Space Cowboys

di kamony
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** I PRESCELTI ***
Capitolo 3: *** OCEANIA TREDICI ***
Capitolo 4: *** GEA FREE ***
Capitolo 5: *** TEST A SORPRESA ***
Capitolo 6: *** UN INVITO INASPETTATO ***
Capitolo 7: *** ACCORDI E DISACCORDI ***
Capitolo 8: *** COME UN FIORE D’ACCIAIO ***
Capitolo 9: *** ARCADIA ***
Capitolo 10: *** FORTUITE COINCIDENZE ***
Capitolo 11: *** AMICI E ALTRI DISASTRI ***
Capitolo 12: *** VISITE INATTESE ***
Capitolo 13: *** RED ROSE ***
Capitolo 14: *** IL FUOCO E LA PAGLIA ***
Capitolo 15: *** MARTE VS VENERE ***
Capitolo 16: *** L’IMPEGNO ***
Capitolo 17: *** NOVITÀ E… NOVITÀ! ***
Capitolo 18: *** PICCOLE E GRANDI CONFIDENZE ***
Capitolo 19: *** IL CUORE NON SBAGLIA MAI ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Piccola Premessa: Questa storia, che io amo definire una long-short fic è nata nella mia testa diversi mesi fa, quando ancora stavo scrivendo Wonderwall.
Space Cowboys nasce dalla voglia di immaginare come potesse essere Harlock da giovane, prima che gli infausti accadimenti narrati nel film lo trasformassero in un uomo chiuso e devastato dal dolore. Per cambiare un po’ tematica ho voluto provare a dare voce ad un giovane Harlock, pieno di vita scanzonato e guascone, come ho sempre immaginato che potesse essere prima di diventare un pirata e di conoscere dolore e sofferenza. Quindi qui sarà tratteggiato con dei modi di fare più “easy”, in parte ripresi dalla serie classica, ma  anche da SSX e mi dicono (perché io non l’ho visto) pure da Cosmo Warrior Zero.
Ho voluto immaginare come potessero essere gli albori della sua vita e come sia sbocciato il primo grande amore della futura leggenda Capitan Harlock, in seno al movieverse, con le mie solite contaminazioni dal multiverse Harlockiano.
Mi sono divertita molto a scrivere queste pagine e spero che chi le leggerà si diverta almeno quanto me.
Come sempre è chiaro che ciò che leggerete è frutto della mia fantasia (malata) ed è ovviamente una mia personale interpretazione dei fatti antecedenti le vicende narrate nel film.
Altre note e precisazioni le troverete a pié di pagina, dove ovviamente non mancherà neppure il solito angolo inutile in cui come sempre mi darò al cazzeggio! :D
Per ora è tutto e mi zittisco!

Buona lettura =D

Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi di Capitan Harlock sono © di Leiji Matsumoto. I personaggi e la trama inerenti al film sono © Shinji Aramaki e Harutoshi Fukui.
Invece la sua trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa inventata dalla sottoscritta è proprietà intellettuale dell'autrice cioè me!



Il banner è stato appositamente disegnato per questa fic dalla meravigliosa Elisa!
PROLOGO

 

Fu così che tutto ebbe inizio

 

Quartier generale Gaia Fleet Pianeta Terra

 

“Sergente Lee a rapporto!” disse l’uomo entrando nell’ufficio del generale Ishida battendo i tacchi e facendo il saluto militare d’ordinanza.
“Riposo Lee” disse distrattamente l’altro, mentre sfogliava cupo alcuni dossier sparpagliati sulla sua scrivania.
Il sergente obbedì immediatamente e restò in
attesa che il generale gli facesse sapere il motivo della sua convocazione, anche se poteva indovinarlo da solo.
Ishida senza scomporsi continuò a scartabellare tra i fogli accigliato. Di tanto in tanto sospirava. Alla fine parlò.
“Dunque, secondo lei questi sarebbero i candidati ideali per l’operazione… oddio come l’avete chiamata?
Space Cowboys?” disse riluttante.
Detestava quel modo così sorpassato di operare. Nonostante l’età da quasi pensione era un uomo pratico e moderno. 
“Signorsì signor generale!” rispose accademico Lee.
L’altro lo guardò di traverso “Ancora con queste abitudini così arcaiche…” commentò a voce alta “Come questa sciocchezza dei nomi di battaglia in codice. Sono cose superate,  sergente” aggiunse con disappunto mal celato.
Ishida non era una persona facile ed era un generale di grande valore, oltre che un uomo estremamente concreto e spartano.
“Secondo il mio modesto parere sono utili, fanno cameratismo e poi racchiudono le caratteristiche peculiari dei piloti, sono un
marchio di fabbrica e un grido di battaglia rispose deciso il sergente Lee. Un militare di grande esperienza che era istruttore alla Gaia Fleet ormai da più di quindici anni e che si era valorosamente distinto durante la guerra di Came Home.
“Ah sì?” chiese ironico Ishida. Detestava quel modus operandi preistorico da ventesimo secolo.
Afferrò un dossier e con tono polemico lesse a voce alta “Tenente Marcus Date. Nome in codice Vipera. Diplomato all’accademia militare di stanza su Marte, pianeta Gorianus
*1.
Durante la guerra di Came Home si è distinto come cecchino specializzato nell’abbattimento dei piloti alla guida di navicelle d’appoggio. Ha attualmente all’attivo diverse missioni di ricognizione con navette classe A2. Nelle note si dichiara che sa essere spietato con il nemico, si specifica che preferisce non fare prigionieri. Si aggiunge che non esiterebbe a fare fuoco su una nave amica se solo avesse il sospetto che vi fosse a bordo un traditore” alzò lo sguardo e dette un’occhiata al sergente che lo ascoltava in silenzio “Una personcina a modo direi…” aggiunse, prendendo un’altra cartellina in mano.
“Questo invece si chiama Alfred Kook, nome in codice il Freddo
*2, diplomato all’accademia militare di stanza su Marte, pianeta Focus*3. Durante la guerra di Came Home era arruolato su un incrociatore come pilota in seconda, ma era impiegato anche in una postazione di mitraglieria di prima linea. Ha all’attivo missioni di pattugliamento allo spazioporto militare di Focus, Gorianus e Prometeo*4 con navette classe A2 e A3. Tratto distintivo autocontrollo e disciplina ferrea. Precisione maniacale nella cura della navetta e quasi totale assenza di coinvolgimento emotivo in battaglia. Uccidere per lui non è un piacere, ma non prova rimorso, gli viene naturale sopprimere se è necessario. Dichiara inoltre che non avrebbe remora a far fuoco sui civili, là dove la situazione lo richiedesse. Praticamente uno psicopatico!” concluse il generale dando un’altra occhiataccia al sergente che taceva e ascoltava.
Lee sapeva che non sarebbe stata una passeggiata e non si scompose, conosceva Ishida e i suoi metodi, ma lui aveva i propri e non era uno sprovveduto, sapeva che cosa stava facendo.
“Poi c’è questo qui. Joseph Takeda nome in codice…
Devasto?” chiese allibito, ma non attese risposta “Diplomato all’accademia di stanza sulla Terra. Durante la guerra di Came Home si è arruolato volontario per far parte dello schieramento d’attacco detto a Tenaglia. Ha all’attivo missioni di evacuazione e ricognizione in quasi tutti i pianeti caldi e più a rischio, specialmente sul pianeta prigione Hàides*5 dove ha fatto anche servizio di scorta a prigionieri di guerra pericolosità allerta 12, su navette classe A3*6. Insofferente alle regole, vanta antenati irlandesi, consegnato svariate volte per risse e sbronze, ha problemi a rapportarsi con l’autorità. Ė insofferente ed iperattivo, ha il grilletto facile, non si tira indietro davanti a niente e nessuno. Ha ricevuto una nota di merito, in quanto una volta rimasto senza munizioni, è stato capace di puntare dritto e schiantarsi contro una navicella nemica per farla esplodere. Ė riuscito poi a catapultarsi fuori, a pochi metri dall’impatto, per essere recuperato dalla navetta d’appoggio. Un pazzo! E poi, che si dà una nota di merito per aver disintegrato una navetta classe A3? Avete idea di quanto costino?” tuonò il generale scandalizzato.
“Signore sappiamo benissimo il costo di una navicella A3, ma la situazione era davvero critica e Devasto ha rischiato la vita salvando il carico prezioso che trasportava. Aveva con sé documenti top secret di tipo militare che una nave pirata intendeva trafugare”.
“Nave pirata? Ancora con queste sciocchezze sergente Lee?” disse il generale, ma non commentò oltre e prese in mano l’ultimo dossier “Questo invece si chiama Phantom Franklin Harlock Terzo
*7 nome in codice Occhio di Falco, ma anche semplicemente Falco all’occorrenza. Vanta antenati tedeschi. Durante la guerra di Came Home ha prestato servizio come ricognitore e ha fatto anche da navetta d’appoggio master a tre navi ammiraglie. Ha una spiccata intelligenza tattica, sembra saper prevenire le mosse del nemico che intuisce e previene con grandi risultati strategici che gli hanno fatto inanellare una serie impressionanti di successi contro il nemico. Attualmente presta servizio di scorta a navi civili e militari facendo missioni di ricognizione in qualsiasi pianeta gli venga richiesto. Nelle note si specifica che non esita a lanciarsi nel corpo a corpo se e quando è necessario. Tiratore scelto, ha una mira infallibile. La sua priorità assoluta è la vita dei civili. Ottimo pilota ha però all’attivo diverse consegne per rissa. Anche questo qui?” domandò stizzito il generale, ma quel dossier era un po’ più articolato degli altri tre e continuò “Diplomato all’accademia militare di stanza sulla Terra, durante una missione di guerra è stato capace di rifiutarsi di eseguire un ordine, ritenendolo sbagliato, e si è fatto tre mesi di isolamento, evitando per un soffio la corte marziale. Benissimo, un anarchico!” tuonò il generale “E questi quattro debosciati dovrebbero essere i futuri piloti delle quattro navi punta di diamante della nostra flotta? Le quattro navi Classe Death Shadows? Quelle che dovrebbero strenuamente difendere la Terra? Sergente Lee se non la conoscessi da anni direi che lei sta perdendo il senno!”.
“Generale mi creda, sono ottimi elementi. So che i loro dossier hanno qualche macchia, ma…”.
“Qualche Macchia? Sembrano biancheria sporca da mesi! Stiamo parlando di tenenti e non di reclute Lee. Questi sono feccia!”.
“Mi permetto di dissentire signore. Non credo esistano, in tutto lo Spazio, dei piloti migliori di loro” ribatté coriaceo e deciso il sergente. Li conosceva bene e sapeva che erano perfetti per quella missione.
Il generale scosse la testa con disappunto “Purtroppo sono obbligato a fidarmi di lei, non c’è più tempo, il governo pressa e l’addestramento deve iniziare subito, ci sono troppe agitazioni tra i civili, ma sappia che la riterrò direttamente responsabile di qualsiasi problema, o danno che dovessero causare a persone o cose!”.
“Signorsì signor generale” rispose accademicamente il sergente.
“A proposito” disse ancora Ishida prima di congedarlo “Ha già in mente chi di loro potrebbe essere il comandante della flotta che dovrà guidare la nave ammiraglia? Quella
speciale per intenderci” disse riferendosi all’unica nave che aveva delle bizzarre particolarità volute tenacemente dall’ingegnere aerospaziale che l’aveva progettata.
“Ho un’idea in merito signore, ma prima vorrei vedere come andranno i test di guida con il timone”.
Il generale scosse la testa contrariato “In mezzo a questo
fior fiore della marina aeronautica spaziale, mi stavo dimenticando del genio incompreso, almeno da me!” commentò sarcastico “Il famigerato Tochiro Oyama! Uno che ha preteso e purtroppo ottenuto di mettere un timone di una nave di secoli fa su una modernissima nave spaziale, ma non solo, ha pure costruito una parte di essa come un antico Galeone… mi domando che cosa si siano bevuti quelli del governo. Che cosa mai gli passi per quelle teste canute! Affidare sofisticatissime navi a motore dark matter a simili soggetti... È inaudito! Giuro che io ad un mandria di debosciati del genere, non farei guidare neppure uno di quegli aggeggi antichissimi chiamati biciclette!” tuonò esasperato.
“E ora si muova e vada a recuperare quei quattro disgraziati e li porti qui, e vediamo se è ancora capace di intendere e di volere sergente Lee. Sta rischiando la sua carriera lo sa vero?”.
“Signorsì signor generale!”.
“Sì, sì, basta con i saluti d’ordinanza, se ne vada” disse Ishida facendo un gesto eloquente con la mano.
Quando fu solo si levò il berretto dalla testa e se la grattò, quindi accese un sigaro e borbottò “Mi ci mancavano solo gli Space Cowboys ad un solo anno dalla pensione… me la vogliono proprio far sudare, maledetti politicanti!”.



Continua…

 

 

 

 

 

Note esplicative:

 

Come già detto, questa fic si può considerare una sorta di prequel del film, ma anche e soprattutto un prequel di Wonderwall infatti fa parte della serie di cui farà parte anche il proseguo della stessa, cioè Itaca, che come avrete visto si chiama Across the Universe.
Ho immaginato che la guerra di Come Home sia appena finita e che la Gaia Sanction stia progettando di rendere inviolabile la Terra. Ovviamente, ogni cosa a suo tempo e prima di tutto devono venire addestrati i quattro piloti che saranno alla guida delle famose 4 navi Death Shadows con i motori a dark matter le cui macchiniste sono le ultime 4 nibelunghe.
Diciamo che questo, è come mi immagino io l’inizio, di come Harlock sia diventato comandante dell’Arcadia, che io mi prendo la licenza da fic di chiamare così fin da subito. Infatti ho immaginato l’Arcadia appena nata, in parte uguale a quella che sarà la futura nave pirata che tutti conosciamo. Vale a dire con il timone (che comunque c’è anche nel film) ma anche e soprattutto con il cassero di poppa già fatto a forma di antico Galeone, caratteristica che però avrà solo la nave ammiraglia e non le altre tre della piccola flotta, che ho immaginato identiche a quelle del film, ma senza timone, con solo comandi elettronici. Ovviamente su questa neonata Arcadia non ci saranno né scranno, né teschi e la sua forma, a parte la licenza per il cassero di poppa, è uguale alle altre tre.

Il titolo: Space Cowboys è preso in prestito da una canzone dei Jamiroquai (Space Cowboy, al singolare, ed è un pezzo del 1994) ma anche dal film del 2000 diretto e interpretato da Clint Eastwood che si intitolo proprio Space Cowboys (All rights reserved, no copyright infringement intended). Ė un omaggio citazionistico  anche e soprattutto al Sensei che ha spesso accostato Harlock al Western.
L’idea dei soprannomi dei tenenti (futuri capitani) si rifà in parte alla realtà, ma anche e soprattutto ad un classico del genere, ovvero Top Gun, film d'azione del 1986, diretto da Tony Scott
! (All rights reserved, no copyright infringement intended) a cui questa fic in alcune sfumature si ispira un po’ :D
Occhio di Falco è anche un personaggio © della Marvell, ma non mi sono ispirata a lui per il soprannome, ma piuttosto al famoso modo dire appunto: occhio di falco, per la capacità del mio Harlock di vedere lontano nelle strategie militari, ma anche e soprattutto nell’animo delle persone, nemico compreso.


Glossario:

1 GORIANUS: Pianeta inventato dalla sottoscritta già presente in Wonderwall.

2 IL FREDDO: Soprannome preso in prestito dalla serie televisiva “Romanzo Criminale”.
(All rights reserved, no copyright infringement intended).

3 FOCUS: Pianeta inventato dalla sottoscritta.
4 PROMETEO: Pianeta inventato dalla sottoscritta.

5 HÁIDES: Pianeta inventato dalla sottoscritta.
6 NAVETTE CLASSE A3 e CLASSE A2: Nomi di veicoli spaziali inventati dalla sottoscritta.
7 PHANTOM FRANKLIN HARLOCK TERZO Già usato in Wonderwall riprende tutti i nomi di Harlock usati negli anime e nei manga del sensei Matsumoto. Il “terzo” finale è una mia personale aggiunta.


 Bentornati!

 

Questo Capitolo è dedicato a Mizu e lei sa perché! ;)

 

Grazie 1000 ad Angelfire e lei sa perché :)

 

Grazie alla mia beta Azumi che è in ferie, ma che dal prossimo postaggio riprenderà il suo lavoro

 

Comunicazioni di servizio: il postaggio sarà una volta alla settimana  e non ci sarà un giorno fisso, sappiate però che ogni settimana l’aggiornamento ci sarà, salvo cause di forza maggiore, ma sapete che in caso avvertirò ;)

 

Un grosso bacio ad Innominetuo lei sa perché (Sei una roccia e TU lo sai! :*)

 

GRAZIE Capitano perché con te il sogno diventa come lo Spazio: Infinito!!! ♥♥♥

 

Bentrovati a tutti e GRAZIE ancora una volta a chiunque si sia fermato a leggere questa mia nuova follia partorita dalla mia testa bacata! Grazie davvero di cuore  ad ogni lettore, spero di non deludervi e di divertici insieme

 

 

––––•••·.·•••––––

 

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

 

 

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Capitolo 2
*** I PRESCELTI ***


-1-

I PRESCELTI

 

Caserma Shandor*1 Pianeta Marte

Tochiro si svegliò di soprassalto. Non aveva il sonno leggero, ma qualcuno aveva fatto un baccano assurdo, facendolo precipitare malamente dalle braccia di Morfeo sul pavimento freddo della camera. Erano ormai tre mesi che il suo compagno di stanza si era ritirato dalla vita militare per motivi di salute, così aveva avuto l’immensa fortuna di essersi ritrovato un alloggio tutto per sé. Ciò lo rese certo che qualcuno si era intrufolato di soppiatto nella sua camera, quindi si alzò veloce in piedi ed estrasse la sua Cosmo Gun da sotto il cuscino.

“Chi va là?” chiese strizzando gli occhi, agitando l’arma contro l’oscurità che lo circondava. Senza occhiali era cieco come una talpa.
“Sono io! Rinfodera quella pistola prima che qualcuno si faccia male” si sentì rispondere da una voce a lui molto familiare.
A tentoni accese la luce, inforcò gli occhiali e finalmente lo vide. Aveva l’uniforme stropicciata e mezza aperta, tanto che gli si intravedeva una generosa porzione di petto nudo. I capelli, un po’ troppo lunghi, erano decisamente arruffati, ed il viso era illuminato da quel mezzo sorrisetto canagliesco che gli faceva piegare le labbra da un solo lato in modo furbetto. Di sicuro aveva bevuto e probabilmente c’era di mezzo una donna.
“Santa pazienza Harlock, la devi smettere di irrompere come un ladro nella mia camera in piena notte! Hai nuovamente violato il coprifuoco vero? Vuoi farci consegnare tutti e due?”.

L’amico questa volta gli arrise apertamente. Uno di quei sorrisoni che vengono facilitati dall’abuso di alcool: in quel caso ben due bottiglie di rosso, di quello buono.
“Da quando sei diventato così musone Tochiro?” gli chiese l’amico grattandosi la testa, levandosi poi la giacca e lasciandosi cadere a peso morto, sul letto dell’ex compagno di camera dell’ingegnere spaziale.

“E tu quand’è che metterai la testa a posto?”.
“Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda…”  commentò crucciato il giovane tenente, facendo il broncio.
“Da dove diamine vieni? E perché sei ubriaco?”.

“Non sono ubriaco” protestò Harlock “Sono stato ad una partita di poker. Strip poker, per l’esattezza… ho perso…” aggiunse incrociando le braccia dietro la testa con aria sorniona, come se ricordasse chissà quali piacevoli particolari.

Tochiro, che aveva capito l’antifona, roteò gli occhi e poi scosse la testa. “Chi è questa volta?” chiese rassegnato, ma anche curioso.
“Meglio che tu non lo sappia, ultimamente hai questa tendenza a mamma chioccia che mi preoccupa non poco. Una volta saresti stato dei nostri e in prima fila”.
“Nostri?” chiese Oyama strizzando gli occhi, riducendoli a due fessure con fare indagatorio.
“Sì eravamo io, Devasto, il Freddo e…” quindi si schiarì la voce “…la nipote del sergente Lee” aggiunse in tono casuale.
“COSA?” disse l’ufficiale ingegnere “Ma siete matti? Ma lo sapete che ci sono le selezioni per scegliere gli equipaggi delle navi Death Shadows, e che le farà proprio Lee? Sai che lavoro a quel progetto da tempo e vorrei tanto che tu ne facessi parte, dovresti smetterla con queste sciocche bravate. Hai le carte in regola per fare un gran salto di qualità e diventare capitano, afferra l’occasione al volo e smetti di farti abbindolare da ogni sottana che vedi svolazzare” lo rimproverò con tono da fratello maggiore.
A quelle parole Harlock si alzò a sedere sul letto.
“Punto primo, la donna che mi abbindola deve ancora nascere. Punto secondo, ci divertiamo come abbiamo sempre fatto, sei tu che sei strano ultimamente. Prima eri sempre pronto a far bisboccia, soprattutto quando c’era da menar le mani. Ora ti sei come rammollito” e i due bellissimi occhi color castano ambrato chiaro, scrutarono quelli marroni scuri e vividi del suo migliore amico. Voleva sondarlo a fondo e leggergli quasi nel pensiero. Lo conosceva molto bene e ultimamente era davvero troppo strano “Tu mi nascondi qualcosa” gli disse puntandogli l’indice contro.

“Oh finiscila Franklin!”.
“Non chiamarmi così! Chiamami Harlock, chiamami Occhio di Falco ma evita il mio orrido nome di battesimo! Non lo sopporto e tu lo sai”.
“Non c’è nulla da nascondere, tengo moltissimo a questo progetto e non vorrei vedere andare tutto in vacca perché tu ti sei spupazzato la nipote di Lee”.
“In realtà è lei che si è spupazzata me. Ho perso…” disse fintamente contrito. Si divertiva un sacco a farlo agitare, era il suo migliore amico e gli voleva bene, voleva solo che mollasse un po’ gli ormeggi, negli ultimi tempi era davvero diventato troppo serioso e lui non se ne capacitava.
“Sei irrecuperabile! Ora dormi, che tra quattro ore, durante il cambio della guardia, dovrai sgattaiolare ai tuoi alloggi, perché se ti beccano qui all’adunata, ci facciamo minimo un mese di consegna e addio progetto!”.

“Va bene mammina” disse Harlock ridacchiando.
Suo malgrado sghignazzò anche Tochiro “Sappi che se fossi stato mio figlio ti avrei educato meglio”.
“Dici?”.
“A proposito ma la nipote di Lee com’è, spero vivamente non assomigli a suo zio, non avrà mica i baffi a manubrio anche lei, vero?”.
Harlock rise sinceramente divertito, ora sì che riconosceva il vecchio Tochiro dei bei tempi andati dell’accademia. “Sono un gentiluomo, non parlo delle signorine con cui mi intrattengo… a giocare a poker. Dovesti conoscermi, ingegnere curioso” lo canzonò il tenente.
“Sì certo, come no, avete giocato fino alle tre del mattino di sicuro” ribatté Tochiro che per una volta aveva sperato che magari il suo amico avesse trovato uno svago innocuo ed innocente.
Harlock rise, ma non aggiunse altro. Era molto popolare tra le ragazze e aveva un certo successo con le donne in generale, di rimando a lui piacevano parecchio, ma non si era mai vantato una sola volta di una sua conquista, né tanto meno si era mai lasciato andare a volgari commenti tra commilitoni. Era giovane e sfrontato, la carriera militare gli piaceva e gli dava grandi soddisfazioni. Come tipico della gioventù, mordeva la vita e si sentiva invincibile, per questo a volte era un po’ incauto. Non aveva la minima idea di cosa negli anni gli avrebbe riservato il destino, ma per fortuna nessuno è in grado di conoscere il proprio futuro, così per il momento si godeva a pieno ciò che amava fare, con quel pizzico di incoscienza tipica di chi ha tutta la vita davanti a sé e la percepisce come una strada lunga e dritta, quasi priva di salite.

