Reazione a catena

di Mirella__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tre cicloni in collisione ***
Capitolo 2: *** Due serial killer, un boss mafioso e il vecchietto ***
Capitolo 3: *** Appuntamento al buio, grazie a Dio! O forse... no? ***



Capitolo 1
*** Tre cicloni in collisione ***


Buongiorno popolo di Efp!

Eccomi tornata dopo lunghi mesi d'assenza. Bando alle ciance vado a spiegare di cosa tratta questa raccolta.

Questa storia può essere letta sia come one-shot auto-conclusiva che come raccolta, ma la peculiarità di questo mio... esperimento(?) è che ogni avvenimento è accaduto per un qualcosa che si è svolto o nel capitolo prima, o in quello successivo.

Dov'è la novità? Semplice.

I primi due capitoli si suddividono in tre parti brevi corrispondenti all'avvenimento prima del capitolo vero e proprio, e poi da una parte più lunga che sarà l'avvenimento in sé.

Non è finita qui, di fatto ogni capitolo sarà interconnesso all'altro ( come dicevo poco fa) ma ciò non toglie comunque che potrete leggerli anche singolarmente.

La trama della mia storia non c'entra assolutamente nulla con l'anime e il manga, tuttavia cerco di mantenere ogni personaggio ic, ragion per cui non ho messo l'avvertimento OOC, il caso ne sentiate il bisogno, fatemelo notare.

Detto questo, vi lascio augurandovi una Buona Lettura!

 

 

Reazione a catena

 

Il rosso va al parco

 

Spesso ci si ritrova a fare strane fantasie, pensieri che ci sfiorano per un attimo la mente e che l'istante dopo scacciamo con un gesto deciso della testa. Questo è proprio quello che sicuramente accadde a Matt quel pomeriggio. Agitato e confuso, si era risvegliato dal pisolino quotidiano con il piede di Mello in faccia, e potremmo dire – se ciò resta tra noi – che un'esperienza tanto traumatizzante non viene dimenticata grazie ad un semplice brodino caldo. Si avvicinò a una finestra, guardò la neve che attecchiva placida al suolo e gli venne improvvisamente voglia di uscire fuori. No, ok, doveva proprio ammettere che quella non era una motivazione veritiera: Matt sapeva che se Mello si fosse svegliato con la puzza del fumo al naso avrebbe cominciato a sbraitare, di conseguenza preferì infilarsi un paio di jeans e dirigersi al parco.

Si sedette su una panchina e ispirò il fumo, gettò la testa all'indietro e schiuse le labbra, lasciando che dei piccoli anelli prendessero forma sopra la sua testa.

 

La bionda va al parco

 

Non che la modella non volesse tornare al quartier generale dopo la sua assenza. Chissà quanto mancava a Light! Era probabile che il poverino si stesse strappando i capelli a causa della sua assenza! E adesso la ragazza si ritrovava lì, imbottigliata nel traffico, alle sei del pomeriggio!

“Mochi!”

Il poliziotto sussultò a quelle urla sgraziate e sospirò. “Cosa c'è adesso?”

Misa alzò i pugni all'aria e urlò ancora più forte, era davvero stufa di quella situazione: “Non puoi fare nulla per far andare più veloce l'autista?” Accennò con lo sguardo alla pistola che Mogi teneva alla cintura “Magari farlo spaventare... giusto un pochino”.

L'agente sgranò gli occhi, possibile che Misa fosse tanto stupida? Si lasciò scivolare sul sedile e la testa si posò sullo schienale, mentre gli occhi si chiudevano senza che lui riuscisse a dar loro l'ordine di fare il contrario. Misa sbuffò alla completa mancanza di reazioni e attenzioni da parte del suo Mochi: a parte quell'espressione sconcertata non aveva fatto poi chissà che cosa, ma appena vide che la stanchezza stava per prendere il sopravvento sul poveretto, un piccolo ghigno le si disegnò sulle labbra carnose; quindi si sedette composta e spense la musica, l'abitacolo a quel punto era silenziosissimo.

 

Il bianco va al parco

 

L'albino costruiva un puzzle.

Near giocava con le automobili.

Nate ricostruiva un modellino identico alla torre Eiffel senza istruzioni.

River adesso si annoiava e costruiva una bomba nucleare giusto per il divertimento di disinnescarla in seguito.

