Un nuovo bacio di TheOnlyWay (/viewuser.php?uid=125619)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 1 *** I. ***
Un nuovo
bacio
-
-
-
- I.
-
- «Sei
una persona triste, Morgan
Anderson.»
- Ora, qualcuno
sarebbe tanto
gentile da spiegarmi per quale motivo io non abbia ancora mandato Grace
al
diavolo? Voglio dire, non solo sono abbastanza depressa per conto mio,
ci
volevano anche lei e i suoi stupidi insulti gratuiti. E che nessuno
abbia la
faccia tosta di dirmi che me li merito. Anche perché non
è assolutamente vero.
Proprio no. Per niente. Affatto.
- Io, Morgan
Anderson, non ammetterò
mai, nemmeno sotto tortura, di essere stupida, immatura e
fondamentalmente
idiota. Chi dovrebbe ammetterlo, invece, è Benjamin Barnes,
alias Mr. Ho
Trentadue Anni E Conosco Il Mondo Meglio Di Te. Povero
scemo.
- Se per caso vi
fosse passato per
la testa che le cose tra me e Ben non procedono propriamente per il
meglio,
be’, sappiate che ci avete visto bene. Anzi, benissimo. Per
usare un eufemismo
non del tutto elegante, direi che la situazione attuale è
una merda. E no, non
voglio essere delicata e dire che le condizioni in cui mi trovo
rasentano il catastrofico.
Io voglio essere volgare, sfacciata e maleducata.
- Perciò
vaffanculo.
- «Mi
hai rotto le palle, Grace.»
sbotto, dopo un minuto di intensa riflessione che, ovviamente, non
è servito a
niente. Lo so, lo so, non dovrei essere tanto scortese, ma che volete
che
faccia? Sto per subire un tracollo e i miei nervi sono partiti per la
tangente.
Se continuo così, è molto probabile che i miei
capelli diventeranno bianchi nel
giro di un paio di giorni o, magari, li perderò e basta.
- «Non
prendertela con me, Morgan!
Sei tu che mi hai chiamata, perciò vedi di non
scassare.» mi ringhia contro.
Ecco: se anche Grace perde la pazienza, significa che sto tirando
troppo la
corda. Be’, in realtà no, visto che Grace di
pazienza non ne ha proprio. Lei è
una che incanala le emozioni nel giro di un minuto, esplode,
dopodiché torna
apatica come una quercia secolare. Sì, dai, avete capito. Se
ne stanno lì, per secoli,
a non fare un cavolo. Grace
è un po’ così.
- «Non
ce la faccio più, miseria
ladra! Io sto impazzendo.» certo, come se non fosse
già abbastanza chiaro.
Scosto la tenda con un gesto secco, per controllare che non ci sia
alcuna
traccia di Ben e della sua stupidissima faccia, dopodiché
guardo di nuovo le
valige spalancate sul letto matrimoniale, e sospiro.
- Mi sento
strana. Il nodo che sento
alla gola è così stretto che potrei soffocare e
non riesco ad allentarlo in
alcun modo. Perciò mi dirigo verso l’armadio
già aperto, afferro la mia camicia
bianca e comincio a piegarla con precisione quasi maniacale.
- «Cosa
stai facendo?» Grace è
perplessa, ed è una cosa del tutto comprensibile, visto che
l’ho fatta
precipitare qui, chiamandola nel bel mezzo di una lezione universitaria
e
supplicandola di raggiungermi.
- «Mi
preparo per gli Hunger Games.»
replico, sarcastica. Grace sbuffa, poi alza gli occhi al cielo.
- «Divertente,
davvero. Vuoi parlare
o no, Morgan?»
- No, in effetti.
Non voglio
parlare, non voglio dire niente. Non voglio nemmeno respirare, anche se
è
un’impresa decisamente difficile, se non impossibile. Voglio
dire, forse potrei
provare a soffocarmi da sola, ma se nessuno c’è
mai riuscito un motivo ci sarà,
no?
- «Me
ne vado.»
- Ed è
nel momento esatto in cui lo
dico, che realizzo davvero quello che sto per fare; me ne sto andando.
Come una
fottuta ragazzina in una fottuta telenovela spagnola, quelle piene di
Alejandro
e Rosalinda che si rincorrono come se non ci fosse un domani. Dio,
Grace ha
proprio ragione: sono una persona triste.
- «Nel
senso che ti prendi una
vacanza?» domanda Grace, perplessa. Povera, piccola, ingenua
Grace. A volte mi
domando se mi conosca davvero o se sia ancorata alla me stessa delle
scuole
superiori. All’epoca, ero solo una ragazzina stupida e
spensierata, senza
nessuna preoccupazione se non la ciccia che strabordava e gli occhi
azzurri di
Robert Swan che, una volta, avevano incrociato i miei.
- Non che sia
cambiata poi tanto. La
ciccia straborda ancora e sono sempre abbastanza stupida.
Così stupida da
essermi fidanzata con un attore piuttosto famoso e quasi dieci anni
più grande
di me; così stupida, da essere andata a convivere con lui e
aver accettato una
proposta di matrimonio. Tanto stupida da scappare senza nemmeno dare a
Ben la
possibilità di spiegare il perché del suo
comportamento idiota.
- Ma a chi voglio
prendere in giro? Se
vedessi Ben, adesso, probabilmente lo ucciderei a suon di sprangate. Il
che
comporterebbe un lungo e doloroso processo in tribunale, che mi
condannerebbe a
chissà quanti anni di carcere. Per non parlare, poi, delle
fan di Ben, che mi
ammazzerebbero senza pensarci due volte.
- «No,
Grace. Nel senso che me ne
vado.» più di così non riesco a dire, o
rischio seriamente di scoppiare a
piangere per la disperazione. Non trovate anche voi che sia
sorprendente il
modo in cui sto affrontando la situazione?
- Della serie
“Si ride per non
piangere”. Il fatto è che non
c’è proprio niente da ridere. Grace stringe lo
sguardo, sondandomi con preoccupazione. Forse si aspetta che
cederò da un
momento all’altro e, in effetti, non ha nemmeno tutti i
torti. Non so nemmeno
io come faccio ad essere tanto serena.
- Dovrei essere
fiera di me, perché sto
affrontando la situazione come una persona matura e…
- «Morgan,
sei a casa?»
- Merda!
Cosa
ci fa Ben a casa? Ero convinta che sarebbe rientrato questa sera e che,
per
allora, io sarei stata lontana. Avevo già stilato, nella mia
mente, un
programma ben preciso di come sarebbero andate le cose: mi avrebbe
chiamato, ma
io non avrei risposto e mi sarei limitata a piangere come una bimbetta
isterica. Dopodiché Ben si sarebbe presentato a casa di
Brian, dove io mi sarei
rifiutata di parlargli, perciò Brian gli avrebbe detto che
non c’ero e che
doveva lasciarmi in pace. A quel punto Ben si sarebbe arreso e sarebbe
tornato
a casa, dove mi avrebbe odiata profondamente. E io avrei pianto, ma
prima o poi
mi sarebbe passata, magari nel giro di un paio di secoli.
- Sento i passi
di Ben lungo il
corridoio, poi qualche secondo dopo si affaccia in camera da letto.
- «Sei
qui.» mormora, con un sorriso
dolce sul volto. Ha l’aria stanca e la barba di un paio di
giorni gli
conferisce un aspetto tremendamente affascinante. I suoi occhi sono
così scuri
e così intensi che per un attimo mi dimentico di quello che
sto facendo e vengo
travolta dal desiderio di corrergli incontro e buttarmi tra le sue
braccia
forti.
- Poi i suoi
occhi si accorgono
della valigia e la sua espressione si fa più confusa. Grace,
intanto, lo ha
salutato con un cenno del capo. Sento a malapena il suo “ti
aspetto in macchina”,
perché sono troppo impegnata a guardare Ben.
- «Cosa
significa?» domanda,
tremendamente serio. Mi stringo nelle spalle e continuo a riempire la
valigia. Il
suo sguardo mi segue, senza lasciarmi nemmeno un attimo e, di nuovo,
l’impulso
di abbracciarlo mi fa bloccare nel bel mezzo della stanza. Sospiro,
scuoto la
testa e mi impongo di non farmi ingannare di nuovo dai miei stupidi
sentimenti
per lui.
- «Morgan?»
mi richiama di nuovo, ma
faccio finta di non sentirlo. Allora Ben si avvicina, mi toglie
delicatamente
il maglione di mano e lo appoggia sul letto. Mi ferma, stringendomi
delicatamente per le spalle, poi si china per cercare di guardarmi
negli occhi.
Mi volto, perché non riuscirei a dirgli la verità
affrontandolo così
apertamente. Se lo guardassi negli occhi, dimenticherei ogni proposito
di
andarmene di qui.
- «Mi
dispiace, Ben.» sussurro, con
voce fioca. Mi divincolo dalla sua presa, poi velocemente finisco di
riempire
la valigia e la chiudo, con mano tremante. Me ne sto andando. Lo sto
lasciando.
E la colpa è sua.
- «Ti
dispiace per cosa?»
- «Per
tutto. Mi dispiace di non
essere la donna giusta per te, mi dispiace di non essere abbastanza
forte e di
non riuscire a sopportare la tua vita. Mi dispiace rimanerci male ogni
volta
che vedo una tua foto con qualche attrice famosa, in giro per Los
Angeles o New
York o Dio solo sa dove e mi dispiace, ma non ce la faccio
più a rimanere qui,
in questa casa, dove tu non ci sei mai. Io non ce la faccio, okay? Mi
sento
sola, e tu mi manchi di continuo ed io non manco a te, evidentemente,
oppure
non te ne andresti in giro con Amanda Seyfried! Perciò me ne
vado.»
- Ben sussulta,
come se gli avessi
dato una coltellata in pieno petto, poi scuote la testa.
- «Non
è così, Morgan. Tu mi manchi
di continuo, mi manchi sempre, in ogni istante. Ci sposeremo presto!
Come puoi
pensare che non ti ami? Morgan, dico davvero, non puoi andartene. Siamo
adulti,
comportiamoci come tali.»
