But, above all, childish and irritating.

di theperksofbeinglawliet
(/viewuser.php?uid=306952)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nome nuovo, vita nuova ***
Capitolo 2: *** La nuova recluta ***
Capitolo 3: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 4: *** Divertimento ***
Capitolo 5: *** Intrusione ***
Capitolo 6: *** Brutta giornata ***
Capitolo 7: *** In infermeria ***
Capitolo 8: *** Delusione ***
Capitolo 9: *** Rivelazioni ***
Capitolo 10: *** Test ***
Capitolo 11: *** Confessioni ***
Capitolo 12: *** Tabellone ***



Capitolo 1
*** Nome nuovo, vita nuova ***


PROLOGO
 

Da due anni non sono più Kay Pierce.
Avevo una normale vita da bambina e dei genitori che mi volevano bene, quando lo ero.
Avevo otto anni quando accadde quella cosa.
Non amo molto parlare di quel periodo della mia vita, vi basti sapere che un giorno un signore sulla cinquantina, vestito completamente di nero e con in mano una valigetta anch’essa nera, mi disse che i miei genitori erano morti e che mi avrebbe portato in un posto per bambini “speciali” dove qualcuno si sarebbe preso cura di me. So che può sembrare stupido accettare di andare in un qualsiasi posto con un uomo vestito completamente di nero.. Non so come spiegarvelo, ma sapevo che quell’uomo non era malvagio, c’era qualcosa in lui che mi ispirava fiducia e il mio istinto mi diceva di seguirlo. E il mio istinto aveva sempre avuto ragione per ora.
Questo posto era la Wammy’s House ed è tutt’ora la mia casa.
Durante il viaggio il “signore in nero”, come avevo iniziato a chiamarlo, mi disse che la Wammy’s House era un orfanotrofio per bambini e ragazzi con straordinarie doti intellettive.
Ricordo che, quando arrivammo, la fitta nebbia aveva impedito ai miei occhi di vedere l’intero edificio, ma, per quello che riuscii a vedere, ebbi la conferma di non trovarmi in un orfanotrofio qualunque come aveva detto il “signore in nero”.
Il “signore in nero”aprì il cancello nero e, solo quando se lo chiuse dietro di sé, mi resi veramente conto che da quel momento la mia vita avrebbe preso un corso del tutto differente.
Da allora sono un’altra persona.
Il “signore in nero” mi guidò attraverso il giardino seguendo un piccolo sentiero sterrato che portava alla porta d’ingresso dell’orfanotrofio. L’edificio era strutturato su due piani e da una prima occhiata potevo ipotizzare che fosse stato costruito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Man mano che mi avvicinavo ad esso riuscivo a scorgere dettagli che non ero riuscita a cogliere a causa della nebbia, come le persiane color verde scuro e le pesanti tende beige che non lasciavano intravedere nulla all’interno dell’edificio.
Quando entrai, rimasi incantata per alcuni secondi ad ammirare l’arredamento dell’orfanotrofio.
Pannelli di legno decorato da disegni verdi ed oro decoravano le pareti, gli arredi ottocenteschi erano mantenuti splendidamente, tanto da sembrare nuovi di zecca, il pavimento interamente in legno scricchiolava leggermente ai nostri passi. E poi il lampadario. Era tutto in vetro soffiato, aveva almeno un centinaio di gocce di cristallo che riflettevano i colori della sala e che dondolavano leggermente producendo un flebile e dolce tintinnio.
Ma la cosa che più mi stupii fu che non c’era un filo di polvere. Come si faceva a mantenere così pulito un posto così grande?
I miei pensieri furono interrotti dall’arrivo di un signore che si presentò come Roger che congedò il “signore in nero” e mi fece accomodare nel suo ufficio. Una volta seduti mi fece un sacco di domande. Sospettai che sapesse già tutte le risposte e che fosse solo un modo per vedere se gli avessi detto la verità. Risposi a tutte le domande sinceramente anche se odiavo non poterne fare a mia volta e, credetemi, ne avevo un bel po’.
Poi mi raccontò di come un brav’uomo avesse deciso di costruire degli orfanotrofi “speciali” per bambini estremamente intelligenti che sarebbero stati sottoposti ad un personale metodo educativo per sviluppare le loro capacità con lo scopo di indirizzarli in diversi campi del sapere in base alle inclinazioni di ciascuno. In seguito mi fece visitare l’intero istituto, mentre intanto mi spiegava brevemente cosa prevedeva questo “personale metodo educativo”.
- Bene, d’ora in poi non sarai più Kay Pierce. Dovrai usare un altro nome per salvaguardare la tua sicurezza. Quale scegli? - mi chiese Roger una volta tornati nel suo studio.
Può sembrarvi strano, ma mi aspettavo una richiesta del genere. Nulla in quel posto, da quando il “signore in nero” aveva fatto la sua comparsa, mi portava a pensare che il misterioso uomo mi stesse mentendo e che mi avrebbe portato in un orfanotrofio normale, in cui i bambini si svegliavano con la speranza che qualcuno venisse a prenderli o con il conto alla rovescia dei giorni che restava loro da vivere in quel postaccio. No, questo posto era diverso. Qui non c’è mai stato spazio per i giochi e per le false speranze.
Dovevo crescere in fretta se volevo puntare alla vetta.
- Taylor. Il mio nome sarà Taylor. -

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La nuova recluta ***



Wammy’s House di Londra, novembre 1992

 
Mi dirigo verso la biblioteca in cerca di un posto tranquillo per avere un po’ di tregua dai bambini più piccoli che, da tempo ormai, sono soliti sottopormi gli indovinelli ed i giochi che non riescono a risolvere.
Non mi hanno mai dato alcun fastidio, anzi mi tengono compagnia con i loro sorrisi, i loro giochi, le loro risate e la loro insaziabile curiosità. Oggi però ho davvero un gran bisogno di riposare prima di cena, visto che è stata una giornata molto pesante, senza dovermi occupare di loro.
Mi richiudo la massiccia porta di legno della biblioteca alle spalle e mi guardo intorno. Sembra che non ci sia nessuno. Sospiro.
Attraverso tutta la sala fino ad arrivare alla mia piccola oasi di pace e tranquillità: una poltrona rossa e morbidissima, accanto al caminetto acceso, situata nel salottino adiacente alla biblioteca. Sprofondo nella poltrona, sorridendo e prendendo una copia di “Dove finisce l’arcobaleno” di Wilbur Smith che avevo adocchiato il giorno prima.
Neanche il tempo di finire un capitolo che una bambina sbuca all’improvviso da dietro la mia poltrona, facendomi sobbalzare.
- C-ciao... scusa se ti disturbo... - sussurra la bambina, probabilmente di sei anni, sfiorandomi leggermente la spalla per attirare la mia attenzione.
- Ciao, piccola. Tranquilla, non mi disturbi. Vieni, siediti qui vicino a me. – le dico sorridente, facendole un po’ di spazio sulla poltrona. – Sei Christine, vero? –
- Sì, Christine... – rispose la bambina, nascondendo qualcosa dietro la schiena.
- Christine, cosa posso fare per te? – le chiedo, posando il mio libro sul tavolino lì accanto.
- Lo so che ti stavi riposando e che probabilmente sei molto stanca, m-ma non riesco proprio a risolvere questo gioco che mi ha dato Roger e m-mi chiedevo se tu potessi aiutarmi.. – risponde lei, mostrandomi il suo giocattolo.
- Certo! Guarda prima fai così... Sposti questo a destra... Poi tre volte a sinistra... Ed infine lo giri su stesso due volte e... Fatto! Ecco a te! –
- Wow lo hai risolto in pochi secondi, mentre io ho pensato a come risolverlo per tutto il giorno! Sei proprio la numero 1! Grazie mille, Taylor! – esclama Christine, saltellando sul posto e riprendendosi il suo gioco.
- Ma figurati! Adesso è meglio se vai a consegnarlo a Roger, altrimenti non farai in tempo per la cena! – le consiglio, scompigliandole i capelli. Christine annuisce e scappa via veloce come era arrivata.
Sorrido, immaginando Christine intenta a spiegare a Roger come risolvere il gioco.
Mi alzo dalla poltrona di malavoglia, prendendo il libro e mi dirigo anch’io verso la sala comune per la cena. Sto per girare nel corridoio che mi avrebbe portato alla sala, quando qualcosa, o meglio, qualcuno entra nello studio di Roger, attraendo la mia attenzione. E’ l’uomo che quando ero piccola chiamavo il “signore in nero” e che in seguito scoprii che si trattava di Watari.
Ma non è lui che ha attirato la mia attenzione, ma piuttosto il ragazzo che è con lui. Purtroppo un gruppo di bambini mi spinge dentro la sala comune prima che possa vedere chi diavolo sia quell’individuo. Mi metto in fila per prendere la mia cena, cercando di non pensare allo strano tizio che avevo appena visto.
Mi siedo con il mio vassoio al solito tavolo nell’angolo vicino alla finestra da cui ho un’ottima visuale di tutta la sala e, come al solito, nessuno si siede vicino a me. E’ sempre stato così da quando sono diventata la numero uno.
La Wammy’s House ospitava ben poche ragazze, si potevano contare su una mano  e, quasi sempre, non erano all’altezza dei loro colleghi maschi. Fino a quando non arrivai io e spodestai il numero uno di allora che era Ned.
Ned era più grande di me, ma quando venne a sapere che l’avevo superato, non si comportò in modo molto maturo. Cominciò ad insultarmi ed ad isolarmi finché non rimasi sola. Tutt’ora le uniche persone che mi parlano sono i bambini, che non fanno caso a lui e che spesso corrono da me quando qualcuno dei più grandi fa il gradasso con loro. Oltre a loro c’è Nathalie, l’unica mia vera amica. Tra gli altri invece c’è chi non mi rivolge la parola perché mi temono (forse Ned ha sparso la voce di una cannibale di nome Taylor che si aggira nella Wammy’s House), chi perché è soggiogato da Ned, altri perché sono invidiosi ed altri ancora che, anche se mi rispettano o che comunque non mi odiano, non mi si avvicinano perché hanno paura della reazione del bullo.
Anche se Ned ha fatto di tutto per farmi sentire un’esclusa, un’emarginata, io sono decisa a non farmi mettere i piedi in testa da lui. Nessuno mi parla? E allora? Mi piace stare da sola e ho sempre creduto nel proverbio “meglio soli che male accompagnati”.
Ad un tratto la porta della sala comune si apre, distogliendomi dai miei pensieri.
E’ Roger e di fianco a lui c’è il ragazzo che avevo visto poco prima.
Sulla sala cala il silenzio.
- Buonasera, ragazzi e ragazze. Come vedete è appena arrivata una nuova recluta! - esclama Roger entusiasta, dopodiché invita il nuovo arrivato a presentarsi.
- Salve, il mio nome è L. –

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Faccia a faccia ***





- Ciao L – salutano tutti in coro tranne me; ho sempre trovato imbarazzanti queste scenate alla club degli alcolisti anonimi.
Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante Roger, prima di uscire dalla sala comune, invita L a sedersi e si congeda.
L si guarda intorno cercando un posto libero, fino a quando il suo sguardo incrocia il mio ed inizia a camminare verso il mio tavolo senza smettere di fissarmi.
Forse pensa di fare una buona azione sedendosi con l’unica ragazza sola, ma non è affatto così. Se sono sola ci sarà un motivo.
Mentre si avvicina ho il tempo di osservarlo e noto che cammina un po’ curvato in avanti ed indossa una semplice maglia bianca a maniche lunghe e dei jeans.
La sala continua ad essere immersa nel silenzio, l’unico suono è il rumore dei passi di L... Aspettate un attimo! I suoi passi dovrebbero fare rumore ma... Guardo i suoi piedi e... Non ha le scarpe! Ma che diavolo...
- Salve, il mio nome è L. – ripete, sedendosi proprio davanti a me e portandosi le gambe al petto.
- Lo hai già detto prima. - gli faccio notare infastidita dal suo sguardo penetrante.
- Non mi hai detto il tuo nome. – ribatte, inclinando la testa leggermente di lato.
- Non me lo hai chiesto. – sbuffo. So di sembrare abbastanza infantile. Gli sconosciuti mi hanno sempre messa a disagio, quindi reagisco rispondendo freddamente, sperando che prima o poi si sarebbe stufato e se ne sarebbe andato.
- Quando una persona si presenta dovrebbe venire automatico per l’altra fare altrettanto. – insiste lui.
E’ abbastanza infantile pure lui. O forse odia anche lui non avere l’ultima parola. Interessante.
- Il mio nome non è una cosa che rivelo alla prima persona che capita. –
- Puoi dirmi il tuo nome falso. –
- Potrei non volerti dire neanche quello. –
- Mm.. beh allora tirerò ad indovinare, se ti va. – propone, mettendo un bel po’ di zollette di zucchero nel suo the.
- E come pensi di indovinare esattamente? – gli chiedo, sorseggiando il mio caffè.
- Ho visto la classifica appesa al muro del corridoio.. c’è una certa Taylor al primo posto.. – ho perso il conto delle zollette di zucchero che ha messo nella sua bevanda.
- E allora? Ci sono altre ragazze oltre a me. Taylor potrebbe essere una di loro. –
- Tu sei la più grande, quindi c’è una probabilità del 10 % che tu sia Taylor. –
- 10 %? Non dovrebbe essere più alta se sono la più grande? –
Sorride. – Non ho finito. – dice, sorseggiando lentamente il suo the decisamente troppo zuccherato. –Inoltre, da come quel ragazzo robusto dai capelli rossicci a due tavoli a destra da noi ti guarda, posso ipotizzare che lui fosse il numero uno prima che arrivassi tu. - afferma dopo una lunga pausa. – Quindi la probabilità sale al 60 %. - conclud, posando la tazza sul tavolo per aggiungere altro zucchero.
Mi giro verso Ned, il suo sguardo è carico di disprezzo, ma anche di risentimento.
Sono impressionata dalla sua capacità di deduzione, ma sono disposta a rendergli il lavoro difficile.
- Interessante, davvero molto interessante L. Però ho una domanda: hai qualcosa che non sia una tua supposizione che dimostri ciò che ipotizzi? Hai qualche prova? – gli chiedo, alzandomi dal tavolo per posare il mio vassoio con un ghigno.
- E ora dove vai? – mi chiede, scrutandomi con i suoi occhi nerissimi, messi in risalto dalle profondissime occhiaie.
- Ci vediamo quando avrai delle prove concrete. – gli rispondo con lo stesso ghigno di prima, andando in camera.
 