 

 

 

*

 

 

Esattamente quattro giorni dopo, Harlock fu convocato dal sergente Lee. Si presentò nel suo ufficio non senza una punta d’ansia, perché essersi intrattenuto con sua nipote e aver violato il coprifuoco per ben due volte in una settimana, avrebbe potuto costargli la carriera. Era certo di averla fatta franca, ma la sicurezza matematica non poteva averla. Si rimproverò mentalmente di essere stato così avvenato e si ripromise, da quel momento in poi, di essere più oculato e meno scapestrato. Tochiro aveva ragione, era ora di mettere la testa a posto.
Non era uno sciocco né uno sprovveduto, ma la guerra di Came Home era appena finita e  nell’aria c’era una gran voglia di leggerezza. La pace ritrovata aveva riportato nuove speranze nei cuori di tutti. Così era capitato che alcune volte, durante quegli ultimi mesi, si fosse lasciato andare con una certa faciloneria che non era da lui, indugiando forse anche un po’ troppo sui piaceri della vita. Nonostante questo restava pur sempre un ottimo tenente, con delle doti particolari e spiccate, che lo rendevano un candidato perfetto per il comando di una di quelle navi così speciali.
Fu proprio questo che gli comunicò Lee, facendogli tirare un gran sospiro di sollievo. Avrebbe partecipato all’operazione più ambita del momento. Seppe di essere stato scelto insieme ad altri tre tenenti e che avrebbero fatto i test attitudinali direttamente sulla Terra, ma non gli fu detto chi fossero i suoi compagni.
Lee gli spiegò solo che l’addestramento sarebbe stato effettuato sul loro pianeta natio nella caserma Gladio
*2, della cittadella Oceania tredici*3, uno dei tanti distaccamenti della Gaia Fleet abitati da militari e civili, che erano disseminati sulla Terra a difesa della stessa da attacchi alieni, pirateschi e incursioni di uomini che non rispettavano l’accordo di pace, secondo cui per il momento non si poteva far ritorno a casa, nella madre patria.
In realtà, il neonato governo Gaia Sanction aveva in mente di dichiarare il Pianeta Azzurro
*4, pianeta sacro ed inviolabile, per impedire che venisse ripopolato. Ne voleva fare un quartier generale ad esclusivo beneficio di politici e pochi ricchissimi eletti. Per fare questo però occorreva tempo, ma soprattutto bisognava organizzare una flotta di difesa invincibile che avrebbe dovuto preservare la Terra da probabili incursioni di riottosi, eventuali profughi, dissidenti e malfattori di ogni sorta. Per questo era nato il progetto Space Cowboys, con navi a motore dark matter, eredità del retaggio extraterreste Nibelungo. Alieni che avevano messo a disposizione la loro conoscenza e la stessa particolare materia  oscura proveniente da Yura*5, loro pianeta d’origine, per la costruzione dei potentissimi motori e delle armi speciali in dotazione alle quattro navi. Era ciò che le rendeva invincibili e potentissime.

Harlock fu orgoglioso di essere stato scelto, ma si prese subito una bella ramanzina dal sergente istruttore che gli comunicò che non sarebbero stati tollerati comportamenti indecorosi né risse, né tanto meno atti d’insubordinazione.

“Spero che tu capisca che se diventerai comandante di una delle navi non potrai mai, e sottolineo mai, rifiutarti di eseguire un ordine” gli disse serio.
“Allora speriamo che non ce ne sia mai bisogno” rispose altrettanto serio Harlock.
Lee lo conosceva bene, come del resto gli altri tre tenenti da lui scelti. Sapeva che era un osso duro, che aveva un alto senso morale e un codice tutto suo comportamentale, e se questo andava in collisione con gli ordini ricevuti, era conscio che non si sarebbe fatto problemi a non eseguirli.
“Capisco le ragioni che ti hanno spinto a disobbedire ad un ordine, come quello di sacrificare la vita di duecento civili abbandonandoli al loro destino, ma a volte in guerra si devono fare delle scelte dure e sacrificare delle vite...”.
“Non delle vite innocenti Signore” lo interruppe Harlock, ribattendo. Era consapevole che fosse un rischio difendere la propria posizione, ma lui era un tipo che non si piegava, era  uno tutto d’un pezzo e non avrebbe rinnegato ciò che aveva ritenuto sacrosanto fare.
“Sei dannatamente testardo!” tuonò l’uomo indispettito, ma sotto sotto era anche ammirato da quel coraggio indomito e un po’ sfrontato che portava quel tenente a sfidare l’autorità, in nome dei suoi principi. Questa sua caparbia integrità faceva di lui un uomo d’onore che non temeva neppure la corte marziale. Anche lui al suo posto avrebbe salvato quei civili, ma non glielo avrebbe mai detto. Non poteva dargli apertamente ragione, né poteva fargli credere che era spalleggiato o giustificato, nella sua disobbedienza.
“Sappi che un solo atto di insubordinazione ti costerà il posto e sarai buttato fuori dal progetto, oltre che deferito alla corte marziale. Questa volta non si scherza Occhio di Falco, chiaro?”.
“Lo terrò a mente Signore” rispose serio Harlock.
“Bene. Partiamo domani mattina all’alba. Ti consiglio di radunare le tue cose e salutare chi devi” e con queste parole Lee lo congedò.

 

 

Harlock si ritirò e andò al suo alloggio, aprì la porta e con grande sorpresa trovo Hisa, la nipote del sergente Lee, seduta sul suo letto. Non fece in tempo a sillabare una parola che lei si alzò e lo raggiunse. Gli si avvinghiò e gli stampò la bocca contro le labbra, violandole delicatamente con la punta della lingua. Il tenente colto di sorpresa cedette a quel piacevole assalto, ma fu una questione di pochi secondi, sebbene con riluttanza l’allontanò con forza da sé. Hisa era giovane, disinvolta e molto carina ma lui non avrebbe rischiato la sua carriera per lei. La trovava attraente ed era una ottima compagna di divertimenti, ma nulla più. Le donne gli piacevano parecchio ma era totalmente allergico ai legami. Era un uomo libero e intendeva rimanere tale, almeno per il momento.
“Che cosa ci fai qui? Vuoi farmi consegnare?” le chiese accigliato. I suoi occhi ambrati cosi belli e luminosi sapevano diventare come due lame affilate e taglienti quando si incupiva, e in quel momento era decisamente infastidito.
“Te ne sei andato via appena mi sono addormentata ieri sera…” miagolò la ragazza con fare da gattina, giocherellando con una mostrina della sua divisa, proprio il genere di comportamento che con lui non attaccava.
“Si dà il caso che io abbia un coprifuoco e sia un tenente. E che tu sia la nipote del mio sergente istruttore” gli scappò detto.
La ragazza lo guardò sgranando gli occhi stupita “Ma allora tu?...”.
“Sì. Sono stato scelto per il progetto riguardante le navi classe Death Shadows” ammise.
“Ma andrai sulla Terra!” piagnucolò Hisa, tornando all’attacco avvinghiandosi di nuovo a lui.
“Facciamo l’amore ora. Subito!” gli disse con tono implorante, cercando ancora le sue labbra e premendo il suo bacino contro di lui.
Harlock la prese delicatamente per i polsi per farla desistere “Per favore, non è proprio il caso”.
Cominciava ad innervosirsi, la ragazza stava esagerando, non voleva trattarla male, ma era un grave rischio che si trovasse in camera sua, se l’avessero colti in flagrante sarebbe scoppiato il finimondo e probabilmente lui avrebbe passato grossi guai. Per il futuro si ripromise di essere più prudente e di scegliersi meglio le sue prossime divagazioni. Soprattutto avrebbe dovuto assicurarsi che non fossero così pedanti.
Per fortuna furono interrotti dall’incursione in camera di Devasto.

“Ehi bambolina, tuo zio ti sta cercando” disse serio il commilitone alla ragazza, lanciando un’occhiata d’intesa ad Harlock.
Hisa, che nonostante tutto temeva l’autorità dello zio, con cui poi non aveva molta confidenza, rubò l’ennesimo bacio ad Occhio di Falco, lo sciolse dal suo abbraccio e scappò via dalla camera come se fosse tarantolata.
“Mi devi un favore” disse sornione Devasto ad Harlock.
L’altro sorrise grato e annuì con gesto della testa.

“A buon rendere” aggiunse sollevato.
“Non ho mai capito come mai tu e le donne siete come le mosche e la carta moschicida. Ti si appiccicano addosso e non c’è verso di staccartele via! Sei un dannato rubacuori Falco, mentre io faccio sempre una fatica immensa ad avere un appuntamento, nonostante il mio indiscutibile charme!”.
“Perché lui ha il fascino del bel tenebroso” gli fece eco il Freddo appena sopraggiunto nella stanza, e aggiunse “Ho quasi il sospetto che quella cicatrice sulla guancia se la sia fatta da solo per aggiungersi più carisma e fantomatico mistero! Fascinoso e sfregiato, un binomio micidiale per giovani fanciulle in cerca di dolci emozioni, come appunto le mosche con il miele, o erano le api?”.
“Fatela finita!” tuonò fintamente indignato Harlock, poi si girò e con fare da impunito disse: “Se piaccio, che ci posso fare?”.
Scoppiarono tutti a ridere. Era ormai una consuetudine sfottersi a vicenda sull’argomento donne e conquiste. Ma non si prendevano mai troppo sul serio e neppure Harlock si approfittava del suo ascendente sul gentil sesso, anche se quando gli capitava una ghiotta occasione, non si tirava quasi mai indietro.
“Ragazzi ho una notiziona da darvi” cambiò discorso Devasto.
E fu così che uno ad uno scoprirono di essere stati scelti tutti e tre per il progetto a cui lavorava da mesi Tochiro, altro membro della loro cricca affiatata, che però al momento risultava irreperibile.
“Bisogna festeggiare. Andiamo a bere! I bagagli li faremo dopo” disse il Freddo e così l’uno accanto all’altro come un piccolo plotone, affrontarono il corridoio in direzione circolo ufficiali.
Harlock si chiese dove si fosse cacciato il suo amico Oyama e perché ultimamente fosse così sfuggente e assente, neanche gli altri due lo avevano visto, né sapevano dove fosse. Questo comportamento misterioso non era da lui, doveva scoprire cosa gli stava nascondendo.
Così, alla fine, la bevuta bene augurale per la nuova avventura che stavano per intraprendere fu solo tra loro tre, ovvero la maggior parte dei neonati Space Cowboys.

 



Glossario:

1 SHANDOR: Cognome di personaggio inventato scovato su Google e usato dalla sottoscritta come nome di caserma Marziana per la sua musicalità e particolarità.

2 GLADIO: Arma da taglio (spada) dell’epoca dei romani, ma anche nome in codice di un’operazione top secret durante la così detta “guerra fredda” scelta dalla sottoscritta come nome della caserma terrestre per la sua musicalità e per il rimando ai soldati romani: retaggi antichi.

3 OCEANIA TREDICI : nome cittadella militare inventato dalla sottoscritta per descrivere un posto molto simile alle basi militari esistenti oggi e stanziate sul nostro territorio tipo quelle americane di stanza Livorno.

4 PIANETA AZZURRO : altro modo di chiamate la Terra, come ad esempio si usa Pianeta Rosso per chiamare Marte.

5 L'argomento Materia Oscura proveniente da Yura è una mia personale invenzione già usata in Wonderwall, in cui la dark matter o materia oscura che dir si voglia, non è quella terrestre, ma quella proveniente dal Pianeta Yura, patria delle nibelunghe.

 Ma ciao!!!

GRAZIE ancora una volta a TUTTI VOI per la bellissima ed entusiastica partecipazione. Boh… io non so che dire ogni volta riuscite e stupirmi! *.* Grazie a TUTTI i lettori silenti e grazie a tutte le ragazze che hanno commentato vi lovvo a bestia sappiatelo e GRAZIE infinite a chi ha già messo la fic tra le preferite, tra le ricordate e tra le seguite
(Mi viene l’ansia! Speriamo di non deludervi!!!)

 

Questo Capitolo è dedicato a CowgirlSara e poco più sotto capirete e capirà perché  è dedicato anche ad una persona che stimo moltissimo Ladyfive ;)

 

Grazie 1000 ad Angelfire e lei continua a sapere il perché :)

 

Grazie alla mia beta Azumi che è tornata a fare egregiamente il suo lavoro :D

 

Curiosità: Molti di voi si sono  chiesti e hanno commentato i soprannomi dei quattro piloti. Bene dovete sapere che a luglio quando ho cominciato a  buttare giù la storia, dopo averla partorita nella mente circa ad aprile/maggio è nato il problema dei nomi di battaglia. Così Sara prima, e Silvia Sara dopo, abbiamo passato almeno tre sabati sera post uscita serale tirando tardi. Io sciorinavo soprannomi infausti in inglese, la Sara in tedesco e la Silvia in Italiano. Ovviamente solo per Harlock, la scelta per gli altri tre l’ho fatta in brevissimo tempo. Alla fine ha vinto l’idea che ho sempre avito nella mia mente, ovvero il falco e le ragazze ne hanno convenuto con me. Grazie per l’appoggio, le risate e GRAZIE a Sara per l’entusiasmo e che mi ha spronata ancor di più!

 

 

GRAZIE Capitano perché il sogno è sempre più bello, ma anche più nitido!!! ♥♥♥

 

 

––––•••·.·•••––––

 

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** OCEANIA TREDICI ***


-2-

OCEANIA TREDICI

 

Vedere in lontananza il suo Pianeta natio, era sempre un’emozione forte per Harlock, il suo cuore palpitava e i suoi occhi brillavano animati da una luce particolare che era specchio del suo sentire interiore.
Dall’oblò della navetta, la Terra si mostrava, nonostante tutto, ancora nella sua primordiale bellezza.
Da quell’angolazione sembrava una grande biglia di vetro blu scuro, screziata da mille sfumature che andavano dal cobalto, al marrone fino al bianco candido.

Via via che l’astronave si avvicinava al pianeta, i contorni si facevano sempre più delineati, netti, e alla fine si distinguevano chiaramente i continenti pigramente adagiati sulle acque degli oceani, rivelando, a chi le osservava, tutta la loro selvaggia e immutata bellezza di un tempo. Dallo spazio, la Terra sembrava quella di sempre. Nonostante fosse un pianeta quasi sterile come una vacca, munta fino all’ultima goccia di latte, appariva sempre viva, come se fosse stata dotata di un’anima, come se respirasse. Certo, gran parte del territorio era arido, privo di risorse, ma la Terra appariva ancora tenacemente viva, come conscia di dover lottare per riprendersi l’aspetto di un tempo e germogliare a nuova vita. Il suo fascino restava immutato, grazie ai colori che la carestia non era riuscita a spegnere né a sbiadire. Le nubi, come soffici batuffoli di cotone e lembi di zucchero filato la decoravano, creando un gioco di chiaroscuro, che catturava sguardo e cuore di chi vi posava sopra gli occhi, proprio come stava accadendo ad Harlock.
Il Pianeta Azzurro era e restava per il giovane tenente il posto più bello dell’Universo, quello che più amava e che, nonostante tutto, si ostinava a chiamare casa.

Era molto felice di poter passare del tempo sulla Terra e questo lo metteva di ottimo umore. Si chiese se nella base militare ci fosse un maneggio, o qualcosa di similare. Amava andare a cavallo e non lo faceva da tempo immemore. Chiuse gli occhi e cercò di ricordare il vento tra i capelli e la sensazione di libertà che gli aveva sempre dato cavalcare.

I suoi pensieri furono interrotti dalle manovre di atterraggio.
Erano appena arrivati nello spazio-porto di Oceania Tredici.

 

 

La cittadella appariva grande e fiorente: inglobava al suo interno la modernissima  caserma Gladio. Appena arrivati furono subito accompagnati ai loro alloggi che scoprirono essere più che decenti. I tre i tenenti provenienti da Shandor, compreso l’ingegnere aerospaziale Tochiro, erano stati assegnati alla stessa ala, provvista di camere singole, non molto grandi ma accoglienti, dotate di tutto il necessario, compresa una piccola scrivania ed un computer.
Oceania Tredici si estendeva su una vallata non troppo distante dal mare che lambiva quel pezzo di terra popolata da militari e civili che vi convivevano in piccolo microcosmo lontano da tutti. Harlock notò che quelli della Gaia Fleet si trattavano bene. Le loro basi erano ultra moderne e dislocate in luoghi ancora molto fiorenti, che comunque si erano premuniti di risanare e riedificare, rendendoli fertili e rigogliosi. Sembrava davvero di essere sulla Terra di tanti anni prima.

Oceania Tredici, Gladio compresa, era popolata da circa milleduecento militari e tremilacinquecento civili, impiegati anch’essi nell’ esercito.
Queste basi erano sempre edificate in località circondate da stretto riserbo poiché  nascondevano dei segreti. Ciò che avveniva ed era custodito al loro interno: materiali, progetti e anche gli addestramenti che venivano effettuati era difficile potessero essere conosciuti da chicchessia nel dettaglio. Oceania Tredici specialmente, grazie della alla propria posizione geografico-strategica, si configurava come una sorta d’isola incastonata nel territorio Terrestre, alla quale non era facile avere libero accesso anche se, furbescamente, la Gaia Sanction, che in segreto stava mettendo a punto il suo piano circa l’inviolabilità terrestre, la dichiarava aperta a tutti. Voleva farla passare per un luogo di addestramento di truppe speciali per garantire la futura ripopolazione del pianeta in modo ordinato e sicuro.
Menzogne.

Una volta sistemati i propri effetti nelle camere, i tre piloti si ritrovarono in una sorta di aula dove sarebbero iniziati i test attitudinali. Si sarebbero dovuti mettere al lavoro fin da subito.

In quella stanza attrezzata da monitor e scrivanie, trovarono il quarto tenente, reclutato per la selezione: Vipera.
I quattro si fronteggiarono in silenzio studiandosi.
Vipera guardò i tre che sembravano già affiatati.

Uno era una maschera impenetrabile, sembrava avesse il viso di gomma, ma inespressivo. Capelli neri corvini e una particolarità singolare, la quasi totale assenza di sopracciglia che lo rendevano davvero inquietante. Pensò che quello dovesse essere il Freddo.
Accanto a lui, un altro con i capelli arruffati, la barb e due occhi verdi, vispi e vividi. Non riusciva a stare fermo e si guardava intorno nervosamente curioso. Senza dubbio quello era il famigerato Devasto.
L’ultimo dei tre era molto tranquillo. Più alto degli altri due portava, per i suoi gusti, i capelli un po’ troppo lunghi ed aveva una cicatrice che dal setto nasale scendeva, solcandogli tutta la guancia destra. I suoi occhi erano penetranti e molto, troppo, attenti. Appariva come il più pericoloso dei tre.

Vipera mirava al comando della flotta speciale e aveva fatto i compiti a casa, si era informato su tutti i candidati per partire avvantaggiato. Sapeva che Occhio di Falco, con le sue abilità strategiche così spiccate, era il concorrente diretto da  battere. Per fortuna aveva scoperto anche tutte le magagne che riguardavano quei tre, quindi si sentiva in vantaggio e piuttosto sicuro di ottenere ciò a cui ambiva.
“Salve ragazzi. Sono Marcus Date, nome in codice Vipera, ero di stanza alla caserma Lumia
*1  sul pianeta Gorianus” disse amichevole.
Non era un tipo falso, era solo ambizioso e voleva avere l’approvazione della squadra; non avrebbe potuto comandarli se non lo avessero sopportato. Non era uno stupido.
Anche Harlock lo aveva osservato attentamente. Era più basso di tutti loro, sembrava forte e molto atletico. Portava il taglio come si conveniva ad un militare vecchio stampo. Anche se da tempo erano state abolite le regole sulla lunghezza di barba e capelli, c’era ancora chi credeva fermamente che un buon soldato dovesse essere perfettamente rasato e con i capelli corti. Ma furono i suoi occhi che catturarono l’attenzione del Falco. Grigi, così chiari da sembrare quasi trasparenti, come due schegge di ghiaccio, riflettevano un’anima in parte fredda e calcolatrice. Capì subito che quel tenente era dotato di una determinazione ferrea. Harlock riusciva a leggere le persone al primo sguardo ed era molto raro che si sbagliasse. La sua sensazione però non fu del tutto negativa. Pensò che quel tipo avesse un approccio diverso dal suo, riguardo al modus operandi, ma che fosse uno di cui ci si potesse anche fidare, probabilmente fintanto che fossi stato nelle sue grazie.
Harock, per quel che concerneva le operazioni militari, era noto per essere molto riflessivo e pacato. Persino in battaglia, quando era costretto a prendere decisioni  estemporanee, faceva sempre una rapida valutazione dei pro e dei contro. Questo suo essere così accorto e meticoloso, senza farsi dominare dagli impulsi, lo metteva in condizione di vagliare e valutare sempre tutte le possibilità, trovandosi spesso in vantaggio sul nemico. Non lo sapeva ancora, ma con il tempo e l’esperienza, questa sua peculiarità si sarebbe ulteriormente affinata, diventando un suo tratto distintivo che in avvenire gli sarebbe stato di grandissimo aiuto. 

Sorrise e gli tese la mano: “Phantom Franklin Harlock Terzo, nome in codice Occhio di Falco, ero di stanza alla caserma Shandor, su Marte”.
Vipera gli restituì una stretta vigorosa “Immaginavo fossi tu. La tua fama ti precede. Disobbedire ad un ordine e farla franca e anzi ritrovarsi coinvolto in un progetto d’élite come questo, non è da tutti” disse calmo, con non curanza, ma Harlock capì che quella era una sottile provocazione.
Sorrise.
“Non mi pentirò mai di aver tratto in salvo un cargo stipato di profughi terrestri, in maggior parte donne e bambini” affermò calmo e deciso, senza staccare gli occhi da quelli di Vipera.
Era un duello di sguardi.
“Sì, capisco. Ma hai abbandonato la navetta a cui facevi d’appoggio, mentre infuriava una battaglia. Questo fa di te un compagno d’armi poco affidabile, Falco”.

“Ma tu non sai come sono andate realmente le cose. C’era la badante di riserva, ovvero io: Joseph Takeda, detto Joe, nome in codice Devasto, sempre pronto al suo servizio! Ho sbaragliato quei fottuti in neanche trenta minuti d’attacco. Sono sempre il migliore!” s’intromise il compagno di Harlock, facendo la riverenza a Vipera che malgrado tutto sorrise.

“Non faccio mai niente di avventato. Ho chiesto e ottenuto l’appoggio di Joe che mi ha sostituito mentre mi occupavo del cargo, per tua informazione anche il mio compagno era consenziente” concluse pacato ma secco Harlock, continuando a fissare serio gli occhi grigi di Vipera. Lo guardava come se volesse fargli capire che sapeva perfettamente ciò che stava cercando di fare. Non sarebbe mai caduto nel suo tranello, non era tipo da cedere facilmente alle provocazioni, non lo toccavano quasi mai.
“Allora ti chiedo scusa. Sei un eroe” rispose l’altro con un’impercettibile punta di sarcasmo che solo stando molto attenti si poteva cogliere, perché pareva sincero, ma era molto subdolo, proprio come il rettile che aveva scelto per il suo nome in codice.
“Gli eroi sono quelli mitologici. Io sono un uomo che fa solo quello che ritiene giusto” tagliò corto Harlock.

“Non ce la farai mai a farlo arrabbiare” intervenne il Freddo che fino ad allora era stato zitto ma aveva capito bene le dinamiche di Vipera. “A meno che tu non lo chiami Franklin, mister imperturbabilità difficilmente andrà in escandescenze. A parte forse sotto le lenzuola con qualche avvenente fanciulla, o dopo una sbronza. Ecco, nel caso abbia alzato il gomito scappa, perché è un gran picchiatore!” buttò lì per stemperare gli animi. Dovevano collaborare ed era meglio cominciare con il piede giusto, non con rivalità ed incomprensioni.
Poi si presentò anche lui: “Alfred Kook, nome in codice il Freddo, anch’io di stanza alla caserma Shandor su Marte”.

Harlock, che aveva guardato di sbieco il compagno, stava per controbattere, perché in realtà lui non era poi così beone e donnaiolo come credevano loro, ma furono interrotti da Lee che entrò nell’aula.

