Per un mondo luminoso e azzurro

di Claa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***



Capitolo 1
*** Uno ***




 
CAPITOLO 1




LELIANA


Leliana si chiuse nella sua stanza, affacciata sulla navata vuota. Le lanterne splendevano arancioni sulle pareti scure e grezze e sul suo viso levigato.
Dopo gli ultimi catastrofici avvenimenti, e l'avvento del giovane Araldo, le sue giornate si erano caricate di tensioni. Ma soggiornare a Haven le piaceva anche per questo: vi regnava la pace ideale per ponderare. Sentiva di poter essere fredda e pacata come la neve, congelata. Il sole, eternamente basso, non era abbastanza intenso per scioglierla, né lo erano le note dei menestrelli, che si riversavano nelle vie fino a tardi.
Lei non cantava più da anni. Era stata tante cose nella sua vita: era stata un bardo e un'amante, ma ora non era più né l'uno né l'altra.
Col tempo, inconsciamente, aveva sviluppato una certa repulsione per i canti; portavano troppi fantasmi.

Non poteva non ricordare l'ultima volta in cui si era esibita all'accampamento: i fuochi scoppiettavano sotto la calma notte stellata, e balenavano ramati nei grigi occhi di Rowan. La melodia era fluita fra loro e le aveva unite con la forza di una promessa. Da allora per Leliana era stato tutto più facile: se le capitava di sentirsi perduta, le bastava andare da Rowan e attingere a piene mani alla fonte della sua sicurezza. Aveva sperato di non dover conoscere altro, di abitare quella sicurezza per sempre.
Se poneva attenzione, poteva ancora distinguere, lontane, le loro risate in riva al fiume. Non poteva non ricordare il gioioso scintillio dell'acqua, il fiammeggiare dei capelli di Rowan, le proprie dita bianche che si muovevano adagio tra quei fili.
Non si era mai sentita al suo posto come al suo fianco.




Da dietro il suo velo, Leliana guardava acutamente i compagni dell'Araldo che a mano a mano comparivano a Haven. Costituivano un gruppo senz'altro eccentrico, e sebbene taluni membri in particolare - Sera, il Toro di Ferro - la lasciassero profondamente perplessa, provava ad avere fiducia in Astrid e nel suo giudizio. La ragazza aveva l'eleganza e l'educazione dei nobili, e l'istruzione e la disciplina dei maghi del Circolo, ma la rara fermezza e lungimiranza erano da attribuire solo a lei stessa. Era una ragazza buona e scaltra, impavida; fuori dal comune, eppure incredibilmente semplice. Se guardava lei, Leliana non sapeva dire cosa vedeva; forse vedeva il presente. A volte, in un suo tono di voce, in un suo gesto, vedeva Rowan.
Alla sua età, però, Rowan era più arrabbiata, già segnata dai molti addii e da ciò che la aspettava. Il loro gruppo era stato diverso, ricordò con mestizia; loro erano stati quelli soli, gli abbandonati.
Oggi dinnanzi ai più giovani si apriva un orizzonte di possibilità. Avevano cuori limpidi e brucianti che li avrebbero condotti alla gloria.
Quale fosse il suo, di ruolo, o di che disegno facesse parte, era uno dei misteri che accompagnavano quei giorni di incertezze.




ASTRID


Astrid non aveva solamente visto quel disgraziato futuro, lo aveva anche toccato, toccando le corde che torcevano i polsi di Leliana, e odorato, odorando l'aria soffocante e riarsa del Varco.
Lo aveva sentito, sentendo, schiacciante sulla pelle, l'inevitabilità con cui Cassandra e Sera si erano allontanate, il folle avvertimento e poi il nulla dell'ultimo sguardo di Leliana.
Quel futuro era esistito, i suoi amici erano morti, non era stato evitato.
Non sapeva decidere cosa la spaventasse di più: se il fatto che in quei fatidici istanti non si fosse mossa, o che fosse stata sul punto di farlo. E quando quel pomeriggio, all'ombra quieta della tenda, aveva guardato di nuovo Leliana negli occhi, violenti ma fiduciosi, quasi le aveva stretto convulsamente un braccio e urlato: Non andiamo avanti, restiamo in questa quiete, a prima che tutto accada.
Non avrebbe permesso a quel futuro di sorgere; qualsiasi cosa questo significasse, sarebbe andata fino in fondo. Voleva un mondo bello che si rispecchiasse luminoso e azzurro negli occhi dei suoi amici.




