Blood Legacy

di Dhialya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Memorie di ghiaccio. ***
Capitolo 2: *** Memorie di sangue. ***
Capitolo 3: *** Memorie del tempo. ***
Capitolo 4: *** Memorie d'incontri. ***
Capitolo 5: *** Memorie di odori. ***
Capitolo 6: *** Memorie di ricordi. ***
Capitolo 7: *** Memorie di contrasti. ***
Capitolo 8: *** Memorie di guerra. ***
Capitolo 9: *** Memorie di perdita. ***
Capitolo 10: *** Memorie di magia. ***
Capitolo 11: *** Memorie di strega. ***
Capitolo 12: *** Memorie di memorie. ***
Capitolo 13: *** Memorie di inganni. ***
Capitolo 14: *** Memorie di speranze. ***
Capitolo 15: *** Memorie di ruggito. ***
Capitolo 16: *** Memorie di addii. ***
Capitolo 17: *** Memorie di promesse. ***



Capitolo 1
*** Memorie di ghiaccio. ***


Blood Legacy.
Prologo.
Memorie ghiacciate.








Se ne era innamorata.

Perdutamente.

Lo aveva sempre negato a se stessa durante l'Età dell'Oro, perché ammettere di essere caduta in quella debolezza che ti lega indissolubilmente a qualcuno non faceva per lei.

Non si era innamorata in particolare di qualcuno. Era caduta ai piedi di tutti e quattro. Un sentimento diverso, rispetto all'amore provato verso una persona, qualcosa che a parole non riusciva ad essere spiegato.

Famiglia.


Aveva mantenuto il segreto, quel sentimento che le era germogliato nel cuore, l'aveva visto crescere, mutare, maturare – ma rimanere sempre presente. Aveva custodito il divario di emozioni che le tormentavano i pensieri, insidiandosi nell'animo, aveva capito cosa volesse dire sentirsi completa o preoccupata per qualcuno.

Non poteva ammetterlo, perché semplicemente troppo orgogliosa e paurosa di accettarlo. Creatura reietta che aveva trovato un luogo in cui stare grazie alla pace che i Figli della profezia avevano portato, era vissuta loro accanto.

Beandosi delle loro presenze, ritrovando una serenità negatale, figlia di un passato che non ricordava.

E poi loro, un giorno, erano scomparsi. Inghiottiti da quella foresta autunnale che chiamavano casa senza fare più ritorno. Senza un saluto, senza una spiegazione.

Spariti nel nulla.


Era passato molto, molto tempo, d'allora. Così tanti anni si erano succeduti che aveva smesso di tenere il conto dei giorni. La foresta era cambiata di stagione in stagione, la vita aveva continuato il proprio corso.

Ricordava chiaramente la speranza che svaniva piano, lenta fiammella indecisa a spegnersi per sempre, il senso di smarrimento che l'aveva fatta sentire come se fosse succube di qualche incantesimo.

I sentimenti si erano sopiti. Le risate erano svanite. I sorrisi si erano fatti radi. Fino a non restare altro che un involucro di scorza ghiacciata e pensieri cinici.

Poi ci fu l'invasione. Le guerre. Gli attacchi. La distruzione degli ultimi ricordi che si permetteva di portare con sé.

Sarebbero mai tornati?


Non sapeva nemmeno lei come avesse potuto fuggire ai molteplici attacchi che Narnia aveva subito nel corso del tempo – e a cui era ancora sottoposta, alle volte. Le persone che aveva avuto l'onore di conoscere, con cui aveva convissuto una vita intera, se n'erano andate, in un modo o nell'altro.

La solitudine era stata l'unica cosa che non aveva mai smesso di farle compagnia.

Lei, frutto di un incanto maledetto risalente a millecinquecento anni prima, vedeva lo scorrere del tempo senza sentirne le conseguenze. Non sapeva bene cosa fare, se non continuare a nascondersi nel fitto dei boschi, al riparo tra le fronte verdeggianti e cullata dal suono del vento tra i rami, spettatrice silenziosa della caduta in rovina di un mondo che aveva imparato ad amare con tutta se stessa.


***


Quando li ritrovò, tutto il freddo che aveva sentito fino a quel momento sembrò sciogliersi.

Erano loro. Erano vivi. Erano tornati.

Le scoppiò il cuore di felicità, sollievo, di una rinnovata emozione che le invase l'intero corpo, facendole tremare la voce e divenire gli occhi lucidi. Corse loro incontro, gli saltò addosso, assaporò i loro profumi da troppo tempo dimenticati.

Le sembrò di tornare a respirare dopo millenni.








































































Ciao a tutti!
Allora: non prendetemi per pazza, lo so, ho tante altre cose in corso. ^^'

Garantisco che questa non sarà una storia lunga, anzi, quasi per nulla. Questo è una specie di prologo e ha volutamente una narrazione così, "particolare". Proprio perché la storia non ha molti capitoli gli eventi non sono tirati per le lunghe. Si può dire che è quasi un esperimento personale. C'è un nuovo personaggio e la trama è ambientata durante il Principe Caspian.
Grazie per aver letto,
Dhi.

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Capitolo 2
*** Memorie di sangue. ***


Blood Legacy.
Memorie di sangue.







Quando i Pevensie tornarono a Narnia e si resero conto della situazione, fu come se ogni briciola del loro cuore fosse stata strappata in pezzi. Calpestata. Distrutta. Annientata. Come quella stessa terra un tempo loro e piena di vita ora chiusa in un silenzio perenne e desolato.

-Dobbiamo fare qualcosa.- Lucy si avvicinò alla porta di legno che portava alle segrete, e ci passò una mano sopra, appurando che era ancora sigillata, percependo il legno ruvido sotto i polpastrelli.

-Sicuramente. Scopriremo cosa succede.- Peter le passò davanti, invitandola silenziosamente a fargli spazio per poter scardinare l'entrata.

Nessuno dei quattro si era reso conto prima di quel momento del luogo in cui si trovavano, delle memorie impresse tra i resti di quelle rovine. Era irriconoscibile perfino per loro che ci erano cresciti, un ammasso di pietre e rocce spezzate.

Cair Paravel.


Distrutto. Andato. Perso.

Peter ed Edmund riuscirono nel loro intento, ed i ragazzi varcarono la soglia, lentamente, temendo quello che si sarebbero potuti trovare davanti. Si sentirono immediatamente sollevati nel ritrovare una minima parte di quel luogo prezioso ancora immutata, così come immutata era rimasta nelle loro memorie.

E, poi, furono ricordi.


***


-Ma negli ultimi secoli voi dove siete stati?-

Si arresero all'idea che non avrebbero più incontrato nessuno di loro conoscenza quando quelle parole gli perforarono le menti, lasciandogli la sensazione amara del rimorso e della nostalgia.

Era passato troppo tempo e troppi eventi infelici si erano susseguiti nel corso degli anni perché un briciolo di quella normalità che si erano abituati a vivere ogni giorno esistesse ancora.

Si erano trovati giusto poche ore prima alle rovine di Cair Paravel, osservando come il tempo e gli uomini avessero cambiato la loro casa. Ogni cosa iniziava ad andare al proprio posto.

E la verità fece terribilmente male, come facevano male tutte quelle domande che avevano e che non ricevevano risposta, come quei pezzi di un grande puzzle che si coricavano al loro posto mano a mano che apprendevano.

Erano passati milletrecento anni.


Trumpkin era strano e scorbuticamente duro, sospettoso... ma non cattivo. Era capibile, il modo in cui si poneva. E degno di fiducia.

-Portaci dagli abitanti di Narnia.-


***


Il buio faceva meno paura, quando lo si osservava all'aperto circondato da altre presenze riconosciute.

Caspian ci stava ormai facendo l'abitudine. A essere in giro per la foresta – quella foresta piena di leggende non più così irreali –, a non avere più il calore delle coperte, i vestiti sempre puliti, o le mura riparatrici dagli spifferi di vento.

In un certo modo era come se assaporasse per la prima volta una nuova aria, un nuovo modo di vedere le cose, una nuova vita. Vita di cui era maggiormente consapevole e proprietario.

Insieme a quelle creature, circondato dalla foresta silente, per la prima volta nella sua vita Caspian si sentiva... libero.

Si tirò a sedere, osservando il fuoco che era stato acceso al calare del sole danzare, illuminando le sagome dei Narniani assopiti nella notte. Non sapeva esattamente che ore fossero ma dal colore che aveva il cielo all'alba non sarebbe dovuto mancare troppo.

Si riteneva soddisfatto di se stesso, per il modo in cui, sere prima, aveva parlato davanti alla popolazione Narniana riuscendo a smuoverli e farsi appoggiare nella guerra.

E si era quasi sentito uno di loro.

Mancava solo l'arrivo dei Re di un tempo. Sicuramente con la loro esperienza sarebbero riusciti ad avere qualche possibilità di vittoria in più per Narnia.

-Non dormi, Principe Caspian?-

Il ragazzo sobbalzò leggermente nell'udire la voce di Senelia spezzargli i pensieri. Fece correre lo sguardo nella direzione da cui l'aveva sentita provenire, individuando la sagoma della ragazza ancora parzialmente celata nell'oscurità.

Sel si fece largo tra gli ultimi cespugli che delimitavano il campo e la spada che portava affianco tintinnò, quando cercò di liberare il piede da un'erbaccia con movimenti bruschi seguiti da qualche borbottio, strappando un lieve sorriso a Caspian.

Non era propriamente una dal passo silenzioso, lo aveva notato, ma preso dai suoi pensieri non l'aveva vista o sentita avvicinarsi.

-Così pare.- mormorò, seguendone i movimenti quando la vide incespicare in avanti, rischiando di cadere. Senelia si passò una mano nei lunghi capelli scuri per scostarli dal viso e si avvicinò, fingendo indifferenza.

-Non sono più molto allenata.- si giustificò, mantenendo lo sguardo basso e sedendosi a terra. Erano passati anni, millenni, da quando si allenava regolarmente e aveva l'agilità di un'elfa – pur non essendolo per niente.

Quello che le rimaneva di quel periodo erano solamente vaghi ricordi di una fatica che non sentiva e una forza vitale da tempo scomparsa. Era tutto più semplice, allora.

-Dovresti tornare a farlo.- le suggerì Caspian, ravvivando il fuoco giusto per occupare le mani e non starsene fermo. Gli occhi della ragazza brillarono, seguendo le lingue di fuoco danzanti, memori di immagini a lungo dimenticate e sepolte.

-Dovrei.-


***


Addormentarsi quella sera non fu affatto facile, per i Pevensie. Non c'erano le driadi che soavi cantavano poesie per rendere più accogliente la notte con le loro voci di foresta, o le risate cristalline delle ninfe di fiume.

Era come se fossero stati catapultati in un mondo totalmente nuovo e sconosciuto che dovevano ancora imparare a capire.

La foresta era silenziosa, salvo qualche cicaleccio di grilli o gufi – ricordava molto un semplice bosco Londinese privo di qualsiasi forma di magia.

La foresta era silenziosa in un modo così profondo e pesante da sembrargli assordante come quelle bombe che di notte venivano fatte scoppiare nel loro quartiere.

Lucy si girò su un fianco, dando le spalle a Susan, non volendo credere alle parole sentite durante la giornata da Trumpkin. Non poteva, semplicemente. Era più forte di lei. Ma Narnia non mentiva, e la foresta non portava nessuna voce a contraddire il nano.

Fu una delle notte più silenziose che passò in quel luogo una volta magico.


***


-E' meglio che vada a riposare anche io.-

Avevano appena finito di limare la lama delle loro spade davanti al focolare, parlando di tempi passati, di speranza, di guerra e del leone il cui nome era diventato quasi innominabile.

Il tempo era passato piacevolmente, tra sguardi che si incontravano e parole sussurrate per non farsi sentire da orecchie esterne ai loro discorsi.

Erano due figure affascinanti che si incontravano, due pensieri che scontrandosi davano vita a scintille, l'uno caparbio nelle sue decisioni e l'altra decisa a vedere l'ennesimo risultato quasi sicuramente fallimentare. Era quasi talmente abituata dal passato che quella botta di vita la incuriosiva.

Misero via le spade e le pietre con cui le avevano limate, orgogliosi dell'occupazione che li aveva tenuti impegnati.

Non si ricordava quand'era stata l'ultima volta che aveva impugnato seriamente la sua spada – eccetto qualche sera prima, per eliminare i Telmarini che avevano seguito Caspian nella foresta e si erano perduti. Da quello aveva saputo che il corno era stato suonato e Trumpkin preso in ostaggio.

Osservò il circondario: il bosco era ancora buio ma, osservando il cielo verso est, si iniziavano a scorgere le prime tinte del mattino che prendevano il posto del blu cupo che aveva dominato fino quell'istante la notte.

Senza volerlo si passò una mano all'interno del palmo, disegnando con l'indice il profilo di quel segno che non la lasciava mai. Si alzò poi in piedi, lisciando i calzoni e facendo per avviarsi verso l'albero più vicino.

-Dove ti sei fatta quella cicatrice?- la fermò la voce di Caspian, interessata, quando ormai gli aveva già dato la schiena. Selenia attese qualche attimo prima di parlare, poi sospirò leggermente, rilassandosi.

-Non è una cicatrice...- Sorrise sghemba, senza voltarsi, permettendo al proprio sguardo di posarsi sulla mano aperta che si era portata davanti al viso. Fece un segno col capo al Principe, per poi continuare a camminare senza lasciare che le facesse altre domande.

Arrivata verso l'albero vi si arrampicò sopra. I rami l'accolsero quando vi si rannicchiò sopra per riposare, le foglie le diedero delle carezze sulla pelle come se fossero mani di sorelle. Osservò ancora la mano, il taglio netto che ne incideva il palmo.

Quella... quella era un'altra storia.




























































Ciao a tutti :)
Come avrete notato sto usando questo tipo di narrazione un po' diverso dal mio (chi segue Narnia's Spirits o ha letto altri miei scritti noterà la differenza). L'obiettivo è quello di non soffermarmi troppo sugli eventi che già si sanno e raccontare solo alcuni pezzi “più importanti”. Come se fossero tanti pezzi raccontati come se fossero mezzi flashack che vanno a formare la storia. E' strana come cosa, lo so. Anche per questo sono capitoli molto più corti e che scorrono abbastanza in fretta. ^^
Vi ringrazio dell'attenzione, per le recensioni e le letture. :)
Dhi.

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Capitolo 3
*** Memorie del tempo. ***


Blood Legacy.
Memorie del tempo.









Lucy ci credeva davvero. Credeva davvero nella possibilità di aver visto Aslan, nella foresta, oltre il burrone sotto cui scorreva il fiume. Anche se nessuno voleva crederle o si teneva la possibilità del dubbio riguardo le parole della ragazzina.

Lei ci credeva davvero e nessuno avrebe potuto farle cambiare idea.

Pregava in silenzio, nella sua testa, che il leone arrivasse al più presto ad aiutarli, domandandosi perché mai fosse scomparso per tutto quel tempo. Perché? Perché aveva permesso la distruzione del mondo che aveva creato? Avevano fatto qualcosa di male per meritarsi una cosa simile?

Peter marciava dietro Trumpkin, seguendo la figura del nano tra i sentieri di arbusti e rocce non senza qualche remora sulla strada da percorrere per quelle foreste che un tempo gli erano appartenute e che aveva imparato a conoscere come se fossero casa sua.

Erano ancora loro quei luoghi? Potevano ancora definirsi i Re di Narnia? Lucy dubitava avessero ancora qualche diritto, dopo la loro scomparsa.

Ma Peter era testardo ed orgoglioso, con l'animo di un Re ferito a cui hanno strappato un regno per cui aveva dato la vita. Questo lo stava spingendo a cercare rivalsa. Una rivalsa per loro, perché erano tornati, perché milletrecento anni prima avevano segnato l'inizio di una nuova era, una rivincita perché Narnia non si meritava niente di tutto quello che aveva subito.

Tutti loro, tutti e quattro, avevano dato la vita per Narnia. E lo avrebbero fatto ancora.


***


La truppa di Narniani aveva attraversato il bosco e analizzato i dintorni per essere sicuri di non essere seguiti, prima di giungere alla Casa di Aslan.

Senelia ricordava quel luogo, ora brulicante di creature e vita, vuoto. Vuoto e triste, perché contenente i ricordi di una morte avuta con l'inganno.