Si girarono tutti e quattro facendo il saluto d’ordinanza, sapevano che il sergente ci teneva anche se quelle pratiche erano obsolete ed in disuso.
“Comodi. Sedetevi pure. Spero siate pronti perché state per affrontare il primo test attitudinale.
Un questionario che sonderà le vostre conoscenze in merito a strumentazione di bordo e meccanica aereonavale” disse facendo  prendere a ciascuno di loro posto ad un banco. Quindi distribuì dei fogli e poi aggiunse: “Signori si comincia! Avete esattamente 45 minuti per rispondere a tutte le quattrocento cinquanta domande. Il vostro margine di errore è pari a tre ed affinché il test sia dichiarato valido e superato non dovrete oltrepassarlo.” dette un’occhiata all’orologio “Il test inizia… ora! Buona fortuna a tutti!” concluse e si sedette comodamente alla scrivania.



*

 

La prima nottata nella nuova caserma era stata tutto sommato tranquilla. Avevano cenato tutti insieme, alla mensa ufficiali, Tochiro compreso. Si erano scambiati opinioni e sensazioni. Soprattutto avevano ascoltato l’ingegnere aerospaziale, che a differenza  loro lavorava in un’altra sezione ed che era entusiasta per aver visto in parte realizzato il suo progetto. Era stato nominato supervisore e sapeva che sarebbe stato arruolato nella nave ammiraglia come ufficiale capo-ingegnere di tutta la mini flotta. Ogni modifica, riparazione e miglioria, apportata a ciascuna delle quattro navi, sarebbe dovuta passare sotto la sua supervisione ed avere la sua totale approvazione. Il suo era davvero un incarico di prestigio e molto importante.
Oyama, nome in codice Eta Beta
*2, così scherzosamente soprannominato per la sua enorme intelligenza creativa, fonte di idee geniali e strabilianti, era stimato e tenuto in grande considerazione dai vertici militari e da molti della Gaia Sanction.
A volte veniva ritenuto eccessivamente bizzarro, ma le sue invenzioni alla fine erano così potenti e convincenti, che lo avevano reso la punta di diamante del reparto ingegneria della Gaia Fleet. Il Plenipotenziario in persona ne aveva raccomandato caldamente l’impiego nell’operazione Space Cowboys. Tochiro era una mente troppo brillante e finemente acuta, andava usato per i loro scopi; averlo come nemico sarebbe stato un grosso problema, li avrebbe resi deboli poiché nessuno poteva competere con la sue capacità.

 

Il giorno seguente ebbero subito i risultati del test.
Tutti e quattro l’avevano brillantemente superato.

Lee era contento ed orgoglioso, non si era sbagliato, ma era ancora presto per cantare vittoria, c’era un duro addestramento da affrontare e superare, poteva accadere ancora di tutto.

Una volta avuti i risultati, seppero che avrebbero avuto il primo contatto con le navi. Niente di particolare: sarebbero andati a visitarle e a vedere come erano fatte, giusto per farsi un’idea di che cosa li aspettasse.
Furono caricati tutti e cinque, Tochiro compreso, su una camionetta vintage, reperto arcaico senza tettuccio, guidata da Lee in persona che s’incamminò su una strada secondaria.
Oceania Tredici era molto grande e godeva anche di aree isolate per mantenere una certa riservatezza. Ovviamente era opportunamente recintata e sorvegliata ma si tendeva sempre a far credere che fosse tutto molto blando, quando invece era l’esatto contrario.

Dopo poco arrivarono in un’area in cui facevano bella mostra di sé quattro enormi capannoni, che ad occhio e croce dovevano contenere ciascuno una nave.

Scesero in fretta e si avviarono a piedi verso gli hangar; l’entrata era dalla parte opposta rispetto a dove erano arrivati.
In realtà Lee voleva farli passare da una porta secondaria laterale perché di fronte, all’entrata, oltre la recinzione a protezione della base, era in corso una fastidiosa manifestazione di protesta che non erano riusciti a sedare in tempo, prima del loro arrivo.

Ad un certo punto però furono sorpassati da una pattuglia in tenuta antisommossa che avanzava con la tipica marcia da sfollamento e che inevitabilmente catturò l’attenzione di tutti; Harlock li seguì con lo sguardo incuriosito. Capì subito che tutta quella calma ostentata nella base era solo apparente.
Istintivamente ed incurante dei rimbrotti di Lee si staccò dal gruppetto e seguì la pattuglia. Voleva vedere e capire cosa stesse accadendo.
Si trovò subito dalla parte anteriore dei capannoni e vide oltre la rete di cinta un nutrito gruppo di persone che urlava e agitava fogli elettronici molto grandi, su cui scorreva la scritta digitale: Terra libera!
Cadenzavano slogan e facevano un gran baccano, erano determinati ma sicuramente pacifici, innocui e disarmati.

S’incuriosì e si avvicinò molto alla rete per vedere e capire meglio.

Notò subito una ragazza che organizzava i cori, era di spalle e agitava il braccio in alto dando il tempo, poi all’improvviso si girò e i loro occhi s’incontrarono.
Aveva i capelli lunghi, leggermente ondulati e ad ogni movimento che faceva, le danzavano morbidamente oltre la spalle, lunghi fino alla vita. Il colore era quasi uguale a quello del grano maturo. Una cascata di luce simile a seta, resa brillante dai riflessi del sole che le incorniciava il viso, i cui lineamenti erano leggermente irregolari, ma delicati. Spiccavano su tutto due grandi occhi blu, in cui suo malgrado annegò immediatamente non appena incrociarono i suoi.

Per qualche secondo fu come se il resto intorno a lui sparisse inghiottito in quei due spicchi di cielo. Assurdamente gli sembrò che qualcuno avesse abbassato l’audio e ogni rumore si fosse ovattato di colpo, sino a sparire e restare come isolato dal mondo. C’era solo quel blu intenso in cui annaspava, proprio come un naufrago che affoga nel mare. Gli si seccò la bocca e gli si accelerò inaspettatamente il battito cardiaco, mentre una goccia di sudore gli imperlò la fronte. Quegli occhi così belli, puri, ma anche così fieri e determinati lo avevano letteralmente inchiodato, paralizzandolo.
“Ehi tu? Non ti vergogni? Stai aderendo ad un progetto che sancirà la morte certa di questo pianeta! Sveglia la tua coscienza intontita, soldato! ” gli disse decisa e severa la ragazza, destandolo bruscamente da quell’idillio che l’aveva rapito. Di colpo il rumore e le urla tornarono a farsi sentire forti e chiare nelle sue orecchie, ma era ancora un po’ confuso.

Dato che era quasi a ridosso della rete, con un gesto rapido la ragazza gli passò un volantino, colpendolo con il palmo della mano sul petto, come se volesse appiccicarglielo alla divisa, come a volerlo scuotere e svegliarlo.

Aveva oltrepassato la rete metallica con il braccio, nonostante la sapesse elettrificata  poiché quella, se toccata produceva scariche elettriche, infatti nel ritirarlo la sfiorò: la scarica che la investì fu abbastanza forte, la fece sobbalzare e gemere dal dolore.

Il volantino sfuggì alla sua presa; pigramente svolazzò mosso dall’aria, danzando piano fino a terra. Harlock rimase sconcertato.
“Ti sei fatta male?” le chiese subito preoccupato, ma quegli occhi blu lo guardarono severi: lei non rispose e scappò via mescolandosi tra la folla dei manifestanti, probabilmente non voleva far capire ai sorveglianti chi avesse violato la rete.

Harlock rimase ancora lì, immobile, perplesso e molto confuso.
Che cosa era accaduto?
Non capiva, era parecchio turbato e non solo perché si era appena reso conto che in quella base non erano tutte rose e fiori, ma soprattutto per quegli occhi blu che lo avevano come trafitto, provocandogli un disagio e un’emozione a lui sconosciuti.
Si rese conto che per la prima volta in vita sua, in quello sguardo non era riuscito a leggere niente, ci si era solo inesorabilmente perso, non capendo più nulla.

 

 

 

 

Glossario:

1 LUMIA: Nome di caserma inventato, probabilmente facendo associazione di idee con nome di modello famosa marca cellulari xD.

2 ETA BETA: è un personaggio dei fumetti © Disney.


GRAZIE come sempre a tutti coloro che si sono fermati a leggere, a chi ha commentato e a chi ha messo la storia tra le preferite, ricordate e seguite. Grazie davvero, siete fantastici  vi lovvo tanto :*

 

Questo Capitolo è dedicato a Sheep 01 e credo che  abbia capito perché nevvero? :D

 

Grazie alla mia super Azubeta (gamma, delta, sigma e viaaaaa)! Che te lo dico a fa’? ;)

 

Curiosità: E’ entrata in scena una bionda… who’s that girl? Lo scoprite tra non molto :P

 

Ed ecco a voi il resto degli Space Cowboys!  
  


Nel ruolo di DEVASTO: Joseph Gilgun

 

    Nel ruolo del FREDDO: Matt Smith

 

    Nel ruolo di VIPERA: Iwan Rheon

 

Sì, mi sono ispirata a questi tre giovani attori britannici di talento, se cliccate sui loro nomi potrete conoscerli meglio. Ho un debole per i ragazzi inglesi e soprattutto per gli attori inglesi, ‘cause britt guys do it better ;)
Il mio preferito, senza nulla togliere ad Iwan Rheon e Matt Smith è senza ombra di dubbio Joseph Gilgun, e se lo conosco bene, sarebbe proprio contento di poter interpretare uno sciroccato come Devasto! xD

 

GRAZIE mio (nostro) Capitano perché il sogno continua!!! ♥♥♥

 

 

––––•••·.·•••––––

 

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** GEA FREE ***



-3-

GEA FREE

Erano passati alcuni giorni dalla loro visita alle navi, che poi avevano scoperto essere solo dei prototipi appositamente costruiti per le esercitazioni e la scuola guida con il timone.
Le Death Shadows originali erano in una base militare segretissima e sconosciuta che orbitava nello spazio. Pochissimi erano a conoscenza del luogo in cui erano custodite, dove erano presidiate da un vero esercito dedicato solo a loro, che le sorvegliava strettamente giorno e notte.
Quelle potentissime navi erano dei gioielli strategici di inestimabile valore, oltre che invincibili, almeno sulla carta. Se fossero capitate nelle mani sbagliate si sarebbero potute trasformare in armi di distruzione di massa. Per questo motivo il governo aveva tutto l’interesse a tenerle nascoste e segrete.

Durante quella prima visita di formale approccio, tutti e quattro i piloti avevano cominciato a prendere confidenza con quelle corazzate così speciali, sebbene fossero da usare solo come simulatori per l’addestramento.
In tutto e per tutto identiche alle vere Death Shadows, non erano abilitate a volare e non avevano nessun motore a dark matter installato. Erano come carcasse che però avevano all’interno dei sofisticatissimi simulatori in 3D ologrammati, che erano in grado di riprodurre alla perfezione condizioni di volo, manovre e anche eventuali battaglie. Erano complete di strumentazione di bordo ed accessori identici a quelli reali solo nella Plancia di comando. Imponenti nell’aspetto, nella linea ricordavano alla lontana grosse balene. Erano tutte corredate di innovativi computer di bordo che i tenenti avrebbero dovuto imparare ad usare per pilotarle, con una particolarità davvero singolare, che era presente solo nell’ammiraglia, e cioè l’inserimento di un timone in tutto e per tutto identico a quello delle navi di mare terrestri. Ciò aveva molto incuriosito i piloti, a cui per il momento però non erano state date spiegazioni in merito. Ogni cosa sarebbe stata svelata a suo tempo nei test attitudinali pratici, durante i quali avrebbero anche fatto la conoscenza con le quattro nibelunge di Yura, che sarebbero state le macchiniste addette ai motori alimentati da materia oscura, presenti sulle vere navi Death Shadows.

Tutti erano in fibrillazione e molto impazienti di provare quei simulatori, tranne Harlock che sembrava molto distante sebbene avesse seguito il giro e le spiegazioni, apparentemente con molta attenzione. Il suo comportamento non sfuggì a Tochiro e neppure a Lee. Quest’ultimo però scambiò il tutto per concentrazione. Quella sua freddezza distaccata, che lui aveva preso per determinazione e dedizione gli fece segnare un bel punto di merito sulla scheda di Occhio di Falco nel suo registro personale di valutazione.

*

Harlock, dopo un primo momento di smarrimento totale, tornò a darsi un contegno, anche se quegli occhi blu ogni tanto tornavo a portare scompiglio nei suoi pensieri e a volte proprio nei momenti meno opportuni.
La sua priorità rimaneva la missione e, come si era ripromesso su Marte, prima di partire, non avrebbe permesso a nessuna donna di distrarlo, quindi si buttò con foga nell’addestramento cercando di non farsi distogliere da nient’altro.
Nel tempo libero però ogni tanto ripensava a lei, anche perché aveva preso e messo in tasca quel volantino che gli aveva passato attraverso la rete, in cui aveva letto alcune informazioni. Intanto aveva scoperto che questa organizzazione ambientalista-umanitaria, in cui lei chiaramente militava, si chiamava Gea Free*1.
I suoi militanti si dichiaravano a difesa della Terra e della sua preservazione dall’invasione dell’esercito del governo Gaia Sanction. Quel governo, appena costituitosi alla fine delle guerra di Came Home che sembrava predicare la pace, secondo loro, aveva solo meri scopi economici e mire inconfessate e precise sul Pianeta Azzurro.
Aveva poi fatto ulteriori ricerche in rete e aveva scoperto che l’organizzazione era anche schierata a difesa dei diritti dei terrestri e del loro desiderio di ripopolazione del proprio pianeta natio. Aveva letto che erano molto attivi e che stavano dando notevoli fastidi alla Gaia Fleet creando scompiglio, facendo dei raid pacifici, e di disturbo durante le loro esercitazioni spaziali, compiendo anche incursioni terrestri nelle loro basi militari, del tipo di quella vista proprio lì, ad Oceania Tredici.
Harlock era scettico, ma anche curioso di scoprire quali fossero le loro motivazioni reali, perché era convinto che la Gaia Sanction volesse davvero preservare la Terra per renderla nuovamente fertile e abitabile, altrimenti non avrebbe mai accettato di partecipare alle selezioni per quel progetto. Temeva che Gea Free fosse nata con nobili scopi, ma che magari fosse manovrata da poteri occulti per ben altre ragioni, e voleva capirci di più. Avrebbe indagato.
Occhi blu non c' entrava niente, si ripeteva come un mantra mentale, ma era una grossa balla che si raccontava da solo.

Rimuginava molto su questa faccenda, così appariva spesso assorto e a volte assente. Rifletteva in continuazione, oltre che naturalmente essere concentrato sui test attitudinali teorici, che stava continuando a fare e che diventavano sempre più difficili e complicati.

Tochiro, che lo conosceva benissimo, aveva notato che il suo amico da qualche giorno era strano e molto per conto suo, troppo assente. Aveva intuito che qualcosa aveva preso pieno possesso dei suoi pensieri. Così una sera lo aveva invitato a fare una bevuta al circolo ufficiali, loro due da soli, senza il solito codazzo degli altri al seguito.
“Allora amico mio, che cosa ti turba? Ti sei troppo stranito da quando sei andato a curiosare quei manifestanti. Sei rientrato negli hangar con una faccia che era tutta un programma, non credo di averti mai visto così… non saprei neppure come dirti, ma sembravi come inebetito ecco!” gli disse Oyama sincero.
Harlock non rispose subito, si sentì come smascherato e la cosa gli dette un po’ fastidio. Non seppe spiegarsi neanche lui perché, forse fu per una sorta di strano e sconosciuto pudore, ma omise di fare anche il minimo riferimento alla ragazza. Era una cosa che stava evitando di affrontare con se stesso e quindi ritenne opportuno di non menzionarla neppure.
“Ho scoperto l’esistenza di questa sedicente organizzazione ambientalista chiamata Gea free” disse, andando sul lato pratico della questione, mostrandogli il volantino, ma notò subito che appena pronunziato quel nome un lampo aveva attraversato gli occhi di Tochiro. La cosa lo turbò ed incuriosì “La conosci?” gli chiese stupito.
“Shhhhh!!!” fece l’altro azzittendolo “Non qui” tagliò corto accigliato facendo immediatamente sparire il volantino.
Doveva essere una cosa seria. Harlock rimase basito. Allora era vero che gli stava nascondendo delle cose, il suo intuito non si era sbagliato neppure questa volta.
“Andiamo in camera mia lontani da occhi e orecchi indiscreti” propose Oyama misterioso.

Harlock fece un cenno d’assenso con testa. Poi comprò due birre e seguì l’amico nella sua stanza.
“Dunque?” gli chiese una volta rimasti soli, mentre gli passava la bottiglia stappata.
“Ė da un po’ che sono a conoscenza dell’esistenza della Gea Free e francamente non credo che si tratti solo di esaltati e facinorosi come vorrebbero farci credere. I vertici di questa organizzazione hanno dei sospetti sulla Gaia Sanction, dicono che i saggi abbiano in mente qualcosa riguardo la Terra”.
“E che cosa?” lo incalzò Harlock impensierito.
“Non lo so di preciso, nessuno lo sa. Ho conosciuto una persona che ha agganci con i quartieri alti al governo ed appartiene segretamente alla Gea Free, carpisce informazioni direttamente alla fonte e poi le gira all’organizzazione. Quelli della Gaia stanno sicuramente tramando qualcosa ma è molto difficile carpire che abbiano in mente, perché sono molto attenti a non far trapelare nulla”.

Harlock lo stava scrutando attentamente, non sapeva più che pensare “Ma sei sicuro Tochiro? Sono accuse gravi queste” disse serio.
“Come ti ho detto non ho certezze, ma mi fido ciecamente di questa persona e io stesso ho notato delle cose strane durante la fase di progettazione delle navi”.
“Tipo?” lo incalzò Occhio di Falco.

“Intanto le navi che mi hanno fatto progettare sembrano più per l’offesa che la difesa, ma non posso dirti molto, perché ho dovuto firmare un accordo di segretezza e se parlo anche in via confidenziale rischio la corte marziale”.
“Ma di me puoi fidarti lo sai”.
“Sì, certo ma taccio anche per il tuo bene e la tua incolumità, ti farebbero fuori se venissi a conoscenza di questi segreti militari. Devi cercare di diventare il comandante dell’ammiraglia Harlock, e allora sarà tutto più facile”.
I tenente annuì all’amico, si fidava di lui e non volle forzargli la mano, non sulle navi almeno.
“Tu sei uno di loro vero?” gli chiese poi a sorpresa, quasi a colpo sicuro.

Ni” rispose criptico Tochiro.

Ni? Che significa?”.
“Che certamente do loro fiducia, ma non ho ancora deciso se votarmi alla loro causa, perché non ci sono certezze, ma ho capito che non sono degli stupidi e hanno dei principi molto solidi. Perorano la causa dei profughi terrestri che vogliono tornare qui e sostengono la libertà di potersi insediare in qualsiasi pianeta senza restrizioni politiche di sorta. Sono dei non violenti che manifestano pacificamente rischiando in prima persona, a volte anche la vita. Potrei dichiararmi un simpatizzante ecco!”.

“E chi sarebbe questa persona che conosci?” gli chiese Harlock che si preoccupava di lui. Tochiro era un idealista e a volte si faceva anche trascinare in cose pericolose, voleva vederci chiaro dato che aveva detto di fidarsi ciecamente.
“Una persona…” rimase vago l’amico “Un giorno di questi vi presenterò” tagliò corto troncando la conversazione.

Il Falco capì al volo che Tochiro non voleva sbottonarsi più di tanto su questa sua conoscenza e decise di rispettare il suo desiderio, almeno per il momento, ma si ripromise che avrebbe indagato e preteso di sapere chi fosse questa fantomatica persona che aveva coinvolto Oyama in questa faccenda, perché anche se negava, era chiaro che in qualche modo fosse implicato.

Rimasero a lungo a parlare. Tochiro gli spiegò sommariamente che aveva accettato quell’incarico non solo perché gli aveva permesso di venire a contatto e collaborare con la stupefacente civiltà nibelunga di Yura, ma anche perché non voleva che nessun altro agisse dall’interno per contro della Gaia Saction a quel progetto così delicato e segreto. Se qualcosa fosse andato storto, o ci fossero state delle cose sbagliate, era meglio agire dall’interno. Sarebbe stato più facile che dover combattere dall’esterno. Tuttavia alla fine convenne con l’amico che non ci fosse un pericolo grave e imminente, ma solo sospetti e voci di corridoio, magari si trattava di un subdolo gioco delle parti, poteva darsi che l’organizzazione fosse usata e manovrata per scopi politici. Insomma era tutto da verificare ma si ripromisero che avrebbero entrambi tenuto occhi e orecchie aperte.

L’indomani mattina a sorpresa fu data a tutti loro mezza giornata libera.

Gli altri decisero di fare un giro perlustrativo per la città. Tochiro disse che doveva sbrigare una commissione ed Harlock, invece, decise di tornare a rivedersi le navi. Era stato troppo turbato quel giorno e temeva gli fosse sfuggito qualcosa.

Fu preso in giro da tutti gli altri tre piloti, specialmente da Devasto che gli dette del secchione, ma lui non se ne curò e li salutò andando per la sua strada.
Chiese ed ottenne il permesso da Lee, che si dimostrò entusiasta della dedizione del Falco. Gli disse di avviarsi all’hangar quattro, quello della nave ammiraglia, e che avrebbe provveduto a mandare un addetto alla manutenzione per fargli rifare il giro completo.

Harlock ne approfittò, e benché si fosse fatto dare uno strappo, alla fine si fece lasciare lungo il tragitto, s’incamminò a piedi.

Adorava essere sulla Terra, potersi beare della vista di prati, dei fiori e del cielo. Tutte cose che tante, troppe volte, erano state date per scontate e ora gli apparivano come una sorta di regalo speciale a cui non intendeva rinunciare.

Per una volta tanto non pensò a niente, né si fece domande su nessuno, ma si concesse di godere a pieno della lunga camminata e del tepore che gli regalavano i raggi solari che gli carezzavano la pelle del viso, mentre una lieve brezzolina si divertiva dispettosa a scompigliargli i capelli.

Arrivò all’hangar in circa mezz’ora ed entrò deciso, ma come mise piede dentro sentì una serie di rumori strani. Qualcuno stava facendo qualcosa e lo stava facendo cercando di non fare chiasso. I suoi sensi di soldato si allertarono tutti, poggiò cautelativamente la mano sulla Cosmo Gun che gli pendeva dalla fondina laterale destra, e con passo felpato si avvicinò circospetto alla nave.
Ma come lui aveva sentito loro, anche quelli avevano sentito lui e quindi improvviso calò un silenzio innaturale, che creò un’atmosfera simile a quella del predatore che punta la sua vittima aspettando il momento buono per attaccare.
Harlock istintivamente si fermò e si nascose dietro dei bidoni accatastati lì vicino, trattenendo il fiato. Non sapeva chi ci fosse lì dentro, né che stesse facendo e lui, sebbene fosse armato, era solo, doveva essere prudente. Una cosa era certa: erano intrusi e non amici altrimenti si sarebbero palesati.

“Shhhh! E’ entrato qualcuno!”.

Sentì bisbigliare pianissimo.

Erano inconsapevolmente molto vicini.
“Non è detto. Magari era un gatto, non si sente più nessun rumore…” rispose sottovoce una presenza femminile.
“Muoviamoci, forza!” aggiunse poi perentoria sempre la voce di donna.

Harlock distinse chiaramente un rumore di sfiato simile a quello che fanno le bombolette spray quando vengono usate.

Con la massima cautela uscì dal suo nascondiglio e si avvicinò ancora di più alla nave. Fu in quel momento che dalla parte opposta, armati proprio di bombolette spray, gli apparvero in quattro. Avevano dei fazzoletti sulla bocca che gli coprivano il viso fino sotto gli occhi, ma questo non gli impedì di riconoscere subito tra loro quei famigerati occhi blu.

Stavano imbrattando la nave con vernice spray rossa scrivendo frasi di protesta contro l’esercito ed il governo.
“Fermi! E’ armato!” disse subito la ragazza alzando le mani.

