Blood Legacy di Dhialya (/viewuser.php?uid=70910)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Memorie di ghiaccio. ***
Capitolo 2: *** Memorie di sangue. ***
Capitolo 3: *** Memorie del tempo. ***
Capitolo 4: *** Memorie d'incontri. ***
Capitolo 5: *** Memorie di odori. ***
Capitolo 6: *** Memorie di ricordi. ***
Capitolo 7: *** Memorie di contrasti. ***
Capitolo 8: *** Memorie di guerra. ***
Capitolo 9: *** Memorie di perdita. ***
Capitolo 10: *** Memorie di magia. ***
Capitolo 11: *** Memorie di strega. ***
Capitolo 12: *** Memorie di memorie. ***
Capitolo 13: *** Memorie di inganni. ***
Capitolo 14: *** Memorie di speranze. ***
Capitolo 15: *** Memorie di ruggito. ***
Capitolo 16: *** Memorie di addii. ***
Capitolo 17: *** Memorie di promesse. ***
Capitolo 1 *** Memorie di ghiaccio. ***
Blood
Legacy.
Prologo.
Memorie ghiacciate.
Se ne era
innamorata.
Perdutamente.
Lo aveva sempre negato a se stessa durante
l'Età dell'Oro, perché ammettere di essere caduta
in quella debolezza che ti lega indissolubilmente a qualcuno non faceva
per lei.
Non si era innamorata in particolare di qualcuno. Era caduta
ai piedi di tutti e quattro. Un sentimento diverso, rispetto all'amore
provato verso una persona, qualcosa che a parole non riusciva ad essere
spiegato.
Famiglia.
Aveva mantenuto il segreto, quel sentimento che le
era germogliato nel cuore, l'aveva visto crescere, mutare, maturare
– ma rimanere sempre presente. Aveva custodito il divario di
emozioni che le tormentavano i pensieri, insidiandosi nell'animo, aveva
capito cosa volesse dire sentirsi completa o preoccupata per qualcuno.
Non poteva ammetterlo, perché semplicemente troppo
orgogliosa e paurosa di accettarlo. Creatura reietta che aveva trovato
un luogo in cui stare grazie alla pace che i Figli della profezia
avevano portato, era vissuta loro accanto.
Beandosi delle loro
presenze, ritrovando una serenità negatale, figlia di un
passato che non ricordava.
E poi loro, un giorno, erano scomparsi.
Inghiottiti da quella foresta autunnale che chiamavano casa senza fare
più ritorno. Senza un saluto, senza una spiegazione.
Spariti
nel nulla.
Era passato molto, molto tempo, d'allora. Così
tanti anni si erano succeduti che aveva smesso di tenere il conto dei
giorni. La foresta era cambiata di stagione in stagione, la vita aveva
continuato il proprio corso.
Ricordava chiaramente la speranza che
svaniva piano, lenta fiammella indecisa a spegnersi per sempre, il
senso di smarrimento che l'aveva fatta sentire come se fosse succube di
qualche incantesimo.
I sentimenti si erano sopiti. Le risate erano
svanite. I sorrisi si erano fatti radi. Fino a non restare altro che un
involucro di scorza ghiacciata e pensieri cinici.
Poi ci fu
l'invasione. Le guerre. Gli attacchi. La distruzione degli ultimi
ricordi che si permetteva di portare con sé.
Sarebbero mai
tornati?
Non sapeva nemmeno lei come avesse potuto fuggire ai
molteplici attacchi che Narnia aveva subito nel corso del tempo
– e a cui era ancora sottoposta, alle volte. Le persone che
aveva avuto l'onore di conoscere, con cui aveva convissuto una vita
intera, se n'erano andate, in un modo o nell'altro.
La solitudine era
stata l'unica cosa che non aveva mai smesso di farle compagnia.
Lei,
frutto di un incanto maledetto risalente a millecinquecento anni prima,
vedeva lo scorrere del tempo senza sentirne le conseguenze. Non sapeva
bene cosa fare, se non continuare a nascondersi nel fitto dei boschi,
al riparo tra le fronte verdeggianti e cullata dal suono del vento tra
i rami, spettatrice silenziosa della caduta in rovina di un mondo che
aveva imparato ad amare con tutta se stessa.
***
Quando li
ritrovò, tutto il freddo che aveva sentito fino a quel
momento sembrò sciogliersi.
Erano loro. Erano vivi.
Erano
tornati.
Le scoppiò il cuore di felicità,
sollievo, di una rinnovata emozione che le invase l'intero corpo,
facendole tremare la voce e divenire gli occhi lucidi. Corse loro
incontro, gli saltò addosso, assaporò i loro
profumi da troppo tempo dimenticati.
Le sembrò di tornare a
respirare dopo millenni.
Ciao
a tutti!
Allora: non prendetemi per pazza, lo so, ho tante altre cose in corso.
^^'
Garantisco
che questa non
sarà una storia lunga, anzi, quasi per nulla. Questo
è una
specie di prologo e ha volutamente una narrazione così,
"particolare".
Proprio perché la storia non ha molti capitoli gli eventi
non sono tirati per le lunghe. Si può dire che è
quasi un esperimento personale. C'è un nuovo personaggio e
la trama è ambientata durante il Principe Caspian.
Grazie
per aver letto,
Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Memorie di sangue. ***
Blood
Legacy.
Memorie
di sangue.
Quando i
Pevensie tornarono a
Narnia e si resero conto della situazione, fu come se ogni briciola del
loro cuore fosse stata strappata in pezzi. Calpestata. Distrutta.
Annientata. Come quella stessa terra un tempo loro e piena di vita ora
chiusa in un silenzio perenne e desolato.
-Dobbiamo fare qualcosa.-
Lucy si avvicinò alla porta di legno che portava alle
segrete, e ci passò una mano sopra, appurando che era ancora
sigillata, percependo il legno ruvido sotto i polpastrelli.
-Sicuramente. Scopriremo cosa succede.- Peter le passò
davanti, invitandola silenziosamente a fargli spazio per poter
scardinare l'entrata.
Nessuno dei quattro si era reso conto prima di
quel momento del luogo in cui si trovavano, delle memorie impresse tra
i resti di quelle rovine. Era irriconoscibile perfino per loro che ci
erano cresciti, un ammasso di pietre e rocce spezzate.
Cair Paravel.
Distrutto. Andato. Perso.
Peter ed Edmund riuscirono nel loro intento,
ed i ragazzi varcarono la soglia, lentamente, temendo quello che si
sarebbero potuti trovare davanti. Si sentirono immediatamente sollevati
nel ritrovare una minima parte di quel luogo prezioso ancora immutata,
così come immutata era rimasta nelle loro memorie.
E,
poi, furono ricordi.
***
-Ma negli ultimi secoli voi dove siete
stati?-
Si arresero all'idea che non avrebbero più
incontrato nessuno di loro conoscenza quando quelle parole gli
perforarono le menti, lasciandogli la sensazione amara del rimorso e
della nostalgia.
Era passato troppo tempo e troppi eventi infelici si
erano susseguiti nel corso degli anni perché un briciolo di
quella normalità che si erano abituati a vivere ogni giorno
esistesse ancora.
Si erano trovati giusto poche ore prima alle rovine
di Cair Paravel, osservando come il tempo e gli uomini avessero
cambiato la loro casa. Ogni cosa iniziava ad andare al proprio posto.
E
la verità fece terribilmente male, come facevano male tutte
quelle domande che avevano e che non ricevevano risposta, come quei
pezzi di un grande puzzle che si coricavano al loro posto mano a mano
che apprendevano.
Erano passati milletrecento anni.
Trumpkin era strano
e scorbuticamente duro, sospettoso... ma non cattivo. Era capibile, il
modo in cui si poneva. E degno di fiducia.
-Portaci dagli abitanti di
Narnia.-
***
Il
buio faceva meno
paura, quando lo si osservava all'aperto circondato da altre presenze
riconosciute.
Caspian ci stava ormai facendo l'abitudine. A essere in
giro per la foresta – quella foresta piena di leggende non
più così irreali –, a non avere
più il calore delle coperte, i vestiti sempre puliti, o le
mura riparatrici dagli spifferi di vento.
In un certo modo era come se
assaporasse per la prima volta una nuova aria, un nuovo modo di vedere
le cose, una nuova vita. Vita di cui era maggiormente consapevole e
proprietario.
Insieme a quelle creature, circondato dalla foresta
silente, per la prima volta nella sua vita Caspian si
sentiva... libero.
Si tirò a sedere, osservando il
fuoco che era stato acceso al calare del sole danzare, illuminando le
sagome dei Narniani assopiti nella notte. Non sapeva esattamente che
ore fossero ma dal colore che aveva il cielo all'alba non sarebbe
dovuto mancare troppo.
Si riteneva soddisfatto di se stesso, per il
modo in cui, sere prima, aveva parlato davanti alla popolazione
Narniana riuscendo a smuoverli e farsi appoggiare nella guerra.
E si
era quasi sentito uno di loro.
Mancava solo l'arrivo dei Re di un
tempo. Sicuramente con la loro esperienza sarebbero riusciti ad avere
qualche possibilità di vittoria in più per
Narnia.
-Non dormi, Principe Caspian?-
Il ragazzo sobbalzò
leggermente nell'udire la voce di Senelia spezzargli i pensieri. Fece
correre lo sguardo nella direzione da cui l'aveva sentita provenire,
individuando la sagoma della ragazza ancora parzialmente celata
nell'oscurità.
Sel si fece largo tra gli ultimi cespugli che
delimitavano il campo e la spada che portava affianco
tintinnò, quando cercò di liberare il piede da
un'erbaccia con movimenti bruschi seguiti da qualche borbottio,
strappando un lieve sorriso a Caspian.
Non era propriamente una dal
passo silenzioso, lo aveva notato, ma preso dai suoi pensieri non
l'aveva vista o sentita avvicinarsi.
-Così pare.-
mormorò, seguendone i movimenti quando la vide incespicare
in avanti, rischiando di cadere. Senelia si passò una mano
nei lunghi capelli scuri per scostarli dal viso e si
avvicinò, fingendo indifferenza.
-Non sono più
molto allenata.- si giustificò, mantenendo lo sguardo basso
e sedendosi a terra. Erano passati anni, millenni, da quando si
allenava regolarmente e aveva l'agilità di un'elfa
– pur non essendolo per niente.
Quello che le rimaneva di
quel periodo erano solamente vaghi ricordi di una fatica che non
sentiva e una forza vitale da tempo scomparsa. Era tutto più
semplice, allora.
-Dovresti tornare a farlo.- le suggerì
Caspian, ravvivando il fuoco giusto per occupare le mani e non starsene
fermo. Gli occhi della ragazza brillarono, seguendo le lingue di fuoco
danzanti, memori di immagini a lungo dimenticate e sepolte.
-Dovrei.-
***
Addormentarsi
quella
sera non fu affatto facile, per i Pevensie. Non c'erano le driadi che
soavi cantavano poesie per rendere più accogliente la notte
con le loro voci di foresta, o le risate cristalline delle ninfe di
fiume.
Era come se fossero stati catapultati in un mondo totalmente
nuovo e sconosciuto che dovevano ancora imparare a capire.
La foresta
era silenziosa, salvo qualche cicaleccio di grilli o gufi –
ricordava molto un semplice bosco Londinese privo di qualsiasi forma di
magia.
La foresta era silenziosa in un modo così profondo e
pesante da sembrargli assordante come quelle bombe che di notte
venivano fatte scoppiare nel loro quartiere.
Lucy si girò su
un fianco, dando le spalle a Susan, non volendo credere alle parole
sentite durante la giornata da Trumpkin. Non poteva, semplicemente. Era
più forte di lei. Ma Narnia non mentiva, e la foresta non
portava nessuna voce a contraddire il nano.
Fu una delle notte
più silenziose che passò in quel luogo una volta
magico.
***
-E'
meglio che vada a
riposare anche io.-
Avevano appena finito di limare la lama delle loro
spade davanti al focolare, parlando di tempi passati, di speranza, di
guerra e del leone il cui nome era diventato quasi innominabile.
Il
tempo era passato piacevolmente, tra sguardi che si incontravano e
parole sussurrate per non farsi sentire da orecchie esterne ai loro
discorsi.
Erano due figure affascinanti che si incontravano, due
pensieri che scontrandosi davano vita a scintille, l'uno caparbio nelle
sue decisioni e l'altra decisa a vedere l'ennesimo risultato quasi
sicuramente fallimentare. Era quasi talmente abituata dal passato che
quella botta di vita la incuriosiva.
Misero via le spade e le pietre
con cui le avevano limate, orgogliosi dell'occupazione che li aveva
tenuti impegnati.
Non si ricordava quand'era stata l'ultima volta che
aveva impugnato seriamente la sua spada – eccetto qualche
sera prima, per eliminare i Telmarini che avevano seguito Caspian nella
foresta e si erano perduti. Da quello aveva saputo che il corno era
stato suonato e Trumpkin preso in ostaggio.
Osservò il
circondario: il bosco era ancora buio ma, osservando il cielo verso
est, si iniziavano a scorgere le prime tinte del mattino che prendevano
il posto del blu cupo che aveva dominato fino quell'istante la notte.
Senza volerlo si passò una mano all'interno del palmo,
disegnando con l'indice il profilo di quel segno che non la lasciava
mai. Si alzò poi in piedi, lisciando i calzoni e facendo per
avviarsi verso l'albero più vicino.
-Dove ti sei fatta
quella cicatrice?- la fermò la voce di Caspian, interessata,
quando ormai gli aveva già dato la schiena. Selenia attese
qualche attimo prima di parlare, poi sospirò leggermente,
rilassandosi.
-Non è una cicatrice...- Sorrise sghemba,
senza voltarsi, permettendo al proprio sguardo di posarsi sulla mano
aperta che si era portata davanti al viso. Fece un segno col capo al
Principe, per poi continuare a camminare senza lasciare che le facesse
altre domande.
Arrivata verso l'albero vi si arrampicò
sopra. I rami l'accolsero quando vi si rannicchiò sopra per
riposare, le foglie le diedero delle carezze sulla pelle come se
fossero mani di sorelle. Osservò ancora la mano, il taglio
netto che ne incideva il palmo.
Quella... quella era
un'altra storia.
Ciao
a tutti :)
Come
avrete notato sto
usando questo tipo di narrazione un po' diverso
dal mio (chi segue Narnia's Spirits o ha letto altri miei scritti
noterà la differenza). L'obiettivo è quello di
non soffermarmi troppo sugli eventi che già si sanno e
raccontare solo alcuni pezzi “più
importanti”. Come se fossero tanti pezzi raccontati come se
fossero mezzi flashack che vanno a formare la storia. E' strana
come cosa,
lo so. Anche per
questo sono capitoli molto più corti e che scorrono
abbastanza in fretta. ^^
Vi
ringrazio
dell'attenzione, per le recensioni e le letture. :)
Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Memorie del tempo. ***
Blood
Legacy.
Memorie
del
tempo.
Lucy ci
credeva davvero.
Credeva davvero nella possibilità di aver visto Aslan, nella
foresta, oltre il burrone sotto cui scorreva il fiume. Anche se nessuno
voleva crederle o si teneva la possibilità del dubbio
riguardo le parole della ragazzina.
Lei ci credeva davvero e nessuno
avrebe potuto farle cambiare idea.
Pregava in silenzio, nella sua
testa, che il leone arrivasse al più presto ad aiutarli,
domandandosi perché mai fosse scomparso per tutto quel
tempo. Perché? Perché aveva permesso la
distruzione del mondo che aveva creato? Avevano fatto qualcosa di male
per meritarsi una cosa simile?
Peter marciava dietro Trumpkin, seguendo
la figura del nano tra i sentieri di arbusti e rocce non senza qualche
remora sulla strada da percorrere per quelle foreste che un tempo gli
erano appartenute e che aveva imparato a conoscere come se fossero casa
sua.
Erano ancora loro quei luoghi? Potevano ancora definirsi i Re di
Narnia? Lucy dubitava avessero ancora qualche diritto, dopo la loro
scomparsa.
Ma Peter era testardo ed orgoglioso, con l'animo di un Re
ferito a cui hanno strappato un regno per cui aveva dato la vita.
Questo lo stava spingendo a cercare rivalsa. Una rivalsa per loro,
perché erano tornati, perché milletrecento anni
prima avevano segnato l'inizio di una nuova era, una rivincita
perché Narnia non si meritava niente di tutto quello che
aveva subito.
Tutti loro, tutti e quattro, avevano dato la vita per
Narnia. E lo avrebbero fatto ancora.
***
La
truppa di Narniani
aveva attraversato il bosco e analizzato i dintorni per essere sicuri
di non essere seguiti, prima di giungere alla Casa di Aslan.
Senelia
ricordava quel luogo, ora brulicante di creature e vita, vuoto. Vuoto e
triste, perché contenente i ricordi di una morte avuta con
l'inganno.
