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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Strange girl *** Capitolo 2: *** Can't stand you *** Capitolo 3: *** (Not) Interested *** Capitolo 4: *** I'm not a morning person *** Capitolo 5: *** The heart wants what it wants – or else it does not care ***
You are my stories,
a tale I have never read before.
When I gazed into
your eyes, I could see an unknown land.
Stories where the
door opened a tale that will never be shut again.
Destiny cannot be
changed: I shall head to an unknown land.
I want to protect
you with that simple thought alone until the moment when this pitch black world
overflows with light.
Maledizione. Era successo ancora una volta.
Ultimamente si svegliava con qualche minuto in anticipo rispetto
al solito e non era nemmeno in grado di spiegarsene la ragione. Alle volte
credeva fosse dovuto al fuso orario, eppure qualcosa dentro di lei le suggeriva
che la causa fosse di ben più rilevante importanza. Stava per succedere
qualcosa ma non sapeva né capiva ancora cosa. Ciò la infastidiva e non poco,
mal che bene era abituata ad avere tutto sotto controllo nella sua vita. Non
accadeva mai nulla di nuovo, come non essere capaci di prevedere una vita così
monotona?
Alzò lentamente il braccio destro roteando il polso in modo da
vedere l’orologio.
« Tre, due, uno... » E la sveglia suonò, rimbombando fra le
quattro pareti color panna e, quasi per assurdo, nello stesso momento i raggi
del sole attraversarono la finestra della giovane, colpendola in pieno viso. A
questo contatto, troppo forte per i suoi occhi dorati, la ragazza si coprì il
volto incrociando le braccia.
Con gli occhi chiusi, per un momento si perse nei suoi pensieri.
Cercò di ricordarsi la prima volta che vide i raggi solari
illuminare la sua stanza, mostrandole un nuovo giorno. Ci provò svariate volte
ma l’unica immagine che appariva dolente nella sua mente era quella di una
bambina sporca di sangue che correva disperata per la campagna.
Quando finalmente tornò in se spalancò gli occhi e la sola cosa
che riuscì a percepire fu il fastidioso rumore della sveglia che pareva volerle
distruggere i timpani. Allungò veloce il braccio e spense finalmente
l’aggeggio. «A quanto pare mi tocca. »
Con calma si alzò dal letto e si diresse di fronte all’armadio
color quercia. Lo aprì e l’odore di nuovo la colpì in pieno viso: ancora non si
era abituata a quel tipo di legna, anche se in realtà tutto era nuovo.
Si era, infatti, appena trasferita dall’Impero di Britannia
all’Area 11 a casa dei suoi zii, due persone premurose e ancora innamorati con
la stessa forza che ventiquattro anni prima li aveva uniti. Erano stati molto
gentili ad offrirsi di prendersi cura di lei dopo che l’unica persona su cui
poteva contare era venuta a mancare da diversi mesi. Sospirò forte e rimproverò
mentalmente se stessa per i suoi soliti viaggi mentali.
C.C. era diversa da qualsiasi ragazza al mondo. I lunghi capelli
verdi creavano sempre un effetto sorpresa per chiunque la vedesse e solo in
pochi le credevano quando affermava essere il suo colore naturale. Gli occhi
erano grandi e di un bellissimo color ambra, difficile da riscontrare nelle
persone di tutti i giorni. La pelle era soffice e chiara, molto simile alla
porcellana, spesso era stata chiamata “Bambolina” per questo. Ma C.C., più che
per l’aspetto fisico, era diversa da tutte le altre per la sua spiccata
personalità. Non era una di quelle ragazze che passavano ore ed ore a
gironzolare fra i negozi, anzi, detestava l’idea di trascorrere un’intera
giornata dentro ad un negozio a provare vestiti su vestiti: solitamente vestiva
ciò che le comprava la zia. Nonostante ciò, anche a modo suo aveva parecchio
stile. Quella degli zii era una famiglia nobile ma non al livello di coloro che
frequentavano la reggia dell’Imperatore di Britannia, quindi le spese non erano
mai “inutili”. Sua zia le comprava spesso delle minigonne e delle magliette
che, agli occhi di una qualsiasi adolescente aristocratica, sarebbero state
“semplici” o “prive di glamour”.
Per C.C. non era così. Assolutamente.
Combinava diversi colori e differenti tipi di abbigliamento
creando così uno stile tutto suo. Provava poco interesse anche per ciò che
erano trucchi, creme per la pelle e quant’altro che era invece vitale per le
sue coetanee. Forse l’unica cosa che la rendeva simile al resto dell’umanità,
era il suo amore per la musica, in particolare per il canto e il pianoforte che
suonava da quando aveva sei anni. Amava studiare. Questo la rendeva sicuramente
diversa non solo dalle altre ragazze, ma da tutto il genere umano.
Prese velocemente l’uniforme e l’appoggiò sul letto prima di
andare velocemente in bagno. Non era ritardataria come ragazza seppur esecrasse
l’idea di arrivare presto; perciò era già preparata a ciò che avrebbe udito
quando scese le scale e si diresse in cucina dagli zii.
« Buongiorno. » Salutò piano prendendo posto a tavola di fronte
allo zio.
« Buongiorno a te. » Rispose lo zio sorridendole amorevolmente.
« C.C. tesoro, farai tardi se non ti sbrighi. » Le disse la zia
posandole davanti una tazza di latte.
« Grazie. »
« Allora, emozionata per il tuo primo giorno di scuola alla
prestigiosa Ashford Academy? » Domandò lo zio sorseggiando il suo caffè. C.C.
prese fra le mani la tazza rosa e bevve un po’ di latte.
« Essere circondata da un branco di figli di papà m’irrita
parecchio. » Appoggiò la tazza sul tavolo e vide la zia prendere posto a fianco
al marito con un’espressione alquanto dispiaciuta. Avevano fatto innumerevoli
sacrifici per poterle garantire un posto in quella scuola, c’erano volute due settimane
in tutto. « Tuttavia, » continuò « devo riconoscere che quella scuola da
un’ottima preparazione ed inoltre dispongono di differenti laboratori ben
attrezzati e una biblioteca immensa. Come scuola è ottima, è la gente che è
marcia. » Concluse finendo di bere il latte.
« Questo è vero C.C. » commentò la zia ora rasserenata dalle
parole della ragazza. « Molti di quei ragazzi sono lì solo grazie al loro nome
e non perché lo meritino davvero. Però io sono dell’idea che dovresti farti
degli amici comunque, ricorda che non è la compagnia che fa la persona. »
« Concordo con te amore. » Intervenne il marito prendendole la
mano. « Sono sicuro poi che trattandosi di C.C. piacerà sicuramente ai compagni
e non la vedremo più a casa, tanto sarà occupata a uscire con loro! ». La donna
sorrise accarezzandogli il volto.
« L’importante è che non lasci da parte lo studio C.C., che è la
cosa più importante! Però è anche giusto che tu abbia una vita, non te lo
dimenticare, okay? » La giovane annuì e abbozzò un piccolo sorriso,
accertandosi ancora una volta di quanto fosse stata fortunata nell’esser
capitata fra le loro amorevoli cure.
« Grazie. » Si limitò a dire alzandosi a lavare la sua tazza. La
conoscevano da poco in realtà, si era trasferita nella loro casa pochi mesi
prima, tuttavia si erano affezionati subito a quella ragazza incapace di
sorridere. Quindi per loro fu tanto ricevere quel semplice gesto, sapevano che
la ragazza apprezzava ciò che facevano per lei.
« Lascia stare tesoro, tu vai pure che qui lavo io. » Le disse la
zia prendendole delicatamente la tazza dalle mani. « Dai vai che adesso tuo zio
va ad accendere la macchina per portarti a scuola. » C.C. annuì e ringraziò
nuovamente prima di salire le scale. Scese qualche minuto dopo con i capelli
legati in una coda di cavallo, se li avesse lasciati sciolti, lunghi com’erano,
le avrebbero sicuramente provocato eccessivo calore. Passò in cucina a salutare
la zia e poi si diresse al garage, dove l’aspettava lo zio.
« Giusto in tempo. » Le disse, porgendole poi una banconota da €
100. Lo guardò stupita: a cosa le sarebbero dovuti servire? « Prendili. »
Continuò sorridente. « Non si sa mai che ci siano degli errori alla mensa o
qualcos’altro e qui nessuno vuole che tu muoia di fame. » Provò a contestare ma
prima che dalla sua bocca potesse uscire un qualche suono, lui l’interruppe. «
Niente proteste, prendili e basta, sono ordini del capo. » Rise segnalando
fuori dal finestrino la moglie intenta a salutarli dalla finestra del secondo
piano. C.C. capì che non c’era niente da fare e accettò i soldi che mise nella
tasca della giacchetta gialla.
Arrivano troppo in fretta a destinazione, così velocemente che
C.C. non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi che il preside le aveva già dato e
il benvenuto e che ora, accompagnata da quello che probabilmente sarebbe stato
il suo professore e coordinatore di classe, si stava avvicinando alla sua nuova
aula: un’aula piena di polli e galline dalle uova d’oro, come li chiamava lei.
Man mano che si avvicinavano si sentiva uno strano trambusto aumentare sempre
più il volume che si fece più forte e vivido davanti alla porta dove il
professore si fermò. Erano loro, dunque, quelli che stavano facendo quella gran
confusione.
« Siamo arrivati. » Le disse l’uomo. Aprì la porta e
improvvisamente il caos sparì. Il professore si diresse alla cattedra ed
appoggiò i suoi libri, visibilmente infastidito. « Non vi metterò una nota né
mi metterò a fare la predica ma almeno per oggi cercate di mostrarvi un po’
educati e intelligenti con la nuova compagna. » La curiosità di conoscere la
già vociferata nuova arrivata fece zittire tutti che presero a scambiare
sguardi furenti con i loro vicini di banco. « Venite pure avanti signorina. »
C.C., che nel frattempo si era persa nell’esaminare la struttura, i colori e lo
stile di quell’edificio così regale da ricordare una reggia, sentita la frase
guardò nuovamente in direzione della classe e vide il professore invitarla con
un ovvio gesto del braccio. Fu così che con passo deciso e sguardo fiero, la
ragazza varcò la soglia di quell’aula con l’eleganza degna di una principessa.
In realtà, lei ancora non
sapeva cosa l’aspettava.
Non sapeva che i
presentimenti procreatori delle sue insonni notti erano dell’avvenire la paura.
C.C. allora neanche
avrebbe mai immaginato che varcando quella soglia aveva firmato la sua
Condanna.
Il
caldo afoso di quella giornata gli aveva provocato una sonnolenza post-sbornia
che decise di risolvere appoggiando testa e braccia sul banco ed assopirsi, per
potersi poi godere la giornata. I prof non avrebbero mai osato dirgli nulla e
in tutta la sua vita aveva sempre abusato della sua autorità; sapeva bene che
tale atteggiamento non era degno di un principe, eppure dell’etichetta non gli
era mai importato un gran che: anche quando lui errava, era la gente a
prostrarsi ai suoi piedi ad implorare perdono. Da qualche tempo aveva inoltre
deciso di dedicare la sua vita al nulla: le ragazze e le feste erano la sua
unica passione. Giocava ma non s’innamorava in quanto considerava l’amore un
ostacolo; c’era un’unica ragazza nel suo cuore ma quell’unica egli non la
desiderava sessualmente poiché condividevano lo stesso sangue: sua sorella
Nunnally. Di questo suo piano tuttavia, qualcosa lo turbava: il fratello
maggiore. Nessuno dei due era destinato al trono, eppure il desiderio divenire
imperatori era forte in entrambi. Secondo la regola della successione tuttavia,
Schneizel, essendo Secondo Principe di Britannia, sarebbe venuto prima di lui.
L’Undicesimo Principe però non si dava per vinto e passava intere giornate a ponderare,
pianificare e mettere in prova innumerevoli piani per far crollare
quell’immagine dell’uomo perfetto che il fratello sembrava incarnare. Accadeva
però che, stremato, si lasciasse cadere fra le braccia delle diverse ragazze
che ogni giorno lo circondavano, sfogando così le sue frustrazioni dentro
di loro.
Quella
mattina, Lelouch Vi Britannia, il primogenito dell’imperatrice in carica e
l’unica donna veramente amata dall’imperatore, era stremato da una notte di
divertimento ma aveva comunque deciso di andare a scuola poiché era necessario
dimostrare al mondo quanto fosse grande il suo senso di responsabilità: le
ombre viola sotto gli occhi erano in realtà la prova della sua diligenza, in
quanto aveva passato l’intera nottata a studiare; comunque, nessuno
avrebbe mai osato contraddirlo. Così, quando il professore annunciò l’arrivo di
una nuova alunna, il moretto era indeciso se gioie poiché una nuova preda si
sarebbe unita alla sua vasta collezione o perché avrebbe potuto dormire
passando inosservato. Sentì il professore urlare e affondò ancora di più il
volto fra le braccia, desideroso di dormire. Il suo migliore amico gli diede
una gomitata; l’intenzione era quella di farlo alzare e mostrarsi educato verso
la ragazza che da lì a poco sarebbe entrata nell’aula.
-
Lasciami in pace, Suzaku… - Brontolò Lelouch, facendosi più in la.
-
Sii educato, almeno. - Non notando alcun movimento, il giovane sospirò e scosse
la testa. Suzaku era figlio del primo ministro giapponese, colui che aveva
partecipato alla Ribellione per i diritti del Giappone; dopo anni di stenuanti
lotte pacifiche erano finalmente riusciti a ottenere la libertà, tuttavia il
processo era ancora lungo. L’isola, ancora chiamata da alcuni “Area 11”,
sarebbe ritornata presto all’originario nome “Giappone”; andavano ancora
sistemate alcune leggi, il governo si stava formando e per le cittadinanze ci
sarebbe voluto ancora qualche tempo. Per evitare che il paese e i cittadini
cadessero nella più totale confusione, i due stati decisero di lasciare apparentemente
tutto come un tempo, dando così il tempo ai giapponesi di sistemarsi. Dal loro
canto, i giapponesi avevano promesso di trattare con riguardo le leggi inerenti
i britannici, che potevano considerare l’isola la loro seconda casa.
Suzaku,
essendo figlio del primo ministro, aveva sempre frequentato gli ambienti di
corte e sin da subito si era fatto amico dei figli dell’imperatore, in
particolare di Lelouch, Euphemia e Nunnally, ragion per la quale entrambi i
condottieri non avevano mai permesso che la Ribellione sfociasse nel sangue. Suzaku,
essendo figlio unico, era molto legato ai principi reali e spesso li tirava
fuori dai guai, Lelouch in particolare era sempre sotto sua stretta vigilanza
anche su richiesta di Euphe, amica per la quale provava qualcosa di assai
profondo.
Vide
il professore chiedere con un gesto della mano alla nuova alunna di entrare, e
fu curioso di scoprire chi sarebbe stata la nuova compagna. Amava essere
circondato dalle persone e farsi nuovi amici, era una peculiarità del suo
carattere del resto attirare le persone a se come calamite col suo animo
gentile e rispettoso.
-
Venite pure.
Ma
il ragazzo spiccava anche in percezione. E quando la nuova alunna entrò, sentì
dentro di lui una scossa, una scossa tale da fagli percepire che qualcosa di
grande stava per accadere e sentì il forte bisogno di voltarsi verso l’amico il
quale nel frattempo, sentendo i ragazzi e le ragazze della classe bisbigliare
della bellezza dalla giovane emanata, alzò lentamente il capo per vederla.
-
Buongiorno. - Non appena proferì parola, Lelouch si alzò di scatto, gli occhi ametista
spalancati ed intenti a scrutare ogni singolo dettaglio della nuova arrivata
che per un attimo ricambiò lo sguardo. La sua reazione passò però da tutti
inosservata in quanto troppo occupati a fissare la nuova arrivata.
-
Si presenti pure, signorina. - La ragazza annuì e guardò quasi annoiata tutti
gli alunni, per poi iniziare.
-
Mi chiamo C.C. e sì, è il mio vero nome, perciò vi chiederei di non assillarmi
con questa domanda. Come voi ho quindici anni e mi sono appena trasferita dalla
Britannia. Spero poter trovarmi bene qui. - Finì con un rapido inchino, guardandosi
intorno per capire dove si sarebbe dovuta sedere.
-
Si sieda pure lì… - Indicò un banco vuoto contro il muro in penultima fila al
lato sinistro della classe. - Davanti alla signorina Stadtfeld!
-
Kōzuki. - Lo corresse visibilmente infastidita la rossa che si alzò in
piedi per far capire alla nuova arrivata quale fosse il suo posto; C.C.
comprese subito che la ragazza fosse più fiera del suo sangue giapponese rispetto
a quello britannico. Tuttavia sembrava a posto, così si diresse al suo posto e
si sedette. Suzaku e Lelouch, dall’altro lato dell’aula, la seguirono con lo
sguardo e il giapponese fu dispiaciuto del fatto che si fosse dovuta sedere nel
lato opposto dell’aula; si voltò dall’amico per chiedergli cosa ne pensasse ma
lo ritrovò nuovamente con il volto sul banco, stavolta però cullato fra le
braccia di Morfeo.
Non
appena la campanella suonò per indicare la pausa pranzo, la classe si fiondò
sulla nuova arrivata, soffocandola di domande; solo Lelouch e Kallen rimasero
seduti al loro posto, lei tuttavia leggermente girata verso C.C. per studiarne
le espressioni mentre il principe si stropicciava gli occhi impastati di sonno.
Ma prima che potesse anche solo risvegliarsi, un paio di esili braccia
s’intrecciarono sul collo, la presa forte come quella di un’iguana sulla sua
vittima e, d’altronde, era proprio così che si sentiva e si maledisse per non
averci pensato prima.
-
Lulu! Mi sei mancato!
-
Come posso esserti mancato se frequentiamo la stessa classe, Shirley? - Il moro
cercò di scrollarsela di dosso, ottenendo tuttavia l’effetto contrario. Si
guardò intorno in cerca di aiuto ma i suoi amici erano troppo presi dalla nuova
arrivata per salvarlo dalle grinfie della ragazza.
-
Tu mi manchi ogni secondo in cui le nostre pelli non si sfiorano! - Lelouch
sospirò, chiedendosi come e quando suo padre avesse deciso di punirlo in tal
modo: quale peccato aveva mai commesso per meritare un simile martirio? La
dolcezza di Shirley era insopportabile, un giorno gli avrebbe fatto venire il
diabete; tanto lo stomaco già glielo faceva rivoltare.
-
Non saluti la nuova arrivata? - Cercò di cambiare argomento, pregando ogni
forza da lui conosciuta affinché la giovane si distraesse e lo lasciasse
libero: libero di scappare. Il principe non era mai stato un ottimo corritore
eppure, da quando era stato condannato ad una morte lenta, la sua resistenza era
migliorata e migliorava di volta in volta per la gioia della professoressa
Villetta Nu, docente di educazione fisica.
-
Uh, giusto! - Lelouch ringraziò tutte le forze che lo avevano ascoltato e,
notando il sorrisetto che si faceva strada sul migliore amico, sospirò,
scuotendo la testa.
-
Certo che la tua fidanzata non ti lascia neanche respirare!
-
Zitto! - Urlò. - Non pronunciare più quel sostantivo, nome, aggettivo,
qualsiasi cosa inerente a quella! - Lo intimò. - Un modo per liberarmene,
giuro, lo trovo! - L’amico rise, voltandosi verso la ragazza in questione che
nel frattempo cercava di attirare l’attenzione di C.C.
Shirley
era sin da sempre stata innamorata di Lelouch, sin dal primo momento in cui lo
aveva visto all’asilo nido. Era l’unica figlia di una celeberrima famiglia di
Britannia: i Fenette, di illustre discendenza, erano dei duchi che, con la loro
dolcezza e gentilezza, avevano pian piano guadagnato il favore di molte
illustri famiglie fra cui la famiglia reale. Joseph Fenette, come i suoi avi
prima di lui, aveva frequentato l’Ashford Academy dove aveva conosciuto
l’adorata moglie, con la quale pochi anni dopo si sarebbe sposato. Una delle
damigelle della sposa, non ché una carissima amica, era la giovane Marianne
Lamperouge, la quale, appartenendo ad un umile famiglia di conti, ebbe
l’occasione di conoscere l’allora ancora giovane Imperatore Charles al
matrimonio dei Fenette. Il colpo di fulmine fu immediato e, pochi mesi dopo,
tutti gli stessi nobili presenti quella sera si ritrovarono a festeggiare
l’ultimo matrimonio del loro imperatore. Era dunque inevitabile che l’amicizia
fra le coppie divenisse intima: Shirley fu sin da piccola invitata ai
ricevimenti e alle feste privati della famiglia reale, lei e Suzaku gli unici
al di fuori di quella ristretta cerchia di privilegiati.
-
È ancora così piccola, eppure è già pazza di tuo figlio! - Fece notare un
giorno Joseph, constatando le guance rosse della figlia inseguito al rapido
bacio che l’ultimo principe di Britannia le aveva dato sulla mano, che corse
poi a sciacquarsi le labbra, schifato.
