, è vero. -
Il giovane scoppiò a ridere. - Per la miseria Dagger! Ma allora è proprio vero che sei il figlio di puttana schizzoide che tutti dicono! - poi prese la bottiglia di liquore presente sulla sua scrivania e iniziò a riempirsi un bicchiere. - O per lo meno "che eri", ti vedo un po' invecchiato sai? -
- Sei tu Steven? - chiese nuovamente Joey.
- Sì sono io Steven, caro il mio James Hawk. Bentornato in America! - esclamò allargando le braccia. - Vuoi? - gli chiese indicando il bicchiere pieno di liquore.
- No - rispose secco lui. - Ora mi vuoi spiegare? - chiese avvicinandosi alla scrivania.
- Solo un'ultima curiosità, te ne prego! Ti ricordi quando hanno commissionato a te e a Rei di far fuori il figlio di Twisty? Rei dice che quel giorno eri talmente tanto ubriaco che ti eri dimenticato la faccia del bimbo...e allora appena ti hanno avvisato che stava uscendo da scuola la sua classe tu hai svuotato un intero caricatore di AK-47 su di loro, giustificandoti con Rei che ti guardava allibito con un "ora chiunque fosse è morto"? E' vero? -
- Basta con queste stronzate! - urlò Joey. - Arriviamo al dunque brutto bastardo! -
Steven diventò immediatamente serio. - Toglimi quest'ultima curiosità Dagger, poi rispondo a tutte le domande che vuoi. -
Joey sospirò un'altra volta.
- Sì, è andata esattamente come ha detto Rei -
Steven scoppiò a ridere un'altra volta, spingendosi leggermente lontano dalla scrivania.
- Oddio Dagger, che pezzo di merda che sei! Ma come si fa ad ammazzare i bambini? Capisco ancora ancora le donne...ma i bambini... - svuotò in un sol colpo il suo bicchiere. - Comunque, siediti che arriviamo al dunque -
- Preferisco rimanere in piedi - rispose immediatamente Joey.
- Ho detto di sederti - ribattè prontamente Steven. Se la situazione non fosse stata così pericolosa Joey si sarebbe messo a ridere. Quello Steven non aveva nè la faccia nè il tono da duro e vederlo dare ordini provocava solamente una grande ilarità. Comunque si sedette.
- Bene. Allora Dagger, cosa vuoi sapere prima? Chi sono io? Chi sono quei due che hanno fatto fuori tua moglie? -
- Inizia col dirmi come hai fatto a trovarmi - rispose Joey socchiudendo gli occhi.  
- Beh, sarebbe più corretto chiedere come abbiamo fatto a trovarvi, visto che il vero scopo del viaggio dei miei uomini è sempre stato Lily. -
Joey rimase un attimo in silenzio.
- Non volevate me? - chiese abbastanza incredulo.
- A mio padre di te frega poco, in tutta sincerità. A lui basta che tu finisca all'obitorio, ucciso qua in America o là in Francia non fa differenza. Io invece ho insistito affinchè potessi venire qui, così almeno potevo conoscerti...prima di ammazzarti. -
Joey non credeva alle sue orecchie.
- E chi sarebbe tuo padre? - chiese tutto d'un fiato.
- Ivan Kimberlin, e io sono Steven Kimberlin, ovviamente. -
A Joey mancò per un attimo il respiro. Non poteva credere che tutto questo stava succedendo per colpa di Kimberlin. Quando lo conobbe in prigione ad Old Mission ricopriva la carica di capo delle guardie; era un pervertito e un sadico, uno di quelli che si divertiva a torturare i carcerati e a stringere patti con i criminali più noti. Approfittava della sua carica di capo-guardie per far tacere i suoi sottoposti sui patti più disonesti che prendeva con i carcerati e con molti di loro aveva stretto un'amicizia che si era protratta oltre il periodo di degenza all'Old Mission. Quando fiutò che Lily stava addossando a lui la colpa dell'evasione di James mandò un suo uomo ad ucciderla, uno di quelle persone strafatte di eroina che a momenti neanche si ricorda più come chiama. Un capo-guardie ovviamente non dovrebbe avere certe conoscenze.
- Che c'è Joey Jacquet? - Steven pronunciò lentamente il suo nome e cognome. - Non te lo aspettavi vero? -
- Lui...lui è in carcere! - rispose Joey nuovamente di impulso.
- Oh, certo, c'è stato per venti lunghi anni, grazie a tua moglie che ce l'ha mandato. Due mesi fa è finalmente uscito e ora vuole recuperare il tempo perso, oltre ovviamente a sistemare chi gli ha fatto fare quella fine. -
- Vent'anni? -
- Già, visto che è risultato colpevole anche dell'omicidio di un detenuto trovato morto la sera stessa dell'evasione. Per tutte le sue accuse venti sono comunque poco, lo so...ma papà era molto più furbo di quanto la tua stronza moglie pensasse. Aveva agganci in alto, molto in alto e soprattutto era amico di parecchia gente ricca che lo aveva pagato per avere un occhio di riguardo per un figlio magari un po' troppo ribelle finito in galera, o al contrario di avere la mano pesante con un detenuto che era meglio se non sarebbe mai uscito di prigione. Quando arrivò l'accusa di aver organizzato la fuga di voi detenuti minacciò il capo di Old Mission  di spifferare tutto quello che sapeva e contattò anche tutte le persone a cui aveva fatto favori in quegli anni...e riuscì a raccogliere i suoi frutti, per così dire. -
Steven  si allungò per prendere nuovamente la bottiglia di liquore, se ne  versò un altro bicchiere e poi ricominciò a parlare.
- Purtroppo scoprì che le accuse a suo carico erano troppo schiaccianti e per lui non c'era niente da fare. Neanche con i migliori avvocati del mondo pagati dai suoi amici sarebbe potuto risultare innocente. Tua moglie aveva fatto proprio un bel lavoro facendo ricadere tutta la colpa su di lui sai? La galera fu impossibile da evitare, però riuscì...come dire...a pensare al futuro. -
Buttò giù nuovamente con un colpo solo tutto il liquore presente nel bicchiere.
- E il futuro saresti tu? - chiese Joey che iniziava a sentirsi la gola secca a furia di vedere Steven che beveva.
- Esattamente! Ci provò a lungo a minacciare tutte le sue conoscenze di farli finire in carcere con lui se non lo avessero salvato, ma quando vide che nonostante questo proprio non si riusciva a trovare un piccolissimo dubbio da insinuare nella giuria, allora pensò a me che al tempo avevo dieci anni. Che bravo paparino vero? -
Una delle due ragazze che aveva alle spalle sorrise e gli appoggiò una mano sul braccio.
- Ovvero? - chiese Joey sempre più stupito da quello che stava sentendo.
- Mosse un po' le acque per accertarsi che io riuscissi ad avere un futuro pieno di soldi e felicità, mettiamola così. - Sul suo volto si allargò un sorriso. - La gestione degli appalti in queste zone è da sempre controllata dalla mafia, si sa. Mio padre chiese...o meglio ordinò, che al raggiungimento della maggiore età io potessi entrare a far parte di queste "famiglie", per così dire. E così andò. -
- E in questo modo quando lui sarebbe uscito di galera avrebbe vissuto nel lusso dei soldi che avresti guadagnato tu in tutti quegli anni in cui lui sarebbe rimasto in carcere... - concluse Joey.
- Esattamente. D'ora in poi a mio padre spetta una vita fatta solo di gioie e di ricchezze e lo stesso vale per me. Mica male no? -
Joey si portò le mani sul volto, chiudendo gli occhi.
- Non mi hai ancora detto come hai fatto a trovarci -
- Ah sì, giusto! Eravamo sicuri che prima o poi qualcuno di voi sarebbe tornato in carcere, visti i vostri caratteri. E sai chi abbiamo trovato nella prigione di Regensburg, in Germania? Benjamin Mallory! - Poi, vedendo che Joey non aveva neanche mosso un muscolo tenendosi ancora gli occhi coperti dalle mani, riprese - Ehy Dagger hai sentito? -
Joey inspirò a fondo, dopodichè riportò le mani sulle ginocchia. - Non ho la minima idea di chi cazzo sia questo Mallory, Steven -
- Eh, certamente! Voi balordi vi conoscete solo con gli stupidi soprannomi che vi date! Lui era Black Dog, ora ti ricordi? -
A Joey per poco non prese un colpo. Black Dog era il terzo detenuto scappato quel giorno assieme a lui e a Damian, erano rimasti in contatto per un po' dopo che le acque si furono calmate ma dopo pochi anni smisero di sentirsi. L'ultima volta che Joey lo sentì per telefono gli aveva detto che sarebbe andato in Germania per  vedere se era un paese migliore dell'Italia, paese dove viveva da quando era evaso dall'Old Mission, altrimenti se ne sarebbe tornato in America, a rischio di finire nuovamente in galera. L'Europa non faceva proprio per lui, continuava a ripetere.
- Sì, mi ricordo - rispose Joey sommessamente.
- E...? Non hai niente da dire? -
- Perchè, cosa dovrei dirti? Forse come mai ha rivelato a voi dove stavamo io e Lily? Lo avrete torturato di sicuro per farvelo dire -
Steven scoppiò a ridere. - Esatto, Dagger, esatto! E sai cos'ha detto quel bastardo dopo avercelo detto, quando ormai era in punto di morte? "Tanto non ce la farete mai a farle del male, Lily sta con Hawk ora...non riuscirete neanche ad avvicinarvi a lei che Dagger vi avrà già fatto fuori!" Proprio così ha detto! Quanto si è sbagliato eh? Non solo non ci hai fatti fuori, ma abbiamo fatto del male eccome a Lily! - e tornò nuovamente a ridere. Joey strinse i pugni dalla rabbia.
- Quindi ora che si fa Steven? Mi spari un colpo in testa e la facciamo finita? -
- Oh no, non così in fretta. Questo onore lo lascio a mio padre, che mi ha raccontato in passato di avertene già date un bel po' quando stavi a Old Mission. Il mio compito è solamente quello di...renderti docile per quando lui arriverà qui, così che potrà dirti quello che vuole e poi farti fuori. Dopodichè entrerà a far parte al cento per cento dei miei affari e vivremo felici e contenti, come nelle fiabe. Bello, vero? -
Joey aveva pensato a moltissime persone quali colpevoli di quello che era successo a Lily, ma a Kimberlin proprio no, lui non l'aveva neanche calcolato. Era un bastardo, certo, ma non aveva mai pensato potesse essere pericoloso fino al punto di riuscire a minacciare alte cariche della contea per perseguire i suoi scopi. Di tutti i balordi che aveva conosciuto, Kimberlin era sicuramente uno dei più insulsi.
Cercò di ricordarsi gli insegnamenti di Liu Shulan e di cosa gli diceva quando si doveva misurare con molti nemici all'interno di una piccola stanza. Gli uomini potenzialmente pericolosi erano sicuramente due, ovvero il biondo e il colosso nero dietro di se, più eventualmente Steven, anche se non sembrava armato. Le due ragazze alle spalle di Steven poteva anche non considerarle visto che sembravano semplicemente due prostitute di alto conto.
Mosse velocemente gli occhi a destra e a sinistra per confermare la posizione del biondo; era dietro di lui alla sua destra, mentre il colosso stava alla sua sinistra.
- Beh? Hai perso la parola? Stai per caso recitando le tue ultime preghiere? - domandò Steven vedendo che Joey non rispondeva.
- No, niente di tutto questo. Cosa facciamo adesso Steven? Mi fai bere del tranquillante? Mi fai pestare dai tuoi uomini? -
- Uhm...sì, qualcosa del genere - rispose Steven, facendo un gesto ai due che Joey aveva alle spalle.
Dagger riuscì con la coda dell'occhio a vedere che il biondo si stava avvicinando con qualcosa in mano; teneva le due mani strette a pugno a una distanza di trenta centimetri circa fra loro e si avvicinava a passo lento, come se non volesse farsi scoprire.
"Un filo di ferro" pensò, prima di riuscire a vedere il biondo portargli velocemente le mani sulla testa per poi scendere fino a stringersi al collo. Joey fece appena in tempo ad alzare le mani mettendole fra il suo collo e il filo prima che il biondo riuscisse nella sua opera assassina.
- Yhaa! - urlò il biondo che iniziò a stringere incurante delle mani di Joey che erano rimaste imprigionate nella morsa. Joey si sentì i palmi sanguinare all'istante; non doveva essere un semplice filo di ferro ma qualcosa di decisamente più affilato.
- Suvvia Dagger, non opporre resistenza! Soffrirai solo di più! - disse Steven ridendo.
Ma Joey era pronto al contrattacco.
Mise un piede contro la scrivania e si diede una spinta all'indietro con tutta la forza che aveva, cadendo all'indietro con tutta la sedia e liberandosi di conseguenza dalla stretta mortale del fil di ferro. Appena colpì con la schiena per terra alzò velocemente una gamba colpendo il naso del biondo con il tacco del suo stivale. Si sentì un sordo -crack- all'interno della stanza e il naso del biondo iniziò a schizzare sangue peggio di una tubatura rotta.
Joey ne approfittò per alzarsi in piedi con un colpo di reni. Non fece neanche in tempo a portare gli occhi sul nero che il colosso gli era già addosso. Gli portò le enormi mani al collo spingendolo contro il muro, colpendo un piccolo tavolino lì affianco che rovesciò per terra tutti i soprammobili che vi erano sopra.
- Ehy non distruggete le mie cose brutti balordi! - urlò Steven che si era appena alzato.
Le mani del nero erano una vera morsa d'acciaio ma si era lanciato troppo velocemente e in maniera troppo avventata per effettuare quella presa. Joey portò una mano sul braccio sinistro del nero spingendolo verso il basso e con l'altra colpì con tutta la forza che aveva il gomito del suo avversario dal basso verso l'alto. Si sentì un altro -crack-.
- Per la miseria! Jana, dammi subito una pistola!- guaì Steven rivolgendosi a una delle due ragazze che iniziò ad armeggiare con le mani dentro la sua borsa.
Nel frattempo il nero era caduto in ginocchio urlando di dolore, il braccio gli era stato rotto e quello era un dolore che sentivano tutti, grandi o grossi che fossero. Joey lo colpì con un pugno facendogli letteralmente voltare la faccia, poi gliene diede un altro con l'altra mano nella direzione opposta.
Il nero cadde quasi completamente privo di sensi.
Stava per infierire ulteriormente su di lui quando vide che una delle due prostitute aveva finito di frugare nella sua borsa e aveva appena passato a Steven una piccola pistola. Fece appena in tempo a buttarsi per terra che partì un colpo.
- Cazzo! - urlò Steven che si rese conto di averlo mancato.
Joey si alzò il più velocemente possibile verso la porta e fece appena in tempo ad aprirla e a lanciarsi fuori che partì un altro colpo. Lo prese di striscio alla spalla destra, ma era ancora in grado di camminare.
Corse a perdifiato per tutto il corridoio che lo separava dalla grande stanza dove i giovani stavano ballando e appena rientrò nell'enorme sala sentì partire un terzo colpo. Si buttò nuovamente a terra per evitarlo e fu colpito un ragazzo che stava ballando proprio davanti a lui, cadendo per terra morto sul colpo. La ragazza che gli era affianco esplose in un urlo d'orrore.
Joey approfittò della confusione che stava nascendo per saltare giù al piano inferiore, per poi correre velocemente verso l'uscita. Dietro di lui iniziava a sentire un numero crescente di urla.
Appena fuori si guardò attorno: una coppia di ragazzi si stava avvicinando a una Audi R8 le cui luci iniziarono a lampeggiare non appena il ragazzo schiacciò sul telecomando delle chiavi.
Corse nella loro direzione senza guardarsi dietro e appena gli fu vicino assalì il ragazzo buttandolo a terra e prendendogli le chiavi.
In quell'esatto momento Steven uscì dalla discoteca e si guardò attorno. - Dove cazzo è finito?! - urlò  alle due ragazze che lo avevano appena raggiunto.
Joey si infilò in macchina lasciandosi alle spalle la ragazza che piangeva e urlava alla stessa maniera e mise velocemente in moto. Steven fu attirato dalle urla della ragazza e guardò nella sua direzione: appena capì che dentro a quella R8 che partiva sgommando c'era Joey sparò qualche colpo, ma ormai era troppo tardi.
Joey era già uscito dal parcheggio e stava scomparendo a gran velocità nel buio della notte.

***



Quando la donna vide sul display del cellulare il numero di James Hawk, strabuzzò gli occhi pensando di aver letto male.
- Oh mio Dio, sei veramente tu James? -
- Sì, sono io Lucrece -
La donna si sedette. - E perchè mi stai chiamando? Che è successo? -
- Te lo spiego quando arrivo, stai ancora al 44th St.Ensley? -
- Ehy che...cosa cazzo vuol dire "quando arrivo"? -
- Tu dimmi se hai ancora la casa lì -
- Ferma un attimo! Dove sei? Da dove mi stai chiamando? -
- Ho bisogno di un posto dove dormire stanotte, Lucrece -
- James per Dio! Smettila! Rispondi alle mie domande! -
Joey si lasciò scappare un sorriso silenzioso.
- Sono a quaranta minuti da casa tua. -
- Cosa?? Che ci fai in America? Perchè sei qui? Dov'è Lily? -
- Te l'ho detto è una storia lunga...ti spiego appena arrivo, ciao -
- Come "ciao"? No fermati James, non puoi venire qui! Ho degli ospiti! -
- E allora vorrà dire che li butterai fuori, se non vuoi che mi vedano. A fra poco -
Joey terminò la chiamata. Nel giro di neanche dieci secondi vide il suo cellulare vibrare: era Lucrece che lo stava richiamando.
Joey non rispose, si limitò solamente a spingere ulteriormente sul pedale dell'acceleratore.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


nydrali, grazie mille milioni per i complimenti :) sono felice di aver finalmente chiarito il mistero jason/james, iniziavo a pensare di aver letto male io ^_^' spero ti possano piacere anche tutti i prossimi capitoli, ciao!





- Secondo me qua ci vorrebbe un punto, forse anche due. Che vuoi fare? -
Lucrece era in piedi davanti a Joey con una forbice in una mano e un grosso cerotto nell'altra.
- Limitati a disinfettare e a mettermi una garza, andrà più che bene. -
- Ehy ma che modi sono? Guarda che non sono mica la tua infermiera personale! - rispose sbuffando. - Vado a prenderti le bende - aggiunse appoggiando sul tavolo il cerotto e le forbici.
Joey ne approfittò per guardarsi intorno.
La casa era veramente bella, una di quegli open space in cui le stanze sono separate solamente da  bassi muretti alti neanche un metro.
Quando la donna tornò non mancò di farglielo notare.
- Ti tratti sempre bene eh Lucrece? -
- Vaffanculo James - rispose lei, iniziando a fasciargli il braccio. - Non hai neanche idea di cosa ho passato negli ultimi anni. -
- E perchè non me lo racconti? - chiese lui divertito dal suo atteggiamento scontroso.
- Credimi, se te lo dicessi ti verrebbe un colpo! - poi, prima che lui potesse rispondere qualcosa, aggiunse - che non sarebbe una brutta cosa, così magari muori e la smetti di rompermi le palle -
Joey rise divertito.
- Allora? - la incalzò poi.
- Collaboro con la polizia da cinque anni, James -
Joey smise di respirare per qualche secondo, sobbalzando sulla sedia.
- Che cosa?? - chiese sgranando gli occhi.
- Mi avevano incastrata per bene, che dovevo fare? Iniziare una guerra burocratica contro tutto lo stato dell'Alabama? Avrei speso un mucchio di soldi in avvocati e forse non avrei neanche vinto...-
- Ma per cosa ti avevano beccato? - chiese Joey ancora incredulo da quello che sentiva.
- Commercio di armi, ma non hanno mai voluto buttarmi dentro sul serio. Lo sapevano che avrei potuto portarli da gente molto importante...e allora mi hanno offerto di fare un po' di nomi in cambio di un forte sconto di pena. - Finì la fasciatura, dopodichè si sedette anche lei.
- Porca miseria...non ti ci vedo proprio a collaborare con gli sbirri - disse Joey il cui respiro iniziava a tornare normale.
- Neanche io, che credi? Ma se mi avessero lasciata libera e confermato che i nomi che avrei fatto non sarebbero mai più usciti di galera, perchè no? I soldi da parte ce li ho, alla fine non era una proposta troppo brutta...-
I due rimasero per qualche secondo in silenzio.
- E' per questo che te ne devi andare James, non puoi stare qui. Quegli stronzi potrebbero entrare da quella porta da un momento all'altro e se ti trovano qui...-
- Davvero ti entrano in casa a qualunque ora del giorno? -
- Lo facevano i primi anni, poi hanno capito che facevo la brava e adesso si comportano un po' più civilmente. -
Joey sorrise guardandola con la testa piegata di lato.
- Se ti conosco almeno un po', sono sicuro che tu "la brava" non la stai facendo, neanche se collabori con la polizia -
Lucrece alzò le spalle e assunse un'espressione innocente. - Beh, è chiaro che qualche progettino riesco a mandarlo avanti lo stesso...ma sono controllatissima James, non è mica più una passeggiata come prima. -
Joey si piegò leggermente in avanti. - Arriviamo al dunque, Lucrece. Ho bisogno di aiuto. -
- Ecco, è il caso che tu inizi a raccontarmi un po' di cose. Che ci fai qui? -
Joey raccontò tutto, partendo dai suoi giorni in Francia fino a quello che era successo poche ore prima.
- Per la miseria...e cosa intendi fare adesso? - Lucrece sembrava veramente stupita.
- Beh ovvio, ucciderli tutti e quattro -
- Quattro? -
- John Roukis, l'altro la cui faccia non si vede nel video, Steven e Ivan Kimberlin. -
Lucrece come risposta scoppiò a ridere.
- Ma sei pazzo? Guarda che i Kimberlin ormai fanno parte del giro di St.Claire, mica li puoi ammazzare! -
- E cosa vuoi che mi interessi? - chiese Joey mostrando il suo sguardo più serio.
- Non mi piace questa cosa James, non mi piace proprio per niente. Uno degli aspetti che più mi piaceva di te era quello che sapevi sempre chi ammazzare e chi no, e questi sono quelli che un tempo avresti catalogato come "no". -
Joey sospirò. - Sì, forse un tempo lo avrei fatto. Ma ormai è tutto diverso, ora sono come uno di quegli eroi dei film che "non hanno più niente da perdere", hai presente no? -
- E Alexander? -
- Alexander starà meglio con sua zia che con me, questo è poco ma sicuro. -
- Mah - sospirò Lucrece. - A me serve un whisky. Vuoi? - gli chiese alzandosi.
- Sì grazie. -
Il rapporto che legava Joey a Lucrece non era stato chiarito a nessuno, nemmeno a Lily. Chiunque li avesse conosciuti sapeva una sola cosa: Joey doveva averle fatto un favore veramente enorme affinchè Lucrece lo trattasse in quel modo. Lei era stata in assoluto la donna più pericolosa di tutta l'America, ma nonostante questo aveva trattato Joey sempre con un occhio di riguardo, dandogli una mano quando realmente gli serviva.
Quando tornò con i due bicchieri di whisky in mano, ricominciò a parlargli preoccupata.
- Comunque James non mi hai detto cosa vuoi da me. Potevi andartene in un albergo, perchè scomodarti ad arrivare fin qui? -
Joey prese il bicchiere e ne bevve immediatamente quasi tutto il contenuto.
- Perchè ho bisogno di un po' di equipaggiamento e di informazioni - le rispose esternando un sorriso strafottente.
- Allora hai proprio sbagliato caro mio, perchè io non posso darti nè l'uno nè l'altro -
- Suvvia Lucrece, non dirmi che adesso perchè collabori con la polizia non hai più qualche bel M16 nascosto sotto il letto! E poi voglio che mi dici tutto di Kimberlin e di suo figlio, devo avere qualcosa da cui partire -
- No, fottiti James! Non ho nessun Kalashnikov dentro lo sgabuzzino e non ho neanche nessuna informazione sull'uomo che cerchi! Sono fuori da queste cose e non voglio neanche saperne niente! -
- E allora chiedi a qualcuno, se tu veramente non sai niente. - le rispose con tono secco.
- Neanche! Sai come vanno a finire queste storie? Te lo dicono io: lo stronzo di turno dopo averti fatto fuori vuole scoprire chi ti aveva passato l'informazione sul come trovarlo e così arrivano a me! E sono fottuta anche io! No, non ci penso nemmeno, non ti dirò niente! -
- Ma perchè fai così Lucrece? - sbottò Joey. - Ti sto solo chiedendo qualche informazione, mica di imbracciare una mitragliatrice e di venire con me ad ammazzare quei bastardi!-
Lucrece si fece improvvisamente seria, guardandolo fisso negli occhi.
- Mi spiace per quel che è successo James, sul serio, ma non ti posso aiutare. Se fosse successo tutto questo cinque anni fa ti avrei dato una mano, ma ora vivo in una situazione troppo delicata per poter anche solo pensare di compromettermi. -
Dopo una risposta del genere, Joey capì che era inutile insistere. Lucrece non aveva di certo perso il suo caratterino, ma dimostrava di essere veramente spaventata dalla situazione che stava vivendo.
Finì il suo whisky, dopodichè si alzò in piedi.
- Ok, ho capito. Troverò qualcun altro in grado di dirmi dov'è Kimberlin, non c'è problema. Ci metterò solo un po' più tempo - concluse appoggiando il bicchiere sul tavolo.
Lucrece lo guardò ancora da seduta.
- Hai paura che la polizia francese si metta in contatto con la nostra appena risulterai scomparso vero? -
- Sì infatti, è per quello che speravo di far presto. Se non ho basi da cui partire sarà tutto più complesso, ma vabbè, in ogni modo non sarebbe stato facile comunque. -
I due si fissarono ancora, come se riuscissero a comunicarsi gli stati d'animo guardandosi semplicemente negli occhi.
- Senti James, una verifica che potresti fare senza perdere troppo tempo sarebbe quella di scoprire se sua figlia è veramente morta o no... -
Joey spalancò gli occhi. - Sua figlia? -
- Sì, quella che fece tutto quel casino sul Time Daily, io credo che sia morta ma...visto che sei nei guai, tentar non nuoce. -
Joey si risedette subito.
- Kimberlin ha anche una figlia? Ma in quanti sono in quella dannata famiglia? -
- Ci sono solo Steven e lei, stai tranquillo. Oltretutto la madre è un'altra donna, questa era una cubana arrivata da poco in America che si era fatta abbindolare dalle belle promesse di Ivan. Questa ragazza due anni fa ha fatto scoppiare uno scandalo sul giornale spifferando informazioni sugli appalti truccati che il fratello vinceva, e pochi giorni dopo è sparita e nessuno l'ha più ritrovata. Il corpo di sua madre invece fu trovato un mese dopo. -
- Aspetta, aspetta...innanzitutto come si chiama questa ragazza? Quanti anni ha? -
- Kimberlin l'ha saputo in carcere di avere una figlia, probabilmente l'ha concepita poco prima di finirci dentro. Ammesso che sia ancora viva, ora dovrebbe avere vent'anni. -
- E lei ha denunciato il fratello Steven? E perchè l'avrebbe fatto? -
- Nessuno lo sa esattamente. Ricordo solo che sul Time Daily era apparso questo articolo di fuoco in cui si diceva che lei aveva le prove che suo fratello era un mafioso e che intendeva denunciarlo. Non passò neanche una settimana che scomparve. Qualcuno dice che il fratello le era talmente affezionato che la risparmiò, mentre invece la madre fu ammazzata immediatamente. Fu un articolo che mise paura a tutto il complesso mafioso di Kimberlin, ma fortunatamente per loro svanì tutto nel giro di pochi mesi. Se lei è ancora viva e tu riesci a trovarla allora...beh, avrai tutte le informazioni che vuoi. -
- Lui le era affezionata e lei lo denuncia? C'è qualcosa che non va Lucrece... -
- Lo so anche io, che credi James? Come ti ho già detto nessuno sa cosa ha spinto quella ragazza ad agire così, posso solo dirti che mi ricordo benissimo che nelle foto che scattavano a lui quando andava in qualche posto famoso c'era sempre anche lei, molto spesso addirittura sottobraccio. Qualcuno parlava anche di incesto fra loro due tanto sembravano affiatati, fai tu. -
Passò qualche secondo in cui nessuno parlò.
- Ammesso che lei sia ancora viva, dove si troverebbe ora? -
- Mah, qualcuno dice che Steven la sbattè in un bordello di periferia obbligandola a prostituirsi come punizione per quello che aveva fatto, pena la morte se non avesse accettato. Ma come ti dicevo prima sono solo voci, sinceramente non saprei dirti di più. -
Joey ci pensò ancora per qualche secondo, poi decise che una persona del genere valeva troppo per non provare nemmeno a cercarla.
- Come hai detto che si chiama questa ragazza? -
- E chi se lo ricorda! Aveva uno di quei cazzo di nomi cubani impronunciabili, ma se la vuoi cercare sappi che è mulatta, quindi il cerchio si restringe. -
- E se fosse vera quella storia del bordello, quale potrebbe essere? -
Lucrece alzò leggermente gli occhi corrugando la fronte, ci pensò qualche secondo e poi rispose.
- Si vocifera che l'abbia sbattuta in uno di quelli squallidi da quattro soldi, che nella periferia di Ashville sicuramente non abbondano. A meno che non ne abbiano chiusi o aperti di recente...direi che dovrebbe stare o al "Bigboobies" o al "Badgirls", altri posti non ci sono. -
Joey sembrò pensarci su e questo diede il tempo a Lucrece di riprendere il discorso.
- Però James, sul serio, non so quanto tutte queste storie siano vere. E' molto più probabile che l'abbia fatta fuori insieme alla madre, credimi. -
- Sì forse è così, però vale la pena assicurarsene, non credi? -
- Forse... - rispose lei fissandolo negli occhi.
Joey si rialzò e questa volta si diresse verso la porta. Lucrece lo seguì fino all'ingresso.
- Ascolta James - gli disse mentre apriva la porta. - Magari un'arma riesco a procurartela ok? Tu non fare pazzie per averne una, nel giro di al massimo due giorni ti so dire qualcosa. -
Joey sorrise, perchè sapeva che con Lucrece ogni volta andava a finire così. Iniziava sempre col trattarlo male, qualsiasi cosa chiedesse o volesse, e dopo averlo insultato il più delle volte finiva sempre con l'accontentarlo. Era uno strano rapporto quello che legava quei due, ma entrambi sapevano di poter contare sull'altro se veramente ce ne era bisogno e a loro bastava.
- Ok. Rimaniamo in contatto allora, ciao. -
Uscì da casa dirigendosi verso la R8 parcheggiata dall'altro lato della strada.
- Ehy James, ma è tua quella? - gli urlò Lucrece che era rimasta sulla soglia della porta.
- Figurati! Diciamo che l'ho presa in prestito... -
- Mi vuoi dire che hai parcheggiato davanti a casa mia un'auto rubata? Ma sei impazzito? Vattene subito da qua brutto idiota! - gli urlò, e Joey sorrise di nuovo per il pessimo carattere della sua conoscente.
Mise in moto e partì, diretto alla ricerca di un posto dove dormire.

