Space Odyssey

di Lord Gyber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kronotas ***
Capitolo 2: *** Rayleigha ***
Capitolo 3: *** Niente che un fucile non possa risolvere ***
Capitolo 4: *** Kitlavar Ster ***
Capitolo 5: *** Il braccio destro ***
Capitolo 6: *** Uomo avvisato... ***
Capitolo 7: *** Preda e Predatore ***
Capitolo 8: *** Rosso ovunque ***
Capitolo 9: *** Metal Man ***
Capitolo 10: *** Fuga alla Terminator ***



Capitolo 1
*** Kronotas ***


Viscosa. Forse era quello l'aggettivo adatto per descrivere la sensazione che provava sotto le sue zampe. Una sensazione viscida dovuta alla carne maciullata e il sangue di quella guardia.

Quella landa desolata, prima pullulante di vita, era ricoperta dai corpi di un centinaio di guardie che macchiavano il terreno con il loro sangue.

L'artefice di quella strage se ne stava in piedi vittorioso, schiacciando con gli artigli neri del piede il torce dell'unico sopravvissuto. Il poveretto aveva perso la parte inferiore del corpo ma nonostante tutto continuava a respirare.

« Un...giorno....» con l'ultimo filo di voce si rivolse all'imponente figura del suo assassino «...tu sarai al mio posto....» sputò del sangue violentemente sporcando il terreno «..e tremerai di paura...».

La figura che lo sovrastava si abbassò, in modo di farsi capire bene dal moribondo e poter osservare i suoi occhi spaventati « Io non credo alle divinità. » Aumentò la pressione degli artigli, spezzandoli le poche ossa ancora intatte e li trapassò il petto, uccidendolo.

 

Si allontanò dal corpo e si diresse verso i suoi seguaci. Uno di questi, una sorta di cane senza peli ed occhi neri, gli si avvicinò con cautela « Ordini signore. » chiese timoroso alla figura nera. Non lo degnò neanche di uno sguardo, ma si limitò a dire « Vorrei mangiare qualcosa. » iniziando a sbattere con forza la coda scheletrica sul terreno alzando un piccola nube di polvere.

« E cosa vorrebbe di preciso, Lord Kronotas? » Fece un sorriso crudele, mostrando lunghe zanne nere sporche di bava verde, che si leccò con la lingua del medesimo colore. « Te. »

La risposta del sottoposto gli morì in bocca, quando la sua testa venne decapitata dalla lama affilata presente sulla cima della coda del suo capo.

Questa rotolò qualche secondo, mentre il corpo si accasciava a terra. Utilizzando la stessa lama, impalò la testa bucandola da parte a parte. Se la portò all'altezza delle spalle e la staccò con la mano, mentre il sangue ancora caldo continuava a colare sulla sua appendice.

Se la avvicinò alla bocca e gli diede un grande morso. La scatola cranica e una parte delle cervella furono strappate con violenza dalla dentatura di Kronotas, che se le masticava senza apparente fastidio.

Accontentatosi di quel singolo boccone, lasciò cadere ciò che rimaneva del suo ufficiale per terra, facendo in modo che il resto del cervello uscisse da cranio e fosse irradiato dalla tiepida luce.

« Tu! » si rivolse in modo stizzito ad un altro del suo gruppo, appartenente alla stessa razza di ciò che era stato il suo spuntino. Lui ebbe un brivido di paura, temendo di fare la stessa fine del suo compagno. « Di agli altri di portare qui la Kronos Mortex. Sono stanco di questa palla di polvere. » un debole Sissignore gli bastò come risposta.

 

Alzò lo sguardo al cielo osservando la debole luce proveniente dalla stella di quel pianeta. Un stella molto più piccola rispetto a quella del suo mondo, ma abbastanza forte da portare la vita.

Portò l'attenzione al bracciale sul braccio sinistro. Con il dito della mano destra toccò un piccolo pulsante azzurro. Da questo scaturì una luce del medesimo colore, che proiettò una versione olografica tridimensionale di ciò che sembrava un sistema solare.

Con la punta del dito, sfiorò leggermente l'immagine di un piccolo pianeta. A contatto con la falange nera questo cominciò a cambiare colore: da azzurro divenne blu, per poi passare al viola ed infine al nero.

Fece scorrere la mappa tridimensionale dando una rapida occhiata a tutti i pianeti che aveva già attaccati e quindi di colore scuro. Un gran bel numero pensò entusiasta.

Dopo una breve ricerca trovò il prossimo obbiettivo della sua mente deviata. Era un pianeta rosso, circa il doppio di quello su cui si trovava in quel momento, e distante da lui poco più di qualche milione di chilometri, una bazzecola per i motori della sua nave in grado di viaggiare nell'iperspazio.

In poche parole, un pianeta perfetto da depredare « Prossima tappa: Rayleigha. »

 

 

 

ANGOLO AUTORE:

 

Salve a tutti, come avrete potuto dedurre le vicende non si svolgono sulla terra e i personaggi che introdurrò non fanno parte del solito Kung fu panda (tranquilli, appariranno, ma in futuro).

Quindi spero che non me ne vogliate troppo per non aver usato i soliti personaggi.

 

Ringrazio calorosamente Tigrinnan che mi ha ispirato a scrivere questa storia.

 

Alla prossima.

 

P.S: Kronotas è ispirato agli Xenomorfi di Alien.

P.P.S: dato che a descrivere gli oggetti sono bravo si e no come uno scarabeo a parlare il tedesco, preferisco lasciarvi un'immagine della Kronos Mortex. http://img2.wikia.nocookie.net/__cb20120803031229/transformersprime/images/0/04/The_Nemesis.png

 

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Capitolo 2
*** Rayleigha ***


Rayleigha era un pianeta rosso, ovvero composto principalmente da sabbia e ruggine. Ma nonostante queste caratteristiche, non mancavano di certo delle oasi che, per la nostre percezioni, reputiamo “normali”.

Non era parecchio abitato, l'unico motivo per cui la gente potesse essere interessata a vivere su quel deserto gigante era dovuto al fatto che fosse uno scalo commerciale. Migliaia di commercianti arrivavano con le loro navi ogni giorno, per riposarsi o per degli incontri d'affari.

Per quel pianeta passavano più merci e denaro di qualsiasi altro, presente in quel sistema solare.

Ed è proprio qui che incontriamo i nostri protagonisti.

O per essere più precisi da un alberello vicino ad uno dei rari laghi presenti. Nascosto dall'ombra che l'albero proiettava stava comodamente seduto una pantera, che appoggiava la sua schiena contro il tronco per stare più comodo.

Era un giovane esemplare maschio, dagli occhi color ambra vestito semplicemente con una camicia marrone senza maniche e dei pantaloni dello stesso colore, necessari per sopportare il terribile caldo del suo pianeta.

I suoi occhi gemmei prestavano tutta la loro attenzione sul vecchio manoscritto che teneva saldo fra le zampe. Un libro che aveva riletto minimo cento volte ma che ogni volta lo ammaliava con le sue trame.

Parlava di un eroe partito dalla sua patria per una guerra che lo tenne impegnato per una decade. Quando fu sul punto di partire fece lo stupido errore di offendere un Dio, attirandosi così la sua furia.

L'eroe dovette affrontare terribili creature e superare sfide difficilissime, che lasciarono solo lui superstite, uccidendo tutti i suoi compagni ed i suoi amici. Solo dopo altri dieci anni riuscì finalmente a riabbracciare sua moglie e suo figlio(¹).

Fin da piccolo Rekai aveva amato la leggenda di quel condottiero forse perché, in una parte anche se minima, assomigliava alla storia della sua famiglia.

Sua madre, una pantera di nome Xue Lang, si era innamorata di un avvenente straniero arrivato al suo villaggio, dal quale veniva ricambiata. Durante tutta la permanenza dello sconosciuto, i due non si erano mai separati.

Vi lascio immaginare la sorpresa di sua madre, quando scoprì che il suo amato era una creatura proveniente dalle stelle. Nonostante tutto i due non si separarono, e suo padre decise di portarla sul suo pianeta, facendola entrare in contatto con un universo che lei non si era mai neanche immaginata.

« Ehi Rekai! » il ragazzo fu distratto dai suoi pensieri quando sentì una voce femminile.

Nel suo campo visivo fece apparizione un boa dalle scaglie rossastre con alcune striature bianche, inoltre sulla base del collo indossava una bandana di colore rosso fuoco.

Una femmina parecchio graziosa che si muoveva elegantemente sulla sabbia.

« Cosa vuoi Nova? » chiese il maschio, chiudendo il libro ed appoggiandoselo al fianco ed portandosi le braccia dietro la testa ed usandole come cuscino. Lei lo guardò con i suoi occhi gialli « Sono arrivate le nuove navi cargo in città. Magari c'è qualcosa che ti può interessare. »

Emise un sbuffo stizzito e rispose « Nova, lo sai che non voglio essere disturbato quando leggo. Quindi, ora, sei pregata di andartene. » Lei non parve accettare quell'atteggiamento perché gli rispose di tono « Sai, a volte sei solo un villano ed un ingrato. »

Lui fece un piccolo sorriso « Ah si? Allora come mai sono il tuo ragazzo? »

Nova e Rekai erano cresciuti insieme ed andavano molto d'accordo, poiché anche il padre della ragazza si era innamorato di una aliena ed era andato a vivere con lei.

I due erano sempre stati inseparabili, ed ogni cosa che facevano, la facevano insieme. Raggiunta l'età adulta pensarono che magari sarebbero potuti diventare qualcosa di più che semplici amici. Risultato: i due si erano messi insieme. Niente di troppo serio, la solita relazione del “Vediamo se può funzionare”.

« Per due ragioni... » cominciò a strisciare e gli salì sul petto « La prima è perché hai un bel musetto... » si porse in avanti e gli diede un bacio sulla punta del suo naso « La seconda è che sei uno dei pochi ragazzi appetibili da queste parti. » « Vuoi dire che ti sei accontentata? » domandò, fra il divertito e l'offeso « Già. » rispose senza alcun pelo sulla lingua.

« D'accordo, andiamo pure in città. » lui si mise in piedi, scrollandosi di dosso la polvere che gli era rimasta attaccata ai pantaloni. Poi raccolse il suo libro e lo infilò nella sua sacca, che si mise sulle spalle.

 

I due si incamminarono, restando l'uno affianco all'altra, percorrendo quella breve distanza che li separava dalle nuove merci che erano arrivate.

Non ci volle molto perché comparisse all'orizzonte la città commerciale di Relaim, con le sue piccole costruzioni di metallo.

Però vi era qualcosa di strano.

« E quella nave? » chiese perplessa la ragazza. Rekai alzò lo sguardo e vide che sopra la cittadina rimaneva sospesa a mezz'aria una gigantesca nave color nero notte, dalle inquietanti luci rossastre e che presentava un scritta in bianco sulla fiancata sinistra.

Ovviamente, i nostri due protagonisti erano troppo lontani per vedere che quella scritta recitava il nome: Kronos Mortex.

 

Sul ponte di comando della nave da guerra, Kronotas si avvicinò all'enorme vetrata che dava verso l'esterno, per dare un'occhiata alla marea di gente che era accorsa per osservare meglio la Mortex.

La luce che filtrava la finestra metteva ancora di più in risalto il suo cranio oblungo, che presentava varie scanalature e qualche piccola cresta, sfigurate da qualche cicatrice procuratosi in battaglia.

Senti crescere la tensione di tutta quella situazione, e si saziò con il suo dolce odore.

Alzò il braccio destro, pronto a dare il segnale a tutti i soldati armati che si trovava alle spalle « E Kronotas disse “Sia fatta la distruzione”... » si leccò le lunghe zanne cineree, ricoprendole di bava verde « E distruzione fu. » Abbassò il braccio.

Bastò un secondo, poi, fu il caos.

 

 

 

Note:

(¹): il libro che legge Rekai è l'Odissea.

 

 

ANGOLO AUTORE:

 

Ecco a voi i protagonisti della mia storia, e se ve lo state chiedendo:

- lo so, un boa ed una pantera come coppia suona un molto strano, ma io ce li vedevo bene;

- so anche che la loro storia assomiglia molto ad alcuni personaggi mezzi alieni presenti in “Ben 10”, ma questo era l'unico modo che mi è venuto in mente per fare stare in piedi il fatto che si trovino su un altro pianeta, mi scuso se per alcuni di voi sia stata troppo semplicistica come spiegazione.

 

Spero che Kronotas che recitava a suo modo la Bibbia vi sia piaciuto.

 

Alla prossima, Lord Gyber.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Niente che un fucile non possa risolvere ***


L'unica cosa che si poteva udire in quel momento era il rumore degli spari, generati dai fucili dei pirati di Kronotas. Questi erano scesi giù dalla nave con degli speciali zaini ed avevano cominciato a sparare e a saccheggiare.

Kronotas si ergeva maestoso fra tutta quella calca, poiché risultava d'essere il più fra tutti gli essere presenti in quella zona.

Stanco di starsene fermo ad assistere decise di darsi all'attività dei suoi subordinati. Si mosse lentamente tra il putiferio spintonando prepotentemente chiunque li sbarrasse la strada, che si trattasse di una vittima oppure di un suo uomo.