-
Tu dici? - Chiese Charles, una mano sotto il mento. - Beh, solo il tempo potrà
dirlo! Se davvero questa cosa potesse funzionare, sarò il primo a festeggiare
l’unione delle nostre due famiglie. - In quel caldo pomeriggio primaverile,
quando Lelouch ancora s’interessava a prendere in giro le altre bambine aldilà
delle sue sorelle, la condanna del principino fu firmata. All’inizio pensò si
trattasse solo di un gioco, una minaccia del padre per obbligarlo a comportarsi
meglio, ma col tempo aveva capito che era tutt’altro che una bugia: Lelouch era
destinato a sposare Shirley, volente o nolente.
-
Tuo padre non cambia proprio idea, eh? - Domandò Suzaku, distogliendolo dai
suoi pensieri.
-
Non ne vuole sapere di cancellare il fidanzamento, è anche una questione
diplomatica. O di amicizia di o una futilità del genere.
-
Futilità? - Ripeté il giapponese. - Consideri l’amicizia una futilità, Lelouch?
- Domandò, cercando di nascondere la sua preoccupazione con un tono scherzoso.
-
Quando si tratta di mio padre, sì. - Spiegò. - È così ovvio che tutta la gente
che ora lo circonda lo faccia solo per convenienza… Tali esseri non si possono
considerare amici. - Suzaku sorrise, ripensando alla loro infanzia e a come
nessuno dei figli di Britannia fosse cambiato.
-
Che ve ne pare della nuova arrivata? - Rivaltz li raggiunse con un sorriso
stampato sul volto, prova che la ragazza non lo avesse trattato male come le
altre invece facevano. - È una in gamba! E si vede che ha un caratterino capace
di tener testa a Kallen!
-
Ehi, parli di me? - La rossa si avvicinò piano al gruppo, rimanendo per qualche
secondo incatenata agli occhi ametista di quel ragazzo che lei considerava il suo
primo ed unico amore. Kallen era una ragazza molto riservata e nessuno sapeva
del suo amore non corrisposto e mai nessuno avrebbe dovuto saperlo: sarebbe
morto insieme a lei, seppellito nell’eternità.
-
Che ne pensi della nuova arrivata? - La giovane in questione si girò per
guardarla rapidamente. - Non mi dice nulla. Penso sia una di quelle solite
ragazze fredde e indifferenti a tutto.
-
Ma dai, come sei cattiva! - Suzaku, anche se sorrise, voltò il viso verso C.C.
che nel frattempo si alzava; probabilmente cercava una qualsiasi scusa per
venir lasciata in pace dalla mandria che le stava addosso. Per quanto stimasse
Kallen, si ritrovò d’accordo con Rivaltz: era stata un po’ troppo dura con la
nuova arrivata e ciò non era da lei, che aveva un animo incorruttibile e
gentile.
-
A me… Sembra una ragazza a posto. - Commentò Nina, gli occhi bassi e le mani
che giocavano nervosamente con i libri. - È molto riservata, persino con
Shirley ha parlato poco. - Udito quel nome, Suzaku si voltò velocemente verso
l’amico, un sorriso benevolo dipinto sulle labbra.
-
E tu, Lelouch? Tu cosa ne pensi della… Uh? - Ma l’Undicesimo Principe di
Britannia era sparito, svanito nel nulla prima anche solo di udire il nome di
quella ragazza che hai suoi occhi era una sanguisuga sotto mentite spoglie
umane; scappò, sperando quasi di poter fuggire davvero dalle grinfie del padre
e dell’oppressiva fidanzata.
L’Ashford
Academy era una delle scuole più prestigiose del paese. Non solo per la qualità
degli studi, bensì per la gente che la frequentava: pochi erano infatti i
ragazzi del ceto medio a potervi entrare, le borse di studio venivano offerte
solo ai ragazzi con la media dall’otto e mezzo in su. Era inoltre un istituto
immenso: comprendeva piscine, svariati campi da golf, tennis, calcio,
pallacanestro e pallavolo. Vi erano ampi spazi destinati al giardinaggio e le
sedi dei club erano degli edifici rinascimentali costruiti per ricordare gli
anni d’oro dell’Inghilterra e della Francia monarchica. Il fatto che la scuola
fosse un gigantesco labirinto quindi, non rese facile la fuga della nuova
studentessa che invano saliva e scendeva ogni scala degli edifici nella
speranza di trovare un luogo isolato.
Finalmente,
quando ormai aveva perso ogni speranza, si ritrovò sulla terrazza dell’edificio
centrale e si sedette all’ombra, nascondendosi dal mondo. Sospirò, guardando il
cielo limpido; aveva sempre amato le nuvole. Non sapeva nemmeno spiegare
perché, eppure sin da bambina le osservava, le studiava, cercava di
raggiungerle, di immaginarne la consistenza, di odorarle, di assaggiarle. Pur
sapendo che non ci sarebbe riuscita, alzo lentamente il braccio, sfiorando con
la sua immaginazione quegli enormi zuccheri filati color latte.
-
Chissà se… Potrete mai… Esaudire questo mio egoistico desiderio… - Sorrise
tristemente, ritraendo la mano, consapevole che mai e poi mai avrebbe visto il
suo desiderio avverarsi. Sospirò nuovamente ma si sorprese quando sentì dei
passi rapidi raggiungere la terrazza; C.C. sporse la testa e vide un giovane di
spalle con le mani appoggiate alle ginocchia che prendeva fiato: evidentemente
aveva corso per molto tempo.
-
Maledizione! - Lo vide cercare qualcosa nelle tasche dei pantaloni. - Prima o
poi escogiterò qualcosa di grande. - Il ragazzo aprì il pacchetto di sigarette
e ne appoggio una sulle labbra, pronto ad accenderla.
-
Non lo fare. - Il moro si guardò intorno, cercando di capire da dove provenisse
la voce. - Dietro di te, angolo in ombra alla sinistra. - Lelouch si voltò,
sorpreso di vedere la nuova arrivata nascosta in un angolo buio invece che in
giro per la scuola a gustare i suoi cinque minuti di fama.
-
E tu che ci fai qui?
-
Non sono affari tuoi. - Il principino accigliò un po’ le sopracciglia e,
dandole nuovamente le spalle, avvicinò l’accendino alla sigaretta. In realtà, a
Lelouch non era mai piaciuto fumare. Non era uno di quei ragazzi che avevano
bisogno di fumare per sentirsi adulto e figo; gli piaceva bere, ma non
eccessivamente; considerava un atteggiamento da poco uomo quello di giocare coi
cuori e i corpi delle ragazze per poi vantare le conquiste ovunque. Lelouch era
sempre stato un gentiluomo con le dame, studioso, educato, dal carattere forte
ma molto astuto nelle scelte. Da quando però l’anno precedente l’imperatore
aveva confermato la sua volontà di promettere Lelouch a Shirley, il ragazzo era
completamente cambiato, diventando l’opposto: fumava, si ubriacava, usciva con
una o più ragazze alla volta le quali si portava a letto e non ne faceva
segreto, anzi, se ne vantava. Solo con gli amici e le persone a lui care era
rimasto se stesso, per il resto era maleducato, menefreghista di tutto e tutti,
ormai aveva smesso anche di studiare. Questo per far soffrire Shirley, nella
speranza che un giorno, stanca, mandasse al diavolo tutto; eppure la ragazza
era recidiva: più male le faceva, e più tornava da lui. Ma soprattutto, il suo
nuovo atteggiamento era un dispetto verso il padre: quel padre che sembrava
odiarlo, quel padre che era insolente con tutti tranne che con Marianne e
Nunnally.
Quel
padre che un giorno avrebbe spodestato.
-
Ti ho detto di non fumare. - Lo riprese nuovamente lei, questa volta con gli
occhi severi. Il ragazzo sbuffò, accendendo la sigaretta.
-
Grazie della preoccupazione, so già cosa comporta il fumo ma essendo la salute
mia, decido io cosa...
-
Non m’interessa la tua salute. - Lo interruppe, alzandosi in piedi. - L’aria è
tua?
-
Eh? Che razza di domanda è?
-
Rispondi: l’aria è tua? - Lelouch alzo un sopracciglio, facendo la seconda
tirata ed espirando il fumo alla sua sinistra.
-
No. - Rispose secco lui. - Ma la vi… Ehi! - C.C. gli tolse con violenza la
sigaretta dalla labbra che poi gettò a terra e schiacciò.
-
L’hai detto tu che l’aria non è tua, perciò non inquinarla. - La giovane fece
per andarsene ma il ragazzo ne bloccò il polso, obbligandola a voltarsi. Gli
occhi dorati della ragazza erano forti, rispecchiavano tutta la sua
personalità: cocciuta, determinata ma soprattutto indomabile.
-
L’aria non è mia ma nemmeno tua. È di tutti. - Chiarì lui, lasciando la presa
per prendere una nuova sigaretta che C.C. prontamente gli tolse dalle mani.
-
Io faccio parte di tutti e la mia aria non va inquinata. Se proprio vuoi
fumare, scendi e cercati un altro posto dove io non sia presente. - Detto ciò
la nuova arrivata tornò a sedersi, lasciando dinnanzi a lei un Lelouch sorpreso
e infastidito alla volta: quella ragazza gli avrebbe dato filo da torcere.
Stava per risponderle quando una voce amica lo fermò, raggiungendo i due in
terrazza.
-
Mi hanno detto che la nuova ragazza è qui! - La biondina si guardò intorno e,
vedendo Lelouch, gli si avvicinò. - Ah, Lelouch! E tu che ci fai qui?
-
Ero venuto qui per fumare. - Spiegò, abbassando lo sguardo verso le due
sigarette rotte a terra. - Ma Miss Simpatia me l’ha impedito! - Guardò in
direzione della ragazza che, del tutto indifferente, si alzò.
-
Oh, eccoti! - La ragazza dagli occhi azzurro mare si avvicinò a C.C.,
porgendole gentilmente la mano. - Io sono Milly Ashford, figlia del preside,
nonché presidentessa del consiglio studentesco! Il mio compito oggi è quello di
farti conoscere tutti i club che la nostra scuola offre, anche se io credo
saresti una grande conquista per il consiglio! - La nuova arrivata venne
trascinata via dalla presidentessa, che iniziò ad elencare le ragioni per cui
il consiglio studentesco poteva considerarsi la miglior scelta. Lelouch le
guardò andarsene e rise, pensando che Milly non si smentisse mai, avvolta
sempre da quella strana energia positiva che non l’abbandonava nemmeno nei
giorni più bui. Dall’alto della terrazza vide le due ragazze avviarsi
nell’edificio del consiglio e osservò la nuova arrivata, ricordando la
discussione di pochi minuti prima.
-
Per una volta hai ragione, Rivaltz. - Si portò una sigaretta alle labbra che
accese compiaciuto e, dopo il primo meraviglioso tiro, sorrise. - Miss Simpatia
ha davvero un caratterino niente male.
Dunque,
prima di tutto ci terrei a ringraziare DI CUOREAliceBaskerville
che mi ha dedicato qualche minuto del suo tempo per scrivermi una recensione,
davvero ti ringrazio che non idea!! (‘: Btw, anch’io sono una grandissima fan
di Pandora Hearts! *O* E come te amo la bellissima Alice B. Rabbit. *W*
Tornando a noi, ringrazio anche coloro che non hanno recensito ma hanno deciso
di seguire questa storia e spero di poter leggere presto qualche vostra
opinione!! (: Questo capitolo è stato anche abbastanza lungo per fare un po’ il
punto della situazione, se l’avessi spiegato nel mentre della narrazione di
tutta la fan fiction sarebbe stato complicato e anche poco piacevole da
seguire, invece che ora sapete a grandi linee la storia sarà per me molto più
facile continuare. ^^ Beh, spero vi sia piaciuto questo capitolo e spero di
leggere qualche recensione!! *^*
Lo
so che sembra un miracolo ma sì... SONO TORNATAAA! :D
E stavolta sono tornata per restare! ^.- Nell’ultimo
anno nella mi vita ci sono stati dei cambiamenti improvvisi che mi hanno
portato a mettere (a malincuore) in secondo piano le fan fiction che tuttavia
non ho mai smesso di portare avanti là dove l’immaginazione non ha limiti e gli
scenari sono si succedono uno dopo l’altro senza sosta: nella mia testolina
buffa. :3 Molti degli episodi futuri non sono già stati scritti bensì sono stati
tracciati e abbozzati, per questo posso dirvi di non temere più una futura
discontinuità. Non posso tuttavia promettervi aggiornamenti settimanali,
mensili sì, magari se riesco anche due al mese ma non posso assicurarvi nulla,
uno al mese però è una promessa che intendo mantenere! :]
Beh niente, che dire? Spero continuerete a seguire questa fan fiction e che
andando avanti amiate ancora di più la storia, cercherò di mantenere il più
possibile i personaggi IC, ciò nonostante è possibile che vi siano delle
occasioni in cui i personaggi siano un po’ - ma mai eccessivamente - diversi
rispetto a come li abbiamo visti nell’anime, questo non perché io ami
distruggere i personaggi – affatto, perché pure quelli che non mi piacciono
cerco di mantenerli il più veri possibile – bensì per una semplice questione di
adattamento alla situazione: ci siamo abituati a vedere una Shirley molto
fragile e insicura, tratti che per esempio sono rimasti, tuttavia essendo che
in questa storia lei non è più solo una semplice compagna di scuola di Lelouch
ma ne è la promessa sposa, mi sono permessa di vedere oltre al suo personaggio
e immaginare come e quanto il suo personaggio si sarebbe potuto spingere,
quanto avrebbe potuto osare se nella storia originale avesse avuto l’importanza
che diversamente qui le ho dato. Un altro punto importante che mi sento di
segnalare - e poi giuro che vi lascio in pace, è la relazione fra C.C. e
Nunnally: nell’anime purtroppo le hanno fatte interagire poco, cosa che a me è
particolarmente dispiaciuta anche perché secondo me non è stato un caso che l’anime si sia concluso con lo stesso origami rosa che la
nostra adorata streghetta compose in compagnia della
sorellina dell’Imperatore Sanguinario, esprimendo con esso un desiderio più
grande della sua iniziale volontà di morire, desiderio (o forse sarebbe il caso
di parlare di sentimento?) che condivideva con la più piccola delle principesse
di Britannia. In questa mia storia ho voluto riempire quel vuoto che ha
lasciato l’anime che tuttavia ci ha fatto intendere
che fra le due fosse nata una buona chimica, più di quanta Nunnally abbia mai
avuto con qualsiasi altra amica di Lelouch essendo tale affinità superata solo
dalla sua vicinanza con Sayoko. Finita questa lunga
introduzione (lo so che vi annoiate a leggerla ma per me è importante! ç^ç), spero di cuore che questo nuovo episodio vi piaccia e
se avete piacere di lasciami commenti, siano essi positivi, negativi o neutri,
avrò cura di leggerli, imparare dai miei errori e rispondere ad ognuno di voi.
(: Ringrazio di cuore AliceBaskerville,
Bradamantee, Eris_Elly,
Pizeta e nye
per essersi fermati a recensire la mia fan fiction, voi ragazzi siete le cinque
maggiori ragioni che mi hanno spinta a continuare questa storia ad ogni costo,
perciò grazie davvero!❤ Ora bando alla
ciance e godetevi il terzo capitolo di Masquerade!
Il
labirinto della Regina di cuori non era nulla in confronto all'Ashford Academy.
Più la presidentessa le mostrava le diverse attività presenti nell'istituto,
più C.C. si convinceva che nessuna di quelle si addicesse alla sua personalità
e per una ragione abbastanza semplice quanto rilevante: la strada da fare e le
zone da ricordare erano fin troppe. La giovane d'altronde aveva sempre brillato
per la sua assenza: non si era mai preoccupata di piacere alla gente né tanto
meno aveva mai elemosinato compagnia poiché da sola si era sempre sentita più a
suo agio, ragion per la quale, nonostante la sua giovane età, C.C. non aveva
amici. Al pensiero sbarrò lievemente gli occhi, correggendosi: un
"amico" in realtà lo aveva o almeno, lo aveva avuto. Qualcuno con cui
condividere un pomeriggio in silenzio senza la pretesa di voler infrangere il
suo sacro momento di beatitudine, qualcuno disposto ad assecondare la sua
insaziabile voglia di pizza a qualsiasi ora del giorno e della notte, qualcuno
a cui piaceva proprio per la sua solitudine e che come lei preferiva isolarsi.
"Spero tu stia bene e sia capace di perdonarmi..." pensò fra se e se,
ignorando del tutto la biondina che da ormai quarantacinque minuti le camminava
allegramente a fianco e che non aveva ancora smesso di parlare, per un momento
addirittura pensò di chiederle da dove tirasse fuori tanto ossigeno o se non
facesse uso di qualche sostanza illecita ma abbandonò il pensiero all’idea che
probabilmente la compagna avrebbe iniziato un nuovo monologo infinito. Fingendosi
interessata al discorso che non aveva nemmeno cominciato a sentire, C.C. ne
studiò il viso, i movimenti, la gioia con cui trattava anche i temi più noiosi.
Era il suo esatto opposto: la presidentessa era una ragazza vivace nei cui
occhi color mare erano dipinti la speranza ed il desiderio di vivere ogni
giorno non come se fosse l'ultimo, bensì come se ogni giorno fosse un giorno di
festa. Milly era un sole: un sole che emanava calore ed i cui raggi giungevano
ad ogni essere umano sulla faccia della terra, pronto a ricordagli che era
nuovamente giunto il momento di lottare. Spostò i suoi occhi dal viso della
ragazza verso il lungo corridoio che stavano percorrendo e, sentendola ridere,
confermò le sue impressioni: sì, Milly era decisamente il sole.
Ma
era il sole che si levava alto in un tardo pomeriggio invernale, incapace di
donare calore.
C.C.,
che era stata così tante volte ferita e derisa dalla vita, comprese subito che
quella di Milly non era altro che un'opera teatrale montata su un fastoso palcoscenico
che la giovane sosteneva appena sulle sue esili spalle, un’immagine più penosa
che gioiosa: la vedeva sorreggere da sola quel palco talmente pesante che ormai
la teneva piegata in due e nel mentre cantava un inno alla vita che ripeteva a
memoria senza più alcuna emozione, un finto sorriso ne decorava le labbra ormai
screpolate dall’eterna smorfia immutabile. Non c'era nulla da festeggiare,
nulla da omaggiare e C.C. l'aveva capito subito: l'atteggiamento della ragazza
non era nient'altro che uno scudo per difendere i suoi amici e se stessa dalla
decadenza del mondo e del genere umano, era suo il compito di farli sperare
anche nelle più disperate delle situazioni, si era auto-imposta una carica
molto pesante che tuttavia non avrebbe potuto reggere a vita. Nei suoi occhi
azzurri cielo lei aveva letto la sua maturità velata, aveva intravisto
un'adulta che giocava a far la bambina per non dover affrontare i colpi della
vita. E più Milly mostrava la sua euforia, più il suo cuore piangeva, cercando
di darsi forza anche quando non ne aveva più. C.C. l'ascoltava senza realmente
udirla, annuendo di tanto in tanto, non prestando alcuna attenzione alle sue
parole, chiedendosi se non fosse più pesante trasportare una simile croce
piuttosto che accettare la nuda verità ad occhio asciutto.
-
Ed infine, la sede del consiglio studentesco! - C.C. realizzò solo in quel
momento di essere ritornata all'edificio centrale, lo stesso dove si tenevano
le lezioni, il che risultò ai suoi occhi un'offerta allettante: nessuna strada
da imparare, nessuna fatica da fare.
-
Credo che saresti un ottimo acquisto per il consiglio! Inoltre mi sembra di
aver capito che nessuno dei club visitati abbia attirato particolarmente la tua
attenzione... - Aprì la porta e la invitò ad entrare. - E poi molti di loro li
conosci già!
-
Presidentessa! Volevo chieder... Ehi, ciao! - Un giovane dagli occhi smeraldo
si avvicinò alle ragazze, porgendo loro un sorriso genuino come la sua anima.
C.C. lo indentificò subito come il compagno di banco del viziato
"papà-guarda-come-sono-alternativo" incontrato sulla terrazza; a
differenza di quest'ultimo però il giovane sembrava un ragazzo dall'animo puro,
seppur fosse evidente che nascondesse qualcosa dietro quel sorriso d'angelo: se
c'era qualcosa che la vita si era occupata di insegnarle, era che proprio
dietro i volti più innocenti si nascondevano i peggiori demoni.
« Perché tutti i mostri sono umani.»
-
Non dirmi, la presidentessa sta forse cercando di persuaderti ad entrare nel
consiglio studentesco? - La ragazza in questione rise, abbracciando l'amico e
sfoggiando il suo solito sorriso da stregatto.