Guardava spesso, quando giungeva in quel luogo durante il
corso dei millenni prima, la tavola di pietra spezzata su cui Aslan era
morto – e poi risorto.
Leone burlone, le capitava di pensare,
con un ghigno. Tuttavia, ricordava la notte in cui il pugnale aveva
attraversato la carne felina, i rumori, le luci dei fuochi, le risa...
vi aveva partecipato, chiedendo con una piccola bugia a Jadis di non
macchiarsi con il sangue del protettore di Narnia. E così
era stato.
Non aveva potuto fare nulla, però, se non provare
fitte di dolore a cui non poteva dare voce e pregare in silenzio che
nessuno si accorgesse delle Figlie di Eva che si erano nascoste dietro
dei tronchi.
Era diverso quel luogo che ora osservava,
perché da essere stato teatro di morte e rinascita era
diventato il covo di una nuova speranza per il popolo Narniano rimasto
in vita, un punto di ritrovo. Le creature lavoravano e fabbricavano,
battevano il ferro e sistemavano i pochi viveri di cui disponevano.
Vederli nuovamente attivi fu come riprovare l'ebrezza di una
quotidianità a lungo dimenticata, il fremito e l'emozione
che precedevano le missioni o una battaglia. Aveva fatto bene, ad
unirsi, nonostante i pensieri molesti che la tormentavano riguardanti
le probabilità di vincita di quella guerra.
Sere prima,
quando nascosta tra gli alberi ascoltava il discorso del Principe ai
Narniani, la preghiera di unirsi a lui nella battaglia contro Miraz,
non pensava che quelle poche parole, che avevano avuto la
capacità di smuovere i cuori in cui la rassegnazione per una
vita segregata aveva preso il sopravvento, riuscissero a mettere in
moto tutto quello.
Era meglio di quello che si era aspettava, lo
ammetteva senza troppi problemi. Ma forse non abbastanza.
***
-Siete
sicuro di
quello che fate, Principe?-
Caspian era sussultato quando la voce per
lui ancora sconosciuta si era resa nota troppo vicina a lui. Si era
girato, estraendo la spada e puntandola verso la figura che nel
frattempo era indietreggiata, nascondendosi parzialmente tra gli
alberi.
Il buio e il mantello che indossava l'aiutavano a mimetizzarsi,
e il ragazzo fu costretto a strizzare gli occhi per delinearne a grandi
linee i contorti che si confondevano con i cespugli.
-Tu chi sei?-
domandò invece di rimando, lento, come volendo far suonare
quelle parole come una minaccia celata. La ragazza avanzò un
poco, per nulla intimorita, tirandosi giù il
cappuccio.
Il fuoco che scoppiettava da parte a Caspian
rivelò dei lineamenti femminili, un viso giovane delineato
da capelli scurissimi e su cui brillavano, con un tocco di furbizia,
due occhi chiari, tra il blu e il grigio – il giorno
seguente, poi, aveva capito che erano i giochi di luce a non far capire
che erano semplicemente azzurri.
-Sono Senelia.- si
presentò, senza però fare alcuna riverenza e
soppesando la giovane figura di Caspian. Per lei quello rimaneva prima
un ragazzo e poi, solo in seguito, un Principe. Era da tanto che non
mostrava rispetto per qualcuno, e, senza di loro, non aveva nessun
altro a cui dare pienamente la sua fiducia.
-Il tuo nome non mi
è nuovo.- Caspian mise via la spada, invitandola ad
avvicinarsi prendendo posto davanti al focolare, che ravvivò
un poco. Si era alzata una leggera brezza notturna e voleva evitare che
le fiamme perdessero d'intensità.
-Ci siamo già
incontrati?- azzardò poi, guardandola mentre appoggiava a
fianco a sé la propria spada e seguendone i movimenti, privo
di qualsiasi tipo di malizia.
-Temo di no, Principe Caspian.- Senelia
fece spallucce, alzando lo sguardo e guardandosi intorno, osservando
varie creature dormire e un paio di centauri fare la guardia poco
lontano.
-Forse qualche leggenda.- azzardò poi, tornando a
guardarlo ed accettando la bisaccia con l'acqua che le offriva. Il viso
di Caspian sembrò illuminarsi, memore dei racconti del
precettore.
-Si, ora ricordo. Tu hai conosciuto i Re e le Regine di un
tempo.- iniziò, cercando nella memoria le informazioni che
aveva avuto nel corso delle lezioni.
Senelia era stata una delle prime
Narniane dalla parte di Jadis a passare dalla parte dei Pevensie e
diventare una figura preziosa, come i Castori o Tumnus.
La ragazza,
semplicemente, annuì, non continuando il discorso.
-Sono
tempi ormai passati.-
***
Non
aveva voluto
continuare a parlare di quel passato nostalgico e carico di ricordi, ed
il Principe sembrava aver capito, allora le loro domande si erano
spostate sulla guerra attuale.
Caspian le aveva ripetuto le stesse
parole che aveva già sentito di nascosto, aggiungendo che
due giorni dopo sarebbero giunti al campo, luogo in cui aveva
già dato ordine ai Narniani di prepararsi, sistemare e
mettersi in assetto di guerra.
Era come se entrambi vedessero per la
prima volta l'operato iniziato pochi giorni prima, anche se il Principe
di Telmar sapeva esattamente cosa aveva ordinato fosse fatto nonostante
conoscesse quel posto solo tramite le leggende del Precettore.
Il
ragazzo le si avvicinò, dopo aver finito di
discutere dei piani in modo concreto con Glenstorm e alcuni fauni.
-Può
andare?- le domandò, osservandosi intorno e soppesando il
suo operato, tornando poi a guardarla con una punta di incertezza.
Senelia era sicuramente più abile di lui e voleva sapere che
ne pensava, voleva avere il giudizio di quella persona che ai Re era
stata tanto cara.
La mora gli sorrise, incrociando le braccia e
addolcendo lo sguardo. Per via dell'età, si sentiva quasi
come una sorella maggiore nei confronti di quel ragazzo che si
affacciava alla vita e alla guerra, alla guerra vera, così
giovane. Quasi.
-Si. Credo sia un buon inizio, Principe Caspian.-
***
Quella
sera la brezza
spirava in modo leggero, nonostante dovesse arrivare l'estate - a detta
di Trumpkin. I Pevensie non erano nemmeno più sicuri che le
stagioni fossero com'erano nei loro ricordi, cariche e nettamente
distinguibili l'una dall'altra.
Secondo Edmund la temperatura doveva
essersi abbassata rispetto alla nottata precedente, forse a causa delle
correnti provenienti da Nord.
Mentre le ragazze erano rimaste nello
spiazzo d'erba che avevano scelto come luogo in cui passare la notte
insieme a Trumpkin, preparando i giacigli e raccogliendo pietre per
contenere il focolare, Peter ed Edmund erano andati in giro per i
boschi in cerca di legna con cui accendere e mantenere vivo il fuoco.
I
due non avevano discusso molto, salvo scambiare qualche parola e
constatazione sulle cose che più erano arrivate ai loro
occhi.
Era difficile riconoscere Narnia perfino per loro.
Tutto
ciò creava solo un tumulto di emozioni nostalgiche per una
vita che non avrebbero voluto abbandonare per niente al mondo e che,
forse, non avrebbero più riavuto indietro. Si erano
instillati così bene, milletrecento anni prima, in Narnia,
da diventarne quasi parte costituente. Per questo motivo e per mille
altri diversi sentivano la forza, il dovere, di fare qualcosa.
Se erano
stati richiamati una seconda volta un motivo doveva esserci, no?
***
-Domani
andremo in
esplorazione, per assicurarci che non ci sia nessun Telmarino nei
dintorni.-
Caspian l'aveva raggiunta seguito da Trufflehunter. Il
tasso reggeva ancora nella sacca di velluto il corno della Regina
Susan, e lo sguardo di Senelia non poté evitare di
soffermarcisi sopra.
Ricordava ancora il suono basso che emetteva
all'inizio delle battaglie, un suono capace di scaldare gli animi.
Da
dopo che l'aveva usato per richiamare aiuto al campo Narniano durante
l'agguato dei lupi, ricordava che Susan l'aveva usato qualche altra
volta. Soprattutto all'inizio delle battaglie, per infondere coraggio,
o qualche volta quando avevano subito qualche agguato da parte di
persone venute da oltre i confini di Narnia.
-Dovresti riposare un po'
anche tu.- Si affiancò ai due senza fare troppe storie,
seguendoli all'interno della casa di Aslan. Tutto quel girare
effettivamente metteva addosso stanchezza, non era più
abituata ai ritmi serrati che precedono la guerra.
-Hai ragione-.
Noticina
temporale: il
ricordo di Senelia è ambientato dopo il discorso di Caspian
ai Narniani. Nel capitolo precedente, invece, il pezzo tra i due
è ambientato una sera dopo il loro incontro.
Volevo che fosse
chiaro perchè magari non è una cosa che salta
subito all'occhio. ^^
Eccoci
qui. Questa
storia mi sta prendendo abbastanza per via della sua
semplicità nello stendersi. ^^'
Come
si
sarà notato, i capitoli si leggono abbastanza in fretta e
non hanno uno stile troppo ricercato, cosa che rende la loro stesura
abbastanza veloce. La storia inizia a delinearsi, non
conterrà grandissimi colpi di scena, ammetto, ecco
perché non sarà nemmeno troppo lunga. Anche se
Senelia ha un suo passato. ù.ù
E'
appunto un mio
esperimento, un modo per dissociarmi da Narnia's Spirits concedendomi
una scrittura meno “impegnativa” ma che spero sia
comunque gradevole. ^^ Vi ringrazio dell'attenzione e della lettura.
Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Memorie d'incontri. ***
Memorie
d'incontri.
La
giornata
iniziò presto, più presto di quanto avesse
pensato.
Quando fu svegliata dal richiamo di Caspian la prima cosa che
notò fu che, alzando lo sguardo al cielo, l'alba era appena
sorta, e i deboli raggi ancora faticavano per farsi spazio tra la
vegetazione.
Avrebbe preferito recuperare qualche ora di sonno in
più, dato che, grazie all'accampamento e le sentinelle, la
casa di Aslan era un luogo sicuro in cui riposare. Forse il
più sicuro da dopo secoli di vagabondaggio che le capitava
tra le mani.
Ma sapeva che seguire i suoi desideri in quel momento non
era possibile: avevano del lavoro da fare e, date le condizioni in cui
si trovavano, perdere tempo dormendo non rientrava tra le
possibilità a cui attingere.
Se le sarebbe andata bene e
fossero tornati in fretta dal giro di ronda poteva sperare di
concedersi un sonnellino pomeridiano.
Sospirò, raccattando
le proprie cose e sistemandosi in modo sbrigativo: una lavata al viso
con l'acqua ancora ghiacciata, infilare i calzari, sistemarsi la spada
in vita, lisciare velocemente i capelli... Le mancavano così
tanto le comodità del castello! Una stanza personale al
riparo dal sole cocente dell'estate e dalle fredde ventate invernali,
in cui potersi cambiare tranquillamente e senza preoccuparsi di agguati
nemici.
Erano milletrecento anni che vagava come un'ombra notturna, una
ladra nella foresta; le poche volte che si era avvicinata alla
cittadina di Telmar, era durato giusto il tempo per comprarsi qualche
vivero con i soldi rubati ai soldati e concedersi una tazza delle loro
strane bevande nel caldo di una taverna.
Poi aveva preferito scappare,
rifugiandosi nuovamente nei boschi che le avevano fatto da madre e da
casa, prima di attirare attenzioni particolari su di se.
Cambiare vita,
trovarsene una completamente nuova perché quella prima era
stata totalmente stravolta, non era stato per nulla facile.
Alla fine
si era arresta, prendendo le cose come venivano ed imparando a non
badare più al resto.
Forse era per quello che, nonostante i
sentimenti di rivalsa e vendetta che percepiva scorrere dentro di se,
si
sentiva come distaccata.
Distaccata da se stessa, da ciò che
stava accadendo.
-Noi siamo pronti- comunicò Glenstorm, il
centauro che per primo aveva donato la propria spada al Principe.
Grazie al suo gesto e a lui, creatura saggia che leggeva le stelle, era
come se si fosse rotto un argine: vedere il resto dei Narniani che
seguiva il suo esempio dando la propria fiducia ad un Caspian in
tensione per la situazione in cui si trovava era stato alquanto
emozionante e commuovente.
-E' un onore riaverti tra noi- le
mormorò, quando Senelia lo raggiunse per unirsi con lui agli
altri che aspettavano in uno spiazzo erboso poco lontano dall'ingresso.
Avevano riunito un piccolo gruppo di Narniani, tra cui fauni, centauri,
nani e qualche felino parlante. Era una ronda che facevano non aveva
ascoltato bene Caspian per quale motivo, ma sapeva che ogni passo fatto
necessitava di concentrazione.
Gli occhi della ragazza soppesarono la
figura del Narniano velocemente, scorgendo il viso del centauro che
continuava a guardare avanti; non si era voltato verso di lei seppur le
avesse parlato.
Sorrise tra se, sfiorando l'elsa della spada e
ingoiando un groppo che le era salito in gola.
-Ti ringrazio-.
Quando
si
svegliò Lucy si rese conto che stava semplicemente sognando.
Aveva toccato Aslan e lo aveva abbracciato, affondando il viso nella
folta criniera dorata e baciata dai raggi del sole, assaporando l'odore
selvatico e facendosi cullare.
Si era sentita al sicuro e con un senso
di positività quasi immenso, perché finalmente il
leone era li, per aiutarli e rassicurarli rispondendo ai loro dubbi.
E,
invece, era stato solo un sogno.
Provò una fitta di
delusione che le oscurò gli occhi, mentre si alzava
guardandosi intorno cercando di capire. L'ambiente circostante era
perfettamente uguale a quello che aveva percorso nel sogno, e Lucy si
chiese tanto se fosse solo una coincidenza.
La sola cosa differente era
che gli alberi e Narnia stessa, però, erano avvolti nel
silenzio come i giorni precedenti.
Studiò gli altri,
rendendosi conto che continuavano a dormire, poi rivolse nuovamente lo
sguardo al sentiero: si vedeva percorrerlo, poteva udire nella testa il
rumore dei tronchi che si spostavano per lasciarla passare, le driadi
che leggiadre le mostravano la via.
Seguì l'istinto,
accompagnata dal battito speranzoso del cuore.
Era un richiamo troppo
forte per non essere ascoltato.
Avevano
marciato per
vario tempo, fermandosi di tanto in tanto per osservare se ci fossero
cambiamenti o impronte esterne a quelle conosciute e che avrebbero
segnalato la presenza di soggetti esterni ai Narniani.
Il tempo era
trascorso in modo tranquillo, e le luci dell'alba avevano iniziato a
prendere il sopravvento. Quando erano partiti era ancora abbastanza
buio e spirava una brezza fresca che aveva costretto gli esploratori
più freddolosi, come fauni o i due ragazzi, a coprirsi
maggiormente.
Si erano fermati in uno spiazzo erboso per riposare
qualche minuto, e Caspian aveva dato l'ordine a due minotauri di
controllare il circondario. I Narniani erano così scomparsi
in due direzioni opposte tra la vegetazione Narniana, armati e
silenziosi.
-Glenstorm, tu controlla da quella parte con un tuo compagno- disse
Caspian,
alzandosi in piedi e indicando al centauro di seguire la direzione
presa da uno dei due minotauri.
-Io andrò da questa. Tu, vieni con me-
spiegò poi, scegliendo l'altro sentiero e facendo un cenno
ad un fauno.
Pensandoci, credeva
che nonostante la stazza e la tranquillità del luogo
già controllato non era sicuro che stessero così,
da soli, a vagare tra la boscaglia.
-Aspettate qui- ordinò
poi a tutti, lanciando uno sguardo a Senelia e incamminandosi.
La
ragazza, semplicemente, annuì.
-Intrusi,
intrusi!- Fu
il grido dall'allarme che precedette l'arrivo del fauno che era sparito
con Caspian, comparso tra
la vegetazione con il fiatone.
La truppa d'istinto si
allertò ed i membri si misero sulla difensiva, estraendo le
proprie armi.
-Il Principe Caspian necessita di supporto!-
Continuò, sparendo nella direzione in cui era arrivato per
farsi seguire.
Senelia non seppe, mentre impugnava la spada e precedeva
gli altri aiutandosi a recuperare terreno usando i rami degli alberi,
come non aveva fatto a collegare le possibili alternative a cui
andavano incontro.
Eppure si sapeva che nelle foreste potevano
aggirarsi nuovamente loro...
L'aiuto di cui avrebbe potuto necessitare
Caspian fu un richiamo più forte del fermarsi a pensare e
chiedere chi fosse il nemico da battere. E poi, il fauno sembrava in
uno
stato di ansia così forte, che pensare al peggio fu
inevitabile per tutti.