ROWAN


Nelle notti serene Rowan alzava sempre il viso al cielo, abbandonandosi alle sue immensità. Con lo sguardo viaggiava per miglia e miglia fino a Leliana, che soleva immaginare in un quadro caldo, al sicuro in una casa fra le colline; le sue mani lunghe al chiarore del camino, i suoi occhi gentili penetravano i suoi pensieri attraverso la notte - cosa non avrebbe dato per essere quella casa, e serbare Leliana come il segreto più prezioso.
Nutriva una triste invidia nei confronti di coloro che godevano della sua compagnia, avvertivano il suo odore - la sua più intima, primordiale verità - e ascoltavano la sua voce - dolcissimo suono d'arpa. Pensava per prime queste due cose quando il desiderio di lei si faceva martellante, e la mano scendeva in cerca di un qualche sollievo.
Il giorno in cui ricevette la lettera, la lesse stoicamente, ma la strinse tanto da stropicciarne i bordi. Rispose con diligenza all'Inquisitore, poi scrisse a Leliana.
Le recò le sue condoglianze per la scomparsa di Dorothea, ed aggiunse con afflizione: Non appena ebbi la notizia, intrapresi caparbiamente la via del ritorno. Ma dopo ore di cammino ininterrotto, non potei ingannarmi oltre: ogni passo mi allontanava da te. Il Richiamo deve essere la mia priorità, o non saremo mai libere. Niente impedisce alle strade degli amanti di separarsi ancora e ancora, ma io voglio poter scegliere con te, Leliana.
E col cuore pesante concluse:
I menestrelli cantano: "Un tempo sedemmo nella luce dei nostri sogni"; quel tempo non è finito, i nostri sogni non sono morti. Abbi fede in te stessa, e non sbaglierai. Io ti seguirò con un sorriso fin nell'inferno. Sei la mia benedizione.







"Bene, bene, bene" disse Morrigan sorridendo velatamente. Sedeva con le gambe allungate e le spalle rilassate su di una panchina al margine del cortile, circondata da scure piante rigogliose; sembrava una dea discesa dalla Luna che si trastullasse nel suo piccolo rifugio.
Leliana, che si era soffermata per un momento su quell'immagine, si fece avanti tra le ombre della notte. Morrigan pensò che avrebbe potuto confondersi con una di quelle ombre.
"Sorella Usignolo" esclamò, come assaporando il suono e il significato di quel bizzarro nomignolo. Volse i suoi gialli occhi avidi in quelli di Leliana, e il suo sorriso si allargò. "Dovrò farci l'abitudine."
"Morrigan" fece lei, con un breve cenno del capo. Si sentì turbata (Morrigan, dopotutto, rievocava antichi ricordi occultati, pieni di dolore e sentimenti miserabili), e vulnerabile, sì, ma non diversa, o spaurita. Riconosceva a malapena i capelli corvini, lo sguardo e la voce sarcastica della ragazza sprezzante e orgogliosa che si muoveva nel mondo come uno scorpione pronto all'attacco. Ora era una madre, premurosa persino, e una donna di corte: la vita era davvero sorprendente.
"Eccoci di nuovo qui, dunque: con una minaccia da sventare, una paladina della giustizia ad aprire la strada e, ahinoi, un po' più di rughe. Ma non voglio fare la nostalgica."
"Devo ammetterlo, in tutti questi anni hai coperto bene le tue tracce, e giocato bene le tue carte" disse Leliana avvicinandosi di qualche passo. "Mi è capitato di domandarmi perché fossi svanita nel nulla..."
Morrigan si sentì inondare dalla gratitudine: Rowan aveva taciuto, anche con Leliana, anche con lei.
"O dove fossi andata. Non che mi importasse, almeno, non direttamente" e dicendo questo portò lo sguardo oltre le statue e i portici, a chissà quali giorni. "Quali siano i tuoi scopi, lo ignoro, ma se saprai rimanere al tuo posto e renderti utile, a me sta bene."
"Credevo spettasse all'Inquisitore comandare. Hai una lingua che taglia, Leliana. Rilassati: non sto per divorarti" disse.
Ma Leliana non ci avrebbe scommesso una moneta d'argento, e non rinunciò al suo atteggiamento austero. "Alistair è morto"
Morrigan rispose: "L'ho sentito", e qualche secondo più tardi, alle spalle di Leliana che giravano leggere, come per parare un colpo o ansiose di farsi ammirare: "Lei dov'è?".
"Troppo lontana" mormorò, sentendosi improvvisamente bloccata. "Da quando ti interessa?"
La strega la guardò fissamente. "Sai che l'amavo."
A quelle parole l'animo di Leliana tremò, e una visione tornò a sopraffarla: Rowan e Morrigan che, in disparte, giovani e vigorose, si guardavano e si sorridevano nel fresco tramonto, in una complicità dolce e pericolosa. Lì tra loro aveva visto un qualcosa - di intricato e potente e a lei estraneo - che l'aveva fatta sentire un'osservatrice all'interno della sua stessa storia. "Non come l'amavo io" ribatté dura.
"No" disse Morrigan con un lieve sospiro, "non come l'amavi tu".
Una risposta nebulosa, ma garbata, e Leliana se ne accontentò. Congedandosi disse: "Kieran. È un ragazzo estremamente intelligente. Farà grandi cose".
La strega sorrise con dolcezza. "Lo credo anche io."





