Famiglie precarie

di MuttigMaggie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scoperta in-attesa ***
Capitolo 2: *** Vane speranze e desideri golosi ***
Capitolo 3: *** Matrimoni ***
Capitolo 4: *** È tutta una questione d'abitudine. ***
Capitolo 5: *** Decisioni ***
Capitolo 6: *** Nuove speranze ***
Capitolo 7: *** Caduta libera. ***



Capitolo 1
*** Scoperta in-attesa ***


Camminava nervosamente zigzagando tra la mobilia del loro piccolo salotto.

Erano in quattro in un minuscolo bilocale, uno in più non ci sarebbe mai stato, non avevano nemmeno una scrivania, però non sarebbe così male avere una famiglia tutta loro, pensò.

-Allora?-chiese bussando nervosamente alla porta del bagno

-Ancora nulla-disse una voce femminile dall'interno del bagno.-Mario calmati, siediti e leggi una rivista.-disse lei, con tono consolatorio. Ormai si conoscevano da dieci anni, Erica sapeva come trattarlo, sapeva ogni tratto del suo carattere. Era certa che non avrebbe seguito il suo consiglio e che dopo poco avrebbe comunque bussato, perché era fatto così.

-Allora?-disse appunto pochi istanti dopo.

-Caro sono passati solo pochi istanti. Siediti e aspetta cinque minuti.-

Lui ci provò davvero. Si sedette sul divano di pelle rosso che aveva vissuto tempi migliori e prese la prima rivista che gli capitò tra le mani: mondo sudoku.

Dopo pochi minuti mollò il sudoku visto che non aveva trovato nessun numero. Si alzò e si avvicinò alla porta del bagno.

-Prova a guardare un po' di tivù.-disse Erica.

-Non ce la faccio. Cara: tu come fai ad essere così calma?-chiese lui nervosamente.

-Non sono calma, sei tu quello super agitato.-In realtà era davvero calma, conosceva già la risposta, forse per senso materno, ma ne era certa. Il ritardo di due settimane del ciclo, la voglia insaziabile di muffin e la continua nausea erano segnali evidenti.

-La mia è la normale reazione di un forse futuro padre.-

-Come sei pesante, ancora mi chiedano come facciano i tuoi alunni a sopportarti.-disse lei, esterrefatta.

-Ti amo anche io cara.-disse lui sarcastico.-Comunque i miei alunni mi adorano.-

-Sei un supplente. È ovvio che ti adorino.-disse lei, rimangiandosi subito le parole. -Scusa non volevo. So che ci tieni ad essere insegnante di ruolo ma...-quella frase rimase incompleta visto che poco dopo aprì la porta con un'espressione bacata.

-Allora?-disse lui curioso. Lei non rispose. Faceva sempre così quando aveva una notizia importante da dare: lo teneva sulle spine. Lei si sedette sul divano ed aprì il sudoku, conscia che lui avrebbe cominciato a farle domande su domande.

-Ok...va bene. Oh cielo: ho tantissimi compiti da correggere.-disse lui allontanandosi lentamente verso il soggiorno

-Mmmm...bastardo!-disse lei, lanciano il sudoku.

-A me: sei tu che ami torturarmi così!-scherzò lui dandole un breve bacio. Si sedette accanto a lei e la cinse con le sue braccia. Lei si poggiò sul suo torace, mentre lui le accarezzava i lunghi capelli rossi odoranti ancora di shampoo.

-Sì.-disse lei, dopo qualche istante.

-Sì...sì?-chiese stupefatto.

-Sì.-rispose sorridendogli.

-Non ci posso credere...ehi tu: lo sai che nascerai in una situazione economica molto brutta. Questo paese si trova in una delle crisi peggiori. Non ti posso promettere che sarò di ruolo quando verrai al mondo, anzi non te lo dico neanche...e molto probabilmente tua madre sarà...-

-Smettila: non dire queste brutte cose.-

-Ma è la verità. Cosa facciamo?-

-Non lo so. Per ora credo che sia di almeno quattro settimane, però prendo appuntamento dalla ginecologa-disse lei per rassicurarlo.

-Sei sicura?-chiese dopo qualche istante.

-Sì. Tu?-disse lei, guardandolo seria negli occhi.

-Non lo so. Noi abitiamo in un minuscolo bilocale, condividiamo l'appartamento con tuo fratello ed il suo compagno per riuscire ad arrivare a fine mese, ed io ho trentatré anni e sono supplente di storia e tu non hai ancora un lavoro fisso. Come ce la caveremo? Come fai ad essere certa che nostro figlio o nostra figlia crescerà in un mondo migliore del nostro?-

-Non ne sono certa. Posso solo dirti: se non ora quando? Quando avrò cinquant'anni e sia il bambino che io potremmo rischiare la vita. Io non so se lei o lui vivrà in un mondo migliore, so solo che sono stanca di aspettare. Io e te viviamo insieme da dieci anni. Siamo come sposati ed amo la nostra situazione economica, ed amo convivere con mio fratello e con Francesco.-

-Lo so. Adoro loro pure io, però con le spese...-disse lui, dandole un breve bacio a stampo.

-Tesoro ce la faremo. Riusciremo a coprire ogni spesa. Poi la o lo potremmo lasciare qui con Davide e Francesco oppure dai tuoi. Potremmo mettere un lettino in camera con noi fino a che non avrà due o tre anni, e poi cerchiamo un appartamento vicino con un affitto bassissimo. Al massimo chiediamo ai tuoi qualcosa, oppure nel frattempo un qualche lontano parente sarà venuto a mancare.-disse lei.

-Hai ragione...però potremmo chiedere aiuto anche ai tuoi o a tua sorella.-disse Mario sarcastico, facendola scoppiare in una vivace risate.

-Dove? Da mia mamma e il suo sciatore svizzero a Ginevra, oppure da mio padre che cambia compagna più di quanto io mi cambi i calzini?-rispose lei, continuando a ridere.-Poi Cinzia con il figlio in arrivo...no...-disse lei ridendo, ma con una certa amarezza.

Non amava molto passare il tempo con i suoi genitori, li considerava frigidi e superficiali. Detestava ricordare le liti per l'università, loro la vedevano come un ricco avvocato, invece era diventata una povera commessa laureata in arte, non avevano approvato nemmeno Mario. La cosa che più biasimava loro era come avevano trattato Davide quando aveva detto di essere gay.

L'unica cosa che le dispiaceva era di non avere un buon rapporto con sua sorella maggiore Cinzia, che da sempre invidiava, la figlia perfetta e preferita, l'unica ad aver seguito i consigli dei genitori. -Non posso credere che dovrò rivederli al matrimonio di Laura.-sospirò.

Mario sapeva i sentimenti che provava, aveva già assistito a troppe liti in quella famiglia, sapeva anche che andare al matrimonio della cugina di Erica non sarebbe stata una delle migliori idee.

-Ti amo.-disse baciandola, lei rispose al bacio e gli accarezzò la folta barba.

-Ti amo.-disse lei, poggiando la testa sul suo torace, lasciando che lui la cingesse con le sue braccia.

-Però ho davvero dei compiti da correggere.-disse Mario dopo qualche minuto facendo ridere Erica.

-Sono le nove di sera ed è sabato. Credo che ai tuoi studenti non dispiacerà se li correggi domani mattina.-Erica si avvicinò alle labbra del fidanzano e gli diede un intenso bacio sulle labbra.

-Credo proprio che a loro non dispiacerà!-disse Mario, stringendo il suo viso tra le mani.

 

 

 

Dopo tre ore di correzioni non ce la faceva più. Vedeva errori, frasi sbagliate, date errate dappertutto.

Adora i suoi studenti, ma correggere i compiti è davvero snervante.

Lui accettava gli errori stupidi, le virgole mancate, le date che non esistevano, ma perché mai uno studente doveva consegnare in bianco una verifica in bianco?! Avrebbe dovuto parlare con Luca e con i suoi genitori. Pensò Mario, avrebbe davvero voluto avere più potere, essere d'aiuto nelle vite dei suoi alunni, ma era un semplice supplente di storia che se ne sarebbe andato, troppo presto per i suoi gusti.

 

 

 

 

 

Era esausta. Non credeva ci fosse stato un giorno peggiore di quello. Già faceva molta fatica a sopportare i colleghi e il capo nei giorni normali, ma con gli ormoni fin sopra i capelli e la costante nausea che le aveva proibito di avvicinarsi a qualunque genere alimentare, ciò era diventato impossibile.

Faceva fatica a reggersi in piedi e quel giorno la strada dalla fnac alla fermata Cadorna le sembrava più pericolosa del solito. Troppe persone, troppe auto. Forse Mario aveva ragione: doveva accompagnarla lui al lavoro, quella strada non prometteva nulla di buono, ma erano solo pochi metri. Non ce l'avrebbe fatta, sarebbe sicuramente finita sotto qualche tram.

Il freddo era insopportabile quel giorno, anche se erano ancora ad inizio febbraio, avrebbe preferito un po' più di caldo.

Improvvisamente il cuore cominciò a battere più forte, cominciò a respirare con difficoltà. Doveva cambiare aria. Entrò nel primo negozio che capitava.

Forse era stata un' intuizione o una normale coincidenza, ma si ritrovò in un negozio per bambini. C'erano tante calze, vestitini, passeggini. Lo aveva notato più volte, ma non le era mai venuta voglia di entrare o non le si era mai presentata l'occasione.

La colpirono delle scarpettine giallo limone. Erano adorabili. Chissà se a sua figlia o a suo figlio sarebbero piaciute!

