The Hanged Man

di Stray_Ashes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Hanged Man -1 Vuoto ***
Capitolo 2: *** Colpe - Part 2 ***
Capitolo 3: *** XII - Part 3 (End) ***



Capitolo 1
*** The Hanged Man -1 Vuoto ***


The Hanged Man
 
Aprì gli occhi di scatto, e li aprì per la paura. Tirò su la schiena, sentendo il proprio respiro pesante, sibilante in quel silenzio assoluto, il petto che si alzava e si abbassava, ritmico. Aveva freddo, aveva paura, l’aria era umida, densa, non aveva odore, ma entrava e usciva da suoi polmoni con prepotenza, causandogli una sorta di dolore. Ma la cosa che più lo mandò in panico, fu il buio che lo circondava. Non un buio causato dall’assenza di luce, quello che si tasta la notte, ma un buio causato dall’assenza di tutto, composto dal niente, dal nulla, dal vuoto. Non stava precipitando, ma il terreno sotto di lui c’era e non c’era... lui stesso c’era e non c’era.
Non vedeva niente, sentiva i propri movimenti lenti, limitati, il suo corpo a malapena rispondeva; socchiuse la bocca, ma non riusciva ad emettere alcun suono... cosa stava accedendo? Che posto era? Perché? Le domande, frenetiche, mosse dal panico, gli si ammucchiarono in testa, come se si spintonassero, e i pensieri gli causarono un giramento di testa.
Aveva bisogno di vedere, di capire che luogo era quello, ma i suoi occhi, come le ossa e i muscoli, erano intorpiditi, deboli, addormentati... aveva aperto le palpebre, ne era sicuro, i suoi occhi avrebbero dovuto essere aperti adesso... ma il buio era così denso da riuscire a togliere qualunque certezza, e mettere dubbio anche nella cosa più banale. Sentiva i propri occhi aperti, ma aveva ancora la sensazione di averli ermeticamente chiusi, serrati.
Con un gesto lento si portò le mani sul volto, e appena avvertì il contatto con sé stesso, un brivido gelato gli attraversò la schiena, fino a toccare ogni muscolo del suo corpo. Sentì le proprie mani freddissime, dure, sottili e fragili, ma allo stesso tempo non le sentì proprio, come se fossero diafane, instabili, precarie, non costituite della materia solida a cui lui giovane ragazzo era abituato. Non certo solo le sue mani erano così, tutto il suo corpo lo era; ed era colpa di quel posto, qualunque esso fosse.
Nonostante le mani ridotte a quel modo, quando si toccò la pelle del viso, la avvertì... viscida,  e questa consapevolezza lo fece sobbalzare, terrorizzato. La sostanza viscosa rimase anche sulle dite, e il ragazzo, seppur fremente, sfiorò nuovamente quella sostanza che si era trovato addosso: era stranamente calda, viscida, quasi appiccicosa... la prima cosa che gli venne il mente, fu il sangue. Ma perché aveva del sangue in viso? E sangue di chi? Non sentiva ferite nel corpo, e attorno a lui non c’era nulla, o perlomeno nulla che vedesse.
Quasi inconsciamente, si passò la lingua sulle labbra, e sfiorò quella sostanza; la sentì, intrisa di un aroma metallico, allargarsi per il palato asciutto, e avvertire in bocca un sapore tanto intenso fu una sensazione strana da provare in un luogo come quello, in cui ogni suo altro senso era come intorpidito. Non era un sapore né buono né cattivo quello che provò, ma era sicuramente sangue, nonostante non capì di chi fosse. Di umano? Di animale? Di ghoul?
