the House of the Rising Sun

di RocketQueenie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - prigionia ***
Capitolo 2: *** 2 - Thranduil ***
Capitolo 3: *** 3 - la fuga ***
Capitolo 4: *** 4 - salvataggio ***
Capitolo 5: *** 5 - la sfida ***
Capitolo 6: *** 6 - ostacoli ***



Capitolo 1
*** 1 - prigionia ***





Introduzione
Buongiorno, e benvenuti nella mia prima fan fiction sul mondo di Tolkien! Ci ho messo un bel po' prima di decidermi a pubblicare qualcosa sull'argomento perché Tolkien è uno dei miei autori preferiti, e non voglio fare castronerie xD Comunque, eccomi qui! Spero che la mia ff vi piaccia, e sarei molto contenta se mi lasciaste qualche commento, di qualsiasi natura sia, per dirmi cosa vi piace della storia, o cosa non vi è proprio piaciuto.
Inoltre, allegherò ad alcuni capitoli dei link per delle canzoni, che vi consiglio di ascoltare mentre leggete, perché mi hanno ispirata nella scrittura, e mi sembra siano parte integrante della storia.
Allora, buon proseguimento!





-  Le ore si susseguivano infinite in quella sorta di intorpidimento tipico di quando nulla accade per lunghi periodi di tempo, e gli unici avvenimenti si ripetono schematici e sempre uguali come una sorta di noiosa routine.
Thorin Scudodiquercia, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re di Sotto la Montagna, credeva quasi di impazzire.
Gli unici momenti in cui aveva un contatto con qualcuno era quando il capo delle guardie degli Elfi gli portava il pasto, che puntualmente, orgoglioso e testardo com’era, si rifiutava di mangiare.
Li lasciava lì, intatti, mentre il suo fisico ormai provato smaniava per assaggiare almeno una delle portare che Thranduil, Re degli Elfi Silvani, gli faceva consegnare giornalmente.
Solo una volta, in balìa della fame più nera e della disperazione, il Re dei Nani si era abbassato a sbocconcellare un cibo assolutamente inadeguato per un Nano come lui, e a bere d’un sol sorso tutto il boccale di vino che lo accompagnava; debolezza che non riusciva ancora a perdonarsi.
Dopo quell’episodio, il digiuno era diventato ancora più ferreo, reso forte dal disprezzo più profondo per tutto quello che concerneva gli Elfi Silvani e quel codardo effemminato del loro Re.
Non sapeva più che giorno fosse, né se si trattasse del giorno o della notte, il suo sonno era ormai inquieto ed agitato, costellato di incubi in cui si trovava di fronte a Smaug, il drago, solo e totalmente disarmato.
Quei sogni terrificanti lo svegliavano di soprassalto, e gli serviva un paio di istanti per rendersi davvero conto di essere ancora imprigionato in quella maledetta cella.
Era proprio durante una di quelle notti che, svegliandosi per l’ennesima volta madido di sudore, si accorse di un rumore insolito, che gli fece drizzare le orecchie.
Sembravano dei passi delicati, che si avvicinavano di soppiatto alla sua cella.
Silenziosamente si accostò al muro di pietra, avvicinandosi furtivo alla porta ferrata della sua piccola prigione.
Attese, talmente silenzioso che persino il suono del suo respiro era inudibile.
Dopo qualche istante due braccia bianche e flessuose introdussero un fagotto attraverso la porta, e lo posarono a terra.
Quando Thorin uscì allo scoperto, il corridoio era nuovamente deserto.
Diffidente, tolse gli involti di panno che avvolgevano il contenuto del pacco, e si ritrovò in mano del pane, una morbida focaccia chiara, una boccetta piena di un liquido ambrato, e una spessa fetta di prosciutto arrosto.
Il Nano sentì la bocca riempirsi di saliva, e si portò quella meraviglia alla bocca.
Fu un istante, prima che la sua cocciutaggine avesse la meglio, e che il fagotto sparisse, intatto, in un angolo buio dello stanzino.
Non più un boccone, portatogli da qualche stramaledetto elfo, avrebbe varcato le sue labbra.
La mattina dopo, o almeno quella che lui pensava essere la mattina, la guardia posò il solito vassoio, cosa che lasciò il Re alquanto perplesso.
Doppia razione? Troppa stomachevole gentilezza persino per quel mellifluo ipocrita di Thranduil.
Era comunque troppo orgoglioso per accettare quel surrogato di carità, e in un impeto di rabbia, angoscia e impotenza scagliò il vassoio attraverso le sbarre, contro il capo delle guardie.
-Maledetto Nano!- imprecò quello, colpito dal pesante vassoio d’argento all’altezza dello stomaco –Stai pur certo che non riceverai altro! Se vuoi morire di fame, fai pure!-
-Aspetta che io sia uscito di qui!- lo minacciò Thorin, mentre quello si allontanava dolorante lungo il corridoio.
Quella notte i morsi della fame furono così intensi, che si risvegliò il giorno dopo, talmente intontito da sospettare, più di una notte ristoratrice, uno svenimento.
Era troppo debole, non avrebbe resistito a lungo, in quel modo.
Percorse la cella con gli occhi, e con somma sorpresa, trovò lo stesso fagotto della notte precedente appoggiato a terra e sospinto verso il muro, in modo che da fuori non potesse essere visto.
Il contenuto era lo stesso della volta precedente, e questa volta Thorin non poté opporre resistenza. Spazzò via non solo quello, ma anche quello della sera precedente, e sentì il vigore che da tanti giorni l’aveva ormai abbandonato, ritornare a spronarlo.
A quel punto, nella mente del Re, le possibilità erano due. O Thranduil gli stava giocando un brutto tiro, e quei cibi contenevano qualcosa, oppure stava cercando di renderselo amico per raggirarlo.
Qualsiasi fosse il suo piano, Thorin non gliel’avrebbe permesso.
Spaccò la boccetta di vetro in modo da ottenerne dei cocci simili ad un corto pugnale squadrato, e decise di aspettare, sveglio e vigile, per capire quale stranezza stava capitando.
Quando le torce in corridoio vennero spente, lasciandone solo una ad illuminare fiocamente il vasto sotterraneo in cui Thorin, in quanto Re, aveva avuto l’onore di essere internato, e quando tutte le guardie si furono allontanate, il rumore di passi della notte precedente si ripeté.
Il Re si accorse troppo tardi che aveva smesso di respirare, in attesa, e dovette concedersi una lunga e rumorosa boccata d’aria per evitare di soffocare.
Quel rumore spaventò chiunque si stesse avvicinando alla sua cella, perché i passi si arrestarono bruscamente.
Seguirono degli attimi di un silenzio carico di aspettative, così intenso che si sarebbe potuto tagliare con una lama, prima che una figura si affacciasse alla porta della sua cella.