-
E' così evidente? - C.C., del tutto indifferente alla loro interazione, guardò
la stanza distrattamente, pensando che forse fra tutti i club quello fosse il più
indicato alla sua personalità. Essendo l'Ashford Academy un istituto privato,
molto del "lavoro sporco" si trasformava in gioco da bambini:
ricavare fondi di certo non era un compito complicato, bastava domandare agli
alunni di sborsare dei soldi promettendo loro qualcosa di mai visto prima e
questi non si sarebbero fatti a problemi a chiedere a mamma e papà; per quanto
riguardava l'organizzazione degli eventi scolastici, il consiglio si occupava
semplicemente della parte teorica di essi, non prendevano quasi mai fisicamente
parte alle decorazioni o alle preparazioni; durante la maggior parte dell'anno
si occupavano per lo più di gestire le problematiche esistenti fra alunni e
insegnati che tuttavia erano rare a sentirsi. C.C. sorrise: guadagnare un alto numero
di crediti non facendo nulla per tutto l'anno? Mi piace.
-
Ah, ecco cosa mi ero dimenticata di dirti! Prendi! - Si ritrovò fra le mani un
piccolo dépliant sui cui erano stampati diversi loghi che iniziò a scorrere
velocemente con lo sguardo. - Essendo dei membri del consiglio abbiamo dei
convegni in più rispetto agli altri studenti. Per esempio abbiamo dei favolosi
sconti da McDonald's, KFC, Pizza Hute... - La tipica espressione indifferente di C.C. fu
rapidamente sostituita da un'espressione felicemente sorpresa: s'immaginò a
navigare in un mare di pizza, Cheese-kun al suo
fianco a sua volta affiancato dal resto della famiglia Cheese
che avrebbe finalmente potuto acquistare con i nuovi punti che presto – molto
presto, avrebbe ottenuto.
-
Quando inizio? - Milly e Suzaku si scambiarono uno sguardo d'intesa e sorrisero
alla giovane, felici non solo di averla convinta ad entrare ma di aver scoperto
qualcosa in più riguardo alla misteriosa nuova arrivata. Sentendo la porta
aprirsi i ragazzi si voltarono, riconoscendo subito i corti capelli rossicci.
-
Oh. – Kallen, spiacevolmente sorpresa dall'incontrare la nuova arrivata nella
stanza del consiglio studentesco, cercò di assumere l'espressione più
indifferente possibile mentre la sua testa elaborava mille ragioni per spiegare
la presenza della giovane nel club, volendo appositamente evitare quell'unica
che era la sola e vera possibile ma che al contempo era anche la più
fastidiosa. Per qualche ragione la nuova arrivata non gli provocava alcuna
simpatia: quei lunghi capelli verdi, quegli occhi dorati, la pelle color perla,
quei tratti così rari da trovare nel mondo eppure così belli... Ma, sopra ogni
cosa, quella sua personalità: le scivolava tutto addosso, quasi come se fosse
bagnata in olio, una personalità ben differente dalla sua fortemente istintiva
e sensibile.
-
Kallen! Arrivi al momento giusto! - Cercò di mantenersi il più indifferente
possibile ma sapeva bene che vedere Milly esultare in quel modo poteva
significare solo una cosa: - C.C. è appena entrata a far parte del consiglio
studentesco! - Strinse piano i pugni e per un istante nei suoi occhi
trapelarono i suoi veri pensieri, pensieri che non sfuggirono allo sguardo
attento di C.C. né tanto meno a quelli di Suzaku. Resasi conto dell'errore
commesso, la giapponese abbozzò un sorriso e le porse
la mano.
-
Benvenuta. Spero ti troverai bene con noi. - C.C., che dal canto suo non aveva
alcun interesse a fare amicizia con la giovane, considerò l'idea di diversi con
la ragazza: era da tanto che non sfidava qualcuno all'ultimo sangue e la sua
rivale, anche se ancora stentasse a comprendere in cosa fossero rivali,
sembrava essere la persona giusta che la potesse far divertire. Decise quindi
di stare al suo gioco: sfoggiando il suo miglior malizioso sorriso, le strinse
la mano con tale decisione che Kallen soprassalì e, incontrandone lo sguardo,
comprese a pieno il messaggio che le aveva trasmesso: "Accetto la
sfida".
-
Presidentessa! - Suzaku si appoggiò al tavolo con Arthur fra le braccia, cercando
di coccolarlo ma venendo prontamente morso per l'ennesima volta: prima o poi
avrebbe capito perché quel gatto lo odiasse e al contempo lo amasse così tanto.
- Non credi sia il caso di convocare una riunione ufficiale? Per presentare il
nuovo membro!
-
Mi hai tolto le parole di bocca! - L'ereditiera Ashford si avvicinò al
microfono e ordinò (poiché nonostante l'avesse chiesto gentilmente, in realtà
esso ebbe la forza di un ordine) ai mancanti membri di presentarsi il prima
possibile nella sede, pena una “punizione personalizzata” che accentuò
aggiungendo alla frase una risata sadica.
-
Era proprio necessario minacciarli? - Milly ridacchiò, sedendosi sul tavolo e
accavallando le gambe. C.C. alzò mentalmente un sopracciglio: era convinta che
la bionda fosse una masochista convinta; allora da dove saltava fuori questo
lato sadico? A quanto pare non si smetteva proprio mai d’imparare.
-
Che senso ha essere la presidentessa del consiglio studentesco se non posso
torturare un po' i miei amici? - Il "Milly-Method", come amava
definirlo lei, ebbe un ottimo ma soprattutto rapido risultato: se arrivarono
così velocemente per amore al dovere o per mera paura della punizione che
sarebbe stata loro altresì inferta, rimase un segreto dei singoli membri che non
si fecero attendere. La prima a sopraggiungere fu una giovanissima ragazza dai
lunghissimi capelli castani chiari con due evidenti mancanze fisiche, giunse
infatti su una carrozzina trainata da una giovane donna di origini chiaramente
giapponesi.
-
Ciao a tutti! - La voce così soave della giovane soprese C.C. la quale si
interessò subito alla ragazza: non era come le altre persone meno fortunate che
aveva conosciuto. Questa ragazza, nonostante i due gravi handicap da cui era
afflitta, emanava una luce e una serenità che C.C. non ricordava mai aver
sentito prima. O forse sì, ma così tanto tempo addietro che la sua mente si
rifiutava di ricordare.
« Un
tale tepore nel cuore... »
Continuò
ad osservare la ragazza che lentamente si face avanti, un tenero e generoso
sorriso disegnato sul volto. Capì subito che non avesse un'indole vittimista,
tutt'altro: a dispetto di ciò che potesse sembrare a prima vista, era una
guerriera. Un brivido le percorse veloce la schiena, cercando di allontanare da
se quella sensazione.
-
Nunnally! - Suzaku si avvicinò alla carrozzina e intrecciò le sue mani con
quelle dell'amica. - Hai sentito che è arrivata una nuova ragazza nella nostra
classe? - Nunnally annuì, sorridente e piacevolmente felice di poter fare nuove
amicizie.
-
Sì, mi è stato anche riferito che ha gli occhi di un bellissimo color oro. - Il
giapponese fece segno alla ragazza in questione di avvicinarsi.
-
Conoscila tu stessa... - Sciogliendo il loro intreccio avvicinò le mani delle
ragazze e si allontanò, quasi non volesse rompere quell'intimità che si era
venuta a creare fra loro. Le mani di Nunnally presto furono sul viso di C.C.,
delicate, provocando nella giovane un sincero sorriso che i lunghi capelli
nascosero alla vista degli altri presenti.
-
Piacere di conoscerti Nunnally. Io sono C.C. - La più giovane delle due
sorrise, tornando a sfiorarle le mani.
-
Il piacere è tutto mio C.C.! - Per la prima volta C.C. sentì il desiderio di
voler piacere a quella piccola persona così indifesa eppure così forte. Ciò che
la ragazza non sapeva era che anche la giovane, a sua volta, era desiderosa di
intraprendere un'amicizia con lei: non aveva percepito in lei infatti la solita
ipocrita gentilezza che le veniva riservata a causa della sua cecità e
incapacità di camminare. Anzi, c’era qualcosa di più profondo: poté infatti
sentire come il cuore della misteriosa ragazza, tormentato e devastato dalla
presenza di un uragano che, imperterrito continuava a devastarne i sentimenti,
avesse momentaneamente trovato la pace. Sorrise, pensando a quanto la nuova
arrivata avesse in comune col suo adorato fratello. "Sono certa che
andranno d'accordo!"
Poco
dopo le venne presentata anche Sayoko ed in seguito
la snella Shirley, che arrivò insieme a Nina e a Rivalz.
-
Tu devi essere la nuova arrivata! - Shirley strinse la mano di C.C. con euforia
benché fosse molto distratta, di fatti non guardò nemmeno la ragazza, troppo
occupata a guardare ogni angolo della stanza, quasi fosse alla ricerca di
qualcuno. La nuotatrice rispecchiava la tipica ragazza della sua età: seguace
della moda, sognatrice ad occhi aperti ed attenta all'aspetto esteriore, ben
diversa da Kallen, la quale aveva un aspetto più sportivo. Ciò nonostante non
le sembrò una persona cattiva, solo una ragazzina viziata che non le avrebbe
causato problemi finché non si fosse intromessa nelle sue questioni. La salutò
quindi priva di alcuna ostilità: nemmeno in un universo alternativo lei e
quella giovane avrebbero mai potuto condividere interessi in comune. La vide
continuare a guardarsi intorno, questa volta contando le persone presenti.
-
Adesso arriva Shirley, tranquilla! - La rassicurò Rivaltz, provando un po' di
pietà per l'amico che sarebbe arrivato da lì a poco. La Fenette era sicuramente
una bella ragazza, forse anche la più bella della scuola, ed era inoltre un
ottimo partito, tutto ciò oltre ad essere la ragazza più popolare della scuola.
Nonostante ciò, tutta la sua bellezza e popolarità mal si conciliavano con la
possessività e lo spirito da stalker psicopatica che
la caratterizzavano. La nuotatrice sospirò delusa ma ben presto un enorme
sorriso le illuminò il volto: la porta si aprì lentamente, mostrando al di là
di essa un giovane dai capelli scuri entrare piano, quasi si facesse attendere
apposta. Chiuse la porta senza degnare nessuno di uno sguardo e quando
finalmente alzò gli occhi verso i suoi amici, alzò un sopracciglio,
visibilmente infastidito.
-
E tu che diavolo ci fai qui? - La giovane in questione lo guardò annoiata e
spostò il suo sguardo altrove, chiedendosi se fosse il suo giorno fortunato:
era la vita a mandarglieli, o era forse lei ad attirare i guai? Nunnally
si avvicinò al moro la cui espressione cambiò immediatamente, sorprendendo la
nuova arrivata che, nascosta dietro la sua solita maschera d'indifferenza, si
chiese che strano potere avesse quella ragazza sul giovane pseudo-ribelle.
-
Nunnally. - La salutò in un sussurro e ne toccò piano le mani, quasi fosse un
oggetto prezioso che temesse di rompere.
-
Fratellone, hai già avuto occasione di conoscere C.C.? - Come fece a non spalancare
gli occhi e a mantenere la sua solita espressione, non lo seppe nemmeno lei.
Quel ragazzo così arrogante... Fratello di quella che probabilmente era la
bontà e innocenza in persona? Dove, come ed in cosa avevano sbagliato i
genitori di quei due?! O magari Lelouch era un figlio nato in provetta,
prodotto di un laboratorio, l’idea già era più plausibile. Non poté evitare di
notare però una certa somiglianza, in particolare era evidente la loro
parentela negli occhi e nei tratti delicati del viso. Certo che a Madre Natura
piace proprio scherzare pensò, vedendoli interagire.
-
Sì, frequenta la mia stessa sezione. - Accarezzò piano il capo della sorella
prima di alzarsi e sfidare nuovamente C.C. con gli occhi. - Dunque? - Il tono,
che fino a qualche istante prima era stato premuroso e pieno d'amore, tornò
freddo e distaccato, persino la sua postura e il suo sguardo cambiarono, quasi
vi fossero due Lelouch dentro un unico corpo. - Che cosa ci...
-
Amore mio! - Prima che potesse anche solo reagire le braccia di Shirley lo
avvolsero, stritolandolo e rubandogli un rapido bacio sulle labbra. - Oh, come
mi sei mancato! Si può sapere dove sei stato tutto il giorno?
-
S-Sh-Shirley... - Il moro cercò di scrollarsela di
dosso, spingendola via ma la presa della fidanzata era ferrea, proprio come la
sua volontà; peccato che invece l’amore per se stessa non fosse altrettanto
forte. - Mi fai male Shirley, piantala! - Urlò ormai esasperato il moro,
scuotendo con tale forza il braccio che tutti temettero per un momento che
avrebbe colpito la fidanzata. La giovane quindi allentò la presa e si
accontentò di rimanere attaccata al suo braccio destro, il viso arrossato
mentre abbozzava un sorriso per nascondere la vergogna, cercando quasi di
ingannare tutti - e più di chiunque altro se stessa, facendo credere che
andasse tutto bene.
-
Suvvia Lelouch, non è il caso di infastidirsi per così poco... - Rivalz cercò di far calmare l'amico, conscio tuttavia come
gli altri che l'unico modo per calmare l'umore del principino era allontanarlo
dalla Fenette. Lelouch guardò Shirley profondamente infastidito, quasi
schifato, chiedendosi come potesse amarlo così tanto e amarsi così poco da
lasciarsi umiliare così. D'altronde il suo amore era innegabile, persino lui
stesso, per quanto l’idea gli facesse rivoltare lo stomaco, era consapevole che
l’amore di Shirley era amore vero: non era interessata al titolo, ai soldi o ai
privilegi che derivavano dall'essere la fidanzata di un Principe di Britannia.
Era interessata solo ed unicamente a lui e forse, in una realtà
completamente alternativa, in un mondo ideale, Lelouch si sarebbe potuto
innamorare di una ragazza del genere. Ma il loro era un mondo corrotto, un
mondo sporco, un mondo inumano. E lei, seppur di buoni sentimenti, era una
ragazzina viziata, una stalker psicopatica ed
insicura. Non bastava essere cresciuti insieme? Non bastava vivere a pochi
metri – o ettari, ma ciò era del tutto irrilevante, era comunque la sua vicina
di casa - di distanza? Non bastava condividere gli stessi amici? Non bastava
essere in classe insieme? No, per lei non era mai abbastanza: dovevano
frequentare lo stesso club e doveva essere presente ovunque lui andasse per
affermare e confermare di essere la sua fidanzata. Fra tutti i suoi difetti,
probabilmente era quello l'atteggiamento di lei che più detestava. Senza alcuna
pietà scosse nuovamente il braccio, liberandosi completamente dalla sua presa,
totalmente indifferente agli sguardi accusatori degli amici mentre a Shirley
non rimase altro che trattenne le lacrime e rimanere in piedi al suo fianco,
cercando di nascondere gli occhi sotto la folta frangetta arancione. C.C. notò
come gli amici della coppia si tenessero al margine, evitando di guardarli e
cercando di cambiare rapidamente l'argomento; era evidente che fra loro ci
fosse uno strano legame: Lelouch, da quel poco che aveva potuto osservarlo, era
il tipo di ragazzo che si vantava delle proprie conquiste e Shirley era una
ragazza molto carina. Ciò nonostante, il giovane non sembrava solo infastidito
della sua presenza, bensì... Sembrava serbare del rancore verso la - fidanzata?
Amante? Al suo tocco egli infatti rabbrividiva, come se gli provocasse un forte
ribrezzo.
-
Bene! - Milly catturò la loro attenzione, decisa a cambiare la pesante aria che
si era venuta a respirare. - Ora che siete tutti presenti, vi spiegherò la
ragione per la quale vi ho convocato! - Si avvicinò a C.C. che condusse al
centro del gruppo. - Date il benvenuto al nuovo membro del consiglio
studentesco: C.C.!
-
Un'altra ragazza, evviva! Che bella notizia! Benvenuta!
-
Benvenuta fra noi, C.C.!
-
Spero ti troverai bene qui con noi! Sai, noi in realtà siamo come una piccola
famiglia. - Le spiegò Nunnally avvicinandosi al nuovo membro del consiglio,
seguita dagli altri tranne che da Shirley la quale rimase muta al di fianco
Lelouch e Lelouch stesso, il quale si mise le mani in tasca e si avviò verso
l’uscita.
-
Se avete finito, io me ne vado.
-
Lelouch! - La voce del suo migliore amico lo fermò, tuttavia scelse di non
voltarsi: non era giornata per sopportare gli sguardi accusatori di tutti, più
tardi avrebbe avuto a che fare con l'espressione risentita della sua adorata
sorellina e come punizione era più che sufficiente. - Non è il caso che tu sia
scortese. Rimani qui con noi, stiamo festeggiando una cosa carina!
-
Non mi interessa.
-
Fratellone, rimani per favore! C.C. è appena arrivata e non ha nessuno, voi
siete in classe insieme, magari potreste diventare ottimi amici e...
-
Non preoccupatevi. - Li interruppe il nuovo membro del consigli studentesco. -
La sua presenza non è indispensabile. - Shirley alzò il viso e guardò la
ragazza dai lunghi capelli verdi, l'espressione un misto fra lo shock e lo
stupore ma fu la risata del ragazzo, ancora di spalle, ad attirare l’attenzione
di tutti.
-
Attenta ragazzina. - L’avvertì, appoggiando una mano sulla maniglia e infilando
l'altra in tasca, assicurando la presa sul pacchetto di sigarette. - Stai
giocando col fuoco.
-
E' una minaccia? - Chiese con un tono sufficientemente divertito da far voltare
il ragazzo: seppur continuasse a mantenere quell'aria fra l'annoiata e
l'indifferente, un malizioso sorriso ora ne decorava il volto, provocando in
Lelouch la voglia di scommettere di più.
-
Io lo chiamerei un gentile avvertimento. - C.C. si appoggiò al tavolo e,
guardandolo dritto negli occhi, ghignò divertita.
-
Non mi faresti paura nemmeno se fossi il figlio dell'Imperatore di Britannia. -
Non capì che cosa sbagliò - aveva pronunciato male qualche parola? O
l’Imperatore era forse un tabù per i pochi giapponesi presenti nell’aula? - a
dir la verità non seppe nemmeno se sbagliò ma di una cosa era certa: per tutti
i presenti C.C. divenne improvvisamente un alieno proveniente da Marte o da
chissà quale altra lontana - lontanissima avrebbe azzardato visti gli sguardi -
galassia. Più si ripeteva la frase in testa e più non capiva; erano forse
davvero tutti spaventati da quella brutta copia fallita di un teppistello? Il
moretto ghignò divertito ma prima che potesse parlare Shirley intervenne,
rubandogli la gloria.
-
Uhm... - Si schiarì la gola, attirando l'attenzione della nuova compagna. - Lui
è il figlio dell'Imperatore: Lelouch vi Britannia. - Indicò
successivamente la sorella che sforzò un sorriso, evidentemente intimorita dal
probabile cambiamento che l'atteggiamento di C.C. avrebbe subito non appena le
fosse stato rivelato il suo titolo. - E Nunnally è l'ultima figlia
dell'Imperatore Charles e l'Imperatrice Marianne: Nunnally vi Britannia. - Finì
solenne, con un tono quasi fiero: sebbene non ne facesse ancora legalmente
parte, Shirley si sentiva già parte della famiglia reale e non solo per il
fatto di essere la fidanzata ufficiale del Principe, ma soprattutto per tutte
le volte che lo stesso Imperatore si era occupato di sottolineare la relazione
fra la Fenette ed il suo erede più ribelle. La ragazza infatti non era stupida:
sapeva bene che il favore dell'Imperatore non fosse dovuto al fatto che lei gli
piacesse in particolar modo. Non che non gli piacesse, giacché in realtà era
molto stimata e rispettata da quest’ultimo, ma nei suoi sogni di bambina lei
avrebbe voluto dei suoceri che non si fermassero alla semplice accettazione e
al rispetto reciproco, lei avrebbe voluto dei suoceri che le volessero
sinceramente bene poiché era colei che donava la maggior felicità al loro
adorato figlio. Sapeva bene però che ciò non sarebbe mai stato possibile:
Lelouch amava solo se stesso e Nunnally. Distinto era l'amore che provava
invece per la sua dolce madre, l'Imperatrice Marianne, Euphemia e Suzaku; un
amore indubbiamente forte ma non abbastanza dal farlo tirare indietro
dall'ucciderli se, per una qualche improbabile strana circostanza quanto
impossibile, fossero divenuti nemici e ostacolassero un suo piano di grande
rilevanza. Shirley sapeva bene che per poter guadagnarsi il cuore di Lelouch ci
voleva tempo, così com'era cosciente che se l'avesse costretto a una relazione
come si deve, sarebbe stato come rinchiuderlo in una seconda prigione. Non
voleva essere come l'Imperatore, non voleva farsi odiare da Lelouch, lei voleva
farsi amare spontaneamente: era per questo che lo lasciava libero di fare, era
per questo che si mordeva la lingua ogni qual volta che lo vedeva accendere una
sigaretta, era per questo che, dovunque fossero, cercava sempre di essere tra
le prime ad andarsene, per non doverlo vedere mentre davanti ai suoi stessi
occhi il suo adorato Principe abbordava ogni ragazza disponibile e come, senza
nemmeno un briciolo di vergogna, si nascondesse poi con loro in un qualche
angolo remoto per soddisfare i suoi desideri carnali. Ed ogni volta piangeva,
piangeva fino a che gli occhi non le bruciavano a tal punto che tenerti aperti
o chiusi le provocava indistinguibilmente dolore. Piangeva e cercava di farsi
forza, autoconvincendosi che quella tortura sarebbe finita presto: dopotutto lo
sapeva bene, per Lelouch tutto questo era solo un gioco, un sadico gioco il cui
scopo era quello distruggere l'anima della fidanzata per farla tirare indietro.