Il ragazzo scosse piano la testa, pulendosi la mano nella lacerata maglia nera che gli avvolgeva il suo fisico slanciato; considerò l’idea di alzarsi, ma sentì le gambe protestare al solo pensiero. Non aveva le forze, ed era come se nell’aria ci fosse poco ossigeno, poiché il suo respiro continuava ad essere veloce e pesante, irregolare... nella disperazione di quel vuoto e smarrimento assoluto, per un attimo si perse nel suono del proprio respiro, mescolato a quello ancora più ritmico, e martellante, del suo cuore, lì nel petto, restato a rappresentare l’unica certezza a suggerirgli che, alla fine, era ancora vivo. O di questo si convinceva.
Ma il giovane, stanco e quasi inebetito dall’oscurità assoluta, quasi non si accorse del nuovo rumore che cominciò a rimbombare nel mezzo di quel nulla... era un suono estraneo al suo corpo, ed era ticchettante, assillante, insistente, e veniva da qualche parte, là davanti a lui, e poi improvvisamente veniva da dietro, e dal suo fianco, ora lontano e ora vicino, finché non fu tutto attorno. Un minimo tac-tac continuo, che qualche volta strideva, sibilava, e il ragazzo, in preda a un terrore puro, si accorse che si muoveva, e si muoveva con milioni, milioni e miliardi di minuscole zampe, come si se si spostassero su lastre di vetro. Eppure, ancora non vedeva niente.
«C-chi c’è...?» provò a dire, mentre il suo cuore accelerava, tamburellando fino a fargli male, sconvolto dalla paura dell’ignoto che era attorno a lui. Tuttavia, quello che uscì dalla sua gola fu null’altro che un gemito strozzato. Si guardò intorno, gli occhi dilatati nel vano sforzo di vedere cosa o chi produceva quel formicolante rumore, che andava somigliando a una nenia acuta.
Appoggiò le mani davanti, sul terreno freddo, se terreno si poteva chiamare. «Dannazione, c’è qualcuno!» urlò, ma anche questa volta la sua voce suonò squillante e strozzata. «Dov-...» ma quest’ultimo tentativo di dire qualcosa affogò in un singulto terrorizzato, mentre ogni fibra del suo corpo si immobilizzava, paralizzata. Qualcosa, di molto freddo e sottile, gli aveva sfiorato il dorso della mano, e ora quel suono ticchettante era incredibilmente vicino... col suo tic tic minaccioso.
Il ragazzo si ritrasse, provò ad alzarsi, ma in realtà strisciò solo all’indietro, instabile e reso folle e confuso dalla paura; serrò i denti, smarrito, cacciandosi le indolenzite mani tra i lisci capelli, ora intrisi di sangue secco, ma che ricordava fossero bianchi.
Fu all’improvviso che, laggiù in questo posto senza tempo e senza spazio, si accese una luce. Sembrava un piccolo fuoco, che danzava, così piccolo e impotente contro l’oscurità densa, ma che indisturbato brillava di colori vermigli, e fremeva, baluginante, un fascio di piccole lingue di fiamma che si allungavano e ritraevano. Non produceva il rumore crepitante del fuoco, era tutto incredibilmente muto.
Il ragazzo si protese fissando quella luce, smanioso di averla più vicina.
«Kaneeeki...» 
Il giovane si bloccò nuovamente, sbarrando gli occhi nel buio. Kaneki... era sicuro di aver sentito quella parola, rimbombava ancora tra le pareti del nulla. Kaneki... era un nome. I-il suo, nome? Kaneki. Sì, l’avevano chiamato così molte persone, persone buone, che ora gli mancavano nonostante non ne ricordasse il volto, persone morte, persone vive, persone malvagie.
«Oh, Kaneki...».  La voce giunse di nuovo, là, dalla zona della piccola fiamma. Era una voce di una donna, acuta, beffarda, mormorata. Il suono di ogni lettera si allungava rimbombando flebile, mescolandosi al martellante ticchettio che si insinuava ancora  nell’orecchio di Kaneki, esasperandolo. La confusione del ragazzo diventò anche maggiore della paura. «Chi c’è?!» urlò, un po’ tentennante.
«Ma come, non riconosci la mia voce? La voce che ti sussurrava nella testa? Ti è bastato mangiare la mia forza, per dimenticarmi?». 
Era la voce di Rize. 