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Capitolo 2
*** 2 - Thranduil ***




Thorin Scudodiquercia, per ragioni antiche e ben radicate nel suo vendicativo e rancoroso cuore di Nano, detestava gli Elfi e tutto ciò che li riguardava.
Essere chiuso nelle loro segrete, nonostante il trattamento da Re che gli riservavano, era un’umiliazione orribile, così insopportabile da non far altro che acuire il suo odio bruciante.
L’unica cosa che gli impediva di impazzire, giorno dopo giorno, era immaginare quello che avrebbe fatto a Re Thranduil una volta uscito da quella ignobile cella. Pianificava la sua vendetta minuziosamente, escogitando sempre nuovi stratagemmi, architettando nuove intricate astuzie.
Questa ostilità era come una macchia di petrolio, minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno si espandeva, arrivando ad investire qualsiasi cosa intorno a sé, qualsiasi Elfo, qualsiasi guardia, qualsiasi semplice suddito.
Nonostante questo, nonostante la sua rabbia e il suo rancore paressero quasi inestinguibili, nonostante fosse ormai completamente inacidito e dominato dall’odio, persino il grande Re sotto la Montagna rimase ammutolito e abbagliato davanti alla figura che si palesò alla porta della sua cella.
Il silenzio li avvolse come una pesante tenda di velluto, e il tempo parve dilatarsi all’infinito.
Nessuno dei due accennò una mossa, una parola, un movimento.
Restarono lì, avvolti dalle tenebre e della loro immobilità,  a fissarsi negli occhi con un misto di emozioni.
Finalmente la figura si mosse, infilò le braccia all’interno dell’inferriata, e posò l’involto ai piedi del Re, senza una parola.
Mentre ritraeva le braccia, Thorin ne afferrò una, tra le sue mani forti, come ad impedire che si dileguasse come tutte le notti precedenti.
Ci fu uno sguardo sgomento, nessuno dei due sapeva spiegarsi quel gesto impulsivo, poi Thorin lasciò andare quel polso sottile come se avesse preso una scarica elettrica.
Un ultimo sguardo, e la figura svanì nella notte, affrettandosi lungo il corridoio.
Il Nano si lasciò cadere sul suo giaciglio, folgorato.
Non riusciva a spiegare l’intrico di emozioni che l’aveva percorso in una sola frazione di secondo.
Era qualcosa di diverso da ogni sensazione mai provata prima, e lo preoccupava.
Mangiò il contenuto del fagotto prima di rendersi conto che questa volta, nessun sospetto lo aveva attraversato, come se si fidasse di chi gliel’aveva consegnato.
“Ridicolo”, pensò, asciugandosi il lieve sudore freddo che gli imperlava la fronte “Assolutamente ridicolo.”
Rimase sdraiato fino a che non si rese conto che la guardia aveva rispettato la sua promessa: nessuno venne a consegnargli il vassoio con il cibo, nonostante un paio di Elfi armati fossero tornati a fare la ronda.
Passarono parecchie ore, ore che il Re passò a pensare furiosamente, quando all’improvviso, un rumore metallico lo fece voltare di scatto.
La porta della sua cella si stava aprendo, e prima ancora che riuscisse a capire quello che stava succedendo, si trovò davanti il Capo delle guardie e altri cinque Elfi, con delle catene dorate in mano.
-Il Re vuole vederti, Nano.- disse quello guardandolo con disprezzo e facendo cenno agli Elfi di legarlo.
Thorin li lasciò fare, senza togliersi lo sfizio di scattare vicinissimo a uno di essi, che si ritrasse spaventato.
-Vedo che avete paura dei vostri prigionieri.- constatò –Fate bene, siete più saggi di quanto vi ritenessi.-
-Silenzio!- intimò il Capo delle guardie –Non una parola di più.-
Thorin fu ricondotto nella Sala del Trono, dove già una volta aveva mostrato a Thranduil un po’ della ben nota gentilezza nanica.
Il Re era mollemente stravaccato sul suo trono, e accarezzava distrattamente l’orlo in pelliccia del suo mantello.
-Ben tornato, Thorin Scudodiquercia.- disse con il suo solito tono carezzevole e mellifluo, senza ancora guardarlo –Come vi siete trovato nel mio regno? Siamo riusciti ad insegnarvi un po’ di buone maniere?- si voltò verso di lui con un sorrisetto provocatorio, al quale Thorin decise di non rispondere.
-Benissimo, in realtà.- disse, non curante.
-Sono certo che tutti questi giorni di digiuno sono troppi persino per te, non è vero? Puoi far cessare questa prigionia. Sai che io non voglio tenerti qui contro la tua volontà. La decisione è tua.-
Il tono di Thranduil si era fatto quasi seduttivo, dolce e appiccicoso come il miele.
-Già una volta Re Thranduil mi ha fatto questa proposta. Attentare alle ricchezze della montagna in cambio della libertà. Aiutare l’uomo che anni addietro ha tradito me e il mio popolo, rifugiandosi nella sua codardia e nella sua vigliaccheria nelle ampie stanze di questo palazzo, mente noi morivamo di fame e di stenti, in mezzo all’inferno di Smaug. Non un aiuto, non una parola è mai giunta da voi. Vi siete chiusi qui dentro come topi, scappando e tremando di paura. Ebbene, come ho già risposto la scorsa volta, giammai un Nano offrirà aiuto o ricchezze agli Elfi, dovesse pure morire di fame per i mille anni a venire!-
Gli occhi blu del Nano luccicarono d’orgoglio e di rabbia, mentre completava con un urlo roco la sua risposta.
Thranduil lo guardò, e dai suoi occhi trasparì più rispetto di quanto avrebbe voluto.
-Sia.- rispose poi, abbassando stancamente le palpebre sui suoi occhi azzurri –Se vuoi che queste mura siano la tua tomba, io non posso certo impedirtelo. Ma insisterò ancora, Scudodiquercia. Ho tutto il tempo, io.-
Con un cenno della mano ordinò alle guardie di riportare il Nano in cella, dove egli si lasciò scortare senza opporsi. Le minacce del Re degli Elfi avevano avuto su di lui più potere di quanto gli piacesse ammettere.
Non poteva marcire lì, in quel posto disgustoso. Lui e i suoi avevano una missione da compiere.
Inoltre era terribilmente preoccupato per il signor Baggins, che non vedeva più da giorni e giorni, ormai.
La notte scese su Bosco Atro, e Thorin Scudodiquercia si affiancò alla porta in attesa spasmodica.
Passarono le ore senza che nessun rumore squarciasse quell’innaturale silenzio, e il sonno stava per avere la meglio su di lui.
Sentiva le palpebre pesanti, le membra sempre più stanche e affaticate.
Stava per rinunciare, quando qualcuno bussò lievemente con le nocche sulle inferriate.
Thorin aprì gli occhi di scatto, e un sorriso si fece strada, suo malgrado, sul suo volto.
Eccola lì, la bellissima Elfa della notte scorsa.
Reggeva il fagotto, e aveva uno splendido sorriso sul suo volto efebico.
-Thorin Scudodiquercia...- sussurrò, con una voce che gli ricordò delle cascate di velluto.
Lui la guardò, incapace di proferire parola.
I suoi lunghi capelli neri, sciolti lungo le spalle, i suoi occhi scuri che sembravano rilucere di stelle con le lunghe ciglia nere, la pelle candida, le carnose labbra rosse, il suo bellissimo corpo flessuoso, che si poteva intravedere alla luce delle torce attraverso il leggero abito bianco.
Era la creatura più bella che il Re avesse mai visto.
-Ho un messaggio per te.- proseguì lei –Da parte del tuo amico hobbit, Bilbo. Vi porterà in salvo, Thorin. I tuoi amici Nani stanno bene, non ti preoccupare. Manca poco e sarete tutti fuori di qui.-
Parlò pianissimo, guardandosi sempre nervosamente alle spalle.
Thorin sentì un improvviso calore riscaldargli il petto:-L’hobbit?- domandò, prima che la sua fronte si corrugasse –E tu come fai a saperlo?-
-Me l’ha detto lui.- rispose lei, guardandosi nuovamente alle spalle.
-Come so che non menti?- chiese nuovamente Thorin, sospettoso –Sei una di loro.-
-Non per molto...- sussurrò piano lei –E comunque non devi fidarti per forza, lo vedrai.-
Detto questo si voltò, pronta ad allontanarsi.
-Aspetta!- esclamò Thorin, prima di chiedersi come mai la stesse trattenendo.
Quando lei si fermò e lo guardò, la domanda gli sorse spontanea:-Come ti chiami?-
-Haerelwen.- rispose, prima di allontanarsi velocemente.
 