Dopo essermi fatta una doccia, mi corico sul mio letto, quello in fondo vicino alla finestra, e finalmente mi metto a leggere “Dove finisce l’arcobaleno”.
Riesco a leggere per una mezz’ora, poi le altre bambine e ragazze fanno la loro entrata nella nostra camera ed iniziano ad tempestarmi di domande sul nuovo arrivato.
- Che tipo è? – mi chiede Nathalie, ammiccando.
- Mangerete sempre insieme d’ora in poi? – mi chiede Christine, saltellando, facendo rimbalzare i suoi boccoli d’oro.
- Siete fidanzati? – mi chiede Heather, la ragazza più ambita dai ragazzi dell’orfanotrofio. Ha lunghi,  neri e lisci capelli con una frangia che le copre la fronte quasi fino a coprirle le sopracciglia, lunghe ciglia nerissime danno risalto ai suoi occhi color ghiaccio.
- Vi conoscevate già? –
- Quanti anni ha? –
- Da dove viene? –
- State progettando la vostra fuga d’amore? –
- Stop! – urlo, prolungando l'unica vocale della parola, per mettere fine all’interrogatorio.
- Bene, allora mi sembra un tipo molto intelligente, ma non so quanti anni abbia o da dove venga e non ci conoscevamo già. Ma soprattutto.. NON SIAMO FIDANZATI E NON SCAPPEREMO INSIEME, okay? – rispondo pronunciando lentamente le parole per fargliele imprimere bene nella testa.
- Ma non hai risposto alla mia domanda.. – dichiara Christine tenendo lo sguardo basso, temendo di essere rimproverata.
- Beh.. non lo so se mangeremo sempre insieme, Christine. Penso che si sia seduto di fronte a me oggi solo perché era il posto libero più vicino. – le rispondo, anche se non credevo veramente che si fosse seduto vicino a me solo per quello.
- Lo sai che se ne è andato senza dire una parola a nessuno subito dopo che te ne sei andata tu? – ammicca Heather con tanto di sguardo allusivo.
- E con questo? Magari è andato nella sua camera a disfare i suoi bagagli visto che è appena arrivato. – ribatto alzando gli occhi al cielo.
- So anche in che camera è. – ridacchia Heather – Vuoi sapere quale? –
- Qualcuno prima o poi chiederà un’ordinanza restrittiva nei tuoi confronti, Heather. E comunque no, non mi interessa. -
- Beh, te lo dico lo stesso. E’ nella stanza numero due. Quella dove c’è Ned.
Oh, merda.
La capacità di L di far innervosire le persone non gli sarebbe stata d’aiuto, soprattutto se faceva innervosire un tipo come Ned, pronto a scattare alla prima provocazione.
- Comunque prima con “mi sembra un tipo molto intelligente” intendevi dire che è più intelligente di te? – mi chiede Nathalie, cambiando discorso. Avrei dovuto ringraziarla dopo.
Ritorno per un momento indietro alla nostra conversazione di prima. – Sì. Diciamo che c’è una probabilità del 50 % che diventi il prossimo numero uno. -





Spazio Autrice
Hola lettori! Mi spiace non avervi scritto negli altri capitoli, ma ultimamente sono piena di studio tra PET ed interrogazioni varie. Perdonatemi! :'(
Allora cosa ne pensate di questo capitolo? Come vi è sembrato il primo incontro tra Taylor e L? Cosa ne pensate della protagonista? Idee, teorie, critiche?
Io sono qui sempre a vostra disposizione!
Ps: voglio ringraziare tutte le persone che leggono e recensiscono questa storia con un enorme GRAZIE. Vi amo.
In particolar modo vorrei ringraziare ShinigamiGirl per i suoi preziosi e speciali consigli.
Ci si vede al prossimo capitolo se vorrete!
A presto!
theperksofbeinglawliet

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Divertimento ***




Oggi è sabato, il nostro giorno libero, quindi ci è permesso svegliarci un po’ più tardi del solito (basta essere svegli prima dell’ora di pranzo).
Ieri sera non avevo pianificato nulla di particolare per oggi, dunque per ora la mia giornata prevede dormire il più possibile.
Purtroppo però qualcuno ha deciso di interferire nei miei piani.
Stavo dormendo beatamente nel mio letto, quando ad un tratto qualcuno mi scrolla per le spalle. – Taylor! Taylor, svegliati! – mi sento urlare nell’orecchio.
- Nooo ancora dieci minuti! – supplico mettendomi il cuscino sulla testa.
- Dai, Taylor! E’ importante! – sbuffa Nathalie scostando le tende per far entrare la luce.
- Sono importanti anche le mie normali dodici ore di sonno del sabato mattina. E sai quanto io sia abitudinaria. – sbotto tirando il cuscino addosso a Nathalie.
- Va bene, poi non venirmi a dire che non ti ho avvertita... – afferma allontanandosi impettita dal mio letto.
- Uff... E va bene! Mi alzo! – impreco. – Se mi hai fatto alzare per una cazzata, le prendi. – l’avverto stropicciandomi gli occhi.
Sorride. – Sbrigati, altrimenti ti perdi tutto il divertimento. –
 
Dieci minuti dopo sono pronta ad affrontare questo “divertimento” di cui tanto parlava Nathalie e a dirne quattro a chiunque sia stato ad avermi fatta svegliare così presto nel mio giorno di riposo.
Secondo Nathalie è successo qualcosa nella camera numero due, quella in cui dormono Ned e L.
Quando io e Nathalie arriviamo davanti alla stanza, c’è già una discreta folla ad assistere al “divertimento”. Mi faccio largo tra la folla con spintoni e gomitate per vedere cosa diavolo è successo.
Sì, mi sono svegliata con il piede sbagliato oggi.
Rettifico, mi hanno svegliato.
Entro nella stanza e rimango sbalordita e, devo ammetterlo, anche un po’ divertita dalla scena a cui sto assistendo.
Ned si prepara a tirare un gancio destro a L, ma quest’ultimo lo schiva e gli rifila una ginocchiata nello stomaco.
E’ sempre divertente vedere qualcuno venir preso a pugni, quando si tratta di una persona che hai sempre desiderato pestare per bene.
Purtroppo per lui però questo non sembra il primo colpo che incassa dal nuovo arrivato.
Questo L riesce a stupirmi ogni giorno di più. Ed è arrivato solo ieri, cacchio.
I movimenti di Ned sono sempre più lenti, deboli e prevedibili.
In questo momento non penso alle cose meschine che mi aveva fatto Ned in passato.
So che la cosa deve finire, subito.
- Ehi! Basta, è arrivata la mamma a mettere i bimbi in punizione! – urlo avvicinandomi ai due con le mani sui fianchi, provocando le risate di alcuni spettatori.
- Che cazzo vuoi, stronzetta? – mi urla di rimando Ned, passando dal bianco pallido della sua pelle al rosso dalla rabbia.
- Ehi, un po’ di rispetto per chi ti sta per salvare il culo. –
- Non ho bisogno del tuo aiuto. – sputa lui asciugandosi il sudore dalla fronte.
Niente da fare. Non si può ragionare con lui.
Mi volto verso L. – Che diavolo è successo qui? – gli chiedo incrociando le braccia al petto.
-Mi ha provocato! Io gli ho detto solo che farebbe bene a stare lontano da una  bastarda come te, se ci tiene ad avere una vita tranquilla qui alla Wammy’s House. E lui sai cosa mi ha detto? Che una vita tranquilla è noiosa! Ma che razza di risposta è questa?! – mi risponde Ned diventando ancora più rosso.
Il rossore sulle sue guance si sta espandendo pericolosamente in tutto il viso, intonandosi così ai suoi capelli del medesimo colore.
Forse avrei dovuto lasciare che L gliene suonasse ancora per un po’. – Beh, sono d’accordo. – confermo sorridendo, facendo così aumentare vertiginosamente il rossore sulle guance di Ned.
Ogni volta che arrossisce per la rabbia penso che stia per esplodere, ma ogni volta riusce a farmi ricredere, diventando ancora più rosso.
- Tu.. – inizia a dire lui puntandomi un dito contro.
- Tu sei in punizione, giovanotto! – continua al suo posto Roger, che avrebbe potuto contendere pienamente con Ned per chi dei due fosse più rosso, facendosi largo tra la folla. Tutto ciò mentre la mia mente vaga, immaginando Ned e Roger contendersi in un concorso a premi su chi riesce a diventare più rosso prima di esplodere. O magari avrei potuto creare un circolo di scommesse su questo.
Ho decisamente bisogno di un caffè.
- Non finisce qui! – mi minaccia, digrignando i denti, prima di essere trascinato via da Roger, facendomi tornare con la testa sul pianeta Terra.
- Allora L... – mi volto verso il posto dove era poco prima. – Ma che diavolo... – mi giro verso la folla. – Dove caspita è finito ora? – sospiro esasperata alzando gli occhi al cielo.
 
 
- Cosa vuol dire che non posso tornare a dormire? – sbuffo dirigendomi, a mio malgrado, verso il giardino con Nathalie.
- Sono le undici, tra poco serviranno il pranzo. Quindi, se non vuoi perderti il tuo amato caffè con il resto del pasto, non puoi andare a dormire. – risponde lei risoluta.
- Beh, in questo momento, l’unica cosa di cui ho bisogno è un caffè. – affermo sbadigliando. – Piuttosto tu non dovresti starmi lontana? Sai Ned potrebbe iniziare ad isolare anche te. – ridacchio.
- Ned è in punizione, quindi per ora non c’è pericolo. E poi non mi interessa di quello che potrebbe farmi, non ti lascio sola perché tu sei mia amica. – afferma mettendomi una mano sulla spalla.
- Wow, che discorso toccante... Quasi mi commuovo, davvero. – le dico fingendo di asciugarmi le lacrime.
- Eddai! Sono seria! –
- Sì, beh... Non sederti comunque vicino a me a pranzo. Non voglio che uno degli scagnozzi di Ned facesse la spia e.. –
- Sì sì certo... Mi stai chiedendo di non sedermi vicino a te solo perché vuoi stare da sola con L.. – mi interrompe lei, ammiccando.
- Ma chi sei? Heather? Dov’è finita la vera Nathalie? – la stuzzico io di rimando facendole il solletico.
Ridiamo e scherziamo fino a quando il campanile della chiesa accanto all’orfanotrofio rintocca le 12 in punto. A quel punto ci dividiamo: lei con Heather e alcuni altri ragazzi e io da sola al mio solito posto.
L non si fa vedere.
Che fosse stato messo in punizione pure lui? Improbabile visto che è nuovo di qui e solitamente i novellini vengono risparmiati dalle punizioni nei primi giorni con la scusa del “devono ancora ambientarsi”.
Mentre mangio penso a cosa potrei fare nel pomeriggio.
La mia lista per ora comprende soltanto: leggere in camera, dormire, leggere nel giardino, sonnecchiare all’ombra di un albero sull’amaca, leggere in biblioteca, rubare del caffè... Quando all’improvviso mi viene in mente dove potrebbe essere L, ma soprattutto cosa potrebbe star facendo.
Ieri avevo detto a L che ci saremmo parlati solo quando lui avrebbe trovato qualcosa di concreto che provasse che io ero veramente Taylor. Probabilmente lui mi ha preso alla lettera ed ora non mi parlerà finché non avrà trovato qualcosa su di me.
Che idiota.
Ma quello che mi preoccupa è cosa potrebbe trovare sul mio conto.
Non voglio che scopra qualcosa sul mio passato.
Magari non si sarebbe spinto così in là, dopotutto per scoprire se sono veramente Taylor non deve per forza sapere chi ero prima e cosa mi è successo a quei tempi.
Mi aggrappo a questa tenue speranza, ma sono decisa a non rimanere con le mani in mano.
Anch’io cercherò delle informazioni sul suo conto.
 
 

Spazio Autrice
Ehilà! Da quanto tempo!
Scusate per l'attesa, ma sono stata molto impegnata. Le settimane prima di Natale sono sempre piene di verifiche ed interrogazioni. >.<
Spero di essermi fatta perdonare con questa capitolo. ;)
Fatemi sapere come vi è sembrato il capitolo e, se le avete, non esistate a fare previsioni su quello che potrebbe accadere nel prossimo capitolo.. Io sono qui, sempre per voi!
Alla prossima!
theperksofbeinglawliet
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Intrusione ***


 
 

- Dopotutto, che male c’è? Non deve venirlo a sapere per forza e poi lui sta facendo la stessa cosa con me. – continuo a ripetermi come un mantra mentre mi dirigo verso lo studio di Roger.
- Taylor, sei sicura che sia una buona idea? – mi chiede Nathalie un po’ in ansia.
 - Dopotutto, che male c’è? Non deve venirlo a sapere per forza e poi lui sta facendo la stessa cosa con me. – ripeto come un disco inceppato.
- Basta, Taylor! Sarà la decima volta che lo ripeti! Non sei costretta a farlo, se non vuoi. –
- L’ho detto solo due volte e comunque sono pronta a farlo. Piuttosto tu hai capito quello che devi fare? –
- Sì, sì! Anche se non mi piace per niente questa cosa… E se ci scoprono? –
- Faremo in modo che non ci scoprano. A Christine hai spiegato tutto? –
- Sì, sì! Hai finito con l’interrogatorio adesso? – mi chiede esasperata alzando gli occhi al cielo.
- Sì, scusami. Solo che non ci tengo ad andare in punizione con Ned dopo quello che è successo. – mi gratto la testa. - E ovviamente non voglio che ci andiate neanche te e Christine. – continuo abbassando lo sguardo.
- Tranquilla, non succederà. Ci fidiamo di te. – dice sorridendomi.
Ricambio il sorriso. – Bene, ora basta con le smancerie. Vai. – la sprono dandole una pacca sulla spalla.
Vedo Nathalie correre verso lo studio di Roger e bussare alla sua porta, mentre mi intrufolo nella stanza accanto per origliare il loro dialogo.
- Roger! Roger! – lo chiama spalancando la porta. - Non troviamo più Christine! –
- Cosa?! Com’è possibile? – chiede lui alzandosi di botto dalla sua scrivania.
- Uno dei bambini mi ha detto che stavano giocando a nascondino. L’hanno cercata in lungo ed in largo, ma non c’è traccia di lei. Ho provato io stessa a cercarla, ma niente. E’ da almeno un’ora che la cerchiamo senza trovarla! Ho paura che sia rimasta intrappolata da qualche parte! La prego, ci aiuti! – esclama Nathalie trafelata, tirando Roger da una manica della giacca.
- E va bene, va bene… Ma se vengo a sapere che è un’altra delle vostre burle non esiterò a metterti in punizione con Ned, chiaro?! – intima lui agitando il suo ditone davanti al viso di Nathalie.
- Non stiamo a discutere su queste cose, signore! Andiamo a cercare Christine! – ribatte lei conducendo Roger il più lontano possibile dallo studio.
Una volta allontanati, mi infiltro nello studio e mi chiudo la porta alle spalle.
Per fortuna Roger si è dimenticato di spegnere il computer prima di uscire, così non devo sprecare tempo a trovare la password (secondo me è qualcosa tipo Roger-for-president ).
Dopo vari tentativi riesco a trovare la cartella dove sono raccolti tutti i file sulle reclute della Wammy’s House. I file sono elencati con i nostri nomi falsi; scorro e, anche se muoio dalla curiosità di sbirciare in tutti i file, mi trattengo e cerco quello su L. Una volta trovato, lo apro e rimango incantata a fissare lo schermo per qualche secondo. Il suo file è praticamente vuoto, tranne per alcune informazioni di base come il suo nome falso, la sua data di nascita, il giorno in cui è arrivato alla Wammy’s House e la sua descrizione fisica. Scorro il file fino in fondo, continuando ad incontrare caselle sbarrate o lasciate semplicemente in bianco. Mi rimane solo più una pagina da visionare, quando sento Nathalie urlare dal fondo del corridoio – Abbiamo trovato Christine! – è il segnale, che avevamo concordato prima, che mi avrebbe avvertito dell’arrivo imminente di Roger. Continuo a scorrere più velocemente che posso fino alla fine del file dove trovo qualcosa di interessante: “Il soggetto è stato trasferito dalla Wammy’s House di Winchester alla Wammy’s House di Londra il giorno venerdì 13 novembre 1992. Le cause sono tutt’ora sconosciute..”  - E ti pareva... – sbuffo chiudendo il file e cancellando la cronologia. – ABBIAMO TROVATO CHRISTINE! – sento urlare da Nathalie ormai vicinissima, così mi catapulto fuori dall’ufficio ed esco in giardino dalla porta-finestra lì accanto.
Apro la porta-finestra per far credere a Roger di essere stata in giardino per tutto quel tempo. – Ehi, Roger! Ho sentito che avete ritrovato Christine! – dico facendo un cenno di saluto a Nathalie, ricambiato da una sua occhiataccia.
-Sì, si era nascosta in uno di quei piccoli ripostigli che ci sono in soffitta e non riusciva più ad uscirne. Povera, chissà quanto ha urlato per farsi sentire da qualcuno… Meno male che a Nathalie è venuto in mente che Christine avrebbe potuto nascondersi in soffitta! – racconta evidentemente sollevato.
E sono anch’io sollevata di non esser stata scoperta. – Oh, ben fatto Nathalie! Non a caso sei la numero tre in classifica! – le dico dandole una pacca sulla spalla, ma lei continua a guardarmi con disapprovazione.
E’ arrivata l’ora di darsela a gambe. – Beh, ora noi togliamo il disturbo. Buona giornata! –
- Non così in fretta signorina Taylor... – mi ferma Roger.
Merda. – Eh? – non è decisamente la cosa più intelligente che avessi mai detto, ma ehi sono nel panico.
- Dobbiamo parlare un attimo. Io e te. – afferma indicandomi l’ufficio.
Guardo Nathalie che per tutta risposta scuote il capo, lavandosene le mani, prima di correre via.
Che amica.
Entriamo nel suo studio. – Accomodati. – mi fa lui accomodandosi sulla poltrona su cui pochi minuti prima ero seduta io.
- Allora… Qual buon vento mi porta qui? – chiedo tormentandomi nervosamente le mani.
- Non fare finta di non saperlo. – mi rimprovera lui.
Merda. Merda. Merda. – Io... –
Sospira. – So che tu e Ned non andate molto d’accordo… Tra poco la sua punizione finirà e voglio avere la certezza che le cose tra voi si sistemeranno, intesi? –
Mio Dio, che infarto mi ha fatto prendere quel dannato vecchio! – Oh… Beh cercherò in tutti modi di fare in modo che accada, signore. –
- E’ proprio quello che volevo sentirti dire! Bene, ora puoi andare. – esclama sorridendo.
La libertà è vicina. - Grazie, con permesso. – apro la porta.
- Ah, un’ultima cosa Taylor. – mi richiama Roger. - Come ti sembra il nuovo arrivato? – mi chiede scrutandomi con i suoi occhietti al di sopra degli occhiali.
- Ambiguo. Misterioso. Estremamente intelligente. Imperscrutabile. Ha una straordinaria capacità di deduzione. – faccio una pausa. – Ma, soprattutto, infantile ed irritante. – concludo.
Ride. – Bene, bene... –
Alzo un sopracciglio. – Cosa... –
- Niente, niente… Puoi andare, ora. – mi interrompe per congedarmi con un cenno della mano, continuando a sghignazzare.
 