*** Angolo dell'autrice
Boh. Volevo scrivere una robetta su Tokyo Ghoul, che è attualmente il mio manga preferito, ma in realtà ho fatto una cosa incentrata su descrizioni di posti inquietanti, e di Tokyo Ghoul ho preso solo le facce...
Infatti, per ora non ha assolutamente senso.
Comunque, questa è solo la prima parte, ne seguiranno altre due, un po' più interessanti spero ^^
Mi farebbe piacere un vostro commento, o una vostra critica costruttiva perché non ho idea di come sia venuto non l'ho riletto lol
E boh, questo è quanto (?)
Bye bye c:


_MoonStorm:.

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Capitolo 2
*** Colpe - Part 2 ***


Allora, avverto che questa parte, è un po' più corta, e avverto che, la prossima sarà un po' spoiler (nel senso che, se usi la logica, potresti rovinarti una sorpresa del manga) ma questo è riferito a chi non segue le scan (inglesi).
E boh, buona lettura!
The Hanged Man

- Colpe -

«Ma come, non riconosci la mia voce? La voce che ti sussurrava nella testa? Ti è bastato mangiare la mia forza, per dimenticarmi?».
Era la voce di Rize.
Questo nome oscillò nella testa di Kaneki, il cui cuore perse un battito. «R-Rize... Eri morta...»
«Ma io non sono mai morta, Kaneki» e le parole si persero in una risata isterica, divertita, e squillante, che si prese tutto lo spazio presente, annullando qualunque altra cosa.
Kaneki mosse la testa da una parte e dall’altra, improvvisamente assordato dai suoni che lo circondavano, e in quell’istante la fiamma si alzò, iniziò a crescere, formando un semicerchio davanti a lui e illuminando tutto. L’oscurità si tirò indietro, e lo spazio si tinse di rosso, riempiendosi di riflessi. Fu quella luce che permise a Kaneki di vedere il sangue, linee e chiazze di sangue che colavano lentamente verso di lui, brillante sotto le fiamme, scuro, minaccioso. Ma non fu il sangue che terrorizzò il ragazzo: a circondarlo c’era un cimitero: ossa grigie e spezzate, in mezzo a cui brulicavano insetti, sottili e sinuosi, corazzati, muniti di milioni di piccole zampe appuntite, che ticchettavano, stridenti, e lunghe antenne che tastavano il terreno, insetti che s’avvolgevano su sé stessi, grumi pullulanti di vita che si muovevano informi.
Erano milioni, o forse miliardi di millepiedi che si contorcevano, e cadevano dalle ossa sul terreno, muovendosi allora verso di lui, come ciechi, sfiorando le sue mani, toccando i suoi vestiti.
Kaneki urlò. Finalmente, nella disperazione trovò la forza di alzarsi in piedi, barcollante, e arrancò in mezzo al sangue che fluiva tra i suoi piedi.
«KANEKI! » , e questa volta la voce la sentì sibilare aggressiva al suo orecchio, e sentì sul viso il fiato caldo di chi gridò, le mani fredde di chi gli sfiorò i capelli, mani che dai capelli scesero fino al suo collo, accarezzandogli la mascella, tenendolo fermo lì dov’era, senza poter scappare.
