A ogni cavaliere la sua damigella

di Astrid lover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Combatteremo... INSIEME ***
Capitolo 2: *** Scaglie d'amicizia ***
Capitolo 3: *** Bacio inaspettato al chiaro di luna ***
Capitolo 4: *** Un solo magico desiderio: stare con te ***
Capitolo 5: *** Un sacrificio d'amore ***
Capitolo 6: *** Un dolce futuro ***
Capitolo 7: *** scusatemi tanto ***
Capitolo 8: *** Il sole accende la speranza, le nuovole la spengono ***
Capitolo 9: *** Incubi raggelanti ***
Capitolo 10: *** avviso ***



Capitolo 1
*** Combatteremo... INSIEME ***


Era una bellissima giornata d’estate. Il sole splendeva alto e caldo nel cielo terso e azzurro speranza. Avete presente quell’azzurro che invoglia a correre liberamente tra i campi di grano e buttarsi da un momento all’altro per guardare le forme delle nuvole? Ecco, quel giorno era quel tipo di giornata. Benché il tempo fosse meraviglioso e tirava un’aria fresca che spezzava completamente il caldo, due ragazze, una con vellutati capelli lunghi, lisci e castano-ramati, l’altra con una bellissima e folta chioma di capelli mori e ricci, i quali nomi erano per la prima Astrid e  per la seconda Cristina, se ne stavano rintanate in camera attaccate al computer. E cosa stavano facendo se non documentarsi sul loro film d’animazione preferito e contemplare innamorate le foto del personaggio più bello di sempre? Queste due giovani donne erano stese sul tappeto verde smeraldo della casa di Astrid a parlare e a guardare lo schermo piatto del computer. D’un tratto Cristina sgranò gli occhi.
“Non è possibile! Io giuro che… che…” sbottò ad un tratto.
“Che…?”
“Che… lasciamo perdere. Dico solo che non approvo il fatto che mettano Hiccup con Jack Frost o con Merida o con Rapunzel o… ancora peggio, con Elsa o Anna! Hic è di Astrid!” motivò.
“Concordo con te Cry… non credo che l’invenzione di queste coppie sia stata una bella trovata… ma che possiamo farci, intanto. Uno potrebbe dirci che siamo impazzite, perché si tratta solo di un film e che i gusti sono gusti…”
“Di un film? Di un film?! Si tratta del film più bello di sempre e del ragazzo più bello del mondo!! Lo sai anche tu, Astrid!” esclamò Cristina. Astrid sbuffò e si portò la mano alla fronte.
“E quindi, sentiamo signorina rivoluzionaria, che cosa intende fare? Andare a Berk, parlare con gli abitanti e informarli che noi vogliamo combattere al loro fianco?” domandò sarcasticamente.
“Ehi sorella! Mi hai completamente letto nel pensiero!!” esclamò ridendo l’altra.
“O dei… Cristina lo sai che Berk è una finzione! Non esiste!” gridò Astrid.
“E chi te lo dice magari…” Cristina non finì di parlare che venne colpita da un grosso sasso alla testa e cadde a terra svenuta.
“O dei! Ma che succede?!” sussurrò Astrid avvicinandosi al corpo dell’amica. La ragazza si distrasse e la stessa cosa accadde a lei. Dopo mezz’ora Astrid si svegliò e dovette trattenere un urlo di sorpresa per non risultare patetica.
“Oddei! Ma dove siamo?!” domandò all’uomo che era davanti a lei. Lui si voltò verso di lei e sorrise.
“Buongiorno signorina!” salutò lui.
“Aspetta… ma io ho le visioni per caso?! T-tu s-sei…” balbettò incredula Astrid. Non poteva credere di essere a cavallo di Zannacurva e di star parlando con Moccicoso.
“Sì! Ben detto, ragazza. Io sono Moccicoso Jorgenson!!” si presentò baciando i suoi muscoli. La ragazza fece una faccia alquanto schifata e si voltò verso l’amica che ancora dormiva.
“Cristina… ehi!!” sussurrò. L’altra sbadigliò e pigramente aprì gli occhi.
“Dove siamo?” domandò con la voce ancora impastata dal sonno.
“Ehm… Premetto che. 1, non stai sognando ma è tutto vero. 2, siamo a cavallo di due draghi guidati da Moccicoso e Gambedipesce.” Spiegò Astrid.
“Cosa hai detto?!” tuonò destandosi all’istante. Si guardò intorno: sì, effettivamente lei era a cavallo di Muscolone e difronte a lei c’era il corpo robusto di Gambedipesce. “Oddei…”
“Buongiorno signorina Cristina e benvenuta sulla Muscolone Express!!” annunciò quasi solennemente il biondo.
“Ehmm… grazie…” rispose la ragazza stordita. Ma come poteva essere? Quello era sicuramente un sogno, poco ma sicuro. Le due si strofinarono gli occhi, li aprirono e li richiusero. Si coprirono le braccia anche di pizzicotti per vedere se quello che stavano vivendo era realtà. Ma niente, provavano solamente male e non si svegliavano.
“Ok… devo cominciare per caso a credere che questa è… è la verità?” domandò Astrid sconcertata.
“Ma certo bella. È la pura verità… come ho fatto a non incontrarti prima, principessa?” domandò Moccicoso alla castana.
“Ehmm…. Ehi Moccicoso vacci piano! Principessa a chi?!” tuonò impetuosamente la ragazza.
“A te fiorellino!!” disse il ragazzo abbracciandola. Astrid cercò di liberarsi dall’abbraccio stressante e ce la fece.
“Azzardati a toccarmi una seconda volta e non ti faccio arrivare a domani! Hai capito?!” minacciò.
“Come ti pare.” Rispose lui, sotto le grasse risate di Cristina.
“Ehi tu! Che hai da guardare?!” la rimproverò la ragazza. La riccia di ricompose, accennando alcune risatine quando l’amica si rigirò verso Moccicoso. Il viaggio procedette silenzioso, sino a quando Moccicoso non decise di rompere il ghiaccio con una delle sue solite lamentele.
“Gambe ci possiamo dare una mossa?! Muscolone è lenta come una lumaca! Di questo passo a Berk ci arriveremo in due mesi!” tuonò scocciato. Il biondo non rispose, si limitò a lanciargli un’occhiata indifferente. “Ehi tu, bambola, vuoi vedere come cavalca un drago un vero uomo?” domandò allora ad Astrid.
“Verameeente non…. Ahhhhh!!” gridò la castana quando Moccicoso fece fare delle giravolte in aria a Zannacurva. Quando si fermarono, Astrid si ritrovò appiccicata alla casacca del ragazzo e, quando se ne accorse, si scansò velocemente da lui, sempre sotto le risate di Cristina che ormai non riusciva più a trattenersi. “E’ così che sa volare un vero uomo?! Figuriamoci se non lo fossi, allora!!” lo rimproverò lei.
“Certo, e non hai visto tutto!” esclamò fieramente Moccicoso ridendo. Ma il detto dice sempre:” Ride bene chi ride ultimo” ed infatti, la furba Zannacurva si incendiò, facendo rosolare bene bene il sedere del suo cavaliere e della povera sventurata che gli era dietro. Gambedipesce e Cristina risero a lungo.
“Senti, amica mia, non è che possiamo fare cambio drago? Così, giusto per farti provare l’ebbrezza di cuocersi il didietro?!!” esclamò sarcasticamente la liscia massaggiandosi la parte bruciata.
“Ahaha!! Sai Astrid che sei proprio sarcastica? Dovrei chiamarti Astrica o…. no, è bruttissimo… l’ho trovata! Ti chiamerò SarcAstrid!!” esclamò ridendo la riccia. La castana le rivolse uno sguardo truce. “Ah! Mi sono dimenticata di rispondere alla tua domanda. La risposta è no. Vado benissimo su un drago lento e che non si incendia ogni tre per due…” disse indicando il corpo nuovamente incandescente di Zannacurva. La ragazza guardò la parte indicata e fu allora che si mise in piedi per evitare di incendiarsi nuovamente il sedere.
“Ecco! Ecco Berk!!” esclamò Gambedipesce eccitato.
“Oh miei dei!” dissero all’unisono le due, estasiate. Non vedevano l’ora di approdare sull’isola dei loro desideri. Dopo qualche minuto atterrarono nella piazza dell’isola. Le due giovani donne scesero dai draghi accompagnate dai Cavalieri. Le due si guardarono intorno con meraviglia.
“Io non posso crederci…” sussurrò Astrid. No, lei non ci credeva, al contrario invece di Cristina, che era felice di crederci. “Tutto ciò… non può essere vero, assolutamente no.” Disse.
“Posso darti un consiglio? Sorridi, annuisci e goditi l’avventura.” Consigliò la riccia. Astrid annuì e liberò la sua mente da quei pensieri che non le facevano vivere appieno quella bellissima esperienza che era appena cominciata.
“A-a-Astrid?! Girati!!” balbettò Cristina tirando la manica della camicetta bianca della castana. Quest’ultima parve infastidita dall’insistenza dell’amica.
“Arrivo Cry! Dammi solo un….” Si bloccò alla vista del ragazzo che stava venendo loro incontro. “… secondo” completò subito dopo.
“Ma non è perfettamente perfetto?” domandò estasiata Cristina.
“Ohh… sì che lo è!” rispose sorridendo innamorata l’altra. Il ragazzo “perfettamente perfetto” che si stava dirigendo verso di loro era il bellissimo Hiccup. Le due lo guardavano avvicinarsi estasiate ma poco dopo Astrid si rese conto della cosa imbarazzante che stavano facendo ed attirò l’attenzione dell’amica.
“Ehm… Cry ti rendi conto di cosa stiamo facendo?” domandò a bassa voce. La riccia sembrava non ascoltare, intenta a contemplare la figura snella ed asciutta del ragazzo che ormai era dinanzi a loro. “Cryy!!!!!!” esclamò sempre a bassa voce. Hiccup arrivò da loro e si fermò, sorridente.
“Benvenute ragazze! Io sono…” lui non finì di parlare.
“Sì! Sappiamo benissimissimo chi sei!!!! Hiccup Horrendous Haddock III!!” esclamò senza un minimo di calma Cristina che stava scoppiando di gioia e saltellava battendo le mani. Il ragazzo guardò interrogativo la liscia, che fece successivamente spallucce e nascose il suo rossore in volto, dato dallo sguardò smeraldino meraviglioso di Hiccup posato su di lei.
“Ok… voi invece siete…?” chiese Hiccup alle due. Le ragazze si guardarono e si sorrisero, poi Cristina si fece coraggio e parlò.
“Io mi chiamo Cristina e lei è Astrid.” Presentò la riccia. Hiccup le osservò entrambe ed Astrid fece un sorriso imbarazzato e salutò con una mano, quando toccò a lei essere guardata. “Una piccola domanda… posso sapere perché siamo qui?” chiese Cristina incuriosita.
“Ehm… ho ordinato a Moccicoso e Gambedipesce di trovare delle persone in grado di aiutarci a tenere alla larga Elsa, Anna, Frost, Merida e Rapunzel da me.” Spiegò il ragazzo.
“E perché siamo state scelte proprio noi?” chiese allora Astrid.
“Questo non lo so… chiedetelo a quei due.” Disse Hiccup indicando i due uomini.
“Non intendo rivolgere una sola parola a Moccicoso! Mi ha fatto venire il voltastomaco quando eravamo su Zannacurva e mi ha fatto rosolare per bene il fondoschiena! Per poi non parlare della rozza e barbarica “tecnica di rapimento”!!” esclamò la castana irritata.
“Rapimento cosa?! Moccio, Gambe! Venite subito qui!!!” ordinò Hiccup. I due si guardarono preoccupati e si diressero verso il gruppetto. “Si può sapere cosa avete combinato?!” domandò il ragazzo.
“Non credi che Hiccup sia ancora meglio quando parla con questo tono autoritario?” sussurrò maliziosamente Cristina all’orecchio dell’amica. Astrid la guardò e poi emise una piccola risatina.
“Ehm… c’era la finestra aperta, abbiamo sentito le ragazze parlare della loro disapprovazione verso le coppie tra te e Jack, Merida, Anna, Rapunzel ed Elsa e allora abbiamo pensato di aver trovato le ragazze giuste.” Spiegò Gambedipesce imbarazzato.
“Poi?”
“Poi… Gambe ha avuto la bruttissima idea di rapirle colpendole con un sasso alla testa, caricarle furtivamente sui draghi e portarle qui a Berk. Ho provato a fermarlo ma lui voleva aver ragione!” Disse tutto di un fiato Moccicoso.
“Eh no! Non sono stato io ad avere questa rozza idea! Sei stato tu, razza di uomo che di nome fa una cosa viscida che viene dal naso!” si difese Gambedipesce.
“Ragazzi, per Odino! Ma vi sembra il modo di portare a Berk due ragazze, sequestrandole barbaricamente da casa?!” tuonò Hiccup. I due uomini abbassarono il capo in segno di scuse. “Mi dispiace molto ragazze per come si sono comportati sti due…” si scusò il moro.
“Non ci sono problemi, Hiccup.” Rispose Astrid sorridendo. Il ragazzo ricambiò il sorriso, cosa che fece diventare rosso papavero la ragazza.
“Volete comunque darci una mano?” domandò dolcemente.
“Ovviamente sì!!” esclamarono all’unisono le ragazze decise.
“Allora vi occorrerà una casa, ci vorrà un po’ di tempo…” disse Hiccup.
“Mmm… che peccato… avrei voluto tanto entrare nella casa del grande Capo di Berk…” osservò Cristina.
“Sinceramente anche io.” Concordò annuendo l’altra. Hiccup parve un po’ imbarazzato a tali richieste e si grattò la nuca nervoso.
“Se… se volete proprio potete anche dormire a casa mia ma… preferirei andaste in quelle due case.” Disse indicando le due abitazioni. Astrid fece spallucce e fece per andare nella dimora indicata ma Cristina la fermò per un braccio.
“Che c’è scusa? Invadiamo per caso la tua privacy? Non è che vuoi invitare la tua ragazza a cena?” domandò con faccia ammiccante la riccia.
“Ma questi sono affari miei, non tuoi!!” esclamò imbarazzato il capo.
“Eh dai ammettilo!!” lo schernì Cristina. Hiccup mise un tenero broncio in volto che fece ridere le due giovani.
“Perché volete sapere su di lui…?  Invece perché non mi chiedi qualcosa su di me, baby?” chiese Moccicoso avvicinandosi ad Astrid e tirandola a sé.
“T-tu prova a chiamarmi “baby” un’altra volta ed io giuro che ordino a Zannacurva di incendiarti! Ah, troppo poco. Poi la costringo a pestarti ed infilzarti con i suoi artigli affilati, chiaro?!” urlò la liscia liberandosi da quella orrida stretta.
“Questo sì che è un comportamento da vichinga!” esclamò Hiccup appoggiando la sua mano sulla spalla della ragazza che sussultò a tale tocco. Cristina sbuffò e cominciò a guardarsi intorno.
“Ma allora? Dov’è?” chiese. Fece il suo elegante ingresso Astrid (la bionda, però) che si posizionò al fianco del suo Cavaliere. “Ah, arrivata in tempo, vedo.” Aggiunse sarcasticamente la riccia.
“Buonasera, milady.” Sussurrò Hiccup baciando dolcemente la compagna.
“Milady? Milady?? Ma tu spiegami cos’ha in più Astrid di noi due! Io sono troppo follemente innamorata di te e non mi hai mai chiamata così!!” gridò Cristina sbuffando adirata.
“Ma tu ce l’hai un minimo di cervello?! Ci conosce da solo qualche minuto!! E lei è la sua ragazza… anche se concordo con te, è troppo bello per essere vero…” aggiunse la castana con aria sognante.
“Chi sono queste due ragazze?” domandò la bionda curiosa.
“Io sono Astrid.” Si presentò la prima.
“Ma guarda che coincidenza…” aggiunse ironicamente la bionda.
“Ed io Cristina.” Disse la riccia.  “Posso baciarti?” chiese poi ad Hiccup, il quale sgranò gli occhi  a tale richiesta.
“Eh no! Se lo baci tu voglio baciarlo anche io!!” aggiunse l’altra.
“Ma cosa sarebbe questa reazione improvvisa?” chiese confuso Hiccup.
“Wo wo wo!! Questo è il mio ragazzo!!” tuonò Astrid.
“Un bacetto… sulla guancia ti prego!!” implorò Cristina.
“E’ fatta sorella, tu prendi la guancia destra ed io la sinistra.” Disse la liscia ridendo.
“Questa è proprietà privata!!” ribadì la bionda possessiva.
“Ma voi non dovevate essere qui per proteggermi da certe persone che mi gironzolano intorno?!” irruppe Hiccup.
“Sì, ma solo se ci dai un bacio…” disse ammiccante Cristina.
“Ma questo è un ricatto!!” gridò la bionda.
“Ultima offerta: un abbraccio, stretto stretto…” proferì la riccia irritata.
“E va bene ma…” il ragazzo non finì di parlare che le due si avventarono su di lui e lo strinsero forte, facendolo cadere a terra.
“Oh Thor… fa che questo abbraccio non finisca mai…” sussurrò la prima sprofondando il suo capo nel petto di Hiccup.
“Già…” concordò la liscia.
“Ora basta!!” tuonò Astrid, facendoci alzare tutti e tre in piedi.
“No no! Questo non vale! Doveva essere un abbraccio stretto stretto e non lo è stato!” obbiettò Cristina.
“Ma mi avete travolto!!”
“Va bene, noi ce ne andiamo.” Chiarì stizzita la riccia, andandosene.
“No no!! E tu come fai a lasciare anche solo per un minuto un ragazzo… così?!” la fermò l’altra tirandola per un braccio ed indicando Hiccup.  L’amica sbuffò.
“E va bene, restiamo.” Acconsentì.
“Eddai Astrid! Era solo un innocuo abbraccio, niente di che!! Non aver paura non ti rubiamo il ragazzo!” si giustificò Astrid.
“Sicura…? Io ci farei un pensierino…” disse ammiccante la seconda.
“Cry!” urlò la castana. “Sto cercando di farmela amica… Anche io voglio, che vai a pensare!” sussurrò.
“Ahh!”
“Cosa stavate dicendo?” chiese Astrid impetuosamente.
“Niente!” risposero le due all’unisono ricomponendosi.
“Sì ma poi come ce lo dividiamo? Ricorda, è uno solo!” aggiunse la riccia.
“Sta zitta!!” disse Astrid stringendo i denti.
“Eheh! Che… che c’è Astrid?” balbettò Cristina indietreggiando impaurita dall’avanzare minaccioso della bionda.
“Se voi provate solo a sfiorare Hiccup, giuro che vi rispedisco a casa!!” minacciò.
“Nooooo! No! Calma Astrid!! Tuuuuto sotto controllo!!!” accorse la liscia tirando Astrid per le braccia.
“No! Io non mi separerò mai da lui! È mio!!” singhiozzò Cristina.
“Oddei…” sussurrò sconsolata la castana sbattendosi la mano in fronte.
“Ci capisco sempre meno… non eravate qui per aiutarci a tenere lontane le persone che mi amano tranne Astrid?” domandò confuso il ragazzo.
“Infatti, io mi chiamo Astrid.” Annuì la castana. “Perché?! Non siamo carine abbastanza per te?! Beh, se vuoi solo Astrid, la bionda intendo, ritieniti da solo a combattere! Su di me non contarci!” gridò lei scappando via, inoltrandosi nella foresta.
“Aspetta Astrid!!” urlò Hiccup correndole un po’ dietro. “Oh Thor…” sussurrò fermandosi e sbattendosi una mano in fronte.
“Ne rimane solo una… Muah!!” disse Cristina avvicinandosi al ragazzo e mandandogli un bacio volante.
“Lascia stare, Cry.” La ammonì nervoso, andandosene infastidito. La ragazza sorrise felicemente.
“Hai sentito?! Mi ha chiamata Cry!!!” gridò lei “alla foresta”. In realtà si riferiva all’amica, che solo Odino sapeva dove si era cacciata. Hiccup si girò verso di lei e la guardò perso.
“Come volete. Ma se poi vi ritrovate su internet un selfie mio e di Jack Frost non è colpa mia!” si scagionò Hiccup sbattendo le mani sui fianchi.
“Ok Hic. A noi non da fastidio se ti fai i selfie con Frost. Chiedilo piuttosto alla tua stressante e suscettibile ragazza che non ci permette di darti nemmeno un bacino sulla guancia, se le va bene. Secondo me ti staccherebbe la testa a suon di asciate.” Rispose indifferente Cristina. “Quindi vedi tu. Ehmm… io proporrei di andare a cercare Astrid…”
“Cry… Astrid è qui!” disse stressato.
“No! Testa di zucca! La mia amica Astrid, genio!” tuonò.
“Ah.”
“Uuuuun attimino! Mi hai chiamata di nuovo Cry!! Ti amoooo!!” disse avventandosi sul ragazzo.
“Vedi di stare attenta a dove metti le mani!” la riprese la bionda, che supervisionava possessivamente la scena.
“Va bene va bene va bene. Non uccidermi. Andiamo a cercare Astrid, però!”
“Perché deve chiamarsi come me? Mi da fastidio questa cosa!”
“Allora. Se ti chiamo Cristina ti comporti normalmente?!” chiese stremato Hiccup rialzandosi debolmente da terra. Le due lo guardarono sorprese. E cosa centrava quella domanda in quel momento. Con indifferenza ci passarono sopra e continuarono a parlare delle loro cose.
“Biondina se la mia amica si chiama come te… ma che problemi ti fai, per Odino?!”
“Potrebbero saltare fuori dei fraintendimenti!!” si giustificò la bionda.
“Tipo?” la stuzzicò ammiccante.
“Lascia stare.”
“Ritornando a te... dipende che tono usi.” Disse rispondendo alla domanda fatta da Hiccup che intanto assisteva alla scena confuso.
“Allora Cristina, ascoltami…” le parole che seguirono queste non furono ascoltate dalla ragazza, che intanto pensava:” Ma quanto mi piace questa voce autoritaria….”. La riccia si fece trasportare dalle emozioni e face una faccia imbambolata.
“Con te non si può ragionare. Vogliamo andare a cercare quella ragazza e mettere tutte le cose in chiaro, per tutti gli dei?!” tuonò l’uomo.
“Ti stai per caso affezionando a quella ragazza?! Provaci e ti stacco… Hic? Hic dove ti sei cacciato?! Cry? Oddei, giuro che rimando tutti a casa…” sussurrò la bionda che intanto ritornava nella sua abitazione. Nel mentre nella foresta, i due ragazzi perlustravano a tappeto tutto lo spazio per trovare Astrid, ma niente da fare.
“Astrid! Heyy!! Vuoi venire fuori razza di ragazza alla quale piace giocare a nascondino, per tutti gli Dei??!” gridò chiamandola l’amica.
“Astriid!!” chiamò Hiccup. “Ma è sempre stata così la tua amica?”
“No… ci conosciamo da quando avevamo sei anni, siamo sempre state legate come… due sorelle. È una ragazza sempre ben voluta, è educata ed ha qualità. Non l’ho mai vista reagire in un modo così improvviso…” spiegò Cristina. Hiccup annuii e rivolse uno sguardo perso alla vegetazione.
“Sai, non credevo di fare un effetto del genere alle donne…” ammise ridendo. Cristina lo guardò e fece una faccia alquanto stupita.
“Sei serio?” domandò con tono neutro.
“Ovviamente.”
“Ma a te manca qualche valvola, amico!” esclamò lei. “Senti, ti chiedi il perché dell’esistenza di tante fangirl? Per gli dei, ma a volte ti guardi allo specchio?! Credo di no.”
“Certo che mi guardo allo specchio. E vi vedo un ragazzo che non sa nemmeno chi è e qual è il suo scopo nella vita…” rispose sconsolato. La riccia lo guardò in malo modo.
“Puoi continuare la ricerca da solo… adios amigo.” Disse dandogli una pacca sulla schiena e cambiando direzione. Hiccup sbuffò e continuò a cercare la giovane donna da solo. Camminò per mezz’ora buona, finché non udì un canto. Un melodioso canto che seguì curioso. E fu quel canto, che gli fece trovare la ragazza cercata. Si trovava sulla cima del Capo Corvo, a guardare il bellissimo tramonto estivo che Berk donava. E intanto cantava. Sì, la sua passione era cantare.
“Astrid…. Per gli dei non farlo mai più…” disse con respiro affannoso Hiccup. La donna si girò verso di lui e si toccò la treccia castana.
“E perché mai non dovrei, scusa? Tanto cosa ti importa?” domandò rigirandosi verso il mare.
“Perché non posso permettere che accada qualcosa ad un cittadino di Berk.” Rispose appoggiando delicatamente una mano sulla sua spalla e sedendosi di fianco a lei.
“Io non sono cittadina di Berk.” Obbiettò ancora.
“Non è vero.”
“Lascia stare Hic. Preoccupati solo per la tua Astrid.” Disse lei scocciata, alzandosi. Hiccup la fermò con un braccio. Tanta era la forza che andò a sbattere contro di lui.
“Perché fai così?” domandò lasciandola.
“Non sono fatti che dovrebbero riguardarti, Hiccup.” Rispose astiosa.
“E invece sì, vorrei aiutarti.” Ribatté fermamente.
“Per favore, lasciami in pace. È già tardi, Astrid si arrabbierà se non torni e non voglio avere la tua morte sulla coscienza.” Disse frettolosa.
“Astrid non mi ucciderà, Astrid” chiarì. La ragazza sbuffò e cominciò a piangere. Si accasciò a terra e si coprì il viso con le mani. Sentì la mano del ragazzo sfiorare la sua e toglierla dal suo viso rosso papavero. “Che c’è?” domandò dolcemente. “Perché piangi?”. Astrid si asciugò le lacrime con la manica e si alzò in piedi.
“Sai… la mia infanzia non è stata certo un’infanzia invidiabile… Ho perso i genitori all’età di quattro anni e ho dovuto cavarmela da sola fino ad adesso. Ho perso mia sorella e… la memoria, in seguito ad una botta forte sulla testa ricevuta da un bullo. Fortunatamente ho conosciuto Cristina. Lei mi ha sempre aiutato, in tutto. Non ho nemmeno un fidanzato e a vent’anni non è il massimo.” Spiegò lei. “Io… non so cosa sia l’amore.” Aggiunse poi, singhiozzando lievemente.
“Oddei… non sapevo…” sussurrò Hiccup sconcertato.
“Non preoccuparti…” disse lei sorridendo amaramente. Le mancavano i suoi genitori. E anche sua sorella, della quale non ricordava nemmeno il nome. Voleva loro molto bene, ma l’hanno lasciata. I minuti di silenzio furono interminabili.
“Grazie, Hiccup. Questo momento di sfogo mi è servito molto. Da tanto tenevo repressa questa… questa tristezza ed ora… l’ho tirata fuori. Grazie davvero.” Disse lei rompendo il ghiaccio. Hiccup le rivolse un comprensivo sorriso e si alzò, porgendole la mano per farle fare altrettanto. Lei la accettò e si mise in piedi. I due, giunti nella piazza, si salutarono ed entrarono nelle loro rispettive case.
“Hic? Come mai ci hai messo tanto?” chiese Astrid quando il ragazzo entrò nell’abitazione.
“Siamo andati a cercare Astrid.” Spiegò baciandola.
“Mmm… non mi piace questa storia, sappilo.” Lo avvisò.
“Astrid… se conoscessi bene la storia di quella giovane donna capiresti tutto.”
“E quale sarebbe la storia, sentiamo?”
“Ha perso genitori e sorella a quattro anni. È dovuta crescere da sola, senza nessuno che la aiutasse. Poi, ha perso la memoria, in seguito ad una botta forte ricevuta in testa da parte di un bullo. Poi ha incontrato Cristina e da lì è riuscita ben o male a vivere abbastanza serenamente, con ancora però un vuoto incolmabile nel cuore. Lei ha vent’anni e non ha il ragazzo, non l’ha mai avuto. Lei non sa cosa sia l’amore.” Spiegò lui. Astrid lo guardava sconcertata.
“Oddei non… pensavo..” sussurrò lei tristemente. Una lacrima percorse inesorabile la guancia della bionda. Hiccup si avvicinò a lei e gliela asciugò, poi l’abbracciò. Sapeva benissimo il motivo di quel pianto: anche a lei era successa una cosa simile. “Mi dispiace… sono stata perfida…” singhiozzò la ragazza tra le braccia del fidanzato. Lui la baciò dolcemente e le carezzò la gota.
“Tu non sei mai perfida, mia signora.” Sussurrò sorridendole. Lei gli posò un ultimo bacio a fior di labbra e si allontanò delicatamente, andando a versare la cena in due ciotole.
Intanto Cristina era uscita dalla sua abitazione e vagava al chiaro di luna per le vie di Berk.
“Santo cielo… qui fa un freddo barbino… colpa di quei due idioti! Se ci avessero chiesto prima venire qui almeno ci saremmo portati pure i vestiti!!” disse fra sé e sé la ragazza. Passò per la casa della sua amica Astrid e la vide seduta accanto al camino, rannicchiata su sé stessa avvolta da una coperta bianca. Si fermò un attimo a guardarla: stava piangendo e lei sapeva benissimo perché. Avrebbe voluto tanto entrare nella casa ma proseguì il suo cammino. D’un tratto le parve di riconoscere l’abitazione alla quale era davanti: quella del capo. Con un malizioso sorriso sgattaiolò sotto la finestra per spiare Hiccup e l’amata compagna Astrid. Guardò la scena intenerita: i due erano accoccolati anche loro vicino al camino e si scambiavano baci, abbracci e dolci parole. Fece per andarsene ma inciampò ed andò a sbattere contro la casa, ritrovandosi stesa davanti alla porta. La coppia si alzò ed andò ad aprire.
“Cristina! Che ci fai qui?” domandò Astrid notandola.
“Ehmm… ero venuta perché… perché… perché fa freddo ed allora volevo chiederti se avevi qualcosa da prestarmi.” Disse imbarazzata. La bionda sorrise, l’aiutò ad alzarsi e la invitò ad entrare nella casa.
“Vieni pure al piano di sopra. Nell’armadio dovrei avere qualcosa.” Disse Astrid salendo le scale a chiocciola della casa. Rovistò nella cabina armadio e vi trovò una pelliccia beige. “Eccola, questa fa un bel caldino. Tienila pure, ne ho altre qui.” Esclamò mettendogliela sulle spalle sorridente. Cristina non credeva ai suoi occhi: non aveva ancora visto Astrid comportarsi in un modo così gentile e servizievole, dopo tutto quello che avevano combinato lei e l’amica. La ragazza ringraziò cordialmente e salutò sia Astrid che Hiccup, poi si diresse a casa, stanca per il lungo viaggio compiuto quel giorno.