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Capitolo 3
*** 3 - la fuga ***




La prima cosa che udì Thorin, fu un debole richiamo.
Aguzzò le orecchie e scrutò sospettosamente fuori dalla porta della sua cella, ma lungo il corridoio, non c'era anima viva.
-Thorin!-
Questa volta il Re non poteva essersi sbagliato, e dopo qualche istante, ecco apparire dal nulla lo Hobbit, con un'espressione nervosa sul vivo.
-Mastro Scassinatore!- esclamò sorpreso il Nano -Ma come...?-
-Non c'è tempo per le spiegazioni! Temo non ci sia tempo affatto! Sono qui solo perché Haerelwen mi sta aiutando, altrimenti credo che sarei già morto! Puoi fidarti di lei, Thorin! Ci aiuterà ad uscire di qui!-
-E gli altri?- domandò Thorin, preoccupato della sorte dei suoi fedeli compagni.
-Stanno tutti bene. Vuoi forse che gli mandi a dire qualcosa?-
-Sì. Digli di non rivelare nulla ad alcuno, e di non fidarsi di nessuno di loro.- aggiunse, velenoso.
-Thorin, Haerelwen è nostra amica, te l'assicuro. è stata lei a farmi entrare qui, a consegnarmi il cibo da darvi, a portarlo personalmente a te! è stata lei a dirmi che domani ci sarà una grande festa, e che quella sarà l'occasione migliore per fuggire! Drogherà le guardie e ci farà uscire di qui, ma devi fidarti.-
-Io non mi fido di nessuno di loro!- rispose Thorin, ma Bilbo udì nella sua voce un pizzico di incertezza.
-Recapiterò il tuo messaggio agli altri, e domani tornerò. Ho un piano. E' folle, ma potrebbe funzionare!-
Prima che il Nano potesse aggiungere qualsiasi altra cosa, lo Hobbit era svanito nel nulla, come se si fosse volatilizzato.
Thorin sobbalzò, prima di trovarsi davanti l'Elfa, giunta silenziosamente fino alla sua cella.
-So che non ti fidi di me, Thorin Scudodiquercia. Non posso biasimarti, so cos'hanno fatto i miei antenati al tuo popolo, e so quanto sia mirabile la memoria di un Nano, specialmente quella di un Re. Ma io non sono come loro. Posso garantirtelo. Ti ho portato ancora un fagotto, e ho attrezzato delle provviste per la vostra fuga. Io sono con voi. Non disperate, Re di Sotto la Montagna. Tornerete a casa.-
Lo guardò negli occhi blu e sorrise, e Thorin non riuscì ad aprir bocca.
Accennò solo un gesto con la testa, e la guardò allontanarsi, con un vago sorriso sulle labbra.
'Che bella...' si ritrovò a pensare, prima di scacciare con stizza questo pensiero assolutamente non da lui dalla testa.
Mangiò e dormì insolitamente bene, forse rincuorato dalle buone notizie che il suo Scassinatore gli aveva portato, forse dalla vista dell'Elfa, che aveva sempre uno strano effetto su di lui.
Il giorno dopo, le guardie tornarono da lui.
-Il Re vuole parlarti. Di nuovo.-
-Dite al Re che non ho nulla da dirgli. Di nuovo.- rispose Thorin, sputando ai piedi di quello più vicino a lui.
-Nano insolente!- urlò quello, avvicinandosi minacciosamente.
Thorin non arretrò, anzi, lo affrontò ergendosi in un tutta la sua statura, per quando cinque piedi e due di Nano fossero poca cosa rispetto ad un alto e flessuoso elfo silvano. Nonostante quello, però, l'espressione sul suo viso doveva essere sufficientemente minacciosa da far desistere l'altro, che arretrò, fissandolo con odio.
-Comunicheremo al Re di questo tuo gesto.- gli disse furibondo, allontanandosi.
La sera calò sul Bosco Atro, e Thorin si ritrovò in spasmodica attesa.
Misurava la cella con passi pesanti, tormentati, percorrendo quei pochi metri avanti e indietro talmente tante volte, la lasciare una lieve scia sul pavimento di terra battuta.
Finalmente, un rumore all'esterno interruppe la sua processione. Thorin sorrise, sbalordito. Quei borbottii, quei leggeri tonfi, quei passi, quei mormorii...Si sarebbe giocato Erebor, quelli erano i suoi!
Li vide presto avvicinarsi, capeggiati dall'Elfa e da Bilbo, che aveva in mano un mazzo di chiavi.
Un clangore metalico seguito da uno schiocco, e la porta si aprì.
Il Nano uscì tra i suoi, che lo accolsero festosamente, troppo festosamente, per quanto riguardava Bilbo e i suoi pieni di silenzio, discrezione e segretezza.
-Accidenti a tutto questo chiasso nanesco!- borbottò.
-Parola d'onore!- disse Thorin, avvicinandosi a Bilbo e guardandolo negli occhi -Gandalf ha detto la verità, come al solito. A quanto pare sei un bravo scassinatore, quand'è il momento.-
Lo Hobbit arrossì e abbassò lo sguardo.
Era cosa talmente rara da essere quasi unica nel suo genere, che Thorin ringraziasse o si congratulasse con qualcuno. Era un Nano troppo importante per questo.
Dopo di che, il Re alzò lo sguardo su Haerelwen, senza una parola.