“Non vorrai sparare su civili disarmati vero?” gli disse avanzando quasi spavalda verso di lui, che prima di imbattersi in loro aveva cautelativamente estratto dalla fondina la sua Cosmo Gun.

Harlock era confuso. Era stato decisamente preso in contro piede. Non si sarebbe certo aspettato di ritrovare lei nell’hangar. Abbassò subito l’arma, non voleva fare del male a nessuno.

In un attimo la ragazza gli fu davanti e a sorpresa gli spruzzò addosso e in faccia tutta la restante vernice della bomboletta sopraffacendolo e costringendolo a ripararsi gli occhi con le braccia, abbassandosi e ripiegandosi su se stesso.

“Presto scappate!” urlò agli altri, quindi fece per girarsi e correre via, ma lui, che non era esattamente uno sprovveduto, fu più veloce, l’acchiappò per un braccio e la bloccò. Per fortuna aveva istintivamente chiuso gli occhi, o con quello spray avrebbe davvero potuto fargli del male.

“Lasciami!” gli disse lei divincolandosi e sferrandogli un calcio in uno stinco, ma lui non mollò la presa.

“Hai finito?” gli chiese piuttosto incupito. Il calcio era stato molto doloroso ma era il suo amor proprio che aveva subito il colpo più forte. Farsi fregare così non era stato molto dignitoso per un militare della sua caratura.
Per metterla in difficoltà gli tirò via il fazzoletto dal viso.

“Contento ora?” lo sfidò lei guardandolo con disprezzo.
I suoi occhi blu lanciavano cupi strali di rabbia.

“Lo sarò quando ti avrò consegnata a chi di dovere. Avete commesso un reato abbastanza grave” le rispose burbero e accigliato.
Accidenti a lei era anche più bella di come se la ricordava, solo che pareva un gatto selvatico e scalciava come un mulo, oltre che essere pericolosa, dato che aveva tentato di accecarlo.
“Che bravo che sei, rifartela con una donna indifesa!” gli disse strattonando per cercare di liberarsi dalla sua presa d’acciaio.

Harlock la fulminò con un’occhiataccia “Buona questa! Se tu sei indifesa io sono un coleottero” la schernì trascinandola con sé per il braccio.
Era arrabbiato, ma più per la figuraccia che aveva fatto con lei, non dimostrandosi di essere all’altezza di tenerle testa, che per altro. S’era fatto fregare come un novellino e gli bruciava da morire.
Ad un certo punto fu distratto perché sentì gracchiare una radiolina. Si fermò interdetto, nessuno usava più certi metodi preistorici di comunicazione.
Crrrr… Red Rose Crrrrr, mi senti? Devi uscire da lì, subito… Crrr… convoglio di soldati in avvicinamento… Crrrr… se ti prendono questa volta per te finisce male, lo sai… Crrr… vero?”

Era la radio della ragazza, una specie di walkie talkie e qualcuno la stava mettendo in guardia. Harlock si fermò di colpo e la guardò dritta negli occhi. In quegli spicchi di cielo lesse un lampo di vera preoccupazione e forse anche un po’ di paura, ma soprattutto tanta fiera dignità. Infatti lei non parlò. Non pregò. Non emise un suono. Il Falco di rimando lasciò immediatamente la presa.
Non seppe neppure lui perché ma l’istinto gli disse con prepotenza che doveva proteggerla dai suoi stessi commilitoni.

La ragazza, oltre che a quei due occhi incredibilmente blu ed espressivi, aveva anche una bellissima bocca carnosa che schiuse incredula, lo guardò confusa, non capendo perché l’avesse liberata di colpo. Anche lui senza sillabare, senza neppure muovere un muscolo del viso, serio ed impenetrabile.
La bionda rimase immobile ad osservare il suo sguardo ambrato e cupo, che però dovette riconoscere essere limpido e leale.

Nel frattempo fecero irruzione i soldati di cui parlava il tizio alla radiolina.

“Presto devono essere ancora qui! Se è necessario sparate a vista!” sentirono dire.

Harlock le fece un gesto perentorio con la testa incitandola, senza aprir bocca, ad andarsene subito via da lì.

Lei lo guardò ancora un attimo, incatenandolo ai suoi grandi occhi blu e poi con una velocità incredibile scappò via, imboccando come un fulmine l’uscita secondaria.

Harlock la seguì con lo sguardo non senza apprensione. Il suo sesto senso gli aveva fatto capire che era davvero in pericolo, sperò di cuore che nessuno la fermasse. Lui al momento non poteva fare di più.

Un attimo prima che se ne andasse nei suoi occhi questa volta aveva letto qualcosa, come una luce che somigliava molto alla gratitudine, mista a genuino stupore.
“Tenente! Dov’è lei?” si sentì dire Harlock, che fu repentinamente distolto dalle sue congetture.
“Mi dispiace” mormorò. Poi lentamente si girò e mostrò la faccia più contrita che poteva mimare “Mi ha fregato! Quella tipa sembrava spaventata e l’avevo in pugno, ma mi ha spruzzato di vernice e mi è sgusciata via da sotto le mani!”.

“Maledizione!” tuonò l’ufficiale di fanteria contrariato e poi aggiunse “Quei teppistelli impuniti! Guardate come hanno ridotto la nave! E tu? Lo vedi come ti hanno conciato? Quella ti ha rovinato tutta la divisa, vai a ricomporti, sei indecente!” gli tuonò contro, e poi borbottò tra i denti “Razza di smidollato farsi fregare così da una troietta qualsiasi”.
Harlock fintamente contrito chinò la testa anche per celare le sue vere emozioni “Vado subito a pulirmi” disse, ma non si abbassò a fargli nessun tipo di saluto. Era un suo pari e come tale non era obbligato a mostrargli deferenza, aveva udito quell’ultima frase e gli era venuta una gran voglia di spaccargli la faccia, ma ovviamente si dovette contenere e ingoiare il rospo.
Quindi uscì e, completamente ricoperto di vernice rossa, si diresse ai suoi alloggi a farsi una doccia.




Glossario:

1 GEA FREE: Ho immaginato che esistesse questa organizzazione, il cui nome è una mia personale invenzione (terra libera) molto simile alla reale Green Peace, ma ovviamente con delle differenze sostanziali che scoprirete nel corso della lettura. :)



Ciriciao! ^_^

GRAZIE Tantisimissimo a TUTTI i lettori silenzi e recensenti siete così tanti che neppure ci credo *.*
Grazie tanto a chi continua a mettere tra i preferiti, seguiti e ricordati questa ficcia!

La vostra attenzione è un regalo meraviglioso!

Questo Capitolo è dedicato a Bebe

Grazie ad Azumina la mia sartina! :*

Grazie anche a tutte le persone che molto carinamente nell’ultima settimana mi hanno smessagiato,

mandato mail contattata su FB etc… etc… loro tutte sanno il perché e io voglio che, tutte sappiano che ho molto

apprezzato le ringrazio di cuore

Curiosità: Dato che è risultato (ovviamente DOPO il Capitano) il più amato degli Space Cowboys:

Devasto, ringrazia! :D (Joseph si presta TROPPO bene a sto ruolo :P )


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Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi!
Alla prossima volta! =D

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Capitolo 5
*** TEST A SORPRESA ***


-4-

TEST A SORPRESA

Era accaduto che la faccenda della vernice fosse trapelata, diventando di pubblico dominio, poiché purtroppo non era stato facile per Harlock levarsela dai capelli e così per qualche giorno era dovuto andare in giro con un bell’alone rossastro su una parte della chioma. La sua divisa invece, si era irrimediabilmente rovinata e aveva dovuto procurarsene una nuova di zecca allo spaccio, oltretutto dovendola ripagare di tasca propria.
Lee, che non aveva assolutamente gradito che si fosse fatto fregare così facilmente, gli aveva fatto una bella lavata di testa e di conseguenza era stato preso in giro dagli altri tre piloti che lo canzonavano di continuo.

“Toh! Ė arrivato Falco Rosso!” lo apostrofò Devasto non appena oltrepassò la porta dell’aula dove di solito facevano i test, che veniva usata anche come punto di ritrovo per l’inizio delle mansioni giornaliere.
Harlock dette un’occhiata di sbieco al commilitone, poi abbozzò una specie di sorriso. Era impossibile arrabbiarsi con Joe: era un tale casinaro e le sue prese di giro alla fine erano sempre divertenti e mai cattive. Era fatto così, avrebbe rotto l’anima anche alla sua ombra se avesse potuto.

“Si vocifera che l’attivista che ti ha ridotto come un pomodoro, fosse una femmina… hai forse perso il tuo tocco magico? Ella non si lasciò cadere tra le tue braccia come la solita pera matura di turno?” lo punzecchiò ancora Devasto, con fare teatrale e riverenza di rito, fare inchini era un’altra delle sue folli peculiarità.
“Ebbene sì! Ella mi fregò! Capita anche ai migliori mio caro, devo ammetterlo” rispose solenne Harlock, stando al gioco. Pensò che era meglio dargli soddisfazione e fare in modo che quell’episodio increscioso finisse nel dimenticatoio. Non era affatto fiero della figura che stava facendo, era parecchio irritato con occhi blu che a dispetto di tutto, era sempre più presente nei suoi pensieri. Si era come ritagliata un angolino tutto suo, nel quale si era stabilita e non se ne voleva più andare. Lei, la sua pelle diafana, i suoi capelli lucenti, le sue labbra piene e quegli occhi che rivelavano, a chi sapeva leggervi dentro, un’anima pura, ma anche battagliera. Quei due fari cobalto che l’ultima volta che li aveva incrociati per esortarla alla fuga, avevano saputo accendersi di stupore. Da quando non vedeva più quel sentimento riflesso nello sguardo di una donna, o di una ragazza? Erano quasi sempre così spigliate, sfacciate e disponibili. Rendevano tutto troppo facile, insipido, privo di quella magia e sottile mistero che rendeva tutto speciale, mettendo addosso quell’ansia unita a quella specie di smania, che portava a desiderare di cercare anche solo uno sguardo, o un sorriso, per essere appagato e sentirsi leggero. Già, ma lui come mai stava facendo questo genere di riflessioni? Perché si concedeva di darle spazio, di indugiare nel ricordo di quei sui magnifici occhi, così che lei poi potesse prendersi tutta la sua mente e rapirlo? Che diamine gli stava accadendo?
“Oh, ci sei? Sei connesso? Pronto?”.
“Che c’è, che vuoi?” chiese Harlock a Devasto come risvegliatosi bruscamente dai suoi pensieri. Era indispettito da tutte queste scoperte che stava facendo. Non gli piaceva avere la testa altrove, doveva concentrarsi su ciò che doveva fare, la sua priorità era diventare il comandante dell’ammiraglia, Tochiro era stato chiaro. Quindi non poteva perdersi dietro niente e nessuno, ma se la sua mente per caso la metteva a fuoco, di colpo lui si estraniava e ciò non andava affatto bene.

“Sembravi quasi in catalessi” commentò distrattamente il Freddo. A lui non importava molto delle figuracce di Harlock, non dava peso a queste cose, sapeva che tipo di soldato e che pilota straordinario fosse, tutto il resto non lo toccava, né lo interessava.

“In effetti ti facevo più tosto Falco! Farsi gabbare così da una femmina…” s’intromise Vipera che non si lasciava mai sfuggire l’occasione di punzecchiarlo, né di sminuirlo. Era in competizione con lui e ogni mezzo che gli capitava a disposizione per metterlo in difficoltà, lui lo usava senza remore. Mors tua vita mea era il suo motto.
Harlock lo fissò severo dritto negli occhi “Dimmi, tu che avresti fatto?” Le avresti forse sparato? L’avresti colpita con un pugno? Infondo stava solo imbrattando un prototipo, non stava attentando alla vita di nessuno. Non amo la violenza e mi piace risolvere le cose a parole quando è possibile, soprattutto non è mia abitudine sopraffare fisicamente una donna. Mi ha fregato, lo ammetto, ma solo perché non avrei mai pensato che mi spruzzasse con la bomboletta” gli disse gelido, ma sincero. Cominciava ad essere stufo di tutta la faccenda, già lui stesso non era fiero della figuraccia che aveva fatto, ma era pur vero che sarebbe potuto capitare a chiunque. La ragazza era stata fulminea e molto astuta; sotto, sotto, anche se gli doleva non poco ammetterlo, l’ammirava. La bionda aveva avuto fegato, prontezza e spirito d’iniziativa, avrebbe potuto essere un buon soldato. Ovviamente nessuno lo sapeva, ma lui l’aveva catturata e l’avrebbe anche consegnata se non avesse istintivamente deciso di salvarla, per questo sopportava stoicamente tutte le prese di giro ironiche, o sarcastiche che fossero, perché era stata una sua decisione lasciarla andare.

Fu in quel momento che arrivò Tochiro tutto eccitato.

“Ragazzi oggi farete la prima simulazione di guida e c’è una bella sorpresa, sono appena atterrate le nibelunghe! Farete anche la loro conoscenza!” comunicò ai quattro tutto giulivo.
Harlock sapeva quanto Tochiro fosse affascinato da quelle aliene e dalla loro razza, che riteneva assai più evoluta e completa di quella umana.
Ne parlava molto con lui, per questo sapeva anche che stava facendo degli studi in collaborazione con ingegneri genetici e antropologi: poiché si stavano praticamente estinguendo lui coltivava il sogno inconfessabile di salvare il loro retaggio e ripopolare Yura, il loro pianeta di provenienza, che verteva in condizioni peggiori della stessa Terra.

Oyama era un idealista ed un uomo caparbio, oltre che un gradissimo sognatore ed un genio indiscusso. Vedeva sempre il lato buono delle cose e difficilmente si dava per vinto. Era forte, ma in modo differente da Harlock. La sua forza era un sentimento alimentato dalla speranza e dall’ottimismo incrollabile che lo caratterizzava. Non per questo era un ingenuo sprovveduto, o uno sciocco, era piuttosto uno che difficilmente si arrendeva e lo faceva solo davanti all’evidenza dell’impossibilità effettiva, mai prima. Per questo si adoperava con tutti i mezzi per raggiungere i suoi scopi, sempre molto nobili e per il bene comune.

Tutto ciò alimentava l’ammirazione incondizionata di Harlock per quello che era il suo più caro amico, era anche il motivo che lo portava sempre ad ascoltarlo e a far tesoro dei suoi consigli.

“Aliene? Uhmm… interessante!” fece Devasto accarezzandosi la barba, con uno sguardo furbetto che era tutto un programma.
Tochiro scosse la testa e poi invitò gli altri a seguirlo negli hangar.

Una volta sul posto, scoprirono con soddisfazione che quel giorno avrebbero cominciato il primo test di guida sull’ammiraglia e naturalmente si sarebbero dovuti cimentare, alternandosi con la navigazione manuale tramite il timone.
Era un test preliminare a sorpresa. Lee sapeva che erano quattro ottimi piloti ma quello che gli interessava maggiormente era vedere il loro istinto in quel particolare modo di manovrare la nave, in seguito avrebbe fatto far loro la vera e propria scuola guida, ma prima di allora voleva capire chi tra loro avesse il maggior feeling naturale con la ruota.


I piloti erano curiosi e qualcuno di loro anche un po’ perplesso. Sapevano che c’era il timone perché l’avevano precedentemente visto, ma avevano creduto che fosse uno strumento di comporto, forse più un vezzo, che facesse pendant con il cassero di poppa, volutamente costruito identico a quello di un antico galeone che conferiva alla nave un’aura elegante. La rendeva fascinosa ed evocativa, simile in parte alle antiche navi che solcavano i mari terrestri, su cui valorosi Ammiragli avevano difeso e conquistato nuove terre. Un particolare che Harlock amava svisceratamente perché era un cultore di vecchie navi marine.
Oyama, che aveva costruito quella nave pensando proprio al suo amico, aveva convinto il Plenipotenziario ad approvare questa bizzarra modifica alla nave. L’ingegnere gliela aveva presentata in modo rassicurante, come se conferisse alla corazzata una sorta d’aria da ambasciatrice di echi lontani che rimandavano alla difesa, all’esplorazione, piuttosto che alla becera offesa.

Fu Tochiro che, prima di iniziare i test, spiegò loro un po’ di cose.
“Il timone non è un capriccio che mi è passato per la testa” disse subito, quasi leggendo nei loro pensieri “Questa è l’ammiraglia ed ha delle caratteristiche particolari. Ė una nave speciale che non può e non deve essere sopraffatta dal nemico, così ha questa opzione in più cioè la guida manuale: le permette virate brusche ed improvvise che le consentono di essere più agile in battaglia. La nave stessa può all’occorrenza, essere utilizzata come arma di offesa ravvicinata, tramite speronamento. Inoltre la presenza del timone fa sì che possa essere pilotata da un qualunque membro dell’equipaggio in caso di inefficienza, malore, morte, o ferimento del Capitano”.

“Se è così facile guidarla, perché fare i test?” chiese subito il Freddo scettico.

“Ottima domanda” rispose Tochiro “In realtà è molto facile farlo manualmente nella modalità In-skip, ma non lo è affatto se il comandante, o chi per lui, deve farla muovere nello Spazio, navigando e virando, soprattutto durante una battaglia, o un attacco”.
Prese fiato e parlò ancora “
Ė un bestione di diverse tonnellate, è oltremodo difficoltoso, ma anche molto faticoso, riuscire a manovrarla a mano”.

In seguito rispose alle domande tecniche che ognuno di loro gli pose, dopo di che ebbe finalmente inizio il test.

Il primo ad effettuarlo fu Devasto, a cui Tochiro ammise di essersi ispirato, nel volere il timone a bordo affinché si potesse appunto usare la nave per speronare il nemico. Era stato lui con la sua mania di schiantarsi contro gli avversari, quando non riusciva a bloccarli in altro modo, a dargli quell’idea.

Gli altri tre piloti vennero fatti uscire, nessuno di loro doveva avere vantaggi di sorta.

Una volta che uno di loro aveva terminato il test, veniva fatto accomodare in una stanza attigua, ma non nella stessa in cui si trovavano gli altri che dovevano ancora effettuarlo.

Harlock entrò per ultimo.

Il simulatore 3D era già attivato e la postazione di Plancia era circondata a semi cerchio da enormi schermi ultrapiatti: riproducevano fedelmente lo Spazio e varie formazioni di attacco nemiche, pronte per essere azionate da Lee che faceva da contraltare.
Il Falco si avvicinò alla ruota. A differenza degli altri tre prese ad osservarla attentamente. Poi con la punta della dita toccò timone. Sembrò quasi che volesse carezzarlo. Quindi afferrò una caviglia e si rese conto che pareva bloccato, come fissato a terra.
Sospirò ed azionò la modalità di navigazione semplice, quindi provò a manovrarlo. La cosa sembrava più facile del previsto; almeno procedendo in avanti, la ruota, nelle sue mani pareva abbastanza fluida e docile.
Lee lo lasciò fare per un po' poi, a sorpresa, azionò una delle opzioni di disturbo a sua disposizione. Dagli schermi 3D pareva che una nave, sbucata dal nulla, stesse per andargli addosso frontalmente. Harlock, preso alla sprovvista, cercò di girare il timone, facendo leva sulle caviglie più in alto, in modo da poter far virare, seppur minimamente la nave, ma si rese conto che quello era durissimo, bloccato, si rese conto che così a freddo non ce l’avrebbe mai fatta. Infatti di lì a poco, il simulatore fece tremare e sobbalzare tutto il prototipo, proprio come se fosse andato in collisione con la nave in 3D e lui perse quasi l’equilibrio, finendo malamente addosso alla ruota. Nel frattempo, sugli schermi, che riproducevano l’impatto, fu fedelmente raffigurato un fitto fiorire di detriti che sembrarono proprio danzare mollemente nello Spazio. Pareva tutto maledettamente reale. Si dette mentalmente dello sciocco. Non era una navicella di poco conto che si poteva pilotare con superficialità. Era una nave titanica, enorme e pesante, non poteva certo guidarla dando una giratina lieve al timone.
“Voglio riprovare” disse subito molto serio Harlock, guardando verso la consolle dei comandi del simulatore, con la fronte aggrottata

“Sì certo. La prima volta tutti hanno fallito è normale, perché non puoi sapere quanto sia ostica la ruota, lo capisci solo quando l’hai tra le mani. Stai in guardia, la minaccia ovviamente non arriverà dalla stessa parte” gli disse Lee. “Rimetti la modalità navigazione semplice e ricomincia da capo, sarò io, quando non te l’aspetti, a far sbucare un’altra nave” comunicò infine.

Harlock fece un cenno di assenso con la testa.
Si concentrò sgombrando la mente, cercando di porre tutta la sua attenzione alla ruota, alla nave e a come poteva fare per dominarla. Di nuovo toccò le caviglie del timone. Inclinò la testa e chiuse gli occhi, come per mettersi in ascolto. Passò il palmo della mano su di loro sfiorandole e questa volta a Tochiro parve quasi che stesse come accarezzando i fianchi di una donna. Come se volesse sentirla, quasi che la nave fosse una creatura viva. Harlock si prese il suo tempo e si concentrò ancora più intensamente. Era serio ed incupito, quasi severo nello sguardo, quindi afferrò saldamente e con più decisione la ruota, e restò ancora in ascolto della nave, poi puntò i piedi e si protrasse appena in avanti, quasi come se stesse attirando a sé con possesso una compagna immaginaria, con cui fosse scoppiata improvvisa la passione. Tochiro era affascinato; azionò nuovamente i comandi e fece ripartire il simulatore.
Harlock era molto concentrato, tanto che il suo sguardo era ancora più accigliato ed austero di prima. Aveva le gambe appena divaricate e con naturalezza assecondava impercettibilmente con il corpo i lievi movimenti della ruota, che teneva sempre salda, con una certa eleganza e sicura padronanza. Questa volta sembrava essere in sincrono con la nave.
D’improvviso dalla parte laterale destra, sbucò nuovamente un’astronave che minacciosa si stava avvicinando a gran velocità per entrare in collisione con il fianco del prototipo. La simulazione era come sempre più che realistica.

Harlock questa volta fu davvero fulmineo. Si piegò con agile eleganza sulle gambe e si sporse in avanti, poi afferrò la caviglia più in basso della ruota e, facendo leva su di essa, dette una spinta vigorosa al timone e sterzò fino in fondo, tenendola poi bloccata con tutta la forza che aveva in corpo, il suo viso era contratto in una smorfia per la caparbietà dello sforzo. Con questa mossa rapida e decisa, la nave restò ferma a prua, mentre la poppa fece una mezza virata, così da allargarsi a ventaglio e far passare l’astronave che arrivava in velocità; lasciò poi andare di botto il timone, cosicché quello girò velocissimo, facendo compiere al prototipo ancora un’altra rapida mezza virata. Quindi lo riafferrò saldamente, a metà della ruota, per le caviglie; lo bloccò di nuovo e rimise la nave in linea retta. Così facendo si ritrovò in perfetto asse, dietro la nave che aveva fatto apparire il sergente.

Era di nuovo in piedi, dritto, imponente e maestoso; decisamente in posizione di vantaggio.

Lee rimase stupito, si rese conto che se fosse stato realmente nello Spazio e quella fosse stata una minaccia, da quella posizione avrebbe potuto tranquillamente far fuoco ed abbatterla senza alcun problema.

“Porca vacca!” esclamò sinceramente ammirato.

Anche Tochiro era rimasto rapito dai movimenti eleganti e calibrati del suo amico. Sembrava quasi che avesse danzato con la ruota del timone, proprio come avrebbe potuto fare con una donna durante un ipotetico passo a due. Lui e la nave: la dama ed il suo cavaliere. Era strabiliante come solo al secondo tentativo avesse domato quella corazzata, rendendola arrendevole ed ubbidente al suo tocco. Vederglielo fare era stato affascinate ed allo stesso tempo esaltante. Oyama non aveva mai avuto dubbi su chi dovesse essere il Capitano di quella nave speciale e come sempre i fatti gli stavano dando ragione, Harlock era stato l’unico tra tutti che aveva piegato la nave al suo volere, rendendola sottomessa e docile ai suoi comandi.