- «Ho
ventitré anni, Ben! Voglio
poter stare con qualcuno che sia sempre presente. Voglio dormire con
l’uomo che
amo, voglio svegliarmi al suo fianco tutti i giorni, non una volta ogni
tre
mesi. Ho ventitré anni, e vivo da sola, rimanendo fedele ad
un uomo che non
vedo mai! Dio, come faccio a spiegartelo? Io mi sento in gabbia, Ben. E
l’amore
non è questo. Dovrei sentirmi al settimo cielo, dovremmo
organizzare il
matrimonio insieme, invece tu sei a spasso con Amanda e io sono qui da
sola, a
piangere perché lei è molto più bella
di me! Credo di aver raggiunto il
limite.»
- Il vero
problema non è Amanda,
ovviamente. So che Ben non mi ha tradita, almeno spero, ma non riesco
più a
vivere così. Insomma, ho la vita sociale di
un’ottantenne e non va bene. Penso di
continuo a lui, ma è sempre lontano ed io mi sento
così sola che vorrei morire.
Questa situazione mi sta uccidendo.
- E la mia
– di per sé esigua –
capacità di sopportazione è giunta allo stremo.
Non posso più andare avanti,
non così.
- Ben rimane in
silenzio,
probabilmente troppo sorpreso per riuscire a fare altro. Sono sicura
che non ha
mai pensato che un giorno sarei potuta scappare da lui e dalla nostra
vita
insieme. Ha sempre dato per scontato che l’avrei aspettato e
che sarei stata
sempre pronta a sposarlo, in qualunque momento. Il che è
vero, ma ultimamente
non mi basta più.
- «Voglio
essere felice, Ben.»
singhiozzo.
- «Ti
amo, Morgan.»
- «Anche
io, ma forse non è
abbastanza.»
- Mi sento
libera. Distrutta, col
cuore a pezzi, spezzata, inerme e devastata, ma libera.
L’espressione di Ben è
imperscrutabile, gli occhi così neri che sembrano pece e le
labbra strette in
una linea dura e inespressiva. So che sta soffrendo e so anche che non
mi
tratterrà. Vorrei che lo facesse? Sì, lo vorrei,
ma questo non cambia le cose.
- Sfilo
l’anello di fidanzamento e
glielo consegno senza nemmeno guardarlo in faccia. Lo bacio sulla
guancia, un’ultima
volta, poi afferro la valigia e me ne vado.
- L’ultima
immagine che ho di Ben, è
quella delle sue spalle contratte e dei pugni stretti. Forse mi odia,
forse è
solo deluso.
- Quando entro in
macchina, Grace mi
lascia una carezza sul braccio e mette in moto senza dire nemmeno una
parola.
- «Sai…»
farfuglio, poco dopo. «Hai ragione:
sono davvero una persona triste.»
-
-
-
-
- ***
-
-
-
- Ammettetelo!
Questo non ve l’aspettavate
proprio. In realtà, non me lo aspettavo nemmeno io. Ma oggi
Ben e Morgan sono
tornati alla mente con così tanta insistenza che non ho
potuto non scrivere di
loro. Non so ancora cosa succederà, come si evolveranno le
cose, né quanto sarà
lunga la storia, ma…
- Sono tornata!
- Spero che
questo primo capitolo vi
sia piaciuto e non vi abbia depresso troppo. A me piace abbastanza, se
devo
essere sincera, perciò boh.
- Fatemi sapere,
se vi và, ci terrei
un sacco! ^^
- Un bacione e
alla prossima,
- Fede.
-
- P.s. Per chi
volesse, mi trovate
su Twitter come @FTheOnlyWay e su
Facebook come TheOnlyWay Efp
-
- Ah, mi sono
dimenticata di dirlo,
ma per chi non lo sapesse, questa storia è il seguito di
“L’importante è
incontrarsi”
|
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Capitolo 2 *** II. ***
-
Lo vedete questo fighissimo banner? E' opera di
Ilaria, alias
HilaryC, che si è gentilmente offerta volontaria.
E
infatti è fighissimo, capito? Perciò
ringraziatela, perchè c'è anche la gif.
E
Ben.
Due
Ben, anzi.
Grazie,
Ila.
II.
Brian
mi abbraccia nel momento
esatto in cui varco la soglia del suo piccolo monolocale. Non fa una
domanda,
probabilmente perché è del tutto consapevole del
fatto che potrei ucciderlo
seduta stante – o uccidermi, visto come mi sento –
né si azzarda a pronunciare
il nome di Ben.
Chissà
come sta lui, adesso. Se lo
conosco almeno la metà di quanto penso, sono piuttosto
sicura che sta scaricando
la rabbia con il sacco da boxe che ha appeso nel garage. Lo fa spesso,
quando è
nervoso, triste, arrabbiato e non sa come sfogarsi. Penso che la
violenza gli
sia in qualche modo d’aiuto.
So di
averlo ferito e questa
consapevolezza mi fa sentire ancora peggio. Lui è, e
sarà sempre, l’uomo della
mia vita, il primo che io abbia amato sul serio e l’unico ad
avermi amata
nonostante il mio caratteraccio, le mie stranezze e la mia assurda e
stupida
convinzione di essere un pirata. Sarà sempre
l’unico uomo che mi ha portata al
Mc Donald al primo appuntamento e che si è presentato a casa
con la colazione
il giorno dopo, perfettamente consapevole della mia insicurezza.
Ma
è anche Ben Barnes, il famoso
attore inglese che i giornali di gossip quotano con Amanda Seyfried.
E’ l’uomo
che milioni di ragazze ucciderebbero per avere ed io l’ho
lasciato andare.
Perché
non sono la sola a sentirmi
in gabbia, credo. So che lui non affronta i suoi viaggi serenamente,
perché io
sono a casa da sola, con la compagnia di Grace che, sì,
è la mia migliore
amica, ma non è lui. Grace non mi prepara la colazione, non
mi dice che sono la
sua principessa guerriera, né mi dice che mi ama
più della sua stessa vita.
Separarmi
da Ben, è stata una
decisione lunga e sofferta, che mi ha scombussolata più di
quanto pensassi e
che mi ha lasciata completamente a pezzi, senza nemmeno la forza di
reagire. E
scappare è una scelta da codardi, lo so, ma al momento
è l’unica che mi viene
in mente.
Se
fossi in una telenovela, penso
che mi starei già consolando con l’avvenente
stalliere argentino di turno, ma
questa è la schifosa realtà, perciò mi
limito a buttarmi sul divano, affondare
il viso nel cuscino e piangere tutte le mie lacrime, nella speranza che
il
dolore sia abbastanza forte da sopraffarmi e farmi svenire.
Ed
è quello che succede: mi
addormento dopo circa un’ora, senza aver detto nemmeno una
parola a Brian, o
aver ringraziato Grace per il passaggio. Cado in un sonno disturbato,
in cui
gli occhi scuri di Ben sono l’unica cosa che vedo. Inutile
dire che quando mi
sveglio mi sento ancora peggio.
Trovo
Brian seduto in cucina, con
il portatile acceso e l’espressione concentrata di chi sta
facendo qualcosa di
estremamente importante. Barcollo verso di lui, e mi accascio sulla
sedia
accanto alla sua.
«Tutto
bene, Morgana?»
«Mi
sento uno schifo.»
Non
ho nemmeno voglia di dirgli di
non chiamarmi Morgana, perché lo odio, né mi
sforzo di ricordargli che il mio
nome è Morgan, come un pirata. Per quanto mi riguarda,
può chiamarmi anche
Allyson, come l’odiosa giornalista che ha portato di fronte
ai media la notizia
del mio fidanzamento con Ben.
Forse
è colpa sua se adesso siamo
ridotti così. Se lei si fosse fatta un pacchettino di affari
suoi, magari io e
Ben non avremmo affrettato i tempi. Magari non saremmo finiti su tutti
i
giornali e, sempre magari, io non sarei impazzita per gli insulti di
tutte le
marmocchie che idolatrano il mio fidanzato.
Ex
fidanzato.
«Devo
uccidere Ben?»
Sorrido
mestamente, poi scuoto la
testa in segno di diniego. Credetemi, Brian sarebbe davvero capace di
uccidere
Ben, se solo glielo chiedessi. Penso non abbia mai accettato del tutto
la
nostra storia, perché Ben è più grande
di me di nove anni, è famoso e, insomma,
ci sono un sacco di motivi per cui la nostra unione è stata
un disastro
annunciato.
Ed io
che, ingenuamente, pensavo
che sarei riuscita ad andare contro tutti coloro (compreso Brian) che
sostenevano che non ce l’avremmo mai fatta. Non vedo
l’ora di leggere i
commenti entusiasti delle fan, quelli cattivi della stampa
e… Allyson! Cielo,
quell’arpia mi chiamerà sicuramente. Non ho idea
di come abbia fatto ad avere
il mio numero, ma tant’è. Cosa dirà
Ben? So che odia parlare di sé, soprattutto
quando l’argomento è delicato e questo lo
è abbastanza. Sono sicura che manderà
al diavolo qualcuno.
«Sono
stata io, Brian.»
«Tu
hai lasciato Ben? È
impossibile, Morgan.» commenta, incredulo. Se
c’è una cosa di cui anche Brian è
sempre stato certo, è che io per Ben avrei fatto qualsiasi
cosa. Compreso un
tatuaggio gigante su una chiappa, se me l’avesse chiesto.
«E
invece è così.»
«Ti
ha tradita?»
C’è
da dire che, in quanto a
delicatezza, mio fratello è imbattibile. Ho rotto il mio
fidanzamento un paio
di ore e lui parla già di tradimento. Come se non stessi
abbastanza male così,
mi ci manca solo l’immagine di Ben che si rotola nel letto
con qualche stangona
hollywoodiana.
«No!»
«Allora
tu hai tradito lui?»
«Ma
come ti viene in mente?»
«E
allora sei stupida, Morgan.»
Dalla
gola mi esce un suono
strozzato che vorrebbe essere di protesta, ma che fa ridere Brian per
almeno
dieci minuti. Nel frattempo, non posso fare altro se non pensare a Ben
e
cominciare a rimpiangere la mia drammaticità e, soprattutto,
l’atto drastico di
cui sono stata l’artefice. Cielo, l’ho lasciato
davvero? Me ne sono andata di
casa. Ho piantato Ben.
Io,
Morgan Anderson, ho scaricato
Ben Barnes dopo due anni di fidanzamento, ad un passo dal cominciare
l’organizzazione delle nozze. Sono davvero così
stupida? Sì, lo sono,
ovviamente. Ma la cosa non sorprende nessuno, immagino.
E
ancora mi domando cosa mi sia
preso. Certo, le cose non vanno bene già da un po’
e negli ultimi tre mesi sono
stata sul punto di preparare le valigie non so quante volte, ma
qualcosa mi ha
sempre trattenuta.