Ma lei lo amava, lo amava più di quanto le parole potessero spiegare, lo amava
con la forza di un uragano. E quindi avrebbe tenuto duro, avrebbe sopportato
ogni umiliazione finché un giorno, stanco, avrebbe finalmente aperto gli occhi
e capito che nessuno mai lo avrebbe amato come lei e in quello stesso istante
l'avrebbe amata anche lui e solo allora sarebbero potuti essere felici. Forte
di questa teoria, Shirley aveva così impostato la sua vita, dedicandola
interamente a quel ragazzo che era per lei l'oggetto della sua felicità. E fu
quell'amore malsano, quell'amore malato, quell'amore ancora non corrisposto -
ma che un giorno lo sarebbe stato, che la fece continuare, mostrando un lato di
se che raramente tirava fuori:
-
E come tuoi Principi, li devi rispettare. - Sconcertante fu però la sorpresa
che colpì la Fenette quando, incontrando gli occhi dorati della coetanea, non
trovò alcun segno di resa, non di vergogna: il nulla o meglio, la sua eterna e
perenne indifferenza. Era come se tale rivelazione non l'avesse toccata
minimamente, come se la presenza dei figli di Britannia non fosse nulla.
-
Rispetto porta rispetto. - La voce di C.C. risuonò forte nella stanza,
chiarendo subito di non aver alcuna intenzione di inginocchiarsi dinnanzi a
nessuno, nemmeno dinnanzi alla stessa Britannia. Suzaku non poté trattenere il
sorriso che si dipinse sul volto non appena udì quelle parole: seppur forse un
ragazzo legato alla tradizione, sapeva bene che certe ipocrisie non provocavano
altro che il male nel mondo, fu quindi per lui inevitabile condividere a pieno
la frase della giovane. Anche Kallen fu piacevolmente sorpresa da ciò che udì
e, nonostante non avrebbe mai cambiato idea su di lei, pensò che forse non era
così vuota come voleva mostrarsi. Ma non furono i soli: anche Sayoko si ritrovò a convenire con lei e la stessa Nunnally
non poté che evitare di sentirsi sollevata: lei, che più di chiunque altro
sapeva cosa significasse venir trattata diversamente solo perché era la figlia
dell'Imperatore, era stanca di tanta ipocrisia. Totalmente opposti ai loro
invece furono i pensieri di Nina e Shirley, le quali inorridirono giacché
sentirono in tali parole la voce della rivoluzione: il rumore delle pistole e
le grida dei soldati perforarono il loro cuore mentre il fumo degli esplosivi
ne annebbiava la vista, e se c'era fra di loro qualcuno che avesse perduto più
parenti degli altri a causa della Rivoluzione, quella era proprio la Fenette.
-
Come puoi dire una cosa del genere?! - Urlò, gli occhi verdi iniettati di
rabbia e dolore. C.C. spostò gli occhi su di lei per un momento per poi
iniziare a giocherellare con le punte dei suoi lunghi capelli verdi.
-
A quanto pare non è più una prerogativa delle bionde avere un cervello a mero
scopo decorativo.
-
Ma come osi..?! Hah! D'altronde
cosa possiamo aspettare da una persona che non sa che cosa sia il rispet...
-
E' un insulto all'intelligenza pensare che il rispetto sia solo una questione
di titoli. - La interruppe C.C., lo sguardo talmente freddo che per un momento
congelò Shirley sul posto. - Un uomo onesto che si spacca la schiena da mattina
a sera per poter dar da mangiare ai propri figli, lavorando come un umile
spazzino, merita lo stesso rispetto di un qualsiasi nobiluomo. Al contempo sono
innumerevoli i nobili avari e vili che non conoscono l'umiltà e sanno solo
agire nel nome del male e che di conseguenza non meritano nemmeno di vivere. -
Non avendo nessuno il coraggio di ribattere, continuò. - Più sali la scala
sociale e più trovi gente nata senza cuore. E fra di essi trovi ragazzini
viziati come il tuo adorato fidanzatino che gioca a fare il figlio ribelle
perché papino non gli permette di fare tutto quello che vuole.
-
Come ti permetti di parlare così di Lelouch! - Inveì la nuotatrice, tanto
arrabbiata quanto offesa. - Non lo conosci, non ti devi permettere, tu non sai
niente! – Senza mai abbondare la sua solita espressione indifferente C.C. fece
spallucce, annoiata dalla situazione.
-
Non m'interessa conoscerlo.
-
Come puoi…
-
Shirley, adesso basta! - Milly le apparve improvvisamente davanti agli occhi,
bloccandone la visuale, e si sentì trascinare lentamente verso un angolo della
stanza. - In questo club devono regnare sovrani l'amore e la pace, perciò
adesso respira con me!
-
Ma Milly... - Rivalz e Nina seguirono le compagne,
decisi anche loro a porre fine all'inizio della guerra che si sarebbe altresì
scatenata da lì a poco.
-
S-Shirley per favore, fai come ti dice Milly..
-
Ma Nina...
-
Niente ma! - La interruppe la presidentessa. - Su su!
Inspira ed espira! Inspira.. Ed espira! - C.C. alzò
mentalmente un sopracciglio e si chiese se non fosse per caso capitata in una
gabbia di matti piuttosto che nella migliore scuola di Britannia. Fu subito
però distratta da un'improvvisa risata che si elevò forte, attirando
l'attenzione di tutti. Nunnally girò il capo nella direzione dalla quale
proveniva la risata del fratello e corrugò la fronte: sapeva bene che il
fratello amava recitare la parte del ragazzo senza cuore e senza morale,
tuttavia per un momento temette che avesse iniziato anche a giocare la carta
del folle giacché non c'era proprio niente da ridere.
-
Tu sei... Strana. - Sorrise, tirando fuori da una tasca il suo a lui così caro
pacchetto di sigarette – più caro di quanto non gli fosse cara la fidanzata.
Shirley si morse la lingua con tale forza da non poter trattenere il gemito di
dolore che fuoriuscì dalle sue labbra, ma nemmeno lei stessa ci fece caso,
troppo occupata a sentire ciò avesse da dire il fidanzato.
-
Mi basterebbe un gesto della mano per farti espellere da questa scuola e farti
chiudere le porte di qualsiasi altra accademia esistente in Britannia. - Lo
sguardo disinteressato di C.C. incontrò quello di Lelouch e la ragazza non poté
fare a meno di domandarsi se gli uscisse naturale l'essere così melodrammatico
o se avesse frequentato una qualche prestigiosa scuola di teatro. - Ma ciò
significherebbe utilizzare l'influenza di mio padre, poiché se fossi il figlio
di un comune spazzino nessuno mi darebbe ascolto. Inoltre, così come tu non
desideri conoscermi né ti interessa il mio rispetto, sappi che nemmeno io ho il
desiderio di conoscerti e sinceramente, non saprei cosa farmene del tuo
rispetto. C'è una cosa che però m'incuriosisce. - Fece una pausa scenica alla
quale C.C. dovette resistere l'urgenza di alzare gli occhi al cielo. - Posso
capire che ti scivoli addosso qualsiasi cosa io possa farti, ma certamente non
sei sola al mondo. O sbaglio? - La giovane capì all'istante la strategia del
ragazzo e sorrise, mascherando il fuoco che si era divampato dentro di lei.
-
"Non avere nulla". - Rispose. - E' un insegnamento zen: "Se
incontri un Buddha, uccidilo. Se incontri un tuo antenato, uccidilo. Non avere
legami, non essere schiavo di nessuno. Vivi semplicemente per la tua
vita." - Lelouch alzò un sopracciglio, non certo di comprendere a pieno le
sue parole.
-
Stai cercando di dirmi che mi ucciderai?
-
Sto cercando di dirti che ogni intelligenza ha i suoi limiti. Non sforzarti
troppo. - Il principe digrignò i denti ma prima che potesse iniziare un nuovo
battibecco, Suzaku gli tappò la bocca. In che momento si era avvicinato a lui?
A volte era convinto che l’amico in realtà nascondesse un’identità ninja.
-
Milly, fra poco ricominceranno le lezioni, che ne dici se posticipiamo i
festeggiamenti a domani?
-
Sì, sì! Dichiaro ufficialmente chiusa questa sessione speciale, avviatevi pure
in classe! - Lelouch sentì sciogliersi la presa sulle labbra, spinse quindi via
la mano dell'amico che fulminò con lo sguardo per poi avviarsi insieme agli
altri fuori dalla stanza, lasciando indietro Suzaku, Milly e C.C., chiedendosi
perché mai proprio il suo migliore amico provasse simpatia per quella ragazzina
così arrogante, anche se poteva facilmente immaginare che fosse per i suoi
ideali di uguaglianza. Quella ragazza... Possibile che fosse davvero
indifferente a tutto? Che non provasse amore? Che non conoscesse il significato
dei legami indissolubili? Il fatto che fosse sola non significava che in
passato lo fosse sempre stata e forse si trovava proprio nel passato la chiave
del vaso di Pandora che C.C. rappresentava. Giunse in classe senza nemmeno
essersene accorto e, ignorando del tutto Shirley, che aveva cercato di parlare
con lui da quando erano usciti dalla sala del consiglio, si sedette al proprio
posto. Quella ragazza sapeva di pericolo, l’aveva intuito nel momento stesso in
cui era entrata in aula quella stessa mattina, poteva chiaramente vedere nei
suoi occhi dorati il riflesso del male. Lelouch dal canto suo aveva già delle
belle gatte da pelare, non era interessato ad ulteriori noie, le sue erano più
che sufficienti. Tuttavia… C’era qualcosa in quella ragazza, una specie di
strano magnete che lo spingeva e lo attraeva verso di lei: era forse quello
strano alone di mistero che sembrava incombere sulla giovane? O era forse la
sua totale indifferenza al mondo? In un’altra circostanza avrebbe pensato di
farla innamorare di se per poi ripudiarla ma sapeva bene che non sarebbe stata
una soddisfazione. La vide sedersi al proprio posto e per un momento i loro
occhi si incrociarono, entrambi studiandosi a vicenda, cercando di risolvere un
puzzle che negli anni aveva perso i pezzi: ma se il puzzle che rappresentava
Lelouch era di difficile composizione, quello di C.C. ricordava più un sudoku. La giovane sorrise maliziosa e tirò fuori dalla
giacchetta un oggetto che il moro riconobbe subito. Si mise le mani in tasca
“Dev’essermi caduto mentre tiravo fuori le sigarette” pensò e, trovando solo il
pacchetto di sigarette, riconobbe l’accendino che C.C. aveva fra le mani come
suo. Si voltò nuovamente ma questa volta la ragazza lo ignorò, guardando
distrattamente il proprio quaderno. Il moro digrignò i denti, infastidito
dall’idea di doversi rivolgere alla giovane per riavere il suo accendino – non
che a casa non ne avesse altri, di migliori e di più belli, ma se c’era proprio
un tratto che caratterizzava Lelouch più di qualsiasi altro, quello era proprio
il suo essere sovra possessivo verso le persone che amava e verso le proprie
cose e questo C.C. l’aveva intuito subito. E fu proprio per questo che, quando
il ragazzo si voltò verso la lavagna, C.C. non poté trattenere il ghigno
divertito che l’accompagnò per tutto il resto della lezione.
- Allora,
com'è andato il primo giorno di scuola? - Le domandò amorevolmente la zia,
porgendole un piatto di pasta. C.C. guardò distrattamente la cena, chiedendosi
se fosse il caso di raccontare la verità: "Salvo essermi messa contro il
figlio più viziato e infantile dell'Imperatore, direi…"
- Tutto a posto. - Intuendo che il loro silenzio e i loro sguardi attenti fossero
un invito a proseguire, la giovane trattenne un sospiro esasperato e finito il
primo boccone, continuò. - I professori sono all'avanguardia, stesso si può
dire dei loro metodi. Inoltre non manca nulla in quella scuola, credo che sia
davvero la migliore in tutto il Giappone, se non in tutta la Britannia. - Aggiunse,
cercando di rispondere a tutte le loro domande anche se in realtà sapeva bene
di non aver soddisfatto la loro richiesta principale.
- E gli
alunni, come sono? - Chiese lo zio. - Sono stati gentili con te? Hai fatto
amicizia? - La speranza era evidente nel tono di voce quanto nello sguardo
preoccupato, non si rese nemmeno conto di aver appoggiato la mano su quella
della moglie.
- Mi hanno
accolto bene. Nonostante tutti loro siano dei ragazzini viziati, c'è ancora qualcuno
di umano fra loro. - Gli rispose, pensando ad alcuni dei membri del consiglio.
- La presidentessa del consiglio studentesco mi ha invitato a fare parte del
suo club.
- E' una cosa
splendida! - Commentò la zia, iniziando finalmente a mangiare e insieme alla
nipote e al marito. Inutile mentire a loro stessi: avevano mandato C.C. a
scuola con molto timore. Sapevano bene che era una ragazza molto particolare a
causa del passato difficile che aveva avuto e temevano che i ragazzi avrebbero
potuto essere crudeli con la nuova arrivata; certo, la giovane avrebbe saputo
difendersi e non avrebbe permesso a nessuno di prendersi gioco di lei. Ciò che
li preoccupava maggiormente era l'effetto che tale isolamento potesse provocare
sulla sua solida ma tormentata anima che prima o poi, devastata da così tante
tempeste, si sarebbe infranta, distruggendo con essa la massiccia maschera che
era abituata ad indossare. Ogni giorno per C.C. si ripeteva la stessa storia:
il noioso suono della sveglia la destava dal suo sonno e, prima ancora di
formulare anche il più piccolo pensiero, ancora prima di aprire gli occhi,
nascondeva la sua vera essenza dietro una pesante maschera impenetrabile, per
poi alzarsi e vestirsi d'indifferenza: era così pronta per il ballo in
maschera. Se fosse così forte da essere conscia di ciò che faceva, i suoi zii
non lo sapevano ma non osavano chiedere per timore ad allontanarla ancora di
più: avevano così deciso di attendere finché non sarebbe stata lei a domandare aiuto,
ad aprirsi, a mettere via quella maschera e quell'abito che pesavano troppo sul
suo esile corpo. Ma più passavano i giorni, più realizzavano che forse quel giorno
non sarebbe mai arrivato.
- Però, non
l'avrei mai detto che avevi un animo organizzativo!
- Mai avuto
infatti. - Puntualizzò la ragazza, sorseggiando la sua bibita gassata. - Lo
faccio per la pizza.
- Pizza? - I
loro volti confusi fecero sorridere divertita C.C. che annuì.
- I membri
del consiglio studentesco hanno sconti e buoni pizza da Pizza Hut! - I due adulti la guardarono e, dopo alcuni attimi di
silenzio, scoppiarono in una fragorosa risata. La nipote corrugò la fronte: che
cosa c'era di divertente nella pizza?
- Oh, C.C.! -
Sentì parlare la zia fra una risata e l'altra. - Sapevo che il tuo piatto
preferito fosse la pizza ma, voglio dire, non immaginavo a tal punto! - La
ragazza aggrottò le sopracciglia, insicura del significato di tali parole: cosa
c’era che non andava nel mondo, perché nessuno riusciva a comprendere il suo
amore incondizionato per la pizza?! Non c’era altra spiegazione: lei
apparteneva a una razza particolare di esseri umani, probabilmente solo pochi altri
eletti erano come lei ed era suo compito scovarli e portare nel mondo il verbo
della pizza. Prima di intraprendere un simile viaggio però, doveva finire
almeno la scuola. Così, non appena ebbe finito la cena ed aiutato la zia con i
piatti, si diresse in camera sua, pronta a dedicare tutta se stessa allo
studio; al contrario della maggior parte dei suoi coetanei infatti, C.C. era
conscia di quanto fosse fondamentale la conoscenza nella vita di tutti i
giorni: chi sapeva aveva più possibilità di poter chiudere la bocca alla gente
e di vincere ogni discussione avendo la piena ragione, ma non solo. Buoni voti,
nella casa degli zii, erano soprattutto sinonimo di una piccola parolina
magica: pizza.
Sì svegliò di
soprassalto, come se fosse stato risvegliato nel bel mezzo di un incubo.
Guardandosi intorno notò le tende bordeaux ancora chiuse, chiaro segno che
fosse ancora presto. Si gettò nuovamente sul letto e incollò gli occhi sul
tetto dell’antico letto a baldacchino che nei secoli era divenuto parte della
reggia imperiale; chiuse gli occhi e provò a riaddormentarsi ma la sua mente
continuava a macchinare diversi e confusi pensieri, impedendogli di riprendere
sonno. Dandosi per vinto, Lelouch si alzò e lanciando una rapida occhiata all’orologio
sul comodino, si accorse di come fosse ancora spaventosamente presto. Per un
ragazzo che solitamente si svegliava alle 07:30 del mattino, le sei e mezza significavano
notte fonda, nei weekend addirittura il suo orologio biologico cambiava
repentinamente, invertendo gli orari, dormendo quindi tutto il giorno e
svegliandosi la sera per godersi i piaceri oscuri che la notte celava nel suo
manto stellato. Deciso però a non perdere la giornata, il giovane principe
britanno si diresse in bagno e dopo essersi assicurato che l’acqua della doccia
fosse calda abbastanza da scottargli leggermente la pelle, si svestì ed entrò
in doccia ma neppure così riuscì a liberarsi dalla strana sensazione che lo
aveva destato e che sembrava non voler scomparire. Mezz’ora dopo, ormai
cambiato e profumato, uscì dalla stanza in direzione del gran salone dove lo
attendeva il momento più gioioso della giornata: la colazione con l’imperatore.
Giunto nei pressi del salone Lelouch, che fino ad allora aveva mantenuto
un’andatura e una postura degna di un figlio di Britannia, improvvisamente
s’irrigidì. Era tutto troppo tranquillo, c’era decisamente qualcosa che non
andava. Non appena i maggiordomi lo videro arrivare gli furono aperte le porte:
vide solo ombre sedute a tavola giacché il sole, che quella mattina come la
mattina precedente sembrava essersi levato più alto e spendente del solito, gli
batteva direttamente sugli occhi ametista, impedendogli di vedere bene. Il
tavolo, lungo abbastanza da poter contenere tutti i figli di Britannia con le
loro rispettive madri, come ogni mattina era decorato da diversi vassoi d’argento
contenenti ogni tipo di pietanza, dai diversi tipi di pane, brioches, focaccine
e pizzette a salcicce e bacon, per passare a muffin, pregiati macaron francesi, torte di ogni colore e sapore per
concludersi poi con la miglior frutta di stagione del regno. Ciò che non riusciva
mai a spiegarsi tuttavia era come fosse possibile che ogni mattina
quell’appetitoso banchetto si rinnovasse giacché nulla veniva mai buttato: chi
consumava tutto quel ben di Dio? Certo, era pur vero che spesso, al momento
della merenda o della cena molti di quei pasti venivano riproposti come
contorno, ma comunque non gli era chiaro. Una volta la madre gli aveva
accennato il fatto molto di quel cibo, se intoccato, veniva poi condiviso con
la servitù la quale, se non la consumava nel posto di lavoro, era libera di
portarsela a casa. All’inizio Lelouch pensò che fosse abbastanza plausibile
come idea, si rese ben presto conto però che, a meno che la servitù non fosse
composta in numero eguale all’ammontare di persone per cui quel cibo era pensato,
nemmeno loro sarebbero stati in grado di poter consumare tutto quel cibo e
negli ultimi anni, la domanda era sorta spontanea: non poteva essere che la servitù
stessa si occupasse di preparare una quantità così ingente di cibo solo per
assicurarsi la propria razione giornaliera in casa per loro e le loro famiglie,
vero?
- Buongiorno
tesoro. - La voce gentile della madre arrivò alle sue orecchie come una dolce
melodia; nonostante gli anni passati insieme, ancora si domandava come potesse
una donna come lei essersi innamorata di un uomo come suo padre. Spesso
preferiva pensare che dietro a quel sorriso d’angelo e quegli occhi limpidi,
sua madre nascondesse una natura arrivista e manipolatrice, preferiva non
credere che un soggetto come Charles potesse essere amato da una donna.
- Madre,
siete più splendente del sole stesso. - Vide seduta al lato opposto la sorella
e, incapace di trattenere il sorriso genuino che si fece strada sul suo volto, la
raggiunse. Sostenendosi sulle sue ginocchia, si abbassò all’altezza della
principessa di cui baciò la guancia. - Buongiorno Nunnally.
