Come foglie al vento

di Amrlide
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Come foglie al vento

Questa storia è nata nella mia testa come Oneshot, per poi svilupparsi su più capitoli fintanto che la scrivevo al PC. Nata in un senso e sviluppatasi poi in un altro, non mi dà molta sicurezza: spero di poterla migliorare grazie ai consigli di chi recensirà ^^ Grazie per la lettura.





Che si sarebbe messa nei guai, Hinata lo sapeva. Ne aveva avuto il presentimento già quando aveva scorto Ino e Sakura discutere animatamente sulla strada; una fin troppo familiare ‘voglia di fuggire’ l’aveva attanagliata mentre si avvicinava a loro conscia di non poter evitare di salutarle ed essere quindi coinvolta nel bisticcio. Quando ne aveva sentito poi il tema, era arrossita: si imbarazzava a parlare di ragazzi con qualcuno. E sentire le due ragazze non solo litigarci ma criticarsi anche le reciproche strategie di approccio con un tono sempre più alto della voce, le aveva fatto venire ancor di più il desiderio di allontanarsi il più in fretta possibile.
Purtroppo prima di aver fatto un solo passo, suo padre le era comparso davanti con il suo cipiglio severo.
"Se hai tempo da perdere con argomenti così frivoli, vedi almeno di renderli proficui. Usa queste ‘tecniche di seduzione’ per avvicinare il Kazekage di Suna. Se vi sposaste sarebbe un vantaggio non indifferente per il nostro clan.”
Già da tempo il padre aveva manifestato l'’idea che se sua figlia non avesse potuto portare gloria agli Hyuga come ninja, avrebbe potuto essere comunque utile stipulando un buon matrimonio. Ormai lo ripeteva ad ogni occasione.
Hinata aveva tenuto bassa la testa fintanto che i piedi di suo padre non erano usciti dalla sua visuale. Sapeva che lui non si aspettava veramente che seducesse il Kazekage, e che le sue parole equivalevano piuttosto ad un “almeno prova a parlarci”, come sapeva già che le sarebbe stato alquanto difficile accontentare il padre.
“Il Kazekage  è quel Gaara, no? Quel ragazzino impassibile dai capelli rossi.”
“Ha la nostra età, non è un ragazzino, Ino.” Sakura aveva incrociato le braccia con fare saccente, ancora seccata dalle critiche di Ino sul suo ‘ inesistente fascino ‘. “Non so quanto si tratterrà, ma è sicuramente arrivato poche ore fa: gli hanno riservato una lussuosa stanza nel palazzo dell’Hokage.”
“Non dà l’idea di cedere facilmente alle lusinghe di una ragazza.” lo sguardo di Ino era malizioso e divertito mentre incrociava quello di Sakura e lo contagiava degli stessi sentimenti.
Hinata aprì la bocca per protestare, non le piaceva la tensione che si era creata tra le due ragazze. Ma la sua voce era troppo fievole per essere sentita.
“La prima che suscita una reazione di imbarazzo o di interessamento fisico?”
“Il risultato migliore entro stasera.”
Sakura e Ino si strinsero le mani per suggellare la sfida fulminandosi con lo sguardo, totalmente prese dalla voglia di rivincita sull’altra. Sparirono contemporaneamente, ognuna nella direzione opposta, lasciando da sola la povera Hinata.

Gaara si sgranchì le spalle, nascondendo la soddisfazione di essersi potuto togliere gli abiti ufficiali da Kazekage. Strinse meglio la cinghia della giara; sapeva che doveva essere prudente, non solo per prevenire eventuali attacchi alla sua persona, ma anche, se non soprattutto, per evitare spiacevoli incidenti diplomatici durante la sua permanenza a Konoha. Tuttavia già da un po’ agognava fare quattro passi senza che tutti i passanti si voltassero a guardarlo o a salutarlo. Tutta quella popolarità positiva era una soddisfazione se confrontata alla sua vita passata, ma ogni tanto gli mancava il totale silenzio attorno a sé. A Suna sarebbe stato impossibile, ma a Konoha aveva una discreta possibilità di farsi un giro in tranquillità, come un ragazzo normale; si sarebbe trattenuto lì solo per pochi giorni quindi era bene approfittarne subito, prima che si offrissero di fornirgli una scorta o una guida.
Scese in strada e si avviò per una direzione qualsiasi.

Hinata avrebbe voluto tornarsene a casa e rintanarsi sul letto nella sua cameretta; ma non poteva arrendersi senza aver perlomeno tentato. Non voleva ovviamente sedurre il Kazekage, ma poteva perlomeno provare veramente ad avvicinarlo, come aveva detto suo padre. Così vagava lentamente senza una idea precisa, evitando le vie principali ma dirigendosi inesorabilmente verso il grande palazzo dell’Hokage. Sakura ed Ino sarebbero state sicuramente già da quelle parti in azione. Invidiava la loro sicurezza.
Sospirò. Si era ripromessa di essere forte, ma questo era proprio troppo.
Lei non mai sarebbe stata in grado di fare il primo passo con un ragazzo. Né di avvicinarne uno solo per una sfida. Probabilmente non sarebbe stata in grado nemmeno di chiedere informazioni senza arrossire. Anche invitare Kiba e Shino a casa sua o da qualche altra parte, non le veniva ancora spontaneo, eppure loro erano suoi compagni di squadra.
Chiuse gli occhi e sospirò di nuovo.
Doveva solo provare a parlarci. Poteva farcela, anche solo a bisbigliare qualcosa. Lui l’avrebbe sicuramente ignorata, ma almeno avrebbe potuto ammettere a suo padre che aveva per lo meno provato a parlare al Kazekage.
Dove trovarlo e come avvicinarlo era un problema secondario. Per ora l’importante era trovare una frase da dire, altrimenti quando se lo sarebbe trovato di fronte avrebbe fatto scena muta.
Avrebbe potuto offrirgli da bere, faceva molto caldo in quei giorni, avrebbe potuto essere una scusa ideale. Banale, ma non fuori luogo.
Si fermò e si guardò intorno; la via era deserta. I suoi occhi caddero su di un sassolino davanti alle sue scarpe. Lo osservò intensamente e dopo un bel momento di concentrazione, mosse le labbra.
“Vorresti bere qualcosa?”  bisbigliò.
Così non l’avrebbe proprio sentita. Se doveva fare un tentativo, tanto valeva farlo bene.
Chiuse gli occhi e alzò la voce. “Vorresti bere qualcosa?”
Sì, ora andava meglio, era un tono di voce quasi normale. Ora doveva trovare un’espressione più formale, adatta al rango di Kage. E riuscire a parlare tenendo gli occhi aperti e magari la testa alta.
No, questo non ce l’avrebbe fatta sicuramente.
Sospirò in direzione del sassolino. Meglio fare un passo per volta piano piano.
“Vuole bere qualcosa?” sussurrò.
Passi avanti, non indietro.
“Vuole bere qualcosa?” ripeté a mezza voce.
Sì, andava bene. Più deciso.
“Vuole bere qualcosa?”
Stava migliorando.
“Vuole bere qualcosa?”
Sorrise al sassolino un po’ triste: davanti a una persona non ce l’avrebbe mai fatta. Scosse la testa. Probabilmente a fine giornata non sarebbe nemmeno riuscita a incontrare il Kazekage.
Suo padre non ne sarebbe stato affatto contento.  Come sempre.
Fece qualche passo con gli occhi sempre rivolti alla strada. Si fermò e il suo cuore perse un battito quando nella sua visuale sulla sinistra comparve un piede.
Due piedi, in verità, uno vicino all’altro, fermi.
Le si mozzò il respiro pensando che qualcuno l’avesse vista parlare ai sassi. Sentì le guance avvampare, ma non riusciva ad alzare il viso. Nella sua testa si ammassarono mille parole di scuse per giustificare il suo comportamento, la bocca ne farfugliò qualcuna, troppo piano per essere udita.
No, così non andava. Stava peggiorando le cose.
Infondo non aveva fatto niente di male; doveva solo alzare la testa e salutare, come se niente fosse.
Sospirò e alzò velocemente il capo, pronta ad annunciare un “Buongiorno” appena avrebbe incrociato lo sguardo di chi gli era di fronte.
Non uscì suono. Le parole le morirono in gola, uscì solo un gridolino soffocato.
Davanti a due occhi azzurri che aveva già visto, Hinata si sentì svuotare.
Chi gli era davanti era il Kazekage di Suna.

Parlargli. Aprire la bocca e parlargli. Aveva provato la frase fino a poco fa. Doveva farcela.
Una parte razionale del suo cervello era ancora attiva. Peccato che il suo corpo non rispondesse.
No, non poteva farsi battere. Lei avrebbe tentato, non sarebbe fuggita.
Chiuse la bocca e deglutì. E con l’espressione più decisa che riuscì a mettere insieme, attaccò.
“V-Vuole b-bere qual-cosa?”
Hinata si stupì di sé stessa. Ce l’aveva fatta: era riuscita a invitare un ragazzo a bere qualcosa! Con l’espressione più minacciosa che fosse riuscita a mettere insieme, forse, e con una voce stridula e incerta, ma ce l’aveva fatta. Aveva parlato a mezza voce e lo aveva guardato – più o meno - in faccia.
Annaspò a quella constatazione. Tremava leggermente e sicuramente era rossa in viso. Ma era comunque una sua piccola vittoria, no?
Sospirò abbozzando un sorriso.

Gaara si concesse un lungo momento prima di rispondere: non era del tutto certo che la ragazza si stesse rivolgendo a lui. Gli aveva fatto la stessa domanda che aveva rivolto più volte ai sassi. Non aveva mai incontrato qualcuno che parlasse da solo; lui una volta parlava alla sabbia quando era prossimo a perdere il controllo, ma era diverso. Lei lo faceva come se stesse recitando.
Forse c’era un significato nascosto nella sua offerta.
Per di più stava facendo delle facce strane, come se stesse continuando a parlare da sola nella sua testa … e sembrava aver appena fatto uno sforzo immane per parlare.
“Non ho sete.” rispose infine con le braccia intrecciate in petto.
Attese che lei chinasse la testa per assicurarsi che non avesse nient’altro da dire e proseguì sulla sua strada.



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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


ciao

Innanzitutto, grazie mille a Arwen88: sono contenta che quella scena ti sia piaciuta ^^ io la trovavo piuttosto scontata, quindi il tuo commento mi ha fatto proprio piacere! Spero ti piaccia anche questo capitolo.
Ringrazio anche tutti coloro che hanno letto, spero continuino a farlo.

Mi rendo conto che la storia procede molto lentamente, ma per me Gaara e Hinata non sono proprio i tipi da innamorarsi perdutamente all'improvviso... e poi a Hinata piace Naruto ^^

.

Gaara passeggiava per le più deserte strade inspirando profondamente l’aria leggera e fresca di Konoha. Odori inusuali colpivano il suo olfatto catturando il suo pensiero. Era rilassante associare odori ed oggetti, pensieri leggeri e disimpegnati. Come i fiori: i maggiori responsabili di quell’aria così odorosa.
Si fermò: un profumo più concentrato lo raggiunse e gli aleggiò intorno; c’era qualcuno dietro l’angolo e sembrava lo stesse aspettando.

Ino non riusciva a credere alla propria fortuna: incontrare il Kazekage così all’improvviso da solo e su una strada praticamente deserta! Non aveva pianificato niente di specifico, ma non poteva lasciarsi scappare un’occasione così perfetta. Si sistemò meglio il vestito e la coda di cavallo e con aria trionfante svoltò l’angolo. Lo individuò subito con la coda dell’occhio, lui la stava già fissando.
Sorrise; calcolò velocemente le distanza che li separavano e, con una recitazione perfetta, finse di inciampare. Un “oh” di finta sorpresa e finì per aggrapparsi esattamente al petto del ragazzo, non troppo distante dal suo volto inespressivo.
“Sono veramente spiacente.” Pronunciò le parole quasi sussurrando mentre con fare suadente si era alzata avvicinando ulteriormente i loro visi.
Lui non batté ciglio.
“Spero di non averle fatto male.” Ancora più vicino, stretta più salda sulle spalle del Kazekage.
Ancora nessuna reazione.
“Posso fare qualcosa per ripagarla del disturbo?” socchiuse gli occhi inclinando il capo. Le loro labbra si stavano per sfiorare.
Ino sentì una presa serrarle i fianchi ed esultò: era riuscita a innescare una reazione. Il suo fascino aveva mosso perfino quel ragazzo impassibile! Protese le labbra; in fondo Gaara si meritava un piccolo bacio per averle fatto vincere la scommessa.
Ma non riuscì a toccarlo. Anzi, sentì le sue spalle scivolargli sotto i palmi.
Aprì gli occhi, quasi divertita, possibile che stesse indietreggiando imbarazzato?
Invece no, lui era rimasto assolutamente immobile con la stessa espressione, la mano destra leggermente più scostata rispetto a prima. Era lei che indietreggiava, sospinta da una presa di sabbia che le circondava la vita.
Ino si ricordava piuttosto bene i racconti che circolavano su Gaara e la sua sabbia e sebbene fosse passato molto tempo e sapesse che lui era cambiato da quando era diventato Kazekage, non poté non spaventarsi. Gridò. E tenne il fiato sospeso finché la sabbia non la lasciò qualche metro più in là. Si appoggiò al muro ansimando. Ma si ricompose velocemente appena si accorse che il suo obiettivo si stava allontanando.
“Aspetta!”
Gaara si voltò appena nella sua direzione fermandosi.
“Verresti a bere qualcosa con me?” Ino si tenne più a distanza questa volta: era meglio provare con una tattica più indiretta.
“Ehi, Gaara-kun!” Sakura si avvicinò lesta: aveva sentito il grido di Ino e si era precipitata, intuendo a ragione, che l’altra ragazza fosse già in compagnia dell’obiettivo.
Gaara si voltò a fissare la nuova venuta; un certo senso di disagio, quasi un sospetto, si stava facendo strada dentro di lui.
“Che sorpresa trovarti qui! E’ un po’ che non ci vediamo!” stava dicendo intanto Sakura “Posso offrirti qualcosa da bere?
Il ragazzo cominciò seriamente a chiedersi se non ci fosse una sorta di gara per portarlo fuori a bere. Magari quelle ragazze facevano tutte parte di un comitato di benvenuto a Konoha.
“L’ho invitato prima io, cara la mia Sakura.” Ino si era fatta avanti con sguardo seccato.
“Non mi sembra che muoia dalla voglia di venire con te, Ino.” Sakura aveva ribattuto malignamente.
“Questo lo dici tu.” si rivolse verso il ragazzo sorridendo affabile appoggiando una mano sul suo gomito “Andiamo?”
Contemporaneamente Sakura lo invitò accennando però alla direzione opposta “Vieni, Gaara-kun! Al chiostro di ramen troveremo senz’altro anche Naruto.”
Gaara soppesò entrambe; non aveva nessuna intenzione di ritrovarsi stiracchiato per le braccia in direzioni opposte come le due contendenti minacciavano di fare. Le due ragazze tuttavia non lo lasciarono replicare: intuendo che il ragazzo non aveva intenzione di accompagnarle in nessun tipo di bar, cambiarono le loro offerte.
“Che ne diresti invece di una passeggiata? I ciliegi in fiore sono uno spettacolo bellissimo …”
“Credo troveresti più interessante fare il giro alto di Konoha, da lì si può ammirare tutto il Villaggio.”
Gaara assottigliò lo sguardo su entrambe: gli stavano dando fastidio almeno quanto quelle ragazzine che gli sospiravano dietro ogni volta che si muoveva per Suna. Ma qui, a differenza dal suo Villaggio, avrebbe potuto distrarle gettando loro della sabbia negli occhi senza farsi troppe remore. Ed era seriamente tentato di farlo.
“Ah! Signor Kazekage!” una terza voce femminile si aggiunse al cicaleccio intorno a lui. “Vi siete allontanato senza dire una parola, ci avete spaventato.”
Il ragazzo disse mentalmente addio alla sua passeggiata solitaria: quella era il braccio destro dell’Hokage. Di certo era venuta a chiamarlo per un incontro ufficiale o per guidarlo a qualche giro programmato.
“Sono contenta di averla trovata,” stava intanto spiegando Shizune “Visto che manca ancora del tempo prima degli incontri ufficiali, mi chiedevo se volesse bere o mangiare qualcosa in qualche locale tipico di Konoha…”
Il viso di Gaara non mutò; non batté ciglio né mosse muscolo. Quattro inviti a bere qualcosa nel giro di pochi minuti… doveva essere uno scherzo.
“L’ho appena invitato io.” intervenne Sakura.
“L’avevo invitato io per prima.” la interruppe Ino.
Le due ragazze si guardarono di sottecchi, nessuna delle due era intenzionata a cedere; Shizune sorrise imbarazzata mentre pensava velocemente a una via di comodo che soddisfacesse entrambe.
Gaara si astrasse facendo scivolare i suoi occhi azzurri per i viottoli intorno a lui scorgendo la soluzione per andarsene. “Lei mi ha invitato per prima.”
Sakura e Ino puntarono la testa di scatto verso la persona che stava indicando il Kazekage, curiose di vedere chi le aveva battute sul tempo. Shizune parve sorpresa, ma per lei non era affatto un problema non dover stare appresso al Kazekage “Si ricordi di non fare tardi all’appuntamento di questo pomeriggio. Verrò a prenderla nella sua stanza.”
Con un cenno del capo che voleva essere al contempo un cenno di saluto e di assenso, Gaara si allontanò discretamente nella direzione in cui aveva visto dirigersi la ragazza che parlava con i sassi.

Hinata teneva gli occhi a terra: l’esaltazione per la sua piccola vittoria non era stata sufficiente per esimersi dopo soli pochi minuti dal rimproverarsi per la sua timidezza e per la sua goffaggine. Non riusciva a non tormentarsi sul fatto di aver disonorato il suo clan davanti agli occhi di una personalità come il Kazekage; nella sua mente si figurava suo padre a una cena di gala con gli amministratori di Suna nell’attimo di dire al Kazekage “Ho una figlia della vostra età” e lui rispondere “Sì, l’ho incontrata mentre invitava i sassi a bere”.
Cavolo, suo padre non l’avrebbe presa affatto bene. Forse avrebbe dovuto confessargli la figuraccia prima che lo venisse a sapere per altre vie. Così magari era ancora in tempo per disconoscerla.
Altrimenti poteva rincorrere il Kazekage e pregarlo di dimenticare di averla vista.
La ragazza sbuffò. Se aveva fatto tutta quella fatica solo per invitarlo a bere, figurarsi per supplicarlo! Avrebbe sicuramente peggiorato le cose. No, le conveniva lasciar perdere e tornarsene a casa e sperare che il Kazekage fosse abbastanza diplomatico da fingere di non conoscerla.
Inspirò e guardò il cielo. Era una bella giornata; sarebbe stato davvero un peccato rinchiudersi a casa e compiangersi. Se proprio doveva sorbirsi l’ennesima ramanzina da suo padre, era meglio prima fare qualcosa per tirarsi su di morale.
Con passo più spedito percorse le vie deserte fino al boschetto che delimitava i vari campi di allenamento. Avrebbe potuto esercitarsi con i kunai fino alla sera, almeno per portare la sua concentrazione altrove, ma un altro pensiero ebbe la meglio. Si diresse verso il ruscello, nel punto in cui l’acqua invadeva le rive e piccoli sassi bianchi emergevano per permettere di passare senza bagnarsi. Era un angolo nascosto, non troppo distante da casa sua, dove veniva spesso quando aveva voglia di stare da sola al fresco. Il suo rifugio fuori casa; da piccola ci aveva fantasticato molto.
Con un sorriso finalmente rilassato saltò sui primi sassi, piroettando sui successivi e tornando indietro, mentre il rumore dell’acqua la riempiva completamente sommergendo i suoi pesanti pensieri.

Gaara si appoggiò a un albero pensando che forse sarebbe stato cortese da parte sua palesare la sua presenza alla ragazza. Non che si fosse particolarmente impegnato a nascondersi, ma si era tenuto accuratamente indietro, la misura giusta per essere ignorato da chi stava inseguendo e per ingannare le altre ragazze che gli avevano offerto da bere.
In questo modo aveva potuto farsi una passeggiata in silenzio e godersi il fresco del bosco in pace.
Forse avrebbe potuto ringraziare quella ragazza accettando veramente il suo invito a bere. Se davvero c’era una sfida tra le ragazze di Konoha per invitarlo, avrebbe volentieri dato la vittoria a qualcuno che sapeva stare cinque minuti in silenzio. Deciso dunque, si scostò tre alberi più avanti.

Hinata stava girando su se stessa sull’ultimo sasso prima della riva: doveva ripercorrere il guado e voleva farlo velocemente saltellando su tutti i sassi presenti. Una piccola sfida che faceva per se stessa. Il difficile era spostarsi tanto velocemente da non bagnarsi i piedi sui sassi mobili. Prese fiato e si buttò nella corsa. Le sue orecchie registrarono appena un rumore di qualcuno che si avvicinava e i suoi occhi si alzarono per accertarsene dopo aver assicurato ai piedi il cammino da seguire. Vedendo i capelli rossi del nuovo venuto però le sue gambe cedettero e le sue scarpe finirono in acqua, a meno di un passo dalla riva.
Si morse le labbra: di nuovo il Kazekage la stava fissando a braccia conserte mentre faceva cose imbarazzanti.
“Sa, ho una figlia della vostra stessa età.” Hinata sentì di nuovo la voce di suo padre nella sua testa “Sì, l’ho incontrata mentre si bagnava le scarpe nel ruscello…”
Con una balzo la ragazza si portò all’asciutto. Si fissò sconsolata i piedi bagnati; impossibile che lui non se ne fosse accorto.
Gaara si avvicinò ancora, fermandosi a meno di un passo da lei. “Ora ho sete.” Osservò i suoi occhi guardarlo stupito, la sua bocca muoversi nel tentativo di dire qualcosa di inudibile e poi annuire riportando lo sguardo a terra. Seguì i suoi passi incerti fuori dal bosco fino al villaggio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


ciao

Grazie ad Arwen88 e Krystal83 per aver commentato e ringrazio anche thembra (e di nuovo anche Krystal83) per aver messo la storia tra i preferiti: sono davvero contenta che vi piaccia ^^ ora sono un po' in agitazione per il seguito: spero non vi deluda.
Devo confessare che non ho prestato molta attenzione al fatto che i personaggi fossero o meno IC (quindi non so quanto lo rimarranno nel proseguo del racconto), ho solo cercato di rappresentarli come li vedo io, quindi se appaiono fedeli all'opera originale non posso che esserne felice.
Per rispondere a Krystal83: la coppia Gaara/Hinata l'ho scoperta da poco e credo sia piuttosto difficile da trattare, però se dovessi scegliere un personaggio femminile del Canon da mettere insieme a Gaara (che è anche il mio personaggio preferito) confermerei Hinata: credo proprio che abbiano qualcosa in comune (la loquacità appunto, come ha detto Arwee88 ^.^)

Ora vi lascio al capitolo, che spero apprezzerete, anche se alcuni aspetti si chiariranno meglio con il capitolo successivo.
Grazie



Hinata non ci credeva. Un ragazzo che non fosse Shino o Kiba, aveva accettato un suo invito! E ora stavano andando insieme a casa sua.
Ogni tanto si voltava a guardarlo per accertarsi che fosse vero, che la stesse ancora seguendo. Lui era sempre lì che la fissava a sua volta. A quel punto Hinata scostava veloce lo sguardo ed affrettava il passo. Nella sua testa c’era una vocina che le suggeriva che doveva dire qualcosa, qualunque cosa, per intrattenere l’ospite, ma lei era ben consapevole che il solo riuscire a muoversi ed ad andare dritta era già un’enorme conquista da parte sua.
“Sa, ho una figlia della vostra stessa età” ripeté la voce di suo padre dentro di lei “Sì, mi ha invitato a bere dell’ottimo the…” Suonava decisamente meglio.
Hinata tirò un sospiro di sollievo quando, superata la porta di casa, fece accomodare il Kazekage nella sala che dava sul cortile interno e preparò il the. Si sentiva più a suo agio nel suo ambiente; i suoi movimenti si fecero di colpo più sicuri. Era certa di potercela fare, aveva servito altre volte il the agli ospiti sotto la vigile sorveglianza della governante e di altri membri della famiglia. E suo padre non aveva mai avuto niente da ridire in merito, anzi, più volte aveva detto che sarebbe stata meglio come casalinga che come shinobi. Poteva quindi facilmente servire il the al Kazekage e lo fece con tutta la grazia e l’attenzione di cui era capace.
Osservò il proprio riflesso nella tazza mentre le ultime gocce incrinavano la superficie. Sorrise complimentandosi con se stessa: non una foglia di infuso era finita nella tazza e non una goccia era rimbalzata a bagnarne i bordi. L’aroma intenso si diffondeva sicuro tra il vapore caldo.
Porse la tazza al Kazekage con un sicuro senso di soddisfazione.

Gaara era stato attento per tutto il tempo: non aveva mai pensato che ci si potesse mettere così tanta cura e così tanta lentezza nel preparare del the. Le tazze disposte secondo la cromia del disegno, la teiera alzata secondo la giusta inclinazione in modo che il contenuto non schizzasse in giro… lui di solito non prestava attenzione a queste cose, ma era anche vero che non si era mai preso il tempo per osservare qualcuno preparargli il the: glielo portavano già pronto sulla scrivania e lui lo beveva appena aveva un attimo di tempo ed era preferibilmente da solo. Rimescolò il liquido ambrato inspirandone l’aroma; quando aveva visto quel sorriso soddisfatto sul volto della ragazza si era aspettato di trovarsi chissà cosa nella tazza … invece era proprio comunissimo the.
Stava per portarselo alla bocca quando la mano candida di Hinata si frappose frettolosa appoggiandosi sul bordo della tazza.
“Non dovete bere!”
Gaara alzò un sopracciglio perplesso fissandola.
“C-cioè… n-non dovete bere se non lo volete!” Hinata sentì le guance farsi rosse per la vergogna. Quando aveva visto il Kazekage prendere incerto la tazza e portarsela vicino al volto con fare scettico, la sua sicurezza si era frantumata schiacciata da una sconcertante considerazione: forse lui non voleva del the. Lei aveva fatto tutto così automaticamente, come peraltro era abituata a fare per suo padre o per Neji, che non gli aveva nemmeno chiesto cosa volesse da bere.
“Il the va bene.” dichiarò Gaara intuendo il problema.
“Ma abbiamo anche dell’altro. Sakè, sciroppo, the aromatizzati, acqua minerale, biscotti!”
Gli occhi del ragazzo si fecero più duri. “Il the va bene” ripeté e fece per sollevare la tazza ma di nuovo Hinata la trattenne.
“Vi cambio tazza!” guardava ora con orrore la tazza che aveva coperto con tutto il palmo per impedirgli di bere.
Gaara non capiva perché all’improvviso quella ragazza si stesse facendo tutti quei problemi. Lui non trovava proprio che fosse il caso: una cosa da bere valeva l’altra dopotutto. E poi, lui aveva accettato il suo invito solo per farle un piacere.
Spostò con decisione quelle mani candide e bevve tutto di un fiato. Il the era caldo e l’impeto era stato davvero troppo forte; cercò di nascondere un colpo di tosse, ma Hinata era troppo vicina per non accorgersene. Lo fissava attenta e spaventata come se si aspettasse di veder tornare indietro il the accompagnato da un commento di disgusto. Lui ricambiò lo sguardo sfidandola a offrirgli altro: questa volta avrebbe sicuramente rifiutato.
Hinata si sentì svuotare da quegli occhi impassibili. Aveva fatto un disastro, lo sapeva. Abbassò gli occhi accorgendosi di non riuscire a vedere bene i contorni del servizio da the; non voleva piangere, avrebbe solo peggiorato la situazione. Prese fiato e raccolse tutta la sua determinazione: doveva trovare il modo per risollevare la reputazione del clan che lei stava così vergognosamente disonorando…
Il ragazzo inclinò la testa per osservare meglio quell’esserino tremante di fronte a lui. Per quel che ne sapeva, la maggior parte delle ragazze parlavano a raffica, soprattutto quando venivano fissate, allora accompagnavano le parole con ampi sorrisi inquietanti. Invece lei restava zitta, non lo guardava nemmeno e sembrava terribilmente imbarazzata. Gaara constatò che la sua reazione era meno irritante delle altre. Non era comunque sue intenzione sondare la molteplicità dei comportamenti femminili. Cercò quindi di spostare la sua attenzione altrove.

La portafinestra era aperta sul cortile interno di casa Hyuga, grandi piante verdi crescevano rigogliose sotto lo zampillare costante di piccole fontane a canna di bambù.
“Bel giardino.” commentò il Kazekage, più per cortesia che per reale interesse.
Hinata sorrise timidamente; intravide un’opportunità di rimediare e la colse al volo. “V-vuole fare un giro? Stanno sbocciando i primi fiori di questa stagione…” senza aspettare risposta la ragazza si diresse verso la portafinestra accucciandosi a cercare qualcosa sotto il portico di legno. “Queste calzature le teniamo qui apposta per passeggiare…” si interruppe girandosi allarmata: aveva fatto un’altra gaffe e anche ben peggiore della prima. Aveva voltato le spalle a un ospite di particolare riguardo e per di più gli aveva mostrato bellamente il sedere mentre si accucciava! Pessima, pessima figura! Chinò lo sguardo sulle scarpe che aveva in grembo; gli occhi le si velarono di nuovo. Non era proprio nemmeno capace di intrattenere un ospite di riguardo da sola.
Gaara si avvicinò impassibile. Osservò la ragazza che ancora per qualche ignoto motivo si stava preoccupando e le si sedette affianco. Allungò una mano per prendere il paio di scarpe che aveva in grembo e se le rigirò tra le dita. Davvero, quelle scarpe non avevano nulla che giustificasse quell’agitazione improvvisa…
“Preferisco ammirare il giardino da qui.”
Distese le gambe verso il prato fino a lambire l’erba con i piedi e si allentò un poco. Dopotutto era piacevole ricevere la brezza sotto il portico; aveva ancora del tempo prima dell’incontro ufficiale con le personalità di Konoha ed era del tutto intenzionato a goderselo come poteva.
Si voltò appena quando la ragazza si riprese le scarpe per riporle, in maniera alquanto rigida e scomoda, sotto il portico. La vide di sottecchi calmarsi a poco a poco, alzarsi e sparire in una porta poco distante. Tornò subito con un piatto colmo di biscotti; prima di sedersi avvicinò anche un vassoio con la teiera del the e delle tazze pulite. Gaara alzò mentalmente gli occhi al cielo sperando che non le riempisse di nuovo.
Restarono in silenzio ascoltando il vento tra il fogliame e lo scorrere dell’acqua, ciascuno sinceramente sollevato che l’altro non avesse voglia di parlare.
Gli uccelli cinguettavano tra i rami, chiamandosi tra loro. Hinata si spostava appena di quando in quando per scorgerli attraverso le fronde; sorrideva finalmente più tranquilla. Il Kazekage ogni tanto si chinava a sua volta per associare i suoni all’effettiva fonte. Si ritrovò a constatare che effettivamente, era rilassante passare il tempo così, almeno quanto lo era scrutare il cielo dalla finestra del suo ufficio dopo un’intera giornata di lavoro. La presenza di un’altra persona vicina non era così pesante come se l’era spesso immaginata. Se questa stava in silenzio, ovviamente. Per sua fortuna , quella ragazza, a differenza di molte altre, non sembrava essere molto loquace.
Hinata si voltò verso un passero e sorrise dolcemente, la mente persa nei suoi pensieri.
Gaara sospirò: questa volta gli era andata bene. Gli era toccato solo bere del the senza dover sostenere conversazioni su argomenti che conosceva poco o di cui non gli importava. Quindi, a parte quelle ingiustificate e fastidiose crisi di panico della ragazza, era stato un passatempo quasi piacevole. Certo che, farsi delle paranoie su delle tazze…
Osservò il servizio da the in mezzo a loro; tutto coordinato, con un bel ramo di ciliegio fiorito come motivo ornamentale. I suoi occhi salirono dai rami delle tazze all’albero completo sulla teiera; il tappo era leggermente scostato e i fiori non coincidevano. Senza pensarci, alzò una mano e sistemò la composizione.
Il tintinnare delle stoviglie ridestò la ragazza dei suoi sogni ad occhi aperti, si voltò verso di lui allarmata, farfugliando delle scuse e apprestandosi a servire immediatamente altro the. Gaara coprì con la mano le tazze prima che lei le riempisse. Non alzò gli occhi finché Hinata non depose lentamente la teiera sul vassoio per porgendogli invece il piatto dei biscotti. Lui ritenne un buon compromesso mangiarne uno. Tornò a fissare la vegetazione in silenzio un po’ scocciato, sperando che la ragazza riprendesse i suoi pensieri senza preoccuparsi per lui.
Il suono di una porta sbattuta fece volare via gli uccelli: evidentemente qualcuno che voleva uscire si era sorpreso nel vederli e si era affrettato a rientrare.
“Credo fosse Hanabi...” spiegò Hinata sporgendosi nella direzione in cui era venuto il rumore. Non capiva perché sua sorella non li avesse raggiunti, con Kiba e Shino di solito era piuttosto invadente. Ok, forse con Kiba e Shino c’era anche molto più baccano, ma avrebbe comunque potuto avvicinarsi e salutare l’ospite. Tanto più che Hanabi sarebbe stata facilmente in grado di sostenere una conversazione; a lei piaceva stare in silenzio, ma magari il Kazekage si stava annoiando. Si risedette composta e si sforzò di trovare qualcosa da dire. Avrebbe potuto invitarlo a restare per cena; lui non avrebbe accettato, ovviamente, ma sarebbe stato un gesto apprezzabile. Magari così lui avrebbe dimenticato la gaffe con il the e quella con le scarpe.
Dal canto suo, Gaara non era minimamente interessato a memorizzare il nome di una persona che non aveva visto e che sicuramente non avrebbe mai rivisto, quindi prestò poca attenzione alle parole della ragazza, accorgendosi solo in quel momento di non saperne il nome. Certo, il cognome lo aveva letto sull’insegna della casa prima di entrare e conosceva la famiglia Hyuga per la fama che li circondava, ma quel particolare membro della famiglia non sapeva come identificarlo. Aveva il coprifronte della Foglia, quindi era un ninja, seppur un ninja incapace di accorgersi di essere inseguito e tanto bizzarro da sorridere ai sassi e preoccuparsi per delle scarpe. Vagamente gli sembrava che fosse presente all’esame di chunin anni prima… La certezza invece che lei sapesse vita, morte e miracoli sul suo conto gli dava parecchio fastidio.
“Vuole fermarsi per cena?” Hinata era rossa in viso, ed era certa di tremare, ma lo stava guardando in faccia e aveva un tono di voce quasi normale. L’autostima della ragazza fece una capriola di esultanza.
Gaara la fissò negli occhi, chiedendosi perché lo stesse invitando dal momento che era palese che sperasse in un rifiuto.