A dire il vero anche Lee aveva sempre pensato a lui come comandante dell’ammiraglia e quel giorno il Falco aveva messo una bella ipoteca su quell’incarico, sorpassando di una spanna Vipera, il suo più diretto concorrente al ruolo.

Naturalmente a lui non dissero niente, neppure si complimentarono, e si spostarono subito dove si trovavano gli altri.
Una volta riunitisi, tutti insieme andarono a fare la conoscenza delle nibelunghe: ospiti nella riproduzione della sala del Computer Centrale.

Le aliene erano quattro, Tochiro comunicò ai piloti i loro nomi: La Mine, Meeme, Met e Clio
*1.
Gli uomini presero ad osservarle e notarono che avevano un aspetto vagamente umanoide. Il loro corpo, sebbene con proporzioni decisamente alterate rispetto a quello di una femmina di razza umana, era abbastanza simile a quello di una donna. Il busto però risultava essere più lungo, molto esile e con il punto vita insolitamente strettissimo. Avevano gambe molto lunghe, cosce piuttosto tornite e braccia che risultavano sproporzionate rispetto al tronco, con mani eccessivamente grandi, se rapportate a quelle della razza umana. La testa era leggermente oblunga, mentre il viso era piccolo e delicato nei lineamenti, molto piacevole. Gli occhi erano decisamente più grandi rispetto a naso e bocca, ricordavano vagamente quelli di un rettile, anche per via delle pupille dalla forma allungata in senso verticale e delle doppie palpebre che le quattro aliene sbattevano, chiudendole e riaprendole piuttosto spesso. Il loro sguardo sembrava fisso e imperscrutabile. Nell’insieme avevano anche qualcosa di simile ad un felino, forse per via delle orecchie, a punta come quelle di una lince, la bocca ed il naso estremamente piccoli, ma soprattutto per il modo fluido ed elegante di muoversi. Si capiva chiaramente che non fossero umane ma il loro fascino era comunque prepotente, in un certo senso ammaliante ed incuriosì tutti. Erano creature piuttosto silenziose e dai modi gentili, la loro pelle quasi trasparente, costellata di venuzze azzurre, verteva sul color verde, così come i capelli, o quelli che sembravano essere tali, che erano proprio color verde acqua. Apparivano molto più fini ed eterei di quelli umani, danzavano come mossi da un’invisibile brezza perpetua, come se fossero immersi nell’acqua, forse erano eccessivamente elettrostatici. Due di loro li avevano molto lunghi e coreografici, ad una arrivavano addirittura quasi fino ai polpacci, mentre le altre due avevano una specie di caschetto più sbarazzino. Si somigliavano molto ma non erano identiche.
La grande sorpresa di tutti fu scoprire che parlavano perfettamente la loro lingua. Erano dotate di voci melodiose e pacate, sembravano sirene che sapessero come incantare gli interlocutori.
Erano tutti molto affascinati, specialmente Devasto e Vipera, che erano proprio rapiti. Il Freddo come suo solito era distaccato, le trovava interessanti, ma più da un punto di vista scientifico, mentre Harlock era molto curioso di capire che ruolo avrebbero potuto avere all’interno delle navi, sebbene già sapesse che erano macchiniste addette ai famosi motori a dark matter.
Devasto invece le guardava in modo che lasciava ben poco all’immaginazione.
Fu allora che Tochiro gli si avvicinò.
“Toglietelo dalla testa” gli disse sorridendo.
“Perché?”.
“Perché non siamo fisicamente compatibili”.
“Ma se sono come le donne, anzi sono praticamente delle donne, hanno anche le tette!” brontolò contrariato.
Tochiro ridacchiò divertito dell’ingenuità di Joe “Intanto non sono affatto donne, e chiamarle così è antropologicamente sbagliato. Sono piuttosto femmine di un’altra razza. L’appellativo donna lo si può riservare solo ad una femmina della razza umana. Se fossero donne sarebbero umane e non aliene” puntualizzò subito Tochiro, con la precisione puntigliosa tipica dello scienziato.

Devasto fece una smorfia di disappunto, arricciando il labbro superiore.
“E quelle per la cronaca, non sono affatto delle tette. Il fatto che somiglino a ghiandole mammarie non significa che lo siano” sorrise sempre più divertito Oyama, che aveva a lungo studiato quella razza in via d’estinzione.

“E che diamine sono allora?”.
“Sono sempre delle ghiandole, ma di riserva. Per farti meglio capire, sono assai simili in tutto e per tutto alle gobbe del dromedario. Le Yurane hanno un sistema linfatico decisamente diverso dal nostro, un DNA completamente differente ed una struttura fisica simile, ma non uguale a noi. Per esempio si nutrono solo di alcool. Hanno il cuore nel basso ventre
*2 e i polmoni appena sotto quelle che tu credi essere mammelle, che invece sono ghiandole scorta, in cui si deposita parte dell’acool che ingeriscono e che viene via via rilasciato a piccole dosi per mantenere attivo il loro sistema linfatico che necessita di nutrimento continuo e costante, come fosse appunto linfa” poi sorrise e aggiunse “E mi dispiace per te, ma non hanno organi sessuali esterni compatibili con i nostri. Quindi accoppiarti con loro sarebbe fisicamente impossibile!” gli confessò, facendo cadere ogni sua fantasia più sfrenata nel più profondo oblio.
Devasto rimase malissimo, le cose strane e fuori dal comune lo avevano sempre attratto, avere un interludio con un’aliena era il suo grande sogno erotico proibito, ma questa volta gli era andata male, c’era ben poco da fare se non rassegnarsi all’evidenza. Eppure ci aveva sperato, ma Tochiro gli aveva appena fatto capire che l’apparenza inganna e che similari non significa uguali, né tanto meno compatibili.

Oyama aveva studiato a fondo quella razza aliena perché tentava disperatamente di isolare il loro DNA e ricreare in laboratorio un maschio per poter impedire che si estinguessero. Rischio ormai certo, dato che quelle erano le uniche quattro rimaste di tutta la razza e che non potevano accoppiarsi con nessuna specie umana ed aliena sino ad allora conosciuta, perché incompatibili fisicamente. Forse sarebbe stato possibile ibridare un umano e una Yurana in laboratorio*3, ma le differenze genetiche tra le due razze erano enormi, c’era il rischio quasi certo che non sarebbe sopravvissuto. Ovviamente come suo solito non si dava per vinto e le stava tentando tutte. *4

Alla fine anche gli altri avevano ascoltato con curiosità le spiegazioni di Tochiro, che erano state comunque interessanti. Le aliene invece erano rimaste silenziose ed impassibili, come se non fossero coinvolte da questo genere di discorsi, come se la cosa non le toccasse minimamente.
La loro intelligenza spiccatamente superiore le rendeva molto distanti e forse, ad un esame superficiale, anche algide, ma in realtà erano solo ad un livello più alto di sensibilità. Sebbene fossero emotivamente toccate dalla dolorosa questione dell’estinzione, sapevano controllare il loro sentire interiore, non lasciando trapelare nulla dei loro pensieri e delle loro emozioni. La loro capacità intellettiva, che esse sfruttavano al settanta per cento in più rispetto agli umani, le rendeva empaticamente diverse e controllate.

Tra tutti i piloti, Harlock fu l’unico che si parò davanti a loro a braccia conserte e che andò oltre il loro aspetto fisico che non lo interessava minimamente. Le fissò, cercando di sondare in quei loro grandi e strani occhi dalle doppie palpebre; voleva un punto di contatto, voleva carpire qualcosa da quelle creature così silenziose e soavi che però avevano un retaggio immenso, da cui era certo che avrebbe potuto imparare un sacco di cose utili per essere un buon Comandante.
Tutte e quattro le aliene gli sorrisero gentilmente, e lo osservarono a loro volta, si era subito creata tra loro una connessione mentale. Il Falco aveva riconosciuto la potenza delle loro menti superiori, mentre loro nella mente di quell’umano così riflessivo e indagatore, avevano percepito chiaramente qualcosa di particolare e di diverso dalla media della sua razza, che le aveva incuriosite.
Era l’unico di quella specie inferiore, oltre a Oyama, ad aver destato in loro un interesse di tipo mentale.



Note esplicative:

Nella mia fanfic, ma anche nella mia testa, Meeme le sue compagne sono aliene al 100% per questo per me sono geneticamente e sessualmente incompatibili con la razza umana, poiché sono totalmente differenti, seppur apparentemente similari. La cosa è per me abbastanza plausibile dato che parliamo di alieni in via d’estinzione, se potessero riprodursi, non si estinguerebbero. Nessuno mi vieta di immaginare ciò che ho descritto dato che nel film non viene spiegato niente in proposito di questa razza aliena né tanto meno sulla sua sessualità, ma a dire il vero neppure nell’anime si spiega nulla, salvo il fatto che è appunto in via di estinzione e che si nutre di alcool. Quindi la mente e la fantasia può spaziare come e dove vuole, ovviamente ognuno è libero di farsi la sua idea: questa è la mia :)
Consiglio di buttare un occhio all’angolo thè, caffè e pasticcini per guardare una bella sceen caps delle 4 aliene e un bel primo piano di Meeme.

Glossario:

1 LA MINE, MEEME, MET E CLIO: Per un mio vezzo personale ho voluto chiamare le 4 nibelunghe con tutti i nomi dati nelle serie, anime e film a Meeme. Clio è il nome usato dai nostri cuginastri francesi che hanno così ribattezzato l’aliena.

2
CUORE NEL BASSO VENTRE: Idea ripresa e rielaborata da i vulcaniani di Star Trek che hanno il cuore al posto del fegato.

3 IBRIDARE IN LABORATORIO UMANI E ALIENI : velato riferimento a Star Trek in cui ciò è stato fatto per dare la vita al Signor Spook alieno ibridato con umano tramite fecondazione avvenuta in laboratorio. Ho pensato a questa cosa perché la logica mi fa supporre che Meeme, ma anche la Met dell’anime non sarebbe stata l’ultima della sua specie se avesse potuto accoppiarsi con una razza diversa, avrebbe proseguito la sua discendenza, sebbene incrociata con un’altra razza. Poi ognuno la pensa come e meglio crede, questo il mio di pensiero! :)
[fonte trekkiana: http://it.memory-alpha.org/wiki/Pagina_principale]
-Long life and prosperity!- (tanto per restare in tema Trekkiano!)

Ciao Mondo! =D

Questo Capitolo è dedicato a Lovespace e a Lady Five

Grazie alla mia Azubeta(detta anche Azumina la sartina)



Devasto Ringrazia e vi invita a fare un giro sulla sua corazzata a vedere la sua
c collezione di tappini di birra!!! xD


––––••••.••••––––

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

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Capitolo 6
*** UN INVITO INASPETTATO ***


-5-

UN INVITO INASPETTATO


Lee aveva convocato Harlock e gli aveva comunicato che il generale Ishida, da pochi giorni rientrato dal quartier generale della Gaia Fleet, aveva espresso il desiderio di invitarlo a cena, a casa sua, per parlare con lui di una faccenda in via del tutto confidenziale.

Quell’invito era arrivato inaspettato, proprio come un fulmine a ciel sereno, e il Falco aveva drizzato le antenne. Che novità era mai quella? Che bolliva in pentola?
Conosceva Ishida di vista, più che altro di fama, ma non aveva mai avuto con lui contatti diretti, quindi gli sembrò oltremodo strano che lo invitasse addirittura a casa sua per parlargli. Decise però di non commentare e si rese disponibile ad accettare l’invito.
“Bene, andrai da lui sabato sera, non allarmarti, credo solo che voglia qualcosa che ha a che fare con la tua qualifica di pilota. Questo è il suo indirizzo, ti aspetta per le diciannove. Mi raccomando, non farmi fare brutte figure, è un mio diretto superiore, sii puntale e senti che ha da dirti, se fosse qualcosa che non ti piace, o non ti torna, non metterti in contrasto con lui, piuttosto prendi tempo e vieni subito a parlarne con me, è chiaro?”.

“Signorsì!” rispose Harlock tranquillo. Sapeva come comportarsi e non c’era alcun bisogno che Lee si preoccupasse così, ma poteva capire le sue ragioni e lo rassicurò.

Quella sera stessa, finito l’addestramento, al bar dello spaccio, lui e Tochiro stavano bevendo una pinta di birra e chiacchierando in santa pace, quando furono raggiunti dal resto della cricca. Gli altri tre tenenti si sedettero con loro e ordinarono anche loro una pinta a testa. Oyama parve leggermente contrariato da quell’improvvisata. Il suo amico notò subito quel suo impercettibile cambio d’umore e se ne domandò il motivo. Non era da Tochiro essere insofferente alla compagnia, inoltre non stavano facendo niente di particolare, né stavano parlando di cose private, chissà che cosa lo aveva turbato, restava il fatto che il suo amico ultimamente era sempre un po’ troppo strano.
Ancora non aveva avuto occasione di raccontargli del suo invito a cena di Ishida, stava per farlo, ma erano sopraggiunti gli altri tre e aveva desistito. Sicuramente l’avrebbero presa ed interpretata male, magari addirittura come un possibile vantaggio e lui non voleva creare inutili malumori. Era convinto, sebbene non sapesse lontanamente di che si trattasse, che fosse una questione che non riguardasse il progetto Space Cowboys, ma come avrebbe potuto spiegarlo agli altri convincendoli?
Meglio tacere.
“Allora, che si dice gente?” chiese Vipera, prima di bere una generosa sorsata dalla sua pinta.
“Nulla di che” gli fece eco Tochiro “Bevevamo…”.

“Già” annuì criptico Harlock.

“C’è un tale mortorio in giro…” commentò sbuffando Devasto. A lui la calma dava sui nervi.

Il Freddo non sillabò.
Fu in quel momento che si palesò dentro il bar quell’ufficiale che aveva sorpreso Harlock nell’hangar appena occhi blu era scappata.
“Guarda, guarda, chi si rivede” disse, non appena inquadrò il Falco.

“Quel frescone che si è fatto fregare dalla troietta!” disse platealmente a voce alta con aria di scherno.

Harlock, poggiò con calma il suo boccale di birra sul tavolo, alzò la testa e lo fulminò con un’occhiata tagliente come una rasoiata.
“Finiscila” gli sibilò gelido, quasi sotto voce.

Non gradiva quel modo di parlare e soprattutto non gli piaceva che apostrofasse lei con quella brutta parola.

“Perché non è forse vero che sei un frescone?” lo punzecchiò quello, credendo che fosse irato per quell’appellativo rivolto a lui.
“Di me puoi dire ciò che più ti aggrada, quello che pensi nei miei riguardi non mi tocca, ma devi smettere di usare quella parola nei confronti di una ragazza che nemmeno conosci” spiegò serio e calmo Occhio di Falco, che era uno che non cercava guai, ma se gli davano fastidio, o peggio, mancavano di rispetto a qualcuno più debole ed indifeso, non si tirava certo indietro.

Nel bar intanto era calato un silenzio tombale.

“Ah intendi dire la troietta spruzzavernice?” esclamò sfidandolo. Era un tipo che evidentemente cercava rogna.

L’aveva appena trovata!
Non fece quasi in tempo a finire la frase che Harlock con un balzo gli fu addosso, gli afferrò con una mano la mascella, stringendola come in una morsa d’acciaio, e lo obbligò dolorosamente a reclinare la testa in dietro, facendogli tenere il collo in tensione in una posa innaturale.

“Dillo ancora una volta e ti assicuro che ti spacco la faccia” gli disse ad un millimetro dal suo naso, con un filo di voce e con una calma omicida che faceva davvero paura.

L’ufficiale, dopo un primo momento di smarrimento si riprese e subito gli assestò un colpo alle costole obbligandolo a mollare la presa. Harlock allora non ci vide più e gli sferrò un pugno in pieno viso; quello barcollò ed indietreggiò perdendo l’equilibrio, ma non cadde. Aveva il labbro spaccato, quindi rabbioso a capo basso, si gettò con foga contro il Falco colpendolo con una testata allo stomaco. Neppure Harlock cadde, anche se a sua volta oscillò indietreggiando leggermente, ma appena riprese l’equilibrio reagì e tra i due iniziò una vera e propria lotta senza esclusione di colpi.
Dopo un primo momento di stupore si alzarono anche gli altri tre compreso Tochiro. Era accaduto tutto troppo in fretta perché potessero intervenire preventivamente, così andarono per cercare di dividerli, ma nel frattempo sopraggiunsero anche gli amici dell’ufficiale. Fu a questo punto che la cosa degenerò sfociando in una rissa colossale in cui tutti se le dettero di santa ragione. Alla fine la meglio l’ebbero gli Space Cowoboys che fecero battere in ritirata gli altri con la coda tra le gambe.
Miracolosamente non ci furono danni a cose e il barista dichiarò serafico che lui non aveva visto, né sentito nulla, insomma non avrebbe fatto la spia.
Una volta che si furono ricomposti, si resero conto, per loro fortuna, che nessuno portava addosso su di sé i segni della scazzottata, altrimenti sarebbero stati per loro guai seri perché le risse non erano tollerate. Solo Harlock aveva un occhio un po’ pesto e Devasto un livido sulla guancia, vicino alla bocca. Così i due si misero d’accordo che avrebbero detto di essersi allenati con troppa foga praticando boxe in palestra. In effetti la scusa poteva reggere in quanto erano soliti anche fare trainer fisico piuttosto pesante, tra cui appunto anche boxare.

Tutti e cinque decisero di ordinare un’altra pinta a testa per festeggiare la vittoria, quando la loro attenzione fu catalizzata dall’arrivo di una splendida ragazza che era appena entrata nel bar. Alta, slanciata, con due lunghissime gambe inguainate in paio di pantaloni di nappa neri, che la fasciavano rivelando delle forme armoniose e perfette. Sopra indossava un giacchetto di pelle rosso bordeaux, stile motociclista, semi aperto da cui spuntava una canottiera che lasciava intravedere le rotondità di un florido seno. Aveva i capelli lunghi fin sotto la vita di un colore molto particolare, simile a quello aranciato del rame. Il suo viso era bellissimo dai tratti delicati e regolari in cui spiccavano due occhi di un verde intenso simile alla giada*1. Si muoveva sicura e sinuosa, si guardò in giro e fissò per un attimo dalla loro parte, quindi si sedette al bancone del bar ed ordinò da bere.

Fu allora, con somma sorpresa, che videro Tochiro alzarsi e andare sicuro a sedersi accanto a lei, che subito lo salutò affettuosamente come se si conoscessero molto bene.
Rimasero tutti e quattro, Harlock compreso, a bocca aperta come se fossero stati delle carpe fuor d’acqua boccheggianti.

Tochiro parlò un po’ con lei, poi la tipa si alzò, si congedò ed uscì dal bar rivelando un posteriore degno del resto della sua splendida figura.
I quattro erano ancora talmente allibiti che guardavano increduli e sempre con le bocche semi aperte dallo stupore.
Quando Oyama li raggiunse non fece in tempo a sillabare che Devasto, il più strabiliato di tutti, partì in quarta.
“’Sti cazzi Tochiro! Ma quella fata dove l’hai scovata?”.

“Davvero sai! Ma chi l’avrebbe mai pensato che uno come te frequentasse certe tipe!” scappò detto a Vipera che aveva gli occhi ancora fuori dalle orbite.

“Amico mio, sei una fonte inesauribile di sorprese!” commentò Harlock ammirato.
“Roba da matti!” pronunciò ermeticamente incredulo il Freddo.
L’ingegnere sorrise divertito “Che credevate voialtri, di avere l’esclusiva sulle belle fanciulle? Anche io ho il mio fascino, sebbene possa essere nascosto ai vostri occhi” rispose ironico. All’inizio era contrariato dal fatto che fossero tutti lì, dato che voleva presentarla ad Harlock, ma ora era quasi contento. In realtà la frequentava da un po’ e gli faceva piacere poter finalmente rendere in qualche modo pubblico il loro rapporto, o quanto meno far vedere che si conoscevano. L’anonimato era faticoso e non rientrava nelle sue corde, dato che era un tipo aperto e solare. Era una ragazza molto bella, ma soprattutto intelligente che lo aveva letteralmente ammaliato, così come lui aveva stregato lei, che si era perdutamente innamorata di quell’ingegnere timido ed occhialuto, che con la sua brillante intelligenza e la sua delicatezza l’aveva conquistata più di qualunque altro bellone senza cervello che avesse frequentato in precedenza. La faceva divertire ed aveva una mente brillante con cui era un piacere confrontarsi, e poi li legavano delle affinità elettive molto importanti e molto profonde, che andavano ben oltre i loro rispettivi aspetti esteriori, oltre ad avere una sorta di comune segreto che condividevano con grande riserbo. Ma al di là di tutto ciò, lei lo vedeva con gli occhi del cuore e lo trovava bellissimo e sexy più di chiunque altro fosse stato seduto in quel bar.

“Hai capito lo scienziato? Ha le doti nascoste eh!” sentenziò Devasto occhieggiando maliziosamente il cavallo dei pantaloni di Tochiro, alludendo chiaramente ad un certo tipo di doti nascoste.

Oyama ridacchiò. Era uno che stava agli scherzi. Sapeva che vedendolo parlare con lei avrebbero fatto della goliardia e non se la stava affatto prendendo, anzi si divertiva un sacco essendo molto auto-ironico.
“Ah certo, magari non sarà speciale e non avrà il dono della parola come quello di Harlock, a cui non sfugge nessuna femmina, ma anche il suo si difende bene a quanto pare!” commentò il Freddo che, quando voleva, sapeva essere molto arguto.

“Sfuggiva!” lo corresse Devasto “Pare che quelle dotate di bomboletta spray siano inafferrabili. Insomma sembra che il nostro sfregiato abbia perso il suo proverbiale tocco infallibile e che il suo piffero magico si sia un po’, come dire… sfiatato? O Forse semplicemente il cosettino non parla più!” adoravano sfottere il Falco in quel senso.

“Oh avete finito brutte pettegole?” si finse arrabbiato Harlock che poi lanciò un’occhiata furba all’amico come per dirgli: Ora ho capito che mi nascondevi, mascalzone!

“E tu? Non favelli?” disse Devasto a Vipera.

“Mio caro, io prediligo i fatti alle parole, sai com’è…”.

“Seee, vabbè dite tutti così voi che andate in bianco!” lo rimbeccò Joe.

“No, diciamo così noi gentiluomini” rispose facendo un occhiolino d’intesa ad Harlock, a cui in questo caso si sentiva affine, in quanto nemmeno lui era uno che sbandierava le sue cose a destra e manca.

Erano tutti allegri, la scazzottata e l’arrivo imprevisto della rossa di Tochiro aveva portato una ventata di buon’umore.

“Giusto!” disse Harlock assecondandolo.
Poi Vipera alzò la sua pinta e disse “Propongo un brindisi. Alle doti molto nascoste di Tochiro!”.
Alle doti molto nascoste di Tochiro! gli fecero eco in coro gli altri e ognuno si scolò alla goccia il proprio boccale.

*


Il giorno prima di recarsi a cena da Ishida Harlock era andato allo spaccio e aveva comprato una bottiglia di rosso pregiato. Era amante del buon vino ed avendo avuto un certo tipo d’educazione non si sarebbe mai presentato ospite in una casa a mani vuote, così, appena fosse uscito dalla sua camera avrebbe anche comprato un mazzo di fiori per la moglie del generale, come imponevano le buone maniere.

Nonostante tutto era un po’ in ansia, non capiva proprio che potesse volere quell’uomo da lui. Dette una rapida occhiata alla sua immagine riflessa nello specchio per controllarsi.

La divisa era impeccabile. I capelli piuttosto ordinati, a parte qualche ciocca ribelle, tipo quella che gli danzava dispettosa sull’occhio destro il cui livido, ricordo della scazzottata di qualche giorno prima, non si era ancora riassorbito. Si era perfettamente rasato e anche profumato, cosa che non faceva mai, ma questa volta aveva voluto usare il dopo barba per essere più in ordine possibile, quindi sospirò ed uscì.