***



Quando l'indomani si svegliò nella stanza del primo hotel che aveva trovato la sera precedente, i suoi pensieri andarono subito ad Alexander e alla situazione che aveva lasciato in Francia.
Gli sarebbe piaciuto veramente molto poter chiamare a casa per sapere come andavano le cose, se Jean Dastè aveva già mandato fax con il suo identikit a tutto il mondo oppure se suo figlio o Morgana fossero riusciti a persuaderlo del fatto che non era scappato.
Si concesse tutta la mattina per pensare a queste cose poichè i due posti che gli aveva elencato Lucrece aprivano di sera, quindi significava che aveva tutta la giornata libera per pensare a un piano.
Innanzitutto cercò un internet point dove poter usare qualche motore di ricerca per trovare la ragazza. Inserì le parole "scandalo Kimberlin Time Daily sorella" e trovò abbastanza velocemente un sito che conteneva una pagina in cui si parlava di ciò che era successo. Non trovò dettagli aggiuntivi rispetto a quello aveva raccontato Lucrece , però trovò il nome della ragazza: Neira Yamaris. Proprio come aveva detto lei, uno "di quei cazzo di nomi cubani impronunciabili".
Spense tutto e uscì dal locale, non aveva bisogno di altro se non di provare direttamente a scoprire se questa Neira era ancora in vita o no. Passò il resto della giornata chiuso nella sua stanza d'albergo, uscendo solo per comprarsi da mangiare. Disse al ragazzo della reception che non sapeva quante notti si sarebbe fermato; se fosse riuscito a ritrovare Neira l'avrebbe portata lì e quindi gli poteva servire avere ancora per qualche giorno un posto sicuro dove tornare.
Appena arrivata sera scese in strada e si recò al primo parcheggio più vicino al suo hotel. Aveva bisogno di una nuova macchina per andare in quei bordelli, non poteva di certo andarci con la sua Audi altrimenti gliel'avrebbero rubata in meno di un minuto.
Vide arrivare un uomo su una grossa berlina nera, aspettò che finisse di parcheggiare e seguì con gli occhi in quale tasca metteva le chiavi. Appena vide chiaramente che le inseriva nella tasca destra, gli si avvicinò cercando di non dare nell'occhio e appena gli fu vicino finse di inciampare e di cadergli addosso. Nello stesso momento in cui sbattè la spalla contro l'uomo infilò una mano nella tasca contenente le chiavi e gliele estrasse rapidamente, dopodichè si rimise in piedi e si scusò di essergli andato addosso. L'uomo non si accorse di nulla e continuò per la sua strada.
Joey aspettò che si fosse allontanato per entrare nella sua nuova macchina. Inserì la chiave e avviò il motore, controllando subito la lancetta della benzina per verificare come stava messa l'auto. La freccia indicò ancora due tacche piene, non erano molte ma dovevano essere sufficienti per andare e tornare da Ashville.
Uscì dal parcheggio e si diresse verso il Bigboobies, che era il primo dei due locali indicati da Lucrece venendo da Birmingham. La sua ricerca qua si fermò quasi subito: appena potè parlare con quello che sembrava essere il magnaccio delle ragazze gli domandò se ne avevano una sui vent'anni e di pelle scura e si sentì rispondere "Ma che dici? Qua abbiamo solo americane bianche o donne russe! Non abbiamo negre noi qui!" che lo fece uscire subito e tornare alla macchina.
Si recò quindi al Badgirls conscio del fatto che quella era la sua ultima speranza di trovare la ragazza.
Se possibile, il Badgirls era ancora peggiore del precedente bordello che aveva visitato. La sala d'ingresso era completamente priva di mobilio o di quadri se non fosse per un piccolo tavolo e una sedia, seduto sopra c'era un nano che stava leggendo un numero di Playboy. Alzò appena lo sguardo per squadrarlo da capo a piedi, poi non appena notò che non era il solito tipo di balordo che entrava in quel locale si alzò e gli mostrò un falsissimo sorriso.
- Benvenuto signore! - pronunciò con uno stentatissimo americano. - Prego, si accomodi! - aggiunse indicandogli la stanza che c'era a sinistra dell'ingresso.
- Un momento, un momento - rispose Joey che stava venendo trascinato nella sala indicata. - Voglio prima sapere che tipo di ragazze ci sono qua dentro -
Il nano si fermò e lo guardò con sguardo interrogativo.
- Perchè? Cerca qualcosa in particolare signore? -
- Sì, esattamente - rispose Joey sciogliendosi dalla spinta del nano. - Io vado solo con determinati tipi di ragazze, quindi devo prima di tutto sapere se ne posso trovare una come voglio io. - disse cercando di mostrarsi incredibilmente serio.
- E che tipo di ragazza vorrebbe? - chiese sospettoso.
- Beh innanzitutto deve essere giovane, non più di vent'anni, e poi mi piacciono un po' scure di pelle, come le messicane o le cubane. -
Il piccolo uomo si mostrò un po' stupito dalla richiesta di Joey, probabilmente non era abituato a sentirsi rivolgere simili domande. Normalmente i clienti entravano e semplicemente aspettavano la prima puttana libera, dopodichè pagavano e andavano a divertirsi con lei.
- E se io gliene trovo una come lei vorrebbe, quanto sarebbe disposto a pagare? -
- Il doppio della tariffa normale - rispose Joey continuando a tenere il suo tono serio. Doveva cercare di sembrare il più convincente possibile se voleva essere accontentato.
- Benissimo! - rispose sorridendo il nano. - Abbiamo giusto una ragazza che ha tutte le qualità che ci ha richiesto! L'unico problema è che adesso è occupata, se lei volesse accomodarsi in salotto fino a quando non si libera...sarà mia premura avvisarla quando potrà incontrarla! -
Joey fece cenno di sì con la testa e entrò nella stanza affianco.
Il salotto a cui si riferiva il nano era in realtà una piccola stanza con due divani e due poltrone, un tavolino con sopra delle bottiglie quasi vuote di liquore e un attaccapanni. All'interno della stanza c'erano già quattro uomini, divisi a coppie nei due divani che sembravano parlottare fra di loro.
Joey non fu salutato e non salutò, si sedette sul primo posto liberò che trovò e cercò di non guardare in faccia nessuno. Alle narici gli arrivò subito un intensissimo profumo da donna, probabilmente spruzzato nell'aria in gran quantità per sopraffare altri odori decisamente meno piacevoli.
Aspettò circa dieci minuti nei quali vide due uomini salire alle stanze nel piano superiore e entrare un nuovo cliente, dopodichè il nano della stanza d'ingresso lo raggiunse con lo stesso sorriso falso di poco prima.
- Benissimo signore! La ragazza è pronta per lei! -
Joey si alzò e lo seguì senza dire niente.
- Dunque sarebbero...duecento dollari - gli chiese preparandosi a una sfuriata. Ma Joey non aveva nè tempo nè voglia di contrattare, di conseguenza svuotò il suo portafoglio e pagò il piccolo uomo senza batter ciglio.
- Tutto a posto! La stanza è la numero 7, sopra le scale a destra! Si diverta! - disse allungandogli una piccola chiave arrugginita.
Joey salì le scale come indicatogli, cercando la stanza sette fra tutte quelle presenti. Passando davanti ad ognuna di loro si sentivano i versi più disperati; urla di donne, urla di uomini, rumori di probabili frustini che fendevano l'aria colpendo pelle umana.
Joey si ritrovò a scuotere la testa e ad accelerare il passo per trovare quella che gli era stata indicata. Arrivò davanti alla numero 7 ed entrò.
La stanza che si trovò davanti era veramente minuscola; c'era giusto lo spazio di un letto a una piazza e mezza e un paio di sedie.
Sul letto, sdraiata su un fianco, c'era una ragazza nuda rivolta con lo sguardo verso il muro.
- Ehy - provò a dire, chiudendosi la porta lentamente alle spalle. Non sentì alcun tipo di risposta, quindi decise di fare il giro del letto e si chinò per guardarla in faccia.
Lo sguardo della ragazza era perso nel vuoto, assente, come se stesse dormendo ad occhi aperti. Doveva aver pianto molto perchè si notava chiaramente il trucco attorno agli occhi rovinato dalle lacrime, con il colore nero della matita che le scendeva lentamente fino a sparire sulle guance. A Joey il suo viso ricordò molto una maschera triste di carnevale.
- Ehy, ragazza... - le disse ancora spingendole leggermente la spalla. Il corpo della giovane ebbe un lievissimo sussulto, dopodichè posò lentamente il suo sguardo su Joey.
- Sei tu Neira? -
Per un attimo, Joey vide una strana luce accendersi negli occhi della ragazza, ma nuovamente non ottenne alcun tipo di risposta.
- Ti chiami così? Sei tu Neira  Yamaris? -
Di nuovo silenzio.
Joey provò a guardarsi attorno nella speranza di trovare qualcosa per farle aria ma gli cadde l'occhio sul braccio della ragazza che sporgeva leggermente dal letto. Era strapieno di piccole punture, alcune più gonfie di altre. Provò appena ad appoggiare il pollice su una di esse ed esercitare una piccola pressione che vide uscire immediatamente del liquido denso e bianco.
- Cazzo! - urlò. - Ti hanno drogata vero? E' per questo che hai il braccio ridotto così? -
Le diede quattro schiaffetti sul volto, cercando di moderarne la forza per farle tornare un attimo di lucidità.
- Pronto? Mi senti? - le chiese alla fine. La ragazza emise un grugnito dal significato indecifrabile, ma era già meglio di prima che sembrava totalmente assente. Un ventaglio non era certamente sufficiente, quello che le ci voleva era qualcosa in grado di svegliarla all'istante.
Si alzò per guardarsi attorno ma la stanza era priva del bagno, quindi non poteva neanche bagnarle il viso in qualche modo.
Uscì momentaneamente dalla stanza e si guardò attorno. Una delle tante porte presenti riportava una targhetta di cartone attaccata a un chiodo con la scritta "bathroom" penzolante. Joey provò ad entrare e si ritrovò in un piccolo locale che riusciva a contenere a malapena un water piccolissimo, un lavandino anch'esso piccolo e incredibilmente anche una doccia. Le piastrelle erano tutte sudicie e anche il lavandino non sembrava essere stato pulito dall'era dei dinosauri, però provando a girare il rubinetto l'acqua scendeva e questo era già rassicurante.
Tornò velocemente nella stanza della ragazza, la prese in braccio e la portò nella doccia, dopodichè aprì l'acqua fredda e diresse il getto proprio sul suo volto. Dovette aspettare solo pochi secondi per notare i primi effetti.
La ragazza sembrò riprendersi lentamente, cercando con le mani un appiglio per spostarsi da quella fastidiosa acqua gelida. Joey per un paio di volte la rispinse sotto il gettito, voleva essere sicuro che si fosse pienamente ripresa prima di portarla via.
Quando riuscì a dire - Fammi uscire! - per Joey fu il momento giusto per aiutarla ad alzarsi in piedi. Era completamente fradicia e iniziava a tremare, ma per lo meno adesso sembrava cosciente.
- Allora, sei tu Neira? -
- S...sì - rispose la ragazza iniziando a portarsi le mani sulle braccia quasi a volersi scaldare da sola.
- Per la miseria - sussurrò Joey, - ti ho trovata sul serio.... -
La guardò sfregarsi le braccia per riscaldarsi e si guardò in torno per cercare un asciugamano, ma non trovò nulla.
- Vabbè, vorrà dire che ti prenderai un raffreddore. Aspettami qui. -
Uscì dal bagno ed entrò nella prima stanza che trovò sfondando la porta con un calcio. Al suo interno trovò un uomo inginocchiato sul letto e la prostituta in piedi davanti a lui che lo teneva per il collo grazie a una sorta di collare di borchie.
- Che nessuno di voi due dica una parola, ok? - disse mentre si guardava attorno. Per terra, sparpagliati sul pavimento, c'erano i vestiti dell'uomo che Joey iniziò a prendere velocemente, dopodichè uscì dalla stanza e si recò di corsa in bagno.
Neira si era accasciata per terra continuando a tenersi le braccia strette al petto.
- Ascolta, devi metterti questi, va bene? Ti porto via da qua, muoviamoci! -  
Attese qualche attimo che la ragazza si muovesse, ma nonostante fosse più sveglia di prima comunque non si mosse. Joey si abbassò e la tirò in piedi con la forza.
- Mi hai sentito? Dobbiamo andarcene da qua! Muoviti! -
Appena finito di dirlo sentì dietro di sè le urla dell'uomo che era uscito nudo dalla stanza in cui Joey era entrato.
- Ehy brutto figlio di puttana! Ridammi i miei vestiti! -
Visto che Neira non si muoveva,  Joey iniziò a vestirla come si fa con i bambini piccoli.
- Ehy mi hai sentito? Stronzo ridammi i miei...- ma non riuscì a finire la frase visto che Joey si girò verso di lui e lo colpì con un calcio alle caviglie, l'uomo perse l'equilibrio e cadde picchiando la testa contro il duro pavimento. La prostituta che si era messa sulla soglia della porta seguì tutta la scena e quando il suo cliente non sembrò avere le forze per rialzarsi si mise a urlare.
- Cazzo ragazza, ci dobbiamo muovere! - finì di tirarle su i pantaloni che le andavano incredibilmente larghi e le abbottonò solo l'ultimo bottone, poi lasciò perdere la camicia e le infilò dalla testa un maglione a quadrati bianchi e neri. Mentre lo faceva notò che i suoi capelli nerissimi erano stati tagliati da una mano poco esperta; in alcuni punti sembravano più corti che in altri ed erano spaventosamente crespi e unti.
- Jaaake! - urlò la prostituta scendendo di corsa le scale.
Joey si fermò per un momento. - Chi è questo Jake? - chiese a Neira.
- Il...il...buttafuori - rispose lei con un filo di voce.
- Oh cazzo - si lasciò scappare Joey, dando uno strattone alla maglia per farla scendere per tutto il busto. - Per le scarpe ho paura che dovrai farne a meno - le disse poi prendendola per mano e trascinandola fuori. Neira riuscì a fare giusto due passi e poi cadde per terra. Dal piano di sotto si poteva sentire la prostituta parlare in maniera isterica con un uomo il quale si precipitò su per le scale alla ricerca dell'uomo che gli era stato descritto.
Joey scosse la testa e prese in braccio la ragazza, si guardò attorno e vide l'uscita per le scale antincendio. Aprì la porta con un calcio e iniziò a scendere il più velocemente possibile. Come aveva potuto notare prima Neira era veramente magrissima, tenerla in braccio pesava veramente poco e questo gli permetteva di scendere velocemente.
Quando mancarono solo due gradini all'ultima rampa di scale Jake si affacciò dalla porta che Joey aveva sfondato e si mise a urlare guardandoli dall'alto verso il basso.
- Fermati subito pezzo di merda! Metti giù la ragazza! -
Joey percorse gli ultimi gradini e si buttò in strada senza neanche guardare eventuali macchine che arrivavano. Doveva fare in fretta prima che quel Jake scendesse e li raggiungesse.
Camminò il più velocemente possibile verso la macchina rubata ignorando gli sguardi attoniti delle persone che lo guardavano con una ragazza semi incosciente in braccio e la posò con molta poca delicatezza nel lato passeggero, dopodichè si mise al volante e partì sgommando. Appena in tempo per vedere Jake attraversare la strada e iniziare a bestemmiare vedendoli scappare via.
Uscirono da Ashville e si diressero verso Birmingham diminuendo un po' la velocità. La benzina presente nel serbatoio non sembrava poter reggere per tutta la strada un ritmo come quello appena sostenuto.
Ci vollero quasi venti minuti prima che Neira, accasciata sul lato passeggero, riuscisse a dire qualcosa.
- Dove stiamo andando? - chiese con una voce debolissima continuando a tenere gli occhi chiusi.
-  Alla stanza d'hotel che ho a Birmingham -
- No...non posso - rispose lei aprendo a fatica gli occhi. - Io..io devo andare a Branchville...devo..devo andare là....-
Joey scosse la testa. - Mi spiace tesoro, ma si fa come dico io. -
Neira voltò la testa per guardarlo per la prima volta da quando era uscita dal bordello, sforzandosi come se stesse compiendo un'impresa eroica.
- Ma tu...chi sei? - chiese sempre debolmente.
- Mettiamola così, tu sei la principessa rinchiusa nel castello dai cattivi e io sono il principe buono che scala la torre per salvarti. Che dici, ti piace? -

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Monnis, chiamarla Mercedes dici? Con Joey che guida un'Audi? A questo punto mi manca solo di inserire un personaggio che si chiama Harrison Ford e poi le ho fatte tutte! A parte gli scherzi, Neira è un vero nome cubano e poi piace moltissimo a me, quindi rassegnati XD
nydrali, l'ho già detto che non so più come ringraziarti? :D Sapere che piace a te che sei l'autrice del racconto "vero"...come diceva la famosa pubblicità, non ha prezzo!





Quando Joey tornò al parcheggio di Birmingham dove aveva rubato l'auto il giorno prima, erano ormai le due del mattino. Spense la macchina e lasciò le chiavi nel cruscotto, uscì facendo il giro dell'auto e aprì la porta di Neira.
- Ce la fai a camminare? - chiese prendendola sottobraccio. La ragazza si limitò ad annuire lentamente ma non dava l'idea di essere molto sicura. Joey tolse la mano attorno alla sua vita ma continuò a sorreggerla mentre si avviavano all'hotel dove aveva la camera.
- Non prendi le chiavi? - notò lei vedendo che si allontanavano senza chiudere l'auto.
Joey non ne aveva più bisogno, ma la realtà era che era quasi a zero di benzina. Negli ultimi chilometri la spia si era accesa e mentre pensava a quanto era pieno il serbatoio dell'Audi si ricordò di non stare messo meglio neanche con quell'altra. Fare benzina era escluso perchè aveva pagato con tutti i soldi che gli erano rimasti il nano del bordello per incontrare Neira e oltretutto doveva pagare ancora la stanza dell'albergo. La situazione incominciava a farsi critica.
All'ingresso sperò di non essere notato, ma la ragazza con il volto truccato rovinato e i vestiti più grandi di lei di almeno tre misure attirarono immediatamente le attenzioni del ragazzo alla reception.
- Tutto bene? - chiese allarmato alzandosi in piedi.
- Sì, sì, non si preoccupi - rispose Joey continuando a camminare avvicinandosi all'ascensore.
- Ma...la sta portando nella sua camera? -
- Sì ma non c'è nessun problema, veramente - rispose mentre apriva la porta dell'ascensore.
- Ma la sua stanza è solo per una persona... - non potè aggiungere altro perchè Joey e la ragazza sparirono velocemente dalla sua vista.
Effettivamente la stanza aveva un solo letto, ma andava bene lo stesso. Per una notte Joey poteva anche dormire per terra, se dopo un bel sonno la ragazza gli si sarebbe rivelata utile. La adagiò lentamente sul letto e la coprì, dopidichè si sdraiò per terra vicino a lei e cercò di prendere sonno.

***



Joey osservò con aria sconsolata l'interno del suo portafoglio: una banconota da cinque dollari. Quando era in Francia non era andato a prelevare molto, per non dare troppo nell'occhio alla polizia che sicuramente stava controllando il suo conto in banca, ma tutti i soldi che aveva con sè li aveva lasciati nel borsone militare davanti al Red Monkey. Il solo pensiero che quei bastardi si erano portati via oltre mille dollari lo faceva infuriare. Aveva bisogno di soldi, senza quelli non poteva fare nulla.
Prese il telefono e chiamò l'unica persona amica che gli era rimasta in America. Il cellulare squillò a lungo prima che Lucrece rispondesse.
- Oh ciao fratellone! Come stai? - la donna accentuò la parola "fratellone" il più possibile.
- Fratellone? Ma che stai dicendo Lucrece? -
- Sì io bene grazie! E tu? -
Joey ci pensò un attimo: aveva davanti a sè qualcuno della polizia, era l'unica motivazione a questo suo comportamento.
- C'è qualche sbirro lì con te vero? -
- Sì esatto, anche la mamma sta bene -
Joey si mise a ridere. Si immaginò per un attimo il volto di Lucrece, pensando a come riusciva a trattenere il nervoso di quella chiamata sorridendo al suo probabile accompagnatore.
- Ascolta...sorellina - si lasciò scappare un'altra breve risata, poi continuò. - Qua sono al verde, ho bisogno che mi fai un prestito. Credi che possa venire lì da te fra un'ora? -
Il telefono rimase muto per circa un secondo, dopodichè Lucrece rispose.
- Dici che fra poco passerai di qua? Oh che bella notizia! Ti fermerai anche a pranzo? -
- Uhm...lo prendo come un sì. E se me lo stavi domandando veramente no, dobbiamo scappare subito dopo. -
- Sì va bene, ti faccio anche la torta di mele! -
- Ma sei sicura che lo sbirro davanti a te si stia bevendo tutte le stronzate che stai dicendo? - chiese Joey estremamente divertito.
- Benissimo, ora ti saluto che devo scappare! Ciao! - e la conversazione si interruppe.
Joey rimase qualche secondo a guardare il display del cellulare, poi sorridendo ancora entrò nel primo supermercato che trovò. Con cinque dollari sicuramente non poteva fare una grande spesa, ma fu sufficiente per un paio di pizzette e di bottiglie di acqua naturale, oltre a una confezione da sei merendine di una marca sconosciuta.
Tornò in albergo e salì nella sua stanza. Neira dormiva ancora, nonostante fossero le dieci del mattino. Pensò più volte di svegliarla, ma alla fine decise che non era il caso di farlo.
Aspettò un'altra ora prima di vederla girarsi nel letto e coprirsi gli occhi con le mani a causa della luce che entrava dalle tende aperte.
- Ben svegliata principessa. - le disse porgendole una merendina ancora impacchettata.
Neira si tirò leggermente su, guardandosi attorno con gli occhi semichiusi. Si portò una mano alla fronte, coprendosi un occhio, e con l'altro squadrò Joey.
- Ti ricordi cos'è successo ieri sera vero? -
La ragazza allungò la mano libera e prese la merendina.
- Sì... -
- Bene, temevo di doverti raccontare tutto. Ora però sono io, che voglio sentirti raccontare  qualcosa. -
- Aspetta... - disse lei guardandolo un'altra volta, come se la prima non fosse stata sufficiente, - Tu non mi hai ancora detto chi sei! -
Joey alzò le spalle. - Per il momento non è importante che tu lo sappia. -
- Ehy un attimo - disse alzando una mano come a volerlo fermare. - Io mi ricordo che ieri hai quasi ammazzato un uomo per questi... - si guardò il maglione che ancora indossava con uno sguardo di disgusto -...vestiti! Dov'è la mia roba? -
- Non avevi niente addosso, principessa - rispose lui cercando di mettersi più comodo sulla sedia.
Neira abbassò immediatamente lo sguardo, rimanendo in silenzio.
- Quindi, se ora vuoi raccontarmi qualcosa... -
- Io non...- si fermò per scartocciare la merendina e ne mangiò quasi la metà con un morso. - Uhm, buona! -
Joey la fissò alzando un sopracciglio.
- Buona questa sbobba da due soldi? -
- A me piace! - rispose lei addentando anche l'ultimo pezzo.
- Mio Dio...chissà che schifezze ti davano da mangiare là dentro se questa roba la reputi buona...
- Quando si ricordavano di darmi qualcosa, intendevi dire...- ribattè lei finendo di mandare giù il boccone.
Joey alzò ancora di più il sopracciglio, guardandola quasi ingozzarsi con quella merendina che le aveva dato. Prese una delle due bottiglie d'acqua che aveva comprato e gliela porse.
- Bevi dai...e poi spiegami come hai fatto a finire in quel posto. -
Neira bevve con la stessa ingordigia con cui aveva mangiato la merendina, dopodichè si asciugò la bocca con il dorso della mano.
- Una cosa ieri te l'ho detta...- disse sporgendosi leggermente in avanti verso Joey.
- Non hai detto proprio nulla ieri sera, principessa - obiettò lui rendendo meno simpatica la sua voce.
- E invece sì, ti ho detto che devo andare a  Branchville se non sbaglio. E, a meno che questa non sia  Branchville - disse indicando con una mano la finestra - ho paura che non ti dirò proprio niente - concluse bevendo un altro sorso d'acqua.
- Stammi a sentire bene ragazzina, se questa mattina ti sei svegliata in un letto vero e non in quel cesso di stanza che ti davano al bordello è solo grazie a me, quindi credo proprio che tu mi debba un favore! -
Al sentire il tono di voce che aveva assunto Joey, Neira trasalì per un momento. I suoi occhi neri però rimasero puntati su di lui.
- Devo andare a  Branchville, se non ci vado non mi servirà a niente essere libera! - rispose lei assumendo un tono disperato.
- Ma che diavolo devi farci a  Branchville? - rispose Joey stizzito.
- Devo... - abbassò nuovamente lo sguardo. - Devo rincontrare il mio amore, deve saperlo che sono scappata! -
- Che cosa? - Joey si ritrovò a urlare. - Mi stai chiedendo di tornare a St.Claire, in una città non troppo lontana da Ashville che è esattamente il posto in cui ti ho presa, per incontrare un ragazzo di cui ti sei innamorata? Sei ammattita? -
- Io devo andarci - rispose cocciutamente Neira.
- Scordatelo, non ci andremo mai. Se ci tieni tanto a questo tipo chiamalo e digli di venire quì, noi da qua non ci muoviamo. - poi aggiunse subito - ma poi scusa, hai idea di quanto sei rimasta chiusa là dentro? Sono due anni ormai...scusa se te lo dico, ma ho paura che quello si sarà trovato un'altra ragazza -
- E' impossibile - rispose lei, calma. - Se non vuoi portarmici allora torniamo pure al bordello dove mi hai presa, non mi interessa! -
Joey rimase interdetto nel sentirla parlare. O quella ragazza gli stava nascondendo qualcosa, oppure aveva perso la testa nel suo soggiorno al Badgirls.
- Fermiamoci un attimo, va bene? Che ne dici se ricominciamo da capo? Sei tu Neira, la sorella di Steven Kimberlin? -
Al sentire pronunciare quel nome, la ragazza si tirò leggermente su con la schiena. Il suo sguardo diventò più serio e al tempo stesso più spaventato.
- Sorellastra, per essere corretti. -
- Sì certo, questo me lo hanno detto. Mi hanno anche riferito che è stato lui a mandarti in quel bordello, è vero? -
Neira fece cenno di sì con la testa.
- Beh? Qual'è il motivo? Si è arrabbiato per quell'articolo sul giornale? -
- No, quella è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso...- rispose lei abbassando nuovamente lo sguardo.
- Ma perchè mi rispondi a pezzi? Dimmi qual'era il vero motivo per la miseria! -
- Era il mio amore il suo problema, ecco cos'era! - rispose Neira iniziando a piangere. Chinò leggermente il volto e si nascose gli occhi fra le mani. Più quella conversazione andava avanti e meno Joey ci capiva qualcosa.
- Credo proprio sia arrivato il momento in cui tu mi dica chi è questo ragazzo. -
Neira si asciugò le lacrime con le mani, cercando di smettere di piangere.
- Credo proprio sia arrivato il momento che tu mi porti a  Branchville - rispose lei fra i singhiozzi.
- Ok allora mettiamola così: io ti porto da questo tipo e una volta che gli hai detto quello che gli devi dire torniamo qua e rispondi a tutte le mie domande. Siamo intesi? -
- Promesso - rispose asciugandosi ancora le lacrime.
- Ehy principessa, io rischio il culo tornando a St.Claire, vedi di mantenere la tua parola ok? Altrimenti dovrò iniziare a pensare che portarti via da quel bordello non sia stata una cosa così tanto utile. -
- Ti ho già detto che te lo prometto! - rispose lei un po' seccata.
- Benissimo. Adesso alzati che dobbiamo andare da una mia...amica, chiamiamola così. -
- Con questi addosso? - chiese Neira guardandosi il maglione che indossava ancora dalla sera precedente.
- Non ho più soldi, principessa. Ho speso tutto quello che avevo per poter usare una stanza al Badgirls, ora non ho più un dollaro. Non ti posso comprare nessun vestito, l'unica nostra speranza è che Lucrece abbia qualcosa della tua taglia. -
- Lucrece è la tua amica? -
- Beh chiamarla amica mi pare eccessivo, comunque sì, è da lei che stiamo andando. Forza, alzati -
I due uscirono dalla camera, poi Joey si guardò attorno cercando le scale antincendio.
- Ho paura che dovremo ripetere l'esperienza di ieri - le disse indicandole la porta.
- E perchè non scendiamo dalle le scale come tutte le persone normali? -
- Perchè devo pagare la stanza e... -
- ....e hai speso tutto quello che avevi per salvarmi, oh mio "principe buono". Lo hai già detto questo. -
Joey sospirò. "Che bel caratterino" si ritrovò a pensare.

***



Mentre si avvicinava alla porta di Lucrece e iniziava a suonare il campanello, Neira chiese a Joey che tipo di rapporto ci fosse fra lui e quella donna.
- Ci conosciamo da tanto tempo, almeno trent'anni. Lucrece è una donna in gamba, vedrai che ci accoglierà a braccia aperte -
Appena finito di pronunciare quella frase, la porta si spalancò dall'interno e ne uscì fuori una Beretta M9 puntata dritta al cuore di Joey.
- Brutto bastardo! Non osare chiamarmi mai più sul cellulare durante il giorno! Hai capito? -
Neira sussultò alla vista dell'arma, alzando d'istinto le mani. Joey si limitò a sbuffare.
- Non me lo avevi detto di non chiamarti a quest'ora -
- Io ti avevo detto di aspettare che mi fossi fatta sentire io! - urlò Lucrece ancora con la M9 puntata verso di lui.
- Ok, ok, hai ragione...scusa, va bene? Ora ci fai entrare o mi vuoi ammazzare qui davanti all'entrata di casa tua? -
Lucrece spostò per la prima volta gli occhi su Neira, corrugò la fronte e chiese - E chi sarebbe questa pezzente? - mentre osservava i suoi vestiti larghi e i piedi nudi.
- Pezzente? - fu la risposta acida di Neira.
- Calmiamoci un attimo, va bene? - le interruppe Joey che voleva fare presto. - Lucrece, lei è la figlia di Kimberlin, nonchè sorella di Steven. -
Al sentire quella presentazione, Lucrece abbassò l'arma lentamente.
- Porca puttana, allora sei ancora viva sul serio! - esclamò appoggiandosi la mano libera su un fianco.
- Mi conosci? - chiese Neira sempre più sbalordita dal comportamento della donna che aveva davanti.
- Ragazza - rispose Lucrece con uno sbuffo, - si può quasi dire che ti abbia salvata io. Entrate dai - disse indicando l'ingresso con la Beretta ancora in mano.
Appena si furono tutti accomodati, la donna appoggiò l'arma sul tavolino e volle che Joey le raccontasse per filo e per segno come aveva fatto a ritrovare la ragazza. Appena fu aggiornata di tutta la storia, compresa la richiesta di andare a Branchville, Lucrece scoppiò a ridere.
- Ehy James, sembra che sia destino che tu ti faccia manipolare dalle ragazzine ventenni eh? -
Joey si limitò a guardarla male senza rispondere nulla.
- E quant'è che vorresti esattamente? Sentiamo... -
- Devo fare benzina all'Audi e comprare qualche vestito per lei, poi per le altre cose ci penseranno le persone che andrò a trovare a farmi qualche prestito. -
- Beh, a lei ci posso pensare io - rispose la donna indicando Neira. - Se puoi aspettare un minuto la porto su in camera e vediamo se riusciamo a metterle addosso qualcosa di decente. -
Joey si voltò a guardare Neira, la quale alzò le spalle.
- Andate pure, basta che non mi fate aspettare qua sotto mezz'ora. -
- Certamente! Cosa credi, che ci metteremo a parlare di moda e di scarpe? Idiota! - esclamò prendendo per mano Neira come fa una mamma con la propria figlia.
Joey sorrise e si accese la grande tv al plasma davanti a lui. Il divano su cui era seduto era uno di quelli moderni da sei posti, mobili che sicuramente con la paga che aveva in Francia non si poteva permettere. Girò vari canali fino a quando trovò un telegiornale; rimase ad ascoltare tutte le notizie ma nessuna parlava di lui. Fece mente locale su quanto tempo era passato da quando aveva preso Neira calcolando la possibilità che Steven ne fosse già venuto a conoscenza e stabilì che era molto probabile che ciò fosse accaduto. Doveva muoversi in fretta se voleva sfruttare l'effetto sorpresa altrimenti sarebbe saltato tutto il suo piano.
Fra un pensiero e l'altro e la comodità del divano, Joey si ritrovò ben presto molto vicino al prendere sonno. Solo quando sentì le voci di Lucrece e Neira tornò lucido e si alzò in piedi. La ragazza aveva finalmente devi vestiti femminili addosso, anche se sembravano anche questi un po' larghi per lei, e un paio di scarpe di ginnastica ai piedi.
- E questa è per te, brutto rompipalle che non sei altro - disse Lucrece porgendogli qualcosa di incartocciato in parecchi fogli di giornale.
- Che cos'è? - chiese Joey soppesando l'oggetto con la mano.
- Il mio ultimo regalo per te, ecco cos'è. Dopo quella non voglio che mi chiedi nient'altro, ok? -
Joey scartocciò ciò che aveva davanti e quando finì i suoi occhi si misero a brillare.
Davanti a se aveva un revolver Smith & Wesson modello 610.
- Cristo santo! - esclamò. - E questo cannone a mano dove l'hai trovato? -
Lucrece alzò le spalle. - Babbo Natale mi ha anticipato il regalo -
Neira passava lo sguardo fra la donna e Joey con aria confusa.
- E' stata comprata legalmente quell'arma? - chiese titubante.
Lucrece scoppiò a ridere. - Ragazza mia - le disse appoggiandole entrambe le mani sulle spalle - con Dagger la legalità ha poco a che fare, e anche con me in fondo. Ma tu non hai visto niente, giusto? -
- ...giusto - rispose Neira abbassando leggermente lo sguardo.
- E mi raccomando non dire neanche una parola a James a proposito del tuo amore prima che ti abbia portata a Branchville, altrimenti quello stronzo sarebbe veramente capace di riportati al bordello dove ti ha presa. -
- Ehy un momento - disse Joey che ancora teneva la 610 in mano con aria meravigliata. - A te ha detto chi è quel ragazzo? -
Lucrece scoppiò a ridere, talmente tanto che vide Neira abbassare ancora di più lo sguardo. Appena si riprese dalla risata, spinse la ragazza verso la porta.
- Andate, andate, che non avete tempo da perdere. Ah James, i soldi e le munizioni li ho dati a lei. -
- Lucrece? Perchè non mi rispondi? -
- Faccio come fai sempre tu, no? Vedi quanto è seccante? - la donna si stava dimostrando estremamente divertita dal sapere che Joey era all'oscuro di quello che sapeva.
- Andate ora, che per oggi ne ho già le palle piene di vedervi, anche se non le ho, chiaramente - aggiunse subito come a correggersi.
- Lucrece? - chiese ancora Joey avvicinandosi.
- Ti ho detto fuori dalle palle James! - urlò la donna ritornando completamente seria.
Joey sbuffò, infilò la Smith & Wesson nei jeans dietro la schiena e prendendo Neira per un gomito uscì di casa.
- E non mi chiamare più fino a che questa storia non sarà finita ok? -
Joey non rispose e si limitò a trascinare Neira verso la macchina mentre brontolava per la rudità con la quale stava venendo trattata.