“Hinata!” la voce del capoclan degli Hyuga rimbombò nel portico; a grandi falciate si avvicinò alla figlia che si era mestamente alzata in piedi con lo sguardo basso. “Non potresti sprecare il tuo tempo in modo più proficuo? Se ti allenassi invece di gustare biscotti con i tuoi amichetti …” Gli occhi severi di Hiashi Hyuga caddero sul cosiddetto “amichetto” della figlia che lo fissava da sotto in su ancora seduto vicino al bricco del the. Insomma, quando aveva visto Hanabi richiudere velocemente la porta imbarazzata aveva sospettato che la figlia maggiore fosse in compagnia di un ragazzo. Quando l’aveva scorta rossa in viso, ne aveva avuto la certezza e aveva temuto il peggio. Sul fatto che la sua primogenita potesse essere migliore come moglie che come ninja, ormai si era rassegnato, ma non per questo avrebbe permesso alla figlia di frequentare e portare a casa chicchessia. Si era aspettato di trovare uno dei soliti due compagni di team della figlia o tutt’al più quel Naruto per cui sembrava che Hinata avesse una cotta.
Di certo non si era aspettato di trovarsi davanti il Kazekage di Suna. Certo, aveva detto lui a Hinata di avvicinarlo, ma non si era mai aspettato che lei ci riuscisse davvero. Ed era riuscita pure a portarlo a casa…
Il suo sguardo saltellò da Gaara alla figlia e tornò indietro. Raccolse il suo contegno e si inchinò leggermente “Benvenuto a casa Hyuga, signor Kazekage.”
Gaara puntò gli occhi in quelli del capoclan e non li scostò mentre si rimetteva rigidamente in piedi. “Non era certo mia intenzione disturbare.”
“La prego di scusare la mia entrata poco benevola, c’è stato un banale equivoco. Lei è il benvenuto in questa casa.”
Sorriso di circostanza. Gaara aveva imparato a farli a fatica quando gli avevano conferito il titolo di Kage.
“La ringrazio, ma come stavo per dire a sua figlia,” Hinata si volse appena sentendosi interpellata senza però togliere gli occhi da terra “Non posso trattenermi oltre: ho un incontro con l’Hokage fra poco.”
“Lasci dunque che Hinata la accompagni…”
I pochi che avrebbero potuto dire di conoscere bene il Kazekage avrebbero potuto intravedere una lievissima luce sarcastica sul suo volto con una pericolosa sfumatura di fastidio; Hiashi tuttavia non era tra queste persone: a lui il volto di Gaara apparve impassibile come sempre, anche se il suo algido silenzio poteva forse risultargli sospetto.
“Credo di aver già abusato troppo del tempo di sua figlia.” declinò circospetto; con un cenno del capo, si voltò verso la ragazza che era rimasta immobile “Vi ringrazio per il the e i biscotti, signorina Hinata.”
Lei arrossì e mormorò qualcosa; Gaara non capì cosa, ma non gli importava: quello che più gli premeva era andarsene e possibilmente alla svelta. Un senso di sospetto lo aveva colto davanti al repentino cambio di atteggiamento del padre di Hinata quando lo aveva visto; non aveva voglia di rovinarsi il pomeriggio parlando con lui di chissà cosa, non se poteva evitarlo.
Il fatto poi che la ragazza non sembrasse affatto tranquillizzata dalla presenza paterna, non era molto rassicurante.
Salutò quindi il più garbatamente possibile, ma in maniera perentoria, anche il capoclan degli Hyuga, che tuttavia non si astenne dall’accompagnarlo personalmente all’uscita e invitarlo calorosamente a tornare.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Come Foglie al Vento

Scusate il ritardo immenso con cui posto questo capitolo: il vortice delle festività mi ha preso! A questo proposito: Buon Natale in ritardo e Buon Anno a tutti coloro che leggeranno questo capitolo! ^.^


Di nuovo ringrazio
Arwen88 per il suo puntuale commento che mi rallegra sempre leggere ^^ sono contenta che ti piaccia quello che scrivo. Sì, Hinata si fa molti complessi, ma io per prima me ne faccio molti (sopratutto quando devo parlare con qualcuno di importante). Credo di immedesimarmi abbastanza in lei... Spero che ti piaccia anche questo capitolo, anche se è per alcuni aspetti più noioso dei precedenti
Grazie anche a
Krystal83 e thembra che continuano a tenere la storia fra i preferiti ^^ e tutti i lettori anonimi che passano.


Questo capitolo è più lungo rispetto ai precedenti, io lo vedo un po' come una "transizione": prima di passare ai capitoli successivi dovevo un po' spigare i retroscena di Suna... La discussione con Kankuro, in particolare, mi ha creato non pochi problemi. L'ho riscritta molte volte e ancora non so se possa risultare convincente... Lascio però voi giudicare (spero vogliate lasciarmi consigli in merito).
Temo di avervi già tediato abbastanza; vi lascio dunque al capitolo.

Buona Lettura e ancora Buone Vacanze ^.^


Il Kazekage piantato in mezzo alla stanza a braccia conserte fissava scettico suo fratello maggiore appoggiato alla stipite della finestra. Non era per niente soddisfatto della sua spiegazione.
Kankuro roteò gli occhi. “Non è affatto come credi.” insistette; Gaara non gli credeva, era palese, ma stavolta il Consiglio di Suna davvero non c’entrava niente. Se quattro ragazze di Konoha avevano cercato di abbordarlo era stato un caso.
“Nessun membro del Consiglio avrebbe potuto bussare casa per casa in cerca di ragazze disposte a fare a gara per invitarti a bere!” Incrociò anche lui le braccia abbassando la voce “Non ci sarebbero riusciti nemmeno se avessero avuto l’appoggio dell’Hokage…”
Il prolungato silenzio dell’altro non era rassicurante. Ci stava pensando, stava veramente valutando se il capo villaggio di Konoha poteva essere stato coinvolto.
Era semplicemente assurdo. Kankuro osservò suo fratello con occhi stralunati.
Chiunque si sarebbe compiaciuto di ricevere quattro inviti da altrettante ragazze nel giro di un paio d’ore dal proprio arrivo in una nuova città, ma Gaara no. Lui non considerava nemmeno la possibilità di risultare interessante fuori dalla sua carica di Kage.
“Anche a Suna le ragazze cadono ai tuoi piedi.” proseguì il marionettista leggermente piccato.
Gaara alzò il mento, lo sguardo sempre fisso “Solo per la carica che rappresento.”
Suo fratello sbuffò esasperato: appunto, la solita atona classica risposta. “Hai mai provato a invitarne una per accertartene?” Non lo guardò, non si aspettava una risposta. Sapeva di star esagerando e Gaara di certo non meritava di essere punzecchiato in quel modo. Non in quel periodo, soprattutto. In qualità di sua fratello maggiore, Kankuro avrebbe dovuto piuttosto stare dalla sua parte e sostenerlo.
Fece scorrere gli occhi su Konoha fuori dalla finestra per calmarsi; la veduta di cui godevano non era niente male. Dei bambini stavano giocando in strada incuranti della gente che passava.
Decise di riportare la sua attenzione all’interno della stanza solo quando Gaara lo raggiunse sullo stipite opposto della finestra.
Lui non aveva smesso di fissarlo, serioso nei suoi abiti da Kazekage. “C’è qualcosa nel mio comportamento che non approvi?”
Gli occhi di Kankuro corsero di nuovo all’esterno, mentre le sue labbra biascicavano un “Ma figurati…” che era praticamente una conferma. Sospirò mentre sceglieva accuratamente le parole, non voleva che l’altro fraintendesse. “So che il Consiglio è stato parecchio petulante con te in questo periodo… “
Petulante era dire poco, in realtà. Gaara fu molto diplomatico a limitarsi ad alzare un sopracciglio scettico, senza commentare quella affermazione.
“Si è diffuso un po’ di allarmismo quando il Daimyō ha lasciato intendere che saresti stato un buon partito per sua nipote …”
Anche allarmismo era un eufemismo. Panico era sicuramente una descrizione più adatta. Anche perché il Daimyō non era stato il solo: tutti coloro che avevano anche solo un minimo interesse economico o politico a imparentarsi con la più alta carica del Villaggio della Sabbia, avevano mostrato un preoccupante interesse per la vita sentimentale del Kazekage.
Suna stava diventando potente, e Gaara non era del tutto esente dal merito di questa situazione. Era giovane e promettente; gestiva il Villaggio con costanza e molta dedizione. Era diventato molto popolare e non erano solo le ragazzine che anelavano alle sue attenzioni. Ma se la gente del Villaggio si mostrava solamente – per usare un termine diplomatico di Gaara – “eccessivamente cordiale”, personaggi più o meno influenti avevano cominciato a muoversi per attuare una vera propria politica matrimoniale. Era consuetudine ormai che gli illustri visitatori si accompagnassero per Suna con le loro figlie, nipoti, sorelle, che immancabilmente venivano presentate al Kazekage e portate a tutte le riunioni e incontri possibili.
Il Consiglio di Suna era corso ai ripari come meglio poteva; una soluzione pressoché definitiva era piuttosto semplice dopotutto. Bastava spargere la voce che il Kazekage avesse già una ragazza, supportarla con qualche incontro ufficiale in compagnia, e le acque si sarebbero calmate da sole, senza causare pericolosi screzi diplomatici.
“Il Consiglio vuole solo offrirti delle occasioni di incontro,” altro impietoso eufemismo “Senza che tu ti senta oppresso dalle aspettative …”
Si fermò a riflettere su questa ultima affermazione. Occasioni di incontro… c’era quasi da ridere a pensarci. Il Consiglio aveva disperatamente cercato di fare le cose più discretamente possibile, ma Gaara non era stupido: si era accorto che tutto il personale di servizio intorno a lui, da chi archiviava le pratiche a chi gli portava il the, chi gli porgeva i moduli da firmare o chi semplicemente puliva il suo ufficio, era diventato gradualmente esclusivamente di sesso femminile. L’unica sua reazione ufficiale era stata tuttavia una ragionevole lamentela pratica sul fatto che l’avere intorno tutta quella gente che lo scrutava adorante gli rallentava il lavoro. Kankuro si era dovuto trattenere dallo scoppiare a ridere quando aveva visto le facce sconvolte dei Consiglieri dopo quell’uscita del Kazekage.
Aveva riso meno quando si era accorto di come Gaara avesse iniziato a svincolare i suoi già scarsi incontri con la gente fuori dal suo ufficio. Ogni volta che si presentava qualcuno valutava attentamente se dietro questa potesse esserci il Consiglio.
“Dalle relazioni personali di una carica importante come la tua, possono dipendere relazioni politiche, militari, commerciali,…” Kankuro inspirò rumorosamente: quello era di certo un aspetto che Gaara non aveva preso in considerazione quando aveva dichiarato di voler diventare Kage per difendere il Villaggio.
Si passò una mano tra i capelli ancora senza riuscire a guardare suo fratello negli occhi. Non riusciva a capire dove volesse andare a parare con il suo discorso.
A lui non importavano le paure diplomatiche del Consiglio, ma di suo fratello diamine sì! E ora si trovava invischiato in quella situazione scomoda senza riuscire a chiarirla proprio con chi gli premeva di aiutare.
Sospirò di nuovo.
Temari aveva saggiamente liquidato fin dall’inizio un suo coinvolgimento. Purtroppo per lui, Kankuro non era stato così abile e previdente. Era stato praticamente assoldato per la causa dal Consiglio, in via strettamente privata, almeno per provare a scoprire i gusti di Gaara in fatto di ragazze o perlomeno per convincerlo sulla gravità del problema. Un compito tutt’altro che facile, soprattutto perché non voleva che suo fratello allontanasse anche lui. Per di più, Gaara non sembrava avere gusti particolari, come non sembrava avere un piatto o un colore preferito. E in quanto al problema … nemmeno lui lo avvertiva come tale. “Non si potrebbe semplicemente rispondere che non sono interessato?” aveva dichiarato candidamente la prima volta che aveva provato ad accennargliene. Purtroppo no, non si poteva! A sentire Baki, sembrava che chiunque trovasse impossibile che il Kazekage non fosse interessato a conoscere la propria personale pupilla.
Per Kankuro poteva andare tutti a quel paese, loro e le loro oche al seguito! Non era quello l’importante.
“La tua vita sociale è esclusivamente lavorativa.” biascicò fissandosi i piedi. Gaara si stava impegnando molto nel suo ruolo di Kage, era quello che voleva. Non era giusto rimproverarlo per questo. Tuttavia, e di questo ne era certo, Kankuro non voleva vedere suo fratello chiuso a vita nel suo ufficio.
“Se le mie relazioni possono essere così influenti,” Gaara non si era mosso, né aveva guardato fuori dalla finestra: la sua concentrazione era tutta per il ragazzo di fronte a lui “Sarebbe meglio che vi rinunciassi del tutto.”
Kankuro alzò gli occhi di scatto carico di ansia “Ma non devi rinunciare per …” interruppe l’impeto: Gaara gli stava sorridendo. Aveva arricciato appena le labbra e i suoi occhi avevano una luce appena diversa, ma quello era un sorriso secondo i suoi parametri.
“Non dovresti preoccuparti per me.” disse semplicemente.
Il marionettista abbassò gli occhi e volse la testa. Detestava essere fregato in questo modo.
Il sole tramontava infuocando i tetti di Konoha. La gente si affrettava per tornare a casa per la cena.
“Sei sempre in ufficio,” non lo guardò, ma sapeva di avere ancora su di sé la sua attenzione “Dovresti distrarti di più ogni tanto.”
Gaara non rispose subito; finalmente si era concesso anche lui di voltarsi e rincorrere gli ultimi raggi del sole che sparivano all’orizzonte. “Ho delle responsabilità come Kage.” Le sue labbra si arricciarono maggiormente. “E sono contento di svolgerle con l’aiuto tuo e di Temari.”
Kankuro sorrise imbarazzato, sapeva cosa l’altro intendeva. Ma la questione per lui era ben altro che risolta “Non vorresti qualcosa d’altro?”
Il Kazekage sorrise ancora continuando a guardare fuori “Vorrei che foste meno apprensivi.”
“Seriamente, Gaara.”
Si concesse un lungo momento, il sole sparì definitivamente oltre i tetti delle case lasciando solo una leggera penombra. Il giovane si voltò, il volto nuovamente serio. “Vorrei che il Consiglio smettesse di spingere ragazze nel mio ufficio.”
Anche Kankuro abbassò lo sguardo; quello sarebbe piaciuto anche a lui … “Si stanno solo preoccupando …” li difese debolmente.
“Suna è al sicuro, le alleanze sono stabili.” Il tono di Gaara era molto sicuro e professionale, sapeva quello che diceva “Le richieste del Daimyō e di altri alti dignitari non intaccano seriamente la serenità del Villaggio.”
Il maggiore sorrise: era orgoglioso di lui. Il suo fratellino era diventato un estimato Kazekage.
Una considerazione lo illuminò; con un sorriso baldanzoso, di certo irrispettoso per un Kage, rispose: “Se va tutto così bene, perché non ti rilassi un po’?” lo fissò intensamente negli occhi “Potresti farti un giro qualche volta, mangiare fuori o incontrare i tuoi ex allievi.”
La risposta di Gaara fu di nuovo un sopracciglio alzato, lo sguardo leggermente perso.
Kankuro lo fissò tornando serio; stare in mezzo alle persone non era propriamente nel carattere di Gaara, non era cambiato ora che era diventato Kazekage. Si sforzava di farlo quando doveva, ma di certo non correva a farsi nuove amicizie nel suo tempo libero. “Volevo solo dire che potresti uscire più spesso, anche senza gli abiti ufficiali.” Sospirò di nuovo “Al ricevimento di stasera per esempio potresti provare anche a divertirti.”
Gaara si riscosse: “È un ricevimento organizzato dall’Hokage.” Lo sottolineò in modo che Kankuro capisse che anche lui avrebbe dovuto vestirsi in maniera ufficiale e comportarsi in maniera consona all’occasione.
“Sì, ma ci saranno anche invitati non legati alla politica,” lo guardò pieno di aspettativa; l’altro ricambiò con occhi colmi di troppa serietà. “Sono comunque presenti degli importanti personaggi di spicco. E i membri del nostro Consiglio che ci hanno seguito in questa visita.”
“Lo so, però,” Kankuro si umettò le labbra pensando velocemente “Potresti almeno scambiare qualche parola con qualcun altro, senza avvalerti del tuo ruolo di Kazekage,” abbozzò un sorriso “Qualcuno di giovane, oltre i vecchiardi che si occupano di politica …” lo fissò negli intensamente negli occhi “Solo due chiacchiere disimpegnate, anche sul tempo se non ti viene in mente altro …”
Il più giovane sbuffò; Kankuro doveva proprio vederlo oberato di lavoro se arrivava a chiedergli direttamente una cosa del genere. Lo fissò promettendo a se stesso che avrebbe cercato per quanto possibile di accontentarlo, ma davanti a lui si limitò ad annuire senza troppa convinzione.


Hiashi Hyuga entrò nel salone dei ricevimenti con la testa alta. Con lo sguardo cercò e trovò immediatamente le personalità più illustri presenti: i due Kage si affiancavano nell’ascoltare la conversazione tra i loro rispettivi consiglieri, incuranti entrambi delle occhiate degli ospiti che li circondavano. Il Kazekage aveva le labbra sigillate e una faccia marmorea; nonostante lo sguardo fisso, sembrava paradossalmente disinteressato alle chiacchiere degli attempati membri del Consiglio di Suna e di Konoha, mentre la vecchia Tsunade non si faceva scrupoli nell’adocchiare con malcelata voglia il tavolo con le bevande alcoliche.
Il capoclan valutò l’idea di avvicinarsi a loro per porgere i suoi ossequiosi saluti, ma preferì aspettare. Si diresse quindi verso un lato della sala, salutando altri stimati shinobi mentre passava e gettando di quando in quando delle occhiate alla sua primogenita che gli veniva dietro come un pulcino.
Sospirò fermandosi. Così davvero non andava: non l’aveva portata con sé perché lo seguisse come un’ombra per tutta la sera …

Hinata aveva paura solo ad alzare gli occhi dai piedi di suo padre; tremava al pensiero di dover salutare gli altri ospiti ad alta voce o peggio di essere lasciata sola con qualcuno.
Lo aveva pregato perché la lasciasse a casa quella sera, gli aveva assicurato in tutti i modi che l’aver offerto il the al Kazekage era stato un puro e fortunato caso. Ma suo padre non le aveva creduto: si era fatto raccontare per filo e per segno quello che era successo quel pomeriggio; per niente soddisfatto, aveva interpellato la figlia minore per sapere esattamente cosa avesse intravisto in giardino prima di richiudere la porta. Hinata si era imbarazzata per quanto la sorella avesse frainteso la situazione. Inutile era stato spiegare che le sue mani non avevano minimamente sfiorato quelle del Kazekage e che in tutto l’incontro si erano a malapena parlati. Suo padre non aveva sentito ragioni, tratte le proprie personali conclusioni, aveva deciso di portarla con sè alla festa indetta dall’Hokage in onore del Kazekage e i Consiglieri di Suna.
Così Hinata si era trovata acconciata elegantemente e vestita con il suo kimono migliore in mezzo a quella sala, a mordersi le labbra e attorcigliarsi le mani tra gente che conosceva solo per fama.
Fece scorrere lo sguardo sul pavimento: dai piedi non le sembrava proprio di scorgere qualcuno che conoscesse.
Sospirò e tornò a fissare di fronte a sé i piedi di suo padre … o almeno cercò di farlo ma i piedi di suo padre non c’erano … Deglutì pesantemente e alzò di poco gli occhi. Davanti a lei c’erano solo degli shinobi che parlavano tra loro.
Scostò appena la testa, ma vedeva solo altri invitati; suo padre era sparito.
Il cuore le batteva forte e sentiva le guance arrossarsi sempre di più. Lentamente si spostò e affiancò il muro: da lì avrebbe potuto valutare meglio la situazione. Suo padre evidentemente le aveva lasciato campo libero per effettuare il suo piccolo miracolo e avvicinare nuovamente il Kazekage. “Se ci sei riuscita una volta, puoi farcela una seconda” aveva detto. Lei l’aveva guardato con le lacrime agli occhi. “Non mi aspetto che tu faccia colpo su di lui,” Hiashi non si era mai fatto molte illusioni sulle capacità della figlia “Ma già una cordiale amicizia con lui sarebbe auspicabile per il nostro clan.”
Hinata lanciò un’occhiata fugace a quello che doveva essere di nuovo il suo obiettivo. Sembrava ancora più impassibile di quanto ricordava. Si fissò i piedi negli eleganti sandali. La consapevolezza che suo padre sarebbe stato ad osservarla per tutto il tempo, non era certo una rassicurazione!
Trasse due profondi respiri e cominciò a riflettere.
Forse avrebbe potuto avvicinarsi e sussurrare un “ciao”.
Un “Buonasera” sarebbe stato meglio.
E poi? Poteva dire qualcosa sulla serata? Tipo “Bella serata, vero?” Lei non si stava affatto divertendo, ma per fare due chiacchiere poteva anche fingere. Neanche lui sembrava divertirsi molto, comunque.
Lanciò un’altra occhiata veloce al Kazekage. No, non si stava proprio divertendo neanche lui.
Tornò a fissarsi i piedi immobili.
Che senso aveva preoccuparsi di cosa dire, quando era certa che non sarebbe stata in grado di staccarsi da quella parete?
Era proprio senza speranza…

“Dovresti ringraziarmi!”
Gaara scrutò il fratello che lo stava letteralmente trascinando lontano dal gruppo serio di quel ricevimento. Lo avrebbe di certo ringraziato se non avesse saputo di essere stato salvato da quella riunione improvvisata per essere gettato verso delle “chiacchiere disimpegnate” con qualche sconosciuto.
Sospirò. Almeno così Kankuro avrebbe smesso di preoccuparsi per lui e magari lo avrebbe aiutato ad allontanare parte di quella folla che trafficava nel suo ufficio.
Il marionettista si fermò in centro alla sala e si guardò intorno. Con chi avrebbe potuto far parlare Gaara di qualcosa al di fuori della politica? Non poté nascondere uno sbuffo di rammarico: si era aspettato più gente… tipo Naruto o quel tipo con il cane sulla testa. Qualcuno di attivo e che possibilmente conoscesse già Gaara.
All’improvviso scorse un viso noto. Sakura stava trattenendo con la forza una ragazza bionda con un vassoio di dolci in mano. Be’ lei era una persona conosciuta con cui era possibile fare due chiacchiere senza destare sospetti nei Consiglieri. Se poi si fosse tirata dietro anche la tipa bionda, poco male: tanto erano in due anche loro.
Con un cenno della mano attirò la sua attenzione.

Sakura vide la mano di Kankuro farle un cenno e si compiacque per quell’inaspettata fortuna.
Aveva appena finito di rimproverare Ino per la sua totale mancanza di tatto nel cercare di avvicinare il Kazekage offrendogli dei dolci. Le aveva appena ricordato che la loro scommessa era terminata senza vincitori, ma ora, davanti a un’occasione così ghiotta non aveva motivo di tirarsi indietro.
Una scommessa era una scommessa, dopotutto.
Con un sorriso soddisfatto strattonò Ino dietro di lei e si avviò verso i due ninja di Suna.
“Gaara-kun, Kankoru-kun, come state?”
Ino lasciò alla rivale due passi di vantaggio prima di affrettarsi dietro di lei per attuare la sua strategia vincente; tenendo ben saldo il vassoio davanti a sé anticipò qualsiasi possibile risposta dei due fratelli. “Salve, gradite un dolce?”
Sakura stirò un sorriso infastidito prima di sibilare “Stiamo parlando, Ino.”
“Non mi sembra di disturbare, Sakura.” Ino si dipinse l’espressione più innocente che conosceva. Non le avrebbe lasciato campo libero fintanto che la loro scommessa era valida; già aveva faticato molto per imbucarsi a quel ricevimento. “Magari il Kazekage gradisce un dolce.” sorrise candidamente.
“Magari lo stai solo importunando.” Sakura sorrise ancor di più, tanto da apparire inquietante. E di certo Ino non era da meno in quel momento.
Kankuro spostò lo sguardo da una ragazza all’altra: si beccavano come due galli nel pollaio. Forse non era stata una buona idea chiamarle… o forse sì. Un ghignò si accennò sul suo volto; quelle due non stavano litigando per Gaara, semplicemente lui si era trovato in mezzo. Non avrebbero parlato di politica e anche se cercavano insistentemente di attirare la sua attenzione, non erano una minaccia. Non almeno quanto poteva esserlo la nipote del Daimyō o le figlie dei grandi commercianti.
Si girò verso suo fratello cercando di mantenersi serio. Trovò i suoi occhi già voltati nella sua direzione; la sua espressione era rimasta immutata, ma era leggermente più tesa. Kankuro non resistette e sorrise, sorrise sadicamente come solo un fratello maggiore sa fare. E con tutta la finta ingenuità che riuscì a mettere insieme, si offrì di andare a prendere da bere per tutti.
Le ragazze gli rivolsero un sorriso così grato da far quasi vacillare la sua decisione.
Sul volto di Gaara invece un’ombra gridava vendetta.
Mentre si allontanava soffocando le ultime briciole di rimorso, Kankuro si disse che l’aver il letto riempito di sabbia quella sera era un prezzo ragionevole per godersi la scena.

Gaara seguì i passi di suo fratello con sguardo fulminante; quello era stato indubbiamente un colpo basso. Si era aspettato che Kankuro gli rimanesse vicino per impegnarlo il più possibile in qualche assurda e inutile conversazione, non che lo abbandonasse alle prime arpie di passaggio. Il giovane tornò a scrutare le ragazze che avevano ripreso a coprirlo di fastidiose attenzioni. Se fosse stato a Suna avrebbe raggiunto il suo studio con una scusa e si sarebbe chiuso dentro a lavorare. Ma lì non poteva nemmeno rifugiarsi in camera senza rischiare di offendere gli organizzatori della festa, Hokage in primis. Si guardò velocemente intorno e scorse la via di fuga appoggiata al muro.
Parte della sua mente registrò che erano presenti in sala tutte e quattro le ragazze che gli avevano offerto da bere. Una coincidenza alquanto insolita per non essere stata manovrata … ne avrebbe sicuramente reso partecipe Kankuro alla prima occasione. Se proprio voleva preoccuparsi per lui, che bloccasse le iniziative poco consone del Consiglio.
Con un “Scusatemi” del tutto incolore rivolto alle due ragazze, se le lasciò alle spalle avvicinandosi verso l’unica persona che sapeva essere silenziosa e non troppo appiccicosa. Tutto sommato, scegliere la giovane Hyuga già una volta si era mostrato essere una buona soluzione.

Hinata credette di sognare: quando aveva alzato lo sguardo, si era trovata il Kazekage materializzato al suo fianco con braccia e gambe incrociate appoggiato al muro.
Era così assurdo, che aprì e chiuse la bocca più volte come un pesce, senza riuscire a dire una parola.
Chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro.
Doveva calmarsi. Suo padre la stava sicuramente guardando, anzi, probabilmente era stato lui a mandare il Capo Villaggio di Suna da lei. Non doveva farlo vergognare.
Un altro respiro e si sentì pronta ad aprire gli occhi; il Kazekage era ancora lì e la stava fissando.
Parlare. Dire qualcosa. Emettere suono.
“-sera”.
Un sussurro appena udibile.
Gaara accenno un segno di saluto con il capo prima di riportare la sua attenzione al resto della sala.
Un respiro, un secondo respiro, pronta a buttarsi.
“B-bella, no?” Hinata sentì gli occhi del ragazzo tornare a scrutarla e si affrettò ad aggiungere a testa bassa “L-la serata…” bisbigliò.
Si sentì arrossire fino alle punte dei capelli. Era una frase così banale che si stupì non poco quando si accorse che le stava rispondendo.
“Certamente,” Gaara fece una pausa perso a guardare le mani che la ragazza continuava a torcersi in grembo “Come tutta la giornata, no?”
Hinata annuì debolmente continuando a fissarsi i piedi.
La sua testa lavorava febbrilmente alla ricerca di un altro argomento di conversazione.
Di nuovo il frenetico intreccio di dita bianche catturò l’attenzione di Gaara; era quasi irritante vederle contorcersi in quel modo…
La considerazione di avere appena avuto uno scambio di battute disimpegnate lo colse all’improvviso; non era stato così drammatico anche se Kankuro non era presente. Guardò la testa china della ragazza e mentalmente la ringraziò; se fosse stato qualcuno di più loquace certamente l’avrebbe tartassato di altre fastidiose chiacchiere. Ora invece poteva passare di nuovo un po’ di tempo in pace solo restandole a fianco.

Hiashi Hyuga studiava la scena dall’altra parte della sala: si era immobilizzato quando aveva visto il Kazekage scaricare le due ragazze – una tra l’altro era l’allieva diretta dell’Hokage – per dirigersi con passo risoluto verso Hinata. La Sua Hinata.
Vederli parlare così tranquillamente… lei abbassare lo sguardo e arrossire… lui continuare a fissarla…
Auspicare a un mero legame di amicizia tra il Kazekage e sua figlia era decisamente riduttivo! C’erano tutte le premesse per aspirare a una relazione più stabile e duratura.
Si alzò deciso: doveva informarsi sulla vita sentimentale del Capo Villaggio di Suna! Magari Hinata avrebbe potuto…
Scrutò di nuovo la figlia appoggiata al muro. Si stava torcendo ancora le mani nervosamente e non sembrava avere più niente da dire.
Le speranze di Hiashi di ridimensionarono: Hinata non sarebbe stata in grado di ambire al cuore del Kazekage. Era un vero peccato, perché lui sembrava invece essere piuttosto interessato a lei. Si era avvicinato e l’aveva fissata per un momento che, come padre, poteva anche considerare eccessivamente lungo.
Forse con una piccola spinta … se si fossero trovati in una situazione diversa, dove l’unica soluzione per Hinata sarebbe stata appoggiarsi al Kazekage, allora forse anche lei avrebbe potuto mostrare dei comportamenti più incoraggianti per gli eventuali sentimenti di lui…
La mente del capoclan degli Hyuga elaborò una possibile strategia di azione: doveva trovare il modo per spedire sua figlia a Suna.

Kankuro restò indeciso se deglutire o sputare quello che aveva in bocca. Gaara aveva scansato i due galli litigiosi e si era diretto verso una ragazza. Le si era affiancato e le aveva parlato. Tutto di sua iniziativa!
Riconsiderò tutta la vicenda: fissò Sakura e la ragazza bionda mentre parlottavano tra loro occhieggiando ammirate la coppia appoggiata al muro. Forse, pur di evitarle, Gaara si era buttato in tutti i sensi verso una persona che aveva giudicato come il male minore.
Poteva essere una spiegazione.
E ora stava intrattenendo con la ragazza due “chiacchiere disimpegnate” sul tempo come lui gli aveva chiesto…
Non c’era niente di male.
Ma un conto era vederlo con due ragazze baldanzose, di cui una certamente conosciuta, mentre tutt’altra cosa era vedere il Kazekage di Suna avvicinarsi di sua spontanea iniziativa e parlare con una ragazza ignota.
La situazione poteva essere interpretata in maniera ambigua; soprattutto se qualcuno voleva vederla in quella maniera.
Kankuro spostò veloce la sua attenzione verso i membri del Consiglio presenti in sala.
Sui loro volti poteva scorgere una vivace curiosità e piacevole sorpresa, ben facilmente commutabile nella decisione di trascinare quella giovane, chiunque fosse, a Suna.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Come foglie al vento

Eccoci al quinto capitolo! Pian pianino, ma inesorabilemnte, si va avanti, alla faccia della sessione universitaria!


Purtroppo non siamo ancora a Suna,
Arwen88, ma ti assicuro che ci arriveremo presto ^.^ saltellare tra i punti di vista di tutti è stato strano: temevo che staccassero troppo la narrazione, ma mi sono divertita molto a scriverli ^^ Quello che mi piace (e che invero muove un po' tutta la storia) sono le diverse interpretazioni che possono essere date allo stesso fatto da persone diverse. E' difficile da trattare ma può essere piuttosto comico.
Grazie a
Niggle per aver commentato! Ora sei moralmente obbligata a recensire il seguito, altrimenti penserò che sei "morta di crepacuore" per il ritardo O_O'
E un ringraziamento a tutte le nuove persone che hanno aggiunto la storia ai preferiti
(Elpotter, masychan e sissi86) e a coloro che continuano a tenerla (Krystal83 e thembra)


Buona Lettura ^^


Gaara non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma ammirava l’efficienza dei membri del Consiglio di Suna. La sera potevano scorgerlo appena mentre si avvicinava a un’anonima ragazza e la mattina dopo aver già pronto per l’approvazione un nuovo piano di gemellaggio che prevedeva il coinvolgimento e il trasferimento immediato a Suna della suddetta ragazza. Un’efficienza straordinaria, ma dai migliori uomini di Suna se lo poteva aspettare.
Insolito era invece il contenuto entusiasmo di Hiashi Hyuuga davanti alla possibilità per la figlia di affiancare direttamente il Kazekage in un gemellaggio diplomatico.
“Hinata purtroppo, sebbene competente e capace, è molto introversa e insicura. Sarei contento se potesse svolgere questo incarico presso di voi. Ne sarete certamente soddisfatto e, come padre, non posso che gioire di un’occasione che potrebbe permettere a mia figlia di affrontare le sue debolezze e colmare le sue mancanze.”
A Gaara non era mai capitato di incontrare un padre che cercasse di sminuire la propria figlia, soprattutto se questa aveva la certezza di entrare frequentemente nel suo ufficio a Suna. Assottigliò gli occhi sul capoclan degli Hyuga; nelle sue parole poteva esserci una tattica di psicologia inversa. Tuttavia, anche se ci fosse stata, non sarebbe cambiato molto: a lui non faceva nessuna differenza se quella ragazza veniva a Suna per suggellare un accordo diplomatico o per affrontare le proprie paure a restare sola in un ambiente sconosciuto. In entrambi i casi sarebbe stata solo una ragazza in più che gli sarebbe ronzata fastidiosamente intorno.
Ad uno ad uno passò in esame tutti i componenti della stanza. Sembravano tutti d’accordo. I Consiglieri con l’espressione compiaciuta, Hiashi Hyuga con volto pacato, l’aiutante dell’Hokage che quasi stritolava quel porcellino, e l’Hokage in persona. La vecchia Tsunade ostentava il classico sorrisetto di chi ha trovato un diversivo divertente al tedioso lavoro; probabilmente per lei quell’accordo diplomatico aveva meno valenza di una stretta di mano, ma sembrava trovare spassosa la sfacciata insistenza del Consiglio affinché Hinata andasse a Suna.
L’unico che ancora non aveva detto una parola era Kankuro. Se ne stava in disparte a capo chino; probabilmente ancora risentito per esser stato svegliato da una montagna di sabbia nella notte, un piccolo presente da parte di Gaara per averlo abbandonato in balia a due polipi troppo ciarlieri.
Il Kazekage inspirò tornando a rivolgersi al centro della stanza: aspettavano una sua risposta.
“Ritengo e spero vivamente che l’alleanza tra Suna e Konoha poggi già su basi abbastanza solide da non sentire la necessità dell’invio di un’ambasciatrice.”
Le labbra dell’Hokage si nascosero dietro le mani intrecciate “Oh, le alleanze e le amicizie non sono mai sufficientemente stabili.” Tsunade lo guardò a viso aperto, troneggiante dietro la sua scrivania “Ovviamente non sono a rischio i rapporti tra i nostri Villaggi, tuttavia,” si intravide appena un ghigno sadico “Penso che la presenza di Hinata possa davvero esservi utile, per le riforme che avete attuato su modello di Konoha,…”
Lasciò la frase a metà adagiandosi meglio sulla sua sedia, un’espressione di perfetto cinismo sul volto.
“L’onorevole Hokage ha sicuramente ragione,” i Consiglieri non si fecero perdere la dritta “Un supervisore diretto di Konoha potrebbe fornirci preziosi suggerimenti.” Trattenevano appena l’entusiasmo. Un entusiasmo malcelato che si rifletteva sul volto impassibile del capoclan Hyuga.
Gaara non li guardò nemmeno, fissò intensamente l’Hokage comunicandole tutto il suo disappunto e la sua poca propensione agli scherzi.
Tsunade giudicò quell’espressione una soddisfazione sufficiente e sorrise apprestandosi a risolvere a favore del suo collega Kage la questione “Ma se-”
“Un terzo parere per alcune faccende non guasterebbe.” Kankuro aveva appena borbottato, ma tanto era bastato per scatenare un altro sorriso estasiato nei Consiglieri, una smorfia di sorpresa mista a disappunto da parte dell’Hokage e un cenno soddisfatto da parte di Hiashi Hyuga.
Dal canto suo Gaara si voltò verso suo fratello lentamente, incredulo che proprio lui lo stesse pugnalando alle spalle.
Kankuro si guardò intorno spaesato, non pensava che quel suo pensiero appena udibile, per di più espresso su una situazione che sembrava già pienamente stabilita, potesse suscitare quella miriade di reazioni diverse. L’Hokage aveva appena detto di essere d’accordo, no? E l’aveva fatto con una velata minaccia per l’alleanza dei due Villaggi! Solo per questo, Gaara in quanto Kazekage avrebbe già dovuto accettare il dover ospitare la ragazza a Suna. Tanto più che, almeno per questa volta, era stato fortunato: la ragazza se l’era scelta praticamente da solo e poi, per come l’aveva presentata il padre, lei doveva essere una sottospecie di ameba.
Kankuro quindi ricambiò lo sguardo assassino di suo fratello con un alzata di spalle a mo’ di scusa e un’espressione di perplessa incomprensione.