Una figura gli si parò davanti. Una sorta di soldato, data l'armatura che indossava. Questo gli puntò addosso il fucile mirando al petto. Ma fu troppo lento, perché consentì al pirata di attaccare per primo ed afferrarlo per la testa.

La figura nera strinse ancora di più la presa sul soldato, che cercò di liberarsi sparando qualche colpo alla cieca, non riuscendo, però, a colpire qualcosa.

Kronotas strinse ancora di più la sua morsa e, letteralmente, spremette la testa del suo nemico, facendo schizzare sangue ovunque.

Il resto del corpo cadde a terra rovinosamente, mentre lui si toglieva con un gesto secco della mano il sangue e qualsiasi cosa prima formasse il cranio.

Poi la sua attenzione fu attirata verso qualcosa in cielo.

Una nave argentea con dipinto sul fianco una stella blu se ne stava sospesa in aria, e da quest'ultima fuoriuscivano un gran numero di guerrieri indossanti la stessa armatura di quello che aveva ucciso prima.

« Guardia Galattica eh... » portò le mani alla fondina sulla schiena, attaccata alla sua armatura, e ne estrasse un grosso fucile di colore nero dalla canna molto larga e di colore blu elettrico che si illuminava ad intermittenza.

Puntò l'arma verso il cielo. Prese la mira. Sparò.

Un dardo di energia dello stesso colore della canna illuminò il cielo per qualche secondo, un periodo troppo breve per essere notato, dato che si andò a scontrare con lo scavo della nave, bucandolo come se fosse fatto di burro.

L'esplosione che ne conseguì invece fu viste e soprattutto sentita da tutti. La prua della nave si disintegrò in un istante, lanciando in qualunque direzione frammenti incendiati di metallo, che lasciavano una scia di fumo ovunque volassero.

La poppa cominciò a perdere quota schiantandosi con un grosso tonfo sul terreno, a non troppo distanza dall'alieno. Ci volle un secondo ed anche questa esplose. I più vicino all'epicentro morirono, mentre chi, fortunatamente, si trovava più lontano fu solamente buttato a terra dall'onda d'urto.

 

Ma vediamo ora come stanno i nostri protagonisti.

 

L'assedio era iniziato così in fretta che non ci fu neanche il tempo per capire cosa stesse succedendo che un'orda di vari alieni aveva cominciato a sparare all'impazzata.

Rekai e Nova furono spinti anche loro in quella calca, finendo che anche loro furono costretti a passare all'offensiva.

Un pirata caricò la pantera cercando di colpirlo con il calcio del suo fucile, ma il felino fu più veloce. Si scansò a sinistra evitando il colpo, poi, con un rapido movimento, portò la zampa alla fondina che aveva sul fianco, estrasse la pistola e centrò in pieno la testa dell'aggressore, che cadde a terra.

Neanche il tempo di esultare che un altro pirata, ben più massiccio del suo predecessore, bloccò a terra Rekai schiacciandolo con la sua mole. Alzò il braccio, pronto a sfondare la faccia della pantera con un pugno.

Rekai chiuse gli occhi in attesa del colpo di grazia. Aspettò qualche secondo, ma ancora niente. Il nemico non si decideva a colpirlo.

Fu destato da un liquido caldo che cominciò a colarli sul muso. Quando riaprì gli occhi vide che il suo nemico ora aveva un buco in testa, dal quale usciva il sangue che gli stava sporcando la faccia.

Si accasciò su di lui facendogli mancare il fiato per qualche secondo, poi, utilizzando le zampe se lo levò di dosso facendolo accasciare al suo fianco.

Quando ebbe la forza di alzarsi, vide dietro di lui Nova che imbracciava un fucile ancora fumante fra le sue spire. Mi piace quando fa la pericolosa pensò la pantera con un sorriso sulle labbra. « Possibile che ti debba sempre salvare? » gli disse il boa rimettendosi il fucile nella pettorina sulla schiena.

Lui rise. Ma solo per un secondo, poiché fu costretto a prendere la mira e sparare ad altri due nemici che cercavano di attaccare la sua ragazza alle spalle.

« Ehi Nova » disse facendo roteare la pistola sul dito che era appoggiato sul grilletto « Ti ricordi quando da ragazzi facevamo a gara a chi riusciva a colpire più bersagli? » « Certo, ti battevo sempre. » « Beh, è giunto il tempo della rivincita. » alzò il braccio e sparò una sequenza di colpi abbattendo altri tre pirati con estrema facilità « Meglio che ti sbrighi perché io sono già a 5......Nova? » quando si voltò vide il serpente alle prese con alieno alto almeno tre metri e pesante non meno di una tonnellata.

Il colosso cercava di colpirla sbattendo le grosse mani sul terreno, ma lei era troppo veloce per la sua mole. Estrasse il suo fucile e sparò tre colpi nel petto del gigante. Quest'ultimo si portò le mani alla ferita ed indietreggiò piano. Dopo solo qualche passo cadde a terra di schiena con un grosso tonfo alzando un polverone.

Ciò di cui non si era accorto era che con la sua stazza aveva schiacciato altri cinque suoi compagni, che si trovavano dietro di lui, probabilmente uccidendoli sul colpo.

Nova si voltò verso il compagno, con un sorriso di vittoria di vittoria, con il quale lui rispose mettendo il muso « Comunque conta come uno! (¹) »

 

Kronotas, noncurante che qualcuno stesse trucidando i suoi uomini, si divertiva ad uccidere chiunque li si trovasse di fronte con i modi più vari: tagliando a metà con la coda, infilzandolo con i suoi artigli, sciogliendolo con la sua saliva (altamente corrosiva) oppure facendolo saltare in aria con la sua arma.

Mentre era sul punto di uccidere un altro innocente, sentì qualcosa alle sue spalle e si voltò tenendo sollevata la sua arma. L'essere che gli si parò davanti era una specie di alieno umanoide alto poco meno di lui che indossava una sottile armatura grigia che li copriva tutto il corpo. L'unica cosa visibile era la faccia di colore grigio cadaverico. Era molto grinzosa e non possedeva ne occhi o naso ma solo una bocca.

« Che cosa c'è Kamus? » Kamus, questo era il nome del braccio destro del grande Kronotas. « Signore, i nostri uomini sono riusciti a prendere possesso di tutto ciò che vi era di valore in questa città. Consiglio di andarcene. » l'alieno nero lo guardò con ferocia, dato che non amava ricevere consigli. Lui li considerava solo degli ordini espressi in modo gentile.

Kamus deglutì dalla paura, essere il vice di uno come lui non significava certo essere nelle sue grazie e quindi al sicuro, anzi, risultava ancora più violento, dato che da lui si aspettava di più ed una sua delusione comportava gravi danni alla sua salute.

Ma, a differenza di quanto si aspettasse, il suo capo rispose « Anch'io mi sono stancato, andiamocene pure. » Diede una botta sulla parte anteriore della sua armatura e dalle spalliere uscirono due piccoli razzi, che attivandosi, cominciarono a farlo volare. « UOMINI, POSSIAMO ANDARE!!! »

A sentire quelle parole, i suoi subordinati abbandonarono le loro attività e fecero la stessa operazione del loro capo, dirigendosi verso la Kronos Mortex.

 

Sia la pantera che il boa misero a posto le loro armi, quando videro i nemici andarsene via.

Ora che la visuale era molto più libera si potevano notare per terra un sacco di cadaveri, di pirati e non.

« Allora Rekai, quanti ne hai uccisi? » Lui si portò le mani sui fianchi e sorrise « 48. » fu la sua risposta. Lei fece un sorriso per ripicca « 57. » « Maledizione! » urlò il maschio dopo l'ennesima batosta da parte della sua ragazza.

Ma a parte questa la sconfitta che bruciava, sembrava essere ritornata la calma. O almeno così si poteva pensare.

Non ci volle molto che un grosso grillo alieno fece la sua comparsa andando incontro ai ragazzi. « Rekai, finalmente ti ho trovato! » sembrava parecchio agitato, e questo mise in allarme anche la pantera « Jiminy(²), cosa succede? » riprese fiato per qualche secondo per poi guardare il maschio negli occhi « Tua madre...» le orecchie di Rekai scattarono sull'attenti a sentirla nominare « Cosa è successo a mia madre!?! » lui abbassò lo sguardo per paura di parlare, ma infine la sua risposta fu « Tua madre è stata ferita. »

 

 

 

(¹): battuta tratta dal Signore degli Anelli.

(²): Jiminy è il nome del Grillo Parlante di Pinocchio.

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Capitolo 4
*** Kitlavar Ster ***


La madre di Rekai era stata portata con urgenza in un ospedale della periferia di Colbera.

Aveva ricevuto un colpo di fucile nel mezzo del petto, ma miracolosamente era riuscita a sopravvivere fino all'arrivo dei soccorsi.

La giovane pantera si era subito precipitata a controllare. Una volta arrivato quasi sfondò la porta della stanza in cui era ricoverata, dato lo stress accumulato.

La trovò sdraiata nel suo letto con le coperte che la coprivano fino alla pancia e con un grosso macchinario che era collegato al buco che aveva nel corpo tramite alcuni fili. Lo scopo che quella cosa avesse ora però non importava.

« Rekai...» disse lei con un filo di voce porgendogli la zampa. Il figlio li si avvicinò ed afferrò la sua zampa con le sue, stringendogliela molto forte, quasi non volesse che scappasse via o peggio che gli fosse portata via.

« Mamma, va tutto bene? » fece un piccolo sorriso « A parte un buco di cinque centimetri nella cassa toracica direi che va tutto bene. » Lei era così, cercava di mascherare la preoccupazione con il sarcasmo.

« Cosa hanno detto i medici? » « Che mi ci vorrà un po' per riprendermi. Per fortuna sono intervenuti in tempo. » poi vide qualcosa in lui « Perché piangi? » liberò la sua mano da quelle del figlio e gli asciugò un rigo di lacrime che gli era sceso sulla guancia.

« Avevo paura di perderti...» « Non ti libererai di me così facilmente. » la risposta risollevò il morale della pantera.

« Però ora ti voglio parlare seriamente. » alzò di poco la testa, giusto quanto bastasse a far incrociare i suoi occhi verdi con quelli ambra della sua progenie.

« Vedi, per anni il mio più grande desiderio è stato quello di poterti portare sul mio pianeta natale..» « Vuoi dire la Terra? » lei annuì « Ti ho sempre parlato delle specie che l'abitavano, della sua cultura e quel poco di storia che mi ricordavo, ma sapevo che questo non sarebbe mai bastato. »

Cercò di sollevarsi facendo leva sulle braccia, ed una volta riuscitaci si mise a guardare fuori dalla finestra della sua stanza il deserto rosso che circondava l'ospedale.

« Nelle condizioni in cui mi ritrovo adesso mi sarebbe impossibile fare un viaggio così lungo, quindi volevo chiederti...» si voltò nuovamente verso Rekai « Ti andrebbe di andare sulla Terra? »

Quella proposta lasciò un poco basito il giovane, non che quello che chiedeva sua madre fosse proibitivo, più che altro è che non aveva ne i mezzi ne i soldi per una simile impresa.

E come cazzo dovrei fare? Fu la risposta con cui avrebbe dovuto ribattere, trattenendola per non dispiacerla.

« Forse ti sembrerà una richiesta egoistica...» emise un sospiro di rassegnazione « Ma ormai comincio ad avere una certa età e di certo non potrò mai più fare una cosa simile, quindi ti chiedo di andarci, anche solo per un giorno, e di raccontarmi quante cose sono cambiate dalla mia partenza. »

« Ma io non ne una nave ne i soldi per poter pagare qualcuno che ci porti. Quindi non posso neanche volendolo. » disse con una punta di rammarico.

All'improvviso Xue Lang spalancò gli occhi ricordandosi di una cosa. Si mise a cercare furiosamente nel suo vestito, cercando disperatamente qualcosa.

Dopo qualche secondo di ricerca estrasse una piastrina di metallo con sopra una frase in una scrittura irriconoscibile, per poi porgerla al figlio.

« Nel Deserto del Sangue, abita una amico mio e di tuo padre, si chiama Kitlavar Ster, lui ha disposizione una nave e in più di doveva un favore, lui ti potrà accompagnare. »

Anche se un po' titubante, Rekai prese il piccolo pezzo di metallo e se lo infilò nella tasca dei pantaloni.

« Cosa c'è Rekai? » gli chiese vedendo il suo sguardo turbato « Ecco, vedi...sarà un viaggio molto difficile e non....» fu bloccato dal palmo della mano di sua madre premuto sulle sue labbra.

« So che ti sto chiedendo molto, e credimi capirò il tuo rifiuto, ma ti prego...» lo fissò dritto negli occhi, con i suoi già lucidi «...fallo per me. »

 

Nova intanto era rimasta ad aspettare fuori dalla camera. Aveva sentito i due confabulare su qualcosa ma non ci aveva dato troppa importanza ne era entrata per controllare.

Forse per il fatto che fra lei e Xue Lang non scorresse proprio buon sangue. Fin da quando era piccola la femmina di pantera era sempre stata buona con lei, trattandola come una seconda figlia, ma da quando aveva iniziato la sua relazione con Rekai cominciarono a sorgere i primi dissapori.

