Masquerade

di Principessa Purosangue
(/viewuser.php?uid=78230)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strange girl ***
Capitolo 2: *** Can't stand you ***
Capitolo 3: *** (Not) Interested ***
Capitolo 4: *** I'm not a morning person ***
Capitolo 5: *** The heart wants what it wants – or else it does not care ***



Capitolo 1
*** Strange girl ***


Masquerade

 

- Capitolo uno -

Strange Girl

 

 

You are my stories, a tale I have never read before.

When I gazed into your eyes, I could see an unknown land.

Stories where the door opened a tale that will never be shut again.

Destiny cannot be changed: I shall head to an unknown land.

I want to protect you with that simple thought alone until the moment when this pitch black world overflows with light.

 

 

 

Maledizione. Era successo ancora una volta.

Ultimamente si svegliava con qualche minuto in anticipo rispetto al solito e non era nemmeno in grado di spiegarsene la ragione. Alle volte credeva fosse dovuto al fuso orario, eppure qualcosa dentro di lei le suggeriva che la causa fosse di ben più rilevante importanza. Stava per succedere qualcosa ma non sapeva né capiva ancora cosa. Ciò la infastidiva e non poco, mal che bene era abituata ad avere tutto sotto controllo nella sua vita. Non accadeva mai nulla di nuovo, come non essere capaci di prevedere una vita così monotona?

Alzò lentamente il braccio destro roteando il polso in modo da vedere l’orologio.

« Tre, due, uno... » E la sveglia suonò, rimbombando fra le quattro pareti color panna e, quasi per assurdo, nello stesso momento i raggi del sole attraversarono la finestra della giovane, colpendola in pieno viso. A questo contatto, troppo forte per i suoi occhi dorati, la ragazza si coprì il volto incrociando le braccia.

Con gli occhi chiusi, per un momento si perse nei suoi pensieri.

Cercò di ricordarsi la prima volta che vide i raggi solari illuminare la sua stanza, mostrandole un nuovo giorno. Ci provò svariate volte ma l’unica immagine che appariva dolente nella sua mente era quella di una bambina sporca di sangue che correva disperata per la campagna.

Quando finalmente tornò in se spalancò gli occhi e la sola cosa che riuscì a percepire fu il fastidioso rumore della sveglia che pareva volerle distruggere i timpani. Allungò veloce il braccio e spense finalmente l’aggeggio. «A quanto pare mi tocca. »

Con calma si alzò dal letto e si diresse di fronte all’armadio color quercia. Lo aprì e l’odore di nuovo la colpì in pieno viso: ancora non si era abituata a quel tipo di legna, anche se in realtà tutto era nuovo.

Si era, infatti, appena trasferita dall’Impero di Britannia all’Area 11 a casa dei suoi zii, due persone premurose e ancora innamorati con la stessa forza che ventiquattro anni prima li aveva uniti. Erano stati molto gentili ad offrirsi di prendersi cura di lei dopo che l’unica persona su cui poteva contare era venuta a mancare da diversi mesi. Sospirò forte e rimproverò mentalmente se stessa per i suoi soliti viaggi mentali.

C.C. era diversa da qualsiasi ragazza al mondo. I lunghi capelli verdi creavano sempre un effetto sorpresa per chiunque la vedesse e solo in pochi le credevano quando affermava essere il suo colore naturale. Gli occhi erano grandi e di un bellissimo color ambra, difficile da riscontrare nelle persone di tutti i giorni. La pelle era soffice e chiara, molto simile alla porcellana, spesso era stata chiamata “Bambolina” per questo. Ma C.C., più che per l’aspetto fisico, era diversa da tutte le altre per la sua spiccata personalità. Non era una di quelle ragazze che passavano ore ed ore a gironzolare fra i negozi, anzi, detestava l’idea di trascorrere un’intera giornata dentro ad un negozio a provare vestiti su vestiti: solitamente vestiva ciò che le comprava la zia. Nonostante ciò, anche a modo suo aveva parecchio stile. Quella degli zii era una famiglia nobile ma non al livello di coloro che frequentavano la reggia dell’Imperatore di Britannia, quindi le spese non erano mai “inutili”. Sua zia le comprava spesso delle minigonne e delle magliette che, agli occhi di una qualsiasi adolescente aristocratica, sarebbero state “semplici” o “prive di glamour”.

Per C.C. non era così. Assolutamente.

Combinava diversi colori e differenti tipi di abbigliamento creando così uno stile tutto suo. Provava poco interesse anche per ciò che erano trucchi, creme per la pelle e quant’altro che era invece vitale per le sue coetanee. Forse l’unica cosa che la rendeva simile al resto dell’umanità, era il suo amore per la musica, in particolare per il canto e il pianoforte che suonava da quando aveva sei anni. Amava studiare. Questo la rendeva sicuramente diversa non solo dalle altre ragazze, ma da tutto il genere umano.

Prese velocemente l’uniforme e l’appoggiò sul letto prima di andare velocemente in bagno. Non era ritardataria come ragazza seppur esecrasse l’idea di arrivare presto; perciò era già preparata a ciò che avrebbe udito quando scese le scale e si diresse in cucina dagli zii.

« Buongiorno. » Salutò piano prendendo posto a tavola di fronte allo zio.

« Buongiorno a te. » Rispose lo zio sorridendole amorevolmente.

« C.C. tesoro, farai tardi se non ti sbrighi. » Le disse la zia posandole davanti una tazza di latte.

« Grazie. »

« Allora, emozionata per il tuo primo giorno di scuola alla prestigiosa Ashford Academy? » Domandò lo zio sorseggiando il suo caffè. C.C. prese fra le mani la tazza rosa e bevve un po’ di latte.

« Essere circondata da un branco di figli di papà m’irrita parecchio. » Appoggiò la tazza sul tavolo e vide la zia prendere posto a fianco al marito con un’espressione alquanto dispiaciuta. Avevano fatto innumerevoli sacrifici per poterle garantire un posto in quella scuola, c’erano volute due settimane in tutto. « Tuttavia, » continuò « devo riconoscere che quella scuola da un’ottima preparazione ed inoltre dispongono di differenti laboratori ben attrezzati e una biblioteca immensa. Come scuola è ottima, è la gente che è marcia. » Concluse finendo di bere il latte.

« Questo è vero C.C. » commentò la zia ora rasserenata dalle parole della ragazza. « Molti di quei ragazzi sono lì solo grazie al loro nome e non perché lo meritino davvero. Però io sono dell’idea che dovresti farti degli amici comunque, ricorda che non è la compagnia che fa la persona. »

« Concordo con te amore. » Intervenne il marito prendendole la mano. « Sono sicuro poi che trattandosi di C.C. piacerà sicuramente ai compagni e non la vedremo più a casa, tanto sarà occupata a uscire con loro! ». La donna sorrise accarezzandogli il volto.

« L’importante è che non lasci da parte lo studio C.C., che è la cosa più importante! Però è anche giusto che tu abbia una vita, non te lo dimenticare, okay? » La giovane annuì e abbozzò un piccolo sorriso, accertandosi ancora una volta di quanto fosse stata fortunata nell’esser capitata fra le loro amorevoli cure.

« Grazie. » Si limitò a dire alzandosi a lavare la sua tazza. La conoscevano da poco in realtà, si era trasferita nella loro casa pochi mesi prima, tuttavia si erano affezionati subito a quella ragazza incapace di sorridere. Quindi per loro fu tanto ricevere quel semplice gesto, sapevano che la ragazza apprezzava ciò che facevano per lei.

« Lascia stare tesoro, tu vai pure che qui lavo io. » Le disse la zia prendendole delicatamente la tazza dalle mani. « Dai vai che adesso tuo zio va ad accendere la macchina per portarti a scuola. » C.C. annuì e ringraziò nuovamente prima di salire le scale. Scese qualche minuto dopo con i capelli legati in una coda di cavallo, se li avesse lasciati sciolti, lunghi com’erano, le avrebbero sicuramente provocato eccessivo calore. Passò in cucina a salutare la zia e poi si diresse al garage, dove l’aspettava lo zio.

« Giusto in tempo. » Le disse, porgendole poi una banconota da € 100. Lo guardò stupita: a cosa le sarebbero dovuti servire? « Prendili. » Continuò sorridente. « Non si sa mai che ci siano degli errori alla mensa o qualcos’altro e qui nessuno vuole che tu muoia di fame. » Provò a contestare ma prima che dalla sua bocca potesse uscire un qualche suono, lui l’interruppe. « Niente proteste, prendili e basta, sono ordini del capo. » Rise segnalando fuori dal finestrino la moglie intenta a salutarli dalla finestra del secondo piano. C.C. capì che non c’era niente da fare e accettò i soldi che mise nella tasca della giacchetta gialla.

Arrivano troppo in fretta a destinazione, così velocemente che C.C. non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi che il preside le aveva già dato e il benvenuto e che ora, accompagnata da quello che probabilmente sarebbe stato il suo professore e coordinatore di classe, si stava avvicinando alla sua nuova aula: un’aula piena di polli e galline dalle uova d’oro, come li chiamava lei. Man mano che si avvicinavano si sentiva uno strano trambusto aumentare sempre più il volume che si fece più forte e vivido davanti alla porta dove il professore si fermò. Erano loro, dunque, quelli che stavano facendo quella gran confusione.

« Siamo arrivati. » Le disse l’uomo. Aprì la porta e improvvisamente il caos sparì. Il professore si diresse alla cattedra ed appoggiò i suoi libri, visibilmente infastidito. « Non vi metterò una nota né mi metterò a fare la predica ma almeno per oggi cercate di mostrarvi un po’ educati e intelligenti con la nuova compagna. » La curiosità di conoscere la già vociferata nuova arrivata fece zittire tutti che presero a scambiare sguardi furenti con i loro vicini di banco. « Venite pure avanti signorina. » C.C., che nel frattempo si era persa nell’esaminare la struttura, i colori e lo stile di quell’edificio così regale da ricordare una reggia, sentita la frase guardò nuovamente in direzione della classe e vide il professore invitarla con un ovvio gesto del braccio. Fu così che con passo deciso e sguardo fiero, la ragazza varcò la soglia di quell’aula con l’eleganza degna di una principessa.

 

 

 

In realtà, lei ancora non sapeva cosa l’aspettava.

Non sapeva che i presentimenti procreatori delle sue insonni notti erano dell’avvenire la paura.

C.C. allora neanche avrebbe mai immaginato che varcando quella soglia aveva firmato la sua Condanna.

In eterno.

 

 

 

Allora era il 7 settembre 2010

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Can't stand you ***


Masquerade

 

- Capitolo due -

Can’t stand you

 

 

Il caldo afoso di quella giornata gli aveva provocato una sonnolenza post-sbornia che decise di risolvere appoggiando testa e braccia sul banco ed assopirsi, per potersi poi godere la giornata. I prof non avrebbero mai osato dirgli nulla e in tutta la sua vita aveva sempre abusato della sua autorità; sapeva bene che tale atteggiamento non era degno di un principe, eppure dell’etichetta non gli era mai importato un gran che: anche quando lui errava, era la gente a prostrarsi ai suoi piedi ad implorare perdono. Da qualche tempo aveva inoltre deciso di dedicare la sua vita al nulla: le ragazze e le feste erano la sua unica passione. Giocava ma non s’innamorava in quanto considerava l’amore un ostacolo; c’era un’unica ragazza nel suo cuore ma quell’unica egli non la desiderava sessualmente poiché condividevano lo stesso sangue: sua sorella Nunnally. Di questo suo piano tuttavia, qualcosa lo turbava: il fratello maggiore. Nessuno dei due era destinato al trono, eppure il desiderio divenire imperatori era forte in entrambi. Secondo la regola della successione tuttavia, Schneizel, essendo Secondo Principe di Britannia, sarebbe venuto prima di lui. L’Undicesimo Principe però non si dava per vinto e passava intere giornate a ponderare, pianificare e mettere in prova innumerevoli piani per far crollare quell’immagine dell’uomo perfetto che il fratello sembrava incarnare. Accadeva però che, stremato, si lasciasse cadere fra le braccia delle diverse ragazze che ogni giorno lo circondavano, sfogando così le sue frustrazioni dentro di loro.

Quella mattina, Lelouch Vi Britannia, il primogenito dell’imperatrice in carica e l’unica donna veramente amata dall’imperatore, era stremato da una notte di divertimento ma aveva comunque deciso di andare a scuola poiché era necessario dimostrare al mondo quanto fosse grande il suo senso di responsabilità: le ombre viola sotto gli occhi erano in realtà la prova della sua diligenza, in quanto aveva passato l’intera nottata a studiare; comunque, nessuno avrebbe mai osato contraddirlo. Così, quando il professore annunciò l’arrivo di una nuova alunna, il moretto era indeciso se gioie poiché una nuova preda si sarebbe unita alla sua vasta collezione o perché avrebbe potuto dormire passando inosservato. Sentì il professore urlare e affondò ancora di più il volto fra le braccia, desideroso di dormire. Il suo migliore amico gli diede una gomitata; l’intenzione era quella di farlo alzare e mostrarsi educato verso la ragazza che da lì a poco sarebbe entrata nell’aula.

- Lasciami in pace, Suzaku… - Brontolò Lelouch, facendosi più in la.

- Sii educato, almeno. - Non notando alcun movimento, il giovane sospirò e scosse la testa. Suzaku era figlio del primo ministro giapponese, colui che aveva partecipato alla Ribellione per i diritti del Giappone; dopo anni di stenuanti lotte pacifiche erano finalmente riusciti a ottenere la libertà, tuttavia il processo era ancora lungo. L’isola, ancora chiamata da alcuni “Area 11”, sarebbe ritornata presto all’originario nome “Giappone”; andavano ancora sistemate alcune leggi, il governo si stava formando e per le cittadinanze ci sarebbe voluto ancora qualche tempo. Per evitare che il paese e i cittadini cadessero nella più totale confusione, i due stati decisero di lasciare apparentemente tutto come un tempo, dando così il tempo ai giapponesi di sistemarsi. Dal loro canto, i giapponesi avevano promesso di trattare con riguardo le leggi inerenti i britannici, che potevano considerare l’isola la loro seconda casa.

Suzaku, essendo figlio del primo ministro, aveva sempre frequentato gli ambienti di corte e sin da subito si era fatto amico dei figli dell’imperatore, in particolare di Lelouch, Euphemia e Nunnally, ragion per la quale entrambi i condottieri non avevano mai permesso che la Ribellione sfociasse nel sangue. Suzaku, essendo figlio unico, era molto legato ai principi reali e spesso li tirava fuori dai guai, Lelouch in particolare era sempre sotto sua stretta vigilanza anche su richiesta di Euphe, amica per la quale provava qualcosa di assai profondo.

Vide il professore chiedere con un gesto della mano alla nuova alunna di entrare, e fu curioso di scoprire chi sarebbe stata la nuova compagna. Amava essere circondato dalle persone e farsi nuovi amici, era una peculiarità del suo carattere del resto attirare le persone a se come calamite col suo animo gentile e rispettoso.

- Venite pure.

Ma il ragazzo spiccava anche in percezione. E quando la nuova alunna entrò, sentì dentro di lui una scossa, una scossa tale da fagli percepire che qualcosa di grande stava per accadere e sentì il forte bisogno di voltarsi verso l’amico il quale nel frattempo, sentendo i ragazzi e le ragazze della classe bisbigliare della bellezza dalla giovane emanata, alzò lentamente il capo per vederla.

- Buongiorno. - Non appena proferì parola, Lelouch si alzò di scatto, gli occhi ametista spalancati ed intenti a scrutare ogni singolo dettaglio della nuova arrivata che per un attimo ricambiò lo sguardo. La sua reazione passò però da tutti inosservata in quanto troppo occupati a fissare la nuova arrivata.

- Si presenti pure, signorina. - La ragazza annuì e guardò quasi annoiata tutti gli alunni, per poi iniziare.

- Mi chiamo C.C. e sì, è il mio vero nome, perciò vi chiederei di non assillarmi con questa domanda. Come voi ho quindici anni e mi sono appena trasferita dalla Britannia. Spero poter trovarmi bene qui. - Finì con un rapido inchino, guardandosi intorno per capire dove si sarebbe dovuta sedere.

- Si sieda pure lì… - Indicò un banco vuoto contro il muro in penultima fila al lato sinistro della classe. - Davanti alla signorina Stadtfeld!

- Kōzuki. - Lo corresse visibilmente infastidita la rossa che si alzò in piedi per far capire alla nuova arrivata quale fosse il suo posto; C.C. comprese subito che la ragazza fosse più fiera del suo sangue giapponese rispetto a quello britannico. Tuttavia sembrava a posto, così si diresse al suo posto e si sedette. Suzaku e Lelouch, dall’altro lato dell’aula, la seguirono con lo sguardo e il giapponese fu dispiaciuto del fatto che si fosse dovuta sedere nel lato opposto dell’aula; si voltò dall’amico per chiedergli cosa ne pensasse ma lo ritrovò nuovamente con il volto sul banco, stavolta però cullato fra le braccia di Morfeo.

 

 

 

Non appena la campanella suonò per indicare la pausa pranzo, la classe si fiondò sulla nuova arrivata, soffocandola di domande; solo Lelouch e Kallen rimasero seduti al loro posto, lei tuttavia leggermente girata verso C.C. per studiarne le espressioni mentre il principe si stropicciava gli occhi impastati di sonno. Ma prima che potesse anche solo risvegliarsi, un paio di esili braccia s’intrecciarono sul collo, la presa forte come quella di un’iguana sulla sua vittima e, d’altronde, era proprio così che si sentiva e si maledisse per non averci pensato prima.

- Lulu! Mi sei mancato!

- Come posso esserti mancato se frequentiamo la stessa classe, Shirley? - Il moro cercò di scrollarsela di dosso, ottenendo tuttavia l’effetto contrario. Si guardò intorno in cerca di aiuto ma i suoi amici erano troppo presi dalla nuova arrivata per salvarlo dalle grinfie della ragazza.

- Tu mi manchi ogni secondo in cui le nostre pelli non si sfiorano! - Lelouch sospirò, chiedendosi come e quando suo padre avesse deciso di punirlo in tal modo: quale peccato aveva mai commesso per meritare un simile martirio? La dolcezza di Shirley era insopportabile, un giorno gli avrebbe fatto venire il diabete; tanto lo stomaco già glielo faceva rivoltare.

- Non saluti la nuova arrivata? - Cercò di cambiare argomento, pregando ogni forza da lui conosciuta affinché la giovane si distraesse e lo lasciasse libero: libero di scappare. Il principe non era mai stato un ottimo corritore eppure, da quando era stato condannato ad una morte lenta, la sua resistenza era migliorata e migliorava di volta in volta per la gioia della professoressa Villetta Nu, docente di educazione fisica.

- Uh, giusto! - Lelouch ringraziò tutte le forze che lo avevano ascoltato e, notando il sorrisetto che si faceva strada sul migliore amico, sospirò, scuotendo la testa.

- Certo che la tua fidanzata non ti lascia neanche respirare!

- Zitto! - Urlò. - Non pronunciare più quel sostantivo, nome, aggettivo, qualsiasi cosa inerente a quella! - Lo intimò. - Un modo per liberarmene, giuro, lo trovo! - L’amico rise, voltandosi verso la ragazza in questione che nel frattempo cercava di attirare l’attenzione di C.C.

Shirley era sin da sempre stata innamorata di Lelouch, sin dal primo momento in cui lo aveva visto all’asilo nido. Era l’unica figlia di una celeberrima famiglia di Britannia: i Fenette, di illustre discendenza, erano dei duchi che, con la loro dolcezza e gentilezza, avevano pian piano guadagnato il favore di molte illustri famiglie fra cui la famiglia reale. Joseph Fenette, come i suoi avi prima di lui, aveva frequentato l’Ashford Academy dove aveva conosciuto l’adorata moglie, con la quale pochi anni dopo si sarebbe sposato. Una delle damigelle della sposa, non ché una carissima amica, era la giovane Marianne Lamperouge, la quale, appartenendo ad un umile famiglia di conti, ebbe l’occasione di conoscere l’allora ancora giovane Imperatore Charles al matrimonio dei Fenette. Il colpo di fulmine fu immediato e, pochi mesi dopo, tutti gli stessi nobili presenti quella sera si ritrovarono a festeggiare l’ultimo matrimonio del loro imperatore. Era dunque inevitabile che l’amicizia fra le coppie divenisse intima: Shirley fu sin da piccola invitata ai ricevimenti e alle feste privati della famiglia reale, lei e Suzaku gli unici al di fuori di quella ristretta cerchia di privilegiati.