Quella mattina Hinata si era svegliata più tardi del solito e piuttosto stanca: non aveva affatto riposato quella notte. Suo padre non aveva detto una parola quando erano tornati insieme dopo il ricevimento della sera prima e lei era stata assalita da paranoie e sensi di colpa su quanto avrebbe potuto fare e invece non aveva fatto. Tra un’autocritica e l’altra si era anche chiesta perché per la seconda volta in una giornata il Kazekage si era avvicinato a lei per primo. La notte purtroppo non le aveva portato consiglio, ma almeno ora la sua testa era talmente ingolfata che non sarebbe più riuscita a pensare e tormentarsi per un po’. Quella mattina si era quindi predisposta per fare solo una passeggiata rilassante e non curarsi di niente.
Ci sono giorni però in cui è impossibile attuare anche il più semplice dei programmi; per forze avverse o per semplici sfortunate coincidenze, o per vere e proprie catastrofi. In genere si capisce abbastanza presto grazie a piccoli segnali, dei campanelli di allarme, l’arrivo di giornate no.
Hinata sentì il primo campanello mentre usciva di casa; aveva ignorato gli insoliti brusii che stranamente quella mattina animavano casa Hyuga, ma proprio quando stava per aprire la porta sentì chiaramente qualcuno chiedere “Ma la signorina lo sa?”
Si voltò appena in tempo per vedere l’anziana governante zittire la cuoca con un gesto stizzito della mano. Era una reazione strana, ma si impose di non dare peso al fatto e si affrettò ad uscire. Probabilmente c’entrava con qualche disposizione che suo padre aveva dato prima di uscire… forse avevano ospiti a cena… Hinata sentì una fitta alla testa mentre realizzava che, conoscendo suo padre, avrebbe potuto trovarsi il Kazekage a cena quella sera. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente; qualunque cosa fosse ci avrebbe pensato dopo...
La fastidiosa sensazione di ansia però la seguì per tutta la strada, complici furono senz’altro gli sguardi curiosi che i passanti le rivolgevano. Talvolta qualcuno sgomitava il vicino e mormorava; tra un bisbiglio e l’altro le parve di captare le parole “Suna” e “Kazekage”.
Di nuovo Hinata chinò la testa e cercò di ignorare il tutto; semplicemente, la sua mente si rifiutò di formulare qualsiasi pensiero plausibile al riguardo.
Fu solo quando Kiba le piombò davanti in groppa ad Akamaru gridando qualcosa come “Dimmi che si sbagliano!” che Hinata realizzò pienamente che forse suo padre non si era limitato ad invitare il Kazekage a cena. E che forse era il caso di preoccuparsi sul serio.
Kiba scavalcò il fido Akamaru e si precipitò dalla ragazza, la prese per le spalle e ripeté “Dimmi che c’è un errore.” Hinata lo fissò senza capire, una voglia istintiva di accucciarsi a terra e tapparsi le orecchie “Tu ci avresti avvertito prima! Ce lo avresti detto di persona! Ti stanno costringendo, vero?” proseguì lui agitato.
L’ansia della ragazza era in vorticoso aumento, farfugliò un confuso quanto debole “Cosa?” mentre il battito del suo cuore diventava assordante.
“Kiba, lasciala respirare” Hinata intravide Shino sbucare dall’ombra di un albero vicino a loro, nel consueto impermeabile e con le mani in tasca. Sebbene esternamente fosse calmo, anche a lui premevano delle spiegazioni. “Vorremmo la tua versione, Hinata.”
Li guardò entrambi allarmata prima di riuscire a formulare in un sussurro “Cosa è successo?”
“Come cosa è successo?!” esplose Kiba “Ti stai per sposare con il Kazekage, no? Con quel Gaara di Suna.”
Le gambe le cedettero; Hinata si ritrovò per terra prima ancora di riuscire a focalizzare le parole di Kiba. Sposarsi? Lei? Erano questi i piani di suo padre?
Di fronte allo sbigottimento dell’amica, Shino le si avvicinò per porgerle dell’acqua mentre Kiba prendeva fiato e si appoggiava al muretto dietro di lui per essere comodo mentre si dilungava nelle spiegazioni. A suo dire, quella notizia serpeggiava per le strade già dal primo mattino, quando Sakura aveva annunciato davanti al negozio di fiori della famiglia Yamanaka, e senza nemmeno farsi troppi scrupoli sul tono da usare, che Hiashi Hyuga era stato ufficialmente convocato per un incontro privato con l’Hokage e il Kazekage a causa di Hinata. Il gossip però aveva preso veramente piede solo quando uno scocciato Shikamaru aveva ribattuto alle due ragazze che gli sbarravano la strada che lui non aveva la minima idea se al Kazekage piacessero le more, le bionde o altro, ma che sì, la politica matrimoniale nelle alleanze era qualcosa di abituale ed era in questo caso, perfettamente plausibile.
Konoha era tutto sommato, un Villaggio avido di chiacchiere e la voce si era presto arricchita di particolari sugli incontri tra la primogenita di casa Hyuga e la più alta carica di Suna, e si era diffusa a macchia d’olio raggiungendo anche le orecchie dei due membri del Team 8. “… e visto che noi - i tuoi compagni di squadra! - non ne sapevamo niente, siamo venuti a cercarti per sentirlo direttamente da te.” Kiba concluse guardandola intensamente, Hinata era ancora a terra ancora piuttosto spaesata. Le si avvicinò fino ad accucciarsi accanto e abbassò la voce “Di’, è vero che ieri sera avete ballato tutta la notte?”
Hinata lo fissò sconcertata; scosse la testa appena per negare.
“Ma avete passato insieme tutta la serata?”
Il tono da terzo grado non la tranquillizzava. “C’era solo un ricevimento…” si giustificò in un sussurro. Sentiva un nodo salirle alla gola.
“Però tu l’hai invitato a bere già nel pomeriggio.” Questa non era una domanda, era una constatazione. Con il consueto tono calmo di Shino. La ragazza arrossì appena ripensando al pomeriggio prima ed annuì farfugliando che seguiva solo il volere paterno.
“Ma tuo padre non può costringerti a sposarti, se non vuoi!” Kiba era indignato. Si allontanò per colpire il muretto con un calcio.
“Non può essere come dite,” Hinata riacquisto quel poco di sicurezza ed autocontrollo che aveva, anche se la sua voce era ancora incerta “Nessuno mi ha mai detto niente a riguardo”.
Di nuovo Shino la scrutò attento accucciato vicino a lei “Il Kazekage non ha fatto intendere niente quando eravate insieme?”
Hinata scosse la testa cercando di ricordare tutte le parole che aveva scambiato con il Kazekage: non erano molte e nessuna di queste poteva simulare a una proposta o a un accenno matrimoniale.
“Lui però sembra volerti tener d’occhio…” Shino accennò appena a un cumulo vorticante di sabbia poco distante; Akamaru e Kiba l’avevano già puntato e ora aspettavano guardinghi. La ragazza si alzò in piedi ancora scossa, tenendo gli occhi fissi nel punto in cui la sabbia si accumulava.

Gaara aveva faticato per trovare un compromesso dopo la brillante uscita di suo fratello. Non credeva che la ragazza in sé potesse essere veramente un fastidio, ma aveva fin troppo chiaro cosa passasse per la testa dei suoi Consiglieri. Si era accordato affinché l’Hokage parlasse direttamente con Hinata; del padre di lei non aveva ancora capito se poteva fidarsi o meno, ma di Tsunade era certo che sarebbe stata obiettiva e sensata. Ora quindi era per lui fondamentale trovare la ragazza: se fosse riuscito a convincerla ad opporsi, c’erano buone possibilità che l’Hokage rimediasse e mandasse tutto a monte. Per questo aveva diffuso la sua sabbia.
Non ci aveva messo molto a rintracciare Hinata, era insieme ad altri due ninja di Konoha, quello con gli insetti e quello con il cane. Attese in disparte finché non fu sicuro che si fossero accorti del suo cumulo di sabbia e quindi della sua presenza.
Si avvicinò a braccia conserte fermandosi a una giusta distanza, fissandoli per un lungo momento prima di dire qualcosa “Devo parlare con lei.”
La risposta di Kiba fu piuttosto eloquente: si frappose con Akamaru tra la ragazza e il ninja di Suna, assottigliando lo sguardo e mostrandosi perfettamente pronto a combattere se fosse stato necessario.
Gaara lo guardò per nulla impressionato. “Tu non c’entri.” La sua voce era atona, ma il cumulo di sabbia al suo fianco riprese a vorticare.
“Kiba-kun…” Hinata chiamò il compagno di squadra sussurrando.
Sentendola, il ragazzo indietreggiò cauto di un passo con Akamaru. Inspirò rumorosamente non smettendo di scrutare il ninja di fronte a lui; non gli importava che fosse il Kazekage o chissà chi altro: se avesse provato a prendersi Hinata con la forza, lui avrebbe reagito.
“Di che volevi parlarle?” anche gli occhiali da sole di Shino erano puntati sul nuovo venuto; non era un tipo bellicoso come Kiba, ma non si sarebbe fatto mettere da parte in quella discussione.
Gaara li soppesò un momento in silenzio; avrebbe volentieri evitato quella scenetta. Purtroppo però la ragazza era proprio in mezzo a quei due e a lui premeva capire le sue intenzioni e spingerla all’opposizione, ovviamente prima che lei fosse convocata dall’Hokage. “Non vi riguarda.” Non si sarebbe messo a spiegare i suoi problemi a ninja sconosciuti di un altro Villaggio.
“Certo che ci riguarda!” esplose Kiba “Siamo i suoi compagni di squadra!”
Il Kazekage alzò un sopracciglio che sottintendeva un chiaro “E allora?”
L’indignazione di Kiba stava diventando palpabile. “Non te la lasceremo portarla via se lei non vuole.”
Gaara sbuffò impercettibilmente: se fosse per lui, quella ragazza poteva anche starsene tappata in casa.
“E poi a lei piace un altro!” continuò Kiba imperterrito.
Hinata alzò la testa di scatto a quelle parole; le sue gote arrossirono e gli occhi le si velarono. Strinse i denti e allungò una mano verso Kiba, supplicandolo di non dire altro.
Anche Shino avvertì a modo suo l’amico di non compromettere ulteriormente la ragazza; lo fece mandando un insetto a infastidirlo davanti al naso. Kiba scacciò malamente l’insetto, ma recepì il messaggio subliminale e tacque.
Furono le parole del Kazekage a spezzare il silenzio teso che si era creato “Non mi interessa.”
Shino lo fissò con attenzione studiandolo mentre Hinata trattenne il respiro.
In effetti, per chi avesse una cotta la primogenita di casa Hyuga, a Gaara proprio non importava e non erano di certo affari suoi. La sua attenzione era ricaduta invero sulla frase prima che il ragazzo con il cane aveva pronunciato: Hinata non sembrava voler venire a Suna… questa era una notizia eccellente. Doveva solo assicurarsi quindi che non avrebbe mentito davanti all’Hokage per seguire una subdola volontà paterna. Vabbe’ che la caparbietà con cui i suoi amichetti la difendevano e sostenevano era già di per sé un deterrente; insieme quei due, o perlomeno quello con il cane, avrebbero potuto fare abbastanza chiasso per fare desistere chiunque avesse provato a ribattere.
Kiba strinse i pugni davanti alla noncuranza del Kazekage per i sentimenti altrui; stava praticamente dicendo che avrebbe sposato Hinata nonostante lei non volesse e pur sapendo che lei amava un altro?! Rinunciò a ribattere in malo modo solo perché una furia gialla si abbatté su Hinata gridando a squarcia gola “Congratulazioni!”
Hinata era già molto scossa dalle rivelazioni della giornata, la sua mente macinava per quanto le fosse possibile delle eventuali soluzioni di salvezza cercando di mantenere la calma e possibilmente di non facendo niente che potesse danneggiare l’immagine del suo clan. E l’essere improvvisamente stritolata da un abbraccio non le diede particolare forza o sostegno, anzi … appena si accorse chi era l’autore di quell’entusiastico gesto affettivo le gambe le cedettero di nuovo. Naruto si ritrovò quindi fra le braccia un sacco di patate tremendamente arrossito, che immancabilmente gli scivolò appena la presa del suo abbraccio fu allentata.
“Oh! Hinata!”
La ragazza si ritrovò nuovamente con le ginocchia a terra, con Shino che le porgeva altra acqua fresca. Dietro di lei c’era Kiba, nuovamente appoggiato al muretto, mentre borbottava di qualcosa che non cambiava mai e accucciato di fronte a lei un sorridente Naruto. Un sorriso radioso rivolto proprio a lei. Deglutì cercando di riportare il suo battito cardiaco a velocità normale, cosa alquanto difficile con quegli occhi azzurri così vicini e quel viso aperto e ottimista che esprimeva di tutto cuore le sue felicitazioni per l’imminente matrimonio.
Il respiro le si bloccò di nuovo: Naruto era convinto che lei stesse per sposarsi con il Kazekage. Hinata provò a muovere le labbra; doveva dire a Naruto che c’era un errore. Che lei non voleva sposarsi! Ma dalla sua bocca non riusciva a uscire suono. E nella sua testa si librava sopra le altre un’unica domanda: perché? Perché proprio Naruto doveva essere così felice che lei si sposasse?
I suoi occhi scivolarono via dal ragazzo che le piaceva, umidi. Saltellarono sulla strada fino a incontrare i piedi e poi il viso dell’unica persona che in quel momento poteva ridarle il respiro. Hinata supplicò silenziosamente al Kazekage una smentita.
Dal canto suo, Gaara aveva studiato la scena con il massimo distacco, e ricambiò critico lo sguardo di lei.
Non era stato affatto difficile capire per chi la giovane Hyuga avesse un debole: decisamente, era una ninja anomala, incapace di essere intellegibile e dominare le sue emozioni. Eppure Naruto non sembrava minimamente consapevole dei sentimenti della ragazza … Il Kazekage inclinò la testa meditando; chissà se quei sentimenti anche se non corrisposti sarebbero bastati a far opporre la Hyuga a un suo eventuale trasferimento a Suna …
Seguendo gli occhi di Hinata, il giovane aspirante Hokage trovò Gaara; balzò in piedi e gli si avvicinò con un sorriso a trentadue denti e con l’evidente intenzione di dargli una vigorosa pacca sulle spalle.
“Congratulazioni allo sposo!”
La mano di Naruto fu intercettata da un muro di sabbia che le impedì di arrivare a destinazione.
Gaara lo fissò con un composto interrogativo stampato in faccia.
“Ne sta già parlando tutta Konoha!” spiegò Naruto intendendo la perplessità dell’altro come meraviglia “Le ragazze sperano che vi sposiate qui perché vogliono assistere alla cerimonia …” si avvicinò a Gaara con fare cospiratore abbassando la voce “Quando deciderai i posti a sedere, mettimi vicino a Sakura-chan ...”
“Io non mi sto per sposare.” Tono pacato, espressione immutata, solo una lieve contrazione alle braccia allacciate in petto tradiva una nota di fastidio nella figura del Kazekage.
“Cosa?!” Kiba era balzato in piedi sbalordito, quasi rammaricato.
Hinata da terra riprese a respirare, ringraziando il cielo.
“Non hai chiesto la mano di Hinata stamattina a suo padre?” Naruto era evidentemente deluso. Inclinò la testa facendo saltellare lo sguardo tra i due quasi sposini, non ancora convinto “Ieri non vi siete tenuti per mano tutta la sera?”
“NO!” stavolta era stata Hinata a rispondere, scattante in piedi e sempre più rossa; aveva trovato finalmente un briciolo di forza per negare, tranquillizzata dalla negazione del Kazekage “N-non è successo niente ieri...”
Gaara la fissò impassibile e interiormente soddisfatto: sarebbe stato perfetto se si fosse opposta così all’Hokage. “Ci serviva qualcuno che venisse a Suna per una consulenza amministrativa,” spiegò semplicemente con il solito tono “È stata proposta lei.”
Il cuore di Hinata saltò un battito per l’ennesima novità: era un incarico di grande responsabilità.
“Chi l’ha proposta?” volle indagare Shino sospettoso, ma contemporaneamente Naruto aveva deciso di esprimere ad alta voce il suo parere in merito.“Avete scelto bene, Hinata è in gamba e sa un sacco di cose.”
Gaara lo ringraziò mentalmente per avergli evitato di rispondere alla domanda del ragazzo-insetto, ma si riservò delle perplessità sulla sua affermazione. Scrutò attentamente l’espressione di assoluta gratitudine e imbarazzo crescente che la ragazza ostentava in direzione di Naruto. Sì, il sentimento che lei provava per quel ragazzo poteva essere abbastanza forte per farla rimanere ancorata a Konoha almeno fintanto che questi vi fosse rimasto. E in tutti i casi, lei non lo avrebbe seguito a Suna per tentare di sedurlo, presa com’era da Naruto; bastava vedere come ci teneva a smentire i pettegolezzi sulla serata precedente… di certo non gli sarebbe stata tra i piedi di sua spontanea iniziativa.
Era tutto così semplice e perfetto... Il piano del Consiglio non sarebbe andato a buon fine, non aveva di che preoccuparsi. E lo doveva a lei. Provò un moto istintivo di riconoscenza verso Hinata. Forse avrebbe dovuto ricambiare in qualche modo…
Senza preavviso, colto da un’illuminazione ma contenendo comunque l’entusiasmo, si voltò verso Naruto, “A te non mancherebbe?” gli chiese.
Il ragazzo non capì subito e Gaara si ritrovò a dover essere più specifico, “Se Hinata venisse a Suna, a te non mancherebbe?” Vide con la coda dell’occhio il rossore aumentare sulle guance della ragazza mentre tutta la sua figura fremeva per una risposta.
Shino e Kiba trattennero il fiato attenti; avevano capito dove mirava la domanda del Kazekage, ma non erano ancora del tutto convinti sulle sue reali intenzioni. Naruto comunque non si pose nessun problema a rispondere con tutta la sua sincerità “Sì, un po’, è una cara amica e cucina pure molto bene.”
Gaara lo fissò un po’ corrucciato: non era quello che si aspettava e probabilmente era il massimo che sarebbe stato capace di tirar fuori da Naruto. Ma forse a Hinata sarebbe bastato. Le ragazze erano piuttosto semplici, per loro anche un semplice sguardo da parte dell’oggetto dei loro desideri poteva essere un complimento. E la giovane Hyuga in questo non faceva eccezione; infatti aveva abbassato gli occhi e si torceva le dita imbarazzata ma evidentemente contenta dalle parole di Naruto. Gaara sentì di poter ritenere di aver pareggiato il debito.
Scrollò le spalle e impercettibilmente sospirò. Incrociò gli occhiali del ragazzo-insetto e un’espressione mista di scetticismo e ammirazione da parte del ragazzo con il cane; non sembravano avere nulla da ribattere anche se dai loro volti, Gaara capì che stavano ancora cercando una fregatura. Be’ non gli importava, il suo obiettivo lui l’aveva raggiunto. Attirò con un colpo di tosse l’attenzione di Hinata e l’avvertì che l’Hokage l’avrebbe fatta chiamare presto per offrirle un non ben definito incarico presso Suna. “Ovviamente potrai rifiutare.” sottolineò, ma sapeva che era superfluo.
“Hinata è perfetta, un'ottima collaboratrice per qualunque incarico” ribadì Naruto convinto.
Il Kazekage gli sorrise appena voltandosi verso di lui, increspò le labbra e salutò con un cenno elegante del capo prima di sparire.
Gaara tornò velocemente negli alloggi che erano stati adibiti a lui e al suo seguito: non voleva assolutamente perdersi le facce dei Consiglieri quando l’Hokage avrebbe annunciato che Hinata sarebbe rimasta a Konoha.


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Come foglie al vento


Temevate che fossi sparita, vero? Lo temevo anch'io in effetti... Questa sessione d'esami è stata piuttosto dura, ma sono sopravvissuta, malconcia ma ci sono ^^ Avrei voluto festeggiare con un capitolo diverso, questo non è propriamente allegro, ma me la sono cercata visto che non sono stata regolare nella pubblicazione... Faccio un "Mea culpa" e prometto che aggiorno presto con il capitolo successivo per risollevare gli animi (il mio in primis)

Spero che chi segue la mia ff ci sia ancora: mi ero sollevata un sacco nel leggere i nuovi commenti e nel vedere allungarsi la lista di chi ha messo la storia nei preferiti (un po' come le parole di Naruto per Hinata).
In particolare volevo ringraziare:
clasaru per l'entusiasmo, spero che tu non lo perda nei prossimi capitoli: Gaara e Hinata credo siano proprio due personaggi lenti per quanto riguarda l'interagire con altre persone, quindi passerà un po' prima che si relazionino in maniera seria tra di loro (anche se un po' di curiosità l'uno per l'altra sorgerà presto ^^)
Arwen88, sto dipingendo il povero Hiashi come un manipolatore... Come annunciato, con questo capitolo siamo a Suna, anche se si vedrà meglio nel prossimo ^.^
Niggle, spero tu sia ancora viva... l'ansia per la tua salute mi ha veramente perseguitato! Purtroppo come vedrai i nodi non sempre si scolgono bene e ogni tanto ritornano... come Hinata arriva a Suna è un po' banale, ma d'altra parte, per cambiare bisogna saper affrontare anche nuove sfide, no? E poi comunque, se ne sta già pentendo... ^.^
giusygiu, grazie per i complimenti! Questa è la prima Gaara-Hinata che scrivo e come coppia devo confessare che la trovo un po' strana (inoltre non è appoggiata dal Canon) però sono i miei due personaggi preferiti e mi diverto a scrivere di loro ^^
Ovviamente ringrazio anche tutte le nuove persone che hanno la mia storia tra i loro "Preferiti", ovvero clasaru, ELPOTTER, hinata_in_love, krystal83, masychan, samuel87, sissi86, thembra.

Prima di lasciarvi alla lettura del capitolo, volevo provare a spezzare una lancia in favore di Hiashi... insomma... poverino, avete già visto che la mia storia si basa molto sui fraintendimenti... quindi lasciate al Capo Clan Hyuga il beneficio del dubbio, in fondo in questo capitolo non c'è la sua versione ^^

Ah! Ho alzato il Rating a "Giallo", mi sembrava più opportuno in vista del proseguo...



Scostò un ramo carico di foglie con un gesto scocciato dandosi contemporaneamente più spinta per saltare sull’albero di fronte.
Stupide foglie!
Non vedeva l’ora di tornare finalmente a Suna, chiudersi nel suo ufficio e concentrarsi su qualcosa che fossero bilanci e missioni.
Un altro salto.
Avrebbe anche fatto a meno delle soste per poter arrivare prima al suo Villaggio.
Stupido Consiglio!
“Gaara, rallenta!” si sentì chiamare da Kankuro, “Dobbiamo fare una pausa.”
Evidentemente qualcuno rischiava di stare indietro. Serrò i denti, non aveva alcuna intenzione di voltarsi a vedere se fossero i petulanti Consiglieri o la ragazza ninja incapace.
Al solo pensiero di Hinata strinse i pugni; aveva decisamente sottovalutato quegli occhi timidi e quel sorrisetto radioso davanti a Naruto.
Nel passo successivo ci mise ancora più slancio.
Stupida ragazza dalla mentalità contorta!


Vedendo Gaara allontanarsi, Kankuro si augurò che nessuno avesse più dubbi sul pessimo umore che caratterizzava il Kazekage. Inspirò e accelerò a sua volta, sperando che anche gli altri riuscissero a stargli dietro; sarebbe stato un problema se si fossero divisi.
Lanciò uno sguardo verso la ragazza di Konoha; non aveva detto una parola da quando erano partiti e d’altra parte nessuno aveva osato rivolgergliela visto il clima gelido che li stava accompagnando verso casa.
Kankuro non aveva ancora capito con che razza di incarico lei li stesse seguendo. Probabilmente non lo sapeva nessuno, lei per prima; i Consiglieri dovevano solo aver pensato a portarla con loro, ma non dovevano aver realmente pensato a cosa avrebbe potuto fare una volta arrivata a Suna. E vista la sua ostinazione, certamente non se ne sarebbe preoccupato nemmeno Gaara.
Scostò la testa e alzò le spalle, non era un suo problema dopotutto …
La sbirciò di nuovo.
Quell’espressione funerea non le donava proprio… Kankuro sperò che se la togliesse presto dal volto; poteva anche capire che non li stesse seguendo di sua spontanea iniziativa, ma era quasi sicuro che fosse proprio quella faccia impaurita a scocciare tanto suo fratello.
Sbuffò saltando.
No, quello che probabilmente infastidiva Gaara era la consapevolezza di aver sbagliato.
Gli fissò la schiena mentre ripensava a come era tornato particolarmente compiaciuto da quel “giretto di pochi minuti” subito dopo la chiacchierata con l’Hokage. Sembrava rilassato, perfino allegro.
Anche i Consiglieri se ne erano accorti.
Kankuro era certo che avesse convinto la ragazza a rimanere a Konoha. Era stata veramente una sorpresa sentire la vecchia Tsunade annunciare invece che Hinata Hyuga li avrebbe seguiti a Suna alla fine del loro soggiorno.
Gaara non aveva mosso un muscolo alla notizia.
Il suo sguardo si era appena spento per qualche attimo per poi tornare leggermente indurito; l’aria intono a lui era diventata gelida. Nessuno nella stanza aveva osato rallegrarsi o complimentarsi.
Il giorno della partenza, Gaara non aveva mitigato il suo umore e con tutta probabilità non sarebbe cambiato fino a che non sarebbero arrivati a Suna.
Saltellando da un ramo all’altro, Kankuro era veramente contento di tornarsene a casa.


Hinata si sistemò lo zaino in spalla dopo balzo non troppo convinto. Doveva aumentare il passo o sarebbe rimasta indietro.
Deglutì cercando di scacciare quel nodo in gola che l’accompagnava dalla partenza.
Continuando a correre con quel ritmo serrato sarebbero arrivati presto a Suna.
Hinata osservò incerta la schiena del Kazekage, il svolazzare della sua giacca oltre la giara.
“Può anche essere diventato Kazekage, ma non per questo essere degno di maggior fiducia.”
La voce di Kiba la raggiunse dai frenetici ricordi degli ultimi giorni. Lui aveva cercato subito di metterla in guardia.
Scosse la testa e cercò di darsi uno slancio maggiore nei salti: Kiba era solo scontento perché il Team 8 non sarebbe stato più lo stesso per un po’. Di certo, l’avrebbero sostituita fintanto che non fosse tornata.
“Se tornerai…”
Hinata si morse le labbra; non era da Kiba essere così pessimista. Gli aveva assicurato che sarebbe tornata subito dopo aver concluso la sua missione.
“Ma che razza di missione è?!”
In effetti… Nemmeno l’Hokage aveva saputo dire cosa si aspettassero esattamente quelli di Suna da lei: durante il colloquio, erano stati accennati oscuri quanto assurdi contrasti interni tra il Consiglio di Suna e il Kazekage, a ‘difficoltà relazionali’, senza specifiche. Era stata poi abbozzata una generale richiesta di un confronto su istituzioni e metodi tra Konoha e Suna, qualche menzione ai nuovi sistemi di insegnamento. Lei, più preoccupata dalla presenza di suo padre alle sue spalle che dalle parole dell’Hokage, si era immaginata uno scambio di opinioni, probabilmente una mediazione tra il parere del Kazekage e quello del Consiglio. Le era sempre piaciuto andare a trovare il maestro Iruka nella scuola, e spesso fermava anche ad osservare i nuovi allievi che sperimentavano per la prima volta i campi di addestramento. Le era sembrato che le stessero offrendo un incarico di grande responsabilità, ma comunque alla sua portata.
“Hinata è in gamba” aveva detto Naruto.
Sorrise appena ricordandolo. Le parole di Naruto erano sempre state in grado di sollevarle il morale e darle coraggio; era stato seguendo l’esempio di lui che aveva deciso che anche lei poteva cambiare.
Nel caso particolare di qualche giorno prima, gli incoraggiamenti di Naruto le avevano dato una dose di fiducia non indifferente, tanto che da portarla ad accettare quella “missione” non propriamente definita. D’altra parte, se a proporgliela era l’Hokage con l’approvazione di suo padre, non poteva essere niente di strano, no? Almeno, così pensava, fino a poco prima della partenza…
Si sfiorò appena lo zaino e arrossì. Gli occhi le si inumidirono, rallentò il passo.
Nonostante le obiezioni di Kiba e Shino, le era sembrato tutto così normale… no, molto meglio del normale: Hinata non aveva mai visto suo padre così orgoglioso e pieno di aspettative nei suoi confronti come alla vigilia della partenza. Era quasi più agitato di lei.
“Sono sicuro che saprai fare al meglio quanto ti verrà richiesto”, la sua mano a stringerle la spalla.
Deglutì a fatica fermandosi.
Era stata così ingenua a non pensare quanti significati diversi poteva contenere quella frase.
Avrebbe dovuto capirlo prima, già quando le aveva detto di avvicinare il Kazekage: le aveva ripetuto così spesso che avrebbe avuto più successo come moglie piuttosto che come shinobi che avrebbe dovuto sospettare subito delle sue intenzioni...
Scosse la testa mentre un peso in petto si faceva sempre più opprimente.
C’era un errore. Aveva sicuramente frainteso.
Una figura la raggiunse sul ramo dove si era fermata: era lo shinobi incappucciato, il fratello del Kazekage. Le fece cenno per sapere se ci fosse qualcosa che non andava. Hinata cercò di darsi un contegno più sicuro e di nuovo si issò meglio il bagaglio. Abbozzò un cenno di assenso prima di partire con un balzo.
Doveva smettere di pensare. Sicuramente si stava sbagliando. E agitarsi e tormentarsi in quel modo l’avrebbe solo resa più insicura di quanto già non fosse. Trasse un profondo respiro. Doveva fidarsi di suo padre.
“Ti hanno scelto per un motivo, Hinata. Fa’ attenzione.” Shino era stato più pacato di Kiba, ma non di meno era preoccupato per quanto la sua missione risultasse inusuale. “Hai detto che è stato lui a cercarti la sera del ricevimento. Potrebbe essere stato lui ha volerti a Suna con una scusa.”
Hinata risollevò lo sguardo verso il Kazekage. Non le aveva rivolto la parola, non l’aveva neppure guardata, da quanto erano partiti. Lui non avrebbe avuto motivo per volerla nel suo Villaggio, si conoscevano appena. Non poteva essere interessato a lei.
Un vento sempre più caldo le sferzava il viso; si stavano avvicinando alla fine del bosco. Prima di notte sarebbero arrivati.
“Indossa questo la notte a Suna” di nuovo il ricordo di suo padre circospetto nella sua camera mentre lei terminava i bagagli, sul viso un’espressione di dolcezza misto imbarazzo che lei on gli aveva mai visto “Tua madre la indossava la nostra prima notte di nozze,” aveva detto “Starà benissimo anche a te.”.
Si era premunito lui stesso di riporre accuratamente quel leggero fagotto bianco, una camicia da notte che Hinata non aveva avuto nemmeno il coraggio di toccare, nello zaino.
Hinata sentì il nodo alla gola salire di nuovo.
“Sto sbagliando” sussurrò a se stessa. Aveva frainteso, era ovvio: la notizia sul suo matrimonio si già era rivelata falsa, no? Smentita dallo stesso Kazekage... Non doveva preoccuparsi, la camicia da notte non significava niente. Suo padre aveva voluto affidarle un indumento di sua madre solo perché sapeva che lei si sarebbe sentita spaesata in un altro Villaggio.
“Essere in contatto con il Kazekage è un prestigio non indifferente. Vorrei che tu lo assecondassi nelle sue decisioni…”
Gli occhi le si inumidirono pericolosamente.
Poteva riferirsi alle sue opinioni in campo scolastico; suo padre le stava solo intimando di schierarsi dalla parte del Kazekage in caso di disputa con il Consiglio. Per contribuire al prestigio del suo Clan. Era per questo che aveva premuto affinché lei andasse a Suna: perché lei si legasse al Kazekage in una innocente e rispettabile amicizia.
Solo questo.
Solo e unicamente un sentimento amichevole di stima e cortesia.
Hinata se l’era già ripetuto centinaia di volte. Doveva smettere di dubitare sulle intenzioni di suo padre; lui aveva a cuore la sua felicità come figlia oltre al prestigio del Clan Hyuga…
Ricacciò indietro le lacrime e guardò di fonte a sé; la figura del Kazekage era sempre più distante, doveva essere davvero impaziente di arrivare.
Inspirò le ultime boccate di aria fresca di sottobosco prima di trovarsi davanti al deserto aperto.
Arrivati a Suna, le avrebbero sicuramente affidato una missione precisa e, una volta terminata, avrebbe potuto tornarsene a casa.
Hinata annuì auto-convincendosi. Sarebbe andata sicuramente così. Forse avrebbe fatto meglio già a pensare a cosa scrivere a suo padre per scusarsi di aver pensato male di lui.
Certo, l’avrebbe fatto. Appena arrivata a Suna…


Il Kazekage si fermò un momento in contemplazione.
Ecco Suna, il Villaggio ninja più importante di tutto il Paese del Vento. Finalmente erano arrivati, ancora pochi passi e ne avrebbero varcato i cancelli. Respirò profondamente l’aria secca che tanto gli era familiare. Si sentiva già più tranquillo; i motivi del suo fastidio potevano essere relegati in un angolo, ora che aveva raggiunto “casa”.
Ascoltò i respiri affannosi dei Consiglieri dietro di lui e interiormente sorrise.
Anche loro erano sicuramente felici di essere arrivati, e non solo perché significava non dover più correre. Aveva sistematicamente costretto a diminuire le pause, ma era certo che ciò che aveva tenuto sulle spine i cari membri del Consiglio al suo seguito, era stato il suo umore. Li aveva letteralmente congelati il primo giorno di viaggio, quando avevano provato a lasciarlo da solo con la ragazza di Konoha; ovviamente, non aveva avuto bisogno di ordinare esplicitamente di non provare a rifarlo.
Hinata aveva avuto il buon gusto di starsene per i fatti suoi per tutto il viaggio; Gaara cercò il suo respiro corto. Anche nel respirare quella ragazza faceva poco rumore.
Un ottimo vantaggio, perché era totalmente intenzionato ad ignorarla per tutta la durata della sua permanenza.
L’aveva fatta venire il Consiglio, e il Consiglio se ne sarebbe occupato.
Senza voltarsi, Gaara riprese a camminare verso i cancelli.


Al Villaggio una certa frenesia aveva preceduto il ritorno del Kazekage e del suo seguito; la notizia che Gaara in persona avesse richiesto la presenza a Suna di una specifica ragazza di Konoha, aveva creato non poco sconcerto. All’annuncio del loro arrivo, molti si erano appostati nelle strade o alle finestre per curiosare.
Temari era fiera di poter affermare che la curiosità non era tra i suoi difetti; se si trovava alla finestra a osservare il drappello appena giunto, era solo per poter preparare per tempo un modo per salvare Gaara dalle grinfie della nuova ragazza-polipo che il Consiglio gli aveva rimediato.
Vide entrambi i suoi fratelli sfilare velocemente per le strade di Suna, salutare appena con un cenno del capo la gente accorsa. Il più giovane sembrava stesse marciando impaziente verso casa…
Temari sospirò. Gaara si sarebbe precipitato nel suo ufficio; l’avrebbe fatto anche se non fosse stato seguito da ragazza che tentava di abbordarlo… Kankuro aveva proprio ragione quando affermava che il loro fratellino si stava chiudendo nel suo ufficio come una chiocciola nella tana. E proprio come lui anche lei pensava che Gaara dovesse uscire più spesso, ma non per questo avrebbe assecondato il Consiglio per trovargli una fidanzata.
Assottigliò lo sguardo tra la folla, cercando la fantomatica ragazza di Konoha. Ci mise un po’ a trovarla; di certo non era una che si faceva notare. E sembrava pure che pregasse la sabbia di inghiottirla. Temari incrociò le braccia in petto: non era proprio come se l’era immaginata…

Come era prevedibile, Gaara si precipitò nel suo ufficio, vuoto e silenzioso.
Gli concesse qualche minuto per sprofondarsi sulla sua sedia dietro la scrivania, prima di entrare.
“Dovresti andare in camera a riposarti.” non voleva dargli ordini, ma la sua voce suonava comunque sempre piuttosto autoritaria.
Lui non era per niente sorpreso di vederla; si issò meglio sulla sua poltrona da Kage per guardarla.
“Come è andata qui?”
Temari sorrise, quel suo sorriso un po’ storto. “Non hai appena liquidato tutti i membri del Consiglio dicendo che ‘convenevoli e relazioni sono rimandati a domattina’?”
Gaara si concesse un sorriso tirato. Forse aveva un po’ esagerato prima, ma quando li aveva visti fiondarsi come un branco di avvoltoi con il chiaro intento di ammirare e conoscere ‘la ragazza che il nobile Kazekage aveva portato con sé da Konoha’, aveva deciso che non poteva sopportare altre scemenze per il momento.
Lui non aveva assolutamente voluto portare Hinata a Suna; era tutta colpa del Consiglio e delle sue paranoie, nonché della palpabile ingenuità – e forse anche di una vena di masochismo - della ragazza. Gaara appoggiò la testa allo schienale perso nelle sue considerazioni.
“Ho visto la giovane Hyuga,” Temari si avvicinò cauta alla scrivania e all’argomento che più le premeva “Sembra piuttosto spaesata.”
Il ragazzo non rispose e non la guardò, continuò a oscillarsi sulla sua sedia ritmicamente. Non lo sorprendeva che Hinata fosse impaurita e tremante: l’aveva guardata, per la prima volta in quei giorni, nell’atrio del Palazzo, mentre congedava il Consiglio. Sembrava tremendamente fuori posto e lanciava sguardi spaventati a qualunque persona o oggetto le fosse intorno.
Scostò la testa; quella ragazza avrebbe dovuto pensare prima in che razza di situazione si stava mettendo. “Le hanno preparato una stanza?”
Temari annuì decisa, anche se lui aveva ancora la testa voltata altrove “Un incaricato del Consiglio la sta già accompagnando,” fece una pausa cercando di soppesare attentamente le parole “Le hanno trovato una camera vicino alla tua…”
Gaara inclinò appena il capo; non c’erano stanze vicino alla sua… Lentamente si voltò verso la sorella, temendo di sapere il seguito.
“Hanno ricavato una stanza dal vecchio archivio.” Temari cercò di riferire con calma la notizia, ma non poteva nascondere quanto la trovasse scandalosa.
Suo fratello però dimostrò di non tenerci quanto lei; riabbassò lo sguardo e tornò ad appoggiarsi allo schienale, sollevato: per un attimo aveva temuto che avessero osato sistemare Hinata direttamente in camera sua.
“È un’ospite!” insistette Temari accorgendosi che Gaara non dava il giusto peso alla cosa. “Quella non è una bella sistemazione.”
Gli occhi del ragazzo si spostarono flemmatici in quelli vivaci della sorella.
Non gli interessava dove il Consiglio avesse deciso di far dormire la loro ospite, non era un problema suo fintanto che ci fossero stati almeno due muri a dividerli. Inoltre Hinata aveva già dato prova di essere una ragazza silenziosa; al massimo, se si fosse rivelata una sonnambula, avrebbe chiuso la porta di camera sua a chiave.
“Non mi importa.”