Che fosse iperprotettiva o semplicemente egoistica nei confronti del figlio a lei non interessava, sarebbe rimasta con lui, o almeno lo sperava.

Ma c'era anche un'altra causa che la spingeva sempre nel su rapporto, anche se non l'avrebbe mai ammesso: essere la ragazza cattiva le piaceva da morire!

Rekai uscì fuori dalla stanza sbattendo la porta e cominciando ad avviarsi fuori senza degnare Nova di uno sguardo « Ehi tu, dove staresti andando? » « Nel Deserto del Sangue. »

 

 

Il Deserto del Sangue. Se aveva questo nome di certo vi era un motivo. E non perché la sabbia era rossa.

Questo nome gli è stato dato perché i primi che provarono ad esplorarlo non tornarono in un bello stato.....anzi, non tornarono affatto.

Erano partiti in 12 ma solo uno era rientrato. La lunga permanenza in quel luogo isolato lo aveva fatto impazzire e per non morire di disidratazione si era bevuto il sangue nei suoi compagni.

Di cosa poi ne avesse fatto delle carcasse nessuno volle mai saperlo.

Da più di 3 ore Rekai e Nova erano in viaggio alla ricerca del fantomatico Kitlavar. Per fortuna il tempo era buono e non erano previste tempeste di sabbia.

Ciononostante qualcuno continuava a lamentarsi « Rekai per quanto tempo ancora dobbiamo camminare? » fece un sospiro di stanchezza « Prima cosa: tu strisci non cammini, seconda: me lo hai già chiesto tre volte, e non eri neanche obbligata a venire. »

« Pensavi che mi sarei persa un'occasione del genere? Anche mio padre viene dalla Terra, e anch'io voglio vederla. Senza contare che devo tenerti d'occhio, non sia mai che ti venga qualche pensiero libidinoso con qualche altra ragazza. »

Lui alzò gli occhi al cielo Che testarda!, ma infondo quella era una caratteristica che gli piaceva. Lui si voltò per guardarla « Vedrai che non mancherà molto. »

Neanche a farlo apposta il ragazzo, rivoltandosi, andò a sbattere il muso contro qualcosa di incredibilmente duro. « Guarda un po', avevi ragione! » « Spiritosa. » fu la sua risposta secca.

Rimessosi in piedi vide contro cosa era andato a sbattere: si trattava di una casa rotonda a forma di mezza sfera. Non vi era alcuna finestra ma solo un grande portone con uno spioncino.

La pantera li si avvicinò, e anche se un po' timoroso, cominciò a bussare.

« Non c'è nessuno! » fu la risposta secca di una voce profonda proveniente dall'abitazione.

« Cosa? » non si sa se fu per quella maleducazione o per la sua irritazione, ma Rekai cominciò a bussare con ancora più insistenza « Guarda che ti dobbiamo parlare! »

Sentì dei rumori di passa all'interno della casa. Colui che l'abitava si era avvicinato alla porta e probabilmente stava guardando dallo spioncino « HO DETTO....» non riuscì più a dire niente quando vide la figura del ragazzo « Ma tu sei......aspettami lì. »

Lui si staccò dal portone e si sentirono rumori di catenacci che venivano tolti. Quando anche l'ultimo fu tolto, la porta cominciò a scorrere verso sinistra, mettendo in luce il misterioso abitante.

Era un essere bipede, alto sui due metri e cinquanta, dalla pelle rosa-grigiognola . Attorno agli avambracci ed ai polpacci vi era una armatura ottile grigia dalle venature azzurre, con un elmo che gli copriva il volto ma che metteva in risalto i suoi occhi grigi. E infine aveva un gonnellino di cuoio e ferro che gli copriva il bacino(¹). Vista d'impatto era una figura paurosa.

Lui si spostò dall'entrata ed allungò il braccio verso all'interno « Entrate. »

 

L'interno era davvero buio e per terra vi erano alcune cose di metallo su cui era molto semplice inciampare. Una volta chiusa la porta Kitlavar accese le luci, rivelando quanto fosse povero l'arredamento.

Vi era solo una poltrona di pelle sgualcita, un frigo e qualche mobile di fortuna. Il pavimento era pieno di spazzatura: lattine, mozziconi e quant'altro. Di certo non la miglior casa dell'universo.

« Volete qualcosa da bere? Una birra? Del caffè? » disse mentre si buttava sulla poltrona, raccoglieva un mozzicone di sigaro bello grosso e se lo accendeva. La maschera che gli copriva il viso scorse rivelando un volto quasi scheletrico.

Dopo qualche secondo di silenzio Rekai ebbe il coraggio di parlare « Tu sei Kitlavar Ster? » « Puoi chiamarmi Kit se vuoi. » « Ehm, bene, io sono...» « Tu sei Rekai, figlio di Xue Lang e di Semiov. Mentre lei è Nova, la figlia di Bao Shin e di Remias. » disse buttando un po' di cenere sul pavimento, noncurante di ciò che stava facendo.

« Sai chi siamo? » disse la ragazza, parecchio sorpresa « Certo, conoscevo i vostri genitori, Ho assistito alla vostre nascite. » tirò un'altra boccata di fumo, che poi liberò nell'aria. Ai presenti non mancò di notare che il puzzo che emanava qual coso era terribile.

« Cosa posso fare per voi due? » il ragazzo si fece avanti « Mia madre ha detto che tu disponi di una nave e che potresti accompagnarci in un viaggio fino alla Terra. »

« E perché mai dovrei farlo? » rispose spegnendo il sigaro sul bracciolo della poltrona, rovinandolo. « Mi ha detto che le dovevi un favore. E in più era il suo desiderio, o almeno così mi ha detto in ospedale. »

« Cosa gli è successo? » disse l'alieno con un tono assai preoccupato « E' stata ferita da uno dei pirati di Kronotas. » a sentire quel nome Kit strinse la presa sul mozzicone sbriciolandolo.

Quando sembrò calmarsi disse « Mi dispiace ragazzi, io non piloto più da anni ed ormai Kronotas scorrazza sempre di più in queste parti. Non posso rischiare. » Si alzò dalla poltrona dirigendosi alla porta. « Scusatemi ma vi prego di andarvene. » nella sua voce c'era un pizzico di dispiacere.

I due non ribatterono e fecero per andarsene « Un'ultima cosa Kit...» Rekai cercò nei suoi pantaloni ed estrasse la piastrina « Mia madre ha detto di darti questo. » glielo posò sulla mano e si avviò fuori.

Kit sgranò gli occhi ricordandosi di come lo avesse regalato

 

 

Relaim, molti anni fa

Kit e Xue Lang erano seduti comodamente su una panchina ad ammirare le stelle. Anche se quest'ultima era più impegnata a accarezzarsi il pancione con la zampa. Ormai mancava poco alla nascita del suo cucciolo.

« Sai Kit, Semiov mi ha promesso che quando sarà abbastanza grande, lui ci porterà a fare una gita sulla Terra, per fargliela conoscere. » Lui rise « Semiov? Semiov non sa guidare un passeggino, figuriamoci una nave. » « Si, hai ragione. » fu la risposta alla quale i due si misero a ridere.

« Magari potrei portarvi io? » « Sul serio? » disse speranzosa « Certo. Anzi, sai cosa? » si frugò nelle tasche del suo gonnellino finché non trovò ciò che cercava. « Cos'è? » « Una piastrina .» rispose porgendogliela «Con su scritto Promessa nella mia lingua madre, la tenevo per particolari occasioni. Un giorno la potrai usare per rinfacciarmi la mia proposta. » lei sorrise « Grazie Kit, la terrò sempre con me. »

« Bene, ora dimmi: come vuoi chiamare tuo figlio? » « Stavo pensando a Rekai. » « Cosa? A me sembra un nome stupido. »

 

 

Kit strinse la presa sull'oggetto e chiuse gli occhi per ricordarsi quei bei momenti. « Aspettate voi due! » urlò ai ragazzi non troppo distanti, che si voltarono al suo richiamo. « Venite con me. »

 

I due ragazzi mai si sarebbero aspettati che sotto quella piccola casa, ci fosse un hangar sotterraneo. « Perché ci hai portato qui? » fu la domanda del boa « Non vorrete andare sulla Terra a piedi? » « Vuoi dire che ci porterai? » chiese serafico il ragazzo « Certo! E con la mia punta di diamante, ecco a voi....» premette un tasto sul bracciale destro illuminando un'astronave di colore nero « La Black Manta! »

Quel nome era più che meritato dato che oltre il colore possedeva anche la forma del suddetto animale, a parte i due propulsori sotto le ali. Inoltre era abbastanza grande per portare almeno dieci persone. « Domani si parte, quindi tornate a casa e preparatevi. »

 

 

L'indomani

Rekai era molto ansioso per il viaggio che stava per compiere, tanto che non era riuscito a dormire quella notte, troppo impegnato a fare la sua valigia. Anche se poi aveva deciso di portare con sé solo qualche abito, le sue armi ed infine il suo libro.

Uscito di casa si trovò davanti la sua ragazza anche lei più che pronta e con la sacca sulla schiena.

Ripercorsero la strada dell'altro giorno e ritornarono da Kit che nel frattempo aveva portato fuori la Manta.

Una volta all'interno videro che era anche più bella di quanto non fosse fuori: le pareti erano tutte azzurre, vi erano un bagno, una cucina ed alcune camere da letto. In più dalla sala di comando si poteva vi era un'ottima visuale.

Kit si sedette sulla poltrona de pilota afferrando i comandi, mentre i due ragazzi presero altri due posti allacciandosi le cinture. « Prossima Tappa: Terra. »

Attivò i motori della nave che cominciarono a farla fluttuare. Una volta presa potenza si cominciò a prendere quota. Raggiunta la massima velocità la Manta riuscì a superare l'atmosfera per poi separarsi completamente dal pianeta e dando la visuale sullo spazio infinito.

« Attivazione gravità artificiale. » premette alcuni pulsanti e tutte le piccole cose che si erano messe a fluttuare ricaddero a terra.

« Una domanda Kit. » chiese Rekai « Dimmi ragazzo. » « Quanto ci vorrà ad arrivare a destinazione? » ci rifletté un attimo « Se siamo fortunati....tre mesi, più le fermate. » « Accidenti, mi sa che sarà un viaggio mooolto lungo. »

 

 

 

 

(¹): Kit è ispirato ai Chitauri del fil Avengers.

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Capitolo 5
*** Il braccio destro ***


« E' facile finire all'inferno. Scendi il primo gradino. Poi il secondo. Poi inciampi. »

Rat-man

 

 

Kamus strisciò contro la parete, nella speranza di non essere visto da nessuno. Arrivò alla fine del corridoio e sporse la testa per dare un'occhiata.

Fece in tempo a ritrarla per non essere da due guardie di passaggio. Non che avrebbe avuto difficoltà ad inventarsi una scusa per trovarsi lì. Era pur sempre il secondo in comando sulla Mortex.

Ma in quella situazione non voleva essere visto da nessuno.

Percorse un altro corridoio, questa volta più in fretta. Forse anche troppo, perché inciampò facendogli sbattere la faccia.

Ma la sua attenzione, invece che sul livido, ricadde sul cofanetto che teneva in mano.

Lo revisionò un secondo sperando che non si fosse danneggiato. Scampato il pericolo, si rimise a camminare a velocità sostenuta.

Percorso un buon tratto di strada si ritrovò davanti ad una porta. Guardò a destra ed a sinistra per verificare che non ci fosse nessuno. Dopo quest'ultimo dubbio dissipato, riuscì ad entrare.

Allora il suo cuore si riempì di gioia quando vide davanti a se la creatura più bella della sua vita.

Diane era una Alariana, cioè per metà drago e per metà umanoide. La più bella femmina della sua razza, a detta del secondo in comando, dalle fantastiche scaglie bianche e violette, risaltate ancora di più da un succinto abito dello stesso colore.

« Kamus! » gridò entusiasta per poi gettarsi fra le braccia del suo amante, che rispose serrando il suo fianco con un tenero abbraccio. « Avevo paura che fossi un altro di quei porci. »

 

 

Diane faceva parte dell'Harem di cui disponeva Kronotas. Si divertiva a rapire le più belle femmine di un pianeta ed a trasformarle nelle sue schiave sessuali.

Sulla nave ve ne erano 36 ed ognuna aveva la sua stanza privata.

Anche se Kronotas era geloso delle sue cose, permetteva volentieri ai membri del suo equipaggio di abusarne quanto lo volevano.

E quei luridi di certo non se lo facevano ripetere due volte, avevano pur sempre bisogno di un po' di “movimento”.

Vi erano anche delle donne fra i pirati, ma queste risultavano o troppo mascoline o troppo poco accondiscendenti.

Kamus ridacchiò quando gli venne in mente ciò che era successo quando uno dell'equipaggio aveva cercato di avere a che fare con una donna della sua squadra.

Circa tre mesi di infermeria per rimetterlo in piedi. Altri due per renderlo in grado di nuovo ad avere figli.