Guardava spesso, quando giungeva in quel luogo durante il corso dei millenni prima, la tavola di pietra spezzata su cui Aslan era morto – e poi risorto.

Leone burlone
, le capitava di pensare, con un ghigno. Tuttavia, ricordava la notte in cui il pugnale aveva attraversato la carne felina, i rumori, le luci dei fuochi, le risa... vi aveva partecipato, chiedendo con una piccola bugia a Jadis di non macchiarsi con il sangue del protettore di Narnia. E così era stato.

Non aveva potuto fare nulla, però, se non provare fitte di dolore a cui non poteva dare voce e pregare in silenzio che nessuno si accorgesse delle Figlie di Eva che si erano nascoste dietro dei tronchi.

Era diverso quel luogo che ora osservava, perché da essere stato teatro di morte e rinascita era diventato il covo di una nuova speranza per il popolo Narniano rimasto in vita, un punto di ritrovo. Le creature lavoravano e fabbricavano, battevano il ferro e sistemavano i pochi viveri di cui disponevano.

Vederli nuovamente attivi fu come riprovare l'ebrezza di una quotidianità a lungo dimenticata, il fremito e l'emozione che precedevano le missioni o una battaglia. Aveva fatto bene, ad unirsi, nonostante i pensieri molesti che la tormentavano riguardanti le probabilità di vincita di quella guerra.

Sere prima, quando nascosta tra gli alberi ascoltava il discorso del Principe ai Narniani, la preghiera di unirsi a lui nella battaglia contro Miraz, non pensava che quelle poche parole, che avevano avuto la capacità di smuovere i cuori in cui la rassegnazione per una vita segregata aveva preso il sopravvento, riuscissero a mettere in moto tutto quello.

Era meglio di quello che si era aspettava, lo ammetteva senza troppi problemi. Ma forse non abbastanza.


***


-Siete sicuro di quello che fate, Principe?-

Caspian era sussultato quando la voce per lui ancora sconosciuta si era resa nota troppo vicina a lui. Si era girato, estraendo la spada e puntandola verso la figura che nel frattempo era indietreggiata, nascondendosi parzialmente tra gli alberi.

Il buio e il mantello che indossava l'aiutavano a mimetizzarsi, e il ragazzo fu costretto a strizzare gli occhi per delinearne a grandi linee i contorti che si confondevano con i cespugli.

-Tu chi sei?- domandò invece di rimando, lento, come volendo far suonare quelle parole come una minaccia celata. La ragazza avanzò un poco, per nulla intimorita, tirandosi giù il cappuccio.

Il fuoco che scoppiettava da parte a Caspian rivelò dei lineamenti femminili, un viso giovane delineato da capelli scurissimi e su cui brillavano, con un tocco di furbizia, due occhi chiari, tra il blu e il grigio – il giorno seguente, poi, aveva capito che erano i giochi di luce a non far capire che erano semplicemente azzurri.

-Sono Senelia.- si presentò, senza però fare alcuna riverenza e soppesando la giovane figura di Caspian. Per lei quello rimaneva prima un ragazzo e poi, solo in seguito, un Principe. Era da tanto che non mostrava rispetto per qualcuno, e, senza di loro, non aveva nessun altro a cui dare pienamente la sua fiducia.

-Il tuo nome non mi è nuovo.- Caspian mise via la spada, invitandola ad avvicinarsi prendendo posto davanti al focolare, che ravvivò un poco. Si era alzata una leggera brezza notturna e voleva evitare che le fiamme perdessero d'intensità.

-Ci siamo già incontrati?- azzardò poi, guardandola mentre appoggiava a fianco a sé la propria spada e seguendone i movimenti, privo di qualsiasi tipo di malizia.

-Temo di no, Principe Caspian.- Senelia fece spallucce, alzando lo sguardo e guardandosi intorno, osservando varie creature dormire e un paio di centauri fare la guardia poco lontano.

-Forse qualche leggenda.- azzardò poi, tornando a guardarlo ed accettando la bisaccia con l'acqua che le offriva. Il viso di Caspian sembrò illuminarsi, memore dei racconti del precettore.

-Si, ora ricordo. Tu hai conosciuto i Re e le Regine di un tempo.- iniziò, cercando nella memoria le informazioni che aveva avuto nel corso delle lezioni.

Senelia era stata una delle prime Narniane dalla parte di Jadis a passare dalla parte dei Pevensie e diventare una figura preziosa, come i Castori o Tumnus.

La ragazza, semplicemente, annuì, non continuando il discorso.

-Sono tempi ormai passati.-


***


Non aveva voluto continuare a parlare di quel passato nostalgico e carico di ricordi, ed il Principe sembrava aver capito, allora le loro domande si erano spostate sulla guerra attuale.

Caspian le aveva ripetuto le stesse parole che aveva già sentito di nascosto, aggiungendo che due giorni dopo sarebbero giunti al campo, luogo in cui aveva già dato ordine ai Narniani di prepararsi, sistemare e mettersi in assetto di guerra.

Era come se entrambi vedessero per la prima volta l'operato iniziato pochi giorni prima, anche se il Principe di Telmar sapeva esattamente cosa aveva ordinato fosse fatto nonostante conoscesse quel posto solo tramite le leggende del Precettore.

Il ragazzo le si avvicinò, dopo aver finito di discutere dei piani in modo concreto con Glenstorm e alcuni fauni.

-Può andare?- le domandò, osservandosi intorno e soppesando il suo operato, tornando poi a guardarla con una punta di incertezza. Senelia era sicuramente più abile di lui e voleva sapere che ne pensava, voleva avere il giudizio di quella persona che ai Re era stata tanto cara.

La mora gli sorrise, incrociando le braccia e addolcendo lo sguardo. Per via dell'età, si sentiva quasi come una sorella maggiore nei confronti di quel ragazzo che si affacciava alla vita e alla guerra, alla guerra vera, così giovane. Quasi.

-Si. Credo sia un buon inizio, Principe Caspian.-


***


Quella sera la brezza spirava in modo leggero, nonostante dovesse arrivare l'estate - a detta di Trumpkin. I Pevensie non erano nemmeno più sicuri che le stagioni fossero com'erano nei loro ricordi, cariche e nettamente distinguibili l'una dall'altra.

Secondo Edmund la temperatura doveva essersi abbassata rispetto alla nottata precedente, forse a causa delle correnti provenienti da Nord.

Mentre le ragazze erano rimaste nello spiazzo d'erba che avevano scelto come luogo in cui passare la notte insieme a Trumpkin, preparando i giacigli e raccogliendo pietre per contenere il focolare, Peter ed Edmund erano andati in giro per i boschi in cerca di legna con cui accendere e mantenere vivo il fuoco.

I due non avevano discusso molto, salvo scambiare qualche parola e constatazione sulle cose che più erano arrivate ai loro occhi.

Era difficile riconoscere Narnia perfino per loro.

Tutto ciò creava solo un tumulto di emozioni nostalgiche per una vita che non avrebbero voluto abbandonare per niente al mondo e che, forse, non avrebbero più riavuto indietro. Si erano instillati così bene, milletrecento anni prima, in Narnia, da diventarne quasi parte costituente. Per questo motivo e per mille altri diversi sentivano la forza, il dovere, di fare qualcosa.

Se erano stati richiamati una seconda volta un motivo doveva esserci, no?


***


-Domani andremo in esplorazione, per assicurarci che non ci sia nessun Telmarino nei dintorni.-

Caspian l'aveva raggiunta seguito da Trufflehunter. Il tasso reggeva ancora nella sacca di velluto il corno della Regina Susan, e lo sguardo di Senelia non poté evitare di soffermarcisi sopra.

Ricordava ancora il suono basso che emetteva all'inizio delle battaglie, un suono capace di scaldare gli animi.

Da dopo che l'aveva usato per richiamare aiuto al campo Narniano durante l'agguato dei lupi, ricordava che Susan l'aveva usato qualche altra volta. Soprattutto all'inizio delle battaglie, per infondere coraggio, o qualche volta quando avevano subito qualche agguato da parte di persone venute da oltre i confini di Narnia.

-Dovresti riposare un po' anche tu.- Si affiancò ai due senza fare troppe storie, seguendoli all'interno della casa di Aslan. Tutto quel girare effettivamente metteva addosso stanchezza, non era più abituata ai ritmi serrati che precedono la guerra.

-Hai ragione-.

























































































Noticina temporale: il ricordo di Senelia è ambientato dopo il discorso di Caspian ai Narniani. Nel capitolo precedente, invece, il pezzo tra i due è ambientato una sera dopo il loro incontro.
Volevo che fosse chiaro perchè magari non è una cosa che salta subito all'occhio. ^^


Eccoci qui. Questa storia mi sta prendendo abbastanza per via della sua semplicità nello stendersi. ^^'
Come si sarà notato, i capitoli si leggono abbastanza in fretta e non hanno uno stile troppo ricercato, cosa che rende la loro stesura abbastanza veloce. La storia inizia a delinearsi, non conterrà grandissimi colpi di scena, ammetto, ecco perché non sarà nemmeno troppo lunga. Anche se Senelia ha un suo passato. ù.ù 
E' appunto un mio esperimento, un modo per dissociarmi da Narnia's Spirits concedendomi una scrittura meno “impegnativa” ma che spero sia comunque gradevole. ^^ Vi ringrazio dell'attenzione e della lettura.
Dhi.

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Capitolo 4
*** Memorie d'incontri. ***


Memorie d'incontri.


La giornata iniziò presto, più presto di quanto avesse pensato.
Quando fu svegliata dal richiamo di Caspian la prima cosa che notò fu che, alzando lo sguardo al cielo, l'alba era appena sorta, e i deboli raggi ancora faticavano per farsi spazio tra la vegetazione.
Avrebbe preferito recuperare qualche ora di sonno in più, dato che, grazie all'accampamento e le sentinelle, la casa di Aslan era un luogo sicuro in cui riposare. Forse il più sicuro da dopo secoli di vagabondaggio che le capitava tra le mani.
Ma sapeva che seguire i suoi desideri in quel momento non era possibile: avevano del lavoro da fare e, date le condizioni in cui si trovavano, perdere tempo dormendo non rientrava tra le possibilità a cui attingere.
Se le sarebbe andata bene e fossero tornati in fretta dal giro di ronda poteva sperare di concedersi un sonnellino pomeridiano.
Sospirò, raccattando le proprie cose e sistemandosi in modo sbrigativo: una lavata al viso con l'acqua ancora ghiacciata, infilare i calzari, sistemarsi la spada in vita, lisciare velocemente i capelli... Le mancavano così tanto le comodità del castello! Una stanza personale al riparo dal sole cocente dell'estate e dalle fredde ventate invernali, in cui potersi cambiare tranquillamente e senza preoccuparsi di agguati nemici.
Erano milletrecento anni che vagava come un'ombra notturna, una ladra nella foresta; le poche volte che si era avvicinata alla cittadina di Telmar, era durato giusto il tempo per comprarsi qualche vivero con i soldi rubati ai soldati e concedersi una tazza delle loro strane bevande nel caldo di una taverna.
Poi aveva preferito scappare, rifugiandosi nuovamente nei boschi che le avevano fatto da madre e da casa, prima di attirare attenzioni particolari su di se.
Cambiare vita, trovarsene una completamente nuova perché quella prima era stata totalmente stravolta, non era stato per nulla facile.
Alla fine si era arresta, prendendo le cose come venivano ed imparando a non badare più al resto.
Forse era per quello che, nonostante i sentimenti di rivalsa e vendetta che percepiva scorrere dentro di se, si sentiva come distaccata.
Distaccata da se stessa, da ciò che stava accadendo.

-Noi siamo pronti- comunicò Glenstorm, il centauro che per primo aveva donato la propria spada al Principe.
Grazie al suo gesto e a lui, creatura saggia che leggeva le stelle, era come se si fosse rotto un argine: vedere il resto dei Narniani che seguiva il suo esempio dando la propria fiducia ad un Caspian in tensione per la situazione in cui si trovava era stato alquanto emozionante e commuovente.
-E' un onore riaverti tra noi- le mormorò, quando Senelia lo raggiunse per unirsi con lui agli altri che aspettavano in uno spiazzo erboso poco lontano dall'ingresso.
Avevano riunito un piccolo gruppo di Narniani, tra cui fauni, centauri, nani e qualche felino parlante. Era una ronda che facevano non aveva ascoltato bene Caspian per quale motivo, ma sapeva che ogni passo fatto necessitava di concentrazione.
Gli occhi della ragazza soppesarono la figura del Narniano velocemente, scorgendo il viso del centauro che continuava a guardare avanti; non si era voltato verso di lei seppur le avesse parlato.
Sorrise tra se, sfiorando l'elsa della spada e ingoiando un groppo che le era salito in gola.
-Ti ringrazio-.







Quando si svegliò Lucy si rese conto che stava semplicemente sognando.
Aveva toccato Aslan e lo aveva abbracciato, affondando il viso nella folta criniera dorata e baciata dai raggi del sole, assaporando l'odore selvatico e facendosi cullare.
Si era sentita al sicuro e con un senso di positività quasi immenso, perché finalmente il leone era li, per aiutarli e rassicurarli rispondendo ai loro dubbi.
E, invece, era stato solo un sogno.
Provò una fitta di delusione che le oscurò gli occhi, mentre si alzava guardandosi intorno cercando di capire. L'ambiente circostante era perfettamente uguale a quello che aveva percorso nel sogno, e Lucy si chiese tanto se fosse solo una coincidenza.
La sola cosa differente era che gli alberi e Narnia stessa, però, erano avvolti nel silenzio come i giorni precedenti.
Studiò gli altri, rendendosi conto che continuavano a dormire, poi rivolse nuovamente lo sguardo al sentiero: si vedeva percorrerlo, poteva udire nella testa il rumore dei tronchi che si spostavano per lasciarla passare, le driadi che leggiadre le mostravano la via.
Seguì l'istinto, accompagnata dal battito speranzoso del cuore.
Era un richiamo troppo forte per non essere ascoltato.







Avevano marciato per vario tempo, fermandosi di tanto in tanto per osservare se ci fossero cambiamenti o impronte esterne a quelle conosciute e che avrebbero segnalato la presenza di soggetti esterni ai Narniani.
Il tempo era trascorso in modo tranquillo, e le luci dell'alba avevano iniziato a prendere il sopravvento. Quando erano partiti era ancora abbastanza buio e spirava una brezza fresca che aveva costretto gli esploratori più freddolosi, come fauni o i due ragazzi, a coprirsi maggiormente.
Si erano fermati in uno spiazzo erboso per riposare qualche minuto, e Caspian aveva dato l'ordine a due minotauri di controllare il circondario. I Narniani erano così scomparsi in due direzioni opposte tra la vegetazione Narniana, armati e silenziosi.
-Glenstorm, tu controlla da quella parte con un tuo compagno- disse Caspian, alzandosi in piedi e indicando al centauro di seguire la direzione presa da uno dei due minotauri.
-Io andrò da questa. Tu, vieni con me- spiegò poi, scegliendo l'altro sentiero e facendo un cenno ad un fauno.
Pensandoci, credeva che nonostante la stazza e la tranquillità del luogo già controllato non era sicuro che stessero così, da soli, a vagare tra la boscaglia.
-Aspettate qui- ordinò poi a tutti, lanciando uno sguardo a Senelia e incamminandosi.
La ragazza, semplicemente, annuì.





-Intrusi, intrusi!- Fu il grido dall'allarme che precedette l'arrivo del fauno che era sparito con Caspian, comparso tra la vegetazione con il fiatone.
La truppa d'istinto si allertò ed i membri si misero sulla difensiva, estraendo le proprie armi.
-Il Principe Caspian necessita di supporto!- Continuò, sparendo nella direzione in cui era arrivato per farsi seguire.
Senelia non seppe, mentre impugnava la spada e precedeva gli altri aiutandosi a recuperare terreno usando i rami degli alberi, come non aveva fatto a collegare le possibili alternative a cui andavano incontro.
Eppure si sapeva che nelle foreste potevano aggirarsi nuovamente loro...
L'aiuto di cui avrebbe potuto necessitare Caspian fu un richiamo più forte del fermarsi a pensare e chiedere chi fosse il nemico da battere. E poi, il fauno sembrava in uno stato di ansia così forte, che pensare al peggio fu inevitabile per tutti.
Sentì il clangore delle spade ancor prima di avere la scena davanti agli occhi, e automaticamente si preparò per attaccare, mentre dietro di lei giungevano in aiuto anche gli altri Narniani.
-Cosa sta succ-... Oh- Si fermò con la mano a mezz'aria e la frase gridata a metà, completamente spiazzata dalla scena che si trovava davanti, totalmente bloccata, mentre una sensazione di gelo le correva lungo la schiena.
Non è... possibile?