«Non
scocciare! C’è un motivo se
l’ho fatto.»
«E
sarebbe?»
«Non
ti devo dare alcuna
spiegazione, non sei mica Ben.» bercio, risentita. Insomma,
capisco che Brian
sia curioso, ma non vedo perché dovrei illustrargli tutti i
dettagli di questa
sordida e triste vicenda. Rischierei solamente di sembrare
più patetica di
quanto non sia già. Ma perché non sono una
persona più coerente?
Voglio
dire, fino a questa mattina
non credevo che avrei trovato il coraggio di lasciare Ben, poi nel giro
di
un’ora ho deciso di preparare i bagagli. Ho dato tutta la
colpa a lui, quando
in realtà è mia. Oppure no? Santo cielo, non so
più che cosa pensare. Perché
qualcuno non mi tira una botta in testa? Magari mi ritorna la ragione.
Brian
sospira, mi lascia una
carezza sulla spalla, poi si abbassa per baciarmi la testa con
dolcezza.
«Si
sistemerà tutto, sorellina. Te
lo prometto.» mormora. Il suo tono è
così sincero e così inaspettatamente dolce
che ricomincio a piangere come una bambina. Brian mi abbraccia e
aspetta in
silenzio che passi. Ma passerà mai?
Grace
ritorna pochi minuti dopo e,
a giudicare dalla sua faccia, sembra assolutamente furiosa. Non mi
sorprende
che entri in casa di Brian come se fosse la padrona –
è una cosa che fa di
continuo, questo di piombare nelle case altrui con la delicatezza di un
panzer
– né che si lanci sul divano accanto a me.
Quello
che mi stupisce, è il
coppino che ricevo subito dopo.
«Ahi!
Dì un po’, ma sei
completamente impazzita?» mi lamento, massaggiandomi la testa.
«Io?
Porca puttana, Morgan!»
impreca. Non credo possiate capire sul
serio il mio sgomento: Grace non dice mai parolacce. Mai. Nemmeno
quando prende
un voto piuttosto basso (ossia un punto sotto il massimo) ad un esame
dell’università. In genere si lamenta per un
quarto d’ora abbondante, poi si
consola con una barretta di cioccolato e nel giro di mezz’ora
se n’è già
dimenticata.
Perciò
provate ad immaginare
quanto mi sembri assurda questa sua reazione. Apparentemente
ingiustificata,
oltretutto. Perché per far dire a Grace un “porca
puttana” del genere, deve
trattarsi di qualcosa di grave.
«Cosa
c’è?» domando, preoccupata e
con una punta di sospetto. Se sono a conoscenza del fatto che io potrei essere il motivo della sua
rabbia? Assolutamente sì. E sono molto, molto preoccupata.
«C’è,
grandissima idiota, che ho
parlato con Ben!»
Ed
è qui che cominciano i guai.
Non so perché, ma ho la sensazione che da questo momento in
poi, le cose
andranno sempre peggio.
«E
sai cosa? Sei proprio
un’idiota.»
«L’hai
già detto.» le faccio
notare, scettica. In tutta sincerità, non ho per niente
voglia di sentirmi dire
– di nuovo – che sono una stupida senza cervello.
Lo so benissimo da me, che ci
crediate o no. E la cosa peggiore è che, proprio in
virtù di questa mia
stupidità, ho lasciato l’amore della mia vita.
Brian
si butta improvvisamente
accanto a Grace e le circonda le spalle esili con un braccio. Lei,
ovviamente,
arrossisce e si dimentica completamente di Ben, della nostra rottura e
di tutte
le accuse che era pronta a rivolgermi. Brian ha ancora questo effetto,
su di
lei. So che prima o poi mi toccherà affrontare
l’argomento e so anche che non
me la farà passare liscia, ma per il momento mi godo
l’immunità e ne approfitto
per svignarmela nella camera degli ospiti.
Quando
ormai pensavo di essere al
sicuro da ogni domanda e accusa, Grace mi raggiunge e comincia a
passeggiare
avanti e indietro sulla moquette color sabbia. Non oso chiederle niente
a
proposito di Brian, ma dalla sua faccia deduco che sia successo
qualcosa. Non
so se hanno litigato o se finalmente si sono rotolati sul divano per un
po’ di
sana attività fisica: non mi interessa saperlo.
«È
curioso, Morgan. Ben non aveva
idea che tu volessi lasciarlo.» commenta, arrotolandosi una
ciocca di capelli
tra le dita. Io sbuffo e nascondo la faccia nel cuscino. Non ho proprio
voglia
di parlarne, non può lasciarmi in pace?
«E
allora? Non è che prima devo
mandargli un telegramma. Sono cose succedono, Grace.»
«Certo,
quando si è rincoglioniti
come te.» e siamo a quota due parolacce. Devo averla
combinata proprio grossa.
L’unica cosa che non riesco a capire è per quale
motivo non mi lasci crogiolare
nella tristezza, ma continui a buttarmi in faccia la mia
stupidità. Mi sono già
pentita di aver troncato con Ben e sono passate appena poche ore.
«Le
cose non sono così semplici.»
borbotto, infine, trattenendomi a stento dal lanciare un urlo isterico.
«Allora
spiegami, Morgan, perché
io non capisco.»
Vorrei
farle presente che non è
lei quella che deve capire, ma Ben. In ogni caso, credo che parlarne
con
qualcuno mi farebbe bene, perciò sputo il rospo e, per una
buona volta, mi
decido a raccontare la verità.
«Mi
sento in trappola. Sto vivendo
da sola, in una casa che non è mia, ma che non fa altro se
non ricordarmi che
Ben non c’è. Prova a capirmi, Grace. Immagina il
la cucina silenziosa, il
tavolo apparecchiato per una persona, un libro abbandonato sul divano,
e il letto
vuoto, freddo, le lenzuola disfate solo da un lato. È
così che vivo. E non mi
basta una telefonata nel cuore della notte, qualche ti amo sussurrato
prima di
riattaccare e un’intervista che conferma che sì,
stiamo ancora insieme. Ho
finito il corso di pasticceria, lo sai? L’ho finito due mesi
fa e ancora non ho
cucinato niente. Avrei voluto preparare una torta per Ben, oppure dei
biscotti,
ma lui non c’era. Era troppo impegnato a bersi un fottuto
caffè con Amanda. Sai
dov’ero io? In camera nostra, a piangere. Capisci,
adesso?» nascondo un
singhiozzo nel cuscino, perché mi sento così
patetica e così triste che non
voglio essere vista da nessuno.
Grace
si avvicina con cautela, poi
mi si sdraia accanto e mi circonda con le braccia.
«Vedrai, Morgan.
Andrà tutto
bene.»
***
Lo so, lo so, avrei
dovuto aggiornare prima, ma ero in vacanza e questo significa niente
internet, niente computer e, insomma, niente di niente. In compenso,
non che ve ne freghi, ovviamente, ho un'abbronzatura che fa PAURA.
Giuro, mi hanno detto che sembro un'indiana. Yeah.
Comunque, questo
capitolo è un po' deprimente, me ne rendo conto, ma quando
due persone si lasciano dubito che siano al settimo cielo e qua
parliamo di Morgan, che è esaurita persa.
Fatemi sapere che ne
pensate, ci conto :)
Un bacione,
Fede <3
|
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Capitolo 3 *** III. ***
III.
È passata una
settimana. E le cose
non sono migliorate affatto. Sono ancora da Brian e sono sicura che la
cosa
comincia a pesargli, sebbene non mi dica niente. Di Ben non
c’è traccia:
nessuna chiamata, nessun messaggio, niente di niente.
A dire la verità
ci sono rimasta
male. Pensavo – speravo – mi avrebbe cercato, ma
evidentemente mi sbagliavo.
Come sospettavo, non mi ama così tanto come ha sempre
sostenuto. La cosa mi
sorprende? No. In cuor mio, sono sempre stata terrorizzata; sapevo di
non
essere quella giusta per lui, ma non credevo che avrebbe potuto giocare
con me
fino a questo punto. Pensavo davvero che ci tenesse.
Le giornate trascorrono
tutte
nello stesso modo: mi lascio trascinare dall’apatia, dalla
tristezza e dalla
depressione. Non trovo niente che mi interessi, ogni cosa mi ricorda
Ben.
Ben, che non mi ha
più cercata.
Ben, che probabilmente a
quest’ora
è già tornato in California a divertirsi con
quella stangona della Seyfried.
Ben, che amo più
della mia stessa
vita. E pensare che questi discorsi patetici io li odio. Tutti quei
“luce dei
miei occhi, sole che illumina il mio cammino, stella del mio cuore,
morirei per
te” sono le frasi stupide che si dicono i bambini di dieci
anni quando si
fidanzano con l’anello che si trova nelle patatine. Io ho
superato quella fase
già da un bel pezzo, eppure Ben mi manca da impazzire.
È in momenti
come questo, che mi
rendo conto che Morgan il Pirata si è trasformata nella
fottuta Morgan la
Principessa Piagnona. Mi odio, santo cielo.
Il mio telefono comincia a
suonare
insistentemente e sento un barlume di speranza riaccendersi: se fosse
Ben?
Inutile dire che quando leggo “Grace” sul display
sono piuttosto delusa. Ci
siamo sentite poco fa, cosa vuole ancora?
«Accendi
la televisione! Veloce, Morgan! Muoviti!» mi
domando per un
attimo quale sia il suo problema, poi mi stringo nelle spalle e vado in
salotto, dove Brian è intento a guardare una replica di One
Piece. Stupidi
maschi.
«Puoi cambiare un
momento? Grace
dice che è urgentissimo.» alzo gli occhi al cielo
e lui ridacchia. Quando,
però, il volto di Ben riempie lo schermo, l’esigua
serenità accumulata svanisce
e lascia il posto ad un nodo nello stomaco. Potrei vomitare.
La scena non è
tra le mie
preferite. Anzi, mi è fin troppo familiare. Rabbrividisco di
fronte
all’inquadratura di Allyson e comincio a chiedermi cosa stia
succedendo. Perché
Ben è lì? E perché alle loro spalle
c’è una foto che ci ritrae mentre
passeggiamo al parco?