Sentì il clangore delle spade ancor
prima di avere la scena davanti agli occhi, e automaticamente si
preparò per attaccare, mentre dietro di lei giungevano in
aiuto anche gli altri Narniani.
-Cosa sta succ-... Oh- Si
fermò con la mano a mezz'aria e la frase gridata a
metà, completamente spiazzata dalla scena che si trovava
davanti, totalmente bloccata, mentre una sensazione di gelo le correva
lungo la schiena.
Non è... possibile?
Osservò tutto,
osservò i loro volti, le loro espressioni e il modo in cui
la guardavano. Li guardò e li riguardò, come se
fossero un miraggio, per imprimersi nella mente quella scena che aveva
così tanto desiderato da così tanto tempo.
-Non
ci posso credere...- Sentì mormorare da se stessa,
portandosi una mano alla bocca che trovò improvvisamente
troppo secca.
Dov'era l'aria quando
serviva?
-Senelia!-
Noticina:
L'idea per
questa storia è nata dal progetto di una shot con
un personaggio che ripercorresse a tratti i momenti vissuti durante il
Principe Caspian. Ma sarebbe stata una cosa troppo lunga nel complesso.
Ecco perché l'idea della storia “corta”,
e perché certi pezzi sono trattati come se fossero
“ricordi”.
Ultimo aggiornamento dell'anno. E'
strano, non so ancora come passerò capodanno. Che bello
:'D:
Si incontrano i Pevensie e Senelia. Doveva pur accadere, no?
Ringrazio per le letture e l'attenzione. Vi auguro una buona serata e
ne approfitto per farvi i miei migliori auguri per il 2014. :)
Love you
all
Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Memorie di odori. ***
Memorie
di odori.
-Senelia!-
Non
è... possibile?
Il
tempo
sembrò fermarsi.
In pochi istanti le sensazioni che si
accavallarono furono le più disparate, tanto che gli
interessati ebbero bisogno di qualche minuti solitario per riprendersi.
Era come se avessero ricevuto una doccia fredda.
Si erano rassegnati
all'idea che non si sarebbero più rivisti, che i visi
sarebbero rimaste delle immagini conservate solo nel cuore a cui fare
una visita nei momenti di nostalgia.
Invece...
-Li... li conosci?-
sussurrò Caspian, aggrottando la fronte ed abbassando
leggermente la lama della spada, confuso.
Il Principe studiò
la ragazza, immobile, la quale si era limitata ad annuire in modo vago:
aveva qualcosa di diverso. Lo sguardo, era diverso. Sembrava tanto in
adorazione di qualcosa di speciale e particolarmente ammaliante da cui
non riesci ad allontanarti.
Riguardò verso i quattro
sconosciuti, mentre la truppa Narniana attendeva l'evolversi della
situazione, poi l'occhio gli cadde sulla spada del biondo e la testa
del leone sull'impugnatura.
E, allora, iniziò a capire.
Lucy
fu la prima a
smuoversi dalla situazione in cui si trovava.
Il cuore le si
pompò di gioia e gli occhi brillarono, mentre sul suo volto
spuntava un sorriso vero e vivace, forse il primo portato da una vera
gioia da quando erano tornati.
Lo sapeva.
Lo sapeva, ma alimentare
altre speranze le era sembrato inutile, quindi non ci aveva
più fatto caso, cercando di cancellare ogni possibile
traccia di dubbio dalla sua mente.
Aveva sempre sperato di rivedere
almeno qualcuno dell'Età d'Oro, ma Narnia stessa sembrava
gridare loro solo il contrario. Tumnus, i Castori, Oreius, un sacco di
altri Narniani che avevano conosciuto non c'erano più.
Quindi perché Senelia avrebbe dovuto fare la differenza? Ne
conosceva la natura, ma milletrecento anni erano tanti e gli attacchi
verso Narnia incessanti e brutali.
Da Regina qual'era e con la traccia
di ragione che aveva maturato nel corso degli anni si rendeva conto da
sola, senza bisogno che le venisse detto direttamente, che in quel caso
sperare era una pratica che non avrebbe portato solo
felicità come in altre occasioni era stato.
Era pericoloso,
nella situazione in cui si erano ritrovati.
Però fu
contenta, contenta davvero, di essersi concessa il beneficio del
dubbio.
La
spada cadde a terra
con un tonfo leggero, sporcando la lama ripulita a dovere poche sere
prima di terriccio e non più usata.
Peter si
ritrovò il calore di un corpo leggero contro il proprio che
gli stringeva le braccia intorno al collo, e ci mise qualche secondo a
liberare naso e bocca dai capelli che gli facevano il solletico.
Circondò la vita di Senelia con la mano libera, sentendola
appallottolarsi contro il suo petto, mentre con lo sguardo
cercò Caspian, chiedendogli tacitamente di tenergli la
spada, non potendola rinfoderare.
Passarono dei minuti così,
in silenzio, a cui si era unita all'abbraccio anche Lucy, mentre Susan
ed Edmund rimasero poco più a distanza, cercando di
mantenere più contegno davanti agli altri Narniani.
I due,
però, si continuavano a scambiare occhiate e sorrisi
complici, consapevoli dei pensieri che potevano passare nella mente
dell'altro.
Ritrovando Senelia, era come se avessero ritrovato una
parte della loro vecchia vita.
Era come avere davanti l'illusione che
tutto poteva tornare come prima, che Cair Paravel fosse ancora intatto
e maestoso, che gli alberi ed i ruscelli ospitassero gli elementali.
-Temevo
di avervi
perso- Senelia si staccò da Peter e guardò il Re
con occhi luccicanti, cercando di mantenere un contegno.
Continuava a
stringere a se però Lucy, come se temesse che staccandosi da
loro e perdendo il contatto ritrovato questo sparisse di nuovo.
Inspirare nuovamente i loro odori, mentre era cullata tra le braccia
della Valorosa e del Magnifico, era come se le avesse fatto subire una
rinascita.
Sentiva il corpo teso ed in fibrillazione, cosparso da una
nuova ondata di energia che la consapevolezza che finalmente, dopo
tanta attesa, fossero finalmente li in carne ed ossa, le aveva portato.
Si sentiva come nuova, in pace con se stessa, come ad aver ritrovato un
pezzo che non riusciva più a trovare e di cui aveva
rinunciato quasi del tutto la ricerca.
I loro odori, la sensazione
delle dita tra i capelli, era come se di botto avessero liberato una
parte relegata all'oscuro da troppo tempo.
Si sentiva di nuovo viva, al
sicuro e al posto giusto.
Ed era una sensazione pura e bellissima.
-Ci
dispiace- Il
biondo le scoccò un bacio sulla fronte con fare puramente
fraterno, guardandola con un senso di disagio profondo.
Se lo meritava,
ed era il minimo.
Poteva immaginare la durezza degli anni passati,
senza di loro, senza più una casa o una terra in cui vivere
in pace. Con l'ombra di un addio non detto a tormentare le notti, le
settimane, i mesi ed i tempi futuri.
Per loro era stato un trauma
ritrovarsi a Londra, con il patema ad aver lasciato una terra da sola,
senza potervi fare ritorno e senza la possibilità di
mettersi in contatto con i Narniani per dare loro spiegazioni.
Guardò Caspian, che gli ridiede la spada e lo stava
soppesando, mentre Senelia era andata ad abbracciare anche Susan ed
Edmund rimasti in disparte fino quel momento.
-Pensavo foste
più vecchi- diede voce ai suoi pensieri, vedendo lo sguardo
indagatore di Peter che lo esortava a parlare.
-Se preferisci possiamo
tornare tra qualche anno- lo punzecchiò il Re, facendo per
andarsene, mentre Senelia gli lanciò un'occhiata di traverso
per quell'uscita infelice.
Non erano già stati via troppi
anni?
-Sarà meglio tornare alla Casa di Aslan e annunciare
l'arrivo degli antichi Re- suggerì Glenstorm, facendo segno
alla truppa di iniziare a ripiegare dato il pericolo cessato ed
indirizzando così il discorso in un'altra direzione.
Gli
altri annuirono, Peter e Caspian si scambiarono uno sguardo, Susan e
Lucy si incamminarono dietro Senelia, ed Edmund convenne che era una
buona idea.
-Hai ragione-.
Ecco
qui il primo
aggiornamento dell'anno nuovo. ^^
Allora, mi sono soffermata
soprattutto sulle sensazioni e le possibili emozioni, dato che,
appunto, il resto si sa già come va. La presenza di Senelia,
che è un singolo personaggio, non muta gli eventi che
già si sanno, quindi non mi ci soffermo troppo, dato che non
cambierebbe niente in modo particolare.
Ringrazio per l'attenzione e la
lettura. :)
Love,
Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Memorie di ricordi. ***
Memorie
di ricordi.
Percorrere
il sentiero
nella foresta al contrario, per tornare al rifugio e annunciare
ufficialmente l'arrivo dei Re di un tempo, fu totalmente diverso
rispetto all'andata.
La tensione rispetto all'alba sembrava essere
scemata, alcuni Narniani parlottavano tra loro e la foresta poteva
quasi sembrare non più così cupa e silenziosa
come appariva, avvolta nel ricordo di tempi ormai passati.
Sembrava
come quando iniziò a tornare la primavera, milletrecento
anni prima, dopo che per duecento anni Jadis aveva regnato
incontrastata spargendo ghiacci del terrore, e Narnia aveva iniziato a
risvegliarsi ed organizzarsi per la grande battaglia.
Nonostante
l'abbraccio iniziale ed il sollievo, tra Senelia ed i Pevensie era
sceso come uno strato trasparente che li teneva ancora divisi.
La
ragazza nonostante l'affetto che provava verso di loro era anche stata
in balia di rancore, rabbia, frustrazione e tutta una serie di emozioni
totalmente opposte le une dalle altre, negative e distruttive.
L'avevano abbandonata, facendo nascere nel suo cuore una ferita
nostalgica che ricordando era capace di bruciare ancora, e lasciato
Narnia, quella stessa terra che si erano impegnati a salvare e che li
aveva visti formarsi, da sola in balia del pericolo; però
secondo Philip, il cavallo di Edmund, e le altre poche notizie che
circolavano sui loro ultimi momenti nel bosco portati dagli alberi, non
era stato un evento voluto da loro.
Una forza invisibile li aveva
trascinati oltre il lampione prima che se ne rendessero conto, e non vi
avevano più fatto ritorno.
Quando
comparvero
davanti al rifugio di Aslan, in cui si erano disposti i centauri per
dare il saluto ufficiale porgendo le spade e mostrare la devozione e la
fiducia che davano per quella nuova lotta, a Senelia sembrò
tanto di essere tornata indietro.
Osservando da dietro, mentre i
quattro camminavano sotto le lame scintillanti di sole, la mente le
soprappose davanti agli occhi l'incoronazione a cui aveva assistito a
Cair Paravel.
Il cielo azzurro divenne una cupola di vetro da cui
filtravano raggi che delicati baciavano le pareti e le creature
all'interno, le spade tornarono ad essere gli stemmi che reggevano i
centauri, le vesti da viaggio degli abiti pregiati ricamati di oro e
argento.
E poi, la voce di Aslan roca e pacata le risuonava ancora
nelle orecchie, mentre annunciava l'inizio di una nuova era.
Mai come
prima seppe di aver fatto la scelta giusta a lasciarsi andare prendendo
la propria strada. Jadis l'aveva sempre soggiogata, unica simile a lei
che si era in qualche modo contorto interessata alla sua vita.
La
possibile solitudine, la paura e l'inesperienza l'avevano spinta a
passare dalla parte della strega che al suo passaggio faceva nevicare e
che le mostrava delle bellissime statue talmente particolari da
sembrare vere.
Fu quando crebbe che capì la
verità che si celava dietro la bellezza eterea della donna
che l'aveva allenata e cresciuta.
Si
ricordava che
nevicava.
La neve era abbastanza alta da impedire a lei, appena
ragazzina, di camminare senza rischiare di fare più fatica
del normale se invece si fosse trovava su una strada del suo villaggio.
Non ricordava come fosse finita in mezzo a quel deserto bianco.
Aveva
solo un dolore alla testa e una stretta al cuore, come se avesse subito
un dispiacere, ma davvero non riusciva a ricordare per quale motivo si
ritrovasse così.
Il freddo che le azzannava le ossa e
raffreddava la pelle l'aveva svegliata.
Si era ritrovata in un luogo
che non conosceva e che non aveva mai visto, ma sapeva che da li doveva
andare via.
Faceva troppo freddo per vivere e poi, perché
non c'era nessuno intorno?
Incontrò Jadis al limitare del
bosco, e seppe solo dopo che la strega l'aveva risparmiata
perché in quella ragazzina quasi assiderata e piangente
aveva visto una figura da crescere e rendere totalmente devota alla sua
figura di Regina di Narnia.
Non aveva nessun altro, senza le sue cure
sarebbe morta o poteva ucciderla lei stessa rendendola pietra. Ma non
lo fece, perché nel suo sguardo di ghiaccio passò
l'illuminazione di farla totalmente succube al suo controllo.
E la
ragazzina divenne sua.
-Senelia?-
La voce di
Caspian la svegliò come da un sogno in cui si era lasciata
andare in cui si alternavano immagini delle due vite più
importanti e mai più così diverse che aveva
vissuto, e la ragazza si guardò in giro, accorgendosi che i
Narniani si erano dispersi ed i fratelli Pevensie all'interno del
rifugio.
-Oh...- Si portò una mano alla bocca, guardando il
Principe con occhi strabuzzati. Non se ne era minimamente accorta, di
essersi persa e del tempo che passava.
Fece un gesto per indicare la
piccola stradina ciottolata che conduceva all'entrata, in cui scorgeva
gli altri aspettarli per avere informazioni riguardanti l'interno, e
sorrise leggermente.
-Scusami. Andiamo-.
Rivedere
la statua di
Aslan e la tavola spezzata faceva sempre un effetto strano a chiunque
conoscesse la storia.
Ancor di più a chi aveva assistito in
prima persona all'evento illuminato dai fuochi notturni e terminato
all'alba, con la rinascita del leone.
Lucy sfiorò la pietra,
ricordando il dolore che avevano passato lei e Susan alla morte di
Aslan, Peter osservò la figura incisa nella pietra
illuminata dal fuoco, ed Edmund non poté impedirsi di
provare una fitta di colpa al ricordo del sacrificio fatto per lui.
-Bisogna agire- Suggerì Peter, ignorando lo sguardo di Lucy,
e Caspian, fino a quel
momento tagliato fuori dai ricordi degli altri ragazzi,
annuì.
Lo pensava anche lui, bisognava solo trovare una
strategia adatta perché erano nettamente in svantaggio e
conosceva la brutalità e Le risorse della sua gente.
Fu
quando, tornando
indietro, Lucy si fermò ad osservare il muro, che Senelia si
accorse degli affreschi sulla solo storia – Tumnus, il
lampione, Aslan con Susan e Lucy diretto al castello di Jadis...
Non si
era mai soffermata ad osservare le mura di quella costruzione, e vedere
cose che aveva vissuto da qualche altra parte oltre che nella sua testa
la sorprese.
Chiunque avesse fatto le rappresentazioni doveva conoscere
bene sia la fisionomia dei personaggi che la loro storia.
Nello sguardo
di Lucy passò una fitta di nostalgia, e la ragazzina
passò una mano sulla figura di lei e Tumnus che
per la prima volta si incontravano nel bosco.
-Aslan
arriverà, ne sono certa- le disse, incatenando con lo
sguardo gli occhi di Senelia e lasciando perdere il muro.
Erano
milletrecento anni che il leone non si faceva vedere...
Si
lasciò sfuggire un mezzo sorriso di circostanza, addolcendo
l'espressione.
Non ce la fece a ribattere alla Valorosa, a piantare dei
coltelli di dolore nella speranza che ancora nutriva e che cercava di
mantenere viva nonostante quello che le veniva detto.
-Lo spero-.
NB: Immersione nei
ricordi di Senelia, per cercare di capire il suo punto
di vista e magari qualcuno intuisce un po' il suo ruolo, cosa che sto
cercando di far capire man mano. ^^ Riguardo il suo passato, ha ricordi
sfocati perché ha ricevuto un colpo in testa e poi
è stata scaricata li. Per questo è di base
un'umana, proveniente da oltre il mare, cresciuta poi da Jadis.
Scribacchiare
le mie
cavolatine che vogliono essere storie serie è sempre
piacevole. Spero di avanzare tempo anche ora che ricomincerò
a studiare e di non far diventare gli aggiornamenti troppo lenti. D:
Penso
quasi con certezza che la storia non avrà più di
dodici capitoli, quindi non è per niente una cosa infinita.
Ringrazio per l'attenzione e la lettura.