***



La benzina entrava silenziosamente e velocemente nel serbatoio della R8 di Joey. All'interno della macchina Neira aveva acceso la radio per distrarsi, ma la verità era che più si avvicinavano a Branchville più si sentiva crescere una certa ansia.
Si sporse per vedere se Joey aveva finito e notò che si guardava attorno circospetto. Qualche minuto prima aveva visto Lucrece dargli un'arma in mano e lui l'aveva presa senza opporsi, questo in un certo senso la preoccupò un po'.
Appena rientrò in macchina decise di parlargli.
- Senti...James - iniziò titubante
- Chi ti ha detto che mi chiamo così? - chiese mentre avviava il motore.
- Quella donna, Lucrece, ti ha chiamato così -
Joey sbuffò. - Cosa vuoi? -
- Beh ecco...mi chiedevo...quella pistola non sarà mica per me quando avrò finito di raccontarti tutto quello che vuoi, vero? -
Joey scoppiò a ridere. - Assolutamente no - riuscì a dire quando tornò a controllarsi. - Non ti ammazzo principessa, puoi stare tranquilla! -
Neira alzò le spalle. Quella risposta le bastava per passare alla successiva domanda. - Fra quanto arriviamo a Branchville? -
- Venti minuti circa. -
- Uhm....tu ce l'hai un cellulare vero? Posso fare una chiamata? -
- E chi vorresti chiamare, di grazia? -
- Il mio amore... - rispose lei abbassando leggermente il volume della radio.
- Niente sorpresa? - chiese Joey estraendo dalla tasca il cellulare e porgendoglielo.
Neira lo agguantò senza rispondere, prese un lungo respiro e poi iniziò a digitare un numero.
Non appena sentì la voce dall'altra parte del telefono rispondere, scoppiò a piangere.
Joey si voltò di scatto nel tentativo di capire quale fosse la causa di quel comportamento, ipotizzando addirittura che qualcuno le avesse potuto sparare da fuori la macchina.
Invece era solamente l'emozione per il risentire la voce del suo amore, dopo due lunghissimi anni.
- Sono io... - riuscì a dire appena calmò un po' le lacrime. - Sì, sto venendo da te... - aggiunse pochi secondi dopo. - Sì, sono fuori da quel bordello, sto venendo con un uomo...poi ti racconto...-
Joey continuava a fissarla sbalordito e spense immediatamente la radio per tentare di ascoltare la chiamata.
- Va bene, a casa di tuo fratello allora. Ciao... - e terminò la comunicazione. Joey non era riuscito a sentire nulla.
- Ebbene? -
La ragazza si asciugò gli occhi con le mani, dopodichè porse il cellulare al suo legittimo proprietario. - Non andiamo direttamente a casa sua ma da suo fratello, comunque la so la strada, appena entriamo a Branchville segui le mie indicazioni. -
Joey prese il telefono e decise di stare zitto, visto che non aveva potuto sentire cosa le era stato risposto dall'altra parte del telefono.
Non appena arrivarono a Branchville seguì esattamente le indicazioni che gli diede Neira e percorsero quasi tutta la città, tanto che quando la ragazzina gli disse di fermarsi erano già arrivati al confine con la prossima.
Accostò l'auto davanti a una serie di elegantissime case dipinte di bianco con un piccolo giardino recintato davanti e buttò l'occhio nella stessa direzione in cui guardava Neira. Nell'ultima casa, quella che gli aveva indicato la ragazza, qualcuno spostò la tenda per accertarsi del loro arrivo, dopodichè scomparì subito dalla finestra.
Neira non aspettò neanche che la macchina fosse completamente ferma, appena Joey rallentò scattò fuori dall'auto come una molla e si diresse a gran corsa verso il cancello di casa. Dalla porta principale uscì una ragazza che le corse incontro a braccia aperte, e Joey pensò che fosse qualche parente del tipo che stavano per incontrare.
Quando poi vide che le due ragazze, una volta abbracciate, si scambiarono anche un profondissimo e lunghissimo bacio in bocca, capì finalmente il perchè Neira avesse deciso di non dirgli niente fino a quel momento.

***



Seduto sul mobile della cucina, Joey guardava fuori dalla finestra in cerca di qualche volto sospetto. Visto che nessuno dei pochi passanti attirava la sua attenzione, spostò lo sguardo su Neira, che seduta al tavolo fissava con sguardo sognante la schiena della ragazza dai lunghi capelli biondi ricurva sui fornelli.
- Sto preparando giusto due cose, mi spiace ma mio fratello non aveva molto in casa...d'altra parte non vive praticamente mai qui... - disse rivolta quasi più a Joey che non a Neira.
Appoggiò il mestolo sul tavolo della cucina e si tolse il grembiule.
- Comunque signore io sono Samantha, piacere di conoscerla - disse allungandogli una mano.
Joey la guardò come se fosse un extraterrestre e rimase a fissarla per così tanto tempo che la ragazza fece per allontanare la mano, prima di vedersela finalmente stretta.
- Piacere mio... - rispose Joey con un sospiro.
Poi spostò lo sguardo su Neira che lo stava fissando.
- E' per colpa sua che sei finita in quel bordello? -
- Siediti - gli rispose indicando una delle sedie del tavolo. Non appena Joey lo fece Samantha tornò a guardare le pentole ai fornelli, ma di tanto in tanto si girava per ascoltare la conversazione.
- Lei è Samantha Greenfield, un'amica di Steven, il mio fratellastro. -
Al sentire pronunciare Steven, Joey si tirò dritto sulla sedia.
- E' stato proprio lui a presentarmela, due anni fa, in un locale a Ashville una sera. Lei sembrava annoiata, esattamente come lo ero io, e iniziammo subito a parlare. Scoprimmo molto velocemente che la pensavamo entrambe allo stesso modo riguardo a quelle serate nei locali "in" della città e fu un sollievo per me trovare qualcuno con cui potersi confidare. Certo, Steven a quei tempi era dolcissimo...ma si ostinava a dirmi che non uscivo abbastanza e che quando lo facevo non frequentavo la gente giusta, quindi di tanto in tanto mi portava in uno dei locali come quello in cui l'ho conosciuta. -
- Quindi tu...andavi d'accordo con Steven? - chiese Joey ripensando a quanto gli aveva detto Lucrece.
- Sì, a quei tempi mi faceva un sacco di regali, mi comprava vestiti nuovi, mi faceva venire a prendere da autisti con macchine lussuose...era così diverso il suo mondo dalla realtà quotidiana che vivevo con mia madre... - la voce le si spezzò in un principio di pianto, e Samantha fu lesta ad abbandonare i fornelli e avvicinarsi a lei confortandola stringendole una mano.
Come se avesse riottenuto nuove forze grazie a quel gesto, Neira ricominciò a parlare.
- Poi tutto cambiò quando vide che iniziavo a rifiutare i suoi inviti per vedermi sola con lei, arrivò addirittura a farmi pedinare da un suo uomo per scoprire cosa facevamo quando eravamo insieme. Sam mi diceva sempre che Steven provava una sorta di amore morboso nei miei confronti ma io non le volevo credere...quando poi mi fece la prima scenata capii che aveva ragione. -
- Quale scenata? -
- Quella che mi fece quando il suo uomo riferì che uscivamo solo io e lei, comportandoci come una vera coppia, andando al cinema, scherzando, passando il week end assieme da qualche parte...insomma, cose così. Lui urlò che dovevo smetterla di comportarmi in quel modo e anche di vederla, che in fondo Samantha non gli era mai piaciuta e di starle alla larga. -
- Era geloso di lei, insomma. - tagliò corto Joey.
- Già...ma io lo ignorai e continuai a vedermi con lei, come potevo smettere di vederla ora che finalmente avevo trovato la ragazza dei miei sogni? Non ho mai conosciuto una come lei... - si perse per un momento a guardarla e sebbene Joey capiva che non si vedevano da anni, decise comunque di recitare la parte del duro.
- Beh sì, lasciami da parte i particolari ok? Dimmi che ha fatto Steven dopo. Si è infuriato? Ha minacciato di ucciderti? -
- Mi ha picchiata una sera che aveva particolarmente bevuto, dopo che aveva scoperto che per l'ennesima volta gli avevo dato buca per stare assieme a lei. Mi disse che quella era l'ultima volta che la vedevo e che se avessi osato farlo ancora...le sarebbe successo qualcosa di brutto. - Samantha portò anche l'altra mano su quella di Neira che si era nuovamente fermata nel suo racconto. "Ricordi troppo dolorosi", pensò Joey.
- E' per quello che mi inventai quella storia al  Time Daily, non avevo nessuna prova che provava un bel nulla! Certo, sapevo che mio fratello tutti i soldi che aveva non li poteva guadagnare legalmente, ma non mi sarei mai messa contro di lui sul serio...volevo solo fargli capire che ci doveva lasciare stare, farci vivere la nostra vita... -
- E invece ha ucciso tua madre e sbattuta te in un bordello - concluse Joey.
Entrambe le ragazze abbassarono leggermente gli sguardi.
- Beh comunque non credo che una punizione del genere se la sia inventata tuo fratello, se la cosa ti può consolare. Una decisione del genere sarebbe potuta venire solamente a quel pervertito di tuo padre, sicuramente non a un mollusco come Steven -
Neira lo fissò, ma senza rabbia nello sguardo.
- Ma tu chi sei? Ora me lo devi dire... - chiese poi alzando leggermente il viso.
- James Hawk. - rispose lui, freddo.
Neira sussultò. - James Hawk? Quello che veniva soprannominato Dagger? -
Joey non fece in tempo a rispondere che Neira ricominciò. - Quello che la prima sera di apertura del Beautiful life cercò di violentare la prima ballerina sul palco davanti a tutti i presenti? -
Joey la fissò per un altro attimo, sentendosi addosso lo sguardo spaventato di Samantha.
- Già... - rispose poi.

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII - prima parte ***


Era incredibile come non appena gli succedesse di poter stare tranquillo per qualche minuto, i pensieri di Joey tornassero velocemente a  Forcalquier e ad Alexander.
Le due ragazze erano salite al piano di sopra a "farsi una doccia", così gli avevano detto, e lui era rimasto solo in cucina davanti ai piatti vuoti del pranzo che Samantha aveva preparato. Mentre le aspettava prese le pallottole calibro 10 della S&W ricevuta da Lucrece e si mise a caricare l'arma. Le guardò una per una, stando attento che fossero tutte in perfetta condizione, poi quando decideva che avevano passato il test-qualità le infilava lentamente nel tamburo, continuando a pensare a casa sua e al profumo di lavanda tipico della zona che iniziava a mancargli.
Quando ebbe finito mise la sicura al revolver e fece il giro della casa, soffermandosi a guardare lo stile dell'arredamento e i quadri alle pareti. In un paio di loro compariva in firma Neira Yamaris, cosa che gli fece venire voglia di guardare quei quadri con maggior attenzione. Uno rappresentava una donna seduta in penombra su una poltrona con una tazza fumante in mano, nell'altro c'era un paesaggio di un bosco al tramonto. Non gli aveva detto che dipingeva, doveva ricordarsi di farglielo notare. La verità era che si erano detti proprio poco, quasi niente, un po' come si faceva ai tempi in cui era giovane, tanta azione e pochi rapporti personali.
Cercò di scacciare via quei pensieri e si sedette sul divano, appoggiando il gomito sul bracciolo e la testa sulla mano. Iniziava a sentirsi stanco, ma non poteva cedere al sonno così presto. Al contrario, c'era da organizzare un piano, visto che ora Neira avrebbe dovuto raccontargli tutto quello che sapeva.
Ci pensò per quasi mezz'ora, dopodichè iniziò a sentire le voci delle ragazze scendere le scale e raggiungerlo in soggiorno. Apparirono ridenti in volto, avvolte da accappatoi bianchi e da un asciugamano in testa per i capelli.
- Ehy principessa, è più di un'ora che sei sparita. Che diavolo avete fatto lassù? -
Quella che era una domanda retorica, che Joey aveva fatto più per non perdere la sua aria da duro che non per avere una risposta, mise in imbarazzo entrambe, tanto che Samantha arrossì velocemente e Neira si preoccupò subito di abbassare lo sguardo.
- Ti ricordo che non siamo qua in villeggiatura, dobbiamo muoverci per non buttare via tutta la giornata. -
- S...sì - rispose lei, avvicinandosi e prendendo posto sul divano.
- Ok, prima di tutto: Samantha, hai detto a qualcuno di me e di lei? -
- N...no - rispose con una strana paura negli occhi. Neira probabilmente le doveva aver raccontato qualcosa del suo passato, questo sicuramente giustificava il suo timore.
- Le chiavi di questa casa le avevi tu? Le hai chieste a qualcuno? -
- Le ho prese da casa dei miei, sì - rispose sedendosi anche lei vicino a Neira. Entrambe si cercarono immediatamente con le mani, come se si volessero dare coraggio solamente per riuscire a stare a una distanza così ridotta da Joey.
- Quindi i tuoi sanno che sei qui? -
- No, non credo...ho preso le chiavi e sono venuta qui senza dire niente a nessuno. -
Joey ci pensò un attimo, poi riprese. - Ti hanno chiamata da quando siamo arrivati? -
- Non lo so, ho spento il cellulare prima di iniziare a fare da mangiare. -
- E il telefono fisso non ha suonato...bene, vuol dire che ancora non sanno che siamo qua. -
- Ma qual'è il problema James? - chiese Neira interrompendo quella specie di interrogatorio.
- Devo solo capire se questo è un posto sicuro o no, tutto qua. A quest'ora Steven si sarà già dato da fare per ritrovarti ed è probabile che una delle prime persone che vorrà sentire sia proprio lei, visto il...legame che vi unisce. -
Le due ragazze si guardarono lanciandosi un'occhiata preoccupata.
- Non ci avevamo pensato... -
- Io invece sì, e se Steven ti conosce bene a quest'ora è già passato a casa dei suoi genitori per chiedere se la loro adorata figlia sapeva qualcosa della tua scomparsa. Nel momento in cui risulterà scomparsa anche lei, ci metterà poco a capire che voi due siete assieme. Quindi se trovano lei, trovano anche te. E anche me, ovviamente. -
Seguì qualche secondo di silenzio, poi Joey si alzò. - Per adesso rimaniamo qui, ma stiamo pronti all'evenienza di spostarci da un momento all'altro. Staremmo più sicuri in un albergo, anche se lo dovremmo prendere fuori da St.Claire perchè Steven avrà sicuramente avvisato qualsiasi albergatore di questa cazzo di contea che noi siamo qui. -
- Ma perchè dovremmo spostarci? Non abbiamo appena finito di dire che nessuno sa che siamo qui? - chiese Neira con uno sguardo supplichevole.
- Perchè le chiavi che ha preso barbie non erano sue ma dei suoi genitori, quindi loro se ne potrebbero accorgere che mancano. -
- Barbie? - chiese Samantha stupita. Effettivamente il suo aspetto sembrava ricordarla vagamente; era bionda e con grandi occhi azzurri, una pelle chiara e un fisico snello. Esteticamente parlando, era quasi l'opposto di Neira.
- In che rapporti eri con i suoi genitori? Cioè, se venissero a scoprire che ora sei con la loro figlia, come reagirebbero? Male? Bene? Vi proteggerebbero? Andrebbero subito a dirlo a Steven? -
Neira abbassò nuovamente lo sguardo e Samantha fece lo stesso.
- Cristo! - urlò Joey. - Glielo andrebbero a dire subito vero? Eh certo, magari i suoi genitori volevano per lei un futuro fatto da un bel marito ricco, tanti figli e il cane che aspetta impaziente a casa il loro arrivo! Poi tu ti vai a mettere con una come lei e loro danno ragione al "buon" Steven che invece cerca di farvi rinsavire entrambe! -
Se Samantha non avesse ascoltato un paio dei racconti che Neira le aveva riferito su Joey, probabilmente si sarebbe già alzata in piedi per difendere i suoi genitori. Certo, non avevano mai accettato la sua relazione con Neira, ma non meritavano di essere trattati in quel modo. Ma davanti a loro avevano James Hawk, altrimenti chiamato Dagger, ed in più sembrava estremamente arrabbiato, quindi non pareva il caso a nessuno di contraddirlo.
- Ok dai, è arrivato il momento di muoverci. Prima ci muoviamo noi, meno rischi corriamo. Adesso Neira mi devi dire tutto quello che sai di questi due uomini di cui ti ho parlato prima, di dove vive Steven e di dove sta tuo padre. -
- Ecco vedi James io... - fece per continuare a parlare, ma lo sguardo furioso di Joey le fece intuire che aveva già capito cosa voleva rispondergli. - Io in realtà non so nulla di quell'uomo e anche di John Roukis so poco. Posso dirti dove sta mio fratello e mio padre, è vero, ma cosa vorresti fare? Hanno decine e decine di uomini armati a protezione delle loro ville e in più non solo soli...capisci quello che intendo? Oltretutto ormai sei - ma si interruppe, conscia del fatto che stava decisamente esagerando.
- Sono cosa? - la imboccò Joey.
- Sei...vecchio... - concluse distogliendo lo sguardo da lui.
Joey si sentì salire la rabbia in un secondo, avrebbe potuto rompere una fila di venti tegole una sopra l'altra con una sola testata in quel momento, ma prima che potesse iniziare a sfogarsi iniziò a parlare anche Samantha.
- E poi io la devo portare in un ospedale, devono visitarla e dirci se sta bene. Le hai visto anche tu le braccia no? L'hanno drogata, e anche più volte! Non possiamo andarcene in giro facendo finta che non sia successo niente! -
La ragazza riuscì a finire di parlare, poi sobbalzò sul divano all'unisono con Neira quando vide Joey tirare un pugno alla poltrona che aveva davanti a se, rovesciandola completamente e rompendo il tavolino di vetro che c'era lì accanto.
- Statemi bene ad ascoltare entrambe puttanelle! - urlò. - Non ho viaggiato mezzo mondo in aereo per tornare in questa merda di paese ad ascoltare le vostre stronzate! - Poi puntò il dito contro Samantha - Tu! Non porterai Neira da nessuna parte, intesi? All'ospedale le chiederebbero immediatamente le generalità e quindi fine della storia, ci siamo capiti? - Spostò il dito su Neira. - Tu! Quando avevo la tua età avevo già ucciso più uomini di quanti tu ne abbia mai visti in un film di guerra, e ognuno di quei figli di puttana era almeno cento volte più pericoloso di quel coglione di tuo fratello! Non me ne frega un cazzo di che amici ha o da quante guardie è protetto, io appena me   lo troverò davanti gli farò saltare via il cervello, capito? -
Entrambe le ragazze rimasero pietrificate al sentire quelle parole.
- Quindi vedi di farti saltare fuori da quella testaccia qualche nome che mi possa aiutare oppure quant'è vero Dio ti riporto in quel cesso di posto in cui ti ho trovata! - concluse quasi ansimando per la foga con cui aveva parlato.
Aveva decisamente perso il controllo, se ne rese conto solamente dopo qualche secondo in cui il fiato gli tornò regolare.
Lentamente, Neira iniziò a piangere. Samantha gli rivolse uno sguardo carico d'odio, poi abbracciò la sua ragazza e iniziò ad accarezzarle piano la testa.
- Bill Nighy - sospirò fra una lacrima e un'altra.
- Chi? - chiese Joey cercando di controllare il suo tono.
- Bill Nighy...è l'avvocato personale di mio fratello, o per lo meno lo era due anni fa...se lo è ancora, a lui potrai chiedere tutto quello che vuoi, conosce meglio di Steven i suoi stessi affari... -
- Ecco, questa sì che è una risposta. Brava principessa. - rispose Joey mettendosi a sedere. - E dove lo trovo questo Bill Nighy? -
- In centro ha il suo studio, ci potremmo andare adesso se vuoi - rispose smettendo faticosamente di piangere.
- Sarà meglio. Andate su a cambiarvi e poi partiamo subito. -
Le due ragazze si alzarono silenziosamente e salirono le scale in altrettanta silenziosità.
Joey, rimasto solo, fu assalito da un terribile senso di colpa.
Cosa gli era saltato in mente di trattarle in quel modo? Era tornato per un momento Dagger, l'assassino e lo stupratore che era un tempo. Colui su cui sua moglie Lily aveva tanto faticato per farlo diventare la persona che era adesso.
Non ci poteva credere che si era veramente comportato in quel modo.
Le aspettò giù, continuando a pensare a quello che era appena successo. Presto sarebbe anche dovuto tornare a uccidere, chissà se ci sarebbe riuscito ancora con la stessa naturalezza.
I suoi pensieri furono interrotti dal ritorno delle due ragazze.
Neira aveva cambiato un'altra volta i vestiti, neanche questa volta sembravano esattamente della sua misura ma per lo meno profumavano di pulito, anzichè di tabacco come quelli di Lucrece. I jeans erano un po' troppo lunghi e la felpa un po' troppo stretta, esattamente come Samantha che rispetto a lei era più magra e più alta. Ma nonostante i vestiti non fossero ancora della sua misura, vederla così ordinata e pulita in viso diede a Joey una strana sensazione. Era così diversa da soli due giorni prima quando l'aveva trovata nuda, sporca e sotto effetto di una dose...
- Andiamo? - chiese Neira dopo qualche attimo in cui Joey la guardò senza dire nulla.
- Sì, certo. -
I tre uscirono di casa ed entrarono in macchina, Joey infilò la chiave ed accese il motore, per poi spegnerlo quasi subito. Si girò verso le due ragazze che si erano sedute sui sedili posteriori, appoggiando il braccio sul sedile passeggero come se dovesse fare retromarcia.
- Ascoltate voi due - disse passando con lo sguardo da una all'altra. - Prima ho esagerato, ok? Non dovevo trattarvi così, non è stato giusto. -
Si fermò un momento, ma come era presumibile che accadesse, nessuna delle due disse niente. Rimasero semplicemente a guardarlo senza dire nulla. - Neira ha bisogno di un medico, certo, ma ti posso assicurare che in meno di una settimana tutta questa storia sarà finita. Potrai portarla in ospedale, denunciare Steven e perchè no, magari andare a farvi un viaggetto in Europa in Spagna, così magari vi sposate pure. - disse cercando di sorridere guardando Samantha. - E tu invece, ascoltami bene. Non ti riporterei MAI in quel brutto posto, ok? Sono stato un'idiota a dire una cosa del genere, tu la tua libertà te la meriti, qua l'unico a non meritarsi quello che ha avuto fino ad adesso ero io. - fece un'altra pausa, cercando una qualsiasi reazione nei volti delle due ragazze, ma non ne trovò nessuna.
Quindi si girò, mise in moto la macchina e si avviò verso il centro.
- James? - la voce di Neira era stata appena percettibile talmente lo aveva chiamato a voce bassa.
- Dimmi -
- Non mi sembri più il principe buono che ha scalato la torre per salvarmi... -
- Già...ho paura di averti mentito, principessa. -

***



L'Audi R8 si fermò esattamente sotto un grande portone proprio nel centro di Branchville.
- Ecco, è lì lo studio. O almeno era lì due anni fa, ora non lo so più. -
- Ok, adesso ho bisogno di te barbie. Me lo fai un favore? -
- Io? - chiese Samantha stupita dal fatto che le stava rivolgendo la parola.
- Sì, tu. Io ovviamente non posso andare e Neira beh...non può per le stesse ragioni. Tu sei l'unica che può avvicinarlo, quindi mi occorre il tuo aiuto. -
Samantha fece una smorfia indecifrabile; probabilmente avrebbe voluto mandarlo al diavolo per il solo fatto che le stesse chiedendo qualcosa dopo la scenata che aveva fatto, ma era anche conscia del fatto che prima tutto questo finiva, prima poteva portare Neira in un ospedale e riniziare una vita con lei.
- E cosa vorresti da me? - chiese alla fine dei suoi ragionamenti.
- Se è ancora qui, devi portarlo fuori da lì dentro, in modo che io lo possa raggiungere. Devi dirgli che sai dov'è Neira e anche dove sono io, ma che non te la senti di parlargli nel suo studio e preferisci farlo davanti a un caffè. -
Samantha alzò un sopracciglio. - Non ci crederà mai - rispose poi con un mezzo sorriso. - Puzza di trappola lontana un miglio. -
- E' proprio per questo che gli devi dare più informazioni possibili su di me e lei, devi dimostrare di stare dicendo la più sincera verità. Gli riferirai tutto: che io sono arrivato a casa di tuo fratello con lei, che lei aveva degli strani vestiti addosso da uomo, che io non te l'ho lasciata perchè ho bisogno del suo aiuto per trovare i due bastardi che hanno ucciso mia moglie, e qualsiasi altra cosa ti venga in mente. Se gli dirai un buon numero di verità prima di chiedergli di uscire, è probabile che ti creda. Anzi, ti dovrà credere, visto che gli dirai che sai anche dove siamo adesso, ma che glielo riferirai solo dopo averlo convinto ad aiutarti a salvare Neira prima di catturare me. -
- Perchè se andassi a dirlo a Steven lui partirebbe subito per uccidervi entrambi... - concluse Samantha.
- Esatto. E' perfettamente credibile che tu voglia salvare Neira prima che facciano fuori me, per questo lui non rifiuterà di seguirti. Catturarmi è troppo importante per loro, anche se c'è una piccola possibilità che sia una trappola. -
Samantha si girò a guardare Neira, come a chiederle un suo parere. La ragazza annuì con gli occhi pieni di speranza.
- Va bene, lo farò. - disse alzando il sedile davanti a se e uscendo dall'auto. Si sistemò per bene il giubbotto, poi entrò nel portone e scomparve dalla loro vista.
Non passò neanche mezzo minuto che Joey vide Neira iniziare a mangiarsi l'unghia del pollice.
- Non mi dire che sei già in ansia, vero? -
- No è che... - rispose lei allontanando il dito, ma anche volendo non riusciva a essere convincente.
- Sì, lo sono lo ammetto! E se Bill la trattiene? Se non ci casca e non vuole uscire? Che facciamo? -
- Ehy, ehy! Calmati! Vedrai che andrà tutto bene, ok? -
Poi, visto che non era riuscito a convincerla, cercò di cambiare discorso.
- Ascolta un po', ho visto dei quadri con la tua firma in casa di suo fratello. Non me lo avevi detto principessa che sai dipingere! -
- Cosa? - chiese Neira che sembra aver iniziato ad ascoltarlo solo dalle ultime parole.
- La ragazza con la tazza in mano e il tramonto! Sono tuoi, no? -
- Sì...a scuola arte era il mio corso preferito... - rispose alzando leggermente le spalle.
- Sei brava principessa, potevi dirmelo! - disse Joey dandole un piccolo buffetto sulla spalla.
Neira sorrise, e per un attimo sembrò veramente aver dimenticato che Samantha era di sopra con l'avvocato di uno dei criminali più importati di tutta St.Claire.
Quando però passarono più di dieci minuti, la ragazza ricominciò a mangiucchiarsi l'unghia, guardando fuori dal finestrino con ansia.
Effettivamente stava iniziando a metterci troppo, passarono altri cinque minuti e nel momento in cui Joey iniziò a pensare che forse era il caso di andare a dare un'occhiata finalmente li vide.
Samantha era insieme a un uomo abbastanza alto vestito di un elegante completo gessato grigio scuro, con un'orribile cravatta nera a pois rosa sotto la giacca. Dalla sua espressione sembrava fosse andato tutto bene e Joey la ringraziò mentalmente per essere riuscita a convincerlo ad uscire.
- E' quello Bill Nighy? - chiese poi.
- Oddio, sì! E' lui! - rispose Neira stupefatta.
- Perfetto, muoviamoci. -
Uscirono dall'auto e iniziarono a seguirli, pedinandoli però a debita distanza. L'uomo si girò a guardare dietro di se un paio di volte, tanto che fece pensare a Joey che forse non era del tutto uno sprovveduto come aveva immaginato. Sia lui che Neira comunque furono rapidi a mischiarsi fra la gente comune, quindi riuscirono a continuare a seguirli senza farsi notare.
Dopo pochi minuti di camminata videro che Samantha indicava con un gesto della mano un cafè all'angolo della strada e Joey sentì che quello era il momento giusto per avvicinarsi. Per arrivare al cafè avrebbero dovuto attraversare un semaforo e approfittò del rosso per arrivargli alle spalle e tirare fuori dai jeans la S&W 610 appoggiandogliela contro la schiena. Il cappotto lungo copriva a malapena la sua mano armata ma Joey era comunque convinto che si sarebbe presto tolto dalla strada se l'uomo non avesse opposto troppa resistenza.
- Ciao pagliaccio, stammi a sentire bene: prima cosa, non voltarti. -
Quando Nighy si sentì premere contro la schiena una cosa che sembrava a tutti gli effetti la canna di una pistola, ebbe come primo istinto quello di girarsi, ma si fermò subito appena sentì le parole di Joey. Anche Samantha si voltò, guardandolo con apprensione.
- Continua a parlargli come se niente fosse - le sussurrò e la ragazza tornò a guardare avanti a se riprendendo il discorso che stava facendo prima. Joey si guardò per un attimo attorno, sembrava che nessuno dei passanti li avessero notati.
- Seconda cosa: tu sei solo il primo fra i candidati che mi potrebbero dare le risposte che voglio, quindi se fai qualche stronzata del tipo metterti a urlare o cose del genere ti sparo un colpo in testa e passo al secondo della lista. Ho la macchina qui vicino, quindi riuscirei ad ammazzarti e a scappare ancora prima che la gente si renda conto di quello che è successo. -
L'uomo, che ancora non si era voltato e continuava solamente a sentire la voce di Joey da dietro, aprì per la prima volta la bocca, facendo uscire una voce bassa e tremula.
- Sei James Hawk, vero? -
- Esatto. - rispose Joey rimettendo in tasca la 610. - Se sai chi sono sarai anche a conoscenza dei miei modi di fare, quindi ora ti giri lentamente, ripercorri insieme alla ragazza la strada che avete fatto poco fa e ti fermi davanti all'Audi R8 che trovi parcheggiata davanti al portone del tuo ufficio. Siamo intesi? -
- Co...cosa vuoi farmi? - balbettò l'uomo apparentemente a corto di saliva.
- Domande, tante domande. E se sarai buono posso anche pensare di portarti via solo un braccio, o forse una gamba, e poi lasciarti andare. Se invece farai lo stronzo, allora ti ammazzerò come un cane rognoso. Allora, andiamo? -
L'uomo fu sconvolto per un attimo da un brivido che gli attraversò la spina dorsale quando sentì parlare di braccia e gambe amputate, trasformò il suo volto in una maschera di terrore e si girò lentamente iniziando ad incamminarsi nella direzione che Joey aveva detto. Lui fece altrettanto, non permettendo quindi a Bill di vederlo in faccia.
Arrivano davanti all'auto e Joey la aprì facendo lampeggiare le quattro frecce.
- Voi due ragazze mettetevi pure dietro, tu Bill vieni davanti con me così ti posso guardare meglio. -
L'uomo si voltò per la prima volta a guardarlo e Joey potè notare tutta la paura sul suo volto: non aveva ancora fatto niente, ma l'uomo era già terrorizzato.
Entrarono tutti e quattro in macchina e appena uscirono dal parcheggio Bill Nighy iniziò subito a parlare guaendo come un cane che sta venendo picchiato.
- Ascolta Hawk, come tu sicuramente saprai io posseggo molto denaro, te ne posso dare talmente tanto da farti diventare ricco...possiamo metterci d'accordo no? Non c'è nessun bisogno di un braccio o una gamba, vero? -
Joey non riuscì a trattenere una breve risata.
- I tuoi soldi sicuramente me li prendo, stanne certo. Ne ho bisogno per fare fuori la famiglia di Kimberlin, di diventare ricco non me ne frega un cazzo. -
- Ma io intendevo... - l'uomo si interruppe nel momento in cui Joey si girò di scatto a guardarlo. Bastò il suo sguardo per farlo smettere di parlare.
Percorsero circa cinque chilometri allontanandosi dal centro, poi quando furono sufficientemente lontani dal traffico della città Joey accostò l'auto.
- Che succede? - chiese apprensivo Bill tirandosi sù gli occhiali.
- Slacciati la cintura - gli ordinò Joey.
- Ma...ma...avevi detto che non mi volevi ammazzare! -
- Non ripeto mai due volte la stessa cosa: o te la slacci tu, o ci penso io. -
Bill portò immediatamente le sue mani tremolanti nell'incastro che teneva chiusa la sua cintura e lo aprì liberandosi.
- Benissimo. Ora per favore sporgiti leggermente in avanti. -
- Cosa? - chiese Bill iniziando a sudare.
- Ho detto: sporgiti in avanti -
- Pe...perchè? -
A quel punto Joey non ci vide più e gli afferrò la cravatta tirandolo con tutta la forza che aveva verso il parabrezza, facendogli sbattere violentemente il naso contro il cruscotto. Bill non fece neanche in tempo a portarsi le mani in faccia che Joey lo agguantò al collo con il braccio destro, tirandolo verso di se e iniziando a stringerlo forte con il pugno che premeva proprio contro il pomo d'adamo.
Bill si dibattè da quella presa per circa dieci secondi, fino a quando perse i sensi e smise di contorcersi.
Joey lo riposizionò al suo posto e gli riallacciò la cintura.
- Mio Dio...ma che hai fatto, lo hai ammazzato? - chiese Neira sporgendosi in avanti per vedere che faccia avesse Bill.
- Ma no, ha solo perso conoscenza. Vedrai che fra poco si risveglia da solo. -
- E se non si risveglia? - chiese Neira sempre più preoccupata.
- Se non si risveglia da solo, ci pensiamo noi con quattro sberle. Per adesso mi serve solo che rimanga buono e zitto fino a quando non arriviamo. -
- E dove stiamo andando? - chiese Samantha.
- In un posticino tranquillo dove poterlo torturare a dovere. - rispose Joey, sempre con il suo solito tono calmo e freddo.