Hinata non ricordava un’occasione in cui era stata così agitata. Sentiva il bisogno urgente che qualcuno le spiegasse esattamente lo scopo della sua presenza a Suna, anche se razionalmente continuava a ripetersi che ormai era notte. Le avrebbero mostrato la camera dove avrebbe alloggiato durante il suo soggiorno in quel Villaggio e la mattina successiva sarebbe stata convocata per parlare della sua “missione”.
La ragazza annuì a se stessa cercando di ignorare l’ansia crescente al solo pensare di dover restare da sola con il Kazekage. Ci sarebbero state altre persone, sicuramente: lui aveva già visto che malintesi si potevano creare in seguito al solo restare vicini in un ricevimento, di certo anche lui non voleva che si ripetesse un caso analogo. Soprattutto, anche lui doveva aver visto gli sguardi indagatori della folla che li aveva accolti appena entrati a Suna, in particolare gli sguardi compiaciuti dei membri del Consiglio, quindi avrebbe evitato di trovarsi da solo con lei in una stanza, per non dar adito ad ulteriori fraintendimenti.
Sì era così, si convinse.
“È possibile che lui ti voglia a Suna con una scusa” aveva detto Shino.
Il cuore di Hinata riprese a battere furiosamente e non potè trattenersi dallo spostarsi sistematicamente verso la parete opposta quando il ragazzo che la stava accompagnando le indicò ufficio e alloggi del nobile Kazekage.
Si era ripromessa di fare il necessario per la buona immagine del suo Clan, l’aveva promesso a suo padre.
“Asseconda il Kazekage.”
Avanzò incerta mentre il suo accompagnatore le apriva la porta di quella che sarebbe stata la sua camera, a meno di dieci passi da quella del Capo Villaggio di Suna.
Doveva esserci un errore…
Non si mosse quando il ragazzo prese congedo inclinando appena il capo; il rumore della porta mentre si chiudeva alle spalle le sembrò un sinistro lamento che spazzava via tutte le speranze di sbagliarsi. I suoi occhi non riuscivano a spostarsi dall’enorme letto che troneggiava al centro della stanza, con fine lenzuola e due cuscini ricamati. Non c’era praticamente altro in quella stanza; solo un letto a due piazze.
“Hinata è in gamba” aveva detto Naruto. E il Kazekage aveva sorriso.
Lo zaino le scivolò dalle spalle per cadere a terra; anche se non poteva vederla, la camicia da notte di sua madre si srotolò in un tacito invito e monito.
Lasciò che le gambe le cedessero appoggiandosi alla porta chiusa; continuava a vedere il letto oltre la coltre di lacrime che le stavano riempiendo gli occhi. Il nodo che aveva in petto le salì fino in gola e ancora più su.
Un singhiozzo. Poi un altro.
“Contiamo su di te, Hinata”
Si rannicchiò su se stessa e pianse.


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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Come foglie al vento

Primo impatto tra Gaara e Hinata tra le austere mura del Palazzo del Kazekage... capitolo lunghetto e piuttosto altalenante, ma non me la sentivo di dividerlo o ridimensionarlo ulteriormente (già così i pensieri di Hinata sono un po' sacrificati)

Con lo scorso capitolo ci sono stati molti commenti (ne sono stata felicissima! XD), quindi procedo con le risposte:
clasaru: non ho frainteso, tranquilla ^^ solo che piacerebbe anche a me passare a scene più pucciose e romantiche. Temari scoprirà le sue carte e si butterà nella mischia con il prossimo capitolo, non ho resistito a lasciare da soli i due protagonisti nel loro primo impatto a Suna! Spero non ti spiaccia ^^
hinata_in_love: grazie per gli apprezzamenti! Sì, Hinata non è proprio tipo da certi pensieri... ma per sua fortuna non lo è nemmeno Gaara... o forse sì XD
Niggle: essere considerata "la ragazza del Kazekage" non porterà problemi solo a Hianta, anche Gaara avrà parte dei suoi in futuro. La tua salute può però tranquillizzarsi: le sorti di Hinata si risolleveranno un pochino...
giusygiu: ed ecco il seguito! Hinata è ancora impaurita ma, come Hiashi aveva predetto, se l'unica spalla a cui appoggiarsi sarà quella del Kazekage, è possibile che si muova qualcosa... ^.^
Arwen88: Suna non si è ancora vista, ma io mi sono dovuta fare una piantina immaginaria del Palazzo del Kazekage. Tranquilla, Gaara è (o meglio, io lo faccio) piuttosto pragmatico quindi non ci metterà molto a capire e provvedere... anche se dovrà essere un po' spinto in questa direzione ^^
hikura: grazie! Spero che anche questo capitolo ti piaccia e che continuerai a seguire questa fanfiction nonostante i ritmi lenti ^^
Midblooder_The_Joker: intrigante addirittura?! wow, grazie! ^^ Tranquilla, anche se con aggiornamenti a lumachina, continuerò fino alla fine questa fanfiction. Spero tu resista fino ad allora XD

Ringrazio anche chi ha aggiunto la storia ai propri "Preferiti": ovvero clasaru, ELPOTTER, hikura, hinata_in_love, krystal83, masychan, samuel87, sissi86, slice e thembra.

Buona lettura e grazie ^^



Gaara si svegliò presto quella mattina: non era abituato a stare nel letto più del dovuto e il dormire non era ancora qualcosa di pienamente rodato per lui.
Si alzò, si mise le vesti ufficiali e ricordandosi che una ragazza era stata messa a dormire praticamente di fronte alla sua camera, per uscire usò una serie di porte interne fino ad arrivare direttamente nel suo studio. Lì giudicò essere abbastanza lontano da potersi arrischiare ad affrontare il corridoio. Si compiacque nel trovarlo deserto, come pure trovò vuoto il cucinino. La giornata sembrava promettere bene.
Scrollò le spalle e si avvicinò ai fornelli; era da un po’ che non aveva occasione di cucinarsi qualcosa da solo. Uno dei vantaggi dell’essere nominati Kazekage, era l’avere sempre disponibile qualcuno che si occupava delle faccende domestiche al proprio posto. Questo almeno era durato fino a quando l’apprensione del Consiglio non aveva portato una schiera di ragazze ad invadere il suo palazzo con le mansioni più disparate, la maggior parte delle quali riguardavano le cucine, prima quella ufficiale da grandi occasioni e poi quella più piccola e privata, detta familiarmente “cucinino”.
Chi preparasse da mangiare non era importante per lui; Temari e Kankuro invece avevano inizialmente apprezzato la novità, a nessuno dei due piaceva molto cucinare. Questo almeno finché le novelle cuoche si erano intestardite nel trovare il piatto preferito del Kazekage. Da un mezzo sorriso che una volta lui aveva fatto a tavola, avevano deciso di punto in bianco che lui adorasse gli spaghetti di soia. A lui di solito era totalmente indifferente cosa avesse nel piatto, ma aveva trovato pesante mangiare spaghetti di soia in tutte le varianti possibili per un’intera settimana. In quell’occasione, l’esasperazione di sua sorella si era rivelata provvidenziale: per un po’ nessuno aveva più osato anche solo parlare del cucinino.
Ora, ad eccezione delle grandi occasioni in cui si usava la cucina grande e si convocava il più rinomato chef di Suna, il primo di loro tre che arrivava all’ora dei pasti si preoccupava di preparare qualcosa da mangiare anche per gli altri due; per Gaara non aveva significato una sostanziale differenza, la maggior parte del suo tempo lo trascorreva in ufficio e talvolta il pasto se lo faceva portare direttamente lì. E visto che sia Temari che Kankuro sostenevano di non avere abbastanza tempo da sprecare davanti ai fornelli, cosa in parte vera, spesso ordinavano qualcosa da fuori. Ogni tanto uno dei due dimostrava una certa dose di buona volontà e cucinava qualcosa; il risultato era spesso messo in evidenza dalle bruciature o dalla mancanza di sale, ma tutto era comunque sempre commestibile e in cuor suo, quelli erano i piatti che Gaara preferiva.
“Hinata cucina anche molto bene” aveva detto Naruto.
Gaara fissò la tazza in cui stava bevendo: era sbeccata e al suo interno, insieme al liquido, galleggiavano delle piccole foglie. Probabilmente quella ragazza si sarebbe inorridita vedendo con quanta poca cura si era servito il the. Si concesse uno sbuffo divertito. Era quasi tentato di aspettare il suo arrivo per vedere con quanto shock avrebbe constatato che in quella piccola cucina non c’erano servizi di stoviglie coordinati.
Soffocò la sua espressione sorseggiando mestamente il suo the mentre andava a sedersi al tavolo.

Stava finendo di fare colazione quando Temari e Kankuro lo raggiunsero.
Li studiò attentamente mentre si servivano la colazione, soprattutto Temari: si era arresa troppo velocemente la sera prima, sarebbe tornata all’attacco quella mattina con nuove argomentazioni, in forza anche a quanto Kankuro poteva averle raccontato durante la notte. Gaara guardò le occhiaie del fratello, non si sarebbe stupito se il Consiglio o Temari lo avessero tenuto sveglio buona parte della notte per “aggiornarsi sulle novità”.
Lentamente spostò lo sguardo sulla sorella, aspettando che facesse lei la prima mossa.
Passarono alcuni minuti in silenzio, rotto soltanto dal tintinnare delle stoviglie e dagli sbadigli di Kankuro.
“La ragazza di Konoha non fa colazione con noi?” Temari ampliò il suo ghigno soppesando di sott’occhi il fratello minore.
Gaara non rispose, si limitò a continuare a fissarla dall’altro estremo della sua tazza sbeccata.
Lei tornò seria “Hai deciso dove spostarla?”
Kankuro improvvisamente alzò la testa dall’intreccio delle sue braccia per guardarsi attorno. “Dov’è adesso?”
“Nell’archivio.” Kankuro fissò la sorella con un punto interrogativo stampato in faccia, ma lei lo ignorò “Ho cercato di indicare stanze più adatte per ospitare un diplomatico, ma non mi hanno ascoltato.”
Gaara non se ne stupì, era ovvio che non considerassero Hinata come un ambasciatore, l’avevano fatta venire a Suna di tutta fretta per tutt’altri motivi. “Non è affar mio.” bevve un sorso prima di proseguire “È il Consiglio che ha voluto trascinarla qui.”
“Ma è a casa tua che è alloggiata, quindi sei tu, e noi di riflesso, che facciamo una pessima figura con un ospite.” Temari non aveva intenzione di cedere; lei non poteva sovrastare il Consiglio e spostare altrove la ragazza, suo fratello sì. E probabilmente era ciò che lo stesso Consiglio si aspettava che lui facesse.
Si stavano fronteggiando in una battaglia di sguardi quando Kankuro si illuminò di un’assonnata comprensione “Hanno ricavato una stanza dall’archivio perché fosse più vicina a camera tua?” le sue labbra si sollevarono, lentamente ma inesorabilmente, in un ghigno. Gaara poteva solo immaginare a quale assurda od oscena battuta stesse pensando.
“Devo andare in ufficio,” si alzò lasciando la tazza sul tavolo “Non ho tempo di preoccuparmi di quella ragazza.” aggiunse incrociando gli occhi severi di Temari.
Era già sulla soglia quando le parole di sua sorella lo trattennero “Il Consiglio la ignorerà nell’attesa che tu dica o faccia qualcosa.” Gaara inclinò la testa appena per poterla vedere senza girarsi, Temari continuò “Io ho un turno di guardia fino a stasera, non posso occuparmene.” non stava mentendo “Dubito che lo faccia Kankuro.”
L’interpellato alzò appena una palpebra mugugnando; come si accorse che non si stavano rivolgendo direttamente a lui, tornò ad adagiarsi sulle sue braccia.
Gaara scrollò le spalle indifferente “Saprà arrangiarsi.”
Hinata era uno shinobi dopotutto, l’arte di sopravvivere era la base in ogni addestramento ninja. Tuttavia intravedendo la porta ancora chiusa dell’ex archivio, non ne fu così sicuro: lei si trovava in una casa estranea in un paese alleato non in una foresta, c’era un bel po’ di differenza nella libertà di movimento.
Entrò nel suo ufficio ma si bloccò mentre stava per richiudersi la porta alle spalle; tamburellò le dita sul legno e decise di accostarla semplicemente. Così avrebbe potuto per lo meno sentire Hinata quando sarebbe uscita dalla sua stanza, e lei in caso di necessità avrebbe potuto azzardarsi a bussare al suo studio senza timore di disturbare.


Hinata si svegliò per l’ennesima volta; la luce le sembrò un poco più chiara rispetto a prima, quindi doveva essere quasi mattina. Non c’erano finestre per accertarsene, ma dal corridoio le pareva arrivassero rumori di movimento.
Qualcuno sarebbe di certo passato presto a chiamarla per la colazione o semplicemente per chiederle se avesse dormito bene; inoltre – e Hinata ci sperava davvero ancora – avrebbero dovuto convocarla per chiarire la sua posizione e il suo ruolo a Suna.
Distese le gambe e si stiracchiò. Non aveva avuto il coraggio di spostarsi dopo che si era rannicchiata davanti alla porta, quindi aveva dormito lì, male e con l’ansia che qualcuno potesse entrare all’improvviso. Se il Kazekage avesse voluto entrare con la forza, lei non sarebbe stata in grado di fare molta resistenza, ma almeno si sarebbe svegliata. Non si era nemmeno cambiata, né aveva fatto una doccia.
Traballante si alzò e si diresse a tastoni verso una porticina che doveva condurre al bagno. Non si poté impedire di fare una smorfia quando lo vide: sembrava fosse stato costruito lì per lì. Si lavò il minimo indispensabile e tornò in camera.
Lo sguardo le cadde immancabilmente sul letto, ancora immacolato e tremendamente invitante. Forte però della convinzione che qualcuno stesse per venire a chiamarla, si sedette sul piccolo comodino e restò in attesa.


Gaara alzò gli occhi dal foglio, ma li riabbassò appena si accorse a chi apparteneva quel rumore di passi.
Una ragazzina si inchinò leggermente entrando nel suo ufficio, abbozzò un sorriso imbarazzato mentre gli si avvicinava per porgergli i fascicoli che aveva richiesto e rimase a fissarlo con occhi sognanti. Gaara si limitò a fare un cenno composto del capo, evitando di guardarla; era la sua reazione normale a un comportamento a cui ormai si era abituato.
Mentalmente si annotò di smentire Kankuro alla prima occasione: secondo suo fratello maggiore infatti, il Consiglio avrebbe smesso di spedirgli in ufficio ogni tipo di ragazza ora che c’era Hinata.
“Non chiudere la porta” intimò a mezza voce, una mano già sui fascicoli appena arrivati. Li mise da parte appena la ragazza uscì dalla stanza.
Il Kazekage inspirò appoggiandosi completamente allo schienale della sua sedia.
Hinata non era ancora uscita ed era ormai pomeriggio; per quanto potesse essere stanca, non gli sembrava possibile che ancora dormisse. Forse avrebbe dovuto andare alla sua porta e provare a bussare, tanto per accertarsi che fosse ancora viva… sarebbe stato un guaio se le fosse successo qualcosa durante la sua permanenza a Suna…


Hinata cercò nei dettami della buona etichetta che le avevano inculcato durante la sua infanzia, una sfumatura che consentisse agli ospiti di girovagare liberamente in case altrui pur non avendone avuto esplicito permesso.
Il suo stomaco brontolò di nuovo, si chinò su se stessa per farlo tacere.
Aveva fame ed erano passate ore da quando si era svegliata.
Se non avesse saputo con certezza di trovarsi a Suna, Villaggio alleato di Konoha, avrebbe potuto anche venirle il dubbio di essere tenuta prigioniera.
Forse si erano dimenticati di lei…
I suoi occhi corsero sulle pieghe delle lenzuola immacolate e rabbrividì.
L’incertezza stava diventando insostenibile; qualunque fosse stata la sua sorte avrebbe preferito saperla piuttosto che starsene lì a vagliare ipotesi. Sarebbe dovuta andare direttamente dal Kazekage e chiedergli, con tono garbato in modo da non compromettere il suo Villaggio o il suo Clan, che disposizioni avrebbe dovuto seguire ora che era a Suna.
Non aveva molte altre alternative.
Un respiro, due respiri e si decise.
Si alzò e si mosse verso la porta; guardò per un attimo la sua mano sulla maniglia e si buttò.
Dallo spiraglio che aveva aperto, il corridoio sembrava deserto. Silenziosamente uscì, guardandosi intorno: non c’era proprio nessuno. Contò le piastrelle fino alla porta dell’ufficio del Kazekage e le percorse una per una rasentando il muro. La sua determinazione scemava ad ogni passo; si fermò poco prima dello stipite, la porta era aperta. Deglutì e cercò di figurarsi bene le parole da dire una volta entrata.
Un colpo di tosse la costrinse ad alzare il capo: ebbe una inquietante sensazione di déjà vu quando il suo sguardo incrociò quello azzurro del Kazekage.

Gaara non era nemmeno arrivato a varcare la porta del suo ufficio quando aveva scorto Hinata, assorta e con lo sguardo chino, esattamente come la prima volta in cui l’aveva vista. Aveva immaginato che stesse per entrare a parlargli, quindi aveva trovato giusto palesare subito la sua presenza. La ragazza tuttavia doveva essersi spaventata perché, dopo averlo fissato con occhi sbarrati era diventata rossa abbassando il capo e incominciando a intrecciarsi le dita, con le labbra che si muovevano a vuoto.
Gaara incrociò le braccia preparandosi a una lunga attesa di un suono che gli indicasse quale fosse il problema.
E l’indicazione arrivò, ma non dalle labbra di Hinata.
In un modo che Gaara non si sarebbe mai aspettato dall’erede di un Clan prestigioso come gli Hyuga e che probabilmente non si aspettava nemmeno la stessa Hinata. Lei infatti spalancò gli occhi mentre le si imporporarono ulteriormente le guance, una mano corsa veloce a premersi l’addome… ma ormai era tardi: il suo stomaco aveva già rumorosamente protestato per la prolungata mancanza di cibo.
Hinata si ritirò quanto più possibile vicino al muro; in quel momento voleva solo sprofondare.
Gaara inclinò la testa, le labbra impercettibilmente arricciate: quella ragazza era veramente assurda se si faceva tutte quei problemi solo per chiedergli dove fosse la cucina. Considerò che tutto sommato poteva anche prendersi una pausa e accompagnarla, senza per questo compromettersi come avrebbe voluto in Consiglio. Temari inoltre avrebbe sicuramente detto che sarebbe stato suo dovere da ospite farlo.
Scosse la testa e si avviò.
Hinata rimase immobile.
Come se ne accorse, il ragazzo tornò indietro; intenta com’era a fissare le piastrelle, probabilmente lei non lo aveva nemmeno visto allontanarsi. Le si piazzò davanti e oscillò un piede sulle piastrelle che costituivano il suo limitato campo visivo; capì di avere ora la sua completa attenzione dal rossore crescente delle sue guance.
Alzò gli occhi al soffitto mentre si riavviava verso la cucina, stavolta con una tremante ragazza spaesata al seguito.



Poco più tardi, Gaara si ritrovò a sospirare mentalmente sulla soglia del suo ufficio di nuovo davanti al capo chino di Hinata. Avrebbe dovuto intuire che sarebbe passata a ringraziarlo, tuttavia non si era stupito eccessivamente quando l’aveva vista sbirciare dalla porta. Le aveva fatto un cenno, come lo faceva a tutte le ragazze che lo fissavano, ma lei doveva averlo interpretato come un segnale di “avanti” ed era avanzata di due passi nella stanza. Tutta concentrata e torcendosi le mani aveva iniziato a balbettare qualcosa che lui francamente non aveva capito. Allora le si era avvicinato, per facilitare le cose. Ma Hinata non sembrava aver apprezzato il gesto ed aveva abbassato il tono di voce talmente tanto che era diventato inudibile.
E quindi ora si ritrovava di nuovo incastrato nell’attesa che qualche suono uscisse dalle labbra balbettanti di quella ragazza tremante.
Eppure prima in cucina gli sembrava che si fosse tranquillizzata: quando le aveva spiegato che poteva usare quel cucinino a suo piacimento e che poteva attingere dalla credenza, lei gli aveva pure sorriso. Brevemente e senza guardarlo negli occhi, ma aveva sorriso nella sua direzione. Gaara si era sentito quasi costretto per buona coscienza a procurarle dei piatti decenti dalla cucina per le grandi occasioni al piano di sotto. Quando era tornato, Hinata aveva già rigovernato il cucinino e stava pure rendendo commestibile quella brodaglia che Kankuro aveva cucinato per pranzo e lasciato in pentola. Le aveva appoggiato sul tavolo le stoviglie e se ne era tornato al lavoro; il suo dovere di ospite era stato completamente assolto. O almeno così sperava.
Hinata continuava a contorcersi le dita senza riuscire a formulare la frase che si era preparata; voleva ringraziare il Kazekage, ma soprattutto voleva chiedergli come poteva rendersi utile, il che implicitamente significava sapere cosa esattamente era venuta a fare a Suna. La sue vicinanza non era un incentivo di sicurezza, né lo era il suo sguardo fisso in attesa su di lei.
Posso fare qualcosa?
Non era difficile, erano solo tre parole. Hinata inspirò e cercò i suoi occhi azzurri, le labbra dischiuse per pronunciare la frase.
In quel momento, un’altra pila di documenti arrivò tra le mani di un’esuberante ragazza, evidentemente felice di poter accedere all’ufficio della più alta carica di Suna. Gli occhi le brillavano ancora prima di entrare, ma il suo sorriso si congelò vedendo il Signor Kazekage e la neo arrivata ragazza di Konoha così vicini ed evidentemente intenti a dirsi qualcosa di importante.
Gaara spostò la sua attenzione sulla nuova venuta; prima che questa potesse scappare o scoppiare in lacrime andando a raccontare a tutta Suna una scena che sicuramente aveva frainteso, allungò una mano per prendersi le carte che gli interessavano e le appoggiò con cura sulla sua scrivania. Hinata trovò in qualche modo la forza per farfugliare qualcosa sul tornare nella sua camera e scomparire velocemente.
La ragazza che aveva portato i documenti si scusò profondamente per aver disturbato, sempre più convinta di aver interrotto qualcosa e impaziente di poterlo andare a raccontare. Gaara la guardò con sufficienza, rassegnato al fatto che quella sera i suoi Consiglieri avrebbero brindato soddisfatti per una scena fraintesa.
Scrollò le spalle, tanto valeva accontentare Temari e controllare come era stato sistemato l’ex-archivio, ormai il suo proposito di ignorare Hinata per farsi beffa del Consiglio era clamorosamente fallito.


La sua camera le sembrava più buia e deprimente di quando era uscita, ma era logico pensando al suo umore depresso. Se fosse stata a Konoha si sarebbe buttata sul letto abbracciando il cuscino a rammaricarsi per non essere riuscita nel suo intento. Lì a Suna non aveva ancora il coraggio di sfiorare quel gigantesco letto a due piazze e probabilmente non l’avrebbe avuto fintanto che non si sarebbe chiarito il motivo della sua permanenza.
Hinata sospirò amareggiata, non era proprio riuscita a spiaccicare una parola decente davanti al Kazekage. Eppure lui si era dimostrato davvero premuroso quando le aveva portato i piatti con i decori a fiorellini, così simili a quelli di casa sua. Ed era stato molto gentile ad accompagnarla personalmente in cucina ed a non far notare la sua maleducazione nell’essere uscita dalla camera senza invito né il borbottio del suo stomaco.
Arrossì ancora ripensando a quella pessima figura in corridoio.
La disponibilità del Kazekage però non le aveva reso più semplice il chiedergli perché l’avesse fatta venire nel suo Villaggio.
Scivolò sul muro fino a sedersi vicino al suo bagaglio: era di nuovo al punto di partenza, ancora con i dubbi e le angosce che l’avevano attanagliata da quando era partita, la speranza di sbagliarsi o peggio il timore di avere ragione…
Sospirò di nuovo, ormai non le restava altro che aspettare la sera e augurarsi che non entrasse nessuno in camera sua…
Dei passi e la porta si spalancò all’improvviso; Hinata saltò in piedi per lo spavento.
Il Kazekage entrò deciso nella stanza senza dire una parola.

Gaara aveva deciso, senza preamboli o fronzoli, di essere il più sbrigativo possibile: vedere, valutare e in caso provvedere.
Temari non gli aveva fatto una buona presentazione della stanza, ma lei era ovviamente di parte; una volta entrato però dovette ammettere che sua sorella aveva ragione: quella stanza non era adatta per ospitare qualcuno, men che meno un delegato straniero.
Be’, per essere stata commutata da archivio a camera da letto in pochi giorni, non era male, permetteva un bivacco momentaneo per lo meno. Non c’erano finestre né tavoli, né altro che potesse rendere l’ambiente accogliente; c’era solo un letto che evidentemente non era stato nemmeno usato…
Gaara fece scivolare lo sguardo sulla ragazza poco distante, gli era sembrato che fosse seduta per terra quando era entrato e gli venne il pesante sospetto che avesse dormito lì quella notte...

Hinata stava pregando affinché il Kazekage dicesse qualcosa; qualunque cosa sarebbe stata meglio di quel silenzio pesante. Non voleva credere che lui fosse entrato per il motivo che lei temeva.
Lo fissò sperando mentre quegli occhi critici soppesavano la stanza e poi la sua persona, sempre con la consueta immutabile espressione.
Il cuore di Hinata saltò un battito e il suo respiro si mozzò quando quello sguardo azzurro si soffermò un attimo di troppo sul letto prima di tornare su di lei.
Letto – lei.
Quella sequenza era una spaventosa conferma.
Hinata indietreggiò mentre la vista le si offuscava.
Non voleva.
Non così.

Gaara restò immobile allerta. In quei pochi secondi doveva essere successo qualcosa che gli era sfuggito, ma la piega che stava prendendo quella situazione non gli piaceva.
Hinata era un ninja con il grado di chunin e stava indietreggiando a guardia alta evidentemente non molto in sé. In quello stato era più un pericolo per se stessa che per lui.
Impercettibilmente mosse le dita richiamando lentamente un po’ sabbia per precauzione e attese pronto ad ogni evenienza.
Lei però non si mosse in un attacco, né fuggì via. Sbatté solamente le palpebre un paio di volte.
Con quello che sembrò un enorme sforzo di volontà, Hinata si raddrizzò e chinò il capo arrendevole.
Con un respiro profondo quanto tremante allentò la mano con cui aveva serrato ermeticamente i bottoni della propria maglia; con un secondo respiro riuscì pure a distendere il braccio lungo il corpo.
Non avrebbe messo la sua famiglia, il suo Clan e il suo Villaggio nei guai con dell’inutile ritrosia. Avrebbe assecondato il volere del Kazekage, come suo padre le aveva chiesto di fare.
Chiuse gli occhi prima che spuntassero delle lacrime.
Questo era ciò che ci si aspettava da lei, ciò che le era richiesto.
Gaara la fissò per qualche secondo senza abbassare la guardia.
“Prendi le tue cose.” disse infine.
La giovane alzò la testa sorpresa; il Kazekage l’attendeva già sulla porta. La sua espressione impassibile aveva lasciato il posto ad una nota di ostilità nello sguardo. Ma era chiaro che si aspettava che lei uscisse.
Senza capire, Hinata prese il suo zaino e le poche cose che aveva usato quella mattina e lo seguì oltre il corridoio.
“Aspetta qui.”
Gaara le cedette il passo nel suo salottino privato, un piccolo ambiente informale che si trovava tra l'ufficio e la sua camera da letto. Hinata lo precedette di qualche timido passo all’interno, ammirando i mobili lineari e modesti e soprattutto i due divani, tremendamente invitanti, per chi come lei che aveva dormito poco e male la notte precedente, e assolutamente perfetti nel loro essere rivolti verso la finestra aperta a catturare la calda brezza del tardo pomeriggio.
Anche se era piuttosto austera, quella stanza era molto accogliente.
Hinata si girò verso il Kazekage; si sentiva piuttosto disorientata. Prima aveva pensato davvero di aver afferrato la più terribile delle risposte ai dubbi che la angosciavano; ora invece non sapeva più cosa pensare. Non sapeva nemmeno se doveva sentirsi sollevata o meno: per quanto spaventosa, almeno quella sarebbe stata una risposta, una linea precisa da seguire dopo ore passate a scervellarsi tra astruse ipotesi ed estenuanti speranze.
Ora invece si ritrovava nuovamente in una situazione indefinita con addosso l’opprimente impressione di aver totalmente sbagliato pensiero e reazione.
Si morse le labbra, il Kazekage se ne stava già andando chiudendosi la porta alle spalle.
“Siediti sui divani.” le raccomandò prima di sparire.
Con il dissiparsi del rumore della porta, le lacrime tornarono alla ribalta negli occhi di Hinata e spuntarono i sensi di colpa per essersi dimostrata ancora una volta una persona completamente inutile e incapace.


Che Temari avesse fieramente osteggiato la trasformazione dell’archivio in una stanza, aveva lasciato segni tangibili: Gaara trovò una delle camere per gli ospiti praticamente già pronta. Ancora troppo vicina alle sue stanze per i suoi gusti, ma decisamente migliore di quella che Hinata stava occupando.
La esaminò di persona con scrupolo, poi ordinò che fosse arieggiata e che si portasse qualcosa per decorare lo scrittoio.
Non si preoccupò di smentire o sminuire le voci che sarebbero corse per questa sua premura; il Consiglio poteva anche affogarsi nei festeggiamenti, non gli importava.
Quello che a lui premeva era poter tornare al suo lavoro in ufficio. E lì sentì il bisogno di sostare per un po’ prima di dover affrontare nuovamente la ragazza nel salotto.
Si appoggiò completamente sulla schienale della sedia dietro la sua scrivania scoprendosi un po’ più abbattuto di quando si era alzato; se chiudeva gli occhi poteva vedere i capelli di Hinata tremare di fronte a lui, quel capo chino rassegnato al suo destino.
Strinse i denti.
Era passato molto tempo dall’ultima volta che qualcuno lo aveva guardato con occhi così terrorizzati senza che ce ne fosse una ragione valida. Praticamente non era mai successo da quando non era più il contenitore dello Shukaku.
Lo sguardo vagò nervoso sul muro fino alla finestra, mentre i suoi ricordi si soffermarono sulla mano di lei stretta sulla maglia; era piuttosto palese cosa Hinata pensasse dovesse accadere in quella camera da letto. Sbuffò infastidito; gli sembrava assurdo che lei temesse davvero che lui potesse in qualche modo essere interessato a saltarle addosso.
E nonostante questo essere venuta a Suna.
Scostò la testa con uno scatto nervoso.
Sapeva di non poter dare totalmente la colpa a Hinata. Come non poteva completamente addossarla al suo Consiglio o al padre di lei.
I suoi occhi si fissarono sulle carte sulla sua scrivania senza realmente vederle.
Se lui per primo avesse insistito per definirle subito un incarico preciso, Hinata non sarebbe arrivata a trarre quelle assurde conclusioni; forse non sarebbe stata nemmeno costretta a venire a Suna.
Sbuffò: aveva scelto la strategia sbagliata. Si strofinò le tempie scacciando il mal di testa crescente.
Non voleva pensare. E comunque ora non poteva nemmeno fare granché: la sua indifferenza non era stata abbastanza prolungata per poter scoraggiare il Consiglio, ma era stata più che sufficiente perché Hinata costruisse i suoi contorti ragionamenti ed arrivasse ad essere terrorizzata da lui.
Scosse la testa.
Se la sua presenza la terrorizzava, a Hinata sarebbe bastato evitarlo. Dal canto suo, lui non sarebbe andato a cercarla a meno di esserne costretto.
E il Consiglio… be’ prima o poi si sarebbe arreso all’evidenza che a lui non serviva aver una ragazza al fianco.
Le sue mani sfiorarono un documento di fronte a sé e si concentrò sulla sua scrivania. Aveva un po’ di tempo prima di poter spedire la ragazza nella sua nuova stanza e buttarsi sul lavoro per un po’ non gli avrebbe fatto che bene.

A un documento seguì un altro ed un altro ancora, Gaara si decise a tornare da Hinata solo quando il sole volgeva al tramonto.
La stanza era ormai nella penombra, ma la ragazza non aveva acceso la luce. Era immobile seduta sul divano rivolto alla finestra, il capo adagiato sullo schienale e gli occhi chiusi.
Stava dormendo.
Gaara accarezzò l’idea di tornarsene in ufficio e continuare a lavorare, ma razionalmente sapeva di non poterla lasciare dormire lì. Quel pomeriggio si era già abbastanza compromesso per lei senza che qualcuno la vedesse uscire dai suoi appartamenti a tarda ora o peggio, la mattina successiva.
Mosse qualche passo nella sua direzione ma si fermò nuovamente quando le fu abbastanza vicino da poter guardare la sua figura intera: la posizione composta, con le mani intrecciate in grembo, la testa inclinata appena verso una spalla e il rimanente di una scia lucida appena accennata sulla guancia. Doveva ammettere a sé stesso che in quel momento, Hinata a tutto poteva assomigliare tranne che a un delegato in una missione di ambasceria. Eppure era anche ben distante dal repertorio di ragazzine che il Consiglio cercava di rimediargli.
Per come la vedeva lui, Hinata assomigliava un po’ a una foglia sospinta dal vento che annaspava verso il suo futuro, impossibilitata a fermarsi senza aiuto esterno. Ma lui non era certo il più adatto a giudicarla per questo: si era lasciato trasportare dal volere altrui almeno quanto lei, con l’aggravante che lui non era un semplice ninja ma il Kazekage. Era bizzarro come si fossero scontrati in una folata di vento.
Fissò le sue labbra appena socchiuse nel respiro regolare per poi risalire a quegli occhi che prima lo avevano guardato colmi di terrore e che ora invece erano placidamente chiusi.
Inclinò la testa mentre un pensiero si faceva strada nella sua testa: se Hinata fosse stata davvero così irrimediabilmente terrorizzata da lui, per quanto stanca non si sarebbe addormentata così facilmente sul suo divano.
A meno che non stesse fingendo di dormire per evitarlo.
Gaara allungò una mano e premette sulla stoffa del cuscino appena poco sotto la testa inclinata di Hinata; il precario equilibrio fece il resto.
Come si sentì scivolare verso il basso, la ragazza si svegliò in un modo così improvviso da non poter essere simulato. Impiegò qualche secondo per capire dove fosse e qualche secondo ancora per scorgere la figura a braccia conserte del Kazekage. Si alzò in piedi velocemente pulendosi appena il viso con una mano e mormorando delle scuse.
Capo chino, voce appena udibile, guance tremendamente arrossate: Gaara si trovava davanti alla stessa Hinata che aveva incontrato a Konoha, timida e spaurita, ma non terrorizzata.
Inspirò quasi sollevato da quella constatazione.
Con un cenno le indicò di seguirlo.


In fondo al corridoio a sinistra, ancora avanti e poi la porta a destra; nonostante la stanchezza e il sonno ancora fortemente presente, Hinata considerò che la stanza dove sembrava la stesse trasferendo non era molto più distante dagli alloggi del Kazekage, ma era comunque veramente graziosa.
Non seppe trattenere un sorriso mentre si avvicinava alla finestra da cui di poteva godere di un’ottima vista su Suna. Aveva una finestra, e pure dei mobili. Il bagno sarebbe stato sicuramente degno del nome e sullo scrittoio c’era una buffa decorazione fatta con la stoffa. Con tutte queste novità poteva anche fingere di non vedere il nuovo, immenso letto a due piazze...
“Questa camera sarà solo tua.” precisò il suo ospite dalla porta; lui non era entrato nella stanza.
Hinata arrossì imbarazzata, i suoi pensieri dovevano esserle scritti in faccia per ricevere una risposta così diretta.
Gli lanciò un’occhiata fuggevole e un timido sorriso come risposta.
Non aveva ancora capito esattamente cosa stava accadendo, né se poteva definitivamente accantonare i suoi dubbi.
Quando però vide il Kazekage avviarsi per il corridoio, d’istinto gli corse dietro, almeno fino allo stipite della porta. Che lui agisse per secondi fini o che davvero provasse qualcosa nei suoi confronti, non importava: gli era grata per essersi a modo suo preoccupato per lei e doveva farglielo sapere.
“G-Grazie.” mormorò.
Gaara alzò appena una mano senza fermarsi, per far intendere che aveva sentito; solo al sicuro nella solitudine del suo ufficio si permise di arricciare le labbra in quello che, secondo i suoi standart, era un sorriso.