Love you,
Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Memorie di contrasti. ***
Memorie
di contrasti.
Era
stato deciso tutto
abbastanza in fretta e si erano organizzati per prepararsi ad ogni
evenienza.
Al calar del sole dello stesso giorno in cui si erano
incontrati i Re era stato scorto un intruso tra le foreste di Narnia, e
questo aveva dato via a degli eventi a catena.
Una truppa guidata da
Trumpkin, alle prime luci dell'alba, era stata mandata a controllare a
che punto fossero i lavori al guado di Beruna; un'altra, raddoppiata di
componenti, aveva perlustrato la zona seguendo le tracce del Telmarino
della sera prima. Alla casa di Aslan la fabbricazione di armi e la
raccolta di viveri necessari era stata velocizzata.
Cosi, alla sera, i
maggiori esponenti del gruppo di Narniani che volevano partecipare alla
rivolta erano stati chiamati all'interno della stanza di Aslan.
La
tensione si sentiva
nell'aria.
La sala in cui era presenta la tavola spaccata sembrava,
oltre che maestosa e con l'alone di una reverenza magica di un passato
lontano, divenuta improvvisamente troppo piccola.
Il calore dei fuochi
la rendeva accogliente e dava un lieve tepore ben accetto, ma le
presenze che si scrutavano, in attesa di scambiarsi opinioni e
pensieri, rendevano l'atmosfera tesa e rigida.
Rendere tutti d'accordo
riguardo il modo in cui agire non era mai stato facile,
perché ognuno voleva dire la propria, e questo Peter, che
aveva già guidato eserciti in passato, lo sapeva bene. Per
questo motivo e per la voglia di rivendicarsi aveva deciso di adottare
una mano ferma e che non ammettesse repliche.
Il piano che aveva ideato
una volta ottenute le informazioni necessarie poteva funzionare, era
davvero un buon piano, se tutti avessero seguito alla lettera i suoi
ordini. Per questo c'era bisogno di una buona collaborazione e
dell'accettazione di tutti delle sue decisioni prese come se avesse
riottenuto la corona d'oro e il regno di Narnia.
Mentre spiegava quelle
che secondo lui erano varie ragioni e motivazioni sul modo in cui aveva
deciso di agire, vedere alcune teste fin troppo conosciute che si
muovevano in segno di dissenso lo fece irrigidire e innervosire.
-Non
può funzionare- obiettò Caspian, in piedi di
fianco a Susan. I due si scambiarono uno sguardo, ed il Principe
sembrò cercare una conferma da parte della Regina.
-Potremmo
resistere, se restassimo qui- provò quella a dissuadere il
fratello cercando un'alternativa.
Attendere era sempre meglio che
provare ad andare direttamente in pasto ai Telmarini con un'azione
sconsiderata e senza garanzie come quella che aveva ideato Peter.
Dopo
alcune considerazioni che dei Narniani avevano avuto il coraggio di
fare, intromettendosi nel discorso dei Re, un vociare concitato di voci
si era sparso per tutta la camerata alimentato dalle più
disparate idee ed emozioni.
Edmund si passò una mano tra i
capelli, riflettendo mentre guardava il pavimento di pietre: mettere
tutti d'accordo sarebbe stata un'impresa impossibile.
In ogni gruppo
c'era sempre qualcuno con idee diverse poco incline ad adattarsi alla
maggioranza – se non sotto costrizione.
L'unica era riuscire
a capire se davvero il piano di Peter sarebbe stato accolto dai
più e, in quel modo, forse anche gli altri poco convinti si
sarebbero arresi ad accettarlo.
L'ostacolo più grande,
però, era proprio tra di loro: Caspian, che per primo si era
tirato i Narniani dalla sua parte dopo tutto quel tempo e godeva della
loro fiducia, continuava convinto ad opporsi. Susan non ne era per
niente convinta e continuava a scambiarsi occhiate con il Principe e
Senelia se ne stava zitta senza far capire le proprie idee, Lucy
implorava con lo sguardo di aspettare Aslan che avrebbe sicuramente
sistemato le cose.
Chi aveva ragione, chi torto?
Tutto quello non
aiutava per la nascita di un'idea generale che poteva andare bene a
tutti.
-Non abbiamo speranza se rimaniamo qui- Spiegò Peter
a Caspian, sedando con uno sguardo lo scambio di battute tra i Narniani
che si era acceso poco prima.
-Quel castello è una fortezza,
non riuscirai ad entrare- Il Principe si sporse verso il ragazzo,
cercando di fargli capire la situazione da un altro punto di vista
rispetto al suo e quello del suo piano.
Era un discorso che non
riusciva a cambiare direzione, continuando a cozzare contro le stesse
obiezioni e gli stessi propositi.
Alla fine, dopo ore di conversazione
che iniziavano a pesare, l'aveva spuntata Peter, facendo leva sul
giuramento di fedeltà che i centauri avevano fatto a lui e i
suoi fratelli millenni prima.
A Senelia dispiacque per Caspian e i suoi
sforzi andati vani, quando lo vide abbassare il volto sconfitto e Susan
che gli passava una mano sulla spalla per confortarlo.
Avevano anche
provato a chiedere un suo parere, in nome del ruolo che aveva ricoperto
e che le era tornato con l'arrivo dei vecchi Re, ma si era limitata a
dire che non aveva idee e non voleva influenzare l'atmosfera frizzante
che già c'era per la stanza.
Eppure, per quanto avesse
provato a rimanerne il più possibile fuori, dei pensieri le
si erano affacciati alla mente.
Aveva fiducia in Peter, quella stessa
fiducia che probabilmente nel giro di milletrecento anni non si era mai
spenta, quello stesso ardore che l'aveva spinta ad aiutarli in
battaglia e passare dalla loro parte.
Aveva fiducia, ma non credeva che
quella volta sarebbe stata ben riposta, perché le parole di
Caspian rimbombavano ancora nella sua testa e sapeva, avendo visitato
talvolta Telmar, che era come una trappola per topi.
Sarebbero andati
nella bocca del nemico, e niente e nessuno garantiva che sarebbero
tornati vivi o, ancora meglio, usciti vincitori.
-Senelia- era stata
richiamata, e si era costretta a fissare lo sguardo su Peter, mentre i
Narniani la scrutavano in silenzio.
-Si?- fece, schioccando una mano
per svegliarla dal torpore in cui stava cadendo. Tutta quell'attesa
iniziava ad essere quasi snervante.
-Cosa ne pensi?- le
domandò Caspian, prendendo il posto di Peter e attirando la
sua attenzione.
-Beh, io... - aveva iniziato, per poi bloccarsi. Si era
resa conto in quel momento che a lei, in realtà, non
interessava così tanto quale piano sarebbe stato scelto.
Non
sapeva il motivo, probabilmente la colpa era di tutto il passato andato
a male che gravava sulla situazione presente, ma l'idea di una
possibile vittoria – con tutte le sconfitte che si portava
dietro – non riusciva ad esaltarla abbastanza.
-Non ho
preferenze-.
O forse semplicemente era il periodo un po'
così, la tensione che inconsciamente si ritrovava ad
accumulare e che sentiva provenire anche dagli altri.
-Senelia- la
richiamò Susan, facendola voltare.
La ragazza era uscita
dopo che le decisioni erano state prese, per ragionare all'aperto e da
sola riguardo gli eventi di poco prima.
Peter aveva deciso che la sera
dopo avrebbero attaccato, e che le preparazioni sarebbero iniziate
l'indomani all'alba per essere tutti pronti. Secondo lui, prima si
agiva e più possibilità si avevano di cogliere i
nemici di sorpresa.
-Così si torna a combattere insieme,
eh?- cercò di sdrammatizzare Susan, guardando
però il terreno, in imbarazzo.
-Già-
asserì l'altra, mimando un sorriso ed avvicinandosi alla
Regina.
La Pevensie la osservò, ricambiata, come se si
stessero studiando e tra di loro ci fosse un muro da abbattere, per poi
stringerla
in un abbraccio che ebbe il potere di cancellare tutto il resto per
l'istante che durò.
-Mi siete mancati- si sentì
dire, affondando il viso nei capelli di Susan.
Era vero.
Le erano
mancati tanto, tanto che, anche ad averli di nuovo li, ogni volta che
ci ripensava non poteva impedirsi di provare dolore e un senso di
abbandono.
Susan si staccò, e Senelia notò gli
occhi grigi lievemente lucidi.
-Non volevamo, davvero. Ci dispiace-
giustificò se e i suoi fratelli.
Non era passato un solo
giorno senza che non si fossero sentiti in colpa per averli lasciati,
perdendo tutto ciò che di più caro erano riusciti
ad ottenere.
-Lo so-.
Mi
chiedo
perché la vita debba essere così incasinata. A
volte davvero non me lo spiego. ._.
Capitolo transitorio riguardante il
piano per attaccare il Castello di Miraz, nel prossimo ci
sarà lo scontro vero e proprio.
Grazie dell'attenzione e di
quelle persone che seguono o hanno commentato.
Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Memorie di guerra. ***
Memorie
di guerra.
Faceva
freddo quella
sera, mentre il vento cullava le fronde degli alberi e la luna era
leggermente coperta da delle nuvole di passaggio.
Faceva più
freddo del solito, oppure era la tensione a far scivolare sui corpi in
tensione un velo di aria gelida.
Non ci era voluto troppo tempo prima
che raggiungessero il limitare del bosco, pronti per convergere su
Telmar. Il buio era stato loro amico, mentre come un'unica ombra
camminavano nel silenzio della foresta per dare battaglia.
Erano
riusciti a prepararsi per attaccare già la sera dopo la
riunione, con grande soddisfazione di Peter che vedeva realizzati parte
dei suoi piani: il ragazzo rimaneva della convinzione che, prima si
faceva qualcosa, prima tutta quella situazione spinosa sarebbe potuta
terminare.
-Se non ci sono domande direi che si può iniziare
definitivamente- Il biondo si avvicinò al grifone che lo
avrebbe portato al castello e poi si girò, in attesa.
Tutti
stavano in silenzio ad ascoltarlo, guardandolo con i loro occhi pieni
di aspettative.
Peter scrollò le spalle leggermente, quando
rivide negli occhi poco convinti di Caspian lo sguardo pieno di
rimprovero di Lucy e sentì una sensazione sgradevole
salirgli per la schiena che gli ghiacciò lo stomaco.
Stupidate.
Sarebbe andato tutto bene, c'erano buone
possibilità di vittoria. Dopotutto, lui aveva più
esperienza di tutti, li, in fatto di battaglie e guerre. Se tutti
avessero fatto come deciso, i problemi sarebbero stati minimi e
superabili.
Così sperava.
Guardò Susan, in cerca
di un appoggio solidale, e poi puntò lo sguardo verso la
torretta dove il fascio di luce della torcia di Edmund si alzava verso
il cielo.
La ragazza rimaneva uno degli appoggi più
importanti che aveva, che lo aveva aiutato e consigliato dicendogli
sempre ciò che pensava a bruciapelo.
Sperò
inconsciamente che quella volta non averla ascoltata fosse stata la
scelta giusta.
-Andiamo-.
Caos.
Era un completo
caos.
Il sangue schizzava in giro, impregnava l'aria e gli abiti, le
urla bombardavano nelle orecchie senza smettere per qualche secondo.
Da
quanto tempo stavano andando avanti così?
Senelia non si
ricordava nemmeno come fosse potuta trovarsi in mezzo ad un casino
così tragico: era quanto mai più evidente che
qualcosa, durante l'assalto dei Pevensie e di Caspian, fosse andato
storto.
Le truppe di Miraz non sarebbero state dovute avvertire, e
l'usurpatore sarebbe stato preso in ostaggio prima che potesse
ribellarsi, ponendo fine al suo regno prima ancora di iniziarlo.
Cercò di ignorare la ferita al braccio che le dava noie e
iniziava a bruciare in modo fastidioso, e la botta ricevuta allo
stomaco che le faceva sentire indolenzito tutto l'addome.
Nonostante
gli allenamenti dei giorni precedenti, il basso profilo e il poco
allenamento che aveva tenuto per millenni si facevano sentire:
avvertiva già la stanchezza darle fitte alle gambe e alle
braccia, e la spada sembrava più pesate del solito
nonostante fosse, invece, leggera e maneggevole – l'aveva
trafugata molti anni prima, per essere più comoda negli
spostamenti veloci da fare tra gli alberi.
Tirò un calcio
alle ginocchia del suo avversario che barcollò qualche passo
indietro per il dolore; Senelia ne approfittò, tirandogli un
colpo in mezzo alle costole con il gomito. Il soldato perse la spada,
che scivolò a qualche metro di distanza perdendosi tra la
folla, e la ragazza lo finì pugnalandolo in mezzo
all'addome.
Era una sensazione strana tornare ad uccidere, ed ogni
volta le provocava una sensazione diversa. Non credeva si sarebbe mai
abituata a sentire la lama affondare nelle membra del nemico, osservare
il suo viso contrarsi dal dolore e gli occhi perdere
vitalità.
Era stata capace di provare gioia nell'uccidere,
quasi euforia, tanti anni prima; ma aveva provato anche ribrezzo per se
stessa, quando togliere la vita a qualcuno sotto ordine della Strega
Bianca stava diventando un'agonia.
Lo spirito di sopravvivenza,
però, aveva prevalso. Era sempre stata un po' egoista al
tempo.
Meglio a te che a me,
si ritrovava a pensare, per darsi una
giustificazione che però non le alleviava per niente il
senso di colpa.
Jadis le aveva imposto la rigidità
nell'eseguire gli ordini e l'impassibilità per l'avversario
che si ritrovava di fronte per anni, spiegandole che doveva agire prima
di ritrovarsi ad essere una preda.
Era cresciuta con quegli ideali che
si erano instillati nelle sue memorie e solidificate come lava divenuta
poi fredda. Non era mai riuscita a sradicarli del tutto e, anche in
quel momento, provò inconsciamente un senso di leggerezza
nell'aver battuto il soldato Telmarino ed essere così salva.
I soldati di Telmar continuavano ad affollare il cortile principale,
mentre i Narniani iniziavano a subire perdite numerose: la migliore
cosa che si poteva fare, in quel momento, era cercare di salvare il
salvabile allontanandosi da quella trappola che si era rivelata tale.
Le truppe di Narnia però non l'avrebbero mai ascoltata, non
si sarebbero piegati ad una fuga. Per troppo tempo era stata loro
lontana, abbandonandoli, perdendo credito ed importanza ai loro occhi.
Si era macchiata nell'onore, nascondendosi, diventando parte di quelle
leggende che troppo bruciavano nei cuori della popolazione di cui
faceva parte.
Cercando di non fare caso ai dolori, decise di inoltrarsi
nel cuore della battaglia per cercare qualcuno.
Il
Telmarino perse lo
scudo, che cadde a terra con un tonfo sordo, quando Peter gli
tirò un calcio cercando di disarmarlo.
L'uomo si sorprese
qualche secondo per quell'attacco che non si aspettava e lo
lasciò privo di difese, e il ragazzo approfittò
della sua distrazione per dargli un colpo in testa con l'elsa della
spada. Il suo corpo si muoveva da solo nella mischia, abile e
scattante, ancora memore degli anni trascorsi tra duri allentamenti ed
intense battaglie.
Dopotutto, per lui era trascorso solo un anno, e
recuperare era stato abbastanza semplice – se lo era anche un
po' imposto, i giorni prima, mentre senza tregua allenava le sue
truppe.
-Peter!-
Stava cercando modo alternativo di dirigersi verso
Miraz, ma l'uomo stava ad osservare sulla balconata la lotta che si
svolgeva nel cortile, al sicuro e circondato da guardie. Il cortile,
inoltre, pullulava di soldati Telmarini che continuavano a sbucare da
tutte le parte.
-Peter!-
Digrignò i denti, consapevole che
la situazione stava precipitando, per loro. Vincere a quel punto era
ancora più fuori portata, ed inoltre aveva ancora davanti
agli occhi il Narniano che si schiantava al suolo...
-Peter!-
Si
sentì strattonare, e solo quando percepì la presa
sul braccio si rese conto della voce che tra le urla cercava di
chiamarlo attirando la sua attenzione.
Susan lo stava osservando
apprensiva, ma la cosa durò poco, perché la
sorella impugnò l'arco e fu costretta a distogliere
l'attenzione da lui per concentrarsi sui tre Telmarini che si stavano
dirigendo verso di loro.
-Dobbiamo andarcene!- Nonostante stessero
combattendo vicini Susan fu costretta ad urlare, per farsi sentire al
di sopra di tutte le urla che li circondavano e far recepire il
messaggio al fratello.
No.
Qualcosa si dibatté nel petto di
Peter, come una bestia ferita che non accetta di essere stata messa in
gabbia, ma allo stesso tempo non ce la fece a dire, come invece era
successo precedentemente, che potevano ancora farcela.
Non potevano
farcela.