-Quello è un nuovo modello. Arrivate direttamente questa mattina. Sono molto confortevoli il tessuto è completamente in cotone ed è totalmente made in Italy.-disse una voce conosciuta alle sue spalle.

Lei si girò curiosa, ed aveva ragione. Conosceva perfettamente l'uomo di fronte a lei.

-Francesco: che ci fai tu qui?-chiese al compagno di suo fratello, nonché suo coinquilino.-Non eri un ragioniere?-

-E tu perché stai guardando delle scarpe per bambino?-chiese lui, come per difesa, anche se capì subito la risposta dallo sguardo della ragazza.

-Sono stato licenziato qualche settimana fa. Non ho detto ancora nulla a Davide. Mario lo sa?-chiese con tono serio

-Lo abbiamo scoperto insieme. Ieri. Non dirò nulla a mio fratello, tranquillo.-disse lei, per rassicurarlo. Avevano tante cose di cui parlare.

-Senti ora chiudo...ti va se ci prendiamo una tazza di caffè...almeno io mi prendo una tazza di caffè, tu di tè.-

-D'accordo.-disse Erica mostrando un sorriso sincero.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nda

Salve a tutti, questa è la mia prima storia romantica (e con questo non voglio giustificarmi se la storia non è scritta con stile impeccabile).

Come vi sembra la storia? In caso di critiche e lancio virtuale di pomodori all'autrice: utilizzate pure le bandierine rosse!

MuttigMaggie

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Capitolo 2
*** Vane speranze e desideri golosi ***


-Sono davvero felice per voi. Un bambino...wow...-disse Francesco con serenità sorseggiando un po' del suo cappuccino.

-Già...non ce lo aspettavamo, ma siamo felici, anche se Mario è un po' scettico e spaventato, soprattutto per il futuro.-

-Me l'aspettavo...comunque io non dirò nulla a Davide, dovreste farlo voi.-

-Lo so. Infatti glielo dirò il prima possibile. Quando sarà il momento adatto.-disse lei.-Però tu...con il lavoro?-

-Non ti preoccupare...me la caverò-

-Ma com'è successo?-

-L'azienda per cui lavoravo è in crisi e sta per chiudere. Hanno dovuto mandare a casa qualcuno, ed io ero in cima alla lista-disse, con tono molto amaro. Adorava davvero il suo lavoro. Erica lo scrutò, cercando di capire il motivo.-Visto che ero il più giovane.-Aggiunse. Non voleva far capire che anche il fatto di essere gay aveva inciso nella scelta del suo licenziamento, visto che il capo era di opinioni molto omofobe.

-Mi dispiace.-disse con amarezza. Con uno stipendio ridotto la loro vita sarebbe stata ancora più difficile, forse il bambino...pensò.

-Anche a me, però non preoccuparti: presto troverò un altro lavoro. Ho già fatto dei colloqui.-disse per rassicurarla, anche se non era per niente certo. In periodi di crisi sarebbe stato difficile che un'azienda assumesse qualcuno, soprattutto se giovane.

-Ne sono certa.-disse sorseggiando il suo tè verde.

-Comunque se volete lasciare il bambino a me o a Davide quando nascerà...noi ne saremmo davvero felici.-disse, finendo il suo cappuccino. Era felice di averne parlato con qualcuno. La menzogna lo stava consumando dentro.
Era una sensazione orribile.

 

 

 

Daughter-Candles

 

L'unico momento in cui si sentiva tranquilla era la notte, anche se lui dormiva a pochi centimetri da lei, si sarebbe potuto svegliare e farle ancora del male. Lo odiava, ma non riusciva a lasciarlo, anche per il bambino che stava crescendo nel suo corpo.

Quella sera si sentiva più strana del solito, la pancia le faceva malissimo, ma molto probabilmente era per i lividi.

Sperava che lui non avesse fatto del male al bambino con il suo pugno nello stomaco. Ancora faceva fatica a respirare.

Lei voleva un figlio a tutti i costi, anche se il prezzo era la sua felicità e la sua sicurezza. Sperava che Salvatore non avesse mai fatto del male a suo figlio, non lo avrebbe mai tollerato. Lei andava bene, la poteva picchiare, maltrattare, insultare, ormai aveva una scorza talmente dura che non poteva farle più male di così, ma non si sarebbe mai dovuto permettere di torcere un capello a suo figlio, se mai fosse nato.

I suoi occhi si bagnarono di lacrime, come ogni notte. Odiava la sua vita.

Avrebbe voluto morire, invece di sopportare quelle torture e umiliazioni ogni santo giorno.

Magari un figlio lo avrebbe calmato, lo avrebbe fatto diventare buono, come era stato quando si erano sposati.

Faceva troppa fatica a ricordare il tempo in cui lui le regalava dei fiori, invece degli occhi neri, il tempo in cui lui la accarezzava, e non la picchiava, oppure quando facevano l'amore, e lui non la...Faceva fatica a dire quella parola...

Sì, un bambino avrebbe rimesso tutto a posto, lui sarebbe stato felice e orgoglioso di lei. Sapeva che Salvatore ne voleva uno. Voleva un maschio, a lei era indifferente, bastava solo che la amasse.

Non sentiva più la connessione con il bambino. Non lo sentiva più. Una lacrima le rigò il volto. Quella volta ci sperava così tanto.

 

 

 

 

 

 

 

I suoi studenti erano esausti, dopotutto era l'ultima ora di lezione ed era lunedì, e così aveva optato per un film sulla seconda guerra mondiale.

La campanella suonò, aveva completamente perso la cognizione del tempo.

I ragazzi corsero via, alcuni con più velocità, altri più lenti per via della stanchezza.

-Scusa Luca, puoi fermarti un attimo?-chiese al ragazzo, che stava uscendo con alcuni suoi amici.

-D'accordo.-disse lui a mala voglia.

-Vorrei parlarti del tuo ultimo compito. Sono rimasto davvero deluso da te, perché un compito consegnato in bianco è un insulto a me, e a te stesso. Siamo ancora a febbraio, ma gli esami sono vicini e non puoi permetterti un due.

Comunque, non ho intenzione di farti una ramanzina, ci penseranno i tuoi genitori, c'è qualcosa che non va?-lo sguardo del ragazzo, che prima era solo stanco, divenne arrabbiato.

-Non sono cazzi suoi, ha capito? Non dovrebbe fregarle della mia vita, okay?-disse con rabbia avvicinandosi al professore.

-Senti ragazzino. Io sono ben più vecchio e più forte di te. Dovresti accettare l'aiuto che ti offro.-disse con rabbia, digrignando la mascella per essere capito meglio, anche se odiava doverlo fare.

-Lei è un cazzo di supplente che entrò una settimana se ne andrà. Mi lasci vivere la mia vita.-

-Te la rovini così la vita-disse, mentre lo studente era già alla porta. Si fermò per qualche secondo poi si avviò verso l'uscita.

Ottimo lavoro Mario, davvero ottimo lavoro.

 

 

 

 

 

 

-Com'è andata la tua giornata?-chiese Erica mettendo a cuocere la pasta.

-Bene dai...anche se ho quasi litigato con un mio studente.-disse, sistemando i tovaglioli.

-Chi?-chiese preoccupata, girandosi verso di lui con il cucchiaio di legno ancora pieno di ragù.

-Luca Visconti.-rispose lui.

-Ah...ma non era fino a poco tempo fa' uno dei tuoi studenti migliori?-

-Lo era. Non ho idea di cosa gli sia successo, ma ha fatto un compito disastroso.-

-Scommetto che nella tua vita da studente tu abbia sbagliato qualche verifica, capita a tutti, sarà in un momento no.-disse lei con tono dolce, per cercare di rassicurarlo.

-Lo so che capita a tutti, ma un compito in bianco non è una ricaduta...è un insulto a sé stesso, significa che se non riesce a prendere un dieci la promozione non è più assicurata.-disse lui, tristemente.

-Significa che la sua vita è rovinata, lo so, però certe volte non puoi aiutare le persone che non vogliono essere aiutate.-disse lei.-Comunque mettiti comodo. È pronto!-disse a voce alta, per chiamare il fratello che stava guardando la partita. In quel momento entrò Francesco.

Indossava un maglione molto ordinato con una cravatta. Appena Erica lo vide gli strizzò l'occhio e lui sorrise.

-Ehi amore.-disse Davide dandogli un breve bacio sulle labbra.-Com'è andata al lavoro?-

-Benissimo, le solite fatture...-mentì lui, guardò Davide, non se ne era accorto, fortunatamente. Odiava dovergli mentire così spudoratamente, ma si vergognava. Non voleva ammettere di essere stato licenziato. Di aver fallito come persona.

 

 

 

 

 

-A che settimana dovresti essere?-chiese la sua ginecologa, spargendo del gel blu sulla sua pancia, fortunatamente era riuscita a coprire tutti i lividi.

Era elettrizzata per la sua prima ecografia, avrebbe potuto sentire il cuore.

-Alla dodicesima.-disse felicemente. Il gel era davvero freddo la sonda stava trasmettendo delle immagini su un piccolo monitor.

Quello era il suo bambino. Pensò felicemente, magari si era sbagliata, magari c'era ancora.

-Adesso proveremo ad ascoltare il cuore.-disse, premendo un bottone, ma non sentì nessun suono. Il viso della ginecologa si fece serio.-Ci dev'essere un errore.-disse la ginecologa, cercando di sorridere.