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Capitolo 2
*** Scaglie d'amicizia ***


La notte passò, lasciando il posto ad una giornata fredda ed uggiosa. Astrid si svegliò nel suo letto e, in dormiveglia, si alzò. Rabbrividì soltanto quando mise delicatamente una mano sul corrimano di ferro delle scale, che era un bel po’ freddo. 
“Per gli dei di Asgard!!” si sentì urlare. La castana si destò all’istante e si precipitò ad accendere il camino. “Che freddo che fa!” pensò fra sé e sé mentre si sfregava le mani. Preparò in fretta la colazione e mangiò. Venne interrotta da qualcuno che bussò alla sua porta.
“Sì?” domandò.
“Sono Astrid!!” esclamò la ragazza fuori. La mora aprì la porta e si ritrovò tra le braccia della bionda che la stringeva forte.
“Ehm… Astrid? Sicura di stare… bene?” chiese la castana stranita.
“Mai stata meglio, amica mia.”
“Amica cosa?! Ma è tutto a posto? Seriamente.”
“Ma certo!” esclamò la bionda. Astrid la guardò sbalordita e la fece entrare. La ragazza si chinò e prese tra le braccia una marea di vestiti.
“Ma Hiccup ti ha fatto la proposta di matrimonio? No perché… non mi sembri tu, ecco.” Ammise la castana.
“No, non mi ha detto niente. Mi sono solo resa conto di essermi comportata veramente male ieri e perciò… ecco un po’ di vestiti, ti serviranno.” Disse Astrid. L’altra sorrise e la invitò a salire in camera. Poggiarono la pila di abiti sul letto, cosicché la ex proprietaria potesse illustrarli all’amica. C’erano gonne, minigonne, t-shirt, camicette, jeans, vestiti corti e lunghi, scarpe col tacco, sneakers, ballerine, stivali, casacche, leggins, maglie a maniche lunghe, maglioni, mantelle e cappotti.
“Astrid… è così tanta roba… poi mancherà a te!” esclamò la castana.
“Ma figuriamoci, Astrid. Te la do volentieri non ti preoccupare.” La rassicurò mettendole una mano sulla spalla. D’un tratto alla mora vennero alla mente alcuni ricordi, ricordi di sua sorella. “A-astrid… tutto apposto?” domandò la bionda vedendo l’amica strana.
“Io… ho già visto questa scena… nella mia vita. Ero piccola e… ed ero in spiaggia, con la mia famiglia. Io e mia sorella stavamo giocando, quando un bambino colpì il mio gioco con la palla e lo fece finire in mare. Mia sorella vide la scena e si arrabbiò, così mi cedette il suo giocattolo e ci giocammo in… insi…” la ragazza non riusciva a dire quella parola, non riusciva a dire “insieme”. Era una parola che lei non usava nel suo parlare quotidiano, o meglio, da tanto era da lei ignorata, in quanto vivesse da sola e non ne avesse bisogno. Cominciò a piangere, consolata soltanto dall’amica, che la abbracciava.
“Sai… anche io avevo una sorella che è scomparsa tanto tempo fa… mi manca tanto e… pagherei per rivederla, ma ormai Odino ha deciso di volerla a sé e ci ho fatto l’abitudine…” sussurrò la bionda interrotta saltuariamente da alcuni singhiozzii. Le due si sorrisero, comprendendo l’una la situazione dell’altra.
“Ti piacciono i vestiti?” chiese la bionda cambiando discorso. L’altra annuì e la abbracciò, ringraziandola.
“Come facciamo a darvi una mano con la situazione “Hiccup”?” chiese la mora.
“Giusto! Hic mi ha detto di riferirvi che dobbiamo riunirci all’Arena oggi, ci deve parlare.” Disse.
“Ok, parlerò con Cristina.” Rispose Astrid, scendendo le scale e tenendosi alle spalle la bionda. La ragazza uscì di casa, lasciando la castana riordinare la camera colma di vestiti ed accessori. Terminato il lavoro scelse una casacca verde con la gonna bianca e i leggins dello stesso colore della maglia. Si raccolse i capelli ramati in una lunga treccia che le ricadeva sulla schiena ed un ciuffo che le oscurava l’occhio verde bosco. Uscì di casa, indossando anche la mantella e si diresse dall’amica.
“Cry! Sono Astrid!!” disse bussando. La ragazza aprì la porta ed abbracciò la castana.
“Wow Astrid! Sei uno schianto! Chi ti ha dato tutti questi vestiti?” domandò.
“Astrid. Stamattina mi ha riempita la camera di vestiti ma… non è questo il punto. Vestiti, dormigliona, dobbiamo andare all’Arena. Hic ci deve parlare.” Sentenziò Astrid. L’altra annuì e la invitò ad entrare, siccome doveva cambiarsi e farla rimanere fuori al freddo sarebbe stato scortese. Quando fu pronta uscirono di casa e si diressero verso l’Arena.
“Giorno ragazze!!” le accolse Hiccup con un sorriso, che fece arrossire le due.
“G-giorno… C-capo..” balbettò Astrid abbassando il volto quando passò di fianco a lui.
“Ehi ehi ehi! Guarda che schianto che siamo stamattina, bambola!!” esclamò Moccicoso prendendo la castana per i fianchi e tirandola a sé.
“Per l’ultima volta, Moccicoso. NON. CHIAMARMI. MAI. PIU’. BAMBOLA. PER NESSUN. MOTIVO. AL MONDO. O ti ritroverai faccia spiaccicata al muro. Ci siamo capiti?” domandò con tono adirato la ragazza che lo prese per i capelli e lo abbassò sul suo viso. Lui annuì terrorizzato e fu allora che Astrid mollò la presa.
“Brava. È così che bisogna trattare Moccicoso. Sennò non ti lascia in pace. Sembri uguale identica a me quando avevo quindici anni…” disse la bionda affiancando l’amica che le sorrise.
“Bene, bando alle ciance. Cosa dovevi dirci, Hiccup?” domandò Cristina.
“Ecco… da oggi incomincerà l’allenamento per combattere la banda di Frost. Ma prima, dobbiamo trovarvi un drago. Vedete… prima di tutto dobbiamo conoscervi meglio, perché si sa, fra drago e cavaliere ci deve essere affinità ed i caratteri dei due devono essere similari. Cry, vieni qui.” Disse Hiccup. La ragazza fece un passo verso di lui e sull’Arena calò il silenzio totale.
“Cry… wow…” farfugliò imbambolata la ragazza ridendo. Hiccup si portò la mano sulla fronte, rassegnato e la ignorò.
“Passiamo oltre… Dimmi, qual è il tuo colore preferito?”
“Il rosso.”
“Roosso.” Disse scrivendo sul suo cellulare. “Parlami un po’ del tuo carattere. Sei estroversa, introversa, affettuosa, romantica…?” continuò.
“Allora… Sono così timida che i miei amici mi chiamano associale, estremamente disordinata, soprattutto in testa e  non mi piace che le persone mi dicano cosa fare. Alle volte infatti sono un po’ altezzosa, appena posso dimostrare chi sono lo faccio. Ultima cosa ma non meno importante, difendo i miei amici ad ogni costo.” Disse lei.
“Ben fatto. Astrid, puoi venire.” Disse sorridendo il ragazzo. La castana si avvicinò a lui. “Il tuo colore preferito?” domandò poi.
“Il verde, Hiccup.” Rispose prontamente.
“Parlami del tuo carattere.”
“Sono una ragazza estremamente timida ed amo tenere relazioni di amicizia con poche ma vere e sincere persone. Sono romantica… anche se nella mia vita ho solo potuto sognare e mai provare…” disse con un tocco di rammarico. Sospirò e chiuse gli occhi, per poi continuare a parlare. “Sono una persona silenziosa e spesso non mi faccio notare, perché non mi piace. Sono estremamente legata alla famiglia e sono una ragazza sincera e fedele. Sono fin troppo testarda e cocciuta, pignola e precisa. Sono mooolto attenta ai dettagli. Con questo penso di averti riassunto chi sono, anche se precisamente non lo so, ancora.” Sussurrò, fissando le iridi incantevoli del ragazzo. Quello fu un concorso di sguardi smeraldini, chi più intenso, chi meno. Quello della ragazza, più scuro e con rare striature di marone e quello del ragazzo, puro e semplice ma stupendo verde smeraldo.
“Bene. Penso di aver capito bene quali sono i vostri draghi ideali.” Annunciò Hiccup interrompendo quel silenzio che nessuno osava rompere.  “Ma per questa volta sarete voi a scegliere il vostro drago.” Concluse. Tutti salirono sui propri draghi e spiccarono il volo, sotto ordine del Capo, che si stava dirigendo alla fortezza di ghiaccio. Tutti tranne le due Astrid. La mora era rimasta impalata al centro dell’accademia e stata fissando il vuoto. Chissà a cosa pensava. La bionda cercava di capire cosa avesse l’amica, così si avvicinò a lei e le posò delicatamente una mano sulla spalla.
“Ehi… tutto a posto?” chiese dolcemente. Astrid annuì, continuando a fissare il vuoto con sguardo perso. La ragazza le si parò davanti, riportandola alla realtà e facendo in modo di farsi fissare. “Non è vero, Astrid.” Sentenziò.
“Scusami… è che non sono ancora abituata a rivolgere la parola a lui… mi sembra uno dei sogni di una vita…” rispose alzando lo sguardo.
“Uno dei sogni? Se ti va, potresti dirmi quali sono gli altri?” domandò facendola sedere con le spalle al muro.
“Sì… uno di questi è ritrovare mia sorella e i miei genitori… vorrei tanto rivederli… anche se questo può rimanere solo un irraggiungibile sogno…” ammise.
“Ti capisco… è anche uno dei miei…” aggiunse la bionda sedendosi accanto a lei. Le due si sorrisero e si abbracciarono, non notando che Hiccup era atterrato nell’Arena e si stava dirigendo verso le ragazze.
“Vedo che avete legato molto.” Esordì sorridendo. Le due Astrid si staccarono e si rivolsero verso di lui.
“Sì, è vero. Astrid è… veramente molto simile a me, Hiccup. Sembriamo quasi due copie, se non per qualche sfaccettatura del carattere un po’ differente.” Rispose Astrid.
“Sono contento che abbiate fatto amicizia.” Disse Hiccup aiutando entrambe a mettersi in piedi. Salirono sui draghi e si alzarono in volo, raggiungendo gli altri. Il volo procedette tranquillo, se non per qualche tentativo da parte di Moccicoso di “acchiappare” Astrid. La mora gli urlava in faccia e lo minacciava di decapitarlo con l’ascia dell’amica bionda. E fu proprio quest’ultima a ridere per la battuta, seguita da Cristina, che proprio non riusciva a contenersi.
“Per la barba di Thor!” esclamò la riccia, quando giunsero al cospetto dell’imponente cumulo di ghiaccio. “E’ meraviglioso!!”
“Vero? E non hai ancora visto tutto mia cara!” rispose entusiasta Gambedipesce. Entrarono e la sorpresa si impadronì di tutti, eccetto di Hic.
“Hiccup… non me la ricordavo così… così!” disse Astrid quando scese da Tempestosa, avvicinandosi al fidanzato.
“Tutte quelle volte che uscivo e ti dicevo che sarei andato a fare il giro di ronda… in verità venivo qui ed ho ristrutturato tutto con l’aiuto di Sdentato, vero bello?” chiese Hiccup grattando il mento del suo drago. Astrid lo baciò con passione e gli carezzò la guancia. Una cupola in ghiaccio, che pareva vetro, copriva le teste del gruppetto. Piante colme di fiori contornavano il palazzo e una scala che pareva in cristallo portava ad una caverna. Caverna che attirò l’attenzione di Astrid (la mora però), che si allontanava dalla scalinata per cercare di guardare meglio.
“Wow… qui dovremmo trovare i nostri draghi?” domandò allora la liscia.
“Sì, ce ne sono anche di specie non annotate sul libro dei draghi. Gambedipesce, a te l’onore.” Rispose il castano, sotto i battiti elettrizzati di mano del biondo. Le due ragazze, sotto ordine del capo, si misero a gironzolare per la fortezza. Cristina si addentrò tra le piante, mentre Astrid salì quelle scale che pochi minuti prima riuscirono a rubarle uno sguardo.
“Sacri dei…” sussurrò quando fu in cima trovando, invece che una caverna, il portale per un altro posto, questa volta all’aria aperta. “Hi-Hiccup? Lo sapevi dell’esistenza di questo posto?” chiese stupita la ragazza che si affacciò dalle scale.
“Ovviamente sì, Astrid. Va, lì ne troverai tanti!” urlò lui, incitandola. Astrid si fece coraggio e sorpassò la caverna. Una enorme cascata troneggiava impetuosa sul luogo e tanti draghi svolazzavano nel cielo. Camminò per un sentierino di terra battuta fino ad arrivare in una conca.
“Mi sembra di averlo già visto un posto simile… a Berk.” Rifletté. Effettivamente si trovava in cima ad una conca simile al luogo dove Hiccup incontrò Sdentato. Scese cautamente per le scale di roccia scivolosa e si fermò su un ripiano d’erba a pochi metri dal suolo. “O-o-oddei..” balbettò sgranando gli occhi.
Intanto nella foresta, Cristina passeggiava tra gli alberi e osservava per bene il luogo, per cercare di vedere un drago che potesse fare per lei.
“Ah… fortuna che Hic aveva detto che questo posto era colmo di draghi… pensa se non lo fosse!” esclamò parlando fra sé e sé un po’ irritata. Era da ormai venti minuti che camminava e nessun drago parve dinanzi ai suoi occhi profondi. Giunse ai piedi di una ripida salita, pericolosa da scalare. “E ora come faccio… non sono certo attrezzata per fare alpinismo…” pensò. Sospirò e si attaccò alle pareti rocciose, cercando di aggrapparsi anche ad alcune radici sporgenti di alcuni alberi. Dopo qualche minuto di fatiche e terrore, arrivò in cima al monte.
“Per tutti gli Dei! Wow!!” esclamò guardandosi intorno. Era arrivata in cima ad una montagna a strapiombo sul nulla con tre laghetti cristallini. “Sono sicura che Hiccup questo non lo sapeva…” disse altezzosamente cominciando a camminare. D’un tratto sentì un ruggito di un drago che la spaventò. Impavida, seguì qui suoni. “E-e scommetto che Hiccup non sapeva nemmeno di que-questo!!” esclamò osservando il Morte Sussurrante che era davanti a lei. Aveva paura, ma allo stesso tempo desiderava cavalcare quel drago. Con cautela si avvicinò al suo muso. “Ehi ehi ehi… bello… non ti preoccupare, non ti voglio fare del male…” sussurrò protendendo tremante le mani verso il muso del rettile. A quelle parole, il drago sembrò calmarsi e, docilmente, avvicinò il suo muso alle mani della giovane. “Oddei… per poco non svengo…” disse ridendo la riccia, facendo le coccole al suo nuovo drago.
“Che ne dici, eh bella? Che dici se ti chiamo Fring? Ti piace il nome?“ disse la ragazza che accarezzò il muso del Morte Sussurrante. Il drago emise delle fusa e la giovane poté capire che il nome era a lei gradito. “Ora, piccola, manca solo una cosa da fare… devo cavalcarti. Ma se ti fidi di me… ce la fermo.” Sussurrò decisa Cristina che, dopo qualche minuto, riuscì a salire sul dorso della sua draghessa. “Brava! Così bella!!” esclamò dandole una pacca affettuosa sulla testa. Le due partirono e si diressero verso il resto del gruppo.
Intanto Astrid era bloccata pochi metri sopra la conca, indecisa se scendere ed affrontare il drago che si presentava dinanzi a lei o scappare. Ma quell’animale aveva qualcosa che l’attraeva e che la spingeva ad osservarlo. Saranno stati gli occhi verde smeraldo? O sarà stato il comportamento curioso e abbastanza docile del rettile? Fatto sta che lei si decise e scese, armandosi di calma e pazienza. Appena mise piede a terra, il drago si voltò verso di lei e si avvicinò cautamente alla ragazza, che tremava come una foglia al vento. Quello che stava avanzando curioso verso di lei era una specie strana, forse mai vista di drago. Era completamente bianco, con le scaglie che al sole splendevano e brillavano dei colori dell’arcobaleno. Negli occhi, sembrava avere incastonati degli smeraldi striati leggermente da quarzo citrino. E che dire delle pupille, allargate al massimo e sembravano essere di ossidiana. Dalla forma del corpo pareva essere una furia buia: stesse dimensioni, stessa coda, stessa schiena, stessa testa e stesse orecchie, stesse zampette. Anzi, era una furia buia strana, alquanto strana. Più che furia buia, sembrava furia chiara. La ragazza tirò cautamente fuori un pesce dalla sacca che si era portata dietro e glielo porse, quando il muso del drago era a pochi centimetri da lei. La furia chiara lo osservò bene e poi portò lo sguardo cuccioloso su di lei, che lo incitò a mangiare. Il rettile eseguì e, quando ebbe finito di mandare giù in boccone, strusciò il capo sulla casacca verde della ragazza e la leccò.
“Ehi ehi! Ti è piaciuto il pesce?” domandò la giovane grattandogli il muso, ancora un po’ spaventata. Il draghetto emise un verso felice e fu a quel punto che Astrid spostò delicatamente il muso dell’animale da sé e lo guardò negli occhi. Allungò la mano verso il volto dell’animale che chiuse gli occhi e si lasciò toccare.
“P-per tutti gli d-dei…” balbettò incredula la ragazza. “Sei così… così bella… Piuttosto, sei una femmina?” chiese Astrid. Il drago emise un suono affermativo. “Ah… sei una femmina… che ne dici se ti chiamo Moon? Ti piace?” domandò. La draghessa fece le fusa e strusciò il suo muso si di lei. “Vedo che ti piace, piccola. Dai, ora voliamo!”. La giovane salì senza problemi sul dorso della sua nuova amica. L’animale emise un verso preoccupato, allora Astrid le carezzò il muso. “Moon, faremo un figurone davanti al mio gruppo di amici, vedrai.” La rassicurò, aggiudicandosi una leccata sulla mano. Salirono in aria e, a tutta velocità, sfrecciarono nel cielo. “Ehi bella, che ne dici se proviamo a sparare una delle tue micidiali sfere o fuoco o… non so? Così capisco magari meglio di che specie sei.” Aggiunse dopo qualche minuto la castana. Il drago non se lo fece ripete e in una frazione di secondo fece tremare i cieli. Quella che esplose in aria fu una sfera che era un mix di plasma, scariche elettriche e ghiaccio. Astrid ne rimase sbalordita: la sua draghessa era veramente una cosa nuova.
“Oh…! Mi sto stancando! Dove sono quelle due! Sono ore che sono via!!” si lamentò Bruta non vedendo tornare le due ragazze.
“Uffa! Bruta sii paziente per Odino!” la ammonì Hiccup. La bionda non fece in tempo a replicare che l’ingresso di Cristina in sella al suo Morte Sussurrante fu introdotto da una pioggia di spine.
“Spine affilate… non può che essere un Morte Sussurrante!!” esclamò Gambedipesce terrorizzato, vedendo la sagoma del drago immaginato avvicinarsi verso si loro.
“Bella ragazzi!!” esclamò Cristina prima di atterrare.
“Ma questa è Cristina!!” gridò Moccicoso indicando il drago. La ragazza scese a terra e scese dal drago, accarezzandogli il muso.
“Ebbene sì, Moccio. Vi presento la mia bellissima Fring!” esordì dopo qualche minuto di silenzio. Tutti erano sbalorditi.
“Scusami… vuoi dirmi che sei riuscita ad addestrare un Morte Sussurrante?” chiese incredulo Hiccup. Lei annuì energicamente, spavalda e fiera di ciò che aveva compiuto.
“E Astrid?” domandò Astrid.
“Ah… non fate caso a lei… è sempre stata lunga a scegliere dei vestiti, figuriamoci un drago!!” disse Cristina ridendo.
“Che cosa dicevi, Cry?” chiese una voce a lei conosciuta. Una sagoma di drago si avvicinava a tutta velocità verso di lei ed in pochi secondi atterrò.
“Come puoi vedere, amica mia, ho scelto una bellissima e validissima draghessa anche in poco tempo. Ve lo sareste mai aspettato?” chiese scendendo e grattando il muso di Moon.
“Gli dei santissimi! Quel drago io non l’ho mai visto da nessuna parte!!” esclamarono all’unisono Hiccup e Gambedipesce.
“Infatti, io l’ho rinominato Furia Chiara, proprio perché ha le stesse identiche caratteristiche di Sdentato, ma ha la peculiarità di avere le scaglie bianche e colorate dalle tinte dell’arcobaleno al sole e…” illustrò la ragazza toccando le squame di Moon e prendendo un sasso dalla sua sacca. “Moon, colpisci!” esclamò la ragazza. Il drago scagliò la sua potente sfera azzurrina che disintegrò la pietra all’istante e fece rimanere il gruppo dei Cavalieri a bocca aperta. Astrid premiò la sua draghessa dandole un pesce e carezzandole il muso. “Come avete visto, spara un potente miscuglio di plasma, ghiaccio e scariche elettriche.” Concluse ponendosi difronte al gruppo che era impalato, mettendosi le mani sui fianchi.
“Complimenti ragazze. Senza nessun aiuto avete stretto amicizia con draghi leggendari e, per quanto riguarda te, Astrid, con una nuova specie. Ci avete sorpresi, veramente complimenti.” le lodò Hiccup soddisfatto. Le due si sorrisero e si abbracciarono e poi tutti salirono sui loro draghi per tornare a Berk.
“Come si chiamano queste due bellissime draghesse, ragazze?” domandò ad un certo punto del viaggio Astrid.
“La mia si chiama Fring, come ho detto prima.” Rispose Cristina.
“Mentre la mia Moon.” Disse la seconda.”
“Abili e ottime anche a scegliere i nomi! Siete fantastiche ragazze!!” esclamò felice la bionda.
“G-grazie mille, Astrid…” rispose la castana.
“Mmm… grazie mille. Ma sai, a noi vengono naturali certi nomi perfettamente perfetti… non come certe persone che ci devono pensare su…” disse Cristina toccandosi i capelli e fissando gli occhi cristallini di Astrid.
“Stai per caso insinuando che io sono stata tanto a scegliere il nome di Tempestosa?” tuonò la bionda. Cristina guardò la liscia e poi riportò lo sguardo su Astrid.
“Sì.” Rispose ridendo. La bionda sbuffò ed affiancò il suo Hiccup, stizzita.
“Dai Astrid… effettivamente non hai deciso in poco il nome per il tuo Uncinato…” ammise Hiccup.
“Ehi! Sono venuta da te per farmi consolare e invece ti ci metti anche tu?! Ma guarda che razza di ragazzo mi sono andata a scegliere!” esclamò Astrid adirata.
“Astrid, guarda che se lui non ti va più bene puoi benissimo cedermelo. Non faccio storie.” Si offrì Cristina.
“Oh oh! Grazie mille Cry ma non penso di ever bisogno di cedere il mio fidanzato a te!” rispose avvicinandosi possessivamente ad Hiccup. Cristina fece spallucce.
“Vedi tu. Io sono sempre libera per lui.” Aggiunse affiancando la sua amica Astrid.
“Dai Cry… poverini lasciali in pace…”  la riprese la liscia ridendo.
“E’ un altro dei tuoi tentativi per farti amica Astrid?” chiese sussurrando la riccia, avvicinandosi all’orecchio dell’amica e mettendo davanti alla sua bocca le mani per non farsi vedere. L’altra le schiaffeggiò delicatamente.
“No! Lei è già mia amica!” rispose.
“Ma è troppo antipatica!” ribatté l’altra. Astrid la guardò male, poi ordinò a Moon di avanzare velocemente e sfrecciò alla velocità della luce, perfino davanti ad Hiccup.
“Per Odino! Ma quel drago va velocissimo!!” esclamò Hiccup quando fu superato. “Scusami amore, voglio provare una cosa.” Disse lui baciando la guancia della compagna prima di sfrecciare verso la ragazza che era dinanzi a loro. “Fermati Astrid!” urlò lui.
“Che c’è, Hic?” domandò dolcemente, fermandosi in volo.
“Voglio provare una cosa. Vedo che la tua Furia Chiara è veramente veloce. Voglio vedere se è rapida quanto il mio Sdentato. Possiamo capire delle altre caratteristiche della specie.” Propose Hiccup, affiancandola. Astrid annuì e si prepararono allo scatto di partenza. “Ora!!” gridò lui, dando il via a quella sorta di gara. Hiccup era partito in vantaggio, non ebbe il tempo di guardarsi indietro che la ragazza gli passò davanti e sfrecciò lontano. “Oddei… ma quel drago è figlio di Thor…” sussurrò notando con che velocità era arrivato da Zannacurva che intanto si era posizionata in un punto del cielo per determinare il punto di arrivo. Astrid però perse l’equilibrio, o meglio, Zannacurva sotto ordine del suo cavaliere fece impigliare un’ala di Moon nei suoi artigli e così la ragazza venne disarcionata dalla draghessa che precipitava nel vuoto.
“MOON!!!!!!” urlò Astrid che intanto venne presa al volo da Moccicoso.
“Benvenuta, milady.” Disse lui cercando di baciarla.
“Moccicoso! Ti rendi conto di cosa hai fatto al mio drago?!” tuonò lei allontanandolo malamente.
“Io?! Ma che ho fatto ora?!” chiese innocentemente.
“Moccicoso! Io ce l’ho un cervello a differenza tua, idiota! Credi che non abbia notato l’ala squarciata del mio drago?! E pensi che non abbia notato come la tua Zannacurva ha posizionato l’artiglio in prossimità dell’ala di Moon?!” gridò lei con le lacrime agli occhi. Intanto Hiccup era riuscito a salvare Moon da una brutta caduta. Sdentato la prese con le sue zampette e la riportò a terra. Fortunatamente il gruppo era già arrivato a Berk ed Hiccup poté atterrare, appoggiando delicatamente a terra la draghessa dell’amica che si lamentava per il dolore all’ala. Quando Moccicoso arrivò a terra, Astrid si precipitò subito da Moon in lacrime.
“Ehi bella… sono qui.” Sussurrò accarezzandole il muso. La draghessa emise un verso felice, ovviamente quello che poteva dato il dolore, alla vista della sua padrona.
“Skarakkio!!” urlò Hiccup. Il vecchio fabbro accorse spaventato.
“Che succede, Capo?” domandò. Il castano indicò Astrid e la sua Furia Chiara.
“Per tutti gli dei! E quel drago cos’è?!” chiese stupito.
“Non c’è tempo per le chiacchere! Va da lei e ti dirà cosa è successo!” gridò Hiccup. Skarakkio corse verso la mora che intanto accarezzava il suo drago rassicurante e faceva quello che poteva.
“Astrid! Che è successo al tuo drago?” domandò affannato il fabbro quando fu da lei.
“La sua ala… c’è un piccolo squarcio.” Spiegò indicando il punto reciso. Il biondo annuì.
“Ok, so cosa fare. Ci vorrà un po’, una settimana buona quasi sicuramente.” Disse lui. Astrid annuì e salutò il suo drago, lasciandolo in custodia al vecchio fabbro. 
“Che è successo, Astrid?” chiese preoccupata Cristina precipitandosi giù dal suo drago e correndo affannosamente dall’amica che continuava a guardare preoccupata la sua Moon.
“Moccicoso. Ha ordinato a Zannacurva di squarciare l’ala di Moon.” Spiegò cercando di mantenere la calma. Ma quando vide il moro scendere dal suo drago non ci vide più e, furiosa, si scaraventò su di lui, tirandogli pugni ben assestati sullo stomaco. “Perché?! Perché l’hai fatto?!” gridò quando si fermò.
“Scusa… volevo fare bella impressione con te…” si giustificò il ragazzo tastandosi le parti colpite.
“Non capisci che hai messo a repentaglio la mia vita e quella della mia draghessa?! Ti rendi conto?!” tuonò. “Tutto solo per cercare di sedurmi… è tempo perso, Moccicoso, TEM-PO PER-SO!” continuò alzandosi.
“Scusa…” sussurrò.
“Le tue scuse non bastano.” Rispose freddamente la giovane guardandolo con sguardo raggelante e dirigendosi verso casa sua.
“Ma ti sembra? C’è, io dico: non puoi prima chiedere?” domandò Cristina avvicinandosi al ragazzo che guardava Astrid allontanarsi nella nebbia.
“Chiedere che? Parla in italiano non in alieno, Cristina.”
“Io, conosco Astrid meglio di chiunque altro qui presente in questo momento. Potevi almeno chiedermi se tu rispecchi i suoi gusti. Beh, in tal caso anche se mi sembra alquanto evidente, la risposta è no. Invece che fare del male a te, a lei, al suo cuore ferito da anni e al suo drago… per favore, è un consiglio che ti do, lasciala perdere. Rischieresti di peggiorare la situazione…” consigliò dandogli una pacca sulla spalla.
“E sentiamo: quali sarebbero i suoi gusti? Posso migliorare!!” gridò Moccicoso in lacrime.
“Oh! Uffa, i suoi gusti sono difficili. Lei è una ragazza selettiva, non posso rispondere io per lei. Il ragazzo della sua vita la deve amare veramente senza farle del male, la deve apprezzare, la deve coccolare, la deve proteggere e, altra cosa, la deve colpire qui, dritto dritto nel cuore. Le deve far venire le farfalle nella pancia a pensarlo, le deve far provare tristezza se non è con lei in quel momento… Moccio, arrenditi, quello perfetto per lei non sei tu.” Rispose cercando di essere il più calma possibile. Moccicoso annuì sconsolato e con uno sbieco sorriso si congedò con i presenti e si diresse verso casa. Tutti guardarono male Cristina.
“Che c’è?!” gridò. “Ho detto ciò che è più giusto per entrambi, credetemi. In questo modo Moccicoso non può che peggiorare le cose, Hiccup. Tu non sai a che livello il cuore di Astrid sia spezzato, non lo sai. A lei non serve uno zerbino da poter calpestare e che si solamente un vanto per lei! Lei non è una ragazza che si vanta di essere corteggiata, come hai potuto vedere!” urlò irritata.
“Ok, ok… forse hai ragione.” Ammise Hiccup.
“Forse?”
“Sì, ok, hai ragione. Voi donne volete avere sempre l’ultima parola…” brontolò.
“Noi donne cosa?” s’intromise Astrid minacciosamente, mostrando un pugno al fidanzato.
“Oh, e ti ci metti anche tu, Astrid?! Uffa!!” gridò Hiccup mettendosi le mani nei capelli. Bruta, Astrid e  Cristina si guardarono ed incominciarono a ridere.
“Non credo ci sia nulla per cui ridere…” bofonchiò Hiccup. La bionda si avvicinò a lui e gli donò un bacio passionale che gli fece cambiare subito umore. Il gruppetto si salutò e ognuno si avviò verso le corrispettive case.