A lui non erano mai interessate queste cose. Kamus si considerava un uomo d'onore e disprezzava cose del genere.

Poi arrivò Diane, così sola e così spaventata, denutrita e maltrattata. Fu subito ammagliato dalla sua bellezza, nonostante fosse molto più giovane di lui, forse una ventina d'anni.

Quando andò per la prima volta nella sua stanza lei si rannicchiò sul pavimento e si mise a piangere. Ma a differenza di quanto lei credeva, lui si limitò a porgergli la mano, invitandola a sedere sul letto, dandogli qualcosa da mangiare e chiedendogli di parlare.

Gli raccontò della sua vita e di come fu strappata dalla sua famiglia con la forza. Quando fu di nuovo sul punto di piangere l'abbracciò per rassicurarla e la baciò, promettendogli che nessuno l'avrebbe toccata o che avrebbe subito qualche genere di ingiustizia.

Ma si sa: quando il gatto non c'è, i topi ballano.

 

 

« Ti ho portato una cosa. » gli porse il cofanetto di cui aveva avuto molta cura, posandoglielo nelle sue piccole mani.

Lei lo aprì e fu ammaliata da ciò che vi era dentro « Ma questo...»

Dentro a quella scatoletta vi era il bocciolo di un fiore azzurro dalle sfumature rosse, poco più piccolo del palmo della ragazza. « E' un fiore degli elementi. » esclamò sorpresa « Lo trovato da un mercante » disse sapendo che con “trovato” intendesse “rubato” durante la loro ultima incursione « So che è del tuo pianeta natale, ti piace? »

la risposta, fortunatamente per lui, non si fece attendere.

Fu scaraventato con forza sul letto della sua amata, iniziando a vicenda a levarsi di furia i vestiti.

 

 

Kamus amava Diane non solo per la sua dolcezza, ma anche per il fato in cui entrambi erano incappati. Sempre con la forza.

Sin da bambino veniva maltrattato dal padre ed ignorato dalla madre, che lo vedevano come un peso futile.

Quindi quale gioia più bella fu per loro quando ebbero la possibilità di liberarsene, barattandolo con la loro vita quando furono messi all'angolo da Kronotas in persona.

Lui però si arrabbiò parecchio a quelle offerta e gli uccise entrambi senza scrupoli. A Kamus però non importava, Occhio per occhio, Dente per dente si era detto.

Quando l'assassino gli si parò davanti gli chiese gentilmente di venire con lui, promettendogli un esistenza migliore.

Ed una promessa rimaneva una promessa. Anche se formulata dal diavolo in persona.

Passò tutta la sua vita ad essere addestrato per essere un esperto nella nobile arte della pirateria, fino a diventare il braccio destro del capitano.

Certo, a volte lo aggrediva fisicamente se falliva qualche missione, ma mai tanto quanto con gli altri membri.

Ed anche tutto l'orrore che aveva vissuto e delle brutte cose a cui ormai era stato legato, non riusciva davvero ad odiare Kronotas, si può dire che in fondo...gli volesse bene.

Ma volere bene al diavolo può solo portare rogne.

 

 

Kamus riuscì a dormire solamente un paio d'ore. Non che non volesse stare insieme alla sua amata, ma doveva presentarsi sul ponte di comando.

Quindi uscì piano dal letto e si rimise l'armatura cercando di fare meno rumore possibile. « Te ne vai di già? » la timida voce Diane lo fece imprecare mentalmente.

Rimettendo di nuovo lo sguardo sull'elegante corpo della sua amante ebbe la voglia di togliersi di nuovo i vestiti, stare insieme a lei e mandare tutti gli altri a quel paese.

Lui si inginocchiò difronte a lei per non farla alzare « Tornerò il prima possibile, te lo prometto. » e detto questo gli diede un bacio sulla fronte.

 

 

Kronotas se ne stava fermo immobile davanti alla finestra del ponte di comando ad osservare i pianeti e le stelle che piano piano superavano.

« Sei in ritardo » disse al suo vice, con un tono pacato ma che non ammetteva repliche, quando questo arrivò.

« Scusi capo » disse cercando di sembrare il più naturale possibile « Ma avevo un impegno. » « Credimi, so cosa intendi con “impegno”. » rispose con una punta di ironia.

« Sai puoi anche andare a spassartela con quella Alariana senza essere così misterioso. »

Cazzo! Urlò mentalmente mentre arrossiva vistosamente. Il comandante fece un risolino divertito « Non ti devi preoccupare per lei, so che ci tieni molto. Se vuoi posso fare in modo che solo tu posso accedere alla sua stanza. »

« Davvero? » chiese fra lo speranzoso e lo stupito. Lui si limitò ad un secondo sorriso.

Kronotas poteva anche avere un miliardo di difetti, ma quando voleva sapeva aiutare il suo equipaggio nel caso di difficoltà. Anche se non lo faceva molto spesso.

« Tornando alle cose serie. » disse ricacciando Kamus nella realtà « Abbiamo un grosso problema.» « Che genere di problema? » « Uno del genere: Piantagrane, che speravo di aver eliminato tempo fa. » ringhiò furioso.

« Credo che tu sappia che sia... » premette un tasto sul suo bracciale mostrando una proiezione di un alieno con un elmo e la pelle grigia « Kitlavar Ster. »

 

 

« Ehi ragazzi! » urlò Kit bussando con forza sulla porta della stanza dio Rekai e Nova. La porta scorse rivelando la figura mezza assonata del Boa « Cosa succede Kit? »

« E' da una settimana che poltrite nella vostra stanza, oggi si scende a fare provviste, quindi preparatevi. » disse dirigendosi verso la sala di comando « E vedi di svegliare quel lavativo del tuo fidanzato! »

Ritornato alla sua postazione da pilota, riprese i comandi disattivando il pilota automatico, e puntò verso un pianeta dall'atmosfera brunastra.

 

 

 

Angolo autore:

Ok, più che altro ho scritto questo capitolo per parlare di come si passa la vita sulla Kronos Mortex. Le avventure dei protagonisti inizieranno il prossimo capitolo.

I miei saluti, Lord Gyber.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Uomo avvisato... ***


« Non disturbare l'acqua. »

Il Signore degli Anelli.

 

 

« Che puzza terribile! » Nova mosse la sua coda davanti al naso per evitare di inalare il miasma venefico che il luogo emanava « Proprio su un pianeta palude dovevamo atterrare? »

Kit la guardò storto, anche se doveva ammettere che aveva ragione.

Erano atterrati su un piccolo isolotto fatto di alghe e rocce all'interno di una palude dall'acqua gialla putrida circondata da alberi quasi, se non del tutto marci.

« C'è un paesino dove possiamo fare rifornimento. » « Allora perché non siamo atterrati lì? » Rekai si mise un fazzoletto di stoffa sul naso per evitare di svenire a causa del tanfo.

« E' una storia alquanto lunga. » si grattò la testa con fare imbarazzato cercando di non incrociare il suo sguardo con quello degli altri « Mi occupo io di tutto, voi potete pure restare qui a fare la guardia alla nave. »

Fece per andarsene, ma all'improvviso si fermò « Un'ultima cosa » si voltò verso i ragazzi « Mai » puntò il dito verso Nova « E dico mai, entrare in acqua. »

La voce era parecchio tesa, anche se non ne capivano il motivo.

A vedere l'acquitrino non sembrava esservi niente di pericoloso, a parte la puzza.

Ma forse era ciò che non si vedeva ad essere pericoloso?

Scambiò un'occhiata di intesa e Kit ritornò sulla sua strada, per poi scomparire fra le fronde degli alberi..

Rekai fissò il punto in cui era sparito, portando poi lo sguardo all'acqua giallognola. Cosa poteva esserci di così pauroso da preoccuparlo in quel modo?

Kit non sembrava certo il tipo ad abbandonare qualcuno in una zona pericolosa, ma nel breve tempo in cui erano rimasti insieme aveva appreso che una sua caratteristica era proprio la sbadataggine.

Si limitò a fare spallucce.

« Beh, cosa facciamo adesso?.....Nova? » si girò notando che la sua compagna era sparita. Forse è già tornata a bordo pensò.

Lui di certo non era di questo pensiero, dopo tanto tempo passato all'interno di quella nave voleva godersi un po' d'aria pura, se si poteva definire così. Per fortuna si era portato dietro la sua sacca.

Girò un po' intorno all'isolotto, trovò un albero abbastanza pulito e vi si appoggiò. Rovistò nella sua sacca e tirò fuori il suo libro, aprendolo alla pagina dove si era fermato.

Veniva la sua parte preferita, l'incontro di Ulisse e Polifemo.

Proprio nel preciso istante in cui stava per fiondarsi nella lettura sentì uno strano rumore. Ma non ci badò troppo e ritornò a leggere.

Un secondo rumore. Questa volta più intenso. Sembrava il rumore dell'acqua quando bolliva.

Ma ancora una volta lo ignorò.

Ci fu allora un terzo rumore. Più prolungato e persistente degli altri.

La pantera sospirò chiudendo il libro e si alzò per andare a controllare. Il rumore non sembrava troppo distante.

Seguendo il suo udito si ritrovò a specchiarsi contro l'acqua marcia della palude. Ma non vide nient'altro all'infuori della sua immagine riflessa.

Me lo sarò immaginato si disse. Poi vide qualcosa.

La sua immagine aveva incominciato a tremolare per via di bolle di ossigeno che risalivano l'acqua.

Qualcosa stava per emergere, anche se non sapeva cos'era.

Forse per istinto di sopravvivenza lui si portò la zampa alla fondina della pistola, ricordandosi solo dopo che l'aveva lasciata a bordo della Manta.

Le bolle aumentarono così come l'agitazione di Rekai, ormai con i nervi a fior di pelle.

Bastò un attimo e spinto a terra da qualcosa fuoriuscito dalla palude.

Cominciò ad agitare le zampe con fare disperato sperando di colpire il suo assalitore con gli artigli, ma senza successo.

Ci provò un'altra volta finalmente riuscendo a colpire qualcosa di squamoso.

Quando fu sul punto di urlare qualcosa di morbido premette sulle sue labbra. Quella sensazione sembrò calmarlo facendogli notare che la figura che lo sovrastava non gli stava facendo alcunché.

Quando riaprì gli occhi vide Nova con le sua labbra appoggiate alle sue in un dolce bacio.

« Ti ho spaventato? » disse staccandosi. Lui in risposta si girò sul fianco facendola cadere « Porca puttana Nova! » urlò in preda ad una crisi di nervi « Mi hai fatto venire un infarto! Avrò perso dieci anni di vita! »

Lei lo guardò sorridendo « Andiamo, era solo un piccolo scherzo innocente. E poi neanche tu ci sei andato piano. » gli mostrò la schiena mostrando un graffio vicino alla base del colpo. « Se ci avessi messo più forza mi avresti decapitato. »

Guardò i suoi artigli notando che erano sporchi di sangue.

« Scusa. » fu la sua risposta, dopo essersi rimesso in piedi « Ti perdono, solamente perché mi fai pena. » disse maliziosa « Ancora un po' e ti saresti messo a piangere come un cucciolo. »

« Non è vero! » urlò arrossendo vivacemente « Come no. Se non ti avessi baciato ora ti staresti ancora contorcendo mentre zampilli come una fontana. » disse trattenendo le risate.

Fece un grugnito di disprezzo, non gli piaceva essere considerato un piagnucolone, ne tanto meno essere preso in giro dalla sua ragazza.

Cercò di riprendere il controllo di se stesso per evitare di saltargli addosso e decapitarla sul serio « Almeno io non puzzo come una fogna. »

Nova tacque, quando dandosi una leggera annusata, sentì suo malgrado di essersi impregnata dell'odore di acqua marcia « Ora devo farmi un bagno! »

Mi piace averla vinta pensò la pantera con il sorriso sulle labbra. Era raro che riuscisse a prevalere sul rettile.

Quando la ragazza salì a bordo, i pensieri del ragazzo si focalizzarono sul manoscritto che aveva lasciato per terra. Ora voleva solo riprendere la sua lettura.

Quando fu sul punto di raccoglierlo sentì di nuovo quel gorgoglio « Non di nuovo. » seguendo ancora una volta il suo udito si ritrovò davanti ad un altro specchio d'acqua dal quale fuoriuscivano bolle d'ossigeno.

« Nova, è inutile, non ci casco due volte. » ma le bolle non smisero di risalire « Andiamo, non ho più voglia di scherzare. » ma niente. Rekai fu preso dalla rabbia « BASTA! » urlò zittendo tutto ciò che si poteva ascoltare e facendo scomparire le bolle.

Incuriosito da quel fatto si sporse il più vicino possibile.

Non ne fu certo, ma gli parve di intravedere qualcosa di che si muoveva al di sotto del pelo dell'acqua.

Ma non ebbe il tempo di capire cosa fosse, che due grosse fauci lo afferrarono per poi trascinarlo sott'acqua.

 

Nova intanto aveva finito di fare il suo bagno, anche se si sentiva ancora un filo di olezzo, anche se non molto percettibile.

Non ci badò troppo ed uscì fuori, credendo di trovarsi davanti il suo ragazzo intento a leggere quel suo prezioso libro.

Ma non vi era anima viva.