«Non devi avere paura, Ken. Il tempo per averne, è finito» mormorò ancora la voce,  con un tono divertito, sornione, soffiando tiepida sulla sua guancia. Kaneki si bloccò, fremente, tenendo sospeso il respiro, straziato dal martellare del suo stesso cuore nel petto.
Le fredde dita sottili accarezzarono ancora i lineamenti del suo viso. «Guardati... sei coperto di sangue. Dimmi Kaneki, quante persone hai già ucciso? Quante colpe hai già?»
«R-Rize.. ti prego...» gemette il giovane, spezzando il silenzio che per una manciata di munti si era formato tra loro, e sentì i propri occhi riempirsi di lacrime. Lacrime? Si era promesso di non piangere, mai più, se l’era promesso fin da quando era morta sua madre, tanti, troppi anni prima. Eppure piangeva ancora, era ancora debole, e non sapeva proteggere nessuno. Quante colpe aveva già?
«Ma  va bene così, pieno di peccati. Non sei stanco di soffri-...»
«VATTENE!»
Kaneki, frustrato, urlò, e l’urlo vibrò in ogni fibra del suo corpo; la rabbia risvegliò ciò che prima dormiva, un formicolio acuto si mosse nella sua schiena, e il suo occhio sinistro improvvisamente bruciò. Sussultò, mentre la kagune bucava la pelle della sua schiena, mentre le sue cellule RC si accalcavano, generandosi l’una con l‘altra, fino a costruire quattro lunghi tentacoli pulsanti, rossi come quelle fiamme, che si cibarono della sua rabbia, allungandosi in mezzo al nulla. E non si fermarono finché non gli consumarono ogni forza.
A tal punto Kaneki sentì le gambe cedere, e semplicemente cadde in ginocchio, mentre la sua kagune lentamente si disfava. Il giovane ghoul ebbe il tempo di voltarsi: dietro di lui, mezza illuminata dalle fiamme, c’era la figura slanciata di Rize, ma era irrealmente magra, e il suo viso oscurato. Tuttavia, tra i lunghi capelli lisci, Kaneki riuscì a intravedere un volto asciutto, incavato, che sorrideva inquietantemente, e al posto degli occhi due vuoti buchi scuri, inespressivi.
Il ragazzo, abbandonato sulle ginocchia, spalancò la bocca nel tentativo di urlare, ma il fiato mozzato dalla visione inattesa gli piegò in due la voce, smorzandola. Ed era inoltre cosciente di essere completamente indifeso. Rize, se lei era, si contorse ancora dal ridere, e Kaneki quella risata la percepì oscena. «Rize... ma cosa..»
Lei si avvicinò, e si inginocchiò a sua volta per arrivare alla sua altezza, mentre il suo volto finalmente incontrava la luce. Eppure Kaneki non vide più quel viso smagrito, quella che ebbe davanti non era neanche più Rize. Era il volto di una giovane ragazza, dalle guance rotonde, un lucente sorriso sornione, gli occhi grandi e lucenti, i capelli chiari e mossi, che scendevano sulle spalle. Kaneki sbarrò gli occhi, irrigidendosi, e quella rise.
Conosceva quel viso... Takatsuki... Takatsuki Sen? 


