SAO: a friendship story

di ryuji01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** AMICIZIA: VIDEOGIOCO MORTALE ***
Capitolo 2: *** DRAGO: BUG! ***
Capitolo 3: *** I CAVALIERI DEL PATTO DI SANGUE: CILIEGI IN FIORE ***
Capitolo 4: *** FILASTROCCA: STRANEZZA ***
Capitolo 5: *** PAURE: CONVINZIONI ***
Capitolo 6: *** UN GRANDE SEGRETO: RITROVARE E PERDERE ***
Capitolo 7: *** VECCHIA CONOSCIENZA: URLO DI DISPERAZIONE ***
Capitolo 8: *** FRATELLANZA:RIVELAZIONI ***
Capitolo 9: *** PEDINA: TELEFONATA ***
Capitolo 10: *** LADRO: ERUZIONE ***
Capitolo 11: *** UN ANNO PIÙ LONTANO DALLA MIA VITA PASSATA: IL DOLORE D’UN GENITORE ***
Capitolo 12: *** UN REGALO DI NATALE: FREDDO DALLE CARCERI ***
Capitolo 13: *** UNA VISITA NOTTURNA: DISCUSSIONE ***
Capitolo 14: *** LACRIME E ACQUA SALATA: POLVERE NELL'ARIA ***
Capitolo 15: *** MORTE: VENDETTA ***
Capitolo 16: *** IL LAMENTO DOPO LA TEMPESTA; IL MORBO DEL PRIMO PIANO ***
Capitolo 17: *** UNA PORTA DI SPERANZE: MANDAR GIÙ ***
Capitolo 18: *** OPALESCENZA:SUICIDIO ***
Capitolo 19: *** LACRIME CRISTALLINE: SCELTA ***
Capitolo 20: *** PERCEPIRE: INCONTRI ***



Capitolo 1
*** AMICIZIA: VIDEOGIOCO MORTALE ***


DIARIO VIRTUALE
Ciao! Sono riuji01 mi piace scrivere storie di magia, però prima di scrivere una vera e propria storia voglio provare a cimentarmi in una storia dove ho già la base. Tutte le armi, i boss, e gli scenari che scriverò sono inventati; a parte qualcosa che cercherò di copiare dall’anime( non ho letto la light novel) e alcune cose che cercherò di intrecciare. Se non vi è chiaro qualcosa ditemelo vi spiegherò tutto. Dividerò il testo in due parti: quello che accade nel gioco e quello che accade fuori, se volete che immetta un’arma o un vostro personaggio ditemelo vedrò che posso fare, però voi mandatemi la descrizione con potenza, costo, ecc. ( ho già la storia praticamente, però faccio ancora in tempo) . E in fine questo è il diario virtuale.  Questo capitolo potrebbe apparire un po’ noioso, e come noterete non sono tanto “fissato” con i dialoghi. Ditemi che ne pensate, spero che vi piaccia.                                          
AMICIZIA: VIDEOGIOCO MORTALE
Entrato nel gioco urlai dalla gioia –  Evvai! – Un po’ di avatar si girarono e mi guardarono, avevo un po’ di vergogna ad essere al centro dell’attenzione.
 Smesso di essere guardato iniziai a camminare. Le case erano fatte di mattone grigi e dello stesso colore erano quelle del pavimento, sembrava di stare in una città medioevale ; era strano, il mondo sembrava così reale e così immaginario contemporaneamente, una cosa incredibile!
 Mi ero scelto un avatar totalmente diverso dal mio vero corpo, era alto, aveva i capelli biondo-cenere, e ricci, che gli arrivarono alle spalle e dei bellissimi occhi azzurri; per me, il mio avatar era… Un vero e proprio Don Giovanni. Nella piazza c’erano tantissime persone, qualche locanda, di cui nome uno più strano dell’altro, ed un mucchio bancarelle – Sarà quella principale – Dicevo tra me e me.
– Chissà come funzioneranno le cose qui? –  è  questo che mi continuavo a chiedere: odio leggere le istruzioni dei videogiochi, e più bello abituarsi quando si è dentro che saper già tutto, ed era così che avevo fatto per tutti i videogiochi precedenti, ma questo era diverso, questo era il mio primo NerveGear, questa era la prima volta che mi buttavo, letteralmente, in un videogioco.
 Stavo cominciando ad abituarmi a camminare in questo mondo virtuale, era stranamente difficile , i miei movimenti erano ancora molto impacciati, e, come si potrebbe immaginare, all’improvviso inciampai; stavo per finire addosso ad una bambina che, a giudicare dall’avatar, avrà avuto si e no 8 anni, io ne avevo 13 e mezzo anche se il mio avatar ne dimostrava 17.
 Ero preoccupato, non volevo fargli del male, anche se questo era un gioco non volevo schiacciarla; e nel caso fosse caduta con me sarebbe stato ulteriore motivo di imbarazzo, ma come potevo fare! Sperando che tutto finisse e accettando quello che sarebbe successo, chiusi gli occhi e prima di arrivare a terra li riaprii.
La bambina era scomparsa, mi chiedevo come avesse fatto; quando ormai fui a terra ebbi la risposta, vidi la bambina che era stata tratta salvo da un ragazzo di, ancora giudicando dall’avatar, 18 anni, accompagnato da uno della mia età. Gli dissi – Scusatemi  - Il più grande di loro mi disse; con un’aria arrabbiata e di rimprovero – Ok, ma la prossima volta sta più attento – Io sorrisi annui e me la diedi a gambe levate.
Sospirai e dissi – Per quanto possa sembrare diverso i rimproveri sono tali e quali a quelli reali.
 Però chissà come aveva fatto il ragazzo a trarla in salvo – Comunque , va be’ l’importante è essere riuscito a procurarsi SAO. Iniziai a guardare le bancarelle vendevano vestiti tra cui: toghe, giacche, gonne, pantaloni, armature; potevano essere cose medioevali o cose da casa; al momento indossavo dei  semplici pantaloni una maglia a maniche lunghe e una sottospecie di armatura che mi sembrava di più un set di protezioni per i pattini a rotelle, escludendo la parte sul petto .
 Altre bancarelle ancora, vendevano degli oggetti dei più vari colori e tipi, che se ho capito bene si chiamano item e se avevo capito bene ognuno serviva a qualcosa di diverso. Guardando il loro costo pensavo che non ne avrei potuto acquistarne tanti con i soldi che possedevo; avevo già controllato quello che avevo e non mi sarei potuto permettere più di due o tre item, un pasto ad una locanda e un’arma… – Un’arma, aspetta… ma io non ho nessun’arma!! –
A quel punto non c’era tanto altro da fare( senza un’arma non puoi fare niente al di fuori della città), quindi mi diressi alla bancarella delle armi. Qua c’erano  spade, pugnali, scudi, martelli e asce. Non ero mai stato bravo a kendo, e quindi pensavo che non avrei optato per una spada.
Iniziai a guardarle, erano normalissime spade, ed asce anche se molto lucenti, non ero molto eccitato, ma non tutti erano così passivi alla visione di quelle armi. Infatti in parte a me notai un ragazzo ,stava scrivendo i nomi delle armi, il loro prezzo e la loro potenza su un taccuino.
Cercai di leggere i suoi appunti, ma era difficile. Lessi solo pugnale chiaro, costo …. Prima che finissi di leggere si era girato, penso si fosse accorto di me. Allora cominciai di nuovo a guardare le armi, anche se quello che volevo veramente era leggere quel libretto; rimasi incantato da una spada messa in una teca in alto, gli occhi mi scintillavano mentre la guardavo.
Aveva l’impugnatura ricoperta di pelle, sotto era verde come le venature che salivano su per tutta la sua lama, quest’ultima era chiarissima quasi trasparente. Il ragazzo che prima si era girato ora mi disse – Bella vero. Si chiama spada del nord: si chiama così perché il metallo con cui si produce si trova a nord di questo piano, non so precisamente dove però.
Anche se è tanto bella, non penso sia tanto ambita; per due semplicissimi motivi, il primo è che non è una spada da combattimento frontale, anzi e fragilissima; e una spada che aumenta il tuo attacco speciale; e poi perché costa tantissimo per il piano in cui si trova – In effetti costava un occhio della testa, costava duecento volte tanto i soldi che ti danno all’inizio.
Io rimasi basito dalla sua conoscenza in materia e poi dissi in tono estasiato – Ma è così bella – E lui mi rispose – Si, lo so – Poi gli dissi – Comunque, io sono Kaii, ho tredici anni e mezzo e vengo dalla periferia di Tokyo – E lui – Io mi chiamo Jotaru , è ho undici anni – Dopo i saluti ci incamminammo verso una locanda e qua io consumai il mio primo pasto virtuale, anche se consisteva solo in un panino. Mentre mangiavamo nella veranda della locanda, gli chiesi – come fai a sapere tutte quelle cose sulle armi di SAO? – Lui a quel punto disse –  Allora ai letto….  –
Abbassò la testa, io pensavo tra me e me che se gli avessi detto che avevo letto solo una riga non avrebbe continuato quindi annuì – Beh.... – Continuò – Mi piacciono le armi. Quindi nel mondo reale mi sono procurato un elenco di tutte le armi di SAO; sono davvero tante, e o cercato di impararle a memoria. È  stato difficile procurarmi quell’elenco, sai io abito in campagna – Ero basito, io non mi ero mai impegnato così tanto per un videogioco.
Rimanemmo in silenzio fino a che non dissi – Wow, io abito in città invece, e ho fatto una fatica solo per prendere il gioco – Ci fu un altro momento di silenzio e pensai  – Ok, detto così sembravo veramente cretino – il silenzio continuò però questa volta fu interrotto da un suono tipo campanello e io chiesi – Cose stato? – E Jotaru disse – Scusa era il mio NerveGear – Io lo guardai con aria interrogativa. Non avrei potuto sopportare un altro momento di silenzio e gli chiesi – Tu hai dei fratelli ho delle sorelle? – Lui disse – Si, ho una sorellona, ma quello grande sembro io; i miei genitori vivono separati, ma a causa del lavoro – Io ridacchiai – A chiamarla così sembri tu quello piccolo – Lui mi disse – Come? – E io – Sorellona – Ridemmo insieme e lui – Hai ragione – E continuò – Perché hai comprato SAO?  – E con questo cadde l’asino.
Non volevo rispondergli che l’avevo comprato perché era sulla bocca di tutti e dovevo averlo, o perché mi piacevano i videogiochi; quindi gli dissi – Perché vorrei diventare un specie di eroe – Effettivamente a scuola ero schernito e non ero neanche considerato ,quindi poteva anche essere la mia motivazione, lui mi guardò e mi disse, in tono quasi di vergogna – Io….lo preso per…  – All’improvviso un ascia passo tra la mia e la sua testa; presi un colpo. Quando mi ripresi corsi fuori e urlai – Chi è stato?! –
Tre enormi tizi dissero – Siamo stati noi, stavamo giocando, c’è qualche problema – Non avevo paura, col mio avatar ero più grande, ma Jotaru che si era finalmente ripreso  e mi aveva raggiunto fuori mi disse – Kaii, lasciamo perdere – Io gli urlai – No, ma come si sono permessi, Essere grandi e grossi no gli da il permesso di trattare le persone in questo modo – Mi guardarono con aria di sfida e anch’io , ma quando iniziarono a picchiare le loro armi sulle mani mi ricordai di non avere comprato neanche un’arma.
Allora iniziai a correre e Jotaru mi seguì a ruota. Gli chiesi stupidamente –  Ma non hai un’arma!? – E lui mi rispose – No! – E io finii dicendo – Siamo messi bene – Arrivammo a un vicolo ceco e non ci avevano persi di vista. Mancava poco e ci avrebbero attaccati.
 Dei kunai beccarono le gambe dei tizi che ci seguivano e quelli caddero a terra, vedevo una sagoma in cima alla parete del vicolo, sicuramente di una persona, e quest’ultima disse – Venite con me –  Ci diede le mani e scavalcammo il muro, la persona era un lui; la seguimmo fino a un strada stretta e buia che finiva con un incrocio dove passava un fiumiciattolo, con un ponte che ci passava sopra e qui ci fermammo.
Quei tizi avevano continuato a seguirci, ma ora li avevamo seminati, la persona si presentò – Sono Masao, e voi? – Io risposi per me e per Jotaru, dopo lui continuò – Ma cosa avete fatto a quei tizi? – Questa volta fu Jotaru a rispondere spiegandogli tutto quello che era successo – Che stupidi – Disse, con un tono da snob; subito dopo qualche secondo di silenzio scoppiammo tutti e tre a ridere come dei forsennati.
Ci incamminammo verso la piazza principale – Masao quanti anni hai e soprattutto… Perché hai quei vestiti? – Risi – Ho 14 anni e indosso questi vestiti perché mi piacciono – Mi rispose offeso; pensando che era abbastanza ridicolo con quei vestiti gli chiesi – E quanto ti sarebbero costati? – E lui – Con le armi mi sono rimasti solo…  – Stava facendo un po’ di conti con le dita – Mi sono rimasti esattamente 5 denari –
 Noi – Cosa!? – Lui mise la mano dietro la testa e ci guardo con un sorriso. Io dissi con un tono di rinfaccio – E poi saremo noi quelli stupidi.
 – Lui – Beh… –  Io gli picchiai la spalla con un pugno come dire – Che stupido. – Iniziò a suonare una campana, ci ritrovammo nella piazza principale, avevamo perso di vista Masao. Prima che potessimo iniziare a cercarlo la nostra attenzione fu sviata dal cielo che divenne rosso, e dalle piastrelle esagonali che lo coprivano uscì un liquido rosso, tipo sangue, e questo formò specie di spettro; questa inizio a parlare e disse – Miei cari giocatori benvenuti nel mio mondo il mio nome è Akihiko Kayaba e sono l’unico in grado di controllare questa dimensione – Io dissi – Chi?! – Jotaru mi rispose –  Akihiko Kayaba… è il creatore di SAO – Poi lo spettro continuò – Immagino che ormai avrete notato quasi tutti che l’opzione di log-out è scomparsa dal main menu; sappiate che non dipende da un errore nel gioco, ripeto non c’è alcun bug nel sistema, è un requisito di Sword Art Online – Controllai se stava dicendo sul serio e purtroppo era tutto vero – Non potete disconettervi di vostra iniziativa, ed è altrettanto impossibile che altre persone spengano o rimuovano il NerveGear per voi, perché nel caso ci provassero un trasmettitore dentro il NerveGear emetterebbe microonde ad alta potenza che terminerebbero il vostro cervello e la vostra vita – Io pensai tra me e me – Cosa!? – Lo spettro  –  Sfortunatamente si sono già verificati casi di parenti e amici che, ignorando il mio avvertimento hanno provato a rimuovere il NerveGear con la forza. Di conseguenza, 213 partecipanti a SAO hanno, per sempre, lasciato Aincrad, così come il mondo reale – Rimasi di sasso non potevo credere a quelle parole; quello che speravo fosse uno scherzo era la pura e semplice verità – Come vedete i mas-media stanno affrontando l’argomento, divulgando informazioni sulle numerose vittime. State tranquilli il pericolo che il NerveGear venga rimosso a forza è già notevolmente ridotto – Io pensai – Ma  quale pazzo potrebbe fare una cosa del genere – Lo spettro continuò –  Mantenete la calma – Io un po’ incacchiato – Ma come cavolo pensa che dovremmo mantenere la calma! – Lui continuò – E impegnatevi a completare il gioco; e ricordate bene, d’ora in poi nell’MMO non ci sarà più alcuna possibilità di resurrezione, nell’istante in cui i punti vita arriveranno a zero il vostro avatar scomparirà per sempre, e al tempo stesso il vostro cervello sarà distrutto dal NerveGear – Avrei  voluto urlargli contro qualcosa, ma qualunque cosa avessi detto sarebbe stata vana – Esiste un unico modo per riguadagnare la libertà: finire SAO. Vi trovate al primo livello di Aincrad, il più basso, superate i labirinti e sconfiggete il boss di ogni piano per passare al successivo, superate l’ultimo livello, il centesimo, e avrete completato il gioco – Ora parlai ad alta voce – Cento livelli!!! È impossibile –
 Lo spettro finì dicendo – E, per finire, nel vostro inventario ho depositato un piccolo regalo da parte mia: prego controllate – Aprì il main menu, c’era uno specchietto nell’inventario, lo selezionai, mi guardai e un vortice di pixel mi circondo. Quando scomparve; ero io, non c’era più il mio avatar ero io: altezza media, occhi neri e quei dannatissimi capelli rossi che tanto odiavo.
In parte a me invece c’era un ragazzo basso, capelli a spazzola marroni e occhi azzurri; era Jotaru, non ci potevo credere! E a quanto pare dal suo sguardo; era basito quanto me –  Vi starete chiedendo perché, perché Akihiko Kayaba creatore di SAO e del NerveGear ha preso una decisione simile: il mio obbiettivo è stato raggiunto, ho programmato SAO solo per creare questo mondo e osservarlo con mia immensa soddisfazione –
Ci fu un attimo di silenzio – E così tutto è compiuto – Le lacrime uscirono dagli occhi delle persone. – Termina cosi il tutorial per il lancio di SAO; auguro buona fortuna a tutti i giocatori. –  Lo spettro scomparve in un rumore che sembrava quello di un computer andato in corto circuito.
C’è chi pensava fosse uno scherzo, chi protestava e chi piangeva. Non me ne accorsi subito, ma Jotaru era corso in un vicolo. Lo seguii; aveva le mani tra i capelli e il capo chino; quando alzò il volto era in lacrime, cercai di consolarlo dicendo  – Dai che ci sono qua io, siamo insieme non devi preoccuparti – Lui mi urlò contro e mi disse – Saremo anche insieme, ma intrappolati in questo mondo! E potremo uscire solo quando qualcuno avrà finito ‘sto cavolo di gioco –
Mi accosciai, aveva ragione, mi misi a piangere, non sapevo perché, ma non riuscii a trattenere le lacrime; eravamo in un gioco mortale e il bello, è che ci eravamo entrati da soli. Disse – Kaii, scusami? – Io risposi – No, non è colpa tua se piango, stavo riflettendo; hai ragione – Ci fu un attimo in cui si sarebbe, persino,  riuscita a respirare l’aria di disperazione. Un urlo interruppe tutto.
Jotaru aveva iniziato ad urlare, io mi alzai di scatto corsi da lui e chiesi stupidamente – Che sta succedendo?! – In quel momento io pensai che poteva essere uno dei suoi parenti che gli toglieva il NerveGear, sarebbe stato normale abita in campagna. Ci guardammo e ci capimmo era finita, lui in tutta fretta aprì il main menu e mi passo una schermata di scambio: mi stava dando i suoi soldi io mi chiesi ,tra me e me, il perché, e lui come in risposta alla mia domanda disse – La s-spada.. p-prendila – Io rimasi colpito, lui stava morendo e pensava a darmi i soldi per quella spada. Accettai  e poi lo abbracciai, biascicò qualche parola tipo grazie, ma non lo capii. Dopo neanche un secondo mi scomparve tra le braccia in uno scintillio di pixel rossi; ormai era morto, avevo tredici anni e avevo già visto la morte in faccia. In quel momento pensai alla bambina a cui stavo cadendo addosso e mi si strinse la gola al pensiero che avrei potuto ucciderla.
Piangevo ancora più di prima mentre cercavo di acchiappare gli ultimi pixel rossi rimasti che fluttuavano nell’aria. Non ero sicuro di quello che dovevo fare, ma una cosa l’avrei fatta di certo; avrei comprato quella spada. Tornai in piazza, che ormai era quasi vuota, con il volto verso il basso e una persona mi picchiò alla spalla da dietro, era una mano forte, mi girai. Al momento non lo riconobbi, ma quei vestiti… Era Masao alto, magro e muscoloso con i capelli biondi e gli occhi nocciola e ora quei vestiti gli stavano bene.
Lui riusciva, non so come, a trattenere le lacrime – Cos’è successo? – Mi chiese lui;  gli raccontai tutto, come ci eravamo incontrati io e Jotaru, della spada, e di cosa era successo qualche minuto prima. Uno scintillio scese dai suoi occhi. Mi disse – Ti aiuterò a prendere la spada e ad andare avanti… E poi c’è tutto un mondo qua dentro e non tutto il male viene per nuocere – Io gli risposi – Veramente! Oh grazie, grazie mille! – Sorrisi, ora stavo piangendo di felicità; non più di tristezza. Avevo capito che sarei riuscito a mantenere la “promessa” fatta a Jotaru Prima di scomparire.
Masao mi disse – Comunque, è meglio incamminarsi. Tutti gli altri avranno già stabilito delle basi – e ci incamminammo verso il tramonto.
INTANTO NEL MONDO REALE
Jotaru si alzò dal letto di colpo, non era morto.
 Come poteva essere?! Avrebbe dovuto avere il cervello fritto e pronto per essere servito in un NerveGear d’argento. Si asciugo le lacrime che aveva agli occhi.
 Dopo aver riflettuto – giusto! – aveva messo il  NerveGear quando era già scarico e non l’avevo collegata alla presa elettrica, quindi non aveva energia per friggergli il cervello e ucciderlo.
 Si alzo dal letto era felice e triste contemporaneamente: metà di lui avrebbe voluto essere là, l’altra metà ringraziava il cielo di quello che mi era successo. Intanto che faceva avanti e indietro per la stanza e pensava se dirlo o no ai genitori senti la porta aprirsi. Era sua madre in lacrime tornata prima dal lavoro – Oh grazie al cielo che non l’hai messo! – Lei lo abbracciò lui ricambiò l’abbraccio; scelse il silenzio.
 Ma sicuramente avrebbe cercato di fare qualcosa per Kaii e per tutti gli altri, anche se non sapeva come. E infine, dopo che la madre lo lasciò, pensò – Che stupido, alla fine non gli ho più detto che ho comprato SAO perché mi piacciono i videogiochi – E sospirò in una specie di risatina.

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Capitolo 2
*** DRAGO: BUG! ***


DIARIO VIRTUALE
Scusate scusate scusate! Ho avuto tremila problemi con il codice html e non ho potuto postarlo. Ho  seguito i vostri consigli( o almeno cercato) Spero veramente che vi piaccia. Spero sia leggibile e che non vi si incrocino gli occhi stavolta. Dalla prossima volta cercherò anche di esprimere in modo più chiaro e forte i sentimenti.
 
DRAGO: BUG!
Era già passato un mese da quando io e Masao eravamo entrati nel gioco.                                                       Masao, insieme a dei suoi amici, aveva continuato a fare esperienze con  le sue armi e le skill da combattimento e, aveva anche dimostrato di essere più giocherellone di me, io, invece, avevo scoperto di non essere bravo con le armi del gioco, non riuscivo neanche a fare uno di quei cosi di quando ti si illumina la spada! Quindi mi ero dato una calmata.                                                                                                                                                                              
Per quanto riguardava i soldi per la spada del nord… lasciamo perdere, non pensavo che ce l’avremmo mai fatta.                                                                                                                                                                                 
Però mi chiedevo una cosa – Qua a Aincrad ci sono spadaccini, fabbri, commercianti, ma io che ruolo avrò mai in questo gioco? Di sicuro non farò mai il combattente, però potrei fare il fabbro in una fucina o il cuoco   , penso ci riuscirei– Salii delle scale di un ponticello;                                                                                               
la città che si trovava oltre quel ponticello era quella di Albascura, e, pensavo si chiamasse così, perché sorgeva a lato di una montagna che faceva in modo che l’alba della città non fosse illuminata fino alle 10:00 circa – Certo… che Kaiaba non ha avuto una grande fantasia a dare i nomi – risi.                                  
Passato il ponte pensavo ancora a quale sarebbe stato il mio ruolo nel gioco e poi mi resi conto della realtà e sospirai – Penso che mi toccherà da balia a Masao – Forse era meglio così… non volevo che qualcun’altro morisse; che un altro mio amico morisse.                                                                                                                
Poi per scacciare i pensieri negativi mi dissi – Dai Kaii pensa positivo, pensa che come tuoi doveri da balia dovrai cucinare e di conseguenza non dovrai più mangiare quella cose... –  rigurgitai – pensa ad altro Kaii, pensa ad… – Notai che dei giocatori si erano girati a guardarmi;                                                                   
cavolo! Stavo parlando da solo e ad alta voce, lo sapevo che poteva sembrare strano, ma Masao stava fuori un sacco di tempo e io non avevo nessuno con cui parlare. – dai! Giratevi! – urlavo nella mia testa, e, come se l’avessero capito, lo fecero.                                                                                                                                     
Però adesso non mi ricordavo dove stavo andando, avevo perso il filo di quello che stavo facendo  – cosa stavo facendo?... ah giusto, stavo dicendo i miei doveri da balia: dovrò cucinare, assicurarmi dell’orario a cui torna Masao, evitare che muoia e riordinare la b.. ba.. base…  - ora iniziai a parlare in senso ironico – Che base dovreste tenere ordinata, Kaii? Non lo so. Ah no, lo so benissimo; quella di nessuno visto che non abbiamo una base – Eh sì, era già passato un mese e non avevamo ancora trovato una casa perché quelle poco costose erano già state vendute e quelle invendute erano troppo care.                                           
L’unica arma che mi ero preso, costretto da Masao, era un’ascia , che oltretutto non sapevo usare, e gli item di guarigione che compravamo… beh … Li davo tutti a Masao.                                                                       
Iniziai a pensare e sospirai – Quanto mi manca Jotaru… Kaii così non va! Oggi è la seconda volta che fai brutti pensieri, pensa positivo, pensa pos…– Mi ammutolii. I miei occhi brillarono alla vista di una tale cosa – non ci posso credere! – Dopo aver passato l’angolo avevo visto una schermata di pagamento; era un appartamento ancora non venduto! Il prezzo era valido e aver trovato un posto dove vivere dopo così tanto tempo mi dava del miracolo.                                                                                                                                                                        
– Evvai! – quasi svenni. Non avremmo più dovuto vivere per strada. Mi mancava ancora una cosa però, mi mancava la conferma di Masao; e in modo disperato pensai – Ma lui torna alle 17:15! Qualcuno mi dica cosa dovrei fare?! – Nella mia mente c’era una voce che diceva – Compralo! Compralo! – E un'altra – Non farlo! Devi prima informare Masao –                                                                                                                                     
Per quanto mi dispiacesse, la seconda voce aveva ragione, quindi lasciai là quel caldo e comodo appartamento, per 4 ore di pura agonia nell’attesa che Masao tornasse – Sigh – . Cambiai rotta verso il mercato e i pensieri cambiarono rotta con me.                                                                                                
Pensai all’estate che avrei dovuto passare fuori; sarei dovuto andare al campeggio con i miei, a mangiare il solito delizioso pesce alla trapper, mmh…  – che idea! Se provassi a pescare qualcosa e poi cucinarlo alla trapper – Questa  mia genialata mi portò verso il lago, precisamente dalla barca di un vecchio di nome Doi. Doi era un signore abbastanza simpatico e anziano che avevamo conosciuto la prima settimana di gioco; ed era un vero e proprio marinaio.                                                                                                                                     
La sua barca era piccola, ma a quanto pare dalle voci viveva lì – Scusa c’è qualcuno? Doi? – chiesi quando arrivai alla barca. Una voce bassa e un po’ rauca mi rispose – Si Kaii, cosa c’è? -, era lui. Si sentì uno scricchiolio, sembrava che la barca stesse per affondare, ma era normale, suppongo, uscire da quel buco con quella sua volumetrica pancia: deve essere un’impresa ogni volta.                                                                       
– Ciao Doi. Avrei una cosa da chiederti  –  –  Cosa c’è? – Rispose lui; glielo chiesi – Sai, per caso, come si fabbrica una canna da pesca? – ero sicuro che lo sapeva, quel “ per caso” era solo parte del piano per farlo parlare: Doi svelava le cose solo se prima lo si faceva parlare delle sue canne da pesca. – Certo che so come si fabbricano…  – Lo guardai basito; non avrebbe fatto il suo solito poema – Se no come farei ad avere una collezione di canne da pesca così pregiata… –                                                                                                             
– Ecco dov’era la fregatura – Lui continuò – Nella mia collezione ci sono quelle base sì, ma anche rarissime canne da pesca come la “canna da pesca di noce occidentale”, oppure la mia nuovissima “canna da pesca con fibra d’argento”, la cima della mia collezione – Che sbruffone, siamo al primo piano e lui ritiene la sua collezione chissà cosa.                                                                                                                                                       
Ci guardammo… Continuò a guardarmi… Continuai a guardarlo, e poi disse – Comunque…  – A questa esternazione della sua sconfitta nella mia mente urlai – Evvai! –                                                                              
– Se la vuoi più elastica usa del legno morbido, se la vuoi più resistente del legno duro. Per il filo consiglio il “filo di nylon”, è l’unico che resiste veramente; e infine, devi avere una skill di forgiatura almeno leggermente sviluppata. Sarà una canna da pesca rudimentale però; non farti tante illusioni! – Rise.  Ringraziai e mi feci chiarire l’ultima cosa – Ma, esattamente, come si forgia? –                                                     
– tecnicamente dovresti sovrapporre i due item e spingerli a forza. Ma se non riesci puoi usare anche un item di forgiatura – Ringraziai di nuovo e me ne andai. Per il legno non avevo problemi – con tutte le volte che mi sono allenato con l’ascia! Ma il nylon dove lo prendo? –                                                                   
Tempo di chiedere in città e l’avevo già trovato; lo vendevano in una bottega. Ora dovevo solo forgiarla, misi un item sopra l’altro e cercai di unirli a forza con le mani – E dai!! –  ma niente. Era impossibile; ritentai tre volte, fallite tutte. Era Masao che aveva il martello che avevamo comprato per riparare le sue cose, anche se non sapevo perché se lo portava dietro lui, visto che le armi gliele riparavo sempre io.                       
L’orologio segnava 15:09, sarebbero ancora dovute passare due ore prima che ritornasse! Mi sedetti per terra, sulla calda erba di quel prato; guardai il cielo in cerca  di qualcosa da fare, e alla fine trovai la mia risposta: allenarmi con la spada, ero sicuramente  fuori di me o forse mi sono sentito così inutile che ero uscito di testa, allenarmi non era una cosa da me!                                                                                                     
Lo strano però fu che, dopo qualche tentativo di quei cosi di quando ti si illumina la spada contro delle creature simili a cinghiali che pascolavano da quelle parti, riuscii finalmente a farne uno e uccisi anche una delle creature; mi sorpresi di me stesso. Continuai a colpire una creatura dopo l’altra, mi stavo divertendo e questo mi preoccupava lo so che sono solo creature di un videogioco, ma questo e un videogioco normale; potrei diventare un Red Player continuando così. Le creature scomparivano una dopo l’altra sotto il colpo della mia ascia, che ero ancora impacciato a usare, mi sentivo forte, misentivo libero. Parola grossa. La barra di punti potere arrivò a zero mi buttai a terra o caddi, non capii bene: ero sfinito!
Strappai un po’ di erba, mi sentivo un nodo alla gola, mi coprii gli occhi con le braccia; dovevo asciugare delle lacrime che mi erano uscite dagli occhi a pensare di poter essere capace di uccidere. Una schermata apparve davanti a me, diceva “  hai ottenuto 1600 punti. Hai raggiunto il livello 15 ” e poi ne apparve unaltra; – Eeeh!? – Mi alzai di scatto                                                                 
Non riuscivo tanto a leggere, vedevo blu, sarà stato per il sole –  ”carne di cinghiale”! Meglio per noi. Forse, se riuscissi a prendere qualcos’altro, tipo delle verdura o genere, riuscirei a cucinare qualcosa – sapevo già dove dovevo andare: nel bosco.                                                                                                                                                                               
Qui gli alberi erano leggermente spogli con le foglie d’orate e qualche pino sempreverde e, continuando a cercare senza trovare mai niente, decisi di addentrarmi nel bosco. Adesso il bosco era più fitto adesso più scuro, trovai dei funghi – perfetto! –                                                                                                                          
Per vedere se riuscivo a prendere altro entrai ancora di più nel bosco e qui le radici degli alberi si facevano più grandi e incominciavano a intrecciarsi tra loro, enormi, fino a che non vidi, davanti a me, un albero che sarà stato alto più di 20 m –  Wow! Strano che nessuno l’abbia mai notato prima – Iniziai a gironzolarci intorno, ad arrampicarmi sulle sue radici e poi qualcosa sotto di me si mosse – cosa… – mi zitti; erano le ali di un drago, sembravano radici. Non sapevo se piangere o ridere potevo morire o poteva essere un’esperienza divertente; stavo sudando freddo. Mi incamminai a grandi e leggeri passi verso gli alberi, tenendo gli occhi chiusi; poteva essere un grandissimo errore, è lo fu.                                                                                   
Inciampai nelle radici e mi bloccai a terra, trattenendo il respiro, trattenendo le lacrime. Non si era accorto di niente, allora mi alzai e raggiunsi gli alberi; poi subito corsi via, senza far rumore. Fuori dal bosco mi ero piegato per il fiatone, avevo ancora l’istinto di correre. Alzai lo sguardo e visi Masao lui venne da me – Cos’è successo Kaii? – non sapevo da cosa partire se dall’appartamento, dagli ingredienti, dalla canna da pesca, o dall’albero e dal drago e soprattutto – è già passata un ora!!!! –                                                                              
– Allora… Mi sono incamminato verso città, ho visto un appartamento, ma non potevo prenderlo senza il tuo permesso, quindi sono andato fuori città e ho deciso di pescare ma non avevo il martello per fare la canna da pesca, per l’arrabbiatura ho ucciso qualche creatura e guadagnato degli item, sono andato nel bosco per cercare del cibo, e sono arrivato in un posto dove c’era un albero enorme e un drago – inspirai, avevo detto tutto d’un fiato. Mi guardò storto, allora io lo presi per il polso e lo tirai verso la città e quando arrivato lì lo portai all’appartamento – Guarda – e lui – cosa dovrei guardare? – mi girai; non c’era più la schermata di pagamento. Sospirai – Niente… dammi il martello – me lo diede, tirai fuori il filo e il legno e iniziai a martellarli; la canna da pesca comparve. Masao – Wow – io – lo so.                                                                     
Ti piace la carne di cinghiale, perché per alcuni giorni si mangia quello – lui disse – Beh… – lo interruppi – Niente storie – lo presi di nuovo per il polso e lo portai verso il bosco sperando di ricordarmi la direzione – dove stiamo andando ? – – Lo vedrai –Nel bosco strattonò il braccio per liberarsi dalla mia presa. Masao rimase a bocca aperta quando vide l’albero – e non è tutto –                                                                                 
– cosa?! –                                                                                                                                                                            
– Sssh. Non urlare o se no sveglierai il drago – –  Cosa?! – mi buttai su di lui e gli tappai la bocca, mi fermai, il drago ringhiò in una specie di russata. Si tolse la mia mano di bocca e bisbigliò – deve essere uno di quei luoghi ad alta furtività – lo guardai intontito – uno di quei luoghi che riesci a vedere quando hai la skill di ricerca di alto livello… e forse è meglio andarsene… - io gli chiesi – perché? – E lui – guarda il suo livello di vita –                                                                                                                                                                                           
In effetti non l’avevo guardato. Prima guardai il nome era:  Wingroot. Poi la vita… mi spaventai, non l’avevo notato era di due barre! – ma perché mai kaiaba avrebbe messo un drago del genere in questo piano? – Gli chiesi, Masao mi rispose – non lo so… ma perché non scoprirlo –Perché non stetti zitto, perché gli feci cambiare idea?  – No. Non pensarci neanch… – Masao inizio ad urlare come fosse divertito- Ehi drago, sveglia, e pomeriggio ormai e il sole splende sopra di noi –                                                                                 
Non riuscii a pensare, urlai è basta – No perché l’hai fatto!? Adesso moriremo entrambi! – a queste parole l’entusiasmo dalla sua faccia sembrava sparito, ma ricomparve quando il drago attacco.                                
Era tardi per ritirarsi, ma Masao mi disse – Vattene! Sei in pericolo qua, io posso ancora cavarmela –             
– ah, davvero! – corsi verso il drago e, anche se con un movimento un po’ impacciato, feci come prima che mi si era illuminata l’ascia; Masao ne fu sorpreso e mi sorrise – Andiamo – e partimmo all’attacco verso il drago. Il drago non sembrava molto agile e penso che fosse per le sue enormi ali fatte di radici sproporzionate al corpo; ma le ali di radici erano anche l’enorme problema, perché era come se il drago avesse avuto dalla sua parte un intero esercito.                                                                                                                                                                             
Lo attaccammo e radice spezzata dopo radice spezzata pensavo che sarebbe finita così, fino a quando la sua prima barra di vita scomparve. Noi stavamo riprendendo fiato, intanto al drago gli erano ricresciute le radici delle ali; noi non ce n’eravamo accorti e con una di quelle mi scaravento addosso a un albero. C’era polvere nell’aria, vedevo sfuocato, e mi sentivo molto stanco.                                                                                            
La polvere si stava dileguando e vidi che la mia spada era spezzata e che Masao si era scontrato contro un cespuglio . Volevo fare qualcosa per vedere se stesse bene, ma non mi riuscivo a muovere; la mia vita era praticamente finita. Raccolsi le mie forse e biascicai – M-Masao –.Lo sforzo mi aveva annebbiato la vista e quasi non riuscivo a pensare, sentii solo un liquido scendermi nella gola e le forze che mi ritornavano. La sua  vita era ancora gialla, la mia ormai verde. –Kaii, stai bene? – mi chiese con un tono rassicurante, quasi fossimo al sicuro – Sì, sì io sto bene… – Mi sentivo un po’ intontito. Mi guardai intorno – Masao, le tue armi… sono… – Lui mi sorrise, ma non con un sorriso felice con uno di quelli tristi, come per dire “scusami” o “siamo finiti, addio Kaii –                                                                                                                                                                
– Distrutte. Lo so – gli scappò una lacrima dagli occhi, io lo abbracciai e iniziai a piangere con lui. Ma dopo un attimo la sua stretta sparì.                                                                                                                                               
– Masao dammi la “carne di cinghiale” che ho un’idea – gliela diedi un po’ incerto sul fine e chiesi – A cosa ti serve ? –                                                                                                                                                                              
– sai quel detto “ se non puoi batterlo fattelo amico” beh… sarebbe la mia idea – capii cosa voleva fare e concordai – vieni qua bel draghetto, vieni dal tuo amico Kaii – Non ci credevo, la nostra unica via di uscita era una cosa del genere; stavo sventolando la carne di cinghiale davanti a un drago. Venne verso di noi annusò la carne e la buttò via, non l’aveva neanche guardata, e poi, quanta carne sprecata! Iniziammo a correre e a un certo punto ci separammo, il drago caricò verso Masao – Attento Masao! – Un altro mio amico stava per morire e io, non potevo fare niente – è fatto di piante, giusto? – E di tutta fretta presi i funghi che avevo raccolto e li tirai a Masao, li prese al volo, anche senza sapere cosa fossero, e prima che venisse travolto allungo le braccia, chiuse gli occhi e glieli mostrò. Il drago si fermò  e inizio a leccargli la mano. Ora che le acque si erano calmate mi avvicinai a Masao che mi chiese – cosa sono? –                                                        
– funghi –                                                                                                                                                                            
– Funghi? Un drago vegetariano? – Ridemmo – eravamo salvi. – Guarda! – dissi con tono meravigliato: si era formata una specie di caverna dove prima c’era il drago – Ah, è vero – disse in un tono incredulo. Nella mia testa stava frullava un ideuccia; cacciai via Masao a divertirsi col drago che oramai era diventato nostro amico, e quando tornò, avevo già finito di trasformare la caverna in una specie di appartamento con tavolo, sedie e… diciamo che avevo fabbricato un po’ di mobili con quello che avevo a disposizione, anche se appena avrei trovato qualcosa di più decente dell’erba per fare il “ materasso “ del futon, l’avrei subito sostituito.
Era esterrefatto e lo ero anch’io, disse – Wow! Comunque, per oggi ci sono stati abbastanza colpi di scena – e io – E già!... e guarda…  – sguainai la spada e la puntai verso una radice – c’è abbastanza spazio per allenarsi – feci una mossa con la spada e poi la affondai in una radice dell’albero. La radice si riempi di pixel, ma non come quelli degli item che si spargevano nell’aria, ma più come una interferenza  – La vedi anche tu, cos’è ? – Mi chiese Masao – Non lo so, sembra quasi un bug – All’inizio mi suonava normale ma poi ripensandoci –Cosa?! Un bug ?! –  Quella “cosa” scomparve, e io mi chiesi che cosa sarà veramente.
 
INTANTO FUORI
Jotaru ormai era fuori da quel gioco mortale e aveva deciso di fare qualcosa. Per essere più vicino al fulcro della situazione era andato da suo padre, a Tokyo, e qui aveva cercato di rimanere informato su tutti gli sforzi che si stavano facevano .                                                                                                                             
Quella giornata, Jotaru, uscì di casa e si diresse alla scuola che aveva frequentato fino all’anno prima e che avrebbe riiniziato a frequentare la settimana seguente; stava andando al club di informatica. Entrato dalla porta dell’aula 3k vide che i suoi “amici” erano lì, sdraiati sui banchi o con le schiene buttate sugli schienali.
Non sapeva dove potessero essere, ma dov’altro potevano essere dei tipi come loro. Fissati coi conputer e con la chiave dell’aula. Non erano cambiati erano i soliti tre, con la pancia da chi sta sempre seduto davanti al computer e con le solite smorfie da nerd.                                                                                                               
– Ciao! – Disse Jotaru – Ciao…  – dissero in coro e poi uno di loro continuò – … ma tu non eri quello che era riuscito a procurarsi SAO – Jotaru sapeva che non avrebbero creduto alla sua storia, quindi disse semplicemente – mi si è scaricato il NerveGear prima di poter iniziare il gioco – e mise la mano dietro la testa in una risatina – sì, come no – . Si stava dimenticando il motivo per cui era andato lì – Ah giusto! Voi sapreste entrare in un supersistema, superprotetto e supertutto –                                                                             
Poteva sembrare una domanda infantile e lo sembrò – Ti sembra di aver davanti degli aker con fama e ricercati in diverse nazioni. Comunque, no. Riusciamo solo ad entrare in piccoli siti protetti o in alcune reti Wi-Fi – Jotaru sospirò; la sua idea era sfumata in 3 frasi di 29 parole.  – Però…  – uno dei tre disse                                                                – cosa? – domando impaziente Jotaru – se ci fosse una breccia o un bug abbastanza forte da far disperdere dei dati si potrebbe provare a fare –                                                                                                                    
Jotaru pensava – Sì, un bug, nel videogioco più stramegacontrollato del Giappone; se ne sarebbero già accorti – sospirò di nuovo.                                                                                                                                                
– Va be’ – disse al gruppo; ma prima di uscire il computer fece un rumore assordante e poi si sentì una frase
– La vedi anche tu, cos’è ? – corse al computer – Masao, Jotaru! Siete vivi! – il gruppo lo stava guardando, lui si girò e senza fare caso al discorso che proseguiva – Tre cose. primo; sono stato in SAO e ne sono uscito miracolosamente e quelli sono due miei amici. Due; quante persone stanno guardando questo video? Tre; se vi dicessi che sono praticamente sicuro che questo sia un bug di SAO, avreste voglia di entrarci? – Al gruppo tornò il sorriso e a lui la speranza… Ma uno di loro disse – e perché dovremmo farlo? – L’espressione sul volto di Jotaru cambiò; adesso sulla sua faccia c’era un’espressione maligna  – Ma per favore! Non siete neanche riusciti a prendere SAO e adesso che potete persino entrarci  e studiarlo non lo fareste! – cercarono di tenere lo sguardo ma non ce la fecero e si arresero.