- È ancora così piccola, eppure è già pazza di tuo figlio! - Fece notare un giorno Joseph, constatando le guance rosse della figlia inseguito al rapido bacio che l’ultimo principe di Britannia le aveva dato sulla mano, che corse poi a sciacquarsi le labbra, schifato.

- Tu dici? - Chiese Charles, una mano sotto il mento. - Beh, solo il tempo potrà dirlo! Se davvero questa cosa potesse funzionare, sarò il primo a festeggiare l’unione delle nostre due famiglie. - In quel caldo pomeriggio primaverile, quando Lelouch ancora s’interessava a prendere in giro le altre bambine aldilà delle sue sorelle, la condanna del principino fu firmata. All’inizio pensò si trattasse solo di un gioco, una minaccia del padre per obbligarlo a comportarsi meglio, ma col tempo aveva capito che era tutt’altro che una bugia: Lelouch era destinato a sposare Shirley, volente o nolente.

- Tuo padre non cambia proprio idea, eh? - Domandò Suzaku, distogliendolo dai suoi pensieri.

- Non ne vuole sapere di cancellare il fidanzamento, è anche una questione diplomatica. O di amicizia di o una futilità del genere.

- Futilità? - Ripeté il giapponese. - Consideri l’amicizia una futilità, Lelouch? - Domandò, cercando di nascondere la sua preoccupazione con un tono scherzoso.

- Quando si tratta di mio padre, sì. - Spiegò. - È così ovvio che tutta la gente che ora lo circonda lo faccia solo per convenienza… Tali esseri non si possono considerare amici. - Suzaku sorrise, ripensando alla loro infanzia e a come nessuno dei figli di Britannia fosse cambiato.

- Che ve ne pare della nuova arrivata? - Rivaltz li raggiunse con un sorriso stampato sul volto, prova che la ragazza non lo avesse trattato male come le altre invece facevano. - È una in gamba! E si vede che ha un caratterino capace di tener testa a Kallen!

- Ehi, parli di me? - La rossa si avvicinò piano al gruppo, rimanendo per qualche secondo incatenata agli occhi ametista di quel ragazzo che lei considerava il suo primo ed unico amore. Kallen era una ragazza molto riservata e nessuno sapeva del suo amore non corrisposto e mai nessuno avrebbe dovuto saperlo: sarebbe morto insieme a lei, seppellito nell’eternità.

- Che ne pensi della nuova arrivata? - La giovane in questione si girò per guardarla rapidamente. - Non mi dice nulla. Penso sia una di quelle solite ragazze fredde e indifferenti a tutto.

- Ma dai, come sei cattiva! - Suzaku, anche se sorrise, voltò il viso verso C.C. che nel frattempo si alzava; probabilmente cercava una qualsiasi scusa per venir lasciata in pace dalla mandria che le stava addosso. Per quanto stimasse Kallen, si ritrovò d’accordo con Rivaltz: era stata un po’ troppo dura con la nuova arrivata e ciò non era da lei, che aveva un animo incorruttibile  e gentile.

- A me… Sembra una ragazza a posto. - Commentò Nina, gli occhi bassi e le mani che giocavano nervosamente con i libri. - È molto riservata, persino con Shirley ha parlato poco. - Udito quel nome, Suzaku si voltò velocemente verso l’amico, un sorriso benevolo dipinto sulle labbra.

- E tu, Lelouch? Tu cosa ne pensi della… Uh? - Ma l’Undicesimo Principe di Britannia era sparito, svanito nel nulla prima anche solo di udire il nome di quella ragazza che hai suoi occhi era una sanguisuga sotto mentite spoglie umane; scappò, sperando quasi di poter fuggire davvero dalle grinfie del padre e dell’oppressiva fidanzata.

 

 

 

L’Ashford Academy era una delle scuole più prestigiose del paese. Non solo per la qualità degli studi, bensì per la gente che la frequentava: pochi erano infatti i ragazzi del ceto medio a potervi entrare, le borse di studio venivano offerte solo ai ragazzi con la media dall’otto e mezzo in su. Era inoltre un istituto immenso: comprendeva piscine, svariati campi da golf, tennis, calcio, pallacanestro e pallavolo. Vi erano ampi spazi destinati al giardinaggio e le sedi dei club erano degli edifici rinascimentali costruiti per ricordare gli anni d’oro dell’Inghilterra e della Francia monarchica. Il fatto che la scuola fosse un gigantesco labirinto quindi, non rese facile la fuga della nuova studentessa che invano saliva e scendeva ogni scala degli edifici nella speranza di trovare un luogo isolato.

Finalmente, quando ormai aveva perso ogni speranza, si ritrovò sulla terrazza dell’edificio centrale e si sedette all’ombra, nascondendosi dal mondo. Sospirò, guardando il cielo limpido; aveva sempre amato le nuvole. Non sapeva nemmeno spiegare perché, eppure sin da bambina le osservava, le studiava, cercava di raggiungerle, di immaginarne la consistenza, di odorarle, di assaggiarle. Pur sapendo che non ci sarebbe riuscita, alzo lentamente il braccio, sfiorando con la sua immaginazione quegli enormi zuccheri filati color latte.

- Chissà se… Potrete mai… Esaudire questo mio egoistico desiderio… - Sorrise tristemente, ritraendo la mano, consapevole che mai e poi mai avrebbe visto il suo desiderio avverarsi. Sospirò nuovamente ma si sorprese quando sentì dei passi rapidi raggiungere la terrazza; C.C. sporse la testa e vide un giovane di spalle con le mani appoggiate alle ginocchia che prendeva fiato: evidentemente aveva corso per molto tempo.

- Maledizione! - Lo vide cercare qualcosa nelle tasche dei pantaloni. - Prima o poi escogiterò qualcosa di grande. - Il ragazzo aprì il pacchetto di sigarette e ne appoggio una sulle labbra, pronto ad accenderla.

- Non lo fare. - Il moro si guardò intorno, cercando di capire da dove provenisse la voce. - Dietro di te, angolo in ombra alla sinistra. - Lelouch si voltò, sorpreso di vedere la nuova arrivata nascosta in un angolo buio invece che in giro per la scuola a gustare i suoi cinque minuti di fama.

- E tu che ci fai qui?

- Non sono affari tuoi. - Il principino accigliò un po’ le sopracciglia e, dandole nuovamente le spalle, avvicinò l’accendino alla sigaretta. In realtà, a Lelouch non era mai piaciuto fumare. Non era uno di quei ragazzi che avevano bisogno di fumare per sentirsi adulto e figo; gli piaceva bere, ma non eccessivamente; considerava un atteggiamento da poco uomo quello di giocare coi cuori e i corpi delle ragazze per poi vantare le conquiste ovunque. Lelouch era sempre stato un gentiluomo con le dame, studioso, educato, dal carattere forte ma molto astuto nelle scelte. Da quando però l’anno precedente l’imperatore aveva confermato la sua volontà di promettere Lelouch a Shirley, il ragazzo era completamente cambiato, diventando l’opposto: fumava, si ubriacava, usciva con una o più ragazze alla volta le quali si portava a letto e non ne faceva segreto, anzi, se ne vantava. Solo con gli amici e le persone a lui care era rimasto se stesso, per il resto era maleducato, menefreghista di tutto e tutti, ormai aveva smesso anche di studiare. Questo per far soffrire Shirley, nella speranza che un giorno, stanca, mandasse al diavolo tutto; eppure la ragazza era recidiva: più male le faceva, e più tornava da lui. Ma soprattutto, il suo nuovo atteggiamento era un dispetto verso il padre: quel padre che sembrava odiarlo, quel padre che era insolente con tutti tranne che con Marianne e Nunnally.

Quel padre che un giorno avrebbe spodestato.

- Ti ho detto di non fumare. - Lo riprese nuovamente lei, questa volta con gli occhi severi. Il ragazzo sbuffò, accendendo la sigaretta.

- Grazie della preoccupazione, so già cosa comporta il fumo ma essendo la salute mia, decido io cosa...

- Non m’interessa la tua salute. - Lo interruppe, alzandosi in piedi. - L’aria è tua?

- Eh? Che razza di domanda è?

- Rispondi: l’aria è tua? - Lelouch alzo un sopracciglio, facendo la seconda tirata ed espirando il fumo alla sua sinistra.

- No. - Rispose secco lui. - Ma la vi… Ehi! - C.C. gli tolse con violenza la sigaretta dalla labbra che poi gettò a terra e schiacciò.

- L’hai detto tu che l’aria non è tua, perciò non inquinarla. - La giovane fece per andarsene ma il ragazzo ne bloccò il polso, obbligandola a voltarsi. Gli occhi dorati della ragazza erano forti, rispecchiavano tutta la sua personalità: cocciuta, determinata ma soprattutto indomabile.

- L’aria non è mia ma nemmeno tua. È di tutti. - Chiarì lui, lasciando la presa per prendere una nuova sigaretta che C.C. prontamente gli tolse dalle mani.

- Io faccio parte di tutti e la mia aria non va inquinata. Se proprio vuoi fumare, scendi e cercati un altro posto dove io non sia presente. - Detto ciò la nuova arrivata tornò a sedersi, lasciando dinnanzi a lei un Lelouch sorpreso e infastidito alla volta: quella ragazza gli avrebbe dato filo da torcere. Stava per risponderle quando una voce amica lo fermò, raggiungendo i due in terrazza.

- Mi hanno detto che la nuova ragazza è qui! - La biondina  si guardò intorno e, vedendo Lelouch, gli si avvicinò. - Ah, Lelouch! E tu che ci fai qui?

- Ero venuto qui per fumare. - Spiegò, abbassando lo sguardo verso le due sigarette rotte a terra. - Ma Miss Simpatia me l’ha impedito! - Guardò in direzione della ragazza che, del tutto indifferente, si alzò.

- Oh, eccoti! - La ragazza dagli occhi azzurro mare si avvicinò a C.C., porgendole gentilmente la mano. - Io sono Milly Ashford, figlia del preside, nonché presidentessa del consiglio studentesco! Il mio compito oggi è quello di farti conoscere tutti i club che la nostra scuola offre, anche se io credo saresti una grande conquista per il consiglio! - La nuova arrivata venne trascinata via dalla presidentessa, che iniziò ad elencare le ragioni per cui il consiglio studentesco poteva considerarsi la miglior scelta. Lelouch le guardò andarsene e rise, pensando che Milly non si smentisse mai, avvolta sempre da quella strana energia positiva che non l’abbandonava nemmeno nei giorni più bui. Dall’alto della terrazza vide le due ragazze avviarsi nell’edificio del consiglio e osservò la nuova arrivata, ricordando la discussione di pochi minuti prima.

- Per una volta hai ragione, Rivaltz. - Si portò una sigaretta alle labbra che accese compiaciuto e, dopo il primo meraviglioso tiro, sorrise. - Miss Simpatia ha davvero un caratterino niente male.

 

 

 

•·.· ́ ̄`·.·••·.· ́ ̄`·.·••·.· ́ ̄`·.·••·.· ́ ̄`·.·••·.· ́ ̄`·.·••·.· ́ ̄`·.·••·.· ́ ̄`·.·••·.· ́ ̄`·.·••·.· ́ ̄`·.·•

 

 

 

HI CRAZY PEOPLE!! ^__________^

Dunque, prima di tutto ci terrei a ringraziare DI CUORE AliceBaskerville che mi ha dedicato qualche minuto del suo tempo per scrivermi una recensione, davvero ti ringrazio che non idea!! (‘: Btw, anch’io sono una grandissima fan di Pandora Hearts! *O* E come te amo la bellissima Alice B. Rabbit. *W* Tornando a noi, ringrazio anche coloro che non hanno recensito ma hanno deciso di seguire questa storia e spero di poter leggere presto qualche vostra opinione!! (: Questo capitolo è stato anche abbastanza lungo per fare un po’ il punto della situazione, se l’avessi spiegato nel mentre della narrazione di tutta la fan fiction sarebbe stato complicato e anche poco piacevole da seguire, invece che ora sapete a grandi linee la storia sarà per me molto più facile continuare. ^^ Beh, spero vi sia piaciuto questo capitolo e spero di leggere qualche recensione!! *^*

Grazie dell’attenzione, a presto! ^.-

Ciaossu ~

 

 

Prinny *

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** (Not) Interested ***


Lo so che sembra un miracolo ma sì... SONO TORNATAAA! :D E stavolta sono tornata per restare! ^.- Nell’ultimo anno nella mi vita ci sono stati dei cambiamenti improvvisi che mi hanno portato a mettere (a malincuore) in secondo piano le fan fiction che tuttavia non ho mai smesso di portare avanti là dove l’immaginazione non ha limiti e gli scenari sono si succedono uno dopo l’altro senza sosta: nella mia testolina buffa. :3 Molti degli episodi futuri non sono già stati scritti bensì sono stati tracciati e abbozzati, per questo posso dirvi di non temere più una futura discontinuità. Non posso tuttavia promettervi aggiornamenti settimanali, mensili sì, magari se riesco anche due al mese ma non posso assicurarvi nulla, uno al mese però è una promessa che intendo mantenere! :] Beh niente, che dire? Spero continuerete a seguire questa fan fiction e che andando avanti amiate ancora di più la storia, cercherò di mantenere il più possibile i personaggi IC, ciò nonostante è possibile che vi siano delle occasioni in cui i personaggi siano un po’ - ma mai eccessivamente - diversi rispetto a come li abbiamo visti nell’anime, questo non perché io ami distruggere i personaggi – affatto, perché pure quelli che non mi piacciono cerco di mantenerli il più veri possibile – bensì per una semplice questione di adattamento alla situazione: ci siamo abituati a vedere una Shirley molto fragile e insicura, tratti che per esempio sono rimasti, tuttavia essendo che in questa storia lei non è più solo una semplice compagna di scuola di Lelouch ma ne è la promessa sposa, mi sono permessa di vedere oltre al suo personaggio e immaginare come e quanto il suo personaggio si sarebbe potuto spingere, quanto avrebbe potuto osare se nella storia originale avesse avuto l’importanza che diversamente qui le ho dato. Un altro punto importante che mi sento di segnalare - e poi giuro che vi lascio in pace, è la relazione fra C.C. e Nunnally: nell’anime purtroppo le hanno fatte interagire poco, cosa che a me è particolarmente dispiaciuta anche perché secondo me non è stato un caso che l’anime si sia concluso con lo stesso origami rosa che la nostra adorata streghetta compose in compagnia della sorellina dell’Imperatore Sanguinario, esprimendo con esso un desiderio più grande della sua iniziale volontà di morire, desiderio (o forse sarebbe il caso di parlare di sentimento?) che condivideva con la più piccola delle principesse di Britannia. In questa mia storia ho voluto riempire quel vuoto che ha lasciato l’anime che tuttavia ci ha fatto intendere che fra le due fosse nata una buona chimica, più di quanta Nunnally abbia mai avuto con qualsiasi altra amica di Lelouch essendo tale affinità superata solo dalla sua vicinanza con Sayoko. Finita questa lunga introduzione (lo so che vi annoiate a leggerla ma per me è importante! ç^ç), spero di cuore che questo nuovo episodio vi piaccia e se avete piacere di lasciami commenti, siano essi positivi, negativi o neutri, avrò cura di leggerli, imparare dai miei errori e rispondere ad ognuno di voi. (: Ringrazio di cuore AliceBaskerville, Bradamantee, Eris_Elly, Pizeta e nye per essersi fermati a recensire la mia fan fiction, voi ragazzi siete le cinque maggiori ragioni che mi hanno spinta a continuare questa storia ad ogni costo, perciò grazie davvero! Ora bando alla ciance e godetevi il terzo capitolo di Masquerade!

Prinny
*

 

 

••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••

 

 

Masquerade

- Capitolo tre -

(Not) Interested

 

 

 

Il labirinto della Regina di cuori non era nulla in confronto all'Ashford Academy. Più la presidentessa le mostrava le diverse attività presenti nell'istituto, più C.C. si convinceva che nessuna di quelle si addicesse alla sua personalità e per una ragione abbastanza semplice quanto rilevante: la strada da fare e le zone da ricordare erano fin troppe. La giovane d'altronde aveva sempre brillato per la sua assenza: non si era mai preoccupata di piacere alla gente né tanto meno aveva mai elemosinato compagnia poiché da sola si era sempre sentita più a suo agio, ragion per la quale, nonostante la sua giovane età, C.C. non aveva amici. Al pensiero sbarrò lievemente gli occhi, correggendosi: un "amico" in realtà lo aveva o almeno, lo aveva avuto. Qualcuno con cui condividere un pomeriggio in silenzio senza la pretesa di voler infrangere il suo sacro momento di beatitudine, qualcuno disposto ad assecondare la sua insaziabile voglia di pizza a qualsiasi ora del giorno e della notte, qualcuno a cui piaceva proprio per la sua solitudine e che come lei preferiva isolarsi. "Spero tu stia bene e sia capace di perdonarmi..." pensò fra se e se, ignorando del tutto la biondina che da ormai quarantacinque minuti le camminava allegramente a fianco e che non aveva ancora smesso di parlare, per un momento addirittura pensò di chiederle da dove tirasse fuori tanto ossigeno o se non facesse uso di qualche sostanza illecita ma abbandonò il pensiero all’idea che probabilmente la compagna avrebbe iniziato un nuovo monologo infinito. Fingendosi interessata al discorso che non aveva nemmeno cominciato a sentire, C.C. ne studiò il viso, i movimenti, la gioia con cui trattava anche i temi più noiosi. Era il suo esatto opposto: la presidentessa era una ragazza vivace nei cui occhi color mare erano dipinti la speranza ed il desiderio di vivere ogni giorno non come se fosse l'ultimo, bensì come se ogni giorno fosse un giorno di festa. Milly era un sole: un sole che emanava calore ed i cui raggi giungevano ad ogni essere umano sulla faccia della terra, pronto a ricordagli che era nuovamente giunto il momento di lottare. Spostò i suoi occhi dal viso della ragazza verso il lungo corridoio che stavano percorrendo e, sentendola ridere, confermò le sue impressioni: sì, Milly era decisamente il sole.

Ma era il sole che si levava alto in un tardo pomeriggio invernale, incapace di donare calore.

C.C., che era stata così tante volte ferita e derisa dalla vita, comprese subito che quella di Milly non era altro che un'opera teatrale montata su un fastoso palcoscenico che la giovane sosteneva appena sulle sue esili spalle, un’immagine più penosa che gioiosa: la vedeva sorreggere da sola quel palco talmente pesante che ormai la teneva piegata in due e nel mentre cantava un inno alla vita che ripeteva a memoria senza più alcuna emozione, un finto sorriso ne decorava le labbra ormai screpolate dall’eterna smorfia immutabile. Non c'era nulla da festeggiare, nulla da omaggiare e C.C. l'aveva capito subito: l'atteggiamento della ragazza non era nient'altro che uno scudo per difendere i suoi amici e se stessa dalla decadenza del mondo e del genere umano, era suo il compito di farli sperare anche nelle più disperate delle situazioni, si era auto-imposta una carica molto pesante che tuttavia non avrebbe potuto reggere a vita. Nei suoi occhi azzurri cielo lei aveva letto la sua maturità velata, aveva intravisto un'adulta che giocava a far la bambina per non dover affrontare i colpi della vita. E più Milly mostrava la sua euforia, più il suo cuore piangeva, cercando di darsi forza anche quando non ne aveva più. C.C. l'ascoltava senza realmente udirla, annuendo di tanto in tanto, non prestando alcuna attenzione alle sue parole, chiedendosi se non fosse più pesante trasportare una simile croce piuttosto che accettare la nuda verità ad occhio asciutto.

- Ed infine, la sede del consiglio studentesco! - C.C. realizzò solo in quel momento di essere ritornata all'edificio centrale, lo stesso dove si tenevano le lezioni, il che risultò ai suoi occhi un'offerta allettante: nessuna strada da imparare, nessuna fatica da fare.

- Credo che saresti un ottimo acquisto per il consiglio! Inoltre mi sembra di aver capito che nessuno dei club visitati abbia attirato particolarmente la tua attenzione... - Aprì la porta e la invitò ad entrare. - E poi molti di loro li conosci già!

- Presidentessa! Volevo chieder... Ehi, ciao! - Un giovane dagli occhi smeraldo si avvicinò alle ragazze, porgendo loro un sorriso genuino come la sua anima. C.C. lo indentificò subito come il compagno di banco del viziato "papà-guarda-come-sono-alternativo" incontrato sulla terrazza; a differenza di quest'ultimo però il giovane sembrava un ragazzo dall'animo puro, seppur fosse evidente che nascondesse qualcosa dietro quel sorriso d'angelo: se c'era qualcosa che la vita si era occupata di insegnarle, era che proprio dietro i volti più innocenti si nascondevano i peggiori demoni.