Linda lo osservava in silenzio, seduta nella sua postazione si convinceva secondo dopo secondo, sempre di più, che quel ragazzo avesse davvero bisogno di uscire. “Sta nevicando, Near”.

“Lo so”.

“Vuoi uscire a giocare con la neve?”
“No, non mi va”.

Linda sospirò affranta, non doveva prenderlo con la forza, anche perché probabilmente non era proprio il caso di farlo uscire caricandoselo a forza sulla spalla in pieno stile sacco di patate.

Alzò la testa di scatto. Un momento, perché no?

 

Tre cicloni in collisione

 

Splash!

Near si girò lentamente: stava costruendo il suo bellissimo pupazzo di neve e all'improvviso qualcosa di duro, freddo e doloroso lo aveva colpito alla testa. In campo c'erano tre sospettati, tre possibili fautori del misfatto. Da una parte c'era Linda, ma non aveva nessun movente per fare una cosa simile visto che per convincerlo a uscire se l'era dovuto issare in spalla e fare una cosa simile per lei avrebbe segnato non solo l'ora di tornare a casa, ma anche l'ora di tornare disoccupata; una ragazzina bionda con le codine, ma non aveva senso! Perché una passante che nemmeno lo conosceva avrebbe dovuto colpirlo con una palla di neve? Certo, dall'espressione non sembrava poi così intelligente, ma quella non era comunque una motivazione pallida; il rosso, il terzo della Wammy's House, Matt Jeevas, lui sì che aveva motivo di colpirlo, non tanto per la terza posizione, quanto per il fatto che Near, quando era arrivato al parco e lo aveva visto seduto lì, lo aveva ignorato, togliendogli anche il saluto, e si era messo a costruire il suo pupazzo di neve.

Near e le convenzioni sociali non erano mai andate d'accordo.

Lui era l'unico che aveva un movente valido per una simile offesa, aveva concluso, quindi appallottolò un bel pezzo di neve, abbastanza grande da rompergli la sigaretta che teneva tra le dita, caricò il colpo, calcolò tutto: l'angolazione, la forza, la velocità, ma come un qualsiasi tiratore inesperto di neve alle prime armi, non calcolò gli agenti esterni, fu così che quando Misa ricevette un messaggio di Light e iniziò a saltellare e a correre per la gioia si beccò sulla nuca la palla lanciata da Near.

Misa gelò. I suoi capelli... i suoi capelli perfetti, acconciati, erano rovinati! Tutto perché quel rosso seduto sulla panchina dietro di lei aveva cercato di attirare l'attenzione di Misa Misa con una palla di neve! Ah! Maledetti ammiratori! Che rabbia!

“Tu!” Puntò il lungo indice smaltato contro il rosso, “sappi che te la farò pagare cara!” Urlò superando più decibel di quanto in tutta la sua vita non avesse mai fatto. Prese anche lei almeno un bel chilo di neve e la lanciò in faccia a Matt, riuscendo persino a spezzargli la sigaretta in due... no, non erano esattamente due... per effetto dell'acqua quella stecca adesso non era altro che un ammasso informe di... a Matt venne da piangere.

“Non sono stato io, sigaretticida!” Urlò lui contro la ragazza e per vendetta lanciò una palla di neve sia contro di lei che contro il primo in classifica, inutile dire che le ore passate ai videogiochi del rosso in quel frangente fecero il loro effetto e presto gli altri due dovettero cercare riparo.

Near cercava di coprirsi come meglio poteva dietro il tronco dell'albero e si chiedeva dove si fosse cacciata quella buono a nulla di Linda, sbagliò anche la seconda palla di neve e colpì di nuovo la ragazza bionda, che si mise a urlare più forte, assordando i suoi avversari e iniziando a lanciare palle di neve come una forsennata. Lei era il secondo Kira, figuriamoci se si poteva lasciar battere da due ragazzini!

Matt e Near si ritrovarono così in una posizione di svantaggio, anche se in effetti per Near la situazione non aveva avuto punti a suoi favore in nessun caso, ma presto si ritrovò a mettere da parte calcoli matematici e anche lui iniziò a gettare palle di neve con quanta più forza possedeva. Dove si era cacciata la sua guardia del corpo? Avrebbe giurato che fino a pochi secondi fa era accanto a lui! Ma adesso si era come volatilizzata nel nulla!