I due si guardarono in silenzio fino a che Bilbo non tossicchiò, per ottenere l'attenzione:-Dobbiamo fare in fretta, o non riusciremo più ad uscire di qui!-
Thorin posò nuovamente lo sguardo su di lui:-D'accordo, e ora che si fa?-
-C'è una chiusa, nelle cucine. Haerelwen la aprirà per noi. Da quelle chiuse gli Elfi gettano i barili vuoti destinati ai traghettatori della città del lago. è l'unico modo per uscire di qui, chiuderci ognuno in una botte, e sperare che la corrente faccia il suo lavoro.- spiegò Bilbo, ed esporre il suo piano ad alta voce glielo fece sembrare ancora più fallace.
I Nani, infatti, lo guardarono con tanto d'occhi.
-Finiremo tutti ammaccati e a pezzettini!- si lamentarono -Credevamo che ti fosse venuta un'idea sensata, quando ti sei impossessato delle chiavi! Questa è una pazzia!-
-Cadrà il mondo il giorno che Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror, si farà impacchettare in un barile come fosse un sacco di patate!- sentenziò il Re, categorico.
Bilbo li guardava, avvilito.
-Bene, allora.- intervenne Haerelwen, in tono brusco -Tornatevene alle vostre belle celle, così Bilbo vi richiuderà dentro e potrete starci comodamente seduti a escogitare un piano migliore. Ma chissà se Bilbo riuscirà ad impossessarsi delle chiavi una seconda volta, ammesso che gli venisse voglia di provarci una seconda volta!- detto questo, si rivolse a Thorin in persona -Se abbastanza saggio da sapere che tentare è meglio che restare qui, in questi cunicoli, in attesa di essere catturati di nuovo. I tuoi ti ascoltano. Prendi la decisione giusta, Scudodiquercia. Non riconquisterai Erebor chiuso qui dentro.-
Lui resse il suo sguardo fiammeggiante per alcuni secondi, secondi che si dilatarono lasciando tutti con il fiato sospeso, immobili e in silenzio, in attesa di vedere come avrebbe reagito il loro orgoglioso Re a quelle parole.
-Andiamo.- disse solo, dopo aver voltato lo sguardo sui Nani.
Bastò questa semplice parola, a che tutti si convincessero dell'efficacia del piano, e si dimostrassero disponibilissimi a seguire Bilbo.
Non appena arrivarono nelle cucine, a Balin fu ordinato di sorvegliare la guarda e il maggiordomo che, profondamente addormentati, consistevano nelle uniche persone presenti.
-C'è una festa.- sussurrò Haerelwen a mo' di spiegazione, prima di aprire una porta, e condurre i Nani nella cantina attigua.
Sul pavimento di assi era ben chiaro il profilo di una lunga botola, e lì davanti erano accatastate alcune botti.
-Presto! Oguno si infili in una botte!-
Quando tutti i Nani furono sistemati (Thorin aveva fatto un sacco di problemi, ringhiando e imprecando e girandosi nella sua botte) e Bilbo ebbe provveduto ad aggiungere della paglia e altra roba per imballarli al meglio, Haerelwen si voltò verso di lui:-Sei stato coraggioso, piccolo Hobbit.- gli disse, sorridendo -Ora tocca a te.-
Indicò un'altra botte, dove Bilbo si infilò con facilità.
-Verrai con noi, vero?- domandò con un sussurrò nervoso quando fu stivato per bene anche lui.
-Non credo che il tuo capo ne sarebbe contento.- rise lei.
-Secondo me invece sì!- asserì Bilbo, convinto.
Lei gli sorrise ancora una volta, con dolcezza, mise il coperchio anche sull'ultima botte, e tornò in cucina.
-Galion!- strillò, nelle orecchie del maggiordomo, ancora profondamente addormentato.
Quello si svegliò di soprassalto:-Oh, giorni celesti. Pr...-
-Galion, stanno scendendo gli Elfi per i barili!-
-I barili...I barili...- balbettò quello, cercando di tornare alla realtà -I barili sono di là! Pronti!- affermò poi con orgoglio.
-Bene! Benissimo.- rispose contenta Haerelwen, prima di salire a balzelli le scale di pietra e tornare al piano di sopra, dove la festa impazzava.
I Nani, chiusi nei barili, rimasero in attesa.
Dopo qualche minuto, sentirono nuovamente delle voci:-Perdinci, Galion! Hai cominciato presto il tuo festino e hai perso la bussola! Hai ammucchiato dei barili pieni, qui, invece di quelli vuoti, a giudicare dal peso!-
-Avanti con il lavoro!- grugnì il maggiordomo -Con le vostre braccia pigre da sgocciaboccali non siete in grado di giudicare il peso di niente! I barili sono quelli e basta! Fate come vi dico.-
-Benissimo, benissimo.- dissero quelli, rotolando i barili fino all'apertura -Che ricada sulla tua testa se i tini del Re pieni del suo burro e del suo vino migliore vengono buttati nel fiume per far banchettare gratis gli Uomini del Lago!-
-Cielo, questo dev'essere rinforzato in piombo!- esclamò un altro, spingendo il barile che conteneva il massiccio Bombur.
Poi, ad uno ad uno, i barili furono lanciati in acqua.