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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Come foglie al vento

Altro capitolo lunghetto, anche se non è per questo che ci ho messo così tanto a rifinirlo... e infatti dovrei chiedervi un enorme scusa per il ritardo...

Come di consueto, volevo brevemente ringraziare chi ha commentato il precedente capitolo, quindi:
Arwen88: sono contenta che ti piacciano i capitoli lunghi, perchè questo lo è fin troppo... sono curiosa di sapere cosa penserai di Temari dopo questo capitolo! ^.^
Midblooder_The_Joker: credo proprio di divertirmi a tormentare la povera Hinata XD, spero ti piaccia anche questo proseguo
slice: grazie per aver recensito ^.^ e grazie per tutti quei complimenti *__* ora sono in imbarazzo e ho paura di deludere le aspettative... Non so per quanto riuscirò a tenere IC i personaggi (in raltà non ci faccio nemmeno molta attenzione), perchè prima o poi dovrenno evolvere! Spero che continuerai a seguire questa storia e a dirmi cosa ne pensi!
hinata_in_love: oddio... "scene romantiche"... sono curiosa di sapere cosa ne pensi in questo capitolo, se sei in cerca di "scene romantiche"...
clarasu: sì, credo sia proprio il difficile del gestire insieme questi due personaggi: nessuno dei due parla granché! Vivono in silenzio. Grazie mille per i complimenti, spero di continuare a meritarmeli XD
giusygiu: ti avverto, Gaara sarà una lumaca... ma Hinata sarà anche peggio di lui! Per fortuna, Temari saprà gestire bene la situazione nei capitoli successivi ^^
Ringrazio anche chi ha aggiunto la storia ai propri "Preferiti": ovvero clasaru, ELPOTTER, hikura, hinata_in_love, krystal83, masychan, samuel87, sissi86, slice, sushiprecotto_chan e thembra.
e tutti coloro che leggono questa storia (tra cui spero ci sia ancora
Niggle XD)

Buona lettura ^^



Hinata aprì un occhio di malavoglia davanti all’insistenza di un raggio troppo luminoso; sorrise al sole mattutino ma si girò dalla parte opposta allungando le braccia verso sul materasso fino ad infilarle sotto il cuscino. Sentì le piume oltre la stoffa sopra le sue dita; le avvicinò al viso inspirando l’odore di fresco e nuovo e sorrise ancora. Erano davvero morbide.
Si era infilata nel letto un po’ titubante la sera prima, ma doveva ammettere di aver dormito benissimo quella notte; preoccupazioni e timori di ieri sembravano solo brutti ricordi quella mattina. Non si era ancora fidata a indossare la camicia da notte di sua madre, ma almeno aveva dormito placidamente su un morbidissimo materasso a due piazze. Distese le braccia girandosi di schiena: aveva tutto quello spazio solo per lei! Se lo godette ancora per un po’ prima di mettersi a sedere.
Fece scorrere lo sguardo sul mobilio della sua nuova stanza: più lo guardava e più le piaceva.
Se anche quella mattina non le avessero dato qualcosa di utile da fare, avrebbe potuto procurarsi della carta e preparare tanti fiori di origami. Avrebbero fatto un bell’effetto vicino alla finestra o sul comodino.
Scostò le coperte e si alzò in piedi saltellando: quella mattina era proprio di buon umore!
Pronta per affrontare una nuova giornata, si mise a rimaneggiare quelle buffe decorazioni di stoffa sullo scrittoio aspettando il momento giusto per lasciare la camera. Il Kazekage le aveva dato il permesso di servirsi liberamente almeno della cucina, ma aveva ancora delle remore a riguardo.
Quella mattina però non dovette attendere molto prima che qualcuno bussasse alla porta.
“Ciao.”
Era la sorella maggiore del Kazekage. Hinata l’aveva già vista in giro per Konoha in concomitanza degli esami Chunin, almeno due volte all’anno. Non resse a lungo quello sguardo indagatore; quegli occhi azzurri erano così simili a quelli del Kazekage ed erano fissi su di lei come se l’altra la stessero soppesando al dettaglio.
“Se sei pronta, volevo approfittarne per spiegarti come muoverti in questa casa e nel Villaggio di Suna.”
La giovane del Villaggio della Foglia annuì un po’ intimidita: il tono era perentorio, non era un invito. Tuttavia Hinata non poteva che essere felice e rassicurata che qualcuno finalmente le spiegasse qualcosa. Anche solamente gli usi della casa, come gli orari dei pasti o l’utilizzo dell’acqua.
Alzò la testa e abbozzò un sorriso più deciso.
Temari inclinò la testa e la osservò attentamente; stava ancora valutando se la ragazza che aveva di fronte era una persona degna di fiducia o un altro polipo da scacciare di casa. Aveva letto il fascicolo che riguardava gli Hyuga prima di incontrarla e aveva tempestato Kankuro di domande sul fantomatico incontro tra Gaara e quella ragazza. Inutile indagine, suo fratello non ne sapeva granché; a suo dire, sembrava che fosse stato un caso, sforzato poi dal Consiglio di Suna e da quello di Konoha. Temari arricciò il naso, il Clan degli Hyuga era tra i più potenti e i più antichi del Villaggio della Foglia; era quasi naturale che avessero, come molti altri, ambizioni a unirsi in matrimonio con il Kazekage. Tuttavia, dovevano essere in penuria di ragazze nella casata principale: quella che avevano mandato non sembrava avere grandi capacità da seduttrice, né particolare bellezza o capacità per farsi notare.
Che l’obiettivo personale di Hinata Hyuga non fosse accasarsi con la più alta carica di Suna, inoltre, sembrava piuttosto evidente… eppure se l’avevano impacchettata e spedita lì doveva esserci un motivo.
La fissò e le sorrise “Andiamo?”
Si sarebbe presa l’intera mattinata per giudicarla per bene. Gaara aveva già dato prova di non considerarla eccessivamente pericolosa, tuttavia l’ultima parola se la sarebbe presa lei. E se quella ragazza si fosse rivelata solo un polipo travestito da giovane innocente, come la maggior parte delle altre ragazze proposte dal Consiglio, se ne sarebbe sbarazzata entro pranzo. Altrimenti… be’ aveva già delle idee in merito…
Mentre percorrevano il corridoio dirette verso l’uscita del palazzo, Hinata fu fortunata a non accorgersi del ghignò che deformava le labbra di Temari.


Gaara si passò una mano nei capelli esasperato: stava ripensando alla riunione avuta con il Consiglio poco prima. Aveva stoicamente sopportato quei malcelati sorrisini soddisfatti quando aveva personalmente chiesto di inserire nell’ordine del giorno il punto “trovare un’occupazione che giustificasse la presenza di Hinata Hyuga”; decisamente aveva fatto fatica ad ascoltare le poche e alquanto irriguardose proposte dei membri del Consiglio in merito. Il suggerimento più decente che era saltato fuori era quello di nominare la ragazza responsabile dei ricevimenti. Tutti gli altri erano stati malcelati tentativi di infilare Hinata nel suo ufficio, al pari di un soprammobile.
Scosse la testa e cercò di concentrarsi sul lavoro. Per fortuna quella mattina Hinata era sistemata con Temari.
“Posso stare io con lei stamattina, se vuoi” aveva detto sua sorella, dando per scontato che si trattava di un piacere personale al proprio fratellino; significava che in seguito non lo avrebbe fatto se non sotto espresso ordine della sua carica da Kazekage.
Non fece in tempo a riprendersi dai suoi pensieri che Kankuro irruppe nel suo ufficio.
“In cucina!”
Gaara lo fissò distante; non c’era ragione di preoccuparsi, dubitava che le sue cucine stessero per esplodere e anche se fosse, avrebbe sempre potuto andare a mangiare fuori. Si soffermò sulle briciole sparse sul viso e sul bavero del fratello: non se n’era nemmeno accorto, ma doveva essere ora di pranzo.
“Incarica la Hyuga delle cucine.” Kankuro si leccò via le briciole che aveva intono alla bocca “Ti assicuro che è strepitosa!”
Il giovane Kazekage si appoggiò sullo schienale della sua sedia, soppesando suo fratello maggiore; poteva essere una proposta quasi decente, meglio sicuramente di quella che la vedeva come sua segretaria o curatrice delle piante grasse che aveva in ufficio.
Evidentemente Hinata ci sapeva davvero fare con i fornelli, tuttavia non si mostrò particolarmente impressionato: Kankuro era in grado di mangiare qualsiasi cosa…
“Sì, non è male,” una pensierosa Temari entrò con calma, battendosi una coppia di bacchette sulle labbra; in una mano reggeva un piatto pieno di quella che sembrava una torta salata adornata con salsa e verdure. Allo sguardo interrogativo di Gaara, la ragazza sogghignò “Non sarebbe male avere una persona discreta e capace nelle nostre cucine.”
Ancora dietro la sua scrivania, Gaara ponderò l’idea di spiegare ai suoi fratelli maggiori l’ovvia impossibilità di affidare ad un diplomatico un lavoro da cuoco. Tuttavia era certo che stessero scherzando. Perlomeno Temari.
Sua sorella infatti tornò seria e agitando le mani e quanto reggeva, rendicontò per filo a per segno la sua mattinata: aveva portato Hinata a fare il giro della casa e poi del centro di Suna. Visto che la ragazza le era parsa meravigliata, come facevano tutti i turisti, davanti al fatto che una città costruita in mezzo al deserto disponesse di riserve d’acqua, le aveva fatto visitare la parte destra del Villaggio, dove c’erano i serbatoi d’acqua e le falde acquifere. “Quindi le ho fatto vedere la serra, poi ci siamo fermate alla biblioteca pubblica e ho fatto in modo che potesse prendere liberamente i libri che voleva. Credo ne avesse puntato uno sui fiori… in effetti ha l’aria di essere una di quelle ragazze che perdono intere giornate nelle composizioni floreali… comunque alla fine ha preso invece un libro sulle ricette tipiche di Suna e così, una volta tornata qui, le ho proposto di occuparsi del pranzo.”
Gaara la ascoltava a mala pena: non gli importava poi granché di che libri leggesse Hinata fintato che questi l’avessero tenuta occupata. Inoltre vedere quel piatto ondeggiare davanti al suo naso, così invitante e fumante, gli stava facendo venire fame.
“Il risultato è questo piatto, decisamente stuzzicante,” per l’ennesima volta Temari ostentò la pietanza al fratello “Dovresti provarlo.”
Istintivamente Gaara allungò una mano: non era la prima volta che la sorella gli portava il pranzo in ufficio dopotutto. Quella volta però la ragazza si ritrasse “Questo è mio.” veloce con le bacchette si infilò in bocca un boccone “Il tuo è in cucina.” biascicò masticando e portandosene alla bocca un altro pezzo.
Il Kazekage le scoccò un’occhiataccia prima di alzarsi e precipitarsi a pranzare: i morsi della fame reclamavano qualcosa da magiare e quella specialità preparata da Hinata sembrava gustosa.
Temari osservò soddisfatto il fratello minore uscire dal suo ufficio.
“Credevo che quel piatto fosse per Gaara.” Kankuro soppesò la sorella, la conosceva abbastanza bene da capire quando faceva qualcosa di proposito.
Lei deglutì e alzò le spalle “Non mi sembra che si sia fatto problemi ad andare in cucina.” posò le bacchette e sospirò: ci era riuscita. Si voltò seria verso il fratello che ancora la guardava indagatore. “Non sei l’unico che vorrebbe vedere Gaara più spesso fuori da questo ufficio.”
Kankuro assottigliò lo sguardo “Vuoi spingerlo tra le braccia di quella ragazza?” non poteva credere che dopo mesi di reticenze e critiche, Temari si fosse adeguata al gioco del Consiglio.
“Be’ non è brutta…” giocherellò con il cibo godendosi la palpabile sorpresa dell’altro; quando ne ebbe abbastanza gli rise in faccia “Oh Kankuro, ma mi conosci?” le facce sbalordite di suo fratello erano sembra impagabili “A me basta che Gaara si accorga che c’è della vita fuori da queste quattro mura.” indicò con il dito il perimetro dell’ufficio; sapeva che Kankuro voleva la stessa cosa per il loro fratellino.
“Ma il Consiglio…”
“Il Consiglio dovrebbe solo stare zitto! Ma non capisci?” gli occhi di Temari si infiammarono “Già Gaara non è mai stato il massimo dell’espansività, ora grazie all’intervento del Consiglio si chiuso ancora di più a guscio! È diventato talmente diffidente che a mala pena guarda chi gli è intorno.” scosse la testa seccata. “Almeno quella Hyuga è una persona neutra e assolutamente tranquilla. Stando con lei capirà che non è pericoloso parlare con qualcuno altro oltre a noi due.”
Il giovane shinobi socchiuse gli occhi e assentì “Quindi tu non credi che uno dei due possa essere interessato a mettersi insieme all’altra, o viceversa?”
Temari incrociò le braccia “Forse quella ragazza è stata fatta venire qui per avvicinare Gaara,” inclinò la testa verso il fratello “E se come dici, Gaara si è avvicinato a lei spontaneamente, forse inconsciamente a lui interessa.”
“Quindi…” Kankuro voleva sentire le conclusioni di sua sorella.
“Quindi niente: entrambi sono evidentemente delle lumache inesperte per quanto riguarda i sentimenti...” il ragazzo annuì, era perfettamente d’accordo.
“E quindi posso intervenire io.”
Ecco, questo era quello che Kankuro temeva: quel sogghigno sadico che caratterizzava tanto sua sorella.
Si umettò le labbra scegliendo con cura le parole, se non stava attento, Temari avrebbe potuto arrabbiarsi “Ma… così tu… ti sostituirai al Consiglio…”
“Assolutamente no! Che vai a pensare?” si indignò lei per quel paragone veramente irriguardoso “A me basta far uscire Gaara da qui.” spiegò “Hai visto, no? Anche adesso mi sono solo limitata a mandarlo in cucina.” Glissò sul fatto che, in cucina, Gaara si sarebbe trovato da solo con Hinata e costretto a rivolgerle la parola, cosa che Temari aveva accuratamente calcolato. “Io farò piano piano un passo per volta, Gaara non si accorgerà nemmeno che lo sto spingendo fuori” Sorrise subdolamente a Kankuro, tornando a fissare il piatto ancora mezzo pieno che fino ad allora aveva tenuto in mano. “Vuoi finirlo tu?”


Hinata strinse l’orlo della sua maglia mentre aspettava trepidante il giudizio del Kazekage sul piatto che aveva cucinato. Quando lo aveva visto entrare in cucina dopo che Temari le aveva annunciato che con tutta probabilità lui avrebbe mangiato nel suo studio, aveva temuto che non gli fosse piaciuto. Ci aveva messo un po’ a capire che lui e Temari non si dovevano essere proprio incontrati e che quindi lui doveva ancora pranzare; timidamente gli aveva preso il piatto dalle mani e lo aveva servito, cercando nonostante tremasse di ricreare un piatto esteticamente accettabile. Ora aspettava il suo verdetto.
Gaara si ripromise di far notare prima o poi alla sua ospite la totale inutilità di mettere spezie e foglioline ordinatamente sulla pietanza: tanto poi andavano comunque tolte per mangiare. Ma ora aveva davvero troppa fame per sindacare. Iniziò a divorare con scarsa grazia quanto aveva davanti; si decise a darsi un contegno appena si accorse che la ragazza lo stava ancora guardando, o meglio, fissava un punto indefinito in basso nelle sua direzione. Evidentemente aspettava un suo parere. Gaara non sapeva dire se era suggestione di Temari o la fame che aveva, ma trovava che quel cibo fosse veramente squisito. Non avrebbe saputo definirlo in altra maniera. Forse avrebbe dovuto davvero incaricare Hinata delle cucine… Lentamente finì di masticare e se ne servì un altro pezzo, sperando che quello fosse un commento sufficiente per segnalare il proprio gradimento.
Lei sorrise.
Hinata si voltò a rigovernare il ripiano per nascondere il senso di soddisfazione che le stava dilagando sul viso: il Kazekage sembrava aver gradito il suo piatto. Ne aveva preso una seconda porzione! Sorrise e unì gli indici; non poteva che essere felice se i suoi piatti venivano graditi, soprattutto da una persona che poteva avvalersi dei migliori chef del Paese. Inoltre, Naruto aveva preannunciato al Kazekage che lei sapeva cucinare piuttosto bene: era felice di non aver screditato il suo giudizio.
“Senti …”, finito di mangiare, Gaara si pulì la bocca con il tovagliolo cercando le parole giuste, voleva trovare un’occupazione ad Hinata il più presto possibile e a quel punto la sua unica soluzione era parlarne direttamente con lei ed occuparsene direttamente di persona.
La ragazza si voltò di nuovo verso di lui con una certa ansia; forse si era esaltata troppo presto sul giudizio del Kazekage.
O forse lui doveva riferirle qualcosa di molto importante e grave.
Doveva essere così, aveva una faccia così corrucciata …
Gaara la fissò per qualche silenzioso minuto: era incredibile come quella ragazza si ostinasse a tenero lo sguardo basso lanciandogli solo qualche sporadica occhiata allarmata. Si trovavano in cucina ed era ora di pranzo, possibile che lo temesse come il giorno prima nella camera-archivio?
Il giovane le si avvicinò, le prese il mento e la costrinse a guardarlo.
Gli occhi di Hinata non erano terrorizzati - questa constatazione rassicurò il Kazekage - erano più che altro sorpresi. Ed erano anche meno strani di quanto si sarebbe aspettato; non aveva mai visto così da vicino degli occhi che possedessero il tanto rinomato Byakugan. Erano anche molto più chiari di qualunque altro colore che l’iride potesse vantare… e risaltavano particolarmente su quelle guance rossissime.
Hinata non riusciva a respirare; il volto del Kazekage era così vicino. Il suo pollice sul mento poteva facilmente sfiorarle le labbra e il suo sguardo era fisso su di lei… Deglutì a fatica, nessun ragazzo le era mai stato tanto vicino con un’espressione così decisa. Non poteva vedere altro che il viso dell’altro, la sua pelle diafana in contrasto con i capelli rossi e quegli occhi impassibili. Azzurri come quelli di Naruto, eppure così diversi…
Naruto… se ci fosse stato lui al posto del Kazekage in quel momento…
“Troviamoci dietro i campi di addestramento dopo le 16.”
Hinata sussultò allarmata. Le stava dando un appuntamento?!
“Ti faccio visitare la nostra scuola.”
Hinata sbatté le palpebre un paio di volte. Il battito del suo cuore tornò a una velocità quasi ragionevole. Certo, il lavoro… Lei era lì per una non nota missione diplomatica che poteva riguardare l’ambito scolastico. Chissà a che pensava…
Annuì o perlomeno cercò di farlo; la presa del Kazekage si allentò e le sue dite le sfiorarono la guancia involontariamente mentre lei abbassava il viso.
A quel tocco, Hinata si appiattì contro il mobile dietro di lei; sentiva la gota bruciarle mentre la vista si annebbiava.
Aveva appena guardato negli occhi un ragazzo pensando ad un altro. Era una cosa così ignobile… sperava davvero che il Kazekage non se ne fosse accorto! Voleva sprofondare: era una situazione così imbarazzante e ora si sentiva pure in colpa…
Gaara strinse i denti: la ragazza si stava tormentando le dita e lui faticava a staccare gli occhi da quell’intreccio continuo.
Inclinò la testa di lato: davvero non capiva… Hinata aveva dei comportamenti parecchio bizzarri. Da una parte gli ricordavano gli atteggiamenti appiccicosi e melensi che alcune ragazzine avevano quando lui passava; dall’altra sapeva che erano fondamentalmente diversi, assomigliavano di più a quelli di un animaletto spaurito.
Scrollò le spalle e si allontanò. Non voleva scervellarsi per una cosa così assurda, aveva ben altri problemi. E poi, se voleva trovare un’occupazione per Hinata prima di cena, doveva darsi da fare per inventare qualcosa.



Hinata sedeva dietro i campi di addestramento, aveva scelto il posto più appartato possibile per aspettare il Kazekage.
Non aveva davvero pensato che le sarebbe costato così tanta fatica uscire da sola: ottimisticamente, aveva deciso nel primo pomeriggio di familiarizzare un po' con le strade di Suna, quel tanto che bastava per sapersi almeno orientare e non perdersi nel caso le venisse ordinato di andare da qualche parte. Non aveva considerato che sarebbe stata oggetto di tanta attenzione da parte degli abitanti del Villaggio della Sabbia. Anche quella mattina aveva sentito parecchi sguardi su di sé, ma con Temari davanti a fulminare quelli troppo curiosi, era riuscita quasi a non farci caso. Ora invece, ogni metro percorso verso i campi di addestramento era stato una richiesta di sparire. La gente la guardava e la giudicava; soprattutto le giovani donne che incrociava occhieggiavano la sua figura soppesandola, bisbigliavano e ridacchiavano, e c'era stata anche qualcuna che era corsa avanti per chiamare altre ragazze in strada a scrutarla. L'ultimo tratto Hinata l'aveva fatto quasi di corsa e, arrivata, si era messa in di
sparte sperando che per qualche ignota ragione, anche il Kazekage fosse tremendamente in anticipo.
Sospirò; per fortuna nei pressi dei campi di addestramento c’erano poche persone, tutte prese dai propri allenamenti; non le dedicavano che sporadiche e fuggevoli occhiate. Hinata avrebbe di gran lunga preferito essere ignorata, ma fintanto che si fosse trovata a Suna, sapeva che sarebbe stato praticamente impossibile. E non solo perché era un’estranea di un altro Villaggio ninja, ma anche e soprattutto perché era ospite del Kazekage. Temari le aveva accennato la possibilità che molte ragazze di Suna la invidiassero proprio per le attenzioni che il giovane Kazekage le avrebbe probabilmente dedicato.
Hinata si era trattenuta dal rispondere che avrebbe volentieri fatto scambio con chiunque.
Lei non sarebbe mai riuscita a guardare la prima carica di Suna ed a parlargli contemporaneamente; per svolgere un ruolo di diplomatico lei era totalmente inadatta a causa della sua timidezza. Era stata una stupida a pensare di potercela fare. Ogni volta che incontrava il Kazekage era una collezione di brutte figure e lui la guardava sempre con quell’aria corrucciata… A parte poche ore prima nella cucina. Lì i suoi occhi sembravano per lo più curiosi, e i loro visi erano così vicini...
Arrossì ripensandoci. Doveva esserci una ragione se lui si era comportato in quella maniera, non poteva essersi avvicinato così solo per fissare un appuntamento di lavoro. Si rannicchiò appoggiando sulle ginocchia la guancia che le dita di lui avevano sfiorato. Poteva davvero essere che lei gli piacesse…
Mosse un dito nella sabbia di fronte a sé, avrebbe tanto voluto essere a Konoha in quel momento, senza pensieri, magari nel bosco con Kiba e Akamaru che correvano a perdifiato sugli alberi e Shino che raccoglieva pacato i suoi insetti.
Gli mancavano i suoi compagni di squadra; erano gli unici che a buon diritto poteva definire amici. Aveva promesso loro che avrebbe scritto durante la sua permanenza a Suna, ma non lo aveva ancora fatto. Si sarebbero preoccupati…
Non aveva nemmeno scritto alla sua famiglia per informare che era arrivata; ma forse aveva già provveduto il Kazekage a mandare un messaggio a questo proposito, se non altro per avvertire l’Hokage. Questo era decisamente un peso in meno: non voleva nemmeno pensare a cosa avrebbe potuto congetturare suo padre se avesse letto in una sua lettera “Qui va tutto bene”. Hinata aveva deciso di non chiedersi più il perché l’avesse spedita a Suna con la camicia da notte di sua madre nello zaino. Come figlia e come kunoichi era certa di non volerlo proprio sapere.
Affondò totalmente la testa nelle ginocchia: non voleva pensare male di suo padre.
Anche se il loro rapporto non era tra i migliori, sapeva che lui agiva per il suo bene, e per il bene del Clan soprattutto. E poi per quel che ne sapeva lei, lui poteva anche essere stato obbligato a spedirla lì.
Ripensò a come sarcasticamente le aveva detto di sedurre il Kazekage, di come aveva insistito per trascinarla al ricevimento dell’Hokage… no, suo padre non doveva essersi fatto pregare per mandarla lì…
Scosse il capo e alzò lo sguardo; doveva trovare il modo di distrarsi prima di ritrovarsi irrimediabilmente depressa.
La sua attenzione si focalizzò su tre bambini non troppo distanti che si stavano esercitando nel lancio dei kunai. Il bersaglio li guardava beffardo ed immacolato, nessuna delle loro armi era arrivata ancora a sfiorarlo. Non erano di certo genin, e nemmeno avevano una base di tecniche ninja: il loro modo di tenere il kunai era sbagliato e anche il modo di lanciarlo. Eppure si allenavano ai margini dei campi di addestramento con gli strumenti di dotazione del campo stesso, senza che nessuno li seguisse. Nessuno badava a loro, né però li allontanava. I tre facevano tutto da soli: lanciavano il kunai e correvano a riprenderlo, e fintanto che aspettavano il loro turno successivo, continuavano a saltare e muoversi senza un criterio preciso, solo con lo scopo di allenare le gambe; sembrava una brutta copia dei normali addestramenti dell’Accademia di Konoha.
Hinata li stava fissando da un po’ quando il bambino che stava per tirare incrociò il suo sguardo. Presa alla sprovvista, la ragazza si affrettò ad estrarre uno dei suoi kunai, ma quando rialzò gli occhi, il bambino aveva già lanciato. Seguì con un po’ di delusione la sua corsa per recuperare l’arma, che ovviamente non aveva raggiunto il suo obiettivo. Quando il bambino tornò indietro, Hinata si accorse che anche gli altri due la stavano fissando. Restando seduta, mimò il gesto corretto per lanciare; il kunai del secondo bambino riuscì a sfiorare il bersaglio, quello del terzo riuscì perfino a impiantarsi.
Hinata si rincuorò per le loro risate di giubilo e sorrise quando i tre si voltarono verso di lei avidi di altre istruzioni. Lei si alzò guardandosi intorno, probabilmente il Kazekage non se la sarebbe presa se lo avesse aspettato qualche metro più in là.


Gaara arrivò al campo di addestramento con più di mezz’ora di ritardo; aveva preferito evitare che qualcuno collegasse la sua inusuale uscita alla ragazza di Konoha, almeno per quel primo momento. Una volta arrivato al campo di addestramento sarebbe stato impossibile nasconderlo; già paventava i bisbigli che avrebbero serpeggiato per Suna quando sarebbero stati visti nella scuola insieme.
Aveva lasciato la scrivania senza nutrire particolari aspettative; non gli era venuto in mente niente per Hinata. Si era ripromesso che, alla mal parata, l’avrebbe incaricata di scrivergli una relazione sulle differenze strutturali, materiali, sostanziali tra i metodi di insegnamento nei loro due Villaggi. Vista l’evidente difficoltà di lei a parlare con un tono udibile, quella sarebbe stata una soluzione buona e soprattutto sbrigativa.
Tuttavia, quando aveva trovato la ragazza circondata da una decina di ragazzini che letteralmente pendevano dai suoi gesti e dalle sue parole, si era dovuto ricredere. Hinata non sembrava aver problemi con i bambini e il sistema con cui riusciva a gestirli e a integrare quelli nuovi che continuavano ad aggiungersi dimostrava ottime capacità organizzative.
Gaara studiò i piccoli entusiasti: erano tutti bambini non ancora ammessi alla scuola o respinti perché troppo indietro rispetto ai loro coetanei. Già da tempo si parlava di attivare dei corsi alternativi in modo da recuperare gli esclusi e di abbassare l’età di ammissione all’Accademia; i vari procedimenti burocratici erano già stati avviati, ma niente impediva a lui come Kazekage di velocizzare i tempi e far partire il progetto subito includendo Hinata nell’equipe di responsabili. Non era un incarico di carattere diplomatico, ma se a lei piaceva… La fissò mentre era intenta a correggere un ragazzino; aveva un’espressione così serena, e sorrideva. Solo mentre saltellava i sassi del torrente Gaara l’aveva vista così. Non si era nemmeno accorta che lui era arrivato…
“C’è il Kazekage!”
I bambini si voltarono a guardarlo adoranti, alcuni si rizzarono su un maldestro ‘attenti’; Hinata arrossì e abbassò lo sguardo. Le labbra di Gaara si arricciarono in un invisibile broncio: era fastidioso vedere come facilmente si agitasse in sua presenza.
“Continuate pure.”
La ragazza alzò e riabbassò veloce lo sguardo in una muta domanda; ora che c’era lui sembrava aver perso di nuovo la voce.
“Passo più tardi” Gaara le rispose avviandosi verso la scuola. Non occorreva che lei lo seguisse, avrebbe dovuto parlare inizialmente con Baki per organizzare tutto.


Il vecchio maestro del Kazekage non fu molto accondiscendente: come altri membri del Consiglio, avrebbe preferito veder affidato ad Hinata Hyuga qualche incarico che la portasse a stare più a contatto con l’alta sfera di Suna.
Gaara tuttavia non aveva intenzione di cedere: aveva deciso che la questione “Hinata” si sarebbe risolta prima del calare del sole e così sarebbe accaduto. Inoltre, aveva trovato qualcosa che a lei sicuramente piaceva, quindi si avrebbe ostinato a chiederlo fino allo stremo se fosse stato necessario.
Gli ci volle un po’ per rimuovere tutti gli ostacoli. In realtà, non ci sarebbe nemmeno riuscito se non avesse espresso apertamente davanti agli anziani di Suna quella che poteva essere scambiata con la ragione della sua insistenza:
“È un incarico che potrebbe piacere alla giovane Hyuga.” disse serrando i pugni, sapendo che quella frase sarebbe stata sicuramente fraintesa. Si stava davvero compromettendo troppo per quella ragazza.
Vide gli occhi dei presenti illuminarsi, nelle loro teste poteva scorgere la loro speranza di un imminente dichiarazione. Arricciò il naso e sopportò.
Era un lavoro che poteva avere una durata limitata, ed era abbastanza utile anche per Suna.
E lui aveva la certezza che a Hinata sarebbe piaciuto: l’aveva vista farlo e sorridere mentre lo svolgeva.
Quindi avrebbe potuto sopportare gli sguardi soddisfatti dei membri del Consiglio, avrebbe potuto soprassedere se loro avessero iniziato a pensare ad Hinata come alla sua futura moglie.
Bastava che approvassero la sua decisione. Non gli importava altro.
Lei avrebbe passato il suo tempo a Suna sorridendo nei campi di addestramento, non contorcendosi nervosamente le mani nel suo ufficio.
Fu una faticaccia, ma ottenne quello che voleva. Dovette scendere a patti su alcuni punti e accettare di supervisionare direttamente il progetto con un membro scelto dell’equipe. Non dubitò nemmeno per un attimo che quel membro scelto sarebbe stata Hinata, ma poteva anche accettarlo.
Gaara mantenne la sua espressione impassibile, confidando che presto quei sorrisetti impertinenti sarebbero stati abbagliati dal sorriso di profondissima gratitudine da parte della ragazza di Konoha.
Un sorriso aperto come quelli che lei aveva rivolto più volte ai bambini sarebbe stato sufficiente a dimostrare a tutti che quel lavoro era effettivamente ciò che lei voleva.
Gaara lasciò che fosse Baki ad ufficializzarle l’incarico, così avrebbe potuto vedere di lato il suo volto piuttosto che la sua testa chinata e godersi per un attimo la sua tenue rivincita.
Rimase profondamente deluso, quando la giovane non dimostrò nessun entusiasmo mentre le comunicavano le decisioni prese. Fece appena un cenno di assenso.
Gaara sentì salire un moto di rabbia.
Stupida e irriconoscente ragazzina!


Hinata arrancò incerta sulle rocce salde nella sabbia. Non era certa di voler seguire il Kazekage lassù, né che lui volesse effettivamente essere seguito. Non si erano parlati dopo che finalmente le era stato dato un incarico ufficiale a Suna, semplicemente quando lui era uscito lei gli era andata dietro.
Anche dopo che le fu chiaro che lui non aveva nessuna intenzione di farle visitare la scuola, aveva continuato a seguirlo; l’alternativa d’altra parte, sarebbe stata tornare indietro e ripercorrere la via principale del Villaggio sotto gli occhi indiscreti di tutti.
Strinse la presa e si diede più slancio, con un balzo raggiunse il crinale delle mura rocciose che circondavano Suna. Il Kazekage stava ammirando il paesaggio a braccia conserte.
Come la vide, questi si girò sbuffando e riprese a camminare. Hinata si affrettò a seguirlo, facendo attenzione a non avvicinarsi troppo; lui sembrava ancora più corrucciato del solito e lei non voleva infastidirlo. Sentiva però di doverlo ringraziare: sapeva che doveva a lui l’incarico che le avevano dato e gliene era particolarmente grata. Quei bambini erano davvero vogliosi di imparare, e lei sapeva di poter trasmettere loro qualcosa di utile.
Ma ogni volta che prendeva fiato per parlare, le parole le morivano in gola.
Così non andava.
Raccolse tutto il coraggio che aveva e allungò tremante una mano verso la tunica bianca svolazzante per chiamarlo, quando lui si voltò di scatto verso di lei.
Hinata resto interdetta per qualche secondo guardandolo con il braccio ancora proteso; poi velocemente riabbassò occhi e mano imbarazzata.
“Mi infastidisce la gente che non mi guarda.”
La ragazza alzò di poco gli occhi titubante; il tono del Kazekage era tagliente e di sicuro i suoi occhi sarebbero stati gelidi, ma non voleva guardarlo in volto per accertarsene. “Scusi.” mormorò.
“Non mi piace nemmeno chi continua a scusarsi.” continuò lui freddamente.
Hinata non sapeva che dire. Mosse le labbra senza emettere suono; non capiva cosa avesse fatto per far arrabbiare il Kazekage, nè perchè lui le si rivolgesse con quel tono così all'improvviso. Chiuse la bocca e deglutì non sapendo bene dove spostare lo sguardo. Scusandosi ancora avrebbe soltanto peggiorato le cose, ma davvero, non sapeva che fare per rimediare...

Gaara intrecciò le braccia al petto ed assottigliò lo sguardo.
Lui avrebbe preferito tornarsene a casa da solo, per questo era corso via appena finito. Lei però l’aveva seguito persistente, anche quando lui si era arrampicato sulle rocce per scoraggiarla.
La guardò tremare davanti a lui, nel panico per non trasgredire i divieti che le aveva appena dato.
Inclinò la testa, soppesandola: forse aveva esagerato.
La sua rabbia nei suoi confronti era un sentimento ingiustificato. Anzi, avrebbe dovuto essere più solidale con lei dopo averla vista tentennare davanti al Consiglio e sussultare quando Baki l’aveva chiamata.
Era ovvio che una persona schiva come lei non si sarebbe messa a sorridere giubilante davanti a un manipolo di gente sconosciuta.
Semplicemente, lui aveva sentito di essersi talmente esposto per lei in quei giorni, che gli avrebbe fatto comodo una piccola dimostrazione di gratitudine palese davanti ai membri del Consiglio. Era un appoggio di cui lui avrebbe avuto bisogno, ma di cui Hinata non poteva sapere. Quindi era del tutto inutile prendersela con lei.
Chiuse gli occhi e inspirò: non era da lui perdere la sua obiettività in questo modo, né prendersela per una cosa così frivola come un sorriso mancato.
Tutta quella storia lo stava evidentemente stressando...
Riportò l’attenzione sulla ragazza, sforzandosi ad essere nuovamente neutro nei suoi confronti; l’aveva sentita sospirare più volte, quindi forse voleva interagire.
“Avevi qualcosa da dirmi?” usò un tono più pacato rispetto a prima.
La domanda diretta sembrò ridestare Hinata, l'inflessione più umana con cui era stata pronunciata, inoltre, la riscaldò abbastanza da farle alzare lo sguardo sul volto del ragazzo solo per qualche attimo prima di riportarlo all’altezza delle spalle. “I-io volevo ringraziarla per… l’incarico…” le parole le morirono in un soffio di vento.
“Davvero?” Gaara alzò un sopracciglio, scettico
“Sì!” Hinata si specchiò negli occhi azzurri del Kazekage con tutto il coraggio che aveva “Sì, certo! Grazie!” l’ultima parola l’aveva praticamente gridata. Sentì le guance arrossire, abbassò lo sguardo ma ricordandosi che a lui dava fastidio lo rialzò. Non riuscendo però a fissarlo di nuovo in faccia, fece scorrere gli occhi sui suoi capelli, sulle sue spalle, la sua bocca, il suo petto.
“Puoi guardare per terra, se vuoi.”
Hinata non se lo fece ripetere. Gaara si ritrovò a fissare di nuovo il suo capo chino.
Scosse la testa convincendosi che non era importante. Lei si sarebbe trattenuta a Suna solo per qualche settimana, non valeva la pena insistere per avere di nuovo su di sé quegli occhi bianchi.
Mentre si voltava, udì un bisbigliato “G-grazie” e quando fissò la ragazza da sopra una spalla le parve di vederla timidamente sorridere tenendo il viso a un’altezza poco più alta dei suoi piedi.
Ripresero a camminare, ma inspiegabilmente Gaara non aveva voglia di tornare subito a casa; si ritrovò a fissare le dune e le nuvole alla ricerca di qualcosa da fare che gli permettesse di stare fuori. Era quasi il tramonto e si stava alzando il vento. Istintivamente, fece una deviazione e salì lungo un pendio; sentiva che Hinata lo stava seguendo e accelerò il passo: se si fossero sbrigati, forse sarebbero arrivati in tempo.