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Capitolo 3
*** I CAVALIERI DEL PATTO DI SANGUE: CILIEGI IN FIORE ***


DIARIO VIRTUALE
Sono felicissimo di presentarvi questo capitolo e non so neanche come ho fatto a scriverlo così velocemente: non succede tanto e sembra che abbia dimenticato molte cose scritte in precedenza, ma questo è il vero inizio dell’avventura. Non avrò tantissimo tempo per scrivere per due motivi. Ho gli esami di terza media e devo preparare la tesina e perché mi è venuta l’idea per un’altra fan fiction su rosario to vampire. Spero di non essere peggiorato con la scrittura e tornato alla mia monotonia degli inizi delle frasi. Comunque vi lascio alla lettura e commentate.
I CAVALIERI DEL PATTO DI SANGUE: CILIEGI IN FIORE
Eravamo alla fine di marzo, al 13 piano, quel giorno i Cavalieri del Patto di Sangue, di cui da qualche tempo facevamo parte anche noi, stavano andando in avanscoperta al dungeon per il 14 piano. Per guadagnare soldi per sopravvivere fino ad a quel giorno ho lavorato in una trattoria come cuoco; invece Masao, combattendo. Come si potrebbe immaginare rimaneva sempre più forte di me, anche se ero migliorato anch’io.
 Ci siamo entrati in un modo un po’ strano, nei Cavalieri del Patto di Sangue ; stavamo camminando in una città del 11 piano quando all’improvviso ci scontriamo con due ragazzi mascherati. Una maschera era blu grossa l’altra era rossa lunga; erano abbastanza ridicole. I loro capelli non si vedevano, erano vestiti con tuniche col cappuccio che gli arrivavano fino alle caviglie. Uno di loro era caduto – Ehi, guardate dove mettete i piedi – ci disse quello in piedi; era un maschio, e anche molto seccato. Il ragazzo che ci aveva appena parlato aiutò  l’altro a rialzarsi, intanto Masao scoppiò – Noi dovremmo stare attenti a dove mettiamo i piedi! Non per fartelo notare ma eravate voi che stavate correndo –
– Non rompere – disse lo stesso di prima – Vieni Akane –  Akane? Questo voleva dire che era una femmina! Fanno per andarsene – Aspettate, ma chi vi credete di essere?! – Ricominciò Masao, facendo un passo per bloccarli; non capii mai la sua testardaggine – ci crediamo di essere persone di fretta – rispose secco. Presi per la manica Masao e gli dissi – Dai, lascia stare – 
– No! Qua si tratta di buone maniere, almeno chiedere scusa – e subito – Ok. Scusateci… ma noi abbiamo di meglio da fare che star qua a litigare con due palloni gonfiati – 
– Adesso mi avete stancato! – urlò Masao – Noi. Vi sfido a duello – Mi misi il palmo sulla faccia; ma perché arrivavamo sempre a quel punto? – Ok accettiamo il duello; a patto che dopo ci lasci in pace – Quello là non sapeva quanto lo odiassi dopo quelle parole – Pronto Kaii? – mi chiese Masao come non sapesse cosa avesse appena fatto – Ma ti sembra, li hai sfidati così… d’impulso – e lui mi dice ironicamente – Non sei abituato? – Mi astenetti dal prenderlo a pugni.
 Andammo in uno spazio aperto che ci indicarono loro, forse vicino a dove dovevano andare, se  dovevano in effetti andare da qualche altra parte. 3 tirammo fuori le armi. 2 le stringemmo nelle mani. 1 rimanemmo calmi e riflettemmo, se avessimo iniziato prima avevamo già perso. 0 iniziò lo scontro. Masao si butto su quello di cui non sapevamo il nome. E a me toccò la ragazza – Ma a me non piace picchiare le ragazze! – Finiti i miei pensieri Akane era già partita all’attacco.
 Contro sole, non la vedevo bene, vidi solo la spada che mi stava per tagliare  in due la testa – Un attacco dall’alto! – alzai la mia ascia sopra la testa e parai il colpo con l’impugnatura. Appena visto che l’avevo parato indietreggiò, e con uno scatto mi fece un attacco a raffica che andò a segno – Bhe forse è lei che sta picchiando me – La mia barra vita era verde però più tendente verso il giallo: strano – questa Akane non è tanto forte – Non mi sentivo stanco, mi sentivo solo i tagli che mi aveva fatto tirare.
 Akane ripartì per un altro attacco a raffica – Come fa ad essere così veloce? – Prima di poter essere colpito di nuovo mi spostai leggermente, così facendo la feci sbilanciare – È  il momento – Non pensai tanto, attaccai e basta. Quando, però, mi mancava pochissimo per colpirla, non so come, fece una capriola all’indietro in aria, e in volo protese la spada facendomi un taglio sotto l’occhio sinistro. Neanche quello mi faceva male – Nella realtà sarei a terra a urlare per il dolore, ma questo… È un videogioco! – Al suo atterraggio ci fu un attimo di pausa, un attimo di pausa in cui, girato, guardai i suoi occhi oltre quella maschera, c’era tristezza, rabbia, dolore
– Cosa gli sarà successo? Perché? Di sicuro non per la spinta, ma allora… chissà? – Ripartita iniziai a correre dal lato inverso, incuriosito, pieno di domande per la testa – Non è questo il momento per essere curiosi kaii! – Mi urlai da solo. Mi bloccai di colpo – Forse… – avevo capito come funzionava la sua tecnica; anche se ero più curioso per i sentimenti nei suoi occhi. Mi girai e brandì l’ascia come quando tagliavo un albero. Ma era diverso, non era un albero ne un mostro digitale, quella era una persona. Mi bloccai, non volevo… anzi, non potevo colpirla; mi venne un urlo subito soffocato, un nodo alla gola che mi costrinse a piegarmi e a pensare, mi era già successa, questa cosa, e non sono mai riuscito a controllarla. Intanto lei affondò la sua spada nel mio stomaco: adesso il male lo sentivo, e non solo fisico. Alzai la testa: nei miei occhi c’era dolore nei suoi un miscuglio di sentimenti ora tutti soppressi dalla rabbia. La mia barra vita era gialla – Come pensavo –  riflettei, indietreggiai così da togliermi la spada dallo stomaco e corsi da Masao
– Masao: cambio d’arma! – Lui abbassò la testa e sospirò – E ti pareva – Mi lanciò la spada, e io l’ascia che prese in tempo prima di essere colpito – La spada è fatta dagli uomini contro gli uomini: dovrebbe essere più semplice – Iniziai un attacco con tutte le forze che avevo in corpo – I suoi attacchi sono basati su velocità e abilità, non penso che sia così forte –  Dopo vari attacchi perse la spada, presi la rincorsa e feci una serie di attacchi e poi un’altra e poi un attacco frontale fino a farle arrivare la barra della vita al rosso; quando si sarebbe fermato l’incontro. Non so, ma quella sensazione di eccitazione come ci fosse dell’adrenalina nel mio corpo, non so, avrei potuto considerare… divertente colpire una persona a morte. Al solo pensiero divenni io quello ferito, anche se avevo vinto mi sentivo uno straccio. Masao e l’altro finirono un po’più tardi; con uno strano pareggio.
 Subito dopo che finirono sentii un lento battito di mani, sobbalzai; invece tutti gli altri sembrarono come abituati e girarono solo la testa. Io mi rialzai velocemente e prima che avessi le gambe totalmente stese i due ragazzi erano già davanti a un signore dai capelli grigi con dei tratti un po’ duri, ma che penso un sorriso non avrebbe rovinato; a cui dietro c’era una ragazza dai capelli arancioni molto lunghi, molto belli, che aveva un portamento quasi regale – scusateci, questi due non ci hanno lasciato andare – – Sappiamo cos’è successo, abbiamo visto tutto. Avete almeno quello che vi avevamo chiesto? – dice l’uomo quasi in tono di rimprovero e loro annuiscono. Si apre una schermata e poi un’altra – si staranno scambiando quella “cosa” – pensai tra me e me.
Notai che Masao si era avvicinato a me, sinceramente non so perché stavamo là a guardare, ma questo non cambiò il fatto che rimanemmo lì, come imbambolati – Bene, da ora in poi sarete Cavalieri del Patto di Sangue – Si congratulò l’uomo, i due non diedero cenno di sentimento – Eppure prima quella ragazza, Akane, ora dovrebbe saltare di gioia; se i sentimenti nei suoi occhi erano colpa nostra… – La ragazza con i capelli arancioni aveva dato un colpetto sulla spalla dell’uomo e ora gli stava sussurrando qualcosa nell’orecchio; l’uomo si girò verso di noi – Ehi voi due, vorreste fare parte dei Cavalieri del Patto di Sangue? Dato che avete battuto i nostri due nuovi membri, anche se non erano stati proclamati, secondo il regolamento che ci siamo imposti anche voi, se volete, adesso potete farci parte – Li guardammo un po’ domandosi – I Cavalieri del Patto di Sangue sono un gruppo che va in avanscoperta nei dungeon e si organizza per poi sconfiggere i boss – Disse la ragazza con i capelli arancioni, in un modo cosi gentile che non sembrerebbe e subito Masao, come sempre senza consultarmi – Accettiamo! – e iniziò a esultare. Io, rassegnato, sorrisi.
Subito ci trovammo in camere con letti veri e armadi veri; e quel giorno stavamo andando verso il piano 14.
Mentre camminavamo in un sentiero in salita di una campagna, non molto tortuoso ma sicuramente stancante, guardai Masao dietro di me e notai che la radice che gli faceva da medaglione si stava muovendo. Gli indicai la radice e lui mi sussurrò – che facciamo questa volta? –  – facciamo finta di essere stanchi e rallentiamo il passo – e così facemmo, gli altri non fecero domande, oramai erano abituati che noi ci allontanassimo; tanto li raggiungevamo sempre. Staccati abbastanza dal gruppo ci nascondemmo in un gruppo di alberi e qua Masao tolse la catenella con la radice e la lasciò cadere. Cominciò ad espandersi finche non comparve Wingroot, lo accarezzammo e Masao gli diede i funghi e le radici che avevamo raccolto man mano, piano per piano. Dopo una settimana che lo conoscevamo scoprimmo che si poteva trasformare in una radice, e che se veniva mangiato sotto forma di radice diventava un item curativo perenne: cioè che in qualunque momento ti avessero colpito( vale solo con le asce nel suo caso; molto inutile visto che era l’arma meno diffusa di SAO) avresti recuperato tutta la vita persa. Finito il tempo per sgranchirsi le “radici” il drago torno radice. Mi veniva ancora difficile pensare fosse un “pet”.
 Raggiungemmo il gruppo che aveva già raggiunto l’entrata del dungeon – Finalmente siete arrivati – Ci dice Takeo  – Scusateci – e la ragazza dai capelli arancioni, Asuna, ci dice – State tranquilli, non ci avete fatto aspettare – Non potevo ancora credere alla gentilezza con cui suonavano le sue parole – Pronti per andare – Ci dice il capo: ogni volta che lo sentivo parlare, mi dovevo trattenere dal dirgli “ Sissignore”. Entriamo nel dungeon e iniziamo a vagare incerti della meta – I dungeon mi danno tutti terrore sono così… Così.. Non so… vuoti , ti mettono ansia – 
– Bhe, io li vedo più come campo di battaglia – mi dice una voce, non la distinguo, in un dungeon tutto si offusca nella mia mente e rimane solo il mio istinto a guidarmi. Da dietro una sporgenza apparve il primo mostro digitale, si chiamava…  – Leglong – era una creatura con le gambe da gallina, ma molto lunghe e spesse, la faccia da tacchino le ali da gallina e, solo il corpo da umano: un po’ bruttina. La “gallina” spine i suoi artigli nella terra e prese un pezzo di roccia che ci lanciò, e così fece ancora e ancora.
Noi, dei Cavalieri del Patto di Sangue, sembravamo divertirci; a me sembrava di giocare a palla prigioniera. Però man mano che ci avvicinavamo i colpi si intensificavano e una venne colpita, non morì, ma quello ci portò a prestare più attenzione. Eravamo fermi da un po’ a guardare la “gallina” tirarci sassi, c’era chi era stato colpito e chi no, ma più o meno le barre della vita erano tutte verdi. Dietro delle rocce stavamo pianificando una strategia – Cosa facciamo? – chiese il capo; noi tutti tenevamo la testa bassa, come per riflettere, e quando a qualcuno veniva un’idea quest’ultima sembrava svanire subito dopo – Ci sono… –  gridai – Chi ha una difesa alta e la barra di vita al massimo la accerchi e al mio segnale la attaccheremo. Quando il cerchio si farà troppo stretto per passare mi farò avanti io e lo finirò – Mi diedero ascolto, e in qualche modo la accerchiammo – 3.2.1. All’attacco!!!! – e partimmo. Una roccia mi colpi il braccio togliendomi circa un decimo del mio punteggio, un’altra un settimo e un’altra ancora un quinto; ogni volta che ero più vicino i colpi aumentavano di potenza. Arrivato il momento in cui non si poteva più andare avanti, la raggiunsi . Arrivato dalla creatura: accerchiata, non si poteva muovere e bastarono quattro colpi per ucciderla. La mia barra vita era arancione – Morale della favola…– iniziò Masao – … Le galline non sanno volare – finì io.
Prima di arrivare al portone della stanza del boss incontrammo molte altre creature, tutte collegate a degli animali della fattoria: capre, maiali, mucche, conigli, oche.
Ognuno di questi ci dava un item di carne e altri item più specifici – pronto a prepararci qualcosa, Kaii… –  mi disse Takeo; da quando avevano scoperto che ero bravo a cucinare ero diventato il cuciniere dei Cavalieri del Patto di Sangue, avevo sviluppato di tanto la mia skill di cucina dal primo piano – Ho già l’acquolina in bocca, cosa ci preparerai stavolta: maiale in agrodolce? O una bella oca arrosto? – Misi una mano dietro la testa, mi sentivo osservato – Non è il momento di pensare a queste cose Takeo – Lo interruppe bruscamente Ruriko – D’accordo… Ru – risponde Takeo – Non chiamarmi Ru, mi chiamo Ruriko – esclamò seccata – Anche quando siamo da soli – Ruriko arrossì, il colorito era sul peperone – Sapete, noi ci chiediamo cosa fate quando siete da soli a fare le armature, perché dopo quella volta che abbiamo giocato al gioco della bottiglia… – dissi scherzoso, incominciò  ad arrossire anche Takeo – Stavo scherzan… –  Presi uno schiaffo da Ruriko che mi disse con voce imbarazzata – È ovvio no! C-costruiamo le armature – Le persone intorno a noi che ci stavano ascoltando adesso ridevano sotto i baffi.
Portavo avanti e indietro item di guarigione ai membri del gruppo, eravamo entrati in 33 nel dungeon  e lo eravamo anche in quel momento, il capo, quello assoluto, si stava organizzando con gli altri tre capi delle squadre. Gli stavano riferendo lo stato della loro squadra e le risorse a disposizione; non c’erano tanti problemi, veniamo sempre molto organizzati e pieni di cose. I Cavalieri del Patto di Sangue erano divisi in 4 squadre: la squadra capeggiata dal capo “supremo”, specializzata nel combattimento di forza dove c’erano il ragazzo con la maschera e Masao; la squadra capeggiata da Asuna, specializzata nel combattimento di velocità; la squadra capeggiata da Umeka, una donna molto estroversa che penso nella realtà fosse una circense, specializzata nel combattimento di agilità di cui faceva parte anche Akane; e la mia squadra capeggiata da Naomichi, la meno numerosa e quella con più tempo da perdere; la squadra speciale. Era formata da soli 5 membri: io il cuoco, Takeo il forgiatore 17 anni, Naomichi la vedetta 24 anni, Ruriko la sarta 16 anni e  Nori un’altra vedetta, però più esploratrice 12 anni. Tutti più o meno bravi a combattere, però conosciuti più per le nostre skill. Perlopiù, però, stavo con Masao; solo quando eravamo nelle basi, visto che ci dividevano nelle squadre perché gli altri dovevano fare allenamento, stavo con i membri della squadra; nei dungeon invece stavamo tutti uniti, solo nelle soste come quella era abitudine separarsi. Masao arrivò da dietro di me – Ciao –
– Ciao Masao – rispondemmo in coro – C-c-c-ciao M-masao – disse in ritardo Nori guardando verso il basso, con un balbettio più prolungato del solito – Com’è andata a voi? – Ci chiese – Bene; gli unici che hanno subito danni siamo io, Naomichi e Kaii – spiegò Takeo – Allora le donne oggi non hanno combattuto – continuò Masao – E a te, com’è andata? – chiesi – Bene , la mia barra è arrivata solo al giallo, ma… avete visto quella del capo? – 
– No – Girammo  tutti la testa verso il capo – Non è andata sotto il verde! – si rispose Masao – Bhe, è per questo che è il capo. No? – Disse Ruriko appena prima che il capo iniziò a parlare – Ascoltate. Non possiamo tornare indietro, non abbiamo abbastanza risorse, quindi, ora dietro di noi c’è la porta del boss del 13 piano, o lo battiamo o lo battiamo. Pronti? – Ci fu un grande urlo di battaglia e si aprirono le porte della sala. Entrammo, la sala era enorme e il pavimento coperto di paglia con un grande cumulo al centro, i muri in legno e della luce entrava da delle finestre non vetrate. Il cumulo di paglia “scoppiò” e ne uscì il boss, “The owner of the farm”, uno spaventapasseri enorme con degli occhi fatti di due pietre, una viola e una arancio, e intorno a se degli animali della fattoria.
Iniziammo ad attaccarlo; c’è chi andò verso il boss e chi verso gli animali. Il boss si toccò l’occhio arancio e prese una mucca, che si fuse con lui in una strana creatura. Le persone andate verso il boss furono colpite da una coda, la sua coda; le persone caddero e  si formò un semicerchio. Intanto quelle che erano andate verso gli animali invece ebbero successo; avevano già fatto fuori una capra e un coniglio, ma accortosi del fatto il boss li caricò – Ma è una mucca o un toro? – dissi scherzosamente mentre ero abbassato a dare item di guarigione a chi ne aveva bisogno. Intanto quelli che erano stati caricati vennero colpiti e in particolare una ragazza venne incornata, gli sguardi puntarono in quella direzione e subito uno di noi andò a vedere le ferite. Vedevo dei pixel rossi nell’aria. Quelli che erano rimasti fuori dai gruppi andarono a difendere i compagni. Uno di questi provò, mettendo del potere nella spada, ad attaccarlo frontalmente con un affondo. Vedevo ancora dei pixel nell’aria. Qualcosa va storto, il boss toccò l’occhio viola è una mucca si materializzò davanti a se, la mucca di prima; il ragazzo che aveva fatto l’affondo  si ritrovò con un’espressione sconquassata quando la sua arma si trovo incastrata in una mucca,. Venne scaraventato di lato, vedevo dei pixel rossi nell’aria e contemporaneamente un ragazzo dietro di lui attaccò e quando la lama dei coltellini arrivò al boss, queste gli fecero parecchio danno
– Ascoltate! – urlò il capo – Formiamo una squadra e cerchiamo di attaccarlo solo quando è uno spaventapasseri – Ma due individui uscirono dalla squadra che si era formata; erano i due ragazzi mascherati quelli che non seguirono l’ordine. Lo spaventapasseri toccò il suo occhio arancio e questa volta si fuse con un’oca. La spada di lei colpì l’arto superiore della creatura e le tagliò qualche piuma. Invece il ragazzo lo colpì in testa con il suo martello e la creatura cadde confusa; la sua barra vita era al gialla. Riattaccarono, ma questa volta a pochi centimetri dal colpirla, la creatura tirò delle sue piume che ora le facevano da lame contro i ragazzi. Loro le schivarono, tuttavia una arrivò dritta in faccia al ragazzo che cadde con la testa all’indietro. Akane corse da lui – Eizo! come stai!? – esclama – Eizo? Questa è la prima volta che sento il suo nome – riflettevo. Il ragazzo alzò il busto mettendo la mano in faccia, mi ero appena accorto che la sua maschera si era rotta. Incuriosito mi avvicinai per guardarlo: era scuro di capelli, molto scuro, ma aveva gli occhi gialli – Sto bene – disse con una voce stanca. La ragazza lo abbracciò e per la prima volta in questi mesi, attraverso la maschera, vidi i suoi occhi felici. Improvvisamente un mormorio si alzò dalla folla, mi guardai intorno, poi riguardai dove guardavo prima; la creatura! Impugnai l’ascia e scattai – Attenti! – Urlò una persona dietro di me. I due ragazzi alzarono lo sguardo e videro la creatura, come ultima risorsa usarono le braccia per difendersi.
Davanti alla creatura presi lo slancio e le colpii il busto con l’ascia; la fusione con l’oca scomparve, l’oca scomparve: rimase solo lo spaventapasseri – Masao, switch! – urlai a pieni polmoni e dopo avermi raggiunto, incominciammo un attacco in sincrono e, infine, quando con l’ascia gli tagliai il “collo” fu subito morto e dal sacchetto che gli faceva da testa uscì della farina. Tutti esultarono di gioia – Ce l’abbiamo fatta! –
– A-abbiamo vinto… –  Davanti a me comparve una schermata diceva “ Congratulazioni! È salito al livello 23. Ottenuto “farina”X10, “paglia”X10, “lame”X10, “pietra di fusione”X1, “pietra di separazione”X1, “abito da cotadino”X1” Mi chiedo cosa siano quest’ultimi tre. In fondo alla sala c’erano le scale che portavano al 14 piano; fatte anch’esse in legno. Salimmo tutti le scale per il piano successivo come fossimo una mandria di bisonti, eccitati per quello che avremmo potuto vedere
– Luce. Rosa? Ciliegi? – La prima cosa che vidi erano tantissimi ciliegi in fiore, mi trovavo sotto un arco a sesto acuto di legno con appeso in centro uno scaccia incubi  con tutt’intorno un intero bosco di ciliegi. Mi sentivo come a casa, più o meno; era una bella sensazione, triste… ma molto bella. Le persone dietro di me mi spinsero più avanti, e quando vidi entrare anche i miei amici in quel bel quadretto… era una cosa che mi faceva sentire bene – Kaii, ti senti bene? – mi chiese Takeo accompagnato da Masao. Avevo gli occhi lucidi – Sì, sto bene. Ma questo posto è bello. Non trovate? – dissi lentamente. Le facce che mi si presentarono davanti erano sorprese e intontite, forse anche un po’ spaventate; sarà stato quel mio sorriso malinconico: di solito non mostro tanta tristezza
– Ascoltatemi, nessuno di noi è morto. Chiedo gentilmente a tutti quelli che hanno ottenuto qualcosa vengano per la spartizione – disse una voce pesante. Era il capo – Torniamo subito – dicemmo a Takeo. Ci mettemmo in cerchio e ognuno di noi a turno doveva dire cos’aveva guadagnato – “carne di maiale”X2, “pelle di maiale”X2, “carne di capra”X1 e “corno di capra”X1 – disse Masao mentre il capo lo scrutava. Era il mio turno – Allora, ho ottenuto “farina”X10, “paglia”X10, “lame”X10, “pietra di fusione”X1… – li stavo contando sulle dita per vedere se me li ricordavo tutti – “pietra di separazione”X1 e…Mh… Giusto! “abito da cotadino”X1 e “carne di gallina”X1– Non so il perché ma sentivo una strana sensazione; sarà stato per la quantità maggiore o per il modo diverso di dirlo degli altri? Finita la spartizione delle cose che avevo ottenuto mi rimaneva l’abito da contadino e le due pietre – Dov’è sarà andato quello là? – chiesi a Masao quando ritornammo all’entrata del piano – Se ne sarà andato. Comunque… Meglio così. Nori, prima di arrivare qui, mi ha detto una cosa interessante e voglio verificare se è vera… –
INTANTO FUORI
Jotaru non aveva perso la speranza e neanche l’ostinazione, che invece gli altri non avevano mai avuto perhè non motivati come lui. Oggi avrebbe fatto visita a un collaboratore di Kaiaba nella creazione del gioco. Suonato il campanello arrivò alla porta un uomo che la aprì lasciando il chiavistello chiuso – Se siete venuti anche voi per aggredirmi, mandarmi a quel paese o maledirmi siete in ritardo – e fece per chiudere la porta, ma Jotaru mise un piede tra la porta aperta e lo stipite laterale – Aspetti! –
– Cosa vuoi? – disse abbassando la testa, in un tono amareggiato, come se stesse pensando che un bambino di 11 anni lo stesse per sgridare – Volevamo parlargli di una cosa… – 
– Ve lo già detto se volevate aggredirmi, mandarmi a quel paese o maledirmi siete in ritardo – venne interrotto Jotaru. Il signore disse queste parole con uno strano tono di voce, come se sapesse che è giusto ma non voleva averne a che fare. Spinse forte la porta contro il piede di Masao – Non le pare che se volevamo insultarla la insulteremo anche con la porta chiusa?! – Scoppiò Jotaru in un urlo. Aveva le lacrime agli occhi per il dolore al piede, ma voleva sembrare ostinato e se le ricaccio dentro. Il signore riabbasso la testa e disse lentamente in un tono, così, amaro – Sì… avete ragione –
Tolse il chiavistello e li fece entrare. Dentro era la casa di un maniaco di videogiochi con poster e console su e giù per le sale. Li porto in un salottino, l’unica stanza in ordine, e qua iniziarono a parlare – All’ora cosa volete? – disse il signore – Mi chiamo Bunjiro. Sa che qualche mese fa c’è stato un segno da SAO –  – Si, quel bug. Non penso si possa fare tanto se non si riverifica un fatto del genere – Bunjiro continuò come se fosse una macchinetta – Noi pensiamo che si riverificherà. In quel caso non si potrebbe fare qualcosa? – Il signore adesso parlò in un tono minaccioso – Bhe, in effetti, si ma prima. Avete scelto me perché sono un collaboratore di Kaiaba: fino a qua è abbastanza chiaro. Ma perché lo fate? – Bunjiro iniziò – Questo non spetta a me dirglielo… – Jotaru finì quella frase raccontando la sua storia che per il signore sembrava comprensibile e accettabile – … Ascolti se ce qualcosa, anche se impos… – Il signore lo interruppe – Ve l’ho già detto, ci sarebbe qualcosa… – 

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Capitolo 4
*** FILASTROCCA: STRANEZZA ***


 
DIARIO VIRTUALE
Spero vi piaccia questo capitolo!
FILASTROCCA: STRANEZZA
– Appena ho guardato la mappa mi sono convinto, è questo il posto!! – Disse eccitato Masao…
Sul piano dove i frutteti vanno ad abitare
c’è un paese perduto da dover riscovare
nei suoi paraggi una cosa potrebbe sviare
ma è lì che si nasconde ciò che il vento fa suonare
il percorso corretto dove devi avanzare
alla morte non sa sicuramente portare
si sentirà solo del male
perché l’acqua riesce a bruciare
– Allora è questo che ti ha detto Nori; sul 5 piano a trovato un papiro con scritto questa specie di indovinello. SAO, quante altre sorprese hai in serbo per noi? E comunque quando cavolo hai avuto il tempo di controllare la mappa? –
– Questo non ha importanza, ma piuttosto, cosa ne pensi? – 
– Penso che non mi sorprenderebbe se Nori l’avesse raccontato solo a te –
– E con questo cosa intenderesti dire? – 
– Be’, sai, di questi tempi ti sta molto attaccata  – … Pensavo che dopo quelle parole mi desse un pugno alla spalla o facesse una battuta a sua volta; ma non fece niente. Aveva lo sguardo serio e stava osservando un qualche punto dietro di me – Qui siamo troppo in vista per parlarne – Mi afferrò il polso – Andiamocene… - E iniziò a tirarmi dentro il bosco: lontano dall’entrata di quel piano.
Quando finalmente si fermò; avevamo attraversato l’intero bosco di ciliegi – Masao si può sapere che ti è preso?! Mi hai fatto anche cadere e scorticare il ginocchio per quanto andavi veloce. E poi cos’è questa storia di essere in vista o meno?! – Guardai il mio ginocchio, era rosso ma non era scorticato, nel mondo reale lo sarebbe stato. Ero inciampato in qualcosa che non riuscivo a focalizzare bene in quel momento, soprattutto perché  quando sono inciampato ero distratto, stavo annusando il profumo di ciliegie nell’aria, che mi portava via da SAO, che mi portava a casa. Continuava a tenere quell’espressione seria di prima, mi prese con le mani le braccia e mi guardò – All’entrata del piano qualcuno ci stava osservando e lo sta facendo tutt’ora… – Il suo sguardo cambiò traiettoria – Vero, voi due! – Urlò. Da dietro un albero una voce – Complimenti per l’elevatezza della tua skill di ricerca – Comparvero due ragazzi: erano Eizo e Akane. Per la prima volta da quando li avevamo incontrati, nessuno dei due aveva addosso la maschera volutamente e per questo notai che erano praticamente identici; occhi gialli che stonavano con i loro capelli neri – Grazie per il complimento –
– Di niente –
– Comunque… Immaginavo foste voi due. Perché ci avete seguito? –
– Abbiamo sentito ed è per questo che – Si inchinarono  – Vi preghiamo. Portateci con voi! – Dopo l’inchino e dopo quelle parole rimasi di sasso – Ci dobbiamo fidare? Per te sono gli stessi che abbiamo conosciuto qualche settimana fa? – Chiesi a Masao – Improbabile… – Mi rispose – … Non abbiamo problemi a portarvi, e complimenti per la vostra skill di ascolto. Ma perché volete venire? – 
– Diciamo che dobbiamo distrarci un po’. Che sia un combattimento o qualsiasi altra cosa. E qualunque cosa otteniamo durante il viaggio se la volete ve la daremo, non c’è nessun problema – Disse Akane sorridendo; era la prima volta che sentivo la sua voce, più o meno, non era bellissima, ma suonava leggera – Va bene, potrete venire con noi – Dissi io, per due motivi; primo, ero curioso e secondo: cosa molto più importante – Così me la paghi Masao! – 
– Grazie! – Dissero inchinandosi a più di novanta gradi.
– C-c-cosa!? – Esclamò Masao; gli feci la linguaccia.
– Avete sentito tutto quindi non vi sto qui a rispiegare. Cosa ne pensate? – Masao era stravaccato contro un albero, i due Eizo e Akane erano a gambe incrociate, io ero in piedi; messi a formare un cerchio – Allora… – Aprì il main menu e schiacciò il pulsante della mappa – … Anche noi supponiamo sia questo il piano di cui parla l’indovinello… –
– In effetti se fossi un albero, verrei a stare qui – Riflettei guardando la mappa. Era pieno di boschi e frutteti e c’erano pochissimi paesi, tutti sparsi qua e là per la mappa – … Noi pensiamo che la seconda strofa indichi qui, il… –
– Il paese più distaccato dagli altri – Lo interruppi. Mi stavano tutti a fissare – Scusate! –
– Sta tranquillo, non hai fatto niente di male. Comunque che ne dite, ci incamminiamo? – 
– Ne siete certi, siete certi che dobbiamo andare verso quel paese? – Domandò, non molto gentilmente, Masao; diffidava.
– Detto così sembra un insulto, e comunque non saremo sicuri che sia lì finché non ci andremo –   
– Allora che aspettiamo, una invito scritto?! – E mi portai avanti
Un giorno, era passato. Un intero giorno da quando ci eravamo incamminati, era ormai l’alba e quella notte avevamo dormito all’aperto. Il viaggio fino a quel momento era stato una cosa tranquilla, raccoglievamo ciò che avevamo bisogno dai frutteti. La compagnia di Eizo e di Akane era piacevole, erano rimasti sorpresi dallo scoprire che sapevamo già i loro nomi e adesso sapevamo molto di più sul loro conto: Akane se pur brava a combattere aveva un atteggiamento troppo infantile; e Eizo invece era uno di quelli ultra informato, quasi da parer secchione, gli mancavano solo gli occhiali da vista. Erano fratelli gemelli, anche se quando ne parlavano non avevano una bella faccia.
– Guardate! – Alzai lo sguardo e pensavo che sarei stato stupito, ma – Che cos’è quel… ? – Il paese era formato da una piazza dove c’era un pozzo e delle “cose?” distrutte a terra, intorno alla quale ci sono una chiesa con un campanile distrutto e una decina di case decadenti tutte con muri in legno scuro e tetto più chiaro; e un edificio, molto grande per un posto del genere, unico in pietra che poteva essere una biblioteca come un municipio o una villa – Che cosa ti aspettavi? Tokyo? – Ci sedemmo vicino al pozzo. Le cose distrutte erano tendoni di un mercato dai quali abbiamo recuperato stoffa e qualche cassa – Allora, ora che siamo qua, cosa ne pensate della terza strofa? –
– Be’, è un po’ difficile, cosa ci potrebbe sviare? Qualcosa di ovvio oppure qualcosa che non avremmo il coraggio di fare, suppongo? – Dice Eizo. Non riuscivo a concentrarmi, qualcosa mi aveva distratto – Chi o cosa potrebbe sviarci, non riesco a concentrarmi pensando che non sappiamo neppure cosa stiamo cercando?! – 
 Eizo iniziò a dire una frase… – Be’ non lo sappiamo, questo è vero, ma possiamo immaginarlo; pensa solo che stiamo cercando… Mh… 30 barili pieni d’oro! –
…Che, poi amplificata da sua sorella… – Sììì, 30, anzi 50 barili di pietre preziose e oro! – … Mi portò alla più totale distrazione.
Invece, Masao, sembrava più motivato di prima dopo queste parole; il che mi rese ancora più distratto. Però la spensieratezza di Masao si interruppe – Ve lo richiedo, siete sicuri che sia qua? – A questo punto sbottai – Masao piantala! Non possiamo saperlo se non riusciamo a decifrare la terza strofa! – Non so se sia lui o io a soffrire di personalità multipla.
– Ehi, ti faccio notare che queste informazioni erano mie quindi ve le avrei anche potute tenere nascoste! –
– Lo so benissimo ed è per questo che visto non voglio farti cambiare idea sul condividerle con noi, cercherò di ragionare anch’io. Allora cosa ci potrebbe sviare, un posto ovvio o uno che ci reca paura avete detto; quindi che ne dite di quel bel castello in cima a quella collina – Indicai il punto dove sorgeva un grande castello le cui muraglie erano sovrastate da edera e arbusti vari cresciuti tra le rocce.
– Ok, se lo dici tu mi va bene –
– Sì, il ragionamento regge –  Così, dopo le mie banali parole partimmo alla volta del castello. Dopo aver camminato per tutto il sentiero, iniziato tra la chiesa e l’edificio in pietra e, che dopo un ponticello, finiva all’ingresso del castello, arrivammo – Più ovvio di così! – La porta era, come le case del villaggio, decadente. La abbattemmo facilmente. Entrati ci dividemmo :io ai piani alti e le torri, Masao nel sotterraneo, invece Eizo e Akane al piano terra e dintorni.
Dopo un po’ di su e giù di rampe e scalini, vidi la porta per una delle torrette rotonde ed entrai. Qua c’erano delle tende di seta bianche strappate ai bordi che, spinte dal vento che entrava dalle finestre, continuavano a muoversi. Nella piccola stanza rotonda degli oggetti da bambino, una foto e dei mobili erano sparsi sul pavimento. Era un po’ triste la scena, non feci incetta di cose però rimasi comunque là fermo.
Quando fuori dalla stanzetta, me ne tornai da basso – Venite ho trovato qualcosa! – Urlò Masao dal sotterraneo, noi scendemmo e quando ci vide continuò – Sentivo un rumore come vento che passa in una fessura, e allora, cercando, ho trovato questo posto. È una cantina, ho impiegato tanto ad entrarci perché l’ingresso era bloccato da delle macerie; ma guardate! È pieno zeppo di bottiglie di vino, potrebbe essere questo il tesoro! E in più potrebbe essere questa “l’acqua” che brucia –
– Si ma allora cosa potremmo fare, bruciare tutto? Secondo l’indovinello il percorso verso la meta non porta alla morte; se facciamo scoppiare un incendio moriamo di sicuro – Disse Eizo guardando dritto negli occhi Masao – Forse è questa la meta, la ricompensa… L’unico modo per scoprirlo è provare il vino; e visto che sono il più grande fra noi lo proverò io –
In quel momento solo una cosa mi veniva in mente – Ma che sta’ a dire –
Si avvicinò lentamente a una bottiglia e gli fece saltare il tappo, ne bevve un sorso e… lo sputò – Bleah! Che schifo! Non penso sia questo il sentiero da seguire, perché anche se il vino non bruciasse rischieremmo comunque di morire bevendolo – 
– Deve essere perché non te ne intendi, lascia provare a me? – Disse Ezio.
– Eccone qua un altro! – Pensai .
– Accomodati pure – Lo sfidò Masao. Come ingerito un sorso della bevanda,  Eizo la sputò a sua volta; anche se lui, rispetto a Masao, la sputa in faccia a me a ad Akane – Che cacchio di vino è? –
– Questo è aceto, doveva essere qua da tanto tempo – Affermai assaggiando la bevanda che mi aveva sputato addosso – E comunque Eizo, io e tua sorella non siamo un bersaglio di tiro a sputi! – Lo rimproverai. Masao iniziò a ridere – E a te Masao dico solo che se, nella realtà, diventi un alcolista… io… io giuro che vengo a casa tua e chiedo scusa a tua madre! – Adesso la cantina si era zittita, adesso stavamo tutti ridendo a crepapelle. Finita la risata i due ubriaconi avevano la faccia delusa – Non è questo il posto – Proclamai rassegnato, incamminandomi verso l’uscita,  Masao mi contraddisse – Ma ho sentito il suono del vento! – Continuai a camminare – Lo so ma le macerie non nascondevano ciò che faceva suonare il vento, erano loro stesse a farlo suonare. Venite bambini, prendete le bottiglie e andiamocene, forse riusciamo a ricavarne qualcosa – In coro gli ubriaconi – Bambini a chi! – E poi c’è ne tornammo al campo base.
 – Allora che ne pensate dell’indovinello non vorremo lasciare tutto così  – Dichiarò Masao con il ritornato buonumore: erano passate quasi due settimane da quando eravamo stati al castello, eravamo ritornati dai Cavalieri del Patto di Sangue, che avevano cambiato strategie e gruppi, ma io rimanevo comunque il cuoco. Eizo e Akane si toglievano la maschera solo quando erano con noi. Qualcosa mi diceva che non saremo rimasti nel gruppo ancora per molto. Stavamo facendo una pausa dopo gli allenamenti – Kaii , ci prepari qualcosa? – Esclamò Takeo: incitazioni lo seguirono – Va bene, Va bene, avete ancora la farina?! – una voce indistinguibile dalle tante altre mi rispose – Sì –
Consapevole di quello che sarebbe accaduto mi girai verso Masao e gli altri – Vi lascio, intanto rifletteteci senza litigare, ok? – Mi diressi in cucina dove presa la farina iniziai a fare la torta; aprii la schermata con le ricette da selezionare – Farina, zucchero, cacao, uova, latte, olio ... Siete un po’ monotoni lo sapete? Volete sempre la stessa torta! Dove sono le ciliegie? –
– In arrivo – esclamò Ruriko – Eccole qua. Fresche fresche dal bosco. E comunque questa torta non te la chiediamo da un po’ – Non so perché ma quella frase mi colpì e mentre impastavo il tutto riflettevo; anche se “impastare” è una gran parola. Misi la torta in forno e fu subito pronta, intanto continuavo a rifletterci, non so perché ma mi veniva in mente la filastrocca – Ciliegie. Bosco. Paese perduto, ma cosa centrano … – Mi spremevo le meningi, ma non riuscivo a ricordare – Cosa? Perché? Quando? – Tolsi la torta dal forno e sentendo il profumo ricordai – Bosco! Paese perduto! Profumo di casa! – Lasciai cadere la torta, che si salvò, sul tavolo e corsi fuori – È pronta! – Iniziarono ad andare tutti verso la cucina, invece io verso i miei amici; avevano le spade sguainate, stavano litigando di nuovo. Non dubitavo che Masao mi avrebbe seguito, ma Eizo? Non penso che dopo un altro litigio abbia voglia di seguirmi. Quindi presi per mano Akane che si fece tirare – Venite mi sono ricordato del paese perduto… del paese dimenticato! – Arrivati al posto indicai delle rovine di case di cui ormai si vedeva solo la divisione di stanze –  È questo il paese perduto, ed è qui che sono inciampato quando mi stavi tirando Masao – Li guardai perché non stavano dicendo niente; le loro facce erano basite e un po’ strane – Adesso dobbiamo solo capire cosa ci potrebbe sviare – Akane si riprese dalla corsa – Be’, qualcosa che nessuno avrebbe il coraggio di fare ve la possiamo far vedere noi – Ora era lei che tirava me. Ci portò davanti a un rovo – Lo abbiamo visto quando vi stavamo seguendo, per non farci notare troppo avevamo fatto il giro largo. E abbastanza sviatore? – Ci chiede ironicamente – Sì, lo è. Ma dobbiamo cercare in mezzo ai rovi? – Dice Masao – No, sarà molto più semplice. Basterà ascoltare – Bastò smettere di parlare e  sentimmo subito un rumore tipo rimbombo o eco e trovammo un’apertura in una roccia nascosta dal rovo.
 – Ahia! Dannazione! Le spine, che male! – Urlavamo e digrignavamo i denti nel passare in mezzo ai rovi. Passai nella fenditura  per terzo, ultima Akane. Quando fummo dentro, ormai pieni di graffi, scendemmo delle scale e vidi un enorme grotta a cupola con 3 corridoi scavati nella roccia, pareti e pavimenti umidi e pieni di pozzanghere – Be’, l’acqua c’è; proviamo a farla bruciare – Tirai fuori delle pietre focaie che mi aveva donato il padrone della trattoria in cui avevo lavorato e le diedi a Masao. Fece una scintilla sulle pozzanghere del primo corridoio, l’acqua con una fiammata enorme iniziò a bruciare e continuò; le pozzanghere del secondo non si accesero; e invece il terzo iniziò a bruciare debolmente – Il primo di sicuro non è, perché se non moriamo lì… il secondo neppure perché l’acqua non brucia; deve essere il terzo – dice Ezio
– Non per forza; non sappiamo quanto è lungo potremmo morire anche lì, però effettivamente non può essere neanche il secondo; quindi… Potrebbero essere delle illusioni quelle del primo – Lo contrariò Masao che si diresse verso il primo corridoio. Allungò il braccio e non toccò neanche le fiamme che lo ritrasse – Ahi ahi ahi, che male! Queste fiamme sono decisamente vere – Suonava un po’ strano sentirlo dire, essendo in un videogioco dire che quelle fiamme erano vere non mi pareva così corretto.
Mentre discutevano  io mi avvicinai incuriosito al secondo corridoio e mi abbassai – Chissà perché non se acceso? Venite! – Presi dell’acqua nelle mani – Cosa c’è Kaii? – Chiese Eizo.
 Gli spruzzai addosso l’acqua di una pozzanghera di quel corridoio.
 Masao inspirò a denti stretti – Che cosa ti prende, l’acqua… brucia. L’acqua brucia! Che cos’è? – Domandò Akane, misi un dito in bocca – Acqua salata. Che realismo, comunque. Chissà come a fatto per far sentire il bruciore –
– Tutta dritta 2° corridoio allora –
– Esattamente –
Il mio respiro era affannoso dopo aver camminato così tanto, o quantomeno mi piaceva far finta che lo fosse. All’improvviso un alito di vento mi colpì, non so da dove venisse; in fondo al corridoio non c’erano porte o aperture, solo un albero di ciliegio in bassorilievo fatto di metallo: incastonato nel mezzo del tronco c’era  “qualcosa”. Davanti ai miei piedi, ora, c’era un gradino, un altro e un altro ancora; che portavano sopra a un piedistallo – Guardate! – Disse Masao iniziando ad allungare il braccio – Fermo lì! Lo prendo io –
– E perché dovresti prenderlo tu? –
– Semplice. Sono l’unico disposto a condividere informazioni senza fare storie –
Salito sul piedistallo vidi meglio cos’era: era un oggetto di color rame, cilindrico, posto in un pannello girevole; non mi era ancora chiara la sua utilità. Allungai la mano, provai a toglierlo, ma non si toglieva. Allora lo girai come se fosse una chiave in un chiavistello; sentii diversi suoni come di una complessa serratura che si apre lentamente, poi l’oggetto si arrese e si lasciò andare alla stretta della mia mano. L’oggetto era abbastanza pesante – Che cos’è? – Mi chiese Akane – Non lo so. È un pezzo di un qualcosa, penso… E anche abbastanza pesantino – 
– Be’, non sono proprio barili d’oro e di pietre preziose, però mi chiedo comunque cosa sia –
– Sinceramente non lo so, ma consiglio vivamente a tutti noi di tornare a campo prima che si accorgano della nostra assen… – Sentii un colpo alla schiena, una spinta in avanti e poi vidi che cosa mi aveva colpito: un ramo di metallo mi trapassava il corpo. Caddi sulle ginocchia; non sentivo dolore, avevo solo i sensi intorpiditi.
L’albero ritrasse il ramo. Mentre Eizo e Akane venivano incontro a me vennero attaccati. Stanco caddi definitivamente a terra
… tutto quello che ricordavo dopo essere rinvenuto era Masao che correva su una parete con la facilità di uno che cammina… schivava gli attacchi dell’albero senza mostrare segni di fatica… e se lo colpivano li incassava come se niente fosse... e ricordavo tanti rumori di metallo battuto contro altro metallo….
Finito l’incontro ci ha curati – Cose successo?  Kaii e stato colpito. E dopo anche noi, ma non ricordo nient’altro – chiede Eizo
– Anche io non ricordo niente – Afferma Akane: a quanto pareva non avevano visto niente. Invece io no, ma feci finta di niente, non volevo spiegare e avevo paura di chiedere.
 – Non è successo niente – Li rassicurò Masao.
In tutto il combattimento la sua barra vita non era mai scesa sotto il giallo, iniziai a riflettere – Questa non è la sua forza e la forza di qualcun altro; se no che senso ha tenerla nascosta? Se fosse veramente la sua forza l’avrebbe già mostrata ai cavalieri; se fosse la sua forza se ne continuerebbe a vantare. Lo conosco fin troppo bene, qualcosa lo costringe a stare zitto, ma cosa? E soprattutto perché? –
All’improvviso delle scintille iniziarono a uscire  da dov’è prima c’era il cilindro, mi prese il panico. Prima che potessi fare qualsiasi cosa il pannello girevole si staccò dal tronco dell’albero di metallo e le poche scintille si trasformarono in una specie di fuoco d’artificio. Finite quest’ultime ci avvicinammo alla cavità che si era formata, forse il rumore di serratura era di questo scompartimento segreto. Akane allungo il braccio e ne tolse un papiro chiuso con un nastro rosso e una sfera trasparente che veniva configurata dal gioco come “sfera da chiaroveggenza”; poi, incuriosito, controllai il cilindro, configurato dal gioco come “pezzo di completamento”. – Chissà? – 
– Ragazzi guardiamoli dopo gli item, adesso torniamo al campo così saremo e ci sarà più tranquillità – Spiegò Masao e ci rincamminammo.
INTANTO FUORI
– … Quando ancora ero programmatore del gioco sono venuto a conoscenza della pazzia di Kaiaba, ma non avevo tempo per fare tanto perché era già stato formattato il primo dischetto di prova. Allora mi sono intrufolato nello studio di programmazione e ho formato il famoso bug di SAO e un modo per distruggerlo… – 
– È lei che ha formato quel bug!? – Chiese basito Jotaru, interrompendo il signore. 
 – Sì, proprio così. Pensavo che sareste stati più sorpresi di sapere che c’è un modo per distruggerlo. Ritornando a noi, quando è arrivato il giorno del controllo delle copie per i beta tester, ho sostituito il disco con cui si sarebbe dovuto fare la prova  con uno in cui avevo messo il bug. Accortosi di quest’ultimo Kaiaba mi ha ordinato una soluzione sbrigativa, e così mentre correggevo il virus ho aggiunto i nuovi dati; anche se ho dovuto aggiungere un bel po’ di dati per ogni cosa per non sballare le statistiche medie e quindi penso di aver destato dei sospetti in Kaiaba. Forse un giorno, quello che ho fatto, potrà aiutarli. Però ci vorrà tempo e non so se ce la faranno, perché Kaiaba veglia sempre e comunque sul suo mondo – 

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Capitolo 5
*** PAURE: CONVINZIONI ***


DIARIO VIRTUALE
Inizio dicendo che qualche volta modifico qualche capitolo, ma solo perché vedo degli “orrori” grammaticali. E in più mi sono accorto che nell’ultimo capitolo ho confuso Bunjiro con l’aiutante di Kaiaba e l’ho corretto. Scusatemi per tutti questi casini, sono inesperto e per quante volte li rilegga trovo sempre qualche errore anche dopo la pubblicazione! Spero che questo capitolo vi piaccia; forse un po’ particola. Informazione di servizio; ho iniziato a leggere la light novel, il mio linguaggio non penso cambierà minimamente, anche se ora so molto di più del modo di scrivere le sensazioni, forse durante un solo capitolo sarò più specifico; leggendo ho anche scoperto che l’unita monetaria si chiama coll, nome che utilizzerò. Buona lettura!
 