I tre continuarono a colpirsi per quelle che sembrarono ore. Matt cercava di poter organizzare le sue munizioni come meglio poteva, ma nel punto in cui si trovava non era caduta tantissima neve e dopo un certo periodo di tempo dovette riconoscere di stare per essere sconfitto. Lo stesso problema si stava presentando a Near, anche lui adesso era accorto di armi. L'unica potenza rimasta era Misa, le mani ancora piene di munizioni. “Ebbene,” disse fiera. “Ho vinto io!” Urlò schiaffando in faccia a tutti e due la vittoria sotto forma di poltiglia bianca.

La modella si allontanò a testa alta, fiera del suo operato. Doveva assolutamente raccontare di quell'avventura al suo Light! Saltellò contenta per la sua via mentre Matt e Near si guardavano con odio, Misa in realtà era stata solo un intralcio, l'uno oramai voleva colpire l'altro. Si gettarono di lato il più velocemente possibile e raccolsero altre munizioni. Nel loro sguardo c'era il fuoco di chi non ponderava nemmeno la sconfitta e la battaglia riprese.

 

Il taxista svegliò Mogi con uno strattone. “La signorina mi ha detto di fermarla qua”. Disse rude protendendo la mano verso l'uomo per farsi pagare.

L'agente guardò l'uomo, confuso, poi sbuffò, doveva essersi addormentato e Misa doveva averne approfittato per darsela a gambe come l'ultima volta.

Che vita da cani era quella del poliziotto.

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Capitolo 2
*** Due serial killer, un boss mafioso e il vecchietto ***


Quando le corrispondenze

non corrispondono

 

Se L non c'era, lui sarebbe stato libero.

 

Per Light questo corrispondeva un po' a: se fosse stato libero allora avrebbe potuto avere una tregua da quell'inferno.

 

Per L questo corrispondeva un po' a: se fosse stato libero, Light avrebbe potuto riprendere la sua arma di distruzione di massa, ucciderlo, conquistare il mondo e diventarne il padrone indiscusso.

 

Per Watari questo corrispondeva un po' a ritrovarsi con un diciottenne ammanettato a lui. Certo, avrebbe potuto corrispondere anche a una sequela di riflessioni nel quale il geniale inventore si chiedeva il perché a una certa e veneranda età non: si era sposato, era andato in pensione, si trovava in un cassa.

 

“Watari,” disse L infilandosi un giaccone pesante e un cappello nero. “Ricordati che gli ospiti arriveranno a momenti”. E senza aggiungere altro lasciò la stanza.

 

Light a quel punto era in stato catatonico.

 

Beyond Birthday è di nuovo libero

 

La guardia tremava. Tremava così forte che le vibrazioni si trasferirono sulle chiavi e le chiavi a loro volta tremavano così forti che, mentre giravano nella toppa, facevano tremare la maniglia e così facendo la guardia che tremava faceva tremare le chiavi, che facevano tremare la maniglia, che faceva tremare la porta.

“E basta, per l'amor di L!” Urlò Beyond Birthday che durante la stesura del suo diario aveva rischiato di scrivere “franca mente” invece di “francamente”. La perfezione era arte, la perfezione era il massimo, la perfezione stava in cima, la perfezione superava tutti, la perfezione era L, ma se Beyond Birthday fosse riuscito a fare qualcosa di perfetto allora lo avrebbe superato!

“Bwahahah!” La risata che proruppe dalle labbra del serial killer, però non lo convinse del tutto. “Muahahahah!” Sì, questa andava decisamente meglio, aggiungeva quel tocco di isteria che alla prima mancava, almeno secondo lui.

In tutto questo, la guardia non aveva detto nemmeno buongiorno, o forse lo aveva detto, ma Beyond non ci aveva fatto poi tanto caso.

“Q... questa... ti prego non uccidermi!” Il poveretto non ce la fece a dire altro, lanciò il pezzo di carta in faccia a Beyond, uscì di corsa sbattendosi la porta alle spalle e si diede alla fuga più sfrenata.

Gli occhi rossi del ragazzo si illuminarono a quelle novità.

A quanto pareva aveva da fare.

 

Le speranze spesso sono mal riposte

 

Promozione. Sì, quel messaggio con quell'indirizzo sapeva proprio di promozione! Insomma! Watari - il mitico messaggero di L - lo aveva contattato e gli chiedeva un incontro. Mello se lo sentiva, quello era il vero inizio di una collaborazione. Si era messo a fingere di dormire quel pomeriggio, non voleva far sapere niente a Matt dell'intera situazione: poveretto, si sarebbe preso d'invidia.