 

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Capitolo 4
*** 4 - salvataggio ***





L’acqua li sballottava da tutte le parti, insinuandosi in qualsiasi fenditura il legno delle botti presentasse.
Alcuni dei nani erano stati più fortunati, essendo stati barricati nei tini destinati alle scorte di vino di Re Thranduil. Lì l’acqua non poteva assolutamente entrare, ma quello che mancava, era l’aria.
Thorin, uno di questi, si sentiva soffocare.
Imprecando ad alta voce, concesse al signor Baggins circa dieci secondi di dubbio, prima di aprire con un pugno il coperchio del suo tino.
Si guardò intorno, colpito all’improvviso dalla luce del sole.
Numerose botti galleggiavano sospinte dalla corrente vicino alla sua, e alcune sprofondavano di un bel po’. Thorin immaginò che i suoi compagni fossero in quest’ultime.
Improvvisamente, però, un grido si levò sopra la sua testa.
Alzò lo sguardo, fulmineo, e si portò velocemente una mano al fianco prima di ricordarsi che la sua Fendiorchi, insieme allo Scudo di Quercia, erano rimasti a Bosco Atro, e che lui indossava solamente una leggera tunica e i suoi stivali.
L’Elfo che aveva urlato faceva dei cenni concitati ad un manipolo di altri appostati vicino a quella che aveva tutta l’aria di essere una chiusa.
-Chiudete la saracinesca!-
Thorin capì che il risultato del suo gesto avventato era stato quello di mettere a rischio la buona riuscita del piano.
Infastidito, cercò qualcosa, qualsiasi cosa, con cui colpire l’Elfo urlante prima che i suoi si accorgessero del pericolo, ma non poté trovare nulla, solo acqua che scorreva gorgogliante accanto a lui.
Improvvisamente, il sibilo di una freccia saettò a pochi millimetri dall’orecchio di Thorin, e andrò a conficcarsi nella giugulare della guardia Elfica.
Il Re si girò di scatto, e vide un manipolo di Orchi procedere di corsa verso l’avamposto, brandendo i loro archi rudimentali e urlando nella loro orrida lingua.
Come dotati di una strana coordinazione, i Nani sbucarono fuori da ognuna delle botti, pronti ad affrontare il nemico come meglio potevano.
Era una lotta impari, e loro potevano solo sperare nel successo della barriera elfica, che sembrava comunque in grande difficoltà.
Nel frattempo il capo delle guardie aveva abbassato la saracinesca di ferro, e ad una ad una, le botti sbatterono contro l’inferriata.
Imprecando, Thorin si impossessò delle armi di un soldato caduto, tenendo per sé una piccola ascia levigata e lanciando a Kili, il suo miglior tiratore, il leggero arco di legno.
In questo modo molti orchi caddero nelle acque gorgoglianti, offrendo nuove armi alla compagnia, che le sfruttò come meglio poté.
Presto però, i loro sforzi non bastarono più, e i Nani si videro sopraffatti.
Non erano abituati alle leggere e appuntite armi elfiche, che erano comunque insufficienti contro l’offensiva nemica, e ben presto iniziarono a soccombere sotto i colpi degli Orchi.
Erano una quarantina, schierati sulla riva opposta, e lanciavano pietre e frecce nella direzione delle botti.
Ben presto i Nani poterono solo difendersi sprofondando all’interno dei tini per usarli come fossero degli scudi, e la situazione sembrava veramente disperata.
Bilbo, per la paura, si era infilato al dito l’Anello, e, invisibile, tremava sul fondo del suo tino, maledicendo per l’ennesima volta il suo dannatissimo lato Tuc, che l’aveva persuaso a tentare quella terrificante impresa e a lasciare il suo comodissimo buco Hobbit.
Una freccia si conficcò nel legno della sua botte, a pochissimi centimetri dal suo viso.
Sbiancò, terrorizzato, e i suoi denti cominciarono a sbattere tra loro in un tremore incontrollabile.
Gli altri compagni non se la passavano meglio: Bombur era incastrato nel suo tino, e la sua testa pelata sporgeva di un paio di centimetri dalla sua imboccatura, offendo un comodo bersaglio. Nel tino di Dwalin, essendo il primo della fila, erano conficcate almeno una decina di frecce, che formavano in questo modo una parete ferrata assolutamente letale.
Thorin, dal fondo del suo, si sentiva così terribilmente impotente da essere scosso da ondate di rabbia, che gli riscaldavano scarlatte il corpo fino a giungere gli occhi, dove gli annebbiavano la vista.
Era alla ricerca di un piano, di un’idea che potesse salvare la vita dei suoi e la sua, ma la situazione appariva veramente disperata.
Non era ancora pronto a cedere. Non poteva abbandonare l’idea di riconquistare Erebor, non per colpa dei dannati Elfi che l’avevano spogliato di tutte le sue armi, e non certo per colpa di una ventina di Orchi.
Il morale dei Nani era a terra, quando un urlo acuto li fece sobbalzare, e qualcuno atterrò sulla riva opposta con un balzo aggraziato.
Numerose frecce volarono veloci, conficcandosi ad una ad una nelle teste deformi degli orchi, che caddero a faccia in avanti nell’acqua. Finalmente la figura emerse dall’ombra, e Thorin identificò in lei Haerelwen, che, con l’arco in una mano e la spada nel fodero, si preparava ad affrontare in un terribile corpo a corpo gli orchi rimasti.
Fu una battaglia veloce e violenta: l’Elfa infliggeva colpi con una velocità e una forza assolutamente notevoli, e furono molti, almeno una decina, gli orchi che caddero sotto la sua lama.
Agli altri pensarono le sue frecce, scagliate con assoluta precisione.
Rimasero solo due superstiti, che si allontanarono di corsa verso le montagne, schivando, per abilità o per fortuna, le ultime frecce dell’Elfa.
Dopo di che, Haerelwen si voltò verso i Nani, esortandoli a tornare a riva.
Quando essi arrivarono, bagnati e ancora sbigottivi, lei gli sorrise.
-Ti avevo detto che non ti avrei lasciato da solo, Bilbo.- commentò divertita, guardando il piccolo Hobbit che la fissava con tanto d’occhi.
-Vi ho riportato le vostre armi.- aggiunse poi, indicando un cavallo dal manto d’inchiostro che portava un fardello sulle spalle –Vi serviranno senz’altro.-
-Ci sono anche i vostri vestiti.- aggiunse poi maliziosa, lanciando uno sguardo alla tunica turchese di Thorin, che a causa di tutta quell’acqua, gli aderiva alla pelle più di quanto non avesse voluto.
Lui incrociò le braccia e le lanciò uno sguardo ostile.
Dwalin si avvicinò al destriero, pronto ad impossessarsi nuovamente delle sue cose, ma quello si impennò, allontanandolo con un nitrito minaccioso.
-Buono, Bruinen.- lo calmò lei, carezzandolo sul muso di velluto corvino –Non ancora, un attimo di pazienza.- aggiunse poi, rivolta ai Nani –Vi darò le vostre cose, ma ho un favore da chiedervi, in cambio.-
Thorin la guardò, se possibile, con ostilità ancora maggiore. Che faccia tosta!
-Qual è questo favore?- domandò Balin, proprio mentre il Re dei Nani sbottava con disprezzo:-Nessun favore sarà fatto agli Elfi.-
Haerelwen decise di ignorare la risposta di Thorin, e si rivolse a Balin, afferrando l’ascia di Gloin e porgendogliela assieme alla sua veste.
-Voglio entrare nella vostra compagnia.- disse, mentre consegnava l’arco e le frecce a Kili, le spade a Dwalin, Balin, Oin, Ori, Nori e Dori.
Quando tutti i nani all’infuori del Re furono nuovamente vestiti e armati, l’Elfa proseguì:-Vivo qui da tanti anni, e posso assicurarvi che questa non è casa mia. Conosco le storie della Montagna Solitaria, e anche la leggenda del Re Sotto la Montagna. Non sono certo le cose che fanno solitamente parte dell’educazione di un’Elfa Silvana ma io...Io non voglio restare qui. Non voglio continuare a nascondermi e a fuggire, rinchiudendomi nella fortezza di Bosco Atro e dimenticando gli orrori che popolano il mondo, e la possibilità di una guerra che spazzerebbe via tutto ciò che conosco. Non voglio abbandonare nessuno. Io voglio combattere.- disse, guardando Thorin negli occhi.
Gli altri Nani la fissavano, ormai non più con astio, ma con infinita ammirazione.
-Non potete rifiutarvi. Io voglio essere parte di questa battaglia, non voglio nascondermi come un verme sottoterra, ma uscire alla luce del sole e lottare per questo mondo, e le creature che lo popolano. Sono stanca di vivere nell’ombra e nella vigliaccheria.- proseguì, porgendogli i suoi abiti –Voglio venire con voi. Vi ho salvato. Me lo dovete.-

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Capitolo 5
*** 5 - la sfida ***