Osservò tutto, osservò i loro volti, le loro espressioni e il modo in cui la guardavano. Li guardò e li riguardò, come se fossero un miraggio, per imprimersi nella mente quella scena che aveva così tanto desiderato da così tanto tempo.
-Non ci posso credere...- Sentì mormorare da se stessa, portandosi una mano alla bocca che trovò improvvisamente troppo secca.
Dov'era l'aria quando serviva?

-Senelia!-

















































Noticina: L'idea per questa storia è nata dal progetto di una shot con un personaggio che ripercorresse a tratti i momenti vissuti durante il Principe Caspian. Ma sarebbe stata una cosa troppo lunga nel complesso. Ecco perché l'idea della storia “corta”, e perché certi pezzi sono trattati come se fossero “ricordi”.

Ultimo aggiornamento dell'anno. E' strano, non so ancora come passerò capodanno. Che bello :'D:
Si incontrano i Pevensie e Senelia. Doveva pur accadere, no?
Ringrazio per le letture e l'attenzione. Vi auguro una buona serata e ne approfitto per farvi i miei migliori auguri per il 2014. :)
Love you all
Dhi.


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Capitolo 5
*** Memorie di odori. ***


Memorie di odori.


-Senelia!-

Non è... possibile?





Il tempo sembrò fermarsi.
In pochi istanti le sensazioni che si accavallarono furono le più disparate, tanto che gli interessati ebbero bisogno di qualche minuti solitario per riprendersi.
Era come se avessero ricevuto una doccia fredda.
Si erano rassegnati all'idea che non si sarebbero più rivisti, che i visi sarebbero rimaste delle immagini conservate solo nel cuore a cui fare una visita nei momenti di nostalgia.
Invece...




-Li... li conosci?- sussurrò Caspian, aggrottando la fronte ed abbassando leggermente la lama della spada, confuso.
Il Principe studiò la ragazza, immobile, la quale si era limitata ad annuire in modo vago: aveva qualcosa di diverso. Lo sguardo, era diverso. Sembrava tanto in adorazione di qualcosa di speciale e particolarmente ammaliante da cui non riesci ad allontanarti.
Riguardò verso i quattro sconosciuti, mentre la truppa Narniana attendeva l'evolversi della situazione, poi l'occhio gli cadde sulla spada del biondo e la testa del leone sull'impugnatura.
E, allora, iniziò a capire.








Lucy fu la prima a smuoversi dalla situazione in cui si trovava.
Il cuore le si pompò di gioia e gli occhi brillarono, mentre sul suo volto spuntava un sorriso vero e vivace, forse il primo portato da una vera gioia da quando erano tornati.
Lo sapeva.

Lo sapeva, ma alimentare altre speranze le era sembrato inutile, quindi non ci aveva più fatto caso, cercando di cancellare ogni possibile traccia di dubbio dalla sua mente.
Aveva sempre sperato di rivedere almeno qualcuno dell'Età d'Oro, ma Narnia stessa sembrava gridare loro solo il contrario. Tumnus, i Castori, Oreius, un sacco di altri Narniani che avevano conosciuto non c'erano più.
Quindi perché Senelia avrebbe dovuto fare la differenza? Ne conosceva la natura, ma milletrecento anni erano tanti e gli attacchi verso Narnia incessanti e brutali.
Da Regina qual'era e con la traccia di ragione che aveva maturato nel corso degli anni si rendeva conto da sola, senza bisogno che le venisse detto direttamente, che in quel caso sperare era una pratica che non avrebbe portato solo felicità come in altre occasioni era stato.
Era pericoloso, nella situazione in cui si erano ritrovati.
Però fu contenta, contenta davvero, di essersi concessa il beneficio del dubbio.








La spada cadde a terra con un tonfo leggero, sporcando la lama ripulita a dovere poche sere prima di terriccio e non più usata.
Peter si ritrovò il calore di un corpo leggero contro il proprio che gli stringeva le braccia intorno al collo, e ci mise qualche secondo a liberare naso e bocca dai capelli che gli facevano il solletico.
Circondò la vita di Senelia con la mano libera, sentendola appallottolarsi contro il suo petto, mentre con lo sguardo cercò Caspian, chiedendogli tacitamente di tenergli la spada, non potendola rinfoderare.
Passarono dei minuti così, in silenzio, a cui si era unita all'abbraccio anche Lucy, mentre Susan ed Edmund rimasero poco più a distanza, cercando di mantenere più contegno davanti agli altri Narniani.
I due, però, si continuavano a scambiare occhiate e sorrisi complici, consapevoli dei pensieri che potevano passare nella mente dell'altro.
Ritrovando Senelia, era come se avessero ritrovato una parte della loro vecchia vita.
Era come avere davanti l'illusione che tutto poteva tornare come prima, che Cair Paravel fosse ancora intatto e maestoso, che gli alberi ed i ruscelli ospitassero gli elementali.

-Temevo di avervi perso- Senelia si staccò da Peter e guardò il Re con occhi luccicanti, cercando di mantenere un contegno.
Continuava a stringere a se però Lucy, come se temesse che staccandosi da loro e perdendo il contatto ritrovato questo sparisse di nuovo.
Inspirare nuovamente i loro odori, mentre era cullata tra le braccia della Valorosa e del Magnifico, era come se le avesse fatto subire una rinascita.
Sentiva il corpo teso ed in fibrillazione, cosparso da una nuova ondata di energia che la consapevolezza che finalmente, dopo tanta attesa, fossero finalmente li in carne ed ossa, le aveva portato.
Si sentiva come nuova, in pace con se stessa, come ad aver ritrovato un pezzo che non riusciva più a trovare e di cui aveva rinunciato quasi del tutto la ricerca.
I loro odori, la sensazione delle dita tra i capelli, era come se di botto avessero liberato una parte relegata all'oscuro da troppo tempo.
Si sentiva di nuovo viva, al sicuro e al posto giusto.
Ed era una sensazione pura e bellissima.


-Ci dispiace- Il biondo le scoccò un bacio sulla fronte con fare puramente fraterno, guardandola con un senso di disagio profondo.
Se lo meritava, ed era il minimo.
Poteva immaginare la durezza degli anni passati, senza di loro, senza più una casa o una terra in cui vivere in pace. Con l'ombra di un addio non detto a tormentare le notti, le settimane, i mesi ed i tempi futuri.
Per loro era stato un trauma ritrovarsi a Londra, con il patema ad aver lasciato una terra da sola, senza potervi fare ritorno e senza la possibilità di mettersi in contatto con i Narniani per dare loro spiegazioni.
Guardò Caspian, che gli ridiede la spada e lo stava soppesando, mentre Senelia era andata ad abbracciare anche Susan ed Edmund rimasti in disparte fino quel momento.
-Pensavo foste più vecchi- diede voce ai suoi pensieri, vedendo lo sguardo indagatore di Peter che lo esortava a parlare.
-Se preferisci possiamo tornare tra qualche anno- lo punzecchiò il Re, facendo per andarsene, mentre Senelia gli lanciò un'occhiata di traverso per quell'uscita infelice.
Non erano già stati via troppi anni?
-Sarà meglio tornare alla Casa di Aslan e annunciare l'arrivo degli antichi Re- suggerì Glenstorm, facendo segno alla truppa di iniziare a ripiegare dato il pericolo cessato ed indirizzando così il discorso in un'altra direzione.
Gli altri annuirono, Peter e Caspian si scambiarono uno sguardo, Susan e Lucy si incamminarono dietro Senelia, ed Edmund convenne che era una buona idea.
-Hai ragione-.









































































Ecco qui il primo aggiornamento dell'anno nuovo. ^^
Allora, mi sono soffermata soprattutto sulle sensazioni e le possibili emozioni, dato che, appunto, il resto si sa già come va. La presenza di Senelia, che è un singolo personaggio, non muta gli eventi che già si sanno, quindi non mi ci soffermo troppo, dato che non cambierebbe niente in modo particolare.
Ringrazio per l'attenzione e la lettura. :)
Love,
Dhi.

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Capitolo 6
*** Memorie di ricordi. ***


Memorie di ricordi.


Percorrere il sentiero nella foresta al contrario, per tornare al rifugio e annunciare ufficialmente l'arrivo dei Re di un tempo, fu totalmente diverso rispetto all'andata.
La tensione rispetto all'alba sembrava essere scemata, alcuni Narniani parlottavano tra loro e la foresta poteva quasi sembrare non più così cupa e silenziosa come appariva, avvolta nel ricordo di tempi ormai passati.
Sembrava come quando iniziò a tornare la primavera, milletrecento anni prima, dopo che per duecento anni Jadis aveva regnato incontrastata spargendo ghiacci del terrore, e Narnia aveva iniziato a risvegliarsi ed organizzarsi per la grande battaglia.
Nonostante l'abbraccio iniziale ed il sollievo, tra Senelia ed i Pevensie era sceso come uno strato trasparente che li teneva ancora divisi.
La ragazza nonostante l'affetto che provava verso di loro era anche stata in balia di rancore, rabbia, frustrazione e tutta una serie di emozioni totalmente opposte le une dalle altre, negative e distruttive.
L'avevano abbandonata, facendo nascere nel suo cuore una ferita nostalgica che ricordando era capace di bruciare ancora, e lasciato Narnia, quella stessa terra che si erano impegnati a salvare e che li aveva visti formarsi, da sola in balia del pericolo; però secondo Philip, il cavallo di Edmund, e le altre poche notizie che circolavano sui loro ultimi momenti nel bosco portati dagli alberi, non era stato un evento voluto da loro.
Una forza invisibile li aveva trascinati oltre il lampione prima che se ne rendessero conto, e non vi avevano più fatto ritorno.







Quando comparvero davanti al rifugio di Aslan, in cui si erano disposti i centauri per dare il saluto ufficiale porgendo le spade e mostrare la devozione e la fiducia che davano per quella nuova lotta, a Senelia sembrò tanto di essere tornata indietro.
Osservando da dietro, mentre i quattro camminavano sotto le lame scintillanti di sole, la mente le soprappose davanti agli occhi l'incoronazione a cui aveva assistito a Cair Paravel.
Il cielo azzurro divenne una cupola di vetro da cui filtravano raggi che delicati baciavano le pareti e le creature all'interno, le spade tornarono ad essere gli stemmi che reggevano i centauri, le vesti da viaggio degli abiti pregiati ricamati di oro e argento.
E poi, la voce di Aslan roca e pacata le risuonava ancora nelle orecchie, mentre annunciava l'inizio di una nuova era.
Mai come prima seppe di aver fatto la scelta giusta a lasciarsi andare prendendo la propria strada. Jadis l'aveva sempre soggiogata, unica simile a lei che si era in qualche modo contorto interessata alla sua vita.
La possibile solitudine, la paura e l'inesperienza l'avevano spinta a passare dalla parte della strega che al suo passaggio faceva nevicare e che le mostrava delle bellissime statue talmente particolari da sembrare vere.
Fu quando crebbe che capì la verità che si celava dietro la bellezza eterea della donna che l'aveva allenata e cresciuta.




Si ricordava che nevicava.
La neve era abbastanza alta da impedire a lei, appena ragazzina, di camminare senza rischiare di fare più fatica del normale se invece si fosse trovava su una strada del suo villaggio.
Non ricordava come fosse finita in mezzo a quel deserto bianco.
Aveva solo un dolore alla testa e una stretta al cuore, come se avesse subito un dispiacere, ma davvero non riusciva a ricordare per quale motivo si ritrovasse così.
Il freddo che le azzannava le ossa e raffreddava la pelle l'aveva svegliata.
Si era ritrovata in un luogo che non conosceva e che non aveva mai visto, ma sapeva che da li doveva andare via.
Faceva troppo freddo per vivere e poi, perché non c'era nessuno intorno?
Incontrò Jadis al limitare del bosco, e seppe solo dopo che la strega l'aveva risparmiata perché in quella ragazzina quasi assiderata e piangente aveva visto una figura da crescere e rendere totalmente devota alla sua figura di Regina di Narnia.
Non aveva nessun altro, senza le sue cure sarebbe morta o poteva ucciderla lei stessa rendendola pietra. Ma non lo fece, perché nel suo sguardo di ghiaccio passò l'illuminazione di farla totalmente succube al suo controllo.
E la ragazzina divenne sua.




-Senelia?- La voce di Caspian la svegliò come da un sogno in cui si era lasciata andare in cui si alternavano immagini delle due vite più importanti e mai più così diverse che aveva vissuto, e la ragazza si guardò in giro, accorgendosi che i Narniani si erano dispersi ed i fratelli Pevensie all'interno del rifugio.
-Oh...- Si portò una mano alla bocca, guardando il Principe con occhi strabuzzati. Non se ne era minimamente accorta, di essersi persa e del tempo che passava.
Fece un gesto per indicare la piccola stradina ciottolata che conduceva all'entrata, in cui scorgeva gli altri aspettarli per avere informazioni riguardanti l'interno, e sorrise leggermente.
-Scusami. Andiamo-.







Rivedere la statua di Aslan e la tavola spezzata faceva sempre un effetto strano a chiunque conoscesse la storia.
Ancor di più a chi aveva assistito in prima persona all'evento illuminato dai fuochi notturni e terminato all'alba, con la rinascita del leone.
Lucy sfiorò la pietra, ricordando il dolore che avevano passato lei e Susan alla morte di Aslan, Peter osservò la figura incisa nella pietra illuminata dal fuoco, ed Edmund non poté impedirsi di provare una fitta di colpa al ricordo del sacrificio fatto per lui.
-Bisogna agire- Suggerì Peter, ignorando lo sguardo di Lucy, e Caspian, fino a quel momento tagliato fuori dai ricordi degli altri ragazzi, annuì.
Lo pensava anche lui, bisognava solo trovare una strategia adatta perché erano nettamente in svantaggio e conosceva la brutalità e Le risorse della sua gente.




Fu quando, tornando indietro, Lucy si fermò ad osservare il muro, che Senelia si accorse degli affreschi sulla solo storia – Tumnus, il lampione, Aslan con Susan e Lucy diretto al castello di Jadis...
Non si era mai soffermata ad osservare le mura di quella costruzione, e vedere cose che aveva vissuto da qualche altra parte oltre che nella sua testa la sorprese.
Chiunque avesse fatto le rappresentazioni doveva conoscere bene sia la fisionomia dei personaggi che la loro storia.
Nello sguardo di Lucy passò una fitta di nostalgia, e la ragazzina passò una mano sulla figura di lei e Tumnus che per la prima volta si incontravano nel bosco.
-Aslan arriverà, ne sono certa- le disse, incatenando con lo sguardo gli occhi di Senelia e lasciando perdere il muro.
Erano milletrecento anni che il leone non si faceva vedere...
Si lasciò sfuggire un mezzo sorriso di circostanza, addolcendo l'espressione.
Non ce la fece a ribattere alla Valorosa, a piantare dei coltelli di dolore nella speranza che ancora nutriva e che cercava di mantenere viva nonostante quello che le veniva detto.
-Lo spero-.













































NB: Immersione nei ricordi di Senelia, per cercare di capire il suo punto di vista e magari qualcuno intuisce un po' il suo ruolo, cosa che sto cercando di far capire man mano. ^^ Riguardo il suo passato, ha ricordi sfocati perché ha ricevuto un colpo in testa e poi è stata scaricata li. Per questo è di base un'umana, proveniente da oltre il mare, cresciuta poi da Jadis.


Scribacchiare le mie cavolatine che vogliono essere storie serie è sempre piacevole. Spero di avanzare tempo anche ora che ricomincerò a studiare e di non far diventare gli aggiornamenti troppo lenti. D:
Penso quasi con certezza che la storia non avrà più di dodici capitoli, quindi non è per niente una cosa infinita.
Ringrazio per l'attenzione e la lettura.
Love you,
Dhi.

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Capitolo 7
*** Memorie di contrasti. ***


Memorie di contrasti.