Non era la prima volta che sentiva quelle parole, e sapeva che non c'era nessun errore. Lui non c'era più. Lui non sarebbe arrivato.

Le lacrime le rigarono il volto e pianse disperatamente.

-Non arriverà mai. Lui non arriverà mai.-disse con voce rotta dal pianto.

Si era arresa. Per la prima volta dopo anni si era arresa alla dura verità.

-Mi dispiace molto Cinzia.-disse la ginecologa abbracciandola.

 

 

 

 

Non riusciva a dormire. Mancava un solo giorno al matrimonio di sua cugina, Isabella, e lì avrebbe incontrati di nuovo. I suoi genitori e sua sorella. Chissà che donna avrebbe portato suo padre.

-Shhh. Dormi.-disse Mario stringendola a sé.

-Non ce la faccio. Non voglio vederli.-disse lei.

-Dovrai farlo, e poi non sarà male. Ci sarò io con te.-disse dolcemente.

-Ti amo.-disse lei, girandosi verso di lui. Mario le baciò il naso con dolcezza.

-Lo so. Ti amo-disse lui.

-Amo stare abbracciata a te. Così-disse lei.

-Lo so. Presto però avrai un pancione enorme.-disse prendendola in giro.

-Ah ah. Sì. A proposito: mi prendi un muffin. Ne ho davvero voglia.-disse lei.

-Sì.-disse lui, alzandosi con fatica. Rimase a fissarla per qualche istante. Era bellissima. Tornò dopo qualche minuto con un muffin della mulino bianco, e con una camomilla.

-Sei ancora sveglia?-chiese a bassissima voce.

-Mmmmm.-disse lei, alzandosi.-Perfino una camomilla. Wow.-

-Sì...voglio che tu sia nelle condizioni migliori per le prossime trentasei settimane.-disse baciandola lievemente.

-Grazie.-disse lei.-Credo di essere davvero fortunata.-

-Perché?-

-Ho il miglior uomo del mondo.-

-E io ho la migliore donna del mondo. Ti amo.-

-Ti amo.-disse lei sorseggiando la camomilla. Sarebbero rimasti lì per sempre.

 

 

 

 

 

Nda

Capitolo tristissimo, lo so. La storia di Cinzia è stata difficile da scrivere e piena di lacrime. So che la violenza contro le donne è un problema serissimo, e spero di aver dato il giusto peso alle emozioni di Cinzia.

Passando alle parti buone: io so di essere di parte, ma non posso farne a meno Mario ed Erica sono l'amore. Ok...ora mi posso defenestrare!

Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Matrimoni ***


-Mario. Mario! Svegliati che siamo in ritardo. Amoooreee.-disse lei con tono dolce, seduta accanto a lui sul loro letto disfatto. Erano in completo ritardo.

-MARIO! SVEGLIATI!-disse di nuovo con tono deciso strappandogli via le coperte e colpendolo con un cuscino.

-Non fare tutti questi sforzi: sei incinta!-disse preoccupato Mario alzandosi in fretta ed avvicinandosi alla dolce amata.

-Caro. Non preoccuparti per me...hai davanti a te tanti risvegli del genere.-disse lei, dandogli un bacio sulle labbra, prima di avvicinarsi al comodino e prendere il suo portagioie, contenente ogni genere di bigiotteria.

-Meno male! Come farei senza le tue cuscinate!-disse sarcastico, sdraiandosi di nuovo sul letto.

-Alzati che siamo già in ritardo!-

-Dammi cinque minuti.-

-No!-disse lei girandosi a guardalo trucemente.

-Ok.-rispose Mario, andando verso il bagno. Si stava facendo la barba, quando cominciò ad osservarla nella sua lunga decisione su quale paio di orecchini stesse meglio con il suo vestito di velluto verde acqua lungo fino alle ginocchia che le risaltava i capelli rossi attentamente sistemati in una treccia che dalla testa arrivava fin oltre le spalle.

-Che c'è?-chiese lei, notando che la stava fissando.

-Sei una visione, Ariel.-disse lui con un sorriso.

-Mi hai ricordato perché non mettevo mai nulla di tendente al blu al liceo.-disse lei.

-Peccato. Ti dona.-

-Grazie.-disse, ricambiando il sorriso. Posò il portagioie ed entrò in bagno a truccarsi.

-A proposito: credi che si noti?-chiese lei, girandosi su se stessa.

-Mmm...no stai benissimo. L'unica cosa che si nota sono le tue tette che sono meravigliosamente più grandi del solito.-disse lui, abbracciandola e dandole un bacio sul collo.

-Questa treccia ti sta benissimo.-disse Mario.

-Me l'ha fatta Rita, la vicina.-

-Ah è vero, non era una parrucchiera?-

-Sì. Mi ha perfino fatto le congratulazioni.-disse Erica.

-Davvero?-

-Sai...le nostre pareti sono davvero di cartone.-

-Già.-disse lui, pulendosi il viso e cingendole le spalle mentre lei si stava mettendo il mascara.

-Sei preoccupata?-chiese lui.

-No...solo che vorrei fare di tutto pur di andare a quel matrimonio...ma Isabella ha insistito quindi...-

-È tua cugina.-

-Lo so. Anche io le voglio un bene dell'anima, però non voglio rivedere la mia famiglia.-

-Capisco. Hai intenzione di dire loro del bambino.-

-No. Non è ancora il momento adatto.-

-Prima o poi lo dovranno sapere.-

-Lo so, ma prima lo deve sapere Davide.-

-È un peccato che non vengano nemmeno Davide e Francesco.-

-Dopo tutto quello che è successo credo sia il minimo. Mio padre ha completamente dimenticato Davide, come se non fosse mai esistito.-

-Se vuoi restiamo a casa dicendogli che siamo stati colpiti da una terribile malattia che ci ha fatto restare a letto!-disse lui.

-Una terribile malattia? E quale ti viene in mente?-disse lei divertita.

-Una terribile voglia di fare l'amore.-disse lui baciandola.

-Che malattia pericolosa.-disse ricambiando al bacio.

-Pericolosissima.-disse lui.

-No...aspetta. Per quanto io ne abbia voglia: dobbiamo andare al matrimonio...le ho promesso un quadro, non posso non andarci.-disse lei.

-Peccato. Comunque mi servirebbe un aiuto per questa tremenda malattia, tu mi puoi aiutare?-disse malizioso.

-Più tardi.-rispose lei.

 

 

 

 

-Andiamo.-disse con decisione Salvatore, mentre lei finiva di mettersi il rossetto.

-Un attimo.-rispose Cinzia.

-No, ora. Andiamo.-disse prendendo con forza il suo braccio, facendo finire il rossetto contro la sua camicia. Cinzia lo guardò spaventata, aspettandosi il peggio. Arrivò solo uno schiaffo in piena faccia, che la stordì per qualche secondo.

-Puttana! Sei solo una stupida puttana!-disse con tono disgustato mentre si dirigeva verso la camera da letto.

Lei corse verso il bagno. Non doveva piangere, ma il dolore era forte e presto i suoi occhi si bagnarono di lacrime. Lei era una donna forte. Era una donna forte e le donne forti non piangono. Mai.

 

 

 

 

 

Erano quasi sulla porta quando si ricordò di aver dimenticato qualcosa.

-Merda! Il quaderno degli schizzi!-disse Erica, cercandolo nel salotto, spostando ogni rivista per trovarlo.

-E poi ti lamenti con me perché siamo in ritardo-disse Mario, sulla porta.

-Se tu non mi assillassi con le tue malattie.-rispose lei.

-Quale malattia?-chiese Davide, sedendosi sul divano accanto a Francesco.

-Nulla.-risposero all'unisono.

-Una terribile malattia che colpisce quasi tutti gli individui: la sessualite.-li prese in giro Francesco. Erica e Mario si guardarono arrossiti.-Sapete che i muri sono di cartapesta.-disse Francesco ridendo malizioso.

-Oh quella malattia...sai credo di avercela pure io.-disse Davide.

-Dopo ce ne occupiamo.-disse Francesco baciandolo.

-Trovato!-esultò Erica.-Passate una buona giornata.-disse salutandoli.

-Meglio di voi sicuramente. Salutami Isabella e Massimo e anche Cinzia.-disse Davide con amarezza.

-D'accordo. Statemi bene.-disse lei, uscendo finalmente da quell'appartamento.

 

 

 

 

 

Riuscirono in circa mezz'ora ad arrivare alla bellissima basilica di Sant'Eustorgio, dove si sarebbe celebrato il matrimonio. Fortunatamente la sposa non era ancora arrivata, pensò Erica tra se e se.

La chiesa era piena, vide ai primi posti sua sorella con Salvatore accanto a suo padre e sua madre.

Cinzia la vide e le fece cenno di venire da loro, ma Erica e Mario rifiutarono e si sedettero verso il fondo della chiesa.

-Se li devo sopportare, meglio che sia per il minor tempo possibile.-commentò Erica.

-Andrà tutto bene.-la consolò, cingendole le spalle con il suo braccio.

All'incirca dieci minuti dopo, una sua lontana parente entrò di corsa urlando: arriva la sposa, così da far mettere a sedere gli invitati.

 

 

 

 

Passarono solo dieci minuti dall'inizio della cerimonia che già si stava addormentando.

Le palpebre erano pesanti, le teste delle persone si fecero sfocate e gli occhi si chiusero. Dopo solo qualche secondo cominciò a russare abbastanza rumorosamente, tanto che Erica dovette dargli una gomitata nello stomaco.