***
.:Angolo dell'autrice
E...Boh. E' così. 
Spero di non aver scritto aborti e di essere riuscita a rendere l'idea.. mh. 
Non so cosa dire, devo andare a studiare e non ho idee. Mi sento uno schifo.
Addio, e alla prossima :v
Bye Bye

_MoonStorm:.

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Capitolo 3
*** XII - Part 3 (End) ***


E sì, dopo aver corso tutto il giorno da un estremo all'altro degli impegni, mi ricordo che mi mancava di caricare la terza e ultima parte della fic, e lo faccio di notte... yeah. 
Anyway, spero che questa conclusione si onsluda in modo conclusionante.. questa frase non ha senso perché a dinamica di questa FF non ha senso, l'ho scritta pché avevo avuto voglia di farlo.
Buona lettura, io mi ritiro :v
The Hanged Man

- XII -

Kaneki sbarrò gli occhi, irrigidendosi, e quella rise. Conosceva quel viso... Takatsuki... Takatsuki Sen?
Ma questo non aveva assolutamente senso... Semplicemente non ne aveva...
Il corpo della giovane scrittrice era avvolto in bende bianche, solo il viso e i capelli erano lasciati liberi. Ma era lei, era lo stesso giovane volto che aveva visto tanto tempo prima nelle interviste, ed era proprio come quello che aveva visto quando la donna aveva firmato le copie dei libi a lui e ad Hinami... questo invece quanto tempo prima?
«Ciao Kaneki, è bello trovarti qui... Ho sempre pensato che fossi interessante» inclinò la testa, appoggiando le braccia sulle ginocchia, guardandolo con curiosità. La sua figura, illuminata dalle fiamme, sembrava instabile, e qualche volta vibrava, lasciando intravedere il nero assoluto che dilagava dietro.
Sorrise ancora, allungando una sottile mano verso di lui, e accarezzandogli il viso macchiato di sangue scuro, dove solo sotto gli occhi si intravedeva la sua pelle chiara, lì dove le lacrime avevano portato via lo sporco. Afferrò una delle bende  che le pendevano dalla braccia, e con gesti accurati, la usò per pulirlo dalla sudicia sostanza rossa. «Quanto sangue, Kaneki. Non sangue innocente, nessuno è innocente. Ma quanto ne abbiamo già versato...»
«Takatsuki... c-cos’è questo posto...?» provò solo a dire Kaneki, sconvolto dalla confusione. Voleva solo tornare a casa, voleva solo ricordare bene la sua vita, ricordarsi i suoi obiettivi. Lì nulla invece sembrava avere senso.
Lei, con la sua diafana figura, ritrasse la mano e si limitò ad abbassare gli occhi, per poi improvvisamente rialzarli su di lui, con uno sguardo freddo. «Siamo dentro la tua testa, e siamo dentro la mia. Siamo nell’oblio, siamo nel vuoto, siamo nelle illusioni, siamo nel fumo delle fiamme che brillano da qualche parte là fuori, siamo nel sangue di chi che sta morendo, siamo nella pioggia che cade. Siamo ovunque e siamo da nessuna parte, siamo nella verità e nella bugia» mormorò. «Sei qui perché stai soffrendo troppo, sei qui perché stai facendo soffrire, troppo. Sei qui perché dovrai fare delle scelte, e nessuno ti aiuterà a farle, sei qui perché dovrai stringere i denti, sei qui in questo posto morto perché altrove sei ancora vivo
Si passò la lingua sulle labbra, con un altro piccolo sorriso. Stralunato, Kaneki la fissò mentre una situazione strana sentiva accadere a sé e mentre la vedeva accadere a lei: i capelli e le bende della ragazza di “alzarono” verso l’alto, oscillando, come se la gravità pendesse d’un tratto al contrario, e così per lui. Strabuzzò gli occhi, mentre il suo cuore faceva una capriola, in coppia con il suo stomaco, che per poco non lo costrinse e rigettare. Sen, invece, si limitò a ridere strizzando gli occhi, quasi istericamente, per nulla preoccupata dal mondo che inspiegabilmente si rovesciava, né mentre il terreno sotto di loro spariva.