Il sole morente salutava Suna con i suoi raggi infuocati; le case rispondevano stagliandosi scure. Timide le luci cominciavano ad apparire alle finestre.
Il Villaggio al tramonto era uno spettacolo. Gaara se lo godette a braccia conserte dalla cima più alta.
Tutto sommato, poteva dirsi soddisfatto di quella giornata: aveva trovato un’occupazione per Hinata entro il calare del sole, esattamente come si era ripromesso. Ok, forse doveva ammettere che non ci sarebbe riuscito se lei non si fosse messa spontaneamente a fare qualcosa con quei bambini.
La guardò di sottecchi mentre il vento le scompigliava i capelli; da quando l’aveva incontrata, era già la terza volta che lei gli offriva una soluzione ad altrettante situazioni spinose…
Hinata si accorse che la stava fissando e arrossì rifugiando il viso verso terra.
Gaara seguì il suo sguardo sulla sabbia e vi trovò un sasso.
Sorrise dentro di sé; i sassi sembravano essere una costante nella vita di Hinata. L’aveva vista parlarci e saltellarci allegramente sopra.
Forse lei voleva quel sasso.
Lo guardò meglio e capì; avrebbe dovuto arrivarci prima! Temari aveva detto che a Hinata piacevano i fiori, no? Quel sasso era considerato il fiore per eccellenza nel deserto, per la sua forma strana, il suo luccicare e la sua rarità. Si diceva che avrebbe portato sfortuna a tutti coloro che lo avessero colto senza l’intenzione di regalarlo.
Gaara guardò il sasso e poi Hinata.
In fondo ora non c’era nessuno che li stesse giudicando e che potesse fraintendere.
Con un cenno sollevò la sabbia su cui stava il sasso, lo prese in mano e lo porse a Hinata.


Il Kazekage le stava dando un sasso. Hinata lo fissò incerta.
Si era sentita morire prima quando si era accorta che lui stava guardando lei invece che quella vista mozzafiato. Non si era mai trovata in una situazione così: a guardare il tramonto con un ragazzo… un ragazzo che forse aveva un debole per lei.
Era tremendamente in imbarazzo.
Allungò una mano e lo prese velocemente temendo di sfiorare la pelle del Kazekage. Abbassò la testa rossa in viso: non ne era sicura, ma le sembrava che lui le avesse sorriso.
Strinse il sasso in petto dicendosi che la sua era solo suggestione. Stava fraintendendo.
In fondo, lui prima era evidentemente arrabbiato con lei per qualcosa. Ora probabilmente voleva solo farle sapere che era tutto sistemato. Darle il sasso poteva essere come chiederle scusa.
Poteva essere un’usanza particolare del Villaggio della Sabbia.
Hinata sospirò per tranquillizzarsi rigirandosi il sasso tra le mani.
Come lo vide meglio, il suo viso tornò rosso e il suo cuore riprese a battere all’impazzata.
Non poteva essere.
Non poteva capitare a lei.
Era… era… così romantico…
Si voltò verso il Kazekage cercando di dire qualcosa.
Insomma… non poteva accettare… a lei piaceva Naruto, le era sempre piaciuto. Nei suoi sogni ad occhi aperti c’era lui al suo fianco e ora vivere qualcosa di così dolce con un altro ragazzo la faceva sentire così... così… fuori posto…
Imbarazzatissima allungò entrambe le mani verso il petto del ragazzo. Non lo guardò, non ci sarebbe riuscita nemmeno volendo; i suoi occhi erano velati di lacrime. Le dispiaceva da morire, ma davvero non se la sentiva di accettare quel regalo.
Sentì la mano fredda di lui chiudersi sulle sue e spingerle verso di lei.
Lo sguardo basso di Hinata si ritrovò a fissare nuovamente il sasso ancora racchiuso nelle sue mani.
Rimase immobile così anche quando sentì il Kazekage dirigersi verso il sentiero da cui erano venuti.
Oh mamma... Che doveva fare?
Davanti a un bellissimo tramonto, il Kazekage di Suna le aveva regalato una splendida rosa.



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Siete resistiti fin qui? complimenti!
Nota: Per dettagli sulla "Rosa del Deserto" rimando alla spiegazione che krystal83 ha fatto nella note della sua storia "Suna no Bara - Rosa di Sabbia" (che tra l'altro è molto carina come ff); mentre scrivevo avevo in mano quella che ho a casa, quindi non mi sono posta il problema di descriverla bene... comunque sarà un elemento che tornerà anche più avanti ^.^

Grazie per la lettura e al prossimo capitolo (spero!)

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Come foglie al vento

Stavolta il capitolo l'ho diviso davvero ^^
Purtroppo stasera sono un po' di corsa, quindi mi limito a solo a ringraziare velocemente chi ha commentato, ovvero
giusygiu (leggendo i tuoi commenti divento un po' come Hinata: rossa in viso, contorsione di dita e un grandissimo "G-grazie"), clarasu (la tartaruga è il mio simbolo oltre a quello di Hinata e Gaara ^.^ ma anche se lentamente, quei due si avvicineranno, almeno un pochino), Niggle (evviva! stai bene! Grazie!), martufella87 (benvenuta! E Grazie; per come vedo io Hinata è il tipo di persona che si fa un sacco di problemi...), Arwen88 (Grazie! Purtroppo questo capitolo l'ho spezzato, ma mi rifaccio sicuramente con il prossimo!), Midblooder_The_Joker (^.^) e Sayaka3DG (^^'). Ringrazio anche moltissimo Marta per la bellissima mail XD
Ho visto che ci sono dei cambiamenti e ai "Preferiti" si sono aggiunti le storie "seguite", non ho ancora capito la differenza ma ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia in una delle due liste.


Buona lettura ^^



Tornare in camera quel giorno fu un sollievo.
Hinata si sedette sul letto, distrutta. Si buttò di schiena sul materasso e lasciò che la tensione accumulata se ne andasse.
Era sopravvissuta al primo giorno di lavoro a Suna. Avrebbe dovuto essere felice e soddisfatta: tutto era andato bene. I suoi colleghi si erano mostrati molto gentili, anche se forse un po’… scostanti? Ma quella era una cosa che, sapeva, avrebbe dovuto mettere in conto: lei per loro era solo un’estranea. I bambini invece erano stati fantastici; aveva temuto che una volta che avessero potuto scegliere come insegnante qualcuno del loro Villaggio, l’avrebbero snobbata. Invece quelli con cui era stata il giorno prima erano tornati quasi tutti da lei.
Avrebbe dovuto essere entusiasta solo per quello.
Invece un pensiero continuava a turbarla.
Scostò la testa fino a incrociare con lo sguardo la Rosa del deserto che il Kazekage le aveva regalato la sera prima.
Era sul comodino, bellissima nel suo insieme di forme squadrate e riflessi di luce.
Con uno sforzo allungò la mano per prenderla e si girò a pancia in giù.
La sera prima a cena non era riuscita a guardare in faccia il Kazekage. Quella mattina, poi, era così agitata che non aveva fatto colazione: si era precipitata ai campi di addestramento evitando accuratamente di trovarsi faccia a faccia con lui.
Si rigirò la rosa tra le mani inspirandone il profumo caldo di sabbia che ancora la imperniava e sorrise dolcemente.
Non aveva niente da invidiare ai fiori veri. Anzi, lei non sarebbe mai appassita.
La accarezzò con il pollice e vi appoggiò sopra la fronte.
Era il primo regalo che riceveva da parte di un ragazzo che non fosse espressamente un amico o uno di famiglia.
Ripensò a quel tramonto bellissimo, con quella leggera brezza serale che scompiglia i capelli, loro due da soli, il Villaggio ai loro piedi… era lo scenario perfetto secondo i suoi sogni. Solo il “lui” non era esattamente chi si sarebbe potuta aspettare.
Be’… suo padre ne sarebbe stato felice, dal suo punto di vista il Kazekage doveva essere un ottimo partito: posizione sociale in vista e rango elevato. La sua carica e la sua encomiabile gestione del suo Villaggio testimoniavano inoltre tutte le sue capacità.
Quelle qualità del Kazekage le erano ben note anche prima di arrivare a Suna.
Tuttavia scoprire che fosse anche una persona molto gentile e premurosa, era stata una sorpresa. E poi, regalarle quella rosa era stato un gesto così romantico…
Hinata arrossì verso il copriletto.
Obiettivamente il Kazekage era davvero un ragazzo perfetto, uno che come carattere e aspetto, anche lei avrebbe potuto…
Si alzò di scatto dal copriletto scuotendo il capo.
Non erano cose a cui le conveniva pensare! Già non riusciva a guardare in faccia il Kazekage e a parlargli, se si metteva in testa anche certe strane idee non sarebbe più riuscita nemmeno a stare con lui nella stessa stanza.
No no, doveva evitare di pensare al Kazekage al di fuori della sua carica. Se voleva pensare a qualcosa di romantico, avrebbe potuto continuare a pensare a Naruto come aveva sempre fatto…
I suoi occhi scivolarono ancora sulla Rosa in mezzo al materasso.
Era veramente bella…
Qualcuno bussò.
Velocemente Hinata rimise a posto il fiore sul comodino e si affrettò ad aprire; sentì il suo cuore fermarsi quando i suoi occhi ne incontrarono un paio di azzurri aldilà della porta.
Riprese a respirare solo quando il suo cervello le ricordò che il Kazekage non aveva i capelli biondi e di solito non portava il kimono.
“Allora come è andato il primo giorno con un incarico ufficiale?”
Temari era sulla soglia con un sorriso più allegro del solito; “troppo allegro per non essere sospetto” avrebbe detto Kankuro se fosse stato presente.
“Stamattina sei partita così di corsa che non ho potuto augurarti buona fortuna.”
Attese che Hinata si desse un po’ di contegno, sembrava tremendamente in imbarazzo. Era un po’ strana come reazione solo per aver aperto la porta della propria camera; Temari gettò un’occhiata all’interno della stanza, tanto per sincerarsi che la ragazza di Konoha non nascondesse qualcosa.
Non c’era niente di strano, solo il letto era un po’ sfatto. Forse stava dormendo.
Tornò a fissarla attenta. La timidezza della loro ospite era qualcosa a cui avrebbe dovuto porre rimedio prima o poi, ma per ora i suoi scopi erano altri.
“So che sei appena tornata, ma dovevo chiederti un favore,” aspettò di incrociare lo sguardo dell’altra, prima di proseguire “Io sto per uscire e volevo chiederti se potevi portare tu il the a Gaara.”
A sentire quel nome, Hinata riabbassò lo sguardo arrossendo, tentando di borbottare qualcosa che sembrava molto un “Forse non è il caso”.
Temari ampliò il suo sorriso “Basta che glielo porti in ufficio e glielo lasci sulla scrivania.” disse cercando di essere rassicurante “Probabilmente lui non alzerà nemmeno gli occhi dal foglio: quando è al lavoro si accorge a malapena di quanto lo circonda. A volte si dimentica perfino di mangiare…”
La più giovane alzò appena la testa, persa nei suoi frenetici pensieri: portare il the sembrava una cosa semplice da fare e poteva essere un gesto carino da parte sua, ma rivederlo da sola…
“Potrebbe farlo Kankuro, ma lui non sa nemmeno distinguere lo zucchero dal sale e poi ora sta parlando con Gaara: scommetto che non si ricorderà nemmeno lui che è ora del the…”
Hinata si illuminò della nuova informazione: il Kazekage non era solo. Avrebbe potuto portargli il the senza che accadesse niente. Né lui né lei avrebbe dovuto parlarsi di quanto era successo ieri; lei avrebbe poi potuto vederlo lavorare e constatare da sé che lui per lei era solo un estraneo.
Lanciò un’occhiata di sfuggita alla Rosa del Deserto sul suo posto d’onore e annuì nervosa “Lo faccio subito.”
Temari la osservò sparire nel corridoi. Sorrise: era stato davvero troppo facile…


Quando Kankuro vide entrare la ragazza di Konoha nell’ufficio di suo fratello, non ebbe alcun dubbio che c’entrasse Temari e non solo perché la ragazza di Konoha aveva la classica espressione di chi avrebbe preferito trovarsi altrove.
Quando Temari decideva di fare qualcosa, purtroppo, non c’era proprio verso di fermarla; anche davanti a una montagna, era capace di aggirare l’ostacolo e raggiungere il suo obiettivo.
Kankuro ammirava molto la sua perseveranza , ma a volte lo metteva proprio in difficoltà: anche lui voleva che Gaara si accorgesse che poteva passare il suo tempo fuori dall’ufficio anche con qualcuno che non fosse loro due, ma non credeva affatto che la giovane Hyuga fosse adatta. Innanzi tutto non parlava, e quando lo faceva balbettava; lui le aveva rivolto la parola due volte da quando era arrivata a Suna e aveva capito a mal pena la risposta. E poi era difficile vederla in faccia! Anche nel caso utopistico che Gaara la prendesse in simpatia, gli obiettivi di Temari non sarebbero stati comunque raggiunti: non poteva esistere nessuna altra ragazza con una capacità così ridotta di comunicazione. Tanto valeva convincere Gaara a parlare con i muri, non avrebbe mai preso in considerazione qualcun altro dopo che la Hyuga fosse tornata a Konoha.
Kankuro si strinse le spalle nella sedia su cui si trovava. Era inutile farsi problemi, tanto suo fratello non avrebbe cambiato il suo comportamento con le ragazze che gli portavano il the: infatti appena si era accorto del vassoio che entrava dalla sua porta, aveva concentrato tutta la sua attenzione sul documento che aveva davanti. Non avrebbe alzato gli occhi nemmeno per la ragazza di Konoha.
Il marionettista sospirò. Gaara era proprio irremovibile delle volte; Temari sarebbe andata a sbattere contro un macigno quella volta.
Con un po’ di commiserazione per quella ragazza che ne avrebbe pagato le conseguenze, Kankuro spostò una pila di carte dalla scrivania del Kazekage per permetterle perlomeno di appoggiare quel vassoio colmo di due tazze, brocca e zuccheriera. Così almeno avrebbe potuto allontanarsi veloce da quel supplizio.
Gaara non si era degnato di guardare chi gli avesse portato il the quel pomeriggio; il solo modo di bussare alla porta gli aveva fatto capire che non si trattava di sua sorella. Quindi non meritava la sua attenzione. Gli venne però il sospetto che si trattasse di Hinata quando sentì le stoviglie tentennare mentre il loro portatore aspettava incerto davanti alla scrivania un posto dove appoggiarle e ne ebbe la totale certezza quando, alzando appena lo sguardo, incontrò un servizio da the coordinato e con il disegno perfettamente allineato verso di lui.
La ragazza stava già tirando un sospiro di sollievo con una mano sulla maniglia quando una domanda aleggiò pacata congelando tutta l’aria.
“Come è andata al campo?”
Kankuro si immobilizzò nell’atto di prendere la tazza. Non poteva essere stato suo fratello a parlare, doveva essersi nascosto un ventriloquo da qualche parte!
Hinata si voltò a fatica “B-bene,” sorrise imbarazzata “Grazie” aggiunse fissando un punto imprecisato ai piedi della scrivania. Questo tuttavia non le impedì di cogliere un impercettibile segno della mano del Kazekage che poteva essere inteso come un congedo. Con un cenno del capo salutò e fuggì da quell’ufficio.
Kankuro restò interdetto ancora per qualche attimo, poi decise di lasciare la tazza dov’era e di concentrarsi su suo fratello: Gaara aveva ripreso a scribacchiare il suo documento come se nulla fosse successo.
Prese un respiro e vagliò tutte le ipotesi, il risultato gli sembrava talmente assurdo… tuttavia sapeva che il dubbio se lo sarebbe tolto solo con una domanda diretta:
“Gaara…” gli occhi azzurri del più giovane si alzarono interrogativi “Tu che pensi di Hinata Hyuga?”
L’altro inclinò la testa.
“Come la trovi?” specificò Kankuro.
Gaara ci rifletté per qualche secondo, ripensò ai suoi contatti con Hinata alla ricerca di elementi che potessero aiutarlo a formulare un commento strutturato su di lei ma la risposta che poteva dare era, a suo modo, una sola: “È buffa.”
Suo fratello sbatté le palpebre un paio di volte “Come?”
Gaara ripensò alla prima volta che l’aveva incontrata, a come si era comportata lei in quei giorni, a come avesse assurdamente cercato di restituirgli un sasso che le stava regalando… non poteva proprio definirla in un’altra maniera “Buffa, sì.”


Buffa! Ha detto proprio buffa!” Kankuro era esterrefatto mentre camminava avanti e indietro nella stanza di Temari “Che significa buffa?” quasi gridò in faccia a sua sorella.
La ragazza sospirò, suo fratello a volte si agitava proprio per niente.
“Gaara non è abituato ad analizzare i suoi sentimenti, probabilmente per lui buffa ha un significato diverso rispetto al senso comune.”
“Vuol dire che gli piace?!”
Temari sorrise davanti a quell’ingenuità “Vuol dire che non la trova fastidiosa.”
Si alzò in piedi sotto lo sguardo scettico di suo fratello “Rispetto a tutte le ragazze che finora gli hanno ronzato intorno, la Hyuga è quella più silenziosa.” scosse la testa, il Consiglio aveva scelto dei soggetti davvero esasperanti. “Se con loro passava il suo tempo ad evitare le loro chiacchiere e i loro tentativi di approccio, con lei può provare a provocare lui delle reazioni.” cercò gli occhi di suo fratello e ci riversò i suoi “Capisci? Se prima scappava perché inseguito, ora può fermarsi, guardarsi intorno e semmai inseguire.” fece una pausa “In pratica, sta esplorando un terreno nuovo.”
Kankuro aveva seguito le parole della sorella con crescente apprensione “Quindi… è un po’ come se stesse giocando?” Quella povera ragazza gli faceva sempre più pena…
Temari tentennò “Be’ più o meno credo di sì…” fissò il fratello leggendo i suoi pensieri e si alterò “Non sono un mostro, Kankuro! Se vedrò Hinata in difficoltà o infastidita, lo fermerò.”
Lui alzò un sopracciglio scettico “Pensi di poterli seguire sempre e ovunque?”
“Oh andiamo! Che vuoi che succeda?” Temari rise “Abbiamo un fratello che è del tutto inesperto dell’universo femminile; anche se fosse colto da un’improvvisa quanto improbabile crisi ormonale, non credo toccherebbe Hinata nemmeno con un dito. Tutt’al più potrebbe perdersi a fissarla per vedere quanto arrossisce. E quella ragazza si agita talmente con un non nulla che è sempre sulla difensiva: se Gaara si avvicinasse troppo, lei scapperebbe.”
“Non lo farebbe se le fosse stato ordinato di sedurlo, ci hai pensato?”
“Sì, ci ho pensato” Temari scrollò le spalle saccente “Ho scritto a Shikamaru; mi ha detto che la famiglia Hyuga, anche se potrebbe effettivamente avere delle mire in questo senso - come già sapevamo -, non ha mai manifestato apertamente l'interesse di far sposare la primogenita nell'immediato. Inoltre sembra che a Hinata piaccia un altro ragazzo.”
“E ti fidi di uno di Konoha?”
Temari sorrise maliziosa “Non si può rifiutare informazioni ad una povera sorella in ansia per il cuore del suo piccolo fratellino…” ancheggiò facendo gli occhioni da cucciolo sperando di veder ridere il fratello.
Kankuro però assottigliò le labbra in un broncio, non la ascoltava “E dovevi proprio scrivere a quel Nara?” commentò aspramente.
Temari sbuffò tornando seria “Comunque, l’importante è aver saputo che Hinata non mira a Gaara,” le sue code ondeggiarono facendo intendere che l’argomento “Shikamaru” non doveva essere toccato in quel momento “Quindi non credo dovremmo preoccuparci.”
“Umf...” Kankuro mise faticosamente da parte l’accenno della sorella a quel Shikamaru Nara “Quella ragazza si agita anche solo se la si guarda," concordò "Come possono aver mandato lei se vogliono imparentarsi con noi?” una ragazza come Sakura o quella biondina con la coda avrebbe dato sicuramente più speranze di successo.
Temari lo soppesò altera “Innanzitutto, non sottovalutare quella ragazza: è un chunin, quindi dovrebbe essere in grado di mettere da parte la sua timidezza quando serve.” scandì bene le parole incrociando le braccia “Potrebbero non avere avuto scelta: lei è la primogenita di casa Hyuga; l’alternativa era scegliere qualcuno fuori del ramo principale del Clan o una ragazzina molto più giovane di Gaara.” inclinò la testa e assottigliò lo sguardo “E poi ricordati di non ragionare con i tuoi pantaloni. Chiunque sarebbe venuto, non sarebbe stato interessato a te.”
Kankuro arrossì leggermente, per fortuna aveva ancora il viso truccato. “Lo so, cosa credi!” si difese “Solo pensavo che una persona più allegra e sicura fosse più indicata per Gaara…”
L’altra scosse la testa “In situazioni normali avresti ragione, Gaara è così chiuso che gli servirebbe proprio una ragazza con il carattere opposto al suo… ma ora che il Consiglio l’ha messo sulla difensiva, ci vuole qualcuno di tranquillo per riaprirsi. E in questo senso Hinata può esserci molto utile: ho già pianificato tutto.” batté le mani esaltata di poter esporre la sua invincibile strategia “Ora che la ragazza di Konoha ha un’occupazione stabile, i momenti in cui loro due possono vedersi sono la colazione e la cena. In genere in queste occasioni siamo sempre presenti o io o tu o entrambi. In questo modo Gaara si abituerà ad averla intorno. E per far meglio, farò in modo che Hinata gli porti il the regolarmente per la prossima settimana, così si vedranno un po’ anche da soli per pochi minuti nell’ufficio, che ultimamente Gaara ha trasformato in un rifugio vero e proprio…”
Kankuro annuiva attento; di nuovo la capacità di Temari di aggirare gli ostacoli e raggiungere il suo obiettivo era sorprendente.
“Così inizieranno a scambiarsi qualche veloce battuta sul lavoro…"
"Come puoi prevedere che si parleranno?" il tono di Kankuro risultò più incredulo di quanto volesse intendere. Era vero che Gaara questo pomeriggio aveva incredibilmente rivolto la parola alla ragazza, ma da qui a intavolare una conversazione tutti i giorni della settimana...
"Perchè Gaara è il responsabile e Hinata la referente del progetto che hanno avviato nella scuola." spiegò saccente Tenmari "L'alternativa sarebbero delle riunioni ufficiali come vorrebbe il Consiglio." ghignò vittoriosa "Due domande nel tempo ristretto del the, peseranno a Gaara molto meno e gli permetteranno di rimanere informato abbastanza da far tacere il Consiglio."
Kankuro sbuffò accigliandosi, Tenmari non gli badò e proseguì. "Poi la settimana dopo tornerò io a portargli il the, così…”
“Perché?” la interruppe di nuovo Kankuro: se Gaara si fosse abituato alla presenza di quella ragazza addirittura nel suo sacro ufficio, perché toglierla?
“Per vedere la sua reazione,” rispose semplicemente la sorella “E perché così, nel caso volesse rivederla e parlare di lavoro dovrebbe andarla a cercare.”
Kankuro la guardò come se stesse osservando la più sadica delle persone “Gaara non lo farebbe mai.”
“Forse… magari si limiterà a parlare con lei di lavoro durante la cena... magari invece si deciderà ad uscire dall'ufficio…” le sue labbra si trasformarono in un ghigno “Comunque, se non lo fa, ho già in mente una serie di altri modi…”
Kankuro sospirò: quella era sua sorella. Avrebbe dovuto stare attento il giorno in cui si sarebbe messa in testa di fare qualcosa per lui.
“Hai pensato però che quei due si potrebbero anche trovare fuori dalle tue manipolazioni?”
Temari fissò scettica il fratello “Una persona timida e pacata come Hinata e nostro fratello?” il tono con cui pronunciò i loro nomi non lasciava dubbi sui suoi pensieri.
Kankuro incrociò le braccia e scosse la testa. Gli scocciava ammetterlo, ma forse Temari aveva ragione…


Dall’altra parte del palazzo dei Kazekage, a dispetto di quanto pensavano i suoi fratelli maggiori, Gaara era uscito dal suo ufficio e stava cercando Hinata.
La domanda di Kankuro lo aveva lasciato un po’ dubbioso: avrebbe potuto elencare molti altri aggettivi per definire Hinata. Avrebbe potuto dire che era seccante perché abbassava sempre lo sguardo, o assurda perché perdeva tempo a comporre cibo e tazze in maniera artistica. Avrebbe potuto dire anche che era estremamente ordinata e prevedibile, visto che, esattamente come aveva pensato, la trovò in cucina a rigovernare.
Si avvicinò a lei, ai suoi occhi perennemente abbassati e vi si piazzò davanti.
Sì, avrebbe potuto definirla in molti modi: Hinata era silenziosa e tranquilla, non tentava di afferrarlo quando le si avvicinava - cosa che avevano provato a fare spesso le altre ragazze - e si preoccupava un sacco di tutto.
Sollevò una mano verso il suo mento, voleva che lo guardasse anche solo per un momento; lei alzò il viso prima che lui potesse toccarla. Fissò i suoi occhi chiari, il loro totale contrasto con le guance arrossate.
Buffi. Gli occhi di Hinata erano buffi. Tutta la figura di Hinata era buffa.
Chinò la testa fino a sentire il suo respiro sulle sue labbra. Lei stava tremando, probabilmente si sarebbe allontanata se non avesse avuto la credenza dietro la schiena. Inclinò la testa e sfiorò il suo naso con quello di lei. La guardò arrossire ancora di più e dentro di sè sorrise.
Aveva ragione...
Si raddrizzò continuando a incatenare il suo sguardo e dopo un po’ di indecisione alzò una mano per darle leggeri colpetti sulla testa, come aveva visto fare Temari a Kankuro un giorno che suo fratello era nervoso.
Vide quegli occhi lucidi fissarlo confusi e il sorriso che continuava a persistere dentro di lui fece una piccola breccia all'esterno sulle sue labbra.
Hinata era buffa.
E con quell’espressione e con le labbra appena dischiuse era proprio buffa buffa.



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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Come foglie al vento

Magari evito di commentare il mesetto di ritardo... -__-'
Passiamo direttamente alle risposte dei commenti:
Arwen88: ^.^ io ritardo, ma non sparisco XD Temari non è cattiva, solo non si rende conto dell'enorme influenza che le sorelle maggiori hanno sui fratelli (l'ho modellata su mia sorella ^^'); prima di fare qualcosa, credo che Hinata debba capire cosa vuole e perchè... Comunque quando Gaara si mostrerà più attivo, anche lei reagirà di conseguenza XD
Niggle: Grazie, a me piacciono molto i personaggi "buffi" ^.^
slice: grazie; purtroppo il loro rapporto sta andando avanti "sfiorandosi" anche in questo capitolo, ma almeno stanno prendendo coscienza sui loro sentimenti... o perlomeno è quello che spero io ^^
martufella87: scusa per la gaffe della mail, comunque ora posso ringraziarti direttamente per avermela mandata ^^ i piccoli passi continuano, e presto si avvicineranno del tutto ^^ o quasi XD
giusygiu: bacio? tra quei due?!? *sfoglio velocemente il copione* ...ehm... cambiamo argomento: Matsuri. Mi è un po' difficile muovere questo personaggio, forse perchè viene approfondito solo nelle puntate "di intermezzo" tra le due serie dell'anime; visto che non le ho seguite molto (e nel manga non viene nemmeno citata), ho preferito tenere Matsuri come una delle tante ragazze vocianti intorno a Gaara (non so se hai in mente la scena nella serie Shippuden in cui Matsuri e un'altra ragazza spintonano Naruto per avvicinarsi gridando al Kazekage appena salvato). Un po' mi spiace per lei, ma credimi, la relazione tra Hinata e Gaara sarà già abbastanza complicata di suo.
Lisey91: Grazie e benvenuta! Sono contenta se li trovi dolci ^^ io li trovo più delle lumachine... delle dolci lumachine XD
vevvi: wow! Non ho mai letto una SasuHina, me ne consigli qualcuna? I piccoli passi procedono, purtroppo non credo molto nel colpo di fulmine, e io per prima sono una lumaca. "Un bel bacio"? Tra Gaara e Hinata?! *di nuovo svoglio velocemente il copione* ...ehm... .__.
Sayaka3DG: XD Temari è una brava sorella maggiore che non si accorge del suo potenziale... mi piace molto come personaggio ^.^
clarasu: sì, spera spera... anche se senza malizia prima o poi Gaara dovrà pur mettercela! Come Temari, anche Kankuro comincerà ad esercitare una certa influenza sul suo fratellino ^^ Per adesso comunque hai ragione: per Gaara, Hinata è l'incarnazione delle cose carine e piacevoli ^.^
Midblooder_The_Joker: ehm... bacio? non credo che questa parola ci sarà nel vocabolario di Gaara per un po'... in questo sarà forse più veloce Hinata! XD
Shizue Asahi: se ti può consolare, è la prima volta che io scrivo di questa coppia e quando l'ho concepita devo ammettere che non li vedevo molto insieme ^^ ora ovviamente ho ambiato idea, anche se Naruto tornerà ogni tanto nei pensieri di Hinata, ma non troppo (quindi preparati se la cosa ti fa sentire 'strana'). Spero tu non abbia avuto troppi problemi con la scuola il giorno dopo! XD
E ovviamente ringrazio anche tutti coloro che leggono e che hanno messo la storia tra i propri "Preferiti" o "seguiti".


Relativamente a presto! ^^



Gaara sapeva apprezzare la regolarità della sua vita, il puntuale susseguirsi delle cose.
Come Kazekage sapeva come gestire ottimamente gli imprevisti, ma ciò non significava che non sapesse godere della regolarità della sua quotidianità quando poteva.
Tutte le mattine si alzava con lo spuntare del sole. Si lavava e vestiva con calma e poi scendeva per la colazione.
Se Temari si era alzata presto e di buon umore, tutto era predisposto sul tavolo: tazze in centro al ripiano, the fumante nella brocca, pane nel paniere e barattolo di marmellata. Sempre più spesso nell’ultimo periodo però, gli capitava di trovava le tazze posizionate perfettamente allineate nei loro piattini, la brocca del the coperta per non disperderne il calore, il pane già tagliato a fette su un piatto alcune imburrate e con la marmellata già spalmata; allora sapeva che Hinata si era alzata prima di tutti e che non aveva perso tempo fintanto che li aspettava.
Molto più raramente, in tavola si trovavano solo un sacchetto di biscotti e i capelli arruffati di Kankuro, che ondeggiavano a ritmo del suo russare.
Indipendentemente da come trovava la cucina però, a Gaara piaceva trascorrervi un po’ di tempo ad ascoltare il tintinnare delle stoviglie frammentato ogni tanto da Temari e Kankuro che elencavano gli avvenimenti secondo loro più importanti della giornata. Quando vedeva Hinata mormorare un “buona giornata” alzandosi per dirigersi al campo di addestramento, sapeva che era ora di andare in ufficio. E lì passava quasi tutta la sua giornata a leggere e firmare carte, talvolta a fare riunioni con il Consiglio. Se si ricordava o se gli veniva fame, a mezzogiorno interrompeva per il pranzo, altrimenti qualcuno gli portava da mangiare direttamente sulla sua scrivania.
Alle cinque però era ora del the, e nell’ultima settimana Hinata aveva sempre spaccato il minuto.
Gaara riusciva ormai ad alzare gli occhi dai fogli quel poco prima che gli permettevano di decidere come comportarsi: poteva preparare già libero un angolo della sua scrivania dove la ragazza avrebbe potuto appoggiare il vassoio. Oppure, ed era quello che preferiva, poteva fare finta di niente, così avrebbe potuto vedere Hinata pestolare indecisa cercando un posto per posizionare quanto portava, e sentire i suoi sussurri superare il rumore della tazza contro la brocca per attirare la sua attenzione. Allora, e solo allora, si sarebbe alzato e molto lentamente le avrebbe fatto spazio sfiorandole appena le mani per aiutarla ad appoggiare il vassoio; e avrebbe potuto veder arrossire le sue guance se l’avesse fissata troppo a lungo prima di chiederle come fosse andata la giornata. Il “bene” di risposta diventava ogni giorno più forte, e gli occhi chiari di Hinata salivano a incrociare i suoi sempre più spesso. Presto avrebbe potuto riprovare a liberare lo spazio immediatamente davanti a sé, in modo che la ragazza fosse costretta ad aggirare la scrivania ed avvicinarsi a lui per appoggiare il vassoio.
Ci aveva già provato una delle prime volte, l’aveva fatto più per praticità che per una volontà di avvicinare Hinata a sé; come però si era alzato per aiutarla, trovandosi i suoi lunghi capelli sul naso, lei aveva sussultato tanto da far cadere tutto: il the era finito per terra e sui suoi vestiti ufficiali da Kazekage, tazzina e brocca si erano rotti. Aveva roteato gli occhi quella volta, ma non aveva detto niente; Hinata invece si era agitata tantissimo: nel tempo in cui lui si cambiava d’abito, lei aveva già pulito e rassettato il pavimento. Nel giro di pochissimo gli aveva pure portato altro the e un’altra tazza. Ma lui si rese effettivamente conto di quanto per lei quel fatto dovesse essere stato sconvolgente, solo quando Kankuro entrò piuttosto seccato nel suo ufficio raccontando di come avesse faticato per impedire alla ragazza di andare a comprare con i suoi soldi un intero nuovo servizio da the, in sostituzione di quello rotto; Kankuro affermò che la prossima volta non si sarebbe fatto tanti scrupoli ad usare Karasu.
Gaara quindi non si era più fatto servire il the se non a debita distanza e con la scrivania in mezzo. Non aveva però resistito a sfiorare quelle dita candide mentre gli porgevano la tazza o mentre appoggiavano il vassoio. Dopo qualche giorno di imbarazzo, Hinata era arrivata pure a sorridergli timidamente fintanto che erano nel suo ufficio da soli. Giorno dopo giorno, gli impercettibili cambiamenti del comportamento della ragazza quando erano soli, era qualcosa che Gaara aspettava puntuale alle cinque.
Fu quindi con una certa delusione che quel giorno vide sua sorella portargli il the alle cinque e un quarto.
“Non sembri felice di vedermi.” Temari scostò con una mano le carte che le erano in mezzo a dove lei voleva appoggiare il vassoio.
Gaara si limitò a scrollare le spalle. “Era da un po’ che non venivi tu.”
La sorella ghignò mentre versava il the nella tazza “È un modo carino per dirmi che preferisci che sia la ragazza di Konoha a portarti il the?”
Lui prese la tazza senza dire niente; nel liquido ambrato c’era una fogliolina che galleggiava pacata. Era da un po’ che non vedeva i rimasugli del the, Hinata non ne faceva cadere mai nella sua tazza. Con la mano roteò il recipiente facendo vorticare il liquido.
“Le avevo chiesto di portarti il the perché io avevo dei problemi di orario la scorsa settimana,” proseguì Temari tranquillamente osservandolo “Ma adesso che posso pensavo di tornare a farlo io.” lo soppesò mentre lui beveva a piccoli sorsi, continuando a fissare il contenuto della sua tazza e a far roteare di tanto in tanto il liquido “Qualche volta potrebbe comunque venire qualcun altro, come al solito, quando ho i turni di guardia…” suo fratello continuava a dedicarsi al suo the. “… Qualcosa non va, Gaara?”
Il ragazzo alzò finalmente gli occhi su sua sorella “Mi danno fastidio le foglie nel the.”
Sbatté le palpebre un paio di volte prima di rispondergli “Basta levarle con il cucchiaino.”
Le labbra di Gaara si arricciarono in un piccolo broncio; alzò la tazza e bevve tutto di un fiato il the rimasto.
“Dicevo,” riprese Temari “Pensavo di mandarti qualcun altro a portarti il the: Hinata Hyuuga non rimarrà qui per sempre, quindi sarebbe bene cercare qualcun altro disposto a portarti il the quando io sono impegnata.”
“Ma adesso lei c’è.” la interruppe riponendo la tazza sul vassoio girandola con il disegno verso la sua direzione.
Temari sorrise “Prima o poi però tornerà nel sul Villaggio. E poi sarebbe carino lasciarle più tempo libero per visitare Suna: negli ultimi giorni finisce di mettere via le tazze da the e avvia subito la cena. Quella ragazza non esce mai di qui se non per lavoro…” Raggirò la scrivania e gli mise dolcemente una mano sulla spalla “Non preoccuparti, mi assicurerò io di trovare una ragazza altrettanto tranquilla e discreta per sostituirla.”
Lui non si mosse, né rispose; continuava a fissare il servizio da the. Temari attese paziente un suo cenno; trovava straordinario come in appena una settimana il suo fratellino si fosse abituato ad avere quella ragazza intorno, ma era davvero il caso di cominciare a presentargli altre alternative.
Il Consiglio aveva cominciato a chiedere dimostrazioni palesi del legame sentimentale di Gaara con la giovane di Konoha, prove che avrebbero potuto sostenere le voci che lo stesso Consiglio stava abilmente facendo circolare per scoraggiare tutti coloro che ambivano a presentare nuove pretendenti al cuore del loro Kazekage. Strano ma vero, le pressioni del Consiglio non avevano portato Gaara ad allontanare Hinata, ma nemmeno si poteva dire che lui la cercasse o la guardasse in modo diverso da come avrebbe fissato un animale che lo incuriosiva.
Se a Gaara piaceva Hinata e lo avesse dimostrato, ovviamente lei non avrebbe per nulla al mondo ostacolato il loro rapporto. Ma era sicura che lui non sapesse affatto distinguere l’amore dalla simpatia, e poi, se davvero a Hinata Hyuuga piaceva un altro ragazzo, era meglio che Gaara non le si affezionasse troppo.
Gli strinse la spalla per richiamare la sua attenzione.
“Ti va bene?”
Lui chinò la testa senza guardarla “Fa’ come credi.”