-Non avevamo alcun bisogno d’aiuto, né di essere salvati.- tuonò Thorin Scudodiquercia, voltandosi ad indossare finalmente i suoi vestiti.
-Io non credo.- ribatté l’Elfa, osservandolo con sguardo penetrante –Non ti chiedo di ringraziarmi, Scudodiquercia. Ma avete bisogno di ciò che posso offrirti.-
-Sarà dannato il giorno in cui un discendente della nobile stirpe dei Durin chiederà aiuto ad una Veneralberi.-
-Sei un Nano dannatamente testardo, Re di Sotto la Montagna. Spero per te che questo non comprometta la buona riuscita del tuo piano di conquista. Tieni,- aggiunse poi, porgendogli il fodero di Orcrist –Questa è tua.-
Thorin la prese, guardo Haerelwen con sospetto, prima di voltarle le spalle.
-Perdona i suoi modi. È fatto così, ma ti assicuro che è una delle persone più leali e oneste che abbia mai conosciuto. O almeno...Talvolta lo è.- si scusò Bilbo Baggins, imbarazzato dal comportamento del suo capo.
-Non ti preoccupare, Bilbo. Se vi ho aiutati, è stato anche per te. Ammiro molto il tuo coraggio, e spero che la fortuna sia sempre dalla tua. Ti aiuterò per quanto mi è possibile, questa è una promessa.-
Bilbo arrossì fino alla punta delle sue orecchie appuntite da Hobbit, e non poté far altro che annuire.
Poco lontano, Thorin e Balin discutevano animatamente.
-Thorin, non fare stupidaggini. Tu sei il mio Re, e io ti seguirei in capo al mondo. Questo vale anche per gli altri, e tu lo sai. Ma io sono vecchio e ho qualche esperienza in più di te alle spalle. Quella ragazza ci ha salvati. È un elemento valido e lo sai. Hai visto come combatte! Siamo solo quattordici, Gandalf se n’è andato, e il piccolo Bilbo...Beh, possiamo dire che non lo vedrei bene a combattere contro Smaug il terribile. Lascia da parte i vecchi rancori, guarda al futuro, alla nostra nuova guerra. I vecchi nemici devono contare meno dei nuovi, di quelli che dovremo affrontare. È giovane, lei non c’entra con ciò che Thranduil ha fatto al nostro popolo.-
-Balin, io mi fido di te come di un padre.- rispose Thorin, guardandolo intensamente negli occhi –Sei sempre stato un consigliere fidato e leale, e perciò i tuoi consigli non sono mai giunti inuditi alle mie orecchie. Ma tu ora mi chiedi di mettere da parte la mia storia, la mia lealtà nei confronti di mio padre, di mio nonno e della mia stirpe. Questo io non posso farlo.-
-Devi più lealtà ai vivi che ai morti, Thorin.-
Il Re lo guardò ancora, e voltò poi lo sguardo verso Haerelwen, che era rimasta sulla riva del fiume con gli altri.
Affilava la spada di Dwalin, e i Nani l’ascoltavano parlare con un aria vagamente incantata.
-E poi,- proseguì Balin, questa volta con un tono vagamente malizioso che mai il Re dei Nani gli aveva sentito usare –Penso che la ragazza ti piaccia di più di quanto tu non voglia ammettere, neanche a te stesso.-
Thorin ebbe un leggero sussulto, ma riacquistò quasi immediatamente la sua aria incurante e annoiata:-è brava, questo sì. Ha un’ottima mano, è agile e veloce, e sicuramente ha un cervello notevole. Ma è un Elfo, Balin. Ed è una donna.-
-Thorin Scudodiquercia!- tuonò Balin, improvvisamente furibondo –Non ti permetterò né ora, né mai di disprezzare qualcuno perché è una donna!-
Il Re lo guardò stupito: Balin era diventato rosso come un pomodoro, e i suoi occhi mandavano saette.
Non l’aveva mai visto così prima d’ora.
-Tua madre era una delle persone più coraggiose e di valore che avessi mai conosciuto, e donò la sua vita per consentire la tua! Lei da sola ha lottato contro una decina di orchi, quando tu eri solo un poppante! Forse non la ricordi, ma io non ti permetterò di insultare la sua memoria in questo modo!-
Thorin rimase incredibilmente colpito da quello sfogo inaspettato.
Nessuno mai gli aveva parlato di sua madre, morta quando lui era solo un bambino.
Suo padre non voleva mai parlarne, e il suo volto si adombrava ogni volta che Thorin provava ad introdurre l’argomento, mentre suo nonno gli incuteva troppa soggezione, per poterlo disturbare con le domande su se stesso. Non voleva che lo considerasse un debole, troppo attaccato al passato per potersi concentrare adeguatamente sul suo futuro da Re.
-Accettala nella Compagnia, Thorin. Non te ne pentirai.- concluse Balin, in tono stanco.
Thorin si voltò nuovamente verso Haerelwen, che questa volta era intenta a simulare un duello con lo Scassinatore, per mostrargli come parare i colpi.
Gli altri seguivano la scena, ridendo e facendo il tifo.
Non vedeva i suoi così allegri da tanto tempo, ormai.
Si avvicinò ad ampi passi al gruppo, e tutti si interruppero, voltandosi con deferenza verso il loro capo.
-E così,- disse questi, fermandosi di fronte all’Elfa –Quello che vuoi è entrare a far parte della nostra compagnia.-
-Sì.- rispose lei, reggendo il suo sguardo con sicurezza.
-Noi non accettiamo donne. E nemmeno Elfi. Soprattutto, Elfi.- lasciò che queste parole fossero seguite da un silenzio significativo –Ma,- aggiunse poi –Ti sei dimostrata valorosa. Ti batti bene, e hai una buona spada. Forse non saresti tempo sprecato.-
-Quale complimento, da Re Scudodiquercia in persona.- ribatté lei, sarcastica.