-Ahia! Oh...merda...ops- disse Mario facendo ridere Erica che dovette mettersi una mano sulla bocca per non farsi sentire.

-Tua madre mi lincerà.-commentò lui a bassa voce.

-E non solo lei, conoscendo la mia famiglia!-rispose Erica

-Già, ma perché le cerimonie sono così noiose?-si lamentò Mario.

-Tu almeno non hai dovuto sopportare le messe domenicane fino ai diciotto anni! Resisti per un solo matrimonio.-

-Ci proverò. Comunque quanto manca?-chiese speranzoso.

-All'incirca cinquanta minuti.-

-Oh ca...volo!-piagnucolò.

 

 

 

 

Stava riguardando i suoi appunti da almeno un'ora e mezza ed aveva cominciato a vedere norme dappertutto.

-Davide prenditi cinque minuti di pausa. Non caverai un ragno da un buco se continui così.-disse Francesco che, senza farsi notare, aveva cercato annunci per tutto quel tempo, e quella era una scusa più per lui che per il compagno.

-Hai ragione.-rispose Davide stropicciandosi gli occhi.

-Vuoi un caffè?-chiese Francesco, che nel frattempo si era alzato ed avvicinato alla cucina.

-Sarebbe perfetto, grazie.-

-Non ti dispiace non essere andato al matrimonio?-chiese Francesco mettendo la moka sul fornello.

-E sorbirmi le occhiatacce di mio padre e mia madre? No grazie, meglio lavorare a questo caso.-

-Di cosa si tratta?-chiese dopo qualche minuto di completo silenzio.

-Fallimenti di imprese, sai: debitori che non pagano, eccetera...-

-Sì. Capisco.-disse Francesco freddamente. Si chiese in quanto tempo la sua vecchia azienda avrebbe chiuso i battenti. No, doveva andare avanti, presto tutto si sarebbe sistemato.

-E se ci sposassimo?-chiese dopo qualche istante Davide, lasciando Francesco immobile, cosicché del caffè bollente finì sulle sue mani.

-Ahia.-

-Allora, che mi dici?-chiese speranzoso Davide, prendendo dello zucchero e del latte.

-Non credo che ne abbiamo la possibilità, almeno qui in Italia.-rispose Francesco.

-Lo so, ma se fosse possibile: tu mi sposeresti?-

-Sì. Io ti sposerei, anche se stiamo insieme da solo quattro anni.-disse Francesco, dando poi un bacio con tanto di lingua a Davide.-Perché me lo chiedi? Non avrai organizzato un matrimonio a Berlino, vero?-

-No, nulla. Era così per sapere.-mentì Davide. Negli ultimi tempi aveva visto un cambiamento nel compagno, gli sembrava spossato. Gli serviva una certezza: che Erica non sarebbe stata l'unica persona che gli fosse stata accanto.

 

 

 

 

 

Il matrimonio era finito. Erica e Mario erano stati tra i primi ad uscire dalla basilica, seguiti da tutti gli invitati ed infine dagli sposi, su cui venne lanciato del riso.

-Grazie mille a tutti per essere venuti!-disse Massimo.

-Ora noi ce ne andremo ai Navigli per le fotografie, voi andate a villa San Carlo. Ci vediamo lì tra circa un'ora...ah ecco: Mario ci dispiace tanto, ma ti rubiamo Erica per un po' di tempo. Ci vediamo dopo.-disse Isabella, entrando nella loro mercedes bianca ricoperta di striscioni con scritto: Oggi sposi: Isa e Max.

 

 

 

 

 

Arrivò alla villa dopo due ore. Rimase allibita dall'enorme bellezza della costruzione stile ottocentesca. Si chiese quanti anni avrebbe dovuto lavorare per affittare solo una stanza di quell'hotel.

-È magnifica.-

-Lo so. È il posto perfetto per sposarsi, poi devi vedere l'interno: è ancora più bello.-disse Isabella che era al settimo cielo.-Questo è il matrimonio che ho sempre desiderato.-

-Erica. Amore: finalmente sei qui.-li raggiunse Mario.-Mi sei mancata tantissimo.-disse lui, dandole un bacio.

-Madre o padre?-chiese

-Padre e cognato.-

-Oddio...come hai potuto sopravvivere?-chiese Erica, avviandosi mano nella mano con Mario verso l'interno dell'hotel.

-Non lo so, è stato davvero difficile. Perché tutta la tua famiglia si pavoneggia, i miei saranno un po' rustici, ma almeno non mi chiedono quanto guadagno!-

-Ti hanno chiesto quanto guadagni...sarà difficile arrivare alla fine.-disse Erica. Si fermarono a chiacchierare nella hall, che sembrava arrivare direttamente dal palazzo di Cenerentola.

-Tra poco inizia il pranzo. Facciamo così: mangiamo in fretta e poi ce la filiamo.-

-Mmm...che intraprendenza. Mi piace.-disse Erica maliziosa, dandogli un bacio.

-Anche a me.-

-Erica. Mario. Perché non venite a sedervi.-disse la madre di Erica.

-Certo.-dissero all'unisono avviandosi verso la bellissima sala del ristorante a cinque stelle. Le pareti erano ricoperti da una carta da parati color rame con rifiniture in oro; dal soffitto scendevano vari lampadari in vetro colorato provenienti direttamente da Murano.

-Sarà un pranzo molto lungo.-le disse Mario nell'orecchio, facendola sorridere.

 

 

 

 

 

 

Erica si chiese a cosa stesse pensando Isabella quando aveva posizionato gli invitati, perché mettere lei e Mario con Cinzia, Salvatore ed i suoi genitori non era stata una grande scelta. Erano seduti da solo pochi minuti ed avevano già ricevuto abbastanza occhiatacce.

-Erica ti sta benissimo quel vestito.-disse gentilmente sua sorella Cinzia.

-Grazie.-rispose Erica.

-Anche la collana di perle è bella cara, ma si vede lontano un miglio che è bigiotteria.-disse sua madre, interrompendo la conversazione.

-Mario: perché tu ed Erica non vi sposate?-chiese Salvatore, con sguardo derisorio.

-Noi stiamo bene così, poi un matrimonio è fuori dalla nostra portata, soprattutto se organizzato in un posto del genere.-disse Mario.

-Beh...è questo quello che succede a voler essere artista. Magari fossi diventata avvocato.-disse il padre.

-Tu hai già un figlio avvocato, papà.-

-Non parlare di Davide. Lui non è più...-disse il padre, ma venne interrotto da Cinzia, che sapeva a cosa stava portando quella discussione.

-Io devo andare ai servizi...Erica mi accompagni?-chiese lanciandole uno sguardo insistente. Erica capì il segnale al volo e si alzò in fretta dalla sua sedia.

-Come hai fatto a sopportarli per così tanto tempo?-chiese stupefatta mentre entravano in bagno.

-Beh...basta non ascoltarli.-disse Cinzia, entrando nel bellissimo bagno, che non era da meno rispetto a tutte le altre stanze.

-Ma tu l'hai fatto, quando hai scelto l'università oppure quando hai sposato Salvatore...-

-Io amo medicina, e anche Salvatore.-mentì lei, soprattutto sull'ultima parte.

-Scusa, ma tu hai sempre seguito i loro consigli, mentre io e Davide siamo le pecore nere.-disse Erica, rifacendosi il trucco. Senza pensarci poggiò una mano sulla pancia e l'accarezzò.

-Io vi ho sempre invidiati.-disse Cinzia, uscendo dal bagno e lavandosi le mani. La notò e la guardò stupita.

-Cosa c'è? Ho qualcosa che non va? Trucco?-chiese Erica, girandosi verso lo specchio.

-Sei incinta!-disse Cinzia, abbracciandola.

-Cosa...come hai fatto?-chiese Erica, stupita.

-La mano sulla pancia, e ti ho visto come guardavi il menu...poi le tue tette sono molto più grandi rispetto a due mesi fa, alla festa di fidanzamento di Isabella e Massimo.-disse Cinzia, tenendola stretta stretta.-Sono davvero felice per voi.-

-Grazie...anche io lo sono, per tu e Salvatore...a che settimana sei?-

-Alla dodicesima...ma parlare di me non è importante...tu sei raggiante. Se vuoi ti prenoto dalla mia ginecologa: è bravissima, ed ho un sacco di libri da prestarti.-disse Cinzia, entusiasta per la sorella, ma amareggiata per quello che succedeva a lei.

Tornarono in fretta al tavolo, Mario la guardò allarmato.

-Stavo chiedendo a Mario come mai avesse scelto il mestiere dell'insegnante.-disse il padre.

-Amo insegnare, amo essere a contatto con alunni, amo il mio mestiere, ho sempre desiderato fare l'insegnante.-

-Ma ora non sei un insegnante a tutti gli effetti, sei un...supplente.-disse sua madre con disgusto.

-A Mario offriranno sicuramente un posto fisso.-disse Erica.

-Si ma Erica, la crisi...come farete? Noi abbiamo un tetto fiscale...ma voi: tu stai con un supplente e sei una cassiera.-

-Noi ce la caveremo mamma. E se questo è un pretesto per farmi la carità: dammi i soldi che mi spettano.-

-Erica: non è gentile parlare alla propria madre in questo modo.-la giudicò Salvatore.

-Chiudi quella bocca prima che ti faccia male.-disse Mario, stringendo la mano tesa di Erica.

-Non importa Salvatore...lo sapevo...tutta una questione di soldi per te.-

-No...sei tu che hai parlato di crisi, e se sei preoccupata: dai a me e a Davide il nostro fondo fiduciario altrimenti taci noi ce la caviamo. Mario andiamocene.-disse Erica alzandosi. Lei avanzò per qualche metro, poi tornò al tavolo.