 

« Perché tutti i mostri sono umani.»

 

- Non dirmi, la presidentessa sta forse cercando di persuaderti ad entrare nel consiglio studentesco? - La ragazza in questione rise, abbracciando l'amico e sfoggiando il suo solito sorriso da stregatto.

- E' così evidente? - C.C., del tutto indifferente alla loro interazione, guardò la stanza distrattamente, pensando che forse fra tutti i club quello fosse il più indicato alla sua personalità. Essendo l'Ashford Academy un istituto privato, molto del "lavoro sporco" si trasformava in gioco da bambini: ricavare fondi di certo non era un compito complicato, bastava domandare agli alunni di sborsare dei soldi promettendo loro qualcosa di mai visto prima e questi non si sarebbero fatti a problemi a chiedere a mamma e papà; per quanto riguardava l'organizzazione degli eventi scolastici, il consiglio si occupava semplicemente della parte teorica di essi, non prendevano quasi mai fisicamente parte alle decorazioni o alle preparazioni; durante la maggior parte dell'anno si occupavano per lo più di gestire le problematiche esistenti fra alunni e insegnati che tuttavia erano rare a sentirsi. C.C. sorrise: guadagnare un alto numero di crediti non facendo nulla per tutto l'anno? Mi piace.

- Ah, ecco cosa mi ero dimenticata di dirti! Prendi! - Si ritrovò fra le mani un piccolo dépliant sui cui erano stampati diversi loghi che iniziò a scorrere velocemente con lo sguardo. - Essendo dei membri del consiglio abbiamo dei convegni in più rispetto agli altri studenti. Per esempio abbiamo dei favolosi sconti da McDonald's, KFC, Pizza Hut e... - La tipica espressione indifferente di C.C. fu rapidamente sostituita da un'espressione felicemente sorpresa: s'immaginò a navigare in un mare di pizza, Cheese-kun al suo fianco a sua volta affiancato dal resto della famiglia Cheese che avrebbe finalmente potuto acquistare con i nuovi punti che presto – molto presto, avrebbe ottenuto.

- Quando inizio? - Milly e Suzaku si scambiarono uno sguardo d'intesa e sorrisero alla giovane, felici non solo di averla convinta ad entrare ma di aver scoperto qualcosa in più riguardo alla misteriosa nuova arrivata. Sentendo la porta aprirsi i ragazzi si voltarono, riconoscendo subito i corti capelli rossicci.

- Oh. – Kallen, spiacevolmente sorpresa dall'incontrare la nuova arrivata nella stanza del consiglio studentesco, cercò di assumere l'espressione più indifferente possibile mentre la sua testa elaborava mille ragioni per spiegare la presenza della giovane nel club, volendo appositamente evitare quell'unica che era la sola e vera possibile ma che al contempo era anche la più fastidiosa. Per qualche ragione la nuova arrivata non gli provocava alcuna simpatia: quei lunghi capelli verdi, quegli occhi dorati, la pelle color perla, quei tratti così rari da trovare nel mondo eppure così belli... Ma, sopra ogni cosa, quella sua personalità: le scivolava tutto addosso, quasi come se fosse bagnata in olio, una personalità ben differente dalla sua fortemente istintiva e sensibile.

- Kallen! Arrivi al momento giusto! - Cercò di mantenersi il più indifferente possibile ma sapeva bene che vedere Milly esultare in quel modo poteva significare solo una cosa: - C.C. è appena entrata a far parte del consiglio studentesco! - Strinse piano i pugni e per un istante nei suoi occhi trapelarono i suoi veri pensieri, pensieri che non sfuggirono allo sguardo attento di C.C. né tanto meno a quelli di Suzaku. Resasi conto dell'errore commesso, la giapponese abbozzò un sorriso e le porse la mano.

- Benvenuta. Spero ti troverai bene con noi. - C.C., che dal canto suo non aveva alcun interesse a fare amicizia con la giovane, considerò l'idea di diversi con la ragazza: era da tanto che non sfidava qualcuno all'ultimo sangue e la sua rivale, anche se ancora stentasse a comprendere in cosa fossero rivali, sembrava essere la persona giusta che la potesse far divertire. Decise quindi di stare al suo gioco: sfoggiando il suo miglior malizioso sorriso, le strinse la mano con tale decisione che Kallen soprassalì e, incontrandone lo sguardo, comprese a pieno il messaggio che le aveva trasmesso: "Accetto la sfida".

- Presidentessa! - Suzaku si appoggiò al tavolo con Arthur fra le braccia, cercando di coccolarlo ma venendo prontamente morso per l'ennesima volta: prima o poi avrebbe capito perché quel gatto lo odiasse e al contempo lo amasse così tanto. - Non credi sia il caso di convocare una riunione ufficiale? Per presentare il nuovo membro!

- Mi hai tolto le parole di bocca! - L'ereditiera Ashford si avvicinò al microfono e ordinò (poiché nonostante l'avesse chiesto gentilmente, in realtà esso ebbe la forza di un ordine) ai mancanti membri di presentarsi il prima possibile nella sede, pena una “punizione personalizzata” che accentuò aggiungendo alla frase una risata sadica.

- Era proprio necessario minacciarli? - Milly ridacchiò, sedendosi sul tavolo e accavallando le gambe. C.C. alzò mentalmente un sopracciglio: era convinta che la bionda fosse una masochista convinta; allora da dove saltava fuori questo lato sadico? A quanto pare non si smetteva proprio mai d’imparare.

- Che senso ha essere la presidentessa del consiglio studentesco se non posso torturare un po' i miei amici? - Il "Milly-Method", come amava definirlo lei, ebbe un ottimo ma soprattutto rapido risultato: se arrivarono così velocemente per amore al dovere o per mera paura della punizione che sarebbe stata loro altresì inferta, rimase un segreto dei singoli membri che non si fecero attendere. La prima a sopraggiungere fu una giovanissima ragazza dai lunghissimi capelli castani chiari con due evidenti mancanze fisiche, giunse infatti su una carrozzina trainata da una giovane donna di origini chiaramente giapponesi.

- Ciao a tutti! - La voce così soave della giovane soprese C.C. la quale si interessò subito alla ragazza: non era come le altre persone meno fortunate che aveva conosciuto. Questa ragazza, nonostante i due gravi handicap da cui era afflitta, emanava una luce e una serenità che C.C. non ricordava mai aver sentito prima. O forse sì, ma così tanto tempo addietro che la sua mente si rifiutava di ricordare.

 

« Un tale tepore nel cuore... »

 

Continuò ad osservare la ragazza che lentamente si face avanti, un tenero e generoso sorriso disegnato sul volto. Capì subito che non avesse un'indole vittimista, tutt'altro: a dispetto di ciò che potesse sembrare a prima vista, era una guerriera. Un brivido le percorse veloce la schiena, cercando di allontanare da se quella sensazione.

- Nunnally! - Suzaku si avvicinò alla carrozzina e intrecciò le sue mani con quelle dell'amica. - Hai sentito che è arrivata una nuova ragazza nella nostra classe? - Nunnally annuì, sorridente e piacevolmente felice di poter fare nuove amicizie.

- Sì, mi è stato anche riferito che ha gli occhi di un bellissimo color oro. - Il giapponese fece segno alla ragazza in questione di avvicinarsi.

- Conoscila tu stessa... - Sciogliendo il loro intreccio avvicinò le mani delle ragazze e si allontanò, quasi non volesse rompere quell'intimità che si era venuta a creare fra loro. Le mani di Nunnally presto furono sul viso di C.C., delicate, provocando nella giovane un sincero sorriso che i lunghi capelli nascosero alla vista degli altri presenti.

- Piacere di conoscerti Nunnally. Io sono C.C. - La più giovane delle due sorrise, tornando a sfiorarle le mani.

- Il piacere è tutto mio C.C.! - Per la prima volta C.C. sentì il desiderio di voler piacere a quella piccola persona così indifesa eppure così forte. Ciò che la ragazza non sapeva era che anche la giovane, a sua volta, era desiderosa di intraprendere un'amicizia con lei: non aveva percepito in lei infatti la solita ipocrita gentilezza che le veniva riservata a causa della sua cecità e incapacità di camminare. Anzi, c’era qualcosa di più profondo: poté infatti sentire come il cuore della misteriosa ragazza, tormentato e devastato dalla presenza di un uragano che, imperterrito continuava a devastarne i sentimenti, avesse momentaneamente trovato la pace. Sorrise, pensando a quanto la nuova arrivata avesse in comune col suo adorato fratello. "Sono certa che andranno d'accordo!"

Poco dopo le venne presentata anche Sayoko ed in seguito la snella Shirley, che arrivò insieme a Nina e a Rivalz.

- Tu devi essere la nuova arrivata! - Shirley strinse la mano di C.C. con euforia benché fosse molto distratta, di fatti non guardò nemmeno la ragazza, troppo occupata a guardare ogni angolo della stanza, quasi fosse alla ricerca di qualcuno. La nuotatrice rispecchiava la tipica ragazza della sua età: seguace della moda, sognatrice ad occhi aperti ed attenta all'aspetto esteriore, ben diversa da Kallen, la quale aveva un aspetto più sportivo. Ciò nonostante non le sembrò una persona cattiva, solo una ragazzina viziata che non le avrebbe causato problemi finché non si fosse intromessa nelle sue questioni. La salutò quindi priva di alcuna ostilità: nemmeno in un universo alternativo lei e quella giovane avrebbero mai potuto condividere interessi in comune. La vide continuare a guardarsi intorno, questa volta contando le persone presenti.

- Adesso arriva Shirley, tranquilla! - La rassicurò Rivaltz, provando un po' di pietà per l'amico che sarebbe arrivato da lì a poco. La Fenette era sicuramente una bella ragazza, forse anche la più bella della scuola, ed era inoltre un ottimo partito, tutto ciò oltre ad essere la ragazza più popolare della scuola. Nonostante ciò, tutta la sua bellezza e popolarità mal si conciliavano con la possessività e lo spirito da stalker psicopatica che la caratterizzavano. La nuotatrice sospirò delusa ma ben presto un enorme sorriso le illuminò il volto: la porta si aprì lentamente, mostrando al di là di essa un giovane dai capelli scuri entrare piano, quasi si facesse attendere apposta. Chiuse la porta senza degnare nessuno di uno sguardo e quando finalmente alzò gli occhi verso i suoi amici, alzò un sopracciglio, visibilmente infastidito.

- E tu che diavolo ci fai qui? - La giovane in questione lo guardò annoiata e spostò il suo sguardo altrove, chiedendosi se fosse il suo giorno fortunato: era la vita a mandarglieli, o era forse lei ad attirare i guai? Nunnally si avvicinò al moro la cui espressione cambiò immediatamente, sorprendendo la nuova arrivata che, nascosta dietro la sua solita maschera d'indifferenza, si chiese che strano potere avesse quella ragazza sul giovane pseudo-ribelle.

- Nunnally. - La salutò in un sussurro e ne toccò piano le mani, quasi fosse un oggetto prezioso che temesse di rompere.

- Fratellone, hai già avuto occasione di conoscere C.C.? - Come fece a non spalancare gli occhi e a mantenere la sua solita espressione, non lo seppe nemmeno lei. Quel ragazzo così arrogante... Fratello di quella che probabilmente era la bontà e innocenza in persona? Dove, come ed in cosa avevano sbagliato i genitori di quei due?! O magari Lelouch era un figlio nato in provetta, prodotto di un laboratorio, l’idea già era più plausibile. Non poté evitare di notare però una certa somiglianza, in particolare era evidente la loro parentela negli occhi e nei tratti delicati del viso. Certo che a Madre Natura piace proprio scherzare pensò, vedendoli interagire.

- Sì, frequenta la mia stessa sezione. - Accarezzò piano il capo della sorella prima di alzarsi e sfidare nuovamente C.C. con gli occhi. - Dunque? - Il tono, che fino a qualche istante prima era stato premuroso e pieno d'amore, tornò freddo e distaccato, persino la sua postura e il suo sguardo cambiarono, quasi vi fossero due Lelouch dentro un unico corpo. - Che cosa ci...

- Amore mio! - Prima che potesse anche solo reagire le braccia di Shirley lo avvolsero, stritolandolo e rubandogli un rapido bacio sulle labbra. - Oh, come mi sei mancato! Si può sapere dove sei stato tutto il giorno?

- S-Sh-Shirley... - Il moro cercò di scrollarsela di dosso, spingendola via ma la presa della fidanzata era ferrea, proprio come la sua volontà; peccato che invece l’amore per se stessa non fosse altrettanto forte. - Mi fai male Shirley, piantala! - Urlò ormai esasperato il moro, scuotendo con tale forza il braccio che tutti temettero per un momento che avrebbe colpito la fidanzata. La giovane quindi allentò la presa e si accontentò di rimanere attaccata al suo braccio destro, il viso arrossato mentre abbozzava un sorriso per nascondere la vergogna, cercando quasi di ingannare tutti - e più di chiunque altro se stessa, facendo credere che andasse tutto bene.

- Suvvia Lelouch, non è il caso di infastidirsi per così poco... - Rivalz cercò di far calmare l'amico, conscio tuttavia come gli altri che l'unico modo per calmare l'umore del principino era allontanarlo dalla Fenette. Lelouch guardò Shirley profondamente infastidito, quasi schifato, chiedendosi come potesse amarlo così tanto e amarsi così poco da lasciarsi umiliare così. D'altronde il suo amore era innegabile, persino lui stesso, per quanto l’idea gli facesse rivoltare lo stomaco, era consapevole che l’amore di Shirley era amore vero: non era interessata al titolo, ai soldi o ai privilegi che derivavano dall'essere la fidanzata di un Principe di Britannia. Era interessata solo ed unicamente a lui e forse, in una realtà completamente alternativa, in un mondo ideale, Lelouch si sarebbe potuto innamorare di una ragazza del genere. Ma il loro era un mondo corrotto, un mondo sporco, un mondo inumano. E lei, seppur di buoni sentimenti, era una ragazzina viziata, una stalker psicopatica ed insicura. Non bastava essere cresciuti insieme? Non bastava vivere a pochi metri – o ettari, ma ciò era del tutto irrilevante, era comunque la sua vicina di casa - di distanza? Non bastava condividere gli stessi amici? Non bastava essere in classe insieme? No, per lei non era mai abbastanza: dovevano frequentare lo stesso club e doveva essere presente ovunque lui andasse per affermare e confermare di essere la sua fidanzata. Fra tutti i suoi difetti, probabilmente era quello l'atteggiamento di lei che più detestava. Senza alcuna pietà scosse nuovamente il braccio, liberandosi completamente dalla sua presa, totalmente indifferente agli sguardi accusatori degli amici mentre a Shirley non rimase altro che trattenne le lacrime e rimanere in piedi al suo fianco, cercando di nascondere gli occhi sotto la folta frangetta arancione. C.C. notò come gli amici della coppia si tenessero al margine, evitando di guardarli e cercando di cambiare rapidamente l'argomento; era evidente che fra loro ci fosse uno strano legame: Lelouch, da quel poco che aveva potuto osservarlo, era il tipo di ragazzo che si vantava delle proprie conquiste e Shirley era una ragazza molto carina. Ciò nonostante, il giovane non sembrava solo infastidito della sua presenza, bensì... Sembrava serbare del rancore verso la - fidanzata? Amante? Al suo tocco egli infatti rabbrividiva, come se gli provocasse un forte ribrezzo.

- Bene! - Milly catturò la loro attenzione, decisa a cambiare la pesante aria che si era venuta a respirare. - Ora che siete tutti presenti, vi spiegherò la ragione per la quale vi ho convocato! - Si avvicinò a C.C. che condusse al centro del gruppo. - Date il benvenuto al nuovo membro del consiglio studentesco: C.C.!

- Un'altra ragazza, evviva! Che bella notizia! Benvenuta!

- Benvenuta fra noi, C.C.!

- Spero ti troverai bene qui con noi! Sai, noi in realtà siamo come una piccola famiglia. - Le spiegò Nunnally avvicinandosi al nuovo membro del consiglio, seguita dagli altri tranne che da Shirley la quale rimase muta al di fianco Lelouch e Lelouch stesso, il quale si mise le mani in tasca e si avviò verso l’uscita.

- Se avete finito, io me ne vado.

- Lelouch! - La voce del suo migliore amico lo fermò, tuttavia scelse di non voltarsi: non era giornata per sopportare gli sguardi accusatori di tutti, più tardi avrebbe avuto a che fare con l'espressione risentita della sua adorata sorellina e come punizione era più che sufficiente. - Non è il caso che tu sia scortese. Rimani qui con noi, stiamo festeggiando una cosa carina!

- Non mi interessa.

- Fratellone, rimani per favore! C.C. è appena arrivata e non ha nessuno, voi siete in classe insieme, magari potreste diventare ottimi amici e...

- Non preoccupatevi. - Li interruppe il nuovo membro del consigli studentesco. - La sua presenza non è indispensabile. - Shirley alzò il viso e guardò la ragazza dai lunghi capelli verdi, l'espressione un misto fra lo shock e lo stupore ma fu la risata del ragazzo, ancora di spalle, ad attirare l’attenzione di tutti.

- Attenta ragazzina. - L’avvertì, appoggiando una mano sulla maniglia e infilando l'altra in tasca, assicurando la presa sul pacchetto di sigarette. - Stai giocando col fuoco.

- E' una minaccia? - Chiese con un tono sufficientemente divertito da far voltare il ragazzo: seppur continuasse a mantenere quell'aria fra l'annoiata e l'indifferente, un malizioso sorriso ora ne decorava il volto, provocando in Lelouch la voglia di scommettere di più.

- Io lo chiamerei un gentile avvertimento. - C.C. si appoggiò al tavolo e, guardandolo dritto negli occhi, ghignò divertita.

- Non mi faresti paura nemmeno se fossi il figlio dell'Imperatore di Britannia. - Non capì che cosa sbagliò - aveva pronunciato male qualche parola? O l’Imperatore era forse un tabù per i pochi giapponesi presenti nell’aula? - a dir la verità non seppe nemmeno se sbagliò ma di una cosa era certa: per tutti i presenti C.C. divenne improvvisamente un alieno proveniente da Marte o da chissà quale altra lontana - lontanissima avrebbe azzardato visti gli sguardi - galassia. Più si ripeteva la frase in testa e più non capiva; erano forse davvero tutti spaventati da quella brutta copia fallita di un teppistello? Il moretto ghignò divertito ma prima che potesse parlare Shirley intervenne, rubandogli la gloria.