Kaneki si ritrovò a precipitare verso il nulla, abbandonato al volere di quel luogo pazzo, quando qualcosa di appuntito si agganciò a una delle sue caviglie, e la passò da parte a parte, bloccando la sua caduta. Il ragazzo urlò, mente il dolore lancinante si prendeva tutta la gamba, insieme al sangue che dalla caviglia iniziava a colare. Strinse i denti, ma il male era insopportabile, poiché a pendere su quella carne ormai lacerata, c’era il peso di tutto il suo corpo. Oscillò,  senza energie; il sangue prese a fluire alla testa, finché il giovane non se la sentì esplodere, e mentre i suoi polmoni fischiavano e il suo respiro si faceva ancor più affannoso, Kaneki, con gli occhi socchiusi per lo sforzo, intravide Takatsuki. Il suo viso era all’altezza del suo, solo che, a differenza sua, non era all’incontrario, e i suoi piedi erano saldi sul nuovo terreno. Immancabilmente sorrideva, mezza nascosta dall’oscurità. Kaneki non vedeva più le fiamme, ma era ancora presente una luce rossastra, sola a contrastare il buio. Gemette, la voce strozzata.
«Sei qui, Kaneki, perché sei appeso tra il giusto e tra lo sbagliato, attaccato alla realtà e alle tue determinazioni tramite il dolore dei tuoi sacrifici, delle tue prove, dei tuoi sforzi. Sei solo con il tuo male. Ma il tuo viso pare così impassibile agli occhi degli altri, sorridi se c’è da sorridere, stringi i denti se c’è da stringerli...». La voce della donna arrivò alle orecchie di Kaneki come un suono distorto, dalle note di una nenia dolce-amara, e ogni parola portava nel suo cuore un piccolo male, che si mescolava a quello crescente e fisico della sua caviglia.
Takatsuki si avvicinò al ragazzo, camminando sulle punte dei piedi bendati, finché non arrivò a un soffio dal suo viso al contrario, e gli posò un dito sulle labbra spaccate. «Ed è proprio il tuo essere così forte, che ti rende debole, Kaneki.»  sillabò, la bocca piegata in un mezzo sorriso. «Agisci come un bambino, un bambino forte, cresciuto troppo in fretta, ma ancora solo un bambino; e resti appeso alle tue speranze, speranze brancolanti, che bramano la fine del tuo dolore, bramano che ciò che è sbagliato diventi giusto, mentre lotti perché tu e i tuoi amici possiate sorridere. E a quelle speranze dai in cambio le tue forze, finché non finirai anche quelle... Ma non è infantile, tutto questo?» Rise, ma rise triste. Kaneki, senza più respirò, la guardò come se fosse pazza... ma forse, il pazzo era solo lui. Forse era tutto frutto della sua fantasia, forse era matto, o forse era morto. Ma la voce di Takatsuki era lì, concreta.
«Ti sacrifichi per un po’, e rimani aggrappato alle promesse, promesse vane, che facendo tradisci te stesso. Tu sei traditore, tu sei sospeso, tu sei impiccato.
Tu sei l’Appeso».
Takatsuki si sporse a lui, con un dito raccolse il suo sangue, che dalla caviglia era ormai arrivato al suo petto, e infine colle labbra, ridendo, toccò le sue.
Lasciando un ammutolito Kaneki, la giovane ritrasse il suo viso e sempre sotto sotto il suo sguardo spaesato, disegnò, con gesti armoniosi delle piccole dita sottili, sulla sua fronte una X e due linee. Fu sempre ridendo che Takatsuki gli accarezzò ancora una volta una guancia, camminando all' indietro, e sempre ridendo sparì in mezzo al buio, lasciando a brillare di rosso solo i suoi occhi e la sua linea, una sola, di sangue sul viso, tra i mossi capelli chiari.
Fu invece urlando che Kaneki si svegliò, con quel disegno sulla fronte che bruciava, atroce, e che bruciò anche quando aprì gli occhi, di nuovo sveglio tra i muri della realtà. I simboli pulsarono per un attimo ancora, colmi delle sue colpe, colmi delle speranze. Ardettero concreti sulla sua pelle, linee che parlavano amare del suo destino.
XII.

The End


.: Angolo dell'autrice_
E' uscito questo. Non so se è spuntato fuori come l'avrei voluto, 3/4 di tutta l'FF è stato improvvisato durante le battitura, come mio solito. But nevermind.
Non so se ho lasciato Takatsuki abbastanza ic, ma mi serviva che facesse un po' la pazza, roba molto da sogno/visione... mh... inoltre credo di aver fatto un casino nell parte in cui il mondo si "rovescia". Ma si è capito? No cioè, la gravità si ribalta, ma Kaneki, invece che cadere di faccia, viene bloccato da qualcosa che gli trapassa la caviglia e lo fa restare appeso a testa in giù. Cosa l'ha afferrato? Non ne ho idea.Un gancio, l'uncino di Capitan Uncino, un cacciavite sonico, il tuo spazzolino da denti. E' uguale. E anche le mie parole sono, in effetti, piuttosto inutili. Ma ho sonno e scrivo cacate D:
Questo è quanto... enjoy c:
Bye bye, alla prossima.


_MoonStorm:.

 

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