-La cosa peggiore è che avrò un figlio con i vostri stessi geni! Mi fate schifo!-disse lei, allontanandosi.

-È stata tutta colpa mia. Avevi ragione...dovevamo starcene a casa.-disse Mario preoccupato, salendo in macchina.

-Non è stata colpa mia. La discussione con i miei genitori era inevitabile.-disse Erica avvicinandosi alle sue labbra per dargli un bacio, quando sua sorella picchiettò al finestrino della macchina.

-Mi dispiace per quello che è successo con Salvatore...non doveva mettersi in mezzo. Comunque se hai bisogno di libri, o aiuto: chiedi pure a me. È stato bello rivederti.-disse Cinzia, abbracciandola.

 

 

 

 

 

 

-Che bello essere soli.-disse Francesco, messo a cavalcioni sul divano sopra Davide.

-Già...dovrebbero partecipare a più matrimoni.-disse, baciandolo con la lingua.

L'atmosfera si stava facendo...bollente, Davide stava massaggiando la schiena a Francesco, cominciò a tirargli su la maglietta quando sentì la chiave girare nella serratura.

-Oh...cavolo.-disse Francesco, rimettendosi seduto e sistemandosi la maglietta, mentre Davide accendeva la televisione.

-Siete tornati presto.-disse Davide, mostrando un falso sorriso.

-Beh...sai come sono fatti mamma e papà. Dopo che mamma ha cercato di fare la carità mi sono alzata e me ne sono andata, però gli ho involontariamente detto di essere in dolce attesa.-disse Erica, togliendosi il cappotto e le scarpe.

-Aspetta...tu sei incinta?-chiese stupito Davide.

-Oh...sì è vero che dovevo dirtelo.-disse lei, entrando in camera.

-Sorellina: vieni subito qui!-le disse Davide con tono deciso. Lei ritornò preoccupata in salotto, conosceva quel tono dalle superiori, quando suo fratello la sgridava perché usava il suo computer.

Lei gli fece lo sguardo da cucciolo smarrito, di solito aveva sempre funzionato.

-Da quanto tempo lo sapevi?-

-Una settimana.-

-Mario lo sai?-

-Sì, lo sa...l'ha scoperto perfino Fra.-disse Erica. Francesco le volse uno sguardo glaciale.

-Tu lo sapevi?-chiese Davide. Forse era questo che mi nascondeva, si chiese.

-Sì...ma...ne parleremo dopo.-disse Francesco.

-Beh...sorellina: abbracciami. Non posso credere che diventerò zio...dovremmo festeggiare...voi avete già mangiato?-

-No...voi?-chiese Mario.

-Noi...oh...no...vi stavamo aspettando.-disse Francesco, guardando complice Davide.

-Allora: usciamo.-disse Erica, riprendendo la sua roba.-Voi non venite?-chiese, accorgendosi che Davide e Francesco erano ancora seduti.

-Sì. Arriviamo.-disse Francesco alzandosi e preparandosi. Davide aspettò che Mario uscisse dalla porta e si avvicinò a Francesco.

-Comunque tu: sei stato davvero perfido a non dirmi nulla di questa storia.-disse Davide, malizioso.

-Oh...lo so.-

-Dopo ne subirai le conseguenze.-disse Davide, dandogli un bacio con la lingua.

-Non vedo l'ora.-disse Francesco.

-Siete pronti?-chiese sua sorella.

-Oh: sì. Arriviamo.-ed uscirono insieme. Passarono un paio d'ore fantastiche, divertendosi e chiacchierando. Uniti più che mai.

 

 

 

 

 

 

 

Nda

Mi spiace di aver messo così tanto a scrivere, ma non ho proprio avuto tempo e questo è stato un capitolo davvero lungo.

Comunque: spero che la storia vi piaccia. Per il pranzo: so che può sembrare strano, ma capita che siano liti del genere tra genitori e figli.

MuttigMaggie.

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Capitolo 4
*** È tutta una questione d'abitudine. ***


Il clima rigido di febbraio era ormai finito e lasciava spazio ad un marzo che si prospettava essere più freddo del solito.

Erano passate due settimane dal matrimonio, sua cugina e il suo sposo erano ormai tornati dalla luna di miele in Australia e lei e sua sorella avevano ripreso un rapporto finito da tempo.
Da due settimane si incontravano come non era mai stato fatto prima, prendevano caffè, uscivano a fare shopping, Cinzia le aveva perfino organizzato un appuntamento con la ginecologa. Anche se tutta quell'amicizia le piaceva, Erica era sempre più sospetta nei confronti della sorella.

Era all'ottava settimana, la pancia cominciava ad intravedersi e le colleghe avevano cominciato a farle delle domande.

Non voleva ammetterlo, ma era nervosa riguardo al bambino, soprattutto quel giorno. Lo sentiva suo e sperava che nascesse nelle condizioni più ottimali.

Non aveva chiesto a nessuno di accompagnarla, nemmeno a Mario un po' perché lui doveva lavorare, ma soprattutto perché si era sempre rifiutata di farsi accompagnare. Era incinta, ma aveva ancora un po' di libertà.

-Salve. Sua sorella mi ha parlato di lei, è l'ottava settimana, giusto?-chiese la dottoressa.

-Esattamente.-rispose Erica stupefatta, non credeva che Cinzia parlasse pure di questo con le sue colleghe.

-Si sdrai pure sul lettino e si levi la maglietta.-disse con sorriso gentile la ginecologa. Prese un piccolo recipiente con all'interno una sostanza gelatinosa di color azzurro puffo e accese un piccolo monitor. Le passò il gel sull'addome e poi premette con una piccola sonda.

Sullo schermo si vide un ovale nero con all'interno una specie di fagiolo grigio.

-È quello?-chiese Erica, stupita.

-Sì. Quello è il tuo bambino.-disse la ginecologa. Gli occhi cominciarono a lacrimare di gioia. Anche se ancora somigliava più ad un legume che ad un bambino, era perfetto e lo amava.

 

 

Non era la prima volta che Davide andava alla Michemical, l'azienda in cui lavorava Francesco. Non si recava lì da qualche mese, e gli era sembrato giusto fare una sorpresa all'amato portandogli anche un piccolo mazzo di fiori.

Parcheggiò di fronte all'industria ed entrò. Non gli sembrò così solare, anzi dava un senso di vuoto e di chiuso. Il grande quadro presente all'entrata non c'era più.

-Ciao Anna.-disse sorridendo amichevolmente alla segretaria.

-Ehi Ciao...questi sono per me?-chiese lei, maliziosa.

-No...sono per Francesco...dove lo posso trovare?-

-Non lo sai?-chiese lei, stupefatta.

-Cosa?-

-Francesco è stato licenziato circa due mesi fa...non lo sapevi?-

-Oh...sì. Me l'ero scordato...comunque buon lavoro.-mentì lui andandosene. Era incredulo: perché diavolo non gli aveva detto nulla. Tornò al lavoro, con la mente da un'altra parte. Avrebbe dovuto parlare al più presto con Francesco.

 

 

 

 

I colloqui individuali erano un trauma per un supplente, soprattutto dopo aver detto ad un genitore: se suo figlio non cambia atteggiamento durante la mia materia lo boccio, colui risponde nel modo più gentile: lei non ne ha l'autorità.

Quel giorno toccava alla madre di Luca Visconte. Doveva dirle che se il figlio dei compiti in bianco e delle continue assenze del figlio.

Erano le undici in punto quando entrò una giovane donna molto simile al suo studente, la quale non poteva avere più di quindici anni.

-Lei non può essere la madre di Luca Visconti. È troppo giovane.-disse porgendole la mano.

-Infatti sono la sorella: Cristina Visconti. Mia madre non è potuta venire e mi ha fatto una delega.-disse la giovane donna.-Lei è il professore di storia, giusto?-

-Esattamente. Si accomodi pure.-disse, invitandola a sedersi sulla sedia di fronte alla sua scrivania.-Volevo parlarle dell'andamento di suo fratello in questo periodo: Luca è indisciplinato e spesso strafottente, molto diverso dallo studente dotato che era ad inizio anno. Io credo che rimarrò in questa scuola solo fino alla fine dell'anno, e mi piacerebbe che suo figlio potesse essere promosso, ma in queste condizioni è difficile. Sono a conoscenza che è solo inizio marzo, ma volevo avvisarla prima che fosse troppo tardi, in modo che sua madre o lei poteste cercare di capire le problematiche di suo figlio. Io ho provato più volte a conversare con lui, ma è molto indisponente. Lei sa se Luca sta o meno passando un periodo difficile?-

-In realtà so quale potrebbe essere il motivo di tutto ciò: nostra madre è affetta da Alzheimer da parecchi mesi, ed in questo ultimo periodo è peggiorata. Non ci riconosce più. Per Luca è un trauma. Si sente responsabile dell'abbandono di nostro padre e sta cercando di aiutare il più possibile per nostra madre.-disse la sorella, con tono malinconico. Istintivamente Mario le strinse la mano.

-Mi dispiace. Non sapevo che voi steste passando tutto ciò-disse, facendo comparire un sorriso sul volto della ragazza.

-Non si preoccupi. Ha fatto bene a dirmi la situazione di mio fratello. Luca si sta preoccupando troppo per nostra madre e sta perdendo di vista la scuola.-disse sincera.-C'è altro che mi deve dire?-chiese la ragazza spostando la mano.