PAURE: CONVINZIONI
Maggio era ormai iniziato. Avevamo già letto il secondo papiro, quello trovato insieme alla sfera; che recitava…
Viaggiare in barca su questo piano è scontato
Ma in quale isola dovrà esser cercato
Quando il male nel bene sarà scovato
Basterà spostare la lastra di lato
Su una vecchia mappa ci sarà un punto
Che potrebbe parere immenso
Ma la nenia del pirata ti avrà già portato
Nel luogo molto fa scelto, predestinato
I piani a cui avevamo pensato si riferisse li avevamo già controllati tutti… ma niente; avremmo dovuto aspettare ulteriormente. In compenso avevamo capito come funzionava la “sfera da chiaroveggenza”: c’è un codice, una specie di codice amico o numero di registrazione, presente nel main menu, inserendolo nella schermata di selezione dell’item, questa, proietta un ologramma di una mappa che sarebbe il luogo e i dintorni dove si trova il giocatore; e se tocchi un punto qualsiasi nella mappa la sfera ti teletrasporta esattamente dove ai indicato, e la sfera viene con te – Potrebbe diventare utile quando ci troveremo nei guai e non potremo comunicare – Ci eravamo detti quando l’avevamo scoperto. Adesso ci trovavamo sul 17°piano, un piano fatto di: grotte, gallerie sotterranee, scogli, montagne e altre stravaganti formazioni rocciose. Per la precisione stavamo attraversando una zona chiamata “Roccia brulla”, e effettivamente lo era. Guardando sia a destra, che a sinistra, che per tutti i trecentosessanta gradi, si vedeva solo una pianura di terra compatta e rossastra, se non si fossero contate le 35 persone che facevano parte dei Cavalieri. Non un’ombra di flora virtuale, ne di una creatura virtuale; avevamo intorno solo desolazione e un sole cocente sulle teste. D’un tratto vidi una mano fare su e giù davanti ai miei occhi, sobbalzai – Kaii! Ci sei!? – Mi disse scherzosamente Takeo continuando a sventolarmi la mano davanti agli occhi – Sì, scusate mi ero incantato guardando il paesaggio – Gli risposi in tono di scuse, gli abbasso il braccio – Questo l’avevamo capito anche noi … deve essere stato illuminante osservare :terra rossastra, altra terra rossastra, ma non proprio dello stesso rosso di prima ma con l’aggiunta di un centesimo di nero, poi di bianco e poi… – Lo guardai torvo – Ho capito – Sbraitai, gli altri si misero a ridere – Comunque, per riportarti tra i comuni mortali; Kaii, come pensi sarà il nostro prossimo allenamento? – La domanda fu così inaspettata che senza pensarci dissi semplicemente – Non lo so. Penso normale. Perché? – Masao subito mi spiegò – Sinceramente noi non ne abbiamo la minima idea, ma Nori sembra saperne qualcosa! – Nori arrossì e balbuziente come al solito enunciò – I-i-io in verità non n-ne sono sicura… – La ragazza  sembrava sul punto di scoppiare, prese un bel respiro e ricominciò il suo discorso – Ma una fonte sicura mi ha informato di una cosa pazzesca che ho riferito al capo… –
– Perché avete tutti questa fissa di chiamarlo capo!? Si chiama Heathcliff! – Enunciò stufo Eizo, adesso al posto della maschera precedente ne portava una marrone che ricordava quelle africane; Ruriko non teneva nascosto l’inquietudine portategli da quelle maschere e Takeo ne aveva di nuovo approfittato per chiamarla Ru. Gli risposi come un fanatico d’arte parla dell’arte – Sai Eizo, lui… è il capo! – E dopo una risatina Masao lo rimproverò – Dai, lascia finire Nori – Nori riprese a spiegarci – Dunque, ho detto al capo che al centro della “Roccia brulla” si erge una montagna; c’è un’entrata, che è l’ingresso di un labirinto, incastrate nelle pareti di quest’ultimo ci sono delle gemme luminescenti. Secondo quello che mi ha riferito questo informatore il labirinto in se non è poi così difficile perché basta proseguire sul percorso nel quale le gemme perdono luminescenza. La cosa pazzesca arriva per ultima invece ; l’ultimo corridoio è totalmente al buio e quando si attraversa si vede le proprie paure di morte! – Eravamo stati sorpresi da questa affermazione improvvisa di Nori – Sì, come no! – Ridemmo, per quanto le informazioni di Nori fossero sempre giuste era difficile da credere – E come dovrebbe funzionare? – Chiese sarcasticamente Takeo, Nori rispose senza indugi  – La maggior parte di quelli che ci sono andati dicono che mentre percorri i corridoi del labirinto alla tua mente vengano mandati messaggi subliminali riferenti alle morti già avvenute in SAO attraverso il Nerve Gear, e questo ritrasmette i tuoi pensieri sotto forma di una visione quando attraversi il corridoio; il programma però non ci farà entrare tutti direttamente; dovremmo entrare pochi alla volta – Rimanemmo tutti in silenzio. Successivamente la mia voce riempi l’aria – Più che un allenamento questa mi sembra una prova; servirà per qualcosa – – Ma quale scopo avrebbe questa prova!? – Esclamò Ruriko indignata e con una flebile punta di disperazione – Chi pensi che sia stato a formattare il programma di quel corridoio? Riflettici, di per se, questo gioco, ha uno scopo? – Non fu quella che si può definire una risposta diretta, ma tutti avevamo capito; Kaiaba. Akane e Eizo girarono la testa di lato a guardare in basso, come fossero sprezzanti o indignati per quello che avevamo detto, per il nome che avevamo pronunciato. Tutti annuirono, ma non parlammo più per il resto del viaggio; camminammo e basta.
All’orizzonte comparì una montagna, aveva la base larga e la cima appuntita e quando arrivammo alle sue pendici ci fermammo – Ascoltatemi! – Proclamò il capo – Questo non è un allenamento, ma una prova; una sfida tra voi. Sarà a tempo; i cinque tempi migliori, esclusi gli ex capi dei gruppi e me, verranno premiati – Tutti curiosi di sapere qual era il premio fecero domande su domande, ma nessuna ebbe una risposta. Il capo chiamò Nori, lei spiegò al resto della gilda quello che prima gli aveva spiegato a noi, con un particolare in più; cioè che avremmo avuto delle visioni, e durante queste ci saremmo mossi con gli stessi movimenti che avremmo compiuto nelle visioni, poi, finite le visioni, avremmo dovuto proseguire verso l’uscita.
Entrammo nella montagna. Le gemme brillavano di una luce quasi fucsia, e man mano che andavano avanti la luce tendeva a un viola uva; mentre a me venivano lacrime agli occhi e sentivo il cuore pesante, che mi parlava di morte!
– Siamo arrivati – Enunciò una voce, trasalii, fra poco avrei dovuto affrontare la prova. Mi guardai intorno, era buio; l’unica luce proveniva dalle torce che avevano in mano i capogruppo – Da qua in poi procederemo con calma, il programma regge tre giocatori per volta. Per primi andremo io e gli ex capi; da un lato all’altro ci si dovrebbe sentire, quindi vi daremo noi il via. State pronti e preparatevi a gruppi di tre – Ci fu un grande brusio per accaparrarsi i posti e calmato eravamo pronti.
Partirono i capi dando le torce agli ultimi gruppi, e dopo qualche interminabile minuto sentimmo una voce – Potete partire – Subito il primo gruppo parti. Ero nel nono terzetto, con me Akane e Masao; anche loro non avevano una bella c’era. Dopo minuti e minuti di coda, dall’altra parte, il capo disse – Ne entri solo uno – E così accadde anche altre volte; volevano smaltire la fila, quindi appena uno finiva un altro entrava.
– Può entrare il prossimo – Toccava a me, camminai strisciando i piedi fino a un trivio – Mi sembra un dejavoux – Provai a entrare in uno dei corridoi, ma sbattei contro una parete invisibile; era occupato. Allora, scelsi un altro corridoio e in questo riuscii ad entrarci. In poco tempo fui avvolto dall’oscurità con gli occhi gonfi di lacrime.
L’oscurità mi sembrava attenuarsi, ma mi resi conto che erano delle figure a emanare un’aura di chiarore. Le figuresi avvicinarono tutt’intorno a me e le riconobbi subito: vidi Ruriko, Nori, Masao e tutti gli altri con le armi sguainate. Masao comparì dietro me e mi colpì alla schiena con un kunai, caddi. Non so perché, ma sapevo già cosa stava accadendo; la mia paura era di morire ucciso dai miei amici… Mi sentii così spaventato che sarei riuscito a correre fino in capo al mondo, ma al contempo una tristezza lancinante al cuore che mi rendeva pesante; e per quante forze avessi mi bloccava i piedi. Li vidi tutti avanzare e attaccarmi, e io fermo, impotente. Secondo quello che avevo inteso la visione doveva scomparire, nel mio caso i miei amici dovevano scomparire: potevo calmarmi e pensare che fosse solo una visione, ucciderli, o formare nella mia testa la convinzione che la cosa che sta accadendo non potrebbe mai accadere. Provai l’ultima opzione... Ma forse avrei dovuto rifletterci su – Basta!! – Sbottai – Smettetela! Non avreste mai abbastanza coraggio per uccidermi! – Mi bloccai, mi resi conto della scemenza che avevo appena detto, o più che altro di come l’avevo esposta. Però per quanto mi impegnassi non mi veniva altro modo per dirlo – Loro non mi ucciderebbero mai, su questo ne sono sicuro; ma perché? Io penso di essere l’ultima persona su cui fare una riflessione: sono timoroso e parto all’attacco o per farmi vedere o perché appunto ho paura – Riflettei. Intanto continuavano ad attaccarmi e a trafiggermi e ad ogni colpo sentivo una spinta, prima di qua poi di là che mi sballottava – Perché i miei amici non mi ucciderebbero? … Ma certo, che stupido! – La risposta mi parve limpida, ovvia – Scusate, ho sbagliato – dissi con la voce tremolante, piangevo ma cercavo  di sorridere. Nori che stava per attaccarmi si fermò a mezzaria – Tutto questo è un mio errore. Perché dovrei avere paura di voi? – Si bloccarono in una fila davanti a me, il loro sguardo vuoto da alcun sentimento – Veramente. Perché dovrei avere paura di voi? Siete miei amici ed è per questo che non mi uccidereste mai; ed è per questo che non avreste il coraggio di uccidermi! – Affermai sicuro di quello che stavo dicendo; però davanti ai miei occhi c’erano ancor Masao, Eizo e Akane – Ma che?! – La mia paura di essere ucciso dai miei amici si era trasformata in una più ima, quella di essere ucciso dai miei migliori amici. Mi avvicinai a Akane – Akane, sei una ragazza: gentile, aperta,  disponibile e non dici mai bugie. Non lo faresti mai – Scomparve. Girai la testa verso Masao – Tu invece, sei un libro aperto per me; e poi se avessi voluto uccidermi l’avresti fatto già da tempo – E così, anche lui scomparve. Feci tre passi verso Eizo – Eizo, fammi il piacere, sei un ragazzo come tanti altri in questo videogioco; e non hai niente contro di me – Esplose in un fascio di luce.
Prima sarei potuto risultare un po’ ingenuo; ma adesso lo sarei risultato ancora di più, oltre che parecchio sdolcinato. Perché mi ero convinto che i miei amici non mi avrebbero mai fatto del male; mi ero fatto delle convinzioni.
Finita la visione, preso dalla gioia iniziai a correre; mi sentivo estremamente  – E tutto qua quello che sai fare stupido programma! – Lo sfidai pimpante di gioia, e come in risposta mi sentii il cuore più pesante e le lacrime mi iniziarono a sgorgare dagli occhi. Un’altra visione stava per cominciare…
Questa volta Masao era seduto legato su una sedia e io avevo un coltello in mano, gli altri miei amici dietro mi dicevano di ucciderlo perché aveva fatto delle cose bruttissime. Io li ascoltavo e mi sembrava di impazzire. Potevo provare a parlare ai miei amici, ucciderli, uccidere Masao o suicidarmi; nella maggior parte dei casi sarei risultato un codardo. Decisi di parlare con i miei amici – Perché devo ucciderlo? Anche se avesse fatto del male è un vostro amico; lo uccidereste veramente? – Rimasero immobili come statue, non mi ero convinto – Ho chiesto se lo uccidereste veramente! Non fareste di tutto per aiutarlo, non rischiereste la vostra vita?! – Non cambiò nulla da prima; sapevo di non avere il coraggio di rischiare la vita per un amico, ma neanche di ucciderlo – Allora fatelo voi, vediamo poi! – Gli porsi il coltello, ma loro non fecero niente; lo sapevo già ma… quella era la mia prova. Mi ripiegai su me stesso, mi sentivo come se stessi per vomitare dalla tristezza, mi contraddicevo da solo, sentivo un peso immenso  sul cuore, non riuscivo a ragionare; sarei stato li per ore ed ore, accasciato a piangere. Poi, vidi una mano che andava su e giù davanti ai miei occhi, mi guardai intorno… me l’ero solo immaginato... Però, mi riportò alla realtà, mi ricordò che quella era solo una visione. Allora pensai – Devo stare calmo. Calmarmi e convincermi che questa situazione non potrebbe mai essere vera, proprio per quello che ho affermato prima. Loro sono i miei amici, e i miei amici non mi farebbero mai del male; e questa scelta che devo fare, a me, fa male! – E con questa frase tutto finì. Non ero coraggioso.
I miei occhi erano lucidi, mi sentivo uno straccio. Iniziai a correre disperato fin quando non vidi che i tre corridoi si rincontravano e rallentai.
– Morite tutti, bastardi! Come ho già ucciso Kaii! – Il sangue mi si ghiaccio nelle vene; quella era la voce di Eizo! Guardai in uno degli altri corridoi in cerca di una speranza inesistente e vidi quel che vidi. Nell’oscurità Eizo stava combattendo contro qualcuno, la spada sguainata e gli occhi pieni di pazzia! Se era come pensavo quelli che ora stava combattendo erano Masao e Akane. Come poteva uccidere i suoi amici e sua sorella? Cosa mai l’aveva spinto a farlo? Oppure ero io che stranamente non avevo usato armi? O ancora era lui che ci stava uccidendo di suo principio? Deglutii a quel pensiero; poteva essere una visione, ma no, non lo era. In quel momento riflettei, se avessi dovuto ripercorrere il corridoio sarei dovuto stare lì ore per convincermi che lui non mi avrebbe mai fatto del male e che fosse uno come tanti altri. Stetti lì circa 5 secondi; abbastanza per constatare che quella che aveva negli occhi era proprio pazzia e che la mia convinzione su Eizo era sbagliata. Poi scappai, con la mia mente che pensava solo quello, mentre i miei occhi piangevano, il mio cuore pulsava e il mio corpo era colpito dai primi raggi del sole; avevo finalmente finito la prova.
Akane, Eizo e Masao uscirono giusto dopo di me. Fino ad allora il silenzio non era mai stato il percorso corretto, ma parlare in quel momento mi sembrava una camminata su un filo di seta.
Il sole stava tramontando con il cielo si tingeva di sfumature arancio e rosa. Tutti avevano già finito la prova e i risultati erano stati enunciati; io, ero arrivato trentatreesimo su trentasei, in parole povere… tra gli ultimi! Akane diciassettesima, Masao quarto e Eizo secondo. Quando Eizo uscì lo salutai e mi finsi indaffarato a parlare con altri e a fare cose. Masao ne usci fuori come sempre – Non mi potevo muovere – Ci disse con un filo di voce, come se stesse per piangere – Un uomo senza volto vi uccideva uno per volta; quando l’uomo aveva finito con la strage ero libero di muovermi – Disse quest’ultima parte con dell’amarezza – Ma tutte le volte che ho provato ad ucciderlo per vendicarvi… lui sopravviveva – La frase mi suono strana nella mente, mi suscitava timore e lusinga. Avevo provato più volte durante dei combattimenti la sensazione di un groppo alla gola che mi bloccava, Masao invece non aveva problemi ad ammettere che cercava di uccidere una persona per noi; questo mi ricordo casa, il motivo perché i miei genitori mi avevano mandato qua. Akane invece, appena uscita era cerea, come se avesse visto un fantasma! Lei racconta di un orsacchiotto, regalo dei suoi genitori, che aveva perso da piccola e che la incolpava di averlo distrutto, ma non mi convinceva. Una recita del genere poteva convincere Masao, Nori, Takeo; a Eizo avrebbe sicuramente raccontato tutto più tardi. Allora quando fummo in disparte gli chiesi – Anche se non me lo dici mi sta bene, ma rispondimi almeno si o no. È veramente quello che hai visto? – Lei con voce rauca e sommossa mi rispose, quasi in un sussurro – No – E si buttò tra le mie braccia col capo sul mio petto piangendo. Colto alla sprovvista il tono di voce della mia successiva domanda fu alquanto imbarazzato – E non e che potrei sapere cos’hai visto? – Scosse la testa lasciandola attaccata al mio petto e poi ,rassegnato, appoggiai gli avambracci sulle sue spalle con le mani che si toccavano e abbassai anch’io il capo, verso lei. Dopo che Akane finì di piangere anche la mia convinzione su di lei si rivelò errata.
Ci mettemmo in gruppo con Takeo e gli altri, in una folla appena formatasi – È giunto il momento della premiazione! – Enunciò il capo – Anche se conoscete già i nomi, adesso, chiamerò dal quinto al primo i vincitori e gli conferirò i loro premi – Iniziò chiamando il quinto e dandogli il premio – 25 mila coll?! – Non osavo immaginare quanto avrebbe ricevuto il primo di premio. Chiamo Masao che ricevette 31.250 coll, poi Naomichi, al secondo posto con un premio di 43.750 coll Eizo e infine il primo posto andò a uno sconosciuto. Festeggiarono, si complimentarono a vicenda e tornarono tra la folla, acclamati. Masao e Eizo vennero verso di noi con fare egocentrico – Come va al trentaquattresimo in carica? – Sentivo un po’ di invidia in me, ma avevano meritato quella vittoria  – Benissimo, sono felice per voi! – Dissi – Allora che ne dite? Andiamo a festeggiare? – Ci domandò Masao – Va bene, ma niente alcolici. Hai bambini non è permesso! – Ridemmo; Nori controllò la mappa e guardò Masao negli occhi arrossendo leggermente – L-la citta più vicina è a nordest. Andiamo! –
La notte era arrivata e portò con se uno stupendo cielo stellato. Ci siamo fermati in una locanda seduti su poltrone a fagiolo e divanetti; tutti che parliamo a formare un gran fracasso. Adesso Takeo aveva sfidato Ruriko a chi riusciva a scolarsi più velocemente la bevanda che nella realtà sarebbe dovuta essere birra. Alcuni scommettevano: tutti li incitavamo. Mi girai verso Masao e lo guardai mentre urlava contro Ruriko su cui aveva scommesso… Tutto d’un tratto si fermò guardandosi intorno – Masao, c’è qualcosa che non va? – Il suo sguardo si blocco su di me – Ah sì, vado a prendere una boccata d’aria – E se ne andò. Incerto aspettai un attimo, tempo di scoprire che la vincitrice era Ruriko e di ritirare il premio di Masao. Di quando in quando mi giravo a vedere se Masao rientrava e poi capii che avrei dovuto chiamarlo, uscii e lo raggiunsi, ma prima di poter dire qualsiasi parola lo sentii parlare, mi nascosi e ascoltai – Ok. Inizio a cercare una persona… – Tirai fuori la testa dal nascondiglio e osservai intorno ma non vidi nessuno parlargli – E la prossima volta che mi chiamate attuerò il piano – Sospirò. Scappai dentro la locanda senza farmi vedere. Cosa stava facendo? La mia mente per rispondere a questa domanda non so perché ma penso a cose assurde; anche se poteva essere una cosa semplicissimo, tipo una chiamata. Mi risiedetti al mio posto aspettando che Masao rientrasse – A finalmente sei tornato – Dichiaro Takeo che era rivolto verso l’uscita con la voce da ubriaco. Non da segni di avermi visto – Tieni – Aprii una schermata – Ha vinto Ruriko – Li prese e mi ringrazio. E purtroppo anche l’ultima delle mie convinzione verso i miei migliori amici se ne andò, tutte infrante nello stesso giorno in cui me le ero formate nella testa: chissà perché però, mi sentivo stranamente sollevato dal vedere che tutto quello che avevo supposto dei miei amici fosse un madornale errore.
INTANTO FUORI
Jotaru, l’aiutante dai Kaiaba che di nome face Taro, e gli altri si trovavano nell’aula del club d’informatica, dove dominava il ticchettio dei tasti della tastiera – Allora, avete capito? Quando riattiveranno il bug noi dovremo creare una breccia e convogliare la trasmissione ai nostri computer così che non la vedano tutte le persone online. La trasmissione dovrebbe durare circa 3 minuti e in quel tempo dovrò informare i giocatori sul da farsi. E quando tutto sarà finito potremmo distruggere SAO – Proclamò per l’ennesima volta il signore – Sì, sì signore. L’abbiamo capito, c’è lo dite da mezzora – Disse stufo Bunjiro. Jotaru era in quella sala a guardarli, si sentiva inutile – C’è qualcosa che non va? – Si rivolse il signore a Jotaru – No, è che… Mi sento inutile, un peso – Sospirò – Sta tranquillo, non puoi fare niente sì; ma sei tu che mi hai dato la speranza. Sai, prima di conoscerti avevo già contattato qualcuno per risolvere la faccenda, ma non volevano ascoltarmi; dopo è subentrata la polizia che ha pressato su di loro che pressavano su di me per avere i dati il più velocemente possibile, ma non riuscivo a stargli dietro. Così quando gli ho parlato del mio lungo piano non l’hanno voluto seguire e ne hanno programmato uno loro; ma intanto i pochi dati che sono riuscito a dargli erano confusi e… faranno un casino – Mi disse quest’ultima parte come se fosse tutta colpa sua, come se si prendesse tutto il peso perché non era stato abbastanza veloce a recuperare e dargli i dati – Ma tu mi hai dato una seconda possibilità; grazie Jotaru –

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Capitolo 6
*** UN GRANDE SEGRETO: RITROVARE E PERDERE ***


DIARIO VIRTUALE
Con questo capitolo potrebbe sembrare che tutto accada troppo velocemente, ma non è così; e poi la storia non dura tantissimi capitoli. E ribadendo quello che ho già detto un miliardo di volte, spero che vi piacerà questo capitolo!
UN GRANDE SEGRETO: RITROVARE E PERDERE
Il sole splendeva sulle nostre teste, che bello; l’estate era finalmente iniziata! Anche se le stagioni e il clima erano impostate come nella realtà si sentiva che quello era il primo giorno d’estate. E dovevamo fare una cosa. Dopo aver implorato Masao per una quindicina di minuti, ero riuscito a convincerlo di svelare il segreto del bug al primo piano ad Akane e ad Eizo; non potevo dire di fidarmi come prima dei miei amici, dopo quello che successe il giorno della prova. Però non so il perché, ma sentivo che gliel’avremmo dovuto dire e inoltre la prova era avvenuta già un mese prima. All’inizio era riluttante all’idea, e non sapevo come convincerlo visto che non ce n’era effettivamente bisogno; ma gli diedi così tanto fastidio che, alla fine, cedette. Purtroppo su Wingroot non mollò e il “pet” sarebbe rimasto ancora un segreto attaccato al suo collo in bella vista.
Finiti gli allenamenti dopo pranzo li recuperammo. La folla ci spingeva indietro, diretta ai dormitori, eccitato cercavo di andare avanti più velocemente possibile, Masao invece sembrava sconfortato e mancava poco che non lo vedessi più  – Dai venite voi due, vi dobbiamo mostrare una cosa al primo piano! – Esclamai ai due fratelli – Una cosa, cosa? – Chiese Eizo, senza sentimento; non era una cosa particolarmente strana, a parte qualche frase tutto quello che usciva dalla sua bocca era senza sentimento, quasi fosse a scopo esplicativo. A Masao l’idea non doveva proprio piacere perché rispose in un modo che potrebbe essere definito leggermente… – Senti stronzetto adesso non rompere, vieni con noi e fai il bravo cagnetto o giuro che ti ammazzo – … Brusco? Eizo, beffardo – Vorrei vede… – – Dai Eizo non fare il solito guastafeste – Gli disse scherzosamente Akane, dandogli una spintarella – Sì, ma… – A quel punto l’eccitazione che avevo in corpo mi era arrivata sin alla punta dei capelli – Eizo, lo so che non ti fidi di Masao, ma almeno fidati di me – Cercai di spiegargli – Ok, ma cosa… –  – Ascolta Eizo; si trova al primo piano ed è un grande segreto! Andiamo! – E mi precipitai avanti, di corsa verso il primo piano – Un attimo – Ci calmò Eizo. Mi fermai di colpo barcollando – Devo riferire dei dati sull’allenamento a Heathcliff, nel frattempo voi andate pure a “ Corindonia”, dove c’è il portale – Così si diresse dal capo e noi dal lato opposto, pronti a raggiungere il primo piano.
Eravamo arrivati all’entrata da 15 minuti quando arrivò anche Eizo – Pronti a passare dal diciannovesimo piano al primo? – La voce di Masao era stata energica che mi chiedevo dove fosse finita la sua svogliatezza  – Come non lo sono stato mai – Osservai il paesaggio cambiare  tutt’intorno a me, mentre un fascio di luce blu mi circondava. Prima c’era una città scavata nella roccia colorata di vari colori, con le pareti degli edifici che erano quasi trasparenti; allegra e vivace. Poi fummo circondati da lastre di pietra, piastrelle e mattoni grigi, tutto a formare un villaggio medioevale. Una nuvola di passaggio rabbuiava la piazza e la rendeva ancora più buia e triste. Dei bambini giocavano nella piazza sotto l’osservazione di una donna. Akane ruppe il silenzio – Ah, ne avevo sentito parlare; allora è vero –  – Vero cosa? – Ci incamminammo verso la piazza – Qua al primo piano ci stanno gran parte dei ragazzini che sono entrati nel videogioco. Hanno dei problemi con ma finora sono resistiti – Quelle parole mi ricordarono dei gruppi che si erano formati all’inizio e tra i vari  l’“esercito”, che adesso tormentava i giocatori rimasti al primo piano. Un nodo alla gola mi sorprese mentre camminavo nel bel mezzo della piazza; quella era la piazza in cui tutto era iniziato, la piazza dove Jotaro era morto, la piazza dove avevo mangiato, corso, ed ero scappato, la piazza dove feci una… promessa! Avevo represso così tanto il ricordo di Jotaru che mi ero dimenticato della spada! Mi accorsi che gli altri erano molto più avanti di me, però volli comunque dare un’occhiata alla spada, andare a vedere se era ancora lì. Nella sua teca di vetro con il cartellino attaccato su cui era scritto “1000000 coll”, mi sembrava più bella di prima e l’unica cosa che rendesse quel posto meno grigio, ma mancava qualcosa – Kaii – Mi chiamò Masao, mi girai e vidi un ragazzo in parte a me scrivere su un libretto: era Jotaro. Anzi un brutto scherzo da parte dei miei ricordi. Caddi sulle ginocchia e mi misi a piangere; mi tenevo dentro tutto da così tanto tempo, che sfogarmi non mi avrebbe fatto altro che bene. Gli altri corsero verso di me preoccupati – Cosa c’è? – Mi chiesero – Scusate. È solo un ricordo, un bellissimo ricordo di un amico fantastico portatomi via da questo dannato videogioco! – Dando un pugno con tutte le mie forse alle lastre della piazza – Jotaru – Disse Masao in un tono tra affermazione e domanda. Akane mi alzò la testa fin che i suoi occhi non videro i miei – Kaii… – Mi guardò quasi sconcertata – Anche lui era solo un ragazzino, aveva undici anni – I suoi occhi mi dicevano della sua perplessità – Sta’ tranquilla; vi racconterò tutto più tardi. Tutto più tardi – Quest’ultima parte la scandii con un filo di voce, come per convincermi che lo dovevo fare. Sorrisi e ci incamminammo verso il lago.
La barca di Doi non c’era più – Chissà a quale piano si è trasferito? – Mi chiesi internamente. Svoltammo nel bosco; speravo di ricordarmi la strada. Andammo dritti e, fortunatamente, dopo qualche cambio di direzione l’albero gigante comparve in tutta la sua maestosità. Era bello rivedere l’albero, e le facce dei fratelli erano esterrefatte. I loro occhi si abbassarono all’insieme di mobili disposto in una profonda cavità tra le radici dell’albero: i due futon d’erba, il tavolino, le sedie e le casse. Akane li indicò – Perché ci sono dei mobili? E come mai nel gioco vengono configurati dei mobili del genere? – Masao le spiegò – Be’, la risposta alla prima domanda è che :qua è stato dove io e Kaii abbiamo alloggiato per gli ultimi periodi in cui siamo rimasti su questo piano. Della seconda domanda, invece, non sappiamo la risposta – Ci guarda perplessa – Allora… chi li a costruiti? E come avete fatto a viverci? – Alzai la mano colpevole – Li ho costruiti io; oltre alla skill di cucina ho anche la skill di forgiatura e quella di artigianato mediamente sviluppate: non veniamo qua da quando abbiamo lasciato il piano. E vivevamo come vivevamo – Si avvicinò lentamente e proclamò – A meno che tu non voglia metterti a fare degli altri mobili, qui, ci penso io. C’è bisogno di un gran cambiamento – Aprì il main menu e dopo pochi secondi si materializzarono mobili su mobili che dispose senza fare caso a quelli fabbricati da me, intanto suo fratello andò a farsi un giro nei paraggi. Quattro poltrone che avevano un aspetto molto comodo intorno a un tavolino rotondo da tè e dall’altro lato un mobile con cassetti, piano lavoro e ripiani. Raccolse sedie, futon e il resto e senza neanche guardarmi mi domando – Kaii, non ti dispiace se questi diventano legna da ardere, vero? – Da quanto ero sorpreso avesse tutti quei mobili non feci caso a quello che la mia bocca dichiarò per me – Sì, sì. Buttali pure sul rogo – Lì distrusse e poi li scagliò nel bosco con una sword skill– Immagino che vogliate sapere come faccia ad avere tutti questi mobili. Ce ne ho così tanti perché io ed Eizo, prima di entrare nei Cavalieri del Patto di Sangue come lavoro facevamo commissioni; così man mano ci siamo arricchiti, ho collezionato mobili su mobili che non ci stavano in casa; pur avendo praticamente una villa – Disse questa parte con una strana malinconia – Poi siamo entrati nei Cavalieri e ho dovuto lasciar perdere. I mobili li lascerò qua tanto ne ho a bizzeffe, e se quello che credo è giusto non li toccherà anima viva – Finita la frase Masao sembrava perplesso – Ma come fai a portare così tante cose nell’inventario – Del rossore le coprì il viso – In verità io porto solo cose come mobili, maschere o comunque utili come cannocchiali e vestiti. È Eizo a portare il cibo, armi e tutto il resto – Ridacchio sapendo che sarebbe sembrata un poco stupida – Pensa che noi – Intervenni – Prima di entrare nei Cavalieri abbiamo lavorato per svariati ristoranti e continuavamo a vivere sempre sul decimo piano; in un appartamento che comprendeva primo e secondo piano di una villetta multifamiliare con un terrazzino di legno e il porticato sotto, il tetto con tre punte sulla quale in cima una bandierina; avevamo dei debiti che abbiamo saldato continuando a lavorare per una trattoria anche dopo essere entrati nei Cavalieri. Mi piaceva quel posto: discreto, tranquillo, se non conti la vicina. Oserei dire perfetto – Masao mi guardo come per dire – Ma quel posto era orrendo – Invece Akane mi affermò – Da come lo descrivi sembra fantastico. Però, pensavo che ristoranti e surrogati fossero gestiti dai personaggi mossi dal sistema e che non assumessero personale – Masao si intromesse con aria saccente – La faccenda dei mercanti non è poi così diversa da quella dei ristoratori, escluse le locande – Spiegò – Esistono sia gestite dagli uni che dagli altri. Una tra le tante volte abbiamo lavorato per una catena ristoranti che adesso è abbastanza conosciuta, la “I cinque gusti” – La faccia di Akane si illumino – Cosa?! La “I cinque gusti”! Quella che ha la propria sede principale sul dodicesimo piano! Proprio quella!? Quella che ha anche dei ristoranti al settimo, al nono, al quindicesimo e al diciassettesimo piano!? Quella dove i cuochi hanno l’abilita di passare dal sushi, allo stufato, alle torte fino a un banalissimo “fish and chips”!? Proprio quello!? Uno dei pochi che riesce a resistere contro la concorrenza di quelli controllati dal sistema!? – Mi stavo spaventando delle strane richieste che mi si formavano in testa e che mi avrebbe certamente rivolto più tardi – Sì, proprio quelle, io cacciavo per il ristorante e Kaii cucinava – Akane si fece scappare un urlo di gioia – Quindi tu sei uno di quei… –  – Cuochi? Sì, lo sono. Pensa che restando lì per un solo mese la mia skill di cucina è aumentata di 112. Tuttora la mia skill di cucina è di 347 su mille –  
Entrai nella cavità, mi guardai intorno: era tutto bellissimo. Ma… – Cos’è quello? – Dove prima c’era il bug adesso c’era un pannello uguale a quello dove era incastrato il cilindro. Allora lo presi dall’inventario e feci la stessa cosa che avevo fatto quando l’avevamo trovato, ma al contrario: lo infilai, lo girai e poi pulsò di una luce azzurra due volte mentre lasciavo la presa e infine il pannello scomparve, il cilindro cadde. Appena raccolto Lo rimisi nell’inventario – Cos’è successo? – Mi chiesero perplessi Masao ed Akane che avevano visto la scena – Sinceramente non lo so –  – Allora ci fai vedere questo segreto o no? – Eizo era appena tornato e voleva già attaccar bega con Masao che, come al solito, stette inconsapevolmente al suo gioco – Cagnetto, pazienta un attimo. C’è bisogno di tempo per cose del genere – – Uffa, che barba. Prima volete che veniamo senza fare storie e poi dubitate di noi – Ribatté con voce sarcastica, quando anche Masao provò a ribattere lo bloccai – Basta! – E le acque si calmarono.
Akane ci invitò a sederci perché incuriosita dal motivo per cui avevo pianto, voleva scoprirlo. Gli raccontai di Jotaro e dell’unica giornata passata insieme, della spada e di tutto, in generale… con un tono di voce che mi era familiare; era simile a quello di Akane quando dicevano di essere fratelli, o di quello di quando prima ci aveva raccontato della loro villa a SAO.
– È arrivato il momento di svelarvi il segreto. Appena avevo finito di sistemare, per una casualità, scoprimmo che in questo punto della radice c’è una specie di bug! – Eizo sembrava deluso – In che senso una specie di bug? – Masao si mise una mano dietro la testa – Perché, in effetti, non abbiamo la minima idea di cosa sia – Tolsi la spada dal fodero di Masao come feci l’ultima volta. Affondai la spada nella radice e si creò una specie di schermo rotondo fatto di pixel… Ma non scomparve; invece cambiò colore, si formarono delle forme – Pronto! Pronto ci sentite? – Sentimmo una voce robotica e le forme diventarono nitide – Sì vi sentiamo! – A quel punto vidi un ragazzo e di lato a lui un altro con gli occhi azzurri e i capelli a spazzola dai lineamenti vagamenti familiari – Jotaro!? – Esclamai e sussultai di gioia. All’inizio non ci credevo, ma poi parlò – Kaii, Masao siete voi? – Masao era un po’ confuso, non aveva mai visto il vero Jotaro. Ma trapelava gioia da tutti i pori e al contempo era serioso – Quello è Jotaro? – Chiese sbigottita Akane –  – A quanto pare, sì! Sì Jotaro, siamo noi – La frase mi venne tirata fuori dalla bocca con delle pinze, avevo il magone, piangevo per la gioia, e al contempo avevo voglia di saltare come un forsennato – Adesso potete chiamarmi pure Jo, e il mio vero nome – Sorrise e anch’io lo feci – Va bene, Jo. Ma com’è possibile? – Chiesi. Cercò di rispondere, ma il ragazzo accanto a lui lo anticipò – Ciao mi chiamo Bunjiro, sono un amico di Jotaro. Scusate se interrompo il ricongiungimento, ma non abbiamo molto tempo. Jo s’è salvato perché il suo Nerve Gear era scarico; non fatevi troppe domande. Qualcuno vada a chiamare il signor Taro e alle macchinette – Sentimmo dei rumori, una porta scorrevole e qualcosa che cadeva – Il signor Taro era un collaboratore di Kaiaba, lui vi dirà cosa dovrete fare. Noi possiamo solo dirvi che quando il suo piano andrà al termine potremmo distruggere SAO; però vi avverto gran parte dei lavori toccheranno a voi – Proclamò Jo – Jo, ma perché ti chiamano con il tuo nome del videogioco? – Guardò in basso – Be’, in effetti, non mi piace il mio vero nome, e quindi mi faccio generalmente chiamare Jotaru – Non lo guardai manco prima di chiedergli – E allora fatti chiamare così anche da noi, scusa – Il suo volto divenne melanconico – No, Jo va bene. È più corto, così quando avrete bisogno di aiuto arriverò prima – Avevo capito il senso figurativo delle parole del mio amico, ma a quanto pareva Masao no; per fortuna qualcosa lo interruppe. Sentimmo dei rumori e i ragazzi si spostarono – Ascoltatemi ragazzi, non ci dovrete ricontattare subito, dovrete aspettare; Kaiaba a i suoi informatori tra i giocatori ed è anch’esso un giocatore e potrebbe rintracciarvi – L’informazione angosciante appena dataci che Kaiaba fosse un giocatore fu mandata via da un’esclamazione improvvisa di Masao – Lei?? – Il signore spostò lo sguardo di qualche grado – Tu?? – Esclamò a sua volta, sorpreso – Voi due come fate a conoscervi? – Masao rispose titubante – A dire il vero… Lo conosciuto ad un ritrovo, e ho insistito che rispondesse ad alcune domande – – Perché lo dici con quel tono? – Rispondo per lui, divertito – Perché forse è un’incorreggibile nerd e fanatico di videogiochi, ma non vuole ammetterlo – – Senti chi parla! – Dall’altra parte dello schermo Jotaru lo contraria – Non penso, Masao. Quando Kaiaba si è presentato all’inizio del gioco non sapeva neanche chi fosse – La risata che scoppiò da ambedue i lati dello schermo fu presto interrotta – Ma la volete finire, il tempo che abbiamo a disposizione non è infinito – Urlò – Sì… Ci scusi. Cosa deve dirci? – Domandò Akane: il signor Taro stava fissando lei e suo fratello con uno sguardo sorpreso e spaventato al contempo. Un rumore di digitalizzazione ci sorprese, il tempo a nostra disposizione per comunicare era finito. Il pannello scomparve e noi non potemmo farci niente. Era successo tutto così velocemente, molto più velocemente di quanto ci fosse parso. Ero al settimo cielo dalla gioia, se avessi potuto mi sarei dimenticato di Kaiaba e di tutto il resto per ricordarmi solo di ogni parola pronunciata da Jo.
Era tardo pomeriggio, ci sedemmo, stemmo zitti; poi parlammo di cosa era meglio fare. E continuammo a parlare fino a tardo pomeriggio. Eravamo sicuri avremmo lasciato i Cavalieri; non sapevo molto bene come eravamo arrivati a quella conclusione, ma supponevo per essere più sicuri che non dessimo sospetti continuando a scomparire e per far si che non trapelasse alcuna informazione – Allora, come la chiamiamo la gilda? – La domanda di Akane la sentivo odiosa; odiavo quel momento – All’asilo quando dovevamo dare dei nomi a dei gruppi, venivo sempre messo in disparte. Anche alle elementari. E alla fine ne uscivamo sempre con nomi presi da manga o quello di un animale – Questa mia riflessioni mi fece ragionare e prendere posizione; lo dovevo scegliere io un nome. Pensai, mi spremetti le meningi intanto che gli altri discutevano e mi venne l’ispirazione – Kaii che ne dici nel nome “Fighters”? – Mi chiesero notando che non ero stato attento – Invece di “Fighters” che ne dite di “Makers” – Tutti mi guardarono storto e cappi che dovevo spiegargli il significato – La parola “make” e formata dalle iniziali dei nostri nomi: Masao, Akane, Kaii e infine Eizo. “Make” di per se è un verbo, lo trasformato in soggetto; quindi mi è venuto fuori “makers”. Che tra i suoi vari significati a anche quello di “artefici”. E ho pensato che potesse andare bene visto che noi potremmo essere gli artefici del destino di SAO – Dopo un attimo di silenzio si dimostrarono tutti contenti per aver trovato un nome per la gilda.
Mi sorprese, successivamente, sentir dire da Masao che sarebbe stato meglio se avessimo alloggiato nel nostro appartamento al decimo piano invece che nella villa di Eizo e Akane; precisamente disse che così, nel caso che Kaiaba ci avrebbe scoperto sarebbe stato più difficile rintracciarci e avremmo avuto una piccola possibilità di scappare.
Ritornammo al campo base dei Cavalieri e qui preparai l’ultima cena che avrei condiviso con loro. Finita quest’ultima Akane mi prese in disparte – Kaii, grazie di esserti fidato di noi. E per questo anch’io ti vorrei svelare un segreto – La guardai – Se si riferisce a quello che hai visto nella visione la giornata della prova; prendi il tuo tempo e me lo racconterai quando non ti sentirai costretta – I suoi occhi rifletterono la luce del tramonto e poi si spensero mentre abbassava la testa. Vedevo il suo sconforto, perché aveva finalmente trovato le forze di parlarne e l’avevo bloccata; ma anche del sollievo perché non si sentiva più obbligata a parlarne. Me ne andai a letto e dormii, il giorno successivo ce ne saremmo andati via.
Mi svegliai presto, circa alle 6. Due ore più tardi ci vennero a chiamare; abbastanza perché io assottigliassi il materasso a forza di rigirarmi nel letto. Ci rincontrammo alla mensa e andammo insieme dal capo – Capo, vorremmo ritirarci. Andarcene dai Cavalieri del Patto di Sangue – Enunciammo – Va bene, ma perché così all’improvviso? – Risposi con la scusa che ci eravamo inventati ieri – Abbiamo bisogno di staccare la spina – Ovvia, ma plausibile. Ci scrutò e si fermò su di me – Sarà difficile trovare un altro cuoco – Mi sentivo onorato, con tre spadaccini validissimi e me; disse che sarebbe stato difficile rimpiazzarmi. Annuii. Quando stavamo per partire incontrammo Ruriko e Takeo – Guardate qua! – Esclamarono facendoci vedere dei foglietti con dei modelli di vestiti e armature rosse e bianche: abbastanza sfarzosi e… decisamente ridicoli – Queste saranno le divise dei Cavalieri, e questo quello che facevamo mentre costruivamo le armature – Lo sguardo di Ruriko si bloccò su di me – È questo e soltanto questo quello a cui stavamo lavorando; capito?! Nient’altro che disegnare e produrre delle nuove armature – Sbraitò quest’ultima parte mentre la sua faccia si avvicinava alla mia, più malefica ad ogni millimetro di vicinanza in più – Le abbiamo già proposte al capo e ha detto che andavano bene – Li guardai – Ragazzi, stiamo partendo ci salutate gli altri, per favore? –  – Ve ne state andando? – Ci chiese rattristito Takeo – Sì, ma state tranquilli. Abbiamo la capoccia dura; ci rivedrete – Queste parole scandite da Masao gli riportarono il sorriso sulla faccia – D’accordo – Dissero, ancora un poco dispiaciuti. Partimmo definitivamente per il decimo piano – Be’, forse è un bene averli lasciati: perché indossare quelle divise sarebbe stato abbastanza imbarazzante – Disse Eizo, con l’unico altro tono di voce che conosce – Sì, hai proprio ragione – Ridacchiammo insieme. Al portale Eizo a selezionato il luogo di arrivo, ma…
Montagne, la prima cosa che ho visto attraverso il raggio blu erano delle montagne. Poi un villaggio e infine sentii la voce di Akane – Ditemi che il villaggio si trova prima delle catene montuose! – Ci pregò congiungendo le mani – Sì, è prima della catena montuosa dopo averne oltrepassate tre e guadato, o saltato, un fiume – Ci guardò torvo – Ma perché ci avete portato così lontano dall’appartamento!? – – Mica siamo stati noi; è colpa di tuo fratello – – Lo so, lo so – Ammise Eizo – Ma sarà un buon allenamento e poi ho voglia di visitarlo, potremmo trovare degli item nuovi – – Per me va bene – Affermò Masao; Akane mi guardò implorante – Mi dispiace Akane, ma per una volta che sono d’accordo… – – Sì, sì, lo capito! – Urlò esausta.
Salimmo il primo passo, incontrammo qualche vipera, raccogliemmo dei mirtilli e ogni tanto una fragolina di bosco, lo scendemmo, ci fermammo a fare colazione in una baita, ripartimmo salendo il secondo passo, e durante la discesa avemmo uno sfortunato incontro con un camoscio molto irritato, guadai il fiume, gli altri lo saltarono e infine salimmo e scendemmo l’ultimo passo senza problemi.
Il villaggio si vedeva da lontano, ma più che un villaggio parevano un gruppo di case sparpagliate per tutto il versante – Arrivati – Dichiarai, le facce dei fratelli erano contente e soddisfatte, la casa sembrava tipo quelle svizzere; a parte per il porticato dai pilastri lisci e curvi, che facevano anche da veranda. Masao si avvicino alla porta, prese la chiave, e proprio mentre la stava girando una voce gracchiante che conoscevamo bene subentrò: era la signora Kin, l’insopportabile anziana che abitava di fianco a noi – Ah, siete ritornati. E con due nuovi amici vedo – Fissò Akane e Eizo – Spero non facciate casino come le altre volte – E con fare egocentrico, si girò e se ne andò via concedendosi un’altra occhiatina ai due nuovi arrivati. Entrammo in casa, dove venimmo accolti dal profumo di legno dei mobili del salotto – Allora – Cominciò Masao – Al piano terra ci sono il salotto, la cucina, una camera da letto e le scale. Di sopra altre due camere da letto: una grande e una normale e in più un ufficio. Va bene se io sto di sotto, Kaii quella piccola di sopra e voi due l’altra – Annuimmo – Le camere non sono ammobiliate perché gli unici mobili che siamo riusciti a comprare sono quelli della cucina, del salotto e un grande tavolo nell’ufficio, quindi… – – Non preoccuparti ci penso io. Dopo passero nelle vostre stanze e vi farò vedere dei mobili – Disse Akane tutta contenta di poter sistemare dei mobili – Perché vi da così tanto fastidio quella nonnina? – Cambiò discorso Eizo – Perché finge sempre di sentire rumore e ne approfittava per avere in cambiò commissioni – Gli risposi – Come?! Vi fate battere da una vecchia – Ci prese in giro – Credimi con quella vecchietta non si può combattere – Ridemmo, anche se dovetti subito abbassare gli spiriti per non doverci poi subire una lamentela da parte della vecchia – Akane puoi iniziare da camera mia così ho più tempo per decidere cosa cucinare? – Dalla cucina sentii la sua voce – Va bene – Doveva aver già fatto il giro di tutta la casa. In camera mia feci mettere tutti dei mobili di legno normali e in fondo al letto una cassapanca intagliata; dove misi tutto quello che avevo che non fossero vestiti o armi. Diedi dei vestiti da donna che avevo ottenuto nel tempo ad Akane e gli dissi di farseli dare anche da Masao se voleva. Raggiunsi Eizo sul terrazzo – Scusa Eizo. Non è che potresti darmi la carne di capriolo, vorrei provare a cucinarla – – Ok, ma tu potresti farmi un faccia di capriolo impagliata con le corna che ho ottenuto prima, quelle che si appendono alle pareti; visto che hai sviluppato la tua skill di artigianato? – – Va bene, dovrei avere ancora del legno e anche la paglia  –
Così decisi di fare prima quello e poi di cucinare. Andai in camera e provai a costruirglielo , ma non era così semplice; allora mi venne un’idea. Dalla cassapanca selezionai la pietra arancione che avevo ottenuto contro il boss del tredicesimo piano, la “pietra di fusione”; e la resi oggetto. Quella pietra aumentava del cinquanta per cento l’elevatezza della skill d’artigianato; nel mio caso me la portava a 195, lo so che non l’avevo portata a un livello elevatissimo, ma non avevo quasi mai avuto occasioni di elevarla. Apparve una schermata che chiedeva cosa volevo unire, selezionai il legno la paglia e le corna, poi mi chiese cosa volevo costruire e lo trovai sotto il nome di “testa di capriolo da parete”; la scritta era bianca il che voleva dire che avevo tutto ciò che serviva e che la mia skill era abbastanza elevata. Scelsi quello che dovevano diventare e subito lo diventarono. Non sapevo dove Eizo volesse metterlo, ma per me sarebbe stato pacchiano su qualunque parete l’avesse messo oltre ad essere un arredo di discutibile gusto; anche se dovevo ammettere che si adattava abbastanza allo stile della casa. Glielo portai e in seguito andai ai fornelli; il pranzo fu a base di carne di capriolo e per dolce una crostata con crema pasticcera e mirtilli. Il resto della giornata passo veloce; facemmo un giro per far vedere ad Akane ed Eizo i dintorni. Al ritorno ci accorgemmo di non aver chiuso la porta a chiave, anche se Masao giurava di averlo fatto.
Mezzanotte, mi svegliai di soprassalto; stavo sognando Jotaru, quando era scomparso. Facevo ancora fatica a credere che fosse vivo. Scesi al piano terra per prendere una boccata d’aria, ma prima di poter uscire sentii Masao parlare – D’accordo – Aprii la porta abbastanza per vedere cosa stava succedendo, non sapevo cosa mi aspettassi perché quando lo vidi mi sorpresi di vederlo da solo – Alle 2 quindi… Ok – Si avviò verso la porta e io salii di corsa le scale. Lo  spiai mentre usciva e se ne andava. Seguirlo sarebbe stato rischioso, ma volevo comunque sapere dove stesse andando. In camera mia aprii la cassapanca per prendere la “sfera da chiaroveggenza”; tanto il codice di Masao era salvato quindi non dovevo ricordarmelo a memoria. Però finito di far scorrere la lista più e più volte mi accorgo che non c’è – Forse è stata rubata quando abbiamo mostrato i dintorni ai fratelli – Pensai tra me e me. Andai a letto con l’amaro in bocca, non tanto per averla persa, ma per non poter più sapere dove stava andando Masao.
Il giorno seguente se ne andò presto la mattina con la scusa di cacciare: tornò poco prima di pranzo con  “carne di anatra X2”. Anche Eizo quella mattina si era assentato – Chissà? –
INTANTO FUORI
– Dannazione! – Urlò il signor Taro appena la connessione con SAO scomparve – Non sono riuscito a dirgli niente riguardo il mio piano – Bunjiro si fa avanti – Signore, lei aveva detto che sarebbe durato 3 minuti circa, invece è durato molto di più – Lo sguardo del signor Taro divenne cosciente e basito – È vero, che strano l’avevo programmato per… Chi lo sa – Disse rassegnato il signor Taro – Andate pure a casa. Io rimarrò qua, devo fare un lavoro – I ragazzi uno per volta se ne andarono tutti; per ultimo se ne andò Jotaru. Il padre di quest’ultimo quella sera avrebbe fatto tardi, e gli aveva chiesto se andava a casa da solo. In quel periodo abitava in città da suo padre, aveva dovuto cambiare scuola da quella di campagna a quella che frequentava adesso; all’inizio non gli piaceva l’idea, ma sapeva che era la cosa giusta da fare. Arrivò a casa con l’intenzione di andare a scuola il più presto possibile; cosa che fece. Infatti la mattina seguente si svegliò prestissimo ed entrò appena suonarono le campanelle così da avere il tempo di andare al club d’informatica. Attraversando il corridoio – Perché mi avete… – Urlò qualcuno dall’aula del club. Era il signor Taro – Deve aver dormito qua – Rifletté il ragazzo. La campanella che avvertiva che dovevano entrare in classe suono a metà strada dall’aula del club d’informatica; Jotaru sarebbe andato avanti fino ad entrare nell’aula, ma un professore svoltò l’angolo arrivando nel corridoio, così il ragazzo fu costretto ad andare nella sua classe.