« Rekai » gridò la ragazza, sperando di sentire una risposta « Che c'è, non mi rispondi perché sei arrabbiato? » ma ancora nulla.

Strisciò ancora per qualche metro fino a quando non si scontrò con qualcosa. Era il libo di Rekai.

Si chiese perché era lì. Lui non l'avrebbe mai lasciato incustodito.

Un grosso boato arrivò alle sue spalle.

Voltandosi scoprì con orrore l'immagine di un immenso alligatore posto in posizione verticale che si dimenava come un matto. Ma la cosa brutta è che stretto fra suoi denti vi fosse « Rekai! »

La pantera cercava invano di liberarsi dalla morsa mollando dei graffi sul muso del bestione. Ma le scaglie erano troppo dure.

Mollò un altro disperato attaccato, che ebbe solo l'effetto di far arrabbiare il lucertolone.

Questo prese un slancio e riuscì a lanciare il ragazzo in aria.

Mentre stava per precipitare l'alligatore allargò la bocca. Quando gli fu a portata di zanne, richiuse la presa, ingoiandolo intero.

Ricascò di schiena nell'acqua per poi sparire.

« Rekai...»

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Ve l'avevo detto che in questo capitolo sarebbero iniziati i guai e così e stato. Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Lord Gyber.

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Capitolo 7
*** Preda e Predatore ***


« Tik tok date da mangiare a Croc »

Killer Croc

 

 

Utilizzò il braccio per togliersi dalla visuale la fronda di un albero che gli copriva la visuale e che rischiava di andargli in faccia. Kit a volte odiava essere così alto, doveva sempre fare attenzione a non andare a battere contro qualcosa. E di certo non voleva rovinare la cassa con dentro il necessario per ripartire che portava sotto braccio.

Forse aveva fatto male ad attardarsi in quel luogo ma in fondo quello era uno dei suoi modi per svagarsi e distogliere la mente dalle seccature.

A proposito di seccature pensò Chissà come stanno quei due? Non seppe dire perché pensò una cosa simile. In fondo loro erano abbastanza grandi da cavarsela da soli anche se....no, non si doveva preoccupare, gli aveva avvertiti di non entrare in acqua ed erano abbastanza ragionevoli per ascoltarlo.

« Staranno benone. » disse più che altro per convincere se stesso. Ma c'era ben più di un motivo per cui teneva alla loro incolumità. Ovvero Xue Lang.

La pantera poteva sembrare l'essere più dolce che si poteva incontrare, ma se la stuzzicavi diventava peggio del demonio. Se fosse accaduto qualcosa a Rekai, lei non avrebbe esitato a trovare Kit ed a evirarlo nel modo più crudele possibile. E non ci sarebbe stato angolo della galassia in cui potersi nascondere.

Il sudore scese copiosamente sul suo volto al pensiero della donna sopra di lui mentre maneggiava dei coltelli con modo assai poco rassicurante.

Accelerò il passo.

In pochi minuti riuscì ad arrivare all'isolotto dove aveva parcheggiato la Manta. Appoggiò la cassa vicino all'entrata della nave, in un clima apparentemente tranquillo. Forse anche troppo. Da quando era arrivato non aveva sentito neanche un sibilo.

Che i ragazzi fossero sulla nave? Poco probabile. Che fossero andati a fare un giro? No, non conoscevano il luogo. E se fossero...?

Il suo sguardo ricadde alla palude che li circondava, che quelle bestiacce gli avessero attaccati era anche possibile ma non senza un buon motivo.

« Kit! » i suoi pensieri furono interrotti dal richiamo della ragazza. Lei strisciò con grande rapidità verso l'alieno. Sembrava terribilmente preoccupata « Cosa è successo? » domandò piegandosi sul ginocchio per fissarla negli occhi.

« Rekai è stato mangiato da un alligatore! » e così andarono in fumo le sue speranze di riuscire a superare la mezz'età « Cosa? Vi avevo detto di non entrare in acqua, perché non mi ha ascoltato!?! » Si rimise in piedi dirigendosi verso la cassa che aveva lasciato a terra e la scoperchiò mettendosi a frugare al suo interno « Aveva le scaglie rosse? » domandò rivolto alla ragazza, che parve non capire « L'alligatore aveva le scaglie rosse? » fece con più agitazione nella voce.

Nova ci rifletté un attimo cercando di ricordarsi ciò a cui aveva assistito « No, erano verdi, centra qualcosa? » « Forse c'è una speranza. » rispose riuscendo ad estrarre un grosso fucile « E' una madre che ha appena deposto le uova, l'avrà portato al suo nido per sfamare i nascituri. Se siamo veloci riusciamo ad arrivare prima che le uova si schiudano. »

 

La vista ritornò poco a poco. Prima vedeva tutto vorticare velocemente poi, per sua fortuna, tutto tornò alla normalità. Vomitò un po' d'acqua che gli era rimasta nei polmoni, cominciando a respirare avidamente tutto l'ossigeno possibile.

Rekai non si ricordava più nulla a parte una terribile sensazione di viscido che lo invadeva. Si portò una zampa alla tempia cercando si sostenere la sua emicrania, mentre brevi frammenti di ricordi gli bombardavano la sua mente: l'alligatore, la breve lotta ed il buio. Poi finalmente tutto gli fu di nuovo chiaro, era stato ingoiato vivo da quel lucertolone e probabilmente era svenuto.

Riacquistata un po' di lucidità notò di avere parte del corpo ricoperta da una sostanza gelatinosa verde, forse prodotta dallo stomaco in cui aveva soggiornato. Un verso di disgusto non poté di certo mancare mentre si toglieva quella schifezza da dosso.

Fece per alzarsi facendo leva sulla zampa ma una dolorosa fitta al fianco glielo impedì. C'erano dei buchetti intorno alla sua vita, provocati dai piccoli denti del bestione. Presi singolarmente non provocano alcun danno, ma tutti insieme provocavano una buona uscita di sangue assieme al pericolo di un'infezione.

L'unica soluzione che aveva era quello di strisciare sperando di ritrovare la via di ritorno. Ma qual'era la via? Non aveva la minima idea di dove fosse e questo non gli piaceva affatto.

Solo e Impotente, questi erano ora gli aggettivi che gli calzavano a pennello.

Si rimise dolorosamente in piedi e fece piccoli passi cercando di allontanarsi il più possibile.

Un'altra fitta di dolore arrestò il suo cammino. Però questo non proveniva dal suo fianco martoriato, bensì dalla coda. Quando si voltò vide un piccolo rettile senza scaglie che gli si era attaccato alla coda mordendola con i suoi dentini, pur sempre piccoli ma altrettanto dolorosi.

Con un semplice movimento riuscì a staccarselo di dosso lanciandolo a poca distanza da lui. Sul punto in cui era atterrato notò un nido fatto di alghe con all'interno 4 uova. Queste cominciarono a creparsi mentre deboli versi scaturivano dal loro interno. Non ci volle molto che da queste uscirono altri rettili uguali a quello che aveva allontanato prima.

Questi esserini puntarono dritti sulla pantera, avvicinandosi a lui mostrando le piccole zanne.

Rekai di certo non aspettò che quelle simpatiche creature gli fossero a portata di zampa, ma cominciò a marciare sperando almeno di seminarli.

La sua tattica parve funzionare, quei cuccioli erano pericolosi, ma erano pur sempre cuccioli e le loro doti da cacciatore non erano pienamente sviluppate.

E questo bastò al ragazzo per tirare un sospiro di sollievo e di accasciarsi sulla corteccia di un albero per recuperare un po' di forze. Aveva provato a fermare l'emorragia tenendo premuta la zampa sulla ferita, ma non aveva funzionato bene come aveva sperato.

Mentre elaborava un modo per non morire dissanguato si ritrovò a poca distanza dal muso una strana pianta. Era un fiore rampicante con lo stelo avvolto intorno all'albero dai petali color porpora e dai lunghi pistilli sporgenti.

Preso da un pizzico di romanticismo cercò di raccoglierlo, ma non aveva valutato che anche le piante sanno difendersi. Il bocciolo si raccolse su se stesso per poi lanciargli sul muso del polline urticante.

Il ragazzo si accasciò subito a terra in preda al dolore. Gli occhi rossi e lacrimanti provocavano un dolore insopportabile, mentre il polline gli pizzicava il naso impedendogli di sentire alcun odore. Ora era cieco e non poteva neanche più contare a quel poco di olfatto che aveva sviluppato.

Ma l'udito gli funzionava bene e ne ebbe la conferma sentendo alla sue spalle un ruggito, non molto forte ma abbastanza potente. Quando si voltò, anche lo vista offuscata, riuscì a distinguere la bellezza di due alligatori, uno rosso e l'altro verde, a capo dei loro cuccioli che fiutavano l'aria in cerca della loro preda. Lui.

Si rimise subito in piedi, anche se in cuor suo aveva capito che non poteva più fare molto. Era lento, ci vedeva a stento, non sentiva nessun odore e non aveva con se le sue armi. L'unica cosa che poteva fare era scappare e pregare.

Cercò di distanziarli il più possibile, ma era tutto inutile, ogni volta erano sempre più vicini e lui era sempre più debole.

Riuscì ad arrivare alla base di una piccola radura per poi accasciarsi al suolo. Ormai era senza più forze, stanco, sporco e sconfitto. Sentì i passi pesanti dei lucertoloni vicino a lui. Si erano disposti attorno a lui, probabilmente per impedirgli di scappare di nuovo, ma ora non poteva andare da nessuna parte.

Gli alligatori erano ormai pronti a saziarsi con le sue carni e le sue ossa.

Chiuse gli occhi, sperando che lo uccidessero nel modo più veloce possibile. Però prima voleva concedersi il lusso di ricordarsi alcune cose. Gli sarebbero mancati gli abbracci di sua madre ed i suoi dolci, gli sarebbe mancata Nova ed il suo spirito guerriero che gli dava un incredibile fascino, gli sarebbe addirittura mancato Kit con la puzza orripilante dei suoi sigari. Gli sembrava quasi di sentirla.

No...la sentiva sul serio.

Il rumore di un sparo invase le sue orecchie insieme ai versi di dolore e di rabbia di quelle lucertole troppo cresciute.

Si sentì afferrare per il braccio ed essere trascinato lontano dai suoi carnefici « Rekai stai bene? » in quel momento la voce di Nova alle sue povere orecchie sembrava un dolcissima melodia. Probabilmente sorrise perché il serpente sembrò tirare un sospiro di sollievo.

Gli spari intanto non erano terminati ma le urla dei bestioni si facevano sempre più lontane fino a scomparire del tutto.

Fu allora che accadde qualcosa che mai avrebbe creduto che potesse accadere, Nova pianse. O meglio riuscì solo a sentire i suoi deboli singhiozzi e le lacrime che gli cadevano sul viso « Mi dispiace di averti messo in questa situazione. » formulò alla fine.

In tutta risposta Rekai cercò con la zampa il volto della sua ragazza ed una volta trovato gli asciugò le lacrime.

Alla fine di tutto ciò si sentì essere letteralmente sollevato. Due grosse braccia lo sostenevano sotto la schiena ed il bacino, Kit lo aveva preso in braccio per trasportarlo « Dobbiamo medicarlo subito, so dove dobbiamo andare. »

L'ultima cosa che sentì fu il rumore dei passi del suo amico per poi abbandonarsi nel mondo dei sogni.

 

 

 

 

 

Anglo autore:

Alla fine le cose si sono risolte....o forse no?

Beh, credo che dovrete aspettare ancora un po' prima di saperlo. Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Alla prossima, Lord Gyber.

 

 

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Capitolo 8
*** Rosso ovunque ***


« Ha per caso detto:prima gli amici poi le meretrici? »

Big Bang Theory

 

 

I suoi occhi cercavano disperatamente di trovare un punto di riferimento, ma il buio era l'unica cosa che si estendeva intorno a lui.

Rekai non capiva dove si trovasse. Si era svegliato in quel luogo ed aveva cominciato a vagare senza meta. Mentre cercava qualunque tipo di segno gli ritornò in mente ciò che era successo poche ore prima: gli alligatori e tutto il resto. Che fosse morto? Non molto probabile, Nova e Kit erano riusciti a portarlo in salvo giusto in tempo. Allora poteva essere un sogno, questo avrebbe spiegato tutto ma era troppo vivido e reale per risultare finto...anche se in quel momento non si sentiva troppo lucido.

Avanzò ancora di qualche passo verso il nulla, non vedendo ancora niente.

All'improvviso non sentì niente sotto di se, come se il terreno si fosse aperto, cominciando a precipitare verso l'ignoto.

Provò ad urlare ma le parole gli venivano ricacciate in bocca nel medesimo istante in cui l'apriva. Anche se non vedeva la fine del baratro chiuse gli occhi sperando di attenuare il dolore della caduta.

Il volo fu interrotto in modo brusco dando un violento strattone al ragazzo, come se avesse avuto dei fili attaccati al polsi ed ai talloni. Quando riebbe la forza di riaprire gli occhi vide probabilmente l'unica cosa colorata in tutto quel buio.