- Buongiorno
a te fratellone! - Lo salutò entusiasta l’ultima figlia di Britannia,
stringendo le mani del ragazzo fra le sue. - Come mai così mattiniero oggi?
- Ah, mi sono
semplicemente svegliato prima. - Rispose, prendendo posto a sinistra del
capotavola.
- Lelouch… - Marianne
rivolse uno sguardo preoccupato al figlio, invitandolo a guardare alla sua
destra.
- Madre? - Il
giovane ignorò del tutto l’avvertenza della donna, cominciando a servirsi. -
C’è forse qualcosa che…
- E’ inutile
Lelouch. - L’interruppe una voce maschile. - Per quanto tu possa ignorarmi, non
puoi ignorare il fatto di essere mio figlio. - Il ragazzo girò il capo e,
incontrando lo sguardo severo dell’imperatore, assunse una finta espressione
sorpresa.
- Padre!
Quando siete arrivato? - Domandò, assumendo quel finto sorriso che sin da
bambino aveva riservato a quell’uomo autorevole. - Perdonatemi, non Vi avevo
visto. A quanto pare solo il sole può oscurare la Vostra imponente figura… -
Aggiunse ironico, servendosi del the verde. L’aria, sino ad alcuni istanti
prima pacifica e famigliare, divenne densa e quasi irrespirabile in particolare
per Nunnally, la quale aggrottò preoccupata le sopracciglia, pregando
silenziosamente affinché entrambi gli uomini più importanti della sua vita non
iniziassero uno scontro armato di prima mattina.
- Tu lo voglia
o no, sei mio figlio. - Continuò il padre, non dando peso alcuno alle parole
del più ribelle dei suoi figli. - E come tale hai degli obblighi da assolvere.
Non m’interessa se sei d’accordo o meno, non m’importa se ti piace o no, come
mio figlio tu farai ciò che io ti dico. - La voce forte del padre risuonò
solenne nella stanza e rimbombò con prepotenza nella testa di Lelouch, il quale
udiva tale frase ripetersi più volte, creando un eco che per un momento lo scombussolò.
- Se fosse
umanamente possibile, ti assicuro che farei rimuovere ogni singola cellula,
goccia di sangue e parte di DNA presente nel mio corpo che proviene da te. - Controbatté
Lelouch, assicurandosi di trasmettere nella frase tutto l’astio, la rabbia e il
ribrezzo che provava per il padre. L’imperatore si adirò e, alzandosi dalla
sedia, fece per colpire il figlio.
- Tu, piccolo
insolente…
- Charles,
amore mio, calmatevi! - Lo fermò la moglie, tenendo fermo il braccio alzato del
marito. - Lelouch, chiedi scusa a tuo…
- Mai! -
Urlò, colpendo il tavolo con i pugni serrati e alzandosi a sua volta. - Potrai
anche essere l’incubo di tutti i tuoi sudditi e dei tuoi nemici, ma per me non
sei altro che un vecchio assetato di potere e con un incurabile complesso di
Dio! - Charles, fino ad allora adirato, lentamente si ricompose e tornando a
sedersi rise, mentre la sua famiglia lo osservava perplessa. - Cosa c’è
vecchio, ora sei diventato pure paz…
- Lelouch vi
Britannia. - Autoritario come solo l’imperatore sapeva essere, la sua voce
acuta zittì il figlio e provocò un forte senso di inadeguatezza in tutti i
presenti. - Figlio mio, mi somigli più di quanto tu non voglia ammettere. - Il
giovane indietreggiò di scatto, facendo cadere la sedia dietro di se.
- Che cosa vai
blater…
- Rimproveri
me per la mia sete di potere ed il mio complesso di Dio quando tu per primo sei
così. - Continuò, ingaggiando una guerra di sguardi che sapeva aver vinto in
partenza. - Credi forse che non sappia quanto segretamente brami prendere il
mio posto un giorno? Credi forse che io non sappia di cosa saresti capace pur
di divenire imperatore di Britannia?
- E’ un posto
che mi spetta di diritto! - La risata del padre accese in lui un fuoco
indomabile, un fuoco che da anni ormai divampava in lui e che ancora non era
stato capace di domare, fuoco che in passato gli aveva già causato innumerevoli
problemi perché l’unico modo per spegnere, seppur temporaneamente,
quell’incendio di emozioni, era attraverso il compimento di atti illeciti che
gli avevano arrecato non pochi problemi giudiziari.
- Sì, ti
spetta di diritto! - Convenne il padre, cogliendo di sorpresa il moro, sorpresa
che tuttavia svanì nell’istante stesso in cui l’imperatore mostrò la sua
espressione. - Ma ti spetta come diciassettesimo in linea di successione.
Diciassette sono un bel numero di persone da scavalcare persino per te…
Lelouch. - Il viso del giovane si contorse in un’espressione di rabbia pura, i
denti digrignati dall’impotenza. Strinse i pugni, deciso ad avvelenare
quell’uomo con le sue parole una volta per tutte ma un suono metallico lo
distrasse; con la coda dell’occhio vide il volto spaventato della sorella, le
mani consunte in una preghiera. E seppur nemmeno la presenza della sua adorata
sorella fosse sufficiente a calmare quel urgano di emozioni che lo travolgeva,
decise di calmarsi e non provocare ulteriori dissidi nel cuore dell’ultima
Principessa di Britannia, da sempre in conflitto a causa dei sentimenti che
provava nei confronti di entrambi gli uomini che più amava.
- Io non sono
come te. - Il tono si abbassò leggermente, prendendo la frase il suono di un
sussurro intriso d’odio. - Io sono migliore di te. E un giorno avrò la tua
testa! - Uscì di scatto dalla stanza e, senza dare nemmeno il tempo ai
maggiordomi di eseguire le dovute cortesie, sbatté i portoni che aprì con tutta
l’adrenalina che gli scorreva in corpo. Giunto dinnanzi alla limousine nella
quale era già stata riposta la sua cartella, si gettò sui sedili anteriori,
ancora furente di rabbia.
- A scuola. -
Ordinò, stringendo i pugni. L’autista, sorpreso da tale richiesta, si mostrò
titubante.
- Sua
altezza… - Il principe lo fermò con un gesto della mano, chiudendo gli occhi e
strofinandosi le tempie.
- Peter fa
come ti ho richiesto, per favore. - Notando nella voce del ragazzo il
caratteristico tono esausto e rassegnato che prendeva in seguito ad un
confronto con l’imperatore, l’uomo decise di non intromettersi e portarlo a
scuola. Dopo un lungo sospiro, Lelouch appoggiò la testa sul finestrino e
socchiuse gli occhi, cercando di scrollarsi di dosso quella strana sensazione
di essersi dimenticato qualcosa d’importante che lo perseguitava sin da quando
aveva aperto gli occhi mentre il suo autista, vedendo il principe ribelle con
una pessima cera, si domandò quale fosse l’affanno di andare a scuola così
presto il giorno in cui le lezioni sarebbero iniziate un’ora dopo.
Percorrendo
lo stesso corridoio che aveva attraversato il giorno precedente, si domandò se
non avesse sbagliato edificio, tuttavia era del tutto sicura di trovarsi nel
posto giusto. Mantenendo il passo felpato, si avvicinò all’aula che quella
mattina sembrava essere stranamente silenziosa. Non era mai stata una ragazza
mattiniera e puntuale a meno che non fosse per qualcosa di estremamente importante
- come la pizza ad esempio. Non potete capire cosa significasse la puntualità
quando si trattava di ricevere la pizza che, se fosse arrivata con 20 minuti di
ritardo, sarebbe divenuta gratis, permettendole di mangiarne due. Avvicinandosi
sempre di più alla sua destinazione, si domandò se non avesse letto male
l’orario: le lezioni avevano inizio ogni mattina alle 08:30 e lei, da alunna
diligente quale era, era uscita di casa alle 08:20, conscia che la camminata
richiedesse ben più di dieci minuti giacché solo cinque erano quelli necessari
a raggiungere l’edificio dall’ingresso principale. Presupponendo che fossero le
08:40, C.C. si fermò a pochi passi dalla porta ma non udì nulla, solo il
ticchettio delle lancette dell’orologio fissato sopra la lavagna. Forse le
lezioni iniziavano formalmente alle nove? Eppure la mattina precedente… Senza
porsi ulteriori domande, entrò nell’aula che trovò vuota tranne che per la
presenza di un ragazzo dai lisci capelli scuri che, perplesso quanto lei, aveva
lo sguardo fisso sui banchi vuoti. Il giovane, vedendo la coetanea entrare, alzò
un sopracciglio.
- E’ forse
opera del consiglio studentesco? - Le domandò, incrociando le braccia e appoggiandosi
sulla cattedra. La compagna, occupata a scrutare l’aula con l’intenzione di
trovarvi un qualche segno che spiegasse la situazione, ignorò completamente il
principe che ridusse gli occhi a due fessure. - Si può sapere che…
- Se pensi
che stando in piedi con quella faccia da pesce lesso avrai la risposta che cerchi,
fai pure. - Senza nemmeno incrociare il suo sguardo si voltò in direzione della
porta. - Ma non immischiarmi nella tua stupidità. - Lelouch, che quella mattina
aveva sopportato fin troppo, fermò la ragazza stringendole con forza il polso, obbligandola
a voltarsi e guardarlo negli occhi. Incontrando per la prima volta i suoi occhi
a pochi metri di distanza, iniziò fra loro una violenta danza di sguardi fra
loro uguali e contrapposti: quelli viola di lui impregnati di troppi sentimenti
confusi, nonché riflesso della stanchezza di chi combatte una guerra senza fine
da molto tempo, e quelli miele di lei, impenetrabili e sicuri sotto quella
barriera di indifferenza che la caratterizzava da tempo immemore. Entrambi con
un’unica grande caratteristica in comune: raccontare la storia di un mondo
sconosciuto. Resosi conto della forza che stava esercitando sul suo polso,
Lelouch sciolse la presa.
- Hai
qualcosa che mi appartiene. - Affermò, mettendosi le mani in tasca. -
Ridammelo.
- Eri troppo
occupato a ribellarti a mamma e papà mentre ti insegnavano le buone maniere?
- Non ho
intenzione di chiederti per favore, tu mi hai ruba…
- Io non ti
ho rubato proprio niente. - Lo interruppe, abbandonando il peculiare tono
sarcastico e sfidandolo con lo sguardo, seria ed impassibile. - L’ho trovato
per terra e l’ho raccolto.
- Sai che mi
appartiene, altrimenti ieri non me l’avresti mostrato a lezione.
- E chi dice
che stavo guardando te e non il ragazzo davanti a te? - Ormai prossimo a
perdere la pazienza, Lelouch chiuse gli occhi.
- C.C.!
- Oh, siamo
passati a chiamarci per nome? - La ragazza si avvicinò piano a lui, le mani unite
dietro la schiena e il capo leggermente piegato. Ma ciò che lo rese inquieto
furono quei suoi grandi occhi dorati e quel sorriso malizioso che ne
illuminavano il volto: c’era in lei qualcosa di strano, qualcosa di così
sconosciuto e allo stesso tempo così conosciuto che lo attraevano. Quel suo
irritante atteggiamento, quell’indifferenza con la quale parlava, quel suo modo
così distante e contemporaneamente così intim... Di
ragazze ne aveva conosciute molte, le aveva anche avute tutte, non una sola era
mai riuscita a scappargli dalle mani; eppure C.C. era un enigma, un enigma che
non era ancora riuscito a risolvere e che aveva la sensazione non sarebbe mai
riuscito a comprendere. La sua voce lo distolse nuovamente dai pensieri.
- Da quando
in qua così tanta confidenza… Lelouch?
- Il viso della ragazza era ormai a pochi centimetri dal suo. Sogghignò divertito
nel sentire pronunciare il proprio nome con un simile tono, fra il provocatorio
e l’ironico, per un momento pensò che probabilmente nessuno avrebbe mai
pronunciato così il suo nome, troppo spaventati dal titolo che lo affiancava.
C.C. alzò piano la mano e, allontanandosi dal castano, gli mostrò l’accendino
che tenne sospeso fra l’indice e il medio ma prima che potesse far un ulteriore
passo indietro, sentì una forte pressione sul polso che le cancellò il sorriso.
- Non avrei
mai detto fossi una legata alle buone maniere. - Commentò Lelouch, facendo
attenzione a non farle del male. - Inoltre… - Continuò, togliendogli
l’accendino dalle dita con la mano libera. - ...Non ci hai detto il tuo
cognome. Il tuo nome è quindi l’unico modo che ho per rivolgermi a te. - C.C.
fece per rispondere ma vide qualcosa che le fece leggermente corrugare la
fronte. Il moro, incuriosito, ne seguì lo sguardo e realizzò cosa stesse
guardando così intensamente: la lavagna coperta dal suo solito telo bianco. Che
non ne avesse mai visto uno prima? Prima che potesse realizzarlo però la
giovane sciolse la presa e si diresse piano verso la cattedra.
- C’è
qualcosa lì…
- Si chiama
lavagna. - Ironizzò, appoggiandosi ad un banco e piegando le braccia. Divertito
dalla situazione, continuò. - Non dirmi che non ne hai mai… - Decisa che i
gesti l’avrebbero zittito meglio di qualsiasi parola, C.C. alzò il telo che
copriva la grande tavola verde e gli occhi di entrambi si spalancarono,
trovando la risposta alla loro domanda: scritto in caratteri cubitali -
probabilmente era opera di Rivaltz vista la grafia, lessero “La classe domani
entrerà alle ore 09:30”. Rimasero in un silenzio stagnante per qualche minuto, momenti
nei quali le lori menti si erano staccate dal corpo ed avevano iniziato un
viaggio indietro nel tempo per poter ricordare in che momento si fossero persi
una simile comunicazione. C.C. dal canto suo si sorprese, era stata abbastanza
diligente per tutta la lezione, oltre ad aver disegnato tanti piccoli Cheese-kun e pezzi di pizza era sicura di aver preso
appunti di tutto ciò che aveva detto il professore; Lelouch dal suo canto
invece si soprese per il fatto che nessuno dei suoi amici lo avesse avvisato.
Come al solito non aveva seguito la lezione ma d’altronde, non era una novità,
non ne aveva bisogno; eppure in passato i suoi amici si erano preoccupati di
informarlo riguardo a queste cose, che fosse una specie di strategia per
indurlo a prestare attenzione? Ciò che lo sorprese ancora di più fu il fatto
che Shirley, nei suoi innumerevoli messaggi, non avesse avuto la premura di
“ricordarglielo”. Sospirò esasperato: l’unica occasione in cui si sarebbe
potuta mostrare utile, si era dimostrata completamente inutile. Scosse piano la
testa e si diede un leggero colpo sulla fronte e vedendo C.C. ancora ferma
davanti alla lavagna, ghignò.
- Non dirmi
che non sai leggere.
- Non dirmi
che il colpettino che ti sei appena dato sulla fronte ti ha reso più stupido di
prima. - Gli rispose a tono, continuando a dargli le spalle. - Ti facevo meno
stupido di così.
- Non
parlerei tanto se fossi in te, dopotutto non sono il solo a non essersi
ricordato che oggi si entrava un’ora dopo. Ti facevo più furba di così! - La ragazza
si voltò e, guardandolo - palesemente annoiata, dritto negli occhi per qualche
istante, si chiese se davvero un simile soggetto fosse uno dei possibili eredi
al trono di Britannia. Un po’ più di originalità nelle risposte almeno, no?
Risolvendo che l’indifferenza fosse la miglior risposta per un tipo come lui in
costante ricerca di attenzione, C.C. si diresse nuovamente verso la porta ma una
voce irruppe con violenza nell’aula, frantumando i timpani di entrambi i
ragazzi che si portarono le mani alle orecchie.
- Lelouch!
Oh, eccoti! - Prima che potesse realizzare cosa stesse accadendo, il moro sentì
due braccia avvolgerlo con forza mentre una testa colpì piano il suo petto,
provocandogli un leggero fastidio. Abbassando lo sguardo vide una familiare
testa arancione i cui capelli erano raccolti da un laccino verde in una mezza
coda.
- S-Shirley?!
- Oh,
Lelouch! - Urlò nuovamente lei, allentando la presa ma sprofondando la testa
sempre di più nel suo petto. - Perché non mi hai detto che saresti venuto a
scuola? Sarei venuta anch’io con te! - Ancora troppo scioccato dall’essersela
improvvisamente trovata fra le braccia, al Principe di Britannia non rimase
altro che chiederle come fosse giunta fino a lui.
- Shirley ma…
Tu come hai fatto a sapere che ero qui? - Alzò un sopracciglio e, scrutando la
ragazza, cercò di capire se negli anni fosse divenuta un’indovina o se si fosse
segretamente arruolata nel FBI o nella CIA e avesse da loro imparato le
migliori tecniche d’inseguimento: certamente si era dimostrata una perfetta
stalker, conosceva ogni sua singola mossa, aveva memorizzato le sue abitudini e
aveva imparato a prevederlo come forse solo Charles era capace di fare. Alle
volte temeva che ogni qual volta lo toccasse fra le sue mani nascondesse delle
cimici o dei GPS per poter spiarlo meglio… L’idea lo fece rabbrividire e non
poté evitare di allontanare leggermente la ragazza da se per poter cercare un
qualche segno che valorizzasse la sua tesi.
- Ecco, io… -
La vide arrossire e in quello stesso momento si pentì di averglielo chiesto.
Sospirò, pronto a sentire la sua lunga quanto noiosa avventura mattutina. - Sì ecco,
essendo che oggi entravamo un’ora dopo ho pensato che… Sì, sai, siccome siamo
fidanzati ho pensato che sarebbe stato bello fare colazione insieme! Non da te
chiaro, so bene che la situazione sarebbe alquanto scomoda. Quindi, sì, ecco…
Ho pensato che sarebbe stato bello fare una specie di picnic-colazione! Ho
preparato tutto io con le mie stesse mani e solo ed unicamente le tue cose
preferite! Così saremmo potuti stare da soli tu ed io, ormai è tanto che non… -
Nel sentire menzionare il fatto di essere soli, Lelouch alzò di scatto gli
occhi verso la porta ma trovò l’uscio vuoto. Di lei era rimasto solo il profumo
che ancora impregnava l’aria con prepotenza, lasciandogli un messaggio con l’intenzione
di fargli sapere che non era ancora finita: il loro gioco era appena iniziato.
Mettendosi in tasca il suo accendino il moro rise divertito, stupendo la
fidanzata. Se lei si sarebbe occupata di rendergli la vita un inferno, lui si
sarebbe occupato di scovare tutti gli scheletri che la ragazza aveva nascosti e
avrebbe preso l’impegno di distruggerli uno ad uno, distruggendo con essi quel
sorriso da stregatto che gli faceva bollire il
sangue. Avrebbero giocato a distruggersi. Ma ciò che la nuova arrivata non
sapeva, era che Lelouch della distruzione e dei bagni di sangue ne era il dio.
Assaporando in anticipo la vittoria, guardò l’orologio e realizzò avere ancora
quindici minuti a disposizione prima che i primi compagni iniziassero ad
arrivare.
- Lelou… - Prima che potesse finire di pronunciare il nome
del fidanzato, Shirley si ritrovò sulla cattedra, le gambe divaricate mentre la
mano del fidanzato iniziava a farsi strada sotto la sua gonna. - Lelouch! Non
qui ti prego, potrebbero arrivare i nostri compagni!
- Finiremo
prima. - Rispose lui sfilandole l’intimo, facendo arrossire la ragazza che
strinse le gambe nel vano intento di coprirsi. Ma il ragazzo fu più rapido e ne
afferrò le ginocchia, impedendole alcun movimento.
- Lelouch,
per favore, potremmo finire nei gu… - Il Principe di
Britannia sentì il forte bisogno di urlarle di chiudere il becco ma preferì
contenersi e spostare la sua attenzione sui grandi seni della giovane. Se
voleva averla lì, sulla cattedra nella quale da lì a poco il suo carissimo
professore avrebbe appoggiato le proprie cose, la prepotenza non sarebbe
servita. Optò quindi per l’opzione che sapeva funzionare meglio.
- Shirley… -
Disse piano, quasi in un sussurro. Con un braccio ne cinse la vita attirandola a
se, premendo le loro intimità. Appoggiò l’altra mano sulla sua e guardandola
dritto negli occhi, convenne: - Hai ragione, è da tanto che non stiamo da soli...
E adesso voglio recuperare tutto quel tempo perso inutilmente. Vuoi davvero
dire di no al tuo fidanzato che non ha altro che un forte voglia di te? - Poté
chiaramente vedere riflesso nel volto di Shirley la battaglia che stavano
combattendo dentro di lei la ragione e il cuore, ognuno dei due gridando cose
opposte. Se c’era qualcosa che tuttavia la Fenette aveva imparato era che,
chiunque delle due vincesse, era sempre la sua anima a pagarne le conseguenze:
negli anni infatti si era corrosa, sapeva bene che l’amore per Lelouch era un
amore distruttivo, un amore che l’avrebbe portata a perdere se stessa. Ma vedere
quegli occhi ametista così pieni di desiderio, sentire la sua voce parlarle in
un tono così soave, sapere che, nonostante tutto, anche lei gli era mancata… Le
bastava. Appoggiò tremante una mano sulla guancia di Lelouch, il quale recepì
il messaggio e si chinò a baciarla; fu un bacio rapido, frenetico da parte
della ragazza e del tutto indifferente da parte del moro che cedette solo per
poter averla vinta. Si staccò subito da lei e, prima che Shirley potesse
avvicinarsi nuovamente a lui, Lelouch ne tappò la bocca.