Era stato deciso tutto abbastanza in fretta e si erano organizzati per prepararsi ad ogni evenienza.
Al calar del sole dello stesso giorno in cui si erano incontrati i Re era stato scorto un intruso tra le foreste di Narnia, e questo aveva dato via a degli eventi a catena.
Una truppa guidata da Trumpkin, alle prime luci dell'alba, era stata mandata a controllare a che punto fossero i lavori al guado di Beruna; un'altra, raddoppiata di componenti, aveva perlustrato la zona seguendo le tracce del Telmarino della sera prima. Alla casa di Aslan la fabbricazione di armi e la raccolta di viveri necessari era stata velocizzata.
Cosi, alla sera, i maggiori esponenti del gruppo di Narniani che volevano partecipare alla rivolta erano stati chiamati all'interno della stanza di Aslan.





La tensione si sentiva nell'aria.
La sala in cui era presenta la tavola spaccata sembrava, oltre che maestosa e con l'alone di una reverenza magica di un passato lontano, divenuta improvvisamente troppo piccola.
Il calore dei fuochi la rendeva accogliente e dava un lieve tepore ben accetto, ma le presenze che si scrutavano, in attesa di scambiarsi opinioni e pensieri, rendevano l'atmosfera tesa e rigida.
Rendere tutti d'accordo riguardo il modo in cui agire non era mai stato facile, perché ognuno voleva dire la propria, e questo Peter, che aveva già guidato eserciti in passato, lo sapeva bene. Per questo motivo e per la voglia di rivendicarsi aveva deciso di adottare una mano ferma e che non ammettesse repliche.
Il piano che aveva ideato una volta ottenute le informazioni necessarie poteva funzionare, era davvero un buon piano, se tutti avessero seguito alla lettera i suoi ordini. Per questo c'era bisogno di una buona collaborazione e dell'accettazione di tutti delle sue decisioni prese come se avesse riottenuto la corona d'oro e il regno di Narnia.
Mentre spiegava quelle che secondo lui erano varie ragioni e motivazioni sul modo in cui aveva deciso di agire, vedere alcune teste fin troppo conosciute che si muovevano in segno di dissenso lo fece irrigidire e innervosire.
-Non può funzionare- obiettò Caspian, in piedi di fianco a Susan. I due si scambiarono uno sguardo, ed il Principe sembrò cercare una conferma da parte della Regina.
-Potremmo resistere, se restassimo qui- provò quella a dissuadere il fratello cercando un'alternativa.
Attendere era sempre meglio che provare ad andare direttamente in pasto ai Telmarini con un'azione sconsiderata e senza garanzie come quella che aveva ideato Peter.
Dopo alcune considerazioni che dei Narniani avevano avuto il coraggio di fare, intromettendosi nel discorso dei Re, un vociare concitato di voci si era sparso per tutta la camerata alimentato dalle più disparate idee ed emozioni.


Edmund si passò una mano tra i capelli, riflettendo mentre guardava il pavimento di pietre: mettere tutti d'accordo sarebbe stata un'impresa impossibile.
In ogni gruppo c'era sempre qualcuno con idee diverse poco incline ad adattarsi alla maggioranza – se non sotto costrizione.
L'unica era riuscire a capire se davvero il piano di Peter sarebbe stato accolto dai più e, in quel modo, forse anche gli altri poco convinti si sarebbero arresi ad accettarlo.
L'ostacolo più grande, però, era proprio tra di loro: Caspian, che per primo si era tirato i Narniani dalla sua parte dopo tutto quel tempo e godeva della loro fiducia, continuava convinto ad opporsi. Susan non ne era per niente convinta e continuava a scambiarsi occhiate con il Principe e Senelia se ne stava zitta senza far capire le proprie idee, Lucy implorava con lo sguardo di aspettare Aslan che avrebbe sicuramente sistemato le cose.
Chi aveva ragione, chi torto?
Tutto quello non aiutava per la nascita di un'idea generale che poteva andare bene a tutti.


-Non abbiamo speranza se rimaniamo qui- Spiegò Peter a Caspian, sedando con uno sguardo lo scambio di battute tra i Narniani che si era acceso poco prima.
-Quel castello è una fortezza, non riuscirai ad entrare- Il Principe si sporse verso il ragazzo, cercando di fargli capire la situazione da un altro punto di vista rispetto al suo e quello del suo piano.
Era un discorso che non riusciva a cambiare direzione, continuando a cozzare contro le stesse obiezioni e gli stessi propositi.






Alla fine, dopo ore di conversazione che iniziavano a pesare, l'aveva spuntata Peter, facendo leva sul giuramento di fedeltà che i centauri avevano fatto a lui e i suoi fratelli millenni prima.
A Senelia dispiacque per Caspian e i suoi sforzi andati vani, quando lo vide abbassare il volto sconfitto e Susan che gli passava una mano sulla spalla per confortarlo.
Avevano anche provato a chiedere un suo parere, in nome del ruolo che aveva ricoperto e che le era tornato con l'arrivo dei vecchi Re, ma si era limitata a dire che non aveva idee e non voleva influenzare l'atmosfera frizzante che già c'era per la stanza.
Eppure, per quanto avesse provato a rimanerne il più possibile fuori, dei pensieri le si erano affacciati alla mente.
Aveva fiducia in Peter, quella stessa fiducia che probabilmente nel giro di milletrecento anni non si era mai spenta, quello stesso ardore che l'aveva spinta ad aiutarli in battaglia e passare dalla loro parte.
Aveva fiducia, ma non credeva che quella volta sarebbe stata ben riposta, perché le parole di Caspian rimbombavano ancora nella sua testa e sapeva, avendo visitato talvolta Telmar, che era come una trappola per topi.
Sarebbero andati nella bocca del nemico, e niente e nessuno garantiva che sarebbero tornati vivi o, ancora meglio, usciti vincitori.

-Senelia- era stata richiamata, e si era costretta a fissare lo sguardo su Peter, mentre i Narniani la scrutavano in silenzio.
-Si?- fece, schioccando una mano per svegliarla dal torpore in cui stava cadendo. Tutta quell'attesa iniziava ad essere quasi snervante.
-Cosa ne pensi?- le domandò Caspian, prendendo il posto di Peter e attirando la sua attenzione.
-Beh, io... - aveva iniziato, per poi bloccarsi. Si era resa conto in quel momento che a lei, in realtà, non interessava così tanto quale piano sarebbe stato scelto.
Non sapeva il motivo, probabilmente la colpa era di tutto il passato andato a male che gravava sulla situazione presente, ma l'idea di una possibile vittoria – con tutte le sconfitte che si portava dietro – non riusciva ad esaltarla abbastanza.
-Non ho preferenze-.


O forse semplicemente era il periodo un po' così, la tensione che inconsciamente si ritrovava ad accumulare e che sentiva provenire anche dagli altri.
-Senelia- la richiamò Susan, facendola voltare.
La ragazza era uscita dopo che le decisioni erano state prese, per ragionare all'aperto e da sola riguardo gli eventi di poco prima.
Peter aveva deciso che la sera dopo avrebbero attaccato, e che le preparazioni sarebbero iniziate l'indomani all'alba per essere tutti pronti. Secondo lui, prima si agiva e più possibilità si avevano di cogliere i nemici di sorpresa.
-Così si torna a combattere insieme, eh?- cercò di sdrammatizzare Susan, guardando però il terreno, in imbarazzo.
-Già- asserì l'altra, mimando un sorriso ed avvicinandosi alla Regina.
La Pevensie la osservò, ricambiata, come se si stessero studiando e tra di loro ci fosse un muro da abbattere, per poi stringerla in un abbraccio che ebbe il potere di cancellare tutto il resto per l'istante che durò.
-Mi siete mancati- si sentì dire, affondando il viso nei capelli di Susan.
Era vero.
Le erano mancati tanto, tanto che, anche ad averli di nuovo li, ogni volta che ci ripensava non poteva impedirsi di provare dolore e un senso di abbandono.
 Susan si staccò, e Senelia notò gli occhi grigi lievemente lucidi.
-Non volevamo, davvero. Ci dispiace- giustificò se e i suoi fratelli.
Non era passato un solo giorno senza che non si fossero sentiti in colpa per averli lasciati, perdendo tutto ciò che di più caro erano riusciti ad ottenere.
-Lo so-.





































































Mi chiedo perché la vita debba essere così incasinata. A volte davvero non me lo spiego. ._.
Capitolo transitorio riguardante il piano per attaccare il Castello di Miraz, nel prossimo ci sarà lo scontro vero e proprio.
Grazie dell'attenzione e di quelle persone che seguono o hanno commentato.
Dhi.

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Capitolo 8
*** Memorie di guerra. ***


Memorie di guerra.


Faceva freddo quella sera, mentre il vento cullava le fronde degli alberi e la luna era leggermente coperta da delle nuvole di passaggio.
Faceva più freddo del solito, oppure era la tensione a far scivolare sui corpi in tensione un velo di aria gelida.
Non ci era voluto troppo tempo prima che raggiungessero il limitare del bosco, pronti per convergere su Telmar. Il buio era stato loro amico, mentre come un'unica ombra camminavano nel silenzio della foresta per dare battaglia.
Erano riusciti a prepararsi per attaccare già la sera dopo la riunione, con grande soddisfazione di Peter che vedeva realizzati parte dei suoi piani: il ragazzo rimaneva della convinzione che, prima si faceva qualcosa, prima tutta quella situazione spinosa sarebbe potuta terminare.
-Se non ci sono domande direi che si può iniziare definitivamente- Il biondo si avvicinò al grifone che lo avrebbe portato al castello e poi si girò, in attesa.
Tutti stavano in silenzio ad ascoltarlo, guardandolo con i loro occhi pieni di aspettative.
Peter scrollò le spalle leggermente, quando rivide negli occhi poco convinti di Caspian lo sguardo pieno di rimprovero di Lucy e sentì una sensazione sgradevole salirgli per la schiena che gli ghiacciò lo stomaco.
Stupidate.

Sarebbe andato tutto bene, c'erano buone possibilità di vittoria. Dopotutto, lui aveva più esperienza di tutti, li, in fatto di battaglie e guerre. Se tutti avessero fatto come deciso, i problemi sarebbero stati minimi e superabili.
Così sperava.
Guardò Susan, in cerca di un appoggio solidale, e poi puntò lo sguardo verso la torretta dove il fascio di luce della torcia di Edmund si alzava verso il cielo.
La ragazza rimaneva uno degli appoggi più importanti che aveva, che lo aveva aiutato e consigliato dicendogli sempre ciò che pensava a bruciapelo.
Sperò inconsciamente che quella volta non averla ascoltata fosse stata la scelta giusta.
-Andiamo-.







Caos.
Era un completo caos.
Il sangue schizzava in giro, impregnava l'aria e gli abiti, le urla bombardavano nelle orecchie senza smettere per qualche secondo.
Da quanto tempo stavano andando avanti così?
Senelia non si ricordava nemmeno come fosse potuta trovarsi in mezzo ad un casino così tragico: era quanto mai più evidente che qualcosa, durante l'assalto dei Pevensie e di Caspian, fosse andato storto.
Le truppe di Miraz non sarebbero state dovute avvertire, e l'usurpatore sarebbe stato preso in ostaggio prima che potesse ribellarsi, ponendo fine al suo regno prima ancora di iniziarlo.
Cercò di ignorare la ferita al braccio che le dava noie e iniziava a bruciare in modo fastidioso, e la botta ricevuta allo stomaco che le faceva sentire indolenzito tutto l'addome.
Nonostante gli allenamenti dei giorni precedenti, il basso profilo e il poco allenamento che aveva tenuto per millenni si facevano sentire: avvertiva già la stanchezza darle fitte alle gambe e alle braccia, e la spada sembrava più pesate del solito nonostante fosse, invece, leggera e maneggevole – l'aveva trafugata molti anni prima, per essere più comoda negli spostamenti veloci da fare tra gli alberi.
Tirò un calcio alle ginocchia del suo avversario che barcollò qualche passo indietro per il dolore; Senelia ne approfittò, tirandogli un colpo in mezzo alle costole con il gomito. Il soldato perse la spada, che scivolò a qualche metro di distanza perdendosi tra la folla, e la ragazza lo finì pugnalandolo in mezzo all'addome.
Era una sensazione strana tornare ad uccidere, ed ogni volta le provocava una sensazione diversa. Non credeva si sarebbe mai abituata a sentire la lama affondare nelle membra del nemico, osservare il suo viso contrarsi dal dolore e gli occhi perdere vitalità.
Era stata capace di provare gioia nell'uccidere, quasi euforia, tanti anni prima; ma aveva provato anche ribrezzo per se stessa, quando togliere la vita a qualcuno sotto ordine della Strega Bianca stava diventando un'agonia.
Lo spirito di sopravvivenza, però, aveva prevalso. Era sempre stata un po' egoista al tempo.
Meglio a te che a me, si ritrovava a pensare, per darsi una giustificazione che però non le alleviava per niente il senso di colpa.
Jadis le aveva imposto la rigidità nell'eseguire gli ordini e l'impassibilità per l'avversario che si ritrovava di fronte per anni, spiegandole che doveva agire prima di ritrovarsi ad essere una preda.
Era cresciuta con quegli ideali che si erano instillati nelle sue memorie e solidificate come lava divenuta poi fredda. Non era mai riuscita a sradicarli del tutto e, anche in quel momento, provò inconsciamente un senso di leggerezza nell'aver battuto il soldato Telmarino ed essere così salva.
I soldati di Telmar continuavano ad affollare il cortile principale, mentre i Narniani iniziavano a subire perdite numerose: la migliore cosa che si poteva fare, in quel momento, era cercare di salvare il salvabile allontanandosi da quella trappola che si era rivelata tale.
Le truppe di Narnia però non l'avrebbero mai ascoltata, non si sarebbero piegati ad una fuga. Per troppo tempo era stata loro lontana, abbandonandoli, perdendo credito ed importanza ai loro occhi.
Si era macchiata nell'onore, nascondendosi, diventando parte di quelle leggende che troppo bruciavano nei cuori della popolazione di cui faceva parte.

Cercando di non fare caso ai dolori, decise di inoltrarsi nel cuore della battaglia per cercare qualcuno.








Il Telmarino perse lo scudo, che cadde a terra con un tonfo sordo, quando Peter gli tirò un calcio cercando di disarmarlo.
L'uomo si sorprese qualche secondo per quell'attacco che non si aspettava e lo lasciò privo di difese, e il ragazzo approfittò della sua distrazione per dargli un colpo in testa con l'elsa della spada. Il suo corpo si muoveva da solo nella mischia, abile e scattante, ancora memore degli anni trascorsi tra duri allentamenti ed intense battaglie.
Dopotutto, per lui era trascorso solo un anno, e recuperare era stato abbastanza semplice – se lo era anche un po' imposto, i giorni prima, mentre senza tregua allenava le sue truppe.
-Peter!-
Stava cercando modo alternativo di dirigersi verso Miraz, ma l'uomo stava ad osservare sulla balconata la lotta che si svolgeva nel cortile, al sicuro e circondato da guardie. Il cortile, inoltre, pullulava di soldati Telmarini che continuavano a sbucare da tutte le parte.
-Peter!-
Digrignò i denti, consapevole che la situazione stava precipitando, per loro. Vincere a quel punto era ancora più fuori portata, ed inoltre aveva ancora davanti agli occhi il Narniano che si schiantava al suolo...
-Peter!-
Si sentì strattonare, e solo quando percepì la presa sul braccio si rese conto della voce che tra le urla cercava di chiamarlo attirando la sua attenzione.
Susan lo stava osservando apprensiva, ma la cosa durò poco, perché la sorella impugnò l'arco e fu costretta a distogliere l'attenzione da lui per concentrarsi sui tre Telmarini che si stavano dirigendo verso di loro.
-Dobbiamo andarcene!- Nonostante stessero combattendo vicini Susan fu costretta ad urlare, per farsi sentire al di sopra di tutte le urla che li circondavano e far recepire il messaggio al fratello.
No. Qualcosa si dibatté nel petto di Peter, come una bestia ferita che non accetta di essere stata messa in gabbia, ma allo stesso tempo non ce la fece a dire, come invece era successo precedentemente, che potevano ancora farcela.
Non potevano farcela.
Non potevano, era andato tutto a monte. Edmund non lo vedeva da quando gli aveva salvato la vita, Caspian lo aveva perso nella mischia così come Senelia... doveva cercare di fare il possibile che ancora era in suo potere.
-Ritirata!- Si sentì urlare d'improvviso, mentre correva dai Narniani per far espandere l'ordine.
-Ritirata, andate via!-.