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Capitolo 7
*** VECCHIA CONOSCIENZA: URLO DI DISPERAZIONE ***


DIARIO VIRTUALE
Ho detto che la trama stava andando veloce; con quella trama non intendevo la storia, ma le varie tramette dentro. Cercherò al più presto di pubblicare il prossimo capitolo, che non avrà grandi capovolgimenti, ma sono sicuro sarà uno dei miei preferiti ( Sì, ho detto proprio “miei” preferiti). Un’altra cosa che dovevo dirvi e che forse cambierò rating in arancio perché verso la fine accadono un po’di cose che si potrebbero definire “oltre che tristi”, quindi ve lo dico. E inoltre, più di uno dei personaggi, a una storia triste da svelare.
VECCHIA CONOSCIENZA: URLO DI DISPERAZIONE
Luglio era agli sgoccioli, l’estata stava passando velocemente sul decimo piano. Tre giorni prima era stato annunciato il raggiungimento del 24° piano, ma, per intanto, non avevamo in programma nessun trasloco. Era l’ora di cena e ci trovavamo in un ristorante di un paesino sorto di fianco a un lago; ancora sul decimo piano. Quel pomeriggio non eravamo riusciti a cacciare, quindi ci saremmo dovuti accontentare di un semplice pasto servitoci dal posto. Il cameriere arrivò, ordinammo, mangiammo e poi uscimmo. L’aria fresca della sera mi diede una sensazione di sollievo; respirai profondamente e mi sentii di nuovo in forze – Ah che buona la sacher – Dichiarò Masao stiracchiandosi – E già puoi dirlo forte; non immaginavo di trovarla – Affermai soddisfatto – Quindi, domani andiamo al 24° piano e lo controlliamo. Che ne dite se per ora andiamo a fare un giro al lago? – Ci propose Akane – D’accordo –
Il lago era una grande massa cristallina dalla forma indefinita, le sue acque stavano riflettendo quasi perfettamente il cielo che, adesso, da un lato era blu quasi nero e dall’altro si presentava con una leggerissima sfumatura rosa. Il sole non si vedeva già più, coperto dalle montagne. E intanto avevamo raggiunto la sua riva, una spiaggia di sassi – Ah… che bella vista – Masao e Eizo si sfidarono a chi avrebbe fatto saltare più volte un sasso sull’acqua, anche se persero al loro gioco subito dopo, battuti da Akane. Un ragazzo sui quattordici anni dietro di noi si era incamminato verso la stradina che portava al paesino – Nonno, dai sbrigati! Non è colpa tua se non hai la skill abbastanza elevata per fare quel pesce alla griglia, ma dobbiamo pur sempre mangiare qualcosa – Nel frattempo, un altro giocatore che si trovava sulla riva del lago, stava armeggiando con l’inventario davanti a una griglia portatile rossa – Lasciami un attimo Ryu, vedrai che in qualche modo li cucineremo – Non era possibile... Quella voce – Doi!? – Urlai involontariamente, coprendomi poi la bocca con la mano come se non avessi dovuto farlo. Il signore portò lo sguardo al nostro gruppo – Masao! Kaii! Da quanto tempo! – Esclamò; ci salutammo e gli presentai i due fratelli – Vi presento Ryu, mio nipote – Disse indicando il ragazzo che prima gli aveva urlato – Ciao – Disse il ragazzo – Scusatemi. Ma noi dobbiamo ancora mangiare, se volete potete venire con noi – – Mi dispiace, ma noi abbiamo già mangiato. Però ho visto la griglia, se volete posso cucinare io – Il volto di Doi si illuminò e anch’io ero abbastanza eccitato a usare per la prima volta una griglia in SAO. Mi misi ad armeggiare con la griglia portatile rossa, c’era una cosa strana in quel bel quadretto formato dai mei amici, Doi e suo nipote, ma non riuscivo a capire cosa.
Ci sedemmo sulle rocce e iniziammo a parlare – Doi, dove abiti adesso? Ho visto che la barca al primo piano non c’è più – – Abito sul 22° piano, con mio nipote. Siamo venuti su questo piano perché in questo lago c’è un pesce particolare, molto buono. E voi? – – Noi abitiamo qui, al di là della montagna – Disse Masao indicandogli il punto sull’orizzonte – – Kaii, come va con la pesca? – Mi chiese – L’ho lasciata stare. Come avete visto mi sono allenato molto con la skill di cucina. Invece a te come va? – I suoi occhi brillarono di soddisfazione e mi ricordai della sua fissazione; le canne da pesca! Riusciva a farne un discorso che durava 10 minuti quando aveva 3 banalissime canne da pesca. Masao mi guardò storto e mi fulminò con gli occhi – Be’, la mia collezione di canne da pesc… - Ryu, continuando a mangiare, gli aveva dato una gomitata nello stomaco. Doi si girò verso di lui consapevole e poi tagliò corto– Va molto bene – – Scusa – Intervenne Eizo – Ma le canne da pesca non vengono configurate tutte allo stesso modo? – Ryu ci rispose come se quel discorso l’avesse già dovuto affrontare un’infinità di volte – Sì, le uniche cose che cambiano sono: la lunghezza, il massimo di lontananza del lancio iniziale, la resistenza e il colore – Non so se mi sentivo più arrabbiato o ignorante dopo questa affermazione.
Finiti i dialoghi e la scorpacciata continuammo a parlare fino a tarda serata. E mentre stavamo parlando delle nostre skill, Ryu fu interrotto da una chiamata – Scusate, una chiamata – Proclamò Ryu allontanandosi. La faccia divertita di Doi divenne improvvisamente seria – Ragazzi, ascoltatemi – Borbottò – Ryu, anche se lo nasconde molto bene, è traumatizzato per tutta questa faccenda, e non la vuole digerire. Una volta a anche tentato di… – La voce gli si era spezzata in gola e solo dopo averla schiarita due o tre volte riprese a parlare – Suicidarsi. Non che mi dia fastidio il fatto che mi stia sempre intorno, ma… è un ragazzo dovrebbe vivere la sua vita e non preoccuparsi di uno stupido vecchio… Domani portatelo con voi dovunque vogliate andare o qualunque cosa dobbiate fare, non vi darà fastidio, anzi potrebbe rivelarsi utile. Per favore, almeno si farà una vita propria – I suoi occhi supplicavano e non resistetti. Tuttavia prima che potessi accettare – Sì, ok. D’accordo – Era Akane, perché mai aveva reagito così... – Non è che gli piace Ryu! – Ripensai a tutta quella serata… Ma certo! Si era seduta in parte a lui e non è quasi mai intervenuta per tutta la serata; cercando di non farsi affascinare da ogni notizia su cui poteva avere informazioni più precise per non rivelare la sua indole infantile. Alle mie orecchie giunse un rumore di sassi.
Presi l’ascia e mi guardai intorno, la luce della luna e delle stelle riflessa nel lago illuminava l’oscurità che era scesa. Un po’ più in là risentii il rumore, ma questa volta mi accorsi che era Ryu; stava correndo verso di noi – Nonno, nonno! Un informatore mi ha detto che sul 23° piano c’è il mare! Contento? Così potrai pescare nuovi pesci – Non era possibile – Non è che quel piano è quello a cui si riferisce la… - Masao mi guardò; anche lui aveva capito. Ma ormai Akane gli aveva detto di sì – E adesso come facciamo? – Bisbigliò – Viene con noi; ci potrà aiutare e  sono sicura che se non gli facciamo vedere la pergamena successiva non verrà più con noi – – Come fai ad essere così sicura che c’è un’altra pergamena? – Sussurrai – Anche se Kaiaba la creato come suo mondo, ha la base di un videogioco; quindi penso che non avrebbe mai fatto una caccia al tesoro così corta. E poi se fosse veramente così corta il premio sarebbe schifoso – Il suo ragionamento non aveva senso, ma era l’unica scelta che avevamo – Ryu, questi ragazzi vorrebbero invitarti a stare con loro domani – Sorridemmo, ma forse un po’ troppo falsamente, perché Ryu ci guardo come se sapesse già quello che stava accadendo – Anche loro vanno 24° piano. Io starò con i miei amici – Il ragazzo abbassò lo sguardo e rassegnato accettò.
Il giorno seguente ci incontrammo a casa loro e andammo subito al portale. Arrivati nella città marinaresca chiamata “Porto Gabbiano”, mi accorsi che l’aria che respiravo era leggermente salmastra e ci sorprendemmo per la vista che piano piano si schiarava davanti a noi. Avevamo capito che c’era il mare, ma non che l’unica terra ferma fossero isole! – Se volete andare per conto vostro andate pure – Borbottò Ryu con volto cupo, interrompendo il mio filo di pensieri – Lo so che mio nonno vi ha costretto – Ero pronto a rispondergli, ma Eizo mi precedette – Non fare il piagnucolone. Se l’avessimo voluto avremmo potuto dire a tuo nonno di no. Quindi adesso non rompere – La risposta secca di Eizo gli fece alzare il volto di scattò; accennando felicità. Con la sua aria da duro, a pensarci, Eizo era il migliore per dirgli una cosa del genere. Akane lo prese sottobraccio e iniziandolo a tirare ci esultò  – Forza, andiamo! – Ci allontanammo dalla città fino ad arrivare in un luogo indeterminato sulla mappa. L’unica cosa sicura e che eravamo da soli – Allora Ryu, una spiegazione veloce – Tirai fuori la filastrocca – Questo è un indovinello che si riferisce a questo piano che abbiamo trovato sul 14; non sappiamo dove conduca, ma se vuoi puoi darci una mano a scoprirlo – All’inizio la sua faccia era tesa dalla sorpresa, ma poi si rilassò e allegramente accettò.
Viaggiare in barca su questo piano è scontato
Ma in quale isola dovrà esser cercato
Quando il male ne bene sarà scovato
Basterà spostare la lastra di lato
Su una vecchia mappa ci sarà un punto
Che potrebbe parere immenso
Ma la nenia del pirata ti avrà già portato
Nel luogo molto fa scelto, predestinato
 
Aprimmo la mappa – Le isole principali sono 6 delle quali due collegate da un cordone di isole e le minori restanti quasi un’infinità; quale mai intenderà?! – Urlò Masao sconfortato, e per quanto ragionammo non ne venimmo a capo – A quanto pare c’è solo un modo per scoprire qual è. Visitarle tutte! – Gridò Ryu eccitato. Arrivammo al porto, fin davanti al del traghetto – Pronti? – Annuimmo tutti, sapendo che sarebbe stata una cosa lunga…
Visitammo le prime tre isole senza successo. E anche la quarta fu un fallimento, ma sulla strada del ritorno al traghetto, Akane che fino a quel momento si era trattenuta, scoppiò dalla curiosità davanti a una vetrina di un negozio che sarebbe dovuto apparire vecchio – Wow. Che cose strane! Chissà cosa sono? Che carine… e quella cos’è!? E quest’altra?! Pazzesche!! – Appena accortasi del suo modo infantile di parlare, si girò per controllare che Ryu non se ne fosse accorto. Purtroppo aveva visto tutta la scena e si avvicinò a lei – Be’, io non li conosco tutti, ma alcuni sì – Iniziò a indicare oggetti su oggetti nella vetrina – Quella è semplicissima bigiotteria, quelli peluche, quelli mi sembrano dei giochi e quella… quella mi sembra una specie di arma? E… guarda! – Akane puntò lo sguardo verso un cartellino, si consultarono a bassa voce e poi si voltarono verso di noi – Prendiamo una cosa – Mi avvicinai alla vetrina e lessi il cartellino ““Scatola rompicapo” trovate tutte le serrature e al suo interno troverete un premio”. La scatola a cui si riferiva era esposta dall’altro lato della vetrina; era uno scrigno tutto intagliato – Cosa hanno visto? – Mi chiese Masao – Niente. Niente di particolare – Gli risposi ridacchiando sotto i baffi. Uscirono, avevano tutti e due il sorriso stampato sulla faccia di un bambino che si era appena pappato tutte le caramelle del vaso dei dolci e continuavano a guardarsi ridendo; anche sul quadretto. Però, qualche volta, Ryu distoglieva lo sguardo per osservare l’orizzonte, melanconico.
Finito di visitare tutte le isole era sera, ormai pensavamo che quello non fosse il piano a cui si riferiva la filastrocca. Decidemmo comunque di fermarci in una locanda e riprovarci il giorno seguente.
Aprimmo la mappa una seconda e ultima volta – Ok, questa è l’ultima possibilità – 1 minuto… 2 minuti… 4 minuti… Improvvisamente il volto di Ryu si illuminò – Cosa dice il terzo verso? – Ci chiese frettolosamente come per non farsi scappare l’idea – Dice “Quando il male nel bene sarà scovato”. Perché?  – Puntò l’indice su un’isoletta che purché non fosse piccola era nel punto con più alta concentrazione di isole, uno degli atolli tra le due principali – Guardate! – Quello che aveva visto si rivelò hai nostri occhi; l’isola era a forma di “yin e yang”; all’inizio non ci avevo pensato, sono più abituato al simbolo tomoe – Pensateci – Ci incitò allargando la mappa in quel punto; adesso si vedeva benissimo – Le parti del simbolo possono essere indicate come il bene e il male. E se il sud è questo, vuol dire che noi dobbiamo raggiungere questa isoletta – Disse, guardai l’isoletta che avrebbe dovuto rappresentare ciò che stavamo cercando – Partiamo! – Urlò Akane che si era già alzata e ora stava cercando di alzare Ryu di peso.
Fummo portati all’isola da un marinaio che ci avvisò dei suoi pericoli – Quando saremo sull’isola, non dovrete rischiare la vita; quindi niente azioni sconsiderate – Ci avvisò Masao, raggiunta l’isoletta iniziammo a cercare la “lastra”. Ci addentrammo nell’isoletta, e iniziò una lotta continua contro un’infinita di creature che sbucavano: dai cespugli, dagli alberi, da tane sotto terra. Fino a quando la mia barra vita non arrivo al giallo; continuavamo a combattere e le creature ci spingevano sempre più all’interno, fino ad arrivare di fronte al picco che, posizionato al centro dell’isola, la dominava – Kaii, Akane; voi andate a cercare la lastra. Noi li terremo impegnati! – Ci ordinò Eizo, corsi verso la montagnetta e qua mi misi a tastare senza tanto successo la parete rocciosa – Vi sbrigate? – Urlò Masao dalla prima linea; era facile a dirsi, ma non c’era niente. Continuai ancora per due minuti, mi sentivo uno straccio… ma –Finalmente! – In quel momento la mia mano scivolo in una fessura – Ho trovato qualcosa. Akane vieni! – Anche lei mise la mani nella fessura e tirammo, tirammo e tirammo ancora, ma la lastra non voleva saperne di muoversi – Lasciate provare a me! – Urlò Ryu, che si voltò e prese prima la rincorsa, poi lo slancio e il suo gigantesco martello fu come coperto da del ghiaccio, lasciando dietro di se una scia azzurrina luminosa. Quando colpii la lastra la copertura ghiacciata scoppio in tante piccole schegge trasparenti e la lastra si ruppe – Non è proprio “spostare”, ma spero vada bene comunque – Dietro la lastra si nascondeva un ripostiglio con una mappa, la presi e mi girai per dire di andarcene, ma vidi Masao rotolare per terra verso di me. Mi sbrigai a prendere dall’inventario un’item di guarigione, che, per quanto avevo visto, era l’ultimo che mi rimaneva. La sua barra divenne lime dopo averlo curato – Andiamocene! – Per andarcene senza vittime dall’isola dovemmo fare salti mortali, e non nel solo senso metaforico. Dopo aver lottato per minuti e minuti, che ha me erano parsi ore, tutte le nostre barre vita erano scese oltre la metà; ma eravamo finalmente liberi.
Mentre stavamo traghettando pensai a come mi sembrava all’inizio Eizo, la prima volta che siamo stati insieme: avevo detto che mi pareva un nerd, ma forse avevo sbagliato termine; imbrogliato dal suo modo di fare saccente su un videogioco. Adesso mi sembrava di più un genio, un genio solitario a cui piace stare da solo; serio, ma beffardo… sembrava la calma, prima della tempesta. Mi venne un brivido alla schiena e le parole che pronunciò nel corridoio in fondo al labirinto il giorno della prova mi risuonarono nella testa. Ma prima che potessero trasformarsi in tormento, Ryu, mi rivolse la parola – Qualcosa non va? – – No, niente. Stavo pensando; comunque, bella la tua skill – Mise la mano dietro la testa e fece un sorriso compiaciuto – In effetti… Ho una passione smisurata per le armi, chiamami pure fanatico, ma le adoro. Adesso ne avrò… be’ sono sempre troppe: bastoni, alabarde, martelli e più o meno tutti i tipi di spade. E, se ti può interessare, di asce ne o viste, ma non ne ho mai presa una. Comunque… cosa ti dovevo dire… ah, giusto; la mia skill. Quella che hai visto prima si chiama “comet”; non è tra le più potenti, ma non potevo usarne una con più colpi, oltre al fatto che avremmo perso tempo il martello non è così semplice da controllare. Ci vuole un parametro di forza abbastanza alto, cosa che io non ho: perché ho preferito aumentare sia l’agilità che l’attacco alla pari – Quelle due parole, agilità e attacco, mi riportavano sempre al giorno in cui ho scoperto che, in SAO, non esisteva il parametro di velocità. Convinto, continuavo a insistere che esisteva, perché se no che senso avrebbe avuto che tra i gruppi dei cavalieri del patto di sangue ci fosse anche quello di velocità? Poi mi spiegarono che gli “agili” erano quelli che combattevano e che avevano la skill d’acrobata; invece quelli “veloci” si basavano sul parametro di agilità. I miei pensieri scomparirono e ritornai sulla barca che ci stava riportando a “Porto gabbiano”; la città che scoprimmo indicata sulla mappa. Come scritto nella filastrocca il punto indicato, “Porto gabbiano”, era immenso; considerando che era la città in cui si era formato il portale, era quella principale e di conseguenza la più grande – Io ho aumentato di più quello di forza; lo sempre trovato più utile per abbattere gli alberi… Ryu ho una domanda da porti? – Sentivo dentro me una domanda strana. Il ragazzo annuì – Quanto a parametri, sai quanto dovrebbe essere alto il parametro di agilità per correre su una parete? Lo so che potrebbe parere strana questa domanda, però vorrei sapere la tua opinione – La sua testa si inclinò un attimo e inarco le sopracciglia, ma rimasi serio; sentivo chela risposta che mi avrebbe dato avrebbe avuto un’importanza vitale. Vedendo che la mia espressione non mutava divenne serio – Sinceramente, non penso sia possibile: forse con dei parametri da centesimo piano. Ma non penso comunque che si potrebbero fare tanti passi – Delle ombre si spostarono vicino alla mia e…
– Di cosa state parlando? – Sul momento mi venne un colpo, successivamente mi accorsi che era stato Masao a parlare. E ci avevano raggiunto anche i due fratelli – Di niente. Stiamo parlando delle nostre preferenze riguardo i parametri – Ryu lo squadrò – Uno come te deve aver quasi sicuramente preferito la forza – Masao ridacchia sotto i baffi – Per quanto possa sembrare strano, ho i parametro di agilità leggermente più alto – Stavo per chiedere ad Eizo il suo, ma Ryu fece un passo avanti con gli occhi che brillavano rivolti verso Masao – Ma tu… sei un domatore! – Ora capivo cosa aveva visto: il flag di Masao, lo etichettava come “domatore”; come il mio mi denominava “cuoco”. Il fatto che era un domatore non era falso, ma non lo volevamo far sapere in giro e quindi avevamo raccontato una balla e nessuno conosceva la verità – Non eccitarti tanto: è solo un bug – Gli disse Eizo, ma la faccia di Ryu continuò a sorridere – Be’, forse è quello che ha detto a voi perché non vuole farlo sapere in giro. Ma lui lo è, ne sono sicuro – Eizo, con un filo di curiosità e invidia, gli domandò – Ah sì. E allora dov’è il suo “pet”? – Sul volto di Ryu si stampò un sorriso a trentasei denti: doveva aver fatto due più due – Allora, sappiamo che un “pet” non può essere posto nell’inventario, ma contemporaneamente non può stare più lontano di un tot dal suo proprietario. Quindi guardandolo si può dedurre che il suo “pet” è… questa radice! – Sorrisi – Touché – Ryu mi guardò con gli occhi spalancati dalla felicità e i due fratelli erano rimasti a bocca aperta – Ma come hai capito che era la radice? – Domandai curioso – Un mio informatore era venuto a conoscenza di alcuni “pet” che avevano un’altra forma; per nascondersi. E poi ho notato la radice: oltre a non aver mai visto un item con quella configurazione, non avevo neanche mai visto quel tipo radice. E, fiducioso di conoscere la maggior parte delle piante inventate di questo mondo; vi ho detto quello che pensavo. C’è lo fai vedere? – Le facce dei fratelli non cambiarono minimamente, Masao invece si era incupito e io… ero contentissimo! – Va bene. Ma non ora! – Gioioso, mi buttai su Masao che barcollò e finalmente sorrise.
Arrivati a “Porto gabbiano”, ci incamminammo subito fuori città dove Masao scansionò l’area con la skill di ricerca per assicurarsi che non c’era nessuno. Con la mano afferrò il ciondolo, si tolse la collana e lo lasciò cadere; prima che toccasse terra si trasformò in “Wingroot”. Il più sbalordito di tutti fu Ryu – Non pensavo esistessero “pet” così grandi; più che altro, creature così grandi che diventano “pet”. Poi a due barre vita! Scusate, ma dove l’avete trovato? – A questa domanda non sapevo cosa rispondere; non potevo dire il luogo preciso, ne di averlo trovato al primo piano – Sul 15° piano – Risposi tempestivamente; ma Eizo si intromise – Masao, noi vi abbiamo conosciuto sull’undicesimo piano. E da lì fino al 15° piano avevi già il flag di domatore – Eizo non avrebbe potuto imparare a stare zitto?! Lo guardai torvo – Ok, gli diremo tutta la verità. Ma se vi riterrete non importanti per noi perché a voi l’abbiamo rivelato dopo molto tempo che ci conoscevamo, ricordatevi due cose; primo, è colpa vostra, e secondo ,la prima volta che vi abbiamo incontrato indossavate delle maschere! – Guardai Masao per avere l’affermazione e fece un cenno col viso – Ryu, giura che non racconterai questa cosa né ad anima viva, né ad anima morta e neppure ad oggetti inanimati! – Sul suo volto si formò una strana espressione: metà curiosa e l’altra metà mi stava dicendo che ero pazzo. Annuì. Gli raccontai tutta la storia di “Wingroot”,di Jotaro e della comunicazione al mondo esterno che avevamo fatto; anche se questo mi riportò alla mente brutti ricordi, brutte sensazioni. Quante altre volte le avrei dovute rivivere? –  Allora è così che stanno le cose… sono senza parole, non so che dire… io… –  – Di solo che ci aiuterai – Gli dissi afferrandogli le mani e portando il suo sguardo ai miei occhi – Vi aiuterò. Però, ho una richiesta; posso entrare anch’io nei “Makers”? – – Certo che puoi, anzi devi – Esordì tutta contenta Akane – E poi nella parola “Makers”  c’è anche la “R”, no? –
Quel pomeriggio cercammo  di capire il significato del settimo e dell’ottavo verso. Pensammo che si riferisse a una BGM (Back Ground Music) che in quella città, di certo,  non mancavano.  Ogni strada ogni locanda e ogni distretto ne aveva una propria; e dopo aver controllato tutto il lato est, ci sedemmo attorno a un tavolo rotondo in una locanda controllata da giocatori reali dove si potevano esibire i musicisti – Allora che facciamo domani? – Domandò Ryu – Continueremo a cercare, è per forza qui! – Masao sembrava affranto, e lo ero anch’io. Le luci si abbassarono – Adesso per  voi il grande gioiello della nostra locanda – Disse con voce potente la donna che presentava le musiche e i musicisti – La melodia che ha incantato tutte le persone che sono entrate in questa locanda… La nenia del pirata – Le luci si abbassarono, un ragazzo entro con uno spartito in mano, rese oggetto un violoncello e iniziò a eseguire una melodia melanconica, triste, speranzosa e sorprendentemente felice, come fosse stata scritta da una persona che era triste ma sorrideva perché si sentiva felice. Però suonava lontana da me, che, in quel momento, non riuscivo a pensare ad altro che alla… – La nenia del pirata! – Bisbigliai, ho almeno cercai; Akane e Ryu avevano gli occhi lucidi e uno sguardo triste e sorpreso; Eizo era a capo chino, concentrato a captare ogni singolo messaggio che poteva dare; invece Masao aveva sfoderato la sua miglior faccia da bambino ammaliato. Dopo circa 5 minuti la fantastica armonia finì – Non so dove mai ci possa condurre una melodia. E sicuramente qua non è stato nascosto niente di niente; è troppo esposto – Dichiarò Eizo – Quindi c’è un unico modo per scoprire il luogo di cui parla la filastrocca… parlare a quel musicista – Quest’ultima parte suonò malignamente detta da lui; da far paura!
Appena finito vedemmo andare il ragazzo dalla parte della cucina e delle camere della locanda, lo seguimmo. Il corridoio che dava sulle camere era illuminato a giorno, prima che potessi fare qualsiasi domanda sul piano vidi Eizo spintonare il musicista e strappargli lo spartito di mano; e con questo fatto acquistò, dopo qualche secondo il flag di ladro – Cosa volete fare? – Chiese impaurito il ladro. Volevo dirgli di non essere colpevole, che non c’entravo niente, ma Eizo fu più rapido – Sta tranquillo. Se ci aiuti non lo strapperemo – Il viso del musicista, dopo una smorfia di pura preoccupazione, sembrò tranquillizzarsi – Puoi pure stracciarlo, me lo ricordo a memoria – – Ah davvero? – Ribadì Eizo guardando il foglio ingiallito e facendo il segno di strapparlo; ero sorpreso a metà dal suo comportamento “illegale” – No, non farlo! Ti aiuterò, ma ti prego non farlo! – La presa di Eizo si allentò – Bene, iniziamo che tu ci dici dove l’hai trovato? E prima di cercare di farci credere che l’hai composta tu, ti lascio risparmiar fiato; lo sappiamo che non è tuo – Il ragazzo passa dall’essere sorpreso all’essere sconvolto e poi disse sconfortato – Venite – Disse il ragazzo abbassando la testa – Vi accompagnerò al luogo. Ma non ditelo a nessuno che non l’ho composta io. D’accordo? – Annuimmo.
Durante il viaggio verso lo scantinato Eizo aveva continuato a guardare lo spartito e a lavorare su una applicazione del sistema. Lo scantinato dove ci aveva portato era illuminato da una lampadina che sfarfallava ed era pieno di botti, casse e cartoni; e un’acre odore di muffa e vecchio infettava l’aria. Il ragazzo ci indicò un quadro di un pirata incorniciato in una cornice raffinata, alla quale mancava la targhetta di ferro solitamente presente in quadri antichi: la cosa non mi avrebbe sorpreso se non ci fosse stato uno spazio piatto e rotondo in mezzo al lato basso della cornice – L’ho trovato qui, incastrato tra il quadro e la parete. Posso andare? – Disse con voce impaurita – Vai pure – Dette queste parole e restituito lo spartito al legittimo proprietario, questo, corse verso l’uscita. La porta si chiuse con un rumore forte e secco – Sbrighiamoci prima che chiami qualcuno, o direttamente la sicurezza! – Dissero Akane e Ryu quasi contemporaneamente – Ok – Avvicinatosi al quadro Masao provò a toglierlo, ma non ci riuscì – Non riesco a toglierlo, ma ero sicuro che ci fosse qualcosa dietro – Akane affermò – Anch’io – Eizo si intromise – Lascia provare me! – Si vide lo sforzo di Eizo, ma il quadro non voleva cedere. Mi avvicinai incominciando a osservare i particolari del dipinto; ma non so il perché i miei occhi erano puntati sulla cornice... – Ma certo! – Esclamai. Selezionai dall’inventario il cilindro e lo posai sullo spazio rotondo, il quale retrocedette e lo fece incastrare nella cornice. Presi il quadro e lo appoggiai per terra. Dietro a quest’ultimo c’era un tunnel che era simile a un condotto di aereazione e della larghezza più o meno uguale – E così abbiamo scoperto a  cosa serve il cilindro – Disse contento Ryu, ed Eizo fece un cenno col capo. All’inizio ero perplesso, ma poi mi ricordai che: Eizo non aveva visto e a Ryu non gli avevo raccontato di quello successo al primo piano, del pannello girevole. Ma non era quello il momento di raccontarglielo. Entrarono uno dietro l’altro, entrai anch’io, tolsi il cilindro dalla cornice e poi riappesi il quadro.
A quello che aveva inventato ‘sta caccia al tesoro volevo solo dire quanto lo odiavo… non era possibile… capivo l’amore per le camminate… ma quello era troppo. Erano passati più di venti minuti da quando stavamo gattonando senza una meta, e non ne potevo più!! Sentii un tonfo e qualche brontolio; le mie mani persero l’appoggio e mi ritrovai addosso a tre corpi. Tutto d’un tratto quel buio si illumino, una dopo l’altra delle torce s’accesero su due pareti curve. Notai che Akane era rossa come un peperone e cercai di trattenermi dal fare una fragorosa risata. In fondo alla stanza di forma irregolare si presentava un bassorilievo in metallo a forma di conchiglia a ventaglio gigante capovolta. Dove degli scalini portavano su un piedistallo e nel mezzo della conchiglia si presentava un cilindro di argento incastrato su un pannello girevole, leggermente più piccolo rispetto al primo. Sapevo già cosa dovevo fare, mi avvicinai, lo strinsi nella mano, lo girai, sentii il solito rumore da complessa serratura, e lo misi nell’inventario – Preparatevi – Aveva proclamato Masao mentre indietreggiavo. Tolsi l’ascia dal gancio che la appendeva al mio cinturone e la impugnai; gli altri fecero lo stesso con le loro armi. La conchiglia inizio ad aprirsi inesorabilmente verso l’alto e ne uscirono quattro marinai e un pirata, “Il signore dei 16 mari” era il suo nome ufficiale. Masao attaccò frontalmente il pirata, io e gli altri ci concentrammo sui marinai. Attacco dopo attacco, parata dopo parata io ed Akane fummo feriti gravemente e ci ritirammo un attimo dal campo per curarci – Non ho più cristalli! – Urlai disperato – Neppure io! – Urlò Akane a sua volta… ci fu un attimo di silenzio – Certo! I cristalli che avevamo ce li fornivano i Cavalieri – Ci urlò in risposta Masao continuando a combatterli con qualche problema – Ne dovrei avere qualcuno io! – Ci rispose Ryu. Ma prima ancora che potesse distaccarsi dal campo di battaglia Masao aveva cercato di effettuare un attacco dall’alto, ma la sua spada era stata fermata e scaraventata lontana e il pirata aveva affondato la sua lama nel suo corpo leggermente al di sotto delle costole. Ci fu un urlo di dolore che riempi l’aria e cadde impotente – Kaii, tu recupera Masao mentre faccio fuori quel pirata dei miei stivali – Corsi verso il mio amico. Trascinai Masao lontano dalla battaglia, dove Akane sembrava sentirsi impotente. Ryu venne subito dopo a portarci gli item di guarigione – Ne ho solo due – Lo appoggiò su Masao – Heal! – La barra arrivò al lime e si fermò. Alzai lo sguardo, sollevato, e vidi la barra vita di Eizo giallo polenta e quel colore sfumarsi verso il rosso intanto che gli veniva trafitta la spalla; Masao e Ryu andarono in aiuto del nostro amico, ma ancora prima che potessero partire – No, non anche tu… non come Giinchi! – Era Akane ad aver urlato quelle parole con una rabbia e una tristezza tale che messe insieme non sembravano aver senso. E, soprattutto …– Chi è Giinchi? – Chiesi quasi in un sussurro più a me stesso che ad Akane; come se dentro di me sapessi la risposta. Mi venne un sospetto: Giinchi era il motivo della rabbia, della tristezza nei suoi occhi la prima volta che ci eravamo incontrati; e anche della tristezza di quando parlava della villa, o di quando dicevano di essere… fratelli! – Non è possibile…–. Se così fosse, rimettendo insieme i pezzi – Cavolo… com’è possibile!? – Finì le mie riflessioni che mi facevano sembrare tutto così ovvio; nel frattempo che Eizo veniva guarito e il pirata ucciso… la battaglia si era conclusa, nessuna perdita e il mio cuore batteva a mille. All’improvviso la conchiglia si chiuse con un botto che risuono una ventina di volte nella stanza, facendomi spaventare e battere il cuore ancora più forte. Successe come l’ultima volta: scintille, fuoco d’artificio, scompartimento segreto. All’interno ci trovammo un “dado a venti facce”, ma non la filastrocca – Possibile che finisca così? – Domandò sconfortato Masao – State tranquilli – Ci calmò Eizo – Prima, ho notato che lo spartito aveva una lirica allora l’ho copiata, e… guardate – Ci mostrò una schermata su cui era scritta una filastrocca, anche se non riuscii a leggerla avevo capito. La filastrocca era la lirica. Ce ne andammo e appena potemmo farlo, cercammo di riposarci. L’indomani avremmo avuto di cui discutere…

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Capitolo 8
*** FRATELLANZA:RIVELAZIONI ***


 
DIARIO VIRTUALE
Felicissimo di presentarvi questo capitolo. Nel prossimo ci saranno due capovolgimenti; spero non sembri troppo lenta. Questa volta è più corto delle altre ( “E finalmente!!” voi direte).
FRATELLANZA: RIVELAZIONI
Erano quasi le sette, e non riuscivo a riposare. Ero sdraiato sul letto a guardare il soffitto della locanda del  24° piano dove ci siamo fermati. Non che, ma… mi sembrava impossibile… tutto quel tempo con indizi su indizi sotto il naso – Che cavolo! – Ero arrabbiato! Ero arrabbiato per non averlo capito prima, ma anche perché tutti i pensieri ai quali facevo affliggere la mia testa non mi lasciavano un attimo di pace. Camminai avanti e indietro nella stanza assillandomi di domande, dubbi, e perplessità finché, non mi accorsi che erano quasi le otto e mezza – Dannazione! – Mi cambiai di tutta fretta: la sera prima, tra le poche parole che ci eravamo detti prima di andare ognuno nella propria camera, c’erano quelle… – Domani mattina, alle 8:30 davanti alla locanda – Quando, di corsa, arrivai fuori vidi tutti che mi stavano aspettando. Akane stava piangendo anche se i suoi occhi erano pieni di rabbia; Eizo aveva un’aria distaccata; Masao che sembrava non aver capito; e Ryu che mi salutava con la mano cercando di sorridere, invano… doveva aver capito – Dove andiamo? – Chiedo con una cupezza che non pensavo potesse appartenermi – Andiamo fuori città – Mi disse la ragazza con tale forza e serietà da non parer lei. Ci fermiamo al limitare di un bosco; di fronte a noi vediamo un grande campo denominato “piana delle costellazioni”, senza creature e il mare oltre a questo. Appena fermi dissi quello su cui avevo rimuginato tutta la notte a quella parte – Giinchi è tuo fratello, vero? – Akane sembrava sorpresa, ma poi sospirò e la sua espressione si rabbuiò – L’hai capito, eh? – Iniziò a dire – Sì, Giinchi era… mio fratello. È morto prima che noi entrassimo nei Cavalieri del Patto di Sangue ed…  è stato il motivo per cui siamo entrati nei Cavalieri – Prese un respiro per ricominciare, ma mi intromisi – Ed è anche la cosa da cui “vi dovevate distrarre” quando ci avete chiesto se potevate venire, la prima volta, vero? – Un’altra volta il viso di Akane si fece sorpreso e si rabbuiò e accennò un sì col viso. Ero sbalordito dalla impassibilità di suo fratello; sembrava non gliene fregasse. La tutto tranquillo, gli mancava solo una tazza di tè – Ma ho una domanda… perché hai urlato il suo nome solo questa volta, nel senso; col boss del tredicesimo piano non avevi urlato, ma anche là stava per morire – Lo sguardo di Akane si indurì – Forse… ho una storia da raccontarvi… – Di lì in poi si mise a piangere e gli venne il magone.
– Eravamo al decimo piano, il sole stava tramontando e io e nostro fratello… stavamo tornando da una commissione – Iniziò a raccontare la ragazza. Il discorso sarebbe stato un trionfo di singhiozzi – A una cinquantina di metri dalla città, dalla zona sicura… una banda di red player ci ha attaccato. Si chiamavano “Lieto fine” e quello che volevano era uccidere tutti i “beta tester”; o “cheater”, come li chiamavano loro. E Giinchi lo era. Ci hanno circondati ed hanno iniziato ad attaccarci; non potevamo ucciderli, non eravamo come loro, ma non potevamo solo proteggerci: era come un vicolo cieco. L’indole di mio fratello lo ha portato a proteggermi per tutto il tempo, soprattutto quando sono stata ferita gravemente… tutto è successo così velocemente… si è buttato nelle grinfie dei red player, urlandomi di scappare nell’area sicura… all’inizio non volevo, ma poi la paura ha preso il sopravvento e ho corso a perdifiato. Nessuno mi stava seguendo perché Giinchi aveva attirato tutta l’attenzione su di se e perché era lui che volevano. Così… arrivata nella città… ho avuto solo il tempo di girarmi e vederlo trafitto allo stomaco da una spada e…  quando a terra… essere preso a calci; finché non è esploso in una miriade di schegge e quel solito rumore è risuonato nell’aria – Le lacrime gli avevano rigato il volto, il naso le gocciolava, continuava a singhiozzare; la sua faccia sembrava quasi deformata dall’espressione assunta.
Poi dissi ad alta voce un altro dei pensieri della notte che avevo passato insonne – E nella villa c’è una terza stanza arredata, con un letto che aspetta solo che il suo possessore si addormenti un’ultima volta – Non so perché del modo poetico in cui lo dissi, ma pensavo mi suonasse bene. Gli occhi di Akane si riempirono di lacrime, brillarono e si portò più avanti il viso dietro la spalla di Ryu che la abbracciava dalla fine del discorso – Basta adesso! – Mi rimproverò Masao, ma non avevo ancora del tutto finito – Un’ultima cosa. Akane, col peluche intendevi tuo fratello? – Tutti mi guardarono interrogativi e all’inizio anche lei, ma poi sorrise e affermò con un filo di voce – Eh già –
Non avevamo tanto da fare oltre che guardare il mare. E nessuno se ne sarebbe andato fin quando Akane non avesse smesso di piangere. Quindi stemmo lì tutta la mattinata e anche dopo l’ora pranzo; che non avevamo fatto. Però non fu lei a smettere di piangere; fummo interrotti. Verso l’una, una creatura, apparve nel mezzo del campo; fatto molto strano visto che nessuna “specie” di  creatura ha più zone o dungeon vicini, e comunque non si può spostare da una all’altra: le creature nascono, vengono uccise e risorgono sempre nella stessa area . Il punto però non era quello, eravamo stati attaccati, e questo era tutto.
Il primo ad andare all’attacco fu Eizo; sperando lo trovasse solo un modo per sfogarsi, e non altro. La creatura si chiamava “Cancro astrale”. Era rossa, viola, e azzurrina; di media grandezza; con due enormi chele una più grande dell’altra. Dopo che Masao ebbe preso il posto del fratello, il prossimo scambio sarebbe toccato a me. Dopo un veloce passaggio sotto la chela grande , Masao, urlò – Switch! – Così iniziai a correre verso il combattimento. Akane, però, si era alzata e aveva già iniziato a correre; quindi mi fermai. Sapevo che non sarei stato d’aiuto e che non avrei potuto fare niente per fermarla. Saltò di qua e di là sopra le chele, affondando ripetutamente la spada nella corazza che ricopriva il corpo principale. Si sentì un urlò agonizzante e poi il mostro scomparì.
Era lì in mezzo: una figura, dai capelli lunghi neri che gli coprivano parzialmente il viso e che svolazzavano tra le schegge, ferma, con le braccia tese verso il basso dove prima c’era la creatura. L’unica azione che questa figura compì prima di cadere a terra piangendo fu quella di chiudere una schermata.
Quando ci fummo di nuovo tutti raggruppati intorno ad Akane, Ryu, dichiarò – Meglio andare via da qui. L’ho capito, questo è un posto dove le creature appaiono solo dopo un certo orario – A me non mi interessava un fico secco della faccenda, ma questo non valeva per Masao che chiese – Va bene. Ma perché proprio quest’orario? – Ryu paziente gli rispose – Pensaci. Questo posto è perfetto per una pausa o per un pic-nic, soprattutto verso la spiaggia. Uno che ci va per pranzare rimarrà qua per il tempo necessario perché le creature compaiano – Rimasi sorpreso, non mi interessava minimamente; ma non l’avrei mai detto. E visto che era stato proprio Ryu a parlare mi venne voglia di esporgli un pensiero più vecchio, ma non meno assillante, di quelli di quella sera– Ryu, ho una cosa da chiederti; perché vai in giro con tuo nonno? – La mia voce suonava spregevole, ma al momento non me ne fregava – Nel senso; sei informato, sei perspicace e anche abile nel combattimento. Non ha senso! Probabilmente sai già che tuo nonno ci ha detto che hai tentato di suicidarti per il trauma subito all’inizio del gioco. Ma non penso sia stato per quello, o sbaglio? Uno come te… penso si tirerebbe su solo pensando di essere in un mondo che adora. Tu stai da tuo nonno non perché hai paura per lui, come pensa; ma perché non è sveglio. Almeno non quanto le altre persone con cui eri venuto a contatto, le quali suppongo si fossero avvicinate di più al tuo segre… – Ryu aveva stretto la mano in un pugno che mi colpì allo stomaco – Ma che fai?! – Esclamò Masao che, dopo il fatto, si era piantato di fronte a me per proteggermi. Misi le braccia a coprirmi la pancia e alzai lo sguardo, fiero, agli occhi cupi di Ryu e alla sua guancia destra che veniva rigata da una lacrima. Mi veniva da sorridere – Ben fatto – Dichiarò massaggiandosi il pugno – Mi hai scoperto… se proprio lo vuoi, ti racconterò la mia breve storia… –
– All’inizio del gioco, avevo conosciuto una ragazza. Il nome del suo personaggio era “Christie”. Ero comparso nella piazza della città dell’inizio, e contemporaneamente a me anche questa ragazza, che per una totale casualità si era materializzata a fianco a me. Feci un passò alla mia destra dove c’era lei, e lei verso di me. Non ci eravamo visti e il tutto è finito in un… bacio… – Questa affermazione scosse visibilmente Akane – … E già pochi minuti dopo sentivo di essermi preso una bella cotta! – Adesso Akane sembrava offesa, oltre che sconvolta; e, di testa mia, supposi si sentisse anche un po’stupida – Però, passate delle ore dall’inizio del gioco; lei è morta. E così è diventata uno di quei 213 giocatori morti. Poi mi sono diretto verso il confine del piano, ho fatto un passo e mi sono lasciato cadere; ma una mano mi ha saldamente afferrato il braccio prima di poter precipitare; era mio nonno, che mi stava salvando la vita. Mi sono preso anche una bella ramanzina sull’importanza della vita e… direi che è tutto – Appena finito il discorso Eizo gli sferrò un calcio alla schiena; quello che la parte offesa di sua sorella gli avrebbe piazzato da un’altra parte molto piacevolmente, ma che l’altra parte non avrebbe mai avuto il coraggio di fare.
– Eizo! – Lo sgridò Akane che si buttò a fianco al ragazzo colpito e caduto, avvicinando il proprio capo a quello del ragazzo e sussurrandogli – Niente più segreti, ok? – In quel momento doveva sentirlo come la persona più vicina a lei al mondo. Passarono alcuni secondi quando lui si divincolò dall’abbraccio – Ah, ultima cosa ,Kaii. Non sto vicino a mio nonno “solo” per quello, ma anche perché nella realtà lui soffre di artrosi deformante; e potrebbe morire per quello – La calma e la solitudine che scaturirono da questa frase mi sorpresero e impaurirono di più della frase stessa.
Scendemmo fino al decimo piano dove Ryu si trasferì in camera mia; ormai era una di noi. Akane sistemò dei mobili in camera, e quasi sicuramente parlarono un po’; intanto, io, ero giù a cucinare. Finito di preparare il pranzo, che avevamo spostato ad ora di merenda, andai su a chiamare i due piccioncini – Venite?! È pronto! – Gli urlai dallo stipite della porta – Arrivo! – Disse Akane  che mi sorpassò e andò verso le scale – Io finisco di riordinare un attimo –
– Ok, ti aspettiamo – – Kaii. Potresti? –  – Sì, cosa c’è? – Si lancio su di me e mi prese le braccia – Voglio farti lo stesso gioco che hai fatto tu con me alla pianura. Sai all’inizio non ti capivo. Tu non hai un comportamento; all’inizio cerchi di adattarti, ma, comunque, poi non riesci a mostrare il vero te stesso. Mostri un comportamento lunatico e bipolare. Da quei pochi giorni che ti conosco sei stato brillante, simpatico, vivace, scherzoso in senso buono e cattivo, arrogante, presuntuoso, preoccupato, triste, sorpreso, rassegnato e anche spaventato. Sarebbe normale sentirsi così nella realtà, forse; ma non in un videogioco dove ognuno può mostrare e ha più possibilità di mostrare il vero se stesso senza problemi – E poi pronunciò la fatidica frase – Qual è il tuo vero io? Qual è il tuo vero carattere? –
Mi sentivo svuotato da tutte le forze; avevo fatto finta, non ne avevo parlato, l’avevo cancellato e dimenticato… ma il ricordo riaffiorò e amaramente accettai… più o meno – Fulvio un corno! – Dissi tra me e me, ma a voce abbastanza alta perché Ryu mi sentisse – Ful-che? – Strinsi i pugni – È vero, io non so come comportarmi; sai nella realtà ho avuto un momento in cui non avevo amici per vari problemi. Però, arrivatami l’opportunità, la afferrai al volo; me ne sono fatti amici così tanti che non capendoci più niente ho cercato di adattarmi a tutti loro; cercando di non cambiarmi, ma dopo un po’ neanch’io sapevo più qual era il mio vero io. E per tutto questo, tutti, hanno iniziato a credere un doppiogiochista e sfruttatore e, di lì in avanti, mi hanno più volte aggredito: in tutti sensi. Allora i miei, sapendo che adoravo i videogiochi, mi hanno portato SAO e facendo il tuo ragionamento hanno sperato che il mio vero io saltasse fuori. Di questi mesi non ci ho mai pensato, mi ero lasciato tutto alle spalle; chissà la mia famiglia cosa sta facendo? Ritornando a noi; sono quasi sicuro che il mio vero io vorrebbe mandare tutti a quel paese, e non in maniera così gentile. E per prima; “Fulvio”, è uno dei tanti cari nomignoli che usano i miei compagni di classe – Ryu era un po’ attonito – E perché ti chiamano così? – – Nella realtà io ho i capelli rossi, qua li ho fatti diventare marroni – Ryu si mise una mano sulla bocca in preda la risate, mi sentii offeso e gonfiai le guance come un  bambino piccolo. A questo punto si piegò in due dalle risate e scoppiai anch’io; il tutto a formare una risata fragorosa.
Scendemmo a mangiare. Quel giorno avevo preparato un bel brasato, tanto brasato – Ehi! Ben arrivati vi stavamo aspettando – Ci sedemmo, ci scusammo, e iniziammo a ingozzarci. Era divertente! Uno dopo l’altro, per avere ognuno la stessa quantità, prendevamo dalla padella qualche boccone del cibo; ma mai troppi tutti insieme. Dopo meno di 15 minuti, oltre ad avere ormai la certezza che su SAO non esiste il singhiozzo da abbuffata, ero pieno come un tuorlo d’uovo. L’unico discorso che era uscito dalle nostre bocche era stato cominciato da Ryu, parlando di un ladro che rubava dal decimo al quindicesimo piano; e che dovevamo stare attenti.  
– Io non c’è la faccio, sono pieno. Finitelo voi – Disse Ryu, io e Akane ribadimmo e affermammo quello che aveva appena detto. Era rimasto ancora un pezzo di carne: con quello che mi avevano portato avevo fatto la ricetta per 10 persone!! Eizo e Masao si fulminarono con lo sguardo: e la loro espressione fu amplificata dal sistema. Ridicolo al cento per cento!! Si buttarono sull’enorme padella, con la forchetta sguainata pronta ad infilzare con i suoi rebbi nella carne. Quell’attimo fu così lento che credo che se avessimo voluto, io e i due piccioncini, avremmo potuto fare scommesse su chi l’avrebbe mangiato. Eeeeh…
Eizo alzò la forchetta, fiero, e la avvicinò più lentamente del normale alla bocca, e quando messo il boccone in bocca, lo masticò esageratamente; vantandosi – E dai! Che mi sono anche ucciso per voi! – Disse rassegnato e, mi sembrava anche, offeso. Per un attimo non avevo capito cosa voleva dire la frase, poi mi accorsi di non continuare a capire. Guardai Masao che si coprì la bocca, come se non avrebbe dovuto dirlo – Che?! – Urlai. Io e Ryu ci buttammo su di lui per toglierli la mano dalla bocca: come se servisse a qualcosa – Masao sputa il rospo! – Non so se ero più curioso che altro. Senti, pian piano, il suo contrasto svanire e gli lasciai il braccio – Siete dei veri ficcanaso. E va bene, vi racconterò la mia storia, ma che sia l’ultima; capito?! Non voglio ricordare e soprattutto… beh sentirete – Non sapevo cosa mi si sarebbe presentato davanti, ma per quel giorno speravo anch’io che non ci fossero più rivelazioni.
La faccia di Masao si fece seria e triste al contempo – Vi ricordate il mese scorso, il giorno della prova; non vi ho mai detto come finita… –
Non me n’ero reso conto, ma pensandoci un attimo… – E vero!! – – Ehi, ehi, ehi, ehi! Un attimo. Dove? Come? Quando? E perché? – Disse Ryu – Sul 17° piano, in un corridoio dove vedi le tue paure. Camminando. Il mese scorso. Il motivo; beh penso che dire “costretti” vada bene – Si portò il dito alla bocca come per riflettere – Ah, sì. Ne ho sentito parlare – Ci fu un attimo di pausa dove tutto sembrava confuso poi… – …Non volevo raccontarvelo, io, mi sono dovuto uccidere – Il suo volto si abbassò e si incupì – Ogni volta che voi venivate uccisi compariva un coltello all’altezza dei miei fianchi, fluttuante a mezzaria, e… sapevo già quello che dovevo fare: pugnalarmi a morte. Tre volte vi ho visto morire e tre volte mi sono ucciso. Non sopportavo l’idea di vedervi morti mentre io ero l’unico, egoista, ancora vivo – La frase, il discorso sembrava dover andare avanti; ma tutti sapevamo  che era finito così…
INTANTO FUORI
Jo e il gruppo del club di informatica erano uniti nella sala del club; aspettando il signor Taro, che stranamente era in ritardo di mezzora. La porta si aprì – Scusate è stato difficile raggiungervi. Ci sono un mucchio di persone e luoghi pubblici che via via vanno sempre più riempendosi e che mi separano da questo posto. È difficile passare inosservati…
 

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Capitolo 9
*** PEDINA: TELEFONATA ***