Bilbo fissava angosciato quello scambio di battute.
Era stato lui a portare Haerelwen, e nonostante non si pentisse assolutamente della sua scelta, sapeva che se le cose fossero andate male, tutta la colpa sarebbe ricaduta su di lui. Come sempre, d’altronde.
-Ti propongo una cosa.- proseguì il Re –Dimostrami che sei una brava combattente, e sei dei nostri.-
-E come potrei dimostrartelo ulteriormente?- domandò lei –Non è già risultato abbastanza chiaro?-
-Gli orchi sono temibili, questo senz’altro, ma sono fondamentalmente stupidi. Non hanno tecnica né astuzia. Nella nostra spedizione ci misureremo con avversari incredibilmente peggiori, così scaltri e ingegnosi che spesso forza e destrezza da sole non basteranno a sconfiggerli. Voglio vedere se saresti solo un peso morto, o se potresti effettivamente apportare un qualche aiuto alla nostra causa.-
A Balin non piaceva il luccichio negli occhi del suo capo. Aveva in mente qualcosa, ne era sicuro.
-Sia.- rispose Haerelwen –Sono pronta a fare qualsiasi cosa.-
-Allora combatti.- rispose Thorin, estraendo Orcrist dal fodero.
-Cosa!?-
Tutti i Nani si guardarono, sbalorditi. L’Elfa era senza parole.
-Con te?- domandò, dubbiosa.
-Oh, no. Non con me solo. Con ognuno di noi. Arriva alla fine, e sei dentro.-
Gli sguardi allibiti della Compagnia non fecero che intensificarsi.
-Ma, Thorin.- cominciò a protestare Dwalin –Noi non vogliamo farle del male.-
Scelta di parole assolutamente sbagliata.
Gli occhi di Haerelwen fiammeggiarono per un istante.
-Di questo non dovrà preoccuparsi nessuno di voi. L’unica cosa cui dovrete stare attenti, è di evitare i miei colpi.-
Dwalin si erse in tutta la sua statura, offeso.
-Direi che possiamo cominciare.- sentenziò, fissandola con malcelato astio.
-No, Dwalin. Tu per ultimo.- ordinò Thorin –Direi che possiamo cominciare con Fili.-
Il giovane si parò davanti a lei, con un sorrisetto sul volto:-Attenta, Principessa.- le disse, divertito.
-Sei molto carino, per un Nano. Mi dispiacerebbe rovinarti quel bel faccino.-
I due si scagliarono l’uno contro l’altro, e le loro lame si incontrarono a mezz’aria con un clangore metallico.
Haerelwen fu più veloce a ritirarla, e con un’agile giravolta, si riposizionò immediatamente in posizione d’attacco. Fili fu solo leggermente più lento, e parò il colpo all’ultimo secondo, un istante prima che lei affondasse.
Haerelwen, però, si abbassò sulle ginocchia, sfilò la spada da sotto quella del giovane Nano, e gliela abbatte di piatto sulle gambe.
Fili rimase senza parole per un attimo, prima di scoppiare a ridere:-Beh, uau! La ragazza si batte bene!- esclamò, ritornando tra le fila.
-Il prossimo!- ruggì Thorin, infastidito.
E il suo fastidio crebbe sempre più di intensità, mentre uno ad uno Haerelwen batteva tutti i suoi guerrieri.
-Ora tocca me.- proclamò Dwalin, parandosi di fronte a lei con un’espressione feroce –E non sarò delicato per niente.-
-Non posso chiedere di meglio.- rispose Haerelwen, subito in posizione.
Questa volta lo scontro fu ancora più acceso.
I colpi di Dwalin venivano inflitti con una forza tale, da avvertire le vibrazioni della lama elfica della ragazza che assorbiva il colpo.
Il Nano era instancabile, assestava e ricaricava il colpo, pronto a scagliarlo con una forza ancora maggiore del precedente.
Haerelwen, però, non sembrava aver nessuna difficoltà nello stargli dietro. Li parava uno ad uno, con movimenti così fluidi e impercettibili, da sembrare quasi una danza.
Fu proprio mentre Dwalin caricava il colpo definitivo, brandendo la spada quasi dietro la testa, che lei, con uno scatto agilissimo, gli posò la sua proprio accanto al fianco destro, lasciato scoperto per qualche millesimo di secondo.
Il Nano, sconfitto, lanciò l’arma urlando per la frustrazione.
-Manchi solo tu, mio Re.- disse Haerelwen divertita, rivolgendosi a Thorin.
L’espressione sul volto del Re era un insieme perfetto di ira, fastidio e ammirazione.
-D’accordo.- rispose solamente, laconico.
In un istante i due si fronteggiavano, uno davanti all’altra.
Le loro lame si scontrarono per la prima volta, poi per la seconda, poi per la terza.
I loro occhi erano incatenati tra di loro, gli sguardi fiammeggianti, i corpi tesi nello sforzo.
Haerelwen era ormai stanca, e il suo ritmo si era fatto meno incalzante, ma nonostante questo, la sua difesa era sempre impeccabile.
I Nani e Bilbo osservavano quella strana danza ritmica e vagamente erotica con un misto di curiosità e deferenza.
La spada di Thorin compì un movimento circolare, per affondare verso l’Elfa, che per schivare il colpo arretrò, e cadde distesa sull’erba della riva. La sua lama le scivolò di mano, finendo a qualche metro da lei.
Il Re le puntò Orcrist alla giugulare.
I due si guardarono per un tempo che parve infinito.
Gli occhi di Thorin già dardeggiavano di vittoria, quando lei rotolò velocissima su un fianco, recuperò la spada, e parò il colpo del suo avversario a cinque centimetri dal suo viso.
-Giochi sporco, Scudodiquercia.- commentò con il fiato corto.
Improvvisamente, delle urla disumane alle loro spalle li fece voltare di scatto.