- Non vorrai
che ti sentano, vero… Darling?
Avrebbe
potuto dormire un’ora in più. Avrebbe potuto sognare di ritrovarsi in un
paradiso fatto di pizza e Chesse-kun per un’altra ora
e invece no. E invece, per qualche folle ragione, si era stupidamente distratta
e si era persa la comunicazione. Qualcosa dentro di lei le diceva che l’annuncio
era stato fatto in quegli attimi in cui aveva mostrato l’accendino al
principino, inoltre così si sarebbe spiegato il leggero mormorio che seguì
alcuni istanti dopo e che non si seppe spiegare. Sospirò, decisa a non pensarci
più, da lì a poco si sarebbe dovuta riavviare in classe; aveva preferito
andarsene, per oggi aveva giocato abbastanza inoltre irritare qualcuno come
Shirley era fin troppo semplice e per nulla gratificante. Seduta su una
panchina appena fuori dall’edificio scolastico, ripensò a ciò che era avvenuto
poco prima in aula non poté evitare di contenere un sorriso: quel Lelouch era
proprio uno stupido. Era il tipico ragazzino viziato che, una volta superata la
crisi adolescenziale, sarebbe divenuto il solito noioso aristocratico legato
alle tradizioni e alle regole, probabilmente avrebbe anche cominciato ad
apprezzare la fidanzata, dopotutto era un abbinamento perfetto per uno come
lui. Per ora almeno aveva trovato due persone con cui divertirsi: la ragazza i
cui capelli e temperamento avevano il colore del fuoco - Karen, se mal non
ricordava, e il capriccioso Principe di Britannia. E lei che credeva che si sarebbe
annoiata da morire…
- C.C.? -
Voltò il capo in direzione della voce che l’aveva chiamata e riconobbe il ragazzo
giapponese del consiglio studentesco. - Buongiorno! Anche tu mattiniera? -
Risolvendo che forse il giovane era uno dei pochi a non meritare di essere
vittima dei suoi giochetti e delle sue ironie, C.C. scosse il capo.
- Il
contrario… Non sono affatto una persona mattiniera. - Suzaku si limitò a
sorriderle gentile, insicuro se fosse il caso di porle ulteriori domande,
dopotutto si era mostrata molto riservata sin dall’inizio. Tuttavia ciò non l’avrebbe
fermato dal fare amicizia con lei: più un’anima era sola e smarrita, più
sentiva il forte bisogno di avvicinarsi e salvarla.
- Posso? -
Vedendo la compagna assentire, prese posto e si guardò intorno. - La prima volta
che arrivai qui, tutto questo mi sembrava un universo alternativo. - C.C., che
sino ad allora aveva osservato il vuoto, rimase immobile ma spostò gli occhi
verso il castano che, notando di averne catturato l’attenzione, proseguì. - Tutt’ora
credo che lo sia. Qui noi tutti ci dimentichiamo chi siamo, viviamo come dei ragazzi
che hanno solo voglia di vivere. Purtroppo poi quando torniamo a casa veniamo
devastati nuovamente dal peso dei nostri titoli e delle nostre responsabilità...
- Lo sguardo basso e la voce cupa rivelarono la battaglia costante a cui erano
esposti ragione e sentimento, una danza sanguinaria dalla quale nessuno dei due
riusciva ad uscirne vincitore, causando solo devastazione. Sospirò, pensando a
quell’unica persona la cui sola esistenza era capace di mettere in pace ogni
sua inquietudine e continuò. - Credo che sia per questo che la famiglia Ashford
si occupi da generazioni di questa scuola, aggiungendo ogni anno una nuova
attività e rendendola il più completa possibile, per far sì che i ragazzi
possano allontanarsi da quella realtà che li opprime.
- Ma a che
serve vivere in un mondo fittizio? - La domanda spiazzò Suzaku che si limitò a
guardare la ragazza. - Scappare dalla realtà, anche se per poco tempo, non risolve
i problemi che lasciamo nel mondo vero. Anzi, forse tornarci poi è doppiamente
più difficile perché la realtà ti viene sbattuta in faccia senza pietà.
- Però per lo
meno ti sei potuto distrarre un po’ ed essere feli...
- Felice? -
Lo interruppe C.C., voltando il capo verso Suzaku. - Può considerarsi vera
felicità qualcosa che si prova in un mondo fittizio? - Il compagno sbarrò gli
occhi, trovandosi per la prima volta a porsi una simile domanda lui stesso. -
Sostieni inoltre che qui tutti si dimentichino chi sono… Perché dunque nessuno
si dimentica il titolo del tuo amichetto viziato e della sua sorellina? Perché
nei loro confronti persino i professori hanno dei riguardi? Non credere che non
abbia notato come il tuo amico abbia passato ore a dormire mentre il prof
spiegava! - Capendo che la ragazza si riferisse a Lelouch, Suzaku non poté che
asserire.
- Purtroppo
per quanto riguarda i principi le cose sono ben diverse. Puoi dimenticare chi
sei, ma non a chi devi obbedienza. - Spiegò lui, cercando ancora una risposta
alla domanda di C.C. - Però credo che anche per loro questa sia una via di
fuga.
- Su questo
non c’è dubbio. - Ironizzò la ragazza dai lunghi capelli smeraldo. - Quindi secondo
te questa via di fuga, per quanto fittizia, può aiutarci nella nostra
quotidianità?
- S-sì… -
Rispose titubante. - Forse hai ragione, non si può considerare vera felicità…
Però è pur sempre una fonte di sollievo: per alcune ore durante la giornata
vivi e sogni la vita che vorresti invece di quella che ti è stata imposta, ti
diverti e chi lo sa, magari trovi anche la forza di reagire. Dopotutto è questo
il motto della stessa presidentessa: “Vivi ogni giorno come se fosse il tuo
compleanno!” e non credo sia un giorno preso a caso, in fin dei conti il
compleanno è quel giorno in cui tutto ti è concesso illimitatamente. Il giorno
dopo tutto torna alla normalità ma ti rimangono i ricordi. Molti per il loro
compleanno ricevono doni speciali che possono cambiargli la vita, esattamente
come l’Ashford Academy. Forse questa vuole solo essere un’esperienza che ti
insegna a rendere possibile la convivenza fra i tuoi piaceri ed i tuoi doveri,
oppure per altri che ne hanno il coraggio sufficiente può essere una pedana
dalla quale buttarsi nei propri sogni senza voltarsi indietro. L’importante è
non perdersi dentro questa realtà. - Rimasero per alcuni momenti in silenzio,
attimi nei quali Suzaku temette di aver detto qualcosa che avesse potuto in
qualche modo infastidire o ferire la compagna ma si ricredette nel momento in
cui la vide alzarsi e posizionarsi davanti a lui.
- E’ dunque
questa la tua teoria, Suzaku Kururugi? - Si era detta “basta giochetti”, aveva
deciso che il giapponese non meritava essere una sua vittima innocente, ma era
più forte di lei. Sul suo volto si dipinse quel solito sorriso malizioso che la
caratterizzava e, guardando il ragazzo fisso negli occhi, continuò. - Allora facciamo
un gioco: entro la fine di quest’anno scolastico io mi occuperò di provare a te
che la tua teoria è sbagliata, ossia che una realtà fittizia non può risultare
in nient’altro che non sia mera disperazione. Tu invece ti occuperai di
provarmi il contrario. - Gli porse la mano, pensando che quell’anno si sarebbe
divertita più di quanto non avesse mai immaginato. - Ci stai? - Suzaku rimase
sorpreso da tale proposta ma senza farsi attendere oltre gli diede la mano,
sigillando il loro patto. Troppo tardi però si accorse di non aver chiesto
qualcosa di fondamentale e vedendola avviarsi verso la porta, la chiamò.
- Ma cosa ci guadagniamo
in tutto questo? - C.C. si voltò e, in seguito ad un’espressione pensierosa
fece spallucce.
- Se avrai
ragione tu, farò quello che vuoi.
- E se invece
avrai ragione tu? - Notando lo sguardo ed il sorriso di C.C., Suzaku si pentì
di avergli posto una simile domanda.
- Se vincerò
io… - La vide avvicinarsi e per un momento pensò avesse delle strane
intenzioni, ma si rasserenò quando sentì la mano della ragazza sulla spalla e la
vide avvicinarsi al suo orecchio. Facendo attenzione ad usare il tono giusto,
C.C. sussurrò piano: - …Dovrai rivelare al mondo intero il nome della tua lei. -
Suzaku indietreggiò, il terrore evidente nei suoi occhi verdi. Lei non poteva
sapere, non poteva in nessun modo sapere di lui e…
- Ci vediamo
in classe, Kururugi Suzaku. - Lo salutò e si diresse all’interno dell’edificio,
il sorriso stampato sul viso: per non essere una persona mattiniera, aveva
avuto una mattina pressoché interessante.
Ma se C.C. fosse
potuto tornare indietro nel tempo, quella mattina sarebbe entrata in classe all’ora
prestabilita oppure non ci sarebbe proprio andata
poiché le conseguenze di quegli atti erano
troppe da sopportare persino per lei.
Allora però
non sapeva che quell’interessante mattina era solo l’inizio di una lenta e
triste agonia.
Come promesso, eccomi qui! Temevate che sarei mancata
alla mia promessa, eh? E invece no, buashuashuahaha! *^*
No dai, seriamente parlando, mi sono presa l’impegno di scriverla e la porterò
al suo fine, costi quel che costi. (: Opinioni? Vi è piaciuto o c’è qualcosa
che non vi ha convinto? Ho voluto esporre la situazione famigliare di Lelouch
per spiegare meglio perché il suo personaggio prende nuove sfaccettature e da
dove derivi tanto odio represso, dopotutto nell’anime non abbiamo avuto molta
occasione di vederli interagire, quindi mi sono immaginata come sarebbe stata
la convivenza con un uomo come Charles e questo è il risultato! Se vi state
chiedendo in che momento la classe è venuta a sapere che si entrava un’ora dopo
sì, è avvenuta in quei due/tre minuti in cui Lelouch, andando al banco, ha
perso l’accendino e poi veniva a scoprire che ce l’aveva C.C.; come avrete
notato infatti cambio molto spesso il punto di vista, questo per permettere al
lettore di personificarsi il più possibile nel personaggio e vedere ma
soprattutto sentire le cose come le
prova quest’ultimo. Lelouch, pur essendo un ragazzo molto razionale, è anche
molto emotivo e nella serie l’ha dimostrato diverse volte ed in quel momento,
preso dalla rabbia e dal fastidio, non ha sentito l’annuncio. C.C. dal canto
suo, troppo occupata a giocare col principino, si è distratta e non ha prestato
la dovuta attenzione, perdendosi così la comunicazione. So bene che non siamo
abituati a vedere un Lelouch intraprendente con le donne, tuttavia questo è
secondo me come si sarebbe sviluppato il suo personaggio in un mondo “normale”,
dove il Geass è inesistente e di conseguenza Charles
ha potuto continuare a vivere una vita normale con la sua ultima consorte. E
invece cosa ne pensate di C.C. e Suzaku?! *-* Ho sempre pensato che nell’anime
abbiano dato loro poco spazio, sono convinta che sarebbe stato bello vedere
lei, la mente di Lelouch e lui, la sua mano destra, fare “amicizia” e talvolta
agire insieme per far dannare Lelouch! X°D Perché se non l’aveste notato io sì,
AMO tormentare Lelouch, buashuashuaha! *,..,* Ai fan di
Shirley invece dico che non mi dispiace affatto come Lelouch la tratta anzi,
merita di peggio, non la sopporto! è.é Ma se posso
darvi un consiglio, vi direi di proseguire nella lettura giacché il
fatto che io non la sopporti non significa che avrà una brutta fine. La serie
come avrete compreso è lontana dal finire, molte cose devono ancora avvenire e
persino Shirley, al momento debito, avrà (come tutti) la sua propria
soddisfazione. Non aggiungo altro sennò vi faccio spoiler e non sia mai! ù.u Come sempre colgo l’occasione di ringraziare i miei
migliori lettori, coloro che si prendono dei minuti del loro prezioso tempo per
lasciarmi una recensione che è quanto mi basta per sentirmi felice: Eris_Elly, nye, AliceBaskerville
e il dolcissimo Pizeta.
A voi ragazzi va il mio più grande grazie, siete la ragione per cui sono
tornata il mese scorso e per la quale questo mese, nonostante i mille impegni
universitari, non ho desistito e mi sono ritagliata - mi mancava poco per
inventare delle ore, löl - del tempo per poter
scrivere questo nuovo capito. (: Danke.♥ Ringrazio anche tutti gli altri
miei lettori e spero di poter rispondere presto ad una vostra recensione, sia
essa positiva o negativa (con la dovuta educazione, chiaro) mi farà piacere
riceverla! ^.-
Ci vediamo il prossimo mese con un nuovo capitolo, a
presto ciccini! :-*
Capitolo 5 *** The heart wants what it wants – or else it does not care ***
Masquerade
- Capitolo quattro -
The heart wants what wants
-
Non credi di essere stato un po’ duro? - L’imperatore sospirò socchiudendo gli
occhi e tendendo le mani strette dietro la schiena. La moglie dietro di lui
sorrise: ormai conosceva troppo bene Charles per non comprendere il linguaggio del
suo corpo. Dentro di lui aveva luogo un conflitto di opinioni. Da una parte era
certo di aver agito nella maniera corretta: suo figlio era un vincitore,
destinato ad essere un grande fra i grandi, esattamente come lui. Ma era ancora
troppo immaturo, troppo legato alle piccole cose per poter rendersi conto che
talvolta era necessario sacrificare certi aspetti della propria vita per poter
ottenere qualcos’altro di più grande, di molto più gratificante. Lelouch invece
era ancora un ragazzino che faceva i capricci perché non gli era dato di
scegliersi la propria moglie e perché non era stato reso primo in linea di
successione.
-
Mio figlio...
-
Nostro figlio. - Lo corresse l’imperatrice. Charles voltò leggermente il
capo per guardare il volto di Marianne sul cui viso era dipinto quel dolce e
innocente sorriso che da sedici anni lo innamorava. Charles era sempre stato un
uomo astuto, in ogni campo. Non aveva mai affrontato studi inerenti alla psiche
umana, in realtà non ne aveva mai avuto bisogno poiché era stata l’esperienza l’università
della sua vita. Aveva imparato a comprendere le persone, era come se fosse
capace di entrare nelle loro menti e leggerne le vere intenzioni; aveva
imparato a distinguere i sorrisi falsi da quelli veri, così come aveva imparato
a difendersi persino dai suoi stessi figli che come avvoltoi lo circondavano e
attendevano cautamente la sua caduta. Aveva imparato che l’amore era solo una
mera illusione, una distrazione; negli anni aveva compreso che non aveva
bisogno di amare, gli bastava distrarsi e divertirsi: era quello il prezzo da
pagare. E in quel modo aveva vissuto per anni, ponendo al primo posto i suoi
sogni e le sue ambizioni, dimenticandosi dei sentimenti e cedendo solo ai
desideri carnali.
Finché
un giorno incrociò i suoi brillanti occhi viola nei quali si perse, ipnotizzato
da quello sguardo dolce quanto profondo.
Marianne
era giovanissima, addirittura qualche anno più giovane del Primo Principe di
Britannia Odysseus e solo qualche mese più grande di Guinevere, sua
secondogenita, e mentre lui aveva già superato i quaranta, lei si addentrava in
quelli che sarebbero divenuti gli anni migliori della sua vita. Poteva davvero
funzionare una relazione simile? Eppure, per quanto lo desiderasse, non
riusciva a dimenticare quegli occhi e quel sorriso che sembravano essere tutto
quello che aveva sempre cercato e che non aveva mai trovato. Che la vita
finalmente gli stesse donando ciò che a lungo aveva intenzionalmente messo da
parte? Il destino stava forse cercando di dirgli “Adesso segui il tuo cuore”?
Non riuscì mai a dare una risposta a tali domande, seppe solo che poco tempo
dopo si trovò a metterle una fede al dito durante quello che fu il matrimonio più
maestoso di tutta Britannia, ma non solo: per dimostrarle il suo amore, Charles
non solo la sposò bensì la fece incoronare come 98esima Imperatrice di
Britannia, onore che aveva conferito solo a cinque delle nove consorti con cui
si era unito in matrimonio. Più avanti inoltre l’agilità e l’abilità nel campo
di battaglia lo portarono a nominarla Sesta fra i Knight of Rounds, titolo che
le durò poco poiché “Marianne il Tuono” divenne rapidamente Knight of Two. Non poteva
negare di provare affetto per tutti i suoi figli, dopotutto erano sangue del
suo sangue. Eppure, forse a causa di quella strana forza, di quello strano
incantesimo che l’esistenza stessa di Marianne esercitava su di lui, gli era
stato impossibile non amare i suoi due ultimi figli, i suoi preferiti, gli
unici fra tutti che avevano goduto della sua presenza ogni giorno.
-
Nostro figlio è un incosciente immaturo. Mi chiedo se non si sia ancora accorto
che fra tutti i suoi fratelli, lui è stato quello più viziato. - L’imperatrice
sorrise e spostò lo sguardo sulla scrivania nella quale vi erano presenti
quattro cornici argentate: nella prima sulla destra vi era una foto che era
stata scattata in occasione della nascita della Principessa Nunnally. Come accadeva
ogni qual volta che nasceva un nuovo Figlio di Britannia, tutti i Principi e le
Principesse Imperiali venivano chiamati alla Reggia Imperiale per conoscere ed
omaggiare l’ultima erede al trono; l’intera Famiglia Imperiale veniva poi
fotografata affinché la foto poi potesse giungere persino negli angoli più
remoti del regno. Marianne aveva sempre creduto che si trattasse di una
gentilezza che la Famiglia Imperiale desiderava fare al suo popolo affinché si
sentissero parte di un’unica grande famiglia ma con la nascita di Lelouch, il
marito si occupò di distruggerle la sua folle illusione:
-
Marianne cara, tu sei proprio una sognatrice! - L’aveva presa in giro, notando
come il figlioletto dormisse sereno nella culla, ignaro del grande peso che già
sopportavano le sue minuscole spalle. - Non credevo fossi così ingenua!
-
Lo prenderò come un complimento mio caro scorbutico marito. - Ribatté lei,
alzandosi dal letto e raggiungendolo. - E’ così bello...
-
E’ la tua fotocopia Marianne, è un colpo basso. - La risata della
Neo-Imperatrice riempì di calore la camera e il cuore dell’uomo che silenzioso
la osservava. - Non riderei tanto se fossi in te, il prossimo lo voglio uguale
a me! - La risata della donna si troncò all’istante e per poco non le andò di
traverso la saliva.
-
I-Il prossimo...?
-
Sì, il nostro prossimo figlio.
-
Charles, amore mio... - Si appoggiò delicatamente al suo braccio, mostrando
l’espressione più dolce che avesse. - Anch’io come te sarei felice di avere un
altro ma... Che ne dici se per quest’anno ci godiamo questo angioletto? Ti
prego, non hai idea di quanto faticoso sia portare in grembo una creatura per
nove mesi e quanto doloroso sia il parto... Sii? - L’uomo sospirò e si annotò
mentalmente di chiamare al più presto il ginecologo della moglie: un altro
figlio poteva aspettare ma di certo non avrebbe resistito un anno senza toccare
la sua splendida compagna.
-
E sia. - Marianne si aggrappò al collo di Charles che dovette appoggiarsi sulla
culla per non perdere l’equilibrio. - Però un simile sforzo va...
-
Va ripagato, lo so amore mio! E tranquillo, non te ne farò pentire nemmeno per
un istante se è questo ciò che ti preoccupa. - I suoi occhi viola si tinsero di
malizia e le mani di Charles si mossero prima di lui: con quella sinistra cinse
la vita della moglie mentre la destra si addentrava rapida fra i suoi capelli; prima
che la mora potesse reagire, il marito la baciò con tutta la passione che aveva
in corpo, odiando la sua natura umana che presto lo avrebbe obbligato a
staccarsi da lei per il bisogno di aria. Ma fu un lamento che divenne
rapidamente un pianto ciò che li obbligò a separarsi prima di quanto avessero
pensato.
-
Angioletto? Forse volevi dire diavoletto! - Asserì vendendola prendendo il
braccio il piccolo Lelouch. - Non so perché ma ho l’impressione che fra tutti i
miei figli sarà lui quello a darmi più problemi! - Marianne rise, cullando il
bambino che non smetteva di piangere.
