Fifty Shades of Jamie

di ZereJoke94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12- Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Il piattino che sbatteva sul tavolino mi fece sussultare, e automaticamente alzai lo sguardo dai miei appunti, incontrando gli occhi del cameriere. Si scusò in fretta, tornando al bancone del bar, facendosi strada a fatica tra la folla all’interno del locale.
Portarmi dietro gli appunti di letteratura non era stata una grande idea. Provare a controllarli poi, in un bar a due passi da Piazza di Spagna, era stato semplicemente ridicolo.
Li infilai nella mia ampia borsa, e presi a sorseggiare il mio tè. Roma mi era mancata durante l’anno precedente, che avevo trascorso in Inghilterra per studiare. Così da quando ero tornata, uscivo molto più spesso in centro di quanto avessi mai fatto prima. Non necessariamente in compagnia. Vagai con lo sguardo per il locale, e ridacchiai dietro la tazza.
Il cameriere di prima stava sudando freddo, assorto in un tentativo di conversazione con un uomo, e dalla sua faccia disperata dedussi che quest’ultimo dovesse essere straniero, e che il cameriere non se la cavasse benissimo con le lingue.
Spinta da un’ondata di altruismo e un pizzico di curiosità, mi feci largo tra la folla e raggiunsi il bancone, piazzandomi vicino allo sconosciuto. Finsi di aver bisogno di una bustina i zucchero mentre origliavo cosa si stessero dicendo.
Capii che oltre a un cappuccino, lo sconosciuto stesse chiedendo delle informazioni su come raggiungere una mostra.
Mi rivolsi al cameriere –Scusami, posso aiutarti?-
Mi guardò stralunato –Parli inglese?-
Annuii, divertita dalla domanda.
-Grazie mille. Mastico un po’ di inglese anche io, ma questo ha un accento stranissimo, non capisco cosa voglia, oltre al cappuccino- Detto questo, rivolse un sorriso tirato a entrambi e si diresse verso la macchina del caffè.
Lo sconosciuto indossava una camicia a quadri nei toni del blu, jeans e un paio di occhiali scuri. I capelli castani e la barba leggermente incolta. Non avrei saputo dire quanti anni avesse.
-Ciao- Iniziai, nel mio fluente inglese.
-Ciao- rispose lui sorridendo.
Sorrisi a mia volta, appoggiando un gomito al bancone –Può dire a me, se ha bisogno di qualche informazione- Il cameriere gli servì il cappuccino e girò velocemente i tacchi.
-Ehm, si…c’è questa mostra a cui vorrei andare- Aveva un marcato accento irlandese. Tirò fuori dalla tasca un depliant, e me lo mostrò.
“Body Worlds. Il vero mondo del corpo umano”.
-Non so come raggiungerla- Continuò, un po’ a disagio.
-Una mia amica ci è andata qualche giorno fa- Spiegai, ma mi resi immediatamente conto dell’inutilità di quell’informazione, così continuai –Ehm, senta, la accompagno io, la strada è impossibile da spiegare…-
Rimase zitto e mi sembrò che avesse sgranato un po’ gli occhi dietro gli occhiali, sorpreso dalla mia offerta di aiuto. Mi sentii vagamente a disagio, visto che rimaneva zitto. Spostai il peso da un piede all’altro, togliendo il gomito dal bancone. Mi resi conto che mi ero offerta di accompagnare un completo sconosciuto a una mostra, poteva essere un pazzo omicida, per quanto ne sapevo.
Se ne rimaneva li impalato, con quegli occhiali da sole che gli coprivano la faccia. -Ok- disse alla fine.
–Cos’ha preso?-
Non capii –Cosa?-
-Cosa ha preso da bere? Da mangiare?- Chiese.
-Un tè, ma…- Fece un cenno al cameriere, e gli porse una banconota.
-No- Obiettai –Voglio pagare…-
-Si è offerta di accompagnarmi alla mostra. Mi offro di pagarle il tè- Mi interruppe.
Sospirai. Decisi di accettare, se la metteva in quel modo… –La ringrazio, consideriamolo uno scambio equo-
Uscimmo fuori, e il sole debole di fine marzo mi fece socchiudere un po gli occhi. Mi abituai a quel chiarore e lo guardai. Si era tolto gli occhiali. “Tiene gli occhiali al chiuso e li toglie all’aperto, interessante”. Trattenni un risolino, a quel pensiero.
La voglia di ridere mi passò abbastanza rapidamente, quando mi resi conto di averlo già visto da qualche parte.
Si accorse del mio sguardo confuso, e mi guardò con un’espressione divertita. Aveva bellissimi occhi grigi.
Mi porse la mano -James-
-James- Ripetei, come un idiota. Non riuscivo a credere all’idea che si stava facendo largo nella mia mente, ma più lo guardavo e più mi convincevo di quello che stavo pensando.
-Serena- Riuscii a dire alla fine, continuando a fissarlo. Era…?
-Serena- Sembrò accarezzare il mio nome -E’ un bellissimo nome, molto dolce-
Scossi la testa, e decisi di smettere di fare la cretina.
-Perché scuoti la testa?- Mi chiese, mentre iniziavamo a camminare.
-Lo sai che somigli incredibilmente a un attore?- Feci una risatina.
-Ah si?- Chiese, estremamente divertito. Pensava che fossi un idiota, ne ero certa.
-Si. Hai presente Cinquanta sfumature di grigio?-
-Mi sembra di averne sentito parlare-
-Beh, sei il sosia di Jamie Dornan- Lo guardai di sottecchi, vergognandomi come una ladra in chiesa per quello che avevo appena detto.
Fece per dire qualcosa, ma improvvisamente udii un gridolino, seguito da un flash. Rimasi stordita sulle prime, non capii cosa stesse succedendo. La consapevolezza mi piombò addosso come un sasso quando lo vidi salutare velocemente i fotografi e la piccola folla di persone che si era radunata intorno a noi.
Mi sentii vagamente nauseata e instabile, mentre venivo assalita da un’ondata indescrivibile di vergogna.
Mi lasciai docilmente trascinare via da lui, che intanto si era rimesso gli occhiali, e pochi secondi dopo eravamo infilati in un vicoletto quasi invisibile. Lo fissai con gli occhi di fuori.
Mi rivolse un sorrisetto complice -Meglio non dirlo alle amiche, ok?-

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
Balbettai qualcosa in italiano, mentre sbattevo le palpebre più volte, incredula.
-C...che ci fai qui?!- Me ne uscii così, senza motivo. Non sapevo che dire; sempre meglio che starmene li impalata a fissarlo come un idiota.
Mi Guardò, e rise. "Oh mio Dio" pensai, mentre i miei ormoni si davano alla pazza gioia.
-Sono in vacanza- Rispose semplicemente, togliendosi gli occhiali e pulendoli con un angolo della camicia. Alzò gli occhi grigi su di me, aspettando che dicessi qualcosa.
"Dovrai avere pazienza, bello" pensai, ero senza parole.
Si rese conto che non avrei aperto bocca, così continuò -Mi piace prendermi una pausa, a volte. Non che la mia vita sia mai stata tanto frenetica come in questo momento...- fece spallucce -Rilassati-
-Sono rilassata- Risi automaticamente a quella bugia pietosa. -E' solo che...insomma, ti ho visto al cinema un mese fa, e ora se qui in carne ed ossa!-
Sorrise, e mi fece cenno di fargli strada. Avevo paura di aver dimenticato dove si trovasse quella mostra. In realtà, forse non ricordavo nemmeno il mio nome.

-Eccoci- Gli indicai l'entrata, impacciata. Trovavo strano che girasse da solo, senza una specie di scorta o di assistente, quelle cose da vip.
-Non entri con me?-
Sbiancai. "Cosa? Vuole che entri con lui?"
-Ehm, non credo sia la mostra adatta a me- Risposi arrossendo. La mia faccia cambiava colore a intervalli regolari. Bianco rosso bianco rosso bianco rosso.
Non insistette, ma indugiò più del dovuto sul mio viso, sui miei capelli castano scuro.
-Allora ti saluto. Grazie mille per avermi accompagnato...- Allungò la mano.
Gliela strinsi, forte. Non volevo andarmene, avrebbe significato non vederlo mai più.
"Allora entra, genio"
-Di niente, è stato bello- Non lo avrei rivisto, quindi tanto valeva che sapesse che avevo passato tutto il pomeriggio a sbavare. Viva la sincerità.
-Anche per me- Rispose, continuando a stringermi la mano.
Non so come nè perchè, ma le parole che mi uscirono dalla bocca immediatamente dopo mi sconvolgono ancora, -Se vuoi fare qualche altro giro della città, chiamami-
Prima ancora di rendermene conto, avevo tirato fuori dalla borsa  i miei appunti e scarabocchiato il mio numero su un angolo in fondo ad una pagina, avevo strappato il piccolo pezzo di carta e glielo avevo allungato.
Lui lo prese, e se lo infilò in tasca. Mi aveva sorriso e si era avviato verso l'entrata.
Quano lo vidi sparire oltre l'ingresso, sospirai abbastanza rumorosamente, tanto che una signora che mi passava davanti in quel momento mi rivolse un'occhiata storta.
Girai i tacchi mentre avvampavo, immaginandolo mentre prendeva il biglietto dalla tasca e lo gettava per terra.
"Patetica". Decisi che sarebbe stato meglio dimenticare tutto, e mi ricordai che mi aspettavano un centinaio di pagine di appunti da riguardare.
Appena arrivai a casa mi gettai a capofitto nello studio e, strano a dirsi, non riuscii neanche per un istante a concentrarmi davvero.
Cenai in silenzio, ignorando le occhiate preoccupate dei miei genitori.
-Sere, tutto a posto?- Chiese mia madre, prendendomi la mano.
-Si, perchè?- Mi sforzai di sorriderle.
-Sei così silenziosa...-
-E' che ho studiato parecchio oggi, e sono un pò preoccupata per l'esame di letteratura inglese...-