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Capitolo 2
*** Due ***




CAPITOLO 2



LELIANA


Ora che Cassandra era stata eletta Divina, Leliana, un po' sconfortata ma non priva di energie e buoni propositi, era libera. La felicità l'aveva invasa quando Astrid e il suo scapestrato gruppo avevano sfilato trionfanti per la fortezza, urla di giubilo, applausi e fischi si erano levati al di sopra delle alte mura. Una nuova vittoria rallegrava il mondo dopo il quinto flagello. Gli occhi le si inumidirono mentre fissava le vette delle argentee montagne nell'aria pungente. Doveva molto ad Astrid; grazie a lei era riuscita a rivalersi sulle proprie infide ombre, che la stavano inesorabilmente conducendo dritta in un baratro. Cosa avrebbe trovato Rowan se Astrid non ci fosse stata, come l'avrebbe guardata, erano domande che la laceravano, ma che teneva appuntate nella mente come monito imprescindibile. Che non fosse il suo sedere a scaldare il Trono Raggiante, poco importava: c'era ancora tanto da fare, e lei non sarebbe stata con le mani in mano; avrebbe condiviso le sue esperienze e diffuso la speranza.
Guardando le vette, si lasciò cullare dal sogno, sempre meno remoto, della sua amata che le sorrideva con labbra rosse, e dalla rinnovata, palpitante fede in un futuro splendente.




HAWKE


Il suo amico Alistair era morto, mentre l'Araldo di Andraste era risorto dall'Oblio, per la seconda volta, e li aveva salvati. Garrett si chiese se non fosse stata l'indolenza di tutta una vita a portare Alistair fino a quel punto, in cui gli veniva concessa la possibilità - forse l'ultima - di dar prova del proprio valore. E le sue gambe non avevano indietreggiato, era morto da eroe. Allora qual era la verità? Si poteva dire che Alistair avesse perso se stesso nell'Oblio, o che nel momento decisivo si fosse infine ritrovato? Non era uomo fatto per le illusioni, perciò si tenne le sue domande e si accommiatò dall'amico in un silenzio solenne e rispettoso.
Quanto all'Araldo di Andraste, quella donna era surreale. Non osava immaginare in cosa l'avrebbero trasformata le leggende, se già da viva dava la sensazione di essere impalpabile, onniscente e onnipotente e al tempo stesso umana e inconsapevole. Emanava da lei una fiducia in se stessa così naturale e solida, che non si poteva non considerarla più che legittima, e Garrett le ammirava e invidiava intimamente questa sua peculiarità. Arrivò a chiedersi se, al posto suo, Astrid sarebbe stata in grado di guarire la nevrosi che si era impossessata di Kirkwall, ma poi rammentò alcune parole udite proprio da lei: "I se non mi interessano" e seguì il suo esempio.
Sopravvissuto per volere del fato alle terribili vicende che avevano scosso il mondo, era deciso a impiegare al meglio ogni secondo, votandolo agli altri e a una pace dalle salde fondamenta. Isabela era sempre nei suoi pensieri; sperava  di potersi annoiare con lei in quella pace, un giorno; di poterla sentire fra le sue braccia sulla nave investita dal vento, e sommergerla dell'amore che meritava, ridendo ai suoi sbuffi scocciati e timidi quando si sarebbe sottratta.




ASTRID


Dopo essersi a lungo rotolate nel letto a baldacchino, Sera e Astrid giacevano tranquille l'una davanti all'altra, osservandosi amorevolmente, carezzandosi e spostandosi di tanto in tanto i capelli. Il clima nella stanza era confortevole, e permetteva loro di starsene nude con solo i piedi sotto le coperte. Le aspettavano tanti giorni insieme, belli e ordinari (seppur con Sera nulla potesse più dirsi ordinario).
Con voce fievole ma febbrile, l'Elfa a un tratto le disse: "Voglio essere il più viva possibile, e arrivare a essere tutto ciò che posso, per te", i suoi occhi pieni di paura e coraggio.
Le labbra di Astrid si contrassero in un sorriso commosso. Sera, il suo miracolo dalle orecchie a punta.







Leliana aveva incaricato una delle sue spie di consegnare una lettera all'Eroe del Ferelden, in cui con mano leggera si premurava di raccontarle da vicino la disfatta di Corypheus e di trasmetterle lo spirito di festa e spensieratezza che aveva contagiato Skyhold.
Al rientro della spia, questa, porgendole la lettera di risposta, le riferì che l'Eroe del Ferelden nell'apprendere la buona novella aveva sorriso in un misto di orgoglio, soddisfazione e sollievo, e uno strano fervore si era acceso nei suoi occhi. Leliana non poté trattenersi dal sorridere.





 

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