-
Credo che abbia fame! - Si sedette sul letto e si preparò ad allattare il
figlio ma non senza prima incontrare lo sguardo diversamente affamato del
marito.
-
È uguale a te ma la sua insaziabile voglia di seno l’ha sicuramente ereditata
da me.
-
Charles! - Lo riprese mentre le sue guance iniziavano a prendere un colorito
roseo. - Puoi girarti per favore? Così mi fai sentire in imbarazzo... - L’imperatore
sospirò e si diresse alla finestra, osservando con occhio attento i preparativi
per il ricevimento che avrebbero presieduto da lì a pochi giorni. - Perché poco
fa mi hai chiamato ingenua? - La domanda colse di sorpresa l’uomo che dovette
concentrarsi per capire a cosa si riferisse.
-
Perché lo sei.
-
Charles...
-
Mia cara, solo tu puoi credere davvero che l’obiettivo di una simile cerimonia
e rendere il tutto pubblico sia per far sentire il popolo parte di questa
famiglia!
-
E quale sarebbe quello vero? - L’imperatore ghignò e, ruotando leggermente il
capo, guardò la moglie con la coda dell’occhio.
-
Assicurarmi che il popolo abbia ben chiaro chi è che governa questo Impero e
che abbiano ben chiaro quale è il loro posto. - Il tono freddo e crudele con il
quale aveva parlato Charles spiazzò per un attimo Marianne che cercò di
mantenere indifferente la sua espressione, senza essersi resa conto di aver
inconsciamente stretto più a se il figlioletto. - Se mi mantenessi distaccato
il popolo finirebbe per odiarmi ma se c’è qualcosa che ho imparato è che non è
l’amore che rende schiavi, bensì l’adorazione. Domani possono anche odiarmi
perché alzo le tasse ma continueranno ad adorarmi per l’immagine che hanno di
me, perché dopotutto sentono di far parte di una favola nella quale
l’Imperatore è un uomo che come tutti ama, s’innamora e talvolta fallisce come
lo dimostrano i miei precedenti matrimoni. Ma come padre sono un padre
impeccabile ed è su questo che la mia immagine fa leva: non sono solo il padre
dei miei figli, bensì di tutto il mio popolo. Finché mi crederanno il loro
padre protettore ed onnipotente, niente e nessuno potrà distruggere il mio
Impero. - Charles si voltò completamente e spostando lo sguardo verso il
figlioletto, rise. - Tu guarda, si vede che i miei discorsi lo annoiano! - Le
parole del marito avevano pietrificato Marianne che lentamente abbassò lo
sguardo e notò il piccolo Lelouch addormentato con una delle sue piccole mani
appoggiate al suo seno. Sentì il materasso appesantirsi e notò come quell’uomo,
che fino a qualche istante prima aveva parlato in modo insensibile dei suoi figli
e del suo popolo, ora la guardasse con occhi pieni d’amore ed adorazione.
-
Non avere timore. Mio figlio...
-
Nostro figlio. - Lo corresse dolcemente lei per la prima volta, conscia
di quale sarebbe stato il suo ruolo da quel momento in avanti. - I tuoi figli
saranno sempre i benvenuti e li tratterò come se fossero i miei, inoltre molti
di loro sono davvero delle splendide persone. - Si avvicinò piano al volto
dell’imperatore facendo attenzione a non svegliare il principino, quello stesso
principino che lei stessa ora si sarebbe occupata di difendere e di assicurarsi
che non venisse distrutto dalla sete di potere del padre, quello stesso
principino che un giorno avrebbe fatto sedere sul trono di Britannia. Se c’era
qualcosa che Charles le aveva insegnato era che non era l’amore che rende
schiavi bensì l’adorazione e lei aveva tutta l’adorazione dell’uomo più potente
e pericoloso di Britannia; finché avesse giocato bene le sue carte, suo figlio
era al sicuro. Accarezzò la guancia del marito e lo guardò con tutto l’amore
che aveva in corpo, con tutto l’amore di madre che da quel giorno in poi
sarebbe stato l’unico vero ed eterno amore che avrebbe potuto provare: - Ma nostro
figlio, amore mio, è il prodotto del nostro eterno ed indistruttibile amore.
Non è solo tuo, è nostro.
Sedici
anni dopo, guardando l’ultima foto della Famiglia Imperiale, Marianne non poté
evitare di sorridere, sentendosi orgogliosa di se stessa vedendo le altre tre
cornici poste al centro della scrivania: in mezzo alle due cornici vi era una
sua foto mentre nelle altre due vi erano Nunnally e Lelouch. Charles non era
mai stato un tipo molto legato alla famiglia, aveva sempre e solo tenuto la
foto dell’intera Famiglia Imperiale all’angolo sinistro della sua scrivania,
lontana dalla sua vista ma Marianne si era occupata personalmente di far sì che
l’Imperatore desiderasse avere le loro singole foto al centro della scrivania
affinché fosse chiaro a tutti chi erano le persone a lui più a cuore.
Marianne
amava Charles. Si era veramente innamorata a prima vista del suo portamento,
della sua imponenza, di quei folti e lunghi capelli castani che aveva pregato
affinché la sua bellissima Nunnally ereditasse; si era innamorata del rispetto
che tutti provavano nei suoi confronti e ancora di più l’aveva fatta innamorare
il fatto che quell’uomo, da tutti così venerato, venerasse solo lei. Tuttavia,
forse troppo giovane ed inesperta, forse troppo sognatrice ed idealista, forse
troppo occupata a credere di essere la protagonista di una fiaba, non aveva visto
aldilà del suo cuore chi era davvero Charles Di Britannia. Troppo tardi si era
resa conto della vera natura del marito, troppo tardi aveva percepito la
malvagità che si annidava negli occhi di molti dei suoi figli, troppo tardi
aveva scoperto che forse più pericoloso dello stesso Charles vi era il suo
terzo figlio, Schneizel El Britannia, il giovane che a lungo Marianne aveva
erroneamente creduto fra tutti quello con il cuore più puro. Ormai non poteva
più tirarsi indietro e così aveva lentamente lasciato da parte la sua natura
innocente e sognatrice che ormai era divenuta solo una copertura, mentre il suo
vero io cambiava giorno dopo giorno, trasformandosi da un cucciolo in una iena
feroce, pronta ad uccidere per i propri figli, quegli stessi figli che erano
stati la forza che l’avevano spinta a scendere in battaglia e combattere fino a
diventare Knight of Two. Sì, Marianne amava Charles.
Ma
amava di più i suoi figli.
-
Stai forse insinuando che lo abbiamo viziato troppo?
-
Vorrai dire che tu l’hai viziato troppo, Marianne. - La donna rise, gli occhi
fissi sulla foto del loro primogenito.
-
Non ho mai acconsentito a qualcosa a cui nemmeno tu fossi stato d’accordo,
perciò caro mio la colpa è di entrambi! - Sentì il marito sospirare nuovamente
e lo vide avvicinarsi a lei.
-
Ora non ha importanza di chi sia la colpa, bensì cercare di fargli comprendere
che lui è il Principe di Britannia e come tale ha dei doveri a cui non può
venire meno.
-
Sono d’accordo. - Mentì. - Tuttavia Charles, hai mai pensato a cosa potrebbe
accadere se nostro figlio si innamorasse di qualcun'altra prima di giungere
all’altare con la giovane Fenette? - Gli chiese, decisa a capire perché fosse
così restio ad assolvere il fidanzamento di Lelouch con l’amica d’infanzia. Non
sentendo alcuna risposta da parte sua, Marianne insistette. - Charles?
-
Ci ho pensato Marianne. Ci ho pensato. - Dal tono di voce l’imperatrice capì
che stesse dicendo la verità. - Tuttavia preferisco che soffra e in qualche
modo convinca la mal fortunata ad essere solo la sua amante piuttosto che debba
soffrire sulle sue spalle il peso di una morte. - La donna si spaventò ma
nascose il timore dietro una solida maschera di calma.
-
Morte? - Il marito annuì per poi scuotere leggermente la testa.
-
Quella ragazza, Shirley Fenette... Notando l’astio di Lelouch nei suoi
confronti una volta provai a parlare con i Fenette di una possibile sospensione
del fidanzamento. Dissi loro che non riguardava il fatto che non considerassi
la loro figlia degna del nostro, semplicemente che non trovavo giusto che i
ragazzi crescessero con l’obbligazione di amarsi. Spinsi sulla questione che
semmai crescendo Shirley si fosse innamorata di un altro ragazzo, era libera di
essere felice e di non sentirsi necessariamente legata a Lelouch e prendendola
su questo punto di vista i Fenette accettarono. Ma quando glielo commentarono
alla ragazza... Shirley tentò il suicidio.
-
Cosa?! Ma non è possibile! - Urlò Marianne, scossa da una simile rivelazione.
Quando era avvenuto tutto questo? E perché lei non ne era venuta a conoscenza?
-
A quanto pare le sue esatte parole furono “Per quante volte possa rinascere,
ormai sono sicura che mi innamorerei ancora e ancora di lui. È questo il mio
destino. Non lo pensate anche voi?” - Rimasero in silenzio per molto tempo,
Charles ricordando la voce rotta in pianto dell’amico che lo implorava di
ristabilire il fidanzamento e Marianne che cercava di realizzare il fatto,
comprendendo come Charles in realtà stesse salvando Lelouch da qualcosa di più
grave; tuttavia c’era qualcosa che la spaventava ancora di più.
-
Charles... Che cosa accadrebbe se fosse Lelouch ad uccidere Shirley? - L’uomo
sospirò, per niente sorpreso, quasi come se lui stesso avesse già contemplato
una simile idea.
-
Nostro figlio è furbo quanto capriccioso ma non credo sia capace di una simile
azione.
-
Nemmeno io credo che nostro figlio sia un assassino. - Chiarì. - Ma Charles, se
Lelouch dovesse innamorarsi per davvero e se la ragazza in questione non
accettasse di essere semplicemente un’amante... Io non sono sicura di come potrebbe
reagire nostro figlio. - Si avvicinò nuovamente alla scrivania e sfiorò con le
dita la foto di Lelouch, cercando il modo per poter salvare il figlio da una
simile situazione.
-
Purtroppo è una cosa che avevo contemplato anch’io. Nonostante ciò non credo
che Lelouch possa mai giungere a una simile decisione, sarà anche arrogante e
viziato ma è sempre nostro figlio, Marianne. - Cercò di rincuorarla,
stringendole leggermente le spalle. - E poi non è detto che si innamori, così
come ha impostato il suo carattere ed il suo modo di fare, dubito seriamente
che una signorina decente e di buona famiglia possa interessarsi a lui sapendo
che è già fidanzato. E’ sempre meglio essere una moglie di un Duca che l’amante
senza pretese di un Principe Imperiale. Inoltre, essendo che adesso è troppo
preso dalle sue scappatelle, nemmeno lui smetterà di godersi la vita da Playboy
per rispettare una sola donna. E’ giovane, ha gli ormoni alle stelle, non
abbiamo nulla di cui preoccuparci! - L’imperatrice si limitò a sorridere,
preoccupata per la sorte di quel figlio che non era riuscita a proteggere come
aveva desiderato. Charles le alzò delicatamente il mento, obbligandola a
incontrare il suo sguardo.
-
Sono solo un po’ preoccupata, tutto qui.
-
Marianne, cara mia, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Dai miei altri figli me
lo potrei anche aspettare ma non da Lelouch, non da qualcuno che ha avuto una
madre come te. Credimi Marianne, sono certo che non arriverebbe mai a tanto! - La
moglie annuì e gli sorrise fiduciosa, indossando quella maschera che aveva
imparato a portare come una seconda pelle, quella maschera che era capace di camuffare
persino le sue paure più grandi.
Era
proprio perché Lelouch era figlio suo, era proprio perché lei stessa l’aveva
cresciuto che aveva timore di ciò che sarebbe potuto avvenire semmai il giovane
Principe di Britannia si fosse innamorato.
-
Dato che oggi siete stati particolarmente diligenti durante questa lezione, ho
deciso di premiarvi e dedicare gli ultimi 10 minuti dell’ora per analizzare una
frase di Emily Dickinson. A voi ragazze in particolare farà molto piacere! -
Lelouch sbuffò, annoiato in anticipo per quello che sarebbe venuto: se sarebbe
piaciuto alle sue compagne ciò significava che si trattava di una qualche
stupida frase romantica alla Romeo e Giulietta che di certo quella mattina non
aveva voglia di sorbirsi. Chi invece sarebbe stato interessatissimo
all’argomento era senza dubbio Suzaku, tuttavia l’aveva visto abbastanza
irrequieto, non ricordava di averlo mai visto così dai tempi della Ribellione.
-
“The heart wants what it wants – or else it does not care.” Il
cuore vuole ciò che vuole, il resto non gli importa. Questo scrive la giovane e
innamorata Emily Dickinson in una lettera subito dopo la partenza del suo
amato. Una frase semplice quanto piena di significato. Qualcuno di voi se la
sente di provare? - Una ragazza alzò la mano e il professore la invitò a
parlare.
-
Credo che forse faccia riferimento a quei casi in cui sai che quell’amore è impossibile
ma comunque non riesci a capacitartene. Quegli amori che o per la distanza, o
per questioni di rango sociale oppure anche se non sei corrisposto, non possono
compiersi. In pratica sono amori destinati a rimanere platonici. In questo caso
per esempio il giovane era partito e probabilmente non sarebbe mai più tornato...
Nonostante questo però lei non avrebbe mai smesso di amarlo. E proprio perché
“Il cuore vuole ciò che vuole” di tutti gli ostacoli il cuore non s’importa, il
cuore ama e basta. - Shirley, la quale per tutta la lezione era stata
particolarmente tranquilla, strinse le mani e guardò in direzione di Lelouch,
percependo fin troppo il significato di quelle parole. Suzaku dal canto suo si
limitò ad abbassare gli occhi mentre il compagno di banco, visibilmente
annoiato, alzò gli occhi al cielo: altro che premio, quello era un castigo! Si
guardò intorno e notò un Rivaltz sorridente ad occhi chiusi, probabilmente in
quel momento stava pensando ad una biondina che conoscevano fin troppo bene; tutt’altra
espressione era quella di Kallen che invece sembrava turbata e confusa. Voltò
leggermente il capo e si soprese nel vedere il volto indifferente di C.C.:
dopotutto era pur sempre una ragazza, possibile che nemmeno queste cose
smuovessero un po’ il suo cuore?
-
Esattamente Higurashi, questa frase risponde proprio alla logica che in amore
si ascolta solo il proprio cuore, cuore che non conosce obiezioni e che prende
il sopravvento persino sulla ragione. Ma quindi secondo voi, ed è proprio qui
che volevo arrivare, questo ragionamento è giusto? E’ giusto fare di tutto per
seguire egoisticamente il proprio cuore? O vi è un limite che persino per il
cuore è insuperabile? Possiamo davvero giustificare con il cuore tutto il bene
o il male che possiamo compiere per amo...
-
Sì! Sì perché l’amore non può essere egoista! - Il professore sobbalzò
leggermente dinnanzi all’improvvisa interruzione. - Sì perché ciò che si fa per
amore non può mai essere male! L’amore è una cosa splendida, senza amore non
avrebbe nemmeno senso vivere! - Continuò ad urlare la ragazza che abbassò la
testa e strinse i pugni sul banco mentre cercava di contenere le lacrime. -
L’amore è... Un sentimento splendido... Non può essere mai cattivo p-perché l-l’amore
è... L’amore è per sua natura buono... N-non... - Prima che potesse finire la
frase, la nuotatrice dai lunghi capelli arancioni corse via dall’aula,
lasciando la classe in uno stato di shock. Qualche istante dopo suonò la
campanella e i ragazzi furono liberi di andare.
-
Che Shirley ti ami più di se stessa non c’è dubbio! Ma sul fatto che sia
completamente normale invece qualche dubbio ce l’avrei! - Commentò Rivaltz
appoggiando una mano sulla spalla di Lelouch che prontamente gliela tolse.
-
Invece di parlare di queste stupidaggini... Suzaku, perché non ci dici cos’hai?
È tutta la mattina che hai una faccia... - Il giapponese, troppo preso dai suoi
pensieri, non sentì l’amico e si voltò invece in direzione del banco di C.C.
che trovò vuoto. Rivaltz seguì il suo sguardo e, ignaro della verità dei fatti,
sorrise maliziosamente e mise un braccio intorno al collo del castano.
-
Hai capito il nostro Suzaku! E così la nuova arrivata ha attirato la tua
attenzione! D’altronde come darti torto!
-
Fra tutte proprio quella? Tsk. Mi domando cosa ne penserebbe la mia sorellina,
la principessina Euphie...
-
N-no! Vi state sbagliando! - Urlò Suzaku alzandosi rapidamente dalla sedia. -
Lelouch sai bene che non potrei mai...
-
Sì sì sì, lo so! - Lo fermò con un gesto della mano e gli occhi rivolti verso il
cielo. - So bene che piuttosto che ferire Euphemia ti faresti amputare tutte e
due le braccia, cosa mica da poco per un Cavaliere se posso aggiungere. - Il
giovane in questione sospirò, felice di aver usurpato sul nascere simili
dicerie.
-
Lelouch non credi sia il caso di...
-
Non cambiare argomento Suzaku. - Lo interruppe subito il principe. - Non ti ho
mai visto distratto a lezione se non per le rare volte in cui hai bisticciato
con mia sorella, eppure sono certo che fra te e Euphie vada tutto bene quindi
dimmi, cos’è che ti turba tanto? - Guardò dritto negli occhi l’amico con una
serietà tale da incutere autorità. Buffo come qualcuno che odiasse così fortemente
il padre, nonostante gli occhi fossero innegabilmente quelli della madre, ne avesse
ereditato le espressioni e persino lo sguardo. Lo sguardo era così duro e
imponente che per un momento Suzaku sentì di essere tornato il bambino che
vedeva l’Imperatore di Britannia come un gigante intoccabile; eppure, se
osservati bene, quegli occhi ametista nascondevano un velo di gentilezza e
dolcezza, quella dolcezza e gentilezza che erano invece stati un tempo costanti
negli occhi azzurri di Nunnally, caratteristiche che, otto anni dopo lo
sfortunato incidente, ancora non avevano abbandonato il cuore dell’ultima
Principessa di Britannia. Tratti che a loro volta, in un lontano passato, erano
appartenuti anche a Lelouch ma che Charles, con la sua autorità e la sua
prepotenza, aveva lentamente cancellato.
-
Non è nulla di che ragazzi, scusatemi! È solo che stamattina ho avuto una
piccola discussione con mio padre e... - Sentì una mano sulla spalla e si
voltò.
-
Tranquillo amico, non c’è bisogno che tu aggiunga altro! - Gli disse Rivaltz
mostrandogli un sorriso a trentadue denti.
-
Qualsiasi cosa sia non farci caso. - Intervenne Lelouch alzandosi a sua volta. -
Sono solo dei vecchi folli. - Suzaku annuì e, assicurandosi di aver nascosto in
un angolo remoto del cervello la crescente preoccupazione che aveva fatto
nascere in lui C.C., si diresse con gli amici alla mensa.
L’Ashford
Academy era indubbiamente la miglior scuola superiore di tutto l’Impero di
Britannia. Le strutture erano conformi alle leggi, altamente modernizzate, non
vi era un solo fiore appassito né vi circolava un insetto in più di quello che
non fosse necessario per il ciclo della natura stessa. La retta in un posto
simile quindi non poteva che essere salata, salatissima essendo che funzionava
proprio come un’università: essa era proporzionale al guadagno totale di
ciascuna famiglia e, considerando il fatto che la maggior parte degli alunni se
non tutti, salvo il caso delle borse di studio, erano figli di gente che poteva
permettersi di possedere una macchina diversa per ogni giorno dell’anno, era
inevitabile immaginare quanto potesse essere elevato il guadagno totale della
scuola. Dunque, se l’Ashford Academy guadagnava davvero così tanti soldi, C.C.
si chiese come fosse possibile che in un simile istituto la pizza servita alla
mensa fosse di una qualità altamente scadente. Inizialmente aveva creduto fosse
perché aveva scelto la pizza sbagliata - d’altronde i funghi non le erano mai
piaciuti ma aveva erroneamente creduto che forse sulla pizza avrebbero potuto
avere tutt’altro sapore - ma si rese ben presto conto che non era la farcitura
ad essere sbagliata bensì la base stessa della pizza ad essere sgradevole. Non
che fosse vomitevole, d’altronde nessuna pizza di per se avrebbe mai potuto
esserlo. Non chiedeva nemmeno che fosse al livello di Pizza Hut, anche se di
certo un simile fatto non le avrebbe dispiaciuto, ma che fosse allo stesso
livello se non inferiore a quello di una pizza surgelata... Una simile cosa (e
pizza) non poteva proprio mandarla giù! Si domandò se Pizza Hut avrebbe potuto
farle uno sconto speciale; forse era il caso di rivolgersi direttamente al
direttore per avere una specie di abbonamento personalizzato, dopotutto sicuramente
circa il 50% dell’utile di Pizza Hut proveniva dalla sua insaziabile voglia di
quella meravigliosa leccornia. Sconfortata spinse via il rimanente trancio di
pizza, decisa ad andarsene per respirare un po’ d’aria fresca e godersi un po’
di solitudine.