 
DIARIO VIRTUALE
Sono felicissimo di essere arrivato a questo punto. E con questo capitolo sono alla metà della storia!! ( E i capitoli si fanno sempre più corti!!!)
PEDINA: TELEFONATA
Era sera di una giornata che iniziava a far sentire una sfumatura di freddo nel vento che soffiava. Ci eravamo trasferiti sul 35 piano, ultimo scoperto, già da una decina di giorni: dovevamo stare più vicini al fulcro di tutto e poi perché, oltre alla possibilità di rimanere indietro, per allenarci dovevamo andare su e giù 20 e passa piani più in alto ogni volta; non che costasse fatica, ma era una vera scocciatura! Ci trovammo una villetta grande leggermente più grande di quella che avevamo prima; anche se ai piani superiori costava tutto molto di più e saremmo rimasti in debito per un po’. Un’altra volta il piano a cui faceva riferimento la filastrocca era ignoto, e, stavolta, aspettare non sarebbe servito a niente, perché più che non sapessimo che piano potesse essere, il messaggio era vago e leggermente criptico
Dove la terra si fonde col cielo
C’è un passaggio per arrivare lassù
Dovrai puntare alla chioma o alle radici del melo
Che in questo mondo al contrario, dritto sei tu
Cadendo o salendo? La sensazione è distorta
Comunque ti trovi sulla stella che più brilla
Tuttavia la meta è dalla parte opposta
 E c’è un labirinto a separarti da quella
Ma in quelle giornate non ce ne sarebbe potuto fregare di meno; eravamo impegnati tutto il giorno con allenamenti e tattiche per riportarci a un livello decente. Come se non bastasse quello messo peggio di tutti ero io, e a guardare il mio livello mi vennero parecchi dubbi su come avessi fatto a cavarmela così tante volte. Fino ad allora avevo collezionato, solo, 4 skill di due tipi di arma: ascia e spada sottile a 1 mano. E 1 per armi da lancio e una di combattimento corpo a corpo. Mentre gli altri ne avevano 8 o più. In compenso la mia skill di cucina era arrivata a 607 ed ero arrivato al 173 di quella di ascolto.
Dopo essere stato sconfitto un’ennesima volta in un duello contro Akan, decidemmo ,che era ora di ritornare all’abitazione. Non ci eravamo allontanati troppo dal paese, il 35 piano non era un piano proprio alla nostra portata, o più che altro alla mia, in fatto di livelli. Essendo inoltre alquanto vulcanico era già pericoloso in se!! Ogni tanto si aprivano profondi squarci qua e là nel terreno, da dove usciva la luce emanata dal magma virtuale, e successivamente si chiudevano alla stessa velocità. Per di più il nome della piccola città in pietre vulcaniche sovrapposte a formare pareti all’antica, dove si trovava la nostra viletta, era “Pompei”. E guarda caso sorgeva al principio del pendio di un vulcano che nella sua descrizione era considerato quiescente. Però non c’era da preoccuparsene, le città erano una “zona sicura”.
Mentre andavamo a casa ero incantato dagli squarci nel terreno che illuminavano il viola di un sole non ancora scomparso del tutto di un bellissimo rosso intenso e disperdevano nell’aria scintille incandescenti. Arrivati alla buia abitazione in pietra ci dirigemmo nelle nostre stanze; avevamo mangiato prima dell’allenamento. La stanza sul lato destro del secondo piano era la mia e, fortunatamente, qua, ognuno aveva la propria camera. Ero seduto su un divanetto posto sotto la finestra che avevo appena spalancato, da lì continuai a guardare gli affascinanti squarci ancora per un po’, finché il sonno non mi prese.
… sentii dei rumori… passi? Forse… un tonfo sordo e… e qualcosa, più cose, caddero rumorosamente…
Mi svegliai di soprassalto. Fuori era buio, ma dalla finestra vedevo una sagoma preoccuparsi in tutta fretta di raccogliere quello che aveva, probabilmente, fatto cadere. Era Masao. Mi vennero in mente una quarantina di idee e ricordi confusi e mi alzai di scatto. Uscii dalla stanza senza far rumore, scesi al primo piano e uscito, iniziai a pedinare la sua ombra.
Arrivai in una grande pianura piena di formazioni laviche e squarci e mi nascosi a una ventina di metri dal crepaccio vicino il quale si era fermato Masao; speravo solo non mi trovasse con la sua skill di ricerca. Con lui c’era un ragazzo, biondo, con le lacrime agli occhi e, oltretutto, pericolosamente vicino allo squarcio. Grazie alla mia skill d’ascolto riuscii a sentire delle frasi del loro discorso.
– Allora sei pronto, lo sai che… - Questo era Masao; era serioso e cupo. Però, dalla frase, sembrava come se stesse cercando di fargli cambiare idea su qualcosa.
– Che se non funziona non potrò tornare indietro? Lo so, lo so. Ma se funziona sarà tutto finito, tutto finito! Sbaglio?!– Il ragazzo lasciava vedere la speranza e la disperazione dentro di se tramite le lacrime che gli scendevano dagli – Sì, è vero. Ma… – Masao sembrava arrabbiato e… qualcos’altro, come se si fosse sentito, combattuto.
 – Fallo! Ti prego fallo! – Per un attimo non capii a cosa si stesse riferendo il ragazzo; poi, Masao, allungò le braccia e le sue mani colpirono il petto del ragazzo, spingendolo nel crepaccio. Lo vidi cadere, ma non mi venne da corrergli incontro, anzi, ero rimasto impietrito.
Passarono dieci secondi, o almeno sarebbero dovuti essere passati dato che era risuonato nell’aria il suono della morte su SAO, quando si va in frantumi. Vidi Masao guardarsi le mani, colpevole; e sentii dirgli, più cupo che mai – Sì. Sarà per la prossima allora –
Per quanto potessi provare a trattenermi, non penso c’è l’avrei fatta. Aveva ucciso una persona! Nel  giusto o nel torto, costretto o non costretto, amico o non amico; lui l’aveva uccisa! Era un assassino. Mi avvicinai di corsa brandendo l’ascia contro di lui, ma la sua skill di ricerca si attivo e girandosi di scatto con la mano mi spinse dal collo a terra; persi l’ascia. Appena si rese conto che ero io la sua espressione arrabbiata vacillo – Ah, sei tu… scusami, sai… – Ero arrabbiatissimo, ma piangevo: sentivo una voce dentro che mi diceva “ perché lui! Perché lui! Perché lui!!!” – Non fare il finto tonto. Sai benissimo che ho visto tutto! – Attivai la mia skill corpo a corpo, e gli tirai un pugno nello stomaco che gli abbasso un poco la vita e, soprattutto, mi fece liberare dalla sua presa. Recuperai l’ascia che gli puntai contro quando tento di avvicinarsi – Posso spiegare tutto… –  – Non c’è niente da spiegare! Tu hai ucciso una persona, è questo ciò che conta! – – Lo s… –
– Sta’ zitto! – Urlai, e con così tanta forza che mi venne un falsetto. L’urlo era riferito a Masao, ma pensandoci anche alla voce nella mia testa – E dai Kaii, sappiamo entrambi che non puoi fare niente contro di me – – Sì, lo so. Ma non vuol dire che non ci possa provare – E parti all’attacco; ma Masao si mosse a una velocità pazzesca andando alle  mie spalle, mi prese il braccio dell’ascia, me lo girò in una posizione innaturale facendomi perdere la presa dell’arma, e mi girò l’altro suo braccio intorno al collo, come per strozzarmi. Così, ho iniziato a cercare di liberarmi dalla sua stretta, che mi stava soffocando – Kaii, ti ho salvato la vita così tante volte e a te non te neanche mai venuto un dubbio… – Negli occhi di Masao c’era uno strano bagliore – … be’, te li faro venire adesso. Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? – Faccio cenno di sì – Ti ricordi cos’ho fatto? Ebbene non c’era niente di strano in ciò? – Ci pensai – La prima volta che ci siamo incontrati… io e Jo stavamo scappando da dei tizi, eravamo in periferia. E in un vicolo cieco lui ci ha salvati colpendo alle ginocchia quei tizi con dei kunai e… un attimo! Eravamo in città; e allora come a fatto a fargli danno… non è che… – Lo guardai e appena incontrai il suo sguardo mi chiese – Allora? L’hai capito? – – Sì, ma… non è possibile. Tu sei… – Lui mi guardò, sorridendo – Kaiaba?... – Mi chiese
… per l’amor del cielo. Certo che no! – A quelle parole mi sentii sollevato e lui accennò una risatina che mi ricordava tanto il mio caro Masao e allentò leggermente la presa; ma non è lui e non lo posso perdonare. Approfittai della situazione, mi inginocchiai e mi liberaie, a quel punto, gli feci un sgambetto facendolo cadere a terra; e senza perdere tempo recuperai l’ascia e attivai una skill: la più veloce e meno dispersiva che avevo. Ma appena colpito non successe niente… la sua barra vita era intatta… indietreggiai – Veramente non te mai venuto il dubbio: neanche uno? Che ingenuo. Tutte quelle volte; come pensi di averla scampata col drago, con i pirati all’isola, col boss del tredicesimo piano –La quarantina di pensieri si ordinarono nella mia testa è adesso sembravano troppo chiari; così tanto da farmi impazzire. Recuperai il “dado a venti facce” che avevamo trovato all’ultima filastrocca e lo lanciai. – Come hai fatto?! Come hai fatto adesso a non subire danni?! O quella volta contro il ciliegio di metallo a batterlo e a correre sulla parete?! – 20. Perfetto! Era il massimo che mi potesse uscire; la mia velocità e la mia forza furono moltiplicate per venti. Lui mi guarda come se fossi il più effimero granello di polvere sulla faccia della terra – Tsk. Mi sembrava fossi cosciente… – Dovevo affrettarmi: l’effetto del dado sarebbe durato solo 15 minuti. Urlai un’altra volta e di nuovo mi venne un falsetto – Rispondimi! –  E mi lanciai verso di lui con l’ascia – Semplice, – Lo scontro tra il metallo delle nostre armi tagliò l’aria. Si scansò facendo un passo indietro quasi scomparendo nell’oscurità; lo seguii, porto avanti la spada sfiorandomi il viso. Allora feci il movimento più veloce che potevo per arrivargli alle spalle , ma riuscì a seguire la mia velocità; e parato il mio attacco, in modo non interessato, finì di rispondermi – Aiuto dall’esterno –
Rimasi turbato da quelle parole; se non era Kaiaba, chi altro poteva essere? Mi lanciai su di lui, alzando l’ascia sopra la testa; ma senza forza. Era strano. Mi sentivo potente e pieno, però era come se l’avessi fatto ma non l’avrei voluto – In-in che senso aiuto dall’esterno? – Mi venne incontro e un’altra volta mi disarmo e mi prese il polso destro. Avrebbe potuto sembrare semplice liberarsi, soprattutto con i parametri di forza moltiplicati per venti, ma per quanto mi dibattessi non riuscivo a liberarmi; quell’ “Aiuto dall’esterno” doveva avergli alzato i parametri di forza alle stelle. E visto che non avevo altre armi o skill che potessi usare, continuai a dibattermi inutilmente.
– Sai, Kaii. Non so se ci sia una parola per descrivere il mio compito; ho più che altro il mio lavoro. Ma penso vada bene il nome spia… – Mi spiegò con tutta calma e con una voce bassa che mi destava molta preoccupazione – Cosa?! – Mi sentivo il battito del cuore nelle orecchie – Sì, proprio così. Sono il figlio del dirigente di una delle più grandi aziende elettroniche e meccatroniche del paese. Mi hanno preso per entrare nel gioco, sapevo che sarei rimasto qui per un bel po’ – Provai più volte a divincolarmi, ma stavolta stava attento a non lasciarmi andare – Quando dentro mi spiegarono il piano. Mi dissero che dovevo uccidere delle persone, e che loro, nei dieci secondi di agonia prima della scomparsa, avrebbero provato a tirarle fuori. All’inizio non volevo, ma anche un cretino come me, poi, capisce – Una pedina? Era questo che era; ho almeno quello che speravo fosse. Continuò il suo discorso, come se dopo tanto tempo se ne volesse liberare, come se lo volesse gettare in uno di quei tanti squarci – Avrei potuto avere tutti i potenziamenti che volevo tramite un programma sviluppato con dei dati ricevuti dal signor Taro: quello che adesso sta con Jo. Sono rimasto assai colpito dal vederlo là, a lavorare con lui –
Quest’ultima parte mi agitò parecchio più del resto; mi sembrava che stesse insultando Jo. Allora, preso dalla rabbia, mi abbassai leggermente e gli diedi una testata. Preso alla sprovvista mi lasciò, indietreggiai raccogliendo da terra il dado – Come osi… come osi parlare a quel…? – Quando, ormai, stavo per lanciare il dado, vidi un’ombra sfrecciare e uno scintillio; una linea brillante e affilata avvicinarsi al mio collo – Come osi che cosa? Fammi il piacere. Non far si che tu sia il prossimo a decadere; se ti uccido, con o senza provare a tirarti fuori con il programma, morirai comunque – Fui sorpreso e mi incavolai, non stava dicendo tanto per dire; lui sapeva… sapeva che il programma non sarebbe funzionato; ma lo fece comunque!? E come se mi avesse letto il pensiero – Lo so a cosa stai pensando. Perché se ne è consapevole continua a farlo? Be’, è stato il signor Taro che mi ha detto che se smetto mi uccideranno, e visto che mio padre adesso non ha più poi cotanta influenza visto che è l’intero stato a pesare sull’azienda per ottenere presto dei risultati, non ne dubito affatto. Ma sinceramente non è questo che mi preoccupa – E allora cos’altro poteva preoccupare un assassino? Gli tirai un calcio nello stomaco, feci un passo indietro e mi buttai di nuovo su di lui per piazzargli un pugno dove mi capitava; mi colpì a mezzaria, scaraventandomi qualche metro più in là. La terra tremò e tra di noi si aprì uno squarcio che sprigiono nell’aria una danza di rosse scintille incandescenti e tinse il nero di una luce rosso sangue – La cosa che mi preoccupa e il fatto che mio padre potrebbe essere incolpato dei due omicidi commessi da me! Inoltre il signor Taro mi ha detto che adesso con un semplice controllo potrebbero risalire al bug, quindi io servo a non farglielo fare: nel senso, se mi uccidessero dovrebbero proporre un altro piano e in quel caso potrebbero risalire al bug e di conseguenza a Taro, che in questo momento non ha fantastici rapporti con la polizia che metterebbe in prigione anche lui senza pensarci due volte. Che scocciatura, non è vero? –
Impalato a fissarlo, in terra, oltre la luce e la danza, non capivo cosa stesse dicendo, o più che altro il perché me lo stesse dicendo. Sembrava triste, e arrabbiato. Mi vennero solo poche parole, anzi… una sola – Vattene! – I nostri sguardi si incrociarono e per un attimo i suo occhi si fusero con i miei – Vattene e basta! Non voglio più ascoltare neanche una tua parola! Non potrei vivere in pace con me stesso sapendo quello che so – Mi squadrò , guardandomi dall’alto verso il basso – E per te, perché non dovrei ucciderti adesso? – Lo osservai come per sfidarlo, incrociando le braccia, e ressi il suo sguardo per circa 5 secondi e, poi, rise e rinfoderando la spada disse – Se è proprio quello che vuoi – Si volto dall’altra parta ; sapevo che mi avrebbe ascoltato – D’accordo. Ma un’ultima cosa; sta attento ad Akane ed ad Eizo – Mi dava le spalle, spostò il volto in modo che riuscissi a vedere il suo occhio destro, illuminato dal magma, e quando vide l’espressione perplessa stampata sulla mia faccia mi ribadì – Fallo e basta – Accennai con la testa, non sapevo perché mi stessi fidando, visto che sapevo… – D’accordo – – Bene… Ah, un’altra cosa… – Ecco che il mio caro e vecchio Masao stava tornando: tonto e sbadato come sempre – Quei cilindri sono importanti per tutta SAO, abbine cura – E infine ci dirigemmo in direzioni opposte: ma in qualche modo, dove dovevamo andare.
Tornato a casa all’alba trovai Eizo già sveglio fuori dalla porta; mi chiese, in un modo troppo curioso da lui – Dove finito Masao? – Io gli risposi semplicemente – Non è più uno di noi – E me ne entrai. Da fuori sentii venire delle risate cercate di essere soffocate.
INTANTO FUORI
Jo e il gruppo del club di informatica erano uniti nella sala del club; aspettando il signor Taro, che era in ritardo di più di mezzora.
TUU-TUU-TUU…TUU-TU – Pronto?... Cosa!? –
– Jotaru non ho tempo di spiegarti. Mi hanno concesso una telefonata, ma non mi vogliono dire dove mi porteranno precisamente; dicono che uno come me non può avere persone che pagherebbero… be’ lo sai. E che comunque se ne avessi, secondo la legge, potrei ricevere solo una visita. Cercami ok? –
È sentito ciò a Jo parva di essere diventato sordo; e la persona dall’altra parte chiuse la telefonata – No, aspetti… signore!! – Urlò Jo. Bunjiro e gli altri che avevano assistito a tutto senza capirci niente lo interpellarono – Calma, Jotaru! Cosa succede? – Jo barcollò all’indietro, fino a quando si lasciò cadere su una sedia che si inclinò pericolosamente. Alzò lo sguardo, straziato e biascicò con voce rauca – È il signor Taro. È stato preso dalla polizia a metà strada, lo stato fa pagare una cauzione di 10 miliardi di ¥; e potremmo incontrarlo solo una volta prima di aver pagato. Se nessuno pagherà lui rimarrà in prigione –
Da disperazione, Bunjiro, in nome di tutto il gruppo, volle passare all’azione – Quale prigione? –
– Non lo so; non glielo hanno detto – Li demoralizzò Jo – Partiamo bene… comunque, non abbiamo tanto da fare senza di lui quindi iniziamo a cercarlo – Fece cenno di sì con il capo e, chi si rimise al computer chi, invece, andò sul campo, iniziarono tutti la ricerca del signor Taro.

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Capitolo 10
*** LADRO: ERUZIONE ***


DIARIO VIRTUALE
Dopo secoli che ci lavoro ecco a voi un altro capitolo. Sappiate che ormai abbiamo passato la metà della storia (o almeno secondo i piani). Comunque è meglio che mi dia una mossa prima che questa diventi una storia contemporanea (e anche prima che arrivi Natale perché vorrei postare il mio capitolo Natalizio per quella data). Durante questo capitolo troverete il nome “Rojod”, non per essere puntiglioso, ma la sua pronuncia corretta sarebbe quella spagnola (con la j tipo scatarrata) ma voi pronunciate come vi è più comodo. Alla prossima. # mi devo mettere sotto…
LADRO: ERUZIONE
Erano passate due settimane da quando Masao aveva ucciso quel ragazzo. A dire il vero cercavo di non pensarci troppo perché poco dopo che se ne era andato avevo realizzato…
– Quel ragazzo è stata la seconda persona che ha ucciso – Il pensiero mi assillava la notte, il giorno, e in tutti quei momenti in cui avevo lo sguardo per nell’orizzonte – La seconda! – Ogni volta a quel pensiero mi sentivo come se qualcosa mi stesse strappando le viscere – La prima è stata la notte dopo la prova, fuori dalla locanda, non stava parlando al vento… adesso ho capito, stava parlando con una persona esterna – Ero amareggiato ed, un’altra volta, distratto. La spada di Eizo mi stava quasi per colpire in un fendente, con un scatto del braccio riuscii a interporre la mia spada tra la sua e il mio avatar e così a parare il colpo. Stranamente sembrava che per lui fosse più semplice del solito, e pareva anche più felice. Approfittando del contraccolpo che derivò dal colpo parato a pelo, partì di scatto per fare un affondo, lo vidi avvicinarmisi ad una velocità pazzesca, e non capivo se ero io che andavo a rallentatore o lui che andava velocissimo; mi colpì e…. il duello era finito. Rimasi fermo immobile inginocchiato a terra, una sgradevole paura mi attraversò il corpo da capo a piedi e rimasi pietrificato, non so se l’avevo solo percepito, ma… – Nei suoi occhi, ancora quella dannata luce, quella dannata pazzia –
Ormai sapevo che su SAO le  erano amplificate da sistema, ma perché una persona avrebbe dovuto provare delle cose del genere. Però, anch’io una volta l’avevo provata quella sensazione; era la prima volta che combattevo con Akane e ad ogni colpo d spada mi sentivo come eccitato, come se fosse stato bello continuare a farlo.
La mano di Ryu mi prese la spalla e mi sballottò – Ehi? – Disse prolungatamente in tono scherzoso al mio orecchio. Ritornai alla realtà – Sei distratto! – Mi sgridò minaccioso Eizo guardandomi da in piedi – Tsk! – Ero stufo, stufo, stufo!!! Nella mia testa stavo urlando disperato – Lo so, lo so, ma che diamine posso farci?! Ho visto uccidere una persona dal mio migliore amico, l’ho cacciato e ho la consapevolezza di non poter fare niente a riguardo; e continuare a non volere, non riuscire e non potere non aiuta di certo!!! – Mentre la mia bocca scandiva altro – Scusa, devo solo riuscire a… no niente. Continuiamo – Sospirai e sorrisi amaramente; sapevo benissimo, ma come sempre non volevo parlarne, e tantomeno pensarci.
Però la mia mente non mi ascoltava e gridava – Aah!!! Non lo sopporto; perché?! Perché?! Perché?! Perché proprio te, Masao?! Va a farti fottere!! – Ero irato con me stesso e con Masao – Perché non posso essere uno di quei menefreghisti a cui non interessa niente? – Akane mi guardò dritto negli occhi e con tono dolce mi richiese – Sicuro di star bene? – Annuì e mi alzai pronto a riprendere l’allenamento, ma lei mi buttò a terra spingendomi con una mano sul petto, caddi di culo – Tu resti qui. Me la vedrò io con mio fratello – Sapevo che non c’era possibilità di discuterne, quindi, rimasi lì. Il combattimento tra fratelli iniziò e Ryu era in parte a me che fissava affascinato Akane – Pazzesca la velocità di Eizo, eh? Ma veramente, cosa ti prende, da quando Masao se n’è andato sei sempre a terra – Lo squadrai – Beh, ora sono a terra per colpa della tua fidanzatina… – Mi guardò e mise una mano dietro la testa, ridacchiando. Mi lasciai cadere su quel suolo arido. C’eravamo fermati in una piana marrone violacea; lì tutto era di quel colore; era frustrante. Il nostro villaggio non si vedeva, si poteva capire dov’era solo grazie a un raggruppamento di vulcani; nei suoi paraggi ce n’erano altri tre, ma molto più grandi. Infine, visibilissima dal quel punto, c’era un’enorme città murata, unico posto dove il rosso mi sembrava stesse bene; si chiamava Rojod. Non era la città principale e non c’ero mai stato e quindi,  a parte averne sentito parlare non sapevo com’era.
– Comunque… – Guardai il cielo, oggi era più scuro del solito a causa dei vulcani dai quali usciva fumo, fumo e ancora fumo, e il cielo era di un grigio tanto vuoto che metteva sonno – Va tutto bene devo solo dormirci sopra – Mi girai di lato e subito crollai dalla stanchezza. Ormai addormentato non potei sentire la frase che il ragazzo seduto in parte a me senza neanche voltare il suo sguardo pronunciò – Dormirci sopra, eh? Ma allora c’è qualcosa! Capisco – La sua fidanzatina eseguì un affondo che andò a segno; il ragazzo si alzo di scatto e urlò – Vai così Akane –
Rosa e luce intorno a me. Forse una luce rosa. Portava con sé del vento. Mi sentivo rilassato. La scena si fece più chiara… vidi dei ciliegi e… non era possibile… Masao! Provai ad avvicinarmi a lui, ma scomparve e caddi. Diventò tutto nero e rividi tutte le volte che Masao mi aveva sorriso o aveva sorriso, nel bene o nel male, e mi entrò nella mente il pensiero che quello fosse il modo, che gli riusciva meglio, di comunicare i suoi sentimenti; un sorriso per l’orgoglio, uno per l’amarezza e altri per tutto il resto. Io non li avevo mai osservati bene, ma adesso che li vedevo… c’è n’erano a bizzeffe! Quello divertito, la prima volta che ci siamo incontrati; il sorriso triste che ebbe quando stavamo per essere uccisi da “Wingroot”; il sorriso ironico con cui mi ha chiesto se non mi ero ancora abituato ai suoi modi di fare la prima volta che ci siamo scontrati con i due fratelli; e ce n’erano anche tanti altri: soddisfatti, orgogliosi, sorpresi, ammaliati, incavolati e alcune volte anche rassegnati.
Poi sentii qualcosa, una voce, la sua voce che risuonò dolce e sussurrò – Ti aiuterò a prendere la spada e ad andare avanti… E poi, c’è tutto un mondo qua dentro, e non tutto il male viene per nuocere – E io come avevo già fatto una volta risposi – Oh grazie, dal profondo, grazie! Ti ringrazio veramente tanto!… – Ma mancava qualcosa. Mi misi ad urlare, miserabile e disperato – E scusami, ti prego; io non penso riuscirò a perdonarti, non so il perché. Penso di averlo capito quando mi sono reso conto di aver perdonato anche Eizo che mi ha “ucciso” e quindi… perché non dovrei perdonare anche te?! Perché non riesco a perdonarti?! – Sentivo calde le lacrime che mi stavano scendendo copiose sulle guance – Sai all’inizio, il giorno della prova, quando ci hai raccontato di cosa avevi cercato di fare, che avevi cercato di uccidere quell’uomo senza volto non capivo perché tu avresti voluto ucciderlo, adesso capisco, tuttavia, proprio non riesco a perdonarti. Lo so che potrebbe essere una richiesta troppo difficile, ma comprendimi, comprendimi tu che io non ce la faccio; e assolvimi da questa punizione che non voglio sopportare – Tutto morì e poi una risata – E ti pareva – La frase divenne eco e questo scomparì, mentre il mio sogno cominciava pian piano a svanire.
Mi strofinai gli occhi, ero sveglio. Una luce mi dava fastidio, era rossa… Mi alzai di scattò; ero vicino a uno squarcio – Finalmente ti sei svegliato – Mi disse una voce dal basso. Abbassai il capo e vidi i miei tre compagni assopiti – Be’ direi che è meglio tornare a casa – – Sì, direi proprio di sì –
… Seguendo il sentiero verso casa incontrammo un venditore ambulante dal quale ci rifornimmo; il cibo e l’acqua e in genere gli item base su quel piano erano una cosa rara – Lo sapete? Stanno eruttando i vulcani; secondo le previsioni uno dei prossimi dovrebbe essere uno di quelli – Ci spiegò il venditore appena dopo aver finito di venderci la merce; stava puntando il dito verso il nostro villaggio – Se è veramente così, dobbiamo darci una mossa – Enunciò Ryu – Se non vogliamo essere carbonizzati –.
Continuavamo a camminare e tutti i miei sguardi erano rivolti ai crepacci che ogni volta che si formavano facevano leggermente tremare la terra – Kaii, ma tu quando compi gli anni? – Mi chiese Ryu tanto per passare il tempo. I gemelli ne avevano appena compiuti 14. Io sorrisi – Li compio il 20 novembre – Rimasero scioccati; sulle loro facce, amplificate dal sistema, si formarono delle espressioni che andavano ben oltre la sorpresa. Erano gli ultimi giorni di ottobre e quindi non mancava neanche troppo; ma erano più sconvolti per il fatto che fosse così vicino al giorno di lancio del videogioco nel quale eravamo intrappolati – M-ma è vicinissimo… – Li guardai sorridenti – Lo so. Compio gli anni con SAO! – Ci mettemmo tutti a ridere. Però quel pensiero mi fece pensare – Jo ha solo 11 anni, adesso forse dodici, ma l’età minima per indossare il Nerve Gear è di 13 anni; mi sembra strano… bah, sarà stato un disguido –.
Arrivati al villaggio di pietra vulcanica, ero già pronto a entrare nella nostra villetta che stava all’estremità del villaggio dal lato del vulcano, preparare una piccola cena e ad andare a letto, ma un inconveniente non ce lo permise…
Quando Ryu stava per aprire la porta si fermò con la mano a metà strada e ci zittì. Puntò il dito verso lo stipite; la porta era aperta e dove c’era la serratura era tutto rotto, la porta doveva essere stata divelta o qualcosa del genere. Annuimmo gli uni gli altri e prendemmo in mano le nostre armi. Tirai fuori la corda più resistente che avevo nell’inventario, la mostrai agli altri e, dopo vari cenni di consenso, la appesi ad uno dei ganci del cinturone, pronta ad ogni evenienza. Entrammo piano senza far rumore, controllammo tutte le stanze a piano terra, ma in nessuna di queste c’era qualcosa che non andasse, e quando ormai pensavamo che chiunque se ne fosse già andato, eccolo lì, che stava scendendo le scale tutto tranquillo. Girò la testa verso di noi e per un attimo rimanemmo fermi come degli stoccafissi, poi si appoggiò con una mano sul passamano e, facendo un abile salto scavalcò il parapetto delle scale e atterrò sul pavimento alzando della polvere.
Aveva una mantellina con cappuccio e dei vestiti anonimi neri; pensavo che se qualcuno l’avesse visto di sfuggita nel buio avrebbero scambiato per un’ombra. Portava anche un fodero nero attaccato alla vita.
Partì di scatto per l’uscita, ma Ryu l’aveva già preceduto e si era posizionato in modo da bloccargli l’uscita. Tuttavia, il ladro, non rallentò di un microsecondo il suo passo. Ryu prese dei kunai e li lanciò in direzione del ladro per distrarlo all’attacco che avrebbe fatto dopo; ma questo li schivò tutti facendoli incastrare nella parete di roccia del salotto, e sempre senza rallentare sguainò la spada, prese un piccolissimo slancio, e face scontrare la sua spada con quella del ragazzo che gli bloccava la strada. Questo ebbe un attimo di contraccolpo, abbastanza lungo però da far in modo che il ladro uscisse dalla porta.
Seppure tutto sembrasse ormai finito, Eizo, lo raggiunse a gran velocità e iniziò ad attaccarlo. Il ladro era piuttosto bravo non c’è che dire, ma Eizo, come avevo già constatato quel giorno, era più bravo del solito. Dopo un fendente laterale parato con difficoltà dal ladro, Eizo, gliene propose, scattante, uno dal lato opposto. Il ladro non fece in tempo a parare anche questo attacco che lo ferì. Allarmato dalla brutta sensazione che quel giorno avevo provato, buttai la corda tra le braccia di Ryu e corsi il più velocemente possibile; tirata fuori una boccetta di “pozione paralizzante” urlai ad Eizo – Tienimelo fermo un attimo – All’inizio mi guardò di traverso, ma, quando mancava poco a raggiungerli, lo bloccò e tenendogli la bocca aperta gli svuotai la boccetta in bocca – Tanto su SAO non c’è rischio di morire soffocati – Affermai. Il ladro cadde a terra – Dovrebbe stare a nanna per un po’… – Eizo infilo la spada sotto il cappuccio del ladro – Ehi, aspetta un attimo, cosa stai facendo…! – Gli dissi spaventato. Prima che potessi continuare, sorrise.
Lentamente alzò la spada lacerando  il cappuccio in due parti; la mantellina scoppiò, con il solito rumore di vetro rotto, in una miriade di cocci azzurri che si sparsero nell’aria per poi scomparire. Scoprimmo così che il ladro non era un lui, ma una lei. Aveva i capelli verde muschio molto mossi che sembravano quasi crespi e gli occhi marrone scuro.
Quando la ladra, finalmente, si svegliò, era seduta comodamente su una delle sedie più resistenti che Akane aveva nell’inventario, una sedia scura e metallica che dava l’impressione di essere piuttosto scomoda; legata con le corde che prima avevo gettato in bracciò a Ryu. Ed era anche imbavagliata.
– Mh mmh eh mh eeh – Mugugnò appena svegliatasi dimenandosi sulla sedia e guardando le corde– Lo sai che non possiamo capirti, vero? – Accennò con il volto un sì. Ci raggruppammo in un angolino della stanza – Allora  che ne facciamo di lei? –– Be’, mandiamola al palazzo del Metallo Nero al primo piano – Rispose Ryu – Certo questo era ovvio, ma non è meglio sapere perché è venuta qui? – Disse Akane. Eizo sorrise malignamente – Speravo che qualcuno lo dicesse. Ehi, come te la passi? – Gli occhi della ladra si tinsero di spavento; Eizo diede un calcio alla sedia scaraventandola per terra e facendo picchiare la testa alla ladra. Gli mise il piede sulle clavicole e gliele schiaccio – Allora perché eri qua? – Si abbassò e gli tolse il bavaglio dalla bocca – Non lo saprete mai – Sbraitò la ragazza – Dai forza, mandatemi al Castello di Metallo Nero al primo piano – Accorremmo intorno alla scena e vidi la pazzia sul volto di Eizo – Non penso proprio che ti lascerò questo piacere – Feci un passo spaventato verso di lui per fermarlo – D’accordo. va bene! – Patteggiò spaventata – Basta che non mi uccidiate e vi dirò tutto… Ma slegatemi! – Si lamentò in maniera bambinesca.
– Mi trovavo qua per caso, di solito è facile entrare nelle case… – – In che senso facile?! – Ryu non capiva, e non aveva tutti i torti, su SAO le chiavi erano una faccenda molto complessa e altrettanto rigorosa. Lei lo guardò comprensiva – Facile nel senso che io uso questa come chiave… – Ci disse sfoderando la spada; solo in quel momento che la osservai con più attenzione di prima notai che l’arma aveva cinque buchi rotondi a distanze eguali che la traforavano per tutta la metà terminale della sua lunghezza. Era una spada molto bella. La scena era strana quella ladra che aveva tentato di derubarci e il ragazzo che aveva tentato di ucciderla erano adesso seduti nello stesso salotto a bere una tazza di tè – Non so perché, l’ho trovata sul quinto piano, non ricordo bene dove. Comunque dopo qualche giorno ho trovato anche un forziere, ma era uno di quelli che hanno bisogno di una chiave e io, amareggiata, pur sapendo che sarebbe comparsa la scritta [IMMORTAL OBJECT] ho alzato la spada e quando la lama ha colpito il lucchetto è comparsa la scritta [APRIRE?] e così l’ho aperto; arrivata alla città ci provai con delle porte e funzionò, così continuai. Però qua è successo qualcosa di strano, la spada non ha funzionato, allora, incavolata nera, ho dato un calcio alla porta che si è rotta, così sono entrata e, beh, il resto lo sapete –
– A proposito di quest’ultima parte. Che cosa hai tirato fuori dai nostri cassetti – Chiese Eizo con il suo solito modo, ma con una punta di malignità in più. Alla ladra andò di traverso il tè che stava bevendo, lo guardò abbattuta, molto probabilmente dal fatto che sperava non se ne sarebbe ricordato; sospirò, armeggiò con una schermata e proclamò – Questo è tutto quello che ho preso – Per lo più erano tutte armi, cristalli, item rari e altre cose quelle che erano visualizzate nella schermata. Li riprendemmo – Sicura che è tutto? – Eizo gli punto contro la spada – Sì, sì, è tutto; mamma mia come siete diffidenti! – Ryu ribatté – Perché? Non dovremmo esserlo? – Lei si fece indietro e dopo un po’ ricominciò ad armeggiare con delle schermate – Ecco! Ma adesso vi ho veramente dato tutto! – I due sorrisero e recuperarono gli strumenti – D’accordo, ci fidiamo di te – Lei bofonchiò qualcosa come un – Si vede –
La terra iniziò a tremare – BTOMMM – Si sentì una grande esplosione. Corsi alla finestra era il vulcano che eruttava, l’ulteriore cenere rendeva ancora più scuro il paesaggio, ma a noi non avrebbe dato problemi come ne ha dati agli abitanti della vera “Pompei”, perché come avevo già detto su SAO non c’è rischio di soffocare; e la lava non ci avrebbe fatto niente in una zona sicura. Sospirai – È solo il vulcano – Dissi io alle facce inquiete in salotto. Sospirarono e si risedettero.
 Ryu aveva la mano a reggersi il mento e la faccia pensierosa – Un attimo! Ma tu sei quel famoso ladro, quello che non lascia neanche una minima traccia? All’inizio si credeva che fosse una specie di bug, o un programma di gioco normale come quando nella vita normale perdi degli oggetti, ma poi le coincidenze sono diventate troppe e allora s’è formata questa ipotesi. Vi ricordate… – Si rivolse a noi – …Ve l’avevo già raccontato. Adesso capisco – Si lasciò trascinare da un entusiasmo bambinesco che mi ricordava tanto quello di Akane: erano proprio fatti l’uno per l’altra. Lui si elettrizzava quando c’erano nuove informazioni o quando i pezzi di un puzzle da cento diventavano a mille; lei invece quando trovava o vedeva una qualunque cosa che non conosceva o che le piaceva.
La ladra sorrise – Eh-eh, non pensavo di essere così famosa! – Non ero sorpreso del suo egocentrismo. Ma a rompere questo suo momento megalomane ci penso Akane con la frase – Beh adesso che sappiamo come hai fatto, non mi sembra poi così sorprendente – La ladra rispose cercando di nascondere l’orgoglio ferito – Beh, cosa vi aspettavate! He he he – Si alzò velocemente – Quindi, direi che posso andare, ora – E si affrettò alla porta – Ehi aspetta un attimo ci devi pagare la porta –…
Non arrivava alcun rumore alle mie orecchie a causa della cattiva percezione che mi frullava nella testa. Vedevo che gli altri stavano discutendo riguardo alla porta; ma io ero paralizzato e con me anche Ryu aveva una faccia da ebete. Mentre i fratelli continuarono il dibattito noi corremmo fuori. Mi erano venuti in mente quattro cose: primo, quella sera i vulcani sarebbero eruttati; secondo, la serratura rotta della porta; terzo, i kunai che si erano incastrati nel muro; quarto, l’attacco di Masao alla ladra non era stato bloccato dal sistema.
– Ascoltate! Ascoltate! – Le persone vennero alle porte e alle finestre – I vulcani esploderanno e ci distruggeranno – Un signore dalla porta – Non c’è da preoccuparsi le città sono zone sicure – E delle voci di affermazione lo seguirono – È vero –  – Ha ragione le città sono zone sicure – Vidi i due fratelli e la ladra uscire dalla casa richiamati dalle grida – No, ascoltatelo questa non è una zona sicura – Una signora da una finestra – Certo che lo è – E frasi di disapprovazione le seguirono. Corsi verso una casa non volendo più discutere, distruggendo la recinzione di una veranda; all’inizio i suoi padroni iniziarono ad urlarci contro, ma poi quando si resero conto che quello che stava accadendo era impossibile si fecero prendere dal panico: e così fecero tutti. Ma la dimostrazione non era ancora finita, Eizo aveva preso il polso di una ragazza e l’aveva trascinata a forza in mezzo allo spiazzo – Lasciami andare! – Si lamentava, ma lui non lasciò la presa e in mezzo al piazzale gli prese la testa con una mano e la tenne ferma, la ragazza aveva uno sguardo di terrore negli occhi; lui sguainò la spada e la ragazza era così spaventata da non riuscire a urlare o altro. La lama le passo sulla guancia e da questa iniziò a sgorgare sangue da un piccolo taglio lineare orizzontale. La ragazza cadde spossata a terra e tutti iniziarono ad urlare, si precipitarono in casa a recuperare oggetti o rimasero bloccati a guardare il vuoto.
– Ordine!!! – Dovemmo sgolarci per far si che ci ascoltassero e che si calmassero – Prendete gli oggetti di valore, i mobili e tutto ciò che riuscite a portare in tutto ciò che trovate. Abbiamo poco tempo; la città più vicina è lontana un’ora di camminata. Chi ha i cristalli li usi e porti più persone che può con se, mi raccomando dirigetevi su un altro piano, o al massimo Rojod; non siamo sicuri che gli altri paesi siano sicuri. Ma prima di questo avvisate tutte le persone che potete –
Vidi la ladra che dirigersi in un vicolo, la seguii e arrivato lì notai che aveva un cristallo tra le mani – Ehi! – La chiamai. Si girò – Niente rancore, ma io non porto nessuno con me – – Aspetta un attimo! – La bloccai – Che c’è ancora?! – Mi chiese stufa – Posso farti una domanda? – Lei sorrise rassegnata – Spara – – Hai mai rubato sul decimo piano? – Si portò un dito alla bocca come per riflettere – Quello montanaro, vero? Sì, ma… ho sempre evitato i paesini, non avrei ottenuto niente. Comunque, ciao e… a mai più rivederci. Teletrasporto, Áureal! – E urlato ciò, scomparve in una colonna di pixel blu – Ma allora chi ha rubato la “sfera da chiaroveggenza”? – Questa domanda però non mi tormentò più di tanto perché dietro la colonna blu, quando scomparsa, notai che la lava era ormai solo ad un centinaio di metri dal paese.
Tutti avevano fatto come avevamo detto, avevano avvisato altre persone, e preso oggetti su oggetti, tanto che vidi borse così piene che i giocatori non riuscivano a portare con i loro parametri. Quelli che ne ebbero la possibilità usarono i cristalli di teletrasporto.
Volevo controllare di nuovo se tutte le persone se ne fossero veramente andate, ma non avevamo altro tempo la lava era già arrivata in città e avevamo dato tutti i cristalli che possedevamo per far scappare i rimanenti. Iniziammo a correre verso la pianura dove quella mattina c’eravamo allenati; e non avrei mai saputo se eravamo riusciti a sentirli tutti. Fu un viaggio silenzioso, all’inizio correvamo, ma poi la lava si era solidificata, e perciò avevamo rallentato il passo. Ero immerso nei miei pensieri – Perché? Perché Kaiaba ha fatto una cosa del genere?! Chi l’avrebbe mai voluto?!... – Mi sorpresi di quello che avevo appena pensato e sussurrai – Volere… adesso capisco… –
Avevo finalmente capito perché non riuscivo a perdonare Masao; lui aveva fatto quel che aveva fatto volendolo, aveva deciso la sua vita contro quella di altre persone, aveva deciso che il peso della sua valesse di più di quello di altre. Mentre Eizo l’aveva fatto per paura…
– Però… –
Anche Masao l’aveva fatto per paura, aveva paura per la sua vita – E se la mettiamo così, Masao ne ha uccisi solo due, mente Eizo ne ha uccisi tre. Però Eizo li ha uccisi per finta. Però quello che la spinto a farlo nella prova potrebbe spingerlo a farlo anche nel… – – Sveglia Kaii, ma ci sei? – Sobbalzai, i miei confusi pensieri furono interrotti; avevamo appena raggiunto la pianura e avevamo cambiato direzione verso sud-est, verso la città principale. E dietro di noi la sagoma di Rojod man mano nella notte scomparì…

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Capitolo 11
*** UN ANNO PIÙ LONTANO DALLA MIA VITA PASSATA: IL DOLORE D’UN GENITORE ***