Una settimana dopo, avevo quasi dimenticato quel pomeriggio così surreale.
Stavo per mettermi a letto, dopo aver studiato come una disperata. La mattina dopo avevo un esame.
Mi girai e rigirai, come facevo sempre quando ero preoccupata, senza riuscire a prenere sonno.
Quando finalmente stavo per scivolare nella tanto agognata incoscienza, il mio telefono vibrò sul comodino. Una, due, tre volte.
Maledissi quel maledetto idiota, chiunque fosse. Afferrai il cellulare e risposi, senza nemmeno controllare chi fosse.
-Pronto- Borbottai.
-Serena?- Una voce famigliare, anche se pronunciò il mio nome in moo strano.
Il mio cuore mancò un battito, mentre scattavo a sedere sul letto.
-Si? Chi è?- Non potevo crederci.
-Ehm, sono Jamie. Spero di non disturbarti-

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Mi sentii le mani improvvisamente informicolite, mentre il sangue mi defluiva dal volto. Non ci badai.
-C...ciao- Balbettai. Stavo boccheggiando, e dovevo smetterla. Subito. Se ne sarebbe accorto, se avessi continuato ad ansimare come una disperata in preda ad un attacco di panico.
Mi alzai dal letto, iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza.
-Nessun disturbo...- Continuai, tentando di parlare con un tono normale.
-Mi dispiace averti chiamato a quest'ora, ma ho un problema.- 
Smisi di camminare -Che succede?-
Esitò per qualche secondo.
-Credo di essermi rotto un braccio- Rise mentre pronunciava quella frase, e me lo immaginai con il braccio ingessato. Mi venne da ridere istintivamente.
-Rotto un braccio- Ripetei. -Ma dove sei??-
-Sono in centro...- 
"Vuole che lo porti all'ospedale?"
-In centro dove?- Chiesi.
-Piazza di Spagna, di nuovo- Rise.

Non abitavo lontano dal centro, ma mi ci volle comunque una buona mezz'ora per raggiungerlo.
Non potevo credere che stavo per incontrarlo di nuovo. Semplicemente non potevo...e non avevo raccontato a nessuno del nostro incontro precedente. Stentavo a credere anche questo, da quando ero così brava a mantenere i segreti? Soprattuto un segreto di questa portata? Mi strinsi la mano mentalmente.
Mi diedi una rapida occhiata sullo specchietto retrovisore dell'auto, prima i scendere. I miei occhi marroni erano incorniciati da lunghe ciglia, su cui avevo passato una generosa dose di mascara prima i uscire. Non volevo essere del tutto impresentabile.
Mentre camminavo, mi tornò in mente l'esame della mattina successiva.
"Di stamattina" pensai, ansiosa. Erano le 2 del mattino.
Scossi la testa. "Dov'è?"
C era poca gente, a quell'ora, quindi non ci misi molto a individuarlo.
Stava seduto sui gradini davanti ad una porta, assorto nei suoi pensieri.
Dovevo chiamarlo?
"Certo che devi. Vuoi restare a fissarlo tutta la notte?"
Fortunatamente, si voltò da solo verso di me e scattò in piedi; mi sentii di nuovo le mani informicolite.
-Scusami ancora, mi dispiace così tanto averti chiamata- Disse appena mi fu davanti.
"Ah". probabilmente assunsi un'espressione imbronciata, senza volerlo, perchè subito si corresse, -Mi dispiace averti chiamata, a quest'ora di notte...-
"Se non fosse nei guai non l'avrebbe mai fatto" Il mio subconscio, ottimista come sempre. O forse semplicemente realista?
-Che è successo?- Chiesi osservando il suo polso sinistro, mi sembrava gonfio.
Aveva anche un occhio nero? O me lo stavo immaginando?
Fece spallucce, -Mi sono beccato un pugno in faccia, e a quanto pare hanno tentato ti amputarmi un braccio- Ci scherzò su.
Non lo trovavo granchè divertente. 
-Hai fatto a botte?- Ero incredula, era il tipo?
-No, Serena- Mi osservò attentamente, come se avesse notato qualcosa sul mio viso.
-Circa un'ora e mezzo fa, credo...Un uomo ha scippato una ragazza. Mi sono trovato praticamente davanti a quel tipo e, sai, ho cercato di fermarlo. Peccato che fosse il doppio di me- Rise amaramente -Ci ho provato comunque, ma ho perso-
Mi sfuggì una risatina.
-Ci hai provato- Gli strizzai l'occhio, pentendomene immediatamente. Lui non sembrò darci troppo peso invece, visto che mi sorrise e accennò verso il polso.
-Sarà rotto?-
-Riesci a muoverlo?-
-Non so se mi va di provarci...-
Alzai gli occhi al cielo, e lo spinsi delicatamente verso la mi auto.

Quattro ore più tardi, uscivamo dal pronto soccorso. Il polso solamente fasciato.
-Poteva andare peggio- Camminando velocemente verso il parcheggio. 
Avevo un esame importante quella mattina, ero stravolta, ero dall'altra parte della città. Eppure, non riuscivo a non essere felice. Immaginate l'espressione più ebete e trasognata che potete. Ecco. Quella era la mia.
Entrammo nell'abitacolo, era freddissimo li dentro. Accesi il motore e aspettai che la macchina si scaldasse un pò.
Ero seduta nella mia macchina vicino a Jamie Dornan. Lo avevo accompagnato all'ospedale.
"Si, bravissima, ma hai un esame tra meno di due ore"
Mi accarezzò la guancia, così, all'improvviso. Rimasi senza parole.
Non appena le sue dita mi toccarono la pelle, presi fuoco. Letteralmente.
Mi guardò negli occhi per un tempo che mi sembrò infinito, prima di allungarsi ancora verso di me e posare le labbra sulle mie. I contorni i tutto ciò che mi circondava svanirono, non c'eravamo altro che noi, non c'era altro che le sue labbra.
Mi leccò il labbro inferiore, poi si staccò. Improvvisamente, come aveva iniziato.
-Perchè?- Ansimai.
Appoggiò la testa sul sedile, e mi sembrò stanchissimo.
Lo faceva con tutte le ragazze che incontrava? D'altra parte, chi gli avrebbe detto di no? Quel pensiero mi colpì come una doccia fredda.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il professore mi guardò di sottecchi, oppure mi guardò storto, ma in quel momento preferii credere alla prima opzione. Stavo seduta rigida come un bastone sulla sedia, mentre attendevo il suo responso.
-Ha riposato bene stanotte signorina?- Mi chiese, con fare indagatorio.
"Ma che ti importa?" pensai "Proponimi il voto e basta..."
-Non molto in realtà- Mi tormentai le mani, a disagio.
Mi rivolse un'altra occhiata esaminatrice, come se stesse facendo la media tra ciò che gli avevo detto e il mio aspetto disastroso.
-Venticinque- Si grattò la testa -Di più non posso proporle-
-Accetto- Ero sollevata, più che sollevata. 
Dopo essermi alzata e aver firmato, con la mente finalmente sgombra e leggera dal peso dell'esame, iniziai a pensare a ciò che era accaduto la notte precedente.
Jamie Dornan mi aveva baciata. Avvampai automaticamente, a quel pensiero.
-Serenaaaaa?- Mi chiamò qualcuno alle mie spalle. Mi voltai e fui travolta da quel ciclone in presona che è la mia amica Irene.
Minuta, bionda e petulante. La adoravo, anche se a volte le avrei appiccicato un rotolo di nastro adesivo sulla bocca.
-Sei viva, allora. Com'è andato l'esame?- Mi prese sottobraccio, iniziando a camminare con me.
-Venticinque- Feci spallucce. Ero abituata a prendere di più, ma date le circostanze era il voto migliore che potessi aspettarmi.
-Secchiona- Rise dandomi una piccola spinta, poi mi osservò meglio, e notò la mia faccia stravolta. -Nottataccia?- Chiese, preoccupata.
Era stata una nottataccia? Non direi.
-Uhm, si e no- Risposi, trattenendo un sorriso.
-L'importante è che vada tutto bene. Ora scusami ma devo scappare, ho lezione! Chiamami una di queste sere, ok? Ci aggiorniamo- Mi baciò e corse via.
Ripresi il filo dei miei pensieri da dove Irene mi aveva interrotta.
Il bacio. E che bacio.
"Perchè?" Domanda da cento milioni di dollari.
Domanda che non aveva avuto risposta, quando era stata posta al diretto interessato; aveva appoggiato la testa al sedile della mia auto, guardandomi fisso negli occhi. Avevo contraccambiato quello sguardo, percependo l'elettricità tra di noi. La tensione sessuale alle stelle. Poi avevo distolto lo sguardo, confusa e irritata.
Lo avevo riportato in centro e ero corsa a casa a ripassare ciò che potevo. Non sapevo neanche dove alloggiasse.
"Perchè lo fa con tutte quelle che incontra. Nessuna gli direbbe di no. Si diverte così" Mi suggerì il mio subconscio. Non mi andava di starlo a sentire.
Mi bloccai. afferrai il cellulare dalla tasca e cercai tra le chiamate recenti il suo numero.
"Merito una spiegazione. Fosse la più assurda, ma me la merito" Pensai, mentre realizzavo che sì, era un attore al massimo della popolarità, era sexy da morire e probabilmente non esisteva la possibilità che fosse minimamente interessato a me...ma era pur sempre un uomo. Una creatura semplice.
Rispose al secondo squillo.
-Serena- Immaginai il suo sorriso, mentre pronunciava il mio nome. 
-Avrei bisogno di parlarti, se non hai da fare...- Tagliai corto.
-Voglio parlarti anch'io. Vediamoci oggi pomeriggio al bar dove ci siamo conosciuti-
-Alle cinque?-
-Perfetto-
Chiusi la conversazione senza salutare. Era stata una strana telefonata. Sembrava ci fossimo accordati per un incontro di lavoro. In realtà, si sarebbe rivelato di tutt'altro tipo.