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Capitolo 10
*** Capitolo VIII - seconda parte ***


L'Audi si fermò davanti a una grande palazzina a quattro piani ancora in fase di costruzione. La struttura, così come anche le mura, era già stata eretta, quello che mancava sembravano essere le porte e le finestre di ognuno dei piani, oltre ovviamente al tetto.
Joey scese dall'auto e si coricò sulle spalle il corpo privo di sensi di Bill Nighy, poi alzò lo sguardo verso la palazzina e sorrise.
- Per la miseria, è ancora in piedi... -
Neira e Samantha seguirono il suo sguardo, notando che l'intera struttura era recintata da delle sottili grate di ferro divelte in più punti del perimetro.
- Cos'è questo posto? - chiese Neira iniziando a seguire Joey che aveva incominciato a muoversi.
- Sai che non l'ho mai saputo? Credo fosse di una ricca famiglia che aveva deciso di costruirla per poter vivere nello stesso posto dei propri figli, ospitandoli nei vari piani, ma non lo so con certezza. -
- E come mai siamo qua? - domandò Samantha.
- Perchè qua non lo sentirà urlare nessuno - rispose Joey continuando a camminare verso il retro della struttura.
Entrambe le ragazze si voltarono a guardare la strada che avevano appena percorso; superato il recinto bucato la strada era stata abbastanza difficile da percorrere perchè per terra c'erano ancora svariate tubature, tegole e materiale vario che probabilmente sarebbe dovuto servire per ultimare la costruzione.
- E tu lo conosci perchè era già così vent'anni fa? - chiese Neira stupita.
- No, vent'anni fa non c'era l'ultimo piano. Si vede che devono aggiungere un pezzo ogni tanto per dare ancora l'idea di essere in costruzione... -
- Mentre invece cos'è? - chiese Samantha sempre più preoccupata.
- Ora ve lo faccio vedere. - rispose Joey girando l'angolo e indicando l'ampia discesa che terminava qualche metro più sotto in uno spartano parcheggio.
- E' là che i residenti di questa palazzina avrebbero dovuto parcheggiare le loro macchine? - chiese Neira iniziando a notare che là sotto non arrivava molta luce.
- Esattamente. Ora invece è utilizzato come posto dove portare qualcuno con cui fare quattro chiacchiere in santa pace. - concluse estraendo la propria 610.
- Perchè tiri fuori quella? -
- Perchè non sono l'unico a conoscere questo posto, principessa. Se c'è già qualcun altro dovremo trovarci un altro posto. -
Scesero lungo la discesa che portava al garage, dopodichè aprirono una porta mezza scassata e si ritrovarono dentro a una stanza illuminata solamente da due piccole buchi rettangolari quasi a ridosso del soffitto.
- Non si vede quasi niente qua dentro! - si lasciò scappare Neira.
- Ai miei tempi c'era un generatore elettri... - si interruppe dopo aver colpito qualcosa, si chinò per accertarsi che fosse proprio quello che aveva in mente e poi concluse. -...co. Eccolo qua. - accendendolo e permettendo a tutta la stanza di illuminarsi. Qualcuno gli aveva attaccato un faretto da giardino alto circa un metro che riempì tutta la stanza di una intensa luce gialla.
Le ragazze approfittarono della luce per guardarsi attorno:  la sala era piuttosto piccola, circa una tre metri per cinque, ammobiliata con una cassapanca in un angolo, tre sedie di legno disposte sui lati e al centro un tavolo simile a quelli degli ospedali sui quali vengono operati i pazienti.
Joey si avvicinò e ci sbattè sopra Bill, dopodichè si diresse verso la grande cassapanca all'angolo. La aprì e osservò la scatola degli attrezzi che c'era al suo interno: spostò velocemente lo sguardo su chiavi inglesi, cacciaviti e pinze di varie misure e dimensioni tirando fuori gli attrezzi che gli sarebbero serviti da lì a breve. Poi tornò da Bill e chiese alle ragazze una mano.
- Me lo dovreste legare ai polsi e alle caviglie - disse indicando gli spessi lacci di pelle che penzolavano dal tavolo.
Nessuna delle due si mosse, guardando il corpo privo di sensi di Bill come se fosse portatore di qualche malattia.
- Allora? -
- Io non lo tocco quello! - esclamò come risposta Neira.
- E perchè mai? -
- Beh perchè...se poi lo lego tu chissà cosa gli fai! -
Joey la guardò con un misto di pena e rassegnazione.
- Lo faccio lo stesso, solo che ci metto di più. Dai forza, sbrigatevi. Io devo cercare di capire come funziona questa cosa. -
Si chinò sopra la maschera di ferro che c'era nel posto in cui il disgraziato avrebbe posato il suo capo e la studiò con lo sguardo. Si apriva in due, in modo tale da far entrare la testa del malcapitato comodamente, poi si sarebbe chiuse alla base del collo con un piccolo lucchetto. Presentava due barre di ferro rotonde in prossimità della fronte e del mento, con cinque piccole viti su ognuna di loro. Il funzionamento probabilmente doveva essere questo: una volta inserita la testa dello sfortunato in questa sorta di maschera, si incominciavano ad avvitare le cinque viti presenti sulle due barre, che scendendo andavano a stringersi sulla pelle della fronte e del mento, impedendo così alla vittima di spostare la testa anche solo di un millimetro.
- Uhm, mi piace...direi proprio di sì - esclamò senza volerlo ad alta voce.
Neira e Samantha invece erano ancora ferme indecise sul da farsi.
- Allora voi due! Vi muovete o no? -
Entrambe lo guardarono senza rispondere e in quel momento Joey capì che non avrebbe potuto contare su di loro. Legò personalmente caviglie e polsi, poi infilò la testa di Bill nella maschera e incominciò a schiaffeggiarlo piuttosto duramente.
- Sveglia bell'addormentato, sveglia! - gli urlò mentre lo colpiva.
Bill riprese i sensi quasi subito, chiudendo e riaprendo gli occhi più volte prima di inquadrare chiaramente Joey.
- Ben tornato - gli disse chiudendogli la maschera sulla faccia e applicando il lucchetto alla base del collo.
- Che cos'è? Dove siamo? - chiese il povero Bill scoprendo di essere completamente legato a quel tavolo.
- Lascia perdere le domande, tanto non ti risponderò. - Si avvicinò alla cassa degli attrezzi che aveva  visto prima, ne estrasse una lunga tenaglia arrugginita e tornò da lui.
- Cos'è? Cosa vuoi farmi? - Bill sbarrò gli occhi e cercò di alzare la testa, inutilmente.
- Su, non ti far prendere dal panico Bill. Mi servi lucido, non schizofrenico. Allora, prima domanda: parlavi di soldi prima, ne hai un po' a casa tua? Hai una specie di cassaforte o qualcosa del genere? -
L'uomo, sentendo parlare di soldi, ritornò per un momento lucido, preso dalla speranza che forse potevano salvarlo da quella pazzia che stava vivendo.
- Sì, soldi, molti soldi! Sono tutti tuoi, tutti! - gridò come impazzito.
- E sentiamo, dove li terresti? -
- Sono in una cassaforte a muro nella camera da letto, la combinazione è 3709388240 - rispose sempre urlando.
- Dove hai detto che vivi, pagliaccio? -
- A Ashille, sulla 7th, al numero 42! -
- Uhm, bene, benissimo. Quanto dovresti avere in contanti? -
- Circa dieci, quindicimila dollari...ma puoi prendere tutto quello che vuoi, prendili tutti! - rispose sempre urlando, come se alzare la voce lo rendesse più sicuro delle sue risposte.
- Benissimo - rispose voltandosi verso le ragazze. - Avete sentito? Siamo ricchi! Il nostro amico Bill ci ha appena regalato tutto. - Tornò a guardarlo, cambiando radicalmente sguardo. - Peccato però che il qui presente signor Nighy non è stato sempre una brava persona, quindi forse meriterebbe una punizione un po' più sostanziosa che non un semplice furto. Che dite voi? - chiese tornando a rivolgersi alle ragazze.
- James io non credo che... - Neira smise di parlare appena Joey alzò una mano verso di lei.
- Pensa, Bill: la principessa e la barbie qua sono dell'idea che io non ti debba torturare. Tu che dici? Devo dare loro ascolto? -
- Sì, SI'! - urlò Bill, con tutto il fiato che aveva in corpo.
- Smettila di urlare brutto pezza di merda - rispose Joey colpendolo allo stomaco. Bill si proiettò in avanti come riflesso incondizionato per il colpo subito, ma appena sollevò la testa di un centimetro sbattè contro la maschera di ferro che aveva attorno alla testa e tornò immediatamente giù, tossendo violentemente.
Joey si guardò attorno cercando uno straccio di qualsiasi tipo, poi ne individuò uno vicino alla cassa degli attrezzi e lo prese tornando da Bill. - Anzi, farò in modo che tu non possa mai più urlare, così ci leviamo subito questo pensiero. - esclamò iniziando a spingergli a forza lo straccio dentro la bocca.
- Aspetta! - riuscì a dire prima che la sua bocca fu riempita dallo straccio logoro. Ogni tentativo di pronunciare qualsiasi altra parola fu vago, riusciva solamente a produrre suoni gutturali senza senso. Joey gli avvitò svelto le cinque viti sulla fronte, poi spinse ancora più a fondo nella bocca di Bill lo straccio così da obbligarlo a spalancare la bocca. Una volta che fu aperta quanto per lui era necessario, avvitò anche le restati cinque viti, bloccandogli il mento inesorabilmente in quella posizione. Quindi tolse lo straccio e lo gettò a terra.
- Molto bene - disse guardandogli la bocca spalancata. Bill cercò di chiuderla, ma le viti erano troppo strette e lui si sentiva la faccia schiacciata dentro quell'assurda maschera di ferro.
- Aiuto! Aiuto! - riuscì a pronunciare a stento: con la bocca aperta le parole vennero fuori distorte, e Joey sorrise sadicamente al sentirlo in difficoltà.
- Dunque, dove eravamo rimasti - pronunciò lentamente mentre riprendeva in mano la tenaglia posata pochi istanti prima. - La prima domanda era dove tieni soldi, e quella è ok. La seconda è: sai chi è lo stronzo che insieme a John Roukis ha ucciso mia moglie? -
- Sì - cercò di rispondere Bill, riuscendo solo a produrre un suono simile alla risposta che voleva dare.
- Sentiamo - disse Joey guardandolo fisso.
- Kirk Webb! - cercò di rispondere, ma dalla sua bocca spalancata uscì solamente un verso che ci assomigliava.
- Che cosa? Voi due avete capito cos'ha detto? - chiese Joey guardando le ragazze, che fecero segno di no con la testa.
- Ho paura che dovrai cercare di parlare un po' più chiaramente figlio di puttana, altrimenti qua non ci capiamo niente. -
- Kirk Webb!! - cercò di ripetere Bill, che se si trovava nella difficile condizione di non riuscire a pronunciare bene le parole non era certo per colpa sua. Dopo averlo ripetuto tre o quattro volte, Joey finalmente capì.
- Ok, ora dovrei aver capito. Passiamo alla domanda numero tre che è di carattere personale: quand'è che hai deciso di diventare l'avvocato di Steven? Cioè, com'è che si decide di difendere legalmente un uomo che sai per certo infrangere la legge tutti i giorni? -
Bill avrebbe voluto rispondere un "cosa?", ma purtroppo nessuno riuscì a interpretare il verso che emanò.
- Non voglio fare certo la parte del santo, eh, sia ben chiaro. Però, Cristo, io non studio legge per poi difendere i criminali. Che cazzo di persone sono quelle come te che anzichè difendere la brava gente vive per metterglielo nel culo? -
Bill cercò un'altra volta di pronunciare qualcosa, ma questa volta Joey non aspettò neanche che finisse il suo inutile tentativo di parlare.
- Mi spiace per te, Bill, ma era meglio che facevi un altro lavoro. E se volevi comunque fare questo che stai facendo adesso, era meglio che lo facevi per qualcun altro. Odio gli avvocati, tu sei quello personale di Steven e in più ho bisogno di mandargli un messaggio forte...credo quindi che tu sia capitato proprio male, amico mio. -
Aprì le due ganasce e le avvicinò pericolosamente alla bocca aperta di Bill.
- Sai prima quando ti ho detto che ti avrei portato via una gamba o un braccio? Beh, ho cambiato idea - disse serrando le ganasce attorno a un molare di Bill. Strinse forte, impugnò con entrambe le mani le due braccia arrugginite e poi tirò forte verso di se, strappando via il dente e riempiendo di sangue la bocca di Bill.
L'uomo urlò di dolore con tutte le forze che aveva, Neira che aveva assistito alla scena si girò all'istante colpita da un conato di vomito e Samantha fece lo stesso portandosi una mano alla bocca.
Joey invece rimase impassibile, guardando senza emozione il volto di Bill rosso dal dolore e osservando il sangue che gli aveva macchiato i pantaloni.
- Che schifo! - riuscì a pronunciare Samantha appena si riprese. - Ma tu sei pazzo! Un sadico! -
Il suo tono aveva un qualcosa di accusatorio e Joey non rispose nulla. Poteva forse negarlo?
- Andiamo via da qui... - aggiunse Samantha prendendo sottobraccio Neira spingendola verso la porta.
- Ehy barbie, non portarla troppo lontana...non posso garantire la vostra incolumità se vi allontanate troppo da qui -
- Sempre meglio che rimanere a vedere te che torturi quell'uomo! - gridò Samantha guardandolo con odio.
Joey aspettò che entrambe le ragazze furono uscite per ritornare a guardare Bill, che ancora ansimava di dolore. Una lacrima gli scendeva dall'occhio sinistro.
- Ah, le donne. - sospirò portando un'altra volta la tenaglia nella bocca di Bill. - Avevo pensato di strappartene uno per ogni anno che ho vissuto insieme a Lily, ma una volta finito dubito che riusciresti a esprimerti chiaramente...e visto che mi devi dire ancora un paio di cose, forse è il caso che diminuisca un po' il numero. - finse di pensarci, mentre Bill lo guardava con lo sguardo pieno di terrore, poi riprese. - Ho trovato: ne toglierò uno per te, uno per mia moglie, uno per Kirk Webb, uno per John Roukis e due per i due Kimberlin. Che dici, può andare? -
Bill urlò con più fiato aveva in corpo, cercando di pronunciare un "NO!", ma Joey serrò le ganasce su un incisivo e gli strappò via anche quello, provocandogli un altro quasi disumano urlo di dolore.
Neira e Samantha lo sentirono urlare altre quattro volte prima che finalmente la pace tornò a regnare su quella struttura solitaria.
Le due ragazze erano tornate al piano terra per prendere un po' d'aria ma si erano fermate lì, preferendo non allontanarsi ulteriormente.
Nel frattempo Joey aveva aperto la maschera sul volto di Bill e l'aveva buttata per terra. I suoi jeans e parte della sua felpa erano stati completamente inondati di sangue, così come anche la tenaglia che ora dava l'idea di essere appena stata riverniciata di rosso.
Gettò a terra anche quella, andando ad appoggiarsi contro una parete.
- Allora Bill, quarta e ultima domanda. Voglio sapere tutto di ognuno di loro: dove abitano, cosa fanno nella vita, le loro abitudini e qualsiasi altra cosa ti venga in mente. Dopo che avrai finito di dirmelo ti libererò e tu andrai da Steven a riferirgli cos'è successo, in modo che sappia cosa lo sta aspettando. Intensi? -

***



Durante il viaggio di ritorno nessuno osò parlare. Joey guidava la macchina immerso apparentemente nei suoi pensieri, Neira e Samantha si limitavano a guardare fuori dal finestrino. Bisognò aspettare di vedere le prime case di Ashville prima che qualcuno iniziò a parlare.
- James... -
- Dimmi principessa -
- Che fine hai fatto fare a Bill Nighy? -
- L'ho slegato e gli ho aperto la porta, adesso è libero come un fringuello -
Neira sembrò accontentarsi della risposta, ma Samantha non ce la fece a stare zitta.
- Libero come un fringuello? Ma hai idea di quanto sangue ha perso quell'uomo? Se non trova subito qualcuno che gli presta soccorso potrebbe anche morire dissanguato! -
- Ah sei un'infermiera barbie? Non me lo avevi detto... - commentò sarcastico Joey.
- Non c'è bisogno di aver studiato medicina per sapere queste cose! Oltretutto gli hai pure fregato i vestiti e fuori ci saranno sì e no due gradi, come credi che sopravviverà? -
- Beh, io non potevo di certo andare in giro con i jeans pieni del suo sangue. E in ogni modo non l'ho lasciato nel deserto del Sahara, se cammina solamente per un paio di isolati troverà già le prime case. Io non la farei tanto tragica -
Samantha girò il volto puntando il suo sguardo fuori dal finestrino e non disse più niente. Le stesse preoccupazioni le condivideva anche Neira, ma a differenza di Samantha sapeva che cercare di far ragionare Joey era impossibile.
Percorsero gli ultimi chilometri fino a quando non raggiunsero la casa di Nighy. Scesero dalla macchina ed entrarono nel condominio che gli aveva indicato, arrivati davanti alla porta di casa Joey frugò all'interno delle proprie tasche per vedere se Bill aveva lasciato le chiavi nella sua giacca e difatti le trovò. Una volta entrati si diressero subito tutti e tre in camera da letto, cercando la cassaforte. Inserirono i numeri della combinazione così come Bill aveva riferito e si aprì, rivelando molteplici mazzette composte da banconote da cento dollari.
- Yahoo, siamo ricchi! -
Iniziò a tirarne fuori qualcuna,  poi chiese alle ragazze di cercare un sacchetto dove poterle mettere. Ne prese un paio per se, il resto lo lasciò a loro.
- Questi sono per voi, ve lo meritate per tutto quello che avete passato. -
- E tu ne prendi così pochi? Sei sicuro che non te ne servano altri? - chiese Neira quasi preoccupata.
- Sicuro, stai tranquilla - poi le sorrise, appoggiandole una mano su una spalla. - Direi che possiamo anche salutarci qua, principessa -
- Cosa? - pronunciarono entrambe le ragazze all'unisono.
- Beh ormai so dove stanno Webb e Roukis, il tuo aiuto non mi serve più. Non sei più costretta a seguirmi, sei libera. -
Effettivamente lo era, ma Neira sentiva che c'era qualcosa che non andava. Non riuscì infatti a nascondere un'aria stupita e delusa allo stesso tempo.
- Che c'è principessa? Sentirai la mia mancanza? -
Samantha era forse più stupita di Joey, ma approfittò delle sue parole per prenderla per un braccio e iniziare a spingerla fuori di casa.
- Sì James ha ragione, ormai non dobbiamo più stare con lui. Io direi che possiamo andare. -
- Ma no, fermati un attimo! - rispose Neira sciogliendosi dalla presa della bionda.
- James...cioè, io non so come dirtelo ma...sei sicuro di non avere più bisogno di me? Non vuoi chiedermi altro riguardo a Steven o a papà? -
Joey la guardò per un attimo, cercando di capire il motivo del suo comportamento.
- Che c'è Neira? Vuoi forse convincermi a cambiare idea? -
- No! Non ho detto questo...è solo che...non voglio scoprire dai giornali che mio fratello e mio padre sono morti! -
- Non mi dirai che vuoi che vivano vero? -
- Mio padre l'ho conosciuto poco, e se è vero quello che mi hai detto ovvero che è stato lui a organizzare il mio arrivo al bordello...beh, puoi pure ucciderlo quando vuoi. Ma per Steven... -
Samantha, che iniziava a non capirci più niente, quasi gridò - Ma che stai dicendo Neira? Quel bastardo deve morire per quello che ci ha fatto! -
- Certo che deve morire! - rispose lei di getto, - ma io voglio parlargli un'ultima volta prima che muoia! -
- Eh?? - esclamarono sia Joey che Samantha contemporaneamente.
- Sì James, voglio venire con te quando deciderai di ucciderlo. Voglio esserci quando lo farai, te ne prego...è l'ultimo favore che ti chiedo. -
Joey ci pensò un po', perchè l'idea non gli piaceva. - Può essere pericoloso principessa, e se rimani coinvolta nello scontro? Se è vero tutto quello che mi hai detto su di lui, ci sarà un bel po' da sparare prima di riuscire a trovarselo faccia a faccia... -
- Sì, è vero, ma io ci tengo lo stesso. Per favore James, promettimi che mi avvertirai quando deciderai di farlo! -
Joey ci pensò un altro po', poi alla fine accettò.
- Ti ringrazio - disse Neira, tornando a prendere per mano Samantha. - Ora possiamo andare se vuoi. -
- Certo che voglio! - fu la risposta pronta della ragazza. Joey non le era mai andato a genio, fin dalla prima volta che l'aveva visto.
Le vide incamminarsi lentamente fuori dalla casa di Bill e poi scomparire giù per le scale che portavano fuori dalla palazzina.
Un po' doveva ammetterlo, stava iniziando ad affezionarsi a quella ragazza. Gli ultimi due anni erano stati veramente orribili per lei e come aveva giustamente fatto notare Samantha c'era bisogno di un dottore che le facesse una visita accurata, non potevano certo stabilire il suo grado di salute da quei semplici giorni che avevano passato assieme. E se l'avessero drogata talmente tante volte da averle creato assuefazione?
Joey scosse la testa e cercò di pensare ad altro. Era inutile farsi troppo domande, soprattutto ora che finalmente aveva tutti i nomi che cercava. Il primo che avrebbe ucciso sarebbe stato Kirk Webb, visto che Bill aveva riferito che il giorno dopo sarebbe stato al Churcill Museum per la presentazione di un antico vaso indios, stimato attorno al 1850. A quanto aveva sentito, questo Webb era uno studioso di arte antica e quando il museo di Ashville riusciva ad avere per qualche tempo un oggetto di valore, chiedevano sempre a lui di poter venire a presentarlo.
Quel giorno sarebbe incominciato l'inizio della fine, cosa che lo spaventava e sollevava allo stesso tempo.
Mentre era assorto nei suoi pensieri il telefono di casa iniziò a squillare, riportandolo alla realtà. Decise quindi di uscire e di andarsi a cercare un hotel, ma quando scattò la segreteria telefonica di Bill e sentì che la persona al telefono stava lasciando un messaggio, si fermò come pietrificato.
Dalla segreteria si poteva sentire chiaramente una voce dal tono fortemente nasale, una voce per Joey inconfondibile. La stessa che lo aveva condannato al soprannome di "paperino", per via del fatto che assomigliava veramente molto a quella del famoso papero della Disney.
- Bill? Sei in casa? Se ci sei tira su questo cazzo di telefono, ti devo parlare. Quello stronzo di James Hawk è andato a prendersi mia figlia, quella che ho fatto con quella puttana cubana di cui ti ho parlato tempo fa...ho bisogno di incontrarmi con te per iniziare a pensare a qualcosa nel caso in cui quella stronza vada dalla polizia a denunciare tutto, credo sia il caso di... -
Joey si girò e si recò di corsa al telefono. Lo tirò su, interrompendo di fatto il messaggio che Ivan Kimberlin stava lasciando.
- Sei arrivato troppo tardi, Kimberlin. -
Dall'altra parte del telefono, per circa due secondi, ci fu silenzio, poi Ivan parlò.
- Figlio di puttana....sei Hawk vero? -
- Indovinato. E se rispondo io e non Bill, non c'è bisogno che ti dica che è già passato fra le mie mani. -
- Brutto...pezzo di merda! Che fine gli hai fatto fare? -
- Io se fossi in te inizierei a preoccuparmi per me stesso, più che per il mio pidocchioso avvocato di mio figlio. Hai poco da pensare agli altri, visto che fra pochi giorni sarò lì da te per ucciderti. -
- Uccidermi? TU vuoi uccidere ME? - Kimberlin si mise a ridere, ma era una risata molto poco convinta e parecchio nervosa.
- Tu non ucciderai nè me nè mio figlio, hai capito brutto stronzo? Sono io che ucciderò te, brutto porco! Esattamente come ho fatto con quella troia di tua moglie! -
- E infatti morirete tutti per quello che le avete fatto, nessuno escluso. Tu, tuo figlio, i due balordi che hanno osato toccarla...tutti quanti. Siete già morti, solo che ancora non ve ne rendete conto. -
Dall'altra parte del telefono sentì partire un numero incredibile di bestemmie e Joey pensò che forse era il caso di porre fine a quella conversazione. Il motivo era semplice: si stavano parlando due killer, due personaggi che sapevano uccidere e che lo facevano sempre per interesse. Non c'era un "buono" fra loro due, Kimberlin non era sicuramente peggiore di Dagger e viceversa Joey non era molto migliore di lui.
- Credo che questa conversazione sia giunta al termine, Kimberlin. Tu avvisa pure i tuoi uomini che sto arrivando, io nel frattempo vado a spendermi un po' dei soldi che ho appena rubato all'avvocato di tuo figlio. -
- Figlio di puttana, metterò ogni mio uomo a ogni fottuto angolo di tutta St.Claire se fosse necessario per  trovarti! Perchè ti troverò James Hawk, e quando lo farò giuro che non ripeterò lo sbaglio di mio figlio, ti piazzerò immediatamente una pallottola in mezzo alle palle e poi una in fronte! E di te non ci sarà più neanche il ricordo! -
- Vedremo, Kimberlin, vedremo. Tu vuoi questo per me e io voglio questo per te, staremo a vedere chi riuscirà nel proprio intento prima dell'altro. -
- Fanculo Dagger, sei morto! -
- Arrivederci, Kimberlin - rispose Joey calmo.
- Addio! - urlò come risposta Ivan, poi Joey attaccò il telefono e uscì di casa, pensando che quello era veramente l'inizio della fine.

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Capitolo 11
*** Capitolo IX ***