Mi sono persino dimenticata
di
Grace, che è ancora in linea. Penso solo a Ben e a quanto mi
sembri stanco. I
suoi occhi sono cerchiati da occhiaie scure e livide, la barba
è sfatta e il
volto pallido e tirato. Non l’ho mai visto così e
anche se dovrei cercare di
dimenticarlo e andare avanti, non posso fare a meno di guardarlo e
pensare che
la colpa è mia.
Allyson gli siede davanti,
le
lunghe gambe accavallate e le tette così gonfie che sembrano
sul punto di
scoppiare. Sorride con aria entusiasta e annuisce in risposta a
qualcosa che
Ben deve aver detto un attimo prima che io mi sintonizzassi sul canale.
«Benissimo. Ora
che abbiamo
esaurito le domande sul tuo prossimo film, passiamo a
qualcos’altro.»
Ben rimane apparentemente
imperturbabile. Io, però, che lo conosco come le mie tasche,
colgo i primi
segni del suo nervosismo: pugni stretti, sguardo fisso e labbra tirate
in una
linea dura, dritta e inespressiva. Come fa ad essere così
bello?
«Nell’ultima
settimana, gira voce
che tu e Morgan non stiate più insieme. Quello che tutti ci
chiediamo è: è
vero?» domanda Allyson.
Ah, se solo potessi
attraversare
lo schermo e raggiungerla nello studio! Le tirerei un bel calcio su
quel culo
rinsecchito e la spedirei in Cina a masticare bambù con i
koala. Stupida oca
senza cervello.
Mi chiedo che cosa
risponderà Ben
e sento un brivido di aspettativa risalirmi lungo la spina dorsale. E
se
dicesse che mi odia? Non credo che lo sopporterei. Stringo il braccio
di Brian
talmente forte da farlo mugugnare infastidito, poi mi sporgo in avanti
con il
busto, del tutto rapita dallo sguardo intenso di Ben.
«Le cose sono
complicate, al
momento.» è tutto ciò che riesce a
dire. Abbasso lo sguardo, senza sapere bene
come reagire. Ma cosa mi aspettavo? È in televisione,
dopotutto, non può dare i
dettagli della vicenda, né può far vedere quanto
la cosa lo faccia star male.
Il pubblico vive di questi dettagli sordidi, dei tradimenti, del dolore
altrui,
delle coppie che si separano e delle storie come la nostra, in cui
prima o dopo
l’insignificante ragazzina di paese viene sostituita dalla
super star con la
chioma biondo platino.
«La vostra
è una delle coppie più
amate, Ben. Morgan è una brava ragazza, ed è
evidente che la popolarità non le
interessa, o avrebbe accettato uno dei centomila inviti che le ho
mandato
questa settimana.» Allyson lancia uno sguardo tanto truce da
bucare lo schermo.
Ops.
Colpa mia.
«Se stai
guardando, signorina
Anderson, sappi che non mi arrenderò.» stupida
rompipalle. «Ma sappi anche che
faccio il tifo per voi.»
Oh, questa non me
l’aspettavo.
Davvero. Mi coglie così di sorpresa che cado dal divano e
rischio di spaccarmi
i denti per terra. Brian comincia a ridere così forte che
nel giro di dieci
secondi entra in iperventilazione. Io resto per terra, con lo sguardo
perso
sull’ultimo primo piano di Ben, che sorride e ringrazia
Allyson. Un istante
prima che lei mandi la pubblicità, Ben pronuncia le ultime
parole che mi
aspetto di sentire e chi mi fanno scoppiare in lacrime (ancora;
comincio ad
assomigliare ad una fontana ambulante.)
«Non mi
arrenderò neanche io.»
Negli ultimi giorni, mi
sono resa
conto che trascorrere le serate in completa solitudine non è
tanto male come mi
ho sempre pensato. Voglio dire, cosa c’è di
più eccitante dell’indossare un
pigiama informe – quello con le nuvole, che piace tanto a Ben
–, ingozzarsi di
gelato alla nocciola, biscotti e cereali Cheerios, mentre in
televisione danno
l’ennesima replica di Pirati dei Caraibi? È
decisamente la mia serata tipo.
Solo che, mentre ripeto
insieme a
Johnny/Jack (come fa ad essere così bello, per Dio?):
“Capitan Jack
Sparrow”, non provo alcuna soddisfazione. Ben avrebbe
saputo apprezzare la mia imitazione. Avrebbe riso, poi avrebbe
dichiarato di
essere geloso di Johnny e mi avrebbe baciata. Avremmo finito con il
fare
l’amore e poi mi avrebbe detto che sarebbe rimasto con me
tutta la vita. Io gli
avrei lanciato contro i biscotti, ridendo, perché
– cavolo! – non potevamo
essere tanto sdolcinati. Lui si sarebbe stretto nelle spalle
perché in fondo a
chi importa se eravamo da diabete o meno? Un principe e un pirata
possono fare
quello che vogliono, non danno spiegazioni a nessuno.
La fine del primo tempo e
l’inizio
del notiziario, mi distolgono dal mio film su “Cosa sarebbe
successo se…” e mi
riportano alla triste realtà. La voce del giornalista
annuncia una strage da qualche
parte nel mondo, lo scoppio di una bomba, un probabile attentato, un
allagamento e un numero indefinito di morti. Mi è persino
passata la voglia di
mangiare il gelato, ma la sfilza di pessime notizie non ha fine.
L’ultima
è quella che mi sconvolge
del tutto e che, di nuovo, mi fa cadere col culo per terra. Lo schermo
propone
un’inquadratura di Ben, piuttosto recente, perché
al polso sinistro porta
ancora il bracciale che gli ho regalato per Natale.
«Annuncia
il ritiro dalle scene cinematografiche il trentenne londinese,
Ben Barnes. Occupato nelle riprese di un nuovo film che lo vede nel
ruolo
principale, l’attore ha dichiarato di non avere
più alcun interesse per la sua
stessa carriera. Alcune indiscrezioni hanno attribuito la colpa alla
rottura
del fidanzamento con Morgan Anderson. È davvero
così? Le numerose fan di Ben si
augurano di no e sperano che il loro idolo ritrovi presto la ragione.
Con
questa notizia si chiude l’edizione del telegiornale. Vi
auguriamo buona
serata.»
La sorpresa mi immobilizza
per
qualche istante: spalanco la bocca e la richiudo più volte,
nella pessima
imitazione di un pesce. Dovrei reagire, credo. Magari riprendere a
respirare e
garantire al mio povero cervello una scorta di ossigeno per salvare i
pochi
neuroni che mi restano.
Rielaboro ciò
che ho appena
sentito una, due volte, ma il risultato non cambia: Ben ha davvero
deciso di
mollare la carriera. Per me. So che la colpa è mia,
perché sono l’unica persona
in grado di fargli prendere decisioni tanto stupide. Quando si parla di
noi, il
suo cervello tende a non funzionare tanto bene. E, ovviamente, nemmeno
il mio.
Dovrei sentirmi lusingata,
credo. Voglio
dire, dovrei essere felice, no? È quello che ho sempre
voluto. Vivere con lui
tutti i giorni, avere una nostra quotidianità, fatta di
gesti abitudinari, di
piccole cose che avvengono tutti i giorni, un sorriso, una carezza, una
cena da
Mc Donald e un dvd in tarda notte. Ma al posto del sollievo
c’è solo il senso
di colpa, e non mi piace.
Non voglio essere la
responsabile
dell’infelicità di Ben: è un pensiero
insopportabile. Anche se vorrei davvero
capire cosa diavolo gli sia passato per la testa quando ha preso questa
decisione idiota. Ed ora, tanto per non farmi mancare una gamma di
emozioni al
completo, sono così incazzata che se ce l’avessi
davanti, probabilmente finirei
con l’ucciderlo.
Anzi, sapete che vi dico?
Ora ci
vado, ad ucciderlo. Almeno avrà buttato al vento la sua vita
per una ragione
valida: da morto una carriera non gli serve mica. Mi alzo di scatto,
corro in
camera mia (be’, degli ospiti, ma ormai è mia) e
spalanco l’armadio alla
ricerca di qualcosa da indossare che mi dia un’aria
abbastanza autoritaria e
non, invece, da ragazzina impettita e fuori di testa.
Poi, però, mi
rendo conto che Ben
non si lascerà certo ingannare da un paio di pantaloni neri
e da una coda di
cavallo tiratissima, perciò mi limito ad afferrare il primo
paio di jeans che
trovo, la maglietta a fiori – in genere mi porta fortuna
– e gli stivali, e in
meno di dieci minuti sono passata all’impermeabile.
Brian, che è
appena rientrato e, a
giudicare dalla sua faccia, sembra anche piuttosto allegro, mi rivolge
un’occhiata
perplessa.
«Dove vai,
sorellina?»
Sorellina?
Deve aver bevuto parecchio. In ogni caso, i problemi da giovane
alcolizzato di
Brian non mi interessano. Avvolgo la sciarpa intorno al collo, afferro
le
chiavi della macchina e mi precipito fuori di casa.
«Ehi! Questa casa
non è un
albergo!» urla Brian, dall’ingresso. Scoppio a
ridere, perché a volte è così
idiota che non ci sono parole per descriverlo. E, comunque,
l’imitazione di
mamma è una di quelle che gli esce meglio.
«Scusa, Brianna!» evidentemente, la
stupidità è genetica.
Essendo sfigata per natura,
non mi
stupisce affatto che la macchina sia in riserva, ma non ho tempo per
fermarmi a
far benzina: Ben ha la priorità e il rischio di rimanere a
piedi, be’, viene
dopo. Prima, devo evitare a quell’idiota del mio fidanzato di
commettere lo
sbaglio più grande della sua vita. Ex
fidanzato.
Ex. Ex. Ex. Devo ancora farmelo entrare per bene nel cervello.
Trascorro
l’intero tragitto in una
sorta di stato di panico-preghiera, in cui la mia attenzione rimbalza
di
continuo dalla spia della riserva, che è di un arancione
vagamente inquietante,
al discorso che farò a Ben.
Al momento suona
così: “Anche se
non stiamo più insieme, non vuol dire che tu devi mandare la
tua vita a
puttane. Perciò smettila di fare il coglione, chiama il
produttore, il tuo
agente o chi accidenti ti serve e spiegagli che la tua dichiarazione
è stata
colpa di un raffreddore. Oppure digli che ti sei sniffato un
po’ di colla, perché
volevi fare il trasgressivo. Ma, per l’amor di Dio, smettila
di comportarti
come un bambino. Io sono felice e ho ricominciato a farmi una vita,
dovresti
farlo anche tu.”