Mi sedetti allo stesso tavolo del giorno in cui lo avevo visto la prima volta.
Fortunatamente, il locale era molto meno affollato di quel giorno, così ordinai un cappuccino mentre aspettavo che lui arrivasse.
Picchiettavo nervosamente con le unghie sul tavolo, manifestando tutta la mia ansia. Dovevo assolutamente cercare di controllarmi meglio, non appena fosse arrivato.
Il cameriere (quello bravo con l'inglese) mi sevì il cappuccino e fece per allontanarsi.
-Mi porta un caffè?- 
-Certo signore-
Jamie si sedette di fronte a me e si tolse gli occhiali.
-So che sta quasi piovendo- Esordì, guardando fuori dalla finestra di fianco al nostro tavolo -Ma devo portarli, per ovvi motivi-
-Perchè senti il bisogno di spiegarmelo?- Sorseggiai il mio cappuccino, cercando di non essere troppo acida. Era amaro.
Presi una bustina di zucchero.
-Perchè nessuno mi guarda come mi guardi tu. Gli altri cercano sempre di compiacermi, di accontantarmi. Ma tu...- piegò la testa di lato e sorrise.
"Mio Dio" Tentai di non avvampare.
-...tu mi guardi in un modo diverso. Sei incazzata con me, e non ti fai problemi a farmelo capire-
Arrivò anche il suo caffè. Sarebbe dovuto essere illegale per quanto era sexy mentre giocherellava con la tazzina.
In ogni caso non sapevo cosa rispondergli. Era una cosa ovvia, per me, dimostrare le mie emozioni. Nel suo mondo non era così.
-Perchè sei arrabbiata, Serena?- Chiese, serio.
Scossi la testa. Cosa dovevo dirgli? Che ero infuriata per un bacio che per lui non aveva avuto alcuna importanza? Che non ero quel tipo di ragazza? 
"Quale tipo di ragazza? E' stato solo un bacio". Zittii quella fastidiosa vocina dentro la mia testa e bevvi un generoso sorso di cappuccino, nascondendo il viso dietro la tazza. Guadagnando tempo. Assurdo. Lo avevo chiamato io, e ora avrei dato qualunque cosa per non parlarne.
-Non bacio chiunque mi si pari davanti, Serena- Mi guardò dritto negli occhi, mentre pronunciava queste parole.
-Ah, no?- Chiesi, scettica. -Allora perchè?-
Fece un respiro profondo.
-Non faccio altro che pensare a come sarebbe morderti,leccarti, infilare la lingua nelle tue mutandine. Dal primo momento che ti ho vista- 

Serrai le cosce. Una piacevolissima scossa mi oltrepassò tutta, facendomi rabbrividire. Non era una risposta più che sincera alla mia domanda? Ma era la risposta che mi aspettavo?
Nessuno mi aveva mai detto una cosa tanto sfacciata e inopportuna. Così eccitante.
-C...cosa?- balbettai. Non ero sicura di aver sentito bene.
-Sono stato sincero con te. Ora devi decidere- Disse, apprentemente calmo e rilassato.
-Decidere cosa?- Mi spostai leggermente in avanti.
Mi sorrise. -Devi decidere se scappare- 
Scappare? Sentivo la mia eccitazione bagnarmi le mutandine e la parte alta dell'interno coscia. Non sarei scappata da nessuna parte. L'attrazione verso di lui mi teneva incollata alla sedia.
-Non voglio scappare...- Ansimai. Dovevo cercare di controllarmi. Eravamo in un locale pubblico.
Lui non disse niente, ma la sua espressione tradì comunque il sollievo e la soddisfazione di vedermi eccitata senza nemmeno avermi sfiorata.
Si alzò all'improvviso, facendo un cenno al cameriere. Abbandonò una banconota sul tavolo e mi afferrò la mano, -Usciamo di qui-.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


-È una stupidaggine- ansimai, quando fummo nascosti da occhi indiscreti. Ero schiacciata tra il muro di un piccolo vicolo e il suo corpo. Aveva iniziato a piovere.
-No, non lo è...- Jamie mi prese la testa tra le mani e l'avvicinò a sé. Poi pose le labbra sulle mie. Non ci volle molto perchè la mia bocca si aprisse e le nostre lingue si incontrassero in quell'angolo buio e umido.
Fui sopraffatta da un'ondata di calore e mi strinsi a lui con forza, desiderandolo con tutta me stessa. Avevo il corpo in fiamme. Mi sfregai contro di lui, incapace di fermarmi. Jamie mi afferrò i capelli e prese il controllo della mia bocca. Avevo oltrepassato le porte del Paradiso senza muovere nemmeno un passo.
Lui gemette, facendomi scivolare una mano lungo il collo, il seno, i fianchi.
Qualcuno fischiò e battè le mani, più volte. L' incantesimo andò in mille pezzi.
Spalancai gli occhi e lo spinsi via, fissandolo sconvolta.
Cosa stavo facendo?
Lui mi fissò di rimando, con il fiato corto. 
-Ma chi ti credi di essere?- Mi sforzai di mantenere un tono di voce dignitoso, con scarsi risultati.
Non capì cosa intendessi, perchè mi guardò confuso.
Prima, al bar, l'adrenalina e l'eccitazione mi avevano offuscato la mente. Ora che ero di nuovo lucida, capivo perfettamente che non volevo essere "quella ragazza italiana che si era fatto in vacanza a Roma".
-Non so con che genere di donne sei abituato a passare il tuo tempo, ma non sono quel genere di ragazza. Non pensare neanche per un secondo che possa essere un'altro nome senza volto sulla tua sicuramente lunghissima lista di...- Lasciai che il finale della frase lo capisse da se. Anche se non sembrava minimamente in grado. Sembrava offeso, e anche un pò scandalizzato.
Ero offesa anch'io. Pensava che avrei aperto le gambe così?
"Sicura che non le avresti spalancate, qui, in questo vicolo, se non foste stati interrotti?". Misi a tacere quella vocina insistente.
-Le donne mi si buttano addosso- Esordì, con un'espressione triste. -E Dio solo sa quanto non mi interessino. Se ti ho offesa, mi dispiace. Non mi sembrava prima, al bar- Si avvicinò nuovamente a me, appoggiando un a mano al muro. Avevo il suo braccio a pochi centimetri dal viso.
Arrossii.
-Se vuoi che ti lasci in pace non devi fare altro che dirlo...- Continuò. Sembrava che mi accarezzasse con la voce.
Un brivido mi corse lungo la schiena, e lui se ne accorse, ma non si mosse.
-Cosa vuoi da me?- Domanda idiota? Non ne ero certa.
-Voglio godermi ogni istante che passerò qui. Con te. Mi fai stare bene...e mi piaci, tantissimo. Mi piaci da impazzire- La pioggia che cadeva gli aveva bagnato i capelli, che ora gli ricadevano sulla fronte in modo così sexy...
-E poi? Quanto durerà? Una settimana? Due?- Non sapevo quando sarebbe ripartito.
-Ancora non so quanto rimarrò- Tagliò corto lui, avvicinandosi pericolosamente.
Feci per indietreggiare, ma mi ritrovai schiacciata contro il muro bagnato.
Mi guardò negli occhi. Ebbi l'impressione che mi stesse chiedendo il permesso.
Non parlai, ne mi mossi. Il mio corpo mi implorava di lasciargli fare ciò che voleva, mentre la testa mi urlava a squarciagola di allontanarlo, girare i tacchi e andarmene. A cosa ci avrebbe portati tutto questo?
Eravamo bagnati fradici. Eppure non avevo mai avuto così caldo in vita mia.
Lui continuava a fissarmi, io continuavo a non dire niente. Strinsi le cosce, sperando che non se ne accorgesse, ritrovandomi nuovamente eccitata dal solo fatto che mi stesse guardando in quel modo. I suoi occhi grigi mi ipnotizzavano, il modo in cui si leccava le labbra bagnate dalla pioggia mi eccitava da morire.
-Smettila...- Lo implorai, con poca convinzione.
In effetti non se lo fece ripetere due volte, perchè smise i guardarmi e si avvicinò ulteriormente a me, intrappolandomi di nuovo tra il suo corpo e il muro.
Mi spostò i capelli fradici dal collo, accarezzandomi. Chiusi gli occhi, non ero abbastanza forte per fermarlo. E cosa più importante, non volevo assolutamente che si fermasse.
Mi leccò il lobo dell'orecchio. Lo morse, delicatamente all'inizio, poi sempre più forte, finchè non fui oltrepassata da un brivido piacevolissimo.
Quando gli posai le mani dietro la schiena e gli conficcai le unghie nella maglia, ebbe la conferma che aspettava; percepii il suo sorriso sulla pelle.
Si spostò più giù sul mio collo, continuando a infliggermi quella deliziosa tortura per non so quanto tempo.
Non riuscivo a pensare. Non riuscivo a muovermi.
All'improvviso si staccò da me, si passò una mano tra i capelli bagnati e con l'altra afferrò la mia, tirandomi delicatamente.
Barcollai, non del tutto sicura di ricordarmi come camminare.
Uscimmo da quel vicolo, e la pioggia ci inzuppò completamente ora che eravamo totalmente esposti. Lo seguii senza fargli domande.
"Non sei quel genere i ragazza?" la vocina tornò a stuzzicarmi, maligna.
"Non esiste quel genere di ragazza" le risposi, mentalmente. Mi rendevo conto che a volte, non c'era altra soluzione che seguire i propri istinti. Assecondare i propri desideri. Senza curarsi del giudizio di nessuno, nemmeno del nostro stesso.
Una macchina nera dai vetri scuri era ferma alla fine della strada, qualcosa mi disse che era la sua. Un uomo in giacca e cravatta scese velocemente dal posto di guida e ci aprì la portiera.
"Allora non è da solo" pensai, mentre mi rannicchiavo sui sedili di pelle.