- Uhm... - Si schiarì la gola, attirando l'attenzione della nuova compagna. - Lui è il figlio dell'Imperatore: Lelouch vi Britannia. - Indicò successivamente la sorella che sforzò un sorriso, evidentemente intimorita dal probabile cambiamento che l'atteggiamento di C.C. avrebbe subito non appena le fosse stato rivelato il suo titolo. - E Nunnally è l'ultima figlia dell'Imperatore Charles e l'Imperatrice Marianne: Nunnally vi Britannia. - Finì solenne, con un tono quasi fiero: sebbene non ne facesse ancora legalmente parte, Shirley si sentiva già parte della famiglia reale e non solo per il fatto di essere la fidanzata ufficiale del Principe, ma soprattutto per tutte le volte che lo stesso Imperatore si era occupato di sottolineare la relazione fra la Fenette ed il suo erede più ribelle. La ragazza infatti non era stupida: sapeva bene che il favore dell'Imperatore non fosse dovuto al fatto che lei gli piacesse in particolar modo. Non che non gli piacesse, giacché in realtà era molto stimata e rispettata da quest’ultimo, ma nei suoi sogni di bambina lei avrebbe voluto dei suoceri che non si fermassero alla semplice accettazione e al rispetto reciproco, lei avrebbe voluto dei suoceri che le volessero sinceramente bene poiché era colei che donava la maggior felicità al loro adorato figlio. Sapeva bene però che ciò non sarebbe mai stato possibile: Lelouch amava solo se stesso e Nunnally. Distinto era l'amore che provava invece per la sua dolce madre, l'Imperatrice Marianne, Euphemia e Suzaku; un amore indubbiamente forte ma non abbastanza dal farlo tirare indietro dall'ucciderli se, per una qualche improbabile strana circostanza quanto impossibile, fossero divenuti nemici e ostacolassero un suo piano di grande rilevanza. Shirley sapeva bene che per poter guadagnarsi il cuore di Lelouch ci voleva tempo, così com'era cosciente che se l'avesse costretto a una relazione come si deve, sarebbe stato come rinchiuderlo in una seconda prigione. Non voleva essere come l'Imperatore, non voleva farsi odiare da Lelouch, lei voleva farsi amare spontaneamente: era per questo che lo lasciava libero di fare, era per questo che si mordeva la lingua ogni qual volta che lo vedeva accendere una sigaretta, era per questo che, dovunque fossero, cercava sempre di essere tra le prime ad andarsene, per non doverlo vedere mentre davanti ai suoi stessi occhi il suo adorato Principe abbordava ogni ragazza disponibile e come, senza nemmeno un briciolo di vergogna, si nascondesse poi con loro in un qualche angolo remoto per soddisfare i suoi desideri carnali. Ed ogni volta piangeva, piangeva fino a che gli occhi non le bruciavano a tal punto che tenerti aperti o chiusi le provocava indistinguibilmente dolore. Piangeva e cercava di farsi forza, autoconvincendosi che quella tortura sarebbe finita presto: dopotutto lo sapeva bene, per Lelouch tutto questo era solo un gioco, un sadico gioco il cui scopo era quello distruggere l'anima della fidanzata per farla tirare indietro. Ma lei lo amava, lo amava più di quanto le parole potessero spiegare, lo amava con la forza di un uragano. E quindi avrebbe tenuto duro, avrebbe sopportato ogni umiliazione finché un giorno, stanco, avrebbe finalmente aperto gli occhi e capito che nessuno mai lo avrebbe amato come lei e in quello stesso istante l'avrebbe amata anche lui e solo allora sarebbero potuti essere felici. Forte di questa teoria, Shirley aveva così impostato la sua vita, dedicandola interamente a quel ragazzo che era per lei l'oggetto della sua felicità. E fu quell'amore malsano, quell'amore malato, quell'amore ancora non corrisposto - ma che un giorno lo sarebbe stato, che la fece continuare, mostrando un lato di se che raramente tirava fuori:

- E come tuoi Principi, li devi rispettare. - Sconcertante fu però la sorpresa che colpì la Fenette quando, incontrando gli occhi dorati della coetanea, non trovò alcun segno di resa, non di vergogna: il nulla o meglio, la sua eterna e perenne indifferenza. Era come se tale rivelazione non l'avesse toccata minimamente, come se la presenza dei figli di Britannia non fosse nulla.

- Rispetto porta rispetto. - La voce di C.C. risuonò forte nella stanza, chiarendo subito di non aver alcuna intenzione di inginocchiarsi dinnanzi a nessuno, nemmeno dinnanzi alla stessa Britannia. Suzaku non poté trattenere il sorriso che si dipinse sul volto non appena udì quelle parole: seppur forse un ragazzo legato alla tradizione, sapeva bene che certe ipocrisie non provocavano altro che il male nel mondo, fu quindi per lui inevitabile condividere a pieno la frase della giovane. Anche Kallen fu piacevolmente sorpresa da ciò che udì e, nonostante non avrebbe mai cambiato idea su di lei, pensò che forse non era così vuota come voleva mostrarsi. Ma non furono i soli: anche Sayoko si ritrovò a convenire con lei e la stessa Nunnally non poté che evitare di sentirsi sollevata: lei, che più di chiunque altro sapeva cosa significasse venir trattata diversamente solo perché era la figlia dell'Imperatore, era stanca di tanta ipocrisia. Totalmente opposti ai loro invece furono i pensieri di Nina e Shirley, le quali inorridirono giacché sentirono in tali parole la voce della rivoluzione: il rumore delle pistole e le grida dei soldati perforarono il loro cuore mentre il fumo degli esplosivi ne annebbiava la vista, e se c'era fra di loro qualcuno che avesse perduto più parenti degli altri a causa della Rivoluzione, quella era proprio la Fenette.

- Come puoi dire una cosa del genere?! - Urlò, gli occhi verdi iniettati di rabbia e dolore. C.C. spostò gli occhi su di lei per un momento per poi iniziare a giocherellare con le punte dei suoi lunghi capelli verdi.

- A quanto pare non è più una prerogativa delle bionde avere un cervello a mero scopo decorativo.

- Ma come osi..?! Hah! D'altronde cosa possiamo aspettare da una persona che non sa che cosa sia il rispet...

- E' un insulto all'intelligenza pensare che il rispetto sia solo una questione di titoli. - La interruppe C.C., lo sguardo talmente freddo che per un momento congelò Shirley sul posto. - Un uomo onesto che si spacca la schiena da mattina a sera per poter dar da mangiare ai propri figli, lavorando come un umile spazzino, merita lo stesso rispetto di un qualsiasi nobiluomo. Al contempo sono innumerevoli i nobili avari e vili che non conoscono l'umiltà e sanno solo agire nel nome del male e che di conseguenza non meritano nemmeno di vivere. - Non avendo nessuno il coraggio di ribattere, continuò. - Più sali la scala sociale e più trovi gente nata senza cuore. E fra di essi trovi ragazzini viziati come il tuo adorato fidanzatino che gioca a fare il figlio ribelle perché papino non gli permette di fare tutto quello che vuole.

- Come ti permetti di parlare così di Lelouch! - Inveì la nuotatrice, tanto arrabbiata quanto offesa. - Non lo conosci, non ti devi permettere, tu non sai niente! – Senza mai abbondare la sua solita espressione indifferente C.C. fece spallucce, annoiata dalla situazione.

- Non m'interessa conoscerlo.

- Come puoi…

- Shirley, adesso basta! - Milly le apparve improvvisamente davanti agli occhi, bloccandone la visuale, e si sentì trascinare lentamente verso un angolo della stanza. - In questo club devono regnare sovrani l'amore e la pace, perciò adesso respira con me!

- Ma Milly... - Rivalz e Nina seguirono le compagne, decisi anche loro a porre fine all'inizio della guerra che si sarebbe altresì scatenata da lì a poco.

- S-Shirley per favore, fai come ti dice Milly..

- Ma Nina...

- Niente ma! - La interruppe la presidentessa. - Su su! Inspira ed espira! Inspira.. Ed espira! - C.C. alzò mentalmente un sopracciglio e si chiese se non fosse per caso capitata in una gabbia di matti piuttosto che nella migliore scuola di Britannia. Fu subito però distratta da un'improvvisa risata che si elevò forte, attirando l'attenzione di tutti. Nunnally girò il capo nella direzione dalla quale proveniva la risata del fratello e corrugò la fronte: sapeva bene che il fratello amava recitare la parte del ragazzo senza cuore e senza morale, tuttavia per un momento temette che avesse iniziato anche a giocare la carta del folle giacché non c'era proprio niente da ridere.

- Tu sei... Strana. - Sorrise, tirando fuori da una tasca il suo a lui così caro pacchetto di sigarette – più caro di quanto non gli fosse cara la fidanzata. Shirley si morse la lingua con tale forza da non poter trattenere il gemito di dolore che fuoriuscì dalle sue labbra, ma nemmeno lei stessa ci fece caso, troppo occupata a sentire ciò avesse da dire il fidanzato.

- Mi basterebbe un gesto della mano per farti espellere da questa scuola e farti chiudere le porte di qualsiasi altra accademia esistente in Britannia. - Lo sguardo disinteressato di C.C. incontrò quello di Lelouch e la ragazza non poté fare a meno di domandarsi se gli uscisse naturale l'essere così melodrammatico o se avesse frequentato una qualche prestigiosa scuola di teatro. - Ma ciò significherebbe utilizzare l'influenza di mio padre, poiché se fossi il figlio di un comune spazzino nessuno mi darebbe ascolto. Inoltre, così come tu non desideri conoscermi né ti interessa il mio rispetto, sappi che nemmeno io ho il desiderio di conoscerti e sinceramente, non saprei cosa farmene del tuo rispetto. C'è una cosa che però m'incuriosisce. - Fece una pausa scenica alla quale C.C. dovette resistere l'urgenza di alzare gli occhi al cielo. - Posso capire che ti scivoli addosso qualsiasi cosa io possa farti, ma certamente non sei sola al mondo. O sbaglio? - La giovane capì all'istante la strategia del ragazzo e sorrise, mascherando il fuoco che si era divampato dentro di lei.

- "Non avere nulla". - Rispose. - E' un insegnamento zen: "Se incontri un Buddha, uccidilo. Se incontri un tuo antenato, uccidilo. Non avere legami, non essere schiavo di nessuno. Vivi semplicemente per la tua vita." - Lelouch alzò un sopracciglio, non certo di comprendere a pieno le sue parole.

- Stai cercando di dirmi che mi ucciderai?

- Sto cercando di dirti che ogni intelligenza ha i suoi limiti. Non sforzarti troppo. - Il principe digrignò i denti ma prima che potesse iniziare un nuovo battibecco, Suzaku gli tappò la bocca. In che momento si era avvicinato a lui? A volte era convinto che l’amico in realtà nascondesse un’identità ninja.

- Milly, fra poco ricominceranno le lezioni, che ne dici se posticipiamo i festeggiamenti a domani?

- Sì, sì! Dichiaro ufficialmente chiusa questa sessione speciale, avviatevi pure in classe! - Lelouch sentì sciogliersi la presa sulle labbra, spinse quindi via la mano dell'amico che fulminò con lo sguardo per poi avviarsi insieme agli altri fuori dalla stanza, lasciando indietro Suzaku, Milly e C.C., chiedendosi perché mai proprio il suo migliore amico provasse simpatia per quella ragazzina così arrogante, anche se poteva facilmente immaginare che fosse per i suoi ideali di uguaglianza. Quella ragazza... Possibile che fosse davvero indifferente a tutto? Che non provasse amore? Che non conoscesse il significato dei legami indissolubili? Il fatto che fosse sola non significava che in passato lo fosse sempre stata e forse si trovava proprio nel passato la chiave del vaso di Pandora che C.C. rappresentava. Giunse in classe senza nemmeno essersene accorto e, ignorando del tutto Shirley, che aveva cercato di parlare con lui da quando erano usciti dalla sala del consiglio, si sedette al proprio posto. Quella ragazza sapeva di pericolo, l’aveva intuito nel momento stesso in cui era entrata in aula quella stessa mattina, poteva chiaramente vedere nei suoi occhi dorati il riflesso del male. Lelouch dal canto suo aveva già delle belle gatte da pelare, non era interessato ad ulteriori noie, le sue erano più che sufficienti. Tuttavia… C’era qualcosa in quella ragazza, una specie di strano magnete che lo spingeva e lo attraeva verso di lei: era forse quello strano alone di mistero che sembrava incombere sulla giovane? O era forse la sua totale indifferenza al mondo? In un’altra circostanza avrebbe pensato di farla innamorare di se per poi ripudiarla ma sapeva bene che non sarebbe stata una soddisfazione. La vide sedersi al proprio posto e per un momento i loro occhi si incrociarono, entrambi studiandosi a vicenda, cercando di risolvere un puzzle che negli anni aveva perso i pezzi: ma se il puzzle che rappresentava Lelouch era di difficile composizione, quello di C.C. ricordava più un sudoku. La giovane sorrise maliziosa e tirò fuori dalla giacchetta un oggetto che il moro riconobbe subito. Si mise le mani in tasca “Dev’essermi caduto mentre tiravo fuori le sigarette” pensò e, trovando solo il pacchetto di sigarette, riconobbe l’accendino che C.C. aveva fra le mani come suo. Si voltò nuovamente ma questa volta la ragazza lo ignorò, guardando distrattamente il proprio quaderno. Il moro digrignò i denti, infastidito dall’idea di doversi rivolgere alla giovane per riavere il suo accendino – non che a casa non ne avesse altri, di migliori e di più belli, ma se c’era proprio un tratto che caratterizzava Lelouch più di qualsiasi altro, quello era proprio il suo essere sovra possessivo verso le persone che amava e verso le proprie cose e questo C.C. l’aveva intuito subito. E fu proprio per questo che, quando il ragazzo si voltò verso la lavagna, C.C. non poté trattenere il ghigno divertito che l’accompagnò per tutto il resto della lezione.

 

 

 

Che il ballo in maschera abbia inizio.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I'm not a morning person ***


Masquerade

 - Capitolo quattro -
I’m not a morning person

 

 

 

- Allora, com'è andato il primo giorno di scuola? - Le domandò amorevolmente la zia, porgendole un piatto di pasta. C.C. guardò distrattamente la cena, chiedendosi se fosse il caso di raccontare la verità: "Salvo essermi messa contro il figlio più viziato e infantile dell'Imperatore, direi…"
- Tutto a posto. - Intuendo che il loro silenzio e i loro sguardi attenti fossero un invito a proseguire, la giovane trattenne un sospiro esasperato e finito il primo boccone, continuò. - I professori sono all'avanguardia, stesso si può dire dei loro metodi. Inoltre non manca nulla in quella scuola, credo che sia davvero la migliore in tutto il Giappone, se non in tutta la Britannia. - Aggiunse, cercando di rispondere a tutte le loro domande anche se in realtà sapeva bene di non aver soddisfatto la loro richiesta principale.

- E gli alunni, come sono? - Chiese lo zio. - Sono stati gentili con te? Hai fatto amicizia? - La speranza era evidente nel tono di voce quanto nello sguardo preoccupato, non si rese nemmeno conto di aver appoggiato la mano su quella della moglie.

- Mi hanno accolto bene. Nonostante tutti loro siano dei ragazzini viziati, c'è ancora qualcuno di umano fra loro. - Gli rispose, pensando ad alcuni dei membri del consiglio. - La presidentessa del consiglio studentesco mi ha invitato a fare parte del suo club.

- E' una cosa splendida! - Commentò la zia, iniziando finalmente a mangiare e insieme alla nipote e al marito. Inutile mentire a loro stessi: avevano mandato C.C. a scuola con molto timore. Sapevano bene che era una ragazza molto particolare a causa del passato difficile che aveva avuto e temevano che i ragazzi avrebbero potuto essere crudeli con la nuova arrivata; certo, la giovane avrebbe saputo difendersi e non avrebbe permesso a nessuno di prendersi gioco di lei. Ciò che li preoccupava maggiormente era l'effetto che tale isolamento potesse provocare sulla sua solida ma tormentata anima che prima o poi, devastata da così tante tempeste, si sarebbe infranta, distruggendo con essa la massiccia maschera che era abituata ad indossare. Ogni giorno per C.C. si ripeteva la stessa storia: il noioso suono della sveglia la destava dal suo sonno e, prima ancora di formulare anche il più piccolo pensiero, ancora prima di aprire gli occhi, nascondeva la sua vera essenza dietro una pesante maschera impenetrabile, per poi alzarsi e vestirsi d'indifferenza: era così pronta per il ballo in maschera. Se fosse così forte da essere conscia di ciò che faceva, i suoi zii non lo sapevano ma non osavano chiedere per timore ad allontanarla ancora di più: avevano così deciso di attendere finché non sarebbe stata lei a domandare aiuto, ad aprirsi, a mettere via quella maschera e quell'abito che pesavano troppo sul suo esile corpo. Ma più passavano i giorni, più realizzavano che forse quel giorno non sarebbe mai arrivato.

- Però, non l'avrei mai detto che avevi un animo organizzativo!

- Mai avuto infatti. - Puntualizzò la ragazza, sorseggiando la sua bibita gassata. - Lo faccio per la pizza.

- Pizza? - I loro volti confusi fecero sorridere divertita C.C. che annuì.

- I membri del consiglio studentesco hanno sconti e buoni pizza da Pizza Hut! - I due adulti la guardarono e, dopo alcuni attimi di silenzio, scoppiarono in una fragorosa risata. La nipote corrugò la fronte: che cosa c'era di divertente nella pizza?

- Oh, C.C.! - Sentì parlare la zia fra una risata e l'altra. - Sapevo che il tuo piatto preferito fosse la pizza ma, voglio dire, non immaginavo a tal punto! - La ragazza aggrottò le sopracciglia, insicura del significato di tali parole: cosa c’era che non andava nel mondo, perché nessuno riusciva a comprendere il suo amore incondizionato per la pizza?! Non c’era altra spiegazione: lei apparteneva a una razza particolare di esseri umani, probabilmente solo pochi altri eletti erano come lei ed era suo compito scovarli e portare nel mondo il verbo della pizza. Prima di intraprendere un simile viaggio però, doveva finire almeno la scuola. Così, non appena ebbe finito la cena ed aiutato la zia con i piatti, si diresse in camera sua, pronta a dedicare tutta se stessa allo studio; al contrario della maggior parte dei suoi coetanei infatti, C.C. era conscia di quanto fosse fondamentale la conoscenza nella vita di tutti i giorni: chi sapeva aveva più possibilità di poter chiudere la bocca alla gente e di vincere ogni discussione avendo la piena ragione, ma non solo. Buoni voti, nella casa degli zii, erano soprattutto sinonimo di una piccola parolina magica: pizza.

 

 

 

Sì svegliò di soprassalto, come se fosse stato risvegliato nel bel mezzo di un incubo. Guardandosi intorno notò le tende bordeaux ancora chiuse, chiaro segno che fosse ancora presto. Si gettò nuovamente sul letto e incollò gli occhi sul tetto dell’antico letto a baldacchino che nei secoli era divenuto parte della reggia imperiale; chiuse gli occhi e provò a riaddormentarsi ma la sua mente continuava a macchinare diversi e confusi pensieri, impedendogli di riprendere sonno. Dandosi per vinto, Lelouch si alzò e lanciando una rapida occhiata all’orologio sul comodino, si accorse di come fosse ancora spaventosamente presto. Per un ragazzo che solitamente si svegliava alle 07:30 del mattino, le sei e mezza significavano notte fonda, nei weekend addirittura il suo orologio biologico cambiava repentinamente, invertendo gli orari, dormendo quindi tutto il giorno e svegliandosi la sera per godersi i piaceri oscuri che la notte celava nel suo manto stellato. Deciso però a non perdere la giornata, il giovane principe britanno si diresse in bagno e dopo essersi assicurato che l’acqua della doccia fosse calda abbastanza da scottargli leggermente la pelle, si svestì ed entrò in doccia ma neppure così riuscì a liberarsi dalla strana sensazione che lo aveva destato e che sembrava non voler scomparire. Mezz’ora dopo, ormai cambiato e profumato, uscì dalla stanza in direzione del gran salone dove lo attendeva il momento più gioioso della giornata: la colazione con l’imperatore. Giunto nei pressi del salone Lelouch, che fino ad allora aveva mantenuto un’andatura e una postura degna di un figlio di Britannia, improvvisamente s’irrigidì. Era tutto troppo tranquillo, c’era decisamente qualcosa che non andava. Non appena i maggiordomi lo videro arrivare gli furono aperte le porte: vide solo ombre sedute a tavola giacché il sole, che quella mattina come la mattina precedente sembrava essersi levato più alto e spendente del solito, gli batteva direttamente sugli occhi ametista, impedendogli di vedere bene. Il tavolo, lungo abbastanza da poter contenere tutti i figli di Britannia con le loro rispettive madri, come ogni mattina era decorato da diversi vassoi d’argento contenenti ogni tipo di pietanza, dai diversi tipi di pane, brioches, focaccine e pizzette a salcicce e bacon, per passare a muffin, pregiati macaron francesi, torte di ogni colore e sapore per concludersi poi con la miglior frutta di stagione del regno. Ciò che non riusciva mai a spiegarsi tuttavia era come fosse possibile che ogni mattina quell’appetitoso banchetto si rinnovasse giacché nulla veniva mai buttato: chi consumava tutto quel ben di Dio? Certo, era pur vero che spesso, al momento della merenda o della cena molti di quei pasti venivano riproposti come contorno, ma comunque non gli era chiaro. Una volta la madre gli aveva accennato il fatto molto di quel cibo, se intoccato, veniva poi condiviso con la servitù la quale, se non la consumava nel posto di lavoro, era libera di portarsela a casa. All’inizio Lelouch pensò che fosse abbastanza plausibile come idea, si rese ben presto conto però che, a meno che la servitù non fosse composta in numero eguale all’ammontare di persone per cui quel cibo era pensato, nemmeno loro sarebbero stati in grado di poter consumare tutto quel cibo e negli ultimi anni, la domanda era sorta spontanea: non poteva essere che la servitù stessa si occupasse di preparare una quantità così ingente di cibo solo per assicurarsi la propria razione giornaliera in casa per loro e le loro famiglie, vero?

- Buongiorno tesoro. - La voce gentile della madre arrivò alle sue orecchie come una dolce melodia; nonostante gli anni passati insieme, ancora si domandava come potesse una donna come lei essersi innamorata di un uomo come suo padre. Spesso preferiva pensare che dietro a quel sorriso d’angelo e quegli occhi limpidi, sua madre nascondesse una natura arrivista e manipolatrice, preferiva non credere che un soggetto come Charles potesse essere amato da una donna.