Suona bene, vero? Credo che
potrei
vincere un Oscar, magari contatto Allyson e le chiedo cosa ne pensa.
No,
scherzo. Meglio che resti lontana da me. In ogni caso, mi ripeto il
discorso
fino a che non sono certa di averlo imparato a memoria e, finalmente,
raggiungo
casa di Ben. Ex casa mia, insomma. Nostra.
Oh, merda, mi viene da
piangere. Non
ha ancora tolto il mio nome dalla casella della posta. E
c’è ancora quella
pianta orribile che gli ho fatto comprare e che poi è
appassita dopo una
settimana. E le tende sono ancora le stesse che ho scelto.
Merda.
Merda.
E ancora merda.
Faccio un respiro profondo
e
percorro il vialetto in tutta calma. Probabilmente, di questo
passò raggiungerò
la porta intorno alle cinque di domani sera, ma ho bisogno di trovare
un po’ di
calma. Ogni passo in avanti, mi spezza il cuore. Come farò a
guardarlo in
faccia e a dirgli che ho ricominciato a vivere? Non ci
crederà mai, è
impossibile.
Ma lo farò
comunque. Per amore ci
si sacrifica, non è così? Vorrei fare un esempio
figo, ma il panico mi impedisce
di ragionare lucidamente, perciò, non so, pensate voi a
qualcosa che renda il
concetto.
Suono il campanello e, dopo
qualche istante la porta si apre.
A questo punto mi rendo
conto che
qualcosa non va come dovrebbe perché, a meno che non abbia
lunghi capelli
biondi, labbra carnose e occhi verdi, chi ha aperto la porta non
è Ben.
***
No, non è
un'allucinazione. Sono proprio io, in carne ed ossa. Vi chiedo scusa
per il ritardo, ma è stato un periodo d'inferno. Tra dieci
giorni di ricovero in ospedale, intervento e ripresa, è
stato un po' un periodaccio e l'ispirazione per questa storia
è venuta a mancare. Ma avevo detto che non l'avrei
abbandonata, perciò ecco qui il nuovo capitolo.
Spero davvero che vi sia
piaciuto e che un pochino vi abbia fatto sorridere. Io mi sono
divertita molto a scriverlo, anche se alla fine non è che
sia questo granché. In ogni caso, se vi va, fatemi sapere
che ne pensate :)
Un bacione,
Fede.
|
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Capitolo 4 *** IV. ***
IV.
Devo
prendere un respiro profondo
prima di parlare, perché sono piuttosto certa che vomiterei
una sfilza
incredibilmente lunga di insulti che, ovviamente, non sono adatti ad
una
signorina come me. Ma chi voglio prendere in giro? Noi pirati siamo
maleducati,
volgari, sboccati e decisamente irascibili.
«Che
diavolo ci fai tu in casa
mia?»
E
possessivi, nel caso in cui non
si fosse capito. Amanda Seyfried – perché non sono
per niente sorpresa? –
inclina la testa da un lato e i capelli biondi le coprono la spalla
candida ed
esile. Vorrei strapparglieli uno alla volta, quei peli malefici. Dio,
perché
diavolo è in casa mia? Non è possibile che Ben le
abbia chiesto di sposarlo,
vero? Voglio dire, fino a poco tempo stava insieme a me, non
può essersi
ripreso così in fretta.
Inarco
entrambe le sopracciglia,
sorpresa, quando quel manico di scopa ambulante mi sorride come fossimo
vecchie
amiche e mi invita ad entrare in casa. Come se ce ne fosse bisogno:
conosco la
strada meglio di lei, non mi serva che mi dica di accomodarmi in
salotto. È il mio
salotto.
Sento
un po’ di rumore dal piano
di sopra, dopodiché dei passi felpati annunciano
l’arrivo di Ben. Mi guarda
come se fossi un’aliena e per un attimo vengo assalita dalla
voglia di
saltargli addosso e baciarlo. È così bello,
maledizione. Come ho fatto a
rimanergli alla larga per tutto questo tempo?
«Morgan?»
«No,
Mary Poppins.»
Sono
simpatica, vero? Lasciate
stare, lo so già. Certe cose non hanno bisogno di conferme.
Voglio dire, io al
vostro posto mi amerei follemente.
«Che
ci fai qui?» domanda di
nuovo. Non so, forse oggi è la giornata delle domande
idiote, perché siamo a
quota due e sono passati solamente tre minuti da quando sono entrata.
«Sono
venuta a dirti che sei un
coglione.»
Ben
non reagisce nel modo in cui
mi aspettavo. Avevo già programmato tutto, nella mia mente.
Si sarebbe
incazzato tantissimo, avrebbe cominciato ad urlare e mi avrebbe
accusato di
essere la causa della sua rovina. A quel punto io gli avrei detto di
fare
marcia indietro e tutto si sarebbe risolto. Saremmo stati separati, ma
almeno
uno di noi non avrebbe distrutto il proprio futuro.
Invece
rimane impassibile. Inarca
un sopracciglio, si volta verso Amanda e le sorride. Vedo rosso.
Qualcuno me la
levi di mezzo, perché oggi faccio una strage. Come se avesse
colto l’arrivo
imminente della sua fine, la signorina Sono-più-bella-di-te
scuote la testa e mi rivolge uno sguardo apparentemente
tranquillo.
«Gliel’ho
detto anche io, che sta
commettendo uno sbaglio.» sostiene, stringendosi nelle
spalle. E be’? Non è che
se mi da’ ragione diventiamo amiche del cuore e cominceremo a
scambiarci i
vestiti. Annuisco bruscamente e torno a guardare Ben. Un sorriso appena
accennato
increspa il suo volto e sento una fitta al cuore perché,
accidenti, è davvero
bello e io lo amo così tanto. E mi manca. E mi rode da
impazzire che questa
stangona fantastica passi così tanto tempo insieme a lui.
«Cos’hai
da guardare?» ringhio, in
difficoltà. I suoi occhi continuano a farmi uno strano
effetto. Vorrei
piangere, ma vorrei anche baciarlo. E urlare, e ridere. E vedere uno
psicologo,
che non sarebbe male.
«Sei
ingrassata?»
«Vedi
che sei un coglione? Ho
ragione o no?» Amanda si schiarisce la voce e mi posa una
mano sulla spalla.
Avrei voglia di staccargliela a morsi, ma mi trattengo.
«Io
ti trovo bellissima.» dice.
Oh, dai, però se fa così come faccio ad odiarla?
Voglio dire, dalla donna che
ti ruba l’amore della tua vita non ci si aspetta tanta
gentilezza. Non potrebbe
ridere, malefica, come fanno tutte? Magari potrebbe dirmi che Ben
è suo, che ha
vinto lei, che ne so, qualcosa del genere. Ma se mi dice che sono
bella, rende
praticamente impossibile avercela con lei.
Poi,
prima che possa risponderle
qualcosa, Ben si avvicina.
«Certo
che è bellissima. Lo è
sempre stata.» apro e chiudo la bocca un paio di volte
perché rischio davvero
di scoppiare a piangere. Amanda mormora un «vi lascio
soli» e si chiude la
porta della cucina alle spalle.
Pochi
secondi dopo, colpisco Ben
con un calcio sugli stinchi.
«Morgan!
Sei impazzita?» si
lamenta, massaggiandosi la parte lesa con un broncio adorabile.
«Sarei
io quella impazzita? Mi
spieghi cosa cavolo ti dice il cervello?» urlo, gesticolando
come una forsennata.
Di nuovo, Ben sorride. Dio, ora lo picchio. Poi lo bacio. E poi lo
picchio di
nuovo. Come si fa a sorridere in una situazione simile?
«Volevi
una vita normale, Morgan.
È quello che avrai. Posso rinunciare alla mia carriera, a te
invece no.» mi porta
una ciocca di capelli dietro le orecchie e si avvicina di un passo.
Socchiudo
gli occhi, perché anche
un contatto così innocente riesce a scatenare un fremito
incontrollato. Santo
cielo, è Ben. E io vorrei solo buttarmi tra le sue braccia e
chiedergli di
tornare insieme. Ma non voglio che sacrifichi tutto per me. Non voglio
essere
causa del suo insuccesso, ne voglio essere il sasso legato al filo del
suo
palloncino. È una metafora del cavolo, ma sono
così confusa che non saprei fare
di meglio. Sospiro, godendomi a pieno il tocco della sua mano, che si
è
spostata sulla guancia.
«Non
è così che funziona, Ben.»
«Mi
spieghi che cosa vuoi, Morgan?»
sbotta, allora, infastidito. Si allontana di qualche passo e comincia a
girare
per la stanza come un animale in gabbia. Lo osservo con attenzione,
perché
anche quando è arrabbiato resta affascinante e posato ed
estremamente bello. La
vita è ingiusta. Ed è ingiusta per colpa mia,
perché sono stata io a cacciare
entrambi in questa situazione del cavolo. E sono sempre io che ora
vorrei solo
fare marcia indietro. Ma c’è un motivo se mi
dicono di continuo che sono
stupida e immatura e idiota. E hanno ragione.
«Non
voglio che rinunci alla tua
vita per me.»
«Non
rinuncio a niente di
importante.»
«Ben,
fai la persona seria.»
«Non
mi ero accorto che fino ad
ora stessimo scherzando.»
Tieni
duro, Morgan. Non sorridere.
Non fare niente. Mantieni la tua posizione e resisti. Porta a termine
ciò per
cui sei venuta e poi vattene, prima di cambiare idea., mi ripeto.
Eppure per un
attimo sono tentata di cedere. Potrei rendere le cose più
facile, lasciare che
sia lui a sacrificarsi ed essere felice. Ma non lo sarebbe Ben. E se
c’è una
cosa che ho capito, è che lui per me viene prima di chiunque
altro.
«Chiama
il tuo agente, digli che
vuoi la parte e che stavi scherzando. Inventati qualcosa, non lo so. Ma
non
mandare tutto in merda per me, Ben. Dico sul serio. Volta
pagina.» affermo,
seria come non mai e non senza un certo sforzo.
«Tu
l’hai fatto?»
«Sì,
l’ho fatto.»
Bugiarda.
«Non
ti credo.» Ben sorride
ancora, per niente colpito dalla mia risposta. Anzi, come a dimostrarmi
che non
ci è cascato nemmeno per un istante, muove un passo nella
mia direzione e mi
intrappola tra la parete e il suo corpo, con le mani ai lati della mia
testa e
il viso così vicino che mi basterebbe allungarmi per
baciarlo. Mi volto
dall’altra parte.