Dieci minuti dopo, Jamie chiuse la porta della sua camera d'albergo. Non ebbi tempo di guardarmi intorno, che mi infilò una mano tra i capelli, baciandomi con foga, quasi con violenza.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Mi staccai da lui, in cerca di aria. Respirai profondamente sulle sue labbra. Gli morsi il labbro inferiore. All'improvviso mi sollevò, e io incrociai le gambe dietro di lui. Mi sbattè contro il muro e mi fece male, ma questo non fece che aumentare la mia eccitazione già alle stelle. Lo volevo così tanto.
-Dillo- Mormorò lui sul mio collo.
-Cosa?- Riuscii a dire, ansimando.
-Dimmi che mi vuoi- Mi morse il lobo dell'orecchio e io mi inarcai.
Non ci pensai due volte prima di accontentarlo -Ti voglio- Gli affondai le dita nei capelli castani e li tirai, senza preoccuparmi di fargli male o meno.
Mi lasciò posare i piedi per terra e mi sfilò la maglietta e il reggiseno, per poi fare un passo indietro e guardarmi con aria di approvazione. Le sue labbra si curvarono in un sorriso. -Sei bellissima...-
Non ne ero così sicura, ma sorrisi e me ne stetti zitta. In un'altra situazione avrei ribattuto dicendo che non era vero rivelando tutta la mia insicurezza.
Mi tolsi da sola i jeans, fissandolo negli occhi. Poi mi avvicinai a lui e iniziai a spogliarlo.
Stavamo per dirigerci verso il letto, quando mi disse -Facciamo una doccia-
-Sono sporco...- Aggiunse, sorridendo maliziosamente.
"Sono sporca anch'io, terribilmente" pensai lasciandomi trascinare in bagno.

Appena entrammo nella doccia lui mi prese per un polso, attirandomi a sé.
«Lo desideri?» chiese Jamie con dolcezza.
Oh, sì. Forse non sapevo più chi fossi, ma ero certa che il mio
corpo desiderasse quell'uomo.
Mi attirò sempre più vicina, fino a quando i capezzoli gli sfiorarono il
petto, poi gemette piano. Gli cinsi il collo con le braccia e premetti il corpo bagnato contro il suo. 
Prese possesso della mia bocca con un bacio avido, duro ed esigente ed io, incapace di fare altrimenti; lasciai che una mano affondasse nei suoi capelli e un'altra nella schiena, probabilmente lasciandogli dei segni. Gemette di dolore, ma sorrise prima di afferrarmi entrambi le braccia e sollevarmele sopra la testa. Con una mano mi teneva bloccata, mentre con l'altra mi accarezzava il seno.
Sentii che stavano per cedermi le gambe, ma lui se ne accorse e inserì una coscia tra le mie gambe, mantenendomi dritta.
Senza riuscire a contollarmi iniziai a strusciarmi avanti e indietro contro la sua coscia, lasciandomi sfuggire lievi gemiti. Potevo sentire la sua eccitazione.
All'improvviso mi morse il collo, forte, facendomi urlare. Nello stesso istante sostituì la coscia con la mano e infilò due dita dentro di me.
-Jamie...- Mugolai, aggrappandomi a lui.
Mi baciò sulle labbra per un tempo che mi parve infinito, mentre continuava a muovere le dita.
-Vieni per me...- Il pollice mi sfiorò il clitoride e raggiunsi l'orgasmo urlando, per poi morderlo a mia volta fino a sentire il sapore del sangue.
Mentre ero ancora scossa da spasmi convulsi, Jamie mi afferrò per i
fianchi e spinse verso di me la sua erezione, ma non mi penetrò.
-Sei sicura di volerlo?- Mi chiese, serio.
-Si, ti prego- Lo supplicai, baciandolo sulle labbra.
Mi sollevò lentamente, dandomi tempo di cingergli i fianchi con le gambe. Mi scostò i capelli bagnati dal viso e mi guardò negli occhi mentre entrava lentamente dentro di me.

-Allora non sei qui tutto solo- Dissi stringendomi a lui, avvolta dalle lenzuola.
-Ho giusto un paio di persone con me, per le emergenze- Mi baciò la fronte, e avvertii il suo sorriso sulla pelle.
Mi tirai su, appoggiandomi su un braccio -Allora perchè non hai chiamato loro, l'altra sera?- feci un sorriso a trentadue denti.
-Volevo te-
Mio Dio, con quegli occhi grigi e l'accenno di barba che gli copriva le guance, era l'uomo più bello che avessi mai visto. Ma i dubbi e l'angoscia tornarono ad assalirmi.
-Jamie, devo sapere quanto resterai ancora- Sospirai. cosa avrebbe significato quello che era appena successo nel momento in cui se ne sarebbe andato?
"Uno sbaglio"
Sembrò soppesare qualcosa, prima di rispondermi, -Due giorni, forse tre-.
Sbarrai gli occhi, ritraendomi immediatamente. Non seppi cosa dire, così rimasi zitta, lasciando che le lacrime mi riempissero gli occhi.
Si sedette, passandosi una mano sulla fronte. Sembrava disperato.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


(Jamie)