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Capitolo 3
*** Bacio inaspettato al chiaro di luna ***


Il mattino dopo accolse i berkiani in un modo… “caloroso”: una giornata piovosa si prospettava dinanzi a loro. Sotto un cielo tetro e grigio che neanche a mazzate sui piedi ti invoglierebbe a scendere dal letto, la bionda Astrid si recò con il suo ombrellino color turchese di buon ora, forse fin troppo, a svegliare le due nuove arrivate per informarle di una cerimonia che si sarebbe tenuta quel giorno. La prima “sventurata” fu Cristina.
“Ehi Cry!” sussurrò Astrid bussando animatamente. Nessuna risposta. “Cristina insomma!!” reclamò nuovamente picchiettando le nocche sulla porta. Non ricevendo nessun segno di vita nemmeno quella volta, fu costretta ad aprire la soglia con le forze, ritrovandosi però Cristina impalata davanti ad Astrid con la porta “in mano”.
“Ma che ti prende, sorella? Sei impazzita per caso?!” tuonò la riccia strappando il suo portone dalle mani della bionda e rimettendolo al suo posto, senza riuscirci. Astrid appoggiò l’ombrello ed avanzò verso l’amica.
“Ah… lascia stare… non sei mica un fabbro!” consigliò Astrid dando una pacca sulla schiena di Cristina.
“Dici Skarakkio? O povero uomo! Mi fa pena, affidate ormai le riparazioni dell’intera isola a lui! E la sella per i draghi e l’ala di Moon e le spade, le asce, tutte le armi che ti pare, riparazioni di telefoni, computer...” si lamentò la ragazza.
“Che vuoi farci? Ecco cosa significa fare bene il proprio lavoro!”
“Ok, grazie del consiglio. Non farò mai bene il mio lavoro, se devo sudarmi non sette ma cinquecentocinquantamila camice!” esclamò la castana. La bionda si portò una mano in faccia e prese per un braccio Cristina.
“Ok, non mi interessano i tuoi progetti di vita. Sbrigati a bere due dita di latte di yak e vatti a preparare!” ordinò la bionda.
“Ma perché scusami? Oggi sei tutta matta! Ma guarda te che giornata è e tu hai il coraggio di dirmi questo? Amica mia ti sei alzata male…” sbuffò l’altra. Astrid la prese di peso e la portò in camera, le aprì l’armadio e piazzò la ragazza dinanzi ad esso.
“Ecco. Ora fammi il sacrosanto piacere di sceglierti un abito per oggi.”
“Prima devi dirmi perché.”
“Perché oggi Hiccup vuole fare la cerimonia di benvenuto a voi due.” Spiegò mettendosi a braccia conserte.
“Ok, ora è tutto più chiaro.” Disse l’altra prendendo dall’armadio dei jeans e una maglietta viola a maniche lunghe con del pizzo lilla.
“Ma che fai?!” la riprese Astrid.
“Prendo fuori dall’armadio ciò che oggi indosserò.” Spiegò l’altra con aria ovvia e volgendo gli occhi al cielo.
“No. E tu per una cerimonia ti vesti così, in un modo così banalmente normale? Cara mia, non ci siamo.” Rispose l’altra scuotendo la testa e immergendosi nell’armadio. “Ecco, tu oggi ti metterai questo.” Esordì dopo qualche secondo di silenzio, riemergendo dal regno dei vestiti con un abito floreale i quali colori principi erano il bianco, il rosa, il rosso, il verde, l’azzurro, il viola e il giallo con un pezzo di pizzo nero che copriva l’alto petto andando a  formare delle spalline larghe. Cristina aveva la bocca aperta.
“Aaallora… potrei permettermi di dissentire?” premesse. La bionda fece no con la testa. “Non mi importa. 1. Anche se è estate a Berk fa un freddo barbino. 2. La giornata di oggi è orribilante. 3. Ma cos’hai bevuto sta mattina?!” esclamò Cristina mettendosi le mani tra i capelli.
“Allora. 1. Ti ci abituerai. 2. Non è un problema mio. 3. Latte di yak con un mignolo di miele.” Rispose sarcasticamente la bionda, che bruscamente mise tra le mani dell’altra l’abito da lei scelto, aggiungendo una borsa bianca e delle scarpe con il tacco dello stesso colore. Infine la spinse in bagno e le intimò severamente di cambiarsi. La ragazza sbuffò e si chiuse in bagno, uscendone dopo due minuti tutta vestita.
“Oh gli dei! Stai da dio Cristina! Vatti a vedere!!” esclamò soddisfatta Astrid, spingendola allo specchio. Cristina si guardò e fece qualche posa, poi sorrise.
“Effettivamente… ma scusami e tu dubitavi anche che io con un vestito così potessi stare male?” rise la ragazza. Astrid si congedò con la giovane e si diresse dall’altra Astrid. Bussò alla porta della castana e l’altra aprì.
“Ciao Astrid.” Disse la mora, facendola entrare.
“Ciao anche a te, Astrid. Senti… oggi Hiccup organizza una cerimonia per celebrare le due nuove cittadine di Berk, ovvero te e Cristina. Perciò… dai che scegliamo i vestiti.” Invitò la bionda dandole una pacca sulla spalla. Le due si diressero in camera della mora e scelsero un vestito, un abito color cipria che terminava poco sotto il ginocchio, con una gonna leggera con plissettatura che terminava all’altezza dei fianchi con una sottile fascia che si completava con un fiocco dietro la schiena. Il corpetto coperto da pizzo dello stesso colore dell’abito che andava a formare un monospalla che faceva partire una manica che terminava al gomito. La bionda diede delle ballerine bianche alla ragazza ed una borsa dello stesso colore. La castana si cambiò e quando fu pronta si mostrò all’amica che la guardava soddisfatta.
“Dovrei fare la stilista…” pensò fra sé e sé la bionda. Le due risero ed uscirono di casa, andando a chiamare anche Cristina che aspettava nervosamente sotto la tettoia della casa.
“Oh insomma! Quanto ci è voluto per scegliere un vestito e metterselo!!” gridò Cristina quando le vide arrivare. Le due fecero spallucce e la bionda la prese di peso, la fece alzare dalla panca sulla quale era seduta e la mise sotto l’ombrello.
“Non c’è tanto tempo da perdere, signorina lamentona.” La riprese. Il viaggio alla Grande Sala procedette silenzioso, con il rilassante ticchettio della pioggia sull’ombrello e sulle strade.
“Astrid ste scarpe con il tacco sono scomodissime!!” si lamentò allora Cristina, tirando la treccia dell’amica bionda, che le schiaffeggiò la mano.
“Uffa! Ma cosa ti va bene a questo mondo?!”
“Delle scarpe da ginnastica.”
“Sì, ok, per una cerimonia?”
“E che c’è di strano?!”
“Per Odino, ragazze! Piantatela ora, non è il momento di arrabbiarsi per delle scarpe, insomma!!” tuonò la castana mettendosi le mani sui fianchi. Le due la guardarono con sguardo di scuse e ricominciarono a camminare, con alcuni piccoli lamenti da parte di Cristina.
“Eccoci arrivati.” Disse Astrid indicando alle due la Grande Sala.
“Ehi, stilista dei miei stivali, lo sappiamo che quella è la Grande Sala, per l’appunto!” precisò Cristina, togliendosi le scarpe e farsi la lunga scalinata a piedi scalzi. La castana guardò l’amica salire le scale a piedi nudi, e rabbrividì solo al pensiero del freddo e del male che poteva provare. Così si decise a salire anche lei. Appena arrivate in cima, la riccia si rimise a malincuore le scarpe e seguì le altre due che stavano entrando nell’edificio.
“O santi dei di Asgard…” sussurrò Astrid estasiata.
“Allora? Che ve ne pare?” domandò la bionda dandole una pacca sulla spalla.
“Orrenda, schifosa, vomitevole, troppo semplice… ehm… vuoi altri aggettivi validi?” rispose irritata Cristina. Le due Astrid la guardarono male. “Eh Ehm. Ok, è stupenda, meravigliosa! Qualcosa di mai visto prima… ora è meglio?!” continuò assottigliando la voce, come una presa in giro. Le due la guardarono indifferenti e si diressero dal gruppo dei Cavalieri che le stavano aspettando.
“Astrid!” esclamò Hiccup correndo incontro alla fidanzata e baciandola.
“Ciao amore. Allora? La cerimonia può iniziare?” domandò la ragazza accarezzandogli una guancia. Lui annuì e salì sul palco.
“Popolo di Berk! Oggi siamo qui riuniti nella nostra secolare Grande Sala per dare il benvenuto a due nuove cittadine di Berk, ovvero Cristina e Astrid!!” annunciò a gran voce il capo, susseguito da uno scroscio di applausi e dei fischi da “stadio”. Le due salirono sul palco e furono accolte da Hiccup. “Dai, prendetevi tutti gli applausi…” sussurrò lasciandole sole. Le ragazze, imbarazzate, salutarono con un timido cenno della mano la folla, che lanciava rose e fiori di campo che le due, per correttezza, raccolsero e presero in mano, andando a formare un bucolico bouquet. Scesero e furono coinvolte dai cavalieri dei draghi in un abbraccio di gruppo e dai saltelli di un emozionatissimo Gambedipesce.
“Ragazze, ora fate parte dell’esercito dei draghi di Berk, congratulazioni.” Disse Hiccup poggiando una mano su una delle spalle di entrambe le ragazze, che gli sorrisero. Il resto della giornata fu occupato da balli, canti, mangiate e bevute.
“Dov’è Moccicoso?” domandò Astrid notando dell’assenza del ragazzo.
“Ehm… non c’è, non è voluto venire. Ha detto che non si sentiva bene.” Rispose Hiccup. La castana si alzò e si diresse verso la porta, ma il suo braccio venne afferrato da Astrid che la fece girare verso di sé.
“Dove vai?” domandò la bionda.
“Vado da Moccicoso, volevo scusarmi per ieri… sono stata un po’ troppo dura con lui.” Disse la ragazza fissandosi le ballerine bianche.
“Gesto molto dolce, Astrid, davvero… ma… permettimi di aiutarti ad andare più velocemente.” Disse la ragazza prendendola per mano e trascinandosela dietro.
“Astrid… dove stai andando?!” chiese la ragazza cercando di stare al suo passo.
“Eccoci.” Esclamò la bionda fermandosi.
“La bottega di Skarakkio? Scusa ma non capisco…” disse la ragazza imbarazzata. Astrid riprese la mano dell’amica e la portò all’interno.
“MOON!!” gridò la castana correndo incontro al suo drago che, alla vista della padrona, le saltò addosso, leccandole il vestito. “Oddei santissimi, Moon. Stai bene piccola?” domandò lei controllando l’ala della draghessa che magicamente nel giro di un giorno si era cicatrizzata assai perfettamente, non lasciando nemmeno un segno dello squarcio. Il rettile emise un verso felice. “Allora bella dobbiamo andare a casa di Moccicoso. Che ne dici? Riesci a volare?”. Senza nemmeno farselo ripetere, Moon caricò la padrona sulla sua schiena e spiccarono il volo, salutando dall’alto la bionda. Era sera inoltrata ed i lampioni illuminavano tutta Berk. Tutte le luci delle case erano spente, tutti gli abitanti stavano festeggiando nella Grande Sala, solo un’abitazione brillava in quel desertico mare buio, ovvero quella di Moccicoso. Le due atterrarono e Astrid scese da Moon, che si accucciò sotto la tettoia della casa. La castana si mise apposto i capelli e si lisciò il vestito un po’ stropicciato per via del volo e bussò delicatamente. Moccicoso aprì e salutò sorpreso la ragazza, che lo guardava con un sorriso timido in volto.
“Ciao Astrid…” sussurrò lui.
“Ciao Moccicoso…”
“Entra.” La invitò lui, chiudendo la porta una volta varcata la soglia. Appoggiò le spalle su di essa e pose lo sguardo zaffirino sulla figura slanciata della ragazza che era in piedi poco distante da lui. “Astrid… wow… sei bellissima…” disse lui incantato. Lei arrossì e ringraziò.
“Perché non sei venuto alla cerimonia?” domandò dolcemente. Lui sospirò rumorosamente.
“Ero stanco, stavo male… non preoccuparti.”
“No. Invece so cos’avevi e… sono venuta apposta. Scusami tanto, Moccicoso. Ieri sono stata troppo dura con te senza volerlo. Il problema è che ho stretto un fortissimo legame di amicizia con Moon sino al primo sguardo e… vederla soffrire e portarla via sotto i miei occhi… mi ha fatto stare male.” Spiegò la ragazza mortificata. Moccicoso sorrise e si avvicinò a lei, prendendole le mani e baciandogliele. Astrid voleva ricambiare con un pugno, ma si trattenne, essendosi ripromessa di non essere maleducata ed offensiva, qualsiasi cosa il ragazzo avrebbe fatto.
“Sai, sembri Hiccup in certi aspetti! Eh ehm… Astrid… mi dispiace per aver fatto del male a te e a Moon… è che io non riesco ad attirare la tua attenzione in nessun modo e… questo mi fa andare fuori di me. Tu mi piaci e anche molto, questo penso che l’abbia capito. Vorrei che questo piacere sia contraccambiato…” disse lui. Astrid ebbe un tuffo al cuore: e adesso che cosa avrebbe risposto in sua difesa?
“Oh… ehm… tutto ciò mi lusinga, Moccicoso ma… insomma, io non ricambio i sentimenti che provi tu nei miei confronti… ma ti stai dimostrando un ragazzo davvero sensibile ed educato… apprezzo molto che tu stia modellando la tua personalità per me…” disse lei sorridendo imbarazzata.
“Capisco, Astrid.” Rispose con aria sconsolata.
“Oh… mi dispiace tanto averti ferito!” esclamò lei coprendosi il viso con le mani. Lui sorrise e scosse la testa, togliendole dal volto della ragazza.
“Non fa niente, Astrid. Sei davvero gentile a preoccuparti per me. Grazie.”
“Ma figurati…” sospirò lei. “Comunque Moon sta bene, Skarakkio me l’ha curata in pochissimo ed è già in grado di volare.” Spiegò la ragazza.
“Sono felice che io non abbia causato un danno grave e che Moon stia bene.”
“Grazie.”. Astrid sorrise e si avvicinò a Moccicoso, guardandolo negli occhi. Poi dopo li chiuse e gli stampò un delicato bacio sulla guancia in segno di ringraziamento. Infine si diresse verso la porta e uscì dalla casa, chiudendosela alle spalle.
“Io questa guancia non me la laverò mai più…” disse Moccicoso ridendo e guardando felice la sua Zannacurva. La giornata era terminata bene per tutti e allora, i berkiani stanchi e un po’… ubriachi, si concedettero al dolce cullare del sonno.