 
- Certo che la gente strana in questo posto non manca proprio. – mi lamento con Nathalie dopo averle raccontato la mia conversazione con Roger. – Hai visto Christine? Devo darle i biscotti che le ho promesso. –
- Penso che sia in biblioteca, vuoi che ti accompagni? –
- No, tranquilla. Tanto avevo già intenzione di andarci. –
- Va bene. Cerca di non combinare guai nel frattempo… – dice con sguardo significativo prima di andarsene.
Ma che diavolo hanno tutti oggi?
Entro in biblioteca con in una mano il sacchetto con i biscotti per Christine e nell’altra la copia di “Dove finisce l’arcobaleno”.
Appena varco la soglia del reparto bambini vengo assalita da una mandria di bambini urlanti.
- Ehi, ehi! Piano! – esclamo alzando le mani in segno di resa. – Cosa succede? –
- Guarda con i tuoi occhi! – esclama di rimando Christine strappandomi i biscotti di mano e tirandomi verso il salottino.
Appena poso il mio sguardo sul salottino, lo vedo.
L. Seduto sulla mia poltrona.



Spazio Autrice

Ehilà lettori! Come va?
Vi dico subito che, mossa dallo spirito natalizio che mi spinge ad essere buona perchè altrimenti Babbo Natale non mi porta i regali, avevo intenzione di pubblicare il prossimo capitolo fra una settimana di venerdì o sabato. Purtroppo però mi è giunta la spiacevole notizia che precisamente domani mi scadrà il contratto annuale di internet, quindi non so dirvi quando potrò di nuovo pubblicare.
In ogni caso, se avrò internet per il prossimo week end, pubblicherò il sesto capitolo, altrimenti appena posso lo farò, giuro.
Vi faccio quindi ora i miei auguroni di Natale, sperando che passiate delle piacevoli vacanze senza fare i compiti (si fanno per tradizione negli ultimi giorni di vacanza lol) e che riceviate ciò che più desiderate per Natale. 
Mi raccomando fate attenzione al vischio! *faccina ammiccante*
Spero di risentirvi al più presto possibile!

theperksofbeinglawliet


Ps: Nella quartultima riga del penultimo paragrafo Taylor, quando parla con Roger di L, dice - Ma, soprattutto, infantile ed irritante. -
Vi ricorda qualcosa? ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Brutta giornata ***


 


Nessuno. Può. Sedersi. Sulla. Mia. Poltrona.
Mi avvicino lentamente a L con sguardo omicida.
- Ciao, Taylor. – mi saluta il ragazzo impilando le zollette di zucchero una sull’altra.
- Cosa. Stai. Facendo? –
- Perché parli a scatti? - mi chiede lui inclinando la testa di lato.
- Sei seduto sulla mia poltrona. La MIA. – lo informo rubandogli una zolletta di zucchero per poi mettermela in bocca e masticarla lentamente e rumorosamente.
- Quella era mia. – afferma indicando la zolletta mancante.
- Già, proprio come è mia la poltrona su cui stai poggiando il tuo deretano. – ribatto a denti stretti, mettendo le mani su entrambi i braccioli in modo tale da impedirgli una via di fuga.
Lui non si sposta di un millimetro, ma lascia cadere le sue zollette di zucchero, sparpargliandole su tutta la poltrona. – Non mi pare che ci sia scritto il nome Taylor da qualche parte... – afferma fissandomi con il suo solito sguardo penetrante.
- Non pensavo che mi sarebbe mai servito, sai. Visto che nessuno ha mai osato prendere il mio posto. – lo informo acida.
Il suo sguardo si illumina per un secondo, ma poi torna quello di sempre. – Hai qualcos’altro da dirmi? – mi chiede formulando la domanda lentamente.
- Oltre a dirti di levare le chiappe dal mio posto? No. – gli rispondo allontanandomi da lui per indicargli la porta.
- Io penso che tu debba dirmi qualcosa, invece. – afferma di nuovo raccogliendo le zollette di zucchero sparse sulla poltrona.
- Ah giusto, dimenticavo. Farò mettere una targhetta con scritto “Taylor”, contento? – gli chiedo ghignando.
Sorride. – Bene, ho ottenuto quello che volevo. –
Alzo un sopracciglio. - Cioè volevi testare il mio livello di sopportazione? O forse volevi mostrarmi quanto sei bravo a tenere in equilibrio delle zollette di zucchero? O magari volevi solo attirare l’attenzione su di te? Eh? -
Si alza dalla poltrona e si avvicina a me fino ad essere a solo pochi centimetri dal mio naso. – No… Io volevo solo una tua confessione, cara la mia Taylor... –
- Ma cosa diavolo... Oh, merda! – impreco, ricordandomi della nostra sfida. – Tu... Non hai cercato delle informazioni su di me, non è vero? – gli chiedo insultandomi mentalmente.
Inclina la testa. – No... Perché avrei dovuto? Avrei sprecato solo del tempo per fare delle ricerche, quando avrei potuto semplicemente avere una tua confessione. E poi sarebbe stato rischioso e non ne sarebbe valsa la pena. – spiega portandosi un dito al labbro. – Tu invece lo hai fatto, giusto? –
- Io… – era inutile negarlo, tanto lo avrebbe scoperto da solo. – Sì, l’ho fatto... Ma non ho trovato nulla, tranquillo. La tua identità segreta è al sicuro. – confesso amaramente, guardandomi la punta dei piedi.
- Lo so. Ho cancellato tutti i dati prima che tu, la tua amica e la banda di bambini attuaste il vostro piano. – confessa sorridendo. – E comunque complimenti per il piano. Davvero molto furbo utilizzare lo stratagemma della bambina scomparsa... – continua dirigendosi verso l’uscita.
- Volevi che lo sapessi, vero? – gli chiedo riferendomi al suo trasferimento.
- Sì... Sapevo che avresti fatto un ottimo lavoro... Mi sembrava ingiusto non lasciarti scoprire proprio nulla... – conferma lanciandomi un ultimo sguardo prima di andarsene.
Ero entrata come una furia nel salottino per fargliela pagare per essersi seduto sulla mia poltrona e ne sono uscita sconfitta su ogni lato.
Mi incammino verso l’uscita a testa bassa senza curarmi degli sguardi e delle risate che mi accompagnano.
Altro che probabilità del 50 % che L diventi il prossimo numero uno.
Lui lo è già.
 
Alle otto non vado a cena, rimango in camera, sdraiata a fissare il soffitto.
Non ho fame.
Domani sarà domenica, ovvero praticamente il mio ultimo giorno alla Wammy’s House da numero uno.
Il lunedì sarebbero iniziati di nuovo i test e stavolta non sarei stata io quella in cima alla classifica.
Non lo sarei stata mai più.
Solo ora mi rendo conto di quanto fosse diventato importante per me rimanere la numero uno.
Era diventata una specie di sfida per me stessa.
“Tutti mi stanno alla larga perché Ned vuole così? Allora io vi mostro chi è più intelligente!”
Ma L mi ha sconfitta.
E ora non conta più nulla.
Quale sarà ora il mio obiettivo?
Solo ora inizio a capire come si deve essere sentito Ned.
Aspettate un attimo... Ned! Doveva essere finito il suo periodo di punizione.
Mi alzo e vado nella stanza numero due.
Lo trovo coricato sul suo letto in fondo alla camera, intento a risolvere il cubo di Rubik.
Nel tempo che impiego ad avvicinarmi al suo letto, lui lo ha già risolto.
- Che vuoi, stronzetta? – mi chiede senza alzare gli occhi dal cubo.
- Ciao anche a te, Ned. – lo saluto facendogli così alzare gli occhi al cielo. – Cosa ci fai qui solo soletto? Pensavo che, appena avessi finito il tuo periodo di punizione, ti saresti messo subito in moto per vendicarti. – gli chiedo ostentando finto stupore.
- Cosa ti dice che non lo stessi facendo prima che tu venissi a rompermi le balle? – commenta lui sbuffando.
- Beh, hai più l’aria di uno che si sta deprimendo che di uno che sta pianificando una vendetta. – affermo incrociando le braccia al petto.
– Tze. E io potrei chiederti il motivo di questa tua visita, non affatto gradita, al sottoscritto. – ribatte passandosi il cubo da una mano all’altra. – Se stai cercando quel fottuto bastardo hai sbagliato camera. Lo hanno spostato dopo il nostro... Incontro. – mi informa lanciando diverse imprecazioni rivolte ad L.
- Non sono qui per L. Che ti piaccia o meno sono qui per te. Dobbiamo parlare di alcune… Cose. – rivelo sedendomi sul suo letto, guadagnandomi una sua occhiataccia.
- Wow, quale onore! – esclama sarcastico. - Cosa vorresti condividere con il tuo acerrimo nemico? - gli strappo il cubo di Rubik di mano. – Ehi! -
- Spiacente, ma da oggi non sei più tu il mio acerrimo nemico. – lo informo risolvendo il gioco. – Ma L. – continuo lanciandogli il cubo.
Lo prende al volo. – Non ci credo neanche morto. Voi due sembrate più due piccioncini che due acerrimi nemici. – afferma esibendosi in un’ espressione di profondo disgusto.
– Ma per piacere! – esclamo abbandonandomi ad una grossa risata. – E’ insopportabilmente irritante ed infantile. Oltre ad avere una capacità di deduzione fuori dal comune, cosa che lo rende ancora più odioso. –
- Certo, certo… E sentiamo, cosa avrebbe fatto, che non ho fatto io, per meritarsi il titolo di “acerrimo nemico dell’anno”? – chiede quasi sputando ogni parola.
- Mi ha umiliata. Davanti a tutti. Mi sembra strano che tu non lo sappia, visto che lo sa tutto l’orfanotrofio, ormai. – gli rispondo serrando i pugni al ricordo.
- Tze. Lo dici come se io non ti avessi mai umiliata! – ribatte lui punto nell’orgoglio.
- E’... Diverso. Ho fatto una sfida con lui e ho perso. Mi ha battuto in astuzia. –
- Capisco. In pratica ha fatto a te quello che tu hai fatto a me. – afferma con sguardo vacuo. – E questo cosa dovrebbe importare a me? Sono contento che tu abbia avuto pan per i tuoi denti! Anche se avrei preferito di gran lunga fartela pagare per mano mia. – confessa. Il suo sguardo non è carico d’odio, ma piuttosto di... Risentimento. – Ma d’altronde bisogna accontentarsi, no? –
- Sbagliato! Non bisogna mai accontentarsi, Ned! Accontentarsi significa mollare. Stai facendo questo, Ned? Stai mollando? – gli chiedo furiosa alzandomi dal letto e prendendolo per le spalle.
- Io starei mollando? Sei tu quella che è venuta a frignare da me perché “L mi ha battuta gnegnegne”! – mi rinfaccia facendomi il verso e scrollandosi le mie mani dalle spalle.
- E io che pensavo di poter parlare seriamente con te! Non riuscirai mai a mettere da parte l’odio che provi nei miei confronti? – gli chiedo senza ricevere una risposta. – La sai una cosa, Ned? Nonostante tu abbia cercato in tutti i modi di isolarmi, nonostante io ti odi per questo, io ti ho sempre stimato, Ned! Ho sempre stimato la tua arguzia! Non ti ho mai sottovalutato! Quando arrivai qui, eri tu il mio punto di riferimento, mi dicevo “Voglio essere brava quanto lui!”. La notte, prima di andare a dormire, pregavo di diventare abbastanza brava per poter competere con te. Non mi sarei mai immaginata che le cose sarebbero andate in questo modo. – gli urlo in faccia con gli occhi umidi prima di uscire dalla stanza come una furia, sbattendo la porta.
 
Non voglio vedere nessuno così non mi dirigo verso la camera dove sicuramente Nathalie e le altre si stanno preparando per andare a dormire, ma verso il giardino.
So che uscire alle dieci in una notte di novembre a Londra non è una cosa molto furba, ma ho davvero bisogno di una boccata d’aria e di “raffreddare” il mio umore.
Guardo il cielo stellato coricata sull’amaca che mi culla dolcemente, pensando a che posto collocare questa giornata tra “le giornate più merdose della mia vita”. Ben presto però il sonno ha la meglio su di me e mi addormento.
 