Se ne stava ferma immobile davanti a me, i suoi bellissimi occhi oscenamente sbarrati e pieni di lacrime. Mi passai una mano sulla fronte,e poi la feci ricadere sul ginocchio.
Le avevo detto la verità, e non mi aspettavo che potesse fare tanto male. Mi riferisco a me, più che a lei. Non credevo che il pensiero di dovermene andare, di doverla lasciare da li a pochi, pochissimi giorni, mi avrebbe fatto sentire così.
La conoscevo pochissimo, eppure era così importante. Era stata la prima persona che, dopo aver saputo chi fossi, non si era approfittata del mio nome e della mia fama.
I miei pensieri tornarono brevemente alla sera del giorno in cui ci eravamo conosciuti. Avevo chiamato il mio agente e l'avevo avvertito che molto probabilmente ero stato visto con una ragazza sulla ventina in giro per Roma e che dovevamo essere pronti a smentire tutto quello che sarebbe andata a dire ai giornali, se fosse stata identificata. Non era successo.
Era uscita qualche foto, avevo visto su internet, ma la sua identità era rimasta sonosciuta. In ogni caso, chiunque altro si sarebbe approfittato di quella situazione; tranne lei.
"La conosci da poco più di una settimana" Mi dissi, senza darmi ascolto veramente.
Mi sporsi leggermente verso di lei, accarezzandole il viso. Una lacrima le rigò la guancia, e lei si affrettò ad asciugarla.
-Non puoi rimanere un pochino di più?- Chiese, così piano che faticai a sentirla.
Mi sentii un bastardo. La volevo, e me l'ero presa, senza curarmi di come si sarebbe sentita lei dopo. Almeno fino a quel momento.
-Mi sono già trattenuto più a lungo di quanto potessi permettermi...- Spiegai, mortificato, -Tra due settimane devo essere su un set-.
Mi guardò con una strana espressione, come se si fosse dimenticata chi fossi e da dove venissi, finchè non glielo avevo ricordato.
-Ah, già- Mormorò, asciugandosi un'altra lacrima.
-Ma posso tornare quando avrò finito- Le parole mi uscirono dalla bocca prima che potessi rendermene conto.
Mi guardò per un momento, poi scosse la testa e si alzò, iniziando a raccogliere le sue cose. Dopo qualche interminabile secondo di silenzio si girò verso di me, con una nuova luce negli occhi.
-Voglio che tu sappia che non sono quì perchè sei Jamie Dornan, Brad Pitt o Antonio Banderas che sforna panini nel suo maledetto mulino! Sono quì perchè ogni fibra del mio essere mi diceva che volevo essere qui. Non è stata solo una scopata per me!- Mi urlò contro.
Rimasi allibito per un attimo, incredulo. Non avevo afferrato la parte in cui Antonio Banderas sfornava panini, ma decisi di non chiedere, per il momento.
Balzai in piedi senza preoccuparmi di essere completamente nudo e la fissai.
-Pensi che per me sia stata solo una scopata?- Le chiesi, incazzato nero.
Mi guardò con un espressione molto eloquente, l'equivalente di un milione di "SI" urlati in faccia. I capelli scuri le ricadevano selvaggiamente sulle spalle.
-Pensavo di averti già spiegato che non vado a letto con chiunque incontri, perchè ti risulta tanto difficile crederlo?-
-Vuoi farmi credere che non hai la fila fuori casa?- Incrociò le braccia e le sfuggi un risolino nervoso.
-Si, ce l'ho. Ma questo non significa niente. Ti ho già detto che le donne mi si buttano addosso. E questo mi disgusta. Non vedono altro che soldi e notorietà in me! Lo capisci che, da quando vivo sotto i riflettori, tu sei stata la prima a non approfittane? Mi dispiace se sono stato indelicato e non ho pensato alle conseguenze di ciò che è successo poco fa, ma nemmeno tu lo hai fatto...Dio solo sa quanto vorrei restare- Mi sentii sfinito, dopo che l'ultima parola mi fu uscita dalla bocca.
-Hai ragione- Disse inaspettatamente -Non posso darti tutta la colpa, è di entrambi-
Sembrò ricomporsi -Godiamoci i giorni che ci restano-.
Quella frase risuonò estrememente triste alle mie orecchie, ma annuii, incapace di fare altro.

Un'ora dopo camminavamo per la città, il sole non era ancora tramontato e l'aria era tiepida. Adoravo Roma. Adoravo Serena. Non volevo andarmene, maledizione!
Avevo quasi caldo, ma il cappello era necessario cosi' come gli occhiali. Se mi avessero riconosciuto di nuovo, sarebbe stato un disastro.
Serena mi camminava accanto, sorridendo mentre parlavamo, dandomi l'impressione di aver dimenticato la nostra conversazione di poco prima. Sapeva fingere bene.
-Mi spieghi perchè Antonio Banderas dovrebbe fare panini in un mulino?- Chiesi, curioso.
Rise di gusto. Mi spiegò brevemente che in Italia, Banderas era testimonial in una pubblicità di una nota marca di prodotti da forno, in cui interpretava un mugnaio che preparava biscotti, focacce e quant'altro nel suo mulino.
-Ed ha una gallina di nome Rosita!- Riuscì a dire tra le risate.
Risi anch'io, divertito.
-Ah, deve aiutarlo molto, la gallina- Dissi ridendo, prendendola per mano.
Sembrò sorpresa per un attimo, ma mi lasciò fare. -Sospetto che gli sia indispensabile-.
Un attimo dopo, il suo cellulare prese a suonare. Guardò lo schermo e sembrò sul punto di attaccare.
-Rispondi, se devi- Le dissi.
-E' una mia amica...Irene...ci metto cinque minuti, ok?-
-Certo, tranquilla- Le lasciai la mano, consentendole di allontanarsi un pò, e mi appoggiai al muro.
La guardai gesticolare vistosamente, un pò come fanno tutti gli italiani, e sorrisi senza volerlo. Il mio cellulare mi vibrò in tasca,e fui costretto a staccare gli occhi da lei. 
Constatai che il polso mi faceva ancora un pò male, mentre prendevo il cellulare.
Un paio di mail. Niente di importante.
Tornai a guardare Serena. Era la ragazza più bella che avessi mai visto, e il punto era che non era minimamente consapevole della sua bellezza. Deliziosa.
Il cellulare mi vibrò nuovamente tra le mani e sbuffai spazientito. Un'altra mail.
Del mio agente questa volta. Sbiancai sicuramente, quando ne lessi il contenuto.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8 (Serena)
-Sputa il rospo, con chi ti vedi??- Ridacchiò Irene, lasciandomi però intendere chiaramente di aspettarsi una risposta, e subito.
Lanciai una fugace occhiata a Jamie, che sembrava completamente assorto nella lettura di un sms o chissà cos'altro sul cellulare. sembrava così semplice, così "comune", appoggiato al muro mentre mi aspettava.
-Mi vedo con una persona...- Ammisi, senza tante cerimonie. Irene avrebbe potuto tenermi al telefono per ore.
-Ah, davvero? Pensavo con un cane...Voglio sapere chi è!-
-E' irlandese, ed è in vacanza qui. Quindi non è niente di serio...e finirà molto presto- Sentii una stretta al cuore, mentre pronunciavo quelle parole.
-Voglio conoscerlo. Deve piacerti molto se ti ha fatta sparire dalla circolazione da una settimana! Aperitivo tra un'ora in centro?-
Sobbalzai. Ovviamente dovevo rifiutare. Mi sentii triste.
-Un'altra volta, Ire. Promesso- . "Bugiarda".
-Ora devo andare, ci vediamo prestissimo, ok?- Continuai, impaziente di chiudere la telefonata.
-Va bene...-
Visualizzai perfettamente il broncio che Irene doveva aver messo, ovunque si trovasse, mentre finalmente mettevo fine a quella telefonata e mi avviavo nuovamente verso Jamie. Sembrava...agitato?
-Che succede?- Chiesi allarmata, non appena notai il suo colorito pallido.
-Hanno scoperto dove alloggio- Rispose, piano. Mi resi conto che era livido di rabbia.
Rimasi sbigottita. "E allora?"
-E allora?- Chiesi, dando voce ai miei pensieri.
-E allora?- Mi guardò come se fossi impazzita -E allora è fuori discussione tornare li, almeno per stanotte. Ed è fuori discussione rimanere qui, adesso-.
Digitò velocemente un numero al cellulare ed attese, impaziente.
-John. Si, siamo noi.- Rimase in ascolto per qualche istante -Si,subito. Grazie-
Un attimo dopo, la macchina dai vetri scuri di qualche ora prima accostò a pochi metri da noi. Jamie mi prese per mano ed entrammo velocemente nella vettura.

-Non posso tornare in albergo. So che ti sembra impossibile, ma ci sono un migliaio di ragazze e donne impazzite ad aspettarmi...se torno, ci saranno enormi disagi per tutti- Mi spiegò.
Non seppi cosa rispondere, se non che, come aveva detto lui, mi sembrava impossibile.
-Sei così famoso?- Lo stuzzicai, provando a distrarlo.
Mi sorrise -Vorrei non esserlo. Non lo ero fino a poco tempo fa, se non in Irlanda. Ma ora...- Sospirò.
Intanto, fuori si stava facendo buio.
-Quindi dove dormirai stanotte?- Gli chiesi.
-Non lo so ancora- Ridacchiò, più esasperato che divertito.
-Vieni da me?- Ancora una volta, avevo parlato senza pensare.
La stessa cosa la fece lui un istante dopo, quando rispose "si".