Adesso, mentre si lavava la faccia con l'acqua gelida e sorrideva allo specchio, gli si gonfiava il petto, tanto era fiero! Stava per incontrare il suo mito! E avrebbe fatto da assistente al suo messaggero! Quale onore. Quale onore! Avrebbe sbattuto in faccia la verità all'albino. Eccome se lo avrebbe fatto. Near sarebbe diventato più pallido di quel che già era!

Diede un'altra pettinata ai capelli biondi e uscì dalla sua abitazione quasi saltellando dalla gioia.

 

 

Due serial killer, un boss mafioso

e il vecchietto

 

Mihael era infuriato; non appena aveva visto l'albino seduto al parco, aveva lanciato quella palla di neve e si era allontanato senza nemmeno curarsi di essere notato. Nate non gli aveva fatto niente, ma il tedesco mal sopportava la sua figura e visto che per una volta aveva avuto l'occasione di fargli male senza avere particolari e negative conseguenze, aveva preso quel pezzo di poltiglia bianca e gliel'aveva lanciata contro con tutta la sua forza.

Passarono un paio di minuti, poi riprese a sorridere. In fondo non era andata tanto male; aveva un contatto con L. Quel giorno sembrava proprio procedere bene.

Arrivò finalmente all'indirizzo indicato sul biglietto e la porta si aprì non appena vi si avvicinò. Prese l'ascensore e salì fino al trentacinquesimo piano, dove lo accoglievano dei macchinari che facevano invidia a un sistema di sicurezza di un aeroporto.

“Non potevo aspettarmi niente di meno da L”. Disse tra sé e sé, posando su un tavolino: coltelli, pistole, bombe e qualche tavoletta di cioccolata, poi fu pronto per attraversare gli scanner.

La porta si aprì e finalmente poté entrare.

“Gradisce una tazza di tè, signorino?” Chiese Watari, ma la sua voce non arrivò ai timpani di Mello perché questo era impegnato a guardare il ragazzo sconosciuto ammanettato al vecchietto.

“Chi è questo tizio?” Chiese del tutto sconvolto, reggendosi a malapena sulle gambe.

Che in realtà quel vecchio avesse brutte intenzioni con lui? Che L non avesse alcun messaggero e che lui fosse caduto nella trappola di un maniaco? Fece per indietreggiare, ma andò a sbattere contro un altro ragazzo che gli era spuntato alle spalle. “E tu chi sei?” Si portò una mano al pantalone di pelle come a estrarre una pistola, ma solo a quel punto si ricordò d'aver lasciato le armi sul tavolo della saletta d'ingresso.

Beyond dal canto suo aveva già chiuso la porta e guardava con un cipiglio irritato la testa bionda che aveva davanti, chissà come sarebbe stato spaccarla con...

“Signori, vi prego di sedervi e ascoltare le mie spiegazioni”. Il vecchio gli impedì di finire il pensiero con la sua voce gracchiante, ma quello in cui Beyond sperava erano delucidazioni nel più breve tempo possibile, ragion per cui si sedette senza borbottare; non diede il minimo segno d'aver notato la catena che legava il maggiordomo a quel ragazzo dall'aspetto tanto singolare.

Diede un'occhiata alla sua data di morte, era relativamente vicina, ma quello dell'anziano ancor di più; poi spostò lo sguardo su Mello, anche la sua non era poi tanto lontana.

Mihael era esitante, ma visto come si stava mettendo la situazione era meglio stare al gioco di quel vecchio pervertito e sedersi accanto all'altro.

“L vi vuole per una collaborazione. Dovrete arrestare un fantomatico ladro che da giorni sta spargendo la voce su un suo nuovo furto. La polizia non riesce ad arrestarlo e quindi si è rivolta a L”.

“E L si è rivolto a voi perché per lui è un caso minore”. Disse Light disintegrando la rinnovata felicità di Mello: per il mafioso si era aperto un forellino di speranza, aveva iniziato a credere che quel vecchio non fosse un semplice maniaco sessuale e che quel ragazzo fosse ammanettato a lui per un motivo valido. Adesso veniva a sapere che non solo era stato attirato in quella che aveva tutta l'aria di essere una grande buffonata, ma anche che veniva utilizzato come un semplice riserva! Uno di quelli che riparano i danni altrui. Bella merda.