Più tardi sento delle braccia che mi sollevano dolcemente dall’amaca e che mi portano nel mio letto, ma dal torpore in cui mi trovo non riesco a capire chi sia.
Ricado in un sonno profondo.








Spazio Autrice

Ehilà miei cari lettori!
Come potete ben vedere internet è tornato! *saltella felice per la casa lanciando coriandoli*
Okay, stop.

Innanzitutto voglio subito precisare che il disegno che ho allegato al capitolo non è mio, l'ho preso su internet. ;)
Mi è sembrato adatto al contesto del capitolo e poi L è tenerissimo, quindi l'ho messo uu
Ma torniamo al capitolo. Vi è piaciuto? Vi aspettavate che Taylor reagisse in questo modo o diversamente?
Penso che siate un po' tutte deluse del fatto che non ho fatto trapelare nessuna informazione di Taylor sul suo passato... Ma per questo c'è tempo! Mooolto tempo! Ma la cosa più importante... Chi sarà stato a prendere in braccio Taylor? Apro ufficialmente il televoto!
Spero che il capitolo sia stato di vostra gradimento e rinnovo i miei auguri di buon natale e di felice anno nuovo!
Ci rivedremo con il prossimo capitolo il 2 Gennaio!
Tanti baci!

theperksofbeinglawliet


 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** In infermeria ***






- Kay... Kay... Ad ingrossare le mie tasche, tu mi aiuterai?-
- Ohh mia piccola e dolce Kay... Quanto sei carina mentre dormi... Ma se tu non mi aiuterai, dal sonno tu non ti risveglierai... -
Mi sveglio di soprassalto al suono di quelle parole inquietanti, ritrovandomi davanti un uomo con un passamontagna nero a coprirgli tutto il volto ad eccezione degli occhi: uno di un verde brillante e l’altro color ghiaccio.
L’uomo mi mette un fazzoletto sulla bocca per impedirmi di urlare.
-Shh non vorrai mica svegliare i tuoi genitori, piccola Kay? – mi chiede con voce suadente.
La stanza inizia a vorticare.
- Sogni d’oro, dolce Kay… -
Una risata compiaciuta rimbomba tutt’intorno a me.
E poi tutto diventa nero.
 
Mi sveglio di soprassalto, stavolta per davvero, ritrovandomi faccia a faccia con Melanie, una signora anziana che si prende cura di chi si ammala alla Wammy’s House. Mi guardo attorno. Cosa ci faccio in infermeria?
Melanie deve avermi letto nel pensiero. – Nathalie mi ha detto che continuavi ad urlare nel sonno, così ti abbiamo portata qui. Inoltre hai avuto delle allucinazioni dovute alla febbre alta. –
Non erano allucinazioni.  – Quindi... Ehm ora posso andare? – le chiedo imbarazzata.
- Non se ne parla nemmeno! Hai la febbre altissima! Resterai qui finché non ti sarà scesa. – m’informa, scuotendo il capo.
– Ehm okay... Mi puoi dire cosa urlavo? –
- Più che altro urlavi “Lasciami andare!”, “Non farlo!” e varie frasi incomprensibili. – di fronte al mio disagio aggiunge: - Tranquilla, non ti ha sentita nessuno a parte me e le ragazze in camera con te. –
Qualcuno bussa alla porta e il cespuglio di capelli di Nathalie fa capolino nella stanza.
- Vi lascio sole. – si congeda Melanie con un sorriso complice.
- Ehi! Ti ho portato “Dove finisce l’arcobaleno” per ammazzare il tempo, mentre sei segregata qui. – riferisce con un sorriso stanco. Noto che ha due belle occhiaie da fare invidia a L. – Grazie. Devi essere stata sveglia tutta la notte per colpa mia...- constato dispiaciuta.
- Nah, sono stata sveglia di mia volontà. Tu non stavi bene e Melanie da sola non ce l’avrebbe mai fatta. – sorride. – Sai, sei molto violenta nel sonno. – ridacchia.
- A proposito, dov’eri ieri sera? Non ti trovavamo... Eravamo preoccupate. -  mi chiede con sguardo apprensivo.
- Mi sono addormentata in giardino. – rido. – Poi mi sono svegliata e sono tornata in camera. – la verità non era poi così tanto diversa.
- La solita incosciente! Beh, ora vado con gli altri in chiesa altrimenti Roger mi lincia! A dopo! – mi saluta con un cenno per poi mettersi a correre per raggiungere gli altri.
Purtroppo non mi rimane altro che restare qui ad aspettare che la febbre si abbassi, così prendo la copia di “Dove finisce l’arcobaleno” ed inizio a leggere.
 
Per quando gli altri tornano dalla messa, a mezzogiorno, io avevo già finito di leggere il libro da un bel po’. Così nel frattempo mi ero messa a pensare a chi poteva essere stato a portarmi in camera la scorsa notte. Inizialmente avevo pensato a Nathalie che, anche se sembrava ignara della cosa, avrebbe potuto lo stesso mentire, ma non riuscivo a trovare una motivazione, quindi avevo escluso questa ipotesi. Poi pensai a Melanie, ma per le stesse ragioni di Nathalie, la esclusi. Non potevano essere state le altre ragazze perché non sarebbero mai riuscite a sorreggere il mio peso... Allora chi è stato?
Qualcuno bussa alla porta, distogliendomi dai miei pensieri. – Avanti. -
Che mi venisse un colpo immediatamente!
Dall’altra parte della porta c’è Ned con un vassoio per mano. – Ehm... Ciao. – mi saluta un po’ imbarazzato, chiudendosi la porta alle spalle con un calcio. – Non ti ho vista a messa così ho chiesto a Nathalie e mi ha detto che eri qui. - spiega, sedendosi sulla sedia accanto al mio letto. – Tieni, ti ho portato il pranzo. – aggiunge, porgendomi uno dei due vassoi.
- Grazie. – dico con voce impastata prendendo il vassoio.
Silenzio imbarazzante.
- Dì qualcosa, cazzo! – sbotta all’improvviso lui.
- Qualcosa. – dico, colta di sorpresa.
- Molto divertente. – afferma, alzando gli occhi al cielo.
- Okay. Cosa ci fai qui? – gli chiedo, girando la minestrina che Melanie mi aveva obbligato a mangiare.
- Ti ho portato il pranzo. – risponde semplicemente, guardando il suo piatto.
- Beh, allora perché rimani qui a mangiare con me? – gli chiedo, guardandolo di sottecchi.
- Basta che lo dici se ti dà tanto fastidio la mia presenza eh. – sbotta di nuovo, facendo per andarsene.
- Okay, okay! Però dimmi il vero motivo della tua visita. –
- Uff... Te lo vuoi proprio sentire dire eh? – borbotta, sedendosi di nuovo.
- Sì, grazie. – confermo, sorridendogli.
Impreca. – I-io volevo solo scusarmi, ecco. – ammette, incrociando le braccia, guardandosi i piedi.
 - Guarda, sei quasi tenero. QUASI. – rido. – Accetto le tue scuse, Ned. – dico tornando seria. – Ma soltanto se accetterai anche le mie. –
- Le tue scuse? – ripete lui, alzando un sopracciglio.
- Sì, beh non sei l’unico ad essersi comportato male in questa stanza. – ammetto, ingoiando un cucchiaio di minestra. Che schifo, troppo salutare per i miei gusti.
- Bene, allora dovrò per forza accettarle visto che probabilmente non mi ricapiterà mai più un’occasione del genere. – afferma, ghignando.
- Già... – concordo, colpita all’improvviso da un’idea.
E se fosse stato lui a riportarmi in camera ieri sera?
Spero di no, sarebbe imbarazzante.
- Terra chiama Taylor. Taylor, ci sei? – mi chiama lui, muovendo una mano davanti al mio viso.
- Eh? Sisi scusa stavo pensando ad una cosa... – dico, schiarendomi la voce. – Mi chiedo come farò domani a completare i test in queste condizioni. – mento.
- Ma smettila, alla fine riuscirai a risolverli e avrai anche un punteggio più alto del mio. – sbuffa lui, ostentando noia.
- Onestamente, non ho nessuna voglia di ricominciare con i test. – ammetto, mettendo da parte la minestra ormai fredda.
- Oh invece io non vedo l’ora di farmi superare da un altro pivellino. – afferma lui sarcastico.
- Taylor, devi prendere le medicine... – mi ricorda Melanie, facendo la sua comparsa. - Tu! Cosa ci fai qui? – esclama Melanie rivolta a Ned.
- Uhm... Qualcosa mi dice che è ora di sloggiare. – afferma Ned, prendendo i due vassoi. – Sono venuto a portare il pranzo a Taylor, me ne stavo giusto per andare. – spiega a Melanie, defilandosi in fretta e furia.
- Non dovresti ricevere visite finché hai la febbre alta. Potresti attaccarla a qualcuno. – mi rimprovera, porgendomi la medicina.
Prendo la medicina. - Va bene... -
- Bene, ora vado a controllare quel demonio. Non sia mai che vada in giro per l’orfanotrofio ad infettare tutti! – dice, sparendo di nuovo.




Spazio Autrice

Buonasera miei cari lettori e buon anno!
Come promesso, ecco a voi il capitolo! ;)
Avete passato un buon Natale e Capodanno? Cosa vi ha portato Babbo Natale?
Spero che abbiate mangiato in abbondanza! Tanto c'è tutto il tempo per dimagrire... O per stare davanti al pc, leggere, guardare telefilm e anime...
Ma ora parliamo del capitolo. Sicuramente non è un gran che in fatto di contenuto, ma vi assicuro che il prossimo sarà molto più sostanzioso!
Il conto alla rovescia ai famigerati test è partito. Cosa succederà? Lo scopriremo nei prossimi capitoli!
Intanto vi saluto e vi mando tanti bacini :*
Alla prossima!


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Delusione ***




Melanie è uscita da appena un minuto e già qualcuno bussa alla porta nuovamente.
- Non ho mai ricevuto così tante visite come oggi. – esclamo a mo’ di saluto.
- Sono contento che tu stia meglio, Taylor. – ammette L avvicinandosi, leggermente ingobbito come al solito.
Alzo un sopracciglio. – Se stessi davvero meglio non sarei qui, non trovi? –
- Beh, evidentemente non stai così male se riesci a fare del sarcasmo. – puntualizza, portandosi il dito al labbro.
- Cosa vuoi sapere, L? – gli chiedo, sbuffando.
- Niente. So già tutto. – afferma sedendosi, nella sua consueta posizione, sulla sedia su cui era seduto Ned fino a pochi minuti prima.
- Ah sì? E cosa sapresti di preciso? – gli chiedo scettica.
- So che stanotte ti sei sentita male e che quello che hai urlato non era causato da delle allucinazioni dovute alla febbre alta. – risponde calmo, fissandomi con il suo solito sguardo penetrante.
- E allora cos’erano? – gli chiedo sospettosa.
- Incubi sul tuo passato. – risponde lentamente.
Non lo sa con certezza. Cercherà la conferma nel modo in cui gli risponderò. - E su cosa ti basi per affermare ciò? – ribatto con voce piatta.
- E’ solo una mia ipotesi. C’è circa il 60 % di probabilità che la mia ipotesi sia esatta. Purtroppo ho già giocato la mia carta vincente con te la scorsa volta… Sapevo che non ci saresti cascata di nuovo. – confessa, incurvando leggermente gli angoli della bocca.
- La smetterai mai di tormentarmi? O continuerai a mettermi alla prova in eterno? – sbotto all’improvviso.
- Ti senti tormentata da me? – ripete stupito. – Non è mia intenzione tormentarti. – afferma, inclinando la testa di lato con uno sguardo che sembra quasi... Ferito.
- Sai L ho capito dove vuoi arrivare con il tuo giochetto. – affermo imperturbabile. – Tu vuoi che ti parli del mio passato. – rivelo, fissandolo intensamente.
- Io sono sempre disponibile se hai bisogno di qualcuno che ti ascolti. – afferma, ricambiando il mio sguardo dopo una lunga pausa.
- Io non ho bisogno di parlare con nessuno. – ribatto con sicurezza. – E poi non vedo perché dovrei raccontare qualcosa sul mio passato a qualcuno che tiene così tanto alla sua privacy da cancellare tutti i dati dal suo file. – continuo, accusandolo.
- Raccontare a qualcuno del proprio passato spontaneamente è una cosa, andare a cercare informazioni su quel qualcuno è un’altra. – ricambia l’accusa. – Tu non mi hai mai chiesto di raccontarti del mio passato. –
- Tze. Come se tu me ne parleresti se te lo chiedessi. – affermo scettica.
- Hai ragione. – conferma dopo una lunga pausa.
- Allora perché mi hai fatto questo discorso? – chiedo al massimo dell’esasperazione.
- Sto solo dicendo che un giorno magari ti parlerò del mio passato. Ma non è questo il giorno. – spiega, sorridendo.
- Vuoi che mi esponga prima io. – affermo, sospirando.
- Sei tu che lo stai dicendo, non io. – constata, continuando a sorridere.
Prima o poi quel sorrisetto glielo strappo dalla faccia. – Sei molto irritante, sai? – sbuffo.
- Me lo dicono in tanti. – ammette. – E’ un peccato sai? Perché io ti trovo molto divertente. – confessa, alzandosi dalla sedia. – Adesso tolgo il disturbo prima che torni Melanie. – si congeda, avviandosi verso la porta. – Ah, un’ultima cosa. Vorrei che tu capissi che ti ho fatto questo discorso non perché sono curioso di sapere qualcosa sul tuo passato, anzi so benissimo che, per raccontare certe cose, ci vuole del tempo e soprattutto la fiducia nella persona a cui si raccontano le suddette cose. L’ho fatto perché credo che tu abbia davvero bisogno di parlarne con qualcuno. E non devo essere per forza io. Non m’importa con chi parlerai, ma ti prego, fallo. Un dolore così grande è più facile da sopportare in due. – aggiunge, dandomi le spalle, prima di sparire.
 
Non ho neanche il tempo di metabolizzare quello che mi ha appena detto L che sento rientrare Melanie.
- Come ti senti, Taylor? – mi chiede, andando a prendere il termometro.
- Decisamente meglio, grazie. – le rispondo, misurando la febbre.
- Infatti la febbre si è abbassata. – afferma, guardando il termometro. – Non mi sembra che si siano manifestati altri sintomi... – prosegue, controllandomi la gola. – Bene. Direi che puoi andare. – conclude, mettendo a posto i vari strumenti medici.
- Grazie, Melanie! – ringrazio prima di catapultarmi fuori dall’infermeria, andando quasi a sbattere conto Nathalie.
- Ehi! – esclama spaventata, facendo cadere il libro che stava leggendo.
- Stavo giusto per venire da te! – esclamo a mia volta, prendendo il libro al volo. - Devo dirti un po’ di cose... – continuo, spostando il mio peso da un piede all’altro.
- Prima dobbiamo parlare di quello che è successo oggi a pranzo, mentre tu eri in infermeria. E’ una questione della massima importanza! – dichiara evidentemente impaziente di raccontarmelo. – Volevo venire prima a parlarti, ma la porta era sempre chiusa a chiave... –
- Di questo volevo parlarti, ma... – dico, facendo per aprire la porta della nostra camera.
- No! – esclama, tirandomi per una manica. – Non qui... – continua, abbassando la voce. – Andiamo a parlarne nel salottino. – consiglia, iniziando a spingermi in quella direzione.
- Okay, ma smettiamola con tutto questo mistero! – sbuffo, dirigendomi verso il mio solito posto.
Il salottino è vuoto, per fortuna. Poso il mio sguardo sulla mia poltrona: L non c’è. Sospiro di sollievo.
Nathalie prende una sedia e la posiziona davanti alla mia poltrona.
- Allora... Raccontami questa notizia della massima importanza. – la incito, sedendomi con le gambe incrociate sulla mia poltrona.
- Okay, allora... – comincia, schiarendosi la voce.
 