La casa di Ishida era una villetta un po’ decentrata rispetto alla caserma, da cui in lontananza si intravedeva addirittura la spiaggia. Era isolata ed immersa nel verde come se il generale, per la sua famiglia, avesse voluto un posto che poco si mescolasse con la vita militare che aveva scelto.
Era dotata di una bella veranda in cui c’erano una panca, una sedia a dondolo e un’altalena a tre posti. Tutto intorno c’erano piante e fiori. Harlock guardò perplesso il suo mazzo di gigli aranciati contornati da fiori di campo gialli e bianchi, e pensò che forse non era stata un’idea così brillante, lì di fiori c’erano fin troppi, ma alla fine fece spallucce e suonò.
Gli aprì il generale in persona. Era vestito in abiti militari ma non d’ordinanza. Stava fumando un sigaro e lo fece entrare facendogli strada.

La casa, arredata per quel poco che vide, con mobili di stile provenzale era pulita ed accogliente, dentro c’era un buon profumo di lavanda ed Ishida lo fece accomodare in un salottino piuttosto austero con mobilio di legno scuro e due ampie poltrone in pelle, che rendevano l’ambiente formale ma accogliente.
“La cena è quasi pronta. Intanto facciamo due chiacchiere” disse, prendendo vino e fiori per poggiarli da una parte.
Harlock fece il suo solito cenno di assenso con la testa e lo assecondò sprofondando in una delle due morbide poltrone. Capì subito d’essere sotto esame.
Ishida si versò due dita di Bourbon liscio “Ne vuoi?”.
“No, signore. Grazie”.

“Andiamo ragazzo non siamo in servizio puoi anche bere se ti va”.
Harlock sospirò pensando: Perché no? Magari lo avrebbe rilassato un po’ e alla fine accettò.
“Dunque, Lee mi dice che sei il meglio dei quattro” andò subito al punto Ishida.
“Davvero? Io non ne so nulla” rispose secco Harlock. Non era uno che amava essere adulato, né gli interessavano i complimenti. Non gli importava essere il meglio, a lui interessava fare bene ciò che doveva, e voleva farlo in modo che non dovesse avere mai niente da recriminare con se stesso. Solo questo era davvero importante.
“Mi fa piacere che non sei un presuntuoso a caccia di fama, complimenti ed adulazione, però da quello che ho letto nel tuo dossier sei anche pianta grane, figliolo”.
Harlock non sillabò e posò le labbra sul bicchiere, quindi prese un sorso di Bourbon che assaporò appena, trattenendolo in bocca prima di inghiottirlo, facendosi bruciare lievemente gola e stomaco. In bocca gli rimase una sensazione di calore che gli lasciò un retrogusto robusto ma gradevole e che gli dette il tempo di riordinare le idee.
“Perché hai disobbedito ad un ordine?” gli chiese diretto il generale.
Il Falco lo guardò dritto negli occhi “Perché era sbagliato” rispose freddo e deciso. Non era una sfida la sua, ma solo ferrea convinzione di aver fatto al cosa giusta.
“Il cargo non era la priorità. Questo mi era stato detto. Dovevo allontanare ed annientare il nemico. Eravamo due navette contro due. Ho abbandonato il mio compagno dopo averlo avvertito e dopo aver chiamato un’altra navetta a supporto. Stava giungendo una terza nave, avrebbe fatto fuoco sul cargo se io non l’avessi abbattuta per tempo e scortato i civili al sicuro”.
“Ma il tuo compagno si è ritrovato da solo contro ben due velivoli”.
“Non l’ho tradito se è questo quello che pensa. Eravamo d’accordo e poi è arrivata quasi subito la navetta di supporto. Avrei voluto restare io a fronteggiare le due navi nemiche, ma il mio compagno aveva una piccola perdita al motore e si muoveva troppo lento, non avrebbe fatto in tempo a salvare quei civili, per lo più donne bambini” bevve ancora scolando il bicchiere e poi guardò nuovamente Ishida dritto negli occhi “Lo rifarei di nuovo signore. Non lascerei morire dei civili innocenti solo perché abbattere il nemico è la priorità per qualcuno. Per me la priorità è la vita delle persone innocenti” disse sicuro, senza un attimo di esitazione e senza paura alcuna delle eventuali conseguenze dettate dalle sue parole.
“Sei stato fortunato, ti è andata bene” commentò pensoso il generale che stava rimuginando.
“Non è stata solo fortuna era tutto calcolato. Certo il tempo era a nostro sfavore e abbiamo un po’ azzardato, ma non mi sono mosso inconsciamente e soprattutto il mio compagno era consenziente”.
Ishida non insistette. Dette un’occhiata all’orologio e disse “La cena dovrebbe essere pronta. Andiamo” e gli fece strada verso la sala da pranzo.

La tavola era apparecchiata per quattro. Il generale gli fece cenno di occupare il posto a lato e lui si mise a capotavola, gli altri due coperti erano dalla parte opposta dove era seduto lui.
Entrò una donna un po’ avanti con l’età, era sorridente e aveva un vassoio in mano, Harlock immaginò fosse sua moglie invece lui la presentò come sua sorella e spiegò di essere rimasto vedovo.
Si accomodarono tutti e tre a tavola. Il quarto posto restò vuoto.
Ishida pareva contrariato, ma non disse nulla ed esortò Harlock a cominciare a mangiare.
Era ovvio che qualcuno fosse in ritardo, o che addirittura forse non sarebbe venuto. Il tenente non se ne curò, la cosa non lo toccava minimamente ed assaggiò l’antipasto. Era buonissimo e si complimentò con la signora.
Fu quasi a metà consumazione del primo piatto che arrivò il quarto commensale.
Entrò trafelata inondando la stanza di un profumo delicato. Indossava un paio di jeans e una camicetta bianca, i capelli erano legati in una morbida coda ed aveva due occhi incredibilmente blu che incontrarono subito i suoi. Erano decisamente inconfondibili tra milioni.
Harlock notò che furono attraversati da un lampo di puro terrore che però svanì quasi subito lasciando spazio ad una luce brillante, molto fiera ma non di sfida, come a fargli capire che si sarebbe difesa con tutte le forze.
“Scusa papà ho fatto tardi in biblioteca” disse poi girandosi, e stampando un bacio sulla guancia del generale che magicamente subito si rabbonì.
“Ti presento mia figlia, ti prego di scusarla, sta preparando la tesi di laurea in giornalismo ed così presa dallo studio che praticamente vive in biblioteca. A casa non la si vede mai, se non per dormire” spiegò non senza una punta d’orgoglio, perché evidentemente era assolutamente all’oscuro delle attività ricreative della giovane.

Biblioteca, certo, come no? Pensò Harlock ridacchiando sotto i baffi. Ovviamente dal suo viso non trasparì nulla sebbene fosse conscio di avere gli occhi di lei puntati addosso per la preoccupazione di essere smascherata.

Educatamente si alzò in piedi e disse “Non è un problema, lo studio è importante, ed essere così dediti le fa solo onore. Phantom Franklin Harlock Terzo, piacere di fare la sua conoscenza, signorina?” le chiese poi presentandosi, mentre la scrutava intensamente, curioso di vedere le sue reazioni. Era in vantaggio e lo sapeva, voleva capire che tipo di ragazza fosse e la stava mettendo alla prova.

“Maya. Maya Ishida” disse lei ostentando una calma ammirabile, sedendosi e abbassando però lo sguardo sul piatto. La paura c’era e lui la percepiva. La ragazza era in chiara difficoltà, ma teneva duro cercando di essere naturale.
Harlock non poté fare a meno di piegare impercettibilmente le labbra in un sorrisino sfuggente e assai compiaciuto che mascherò abilmente portando il cibo alla bocca, sebbene i suoi occhi ambrati brillassero divertiti .
Inaspettatamente quella cena si stava di gran lunga prospettando una delle più stimolanti ed interessanti a cui avesse mai partecipato negli ultimi anni.



Note esplicative:

Il primo grande amore di Harlock non poteva che essere LEI, ovvero Maya. Cioè quello vero e quello che viene narrato e svelato nel film L’Arcadia della mia Giovinezza, con cui però questa fic non ha niente a che fare.

Ovviamente essendo un what if ambientato nel movieverse questa Maya non può che essere molto differente da quella dell’anime (ma del resto anche lo Yattaran del film ha poco a che fare con quello dell’anime), anche perché in questo contesto sarebbe a mio avviso risultata stonata, quindi aspettatevi che vi possa apparire un po’ OOC, ma spero non più di tanto, poi mi direte voi :) spero che le fan della coppia Harlock/Maya gradiscano questa mia incursione e questo mio punto di vista.

Glossario:

1 Gli occhi di questo personaggio che tutti avrete capito essere Esmeralda la compagna/moglie di Tochiro, sono in realtà blu, ma avendo anche Maya lo stesso colore ed essendo stata anche chiamata più di una volta: occhi blu, per non creare confusione mi sono presa la licenza di trasformare quelli di Esmeralda in occhi verdi, che poi è anche un omaggio a due paia di bellissimi occhi, sempre di color verde che ho visto dal vivo di due ragazze del fandom, ovvero Lady Five e Oscartango! A cui faccio molto volentieri omaggio :)

GRAZIE infinitamente a tutti coloro che si sono fermati a leggere fino a qui e che a quelli che continuano a farlo seguendo con affetto la ficcia. Gratitudine e affetto a iosa a chi ha commentato e a chi ha messo la storia tra le preferite, ricordate e seguite. Grazie davvero lovvovi! :*

Questo Capitolo è dedicato a TUTTE le meravigliose persone di questo fandom con cui ho avuto ed ho contatti! Questa esperienza da fanfictionara ha acquisito un gusto più dolce grazie a tutte voi! :*

Grazie sempre alle mie bete,

Curiosità: Maya è l’unica donna messa accanto ad Harlock in qualità di fidanzata ufficiale nell’universo ADMG, ma in realtà resta per ora l’unica in qualsiasi universo sia apparso!

GRAZIE Capitano ♥♥♥ (una parola è poca e due sono troppe!)

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Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi!
Alla prossima volta! =D

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Capitolo 7
*** ACCORDI E DISACCORDI ***


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-6-

ACCORDI E DISACCORDI

 

Durante l’intera la durata della cena Maya era stata sulle spine.

Tutto si sarebbe aspettata, meno che il famoso ospite di suo padre potesse essere quel tenente che l’aveva scoperta a fare quell’azione dimostrativa nell’hangar. Lo stesso che poi l’aveva inaspettatamente lasciata andare via sorprendendola molto.
Appena l’aveva visto seduto a tavola si era sentita mancare. Essendo, per forza di cose, abituata a dissimulare abbastanza bene le sue emozioni si era contenuta, solo che non era facile cercare di essere naturale di fronte a chi aveva in mano il potere di smascherarla davanti a suo padre.
Ogni tanto lo sbirciava di sottecchi e non aveva potuto fare a meno di notare che avesse un’aria vagamente sorniona. Era ovvio che si stava divertendo alle sue spalle sapendo di avere il coltello dalla parte del manico. Nonostante ciò non sembrava volerla tradire, ormai erano arrivati al dolce e ancora non aveva detto nulla. Anzi aveva fatto conversazione in modo tranquillo e cordiale. Aveva addirittura domandato dei suoi studi, coinvolgendo anche suo padre e sua zia in chiacchiere e convenevoli. All’apparenza sembrava proprio un ospite gentile e ben educato.

Maya voleva capire quali fossero le sue intenzioni ma non era facile. Quel tenente dallo sguardo penetrante, cui neppure lei era rimasta del tutto indifferente, era senza ombra di dubbio il nemico e poco importava se fosse un gran bel ragazzo dai modi affabili. Doveva ammettere però che con lei si era comportato bene. Quando l’aveva colta in flagrante avrebbe potuto consegnarla, invece l’aveva fatta deliberatamente scappare e questa cosa l’aveva parecchio turbata.
Se Harlock l’aveva pensata spesso, Maya aveva fatto altrettanto e la cosa non era andata a genio neppure a lei, perché se avesse potuto scegliere lo avrebbe sicuramente ignorato, ma lui non era esattamente un tipo che passasse inosservato.
Era rimasta molto colpita dal suo sguardo caratterizzato da quelle iridi di un colore davvero particolare. Le ricordavano vagamente le gocce di resina ambrata che sembravano far lacrimare la corteccia dei pini nel boschetto dietro casa. Due occhi penetranti e impossibili da ignorare, perché erano capaci di afferrarti e tenerti stretta, prigioniera, quasi come se fossero ipnotici. E non era solo per via di quel colore così particolare e raro, ma soprattutto perché erano accesi da una luce viva, indice di un’intelligenza spiccata e comunicativa, piena di curiosità che scavava fin nel profondo, non accontentandosi di sfiorare la superficie. Nonostante quella brutta cicatrice che gli solcava il volto, era senza dubbio fascinoso e il suo era uno sguardo che poteva davvero mettere a disagio, perché non era distratto, ma sempre attento e vigile. A dire il vero quello sfregio pareva quasi aumentare il suo carisma. Sarebbe risultato eccessivamente femmineo senza quella imperfezione, che paradossalmente, lo rendeva più intrigante sublimandone la bellezza del volto.
Maya, per tutta la durata della cena, aveva sentito su di sé quegli occhi e volte era stata costretta, suo malgrado, ad abbassare i propri perché non riusciva a sostenere l’intensità che emanavano. Non voleva che lui capisse quanta paura avesse, e in quale difficoltà si trovasse. Non poteva e non voleva dargli questo vantaggio. Era conscia che se suo padre avesse scoperto che faceva parte della Gea Free, sarebbe scoppiato il finimondo, non solo, se lo conosceva bene, sarebbe anche stato capace di denunciarla lui stesso. Purtroppo c’erano varie pendenze in corso per le azioni dimostrative che avevano fatto.

Nonostante tutto Harlock non sembrava, almeno per il momento, intenzionato a dire o fare nulla.
Ad un certo punto Ishida fu inaspettatamente raggiunto da un’importantissima telefonata dal quartier generale, che lo costrinse a ritirarsi nel suo studio per ricevere una chiamata ologrammata in share system tramite rete warp
*1. Si scusò con il suo ospite e si alzò da tavola per ritirarsi, fu in quel momento che la ragazza prese una decisione estemporanea.
“Tenente se per lei va bene le servirei il dolce in veranda. Sono certa che mio padre starà via almeno mezz’ora, è sempre così con le share-call. All’aperto inganneremo l’attesa più piacevolmente e così mia zia potrà sparecchiare in santa pace” gli disse, creando l’occasione per rimanere da sola con lui e affrontarlo.

Harlock alzò il sopracciglio sinistro interdetto, avrebbe voluto dir qualcosa ma fu preceduto.
“Ottima idea, fai strada al signore Maya” ne convenne la zia mangiando la foglia. Ingenuamente la donna pensò che la nipote cercasse di star sola con quel bel ragazzo per attaccare bottone e siccome la vedeva sempre troppo presa dallo studio, pensò che l’occasione andasse sfruttata. Quel giovanotto era assai piacente, educato e gentile, inoltre pareva anche avviato ad una brillante carriera militare, cosa poteva volere di più per la sua bambina?
Harlock, per non passare da maleducato, annuì e la assecondò. La seguì in veranda dove la bionda lo fece accomodare su una panca di legno piena di cuscini colorati, quindi gli fece un sorriso di circostanza e se ne andò piantandolo lì.
Il Falco rimase spiazzato, e ora dove era sparita?
Aveva capito perfettamente che voleva rimanere sola con lui, quindi gli sfuggiva il motivo per cui fosse rientrata in casa. La sua curiosità fu appagata quasi subito, era semplicemente andata a prendere il dolce. Un budino alla crema guarnito con purea di frutti di bosco che gli porse andandosi poi a sedere di fronte a lui, sulla sedia a dondolo. Si mise a guardarlo tenendo distrattamente in mano la propria coppetta, in attesa che la consumasse.

“L’hai fatto tu?” le chiese Harlock affondando il cucchiaino nella morbida crema, cominciando a pasticciare senza però assaggiarlo.
“No. Ma lo saprei fare, perché?” gli disse, non capendo neanche lei la ragione di quel non essersi fermata ad un semplice no come risposta.

“Allora non ti offenderai se non lo mangio. Non sono un grande amante dei dolci, se posso ne faccio a meno” ammise continuando a tormentare il budino con il cucchiaio.

“Temo che mia zia rimarrà malissimo se lo riporto indietro” mentì perfidamente, cogliendo al volo quella piccola, ma ghiotta occasione di vendetta, continuando a dargli del lei per mantenere le debite distanze.
Harlock la fissò un attimo e poi abbassò la testa facendo un mezzo sorrisetto divertito, quindi prese una cucchiaiata di quella, che ormai era diventata una pappa di crema e purea, e se la portò alla bocca.
Che avesse capito? Si domandò Maya. Non seppe rispondersi, ma prese a fissarlo mentre consumava quel budino. Era seria e concentrata per studiarlo e cercare di venire a capo di qualcosa. Stava cercando di metterlo a disagio, ma lui sembrava tranquillo e per niente turbato dal suo sguardo fisso e severo. Spazzolò per bene la ciotolina e poi la guardò dritta negli occhi, quindi le chiese “Per caso devo mangiare anche quello?” indicando con il suo cucchiaino la coppetta che lei aveva tra le mani con il budino ancora intatto.
Maya fu davvero tentata di dirgli che sì, avrebbe dovuto mangiarlo tutto, compresa la zuppiera che era nel frigo, ma si trattenne. Era davvero un filibustiere la stava chiaramente tendendo in scacco.
“Naturalmente no” rispose cercando di darsi un tono, voleva sembrare calma, doveva essere calma. Quindi cercò di comportarsi come faceva lui e con tutta tranquillità mangiò il suo dolce, mentre questa volta fu il turno di Harlock di osservare.
Posò la sua coppetta a terra e si mise comodo a braccia conserte, con quella faccia da schiaffi e quel mezzo sorrisino compiaciuto che aveva stampato da quando era arrivata a cena e non le tolse gli occhi di dosso. Lei al contrario di lui era molto a disagio, ma cercò di non darlo a vedere.

“Bene, se vuole del caffè…” disse una volta finito il budino, alzandosi per andare a recuperare anche la ciotola di Harlock.
“Sì. Grazie. Nero e senza zucchero” rispose. Era curioso di vedere quanto avrebbe portato avanti quella pantomima da perfetta padrona di casa. Quindi si rilassò e in attesa che tornasse dette un’occhiata al panorama che gli regalava la vista da quella veranda. Era notte e le stelle trapuntavano il cielo che trovò somigliante ad un drappo di stoffa blu scuro, su cui era come se fossero state sparpagliate ad arte alcune manciate di piccoli diamanti, che rilucevano creando un fitto gioco di puntini scintillanti.
Soffiava una leggera brezza, i grilli cantavano e c’era una gran pace. Era estate piena e di tanto in tanto, in lontananza, qualche lucciola illuminava il nero oltre il cancello. Come se qualche frammento di astro fosse caduto dal cielo e danzasse a tratti pigro nell’aria.

C’era poco da fare, la Terra era il pianeta più bello dell’Universo, e poteva perfettamente capire perché gli uomini volessero tornare a viverci. Anche a lui mancava terribilmente, e stare lì seduto a godere di ciò che la natura gli offriva, lo considerò un magnifico regalo che lo stava rilassando molto. Inoltre si stava divertendo come un matto a giocare al gatto con il topo con occhi blu.


Una volta espletata anche la pratica caffè a Maya non restò altro che prendere in mano la situazione. Era meglio se si fosse sbrigata, suo padre sarebbe potuto ritornare da un momento all’altro.
Harlock aveva appena finito di sorseggiare il liquido scuro e la osservava.

A lei fu chiaro che il Falco non avrebbe detto una parola. Così decise di rompere il ghiaccio.
“Hai intenzione di tradirmi?” gli chiese senza mezzi termini, fissandolo seria.
Harlock non rispose. Si alzò con la tazzina in mano e si avvicinò a lei che era rimasta in piedi.
“Forse sì, o forse no. Non ho ancora deciso” disse, sempre con quell’aria sorniona che l’aveva accompagnato tutta la sera innervosendola non poco.
Maya incrociò le braccia al petto in modalità difesa ed evitò il suo sguardo. Stava pensando cosa dire, perché era chiaro che dovesse stare molto attenta e che non dovesse farlo indispettire.
Lui invece la fissava.
Non le avrebbe dato tregua. Non quella sera almeno. Se lo meritava. Lo aveva cosparso di vernice, gli aveva mollato un calcio in uno stinco e lo aveva anche obbligato a mangiare il budino, una lezioncina se la meritava proprio la biondina!
“Ora se vuoi scusarmi” aggiunse sorpassandola “Vado a vedere se tuo padre è libero e a sentire cosa ha da dirmi” e, porgendole la tazzina vuota, la lasciò da sola con i suoi dubbi e i suoi mille pensieri.
Mentre passava oltre la soglia della veranda per entrare in casa, fu investito dal suo profumo e gli venne naturale ed inevitabile pensare che fosse davvero attraente. Ma non solo, era una tipa interessante, non era scontata o sciocchina, sembrava avere carattere, ma voleva capire se ciò che faceva era la semplice ribellione di una ragazza di buona famiglia annoiata, o se c’era dell’altro. Sebbene fosse attratto da lei molto di più di quello che volesse ammettere, non le avrebbe certo permesso di farlo passare nuovamente da stupido, né tanto meno di manovrarlo. Il suo orgoglio sanguinava ancora. Il problema era che lei lo destabilizzava molto. Il suo profumo era inebriante. I suoi occhi luminosi ed espressivi erano accattivanti e poi aveva quella bocca così carnosa, tanto da essere ipnotica. Durante la cena, un paio di volte, s’era perso ad immaginarla incollata alla propria facendo fatica a distogliere la mente da quell’immagine. Proprio perché gli faceva questo effetto, stava ancora più in guardia.

Era in una sorta di allerta pericolo continua.

 

 

Mezz’ora dopo Harlock era di nuovo nel salottino con Ishida che aveva terminato la sua telefonata.
Maya invece era in cucina e si mordicchiava nervosamente le unghie.
Quei due si erano rinchiusi e smaniava nell’attesa di scoprire se quel tenente avesse parlato o no.
Poco prima era stato veramente pessimo, si era chiaramente preso gioco di lei e l’aveva lasciata con un palmo di naso, senza darle nessuna certezza. Era preoccupata e molto spaventata. Se avesse spifferato tutto a suo padre sicuramente avrebbe dato di matto. Lei lo amava molto e le dispiaceva tanto mentirgli, la sola idea la faceva star male, ma al momento non poteva agire diversamente.
Credeva in ciò che faceva ed era determinata nel portare avanti la disubbidienza pacifica contro il potere oscuro del neonato governo, ma nello stesso tempo non voleva dar dispiacere al suo unico genitore rimasto in vita, anch’egli purtroppo dalla parte del nemico. Confidava nel tempo. Sperava che con l’organizzazione presto avrebbero accertato i veri intenti della Gaia Sanction, e con in mano le prove schiaccianti, era certa che suo padre si sarebbe schierato con loro. Se Harlock avesse parlato adesso, sarebbe andato tutto a rotoli e il generale si sarebbe infuriato.
Si domandò se forse non avesse sbagliato ad essere stata così imprudente e anche un po’ provocatoria, magari avrebbe dovuto essere più gentile, evitare di fargli mangiare per forza il budino, facendogli dispetto. Avrebbe invece dovuto parlargli e cercare di fargli capire le sue ragioni, non sembrava uno stupido, sicuramente non l’avrebbe appoggiata, né si sarebbe schierato dalla sua parte, ma magari l’avrebbe coperta con suo padre, infondo l’aveva già lasciata scappare... ma ormai era tardi, quelli erano rinchiusi nel salottino e chissà di cosa mai stavano parlando.

In effetti stavano parlando proprio di lei, ma non nei termini che pensava con angoscia Maya.

“Dunque il punto è questo” stava spiegando Ishida ad Harlock “Mia figlia sta preparando la tesi di laurea in giornalismo interplanetario con indirizzo storico, relativo alla Terra e le sue origini
*2. Come saprai sono dislocato in varie basi, non ho una fissa dimora. Ora sono qui, domani potrei essere su Gorianus e tra un anno magari su Prometeo, o vai a sapere dove. Da quando è morta mia moglie la nostra casa su Marte è rimasta chiusa e Maya ha deciso di seguirmi in ogni mio spostamento, sebbene adesso, per via della laurea, abbia scelto la Terra come base primaria. La sua università però è su Marte. Ė lì che risiede il suo relatore ed è lì che si tengono le lezioni pre-tesi di laurea insieme a tutti i professori che si mettono a disposizione per i vari approfondimenti del primo, secondo e terzo stadio della tesi*3. Così, come saprai che c’è l’obbligo assoluto di frequenza di questi corsi”.