Non potevano, era andato tutto a monte. Edmund non lo vedeva
da quando gli aveva salvato la vita, Caspian lo aveva perso nella
mischia così come Senelia... doveva cercare di fare il
possibile che ancora era in suo potere.
-Ritirata!- Si sentì
urlare d'improvviso, mentre correva dai Narniani per far espandere
l'ordine.
-Ritirata, andate via!-.
Che palle. Si
ritrovò a pensare, cercando di evitare di essere ingaggiata
in qualsiasi lotta per potersi muovere più velocemente e
trovare chi stava cercando.
Muoversi senza essere notata con tutti i
soldati che pullulavano nel cortile era un'impresa particolarmente
difficile.
Aveva visto Caspian dirigersi verso le scuderie di corsa, ma
non ne capì il motivo e gli attribuì un epiteto
poco carino per quella mossa stupida che poteva condannarlo a restare
imprigionato.
Ovunque volgesse lo sguardo vedeva Narniani e Telmarini
che si scontravano, i volti stravolti dalla fatica e la stanchezza di
una battaglia che durava da troppo tempo che si infliggeva nelle loro
membra. Soldati esausti, corpi a terra immobili, armi grondanti di
sangue che sporcava il terreno.
Scorse dei capelli biondi tra la
mischia, e solo in quel momento si accorse che le truppe Narniane si
stavano iniziando a ritirare verso il cancello per poter
così fuggire in salvo.
Qualcuno l'aveva preceduta.
Però, la maggior parte di
loro rimaneva impegnata a lottare contro i Telmarini che non davano
tregua.
Sgranò gli occhi, allibita dalla
brutalità che aveva assunto quello che doveva limitarsi ad
essere un attacco verso una sola persona.
Dovevano andarsene da li.
La
grata si chiuse con
un tonfo, condannando coloro che rimasero intrappolati nella parte
interna del castello; il ferro che sbatté contro il cemento
produsse un suono cupo che continuò a vibrare nella testa
dei sopravvissuti, rintoccando come se fosse l'annuncio portato
direttamente dalla morte in persona.
Effettivamente, per i
Narniani
rimasti intrappolati, così era.
Fu come se tutto si fosse
bloccato, da quando il minotauro non resse più lo sforzo nel
sostenere la grata.
Ci furono sguardi carichi di tristezza e delusione,
ci furono grida d'incoraggiamento e pianti, ci furono occhi fieri che
si scambiarono addii.
Successero tantissime cose, in quei pochi istanti
che furono concessi e che si congelarono nel tempo, prima che si
voltassero le spalle.
E poi il tempo riprese a scorrere.
La
storia
continua più piano rispetto a prima, ma intanto siamo
arrivati a metà. Si sa a pezzi sempre qualcosina di
più riguardo Senelia. Mi piace tenervi sulle spine. ^^'
Ringrazio chi continua a seguire e leggere.
Alla prossima,
Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Memorie di perdita. ***
Memorie
di perdita.
-Come
stai?-
Sbuffò d'istinto, Selenya, a quella domanda.
Calciò un sassolino fuori dal sentiero che stavano
percorrendo da varie ore e che finì tra le felci con un
rumore che non si sentì, poiché coperto dai passi
strasciati dei Narniani.
-Come vuoi che stia?- Brontolò,
alzando le spalle e lanciando un'occhiata ad Edmund, che fece una
smorfia di dispiacere.
-Hai ragione-.
Le spade tintinnavano, mentre il
sangue ci si incrostava sopra.
Ci stavano mettendo molto più
tempo a tornare alla casa di Aslan rispetto all'andata: i feriti erano
molti e le perdite preferivano non averle contate perché
visibilmente troppe, l'umore cupo e la tristezza rendevano ogni passo
come una pesante agonia mista a una marcia di morte.
Una leggera alba
stava facendo capolino da dietro i monti, una dolce carezza che in
un'altra occasione, con un altro animo, sarebbe stata ben accetta e
invece quella mattina sembrava più uno schiaffo insaguinato.
-Tranquillo- diede una pacca al ragazzo in un gesto di fraterna
consolazione, fermandosi poi e lasciando passare quella processione di
creature.
Avrebbe tanto voluto scappare ed isolarsi da tutto.
“Era questo
quello che volevi, Aslan?”
Sapevano
che darsi la
colpa a vicenda non era la soluzione, eppure non riuscivano a fare a
meno di sfogare la frustrazione ed il dispiacere per tutto quello che
era successo gridandosi contro, lanciandosi frecciatine avvelenate e
guardandosi in cagnesco.
-Cosa è successo?-
-Chiedilo a lui-
-A me?-
Pur consapevoli che i Narniani in quel momento avevano bisogno
di una guida unita e sicura che desse loro forza, si stavano facendo a
pezzi a vicenda andando a creare ancora più spaccature tra
il popolo, arrivando allo scontro fisico.
E l'unica luce sincera che
quel giorno Narnia vide, fu quella goccia di liquido magico che
riportò la vita e guarì le ferite del fisico.
-Se
avessi provato
anche io a far cambiare idea a Peter forse non sarebbe andata
così-.
Caspian le diede un buffetto sulla guancia.
-Lo
sappiamo bene che non avrebbe ascoltato nessuno- la consolò,
sedendosi accanto a lei sul muretto all'entrata del rifugio.
Peter era
un testone, ma anche un uomo consapevole delle potenzialità
e del potere che aveva. Ma non era onnipotente e non era in grado di
aggiustare tutto ciò che capitava e non dipendeva da lui.
Forse lui, da Principe, avrebbe dovuto avere più durezza
nell'affermare ciò di cui era sicuro. Essere più
uomo e meno il ragazzino scappato dalla corte dello zio.
Sapeva che era
vero, ma il domandarsi se avesse potuto far cambiare il corso degli
eventi con i suoi comportamenti era qualcosa che da sempre la
tormentava. Una volta l'aveva fatto, quindi perché non di
nuovo?
Sospirando Caspian si voltò, lanciando uno sguardo a
Susan e mimando un saluto con la mano.
Lei abbassò lo
sguardo dopo un lieve sorriso, puntando l'attenzione sull'arco che
stava sistemando e tornando a dare attenzione agli arcieri che la
circondavano.
Sel lanciò una gomitata nelle costole del
ragazzo senza preavviso, ghignando, e quello si piegò per
l'improvviso fastidio.
-Uh, ti piace- sussurrò, cercando di
restare seria.
Gli occhi le brillarono come quelli di un bambino che ha
scoperto il nascondiglio dei dolci e nessuno lo ha beccato.
- Non... -
-Non provare a mentirmi!- lo minacciò, puntandogli un dito
contro.
-Peter mi ucciderà se lo viene a sapere-
sussurrò lui.
Lei gli fece l'occhiolino. -Probabile-.
Anche
quella giornata,
tra pianti e domande silenziose, era passata.
Il campo era chiuso in un
mutismo più pesante di quello iniziale, la perdita era stata
un colpo che aveva fatto perdere quel poco di fiducia che ancora c'era,
pur sapendo che era una cosa che avrebbero dovuto mettere in conto.
Eppure nessuno riusciva a ribellarsi o sfogarsi della rabbia ed
umiliazione che provavano, si erano limitati a curarsi e dare aiuto a
chi ne aveva bisogno, sistemare le armi, controllare se i Telmarini li
avessero seguiti con turni di guardia più attenti.
Facevano
le cose che andavano fatte, e sapevano che difficilmente sarebbe finita
dopo quel singolo scontro.
Bisognava continuare ad andare avanti.
Nonostante la delusione, la stanchezza, la sconfitta.
Anche per coloro
che si erano sacrificati.
Bisognava continuare a combattere.
Lo
avevano lasciato
solo, a pensare, solo chiuso nei suoi pensieri e nelle sue
rimuginazioni.
Si era serrato in una bolla di silenzio, lontano da
tutto ciò che gli ricordava quella ferita nell'orgoglio che
bruciava come se gli avessero infilzato nel petto una lama infuocata:
un Narniano ferito, un lutto, uno sguardo di rimprovero o compassione,
il silenzio imbarazzante dei suoi fratelli.
Era una cosa che lo
irritava, da una parte, perché non si sentiva di dover
essere compatito come se non sapesse cosa avesse fatto.
Diavolo, lo
sapeva.
Lo sapeva bene, fin troppo.
Ogni grida che aveva sentito
risuonava dalle orecchie e arrivava a piantarsi nel cuore, appesantendo
il senso di impotenza che l'aveva preso costringendolo a battere in
ritirata e non l'aveva ancora lasciato – lui che non perdeva
mai, lui che era un capo, lui che riusciva sempre a trovare una
soluzione.
Se Aslan ci fosse stato ad aiutarli e consigliarli le cose
sarebbero potute andare diversamente. Anzi, nulla di tutto quello
sarebbe successo, perché sapeva che il leone non avrebbe
permesso alla propria terra e al proprio popolo di subire tanto dolore
e vedere tanta violenza.
Non lo avrebbe permesso?
E allora dov'era, ora
che invocavano il suo nome?
Dov'era, mentre i Telmarini spargevano
morte e confinavano i Narniani in uno sputo di bosco comportandosi come
se fossero i sovrani di quei posti?
Tirò un pugno sulla
roccia spezzata, più volte, per la rabbia, per sfogare
l'improvvisa voglia di spaccare qualcosa che l'aveva preso.
Colpì, ancora e ancora, sentendo un bruciore alle dita e
vedendo il grigio diventare rosso e sentendo gli occhi lucidi.
Non era
giusto.
Non doveva andare
così, pensò, fissando
l'intaglio del leone nella pietra.
Un calore improvviso gli si sparse
sulla pelle, e le dita piccole e delicate di Lucy gli avvolsero la mano
bruciante, tamponando le nocche sbucciate con un fazzolettino.
Chiuse
gli occhi, Peter, lasciandosi andare a quel gesto amorevole e cercando
di liberare la mente.
-Perdonami- mormorò.
E Lucy sorrise,
perché sapeva quanti significati quella singola parola
conteneva per suo fratello e quanto per lui fosse difficile infrangere
certi muri di sicurezza che si costruiva intorno.
-Va bene
così- sussurrò, continuando a dedicarsi alla mano
e iniziando a fasciargliela.
Aveva sbagliato modo, suo fratello, ma aveva anche
cercato di fare del bene.
E fare del bene non è da
considerarsi mai un errore.
Scusatemi
per il
ritardo immenso. Non mi sono dimenticata delle mie storie. Sono stati
mesi difficili, sono cambiate e successe tante cose e a malapena certe
volte capivo cosa dovevo fare. Ho lottato per tenere una persona che ha
cercato di fare tutto per distruggermi e che nonostante tutto non
riuscivo – e non riesco – a lasciare andare. Ho
dovuto lavorare su me stessa per cambiare certe cose e il tempo
è passato da solo. Ora non garantisco purtroppo
continuità ma cercherò di riprendere tutto piano
piano.
Grazie a chi ha trovato tempo per le mie storie.
Bacio, Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Memorie di magia. ***
Memorie
di magia.
-Come ti chiami?-
-S-Selenya-
-Hai fratelli?-
-Non... che io ricordi-
-Vieni qui con me,
cara-.
Si svegliò di soprassalto, e un brivido di freddo
disagio le fece vibrare la schiena mentre percepiva la pelle farsi
d'oca.
Si strinse la coperta attorno alle spalle, cercando di mettersi
seduta più comoda senza perdere l'equilibrio dal ramo in cui
si era rifugiata qualche ora prima.
Aveva preferito dormire all'aperto,
il tempo lo permetteva ed inoltre voleva continuare ad avere i propri
momenti di solitudine, quella stessa compagnia che era diventata sempre
più presente millennio dopo millennio trascorso lontana da
ogni forma di vita.
Era passato qualche giorno da quella rovinosa
notte, la vita al campo aveva ripreso a scorrere sempre di
più in modo normale, ma un velo di tensione e arrendevolezza
tra i Narniani era ancora ben percepibile.
-Vieni qui con me,
cara-.
Si
era addormentata verso l'alba dopo aver fatto vagare la mente tra vari
pensieri, e non capiva come mai, dopo così tanto tempo,
quelle parole le fossero tornate in mente.
Perché,
perché proprio ora?
Anche solo come suoni attutiti che le
arrivavano alle orecchie dopo millenni, riuscivano a darle la stessa
sensazione di freddezza che lei le aveva trasmesso in quel momento.
Si
rannicchiò maggiormente contro il tronco, mordendosi un
labbro e guardando il cielo chiaro che spuntava tra le fronde sotto cui
stava, sentendo in lontananza il conficcarsi secco delle frecce contro
i bersagli di allenamento.
Eppure... eppure, l'unica cosa che era
riuscita a fare quando se l'era trovata davanti era stato ubbidirle in
silenzio.
Se
non fosse che un
tempo era tutto pieno di vita, Peter avrebbe pensato di trovarsi in un
semplice bosco fuori Londra non troppo conosciuto dalla popolazione.
Erano le creature accanto a lui, che gli ricordavano tacitamente di
essere a Narnia per davvero.
Nella sua Narnia.
Dopo che si era sfogato
nella cripta aveva ripreso il controllo sulle sue emozioni ed aveva
rassicurato Lucy di stare bene.
Si era quindi deciso a pensare a cosa
avrebbe dovuto fare da quel momento per far riprendere il suo popolo da
quella sconfitta, iniziando a girare tra i vari focolari e
ricominciando a dare istruzioni.
Non aveva ancora un piano preciso in
mente su come controbattere a Miraz, e stava lasciando agli altri il
tempo necessario per riprendersi dalle ferite, fisiche e non. La cosa
che aveva ordinato era che ricominciassero a fabbricare armi, allenarsi
chi poteva permetterselo ed aveva raddoppiato le ronde e le guardie.
Ed
era proprio un giro di controllo, quello che stava facendo in quel
momento, poco lontano dai confini dell'accampamento.
Era tutto molto
silenzioso – fin troppo, per i suoi gusti. Tutto
ciò contrastava con i ricordi che ancora aveva in testa,
anche se erano ormai varie settimane che girava per Narnia.
Ma non si
era per nulla abituato.
Rifiutava l'idea che una terra così
prolifera fosse ridotta a quel gelido silenzio – gelido, come
il silenzioso inverno che li aveva accolti milletrecento anni prima.
-C'eri
quasi-.
Susan
lo osservò mentre sbuffava sonoramente e lanciava con odio
delle occhiate a quell'aggeggio infernale che gli aveva messo in mano.
Se vuoi essere uno di
Narnia impara a combattere con le armi
degli abitanti di Narnia gli aveva detto, togliendogli
dalle
mani la balestra e facendola portare via da Edmund.
Non aveva avuto il
coraggio di protestare verso la Regina, però, il Principe, e
si era limitato ad osservarla tordo mentre questa gli passava un arco e
iniziava a dargli consigli su come usarlo.
Nonostante i ripetuti
tentativi non riusciva ad avere la stessa precisione che invece
sfoggiava con l'arma Telmarina, e questo lo irritava. Diamine, non era
poi così diverso il meccanismo, no?
-Si capisce che non sai
usare un arco-.
-Ah ah, come sei divertente, Sel- Caspian
alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, mentre provava
nuovamente ad impugnare l'arma in cui Susan era maestra.
La ragazza si
sedette su un masso, incrociando le gambe ed osservandolo divertita,
posando poi l'attenzione sulla Pevensie.
-Sarà dura-
commentò, come se il ragazzo non fosse presente.
-Vale la
pena tentare- sorrise Sue, allontanandosi da Caspian, che stava
tendendo nuovamente la corda e prendendo la mira.
-Sembra un caso
perso- continuò Selenya, poggiando il mento sul palmo della
mano.
-Ci vorrà solo molto allenamento- cercò di
minimizzare la Regina.
Caspian alzò gli occhi al cielo.
-Ragazze... vi sento-.
-Peter,
qui
è tutto tranquillo-.
Il giro di ronda era andato bene, e
aveva lasciato il controllo del campo al fratello in caso di problemi
quando era partito. Era l'unico si cui si fidasse abbastanza per
ricoprire quel ruolo.
-Grazie, Edmund- diede una pacca sulla spalla al
ragazzo e gli sorrise, senza bisogno di dire altro.
-Direi
che
è abbastanza per oggi, dai-.
Mai
come in quel
momento la
voce di Edmund gli era parsa più piacevole.
Susan
e Selenya
lo avevano tenuto sotto controllo per... non sapeva bene nemmeno lui
quanto tempo, esattamente. Avevano continuato però a
spronarlo – obbligarlo – ad ogni tentativo a
riprovare, e riprovare, e riprovare ancora.
Iniziava
a non sentire
più le braccia, però qualche risultato lo aveva
avuto, con disappunto di Selenya – scontenta
perché, se avesse imparato bene, non avrebbe avuto motivo di
poterlo stuzzicare.