- Madre, siete più splendente del sole stesso. - Vide seduta al lato opposto la sorella e, incapace di trattenere il sorriso genuino che si fece strada sul suo volto, la raggiunse. Sostenendosi sulle sue ginocchia, si abbassò all’altezza della principessa di cui baciò la guancia. - Buongiorno Nunnally.

- Buongiorno a te fratellone! - Lo salutò entusiasta l’ultima figlia di Britannia, stringendo le mani del ragazzo fra le sue. - Come mai così mattiniero oggi?

- Ah, mi sono semplicemente svegliato prima. - Rispose, prendendo posto a sinistra del capotavola.

- Lelouch… - Marianne rivolse uno sguardo preoccupato al figlio, invitandolo a guardare alla sua destra.

- Madre? - Il giovane ignorò del tutto l’avvertenza della donna, cominciando a servirsi. - C’è forse qualcosa che…

- E’ inutile Lelouch. - L’interruppe una voce maschile. - Per quanto tu possa ignorarmi, non puoi ignorare il fatto di essere mio figlio. - Il ragazzo girò il capo e, incontrando lo sguardo severo dell’imperatore, assunse una finta espressione sorpresa.

- Padre! Quando siete arrivato? - Domandò, assumendo quel finto sorriso che sin da bambino aveva riservato a quell’uomo autorevole. - Perdonatemi, non Vi avevo visto. A quanto pare solo il sole può oscurare la Vostra imponente figura… - Aggiunse ironico, servendosi del the verde. L’aria, sino ad alcuni istanti prima pacifica e famigliare, divenne densa e quasi irrespirabile in particolare per Nunnally, la quale aggrottò preoccupata le sopracciglia, pregando silenziosamente affinché entrambi gli uomini più importanti della sua vita non iniziassero uno scontro armato di prima mattina.

- Tu lo voglia o no, sei mio figlio. - Continuò il padre, non dando peso alcuno alle parole del più ribelle dei suoi figli. - E come tale hai degli obblighi da assolvere. Non m’interessa se sei d’accordo o meno, non m’importa se ti piace o no, come mio figlio tu farai ciò che io ti dico. - La voce forte del padre risuonò solenne nella stanza e rimbombò con prepotenza nella testa di Lelouch, il quale udiva tale frase ripetersi più volte, creando un eco che per un momento lo scombussolò.

- Se fosse umanamente possibile, ti assicuro che farei rimuovere ogni singola cellula, goccia di sangue e parte di DNA presente nel mio corpo che proviene da te. - Controbatté Lelouch, assicurandosi di trasmettere nella frase tutto l’astio, la rabbia e il ribrezzo che provava per il padre. L’imperatore si adirò e, alzandosi dalla sedia, fece per colpire il figlio.

- Tu, piccolo insolente…

- Charles, amore mio, calmatevi! - Lo fermò la moglie, tenendo fermo il braccio alzato del marito. - Lelouch, chiedi scusa a tuo…

- Mai! - Urlò, colpendo il tavolo con i pugni serrati e alzandosi a sua volta. - Potrai anche essere l’incubo di tutti i tuoi sudditi e dei tuoi nemici, ma per me non sei altro che un vecchio assetato di potere e con un incurabile complesso di Dio! - Charles, fino ad allora adirato, lentamente si ricompose e tornando a sedersi rise, mentre la sua famiglia lo osservava perplessa. - Cosa c’è vecchio, ora sei diventato pure paz

- Lelouch vi Britannia. - Autoritario come solo l’imperatore sapeva essere, la sua voce acuta zittì il figlio e provocò un forte senso di inadeguatezza in tutti i presenti. - Figlio mio, mi somigli più di quanto tu non voglia ammettere. - Il giovane indietreggiò di scatto, facendo cadere la sedia dietro di se.

- Che cosa vai blater

- Rimproveri me per la mia sete di potere ed il mio complesso di Dio quando tu per primo sei così. - Continuò, ingaggiando una guerra di sguardi che sapeva aver vinto in partenza. - Credi forse che non sappia quanto segretamente brami prendere il mio posto un giorno? Credi forse che io non sappia di cosa saresti capace pur di divenire imperatore di Britannia?

- E’ un posto che mi spetta di diritto! - La risata del padre accese in lui un fuoco indomabile, un fuoco che da anni ormai divampava in lui e che ancora non era stato capace di domare, fuoco che in passato gli aveva già causato innumerevoli problemi perché l’unico modo per spegnere, seppur temporaneamente, quell’incendio di emozioni, era attraverso il compimento di atti illeciti che gli avevano arrecato non pochi problemi giudiziari.

- Sì, ti spetta di diritto! - Convenne il padre, cogliendo di sorpresa il moro, sorpresa che tuttavia svanì nell’istante stesso in cui l’imperatore mostrò la sua espressione. - Ma ti spetta come diciassettesimo in linea di successione. Diciassette sono un bel numero di persone da scavalcare persino per te… Lelouch. - Il viso del giovane si contorse in un’espressione di rabbia pura, i denti digrignati dall’impotenza. Strinse i pugni, deciso ad avvelenare quell’uomo con le sue parole una volta per tutte ma un suono metallico lo distrasse; con la coda dell’occhio vide il volto spaventato della sorella, le mani consunte in una preghiera. E seppur nemmeno la presenza della sua adorata sorella fosse sufficiente a calmare quel urgano di emozioni che lo travolgeva, decise di calmarsi e non provocare ulteriori dissidi nel cuore dell’ultima Principessa di Britannia, da sempre in conflitto a causa dei sentimenti che provava nei confronti di entrambi gli uomini che più amava.

- Io non sono come te. - Il tono si abbassò leggermente, prendendo la frase il suono di un sussurro intriso d’odio. - Io sono migliore di te. E un giorno avrò la tua testa! - Uscì di scatto dalla stanza e, senza dare nemmeno il tempo ai maggiordomi di eseguire le dovute cortesie, sbatté i portoni che aprì con tutta l’adrenalina che gli scorreva in corpo. Giunto dinnanzi alla limousine nella quale era già stata riposta la sua cartella, si gettò sui sedili anteriori, ancora furente di rabbia.

- A scuola. - Ordinò, stringendo i pugni. L’autista, sorpreso da tale richiesta, si mostrò titubante.

- Sua altezza… - Il principe lo fermò con un gesto della mano, chiudendo gli occhi e strofinandosi le tempie.

- Peter fa come ti ho richiesto, per favore. - Notando nella voce del ragazzo il caratteristico tono esausto e rassegnato che prendeva in seguito ad un confronto con l’imperatore, l’uomo decise di non intromettersi e portarlo a scuola. Dopo un lungo sospiro, Lelouch appoggiò la testa sul finestrino e socchiuse gli occhi, cercando di scrollarsi di dosso quella strana sensazione di essersi dimenticato qualcosa d’importante che lo perseguitava sin da quando aveva aperto gli occhi mentre il suo autista, vedendo il principe ribelle con una pessima cera, si domandò quale fosse l’affanno di andare a scuola così presto il giorno in cui le lezioni sarebbero iniziate un’ora dopo.

 

 

 

Percorrendo lo stesso corridoio che aveva attraversato il giorno precedente, si domandò se non avesse sbagliato edificio, tuttavia era del tutto sicura di trovarsi nel posto giusto. Mantenendo il passo felpato, si avvicinò all’aula che quella mattina sembrava essere stranamente silenziosa. Non era mai stata una ragazza mattiniera e puntuale a meno che non fosse per qualcosa di estremamente importante - come la pizza ad esempio. Non potete capire cosa significasse la puntualità quando si trattava di ricevere la pizza che, se fosse arrivata con 20 minuti di ritardo, sarebbe divenuta gratis, permettendole di mangiarne due. Avvicinandosi sempre di più alla sua destinazione, si domandò se non avesse letto male l’orario: le lezioni avevano inizio ogni mattina alle 08:30 e lei, da alunna diligente quale era, era uscita di casa alle 08:20, conscia che la camminata richiedesse ben più di dieci minuti giacché solo cinque erano quelli necessari a raggiungere l’edificio dall’ingresso principale. Presupponendo che fossero le 08:40, C.C. si fermò a pochi passi dalla porta ma non udì nulla, solo il ticchettio delle lancette dell’orologio fissato sopra la lavagna. Forse le lezioni iniziavano formalmente alle nove? Eppure la mattina precedente… Senza porsi ulteriori domande, entrò nell’aula che trovò vuota tranne che per la presenza di un ragazzo dai lisci capelli scuri che, perplesso quanto lei, aveva lo sguardo fisso sui banchi vuoti. Il giovane, vedendo la coetanea entrare, alzò un sopracciglio.

- E’ forse opera del consiglio studentesco? - Le domandò, incrociando le braccia e appoggiandosi sulla cattedra. La compagna, occupata a scrutare l’aula con l’intenzione di trovarvi un qualche segno che spiegasse la situazione, ignorò completamente il principe che ridusse gli occhi a due fessure. - Si può sapere che…

- Se pensi che stando in piedi con quella faccia da pesce lesso avrai la risposta che cerchi, fai pure. - Senza nemmeno incrociare il suo sguardo si voltò in direzione della porta. - Ma non immischiarmi nella tua stupidità. - Lelouch, che quella mattina aveva sopportato fin troppo, fermò la ragazza stringendole con forza il polso, obbligandola a voltarsi e guardarlo negli occhi. Incontrando per la prima volta i suoi occhi a pochi metri di distanza, iniziò fra loro una violenta danza di sguardi fra loro uguali e contrapposti: quelli viola di lui impregnati di troppi sentimenti confusi, nonché riflesso della stanchezza di chi combatte una guerra senza fine da molto tempo, e quelli miele di lei, impenetrabili e sicuri sotto quella barriera di indifferenza che la caratterizzava da tempo immemore. Entrambi con un’unica grande caratteristica in comune: raccontare la storia di un mondo sconosciuto. Resosi conto della forza che stava esercitando sul suo polso, Lelouch sciolse la presa.

- Hai qualcosa che mi appartiene. - Affermò, mettendosi le mani in tasca. - Ridammelo.

- Eri troppo occupato a ribellarti a mamma e papà mentre ti insegnavano le buone maniere?

- Non ho intenzione di chiederti per favore, tu mi hai ruba…

- Io non ti ho rubato proprio niente. - Lo interruppe, abbandonando il peculiare tono sarcastico e sfidandolo con lo sguardo, seria ed impassibile. - L’ho trovato per terra e l’ho raccolto.

- Sai che mi appartiene, altrimenti ieri non me l’avresti mostrato a lezione.

- E chi dice che stavo guardando te e non il ragazzo davanti a te? - Ormai prossimo a perdere la pazienza, Lelouch chiuse gli occhi.

- C.C.!

- Oh, siamo passati a chiamarci per nome? - La ragazza si avvicinò piano a lui, le mani unite dietro la schiena e il capo leggermente piegato. Ma ciò che lo rese inquieto furono quei suoi grandi occhi dorati e quel sorriso malizioso che ne illuminavano il volto: c’era in lei qualcosa di strano, qualcosa di così sconosciuto e allo stesso tempo così conosciuto che lo attraevano. Quel suo irritante atteggiamento, quell’indifferenza con la quale parlava, quel suo modo così distante e contemporaneamente così intim... Di ragazze ne aveva conosciute molte, le aveva anche avute tutte, non una sola era mai riuscita a scappargli dalle mani; eppure C.C. era un enigma, un enigma che non era ancora riuscito a risolvere e che aveva la sensazione non sarebbe mai riuscito a comprendere. La sua voce lo distolse nuovamente dai pensieri.

- Da quando in qua così tanta confidenza… Lelouch? - Il viso della ragazza era ormai a pochi centimetri dal suo. Sogghignò divertito nel sentire pronunciare il proprio nome con un simile tono, fra il provocatorio e l’ironico, per un momento pensò che probabilmente nessuno avrebbe mai pronunciato così il suo nome, troppo spaventati dal titolo che lo affiancava. C.C. alzò piano la mano e, allontanandosi dal castano, gli mostrò l’accendino che tenne sospeso fra l’indice e il medio ma prima che potesse far un ulteriore passo indietro, sentì una forte pressione sul polso che le cancellò il sorriso.

- Non avrei mai detto fossi una legata alle buone maniere. - Commentò Lelouch, facendo attenzione a non farle del male. - Inoltre… - Continuò, togliendogli l’accendino dalle dita con la mano libera. - ...Non ci hai detto il tuo cognome. Il tuo nome è quindi l’unico modo che ho per rivolgermi a te. - C.C. fece per rispondere ma vide qualcosa che le fece leggermente corrugare la fronte. Il moro, incuriosito, ne seguì lo sguardo e realizzò cosa stesse guardando così intensamente: la lavagna coperta dal suo solito telo bianco. Che non ne avesse mai visto uno prima? Prima che potesse realizzarlo però la giovane sciolse la presa e si diresse piano verso la cattedra.

- C’è qualcosa lì…

- Si chiama lavagna. - Ironizzò, appoggiandosi ad un banco e piegando le braccia. Divertito dalla situazione, continuò. - Non dirmi che non ne hai mai… - Decisa che i gesti l’avrebbero zittito meglio di qualsiasi parola, C.C. alzò il telo che copriva la grande tavola verde e gli occhi di entrambi si spalancarono, trovando la risposta alla loro domanda: scritto in caratteri cubitali - probabilmente era opera di Rivaltz vista la grafia, lessero “La classe domani entrerà alle ore 09:30”. Rimasero in un silenzio stagnante per qualche minuto, momenti nei quali le lori menti si erano staccate dal corpo ed avevano iniziato un viaggio indietro nel tempo per poter ricordare in che momento si fossero persi una simile comunicazione. C.C. dal canto suo si sorprese, era stata abbastanza diligente per tutta la lezione, oltre ad aver disegnato tanti piccoli Cheese-kun e pezzi di pizza era sicura di aver preso appunti di tutto ciò che aveva detto il professore; Lelouch dal suo canto invece si soprese per il fatto che nessuno dei suoi amici lo avesse avvisato. Come al solito non aveva seguito la lezione ma d’altronde, non era una novità, non ne aveva bisogno; eppure in passato i suoi amici si erano preoccupati di informarlo riguardo a queste cose, che fosse una specie di strategia per indurlo a prestare attenzione? Ciò che lo sorprese ancora di più fu il fatto che Shirley, nei suoi innumerevoli messaggi, non avesse avuto la premura di “ricordarglielo”. Sospirò esasperato: l’unica occasione in cui si sarebbe potuta mostrare utile, si era dimostrata completamente inutile. Scosse piano la testa e si diede un leggero colpo sulla fronte e vedendo C.C. ancora ferma davanti alla lavagna, ghignò.

- Non dirmi che non sai leggere.

- Non dirmi che il colpettino che ti sei appena dato sulla fronte ti ha reso più stupido di prima. - Gli rispose a tono, continuando a dargli le spalle. - Ti facevo meno stupido di così.

- Non parlerei tanto se fossi in te, dopotutto non sono il solo a non essersi ricordato che oggi si entrava un’ora dopo. Ti facevo più furba di così! - La ragazza si voltò e, guardandolo - palesemente annoiata, dritto negli occhi per qualche istante, si chiese se davvero un simile soggetto fosse uno dei possibili eredi al trono di Britannia. Un po’ più di originalità nelle risposte almeno, no? Risolvendo che l’indifferenza fosse la miglior risposta per un tipo come lui in costante ricerca di attenzione, C.C. si diresse nuovamente verso la porta ma una voce irruppe con violenza nell’aula, frantumando i timpani di entrambi i ragazzi che si portarono le mani alle orecchie.

- Lelouch! Oh, eccoti! - Prima che potesse realizzare cosa stesse accadendo, il moro sentì due braccia avvolgerlo con forza mentre una testa colpì piano il suo petto, provocandogli un leggero fastidio. Abbassando lo sguardo vide una familiare testa arancione i cui capelli erano raccolti da un laccino verde in una mezza coda.

- S-Shirley?!

- Oh, Lelouch! - Urlò nuovamente lei, allentando la presa ma sprofondando la testa sempre di più nel suo petto. - Perché non mi hai detto che saresti venuto a scuola? Sarei venuta anch’io con te! - Ancora troppo scioccato dall’essersela improvvisamente trovata fra le braccia, al Principe di Britannia non rimase altro che chiederle come fosse giunta fino a lui.

- Shirley ma… Tu come hai fatto a sapere che ero qui? - Alzò un sopracciglio e, scrutando la ragazza, cercò di capire se negli anni fosse divenuta un’indovina o se si fosse segretamente arruolata nel FBI o nella CIA e avesse da loro imparato le migliori tecniche d’inseguimento: certamente si era dimostrata una perfetta stalker, conosceva ogni sua singola mossa, aveva memorizzato le sue abitudini e aveva imparato a prevederlo come forse solo Charles era capace di fare. Alle volte temeva che ogni qual volta lo toccasse fra le sue mani nascondesse delle cimici o dei GPS per poter spiarlo meglio… L’idea lo fece rabbrividire e non poté evitare di allontanare leggermente la ragazza da se per poter cercare un qualche segno che valorizzasse la sua tesi.

- Ecco, io… - La vide arrossire e in quello stesso momento si pentì di averglielo chiesto. Sospirò, pronto a sentire la sua lunga quanto noiosa avventura mattutina. - Sì ecco, essendo che oggi entravamo un’ora dopo ho pensato che… Sì, sai, siccome siamo fidanzati ho pensato che sarebbe stato bello fare colazione insieme! Non da te chiaro, so bene che la situazione sarebbe alquanto scomoda. Quindi, sì, ecco… Ho pensato che sarebbe stato bello fare una specie di picnic-colazione! Ho preparato tutto io con le mie stesse mani e solo ed unicamente le tue cose preferite! Così saremmo potuti stare da soli tu ed io, ormai è tanto che non… - Nel sentire menzionare il fatto di essere soli, Lelouch alzò di scatto gli occhi verso la porta ma trovò l’uscio vuoto. Di lei era rimasto solo il profumo che ancora impregnava l’aria con prepotenza, lasciandogli un messaggio con l’intenzione di fargli sapere che non era ancora finita: il loro gioco era appena iniziato. Mettendosi in tasca il suo accendino il moro rise divertito, stupendo la fidanzata. Se lei si sarebbe occupata di rendergli la vita un inferno, lui si sarebbe occupato di scovare tutti gli scheletri che la ragazza aveva nascosti e avrebbe preso l’impegno di distruggerli uno ad uno, distruggendo con essi quel sorriso da stregatto che gli faceva bollire il sangue. Avrebbero giocato a distruggersi. Ma ciò che la nuova arrivata non sapeva, era che Lelouch della distruzione e dei bagni di sangue ne era il dio. Assaporando in anticipo la vittoria, guardò l’orologio e realizzò avere ancora quindici minuti a disposizione prima che i primi compagni iniziassero ad arrivare.

- Lelou… - Prima che potesse finire di pronunciare il nome del fidanzato, Shirley si ritrovò sulla cattedra, le gambe divaricate mentre la mano del fidanzato iniziava a farsi strada sotto la sua gonna. - Lelouch! Non qui ti prego, potrebbero arrivare i nostri compagni!

- Finiremo prima. - Rispose lui sfilandole l’intimo, facendo arrossire la ragazza che strinse le gambe nel vano intento di coprirsi. Ma il ragazzo fu più rapido e ne afferrò le ginocchia, impedendole alcun movimento.

- Lelouch, per favore, potremmo finire nei gu… - Il Principe di Britannia sentì il forte bisogno di urlarle di chiudere il becco ma preferì contenersi e spostare la sua attenzione sui grandi seni della giovane. Se voleva averla lì, sulla cattedra nella quale da lì a poco il suo carissimo professore avrebbe appoggiato le proprie cose, la prepotenza non sarebbe servita. Optò quindi per l’opzione che sapeva funzionare meglio.