Il fiore che aveva cercato di raccogliere poco prima, ora si trovava sotto di lui ed aveva assunto dimensioni titaniche. Come la testa di un animale, puntò i pistilli verso di lui « Tu » disse muovendo i petali come fossero delle labbra, con voce cavernosa « Spero ti sia piaciuto il mio polline. »

La pianta si contrasse su se stessa e sputò un enorme getto di polline giallo ad altissima pressione lanciando verso l'alto la pantera che, già abbastanza confusa, venne riportata nel mondo reale.

Rekai si risvegliò di scatto, sudato e con il fiatone « Va tutto bene ragazzo. » la grossa mano di Kit gli si appoggiò sulla schiena colpita dagli spasmi, mentre l'altra gli porse un bicchiere d'acqua fresca, che non esitò a bere tutto d'un fiato.

Riacquistata un po' di lucidità vide al suo fianco Nova e Kit che lo sorreggevano per la schiena per non farlo affaticare troppo.

Erano seduti su un divanetto di tessuto rosso ed aveva delle bende attorno alla vita, sporche di sangue ormai diventato nero. Ma la cosa curiosa è che non si trovavano ne sulla navicella ne in un altro luogo che lui avesse mai visto. Era un edifico tutto tappezzato di rosso, sia le pareti che il pavimento e vi erano altri divani simili a quello su cui era seduto. A distruggere la monocromia vi erano appesi alcuni quadri tutti raffiguranti donne di varie specie messe in posizioni provocanti.

« Dove..dove mi trovo? » fu l'unica frase che riuscì ad articolare « Al sicuro da alcuni miei amici. » rispose Kit aiutandolo a sdraiarsi contro lo schienale « Ora ve meglio? » gli chiese Nova, palesemente preoccupata e dagli occhi rossi. Doveva aver pianto molto.

Non poté rispondere perché un'altra voce fece il suo ingresso « Come sta il nostro paziente? » a parlare era stata la femmina di una razza che Rekai non conosceva, sembrava un rettile antropomorfo con indosso un lungo abito dello stesso colore dell'arredamento. Superava la mezza età, ma il tempo non sembrava averle portato via niente. Stava portando un vassoio con sopra alcuni bicchieri con dentro un liquido marrone lucido.

A rispondere fu il Chitauro « Molto meglio Madame Rogue. La ringrazio per averci aiutato. » lei sorrise « Tutto per uno dei nostri migliori clienti. » posò il vassoio su un tavolino e se andò per un corridoio.

« Bevi questo, ti farà passare il dolore. » Kit prese un bicchiere e lo porse al ragazzo, che cercava di capire cosa contenesse « E' Scotch. Non hanno un antidolorifico quindi ci dobbiamo accontentare. » Anche se un po' riluttante prese con la zampa il bicchiere e bevve tutto l'alcolico. Maledizione imprecò mentalmente. Faceva davvero schifo e gli bruciava terribilmente la gola, portandolo a tossire violentemente sempre sorretto dalla sua ragazza.

« Comunque non mi hai ancora detto dove siamo? » disse ripreso abbastanza fiato.

Vide Nova fulminare con lo sguardo Kit, che in tutta risposta si alzò dal divano frettolosamente « Questo ora non ha importanza. » quasi urlò nel dirlo, come a cercare di giustificarsi.

Rekai ancora più disorientato cercò risposta negli occhi della sua ragazza ormai al loro colore giallo oro « Siamo in un bordello. » rispose con un pizzico di disgusto nella voce.

« Cosa!?! » urlò alzandosi alzandosi ma per poi riaccomodarsi per via di una fitta al fianco « Fammi capire bene » guardò il pilota dritto negli occhi, con i suoi carichi di rabbia « Mentre io stavo per morire contro uno stupido alligatore, tu eri qui a spassartela con delle prostitute! »

« Certo che sei cocciuto come la tua femmina! » ribatté « Questo non è un lupanare, e anche se lo fosse non mi abbasserei mai a certi livelli. » « Allora perché quella donna sembrava conoscerti così bene e ha detto che eri uno dei suoi clienti migliori! » « Si sarà sbagliata. »

Fato(¹) volle che in quel preciso momento tre donne differenti, quasi tutte mezze nude, passarono dietro all'uomo « Ciao Kit. » « Era da un po' che non ti si vedeva. » « Ti trovo davvero in forma. » Posò lo sguardo su i due giovani che lo fissavano con aria di rimprovero.

Ormai arrendendosi alla dura verità di essere stato scoperto puntò dritto verso l'uscita « Io torno sulla Manta. »

 

La parte più difficile alla fine di quella storia fu riuscire ad accompagnare Rekai a bordo della nave nella sua stanza, per il resto le prime ore del viaggio proseguirono piuttosto tranquillamente.

Kit era intento a pilotare tenendo d'occhio la varia strumentazione, mentre il boa stava seduta accanto a lui non sapendo cosa fare. « Niente da segnalare “capitano”. » sbuffò stizzito « Niente di niente, perché non vai ad importunare il tuo ragazzo? » « Deve riposare ed io di certo non voglio disturbarlo. »

Alzò gli occhi al cielo, troppo stanco per ribattere, la sua lunga esperienza in campo femminile gli aveva insegnato di non andare mai incontro alle decisioni di una donna. Soprattutto se testarda.

I suoi pensieri sulla ragazza passarono in secondo piano, venendo distratto da una lucetta verde ad intermittenza posta sul pannello di controllo.

« Perché lampeggia? » chiese curiosa Nova « E' un messaggio. Gli inviano gli altri piloti quando devono segnalare qualcosa. » « E non controlli? » « Non sarà niente, i soliti che si divertono a fare scherzi. » « O magari è qualcosa di importante! » insistette lei.

Sospirò, per lo stesso motivo di prima. Pose la mano sopra il pannello facendo partire il messaggio.

Ma l'unica cosa udibile era un fastidioso ronzio di interferenze. « Che ti avevo detto, non era...» « Shh! » lo zittì il serpente « Ascolta bene. »

 

« Dov'è!?! » il tavolino del salotto andò a schiantarsi contro la parete rompendosi in mille pezzi « Ehi, guarda che chi rompe paga. » inveì Rogue contro l'assalitore.

Kronotas fissò negli occhi la donna che era intenta a fumarsi una sigaretta « Dov'è Kitlavar Ster? » disse cercando di mantenere il tono più pacato possibile. Cosa assai difficile, dopo la fatica per riuscire a rintracciarlo per poi scoprire che non c'era più, lasciandolo con pugno di mosche su quel pianeta orribile.

Non aveva neanche esitato ad assaltare la struttura più vicina con una schiera dei suoi uomini.

Rogue però non ne era intimorita. Fece una boccata con la sigaretta e sputò il fumo sul suo brutto muso, irritandolo « Non so di chi tu stia parlando. » di certo lei non avrebbe mai tradito un suo amico.

Kronotas in tutta risposta gli stappò il mozzicone dalla mano, tirò fuori la lingua e lo spense su di essa per poi mangiarselo « Basta menzogne donna! » batté il piede sul pavimento, creandovi un piccolo solco « Sento la puzza dei suoi sigari da qui. »

Rogue era una donna coraggiosa ma lui era un sadico crudele e nonostante provasse un profondo affetto per Kit non poteva permettersi che quei mostri facessero male alle sue ragazze se non peggio.

Doveva rimanere sul vago sperando in un miracolo « Ah, quel Kitlavar. Mi dispiace se ne è andato. » Sul lungo cranio del pirata comparve una grossa e pulsante vena, che sembrava sul punto di esplodere da un momento all'altro.

Gli altri alle sue spalle fecero un passo indietro intimoriti. Non era bello avere a che fare con il loro capo quando si arrabbiava, diventava peggio di una furia.

Anche lei sembrò accorgersene e tentò le sue ultime carte nella speranza che tutto si risolvesse nel migliore dei modi. « Mi dispiace signore. » fece nel modo più naturale possibile « Forse la farebbe sentire meglio se offrissi a voi ed ai miei uomini una serata tutta pagata mettendovi a disposizione le mie ragazze. »

Una risata da depravati arrivò dal fondo della stanza dove si erano rifugiati gli altri pirati per scappare dalla rabbia di Kronotas ottenendo invece una proposta molto allettante. Ma non potevano muoversi senza il consenso del capitano. « D'accordo. » si voltò verso i suoi uomini « Divertitevi pure. »

La loro risposta non si fece attendere, accalcandosi come degli ossessi al corridoio che dava sulle stanze delle ragazze.

Kronotas fece per fare lo stesso, non prima di aver detto un'ultima cosa alla proprietaria. Si ritrovò il suo volto a poca distanza dal suo e vi passò l'artiglio della mano destra sulla guancia « Sei stata fortunata. » poi sparì nell'edificio.

Madame tirò un sospirò di sollievo, accasciandosi sul pavimento per tutto lo stress. Portò la mano dove il pirata l'aveva toccata per poi ritrovarsela macchiata di sangue. Si alzò di scatto per mettersi davanti allo specchio. L'aveva appena sfiorata ma ciò era bastato perché si aprisse un graffio sanguinante sulla sua pelle, ed essendo metà rettile era molto dura.

Era stata davvero molto fortunata.

 

Nova e Kit si scambiarono un lungo sguardo cercando una soluzione « Che facciamo? » domandò lui, visibilmente preoccupato « Forse dovremmo andare a vedere. » rispose lei con voce tremante. « Ma così perderemmo altro tempo. » cercò di giustificarsi, quella situazione non gli piaceva affatto. « E' nostro dovere fare qualcosa. » ribatté, più decisa che mai.

La decisione ormai era presa, anche se Kit sperava di evitare un'ulteriore grana. Tutta colpa di quello stupido messaggio.

Stupido ed inquietante.

Ci aveva messo un po' prima di riuscire a capire cosa la voce dall'altra parte stesse cercando di dire e quando avrebbe voluto non riuscirci.

Ma come poteva non farlo. Era un messaggio semplice. Una sola parola. Due sillabe. Niente di complesso, ma molto preoccupante.

…....................................................................................…...Aiuto...........................................

Interrotto poi da un agghiacciante stridio metallico.

 

Intanto, su un pianeta che conosciamo bene.

La vecchia tartaruga si mise a scrutare il cielo, ormai rosso per via del crepuscolo, cercando, invano, una risposta ai suoi problemi.

« Tutto bene Maestro? » domandò il panda rosso, in ansia per lo stato del suo mentore.

Oogway si leccò le labbra « Ho una brutta sensazione Shifu. Qualcosa di molto brutto accadrà a breve. Ne sono certo. » battè il suo bastone a terra, come a confermarlo.

Shifu però non era di questo avviso « Vedrà che i Cinque se la caveranno egregiamente contro chiunque osi minacciarci. »

La tartaruga gli passò a fianco accarezzandogli il capo con il suo tipico fare dolce « Vorrei essere speranzoso come lo sei tu. »

Si avviò sul pendio che portava al Palazzo di Giada sempre con quella sensazione che gli attanagliava lo stomaco. C'era qualcosa che non andava nell'Universo.

Fissò di nuovo la volta celeste posizionando il suo sguardo sulla pallida Luna che era appena timidamente arrivata. Non poté fare a meno di sorridere a quella visione. Aiutava a calmarlo.

« Sempre a provocare guai, eh, popolo delle stelle. »

 

 

Note:

(¹): Ovvero me medesimo.

 

 

 

Angolo autore:

Chissà cosa sarà successo al mandante di quel messaggio (a parte me)?

Vi basterà aspettare l'uscita del prossimo capitolo che, se Dio lo vuole, riuscirò a pubblicare prima del solito. Ma non prometto niente, così non avrete una scusa per linciarmi.

Alla prossima, Lord Gyber.

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Capitolo 9
*** Metal Man ***


« Nello spazio nessuno ti sentirà urlare. »

Alien

 

 

Il messaggio era stato inviato da una stazione spaziale apparentemente disabitata. Vari frammenti di metallo si staccavano dalla struttura e si disperdevano nello spazio. Il fatto che la Manta fosse riuscita ad attraccare era stato un miracolo. E che anche tutti i sistemi riguardanti l'ossigenazione della stazione fossero intatti.

« Facciamo il punto della situazione. » disse Rekai dando un'occhiata alla pedana coperta dove erano atterrati, cosa assai difficile perché sprovvista della necessaria illuminazione, ma neanche troppo grazie ai suoi occhi felini « Abbiamo fatto un viaggio inutile solamente per trovare un luogo deserto per rispondere un messaggio d'aiuto che non sappiamo da dove provenga. Divertente. » concluse con ironia.

« Neanche io ero d'accordo. » lo supportò Kit incrociando le braccia « Ma la tua femmina qui presente ha tanto insistito. »

Nova alzò lo sguardo al soffitto, stanca delle lamentele dei due uomini. Infondo anche Kit aveva deciso di andare a controllare, dopo aver fatto la necessaria pressione.

« Prima iniziamo prima finiamo. » rispose spezzando il silenzio che si era creato. Riuscita a trovare l'uscita si diresse verso un lungo corridoio che si articolava in tutta la struttura. Naturalmente si era portata dietro il suo fucile. Tanto per essere sicuro.