“L era già seduto al suo solito posto, quando Heather fece la sua comparsa nella sala comune.
Solitamente si siede vicino a me, infatti mi stupii non poco quando andò a sedersi al tuo posto. L, al contrario, non sembrava per nulla sorpreso. Sembrava... Infastidito.
- Ciao, L! – ha esclamato lei con un sorriso a trentadue denti. Ho notato anche che Heather aveva indossato una minigonna a vita alta rossa ed una maglia bianca corta a mostrare la sua pancia piatta. In pieno novembre. Coincidenza? Non credo proprio.
- Quello è il posto di Taylor. – ha affermato lui senza degnarla di uno sguardo.
- Beh ora lei non è qui, quindi che male c’è se mi siedo al suo posto? – ha ribattuto lei senza smettere di sorridere.
- Lei non sopporta che qualcuno si sieda al suo posto. – ha controbattuto lui, mangiando la sua torta.
- Io sono una sua amica. Di sicuro non si offenderà se per una volta mi siedo qui con te. – ha affermato. Il suo sorriso si faceva man mano sempre più tirato.
- Non gradirà. E, se non vuoi che le cose tra voi si facciano tese, è meglio se te ne vai. – ha constatato. Sembrava essere al limite della sopportazione.
- Ohh ma che carino! Non ti devi preoccupare per me. – ha esclamato lei, sporgendosi verso di lui per prendergli la mano.
Al che L esplose.
- Se non vuoi andartene con le buone maniere allora te lo dirò chiaro e tondo. Non mi interessi. Il modo in cui ti sei vestita ti rende ancora più ridicola, oltre a dimostrare che non hai capito nulla di me se pensi di poter attirare la mia attenzione in questa maniera. – rivela con tono molto infastidito. – Frequentare persone più intelligenti di te non farà aumentare il tuo punteggio nei test, quindi ti consiglio vivamente di sfruttare il tempo a studiare e leggere, invece di sprecarlo imbastendo queste inutili scenate.- ha continuato imperterrito nonostante il viso di Heather si stesse facendo sempre più rosso, dalla rabbia, dall’imbarazzo o da entrambi. Heather rimase lì per alcuni secondi, ferma immobile, a fissarlo con odio puro, completamente rossa in viso e stringendo il bordo del tavolo così forte da farle diventare le nocche bianche, poi, furiosa, rovesciò il contenuto del suo vassoio ed uscii dalla sala comune correndo.
L continuò a mangiare la sua torta.”
 
- Quella figlia di... – mi trattengo, mordendomi la mano. – Com’è che ultimamente tutti quanti hanno preso il vizio di sedersi al mio posto? Cos’è una nuova moda? – esclamo irritata.
- E’ questa la cosa che ti ha dato più fastidio del comportamento di Heather? – chiede, ridendo.
- Beh non avrei mai immaginato che si sarebbe spinta fino a questo punto pur di essere fra i primi in classifica... Insomma lo sa anche Christine che per essere in cima bisogna contare solo sulle nostre capacità intellettive e non ricorrere a questo genere di stratagemmi... – spiego un po’ delusa. – Questo conferma i mediocri risultati che ha sempre ottenuto nei test… – affermo, sospirando.
- Già, ma, se questo era il suo vero intento, non capisco perché lo abbia fatto proprio oggi che tu non eri presente... Cioè poteva benissimo parlargli in privato. – ragiona Nathalie, tamburellando sul bracciolo della sedia su cui era seduta.
- Me lo stavo chiedendo anch’io... – concordo pensierosa.
- Maddai Taylor! Non ci arrivi? – sbotta all’improvviso Nathalie, sporgendosi verso di me. – E’ ovvio che lei sia gelosa del tuo rapporto con L. –
- Questo, come dici tu, è ovvio. – concordo. – Quello che non capisco è perché Heather non me ne abbia mai parlato. – spiego, sprofondando nella poltrona, un po’ ferita. –Avrebbe dovuto parlarmene se mi considera sua amica, no? – rifletto.
- In effetti è da un po’ che si comporta in modo... Strano. Sai che lei è sempre piaciuta a tutti i ragazzi, no? Beh a quanto pare ha smesso di interessarsi a loro da quando si è resa conto di quanto tu e L siate diventati... Amici. – rivela, schiarendosi la voce.
- Io e L non siamo amici. – ribatto, alzando gli occhi al cielo. – Il nostro rapporto non va oltre al vincolo di sopportazione moralmente imposto. Fine. – puntualizzo.
Poi una lampadina si accende nel mio cervello. –Ah, ah! – esclamo, alzandomi dalla poltrona così all’improvviso da far quasi ribaltare Nathalie dalla sua sedia. – Heather non è gelosa del rapporto tra me e L. Heather è gelosa di me. – rivelo, facendo una pausa ad effetto. – Lei è gelosa di tutto quello che sono e di tutto quello che ho... Essere fra i primi in classifica, L... E tutto ciò che questi comportano cioè la possibilità di avere un impiego importante una volta usciti da qui, riconoscimenti e... Beh non sono quali vantaggi porti essere qualunque cosa io sia per L e viceversa... Probabilmente è gelosa anche dell’amicizia che abbiamo io e te... – spiego, sentendomi sempre più in colpa.
- Non è colpa tua. – afferma subito Nathalie. – Se vuole essere come te e avere tutto quello che hai tu, questo non è il modo giusto di farlo. Tu hai fatto tutto da sola per arrivare fino dove sei ora, impegnandoti per raggiungere il tuo scopo. Si deve impegnare anche lei se vuole raggiungere anche lei il suo obiettivo, invece di fare queste pagliacciate. – continua, prendendomi per le spalle. – Proprio come ha detto L.
- Già. Come ha detto L. – ripeto con un sospiro.
L, L la finirai mai di avere sempre ragione?




Spazio Autrice

Eccomi qua, miei amati lettori!
Come va? A me oggi hanno consegnato la pagella del primo trimestre... :/
Ma parliamo di cose allegre! Per esempio, sapete che oggi sono due anni che sono su efp? *si mette a canticchiare tanti auguri a te*
Anyway come avete trovato il capitolo? Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate del dialogo tra Taylor e L. Ma ciò che mi preme di più sapere è cosa ne pensate della parte raccontata da Nathalie. L'ho scritta in corsivo ed è staccata dal testo perchè volevo proprio raccontare i dettagli e non solo cosa è accaduto in generale, come avrei dovuto fare se avessi continuato il dialogo. Non so se sono riuscita a farmi capire, ma spero che vi sia piaciuto!
Vi si vuole un mondo di bene!
A presto!

theperksofbeinglawliet

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Rivelazioni ***





- Invece di stare lì a sentirti in colpa per qualcosa per cui non devi perché non mi dici cosa hai fatto per tutto quel tempo chiusa a chiave in infermeria? – mi chiede Nathalie per la centesima volta.
- Ma niente di particolare... – ripeto per la centesima volta.
- Eddai! Tanto lo verrei a sapere comunque. Non è meglio se lo vengo a sapere da te? – constata lei, facendomi gli occhi dolci.
- E va bene! Ned e L sono venuti a trovarmi, contenta? – rivelo, sbuffando.
- Oh. Oh. Oh. Sono venuti a trovarti insieme? Cosa ti hanno detto? Per quale motivo lo hanno fatto? Melanie li ha scuoiati vivi quando li ha scoperti? –
- Ehi, ehi. Piano con le domande, ora ti spiego. – affermo, alzando le mani in segno di resa.
Dopo averle raccontato tutto sul litigio con Ned (tralasciando il fatto che quella notte non ero tornata nella camera da sola, ma che qualcun altro mi ci aveva portato), delle sue scuse, di L e del suo strano comportamento, Nathalie dà voce a quello che da un po’ mi tormentava: - Ma se L è venuto a trovarti dopo pranzo perché non ti ha raccontato quello che è successo con Heather? –
- Probabilmente non aveva semplicemente voglia di parlarne. E, visto che ero l’unica a non essere ancora al corrente di quanto successo, è venuto da me per scappare dai pettegoli come te. – ipotizzo, sorridendole.
- Ah ah ah certo... O magari non vedeva l’ora di venire a vedere come stavi... – ipotizza lei, facendomi l’occhiolino.
- Finiscila! – esclamo, lanciandole un cuscino, dando così inizio ad una lotta, interrotta ben presto dagli otto rintocchi che segnano l’ora di cena.
- Bene, bene. Ora potrai discuterne direttamente con L... – afferma Nathalie, massaggiandosi dove l’avevo colpita poco prima con un cuscino, mentre ci dirigiamo verso la sala comune.
- Così vedremo chi ha ragione. – continuo la sua frase, dandole il cinque.
- Ci vediamo dopo, allora. – mi saluta, andando verso il suo tavolo. – Sempre se non ti viene di nuovo voglia di fare una dormitina nel giardino. – continua, facendomi l’occhiolino.
Mentre mi dirigo verso il mio tavolo, qualcuno mi urta, rovesciandomi la sua intera cena addosso e parte della mia. – Ommiodio scusami tanto Taaaylooor! – esclama Heather, portandosi le mani sulla bocca teatralmente.
- Non c’è problema. – affermo a denti stretti, togliendomi di dosso l’insalata.
Ovviamente l’accaduto aveva attirato l’attenzione di tutta la sala su di noi, generando uno strano silenzio. Mi guardo in giro. Tutti sembrano aspettarsi che succeda qualcos’altro tra noi due.
- Ah, che maleducata che sono! Non ti ho chiesto come stai! Non c’eri oggi a pranzo, vero? – chiede, guardando verso il mio tavolo, verso L.
Non avevo alcuna intenzione di fare una sceneggiata davanti a tutti, a differenza sua. - Sto bene, grazie. Ora se non ti dispiace vado a mangiare quel che resta della mia cena. – affermo, facendo per andare verso il mio tavolo.
- Ma no, ti prego! Fermati a mangiare con me! Vedilo come un risarcimento per questo pasticcio che ho combinato. – mi prega lei con una risatina, prendendomi sottobraccio.
- No, davvero. Preferisco andare a mangiare al mio solito posto. – affermo fredda, stufa di tutto ciò, staccandomi da lei.
- Ohh perché fai così? Siamo amiche quindi perché non possiamo mangiare insieme allo stesso tavolo? – chiede lei, fingendosi ferita.
- Oh Heather, ti prego. Lo sai che io mi siedo sempre laggiù. – sbotto, alzando gli occhi al cielo, indicandole il tavolo a cui era seduto L che sembra infischiarsene di quello che sta accadendo.
- E per una volta non puoi sederti qui? Oppure posso venire io da te, che ne dici? – propone lei, riprendendomi sottobraccio e mostrandomi un sorriso a trentadue denti.
- E che cazzo basta Heather! – sbotta qualcuno, alzandosi di scatto. – Se non vuole lasciala perdere, no? – è Ned.
- Uhhh ma guarda un po’! Il bulletto difende Taylor, lo stesso che è stato spodestato dalla vetta della classifica da lei e che ha fatto di tutto per fargliela pagare... – esclama, ostentando stupore e lanciandogli un’occhiataccia.
- La difendo solo perché tu mi stai scartavetrando i coglioni con questa scenetta del cacchio! – esclama, prendendola per un braccio. – Ora non rompi più le palle e ti siedi da brava bambina, okay? – le ordina, facendola sedere al suo stesso tavolo per tenerla sott’occhio.
- Grazie. – gli sillabo con le labbra prima di andare a sedermi al mio posto.
Lui mi risponde con un cenno spazientito della mano e torna a tenere a bada Heather che non mi aveva ancora tolto il suo sguardo infuocato di dosso.
Una volta a posto mi lascio sfuggire un sospiro di rassegnazione. Non avrei mai mangiato in tranquillità.
- Sei in ritardo, Taylor. – constata L, alzando per la prima volta lo sguardo dal suo bignè.
- Sono stata... Trattenuta da Heather. Non hai visto? – sbuffo di nuovo.
- Purtroppo ho sentito... Quella tizia è una piaga... – afferma lentamente.
Wow, allora anche lui si spazientisce dopo un po’. – Già. Non era così prima... Non so cosa le sia successo. –
- E invece sì che lo sai. O almeno credi di saperlo. – ribatte, puntando di nuovo il suo sguardo penetrante su di me. - Si vede. – Si giustifica al mio sguardo interrogativo.
- Va bene. Penso che sia gelosa di me. Tu che ne pensi invece, genio? – ammetto, alzando gli occhi al cielo.
- Sono d’accordo con te. – concorda, annuendo con tutta calma.
- Già... Aspetta... Cosa? – davvero aveva appena detto di essere d’accordo con me?
- Sì, concordo con te. E vorrei aggiungere che ha buone ragioni di esserlo. – ripete, inclinando la testa leggermente di lato. – La cosa ti sorprende? –
- In effetti sì. – rispondo sbalordita. – Pensavo che avessi una delle tue solite ipotesi. –
- Questa è un’ipotesi. Solo che stavolta la pensiamo allo stesso modo. Magari sbagliamo entrambi. – ipotizza di nuovo, portandosi un cucchiaio di bignè alla bocca.
- Tu non ti sbagli mai. – borbotto.
- Sbagliare è umano, Taylor... – ribatte serio.
- Ammetti di essere un extraterrestre venuto sulla Terra per studiare le forme di vita che abitano questo mondo e di testare le loro capacità intellettive? – gli chiedo sarcastica.
- Te l’ho detto che sei divertente, Taylor. – afferma, ridendo.
Dio mio, sta ridendo! Ma che diavolo c’è in questo bignè?
- A proposito... Posso chiamarti Tay? – chiede all’improvviso, raschiando il fondo del piatto per recuperare i rimasugli del bignè.
- T-tay? – ripeto sorpresa. – Perché? –
- Mi piace. – risponde fissando di nuovo il suo sguardo su di me. – A te no? –
- No, è che... Mi ricorda qualcuno... – affermo, pensando a Kay, il mio vero nome.
- Oh... Mi spiace. Non volevo farti ricordare... – inizia, scrutandomi, cercando una risposta nel mio sguardo.
– Senti, fai come vuoi. Non mi interessa come mi chiami. – lo interrompo brusca, abbassando lo sguardo. – Piuttosto voglio sapere perché quando sei venuto da me oggi non mi hai raccontato di Heather. – affermo risoluta, prendendo una coscia di pollo ed addentandola.
- Prima voglio sapere secondo te perché non l’ho fatto. – ribatte lui, guardando la coscia di pollo che sto addentando quasi preoccupato. Trattengo una risata. Devo mostrarmi seria ed impassibile.
- Secondo me probabilmente non avevi semplicemente voglia di parlarne. E, visto che ero l’unica a non essere ancora al corrente di quanto successo, sei venuto da me per scappare dai pettegoli e per poter parlare di altro. –
- Mm… Interessante. In effetti in parte è questo il motivo per cui non te ne ho parlato, ma in realtà è un altro il perché... – rivela, portandosi un dito al labbro.
Non poteva avere ragione Nathalie...
- E allora per quale motivo? – gli chiedo, cercando di nascondere la mia ansia.
- Beh… Perché volevo farti quel discorso che ti ho fatto da un po’ di tempo... – rivela, giocherellando con il cucchiaio. – Ma sei sempre con la tua amica e quindi non riesco mai a parlarti in privato... – continua.
- Oh... Capisco... – dico un po’ in imbarazzo.
- Già... Meglio che vada ora e dovresti farlo anche tu. Domani ci aspettano i test. – come se ci fosse bisogno di ricordarmi che razza di merdoso giorno sarà domani. – Ciao... Tay. – mi saluta, incurvando leggermente gli angoli della bocca prima di uscire dalla sala comune.
 