Beyond inarcò un sopracciglio, poi si appoggiò più comodamente allo schienale del divano e squadrò Light dalla testa ai piedi. “Anche tu sei stato chiamato qui per far fronte a un caso minore, non ti urta la cosa?”

Light si trattenne dall'assumere una qualsiasi espressione facciale e incrociò le braccia al petto. “Solitamente lavoro al fianco di L, ma questa notte lui è impegnato, perciò mi ritrovo costretto ad assistervi”.

L'altro rise in modo beffardo e scosse la testa. “Mi stai dicendo che la catena la porti legata al suo, di polso?”

E Light a quella frase si sentì avvampare, rendendosi all'improvviso conto di quanto la sua situazione con L potesse sembrare fraintendibile ad occhi esterni.

Che strano! Eppure lui non ci aveva mai visto nulla di così tanto anormale.

“Muoviamoci, prima cominciamo e prima finiamo”.

I tre si misero a lavoro, fuori la neve aveva ripreso ad attecchire al suolo, il fuoco nel camino scoppiettava e un piacevole tepore aveva pervaso la stanza.

Passarono le ore, il sonno iniziava a farsi sentire e non ci volle ancora molto affinché le teste del quartetto si ritrovassero penzolanti davanti agli schermi dei loro pc.

Mello fu il primo a cedere: si sistemò sulla tastiera e nel suo appisolarsi premette per bene la faccia contro una bella manciata di lettere che andarono a riempire il suo documento word.

Beyond aveva iniziato a ronfare, seduto sulla poltrona, con la bavetta che gli colava già lungo il mento, mentre il dignitoso Light si era addormentato con la testa appoggiata alla propria mano e una posizione dritta sulla sedia, che se l'avessero guardato da dietro, si sarebbe detto di lui che fosse ancora sveglio.

Watari non si era accorto della condizione in cui giacevano gli altri tre, ma in fondo era troppo vecchio per controllare degli adolescenti. Lui faceva il maggiordomo, non la balia.

 

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Capitolo 3
*** Appuntamento al buio, grazie a Dio! O forse... no? ***


E se nella realtà

ci fosse davvero chi è peggio di Giufà?

 

Aizawa e Matsuda si annoiavano: una volta lanciavano aeroplanini di carta, un'altra volta strappavano i block notes con gli appunti sul caso Kira e giocavano a fare canestro nel cestino dell'immondizia: per chissà quale motivo vinceva sempre Matsuda, forse Aizawa aveva qualche problema di convergenza, mentre la mira di Matsuda era... niente male, il poliziotto doveva ammetterlo. Ma simili passatempi non erano abbastanza per uomini d'azione come loro, di conseguenza si ritrovarono a stancarsi in fretta e già cercavano altro da fare.

Lavorare? Ma per favore, quello era troppo mainstream e se poi avessero optato per una simile iniziativa non sarebbe successo il fatterello seguente.

“Aizawa, tu credi che L ce l'abbia una ragazza?” Se ne era partito un giorno così, Matsuda, senza buttarci poi tanto peso. Quella voleva essere solo una domanda così, una sciocchezzuola detta per fare conversazione. L'altro agente di polizia però ci mise un po' più del solito per rispondere e questo lasciò perplesso Matsuda. “Aizawa, ci sei?”

“Certo che ce l'ha la ragazza!” Affermò l'altro sbattendo i pugni sul tavolo mentre il labbro superiore accennava un lieve tic. Matsuda non capì quel movimento, sembrava essere l'inizio di una risata, eppure il poliziotto aveva un'espressione seria, più o meno. “Ricordati Matsuda, una manetta è per sempre”.

Matsuda ci mise un po' a capire, poi infine si mise le mani sulla pancia e le risate inondarono la stanza. “Oh mio Dio, Aizawa!” Adesso quasi si soffocava dal ridere. “Chissà cosa accade quando quei due si smanettano”. Una nuova ondata di risate, stavolta di Aizawa, inondò la stanza.

“Credo proprio che questo dipenda dal senso in cui vuoi mettere la situazione!” Adesso i due si stavano letteralmente sbellicando.

“Noto che vi divertite molto voi due”.
La voce di L fu come un fulmine a ciel sereno. Uno squillo di tromba nel cuore della notte e quello era il paragone più azzeccato anche perché i due dovevano ammettere di essere letteralmente fott...

“Per rispondere alla vostra domanda, se questo può in qualche modo farvi tornare a lavorare, no, L non ha una ragazza. I legami affettivi non devono ostacolarlo nel suo lavoro”.