Che palle. Si ritrovò a pensare, cercando di evitare di essere ingaggiata in qualsiasi lotta per potersi muovere più velocemente e trovare chi stava cercando.
Muoversi senza essere notata con tutti i soldati che pullulavano nel cortile era un'impresa particolarmente difficile.
Aveva visto Caspian dirigersi verso le scuderie di corsa, ma non ne capì il motivo e gli attribuì un epiteto poco carino per quella mossa stupida che poteva condannarlo a restare imprigionato.
Ovunque volgesse lo sguardo vedeva Narniani e Telmarini che si scontravano, i volti stravolti dalla fatica e la stanchezza di una battaglia che durava da troppo tempo che si infliggeva nelle loro membra. Soldati esausti, corpi a terra immobili, armi grondanti di sangue che sporcava il terreno.
Scorse dei capelli biondi tra la mischia, e solo in quel momento si accorse che le truppe Narniane si stavano iniziando a ritirare verso il cancello per poter così fuggire in salvo.
Qualcuno l'aveva preceduta.
Però, la maggior parte di loro rimaneva impegnata a lottare contro i Telmarini che non davano tregua.
Sgranò gli occhi, allibita dalla brutalità che aveva assunto quello che doveva limitarsi ad essere un attacco verso una sola persona.
Dovevano andarsene da li.







La grata si chiuse con un tonfo, condannando coloro che rimasero intrappolati nella parte interna del castello; il ferro che sbatté contro il cemento produsse un suono cupo che continuò a vibrare nella testa dei sopravvissuti, rintoccando come se fosse l'annuncio portato direttamente dalla morte in persona.
Effettivamente, per i Narniani rimasti intrappolati, così era.
Fu come se tutto si fosse bloccato, da quando il minotauro non resse più lo sforzo nel sostenere la grata.
Ci furono sguardi carichi di tristezza e delusione, ci furono grida d'incoraggiamento e pianti, ci furono occhi fieri che si scambiarono addii.
Successero tantissime cose, in quei pochi istanti che furono concessi e che si congelarono nel tempo, prima che si voltassero le spalle.
E poi il tempo riprese a scorrere.















































































La storia continua più piano rispetto a prima, ma intanto siamo arrivati a metà. Si sa a pezzi sempre qualcosina di più riguardo Senelia. Mi piace tenervi sulle spine. ^^'
Ringrazio chi continua a seguire e leggere.
Alla prossima,
Dhi.


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Capitolo 9
*** Memorie di perdita. ***


Memorie di perdita.






-Come stai?- Sbuffò d'istinto, Selenya, a quella domanda. Calciò un sassolino fuori dal sentiero che stavano percorrendo da varie ore e che finì tra le felci con un rumore che non si sentì, poiché coperto dai passi strasciati dei Narniani.
-Come vuoi che stia?- Brontolò, alzando le spalle e lanciando un'occhiata ad Edmund, che fece una smorfia di dispiacere.
-Hai ragione-.
Le spade tintinnavano, mentre il sangue ci si incrostava sopra.
Ci stavano mettendo molto più tempo a tornare alla casa di Aslan rispetto all'andata: i feriti erano molti e le perdite preferivano non averle contate perché visibilmente troppe, l'umore cupo e la tristezza rendevano ogni passo come una pesante agonia mista a una marcia di morte.
Una leggera alba stava facendo capolino da dietro i monti, una dolce carezza che in un'altra occasione, con un altro animo, sarebbe stata ben accetta e invece quella mattina sembrava più uno schiaffo insaguinato.
-Tranquillo- diede una pacca al ragazzo in un gesto di fraterna consolazione, fermandosi poi e lasciando passare quella processione di creature.
Avrebbe tanto voluto scappare ed isolarsi da tutto.
“Era questo quello che volevi, Aslan?”








Sapevano che darsi la colpa a vicenda non era la soluzione, eppure non riuscivano a fare a meno di sfogare la frustrazione ed il dispiacere per tutto quello che era successo gridandosi contro, lanciandosi frecciatine avvelenate e guardandosi in cagnesco.

-Cosa è successo?-


-Chiedilo a lui-


-A me?-


Pur consapevoli che i Narniani in quel momento avevano bisogno di una guida unita e sicura che desse loro forza, si stavano facendo a pezzi a vicenda andando a creare ancora più spaccature tra il popolo, arrivando allo scontro fisico.
E l'unica luce sincera che quel giorno Narnia vide, fu quella goccia di liquido magico che riportò la vita e guarì le ferite del fisico.









-Se avessi provato anche io a far cambiare idea a Peter forse non sarebbe andata così-.
Caspian le diede un buffetto sulla guancia.
-Lo sappiamo bene che non avrebbe ascoltato nessuno- la consolò, sedendosi accanto a lei sul muretto all'entrata del rifugio.
Peter era un testone, ma anche un uomo consapevole delle potenzialità e del potere che aveva. Ma non era onnipotente e non era in grado di aggiustare tutto ciò che capitava e non dipendeva da lui.
Forse lui, da Principe, avrebbe dovuto avere più durezza nell'affermare ciò di cui era sicuro. Essere più uomo e meno il ragazzino scappato dalla corte dello zio.
Sapeva che era vero, ma il domandarsi se avesse potuto far cambiare il corso degli eventi con i suoi comportamenti era qualcosa che da sempre la tormentava. Una volta l'aveva fatto, quindi perché non di nuovo?
Sospirando Caspian si voltò, lanciando uno sguardo a Susan e mimando un saluto con la mano.
Lei abbassò lo sguardo dopo un lieve sorriso, puntando l'attenzione sull'arco che stava sistemando e tornando a dare attenzione agli arcieri che la circondavano.
Sel lanciò una gomitata nelle costole del ragazzo senza preavviso, ghignando, e quello si piegò per l'improvviso fastidio.
-Uh, ti piace- sussurrò, cercando di restare seria.
Gli occhi le brillarono come quelli di un bambino che ha scoperto il nascondiglio dei dolci e nessuno lo ha beccato.
- Non... -
-Non provare a mentirmi!- lo minacciò, puntandogli un dito contro.
-Peter mi ucciderà se lo viene a sapere- sussurrò lui.
Lei gli fece l'occhiolino. -Probabile-.









Anche quella giornata, tra pianti e domande silenziose, era passata.
Il campo era chiuso in un mutismo più pesante di quello iniziale, la perdita era stata un colpo che aveva fatto perdere quel poco di fiducia che ancora c'era, pur sapendo che era una cosa che avrebbero dovuto mettere in conto.
Eppure nessuno riusciva a ribellarsi o sfogarsi della rabbia ed umiliazione che provavano, si erano limitati a curarsi e dare aiuto a chi ne aveva bisogno, sistemare le armi, controllare se i Telmarini li avessero seguiti con turni di guardia più attenti.
Facevano le cose che andavano fatte, e sapevano che difficilmente sarebbe finita dopo quel singolo scontro.
Bisognava continuare ad andare avanti.
Nonostante la delusione, la stanchezza, la sconfitta.
Anche per coloro che si erano sacrificati.
Bisognava continuare a combattere.










Lo avevano lasciato solo, a pensare, solo chiuso nei suoi pensieri e nelle sue rimuginazioni.
Si era serrato in una bolla di silenzio, lontano da tutto ciò che gli ricordava quella ferita nell'orgoglio che bruciava come se gli avessero infilzato nel petto una lama infuocata: un Narniano ferito, un lutto, uno sguardo di rimprovero o compassione, il silenzio imbarazzante dei suoi fratelli.
Era una cosa che lo irritava, da una parte, perché non si sentiva di dover essere compatito come se non sapesse cosa avesse fatto.
Diavolo, lo sapeva.
Lo sapeva bene, fin troppo.
Ogni grida che aveva sentito risuonava dalle orecchie e arrivava a piantarsi nel cuore, appesantendo il senso di impotenza che l'aveva preso costringendolo a battere in ritirata e non l'aveva ancora lasciato – lui che non perdeva mai, lui che era un capo, lui che riusciva sempre a trovare una soluzione.
Se Aslan ci fosse stato ad aiutarli e consigliarli le cose sarebbero potute andare diversamente. Anzi, nulla di tutto quello sarebbe successo, perché sapeva che il leone non avrebbe permesso alla propria terra e al proprio popolo di subire tanto dolore e vedere tanta violenza.
Non lo avrebbe permesso?
E allora dov'era, ora che invocavano il suo nome?
Dov'era, mentre i Telmarini spargevano morte e confinavano i Narniani in uno sputo di bosco comportandosi come se fossero i sovrani di quei posti?

Tirò un pugno sulla roccia spezzata, più volte, per la rabbia, per sfogare l'improvvisa voglia di spaccare qualcosa che l'aveva preso. Colpì, ancora e ancora, sentendo un bruciore alle dita e vedendo il grigio diventare rosso e sentendo gli occhi lucidi.
Non era giusto.
Non doveva andare così, pensò, fissando l'intaglio del leone nella pietra.
Un calore improvviso gli si sparse sulla pelle, e le dita piccole e delicate di Lucy gli avvolsero la mano bruciante, tamponando le nocche sbucciate con un fazzolettino.
Chiuse gli occhi, Peter, lasciandosi andare a quel gesto amorevole e cercando di liberare la mente.
-Perdonami- mormorò.
E Lucy sorrise, perché sapeva quanti significati quella singola parola conteneva per suo fratello e quanto per lui fosse difficile infrangere certi muri di sicurezza che si costruiva intorno.
-Va bene così- sussurrò, continuando a dedicarsi alla mano e iniziando a fasciargliela.
Aveva sbagliato modo, suo fratello, ma aveva anche cercato di fare del bene.
E fare del bene non è da considerarsi mai un errore.


































Scusatemi per il ritardo immenso. Non mi sono dimenticata delle mie storie. Sono stati mesi difficili, sono cambiate e successe tante cose e a malapena certe volte capivo cosa dovevo fare. Ho lottato per tenere una persona che ha cercato di fare tutto per distruggermi e che nonostante tutto non riuscivo – e non riesco – a lasciare andare. Ho dovuto lavorare su me stessa per cambiare certe cose e il tempo è passato da solo. Ora non garantisco purtroppo continuità ma cercherò di riprendere tutto piano piano.
Grazie a chi ha trovato tempo per le mie storie.
Bacio, Dhi.

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Capitolo 10
*** Memorie di magia. ***


Memorie di magia.


-Come ti chiami?-
-S-Selenya-
-Hai fratelli?-
-Non... che io ricordi-
-Vieni qui con me, cara-.


Si svegliò di soprassalto, e un brivido di freddo disagio le fece vibrare la schiena mentre percepiva la pelle farsi d'oca.
Si strinse la coperta attorno alle spalle, cercando di mettersi seduta più comoda senza perdere l'equilibrio dal ramo in cui si era rifugiata qualche ora prima.
Aveva preferito dormire all'aperto, il tempo lo permetteva ed inoltre voleva continuare ad avere i propri momenti di solitudine, quella stessa compagnia che era diventata sempre più presente millennio dopo millennio trascorso lontana da ogni forma di vita.
Era passato qualche giorno da quella rovinosa notte, la vita al campo aveva ripreso a scorrere sempre di più in modo normale, ma un velo di tensione e arrendevolezza tra i Narniani era ancora ben percepibile.

-Vieni qui con me, cara-.

Si era addormentata verso l'alba dopo aver fatto vagare la mente tra vari pensieri, e non capiva come mai, dopo così tanto tempo, quelle parole le fossero tornate in mente.
Perché, perché proprio ora?
Anche solo come suoni attutiti che le arrivavano alle orecchie dopo millenni, riuscivano a darle la stessa sensazione di freddezza che lei le aveva trasmesso in quel momento.
Si rannicchiò maggiormente contro il tronco, mordendosi un labbro e guardando il cielo chiaro che spuntava tra le fronde sotto cui stava, sentendo in lontananza il conficcarsi secco delle frecce contro i bersagli di allenamento.
Eppure... eppure, l'unica cosa che era riuscita a fare quando se l'era trovata davanti era stato ubbidirle in silenzio.








Se non fosse che un tempo era tutto pieno di vita, Peter avrebbe pensato di trovarsi in un semplice bosco fuori Londra non troppo conosciuto dalla popolazione.
Erano le creature accanto a lui, che gli ricordavano tacitamente di essere a Narnia per davvero.
Nella sua Narnia.
Dopo che si era sfogato nella cripta aveva ripreso il controllo sulle sue emozioni ed aveva rassicurato Lucy di stare bene.
Si era quindi deciso a pensare a cosa avrebbe dovuto fare da quel momento per far riprendere il suo popolo da quella sconfitta, iniziando a girare tra i vari focolari e ricominciando a dare istruzioni.
Non aveva ancora un piano preciso in mente su come controbattere a Miraz, e stava lasciando agli altri il tempo necessario per riprendersi dalle ferite, fisiche e non. La cosa che aveva ordinato era che ricominciassero a fabbricare armi, allenarsi chi poteva permetterselo ed aveva raddoppiato le ronde e le guardie.
Ed era proprio un giro di controllo, quello che stava facendo in quel momento, poco lontano dai confini dell'accampamento.
Era tutto molto silenzioso – fin troppo, per i suoi gusti. Tutto ciò contrastava con i ricordi che ancora aveva in testa, anche se erano ormai varie settimane che girava per Narnia.
Ma non si era per nulla abituato.
Rifiutava l'idea che una terra così prolifera fosse ridotta a quel gelido silenzio – gelido, come il silenzioso inverno che li aveva accolti milletrecento anni prima.








-C'eri quasi-.
Susan lo osservò mentre sbuffava sonoramente e lanciava con odio delle occhiate a quell'aggeggio infernale che gli aveva messo in mano.
Se vuoi essere uno di Narnia impara a combattere con le armi degli abitanti di Narnia gli aveva detto, togliendogli dalle mani la balestra e facendola portare via da Edmund.
Non aveva avuto il coraggio di protestare verso la Regina, però, il Principe, e si era limitato ad osservarla tordo mentre questa gli passava un arco e iniziava a dargli consigli su come usarlo.
Nonostante i ripetuti tentativi non riusciva ad avere la stessa precisione che invece sfoggiava con l'arma Telmarina, e questo lo irritava. Diamine, non era poi così diverso il meccanismo, no?
-Si capisce che non sai usare un arco-.
-Ah ah, come sei divertente, Sel- Caspian alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, mentre provava nuovamente ad impugnare l'arma in cui Susan era maestra.
La ragazza si sedette su un masso, incrociando le gambe ed osservandolo divertita, posando poi l'attenzione sulla Pevensie.
-Sarà dura- commentò, come se il ragazzo non fosse presente.
-Vale la pena tentare- sorrise Sue, allontanandosi da Caspian, che stava tendendo nuovamente la corda e prendendo la mira.
-Sembra un caso perso- continuò Selenya, poggiando il mento sul palmo della mano.
-Ci vorrà solo molto allenamento- cercò di minimizzare la Regina.
Caspian alzò gli occhi al cielo.
-Ragazze... vi sento-.









-Peter, qui è tutto tranquillo-.
Il giro di ronda era andato bene, e aveva lasciato il controllo del campo al fratello in caso di problemi quando era partito. Era l'unico si cui si fidasse abbastanza per ricoprire quel ruolo.
-Grazie, Edmund- diede una pacca sulla spalla al ragazzo e gli sorrise, senza bisogno di dire altro.