-
C.C.! - Probabilmente la solitudine avrebbe dovuto attendere. Alzò lo sguardo e
incontrò il viso sorridente di Milly mentre dietro di lei Nina si limitò a
farle un cenno con il capo, troppo timida per parlare. - Possiamo? - Vedendo
C.C. annuire le ragazze presero posto. - Ah, vedo che il mio istinto ieri
allora non ha sbagliato! - Non capendo a cosa facesse riferimento, la giovane
si limitò ad alzare un sopracciglio. - La pizza! Allora è vero che sei una
pizza-nomane! - C.C. strabuzzò gli occhi, chiedendosi perché non ci avesse
pensato prima.
-
Presidentessa, c’è una questione di assoluta importanza che merita di venir
ascoltata! - Le disse C.C. più seria che mai.
-
Dimmi, dimmi! Di che si tratta? - Rispose entusiasta la biondina.
-
La pizza.
-
Uh? La pizza?
-
La pizza!
-
La pizza nel senso… La pizza?
-
Esattamente, la pizza! - L’altra compagna osservò in silenzio l’interazione e
si chiese se Milly avesse finalmente trovato una persona all’altezza delle sue
stranezze. - La pizza dell’Ashford Academy è...
-
Deliziosa? - C.C. scosse con forza la testa e, assumendo lo sguardo più
disperato che conoscesse, proseguì.
-
Disgustosa! Presidentessa non possiamo permettere che il sapore della pizza
venga così sminuito, l’Ashford Academy potrebbe avere una perdita di prestigio
solo per questo! - Al lato destro della bionda, Nina si domandò se davvero la
presidentessa si sarebbe occupata di una simile futile questione. Volevano
davvero parlare di cose che non funzionavano alla Ashford? Potevano iniziare
con i laboratori di scienze ad esempio, non ve ne erano a sufficienza! E non
erano a prova di tutto ciò che sarebbe potuto accadere durante una
sperimentazione! Alunni come lei, amanti della scienza e della tecnologia, dove
avrebbero potuto dar vita a tutto il loro ingegno se non nell’istituto
scolastico? Certamente la pizza non poteva essere un argomento di grande peso,
dopotutto era solo pizza.
-
Hai ragione! Pensa se venissero degli infiltrati per poter testare la scuola
dall’interno e si ritrovassero un qualità scadente di pizza... Io, Milly
Ashford, non lo posso permettere!
-
Presidentessa! - Cercò di richiamarla la giovane Einstein, ormai invano.
-
Presidentessa, si può sapere che hai in mente ora?
-
Lelouch! Suzaku! Rivaltz! - Li salutò energicamente Milly. - Siete arrivati
giusto in tempo! Sedete, sedete! - C.C., seppur fosse felice di essere riuscita
ottenere così facilmente ciò che voleva, non poté evitare di lanciare un rapido
sguardo ai ragazzi ed incontrando gli occhi verdi di Suzaku, per un instante
sorrise maliziosa per poi tornare con gli occhi sulla biondina. Lo scambio di
occhiate non passò inosservato a Lelouch il quale si domandò che strana
connessione vi fosse mai tra quei due, troppo opposti per avere in comune
persino l’aria che respiravano.
-
C.C. ha messo in risalto un problema di grande importanza che fino ad ora
nessuno di noi aveva toccato ma che credo sia giunto il momento di affrontare.
La pizza!
-
La pizza? - Chiesero all’unisono i ragazzi.
-
La pizza. - Ribadì C.C.
-
Perché non fate altro che parlare di pizza?
-
Ah, Kallen! Eccoti qui finalmente! Ora mancano solo Nunnally e Sayoko e...
-
Veramente noi siamo proprio dietro di te, presidentessa! - Si fece sentire la
voce sottile e divertita della giovane principessa la cui carrozzina venne messa
al fianco di C.C.; Lelouch, non comprendendo perché Sayoko avesse seduto la
sorella così lontana da lui, fece per alzarsi ma una mano lo fermò.
-
E’ stata la signorina Nunnally a chiedermi di potersi sedere di fianco alla
nuova arrivata. A quanto pare desidera conoscerla un po’ di più. - Il giovane allora
annuì seppur non riuscisse a capire cosa Nunnally potesse trovare di interessante
in C.C.; in fondo però sapeva di non aver nulla di cui preoccuparsi: la ragazza
dai lunghi capelli verdi non avrebbe mai fatto sentire la sua sorellina come
una “ragazza speciale”, aveva chiarito sin da subito di odiare simili
ipocrisie, ipocrisie dalle quali purtroppo Nunnally era costantemente
circondata. Forse, finché si trattasse di fugaci momenti come questi, la
compagnia di una persona sincera era proprio quello che le serviva.
-
Bene! Ora che ci siete tutti... No, un momento! Dov’è Shirley?
-
Non hai sabudo? - Le domandò Rivaltz intento a mangiare il suo panino con la
salamella.
-
Saputo cosa?
-
Shirley ha avuto un momento emotivo in classe. - La informò Kallen mentre
apriva la sua bottiglietta d’acqua. - Il professore ha fatto una domanda su
cosa sia giusto o meno in amore e lei si è lasciata un po’ prendere.
-
Un po’?! Un po’ tanto direi!
-
Rivaltz... - Lo rimproverò Suzaku.
-
Che c’è? E’ vero!
-
Mmhh... Lelouch? - Il giovane, che fino a quel momento aveva intenzionalmente
mantenuto il silenzio, si portò alle labbra un pezzo di sushi e assunse uno
sguardo annoiato. – Non dovresti essere andato a cercarla? - Fece spallucce e,
desideroso che la conversazione morisse senza che lui facesse alcun intervento,
mangiò un altro boccone.
-
Presidentessa, sai bene che rivolgersi a Lelouch per queste cose è inutile! -
Fece notare Suzaku anche se il tono di rimprovero da lui utilizzato non passò
inosservato da Lelouch che optò per fare finta di niente.
-
Non sarebbe il caso che qualcuno la andasse a cercare? Probabilmente in questo
momento ha bisogno di qualcuno che la conforti...
-
Nunnally ha ragione! - Milly si alzò e, toccando contemporaneamente le spalle
di Kallen e Nina, salutò i compagni. - Kallen, Nina voi venite con me!
-
Eh? Ma io mi sono appena seduta! - Le proteste della rossa rimasero del tutto inudite
dalla presidentessa che iniziò a tirarla dai polsi.
-
Rimandiamo la questione all’incontro di questo pomeriggio! A più tardi! - C.C.
si sentì felice di non essere stata scelta per seguire Milly; dopotutto lei,
che da fin troppo tempo aveva conosciuto la crudeltà del mondo e il lato
malvagio, sporco e sadico dell’amore, cosa avrebbe potuto dire a una ragazza
come Shirley Fenette? Una ragazza che ancora credeva nelle fiabe e che era lei
stessa protagonista di una di queste, di certo non sarebbe mai stata in grado
di comprendere le sue parole.
-
Ah, che sbadata! Non ho ancora finito il compito di letteratura! - La voce
preoccupata di Nunnally risuonò per tutta la tavola. - Scusatemi ma devo andare!
- Contemporaneamente a Sayoko si alzò anche C.C., decisa a gustarsi un po’
della sua adorata solitudine. - Anche tu hai un compito da finire? - La giovane
scosse la testa.
-
No, però stavo per andare a prendere una boccata d’aria fresca.
-
Ah, allora la strada è pressappoco la stessa! - Riferì Sayoko, al che C.C.
annuì e affiancò Nunnally.
-
Ciao a tutti, ci vediamo questo pomeriggio! - C.C., a differenza di Nunnally,
si limitò a salutare i ragazzi con un rapido quanto svogliato gesto della mano.
-
A quanto pare è davvero una di poche parole! - Constatò Rivaltz vedendo le tre
giovani uscire dalla mensa. Rimasero in silenzio per alcuni secondi finché
Lelouch si alzò dal tavolo.
-
Non starai andando a fumare spero!
-
E invece speri male Suzaku perché è proprio quello che ho intenzione di fare. -
Rispose, prendendo una sigaretta.
-
Almeno poi valla a cercare Shirley! - Cercò di convincerlo il giapponese anche
se sapeva bene che non l’avrebbe fatto. - Sono serio Lelouch, vai da lei! Ne ha
bisogno! - Il ragazzo, ormai a pochi passi dall’uscita, rimase di spalle e si
limitò ad annuire e a salutare gli amici con una mano.
-
...Io invece ho bisogno di non vederla. - Mormorò aprendo la porta e
dirigendosi verso le scale.
C.C.
aveva sempre creduto che ci fosse qualcosa che non andasse in lei e ora ne era
più che certa: che differenza c’era fra prendere un po’ d’aria seduta su una
panchina e prendere un po’ d’aria seduta in un angolino buio della terrazza
della scuola? Forse un qualsiasi essere umano normale avrebbe preferito la
panchina, eppure lei sin da subito si era sentita profondamente legata a
quell’angolino buio che l’aveva ospitata durante la pausa pranzo del primo
giorno di scuola. Ricordava ancora la dolce brezza estiva accarezzarle
delicatamente le guance e farle svolazzare leggermente i capelli, ricordava
ancora il profumo limpido dell’aria e il meraviglioso silenzio che l’aveva
avvolta, cullandola come una madre amorevole fa con il proprio bambino. Chissà
se anche oggi avrebbe rivisto quelle stesse nuvole che il giorno prima
l’avevano ipnotizzata, facendole sperare per un istante che qualcosa o qualcuno
potesse udirla, comprenderla e consolarla in silenzio. Salì l’ultimo gradino e
sorrise in anticipo, felice di poter dedicarsi a se stessa per un momento della
giornata. Aprì la porta scorrevole e inspirò tutta l’aria che i suoi polmoni
potessero contenere: era piacevole, fresca, limpida. Alcuni istanti dopo
tuttavia sbarrò gli occhi, avvertendo la presenza di un odore familiare quanto spiacevole:
fumo. No, non poteva essere. Di certo, fra tutti i posti presenti all’Ashford
Academy, sicuramente lei non avrebbe avuto la sfortuna di fare due volte lo
stesso incontro... Vero?
-
Che cosa ci fai qui? - Eppure avrebbe dovuto saperlo che lei era nata baciata
dalla sfortuna. Mantenendo la sua postura e la sua solita espressione, la
ragazza lanciò uno sguardo sulla sigaretta del compagno. Combo! A quanto
pare aveva appena iniziato a fumare. Quando si dice di male in peggio...
-
Che cosa ci fai tu qua? - Controbatté C.C. - La scuola è piena di posti dove
fumare, non puoi andare da un’altra parte?
-
E perché non vai via tu? Sono arrivato prima io.
-
Sei proprio un bambino viziato.
-
Veramente sei più viziata tu che credi di poter ottenere sempre quello che
vuoi. - Ribadì, ricevendo un’occhiataccia alla quale semplicemente rispose con
un ghigno: finalmente era riuscita a zittirla. Anche se la gloria gli durò
poco.
-
Lo sai che la tua fidanzatina ti sta cercando disperatamente? L’ho incrociata
proprio salendo qui. - Le parole di C.C. bloccarono il giovane. - Mi ha chiesto
se per caso sapessi dove fosse il suo adorato Lelouch e le ho risposto di no perché
ovviamente non lo sapevo. Pensa che stava per salire con me ma le ho assicurato
che qui non potevi essere perché ci ero appena stata io e che ero scesa solo per
un andare un attimo in bagno. - Sedendosi nello stesso angolino buio del giorno
prima, la ragazza appoggiò il capo all’indietro e chiuse gli occhi, assaporando
il silenzio che sarebbe seguito da lì a poco. - Non ci metto niente a scendere
e dirle che mi ero sbagliata. - Lelouch strinse i pugni e digrignò i denti ma
non si rese conto di aver esercitato troppa pressione sulla sigaretta che, a
causa del suo morso, si spezzò.
-
Dannazione!
-
Tu guarda, il karma. - Sogghignò a voce bassa C.C. ma non bassa abbastanza da
non venir udita.
-
Taci! - Ringhiò lui, chiedendosi se fosse il caso di accendere un’altra
sigaretta: se ne avesse acceso un’altra C.C. sarebbe sicuramente scesa ad
avvisare Shirley, ma se fosse sceso per andare a fumare da un’altra parte
Shirley l’avrebbe sicuramente trovato. In ogni caso ne usciva perdente, era incastrato
in un vicolo cieco.
-
Se fumo qui chiamerai Shirley, se scendo è sicuro come l’oro che me la trovo
davanti. Non è uno scambio equivalente.
-
Non ho detto che te ne devi andare, ti ho chiesto solo di non fumare.
-
Uh? - Vide la ragazza aprire gli occhi e guardare intensamente il cielo.
-
Sei lento quanto Romeo. - Constatò, abbassando il capo e guardando negli occhi
Lelouch prima di richiuderli qualche istante dopo. - Ho detto che puoi
nasconderti qui dalla tua Giulietta, non mi fa alcuna differenza che tu ci sia
o no. Solo non fumare, io detesto il fumo, specie quello della marca che compri
tu. - Convenendo che il fatto di dover trascorrere insieme a C.C. i restanti
quindici minuti della pausa pranzo fosse comunque una tortura minore rispetto a
quella di doversi sorbire gli stupidi e noiosi discorsi di Shirley sulla loro
relazione, Lelouch sospirò e alzò lo sguardo verso il cielo. Alcuni istanti
dopo sentì il respiro della giovane farsi più stabili e profondi e si voltò
nella sua direzione: due lunghe ciocche lisce ne contornavano il viso e adornavano
la divisa risaltandone i colori mentre il verde dei suoi capelli si stagliava
sul bianco perla della sua pelle; le labbra erano di un rosa chiaro ma pallido
e a differenza di Shirley che aveva sempre il rossetto o il gloss, C.C.
sembrava non essere una grande fanatica del trucco di cui ne aveva pochissime
dosi sugli occhi. Per la prima volta in due giorni riusciva a vedere
un’espressione diversa dalla sua costante maschera d’indifferenza: la pace. Non
era sicuro se si fosse addormentata o se semplicemente si fosse lasciata
andare, l’unica cosa di cui era certo era che in quel momento C.C. era serena,
libera da quella maschera opprimente con cui l’aveva conosciuta. Chiunque
l’avesse vista in quello stato avrebbe potuto pensare che la compagna fosse una
dolce ed innocente ragazza e non la C.C. scaltra, maliziosa e manipolatrice che
si era mostrata sino a quel momento. Era bianca come la neve, eppure piuttosto
che la principessa delle fiabe, C.C. sembrava più una strega che una damigella
in difficoltà: ma era una strega buona, la cui pelle bianca come la neve
sembrava un invito ad assaggiarla e le cui mani sembravano nascondere il tocco
magico della felicità eterna. Curioso, si avvicinò piano e ad alcuni metri da
lei si abbassò su un ginocchio: c’era qualcosa di magico, uno strano
incantesimo, una maledizione che tuttavia sapeva di benedizione. Sorrise,
chiedendosi come potesse un simile viso nascondere due personalità così opposte
e contrastanti. Era davvero un peccato, anzi, un vero spreco il fatto che non
appena C.C. avesse aperto gli occhi, quella dolce creatura sarebbe svanita e al
suo posto sarebbe apparsa una strega nera antipatica ed insofferente ad ogni
cosa. Si alzò e dirigendosi verso il centro della terrazza, sospirò chiedendosi
perché, proprio in quel preciso momento, gli fosse venuta in mente una simile
frase.
“The heart wants what it wants –
or else it does not care”
ABBASSATE
QUEI FORCONI.Su
su da bravi, mettete via tutte le armi che avevate appositamente preparato per
il mio ritorno e, prima di crocefiggermi, udite il mio lato della storia ^_^”
Innanzitutto
vi domando IMMENSAMENTE PERDONO per l’inammissibile ritardo. Lo
so che avevo promesso di aggiornare almeno una volta al mese ma purtroppo c’è
stato un grave problema che non mi ha concesso di postare nulla e, non appena
ve lo avrò spiegato, credo potrete capirmi e non vorrete più uccidermi (o
almeno lo spero D:). Come vi avevo anticipato a novembre, molti dei capitoli
che sarebbero venuti dopo (quindi questo ed i prossimi) erano già pronti come
“bozze”, avevo bisogno di lavorarci su certo ma mal che bene la base c’era. E’
successo però che la mia memoria esterna, quella da 1TB dove tengo TUTTA
la mia roba perché sennò sul PC occupano troppo spazio, si è rotta. Sì,
proprio come lo leggete: si è rotta, ergo, ho perso tutto. TUTTO.
Oltre al fatto che ho perso un sacco di foto e video a cui ero sentimentalmente
legata, ho perso anche delle fan fiction che non avevo ancora copiato sul PC e
fra queste le bozze dei capitoli che avevo scritto. Ora, sebbene sia vero che
la storia io ce l’ho nella mia testa, vi prego di capire che molte volte non è
solo pensare “Shirley fa la scenata” per poter scrivere una scena: lavorare su
ogni singola frase richiede un certo impegno, specie perché, se non si fosse
notato, io sono una che ci tiene moltissimo alle parole, alla musicalità
dell’insieme, ai toni e a che tutto avvenga con un certo crescendo per poi
poter raggiungere il climax in determinate parti. Va anche detto che ci sono
espressioni particolari che amo moltissimo e che mi nascono sul momento,
espressioni che però non mi rimangono impresse nella memoria, quindi seppur io
sappia che di base in quel momento “Marianne capirà che i suoi figli sono tutto
nella sua vita” fino a che non ritroverò l’esatta frase che usai la prima volta
che mi diede la giusta soddisfazione o addirittura una migliore, di certo non
potrò pubblicare nulla perché sarebbe un lavoro vuoto, senza sentimento. Al
contrario, io ci metto tutta me stessa, metto il mio sangue e la mia anima
nelle mie fan fiction proprio perché, nonostante vi sia uno schermo di mezzo,
il mio scopo finale è quello di raggiungere i vostri cuori e farvi sentire
felici, ridere e farvi incavolare nei diversi momenti della storia e sapere che
per il tempo che mi avete dedicato, vi ho dipinto un tiepido sorriso sulle
labbra. (:
Bene,
ora se nonostante tutto questo volete uccidermi... Fatelo prima del 18 che ho
un esame da fare, almeno avrò una scusa valida per non presentarmi! ToT
Passando ad altro invece, vorrei ringraziare di cuore Eris_Elly,
AliceBaskerville, nye e Pizeta che come sempre sono così gentili da
recensire ogni capitolo. ♥ Grazie di cuore
ragazzi, sappiate che se mi smeno tantissimo con questa storia è soprattutto
per voi che siete più fedeli di un qualsiasi fidanzato! *-* Inoltre vorrei
ringraziare anche la gentilissima lagunablu: benvenuta a bordo di
questa avventura! *^* Spero che anche tu rimarrai con me fino alla fine e
che amerai/odierai tutte le peripezie che dovranno attraversare i nostri
protagonisti, dopotutto il bello deve ancora venire! :P
Che
altro dire? Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto, l’ho fatto più lungo
del solito un po’ anche per rimediare al fatto che per due mesi sono stata via.
Anche in questa occasione sono entrata nell’intimità dei coniugi imperiali con
l’intenzione di vedere aldilà delle maschere, dopotutto nell’anime Charles e
Marianne hanno avuto delle brevi ma significative apparizioni, inoltre non
sempre sono stati quei “folli senza cuore” che Lelouch ha conosciuto, anzi,
credo che proprio il loro folle quanto discutibile desiderio sia stato dettato
dal loro voler poter stare insieme per sempre. Fra l’altro sono veramente
convinta che Marianne sia l’unico vero amore della vita di Charles, altresì
perché mai V.V. è stato geloso di lei a tal punto da volerla uccidere? Charles
ha avuto più di cinque consorti imperiali, possibile che se la sia presa solo
con l’ultima? Eh no eh, no può essere una coincidenza! ù_u Per quanto riguarda
Suzaku... Sarò cattiva e vi lascio a mordervi le mani! *v* Volate con
l’immaginazione amici miei, volaaate (il tono vuole essere quello del gargoyle
del Gobbo di Notre Dame che dice ai piccioni di volare sui soldati che tentano
di entrare nella cattedrale)!
ESAMI
PERMETTENDO, dovrei riuscire a tornare molto presto
(prima di quanto vi aspettiate!) così da poter compensare la mia mancanza di
dicembre e gennaio. Solo non aspettatevi nulla prima del 18 perché devo dare
uno degli esami più brutti e antipatici dell’anno! ç_ç
Allora
io mi dileguo bella people, lasciatemi nelle recensioni le vostre opinioni su
questo capitolo, anche le vostre aspettative se vi va così come anche le vostre
non-aspettative, udirvi può anche essermi d’aiuto per effettuare delle scelte
ancora in sospeso.