ANGOLO AUTORE
Bella a tutti ragazzi!! Come va? Beh, spero bene. Comunque, eccovi il terzo capitolo di questo crossover. Dal prossimo capitolo avverranno cose assai romantiche, sia per la nostra amata coppia Hiccstrid che per… chi lo sa? Lo scoprirete solo vivendo e recensendo!
Un bacione
Astrid

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Capitolo 4
*** Un solo magico desiderio: stare con te ***


Il mattino dopo, Berk si svegliò allegramente: il sole splendeva alto nel cielo e i suoi raggi caldi si specchiavano vanitosamente sulla stupenda e sconfinata distesa marina che circondava l’isola. Gli uccelli cinguettavano spensierati e componevano una piacevole melodia quando le loro leggere voci soavi si univano a quelle un po’ più gracchianti dei Terribili Terrori. Tutto ciò era stupendo… Cristina però non apprezzò il suo inusuale risveglio. Infatti la sua Morte Sussurrante aveva un’incessante bisogno di volare e giocherellare con la padrona. Tale desiderio la spingeva a svegliare rumorosamente la riccia sbattendo la propria coda contro il tetto. Al decimo rumore Cristina imprecò prima di scendere nervosamente dal letto.
“FRIIIIIING!!! Piantala in nome di Thor!” tuonò uscendo di casa in camicia da notte. La draghessa emise un verso di dissenso e sbatté le ali per far capire alla ragazza che voleva volare. La giovane ci mise un po’ a capire.
“Oh… Fring, devo fare colazione! Non puoi aspettare un attimo?” domandò lei svogliatamente, apprestandosi ad entrare nell’abitazione. Ma Cristina venne preceduta dal rettile, che la caricò sul suo dorso e si librò in aria violentemente.
“Ooook… amica mia calmati! Qui fa freddo ed ho solo una camicia da notte leggera e delle pantofole ai piedi perché qualcuno, e non dico chi, non mi ha fatto rientrare in casa per prepararmi! Eh, testona pungigliosa?” riprese la ragazza sotto gli sbuffi di Fring che svogliatamente assisteva alle prediche mattutine della padrona. La ragazza continuò ad assillare il suo drago tant’è che, casualmente, in prossimità della casa di Astrid e della sua compagna di volo Moon, Fring disarcionò stufa Cristina che cadde sul tetto dell’abitazione, facendo svegliare di soprassalto le due che vi abitavano.
“Ma che… cosa?” domandò Astrid rivolgendosi alla Furia Chiara che la guardava interrogativa. Le due si scambiarono uno sguardo di intesa e uscirono di casa. La castana salì sul dorso della sua draghessa e in volo giunsero sopra il tetto.
“Cristina… che ci fai qui?” chiese Astrid camminando paurosamente sul tetto e dirigendosi verso di lei.
“Fring… mi ha disarcionata!!” spiegò lei tastandosi la testa dolorante e facendosi aiutare a mettersi in piedi dall’amica.
“Capisco… ora fammi il piacere di scendere e vieni in casa.” La invitò Astrid portandola a terra e conducendola nell’abitazione. Le disinfettò una piccola ferita al braccio, un graffio sulla punta del naso e un  taglio sulla fronte. “Ti ha proprio buttata dall’alto…” constatò Astrid ponendosi dinanzi a lei e tamponando sulle ferite un pezzetto di cotone con del disinfettante.
“Sì… ahio Astrid! Vacci piano brucia!!” gridò lei sferrandole involontariamente un pugno nello stomaco.
“Grazie per questa dimostrazione di come atterrare una ragazza che cerca solamente di curarti…” ripose lei sarcasticamente con la voce soffocata dal dolore, mettendosi le mani sulla parte colpita.
“Scusa non volevo!!!” esclamò Cristina preoccupata. L’altra fece cenno di no con la testa e tornò a medicarla. Quando ebbero finito, Astrid accompagnò l’amica a casa sua perché potesse fare colazione e prepararsi. Quel giorno sarebbe stato un giorno importante, perché era il compleanno della bionda Astrid, che compiva 22 anni. Nessuno lo sapeva, tranne i Cavalieri di Berk. La ragazza si svegliò in un modo che le scaldò subito il cuore. Trovò sul tavolo una busta che aveva la carta colorata di un rosa pastello e c’era scritto “X ASTRID”. Lei la aprì e cominciò a leggere.
“Alla mia amata e dolce Astrid.
…Per te…
per i tuoi splendidi occhi azzurri
per il profumo della tua pelle                           
per le tue dolci labbra
per chi ti vedrà
per chi ti respirerà
per chi non è con te, ma ti porta nel cuore
per te questa giornata
per i tuoi pregi, e i tuoi rari difetti
per te che sei la ragione della mia vita                               
per te, che darei la mia vita                                         
per te che ti riempirei di baci e abbracci                            
per te che amo con tutto me stesso.
Auguri, amore mio.
Ti amo
Hiccup.” Recitò la ragazza che a fine lettera versò una lacrima di commozione ed uscì di casa in pigiama, precipitandosi dal suo amato. Bussò alla porta ed Hiccup aprì, trovandosela tra le braccia.
“Buon compleanno amore mio…” disse lui baciandola. Lei sorrise e si asciugò le lacrime.
“Grazie… sei il ragazzo più dolce che io conosca…” sussurrò accarezzandogli la guancia. Lui riprese a baciarla ed entrarono nella casa. Si scostarono delicatamente per prendere fiato.
“Grazie per quella bellissima lettera Hic… sei davvero dolce.” Disse lei.
“Tutto per la mia amata. A proposito, vestiti che dobbiamo partire.” Rispose lui.
“P-partire? E per dove?” chiese lei spaesata.
“Lo vedrai presto… Ehi bello, accompagna Astrid a casa mentre mi vesto.” Ordinò dolcemente Hiccup che grattò il mento al suo drago e baciò la compagna. In poco Astrid rientrò nella sua abitazione, si mise i soliti abiti e ritornò a casa dall’amato, che nel frattempo si era vestito anche lui.
“Ora che dobbiamo fare?” chiese la ragazza quando si ricongiunse con Hiccup.
“Ora dobbiamo solo avvisare Astrid e Cristina di sbrigarsi a  vestirsi. Il posto dove mi piacerebbe portarti è lontano…” disse lui. I due presero il volo e si diressero verso le case delle due. Astrid andò dalla sua omonima castana. Bussò e la abbracciò.
“Astrid… vestiti, oggi col fatto che è il mio compleanno Hic ci vuole portare in un posto lontano da qui.” Disse la bionda.
“E’ il tuo compleanno? Auguri Astrid!” esclamò l’altra abbracciandola. L’altra ringraziò e lasciò l’amica cambiarsi. Intanto si diresse a casa sua. Entrò e si diresse in soffitta. Aprì la porticina della botola e vi entrò. Sembrava essere in un posto magico, pieno di ricordi, di passato… e anche di ragnatele. Un po’ buio, se non per un po’ di luce azzurrina che penetrava a fatica dalla piccola finestra, ma pur sempre il suo luogo di ricordi, dove poter rievocare quei momenti lieti che aveva avuto in passato. Si aggirò un po’ per la piccola stanza, poggiando delicatamente le mani su alcuni cimeli di famiglia. Rovistò in alcuni bauli e trovò delle foto della sua famiglia, quando ancora c’era sua sorella e i genitori. Prese a piangere, accarezzando con il pollice i volti ritratti delle persone care che l’avevano abbandonata con un amaro sorriso sulle labbra. Poi arrivò ad una foto in primo piano di sua sorella quando aveva appena compiuto quattro anni: assottigliò gli occhi per squadrarla bene. Stranamente aveva i capelli castani e degli occhi verdissimi, come quelli di Hiccup. Non si ricordava bene dell’aspetto di sua sorella. Per quanto riguarda fisico, occhi e capelli, la piccola assomigliava tanto al padre, mentre Astrid alla madre. Sorrise ancora una volta a quelle foto, riguardarle le aveva fatto bene e scese, ridestata da qualcuno che bussava alla porta. Aprì e si ritrovò tutto il corpo dei Cavalieri al rapporto ( e ora come corpo dei cavalieri intendo anche Astrid e Cristina). Tutti salirono sui corrispettivi draghi e spiccarono il volo.
“Hiccup… è possibile sapere dove stiamo andando?” chiese dolcemente Astrid che affiancò il Capo con la sua Moon.
“Ehmm…” disse lui. Poi si avvicinò all’orecchio della castana e gli sussurrò qualcosa, alla quale lei annuì. Il viaggio procedette bene, con qualche scherzo, battuta o canzoni cantate alla festeggiata che ancora era assorta nei suoi pensieri e focalizzava mentalmente la foto della sorella vista prima. Le sue riflessioni furono interrotte dalla voce di Hiccup che annunciò felice l’arrivo all’isola. Tutti atterrarono e la sorpresa li pervase. Erano atterrati all’isola della magia, riconosciuta come il santuario e dimora di vita di un ragazzo amico di Hiccup. Quel posto era un qualcosa di magico, appunto, costellato di bellissime aree verdeggianti con foreste e laghi. Ma la vera meraviglia era all’interno, proprio al centro dell’isola: un santuario di pietra enorme ricoperto di piante e fiori stupendi e profumati. Al centro della struttura c’era un’alzatina che portava una sfera lucente che fluttuava nell’aria.
“Axel? Axel vieni fuori!” chiamò Hiccup tenendo la mano della compagna e conducendo la banda. Tutti guardavano con meraviglia quel posto.
“Hiccup? Sei proprio tu?” domandò una voce maschile la quale provenienza era un po’ ignota.
“Axel!” gridò Hiccup, riuscendo a vedere il suo amico fra le fronde di un albero. Gli corse incontro e lo abbracciò, poi lo portò dal resto del gruppo. “Amico mio, ti presento il mio corpo dei Cavalieri di Berk.” Annunciò solennemente il moro tenendo sottobraccio il ragazzo. Quest’ultimo li osservò attentamente tutti e si soffermò su Cristina, la quale lo stava guardando con sguardo perso. Axel era un ragazzo alto, dai capelli neri ossidiana e dagli occhi verde foresta. Quegli stessi occhi che fecero battere il cuore a Cristina come non le era mai accaduto prima. 
“Ecco. Lui è Gambedipesce, lui Testa di Tufo, mio cugino Moccicoso, Testa Bruta, Astrid, l’altra Astrid e Cristina. Mentre questi sono Sdentato, Tempestosa, Rutto e Vomito, Muscolone, Zannacurva, Moon e Fring, i nostri adorati draghi.” Li presentò Hiccup.
“Signorina…” disse Axel prendendo la mano di Cristina e baciandola. La ragazza arrossì e ritrasse delicatamente la mano, imbarazzata.
“Ehmm… c-ciao..” disse ridendo nervosamente.
“E quindi tu sei Astrid, la compagna di questo bel ragazzone?” chiese Axel rivolto alla bionda e strofinando fraternamente il suo pugno sulla nuca di Hiccup.
“Sì e sono più che fiera di esserlo. Sai, Hiccup è cambiato molto nel corso degli anni… è diventato un ragazzo magnifico, non che prima non lo fosse, ed io lo amo con tutta me stessa.” Rispose la ragazza fieramente, andando a baciare Hiccup che ricambiò approfondendo. Quando i due si separarono si sorrisero ed Astrid accarezzò la guancia del castano, poi tornò vicino all’altra Astrid, che continuava a guardarsi intorno con meraviglia.
“E qualcosa mi dice che oggi è il ventiduesimo compleanno di questa bella ragazza. Non è così?” chiese il moro. Tutti annuirono energicamente.
“Beh, allora dobbiamo fare una cosa che già da due anni bisognava fare.” Continuò lui.
“Che genere di cosa?” domandò l’Astrid mora, svegliata dal suo osservare il luogo.
“Dobbiamo fare uso della sfera di diamante.” Rispose lui indicando l’oggetto che volteggiava nell’aria e che aveva rubato molti sguardi.
“E perché?” domandò Cristina.
“Perché dobbiamo scoprire i poteri di ognuno di voi. Dunque, avete tutti vent’anni o più?” chiese Axel. Tutti annuirono.
“Perfetto, allora si può fare. Venite, non durerà molto.” Invitò lui, facendosi seguire dai ragazzi.
“Mi pare giusto che oggi parta la festeggiata. Perciò vieni Astrid.”. La bionda si alzò e si diresse verso il moro. Axel la invitò a chiudere gli occhi e a posizionare le mani sulla sfera volteggiante. “Meraviglioso! Astrid, tu hai il potere della criocinesi. In pratica tu possiedi la possibilità di scaturire nuvole di ghiaccio soffiando sulla mano e comunque puoi dominare il ghiaccio, puoi scioglierlo con il pensiero, puoi spostarlo, puoi appunto crearlo e modellarlo in varie forme. Puoi perfino fargli cambiare stato fisico, ciò da stato solido può diventare liquido e da lì gas.” Esordì Axel dopo un minuto di silenzio.
“Dav-davvero?” chiese Astrid incredula, togliendo delicatamente le mani dalla sfera magica. Lui annuì e le sorrise, poi lei tornò a posto.
“Hic, vieni tu dai.” Lo invitò il moro. Hiccup si fece avanti e anche lui posizionò le mani sul diamante.
“Tu invece… Hic, hai uno dei poteri più belli insieme a quello della tua ragazza… tu puoi dominare la terra e per dominare la terra intendo che puoi farci tutto quello che vuoi. Con un passo puoi farla tremare, puoi usare le piante per fare quello che ti è utile al momento, con la concentrazione e un gesto delle mani puoi innalzare barriere di roccia, utilissime in battaglia, puoi chiamare a te il magma… insomma, con un po’ di esercizio vedrai che potrai fare ciò che vuoi con la nostra terra.” Disse contento Axel che diede una pacca sulla spalla di Hiccup. Lui si guardò la mano tesa e la girò più volte.
“Wow…” sussurrò con un sorriso sulle labbra mentre tornava a posto.
“Vieni pure Moccicoso.”. Il ragazzo raggiunse Axel e anche lui poggiò le mani sulla sfera.
“Mmm… oh, wow! Si vede che fra te e Hic c’è un legame di parentela… anche tu hai il potere della terra,  però tu puoi creare terremoti più forti rispetto a tuo cugino e puoi spaccare la crosta terrestre. In campo di forza, vinceresti tu, ma Hiccup ha più varianti.” Rispose il moro.
“Hic, l’ho sempre detto che sono più forte di te!” esclamò Moccicoso felice. “Scherzavo, naturalmente…” disse poi ridendo nervosamente e grattandosi la nuca, tornando in fila. Fu il turno di Gambedipesce.
“Gambedipesce… tu hai il potere del teletrasporto! È una grande dote quella che hai. In più puoi anche diventare invisibile. È meraviglioso, dato che tu sei molto colto e magari in battaglia potresti consigliare ai tuoi amici che sono lontani le mosse da fare senza farti vedere ma soprattutto sarai da loro in una frazione di secondo.” Spiegò al biondo che parve esageratamente eccitato.
“Bruta, Tufo, voi avete la fortuna di poter giocare con l’aria. Potete creare cicloni impetuosi, potete però anche spostare le cose e piegarle con il pensiero.”
“Cristina… tu invece… Oh Thor onnipotente! Tu… wow. Hai il potere del fuoco. Puoi appiccare incendi, alimentarli con il tuo soffio, puoi modellare le fiamme… insomma, puoi giocare con il fuoco ma non solo… tu… HAI IL POTERE DI PREVEDERE IL FUTURO!” esclamò Axel prendendo le mani dell’amica e stringendole, arrossendo e facendola arrossire.
“Wow… ho sempre sognato di poter dominare il fuoco e… sapevo già di essere in grado di predire il futuro…” ammise la ragazza, tornando a posto.
“Ed ora è il tuo turno, Astrid, vediamo tu che potere hai. Um… O-oddei! Tu hai gli stessi e identici poteri dell’altra Astrid, proprio uguali!” gridò Axel guardandola.
“Perché?” domandò la ragazza.
“Non so… quando è così significa che c’è un legame di parentela fra gli individui.” Spiegò l’altro. In quel preciso istante alla bionda passarono nella mente come un film le foto viste le ore precedenti, quegli occhioni verdi e quei capelli ramati. Ora capiva tutto.
“Non è possibile…” sussurrò la bionda. Tutti si concentrarono su di lei.
“Che cosa non è possibile?” chiese Moccicoso.
“Lei… tu… Astrid… sei tu mia sorella. Ecco la spiegazione di quella bambina ritratta nelle foto che ho trovato stamattina, quegli occhi verdi e quei lunghi e lisci capelli ramati che mi ricordavano tanto  papà… ora ricordo, Astrid. Sei mia sorella…” spiegò la bionda facendosi avanti. Astrid la guardò incredula.
“T-tu… davvero sei mia sorella?” chiese lei.
“Sì… tu non puoi ricordare perché hai perso la memoria ma… alcuni ricordi li hai… quelli della spiaggia, come hai detto tu. Sono io che ti ho prestato il secchiello… abbiamo fatto il castello di sabbia insieme e abbiamo cercato le conchiglie sulla spiaggia…” singhiozzò Astrid.
“Quindi io e te siamo sorelle?” domandò nuovamente Astrid incredula e confusa. “Oddei santi! Ora ricordo tutto!” esclamò dopo un minuto di silenzio la castana piangendo e correndo incontro alla sorella, che la abbracciò.
“Per tutto questo tempo ho creduto di averti persa per sempre… ma ora ti ho qui, tra le mie braccia che piangiamo insieme emozionate il nostro ricongiungimento…” sussurrò la maggiore accarezzando la testa ramata della sorella minore.
“ Aspettate un attimo… ma questa è una scoperta apocalittica! Ripetete la scena da capo per favore, la devo registrare!! Questa è una vera scoperta da fangirl!!” esclamò Cristina frugando nella tasca del suo giubbotto cercando il telefono, mentre tutti la guardavano interrogativi.
“Ma valà!” esclamò ridendo l’Astrid mora.
“Aspettateeee! Non ho ancora iniziato a ripredereeee!!! Forza, recitate, recitatee!!” gridò Cristina impaziente. Gli altri la ignorarono e lei sbuffò. 
“Sono contento che tu abbia finalmente ritrovato tua sorella, tesoro…” disse Hiccup dopo una piccola pausa di riflessione andando a baciare la compagna.
“Ma non ci può essere un errore?” domandò Moccicoso incredulo. Axel scosse la testa.
“I poteri vengono impartiti alla nascita e i legami di parentela li determinano. Perciò dei fratelli hanno sempre lo stesso potere come anche i cugini ce l’hanno simile, ciò per il fatto che c’è un legame indissolubile che li accomuna.” Spiegò il ragazzo con serietà.
“Capisco… sembrano così diverse…” ribadì lui. Ma qualcosa dentro l’amica mora gli faceva ricordare la bionda Astrid. Il carattere era lo stesso e ciò rendeva più credibile la notizia. E poi le foto… erano altre fonti che potevano confermare tutto ciò. La bionda si staccò delicatamente dalla sorella minore, sorridendole e accarezzandole il viso e si diresse da Hiccup, saltandogli al collo e coprendolo di baci.
“Sìì! Almeno ho qualcosa da riprendere! Ok, continuate così ragazzi, perfetti! Ahh!” gridò la riccia che cadde in una pozza di fango, sporcandosi in pieno viso.
“Grazie Hic! Questo è il miglior compleanno che io abbia mai fatto in tutta la mia vita!! Non puoi nemmeno capire la mia gioia nell’aver ritrovato mia sorella… non puoi capirla proprio. E poi la storia dei poteri… Wow! Grazie davvero…” sussurrò tra un bacio e l’altro.
“Figurati, Astrid… per te questo ed altro, mia signora…” rispose Hiccup approfondendo uno degli innumerevoli baci della bionda. “Axel, perché non vieni a Berk con noi?” chiese poi quando si staccarono.
“No… non potrei mai lasciare la mia isola Hic..”
“Dai Ax… per favore…” lo supplicò lui.
“Come posso resistere ai tuoi occhioni verdi da bambino? Sì, accetto volentieri l’offerta.” Disse l’altro, abbracciando l’amico.
“Ehi! Qualcuno si è mai reso conto che sono tutta sporca di fango?!?!” gridò Cristina cercando di togliersi dal viso la poltiglia marrone.
“Si, vieni con me.” Disse Axel porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi. Lei accettò, un po’ esitante e si diressero tra le fronde, lasciando gli altri a parlare e esercitarsi con i loro poteri.
“Quindi tu sei Cristina…” disse Axel guardandola.
“Sì. E quindi tu sei Axel…” ricambiò lei con una punta di sarcasmo. “Tu che potere hai?”
“Ho il potere del fulmine… non ho molte virtù ma è sicuramente molto utile.” Spiegò.
“Dove stiamo andando?” chiese lei.
“Alle cascate, così potrai sciacquarti la faccia.” Rispose lui, sorridendo.
“Grazie, davvero. Sei così gentile…” ammise lei arrossendo. “Eh ehm… questo posto è fantastico… da quant’è che ci vivi?” chiese lei per cambiare discorso.
“Da 18 anni… all’età di quattro anni i miei genitori mi hanno abbandonato qui perché ero il figlio più strano dei miei due fratelli. Io ero l’unico che lanciava scariche elettriche dai palmi delle mani, causando a volte anche qualche danno. I miei genitori non sapevano che fare, si documentavano, chiedevano a dottori ma niente, nessuno che ci potesse dare una soluzione. E quindi, esasperati, mi abbandonarono qui.” Spiegò.
“Mi dispiace… e quando hai conosciuto Hiccup?”
“L’ho conosciuto quando un certo ragazzo… Jack Frost, mi pare di ricordare, lo portò qui per fare amicizia con lui… aiutai Hic nel momento in cui Frost gli stava lanciando del ghiaccio addosso.”
“E perché? Che cosa successe? Scusami se sono così curiosa…”
“Frost aveva chiesto ad Hiccup di fidanzarsi con lui ma… insomma, lui rifiutò per svariati motivi. Il primo: a lui non piace Jack. Il secondo: era innamorato perso di Astrid. Il terzo: Hic non vuole avere rapporti amorosi con delle persone del suo stesso sesso.” Spiegò lui.
“Capisco… Beh, bisogna ammettere che Hic non è brutto ed è normale che abbia attirato l’attenzione di Jack e di Merida e di Rapunzel e… del mondo intero, facciamo prima a dire.” Disse lei ridendo. Lui la guardò incantato e si fermò dinanzi a lei, prendendola delicatamente per le spalle.
“Sei la prima ragazza con la quale parlo e sei… molto gentile. Mi ricordi molto la mia migliore amica d’infanzia, Erin… era simpatica e dolce proprio come te.” Sussurrò lui accarezzandole il viso. Cristina non ce la fece e si abbandonò alle emozioni. Con la sua mano accarezzò quella dell’amico e chiuse gli occhi. Axel si avvicinò a lei e la abbracciò forte. Quando si staccarono, lui diede un bacio sulla punta del naso della giovane, che arrossì pesantemente. Dopodiché il viaggio procedette tranquillo e silenzioso.
“Eccoci arrivati.” Esordì il ragazzo, lasciando che l’amica avanzasse verso le cascate, si chinasse verso lo specchio d’acqua e si lavasse il viso. Tornò da lui pulita e linda e ripresero il cammino. Dopo una ventina di minuti ritornarono al santuario, dove i ragazzi avevano terminato di esercitarsi e si erano addormentati insieme ai loro draghi. I due si sorrisero e si diressero sul punto estremo dell’isola, dove si poteva benissimo osservare il bellissimo tramonto caldo ed il sole che si appoggiava delicatamente sulla superficie del mare, come volerlo accarezzare. I due ragazzi si sedettero, uno vicino all’altra. Cristina appoggiò la sua testa sulla spalla del ragazzo e lui intrecciò una mano con quella della giovane.
“E’ bellissimo, Axel.” Sussurrò Cristina, alzando il capo verso quello “dell’amico”. Lui sorrise e le posò un altro bacio sul naso.
“Lo so… pensa che io tutti i giorni assisto a questo spettacolo.”
“Sei fortunato.” Rispose lei.
“Sì, hai ragione. Sono proprio fortunato ad averti tra le braccia, mentre osserviamo questo bellissimo tramonto che ti illumina il viso rendendoti più bella di quanto tu non lo sia già.” Sussurrò lui carezzandole i capelli. Lei arrossì e lo abbracciò forte. Intanto al santuario, la castana Astrid e Hiccup si svegliarono.
“Astrid?” domandò lui cercando la mora.
“Hic sono qui.” Sussurrò l’altra. “Dove sono Axel e Cristina?”
“Erano andati alle cascate ma non credo siano ancora là.”
“Andiamo a cercarli.” Propose lei. I due salirono sulle loro Furie Buia/Chiara e perlustrarono l’isola. “Hic! Guarda laggiù! Vedo qualcuno!!” esclamò la ragazza, indicando la scogliera.
“Hai ragione Astrid, scendiamo a vedere.” Rispose il ragazzo. Atterrarono e, senza fare rumore, si nascosero dietro una roccia poco distante dai due, occupati in un dolce bacio che li fece intenerire.
“Vedo che il tuo amico Axel ha trovato l’anima gemella.” Constatò la mora.
“E vedo che anche la tua amica Cristina l’ha trovata. Ora manchi solo tu, Astrid.” Disse il ragazzo, appoggiando una mano sulla spalla dell’amica. Lei sospirò e lo guardò persa. “Non preoccuparti, lo troverai, ne sono certo. Come può non trovare il fidanzato la sorella minore della mia bellissima Astrid?” domandò dandole un affettuoso pizzicotto sula guancia.
“Grazie mille Hic… sono felicissima di averti come cognato.” Disse lei sorridendo dolcemente.
“Cognato?”
“Sì, cognato. Tu e mia sorella non vi sposate?”
“Non lo so…” rispose lui grattandosi la nuca.
“Come non lo sai? Hic, devi chiederle di sposarti! Siete fatti l’uno per l’altra, vi amate… cosa volete di più, chiediglielo. Lei non potrà che commuoversi e dirti di sì, se non la conosco male.” Disse lei decisa. Lui sorrise, la salutò e la lasciò con un bacio sulla guancia, poi salì su Sdentato e tornò al santuario.
“Moon… lo sai che io questa guancia non me la laverò finché non morirò, vero?” disse la giovane avvicinandosi al suo drago. La draghessa emise un verso come se fosse una risata e leccò la guancia non occupata dal bacio di Hiccup della padrona. “Brava ragazza, si fa così.” Sussurrò Astrid, grattando il mento del suo drago.
“Astrid?” chiese Cristina, che aveva la mano intrecciata a quella di Axel.
“Sì?” domandò lei guardandola dal basso e ridendo nervosamente.
“Che ci fai qui?”
“Ehm… eravamo venuti a vedere dove vi eravate cacciati…”
“Eravamo?” chiese la riccia.
“Sì, Hic è appena andato via.” Disse Astrid, tirandosi su e lisciandosi i vestiti. “Volete un passaggio?” domandò con la solita risatina nervosa, proprio perché sapeva di essere in difetto. I due annuirono e si sorrisero, poi tornarono al santuario in un batter d’ali.
“Dove vi eravate cacciati ragazzi?!” domandò Testa Bruta quando i tre atterrarono.
“Eravamo sulla scogliera…” spiegò Axel.
“Potrei gentilmente sapere a fare cosa?!” chiese di rimando la bionda, che era alquanto annoiata.
“Ehm… noi… eravamo… Non mi sono sentita bene, avevo bisogno di una boccata d’aria e lui mi ha portata sulla scogliera. Ecco.” Rispose con imbarazzo la riccia, che si grattava nervosamente il mento. Bruta li guardò con indifferenza e poi salì sul suo bizzippo.
“Perfetto ragazzi. Ora è meglio tornare a Berk, ormai è buio.” Disse Hiccup spronando Sdentato a spiccare il volo, seguiti da tutti gli altri. Dopo un’ora di viaggio, la squadra atterrò nella piazza di Berk. Ormai la luna splendeva da molto tempo e la sua candida e tenue luce illuminava i corpi dei ragazzi, stanchi e assonnati. “Axel… la tua casa è là, vicino a quelle di Astrid e Cristina e per arrivarci…” Hiccup non finì di parlare che Cristina gli passò sopra.
“Non preoccuparti Hic, ci penso io.” Si offrì. Il castano annuì, baciò la compagna e si diresse a casa sua, come tutti gli altri. Cristina prese per mano Axel e fece aderire il suo avambraccio con quello dell’amico.
“E’ bellissima la tua isola.” Disse lei dopo un po’ guardandolo sorridente.
“Lo so… è la patria di tanti miei ricordi, sia belli che brutti.” Rispose lui, un po’ malinconico.
“Dai non dire così… ora è Berk la tua casa. Sei qui con i tuoi amici.” Lo rincuorò la ragazza, appoggiando la sua testa sulla spalla del moro. Lui sospirò.
“Sì e ci sei anche tu. So che ovunque sarò, se tu sarai al mio fianco, starò bene.” Sussurrò lui, accarezzandole una mano. Lei sorrise e lo fermò, posandogli un bacio sulla guancia, poi ripresero a camminare.
“Grazie per apprezzarmi.” Disse lei dopo un po’, con voce un po’ roca.
“Non devi neanche dirlo, Cry. Piuttosto grazie a te per apprezzare me.”
“Ma io non solo ti apprezzo. Tu mi piaci.” Sussurrò lei arrossendo. Per qualche minuto ci fu silenzio.
“Lo stesso vale per me…” rispose lui, assumendo un colorito rosso in volto. Dopo dieci minuti di passeggiata silenziosa, arrivarono dinanzi alle case.
“Siamo arrivati, Axel. Questa è casa tua.” Disse la ragazza.
“Ok, grazie Cry.” Rispose lui. I due si guardarono per un po’ poi Axel prese entrambe le mani della ragazza e le strinse forte. “Cristina, guarda lassù.” Disse poi.
 “Sì, sto guardando.”
“Le vedi le stelle?”
“Sì, certo e sono bellissime.”
“Ecco. Lo sai che differenza c’è tra te e una stella?” domandò lui.
“Ehm… non so.”
“Che una stella un giorno cesserà di brillare… invece tu, non smetterai mai di splendere nel mio cuore.” Sussurrò lui baciandole la guancia ed entrando in casa. Cristina rimase impalata nella stessa posizione di prima e si sfiorò la guancia, sorridendo, poi entrò anch’ella nella sua dimora, stanca ma felice e con il cuore pieno d’amore.