Ed
gli ridiede la
balestra, e il Principe si
congedò dal terzetto dopo aver ringraziato per quella
lezione privata, andando verso la cripta per riposarsi.
-Allora,
hai
imparato ad usare la balestra?- Domandò Susan quando il
ragazzo fu scomparso dentro il rifugio.
Edmund
parve
illuminarsi. -E'
spettacolare, devo ammettere- disse. Aveva avuto modo di vederle solo
nei musei o nei libri. Tenerne in mano una vera e poterla usare era la
cosa, forse la prima, più bella che avesse avuto modo di
vivere da quando erano rientrati a Narnia.
-Lucy
dov'è?-
s'interessò sempre la maggiore, guardandosi in giro.
Si
sentì un po' in colpa per aver occupato tutto quel tempo con
il Principe di Telmar, senza preoccuparsi della sorella, di dove fosse
o come stesse.
Selenya
le sorrise,
rassicurante. -Tranquilla,
è con Trumpkin-.
Fece
cenno verso una
parte di prateria non
molto lontana, dove stavano i due, circondati da qualche altro
Narniano, e Sue seguì la traiettoria per individuarli.
Quando li vide sorrise, si girò verso i due ragazzi e fece
intendere con un gesto silenzioso che andava a raggiungerli.
-Se
ne
vanno tutti- fece il finto offeso Edmund, poco dopo.
Selenya
si
limitò a ridere, una risata leggera costellata di una
malinconia che troppo spesso le tornava a snervare i pensieri.
Adesso
erano solo a metri di distanza, ma lei li aveva visti davvero andare
via, e non solo loro.
Una
ventata di aria si
alzò per quel
luogo pacifico.
Una
sensazione di
disagio tornò a morderle
la bocca dello stomaco.
-Senti
freddo anche
tu?- La domanda di Edmund
le arrivò come uno schiaffo.
Era
pomeriggio
inoltrato e il
sole ancora alto, e stava arrivando l'estate.
-Come?-
...Possibile?
-Ho
chiesto se hai sentito anche tu un improvviso freddo- fece il ragazzo,
paziente, corrugando poi la fronte per la propria stessa affermazione
apparentemente senza senso e rendendosi conto che qualcosa
nell'ambiente era cambiato, della rigidità che aveva assunto
la ragazza di fronte a lui.
Sgranò
gli
occhi, mentre una
vaga sensazione di panico le iniziava a salire per le gambe.
Non
poteva... essere...
Conosceva
quella
sensazione, quella sensazione con
cui aveva convissuto per più di duecento anni.
Solo lei
riusciva a dargliela.
-Oh
Dei-
Jadis.
-E'
qui-.
Ecco
qui. Stavolta non
ci ho messo molto, anzi. ^^' Avrei voluto far passare qualche giorno in
più ma è da tanto che non aggiorno e mi sono
fatta prendere un po' dall'entusiasmo. Non manca molto alla fine, sono
circa 16 capitoli totali e sto cercando di concludere il tutto (mi
mancano gli ultimi 2-3 capitoli) sul mio
pc in modo da avere le cose già pronte e non subire
così intoppi per i prossimi aggiornamenti, che saranno una
volta ogni due settimane. :)
Ringrazio per la lettura, in caso di
domande sono disponibile a dare spiegazioni.
Love, Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Memorie di strega. ***
Memorie
di Strega.
-Avanti
Principe, io
posso darti tutto quello che vuoi-.
Quella era quindi...
Jadis?
Non
riusciva a muoversi.
Perché non riusciva a muoversi?
-Caspian è il tuo nome, vero? Posso aiutarti-.
E
perché le stava tendendo la mano?
Sapeva che era sbagliato,
conosceva l'immenso potere distruttivo che lei aveva. Ma doveva essere
morta, uccisa da Aslan millenni prima... perché era davanti
a lui? Come poteva essere possibile?
Cornelius era stato chiaro nel
raccontargli la storia più e più volte, e
Selenya, così come i Re del passato, gli avevano confermato
quando aveva fatto domande.
Non riusciva a ribattere, o a muovere le
gambe per combattere.
L'unica cosa che capiva, in qualche modo, era che
qualcosa dentro di lui stava lentamente cedendo, che le domande e i
dubbi stavano scomparendo, annientati e sommersi da quegli occhi color
mare ghiaccio fissi nei suoi.
Cosa voleva da lui?
-Posso renderti Re-.
La voce di lei gli rimbombò nella testa come un suono
ovattato.
Così vicina, così sicura, eppure
impalpabile e senza una provenienza specifica. Era seducente, e
ammaliatrice, esattamente come ammaliante ed ipnotica era la sua figura
longilinea confinata nella lastra di ghiaccio.
Mai, prima d'ora,
Caspian aveva avuto modo di vedere la magia.
E se lei avesse avuto ragione?
Se quel potere avrebbe potuto aiutarlo ad ottenere quello che gli
serviva? Usato a fin di bene, alla fine, non sarebbe stato sbagliato,
no?
Qualcosa dentro di lui ruggì di protesta, mentre tendeva
maggiormente la mano verso quella candida della Strega.
-Oh,
Peter caro-.
Il
ragazzo aveva appena spinto via Caspian dal cerchio magico, finendoci
dentro lui stesso.
Si ritrovò ad essere bloccato senza
volerlo, mentre sentiva il freddo salirgli per le gambe, lambendogli la
carne e impedendogli di muoversi. Odiò il fatto di non
riuscire a reagire e il ritrovarsi immobile sotto il suo incantesimo,
capendo di stare perdendo la volontà su se stesso.
La Strega
lo obbligò ad ascoltarlo, come stava obbligando il Principe
poco prima.
Quando li aveva visti entrare qualcosa aveva ruggito di
rabbia per quell'intromissione, ma la compostezza – freddezza
– che l'avevano sempre caratterizzata le avevano impedito di
scomporsi.
E quell'errore di quello che lei aveva sempre considerato
uno sciocco ragazzo era diventato un qualcosa da cui trarre presto
vantaggio.
Uno di quegli umani valeva l'altro, alla fine.
Bastava che
arrivasse al suo scopo.
Sorrise, gelida, puntando gli occhi sul
ragazzo.
Vendetta.
Dopo milletrecento anni, finalmente era li.
Finalmente poteva tornare ad avere ciò che sempre aveva
agognato.
Regina di Narnia.
-Che piacere rivederti, Peter caro-.
Quella
presa sulla
gola le stava dando fastidio.
Dolore.
Che modo stupido di morire, si
ritrovò a pensare, socchiudendo gli occhi.
Si era distratta
quando Lucy stava per essere pugnalata dal nano e il lupo mannaro aveva
approfittato per azzannarle il braccio dove teneva la spada.
Era semi
buio nella cripta, e aveva solo fatto in tempo a vedere l'ombra che si
rialzava e le si buttava addosso, senza riuscire ad evitarlo. Le aveva
affondato i denti nella carne, l'aveva sentito stringere e aveva
pensato che le avrebbe seriamente staccato la mano quando l'aveva fatta
rotolare a terra tenendola sempre per il polso.
La creatura strinse la
presa e l'allontanò dalla parete, per poi spingerla di nuovo
contro per farle pestare la testa, ringhiando di piacere nel vederla
annaspare.
Iniziava a mancarle l'aria.
-Ora ti uccido-.
Non sapeva se
era per colpa della confusione che iniziava ad avere in testa per la
botta, e il braccio sanguinante, e lo strangolamento, ma la voce le
sembrò lontana e l'alito della bestia le diede il
voltastomaco.
Diavolo, ma cosa aveva mangiato quel coso?
Cercò di allontanare la presa dell'animale e tirargli
qualche calcio, ma non sortì alcun effetto.
-Portala qui-.
La presa dalla gola passò malamente alla casacca. Si
sentì trascinare e cozzare contro le pietre, i vestiti
venire strappati, per poi essere lasciata a terra.
Una sensazione di
panico iniziò a montarle quando scorse azzurro e bianco.
Fece forza sul braccio sano, strizzando gli occhi – tutta
quella luce contrastava con il semibuio nel resto dell'ambiente.
E la
testa pulsava, e tenere gli occhi aperti le dava fastidio.
Faceva male,
tanti spilli che le si conficcavano nella nuca.
Si costrinse a
guardare, e rimase immobile.
Tutto sembrò scomparire, tutto,
la preoccupazione, il dolore, Peter da parte a lei imbambolato come un
fantoccio e i rumori delle armi.
Tutto scomparì tranne lei,
lei che era li, lei che algida la guardava dall'alto, lei che
le sorrideva – un sorriso gelido, un sorriso che sembrava
volerla fare a pezzi fin dentro l'anima.
Il sorriso di chi è
stato tradito.
-...Jadis-.
-Selenya
cara-
La
ragazza deglutì.
Il tempo sembrò iniziare a
scorrere nuovamente, in modo lento.
Scorse con la cosa dell'occhio
Caspian che si riprendeva dall'incanto di poco prima. Il ragazzo
estrasse la spada e si buttò contro il lupo accanto a lei
con uno slancio, scomparendo dietro la tavola spezzata.
-Non mi
saluti?- fece la Strega, fintamente offesa, catturando di nuovo la sua
attenzione.
Peter continuava a tendere la mano, ma Jadis l'aveva
ritratta, aprendo le braccia in un finto gesto di abbraccio che
attendeva di essere ricambiato verso di lei.
Strinse gli occhi, la Strega,
mentre Selenya rimaneva in silenzio senza nemmeno provare a muoversi.
-Ti sei scordata le buone maniere che ti ho insegnato?-.
Ecco
qui. Ovviamente,
visto che c'è un personaggio in più, ho aggiunto
un nemico in più, altrimenti Selenya sarebbe rimasta senza
fare nulla. Lol E lei non è diversa rispetto agli altri.
Ora, come andrà con Jadis? Si scoprirà qualcosa?
Nei prossimi capitoli lo vedremo.
Questo è un pochino più corto, non mi
sembrava il caso di aggiungere roba inutile, si sa per il resto cosa
sta succedendo. :) Ci si sta avvicinando alla parte "importante" della
storia, che finale vi aspettate poi?
Ringrazio per la lettura e l'attenzione, ci si vede
tra due settimane.
Baci, Dhi. <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Memorie di memorie. ***
Memorie
di memorie.
-Ti ho detto...-
Lo
schiocco di una frustrata interruppe quella frase.
-Che devi fare un
inchino ogni volta che ti ritrovi al mio cospetto-.
Le mani gelide
afferrarono il viso, e gli occhi di ghiaccio si piantarono in quelli
pieni di paura.
-Hai capito?- sibilò contro la preda.
Quella
singhiozzò chiedendo perdono, mentre la schiena si
arrossava.
-Sparisci- ordinò, seccamente, tornando a sedersi
sul trono di pietra ghiacciata.
Gli zoccoli del Narniano scivolarono
sulla neve, mentre questo si affrettava a rifugiarsi in qualche ala
nascosta di quella prigione bianca.
-Vieni, Cara-.
Selenya era rimasta
nascosta all'entrata della sala, ad osservare la scena come se potesse
rompersi qualcosa ad un suo minimo spostamento, ma la Strega sembrava
sapere della sua presenza già da molto prima che si facesse
avanti.
Non aveva mai guardato nella sua direzione, eppure sapeva che
stava li.
E Selenya sapeva che lei sapeva.
Sapeva sempre tutto, Jadis,
come se ogni fiocco di neve fosse un po' di lei.
-Mia Regina- disse,
chinando il capo. Aveva una mente abbastanza sveglia da aver imparato
in fretta, nel poco tempo che era li, che quella signora alta e austera
non andava mai, per nessuna ragione, contraddetta.
Inoltre, le aveva
salvato la vita, quindi le era riconoscente, no?
-Tu si che mi dai
soddisfazioni- sorrise leggermente, invitandola ad avvicinarsi. La
prese in braccio e l'avvolse nella sua pelliccia, carezzandole i
capelli in un gesto quasi materno. Le alzò il visto
mettendole due dita sotto al mento, per poterla guardare in faccia, un
mezzo sorriso che le si disegnava sul volto e una luce soddisfatta
negli occhi, mentre osservava quelli della ragazza così
simili e così diversi dai suoi.
-Ho grandi progetti, per te-.
-Mi
hai sempre
ingannato-.
Ribatté, non seppe nemmeno bene con che coraggio,
provando a mettersi almeno in ginocchio e distogliendo lo sguardo.
Una
fitta di rabbia le attraversò il corpo e strinse un pugno,
mentre tutto ciò che lei, quella Strega, l'aveva costretta a
fare, tornava con prepotenza a vagarle per la mente.
Bruciava ancora,
la colpiva al cuore come se non fosse passato un singolo giorno da quei
momenti.
Una scatola che si riapriva e che faticosamente aveva smesso
di andare a rivedere.
-Ti ho salvato- spiegò invece la
donna, inclinando leggermente il viso, usando una nota di voce
più leggera e quasi dolce. -Senza di me, saresti morta-
soffiò, minacciosa.
Selenya trattenne un grido di rabbia.
Sempre quel discorso. Sempre quello, per tenerla sotto il suo
controllo, per renderla devota, per farsi obbedire.
-Io ti ho salvato
la vita, Selenya, ricordalo. Mi appartieni-.
-E' vero- ammise,
appoggiandosi alla pietra da parte a lei per alzarsi. Riusciva a
respirare, ma la botta contro il muro e il braccio che sanguinava la
rendevano sempre più stordita.
Se non altro,
pensò, quello non le permetteva nemmeno di provare la solita
paura che lei le provocava, talmente poco riusciva a capire di quello
che stava succedendo.
Jadis esibì un'espressione quasi
sorpresa a sentire quelle parole, ma si affrettò a
sorridere.
-Vedo che sei ragionevole- Iniziò, allungando
stavolta il braccio verso di lei. -Posso perdonarti per quello che
è successo milletrecento anni fa- continuò,
rassicurante.
Sel osservò quella mano candida che le veniva
tesa bucare il ghiaccio come se questo fosse gelatina, ricordando
quando, la prima volta, l'aveva aiutata ad alzarsi e l'aveva portata al
caldo, al castello, offrendole una casa.
Senza lei, davvero
probabilmente sarebbe morta al freddo e di fame.
Si perse nei ricordi
di quegli anni passati sotto il suo controllo – o guida?
Le
aveva fatto imparare a difendersi, le aveva fatto conoscere i posti di
Narnia. L'aveva trattata quasi come una creatura di cristallo da
proteggere, su di lei, difatti, non era mai stata troppo severa. Non
aveva mai usato la bacchetta che trasformava le persone in pietra, o la
frusta, non l'aveva mai rilegata nelle segrete.
Per quello, si era
fidata.
Da bambina qual'era, si era fatta plasmare l'animo da
quell'unica simile a lei che popolava quel luogo.
Jadis era una persona
in fondo buona, pensava ai tempi, se solo i Narniani avessero fatto
quello che lei chiedeva loro.
E il fatto che l'avesse salvata la legava
a lei in modo quasi spasmodico, malato, eternamente riconoscente.
Perché sapeva cosa poteva fare, e Jadis, a lei, proprio lei,
aveva deciso di risparmiarla.
-Non è il tuo perdono
ciò di cui necessito- si sentì dire, portando la
mano a cercare di fermare il sangue che le colava dal braccio.
Eppure... eppure qualcosa la stava spingendo verso la lastra ghiacciata
dove stava la Strega.
Quegli occhi la stavano incantando anche se non
era dentro il cerchio.
Per quale motivo?
Per quell'antico incantesimo?
O perché era solo troppo debole rispetto a lei per
contrastarla?
-Allora morirai-.
Selenya sentì
improvvisamente freddo, una morsa che stava prendendo sempre
più spazio sul suo corpo.
Rabbrividì, mentre
spasmi di gelo e paura le facevano tremare le gambe e le spalle.
No.
Non ancora.
Poi qualcosa si incrinò.
L'espressione di Jadis
cambiò, e la Strega osservò in basso, incredula,
mentre l'orrore prendeva sempre più spazio sul suo volto
etereo.
Si dimenò, replicò, mentre il ghiaccio di
crepava sempre di più e le sue urla di disperazione si
spargevano per la stanza.
E la lastra andrò in frantumi.
-Fa
male?-
Edmund le
stava fasciando il polso.
I denti del lupo mannaro avevano affondato in
modo molto profondo, forse le avevano anche spezzato qualche legamento
e la ferita ci aveva messo vario tempo prima di smettere di sanguinare.
Tuttavia, grazie a quella sua maledizione e al fiore di fuoco che le
aveva dato Lucy, era già in fase di guarigione.
Il dolore
era calato ed i morsi si stavano rimarginando.
-Non così
tanto- si sentì dire.
La sua testa era altrove.
L'incontro
con Jadis non era stato tra i migliori eventi che potessero capitarle.