Temari non si sorprese di trovare Kankuro fuori dalla porta dell’ufficio del Kazekage ad attenderla con le braccia incrociate.
“Allora?”
Lei scosse la testa e gli fece segno di seguirla in cucina. Kankuro non attese di varcare la porta per pretendere una risposta.
“Era un po’ scombussolato per l’assenza della Hyuuga, ma è normale: è un abitudinario. E quando gli ho proposto di sostituirla con un’altra ragazza, ci ha messo un’eternità a rispondermi. Apparentemente non sembra importargli nulla, e difatti anche se gli piacesse Hinata, non avrebbe motivo di preoccuparsi perché comunque si vedrebbero a cena.”
Kankuro si appoggiò al ripiano della cucina mentre osservava sua sorella mettere tazza e brocca nel lavello. “Lei come ha reagito quando le hai detto che il the oggi lo portavi tu?”
Gli occhi azzurri di Temari non si alzarono nemmeno “Era piuttosto spaesata anche lei, ma credo dipenda dall’alternativa che le ho dato: le ho detto che poteva farsi una passeggiata…”
Kankuro attese che lei lo guardasse di nuovo “E le tue conclusioni?” il suo tono era tra lo scocciato e il sarcastico.
Temari si pulì le mani e ne approfittò per buttare un po’ d’acqua in viso al fratello “Le trarrò stasera, quando dirò a Gaara che non vedrà Hinata nemmeno a cena.” ghignò mentre lui si asciugava “Se sarà abbastanza scocciato, direi che possiamo anche iniziare a preoccuparci per le conseguenze di una relazione tra il nostro fratellino e una ragazza ninja appartenente a una delle famiglie più nobili del Villaggio della Foglia e che per di più ama un altro.”
“Io avrei iniziato a preoccuparmi già prima: c’erano già tutte le premesse, come ti ho più volte fatto notare,” Kankuro sospirò con fare saccente “Gaara ha sempre posto una data per la partenza di tutte le ragazze straniere che gli venivano presentate. Con alcune continuava a guardare il calendario in attesa che queste se ne andassero. Ma con la Hyuuga non ha nemmeno dato una scadenza per il suo lavoro!” Kankuro aveva preso a gesticolare e girare per la cucina “È un comportamento che non è sfuggito nemmeno al Consiglio!”
Temari abbassò lo sguardo e il tono di voce “Senti… lasciami vedere come va stasera. Se fa scenate di gelosia o entra in crisi per non averla vista tutto il giorno, ti prometto che lo prendo da parte e gli parlo direttamente.”
Kankuro sbuffò e si fermò vicino al tavolo, non aveva mai la meglio quando discuteva con Temari “Come mai non c’è Hinata a cena?” cambiò discorso.
La sorella ghignò cercando di non sembrare troppo allegra “Ha ricevuto un invito a mangiare fuori…”
“E da chi?” Kankuro era sorpreso: non gli sembrava che quella ragazza fosse il tipo da ricevere ed accettare inviti da sconosciuti. E comunque non era mai uscita dal palazzo se non per lavoro; le uniche persona che poteva dire di conoscere a Suna erano loro tre…
“Da te!” rispose la sorella estasiata.
Nei pochi attimi che seguirono Temari si godette appieno l’espressione di assoluta contrarietà e sorpresa che deformava il viso di suo fratello.

Kankuro affondò le bacchette nel riso e se le mise in bocca con foga senza sollevare lo sguardo.
Detestava sua sorella, davvero.
Afferrò il bicchiere con poca grazia e bevve tutto di un sorso quanto c’era dentro.
Un giorno le avrebbe fatto pagare tutti quei suoi tiri mancini.
Gaara osservò suo fratello inclinando la testa; doveva essergli successo qualcosa nel pomeriggio che lo aveva reso così nervoso. Oppure era solamente il suo modo di esprimere il suo dispiacere per l’assenza di Hinata a cena. In parte lo capiva: anche a lui non piaceva vedere la sedia vuota di Hinata.
Fissò il piatto che aveva cucinato Temari; non c’era nessuna spezia posizionata in maniera artistica. Anzi, le spezie non c’erano proprio…
“Sarebbe stato bello andare anche noi a cena fuori, ma era da tanto che non facevamo una tranquilla cena insieme solo noi tre.” Temari si sforzava di fare conversazione; lanciò uno sguardo a Kankuro che ancora sedeva scomposto sulla sedia e faceva di tutto per non incrociarla con lo sguardo. “Certo che una cena fuori è proprio una bella idea per affiatare un gruppo di lavoro. Sono contenta che Hinata abbia la possibilità di conoscere i suoi colleghi anche fuori dal campo di addestramento.”
Kankuro affondò le bacchette con maggiore foga, tanto da farle sbattere con il fondo del piatto.
Gaara non batté ciglio; era un po’ scocciato per non aver saputo prima di quella cena: lui in fondo avrebbe dovuto essere il diretto responsabile di quel gruppo di lavoro, o almeno così aveva detto il Consiglio quando aveva proposto Hinata per quell’incarico. Se lo avessero invitato avrebbe trovato una scusa per non andare, ovviamente, ciò non implicava però che non volesse esserne informato.
Forse avrebbe dovuto riprendere Hinata, in maniera ufficiosa magari; comunque avrebbe dovuto sottolinearle che voleva essere avvertito di queste iniziative. Sì, gliene avrebbe parlato appena fosse tornata.
Un pensiero lo colpì all’improvviso: Hinata usciva poco, chissà se sarebbe stata capace di trovare la strada di casa di sera… Sbuffò infastidito: vivevano nel più grande e imponente palazzo di Suna, sarebbe stato impossibile non trovarlo, perfino in una notte senza luna sarebbe bastato guardare verso l’alto.
Fermò le bacchette a mezz’aria. Hinata non guardava mai verso l’alto… però era in compagnia, forse l’avrebbero accompagnata fino a casa. Forse qualcuno avrebbe potuto invitarla a stare fuori tutta la notte a divertirsi. Assottigliò lo sguardo; lei era sua ospite, non poteva e doveva andarsene in giro da sola senza di lui o senza il suo permesso, nemmeno con chi lavorava insieme a lei.
Gaara sentì un senso di fastidio crescergli in petto. Concentrò lo sguardo sui chicchi di riso scomposti ma quella sensazione rimase. Era irritante.
Depose le bacchette vicino al piatto e si pulì velocemente la bocca.
“Dove vai?” Temari lo fissò mentre lui allontanava la sedia dal tavolo. Anche Kankuro alzò gli occhi dl piatto per osservarlo.
“Ho del lavoro da fare.”

Hinata aveva mangiato poco quella sera: quando era agitata tendeva ad evitare il cibo, e comunque, non le era chiaro a chi sarebbe toccato pagare il conto, non voleva che qualcun altro si sobbarcasse le spese di una sua eventuale abbuffata. Anche perché aveva il netto sospetto che quel “qualcun altro” avrebbe potuto essere il Kazekage.
Al solo pensarlo, Hinata sentì il petto appesantirsi; i suoi occhi corsero alla sedia vuota al posto del capotavola. Non aveva nemmeno pensato che avrebbe potuto avvertirlo lei per quella cena; in realtà fino a quel pomeriggio, quando qualcuno l’aveva salutata dicendole “Ci vediamo stasera”, non era affatto sicura di essere lei stessa tra gli invitati, e aveva quasi dato per scontato che qualcuno di più importante si sarebbe preoccupato di ufficializzare l’invito alla più alta carica di Suna. Invece… Si era sentita morire quando poco prima, quando, appena giunta sul luogo dell’incontro, le avevano chiesto perché il Kazekage non fosse venuto.
Abbandonò la sedia vuota per scrutare la tavolata: le sue colleghe donne sembravano essersela presa a male per quella mancanza, e le lanciavano occhiate che le facevano venire i brividi lungo la schiena.
Gli altri tuttavia non parevano badare molto all’assenza del Kazekage, come non sembravano molto preoccupati a badare a lei. Invero, la cena si era trasformata ben presto in una serata di ricordi e pettegolezzi, a cui Hinata di fatto non poteva partecipare: aveva ascoltato ovviamente, sempre con il timore che ad un certo punto qualcuno le avrebbe chiesto un parere. Tuttavia quelle poche volte che l’argomento era andato a pescare persone che lei poteva in qualche modo conoscere, la discussione era stata prontamente cambiata. Talvolta qualcuno dei suoi colleghi si era fermato a lanciarle un’occhiata e tra una risata e l’altra le aveva spiegato l’aneddoto appena raccontato o gentilmente aveva cercato un argomento a cui anche lei potesse partecipare. Ma in realtà, all’infuori del lavoro, lei e i suoi colleghi avevano ben poco da spartire. E tra quel poco, un unico argomento avrebbe potuto attirare l’attenzione di tutti su di lei: il Kazekage e il suo vivere con lui gomito a gomito. Hinata però non voleva parlarne, aveva accuratamente evitato di farlo per tutta la settimana, soprattutto in presenza delle altre ragazze. Ogni volta che i loro sguardi si posavano su di lei, le tornavano in mente le parole di Temari sulla gelosia che avrebbero potuto provare nei suoi confronti; in loro presenza era costantemente sulle spine.
Forse, se ci fosse stato il Kazekage quella sera con loro, quelle ragazze sarebbero state così felici da smetterla di studiarla in quella maniera; lo facevano ad ogni suo movimento, a tavola quella sera, come nel campo di addestramento durante il lavoro. Sarebbero state tutte prese da lui e lei avrebbe potuto giustamente sparire.
Un’altra fitta al petto avvertì Hinata che i sensi di colpa per non aver avvertito il Kazekage non si erano affatto affievoliti; una volta a tornata a Palazzo avrebbe fatto meglio a scusarsi, almeno per far tacere la sua coscienza.
Annuì a se stessa sperando che il momento di rientrare giungesse presto.
Purtroppo però, quella sera non sembrava voler volgere a suo favore: le ragazze cominciarono a prendere più confidenza mano a mano che le portate aumentavano e tentarono di farle a qualche domanda imbarazzante a tradimento prima dell’arrivo del dolce. Hinata ne fu semplicemente terrorizzata: lei non sapeva niente di personale sul Kazekage. E non voleva dover raccontare loro di quanto leggere fossero le dita di lui quando la sfioravano per prendere il vassoio, né di come brillasse sotto la luna la rosa del deserto che lui le aveva regalato; quelli erano segreti suoi e non voleva doverli condividere con nessuno.
Tuttavia un confronto con loro sembrava proprio inevitabile: anche quando sospirò sollevata varcando la porta del locale in cui avevano cenato e tutti si congedavano per tornare nelle loro case, due delle ragazze la presero a braccetto proponendole senza possibilità di risposta negativa di continuare la serata “tra donne”.
Hinata valutò seriamente la possibilità di fuggire usando le sue abilità ninja, ma sapeva che non sarebbe stato carino e un simile comportamento avrebbe messo in imbarazzo il Kazekage nella sua qualità di ospite.
Socchiuse gli occhi mentre si lasciava trascinare per le viuzze di Suna; era certa che il Kazekage l’avrebbe capita e giustificata se gli avesse confidato che era fuggita da una situazione che non la metteva a suo agio. Aveva la sensazione che lei e lui fossero molto simili sotto questo aspetto, con la sola differenza che lui sapeva affrontare le situazioni che lo mettevano in difficoltà.
Sentì le guance imporporarsi leggermente mentre pensava a lui e sbatté più volte gli occhi per tornare presente nella situazione in cui si trovava. Con due ragazze che la tenevano saldamente per le braccia, Hinata fece appello a tutta la sua determinazione per trovare una motivazione possibilmente non scortese che le permettesse di tornare a casa. Il dire che era stanca, non aveva funzionato.
Sospirò; forse avrebbe dovuto promettere loro una buona parola con il Kazekage…
Un formicolio alla nuca la portò ad alzare il capo verso i tetti. Impuntò i piedi e i suoi occhi si dilatarono per lo stupore; dalle sue labbra uscì un piccolo gemito di sorpresa che attirò l’attenzione delle altre. Sul tetto della casa di fronte a loro, a braccia conserte e in abiti non ufficiali, le scrutava il Kazekage in persona.
Hinata si sentì esultare vedendolo; era quasi come se lui fosse venuto a salvarla.
Non si curò delle braccia ancora bloccate nella morsa delle due ragazze, alzò il viso verso di lui e gli sorrise.
Gaara continuò a fissare quegli occhi chiari mentre scendeva avvicinandosi al gruppetto; Hinata non gli sembrava affatto a suo agio così bloccata, ma era certo che se lei lo avesse voluto sarebbe riuscita a liberarsi facilmente con le sue tecniche. Più difficile invece sarebbe stato se lei avesse preferito liberarsi usando un sistema di parole e persuasione.
Scostò l’attenzione sul sorriso che l’aveva illuminato poco prima: a poco meno di due passi da lei si era parecchio affievolito. Era un peccato, perché era stato proprio bel sorriso. Chissà se sarebbe tornato di nuovo se le avesse dato una via di fuga per staccarsi da quella morsa.
“Se stai tornando a casa, ti accompagno.”
Hinata sentì le dita delle ragazze stringersi sulle sue braccia, ma non era un avvertimento; il loro sguardo era perso estasiato sull’algida figura del Kazekage, stavano stringendo il suo braccio al pari di un cuscino durante un sogno ad occhi aperti. Trasse un profondo respiro abbassando gli occhi per concentrarsi: se voleva provare a migliorare il suo rapporto con le sue colleghe offrendo loro un incontro con il Kazekage, questo era il momento.
Senza guardarlo ma cercando di mantenere un tono di voce accettabile disse “S-stiamo andando a bere qualcosa…”
Gaara alzò un sopracciglio perplesso, ma poi scrollò le spalle; con un “Come vuoi” girò i tacchi e fece per allontanarsi. La voce di Hinata lo bloccò, aveva gridato “No”.
Torcendosi le mani e con le guance rosse rivolte a terra, la ragazza bisbigliò qualcosa che sembrava essere un “Andiamoci tutti insieme”. Di sicuro fu quello che intesero le altre tipe con lei perché non persero tempo a mollare le braccia di Hinata ed ad avvicinarsi a lui proponendogli di andare a bere in quello o in quell’altro locale. Gaara le ignorò, avvicinandosi di nuovo all’unica persona di quella via a cui voleva dedicare la sua attenzione “Dove vuoi andare?”
Tutto di Hinata gridava che lei in realtà voleva tornarsene a casa, ma le sue labbra si strinsero in una linea sottile e i suoi occhi indicarono un piccolo locale poco distante.
Gaara la soppesò un lungo momento, non capiva perché la giovane Hyuuga volesse imbucarsi in un locale quando era chiaro che quella non era affatto una via di fuga delle persone che la stavano tormentando. L’unico posto sicuro sarebbe stato “casa”: nessuno avrebbe potuto disturbarli lì.
Tuttavia, visto che lei sembrava tenerci per qualche ignoto motivo, si avvicinò comunque a dare un’occhiata seguito dai passi incerti della ragazza di Konoha. “Credo stia per chiudere...” constatò atono lui.
Vedendo il Kazekage, però, il padrone del locale fu ben felice di rimandare la chiusura e si profuse ad offrire il tavolo e le sue bevande migliori.
Gaara ordinò un the, gettò uno sguardo a Hinata, ancora piuttosto scossa e rossa in viso, e ne ordinò uno anche per lei. Poi chiese gentilmente alle ragazze che erano venute dietro a loro se prendevano qualcosa.
Tutti insieme si sedettero su un tavolo in silenzio, chi imbarazzato, chi scocciato, chi completamente estasiato. Le ragazze tuttavia non ci misero molto ad iniziare a raccontare di come andava ai campi di addestramento.
Gaara annuiva e si sforzava di ascoltarle, ma i suoi occhi scivolavano spesso via, sul viso candido di Hinata, nascosto dietro una tazza non appena arrivarono le loro ordinazioni. Non sembrava aver niente da dire, come non sembrava affatto che si stesse divertendo: esattamente come prima in strada, sembrava non veder l’ora di tornarsene a casa. Il Kazekage alzò un sopracciglio perplesso: quella ragazza doveva proprio avere una vena di masochismo per incastrarsi da sola in una situazione che la metteva a disagio. Assottigliò lo sguardo mentre portava anche lui la tazza alle sue labbra; lui non avrebbe permesso che quella tortura per entrambi durasse ancora a lungo.
“Potrebbe passare a vedere di persona come procedono gli allenamenti, anche i bambini ne sarebbero felicissimi.” Dicevano intanto le altre con occhi luccicanti; loro non avevano ancora toccato la loro bevanda.
Lo sguardo azzurro del Kazekage tornò su di loro quasi di malavoglia “Sono certo che stata facendo tutti un ottimo lavoro.”
Le ragazze sorrisero; Gaara ne approfittò per svuotare la sua tazza con finta casualità e lentezza. Quando la riappoggiò sul tavolo trattenne a stento un ghigno soddisfatto: lui e Hinata avevano finito di bere, loro non avevano nemmeno iniziato.
Con un cenno della mano chiamò il barista, gli raccomandò di far recapitare a lui il conto e di servire alle signorine quanto volessero ordinare ancora.
Velocemente si alzò sfiorando appena il braccio di Hinata per indurla a fare altrettanto, ed augurò una buona serata alle ragazze che protestavano o si avventavano sulla bibita per poterli seguire fuori dal locale.
Gaara spinse Hinata in strada, l’afferrò per un braccio e la trascinò via in un turbine di sabbia.

La giovane Hyuuga chiuse gli occhi mentre con il braccio libero cercava un appiglio che potesse aiutarla a sorreggersi. Lo trovò e vi si rannicchiò contro. Il terreno sotto i suoi piedi era instabile, non riusciva a coordinare equilibrio e velocità, non con la stessa destrezza del Kazekage. Restò quindi ferma a lasciarsi trasportare, mentre vento e sabbia le scompigliavano i capelli.
Si fidò ad alzare il viso e a mollare la spalla del ragazzo solo quando furono perfettamente fermi.
Erano in cima a una delle pareti di sabbia che circondavano il Villaggio; Hinata trattenne il fiato alla vista dei tetti addormentati sotto di loro. Presa com’era dal panorama, non si accorse subito che lui le stava ancora stringendo il polso. Quelle dita candide e morbide la tenevano senza forza vicino a lui, immobili.
Continuò a fissare le case dalle finestre scure senza realmente vederle; erano da soli, illuminati dalla luna e davanti a un panorama mozzafiato. Il Kazekage era al suo fianco, nessuna scrivania o vassoio a separarli; poteva sentirlo respirare.
Erano di nuovo in una situazione che lei avrebbe definito perfettamente romantica…
Come avrebbe reagito lei se lui in quel momento avesse fatto scivolare la sua mano più in basso a prendere la sua?
Sentì improvvisamente caldo alle guance e il respiro le si fece più pesante.
L’avrebbe stretta per sentire se davvero le sue dita erano così morbide come quando si sfioravano scambiandosi il vassoio del the.
Ma non avrebbe dovuto aspettare che lui facesse la sua mossa per arrivare a toccare la mano del Kazekage.
Il suo cuore le batteva forte nelle orecchie; le sarebbe bastato girare leggermente il braccio per far salire le sue dita verso di lui.
Avrebbe potuto farlo.
Avrebbe voluto farlo.
Solo per qualche attimo, sfiorare ancora quelle dita…
Si immobilizzò; anche il suo cuore smise di battere. La mano del Kazekage stava risalendo, sfiorandole appena la pelle del braccio, arrivando a lambirle i capelli sulle spalle. Hinata la fissò in attesa, le sembrò di sentire sospirare ma non era certa se fosse stata lei o lui; non riusciva a staccare lo sguardo da quelle dita.
Come sarebbe stato se l’avessero accarezzato il viso?
Le sue guance avvamparono al solo pensiero.
Sarebbe state comunque morbide?
Gaara inclinò appena la testa per guardarla, Hinata sembrava distratta. Sbuffò impercettibilmente, chiuse le dita in un pugno, e con il dorso colpì la fronte della ragazza, esattamente come faceva Temari con lui e con Kankuro quando “combinavano” quelle che lei definiva “delle sciocchezze”, ma lo fece molto ma molto più piano di quanto usava fare la sorella. Questo tuttavia non impedì ad una confusa Hinata di allontanarsi di un passo toccandosi la fronte con una mano.
“Voglio essere avvertito quando ci sono cene del vostro gruppo lavoro.” attese qualche attimo che lei superasse il disorientamento “Ed è meglio andare a casa che nei locali.”
Gaara la osservò chinare la testa e mordersi le labbra tremendamente abbattuta. Si aspettava quella sua reazione, ma non voleva le sue scuse; gli premeva più sapere che non si sarebbe mai più ripetuto un caso analogo. Se il pomeriggio lei preferiva uscire per città invece di portargli il the, poteva accettarlo, ma la sera voleva che stesse a casa. Al sicuro. Dove c’era lui.
Hinata avrebbe voluto sprofondare: la stava rimproverando! con tono pacato e in maniera ufficiosa, ma comunque stava palesando dell’insoddisfazione nei suoi confronti. Proprio mentre nella sua testa continuava a figurarsi l’idea della sua mano stretta in quella di lui.
I suoi occhi le si velarono di lacrime mentre faceva correre le dita al riparo nella stoffa del suo vestito.
Era una stupida…
Una mano del Kazekage si appoggiò sulla sua testa chiana e si spostò piano verso la nuca.
“Non dovresti metterti da sola in situazioni che non ti piacciono.” Gaara lasciò la sua mano cadere sulla spalla della ragazza per poi riportarla al suo fianco “La prossima volta potrei non avere tempo per controllarti e portarti via.”
Lei lo guardò spaesata senza capire. Da quelle parole sembrava quasi che lui fosse stato tutta la sera appostato per vedere i suoi spostamenti e per intervenire nel caso lei avesse avuto bisogno di aiuto.
I suoi occhi chiari volarono sul volto del Kazekage, sulle sue mani ormai allacciate in petto con il resto delle braccia. Non capiva, e più non capiva più voleva essere rassicurata.
Avrebbe voluto che quelle mani si chiudessero ancora sul suo polso o che le accarezzassero di nuovo i capelli; aveva bisogno di sentire ancora il tocco dolce e leggero di quelle dita candide, anche solo per un attimo, per sentire il Kazekage vicino. Sbatté gli occhi più volte, scacciando le lacrime che vi si affacciavano, e lo fissò in una muta richiesta.
Gaara si specchiò in quei confusi occhi chiari ancora per qualche attimo prima di chinare il capo e girarsi verso le placide case di Suna sotto di loro.
Avrebbe potuto dire che quella era tutto sommato una buona conclusione della serata: in silenzio ad ammirare il paesaggio con Hinata. Perfetto.
Eppure non era soddisfatto; mancava qualcosa. Aveva quella fastidiosa sensazione che avrebbe potuto fare qualcosa in più, che la serata avrebbe potuto essere migliore di quello che era.
Allungò nuovamente uno sguardo su Hinata, magari gli sarebbe bastato vedere il sorriso sulle sue labbra per eliminare il senso di fastidio. Lei però non sorrideva; aveva lo sguardo perso e lucido. Eppure era sicuro che anche lei preferisse la sua compagnia silenziosa piuttosto che quella avuta durante la serata. Ma era comunque distante; forse non le importava essere lì con lui e stava pensando ad altro.
Chissà a cosa.
Chissà a chi.
Le sue dita di contrassero sulla stoffa delle sue maniche.
“Io vado a casa.” disse atono avviandosi.



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Apro qui un sondaggio (sperando che qualcuno arrivi fin qui^^): quanti sarebbero stati felici di vedere un Kankuro incavoltao al ristorante con un'imbarazzata Hinata e un Gaara imbronciato nel suo ufficio mentre medita di riempire accidentalmente di sabbia tutte le marionette del fratello? Perchè questa sarebbe stata una delle idee scartate per questo capitolo...
Grazie per essere arrivati fin qui. Capisco che dieci capitoli passati solo a sfiorarsi appena e a fraintendersi, possano essere un po' pesanti... ma... io mi sto divertendo un sacco!
Comunque, se vi può rassicurare, nel prossimo capitolo inizierà a muoversi qualcosa di più concreto, con grande gioia da parte di Kankuro che potrà finalmente dire a Temari "Avevo ragione".

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Come foglie al vento

Pensavate fossi sparita? Ovviamente no visto che ero sul forum a provare ad organizzare un contest ^^ Mi sono riletta l'intera storia e ho ri-organizzato i capitoli futuri; che lo vogliate o no e con i miei tempi biblici, continuerò questa storia.
Al solito, ringrazio brevemente chi commenta: non sapete davvero come sono felice di leggere le vostre impressioni a fine capitolo!
Arwen88: grazie per il sostegno puntuale in ogni capitolo ^.^ Come vedrai, stavolta sarà Hinata a muovere i primi passi lenti e ancora un po' insicuri XD
Midblooder_The_Joker: fessi sì, e ancora a lungo! per fortuna c'è chi darà loro ottimi consigli, che verranno puntualmente fraitesi e rielaborati a piacimento ^^
martufella87: purtroppo io marcio alla grande sui frainteindimenti, che però poi si risolvono bene! Sono contenta che la soluzione che ho adottato ti sia piaciuta: la scena di Kankuro e Hinata a cena mi piaceva molto (più la faccia nervosa di Kankuro, in verità ^^) magari ci scrivo un drabble a parte XD
Sayaka3DG: piano piano Gaara capirà, anche se ci arriveranno prima gli altri e anche Hinata inizierà a muoversi. Ho paura di uscire troppo dal Canon fintanto che quei due arrivano a capirsi... voglio provare a rispettare quanto posso l'immagine che ho di loro ^^
slice: grazie ^.^ Temari stava prendendo in giro Kankuro, forse come scena era effettivamente poco chiara (rileggendo tutto a distanza di tempo me ne accorgo anche io -.-') A me piace molto la coppia Hinata-Gaara, ma non ho intenzione di far sparire all'improvviso i sentimenti (che sono comunque molto forti) di Hinata per Naruto: vorrei che lei ci riflettesse sopra (in parte lo farà nel prossimo capitolo), ma ho paura di rasentare la paranoia... quindi dimmi sempre da sostenitrice di entrambe le coppie cosa ne pensi!
Niggle: io non abbandono, posso metterci mesi, ma andrò avanti paino piano come i miei protagonisti ^.^
Lisey91: sì, anch'io mi ero immaginata Kankuro elegante nel più lussuoso ristorante di Suna! XD Mi piaceva qualla scena quindi penso che la riciclerò da qualche parte se riesco ^^ Le lumachine crescono!
simomart: Benvenuta! Purtroppo non posso garantire celeri aggiornamenti ^^ mi spiace. Penso che Kankuro avrebbe messo le sue marionette al sicuro, prima di fare qualcosa di pericoloso come uscire con Hinata XD
giusygiu: grazie! vedere i riscontri regolari che mi date ad ogni capitolo mi tranquillizza! Comunque prima o poi i protagonisti dovranno muoversi ^^ se non altro per dare a me la soddisfazione di una scena romantica e completa! XD
pinkeclipse66: benvenuta anche a te! No, io non vi trascuro, solo mi adeguo alla lentezza dei protagonisti XD no, dai, sto scehrzando: sono effettivamente una lumaca a scrivere, mi spiace. Posso assicurarti che porterò a termine questa ff ma non posso assicurare tempi brevi: già riprendere a postare una volta al mese sarà per me un successo ^^
E ringrazio anche tutti coloro che leggono e che hanno messo la storia tra i propri "Preferiti" o "seguiti" ^.^


Al prossimo capitolo!^^



Hinata strinse al petto le carte che aveva in mano, regolando il respiro dietro la porta che la separava dal Capo Villaggio di Suna. Le era ancora strano dover entrare in quell’ufficio senza il vassoio del the; un po’ le dispiaceva che Temari fosse riuscita a riaggiustare i suoi orari di guardia… ora non era più lei a ricordare al Kazekage di fare una piccola pausa tutti i pomeriggi.
Si sfiorò le dita ricordando i tocchi lievi di lui mentre l’aiutava a prendere il vassoio. Le mancavano quei momenti.
Ora vedeva il Kazekage solo a colazione e a cena, anche le relazioni di lavoro se non erano urgenti venivano relegate a un mero scambio di battute durante il pasto serale; e c’erano sempre i suoi fratelli presenti. A volte sembrava quasi che facessero le corse per non lasciarli troppo da soli; non capiva se era un comportamento voluto dallo stesso Kazekage o se invece ne era infastidito. Dal canto suo, lei non sapeva che pensare: dopo quella sera in cui lui era venuto a prenderla, non avevano avuto più occasione di restare da soli e questo la intristiva; però si trovava bene a “casa”. Le piaceva essere entrata nella routine dei tre fratelli, cucinare con Temari e far indovinare a Kankuro chi aveva cucinato cosa. Il Kazekage parlava poco in genere, ma quando suo fratello sbagliava ad attribuire un piatto era lui a correggerlo, prima ancora che Temari potesse aprire bocca.
Hinata sorrise più apertamente pensandoci; chissà se si accorgeva che ogni tanto era comunque lei a preparargli il the anche se non glielo portava…
Scosse la testa e buttò indietro i capelli.
Il Kazekage aveva certamente problemi più importanti a cui pensare, e sua sorella era certamente più adatta di lei per portargli il the.
E poi, si ripeté Hinata, senza quell’incombenza poteva dedicare molto più tempo a programmare il suo lavoro con i bambini. Era sinceramente fiera dei piccoli progressi che ognuno di loro faceva ogni giorno e si divertiva ad ideare sempre nuovi esercizi e giochi per facilitare loro l’apprendimento e la pratica delle tecniche base. Era davvero grata al Kazekage e al Consiglio di Suna per averle accordato quel lavoro, le piaceva molto. L’assorbiva completamente, grazie a quello trovava a malapena il tempo di ricordarsi di non essere nel villaggio in cui era nata; qualche volta la sera si sentiva un po’ in colpa per non pensare più così intensamente a Konoha e ai suoi amici, ma al contempo paventava il giorno il cui il Kazekage le avrebbe detto “Puoi tornare al tuo Villaggio”. Anche per questo stava studiando un sacco di nuove idee per continuare a migliorare il lavoro che già svolgeva e per rendersi sempre più utile. Il suo rapporto con i colleghi sembrava migliorare giorno dopo giorno; nessuno poteva ovviamente sostituire Kiba e Shino e la loro affinità di squadra, ma almeno non si sentiva più così estranea ed alcune delle ragazze avevano perfino smesso di cercare di farle domande a tradimento sul Kazekage.
Sì, tutto stava andando per il meglio.
E, conquista fresca fresca, alcune sue idee erano state approvate alla riunione dell’equipe di quella mattinata. Per essere certa di non dimenticarsi niente per via dell’agitazione si era preparata scritta una breve relazione, ma era orgogliosa di dire che era riuscita ad esporre e rispondere alle domande senza leggere. L’idea era anche piaciuta a quel membro del Consiglio che doveva essere stato il maestro del Kazekage, con lui l’aveva sistemata e perfezionata e ora per attuarla doveva solo ottenere il beneplacito del Kazekage in persona: le avevano lasciato libero il dopopranzo per potergli presentare il nuovo progetto.
Per sicurezza, Hinata aveva riscritto dettagliatamente la sua relazione; nel caso lui fosse stato troppo impegnato, avrebbe potuto lasciargliela sulla scrivania. Lei però sperava davvero di trovarlo in un attimo favorevole per poterlo affrontare seriamente: dopo quella sera in cui avevano visto insieme Suna addormentata, aveva faticato parecchio per non immaginarsi altre scene romantiche in compagnia del Kazekage. Si era sforzata di ricordare Naruto e le situazioni che aveva fantasticato di vivere con lui, ma quelle erano solo sogni. La rosa del deserto sul suo comodino invece era reale. Ed era difficilissimo non farci caso.
Voleva incontrare il Kazekage nel suo ufficio e parlargli del lavoro in maniera professionale, così forse avrebbe smesso di gongolare per ogni volta che lui posava il suo sguardo su di lei per dirle “ottimo lavoro”, oppure per le mattine in cui le augurava “Buona giornata” o per la “Buonanotte” la sera quando si incrociavano per i corridoio.
Si sistemò la maglia decisa; era il momento giusto per entrare nell’ufficio e vedere il suo ospite solo come un qualunque datore di lavoro. Basta fantasticherie fuorvianti: lei era a Suna per lavoro.
Bussò forte ed entrò non appena sentì un soffocato “avanti”. L’ufficio era vuoto ma la porta che dava sul salottino privato era aperta. Hinata vi si avvicinò senza realmente vederla, la sua attenzione era stata catturata da una macchia ancora ben visibile sulla scrivania e sul pavimento: qualcuno doveva aver rovesciato il pranzo.
“Vieni pure, Hinata.”
La ragazza seguì la voce del Kazekage e fece due passi all’interno del salottino prima di individuare esattamente dove lui si trovasse.
Quando lo vide, la sua testa smise di funzionare. Le carte le caddero di mano. Dalle sue labbra fuggì un gemito prima di voltarsi velocemente verso la porta. Mosse un passo per uscire ma i suoi piedi slittarono sui fogli della sua relazione sparpagliati sul pavimento e per un attimo perse l’equilibrio.
Si accucciò per terra, piuttosto scossa; freneticamente iniziò a raccogliere quanto le era caduto: doveva uscire velocemente da quel salottino.