La porta di casa mia si aprì velocemente.
-Oh! Finalmen...- Mia madre si bloccò improvvisamente, quando vide che non ero sola. Sembrò gradire la vista di quel ragazzo a lei sconosciuto, e questo mi irritò abbastanza.
-Ehm...mamma, lui è Jamie- esordii imbarazzata.
Mia madre gli porse la mano sorridendo, e nascondendo abbastanza bene la sua sorpresa. Fortunatamente masticava un pò di inglese, quindi potevo lasciarli presentare senza intervenire continuamente. Non potevo dire lo stesso di mio padre, che però in quel momento non era in casa. "Grazie a Dio".
Quando fummo entrati, mia madre ci mise meno di cinque secondi prima di chiedergli se si sarebbe fermato a cena.
-Allora, sei in vacanza qui?- Gli chiese mia madre, mentre iniziava a preparare la tavola. Decisi di eclissarmi in cucina per qualche secondo, dove avrei potuto tranquillamente prendermi a sberle per averlo portato qui. 
-Si signora, anche se tra pochi giorni dovrò tornare in America...- Sentii rispondere Jamie.
-Oh, chiamami Sabrina. E cosa fai in America?- 
-In realtà faccio l'attore- 
"Cosa? Glielo ha detto davvero?" Rimasi impietrita. Tornai in sala da pranzo e mi appoggiai al tavolo.
-Wow! E possiamo averti visto da qualche parte?- Rise mia madre, non aspettandosi di certo una risposta seria da parte sua a quella domanda.
Lui mi guardò per un attimo, forse aspettando un mio cenno di assenso. Ricordai che mia madre aveva letto tutti i romanzi della trilogia di E.L James, che personalmente detestavo. Mi venne da ridere, così annuii divertita.
-Beh, recentemente potrebbe avermi visto al cinema in "Cinquanta sfumature di grigio"-

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
Mi guardai allo specchio, non riuscivo a togliermi dalla faccia quel sorrisetto beato.
In realtà non avevo molto per cui sorridere, mi dissi, iniziando a lavarmi i denti. Di li a poche settimane avevo un altro esame molto importante, e non avevo minimemente iniziato a studiare. Jamie era  a casa mia, ma presto se ne sarebbe andato per sempre.
Gli ultimi giorni avevo come vissuto in una bolla di sapone, ma adesso? Sarebbe stato come se non fosse mai successo nulla appena lui fosse partito? Lo avrei mai rivisto?
Mille interrogativi mi affollavano la mente, eppure quell'espressione ebete che avevo stamata in faccia se ne rimaneva li.
Scossi la testa, cercando di pensare ad altro, e mi tornò in mente l'espressione di mia madre non appena Jamie le aveva detto di essere un attore di fama mondiale. Aveva sgranato gli occhi ed era arrossita vistosamente, poi gli aveva allungato la mano lentamente, come se non si fossero già presentati pochi minuti prima. Oserei dire di non averla mai vista tanto sconvolta ed emozionata. Dopo qualche minuto di imbarazzo, le era venuta la parlantina ed aveva letteralmente inondato Jamie di domande, alle quali lui aveva risposto con piacere. Mi era perfino sembrato divertito.
Lo avevo osservato mentre le sorrideva gentilmente, e avevo pensato che se avessi potuto, sarei morta di felicità in quell'istante.
Mi guardai allo specchio di nuovo. Il sorrisino beato era sparito.
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, sapevo che probabilmente non contavo nemmeno la metà per lui in confronto a quanto lui contasse per me. Non mi importava chi fosse, quali e quanto importanti responsabilità avesse...volevo solo che fosse mio. E non era possibile. Io avevo la mia vita a Roma, lui aveva la sua in...dov'era la sua vita??
Mi resi improvvisamente conto di non sapere niente di lui.
Sbattei le palpebre e le lacrime mi scivolarono velocemente lungo le guance, come se fossero pesantissime.
Qualcuno bussò e mi affrettai ad asciugarmi il viso. "Merda"
Jamie fece capolino, e subito il suo sorriso si spense quando si accorse che non stavo bene come quando mi aveva lasciato, poco tempo prima.
Mi raggiunse velocemente e mi prese il viso tra le mani, baciandomi dolcemente.
-Lo so- Disse solamente, appoggiando la fronte contro la mia.
Non so per quanto tempo restammo in quella posizione, ma so che fu in quel momento che realizzai di essere completamente innamorata di lui.

(Jamie)
La tenni stretta per un tempo che mi sembrò infinito, respirando il suo profumo il più intensamente possibile, nel tentativo di imprimerlo nella mia anima, per ricordarlo sempre.
Sarei partito dopo meno di quarantotto ore, e il solo pensiero mi faceva girare la testa.
-Vieni con me- Le sussurrai. Era un'implorazione.
Lei pianse ancora più forte, scuotendo la testa e tenedo gli occhi bassi. Rimase zitta e continuò a scuotere la testa contro la mia fronte per parecchi secondi, poi si allontanò un pò e disse semplicemente che non poteva. Poi uscì velocemente dal bagno.
La seguii fino alla sua camera, tutta nei toni del celeste pastello, e mi appoggiai contro il muro, mentre lei si sedette sul letto.
-Mi laureo l'anno prossimo- Mormorò tristemente -Non posso...-
-Certo- La interruppi, era ridicolo anche solo parlarne. Era stato ridicolo averlo pensato ed averglielo chiesto.
Come io non sarei mai potuto rimanere, lei non sarebbe mai potuta venire con me. Avevamo ognuno la nostra vita, e cos' erano quei pochi giorni passati insieme, in confronto ad una vita intera?
"Niente, non sono niente" mi costrinsi a pensare.

Quella notte dormii male, e a giudicare da quanto si mosse durante la notte, lei fece lo stesso.

(Serena)
-Dove diavolo lo hai conosciuto?!- Mia madre entrò all'attacco non appena misi piede in cucina.
Avevo dormito poco e male.
-Non è il genere di domanda che avresti dovuto fare ieri sera a cena?- Le risposi mentre tiravo fuori il latte dal frigo.
-Insomma?- Insistette.
-L'ho conosciuto per caso in un bar...- Constatai di avere mal di testa.
Fantastico, la giornata non poteva partire peggio.
-Lascia- Mi disse, riferendosi al fatto che mi avrebbe preparato lei la colazione. Accettai l'offerta di buon grado e mi sedetti.
-Magari avessi incontrato George Clooney in un bar...- Continuò sognante.
-Mi fa un baffo George Clooney!- Mio padre entrò allegramente in cucina e, dopo aver baciato mia madre, concentrò la sua attenzione su di me.
-Allora?- Mi chiese, come era solito fare quando si aspettava che fossi io a iniziare un determinato discorso.
-Allora se ne andrà oggi stesso, papà- Jamie ancora dormiva profondamente al piano di sopra, doveva aver preso sonno veramente in mattinata.
Forse mio padre si accorse della mia tristezza, perchè non indagò oltre e non fece il sospettoso come al solito, ma mi accarezzò la guancia e cambiò discorso.

(Jamie)
Mi svegliai di soprassalto. Lei non c'era? Tastai il lato del letto dove aveva dormito, constatando di essere effettivamente solo.
Mi sentii triste. Era così che mi sarei sentito senza di lei dopo che me ne fossi andato?
Li, nella stanza dove era cresciuta, seppi con certezza di essere innamorato di lei.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
Cercavo di scacciare l'immagine di mio padre che stringeva la mano di Jamie, impacciato come poche volte il vita sua mentre continuava a ripetere "Nais tu mit iu". Si, nais tu mit iu. Scossi la testa, e repressi una risatina. Tralasciando l'imbarazzo, era stato divertente.
Guardai Jamie, che mi camminava accanto. Si guardava intorno rapito, anche se non capirò mai cosa avesse tanto da guardare, visto che eravamo nel parchetto a pochi isolati da casa mia, un posto del tutto ordinario, a mio parere.
Camminavamo in silenzio, e in quel momento fu come se lui fosse già partito. La tristezza e la tensione tra noi era palpabile.
-L'anno scorso sono stata in Inghilterra...- Dissi, avevo un disperato bisogno di riempire quel silenzio pesante.
Lui si voltò verso di me e sgranò un pò gli occhi grigi. "Davvero?"
-Si, per imparare meglio la lingua- Mi strinsi nelle spalle, -Avrei voluto fare un salto in Irlanda, ma non dipendeva da me...-
Lui sorrise, afferrando l'allusione. "Mio Dio", pensai.
-Sai...- iniziò, sistemandosi gli occhiali scuri e indicandomi una panchina su cui sederci. Stavano passando un gruppo di ragazze.
Notai che alcune di loro si voltarono a guardarlo, e lo sentii irrigidirsi. Si rilassò non appena quelle si furono allontanate abbastanza.
Avevo intenzione di domandargli se fosse arrivato ad odiare la sua condizione di estrema notorietà, ma lui mi precedette e mi baciò.
Non c'era traccia della dolcezza della sera precedente, ma piuttosto fu un bacio in cui riversammo entrambi la nostra frustrazione. Dischiusi le labbra, che lui morse e leccò, prima di mettermi una mano dietro la testa e approfondire il bacio.
-Vieni con me...- Disse, spostando la sua attenzione sul lobo del mio orecchio sinistro.
Non risposi.
"Serena, vieni con me" Ripetè, continuando a infiggermi quella tortura meravigliosa, -Per favore...-.
Un brivido mi scosse tutta, ma nello stesso momento lo allontanai leggermente, sicura che così sarei stata in grado di parlare.
-Non posso, Jamie-

Quella sera decisi di uscire con Irene. L'indomani Jamie sarebbe partito per sempre, e non volevo passare tutta la notte a piangere...non ero del tutto sicura che uscendo lo avrei avitato, ma almeno mi sarei distratta e avrei potuto dire a me stessa di averci provato.
Ero nella mia camera da sola, intenta a darmi una sistemata, in attesa che Irene passasse a prendermi. L'autista di Jamie era passato qualche ora prima, a prenderlo per portarlo in un hotel in cui avrebbe passato la sua ultima notte a Roma.
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, e mi affrettai a sventolarmi la faccia con la prima cosa che mi capitò tra le mani, per evitare di rovinarmi il trucco.
"Idiota" pensai, riferita a me stessa, "Non sarà una serata in giro a fartelo dimenticare"
Stavo quasi per chiamare Irene per annullare la serata, mentre sentivo la depressione montarmi dentro, quando sentii il clacson familiare sotto casa mia.
Sospirai sconfitta, afferrai la borsa e andai.