Prima di uscire adocchio Nathalie e con un cenno le dico di seguirmi in giardino.
Raccontato il resoconto della mia chiacchierata con L, Nathalie si mette a canticchiare: “Tra rose e fior, nasce l’amor.”
- Zitta! – le ordino, guardandomi attorno. – Sei imbarazzante! –
- Scusami, ma quello che ti ha detto è molto meglio del “scusa sono venuto solo per vedere come stavi.” che avevo previsto. – si giustifica, dandomi una gomitata.
- Sei proprio insopportabile. – affermo, guardandola malissimo.
- Dici così anche di L, ma poi... –
- Eddai! Piuttosto dimmi come è andata la cena con Ned e Heather. –
- Una palla assurda! –sbuffa. – Heather continuava a guardare Ned in cagnesco e lui la ignorava spudoratamente. Sai inizia a starmi simpatico ultimamente. –
- Non mi aspettavo che intervenisse. – affermo, guardando il cielo stellato.
- Neanche io... Probabilmente hai fatto breccia anche nel suo cuore. – ipotizza, guardando anche lei il cielo.
- O magari si è solo scartavetrato i coglioni e basta. – ribatto, ridendo al pensiero.
- Beh ora dovremmo proprio andare a dormire, non trovi? – dice, alzandosi.
- Tu inizia ad andare io fra cinque minuti ti raggiungo. – le dico, restando coricata sul prato del giardino.
- Okay, ‘notte. –
- Buonanotte. –
 
Sapevo che quella notte non avrei chiuso occhio, quindi tanto vale starsene un po’ lì a rimirare il cielo stellato che perlomeno mi dà un po’ di tranquillità.
Tranquillità che, come al solito, dura ben poco.
- Mi pare di averti detto che avresti fatto meglio ad andare a dormire, prima. –
- E allora perché tu non sei a dormire, genietto? –
- Le mie occhiaie non sono lì per decorazione. – afferma L, sedendosi di fianco a me.
Ridacchio. – Allora prima te ne sei andato solo perché la piega che aveva preso la conversazione ti aveva messo a disagio? - gli chiedo, sogghignando.
- Mi pare che anche tu fossi piuttosto in imbarazzo... –
- Ah, ah! L’ho ammetti allora! – esclamo, girandomi verso di lui.
- Già... Mi hai beccato. – confessa.
C’era decisamente qualcosa di sospetto in quel bignè. Per forza.
- Adesso capisco come hai fatto a prenderti la febbre. – afferma all’improvviso L.
- Eh? –
Mi fissa a lungo. – Hai solo una maglietta addosso. – constata, indicandola.
- Beh non fa freddo dentro all’orfanotrofio. – dico, stringendomi nelle spalle.
- Ma qui fuori sì. –
- Cosa vuoi dire con questo? Non vorrai mica toglierti la maglia per coprirmi le spalle come fanno i ragazzi nei film, vero? Questo sì che sarebbe molto imbarazzante. – gli chiedo, sogghignando.
- Certo che no. –
- E allora cosa? –
Lui rimane in silenzio.
Oh, merda.
- Eri tu... Quella notte... – sussurro, mettendomi a sedere.
Lui continua a rimanere in silenzio.
- Mi hai riportata tu in camera… Ora tutto torna! – affermo, alzando la voce.
- Non so di cosa tu stia parlando. – ribatte lui lentamente senza guardarmi.
- Ma smettila! Adesso si spiega come facevi a sapere che ho urlato nel sonno, visto che Melanie mi ha detto che solo lei e le ragazze della mia camera mi avevano sentita! – sbotto, prendendolo per le spalle. – Allora? – lo incito.
Lui si irrigidisce, ma non mi sposta. – E’ vero. – confessa. – Ma non avrei mai dovuto portarti in camera tua. Avrei dovuto portarti subito in infermeria. – rivela con lo sguardo basso.
- Perché? – gli chiedo confusa e, siccome non mi risponde, glielo ripeto un’altra volta, prendendolo di nuovo per le spalle. – Dimmelo! –
- Hai detto che tutte le ragazze della tua camera sanno quello che è successo... – ripete, alzando solo ora lo sguardo su di me... Era dispiaciuto.
Oh, no. No. No. No.
- Heather lo sa. -





Spazio Autrice

TADADADAAAAAAAAAN
Ed eccomi qua, miei cari lettori! Perdonatemi se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma l'Inferno chiamato comunemente scuola non mi dà tregua.
Poi bisogna anche dire che la maggior parte del mio impegno si riversa in una storia in collaborazione con un'altra scrittrice...
Ma torniamo a noi!
Ecco che iniziano i primi conflitti nell'orfanotrofio! Cosa ne pensate di Heather?
Finalmente scopriamo chi ha riportato Taylor in camera... Soddisfatte oppure c'è qualquadra che non cosa? 
Spero di risentirvi presto e non mancate di mandarmi critiche o qualsiasi genere di consiglio o parere! Anche per messaggio privato se preferite uu
Tanti abbracci!

theperksofbeinglawliet

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Test ***





Ovviamente non ho chiuso occhio per tutta la notte tra l’ansia per i test e per la scioccante rivelazione di L della sera prima. Quel disgraziato! Ci scommetto che lo ha fatto apposta per fare in modo che non fossi abbastanza riposata per affrontare i test.
Dopo essermi preparata, prendo di nascosto un thermos pieno di caffè nero dalla cucina e mi dirigo con tutta calma verso lo studio di Roger, sorseggiando la mia bevanda.
- Vedo che ci siamo tutti. - afferma Roger, fulminando con un’occhiataccia il mio thermos. – Possiamo cominciare. –
Come al solito Roger ci divide in quattro gruppi da dieci partendo dall’ultimo in classifica al primo e ci smista in quattro diverse aule. Ritrovo L nel mio stesso gruppo, nonostante fosse una nuova recluta. – A Winchester ero tra i primi dieci... – risponde L al mio sguardo interrogativo.
- Eri il più bravo. – specifico. – Non c’è bisogno di fare tanto il modesto. So che non lo sei. – borbotto, alzando gli occhi al cielo.
- Immagino che non tu abbia dormito... – constata, adocchiando il mio thermos.
- E’ anche per colpa tua. – sbotto, indispettita. – E non guardarlo così, tanto non te ne do un po’. – affermo, stringendomi il thermos al petto come per proteggerlo dal ragazzo.
- Non berrei mai una cosa così amara... – afferma, scuotendo la testa.
- Beh, tanto meglio. – sbotto di nuovo, dirigendomi verso la nostra sala.
Mi siedo in penultima fila vicino alla finestra. L si accomoda al posto dietro di me. Sbuffo.
Nathalie si siede al posto alla mia destra. – Non basterà bere quel caffè per rimanere lucida. – afferma lei con tono di rimprovero, scuotendo la testa.
- Vedremo. – la sfido, facendole l’occhiolino.
Ned si siede dietro a Nathalie. – Uhh non so chi dei due abbia più occhiaie. – constata ghignando, passando il suo sguardo da me a L. – E’ la volta buona per riprendere il mio posto. – afferma, lanciandomi uno sguardo di sfida.
- Magari in un’altra vita, Ned. – ricambio lo sguardo, ghignando a mia volta.
- Allora. – inizia Roger, battendo le mani per attirare la nostra attenzione. – Come al solito avete un’ora di tempo per completare questo test. Sapete cosa dovete fare. – continua, prendendo il cronometro. – Iniziate... Ora! – esclama, premendo il tasto che dà l’avvio al cronometro.
Il test può sembrare un banale quiz a crocette ad una prima occhiata, ma purtroppo non è così. Ovviamente i quesiti sono molto specifici e le varie risposte sono molto simili tra loro, tanto che a volte le opzioni sembrano dire la stessa cosa o che ci sia più di una risposta esatta, ma non è mai così. La risposta esatta è sempre e solo una. Lo scopo di questo test è di mettere alla prova la nostra capacità di comprensione e di testare l’attenzione per i dettagli che risultano essere quasi sempre i punti focali per risolvere un caso.
Impugno saldamente la penna, mentre cerco di svuotare la mente da qualsiasi pensiero ed inizio il test. Purtroppo la farsa dura poco e mi ritrovo a tremare così forte da non riuscire più a scrivere.
- Te l’ho detto che il caffè non sarebbe bastato... – mormora Nathalie senza staccare gli occhi dal suo test.
“Ah sì?” penso, prendendo il thermos. - Ti dimostrerò che il caffè fa miracoli! – mormoro a mia volta dopo aver ingurgitato un sorso di caffè più che abbondante.
- Ancora venti minuti. – ci informa Roger .
- Su, Taylor. Avrai fatto un centinaio di volte un test come questo o anche uno più difficile. – mi dico, impugnando nuovamente la penna.
Un bel respiro. Mente fredda. Zero pensieri. Solo io e il test. Io e il test.
Riprendo il test da dove mi ero interrotta e finisco giusto in tempo. – Tempo scaduto! Consegnate i test e dirigetevi verso l’aula due. – ci informa Roger, passando per i banchi a ritirare i test.
Una volta consegnato il test mi fiondo subito nell’aula due. Non voglio parlare con nessuno. Tantomeno con L.
Mi siedo sempre vicino alla finestra al penultimo banco e con stizza realizzo di aver già finito il caffè. – Vaffanculo! – sbotto, lanciando il thermos dall’altra parte della classe. – Ehi, ehi, ehi! – esclama Ned, prendendo il thermos al volo. – Qualcuno qui sembra un po’ nervoso. – afferma, passandosi il thermos da una mano all’altra.
- Vaffanculo anche a te, Ned! – sputo, lanciandogli un’occhiataccia.
- Questa roba ti fa male. – constata, poggiando il thermos sul mio banco. – Oggi rischio veramente di batterti se continui così, stronzetta. – afferma, scuotendo la testa con disapprovazione.
- Ti stai proponendo di andarmi a prendere un altro caffè? – gli chiedo con fare altezzoso.
- Non sono la tua domestica, cazzo! – sbotta. – Ti vuoi dare una svegliata, Taylor? Non è certo questo il momento adatto per farsi venire i complessi di inferiorità! – esclama, sbattendo le mani sul mio banco e guardandomi in cagnesco.
- Per tua informazione non ho chiuso occhio ieri notte per i cosiddetti “complessi di inferiorità”. – rivelo, ricambiando il suo sguardo. - Quindi, con permesso, vado a prendermi un altro caffè, così mi darò una svegliata come desidera lei, Monsieur. – continuo, alzandomi con tutta calma.
- Non andrà proprio da nessuna parte, signorina Taylor. – mi ferma Roger, chiudendosi la porta alle spalle. - Si sieda, per favore. –
Ritorno al mio posto, lanciando un’ultima occhiataccia a Ned, il quale mi rivolge in risposta un sorriso fintissimo. Mi volto verso destra e ritrovo di nuovo al mio fianco Nathalie con la sua solita indomabile capigliatura. – Scusa per prima, ma avevi bisogno di un… Incoraggiamento. – si scusa, sorridendo.
- E quello lo chiami un incoraggiamento? – le chiedo, sorridendo anch’io a mio malgrado.
- Beh... Ha funzionato, no? – dice, facendomi l’occhiolino.
Le rivolgo un sorriso. Con la coda dell’occhio noto che L è di nuovo seduto dietro di me nella sua solita posizione.
Sembra una gallina che sta per fare un uovo.
Trattengo un risata e mi giro lentamente verso la cattedra, sentendo pesare su di me il suo guardo penetrante. – Com’è andato il primo test? – mi chiede, sporgendosi dal suo banco.
- Non sono affari tuoi. – sbotto a denti stretti.
Roger si schiarisce la voce per ottenere silenzio. – Bene. Sul vostro banco trovate il secondo test. Come sempre avete due ore di tempo da... Adesso. – afferma, avviando il cronometro.
Lo scopo del secondo test è quello di testare la nostra capacità di deduzione.
I test di ragionamento ipotetico - deduttivo sono fra quelli che più mettono in crisi chi si trova ad affrontarli, non perché siano richieste nozioni di base specifiche, quanto perché ci si trova di fronte a deduzioni e ragionamenti che potrebbero confondere. Nel test sono presenti una serie di problemi che non sono da risolvere, bensì bisogna dedurre cosa e perché li ha scatenati, elaborando una tesi. Più la tesi si avvicina a quella che risulta essere la risoluzione del problema, più il punteggio è alto. E’ un test molto impegnativo perché ci possono essere differenti motivi per cui accade un qualcosa e non è detto che la causa che si deduce sia quella esatta. Per questo tutti temono il famigerato “secondo test”.
Per questo è molto raro che qualcuno ottenga il punteggio massimo.
Fino a quando non è arrivato L.
La deduzione sembra essere il suo punto forte.
E io ho finito il caffè.
Sono fottuta.
Inizio a tormentarmi le mani ed abbasso lo sguardo per terra, notando un foglietto aperto vicino al mio banco.