Una delle tante cose che si imparano vivendo a lungo insieme a criminali di ogni specie, è quella di saperli riconoscere in mezzo alla gente comune. A Joey bastò un'occhiata lanciata fuori dall'hotel per capire che l'uomo che c'era all'interno era un balordo inviato da Kimberlin. Stava parlando con la donna alla reception con una mazzetta di banconote in mano, mostrandogli con l'altra un foglio A4 che la donna guardò per un attimo scuotendo poi la testa. Kimberlin probabilmente aveva iniziato a sguinzagliare i suoi uomini nel momento stesso in cui era terminata la chiamata con Joey e ora parecchi hotel si ritrovavano a subire le visite di questi balordi in cerca del loro uomo.
La scelta più sensata ricadde quindi su un hotel di lusso; ora Joey se lo poteva permettere grazie ai soldi di Bill Nighy e contemporaneamente poteva avere la certezza che, per lo meno per quella serata, nessuno degli albergatori di hotel di quel calibro avesse veramente preso in considerazione le parole di uomini come quelli che Kimberlin mandava in giro. Anzi, probabilmente molti di loro sarebbero stati fermati ancora prima di poter entrare, visto l'abbigliamento di scarsa eleganza con il quale andavano in giro.
Si prese quindi una stanza da 200 dollari a notte e cercò di prendere sonno il prima possibile, in modo tale da svegliarsi presto il giorno dopo e potersi rimettere in strada allontanandosi da Ashville.
Alle sette del mattino infatti era già in piedi, pagò la stanza e prese l'Audi per tornare nella contea di Jefferson che si sarebbe rivelata sicuramente più tranquilla di St.Claire.
Appena tornato a Birmingham, parcheggiò l'auto e mandò un sms a Neira.
Principessa, ieri notte ho intravisto un paio di uomini di tuo padre in giro per gli hotel di Ashville, questo vuol dire che ha già iniziato a cercarci. Forse è meglio che ve ne andate da quella casa, il rischio che provino a cercavi là dentro si fa ogni giorno più alto.
Pensò poi a Kirk Webb: Nighy aveva detto che il vaso era in mostra ai visitatori per tutto il giorno, ma per chi voleva saperne di più avrebbe potuto ascoltarlo parlare sia alle 11 che alle 15 per circa un quarto d'ora. Joey optò per l'appuntamento delle 15, visto che in quel periodo dell'anno il buio arrivava presto e dopo averlo ucciso avrebbe potuto usufruirne per scappare dal museo senza essere visto.
Utilizzò il resto della giornata per fare acquisti: entrò in un negozio di abbigliamento e si cambiò completamente d'abito, scegliendo il nero come colore dominante per qualsiasi capo.
A mezzo giorno circa ricevette l'sms di risposta di Neira.
Ok, tu ricordati quello che ti ho detto a proposito di Steven, mi raccomando. Ciao.
Il fatto che gli avesse risposto a quell'ora non gli piaceva: se aveva risposto appena visto il suo sms voleva dire che si erano svegliate da poco, e questo significava che se la stavano prendendo molto comoda. Se fosse rimasto con loro sarebbe stato più tranquillo, però dopo quello che era successo con Bill Nighy Samantha lo guardava come un mostro e anche Neira sembrava non aver digerito troppo bene ciò che aveva visto.
In ogni modo, fra pochi giorni si sarebbero rincontrati.
Quando mancò circa un'ora al secondo e ultimo appuntamento della giornata con Webb, Joey prese l'auto e si diresse verso il Churcill Museum. Trovò fortunatamente parcheggio proprio lì davanti e si incamminò a passo svelto verso l'entrata. All'interno trovò però una sorpresa; mentre era in coda per fare il biglietto vide che poco prima della scala che portava al primo piano c'erano due agenti della polizia con una sorta di telecomando nero in mano. Aguzzò la vista, per cercare di capire meglio cos'era quell'affare, e il piccolo display sopra i due led colorati di rosso e verde chiarì il brutto presentimento: era un metal detector.
Arrivato il suo turno di comprare il biglietto, si riferì alla ragazza dietro al bancone con la massima gentilezza di cui era capace.
- Buonasera, un biglietto intero, per favore. -
La ragazza rispose con il prezzo e non accennò neanche ad alzare il volto, quindi Joey dovette suo malgrado dimostrarsi interessato ai due poliziotti.
- Mi scusi, ma ho visto che quei due agenti hanno un oggetto in mano, cos'è? -
- Umhf - rispose la ragazza, alzando la faccia per la prima volta. - E' per alcune opere di valore che abbiamo in questi giorni nel museo, ci serve per sicurezza, sa, è un metal detector. -
- Ho capito...beh, allora sarà il caso che vada a posare la mia cintura prima di entrare, per evitare che suoni appena mi avvicini! - rispose con un largo sorriso.
Pagò il biglietto ed uscì. Joey non aveva nessuna cintura da posare, aveva però una Smith & Wesson calibro 10 che sicuramente non avrebbe superato il controllo dei due agenti.
"Cazzo!" pensò fra sè e sè. "E come faccio ora?"
Cercò di pensare velocemente a una soluzione alternativa. "Anzichè ucciderlo durante il suo discorso potrei aspettarlo fuori una volta finito..." Rimase per qualche secondo davanti alla sua Audi, poi prese la sua decisione. Entrò, posò la 610 nel cruscotto ed uscì tornando verso il museo. "Non posso ucciderlo come un poveraccio qualsiasi, di notte in un parcheggio mentre cerca di riprendere la macchina. No...deve morire in modo appariscente, in modo tale che nessuno di loro osi pensare che scelga il momento più comodo a me per ucciderli. Li affronterò lealmente, quando sono al pieno delle loro forze esattamente come me. Niente trucchetti di alcun genere, questa volta non mi abbasserò a quei livelli."
Ripetendosi in continuazione queste parole, varcò l'ingresso e si fece controllare dai due poliziotti, passò oltre e cercò la stanza in cui Webb avrebbe parlato. Non fece molto caso alle altre opere esposte, continuò a cambiare stanza salendo al piano superiore fino a quando non trovò quella che era stata preparata per il discorso.
La stanza conteneva una trentina di sedie, tutte rivolte verso una specie di cattedra che aveva alle spalle un grosso schermo luminoso, probabilmente per le diapositive. Due uomini stavano parlottando fra loro vicino alla cattedra, uno aveva parecchi fogli in mano e gesticolava particolarmente, l'altro rimaneva in silenzio ad ascoltarlo. Secondo la descrizione che gli aveva fornito Bill Nighy, Kirk Webb doveva essere quello che stava parlando. Piuttosto alto, con una barba incolta da chissà quanti giorni, era vestito piuttosto male, indossando capi tutti di colori diversi. A vederlo così, non sembrava per nulla uno studioso d'arte.
Visto che mancavano solo dieci minuti alla sua presentazione e c'erano già un paio di persone sedute, anche Joey prese posto nel fondo della sala, sull'ultima fila di sedie disponibili. Cercò di stare attento il più possibile a non farsi notare, osservandolo solo quando era impegnato a parlottare con il suo compare. Poi, lentamente, la sala iniziò a riempirsi e alle 15 Webb fu puntuale a iniziare il  suo discorso.
- Buonasera a tutti voi e grazie per esservi fermati per approfondire con me la storia di questo bellissimo vaso che il nostro museo... - Joey smise di ascoltarlo praticamente subito, lanciando solo un'occhiata al vaso indios che aveva al suo fianco. Si guardò intorno, contando le persone presenti in sala. Le trenta sedie erano tutte occupate, più una decina di persone che erano rimaste in piedi poichè erano arrivate quando Webb aveva già iniziato a parlare. Qualcuno entrava, sentiva qualche minuto e dopo usciva. Arrivati a circa metà del discorso, le luci della stanza si spensero e iniziarono a proiettare le diapositive.
- Come potete vedere dalle forme disegnate su questo esempio, vi è una forte somiglianza con il nostro che possiamo vedere in sala... - disse indicando con una mano il vaso proiettato sullo schermo e con l'altra quello presente al suo fianco.
Joey smise di ascoltare un'altra volta, guardandosi attorno nervosamente. Ripensò velocemente alla strada che aveva fatto per arrivare lì: non era molto lunga, correndo avrebbe potuto percorrerla in un minuto circa, quello che lo preoccupava era più che altro la presenza dei due poliziotti all'ingresso. Non che fossero pesantemente armati, aveva notato solo una pistola per uno, però lo avrebbe seccato ucciderli.
Si ritrovò ben presto a picchiettare nervosamente con il piede per terra, guardando l'orologio a una distanza di tempo sempre inferiore dalla volta precedente. Webb infatti parlò per quasi dieci minuti in più rispetto a quanto c'era scritto sul cartello fuori dal museo, finendo il suo discorso quasi alle tre e mezza.
- ...e questo non fa che dimostrare ulteriormente il valore di questo vaso. Vi ringrazio per essere stati qui e vi auguro una buona continuazione della visita al resto del museo. -
Seguirono quasi immediatamente degli applausi e dai volti sorridenti delle persone Joey potè capire che il discorso di Webb era stato particolarmente gradito. Gli sembrava sempre più strano che un uomo del genere potesse essere un sadico assassino.
I presenti in sala iniziarono lentamente ad uscire e questo fu sufficiente per far svanire tutti i suoi pensieri e tornare a pensare a come agire. Aspettò ancora qualche secondo, ma una decina di persone rimasero in sala non accennando ad uscire e Joey decise di muoversi ugualmente.
Iniziò ad applaudire forte ma lentamente, richiamando l'attenzione di Webb che aveva appena ricominciato a parlottare con lo stesso uomo di prima del discorso.
- Bravo, bravo! - disse alzandosi in piedi e non smettendo di applaudire. - Sei proprio bravo Kirk Webb! Un bel discorso! -
L'uomo, che aveva immediatamente posato gli occhi su di lui, mantenne la sua espressione di marmo e si limitò a fissarlo.
- Per un attimo ho quasi pensato che ucciderti fosse una perdita per la società - aggiunse mostrando un sorriso ironico - ma poi c'ho subito ripensato.
Webb posò il foglio che aveva in mano e iniziò a parlare.
- Sei James Hawk, vero? -
Joey rimase stupito. Lo aveva capito subito, e cosa ancora peggiore non ne sembrava per niente impaurito.
- Ieri notte Steven Kimberlin mi ha informato che hanno ritrovato il suo avvocato in periferia, senza vestiti e con alcuni denti strappati. "Ha blaterato qualcosa riguardo al fatto che vi ammazzerà tutti", ha aggiunto poi. E' così, James Hawk? Sei qua per "ucciderci tutti"? -
Quella sua tranquillità non gli piaceva, ma non potè fare altro che rispondergli.
- Sì, e stasera incomincerò da te. -
A quel punto Webb incominciò a ridere. L'uomo al suo fianco lo seguì subito dopo e furono imitati dai restanti in sala.
- Sei così ingenuo, Hawk. - disse appena riuscì a contenere le risate. - Pensi veramente che io non mi sia preparato a un tuo arrivo? Era più che logico che avresti scelto questa occasione per venire da me, si può quasi dire che ti stavo aspettando. -
Fece un gesto con la mano e le persone che erano ancora sedute si alzarono in piedi girandosi verso di lui. Sette uomini, più Webb e l'individuo che era al suo fianco. Joey passò lo sguardo su ognuno di loro e sull'ultimo ci rimase per qualche secondo.
- Biondino... - esclamò lentamente.
L'uomo che lo aveva accompagnato al Red Monkey era proprio lì, in mezzo alle persone rimaste, con un enorme cerotto bianco sul naso. Joey trattenne a stento una risata.
- Che ti hanno fatto al naso, biondo? Sei forse caduto dalle scale? -
- E' lui! - urlò quello girandosi verso Webb. - E' lui, ti confermo che è lui! -  
- Bene, allora si fa così - rispose senza agitazione nelle sue parole. - Voi ora lo sistemate per bene e io intanto scendo ad avvisare le guardie. Poi torniamo su e se lo avrete lasciato ancora vivo lo portiamo via, altrimenti siete tutti testimoni che questo pazzo a me sconosciuto ha iniziato ad aggredirmi e voi mi avete difeso. - Fissò per un momento Joey, poi concluse - Finisce qui tutta la tua storia di vendetta, Hawk. Avresti dovuto scappare da qualche parte nel resto del mondo anzichè tornare in America, sei stato piuttosto sciocco. In ogni modo, addio. -
Si chinò a prendere la sua valigetta, scese dalla cattedra e iniziò a incamminarsi verso l'uscita della stanza. Joey si fiondò immediatamente a fermarlo, ma i sette uomini furono altrettanto veloci e si misero davanti a lui.
- Ehy, vecchietto! Non hai sentito quello che ha detto Webb? Tu devi giocare con noi adesso! -
Gli altri uomini iniziarono a disporsi a cerchio attorno a lui. Joey potè vedere dietro di loro Webb scomparire dalla porta d'uscita e iniziare ad incamminarsi verso le scale.
Non poteva farlo scappare, altrimenti non lo avrebbe più ritrovato. Oppure lo avrebbe trovato dopo tanto di quel tempo che nel frattempo gli sarebbero arrivati altri problemi, e questo non doveva accadere.
- Levatevi immediatamente tutti dai coglioni - ringhiò Joey. - O giuro che vi ammazzo uno ad uno -
Il suo tono riuscì a catturare l'attenzione di ognuno di loro, facendo perdere il sorriso alle loro bocche.
- Ehy vecchietto, un tempo sarai anche stato un gran figlio di puttana, ma ormai hai l'età di mio nonno, non dimenticartelo. Mi sentivo quasi in colpa di dover picchiare uno della tua età, ma visto che fai così lo stronzo mi tolgo ogni peso dalla coscienza e provvedo subito a fare quello che Webb vuole. -
Si avvicinò a Joey a passi rapidi, poi quando gli fu vicino sferrò con un pugno col destro.
"Tutto sbagliato" pensò Joey guardandolo colpire.
Non era ben bilanciato sui piedi, il pugno era partito troppo presto e non si era curato di chiudere la guardia per colpirlo. Tanto che riuscì a evitarlo senza alcuna fatica, mandando il suo pugno a vuoto.
Approfittò del fatto che fosse sbilanciato per il colpo mancato e lo toccò con forza con la punta delle dita appena sotto la base del collo, vicino alla clavicola. L'uomo lanciò un orlo di dolore e cadde a terra portandosi una mano sulla zona appena colpita.
I rimanenti sei lo guardarono spaventati mentre lui, rimasto a terra, continuava a lamentarsi per il dolore.
- Lo sapete perchè sente così tanto male? - chiese Joey evitando di guardarlo. - Perchè l'ho colpito in un punto così detto "proibito", uno di quelli studiati dagli antichi maestri cinesi di stili di combattimento quasi settecento anni fa. -
Anche l'uomo a terra aveva diminuito le sue lamentele per ascoltare quello che Joey diceva.
- E di punti come quelli nel corpo umano ce ne sono oltre cento, e io ne conosco almeno la metà. Quindi, e ve lo dico per l'ultima volta, spostatevi e non vi farò niente. Viceversa, fra poco sarete tutti a terra come lui, con la sola differenza che a voi vorrò fare male sul serio. -
I sei uomini rimasti lo guardarono con lo sguardo stralunato, indecisi fra il credere a quello che diceva oppure convincersi che era un pazzo che neanche sapeva quello che stava dicendo. L'uomo che parlottava prima con Webb fece un passo indietro e poi corse via urlando ai poliziotti nel piano inferiore di venire su immediatamente.
"Ci mancavano anche loro" si ritrovò a pensare Joey. - Allora, voi altri! Vi spostate o devo farmi avanti io? - urlò nella loro direzione, ma il sentire che le due guardie stavano arrivando fece loro tornare un po' di coraggio e nessuno indietreggiò. Al contrario, due di loro si mossero contemporaneamente per colpirlo.
Li evitò entrambi, alzando le braccia per parare i loro attacchi e facendo un piccolo salto indietro. "Se solo avessi potuto portare la mia 610..." pensò fra sè e sè. I due uomini cercarono di colpirlo nuovamente, ma anche questa volta Joey anticipò i loro movimenti e spostandosi ancora più indietro li evitò.
- Cazzo! - urlò uno di loro. Joey sentì chiaramente il rumore dei passi dei poliziotti avvicinarsi alla scala, e decise di agire il più velocemente possibile. Si lanciò contro quello più vicino dei due, abbassandosi leggermente e colpendo con le punta delle dita sul collo poco sotto il pomo d'adamo. L'uomo sbarrò gli occhi e si portò immediatamente le mani alla gola, cadendo per terra non riuscendo più a respirare. Prima che il secondo uomo potesse fare qualsiasi cosa, Joey si mosse velocemente verso di lui colpendolo con due falangi sugli occhi, buttandolo a terra.
Alzò gli occhi sui quattro rimasti. Il biondo aveva già cambiato faccia, preferendo allontanarsi piano piano dagli altri tre rimasti. Il rumore dei passi dei poliziotti sulle scale spinse Joey a farsi sotto sui rimanenti tre. Appena si avvicinò ognuno di loro cercò di proteggersi alzando le mani come fanno i pugili, ma per l'ennesima volta Joey fu più veloce e riuscì a colpire il primo a sinistra. Puntando sulla zona della milza, affondò appena più sù con il pugno sinistro chiuso, mentre con il gomito destro si spostava di lato per colpire l'altro uomo in faccia. Il primo cadde immediatamente toccandosi il fianco, il secondo barcollò un po' per la botta presa e Joey lo finì con un calcio al volto. Poi, prima che l'ultimo dei tre facesse in tempo a rendersi conto di essere rimasto l'unico in piedi, si avvicinò anche a lui e lo colpì appena sotto le orecchie usando il solo dito medio di entrambe le mani, facendolo cadere privo di sensi.
Infine guardò il biondo, che si paralizzò all'istante.
- Non...non doveva andare così! - balbettò.
- Ah biondo, biondo...cosa devo fare con te? - gli chiese Joey avvicinandosi minacciosamente. Sentì però che i due poliziotti erano arrivati sul loro piano e si stavano avvicinando alla stanza, quindi non ebbe il tempo di pensare a una mossa speciale, ma si limitò nuovamente a colpirlo al naso, rompendoglielo un'altra volta.
Quando i due poliziotti arrivarono nella sala, non trovarono altro che sette uomini sdraiati a terra doloranti e sanguinanti.
- Ma che cazzo è successo qua dentro? - chiese il primo.
- Chi è stato a combinare tutto questo casino? - si chiese il secondo, estraendo la pistola.
Joey aspettò che si fossero chinati per accertarsi della salute di ognuno degli uomini a terra, dopodichè scese velocemente le scale passandogli alle spalle e corse fuori dal museo.
Entrò in macchina, la accese e iniziò a bestemmiare.
- Cazzo! - urlò sbattendo i pugni contro il volante. - E adesso dove cazzo sarò andato quello stronzo! -
Si mise in strada e si spostò dal museo, senza avere un'idea precisa di dove andare. "Sarà scappato da Steven" pensò. "E' la cosa più naturale che possa fare. E se è così, vorrà dire che quando arriverò da lui troverò entrambi" rimase per un attimo ancora a riflettere, poi bestemmiò un'altra volta. Le cose non stavano decisamente andando come aveva immaginato, quindi appena si fu un po' allontanato dal museo fermò la macchina e si mise nuovamente a pensare.
"Potrei andare a casa sua e frugare un po' fra le sue cose, magari trovo qualcosa per poterlo ricattare e farlo uscire allo scoperto. Se trovo qualcosa che non vuole che arrivi alla polizia, posso barattarlo con un nostro incontro."
Ci pensò ancora un po' sù, poi decise che era l'unica cosa da fare. Bill Nighy gli aveva fornito l'indirizzo di ognuno di loro, quindi Joey sapeva perfettamente dove andare.
Appena entrò nella sua via, notò che qualche casa era già abbellita con le luci di Natale.
"Caspita", pensò, "siamo solo al 2 di Dicembre..."
Riportò la sua attenzione sulla strada, guardando a destra e a sinistra per trovare quella di Webb.
Quando finalmente la individuò, rallentò la velocità e cominciò a slacciarsi la cintura, ma un breve riflesso proveniente da una finestra della casa catturò la sua attenzione. Era una finestra al piano terra che si apriva, e piegandosi leggermente in avanti per cercare di vedere meglio Joey si accorse che quello che aveva provacato il riflesso era una canna di fucile.
- Porca puttana! -
Abbassò immediatamente la testa, un secondo prima di udire uno sparo e sentirsi arrivare il proiettile a un millimetro dal suo orecchio. Il rumore dell'esplosione fu assordate e il poggiatesta che colpì si spaccò in due, esattamente dove lui aveva la testa solo un secondo prima.
- Cazzo, altro che scappato! Quello stronzo mi spara addosso! - si ritrovò a urlare da solo in macchina, cercando di passare sul sedile passeggero senza alzare troppo la testa.
Udì un secondo sparo un attimo dopo, ma non era indirizzato a lui. "Dove ha sparato?" si chiese Joey, aprendo la porta lato passeggero e buttandosi fuori dalla macchina.
Arrivò immediatamente anche il terzo sparo e finalmente capì il significato del secondo, visto che la sua Audi R8 saltò in aria in un boato assordante.
Joey fu investito dall'aria rovente provocata dall'esplosione che lo fece rotolare al di là della strada, fermandosi a fine carreggiata quasi privo di sensi.
Tutto ciò che rimaneva della sua auto era una carcassa in fiamme a pochi metri da lui.
Quando dopo qualche secondo le orecchie iniziarono a fischiargli meno e la vista gli tornò chiara, realizzò cos'era successo. Il secondo sparo probabilmente era mirato a colpire il serbatoio, in modo tale che un terzo colpo lo avesse fatto esplodere.
Questo gli fece tornare immediatamente in mente che Webb lo teneva ancora sotto tiro, nonostante per ora la carcassa in fiamme dell'Audi gli fornisse copertura.  
"Che stupito che sono stato, che stupido! Sono stato prevedibile ad andare al museo e lo sono stato altrettanto a venire qui a casa sua!" pensò fra e sè e sè, mentre si controllava il fianco destro.
L'ondata di calore gli aveva quasi fuso i pantaloni scuri alla pelle, mentre il giubbotto e la felpa avevano un po' attutito i danni al busto. In realtà si sentiva bruciare terribilmente, come se lo avessero inondato di olio bollente.
Si sforzò ugualmente di guardarsi intorno in cerca di un riparo più sicuro e fece una corsa zoppicante fino alla casa che aveva davanti a sè, girando attorno all'angolo e sedendosi appoggiando la schiena a un muro.
Sentì parecchie voci alzarsi e vide che in un paio di case la luce si accese; i vicini avevano sentito l'esplosione e probabilmente qualcuno stava per avvisare la polizia.
 - Merda! - si ritrovò a parlare da solo un'altra volta, questa volta sussurrando. - Calma James, calma! Ragiona! A che distanza è la casa di quel fottuto bastardo? - Sporse leggermente la testa dall'angolo in cui era seduto e guardò nuovamente verso la finestra dove prima aveva visto la canna di un fucile. - Saranno circa 80, 90 metri - Riportò indietro la testa in modo tale da non farsi vedere e iniziò a pensare a un modo per raggiungerla. Purtroppo i lampioni presenti sulla strada erano già accesi e questo unito al fatto che il sole era calato da poco faceva sì che non ci fossero posti bui da dove passare. "E adesso come cazzo ci arrivo là senza che quello mi faccia saltare la testa?"
Mentre cercava di pensare il più rapidamente possibile a una soluzione, la porta della casa che aveva di fronte si aprì e ne uscì un uomo in vestaglia.
- Che diavolo è successo qui? - disse guardando impaurito la carcassa dell'Audi in fiamme.
Joey inspirò per prepararsi a urlargli di mettersi al riparo immediatamente, ma non fece neanche in tempo a dire una parola che sentì uno sparo. L'uomo in vestaglia cadde all'istante, con un fiotto di sangue che gli usciva dal centro della testa.
"Cazzo! Ma quello deve avere un fucile di precisione dotato di mirino, non è possibile che centri a questa distanza particolari così piccoli!"
Questo complicava ulteriormente le cose. Che fucile poteva avere? La testa di quell'uomo, seppur bucata, era ancora attaccata al collo, questo escludeva immediatamente un fucile di grosso calibro come l'M82. "Peccato che di fucili di precisione ce ne sono a dozzine! Cazzo!"
Joey iniziò a sudare, e non solo per la parte ustionata del suo corpo. Era nei guai, in grossi guai. Da lì a poco sarebbe arrivata la polizia, lui era ferito e Kirk Webb respirava ancora. Peggio di così non poteva andare.
"E pensare che quello stronzo fa il critico d'arte! Come si è procurato un fucile come quello?" Si fermò un attimo a pensare alla domanda che si era fatto, visto che gli era venuta in mente una risposta. "Se è un'arma improvvisata, sicuramente non deve essere niente di modificato. Anzi, dovrebbe essere un modello molto comune, visto che uno come lui sicuramente non è un appassionato di armi." Il cerchio si stringeva, ma un altro evento interruppe il suo pensiero. Da un'altra casa si aprì una porta, questa volta ne uscì una donna con un telefono in mano.
- Gesù! - esclamò, poi voltandosi a guardarsi attorno vide il corpo dell'uomo con il buco in testa, ed urlò.
Joey si portò velocemente le mani alle orecchie per proteggerle dello sparo che a breve avrebbe sentito, ma incredibilmente non udì nulla. Solo la donna che continuava ad urlare con il telefono in mano, ma dopo poco smise anche lei rientrando in casa con la stessa velocità con cui era uscita.
"Non le ha sparato?" si chiese Joey. "Come mai?" Sporse ancora la testa per cercare di capire se era ancora lì al suo posto e gli parve che la finestra fosse ancora aperta. "Se è ancora lì, perchè non le ha sparato?" Con il cuore che gli batteva forte e il dolore della scottatura non gli era facile pensare, si ritrovò anche a scherzare fra sè e sè "forse si è risparmiato il colpo per me". Sorrise, ma poi tornò immediatamente serio. "Risparmiare...quanti proiettili ha già usato?"
Li ripassò tutti a mente, cercando di ricordarseli .
Il primo mirato alla sua testa quando era ancora in macchina.
Il secondo mirato a bucare il serbatoio.
Il terzo a far esplodere la macchina.
Il quarto sull'uomo in vestaglia.
"Cazzo, sono quattro! Non ha sparato perchè il caricatore di quel fucile ne avrà solo cinque, ecco perchè!" Si sporse un'altra volta, come se potesse avere conferma di quello che aveva pensato dal punto in cui si trovava.
"Che fucili di precisione hanno cinque proiettili e sono abbastanza comuni?" Ci pensò un attimo, poi un sorriso gli apparve sul volto. "Gli M24, gli sniper della Remington! Sono fucili di precisione standard dell'esercito americano, non gli sarà stato difficile procurarsene uno!"
Con rinnovata speranza, si mise subito a pensare a come fare per convincerlo a sparare anche il quinto colpo. Una volta fatto quello, avrebbe dovuto ricaricare, il che gli avrebbe per lo meno dato la possibilità di avvicinarsi e iniziare a fare fuoco con la sua S&W che aveva fortunatamente infilato nel giubbotto nel momento in cui era rientrato in macchina.
"Un sasso lanciato per attirare la sua attenzione? No, troppo banale, non ci cascherebbe. Deve essere qualcosa di credibile..." allora si tolse il giubbotto e la felpa, iniziando a pensare a come fare per dargli una forma umana. Arrotolò la felpa dentro a un braccio del giubbotto, in modo tale da farlo sembrare pieno. Ne fece uscire anche venti centimetri, in modo tale da potergli infilare anche un guanto per rendere il "finto braccio" il più credibile possibile. Gli sarebbe bastato dargli un segno della sua presenza in un posto qualsiasi per farlo sparare, visto che con l'M24 l'avrebbe preso di sicuro.
"Dio, se esisti, questo è il momento di dimostrarmelo" si disse fra sè e sè. Si alzò e fece il giro della casa, dopodichè quando arrivò all'angolo più esterno e più buio prese un bel respiro e colpì con un pugno il recinto di legno che perimetrava la casa. Ora che aveva la sua attenzione, sporse il più possibile il finto braccio coperto dal guanto e fortunatamente il suo piano funzionò. Un proiettile arrivò dopo neanche un secondo, bucando sia il giubbotto che la felpa arrotolata al suo interno.
Si alzò e uscì allo scoperto iniziando a correre nella sua direzione.
Se aveva sbagliato i suoi calcoli e quello non era un M24, era morto. Un colpo gli sarebbe arrivato da lì a pochi secondi e fine della storia, ma incredibilmente non ne arrivò alcuno. "Cazzo, avevo ragione! Sta ricaricando!" pensò esultando e correndo a perdi fiato verso la sua abitazione. "Quanto ci si mette a ricaricare quello sniper? Se ha il caricatore lì a portata di mano, tre, forse quattro secondi."
Il primo secondo lo passò ad alzarsi e a correre raggiungendo la strada al cui centro c'era ancora la carcassa infiammata dell'Audi.
Il secondo lo utilizzò per percorrere la strada e attraversarla.
Nel terzo secondo corse il più velocemente possibile verso il suo obiettivo, aspettò con il cuore in gola di fare almeno altri due o tre metri e poi alzò la sua 610 in direzione della finestra e iniziò a fare fuoco. Se era ancora lì intento a ricaricare l'arma, lo avrebbe preso.
Sparò, una volta, due volte, tre volte. Non sentì alcun rumore se non il vetro della finestra infrangersi. Sparò gli ultimi tre colpi rimasti, dopodichè estrasse il tamburo dalla sua posizione standard, espulse con l'apposita levetta i bossoli vuoti e ricaricò l'arma il più velocemente possibile riniziando a fare fuoco.
Correndo con tutto il fiato che aveva in corpo, arrivò davanti alla casa, ancora tutto intero. Webb non aveva più sparato un colpo, il che voleva dire solo due cose. O era morto, oppure non era ancora riuscito a ricaricare l'M24, ma a questo punto non gli sarebbe più servito.
Joey si presentò davanti alla finestra e ci vide appoggiato proprio un M24. Saltò dentro e sentì una porta chiudersi molto lentamente nella stanza adiacente a questa, quindi si mosse piano e trattenne il fiato.
Nascosto in modo tale che nessuno lo potesse vedere, si ritrovò davanti Webb che camminava lentamente con un nuovo caricatore in mano in direzione del suo fucile.
- Ormai non ti serve più, sono già qui - disse Joey ad alta voce.
Webb si girò spaventato e fu colpito da uno sparo a una spalla, urlando di dolore.
- Ahhh! Brutto stronzo! -
Joey gettò la pistola a terra e lo colpì violentemente proprio dove gli aveva appena sparato, mandandolo a sbattere contro la finestra e facendo di fatto cadere fuori da casa l'M24.
- Mi hai fatto proprio penare, sai? E pensare che immaginavo di ammazzarti al museo dopo il tuo discorso.... -
- A...aspetta Dagger, possiamo parlare no? - cercò di dire Webb, mentre si sforzava di alzarsi in piedi fra i cocci della finestra rotta.
- Parlare? Tu vuoi parlare con me? - gli tirò un calcio in piena pancia, facendolo tossire convulsamente. - Sai cosa non riesco a togliermi dalla mente? Quel fottuto video che avete fatto tu e Roukis, in particolare la faccia che aveva mia moglie quando hai finito il tuo... - la voce gli si spezzò in gola, stupendo addirittura se stesso del magone che gli stava crescendo. - ...lavoretto. E tu ora vuoi parlare con me? No Webb, tu non parlerai con me. Dimmi piuttosto dove trovo la cucina in questa merda di casa. -
- La...cucina? - chiese tremante.
- Sì cazzo, la cucina - rispose Joey afferrandolo per la spalla dove gli aveva sparato e tirandolo in piedi. Webb urlò di dolore, dopodichè gli indicò la stanza in fondo al corridoio.
Fu trascinato a peso morto fino a dove accennato, dopodichè fu spinto brutalmente per terra. Joey cercò il tagliere dei coltelli che c'è in ogni brava cucina americana e difatti lo trovò. Ne estrasse il coltello più grande, dopodichè si chinò sulla schiena di Webb. - Hai usato queste mani per toccare Lily vero? - gli chiese alzando il coltello in aria.
Webb, che aveva già capito cosa gli sarebbe successo, urlò cercando di dimenarsi, ma non riuscì a fare nulla.
Joey abbassò velocemente la mano armata affondandola con forza sul polso della mano destra di Webb, amputandogliela quasi completamente. Urlò ancora, ma Joey lo colpì un'altra volta, riuscendo questa volta a staccargli l'arto già precedentemente tagliato.
- Mi dovrò comprare un'altra volta un vestito nuovo, voi stronzi con tutto il vostro sangue mi macchiate sempre tutto - disse Joey senza alcun trasporto.
Fra le urla e i lamenti di Webb, riuscì a tagliargli anche l'altra mano, lasciandolo quasi incosciente sul pavimento della sua stessa cucina in un mare di sangue.
- Ora con te è stata fatta giustizia... - mormorò Joey, guardando il corpo di Webb immobile.
- Non credo che ti dispiacerà se prendo la tua macchina, visto che la mia l'hai fatta saltare in aria. - si guardò attorno, cercando un qualsiasi contenitore dove poterci mettere dentro i suoi orridi trofei appena tagliati.
Dopodichè si girò e uscì lasciandosi Webb alle spalle, mormorando fra sè e sè "Meno uno."
Entrò in garage e si diresse verso una vecchia Ford nera parcheggiata al suo interno, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Alla fine del garage c'erano alcuni gradini che scendevano a un piano inferiore, chiuso da una porta blindata con un tastierino numerico affianco.
Joey scese quei pochi gradini e la osservò cercando di aprirla, ma ovviamente era chiusa. Probabilmente c'era bisogno di sapere la combinazione, ma sotto al tastierino numerico vide anche quello che sembrava essere un rivelatore di impronte.
Sorrise, estraendo dal sacchetto una mano di Webb e passandola sopra al rivelatore, che fece aprire la porta con uno scatto.
- Grazie Kirk - esclamò beffardo. Oltrepassata la porta scese ancora qualche gradino e si ritrovò all'interno di una stanza piuttosto piccola, ma incredibilmente piena di armi.
Il colpo d'occhio fu notevole: sulle mura erano state  installate tantissime forcelle porta armi, tutte piene di ogni genere di fucili. Sui tavoli invece c'erano una moltitudine di scatolette di varie dimensioni e grandezza, probabilmente contenenti le munizioni delle armi.
- Porca puttana...e chi se lo sarebbe mai aspettato! - esclamò Joey iniziando a guardarsi attorno.
La sua attenzione fu catturata da un fucile in particolare, che provvedè subito a rimuovere dalle forcelle e a prendere in mano.
- L'M4 super 90 della Benelli...per la miseria, il fucile semiautomatico adottato dai reparti SWAT! Ma di chi è tutta questa roba, tua? - chiese ad alta voce alzando lo sguardo verso casa.
- Beh, tua o no, io ne approfitto per fare rifornimento. - Si mise l'M4 in spalla e incominciò a cercarne le munizioni, dopodichè trovò una scatola di granate e prese qualcuna anche di quelle. Si sentiva come un bambino in un negozio di dolci, qualsiasi cosa vedeva l'avrebbe voluta prendere.
Mentre si impegnava nel difficile compito dello scegliere se prendere MP5 o un M249, sentì in lontananza l'eco delle sirene.
"La polizia, cazzo! Me ne ero dimenticato!" posò l'MP5 e prese l'M249, dopodichè uscendo prese anche un M24. "Cosa se ne sarà fatto di due sniper del genere in casa lo sa solo lui, comunque ora serve a me".
Entrò in macchina, depositò sui sedili dietro tutte le armi e le granate e mise in moto.
Uscì sgommando dal garage e riuscì ad allontanarsi in tempo prima che le auto a sirena accesa riuscissero a vederlo scappare via.
Quella sera, Steven ricevette un pacco sigillato proprio davanti all'enorme cancello della sua villa.
Quando lo aprì, ci trovò dentro le due mani di Webb, con un bigliettino che riportava la scritta "Meno uno".

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Capitolo 12
*** Capitolo X ***


nydrali, sono felice che ti siano piaciuti anche quest'ultimi capitoli :) sto cercando di "spingere" un po' di più sul lato dell'azione, spero di non incasinare tutto ehehe