Due ore dopo ero parecchio alticcia, inutile a dirsi. Fortunatamente avevo la sbornia allegra, almeno per quel momento.
Irene non era da meno. Stava piangendo dal ridere perchè Daniele, un ragazzo che avevamo incontrato nel pub, non riusciva a pronunciare correttamente una parola. Non ho idea di che parola fosse.
-Sssei veramente un alcolizzato- Ridacchiò Irene, dandogli una pacca sulla spalla e rivolgendo la sua attenzione a me.
Stavo cercando con tutta me stessa di decifrare l'ultimo messaggio che mi aveva mandato Jamie, senza particolare successo. In quell'occasione constatai che la mia dimestichezza con l'inglese sembrava diminuire incredibilmente, dopo un paio di birre grandi e tre vodke lisce.
-Dai qua- Biascicò Irene strappandomi il cellulare dalle mani.
Si concentrò tantissimo sullo schermo, e poi disse -Jamie...Ah! E' lui il tizio svedese?-
-E' irlaaandeeeeseeee!- Risposi.
-Ehhh, come ho detto io!- Sbirciò ancora un pò il telefono e poi tradusse -Il bellimbusto dice una cosa del tipo...oh, al diavolo, non ne ho idea- E scoppiò nuovamente a ridere. Nel farlo, il cellulare le partì dalle mani, fece un volo di quattro o cinque metri, per poi cadere rovinosamente a terra.
Dal canto mio, no avevo neanche ancora realizzato che non avesse più il cellulare tra le mani, mentre si alzava, scavalcava a fatica Daniele, e poi si dirigeva barcollando tra la folla, riemergendone con qualcosa in mano e un'espressione colpevole stampata in faccia.
Riconobbi il cellulare solo quando me lo mise in mano. Lo schermo era andato in mille pezzi. 
Fu allora che attaccai a piangere disperatamente, come avrei fatto a sentire Jamie?


Ciao a tutte ragazze!
Volevo solo fare un piccolo appuntino. Una ragazza mi ha fatto gentilmente notare che nella storia non si capisce molto bene se Jamie sia sposato o meno, visto che nella realtà lo è. Nella mia ff non lo è.
Volevo trovare un modo per inserire questo particolare in questo capitolo, ma ormai la trama mi sembrava troppo avanti per far uscire una cosa come questa solo ora.
Volevo solo specificarlo :) Un bacio a tutte :*

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Dopo un tempo che mi sembrò infinito, e che passai oscillando tra pianti inconsolabili e risate isteriche, io e Irene imboccammo finalmente la via di casa. Decidemmo che sarebbe stato meglio, molto meglio, viste le condizioni in cui eravamo, se io avessi passato la notte a casa sua, che si trovava decisamente più vicino della mia. 
Appena ne varcammo la soglia , lei si mise un dito davanti alle labbra e mi fece rumorosamente segno di fare silenzio. Io tirai su col naso e annuii, dirigendomi barcollando verso il telefono e digitando il numero di casa mia. Avvertii velocemente mia madre che avrei dormito da Irene e riagganciai.
Mi spremetti il cervello come un'arancia, nel tentativo di ricordare il numero di Jamie, ma era impossibile. Non lo sapevo a memoria, tanto valeva inventarselo.
"In ogni caso, in questo momento non lo ricorderesti nemmeno se lo sapessi" Mi ricordò una vocina in fondo al mio cervello annebbiato.
Irene era sparita in camera sua, come faceva sempre quando era in determinate condizioni, e a me toccava dormire sul divano. Non era la prima volta.
Mi lasciai cadere su quella superficie morbida e non appena appoggiai la testa questa prese a girarmi vorticosamente. Cambiai lato e mi appoggiai sull'altra guancia, e la situazione migliorò un pò.
Nonostante mi stesse ospitando a casa sua, maledissi Irene un centinaio di volte, per l'ennesima volta quella sera. Doveva per forza farsi sfuggire il mio telefonino dalle mani?
"Ti odio" pensai, e quello fu l'ultimo pensiero degno di questo nome che formulai prima di cadere in un sonno molto disturbato.
Sognai di bere e bere e bere continuamente e poi, inutile a dirsi, sognai Jamie.

Il mio stesso russare mi svegliò improvvisamente, e scattai a sedere sul divano. Un'ondata di nausea mi travolse e dovetti premermi una mano sulla bocca, aspettando che passasse. Mi girava la testa e avevo la bocca impastata.
Piano piano, girai il corpo finchè non mi ritrovai con i piedi appoggiati per terra. Che ore erano?
-Ire?- Chiamai.
-Sono in cucina...- fu la risposta molto poco allegra di lei.
Feci per alzarmi, ma la testa mi girava talmente tanto che ci ripensai immediatamente.
Il mio cellulare? Era veramente andato o me lo ero immaginato?
Stavo per chiederlo a Irene, ma qualcuno iniziò a bussare alla porta.
Mi misi le mani sulle orecchie cercando di tamponare quel suono insopportabile e guardai la mia amica che si dirigeva a pugni stretti verso la porta, evidentemente infastidita anche lei.
Non appena la aprì, rimasi a bocca aperta. Jamie era in piedi sulla soglia, con un'espressione preoccupata stampata in faccia.
Scattai in piedi troppo in fretta, perchè persi l'equilibrio e dovetti appoggiarmi al muro alle spalle del divano.
Lui rimase in silenzio e mi fissò. Irene si girò verso di me, poi verso di lui, per poi guardare nuovamente me.
Lo aveva riconosciuto.
-Lui è QUEL Jamie?!- Gracchiò, fissandolo come se lui non fosse stato realmente presente e non potesse sentirla.
-Beh, si- Mormorai, torturandomi le mani.
Tutto nella sua espressione pareva urlare "PERCHE' CAVOLO NON ME LO HAI DETTO??"
Lasciai perdere lei e mi concentrai di nuovo su di lui, che le stava dicendo qualcosa che non afferrai e le sorrideva mentre lei lasciava la stanza, il viso in fiamme.
Non appena Irene si fu chiusa la porta alle spalle, lui avanzò minacciosamente verso di me, tanto che indietreggiai di un paio di passi.
Aveva profonde occhiaie violacee e i capelli castani in disordine.
-Hai idea di che ore sono?- Mi chiese, fermandosi a pochi centimetri da me.
-In realtà no. Jamie, non hai idea di che cosa...-
-Sono le tre del pomeriggio, sto partendo- Mi interruppe lui.
Non registrai le sue parole, perchè continuai ostinata -Abbiamo alzato un pò il gomito ieri sera, e Irene mi ha rotto il cellulare, non ho potuto avvertirti sui miei movimenti, mi dispiace se ti sei preoccupato per me...-
-Serena, sto partendo. Sono venuto a salutarti- Abbassò lo sguardo.
"...Cosa?!"
-Stai p-partendo?! Ma come hai fatto a trovarmi?- Gli chiesi avvicinamìndomi un pò.
-Ho chiamato a casa tua stamattina, tua madre mi ha detto dove fossi...- Si strinse nelle spalle -Ma ho passato una nottata infernale. Per tutto-
Annuii, senza dire niente.