"Non ti starai mica arrendendo?
Io ti consideravo una ragazza divertente.
Ed arrendersi non è affatto divertente.
Sai cosa è divertente? Una bella sfida!
Non mi importa del punteggio. Sono solo numeri, alla fine. A te sembra importare, invece. Allora perché non combatti per questo? Dimostra di non essere una codarda..
.
"
Lo strappo con i piedi, furiosa. – Io non sono una codarda. – mormoro a denti stretti. Prendo la penna ed inizio il test, stavolta impegnandomi sul serio.
Una volta finito il secondo test, abbiamo un po’ di tempo per riposarci in attesa dell’ultimo test. Invece di andarmi a prendere un altro caffè, vado in giardino per prendermi una boccata d’aria fresca.
- E’ decisamente molto più salutare un po’ d’aria fresca che quella robaccia che mi hai tirato addosso. – afferma Ned, stiracchiandosi.
- Oltre ad essere un ottimo modo per scaricare la tensione, trovo che sia molto gratificante lanciarti le cose addosso. – ribatto, osservando il cielo che sembra minacciare pioggia.
- Lieto di esserti stato d’aiuto, Mademoiselle. – dice, facendo un inchino, sogghignando. – Allora… Cosa ti ha scritto Mister Mistero sul biglietto? – chiede dopo un po’ con noncuranza.
- Le solite cazzate che dice per innervosirmi. Ma a te che importa? – gli rispondo, sbuffando. Non mi va di parlare di L.
- Magari pensava che tu fossi andata nel panico e ti ha dato le soluzioni... – ipotizza lui, scrollando le spalle ed ignorando bellamente la mia domanda.
- Come avrebbe potuto scrivermi una soluzione di quindici righe in un foglietto minuscolo? E poi lui non suggerirebbe mai! E soprattutto non sono andata nel panico! – esclamo, incrociando le braccia. – E non hai risposto alla mia domanda. – gli faccio notare, guardandolo di sottecchi.
- Intervallo finito, ragazzi! Dirigetevi tutti verso la sala comune. – ci informa Roger attraverso un megafono.
- C’è proprio bisogno di usare quel coso? – si lamenta Ned, affrettandosi a raggiungere la sala comune.
Pur di non rispondermi se l’è data a gambe appena ne ha avuto l’occasione quel bastardo.
Alzo gli occhi al cielo, dirigendomi a mia volta verso la sala comune per poi sedermi al mio solito posto. 
Poco dopo mi raggiunge L. Sbuffo appena si siede al tavolo dove siamo soliti pranzare e cenare.
- Oh anch’io sono felice di vederti, Tay... – L che fa del sarcasmo? Qualcuno deve aver messo qualcosa nel mio caffè.
Lo ignoro spudoratamente fino a quando Roger inizia a chiamarci uno ad uno per il terzo test. Quest’ultimo è una prova orale che testa la nostra prontezza nel prendere una decisione. Il mio asso nella manica. – Ce la posso ancora a fare. – mi dico, sorridendo fra me e me.





Spazio Autrice

Buonasera popolo di Efp!
Ed ecco finalmente i famigerati test! Cosa ne pensate? Sono credibili? Vi aspettavate altro?
Io ho cercato in tutti i modi di renderli più realistici possibile, ma devo dire che probabilmente non ce l'avrei mai fatta senza i preziosi consigli di ShinigamiGirl. Grazie tesorah <3
Chissà se la nostra Taylor riuscirà a mantenere la sua leadership oppure se sarà costretta a riconoscere la superiorità di L...
Lo scoprirete soltanto leggendo i prossimi capitoli!
Alla prossima!

theperksofbeinglawliet

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Confessioni ***


 
 

Pian piano la sala si svuota.
La chiesa accanto all’orfanotrofio ha rintoccato da poco le undici, quando Roger fa chiamare Nathalie, lasciandomi sola nella sala comune con L e Ned.
La situazione è davvero molto imbarazzante visto che Ned e L si rifiutano di parlarsi e io mi rifiuto di parlare con L.
Io, seduta al mio solito posto, cerco in tutti i modi di non far caso a L ed al suo solito sguardo penetrante, mentre Ned sembra che stia per avere una crisi di nervi.
Prendo il mio walkman ed inizio ad ascoltare la musica per rilassarmi.
Non avrei mai pensato di non vedere l’ora di essere chiamata da Roger.
- Ned prima o poi scoppierai se non ti dai una calmata. – lo avverto, cercando di trattenere una risata.
- Fatti i cazzi tuoi, stronzetta! – sbotta lui, diventando ancora più rosso.
- Mm... Interessante. Sono davvero combattuto se credere che tu sia nervoso per il test o per altro... – afferma L, inclinando leggermente la testa.
- Definisci “altro”. – gli chiedo senza staccare gli occhi dal mio walkman.
- E’ solo colpa tua se sono nervoso! – esclama Ned, alzando le braccia in un gesto esasperato.
- Colpa mia? – ripete L, puntando un dito verso di sé.
- Sì! Mi dai sui nervi! – ammette, sbattendo i pugni sul primo tavolo a tiro. – Stai lì seduto ad aspettare che Roger chiami il tuo nome come se fosse la cosa più normale del mondo! E prima non hai battuto ciglio quando dovevamo fare i test! Non hai mai mostrato un segno di nervosismo o di indecisione! Sei stato per tutto il tempo tranquillo e sicuro di quello che stavi facendo! – rivela sconvolto. – Cosa cazzo sei?! – sbotta con rassegnazione, lasciandosi andare sul tavolo.
– E poi ero io quella nel panico! – sbotto, rompendo il silenzio che si era formato, alzando gli occhi al cielo. – Ned, sul serio. Calmati. – gli consiglio seria. – Come mi hai detto tu prima, non è certo questo il momento adatto per farsi venire i complessi di inferiorità. – gli ricordo, dando un tono solenne alle mie parole.
- Io non mi sto facendo i complessi di inferiorità. – borbotta lui, incrociando le braccia.
- Ned. – lo chiama Roger, aprendo la porta della sala comune.
- Arrivo. – dice con tono ancora astioso, saltando giù dal tavolo su cui si era seduto.
- In bocca al lupo! – gli auguro con tono sarcastico, vedendolo attraversare la sala velocemente.
- Crepa, stronzetta! – mi urla di rimando prima di sbattersi la porta alle spalle.
 
Se è stato molto imbarazzante stare da sola con L e Ned, beh ora devo ricredermi. Essere da sola con L è molto peggio.
Infatti, dopo alcuni minuti di totale silenzio tranne che per il leggero brusio proveniente dal mio walkman, L me lo strappa di mano.
-Ehi! – esclamo sorpresa dal suo gesto, aggrottando la fronte. - RIDAMMELO SUBITO! – gli urlo contro, riprendendomi dallo stupore e tentando di riprendermelo.
- Prima rispondi alla mia domanda... – ordina, tenendo in alto il walkman, sfruttando la sua altezza. – Perché ti rifiuti di parlarmi? – mi chiede, fissandomi.
- Perché non ho voglia di parlarti! Me lo ridai ora? – sbuffo, alzandomi sulle punte dei piedi per cercare di prendergli il walkman.
- E perché non vuoi parlarmi? – mi chiede ancora, tenendo ancora più in alto il mio walkman.
- Hai detto che dovevo rispondere solo ad una tua domanda e poi me lo avresti restituito! – gli rinfaccio, puntandogli un dito contro.
- Sono un bugiardo... – rivela, incurvando leggermente gli angoli della bocca.
- Ho notato! – sbuffo esasperata. – Va bene, te lo dico! Contento? – mi arrendo, andando a sedermi su un tavolo, seguita subito da L. – Non ti parlo perché… Tu sei il mio acerrimo nemico. – rivelo colpita da un improvviso interesse per le mie scarpe.
- Ma? – mi incita lui.
- Ma, cosa? – ripeto, sbuffando.
- C’è sicuramente un “ma”, altrimenti me lo avresti detto guardandomi con odio... – constata. – E tu non lo hai fatto, anzi ti stavi guardando i piedi. Segno che rivela inequivocabilmente disagio... – continua imperterrito.
- Non ti si può proprio nascondere nulla, eh? – sbuffo, scuotendo la testa. - In effetti sarebbe più giusto dire che dovrei odiarti perché prenderai il mio posto, ma la verità è che, per quanto io mi sforzi, non ci riesco. – rivelo, seduta sul tavolo, facendo dondolare le gambe. – Il fatto è che mi ricordi molto me ai tempi in cui stavo per diventare la numero uno al posto di Ned... Non avevo nessuno, tutti mi evitavano o mi odiavano e... Mi sentivo così sola. – continuo, sentendo la mia voce incrinarsi. – Non voglio che capiti a qualcun altro quello che è successo a me. – affermo, schiarendomi la voce e sentendo diventare il mio viso lava pura.
Dio, che imbarazzo. – Bene. Adesso puoi restituirmi il mio walkman, per favore? – chiedo, porgendogli la mano.
Lui lascia andare il mio walkman sul tavolo e, con uno scatto che non credevo che lui fosse capace di fare, inaspettatamente, mi abbraccia.
– Sei la prima persona che mi capisce... E che non mi odia. – sussurra, stringendomi in un abbraccio un po’ impacciato.
- Oh… Ehm... Non c’è di che. – sussurro, ricambiando l’abbraccio, dandogli delle leggere pacche sulla schiena.
Poi mi lascia andare, altrettanto velocemente come mi aveva stretto a sé, riprendendo il mio walkman e porgendomelo. – Tieni. –
- Ehm… Se vuoi puoi tenerlo per un po’, tanto Roger verrà a chiamarmi da un momento all’altro. – gli dico, schiarendomi la voce. – Però me lo devi restituire appena ho finito il test, intesi? – gli ordino, mettendo le mani sui fianchi per darmi un tono autoritario.
- Grazie. Sei molto gentile... – afferma, stringendo il mio walkman.
Non avevo mai pensato ad L come ad un ragazzo solo e senza amici, ma piuttosto ad un ragazzo che si isolava dagli altri per volontà propria. Pensavo che lui desiderasse la solitudine. E invece mi sbagliavo. Come sempre d’altronde, quando si tratta di L. Tuttavia, nel momento in cui mi ha chiesto perché non gli parlassi, mi sono resa conto che pensavo veramente quello che gli stavo dicendo, solo che non osavo ammetterlo a me stessa.
- Taylor. – la voce di Roger arriva alle mie orecchie come ovattata.
- Arrivo... – dico, ancora un po’ scossa, avviandomi verso la porta della sala comune.
- Sapevo che mi avresti capito, Tay... – afferma L, tenendo ancora in mano il mio walkman. – Dai il meglio di te. – continua, tenendo il walkman al contrario per cercare il tasto di accensione.
- Lo farò. – prometto, annuendo prima di chiudermi la porta alle spalle.
 
 
Okay. E’ vero che non odio L, ma apprezzerei davvero che non mi rivelasse questo genere di cose e che si comportasse normalmente prima di un test.
Solitamente sono sempre tranquilla prima del terzo test, visto che è il mio punto forte, ma a quanto pare oggi non è decisamente il mio giorno fortunato.
L’ansia ed i complessi di inferiorità, aggiunti alle nuove rivelazioni di L, non sono certo dei punti a favore per me. Anzi, a causa di queste, ho avuto delle crisi in ogni fottuto test.
Dov’è il caffè quando ne ho bisogno?
Mi fermo davanti alla porta dello studio di Roger. Chiudo gli occhi e faccio un bel respiro. – Va tutto bene. Torna indietro alla settimana scorsa. Quando tu e Ned vi odiavate a vicenda, quando L non c’era ancora, quando Heather... – interrompo i miei pensieri, colpita dal ricordo di quella che una volta era una mia amica. E’ da un sacco che non la vedo. Che fine ha fatto?
Apro la porta scacciando via quei pensieri e mi siedo dal lato opposto della scrivania del nostro sovrintendente.
Ma dall’altro lato della scrivania non c’è Roger.
C’è il “signore in nero”, Watari, solo che stavolta non ha il suo consueto look total black.
Watari è sempre troppo impegnato per venire a presidiare di persona i test, anche se sono studiati da lui personalmente, così solitamente lascia a Roger il compito di sottoporceli.
Quest’oggi però c’è lui. E la cosa non mi stupisce affatto. Sono sicura che ci sia lui dietro al trasferimento di L e che lo ha fatto per un motivo ben preciso, quindi la sua presenza all’orfanotrofio nel primo giorno dei test per L non mi pare così strana.
- Salve, signorina Taylor. – mi saluta con un cenno del capo. – Non mi sembra molto stupita di vedermi. – constata, studiando la mia espressione.
- Già. – confermo. – Qual buon vento la porta a Londra, signore? – chiedo con noncuranza.
- Sono qui per voi ragazzi, ovviamente. E’ da un po’ che non mi fermo a Londra. – risponde, congiungendo le mani davanti a sé.
Non è un mistero che Watari preferisca passare il suo tempo libero alla Wammy’s House di Winchester, ovvero la prima ad essere stata fondata da lui, quando non è in giro a cercare nuove reclute, anche se dista relativamente poco da quella di Londra.
- Ma bando alle ciance! Ora passiamo al test. – dice prima che possa ribattere.
Il test è strutturato in modo molto semplice: Watari propone un ipotetico caso e noi dobbiamo rispondere in meno tempo possibile, visto che il test verifica la nostra prontezza nel prendere una decisione.
Di solito ci sono due modi di affrontare il test: rispondere immediatamente con la prima cosa che faresti nel caso proposto da Watari o pensarci su per qualche minuto ed esporre una soluzione più dettagliata. Infatti le componenti principali di questo test sono la quantità di tempo impiegato per pensare alla soluzione e la validità della soluzione stessa. Quindi esporre la prima cosa che faresti nel caso proposto da Watari non è consigliabile, visto che non pensare con attenzione potrebbe portare ad una soluzione poco sicura. Tuttavia pensare troppo a lungo ad una risoluzione porta via molto tempo e non seguirebbe la richiesta del test di prendere una decisione in un tempo ristretto. Bisogna quindi trovare una via di mezzo. La mia tattica consiste, in un primo momento, nel seguire ciò che mi dice di fare il mio istinto in una determinata situazione, poi elaboro una strategia e, se non basta, improvviso. Molto semplice a dire il vero, ma spesso gli altri ragazzi si fanno prendere dal panico a causa del poco tempo a disposizione.
Immagino che vi starete chiedendo come mai non mi sono fatta prendere dal panico anche questa volta. Innanzitutto ci tengo a precisare che negli altri due test non mi sono fatta prendere sul serio dal panico. Ho solo avuto delle.. Incertezze, tutto qua. Comunque non so dirvi con precisione perché fossi più tranquilla durante il terzo test. Forse perché è sempre stato il mio punto forte e quindi mi sentivo più sicura di me stessa o forse perché non mi sentivo letteralmente il fiato di L sul collo.
Sta di fatto che, un quarto d’ora dopo, esco dall’ufficio di Roger, soddisfatta di me stessa, con un bel sorriso stampato in faccia.
In quel momento non potevo certo immaginare che, soltanto cinque giorni dopo, avrei rimpianto quel breve momento di felicità.





Spazio Autrice

Sono una brutta persona, lo so. Mi spiace davvero tantissimo della mia lunga assenza, ma sono stata davvero molto impegnata tra verifiche e interrogazioni, oltre al fatto che sono andata in gita e che ho avuto molti ripensamenti ed indecisioni su questo capitolo...
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e scusatemi ancora per averci messo molto ad aggiornare, giuro di
non sparire mai più per così tanto tempo. Mi raccomando, non mancate di farmi sapere le vostre opinioni, critiche e osservazioni varie!
Vi aspetto (?)

theperksofbeinglawliet

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Tabellone ***





Dopo cinque interminabili giorni, finalmente oggi sapremo i risultati dei test.
Nonostante ciò sono decisa a non alzarmi almeno fino alle dieci e mezza.
In fondo me lo merito un po’ di riposo, no?
- TAYLOR! – urla Nathalie scostando le tende per far entrare la luce.
A quanto pare no.
- Su, dai! Oggi è un giorno importante! Non puoi startene lì a dormire! – continua, aprendo la finestra. – CHIUDI QUELLA FOTTUTA FINESTRA! VUOI FARMI VENIRE UNA BRONCOPOLMONITE?! – le urlo di rimando, tirandole un oggetto a caso preso dal suo comodino.
- Sei sveglia, allora! – esclama, spostandosi dalla traiettoria dell’oggetto che ho appena tirato. Le sarebbe arrivato dritto dritto in faccia se non si fosse spostata. Peccato.
- Ricordami perché siamo amiche. – borbotto in risposta, rifugiandomi sotto le coperte.
- Molto divertente. Ora alzati se non vuoi avere compagnia quando andremo a vedere il Tabellone. – ribatte, tirandomi via le coperte di dosso.
Il Tabellone è il nome che noi ragazzi abbiamo dato all’elenco di tutti i nostri punteggi ottenuti nei test.
- Okay, okay! Ma tu vammi a prendere un caffè, mentre io mi preparo. – le ordino, dirigendomi a malavoglia verso il bagno.
 