DIARIO VIRTUALE
Altro che postarlo entro Natale; praticamente siamo arrivati praticamente a san Valentino (non devo fare mai più promesse o altre cose del genere). La seconda parte di questo capitolo (cioè il INTANTO FUORI, che per la prima, e penso unica, volta e più lungo della storia interna) è altamenta inventata dalla mia immaginazione. Buona lettura!!!!!
UN ANNO PIÙ LONTANO DALLA MIA VITA PASSATA; IL DOLORE D’UN GENITORE
Faceva freddo, non troppo, ma freddo. Erano tronati ai piani bassi dove tutto costava di meno e avrebbero ricominciato a fare su e giù per tutto Aincrad. In quel periodo stavano alloggiando in una locanda del quarto piano. Il ragazzo stava guardando fuori dalla finestra con uno sguardo malinconico – Stai ancora pensando a Christy? Guarda che se continui così Akane ne sarà ferita – Gli disse l’amico che era stato invitato nella sua camera – Lo so, lo so – Sospirò. Vedendo che aveva toccato un tasto nolente cambiò il discorso – Comunque perché mi hai chiamato, Ryu? – Il ragazzo volse lo sguardo dal cielo, che non aveva smesso di guardare, ai suoi occhi – Non voglio essere indiscreto, Kaii, ma mi racconteresti la tua vita da bullo? Me l’avevi promesso dopotutto… – Kaii era sconfortato solamente dal pensiero di dover ripensare a tutto quello che aveva fatto, ma… – Hai ragione. Te l’avevo promesso… e poi, in fin dei conti… non penso mi farà male – Si sedette sul letto – O almeno spero – E cominciò a raccontare.
– Ero in quinta elementare; ero sempre stato un tipo attivo a cui piaceva combinare disastri e dolori… ne traevo piacere. Comunque… quell’anno era arrivata a scuola una nuova compagna di classe; non avevo mai fatto degli scherzi ai miei compagni di classe in verità, o almeno non direttamente, pensavo che fossero gli spettatori perfetti; ma avevo solo paura. Lei invece… era perfetta; una bambina piccola e capricciosa, e insignificante. Già il primo giorno alla nostra scuola l’aveva passato piagnucolando. Mi sembrava adatta. Passate un po’ di settimane, come avevo previsto, non aveva ancora trovato un amico, allora dal nulla mi venne in mente un piano. Decisi di fingermi suo amico per ottenere la sua fiducia e poi, beh, si sarebbe visto. È stato facile farla cadere nella mia trappola. E si è presa anche una bella cotta per me. Però c’è stato un attimo in cui ho pensato di rinunciare al piano; non la sopportavo proprio. Parlava solo di se stessa, sol o di se stessa… ma dovevo portare a termine ciò che avevo pianificato… e così, con la sua completa fiducia, la raggirai. La portai a fare cos’è che non avrebbe mai fatto ai nostri compagni; e alla fine nel momento culminante, quando tutti puntavano il dito su di lei, ho finto di essere stato vittima anch’io di una delle sue “vendette”. Non ebbi problemi; tutte le cause finirono su di lei. Anche quando ha cercato di convincere gli adulti della sua innocenza, dicendo di me e di quello che avevo fatto, me la cavai sviandoli, spiegandogli che mi aveva tenuto per ultimo apposta per ricondurre le colpe su di me perché fin da subito aveva riconosciuto la mia indole vivace: da bullo. Così il mio piano era finito; l’ho trovata fantastica la scena di quando ha dovuto perdonare quelli a cui io gli avevo detto di fare quelle brutte cose. Mi ricordo che gli sono scese una cascata di lacrime dagli occhi – Sorrisi sarcasticamente e dolorosamente sapendo che era sbagliato, ma anche che non si piange sul latte versato.
– L’anno scolastico successivo si rifece;  il suo carattere era cambiato.  Sono venuto a sapere che durante le vacanze ha dovuto insistere molto coi propri genitori per non farsi cambiare scuola e che alla fine hanno accettato. Era la ragazza più popolare di tutta la scuola, e diciamo che in qualche modo controllava tutti i ragazzi come marionette. Così me li ha messi contro e poi, loro, mi hanno messo contro altri e via dicendo. Da quel momento non ho più avuto amici, o più che altro, spettatori; anzi io sono diventato il fenomeno da baraccone. Tuttavia… non l’ho odiata per quello, ma per quello che mi ha detto; mi ha detto che lei continuava ad avere una cotta per me. Il problema era che non riuscivo a capire, a capire come facesse a provare ancora qualcosa per me dopo tutto quello che le avevo fatto, e, in parole povere, l’ho odiata perché mi ha fatto odiare quel vecchio me stesso. Sai quando sono arrivato su SAO era da un po’ che mi ero chiuso nei videogiochi. E anche se per il primo periodo lei aveva tentato di tirarmi fuori da questa cattiva abitudine, però, il fatto che fosse proprio lei a farlo, quella che mi aveva rivoltato la classe contro, mi dava sui nervi. E poi… beh sono rimasto incastrato in questa trappola per topi. Però, da questo punto di vista, non penso sia tanto malaccio. Qua su SAO posso vivere senza pensarci, senza pensare alla vergogna che ho provato dentro di me  – Ryu che aveva ascoltato tutto il discorso senza fiatare commentò – Sei sempre così diffidente, in maniera disumana. L’ho capito, sai, che non è tutto – Sentenziò – Ma va bene così; se non ne vuoi parlarne spetta a te deciderlo – Rimasi un’altra volta sorpreso dalla sua perspicacia e capii anch’io cosa non gli quadrava, era chiaro come la luce del sole, io ero chiaro come la luce del sole, bastava aver sentito il modo in cui avevo appena parlato e a cosa gli avevo già detto di quella mia vita; ma non gliene avrei parlato. In me portavo troppi segreti, e per più della metà di questi desideravo la loro scomparsa o la loro condivisione… e forse avevo trovato la persona più adatta con cui condividerli, ma no. Preferii che tutti quei pensieri maledetti e rimaledetti decine di volte continuassero a corrodermi da dentro.
– Comunque buon compleanno – Ryu prese una cosa dall’inventario e ,resa oggetto, me la tirò – Questo è da parte mia e di Akane – Guardai la cosa che mi era arrivata nelle mani, non l’avevo mai vista. Aveva una forma strana: era formato da degli ingranaggi di orologi incastrati in un pezzo di metallo cavo che mi ricordava una canna fumaria di una nave da crociera in miniatura, quest’ultima era divisa in due parti una striscia sottile rossa al bordo superiore e il resto blu. Ero attirato e incantato dalla sua stranezza – È un carillon. Caricalo, dai! – D’istinto girai la parte rossa per caricarlo, e quando lo lasciai gli ingranaggi iniziarono a girare colpendosi l’un l’altro, suonando note, poi la riconobbi – La nenia del pirata!!! Ma… ma Come hai fatto?! – Ryu sospirò di sollievo – Iniziamo dal fatto che sono felice che ti piaccia, eravamo preoccupati; ma abbiamo pensato che una melodia del genere andasse bene in ogni momento, e poi era un articolo abbastanza particolare, quindi abbiamo sperato che ti sarebbe piaciuto. Di come ce lo siamo procurati, beh, l’abbiamo comprato nella bottega d’artigianato sul 23° piano, quello dove abbiamo preso quel piccolo scrigno di cui si devono trovare le serrature. Visto che siamo riusciti a trovarle tutte si è aperto, e ci abbiamo trovato dentro il braccialetto che oggi aveva al polso Akane. Quando siamo scesi per comprarne un’altra, abbiamo visto nella vetrina quel carillon e poi quando il suo gestore c’è la mostrato ha detto di quella possibile opzione te l’abbiamo comprato… Ma non chiedermi il prezzo, ok? – Ridemmo un poco. Lo guardai – Grazie mille – I miei occhi erano più profondi del solito e dentro questi era rispecchiata la sincerità delle mie parole.
Apprezzando ciò che c’era nei miei occhi continuò il dialogo – Ah… ho trovato questa alla porta stamattina; penso sia per te – Aveva tolto dall’inventario una spada già infoderata e me la lanciò. Incuriosito sfoderai la lama dal fodero; rimasi estasiato – Ma questa è...  la “spada del Nord” – Ryu annuì. Era bellissima come la prima volta che l’avevo vista: la lama come vetro, le venature come smeraldo, l’elsa come giada e il striscia di cuoio girata e rigirata più volte attorno a quest’ultima del colore del legno di ciliegio; mi chiedevo come in un mondo del genere potesse esistere una cosa così perfetta e per me piena di ricordi tanto tristi e tanto belli.
– Supponendo da chi venga farò finta che a regalartela sia stato io – La mia memoria da quando ero là, su SAO, fu scossa dal profondo, tutto ciò che avevo fatto, tutto ciò che avevo provato, tutto era in quella spada.
INTANTO FUORI
Dopo un mese di trattazioni politiche col tribunale, Jo era finalmente riuscito a prendere un appuntamento con Taro; ma la faccenda era stata molto complicata. I parenti di quest’ultimo infatti non avevano voluto sentire alcuna ragione, quindi avevano dovuto procedere per la lunga via giuridica. Meno male che uno dei componenti del club di informatica aveva un fratello maggiore e, cosa più importante, maggiorenne, che stava studiando giurisprudenza all’università. A lui avevano rivelato tutto e su di lui contavano per riuscire a raggiungere il signor Taro. Fortunatamente era un tipo molto bravo con le parole, molto carismatico e per quanto, quando il dibattito in tribunale era stato aperto, quasi tutti nell’aula fossero contro, il risultato dell’inchiesta fu positivo e quel giorno il 20 novembre del 2023 sarebbero riusciti a incontrarlo.
Adesso, ancora il fratello di quello là, lo stava accompagnando alla prigione dove era rinchiuso il signor Taro. Dopo i vari controlli percorsero un corridoio bianco, fino a una porta di ferro che aveva una finestrella di vetro con una retina di metallo al suo interno. Le due guardie che li stavano accompagnando la aprirono con una chiave appesa in un grande mazzo di chiavi e li fecero entrare nella saletta bianca e spoglia che aveva un odore strano dove sarebbe avvenuto l’incontro. Un’ombra si spalmò sul muro del corridoio che dava sull’altro lato della stanza. Appena il signor Taro arrivo nella sala e, quando vide Jo, azzardò ad accelerare il passo, ma le guardie lo trattennero. Anche il signor Taro era stato accompagnato lì da due guardie e aveva delle manette ai polsi. Jo sperava che se ne andassero, ma non ci credeva veramente. In quel periodo sembrava di essere tornati ai vecchi tempi.
Arrivato a un tavolo metallico in mezzo alla sala, il signor Taro fu spintonato bruscamente sulla sedia, che cadde e visto che il signore aveva le manette ai polsi non riuscì ad atterrare sulle mani. La testa picchiò contro il pavimento di piastrelle e un suono sordo riecheggiò nella stanzetta. Jo, da suo carattere, ebbe l’impulso di andare a vedere come stava, e come da piano cercò di reprimerlo; ma non ci riuscì. Corse verso il signor Taro – Sta bene, signore? – Dopo aver mugugnato un po’, lamentandosi, questo rispose affermativamente. I poliziotti risero. Jo li guardò torvo, furono sorpresi che un ragazzino così bambinesco potesse fare una faccia del genere.
Il fratello del ragazzo sospirò – E noi non avremmo dovuto dare sospetti – Il piano era quello di andare là completamente menefreghisti e di far andar via le guardie facendo credere loro che lo volessero menare. Sinceramente Jo non ci aveva mai creduto veramente perché li avrebbero sicuramente venuti a controllare prima o poi, e anche il fratello era venuto lì col pensiero che quell’idea era scontata, ma comunque ci avrebbe dovuto almeno provare; adesso però era troppo tardi anche per quello, avrebbero dovuto parlare a porte aperte.
– Chi è questo? – Disse il signor Taro, che avevano rimesso sulla sedia, riferendosi a bbbb – Anzi lascia perdere. Allora di’ ai tuoi amici dentro che al quinto piano ad est c’è un dungeon chiamato “La grotta muschiosa” – Sia il signor Taro che Jo sapevano che parlare a quattro venti del loro piano era rischioso, ma non c’era altro che potessero fare – Lì, dovranno cercare una sala che è nascosta dietro una delle tante pareti muschiose, e qui troveranno una spada e una filastrocca. Questa li condurrà fino a un luogo dove dovranno affrontare una prova, non gli sembrerà così ma digli che la parte importante delle ricompense sono i cilindri. C’è ne sono cinque… –
– Ecco un altro nerd – Le guardie ricominciarono a ridere – Ehi, abbiamo passato un mese in tribunale per ottenere questo colloquio – Sentenziò bbbbb – Quindi state zitti! – La guardia che prima rideva più di tutte aveva uno sguardo arrabbiato, beffardo e sarcastico, ma triste – Cosa le è successo? – Disse Jo troppo perspicace per certe cose; il signor Taro sussurrò qualche frase di dissenso. Il poliziotto abbassò lo sguardo e in un gemito – Mio figlio… mio figlio è bloccato su SAO – …
Jo si sentì perso; sapeva come doveva pensarla sul conto del signor Taro. Aveva già visto la reazione di molti genitori coi figli intrappolati su SAO, e quella sua madre la volta quando si era salvato, ed anche tutti quei pensieri che gli erano passati per la testa. La guardia prese il manganello che aveva appeso sulla cinta e lo puntò alla tempia del signor Taro – Ed e colpa sua, e di tutti quelli che hanno partecipato alla realizzazione di quel dannato videogioco – La guardia parlò veloce; non voleva essere interrotta – Pensi che se adesso lo colpissi fregherebbe a qualcuno? – Vedendo che Jo gli stava per rispondere, la guardia, ripropose la domanda sbraitando – Pensi veramente che se adesso lo colpissi a qualcuno gliene fregherebbe qualcosa? – Il poliziotto alzò il braccio e colpì il signor Taro con un violento colpo di manganello alla schiena, facendolo nuovamente cadere dalla sedia. Jo ne fu inorridito, era quanto i suoi occhi non potevano sopportare, e gli venne un dubbio. C’è l’avrei mai fatta io su SAO?  Allora, non volendo sentirsi inutile decise che non avrebbe distolto lo sguardo, non lo poteva fare, perché sennò no l’avrebbe data vinta alla guardia  – Veramente lo credi? – Lo colpì di nuovo e ancora e ancora; ogni volta  che il manganello colpiva il signor Taro era come se fosse lui a sentirne il dolore. Del sangue  iniziò a macchiare l’abito che aveva addosso il signor Taro; e negli occhi della guardia c’era terrore e tristezza e… e dolore, troppo dolore. Paralizzato dalla paura, Jo, non riusciva a muoversi, e intanto continuava a fissare la scena, ma poi comprese che così non avrebbe risolto niente. Non si può sfidare il dolore di un genitore; è lo stesso motivo per cui quando un genitore e preoccupato per un figlio, quest’ultimo, quando si ritrova, non ha scuse.
Prese uno sbalzo e si buttò tra il manganello e il signor Taro. Un dolore atroce lo percosse dal punto d’impatto del manganello in tutta la schiena, era come un formicolio che si diffondeva doloroso; e nel punto in cui era stato colpito sentiva come se ci fosse stato poggiato sopra un pesante sasso ustionante che lo premeva al suolo.
Finalmente le guardie intervennero – Veramente ci credi?! – Sbraitò, quasi sputando, al corpo inerte di Jo. Quando il manganello stava per colpire un’altra volta lo placcarono da davanti e lo allontanarono facendolo sbattere contro il muro bianco – Porta in cella il prigioniero qua ci pensiamo noi – Urlò una guardia ad un suo collega, mentre quello impazzito si dibatteva contro la loro stretta. Quest’altra si staccò, prese sottobraccio il prigioniero, lo tirò in piedi di peso e lo iniziò a trasportare via per il corridoio da cui erano entrati. Ma il discorso tra lui e Jo non s’era mai concluso e sapeva che non sarebbe mai più riuscito a incontrarlo.
Allora si oppose al trasporto della guardia e si voltò – Ascolta Jo – Urlò con tutte le forze che gli erano rimaste in corpo mentre la guardia lo tirava insistendo per andare via da lì. Jo torno alla realtà – La spada è importante, ci dovranno incastrare dentro i cilindri e bada… – La guardia lo strattono per il corridoio e gli fece perdere l’equilibrio così da doverlo seguire per forza, interrompendo così il discorso.
– E voi non state lì impalati! Presto! Uscite! Questa è la chiave; chiudetevi fuori! – Li rimproverò una delle guardie occupata ad intrattenere il collega, e gli lanciò il grande e rumoroso mazzo di chiavi. Jo lo prese al volo e con BBB corse fuori e i due si chiusero dietro la porta. Mentre se ne stavano andando, però, sentirono che il frastuono che c’era nella sala si era fermato, incuriosito Jo guardò attraverso la finestrella in mezzo alla porta, però non si vedeva granché. L’uomo impazzito aveva cessato di dibattersi e i colleghi lo avevano lasciato; adesso delle lacrime gli scendevano sulle guance; Jo gli sentì dire – Quando tornerà a casa, gli vieterò di usare i videogiochi… –
Usciti dalla prigione partirono verso casa. Ma ad un tratto BBB cambiò percorso – Ehi! non è questa la strada – La macchina accelerò leggermente – Lo so. Ma ci stanno seguendo cerco di seminarli – l –Perché dovrebbero seguirci – l – Penso sia per il discorso che stavamo facendo, si saranno domandati che cosa intendevamo, e adesso ci stanno inseguendo –  – Ok, va bene. Io non conosco questa zona però, e tu? – BBB sorrise – Scherzi! Ho sprecato la mia adolescenza qua! – – Perché questo mi fa solo preoccupare – Dopo un po’ di svolte in un quartiere industriale abbandonato arrivarono, prima, ad un rettilineo che superarono andando oltre al triplo e mezzo, almeno, di quello che la madre di Jo pensava dovesse concedere la legge; poi svoltarono in un bosco e dopo quel fuoristrada infinito e con mosse da film americani, ne uscirono in una strada sterrata in mezzo ai campi – Adesso dovremmo averli seminati – – Dove siamo? – Chiese Jo – In riferimento alla prigione siamo molto, molto più lontani dalla città, e più ad ovest – Il ragazzo sospirò – Perfetto. E quanto ci metteremo a tornare in città? – – Un’oretta, circa – .

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Capitolo 12
*** UN REGALO DI NATALE: FREDDO DALLE CARCERI ***



DIARIO VIRTUALE

Allora, questa volta inizio ringraziando tutti quelli che hanno letto fin qui essendomi accorto, rileggendo i vecchi capitoli, di scrivere in una maniera davvero ostica (per non demoralizzarmi con un “vomitevole”, anche se ci starebbe) e alle volte ho notato d’avere scritte cavolate in parte incongruenti con talvolta dei casini di tempi verbali, però sono felice perché so che se mi impegno e continuo a scrivere-rileggere-correggere-rileggere-ricorreggere prima o poi, a rigor di logica, dovrei saper scrivere decentemente.
Nel caso ve lo chiediate; no, non ho saltato nessun capitolo.
Ri-ringrazio quelli che si sono sorbiti la mia storia fino a qua e gli auguro una buona e “scorrevole” lettura.

UN REGALO DI NATALE; GELO DALLE CARCERI

La neve cadeva leggera nella piazza principale della città di Astorme, non un filo di vento soffiava. Le panchine erano ricoperte da un candido manto, così come anche le statue a forma di lupo, i tetti, gli alberi e tutto il resto, ed il mondo attorno a me era velato da un sottile strato di nebbia invernale.
 – Sbrighiamoci! – Disse Ryu con voce pesante e severa.
Io e Ryu ci stavamo dirigendo al teletrasporto della città. Arrivati nel piccolo spazio coperto da una cupoletta sorretta da tre colonne, stando attenti a non farci notare, proclamammo il nome della città in cui dovevamo andare.
– Città dell’inizio! – Dicemmo in un sussurro ed un vortice di pixel ed una forte luce blu ci avvolsero.
Chi mai sarebbe voluto andare a rivivere dei momenti simili a quelli vissuti lì? Perché mai uno l’avrebbe dovuto volere? E soprattutto chi mai l’avrebbe voluto a Natale?!
Una volta arrivati nella piazza della Città dell’inizio iniziamo a camminare ad ampie falcate verso il bosco. Dovevamo raggiungere il bug, l’unico motivo per cui Ryu continuava a stare con noi anche dopo quella scoperta; per me era diverso, era una concretizzazione delle mie preghiere, per lui era un baratro che si era aperto di colpo sotto i propri piedi.
Nel cuore del grande bosco, i fitti alberi non avevano permesso alla neve di toccare terra e la nebbia non aveva osato addentrarsi tanto in profondità.
Ryu fece una scansione dei dintorni con la sua skill di ricerca, ed con la mia d’ascolta; non c’era nessuno. Mi avvicinai alla radice dell’enorme albero e comparve il pannello girevole dove incastrai il cilindro che avevamo trovato col dado a venti facce. Dopo aver fatto girare il cilindro nel pannello, questo pulsò di una luce turchese due volte e poi scomparve e io rimisi subito il cilindro nell’inventario; dopo di che trafissi la radice dell’albero con la mia nuova spada, regalatami da colui che se n’era andato, che avevo fatto andare.
Com’era sempre successo sulla radice delle forme si delimitarono immerse in una scacchiera di pixel e una voce familiare, quella di Jo.
– Finalmente vi siete fatti sentire – Disse più disperato che arrabbiato – Sono successe tantissime cose dall’ultima volta che ci siamo parlati e sarò in punizione per il resto della mia vita a meno che non riusciate a… –
– Non è il momento per queste cose, Jo! – Venne interrotto da Bunjiro – Ragazzi, abbiamo avuto dei problemi col signor Taro che per adesso è “indisposto”. Comunque per quanto ne sappiamo dovete andare al quinto piano; sul lato est del piano troverete un dungeon chiamato “Bosco Umido”, e in questo, dietro una delle pareti coperte da muschio, si trova una stanza segreta. Qui ci troverete un spada e un foglio con scritta sopra una filastrocca che vi indicherà la via per un altro luogo dove dovreste trovare un’altra filastrocca e assieme a quella troverete un… –
 – Non è possibile… – Lo interruppi, ma non volontariamente  – Un cilindro, vero?! Stavi per dire che avremmo trovato un cilindro?! –
Il ragazzo guardò Kaii sullo schermo, stupito e disorientato. Non poteva essere una cosa di dominio pubblico, sennò tutto quel lavoro non sarebbe servito a niente!
 – Come fai a saperlo?! – Domandò Bunjiro alzandosi in piedi svelto per la preoccupazione. Con tutta calma iniziai a spiegargli il perché, anche se non era affatto facile. Gli dissi di com’era cominciato il tutto e resi oggetto i due cilindri per mostrarglieli.
Ovviamente i ragazzi al di là dello schermo erano scioccati, come sia me che Ryu del resto. Non ci potevano credere, era una cosa impossibile. Una cosa tanto inconcepibile che era veramente difficile che ci fosse successa; anche se effettivamente l’informazione ce l’aveva data quella che tra i giocatori conosceva meglio SAO in tutte le sue sfaccettature.
Però mi chiedo se sia giusto continuare senza Masao, dopotutto l’informazione era stata data a lui.
Scacciai via quel mio pensiero, accorgendomi che al di là dello schermo Jo aveva alzato l’avambraccio agli occhi per asciugarsi delle lacrime.
Quando Jo abbassò il braccio gli mostrai la spada, rimase silenzioso, ma le lacrime ricominciarono a scorrergli sulle guance.
Riasciugate le lacrime, Jo si schiarì la voce – Ragazzi mi dite dove abitate? – La voce non riusciva a nascondere una smisurata felicità. Ryu aveva taciuto con lo sguardo serio e pensieroso fisso per terra tutto il tempo, colla mente da tutt’altra parte, pensando a qualcun’altra. Passatagli una mano davanti agli occhi tornò alla realtà. Dopo che lui ebbe detto il suo indirizzo, io diedi il mio e vidi il volto di Jo tingersi di stupore – Ma tu abiti dove siamo noi adesso, solo che dall’altra parte del quartiere se ricordo bene – Sorrisi sorpreso ed ipotizzai – Magari ci siamo anche già incrociati? – Jo incassò la testa nelle spalle  – Non penso, non sono un tipo molto “popolare”. Forse conosci mia sorella, lei è la ragazza più popolare della scuola –
– E lei non si stanca di vederti comportare in modo che tu non sia “popolare”?– Dissi per incoraggiarlo a sbrogliarsi dalla sua infantilità, ma non ottenni quello che volevo, molto probabilmente ciò che avevo detto, in qualche maniera, aveva centrato un dimenticato bersaglio.
Stava fissando incupito il pavimento quando le immagini iniziarono a sgranarsi in ambedue i mondi e la comunicazione saltò.
Il cielo era limpido nel cuore del bosco mentre sul quarantanovesimo piano il cielo notturno era blu intenso e la neve scendeva vorticosamente a grandi fiocchi. I due gemelli, Akane ed Eizo, camminavano in una stradina stretta tra due case anguste.
La ragazza stava tirando per il braccio il fratello – Dai sbrigati! –
– E perché?! Che altro dobbiamo comprare ancora? Abbiamo preso tutto di quella chilometrica lista; le decorazioni per l’albero le abbiamo, così come gli ingredienti che servono a Kaii per la cena, ed anche i regali sono impacchettati. Che altro ci manca? –
– Ci manca lo zenzero per il marzapane –
– Guarda che ce l’abbiamo; l’abbiamo comprato nel negozio dove abbiamo preso anche le carambole e i frutti del drago –
– Davvero? –
– Certo! – Disse il ragazzo un po’ scocciato aprendo l’inventario e iniziando a scorrerlo su e giù.
Chiamare i frutti con i loro veri nomi non era propriamente corretto visto che su SAO esistevano per lo più solo surrogati o frutti con più sapori ed erano pochi quelli identici a quellireali. Qualche giorno prima per esempio avevamo trovato uno strano frutto che si chiamava “Cantrìov” che sapeva di castagna e albicocca; quel sapore era abbastanza stravagante, ma non era così pessimo. Comunque chiamarli con i nomi del frutto di cui avevano il sapore era la soluzione più veloce e comoda a molti problemi quali la mercatura e la cucina.
Il ragazzo continuava a scorrere così velocemente l’inventario che la sorella si chiedeva come facesse a leggere i nomi degli item. Provò più e più volte anche lei a leggerli, ma non ci riuscì mai, non riusciva a dividere i vari nomi che diventavano un’unica fascia.
Poi sussultò… non poteva credere a quello che era appena riuscita a leggere. Appena la veloci di scorrimento era rallentata Akane aveva visto che nell’inventario del fratello c’era la “sfera da veggente”. Si trattene dall’esprimere ogni suo pensiero, ogni sua preoccupazione.
– Eccolo qua. “Racrix” X4!! – Lo indicò.
– Ehi! Voi due!! – Urlai io appena li vidi.
Avvicinatomi abbastanza da non dover urlare nuovamente,  chiesi – Trovato tutto? –
– Sì, sì. Sta’ tranquillo, c’è tutto. Ma la prossima volta ti fai tu su è giù una dozzina di volte… – Enfatizzò quest’ultima parte – D’accordo? – Mi guardo con degli occhi malefici. Ci fu una grande risata.
Dopo aver mangiato la cena che avevo programmato apposta per l’occasione ci scambiammo i regali, e infine i due piccioncini si appartarono su una panchina nella strada davanti casa, mentre io rimasi a parlare con Eizo del niente.
– Allora, come va? – Disse in modo poco sensibile Ryu.
– Bene, ma…– Inizio la ragazza. Da quando le aveva detto il suo segreto il loro rapporto era peggiorato visivamente – … avevate ragione! Mio fratello dice tutto a mio zio. Nel suo inventario ho visto la “sfera da veggente”. Avevate completamente ragione –
– Poco male, tuttavia… – Il ragazzo strinse la mano in un pugno, sentì un impulso nervoso – Dannazione! – Si alzo in piedi – Scusami, devo stare un attimo da solo – E se ne andò.
Alla ragazza venne un nodo alla gola che si stringeva sempre più, facendogli venire da vomitare. Si alzò per rientrare, ma si sentì schiacciata da un peso insopportabile che la faceva affondare sempre più a fondo nella neve, così si lasciò ricadere all’indietro sulla panchina che adesso era ancora più gelida di quanto lo fosse già prima.
Nella sua mente continuava a colpevolizzarsi – E tutta colpa mia! E tutta colpa mia! – E quel freddo cominciò a consolarla e i brividi la assalirono.
Dopo un po’ che era lì sola, in quella fredda notte, un dolore lancinante all’addome la fece piegare in due, e incominciò a piangere. Le lacrime gli rigavano le guance e cadendo dal contorno del suo viso scioglievano la neve.
Le fitte di dolore si attenuarono, ma Akane rimase piegata in due, rannicchiata sulla panchina fissando le proprie ginocchia.
Un ragazzo dai capelli rossicci le si avvicinò. Era molto più alto di lei, aveva la faccia scarna ed allungata e portava una bandana in testa.
– Scusami, posso sedermi? – Chiese, e senza preoccuparsi tanto della risposta lo fece. Akane accorgendosene alzò il volto e lo guardò.
Il ragazzo sobbalzò esageratamente, alzando le braccia per la sorpresa e lo spavento – Ma tu stai piangendo! –  Lei abbassò lo sguardo come sperando che non avesse visto niente, ma al contrario di ciò che avrebbe voluto il ragazzo le si avvicino.
– Perché stai piangendo? – Le chiese ed Akane alzò lo sguardo; si sentiva come costretta a farlo da quella domanda. Inquadrandolo meglio e successivamente mettendolo a fuoco si mise a ridere.
Il ragazzo la guardò dubbioso – No, un attimo, stai piangendo o ridendo? –
Akane represse leggermente la risata per potersi spiegare – La tua bandana… – Ricominciò a ridere
– Cos’ha che non va la mia bandana? –
– Bhe, è un po’… bizzarra –
La bandana ripiegata che portava a mo’ di fascia era rossa, con strani decori gialli; non è che non fosse bella, ma forse un po’ troppo particolare. Il ragazzo era avvampato appena gliel’aveva detto; il suo viso era più rosso di un peperone. Non era la prima volta che al ragazzo ridevano in faccia per la sua bandana, ma se era una ragazza così carina a farlo.
Akane, dall’animo nuovamente leggiadro per la bella risata, si alzò dalla panca con un dondolio di gambe, si asciugò le lacrime con l’interno degli avanbracci e girandosi con il busto verso il ragazzo dalla stravagante bandana lo ringraziò.
– Adesso sto molto meglio. Grazie –
In preda al panico all’idea che una così bella ragazza se ne stesse andando  via da lui si affrettò a dire – Aspetta… –
Pareva impacciato nel suo improvviso riflettere; stava pensando se era meglio rischiare perdendosi in un bacio spassionato con la ragazza, o invitarla a passare da lui il natale, o altro. Scartando direttamente la prima opzione che, seppur trovandosi in una “Zona Sicura”, considerava troppo pericolosa, optò per un semplice regalo; ma cosa farle! Il ragazzo passò mentalmente in rassegna tutti i suoi item senza, però,  trovarne uno adatto. In preda alla disperazione del momento gli baluginò negli occhi un’idea.
 – Tieni questo è per te –
La ragazza vide aprirsi, più o meno, all’altezza del suo ombelico una schermata di regalo. Era una schermata particolare; funzionava come una scambio, eccetto che questa non visualizzava i nomi degli item che una persona stava donando all’altra. Era un ottimo modo per fare una sorpresa, però c’era chi se ne approfittava per fare scherzi.
La ragazza abbassò un dito sul tasto di conferma e prima ancora che potesse ringraziare il ragazzo, anche se non sapeva niente del dono, questo si era già volatilizzato. Ciò la fece preoccupare, ma volle comunque vedere cos’era; lo rese oggetto e lesse il suo nome.
– Eh!? Ma come… non è possibile! –

INTANTO FUORI

Entrava un filo d’aria dalla finestra aperta, era fresca; il crepuscolo illuminava il cielo di uno strano indaco; l’aria nel giardino era  algida e limpida.
La camera di Jo stava al piano terra, ed essendo sul lato ovest della casa era una di quelle più che al tramonto rimanevano più illuminate. Jo si era vestito di tutta fretta e adesso doveva andarsene. Non per tanto tempo, ma doveva; doveva andare alla prigione e scoprire di più dal signor Taro.
Da dietro la porta della camera venne una voce.
– Dov’è che pensi d’andare tu? –
Era sua sorella; era abbasta bassa, e anche la sua faccia era infantile, e seppure si vestisse come una ragazza della sua età sembrava una bambina piccola. Solo i suoi occhi da gatto, furbi come pochi, ti facevano intendere la sua vera natura.
– Senti io devo uscire –
– Non puoi sei in punizione, o te ne sei già dimenticato? –
Jo si tese, guardò la sorella serio a capo basso e la voce gli si inaspri suonando diversa dal solito, come se le note chiare della sua vecchia voce fossero ormai svanite per dei gravi insopportabili. Il fatto era vero; la sua voce, come aveva previsto il pediatra, si era abbassata prima che agli altri ragazzi, proprio in quei giorni. Tuttavia non aveva mai pronunciato delle parole in quella maniera, così maturamente.
– Certo che me lo ricordo, ma io devo uscire; devo trovare il modo d’andare in prigione ed incontrare il signor Taro, implorarli se devo.  – I suoi occhi erano persi nell’immensità dalla stanza, ma non tremavano – Non me ne può fregare di meno in questo momento di ricoprire di fango il mio orgoglio pur di vederlo; devo salvare i miei amici, tirarli fuori da quel maledetto videogioco –
Ci fu un momento in cui tutto tacque; i loro sguardi seri si incrociarono, e Jo riuscì a resistere a quella battaglia. La sorella abbassò lo sguardo e per un attimo Jo fu preoccupato che andasse a dire tutto ai suoi, ma la sorella stava là, ferma e muta.
D’un tratto la ragazza si buttò addosso al fratellino, gli abbassò la testa iniziandola a strofinare con un pugno.
 – Aaaah, che bello!! Allora anche al mio fratellino stanno venendo i testosteroni –
– Ma se non ho ancora nemmeno dodici anni! –
La ragazza si staccò da lui e fece una smorfia con le labbra, poi lo guardò dall’alto in basso senza muovere il capo. Lo stava gentilmente mandando a quel paese per la sua altezza, e per il fatto che non la sfruttasse.
– Quindi mi lasci andare –
– No –
– Perché no?! –  Disse disperatamente.
Dopo un attimo dall’aver fatto quella domanda capì.
– Ma certo! Che cretino. Cosa vuoi in cambio? –
La sorella fece un sorrisino da mettere inquietudine.
– Eh eh – Ridacchiò un poco – Il dazio per uscire da quella finestra è pesante, sicuro di essere pronto a pagare tanto? –
– Certo –
– Bene. Allora d’ora in poi avrò il controllo del tuo armadio, e tu ti comporterai sempre come stasera –
– Come?! –
– Oramai hai deciso – Tirandolo su di peso il fratello, la ragazza, in qualche modo, lo gettò fuori dalla finestra aperta – Ti coprirò io, sta tranquillo. Ciao e buona fortuna! – Poi chiuse la finestra.
Leggermente confuso iniziò a percorrere il lungo tragitto verso la prigione, prima correndo, successivamente camminando. Faceva freddo, ovviamente, e l’inverno era appena iniziato.
Era la vigilia di Natale, ma a dire il vero la sua famiglia non lo festeggiava, quindi che problema c’era a lasciarlo uscire? Beh, effettivamente nessuno, ma avevano scoperto di tutto ciò che stavano facendo, e in particolar modo che era stato alla prigione , ma l’unico giorno per un po’ che i suoi genitori sarebbero sati fuori per tutta la sera.
Arrivato all’ennesima svolta, per fortuna, incontra il cugino di Bunjiro che stava per bere una bottiglia di whisky decisamente forte, parlandogli, oltre a carpirgli un passaggio, ha scoperto che la sua fidanzata l’aveva appena lasciato.
Stava per entrare nello scarno edificio della prigione per chiedere di incontrare il signor Taro, anche supplicandoli se avesse dovuto, ma tutto andò in frantumi prima ancora che lui entrasse in prigione.
Infatti c’era lì, sulla porta, il signor Taro, vestito da civile. Si sorpresero reciprocamente alla vista l’uno dell’altro e Jo fu tentato di corrergli incontro, ma, prima che il suo cervello riuscisse a trasmettere anche solo il concetto di ciò che avrebbero dovuto fare i suoi muscoli, dietro al signor Taro comparve un’enorme figura; era un omone alto e spallato, vestito per bene con giacca e cravatta,  appena il signor Taro ne sentì la mano sulla schiena abbassò lo sguardo, incupito, e cominciò a camminare.
Jo stava fermo, impotente davanti a ciò che stava accadendo. Sentì tutte le particelle d’aria che si spostavano verso di lui mentre i due uomini passavano per poi salire su un auto e andarsene; quell’aria era così gelida.

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Capitolo 13
*** UNA VISITA NOTTURNA: DISCUSSIONE ***



DIARIO VIRTUALE

Anche se ci ho impiegato un secolo, sono contento di averlo un po’ dimenticato questo capitolo, perché sento che il mio stile sta man mano cambiando sempre di più. E leggendolo come avevo scritto la prima parte mi veniva da vomitare.
Alla fine mancheranno cinque capitoli, cercherò di farli più regolarmente, i prossimi due per di più sono anche abbastanza corti (il prossimo penso saranno solo tre/quattro pagine di Word).
Comunque, va be’. Godetevi il capitolo.

UNA VISITA NOTTURNA; DISCUSSIONE

La nuova casa era carina, ed eravamo riusciti a pagarla tutta. La mia camera era normale, al primo piano con due enormi portefinestre che davano su un terrazzo. In questo momento erano spalancate per far entrare l’aria della notte; non riuscivo a dormire e speravo che il fresco di quel tardo febbraio mi chiarisse a cosa fosse dovuta quell’angoscia, che in quei giorni mi opprimeva l’anima.
Gli allenamenti stavano continuando più fitti che mai, soprattutto per me. Le mie skill più forti continuavano ad essere quella di cucina e quella di artigianato e sorprendentemente quella d’ascolto, ma comunque ero riuscito a portare tutte quelle da combattimento almeno a 500 su 1000, o circa.
Un giorno avevamo incontrato i nostri vecchi compagni della gilda dei Cavalieri del Patto del Sangue, erano tutti preoccupati per Masao, soprattutto Ruriko. Non fu troppo difficile dargli a bere la scusa che mi ero inventato, più che altro tutti pressavano per sapere dov’era in quel momento, però gli dovevo dire che non lo sapevo, era la verità; sapevo solo che era vivo. Anche se anch’io lo stavo cercando, dentro di me, lo continuavo a rinnegare, al punto da farmi male.
Perché proprio lui?! Perché proprio… ?!
All’improvviso dalla portafinestra aperta entrò una persona, sul momento non ci feci neppure caso; vestita di abiti neri di ottima fattura qua e là coperti da neve, al collo portava una lunga, stupida, sciarpa da anime, alla cinghia erano appese varie armi.
– Pensi al diavolo… – Sogghignai amaramente.
– Beh, sono felice di essere ancora nei tuoi pensieri
– Sì, ed anche nei miei peggiori inc…
Mi guardò negli occhi ed io... io abbassai lo sguardo, sconfitto; sapeva che non ero quel tipo di persona.
– Ma vedo anche che adesso che hai scoperto la verità, mi credi –
– Beh, non è che abbia scelta, ce l’ha detto la stessa Akane chi sono, lei e suo fratello
– Lo so che ve l’ha detto, v’ho tenuto d’occhio
– Lo so che lo hai fatto. Ogni volta che parlavi tra te e te ti sentivo: ogni monologo, ogni riflessione. Ti ho odiato –
– Mi fa piacere sentire che hai allenato le tue skill
– Risparmiati i convenevoli…. Perché sei qui? –
Masao sospirò.
– Di questi ultimi tempi le mie continue uscite destano sospetti, quindi prendi questi…  –
All’altezza del mio ombelico, un po’ più in alto, comparve una schermata di scambio del solito colore.  C’erano due oggetti uno si chiamava “scrigno camaleonte”, l’altro invece era un “pezzo di completamento”; adesso il suo nome aveva molto più senso.
– E questo invece è il papiro con la filastrocca. Il piano è già stato raggiunto, ma non vi toglierò il piacere di scoprire qual è per conto vostro. Ciao –
Lanciatogli il pezzo di carta il ragazzo s’affrettò alla portafinestra, e una luce divertita, quasi furba brillava nei suoi occhi; la loro vecchia luce.
– Grazie mille – Sussurrai.
Il suo passò esitò per un millesimo di secondo, colpito, poi riprese come se nulla fosse successo e saltò giù dal balcone, atterrando e iniziando di nuovo a correre, chissà per dove….
 
Tra le cime, le valli e i passi scoscesi
 sarà sempre tesa una mano ai bisognosi
se svierete e troverete la famigerata arpia
ritornate indietro e scegliete un’altra via
pieni di fango fino al collo, avanzerete lenti
ma se seguite il rombo non avrete lamenti
è cieco, lo so, ma voi non lo siete
e così ne rimarrà uno e poi liberi sarete


 
– Per voi cosa significa? – Dissi io.
Erano le otto, all’appello mancava solo Ryu che era in camera sua a cambiarsi. Mi sentivo molto riposato, stranamente dopo la visita di Masao ero riuscito a dormire meglio.
– Chi te l’ha data? – Mi chiese Eizo.
– Lo sai benissimo, non c’è bisogno che te lo dica –
Ci fu un momento di silenzio.
– E se fosse una trappola? – Suggerì lui; sembrava quasi in ansia.
– No, non lo è. Mi ha consegnato anche questo – Resi oggetto il cilindro. Anche questo era diverso dagli altri: era ancora più piccolo di quello precedente ed aveva un colore bronzeo.
– E mi ha dato anche questo… – E così tirai fuori dall’inventario lo “scrigno camaleonte”. In parole povere era un item contenitore che nell’inventario veniva visualizzato come un oggetto a tua scelta. Inoltre poteva contenere mille oggetti; cosa non da poco anche a confronto dei mobili di più alta qualità. L’avevo già riposto nell’inventario del testamento, che nel caso fossi morto avrebbe provvisto a passare tutti gli oggetti a... a Masao.
– Cosa vuol dire che te l’abbia dato, potrebbe essersi inventato la filastr… –
– So dove si trova il posto a cui si riferisce… - Disse Ryu sbucando dalla porta. Il suo modo di parlare, era diverso, nascondeva qualcosa – Sono stato informato di un npc che narra di una storia, e si pensa che quello sia un indizio per una nuova quest. Però da quello che ho capito dovremo discernere la quest con quello che invece dobbiamo fare noi –
–Beh, preparatevi, partiamo appena finito di pranzare! –
Mentre sul fornello bolliva lo stufato io pensavo, a niente in verità, ma pensavo. Tuttavia i miei pensieri furono interrotti dalla campanella che avvisava il termine della cottura.
Una volta trangugiato anche l’ultimo boccone di stufato, ci dirigiamo al piano prefissato. È molto simile al piano dove avevamo conosciuto Ryu; ricoperto interamente da montagne molto più ripide e impervie rispetto a quelle del decimo piano, ed anche più brulle.
– Dove dobbiamo andare, Ryu? –
– Allora, tecnicamente si dovrebbe andare dall’npc che racconta la storia, ma visto che la so già andiamo direttamente al posto in cui si pensa inizi l’evento –
La strada era ancora abbastanza piana, ma riuscivo a vedere che non troppo lontano iniziava a salire, salire, salire…
– La leggenda vuole che una volta in questa valle sorgesse uno splendido castello nel quale vivevano una bellissima regina e il suo re, in verità lui veniva dal popolo e per sposare la principessa aveva sfidato, e alla fine battuto, lo sposo che le era stato promesso, un principe di un altro regno.
Un giorno però questo principe, rancoroso nei confronti della coppia reale, scalò la montagna più alta del piano fin dove poté e lì risveglio le arpie: mostri, donne alate dagli artigli spaventosi, creature del cielo che non sarebbero mai dovute essere risvegliate. Infatti queste erano state pietrificate e poste, infine, in cima alla montagna, perché si nutrivano oltre che di bestiame, anche di esseri umani.
Quando risvegliate queste bestie, il promesso sposo chiese loro di separare il contadino, ormai re, dalla regina. Queste però lo uccisero, e l’unica cosa che li portò ad ascoltare la richiesta del principe fu l’invidia per la bellezza della regina. E perciò rapirono il suo sposo e lo incatenarono all’interno di una grotta sulle vette della montagna.
La regina allora decise di scalare la montagna per averlo indietro, ma ad un certo punto non riuscì più né ad andare avanti né a tornare indietro, così inizio a disperarsi.
All’improvviso un tuono la sorprese, e una fortissima pioggia cominciò a scendere e allora la donna cercò riparo in una grotta, dove un’arpia dalla cima le venne a far visita e le disse che non avrebbe mai più rivisto il suo amato per l’eternità, infatti per una maledizione, loro non sarebbero mai morti.
E fu così che poco a poco si formò una cascata, era il pianto della regina che, man mano arse tutto il piano. Proprio una bella fiaba, eh? – Quel commento, detto con una sfumatura amara, non mi sembrava tanto da Ryu; oggi non lo riconoscevo.
– Beh, diciamo che non è una favola che racconterei ai miei figli – Disse Akane e per un attimo mi parve che il ragazzo fosse stato quasi infastidito da quella frase.
L’entrata della grotta era piccola e angusta, ma comunque abbastanza visibile. Una volta all’interno però assistemmo ad un totale cambiamento; la grotta all’interno era enorme e i colori del paesaggio che fuori erano tonalità terra, adesso, si erano trasformate in un magico nero riflettente.
Si doveva stare attenti a camminare mentre si guardavano le stalattiti scendere dal soffitto roccioso perché la pietra sotto i nostri piedi era molto scivolosa a causa dell’umidità.
Guardate! – Richiamò la nostra attenzione Akane, indicandoci un punto sulla roccia – Se si guarda attentamente si possono vedere degli occhi! –
In effetti, se si poneva lo sguardo sulla roccia per più di qualche secondo si sarebbe attivato il sistema di focalizzazione che avrebbe reso ancora più realistici e dettagliati i particolari, facendoti notare quegli occhi: due occhi tristi che piangevano.
– Perfetto! E adesso? –
– Aggrappatevi alle stalattiti, il resto lasciatelo a me – Disse Eizo e intanto vidi la faccia di Ryu bruciare di rabbia, non invidia o altro, era rabbia; mi fece veramente paura.
Cosa mai sarà successo?
Intanto Eizo, preso lo slancio, diede un colpo di martellata alla parete, sfondandola, e da lì subito uscì un getto d’acqua che si intensificava sempre di più, fin quando poco dopo non perse pressione e l’afflusso quasi non scomparì.
La tensione sul volto di Ryu era scomparsa, era probabilmente stata spezzata da stanchezza e da sconforto; la rabbia aveva lasciato il posto ad un’espressione sconfitta, inerme.
Ma che cosa sta cercando di accettare?
Arresi e abituati al fatto che i metodi di Eizo, seppur bruschi, portino a buoni risultati ci incamminammo su per la galleria che aveva aperto e dopo un certo tratto comparve il simbolo della quest.
I nostri passi rimbombavano tra quelle pareti strette e levigate, dei rimbombi assordanti, che mi davano quasi la nausea. Il silenzio regnava tra uno e l’altro di quei passi, ognuno a testa bassa coi propri pensieri, ognuno con le proprie espressioni. Attenti, instabili, camminavamo cercando di non scivolare.
Donk
– Ma che ca… !! – La testa di Ryu aveva picchiato contro un parete rocciosa che divideva la galleria in un bivio. Con le lacrime agli occhi per il dolore vedevo che Ryu sarebbe riuscito a prendere a calci quella parete fino a che la galleria fosse stata solo una; ma strinse i pugni e si astenette dal farlo.
Le due gallerie erano identiche, l’acqua arrivava da entrambi le parti, e la pietra era dello stesso identico colore corvino.
Io vado con Eizo. Kaii, tu vai con Akane. Va bene? – La voce di Ryu era stanca, con un qualcosa che mi faceva accapponare la pelle.
Tuttavia qualcuno controbatté; fu Akane.
– In verità… io volevo stare con te –
Anche se avevo capito che più che per prendere le distanze da Akane, l’aveva detto per tenere sott’occhio Eizo, concordai con la ragazza.
– Ma… ! – Ryu rimase sbigottito e un po’ basito del mio annuire, si vedeva sempre più chiaramente il suo essere teso e innaturale.
– Sta’ tranquillo! – Dissi allungando il dito alla “spada del nord”. Non aveva quasi sicuramente capito cos’intendevo, però non ne ero molto preoccupato.
Ryu stava riguadagnando tutta la tensione poco prima persa, ma subito fece un respiro a pieni polmoni e si rilassò.
– E le mie opinioni?... Non importano a nessuno? – chiese Eizo. Rividi Ryu irrigidirsi.
Ma vuoi stare zitto? Gli urlai contro mentalmente e per allontanarlo lo presi sotto braccio e con un tono fin troppo palesemente falso lo esortai ad andarcene.
– Suvvia, lasciamo in pace questi due piccioncini! –
I due ragazzi, rimasti soli, iniziarono a risalire il loro tunnel in silenzio. L’icona della quest non era ancora scomparsa e loro continuavano a camminare imperterriti, fin quando uno dei due scelse per entrambi che sarebbe stato meglio interrompere quel silenzio assordante, che arrivava in fondo fino ad intaccare l’anima.
– Senti io non ti odio – Iniziò il ragazzo – e solo che… –
– “Solo che” cosa?! – Gridò la ragazza arrabbiata, triste – Solo che mio zio è Akihiko Kayaba e quindi adesso non sai più cosa provare per me? Guarda che lo so, lo so che mio zio è “l’artefice supremo di questa trappola”, ma non l’ho deciso io, io non ho avuto scelto –
– Lo capisco, ma … –
– “ma ” che?! – Alla ragazza la rabbia salì oltre la punta dei capelli. Si sentiva insultata; lo sapeva fin dall’inizio che qualcuno l’avrebbe fatto, uno chiunque, ma non avrebbe mai voluto che fosse lui.
– Cazzarola mi vuoi ascoltare?! – La prese dal polso il ragazzo e la strattonò bruscamente, facendola cadere – Mio nonno è morto, cazzo; è morto! –
La ragazza tra dolore e sorpresa era sempre più terrorizzata dalla voce del ragazzo che andava a farsi sempre più scura.
– è io non posso farci niente! – Continuò il ragazzo, contorcendosi nel proprio dolore – Non posso farci proprio niente… – Disse, e la sua voce si fece flebile come un alito d’aria.
– Sta’ tranquillo, non… –
– Sta tranquillo? Sta tranquillo?! – Sogghignò con un sarcasmo sadico negli occhi sempre più persi, affogati nella disperazione – Dovrei stare tranquillo? Io? figlia di Akihiko Kayaba. Forse tu non sei preoccupata perché quale zio potrebbe mai fare del male alla sua nipotina? –
Questo non era vero, e per quanto fosse spaventata, il dolore sorpasso la paura.
– E mio fratello, allora, non Eizo, Giinchi. Lui è morto qui dentro, è morto per salvare me, è morto davanti ai miei occhi –
Ormai era divenuta una gara a chi urlava più forte, a chi aveva sofferto di più.
– Sì, e mi congratulo con chi l’ha ucciso… forse le uniche persone abbastanza intelligenti da capire che questo fottuto mondo è una follia –
Ormai la paura della ragazza era stata lavata via, da dolore, rimorso, rabbia…
– Vuoi che non lo sappia? Anch’... – Il fiato le si blocco in gola, il ragazzo l’aveva gettata di shiena contro la parete e adesso le puntava contro la spada.
– Sei sicura, sei veramente sicura di saperlo? Quante persone ti ha portato via questo gioco? Quante persone hai visto perire? Quante altre ne moriranno? Quante?! – C’era qualcosa, qualcosa che aveva fatto si che le parole gli si strozzassero in gola, che la mano gli stesse tremando, che la sua presa si fosse indebolita: era dolore, stava riaffiorando.
Ne ho persa solo una… no… forse adesso sono due. Devo approfittare di questa tua ferita, Ryu, e mi dispiace, mi dispiace davvero…
 – Quante?! – Sbraitò abbassando il volto per nascondere i suoi occhi; la rabbia e il rimorso l’avevano ormai consumato, svuotato.
– Non tante quante te, questo è certo, spiegami però: cosa vuoi farmi adesso, con quella spada? – La voce della ragazza non era minacciosa o castigatoria, era gentile, piena di pietà – Una persona in meno lascia solo un vuoto, non ne riempie mai uno, e sta ben tranquillo che una volta morta non sarò di certo io a provare dolore, non lo potrò fare –
D’un tratto il ragazzo crollo a terra, distrutto: sconfitto da quell’ultima frase, pronunciata non in tono di sfida, ma quasi come per conforto, con occhi pieni di paura, perdono.
Il ragazzo si guardo le mani.
Cosa t’ho fatto, Akane?
Ed iniziò a piangere.
Delle braccia s’affrettarono a cingerlo, lui sentiva un nuovo tepore, un bellissimo tepore.
 – Scusami, mi dispiace. – Sussurrò la ragazza, mentre lo coccolava come se fosse stato un bambino – Ti prego, perdonami –

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Capitolo 14
*** LACRIME E ACQUA SALATA: POLVERE NELL'ARIA ***



LACRIME E ACQUA SALATA; POLVERE NELL’ARIA

Mentre in uno dei due tunnel i due ragazzi si erano urlati contro l’un l’altro fino allo sfinimento, nell’altro io ed Eizo avanzavano lenti, quando all’improvviso scomparve il simbolo della quest dal nostro campo visivo.
– Hai visto? – Chiese lui, fermandosi un attimo; feci cenno di sì.
– Come faceva la filastrocca a questo punto? –
– Diceva qualcosa su del fango.... Aspetta un attimo che controllo – Velocemente aprii gli appunti, l’avevo copiata lì per poterla visualizzare senza dover schiacciare mille pulsanti.
– Intanto io vado avanti a vedere –
– Fa come vuoi, sta solo attento a non cadermi da un dirupo –
– Sì, sì –
Tra le cime, le valli e i passi scoscesi / sarà sempre tesa una mano ai bisognosi / se svierete e troverete la famigerata arpia / ritornate indietro e scegliete un’altra via / pieni di f…
– Ma che diamine è ‘sta roba?! –
Alzai lo sguardo. Poco più in là Masao era affondato con un piede in un pantano.
– Pieni di fango fino al collo, avanzerete lenti… – Recitai – Beh, abbastanza chiaro direi. Forza, andiamo avanti – Ed Eizo abbandonò il capo, arreso all’idea di doversi impantanare.
Dopo poco arrivammo in una sala enorme e rotonda, il fango ci arrivava ormai alle ginocchia ed io iniziai ad averne sui nervi di quel tale signor Taro, inventore di quei percorsi.
- Ma… sarà mai possibile!? Mi va bene tutto, ma qui si arriva a livelli ossessivi! cosa sarà mai successo a quello là di tanto traumatico da dover mettere ogni benedettissima volta un bivio, un trivio, o un’altra qualsiasi diramazione stradale!!? –
- Adesso calmati, Kaii… - Disse Eizo senza nascondere una risata – Piuttosto, adesso dobbiamo…? –
- Adesso dobbiamo… ta ta ta ta ta… ritornate indietro… ta ta ta ta… pieni di fango… ta ta ta… Eccolo. Ma se seguite il rombo non avrete lamenti… -
- Allora iniziamo a sgolarci? –
- Non penso –
Mi avvicinai ai corridoi e li osservai attentamente e dopo un po’…
- Guarda, guarda! Proprio lassù, in cima all’apertura! – Eizo alzò lo sguardo – È proprio come per gli occhi della regina, si deve aspettare che il sistema di focalizzazione si attivi e poi compare –
confutato che quello che stavo dicendo fosse vero, procedemmo; e così la strada fu scelta, e non ci sarebbe stato ritorno.
Avanzando nel tunnel il livello della fanghiglia si faceva sempre più alto, ormai ci arrivava sotto il petto. Ad un certo punto sentimmo che sotto i nostri piedi non c’era più un appoggio stabile, un pavimento, e subito prendemmo a correre, od almeno a avanzare alla massima velocità che ci era permessa dal pantano.
Ormai non camminavamo neanche, ma ci tiravamo avanti aggrappandoci a fatica alle sporgenze rocciose  sulle pareti. Ma ad un certo punto vedemmo che una parete ci sbarrava la strada, la mia mente fu per un attimo sfiorata dal pensiero di morire, ma Eizo mi riportò alla realtà con un urlo da spaccare i timpani.
- La filastrocca, leggila! – Forse, per la prima volta, lo vidi preoccupato per qualcosa.
Lessi velocemente e poi… l’illuminazione. Il panico ti fa dimenticare.
- Ci dovrebbe essere… non so… un passaggio, da qualche parte. – Gli risposi
Eizo tastò un po’ la parete rocciosa fino a fermare la sua mano su di una sporgenza e a quel punto sorrise.
- Trovata! –
La spinse verso il basso e la parete si aprì, formando così una fortissima spinta di fango che ci travolse e ci spinse in avanti.
Quella specie di onda ci aveva trasportato fino all’entrata di uno spazio molto profondo, scavato nella roccia e con una scala che da dove ci trovavamo noi conduceva fino in fondo alla grotta.
La scale erano ripide e a scenderle era faticoso, ma nonostante ciò, appena vidi un cilindro incastrato nella parte più bassa della grotta, velocizzai il passo, fino ad iniziare quasi a saltellare giù dai gradini: ero contentissimo.
Quella sensazione mi sembro un po’ strana, dopotutto era solo un cilindro, ma forse il mio cuore sapeva, o forse no.
Arrivato al cilindro, mi inginocchiai e lo estrassi.
- Guarda, Eiz… - Sentii una fitta pazzesca alla schiena, un dolore fulmineo e lancinante attraversarmi il corpo; caddi in avanti, angosciato.
La mano con cui stringevo il cilindro si aprì, e il cilindro rotolò giù, inevitabilmente. Il dolore persisteva, e in alcuni momenti aumentava. Dalla mia posizione non c’era una fantastica visuale, ma avevo capito; Eizo mi stava trafiggendo il costato colla sua spada.
Respiravo a fatica, e da dove avevo tolto il cilindro stava zampillando dell’acqua, acqua salata; ed il suo sale mi arse la bocca e poi la ferita.
Stavo per chiudere definitivamente gli occhi quando udii, lontano, un rumore, e il dolore alla schiena aumentò di colpo, per un momento, ma poi andò man mano diminuendo.
Piano piano avvicinai la mia mano alla spada del nord, mi si formarono agli occhi delle lacrime per il dolore che quel semplice movimento mi costò, ma comunque…
Grazie… di vegliare sempre su di me…
Del liquido dal sapore strano mi stava scivolando in gola.
– Scusa, la prossima volta sarò più repentino –
– Tr…tranq…quillo –
La voce mi si strozzava in gola, il fiato mi si mozzava ad ogni tentativo di parola. L’istinto mi costrinse a tossire, e finalmente respirai.
Abbassai il capo.
 – Comunque, grazie. Grazie Masao –
– Fatemi il piacere!! – Disse Eizo in fondo alla sala,  spingendo qualcosa con gli avambracci come se fosse bloccato da una barriera invisibile.
– Ma perché l‘hai fatto?! – Gli sbraito contro Masao.
– Perché?! Semplice. Voi siete pecore, io un lupo; è naturale! –
Questo qua è veramente fuori di testa…
Mi tremava tutto il corpo, avrei preferito fosse veramente un semplice “lupo cattivo”, non un lupo pazzo, senza torto, senza ragione, senza macchia.
Perché?
Indietreggiai per paura, ma un suono metallico mi distrasse e mi portò calma alle membra: era il cilindro. Lo presi e lo misi nell’inventario il più velocemente possibile, per non riperderlo.
All’improvviso un rumore di materializzazione riempì la sala ed apparse una colonna vorticosa di pixel che si fece sempre più densa.
– Eccoti qua, zio. Ce ne hai messo di tempo! –
Un profilo si definì all’interno della colonna, ed una volta che questa scomparve rimanemmo di sasso.
– Guardate un po’ chi si vede, il mio cuoco preferito! –
– Heathcliff! – Dicemmo in coro – Sei tuKaiaba? –
– Ma guarda che bravi! –
Ero troppo sbigottito e… spaventato per controbattere; ed anche Masao lo era.
Tuttavia non tutto era ancora accaduto. Infatti, da in cima alle scale da dove prima io ed Eizo eravamo scesi, arrivò un – Ehi, rag… ! – Una frase destinata a non essere conclusa. I due piccioncini dovevano avere incontrato l’arpia.
In quel momento vidi sul volto di Masao paura e timore, e ciò mi terrorizzò tanto che mi sembrò che la ferita al costato mi si stesse riaprendo, ma subito nei suoi occhi baluginò un qualcosa, e io ne fui grato.
La mano di Masao mi strinse l’avambraccio e poi, lui, iniziò a correre su per la scalinata ad una velocità probabilmente non supportata dal sistema. Ad un certo punto tiro fuori dal suo inventario un cristallo.
Non è possibile! Solo una volta ne ho visto uno del genere, però  quello è proprio un… un cristallo corridoio!
Intanto Masao, raggiunti, più o meno, i piccioncini, attivò il cristallo, che doveva aver già impostate delle coordinate per funzionare, e formatosi un portale tondo dai bagliori violacei ci gettammo dentro e i piccioncini ci seguirono…
Arrivammo da qualche parte; il portale s’era chiuso, probabilmente Masao immaginando l’aveva programmato per il passaggio di sole quattro persone.
Poca luce, solo a spiragli, il posto era vecchio, scassato, nell’aria aleggiava della polvere, e per quanto riuscivo a vedere sarebbe dovuto essere un bar stile far-west.
Attorno a noi delle facce confuse ci guardavano, con un cristallo scarlatto fluttuante sopra la testa della maggior parte di loro. Non sapevo se tutto ciò era più ironico o sarcastico.
Questa è… una gilda di red player!