ANGOLO AUTORE
Buon pomeriggio, gente! Come va? Beh, allora, vi averto che non pubblicherò il quinto capitolo prima della prossima settimana, perché in questi giorni non avrò pause per quanto riguarda verifiche, solo giovedì potrò riposarmi, del resto avrò esami tutti i giorni. Perciò la mia routine sarà lo studio e non avrò molto tempo per scrivere. Comunque sia, ci proverò. Ditemi come vi sembra il capitolo e vi avverto che fra non molto verrà fuori la Jelsa. Non un intero capitolo di scene romantiche fra i due ma una buona parte. Vi chiedo di recensire numerosi, così se non vi piace qualcosa o preferireste ci siano alcune cose che non metto mi perfeziono.
Un bacio
Astrid

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Capitolo 5
*** Un sacrificio d'amore ***


Passarono le settimane. Axel e Cristina si conobbero sempre meglio e i loro sentimenti che ognuno provava per l’altra crescevano rigogliose come edere in foreste incantate. Astrid e la sorella minore diventarono sempre più unite e nessuno poteva separarle e Hiccup era più impegnato che mai.  Ma il vero mistero è che il giovane Capo non rivelava mai a nessuno i suoi impegni, fatto che preoccupava assai la donna che gli stava accanto. Era sempre stanco e fuori casa. Quello era un giorno di essi. Hiccup era appena tornato dal suo giro, trovando la compagna che preparava la cena. Appena varcata la soglia, Astrid si precipitò dal fidanzato e lo abbracciò forte.
“Hiccup.” Sussurrò lei.
“Dimmi amore.”
“Perché è un mese bello e buono che sei tutti i giorni via e non dici a nessuno dove vai?” domandò la ragazza in tono dolce.
“Tesoro… lo scoprirai molto presto e… se i miei calcoli non sbagliano, una persona a te cara sarà molto felice per quello che ho fatto per lei.” Disse misteriosamente baciandola.
“Aspetta… non dirmi che…” incominciò lei, sorridendo ed intuendo di cosa stava parlando. Avvicinò le labbra alle orecchie di Hiccup e sussurrò una cosa, che venne subito dopo annuita dal ragazzo. “Hiccup! Oddei! Ne sarà felicissima!” esclamò saltando addosso a lui.
“Lo so. È che le voglio bene, perciò non potevo sopportare di vederla soffrire.” Rispose.
“Oooh! Ma che dolce che sei amore…” sussurrò lei accarezzandolo. I due si diressero a tavola per cenare. Nel mentre, c’era un ragazzo che si stava preparando elegantemente per uscire con la sua bella e, avendo le mani tremanti, imprecava perché non riusciva a farsi il farfallino. Quel ragazzo era Axel, nel quale stomaco aveva tanti sfarfallii che gli creavano un certo disagio. Quella sarebbe per lui stata una serata importante: doveva uscire con Cristina per la ventesima volta e non solo. Perciò cercò di essere il più calmo possibile.
“Oh… andiamo! Insomma, possibile che non riesca ad avvolgere uno stupidissimo nastro?!” esclamò sconsolato. Passarono cinque minuti e finalmente ci riuscì. Si mise le scarpe, prese un sacchettino di raso viola che si mise in tasca ed uscì, salendo in groppa al suo Flash, il suo nuovo amico Skrill che Hiccup aveva cercato pazientemente di addestrare e calmare. Il ragazzo quella sera indossava una giacca nera elegante che copriva una camicia bianca, il farfallino nero e dei pantaloni semi-aderenti dello stesso colore. Durante il volo, spesso si strofinava nervosamente le mani e si toccava i capelli. Raggiunse la collina di Thor, appena illuminata dalla candida e lattea luce della luna. Atterrò e preparò una rosa che si mise dietro la schiena, vedendo Fring arrivare. Esalò l’ultimo, profondo sospirone prima di abbandonare le paure e sorridere alla ragazza, che stava scendendo dalla draghessa.
“Buonasera signorina.” Disse lui.
“Salve Axel.” Rispose lei. Il ragazzo le porse la rosa rossa che lei annusò, chiudendo gli occhi e mostrando le palpebre leggermente truccate con dell’ombretto color sabbia. Cristina indossava un abito terminante poco sotto il ginocchio, con un corpetto con una dolce scollatura a cuore con paillettes nere. La leggera gonna color cipria iniziava ad altezza ombelico. Le scarpe nere con un tacco modesto erano decorate da un rettangolino di metallo piccolo d’orato che bloccava una fettuccina di pelle, andando a formare una sorta di fiocco. La borsa, una pochette dello stesso colore della gonna del vestito con decori neri. Che dire, agli occhi del ragazzo, Cristina era semplicemente perfetta.
“Grazie mille.” Disse la ragazza, baciando la guancia del giovane e lasciandogli stampata una bella impronta di rossetto rosa che lui sfiorò delicatamente per non sbavarlo. Si sedettero sull’erba e, accidentalmente, la mano di Cristina si appoggiò su quella del ragazzo, che arrossì. Riluttanti, ritrassero le mani e presero a guardare le stelle. Axel aveva scelto la serata più importante della sua vita proprio quel giorno per un motivo ben preciso. Una leggenda narra che nei primi 20 giorni di ogni mese estivo, nell’emisfero nord compare una costellazione, detta la costellazione dell’amore, per via della forma a cuore che assume una nebulosa che la avvolge.
“Cristina.” Sussurrò lui, avvicinando le sue morbide labbra all’orecchio della giovane.
“Dimmi, Axel.”
“Guarda là.” Disse lui, indicando con un dito la nebulosa.
“Oh! Ma che meraviglia! È a forma di cuore…. È stupenda!!” esclamò la ragazza, battendo le mani. Lui sorrise e poi sospirò. Si mise in piedi e fece alzare anche la giovane. “Cristina… i-io stasera ti ho por-tata qui per dirti una cosa…” balbettò il ragazzo, prendendo dalla tasca il sacchettino. “Io Cristina… io ti amo.” Disse lui. La ragazza sorrise e saltò addosso all’amico.
“Anche io, Axel.” Sussurrò, prima di baciarlo. Il bacio fu lungo e passionale. Cristina mise le mani nei capelli corvini del ragazzo e Axel appoggiò le sue sui fianchi stretti della giovane. Si staccarono per riprendere fiato.
“Perciò… vuoi diventare la mia ragazza?” domandò Axel, prendendo un anello di oro bianco con una bellissima ametista levigata e dalla forma ovale circondata da piccolissimi diamantini. La ragazza per poco non pianse dall’emozione.
“Sì, sì!” esclamò, attirando il ragazzo a sé e coinvolgendolo in un ennesimo dolcissimo bacio. Quando i due si separarono, Axel mise il prezioso anello al dito della fidanzata e la baciò nuovamente. I due poi si diressero alle proprie case, mano nella mano, tenendosi alle spalle i loro draghi. La notte passò velocemente. Chi, come i due innamoratini, dormirono di più chi, come la castana Astrid, si alzò di buon ora, svegliata dal suo stomaco che brontolava affamato. La ragazza si alzò, sbadigliando e si diresse in cucina. Accese il forno e vi mise a cuocere dei biscotti che aveva preparato la sera prima. In dieci minuti, quelle prelibatezze al cioccolato si cossero. Li mise dentro ad un portadolci e avvolse quest’ultimo in un fazzoletto a quadri bianchi e verdi. La giovane si vestì ed uscì di casa con i biscotti caldi, in direzione casa Hofferson/Haddock. Bussò alla porta, che venne aperta dal raggiante Hiccup.
“Astrid! Che piacere vederti!” esclamò il ragazzo sorridendo ed abbracciando la giovane. “Entra pure. Tua sorella è in bagno che si sta facendo la doccia. Puoi aspettarla in salotto, le farai di certo una bella sorpresa.” Disse lui, invitandola ad entrare. La ragazza varcò la soglia, ringraziando per l’ospitalità.
“Hic, ho portato dei biscotti, quelli che piacciono a te.” Proferì, indicando il sacchetto. Il castano si leccò i baffi e batté le mani euforico, come un bambino.
“Che bello! Capiti nel momento giusto, Astrid. Non abbiamo nemmeno fatto la colazione!”
“Nemmeno io, Hiccup.” Rispose la ragazza. In quel momento, la maniglia della porta del bagno si mosse, mostrando la bellissima Astrid avvolta dal suo morbido accappatoio turchese e con un asciugamano fasciante i capelli bagnati d’orati della ragazza.
“Astrid!” gridò la bionda, correndo incontro alla sorella. Le due si abbracciarono e la maggiore diede un dolce bacio sulla fronte della castana. “Sono felice che tu sia qui, tesoro.” Disse lei, accarezzando la guancia dell’altra, che sorrise.
“Astrid, ho portato i biscotti che piacciono ad Hic. Ho pensato che potevamo fare la colazione tutti e tre insieme.” Propose la castana.
“Certamente!” esclamò l’altra, felice e dirigendosi in cucina, per raggiungere il fidanzato che andò a baciare. Si sedettero a tavola e intinsero i biscotti nel caffè.
“Cosa pensi di fare oggi, Hic?” domandò la mora.
“Dovremmo iniziare l’addestramento contro la banda Frost.” Rispose lui, dopo un sorso di caffè.
“Hic… solo una cosa non ho capito… che cosa pensi di fare, con Frost? Mi pare si sia già arreso, o sbaglio?” domandò castana.
“Scherzi? È sempre dietro a mandarmi messaggi provocatori, Astrid! Non ce la faccio più! Io amo tua sorella, provo a farglielo capire con le buone, ma quello mi manda maledizioni per il villaggio!!” esclamò Hiccup. La ragazza annuì e finì di bere la bevanda.
“Perciò?”
“Perciò oggi cominciamo. Ma prima… Vieni, ti devo presentare una persona.” Disse Hiccup, sorridendo alla compagna. Il ragazzo prese per mano la mora e la condusse per le vie di Berk.
“Hic… d-dove stiamo andando?” balbettò lei.
“Lo scoprirai, Astrid.” Rispose lui, tirandosela dietro. “Eccoci.” Rispose, dopo un minuto di silenzio.
“Ehm… wow, una casa. Vuoi trasferirmi il più lontano possibile da te e mia sorella?” domandò ridendo. Lui scosse la testa.
“Voglio renderti felice.” Ripose accarezzandole il viso. Lui bussò alla porta e, poco dopo, aprì un ragazzo alto. Capelli biondi ed occhi azzurrissimi, di un azzurro cielo. Astrid rimase esterrefatta e sgranò gli occhi verde scuro.
“Ciao Sean!” esclamò Hiccup, abbracciando il biondo.
“Ciao Hic!”
“Ecco la ragazza della quale ti parlavo. Lei è Astrid, sorella della mia bellissima Astrid.” Spiegò Hiccup, indicando la figura della ragazza.
“Non sapevo che la nostra guerriera avesse una sorella.” Rispose Sean, guardando incantato Astrid che ricambiava lo sguardo. Calò un silenzio imbarazzante fra i tre. Astrid era quella che ne soffriva di più, perciò decise di rompere il ghiaccio. Si avvicinò cautamente al ragazzo ed allungò la mano.
“Piacere, come ha detto Hic, io sono Astrid.” Disse accennando un sorriso. Lui la guardò negli occhi.
“Ciao Astrid, io sono Sean.” Si presentò il giovane, stringendo delicatamente la mano della ragazza. Hiccup si avvicinò, sorridente.
“Bene, vi lascio fare un po’ conoscenza. Intanto vado dalla mia bella. Se ci volete raggiungere, più tardi, siamo all’Arena. A dopo!” disse lui, salutandoli. I ragazzi rimasero da soli.
“Astrid, ti va di fare un giro nel bosco?” domandò il ragazzo. La giovane annuì e sorrise. Si addentrarono nella foresta, fianco a fianco. “Quindi tu… sei la sorella della nostra audace Astrid?” chiese lui.
“Sì, sono io. Siamo state separate per molto tempo e ci siamo ricongiunte solo qualche mese fa.” Spiegò, guardandolo meglio.
“Davvero? Mi dispiace tanto, Astrid.” Rispose il ragazzo.
“Grazie… e tu? Hai fratelli o sorelle?” domandò Astrid.
“No, sono figlio unico. Mi sento molto solo, non ho mai nulla da fare e nessuno con cui stare.”
“E perché scusa? Non hai amici?” chiese la ragazza.
“Ho Hiccup. Ci conosciamo da sempre. E ho anche Moccio, Gambe, i gemelli e tua sorella. Ma non ci frequentiamo da anni.”
“Mi dispiace molto, Sean.”
“Sono sempre stato preso in giro dagli altri per la mia debolezza fisica e per le mie grandi capacità mentali. Aiutavo Hic in bottega da Skarakkio a fare le armi, a riparare telefoni di adolescenti ribelli e computer di uomini in carriera. Il problema è che ho sempre avuto un po’ paura dei draghi, ma crescendo ho scoperto che non ce n’è bisogno.” Disse, emettendo subito dopo un fischio. Dopo un minuto di attesa, atterrò un esemplare di drago davanti ai loro occhi. “Ciao bello! Astrid, questo è Blaise, la mia…” il giovane non terminò di parlare che lei, con gli occhi sgranati, rispose per lui.
“Furia Chiara.”
“C-come fai ad essere al corrente dell’esistenza di questa specie? Non la conosce nessuno…” sussurrò lui.
“Perché… io ho un esemplare femmina di Furia Chiara.” Spiegò lei, sotto lo sguardo incredulo di Sean. “MOON!” gridò lei. La draghessa non si fece attendere e, elegantemente, atterrò di fianco alla padrona.
“Non ci credo… Blaise non sei solo, bello!!” esultò Sean, stringendo le mani della ragazza che arrossì. Astrid era completamente persa in quegli occhi azzurro mare che non pensava altro che a quelli.
“Astrid?” richiamò Sean, scuotendo verticalmente la mano dinanzi gli occhi della ragazza.
“I tuoi occhi sono bellissimi…” disse imbambolata.
“Cosa?”
“Ehm… che? Cioè, i suoi occhi sono bellissimi… eh eh…. Sembrano zaffiri…!” rispose ridendo nervosamente. Lui sorrise e le carezzò una guancia. Lei si irrigidì subito, ma il ragazzo non se ne accorse, perché si lasciò andare quasi subito. La giovane si scostò delicatamente ed andò dai due draghi, che stavano facendo conoscenza. Si chinò su entrambi e grattò loro il mento.
“Siete bellissimi…” sussurrò, sotto lo sguardo incuriosito di Sean. Si alzò e si girò verso l’amico, mettendosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli ribelle ed accennando un sorriso. Lui avanzò verso di lei e le prese la mano, guardandola negli occhi. Si fissarono per due minuti buoni, senza dirsi nulla. Poi, senza staccarsi, procedettero per il bosco, mano nella mano. Parlarono del più e del meno, fin quando Astrid non si fermò, bloccando anche il ragazzo. Gli occhi della giovane fissavano un oggetto non identificabile in mezzo fronde degli alberi.
“Astrid. Astrid che c’è?” domandò Sean preoccupato, scuotendo delicatamente la ragazza. Lei si risvegliò.
“Sean… c’è una cosa tra le fronde degli alberi…” sussurrò incredula. Lei indicò tremante una cosa che si muoveva e anche lui riuscì a vederlo.
“Ma cos’è?” domandò lui, avvicinandosi. Arrivò alla base dell’albero e guardò verso l’alto. Si alzò in punta di piedi e prese un foglio di carta con scritto “SEGUI LA MAPPA.” Con un freccia indicante il retro del foglio. Girarono il pezzo di carta, trovandone effettivamente una mappa. I due si guardarono con uno sguardo d’intesa e seguirono il sentiero tracciato. Giunsero in uno spiazzo erboso, decorato da una splendida cascata fatata. D’un tratto, si sentì un leggero scampanellio che attirò l’attenzione dei due ragazzi.
“Benvenuti alle cascate della speranza.” Disse una vocina.
“Cosa vi porta qui, aumentando dal vostro paese la distanza?” domandò un’altra.
“Siamo liete di aver ricevuto visite.” Esclamò un’ennesima.
“E’ da tanto che non le riceviamo. Tant’è che le rose eterne son appassite.”
“Noi siamo le fate del regno di ghiaccio.”
“E se volete andar via non dovrete far alcun capriccio.” Concluse una fatina, planando sulle teste dei due e tirando Astrid per un braccio. La ragazza non si mosse di un centimetro e guardava la fatina affannata, mentre cercava di tirare un lembo della sua camicetta verde. Accorsero in suo aiuto tutte le creaturine alate, che sollevarono da terra la ragazza e la portarono verso le cascate.
“Astrid!!” gridò Sean, correndo verso di lei. Ma dovette fermarsi, frenato da una barriera invisibile. La castana si dimenava, ma le fate la tenevano ben saldamente. Quando oltrepassarono il fiume d’acqua che scendeva dall’alto, si ritrovarono di fronte ad uno specchio che rifletteva l’immagine della ragazza scortata dalle tante fate. Queste ultime bisbigliarono delle parole che trasformarono lo specchio in un liquido luminescente. Le creature ricominciarono ad avanzare verso il muro.
“No… no! Che volete fare?!” urlò la ragazza, terrorizzata.
“Tu solamente potrai sistemare le cose.”
“Il mondo di ghiaccio è in condizioni pietose.”
“Se il vostro capo vorrai aiutare.
“Questo portale dovrai valicare.”
“A te la scelta, o ninfa del bosco.”
“Ninfa del bosco? Io?!” domandò confusa la ragazza. Le fatine non le risposero.
“Vuoi che il tuo capo sia felice o abbia un destino fosco?” domandarono in coro le creature. Astrid sospirò.
“E va bene. Mi sacrificherò per Hiccup.” Disse decisa la ragazza. Le fatine si sorrisero e, dolcemente, fecero entrare la ragazza nello specchio.
“ASTRID, NO!!” gridò Sean.
“E tu, elfo dell’aria, cosa stai qui a guardare?
“Il nostro compito è terminato. Ora puoi andare.” Dissero la fatine, nascondendosi nuovamente fra gli alberi. Il ragazzo corse verso il centro di Berk, terrorizzato, in cerca di Hiccup. Bussò alla sua porta, ma non c’era.
“Giusto! È all’Arena con gli altri!” disse fra sé e sé Sean, avviandosi in volo con Moon e Blaise. “HICCUP!!” gridò quando atterrò fuori dall’accademia.
“Per Odino! Sean! Che succede?!” domandò il Capo, preoccupato.
“Astrid, cascate, fate, portale, ghiaccio, macello!!!” farfugliò fuori di sé.
“Astrid… cascate… fate? Ma che avete fatto, mi chiedo? Calmati Sean no…” Hiccup non finì di parlare.
“E’ successo qualcosa a mia sorella!!” gridò Astrid, in preda al panico. Sean annuì.
“Ok, calmiamoci. Cos’è successo?”
“Allora. Stavamo facendo una passeggiata nel bosco, quando ad un certo punto Astrid ha visto una cosa attaccata ad un ramo di un albero. Io l’ho preso ed era un foglietto con su scritta una mappa che ci ha condotto in un luogo, alle cascate, più precisamente, popolato da fate. Hanno cominciato a dire delle cose in rima… cose che non ricordo. So solo che prima di gettare Astrid dentro un portale hanno detto… “A te la scelta, ninfa del bosco”… e poi anche… “Vuoi che il tuo capo sia felice o abbia un destino fosco?”. Lei… lei ha deciso di entrare nel portale e l’hanno gettata…” spiegò Sean.
“Ehmm… ok, sicuro di star bene?” domandò Moccicoso. “Sean, una cosa così è completamente impossibile!!” gridò.
“No, Moccicoso, non è impossibile. A lei è successa. Ed ora? Cosa facciamo qui imbambolati?!” esclamò fuori di sé il biondo.
“Quindi mia sorella è stata risucchiata in una specie di portale… per salvare un Capo?”
“Aspettate… analizziamo bene le enigmatiche frasi delle fate… Vuoi che il tuo capo sia felice o abbia un destino fosco?... il TUO capo… Aspettate, il suo capo sono io!” esclamò Hiccup. “Sean… dove portava il portale? Le creature l’hanno detto… o comunque te lo ricordi?”
“Ehm… mi pare fossero fate del regno di ghiaccio… Sì, ad un certo punto hanno detto che il mondo di ghiaccio è in condizioni pietose e che toccava a lei mettere apposto le cose…” spiegò il ragazzo, riordinando le idee.
“Il mondo di ghiaccio?” chiese Astrid. “Oh no… no no no… il regno di ghiaccio è quello di Frost!!” gridò la bionda.
“Oddei santi… Quindi vuol dire che quelle sono le serve di Jack!!”
“Ma perché hanno scelto mia sorella…? Perché?!?!” singhiozzò disperata Astrid, accasciandosi a terra piangendo.
“Perché tua sorella non ha termini di parentela con Hiccup e quindi potrebbe essere più vulnerabile alle provocazioni di Jack. Tutti noi conosciamo Hic da una vita e tu, Astrid, sei la sua ragazza. Nessuno di noi crederebbe a ciò che Frost potrebbe dire sul conto di Hiccup. Astrid potrebbe essere più manipolabile e quindi un bersaglio semplice.” Spiegò Gambedipesce, sicuro di ciò che diceva.  Hiccup si chinò su Astrid, che aveva aumentato a piangere e la accarezzò, rassicurandola che la sorella sarebbe uscita da quell’avventura indenne. La baciò e si rivolse nuovamente al gruppo.
“Ok, la situazione è alquanto bizzarra. Astrid è stata catapultata nel regno di Frost, senza guida, senza nulla, in pratica. Bene, incominceremo subito le ricerche per raggiungerla.”
“No, Hiccup. Il portale si è chiuso alle sue spalle e non si riaprirà mai più.” Disse Sean. Ci fu un interminabile minuto di silenzio, interrotto da alcuni singhiozzii da parte di Astrid, che soffriva a dir poco.
“Fate qualcosa, vi prego! Non voglio perdere anche mia sorella, dopo che l’ho creduta morta per anni e solo qualche mese fa ho ri-incontrato!!” gridò la bionda.
“Allora guarderemo in biblioteca… dovrebbero esserci dei libri sulla magia e sul regno di ghiaccio. Incominceremo da stasera.” Ordinò Hiccup. Tutti annuirono decisi e si recarono alle proprie case per riposarsi: quella sera sarebbe stata impegnativa. Astrid ed Hiccup tornarono nella loro abitazione, abbracciati. La ragazza si sentiva malissimo senza sentire la voce della sorella, senza avvertire la sua presenza… senza sapere che lei è c’è. Ma cosa stava succedendo nel regno di ghiaccio? Le fate avevano fatto addormentare la ragazza, mentre oltrepassava il portale. Si svegliò che era stesa a terra, accucciata su sé stessa.
“Ma che succede…? Ehi? C’è qualcuno? Sean? Hic? Sorellona… Cry?!” gridò la giovane, non ricevendo risposta. Si guardò intorno. Il paesaggio era arido e colorato con tinte cupe e fredde, sui toni dell’indaco, blu notte, nero, grigio e azzurro scuro. Si alzò in piedi e si accorse di essere stata stesa su un letto di terra nera come l’ossidiana. Tutto il terreno sul quale camminava era nero come il carbone. “Ma dove sono…?” si chiese. Cominciò a camminare, ma poi si rese conto di avere in tasca il telefono. Credendo di avere un barlume di speranza, lo tirò fuori e digitò il numero di Hiccup. C’era campo.
“Pronto?”
“Hic! Hic sono Astrid!!” gridò la ragazza.
“Oddei sacri!! Astrid, stai bene?!” domandò Hiccup, felice.
“Sì, tutto ok per ora. Non so nemmeno dove sono…”
“Sei nel regno di ghiaccio, più precisamente, nel regno di Jack Frost. Stai molto attenta a... l…. può…”.
“Hic! La chiamata è disturbata! A chi devo stare attenta?!” gridò la giovane. Niente risposta, la comunicazione era terminata. Astrid guardò lo schermo del suo telefono che segnalava l’assenza di campo. “A chi devo stare attenta…?” sussurrò piangendo. Respirò ripetutamente, per calmarsi, poi prese a camminare, nella speranza di trovare qualcuno o qualcosa in grado di dirle che fare. La camminata andò avanti per un’ora buona, fin quando il sole giunse a toccare dolcemente la superficie del mare, tingendo il cielo di colori caldi.
“Almeno il cielo ha un colore diverso… mi sta venendo l’orchite a vedere tutti sti colori freddi… che tristezza…” disse. Dopo un po’, i suoi occhi si sgranarono. “E-e quello… che cosa sarebbe?!?” esclamò indicando una distesa di lava cocente. Comparvero le fatine di prima, che svolazzarono intorno a lei. Una di queste si adagiò dolcemente sulla spalla della giovane, lisciandole i capelli ramati.
“Se avanti vorrai andare, solo una cosa potrai fare. Quell’oceano dinanzi a te non è più lo stesso, tocca a te trasformalo, adesso.” Rimò la creatura, librandosi, una volta finito, in aria e raggiungendo il suo gruppetto, che volò via, lasciandola da sola dubbiosamente. D’un tratto sentì nella sua testa una voce. “Astrid… ricordati dei tuoi poteri…”. La ragazza guardò nuovamente la lava e chiuse gli occhi. “I miei poteri…? Giusto, i miei poteri!!” gridò esultante, avvicinando una mano alla bocca con il palmo aperto. Soffiò su quest’ultima, tenendo gli occhi chiusi e ne scaturì una nuvola di ghiaccio. Abbassò la mano che aveva generato la nuvola e automaticamente, quest’ultima, seguì il movimento, affondando nella lava, che in poco si ghiacciò.
“Il mio ghiaccio è così potente da raggelare la lava?! Wow!!”. Si concentrò e, inaspettatamente si alzò in volo, planando sull’oceano gelato. Chiuse a pugno la mano magica e il ghiaccio si sciolse, divenendo acqua. Dopodiché atterrò nuovamente a terra, sbattendosi le mani tra loro. Una barchetta di legno con intricate al suo esterno edere e rampicanti fioriti si avvicinò alla riva. Istintivamente, Astrid avanzò verso quest’ultima e la toccò delicatamente.
“Qualcosa mi dice che se voglio andare avanti e compiere quest’impresa eroica devo salire su questa barchetta instabile…” sbuffò. Perciò salì sulla piccola imbarcazione e, un po’ insicura, cominciò a remare con una piccola pagaia in legno. La luna non si fece attendere, specchiandosi sullo specchio d’acqua riportato in vita dalla ragazza. La giovane alzò lo sguardo, guardandola in tutta la sua semplice dolcezza. Sorrise e pensò a sua sorella, Axel, Sean, Moccicoso, Bruta, Tufo, Gambe, Cry e Hiccup.
“Buonanotte, sorellona.” Sussurrò versando una lacrima cristallina che le solcò leggiadramente la guancia e si accucciò sullo scafo della barca.
Intanto a Berk il gruppo dei Cavalieri si stava dando da fare per cercare nella biblioteca un libro di magia che potesse aprire un portale per qualsivoglia posto si desideri. Astrid era quella più indaffarata: voleva accanto a sé sua sorella a tutti i costi.
“Trovato qualcosa?” chiese con voce decisa.
“No… qui illustra solo gli incantesimi per trasformare una persona a ranocchio…” rispose Bruta svogliatamente, chiudendo anche quel libro.
“Io invece ho trovato un libro che parla di come poter sviluppare poteri magici dal nulla…” disse Moccicoso.
“Invece io ho scoperto che sono stanco… Hiccup, sono ormai quattro ore che cerchiamo dei libri in questa biblioteca vecchia più di mia bisnonna… abbiamo fatto una confusione tremenda, ci sono pile di libri sparsi per tutta la stanza e dobbiamo pure mettere apposto… Non ce la facciamo più…” si lamentò Testa di Tufo.
“Va bene ragazzi, andate a casa. Qui ci penso io.” Disse Hiccup, salutando i ragazzi che mano a mano lasciavano la biblioteca. Rimasero in due: Hic e Astrid.
“Perché non c’è modo di aprire un portale?” chiese Astrid, sconsolata.
“Non è vero che non c’è, amore mio. Troveremo la soluzione e Astrid tornerà a casa, insieme a tutti noi. Anche a me manca, le voglio molto bene, lo sai. Vorrei averla qui con noi, poterla vedere giocare con Moon, poterla sentire…”
“Moon soffre molto senza di lei. Sta sempre fuori dalla casa a mugolare… non vuole nemmeno la compagnia di Sdentato.” Sussurrò Astrid, ricevendo le coccole dal suo fidanzato.
“La riavremo a casa, me lo sento.” La rassicurò lui, guardandola negli occhi e baciandole la fronte. Astrid gli sorrise e insieme misero apposto le innumerevoli pile di libri da loro create. Domani si sarebbero ricominciate le ricerche.