- Shirley… - Disse piano, quasi in un sussurro. Con un braccio ne cinse la vita attirandola a se, premendo le loro intimità. Appoggiò l’altra mano sulla sua e guardandola dritto negli occhi, convenne: - Hai ragione, è da tanto che non stiamo da soli... E adesso voglio recuperare tutto quel tempo perso inutilmente. Vuoi davvero dire di no al tuo fidanzato che non ha altro che un forte voglia di te? - Poté chiaramente vedere riflesso nel volto di Shirley la battaglia che stavano combattendo dentro di lei la ragione e il cuore, ognuno dei due gridando cose opposte. Se c’era qualcosa che tuttavia la Fenette aveva imparato era che, chiunque delle due vincesse, era sempre la sua anima a pagarne le conseguenze: negli anni infatti si era corrosa, sapeva bene che l’amore per Lelouch era un amore distruttivo, un amore che l’avrebbe portata a perdere se stessa. Ma vedere quegli occhi ametista così pieni di desiderio, sentire la sua voce parlarle in un tono così soave, sapere che, nonostante tutto, anche lei gli era mancata… Le bastava. Appoggiò tremante una mano sulla guancia di Lelouch, il quale recepì il messaggio e si chinò a baciarla; fu un bacio rapido, frenetico da parte della ragazza e del tutto indifferente da parte del moro che cedette solo per poter averla vinta. Si staccò subito da lei e, prima che Shirley potesse avvicinarsi nuovamente a lui, Lelouch ne tappò la bocca.

- Non vorrai che ti sentano, vero… Darling?

 

 

 

Avrebbe potuto dormire un’ora in più. Avrebbe potuto sognare di ritrovarsi in un paradiso fatto di pizza e Chesse-kun per un’altra ora e invece no. E invece, per qualche folle ragione, si era stupidamente distratta e si era persa la comunicazione. Qualcosa dentro di lei le diceva che l’annuncio era stato fatto in quegli attimi in cui aveva mostrato l’accendino al principino, inoltre così si sarebbe spiegato il leggero mormorio che seguì alcuni istanti dopo e che non si seppe spiegare. Sospirò, decisa a non pensarci più, da lì a poco si sarebbe dovuta riavviare in classe; aveva preferito andarsene, per oggi aveva giocato abbastanza inoltre irritare qualcuno come Shirley era fin troppo semplice e per nulla gratificante. Seduta su una panchina appena fuori dall’edificio scolastico, ripensò a ciò che era avvenuto poco prima in aula non poté evitare di contenere un sorriso: quel Lelouch era proprio uno stupido. Era il tipico ragazzino viziato che, una volta superata la crisi adolescenziale, sarebbe divenuto il solito noioso aristocratico legato alle tradizioni e alle regole, probabilmente avrebbe anche cominciato ad apprezzare la fidanzata, dopotutto era un abbinamento perfetto per uno come lui. Per ora almeno aveva trovato due persone con cui divertirsi: la ragazza i cui capelli e temperamento avevano il colore del fuoco - Karen, se mal non ricordava, e il capriccioso Principe di Britannia. E lei che credeva che si sarebbe annoiata da morire…

- C.C.? - Voltò il capo in direzione della voce che l’aveva chiamata e riconobbe il ragazzo giapponese del consiglio studentesco. - Buongiorno! Anche tu mattiniera? - Risolvendo che forse il giovane era uno dei pochi a non meritare di essere vittima dei suoi giochetti e delle sue ironie, C.C. scosse il capo.

- Il contrario… Non sono affatto una persona mattiniera. - Suzaku si limitò a sorriderle gentile, insicuro se fosse il caso di porle ulteriori domande, dopotutto si era mostrata molto riservata sin dall’inizio. Tuttavia ciò non l’avrebbe fermato dal fare amicizia con lei: più un’anima era sola e smarrita, più sentiva il forte bisogno di avvicinarsi e salvarla.

- Posso? - Vedendo la compagna assentire, prese posto e si guardò intorno. - La prima volta che arrivai qui, tutto questo mi sembrava un universo alternativo. - C.C., che sino ad allora aveva osservato il vuoto, rimase immobile ma spostò gli occhi verso il castano che, notando di averne catturato l’attenzione, proseguì. - Tutt’ora credo che lo sia. Qui noi tutti ci dimentichiamo chi siamo, viviamo come dei ragazzi che hanno solo voglia di vivere. Purtroppo poi quando torniamo a casa veniamo devastati nuovamente dal peso dei nostri titoli e delle nostre responsabilità... - Lo sguardo basso e la voce cupa rivelarono la battaglia costante a cui erano esposti ragione e sentimento, una danza sanguinaria dalla quale nessuno dei due riusciva ad uscirne vincitore, causando solo devastazione. Sospirò, pensando a quell’unica persona la cui sola esistenza era capace di mettere in pace ogni sua inquietudine e continuò. - Credo che sia per questo che la famiglia Ashford si occupi da generazioni di questa scuola, aggiungendo ogni anno una nuova attività e rendendola il più completa possibile, per far sì che i ragazzi possano allontanarsi da quella realtà che li opprime.

- Ma a che serve vivere in un mondo fittizio? - La domanda spiazzò Suzaku che si limitò a guardare la ragazza. - Scappare dalla realtà, anche se per poco tempo, non risolve i problemi che lasciamo nel mondo vero. Anzi, forse tornarci poi è doppiamente più difficile perché la realtà ti viene sbattuta in faccia senza pietà.

- Però per lo meno ti sei potuto distrarre un po’ ed essere feli...

- Felice? - Lo interruppe C.C., voltando il capo verso Suzaku. - Può considerarsi vera felicità qualcosa che si prova in un mondo fittizio? - Il compagno sbarrò gli occhi, trovandosi per la prima volta a porsi una simile domanda lui stesso. - Sostieni inoltre che qui tutti si dimentichino chi sono… Perché dunque nessuno si dimentica il titolo del tuo amichetto viziato e della sua sorellina? Perché nei loro confronti persino i professori hanno dei riguardi? Non credere che non abbia notato come il tuo amico abbia passato ore a dormire mentre il prof spiegava! - Capendo che la ragazza si riferisse a Lelouch, Suzaku non poté che asserire.

- Purtroppo per quanto riguarda i principi le cose sono ben diverse. Puoi dimenticare chi sei, ma non a chi devi obbedienza. - Spiegò lui, cercando ancora una risposta alla domanda di C.C. - Però credo che anche per loro questa sia una via di fuga.

- Su questo non c’è dubbio. - Ironizzò la ragazza dai lunghi capelli smeraldo. - Quindi secondo te questa via di fuga, per quanto fittizia, può aiutarci nella nostra quotidianità?

- S-sì… - Rispose titubante. - Forse hai ragione, non si può considerare vera felicità… Però è pur sempre una fonte di sollievo: per alcune ore durante la giornata vivi e sogni la vita che vorresti invece di quella che ti è stata imposta, ti diverti e chi lo sa, magari trovi anche la forza di reagire. Dopotutto è questo il motto della stessa presidentessa: “Vivi ogni giorno come se fosse il tuo compleanno!” e non credo sia un giorno preso a caso, in fin dei conti il compleanno è quel giorno in cui tutto ti è concesso illimitatamente. Il giorno dopo tutto torna alla normalità ma ti rimangono i ricordi. Molti per il loro compleanno ricevono doni speciali che possono cambiargli la vita, esattamente come l’Ashford Academy. Forse questa vuole solo essere un’esperienza che ti insegna a rendere possibile la convivenza fra i tuoi piaceri ed i tuoi doveri, oppure per altri che ne hanno il coraggio sufficiente può essere una pedana dalla quale buttarsi nei propri sogni senza voltarsi indietro. L’importante è non perdersi dentro questa realtà. - Rimasero per alcuni momenti in silenzio, attimi nei quali Suzaku temette di aver detto qualcosa che avesse potuto in qualche modo infastidire o ferire la compagna ma si ricredette nel momento in cui la vide alzarsi e posizionarsi davanti a lui.

- E’ dunque questa la tua teoria, Suzaku Kururugi? - Si era detta “basta giochetti”, aveva deciso che il giapponese non meritava essere una sua vittima innocente, ma era più forte di lei. Sul suo volto si dipinse quel solito sorriso malizioso che la caratterizzava e, guardando il ragazzo fisso negli occhi, continuò. - Allora facciamo un gioco: entro la fine di quest’anno scolastico io mi occuperò di provare a te che la tua teoria è sbagliata, ossia che una realtà fittizia non può risultare in nient’altro che non sia mera disperazione. Tu invece ti occuperai di provarmi il contrario. - Gli porse la mano, pensando che quell’anno si sarebbe divertita più di quanto non avesse mai immaginato. - Ci stai? - Suzaku rimase sorpreso da tale proposta ma senza farsi attendere oltre gli diede la mano, sigillando il loro patto. Troppo tardi però si accorse di non aver chiesto qualcosa di fondamentale e vedendola avviarsi verso la porta, la chiamò.

- Ma cosa ci guadagniamo in tutto questo? - C.C. si voltò e, in seguito ad un’espressione pensierosa fece spallucce.

- Se avrai ragione tu, farò quello che vuoi.

- E se invece avrai ragione tu? - Notando lo sguardo ed il sorriso di C.C., Suzaku si pentì di avergli posto una simile domanda.

- Se vincerò io… - La vide avvicinarsi e per un momento pensò avesse delle strane intenzioni, ma si rasserenò quando sentì la mano della ragazza sulla spalla e la vide avvicinarsi al suo orecchio. Facendo attenzione ad usare il tono giusto, C.C. sussurrò piano: - …Dovrai rivelare al mondo intero il nome della tua lei. - Suzaku indietreggiò, il terrore evidente nei suoi occhi verdi. Lei non poteva sapere, non poteva in nessun modo sapere di lui e…

- Ci vediamo in classe, Kururugi Suzaku. - Lo salutò e si diresse all’interno dell’edificio, il sorriso stampato sul viso: per non essere una persona mattiniera, aveva avuto una mattina pressoché interessante.

 

 

 

Ma se C.C. fosse potuto tornare indietro nel tempo, quella mattina sarebbe entrata in classe all’ora prestabilita oppure non ci sarebbe proprio andata

poiché le conseguenze di quegli atti erano troppe da sopportare persino per lei.

Allora però non sapeva che quell’interessante mattina era solo l’inizio di una lenta e triste agonia.

 

 

 

••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••••.• ́ ̄`•.••

 

 

 

SALVE SALVINO AMICINI! ^-^

Come promesso, eccomi qui! Temevate che sarei mancata alla mia promessa, eh? E invece no, buashuashuahaha! *^* No dai, seriamente parlando, mi sono presa l’impegno di scriverla e la porterò al suo fine, costi quel che costi. (: Opinioni? Vi è piaciuto o c’è qualcosa che non vi ha convinto? Ho voluto esporre la situazione famigliare di Lelouch per spiegare meglio perché il suo personaggio prende nuove sfaccettature e da dove derivi tanto odio represso, dopotutto nell’anime non abbiamo avuto molta occasione di vederli interagire, quindi mi sono immaginata come sarebbe stata la convivenza con un uomo come Charles e questo è il risultato! Se vi state chiedendo in che momento la classe è venuta a sapere che si entrava un’ora dopo sì, è avvenuta in quei due/tre minuti in cui Lelouch, andando al banco, ha perso l’accendino e poi veniva a scoprire che ce l’aveva C.C.; come avrete notato infatti cambio molto spesso il punto di vista, questo per permettere al lettore di personificarsi il più possibile nel personaggio e vedere ma soprattutto sentire le cose come le prova quest’ultimo. Lelouch, pur essendo un ragazzo molto razionale, è anche molto emotivo e nella serie l’ha dimostrato diverse volte ed in quel momento, preso dalla rabbia e dal fastidio, non ha sentito l’annuncio. C.C. dal canto suo, troppo occupata a giocare col principino, si è distratta e non ha prestato la dovuta attenzione, perdendosi così la comunicazione. So bene che non siamo abituati a vedere un Lelouch intraprendente con le donne, tuttavia questo è secondo me come si sarebbe sviluppato il suo personaggio in un mondo “normale”, dove il Geass è inesistente e di conseguenza Charles ha potuto continuare a vivere una vita normale con la sua ultima consorte. E invece cosa ne pensate di C.C. e Suzaku?! *-* Ho sempre pensato che nell’anime abbiano dato loro poco spazio, sono convinta che sarebbe stato bello vedere lei, la mente di Lelouch e lui, la sua mano destra, fare “amicizia” e talvolta agire insieme per far dannare Lelouch! X°D Perché se non l’aveste notato io sì, AMO tormentare Lelouch, buashuashuaha! *,..,* Ai fan di Shirley invece dico che non mi dispiace affatto come Lelouch la tratta anzi, merita di peggio, non la sopporto! è.é Ma se posso darvi un consiglio, vi direi di proseguire nella lettura giacché il fatto che io non la sopporti non significa che avrà una brutta fine. La serie come avrete compreso è lontana dal finire, molte cose devono ancora avvenire e persino Shirley, al momento debito, avrà (come tutti) la sua propria soddisfazione. Non aggiungo altro sennò vi faccio spoiler e non sia mai! ù.u Come sempre colgo l’occasione di ringraziare i miei migliori lettori, coloro che si prendono dei minuti del loro prezioso tempo per lasciarmi una recensione che è quanto mi basta per sentirmi felice: Eris_Elly, nye, AliceBaskerville e il dolcissimo Pizeta. A voi ragazzi va il mio più grande grazie, siete la ragione per cui sono tornata il mese scorso e per la quale questo mese, nonostante i mille impegni universitari, non ho desistito e mi sono ritagliata - mi mancava poco per inventare delle ore, löl - del tempo per poter scrivere questo nuovo capito. (: Danke. Ringrazio anche tutti gli altri miei lettori e spero di poter rispondere presto ad una vostra recensione, sia essa positiva o negativa (con la dovuta educazione, chiaro) mi farà piacere riceverla! ^.-

Ci vediamo il prossimo mese con un nuovo capitolo, a presto ciccini! :-*

xoxo,

 

Prinny *

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** The heart wants what it wants – or else it does not care ***


Masquerade

- Capitolo quattro -

The heart wants what wants

 

 

 

- Non credi di essere stato un po’ duro? - L’imperatore sospirò socchiudendo gli occhi e tendendo le mani strette dietro la schiena. La moglie dietro di lui sorrise: ormai conosceva troppo bene Charles per non comprendere il linguaggio del suo corpo. Dentro di lui aveva luogo un conflitto di opinioni. Da una parte era certo di aver agito nella maniera corretta: suo figlio era un vincitore, destinato ad essere un grande fra i grandi, esattamente come lui. Ma era ancora troppo immaturo, troppo legato alle piccole cose per poter rendersi conto che talvolta era necessario sacrificare certi aspetti della propria vita per poter ottenere qualcos’altro di più grande, di molto più gratificante. Lelouch invece era ancora un ragazzino che faceva i capricci perché non gli era dato di scegliersi la propria moglie e perché non era stato reso primo in linea di successione.

- Mio figlio...

- Nostro figlio. - Lo corresse l’imperatrice. Charles voltò leggermente il capo per guardare il volto di Marianne sul cui viso era dipinto quel dolce e innocente sorriso che da sedici anni lo innamorava. Charles era sempre stato un uomo astuto, in ogni campo. Non aveva mai affrontato studi inerenti alla psiche umana, in realtà non ne aveva mai avuto bisogno poiché era stata l’esperienza l’università della sua vita. Aveva imparato a comprendere le persone, era come se fosse capace di entrare nelle loro menti e leggerne le vere intenzioni; aveva imparato a distinguere i sorrisi falsi da quelli veri, così come aveva imparato a difendersi persino dai suoi stessi figli che come avvoltoi lo circondavano e attendevano cautamente la sua caduta. Aveva imparato che l’amore era solo una mera illusione, una distrazione; negli anni aveva compreso che non aveva bisogno di amare, gli bastava distrarsi e divertirsi: era quello il prezzo da pagare. E in quel modo aveva vissuto per anni, ponendo al primo posto i suoi sogni e le sue ambizioni, dimenticandosi dei sentimenti e cedendo solo ai desideri carnali.

Finché un giorno incrociò i suoi brillanti occhi viola nei quali si perse, ipnotizzato da quello sguardo dolce quanto profondo.

Marianne era giovanissima, addirittura qualche anno più giovane del Primo Principe di Britannia Odysseus e solo qualche mese più grande di Guinevere, sua secondogenita, e mentre lui aveva già superato i quaranta, lei si addentrava in quelli che sarebbero divenuti gli anni migliori della sua vita. Poteva davvero funzionare una relazione simile? Eppure, per quanto lo desiderasse, non riusciva a dimenticare quegli occhi e quel sorriso che sembravano essere tutto quello che aveva sempre cercato e che non aveva mai trovato. Che la vita finalmente gli stesse donando ciò che a lungo aveva intenzionalmente messo da parte? Il destino stava forse cercando di dirgli “Adesso segui il tuo cuore”? Non riuscì mai a dare una risposta a tali domande, seppe solo che poco tempo dopo si trovò a metterle una fede al dito durante quello che fu il matrimonio più maestoso di tutta Britannia, ma non solo: per dimostrarle il suo amore, Charles non solo la sposò bensì la fece incoronare come 98esima Imperatrice di Britannia, onore che aveva conferito solo a cinque delle nove consorti con cui si era unito in matrimonio. Più avanti inoltre l’agilità e l’abilità nel campo di battaglia lo portarono a nominarla Sesta fra i Knight of Rounds, titolo che le durò poco poiché “Marianne il Tuono” divenne rapidamente Knight of Two. Non poteva negare di provare affetto per tutti i suoi figli, dopotutto erano sangue del suo sangue. Eppure, forse a causa di quella strana forza, di quello strano incantesimo che l’esistenza stessa di Marianne esercitava su di lui, gli era stato impossibile non amare i suoi due ultimi figli, i suoi preferiti, gli unici fra tutti che avevano goduto della sua presenza ogni giorno.

- Nostro figlio è un incosciente immaturo. Mi chiedo se non si sia ancora accorto che fra tutti i suoi fratelli, lui è stato quello più viziato. - L’imperatrice sorrise e spostò lo sguardo sulla scrivania nella quale vi erano presenti quattro cornici argentate: nella prima sulla destra vi era una foto che era stata scattata in occasione della nascita della Principessa Nunnally. Come accadeva ogni qual volta che nasceva un nuovo Figlio di Britannia, tutti i Principi e le Principesse Imperiali venivano chiamati alla Reggia Imperiale per conoscere ed omaggiare l’ultima erede al trono; l’intera Famiglia Imperiale veniva poi fotografata affinché la foto poi potesse giungere persino negli angoli più remoti del regno. Marianne aveva sempre creduto che si trattasse di una gentilezza che la Famiglia Imperiale desiderava fare al suo popolo affinché si sentissero parte di un’unica grande famiglia ma con la nascita di Lelouch, il marito si occupò di distruggerle la sua folle illusione:

- Marianne cara, tu sei proprio una sognatrice! - L’aveva presa in giro, notando come il figlioletto dormisse sereno nella culla, ignaro del grande peso che già sopportavano le sue minuscole spalle. - Non credevo fossi così ingenua!

- Lo prenderò come un complimento mio caro scorbutico marito. - Ribatté lei, alzandosi dal letto e raggiungendolo. - E’ così bello...

- E’ la tua fotocopia Marianne, è un colpo basso. - La risata della Neo-Imperatrice riempì di calore la camera e il cuore dell’uomo che silenzioso la osservava. - Non riderei tanto se fossi in te, il prossimo lo voglio uguale a me! - La risata della donna si troncò all’istante e per poco non le andò di traverso la saliva.

- I-Il prossimo...?

- Sì, il nostro prossimo figlio.

- Charles, amore mio... - Si appoggiò delicatamente al suo braccio, mostrando l’espressione più dolce che avesse. - Anch’io come te sarei felice di avere un altro ma... Che ne dici se per quest’anno ci godiamo questo angioletto? Ti prego, non hai idea di quanto faticoso sia portare in grembo una creatura per nove mesi e quanto doloroso sia il parto... Sii? - L’uomo sospirò e si annotò mentalmente di chiamare al più presto il ginecologo della moglie: un altro figlio poteva aspettare ma di certo non avrebbe resistito un anno senza toccare la sua splendida compagna.

- E sia. - Marianne si aggrappò al collo di Charles che dovette appoggiarsi sulla culla per non perdere l’equilibrio. - Però un simile sforzo va...

- Va ripagato, lo so amore mio! E tranquillo, non te ne farò pentire nemmeno per un istante se è questo ciò che ti preoccupa. - I suoi occhi viola si tinsero di malizia e le mani di Charles si mossero prima di lui: con quella sinistra cinse la vita della moglie mentre la destra si addentrava rapida fra i suoi capelli; prima che la mora potesse reagire, il marito la baciò con tutta la passione che aveva in corpo, odiando la sua natura umana che presto lo avrebbe obbligato a staccarsi da lei per il bisogno di aria. Ma fu un lamento che divenne rapidamente un pianto ciò che li obbligò a separarsi prima di quanto avessero pensato.

- Angioletto? Forse volevi dire diavoletto! - Asserì vendendola prendendo il braccio il piccolo Lelouch. - Non so perché ma ho l’impressione che fra tutti i miei figli sarà lui quello a darmi più problemi! - Marianne rise, cullando il bambino che non smetteva di piangere.