Matsuda e Aizawa si rialzarono e si rimisero alle loro postazioni.

Da quanto tempo era lì?
Non osarono chiederselo. In quel momento dovevano solo ritornare a lavorare.

 

Era sera tardi quando entrambi finirono.

“Aizawa.” Disse Matsuda. “Non trovi triste la vita di L?”

L'altro annuì. “E che ci vuoi fare, certi mestieri sono solitari”.

“Eh già.” Dissero all'unisono e sempre assieme incrociarono i loro sguardi. “E se gli trovassimo la fidanzata?”

 

Fu così che il profilo di Ryuga Hideki fece la sua comparsa su Facetter, un famosissimo luogo virtuale di incontri che andava molto di moda in Giappone. Non appena la sua foto e il suo nome fecero la loro comparsa, Aizawa e Matsuda si ritrovarono bombardati da mille richieste di incontri.

“La vorrei io una ragazza così.” Disse Matsuda facendo scorrere la rotellina del mouse e guardando i volti che gli sfilavano davanti con aria sempre più depressa.

“Non distrarti dal nostro obiettivo, Matsuda”. Cercò di consolarlo il poliziotto, facendo un'attenta selezione delle pretendenti e optando alla fine per una ragazza giapponese di ventitré anni. Non c'erano molte foto di lei, ma da quel che si vedeva sembrava proprio quello che ci voleva per Ryuzaki, una bella botta di vita insomma.

Peccato che i due non fossero poi tanto bravi con l'informatica e che non si accorsero proprio di aver fatto un piccolissimo errore...

 

Essere un padre assente

non significa

essere un padre menefreghista

 

Soichiro stava facendo il suo consueto giro di ronda in casa Yagami quella sera: ogni membro della famiglia doveva essere al sicuro. Controllò che ogni imposta fosse ben serrata, che le chiavi fossero tutte a posto e che il gas fosse chiuso; diede un'altra occhiata alle strade deserte e illuminate dai lampioni e poi tirò la tenda. I pericoli fisici erano passati, ma adesso doveva prendersi cura della psiche della sua prole. Prese il computer e si connesse facilmente a quello della figlia, gli occhiali sinistramente illuminati dalla luce dello schermo. Controllò ogni sito frequentato dalla ragazzina e poi i suoi account instheart e tumblit, lì era tutto ok, adesso doveva solo controllare Facetter.

Una richiesta di incontro? Ryuga Hideki.

Soichiro sbuffò poiché il caricamento del pc era lento e l'immagine di profilo tardava a caricare, ma più tempo i pixel ci mettevano a tornare a posto, più Soichiro diventava sospettoso, tanto che arrivò a pensare che l'immagine non ci fosse affatto.

Un maniaco! Non poteva trattarsi di altro, ma gliel'avrebbe fatta pagare a quel tizio, eccome se lo avrebbe fatto!

Bloccò l'accesso su quell'account alla figlia, il suo piano non doveva essere compromesso.

La pistola premeva contro il suo petto e l'avrebbe usata, se fosse stato necessario.

Poi iniziò a messaggiare.

 

Appuntamento al buio,

grazie a Dio!

O forse... no?

 

Le onde del mare si infrangevano contro la scogliera, la brezza della sera sollevava per un istante i passanti dal tormento di quel caldo torrido, assieme all'uomo dei gelati che vicino alla lunga passeggiata vendeva dei coni niente male.

Quello era il luogo dell'incontro, Aizawa e Matsuda si erano predisposti affinché tutto andasse bene, e cosa che loro non sapevano, anche L aveva fatto in modo che niente potesse disturbare la sua uscita notturna, affidando Light alle cure di un paio di amabili gentiluomini, almeno così il detective aveva detto loro.

Ryuzaki adesso si trovava lì, con un lungo cappotto grigio e un cappello che celava quasi interamente la sua figura a occhi troppo curiosi. Doveva ammettere che quel vestiario, che gli era stato consigliato da Aizawa e Matsuda, faceva il suo dovere.

I due poliziotti si erano volatilizzati subito dopo avergli detto il luogo in cui c'era quell'uomo dei gelati, probabilmente L avrebbe dovuto chiedere al negoziante la licenza, ma si era limitato a mostrargli il distintivo e a farsi dare un gelato gratis; adesso lo leccava innocentemente, appoggiato sulla ringhiera a godersi il fruscio delle onde.