Seduto ad un tavolo del night club Dupert Queen, Joey era il primo cliente della serata.
Con John Roukis si era ripromesso di agire in maniera differente rispetto a Kirk Webb: questa volta lo avrebbe ucciso subito ed in fretta, senza lasciargli la possibilità di scappare. E visto che il Dupert Queen era l'unico posto che Roukis frequentava da quando la polizia americana lo cercava per quello che aveva fatto in Francia, Joey si ritrovò controvoglia a doverci passare la serata. Sperò intensamente che Roukis arrivasse appena aperto il locale, ma suo malgrado le speranze furono vane.
L'attesa gli fece tornare in mente la serata prima: fra scottature e botte di vario genere, era tornato in albergo parecchio malconcio. Dopo essersi fatto una veloce doccia aveva riempito la vasca di acqua fredda e ci si era immerso, riuscendo finalmente ad avere un po' di sollievo dal dolore delle scottature. Tutto sommato, però, era riuscito a procurarsi un bel po' di armi e munizioni, che lo avrebbero sicuramente aiutato con Steven e Ivan. In cuor suo, effettivamente, prima di riuscire a mettere le mani su tutto quell'equipaggiamento non aveva la minima idea di come avrebbe fatto ad entrare nella controllatissima villa di Steven.
Quando ormai era arrivato alla quinta birra e il locale aveva iniziato a riempirsi, finalmente vide entrare Roukis con un paio di persone al seguito. Sembrava sorridente e rideva di tanto in tanto al sentire quello che gli diceva il suo interlocutore al cellulare, poi pose fine alla chiamata e andò al bancone per ordinare da bere.
Joey studiò i due uomini che erano entrati assieme a lui: uno non aveva per nulla il fisico da malvivente, visto che era talmente grasso da riuscire a fatica a stare sullo sgabello, l'altro invece aveva uno sguardo spento, come qualcuno che si era appena fatto una dose.
Bevve l'ultimo sorso per finire la birra, poi si avvicinò lentamente al bancone dove i tre si erano seduti. A Roukis squillò nuovamente il cellulare e Joey notò l'orrenda suoneria che aveva abbinato alle chiamate.
Si appoggiò lentamente al suo fianco, poi estrasse il coltello a serramanico che aveva in tasca e lo puntò a fianco del suo bicchiere. Roukis si voltò immediatamente.
- Ciao John, forse è il caso che interrompi la chiamata, che dici? -
Roukis impallidì immediatamente, mantenne quel colorito per qualche secondo poi iniziò a sorridere nervosamente.
- Ti richiamo fra dieci secondi, c'è un problema. - disse prima di appoggiare il cellulare al bancone.
- Temo che non lo richiamerai più, stronzo - gli fece notare Joey guardandolo male.
I due uomini notarono il coltello e si alzarono immediatamente in piedi allarmati.
- Voi due state giù se non volete lasciarci la pelle - grugnì Joey nella loro direzione.
- Fermiamoci tutti un momento, va bene? - disse Roukis ancora con la voce tremante.
- Fermo un cazzo - Joey strinse ancora di più il manico del suo pugnale. - Muoviti, usciamo da qua. - aggiunse indicando con la testa l'uscita del locale.
Roukis si alzò e si avviò dove indicato, seguito dai suoi uomini. Appena usciti, i tre si affiancarono l'uno all'altro, cercando di assumere un'espressione seria.
- Dagger, lo sapevo che saresti arrivato, però prima devo dirti una cosa... -
Joey fece sparire il coltello ed estrasse la sua 610 da una tasca del suo giubbotto. Tre ragazzi   stavano per entrare nel locale ma si fermarono immediatamente alla vista del revolver.
- Ehy Dagger, perchè hai tirato fuori quella? Io devo dirti... -
Ma Joey, che stava pensando a tutto fuorchè ad ascoltare cosa Roukis stava dicendo, alzò lo pistola e piantò un proiettile in mezzo agli occhi al ciccione che stava alla sua destra.
I tre ragazzi urlarono terrorizzati e scapparono velocemente nella stessa direzione in cui erano venuti.
Roukis, che era affianco all'uomo grasso, fu schizzato del suo sangue al momento dello sparo.
- Ma che cazzo hai fatto! Che cazzo hai fatto!! - urlò Roukis portandosi una mano all'orecchio e controllando quanto sangue gli era finito addosso.
Poi Joey spostò la pistola sul tipo alto e magro, e appena quello capì quella che sarebbe stata la sua fine gli sparò un colpo in fronte, in modo tale che le sue preoccupazioni cessassero subito.
- Ma porca puttana! Fermati cazzo, fermati! - urlò Roukis impazzito.
Dal locale uscirono un paio di persone attratte dagli spari, ma non appena videro i due corpi a terra urlarono e rientrarono immediatamente sbattendosi la porta alle spalle.
Nel frattempo, Joey aveva spostato la pistola su Roukis. - Addio stronzo - gli disse con il suo solito tono freddo.
- Ok figlio di puttana! Mi vuoi ammazzare! Ok ammazzami! Ma prima prenditi questo brutto pezzo di merda! - e così dicendo gli lanciò il cellulare, con lo stesso semi-sorriso nevrotico che aveva prima quando era entrato nel locale.
- Che cazzo è questo? - chiese Joey afferrandolo al volo.
- Già! Chiedimi cos'è! Dai, chiedimelo! - rispose Roukis, sempre più in preda a un attacco immotivato di euforia.
Joey come risposta allungò ulteriormente il braccio avvicinando la canna della sua S&W alla testa di Roukis.
- Dai, uccidimi! - urlò, - così crepano anche la negretta e la biondina! - e Joey, che aveva già portato il dito sul grilletto, lo allontanò immediatamente.
- Cosa? -
Roukis scoppiò a ridere, poi gli indicò ancora il cellulare. - Sai cos'ho detto a Deckard, l'uomo con cui parlavo prima? Che avevo un problema e che lo richiamavo subito! E sai cosa significa se gli dico così e poi non richiamo? Che c'è qualcosa che non va! E se c'è qualcosa che non va, Deckard fa saltare il cervello alle due puttane! Che dici Dagger, ti piace il piano? -
A Joey non battè così velocemente il cuore da quando trovò Lily morente sulle scale di casa. Roukis approfittò del suo silenzio per ricominciare ad urlare. - Allora? Perchè non mi spari? Perchè ci tieni a quelle due troiette, eh? - e ricominciò a ridere sguaitamente.
La mano di Joey tremò leggermente.
Come avevano fatto a trovare le due ragazze? Erano rimaste ancora a casa dei genitori di Samantha?
- Posa quell'arma immediatamente Dagger, e ti prometto che le lascio andare! -
Ma Joey non la posò, al contrario si avvicinò ancora di un passo.
- Che...che cosa fai? - chiese Roukis perdendo il suo sorriso.
- Ti ammazzo, ecco cosa faccio. - rispose Joey guardandolo dritto negli occhi.
- Come mi ammazzi? E le due troiette? -
- Sai che cazzo me ne frega - disse alzando le spalle. - Hai idea di quante ragazze e donne io abbia ammazzato in vita mia? Queste due a momenti neanche le conosco. Se pensavi di salvarti la vita con questo, sei fottuto John. Addio - aggiunse armando il cane.
Roukis tornò ad assumere lo sguardo spaventato che aveva prima, poi semplicemente sorrise.
- Cazzo, avrei dovuto immaginarlo che avresti reagito...così...d'altra parte ho sentito parlare di te e della tua pazzia fin da quando avevo dieci anni...un motivo ci doveva pur essere. Probabilmente oltre a essere un grandissimo figlio di puttana non hai neppure un cuore... -
Joey lo guardò per  un momento, stranito dal sentirlo parlare in quel modo. Poi rispose - Tutto giusto, Roukis, tutto giusto... -
- Già...però questa volta avevi fatto centro, stronzo. Lo sai cosa mi ha detto Deckard prima al telefono? Quando la negretta ha sentito che mi stava chiamando e ha capito che eravamo uomini di suo padre ha detto "Tanto Hawk è già sulle tracce del tuo compare! Anzi probabilmente l'ha anche già ucciso! E anche tu farai quella fine, magari ancora prima di riuscire a farci del male!". Commovente no? -
Questa volta Roukis non potè non notare il tremolio della mano armata di Joey. L'uomo che aveva davanti a se aveva perso di colpo il proprio sguardo insensibile e si era fermato ad ascoltarlo come incantato.
Joey si era ripromesso che niente al mondo lo avrebbe fermato dal vendicare sua moglie, ma quest'ultima cosa che gli aveva riferito Roukis gli riportò alla mente ciò che aveva detto Steven a proposito di Black Dog. "Ve lo dico dov'è Lily, tanto ora sta con Hawk, non riuscirete mai a farle del male!"...queste pare che furono le sue ultime parole.
E ora erano le stesse pronunciate da Neira.
Parole dette con convinzione, con fiducia sul fatto che James Hawk protegge ciò che ha di più caro, anche se nel suo caso si riduceva a una sola persona, sua moglie. E ora Neira aveva usato le stesse parole, la stessa fiducia nei suoi confronti.
E lui l'aveva già tradita una volta, quella fiducia. Non poteva farlo ancora, semplicemente non poteva. Cosa ne sarebbe stato di lui se non si fosse fermato davanti a quelle parole? Una volta terminata la propria vendetta per Lily, avrebbe avuto un altro peso sulla coscienza oltre a quello di sua moglie.
No, era impensabile vivere d'ora in poi con quei pensieri nella mente.
Abbassò lentamente l'arma.
- Perchè non mi spari? - fu la pronta domanda di Roukis, che ormai era già convinto che da lì a poco sarebbe passato all'altro mondo. Joey come risposta gli rilanciò il cellulare.
- Avanti, chiama quel  Deckard. Digli di lasciarle andare. -
- Co...cosa? Non mi spari più? -
- Muoviti! - gli ordinò Joey, riuscendo a scuoterlo dal suo momento di confusione.
Roukis lo guardò per qualche secondo, poi tornò a sorridere nervosamente.
- Certo, io lo chiamo e poi tu mi ammazzi! No Dagger, adesso tu vieni con me...e poi lo chiamo! -
- Avevi detto che avresti dovuto richiamarlo subito! -
- Ci mettiamo solo un attimo, vieni dai! - disse indicandogli una macchina parcheggiata poco lontano.
Si allontanarono come se nulla fosse dai due uomini morti distesi davanti al locale e si fermarono davanti alla macchina di Roukis.
- Entra - gli disse, iniziando a riprendere lentamente il controllo di sè.
Una volta entrati entrambi, Roukis infilò una mano sotto il sedile, rovistò per qualche secondo bestemmiando dopodichè ne tirò fuori un paio di manette.
- Ecco, tu mettiti queste e io lo chiamo! -
- Non ci penso nemmeno - fu la risposta secca di Joey.
- Ehy, stronzo! Io non ti porto da Kimberlin sulla fiducia nel fatto che non mi farai niente, ok? O ti metti queste oppure io non chiamo! -
Al sentire quelle parole, Joey allungò tristemente le braccia.
- Col cazzo! Non davanti, girati e mettiti le mani dietro la schiena! -
Anche questa volta Joey fu accondiscendente e si rese veramente conto del guaio in cui si era messo nel momento in cui sentì il "clack" di chiusura delle manette.
- Ecco, adesso posso chiamare! - disse prendendo in mano il cellulare. Compose un numero, dopodichè aspetto qualche secondo. - Come non detto Deckard, tutto a posto. Non ci crederai mai se ti dico chi ho qui! Dagger! Sì, proprio lui in persona! Pensa che si è fatto vedere neanche cinque minuti dopo che mi hai chiamato! Se mi avessi avvisato solo qualche minuto più tardi quello era capace di uccidermi! Invece fortunatamente ora è qua tranquillo e ammanettato! Comunque, mettiamoci d'accordo...dunque...tu prendi le due ragazze e ci incontriamo fra la 7th e la 9th, così li portiamo tutti e tre da Kimberlin, ok? - poi rise forte, riprendendo a parlare solo quando si era ripreso - cazzo sì, ci puoi scommettere! Il vecchio ci darà tanti di quei soldi che potremo dire addio a questo cesso di città! Ok, a fra poco! - e così dicendo spense il cellulare.
Poi si voltò verso Joey col volto estremamente sorridente. - Dunque, tre cose Dagger! La prima è questa... - aprì il finestrino e buttò fuori la chiave delle manette. - Sia mai che tu riesca a prendermele in qualche modo! Poi la seconda... -
- Aspetta! Avevi detto che le lasciavi andare se venivo con te da Kimberlin! -
- Beh, si vede che ho mentito! Dicevamo della seconda cosa da fare... - disse sporgendosi verso di lui e prendendogli la 610 dalla tasca interna del giubbotto. - Questa diventa mia ora. Poi la terza e ultima cosa... - e lo colpì con un pugno in pieno volto, così forte da fargli sbattere violentemente la testa contro il finestrino. Poi colpì di nuovo, e di nuovo ancora, fino a quanto a Joey non iniziò a sanguinare la tempia.
- Cazzo, sto pestando Dagger! Ma chi l'avrebbe mai detto? - si domandò euforico, colpendo Joey un'altra volta. - Vecchio figlio di puttana! Beh dai, mettila così: se proprio dovevi crepare, almeno lo stai facendo grazie a un duro come me! Metti caso che ti facevi fregare da un pirla qualsiasi! - e riprese a ridere senza controllo.
L'arrivo di una volante della polizia però lo fece smettere subito, accese la macchina e si allontanò dal Dupert Queen cercando di non dare troppo nell'occhio.
Rimase in silenzio giusto per cinque minuti, poi riprese a ridere e a parlare da solo.
- Ma sai che quando avevo dieci anni tu eri il mio mito? Cazzo, eri un vero duro! Anche io stavo nella contea di Jefferson, mi ricordo benissimo delle puttanate che facevi! -
Joey alzò gli occhi su di lui; Roukis sembrava veramente eccitato, non faceva finta giusto per farsi coraggio.
- Per esempio, ti ricordi di quando hai preso quell'escavatore cingolato e sei entrato direttamente dentro la casa del reverendo Wright? Cazzo, è stato magnifico! Il giorno dopo io e tutti i miei amichetti siamo andati a vedere cosa avevi combinato e abbiamo trovato tutta l'entrata della casa completamente distrutta! E un sacco di polizia che aveva messo il nastro giallo attorno alla casa! -
Si mise a ridere divertito, dopodichè riprese. - Ma come ti è venuto in mente di prendere un escavatore da 19000 Kg e di distruggere la casa del reverendo? -
Joey lo guardò di sbieco. - Credi veramente che Wright fosse un reverendo? -
Roukis rise. - No, non lo era, certo! Però immaginati la scena: il buon religioso sta mangiando tranquillamente la sua cena insieme alla sua perpetua, nel silenzio del suo soggiorno...poi tutto d'un tratto inizia a sentire un rumore fortissimo avvicinarsi, non fa neanche in tempo ad alzarsi che sente un fracasso allucinante: apre la porta e si trova una ruspa gigantesca in entrata. Cazzo, sei stato grande! Neanche il pazzo più pazzo del mondo avrebbe mai pensato una cosa del genere! Si può sapere dove l'avevi trovata una bestia del genere? -
Joey alzò le spalle. - C'era un cantiere a neanche mezzo miglio da lì -
- E tu sei passato di lì, l'hai visto, c'hai pensato su un attimo...e poi l'hai preso e ti sei diretto verso la casa di Wright? -
- Già - rispose Joey girando la faccia per guardare fuori dal finestrino.
Roukis rise ancora più forte di prima. - Dio santo, Dagger! Tu eri completamente pazzo, non c'è altro da dire! -
Joey non sembrò avere voglia di rispondere. In realtà, stava iniziando a pensare a un modo per tirarsi fuori da quella brutta situazione.
- Lo sai che di figli di puttana come te non ce ne sono più? Quasi quasi mi dispiace portarti a farti ammazzare! Ormai se anche nasce uno come te, o diventa il cane a guinzaglio di qualcuno, oppure si mette a fare soldi ricoprendo qualche carica dello stato, apparentemente pulita e in regola. Tu invece facevi tutto da te, non seguivi gli ordini di nessuno... -
Calò il silenzio in macchina per circa un minuto, in cui ognuno dei due uomini si perse nei propri pensieri.
- E comunque quel foulard nero che porti al collo cos'è? Non sarà mica per tua moglie? - chiese infine Roukis.
- Esatto -
- Per la miseria, Dagger! Ma dimmi la verità: volevi ammazzarci tutti perchè ti sei indispettito che ti abbiamo ammazzato la moglie, oppure ti è dispiaciuto veramente? Cioè cazzo...io non ti ci vedo proprio a lavare i piatti o a cambiare il pannolino a un mocciosetto di qualche mese! -
Joey stava per rispondere, ma poi vide che erano entrati nella via in cui Roukis aveva dato appuntamento a Deckard ed evitò di rispondere.
Roukis ridusse la velocità guardandosi a destra e a sinistra, poi quando vide una macchina dall'altro lato della strada mostrargli gli abbaglianti fece inversione e gli si parcheggiò dietro.
- Dunque Dagger, io ora scendo e vado a vedere se il mio socio non ha fatto troppo male alle due troiette, ti posso lasciare da solo per un momento senza che ti inventi qualcosa? O ti devo far uscire e venire con me? -
- Vaffanculo - rispose Joey e Roukis ridendo si slacciò la cintura e uscì.
Lo vide dirigersi con passo tranquillo verso la macchina nera parcheggiata di fronte e iniziò a guardarsi velocemente attorno. Se c'era un qualsiasi modo di uscire da lì, quello era il momento giusto per scoprirlo.
Passò lo sguardo su ogni centimetro della macchina, ma non trovò niente in grado di aiutarlo nella sua fuga. Diede una ginocchiata al cassettino che aveva davanti, procurandone l'apertura. Indagò velocemente sul suo contenuto: c'era una busta strapiena di carte, forse i documenti della macchina, poi c'era una pistola semiautomatica senza caricatore, una siringa con un laccio emostatico e quello che sembrava un cavatappi a forma di pagliaccio del mcdonald's. Si abbassò leggermente per riuscire a vederne il fondo e scovò un sacchetto strapieno di bulloni legato da un laccio metallico.
A catturare la sua attenzione non fu tanto il sacchetto o i bulloni, quanto il laccio che lo teneva chiuso.
Alzò lo sguardo verso Roukis; si era avvicinato al finestrino del lato guidatore e aveva iniziato a ridere parlando verso Deckard.
"O la va, o la spacca" pensò fra sè e sè. Abbassò velocemente il volto fino a infilare quanto gli era più possibile la faccia nel cassetto, agguantando con i denti come un cane il sacchetto di bulloni e portandolo fuori. Lo fece cadere sul freno a mano, in modo tale che potesse prenderlo con le mani ancora ammanettate e portarselo dietro la schiena.
Roukis si voltò per un momento verso di lui per guardare se stava combinando qualcosa, poi visto che Joey si dimostrò immobile aprì lo sportello posteriore e si infilò nella macchina. Dalla sua posizione, Joey poteva vedere le due teste delle ragazze ora accompagnate da Roukis. La sua figura si avvicinò a una delle due, forse Samantha, e tentò di baciarla.
In ogni modo, ora doveva concentrarsi su se stesso. Slegò il sacchetto dal filo metallico, dopodichè se lo fece passare sui polpastrelli delle dita per testarne la durezza e la lunghezza.
"Sì, potrebbe funzionare" pensò. Non aveva mai fatto nulla del genere con le mani legate dietro la schiena, ma doveva provare, non c'era altra scelta.
Toccò una delle due estremità, iniziando a piegarne l'ultimo mezzo centimetro in modo tale da formare una sorta di L. Cercò poi di raggiungere il cilindro della piccola serratura con l'ultima parte piegata, dopodichè una volta che sentì che era riuscito a inserirla piegò anche l'altra estremità del filo alla stessa maniera. Infilò anche quella nella serratura, iniziando a spingerla con il pollice in direzione opposta all'altra estremità.
Non sentì alcun clack, quindi sempre con l'aiuto del pollice e dell'indice ruotò entrambe le punte di qualche millimetro, dopodichè le spinse nuovamente verso l'esterno. Ancora nessun clack.
La macchina davanti a lui iniziò a squotersi e intravide la sagoma di Roukis schiacciarsi su quella di Samantha. "Chissà cosa le sta facendo..." pensò, ma in quel momento si augurò che continuasse il più a lungo possibile, visto che aveva bisogno di tempo.
Ruotò nuovamente le due estremità del filo ma ancora una volta la serratura non si sbloccò. Ormai era solo una questione di fortuna, doveva trovare la giusta posizione di entrambe per far scattare la parte meccanica della serratura.
Solo dopo altri due tentativi, fra i quali vide la macchina di Deckard smettere di agitarsi, riuscì finalmente a farla scattare.
Si liberò finalmente i polsi, ributtò dentro il cassettino il filo e il sacchetto di bulloni e lo chiuse il più velocemente possibile. Poi si riportò le mani dietro la schiena: l'importante ora era trovare il momento giusto di agire senza commettere errori, e uccidere Roukis appena fosse rientrato in macchina lo era sicuramente. Doveva inventarsi un modo per farlo fuori senza allarmare Deckard, altrimenti quello avrebbe prima ucciso le due ragazze e poi sarebbe venuto a controllare cos'era successo.
Roukis uscì dalla macchina pochi istanti dopo, passandosi il dorso della mano sulle labbra. Tirò piano un pugno sul finestrino del lato guidatore, dopodichè tornò verso Joey.
Entrò e neanche lo guardò in faccia.
- Che stronza la biondina, ha tentato pure di respingermi! - disse avviando il motore. - Se il capo non la farà fuori gli chiederò di darla a me, così prima le faccio capire come ci si comporta e poi  l'ammazzo. -
La macchina davanti a loro mise la freccia e iniziò a muoversi e loro fecero lo stesso.
Joey rimase in silenzio per tutto il tragitto e Roukis ne approfittò per descrivergli il modo in cui aveva infilato la lingua in bocca alla bionda, descrivendogli la sensazione che aveva provato mentre la palpava dappertutto.
Poi, dopo aver girato l'ennesimo incrocio e percorso l'ennesima via, si avvicinarono diminuendo la velocità a un'enorme villa con un grande giardino di fronte.
- E questa sarebbe la casa di Kimberlin? - chiese Joey stupito.
- Sì, ma di Steven però. Stasera Ivan è qua, quindi portandoti dal figlioletto vi do in mano ad entrambi. -
Il fatto che ci fossero sia il padre che il figlio significava una cosa sola: doppio numero di guardie. "No, non va bene" pensò Joey. "Se entriamo non ne usciaremo più vivi, devo trovare un modo di farla finita qui e subito."
Si guardò attorno per trovare qualsiasi cosa che gli potesse dare una mano ad iniziare la sua azione, ma l'aiuto che cercava gli venne da solo quando Roukis girò nella stretta stradina che conduceva al parcheggio laterale di casa Kimberlin. Un furgoncino nero, proprio davanti a loro, era fermo in mezzo alla stradina con le quattro luci accese.
- E che cazzo ci fa questo qui? - chiese Roukis che dovette frenare di colpo fermando completamente l'auto.
Un uomo con addosso una tuta di una marca di azienda che fornisce energia elettrica gli fece un gesto, come a scusarsi, poi entrò nel furgoncino che riportava sulla fiancata il nome della stessa azienda. Pochi secondi dopo, Roukis e Joey videro accendersi le luci di retromarcia, e il furgoncino iniziò a muoversi verso di loro.
- Ma che cazzo fa? Non vorrà mica che indietreggi io vero? - chiese Roukis sempre ad alta voce.
Joey guardò oltre il furgoncino verso il parcheggio e vide che la strada finiva.
- Lui non può andare oltre, con il parcheggio la strada si chiude. -
- Lo so benissimo, stronzo! - gli rispose urlando Roukis. - Ma non capisco perchè devo andare indietro io anzichè girare lui più avanti! -
- Perchè tu sei appena entrato in questa via, lui invece dovrebbe procedere fino al parcheggio e poi svoltare - rispose Joey calmo.
- Ehy, vaffanculo ok? Che cazzo sei, il loro avvocato? - Buttò l'occhio a destra e a sinistra, nel tentativo di vedere se riusciva a superarlo per procedere oltre, ma semplicemente non c'era spazio. Suo malgrado, inserì anche lui la retromarcia e si girò per guardare dietro mettendo il braccio destro sul sedile di Joey.
A vedere il collo di Roukis avvicinarsi a lui, teso per lo sforzo di voltarsi a vedere se anche Deckard iniziava la sua retromarcia, Joey ebbe il sentore che quello era il momento giusto. Nel giro di un attimo anche Deckard si sarebbe girato per guardare dietro, questo significava una cosa: qualsiasi cosa avesse fatto Joey, Deckard non lo avrebbe visto.
Appena sentì che anche l'auto dietro di loro iniziava la propria retromarcia, portò velocemente la mano destra all'interno dello stivale dove teneva il secondo dei quattro coltelli con i quali andava in giro e se lo passò altrettanto velocemente sulla mano sinistra. Poi, con uno scatto rapidissimo, tagliò di netto la gola a Roukis. Fece cadere subito dopo il coltello, rimettendosi le mani dietro la schiena.
L'uomo non si era quasi neanche accorto di cosa gli era successo. Alzò immediatamente il piede dall'acceleratore, portandosi instintivamente le mani alla gola, poi cercò di dire qualcosa ma con la carotide squarciata non era facile parlare. Il furgoncino che era davanti a loro continuò ad indietreggiare, fino a sbattere contro il muso della loro auto che si era fermata.
Il botto attirò l'attenzione di Deckard che si voltò immediatamente per vedere cos'era successo. Vide Roukis allungare le mani verso Joey, ma dalla sua posizione poteva vedere che il suo prigioniero aveva ancora le mani dietro la schiena esattamente come prima.
- Che fa quell'idiota? - chiese ad alta voce Deckard all'interno della macchina, attirando l'attenzione di Samanatha e Neira che erano rannicchiate nei sedili posteriori.
Roukis portò entrambe le mani sul collo di Joey cercando di strozzarlo, sempre tentando di dire qualcosa senza riuscirci, ma sporgendosi verso di lui fece esattamente il suo gioco. Deckard infatti si convinse ancora di più che Roukis, il suo compare, per uno strano motivo stesse cercando di uccidere Dagger e fermò immediatamente la macchina per scendere ad andare a vedere il perchè di quel gesto.
Joey se ne accorse e si fece lentamente scivolare contro la portiera della macchina, simulando la sua morte. Roukis, che non aveva neanche ancora iniziato a stringere le proprie mani attorno al collo di Joey, lo guardò incredulo, poi cercò di voltarsi per chiedere aiuto a Deckard ma il solo girare il collo gli procurò un ulteriore fitta atroce alla gola squarciata. Non riusciva neanche più a respirare e si mise a scuotere con le ultime forze che gli rimanevano il corpo di Joey, nell'assurda speranza che lui gli potesse dare una mano.
Deckard, che nel frattempo era sceso dalla macchina e si era avvicinato a quella di Roukis, intravide la sua sagoma strattonare quella di Joey e rimase ancora più confuso dall'atteggiamento del suo compare.
Si fiondò dal lato del passeggiero ed aprì la porta. Joey fu abilissimo a fingersi morto, lasciandosi cadere fuori dall'abitacolo non appena non ebbe più il supporto della portiera per rimanere seduto.
Deckard lo guardò scivolare giù dall'auto, poi urlò - Ma si può sapere che cazzo è success... - ma si interruppe non appena infilò la testa nell'abitacolo e vide Roukis con la gola recisa perdere interi fiotti di sangue.
- Porca puttana! - urlò vedendolo in quelle condizioni. - Chi cazzo è stato? - si chiese buttando fuori dalla macchina le gambe di Joey che credeva morto e sedendosi al suo posto.
- Cazzo, non so cosa bisogna fare in questi casi! Che devo fare? - chiese Deckard in pieno panico. Roukis indicò con il dito dietro di lui, visto che ormai oltre a non riuscire più a parlare gli mancava anche l'aria, ma Deckard non capì.
Solo al terzo o quarto gesto si decise a voltarsi, trovando Joey in piedi davanti allo sportello aperto.
- Non sei morto? - gli domandò Deckard, e quella fu anche l'ultima cosa che disse prima che Joey gli infilasse il coltello nel cuore.
L'uomo che prima aveva fatto il gesto di scuse a Roukis scese dal furgoncino e si mise ad urlare.
- Si può sapere perchè diavolo vi siete fermati? - poi, non appena posato l'occhio nell'abitacolo della macchina e visto i due uomini morti, sgranò gli occhi terrorizzato. Joey raccolse velocemente la Beretta che aveva lasciato cadere Deckard e gli sparò all'istante, centrandolo con un solo colpo in piena fronte.
Poi si avvicinò rapidamente verso il lato guidatore, ma l'autista del furgoncino aveva sentito il colpo ed era già sceso e aveva iniziato a correre in direzione opposta alla sua.
Joey si fermò per un attimo concedendosi un secondo per prendere la mira, poi sparò e l'autista cadde per terra, morto.
"Finiti" pensò Joey, lasciando cadere a terra la Beretta.
Si voltò lentamente, come se non avesse più forze, e si incamminanò a passi lenti verso la macchina di Deckard superando quella di Roukis. Intravide le due sagome di Samantha e Neira al suo interno, quindi sempre con passi lenti si avvicinò all'auto e infilò la testa dentro al finestrino. Le due ragazze indossavano solo un pigiama ed erano scalze, ma sembravano stare bene. Samantha aveva una guancia più rossa dell'altra, ma nessuna delle due aveva ferite da taglio.
Le guardò a lungo senza dire niente, incrociando il suo sguardo con il loro. Tremavano ancora come foglie, strette l'una all'altra con tutta la forza che avevano.
- Quando ti dicevo che quella casa non era sicura, principessa... - disse poi dopo un altro attimo di silenzio, - lo dicevo proprio per evitare tutto questo. - ma Neira non capì la battuta, e neanche Samantha, quindi ci pensò Joey a sorridere per tutti e tre.
- State qui, ancora un attimo e ce ne andiamo - disse ritirando la testa e incamminandosi verso l'auto di Roukis. Lanciò anche una rapida occhiata alla casa di Steven; la possibilità di fare irruzione e ucciderli tutti e due in un colpo solo era allettante, ma lui era stanco ed era stato picchiato fino a pochi minuti fa, e questo non faceva di lui un uomo particolarmente sveglio.
Si limitò ad estrarre dall'auto il corpo di Roukis e a sbatterlo sul cofano. Ci salì subito dopo anche lui, prendendogli un braccio e tagliandogli una vena del polso indirizzando il sangue che ne uscì sul parabrezza.
Poi, quando ormai ne era scesa una buona quantità, iniziò a scriverci sopra lasciandoci due parole.
Quindi scese dal cofano, frugò tra le tasche del corpo di Deckard per trovare la chiave della sua macchina e riprese la propria S&W modello 610 che nella collutazione era caduta nell'abitacolo della macchina di Roukis.
Si avviò lentamente verso Samantha e Neira, entrò in macchina e la accese, finendo la retromarcia che Deckard aveva iniziando e sgommando si allontanò dalla tenuta di Steven.
Sul parabrezza dell'auto si poteva vedere una scritta fatta col sangue di Roukis: "Meno due".

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Capitolo 13
*** Capitolo XI ***


Neira tolse lentamente il cerotto, sforzandosi il più possibile di fargli il meno male possibile. Poi, una volta rimosso, guardò la ferita.
- Si è riaperta, James... -
Joey fece per spostare la testa per guardarsi la ferita al braccio, ma fu subito ammonito da Samantha che gli stava disinfettando la fronte.
- Se continui a muoverti non ce la faccio! - lo rimproverò.
In quel momento, pur rendendosi conto che le ragazze si erano offerte volontariamente di medicarlo, Joey avrebbe voluto mandarle al diavolo entrambe. Se avessero seguito cioè che Joey  aveva detto Roukis sarebbe morto con un colpo in testa davanti al Dupert Queen e la storia sarebbe finita subito.
- Mi sono voltato per vedere come sta il mio braccio - fece notare alla fine dei suoi pensieri.
- Ok, però ora non muoverti più - gli rispose Samantha staccando un cerotto dall'adesivo e applicandoglielo sulla ferita.
- Passami la scatola che gliene metto un altro qua - aggiunse poi Neira continuando a guardare con un po' di disgusto il taglio aperto che Joey aveva sulla spalla.
- Stai messo un po' male, James...lasciatelo dire. Quanti giorni pensi di stare fermo? -
Joey la guardò dubbioso. - Fermo? -
- Sì, fermo...per far cicatrizzare le ferite, intendo... -
- Non voglio stare fermo per niente. Da tuo fratello andiamo domani sera, e da tuo padre la sera dopo. -
- Ma James, non puoi andare in queste condizioni! Perdi sangue da tutte le parti! -
- E chissà per colpa di chi mi sono ridotto in questo modo... - sbuffò lui.
- Certo, ora ce lo rinfacci pure! - esplose Samantha in uno sbuffo di disperazione. - Scusaci se noi non siamo criminali come te, che sanno come si muovono o cosa pensano gli assassini come quel Roukis! -
Joey le lanciò un'occhiata di fuoco, ma Neira fu veloce nel calmare gli animi.
- Riusciamo a stare un po' tranquilli, noi tre? Per favore! -
Sia Joey che Samantha la guardarono sbuffando, evitando di guardarsi a vicenda.
- Sul serio, James, prenditi almeno un giorno...per lo meno dormi un po', quanto tempo è che non dormi per almeno otto ore? Stanotte possiamo vegliare noi davanti alla tua camera, se c'è qualcosa di sospetto veniamo a svegliarti subito, te lo prometto! -
L'idea di fermarsi un giorno non gli piaceva, ma effettivamente quello che diceva Neira era vero. Era stanco e ferito e sicuramente con Steven e Ivan sarebbe stata più dura che con Webb e Roukis, quindi l'essere in buona forma era una condizione essenziale.
- Ok, ma ci fermiamo solo un giorno. Poi tu saluti la tua barbie e vieni con me a far fuori quello stronzo di tuo fratello, ok? -
- Va bene... - sospirò Neira.
Samantha li guardò entrambi preoccupata.

***

 