Quasi rimpiangeva la solitudine apatica di quei milletrecento anni,
senza nessuno intorno e senza pericoli così grandi
così tanto vicini.
-Ci hai salvati- lanciò
un'occhiata ad Edmund, sorridendogli, e il ragazzo mimò
un'alzata di spalle continuando ad annodare le bende.
Se non altro, in
qualche modo, aveva potuto ripagare la Strega della pugnalata che gli
aveva dato in passato.
-Ho finito- le fece notare, soddisfatto.
Selenya
osservò il bendaggio, non potendosi impedire di sentire
sulla pelle ancora la sgradevole sensazione di prima.
-Dai, vai a
cercare Peter- gli ordinò. Il ragazzo non si era
più fatto vedere da quando Edmund aveva rotto la lastra,
annientato l'incantesimo che lo stava controllando.
-Sicura di stare
bene?- domandò, iniziando ad alzarsi, vedendo il viso di
Selenya ancora biancastro.
-Si, io... ho solo bisogno di stare sola per
un po'-.
Aggiorno
un pochino prima perchè nei prossimi giorni ho vari impegni.
In questi capitoli (nei prossimi soprattutto) si
inizia a delineare la motivazione per cui Jadis ha deciso di tenere con
se Selenya, e cosa lega la ragazza a lei. Sono capitoli che avranno
dentro il "fulcro" della storia e cosa accadde in passato. Dato lo
stile della storia, fatto un po' a "pezzi", saranno parti che
però lasciano (spero) spazio anche per la fantasia del
lettore.
Ringrazio chi ha la pazienza di seguire e si ferma a leggere.
Un bacio
Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Memorie di inganni. ***
Memorie
di inganni.
-Mi
dispiace-.
Susan
si fermò nel sistemare la corda dell'arco che stava
tendendo, voltandosi poi verso il ragazzo.
-Non è colpa tua-
cercò di tirargli su il morale, sorridendogli e passandogli
un arco per cercare di fargli occupare i pensieri.
Sapeva bene il
potere che la Strega aveva sulle persone e gli animi degli altri,
l'aveva provato con Edmund, con Selenya, con Tumnus; perfino Peter ne
era rimasto soggiogato.
Caspian fece un'espressione poco convinta,
prendendo in mano l'arma ed obbedendo tacitamente agli ordini della
Regina.
Si sentiva responsabile di quella che avrebbe potuto essere
un'autentica disgrazia se la Strega avesse ottenuto ciò che
voleva, del fatto che Trumpkin avesse subito il tradimento di un amico,
di Selenya che era rimasta ferita, delle vite che avevano rischiato di
perdere.
Sospirò, incoccando una freccia.
Passò
un
dito sulla cicatrice, sentendo un leggero solletico sul palmo a quel
tocco.
A volte, quando non riusciva a dormire, faceva passare la mano
su una foglia, come se qualcuno le stesse accarezzando la mano e fosse
vicino a lei per farle compagnia.
Ma non c'era stato nessuno per molti,
molti anni, a riservarle quella piccola attenzione.
-Perché
domandi a tutti se hanno fratelli?- Aveva domandato, un giorno, spinta
dalla curiosità.
Anche a lei Jadis aveva chiesto la stessa
cosa che poi avrebbe chiesto a Edmund molti anni dopo, e non si era mai
spiegata il motivo. Finché, in quel momento, la
curiosità fu più forte di una possibile paura.
-Oh cara... non è ancora tempo affinché tu
capisca- Si era limitata a dirle, voltandole le spalle.
-Prima
c'è un'altra cosa- aveva continuato, aprendo una piccola
boccetta di cristallo – non l'aveva mai vista usarne una di
quella forma – e versandola a terra.
Era germogliato sulla
neve ghiacciata un piccolo bicchiere, semplice rispetto a quelli che
nascevano solitamente tutti intarsiati, contenente, aveva visto quando
la Strega lo aveva allungato verso di lei, un liquido color crema.
Aveva osservato quella creazione in silenzio, mentre la donna
continuava a tenere il braccio teso verso di lei senza dire una parola.
Era come se non avesse fretta.
Non si spazientì, infatti,
quando le ci volle qualche minuto buono per decidersi a prendere il
bicchiere in mano.
Era nato dalla magia, e della magia di Jadis... ci
si poteva fidare, si? Dopotutto l'aveva salvata.
-Cos'è?-
Era stranamente inodore e dal retrogusto vagamente alla menta.
-Bevi,
cara Selenya-
Fece finta di non aver sentito la domanda, osservandola
dall'altro del trono su cui stava, e le sorrise.
-Ti farà
bene-.
Sospirò,
Sel, serrando il pugno su cui stava il taglio.
Bugiarda.
Bugiarda.
Bugiarda.
Avrebbe voluto gridare di rabbia e frustrazione, ma era
abituata a sopprimere tutto ciò che provava da troppo tempo,
ed era stata allenata troppo bene, perché la sua reazione
diventasse qualcosa di più di un semplice corrugare la
fronte e stringere le labbra ed i pugni.
-Devi
convincere il
Figlio d'Adamo a venire da me-.
Jadis sapeva che il minore, che aveva
incontrato nella foresta, sarebbe arrivato senza problemi al suo
castello.
Era stato facile ingannarlo.
Selenya, invece, doveva dare una
piccola spinta al maggiore.
-Sono convinta che troverai le... tattiche
adatte- le sorrise, puntandole contro la bacchetta magica, osservandola
ammiccante.
Sel ghignò, gelida, pronta da sempre ad
affrontare quella prova.
Jadis le aveva spiegato – spiegato
bugie, aveva poi capito – che i Figli di Adamo e le Figlia di
Eva della profezia e Aslan avrebbero portato distruzione nel suo regno,
che sarebbero stati la loro rovina e la loro caduta – una
rovina in cui Selenya, in realtà, non centrava nulla.
Era
stata abituata a combattere, a ferire ed uccidere, a non provare
rimorso.
-Si-.
A eseguire gli ordini senza domandarsi se ciò
che stava facendo fosse giusto o sbagliato perché, Jadis le
aveva detto, se lo diceva la Regina di Narnia era per forza una cosa
giusta, perché una Regina fa sempre cose giuste per il
proprio popolo e la propria terra.
S'inchinò, per poi
andarsene, seguita dai lupi.
Maledetta.
La vista le
si stava annebbiando e sentì qualcosa di bagnato scivolarle
lungo le guance.
Stava... stava piangendo?
-Ti...
Vi prego,
perdonatemi-
-Ci fidavamo di te! Ti abbiamo seguita e ci hai quasi
fatti ammazzare!-
-Calmo, Peter-
-Ma, Aslan!-
-Ora sistemiamo
le cose, Figlio d'Adamo, non preoccuparti-.
Aslan
era sempre stato
troppo buono e troppo fiducioso, si ritrovò a pensare,
asciugandosi gli occhi.
Lui l'aveva salvata da lei, dandole una nuova
possibilità di fare del bene – del bene vero,
stavolta. E come poteva, una tale potente creatura dall'animo
così gentile e così potente, essere sparito per
così tanti millenni?
-Cos'era,
quello che
mi hai fatto bere?-
-Una pozione. Ti renderà
speciale-.
Speciale un corno.
-I
Telmarini! I
Telmarini!-
-Calmati, fauno- gli intimò Peter, quando se lo
fu trovato davanti.
La creatura prese fiato per la corsa, annuendo e
aspettando qualche secondo. Quando fu circondato dai Re e dal Principe
e ad ascoltarlo erano arrivati anche dei centauri prese di nuovo
parola.
Il suo tono era grave, e guardava preoccupato il Re Supremo.
Riportò tutti alla realtà delle cose e alla
situazione in cui si trovavano.
Pensare al passato e riprendersi da
quell'incontro con Jadis li aveva distaccati dagli eventi che stavano
succedendo sotto i loro occhi.
-Telmar sta arrivando-.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Memorie di speranze. ***
Memorie
di speranze
-E'
l'unico modo,
Peter-
-... E va bene, proviamo-.
Ci avevano messo un po' a
convincerlo, ma stavolta nessuno si era lasciato intimorire dai modi,
meno convinti rispetto alla riunione precedente, del ragazzo,
mostrandosi uniti in quella decisione che sembrava l'unica che potesse
avere un buon risultato.
Erano decisi e così si sarebbe
fatto.
Lucy sarebbe andata a cercare Aslan.
Ci aveva messo un po' e
molte parole a convincersi che si poteva fare, Peter, per poi guardare
la sorellina e cercare qualcosa con cui ribattere.
Ma ciò
che aveva trovato nei suoi occhi, era stata solo convinzione. Una
scintilla tale da farlo dubitare e cedere, da pensare ad un piano per
farle prendere più tempo possibile e tenere occupati i
Telmarini.
Doveva avere fiducia in lei, come lei l'aveva in Aslan.
L'avrebbe trovato, e lui li avrebbe finalmente aiutati.
Doveva avere
speranza.
-E'
un buon cavallo,
non vi darà problemi-
Caspian sistemò il piede di
Lucy nella staffa, poi si girò verso Susan, per aiutarla a
montare.
Sarebbe andata con la sorella per proteggerla in caso di
problemi.
-Non ne dubito- fece la più piccola, prendendo le
redini e accarezzando il collo dell'animale.
-Pronti?-
Peter
impugnò la spada, preparandosi per quello scontro che aveva
deciso di fare contro Miraz per risparmiare vite di soldati e
guadagnare tempo.
Pochi, però, pensavano che avrebbe tenuto
fede alle parole che Edmund aveva letto ai generali di Telmar qualche
ora prima.
-Noi si. Tu?- domandò Selenya, sistemando la
spada in vita e fermandosi poi a guardarlo.
Una leggera apprensione le
attraversò gli occhi.
Miraz era un uomo senza scrupoli e con
più esperienza. Peter era ancora in un corpo di ragazzo,
inoltre aveva passato vario tempo a non combattere più
contro un vero nemico, eccezione per l'assalto a castello. Lo riteneva
un pochino fuori allenamento.
-Andrà tutto bene- le mise una
mano sulla spalla, il ragazzo, guardandola fisso negli occhi per
cercare di trasmetterle un po' della sua sicurezza.
E il cuore di
Selenya tremò appena.
Il
bosco era fitto,
Destriero continuava a correre, e lei non sapeva dove stesse andando.
Non riconosceva quei luoghi, troppo diversi rispetto alla Narnia che
ricordava.
Si sentiva come quando da bambina giocava a mosca cieca con
i compagni, la vista completamente buia e il dubbio sempre presente di
sbattere contro qualcosa.
Inoltre, era preoccupata per Susan, che
l'aveva abbandonata poco prima per tenere occupati i Telmarini che le
seguivano.
Lucy vacillò appena, pregando di aver fatto la
scelta giusta, sperando che per gli altri le cose stessero andando
bene.
Destriero accelerò l'andatura quando lei gli diede di
gambe.
Si accorse di essere seguita da due Telmarini, e
ripetè il gesto, sperando di riuscire a distanziarli. Erano
due, erano armati e lei non sarebbe riuscita a difendersi.
Negli anni
di regno aveva imparato ad usare le armi, ma aveva sempre preferito
rimanere al castello o nelle tende degli accampamenti, a prestare
soccorso ai feriti e usando il fiore di fuoco per i più
gravi.
Era quello il compito che le era sempre stato affidato, fin
dall'incontro con Babbo Natale.
E a lei, adesso, chi l'avrebbe aiutata?
Un guizzo dorato tra la
vegetazione.
Lucy aggrottò la
fronte, pensando che la mente faceva veramente brutti scherzi nei
momenti meno opportuni.
Un altro.
Non poté impedirsi di far
nascere dentro di se un piccolo moto di speranza, Lucy, anche se non
… insomma, poteva avere un tempismo così
perfetto?
Un ruggito, destriero si impenna e lei cade a terra.
I
Telmarini gridano, ci sono nitriti di cavalli e rumore di spade,
vegetazione calpestata.
Ringhi e cozzate di metallo.
E poi... poi il
dorato sostituisce tutto il resto.
Lucy riuscì solo a vedere
quella figura che da tanto aveva aspettato fissarla dritta negli occhi,
in attesa.
-Aslan!-
Non si rese nemmeno conto di aver iniziato a
corrergli incontro. Si ritrovò distesa a terra, immersa
nella criniera che fino a quel momento aveva solo sognato, a stringere
quel manto un po' ruvido ma sempre così caldo.
-Mi sei
mancato-.
Finalmente.
Finalmente Aslan era li, con lei, era li davvero.
Fu la sensazione più bella che provò da quando
era arrivata a Narnia, una totale gioia che la fece sentire tutta
più leggera.
Il cuore sembrò sciogliersi per poi
riempirsi di forza, di quella potenza che ti costringe ad andare avanti
anche nei momenti peggiori.
Sarebbe andato tutto bene.
Aslan era li, e
ridacchiava con quella sua voce roca – più roca di
milletrecento anni prima, come se fosse stata intrisa in tutto quel
tempo di nuove parole e conoscenze mai espresse.
Lucy fece
per dire qualcosa, pronta a sommergere il leone di tutte quelle domande
che non aveva potuto fare fino quel momento.
Ma Aslan la
fermò, con un tacito sguardo che le intimava di pazientare,
alzandosi e osservando il bosco silenzioso.
E, poi, ruggì.
Evitò
una
lancia, e due soldati che le stavano venendo incontro, sgusciando
attraverso le loro gambe.
Quando quelli si girarono per attaccarla,
delle frecce li colpirono.
Susan era sempre stata attenta a quelli che
avevano bisogno di aiuto, mandando i suoi dardi a dare supporto.
Non
sbagliava mai.
Selenya sorrise, cercando di farsi spazio tra i due
eserciti e raggiungere Peter. Era preoccupata per via dello scontro che
il ragazzo aveva affrontato contro Miraz, temeva potesse ritrovarsi
senza forze da un momento all'altro.
E Lucy? Chissà se Lucy
era riuscita a trovare Aslan.
Erano nettamente in svantaggio e la
differenza iniziava a farsi pesante.
I Telmarini avevano distrutto il
rifugio – le catapulte, davvero, non ci volevano.
Si
bloccò quando scorse Caspian essere preso di mira da un
generale, e fece per aiutarlo. Ma qualcosa la bloccò ancora
prima che potesse muoversi.
Aveva sentito cambiare qualcosa nell'aria,
come se questa si fosse messa a danzare in modo invisibile.
Si
osservò intorno e inspirò a fondo chiudendo gli
occhi, mentre Peter le gridava se fosse improvvisamente diventata
più matta del solito.
Era un'aria nuova, totalmente diversa
rispetto a quella anonima che aveva respirato fino a poco prima.
Era
un'aria viva.
Percepì la terra tremare e sorrise.
Aslan.
Fu
quando vide
l'espressione serena di Selenya, quei tratti improvvisamente distesi,
che qualcosa nella mente di Peter si accese.
Le piante che si muovevano
rabbiose verso i Telmarini, la conferma da tempo aspettata e cercata.
Edmund gli diede delle pacche sulla spalla, mentre si tirava via il
sudore dalla fronte e sorrideva sghembo.
Grida di esaltazione ed
esultazioni si espandevano per la radura; e lui sentì un
moto d'orgoglio e soddisfazione scaldargli il petto.
-Lucy ce l'ha
fatta-.
L'altra
volta non ho
scritto nulla perchè non avevo niente in particolare da dire
sul capitolo.
E' venuta fuori una parte di passato di Selenya e qualche
spiegazione, avevo già detto che non era nulla di
"particolare". Spero che
la cosa non vi abbia delusi, ogni parere ovviamente è sempre
accetto. La storia è molto agli sgoccioli, due capitoli ed
è conclusa.
Spero che continui a piacere ed interessare. :)
Alla prossima, Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Memorie di ruggito. ***
Memorie
di ruggito.
-Ragazza,
vieni qui-.
Selenya si fece avanti, ricomponendosi e superando la spada che Peter
stava abbassando per ordine del leone.
-Fatti guardare-.
Aslan le si
fece vicino, facendole immergere lo sguardo azzurro in quel mare di
ambra. Faceva paura.
Provò un brivido, Selenya,
perché se solo avesse voluto, in un attimo le avrebbe potuto
portare via la vita. Bastava uno slancio del corpo, una zampata ben
assestata.
-Ho visto abbastanza- Irruppe nei suoi pensieri, voltandosi
poi verso Peter, che la scrutava in cagnesco, Susan e Lucy abbracciata
alla sorella.
-Quindi?- domandò il Pevensie, sulla
difensiva. -Che ne facciamo di lei?-
Sentì un colpo al
cuore, Sel, capendo di quanto veleno erano intrise le parole del Figlio
d'Adamo, e non ebbe il coraggio di voltarsi. Mai, in vita sua, si era
sentita così... così... in colpa? Erano
sentimenti, quelli che provava?