 

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Capitolo 6
*** 6 - ostacoli ***





Frotte di Orchi sbucarono urlando dal nulla, armati fino ai denti.
La compagnia di Thorin Scudodiquercia rimase paralizzata dalla sorpresa, osservando la loro via di fuga, una sottile striscia di terra che, oltrepassando la chiusa degli Elfi, si allontanava seguendo il corso del fiume in direzione del lago, farsi inaccessibile, invasa dalle truppe di quegli esseri disgustosi.
Haerelwen fu la prima a riprendersi dalla sorpresa, e piantò la spada nel cranio di uno degli orchi, che si era avvicinato troppo a Bilbo.
I membri della compagnia si strinsero l’uno contro l’altro, spalle contro spalle, pronti a fare fronte unito contro questa nuova minaccia.
Thorin, a capo della formazione, vibrava colpi con la sua Fendiorchi in ogni direzione, riuscendo ad abbatterne parecchi. Anche Dwalin, Fili e Kili ebbero un gran daffare a proteggere i lati dello schieramento nanico, mentre Bilbo Baggins si arrovellava.
Dovevano andarsene da lì. Per quanto valorosi fossero i membri della Compagnia, quegli orchi erano troppi, perché potessero pensare di abbattere la minaccia.
Raggiungere il lago per terra era ormai impossibile, e per cui, bisognava assolutamente ripartire dal piano originario, e raggiungerlo via fiume.
Le botti erano ancora lì, abbandonate sulla riva, ma la chiusa era ancora drammaticamente abbassata.
Le guardie Elfiche erano state uccise, e sembrava non esserci più alcuna speranza per Thorin Scudodiquercia e i suoi.
Rassegnato, Bilbo sospirò, osservando tentato l’Anello che aveva in tasca.
Oh, sarebbe stato così facile farselo scivolare al dito e sgattaiolare via...
Fu il pensiero di un attimo, poi scosse la testa, disgustato da se stesso. No, non avrebbe permesso al suo lato Baggins di trasformarlo in un vile traditore. Avrebbe aiutato i suoi amici, costasse quel che sarebbe costato!
Il suo sguardo disperato vagliò ogni possibilità, mentre Thorin, Haerelwen e gli altri facevano del loro meglio per debellare l’offensiva degli orchi.
Finalmente, lo Hobbit scorse una leva incastonata nella roccia del passatoio, che non poteva essere altro che la leva che azionava la chiusa.
Entusiasta, cominciò a strattonare la veste di Balin.
-Dobbiamo ritornare nelle botti, Balin!- esclamò, concitato.
-Non dire assurdità, Bilbo! Rimarremo bloccati nella chiusa, e allora si che saremo un bersaglio facile!- rispose quello, mentre parava all’ultimo un colpo di mazza.
-Ma...- riprovò Bilbo, prima di rendersi conto che nessuno lo stava ascoltando.
Ahilui, quello sembrava essere il suo destino nella Compagnia! Avere le idee più sensate, ma non essere mai ascoltato!
Stava per scoraggiarsi, quando il suo lato Took, punto sul vivo, si ribellò:-Dannati Nani cocciuti!- esclamò –Volete darmi retta!? Lì c’è la leva per aprirle la chiusa! Dobbiamo tornare nelle botti, o non ne usciremo vivi!-
Il brontolio dello Hobbit raggiunse le orecchie di Thorin Scudodiquercia, che aveva ormai preso atto dell’incredibile difficoltà in cui si trovavano lui e i suoi.
Approfittando di Haerelwen che gli copriva le spalle si voltò verso la chiusa, e individuò la leva.
Fece un rapido calcolo tra sé e sé.
Il piano sembrava disperato.
Sarebbero dovuti correre alle botti, buttarle in acqua e infilarsi ognuno nella propria, mentre qualcuno azionava la leva, sperando che gli Orchi non facessero in tempo a gettarsi su di loro nel frattempo.
Assurdo. Non avrebbe mai, mai funzionato!
Eppure, quella era l’unica soluzione.
-Tutti alle botti!- gridò –Io, Haerelwen e Dwalin vi possiamo coprire per qualche minuto, non di più! Kili, vai ad azionare la leva!-
I Nani, sorpresi, cessarono di combattere e corsero verso la riva del fiume. Gettarono di nuovo nell’acqua tutte le botti, mentre Kili correva sul ballatoio di pietra ad abbassare la leva.
In quel momento, proprio mentre l’Elfa e i due Nani si rendevano conto di non poter bloccare da soli l’offensiva di un centinaio di Orchi, due figure piombarono con un balzo agile sul campo di battaglia.
-Legolas!- esclamò Haerelwen, sorpresa.
-Diamine se sei l’Elfa più cocciuta che io abbia mai visto!- rispose l’Elfo biondo dalle fattezze regali che era appena intervenuto nello scontro.
Accanto a lui, un’altra Elfa dai capelli rossi aveva estratto la spada, e stava già facendo a pezzi parecchi di loro.
Questo diversivo permise agli altri Nani di sistemarsi nelle botti, e di attendere che Kili facesse la sua parte.
-Dwalin, al mio tre, corriamo verso le botti!- tuonò Thorin, arretrando verso la riva.
-Sì!- rispose l’altro, seguendolo.
-Uno, due...Tre!-
Dwalin corse verso il suo tino e vi saltò dentro, Thorin stava per fare lo stesso, quando ebbe un’esitazione.
-E tu cosa fai?- domandò, rivolto a Haerelwen.
-Tu non preoccuparti! Entra nella tua botte!- rispose quella –Arrivano rinforzi!-
Non aveva quasi finito di parlare, che un nutrito gruppo di Elfi raggiunse la chiusa, cominciando immediatamente ad attaccare il plotone di Orchi.
Senza ulteriori esitazioni, anche Thorin si sistemò all’interno del suo tino:-Kili, abbassa quella leva e salta!- ordinò.
-Sì, zi...-
La sua frase fu interrotta da un urlo di dolore.
Una freccia (Morgul) l’aveva colpito alla gamba.
Cadde sulla dura pietra, in preda e forti e dolorosissimi spasmi.
La gamba gli si fece improvvisamente gelida, come se venisse impossessata dal ghiaccio, e il freddo si irradiò a poco a poco in tutto il suo corpo, irrigidendolo.
Tutto si fece irreale, confuso.
L’urlo di disperazione di suo fratello Fili e quello di suo zio, l’impazzare della battaglia tra Elfi e Orchi, l’Elfa dai capelli rossi, Tauriel, con cui aveva parlato mentre era in cella che si voltava verso di lui, con il terrore dipinto sul bel volto efebico...Poi, sopra di lui, la leva.
I suoi compagni intrappolati lì sotto, con le frecce degli Orchi che ancora volavano, fendendo l’aria.
Tra lui e quel dannato pezzo di legno sembrava esserci così tanta distanza...
Cerco di sollevarsi, ma una fitta alla gamba lo ributtò giù, preda a spasmi di dolore acuto.
Urlò, ma tentò nuovamente di alzarsi.
Questa volta ci riuscì, almeno in parte, e la sua mano destra riuscì a sfiorare il legno liscio dell’impugnatura.
Troppo liscio, forse, perché le sue dita scivolarono, e il dolore si fece così acuto, da risultare insopportabile.
Piano piano, la sua vista si fece sfocata, i suoi sensi confusi, le sue membra si intorpidirono ulteriormente.
Gli occhi cominciarono piano piano a cedere all’oblio che tanto agognava, e tutto cominciò a farsi buio...
-Kili!-
Quel richiamo, così inaspettato, lo riscosse.
Suo zio, sotto di lui, lo osservava angosciato.
Erano i suoi. Erano la sua famiglia.
Anche a costo della vita, doveva aiutarli.
Il suo braccio si tese nuovamente, stava per arrivarci, poteva farcela...Finalmente la sua mano si strinse intorno alla leva, e l’abbassò di scatto.
Dopo di che, riuscì in qualche modo a rotolare giù dal ballatoio, e a finire nella sua botte.
La freccia, colpendo il bordo del tino, si spezzò, e Kili provò l’ennesima scossa di dolore acuto, seguita da un leggero sollievo, che lo fece sprofondare nell’oscurità.
Nel frattempo Tauriel, capo delle guardie del Re Thranduil, aveva seguito la scena con un misto di orrore e apprensione, e aveva osservato le botti fluire via seguendo il corso della corrente.
Alcuni orchi cominciarono ad inseguirle ma i Nani, questa volta, erano pronti ad una controffensiva.
Fili si era impossessato dell’arco di Kili, e ora vendicava il fratello abbattendo quanti più Orchi riuscisse.
Bombur aveva sfruttato una sua personalissima tecnica e, rotolando sull’argine grazie ad una poderosa spinta, era riuscito a sbaragliarne parecchi.
Thorin e la sua Orcrist erano sicuramente la maggior minaccia per quegli orridi esseri, che avevano già imparato a temere la potenza distruttrice della Fendiorchi molto prima che il suo cammino si incrociasse con quello del Re dei Nani.
Gli Elfi, uniti ai Nani dal comune odio per gli Orchi, avevano ben presto cominciato ad inseguirli, seminando morte e panico all’interno delle loro fila.
Legolas, con il suo infallibile arco, freddò un Orco che aveva quasi sorpreso Thorin, e il Nano si ritrovò a rivolgere uno sguardo di gratitudine al giovane elfo biondo.
Dopo tutto, c’era una sola cosa che egli detestasse più degli Elfi, ed erano proprio gli Orchi.
Anche l’Elfo rivolse un cenno al Re dei Nani, cosa che probabilmente suo padre Thranduil non gli avrebbe mai perdonato.
Sconfiggendo un nemico, infatti, stava assicurando ai suoi prigionieri la libertà.
Gli Orchi, sotto comando di Bolg, batterono in ritirata, inseguendo i tini dei Nani che scomparivano lungo il fiume sfruttando la corrente.
Solo uno rimase in vita, accanto a Legolas. Tauriel gli puntava la sua spada alla gola, ma il Principe Elfico voleva portarlo vivo al padre.
Le ordinò di legarlo stretto ad un tronco per impedirgli di fuggire, poi lo stordì con un colpo alla testa.
A quel punto, Legolas rivolse la sua attenzione a qualcosa che, in quel momento, gli premeva ancor di più della presenza di Orchi così vicini a Palazzo.

 




 

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