«Levati.»
«Guardami,
Morgan.»
Scuoto
la testa, perché se lo
guardassi adesso, sono certa che tutte le mie barriere cederebbero
all’istante.
E non è quello che voglio. Devo mettere un punto a questa
situazione e devo
farlo subito.
«Mi
vedo con un'altra persona.»
Percepisco
chiaramente i muscoli
delle sue braccia irrigidirsi e mi azzardo a guardarlo
perché, be’, non avevo
messo in conto di dire una cazzata simile e non so come potrebbe
reagire.
Tuttavia, la tensione dura un attimo.
«Non
ti credo.»
«Non
è un mio problema.» dai così,
Morgan, fai la sostenuta.
Ben
ghigna e a me vengono i
brividi. Perché io quell’espressione la conosco
bene. È quella che fa quando ha
in mente qualcosa e, il più delle volte, non è
mai qualcosa di buono. Vorrei
chiedergli cosa sta pensando, ma ho paura di sentire la risposta.
«Venite
a cena qui, domani sera.
Sono proprio curioso di conoscerlo. Ma prima…» mi
afferra il mento con una
mano, mi costringe a guardarlo e senza lasciarmi il tempo di fare
niente, mi
bacia. E non è delicato come suo solito. Riesco a sentire
tutta la sua rabbia e
non posso fare a meno di ricambiare come se fosse l’ultima
volta che lo bacio.
Quando mi lascia andare, ansante e con il fiato corto, mi sorride di
nuovo.
«Baci
anche lui così, Morgan?» mi
porta di nuovo una ciocca di capelli dietro le orecchie e si dirige
verso le
scale. Si volta per lanciarmi un ultimo sguardo pieno di soddisfazione.
«Domani
alle diciannove, Morgan.
Ti aspetto a cena con il tuo nuovo fidanzato.»
E
adesso che cavolo faccio? Sento
i passi di Ben su per le scale e sono tentata dall’idea di
rincorrerlo e
prenderlo a schiaffi per avermi baciata in quel modo. Come ha osato
farlo?
Perché deve essere così testardo e stupido e
così stronzo! Non doveva baciarmi
e basta. Adesso sono più confusa di prima e non so cosa fare
e…
«Stai
bene?»
Ecco.
Amanda Seyfried non dovrebbe
essere così gentile con me.
«Ho
fatto un casino.»
E io
non dovrei nemmeno parlarle,
ma in questo momento sono così fuori di testa che potrei
scambiarla anche per
mia madre. Il che non è un bene, credetemi.
«Si
sistemerà tutto, Morgan.»
«Perché
lo fai?»
«Cosa?»
«Perché
sei gentile con me? Tu
vuoi stare con Ben!» protesto, con le lacrime agli occhi. La
sento sospirare,
poi il suo braccio mi circonda gentilmente le spalle. «Io e
Ben siamo amici,
Morgan. Tutto qui. E lui ti ama così tanto.»
«Ma
tu sei così bella.»
«Anche
tu lo sei. Perciò ti offro
il mio aiuto, ci stai?»
Mi
ritrovo ad annuire, perché sono
stupida – anche se non c’è bisogno di
ripeterlo un’altra volta – e perché
tutto
sommato comincio a pensare che l’attrice qui presente sia
davvero dalla mia
parte. Se invece non lo fosse, la mia vendetta sarà tremenda
e lei dovrebbe
dire addio alla sua carriera, alla sua vita e… non
è vero, probabilmente mi
ritroverei in camera di Brian a piangere perché, di nuovo,
sono stata stupida.
«Cosa
pensi di fare? Dai,
parliamoci chiaro, non troverò mai qualcuno disposto a
fingersi il mio ragazzo!
Non sono mica te.» sbotto, poco dopo, mentre camminiamo verso
la mia macchina.
Amanda si è offerta di accompagnarmi a fare benzina
– sì, mi sono lasciata
sfuggire il dettaglio della riserva fissa – ed io ho anche
accettato, perché tanto
ormai peggio di così non può proprio andare.
È matematicamente impossibile.
«Noi
attori abbiamo un sacco di
conoscenze. Ora voglio capire fino a dove sei disposta ad
arrivare.»
sostiene, seria come non mai. Non che io la conosca eh, però
quell’espressione
è preoccupante.
Fino
a dove sono disposta ad
arrivare per risolvere il casino che io stessa ho causato? Dappertutto,
penso.
Farei qualsiasi cosa per tornare indietro di qualche mese e riavvolgere
il
tempo. Potrei raggiungere Ben a Los Angeles e stare con lui,
anziché piantarlo
in asso e andarmene di casa solo perché soffro di
solitudine. Oppure potrei
compare un cane.
«Cosa
hai in mente?»
«Ho
il fidanzato perfetto per te. Tieniti pronta.»
***
Chi
vorrebbe uccidermi alzi la mano! No, davvero. Non mi metto nemmeno ad
implorare perdono perchè è una vergogna postare
dopo un tempo così schifosamente lungo. Anyway, ecco qui.
Lascio
a voi i commenti, perchè io proprio non so cosa dire.
Scusatemi.
|
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Capitolo 5 *** V. ***
V.
Murphy dice che “Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo.”
Chiaro, no? Quel qualcuno sono io. Ci sono due modi di fare le cose, è vero. C’è quello giusto, che nel mio caso sarebbe andare da Ben e spiegargli che non c’è nessun altro nella mia vita a parte lui; e poi c’è quello sbagliato-catastrofico, che naturalmente è quello che ho scelto. Il che spiega perfettamente perché ho appena risposto ad Amanda che sì, possiamo vederci alle diciassette per fare le presentazioni con la povera anima che dovrà accompagnarmi lungo il calvario.
«Posso dirti la verità, Morgana?»
Brian sa essere davvero cattivo certe volte, perciò no: non voglio la verità. Non che la cosa gli interessi in alcun modo, visto che si stende comunque sul mio letto – che poi è il suo, ma non c’è bisogno di soffermarsi sui dettagli – e si volta a pancia in su, con le braccia incrociate dietro la testa. Fingo di non accorgermi della sua presenza e continuo a rovistare all’interno dell’armadio, perché magari potrei trovare qualcosa che non mi faccia sentire come una melanzana in un campo di margherite.
«Che cavolo vuol dire?»
«Che dici, Brianna?»
«Che paragone fai?»
«Eh?»
«La melanzana e le margherite, Morgana. Stai parlando da sola ad alta voce.»
Oh. Certo che il nervosismo gioca davvero brutti scherzi.
«Sai cosa, Brian? Penso di essere stupida.»
«Sì, lo penso anche io.»
Ed ecco il tanto decantato amore fraterno. Ovviamente sapevo che Brian sarebbe stato d’accordo con me, ma per il quieto vivere avrebbe almeno potuto aspettare un paio di secondi prima di darmi ragione. Sospiro appena, poi mi volto, prendo un po’ di rincorsa e faccio per lanciarmi sullo stomaco di Brian. Se non si fosse spostato, sarebbe senz’altro morto, ma per fortuna ha buoni riflessi. Mi accoccolo contro il suo fianco e mugugno qualcosa di incomprensibile. Lui ride e mi strofina le nocche sulla testa.
«Il tuo problema, Morg, è che non ragioni. Devi prima pensare e poi agire, altrimenti ti ritroverai sempre in situazioni ridicole e finirai per fare discorsi su melanzane in mezzo alle margherite. Perciò non ti puoi stupire se la gente crede che tu sia stupida.»
Ha ragione, ma non glielo direi nemmeno se dovessi morire oggi, perciò mi limito a sbuffare sonoramente e gli affondo l’indice tra le costole, facendolo sobbalzare per sorpresa.
«Non sei gentile.»
«Nessuna si è mai lamentata.»
«Sì, certo. Raccontalo a qualcun altro.» Sto per fare una frecciatina niente male su Grace, sperando di farlo arrossire, quando il campanello suona. Mi trascino giù dal letto e corro alla porta, perché chiunque sia sembra avere fretta.
Naturalmente si tratta di Grace, ma non me la sento di farle presente che casa di Brian non è una tavola calda in cui può presentarsi a qualsiasi ora. Poi mi ricordo che mio fratello è il motivo per cui fa avanti e indietro almeno tre volte al giorno e ci rinuncio. Sarebbe inutile e comunque ho cose più importanti a cui pensare.
«Non essere ridicola, Morgan. Ben non si berrà mai una storia simile, nemmeno tra un migliaio di anni.» è la prima cosa che mi dice. Poi si dirige direttamente verso la mia camera. «Almeno fai in modo di vestirti decentemente per non sembrare uno scorfano in una vasca di pesci rossi.»
La risata di Brian si espande per tutto l’appartamento l’istante successivo, ma non c’è da stupirsi. I paragoni di Grace sono di gran lunga peggiori dei miei.
Poi succede una cosa strana, di quelle che non ci si riesce a spiegare nemmeno con l’aiuto di uno psicologo: nel bel mezzo del corridoio, Brian e Grace si scontrano e Grace si sposta.
Si sposta, capito? Come se a Brian fossero appena spuntati gli zoccoli, un altro paio di braccia e un terzo occhio in mezzo alla fronte. Tutto nello stesso momento. Ma la cosa più divertente – perché, sì, credo di non essermi mai divertita tanto in tutta la mia vita – è che Brian arrossisce.
Certo, non in modo plateale, o la sua fama da macho ne risentirebbe, ma sono sicura che le sue guance si siano colorate appena di una molto virile tonalità di rosa. Ed io non potrei mai farmi scappare un’occasione simile, così prima ancora che qualcuno abbia il tempo di dire niente, mi schiarisco la voce e «Tra rose e fior, nasce l’amor, Brian e Grace si vanno a sposar… lui dice sì-»
L’urlo belluino di Grace mi insegue fino al bagno in cui sono scappata a rifugiarmi e gli insulti di Brian le fanno eco per un po’, fino a quando si placano e un silenzio tombale prende il posto delle minacce di morte.
Mi azzardo ad uscire dal bagno solo dopo qualche minuto e mi infilo in camera di soppiatto, sperando che Grace e Brian non abbiano preso alla lettera il pezzo della canzoncina che ho taciuto (“-lei fa così, poi ci ripensa e dice di sì! Dopo il bagnetto, subito a letto, via le mutande e via il reggipetto…”) e non si stiano rotolando tra le lenzuola. Sarebbe imbarazzante. Non che fino ad ora sia successo qualcosa che si allontani dal delirio più totale, ma chi sono io per giudicare?