Harlock annuì ascoltando, ma non capendo proprio dove volesse andare a parare.

“Ebbene io non posso occuparmi di accompagnarla su Marte ogni volta che deve assistere ad una lezione, né posso permettermi che qualcuno l’accompagni in un viaggio interplanetario. Ergo è giunto il momento che la mia bambina impari a guidare un veicolo classe A3 con motore a propulsione fotonica*4, che come tu ben sai è appena un gradino sotto la navigazione in-skip. Così potrà raggiungere Marte da ogni pianeta e in tempi brevi, dato che praticamente viaggerà quasi alla velocità della luce”.
Harlock continuava ad ascoltare e a non capire, ma non fiatò.
“Insomma, Lee ti ha tanto raccomandato per la tua bravura e io non ho il tempo materiale di farlo, quindi vorrei che dessi delle lezioni di guida a mia figlia perché poi possa dare l’esame d’abilitazione per pilotare navette classe A3”.
Ad Harlock si rizzarono i capelli in testa.
“Mi piacerebbe, ma sono impegnatissimo con le mie di lezioni. Come saprà abbiamo tanta teoria e da lunedì si comincia a fare sul serio con il simulatore, per essere pronti per andare a fare direttamente la guida sulle navi nello Spazio, quindi temo proprio, che anche volendo, non potrei occuparmi delle lezioni di sua figlia” disse mostrandosi il più contrito possibile.
Scuola guida a quella? Non ci pensava neppure! Era pericolosa e bugiarda, non voleva essere tirato nel mezzo ai suoi intrallazzi. Era certo che lo avrebbe messo nei guai, meglio defilarsi. Doveva concentrarsi sul suo addestramento e diventare capitano dell’ammiraglia e la bionda era un elemento di distrazione su troppi fronti. Meglio starne alla larga!
“Sono costretto ad insistere” disse Ishida leggermente contrariato. Non era solito chiedere favori, ma se lo faceva, come quasi ogni militare del suo calibro, non si aspettava un diniego come risposta. Secondo la sua mentalità, quel tenente si sarebbe dovuto sentire onorato invece di accampare delle scuse “E comunque dato che non mi piace perdere tempo, né farlo perdere agli altri, sarò coinciso: tu darai lezioni di guida a mia figlia e io chiuderò un occhio sulla scazzottata a cui hai partecipato giorni fa. Tutto chiaro?” concluse scostando con un dito i capelli dall’occhio destro di Harlock e guardando accigliato l’ombra residua del suo livido.
A quel punto il Falco capì che era fregato. Qualche gola profonda aveva parlato e ora se non sottostava a quella specie di ricatto, rischiava la consegna, e se questo fosse accaduto, addio gradi e comando. Inoltre si ricordò anche le parole di Lee e le sue raccomandazioni accorate. Non era proprio il caso di intraprendere una discussione.
“Se la mette in questi termini…” disse appena insofferente. Fare le cose per forza non gli andava proprio a genio e non voleva neppure di far finta di nulla. Doveva sottostare, ma doveva essere chiaro che lo faceva solo per obbligo.
Ishida dal canto suo era pure contento che non facesse i salti di gioia. Questo lo rassicurava sul fronte implicazioni pericolose, insomma preferiva un giovanotto reticente ad uno troppo smanioso di dare lezioni alla sua bambina. Era suo padre, ma era conscio di quanto fosse giovane e bella, per lei voleva il meglio e non certo uno di quei quattro debosciati rissaioli.
“Potrai occuparti delle lezioni nel week end o la sera, a fine addestramento, su questo deciderete assieme voi due, non metto bocca. Consideralo un grosso favore personale che fai a me e non vederci altro. Per mia figlia voglio il meglio e non puoi biasimarmi se insisto perché lo abbia. Infondo dovresti essere lusingato, questo ti fa capire che sei il miglior pilota della base”.

“Con tutto il rispetto mi creda, non mi interessa” replicò secco Harlock “Ma le farò questo favore” aggiunse subito dopo per non farlo innervosire.
Ad Ishida la sua riluttanza piacque, come gli piacque il fatto che non gli interessasse di poterne trarre un qualche vantaggio personale. Pensò che Lee avesse ragione e che fosse davvero il migliore come lui si sperticava a dire ogni volta che ne parlavano.

“Bene allora siamo d’accordo” disse il generale aprendo la porta dello studio facendogli strada per uscire.
Una volta arrivati in sala da pranzo trovarono Maya, che nell’attesa, per ingannare il tempo, stava sistemando i fiori che aveva portato Harlock in un vaso. Dovevano essere per la moglie di Ishida, ma lui non sapeva che fosse morta così alla fine dalla zia erano in qualche modo finti in mano alla ragazza, ed Harlock rimase sorpreso nel vederla sistemarli con grazia in un recipiente di vetro dalla forma strana. Notò che si muoveva con grazia ed era armoniosa. Gli fece piacere che alla fine quei fiori fossero finiti nelle sue mani.

Come li sentì arrivare, la ragazza si girò di scatto e lui colse in quei grandi occhi blu una forte e viva preoccupazione. Maya si poggiò contro il tavolo con le mani dietro la schiena, tipo una scolaretta che attende la punizione e li guardò incerta, in attesa di un cenno, una parola, o del verdetto finale.
“Allora mia cara il tenente Harlock qui presente ti farà scuola guida per prendere l’abilitazione a guidare le navette classe A3 a propulsione fotonica. Così potrai andare all’università e fare tutto quello che devi senza che io, o qualcun altro debba accompagnarti. Finalmente sarai indipendente non è magnifico? Sei contenta?”.
Maya guardò Harlock stupita e si rese subito conto che era molto contrariato. Nonostante avesse appena fatto un mezzo sorriso di circostanza, i suoi occhi ambrati, alle parole di suo padre, erano stati attraversati da un lampo di mal celato fastidio. A lei però non importò perché era troppo felice che non l’avesse tradita. Si era tolta un enorme peso dal petto e si sentiva leggera come una piuma. Era stata davvero sui carboni ardenti perché era quasi certa che si fossero trattenuti così tanto, proprio perché lui potesse aver parlato. Non avrebbe mai immaginato che suo padre avrebbe potuto invitare un pilota a cena solo per chiedergli di farle scuola guida. Era una cosa strana e non da lui, ma da quando era morta sua madre era molto cambiato ed era diventato molto più apprensivo, ma anche attento e coinvolto nella sua vita, più di quanto lo fosse mai stato prima.
“Bene mi fa piacere!” disse euforica, sebbene in realtà il suo entusiasmo venisse dallo scampato pericolo.
Harlock rimase serioso e si congedò. Ishida lo salutò cordialmente e poi disse “Cara accompagnalo fuori così vi potete mettere d’accordo tra di voi per i dettagli”.

Una volta all’aria aperta Maya trovò doveroso ringraziarlo, ma lui non le disse nulla, neppure una parola. La ragazza rimase male, ma fece finta di niente. Quindi si scambiarono i numeri di share system call e rimasero d’accordo che si sarebbero visti per la prima lezione due giorni dopo, alle diciannove, esattamente a fine addestramento di lui, agli hangar delle navette classe A2 e A3 nella zona nord ovest di Gladio, e si congedarono.
Alla ragazza fu chiara una cosa, e cioè che Harlock era molto infastidito di doverle dare  fare questa specie scuola giuda, ma lei sapeva con certezza che una volta che fossero stati in volo avrebbe cambiato idea e con questa convinzione, rinfrancata dallo scampato pericolo, sorrise soddisfatta e rientrò in casa.

 

 

 

Nota dell’autrice:

 

Vorrei ulteriormente sottolineare a tutti i lettori, che questa fic non ha niente a che fare con L’Arcadia della mia Giovinezza. A scanso di equivoci è bene chiarire che è tutta un’altra storia, ambientata nel movie verse, e che neppure si ispira lontanamente al lungometraggio sopra citato. Così come la mia Maya e la sua storia d’amore con Harlock è completamente diversa da quella dell’anime, anche se poi la fine è inevitabilmente quella della storia originale, sebbene in questa fic ci fermeremo molto prima dei tragici accadimenti narrati nel film animato. Tutto ciò che non verrà trattato nell’ambito di questa fic, sarà ampliamente trattato nella seconda parte di questa storia, che ho intenzione di scrivere e che sarà molto, ma molto angst, ma che vedrà la luce molto, ma molto più avanti nel tempo. Anche perché sennò una serie che l’aggiò fatta a afà??? (E cmq prima devo scrivere la 2 parte dell’altra  ficcia :P )

Ci tengo a dire a chi legge che questa fic è chiaramente un omaggio ad una giovinezza felice e spensierata (si fa per dire anche perché c’è stata una guerra)  che ho voluto regalare a questo personaggio che è nato e stato concepito come reietto, solitario, silenzioso ed imperscrutabile in ogni sua apparizione, dall’anime fino al film in cui è rappresentato sofferente e sepolto dal dolore dai rimorsi. Ecco per una volta io, personalmente, voglio che stia bene, che sia sereno, che gli capiti una cosa bellissima e che sia anche un po’ felice, e si diverta pure tiè! D’altra parte nel movieverse non sappiamo nulla di questa fase della sua vita quindi, posso anche immaginarmi quello che più mi aggrada, ma soprattutto lo voglio far star bene!!! E questo è l’intento di questa storia :)

 

Il titolo di questo capitolo è anche il titolo di un film del 1999 di Woody Allen, che non ho visto, e a cui non mi sono ispirata, ma che ho ricordato che esiste, l’ho menzionato per specificare :)

 


Glossario:

1 SHARE SYSTEM TRAMITE RETE WARP: Sistema telefonico inventato da me che consente le telefonate ologrammate, ovvero consente di far apparire ologrammi di persone lontane nella stanza di chi riceve, attraverso un’applicazione che ovviamente va accettata da chi la riceve, un po’ come succede per le chiamate face time con i-phone. Il concetto è quello della serie classica in cui l’ologramma di Raflesia si palesava nell’Arcadia, in questo caso lo si può fare solo se si accetta questo tipo di chiamata particolare: la Share-call, altrimenti il telefono viene usato in modalità semplice. La rete warp viene da Star Trek in cui è tutta altra cosa dato che è una propulsione a curvatura, ma mi garbava il nome e lo grabbai![rubai] (sì so fiorentina e spikko in dialetto :D)
2
GIORNALISMO INTERPLANETARIO CON INDIRIZZO STORICO, RELATIVO ALLA TERRA E LE SUE ORIGINI: Indirizzo di studio inventatissimo da me, in pratica: giornalista storica.
3
PRE-TESI DI LAUREA INSIEME A TUTTI I PROFESSORI CHE SI METTONO ADISPOSIZIONE PER I VARI APPROFONDIMENTI DEL PRIMO, SECONDO E TERZO STADIO DELLA TESI: Ho immaginato che nel futuro gli studi siamo più completi e complessi e che la tesi sia divisa in varie fasi, chiamate: stadi, e che ci sia anche una pre-tesi ovvero una serie di corsi specialistici aggiuntivi prima di poter laurearsi.
4
MOTORE A PROPULSIONE FOTONICA: cioè va quasi alla velocità della luce e ciò in pratica (fidatevi ho fatto i conti con la calcolatrice) significa che da Marte alla Terra, con navette classe A3 ci si mette circa un’ora di tempo, considerando che la distanza tra i due pianeti varia in continuazione, quindi una volta sarà un po’ meno di un’ora una volta un po’ di più, eccetera. Insomma prendetela per buona e via! xD




 

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----parecchio al volo e di corsa!!!!----

Auguro una serena domenica a tutti! =D

 

GRAZIE Come ogni volta a TUTTI voi lettori che con affetto continuate a seguire questa ficcia. Un grazie particolare lo dedico a chi ha tempo e voglia di fermarsi a recensire per farmi sapere che cosa pensa o gli trasmette questa storia. Per me è un vero e proprio regalo e lo apprezzo davvero molto! (:

 

Questo Capitolo è dedicato a tutti coloro che amano il Capitano e che lo vogliono vedere felice e sorridente, piuttosto che tormentato e sofferente, perché noi lo amiamo soprattutto così, de-angstizzato! :P


In particolare è dedicato a Wiser che ringrazio di cuore e abbraccio forte!

 

Grazie sempre ad  Azumina la super sartina (che vuole scuoiarmi e cospargermi di sale e c’ha pure ragione!) e a Romina e che abbraccio forte con sincero affetto

 

 

GRAZIE Capitano ♥♥♥ Come te nessuno mai!

 

 

 

––––•••·.·•••––––

 

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi!
Alla prossima volta! =D

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** COME UN FIORE D’ACCIAIO ***


Dov’eravamo rimasti? Ah sì! Harlock era stato (costretto) gentilmente invitato a dare lezioni di volo a Maya!

Ben ritrovati e buona lettura! :)

 

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-7-

COME UN FIORE D’ACCIAIO

 

A partire dalla loro prima lezione di volo Harlock aveva chiaramente capito che c’era qualcosa che non quadrava.
Alla terza i suoi dubbi divennero certezze e si contrariò non poco.
Erano appena partiti e Maya come sempre era silenziosa, cercava di fare la scolaretta modello. In realtà era troppo diligente e anche fin troppo brava e veloce  nell’apprendimento. Il Falco sopportava bene e in silenzio tutto, tranne le prese di giro, così quel giorno decise di farle un bello scherzetto.
Fino a quel giorno avevano sempre navigato in modalità
standard e non molto lontano dalla Terra, Harlock sapendo di doverle insegnare a guidare, voleva procedere con calma ed introdurre la navigazione a propulsione fotonica un poco alla volta, ma le cose erano cambiate.
Così prima della partenza aveva impostato, a sua insaputa le coordinate di traiettoria, ed ora stavano effettuando il solito volo di routine, quando all’improvviso, senza nessun preavviso, Occhio di Falco azionò a tradimento i motori fotonici. La navetta schizzò alla quasi velocità della luce, lontanissimo, in un’orbita ostile del sistema planetario Luvia
*1 in cui erano molto frequenti piogge di asteroidi.
Arrivati a destinazione, Harlock disinserì i motori a propulsione fotonica e lasciò i doppi comandi, quindi si stravaccò letteralmente sul seggiolino incrociando le gambe e mettendo le mani dietro la testa, a mo’ di cuscino. Pareva rilassato e bello spaparanzato come se fosse su un divano.
Maya si girò di scatto “Ehi ma che fai?” gli chiese agitata non capendo il motivo di quel gesto.
“Nulla” fu la sua criptica risposta, che intanto osservava placidamente lo scenario al di là del vetro della navetta.

La ragazza stava per dire qualcosa ma si rese conto che sulla loro traiettoria stava piombando a tutta velocità un asteroide della grandezza di un isolotto, contro cui si sarebbero certamente schiantati se non si fossero mossi al più presto per schivarlo.
“Muoviti! Prendi i doppi comandi, dobbiamo evitarlo!” gli disse terrorizzata, fissando l’enorme corpo celeste così simile ad un
pezzo di roccia, che si avvicinava loro minaccioso.
Lui non le rispose, né si mosse di un millimetro rimanendo comodamente stravaccato sul seggiolino.
Oh ma allora? Sei impazzito?” chiese ancora Maya sempre più impaurita e molto contrariata dal suo atteggiamento “Intendi farci ammazzare?” aggiunse agitatissima, e ora che gli era preso?
Lui si girò serafico e la squadrò con un occhiata molto decisa e sicura.
“No, e proprio perché non sono uno scemo, non muoverò un dito” le comunicò freddo, determinato e per nulla preoccupato. Sapeva ciò che stava facendo, non era né pazzo, né scriteriato.
Si sentì presa in trappola, ma non ci fu il tempo né di riflettere, né di fare altre considerazioni, doveva agire e subito!
Sterzò bruscamente in velocità e scansò abilmente l’asteroide, quindi riprese la rotta, ma non fece neppure in tempo a fare un sospiro di sollievo perché purtroppo, quasi subito, una fitta pioggia corpi celesti più piccoli si abbatté proprio davanti a loro. Maya questa volta fu proprio presa dal terrore allo stato puro e cercò di gridare, ma l’urlo le morì soffocato in gola. Non ci fu neanche il tempo di sfogare la paura perché era certa di schiantarsi e probabilmente di morire, quando Harlock, lesto come un fulmine, riprese i doppi comandi.
Con rapida e consumata abilità fece fare alla navetta una sorta di slalom dalla precisione millimetrica, scansando a pelo ogni corpo celeste che andava loro incontro. Talvolta fu costretto a fare delle manovre brusche e molto complicate, alcune delle quali misero addirittura sottosopra la navetta, facendole venire la nausea. Appena scongiurato il pericolo, Occhio di Falco azionò nuovamente i motori ad energia fotonica e rientrò velocemente nell’orbita terrestre. Quell’imprevisto aveva cambiato le cose, e decise che era meglio tornare alla base.

A Maya ci volle un po’ per riprendersi dallo choc, anche perché si era perfettamente resa conto di essere stata scoperta e non fiatò più. Il suo sguardo si perse oltre l’esterno della navetta mentre la sua mente stava raccogliendo le idee. Non voleva esporsi, attendeva una contromossa di Harlock e comunque era ancora molto turbata per ciò che era accaduto e per lo scampato pericolo.
Si fermò un attimo a riflettere e ne convenne che lui le stava sempre un passo avanti. Era intelligente e molto accorto, oltre che evidentemente qualificato, e molto impavido. Per metterla con le spalle al muro aveva fatto un bell’azzardo. Maya non avrebbe mai immaginato che avrebbe potuto avere una reazione così drastica, le sembrava un tipo molto riflessivo, pacato, probabilmente si era sentito preso in giro e aveva reagito male. Era evidente che fosse uno con cui c’era poco da scherzare, lo aveva decisamente sottovalutato.
All’inizio presa dall’euforia che non l’avesse tradita, aveva pensato di tenerselo buono, di nascondergli la verità e di poterlo in un certo senso contenere e forse anche gestire, per poi indirizzarlo verso la soluzione più comoda per lei. Aveva pensato di fargli credere di essere una che impara in fretta, facendo grandi progressi in poco tempo, così che lui pensasse di averle insegnato a pilotare velocemente e bene, per poi toglierselo dalle scatole, ma le era andata male.

In già soli tre giorni che aveva passato a stretto contatto con il Falco, Maya aveva capito che, nonostante l’aria impertinente e talvolta guascona era decisamente un tipo tosto, determinato e molto deciso: un leader.
Inoltre per lei era stato davvero difficoltoso averci a che fare e non perché fosse sgarbato, o incostante, tutt’altro, ma piuttosto perché la sua sola presenza la distraeva di continuo e questo non le piaceva proprio per niente.
Quando le spiegava le cose e i vari metodi di pilotaggio, lo faceva con estrema calma e pazienza, il suo tono era suadente e musicale, il timbro della sua voce aveva un colore caldo, carezzevole ed era anche fin troppo gradevole da ascoltare. Harlock era cortese e disponibile e nonostante a volte scherzasse, o fosse ironico, alla fine stava sempre abbastanza sulle sue. A parte ciò era estremamente piacevole seguire i suoi insegnamenti sempre accurati e precisi. Insomma era decisamente bravo e molto portato ad addestrare. In realtà lei a volte s’incantava proprio, anche se si guardava bene da farglielo capire. Le pesava come un macigno ammetterlo, ma quel tenente era bello e pericolosamente fascinoso. Lo era al punto da darle quasi sui nervi, perché minava il suo autocontrollo. Non avrebbe dovuto in alcun modo essere attratta da lui. Era il nemico, era la summa di tutto ciò contro cui andavano i suoi ideali e suoi principi, era il più sbagliato che potesse incontrare, eppure, nonostante facesse fatica ad accettarlo, c’era qualcosa in lui che la attraeva magneticamente. Non era solo per via che fosse slanciato, atletico, con un portamento quasi regale, bello nei lineamenti del viso, con uno sguardo così profondo che avrebbe addirittura ammaliato un cieco, gentile, educato, a tratti ironico, decisamente impertinente e sicuramente accattivante.  
C’era qualcosa di più.
Aveva come un’aura naturale che catalizzava l’attenzione su di sé. In lui riconosceva senza ombra di dubbio il carisma del capo. Un leader nato, seppure atipico perché sembrava che non avesse bisogno di imporsi, ascoltarlo e seguirlo veniva quasi naturale a lei, come probabilmente a chiunque avesse a che fare con lui. Una sorta di incantatore alla cui malía era quasi impossibile resistere.

 

Essendosi totalmente immersa in questi pensieri non si era resa conto che erano già in fase di atterraggio. Aveva istintivamente lasciato i comandi a lui senza neppure quasi rendersene conto.
La navetta toccò terra dolcemente, quindi Harlock aprì il portellone e da gentiluomo quale comunque era, l’aiutò a scendere come faceva sempre.
Si trovarono così uno difronte all’altra.

Lui la guardava severo. Maya invece era ancora scombussolata.

“Credevi che non me ne sarei accorto? tagliò corto accigliato incrociando le braccia al petto “Pensi che sia proprio uno stupido? Uno che puoi prendere in giro a tuo piacimento?” le chiese adirato.

Ma davvero le dava quell’impressione? Questa cosa lo faceva incupire moltissimo.

Mentre faceva queste considerazioni improvvisamente si rese conto che era molto pallida, e aveva gli occhi meno vivi del solito, lo notò perché tremava appena. Aveva ancora la paura in circolo e pareva quasi assente. Come se avesse la mente altrove.
Improvvisamente si sentì un verme. Per placare il suo orgoglio ferito di maschio raggirato, si era comportato come un deficiente e le aveva fatto prendere un coccolone. Non era da lui fare certe spacconate, anche se tutto era stato calcolato nei minimi dettagli e sapeva di poter prendere la situazione in mano come e quando avesse voluto, in totale sicurezza per entrambi.

Stava per chiederle come stesse, ma lei lo precedette.
Improvvisamente si era come risvegliata e la rabbia, che si era sostituita alla paura, la fece sbottare.
“Mi domando che cosa possano avere visto in te per ritenerti un buon pilota!”.
Quelle parole colpirono Harlock come uno schiaffo in pieno viso.
“Ti pare serio giocare così con la morte?”.

Era furente perché si era spaventata, ma anche e soprattutto perché si era fatta scoprire, spingendolo a comportarsi in modo sciocco e azzardato.
Harlock non accettò di buon grado le sue parole.
Ma quale gioco? Era tutto calcolato, l’ho fatto decine di volte come addestramento, potrei farlo anche ad occhi chiusi cosa credi?” le rispose contrariato, mica era uno sprovveduto!
Poi aggiunse “Il punto è che hai mentito ancora una volta. Giochi a fare la dissidente spruzzando vernice su cose e persone come se facessi chissà quale gesto importante, mentre probabilmente sei solo troppo annoiata, volevo solo darti una lezione” ammise sinceramente infastidito. Sapeva di essere in torto ma gli veniva naturale difendersi e non cedere, era troppo orgoglioso.

“Tu credi che sia tutto un gioco? Credi questo?” gli rispose severa, quasi con dispiacere. Era ciò che pensava di lei? Che fosse una ragazzina viziata e annoiata?
“Guardati intorno. Fotografa con la mente questi posti perché tra un po’ potresti anche non vederli mai più!” aggiunse accorata indicando la natura che li circondava. “Sei un cieco! La tua coscienza è anestetizzata e la tua mente intorpidita è foraggiata dalle false informazioni che la Gaia Sanction distribuisce con sapienza. Tu, mio padre, tutti voi siete solo burattini a cui stanno sapientemente tirando i fili e neppure ve ne rendete conto!” sbottò arrossendo in volto, per via dalla foga che stava mettendo nel dire ciò che le stava così a cuore.