 
Ci sono una buona e una cattiva notizia.
La cattiva è che, una volta arrivate davanti all’ufficio di Roger, scopriamo di essere le ultime, quindi c’è una discreta folla davanti al Tabellone che ci impedisce di avvicinarci per vedere il nostro punteggio.
La buona notizia è che io ho il mio caffè.
Appena gli altri notano la nostra presenza, o meglio la mia presenza, iniziano a spostarsi, lasciando così lo spazio necessario per avvicinarci.
Insomma immaginatevi me come Mosè e gli altri ragazzi come l’acqua.
- Oh, ma che carini. – affermo, studiando le loro espressioni.
Sembrano tutti trepidanti.
Tra la folla noto Ned. Lui non è per niente trepidante, anzi sembra leggermente incazzato. Mi rivolge uno sguardo che ha tutta l’aria di un “dopo facciamo i conti”. Wow, iniziamo bene la giornata.
I miei passi rimbombano per tutto il corridoio. Nessuno fiata.
Ora sono proprio davanti al Tabellone, Nathalie di fianco a me.
Il mio sguardo va subito sul primo in classifica.
Che non sono io.
E’ L.
Sapevo che sarebbe andata a finire così, ma averne la prova scritta di fronte è tutta un’altra storia.
Sento tutti gli occhi puntati su di me. Tutti vogliono assistere alla mia reazione.
Tutto questo mi fa tornare alla mente quando fui io a spodestare Ned dalla vetta.
 
Successe un sabato agli inizi di marzo del 1990 e pioveva, insomma per i londinesi era una giornata come un’altra.
Il “signore in nero” mi aveva portato alla Wammy’s House solo cinque mesi prima, durante i quali mi ero data parecchio da fare per scalare la classifica.
Nelle settimane precedenti a quel sabato mi ero fatta notare posizionandomi al terzo posto in graduatoria, tuttavia lo stesso Ned aveva sminuito il mio elevato punteggio definendolo una “botta di culo”.
Accolsi quella sua frecciatina come una sfida e, poco tempo dopo, la cosiddetta “botta di culo” si tramutò in una “smisurata botta di culo”.
Quel giorno, mi alzai presto.
Quando arrivai davanti allo studio di Roger, trovai Ned, solo, intento a fissare il Tabellone come sbigottito. Posò il suo sguardo gelido su di me appena mi vide arrivare.
- Tu... Piccola stronzetta! Come hai osato...? – disse con voce rauca che lo rese ancora più inquietante.
Intanto gli altri ragazzi si erano radunati in cerchio intorno a noi per assistere alla scena.
Mi prese per il colletto del maglione nero che indossavo, tirandomi su con molta facilità, dopodiché mi sbatté contro il muro con una certa violenza. – La pagherai cara per questo. – promise sempre con voce rauca, portando il suo volto a pochi centimetri dal mio e guardandomi con occhi infuocati per poi lasciarmi andare di colpo, non prima di avermi dato un altro strattone di avvertimento, e sparire in mezzo alla folla.
 
Ero seduta con la schiena contro il muro, tenendomi le gambe strette al petto, come a volermi fare ancora più piccola o per diventare un tutt’uno con il muro.
Tutti gli altri se ne erano già andati via con Ned, dopotutto in quei mesi non mi ero certo fatta ben volere... Nessuno badò a me, nessuno tranne lei.
- Ehi… Stai bene? – mi chiese la ragazza, inginocchiandosi accanto a me.
Non avevo mai visto nessuno con così tanti capelli in vita mia.
La ragazza aveva letteralmente un cespuglio ramato al posto dei capelli. Dietro agli occhiali apparivano due vivaci occhi verdi e sulla sua pelle chiara risaltava una spruzzata di lentiggini.
- Sì, mi fa solo un po’ male la testa... Niente di grave. – le risposi, massaggiandomi la nuca.
- Sicura? Vuoi che ti accompagni in infermeria? – insistette lei, porgendomi una mano.
- Sicura. – ribadii, accettando il suo sostegno.
- Beh... C’è qualcosa che posso fare per te? – mi chiese, tirandomi su. – E non accetto un no come risposta! – continua, sorridendomi. Due fossette fecero capolino agli angoli della sua bocca.
- Beh... Visto che mi sono alzata presto, potresti prendermi un caffè.– le risposi, ricambiando il sorriso.
- Non sei un po’ troppo giovane per bere il caffè? – mi chiese, un po’ sbigottita.
Alzai un sopracciglio.
- Okay, okay. – fece lei, alzando le mani in segno di resa. – Per chi devo prendere il caffè? – mi chiese, facendo finta che la sua mano fosse un taccuino.
- Taylor. – le risposi, vedendola scrivere il mio nome su una sua mano con un dito. – Chi ha preso la mia ordinazione? – le chiesi, stando al gioco.
- Nathalie. – rispose. – Bene, andiamo a prendere questo caffè, Taylor. – disse, mettendomi un braccio sulle spalle.
 
Da quel giorno siamo inseparabili. Mi giro verso la mia amica, guardandola con improvvisa tenerezza (tranquilli, non succede spesso). Lei mi prende la mano e me la stringe, pensando forse che mi stessi per mettere a piangere davanti a tutti.
Poso di nuovo il mio sguardo sulla folla in cerca di Ned, ma lui ha rivolto la sua incazzatura verso qualcun altro. Meglio così.
Torno a guardare il Tabellone.
A destra rispetto al mio nome c’è la scritta “migliorata” in verde con accanto il punteggio che ho ottenuto, ovvero 96/100.
Non faccio neanche in tempo a gioire del il mio successo che il mio sguardo cade sul punteggio di L.
100/100.
E non c’è la scritta “migliorato”, quindi non è la prima volta che ottiene il massimo dei voti. Come diavolo è possibile?!
Guardando l’elenco mi rendo conto che, con l’arrivo di L, Nathalie è scesa dal podio. Le stringo la mano. – Mi spiace... –
- Tranquilla, non m’importa più di tanto. Piuttosto... Tu come stai? – mi chiede, guardandomi con fare apprensivo.
- Sapevo che sarebbe successo... Oddio, guarda! – esclamo, puntando il mio dito sull’ultimo nome scritto sul Tabellone.
L’ultimo posto è occupato da Heather con la bellezza di 0/100 punti.
La vendetta si è servita da sola. Tanto meglio.
- Non si è presentata ai test. Non lo sapevi? – mi informa Nathalie, aggrottando le sopracciglia.
- No… In effetti è da un po’ che non la vedo... – ammetto, pensierosa, cercando l’odioso viso di Heather tra i ragazzi.
- Già... Strano che non si faccia vedere... – concorda, cercandola anche lei. – A proposito di persone che non si fanno vedere... Dov’è il tuo amichetto? – mi chiede, dandomi una gomitata su un fianco.
- Ahi! Non so dove sia e, onestamente, sono felice che non sia qui. – le rispondo, lanciandole un’occhiataccia, mentre mi massaggio il fianco. - Mi sa che è l’ora di mostrare al pubblico la mia reazione. – affermo, sospirando e cambiando argomento. Mi giro verso la folla. Sto per sbottare un bel “Beh, che avete da guardare?” con tanto di sguardo assassino, quando mi rendo conto che l’attenzione della folla si è spostata altrove. Un po’ stizzita, mi faccio largo tra i ragazzi verso la fonte di intrattenimento, tirandomi dietro Nathalie, intenta a lanciarmi tutti gli improperi possibili ed immaginabili.
Forse prima ho fatto male a non far caso a chi Ned aveva indirizzato la sua incazzatura. Beh avrei dovuto immaginare su chi si sarebbe sfogato, visto che lo ha già fatto in precedenza. E’ un déjà-vu.
Se non fossi certa del fatto che a Ned piacciano le ragazze perché una volta è stato fidanzato con Heather (se ci tenete alla vostra pelle non fategli domande sull’argomento. Accontentatevi di sapere che un giorno si è dato una svegliata e l’ha lasciata, fine.), penserei che a lui piaccia L.
- C’è qualcos’altro che vuoi portarmi via, fottuto bastardo? – urla Ned, avventandosi contro di L.
Mi metto in mezzo ai due prima che Ned possa colpire L. – Anche tu...? –mi accusa con voce rauca, fermandosi appena mi vede.
- Vuoi essere punito di nuovo, Ned? – gli chiedo, mettendomi le mani sui fianchi.
- Non me ne fotte una minchia di essere punito! Non ci sto a farmi portare via tutto da questo qua! – mi urla contro in risposta, diventando rosso dalla rabbia.
- Tu lo dici?! E cosa ti avrebbe portato via lui? – sbotto, acida. – Sono io quella che è appena passata da prima a seconda! – gli urlo contro, sentendo i miei occhi, per la prima volta dopo tanto tempo, inumidirsi.
Lui sembra non curarsene. – Finalmente sai cosa vuol dire! -  ribatte lui con la stessa acidità. – Si possono perdere anche delle cose diverse dal primato, sai? – continua a voce bassa, prima di oltrepassarmi, dandomi una spallata.
 - Purtroppo non ho ancora avuto modo di guardare il Tabellone perché Ned mi ha... Intrattenuto… – fa per dire L, ma viene subito interrotto da me.
- Ma va’ al diavolo pure tu, va’! – sbotto senza voltarmi verso di lui, andandomene a grandi falcate nella direzione opposta a quella che ha preso Ned.
 
 
Furiosa, corro verso la mia camera, trattenendo a stento le lacrime che sembrano non vedere l’ora di uscire per andare a ballare sulle mie guance, e mi ci chiudo dentro. Dopodiché mi rifugio nel piccolo spazio fra il mio letto ed il comodino, dove mi lascio andare ai singhiozzi, dando il via libera alle lacrime che iniziano a scorrere sul mio viso.
L’ultima volta che ho pianto è stata quando ho visto i corpi senza vita dei miei genitori. Da allora non ho più pianto perché ho sempre pensato che non ci sarebbe mai stato un dolore che non sarei riuscita a sopportare o per cui valesse la pena piangere, sicuramente non uno paragonabile alla perdita dei miei genitori.
Da due anni mi lascio scivolare tutto addosso senza sfogarmi in alcun modo (se non si conta la dipendenza dal caffè).
La morte dei miei genitori, il mio passato ed i suoi orrori che a volte ritornano, la solitudine dei primi mesi alla Wammy’s House, i conflitti con Ned, l’arrivo di L, lo strano comportamento di Heather, il quasi - riconciliamento con Ned, L ed il suo strano atteggiamento verso i miei confronti, prima sembra che faccia di tutto per farmi innervosire e poi mi abbraccia, i miei complessi di inferiorità che vanno a braccetto con la realizzazione di non essere mai abbastanza brava ed infine quello che è successo oggi…
Non ce la faccio più a sopportare tutto questo. Mi tocca pure ammettere che aveva ragione L, dicendo che avevo bisogno di parlare con qualcuno di quello che mi è successo in passato. Le lacrime continuano a scendere, calde ed amare, tanto che non mi accorgo della presenza di Nathalie finché non sistema una ciocca dei miei capelli neri dietro all’orecchio. – Ehi... Così sbaverai tutto il trucco... – constata, asciugandomi le lacrime con delicatezza.
- N-non… Mi… Importa... – dico tra i singhiozzi. Mi rendo conto di essere un po’ patetica, ma in fondo che cazzo me ne frega.
- Oh, Taylor... Vieni qui. – mi ordina lei, prendendomi per le spalle ed avvicinandomi a sé.
- Nathalie... – sussurro, gettandomi tra le sue braccia e singhiozzando ancora di più.
- Se mi sporchi la maglia di mascara ti uccido, sappilo. – mi avverte con tono scherzoso, accarezzandomi i capelli per calmarmi.
- Ti devo dire una cosa... – inizio, tirando su con il naso e scostandomi quel poco che basta per guardarla negli occhi.
- Lo so. – mi interrompe, ricambiando il mio sguardo.
- Come...? – non riesco neanche a formulare la domanda talmente sono scioccata.
- Volevi raccontarmi di te e L, vero? Beh... Non c’è n’è bisogno perché... Beh forse sono passata di lì... Per caso, eh! – confessa, balbettando.
- Io e L? Quando? Come? Cosa hai sentito esattamente? – le chiedo, un po’ confusa.
- Ho sentito che ti ha detto che era lui quello che ti aveva riportato in camera quella notte che ti eri addormentata in giardino. – rivela. – Tu mi avevi detto che ti eri alzata da sola ed eri tornata in camera. – continua, fissandomi. – Perché mi hai mentito? –
- Io... Ecco... Te l’avrei detto Nathalie, solo che non mi sembrava così importante... – continuo, imbarazzata, abbassando lo sguardo.
- NON TI SEMBRAVA COSI’ IMPORTANTE?! MA SEI CRETINA O COSA?! – esclama a dir poco scioccata.
- Sì, ma ora ti calmi. – le consiglio, mettendole una mano sulla bocca. – Vuoi farti sentire da tutti? –
- Okay, ma non puoi non dirmi una cosa del genere! Cioè ora è praticamente ovvio che L è cotto di te! – esclama al settimo cielo, battendo le mani.
- Ma non dire cazzate, suvvia. – sbuffo, alzando gli occhi al cielo. – Non voglio sentire parlare di quello lì. – continuo, agitando la mano con fare infastidito per chiudere l’argomento.
- Oh beh tra un po’ è ora di pranzo quindi devi per forza parlarci. – afferma lei, ammiccando e senza perdere il sorriso.
Sospiro. – Senti, comunque non era questo di cui volevo parlarti. – rivelo, andando in bagno per togliermi dalla faccia il trucco da panda depresso.
- Di cosa volevi parlarmi, allora? – mi chiede lei, seguendomi.
- Meglio se ti siedi. – le dico, guardandomi attorno. – Puoi sederti sul water... – le consiglio, trattenendo una risatina.

 
 
 
 
Spazio Autrice
 
Ragazzi e ragazze, sono davvero spiacente, ma credo che gli aggiornamenti saranno molto sporadici in questo periodo. Appena finirà la scuola, mi metterò sotto a scrivere ed aggiornerò regolarmente. Promesso.
Anyway, come va la vita? E' da un sacco che non vi sento e lo so che è solo colpa mia, ma sapete devo recuperare una materia alquano ostica... ECONOMIA. Suicidio. Bando alle ciance, vi è piaciuto il capitolo? Questa volta è più lungo, avete notato? ;)
Spero che vi sia piaciuto sopprattutto il mini flash-back che ho inserito sul primo "incontro" tra Taylor e Nathalie!
Per eventuali chiarimenti, critiche, pareri e quant'atro su questo capitolo o sulla storia in generale non mancate di contattarmi!
Alla prossima!

theperksofbeinglawliet

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2901567