(Jamie)
Parlai per primo, quel silenzio era insopportabile.
-Sei sicura di non voler venire?- Ritentai -Posso rimandare di qualche ora, se decidi di...-
-Jamie. Non posso- Disse, con la voce incrinata dalle lacrime che stava trattenendo.
Sospirai.
-Va bene. Allora...- Spostai il peso da un piede all'altro, a disagio ma nello stesso momento cercando di guadagnare tempo. Tempo per stare con lei.
-Allora a domani- Disse lei alzando gli occhi e rivolgendomi un debole sorriso.
Rimasi spiazzato, ma le sorrisi di rimando, lottando contro il desiderio di prenderla per un braccio e trascinarla via con me.
-A domani- La baciai teneramente, e lei non oppose resistenza, ma neppure mi diede modo di approfondire il bacio. Stava cercando di rendere le cose il meno difficili possibile.
Dopo averle posato un ultimo bacio sulle labbra, mi voltai e me ne andai, chiudendomi velocemente la porta alle spalle.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12- Epilogo ***


Epilogo

(Un anno dopo)

Era il primo pomeriggio di un caldissimo lunedì di giugno, e non feci in tempo a finire di mangiare, che mi lasciai cadere pesantemente sul divano di casa mia.
"Casa mia", come amavo quella frase, così corta, eppure così piena di significato. 
Il mese precedente, appena mi ero laureata, avevo lasciato la casa dei miei genitori ed ero andata a vivere da sola. 
Non era un granchè come casa, se casa si poteva chiamare, dato che aveva solo tre stanze, cucina e salotto in un'unico spazio, bagnetto e camera da letto...ma per iniziare andava benissimo.
Lavoravo come guida turistica in centro e lo stipendio non era granchè, ma ero felice.
"Felice è una parola grossa" pensai accendendo la tv e allungando i piedi sul divano.
Dopo un anno pensavo ancora a lui. Pensavo a lui e non ero assolutamente incline a iniziare quel tipo di conoscenza con nessun altro, eppure ero stata più che cocciuta nel respingerlo anche dopo la sua partenza. Infinite volte mi aveva inviato messaggi e mi aveva chiamata, ma io non avevo mai risposto, lo avevo perfino bloccato in modo da non poter leggere i messaggi che mi mandava. Perchè?
Perchè alimentare qualcosa che non avrebbe mai avuto futuro e che non sarebbe mai dovuto iniziare non aveva alcun senso. In fondo erano stati solo pochi giorni.
Scossi la testa e mi costrinsi e smettere di violentarmi psicologicamente con quei pensieri che avevo consumato in quell'anno, mentre continuavo a fare zapping senza guardare realmente cosa passasse nei vari canali.
Stavo per decidere di spegnere, quando incappai in una puntata del David Letterman Show vecchia di una settimana. Storsi il naso e inarcai un sopracciglio così tanto che quasi mi prese un crampo ai muscoli facciali.
Odiavo David Letterman, con le sue battute stucchevoli dette a copione...
Lessi un paio di messaggi sul cellulare mentre sentivo le risate del pubblico sullo schermo.
"....ma diamo il benvenuto all'ospite della serata, uno che di queste cose se ne intende e saprà sicuramente istruirci. Signore e signori, un caloroso applauso a Jamie Dornan!"
La testa mi scattò in automatico verso l'alto, e piantai gli occhi sullo schermo, con il cuore a mille.
Non lo avevo più visto dal giorno in cui era partito, e lo avevo fatto di proposito.
Lo guardai camminare verso il conduttore mentre salutava il pubblico con un sorriso che aveva un non so che di impacciato e stringere la mano di Letterman mentre quest'ultimo gli diceva qualcosa che non colsi.
Mi avvicinai al televisore e mi sedetti a terra coprendomi la bocca con le dita tremanti. "Oh mio Dio".
Jamie si sedette ed iniziò il consueto scambio di battute tra ospite e conduttore per il quale era famoso quel tipo di show. Rimasi con lo sguardo su di lui per tutto il tempo, provando l'impulso di mettermi a urlare dalla disperazione.
"...essere molto stressante come ritmo, immagino. E cosa ti piace fare quando hai del tempo libero?" 
"Beh, le cose che piacciono un pò a tutti..." Jamie lasciò la frase a metà e il pubblico rise. Io no.
Lui scosse la testa ridendo e continuò "Scherzi a parte, viaggio molto, quando ho tempo"
"Ok. Veloce, i tre paesi che hai visitato e che ti sono piaciuti di più"
"Ok. Italia, Australia e Islanda"
"Cavolo, hai parecchio tempo libero allora!" Un'altra risata del pubblico. Letterman continuò "Tutti adorano l'Italia, è un paese bellissimo. Prima di mostrare la clip del tuo nuovo film in uscita la settimana prossima, dicci a cosa pensi quando pensi al tuo viaggio in Italia"
La conversazione stava veramente prendendo quella piega? Mi chiesi, con il cuore che mi martellava nel petto.
Jamie guardò fisso nella telecamera e si fece serio, troppo serio per il contesto in cui si trovava.
"Penso a un pomeriggio, a un bar...e a una ragazza..."
Letterman lo guardò come se stesse dicendo qualcosa di anomalo, e cambiò posizione sulla sedia, improvvisamente a corto di parole.
"Anche se so che quella ragazza probabilmente non vedrà mai questo show..." continuò Jamie serio "...ci tengo a dire che sarò a Roma la prossima settimana per impegni di lavoro, e che andrò in quel bar tutti i pomeriggi".
Rimasi di stucco, poi le lacrime iniziarono a sgorgare prepotentemente dai miei occhi e a rigarmi le guance, appannandomi la visuale e impedendomi di vedere la faccia attonita di quell'idiota di Letterman e Jamie che scoppiava a ridere ed esclamava "Te l'ho fatta Dave!" suscitando una risata generale.
Ma io sapevo perfettamente che ogni parola che aveva prononciato era la pura e semplice verità. Lo sapevo e basta.
Lo amavo, lo amavo da un anno intero, anche se mi ero imposta di smettere di amarlo.
Scattai in piedi e ricontrollai la data della registrazione della puntata, era esattamente di sette giorni prima. Controllai l'orologio: non erano ancora le tre.
Senza pensarci neanche un secondo, mi precipitai fuori sbattendomi la porta alle spalle e rischiando più volte di uccidermi giù per le scale, ma niente avrebbe potuto fermarmi in quel momento.

(Jamie)
Mi sedetti in un tavolo in disparte, ma non così tanto da impedirmi di tenere gli occhi puntati sulla porta, depresso più che mai e sentendomi un idiota. Perchè ero li? Non aveva visto il messaggio che le avevo mandato una decina di giorni prima per avvertirla che sarei stato a Roma, ed era escluso che avesse visto la mia ospitata da Dave, con annessa dichiarazione d'amore solo per lei... non sarebbe mai passata per caso.
Ordinai un caffè, giusto per avere una scusa per rimanere li e rimasi a girarci il cucchiaino dentro per un tempo lunghissimo, considerando soprattutto che il caffè lo bevo amaro...
Mi passai una mano tra i capelli e lo buttai giù in un sorso solo. Controllai l'orologio, erano appena le tre e mezzo. Sarei rimasto almeno altre quattro ore. 
Forse avrei dovuto ordinare qualcosa di più forte, visto lo stato in cui mi trovavo. Non che fosse una cosa nuova, anzi...andava avanti da un anno ormai.
Un dubbio atroce mi assalì improvvisamente, e se dopo la laurea si fosse trasferita? Sbiancai al pensiero, in fondo avevo accettato di partecipare a quella campagna pubblicitaria solamente perchè avrei avuto una scusa per tornare a Roma.
Non ebbi il tempo per continuare a spappolarmi il cervello di domande che la porta d'ingresso si aprì velocemente ed apparve lei.
Sbattei la palpebre più volte, incredulo, e guardandola bene per accertarmi che fosse davvero lei. I capelli scuri erano più corti rispetto all'anno prima, ma non c'era dubbio, era Serena. Era bellissima.
Rimase dritta sulla porta guardandosi intorno, preoccupata e ansante, come se avesse corso.
Balzai in piedi, e fu in qual momento che puntò i suoi occhi marroni su di me, illuminandosi. Mi sentii sciogliere e scoppiare di felicità, mentre avanzavamo l'uno verso l'altra, fissandoci come se uno dei due fosse potuto sparire improvvisamente.
Appena la raggiunsi la baciai famelico, prima che avesse il tempo di dire qualsiasi cosa. Lei mi prese il viso tra le mani e ricambiò il bacio arrendendosi completamente a me. Non so per quanto tempo ci baciammo, in piedi in quel bar, incuranti della gente che probabilmente ci fissava.
-Ti amo- Le dissi, guardandola fisso negli occhi.
-Ti amo anch'io- Cantilenò lei, trattenendo a stento le lacrime -Mi dispiace, io non...-
Le misi una mano sulla bocca, impedendole di giustificare il suo comportamento o qualsiasi altra cosa, non aveva più importanza.
-Questa volta non ti lascerò più andare...- Le mormorai a fior di labbra.
Lei chiuse gli occhi estatica e sorrise -Non smettere mai di dirlo-
La baciai ancora -Non smetterò mai di farlo.-

Fine.

Ciao a tutte ragazze...Si; io avrei finito. So che probabilmente la maggior parte di voi si aspettava che la storia avrebbe avuto qualche capitolo in più, ma che vi devo dire, non sto tanto a pensarci sopra quando scrivo, e mi è uscita così.
Volevo ovviamente che ci fosse l'happy ending per Serena e Jamie, ma non subito, non volevo essere troppo scontata, così ho pensato che un salto temporale di un anno sarebbe potuto essere una buona idea. 
Ovviamente fatemi sapere cosa ne pensate del finale e della storia in generale, mi raccomando! :) ogni parere è più che ben accetto!
Concludo con un GRAZIE ENORME a voi, perchè solo grazie a chi ha seguito la storia e soprattutto ha recensito i vari capitoli mi sono sentita spronata e stimolata a continuare :) un bacione a tutte :*

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