-Direi che è abbastanza per oggi, dai-.
Mai come in quel momento la voce di Edmund gli era parsa più piacevole.
Susan e Selenya lo avevano tenuto sotto controllo per... non sapeva bene nemmeno lui quanto tempo, esattamente. Avevano continuato però a spronarlo – obbligarlo – ad ogni tentativo a riprovare, e riprovare, e riprovare ancora.
Iniziava a non sentire più le braccia, però qualche risultato lo aveva avuto, con disappunto di Selenya – scontenta perché, se avesse imparato bene, non avrebbe avuto motivo di poterlo stuzzicare.
Ed gli ridiede la balestra, e il Principe si congedò dal terzetto dopo aver ringraziato per quella lezione privata, andando verso la cripta per riposarsi.
-Allora, hai imparato ad usare la balestra?- Domandò Susan quando il ragazzo fu scomparso dentro il rifugio.
Edmund parve illuminarsi. -E' spettacolare, devo ammettere- disse. Aveva avuto modo di vederle solo nei musei o nei libri. Tenerne in mano una vera e poterla usare era la cosa, forse la prima, più bella che avesse avuto modo di vivere da quando erano rientrati a Narnia.
-Lucy dov'è?- s'interessò sempre la maggiore, guardandosi in giro.
Si sentì un po' in colpa per aver occupato tutto quel tempo con il Principe di Telmar, senza preoccuparsi della sorella, di dove fosse o come stesse.
Selenya le sorrise, rassicurante. -Tranquilla, è con Trumpkin-.
Fece cenno verso una parte di prateria non molto lontana, dove stavano i due, circondati da qualche altro Narniano, e Sue seguì la traiettoria per individuarli. Quando li vide sorrise, si girò verso i due ragazzi e fece intendere con un gesto silenzioso che andava a raggiungerli.
-Se ne vanno tutti- fece il finto offeso Edmund, poco dopo.
Selenya si limitò a ridere, una risata leggera costellata di una malinconia che troppo spesso le tornava a snervare i pensieri.
Adesso erano solo a metri di distanza, ma lei li aveva visti davvero andare via, e non solo loro.
Una ventata di aria si alzò per quel luogo pacifico.
Una sensazione di disagio tornò a morderle la bocca dello stomaco.
-Senti freddo anche tu?- La domanda di Edmund le arrivò come uno schiaffo.
Era pomeriggio inoltrato e il sole ancora alto, e stava arrivando l'estate.
-Come?-
...Possibile?
-Ho chiesto se hai sentito anche tu un improvviso freddo- fece il ragazzo, paziente, corrugando poi la fronte per la propria stessa affermazione apparentemente senza senso e rendendosi conto che qualcosa nell'ambiente era cambiato, della rigidità che aveva assunto la ragazza di fronte a lui.
Sgranò gli occhi, mentre una vaga sensazione di panico le iniziava a salire per le gambe.
Non poteva... essere...

Conosceva quella sensazione, quella sensazione con cui aveva convissuto per più di duecento anni.
Solo lei riusciva a dargliela.
-Oh Dei-
Jadis.

-E' qui-.











































Ecco qui. Stavolta non ci ho messo molto, anzi. ^^' Avrei voluto far passare qualche giorno in più ma è da tanto che non aggiorno e mi sono fatta prendere un po' dall'entusiasmo. Non manca molto alla fine, sono circa 16 capitoli totali e sto cercando di concludere il tutto (mi mancano gli ultimi 2-3 capitoli) sul mio pc in modo da avere le cose già pronte e non subire così intoppi per i prossimi aggiornamenti, che saranno una volta ogni due settimane. :)
Ringrazio per la lettura, in caso di domande sono disponibile a dare spiegazioni.
Love, Dhi.

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Capitolo 11
*** Memorie di strega. ***


Memorie di Strega.


-Avanti Principe, io posso darti tutto quello che vuoi-.

Quella era quindi... Jadis?

Non riusciva a muoversi.
Perché non riusciva a muoversi?

-Caspian è il tuo nome, vero? Posso aiutarti-.

E perché le stava tendendo la mano?
Sapeva che era sbagliato, conosceva l'immenso potere distruttivo che lei aveva. Ma doveva essere morta, uccisa da Aslan millenni prima... perché era davanti a lui? Come poteva essere possibile?
Cornelius era stato chiaro nel raccontargli la storia più e più volte, e Selenya, così come i Re del passato, gli avevano confermato quando aveva fatto domande.
Non riusciva a ribattere, o a muovere le gambe per combattere.
L'unica cosa che capiva, in qualche modo, era che qualcosa dentro di lui stava lentamente cedendo, che le domande e i dubbi stavano scomparendo, annientati e sommersi da quegli occhi color mare ghiaccio fissi nei suoi.
Cosa voleva da lui?


-Posso renderti Re-.

La voce di lei gli rimbombò nella testa come un suono ovattato.
Così vicina, così sicura, eppure impalpabile e senza una provenienza specifica. Era seducente, e ammaliatrice, esattamente come ammaliante ed ipnotica era la sua figura longilinea confinata nella lastra di ghiaccio.
Mai, prima d'ora, Caspian aveva avuto modo di vedere la magia.
E se lei avesse avuto ragione? Se quel potere avrebbe potuto aiutarlo ad ottenere quello che gli serviva? Usato a fin di bene, alla fine, non sarebbe stato sbagliato, no?
Qualcosa dentro di lui ruggì di protesta, mentre tendeva maggiormente la mano verso quella candida della Strega.








-Oh, Peter caro-.

Il ragazzo aveva appena spinto via Caspian dal cerchio magico, finendoci dentro lui stesso.
Si ritrovò ad essere bloccato senza volerlo, mentre sentiva il freddo salirgli per le gambe, lambendogli la carne e impedendogli di muoversi. Odiò il fatto di non riuscire a reagire e il ritrovarsi immobile sotto il suo incantesimo, capendo di stare perdendo la volontà su se stesso.
La Strega lo obbligò ad ascoltarlo, come stava obbligando il Principe poco prima.
Quando li aveva visti entrare qualcosa aveva ruggito di rabbia per quell'intromissione, ma la compostezza – freddezza – che l'avevano sempre caratterizzata le avevano impedito di scomporsi.
E quell'errore di quello che lei aveva sempre considerato uno sciocco ragazzo era diventato un qualcosa da cui trarre presto vantaggio.
Uno di quegli umani valeva l'altro, alla fine.
Bastava che arrivasse al suo scopo.
Sorrise, gelida, puntando gli occhi sul ragazzo.
Vendetta
.
Dopo milletrecento anni, finalmente era li.
Finalmente poteva tornare ad avere ciò che sempre aveva agognato.
Regina di Narnia.

-Che piacere rivederti, Peter caro-.








Quella presa sulla gola le stava dando fastidio.
Dolore.
Che modo stupido di morire, si ritrovò a pensare, socchiudendo gli occhi.
Si era distratta quando Lucy stava per essere pugnalata dal nano e il lupo mannaro aveva approfittato per azzannarle il braccio dove teneva la spada.
Era semi buio nella cripta, e aveva solo fatto in tempo a vedere l'ombra che si rialzava e le si buttava addosso, senza riuscire ad evitarlo. Le aveva affondato i denti nella carne, l'aveva sentito stringere e aveva pensato che le avrebbe seriamente staccato la mano quando l'aveva fatta rotolare a terra tenendola sempre per il polso.
La creatura strinse la presa e l'allontanò dalla parete, per poi spingerla di nuovo contro per farle pestare la testa, ringhiando di piacere nel vederla annaspare.
Iniziava a mancarle l'aria.
-Ora ti uccido-.
Non sapeva se era per colpa della confusione che iniziava ad avere in testa per la botta, e il braccio sanguinante, e lo strangolamento, ma la voce le sembrò lontana e l'alito della bestia le diede il voltastomaco.
Diavolo, ma cosa aveva mangiato quel coso?
Cercò di allontanare la presa dell'animale e tirargli qualche calcio, ma non sortì alcun effetto.

-Portala qui-.

La presa dalla gola passò malamente alla casacca. Si sentì trascinare e cozzare contro le pietre, i vestiti venire strappati, per poi essere lasciata a terra.
Una sensazione di panico iniziò a montarle quando scorse azzurro e bianco.
Fece forza sul braccio sano, strizzando gli occhi – tutta quella luce contrastava con il semibuio nel resto dell'ambiente.
E la testa pulsava, e tenere gli occhi aperti le dava fastidio.
Faceva male, tanti spilli che le si conficcavano nella nuca.
Si costrinse a guardare, e rimase immobile.
Tutto sembrò scomparire, tutto, la preoccupazione, il dolore, Peter da parte a lei imbambolato come un fantoccio e i rumori delle armi.
Tutto scomparì tranne lei, lei che era li, lei che algida la guardava dall'alto, lei  che le sorrideva – un sorriso gelido, un sorriso che sembrava volerla fare a pezzi fin dentro l'anima.
Il sorriso di chi è stato tradito.

-...Jadis-.








-Selenya cara-

La ragazza deglutì.
Il tempo sembrò iniziare a scorrere nuovamente, in modo lento.
Scorse con la cosa dell'occhio Caspian che si riprendeva dall'incanto di poco prima. Il ragazzo estrasse la spada e si buttò contro il lupo accanto a lei con uno slancio, scomparendo dietro la tavola spezzata.
-Non mi saluti?- fece la Strega, fintamente offesa, catturando di nuovo la sua attenzione.
Peter continuava a tendere la mano, ma Jadis l'aveva ritratta, aprendo le braccia in un finto gesto di abbraccio che attendeva di essere ricambiato verso di lei.
Strinse gli occhi, la Strega, mentre Selenya rimaneva in silenzio senza nemmeno provare a muoversi.
-Ti sei scordata le buone maniere che ti ho insegnato?-.






































 
Ecco qui. Ovviamente, visto che c'è un personaggio in più, ho aggiunto un nemico in più, altrimenti Selenya sarebbe rimasta senza fare nulla. Lol E lei non è diversa rispetto agli altri.
Ora, come andrà con Jadis? Si scoprirà qualcosa? Nei prossimi capitoli lo vedremo. Questo è un pochino più corto, non mi sembrava il caso di aggiungere roba inutile, si sa per il resto cosa sta succedendo. :) Ci si sta avvicinando alla parte "importante" della storia, che finale vi aspettate poi?
Ringrazio per la lettura e l'attenzione, ci si vede tra due settimane.
Baci, Dhi. <3



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Capitolo 12
*** Memorie di memorie. ***


Memorie di memorie.



-Ti ho detto...-
Lo schiocco di una frustrata interruppe quella frase.
-Che devi fare un inchino ogni volta che ti ritrovi al mio cospetto-.
Le mani gelide afferrarono il viso, e gli occhi di ghiaccio si piantarono in quelli pieni di paura.
-Hai capito?- sibilò contro la preda.
Quella singhiozzò chiedendo perdono, mentre la schiena si arrossava.
-Sparisci- ordinò, seccamente, tornando a sedersi sul trono di pietra ghiacciata.
Gli zoccoli del Narniano scivolarono sulla neve, mentre questo si affrettava a rifugiarsi in qualche ala nascosta di quella prigione bianca.
-Vieni, Cara-.
Selenya era rimasta nascosta all'entrata della sala, ad osservare la scena come se potesse rompersi qualcosa ad un suo minimo spostamento, ma la Strega sembrava sapere della sua presenza già da molto prima che si facesse avanti.
Non aveva mai guardato nella sua direzione, eppure sapeva che stava li.
E Selenya sapeva che lei sapeva.
Sapeva sempre tutto, Jadis, come se ogni fiocco di neve fosse un po' di lei.
-Mia Regina- disse, chinando il capo. Aveva una mente abbastanza sveglia da aver imparato in fretta, nel poco tempo che era li, che quella signora alta e austera non andava mai, per nessuna ragione, contraddetta.
Inoltre, le aveva salvato la vita, quindi le era riconoscente, no?
-Tu si che mi dai soddisfazioni- sorrise leggermente, invitandola ad avvicinarsi. La prese in braccio e l'avvolse nella sua pelliccia, carezzandole i capelli in un gesto quasi materno. Le alzò il visto mettendole due dita sotto al mento, per poterla guardare in faccia, un mezzo sorriso che le si disegnava sul volto e una luce soddisfatta negli occhi, mentre osservava quelli della ragazza così simili e così diversi dai suoi.
-Ho grandi progetti, per te-.








-Mi hai sempre ingannato-.
Ribatté, non seppe nemmeno bene con che coraggio, provando a mettersi almeno in ginocchio e distogliendo lo sguardo.
Una fitta di rabbia le attraversò il corpo e strinse un pugno, mentre tutto ciò che lei, quella Strega, l'aveva costretta a fare, tornava con prepotenza a vagarle per la mente.
Bruciava ancora, la colpiva al cuore come se non fosse passato un singolo giorno da quei momenti.
Una scatola che si riapriva e che faticosamente aveva smesso di andare a rivedere.
-Ti ho salvato- spiegò invece la donna, inclinando leggermente il viso, usando una nota di voce più leggera e quasi dolce. -Senza di me, saresti morta- soffiò, minacciosa.
Selenya trattenne un grido di rabbia.
Sempre quel discorso. Sempre quello, per tenerla sotto il suo controllo, per renderla devota, per farsi obbedire.
-Io ti ho salvato la vita, Selenya, ricordalo. Mi appartieni-.
-E' vero- ammise, appoggiandosi alla pietra da parte a lei per alzarsi. Riusciva a respirare, ma la botta contro il muro e il braccio che sanguinava la rendevano sempre più stordita.
Se non altro, pensò, quello non le permetteva nemmeno di provare la solita paura che lei le provocava, talmente poco riusciva a capire di quello che stava succedendo.
Jadis esibì un'espressione quasi sorpresa a sentire quelle parole, ma si affrettò a sorridere.
-Vedo che sei ragionevole- Iniziò, allungando stavolta il braccio verso di lei. -Posso perdonarti per quello che è successo milletrecento anni fa- continuò, rassicurante.
Sel osservò quella mano candida che le veniva tesa bucare il ghiaccio come se questo fosse gelatina, ricordando quando, la prima volta, l'aveva aiutata ad alzarsi e l'aveva portata al caldo, al castello, offrendole una casa.
Senza lei, davvero probabilmente sarebbe morta al freddo e di fame.
Si perse nei ricordi di quegli anni passati sotto il suo controllo – o guida?
Le aveva fatto imparare a difendersi, le aveva fatto conoscere i posti di Narnia. L'aveva trattata quasi come una creatura di cristallo da proteggere, su di lei, difatti, non era mai stata troppo severa. Non aveva mai usato la bacchetta che trasformava le persone in pietra, o la frusta, non l'aveva mai rilegata nelle segrete.
Per quello, si era fidata.
Da bambina qual'era, si era fatta plasmare l'animo da quell'unica simile a lei che popolava quel luogo.
Jadis era una persona in fondo buona, pensava ai tempi, se solo i Narniani avessero fatto quello che lei chiedeva loro.
E il fatto che l'avesse salvata la legava a lei in modo quasi spasmodico, malato, eternamente riconoscente. Perché sapeva cosa poteva fare, e Jadis, a lei, proprio lei, aveva deciso di risparmiarla.
-Non è il tuo perdono ciò di cui necessito- si sentì dire, portando la mano a cercare di fermare il sangue che le colava dal braccio.
Eppure... eppure qualcosa la stava spingendo verso la lastra ghiacciata dove stava la Strega.
Quegli occhi la stavano incantando anche se non era dentro il cerchio.
Per quale motivo?
Per quell'antico incantesimo?
O perché era solo troppo debole rispetto a lei per contrastarla?
-Allora morirai-.
Selenya sentì improvvisamente freddo, una morsa che stava prendendo sempre più spazio sul suo corpo.
Rabbrividì, mentre spasmi di gelo e paura le facevano tremare le gambe e le spalle.
No. Non ancora.
Poi qualcosa si incrinò.
L'espressione di Jadis cambiò, e la Strega osservò in basso, incredula, mentre l'orrore prendeva sempre più spazio sul suo volto etereo.
Si dimenò, replicò, mentre il ghiaccio di crepava sempre di più e le sue urla di disperazione si spargevano per la stanza.
E la lastra andrò in frantumi.