 

 

 

 

 

-Ciao amore!-disse sorridendogli Francesco appena lui entrò in casa. Era seduto sul divano e stava leggendo un libro.

-Quando pensavi di dirmelo?-chiese seccato, togliendosi il pesante cappotto.

-Cosa?-chiese Francesco, curioso.

-Sono andato alla Michemicals oggi, avevo perfino portato un mazzo di fiori, quando ho scoperto da Anna che tu avevi perso il lavoro!-

-Tesoro mi dispiace!-disse preoccupato, avvicinandosi a Davide e poggiandogli una mano sulla spalla.

-Loro lo sapevano?-chiese Davide. Lui annuì-Come pensavo. Tesoro: tu ti fidi di me?-

-È ovvio che io mi fido di te!-disse Francesco sorridendogli, non capiva come avesse potuto chiedergli una cosa del genere.

-Beh...allora perché tu non mi hai detto nulla e sei stato zitto per ben due mesi? Cazzo!-imprecò Davide, alzandosi velocemente e sbattendo due riviste per terra.

-Io avevo paura.-

-Come?-chiese stupito Davide.

-Avevo paura che tu mi potessi giudicare e mi sono sentito inferiore...-

-Noi stiamo insieme da quattro anni e tu non mi dici che sei stato licenziato perché avevi paura che io ti potessi giudicare? Ma scherziamo! Sei una delle persone che mi conosce meglio, come hai solo potuto pensare che io ti potessi giudicare?-

-Io ti conosco e mi sono vergognato perché non sono riuscito a mantenere un singolo lavoro, mentre tu sei perfetto!-

-Cosa? Adesso è colpa mia? Pfff.-disse Davide avvicinandosi alla porta.

-E adesso dove vai?-

-A capire se non ho davvero sprecato quattro anni della mia vita con qualcuno che non sa nulla di me.-disse, uscendo e sbattendo con forza la porta.

Non era vero, lo conosceva come le sue tasche. Sapeva che sarebbe andato in un qualche bar da solo. E lì si sarebbe sbollito davanti ad una birra. Avrebbe pensato e sarebbe tornato indietro la notte stessa. Lo sapeva.

 

 

 

 

 

 

Adorava sentire il profumo di pollo e patate al forno fin che arrivava fino all'entrata di casa. Posò la giacca e si avviò velocemente verso la cucina dove Erica stava preparando la tavola.

-No, ferma. Siediti che faccio tutto io.-disse Francesco prendendole i piatti.

-Grazie, ma non...-disse lei.

-Niente ma. Sei incinta e devi mantenere le forze per due persone ormai.-disse Francesco, aiutandola a sedersi dopo aver poggiato i piatti. -Voglio sapere tutto: com'è andata la visita?- chiese entusiasta.

-Bene. Il bambino è sano.- disse Erica.

-Nient'altro? Lui o lei com'è? Mi somiglia? Hai sentito il cuore?-scherzò Francesco, spegnendo il forno prima che le patate si bruciassero.

-È tutto suo padre. Comunque no, non è ancora possibile. Bisognerà aspettare almeno quattro settimane.-disse Erica -Com'è stata la tua giornata?-

-Il solito: ho spiegato lo sbarco in Normandia alla mia quinta e ho fatto vari colloqui.-disse Mario. Non si dilungò troppo su cosa fosse successo, non per nascondere qualcosa, ma Erica era incinta, e non voleva che si preoccupasse. Tanto non era successo assolutamente nulla. Pensò lui.

-Interessante.-disse Francesco, e finendo di apparecchiare. Appena entrato Erica notò subito il suo sguardo spento.

-Davide non mangerà.-disse poi con tono apatico. Erica e Mario si guardarono e concordarono che fosse meglio non insistere sull'argomento.

Mentre Mario stava per portare in tavola la cena il telefono di Erica squillò.

-Aspetta che vado io.-disse Mario, preoccupato, tuttavia Erica era stata più veloce di lui, e si era alzata da sola.

-Pronto. Ciao Isabella. Siete già tornati? Com'è andata alle Maldive? Bene...bene. Domani? Sì sono libera. Ci vediamo.-disse.

-Era Isabella. Ha detto che aveva una sorpresa per me e che devo portare il suo dipinto.-disse lei pensierosa sedendosi a tavola. Non aveva la minima idea su cosa potesse essere la tanto inaspettata sorpresa.

 

 

 

 

 

Nda

Scusate davvero per il ritardo, ma ho perso l'ispirazione per un periodo. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto la storia, ma soprattutto Reh Machine che ha commentato: scusa se scrivo il tuo nick solo ora, ma mi sono davvero dimenticata di citarti nei capitoli precedenti.

MuttigMaggie.

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Capitolo 5
*** Decisioni ***


Arrivò puntuale all'appuntamento con sua cugina. Adorava la zona di Milano Fiori. Così piena di verde e di case ecosostenibili, purtroppo fuori portata per lei e Mario.

Aveva portato i suoi quadri migliori. Oltre al dipinto di Isabella e Massimo del giorno delle nozze.

Sua cugina le aveva preparato una sorpresa, peccato non sapesse di che cosa si trattasse.

Arrivò davanti al loro condominio e rimase allibita dalla costruzione in vetro e marmo bianco, dagli arbusti che occupavano parte di una parete e dalla presenza di alberi. Citofonò e sua cugina le aprì quasi subito.

Dovette prendere l'ascensore, poiché Isabella abitava al quinto piano, e poiché cominciava a sentirsi piuttosto stanca.

Appena Massimo le aprì la porta, sua cugina la abbracciò con forza. Notò subito che la loro carnagione non si era scurita quasi per niente.

-Erica: sei splendida oggi.-disse Isabella con gentilezza.-Mi spiace ancora per il matrimonio. Metterti accanto ai tuoi non è stata una grande idea.-si scusò lei.

-Non ti preoccupare Isabella. Non è stato molto brutto.-disse lei, sarcastica.-Parlando di voi: com'è andato il viaggio? Divertiti alle Maldive? Vi vedo poco abbronzati!-notò lei.

-Non parliamone. Avevamo prenotato tutto, ma a causa di un malfunzionamento siamo stati due giorni fermi a Berlino.-disse Massimo.

-Ah, ma vi siete persi solo due giorni, non importa.-disse Erica.

-Non proprio. Passati i due giorni, dovevamo prendere il volo, ma l'abbiamo perso. Così abbiamo passato due settimane a Berlino. Che città fantastica! Non mi sono mai divertita così tanto. Forse faceva un po' troppo freddo, però è bellissima.-

-D'accordo. Sono felice che vi siate divertiti.-disse Erica, cercando di non ridere. Conosceva Isabella da anni, e sapeva che poteva essere fin troppo sbadata.

-Ah...mi stavo dimenticando di una cosa. Hai portato i disegni?-chiese Isabella.

-sì certo.-

-Bene. Abbiamo conosciuto un'artista tedesca bravissima. Ha una galleria a Berlino e sta organizzando una mostra qui a Milano. Le ho parlato di te...e vorrebbe vedere i tuoi disegni. Erica questa è Angela Meier.-disse Isabella, indicandole una bellissima donna, alta e bionda, che stava curiosando nel loro salotto.

-Piacere.-disse la ragazza con forte accento tedesco, stringendole la mano con forza.

-Piacere mio.-sorrise Erica con imbarazzo.

-Mia cugina è un'artista bravissima...ti faccio vedere il quadro che ha fatto per il nostro matrimonio.-disse Isabella, prendendo la cartelletta e prima che Erica potesse dire qualcosa, le prese i suoi disegni e li mostrò alla ragazza.

-Ma è fantastico!-disse in tedesco, ammirando il quadro che ritraeva Massimo ed Isabella al loro matrimonio. Poi prese un secondo quadro, uno dei preferiti di Erica. Ritraeva cinque figure ad un tavolo, sopra una di esse c'era una vignetta che la ritraeva in prigione.

-Wonderful! Fantastic!-disse Angela Meier.-Potresti farmene un altro come questo? Ho già in mente una mostra per il mese prossimo ed ho due posti liberi.-disse la ragazza.

Erica sorrise entusiasta.

-Certamente.-disse, cercando di essere il più composta possibile.

 

 

 

 

Corse in bagno il più velocemente possibile, appena sentì del calore tra le cosce.

Erano sempre state puntuali. Ed infatti non si stupì di trovare la macchia rossa sulle sue mutande.

Non aveva mai pianto, nemmeno per il dolore lancinante alla pancia, però i suoi occhi si bagnarono di lacrime.

Sapeva che le sarebbero sicuramente arrivate, ma non si aspettava così presto. Sperava che lui rimanesse con lei ancora un po'.

 

 

 

 

 

Appena rientrò in casa, vide che lui era seduto sulla vecchia poltrona con aria impaziente.

-Mi stavo preoccupando.-disse Francesco, appena lo vide sulla porta. Aveva gli occhi gonfi, segno che non aveva dormito. Anche lui non era messo meglio. A stento si reggeva in piedi.

-Scusa.-disse, chiudendo la porta alle spalle e togliendosi la giacca.

-Dove sei stato?-chiese Francesco.

-Da nessuna parte.-rispose Davide, sedendosi sul divano.

-Sei stato via tutta la notte. Dove sei stato?-chiese di nuovo, con tono deciso.

-Non è importante.-

-Allora sì?-

-Non ho detto questo. Cosa dovrebbe interessarti, tanto non ti fideresti comunque, visto che non mi hai detto del lavoro.-disse con rabbia.