Kit si era subito lanciato dietro la figura serpentina portandosi dietro anche lui la sua arma, ma fu costretto ad interrompersi quando vide la giovane pantera che lo seguiva. « Dove pensi di andare? » lo bloccò mettendogli la mano sul petto « Che domande, vi voglio aiutare. » « Non puoi, sei ancora ferito e non voglio incappare nella furia omicida di tua madre. Quindi torna sulla nave e stacci finché non torniamo. » rispose indicando la Manta.

Rekai lo guardò male. Non voleva essere trattato come un bambino, c'era già Nova per quello, senza contare che era abbastanza grande da prendere le sua decisioni. Ma su una cosa il chitauro aveva ragione. La ferita, anche se ormai del tutto rimarginata, gli faceva un male cane anche se non voleva darlo a vedere. Ma agli occhi grigi di Kit, anche se in parte oscurati dalla maschera del suo popolo, certe cose non sfuggivano.

L'unica cosa era fare buon viso a cattivo gioco.

Si diresse verso l'astronave, mentre il suo amico percorreva la stessa strada fatto dal boa prima. Non gli piaceva starsene con le mani in mano, soprattutto dopo tutto il tempo passato a letto. Sperava che ascoltare un po' di musica sarebbe bastato a tranquillizzarlo.

Distratto da questi pensieri si dimenticò di chiudere il portellone della Manta, lasciandola facilmente scoperta.

Ma non vi era da preoccuparsi, in quel luogo non vi era nessuno di pericoloso di cui preoccuparsi.........o si?

La risposta a questa domanda fu uno stridio meccanico, simile ad un sibilo, di qualcosa nascosto nell'ombra che scomparve fra le fessure di due lastre che componevano il muro.

Il tragitto sembrava non avere più fine. Non potevano credere che un semplice corridoio potesse essere così lungo, era da un quarto d'ora che lo stavano percorrendo ma non avevano intravisto ne esseri viventi ne qualsivoglia cosa avesse potuto aiutarli in quel momento.

Ma nonostante l'apparente tranquillità, qualcosa turbava Kit, che continuava a guardare a destra ed a sinistra, intimorito da una cosa che non poteva vedere ma di cui sembrava percepire la presenza.

Nova si voltò verso di lui, vedendolo agitato « C'è qualcosa che non va Kit? » smise di voltare la testa in continuazione per rispondere « Ho una brutta sensazione, non dovevamo lasciare Rekai da solo. » « Tu ti preoccupi troppo. » fu la fugace risposta della ragazza « Non corre alcun rischio sulla nave, non capisco come ti sia venuta in mente una cosa del genere. » « Me lo dice l'armatura. » batté alcuni colpi sulla corazza producendo il tipico rimbombo metallico.

Nova lo fissò per un secondo, per poi riprendere la strada che stavano percorrendo « A proposito, mi dici perché indossi quella armatura ogni singolo momento? » distrarsi su qualcosa aiutava a diminuire la tensione che attanagliava l'uomo, senza contare che era da un pezzo che aspettava che glielo chiedessero « E', come dire, il marchio del mio popolo. Indossare l'armatura vuol dire essere un uomo nella nostra tradizione. » « Interessante. »

« Ma ci sono anche altri motivi. » « Del tipo? » « Del tipo “nascondere alcune cicatrici” » portò l'indice più o meno all'altezza della tempia « Canale uditivo sinistro, me l'ha strappato un Lupo-vipera (¹) durante una battuta di caccia. » poi portò il dito sul polso « Polso destro, perso durante uno scontro con un Kree(²). » « E la spalla? » domandò Nova dopo aver visto la piastra di metallo che faceva da protesi « Stavo insieme ad una Tetravan(³), quando cercai metaforicamente di rompere la nostra relazione, lei riuscì molto letteralmente a rompere me. »

Una risata soffocata non poté non mancare durante la sua affermazione, cosa che parve irritarlo molto « Hai mai visto una Tetravan!?! Sono alte tre metri e presentano trecento chili di muscoli! »

La risata non si protrasse a lungo, dato che finalmente erano riusciti a trovare una stanza. O meglio ciò che ne rimaneva. Era una specie di laboratorio, vi erano molti macchinari accasciati al suolo e mezzi distrutti, salvo un paio ancora intatti, e vie era anche una cella di dimensione uomo completamente fatta di vetro senza buchi ne sbarre « Mi sa che siamo arrivati tardi. » su una scrivania che sembrava di legno vi erano appoggiati alcuni fogli macchiati dal sangue di alieno accasciatosi sopra.

Kit sollevò il piccolo corpo e mise due dita sul collo nella speranza di sentire ancora qualche battito cardiaco « E' morto. Dissanguato a quanto pare. » il cadavere presentava dei buchi sul corpo sporchi di sangue giallo.

Kit appoggiò il corpo a terra il più delicatamente possibile e recitò qualcosa nella sua lingua madre, un requiem per i morti.

« Che cos'ha nella tasca? » domandò il serpente avendo visto un rigonfiamento nella camice del defunto. Vi infilò la coda e ne estrasse un piccolo taccuino di pelle marrone macchiato dal sangue e lo aprì « Cosa stai facendo? » « Vedo se c'è qualcosa che ci possa aiutare a capire chi ha provocato tutto questo. » aprì su una pagina a caso e cominciò a leggere.

 

15esimo Sole, Anno 747.

Il progetto MM ha cominciato finalmente a dare i suoi frutti, il soggetto in questioni è dotato di capacità straordinarie che andavano ben oltre le nostre aspettative. Ci sono ancora dei problemi ma niente di irrecuperabile.

 

Voltò su un'altra pagina, visibilmente interessata.

 

23esimo Sole, Anno 747.

Nonostante tutti i nostri sforzi MM detiene sempre e solo un istinto bestiale che lo spinge a continuare a nutrirsi di tutto ci che incontra. Questo lo ha portato ad aggredire uno dei miei collaboratori, dissanguandolo a morte. Siamo riusciti a rimetterlo nella cella per puro miracolo.

Ma questo non mi sentire al sicuro. Temo il peggio.

 

Andò direttamente all'ultima pagina.

 

 

11esimo Sole, Anno 748.

MM era qualcosa più grande di noi e non siamo più riusciti a trattenerlo. Io sono l'unico sopravvissuto e mi sto dirigendo ad inviare un messaggio di soccorso. Ormai non mi rimane che la speranza. So che sta arrivando.

Se non dovessi farcela, questo è un addio.

 

« Non dice nient'altro? » « No il resto è macchiato di sangue, ma non credo abbia avuto il tempo di scrivere altro. Ma cosa vorrà dire MM? » Kit si guardò intorno per trovare un indizio che lo aiutasse. Si ricordò di aver visto un incisione sulla cella di vetro. Vi si avvicinò per leggerla meglio, era un po' sbiadita ma ancora chiara « Metal Man. Mi sa che abbiamo il nome del nostro assassino. » « Chissà perché la cosa non mi fa sentire più sicura. L'ultima annotazione risale a quattro giorni fa, questo vuol dire che quella cosa è ancora qui. » « Ma la domanda è dove? »

Il rumore di uno sparo rimbombò per tutto il lungo corridoio giungendo alle orecchie dei due « Rekai! » urlarono all'unisono per poi fiondarsi verso la nave.

L'adrenalina per l'agitazione fu di grande aiuto in quel frangente perché gli permise di percorrere la strada in meno tempo di prima. Quando arrivarono videro la pantera appoggiata ad una delle gambe di sostegno della Manta che sparava come un pazzo senza colpire un preciso bersaglio. « Che diavolo sta facendo? » Quando egli gli notò fece un piccolo per poi essere sostituito da uno sguardo di puro terrore « E' Dietro di voi! » urlò allarmato, ma non ebbero tempo di recepire il messaggio che vennero scaraventati a terra da un forte impatto.

Ciò che gli si parò dietro era una sorta di blob argenteo senza arti o quant'altro, solo con una grande bocca con denti affilati. Quell'essere lanciò uno potente stridio metallico prima di cercare di avventarsi su Nova. Ma prima che potesse farlo una scarica di colpi, provenienti la pistola di Rekai, lo centrarono in pieno creandogli dei grossi buchi su tutta la sua massa. Incredibilmente la creatura non parve subire alcun danno poiché i buchi vennero subito rigenerati dalla stessa sostanza di cui era fatta.

Lanciò un secondo ruggito e si lanciò veloce come un proiettile contro il ragazzo Troppo veloce per schivarlo venne buttato a terra ed azzannato alla spalla, trapassandogli muscoli e ossa data le urla di dolore della pantera. Urla davvero strazianti. Ma dalla ferita fresca non usciva sangue, dato che quella cosa, a mo di sanguisuga, stava cercando letteralmente di ridurre Rekai ad una polpa.

Kit però non era di questo avviso. Con una forza che neanche sapeva di avere corse verso il suo amico e mollò un gancio sul blob riuscendo a fargli mollare la presa su Rekai, che ora stava steso a terra agonizzante, ma almeno al sicuro dato che c'era lui.

Ma riuscire a battere quel blob poteva rivelarsi più difficile del previsto, dato che la sua pelle era dura come l'acciaio. Quel solo pugno gli aveva distrutto la mano, nonostante l'armatura che purtroppo aveva perso. Non che gli fosse caduto durante il suo colpo, essa era stata assimilata da quell'insieme gelatinosa. Appena l'aveva colpito questa si era dissolta come una pastiglia nell'acqua.

Una cosa era certa, non poteva attaccarlo direttamente era troppo pericoloso.

Forse....pensò, per poi frugare nella tasca del suo gonnellino per poi estrarvi qualcosa, che si scoprì essere un bastone retrattile di colore nero brillante.

Quando il blob gli fu di nuovo addosso impugnò saldamente il suo manganello e gli diede un colpo in testa, raggiungendo l'esito sperato, Come pensavo. La botta era riuscita a creare dei danni e l'arma non si era dissolta. Doveva dargli il colpo di grazia.

Premette un pulsante alla base del bastone facendo scaturire delle scintille elettriche sulla cima di esso « Prendi questo figlio di puttana! » gli si lanciò contro colpendolo in pieno con la sua arma elettrica. Il verso di dolore che produsse fu paragonabile solo alle enormi scariche elettriche che gli attraversarono il corpo, illuminandolo come una lucina di Natale. Ad un certo punto la dose fu così tanta che venne spedito a grande velocità contro la parete facendolo morire sul colpo.

Kit, con il fiatone per lo stress e la fatica, rimise l'arma al suo posto e si avvicinò a Rekai, subito seguito da Nova « Accidenti ragazzo, due incidenti quasi mortali in meno di una settimana, questo è un record. » « Eh smettila. » rispose scherzoso dandogli un buffetto sulla spalla.

I tre si diressero verso la nave ormai al sicuro da ogni pericolo.

Ma si sa, non dire gatto se non ce l'hai nel sacco. Dimenticatisi del blob questo ne approfittò per assumere una consistenza liquida e scivolare fra le fessure del pavimento, dopo aver emesso un ringhio poco rassicurante.

 

 

Note:

(¹): I Lupi-vipera è come vengono chiamati in un mio videogioco i predatori viola che si vedono nel film Avatar.

(²): I Kree sono alieni della Marvel.

(³): I Tetravan sono quegli alieni di Ben 10 di colore rosso e con quattro braccia.

 

 

Angolo autore:

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, così come il nuovo personaggio Metal Man (un nome da fumetto, lo so, ma era quello che si adattava meglio a lui).

Alla prossima, Lord Gyber.

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Capitolo 10
*** Fuga alla Terminator ***


« Hasta la vista, baby! »

Terminator

 

Kit fece sedere Rekai su una delle sedie girevoli nella sala di pilotaggio, fasciando con della garza la ferita ancora fresca. Fortunatamente dato che non aveva perso sangue fu facile disinfettarla e curarla senza difficoltà, il tutto mentre gli raccontava cosa aveva scoperto.

« Metal Man? Che razza di nome è? » fece divertito la pantera mentre si teneva il braccio fermo permettendo al suo amico di fare gli ultimi ritocchi al bendaggio « Ancora un po' e ti raggrinzivi come dell'uva. Sei stato fortunato. Di nuovo. »

« La cosa che non capisco » continuò Nova diretta a Kit « è come tu abbia fatto a sconfiggerlo. » lui continuò impassibile a fare il medico provvisorio « Quella cosa si nutre di ferro » spiegò « Ferro? »

« Già, per questo a cercato di berti il sangue, perché il sangue contiene ferro. Inoltre credo che la sua pelle sia in grado anche di assorbilo dato che ha fatto scomparire la mia armatura. » tirò le garze serrandole bene intorno all'arto e bloccandole con una pinzetta « Dovrebbe reggere. »

« E come fai ad essere sicuro di ciò che dici? » insistette testarda la ragazza « Quando lo colpito con il manganello non lo ha assorbito, perché fatto di plastica e la scossa elettrica gli ha fatto molto male, perché il ferro conduce bene l'elettricità. »

Si staccò dal ragazzo e si andò a sedere sulla sedia del pilota afferrane i comandi « Ora voglio andarmene, invierò un messaggio alla Guardia Galattica riguardo a Metal Man, se ne occuperanno loro. » prese i comandi in mano i comandi ed attivò i motori, più che mai deciso a lasciare quella dannata stazione.