-Fa male?-
Edmund le stava fasciando il polso.
I denti del lupo mannaro avevano affondato in modo molto profondo, forse le avevano anche spezzato qualche legamento e la ferita ci aveva messo vario tempo prima di smettere di sanguinare.
Tuttavia, grazie a quella sua maledizione e al fiore di fuoco che le aveva dato Lucy, era già in fase di guarigione.
Il dolore era calato ed i morsi si stavano rimarginando.
-Non così tanto- si sentì dire.
La sua testa era altrove.
L'incontro con Jadis non era stato tra i migliori eventi che potessero capitarle.
Quasi rimpiangeva la solitudine apatica di quei milletrecento anni, senza nessuno intorno e senza pericoli così grandi così tanto vicini.
-Ci hai salvati- lanciò un'occhiata ad Edmund, sorridendogli, e il ragazzo mimò un'alzata di spalle continuando ad annodare le bende.
Se non altro, in qualche modo, aveva potuto ripagare la Strega della pugnalata che gli aveva dato in passato.
-Ho finito- le fece notare, soddisfatto.
Selenya osservò il bendaggio, non potendosi impedire di sentire sulla pelle ancora la sgradevole sensazione di prima.
-Dai, vai a cercare Peter- gli ordinò. Il ragazzo non si era più fatto vedere da quando Edmund aveva rotto la lastra, annientato l'incantesimo che lo stava controllando.
-Sicura di stare bene?- domandò, iniziando ad alzarsi, vedendo il viso di Selenya ancora biancastro.
-Si, io... ho solo bisogno di stare sola per un po'-.
































Aggiorno un pochino prima perchè nei prossimi giorni ho vari impegni.
In questi capitoli (nei prossimi soprattutto) si inizia a delineare la motivazione per cui Jadis ha deciso di tenere con se Selenya, e cosa lega la ragazza a lei. Sono capitoli che avranno dentro il "fulcro" della storia e cosa accadde in passato. Dato lo stile della storia, fatto un po' a "pezzi", saranno parti che però lasciano (spero) spazio anche per la fantasia del lettore.
Ringrazio chi ha la pazienza di seguire e si ferma a leggere.
Un bacio
Dhi.

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Capitolo 13
*** Memorie di inganni. ***


Memorie di inganni.


-Mi dispiace-.

Susan si fermò nel sistemare la corda dell'arco che stava tendendo, voltandosi poi verso il ragazzo.
-Non è colpa tua- cercò di tirargli su il morale, sorridendogli e passandogli un arco per cercare di fargli occupare i pensieri.
Sapeva bene il potere che la Strega aveva sulle persone e gli animi degli altri, l'aveva provato con Edmund, con Selenya, con Tumnus; perfino Peter ne era rimasto soggiogato.
Caspian fece un'espressione poco convinta, prendendo in mano l'arma ed obbedendo tacitamente agli ordini della Regina.
Si sentiva responsabile di quella che avrebbe potuto essere un'autentica disgrazia se la Strega avesse ottenuto ciò che voleva, del fatto che Trumpkin avesse subito il tradimento di un amico, di Selenya che era rimasta ferita, delle vite che avevano rischiato di perdere.
Sospirò, incoccando una freccia.








Passò un dito sulla cicatrice, sentendo un leggero solletico sul palmo a quel tocco.
A volte, quando non riusciva a dormire, faceva passare la mano su una foglia, come se qualcuno le stesse accarezzando la mano e fosse vicino a lei per farle compagnia.
Ma non c'era stato nessuno per molti, molti anni, a riservarle quella piccola attenzione.








-Perché domandi a tutti se hanno fratelli?- Aveva domandato, un giorno, spinta dalla curiosità.
Anche a lei Jadis aveva chiesto la stessa cosa che poi avrebbe chiesto a Edmund molti anni dopo, e non si era mai spiegata il motivo. Finché, in quel momento, la curiosità fu più forte di una possibile paura.
-Oh cara... non è ancora tempo affinché tu capisca- Si era limitata a dirle, voltandole le spalle.
-Prima c'è un'altra cosa- aveva continuato, aprendo una piccola boccetta di cristallo – non l'aveva mai vista usarne una di quella forma – e versandola a terra.
Era germogliato sulla neve ghiacciata un piccolo bicchiere, semplice rispetto a quelli che nascevano solitamente tutti intarsiati, contenente, aveva visto quando la Strega lo aveva allungato verso di lei, un liquido color crema.
Aveva osservato quella creazione in silenzio, mentre la donna continuava a tenere il braccio teso verso di lei senza dire una parola.
Era come se non avesse fretta.
Non si spazientì, infatti, quando le ci volle qualche minuto buono per decidersi a prendere il bicchiere in mano.
Era nato dalla magia, e della magia di Jadis... ci si poteva fidare, si? Dopotutto l'aveva salvata.
-Cos'è?- Era stranamente inodore e dal retrogusto vagamente alla menta.
-Bevi, cara Selenya-
Fece finta di non aver sentito la domanda, osservandola dall'altro del trono su cui stava, e le sorrise.
-Ti farà bene-.








Sospirò, Sel, serrando il pugno su cui stava il taglio.
Bugiarda.
Bugiarda.
Bugiarda.

Avrebbe voluto gridare di rabbia e frustrazione, ma era abituata a sopprimere tutto ciò che provava da troppo tempo, ed era stata allenata troppo bene, perché la sua reazione diventasse qualcosa di più di un semplice corrugare la fronte e stringere le labbra ed i pugni.








-Devi convincere il Figlio d'Adamo a venire da me-.
Jadis sapeva che il minore, che aveva incontrato nella foresta, sarebbe arrivato senza problemi al suo castello.
Era stato facile ingannarlo.
Selenya, invece, doveva dare una piccola spinta al maggiore.
-Sono convinta che troverai le... tattiche adatte- le sorrise, puntandole contro la bacchetta magica, osservandola ammiccante.
Sel ghignò, gelida, pronta da sempre ad affrontare quella prova.
Jadis le aveva spiegato – spiegato bugie, aveva poi capito – che i Figli di Adamo e le Figlia di Eva della profezia e Aslan avrebbero portato distruzione nel suo regno, che sarebbero stati la loro rovina e la loro caduta – una rovina in cui Selenya, in realtà, non centrava nulla.
Era stata abituata a combattere, a ferire ed uccidere, a non provare rimorso.
-Si-.
A eseguire gli ordini senza domandarsi se ciò che stava facendo fosse giusto o sbagliato perché, Jadis le aveva detto, se lo diceva la Regina di Narnia era per forza una cosa giusta, perché una Regina fa sempre cose giuste per il proprio popolo e la propria terra.
S'inchinò, per poi andarsene, seguita dai lupi.








Maledetta.
La vista le si stava annebbiando e sentì qualcosa di bagnato scivolarle lungo le guance.
Stava... stava piangendo?








-Ti... Vi prego, perdonatemi-
-Ci fidavamo di te! Ti abbiamo seguita e ci hai quasi fatti ammazzare!- 
-Calmo, Peter-
-Ma, Aslan!-
-Ora sistemiamo le cose, Figlio d'Adamo, non preoccuparti-.








Aslan era sempre stato troppo buono e troppo fiducioso, si ritrovò a pensare, asciugandosi gli occhi.
Lui l'aveva salvata da lei, dandole una nuova possibilità di fare del bene – del bene vero, stavolta. E come poteva, una tale potente creatura dall'animo così gentile e così potente, essere sparito per così tanti millenni?








-Cos'era, quello che mi hai fatto bere?- 
-Una pozione. Ti renderà speciale-.

Speciale un corno.








-I Telmarini! I Telmarini!-
-Calmati, fauno- gli intimò Peter, quando se lo fu trovato davanti.
La creatura prese fiato per la corsa, annuendo e aspettando qualche secondo. Quando fu circondato dai Re e dal Principe e ad ascoltarlo erano arrivati anche dei centauri prese di nuovo parola.
Il suo tono era grave, e guardava preoccupato il Re Supremo.
Riportò tutti alla realtà delle cose e alla situazione in cui si trovavano.
Pensare al passato e riprendersi da quell'incontro con Jadis li aveva distaccati dagli eventi che stavano succedendo sotto i loro occhi.
-Telmar sta arrivando-.


























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Capitolo 14
*** Memorie di speranze. ***


Memorie di speranze


-E' l'unico modo, Peter-
-... E va bene, proviamo-.
Ci avevano messo un po' a convincerlo, ma stavolta nessuno si era lasciato intimorire dai modi, meno convinti rispetto alla riunione precedente, del ragazzo, mostrandosi uniti in quella decisione che sembrava l'unica che potesse avere un buon risultato.
Erano decisi e così si sarebbe fatto.
Lucy sarebbe andata a cercare Aslan.
Ci aveva messo un po' e molte parole a convincersi che si poteva fare, Peter, per poi guardare la sorellina e cercare qualcosa con cui ribattere.
Ma ciò che aveva trovato nei suoi occhi, era stata solo convinzione. Una scintilla tale da farlo dubitare e cedere, da pensare ad un piano per farle prendere più tempo possibile e tenere occupati i Telmarini.
Doveva avere fiducia in lei, come lei l'aveva in Aslan.
L'avrebbe trovato, e lui li avrebbe finalmente aiutati.
Doveva avere speranza.








-E' un buon cavallo, non vi darà problemi-
Caspian sistemò il piede di Lucy nella staffa, poi si girò verso Susan, per aiutarla a montare.
Sarebbe andata con la sorella per proteggerla in caso di problemi.
-Non ne dubito- fece la più piccola, prendendo le redini e accarezzando il collo dell'animale.








-Pronti?-
Peter impugnò la spada, preparandosi per quello scontro che aveva deciso di fare contro Miraz per risparmiare vite di soldati e guadagnare tempo.
Pochi, però, pensavano che avrebbe tenuto fede alle parole che Edmund aveva letto ai generali di Telmar qualche ora prima.
-Noi si. Tu?- domandò Selenya, sistemando la spada in vita e fermandosi poi a guardarlo.
Una leggera apprensione le attraversò gli occhi.
Miraz era un uomo senza scrupoli e con più esperienza. Peter era ancora in un corpo di ragazzo, inoltre aveva passato vario tempo a non combattere più contro un vero nemico, eccezione per l'assalto a castello. Lo riteneva un pochino fuori allenamento.
-Andrà tutto bene- le mise una mano sulla spalla, il ragazzo, guardandola fisso negli occhi per cercare di trasmetterle un po' della sua sicurezza.
E il cuore di Selenya tremò appena.








Il bosco era fitto, Destriero continuava a correre, e lei non sapeva dove stesse andando.
Non riconosceva quei luoghi, troppo diversi rispetto alla Narnia che ricordava.
Si sentiva come quando da bambina giocava a mosca cieca con i compagni, la vista completamente buia e il dubbio sempre presente di sbattere contro qualcosa.
Inoltre, era preoccupata per Susan, che l'aveva abbandonata poco prima per tenere occupati i Telmarini che le seguivano.
Lucy vacillò appena, pregando di aver fatto la scelta giusta, sperando che per gli altri le cose stessero andando bene.
Destriero accelerò l'andatura quando lei gli diede di gambe.
Si accorse di essere seguita da due Telmarini, e ripetè il gesto, sperando di riuscire a distanziarli. Erano due, erano armati e lei non sarebbe riuscita a difendersi.
Negli anni di regno aveva imparato ad usare le armi, ma aveva sempre preferito rimanere al castello o nelle tende degli accampamenti, a prestare soccorso ai feriti e usando il fiore di fuoco per i più gravi.
Era quello il compito che le era sempre stato affidato, fin dall'incontro con Babbo Natale.
E a lei, adesso, chi l'avrebbe aiutata?
Un guizzo dorato tra la vegetazione.
Lucy aggrottò la fronte, pensando che la mente faceva veramente brutti scherzi nei momenti meno opportuni.
Un altro.
Non poté impedirsi di far nascere dentro di se un piccolo moto di speranza, Lucy, anche se non … insomma, poteva avere un tempismo così perfetto?
Un ruggito, destriero si impenna e lei cade a terra.
I Telmarini gridano, ci sono nitriti di cavalli e rumore di spade, vegetazione calpestata.
Ringhi e cozzate di metallo.
E poi... poi il dorato sostituisce tutto il resto.
Lucy riuscì solo a vedere quella figura che da tanto aveva aspettato fissarla dritta negli occhi, in attesa.
-Aslan!-
Non si rese nemmeno conto di aver iniziato a corrergli incontro. Si ritrovò distesa a terra, immersa nella criniera che fino a quel momento aveva solo sognato, a stringere quel manto un po' ruvido ma sempre così caldo.
-Mi sei mancato-.
Finalmente.
Finalmente Aslan era li, con lei, era li davvero.
Fu la sensazione più bella che provò da quando era arrivata a Narnia, una totale gioia che la fece sentire tutta più leggera.
Il cuore sembrò sciogliersi per poi riempirsi di forza, di quella potenza che ti costringe ad andare avanti anche nei momenti peggiori.
Sarebbe andato tutto bene.
Aslan era li, e ridacchiava con quella sua voce roca – più roca di milletrecento anni prima, come se fosse stata intrisa in tutto quel tempo di nuove parole e conoscenze mai espresse. 
Lucy fece per dire qualcosa, pronta a sommergere il leone di tutte quelle domande che non aveva potuto fare fino quel momento.
Ma Aslan la fermò, con un tacito sguardo che le intimava di pazientare, alzandosi e osservando il bosco silenzioso.
E, poi, ruggì.









Evitò una lancia, e due soldati che le stavano venendo incontro, sgusciando attraverso le loro gambe.
Quando quelli si girarono per attaccarla, delle frecce li colpirono.
Susan era sempre stata attenta a quelli che avevano bisogno di aiuto, mandando i suoi dardi a dare supporto.
Non sbagliava mai.
Selenya sorrise, cercando di farsi spazio tra i due eserciti e raggiungere Peter. Era preoccupata per via dello scontro che il ragazzo aveva affrontato contro Miraz, temeva potesse ritrovarsi senza forze da un momento all'altro.
E Lucy? Chissà se Lucy era riuscita a trovare Aslan.
Erano nettamente in svantaggio e la differenza iniziava a farsi pesante.
I Telmarini avevano distrutto il rifugio – le catapulte, davvero, non ci volevano.
Si bloccò quando scorse Caspian essere preso di mira da un generale, e fece per aiutarlo. Ma qualcosa la bloccò ancora prima che potesse muoversi.
Aveva sentito cambiare qualcosa nell'aria, come se questa si fosse messa a danzare in modo invisibile.
Si osservò intorno e inspirò a fondo chiudendo gli occhi, mentre Peter le gridava se fosse improvvisamente diventata più matta del solito.
Era un'aria nuova, totalmente diversa rispetto a quella anonima che aveva respirato fino a poco prima.
Era un'aria viva.
Percepì la terra tremare e sorrise.
Aslan.







Fu quando vide l'espressione serena di Selenya, quei tratti improvvisamente distesi, che qualcosa nella mente di Peter si accese.
Le piante che si muovevano rabbiose verso i Telmarini, la conferma da tempo aspettata e cercata.
Edmund gli diede delle pacche sulla spalla, mentre si tirava via il sudore dalla fronte e sorrideva sghembo.
Grida di esaltazione ed esultazioni si espandevano per la radura; e lui sentì un moto d'orgoglio e soddisfazione scaldargli il petto.
-Lucy ce l'ha fatta-.




























































L'altra volta non ho scritto nulla perchè non avevo niente in particolare da dire sul capitolo.
E' venuta fuori una parte di passato di Selenya e qualche spiegazione, avevo già detto che non era nulla di "particolare". Spero che la cosa non vi abbia delusi, ogni parere ovviamente è sempre accetto. La storia è molto agli sgoccioli, due capitoli ed è conclusa.
Spero che continui a piacere ed interessare. :)
Alla prossima, Dhi.




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Capitolo 15
*** Memorie di ruggito. ***


Memorie di ruggito.


-Ragazza, vieni qui-.
Selenya si fece avanti, ricomponendosi e superando la spada che Peter stava abbassando per ordine del leone.
-Fatti guardare-.
Aslan le si fece vicino, facendole immergere lo sguardo azzurro in quel mare di ambra. Faceva paura.
Provò un brivido, Selenya, perché se solo avesse voluto, in un attimo le avrebbe potuto portare via la vita. Bastava uno slancio del corpo, una zampata ben assestata.
-Ho visto abbastanza- Irruppe nei suoi pensieri, voltandosi poi verso Peter, che la scrutava in cagnesco, Susan e Lucy abbracciata alla sorella.
-Quindi?- domandò il Pevensie, sulla difensiva. -Che ne facciamo di lei?-
Sentì un colpo al cuore, Sel, capendo di quanto veleno erano intrise le parole del Figlio d'Adamo, e non ebbe il coraggio di voltarsi. Mai, in vita sua, si era sentita così... così... in colpa? Erano sentimenti, quelli che provava?
Si erano affidati alle sue parole, mentre lei avrebbe dovuto condurli alla morte. La profezia non avrebbe dovuto realizzarsi, era il comando che le era da sempre stato dato.
Poi, vedendo Lucy, passando del tempo con loro, qualcosa si era sciolto.
I discorsi su Aslan e riguardo la pace, la primavera, su una Narnia viva, le si erano conficcati in testa, costringendola a pensarci sempre di più, e si era ritrovata a voler poter vivere anche lei qualcosa di simile.
Qualcosa che, sapeva bene, con Jadis non era possibile.
Jadis voleva il freddo, il terrore, voleva la solitudine di un regno annientato sotto il suo comando.