-Io mi fido di te, cazzo. Almeno mi fidavo prima che tu te la spassassi tutta la notte.-

-Perché pensi che io mi sia divertito. Avevo ragione...tu non mi conosci abbastanza.-

-Allora tieniti la tua cazzo di ragione.-disse con ira. Si alzò con foga e uscì dall'appartamento.

 

 

 

 

 

Erano all'incirca le nove di sera e si trovava ancora in ospedale. Di solito si ritrovava a casa a quell'ora, ma sapeva che non sarebbe riuscita a sopravvivere.

Aveva aumentato i turni, facendone molti al pronto soccorso, ad orari molto pesanti, tuttavia sapeva che quella era la scelta giusta, almeno al lavoro era sicura.

Il prossimo paziente era una giovane ragazza, che poteva avere al massimo quindici anni, accompagnata dalla propria madre.

La giovane aveva un occhio nero, un labbro spaccato e dei lividi sul collo.

-Sono Natasha Lorenzi. Lei è mia figlia, Giulia.-

-Che è successo?-chiese Cinza, guardando la giovane ragazza che si era seduta sul lettino e stava guardando i piedi.

-Mi sono trovata in mezzo ad una lite in un bar.-disse tenendo gli occhi bassi. Cinzia notò subito lo sguardo pieno di lacrime della madre.

Aveva capito benissimo che quella era una scusa.

-Signora Lorenzi, potrei parlare un secondo con sua figlia?-chiese, intimandola di uscire. La donna non accettò ed uscì, con malavoglia.

-Chi è stato?-chiese Cinzia, avvicinandosi alla ragazza.

-Non lo so...c'erano due ragazze che si stavano picchiando e io ho cercato di separarle.-disse la ragazza, tenendo sempre gli occhi bassi.

-Non è così che è andata, vero? Qui non c'è tua madre...puoi parlare liberamente con me.-disse Cinzia.

-Non succederà più. Me l'ha promesso.-disse Giulia.

-Chi te l'ha promesso?-

-Nicola. Il nuovo marito di mamma. È successo tutto per colpa mia. Mi ha chiesto subito scusa. Sia a me che ha mia mamma...ce l'ha promesso.-disse Giulia, guardandola negli occhi. Dal suo tono di voce si intuiva speranza. La conosceva bene. Se lo ripeteva tutte le notti.

-Cos'altro ti ha fatto?-

-Nulla...solo questi segni al collo, e questo.-disse, alzano la maglietta, per far notare un livido sulla schiena.

-Adesso non chiamerà nessuno vero? Avevo promesso a mia madre di non dire nulla...ora si arrabbierà con me.-

-Tua madre non si arrabbierà. Però io devo fare denuncia.-

-Lei mi aveva detto che non avrebbe detto niente. Che questa conversazione sarebbe rimasta tra noi. Io ora come faccio? Lei non capisce!-disse la ragazza, scoppiando a piangere. Le si avvicinò e la abbracciò.

-Lui non ti farà più del male.-disse con la voce spezzata. Prese una decisione, doveva liberarsi di quell'incubo.

 

 

 

 

 

 

Nda

Scusate per il ritardo, ma ho avuto davvero molto da fare. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Non abbiate paura di commentare. Ahahah

MuttigMaggie.

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Capitolo 6
*** Nuove speranze ***


Salvatore sarebbe arrivato da un momento all'altro, ma lei aveva deciso di essere lì e di aspettarlo. Aveva le valige pronte all'entrata ed era seduta in soggiorno.

Appena Salvatore varcò la soglia non poté non notare le valige, si avviò preoccupato verso il soggiorno.

-Cara. Sei tornata.-disse con calma apparente avvicinandosi alla moglie.

-Non avvicinarti.-disse Cinzia, misurando la distanza con un braccio teso.

-Che sta succedendo?-chiese Salvatore.

-Io me ne devo andare. Io devo lasciarti.-disse Cinzia, con gli occhi bassi. Salvatore ebbe un fremito.

-C'è qualcun' altro? È così! Lurida puttana!-urlò lui, guardandola con rabbia. Lei cominciò a piangere ed a urlare.

-NO! NON C'È NESSUNO! È SOLO COLPA TUA! Solamente tua...io sono stanca di tutto ciò...IO TI ODIO. ODIO TUTTO CIÓ CHE MI FAI! Io me ne vado per COLPA TUA! È COLPA TUA SE LUI NON NASCERÀ MAI! -urlò, frenetica, cominciando a picchiarlo in un momento di foga.

Lui tentò di fermarla prendendole i polsi.

La strinse con forza a se, massaggiandole la schiena.

-Shhh...riusciremo a superare tutto questo ok? Lui arriverà...d'accordo?- la guardò sorridendole e stringendole il volto tra le mani. -Scusa se sono stato così...scusami.-disse lui, dandole un bacio veloce sulle labbra.

-Ho solo avuto un momento difficile al lavoro...io non sono così. Io ti amo...sei la cosa più bella che mi sia mai capitata, sei la migliore, sei tutto per me. Quindi ti scongiuro di perdonarmi...io non riuscirei a vivere senza di te.-disse lui, stringendola forte. Lei si fidò di quelle parole, era ritornato l'uomo di cui si era innamorata. L'uomo che ci tiene a lei, l'uomo gentile, l'uomo sincero, l'uomo che non l'avrebbe mai più toccata.

 

 

 

 

La ricreazione era appena finita, doveva entrare in classe, però aveva bisogno di parlare con lui.

-Luca, puoi fermarti qui un secondo.-

-D'accordo, profe.-

-Ho conosciuto tua sorella, mi ha detto di tua madre e volevo dirti che se avessi un problema dimmi pure. So che ti trovi in una situazione complessa e mi dispiace moltissimo.-disse, con il maggiore tatto possibile. Non si sentiva un eroe, né un professore modello, era solo la cosa giusta, che qualunque persona avrebbe fatto.-Ma questa non è una scusa per buttare all'aria la tua vita. Tu hai un sacco di capacità e sei un ragazzo molto intelligente. Non lasciarti mai sopraffare dalle emozioni, capito? Per quanto sia dura la vita c'è sempre un modo per uscire dalle brutte situazioni.-disse lui.

-Grazie profe.-disse solamente Luca prima di entrare in classe.

 

 

 

 

 

Aveva preparato uno zaino, ci aveva messo solo poca roba, perché sperava che quella non fosse ancora una rottura definitiva.

-Io porto solo questo per ora. Al massimo torno mercoledì per il resto della roba.-disse, uscendo dalla sua stanza.

-D'accordo.-disse Davide, guardando la televisione, come se non fosse stato attento, ma in realtà aveva ascoltato tutto ciò che aveva detto. Una parte di lui voleva perdonarlo, voleva dirgli di restare e che tutto sarebbe andato per il meglio, ma non ce la faceva.

-Ciao.-disse solamente Francesco, con voce ormai rotta dalle lacrime prima di uscire.-Ti amo.-disse dopo aver chiuso la porta e a voce bassa.

 

 

 

 

 

-A che settimana sei?-disse Sandra,una commessa, con voce squillante.

-La decima.-

-Eh?-

-Due mesi e mezzo.-spiegò Erica.

-Ahhhh...ma non era più facile spiegarlo in questi termini?-

-Avete già deciso il nome?-chiese Roberta.

-Non ancora. Veramente non ne abbiamo nemmeno parlato.-

-Fatelo il prima possibile. Porta male.-disse Ulisse.-Io mi sono ritrovato con il nome di mio nonno.-

-Ahaha d'accordo. Ho finito il turno. Ci vediamo domani.- Quella era stata la chiacchierata più lunga mai fatta con i propri colleghi, da sempre considerati superficiali. Appena aveva detto loro di essere in stato interessante, si era ritrovata con l'aiuto e con l'appoggio di numerose persone, ma ancora non era certa di essere entusiasta della cosa.

Raggiunse sua sorella velocemente.

-Chi sono?-chiese Cinzia guardando stupita i tre ragazzi alle sue spalle.

-Ah...due colleghi di lavoro. Sandra, Roberta e Ulisse.- disse lei, voltandosi verso i colleghi e sorridendo un ultima volta.

-Dove andiamo?-chiese Erica.

-Al solito caffè...che domande!-sorrise Cinzia. Era da un po' che non vedeva sua sorella così.

-Wow...che è successo?-chiese lei, stupita.

-Niente...solo io e Salvatore stiamo uscendo da un brutto periodo e sono proprio felice.-disse lei. Erica non era sicura delle parole della sorella, soprattutto quando si trattava di suo marito.

-Beh...meglio così...poi con il bambino in arrivo, deve essere stato stressante per te.-disse Erica. Cinzia non resistette a quelle parole. Sentì subito una lacrima colarle su una guancia.

-Che succede?-chiese Erica, abbracciandola.

-Non sono incinta.-disse Cinzia, singhiozzando.

-Cosa?-

-Ho abortito...di nuovo.-disse Cinzia. Erica la strinse forte. Sapeva quante volte la sorella ci avesse provato e quanto lei avrebbe voluto un bambino.

-Andrà tutto bene. Ok? La prossima volta...-

-No...non so se ci sarà mai una prossima volta. Ho avuto sei aborti spontanei...forse sono sterile...-

-O magari è tuo marito ad avere problemi...che ne sai?-disse lei, facendola sorridere.-Hai già fatto dei test?-

-No, ho troppa paura e poi Salvatore non accetterebbe mai.-

-Al massimo c'è sempre l'adozione.-

-Già.-disse lei, con amarezza.