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Capitolo 6
*** Un dolce futuro ***


Quando la luna cedette il suo posto alla fioca luce del mattino e ad una bella cappa di nuvole scure, Astrid Hofferson spalancò gli occhi azzurri e contemplò il soffitto della sua casa. Il suo sguardo si fece preoccupato e intriso di dubbi. Voltò il capo alla sua sinistra, dove dormiva beato il suo bellissimo Hiccup, con la testa che sprofondava nel cuscino. Lei sorrise e gli carezzò la nuca, posandovi anche un bacio sopra, poi scese in cucina, scaldò del latte per il suo amato e si vestì. Dopodiché uscì in direzione casa Cristina. Dopo un po’ di cammino, bussò.
“Ciao Astrid.” Salutò Cristina, sorridente.
“Ehm… Cry, io devo dirti una cosa…” rispose la bionda, intrecciandosi ossessivamente le mani e tremando.
“Il tuo tono di voce mi fa intuire che non è niente di buono. Che cos’è successo?”
“Astrid. È nel regno di ghiaccio di Frost. È dovuta andarci perché altrimenti il destino di Hiccup sarebbe stato rovinato!” urlò Astrid, preoccupata.
“Aspetta, cosa?! Io gli spacco la faccia a quello stupido ghiacciolo con un bastone mezzo rotto da pensionato!” tuonò Cristina in preda al panico, dirigendosi verso Fring. Il suo braccio venne afferrato da Astrid.
“Cry ragiona un secondo! Tanto per incominciare lei è arrivata nel regno di Frost tramite un portale che, ironia della sorte, si è chiuso alle sue spalle. Perciò, finchè non troviamo un modo per riaprirne un altro che ci conduca da lei è impossibile raggiungerla. Secondo: tu non vai da nessuna parte da sola, potrebbe accaderti qualcosa di spiacevole!” spiegò la bionda, tenendo saldamente il braccio alla ragazza.
“No! Non mi faranno niente! Io prevedo il futuro e so cosa succederà e non. E poi, altra cosa, sono una dominatrice del fuoco e posso fare ciò che voglio, ossia salvare Astrid!” urlò Cristina, iraconda.
“Ehi, ma cosa credi? Che io non voglia salvare mia sorella?! Anche io la vorrei qui con me ma i problemi da affrontare prima di raggiungerla sono molteplici. Dobbiamo risolverli, insieme. Jack non può vincere questa battaglia, specialmente soggiogando MIA sorella e costringerla a credere che Hiccup è una persona orribile e senza cuore.” Disse Astrid, lasciando il braccio della mora e tenendo uno sguardo basso.
“Non ti preoccupare. Conoscendo Astrid non si lascerà domare da un pazzo svitato assetato di Hiccup dicendo cose spregevoli sul suo conto e invogliandola ad eliminarlo. E poi a me non piace per niente perdere.” La rassicurò la riccia, scendendo dal suo drago e mettendo una mano sulla spalla dell’amica. “Andiamo da Hiccup a dirglielo.”
“Lo sa già. Ieri sera mentre te e Axel non c’eravate abbiamo cercato fino alle tre di notte nella biblioteca libri che potessero svelarci come aprire un portale e condurci da lei ma niente… Piuttosto, voi due dove vi eravate cacciati?” domandò curiosa Astrid. Cristina arrossì ed alzò la mano destra verso l’amica, mostrando l’anello con l’ametista che portava al dito. “Oh Thor… ti ha chiesto di diventare la sua ragazza?!” chiese sorridendo la bionda.
“Sì…”
“Oddei Cristina è magnifico!!” saltellò Astrid, coinvolgendo anche l’amica, che sorrideva. “Bene, dopo questa parentesi, vieni con me.”. Entrambe saltarono in sella ai propri draghi e tornarono a casa “Haddofferson”.
“Astrid! Per Odino mi hai fatto venire un infarto! Dov’eri finita?!” tuonò Hiccup quando le due ragazze entrarono nella casa.
“Sono andata da Cristina, amore.”
“Ti ho cercata anche sul cellulare ma non hai risposto.”
“Scusa… era in silenzioso..” bofonchiò Astrid sentendosi in colpa. La bionda si avvicinò al suo fidanzato e allacciò le braccia attorno al suo collo. “Come posso farmi perdonare?”
“Non lo so… veda lei, signorina.” Rispose Hiccup sorridendo. Astrid posò delicatamente le sua labbra su quelle del ragazzo e lo coinvolse in un dolcissimo bacio.
“Sono riuscita a farmi perdonare?” domandò lei con sguardo furbetto.
“Se ogni volta che ti devi far perdonare trovi questo sistema allora…” sussurrò lui.
“Ehm… piccioncini potete tenere a bada i vostri sentimenti e concentrarvi su Astrid?!!” tuonò irritata Cristina.
“Eh ehm… allora… oggi cosa si fa, Hic?” chiese Astrid schiarendosi la voce.
“Andremo nel posto dove tua sorella è scomparsa e lo perlustreremo a tappeto. Magari troviamo qualcosa di utile.” Rispose il ragazzo. Le due annuirono e uscirono di casa per avvisare tutti di incontrarsi all’Arena. Cristina si diresse dal suo fidanzato.
“Axel?” Domandò bussando. Il moro aprì e baciò la ragazza.
“Dimmi tutto, Cry.”
“Ehm… devo darti una pessima notizia… Astrid, la mora, è stata risucchiata in un portale ed ora si ritrova nel regno di Frost.” Spiegò.
“Oddei sacri! Nel regno di Frost?! Ma sta bene almeno?”
“ Non lo sappiamo. Dobbiamo farci guidare da Sean per tornare nel posto dov’erano ieri lui e Astrid. Poi lo perlustreremo per bene.” Disse la ragazza. Il giovane annuì e rientrò nella casa per cambiarsi. In cinque minuti ritornò dalla compagna e insieme si diressero all’Arena, mano nella mano. Tutti erano presenti. Moccicoso, Sean e Astrid erano nel panico, volevano che tutto finisse al meglio.
“Bene ragazzi. Come tutti abbiamo saputo, Astrid si trova sola nel regno di Frost. L’unico modo per aiutarla è ritornare nel posto dove lei e Sean si trovavano ieri e perlustrarlo. Magari troviamo qualcosa di importante per ricongiungerci con lei.” Spiegò Hiccup.
“Hic, il piano è perfetto ma Astrid a quest’ora potrebbe essere chissà dove!” esclamò Testa Bruta.
“Effettivamente… però possiamo chiamarla! Ha con lei il telefono!” disse Astrid.
“Sì, ma non c’è campo.” Rispose Hiccup, grattandosi la nuca.
“E tu, saputello, come fai a saperlo?” esordì Moccicoso, infastidito.
“Forse perché l’ho chiamata?”
“E quindi?”
“E quindi ad un certo punto è caduta la linea. Ho provato a contattarla varie volte ma diceva che il telefono era spento. Poi il cellulare potrebbe essersi scaricato.” Disse Hiccup.
“Ma che guastafeste che sei Hiccup!” urlò Moccicoso.
“Ma perché gli uomini sono più lenti di un bradipo?! Forza, Sean, dov’eravate te e mia sorella ieri?” chiese scocciata Astrid.
“Eravamo nel bosco, alle cascate. È difficile da spiegare dov’eravamo, faccio prima a guidarvi.” Detto questo, tutti salirono sulle loro cavalcature e si diressero nel luogo stabilito. Dopo pochi e silenziosi minuti di volo atterrarono.
“Ecco, eravamo qui. L’hanno portata dietro il muro d’acqua.” Spiegò Sean.
“Perfetto. Ragazzi, osservate bene questo posto e se trovate qualcosa di utile avvisate.” Ordinò Hiccup. Intanto nel regno di Frost, Astrid si era svegliata a causa del brusco cullare della barca, che aveva sbattuto contro la riva.
“Ma che cosa…?” si chiese, stropicciandosi gli occhi verdi e guardandosi stancamente intorno. “Ah! Sono arrivata dall’altra parte dell’oceano!” esultò, scendendo dall’imbarcazione. Una fatina riapparve davanti a lei, che sbuffò irritata. “Che ci fai ancora qui?”
“Cara ragazza, non ti agitare. Io sono qui perché ti voglio aiutare. Ora che l’oceano è tornato normale, un’altra cosa ti occorrerà fare. O ninfa del bosco, ai tuoi poteri ricorrerai, se il signor Aaron incontrare vorrai.” Rimò dolcemente la fata che scomparve lasciandosi alle spalle una scia di polvere verde brillante.
“Aaron? E chi sarebbe questo? Ci capisco sempre meno!” esclamò incrociando le braccia al petto e cominciando a camminare. Aveva alquanto freddo perché tirava un’aria gelida e penetrante e il sole non aveva la benché minima voglia di farsi vedere. La giovane rabbrividì. La camicetta verde di Astrid era strappata in vari punti, bagnata e sporca di terra nera e anche i jeans non erano in buone condizioni. Per non parlare delle ballerine nere di pelle che portava ai piedi, che erano quasi completamente graffiate dappertutto. Giunse ai piedi di una foresta che aveva tinte diverse dal paesaggio circostante: era dipinto con colori vivaci e risplendeva da tutte le parti. Quello stesso luccichio invogliò la ragazza a procedere e a chiedersi da dove provenisse. Astrid si guardava intorno incantata, toccava le superfici dei tronchi di ogni albero e annusava il profumo di qualsiasi fiore strano. D’un tratto i suoi occhi si illuminarono ed un sorriso si disegnò sul suo volto: dinanzi a lei si sviluppava verso il cielo in modo imponente un esemplare conifera che troneggiava tra le altre in altezza e bellezza. Aveva il tronco tutto coperto di smeraldi e zaffiri e su ogni fronda aveva dei piccoli diamantini che parevano goccioline di rugiada mattutina. Si avvicinò ancora e sfiorò le pietre preziose del fusto.
“Che meraviglia…” sussurrò sorridendo. Gironzolò intorno all’albero più volte, finché la sua attenzione non venne catturata da una pietra più grande e strana, zaffiro e smeraldo fusi insieme. La toccò e la terra prese a tremare. “Oddei! E ora che si fa?!” esclamò terrorizzata, aggrappandosi all’albero in cerca di sostegno. Dopo pochi secondi il terremoto cessò e dal terreno si aprì una botola, mostrando una bellissima scala a chiocciola dorata, con il manico di rubini. Lei decise di scendere e, paurosamente, percorse tutti gli scalini.
“Ben arrivata, Astrid.” Disse una voce profonda che fece sussultare la castana.
“Chi… chi sei?” domandò paurosamente.
“Oh oh, non ti preoccupare piccola. Voglio solamente aiutarti. Come le mie simpatiche amiche ti avranno detto, io sono Aaron.” Rispose la voce.
“Dove s-sei?” balbettò Astrid. Dopo una risata sentì delle mani possenti poggiarsi delicatamente sui suoi fianchi e una testa sbucare dalla sua spalla.
“Sorpresa, tesoro.” Sussurrò Aaron, coprendo il collo della ragazza di piccoli baci.
“Lasciami stare. Come ti permetti di toccarmi se non mi conosci neanche?!” tuonò la ragazza, staccandosi bruscamente da lui e lasciandogli in dono un ceffone sulla pelle chiara. Aaron aveva dei capelli neri come la pece e gli occhi dello stesso colore. Occhi che penetravano nell’anima.
“Come fai a dire che non ti conosco, dolcezza? Certo che ti conosco, forse meglio anche della tua cara sorellona…” disse ridendo.
“Ora lascia stare mia sorella!!”
“Ok… calmati, Astrid. Ripeto che sono qui solo per aiutarti.”
“E va bene. Allora aiutami, perché se sono qui è solo per colpa tua!” gridò puntandogli al petto il dito indice. Lui prese la stessa mano e se la portò alle labbra, lasciandogli un bacio.
“Tesoro, tu non sei qui per colpa mia, ma per amore. Lo fai per amore di quell’insulso ragazzo capo di Berk. Lo fai per Hiccup. Non credo che tu debba sprecare i tuoi sentimenti per un ragazzo del genere.” Disse lui. Non lasciò il tempo ad Astrid di reagire, che la castana si ritrovò tra le braccia di quella strana creatura, che la stava portando chissà dove in volo.
“Hiccup non è un ragazzo insulso! È meraviglioso!” protestò dimenandosi.
“E cos’avrebbe di così tanto meraviglioso, sentiamo.”
“Tutto. E non ho bisogno di dirti altro. Ora aiutami a compiere quest’impresa, per favore.” Disse freddamente. Aaron atterrò in una stanza enorme, dai colori freddi e glaciali. Si sedette sul suo trono, appoggiato ad una parete.
“Bene Astrid. Come le fatine ti avranno comunicato, sei qui per salvare Hiccup da un destino infelice e crudele, perché Jack Frost vuole cercare di conquistare il suo cuore scatenando una guerra sanguinosa, uccidendo te, tua sorella, la tua amichetta Cristina e tutte le persone che Hiccup tiene a cuore. Ma tutto questo non è perché Jack ama il tuo Capo. No no. Perché Elsa, la sua consigliera, vuole dare una lezione ad Hiccup per averla lasciata, tanti e tanti anni fa, per la bellissima Astrid, tua sorella. Perciò Elsa ha fatto un incantesimo a Frost, alterando anche i valori del regno, trasformandolo in un cubetto di ghiaccio nel vero senso della parola. Credo che avrai notato i colori cupi e freddi del paesaggio, l’oceano di lava che hai dovuto trasformare nuovamente in acqua e il resto che ti aspetta.” Spiegò Aaron.
“Vuoi dire che è tutta colpa di Elsa e che Frost non è innamorato di Hiccup?!” tuonò Astrid.
“No, Jack è innamorato di Elsa nella realtà. Solo che lei non lo sa e ha fatto un incantesimo a Jack, cosicché si innamorasse di Hiccup in un modo ossessivo e scatenasse una guerra per conquistarlo.”
“E quindi io che cosa devo fare?”
“Devi solamente riportare il regno com’era un tempo. Sei già partita dall’oceano, ti resta solamente il compito di ridare alla terra i colori che aveva in origine e di sciogliere il cuore di cristallo, perché avvolto dal ghiaccio E’ quello che da la vita completa al regno. Tolto il gelo che avvolge il cuore di cristallo tutto tornerà come prima e Frost ritornerà in sé.” Disse Aaron. Astrid annuì e si girò, camminando verso l’uscita della stanza per dirigersi fuori da quel posto, ma si rivoltò verso Aaron e lo guardò bene.
“Ma tu, chi sei esattamente?” domandò sospettosa.
“Io sono la tua guida fin da quando eri piccola, ti ho sempre pilotata io, dall’alto o meglio dire dal basso, ti dicevo cosa fare.” Sussurrò l’uomo. Lo sguardo di Astrid si fece rabbioso ma allo stesso tempo sorpreso.
“Vuoi dire che tu mi hai fatto andare via da Berk? Vuoi dire che tu mi hai fatto rimanere sola per tutti questi anni? Vuoi dire che tu hai ucciso i miei genitori?!” gridò la castana. Aaron annuì tristemente. Lei scosse la testa e chiuse gli occhi, poi scappò via da quella stanza maledetta. Ripercorse, irosa, le scale dorate e uscì dai sotterranei, correndo fuori dalla foresta. Astrid continuava a camminare decisa e iraconda: non poteva credere che per colpa di uno stupido uomo si era rovinata la vita. Continuò la sua avanzata finché non comparve dinanzi a lei un muro nero e su di esso alcune macchie di colori diversi disposti a formare una tavolozza. La ragazza strabuzzò gli occhi e svenne.
Nel mentre, i Cavalieri di Berk, cercavano indizi per ritrovare la loro amica.
“Ragazzi!!” esclamò Cristina. “Ho trovato qualcosa!!”
“Che cos’hai trovato, amore?” domandò Axel, avvicinandosi alla giovane.
“Una chiave d’oro.” Rispose prendendo in mano il piccolo oggetto. Tutti accorsero ad analizzarlo.
“Ma cosa vuoi che sia, Cry! È solo una stupidissima chiave di una collana, probabilmente.” Disse Testa Bruta.
“No, non è una chiave qualsiasi. È speciale.” Rispose Cristina. “Guardatela bene. È così piccolina ed è coperta di una sorta di polvere luccicante…” analizzò la riccia.
“La polvere delle fate! Cry hai trovato la chiave!!” esultò Sean.
“Oddei santi! Grazie Cry! Ora potremo raggiungerla!!” gridò piangendo di gioia Astrid.
“Prego… non c’è di che. Ho voglia anche io di riabbracciare la mia amica.” Sussurrò malinconica.
“Dai ragazzi! Su il morale! La troveremo!!” incoraggiò Hiccup. Tutti sorrisero e urlarono di gioia.
“Ragazzi… potrei tenerla io la chiave? Io e Axel vedremo come ingrandirla per farla passare… in quella serratura.” Rispose Cristina, indicando un buco placcato d’oro dietro le cascate.
“E’ la serratura per aprire il portale! È la che le fate hanno gettato Astrid!” esclamò Sean.
“Il problema è che la chiave è troppo piccola per il buco nel quale deve passare.” Constatò Tufo.
“Wow Testa di Legno per una volta hai fatto una considerazione intelligente!!” disse sarcasticamente Moccicoso ridendo.
“Ehi Moccolo chi ti credi di essere?” rispose Testa di Tufo.
“Quello che sono, ossia tutto muscoli e a volte cervello.” Disse lui. Tutti rimasero sorpresi dalla sua risposta. Non aveva mai ammesso di avere meno cervello rispetto agli altri.
“Ora però stai dimostrando di averne più di tutti.” Disse dolcemente Bruta, avvicinandosi all’amico e lasciandogli un bacio sulla guancia.
“Bene, dopo questa dimostrazione di affetto, passiamo al dunque. Sì, potete tenere la chiave e provare ad ingrandirla.” Disse Hiccup. Tutti annuirono e tornarono alle rispettive case.
“Axel… come pensi di risolvere il problema della chiave?” domandò pensierosa Cristina, intrecciando la sua mano con quella del fidanzato, mentre passeggiavano verso le loro abitazioni.
“Non lo so tesoro… forse con un incantesimo riusciremo a trasformarla.” Rispose lui. Lei sospirò ed appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo, che le carezzò i capelli. “Troveremo il modo, ne sono sicuro, piccola.” Sussurrò lui, posandole un bacio sulla fronte, al quale lei rispose con un sorriso. E così i due tornarono a casa abbracciati.
“Hic… sono così contenta che abbiamo trovato la chiave per raggiungere Astrid.” Disse la bionda che si stringeva al suo perfetto fidanzato, che la guardava innamorato e allo stesso tempo agitato e le donava tantissimi dolci baci. “Che hai Hic?”
“Ehm… n-niente…” balbettò.
“No che hai qualcosa. Dimmi tesoro.” Disse Astrid, cessando di camminare e posizionandosi di fronte al ragazzo.
“Amore non ti devi preoccupare… non ho nulla…” rispose grattandosi la nuca. Astrid assottigliò gli occhi. “E va bene! Vieni con me.” Sussurrò lui, prendendola per un polso e portandola dentro la foresta. Quando si fermarono, Hiccup fece sedere Astrid e lui accanto a lei.
“Vedi… tua sorella… mesi fa, mi aveva proposto di fare una cosa, che io è da sempre che desidero… perciò pensavo di fartela adesso.” Disse lui, alzandosi e aiutando la compagna a mettersi in piedi. Prese dalla tuta alare un piccolo scrigno azzurro. Alla vista, Astrid capì all’istante e prese a piangere dalla gioia.
“A-astrid?” balbettò Hiccup asciugando una guancia alla ragazza.
“Sì.” Si limitò a rispondere lei, sorridendo e saltando addosso al giovane.
“Ehm… mi pare che la domanda fatidica non la debba fare… ma per sicurezza… Astrid Hofferson, vuoi sposarmi?” chiese lui, inginocchiandosi, prendendo la mano della compagna e aprendo la scatolina contenente un bellissimo anello d’oro bianco con uno zaffiro a forma di cuore al centro contornato da tanti piccoli smeraldi.
“Sì. Sì Hiccup!!” esclamò felicissima la ragazza, baciandolo come non aveva mai fatto. Hiccup mise al dito della compagna il prezioso anello.
“Hic… è ora di farti vedere una cosa. Beh più che vedere è sentire.” Disse Astrid quando si staccarono, mettendo la mano del compagno sulla sua pancia.
“Oddei sacri… qui c’è qualcosa che… che si muove!” esclamò Hiccup incredulo. “Aspetta… questa cosa che si muove è…” incominciò lui, stupito.
“Sì, è nostro figlio, amore.” Sussurrò Astrid, sorridendo.
“N-nostro fi-figlio?” balbettò. Lei annuì. “Oddei Astrid! Ma è una cosa magnifica!! Stiamo per diventare genitori!! Da quanto?” chiese.
“Ben tre mesi.”
“L’abbiamo concepito prima che arrivasse tua sorella, giusto?”
“Sì. E sarà felice di diventare zia di un bellissimo bambino.” Disse lei, baciando un’ultima volta il compagno, prima di tornare insieme a Hiccup nella loro casa.
Intanto nel regno di Frost, Astrid si risvegliò dentro una tenda color verde muschio. Si stropicciò gli occhi e cercò di capire dove fosse. Si alzò e uscì dalla piccola cameretta e vide un ragazzo girato di schiena e un piccolo falò con dei tronchi attorno.
“Ehm… Buonasera.” Disse Astrid per attirare l’attenzione del giovane, che non esitò a girarsi.
“Buonasera, signorina.” Rispose sorridendo lui. Astrid non riuscì a rispondere, incantata com’era da quei bellissimi occhi verdi che il ragazzo si ritrovava. “Tutto bene?” domandò lui, vedendo Astrid impalata a fissarlo. Il giovane aveva dei bellissimi capelli castani e degli occhi verdissimi, che avevano catturato l’attenzione della ragazza.
“Ehm… sì, tutto ok.” Esclamò lei sorridendo imbarazzata. “Tu… tu chi sei?”
“Io mi chiamo Alexander, ma puoi chiamarmi benissimo Al.” Si presentò.
“Ehm… quanti anni hai?” domandò lei, diffidente.
“Ventidue.”
“Ah… due anni in più di me. Comunque io sono Astrid.”
“Che cos’è successo prima, se posso sapere?” chiese lui.
“Ho incontrato Aaron… non so se conosci… e mi ha detto che praticamente ha ucciso i miei genitori, mi ha fatto fuggire da Berk, la mia isola natale e, in conclusione, mi ha fatto rimanere sola per sedici anni.” Spiegò Astrid, cercando di mantenere i singhiozzii.
“Mi dispiace molto… ma, aspetta, hai per caso detto Berk? Anche io vengo da quell’isola!!” esclamò Alexander.
“D-davvero?”
“Sì! Sono il figlio di Jacob Anderson VI e fratello di Axel Anderson I.” rispose.
“A-Axel?” balbettò lei.
“Sì, perché lo conosci?”
“Sì, lo conosco. È un mio amico.” Disse lei.
“Ah bene…” sussurrò lui, fissandosi la punta delle converse nere. 
 “Da quanto sei qui?”
“Non da tanto… saranno quattro giorni.” Rispose Alexander. Astrid annuì e il suo sguardo si fece basso, poi una lacrima rigò la sua guancia. “Che succede?” domandò il ragazzo, correndo da lei. I due si sedettero sui tronchi, vicini.
“Io… è da ieri che sono qui… l’ho fatto per Hiccup.” Singhiozzò la ragazza.
“Perché? Che succede a Hic?”
“Jack Frost è innamorato di lui per colpa di Elsa! Perché quella stupida lastra di ghiaccio vuole dare una lezione ad Hiccup per averla lasciata anni fa per mia sorella. E allora ha fatto un incantesimo su Jack in modo che lui si innamorasse di Hic e scatenasse una sanguinosa guerra che avrebbe ucciso me, mia sorella e tutte le persona care a Hic!!” esclamò la ragazza, aumentando a piangere. Alexander, allungò una mano dietro la schiena della ragazza.
“Posso?” domandò prima di toccarla. Lei annuì e allora il giovane appoggiò la sua mano sul fianco di Astrid, che si appoggiò contro il petto di Alexander ed appoggiò la sua testa sulla spalla di lui.
“Sai… nessuno mi aveva mai chiesto se poteva toccarmi prima d’ora…” constatò lei, sorridendo debolmente al giovane.
“Non si sa mai… con le donne io faccio così… è maleducazione toccare una ragazza che conosci da poco più di un’ora anche se è bellissima e davvero molto gentile.” Disse lui, accarezzandole i lunghi capelli lisci.
“Grazie…” disse lei, prima di baciarlo sulla guancia ed alzarsi dal tronco. “E tu? Perché sei qui?” chiese prima di asciugarsi con il braccio le ultime lacrime rimanenti sul suo viso.
“Io? Eh… stavo camminando nella foresta, perché volevo trovare un posto dove poter accamparmi, volevo passare una notte in tenda, fin quando non sono arrivato alle cascate dove presumo che anche tu sia andata e delle fate mi hanno buttato nel portale… così, perché andava loro… ma io non avevo fatto niente!!” spiegò Alexander.
“Ho capito. Mi dispiace che sia capitato anche a te, specialmente se non ne avevi motivo. Beh, è ora che io vada… grazie di tutto, Alexander.” Disse la ragazza, sorridendo e cominciando a camminare verso il muro di poche ore prima. Ma il suo braccio fu fermato da quello del giovane, che la fece voltare verso di sé.
“No… affronteremo quest’avventura insieme. Non mi va di lasciarti andare adesso da sola, che è buio… voglio aiutarti. Mi concederesti il piacere di restare al tuo fianco per un po’?” domandò lui.
“Certo… grazie mille, Al.” Sussurrò Astrid, abbracciandolo e ricevendo delle carezze sul capo.
“Hai fame?” chiese Alexander, quando si allontanarono.
“No… non molto. Comunque se tu vuoi mangia, non voglio condizionarti. Io mi concedo al sonno.” Rispose lei stiracchiandosi.
“No, nemmeno io mangio. Vieni, divideremo il sacco a pelo e la tenda.” Disse lui. Astrid arrossì. L’idea di dividere tenda ma soprattutto sacco a pelo con quell’attraente ragazzo la imbarazzava un po’. Nonostante questo annuì e si diressero nella tenda. Si stesero dentro al sacco a pelo e Alexander circondò con le sue braccia la vita della giovane, facendola stare al caldo e protetta.
“Buonanotte, Alexander.”
“Buonanotte Astrid.” Disse lui prima di posarle un casto bacio sulla guancia.
E mentre questi due amici si abbandonavano al sonno e si coccolavano con il calore reciproco, una coppia si impegnava a trovare un modo per ingrandire la chiave che li avrebbe riportati tra le braccia di Astrid.
“Aiuto… non ne posso più Ax…” sbuffò asciugandosi il sudore Cristina.
“Un ultimo sforzo amore… ultimo ultimo” la incoraggiò il ragazzo. “Qui dice che per ingrandire un oggetto, si può ricorrere a degli incantesimi.”
“Ma ovvio Axel! È tutto il giorno che stiamo provando incantesimi, ma invece che migliorare la situazione la stiamo peggiorando! La chiave è grande quanto una formica.” Constatò Cristina.
“Naturalmente, abbiamo provato solo gli incantesimi di rimpicciolimento!!” esclamò lui, facendo notare la scritta del paragrafo del libro dal quale avevano preso gli incantesimi. Cristina si sbatté la mano sulla fronte.
“No!! Non ci posso credere! Abbiamo lavorato sodo tutto il giorno… per venirne fuori con una chiave che anche la persona con più vista al mondo farebbe fatica a vedere e in più abbiamo sbagliato proprio capitolo, senza essercene accorti?! Oddei, ma questa è la stupidità suprema!!” gridò Cristina. I due si misero a ridere.
“Vebbè ora riposiamo, domani mattina ricominceremo.” Propose Axel. “Però stasera stai da me… è tardi e non ti aggiri da sola per le strade di Berk, signorina.”
“Va bene…” rispose lei, lasciandogli un bacio.