-Conduciamoli al fiume!-
-Avanti Narnia, un ultimo sforzo!-
Erano davanti al fiume, Aslan dall'altra parte del ponte insieme a Lucy, in attesa.
Il leone rimane chiuso nella stessa compostezza che da sempre lo caratterizzava, e scrutava gli uomini di fronte a lui che lo stavano caricando, senza espressione.
Ruggì.







-Giuri fedeltà?-
-Lo giuro-
-Giuri di esserti pentita per gli errori commessi?-
-Lo giuro-
-Alzati, Selenya. Ricomincia a vivere-
-Grazie... Aslan-.







Il fiume si alzò, prendendo vita.
Fu uno spettacolo che i Narniani osservarono con una felicità che tornava a farsi spazio tra loro, increduli di trovarsi di fronte a quello spettacolo di pure magia.
Finalmente, finalmente.
Avevano aspettato così tanto un evento simile che venisse in loro soccorso.
Che Aslan, venisse ad aiutarli.
La magia liberata dal ruggito del leone tornò ad espandersi per Narnia, risvegliando quella terra troppo a lungo rimasta nel silenzio e liberando tutta la potenza che era capace di emanare.
Non ci volle molto affinché Telmar dichiarasse la resa.







-Non mi fido di te- le soffiò sospettoso Peter a pochi centimetri dal viso.
Selenya lo guardò senza ribattere, a metà tra il dispiaciuto e lo scocciato.
Cosa doveva fare di più?
Il ragazzo si allontanò di poco, consapevole che la ragazza avrebbe potuto attaccarlo da un momento all'altro. Se l'avesse fatto, in un attimo di stizza, lui avrebbe certamente perso per inesperienza. Per questo l'istinto lo fermava sempre dal fare qualcosa. Spirito di sopravvivenza, probabilmente.
-Il perdono non è una cosa così spontanea- fece la sua comparsa Aslan, e i due si voltarono di scatto, osservandolo avvicinarci e poi sedersi sul terreno a poca distanza dai due, la coda che si muoveva lenta nell'aria.
Nessuno parlò per qualche attimo.
-Il perdono va guadagnato- guardò in direzione di Selenya, come se potesse leggere nella mente ciò a cui stava pensando.
Lei era davvero pentita di ciò che stava per fare. Voleva cambiare, uscire dal gioco di Jadis. Anche se aveva paura. Come avrebbe reagito la Strega, sapendo ciò? Perché lo avrebbe saputo, presto.
-Ma una persona, specialmente un buon Re, deve essere in grado di perdonare anch'essa- continuò, in direzione di Peter, che gonfiò leggermente le guance in protesta.
Il leone capì che si stava facendo intendere poco con quelle sue spiegazioni criptiche in un discorso all'apparenza così complicato.
-Intendo che bisogna anche apprezzare il fatto che qualcuno venga a chiedere scusa, pur non essendo il perdono una cosa automatica. Bisogna sentirselo dentro, altrimenti rimangono solo parole-.







Sembrava essere tornata la pace.
Una pace per troppo tempo attesa.
Guardò Lucy vedere i tre fratelli e Caspian inchinarsi davanti ad Aslan. Il leone dire loro qualcosa, parlare con il Principe, i quattro rialzarsi in piedi e sorridere tra di loro.
Quanto, quanto avevano aspettato tutti per poter dire di essere in pace, di aver vinto, di essere finalmente liberi?
A Selenya si infossava il cuore se solo ripensava a tutto quello che lei e Narnia avevano dovuto sopportare.
Dolore, e paura, e sconfitte, e disperazione, e solitudine, e morte.
Si risparmiò di domandarsi nuovamente dove fosse stato Aslan tutto quel tempo. Quella creatura aveva ragioni che mai le avrebbe spiegato, e lei era stanca di farsi domande senza avere risposte.
Fu come se improvvisamente sentisse tutta la stanchezza – una stanchezza accumulata in tutti quei millenni che le gravò di colpo sulle spalle in una singola volta.
Si costrinse a sedersi su un masso, cercando di respirare lentamente, volgendo il viso con gli occhi chiusi al sole – un sole che poteva guardare apertamente, senza timori.







-Non ti fidi? E va bene-.
Si era stufata.
Aveva estratto la lama prima che Peter potesse fare qualcosa, mentre Aslan se ne stava sempre ad osservare la scena in silenzio. Il ragazzo si irrigidì, impugnando l'elsa della spada che teneva in vita e indietreggiando.
-Lo sapevo che non eri sincera!- le sputò addosso, stringendo gli occhi.
Perché Aslan non faceva nulla?
Si mosse quando quella alzò il braccio, e sentì un colpo al petto.
Guardò il vestito che indossava, vedendo degli schizzi vermigli freschi gocciolare.
Eppure non vedeva nessuno strappo, ne sentiva dolore.
Peter strabuzzò gli occhi qualche attimo, prima di capire che il sangue sulla casacca non era suo ma di Selenya.
La ragazza lo aveva spinto via con un pugno, per poi tagliarsi il palmo della mano con la spada.
-Giuro sulla mia stessa vita, con questo stesso sangue, di essere sinceramente pentita e di volervi aiutare- gli tese la mano, mettendogli sotto il naso la ferita. Peter rimase immobile qualche attimo. Poi, Aslan lo precedette, iniziando a leccare il sangue e la ragazza ci mise qualche attimo a rendersi conto di quello che stava facendo.
-Non è tutta colpa tua, mia cara- disse, dopo poco.
Selenya aggrottò la fronte, osservando il taglio smettere di sanguinare, pur rimanendo aperto.
-Jadis ti ha cresciuta e plasmata a suo piacimento- continuò, come se ciò che diceva fosse ovvio, lanciando un'occhiata al Figlio d'Adamo accanto a lui.
-Inoltre, ti ha incantata-.
-...Si-
-In che senso incantata?-
Aslan guardò Selenya, lasciando lei la spiegazione.
Lui, in quel momento, aveva già capito tutto.
-Mi ha... fatto bere una pozione. Quasi duecento anni fa-
-Duecento!? Ma non è possibile!-
-Ci sono cose a noi inspiegabili che solo la Grande Magia può fare- spiegò paziente Aslan.
Non era possibile che quella ragazza fosse così tanto più grande di lui!
Selenya piantò gli occhi in quelli del ragazzo, rimettendogli la mano sotto il naso – e vedendolo indietreggiare a disagio, non ancora abituato alla vista di così tanto sangue.
-Allora, ora ti fidi?-
Un sospiro, tra il frustrato e l'esasperato.
-...Ci proverò-.

















































Penultimo capitolo di questa storia. Non ho molto da dire, se non ringraziare chi continua a leggere e seguirmi.
Questo progetto era nato per caso e per sfizio ma nel complesso mi ritengo molto soddisfatta di come sia venuto, specialmente anche perchè è la prima long che terminerò. Quando l'ho ripresa in mano stavo in un modo pessimo e uscivo da un brutto periodo, ora invece le cose sembrano migliorare e spero continuino a farlo. E' incredibile come possano cambiare le cose.
Vi auguro un buon anno nuovo, anche se in ritardo, e di tenere sempre accesa una lucina di speranza. Verrete sicuramente ripagati. :)
Scusate il momento sentimentale, oggi va così.
Un abbraccio grande, Dhi.

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Capitolo 16
*** Memorie di addii. ***


Memorie di addii.


Il piazzale era gremito di gente, abitanti di Telmar e creature di Narnia.
Era quasi ironico pensare che in quel momento convivevano nello stesso posto due mondi così diversi che per millenni si erano fatti guerra e conoscevano solo quello.
Due giorni prima si era festeggiato, con un banchetto a castello, e Caspian era stato incoronato come legittimo Re di Telmar – e Narnia e i territori di appartenenza.
Non pensava di meritarsi anche quel ruolo, il Principe, e si era domandato come mai non aveva invece ripreso il governo Peter e i suoi fratelli.
Un quesito che non aveva avuto il coraggio di fare al leone, poiché poi lo aveva scorto prendere in disparte di due Pevensie maggiori.
Qualcosa lo aveva trattenuto.





-Andrò io- Si offrì il generale che aveva tentato di uccidere Caspian, avvicinandosi con la moglie e il figlio di Miraz al varco che Aslan aveva creato soffiando sull'albero – e che era stato accolto con scetticismo, dal popolo Telmarino.
La folla osservò le tre figure scomparire, mentre dei bisbigli si spargevano per la piazza.



-Tocca a noi-
Cosa?
Selenya venne colpita da quella frase come se fosse stata presa in pieno da più frecce che le si conficcarono direttamente nei polmoni.
Le sembrava quasi di svenire.
-Perché?- domandò ad Aslan, mentre con Lucy parlava Peter.
-Dobbiamo andare. Il nostro tempo qui è finito-.

Sel usò un tono più acuto del solito nell'esprimere la propria negazione a quella possibilità, e si avvicinò a piccoli passi ansiosi, giungendo di fronte al leone.
Non poteva portarglieli via.
Non di nuovo.
Respirò a fondo prima di continuare a parlare, sapendo che non doveva perdere la calma – ma cercare di restare lucidi era parecchio difficile, in quel momento.
Aslan attese, paziente. Sapeva quanto gli animi fossero soggetti a emozioni, e sensazioni, e pensieri.
Si aspettava una reazione simile.
A dire il vero... soppesò il volto dei Pevensie, fermandosi un poco di più su quello sofferente di Lucy. Era l'unica che davvero aveva continuato a non dubitare mai di lui. …Dispiaceva anche a lui.
Se Selenya non fosse stata impegnata a parlare esprimendo il proprio dissenso totale e agitando le braccia in aria avrebbe colto il leggero lampo di rassegnazione che attraversò gli occhi del felino.
Le leggi erano leggi e lui non poteva nulla contro la Grande Magia.





-Dobbiamo salutarci- Peter la interruppe nel suo monologo – Aslan si era limitato ad ascoltarla senza ribattere più di tanto.
-Ma...- provò, voltandosi.
Si fermò, osservando il volto tirato del ragazzo che cercava di rimanere composto nella sua regalità.
Quanto stava soffrendo, Peter, dentro di se, a lasciare di nuovo tutto quello che aveva guadagno?
La tirò a se, abbracciandola.
-Non rendere le cose più difficili- sussurrò.
Inspirò a fondo, Selenya, ricambiando e cercando di farsi forza.
Aveva ragione.
Non doveva rendere loro le cose più dure.
Stavano tutti soffrendo come e più di lei.
-Hai ragione- convenne dopo qualche attimo, staccandosi.
Osservò Caspian e Susan abbracciati e cercò qualche indizio sul viso di Peter per decifrare la sua reazione, ma sul volto del vecchio Re non ci fu un muscolo fuori posto.
Gli occhi però, ah, gli occhi si velarono di tristezza nel vedere la sorella soffrire.
-Se non altro ci si saluta, questa volta- convenne Edmund, strappando dei leggeri sorrisi e abbracciandola.
-Quanto sei idiota- bifonchiò, contro la spalla del ragazzo, tirandogli un piccolo pugno.
Aslan stava rassicurando Lucy sul fatto che sarebbero tornati, Susan le accarezzò una guancia e poi la strinse nell'ennesimo abbraccio – ah, da quando quel gesto faceva così male, invece di consolare?
Qualcosa continuava a dibattersi dentro di lei gridando di ingiustizia, ma Selenya non osò fare nulla.
Era come un automa, che fa quello che deve.
Forse era il dolore che la rendeva così rassegnata agli eventi.

Con Lucy fu più difficile.
La ragazzina non si preoccupava di nascondere gli occhi lucidi, o di guardarla con quello sguardo pieno di gioia spezzata come in una muta preghiera.
E provò rabbia, Selenya, perché Narnia dava e toglieva e faceva, in qualche modo, sempre soffrire le persone che invece amavano quella terra e si sacrificavano per essa.
Si sentiva stanca, ma percepiva l'insostenibilità di quella situazione iniziare a ribollirle nel sangue.
La maschera di freddezza iniziava ad incrinarsi sotto quelli che per anni erano stati solo graffi.
-Ci mancherai-. 
Una crepa.
-Almeno stavolta non sarò da sola e mi avete salutata-.  
Due, tre, quattro crepe.
Le schiene verso il varco, un ultimo sguardo, un ultimo ricordo impresso nella mente.
-Anche voi mi mancherete...-
Dieci crepe, cento crepe, mille crepe.
-...Tanto-.
La maschera si ruppe.





























































La storia non è conclusa del tutto, in quanto manca un piccolo epigolo. Ve lo aspettavate questo finale, oppure pensavate che sarebbe andato tutto liscio? Nuove impressioni sono sempre ben accette :)
Alla prossima, Dhi.






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Capitolo 17
*** Memorie di promesse. ***


Blood Legacy.
Epilogo.
Memorie di promesse.








Un sole che cala, lento, dando vita ad un tramonto dal sapore del sangue che colora il cielo di vermiglio. Due figure guardano il mare dalla spiaggia, sedute sugli scogli, la brezza che muove i vestiti e le loro ombre proiettate sulla sabbia ancora tiepida.

Non parlano, perché non ci sono termini e discorsi abbastanza adatti per potersi permettere di rompere quella bolla di pace e malinconia in cui sono avvolti.

-Torneranno.-

Più che un'affermazione sembra una richiesta di conferma, un sussurro perso nel silenzio di quel luogo pacifico in cui, sanno già, si recheranno spesso per cercare risposte o godersi la solitudine.

-Aspettateci.- Un occhiolino.

-Con voi due al comando, Narnia avrà ancora bisogno di noi.-


-Si, lo faranno.-

Un sorriso addolcì i lineamenti femminili, ma gli occhi non poterono fare a meno di luccicare di sofferenza per il vuoto provato. Sapere di averli salutati non aveva cambiato niente. Il dolore della perdita era sempre lo stesso e niente avrebbe potuto renderlo più dolce.

-Lo hanno promesso.-

Lo sguardo corse alla mano segnata da un taglio. Il ragazzo notò di nuovo la cicatrice che segnava e deturpava la pelle, e ricordò ancora tutta quella parte di tempo di cui non aveva fatto parte e che era curioso di conoscere, come se in quel modo loro non l'avessero ancora lasciato e potessero, in quel strano modo, dargli la sicurezza di cui aveva bisogno per succedergli come Re.

L'uomo di Telmar che aveva salvato Narnia.


-Allora, mi spieghi?- le domandò, indicando con un cenno le mani. Lei sorrise, gli occhi che riflettevano la luce del tramonto di un sole calante che invitava la luna a prendere il suo posto.

-E' una lunga storia.-

La storia della vita di una creatura che ha atteso nell'ombra di una Narnia dimenticata per milletrecento anni il ritorno della speranza, di coloro che la strapparono alla Strega di Ghiaccio dandole una casa e l'affetto di una famiglia. Un patto legato dal sangue ed inciso su pelle. Che supera il tempo, che si imprime nei cuori, che domina i ricordi.

-Ho tempo.-




















































Ed eccoci al termine ufficiale di Blood Legacy.
Sono soddisfatta, nonostante ci abbia messo più del previsto, in quanto con questa storia ho concluso la mia prima long (anche se non ai livelli di complessità di Spirits ^^'). Ho tanti altri progetti che mi piacerebbe riuscire portare avanti e spero di farcela e, inutile dirlo, spero che qualcuno continuerà a seguirmi.
Per quanto riguarda la fine... beh, è una sorta di finale aperto, deciso fin dall'inizio in questo modo - chissà, magari in futuro ci tornerò con un piccolo sequel.
Ringrazio chiunque abbia letto, chi preferisce, segue e ricorda, e coloro che inoltre si sono fermati o si fermeranno a lasciare un loro pensiero, sempre ben accetto.
Alla prossima,
Love you all
D.

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