INTANTO FUORI

– Che cosa sta facendo signore! –
Un signore alto e muscoloso osservava con ciglio alzato l’uomo, decisamente più minuto e smilzo di lui, portarsi improvvisamente le mani alle orecchie inspirando a denti stretti.
– Non sto facendo niente! Mi fischiano le orecchie! –
– Ancora a distrarsi signor Taro –
– E ci risiamo, non mi sto distraendo… –
– Taro, si ricordi che adesso lei lavora per noi, quindi la smetta con queste stupidaggini e continui a fare quello che stava facendo… –
Il signor Taro  represse la rabbia e riprese a guardare lo schermo del computer.
Jo e tutti voi altri il destino di SAO, adesso come adesso, è solamente nelle vostre mani nelle vostre mani, vi prego, vi prego…

DIARIO VIRTUALE

D’ora in poi il diario virtuale sarà in fondo al capitolo (consiglio di un’amica). Vi volevo dire che sono veramente felice, ma ovviamente insicuro, di come sia uscito questo capitolo, ma spero sia stato interessante, in verità è solo un capitolo di passaggio. Ancora sotto consiglio ho deciso che, durante le vacanze di Natale, quindi non all’istante, riscriverò tutti i capitoli sia per correggerli grammaticalmente, sia per accorciargli, riaggiustarli nella trama, togliere cose insensate, rifare piccole parti, e migliorarne altre; in parole povere un grande progetto, ma sono sicuro che ne sarò veramente felice. Quindi, grazie, nel caso, abbiate letto la mia storia e questo capitolo fino a qui!

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Capitolo 15
*** MORTE: VENDETTA ***


MORTE; VENDETTA

Seppure Masao avesse tentato, così volenteroso di salvarci, non eravamo salvi e tutto pian piano andava sempre peggio.
Passati attraverso il corridoio che Masao aveva aperto per noi, eravamo capitati in quel bar polveroso stile far-west pieno di red player seduti ai tavoli.
 
Respiravo piano, a grandi respiri, trattenevo il fiato più a lungo che potevo: avevo paura. Ogni volta che il corpo mi costringeva ad espirare l’aria e la polvere che avevo inalato, tremavo: di freddo e di morte. Le mie mani sudavano così tanto, strette attorno al piccolo cilindro nero, che avevo paura che questo mi scivolasse via dalla presa come una saponetta bagnata. Il battito del mio cuore mi martellava le orecchie, nervoso per quello che poco prima era successo e per quello che sarebbe successo in quel momento.
Quelle facce attonite sopra ai tavoli, dopo aver vagato un po’ collo sguardo, si voltarono tutte quante verso Masao; ed io ebbi, in qualche modo, ancora più paura. Masao invece rilassò più che poté i muscoli di tutto il suo corpo, così tanto quasi da sciogliersi, e con tutta la calma che riusciva a simulare parlò.
– Non fate storie, sono con me! –
Li conosce?! Come mai? Aspetta un momento… Perché mi sorprendo? Alla fine è stato un suo cristallo a portarci qui.
– Ma…, Masao!!! – Osò uno di loro; ma bastò che il ragazzo lo guardasse di sbieco che quello subito s’azzittì.
Gli altri uomini stavano costretti sulle sedie, con tutti i muscoli tesi, infastiditi e spaventati, ma impotenti mentre lui con finta calma si diresse verso un balcone su un lato del bar, dove si versò in un bicchiere del liquido violaceo.
Guardai Akane: la sua faccia era deformata dalla paura, ma non era solo quella, c’era anche sorpresa su quel volto e nei suoi occhi…
Dolore?
Un picchiettio forte, ma non insistente sulla spalla mi riportò sulla terra; era Ryu che intelligentemente proponeva di strisciare i nostri culi fino al bancone dove era andato Masao. Akane ci mise un po’ a capire, distratta da quel dolore, ma alla fine con la maggior discrezione di cui eravamo capaci ci spostammo.
– Adesso basta Masao, non puoi fare tutto quello che ti pare e piace! – Si alzò di scatto un uomo ,rilasciando tutto in un colpo la tensione sbattendo i pugni sul tavolo, facendo cadere dei bicchieri.
Finito di buttar giù tutto il liquido che s’era versato ed asciugatosi la bocca, Masao appoggiò il bicchiere e non ebbi neanche il tempo di alzare lo sguardo alle mie spalle per vedere cosa volesse fare che me lo ritrovai di fronte, con la spada sguainata puntata al collo di quello che era scattato in piedi. Tutti quanti rimanemmo immobili.
– Alzatevi voi tre, ed uscite. Ci penso io qua! –
Mi levai da terra con tutta l’intenzione di uscire da quel locale, ma Akane iniziò a piangere. Così io e Ryu ci avvicinammo a lei per capire cos’avesse, ma lei sfoderò la spada e dopo averci scansato fece un movimento per attivare una skill e fendé due di quei red player.
Abbandonato il timore, gli uomini presero ad attaccarci con le loro spade ed in quei pochi secondi prima di dover contrattaccare nella mia mente s’accatastarono pensieri su pensieri, domande su domande.
Perché temono Masao? Avrà ucciso qualcuno di loro? No, è imposs… ma forse… mica l’avrò perdonato?! Certo che sì, tuttavia…. Perché Akane è scattata così? Perché mai? Un attimo… potrebbe essere che…. No ma, questa sarebbe la gilda, la gilda di red player che ha ucciso suo fratello!
Mi toccò contrattaccare, anche se avrei voluto continuare a riflettere sapendo benissimo comunque che non avrei ottenuto alcuna risposta alle mie domande continuando solo a pensare.
Un fendente dopo l’altro la battaglia si spostò allo spazio erboso davanti al bar, dove ci potevamo muovere più liberamente.
 
Di per sé quei red player non erano troppo forti considerando che la mia barra vita aveva raggiunto solo in quel momento la zona gialla, però erano comunque quattro volte noi, in senso numerico, e rispetto a noi loro di certo non si sarebbero fatti scrupoli a ucciderci.
Akane continuava a brandire la sua spada, nervosamente e disperatamente, con la mano molto, forse troppo, stretta all’elsa.
È dolore.
In quell’attimo di distrazione un uomo s’era portato alle mie spalle e appena mi accorsi della sua ombra, tardo, mi girai; tuttavia, lui rimase lì, fermo con l’ascia nelle mani e le braccia stese in alto, sopra le spalle.
All’inizio, non capendo lasciai perdere per non farmi di nuovo ritrovare distratto, ma poi notai Ryu che tirava piccoli picchetti ed osservando più attentamente notai che la loro punta era impregnata di una sostanza verdognola.
Paralizzante, eh? Bella trovata.
Ma in ogni caso rimanevo preoccupato e teso per tutto quanto, e quando improvvisamente sentii un rumore di vetro infrangersi, mi venne un groppo in gola e i miei occhi si spalancarono all’istante. Iniziai a scrutare in preda al panico, tutto il campo di battaglia in cerca di chi fosse morto, finché non vidi che ad essere stato ucciso era uno dei red player.
Di nuovo quel rumore. Mi girai rapidamente a guardare, ma dovetti subito riprendere a combattere; stavolta però, avevo visto chi aveva ucciso chi: era stata Akane; Akane aveva ucciso uno di quei red player.
Seppure fossi sollevato che nessuno di noi fosse morto, qualcosa mi opprimeva; sapevo che cos’era, ma se l’avessi accettato sarei potuto degenerare e collassare.
– Ryu! Calma la tua ragazza! – Urlò Masao.
Dall’altra parte del campo di battaglia di sfuggita vidi Eizo correre verso Akane, rendendo oggetto una specie di mantello metallico molto corazzato.
Poi, troppo indaffarato a non morire, non potei più prestare attenzione alla scena e le orecchie percepirono solo un cozzare metallico nuovo innalzarsi tra gli altri colpi, e una voce infierire supplichevole.
Ricordandomi di avere anch’io del paralizzante nell’inventario, uno di quelli che funzionavano anche solo a contatto con una ferita, lo tirai fuori repentinamente ed una volta che lo ebbi in mano ne bagnai la spada così che sarebbe bastato ferirli per paralizzarli.
Arrivato dove i due piccioncini stavano combattendo, questi adesso erano abbracciati in ginocchio; lei che piangeva e lui che la sorreggeva. Attorno a loro erano cinque i red player paralizzati, e contando gli altri che io e Eizo avevamo paralizzato era il momento.
– Scappiamo! – Urlai io, ed avendo tutti recepito il messaggio iniziammo a correre, disperati o meno, in cerca di vera salvezza.
Non c’era un posto prestabilito dove dovessimo rifugiarci, in realtà non c’era neanche una ragione per andare in un qualsiasi posto predefinito. L’importante era che scappassimo e questo ci avrebbe potuto salvare.
Una colonna di pixel vorticanti bluastri si alzò velocemente dinnanzi a noi…
O diamine!
Tutti noi cambiammo direzione, tranne io, che rimasi lì, immobilizzato: avevo paura.
Perché adesso!?!
Mi sentii tirare per il polso, ma non udii, non sentii niente; e quando i bordi delle figure che erano dentro la colonna di pixel si rivelarono, la stretta si strinse fortissima, ma poi venne a mancare. Era inutile nasconderci, ma dovevamo pur fare qualcosa, no?
No, non possiamo far altro che rassegnarci. Arrenditi.
Masao, che era quello che mi aveva afferrato il polso mi spintonò indietro e disse cercando di non biascicare parole insensate nella fretta – Voi pensate a Masao, io penserò a Kayaba. Cerchiamo di stare separati. Nessuno obietti, fatelo e basta –
Non c’era molto spazio per interpretazioni, e così appena Eizo e Kayaba si materializzarono un’ombra furtiva prese lo slancio e diede una martellata così forte da far rotolare il ragazzo per circa 10 metri. I campi di battaglia erano stati ormai disegnati. Non restava che combattere.
Da dietro di noi un gran fracasso, e mi ricordai ciò che per un attimo il terrore m’aveva fatto dimenticare.
I red player!
Questi ci stavano venendo contro con le armi alzate e per allontanarli da Masao, che in quel momento non doveva essere distratto, io ed Akane li attirammo dove Eizo e Ryu avevano già cominciato a combattere.
Eizo all’improvviso si fermò accortosi dei red player, li squadrò tutti uno dopo l’altro con una faccia che si faceva sempre più triste ed arrabbiata ogni secondo che passava. Prima che Ryu potesse scagliargli un altro fendente il ragazzo si scansò e corse, invece, verso questi e con un primo colpo ne uccise uno, e con un secondo un altro.
Li ha riconosciuti anche lui? Come Akane! Come… può essere?
C’era una sola spiegazione.
– Akane, tuo fratello li ha visti quel giorno, non è vero? – Il mio tono era forse troppo minaccioso, ma Akane, con occhi iniettati di paura, mi rispose.
– Lui c’era, o almeno, ci stava aspettando alle porte della città quando hanno ucciso mio fratello, raccontandovelo non l’avevo ritenuto importante; forse mi sbagliavo – Non mi guardò neanche mentre sputava a fatica fuor dalla bocca le varie parole di questa frase; era così impaurita alla vista del fratello che non riusciva persino a distaccarne lo sguardo.
Raccolsi tutto il coraggio e l’aria che avevo in corpo lasciando fluire la paura, ed urlai tanto forte da sgretolarmi la voce.
– Deficienti questo è Kayaba, scappate!!!! –
– Sì, proprio. Come no! – Udii rispondere uno dei red player, beffardo; e subito a questo gli si presentò davanti Eizo, che lo infilzò colla spada ponendo platealmente una semplice domanda.
– E perché non dovrei esserlo? –
 
Detto ciò, tutti loro iniziarono a correre nella speranza di riuscire a fuggire dal pazzo.
Ma questa non è pazzia; vuole giocare al cacciatore e loro sono le sue prede, vuole vederli correre: questa è vendetta.
– Lo dobbiamo fermare, se no li inseguirà finché non li avrà uccisi tutti! – Dissi ad Akane ed a Ryu, ma sapevo benissimo che lo sapevano già.
Ryu avanzò piano, passo dopo passo verso Eizo che urlava parole intimidatorie ai red player in fuga, ed una volta arrivato ad una distanza non da dover urlare al vendicatore il ragazzo proferì.
– Ehi Eizo, ti sei mai chiesto perché mi ostini ad allenarmi col martello anche se so usare palesemente meglio la spada? – Eizo si girò confuso, e per un certo verso anch’io lo ero; cosa centrava quella domanda?
– No? – Continuò imperterrito il ragazzo col suo monologo, rendendo oggetto un enorme martello di bellissima fattura con incastonate delle pietre viola – Adesso lo vedrai –
Una volta finita la frase, con due mani alzò il martello in alto sopra la propria testa e poi lo abbassò mettendosi in una posizione da battitore di baseball che sta per ricevere la palla, ma colla massa del martello praticamente a rasoterra. Era un movimento per attivare una skill, ma non l’avevo mai visto; sinceramente avevo visto proprio pochissime persone usare un martello come arma da combattimento.
Iniziato un movimento, la catena di attacchi di una skill parte e non può più essere fermata, neanche volendo. Appena Ryu fece un passo in avanti la skill si attivò definitivamente ed iniziò un attacco a catena di un numero di colpi considerevole; quasi mi rilassai.
L’ultimo degli attacchi era stato un colpo montante, che aveva centrato Eizo nello stomaco facendolo rimanere senza fiato appoggiato a peso morto sul martello, sfinito; o almeno così ci volle far credere. Infatti, nel frattempo che Ryu si chiedeva cosa farsene di lui, questo gli conficcò la spada, che aveva ancora stretta in mano, nell’addome del ragazzo, che cadde a terra.
Io ed Akane accorremmo, ma prima che lo potessi raggiungere il mio sguardo si posò su una scena poco più in là; Masao era stato trapassato a sua volta da una spada, quella di Kayaba.
Mutai la mia direzione e sentivo che il mio cuore batteva sempre più velocemente, non era per lo sforzo del combattimento di prima o per un affanno, è che… pregavo.
No, Masao, ti imploro, non morire anche tu! Tu non risorgerai come Jo, ed io non potrò mai più parlarti, non potrò mai più stare con te!
Mi buttai in ginocchio e gli sorressi la testa, lui mi guardò e sorrise. La sua faccia implorava pietà e chiedeva perdono, ma quel sorriso… quel sorriso era così puro e sincero.
 
– Non è stata una vita così brutta la mia, poi – Mi disse, con voce rauca.
– Ma che… che cazzo dici –
– Dai, su! Non disperarti. Piuttosto, mi dispiace, mi dispiace di non averti potuto proteggere –
– Sta tranquillo, sta… – Le parole mi si strozzavano in gola, come potevo chiedergli una cosa del genere?
– Ma Kaii, io sono tranquillo! Questa è la giusta punizione che spetta a uno come me, per tutto quello che ho fatto, che ti ho fatto…. sai, – Continuò guardando il cielo e le lacrime gli iniziarono a scendere – pensavo che tu avresti potuto assolvere tutti i miei peccati, ma non è così, sono io stesso a dovermi perdonare, no? –
– Tu… – Iniziai a piangere – tu non ti meriti alcuna punizione; non ti sei mai arreso a niente, quando io sarei voluto solo collassare, quando io sarei voluto sparire e, beh, se ti basta così poco per consolarti: io ti perdono. In verità non t’ho mai neanche dato una colpa, anzi la colpa è solo mia, perché sono un debole, e un fifone, perché mi faccio troppe domande senza alcun vero significato e quindi adesso, seppure ne abbia mille per la testa, non te ne farò nessuna. Solo invece, scusami tu –
I suoi occhi incrociarono i miei e scoppiammo a ridere.
 
Lui scomparve.
 
Grazie. Grazie. Grazie!!!
 
Mi alzai piano, non mi importava di morire, e comunque di cosa mi sarebbe mai potuto importare ora? Sapevo solo di voler vendicare il mio amico.
 
Partii all’attacco contro Kayaba sguainando la spada del nord: accecato dal dolore, ma fiero per la prima volta, e felice davvero. Attivai la mia più forte skill per spade leggere ad una mano, ma non servì a nulla, Kayaba schivò tutti i miei colpi, e ne uscì totalmente indenne. Dopo di ciò non avrei più avuto il tempo di farmi alcuna domanda; infatti, il tempo di frantumare la spada che impugnavo, che avevo combattuto e vissuto tanto per ottenere, e Kayaba mi uccise: un colpo netto che mi trapassò la testa, da fronte a capo. Ebbi paura, ero un codardo; però una voce lontana mi consolava, e alleviava la mia colpa.
Non vedevo niente, non potevo né parlare né muovermi e tantomeno esalare il mio ultimo vero respiro; ero morto. Però in qualche modo dovevo essere vivo, salvato come una stringa di dati in quello stramaledettissimo server, perché sennò da dove veniva tutta quell’amarezza per non essere riuscito a vendicare la morte di Masao, così tanto forte, da corrompermi il cuore, da corrodermi la gola.
 
Smisi di farmi domande, anzi non avevo neppure pensato di farmene, volevo solo morire in santa pace e ricongiungermi, magari, con Masao.
 
All’improvviso l’istinto mi costrinse a respirare, ed io lo feci.
Delle lacrime mi bagnavano gli occhi ed iniziai a tossire; io ero vivo. Ma un attimo prima ero morto. Io… ebbi paura di quello che avevo pensato.
Sommessamente sussurrai – Io m’arrendo, ci rinuncio; non voglio più continuare! – La mia voce era così rauca se fosse stata ancora un po’ più debole le parole si sarebbero sgretolate. Scoppiai a piangere...
 
 
Erano lacrime di tristezza, o di felicità?
 
 
 
DIARIO VIRTUALE
 
E meno male che doveva essere breve questo capitolo, eh!
Inizio ringraziandovi come al solito e dicendo che Kaii essendo stato trafitto alla testa, non poteva più effettivamente fare tutte quelle cose che ho elencato, ma non è che fosse morto; infatti, il paragrafo da non potevo più… a del mio amico si svolge nei dieci secondi che, su SAO, ci sono tra il raggiungimento degli zero punti vita e la frantumazione del corpo che indica la morte.
Seconda cosa: dopo di questo capitolo fino alle fine delle vacanze di Natale penserò a “restaurare” i capitoli precedenti sulla base di questo capitolo, dando un senso più logico a tutte le sotto trame che ci sono, quindi non ci saranno nuovi capitoli (e non è che ce ne sarebbero stati; con la mia lena!). E comunque ve lo dico, io adoro inventare storie, ma in generale scrivere non è il mio forte, come avete potuto constatare coi vostri occhi leggendo tutti questi capitoli, e per questo m’impegnerò sempre al massimo per scrivere in modo decente, proprio perché effettivamente questa è solo una storia per allenarmi a scrivere (alla quale, per informarvi, mancano 4/5 capitoli dalla fine, dipenderà). Al prossimo, non prossimo, capitolo!

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Capitolo 16
*** IL LAMENTO DOPO LA TEMPESTA; IL MORBO DEL PRIMO PIANO ***


IL LAMENTO DOPO LA TEMPESTA; IL MORBO DEL PRIMO PIANO
 
Era un sole malato quello che stava nascendo all’orizzonte oltre le sbarre del parapetto di una veranda, quello per cui i due ragazzi avevano aspettato quieti, appoggiati l’una all’altro.
Ryu respirava lentamente, non voleva rompere il sacro silenzio di quel momento; Akane invece era così turbata, e ferita che in alcuni momenti dimenticava pure che per vivere bisogna respirare. Erano svegli già da qualche ora e, anche se al ragazzo pesava un poco, sarebbero rimasti lì esattamente in quella posizione. Uno che fosse passato da quelle parti per qualsivoglia motivo nell’arco di due ore forse li avrebbe pensati degli npc, ma erano solo ragazzi che aspettavano un miraggio, un falsa speranza, che aspettavano rassegnati l’unica cosa che portava con sé luce in quel mondo, quel finto sole: dei dati ammassati ed una sconfitta. Seppure ciò però, quella presa in giro, quel continuo progredire dei giorni erano veri ed anche quel sole in qualche modo riusciva a dare fiducia e calore.
Finita l’ascesa i due si smossero a fatica dalle loro posizioni, riluttanti, e prima di alzarsi in piedi lui le prese il volto con la mano e la baciò.
Aiutandosi l’un l’altro si alzarono e andarono in cucina. Era un piano calmo quello lì, dove avevano comprato la casa; ce l’avevano già da un po’ a dire il vero, già da Natale, tuttavia non l’avevano quasi mai usata. Adesso invece era ormai da un mese e passa che vi abitavano, da quando Kaii se n’era andato. Ryu l’aveva capito, era dolore e paura quello negli occhi del ragazzo, Akane no, e dopo la sua perdita, la sua folle perdita, era rimasta a guardare le proprie mani sporche di sangue. E ciò non la faceva dormire la notte.
– Oggi? – Le chiese dolcemente il ragazzo  mentre preparava la colazione.
Non ci fu nessuna risposta.
– Prima o poi ci dovrai provare, dovrai accettarlo – Continuò il ragazzo – L’hai fatto per una causa più che giusta, almeno dal mio punto di vista – Provò ad ironizzare.
Lei rimase inespressiva, a testa bassa, guardando fisso il tavolo di legno.
– Akane, guarda che tanto prima o poi dovrai parlare, per quanto possa sembrare… -
– Cosa? Sembrare brutto? Spietato? Non c’è alcuna scusa in merito, né ragione che regga. Non posso farci niente, e non potrò mai accettarlo; era mio fratello… – La ragazza posò lo sguardo sulla cosa più lontana che ci fosse per non scoppiare. Il ragazzo cercando di essere indifferente non si girò neppure dal pianale di lavoro della cucina, sospirando tacitamente – … Ed io l’ho ucciso –
In quel momento la ragazza ebbe bisogno di calore, sentiva che se non ne avesse trovato neanche un po’ sarebbe morta assiderata. Si guardò intorno e poi di scatto salì in ginocchio sul tavolo, e si portò vicino Ryu, cingendogli le spalle con le braccia e stringendolo a sé.
All’inizio il ragazzo si sorprese, ma poi si rilassò; era contento di vedere che si stava sciogliendo e che stava riprendendo ad essere quello che era.
– Sì, forse dovrei… forse dovrò, ma non ora. Ti supplico, non ora – Il ragazzo lasciò giù gli utensili che stava usando per preparare la colazione, e una volta giratosi ricambiò l’abbraccio.
– Va bene… –
 
 
Ed io… io vagavo. Vagavo da tutte le parti alla ricerca di qualcosa, ma senza una meta. Era una cosa che non m’avrebbe portato a niente, tuttavia mi consolava. Non ce la facevo più, penso che nessuno in quel mondo ce la facesse più, e chi riusciva a sopportarlo o era sadico o masochista o un folle. Non essendo io nessuno dei tre, cercavo banalmente di incassare e pregavo un dio, un qualunque dio di liberarmi. Ma l’unico che l’avrebbe potuto fare ero io…
 
Ma io non sono un dio, io sono uno stupido; un deficiente, uno stolto che pecca di superbia ed arroganza. Solo questo!!
 
Mi tengo lontano dal mondo, non voglio saperne niente; come lui non dovrebbe volerne sapere niente di me.
 
 
Prima che i due si potessero parlare a vicenda liberamente passarono ancora parecchi giorni, ma poi finalmente la tristezza si trasformò in colpa, la colpa in rimorso ed infine il rimorso in rabbia.
Dopo essere tornato dalla città, dopo una per niente contenuta spesa, Ryu girando l’angolo della casa vide quello che aspettava ormai da settimane. Akane stava piangendo e prendendo a calci il parapetto della veranda dove continuava ad apparire la scritta di sistema [IMMORTAL OBJECT].
Il ragazzo ne era molto felice, ma cercava di non darlo a vedere. Si avvicinò lentamente, e non appena la ragazza lo scorse tirò fuori , ad una velocità impressionante, una spada dall’inventario ed iniziò ad attaccarlo. Lui schivò il primo colpo e rese oggetto a sua volta la propria spada.
Lei continuò imperterrita nel suo attacco, ma i suoi colpi erano vuoti, senza senso, senza schema; forti solo perché disperati.
Ad un certo punto il ragazzo prese la rincorsa e fece un tondo dritto, che, per le basi dei giochi o anche soltanto per restare in vita, lei avrebbe dovuto parare o schivare; ma quello non era un gioco, e lei non voleva rimanere in vita.
Il riflesso di Ryu gli comandò prontamente di fermarsi, e fece appena in tempo per non tagliarle il collo.
Cupo ed oppresso lasciò che la spada gli cadesse per terra.
– Ryu… ? – Chiese sussurrando Akane ritornata in sé, forse preoccupata, ma dopo tutto quello…
Nell’aria risuonò un suono sordo: forte, ma trattenuto.
Il ragazzo la prese per la scollatura del maglione che indossava.
– Ma ti sembra!?! Se non mi fermavo eri morta! Non me ne fotte un cazzo che tu non voglia più vivere, ma morendo cosa cazzo pensi che tu risolva, eh!? Chi pensi d’aiutare?! Non me, non Kaii, non tuo fratello, e tantomeno te stessa. Rassegnati lo dovrai sopportare, io sono qua apposta; quindi non provarci… non azzardarti mai più anche solo a pensarci! Capito!?! – Il ragazzo la strinse a sé, troppo, troppo. Alla ragazza cedettero le gambe, ma la stretta la teneva in piedi.
– Io ho ucciso mio fratello.... Io l’ho ucciso… – Era una specie di sospiro, non si capiva se consolato o rassegnato. Akane stava lentamente metabolizzando ciò che aveva fatto, e lui avrebbe aspettato, sorreggendola tutto il tempo che le sarebbe servito.
 
Quella sera arrivò in fretta, ma più bella che mai. Come sempre però, non tutto è mai detto la prima volta.
– Akane, ti posso chiedere una cosa? –
– Sì, certo! –
– Anche se questo dovrebbe riaprire una ferita appena rimarginata? –
Ci fu un attimo di silenzio, e poi…
– Penso di averla cauterizzata così tanto che non possa essere più infettata; quindi riaprila pure –
– Perché quando hai ucciso tuo fratello… in quel momento tu hai detto che non poteva provare rimorso, perché era solo un bambino, un bambino folle. E in più poi gli hai detto di stare tranquillo, ché –
– Ché la colpa sarebbe stata solo mia, così che lui potesse dormire in pace, per sempre… –
Ma soprattutto…
– Addio, fratellino mio, mi mancherai… – Terminò la frase, per una seconda volta.
– Ecco, cosa intendevi con fratellino? –
– Dai, non dirmi che non l’hai capito da solo – Disse con una sfumatura sarcastica, perché gli aveva aperto una ferita che sarebbe potuta rimanere chiusa.
– Tuo zio… anzi, no. Kayaba ha fatto in modo che l’avatar di tuo fratello rimanesse uguale a quando è entrato nel gioco, ma tuo fratello era stato corrotto, peggio impaurito, ma soprattutto era solo un bambino; e tutto ciò l’ha fatto cadere nelle profondità dell’abisso, definitivamente –
– Aveva solo undici anni, quello stupido… ! – Era rammarico, rabbia, mestizia ciò che illuminava gli occhi della ragazza. Il ragazzo non riusciva più a pensare a nessuna frase da dire, toccato nel più profondo dalla scoperta della sua età, e la ragazza lo capì.
– Il mio genietto! – Gli saltò in groppa e poi gli spettino i capelli.
Il ragazzo rise un po’, leggiadramente, sollevato; ma poi divenne serio e malinconico.
– Per te dove si trova Kaii in questo momento? – Chiese ad Akane girando il proprio sguardo verso la prima stella della notte ormai comparsa in cielo – Da quando l’hai riportato in vita con l’item di resurrezione, non è stato molto bene, per niente –
La ragazza stette zitta per un così lungo tempo che il ragazzo, pensando di avere riaperto con quelle parole una qualche altra ferita si girò preoccupato, ma quando la vide la faccia della ragazza era seria e consapevole.
– Dovunque sarà, starà cercando calore... come noi due – La sua voce era flebile, ma non triste né singhiozzante.
Un alito di vento entrò nella stanza ed entrambi rabbrividirono.
– Andiamo a dormire, dai –
 
 
Sarà stata una voce, un presagio, un funebre canto ad avermi portato a voler vedere, a voler pretendere che qualcuno stesse peggio di me. Ma per quella volta mi sarei anche accontentato di vedere che qualcuno vivesse tranquillamente, incorrotto da ogni peccato.
Il primo piano era grigio, lo era sempre stato; all’inizio però le persone che lo riempivano, lo rendevano vivace, ma soprattutto vivo. Adesso era morto, anzi peggio… moribondo; malato del morbo peggiore che possa esistere, invaso dalla presenza più stolta di tutte: la paura. Eppure si respiravano fede e forza di volontà, abbastanza potenti da aleggiare nell’aria e placare gli animi inquieti delle persone, che grazie a ciò sarebbero riuscite ad essere pazienti ed a sperare.
Mi diressi nel bosco, mi addentrai dentro di esso, nelle sue contorte viscere, fino a raggiungere l’enorme albero dove si trovava la tana del drago.
Ci entrai e sollevai la mia ascia all’altezza degli occhi…
Quest’ascia…
Mi sentivo in colpa per quell’arma. Non era la prima che avevo posseduto, quella là l’avevo rotta durante un allenamento, e tante altre le erano successe. Quell’ascia invece era l’effettivo mio regalo di compleanno da parte di Eizo; l’ascia che dal folle fu donata al debole.
Non sei stata molto fortunata, sai?
Puntai alla radice e la trafissi, e nel solito punto si iniziò a definire uno schermo di pixel fluttuante nell’aria; un buco di tarma voluto nell’abito più bello mai confezionato.
Mi ritrovai davanti una massa disordinata di capelli.
 
 
Nel pieno della notte su quel piano regnava il più completo silenzio, e di creature e di mostri in quei campi neppure ce n’erano; avevano scelto anche per quello di comprare lì la casa.
I due ragazzi erano stretti nel letto, stanchi per la giornata passata, quando all’improvviso la ragazza raggelò e si tirò dritta sulla schiena; non era solo un brivido, o almeno non poteva esserlo.
– Cosa c’è, Akane? – Biascicò Ryu, abbastanza infastidito ed infreddolito.
– Dobbiamo trovare Kaii! – Sussurrò assalita da un’ansia paralizzante; più che un’esclamazione era un’affermazione.
– Mi vuoi spiegare che… ? –
– Non c’è tempo… e comunque non saprei spiegartelo –
– Capisco…. Senti io non credo in queste cose, tuttavia, se ti fa stare meglio, ci crederò. Allora, dove andiamo? –
– Se quello che ho detto prima è giusto, c’è un solo posto dove lui potrebbe trovare calore –
 
 
Jō s’era addormentato con la testa appoggiata ad un tavolo, e con la webcam da cui lo guardava puntatagli contro.
– Jō… – Iniziai.
Sorrisi allietato, quell’immagine era tutto quello di cui avevo bisogno; un piccolo angolo di pace. Guardai il ragazzino oltre lo schermo ancora per qualche minuto; oramai aveva tredici anni, erano passati due anni e mezzo da quando ci eravamo conosciuti. Anche io ero cresciuto, anche se probabilmente molto di meno di quanto non avesse fatto lui.
Jō
Dovevo allontanarmi in fretta per essere sicuro di non ritrovarmi improvvisamente davanti Kayaba; anche se ora, sapendo chi era, sapevo anche che non era un uomo che passava inosservato.
Mi venne un groppo alla gola.
Io…
Quando vidi la luna nel cielo mi fermai, e la mia ombra si immobilizzò con me; mi portai lentamente una mano alla gola…
– Perché non riesco a respirare?! –
E l’altra al cuore.
– Perché fa così male?! – Chiesi al vento, ma quello non rispose. Mi venne il magone, e le lacrime mi rigavano già le guance. Un’enorme peso mi opprimeva il cuore, lo comprimeva facendolo andare fuori tempo, facendomi stare male, sempre più male.
Ad un certo punto mi risalì dallo stomaco un conato di vomito. E dopo un po’ vomitai sul serio. Era una cosa rara su SAO, dovevi sentirti veramente, ma veramente male; sia mentalmente che fisicamente.
Mi sentii disorientato, ed il mondo intorno a me incominciò a vorticarmi attorno. Con tutta la ricognizione di cui potei armarmi corsi alla tana del drago, e mi ci buttai letteralmente dentro. Ne avevamo avuto di tempo per accurare il fatto che in quel posto non arrivavano mai né creature, né mostri di alcun genere, a parte Wingroot.
Feci un piccolo passo ed incespicai, un altro e caddi.
Masao, Jo… mi mancate. Mi sembrate così lontani. Siete così lontani.
Inspirai. Espirai. Svenni.
 
Mi risvegliai su qualcosa di morbido. Aprii le palpebre. Era un letto; le lenzuola erano calde.
– Allora, ricominciamo? –
Ero già stordito di mio, ma quando il mio cervello fu abbastanza sveglio da accorgersi che la domanda mi era stata posta da Akane rimasi ancora più intontito.
Non era lei di solito a fare quelle domande; ma, in ogni caso…
– Sì, ma potrei dormire solo ancora un po’ –
– Sta tranquillo; e dormi pure quanto vuoi. Noi rimaniamo qua nel frattempo. Buon riposo –
 
 
DIARIO VIRTUALE
 
Visto che non sono riuscito a correggere altro che un capitolo e mezzo (allungando pure la pappa a questi), ho deciso semplicemente di scrivere quello nuovo che seppur corto penso sia uno dei miei meglio riusciti. Spero vivamente sia piaciuto anche a voi.

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Capitolo 17
*** UNA PORTA DI SPERANZE: MANDAR GIÙ ***


UNA PORTA DI SPERANZE; MANDAR GIÙ
 
Al mio risveglio parlammo; in verità non tanto. Non avevamo niente da dirci.
 
Passato qualche giorno che rimanevo seduto sul loro letto, e che i due ragazzi mi portavano da mangiare in camera, mi accorsi, spiando svogliatamente nel mio menu, d’avere un inventario che non avevo mai visto prima. Ero un po’ stranito, dato che avevo solo altri due inventari e che ero già intontito di mio, ma, una volta letto come era nominato, mi ricordai; quello era stato il nostro primo inventario in comune, tra me e Masao.
Forse era stato per abitudine nel vederlo, o forse perché non mi serviva più, che lo avevo dimenticato.
Quando lo aprii, dentro era depositato un solo item, che conoscevo bene: era il ciondolo di Wingroot.
 
Andai fuori casa, passando per la cucina, dove Akane e Ryu rimasero attoniti nel vedermi. Saltai oltre il parapetto della veranda, atterrando sul piato di fronte; resi oggetto dei funghi e subito dopo il pendente del drago, che lasciai cadere a terra.
Le radici iniziarono a ingrandirsi ed a contorcersi fino a quando non comparve; il suo corpo mi sembrava più sproporzionato di quando l’avevo visto per l’ultima volta evocato da Masao.
Gli occhi del drago mi scorrevano freddi e duri, senza sentimento. Ma non mi faceva paura, conoscevo la tattica ed ero anche decisamente più potente di quella prima volta; avanzavo sicuro a passi svelti curo, dovevo ricongiungermi con quella creatura, perché questa non se l’era scordato, ma noi eravamo amici.
Ma che cazzo dico?
Vistomi, il dragone cominciò ad  agitare le sue enormi radici con cui tentava di spazzarmi via, ed io le evitai tutte, senza  usare nemmeno la spada per deviarla. Schivavo semplicemente, non volevo fargli del male.
Ma che cazzo dico?
In quel momento eravamo ormai faccia a faccia, così gli tesi le braccia con le mani piene di funghi; erano diversi da quelli della prima volta, erano grandi e gialli. Wingroot allungò il collo, portando il suo muso vicino alle mie mani, per annusarne il contenuto; si ritrasse un poco, poi subito ci si riavvicinò, divorando i funghi. Lo abbracciai, e il drago me lo lasciò fare, non seppi più cosa provare.
Perché!?
 
 
Da quella giornata era trascorso parecchio tempo. Tuttavia la ricerca dell’ultimo cilindro era in una fase di stallo. Avevamo una pista, e il significato della filastrocca saltava all’occhio, ma questa volta la ricerca era concretamente difficile.
 
Se contate i giorni passati
lo troverete al piano corrente
è dal primo che sono partiti
e vi ricominceranno dopo il cento
Finita la missione ritornate
laddove è iniziata l’ingiusta penitenza
ed alla caverna del drago sfogate
impugnando armi la vostra sofferenza.
 
 
Ryu con carta e penna aveva fatto il conto più e più volte. Se ci trovavamo su SAO dal 6 novembre di due anni prima, e considerando che il 2024 era stato un anno bisestile, allora erano passati 477 giorni da quando eravamo arrivati lì, perciò il piano dove si trovava l’ultimo cilindro quell’esatto giorno era il settantasettesimo, ovviamente mai raggiunto da nessuno.
Così dovemmo aspettare un intero mese, ed adesso era ormai quasi finito quell’agosto passato da schifo, mesti, preoccupati, impotenti.
 
Arrivato il giorno, al primo piano, non trovammo alcun cambiamento, e così fu per quelli a seguire ed a seguire ancora. Così una volta al decimo piano decidemmo di cercarlo separati, in modo da poter coprire un’area più vasta.
 
 
Oramai era ottobre, il 22 ottobre, il giorno dell’equinozio di autunno, e noi non eravamo ancora riusciti a trovare il cilindro.
Tutta la giornata da mezzanotte a quel pomeriggio avevo vagato senza metà, ma con un obbiettivo per tutto il sud del tranquillo trentesimo piano.
Il sole che scendeva era come un boccone troppo grosso da digerire, ma da dover mandare giù. Se fosse arrivato anche il 74 giorno da quando avevamo iniziato la ricerca, avremmo dovuto nuovamente aspettare, impotenti, che passasse un altro mese.
 
Seduto alla veranda di una locanda, mentre bevevo uno strano liquido dal sapore molto pungente, guardavo quel sole andarsene piano ed inesorabilmente.
– Se ha finito, signore. Tra poco chiudiamo –
Mi disse un ragazzino facendomi intendere che dovevo andarmene. Era vestito da cameriere, ma il fatto che ci fosse un bambino dentro tale divisa, mi faceva strano.
Non che non sembrasse affidabile, o che bambini così piccoli non debbano guadagnarsi da vivere senza dipendere da altri, ma i bambini su SAO si trovavano solitamente ai piani più bassi.
– Qualche problema, signore? – Ancora il bambino.
– No, no. Quant’è il conto? –
– Il tutto fa 40 –
cosa?! Per un solo un bicchiere!?  A pensarci i prezzi erano alquanto alti anche a “Le cinque spezie”, ma non ero mai stato da quel lato della cassa…
Premetti il pulsante sulla schermata di pagamento e mi alzai arreso alla sconfitta; mentre stavo scendendo gli scalini della veranda, però, sentoii una voce dire qualcosa di molto interessante. Era una cameriera la persona di cui avevo sentito la voce dire di una porta comparsa quel giorno tra le viuzze della città.
Mi precipita da lei.
– Mi scusi. Potrebbe dirmi, dov’è comparsa esattamente la porta? – Qualcosa mi aveva pervaso l’animo.
– Beh… ecco… –
Solo a quelle parole mi accorsi di essere stato, oltre che scortese, un poco improvviso e di aver origliato, e tanto per non bastare il mio tono di voce eccitato di sicuro non aveva aiutato. Allora mi affrettai a chiedere scusa, ma non feci comunque in tempo.
 
– Qualche problema, signore? –
Era il bimbo di prima, che mi guardava con la più rispettosa minacciosità di cui fosse capace, era fermo a piedi uniti, ed, anche se per quella posizione sarebbe potuto apparire instabile, aveva una specie di aura tanto forte da fare quasi indietreggiare me, come se fossi colpevole. Ma poi ricordai le mie buone intenzioni.
Mi schiarii la voce.
– Stavo chiedendo se una di loro avrebbe potuto indicarmi qual è il punto esatto dove è comparsa la porta di cui stavano parlando. Comunque sia, scusate la mia sgarbatezza, ma devo insistere –
Il bambino sospirò.
– Aspetta un attimo e ti ci porto io –
– Grazie –
 
Finito di togliersi la divisa da cameriere, il bambino mi raggiunse fuori dalla locanda ed subito s’incammino, senza dire alcuna parola o farmi cenno di seguirlo.
Gli stetti dietro per un po’, stando in silenzio, ma poco dopo non riuscii a trattenermi oltre e gli domandai.
– Qual è il tuo nome? –
Non ci fu risposta.
– Quale è, dai?! –
Ancora niente.
Allora iniziai a assillare quel taciturno ragazzetto, trattandolo da bambino, girandogli attorno e accarezzandogli il capo. Per quanto fosse un metodo stupido, in qualche modo, funzionò. Infatti quando si girò verso di me e notò che stavo ridendo soddisfatto, mi rispose.
 
 – Mi chiamo Anvir –
– Bene, io sono Kaii –
 
Dopo che fummo andati a zonzo per un po’ nelle strette viuzze laterali della cittadina, il ragazzo mi indicò una porta ed avvicinatomi ad essa potei notare con gioia che la toppa della serratura era una cavità circolare.
– Grazie per avermi portato qui, Anvir – Lo ringraziai, una volta fermatici di fronte alla porta.
– Di niente – Risponde lui.

– Te ne potresti andare? –
– Chiedi ad uno di accompagnarti ad un posto, di cui ai sentito parlare solo origliando e poi pretendi che la persona che ti ci accompagni non si incuriosisca? –
– Io… ecco… vedi… – Sospirai.
È inutile provare a tenere nascosti i fatti. Ma non devo coinvolgerlo nell’affare del bug.
 
– E va bene, seguimi… – M’arresi, mentre avvisavo gli altri di tutta la faccenda con un messaggio.
–  Cosa stai facendo? – Chiese Anvir vedendomi scrivere.
– Sto avvertendo i miei compagni; non sono un solo player, io –
 
Dopo che furono arrivati tutti, chi prima chi dopo, col piccolo cilindro dai riflessi scuri aprii la porta, la quale si spalancò verso l’interno velocissima, ma muta, lasciandomi lì su due piedi in una posizione strana.
– Andiamo –
 
– La quest è iniziata al quinto piano, nel bosco muschioso; questa è la quinta tappa, probabilmente l’ultima, se ci aiuti ti daremo un quinto esatto della ricompensa finale, ci stai? –
– Sì, sì, mi va bene…. Piuttosto, abbiamo una pista da seguire –
– Beh, se lo schema è simile a quello degli ultimi obbiettivi – Inizia Ryu – Puoi star certo che ci aspetta una camminata di una decina e passa di minuti. Dopodiché un indovinello, e un boss di fine quest da sconfiggere, e poi è fatta; potremo andarcene in pace –
Anvir lo guardò perplesso, e solo in quel momento mi accorsi di quello che Ryu aveva appena detto, ed allora intervenni, cercando di salvare la situazione.
– Intende da qui! Ognuno per le proprie strade… –
Una volta che il ragazzino volse da un’altra parte lo sguardo, disinteressato, diedi un’occhiataccia a Ryu, che con gli occhi chiedeva ironicamente pietà.
 
Passati quei famigerati dieci minuti, che si rivelarono una mezz’ora, e camminata tutta la lunghezza di quel corridoio che alle volte, allargandosi in una piccola grotta, dava la falsa speranza stesse finendo, ci ritrovammo in un’enorme stanza perfettamente cubica ed illuminata a giorno. Le sue pareti erano color onice, accecanti, e quasi non si riuscivano a vedere gli spigoli della figura.
I miei occhi faticavano ad abituarsi a quel livello di luminosità, ed avevano iniziato a lacrimare, e lo stesso valeva per gli altri ragazzi eccetto che per Anvir, il quale subito additò un punto sul soffitto, domandando.
– Cos’è quello? –
Puntammo tutti i nostri sguardi verso l’alto, e man mano, abituatici alla luce, cercammo il punto che il bambino aveva indicato sul soffitto, e proprio al centro di quello vedemmo un piccolissimo cilindro d’un metallo diafano.
– È l’ultimo cilindro – Dissi, mettendogli la mia sinistra sulla testa del ragazzino e premendola un poco, per congratularmi. Qualcosa sgorgava dal mio cuore, era un sensore caldo, che mi infuocava la schiena quasi facendomi male; ero felice. Troppo felice…
 
– Ma come facciamo a raggiungerlo?! – Chiede giustamente Akane.
– Non si potrebbe colpire – Propose Anvir.
– No, per toglierlo e da far girare come fosse una chiave nella toppa di una serratura – Gli spiegò Ryu.
– Ah –
Seppur quel vocio di sottofondo, sentivo che qualcosa mancava, delle voci. Non era la prima volta che, durante quella ricerca, lo notavo, ma tre era un numero troppo inconsistente per una gilda, per un gruppo.
 