ANGOLO AUTORE
Bella a tutti ragazzi!! Come va la vita? Beh, eccovi il sesto capitolo della nostra (perché è anche di Cricrina) storia! Spero vi piaccia e che possiate dirmi tutto (dubbi, sensazioni, critiche, commenti positivi o negativi… quello che volete, insomma) nelle recensioni.
Un bacione grossissimo
Astrid

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Capitolo 7
*** scusatemi tanto ***


Buon pomeriggio a tutti. Volevo solamente comunicare che siccome la storia non sta piacendo granché e io ho un po' di problemi non scriverò per un bel po'. Mi dispiace se posso sembrare la vittima o la copiona, dato che la mia carissima amica cricrina ha esposto l'avviso prima di me, ma anche io ricevo assai poche visite, non superano mai i cento e a volte nemmeno i cinquanta, quando capita. So anche di aver detto che io non mi sarei mai fermata di scrivere per le cose che amo nonostante i numeri di visite o recensioni, ma purtroppo il momento mi pone davanti ad una situazione molto critica alla quale io non posso dare rifiuto di seguire. Perciò magari se i miei lettori mi dessero un po' più di supporto io continuerei a scrivere. Ripeto di non star copiando Cricrina, ma sto solamente esponendo ciò che penso, senza voler copiare o offendere nessuno.
Io amo scrivere, specialmente se si parla di dragon trainer, che è la mia passione. E per questo amore per la scrittura che ho bisogno di supporto, ho bisogno che qualcuno mi dica se sto facendo bene o male, se le mie storie sono poco avvincenti o no, per migliorarmi. So che il caso delle visite e delle recensioni è sul carico dello scrittore. Se le storie che scrive non sono belle e non attraggono chi legge, è ovvio che non viene d'istinto entrare nella storia e leggere il capitolo. Vi do assolutamente ragione.
Ma adesso se nessuno espone interesse per le mie storie sono costretta a lasciare temporaneamente ( e la data di rientro non la so) il fandom per partecipare attivamente ai problemi che ho ora (e vi assicuro che sono gravi e tanti.).
Perciò ditemi voi.
Spero di non aver suscitato in voi odio e fastidio, non è mia intenzione, assolutamente. Amo divertirmi e divertire, ma se vedo che questo non è ricambiato, ciò mi delude molto.
Grazie per la pazienza
Un bacione
Astrid

P.S. vi prego di perdonarmi tantissimo, soprattutto Cricrina, alla quale spero vivamente di non aver suscitato odio e disprezzo nei miei confronti per aver scritto una cosa simile alla sua. Mi dispiace davvero tanto.

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Capitolo 8
*** Il sole accende la speranza, le nuovole la spengono ***


La luce solare filtrava attraverso le pareti della tenda verde dove Astrid e Alexander avevano dormito, facendo svegliare il ragazzo. Il castano si sollevò con le braccia e guardò l’amica riposare. Sorrise e le carezzò una guancia, poi uscì dalla tenda e preparò la colazione. Dopo pochi minuti di attesa, Astrid uscì e si stropicciò gli occhi.
“Buongiorno Astrid.” Salutò Alexander, avvicinandosi a lei.
“Buongiorno, Al. Grazie per la carezza, prima.” Disse lei ridendo.
“Ca-carezza?” balbettò arrossendo. Lei annuì. “Come diamine hai fatto a sentirmi?”
“Ti svelo un segreto: ho il sonno leggero.” Sussurrò, avvicinando le labbra all’orecchio dell’amico.
“Ooook… ci starò più attento.” Rispose lui ridendo imbarazzato. “Oggi dove siamo diretti?”
“Dobbiamo ridare i colori originali a questa terra. E qualcosa mi dice che non sarà facile… bisogna mettere a posto le macchie di colore sbiadite sopra quel muro nero dove mi hai trovata ieri.” Spiegò la ragazza, sedendosi accanto al giovane. I due mangiarono in fretta, piegarono la tenda e misero l’occorrente dentro lo zaino di Alexander. Poi si misero in marcia. “Per gli dei! Grazie a Thor abbiamo il tuo zaino con tutto l’occorrente… anche se non so nemmeno quando e se riusciremo a tornare a casa…”
“Non preoccuparti, Astrid. Vedrai che ce la faremo… Jack Frost non può vincere.” La rassicurò lui, ricevendo in cambio un dolce sorriso. Camminarono per venti minuti buoni, fin quando non giunsero dinanzi al possente muro. I due si guardarono e si rivolsero uno sguardo d’intesa, poi si avvicinarono all’ostacolo e lo ispezionarono per bene.
A Berk invece, la coppia Haddock non si svegliò altrettanto bene. Hiccup aprì gli occhi smeraldini e girò il capo verso la parte dove dormiva la compagna. Non vedendola, allungò un braccio e toccò il materasso vuoto.
“Astrid?!” chiamò lui, alzandosi dal letto. Sentì, ad un tratto, un suono alquanto sgradevole proveniente dal bagno, il suono di un conato di vomito. Corse verso quel rumore e trovò Astrid chinata sulla toilette con il viso rosso paonazzo e il respiro affannato. “Amore!!” gridò lui, abbassandosi su di lei. Le carezzò la schiena e improvvisamente lei smise di rimettere.
“Oddei… se non ti avessi detto ieri della gravidanza te ne saresti accorto comunque…” sussurrò Astrid, respirando pesantemente. Lui sorrise e la abbracciò, poi la aiutò ad alzarsi in piedi e la lasciò pulirsi. Preparò la colazione e si sedette a tavola, aspettando l’amata, che non si fece attendere.
“Tutto bene? Stai meglio?” domandò lui.
“Potrei stare meglio ma comunque rispetto a prima abbiamo fatto progressi.” Sospirò, prima di sedersi di fianco ad Hiccup e cominciare a mangiare. Dopo poco si vestirono ed uscirono di casa, per andare a fare compere nel centro di Berk. Durante la camminata incontrarono anche Cristina e Axel, che gironzolavano anche loro per fare shopping.
“Ehi! Guarda chi si vede alle otto di mattina per prendere i capi migliori! Come va la vita alla coppia modello di Berk?” domandò Cristina, correndo loro incontro. I due sorrisero.
“Tutto ok. Stavamo solo andando a prendere delle cose per il bambino.” Disse Astrid, tappandosi la bocca e arrossendo solo quando si rese conto di quello che aveva detto. Axel e Cristina sbiancarono.
“Per il bambino chi?” chiese il corvino.
“Per… mio nipote!” esclamò Astrid.
“Ni-nipote?”
“Sì… Astrid è incinta!”
“Oddei sacri! Da chi?” urlò Cristina, in preda al panico. Astrid guardò Hiccup, senza parole.
“Da… non lo so.” Sussurrò.
“Vabbè, buone compere. Sapremo solo quando la troveremo.” Sospirò Cristina, riprendendo la mano del fidanzato e salutando Hiccup e Astrid, che si incamminarono verso il negozio dei bambini.
“Davvero Astrid è incinta?” domandò dopo un po’ il castano.
“Ma secondo te!? Manco so se è viva o morta, figurati se so se è incinta! Spero di no, anche se dovesse essere.” Sussurrò Astrid, strattonando la mano di Hiccup.
“Ehi! Era solo per chiedere!” si giustificò lui. Astrid lo guardò male, poi entrarono nel negozio.
“Axel… davvero secondo te Astrid è incinta?” domandò Cristina, pensierosa.
“Boh… a me sembra strano, molto strano. Come fa lei a saperlo, se manco siamo a conoscenza di dove si trovi e se sta bene. Secondo me è lei che è incinta e non ce lo vuole dire.” Rispose lui.
“E’ vero… ho notato ce ha la pancia più gonfia rispetto a qualche mese fa… Aspetta, vuoi dire che davvero lei è incinta?!” esclamò la riccia. Axel annuì. “Oh sacri dei!! Bisogna che lo sappiano tutti!!”
“No. C’è un motivo per il quale non ce l’ha voluto dire, ed è che vuole aspettare. Non spetta a noi comunicare una cosa così importante.” La ammonì dolcemente il ragazzo. Cristina annuì e insieme continuarono a zigzagare fra i negozi d’abbigliamento.
“Hic… ho voglia di volare. E’ da secoli che non cavalco Tempestosa ormai non so nemmeno cosa sia l’aria. Facciamo un volo?” chiese Astrid all’amato, che la stringeva dolcemente a sé.
“Sì, facciamo un volo, ma con Sdentato, non voglio che voli da sola.” Si raccomandò lui.
“E va bene, ma portiamo anche Moon, perché lei è da quando è scomparsa mia sorella che non fa niente.” Propose la ragazza. Tale proposta venne acconsentita da Hiccup, che sellò Sdentato e fece salire la compagna. Si alzarono in cielo con Moon alle spalle. La giornata era meravigliosa: il sole aleggiava troneggiante nel cielo e si circondava di tante vaporose nuvole candide come la neve. La coppia volava ad una velocità costante e regolare, con il vento che scompigliava delicatamente i capelli dei due ragazzi che si stringevano amorevolmente. Astrid si trovava dietro la schiena di Hiccup e lo abbracciava forte, ponendo la sua testa sulla spalla del giovane.
“Sai… questo volo mi sta facendo ricordare il momento esatto nel quale io mi sono perdutamente innamorata di te…” sussurrò Astrid, baciando la guancia del castano.
“Ah, intendi il volo durante la notte con l’aurora boreale, il nostro primo “appuntamento”?” domandò lui, girando il capo verso di lei.
“Sì… ti devo confessare che mi sei sempre piaciuto, fin da quando eravamo bambini, ma non mi ero mai perdutamente innamorata di te, fino a quella sera, che i miei sentimenti si sono accesi come nuove stelle nel cielo notturno.” Rispose lei, accarezzando le braccia muscolose del ragazzo.
“Io invece sono sempre stato innamorato di te, sempre. A dirti la verità questo mi sembra un sogno e ho paura di svegliarmi e trovarmi faccia a faccia con la realtà: non credo ancora di essere il ragazzo della bellissima Astrid Hofferson, di essere per giunta padre di nostro figlio e tuo futuro marito.” Confidò lui, stringendole una mano. Lei rise.
“Ti posso dare tutti i pizzicotti che vuoi, ma non ti sveglierai mai, amore mio. Sei davvero il mio ragazzo, il mio futuro marito e padre di nostro figlio.”
“E non potrei chiedere di meglio.” Dissero all’unisono, guardandosi. Astrid prese la testa di Hiccup fra le mani e la avvicinò a sé, coronando quel momento di dolci ricordi e rivelazioni con un bacio passionale che durò a lungo. Quando si staccarono si guardarono negli occhi e la giovane carezzò la guancia del compagno.
“Ti amo, Hiccup.” Sussurrò, riappoggiando la testa sulla spalla del ragazzo.
“Ti amo anche io, milady.” Rispose lui, riprendendo stabilmente i comandi di Sdentato. Il volo procedette sereno, spezzato da numerose dimostrazioni d’affetto, fin quando Astrid non si irrigidì.
“Hiccup, quella non è un’isola di ghiaccio?” chiese la ragazza, assottigliando gli occhi per vedere meglio.
“Sì…  effettivamente è così. Oddei, non è un’isola di ghiaccio qualunque, è il regno di Frost, adesso che ci penso. Tua sorella è lì!” esclamò Hiccup, facendo atterrare Sdentato sull’isola indicata. Scesero e osservarono il luogo che era nascosto e preceduto da una piccola foresta di conifere ghiacciate.
“O Thor! Possiamo trovare mia sorella anche senza ricorrere al portale?! Ma è assolutamente magnifico!!” urlò gioiosa la bionda, che saltellò felice e abbracciò il compagno.
“Dobbiamo tornare a Berk e dirlo agli altri. Ci ricorderemo come si fa a trovare la strada. Anche Moon ci darà… Moon? Oh cavolo, dov’è andata?!” chiese terrorizzato Hiccup, non trovando più la draghessa a giocare con Sdentato.
“Moon, Moon vieni fuori per Odino!!” gridò Astrid, mettendo le mani a cono davanti alla bocca per farne una sorta di “cassa di risonanza”, ma niente, la Furia Chiara sembrava non voler farsi vedere.
“Astrid dobbiamo tornare a Berk per dire agli altri dell’isola. Ci incammineremo subito per trovare Astrid.” Disse Hiccup, prendendole la mano.
“Ma no… dobbiamo trovare Moon…”
“Troveremo anche lei, fidati.” La rassicurò Hiccup, accompagnandola su Sdentato e volando velocemente a casa.
Nel mentre, Alexander e Astrid stavano ancora cercando di ridare i colori originali al regno, ma quello del muro sembrava un enigma irrisolvibile.
“Uffa… ma sono ore che stiamo qui per cercare di capire come si possa ridare i colori originali al regno ma niente…” sbuffò Astrid, sedendosi a terra con la testa fra le mani.
“Non ti preoccupare, Astrid, ce la faremo. Non è certamente un muro nero con delle macchie di colore disposte a caso a fermarci.” Sussurrò lui, sedendosi accanto a lei. A questa conversazione seguirono pochi minuti di silenzio, interrotti improvvisamente da un sussulto da parte della giovane.
“Alexander! Tu sei un genio!! Le macchie, disposte a caso… Dobbiamo rimetterle in ordine, secondo l’impeccabile sequenza dello spettro della luce!” esclamò Astrid, alzandosi in piedi esultante.
“Ne sei sicura?”
“Sì… vedi, i colori sono sbiaditi e cupi, ma si può ben distinguere questo bel rosso fuoco, questo arancione mandarino, questo azzurro speranza, questo violetto campanula, questo giallo girasole e… questo bellissimo verde come i tuoi occhi stupendi…” disse lei, indicando tutti i colori e sussurrando l’ultimo. Alexander sorrise e si voltò verso di lei, prendendola per i fianchi e attirandola a sé. Astrid avvicinò il suo viso a quello del ragazzo ma, inaspettatamente, invece che posare le labbra sulle sue, poggiò la testa sulla spalla del giovane.
“Davvero pensi che i miei occhi siano belli?” domandò lui un po’ deluso, per spezzare il silenzio.
“Sì, molto. Mi ricordano tanto quelli di Hiccup, ecco perché li amo.” Confessò lei.
“A te piace Hic, vero?” domandò Alexander, accarezzandole una guancia.
“Mi piaceva, non che non mi piaccia adesso, ma so che lui appartiene a mia sorella e vedere loro due felici mi fa stare bene.” Rispose Astrid, sorridendo amaramente.
“Sei proprio una brava ragazza, Astrid.” Disse il giovane, sorridendo e carezzandole i capelli. “Quindi in sostanza dobbiamo rimettere nell’ordine giusto i colori, così da formare lo spettro della luce. Ho capito bene?” chiese lui, staccandosi dalla castana e dirigendosi verso il muro.
“Esattamente. Qui il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, l’azzurro e infine il violetto.” Sussurrò lei, mettendo apposto le macchie di colore nell’ordine originale. Dopo aver terminato aspettarono un po’, poi un raggio solare accecò gli occhi dei due giovani.
“Astrid! Tutto bene?! Non hai guardato il sole, vero?!” gridò Alexander, mettendosi una mano sugli occhi.
“No, non l’ho fatto.” Rispose la ragazza, anch’ella coprendosi il viso. Quando tutto terminò, i colori si illuminarono e il muro da nero divenne bianco. Poi, in quest’ultimo, si aprì una porta, per far passare i ragazzi dall’altro lato. L’erba cominciò a tingersi di un bel verde acceso, i fiori cominciarono a prendere colore, i campi di grano gialli come i raggi del sole… tutto stava prendendo vita. Ma a qualcuno quest’idea pareva non piacere.
“NO! Non è possibile! Chi è riuscito a spezzare l’incantesimo?!” gridò Elsa, nella sua fortezza di ghiaccio.
“Che incantesimo, Elsa?” chiese Jack, dirigendosi verso di lei.
“Nessuno, caro. Tu pensa ad Hiccup e non agli incantesimi.” Rispose freddamente la giovane, sbattendo un pugno sul davanzale della finestra.
“Non ti preoccupare, ho già il piano in mente per attaccare Berk ed uccidere le persone care a quel giovane, bellissimo, capo. Vedrai che si prostrerà ai nostri piedi.” Disse deciso Jack, prendendo la sottile mano di Elsa. In realtà il ragazzo bramava ancora la giovane regina, anche sotto incantesimo, ma sembrava che lei non ricambiasse i sentimenti, motivo per il quale si staccò gelidamente da lui e se ne andò, tirandosi dietro il mantello trasparente e lasciando Jack confuso e demoralizzato.
Intanto a Berk, Hiccup e Astrid stavano atterrando nella piazza dell’isola e la bionda, allarmata, scese rapidamente e corse a casa di Moccicoso, dove sapeva esserci anche Bruta, Tufo e Gambedipesce. Dopo un po’ vi giunse e bussò.
“Astrid!” esclamò Moccicoso, felice. “Che succede?”
“Abbiamo trovato il regno di Frost! In realtà è su un’isola non molto lontana da Berk!” gridò la bionda, attirando l’attenzione anche degli altri tre.
“Seriamente? Allora partiamo!” disse Gambedipesce. Si udì un urlo, che fece girare i ragazzi nella direzione di provenienza. Cristina e Axel si stavano dirigendo verso di loro, esultanti.
“Ce l’abbiamo fatta!!!” strillò la riccia, con la chiave dorata in mano. “Sì Astrid, ce l’abbiamo fatta! Ora possiamo aprire il portalee!!”
“Ehm… non ce n’è bisogno…” spiegò la bionda, mettendo una mano sulla spalla dell’amica.
“COSA? C’è, mi venite a dire ADESSO che non serve, dopo che io e lui ci siamo impegnati e abbiamo sacrificato ore di sonno preziose?!” tuonò la ragazza.
“Non serve perché io e Hic abbiamo scoperto prima l’isola dove abita Frost.”
“Per Odino! Potevamo anche evitare allora di diventare pazzi!!!” gridò furiosa Cristina, guardando con sguardo iracondo Astrid. “Comunque sia… quando si parte?” chiese.
“Adesso. Forza ragazzi, preparatevi che andiamo da mia sorella.” Ordinò la bionda, facendo uscire i gemelli e Gambedipesce dalla casa e intimando loro di salire sui propri draghi. Tutti obbedirono e andarono a chiamare Sean. Anche lui salì sulla sua Furia Chiara e si librarono finalmente in aria, in direzione Regno di Frost.
“Non per essere indiscreta, ma perché Astrid stai volando su Sdentato insieme ad Hiccup?” domandò Cristina dopo qualche minuto di volo silenzioso.
“Perché…. Non avevamo tempo di andare a prendere Tempestosa.” Rispose tempestivamente Hiccup.
“Ah sì? E scusa, il tempo impiegato per andare a prendere Sean potevate usarlo per chiamare Tempestosa.” Disse sospettosa la riccia. Astrid sbuffò.
“E’ che Sdentato è più veloce rispetto a Tempestosa e voglio trovare mia sorella il prima possibile!!” gridò la bionda, incitando Sdentato ad andare più veloce. E così fu, la Furia Buia sfrecciò davanti a tutti, lasciando alla coppietta un po’ di tempo per parlare in intimità.
“Per quanto pensi di tenerglielo nascosto?” domandò dolcemente Hiccup.
“Fin quando non avremo trovato Astrid.”
“Ma possono volerci settimane, tesoro. “
“Non mi interessa quanto ci possa servire. Io voglio che mia sorella, nonché futura zia, sappia nello stesso preciso istante degli altri della nascita di suo nipote, né un minuto prima, né un minuto dopo.” Sentenziò precisa la ragazza. Hiccup annuì e le diede un bacio sulla guancia, prima di essere raggiunto dal resto della banda.
“E la gravidanza di tua sorella, eh Astrid?” chiese ancora Cristina.
“La gravidanza di Astrid… ah giusto! Ehm… sì, sono contenta di diventare zia.” Rispose ridendo nervosa.
“Ah ah. Bene. Spero solo che tua sorella non sia rimasta incinta dal primo che passa…” disse pensierosa Cristina, appoggiando un gomito sulla schiena di Fring.
“Io conosco mia sorella e so che è cresciuta, anche se in parte da sola come me, con dei princìpi e sa cosa fare e non.” Tuonò Astrid, stizzita. Tutti annuirono, un po’ intimoriti dal tono usato dalla bionda. D’un tratto Sdentato si fermò di colpo, facendo cessare il volo anche agli altri.
“Che succede? Perché Sdentato si è fermato?” domandò Cristina.
“Perché non si ricorda la strada.” Rispose Hiccup, in tono neutro.
“Ok, perfetto. Siamo bloccati nell’oceano senza sapere dove andare e tu sei semplicemente calmo?! Ma come cavolo fai, per Odino?!” gridò Moccicoso in preda al panico.
“Perché avevo previsto che sarebbe successo e allora ho staccato una foglia da un albero dell’isola. Così Sdentato lo annuserà e ci condurrà da Astrid.” Spiegò Hiccup, tirando fuori dalla tasca una foglia.
“Imparate dal mio bellissimo cavaliere come si prende la vita. Hiccup sei pazzesco, ti amo troppo!!” esclamò Astrid, riempendo di baci il viso del compagno. La situazione si ristabilì e ricominciarono il volo verso l’isola, guidati da Sdentato.
Intanto il sole stava abbandonando il trono celeste per donarlo alla sua amata luna, quando Alexander e Astrid, varcata da qualche ora la soglia del muro, trovarono accampamento per la notte.
“Ci fermiamo qui?” chiese il giovane, indicando una grotta davanti a loro. Astrid annuì, stanca stremata e trascinò i piedi fino all’interno della caverna. Accesero un fuoco con la legna raccolta durante il viaggio, le foglie secche degli alberi e l’accendino nello zaino di Alexander. Posizionarono la tenda vicino al falò e si sedettero accanto a quest’ultimo, abbracciati per darsi calore a vicenda. Astrid tremava, aveva freddo e le labbra erano viola. “Astrid… tutto bene?” chiese Alexander, scostandola leggermente da sé per guardarla in faccia. Lei annuì. “No che non stai bene…” disse nuovamente, poggiando le sue labbra sulla fronte della ragazza per sentire la temperatura corporea.
“Al… sto bene n-niente p-paura…” balbettò lei, accennando un sorriso.
“No… sei troppo fredda… ti è venuto un calo di pressione, probabilmente. Stai qui, vado a prenderti la coperta.” Sussurrò lui, accarezzandole il viso gelido. Dopo poco tornò con una trapunta nera pesante e gliela mise addosso. Poi il giovane si posizionò accanto a lei e la circondò con le sue braccia, per darle più calore ancora.
“Voglio tornare a casa…” sussurrò Astrid, accucciandosi meglio tra le braccia dell’amico. “Mi manca mia sorella, Hiccup, Cristina e tutti gli altri… a te non manca Axel?” chiese con un fil di voce. Il giovane sospirò.
“Se devo essere sincero… non molto.” Rispose.
“Come mai?”
“E’ una storia molto lunga, Astrid. In pratica Axel non mi ha mani voluto granché bene ed io ci stavo molto male. Cercavo tempo per stare con il mio adorato fratello, ma lui doveva esercitarsi con i suoi poteri per riuscire a scaturire la più grande tempesta di fulmini. Un giorno, con la scusa di andarmi a esercitare con lui, riuscii a farmi prendere con sé e andammo su un’isola. Ci esercitammo entrambi e ci divertimmo come non mai insieme. D’un tratto però, io riuscì a raggiungere l’obbiettivo di Axel, azione che suscitò in lui una certa rabbia. Mi offese molto, dicendo che dovevo andarmene, che gli avevo rovinato la vita e di non farmi più vedere. Io tornai a Berk, mente lui decise di vivere lì, su quell’isola.” Raccontò Alexander, versando una lacrima che gli rigò la guancia e cadde su quella di Astrid.
“Mi dispiace tanto… davvero. Axel non ci ha mai parlato di te.”
“Perché mi odia… sono riuscito prima di lui a creare una tempesta di fulmini. A lui non piace perdere.”
“Beh, penso che questo sia un fatto comune. A chi piacerebbe mai? E comunque, se posso chiedere, perché voleva creare una tempesta di fulmini?” domandò Astrid.
“E’ segno di potere e superiorità. Significa che sei degno di aver ereditato il potere da Thor.” Spiegò Alexander. Astrid annuì e sbadigliò.
“Io vado a dormire. Mi dispiace tanto per quello che è successo con tuo fratello. Spero che possa cambiare idea.” Disse lei, alzandosi e posando un tenero e lungo bacio sulla fronte del ragazzo che sorrise. Astrid entrò nella tenda e si distese nel sacco a pelo, coprendosi anche con la coperta di Alexander. Il giovane sorrise nuovamente verso il fuoco e dopo una decina di minuti raggiunse nella tenda l’amica, stendendosi accanto a lei. Come ultima cosa le augurò la buona notte.
“Ragazzi, siamo arrivati?! Sono ore che voliamo!” si lamentò Moccicoso, sbattendosi una mano sul volto.
“Sì, ecco l’isola!!” esclamò Hiccup, svegliando anche l’amata che si era appisolata sulla sua schiena. Atterrarono e, seguiti dai draghi, si addentrarono nella foresta che però riservò l’oro una “bella” sorpresa.
“COSAA?!?!” tuonò Cristina, vedendo il portone placcato oro dinanzi a loro con un rubino centrale e tutte delle pietre di diversi colori irradiate intorno. “Non è possibile che ora la chiave serva più piccola!!” gridò sbattendo i piedi per terra.
“C’era un motivo se la chiave l’abbiamo trovata così piccola. Perché il portone, sebbene sia grande, ha un’apertura minuscola.” Disse Hiccup, toccando la serratura microscopica. Cristina stava ribollendo dalla rabbia. La fortuna volle però che la chiave si trovava nello zainetto della ragazza, anche se in taglia maggiore. Ai cavalieri, stremati e desolati, non restava che accamparsi dinanzi a quel portone che aveva tolto loro l’unico barlume di speranza possibile.