- Andiamo, lo ammazziamo, e torniamo subito da te. -
Samantha gli rivolse solo un cenno con la testa, poi abbracciò Neira come se fosse certa di vederla per l'ultima volta.
- Oddio, non sono fatto per vedere certe cose. Principessa, ti aspetto in macchina. E vedi di far presto - disse Joey avviandosi verso l'auto.
Dallo specchietto retrovisore potè vedere Samantha tenersi stretta Neira, sussurrandole qualcosa nell'orecchio che le fece lacrimare gli occhi. Poi, visto che sembravano non sciogliersi più da quell'abbraccio, Joey diede un colpo di clacson, e finalmente si divisero.
Quando Neira entrò in macchina era ancora impegnata a togliersi le lacrime dal volto.
- Guarda che fra neanche un'oretta saremo di ritorno, eh... -
- Ma insomma James! Dimostra un po' di umanità, se ancora ne hai!! - sbottò Neira. - Stiamo andando ad ammazzare mio fratello, mica a fare la spesa! -
- Umpf - Joey si concesse solo una smorfia, poi accese l'auto e iniziò a dirigersi verso la villa di Steven.
- Che ti ha detto barbie? -
- Non sono affari tuoi. - rispose Neira imbronciata. Poi si guardò attorno e non riuscì a trattenere la sua curiosità. - Ma come mai andiamo in giro con questo catorcio? Dov'è finita la tua Audi? -
- Ho...avuto un piccolo incidente. Questa ce la presta Kirk Webb -
- Che cosa vuol dire che hai avuto in piccolo incidente? - chiese Neira sempre più incuriosita.
- Significa che Webb me l'ha fatta saltare in aria. -
Neira quasi sussultò. - O mio Dio! E ti sei fatto male? -
- Webb se ne è fatto più di me quando sono riuscito a mettergli le mani addosso. Fregargli la sua auto era il minimo che potessi fare. -
- Capisco... -
- Anzi, guarda un po' se sto cesso di macchina ha anche una radio - aggiunse indicandogli quella che sembrava essere una radio vecchia di almeno dieci anni.
Neira lo fissò interdetta per qualche secondo, poi trovò le parole per parlare. - Sai James, non so se questo tuo atteggiamento mi deve preoccupare o farmi sentire più al sicuro! -
- Quale mio atteggiamento? - chiese Joey innocente.
- Questo! Questo tuo modo di fare...così...tranquillo! -
- Perchè? Non lo dovrei essere? -
- Beh, caspita! Stiamo andando ad uccidere un uomo! E' una cosa grossa! -
Joey si fece cupo in viso. - Già, su questo non posso darti torto. Però questa volta non sono stato io ad iniziare... -
- Ascolta James, te la posso fare una domanda senza che ti arrabbi? - chiese Neira, che voleva  domandargli questa cosa da parecchio tempo ma non aveva mai trovato il momento giusto.
- Dimmi -
- Non hai mai pensato di lasciar stare e non vendicarti? Intendo dire cambiare nuovamente identità e vivere con tuo figlio da qualche altra parte... -
- Sì, c'ho pensato, eccome. - si fermò per un istante, come a pensare alle giuste parole da usare. - Ma vedi Neira, quando uno come me si ritrova a subire un'ingiustizia del genere non può fare finta di niente e scappare. -
- Oh andiamo James! Tu eri riuscito a farti una famiglia! Non eri più un delinquente qualsiasi! -
- E' vero, ma questo non fa di me una brava persona. Se anche avessi deciso di lasciar perdere e di non ucciderli, credi che sarebbe cambiato qualcosa? Che Dio avrebbe perdonato tutti i miei peccati perchè questa volta ho porto l'altra guancia? -
- Non intendevo questo e tu lo sai... - rispose quasi con il broncio Neira.
- Te la dico io l'unica verità in storie come queste: certe persone per quello che hanno fatto non potranno mai essere perdonate, e io sono una di quelle. Ho già perso tutto quello che potevo avere di buono nella vita quando ho deciso di uccidere la mia prima vittima, tutto il resto è stata solo un'evoluzione di quel fatto. -
- E Lily? - gli chiese a bruciapelo.
- Lily è stata... - si fermò, perchè le parole gli morirono in gola. Sentì un'enorme tristezza salirgli dal cuore fino in gola, e decise di non rispondere oltre.
Neira capì e lo lasciò stare. Per fare quello che doveva fare da lì a poco era importante che fosse lucido, quindi non le sembrò il caso di indagare oltre.
Arrivarono davanti alla villa di Steven in silenzio, ognuno dei due pensando a cosa sarebbe successo nel giro di mezz'ora.
Joey parcheggiò la macchina non lontano da dove, ormai due giorni fa, aveva ucciso Roukis e Deckard. Scese dalla macchina e facendo il giro aprì il baule.
- Adesso avrei bisogno di una mano, principessa. -
- Cosa devo fare? - chiese Neira adocchiando il contenuto.
- Dovresti reggermi l'M24 fin quando non ci avviciniamo, io prendo il resto.
Iniziò a raccogliere le granate ed ad infilarle dentro una piccola borsa verde militare, mentre Neira guardava nel baule con aria dubbiosa.
- Ehm James...ho un problema... -
- Sì? -
- Non ho la minima idea di quale sia un M24 fra questi... -
Joey la guardò per un attimo, poi non riuscì a trattenere una risata.
- Oddio principessa, scusami! E' questo - rispose prendendolo e dandoglielo in mano. - E' uno sniper, un fucile di precisione. Ci servirà per le guardie fuori dalla villa. -
- E una volta che saremo entrati? - chiese Neira guardando il fucile con aria confusa.
- Beh per allora...sarà più utile questo - rispose estraendo dal baule il grosso M249.
- Capisco...cioè no, non capisco, ma va bene lo stesso.... -
Joey rise di nuovo, poi cercò di tornare velocemente serio.
- Ora parliamo seriamente: tu intendi entrare con me o vuoi che te lo porto fuori io? Vorrei evitarti di assistere a tutto il massacro che ci sarà prima di raggiungerlo... -
- Tu non ti preoccupare di me James, fai semplicemente quello che faresti se io non ci fossi. Non farò nient'altro che seguirti, ok? -
Joey la guardò e nonostante incontrò uno sguardo serio e determinato, non riuscì a dimostrarsi completamente tranquillo.
- Ne sei proprio sicura? E se ti dovesse raggiungere una pallottola? -
- Non succederà, vedrai! Tu pensa solo a fare quello che devi... -
Joey annuì e iniziarono a dirigersi verso il grosso cancello che faceva da perimetro a tutta la villa, giardino compreso. A sua guardia c'erano due uomini, entrambi armati di M16 e protetti da un pesante giubbotto antiproiettile.
- Da qui non si passa, dobbiamo fare il giro fino a quando non troviamo un angolo al buio. Vieni, -
I due camminarono aderenti al grosso cancello allontanandosi dall'entrata fino a quando Joey non si fermò.
- Ok qua va bene. Come te la cavi con la corda? -
- Corda? In che senso? -
- Intendo così - disse Joey tirando fuori dalla borsa in cui precedentemente aveva messo le granate una lunga corda arrotolata. Ne fece un nodo a un'estremità e poi la lanciò verso una punta del cancello, facendola passare proprio in mezzo. Diede poi un paio di strattoni per capire se avrebbe retto il peso, e ne fu soddisfatto.
- Vado prima io così al massimo ti aiuto, ok? -
- Ok...grazie - rispose Neira che aveva già iniziato a preoccuparsi.
Joey si arrampicò velocemente fino alla fine della corda, poi una volta lasciatosi cadere dall'altra parte ne recuperò un pezzo per poter tirare su Neira.
Con un po' di sforzo e qualche strattonata, entrambi passarono dall'altro lato entrando in definitiva nella villa. Camminarono bassi verso il grande albero che c'era sul lato destro del giardino, dopodichè si sdraiarono e Joey aprì il bipede appoggiandoci sopra l'M24. Guardò attraverso il mirino del fucile in direzione delle due guardie all'ingresso della villa, poi esclamò - Però! Pare che tuo fratello abbia ospiti stasera. -
- Perchè dici così? - sussurrò Neira.
- Guarda tu stessa - rispose Joey spostandosi e indicandole col dito il mirino sul fucile. Neira fece come gli era stato indicato e vide che Joey aveva lasciato il fucile nella posizione in cui si poteva vedere il parcheggio davanti alla villa. Era tutto pieno di macchine, soprattutto BMW e Mercedes.
- Porca vacca! Che macchine! -
- Già...io gli ammazzo i gregari, e quello fa una festa? Merita proprio di morire... -
Neira lo guardò perplessa e Joey sorrise. Estrasse dalla borsa delle granate un silenziatore e lo avvitò sulla canna dell'M24.
- Dì addio a quelle due guardie... -
- Li ammazzi? - chiese Neira, ma Joey non aspettò neanche che finisse la domanda per sparare. Un rumore sordo uscì dall'M24 e una delle due guardie cadde a terra, nel silenzio più totale. Spostò leggermente il fucile e sparò nuovamente; anche la seconda guardia cadde per terra, morta.
- Oddio James ma li dovevi proprio ammazzare? - Neira sembrava preoccupata.
- Non uccido mica solo loro, ce ne è una per lato - rispose Joey alzando il fucile e spostandosi di 90 gradi. - Uno davanti alla casa, due ai lati, e sono sicuro che ce n'è anche uno nel retro. - Tolse lo sguardo dal mirino per guardarla. - Se non li faccio fuori non potremo mai entrare in casa, te ne rendi conto vero? -
Neira lo fissò per qualche attimo, poi annuì lentamente.
- Bene, procedo allora. - Riportò l'occhio al mirino, dopodichè sparò un'altra volta. Da dove erano ora, Neira non riusciva a vedere le guardie a cui stava sparando Joey, quindi si limitò ad assistere silenziosamente.
Lo sentì sparare una terza volta, dopodichè lo vide alzarsi in piedi.
- Dove vai? - chiese preoccupata.
 - Da qua non riesco a vedere quello sull'altra facciata e quello sul retro, quindi mi devo spostare. Tu rimani qui ok? Torno subito - poi, senza aspettare nessuna risposta, prese il fucile e si incamminò lentamente verso l'altra parte del giardino rimanendo il più basso possibile.
Non passarono neanche due minuti che lo vide tornare nella sua direzione, senza fucile.
- Che è successo? -
- Sono morti, possiamo entrare - rispose Joey facendole gesto di alzarsi.
- E il fucile? Dove l'hai lasciato? Non lo porti con te? -
-  No, per quando saremo dentro mi servirà solo l'M249. Forza andiamo. -
Joey sembrava sicuro di quello che diceva, quindi Neira non indagò oltre. Lo seguì timorosamente avviarsi verso il grosso portone principale, dopodichè vide che estrasse una granata dalla solita borsa.
- E' già il tempo per quelle? -
- Sì, diciamo che è il nostro biglietto da visita. Perchè sicuramente ce lo chiederanno, non è vero? - chiese alzando la voce ed aprendo il portone.
L'interno della villa lo colpì come una secchiata d'acqua gelida. L'ingresso era formato da un arco in marmo bianco che poggiava su quattro enormi colonne, per terra si poteva trovare un grandissimo tappeto persiano rosso e appoggiati alle pareti busti di vari personaggi famosi.
Se quella fosse stata una casa di una persona qualsiasi, molto probabilmente Joey si sarebbe fermato ad osservarla per bene, ma visto che era la villa di Steven e che lui doveva sfruttare l'effetto sorpresa, si rivolse immediatamente alle due guardie sedute all'ingresso.
- Allora, è vero? Dobbiamo avere un invito per entrare? - chiese ad alta voce.
Entrambe le guardie, non appena visto l'M249 che aveva in mano, si alzarono in piedi estraendo le pistole, ma Joey fu più veloce di loro togliendo la spoletta alla granata e lanciandola nella loro direzione. Dopodichè si voltò rapidamente verso Neira, facendole da scudo con il suo corpo e premendole un orecchio contro il suo petto e tappandogli l'altro con una mano.
Nonostante questa premura, la ragazza sentì un botto fortissimo, tanto che sussultò fra le sue braccia. Quando poi Joey la lasciò girandosi, Neira vide una delle due guardie per terra svenuta e l'altra che ancora agitava il suo braccio in preda a urla di dolore. Probabilmente doveva essere stato quello più vicino all'esplosione, perchè non aveva più una mano e il resto del braccio era un ammasso di pelle e muscoli a brandelli.
Joey lo finì sparandogli con l'M249 e Neira constatò che il rumore assordante del fucile mitragliatore non era di molto inferiore all'esplosione appena sentita.
Le venne istintivo chiudere immediatamente gli occhi e aggrapparsi al suo braccio.
- Principessa, te l'avevo detto che non sarebbe stato piacevole. Sicura di voler continuare? -
Neira si portò una mano alla bocca, quasi a cercare di fermare un coniato di vomito, ma poi annuì.
Camminarono per tutto l'ampissimo atrio, dopodichè superarono due rampe di scale sempre di marmo bianco che portavano probabilmente al piano superiore e si recarono davanti alle due grandi porte di legno che c'erano alle fine dell'ingresso.
Una volta aperte con un calcio, i due si ritrovarono davanti un'immensa sala da ballo, popolata da uomini vestiti in giacca e cravatta e donne in lussuosi abiti da sera.
- Ma porca puttana, dove cazzo siamo finiti? Negli anni '70? - urlò Joey appena constatò che ognuno dei presenti si era voltato per guardarlo.
Spostò velocemente lo sguardo su ognuno di loro cercando Steven, ma niente da fare, lui non c'era.
- Fanculo - si lasciò scappare, e iniziò a sparare.
Neira si buttò a terra cercando di tapparsi le orecchie per evitare di sentire ulteriormente il rumore assordate del fucile di Joey, ma era troppo vicina per eluderlo. Joey si attaccò al grilletto e iniziò a sparare sulle persone presenti, da destra verso sinistra senza risparmiare nessuno. Da quella distanza le munizioni 5,56 × 45 mm NATO dell'M249 fecero una strage: i corpi che ne venivano colpiti venivano letteralmente squarciati nel punto in cui venivano presi, schizzando sangue in tutte le direzioni. La folla di gente scappò impazzita verso una porta presente alla fine della stanza, ma Joey fu lesto a spostare la propria mira verso quella porta impedendo a qualsiasi di loro di raggiungerla. I pochi sopravvissuti allora cercarono di ripercorrere tutta la stanza nella direzione opposta per uscire da un'altra porta presente sul lato destro, ma Joey continuò la sua carneficina fino a quando ognuno di loro cadde a terra, morto.
Fu solo allora che il fucile mitragliatore smise di sputare fuori proiettili e Joey si fermò, rendendosi conto solo in quel momento che Neira, poco dietro di lui, si era messa a urlare.
- E' finita, principessa. - le disse, ma la ragazza continuava a urlare ad occhi chiusi.
- E' finita principessa, alzati. - ripetè lui.
Poi, quando vide che Neira sembrava impazzita, le si avvicinò e la colpì piano con il calcio del fucile, facendola finalmente smettere.
- Qua tuo fratello non c'era, credo di dover andare di sopra. -
Neira, che non aveva ascoltato nulla perchè si era lasciata ancora le mani alle orecchie, si fece forza e si guardò attorno. C'erano almeno una trentina di cadaveri davanti a lei, alcuni mutilati perchè presi a una gamba o addirittura in  testa.
Quella che fino a un attimo prima era una tranquilla ed elegantissima sala da ballo, ora sembrava il retro di una macelleria di terz'ordine.
Neira si sentì le lacrime salirle agli occhi, per orrore o per paura, o forse per entrambe.
- Forza andiamo principessa! - gli ripetè Joey, riaprendo il portone con un calcio.
- Ma...ma... - provò a dire la ragazza, ma accortasi che l'uomo la stava lasciando sola si alzò e iniziò a seguirlo.
Si diressero verso una delle due scale che portavano al piano superiore, ma Joey si fermò ancora prima di salire il primo gradino.
- Hai sentito qualcosa? - le chiese fermandosi immobile.
- Co...cosa? - chiese Neira, che ancora non si era ripresa da quello che aveva visto.
- Un rumore, qualcosa che veniva da quella direzione - chiarì Joey indicando con la canna del fucile  una porta a metà fra l'ingresso e la sala da ballo appena superata.
Si girò e si avviò in quella direzione.
Appena arrivato davanti, si fermò, cercando di captare un qualsiasi rumore.
- Sono sicuro di aver sentito qualcosa, e ora non sento più niente. Non mi piace, stai qui. -
Neira non riuscì neanche ad obiettare che Joey si avvicinò alla maniglia e la aprì. Lo vide scattare subito di lato, evitando giusto per un pelo una scarica di proiettili venire da dentro la stanza.
- Cazzo! - urlò lui. - Indietro principessa, indietro! - le urlò, ma Neira non si era neanche mai avvicinata.
Joey inspirò velocemente due volte, poi si abbassò strisciando contro la parete fino alla porta e una volta avvicinatosi puntò il proprio M249 al suo interno ed iniziò a sparare alla cieca.
I rumori che sentì gli confermarono che era una cucina: avvistò chiaramente piatti rotti, posate che cadevano e altri oggetti che si distruggevano all'impatto con i proiettili.
Una scarica di altri proiettili fu la risposta degli uomini che vi erano all'interno.
- Ehy, figlio di puttana! Smettiamola di spararci alla cieca e usciamo allo scoperto! - urlò una voce da dentro la stanza. Parlava in americano, ma aveva un fortissimo accento russo.
Joey corrugò la fronte al sentire quella voce.
- Avanti, vieni dentro! Tu non hai neanche idea di chi io sia! - continuava ad urlare.
Joey notò che nella sua voce c'era tanta rabbia ma nessuna paura, cosa che lo fece insospettire ancora di più.
- Forza! Entra che ti faccio saltare il culo immediatamente! - e seguì un'altra raffica di proiettili.
- E perchè, chi saresti tu? - urlò Joey, ancora con la schiena appoggiata al muro.
- Io sono l'Alabama intera, ecco cosa sono! -
Questa volta Joey si convinse: quella voce lui la conosceva.
- Io invece sono James Hawk, ti dice niente? -
Seguì un lungo periodo di silenzio, sia di parole che di proiettili.
- James Hawk? - chiese il russo con un tono di voce decisamente meno alto.
- Esatto. Tu sei Sergei Gomorov, giusto? -
Seguirono altri secondi di silenzio.
- Grandissimo stronzo, entra! - rispose quello, con un tono estremamente gioviale. Neira guardò Joey sorridere ed alzarsi entrando nella stanza. Avrebbe voluto urlargli di stare giù, ma se si stava comportando così...un motivo c'era sicuramente.
Joey entrò in quella che era proprio una cucina e si ritrovò davanti a tre tavoli rovesciati per terra con dietro ad ognuno di loro due persone armate che ancora gli puntavano addosso una pistola.
Dai cocci dei tavoli e delle varie stoviglie rotte si alzò un uomo biondo, vestito in un elegantissimo frack. Aveva un paio di intensi occhi azzurri e riservò a Joey un gran sorriso.
- Vecchio figlio di puttana, si può sapere cosa stai facendo? - gli disse allargando le braccia come a volerlo abbracciare.
Neira gattonò fino all'ingresso e guardò dentro, incuriosita dal sapere con chi stava parlando James.
- Sto cercando di ammazzare il proprietario di casa, tu invece perchè vai in giro a dire che sei l'Alabama? -
Il tono di Joey sembrava tranquillo e pacato, come se l'uomo che aveva davanti lo conoscesse da tempo.
- Perchè è vero, qua sono io che conto. E Steven Kimberlin è uno dei miei uomini, quindi vorrei che mi chiarissi che cazzo stai facendo esattamente, prima che io ti faccia sparare. -
Neira al sentire parlare ancora di spari si lasciò sfuggire un gemito, che catturò l'attenzione di tutti i presenti in cucina.
- Alzati pure principessa, Sergei non ci farà alcun male. Vero Sergei? - chiese poi tornando a voltarsi verso di lui.
- Prima mi devi spiegare che cosa sta succedendo. - gli rispose sempre con il suo tipico accento russo. - Sei tu il pazzo che sta facendo tutti questi casini in questi giorni? -
- Se per casini intendi uccidere gli scagnozzi di Kimberlin sì, sono io. - rispose lui con un sorriso. Neira nel frattempo gli si avvicinò e si strinse attorno al suo braccio come una bambina.
- Uh, e lo sai chi è questa? E' la sua sorellastra. -
- Incantato, madame. - rispose lui, imitando il gesto di togliersi un cappello che non indossava.
- E stiamo andando ad uccidere suo fratello, quindi se non ti dispiace... -
- Sì, mi dispiace invece. - rispose secco Sergei, tornando immediatamente serio. - Mi vuoi spiegare che sta succedendo? Oggi sono qui perchè Ivan e Steven mi hanno contattato chiedendomi aiuto per un pazzo che ha deciso di ucciderli, a questo punto è chiaro che sei tu. Io però avevo capito che eri andato via dall'America, sbaglio? -
- No, non sbagli, ero andato a vivere in Europa. Ma poi Ivan ha pensato bene di vendicarsi su mia moglie per il fatto di averlo mandato in galera, e quindi eccomi qua. -
- Uhm...sì, me ne aveva parlato. Però devi smetterla qui e ora, perchè io teoricamente adesso avrei già dovuto spararti. -
- E invece perchè non lo fai? - si lasciò scappare Neira, sorprendendosi di averlo detto ad alta voce anzichè averlo semplicemente pensato.
- Perchè mi deve un favore bello grosso, ecco perchè - rispose Joey ridendo.
- C'è poco da ridere, Dagger, sei nei guai. Mi dispiace per tua moglie, ma non puoi venire qua nel mio stato a combinare tutti questi casini andando in giro ad ammazzare la gente. Io ho una reputazione da rispettare e se un mio uomo mi chiede una mano, io gli devo dare una mano. -
- Nel "tuo stato"? Un "tuo uomo"? Ma che stai dicendo Sergei? -
- Sono diventato un uomo molto importante in questi anni Hawk, che credi? Non sono più lo sprovveduto di trent'anni fa quando mi hai...aiutato in quell'occasione. Ora in Alabama sono io che comando e devo essere sempre a conoscenza di tutto. -
- Beh ora lo sai come stanno le cose, no? Ero qua per ammazzare i due bastardi che hanno ucciso mia moglie e gli altri due bastardi che hanno commissionato il suo omicidio. Tutto qua. -
- Tutto qua? - chiese stupefatto Gomorov. - Tu stai dicendo che vuoi uccidere uno dei miei uomini più importanti! Ivan Kimberlin si è fatto vent'anni di carcere per poter finalmente uscire e ricominciare la sua vita e ora tu lo vuoi fare fuori! Non ci siamo Hawk, non ci siamo proprio! -
- E allora cosa vuoi fare? Vuoi metterti anche tu contro di me? - ringhiò Joey. Neira sentì il bisogno di allontanarsi da lui, spaventata dal tono che aveva appena usato.
Sergei lo guardò intensamente per qualche attimo, poi sospirò.
- No, direi che non è il caso. Se proprio lo vuoi fare, devo iniziare a muovermi subito, perchè ci sarà un bel po' di gente che vorrà prendere il posto libero dei due Kimberlin e io mi dovrò far trovare pronto. -
- Fai quel che vuoi, questi sono problemi tuoi. - rispose Joey alzando le spalle.
- E quando intendi farlo? -
- Ora, subito. Poi toccherà al padre. -
Ora venne il turno di Sergei di alzare le spalle.
- Non credo proprio che ci riuscirai in così poco tempo, Hawk. -
- Perchè? - chiese Joey preoccupato.
- Perchè Ivan è partito mezz'ora fa verso Pensacola Beach, ecco perchè. Sta andando a prendere il suo yacht per sparire per qualche mese, fino a quando io non trovavo il modo di capire chi eri ed ammazzarti. -
Joey sgranò gli occhi stupefatto.
- CHE COSA? - urlò senza accorgersene.
- E' proprio così, gliel'ho consigliato io stesso. Ivan ha accuratamente evitato di dirmi chi era questa persona che stava facendo tutto questo casino, non potevo sapere che eri tu. E comunque anche se lo avessi saputo, gli avrei suggerito ugualmente di sparire per un po' di tempo. E' appena uscito di galera, non deve essere in alcun modo coinvolto in nulla di illegale, altrimenti ci rifinisce dentro subito. -
Joey scoppiò a bestemmiare, talmente tanto e talmente forte che Neira si riportò le mani alle orecchie come prima quando stava sparando.
Gettò poi contro un tavolo l'M249, in preda a una furia senza controllo. Sergei lo guardava con un sopraciglio alzato.
- Non credi che dovresti contenerti, Hawk? -
- Tu... - disse Joey indicandolo con un dito tremante, poi si fermò, evitando di continuare nella sua minaccia. Ma il suo sguardo di fuoco esprimeva tutto quello che pensava.
- Adesso non esagerare Dagger, a tutto c'è un limite e tu lo stai decisamente superando. -
Joey iniziò a girare per la stanza guardando in basso, estremamente agitato e senza parole.
Poi si fermò e tornò a guardare Sergei. - Steven almeno è in casa? -
- Sì, è di sopra con due sue amichette. Ammesso che non si sia già lanciato giù dal balcone, non saprei. -
- Fanculo. Addio Gomorov, noi dobbiamo andare. -
Uscì a grandi passi dalla stanza, poi quando si accorse che Neira era rimasta ancora dentro guardandolo stralunata, le urlò - Andiamo principessa! - e la ragazza lo seguì subito trotterellando  al suo fianco.
- Addio Hawk! - rispose il russo dalla stanza, mettendosi a ridere subito dopo.
Joey nel frattempo aveva già iniziato a salire le scale percorrendo i gradini a due a due, e se non fosse stato tanto arrabbiato Neira gli avrebbe anche chiesto il perchè di tanta fretta.
Una volta arrivati in cima percorse il lungo corridoio sempre a passo svelto, tanto che sembrava quasi conoscesse già la casa, dopodichè aprì l'ennesima porta con un calcio e vi entrò.
Il corridoio che aveva davanti sembrava lungo e buio, ma si sentivano delle voci alla fine e si poteva anche vedere una luce uscire da una porta aperta. Joey alzò una mano per indicare a Neira di fermarsi.
- Hai guardato dove Zack ha detto di averla messa? - urlò una voce provenire dalla fine del corridoio.
- No, non ancora! Ma sono sicuro che sia qui, cazzo! Ne sono sicuro! - rispose una seconda voce.
Si sentì subito dopo un rumore di un qualcosa simile a un cassetto che cade, visto che fu subito accompagnato da altri tintinnii di altri piccoli oggetti rotolare sul pavimento.
- Ma possibile che in quella merda di stanza non c'è un interfono con cui poterci parlare? E' completamente isolato dall'esterno così! - ritornò a urlare la seconda voce.
- Idiota! E' proprio per isolarsi dal resto del mondo che Kimberlin entra lì dentro! Lo sai anche tu con chi è in compagnia no? - urlò la prima.
- Sì ma cazzo...come facciamo ad avvisarlo che c'è quel pazzo di sotto? Io non... -
Si sentì altri oggetti che cadevano, dopodichè la prima voce tornò a parlare. - Trovata, ecco, l'ho trovata! Ho la chiave che apre quella dannatissima porta, entriamo e avvisiamolo! -
Al sentire quelle parole, Joey si avviò a passi rapidi verso la fonte delle voci ed estrasse la propria Smith & Wesson. Entrò nella stanza e ci trovò due uomini immersi nel caos più totale; sembrava che avessero rivoltato l'intera stanza come un calzino per trovare quello che cercavano.
- Buona sera ragazzi, che succede? - chiese Joey con un finto sorriso.
- O merda... - riuscì solo a pronunciare il primo uomo.
- Dai su, non è carino dire parolacce davanti a una signora - disse facendo segno a Neira di avvicinarsi. - Si può sapere che sta succedendo qui? -
I due uomini si guardarono, incerti se confessare o no quello che sapevano.
- Ecco...Steven è chiuso lì dentro da ore e... -
- E non è al corrente di quello che è successo fino ad adesso? - chiese Joey interrompendolo.
- ...esatto - rispose il secondo uomo.
- Come mai non avete semplicemente bussato? -
- Perchè è una stanza insonorizzata e la musica dentro è ad altissimo volume! Abbiamo provato a bussare per dieci minuti di fila ma non ci sente! -
Il sorriso di Joey si allargò ancora di più.
- Bene, bene...eccellente. Hai detto ti aver trovato la chiave tu, no? - chiese indicando il primo uomo.
- Sì, è questa! - rispose lui, pensando che collaborare con quel pazzo con una 610 in mano lo potesse aiutare dal salvarsi.
- Ok, appoggiala su quel tavolo e sparite. Di corsa. -
I due uomini si guardarono di nuovo.
- Vuoi dire che ci lasci andare? - chiese uno dei due.
- Dai fuori, non ho voglia di ripetervelo ancora. -
I due si guardarono per l'ennesima volta, dopodichè a passi lenti si avvicinarono all'uscita e poi girarono per il corridoio, mettendosi a correre per raggiungere l'uscita.
Non appena furono lontani cinque o sei metri, Joey sparò ad entrambi.
Neira sobbalzò urlando.
- Ma avevi detto che li facevi scappare! - piagnucolò.
- E' sempre divertente vedere che ci cascano ogni volta. - rispose Joey, fortemente divertito.
Recuperò la chiave, dopodichè oltrepassò la stanza ridotta a un caos indecifrabile e si portò davanti alla robusta porta che aveva davanti, inserendo la chiave e aprendola.
Una volta entrati furono subito assaliti dalla musica a un volume decisamente superiore all'umana sopportazione. Quello che si trovarono davanti sembrava essere uno studio di registrazione: c'era la batteria, svariati microfoni e cavi dappertutto sparsi per terra. Più in là, in un angolo, c'era una piccola stanza più piccola con una parete a vetro.
Joey si avvicinò lentamente, dopodichè aprì la porta di scatto.
La visione che ebbe davanti lo disgustò non poco: Steven, che sembrava completamente strafatto, era sdraiato seminudo su un divanetto davanti alla console del fonico, in compagnia di due ragazzine. Erano vestite e truccate come adulte, ma avranno avuto sì e no undici anni ciascuna.
Al vederlo irrompere in quella maniera sussultarono tutti e tre.
- Porca troia! - urlò Steven cercando di mettersi in piedi, rovinando a terra subito dopo averci provato. Le due ragazzine urlarono alla vista di Joey armato e scesero dal divanetto andando a mettersi in un angolo dietro a una sedia, come a voler scomparire dalla sua vista.
- Fai schifo Steven, lo sai vero? - gli chiese mentre lo guardava cercare di mettersi in piedi.
- Co...come cazzo siete entrati qui? - balbettò Steven, quando alla fine riuscì a risalire sul divanetto.
Joey passò velocemente lo sguardo sul tavolino che aveva davanti: era strapieno di bottiglie di liquore oltre a diverse bustine contenenti quelle che sicuramente erano diversi tipi di droga.
- Ma dai veramente questa merda a quelle bambine? - chiese con quanto più disprezzo poteva metterci.
- Io... io... - cercò di alzarsi nuovamente in piedi, questa volta riuscendoci.
Joey lo colpì immediatamente al volto, ributtandolo sul divano.
- Stai giù pezzo di merda - gli urlò. - Non sei neanche degno di stare in piedi davanti a me, sottospecie di essere umano. -
Se fosse stato per lui, gli avrebbe già sparato, ma si ricordava bene cosa gli aveva detto Neira.
La ragazza infatti, dopo aver vinto un certo disgusto per quello che aveva visto, si affiancò a Joey, guardando con pietà il proprio fratello.
- Steven... - sussurrò.
L'uomo si riprese dal colpo subito solo qualche secondo dopo, cambiando completamente espressione nel momento in cui la vide.
- Neira? Neira...sei tu? -
Gli occhi della ragazza si inumidirono immediatamente, ma trovò la forza di non piangere.
- Cosa stavi facendo con queste due ragazzine? -
- Io...io non ci stavo facendo niente... - cercò di rispondere, ma il colpo non aveva aiutato di certo la sua già scarsa lucidità.
- Avanti principessa, spostati che lo faccio fuori. Non ha senso parlargli in queste condizioni. -
- No aspetta - rispose Neira, cercando sempre di mostrarsi calma. - C'è una cosa che gli devo chiedere prima... -
- Fa..farmi fuori? Non mi vorrai uccidere adesso, vero? - chiese terrorizzato Steven.
Neira ignorò la sua domanda e si chinò davanti a lui, in modo tale da averlo davanti agli occhi.
- Hawk mi ha detto che è stato papà a volermi spedire in quel bordello in cui sono stata per due anni, e che non è stata una decisione tua. E' vero? -
Steven la guardò facendo fatica a metterla a fuoco, poi fece ancora più fatica a capire il senso di quella frase.
- S-sì, è stata un'idea sua...io non volevo... - riuscì a rispondere.
Joey per un attimo si preoccupò di come la principessa avesse iniziato il discorso, ma poi decise di lasciarla continuare.
- Va bene. E dimmi, mi sei mai venuto a trovare quando ero in quel posto? -
- S-sì, ti venivo a trovare! Ti venivo a trovare spesso! - rispose cercando di alzare la voce per farsi sentire da Joey.
- E quando mi venivi a trovare... - poi si dovette fermare, perchè le lacrime iniziarono a uscirle copiose dagli occhi.
- Neira... - Joey provò a dirle qualcosa, ma lei gli fece gesto di tacere.
- Quando mi venivi a trovare...eri tu che decidevi di farmi una dose particolarmente forte, vero? Per potermi fare quelle cose...senza che io reagissi, vero? -
Quando Joey finalmente capì quello che stava chiedendo, sentì un'incredibile schifo soffocargli l'animo, tanto da stare quasi male. Gli vennero in mente le parole di Lucrece e di Samantha, quando gli avevano detto che Steven sembrava avere quasi un'ossessione verso Neira, tanto da pensare che lui fosse in qualche modo attratto da lei. Ma arrivare ad approfittare della sua condizione mentre era al Bad girls...no, quello non lo avrebbe mai immaginato.
Steven provò a muovere le labbra per rispondere qualcosa, ma il suo cervello era troppo anestetizzato da tutto quello che aveva assunto per produrre anche la più stupida risposta.
Neira si lasciò cadere la testa in avanti, iniziando a piangere a dirotto.
- Forza principessa, forza...ora è tutto finito... - le disse Joey mettendo via la 610 e tirandola in piedi di forza. Neira lo abbracciò subito continuando a piangere e Joey lasciò che si sfogasse per qualche istante, prima di allontanarla dolcemente dal suo petto.
- Sono solo brutti ricordi, Neira, solo brutti ricordi...adesso chiamiamo la polizia e denunciamo tutto, ok? Prima chiudi questa storia e prima inizi a dimenticarla. Chiamiamo Samantha, ti va? -
Neira si asciugò le lacrime, annuendo.
- Forza, prendi il mio cellulare e chiamala. Scendi pure, io ti raggiungo subito. -
La ragazza uscì a passi lenti dalla stanza, non voltandosi nè verso Joey nè verso Steven.
Poi, una volta che i due uomini furono rimasti soli, Joey tornò a fissarlo.
- No ti prego...non lo fare... - si disperò Steven, abbandonandosi per terra e cercando di strisciare lontano da lui.
Joey si chinò e lo prese per il collo, rimettendolo seduto sul divanetto. Strinse talmente tanto che per poco non lo uccise soffocandolo.
- Apri la bocca. - disse poi.
- Co..cosa? - disse Steven, tossendo per il trattamento da poco subito.
- Ho detto: apri la bocca - ripetè Joey, estraendo la sua 610.
Steven la aprì lentamente, iniziando a piangere come un bambino che sa che sta per essere sculacciato.
Joey gli infilò in bocca tutti e 6 i pollici della lunghezza della canna della propria Smith and Wesson, dopodichè sparò.
Il colpo aprì un vero e proprio buco nel cranio di Steven, schizzando pezzi di pelle e di cervello su tutta la parete.
Rimase per un attimo a fissare il suo corpo morto che si accasciava naturalmente a terra, dopodichè si voltò e tornò velocemente al piano di sotto.
Neira era in piedi al centro dell'ingresso con il cellulare in mano.
- Hai chiamato Samantha? -
- Sì...ha detto che prende un taxi e viene subito qui. -
- Bene. E la polizia? -
- Ho chiamato anche lei...ma tu come farai ora se arriva? - chiese lei, alzando gli occhi a guardarlo per la prima volta da quando erano entrati nello studio di registrazione.
- Io infatti ora sparisco. Tieni - le disse porgendole la 610. - Sono tutti morti, ma non si sa mai. -
- Ma...come... -
Joey la interruppe mostrandole il sorriso più sincero che poteva esibire.
- Non preoccuparti per me, principessa. Ho tutte le armi che mi servono. - poi la guardò, sentendosi quasi triste al doverle dire addio.
- Statemi bene tu e la barbie eh... -
Neira lo fissò intensamente, dopodichè lo abbracciò di nuovo, questa volta senza lacrime.
- Su, su...non vorrai far commuovere James Hawk, vero? - chiese lui tornando a sorriderle.
- No, certo che no...andrai a inseguire mio padre ora? - chiese lei con un filo di voce.
- Sì...Pensacola è a circa cinque ore da qui, considerando che non pensa di essere inseguito non dovrebbe percorrere la strada a grande velocità...se parto subito e infrango qualsiasi limite, forse posso farcela a riprenderlo. -
- Capisco... -
Joey le dice un bacio sulla fronte, dopodichè la strinse un'ultima volta fra le braccia.
- Stammi bene principessa - le disse spostandosi e avviandosi verso l'uscita.
- James... - lo chiamò lei, prima che lui scomparisse.
- Dimmi. -
- Sta attento, ok? -

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Capitolo 14
*** Ultimo capitolo: NEVE ***



Ultimo capitolo: NEVE
Essendo arrivato alla fine, prima di lasciarvi alle battute conclusive mi permetto di spendere due righe per i doverosi ringraziamenti :)
Se non vi interessano, saltate pure e andate dritti al capitolo che non mi offendo ^_^'
La prima persona a cui va il ringraziamento più grosso è ovviamente nydrali, che mi ha permesso di usare i suoi personaggi di Lilium inter Spina e di poter quindi dare vita a questa storia. Se fossi stato in lei, non so se avrei accettato che uno sconosciuto prendesse una mia storia per scriverne un seguito, magari rovinandomela pure tutta ^_^' Quindi grazie sul serio, anche di tutte le recensioni e degli incoraggiamenti.
Il secondo doveroso ringraziamento va a Monnis, la mia fantastica beta reader, che si è occupata di corregere i miei "scuotere" con la q, le mie forme verbali sbagliate, le mie virgole inesistenti o quelle esistenti ma nei posti sbagliati...insomma, un grazie davvero di cuore, senza il tuo aiuto sarebbe stato veramente un macello ^_^'
Infine, l'ultimo ringraziamento va a tutti coloro che hanno letto la storia e messa nei preferiti, anche se poi non hanno mai commentato ^_^' Credo che compongano uno dei più grandi misteri di EFP e contemporaneamente uno dei crucci più grossi degli autori: leggono e non recensiscono perchè gli ha fatto schifo? perchè li ha lasciati indifferenti? perchè guardando la lunghezza del capitolo hanno pensato "non mi verrà mai la voglia di leggere tutta sta roba" e chiudono subito? In ogni modo grazie anche loro, anche le letture e i "preferiti" servono a dare coraggio all'autore :)
Bene, ora è veramente tutto ^_^' A voi l'ultimo emozionante (?) capitolo, ciao!!!