Si erano affidati alle sue parole,
mentre lei avrebbe dovuto condurli alla morte. La profezia non avrebbe
dovuto realizzarsi, era il comando che le era da sempre stato dato.
Poi, vedendo Lucy, passando del tempo con loro, qualcosa si era
sciolto.
I discorsi su Aslan e riguardo la pace, la primavera, su una
Narnia viva, le si erano conficcati in testa, costringendola a pensarci
sempre di più, e si era ritrovata a voler poter vivere anche
lei qualcosa di simile.
Qualcosa che, sapeva bene, con Jadis non era
possibile.
Jadis voleva il freddo, il terrore, voleva la solitudine di
un regno annientato sotto il suo comando.
-Conduciamoli
al
fiume!-
-Avanti Narnia, un ultimo sforzo!-
Erano davanti al fiume,
Aslan dall'altra parte del ponte insieme a Lucy, in attesa.
Il leone
rimane chiuso nella stessa compostezza che da sempre lo caratterizzava,
e scrutava gli uomini di fronte a lui che lo stavano caricando, senza
espressione.
Ruggì.
-Giuri
fedeltà?-
-Lo giuro-
-Giuri di esserti pentita per gli
errori commessi?-
-Lo giuro-
-Alzati, Selenya. Ricomincia a vivere-
-Grazie... Aslan-.
Il
fiume si
alzò, prendendo vita.
Fu uno spettacolo che i Narniani
osservarono con una felicità che tornava a farsi spazio tra
loro, increduli di trovarsi di fronte a quello spettacolo di pure
magia.
Finalmente, finalmente.
Avevano aspettato così tanto un
evento simile che venisse in loro soccorso.
Che Aslan, venisse ad
aiutarli.
La magia liberata dal ruggito del leone tornò ad
espandersi per Narnia, risvegliando quella terra troppo a lungo rimasta
nel silenzio e liberando tutta la potenza che era capace di emanare.
Non ci volle molto affinché Telmar dichiarasse la resa.
-Non mi fido di te- le
soffiò sospettoso Peter a pochi centimetri dal viso.
Selenya
lo guardò senza ribattere, a metà tra il
dispiaciuto e lo scocciato.
Cosa doveva fare di più?
Il
ragazzo si allontanò di poco, consapevole che la ragazza
avrebbe potuto attaccarlo da un momento all'altro. Se l'avesse fatto,
in un attimo di stizza, lui avrebbe certamente perso per inesperienza.
Per questo l'istinto lo fermava sempre dal fare qualcosa. Spirito di
sopravvivenza, probabilmente.
-Il perdono non è una cosa
così spontanea- fece la sua comparsa Aslan, e i due si
voltarono di scatto, osservandolo avvicinarci e poi sedersi sul terreno
a poca distanza dai due, la coda che si muoveva lenta nell'aria.
Nessuno parlò per qualche attimo.
-Il perdono va guadagnato-
guardò in direzione di Selenya, come se potesse leggere
nella mente ciò a cui stava pensando.
Lei era davvero
pentita di ciò che stava per fare. Voleva cambiare, uscire
dal gioco di Jadis. Anche se aveva paura. Come avrebbe reagito la
Strega, sapendo ciò? Perché lo avrebbe saputo,
presto.
-Ma una persona, specialmente un buon Re, deve essere in grado
di perdonare anch'essa- continuò, in direzione di Peter, che
gonfiò leggermente le guance in protesta.
Il leone
capì che si stava facendo intendere poco con quelle sue
spiegazioni criptiche in un discorso all'apparenza così
complicato.
-Intendo che bisogna anche apprezzare il fatto che qualcuno
venga a chiedere scusa, pur non essendo il perdono una cosa automatica.
Bisogna sentirselo dentro, altrimenti rimangono solo parole-.
Sembrava
essere
tornata la pace.
Una pace per troppo tempo attesa.
Guardò
Lucy vedere i tre fratelli e Caspian inchinarsi davanti ad Aslan. Il
leone dire loro qualcosa, parlare con il Principe, i quattro rialzarsi
in piedi e sorridere tra di loro.
Quanto, quanto avevano aspettato
tutti per poter dire di essere in pace, di aver vinto, di essere
finalmente liberi?
A Selenya si infossava il cuore se solo ripensava a
tutto quello che lei e Narnia avevano dovuto sopportare.
Dolore, e
paura, e sconfitte, e disperazione, e solitudine, e morte.
Si
risparmiò di domandarsi nuovamente dove fosse stato Aslan
tutto quel tempo. Quella creatura aveva ragioni che mai le avrebbe
spiegato, e lei era stanca di farsi domande senza avere risposte.
Fu
come se improvvisamente sentisse tutta la stanchezza – una
stanchezza accumulata in tutti quei millenni che le gravò di
colpo sulle spalle in una singola volta.
Si costrinse a sedersi su un
masso, cercando di respirare lentamente, volgendo il viso con gli occhi
chiusi al sole – un sole che poteva guardare apertamente,
senza timori.
-Non
ti fidi? E va
bene-.
Si era stufata.
Aveva estratto la lama prima che Peter potesse
fare qualcosa, mentre Aslan se ne stava sempre ad osservare la scena in
silenzio. Il ragazzo si irrigidì, impugnando l'elsa della
spada che teneva in vita e indietreggiando.
-Lo sapevo che non eri
sincera!- le sputò addosso, stringendo gli occhi.
Perché Aslan non faceva nulla?
Si mosse quando quella
alzò il braccio, e sentì un colpo al petto.
Guardò il vestito che indossava, vedendo degli schizzi
vermigli freschi gocciolare.
Eppure non vedeva nessuno strappo, ne
sentiva dolore.
Peter strabuzzò gli occhi qualche attimo,
prima di capire che il sangue sulla casacca non era suo ma di Selenya.
La ragazza lo aveva spinto via con un pugno, per poi tagliarsi il palmo
della mano con la spada.
-Giuro sulla mia stessa vita, con questo
stesso sangue, di essere sinceramente pentita e di volervi aiutare- gli
tese la mano, mettendogli sotto il naso la ferita. Peter rimase
immobile qualche attimo. Poi, Aslan lo precedette, iniziando a leccare
il sangue e la ragazza ci mise qualche attimo a rendersi conto di
quello che stava facendo.
-Non è tutta colpa tua, mia cara- disse, dopo
poco.
Selenya aggrottò la fronte, osservando il taglio
smettere di sanguinare, pur rimanendo aperto.
-Jadis ti ha cresciuta e
plasmata a suo piacimento- continuò, come se ciò
che diceva fosse ovvio, lanciando un'occhiata al Figlio d'Adamo accanto
a lui.
-Inoltre, ti ha incantata-.
-...Si-
-In che senso incantata?-
Aslan guardò Selenya, lasciando lei la spiegazione.
Lui, in quel momento, aveva già capito tutto.
-Mi ha... fatto bere
una pozione. Quasi duecento anni fa-
-Duecento!? Ma non è
possibile!-
-Ci sono cose a noi inspiegabili che solo la Grande Magia
può fare- spiegò paziente Aslan.
Non era
possibile che quella ragazza fosse così tanto più
grande di lui!
Selenya piantò gli occhi in quelli del
ragazzo, rimettendogli la mano sotto il naso – e vedendolo
indietreggiare a disagio, non ancora abituato alla vista di
così tanto sangue.
-Allora, ora ti fidi?-
Un sospiro, tra il frustrato e l'esasperato.
-...Ci
proverò-.
Penultimo capitolo di
questa storia. Non ho molto da dire, se non ringraziare chi continua a
leggere e seguirmi.
Questo progetto era nato per caso e per sfizio ma nel complesso mi
ritengo molto soddisfatta di come sia venuto, specialmente anche
perchè è la prima long che terminerò.
Quando l'ho ripresa in mano stavo in un modo pessimo e uscivo da un
brutto periodo, ora invece le cose sembrano migliorare e spero
continuino a farlo. E' incredibile come possano cambiare le cose.
Vi auguro un buon anno nuovo, anche se in ritardo, e di tenere sempre
accesa una lucina di speranza. Verrete sicuramente ripagati. :)
Scusate il momento sentimentale, oggi va così.
Un abbraccio grande, Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Memorie di addii. ***
Memorie
di addii.
Il
piazzale era
gremito di gente, abitanti di Telmar e creature di Narnia.
Era quasi
ironico pensare che in quel momento convivevano nello stesso posto due
mondi così diversi che per millenni si erano fatti guerra e
conoscevano solo quello.
Due giorni prima si era festeggiato, con un
banchetto a castello, e Caspian era stato incoronato come legittimo Re
di Telmar – e Narnia e i territori di appartenenza.
Non
pensava di meritarsi anche quel ruolo, il Principe, e si era domandato
come mai non aveva invece ripreso il governo Peter e i suoi fratelli.
Un quesito che non aveva avuto il coraggio di fare al leone,
poiché poi lo aveva scorto prendere in disparte di due
Pevensie maggiori.
Qualcosa lo aveva trattenuto.
-Andrò
io-
Si offrì il generale che aveva tentato di uccidere Caspian,
avvicinandosi con la moglie e il figlio di Miraz al varco che Aslan
aveva creato soffiando sull'albero – e che era stato accolto
con scetticismo, dal popolo Telmarino.
La folla osservò le
tre figure scomparire, mentre dei bisbigli si spargevano per la piazza.
-Tocca
a noi-
Cosa?
Selenya venne colpita da quella frase come se fosse stata presa in
pieno da più frecce che le si conficcarono direttamente nei
polmoni.
Le sembrava quasi di svenire.
-Perché?-
domandò ad Aslan, mentre con Lucy parlava Peter.
-Dobbiamo
andare. Il nostro tempo qui è finito-.
Sel usò un
tono più acuto del solito nell'esprimere la propria
negazione a quella possibilità, e si avvicinò a
piccoli passi ansiosi, giungendo di fronte al leone.
Non poteva
portarglieli via.
Non di nuovo.
Respirò a fondo prima di
continuare a parlare, sapendo che non doveva perdere la calma
– ma cercare di restare lucidi era parecchio difficile, in
quel momento.
Aslan attese, paziente. Sapeva quanto gli animi fossero
soggetti a emozioni, e sensazioni, e pensieri.
Si aspettava una
reazione simile.
A dire il vero...
soppesò il volto dei
Pevensie, fermandosi un poco di più su quello sofferente di
Lucy. Era l'unica che davvero aveva continuato a non dubitare mai di
lui. …Dispiaceva
anche a lui.
Se Selenya non fosse stata
impegnata a parlare esprimendo il proprio dissenso totale e agitando le
braccia in aria avrebbe colto il leggero lampo di
rassegnazione che attraversò gli occhi del felino.
Le leggi
erano leggi e lui non poteva nulla contro la Grande Magia.
-Dobbiamo
salutarci-
Peter la interruppe nel suo monologo – Aslan si era limitato
ad ascoltarla senza ribattere più di tanto.
-Ma...-
provò, voltandosi.
Si fermò, osservando il volto
tirato del ragazzo che cercava di rimanere composto nella sua
regalità.
Quanto stava soffrendo, Peter, dentro di se, a
lasciare di nuovo tutto quello che aveva guadagno?
La tirò a
se, abbracciandola.
-Non rendere le cose più difficili-
sussurrò.
Inspirò a fondo, Selenya, ricambiando e
cercando di farsi forza.
Aveva ragione.
Non doveva rendere loro le cose
più dure.
Stavano tutti soffrendo come e più di
lei.
-Hai ragione- convenne dopo qualche attimo, staccandosi.
Osservò Caspian e Susan abbracciati e cercò
qualche indizio sul viso di Peter per decifrare la sua reazione, ma sul
volto del vecchio Re non ci fu un muscolo fuori posto.
Gli occhi
però, ah, gli occhi si velarono di tristezza nel vedere la
sorella soffrire.
-Se non altro ci si saluta, questa volta- convenne
Edmund, strappando dei leggeri sorrisi e abbracciandola.
-Quanto sei
idiota- bifonchiò, contro la spalla del ragazzo, tirandogli
un piccolo pugno.
Aslan stava rassicurando Lucy sul fatto che sarebbero
tornati, Susan le accarezzò una guancia e poi la strinse
nell'ennesimo abbraccio – ah, da quando quel gesto faceva
così male, invece di consolare?
Qualcosa continuava a
dibattersi dentro di lei gridando di ingiustizia, ma Selenya non
osò fare nulla.
Era come un automa, che fa quello che deve.
Forse era il dolore che la rendeva così rassegnata agli
eventi.
Con Lucy fu più difficile.
La ragazzina non si
preoccupava di nascondere gli occhi lucidi, o di guardarla con quello
sguardo pieno di gioia spezzata come in una muta preghiera.
E
provò rabbia, Selenya, perché Narnia dava e
toglieva e faceva, in qualche modo, sempre soffrire le persone che
invece amavano quella terra e si sacrificavano per essa.
Si sentiva
stanca, ma percepiva l'insostenibilità di quella situazione
iniziare a ribollirle nel sangue.
La maschera di freddezza iniziava ad
incrinarsi sotto quelli che per anni erano stati solo graffi.
-Ci
mancherai-.
Una crepa.
-Almeno stavolta non sarò
da sola e mi avete salutata-.
Due, tre, quattro
crepe.
Le schiene verso il varco, un ultimo sguardo, un ultimo ricordo
impresso nella mente.
-Anche voi mi mancherete...-
Dieci crepe, cento
crepe, mille crepe.
-...Tanto-.
La maschera si ruppe.
La storia non è conclusa del tutto, in quanto manca un piccolo epigolo. Ve lo aspettavate questo finale, oppure pensavate che sarebbe andato tutto liscio? Nuove impressioni sono sempre ben accette :)
Alla prossima, Dhi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Memorie di promesse. ***
Blood
Legacy.
Epilogo.
Memorie di promesse.
Un sole che
cala, lento, dando
vita ad un tramonto dal sapore del sangue che colora il cielo di
vermiglio. Due figure guardano il mare dalla spiaggia, sedute sugli
scogli, la brezza che muove i vestiti e le loro ombre proiettate sulla
sabbia ancora tiepida.
Non parlano, perché non ci sono
termini e discorsi abbastanza adatti per potersi permettere di rompere
quella bolla di pace e malinconia in cui sono avvolti.
-Torneranno.-
Più che un'affermazione sembra una richiesta di conferma, un
sussurro perso nel silenzio di quel luogo pacifico in cui, sanno
già, si recheranno spesso per cercare risposte o godersi la
solitudine.
-Aspettateci.- Un
occhiolino.
-Con voi due al comando,
Narnia avrà ancora bisogno di noi.-
-Si, lo faranno.-
Un
sorriso addolcì i lineamenti femminili, ma gli occhi non
poterono fare a meno di luccicare di sofferenza per il vuoto provato.
Sapere di averli salutati non aveva cambiato niente. Il dolore della
perdita era sempre lo stesso e niente avrebbe potuto renderlo
più dolce.
-Lo hanno promesso.-
Lo sguardo corse alla mano
segnata da un taglio. Il ragazzo notò di nuovo la cicatrice
che segnava e deturpava la pelle, e ricordò ancora tutta
quella parte di tempo di cui non aveva fatto parte e che era curioso di
conoscere, come se in quel modo loro non l'avessero ancora lasciato e
potessero, in quel strano modo, dargli la sicurezza di cui aveva
bisogno per succedergli come Re.
L'uomo di Telmar che aveva salvato
Narnia.
-Allora, mi spieghi?- le domandò, indicando con un
cenno le mani. Lei sorrise, gli occhi che riflettevano la luce del
tramonto di un sole calante che invitava la luna a prendere il suo
posto.
-E' una lunga storia.-
La storia della vita di una creatura che
ha atteso nell'ombra di una Narnia dimenticata per milletrecento anni
il ritorno della speranza, di coloro che la strapparono alla Strega di
Ghiaccio dandole una casa e l'affetto di una famiglia. Un patto legato
dal sangue ed inciso su pelle. Che supera il tempo, che si imprime nei
cuori, che domina i ricordi.
-Ho tempo.-
Ed
eccoci al termine
ufficiale di Blood Legacy.
Sono
soddisfatta,
nonostante ci abbia messo più del previsto, in quanto con
questa
storia ho concluso la mia prima long (anche se non ai livelli di
complessità di Spirits ^^'). Ho tanti altri progetti che mi
piacerebbe riuscire portare avanti e spero di farcela e, inutile dirlo,
spero che qualcuno continuerà a seguirmi.
Per
quanto riguarda la fine... beh, è una sorta di finale
aperto, deciso fin
dall'inizio in questo modo - chissà, magari in futuro ci
tornerò con un piccolo sequel.
Ringrazio
chiunque
abbia letto, chi preferisce, segue e ricorda, e coloro che inoltre si
sono fermati o si fermeranno a lasciare un loro pensiero, sempre ben
accetto.
Alla
prossima,
Love
you all
D.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2357703
|