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Capitolo 9
*** Incubi raggelanti ***


Un mese passò, lasciando i cavalieri fermi dov’erano a capire e ricordare le formule per ingrandire la chiave e Alexander e Astrid barricati senza muoversi nella caverna, poiché la castana aveva preso un’infezione importante e rischiava grosso. Era una mattina fredda e uggiosa e il giovane Alexander era uscito dalla caverna per prendere dal bosco delle bacche per preparare la medicina per l’amica, che ormai si trovava al termine della malattia. Dopo un po’ ritornò e prese una ciotola dallo zaino, dentro la quale mischiò l’intruglio balsamico di erbe e bacche. Terminò la preparazione, prese in mano la scodella ed entrò nella tenda dove ancora riposava Astrid. Si chinò su di lei e le posò un lungo, dolce bacio sulla guancia che la fece svegliare.
“Buongiorno Al…” bofonchiò lei, carezzandogli una guancia.
“Buongiorno Astrid.” Rispose lui, aiutandola ad alzarsi e sedersi per bere la medicina. La giovane fece una smorfia schifata e poi si mise in piedi.
“Ho fame…” sussurrò lei, accarezzandosi la pancia.
“Lo so… ma non puoi mangiare per più di un quarto d’ora.” Disse Alexander, mettendole una mano sulla spalla, mentre lei sbuffava annoiata.  “Come ti senti, a proposito?” chiese.
“Bene, possiamo procedere il cammino.” Rispose decisa dirigendosi verso la tenda per piegarla, ma venne fermata dall’amico che le prese il polso.
“Astrid… non voglio che ti affatichi!” disse lui, guardandola negli occhi.
“Non mi affatico. Voglio solo uscirmene da questo mondo e dare una lezione ad Elsa. Non può uccidere Cristina, mia sorella Astrid e me solo perché Hiccup l’ha lasciata anni fa.” Sentenziò chiaramente.
“Vorresti dirmi che Astrid Hofferson è tua sorella?!!” esclamò incredulo Alexander.
“Sì, certo. Ma i chiarimenti li faremo a Berk, quando tutto questo sarà finito.” Rispose, incitando Alexander a piegare la tenda. Fatto questo misero il tutto nello zaino e partirono a testa alta, non accorgendosi del grosso temporale che era scoppiato. Si inzupparono completamente, ma non per questo smisero di camminare.
“Ce l’hai un ombrello?” domandò Astrid, controllando tutte le pozze di fango per non andarci a finire dentro con le ballerine.
“No.... ma tieni, puoi usare il telo da pic-nic. Non fornirà molto riparo ma sempre meglio di niente.” Suggerì Alexander, tirando fuori il lenzuolo e porgendolo alla ragazza che lo prese e lo sorresse sopra la testa.
“Tu non vieni sotto?”
“No, usalo tu non preoccuparti.” Disse il giovane sorridendo ad Astrid. “Sai per caso dov’è il cuore di cristallo?”
“Non ne ho la più pallida idea. Non so nemmeno se stiamo facendo la strada giusta.” Rispose imbarazzata la ragazza “Sempre dritto dovete andare… fino a che un piedistallo di pietra in mezzo al nulla non riuscirete a vedere…” disse la voce dentro la testa di Astrid. “Sempre dritto fino a che non vedremo un piedistallo…” ragionò a voce alta.
“Ok, sempre dritto.” Esclamò Alexander, procedendo quella difficile e fangosa avanzata.
Anche i cavalieri di Berk non se la stavano passando bene. La gravidanza di Astrid cominciava a vedersi notevolmente ed ormai la sua pancia non passava inosservata, anche se gli altri facevano finta di non accorgersene. Si svegliarono destati dalle gocce d’acqua che aveva fatto loro la “doccia mattutina”.
“Ah, buongiorno anche a voi..!” disse sarcasticamente Hiccup, spaventato dallo scroscio d’acqua riversatosi su di loro.
“Meraviglioso svegliarsi affogandosi!” aggiunse Astrid tossendo.
“Avete ragione! E’ un bel sistema davvero! Sorellina, prendi nota.” Ammise Tufo, dando numerose pacche sulla spalla alla sorella gemella che annuì e sorrise, felice di aver trovato un altro modo per “uccidere amorevolmente” il fratello. D’un tratto la pancia di Astrid si mosse, provocandole del dolore.
“Ah!” sussurrò tenendo la sofferenza repressa, aggrappandosi ad Hiccup e toccandosi il ventre.
“Tutto ok tesoro?” chiese allarmato.
“Il bambino… ha calciato…!” mormorò nell’orecchio del ragazzo, che sorrise e, senza farsi vedere, mise una mano sulla pancia della compagna. Tale mano venne colpita da un calcetto che fece ridere il giovane padre.
“Che bello…” sussurrò baciandola.
“Bello cosa?” domandò Cristina.
“Bello… il tempo!!” disse Astrid, saltellando e ridendo forzatamente.
“I-il t-tempo?” balbettò confusa la riccia.
“Sì! Non vedi che bel sole splendente e soprattutto non c’è una nuvola!” disse sarcasticamente. Ad Hiccup scappò una risata parzialmente muta.
“Proprio bellissima, Astrid. Ehm… mi stai prendendo in giro? Ok, questa è Berk e penso che non ci sia tempo migliore di questo periodicamente, ma mi sa che tu hai qualche problemino alla vista. Lieve lieve, forse sei anche un po’ daltonica ma… nulla di che.” Disse Cristina
“Che vuoi dire scusa?!” chiese Astrid stizzita
“Semplice: non è che una persona da un giorno all’altro scambia un cielo sereno per uno nuvoloso o piovoso, credo… spero... Senti… dobbiamo parlare.” Sentenziò chiara la riccia, dirigendosi verso la bionda, prendendole il polso e portandola nella foresta ghiacciata. “Astrid, ascolta, sei incinta?” domandò quando trovarono un posto abbastanza isolato.
“Ehmm… no…” mentì, fischiettando imbarazzata.
“Ah no? E cosa ci facevi nel negozio di bambini un mese fa?”
“Ehm… te l’ho detto, voglio fare un omaggio a mio nipote!!” esclamò Astrid.
“Ma quale nipote?! Eddai Astrid, non ci credo che tua sorella sia incinta nemmeno per tutto l’oro del mondo!” rispose irritata Cristina.
“Ci devi credere.”
“Allora facciamo alcune domande alla futura zia del bambino. Da quanto Astrid è incinta?” chiese la mora.
“D-due m-esi…?” disse in una mezza domanda.
“Ok, due mesi. Chi è il padre?”
“Il padre è… Sean!!” rispose prontamente.
“SEAN E’ IL PADRE DEL BAMBINOO?!?! Ma che ti sei bevuta qualcosa Astrid?”
“No.”
“E cos’è questa bella panzetta?” domandò nuovamente Cristina, toccando lievemente la pancia di Astrid, che in quel momento si mosse. Cristina sbiancò. “S-si è m-mo-ssa.” Balbettò spaventata Cristina.
“Non ti preoccupare… è che ho fame, perciò la pancia gorgoglia e si muove… mai capitato?” chiese ridendo nervosa e toccandosi ossessivamente la treccia. Cristina la guardava confusa e allo stesso tempo rideva interiormente alle menzogne raccontate da Astrid.
“No, mai capitato. Io ho la pancia di una comune mortale, non di una aliena…” rispose ridendo Cristina. “Ultima domanda. No, sai perché più che altro? Perché mi sto sviscerando dalle risate a sentire le tue risposte!! Bene, allora. Signorina Hofferson, come spiegheresti scientificamente questo fenomeno?” chiese la riccia, prendendo il telefono dalla tasca e incominciando a registrare.
“Oh! E va bene! Ti dirò tutto , ma spegni quel maledetto cellulare, per Odino!!” tuonò la bionda, esausta.
“Vuoi che spenga il mio tesssoro?! Come puoi chiedermi una cosa del genere?!!” domandò Cristina arrabbiata.
“Guarda che non ti dico niente!!”
“Ok, d’accordo… il mio istinto da giornalista provetta mi dice che è meglio spegnerlo…” disse la mora, mettendo via il telefono e prendendo carta e penna.
“Uffa… praticamente, quando Hiccup comincia a baciarti così irresistibilmente bene, avviene una cosa che capirai molto presto… e poi puff! Nella panza della povera ragazza cresce un bellissimo neonato che nascerà dopo nove lunghissimi, estenuanti, faticosissimi mesi. In sintesi, la spiegazione scientifica è che sì, sono incinta. Contenta ora?!” spiegò Astrid con le braccia incrociate sul petto, mentre Cristina prendeva realmente appunti.
“E tu pensavi di tenere segreta una cosa simile ad una giornalista professionista come me?! Ma è fantastico! Questo cosetto sarà al centro dei miei pensieri da giornalista non appena sarà nato!!” esultò la riccia.
“Ehm… questo “cosetto”, come dici tu, è mio figlio.” Sentenziò Astrid, protettiva.
“E va bene. Allora chiamiamola creatura. Ti va ora?!”
“Già meglio. Se ti azzardi solo ad aprire bocca, non ti faccio arrivare a domani.” Minacciò Astrid. Cristina alzò le mani, in segno di arresa e fu all’ora che la bionda sorrise e tornò dal resto del gruppo con Cristina che la seguiva.
“A eccovi ragazze! Vi davamo per disperse ormai!” esclamò Axel, correndo incontro alle due.
“No… abbiamo chiarito solo due cosette. Vero Cristina?!” domandò in tono minaccioso la bionda.
“Certamente, Astrid.” Rispose la riccia, deglutendo pensando alla provocazione fatta qualche minuto prima, nel bosco.
“Bene. Si sono svegliati tutti, dobbiamo soltanto andare avanti nel nostro cammino.” Disse Axel, raggiungendo il gruppo.
“Ragazzi, oggi cercheremo di varcare questo portone. Non so come faremo senza la chiave ingrandita ma ci proveremo.” Annunciò Hiccup, indicando la grossa porta che si protendeva verso l’alto. La guardarono tutti, poi il castano emise un urlo.
“O per Odino! Hiccup che succede?” chiese terrorizzata Astrid, avvicinandosi all’amato.
“Come abbiamo fatto a non pensarci prima?! Davvero! Come abbiamo fatto?! La porta, ha un limite di altezza, non è che si estende fino all’infinito! Non c’è alcun bisogno della chiave, dobbiamo solo scavalcarlo in volo con i draghi!!” esclamò il giovane Capo.
“Sì ma questa è pura demenza… e poi dicono che quelli poco intelligenti siamo noi… Tsk, Noi sapevamo già che non c’era bisogno di quella stramaledettissima chiave da collana.” Commentò Bruta, dando delle pacche al fratello. Tutti la guardarono male.
“E perché non ce l’hai detto prima?” domandò stizzita Cristina.
“Perché… perché… perché?... Volevo tenere il segreto per me!! I segreti si chiamano segreti perché non vanno rivelati a nessuno!” rispose Bruta, mettendo le braccia conserte al petto. Gli altri non si curarono di lei e si misero sulle selle dei loro draghi. Si alzarono in volo e superarono la porta.
“Sayonara stupida porta di…”
“Moccicoso. Per favore, contegno.” Lo zittì Hiccup, severo. Dopo qualche ora di volo trovarono un grande prato a cielo aperto fra i boschi ed atterrarono lì, per mangiare qualcosa e riposarsi.
“Sorellina, dammi qualche calcio nel didietro… Mi si è completamente addormentato!!” si lamentò Testa di Tufo. La gemella saltellò felice e si preparò a sferrare il colpo fatale. E così fu.
“Ehi Tufo. Non ho sentito la parolina magica… aspetta… non ho sentito “Ahi!”! Cos’è sta storia?!” sbraitò la ragazza.
“Te l’ho detto! Ho il didietro addormentato!  Vuoi vedere?” chiese il fratello, cominciando ad abbassarsi i pantaloni.
“TUFO NO!” urlarono in coro gli altri, fermandolo appena in tempo.
“Come siete schizzinosi!” sussurrò il ragazzo, riallacciandosi la cintura. Tutti sospirarono sollevati: il lato B di Testa di Tufo non doveva essere proprio il massimo. Presero dagli zaini dei panini e si sedettero a mangiare. Hiccup raggiunse la sua bella Astrid e si accomodò accanto a lei.
“Hey tesoro… come va?” chiese, toccando leggermente la pancia.
“Tutto bene… il bimbo è un po’ agitato ma sicuramente con il suo bellissimo papà vicino si calmerà.” Sussurrò la bionda, guardando le labbra di Hic. Lui sorrise e si avvicinò ulteriormente a lei, appoggiando la sua fronte su quella della bionda. I due chiusero gli occhi e si baciarono con passione, stringendosi a vicenda in un dolce abbraccio. Il bacio durò a lungo e si separarono solo per prendere fiato. Hiccup si mise in piedi ed aiutò la compagna ad alzarsi, poi si sedette nuovamente, facendo accomodare Astrid sopra le sue gambe e facendo aderire la schiena bagnata della ragazza con il busto altrettanto zuppo del giovane. Infine il ragazzo posizionò una mano sul pancione dell’amata e l’altra carezzava la treccia laterale.
“Ti amo, Hic.” mormorò Astrid.
“Anche io, bellissima.” Disse lui, posandole un bacio sul collo.
“Ehm… cugino hai finito di scambiarti dolci effusioni con la tua ragazza?” domandò iracondo Moccicoso.
“Io e Hiccup possiamo baciarci quando vogliamo, Moccicoso.” Sentenziò la ragazza. Il corvino sbuffò e continuò a mangiare il suo panino, nauseato dalla dolcezza della coppia. 
Intanto, Alexander e Astrid continuavano la loro avanzata, durata tutta la mattinata.
“Alexander… non ce la faccio più… la pioggia mi appesantisce e sono stanca…” si lamentò Astrid, facendosi cadere tra il fango.
“Ok, ci fermeremo Astrid. Non ne posso più nemmeno io.” Rispose sbuffando il giovane, indicando un’altra grotta, più piccola e meno profonda di quella precedente. Accesero il fuoco e si avvicinarono per darsi calore a vicenda. Dopo un po’ stesero un telo per terra e si posizionarono sopra, sprofondando nel sonno. Passarono le ore e Alexander si risvegliò, destato da una goccia d’acqua posatasi leggiadramente sulla sua fronte. Si stropicciò gli occhi e guardò l’amica dormire. Le sorrise e si alzò, per controllare se le nuvole avessero mai cessato di piangere con il cuore infranto. Sorpresa: il sole splendeva felice nel cielo terso e azzurro e nessuna nuvola compariva nel raggio di chilometri. Uscì dalla caverna e, pensieroso, si sedette su una roccia non tanto lontana da essa. Poco dopo vide Astrid avvicinarsi a lui con due bicchieri d’acqua in mano. Lei gli sorrise e si sedette vicino a lui, porgendogli un bicchiere e bevendo un sorso dal suo non appena Alexander prese l’altro.
“Che hai?” domandò dolcemente la giovane.
“Nulla… sono solo stanco di camminare e mi manca mio fratello, a dir la verità…” confidò Alexander, prendendo la testa fra le mani. Astrid sorrise malinconicamente, posò il suo bicchiere per terra e si inginocchiò per poterlo vedere in faccia.
“Anche a me manca molto Astrid. La sogno di notte. Sogno di riabbracciarla e poter condurre la nostra normale vita, a Berk. Magari assistere al matrimonio fra lei e Hiccup, veder crescere un bambino e poter diventare zia. Ma per raggiungerli dobbiamo essere forti e procedere il nostro cammino per riportare Frost alla coscienza e ribellarsi ad Elsa.” Disse Astrid, prendendo le mani del giovane, costringendolo così ad alzare il capo e guardarla. Lei sorrise e si alzò su di lui, poi avvicinò lentamente il volto a quello dell’amico ed accostò la sua fronte a quella del ragazzo. Un altro sorriso si dipinse sul viso della giovane, che contagiò anche l’altro. Poi, inaspettatamente, Astrid baciò Alexander, affondando le sue mani nei capelli castani di lui. Il ragazzo strinse a sé la giovane ed approfondì quel bacio.
“Era da tanto che bramavo le tue labbra.” Sussurrò Alexander, quando si staccarono.
“Anche io.” Annuì lei, baciandolo di nuovo, con più foga.
“Davvero? Non credevo che una bellezza come te desiderasse uno come me.” Disse lui, fra un bacio e l’altro, cominciando a sbottonare la camicetta di Astrid, facendola rimanere in intimo. Prima che la ragazza potesse rispondere, con la coda dell’occhio Alexander vide un Morte Sussurrante volare verso di loro e mostrare la sua coda con le spine. Prima che lui potesse reagire, il drago sparò le sue letali schegge, alcune delle quali si conficcarono nella schiena di Astrid e le trapassarono il busto. Alexander sussultò, vedendo la pelle nuda di quella ragazza coprirsi di sangue dal punto gravemente ferito.
“ASTRID!” urlò lui, staccandosi da lei e stendendola sull’erba, reggendosi a gattoni su di lei.
“Al… silenzio, non succede nulla.” Lo zittì la giovane.
“No! Stai sanguinando! Stai morendo!!!” gridò in preda al panico.
“Shh…. Non ti preoccupare. Ce la caveremo bene.” Sussurrò lei, con voce più roca di quella di prima.
“E come? Come Astrid!!??” domandò lui, con la voce bassa e interrotta da singhiozzii. Una lacrima rigò la sua guancia. Astrid allungò la mano tremante e ormai priva di forze verso il volto del ragazzo ed asciugò a fatica la lacrima, che precedeva una cascata di sue gemelle.
“Non devi piangere. Devi essere forte e continuare il nostro cammino cosicché tu riesca ad incontrare mia sorella e gli altri e dire loro, specialmente ad Astrid, che le volevo troppo bene e che mi sono sacrificata per il benessere della sua futura famiglia e per un eventuale matrimonio e figlio. Dille che mi dispiace non poter stare con lei e che non volevo andarmene così presto ma che Odino mi ha voluta con sé e che non possiamo cambiare le sorti del destino.” Sussurrò sorridendo forzatamente.
“No… Astrid, non mi lasciare solo… tu hai colmato un vuoto che è stato creato dagli anni in solitudine. La prima volta che ti ho vista, stesa priva di forze su quel suolo nero come la pece, ho guardato il tuo bellissimo volto, i tuoi bellissimo occhi chiusi protetti da quelle tue bellissime ciglia folte, il tuo naso e la tua bocca meravigliosa, che fin dal primo momento bramavo… Non andartene… ti prego!!” disse Alexander, continuando a piangere, prendendo la mano della ragazza che si era posata sul suo volto, baciandola.
“Addio, Al…” sussurrò con una voce quasi impercettibile, sorridendo e spegnendo per sempre i suoi occhi verdi, versando una lacrima che le rigò la guancia. La mano fino a poco prima sorretta dal ragazzo, cadde sul suo petto a peso morto.
“NO!!!!” urlò Alexander, accasciandosi sul corpo sporco di sangue della ragazza.
“Ah!!!” urlò il giovane, svegliandosi a causa di un tuono. Si asciugò le lacrime dal viso e si voltò subito verso la ragazza, che dormiva beatamente accanto a lui. Tirò un sospiro di sollievo e buttò la schiena a peso morto sulla coperta ed il cuscino, coprendosi gli occhi con le mani. “Solo un incubo… un bellissimo ma devastante incubo…” sussurrò. Poco dopo Astrid si svegliò, saziato il suo bisogno di dormire. Sbadigliò e si stropicciò gli occhi ma prima che potesse dire qualcosa si ritrovò tra le braccia muscolose del ragazzo.
“Ehm… Alexander?” chiese stranita, non ricambiando immediatamente l’abbraccio.
“Astrid! Per gli dei ho temuto di perderti!” esclamò lui, aumentando la presa.
“E lo sarà, se non mi lasci respirare… mi stai soffocando!!” urlò lei, strangolata dall’affettuosa morsa. Lui allentò subito, terrorizzato al solo pensiero di vederla morta veramente. “Quindi? Vorrei spiegazioni.”
“Ho… ho fatto un sogno dove tu… ehm… eri nella foresta e venivi trafitta da un aculeo di un Morte Sussurrante.” Balbettò lui, arrossendo, pensando di aver visto in sogno il petto nudo della ragazza e di aver baciato le sue labbra.
“Ah. Beh, non preoccuparti!” esclamò lei, ridendo e dandogli una pacca sulla spalla, prima di alzarsi e bere un bicchiere d’acqua. Lei ne prese uno anche per lui e si diresse verso il ragazzo, che sbarrò gli occhi alla vista della scena simile a quella vissuta nel sogno.
“Bevi, ti servirà.” Disse sorridendo e sedendosi vicino a lui.
“No no! Ne faccio a meno, grazie!!” rifiutò Alexander, alzandosi e dirigendosi fuori dalla grotta. Il tempo però era rimasto immutato: pioveva a dirotto e di sole non ce n’era nemmeno l’ombra. Sospirò, sollevato dall’idea di non rivivere quel bruttissimo incubo.
“Alexander ma che hai?!” chiese lei, raggiungendolo e mettendogli una mano sulla spalla. Lui si guardò l’orologio digitale che segnava le diciotto e trenta: avevano dormito molto, forse troppo.
“Nulla… non ti preoccupare. Te la senti di procedere?” domandò per cambiare discorso. Lei annuì e insieme riordinarono le cose da mettere nello zaino. In pochi minuti partirono.
“Ragazzi ce ne andiamo da qui?! A vedere Hiccup e Astrid sbaciucchiarsi e abbracciarsi tutto il tempo mi vengono le carie e il diabete! Forza, non abbiamo molto tempo da perdere!!” gridò Moccicoso, stanco di assistere alle dolci effusioni del cugino e dell’amata. La coppia sbuffò e si scambiò l’ultimo bacio a fior di labbra, poi si alzarono e, in sella ai draghi, trovarono un posto nel quale accamparsi per la notte incombente. Dopo mezz’ora trovarono un fortino in legno costruito vicino ad un laghetto e ad una parte di foresta.
“Strana questa casetta…” notò Gambedipesce, toccando le assi con le quali era composta. “Muscolone, sapresti dirmi che ha costruito questa?” domandò lui al suo drago, che leccò una parte del muro. La draghessa indicò Astrid.
“Probabilmente l’ha costruita mia sorella!!” esultò la bionda, saltellando felice.
“Se è veramente così allora vuol dire che siamo sulla strada giusta. Ci accamperemo qui fino a domani.” Disse Hiccup abbracciando la compagna. Tutti si sedettero all’interno della modesta costruzione e guardarono il sole accarezzare la superficie marina, fin quando il cielo non diventò scuro e si ricoprì di stelle, che Hiccup paragonò inferiori agli occhi della sua amata, prima di baciarla per l’ultima volta e stringerla a sé, abbandonandosi al dolcissimo sonno.

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Capitolo 10
*** avviso ***


Buonasera a tutti, cari lettori. Mi spiace se questo capitolo non è stato occupato per raccontare le vicende dei nostri eroi ma volevo darvi un avviso. Siccome Cricrina, la mia co-scrittrice, si è presa una settimana di pausa io, rispettando la sua decisione, vorrei lasciarle il massimo riposo. Per questo io abbandonerò temporaneamente la FF per iniziarne un'altra solamente mia, tradizionalmente Hiccstrid e ambientata nel passato. Perciò spero che voi possiate seguire, leggere e RECENSIRE numerosi sia la mia nuova FF che quella della mia amica Cricrina (il cavaliere invisibile). Ripeto, abbandonerò la FF solo momentaneamente, vale a dire che verrà terminata.

Un bacio a tutti e vi ricordo di seguire e recensire le nostre storie
Astrid

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