Con mia enorme sorpresa, non è successo niente di quanto ho immaginato. Grace sta rovistando nel mio armadio e Brian è di nuovo sul letto e sta… un attimo. Le sta guardando il culo! Ed in un modo tanto palese che mi stupisce che lei non se ne sia ancora accorta.
«McQueen e Sally parcheggiati sotto un pino, si guardan nei fanali e si scambiano un bacino.» Lo so, lo so. Dovrei imparare a tenere la bocca chiusa, ma il divertimento dove sarebbe?
«Morgan. Un’altra parola e ti sfratto.»
La voce di Brian ha un tono macabro che mi fa venire i brividi. Sarebbe davvero capace di cacciarmi? Certo che sì, glielo si legge negli occhi. Grace, che continua ad esporre il suo lato b in tutta naturalezza, mi scaraventa addosso un vestito azzurro e un maglioncino nero.
Quando la vedo frugare nella scarpiera mi nascondo dietro la porta, perché un conto è un vestito di cotone, un altro sono le scarpe col tacco che ha appena tirato fuori. Quelle che non mi metterei nemmeno sotto tortura, per intenderci.
«Nonostante tu sia una stronzona di proporzioni cosmiche, Morgan, io ti voglio bene. Ed è per questo che ti ho trovato l’accompagnatore perfetto per questa sera.»
«Ma Amanda ha detto che-»
«Amanda» ripete Grace, interrompendomi con un cenno della mano «ti presenterebbe un belloccio di Hollywood. E nessuno sano di mente crederebbe che tu sia capace di conquistare un attore.»
Tossicchio appena e indico la cornice sulla scrivania. Ben ha un sorriso davvero fantastico.
«Per due volte, Morgana. È chiaro, ormai, che Ben abbia qualche tara nel cervello.» interviene Brian.
«Sei cattivo.»
«Zitta. Sto ancora pensando di mandarti via.»
Ed eccolo che interviene a difesa della sua fidanzatina. La vita è ingiusta. Anche io vorrei che Ben venisse qui a difendermi, ma si da’ il caso che si aspetti di vedermi questa sera con il mio nuovo, fantastico fidanzato. Ripenso per un attimo al bacio che mi ha dato e mi si contorcono le budella. Non posso farlo, non posso farlo, non posso farlo. E poi Grace sgancia la bomba.
«Ti ricordi di Alessandro? È qui a Londra con Giacomo e sarebbe felice di accompagnarti.»
Sono morta. Defunta, deceduta, trapassata. E l’inferno mi aspetta.
La cosa negativa di avere un piano ben congeniato è che sicuramente non andrà come previsto. L’ho capito molto tempo fa, ma non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il momento in cui avrei firmato spontaneamente la mia condanna.
Telefono ad Amanda, per chiederle un parere. Okay, speravo mi dicesse che quella di Grace è una pessima idea, ma si è limitata a cinguettare un’entusiasta “ma è fantastico! Ben andrà su tutte le furie! Mi raccomando, Morgan, devi essere credibile!”.
Quello che Amanda non capisce è che quando Ben è su tutte le furie tende a comportarsi come un idiota. La prima volta che è successo mi ha chiesto di sposarlo, per intenderci. La seconda ha chiuso la sua carriera. La terza – che decisamente è quella che odio di più – ha deciso di invitarmi a cena con il mio fidanzato. Quindi no, non voglio che vada su tutte le furie.
«Mi ucciderà.» piagnucolo, accovacciandomi sul tappeto. Dico sul serio. Mi farà a pezzi e butterà il mio cadavere e quello di Alessandro nel Tamigi. Tanto ha già fatto pratica in Dorian Gray, quindi non dovrebbe essere difficile per lui.
Grace ghigna divertita. So che se la sta godendo un mondo e me lo merito, perché le uscite di prima sono state cattive, ma era il mio modo per approvare la loro relazione. No, va bene, volevo solo divertirmi un po’.
«È ora di prepararsi.»
«Il cappio lo fai tu?»
«No, io penso ai capelli. Una treccia andrà bene.»
«Forse mi ci potrei strangolare.»
Quando arrivano le diciotto e trenta e scendo le scale per andare incontro al mio destino, sono perfettamente consapevole dell’imminente catastrofe.
Quello che non mi aspetto, invece, è che Alessandro sembri così contento di vedermi, perché non è che il rapporto tra di noi sia così buono. Non ne è mai esistito uno, in effetti, se si esclude la proposta di dimostrarmi le sue immense prestazioni sessuali. Lo saluto con un sorriso piuttosto tirato e sono quasi sicura che mi si siano anche incrociati gli occhi, ma questo non sembra spaventarlo.
«Ciao, Morgan.»
«Ciao.»
«Vogliamo andare?»
«Veramente no.»
Ride e nei suoi occhi scorgo qualcosa che non mi piace per niente. Non è cambiato da quando l’ho conosciuto: è ancora un cretino. E questa volta Ben lo ucciderà sul serio.
Il tragitto in macchina è silenzioso e pieno di nervosismo e io mi mangio le unghie come se non ci fosse un domani. Sono costretta a fermarmi perché mi fanno male, così passo a torturare l’orlo del vestito, stropicciandolo più di quanto non sia già. Sto per passare ai capelli – e sarebbe davvero un disastro annunciato – ma Alessandro ferma la macchina. Per essere italiano e per aver guidato a Londra solo un paio di volte, è sorprendente che siamo arrivati sani e salvi. E anche piuttosto deludente. Contavo almeno su una pattuglia della polizia.
«Non eri costretto ad aiutarmi.» gli comunico. Puoi ancora cambiare idea, puoi tornartene da dove sei venuto e avere salva la vita. È il messaggio che sottintendo. Ma Alessandro è davvero idiota, perciò non lo coglie e mi circonda le spalle con il braccio. Dalla finestra del salotto, qualcuno ci sta osservando. Non è Ben, per fortuna, ma Amanda, che solleva il pollice in segno di assenso e ci fa cenno di andare avanti.
Mi si bloccano le gambe sul selciato. Davvero, credo di non essere mai stata più nervosa di così. Voglio sparire.
«Andiamo, sarà divertente.»
Alessandro mi trascina per mano, poi suona il campanello prima ancora che abbia il tempo di formulare il pensiero di scappare a gambe levate.
Quando Ben apre la porta, mi viene da piangere. Vorrei implorare perdono, ma il sorriso che gli si dipinge in faccia mi fa immediatamente cambiare idea. È sul piede di guerra. E non sia mai che un pirata si faccia sfuggire una sfida.
«Alessandro, Morgan, prego entrate. La cena è quasi pronta.»
Sì, certo. Tanto lo sanno tutti che la vendetta è un piatto che va servito freddo.
***
No, non state sognando. Sono proprio io. Dopo talmente tanti mesi - non mi metto nemmeno a contarli, perché sarebbe imbarazzante - ecco il nuovo capitolo. Ho sempre pensato che fosse ingiusto lasciare Ben e Morgan senza un finale. Ma ho una vita abbastanza incasinata, al momento, e la scrittura purtroppo è dovuta passare in secondo piano. Be', per ora ecco il capitolo nuovo. Ci sono un sacco di Grace e Brian, che io continuo ad amare follemente e finalmente sta per arrivare il tanto atteso incontro/scontro tra Morgan e Ben. Chi avrebbe mai pensato ad Alessandro? E' stata una genialata dell'ultimo minuto. Immagino non sorprenda nessuno, tanto questa storia è talmente assurda che una cosa del genere c'era da aspettarsela.
Bene, detto questo, non mi aspetto di certo che qualcuno legga o, insomma, qualche apprezzamento o che ne so. Mi sento davvero in colpa. Tuttavia, sappiate che come al solito sarò contenta anche solo se leggerete!
Sapete che ho fatto? Ho chiamato Grace Claire almeno trenta volte. E me ne sono accorta dopo aver pubblicato. Ho già corretto, ma se mi fosse sfuggito qualcosa, fatemelo notare grazie. Ah, ste figure da stordita...
Vi abbraccio, Fede. |
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Capitolo 6 *** VI. ***
VI.
«Prego, fate pure come se foste a casa vostra.»
L’umorismo di Ben ha un qualcosa di macabro che mi fa venire i brividi. Non so se vuole mettere a disagio me o far sentire Alessandro l’ospite più sgradito di sempre – funziona alla perfezione, tra parentesi – ma sono comunque indecisa su come reagire. Vorrei ridere, perché sembra proprio una battutina che potrei fare anche io e al tempo stesso vorrei picchiarlo, perché quando mi guarda dall’alto in basso mi fa sentire una bambina capricciosa.
«Grazie. Morgan, tesoro, dammi pure il cappotto.»
Così non va. Dico davvero, non credo che reggerò a lungo. Alessandro mi dà fastidio. È l’unico ragazzo in grado di smuovere un odio profondo e viscerale che non mi lascia scampo. Sapete, no, quando parte l’istinto omicida proprio dalla pancia? Cielo, vorrei strangolarlo. E lo farò, se mi chiama tesoro un’altra volta. Lascio comunque che mi aiuti a sfilare il cappotto e mi ritraggo appena quando mi sfiora il collo con un tocco che proprio non si può definire casuale.
Con la coda dell’occhio guardo Ben. Essendo un attore, è piuttosto bravo a fingere che non si sia accorto di niente e che vada tutto bene, ma ad occhio esperto – cioè il mio – appare evidente che gli istinti omicidi siano perfettamente condivisi.
Mentre Alessandro si allontana per appendere i cappotti, Ben mi osserva. Sono dolorosamente consapevole della sua presenza e mi sento in gabbia. Come potrei uscire da una situazione del genere senza effetti collaterali?
«Bella serata, no?» cinguetto. Vai così, Morgan, fallo infuriare.
«Un vero spasso.» è la risposta di Ben. Ora sì che vorrei ridere. Non avete davvero idea della faccia che sta facendo. Non si era ancora accorto del vestito. Inutile dire che Grace ha pensato che “più è corto, meglio è”, ma Brian le ha detto che non era propriamente un’idea geniale, perché non solo Ben si sarebbe incazzato di brutto, ma avrebbe anche pensato di essersi fidanzato con una squillo.