Poi tutto si spense. Luci. Motori. Ogni cosa. E lo stridio meccanico ruppe il silenzio in modo raccapricciante.

« Ehm Kit » prese parola Rekai « Ti sei assicurato di averlo fatto fuori, vero? » lui rispose facendo un verso fra l'imbarazzato ed il vergognoso « Forse non sarebbe stata una cattiva idea. » si alzò dalla poltrona preso un po' dal panico dirigendosi alla vetrata che dava verso l'esterno dove, attraverso essa, vide una delle ali della Manta bucata da parte a parte. « Ci ha spinto all'angolo, forse non è così stupido. » dovette ammettere.

Decisero di uscire tutti e tre per vedere da vicino il danno provocato, accorgendosi che la luce era spenta ovunque. Alcuni circuiti erano stati tagliati e dal buco usciva dell'olio motore « Puoi ripararla? » domandò Rekai a Kit che stava dando un occhiata al danno.

« Credo di si, ma se quella cosa è qui non sono sicuro di riuscirci. » « Semplice » continuò Nova « Noi facciamo la guardia e tu ripari la nave. » « Non saprei....» il chitauro non sapeva che dire, avevano già rischiato di morire e di certo non voleva che gli accadesse qualcosa. L'unica alternativa era restare li a morire.

Scelta facile da fare.

Tolse dalla sua cintura due armi elettriche e gliele passò « Ci dovrei mettere dieci minuti » tirò fuori anche un paio di attrezzi da meccanico mentre i suoi amici si allontanavano « E se Dio vuole saremo ancora vivi. »

 

Come Kit aveva detto non gli ci volle molto a riparare quel leggero squarcio, cosa che gli fece tirare un sospiro di sollievo. Ora non c'erano problemi ad andarsene. Anche i due ragazzi si poterono ritenere fortunati.

Avevano fatto un giro di controllo decine di volte ma per fortuna niente si era avvicinato. Una cosa che gli aveva allo stesso tempo inquietati e rassicurati.

Kit saldò un'ultima volta l'ala con una fiamma ossidrica e fece il segno ai due di risalire.

Neanche un minuto dopo erano già ripartiti alla massima velocità, cercando di allontanarsi il più possibile da quel dannato satellite mortale.

Ma ciò non bastò a calmare la pantera che continuava ad osservare il punto da cui erano partiti « C'è qualcosa che non va? » gli domandò Nova vedendolo preoccupato. Lui tirò un sospiro e rispose « Non capisco una cosa. » « E che cosa? » insistette.

« Prima quella cosa non ha esitato ad attaccarci quando eravamo insieme. » « E allora? » chiese confusa « Allora perché non ci ha attaccato quando eravamo separati mentre Kit riparava la Manta?»

« Questa è una bella domanda. » disse il capitano che gli si era avvicinato dopo aver inserito il pilota automatico « E poi, se ha voluto danneggiare la nave per non farci fuggire, perché non ci ha colpiti? »

Il rettile li guardò non riuscendo a trovare il bandolo della matassa dei loro ragionamenti « Non capisco, allora perché fare tutti quei danni se poi ci ha lasciato il tempo di allontanarci dalla stazione? »

Una lampadina si accese sulla testa del felino « E' questo il punto! Dentro la stazione avevamo molte vie fuga, ma qui nella nave...» « Non possiamo andare da nessuno parte. » continuò il chitauro. Calò un silenzio pauroso.

« Questo vuol dire....» la domanda che stava per porre la ragazza non ebbe bisogno di risposta quando sentì il rumore di qualcosa che strisciava all'interno del condotto di ventilazione « Vuol dire che lui è qui. »

« Attenti! » urlò Kit spingendo via i ragazzi prima che venissero centrati in pieno da una colonna di metallo che aveva sfondato i condotti. Questa, appena entrata in contatto con il pavimento, si liquefò ridiventando il blob gelatinoso.

Questa volta però la cosa era diversa. Quattro diramazioni partirono dal quel coso formando due braccia e due gambe, seguite dalla base che divenne un solido busto e dalla comparsa di una testa. Metal Man aveva un aspetto simile a quello di Kit, ma la sua faccia non aveva tratti, solamente la bocca piena di denti.

Ciò basto a spaventare i tre.

Quando MM fece per saltargli addosso Kit reagì d'istinto e prese la prima cosa che aveva a portata di mano. Fortunatamente, la cosa in questione era la fiamma ossidrica che aveva usato prima per riparare il danno.

La azionò ed una forte fiammata colpì in piena faccia la faccia di quel mostro. Questo emise uno stridio di dolore mentre la zona colpita veniva annerita dall'alta temperatura del fuoco.

Kit riuscì a farlo indietreggiare fino alla porta che separava la sala di controllo con il corridoio che portava alle altre stanze. Raggiunta una buona vicinanza gli mollò un calcio allo stomaco, buttandolo fuori. Ma avvertito che il pericolo era passato MM si rialzò e cercò di ghermirlo con gli artigli della mano.

Ma il comandante, prontamente, premette un pulsante sullo stipite che chiuse le porte automaticamente, tranciando di netto il braccio del mostro, che emise uno stridio ancora più forte di quello che aveva lanciato prima.

Dall'altra parte i tre sentirono la creatura allontanarsi traendone un minimo si sollievo « Cercherà di entrare di nuovo? » domandò Rekai ricevendo come risposta il rumore di metallo spaccato. Insieme agli altri puntò lo sguardo sulla porta che era stata colpita da ciò che sembrava un lama d'ascia.

Quando questa venne estratta poterono vedere il braccio di MM tramutato nella suddetta arma bianca. Anche l'altro arto si deformò prendendo la forma di uno spuntone acuminato che usò per bucare la porta creando vari generi di spiragli.

Creatone uno abbastanza grande riassunse la forma liquida e vi scivolò dentro. Ma ripresa la forma corporea la prima cosa che vide fu il chitauro con l'arma elettrica in mano pronto a dargli un'altra scossa, assicurandosi di aver finito il lavoro.

La gioia di essere riuscito a prenderlo di sorpresa si tramutò in paura quando Metal Man lo afferrò per il braccio, questa volta non assorbendo l'armatura. Lui fece di no con la testa «....No....questa.....volta....» mollò la presa su di lui e lo colpì in faccia mandandolo a sbattere contro una parete.

« Ehi mostro! » portò l'attenzione sulla pantera e vide volarsi addosso una sfera grigia divisa da un lineetta azzurra. Non ebbe il tempo capire cosa fosse che questa esplose mandandogli in frantumi la testa. Ma era una soluzione temporanea.

Rapidi come fulmini, i due ragazzi fecero alzare Kit e corsero verso il corridoio per poi imboccare un'altra strada, tutto questo mentre la testa MM si era già riformata, con l'espressione più furiosa che mai anche se non aveva tratti somatici.

Kit, Rekai e Nova avevano imboccato un secondo corridoio, quello che portava alle camere da letto, decidendo un piano sul da farsi « Voi mi avevate detto che era una creatura dall'intelligenza rudimentale. » fece la pantera che trascinava il chitauro sulla spalla, non ancora del tutto ripresosi.

« E' possibile » ipotizzò il boa « Che si evolva cacciando. Molti animali si adattano alle controversie. Sai, ciò che non ti uccide ti rende più forte. » « Peccato che ora siamo diventati quelli che stanno per essere uccisi. »

« Hai ragione » disse un Kit mezzo ripreso dalla botta « Non possiamo ucciderlo e non abbiamo luoghi per contenerlo. » « Potremmo buttarlo fuori dalla nave. » « E come facciamo? » gli chiese la ragazza « Semplice lo attiriamo in una trappola. »

Metal Man stava fiutando l'aria in cerca di un indizio che lo portasse alle sue prede. Che fame che aveva. E quella cosa dal manto blu aveva un sapore così buono. Voleva spolparlo ben benino ed assaporare ogni sua singola goccia di sangue.

Gli piaceva avere una mente che finalmente ragionava. Quegli scienziati che lo avevano creato non avevano neanche immaginato che diventasse più furbo man mano che la sua caccia aumentava. Per questo lo ritenevano solo una bestia. Non potendo cacciare non poteva svilupparsi.

I suoi pensieri vennero interrotti da un odorino sfizioso che si diffondeva nell'aria e che lo stuzzicava con il suo aroma. Storse la faccia annusando l'aria, anche se non aveva le narici, e si incamminò per uno dei tanti corridoi.

Non gli ci volle molto che il suo desiderio di fame poté finalmente essere saziato. Alla fine di un lungo corridoio che presentava solo un piccolo oblò si trovava un pozza di sangue ancora fresco dal quale proveniva quel gradevole odore. Vi si gettò sopra senza esitazione cominciando ad assorbirlo.

Un rumore alle sue spalle lo fece rinsavire. Si ritrovò davanti il felino con in mano la pistola. Gliela puntò alla testa « Hasta la vista, baby! » sparò e con estrema precisione gli centrò in pieno il cranio. Ma ciò si rivelò abbastanza inutile dato che questo si rimarginò un secondo dopo.

MM fece la cosa più simile ad una risata e si mise in posizione per attaccarlo «....colpo.....no giusto....» fu sorpreso di vedere che stava sorridendo « Ma io non stavo mirando a te. » il rumore di vetri rotti fu sostituito da uno di risucchio.

Il colpo aveva mandato in frantumi la finestra ed il vuoto spaziale stava attirando all'esterno tutto ciò che vi era nel corridoio. MM piantò una lama del pavimento per non farsi trascinare fuori, ma essendo il più vicino la forza di risucchio fu troppo per lui. E finì contro la parete.

I pezzi del suo insieme si staccarono e finirono nel vuoto cosmico vagando senza una meta. Nel giro di pochi attimi e tutta la creatura si ritrovò circondata dal gelo. Ora però toccava a Rekai il tentativo di non finire come il suo nemico.

Si aggrappò saldamente ad una parete con il braccio vuoto nel mentre che Kit con un comando a distanza fece abbassare una saracinesca sull'oblò interrompendo il flusso. Tirarono un sospiro « Andiamocene il più in fretta possibile. » concluse Kit prendendo la strada per tornare al ponte di comando.

Una volta rientrati nella sala di comando non ci pensarono due volte a mettersi alle loro postazioni e di partire alla velocità della luce « Se siamo fortunati » iniziò Kit mettendosi alla sala di comando « forse....» le ultime parole gli morirono in bocca quando qualcosa andò a scontrarsi con il vetro della nave.

MM lanciò un potente stridio e cominciò a colpire il vetro con dei pugni cercando di mandarlo in frantumi. Ma man mano che procedeva diventava sempre più lento, fino a bloccarsi del tutto. Il gelo spaziale aveva congelato la sua struttura rendendolo un ghiacciolo.

La nave partì velocemente andando a contrarsi con lui e mandandolo in mille pezzi, che volarono in tutte le direzioni.

Tutti tre si accasciarono sulle loro poltrone, felici che quella storia fosse finita. Non gli era piaciuto essersi dovuto tagliare un polso per fare l'esca con il sangue, ma era stata necessaria. Preso rilassamento sentì qualcosa afferrarlo per la testa e sbatterlo a terra.

Quando aprì gli occhi vide addosso a se il braccio mozzato di MM che aveva preso vita propria pronto a tormentarlo di nuovo « Ma che cazzo!?! » gridò scrollandosi di dosso l'arto facendolo scontrare contro la parete.

Questo si riprese assunse la forma liquida e si lanciò dritto contro la pantera, che aveva già cominciato a dire le sue preghiere. Che a quanto pare furono ascoltate. Kit si mise davanti a lui con qualcosa in mano.

Quando il liquido gli fu quasi addosso lui mise davanti l'oggetto che sembrava un barattolo d'acciaio. Il blob, non potendo fermarsi, ci finì dentro per intero e prima che potesse rispondere l'uscita venne bloccata da un tappo automatico.

« Pensavi di farcela piccolo bastardo, eh? » fece in tono scherzoso l'uomo per poi porgere una mano al ragazzo per rialzarsi che gli domandò come era riuscito a fermarlo « Questo contenitore è troppo piccolo, non può riprendere la sua forma. E l'interno è fatto di gomma, non può mangiarlo. »

« E adesso cosa hai intenzione di farci? » gli domandò Nova, che dalla faccia si capiva che voleva sbarazzarsene il prima possibile. Lui, invece, si mise alla sua postazione e mise il barattolo sul cruscotto, dove vi erano altri oggettini « Questo lo tengo come souvenir. » e scoppiò a ridere, ignorando completamente le proteste dei due ragazzi.

Se non altro gli avrebbe ricordato quella inquietante avventura.

E poi....a Kit piaceva conservare strani oggetti

 

 

 

Angolo autore:

PERDONATEMI SE NON HO PUBBLICATO PER PiU' DI DUE MESI!!! NON UCCIDETEMI!!!! SONO ANCORA GIOVANE!!!! E' solo che ero acchiappatissimo con un'altra storia che mi tolto tempo per questa. Spero che riusciate a perdonarmi e che il capitolo vi sia piaciuto.

Alla prossima, Lord Gyber.

 

 

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