- Credo che abbia fame! - Si sedette sul letto e si preparò ad allattare il figlio ma non senza prima incontrare lo sguardo diversamente affamato del marito.

- È uguale a te ma la sua insaziabile voglia di seno l’ha sicuramente ereditata da me.

- Charles! - Lo riprese mentre le sue guance iniziavano a prendere un colorito roseo. - Puoi girarti per favore? Così mi fai sentire in imbarazzo... - L’imperatore sospirò e si diresse alla finestra, osservando con occhio attento i preparativi per il ricevimento che avrebbero presieduto da lì a pochi giorni. - Perché poco fa mi hai chiamato ingenua? - La domanda colse di sorpresa l’uomo che dovette concentrarsi per capire a cosa si riferisse.

- Perché lo sei.

- Charles...

- Mia cara, solo tu puoi credere davvero che l’obiettivo di una simile cerimonia e rendere il tutto pubblico sia per far sentire il popolo parte di questa famiglia!

- E quale sarebbe quello vero? - L’imperatore ghignò e, ruotando leggermente il capo, guardò la moglie con la coda dell’occhio.

- Assicurarmi che il popolo abbia ben chiaro chi è che governa questo Impero e che abbiano ben chiaro quale è il loro posto. - Il tono freddo e crudele con il quale aveva parlato Charles spiazzò per un attimo Marianne che cercò di mantenere indifferente la sua espressione, senza essersi resa conto di aver inconsciamente stretto più a se il figlioletto. - Se mi mantenessi distaccato il popolo finirebbe per odiarmi ma se c’è qualcosa che ho imparato è che non è l’amore che rende schiavi, bensì l’adorazione. Domani possono anche odiarmi perché alzo le tasse ma continueranno ad adorarmi per l’immagine che hanno di me, perché dopotutto sentono di far parte di una favola nella quale l’Imperatore è un uomo che come tutti ama, s’innamora e talvolta fallisce come lo dimostrano i miei precedenti matrimoni. Ma come padre sono un padre impeccabile ed è su questo che la mia immagine fa leva: non sono solo il padre dei miei figli, bensì di tutto il mio popolo. Finché mi crederanno il loro padre protettore ed onnipotente, niente e nessuno potrà distruggere il mio Impero. - Charles si voltò completamente e spostando lo sguardo verso il figlioletto, rise. - Tu guarda, si vede che i miei discorsi lo annoiano! - Le parole del marito avevano pietrificato Marianne che lentamente abbassò lo sguardo e notò il piccolo Lelouch addormentato con una delle sue piccole mani appoggiate al suo seno. Sentì il materasso appesantirsi e notò come quell’uomo, che fino a qualche istante prima aveva parlato in modo insensibile dei suoi figli e del suo popolo, ora la guardasse con occhi pieni d’amore ed adorazione.

- Non avere timore. Mio figlio...

- Nostro figlio. - Lo corresse dolcemente lei per la prima volta, conscia di quale sarebbe stato il suo ruolo da quel momento in avanti. - I tuoi figli saranno sempre i benvenuti e li tratterò come se fossero i miei, inoltre molti di loro sono davvero delle splendide persone. - Si avvicinò piano al volto dell’imperatore facendo attenzione a non svegliare il principino, quello stesso principino che lei stessa ora si sarebbe occupata di difendere e di assicurarsi che non venisse distrutto dalla sete di potere del padre, quello stesso principino che un giorno avrebbe fatto sedere sul trono di Britannia. Se c’era qualcosa che Charles le aveva insegnato era che non era l’amore che rende schiavi bensì l’adorazione e lei aveva tutta l’adorazione dell’uomo più potente e pericoloso di Britannia; finché avesse giocato bene le sue carte, suo figlio era al sicuro. Accarezzò la guancia del marito e lo guardò con tutto l’amore che aveva in corpo, con tutto l’amore di madre che da quel giorno in poi sarebbe stato l’unico vero ed eterno amore che avrebbe potuto provare: - Ma nostro figlio, amore mio, è il prodotto del nostro eterno ed indistruttibile amore. Non è solo tuo, è nostro.

Sedici anni dopo, guardando l’ultima foto della Famiglia Imperiale, Marianne non poté evitare di sorridere, sentendosi orgogliosa di se stessa vedendo le altre tre cornici poste al centro della scrivania: in mezzo alle due cornici vi era una sua foto mentre nelle altre due vi erano Nunnally e Lelouch. Charles non era mai stato un tipo molto legato alla famiglia, aveva sempre e solo tenuto la foto dell’intera Famiglia Imperiale all’angolo sinistro della sua scrivania, lontana dalla sua vista ma Marianne si era occupata personalmente di far sì che l’Imperatore desiderasse avere le loro singole foto al centro della scrivania affinché fosse chiaro a tutti chi erano le persone a lui più a cuore.

Marianne amava Charles. Si era veramente innamorata a prima vista del suo portamento, della sua imponenza, di quei folti e lunghi capelli castani che aveva pregato affinché la sua bellissima Nunnally ereditasse; si era innamorata del rispetto che tutti provavano nei suoi confronti e ancora di più l’aveva fatta innamorare il fatto che quell’uomo, da tutti così venerato, venerasse solo lei. Tuttavia, forse troppo giovane ed inesperta, forse troppo sognatrice ed idealista, forse troppo occupata a credere di essere la protagonista di una fiaba, non aveva visto aldilà del suo cuore chi era davvero Charles Di Britannia. Troppo tardi si era resa conto della vera natura del marito, troppo tardi aveva percepito la malvagità che si annidava negli occhi di molti dei suoi figli, troppo tardi aveva scoperto che forse più pericoloso dello stesso Charles vi era il suo terzo figlio, Schneizel El Britannia, il giovane che a lungo Marianne aveva erroneamente creduto fra tutti quello con il cuore più puro. Ormai non poteva più tirarsi indietro e così aveva lentamente lasciato da parte la sua natura innocente e sognatrice che ormai era divenuta solo una copertura, mentre il suo vero io cambiava giorno dopo giorno, trasformandosi da un cucciolo in una iena feroce, pronta ad uccidere per i propri figli, quegli stessi figli che erano stati la forza che l’avevano spinta a scendere in battaglia e combattere fino a diventare Knight of Two. Sì, Marianne amava Charles.

Ma amava di più i suoi figli.

- Stai forse insinuando che lo abbiamo viziato troppo?

- Vorrai dire che tu l’hai viziato troppo, Marianne. - La donna rise, gli occhi fissi sulla foto del loro primogenito.

- Non ho mai acconsentito a qualcosa a cui nemmeno tu fossi stato d’accordo, perciò caro mio la colpa è di entrambi! - Sentì il marito sospirare nuovamente e lo vide avvicinarsi a lei.

- Ora non ha importanza di chi sia la colpa, bensì cercare di fargli comprendere che lui è il Principe di Britannia e come tale ha dei doveri a cui non può venire meno.

- Sono d’accordo. - Mentì. - Tuttavia Charles, hai mai pensato a cosa potrebbe accadere se nostro figlio si innamorasse di qualcun'altra prima di giungere all’altare con la giovane Fenette? - Gli chiese, decisa a capire perché fosse così restio ad assolvere il fidanzamento di Lelouch con l’amica d’infanzia. Non sentendo alcuna risposta da parte sua, Marianne insistette. - Charles?

- Ci ho pensato Marianne. Ci ho pensato. - Dal tono di voce l’imperatrice capì che stesse dicendo la verità. - Tuttavia preferisco che soffra e in qualche modo convinca la mal fortunata ad essere solo la sua amante piuttosto che debba soffrire sulle sue spalle il peso di una morte. -  La donna si spaventò ma nascose il timore dietro una solida maschera di calma.

- Morte? - Il marito annuì per poi scuotere leggermente la testa.

- Quella ragazza, Shirley Fenette... Notando l’astio di Lelouch nei suoi confronti una volta provai a parlare con i Fenette di una possibile sospensione del fidanzamento. Dissi loro che non riguardava il fatto che non considerassi la loro figlia degna del nostro, semplicemente che non trovavo giusto che i ragazzi crescessero con l’obbligazione di amarsi. Spinsi sulla questione che semmai crescendo Shirley si fosse innamorata di un altro ragazzo, era libera di essere felice e di non sentirsi necessariamente legata a Lelouch e prendendola su questo punto di vista i Fenette accettarono. Ma quando glielo commentarono alla ragazza... Shirley tentò il suicidio.

- Cosa?! Ma non è possibile! - Urlò Marianne, scossa da una simile rivelazione. Quando era avvenuto tutto questo? E perché lei non ne era venuta a conoscenza?

- A quanto pare le sue esatte parole furono “Per quante volte possa rinascere, ormai sono sicura che mi innamorerei ancora e ancora di lui. È questo il mio destino. Non lo pensate anche voi?” - Rimasero in silenzio per molto tempo, Charles ricordando la voce rotta in pianto dell’amico che lo implorava di ristabilire il fidanzamento e Marianne che cercava di realizzare il fatto, comprendendo come Charles in realtà stesse salvando Lelouch da qualcosa di più grave; tuttavia c’era qualcosa che la spaventava ancora di più.

- Charles... Che cosa accadrebbe se fosse Lelouch ad uccidere Shirley? - L’uomo sospirò, per niente sorpreso, quasi come se lui stesso avesse già contemplato una simile idea.

- Nostro figlio è furbo quanto capriccioso ma non credo sia capace di una simile azione.

- Nemmeno io credo che nostro figlio sia un assassino. - Chiarì. - Ma Charles, se Lelouch dovesse innamorarsi per davvero e se la ragazza in questione non accettasse di essere semplicemente un’amante... Io non sono sicura di come potrebbe reagire nostro figlio. - Si avvicinò nuovamente alla scrivania e sfiorò con le dita la foto di Lelouch, cercando il modo per poter salvare il figlio da una simile situazione.

- Purtroppo è una cosa che avevo contemplato anch’io. Nonostante ciò non credo che Lelouch possa mai giungere a una simile decisione, sarà anche arrogante e viziato ma è sempre nostro figlio, Marianne. - Cercò di rincuorarla, stringendole leggermente le spalle. - E poi non è detto che si innamori, così come ha impostato il suo carattere ed il suo modo di fare, dubito seriamente che una signorina decente e di buona famiglia possa interessarsi a lui sapendo che è già fidanzato. E’ sempre meglio essere una moglie di un Duca che l’amante senza pretese di un Principe Imperiale. Inoltre, essendo che adesso è troppo preso dalle sue scappatelle, nemmeno lui smetterà di godersi la vita da Playboy per rispettare una sola donna. E’ giovane, ha gli ormoni alle stelle, non abbiamo nulla di cui preoccuparci! - L’imperatrice si limitò a sorridere, preoccupata per la sorte di quel figlio che non era riuscita a proteggere come aveva desiderato. Charles le alzò delicatamente il mento, obbligandola a incontrare il suo sguardo.

- Sono solo un po’ preoccupata, tutto qui.

- Marianne, cara mia, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Dai miei altri figli me lo potrei anche aspettare ma non da Lelouch, non da qualcuno che ha avuto una madre come te. Credimi Marianne, sono certo che non arriverebbe mai a tanto! - La moglie annuì e gli sorrise fiduciosa, indossando quella maschera che aveva imparato a portare come una seconda pelle, quella maschera che era capace di camuffare persino le sue paure più grandi.

Era proprio perché Lelouch era figlio suo, era proprio perché lei stessa l’aveva cresciuto che aveva timore di ciò che sarebbe potuto avvenire semmai il giovane Principe di Britannia si fosse innamorato.

 

 

 

- Dato che oggi siete stati particolarmente diligenti durante questa lezione, ho deciso di premiarvi e dedicare gli ultimi 10 minuti dell’ora per analizzare una frase di Emily Dickinson. A voi ragazze in particolare farà molto piacere! - Lelouch sbuffò, annoiato in anticipo per quello che sarebbe venuto: se sarebbe piaciuto alle sue compagne ciò significava che si trattava di una qualche stupida frase romantica alla Romeo e Giulietta che di certo quella mattina non aveva voglia di sorbirsi. Chi invece sarebbe stato interessatissimo all’argomento era senza dubbio Suzaku, tuttavia l’aveva visto abbastanza irrequieto, non ricordava di averlo mai visto così dai tempi della Ribellione.

- “The heart wants what it wants – or else it does not care.” Il cuore vuole ciò che vuole, il resto non gli importa. Questo scrive la giovane e innamorata Emily Dickinson in una lettera subito dopo la partenza del suo amato. Una frase semplice quanto piena di significato. Qualcuno di voi se la sente di provare? - Una ragazza alzò la mano e il professore la invitò a parlare.

- Credo che forse faccia riferimento a quei casi in cui sai che quell’amore è impossibile ma comunque non riesci a capacitartene. Quegli amori che o per la distanza, o per questioni di rango sociale oppure anche se non sei corrisposto, non possono compiersi. In pratica sono amori destinati a rimanere platonici. In questo caso per esempio il giovane era partito e probabilmente non sarebbe mai più tornato... Nonostante questo però lei non avrebbe mai smesso di amarlo. E proprio perché “Il cuore vuole ciò che vuole” di tutti gli ostacoli il cuore non s’importa, il cuore ama e basta. - Shirley, la quale per tutta la lezione era stata particolarmente tranquilla, strinse le mani e guardò in direzione di Lelouch, percependo fin troppo il significato di quelle parole. Suzaku dal canto suo si limitò ad abbassare gli occhi mentre il compagno di banco, visibilmente annoiato, alzò gli occhi al cielo: altro che premio, quello era un castigo! Si guardò intorno e notò un Rivaltz sorridente ad occhi chiusi, probabilmente in quel momento stava pensando ad una biondina che conoscevano fin troppo bene; tutt’altra espressione era quella di Kallen che invece sembrava turbata e confusa. Voltò leggermente il capo e si soprese nel vedere il volto indifferente di C.C.: dopotutto era pur sempre una ragazza, possibile che nemmeno queste cose smuovessero un po’ il suo cuore?

- Esattamente Higurashi, questa frase risponde proprio alla logica che in amore si ascolta solo il proprio cuore, cuore che non conosce obiezioni e che prende il sopravvento persino sulla ragione. Ma quindi secondo voi, ed è proprio qui che volevo arrivare, questo ragionamento è giusto? E’ giusto fare di tutto per seguire egoisticamente il proprio cuore? O vi è un limite che persino per il cuore è insuperabile? Possiamo davvero giustificare con il cuore tutto il bene o il male che possiamo compiere per amo...

- Sì! Sì perché l’amore non può essere egoista! - Il professore sobbalzò leggermente dinnanzi all’improvvisa interruzione. - Sì perché ciò che si fa per amore non può mai essere male! L’amore è una cosa splendida, senza amore non avrebbe nemmeno senso vivere! - Continuò ad urlare la ragazza che abbassò la testa e strinse i pugni sul banco mentre cercava di contenere le lacrime. - L’amore è... Un sentimento splendido... Non può essere mai cattivo p-perché l-l’amore è... L’amore è per sua natura buono... N-non... - Prima che potesse finire la frase, la nuotatrice dai lunghi capelli arancioni corse via dall’aula, lasciando la classe in uno stato di shock. Qualche istante dopo suonò la campanella e i ragazzi furono liberi di andare.

- Che Shirley ti ami più di se stessa non c’è dubbio! Ma sul fatto che sia completamente normale invece qualche dubbio ce l’avrei! - Commentò Rivaltz appoggiando una mano sulla spalla di Lelouch che prontamente gliela tolse.

- Invece di parlare di queste stupidaggini... Suzaku, perché non ci dici cos’hai? È tutta la mattina che hai una faccia... - Il giapponese, troppo preso dai suoi pensieri, non sentì l’amico e si voltò invece in direzione del banco di C.C. che trovò vuoto. Rivaltz seguì il suo sguardo e, ignaro della verità dei fatti, sorrise maliziosamente e mise un braccio intorno al collo del castano.

- Hai capito il nostro Suzaku! E così la nuova arrivata ha attirato la tua attenzione! D’altronde come darti torto!

- Fra tutte proprio quella? Tsk. Mi domando cosa ne penserebbe la mia sorellina, la principessina Euphie...

- N-no! Vi state sbagliando! - Urlò Suzaku alzandosi rapidamente dalla sedia. - Lelouch sai bene che non potrei mai...

- Sì sì sì, lo so! - Lo fermò con un gesto della mano e gli occhi rivolti verso il cielo. - So bene che piuttosto che ferire Euphemia ti faresti amputare tutte e due le braccia, cosa mica da poco per un Cavaliere se posso aggiungere. - Il giovane in questione sospirò, felice di aver usurpato sul nascere simili dicerie.

- Lelouch non credi sia il caso di...

- Non cambiare argomento Suzaku. - Lo interruppe subito il principe. - Non ti ho mai visto distratto a lezione se non per le rare volte in cui hai bisticciato con mia sorella, eppure sono certo che fra te e Euphie vada tutto bene quindi dimmi, cos’è che ti turba tanto? - Guardò dritto negli occhi l’amico con una serietà tale da incutere autorità. Buffo come qualcuno che odiasse così fortemente il padre, nonostante gli occhi fossero innegabilmente quelli della madre, ne avesse ereditato le espressioni e persino lo sguardo. Lo sguardo era così duro e imponente che per un momento Suzaku sentì di essere tornato il bambino che vedeva l’Imperatore di Britannia come un gigante intoccabile; eppure, se osservati bene, quegli occhi ametista nascondevano un velo di gentilezza e dolcezza, quella dolcezza e gentilezza che erano invece stati un tempo costanti negli occhi azzurri di Nunnally, caratteristiche che, otto anni dopo lo sfortunato incidente, ancora non avevano abbandonato il cuore dell’ultima Principessa di Britannia. Tratti che a loro volta, in un lontano passato, erano appartenuti anche a Lelouch ma che Charles, con la sua autorità e la sua prepotenza, aveva lentamente cancellato.

- Non è nulla di che ragazzi, scusatemi! È solo che stamattina ho avuto una piccola discussione con mio padre e... - Sentì una mano sulla spalla e si voltò.

- Tranquillo amico, non c’è bisogno che tu aggiunga altro! - Gli disse Rivaltz mostrandogli un sorriso a trentadue denti.

- Qualsiasi cosa sia non farci caso. - Intervenne Lelouch alzandosi a sua volta. - Sono solo dei vecchi folli. - Suzaku annuì e, assicurandosi di aver nascosto in un angolo remoto del cervello la crescente preoccupazione che aveva fatto nascere in lui C.C., si diresse con gli amici alla mensa.

 

 

 

L’Ashford Academy era indubbiamente la miglior scuola superiore di tutto l’Impero di Britannia. Le strutture erano conformi alle leggi, altamente modernizzate, non vi era un solo fiore appassito né vi circolava un insetto in più di quello che non fosse necessario per il ciclo della natura stessa. La retta in un posto simile quindi non poteva che essere salata, salatissima essendo che funzionava proprio come un’università: essa era proporzionale al guadagno totale di ciascuna famiglia e, considerando il fatto che la maggior parte degli alunni se non tutti, salvo il caso delle borse di studio, erano figli di gente che poteva permettersi di possedere una macchina diversa per ogni giorno dell’anno, era inevitabile immaginare quanto potesse essere elevato il guadagno totale della scuola. Dunque, se l’Ashford Academy guadagnava davvero così tanti soldi, C.C. si chiese come fosse possibile che in un simile istituto la pizza servita alla mensa fosse di una qualità altamente scadente. Inizialmente aveva creduto fosse perché aveva scelto la pizza sbagliata - d’altronde i funghi non le erano mai piaciuti ma aveva erroneamente creduto che forse sulla pizza avrebbero potuto avere tutt’altro sapore - ma si rese ben presto conto che non era la farcitura ad essere sbagliata bensì la base stessa della pizza ad essere sgradevole. Non che fosse vomitevole, d’altronde nessuna pizza di per se avrebbe mai potuto esserlo. Non chiedeva nemmeno che fosse al livello di Pizza Hut, anche se di certo un simile fatto non le avrebbe dispiaciuto, ma che fosse allo stesso livello se non inferiore a quello di una pizza surgelata... Una simile cosa (e pizza) non poteva proprio mandarla giù! Si domandò se Pizza Hut avrebbe potuto farle uno sconto speciale; forse era il caso di rivolgersi direttamente al direttore per avere una specie di abbonamento personalizzato, dopotutto sicuramente circa il 50% dell’utile di Pizza Hut proveniva dalla sua insaziabile voglia di quella meravigliosa leccornia. Sconfortata spinse via il rimanente trancio di pizza, decisa ad andarsene per respirare un po’ d’aria fresca e godersi un po’ di solitudine.