Perciò, dopo ore di litigio, siamo giunte ad un compromesso. Vestito lungo fino al ginocchio, ma scollato su tutta la schiena. Per puro caso e per coincidenza fortuita, so per certo che è anche uno dei preferiti di Ben. Non che abbia calcolato alcunché, sia chiaro.
«Morgan.» la sua voce è più simile ad un ringhio, ma non me ne preoccupo. E comunque, non mi sono invitata da sola per questo schifo di cena. Ed è inutile che adesso scarichi la colpa su di me. «Perché lo stiamo facendo?» domanda. È passato dall’arrabbiato al rassegnato e si è avvicinato di un passo. Mi trattengo a stento dall’abbracciarlo. Devo tenere duro, o tutto quello che ho fatto fino ad ora – che sia stupido o no – perderebbe il significato.
Opto per il sarcasmo, perché non saprei in che altro modo uscirne.
«Hai fatto tutto da solo, Ben. Io e Alessandro avevamo altri progetti.» nominare Alessandro non è un’idea meravigliosa, lo ammetto. E adesso che lui non è qui intorno (sospetto ci sia lo zampino di Amanda: non dovrebbe essere difficile per lei, catturare l’attenzione di un uomo) Ben non ha alcun motivo per trattenersi.
Ed è precisamente ciò che succede. La sua mano si stringe intorno al mio braccio prima ancora che possa pentirmi di aver aperto bocca.
«Sono davvero stanco, amore. Per quanto ancora hai intenzione di tirare avanti questa farsa?»
Ora glielo dico. Lo faccio. Gli dico che lo amo e che mi dispiace di essere stata tanto stupida e immatura. E gli dico che non l’ho mai lasciato davvero, che ho sempre pensato a lui e che la vita con Brian e Grace è uno schifo. E poi forse implorerò per il suo perdono.
«Io-»
«Tesoro, eccoti.» tempismo perfetto, Alessandro. Dieci e lode, davvero.
Sospiro e Ben molla la presa sul braccio. Si allontana con un’occhiata che sa di rimpianto e ci conduce verso la cucina, in completo silenzio. Amanda, che ha raccolto i capelli in una coda alta e ha indossato uno di quei grembiuli orribili che ho comprato al mercato, mi rivolge un sorriso di scuse.
Mi stringo nelle spalle, perché non è di certo colpa sua se io sono idiota e Alessandro è cretino. Quindi mi accomodo al tavolo, nel posto che usavo occupare quando ancora vivevo qui e lascio che il mio accompagnatore si sieda di fronte. Per fortuna, non ha scelto il posto di Ben, o sono piuttosto sicura che non avrei retto il colpo.
Amanda serve un vassoio con degli antipasti al centro del tavolo ed io non posso fare a meno di pensare che sia sbagliato, che dovrei essere io a sorridere agli ospiti e a chiedere loro cosa preferiscono, dovrei essere io a cucinare e a spiegare che ho preparato il piatto preferito del mio futuro marito. Invece mi fermo ad ascoltare Amanda che racconta del macellaio, che le ha chiesto l’autografo, una foto e le ha regalato anche tre etti di prosciutto cotto.
Alessandro la guarda come se fosse un’apparizione mistica ed io posso solo immaginare che quella sia la stessa espressione del povero macellaio. Amanda Seyfried fa sempre un certo effetto.
Ben fissa il piatto con aria assente ed è solo in questo momento che mi rendo davvero conto di cosa ho combinato. È colpa mia e devo rimediare. E devo farlo subito.
Il ragionamento non è mai stato il mio punto forte. Tra il cuore e la ragione, io seguo la pancia. Perciò quando scatto in piedi come se mi avessero dato fuoco alle chiappe, appaiono tutti sorpresi tranne Ben. Faccio il giro del tavolo, lo afferro per il polso e lo tiro su – ci provo, almeno.
«Ce ne andiamo.»
Amanda scoppia a ridere, batte le mani entusiasta e si serve una fetta di prosciutto arrotolata con cura. «Se non vi dispiace, io mangerei.»
«Buon appetito. E grazie, davvero.» le sorrido, poi guardo Alessandro. «Sì, be’, scusami.» Non sembra credere ai propri occhi e, detto tra noi, la cosa mi riempie di soddisfazione. Gli sto comunque regalando una cena con Amanda, che è molto meglio di me, quindi non può proprio lamentarsi.
Ben si lascia trascinare inerme. Non tanto inerme, in realtà: ho l’impressione che stia rendendo ogni passo molto più pesante del normale e non è proprio semplice fare forza su un uomo alto un metro e novanta. Ma me lo merito, perciò sudo sette camicie e mi fermo solo quando siamo per strada.
«Dovresti parlare con uno psicologo, amore.»
«L’ho fatto, ma è dovuto andare dallo psichiatra.»
«Non mi sorprende affatto.» Ben ride e intorno ai suoi occhi scuri si formano quelle piccole rughe d’espressione che ho imparato a riconoscere e ad amare. Il suo sorriso è diverso da quello di quasi due settimane fa ed è incredibile come l’assenza di una persona possa cambiare un tratto così distintivo. Me ne sono accorta perché anche il mio sorriso è cambiato. Me l’ha detto Grace giusto ieri, che sembro finta come una banconota da tre sterline. Non ho potuto darle torto, in ogni caso.
«Ben.» gli sto ancora stringendo il polso e mi accorgo che le mie nocche sono diventate bianche per la forza che sto impiegando.
«Mmh?»
«Penso di averti fermato la circolazione.»
«Fosse quello, il problema.»
La sua mano copre la mia, con gentilezza. Non riesco nemmeno a guardarlo in faccia e di tutte le cose che vorrei dirgli, non me ne viene in mente nemmeno una. Non so come cominciare il discorso, non so come spiegargli cosa mi sia passato per la testa.
«Ho seguito un corso di pasticceria, mesi fa.»
«Tu? Sul serio?»
«Volevo farti una sorpresa.»
Ed eccolo lì, lo sguardo di qualcuno che ha capito. Riesco quasi a seguire tutti i suoi ragionamenti, a vedere gli ingranaggi del suo cervello che girano e tutti i tasselli del puzzle che finalmente si riuniscono per dare un’immagine completa.
«Oh.»
«Me l’ha regalato mamma. All’inizio non volevo andarci, sai, no? Sono un po’ un disastro in cucina. Poi però ho pensato che mi sarebbe piaciuto farti trovare un dolce quando fossi tornato da Los Angeles. Ho imparato a fare il tiramisù, i biscotti, anche la torta alle mele. Ma…» mi si blocca la voce in gola, e non riesco a finire la frase. Vorrei piangere, ma non voglio sembrare una ragazzina immatura. Non più.
Respiro profondamente, più volte, fino a quando il nodo si scioglie e non rischio più di scoppiare in singhiozzi.
Ben mi attira a sé, senza lasciarmi finire di parlare. Un braccio mi circonda le spalle, l’altro la vita e mi sento così a casa e così amata da perdere di nuovo la voce. Affondo il viso contro il suo petto e lascio andare le lacrime che ho trattenuto fino ad ora.
«Ma io non sono tornato.» mormora. Sento le sue labbra sfiorarmi i capelli, per poi spostarsi sulla tempia, dove deposita un bacio così delicato da farmi sentire di cristallo.
«Né quel mese, né quello successivo. Ricordo quella sera.»
Sì, la ricordo anche io. Dopo la solita telefonata di routine, avevo passato la serata a piangere e a strafogarmi di tiramisù. Per la prima volta, mi era balenata in mente l’idea che forse io e Ben non eravamo fatti per stare insieme. Avevo anche provato ad immaginare come sarebbe stato il futuro senza di lui. Sarei rimasta sola, in tutta probabilità e ognuno avrebbe preso una strada differente. Mi sarei consolata con una persona perfettamente normale, con cui vivere una vita semplice e anonima e… inutile dire che il pensiero mi aveva fatto rabbrividire per l’orrore. E piangere per i sensi di colpa. Insomma, l’idea di uno psicologo non sembra più così assurda.
«Sì, anche io.»
«Te l’ho già detto, amore. Posso rinunciare a tutto, ma non a te. Non farmi diventare ripetitivo. Il mio lavoro mi piace, ma non ha la priorità. Me ne sono accorto solo di recente, quando la tua assenza è diventata dolorosa e concentrarmi sul copione addirittura impossibile. Ed è stata anche colpa mia se siamo arrivati a questo punto, sapevo fin da subito che mi avresti cambiato la vita.»
«Non è colpa tua! Ben, dico davvero, io non voglio che tu rinunci ai tuoi sogni per me! Non è ciò che voglio e non mi piace l’idea di essere la causa della tua infelicità e certo che ti ho cambiato la vita, sono completamente fuori di testa e stare con me è da manicomio! Non te ne accorgi? Sto blaterando da due ore e ancora non sono riuscita a dire niente, parlo, parlo e parlo e poi tu mi guardi e io non capisco niente e non riesco a non pensare che tu non puoi essere infelice per colpa mia. Lo capisci? Non puoi!»
«Sono infelice quando non sei con me, Morgan. Ti amo, ma perché non riesci ad accettarlo?»
«Non è così! Lo so che mi ami e anche se ancora non capisco come sia possibile, è così! E io amo te. Ma questa vita mi sta uccidendo. E non voglio più stare sveglia ad aspettare una telefonata, o a pensare ad Amanda, o a ingozzarmi da sola di dolci che tu non assaggerai mai! E lo vedi? Lo sto facendo di nuovo! Quindi smettiamola e-»
«Smettila tu, Morgan. Tanto non ti lascio.»
Poi mi bacia e anche per me tutti i pezzi tornano al loro posto. Perché tra tutte le cose che sono successe e tra tutte quelle che capiteranno in futuro – e non prevedo di certo rose e fiori – c’è un solo posto in cui mi sento a casa.
Ed è qui, tra le sue braccia.
***
Buonasera, ragazze :)
Come state? Lo sapete, no, che ogni tanto torno con un capitolo nuovo e questo, mi spiace/sono felice di dirlo è il penultimo. Il prossimo sarà l'epilogo, ma prima voglio regalarvi un missing moment - che scriverò in questi giorni, ho già tutto in mente - e non è escluso che in futuro ci sarà una nuova storia con Ben, ma non faccio promesse.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che siate contente che Ben e Morgan abbiano finalmente fatto pace. Come al solito, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, insultatemi, insomma, qualsiasi cosa.
A presto, Fede <3 |
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