L'orologio segnava le tre e mezza, questo significava che ormai erano quasi quattro ore filate che Joey stava guidando senza fermarsi. Oltretutto fra poco avrebbe dovuto superare il confine con la Florida e questo era un bel problema. L'identità che stava utilizzando da quando era in America era perfettamente valida, il problema era l'auto che stava utilizzando. Aveva provato a rovistare nel cassetto per vedere se riusciva a trovare il libretto di circolazione, ma aveva trovato solo una scatola di profilattici e una stecca di sigarette. Di documenti dell'auto non ce ne era traccia. Oltretutto l'auto non era neanche sua, quindi gli avrebbero chiesto in aggiunta una procura del proprietario per poterla utilizzare.  In parole povere, utilizzare quella macchina per passare il confine era impossibile.
Guidò ancora per qualche minuto, poi si fermò al primo Autogrill che trovò. Dato l'orario il parcheggio era ovviamente semivuoto, ma questo per i suoi scopi poteva essere solo un bene. Scese dall'auto e aprì il cofano estraendo l'M4 super 90. Lo girò e iniziò a caricarlo con le cartucce Buck00 calibro 12, guardandosi attorno per vedere se qualcuno lo stava osservando. In realtà il parcheggio era quasi totalmente immerso nell'oscurità, visto che alcuni lampioni non sembravano funzionare.
Una volta finita la sua operazione chiuse baule e macchina e si avviò verso i bagni. Dentro non c'era nessuno e questo lo innervosì; avrebbe dovuto aspettare che qualcuno entrasse e non poteva sapere quanto ci sarebbe voluto. Kimberlin poteva già godere di un certo vantaggio, se non fosse riuscito ad acciuffarlo in tempo prima di vederlo partire chissà quanto tempo avrebbe impiegato a ritrovarlo. Oltretutto Sergei Gomorov era stato chiaro: per quella volta avrebbe fatto finta di non averlo visto, ma non lo avrebbe protetto ancora a lungo. Era assolutamente necessario farla finita quel giorno stesso, altrimenti sarebbe diventato impossibile.
Dopo neanche venti minuti di ragionamenti come quelli Joey vide entrare finalmente una persona. Un uomo sui quarant'anni, con dei grossi baffi neri e un insolito abbigliamento beige da cowboy, entrò sbadigliando e si diresse verso un orinatoio a parete. Joey fece finta di continuare a guardarsi allo specchio sporco e rigato in più punti fino a quando non sentì l'uomo tirare l'acqua, quindi impugnò il fucile semiautomatico della Benelli e si girò puntandoglielo addosso.
- Cristo! - fece l'uomo balzando leggermente indietro.
- Zitto - rispose Joey senza perder tempo, - hai una macchina qua nel parcheggio? -
- Dove l'hai trovato quello sventra papere, gringo? - domandò l'uomo più incuriosito che spaventato.
- Sventra papere? - chiese Joey confuso.
- Sì, l'M4 che hai in mano. Come fai ad averne uno? Dal modo in cui me lo punti addosso non credo che tu l'abbia comprato...hai ammazzato qualche poliziotto per averlo? -
Joey lo guardò stupito. - Non sono cazzi tuoi. -
- Ehy, gringo! Era solo per curiosità, sei liberissimo di non dirmelo! - rispose sorridendo, e Joey potè notare tutti i suoi sgradevolissimi denti gialli. Quell'uomo doveva fumare una quantità industriale di sigarette per essersi ridotto la bocca a quel modo.
- Allora, cosa posso fare per te? - e chiedendolo si portò una mano alla tasca.
- Fermo! - gli urlò Joey, ma l'uomo estrasse solamente un pacchetto di chewing gum.
- Calmati amico! Sto solo prendendomi una cicca, anzi, ne vuoi una? - gli domandò allungandogli il pacchetto.
Joey lo guardò meglio: sotto l'abbondante giubbotto indossava una poco originale camicia a quadri bianchi e rossi, anche se ormai i colori sembravano sbiaditi dai troppi lavaggi, e alla vita portava un vecchio cinturone privo però del suo normale abitante.
Abbassò leggermente il fucile.
- No, niente cicche. Come ti chiami? -
- Bill Carson! E tu gringo, ce l'hai un nome? O se me lo dici poi mi devi sparare con quel coso? -
- Il mio nome è: ce l'hai una macchina parcheggiata là fuori? - chiese Joey fissandolo negli occhi.
- Beh non è proprio una macchina, comunque sì, è parcheggiata qua dietro. Perchè lo vuoi sapere? - chiese mettendosi in bocca un chewing gum.
- Perchè tu ora mi ci fai salire sopra e insieme oltrepassiamo il confine con la Florida. Dopodichè una volta che saremo passati mi lascerai giù e potrai andartene dove ti pare. -
Carson lo guardò per un istante, poi scoppiò in una sonora risata, talmente forte che Joey temette che avrebbe potuto attirare l'attenzione di qualcuno.
- Oddio gringo, mi fai morire! Ma dico, mi hai visto bene? - chiese togliendosi il cappello da cow boy e indicandosi alcuni capelli grigi. - Non sono mica un teppistello di quelli che girano oggi in questo fottuto paese, io ho la tua età cristo! Mi hai appena minacciato con un fucile che usano quelli dello SWAT, vuoi passare il confine con la mia macchina perchè probabilmente la tua è rubata e sicuramente avrai commesso qualcosa di talmente grosso da non poter aspettare di passare il confine in un altro modo, è ovvio che appena saremo in Florida mi ammazzerai! -
Se possibile, Joey rimase più stupito di prima. Quell'uomo si stava dimostrando decisamente sveglio, il che lo rendeva anche in minima parte pericoloso.
- Puoi decidere di correre il rischio di scoprire se quello che dici è vero o no, oppure morire qua adesso - rispose Joey, tornando a puntargli l'M4 addosso. - Scegli tu. -
Carson scoppiò a ridere nuovamente.
- Non ho bisogno di decidere, gringo, accetto! Andiamo, avrai visto sicuramente il mio Nissan bianco parcheggiato fuori no? Il monovolume più grosso fra tutti, ecco quello è mio! - rispose iniziando a fare strada fuori dal bagno.
Joey lo seguì a qualche passo di distanza, guardandosi attorno per vedere se qualcuno aveva sentito o notato la loro conversazione. A quell'ora della notte, però, l'Autogrill era completamente deserto.
Appena arrivati davanti al Nissan Carson aprì le due ampie porte sul retro.
- Dammi il fucile, così lo nascondiamo per bene. Capita a volte che alla frontiera gli sbirri chiedano di voler vedere l'interno dell'auto, non possiamo certo lasciare che te lo vedano! -
Joey si sentì un po' riluttante a lasciargli il fucile, ma dovette ammettere che era l'unico modo di passare senza problemi.
- Ok, ma non pensare che io sia meno pericoloso senza il mio Benelli. Posso ammazzarti anche a mani nude, se serve. -
Carson rise per l'ennesima volta, lasciandosi scappare un - Lo credo, gringo, lo credo! Hai tutta l'aria di essere una bella carogna, lo sai? -
Nascose il fucile sotto lo spazio dedicato alla ruota di scorta, manualmente modificato per contenere almeno due armi della stessa grandezza. Quando lo aprì infatti c'era già al suo interno un Remington vecchio modello, forse il 700.
- Prego, accomodati! - disse indicandogli la portiera dopo aver fatto sparire tutto.
I due entrarono in macchina e uscirono dal parcheggio a grande velocità.
Una volta in strada, Carson tornò a fare domande.
- Allora senza nome, me lo vuoi dire perchè stai cercando di oltrepassare il confine? Sei inseguito o sei tu che stai inseguendo qualcuno? -
- La seconda, e quel qualcuno ha già sicuramente passato la frontiera, mentre io invece sono ancora qui. -
- Uhm...capisco. Posso sapere cos'ha combinato questo qualcuno per farti incazzare così tanto? -
Joey lo guardò male, ma quando vide Carson distogliere lo sguardo dalla strada per mostrargli un altro dei suoi sorrisi a denti gialli, pensò che era meglio rispondergli subito.
- Mi ha costretto a tornare in questo "fottuto paese", come lo hai chiamato tu prima. -
- Per quale motivo? Per ucciderlo? -
- Esatto. -
Carson rise, e questa volta per poco non finì strozzato con la cicca. La sputò poco sopra la leva del cambio, sfiorando di poco la gamba di Joey.
- Cristo santo, sei tornato da chissà dove solo per ammazzare questo tipo! E vai in giro a farlo con un M4 super 90 carico! Ma si può sapere chi cazzo sei? - chiese divertito.
Joey scrollò le spalle. - Chi sono io non ha importanza, una volta che quell'uomo sarà morto sparirò nuovamente, e tanti saluti a questo bel paese. -
Carson tornò a guardarlo togliendo nuovamente lo sguardo dalla strada.
- Cazzo! Sai cosa mi ricordi gringo? Quel film dei fratelli Coen, Non è un paese per vecchi! Sembri quasi uguale al protagonista interpretato da Javier Bardem! Solo che tu fortunatamente per te sei un po' meno brutto. -
Joey lo guardò con disgusto. Kimberlin stava per scappargli per sempre dalle mani e lui era in quella macchina a parlare con quel pazzo. Per un attimo aveva temuto di incontrare qualcuno che gli avrebbe piagnucolato a lungo di risparmiarlo, e che avrebbe avuto per questo un sacco di problemi a passare la frontiera. Ora invece con Bill Carson sembrava esserci il problema opposto: quell'uomo sembrava essere fatto della sua stessa pasta e quindi eccitato all'idea di vivere quell'avventura.
Infatti accese tranquillamente la radio mettendo su una stazione che mandasse in onda musica country e iniziò a fischiettare.
Joey spostò lo sguardo sui cartelli che indicavano le miglia che mancavano alla frontiera: ne segnalavano solo due.

***



- Qual'è il motivo che vi spinge a guidare a quest'ora della notte? - chiese il poliziotto restituendo i due passaporti.
- Abbiamo un appuntamento di lavoro domani mattina presto, se ci sbrighiamo riusciamo a dormire un numero di ore decente prima di svegliarci! - rispose Carson mostrando come al solito col suo sorriso tutti i suoi denti gialli.
Il poliziotto lo guardò per l'ultima volta, poi fece lo stesso con Joey e alla fine si convinse a farli passare.
Appena allontanati di qualche metro, Joey sospirò rumorosamente.
Carson fischiettò la canzone alla radio lisciandosi con l'indice e il pollice un baffo.
- Rilassati gringo, siamo passati! -
- Smettila di chiamarmi gringo, Bill... -
- E tu allora dimmi come ti chiami! -
- Hawk, James Hawk. -
- Piacere di conoscerti James Hawk! Ora immagino che mi dirai che devo accelerare a manetta giusto? -
Joey lo guardò. Gli era difficile capire se stesse facendo sul serio oppure era semplicemente un po' pazzo.
- Io veramente avevo detto che ti saresti dovuto fermare poco dopo aver passato il confine... -
Carson si voltò a guardarlo, lasciando correre il Nissan senza occhi sulla strada.
- Se vuoi veramente che ci fermiamo per ridarti il tuo fucile, caro Jimmy, ho paura che prima di ridarti il tuo dovrei tirare fuori io il mio. E a quel punto non so come finirebbe... -
Ecco, quella battuta chiariva ogni suo dubbio. Non era pazzo, al contrario aveva capito tutto.
- Ma tu non avresti motivo di uccidermi, giusto? -
- Neanche tu ne avresti se continuo a guidare fino a Pensacola beach, giusto? - rispose Bill di rimando.
Joey sbuffò. - Si può sapere perchè mi vuoi aiutare? -
- Ehy Jimmy, se non ci aiutiamo fra di noi, chi ci aiuta? Anche io ammazzo la gente, che credi? E non conosco nessun figlio di puttana su cui poter contare per salvarmi il culo in un eventuale momento di bisogno, e tu sembri proprio quello giusto. Insomma, io do una mano a te oggi e tu dai una mano a me domani. Che dici? -
- Dico che non ci sarà un domani Bill, comunque vada. -
- Eh ma cazzo! Come sei pessimista! Non mi dire che una volta ucciso quel bastardo vorrai tornartene dal paese da cui sei venuto! -
- Per l'esattezza. - rispose Joey freddo.
- Che coglione che sei - si lasciò sfuggire senza troppo pensarci. - E io che pensavo di aver trovato un vero duro... -
- Quando troverai anche tu una donna come è successo a me, scoprirai che essere un "vero duro" non ti importerà più così tanto.
Carson si lasciò andare un altro paio di bestemmie e insulti e in quel momento Joey capì che non c'era modo di farlo ragionare. Probabilmente se fosse diventato vecchio in quel paese, anche lui ora si starebbe comportando alla stessa maniera. Decise quindi semplicemente di lasciarlo parlare, fin tanto che guidava spedito poteva anche dire o pensare quello che voleva.
Ci volevano quasi altre due ore prima di arrivare a Pensacola beach e più passava il tempo meno Joey pensava di riuscire a prendere Kimberlin. Non c'era in strada praticamente nessuna macchina oltre la loro e le poche incontrate erano tutte utilitarie di poco valore, sicuramente non una di quelle in cui stava viaggiando Kimberlin.
- Cosa succede se una volta che siamo arrivati fino alla spiaggia non lo trovi? Ti butti in mare e inizi a nuotare? -
- Qualcosa mi verrà in mente. Tu intanto accelera e non pensare ad altro. -
E Carson accelerò, le due ore di viaggio passarono veloci e di Kimberlin non trovarono nessuna traccia.
Raggiunsero la città di Pensacola e dopo un altro quarto d'ora di strada arrivarono a Pensacola beach.
Proprio mentre Carson stava per dire "Il tuo uomo è andato, gringo"  Joey intravide nell'altra carreggiata della strada una lussuosa Crysler grigia venire verso di loro nella direzione opposta. Immediatamente si tirò bene seduto sul sedile e cercò di vederne il contenuto, ma purtroppo i vetri erano oscurati e capire chi c'era dentro era impossibile.
- Oh cazzo! E' lì dentro? - chiese Bill piantando una frenata.
- No non credo, se ne sta andando da Pensacola beach - rispose Joey ruotando la testa per continuare a seguire la Crysler finchè poteva.
- E...? - chiese Bill confuso.
- Se se ne sta andando vuol dire che hanno già fatto scendere Kimberlin! - urlò Joey. - Avanti, accelera più che puoi fino al molo, muoviti! -
Carson sfoggiò un altro dei suoi gialli sorrisi e rispose con entusiasmo - Certo, mio capitano! - schiacciando a fondo l'acceleratore. Quando finalmente arrivarono in prossimità Joey potè chiaramente vedere in mare un grosso yacht a luci spente allontanarsi silenziosamente dalla terra ferma.
- Vacca puttana! E lui! - urlò Carson ancora entusiasta.
- Sì e se ne sta anche andando! Cazzo! - urlò Joey cercando di valutare quanti metri in mare avesse già percorso quello yacht. La prima idea che gli venne in mente fu quella di proporre a Carson di fare come nel telefilm di Supercar, ovvero lanciarsi direttamente con la macchina sulla grossa barca di Kimberlin, ma loro non erano in un film e la grossa barca distanziava ormai parecchio dalla riva. La seconda idea era quella di lanciarsi in mare e nuotare, ma sicuramente lo yacht sarebbe andato più veloce e l'acqua alle cinque del mattino a Dicembre è decisamente fredda.
Bisognava pensare a qualcos'altro, non poteva lasciarlo andare proprio ora che finalmente lo aveva trovato.
- Cosa faccio Jimmy? - chiese Carson fermando la macchina il più possibile vicino al mare.
Joey sembrò pensarci un altro attimo, poi estrasse il cellulare dalla tasca e digitò velocemente un numero.
Dopo pochi secondi iniziò a parlare, simulando con tutta la maestria che possedeva la voce di un uomo spaventato. - Aiuto, aiuto! E' successo un fatto gravissimo! Dovete assolutamente venire qui dove attraccano le barche, un uomo su uno yacht ha ucciso una persona e ne sta per uccidere un'altra! -
Carson al sentire queste parole sogghignò.
- Sì, ma dovete fare presto! Si è già allontanato dalla riva, dovete fermarlo! -
Bill spense definitivamente l'auto e scese aprendo i due portelloni del baule.
- Sì, mi chiamo William Munny, vi aspetto qua sul pontile. Ma fate presto! - poi attaccò, sospirando.
Scese dalla macchina e vide Carson con il suo Benelli in mano.
- Data la tua chiamata deduco che fra poco arriveranno gli sbirri, giusto? - chiese lanciandogli il fucile.
- Esatto. -
- Bene...quindi è arrivato il momento di salutarsi, sai com'è...anche io ho qualche problema con la polizia. - disse sfoggiando per l'ennesima volta tutti i suoi denti gialli in un sorriso.
- Certamente. - Joey gli si avvicinò per porgergli la mano. - Giuro che se ne esco vivo ti offro una birra da qualche parte. -
- Solo una? E soprattutto: solo una birra? - rispose Carson scoppiando a ridere. - Vedi di sopravvivere, James Hawk! Che di gente come te non ce n'è più in giro e quei pochi che sono rimasti devono cercare di conservarsi bene! -
- Sarà fatto - disse Joey allentando la presa dalla stretta.
- Addio allora! - e rientrando in macchina eseguì una inversione a "U" in contromano e scomparve dalla strada.
Joey si voltò a guardare lo yacht di Kimberlin che si faceva sempre più piccolo. Era lui, lo sentiva, ne era certo. Chi altro viaggiava in barca a quell'ora della notte a Pensacola beach?
Ora il problema era trovare il modo di gestire la polizia, nella speranza di vederla comparire al più presto.
Non attese a lungo il loro arrivo, ma ogni minuto che passava sembrava per lui un'ora intera, considerando il fatto che ormai lo yacht di Kimberlin non si vedeva più.
Quando finalmente arrivò la volante nautica della polizia Joey iniziò ad agitare le braccia nella loro direzione. I poliziotti diressero l'imbarcazione verso di lui, accecandolo con i loro fari.
Una volta che si furono avvicinati al pontile notò che avevano preso una sorta di imbarcazione da guerra, visto che a prua montava una spaventosa mitragliatrice Browning M2.
Mentre Joey la fissava cercando di capire il motivo per il quale avessero scelto una simile imbarcazione,  uno dei due poliziotti usciti all'aperto gli rivolse la parola.
- E' lei William Munny? - urlò cercando di superare il rumore del motore dell'imbarcazione.
- Sì sono io! Quel pazzo è andato in quella direzione! - rispose indicando l'ultimo punto del mare in cui aveva visto scomparire Kimberlin.
- Ci ha parlato di un cadavere, può indicarci dove lo ha visto? -
- Certamente, fatemi salire e vi ci porto! -
Il poliziotto, al sentire quella richiesta, rimase per un attimo dubbioso. La volante galleggiava a mezzo metro dal pontile, ma niente faceva presagire che avessero in mente di fermarsi per prendere a bordo Joey.
- No signore, non credo sia il caso. Potrebbe essere pericoloso, lei ci dica dove ha visto il corpo che noi andiamo a controllare. E' più sicuro per lei che rimanga qui - aggiunse sempre ad alta voce.
Joey aveva previsto un comportamento del genere. D'altra parte, era perfettamente naturale.
Passò velocemente lo sguardo dal poliziotto con cui aveva parlato fino ad ora a quello del collega al suo fianco, e infine al pilota che si poteva vedere nella cabina di pilotaggio attraverso l'ampio parabrezza.
- Va bene, avete ragione voi...attenderò qua. -
Il poliziotto gli fece un cenno con la testa, poi si voltò per indicare al pilota di ripartire.
Quel secondo gli bastò per estrarre il fucile M4 che aveva nascosto fino a quel momento e sparargli in piena schiena. Poi, altrettanto velocemente, sparò anche al suo collega al suo fianco.
Alzò immediatamente gli occhi verso la cabina di pilotaggio e mirando all'ultimo poliziotto rimasto fece fuoco nella sua direzione. Dovette sparare ben due volte prima di riuscire a infrangere il parabrezza, ma fu abbastanza rapido da riuscirci senza farselo scappare.
Saltò sulla prua e ricaricando il fucile corse velocemente sulla scaletta per raggiungere la sala di comando. Si guardò attorno durante il tragitto per essere sicuro che a bordo non ci fosse nessun altro, poi una volta che ne ebbe l'assoluta certezza si portò davanti alla console di guida. Erano anni che non guidava più nulla del genere, ma ai suoi tempi gli era già successo di dover muovere un bestione del genere e gli bastò una rapida occhiata alla strumentazione per riuscire a ripartire. Spinse al massimo la leva del controllo motore e puntò dritto nella direzione in cui aveva visto scomparire Kimberlin qualche minuto prima. Con i fari del suo yacht spenti e il sole che ancora non  ne voleva sapere di sorgere era sicuramente dura, per questo decise di accendere le sirene e continuare a dirigersi a grande velocità nella direzione impostata. Se Kimberlin avesse sentito le sirene della polizia si sarebbe sicuramente fermato e confermato la sua posizione, d'altra parte era appena uscito di prigione e non voleva di certo tornarci per una stupidaggine come il non essersi fermato a un'ispezione della guardia costiera.
Fortunatamente, i fatti gli diedero ragione, visto che lui stesso non si accorse di essersi avvicinato allo yacht di Kimberlin fino a quando i suoi uomini non accesero le luci della loro imbarcazione. Prese immediatamente la ricetrasmittente collegata all'altoparlante esterno e ordinò - Spegnete i motori e consegnate patente nautica e documenti di bordo. -
Spense la ricetrasmittente e si lanciò giù dalle scalette raggiungendo la M2. Dovette inserire manualmente la prima cartuccia della scatola nell'arma visto che  la trovò scarica e si chiese ancora una volta perchè la polizia fosse venuta con un'arma del genere se poi non era neppure carica.
Fece però in tempo ad ultimare l'operazione che gli uomini di Kimberlin si fecero aspettare ancora qualche secondo, dopodichè ne vide un paio uscire dal secondo piano dello yacht con alcuni fogli in mano.
Joey non aspettò neanche di poterli riconoscere: sicuramente nessuno dei due era Kimberlin e questo gli bastò per iniziare a fare fuoco. Il rinculo della Browning lo sorprese: non solo ogni singolo colpo produceva un rumore assordante simile ai tuoni del cielo, ma in più vibrava fortemente e Joey dovette aggrapparsi con forza ad entrambe le maniglie per non essere sbalzato fuori dalla pedana.
In compenso, l'effetto che fecero i proiettili calibro 50 sui corpi dei due uomini gli diede una carica incredibile, tanto che smise di fare fuoco per un attimo e urlò - KIMBERLIN! - talmente forte che sicuramente lo avrebbe sentito. - NOI DUE ABBIAMO UN CONTO IN SOSPESO!!! - e si riaggrappò con forza alla M2 ricominciando a fare fuoco. Non si staccò praticamente più fino a quando l'intero fascio di munizioni non fu finito, sparando all'impazzata su qualsiasi centimetro dello yacht, scuotendolo come se fosse in balia di un mare in tempesta. Distrusse tutto: i due eleganti tavolini installati al secondo piano per bere qualcosa guardando l'oceano, la grossa bandiera americana che sventolava al primo piano, infranse tutti i vetri delle finestre e fece cadere le varie antenne installate sul tetto.
Il fragore della Browning non finì neppure quando fu sparato l'ultimo colpo, tanto che si potè sentire ancora il suo rumore qualche secondo dopo come una specie di eco nell'aria.
Quando anche l'eco finì, gli unici rumori che si sentirono furono i pezzi di vetro e legno che, non riuscendo più a rimanere attaccati dov'erano, cadevano per terra o in mare.
Joey ansimò come avesse appena finito di correre, preso da un'adrenalina che ormai non sentiva più da molti anni.
Saltò giù dalla pedana della M2 e recuperò il proprio fucile, dopodichè spostò l'imbarcazione della polizia sufficientemente vicina allo yacht di Kimberlin e ci salì sopra.
Si sentiva pieno di forze: era tornato a essere l'assassino di una volta, che sparava, uccideva e distruggeva tutto quello che si metteva in mezzo fra lui e il suo scopo. Sentiva che niente poteva fermarlo dall'uccidere Kimberlin.
Distrusse con un calcio quello che rimaneva di una porta-finestra dello yacht, dopodichè entrò e si ritrovò in una specie di ripostiglio per le provviste. Superò questa stanza ed entrò in quella che una volta era la cucina, che dopo il suo attacco con l'M2 sembrava ci fosse esplosa una mina dentro. I piatti erano rotti, il cibo rovesciato per terra e il cuoco ferito gravemente alla pancia era ancora lì sdraiato in un angolo ad aspettare di morire.
- A...iu...to... - provò a dirgli appena lo vide arrivare.
Joey gli sparò immediatamente.
Proseguì ulteriormente ed arrivò alle porte di quella che probabilmente era la stanza equivalente a un soggiorno di una casa, ma si fermò quando sentì due voci parlare. Una era chiaramente di Kimberlin, l'altra non la conosceva.
- Dobbiamo prepararci a riceverlo! - urlò Kimberlin. - Tu mettiti lì, sdraiato dietro l'angolo bar, io mi  posiziono qua dietro al divano. Appena entra gli spariamo entrambi e lo facciamo fuori! -
Joey si avvicinò lentamente e diede un calcio alla porta, dopodichè si spostò subito di lato per evitare la scarica di proiettili che arrivò un secondo dopo. Ora poteva vedere l'angolo bar di cui parlava Kimberlin, al centro della stanza sulla destra. Questo voleva dire che lui doveva essere dalla parte opposta, sul lato sinistro.
Provò a sparare una prima volta verso l'uomo di Kimberlin, per vedere come avrebbe reagito. Spaventato dal vedersi arrivare il proiettile così vicino, l'uomo arretrò di qualche passo, colpendo una bottiglia che si trovava per terra, probabilmente caduta dopo gli spari dell'M2.
Questo fu sufficiente per individuare la sua esatta posizione: Joey spostò la testa quel tanto che bastava per poterlo mirare e fece fuoco. L'uomo morì sul colpo.
- Allora Kimberlin, si direbbe che siamo rimasti solo noi due, che dici? -
- Brutto figlio di puttana! Con cosa cazzo hai sparato per ridurmi lo yacht così? -
Joey sentì dalla sua voce che era chiaramente spaventato, questo gli provocò un leggero ghigno.
- Con la Browning che c'era sull'imbarcazione della polizia, ovviamente. Ora che vuoi fare, stronzo?  Esci tu e la facciamo finita oppure vuoi continuare questa assurda rincorsa ancora a lungo? -
- Vaffanculo Dagger! Non ce la farai a farmi fuori! Ti ammazzo prima io! -
Joey sentì la sua voce spostarsi all'interno della stanza, sembrava più precisamente allontanarsi. Infatti, appena finito di pronunciare quelle parole, sentì una porta chiudersi. Provò a mettere dentro la testa per vedere la situazione, ma Kimberlin non c'era più.
Si avventurò lentamente in soggiorno per vedere se aveva lasciato qualche trappola o se qualcuno era rimasto vivo, ma non trovò nulla. C'erano solo tre cadaveri per terra, probabilmente colpiti anche loro dai proiettili dell'M2. Uno di loro lo riconobbe: era Bill Nighy, semi sepolto sotto un altro uomo che probabilmente gli era caduto addosso nel momento in cui anche lui era stato raggiunto dal proiettile.
Li lasciò stare ed aprì una delle due porte della stanza con circospezione, per vedere a cosa conduceva. Una portava a un bagno, l'altra alle scale per salire al piano superiore. Appena aprì quella e mise piede sul primo gradino, vide alla fine della scala Kimberlin che lo osservava ridendo con un lanciagranate in mano.
- Non vorrai veramente usare quel coso qui dentro, vero? - gli chiese Joey terrorizzato.
- E qual'è l'alternativa Dagger? Tu che vieni qua sopra e mi ammazzi? No, vaffanculo Hawk! Se proprio devo crepare, almeno faremo questa fine entrambi! - e schiacciò il pulsante di sparo.
Joey si lanciò di lato con quanta più velocità potè, ma fortunatamente non sentì l'esplosione che si era immaginato. L'arma di Kimberlin era stata armata con proiettili fumogeni e nel giro di pochi secondi tutta la scala venne riempita di fumo bianco.
Kimberlin scoppiò a ridere. - Credevi veramente Dagger che avrei fatto esplodere il mio yacht per uno stronzo come te? Sei folle! Tu non vali un cazzo Hawk, non vali neanche la spesa di una granata nuova! Io... - ma non riuscì a concludere la propria frase che vide Joey apparire dal fumo, sparandogli immediatamente alla spalla e facendolo cadere a terra.
- Ma cosa cazzo... - Kimberlin cercò di ignorare il dolore allungandosi per cercare di riprendere l'arma, ma Joey percorse velocemente gli ultimi gradini della scala e lo raggiunse al piano superiore dando un calcio al lanciagranate.
Poi gli puntò il fucile addosso.
- Basta con i razzetti di capodanno Kimberlin, facciamola finita una volta per tutte. -
- Ma stai zitto, stronzo! - gli urlò Kimberlin, rispondendo con uno sguardo carico d'odio.
Erano vent'anni che Joey non incrociava più quello sguardo.
- Toglimi solo una curiosità, prima che ti ammazzi. Pensavi veramente che quel coglione di tuo figlio oppure uno dei suoi uomini fosse in grado di fermarmi? O peggio ancora che io non avrei reagito alla morte di Lily? Come potevi anche solo immaginare che tutto questo non sarebbe finito esattamente come sta finendo ora? -
- Vaffanculo Dagger, io sono stato in galera ingiustamente! Non avevo organizzato io la vostra fuga, maledizione! -
Joey si concesse una breve risata. - Di crimini da espiare ne avevi tanti...sei finito in galera per quello sbagliato, è vero, ma questo non significa che non ci dovevi finire per altre cose. -
Kimberlin lo fissò con odio.
- Non me la faccio fare la predica da te, stronzo! Tu in passato hai ucciso donne e bambini, non crederti migliore di me solo perchè hai deciso di sposarti e sparire in qualche cazzo di paese europeo! -
Joey non rispose nulla.
- Hai finito? - chiese qualche secondo dopo.
- Fanculo, io non me lo merito...ho scontato in galera tutti gli anni che dovevo, non me lo merito cazzo! -
- Lo sai anche tu che non c'entrano i meriti in storie come queste... - gli rispose solennemente Joey.
E Kimberlin perse ogni voglia di continuare quella conversazione.
- Allora ci rivediamo all'inferno, James Hawk? - gli chiese con voce tremante.
Joey alzò il fucile mirandogli la testa.
- Già... -
E sparò.

Quel colpo fu come un punto alla fine di una lunga frase.
Significava una semplice cosa: era tutto finito. Kimberlin era morto, così come suo figlio e i due assassini di sua moglie.
Joey abbassò lentamente il fucile, sentendo le forze sparire velocemente. Era come se quell'ultimo sparo gli avesse sottratto di colpo una misteriosa forza che lo aveva sostenuto fino a quel momento.
Gli venne da sorridere, al pensiero che era veramente tutto finito.
BANG.
Uno sparo.
Joey sentì quasi prima il suo rumore che non la fitta al torace. Si portò una mano vicino al cuore e vide che stava sanguinando.
Si voltò lentamente per guardarsi alle spalle, cercando di capire chi gli avesse sparato.
Bill Nighy, in piedi sull'ultimo gradino della scala, lo stava guardando tremando.
Tremava talmente tanto che quando sparò il secondo colpo gli centrò la gamba, anzichè qualche punto vitale.
Joey accusò il colpo strabuzzando gli occhi.
- Ma che cazzo... -
Nighy, ancora più spaventato al vedere che Joey non cadeva a terra, sparò un terzo colpo, ma la sua mano tremava talmente tanto che il proiettile andò a conficcarsi nel muro.
- Da dove cazzo vieni fuori tu? - chiese Joey, sentendo un dolore lancinante al petto non appena aveva cercato di parlare.
Ma Nighy non rispose e Joey capì che la grossa chiazza di sangue che aveva sul petto, che era la stessa che gli aveva visto pochi minuti prima, era evidentemente dell'uomo che gli era caduto addosso. A guardarlo meglio, Nighy non aveva neanche un graffio.
Raccogliendo tutte le ultime forze che aveva, risollevò l'M4 e gli sparò, centrandolo in pieno e facendolo cadere pesantemente a terra.
Gli venne da sorridere.
- Bill Nighy...ucciso da un avvocato. - si concesse un altro sorriso amaro. - Il destino ha proprio uno strano senso dell'umorismo... - cercò anche di ridere, ma un'altra fitta lancinante lo raggiunse.
Probabilmente con il primo sparo gli doveva aver forato un polmone, vista la posizione in cui l'aveva preso.
Si appoggiò al muro delle scale e si avviò lentamente fuori dallo yacht. Ogni passo gli sembrava più pesante del precedente, tanto che riuscì a fatica a superare il soggiorno e la cucina e dopo crollò a terra.
Si portò faticosamente la mano in tasca e ne estrasse il cellulare. Lo alzò leggermente per vedere se c'era campo e si accorse che fuori, attraverso le finestre rotte, aveva iniziato a nevicare.
Gli piaceva la neve, era una delle prime piccole cose a cui aveva iniziato a fare caso da quando si era sposato con Lily.
"La neve riesce a rendere magica qualsiasi città, non credi?" gli aveva chiesto lei, in uno dei primi mesi che i due passavano assieme. Joey a quel tempo non riuscì a trattenersi da una risata, e le chiese cosa ci trovasse di "magico" all'interno di piccoli pezzi di ghiaccio che cadono dal cielo. Lily lo rimproverò di scarsa poeticità e poi gli indicò un marciapiede sopra il quale la neve aveva incominciato a depositarsi.
"Lo vedi come si presenta bello e pulito ora che la neve è caduta? Altrimenti lo vedresti così" aggiunse indicandogli un pezzo di marciapiede sporco dall'altra parte della strada, che non era diventato bianco a causa di un grosso balcone al primo piano che aveva impedito il suo depositarsi.
"La neve cade dappertutto, sui posti sporchi e brutti e su quelli già belli e li rende tutti bianchi e puliti. Ecco cosa c'è di magico nelle neve, rende bello anche ciò che di natura non lo è."
Joey si guardò e pensò che anche lui in quel momento era decisamente sporco e malmesso, così come quel marciapiede di cui gli parlava sua moglie.
Il "bip" del cellulare lo fece tornare alla realtà, ma improvvisamente il chiedere aiuto gli parve inutile. Chi avrebbe potuto chiamare? La polizia? Certo, loro sarebbero arrivati subito e magari sarebbero anche riusciti a salvarlo portandolo subito in ospedale, ma poi? Lo avrebbero riconosciuto e gli avrebbero dato l'ergastolo a vita, se non addirittura la pena di morte.
Avrebbe potuto chiamare Lucrece, che dopo averlo insultato per l'ora in cui la stava disturbando sarebbe sicuramente accorsa per salvarlo, ma ormai lui era a quasi sei ore di macchina da Birmingham e sicuramente non avrebbe resistito a lungo.
Abbassò la mano e fece cadere il cellulare.
- E' inutile. - sussurrò.
La rassegnazione lo portò a tornare col pensiero alla neve e a sua moglie. Lui Lily l'aveva sempre vista così come lei vedeva la neve, candida e in grado di migliorare le cose a cui si avvicinava.
E lui si era sforzato a lungo, per tutta la vita per cercare di diventare un po' simile a lei.
Con le ultime forze restategli si trascinò fuori all'aperto, dove la neve potesse raggiungerlo senza essere fermata da nulla.
La neve, che era in grado di migliorare le cose, sarebbe riuscita a fare lo stesso con lui?

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