-Mmmh...questa è una conversazione fin troppo malinconica! Andiamo a prenderci qualcosa di dolce dai!-disse lei, sentendosi improvvisamente molto affamata e con una voglia matta di cioccolato.

 

 

 

 

 

 

Tornò a casa poco dopo Mario. C'erano due biglietti sulla cassa panca. Uno di Davide e l'altro di Francesco. Strano, pensò Erica, di solito era solo Francesco a scrivere per tutti e due.

Il primo diceva: Rimango da Luca per un po'. Quello di Francesco era più informale: Starò da mio padre per quattro giorni. Non vi preoccupate, torno con una sbrisolona!

-Ciao amore.-disse Mario, abbracciandola.

-Ehi! Com'è andata la giornata?-

-Il solito...compiti in classe, chiacchiere e rimproveri. Ho parlato con Luca, l'alunno che ha la madre che soffre di Alzeimer...poverino.-disse lui.

-Già...mmm che buon profumo!-disse Erica, sentendo un profumo di sogliola e di patate al forno.

-Oh...già...il pesce.-disse Mario, andando in cucina.

-Tu. Cosa mi racconti?-

-Cinzia ha abortito.-disse lei.

-Oddio...mi dispiace tanto. Non hai incontrato Isabella ieri?-chiese poi.

-Sì...ah certo...Isabella mi ha fatto conoscere un'artista tedesca che esporrà alcuni miei dipinti.-disse Erica. Mario si girò stupito.

-D'avvero? Oh Erica sono orgoglioso di te! Ah...lo sai piccolino, tua madre è un'artista molto acclamata.-disse accarezzandole la pancia.

-Sei stupido.-disse, accarezzandogli la barba.

-Ti amo pure io. Ah...devo tornare a cucinare. Dobbiamo festeggiare.-disse lui, euforico. Era davvero orgoglioso della sua ragazza, ma un pensiero gli pervase la mente per qualche istante: quando sarebbe stato il suo turno?

 

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Capitolo 7
*** Caduta libera. ***


-Tutto bene?-chiese la ginecologa, una ragazza giovane, forse di poco più vecchia di lei.

-Sì.-mentì. Non stava affatto bene. Ora potevano sapere se fosse tutto a posto, se il bambino o la bambina fosse sano. Cinzia le strinse la mano. Aveva insistito a venire nonostante tutto quello che fosse successo.

Non aveva mai avuto tanta paura fino a qualche giorno prima e il fatto che Mario non fosse qui con lei la metteva a disagio, soprattutto mentre la donna scrutava dentro il suo corpo, una cosa che a lei faceva impressione.

Erica non era una che si terrorizzava con poco, ma in quel momento aveva una fifa blu, soprattutto dopo la chiacchierata avuta con Cinzia.

Aver capito che la sua più grande paura si era avverata: non riuscire a sentire i battiti del cuore. Non avrebbe mai retto alla stessa situazione da sola. Dove diavolo si era cacciato Mario?

La donna, la dottoressa Giusti, stava guardando il monitor. Non riusciva ad intercettare il minimo segno di emozione dal suo volto...forse qualcosa andava storto. Guardò sua sorella in cerca di aiuto.

Lei le sorrise.

-Erica: suo figlio è sano. Vuole sentire il battito del cuore?-chiese la dottoressa.

Lei annui, senza parlare. Dopo che la dottoressa ebbe schiacciato un pulsante accanto allo schermo, sentì uno dei suoni più dolci della sua vita. Il cuore batteva veloce, come un cavallo che galoppava al massimo delle forze. Era dolcissimo. Non riuscì a trattenersi, le paure erano per un momento svanite. Sua sorella l'abbracciò, piangendo. Il suo sogno si era avverato.

-Scusa il ritardo.-Mario aprì con forza la porta dello studio e rimase esterrefatto davanti alla scena delle due donne che piangevano abbracciate.

Sentì subito il battito martellante del bambino. Si avvicinò alla compagna e la accarezzò.

-Grazie.-disse lei, con le lacrime agli occhi.

 

 

 

 

Non si alzava da due giorni. Gli occhi pieni di lacrime, la testa che lo stava uccidendo. Era uscito la sera prima, in un gay bar che era solito visitare.

Aveva bevuto tanto...troppo, si ricordava di aver incontrato qualcuno, ma non riusciva a ricostruire i particolari del suo volto. Si alzò lentamente, prese la sveglia, erano le tre del pomeriggio...forse.

A che ora era ritornato a casa? Forse le tre...le quattro. Era notte o era mattina?

Fortunatamente si era preso una settimana di ferie. Andò in cucina a mangiare, aprì il frigo e notò una lattina di birra mezza vuota, la sorseggiò d'un fiato. Gli mancava davvero la sensazione dell'alcol che gli scendeva nella gola, dell'euforia e della leggerezza che cominciava già a provare. Erano passati cinque anni da quando aveva smesso di bere. Cinque anni della sua vita passati con Francesco. Cinque anni in cui era stato felice.

Basta smancerie. Gli aveva mentito, lo aveva tradito. Anche se forse non era la menzogna più grande, gli aveva fatto male capire che lui non si era fidato abbastanza da chiedere il suo aiuto.

 

 

 

 

 

 

 

Francesco stava bene in quella che era stata la sua casa. La adorava, quella grande cascina costruita da suo nonno anni prima.

Adorava nascondersi e pensare e sperare di essere trovato.

Da piccolo si nascondeva sempre nella soffitta, quando non voleva aiutare suo padre, o quando si sentiva giù di morale. Era il suo nascondiglio segreto.

Dopo poco i suoi genitori lo avevano scoperto ed avevano deciso di non disturbarlo, in quelle ore di pace.

Si era nascosto per due giorni quando a dieci anni sua nonna era morta. Suo padre lo aveva dovuto trascinare con la forza.

Si era nascosto lì, con i polsi tagliati, dopo che qualcuno aveva svelato a tutta la scuola il suo segreto più grande. Lo aveva trovato sempre suo padre, che da quel giorno si era rifiutato di tornarci.

-Come stai?-chiese sua madre, portandogli una tazza di tè.

Lui alzò le spalle. Aveva gli occhi ancora gonfi.-Male. Mi manca.-disse Francesco, guardando avanti.

-Lo hai chiamato?-

-Sì...più volte. Non mi vuole più sentire. Non mi vuole più nella sua vita.-

-Allora sarà peggio per lui. Tu non hai fatto nulla di male caro.-

-Ero senza lavoro da due mesi. Avrei dovuto dirglielo prima. Non avrei mai voluto che lo scoprisse così. Mi aveva anche chiesto di sposarlo.-

-Si sistemerà tutto tesoro...basta che rimani con noi.-gli sorrise, pronunciando le ultime parole.

 

 

 

 

 

 

-Eccoci qui.-disse Mario, lasciando sedere la compagna dopo averla portata in braccio fino in casa. Lei non stava bene, ma dopo essere arrivato in ritardo sapeva che gli doveva dare una mano. Si sentiva in colpa.

-Non dovevi portarmi fin quassù.-disse Erica, alzandosi dopo poco in piedi. Non era mai stata una ragazza ferma.

-No no...riposati un po'...non vorrei che succedesse qualcosa al bambino.-disse lui, preoccupato.

-Io sto bene...non avevi un uscita con Massimo e gli altri ragazzi?-chiese lei, sorridendogli. Aveva notato che era molto indaffarato negli ultimi tempi, soprattutto con la faccenda del bambino e lo aveva spinto ad uscire, anche perché lei aveva bisogno di dipingere.

La mostra si sarebbe tenuta il mese successivo ed aveva molto lavoro da fare.

-Beh sì, ma se vuoi io sto qui con te.-disse lui.

-No...vai. Divertiti.-disse lei, accarezzandolo e dandogli un lungo bacio sulle labbra.-Grazie di essere qui con me. Ti amo.-disse lei.

-Ti amo anche io.-le loro bocche si unirono ancora una volta prima di lasciarsi definitivamente.

Appena uscì di casa lei andò a prendere il suo materiale di lavoro e si apprestò a disegnare.

Dopo qualche minuto suo fratello uscì velocemente dalla sua stanza. Lo vide camminare a passi pesanti verso l'uscita.

-Davide.-lo richiamò lei.-Stai bene?-chiese preoccupata. Era da tanto che non lo vedeva così giù e sperava con tutto il cuore che non si facesse del male.

-Sì. Sto bene. Carino.-disse prima di uscire, indicando il dipinto della madre e del bambino abbracciati l'uno all'altro. Avrebbe dovuto parlare con il ragazzo.

 

 

 

 

 

 

Era in metropolitana quando il telefono squillò. Era un messaggio. Prese preoccupato il telefono, avendo paura che fosse successo qualcosa ad Erica. Non era lei, era un messaggio di Cristina.

-Oggi mia mamma sta meglio. Ti va di uscire?-diceva il messaggio. Lui cominciò a tremare. Rimise il telefono in tasca. Poco dopo si guardò in giro. Lo riprese e compose il numero.

-Ciao Massi, stasera non ci sono, preferisco aiutare Erica. Si si...tutto bene. Ci vediamo. Ciao.-disse lui, riagganciando.

-Dove?-inviò poco dopo.

 

 

 

 

 

NdA.

Mi dispiace tantissimo di non aver più aggiornato la storia, ma ero in crisi creativa. Ho scritto di getto questo capitolo e spero davvero che vi sia piaciuto.

MuttigMaggie.

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