Qualche metro più in là, vicino alla porta della sua camera, Gaara fissava perplesso la ragazza di Konoha. La sua reazione era davvero esagerata; difficile pensare che non avesse mai visto prima un ragazzo a petto nudo in vita sua, durante le missioni o mentre imparava le medicazioni di primo soccorso. Alzò un sopracciglio quando la vide arretrare impacciata di schiena piuttosto che girarsi nella sua direzione. Sbuffò, Hinata si confermava di nuovo come una persona parecchio bizzarra. Afferrò più saldamente la maglia che aveva in mano; stava per infilarsela quando le sue labbra si alzarono in un piccolo ghigno. I suoi occhi corsero ancora a cercare la schiena china e tremante della ragazza.
Con un gesto deciso, gettò la maglia sul divano e ricomponendosi un’espressione neutra e posata sul volto le si accucciò davanti, frapponendosi tra lei e la porta.
“Tutto bene?”
Hinata si trovò ad ammirare con occhi sbarrati le spalle del Kazekage; accorgendosi di starvi dedicando troppa attenzione, alzò il viso di scatto incontrando quello di lui. Non sopportando di rispecchiarsi troppo in quegli occhi azzurri, riabbassò il capo, ritrovandosi a fissare quel petto dalla pelle chiarissima.
Scostò tutto il mezzobusto di lato, costringendosi a guardare il tappeto mentre allungava una mano per raggiungere gli ultimi fogli alla sua destra mormorando “Sì…” un po’ più convinto “Sì, sto bene…”
“Davvero?” il Kazekage allungò la mano a sua volta, prese dolcemente il polso di Hinata e lo riportò davanti a sé continuando sempre a fissarla “Sei pallida.”
La ragazza deglutì a fatica mentre timidamente le sue dita si allungavano a sfiorare lo sterno tra quei due pallidi pettorali. Nelle sue orecchie era partito un ronzio e da qualche parte nella sua testa una voce la incitava a svenire e possibilmente a cadere in avanti, così da ritrovarsi giusta giusta su quelle spalle invitanti.
Il pollice del Kazekage le accarezzò il polso. “Volevi dirmi qualcosa?”
Hinata ritrovò quegli occhi azzurri e riprese a respirare, strinse le carte che teneva ancora con una mano e cercò di racimolare le parole del discorso che si era preparata. La sua bocca si mosse ma la voce si affievolì quando sentì il petto del Kazekage avvicinarsi fino a premere contro i suoi polpastrelli. Le sue guance diventarono rosse. Non sapeva se doveva o poteva muovere la mano in esplorazione, ritirarla o usarla per colpire il ragazzo che le stava di fronte. Non sapeva più nemmeno da che parte guardare se non negli occhi del Kazekage.
“Ehi Gaara, dove ti metto i moduli per le missioni?”
Kankuro comparve con delle cartelle in mano sulla porta del salottino che dava sull’ufficio e si congelò ad osservare le due figure accucciate per terra.
Il Kazekage si voltò a guardarlo allentando la presa sul polso di Hinata che ne approfittò per scostarsi e raccogliere gli ultimi fogli vicino a lei. La ragazza si alzò veloce ed incerta, urtò il divano, chinò il capo appena per congedarsi senza guardare nessuno dei due fratelli e si precipitò fuori dal salottino e dall’ufficio.
Kankuro la seguì con lo sguardo a bocca aperta finché, dopo che la porta fu chiusa, uno strano suono non richiamò la sua attenzione all’interno della stanza.
Le labbra di Gaara erano tirate storte a scoprire i denti e stavano emettendo degli sbuffi corti e ravvicinati.
Suo fratello stava ridendo.
“Gaara?”
Il più giovane si alzò lentamente, la sua espressione si ricomponeva in un più contenuto sorriso “Era divertente.” spiegò mentre recuperava la maglia dal divano.
“Cosa!?” Kankuro era ancora sbalordito.
La testa di Gaara sbucò dal collo della maglia “Sei stato tu a dirmi che non devo pensare sempre e solo al lavoro.” lo fissò di nuovo serio.
“E avresti organizzato questa messinscena solo per divertimento?” la meraviglia aveva lasciato il posto al rimprovero.
“Non ho chiesto io che il pranzo mi fosse servito sui vestiti,” si giustificò il Kazekage scocciato “Con Hinata ho trasformato una situazione irritante in qualcosa di divertente.”
“Quella ragazza era terrorizzata!” lo interruppe l’altro.
“No,” con una mano si sistemò i capelli, conosceva bene lo sguardo di una persona terrorizzata “Era solo imbarazzata.”
“Eri a petto nudo.” il tono di Kankuro si fece più pacato, ma il suo sguardo rimase contrariato nei confronti di suo fratello.
“Non sarò di certo il primo ragazzo che vede mezzo svestito,” Gaara incrociò le braccia in petto, il suo tono ormai di nuovo atono “Con quei suoi occhi speciali potrebbe vedere tutti i petti nudi che vuole, no?”
Si fermò un attimo a pensare a quella constatazione: chissà se Hinata aveva mai guardato qualcuno con il Byakugan fuori da un combattimento. Chissà se aveva mai provato a sbirciare Naruto a petto nudo…
“No, non credo funzioni così.” la voce Kankuro richiamò i pensieri di Gaara “E anche se fosse, quella ragazza non sarebbe proprio il tipo.”
Il Kazekage annuì incerto, poi si ricordò della faccia sconvolta di Hinata fintanto che le si accucciava davanti: sì, decisamente a lei non sarebbe mai venuto in mente di usare la sua abilità innata per spiare qualcuno svestito.
Le sue labbra si arricciarono in un sorriso.
“Deve essersi sentita terribilmente in imbarazzo,” Kankuro continuò il suo piccolo rimprovero, “Quando vuoi divertirti con qualcuno dovresti assicurarti che sia un divertimento per entrambi.”
Gaara abbassò la testa incassando la critica; ritornò in ufficio con le cartelle che gli aveva allungato il fratello sottobraccio. Alla scrivania però, prima di dedicarsi alle sue carte, non poté trattenersi dal ripensare all’espressione sul volto di Hinata e si concesse un altro sbuffo divertito.


Il Kazekage rise di meno quando Baki arrivò nel suo ufficio poco più tardi, per chiedergli cosa pensasse delle riforme proposte dalla ragazza di Konoha. Il non sapere nemmeno a cosa si stesse riferendo – ma da come ne parlava il suo interlocutore, doveva essere qualcosa di veramente importante - gli dette molto fastidio, ma non si lamentò di lei; semplicemente disse di essere stato molto impegnato e di aver chiesto alla ragazza di ripassare più tardi. Appena Baki uscì dall’ufficio, Gaara si diresse a passo spedito alla camera di Hinata. Bussò, ma non attese che lei lo invitasse ad accomodarsi: si aprì la porta da solo e se la richiuse alle spalle “Di cosa dovevi parlarmi prima?”
Hinata sbatté gli occhi scombussolata, non riusciva a abituarsi ai cambiamenti continui del tono del Kazekage: a volte dolce, a volte perentorio…
Scosse la testa e tenendo quanto più poteva le distanze dal ragazzo, raggiunse la sua scrivania per prendere la sua relazione. Quando si girò, lui si era già seduto sul suo letto, dove lei era stata fino a poco prima.
“Ehm…” Hinata indicò la porta intendendo che avrebbe preferito andare altrove a parlare.
Lui rispose con un cenno indicando il posto sul materasso affianco a lui, perfetto per una discussione veloce e informale e sicuramente più comodo.
Hinata trasse un respiro di incoraggiamento e si sedette; aprì la bocca e sapendo che non sarebbe riuscita ad improvvisare, si concentrò sulle parole scritte davanti a sé. Una ciocca di capelli le finì in viso, se la tirò indietro e iniziò.
Gaara sbirciò i fogli sulle gambe della ragazza: era capace anche da solo di leggere una relazione scritta. Lui voleva sapere solo il nocciolo principale della questione, quanto bastava per farsi un’idea e semmai ribattere. Strisciò con il sedere per avvicinarsi ad Hinata, avrebbe sicuramente letto più velocemente da solo.
Le nocche delle sue mani si fecero bianche stringendo i fogli sentendo il respiro del Kazekage vicino alla sua spalla. Mosse la testa e la ciocca di capelli cadde nuovamente a nasconderle il rossore delle guance. Chiuse gli occhi e respirò profondamente.
Lavoro. Lavoro. Lavoro. Lei era a Suna per lavoro. Basta fantasticare. Pensare alla forza e alla determinazione di Naruto. Concentrarsi sui bambini e le sue proposte.
Aprì gli occhi e decisa si ributtò dietro l’orecchio la ciocca di capelli iniziando a spiegare con parole sue perché secondo lei sarebbe stato il caso di apportare quei cambiamenti nel corso di recupero che gestiva.
Con una mano teneva ancora stretti i fogli in grembo, l’altra le serviva per gesticolare, cercare qualche schema o disegno che aveva preparato, e per ricacciare di tanto in tanto i capelli dal viso. Mentre parlava, cercava di guardare in faccia il suo interlocutore, che si era di poco allontanato per lasciarla libera di muoversi. Ci riusciva solo per brevissimi momenti, il più delle volte si rivolgeva alle ginocchia, sue o di lui; evitava accuratamente di fissargli le spalle e il petto. La voce le tremava ancora un po’, ma stava migliorando. Credeva fermamente nelle sue proposte e anche se con la riunione di equipe era stato quasi più semplice, sarebbe riuscita a convincere anche il Kazekage.
“Così facendo si potrebbe aprire anche una o più classi per i bambini più piccoli che vogliono avvicinarsi al mestiere di ninja: basterebbe qualche incontro pomeridiano, due o tre alla settimana, con esercizi o giochi che riprenderebbero in parte i corsi dell’Accademia. In questo modo si consentirebbe ai bambini di farsi già un’idea di cosa aspettarsi e di non arrivare al primo anno carichi di aspettative che poi verranno deluse. Inoltre permetterebbe agli istruttori di avere una classe già avviata, e di avere anche già un’idea base sulle abilità e carenze degli allievi…” Hinata si interruppe a cercare tra le sue carte l’elenco degli esercizi che avrebbero potuto essere proposti in queste classi: voleva sottolineare che non doveva essere niente di troppo faticoso, visto che comunque erano bambini piccoli. Un ciuffo le ricadde sulla guancia ma stavolta non ci badò. Scosse solo appena la testa per toglierselo dagli occhi, le sue mani continuarono a cercare.
Si bloccò sentendo le dita morbide del Kazekage prendere delicatamente quel ciuffo ribelle e infilarlo indietro il suo orecchio. Non riuscì più a vedere i fogli davanti a sé; lentamente Hinata inclinò la testa per guardare le ginocchia del ragazzo seduto al suo fianco e risalire pian piano verso il suo viso.
Il ciuffo cadde di nuovo. Hinata seguì una mano del Kazekage che lo riprendeva mentre l’altra richiamava della sabbia e la modellava in un fermaglio. Lo vide prenderlo e fissarglielo sui capelli, inclinare la testa studiando il risultato insoddisfatto, ritoglierlo e rimetterlo più in alto. Lo continuò a fissare finché lui valutava i suoi capelli, ripercorreva i lineamenti del suo viso fino a tornare a guardarla negli occhi, con gli angoli delle labbra alzati in un sincero sorriso.
Non aveva mai visto il Kazekage sorridere così apertamente; era un bellissimo sorriso…
Oh no.
“Dicevi?”
Oh no, no, no.
Hinata scosse la testa per riordinare i suoi pensieri e riportò la sua attenzione mesta sulle carte “È… è tutto.”
Gaara assottigliò lo sguardo perplesso, gli sembrava che prima lei volesse mostrargli qualcos’altro. Chinò anche lui gli occhi sulle carte osservando come le dita della ragazza stessero tormentando i fogli non potendosi tormentare tra di loro. Sembrava preoccupata, sicuramente si stava agitando per qualcosa.
“Hai fatto un ottimo lavoro.” la rassicurò.
Lei annuì continuando a non guardarlo, nemmeno sulle ginocchia.
“Ci sono idee veramente buone.” proseguì lui nel suo intento di farla proseguire.
Hinata cercò di rispondere qualcosa, di riprendere per parlargli dei dettagli, ma non ci riuscì. Chiuse gli occhi e gli allungò la relazione, sconsolata.
Lui la prese lentamente allungando le dita per sfiorare quelle di lei.
“Che c’è che non va?” le chiese direttamente.
Hinata scosse la testa “Mi scusi…” i suoi occhi focalizzarono la mano del Kazekage tesa verso la sua e scivolarono via “Devo… solo pensare…” sussurrò.
Gaara annuì e di malavoglia si alzò stringendo a sé la relazione. Sulla porta si voltò a guardare di nuovo la ragazza. Non capiva perché si comportasse così e gli dispiaceva. Voleva fare qualcosa per lei, per toglierle quell’aria così abbattuta. Si girò e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Come sentì il rumore dei passi spegnersi nel corridoio, Hinata si buttò sul cuscino.
Oh no.
Il sorriso del Kazekage era incollato nella sua mente e non riusciva a scacciarlo.
Oh no, no, no.
Strinse forte la stoffa sotto di lei.
Non poteva piacerle seriamente il Kazekage.


Seduto in cucina, Gaara guardò sua sorella addentare il panino che si era preparata per merenda. Dedusse che Kankuro non le aveva raccontato niente del pomeriggio visto che preferiva mangiare piuttosto che commentare l’accaduto. Volse per un attimo l’attenzione su suo fratello che all’altro capo del tavolo studiava come migliorare uno dei meccanismi di attacco per le sue marionette.
“Non capisco perché certi lavori vieni a farli in cucina…” biascicò Temari tra un morso e l’altro rivolta a Kankuro, che alzò appena le spalle senza rispondere.
Gaara non dubitò che il suo scopo fosse semplicemente ascoltare la chiacchierata che di lì a poco avrebbe avuto luogo. Non gli dispiaceva la presenza di Kankuro, anzi, era un utile parere in più.
Ritornò a concentrarsi sulla sorella maggiore.
“Cosa si può regalare ad una ragazza?”
Temari smise di masticare gonfiandosi una guancia come un criceto; anche Kankuro smise di lavorare per guardarlo.
“Che ragazza?” sua sorella deglutì a fatica ostentando molta calma. Mise da parte il suo panino e incrociò le mani davanti a sé.
Gaara alzò un sopracciglio contrariato “Ad una ragazza in generale.”
Kankuro sbuffò impercettibilmente rimettendosi al lavoro; sapeva già che cercare di restare sul vago con Temari su un argomento che comportava contatti con persone di sesso femminile era una battaglia persa in partenza.
“Non esiste un regalo che vada bene in generale, dipende dalla ragazza e da cosa vuoi comunicare con il tuo regalo.”
Il Kazekage fissò la sorella perplesso: era davvero così complicato? Fece scivolare lo sguardo su suo fratello che borbottò un allusivo “donne…”
“L’universo femminile è complesso, Kankuro!” rispose acida Temari “Tu non lo capisci, è per questo che sei ancora single!”
Gaara ritornò inespressivo a guardare la sorella “Sei single anche tu,” commentò.
Dal suo posto Kankuro tossì rumorosamente.
Temari lo fulminò con lo sguardo. “Però sono una donna,” tornò a scrutare Gaara “Cosa vorresti dire con quel regalo?”
Lui ci pensò un po’ prima di rispondere: davvero, non si aspettava che fosse così difficile. “Di smettere di agitarsi.”
Kankuro abbandonò di nuovo il suo marchingegno per fissare il fratello.
“Non ti basterebbe dirglielo a voce?” Temari si costrinse a sorridere, era piuttosto chiaro a chi sarebbe stato destinato un messaggio del genere. Meno palesi erano invece le intenzioni di Gaara: un innocuo dono come incoraggiamento arrivava un po’ troppo tardi, tanto più che l’agitazione di Hinata in loro presenza era diminuita parecchio. “Un regalo potrebbe essere frainteso, e poi potrebbe implicare molti altri significati.”
“Tipo?” si informò il Kazekage.
Sua sorella iniziò ad elencare una serie pressoché infinita di sottointesi, talvolta così simili tra loro che Gaara sforzare la sua immaginazione per coglierne le diverse sfumature. Alcuni potevano anche fare al caso suo…
“Fai prima a chiederle scusa.” borbottò Kankuro interrompendola.
Temari assottigliò lo sguardo su entrambi i suoi fratelli; Kankuro tornò velocemente a chinarsi sul suo lavoro. Lei si rivolse al più giovane “Perché dovresti chiedere scusa e a chi?”
Gaara strinse i denti ; Temari non gli avrebbe mai continuato il discorso se avesse pensato che la teneva all’oscuro di qualcosa. “Ho fatto uno scherzo ad Hinata, prima.” spiegò sinteticamente: Kankuro le avrebbe di certo spiegato meglio cosa e come più tardi, per ora gli premeva che sua sorella gli finisse di spiegare la questione “regali”.
“Quindi, vorresti farle un regalo per scusarti?”
Lui inclinò la testa; non capiva perché avrebbe dovuto chiedere scusa: lui si era divertito, e lei si era solo imbarazzata. Quando era stato in camera sua, lei non sembrava essersela presa, in un primo momento per lo meno.
“Come è nata questa idea del regalo?” insistette Temari.
“Perché ha smesso di parlarmi.” rispose semplicemente lui; assottigliò lo sguardo su sua sorella: anche lei cominciava ad agitarsi senza motivo…
“Quindi vorresti farle un regalo per farti perdonare e perché riprenda a parlarti…” ripeté lei cercando di raccogliere velocemente le idee.
Gaara trovò riduttiva quella sintesi: lui voleva far capire ad Hinata che doveva smettere di preoccuparsi ed agitarsi all’improvviso e per niente, che se aveva dei problemi poteva parlargliene. E poi voleva farle sapere che era contento che lei fosse a Suna e che sperava si trovasse bene, e che stava facendo un ottimo lavoro. Erano concetti un po’ difficili da spiegare e ancora molto ingarbugliati nella sua testa.
“Più o meno.” rispose semplificandosi la vita.
Temari annuì lentamente, la sua mente valutava attenta la situazione, cercando di figurarsi quale scherzo suo fratello avrebbe potuto aver architettato “Sono sicura che Hinata non ne avrà a male per uno scherzo innocente, magari era solo scossa…”
Gli occhi di Gaara corsero da Kankuro, aspettandosi che dicesse qualcosa: dai toni che aveva usato prima, lui non sembrava che considerasse il suo uno scherzo innocente. Suo fratello però era troppo artificiosamente intento a controllare il pezzo della sua marionetta e non alzò nemmeno lo sguardo.
Temari registrò la reazione di Gaara e le venne un po’ il panico. Se fosse stato una cosa grave, Kankuro gliene avrebbe parlato, anche solo per sbatterle in faccia l’aver sottovalutato le azioni di Gaara con la ragazza di Konoha. Tuttavia se Hinata aveva smesso di parlare per via di questo scherzo e lui si stava preoccupando tanto da arrivare a pensare di farle un regalo…
“Gaara,” cercò di assumere un’aria quanto possibile autoritaria “Hinata è diventata una costante nella tua vita in quest’ultimo mese,” trasse un respiro “Mi sembra che tu ti sia affezionato a lei.” fece una pausa per vedere la reazione del fratello alla constatazione; lui non sbatté nemmeno le palpebre “Mi chiedevo però se… se hai seriamente preso in considerazione chi sia quella ragazza.”
L’espressione di Gaara si fece perplessa e anche Kankuro alzò la testa.
“Non fraintendermi,” aggiunse velocemente Temari “A me piace Hinata, è discreta ed anche in casa ci è molto utile, ma lei fa parte di una delle famiglie più antiche e potenti del Villaggio della Foglia. Dovrà tornare a Konoha…”
“Ora è qui.” la interruppe risoluto Gaara, come aveva già fatto tempo addietro quando Temari aveva cercato di affrontare un discorso analogo.
“Sì, lo so,” annuì accondiscendente “Ma vorrei sapere se per te è chiaro che… beh…” Temari cercò le parole per spiegarsi “Lei è qui solo per svolgere una missione. Finito il suo compito tornerà a casa sua, dalla sua famiglia, dal suo…” si bloccò mordendosi il labbro, indecisa su come continuare.
“Naruto non è il suo ragazzo.” Gaara usò un tono più scocciato di quello che avrebbe voluto.
La mano di Temari cadde pesantemente sul tavolo, gli occhi sgranati sul suo fratellino; anche Kankuro rimase attonito con l’ingranaggio ancora davanti al naso.
Non si aspettavano una simile risposta: Gaara sapeva! Il problema fondamentale era stabilire da quando.
Se Gaara sapeva già dall’inizio che ad Hinata piaceva un altro, forse aveva accettato che lei gli si avvicinasse solo perché aveva la certezza che non sarebbe stata per lui l’ennesimo intralcio sentimentale.
Se invece ne era venuto a conoscenza dopo, allora voleva dire che lui aveva provato a manifestare dell’affetto nei suoi confronti e lei lo aveva rifiutato spiegandogli che le piaceva un altro.
In entrambi i casi tuttavia, il loro fratellino sapeva con certezza che anche se Hinata sospirava per qualcuno, quel qualcuno ancora non la guardava e quel qualcuno aveva pure un nome. Per avere tutte queste informazioni, Gaara doveva in qualche modo essere entrato molto in confidenza con Hinata.
E poi c’era da considerare il tono scocciato che aveva usato per parlarne, e il fatto che ancora lui non aveva posto una data di fine alla missione della ragazza né sembrava voler prendere in considerazione l’idea che lei tornasse a Konoha… a Gaara poteva davvero piacere seriemente Hinata e questo, nel bene o nel male, era un problema.
Il Kazekage si accorse di aver perso entrambi i fratelli con quella rivelazione; probabilmente si stavano chiedendo anche loro come mai Naruto non si fosse ancora accorto di Hinata. Gaara ripercorse nei suoi ricordi il giorno in cui aveva visto Hinata e Naruto insieme. Analizzò a fondo la possibilità che Naruto sapesse dei sentimenti della ragazza e che si stesse solo divertendo a vederla in imbarazzo, esattamente come aveva fatto lui non più tardi di qualche ora prima. Scosse la testa; Naruto non era il tipo.
Gaara sospirò: gli dispiaceva per Hinata, ma era quasi contento che Naruto fosse così tardo, non si rendeva davvero conto quanto buffa potesse essere quella ragazza.
“Gaara?”
Sua sorella lo richiamò al presente; la sua espressione era molto più seria di prima.
“Vorrei che tu mettessi in chiaro i tuoi sentimenti e le tue emozioni.”
Il giovane la fissò come se stesse parlando un’altra lingua.
“Vorrei,” specificò lei “Che tu nei prossimi giorni guardassi Hinata e ti chiedessi se in lei trovi qualcosa di speciale o se è solo una ragazza silenziosa che hai accettato di avere intorno. Se ti serve solo per il lavoro o vorresti vederla anche in altri ambiti,” era un po’ brusco fare una richiesta del genere a suo fratello dopo che si era ripromessa di fare tutto in modo più graduale. D’altra parte, sentiva che la questione le stava sfuggendo di mano quindi era bene fare subito chiarezza “Inoltre, vorrei poi che provassi a stare un po’ con altre ragazze. Scegli tu con chi provare, una tua ex allieva oppure una ragazza che ti viene a portare il pranzo, oppure…”
“La nipote del Daimyō.” la interruppe Kankuro.
Temari fece una smorfia “Intendevo una ragazza del Villaggio con cui Gaara avrebbe potuto fare le stesse cosa che fa con Hinata, che ne so, una di quelle che lavorano con lei al campo, per esempio, potrebbe portarti le relazioni un paio di volte, no?” concluse rivolgendosi al più giovane dei suoi fratelli.
Gaara tuttavia non fece cenni di intesa; fissò Kankuro inespressivo in una muta domanda, a cui lui non poté che rispondere mesto “Sì, il Daimyō ha sentito delle voci su una tua relazione con una ragazza di Konoha e sta venendo a Suna per accertarsene di persona, con sua nipote a seguito. Quindi metti in conto una cena anche con lei.” Kankuro inspirò pesantemente, non avrebbe voluto essere lui a dargli quella notizia, ma se aspettava che qualcuno del Consiglio si muovesse…
“Nelle cene ufficiali c’è sempre qualcuno del Consiglio presente. Non resterai mai da solo con la nipote del Daimyō.” la voce sicura di Temari cercò di incoraggiare entrambi “E comunque è una ragazza di alto lignaggio, non oserebbe mai farti una corte spietata come invece hanno fatto altre.” rise per la sua battuta.
Gaara la guardò immobile, e nemmeno Kankuro era non del tutto convinto.
“Comunque, risolviamo un problema alla volta,” riprese lei “Per ora, cerca di impegnarti a non ricorrere sempre ad Hinata quando è la soluzione più facile. Cerca di capire se è sostituibile, ok?” aspettò un cenno di assenso prima di proseguire “Non preoccuparti per lo scherzo, sono sicura che se la lasci un paio di giorni in pace, non ci darà peso. E poi vedrai, stasera la farò parlare talmente tanto non se ne ricorderà nemmeno.”


Temari mantenne fede alla sua parola: durante la cena, fece un sacco di domande ad Hinata. Sui nuovi progetti per la scuola a Suna, su come era il sistema scolastico a Konoha, sui gruppi di lavoro, sui colleghi. Avrebbe voluto chiederle anche che razza di scherzo le aveva fatto suo fratello e come lei aveva reagito, ma non rischiò una domanda diretta davanti agli altri.
Aveva sperato di trovare da sola Hinata mentre preparava la cena, ma lei si era presentata piuttosto tardi e ancora visibilmente scossa. Doveva essere successo qualcosa di grave: Hinata evitava accuratamente di guardare in direzione di Gaara e di far riferimento a lui mentre parlava. Temari sentì l’ansia e il nervoso crescere dentro di lei. Appena fosse stato possibile, avrebbe messo sotto torchio Kankuro per sapere cosa era successo, ma per ora poteva solo seguire quanto si era proposta di fare, sperando che lo scherzo non fosse davvero chissà che.


Gaara non disse un parola per tutta la cena; si alzò da tavola e tornò nel suo ufficio. Parlare con Temari non gli aveva risolto i suoi problemi, anzi ne aveva aggiunti di nuovi. Non aveva idea di come scoprire quanto sua sorella gli chiedeva, né aveva voglia di fare a meno della ragazza di Konoha sul lavoro per alcuni giorni.
A lui piaceva quando c’era Hinata: era buffa e a differenza di molto altre ragazze non lo infastidiva l’averla intorno. Non gli piaceva però vederla agitarsi senza un motivo e non capiva perché ogni tanto si andasse a ficcare di proposito in situazioni che non la mettevano a suo agio.
Ripensò a quel pomeriggio: lì era stato lui a metterla in una situazione che sapeva non metterla a suo agio, eppure sul momento l’aveva trovato divertente. Improvvisamente sentì un fastidioso senso di colpa pungolarlo.
Quando l’aveva raggiunta in camera non gli sembrava che se la fosse presa; era ancora in imbarazzo, questo lo aveva capito e previsto, ma gli era sembrato che fosse una cosa passeggera. In fondo lei gli aveva spiegato i nuovi progetti scolastici con tono udibile; non aveva mai sentito la sua voce così a lungo prima. Aveva tremato in alcuni punti e non lo aveva guardato in faccia se non per pochi secondi, ma lì per lì aveva pensato che fosse normale. Però poi lei si era interrotta, e se non era perché era arrabbiata per quanto era successo prima, perché avrebbe dovuto farlo? Aveva letto l’intera relazione che Hinata aveva scritto: c’erano ancora un sacco di punti che potevano approfondire insieme, eppure lei si era rifiutata di proseguire. E durante tutta la cena non lo aveva degnato di uno sguardo.
Forse davvero avrebbe dovuto lasciarla in pace per alcuni giorni…
Fissò il ripiano della sua scrivania senza realmente vederlo e si oscillò sulla sedia. Si voltò appena quando Kankuro entrò nel suo ufficio.
“Ti stai rammaricando per l’imminente arrivo del Daimyō o è ancora per Hinata?”
Gaara non rispose.
Suo fratello sospirò “Senti,” si sporse sul tavolo che li separava con fare cospiratore “Non rimuginare troppo a quello che ha detto Temari. Se hai voglia di andare da Hinata, vacci. Chiedile se è veramente arrabbiata o se ha solo nostalgia di casa.”
Il Kazekage lo guardò nello stesso modo in cui aveva fissato il tavolo poco prima.
“Posso tradurti le raccomandazioni di Temari, se ti va.” Kankuro non attese una risposta, si sedette sulla sedia davanti a lui e proseguì “Ti ha consigliato di evitare Hinata perché è preoccupata: ha paura che tu ti affezionerai troppo da soffrire quando lei tornerà a Konoha. Teme anche che tu ti senta costretto a frequentarla perché lo vuole il Consiglio e sospetta che tu veda Hinata solo come uno strumento di lavoro invece che come una persona.”
L’espressione di Gaara si fece piano piano più attenta e anche molto scettica.
“Ricorda che anche Temari è una donna,” rispose Kankuro a quella muta domanda “È complicata per definizione: non stupirti se riesce a preoccuparsi per più cose contraddittorie contemporaneamente.”
Il Kazekage sbuffò divertito.
“Lo è anche Hinata, quindi vedi di muoverti cauto con lei. Non prendere iniziative e non correre, fai solo quello che ti senti di fare e che sei sicuro lei possa gradire, e se fai qualcosa spiega sempre il motivo altrimenti potresti essere frainteso.” Kankuro lo studiò per un attimo e aggiunge “E magari mantieni sempre almeno due metri di distanza tra voi. E resta sempre con i vestiti addosso.”
Gaara assottigliò lo sguardo sul fratello: tanto valeva che evitasse Hinata per qualche giorno come aveva detto Temari piuttosto che stare in sua presenza e ricordarsi tutte quelle raccomandazioni.
“Potrebbe aver frainteso il tuo divertimento questo pomeriggio.” continuò intanto il marionettista “Forse faresti bene a chiarirti per questo. Anche perché, credimi, Temari andrà a parlarle appena potrà.”
Questo era un pensiero già più condivisibile: annuì.
Kankuro si ritenne soddisfatto. “Bene,” ritornò a posizione eretta “E non preoccuparti per il Daimyō, davvero: la notizia è arrivata oggi. Magari lui e sua nipote cambiano idea e se ne restano a casa.” guardò suo fratello sorridere e si diresse verso la porta. Prima di uscire tuttavia si voltò di nuovo “Temari vorrà sapere prima da me cosa è successo questo pomeriggio, quindi aspettati un suo animato parere domattina.”
Gaara inclinò la testa appoggiata sullo schienale della sua sedia “Sei uno dei migliori Jonin di Suna,” la sua voce aveva un cenno lievemente divertito “Dovresti riuscire a non spifferare informazioni neanche sotto pressione.”
“Sotto pressione e sotto tortura, no. Sotto le minacce di Temari…” Kankuro fece un gesto eloquente “… resisterò quanto più posso.”
Gaara sorrise sinceramente a suo fratello e continuò a sorridere anche dopo che questi si fu allontanato.


Hinata tornò in camera sua con un senso di sollievo. Tutte quelle domande durante la cena le avevano fatto venire il mal di testa, ma almeno l’avevano distratta dai suoi pensieri.
Ora aveva tutta la notte davanti a sé per poter decidere come comportarsi ed analizzare sentimenti e fatti.
Non che ne avesse particolare voglia, si buttò sul letto e chiuse gli occhi.
Oblio, oblio.
No!
Si tirò su a sedere ritrovandosi esattamente dove si era seduto il Kazekage sul suo letto; arrossì ripensandoci. Si girò recuperando la rosa del deserto dal comodino; la strinse forte mentre si dirigeva verso la scrivania e si sedeva. Con il pollice ne ripercorse i bordi frastagliati, le dava sicurezza stringere quel fiore che non appassiva mai. Lo appoggiò sul ripiano ammirando il suo luccicare, e si costrinse a riflettere.
Ascoltò il suo cuore battere, provò a sentire se cambiava mentre pensava a Naruto o al Kazekage. Provò a ricordare la paura quando era arrivata a Suna e le parole di Naruto quando aveva detto che lei era in gamba.
Iniziò a dolerle la testa; si massaggiò le tempie con le mani e sospirò. Così non andava: avrebbe dovuto analizzare le sue emozioni dal vero, non storpiate dai suoi sogni ad occhi aperti. Doveva aspettare un momento in cui trovarsi da sola con il Kazekage o con Naruto, analizzare i propri sentimenti e sondare i loro per poi comportarsi di conseguenza. Sarebbe stato difficile…
Il suo sguardo si alzò leggero fuori dalla finestra mentre le sue labbra sospiravano di nuovo.
In quel momento il Kazekage bussò ed entrò senza aspettare, esattamente come aveva fatto nel pomeriggio.
Gaara non si era prefissato nessun discorso particolare da fare ad Hinata; aveva solo visto la luce di camera sua ancora accesa ed era entrato. Ora, davanti a quegli occhi chiari che lo fissavano sbalorditi, cominciò a raccogliere e riassumere a modo suo i consigli e le ammonizioni che i suoi fratelli gli avevano elargito: doveva trovare qualcosa che piacesse fare ad entrambi e che non fosse di ambito lavorativo, tanto per iniziare.
Studiò la posizione della ragazza per capire cosa stesse facendo prima del suo arrivo; era alla scrivania ma non aveva fogli davanti a sé e la finestra era aperta.
Sorrise lievemente: era così semplice. Anche se apparteneva all’universo femminile, trovare e fare qualcosa con Hinata non era poi così complicato. “Ti piacciono le stelle,” non era una domanda “Vieni.”
Hinata aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse. Stava per verificarsi uno dei momenti che aspettava, molto prima di quello che aveva previsto. Passo dopo passo, seguì il Kazekage fino al salottino; lei si morse il labbro inferiore ricordando il pomeriggio. Lo guardò sedersi, non sul divano ma subito sotto, in modo da avere i piedi del divano come schienale. Hinata restò in piedi indecisa sul da farsi, Gaara la guardò da sotto in su.
“Da qui le stelle si vedono meglio.” spiegò.
Lei annuì evitando il suo sguardo e pestolò ancora incerta su dove sedersi.
“Sei arrabbiata per questo pomeriggio?”
Hinata si sorprese e per un attimo lo fissò negli occhi. Scosse la testa e per comprovare la sua risposta gli si sedette relativamente vicino, raccolse le gambe al petto e appoggiò le braccia incrociate sulle ginocchia, cercando di riflettere su se stessa.
Gaara la guardò chiudersi nella forma tipica dell’uovo e fece altrettanto, ma invece di concentrarsi ostinatamente sul cielo stellato come faceva lei, restò a guardarla attento. Kankuro aveva detto che era giusto scusarsi e spiegarsi; quello poteva essere il momento adatto per farlo. Lentamente si sporse di lato verso di lei.
Hinata cercò di ignorarlo tenendo fisso lo sguardo fuori dalla finestra; sentì tuttavia le guance diventare incandescenti e il respiro iniziare a mancarle.
“Sei buffa quando fai così.” tenendo sempre le braccia incrociate sulle proprie ginocchia, mosse le dita per indicare il suo viso “Le tue guance diventano tutte rosse e i tuoi occhi risaltano di più.” Si raddrizzò mettendosi di nuovo seduto come lei. “Eri così anche questo pomeriggio quando sei entrata qui.” Fece scivolare via il suo sguardo e girò la testa dalla parte opposta a quella della ragazza. “Mi piaci quando sei così buffa,” concluse borbottando a mezza voce.
Hinata affondò il viso tra le sue braccia; ecco, il suo cervello era totalmente in panne e quello che diceva il Kazekage assomigliava molto ad un complimento. Sbatté le palpebre cercando di scacciare le lacrime che si stavano affacciando e prese un respiro profondo per calmarsi. Deglutì e cercò la forza per ringraziare; non voleva che quel momento finisse così, con lui che guardava altrove nella stanza e lei rannicchiata su se stessa a tremare.
Si fermò in un sospiro. Ci teneva così tanto a quello che lui diceva, e voleva farglielo sapere.
Questi erano i suoi sentimenti in quel momento.
Annuì a se stessa e si umettò le labbra. Focalizzò intensamente la propria mano; non sarebbe mai stata in grado di emettere suoni decenti mentre era così agitata, ma poteva comunque far capire al Kazekage che le era grata e nel contempo capire anche i suoi di sentimenti.
Lentamente fece scivolare la sua mano sotto il suo stesso braccio e allungò le dita cercando la stoffa degli abiti del ragazzo vicino a lei.
Gaara cominciava ad essere un po’ deluso: non sembrava che Hinata avesse capito ciò che lui aveva detto e lui non sapeva cosa avrebbe dovuto fare dopo essersi spiegato. Temari gli aveva detto di cercare “qualcosa di speciale” in Hinata, ma lui non aveva la minima idea di cosa significasse; e Kankuro gli aveva raccomandato “di non prendere iniziative”.
Quindi se ne stava così immobile con la mente che correva in giro. Era seccante, anche perché, se il suo pensiero si soffermava sulle carte sulla sua scrivania dall’altra parte del muro, quello di Hinata avrebbe potuto correre ai suoi amici a Konoha o a Naruto.
Questa era una considerazione molto, ma molto fastidiosa.
Strinse i denti e chinò il capo davanti all’evidenza: non stava accadendo niente e non aveva la minima idea di come portare avanti la serata. Tanto valeva alzarsi e…
Si bloccò sentendo il leggero tocco delle dita di Hinata sul suo braccio.
Lentamente si voltò a guardarla. Il suo viso si intravedeva appena sopra le sue braccia, concentrato nel muovere alla cieca le dita.
Come si accorse di essere osservata, la ragazza ritirò la mano; nella sua mente poté figurarsi gli angoli della bocca del Kazekage alzarsi piano in quel dolce sorriso. Lo sentì strusciare per terra per avvicinarsi a lei, fino a far toccare le loro spalle. Prese coraggio e fece sbucare nuovamente le sue dita da sotto il braccio.
Lieve sentì la mano di lui cercare la sua ed intrecciarsi ad essa. Il suo cuore si gonfiò e batté più forte facendola tremare leggermente. Sentì la presa del Kazekage farsi più sicura e finalmente sorrise a sua volta.
Gaara passò il pollice sulle dita candide di Hinata e la guardò di sottecchi sorridere.
Quello poteva essere quel “qualcosa di speciale” che doveva trovare secondo Temari. Gli venne da sorriderle più apertamente e lo fece. Ricordandosi della raccomandazione di Kankuro sul motivare le proprie azioni, cercò le parole per giustificare il suo sorriso inusuale. Ci pensò su un po’ e quando fu il momento, trovò quasi imbarazzante esprimere quel pensiero ad alta voce. “Mi piaci anche quando sorridi.”



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