Masao…
 
A quel lontano pensiero mi persi, e subito dopo mi ritrovai; m’era venuta un’idea.
Così, come ero abituato a fare in quei casi, non ascoltai parola altrui e feci di testa mia. Mi tolsi dal collo il ciondolo di Wingroot; il laccio a cui l’avevo legato con Masao, smuovendomi un poco i capelli della nuca, mi fece rabbrividire.
Lo lasciai cadere a terra e con la solita transizione virtuale e meccanica, il drago si configurò davanti ai miei occhi. Io lo abbraccia per qualche secondo, poi gli indicai il punto sul soffitto dove si trovava il cilindretto.
– Portami lì – Gli sussurrai, e mentre incominciava a distendere le lunghe radici delle sue ali per farmi giungere dove gli avevo chiesto, gli inforcai il collo. Gli accarezzai il muso qualche volta, come se avesse un qualche senso.
Da vicino il cilindro era persino più trasparente che visto dal pavimento. Allungai la mia mano a quel frammento vitreo che ai miei occhi pareva un simulacro sacro, ma non esitai; toccata appena, la sua superficie brillò lasciandomi accecato per un momento. Sembrava quasi non volessi girarlo, dalla debolezza della mia stretta, e dalla lentezza con cui stavo ruotando il polso; era come se il mio corpo avesse saputo che, una volta fatto, sarebbe successo qualcosa di triste, come se nel profondo avessi già capito di avere ancora qualcosa da perdere.
 
Le radici di Wingroot si accorciarono, mentre io tenevo in alto, vincente, l’ultimo cilindro, ma le espressioni che vidi sulle facce degli altri erano diverse da quelle che m’aspettavo.
– Cos’è successo, Kaii?! – Si gettò Akane verso di me, ed a seguirla gli altri.
Sul momento non capii, ma comunque qualcosa mi fece cedere le gambe e cadere in ginocchio.
– Kaii! –
Solo allora compresi, quando m’accorsi che la mia vista s’era fatta sfocata, e che le guance mi pizzicavano.
Felicità? Tristezza? Entrambe forse?
Eravamo liberi, finalmente sarebbe tutto finito, avrei rincontrato Jō; però una parte del mio cuore, celata da tempo immemore perché troppo stolta da sembrare umana, era riemersa con tutta la sua imponenza, schiacciandomi a terra.
La verità è che non voglio andarmene, perché, seppure io sappia che lui vorrebbe che ce ne andassimo via da questo luogo funesto, per me sarebbe come tradirlo; mi sembrerebbe di lasciare che scompaia ulteriormente, ciò che apparteneva a lui, i momenti condivisi, ogni posto visitato: scomparirebbe tutto, tutto quello che abbiamo vissuto e tutto quello che non avremmo voluto vivere.
– Masao…  – Mi dovetti costringere a sputare fuori in qualche modo, per lasciar iniziare il pianto.
 
 
– Scusate, ma il boss… ? – Ci riportò Anvir alla realtà.
– Guardate quassù… – Disse qualcuno che era me, ma non ero stato io a parlare.
 
– Ciaaaaao! – Prolungò il saluto, beffarda, quell’ombra che stava scendendo dall’alto. Io la conoscevo, e lei conosceva me.
Atterrò lentamente la figura, senza far rumore alcuno.
Era alta quanto me, e portava una maglia e un’armatura come la mia, e il mio stesso cinturone che teneva su un paio di larghi pantaloni di tessuto beige uguali ai miei, e con appeso la mia stessa bipenne. Aveva gli occhi marroni e i capelli rossicci.
Mi venne da ridere.
Mi ero quasi dimenticato di averli di quel colore.
 
Lo sguardo pieno di sarcasmo del ragazzo si soffermò un attimo su Anvir e poi riprese a guardarci tutti.
– Mi riconoscete? –
Nessuno rispose, non c’era bisogno di risposta.
– Porta lontano Anvir, Kaii!! Qui ci pensiamo noi! –
 
Iniziai a correre senza pensarci tanto, era come se ci fossi abituato, oppure il mio corpo recepiva ancora tutte le informazioni esterne; comunque fosse la mia mente era assente dalla scena, distratta.
Oramai ero solo triste, e preoccupato, ed un dolore lancinante mi spaccava il petto trasversalmente; correvo ed il mio cuore si faceva sempre più pesante ed i ricordi erano dolorosi.
 
Mi fermai, stavo soffocando; avevo il fiato così corto che, tempo d’espirare neanche una minima parte dell’aria inspirata, dovevo inspirarne di nuova. Mi salì un conato di vomito e caddi a terra; non ce la facevo più, ero spossato, avevo tremende fitte di dolore agli stinchi, e qualcosa sembrava volesse farmi contemporaneamente esplodere ed implodere il costato.
Per non pensare a nessuna delle mie sofferenza, chiesi al bambino lì con me la sua opinione su quello che era accaduto qualche attimo prima.
– Come pensi sia possibile? Quello che è appena successo intendo – Non ero molto bravo a nascondere il dolore fisico.
– Beh… è successo qualcosa di strano quando stavi prendendo il cilindro? –
Ci pensai un attimo, e poi mi sovvenne tra gli spasimi di dolore.
– Sì, è brillato, non era mai successo con gli altri cilindri –
– Forse allora in quel momento i dati del tuo menù sono stati trascritti nel sistema, che poi ha creato una copia fisionomica del tuo avatar, dove li ha caricati. Non penso sia stato così difficile, alla fin fine noi in questo videogioco siamo fatti di dati –
– In quel caso allora dovrebbe possedere anche gli item che ho nell’inventario –
– Proprio così. Ma piuttosto io mi chiedo se ti abbia copiato anche ricordi, e pensieri –
 – Ma è ridicolo! Siamo dei dati, d’accordo, ma non lo sarà diventato anche tutto ciò che ci passava per la testa? –
– Beh effettivamente no, però è possibile che possa avere salvate nella sua “mente” ciò che recepiva il tuo campo visivo, come fosse una registrazione –
Stetti zitto a riflettere, e poi risi un poco, sconsolato.
 
– Chissà che sensazioni potrà mai provare un ammasso di dati, vedendo ciò che ho visto io –
 
Alzai il capo, desideroso, ma non pretenzioso di una risposta, ma l’unica cosa che potei vedere furono gli occhi di Anvir. Il suo volto era inespressivo, ma non serviva un’espressione deformante con degli occhi così distorti ed impuri, dentro ai quali si mischiavano emozioni discordanti e inconcepibili
Sorpresa? Offesa? Dolore?
 
– Cos’hai Anvir? – Interruppi quel flusso di sentimenti, curioso e caritatevole.
– Non è niente, è solo che… –
Solo che cosa? –
– Hai mai combattuto con i tuoi compagni? –
– Sì, ci ho fatto diversi duelli per allenarmi. Perché? –
– Stavo riflettendo, se ha le registrazioni anche di questi combattimenti, conoscerà tutte le loro skill e i loro modi di combattere –
– Ma questo vorrebbe dire che… ?! –
 
– Eeeeee già! –
 
Sentenziò una voce dall’oscurità del corridoio…
 
– Come va? – Ci chiese quello con un sorriso sardonico.
– Cos’hai fatto a Ryu ed ad Akane!? –
– A quei due là dici. Penso tu lo sappia bene – Un sapore aspro ed amaro mi pervase la bocca.
 
Mi alzai da terra, piano, non avevo più forze; ero stato completamente svuotato con grezza violenza.
Ma comunque fosse dovevo provare a fare qualcosa contro quel mio sosia virtuale, e così raccolsi tutta la forza rimanente in me ed alzai l’ascia sopra il capo; quello però mi si avvicino con dei passi, basso, e mi colpi lacerandomi l’addome con la lama della sua bipenne, e facendo indietreggiare traballante.
Avanzai, ancora più stanco, e provai di nuovo ad attaccare, cercando di non scoprirmi troppo, ma fu inutile. Non aveva memorizzate nel suo cervello solo ciò che avevo visto, ma probabilmente persino come mi muovevo.
Ha le mie stesse statistiche, sa tutto su di me e su come combatto, ed ha pure i miei stessi item.
Un altro mio vano attacco andò a vuoto, ed il contrattacco della mia copia mi spinse lontano.
Trovato!
Facendo in modo di non farglielo notare, mi infilzai la schiena con un picchetto recuperato in una delle tasche dei miei pantaloni, menomale che l’avevo riempita solo di quelli così non dovetti selezionare l’item da tirar fuori.
Adesso la mia barra vita era abbastanza bassa per lo stremo che volevo mostrare. Lentamente mi stavo alzando, dolorante, quando lui mi ributtò a terra calciandomi per la faccia.
Da terra alzai dello stretto necessario gli occhi, per guardare Anvir paralizzato dalla paura; mi dispiaceva dovesse assistere a quella scena.
Quell’umanoide con le mie sembianze prendeva a calci quel mio stolto essere, che si contorceva e si stringeva sempre più nelle sue strette membra. Tuttavia non scappavo dai calci, seppure fossero dolorosi, dovevo resistere, ma come potevo fare ora.
 
– Fermo!! – Gridò Anvir da lontano, quel suo strillo sembrava quasi arrabbiato, al contrario di quello che il suo corpo voleva mostrare.
La figura che si innalzava si di me continuava a calpestarmi e a prendermi in giro per la mia debolezza, la mia barra della vita era pericolosamente vuota.
– Fermo, t’ho detto! – Questa volta quel bambino, che conoscevo da una mezza giornata, si era lanciato all’attacco di quel falso me con una spada, portando questo a dover distogliere l’attenzione da me per schivare e parare i colpi.
 
Perfetto!
 
Con la mano che mi si muoveva di più afferrai il ciondolo di Wingroot e me lo misi in bocca. Non lo ingoiai subito, restio; mandato giù  non ci sarebbero più state prove tangibili della vita di Masao su SAO, a parte un nome scolpito in una roccia. Tuttavia dovetti inghiottire, e mandare giù il groppo che avevo alla gola ed indietro le lacrime agli occhi. La mia barra vita si riempì fino a metà.
 
Masao, questa tu la consideravi vita?
 
Silenzioso e cupo mi levai da terra, il mio corpo impolverato e ferito si apprestò a fare un passo. Dall’inventario tirai fuori il dado a venti facce e lo lasciai cadere davanti ai miei piedi.
Il dado smise di roteare con la quattordicesima faccia rivolta verso l’alto.
Per quanto, qua, tu possa svanire del tutto, ogni tuo ricordo morire, qualcuno che dall’altra parte si ricorda di te c’è già. Quindi, se anche io morissi qua, ti prego, dimmi che anche tu mi perdonerai o che non mi hai mai incolpato di niente.
Attivai la mia skill per ascia più potente.
Un atro passo, un altro passo ancora. Deve essere una cosa rapida ed indolore. Quando con lui me ne sarò andato pure io da questo mondo, non avrò più problemi.
E così, instabile, separai dal corpo di quella mia copia quel suo volto ridente, con la soddisfazione mia più tremenda e raccapricciante.
 
Vomitai.
 
 

 
DIARIO VIRTUALE

Benritrovati a tutti. Spero che vi sia piaciuto il capitolo, come vedete faccio sempre dei finali molto interessanti (un tizio che vomita!!!! Evvai!!!). Basta non ho niente da dire, mancano solo due capitoli e prego di riuscirli a finire entro le vacanze. Ma vabbè…
Ci ritroviamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 18
*** OPALESCENZA:SUICIDIO ***


OPALESCENZA: SUICIDIO

 

Novembre, passati ancora alcuni giorni e sarebbero stati due gli anni da quando eravamo lì dentro: dovevamo sbrigarci, potevamo farcela.

– Ciao, è da tempo che non ci si vede – Esordì Ryu.

Eravamo in una locanda sontuosa del 15 piano. Dopo quello che avevamo scoperto non ci sorprendeva ritrovare colei che stavamo cercando su un piano così basso.

– E speravo non ci saremmo rivisti mai più – Dice con la stessa sfrontatezza e calma di quell’ultima volta in cui ci eravamo incontrati, mentre spaparanzata rozzamente su un divano capitonné in velluto si arriccia i capelli color muschio. –  Ma ditemi, come avete fatto a trovarmi? –

– Sai quel furto alla reggia del settantatreesimo piano… beh, non puoi dire di essere stata tanto discreta. Ne parlavano tutti i giornali di SAO –

– Ah, quel dannato colpo! Lo sapete, mi hanno quasi beccata con le mani nel sacco, ma sono riuscita a svignarmela, e non sapete con quale ricco bottino –

– Dal ricordo che ho di te posso immaginare… –

 

– Cos’è che vi porta qua, in ogni caso? A che cosa vi servo? Non penso a fare una rapina, purtroppo, quindi… – Ci fa segno con la mano di continuare per lei.

– Avremmo bisogno che mettessi in pausa un attimo i tuoi affari, e che ci prestassi la tua spada –

Stette zitta un attimo.

– Penso che mi vada bene – Rispose poi con nostra sorpresa – Basta che non intacchiate la mia reputazione di ladra e non facciate caz…… e perché mi guardate tutti così? – Ci chiese infine cantilenante interrompendo i suoi moniti, alla vista delle nostre facce sbigottite.

– Scusaci, è che pensavamo avresti detto “no”, a prescindere –

– Non, no. Tanto… – Spiegò lei – Dopo la rapina alla villa è meglio che tenga un profilo basso, almeno per un po’ – E poi mentre tossicchiava approfondì le sue motivazioni – E poi non ho voglia di rincontrare quello stronzo del vostro amico –

Sta parlando di Eizo? Sogghignai un poco, ricordandomi di cosa era successo; già da quella volta forse avrei dovuto capire qualcosa.

– Allora siamo d’accordo; te la riporteremo appena finito. Dove ti possiamo trovare? –

– Rimarrò in questa pensione ancora per una settimana, pensate di potercela fare in questo tempo –

– Altroché se ce la faremo; anzi, probabilmente torneremo qua già domani –

– Ecco, appunto. Vi raccomando: non fate troppo in fretta, eh? –

– Sì, sì… –

– Eccovi la spada – La rese oggetto e ce la consegnò; era anche più bella di quello che potessi ricordare, sottile, traforata, con uno strano riflesso opalescente – Trattatela con riguardo –

– Puoi stare tranquilla, ne avremo la massima cura –

– Arrivederci, allora –

– Sì… alla prossima –

 

 

Al primo piano sembrava tutto più brillante quel giorno; l’aria era fresca, e l’acqua pura. Ormai tutti quei nefasti ricordi legatici sembravano scomparsi, ma era meglio non farsi ingannare.

Ci eravamo dati appuntamento quella mattina alla Tana del drago; non è che avessimo fretta, ma avremmo preferito evitare qualsivoglia tipo di imprevisto.

Prima vidi Akane, che stava quasi piangendo dalla felicità; poi Ryu, che le cingeva le spalle con un braccio sorridendomi con soddisfazione, ma col petto incavato dalla preoccupazione. Nessuno dei due era morto: dissero che una volta raggiunto una sola tacca dall’essere uccisi era come se fossero diventati degli IMMORTAL OBJECT e pertanto non ricevevano più alcun danno; doveva essere un handicap che quel tale signor Taro aveva escogitato per quell’ultimo nemico.

Certo che mi sono preso un bell’infarto… menomale che li aveva solo paralizzati. In verità non mi veniva da riderci.

Seduto nascostamente tra delle basse radici scorsi Anvir, quel ragazzo che da quando avevamo trovato l’ultimo pezzo non ci aveva più lasciati, fino a cavarci fuori tutta la faccenda; anche se a dire il vero all’inizio avevamo cercato assiduamente di tenergliela nascosta.

Per ultimo vidi Jō, oltre lo schermo, che sorrideva con un’espressione da far accapponare la pelle.

– Forza ragazzi non perdete altro tempo! – Disse la voce di Bunjiro da oltre lo schermo, più eccitata che impaziente.

E così feci, resi oggetto i cinque cilindri e poi mi feci consegnare la spada da Ryu.

– Tieni –

– Grazie – Mi accosciai..

Incastrai il grande cilindro d’orato, quello che avevamo trovato per primo, nel buco più vicino all’elsa e nel mentre dissi – Questo è per te, Akane –

L’abbiamo trovato grazie all’aiuto di te e tuo fratello, e come per questo così per i bei giorni che ci avete donato: veramente, veramente grazie.

– Questo è per te – Lo guardai – Ryu – E detto ciò incastonai nel buco appena più lontano dall’elsa rispetto a prima il cilindro argentato.

Grazie anche a tuo nonno, che voleva aiutarti, tu sei diventato nostro amico e ci hai aiutato a tua volta, ed adesso che lui è morto e tu sei innamorato festeggia anche per lui questo momento.

– Questo è per… – Del veleno incandescente  mi si riversò nelle vene; non concepivo, però, perché quel nome dovesse ancora farmi tanto male: non doveva. Presi un bel respiro – Questo è per te… per te, Masao –

Dopo tutto quello che ti avevo detto, dopo tutto quello che avevo sperato ti succedesse, pure per mano mia, tu hai cercato tutto da solo questo cilindro, senza farci sapere nulla, senza dirci quanto hai dovuto pagare per ottenerlo e per sopportare i tuoi sensi di colpa, anche causa mia. Guardaci qua adesso, egoisti, a sfruttare ciò per cui tu hai fatto sacrifici, soli, perché tu te ne sei dovuto andare prima.

I miei occhi erano già rigonfi per le lacrime, ma non dovevano, era un momento felice in cui ricommemorare i morti e ringraziarli.

E chi vuole essere ringraziato con delle lacrime?

– Questo è per tutti voi, invece, voi che siete vivi e cercate di continuare, o che siete morti per mano di questo videogioco: Doi, Christy, ed anche per te, pazzo Eizo –

Solo una volta ho visto la lista dei nomi incisi sulla lastra memoriale per i morti di SAO, e vi giuro, a tutte voi anime sperdute, che vorrei poter ricordare tutti i vostri nomi, quei vostri veri nomi.

– Ed infine l’ultimo cilindro l’abbiamo trovato grazie a te, Anvir. Grazie, veramente grazie – Nei miei occhi gratitudine, nei suoi...

Confusione? Paura?

Mi alzai da terra.

– Ed invece questo… questo lo faccio per te, Jō, e per tutti voi lì fuori –

Alzai la spada sopra il capo con la lama puntata tra gli occhi del mio amico dall’altra parte dello schermo.

– Forza, dai Kaii! – M’incitò il ragazzo.

Deglutii.

La mia spada affondò nel suo cranio, ed io pregai.

 

Una luminescenza azzurrognola si diffuse in tutta quanta quella caverna radicosa, prima abbagliante e poi sempre più fievole.  Dall’estremità dell’elsa della spada iniziarono a nascere delle strisce color ciano che, scendendo fino al punto della spada che ancora si vedeva, formavano dei particolari percorsi geometrici.

Guardai tutti; eravamo felici, ma non riuscivamo a mostrarlo, troppo abituati che le cose andassero male. Infatti, quasi come se dovesse ancora sorprenderci, sebbene la felicità che provavamo fosse recondita in noi, quel mondo la sentii.

All’improvviso alcune delle strisce palesatesi sull’elsa si spezzarono, spegnendosi man mano, rubando luce a quella stanza.

Non piangemmo, ci eravamo troppo abituati.

 

 

INTANTO FUORI

 

– Che accidenti sta… ?! –

– Qualcosa ci sta facendo perdendo il collegamento – Urlò celere uno degli amici di Bunjiro, come se ce ne fosse il bisogno – È come… una specie di virus –

­­Bunjiro stette zitto per un po’, pensieroso.

– No, è un antivirus! Diamine, Kayaba l’ha scoperto! –

Uno strano silenzio irruppe nella sala computer, non c’era trambusto, se n’era andato via assieme alle loro più residue speranze.

– Che facciamo, Bunjiro?! –

– Salvate il salvabile. Cercate di mantenere… –

La mente di Jō si ottenebrò di colpo; seppur essendo stato attento a non farsi troppe speranze, a non esultare prima del tempo s’era lasciato andare, anche dopo il tentativo disperato del suo cuore che, battendo all’impazzata, gliel’aveva provato a far intendere che sarebbe stata la fine, anche se non quella di SAO.

Eccole lì, le speranze che sorridendogli sardonicamente si suicidavano davanti alle sue stanche membra.

Passarono mesi, passarono anni, passarono secondi.

­– Il collegamento audio e visivo in perpetuo con l’esterno… – Erano tutti sulle spine. – Quello è salvo – Disse per ultimo Bunjiro, tutti che lo guardavano.

Nessuno gioì od esultò, però; non ce l’avevano fatta, tutte le loro fatiche erano andate scemando e quasi scomparendo, tutte le loro preghiere in frantumi.

 

Jō rise, una risata isterica.



 

DIARIO VIRTUALE


Eccovi il nuovo capitolo, scusate il ritardo tra la scuola (e non siamo ancora a maggio), la danza, gli impegni, ed un concorso di scrittura o perso la cognizione del tempo. Comunque il capitolo è così corto (1451 parole) perché,tra le altre cose, di dividerlo rispetto al prossimo, giacché essendo totalmente un episodio a sé il prossimo, e temporalmente diverso, mi sembrava avere più senso fare così. Spero vi sia piaciuto il capitolo, in ogni caso.CIAO.

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Capitolo 19
*** LACRIME CRISTALLINE: SCELTA ***


LACRIME CRISTALLINE: SCELTA TRA QUATTRO

– Come va, Anvir? –

Erano le due del pomeriggio del 7 settembre ed avevamo appena mangiato; era tutto il giorno che restavamo in quella città al ventottesimo piano, ed adesso stavamo seduti comodi sul freddo bordo di una di quelle enormi fontane che spesso ornavano il centro della piazze principali delle grandi città di SAO.
Eravamo tristi, ma qualcosa, qualcosa di maledettamente dolce, come zucchero che una volta spansosi in bocca si irradia in tutte le vene, bruciandole, ci rendeva calmi, sereni, quasi… felici.
Chissà perché?
Forse che ci eravamo abituati troppo a quel mondo ed avevamo paura di andarcene adesso, tuttavia sapendo che nel mentre i nostri corpi marcivano all’esterno?
Quell’improvvisa calma abissale non era poi così cattiva, ci aveva portato pure buone idee: una cosa ancora più odiosa della sua sola esistenza. C’era venuto in mente, infatti, che giacché adesso quello schermo era sempre là, levitante nella grotta, potevamo usarlo per fare qualcosa così che anche noi ci potessimo sentire meno inutili di quanto non ci potessimo sentire già; così Ryu è saltato fuori con un’idea carina…
– Al primo piano c’è un asilo, o mi sbaglio? –
– Aveva detto il giorno dopo della disgrazia –
– Sì, una specie, ne ho sentito parlare –
– Forse… potremmo cercare le famiglie dei bambini che ci sono ospitati e… non so… farli incontrare. Come in una videochiamata? –
– Non sarebbe difficile da sopportare, per entrambe le parti? –
– Beh, considerando che c’è anche la possibilità di rimanere qua dentro per tutta la vita, non penso possa essere così crudele –
– In effetti… –
Dai, proviamoci, tanto non sappiamo nemmeno se l’asilo accetterà…

– Sto bene, perché? –
– No, è che… lo so che forse è un po’ stupido, ma volevo chiederti dove abiti: nel mondo reale, intendo –
Sotto ad un cielo di mezzogiorno oscurato da grigie nuvole, una luce quasi artificiale persisteva ad illuminare il mondo ed Anvir intanto mi guardava, la testa inclinata, la fronte corrugata, lo sguardo confuso ed un’altra volta, allora, notai i suoi occhi colmarsi di quelle strane emozioni fuori posto: paura, dolore, confusione.
Di nuovo quegli occhi. Ma che diamine… ?!

– Io… – Iniziò il bambinetto – Io nel mondo reale vivo… – Sembrava come se dovesse fare uno sforzo immane per ricordarselo.
– Scusami – Lo cinsi con un braccio; forse era meglio smettere – Se non vuoi parlarmene perché ti fa male ricordare non devi –
– No, non è per quello… probabilmente è proprio per l’opposto, in un certo senso –
– Cioè ? – Chiesi abbastanza rintontito dall'affermazione.
– Nel senso che io… – Tutto d’un tratto lacrime sottili gli iniziarono a solcare le guance, tanto cristalline che se non fosse stato per quell’artificiosa luce come sospesa nell’aria non si sarebbero viste – Nel senso, forse, che una casa la desidererei anch’io, nell’altro mondo –
– Vuol dire che sei orfano? – Strinsi il mio braccio intorno al suo busto, per consolarlo, per consolarmi, però ero curioso; forse che quella felicità era spossante, ed io provavo, a modo mio, a svincolarmi dalla sua di presa? Non capivo più nulla, non cercavo di capire più nulla, non volevo più capire nulla.
– No, no, hai frainteso, non ho problemi di quel genere io… – Lo guardavo; il suo modo di dirlo era troppo pacato, troppo composto – Piuttosto, posso farti una domanda io? –
– Spara pure –

– Tu pensi sia normale, alle volte sentirsi sbagliati? Come se si fosse un programma bacato, che non funziona come dovrebbe funzionare –

– Sei sicuro di stare bene, Anvir?? – Lo rimproverai gentilmente con lo sguardo.
– Sicuro, sicuro – Replicò lamentevole – Tu rispondi e basta! –
– Beh, penso di sì. Io dal giorno in cui siamo entrati in SAO ad oggi, mi sono sempre sentito un passo indietro a tutto, non mi sentivo adatto a questo mondo, ma mi sono ugualmente fatto degli amici, ed in più avevo la mia arroganza ed il mio orgoglio, seppur sedati, al mio fianco, e loro mi ingannavano cercando di spronarmi al massimo per raggiungere anche solo per un istante quei miei cari compagni. Ciononostante, sì, capitava certe volte: mi sembrava non mi potessi più muovere in alcuna direzione ed allora mi facevo un milione di domande, inutili, la cui risposta era tanto scontata quanto dolorosa ed inaccettabile…
Non che sia mai stato un complesso di inferiorità però…
Anzi, ne sono molto felice, e ciò mi ha pure aiutato a non pensare alle incombenze del gioco e tantomeno a quelle della realtà… –
– E se adesso io fossi paralizzato, dalla mia stessa volontà, e ponessi al vento mille e mille domande… ? – Recitò inespressivo il ragazzo, osservando cieco l’orizzonte; gli alvei che le limpide lacrime si erano scavate nelle sue guance non bastarono più, e le acque strariparono.
– Il vento sicuramente non ti risponderebbe –  Adesso lo stavo abbracciando stretto con entrambe le braccia, appeso a lui, appoggiando la mia testa alla sua.
– Tu come facevi a superare questi momenti? –
Rimasi abbracciato a lui che mi sorreggeva senza fatica, e nel mentre ci riflettei un attimo, un lungo attimo dalla durata incerta.
Aprii la bocca, come per dire qualcosa, poi la chiusi, perdute le parole, ed infine, riacchiappatele qua e là, mossi le labbra.

– Ci sono quattro modi, suppongo: primo, fantastico, trovi un modo per superarlo con le tue mani, riuscendo a rispondere alle tue domande o ad accettarne la risposta; secondo, un po’ brutale ma funzionale, qualcuno ti sbarra tutte le possibile vie d’uscita a parte una, e vai avanti per quella strada, senza rimorsi o dubbi; terza opzione è che tu vada avanti, semplicemente senza pensarci e piangendo ogni tanto, quando devi. L’ultima alternativa… – Iniziai cupo; non era bella, eppure esisteva, ma nessuno mai l’avrebbe dovuta scegliere – È quella di non andare avanti e basta, suicidarsi oppure morir prima per fatalità –

– E quanto tempo pensi ci vorrà? –
– Aaah – Sospirai io, melodrammaticamente disperato –  Prima di tutto, inizia non facendoti più domande e poi mica posso sapere tutto io! Non sono… – Mi fermai di colpo.
– C’è qualcosa che non va? –
– No, lascia perdere. Una storia lunga, di un vecchio amico –
– Masao? –
Lo guardai sorpreso, io non gliene avevo mai neanche accennato.
– Te l’hanno detto i due piccioncini, vero? –
– Sì... – Mi squadrò qualche secondo cercando di comprendere la mia reazione – Perché doveva essere un segreto? –
– No, no, tranquillo –
– Io sono tranquillo, Kaii, perché dovrei essere preoccupato? –
Le forze che mi avevano abbandonato, le costrinsi a tornare, almeno per un po’, e mi staccai da lui piano, sorreggendo il peso che avevo sulle spalle; mi osservò stranito, probabilmente sapendo che avevo più  bisogno io di lui di quanto ne avesse lui di me. I miei occhi luccicanti si spostarono sui tetti delle case ed Anvir notandolo si protese con tutto il busto verso di me, ma io con la mano lo spinsi via forte e rapido  dalla faccia.
– Voi…– Ridacchiai amaramente, in un sospiro, mentre con l’avambraccio mi asciugavo in tutta fretta le lacrime – Stupido, viene semplicemente spontaneo dirlo – Risi rumorosamente, per finta e per conto mio.


Alla fine della mia risata tutta la città risultò essersi azzittita; gli NPC che fino a quel momento stavano passeggiando per la piazza erano scomparsi, le voci degli artigiani da dentro le botteghe erano le uniche a sentirsi, lamentose, mentre invece il rumore che regnava probabilmente su tutti i piani era quello di una fortissima sirena, come di un sommergibile, che risuonava dai piani alti, tanto lontana, ma comunque alquanto snervante.
– Cos’è questo rumore? – Chiesi io.
– Non lo so –
– Che sia un errore di sistema? –
– No, non è un errore di sistema –  Affermò  Anvir con sicurezza.
– Se fosse veramente così, allora che cosa sta succedendo? –

– Avete visto anche voi?! – Da uno dei vicoletti collegati con la piazza comparve urlando e correndo Akane, ed affianco a lei Ryu.
– Sì – Affermai esterrefatto una volta che ci raggiunsero alla fontana – Ma cosa sta succedendo?! –
L’aria e l’acqua si tinsero rosse, ed il cielo si riempì di due scritte scarlatte ripetute e ripetute, più e più volte per tutta la sua vastità: [WARNING!] e [SYSTEM ANNOUNCEMENT]. Quello era lo stesso cielo che il giorno dell’uscita del videogioco ci aveva condannati.
– Non è possibile… – Disse Anvir, soffocato da un nuovo pianto, le cui lacrime non sgorgavano.
– Cosa c’è?! – Gli prese le spalle colle mani Ryu, scuotendolo.
– Il gioco… è stato concluso – Finì terrorizzato, ed il petto implodeva dilaniato dalla disperazione.


Tutti tacemmo e guardammo il cielo, estasiati, se fosse stato vero…

Siamo liberi?

– A breve, per tutti voi giocatori, verrà trasmesso un annuncio d’emergenza – La voce non era quella di Kayaba, no, era artificiale, un po’ elettronica come se prodotta da un sintetizzatore – Da questo momento il gioco comincerà a operare in modalità di controllo forzato. La generazione di nuovi mostri e di nuovi oggetti verrà interrotta. Tutti gli NPG saranno rimossi. Gli HP di tutti i giocatori verranno fissati al loro valore massimo. Secondo il calendario standard di Aincrad, oggi, il settimo giorno dell’undicesimo mese, alle ore quattordici e cinquantacinque minuti, il gioco è stato completato –
Tutti sorrisero, gioirono, si sentivano urla gioconde tutt’intorno, tutti eccetto uno che rimaneva muto, paralizzato…
– Tutti i giocatori verranno in rapida successione disconnessi dal gioco. Siete pregati di aspettare nel luogo in cui vi trovate –
Sotto quel cielo di un’ultima promessa e speranza e sofferenza una spada trafisse da lato a lato il ventre di Ryu; era la spada di Anvir, quella di cui la punta riflettendo il cielo era tinta di rossa, come se sporca di sangue.
– Ripeto: tutti i giocatori… – La voce elettronica sfumò nella mia mente, che man mano andava ottenebrandosi.
Ero paralizzato, ed anche Akane lo era: per quale motivo… per quale scellerata volontà mai, un’altra volta in un momento del genere dovevamo soffrire?
mentre quel mondo si sfaceva man mano, e le persone scomparivano per risorgere da un’altra parte.
E così passarono secondi, secondi, secondi e tutto finì con un magnifico e fatale fuoco d’artificio di schegge esagonali color cremisi, così intenso da dare la nausea.

– Stai bene, Anvir? – Gli chiesi io dolcemente, con gli occhi bagnati dentro i quali l’umanoide rimase annegato.
– Perché?! Perché quelle tue lacrime mi fanno così male?! – Strinse più forte la mano attorno all’elsa, così forte che se l’avesse potuto mai fare nella realtà si sarebbe quasi scorticato le dita.
– Perché sai di avere sbagliato – Ed il mondo introno a noi si eliminava ed i giocatori scomparivano.
– Ma è colpa vostra, è colpa vostra se io sono così, non dovrei dover sentire questo dolore, non dovrei avere paura di morire, non dovrei voler sentire alcunché, non dovrei volere del tutto, neppure pensare, ed allora perché? Perché? –
– Non ai tempo da sprecare – Lo abbracciai ed Akane mentre piangeva fece lo stesso – Gioisci del momento invece, gioisci della tua tristezza, della tua felicità, del tuo poter pensare! Gioiscine e siine grato almeno per quel po’ che sarà ora –
Ci fu silenzio.

– No, io sono sbagliato – Sillabò elettricamente – Devo essere resettato, riformattato e riprogrammato, altrimenti potrei causare danno al sistema – Si ricompose, appoggiato su entrambe le gambe, e lasciando cadere la spada.
Un Akane in pianto fu sconnessa definitivamente.
– Ma il sistema si sta eliminando, non lo vedi?! –
– Devo essere resettato, riformattato e riprogrammato… –  Vidi quelle sue lacrime invisibili di prima che continuavano a sgorgargli copiose dagli occhi ed io, cedutemi le ginocchia, chiusi le mie braccia attorno alla sua vita.
– Se questo ti farà felice, lo accetterò. Forza, su… puoi andartene adesso –
La sua scomparsa mi fece stringere in un abbraccio con me stesso; non era morto scoppiando, ma lentamente. Però, forse non aveva mai neanche voluto sentirsi vivo.

Piansi di felicità, mentre scomparivo e tutti i miei sensi sfumavano finché non sentii più niente, neanche i miei pensieri. Tuttavia avevo una certezza, quella in qualche modo di esistere ancora da qualche parte.


Perché, però, gli ho detto della quarta scelta?

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Capitolo 20
*** PERCEPIRE: INCONTRI ***


PERCEZIONI; INCONTRI
 
Il mio… cuore?
Un battito cardiaco mi rimbombava nelle orecchie e mi chiedevo fosse mio. Era lento e cadenzato, e terribilmente molesto.
 
Dopo un’abnorme sforzo sentii i miei occhi aprirsi di un poco e vidi macchie di colore indefinite sfocarsi ulteriormente alla mia vista, mentre un luce dall’origine incerta m’avvolgeva completamente; così, per lo sforzo e la stanchezza, non riuscii a spalancarli completamente che subito mi si richiusero.
Inizialmente pensavo di provare a riaprirli, ma riconsiderai l’idea e accettai di rimanere cieco per un po’.
 
Le unghie di una mano, le dita, anzi quell’intera mia mano era calda, o quantomeno più calda di quell’altra da quello che percepivo. D’istinto allora mi venne da muovere il braccio per capirne il perché, ma i muscoli dell’arto immediatamente iniziarono a dolermi contrariati, attraversati da atroci fitte di dolore. Mi fermai.
 
Con la bocca inspirai profondamente e poi espirai forzatamente; faceva male, ma era un dolore tollerabile rispetto a quello precedente.
Respirai nuovamente, era da tanto tempo che non sentivo quel suono; avevo la gola tanto secca e gonfia che ad ogni respiro sembrava mi si lacerasse, ma non avrei smesso per alcun motivo. Finalmente dopo tanto tempo avevo la prova di essere vivo.
 
Delle calde stille strabordarono dai miei occhi rotolandomi giù dagli zigomi. Arsa dal loro sale, la pelle attorno a cui erano scivolate adesso mi prudeva un poco, e di nuovo non riuscii a controllare i miei impulsi che mi indussero, scellerati, a portarmi il braccio alla faccia. Le fitte ricominciarono ancora più violente di prima.
Udii qualcosa, anche se non chiaramente, era come se mi trovassi sottacqua e le orecchie sentissero tutto ovattato. Un senso di gelo mi agguantò la mano, spingendosi con un brivido fino al petto e poi andando scemando.
 
Percepii un leggero calore scivolarmi sul contorno del viso: era una mano, ma non la mia.
Mi ascoltai intorno, in cerca di un qualunque suono, ed alle mie orecchie ne pervenne uno. Era una voce, non scura, ma che si atteggiava a tale, pacata e sospirante, e che ripeteva morbosamente una parola; una parola, neanche troppo lunga, che echeggiava e si distorceva tanto nelle mie orecchie da non essere più discernibile una volta arrivatami al cervello. Tuttavia non avevo veramente bisogno che mi fosse ripetuta perché capissi che parola era, e chi l’aveva detta.
 
Racimolata più saliva possibile cercai di farla scendere giù in gola in modo da poter anche solo dire qualcosa.
Lentamente inspirai, non troppa aria, e pronunciai, muovendo il meno possibile i miei muscoli facciali, il nome della persona che si trovava lì di fianco a me, cercando di scandire al meglio ogni lettera, quanto bastasse per far intendere ciò che stavo dicendo. Non fu faticoso, il suo nome non era lungo, affatto.
 
 
Passata una metà anno piena di dolori genuini e reali, la riabilitazione che stava andando un po’ a rilento, incontrai tutte quelle persone che da fuori mi avevano aiutato. La prima persona che avevo rincontrato al mio risveglio era stato Jō che per tutto il primo mese da allora  si era stanziato nella mia camera d’ospedale; in quei giorni, quando le forze me lo concedevano, gli avevo raccontato cos’era successo alla fine, ed anche la verità su Masao, e lui mi ascoltò.
Poi fu il turno del signor Taro, un lungo stecco che mi chiedevo come facesse a stare in piedi, dai vestiti sempre di un’eleganza incerta, spossato e vivo contemporaneamente. Più tardi, dopo una faticosa sessione di riabilitazione, mi ritrovai nella stanza anche Bunjirō, alto anche lui ma non così tanto, ed un po’ robusto, anche se rispetto alle prime “videochiamate” mi sembrava dimagrito. Per ultimo dovetti finire per incontrare anche il padre di Masao; con lui ci parlai il meno possibile, in parte perché davo colpa anche a lui per quello che era successo su SAO a causa della sua inettitudine e di quella di tutta la sua azienda di informatica e del governo giapponese, ma soprattutto perché, sapendo bene che non si può incolpare l’intero mondo con un’opinione di parte, ero cosciente che quando mi sarei aperto veramente sarei crollato.
Infatti così fu quando finita poi la riabilitazione ci saremmo incontrati sulla tomba di Masao; le gambe mi sarebbero cedute, avrei gridato, avrei pianto, e avrei gioito, ricordandomi dei bei ricordi che Masao mi aveva donato.
 
 
Quando la mia riabilitazione era ormai a buon punto, potei finalmente incontrare per la prima volta dal giorno in cui ero tornato Ryūtarō Morita, alias Ryu, e Takane Homura, ovverosia Akane; con quest’ultima ero già riuscito a contattarmi, mentre invece sarebbe stata la prima volta che avrei potuto vedere il primo.
– Ci siamo già incontrati, vero? – Domandò quel ragazzo rivoltosi a me, mentre appoggiato allo schienale di una sedia a rotelle il suo busto prima, e la sua testa poi si inclinarono considerevolmente a sinistra  – Sennò non mi avrebbero portato qua – Era scarno ed alto, dai capelli corvini corti e ordinati e dagli occhi altrettanto scuri. La carrozzella su cui era seduto era spinta da Akane, la cui unica differenza rispetto al gioco erano gli occhi, di un marrone spento, ed i capelli, lunghi appena fino sotto le spalle e tinti con una tenue tinta prugna.
Era stato Jō per primo a dirmi di Ryu, che era ancora in vita, e che, però, al suo cervello era ovviamente costato qualcosa morire durante la disconnessione; infatti, mentre io dopo la disconnessione rimasi incosciente per ancora un intero mese, quello si era svegliato subito, ma quando aveva incontrato prima la sua famiglia e poi Jō, non li aveva riconosciuti, e tuttora non li riconosceva del tutto. I medici però dicevano che la memoria sarebbe ritornata col tempo, anche se prevedevano che si sarebbero sanati prima quei suoi sensi che erano stati colpiti, tra cui principalmente quello dell’equilibrio, motivo per cui era sulla carrozzella ed il suo corpo continuava a muoversi inconsciamente.
 
– Sì, ci siamo incontrati nel videogioco, anche se penso che tu l’abbia già capito – Fece un cenno con la testa che adesso pendeva dall’altra parte – Comunque, mi chiamo Sēbē Futō, su SAO… –
– No, non dirmelo... – M’interruppe il ragazzo – I medici hanno detto che mi devo impegnare a ricordare almeno i nomi delle persone che conosco –
– Vuoi che ti dia una lettera? – Gli chiesi mentre rifletteva.
– No, no… me lo ricordo. Era... “Kaii”. Perché hai scelto questo nome, però? Il mio ha un suo perché piuttosto chiaro ed anche quello di Takane… – Cercò di guardare la ragazza alle sue spalle – Anche il suo ce ne ha uno, circa; però “Kaii”… perché proprio questo nome? “KA” ed “II”? Eccellente e buono? Oppure “KAI” ed “I”? Mistero o basso rango insieme a medicina, grandiosità o ancora sentimenti? –
– Penso di averlo scelto a caso, sai; il primo che mi è venuto in mente nella fretta dell’esaltazione –
 
– Sai Sēbē, di quell’io… – Akane lo guardò di sbieco – Volevo dire io, di quando eravamo nel gioco mi ricordo gran poco di tutto, però un ricordo ce l’ho ancora…  più che un ricordo è un pensiero, ed era riferito a te. Io pensavo che tu fossi un cretino – Ci rifletté su ancora un attimo per riordinare i suoi pensieri – Sì, decisamente. Non so perché, ma pensavo proprio fossi un cretino, che non collegassi il cervello alla bocca o che direttamente non facessi funzionare il primo; pensavo che fossi uno sventurato, un bambino che non riusciva neppure a capire le proprie colpe… Chissà, che avessi ragione? –
– Ryūtarō… ! Non essere sgarbato! – Lo rimproverò Akane, un po’ triste di quel suo rapporto con Ryu, più da madre che anche solo da amica.
– Scusa, scusa… – Le rispose non affatto dispiaciuto.
Sospirai ridacchiando amaramente, con la schiena appoggiata ad un grande ed oramai sformato cuscino di un letto un po’ troppo morbido. Concitato, mi stringevo le mani l’una con l’altra per constatare un’altra volta che ero per davvero nel mondo reale, adesso avrei dovuto affrontare la realtà. Per malasorte non ero più nascosto e non mi sarei mai più potuto nascondere: e così come io lo sapevo anche lui l’aveva capito dannatamente bene.
Mi sorrise con sincera felicità, grato per la piega che stava prendendo infine la situazione.
 
– Jōtarō! Perché devo venire pure io?! – Dal corridoio proveniva questa voce, femminile e dirompente, che per una qualche ragione mi sapeva di famigliare… era da tanto che non la sentivo.
– E non rompere Chikai, te lo voglio solo far conoscere! – Questo era decisamente Jō, era veramente snervante come atteggiava la sua voce, ma quando gli avevo chiesto perché parlasse così, aveva tenuto la risposta sul vago, facendomi intendere che avrebbe semplicemente continuato.
Il ragazzetto e quell’altra arrivarono alla porta e quest’ultima a forza ne fu spinta attraverso da Jō per arrivare dentro la stanza incespicando un poco nel suo piede e per poi rimanere in piedi davanti a me, in una posizione stabile, ma che quella, rimasta a bocca aperta,  faceva parere vacillante.
– Kaii ti presento mia sorella Chikai; Chikai ti presento K… –
Dagli occhi spalancati della ragazza iniziarono a sgorgare delle lacrime sottilissime che catturarono l’attenzione di tutti e tutto, persino il tempo si fermò e lo spazio si annichilì.
– E da tanto che non ci si vede, eh, Chikai? –
– Sēbē! – La ragazza corse verso di me, e mi abbracciò; mi stringeva tanto forte da farmi male, tuttavia glielo lasciai fare, dovevo; dopotutto ero stato io a fargliene per primo. Era da un’eternità che qualcuno non pronunciava il mio vero nome con tanta dolcezza.
Chikai Kaii, la ragazza a cui avevo fatto male, che mi aveva fatto male, che mi aveva fatto ferire da solo; colei con la quale mi ero accorto, dopo averci giocato, di non stare giocando. In fin dei conti era la prima volta che facevo uno scherzo del genere; non avevo solo ben isolato i miei falsi sentimenti da quelli reali.
Guardai dritto davanti a me, mentre la ragazza stretta con me in quel soffocante abbraccio continuava ad innaffiarmi la schiena, e, seppure le lacrime, vidi chiaramente che Ryūtarō stava sorridendo.
 
 
Nel cortile della scuola ricavata da una vecchia azienda appositamente ristrutturata e rimodernata per fare da sede ad apposite classi per noi che per due anni eravamo rimasti intrappolati su SAO, io, Akane e Ryu, quest’ultimo ormai non più sulla sedia a rotelle e con la memoria quasi completamente recuperata, stavamo mangiando il nostro pranzo insieme, come sempre. Sarebbe stato abbastanza strano normalmente per degli alunni di classi ed età differenti incontrarsi ogni giorno nella pausa pranzo, ma su SAO l’età non contava e tutti eravamo diventati amici di chiunque; infatti non eravamo l’unico gruppetto formato da persone di età completamente diverse. Tuttavia, anche perché incoraggiati dai professori, provavamo ad ambientarci anche con i nostri compagni di classe, benché, a buona ragione, pensassi che dopo aver vissuto insieme tanti momenti non saremmo mai stati veramente in grado di separarci.
– Adesso la nostra vita ricomincerà, vero? – Ci chiese la ragazza.
– A me sembra sia ricominciata già da un po’ – Parlò  Ryu con la bocca aperta, mentre con avidità si spingeva giù in gola un enorme panino, senza neanche averlo prima masticato; questa sua falsa superficialità era rilassante.
– In effetti io una cosa devo ancora farla – Il sole di mezzogiorno così alto nel cielo non mi diceva niente, mi colpiva e basta con la sua eccessiva calura, e ciò mi irritava parecchio – Venite a casa mia appena finito di mangiare; ve lo confermo per telefono, ma comunque non ci dovrebbero essere problemi – Mi alzai dalla panchina dove eravamo seduti ed iniziai andare verso la mia classe.
– D’accordo, ma per cosa? –
– Lo scoprirete soltanto venendo –
 
Era un’idea venutami in mente all’improvviso, per questo dovetti un attimo informarmi e così chiamai Jō che gentile come al solito e con quel suo nuovo tono di voce mi spiegò con pazienza tutto quello che volevo sapere.
Quando ci fummo tutti, partimmo per la destinazione prevista; mia mamma prese il volante e ci portò dove le avevo chiesto senza fare troppe domande.
– Ma questo è… ! – Non appena Akane aveva capito che posto era quello che si era ritrovata davanti scesa dalla macchina, le si erano strozzate le parole in gola.

Feci cenno di sì con la testa – Io sulla tomba di tuo fratello non ci sono ancora andato –
 

DIARIO VIRTUALE

Allora, questo era l'ultimo capitolo! Sono veramente felice di aver finito di scrivere questa mia storia, i primi capitoli della quale ovviamente non lascerò scritti con quel mio stile, ma li riscriverò in modo decente. Un poco triste lo sono, perché questa è la mia prima storia che qualcuno abbia effettivamente letto che non fosseun mio conoscente stretto, ed era iniziato tutto come un gioco per passione (e fanatismo), ma poi mi ha preso (ci ha messo un po' a dire il vero) spingendomi a migliorare sempre di più, volendo poi cancellare sia gli errori grammaticali sia le lacune e le incongruenze nella trama (che, a proposito, se ancora esistenti vi prego di far notare). Grazie a tutti quelli che hanno letto fino a qua, vi sono veramente grato
Finisco dicendo (sperando di non sembrare troppo propagandistico) che ho in programma altre due storie: una quella di Rosario+Vampire che avevo annunciato a metà storia, ma che poi non ricordavo più nemmeno di avere inventato (in pratica un giorno ho detto: "Aaaah, ecco com'era!", e da lì è andata un po' avanti); poi la seconda è una fanfiction sui pokémon che, cercando di non parere superbo, mi sta uscendo proprio bene e che praticamente è già molto più avanti dell’altra, ma che per motivi di brand(il nuovo videogioco che esce a novembre) non potrò pubblicare molto presto.
In ogni caso grazie di nuovo a quelli che hanno letto fino a qua, ed alla prossima storia.

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