- C.C.! - Probabilmente la solitudine avrebbe dovuto attendere. Alzò lo sguardo e incontrò il viso sorridente di Milly mentre dietro di lei Nina si limitò a farle un cenno con il capo, troppo timida per parlare. - Possiamo? - Vedendo C.C. annuire le ragazze presero posto. - Ah, vedo che il mio istinto ieri allora non ha sbagliato! - Non capendo a cosa facesse riferimento, la giovane si limitò ad alzare un sopracciglio. - La pizza! Allora è vero che sei una pizza-nomane! - C.C. strabuzzò gli occhi, chiedendosi perché non ci avesse pensato prima.

- Presidentessa, c’è una questione di assoluta importanza che merita di venir ascoltata! - Le disse C.C. più seria che mai.

- Dimmi, dimmi! Di che si tratta? - Rispose entusiasta la biondina.

- La pizza.

- Uh? La pizza?

- La pizza!

- La pizza nel senso… La pizza?

- Esattamente, la pizza! - L’altra compagna osservò in silenzio l’interazione e si chiese se Milly avesse finalmente trovato una persona all’altezza delle sue stranezze. - La pizza dell’Ashford Academy è...

- Deliziosa? - C.C. scosse con forza la testa e, assumendo lo sguardo più disperato che conoscesse, proseguì.

- Disgustosa! Presidentessa non possiamo permettere che il sapore della pizza venga così sminuito, l’Ashford Academy potrebbe avere una perdita di prestigio solo per questo! - Al lato destro della bionda, Nina si domandò se davvero la presidentessa si sarebbe occupata di una simile futile questione. Volevano davvero parlare di cose che non funzionavano alla Ashford? Potevano iniziare con i laboratori di scienze ad esempio, non ve ne erano a sufficienza! E non erano a prova di tutto ciò che sarebbe potuto accadere durante una sperimentazione! Alunni come lei, amanti della scienza e della tecnologia, dove avrebbero potuto dar vita a tutto il loro ingegno se non nell’istituto scolastico? Certamente la pizza non poteva essere un argomento di grande peso, dopotutto era solo pizza.

- Hai ragione! Pensa se venissero degli infiltrati per poter testare la scuola dall’interno e si ritrovassero un qualità scadente di pizza... Io, Milly Ashford, non lo posso permettere!

- Presidentessa! - Cercò di richiamarla la giovane Einstein, ormai invano.

- Presidentessa, si può sapere che hai in mente ora?

- Lelouch! Suzaku! Rivaltz! - Li salutò energicamente Milly. - Siete arrivati giusto in tempo! Sedete, sedete! - C.C., seppur fosse felice di essere riuscita ottenere così facilmente ciò che voleva, non poté evitare di lanciare un rapido sguardo ai ragazzi ed incontrando gli occhi verdi di Suzaku, per un instante sorrise maliziosa per poi tornare con gli occhi sulla biondina. Lo scambio di occhiate non passò inosservato a Lelouch il quale si domandò che strana connessione vi fosse mai tra quei due, troppo opposti per avere in comune persino l’aria che respiravano.

- C.C. ha messo in risalto un problema di grande importanza che fino ad ora nessuno di noi aveva toccato ma che credo sia giunto il momento di affrontare. La pizza!

- La pizza? - Chiesero all’unisono i ragazzi.

- La pizza. - Ribadì C.C.

- Perché non fate altro che parlare di pizza?

- Ah, Kallen! Eccoti qui finalmente! Ora mancano solo Nunnally e Sayoko e...

- Veramente noi siamo proprio dietro di te, presidentessa! - Si fece sentire la voce sottile e divertita della giovane principessa la cui carrozzina venne messa al fianco di C.C.; Lelouch, non comprendendo perché Sayoko avesse seduto la sorella così lontana da lui, fece per alzarsi ma una mano lo fermò.

- E’ stata la signorina Nunnally a chiedermi di potersi sedere di fianco alla nuova arrivata. A quanto pare desidera conoscerla un po’ di più. - Il giovane allora annuì seppur non riuscisse a capire cosa Nunnally potesse trovare di interessante in C.C.; in fondo però sapeva di non aver nulla di cui preoccuparsi: la ragazza dai lunghi capelli verdi non avrebbe mai fatto sentire la sua sorellina come una “ragazza speciale”, aveva chiarito sin da subito di odiare simili ipocrisie, ipocrisie dalle quali purtroppo Nunnally era costantemente circondata. Forse, finché si trattasse di fugaci momenti come questi, la compagnia di una persona sincera era proprio quello che le serviva.

- Bene! Ora che ci siete tutti... No, un momento! Dov’è Shirley?

- Non hai sabudo? - Le domandò Rivaltz intento a mangiare il suo panino con la salamella.

- Saputo cosa?

- Shirley ha avuto un momento emotivo in classe. - La informò Kallen mentre apriva la sua bottiglietta d’acqua. - Il professore ha fatto una domanda su cosa sia giusto o meno in amore e lei si è lasciata un po’ prendere.

- Un po’?! Un po’ tanto direi!

- Rivaltz... - Lo rimproverò Suzaku.

- Che c’è? E’ vero!

- Mmhh... Lelouch? - Il giovane, che fino a quel momento aveva intenzionalmente mantenuto il silenzio, si portò alle labbra un pezzo di sushi e assunse uno sguardo annoiato. – Non dovresti essere andato a cercarla? - Fece spallucce e, desideroso che la conversazione morisse senza che lui facesse alcun intervento, mangiò un altro boccone.

- Presidentessa, sai bene che rivolgersi a Lelouch per queste cose è inutile! - Fece notare Suzaku anche se il tono di rimprovero da lui utilizzato non passò inosservato da Lelouch che optò per fare finta di niente.

- Non sarebbe il caso che qualcuno la andasse a cercare? Probabilmente in questo momento ha bisogno di qualcuno che la conforti...

- Nunnally ha ragione! - Milly si alzò e, toccando contemporaneamente le spalle di Kallen e Nina, salutò i compagni. - Kallen, Nina voi venite con me!

- Eh? Ma io mi sono appena seduta! - Le proteste della rossa rimasero del tutto inudite dalla presidentessa che iniziò a tirarla dai polsi.

- Rimandiamo la questione all’incontro di questo pomeriggio! A più tardi! - C.C. si sentì felice di non essere stata scelta per seguire Milly; dopotutto lei, che da fin troppo tempo aveva conosciuto la crudeltà del mondo e il lato malvagio, sporco e sadico dell’amore, cosa avrebbe potuto dire a una ragazza come Shirley Fenette? Una ragazza che ancora credeva nelle fiabe e che era lei stessa protagonista di una di queste, di certo non sarebbe mai stata in grado di comprendere le sue parole.

- Ah, che sbadata! Non ho ancora finito il compito di letteratura! - La voce preoccupata di Nunnally risuonò per tutta la tavola. - Scusatemi ma devo andare! - Contemporaneamente a Sayoko si alzò anche C.C., decisa a gustarsi un po’ della sua adorata solitudine. - Anche tu hai un compito da finire? - La giovane scosse la testa.

- No, però stavo per andare a prendere una boccata d’aria fresca.

- Ah, allora la strada è pressappoco la stessa! - Riferì Sayoko, al che C.C. annuì e affiancò Nunnally.

- Ciao a tutti, ci vediamo questo pomeriggio! - C.C., a differenza di Nunnally, si limitò a salutare i ragazzi con un rapido quanto svogliato gesto della mano.

- A quanto pare è davvero una di poche parole! - Constatò Rivaltz vedendo le tre giovani uscire dalla mensa. Rimasero in silenzio per alcuni secondi finché Lelouch si alzò dal tavolo.

- Non starai andando a fumare spero!

- E invece speri male Suzaku perché è proprio quello che ho intenzione di fare. - Rispose, prendendo una sigaretta.

- Almeno poi valla a cercare Shirley! - Cercò di convincerlo il giapponese anche se sapeva bene che non l’avrebbe fatto. - Sono serio Lelouch, vai da lei! Ne ha bisogno! - Il ragazzo, ormai a pochi passi dall’uscita, rimase di spalle e si limitò ad annuire e a salutare gli amici con una mano.

- ...Io invece ho bisogno di non vederla. - Mormorò aprendo la porta e dirigendosi verso le scale.

 

 

 

C.C. aveva sempre creduto che ci fosse qualcosa che non andasse in lei e ora ne era più che certa: che differenza c’era fra prendere un po’ d’aria seduta su una panchina e prendere un po’ d’aria seduta in un angolino buio della terrazza della scuola? Forse un qualsiasi essere umano normale avrebbe preferito la panchina, eppure lei sin da subito si era sentita profondamente legata a quell’angolino buio che l’aveva ospitata durante la pausa pranzo del primo giorno di scuola. Ricordava ancora la dolce brezza estiva accarezzarle delicatamente le guance e farle svolazzare leggermente i capelli, ricordava ancora il profumo limpido dell’aria e il meraviglioso silenzio che l’aveva avvolta, cullandola come una madre amorevole fa con il proprio bambino. Chissà se anche oggi avrebbe rivisto quelle stesse nuvole che il giorno prima l’avevano ipnotizzata, facendole sperare per un istante che qualcosa o qualcuno potesse udirla, comprenderla e consolarla in silenzio. Salì l’ultimo gradino e sorrise in anticipo, felice di poter dedicarsi a se stessa per un momento della giornata. Aprì la porta scorrevole e inspirò tutta l’aria che i suoi polmoni potessero contenere: era piacevole, fresca, limpida. Alcuni istanti dopo tuttavia sbarrò gli occhi, avvertendo la presenza di un odore familiare quanto spiacevole: fumo. No, non poteva essere. Di certo, fra tutti i posti presenti all’Ashford Academy, sicuramente lei non avrebbe avuto la sfortuna di fare due volte lo stesso incontro... Vero?

- Che cosa ci fai qui? - Eppure avrebbe dovuto saperlo che lei era nata baciata dalla sfortuna. Mantenendo la sua postura e la sua solita espressione, la ragazza lanciò uno sguardo sulla sigaretta del compagno. Combo! A quanto pare aveva appena iniziato a fumare. Quando si dice di male in peggio...

- Che cosa ci fai tu qua? - Controbatté C.C. - La scuola è piena di posti dove fumare, non puoi andare da un’altra parte?

- E perché non vai via tu? Sono arrivato prima io.

- Sei proprio un bambino viziato.

- Veramente sei più viziata tu che credi di poter ottenere sempre quello che vuoi. - Ribadì, ricevendo un’occhiataccia alla quale semplicemente rispose con un ghigno: finalmente era riuscita a zittirla. Anche se la gloria gli durò poco.

- Lo sai che la tua fidanzatina ti sta cercando disperatamente? L’ho incrociata proprio salendo qui. - Le parole di C.C. bloccarono il giovane. - Mi ha chiesto se per caso sapessi dove fosse il suo adorato Lelouch e le ho risposto di no perché ovviamente non lo sapevo. Pensa che stava per salire con me ma le ho assicurato che qui non potevi essere perché ci ero appena stata io e che ero scesa solo per un andare un attimo in bagno. - Sedendosi nello stesso angolino buio del giorno prima, la ragazza appoggiò il capo all’indietro e chiuse gli occhi, assaporando il silenzio che sarebbe seguito da lì a poco. - Non ci metto niente a scendere e dirle che mi ero sbagliata. - Lelouch strinse i pugni e digrignò i denti ma non si rese conto di aver esercitato troppa pressione sulla sigaretta che, a causa del suo morso, si spezzò.

- Dannazione!

- Tu guarda, il karma. - Sogghignò a voce bassa C.C. ma non bassa abbastanza da non venir udita.

- Taci! - Ringhiò lui, chiedendosi se fosse il caso di accendere un’altra sigaretta: se ne avesse acceso un’altra C.C. sarebbe sicuramente scesa ad avvisare Shirley, ma se fosse sceso per andare a fumare da un’altra parte Shirley l’avrebbe sicuramente trovato. In ogni caso ne usciva perdente, era incastrato in un vicolo cieco.

- Se fumo qui chiamerai Shirley, se scendo è sicuro come l’oro che me la trovo davanti. Non è uno scambio equivalente.

- Non ho detto che te ne devi andare, ti ho chiesto solo di non fumare.

- Uh? - Vide la ragazza aprire gli occhi e guardare intensamente il cielo.

- Sei lento quanto Romeo. - Constatò, abbassando il capo e guardando negli occhi Lelouch prima di richiuderli qualche istante dopo. - Ho detto che puoi nasconderti qui dalla tua Giulietta, non mi fa alcuna differenza che tu ci sia o no. Solo non fumare, io detesto il fumo, specie quello della marca che compri tu. - Convenendo che il fatto di dover trascorrere insieme a C.C. i restanti quindici minuti della pausa pranzo fosse comunque una tortura minore rispetto a quella di doversi sorbire gli stupidi e noiosi discorsi di Shirley sulla loro relazione, Lelouch sospirò e alzò lo sguardo verso il cielo. Alcuni istanti dopo sentì il respiro della giovane farsi più stabili e profondi e si voltò nella sua direzione: due lunghe ciocche lisce ne contornavano il viso e adornavano la divisa risaltandone i colori mentre il verde dei suoi capelli si stagliava sul bianco perla della sua pelle; le labbra erano di un rosa chiaro ma pallido e a differenza di Shirley che aveva sempre il rossetto o il gloss, C.C. sembrava non essere una grande fanatica del trucco di cui ne aveva pochissime dosi sugli occhi. Per la prima volta in due giorni riusciva a vedere un’espressione diversa dalla sua costante maschera d’indifferenza: la pace. Non era sicuro se si fosse addormentata o se semplicemente si fosse lasciata andare, l’unica cosa di cui era certo era che in quel momento C.C. era serena, libera da quella maschera opprimente con cui l’aveva conosciuta. Chiunque l’avesse vista in quello stato avrebbe potuto pensare che la compagna fosse una dolce ed innocente ragazza e non la C.C. scaltra, maliziosa e manipolatrice che si era mostrata sino a quel momento. Era bianca come la neve, eppure piuttosto che la principessa delle fiabe, C.C. sembrava più una strega che una damigella in difficoltà: ma era una strega buona, la cui pelle bianca come la neve sembrava un invito ad assaggiarla e le cui mani sembravano nascondere il tocco magico della felicità eterna. Curioso, si avvicinò piano e ad alcuni metri da lei si abbassò su un ginocchio: c’era qualcosa di magico, uno strano incantesimo, una maledizione che tuttavia sapeva di benedizione. Sorrise, chiedendosi come potesse un simile viso nascondere due personalità così opposte e contrastanti. Era davvero un peccato, anzi, un vero spreco il fatto che non appena C.C. avesse aperto gli occhi, quella dolce creatura sarebbe svanita e al suo posto sarebbe apparsa una strega nera antipatica ed insofferente ad ogni cosa. Si alzò e dirigendosi verso il centro della terrazza, sospirò chiedendosi perché, proprio in quel preciso momento, gli fosse venuta in mente una simile frase.

 

“The heart wants what it wants – or else it does not care”

 

 

 

••.• ́ ̄`.••••. ́ ̄`.••••. ́ ̄`.••••. ́ ̄`.••••. ́ ̄`.••••. ́ ̄`.••••.• ́ ̄`.••••. ́ ̄`.••••. ́ ̄`.••

 

 

 

ABBASSATE QUEI FORCONI. Su su da bravi, mettete via tutte le armi che avevate appositamente preparato per il mio ritorno e, prima di crocefiggermi, udite il mio lato della storia ^_^”

Innanzitutto vi domando IMMENSAMENTE PERDONO per l’inammissibile ritardo. Lo so che avevo promesso di aggiornare almeno una volta al mese ma purtroppo c’è stato un grave problema che non mi ha concesso di postare nulla e, non appena ve lo avrò spiegato, credo potrete capirmi e non vorrete più uccidermi (o almeno lo spero D:). Come vi avevo anticipato a novembre, molti dei capitoli che sarebbero venuti dopo (quindi questo ed i prossimi) erano già pronti come “bozze”, avevo bisogno di lavorarci su certo ma mal che bene la base c’era. E’ successo però che la mia memoria esterna, quella da 1TB dove tengo TUTTA la mia roba perché sennò sul PC occupano troppo spazio, si è rotta. Sì, proprio come lo leggete: si è rotta, ergo, ho perso tutto. TUTTO. Oltre al fatto che ho perso un sacco di foto e video a cui ero sentimentalmente legata, ho perso anche delle fan fiction che non avevo ancora copiato sul PC e fra queste le bozze dei capitoli che avevo scritto. Ora, sebbene sia vero che la storia io ce l’ho nella mia testa, vi prego di capire che molte volte non è solo pensare “Shirley fa la scenata” per poter scrivere una scena: lavorare su ogni singola frase richiede un certo impegno, specie perché, se non si fosse notato, io sono una che ci tiene moltissimo alle parole, alla musicalità dell’insieme, ai toni e a che tutto avvenga con un certo crescendo per poi poter raggiungere il climax in determinate parti. Va anche detto che ci sono espressioni particolari che amo moltissimo e che mi nascono sul momento, espressioni che però non mi rimangono impresse nella memoria, quindi seppur io sappia che di base in quel momento “Marianne capirà che i suoi figli sono tutto nella sua vita” fino a che non ritroverò l’esatta frase che usai la prima volta che mi diede la giusta soddisfazione o addirittura una migliore, di certo non potrò pubblicare nulla perché sarebbe un lavoro vuoto, senza sentimento. Al contrario, io ci metto tutta me stessa, metto il mio sangue e la mia anima nelle mie fan fiction proprio perché, nonostante vi sia uno schermo di mezzo, il mio scopo finale è quello di raggiungere i vostri cuori e farvi sentire felici, ridere e farvi incavolare nei diversi momenti della storia e sapere che per il tempo che mi avete dedicato, vi ho dipinto un tiepido sorriso sulle labbra. (:

Bene, ora se nonostante tutto questo volete uccidermi... Fatelo prima del 18 che ho un esame da fare, almeno avrò una scusa valida per non presentarmi! ToT Passando ad altro invece, vorrei ringraziare di cuore Eris_Elly, AliceBaskerville, nye e Pizeta che come sempre sono così gentili da recensire ogni capitolo. Grazie di cuore ragazzi, sappiate che se mi smeno tantissimo con questa storia è soprattutto per voi che siete più fedeli di un qualsiasi fidanzato! *-* Inoltre vorrei ringraziare anche la gentilissima lagunablu: benvenuta a bordo di questa avventura! *^* Spero che anche tu rimarrai con me fino alla fine e che amerai/odierai tutte le peripezie che dovranno attraversare i nostri protagonisti, dopotutto il bello deve ancora venire! :P

Che altro dire? Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto, l’ho fatto più lungo del solito un po’ anche per rimediare al fatto che per due mesi sono stata via. Anche in questa occasione sono entrata nell’intimità dei coniugi imperiali con l’intenzione di vedere aldilà delle maschere, dopotutto nell’anime Charles e Marianne hanno avuto delle brevi ma significative apparizioni, inoltre non sempre sono stati quei “folli senza cuore” che Lelouch ha conosciuto, anzi, credo che proprio il loro folle quanto discutibile desiderio sia stato dettato dal loro voler poter stare insieme per sempre. Fra l’altro sono veramente convinta che Marianne sia l’unico vero amore della vita di Charles, altresì perché mai V.V. è stato geloso di lei a tal punto da volerla uccidere? Charles ha avuto più di cinque consorti imperiali, possibile che se la sia presa solo con l’ultima? Eh no eh, no può essere una coincidenza! ù_u Per quanto riguarda Suzaku... Sarò cattiva e vi lascio a mordervi le mani! *v* Volate con l’immaginazione amici miei, volaaate (il tono vuole essere quello del gargoyle del Gobbo di Notre Dame che dice ai piccioni di volare sui soldati che tentano di entrare nella cattedrale)!

ESAMI PERMETTENDO, dovrei riuscire a tornare molto presto (prima di quanto vi aspettiate!) così da poter compensare la mia mancanza di dicembre e gennaio. Solo non aspettatevi nulla prima del 18 perché devo dare uno degli esami più brutti e antipatici dell’anno! ç_ç

Allora io mi dileguo bella people, lasciatemi nelle recensioni le vostre opinioni su questo capitolo, anche le vostre aspettative se vi va così come anche le vostre non-aspettative, udirvi può anche essermi d’aiuto per effettuare delle scelte ancora in sospeso.

A presto bomboncitos! :-*

xoxo,

 

Prinny*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1666949