Chiuse gli occhi per un attimo, non aveva visto né tantomeno sentito nessuno di sospetto attorno a lui, c'era una calma che L stesso avrebbe definito placida, e per una volta in vita sua stava trovando un'uscita piacevole.

Uno scatto metallico, vicinissimo al suo orecchio: era una pistola. Kira? Che avesse trovato il modo di rintracciarlo? Che Aizawa o Matsuda fossero Kira e lo avessero attirato in una trappola?

La bocca gli si piegò all'insù in un sorriso macabro, ma che lui trovava divertente.

Gli zuccheri dovevano avergli dato alla testa: Aizawa poteva anche lontanamente starci, ma pruff... Matsuda. Rise più forte e aprì gli occhi, dando un'occhiata da sotto il cappello all'uomo che gli puntava contro la pistola.

Da quella posizione, poteva vedere dell'altro solo due grandi baffi.

“Sono la tua DolceCaramellina”.

E Matsuda in quel momento voleva mettersi a ridere così forte che l'altro dovette gettarglisi addosso e tappargli la bocca per non farli uscire dal loro nascondiglio: un cespuglio.

Aizawa era sconvolto, perché il rispettabilissimo Soichiro Yagami aveva un account facetter con il nome di DolceCaramellina? Perché? Chi era in realtà quell'uomo che stimava da una vita?

Ryuzaki in tutto questo non aveva detto una parola, si era limitato a osservare i due grandi baffoni, ad ascoltare la voce dell'uomo, e aveva capito immediatamente la sua identità, ma ora doveva capire il perché del comportamento del rispettabilissimo sovrintendente Yagami.

E se si fosse sbagliato? Se Light non fosse stato Kira, ma lo fosse stato suo padre? Se si fosse fatto venire un mezzo infarto cardiaco per deviare l'indagine su suo figlio? Kira era un essere spregevole, senza cuore, doveva essere rinchiuso dentro quanto prima.

Buttò il gelato.

No, sul serio, quella delizia non gli stava permettendo di ragionare come avrebbe dovuto.

“DolceCaramellina”. Ripeté, camuffando la voce contro la sciarpa rossa che portava al collo. “Ah, sì, mi ricordo, anzi no, se devo essere sincero non mi dice niente questo nome”.

“Pervertito!” Continuò l'altro senza farlo finire di parlare e L fece una smorfia e pensò che lui non si riconosceva completamente in quell'aggettivo, in parte... forse.

“Deve esserci stato un errore, signor...”
“No, nessun errore. Adesso mostra il tuo volto e metti le mani bene in vista prima che ti faccia saltare in aria il cervello”.

Ok, probabilmente quello non era Kira.

L si tolse il cappello e guardò il signor Yagami dritto negli occhi. Ci fu un lungo minuto di silenzio.

“Ho bisogno di sedermi”. Sussurrò l'adulto piegandosi sulle ginocchia e sedendosi su una panchina lì vicino. “Mia figlia è una sospettata?” Era quella la conclusione più ovvia, altrimenti perché L avrebbe dovuto darsi appuntamento con la piccola di casa Yagami?

In effetti potrebb.... devo smetterla.

Pensò L seriamente, non poteva continuare a pensare che ogni individuo attorno a lui fosse Kira. Aveva un solo sospettato e due dei suoi successori lo stavano controllando. Non sarebbe stato saggio rivelare loro che era solo per quello che li aveva chiamati.

“Credo di poterle spiegare la situazione con due parole, signor Yagami, ma prima di tutto, lo vuole un gelato?”.

“E quali sarebbero?” Chiese di scatto Soichiro, ignorando completamente la domanda, poiché aveva iniziato a pensare che L Lawliet avesse una strana ossessione per i membri della sua famiglia.

“Aizawa e Matsuda”. Disse l'altro, già con altri due gelati in mano. Uno per sé e uno per lui.

E in quel momento i due poliziotti lì vicino pensarono di darsi malati per almeno un mese.

 

 

Angolo dell'autrice

Con questo posso dire d'aver sciolto ogni intreccio.

O almeno spero!

Ci saranno altri due capitoli dopo questo aggiornamento, tuttavia credo d'aver snodato la trama principale.

Ringrazio Synapsis per le recensioni che mi ha lasciato e ringrazio anche coloro che hanno messo la storia tra le seguite e ricordate.

Alla prossima!

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