Harlock la guardava e dovette ammettere che quanto meno fosse appassionata e che forse non era mossa dalla noia ma da una sincera e vera dedizione ad una causa, in cui evidentemente credeva molto.
Era interdetto. Un po’ era ancora infastidito, un po’ era ammirato dalla determinazione di lei, e un po’ era decisamente cotto, perché poteva fare lo gnorri quanto voleva, ma non gli avrebbe dato così fastidio essere raggirato da lei se quella ragazza non le fosse piaciuta parecchio.

E non era per via che fosse bionda con gli occhi azzurri, una bocca da urlo e avesse un corpo armonioso.

Era diversa.
Non era la solita sciocchina che ancheggiando pensava solo ad enfatizzare le labbra con il rossetto, o a mostrare tette e gambe, per esercitare il suo potere sul maschio di turno. Non era neppure di quelle che facevano gli occhi dolci a destra e sinistra, perché in cerca di un
fidanzato. Men che meno sembrava il tipo da godersi l’attimo nel nome del divertimento spensierato.
Era luminosa.
I suoi occhi erano il riflesso di un’anima chiara, cristallina e avevano una profondità dove bastava un attimo e ti ci perdevi affogandoci dentro. Certo, era anche molto sveglia, determinata e volitiva. Tutto ciò non faceva che aggiungere fascino a questa creatura così eterea, ma così risoluta, una sorta di fiore d’acciaio. Bella e dolce, ma anche decisa e forte. Un contrasto così affascinante che lo aveva imbrigliato fin dalla prima volta che l’aveva vista.

“Ė vero, so guidare quella navetta. Che credi? Ciò che faccio non è un passatempo, a volte è pure pericoloso! Ė capitato di fare azione di disturbo alle vostre esercitazioni di pace proprio con queste navette. Ci hanno speronato e una volta ci hanno anche sparato, sappilo” gli disse con veemenza riportandolo bruscamente alla realtà.
Quelle parole furono un altro schiaffone che gli arrivò in pieno viso, scuotendolo.
Possibile? Da quando protestare era diventato fuori legge al punto di rischiare di uccidere degli innocenti? E perché questa organizzazione era così mal vista dalla Gaia?
Un sacco di domande cominciarono a turbinargli veloci nella mente.

“Ti levo dall’impiccio. Dirò a mio padre che sei stato un mostro di bravura e che sono già pronta per l’esame. Così tu te ne andrai per la tua strada e io per la mia” concluse irritata. Anche Maya era fin troppo infastidita dal suo comportamento e faceva fatica ad ammetterne il reale motivo, che deliberatamente ignorava.
Ad Harlock che volesse liquidarlo così, su due piedi, non piacque proprio per niente anzi lo indispettì a tal punto da fargli avere una reazione piuttosto contraria a quello che era il suo reale sentire del momento.
E chi ti dice che io non gli dica tutto della tua manfrina?” la sfidò.
Il fatto, per stupido che fosse, era che lui non voleva smettere di vederla e si stava letteralmente aggrappando alle funi del cielo.
“Cos’è questo, un ricatto?” chiese lei fissandolo malissimo.
Lui sospirò e abbassò la testa sbirciandosi imbarazzato la punta degli stivali. Ma che diamine stava facendo?
“No” rispose alzando di nuovo lo sguardo incrociando quello ceruleo e costernato della ragazza. “Senti io non voglio guai. Sono stato praticamente costretto a darti queste lezioni, quindi troviamo un accordo per rendere credibile questa cosa e facciamola finita. Di certo non puoi andare da tuo padre e dirgli che in tre giorni hai imparato a pilotare. Non è uno stupido mangerebbe subito la foglia”.

Aveva ragione lui, su questo Maya non poté far altro che convenirne.

“Quindi che vorresti fare?” gli chiese lei incrociando a sua volta le braccia al petto. Era appena più sollevata, sembrava rinsavito, stava ragionando, poco prima lo avrebbe preso volentieri a sculacciate come si fa con i bambini bizzosi.
“Intanto potrei insegnarti a volare ancora meglio di come sai già fare potrei insegnarti qualche trucchetto interessante” propose incerto, perché quello che stava per aggiungere colse lui per primo di sorpresa, ma non poteva e non voleva tornare indietro “E poi… insomma, potremmo cogliere l’occasione per passare del tempo insieme buttò lì casualmente.
A che pro scusa?” chiese lei scattando immediatamente sulla difensiva.
E ora? Questa novità che significava?
“A nessun pro!” saltò su lui come punto da un’ape.
Mamma mia era una cosa così abominevole per lei passare del tempo insieme a lui? Lo doveva proprio ritenere una brutta persona!
Ma poi perché le stava facendo una proposta del genere?

“Ė chiaro che dobbiamo portare avanti la commedia delle lezioni e magari potresti anche parlarmi di ciò che fai e del perché lo fai, così magari potresti illuminarmi, dato che non fai che ripetere che sono cieco, eccetera eccetera” disse velatamente polemico.

Ecco, la scusa giusta per potersi perdere in quegli occhi blu l’aveva forse trovata.
Inaspettatamente lei acconsentì. Harlock aveva toccato il tasto
giusto. Avere la possibilità di spiegargli che cosa stesse facendo e perché lo stesse facendo, fu la molla che la spinse ad accettare la sua proposta. In cuor suo voleva convincerlo della validità della causa che perorava e chissà, magari avrebbe anche potuto convincerlo delle sue ragioni. Lui non poteva saperlo ma c’era anche qualche militare che face parte attivamente della Gea Free.

“Va bene, si può fare, però devi darmi la tua parola d’onore che non dirai mai niente a mio padre” gli disse seria.
Harlock la guardò intensamente per qualche secondo, mettendola anche fortemente a disagio, perché i suoi occhi erano come sonde dell’anima che scavavano a fondo. Poi sospirò e le disse: “Mi dispiace darti questa pessima impressione, ma per me era implicito che non avrei parlato, credevo che l’avessi capito…” disse crucciato senza smettere di fissarla.

“Sembrava che ti divertissi a tenermi sulla corda”.
Non era stupida, si rendeva conto che al momento fosse sincero, ma era anche conscia che precedentemente fosse stato volontariamente ambiguo.
Lui girò la testa guardando oltre. Era stato scoperto. Dopo qualche secondo tornò a guardarla.
“Ė vero. Non lo nego. Ero adirato per la figura poco edificante che mi hai fatto fare. Ho solo giocato un po’, ma non avrei mai fatto nulla che potesse metterti nei guai. La vita è tua e ritengo che ognuno sia perfettamente libero di fare le sue scelte come vuole e come meglio crede. Non potrei mai intromettermi nelle decisioni altrui, posso giudicare delle motivazioni soprattutto se riguardano un ideale”. Le spiegò molto sinceramente. Certo non poteva dirle che forse si era comportato in quel modo perché lei le piaceva molto e perché per la prima volta aveva trovato una ragazza che non gli sbavava dietro come una lumaca. Cosa che tra l’altro, lo aveva completamente spiazzato, oltre che molto stuzzicato, perché non era abituato a questo tipo di situazione.

Maya lo aveva ascoltato e aveva notato che sembrava quasi mortificato, le ricordò un po’ uno scolaretto che si giustifica per non aver terminato i compiti a casa.

Capì, ma in un certo senso già sapeva che era leale, infondo avrebbe potuto tradirla mille volte e non l’aveva mai fatto. Era anche conscia che ciò che gli aveva fatto passare lei, doveva essere stato veramente umiliante per un militare come lui, ma nonostante ciò non l’aveva smascherata. Doveva riconoscere che alla fine non era neppure così orgoglioso, o dispettoso come poteva sembrare a tratti. Certamente non aveva un carattere troppo malleabile, ma sotto, sotto, doveva essere una bella persona. I suoi occhi erano lo specchio di un’anima nobile e anche molto appassionata.
Le parole che aveva detto sulla sua libertà di scelta le erano molto piaciute.
“Mi dispiace averti messo in difficoltà” ammise scusandosi “Non era una cosa personale contro di te. Devi capire che non potevo farmi scoprire, o a mio padre sarebbe venuto un infarto. Ti chiedo scusa” poi sospirò forte.
Doveva dirglielo?
Era molto combattuta a riguardo. Lui era e restava
il nemico e se gli faceva un certo tipo di confidenza poteva essere molto pericoloso ed anche incosciente. Era indecisa. Ma era anche conscia che prima o poi ci sarebbe arrivato da solo e forse si sarebbe sentito nuovamente tradito. Allora che fare? Era un bel dilemma.
Il cuore le diceva:
fidati! 
La ragione di rimando le rispondeva:
Attenta, non farlo!
Maya era una ragazza piena di passione, giovane e molto fiduciosa nel mondo e negli altri. Voleva cambiare il futuro e migliorare le cose, ma soprattutto voleva davvero con tutto il cuore fidarsi di lui.

Così agì d’impulso.
“Io sono il contatto Gea Free nella base. Sono io che passo tutte le informazioni riguardo le Death Shadows, se quel giorno mi avessero presa, i miei compagni avrebbero perso il punto di riferimento più importante qui dentro. Dovevo per forza scappare, in qualsiasi modo, e con qualsiasi mezzo, per questo sono stata sleale con te e ti ho spruzzato di vernice”.
Lui la guardò basito. Dapprima le sue scuse gli avevano regalato un momento di piacevole sorpresa, ma ora questa confessione lo aveva totalmente spiazzato.
“Ti rendi conto di che cosa mi stai dicendo?” le chiese accigliato, ma anche preoccupato “Non mi puoi dire queste cose, così, come se niente fosse!”.
Era matta? E ora lui che avrebbe dovuto fare?

Maya lo fissò molto seria “Se mi devo fidare di te devo farlo fino in fondo. Non ci può essere una mezza misura! Siamo nemici Harlock questo è chiaro. Tu stai da una parte della barricata e io dall’altra, il punto è: sapremo conciliare questa cosa, oppure saremo costretti a stare costantemente in guardia l’uno dall’altra per tutto il tempo che ci servirà per portare in fondo questa commedia?”.
Lo stava letteralmente mettendo alla prova. Harlock era strabiliato. Di solito era lui, che faceva quel genere di cose invece questa volta i ruoli si erano totalmente invertiti.

Era perplesso confuso e… ammirato! Ma non fece in tempo né a dire, né a fare altro.
“Pensaci e riflettici bene. Mi sono messa totalmente nelle tue mani, più di quanto non la fossi prima, anche se a dire il vero, hai sempre avuto il coltello dalla parte del manico e lo sai. Quindi devi deciderti tenente. Se mi vuoi tradire fallo entro le prossime quarantotto ore. Fallo onorevolmente, vieni a casa mia e racconta tutto a mio padre. Se invece pensi davvero ciò che mi hai detto, allora ci ritroveremo ancora una volta qui, all’hangar per fare una nuova lezione di volo, e come mi hai promesso mi insegnerai a perfezionare la mia tecnica di guida. E magari forse passeremo anche del tempo insieme e io ti spiegherò le mei ragioni su ciò che faccio e il perché. La scelta è solo tua”.

Detto ciò, senza attendere risposta, si girò per andarsene. Doveva farlo perché era troppo turbata dalla decisione folle che aveva appena preso: tutta istinto e niente cervello. I suoi capelli si mossero appena seguendo i suoi movimenti.
Harlock rimase fermo a guardarla che si allontanava, mentre nella sua testa il caos era imperante.

 

Glossario:

1 LUVIA: Sistema planetario inventato da me, nome inventato da me, in spagnolo e significa pioggia. Essendo inventato di sana pianta è vicinissimo alla Terra e viene raggiunto quasi simultaneamente grazie alla velocità fotonica

MOTORE A PROPULSIONE FOTONICA: cioè va quasi alla velocità della luce e ciò in pratica significa che da Marte alla Terra, con navette classe A3 ci si mette circa un’ora di tempo, considerando che la distanza tra i due pianeti varia in continuazione, quindi una volta sarà un po’ meno di un’ora una volta un po’ di più, eccetera. Per queste informazioni già presenti nel capitolo precedente ringrazio Angelfire123 per la sua consulenza fantascientifica e per il calcolo matematico della distanza variabile. Grazie!!!

 

 

 

 

 

 



 

 

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MA CIAO!!!! Come promesso rieccomi ad ammorbarvi con le mie elucubrazioni mentali sul giovane Harlock! Sono quasi puntuale sulla tabella di marcia, quindi d’ora in poi si torna al postaggio settimanale con forse qualche sorpresa :) vedremo! Ringrazio tutti voi per la pazienza e ringrazio ovviamente chiunque passerà a leggere e commentare! Come ringrazio (ma lo avevo già fatto in via privata) tutti quelli che hanno lasciato messaggi all’avviso sia pubblici che in PM. Grazie :*

 

FUI HARLOCKED Come avrete notato ho cambiato nick name. Era da un po’ che ci pensavo alla fine mi sono decisa. Perché? Mah… per via che comunque Harlockd era nato da una battuta ed è un nick name troppo legato ad un fandom e poi io sono effettivamente divergente, mentre trasversale è una cosa mia e della mia amica Azumi che è anche molto bella, di cui la ringrazio di cuore.
Voi chiamatemi come vi pare a me sta bene tutto! Come il nostro Capitano, sono per la libertà! ;)
I cambiamenti non sono finiti qui, come avrete visto è morto pure l’angolo caffè thé e pasticcini! Rinnovarsi non fa mai male e sono un moto perpetuo sappiatelo :P

 

 

GRAZIE con sincero affetto e gratitudine a tutte le persone (e loro sanno chi sono) che in questo mese si sono fatte sentire, chi un modo chi nell’altro, che sanno alcuni perché e qualche percome della mia assenza, della mia real life, eccetera eccetera (ripeto loro sanno). Grazie sappiate che ho apprezzato OGNUNO di voi! :*

Un saluto particolare alle ragazze di Lucca con cui c’è stata la condivisione di una giornata MEMORABILE!!!! (Con alcune più di una a dire il vero) :D Vi abbraccio! Grazie! :*
Eh sì! Un motivo (bello) della mia assenza è stato il Lucca Comics and Games durante il quale ho cosplayato il nostro amato capitano! Forse prossimamente vi farò vedere una foto, non ho ancora deciso :P

 

QUESTO CAPITOLO è dedicato a me! Perché sono una fottuta araba fenice e nonostante tutto mi voglio tanto bene e risorgo sempre! :D

CURIOSITA’  Questa è all’incirca il tipo di navetta usata da Harlock e Maya per la scuola guida, l’ho vista, mi è piaciuta e la condivido con voi! ;)


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GRAZIE Capitano anche stavolta ce l’abbiam fatta! ♥♥♥

 

 

 

––––•••·.·•••––––

 

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi!
Alla prossima volta! =D

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Capitolo 9
*** ARCADIA ***


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-8-

ARCADIA

 

Era passato un po’ di tempo da quando Maya aveva messo il suo segreto nelle mani di Harlock. Ovviamente non l’aveva smascherata e da allora avevano continuato la famosa scuola guida. Come promesso, le stava insegnando alcuni trucchi per pilotare in modo migliore quelle navette così sofisticate e così potenti, piccole e molto simili a quelle in dotazione ai civili, che venivano usate nel traffico interstellare.
La ragazza si stava dimostrando piuttosto portata per la guida e nonostante a volte avesse qualche problema a gestire i riflessi, apprendeva velocemente. Probabilmente aveva ereditato una certa abilità dal padre che, prima di avanzare di grado e diventare generale, era stato un ottimo pilota.
Starle vicino, aveva
convinto il giovane tenete del fatto che perseguisse con vera passione un ideale, a cui la ragazza credeva fermamente.
Maya non parlava molto della Gea Free e dei loro piani, era ancora guardinga nei suoi confronti, ma cercava di fargli notare con tutte le sue forze che qualcosa, nel modo di agire del governo, non andava.
La guerra era finita in modo repentino, senza reali vincitori né vinti. Si millantava un accordo tra le varie potenze coinvolte. Ovvero quelle che avevano spalleggiato i terrestri nel loro intento di tornare per l’appunto
a casa, e quelle che avevano osteggiato questa possibilità, in quanto a loro dire, la Terra era diventata un pianeta invivibile e non ripopolabile.
Il punto era che il Pianeta Azzurro non sembrava poi così martoriato come la Gaia Sanction andava dicendo. Era vero che c’erano delle zone devastate dalla carestia, pressoché del tutto prive di risorse, ridotte quasi a deserto, ma c’erano anche tante altre zone, tipo quella dove sorgeva Oceania Tredici, che erano floride e ricche. Quindi se avevano riedificato e reso nuovamente fertili quei luoghi, trasformandoli in cittadelle militari, perché non farlo anche con le zone più disastrate?
Era ciò su cui più batteva la tesi della ragazza, che effettivamente portava quanto meno il Falco a rifletterci sopra.
Inoltre c’erano anche altri fattori nebulosi. Ad esempio, i mezzi d’informazione dicevano che la neonata Coalizione
Gaia, stava studiando come risolvere il problema carestia e desertificazione. Stavano riattivando in modo strettamente contenuto il controllo climatico di certe zone ormai aride e semi desertiche, anche se per loro, il problema maggiore, dicevano che fosse stata la sovrappopolazione, che, succhiando senza posa risorse organiche era stata la causa della quasi morte del Pianeta. Quindi erano molto decisi nell’affermare che non potevano permettere di far tornare più popolazione di quella che la Terra potesse ospitare e sopportare. Un numero esiguo, a cui sarebbe stato applicato un ferreo controllo delle nascite. La restante parte dell’umanità avrebbe dovuto per forza ripiegare e accettare di vivere nelle colonie interplanetarie.
Come e perché avrebbero scelto chi far tornare e chi no, non era ancora chiaro, si sapeva soltanto che era stata costituita una commissione di persone altamente qualificate, tra psicologi, antropologhi, etologi e quant’altro, che si stavano occupando della cosa per trovare una soluzione equa e non discriminatoria.  

Maya diceva ad Harlock con ostinata fermezza, che tutto ciò era una vergognosa menzogna. Uno specchietto per le allodole, costruito a tavolino e divulgato in modo mirato dai mezzi d’informazione, che sempre secondo lei, erano abilmente pilotati miscelando verità e bugie, in modo tale da mescolare abilmente le carte in tavola, tanto da confondere ad arte le idee alla gente per tenerla buona. La popolazione era ancora stordita dalla fine della guerra, e furbescamente venivano loro propinati fatti tragici e destabilizzanti da una parte, e una miriade di belle promesse e impegni di riedificazione dall’altra. Alla fine non veniva fatto niente o quasi, salvo qualche furba azione puramente dimostrativa atta a placare e distrarre le
folle.
In realtà i profughi continuavano a restare tali, su colonie in vari pianeti terrificati più o meno accoglienti, o su satelliti artificiali orbitanti nello spazio. La Terra, di fatto spopolata era in mano all’esercito. Niente di realmente concreto veniva effettivamente effettuato per rimettere a posto le cose e permettere ai terrestri, di rientrare nel loro pianeta d’origine.

La sovrappopolazione non era mai stata il vero problema. Il Pianeta Azzurro in realtà era stato dissanguato da uno sfruttamento folle ed incosciente delle sue risorse per biechi interessi economici, appannaggio di pochissime mega multinazionali, che in modo selvaggio avevano succhiato, come ingordi vampiri, tutto ciò che poteva dar loro denaro e quindi potere. Per fare ciò, non si erano nemmeno fatti scrupoli a martoriare la Terra, con i famigerati esperimenti sul controllo climatico, che avevano finito per creare degli sbalzi di temperatura che avevano portato a conseguenze al limite dell’apocalittico. In questo modo, avevano quasi del tutto distrutto l’equilibrio naturale del pianeta, facendo accadere una serie di devastanti cataclismi, che avevano accelerato il processo di desertificazione e desolazione che aveva colpito inesorabilmente il Pianeta Azzurro. Solo quando questi esperimenti furono terminati, lentamente, la natura aveva cominciato a riprendere il suo ciclo e alcune parti erano miracolosamente tornate a nuova vita. Perciò questo tipo di sperimentazioni erano state condannate e dichiarate fuori legge, salvo essere solo ed unico appannaggio del governo, che dichiarava di usarli con parsimonia e unicamente come ultima risorsa, quando ce ne fosse stato bisogno.

 

Tutte queste cose cominciavano a far riflettere Harlock, le cui inossidabili certezze sulla bontà degli intenti della Gaia Sanction, cominciavano un po’a scricchiolare.

Di contro però non c’erano prove né certezze, erano solo considerazioni e riflessioni di quella giovane ragazza, molto bella e piena di passione, mossa da ideali nobili che la portavano a credere ciecamente ai capi di questa organizzazione che, a suo dire, aveva agganci diretti con il governo per carpirne informazioni. Più o meno lo stesso discorso che gli aveva fatto Tochiro.
C’era quanto meno da fermarsi a pensare, riflettere e valutare, ed in effetti questo faceva il Falco sebbene poi, quando era con lei, a volte si chiudeva a riccio e a tratti si estraniava, perché la ragazza cominciava a piacergli in un modo, che lui riteneva molto preoccupante, che lo turbava e lo consumava anche un po’. Era pure dimagrito, perché spesso saltava i pasti e si dimenticava di andare a mensa mangiare, passando ore ed ore a rimuginare, steso sul letto, con le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo fisso al soffitto.
Ovviamente il suo chiodo fisso erano due limpidi spicchi di cielo, che ormai lo avevano completamente ammaliato, in modo pericolosamente inarrestabile.

 

 

 

*



Quel pomeriggio Harlock si trovò libero dalle sue occupazioni giornaliere prima del previsto.
Infatti gli Space Cowboys avevano finalmente concluso il ciclo di simulazione di volo spaziale sui prototipi. Dovevano solo completare gli studi e il training fisico per una lunga permanenza nello spazio, in modalità gravità artificiale, e poi sarebbero partiti per la base spaziale Woomera*1, di cui nessuno conosceva le coordinate, tranne un ristretto e fidatissimo numero di persone, tanto da fare diventare quel posto quasi una leggenda, dato che comunque era una base orbitante segretissima. Molti ne mettevano in dubbio anche l’esistenza stessa, ma tutto ciò non poteva che essere un bene per la sua inviolabilità, poiché Woomera al suo interno custodiva la mini flotta più potente della Gaia Saction, ovvero le quattro navi Death Shadows a motore dark matter.
Di lì a poco, su di esse, i quattro Space Cowboys avrebbero cominciato a fare i reali test di guida nello Spazio. In special modo avrebbero preso confidenza con l’ammiraglia per le manovre manuali con il timone, per far capire al Sergente Lee in via definitiva chi potesse diventarne il Capitano.


Quello stesso pomeriggio, anche Maya aveva disdetto la loro lezione di volo. Aveva inviato ad Harlock un messaggio di testo sul suo share-phone, scusandosi per un impegno improvviso e lui senza pensarci troppo su, aveva deciso di andare cavalcare.
Era una cosa che si era ripromesso di fare fin da quando era arrivato sulla Terra, ma per via di una cosa, o dell’altra, non c’era mai riuscito, così grazie a quella serie di circostanze favorevoli, aveva colto l’occasione al volo.
Gli avevano detto che c’era una specie di maneggio in una parte più distaccata della base, e una volta trovato l’indirizzo, vi si era recato entusiasta.
Aveva sempre amato andare a cavallo. Era una cosa che lo metteva di ottimo umore e che lo faceva sentire incredibilmente bene. Lo rilassava molto. In quel momento ne aveva bisogno perché era sotto forte pressione per via dell’addestramento, ma anche per via di ciò che quella ragazza gli smuoveva dentro. Era in una gran confusione sia per ciò che gli diceva circa la Gaia Saction, ma soprattutto per ciò che gli causava la sua presenza e la sua vicinanza. Era attratto da lei in modo bivalente: affascinato dalla sua mente e ammaliato dalla sua bellezza. Ciò lo rendeva sempre molto agitato e lo teneva sulle spine perché era eccessivamente preso da lei.

Aveva bisogno di calma. Di riflettere e di riprendere le fila.
Doveva distrarsi e non pensare a nulla, cavalcare era la cosa più giusta per liberarsi la mente.

Quando finalmente arrivò ed entrò nelle stalle, ebbe un colpo di fulmine per un esemplare di Murgese*2.
Un animale fiero, bellissimo, che scoprì essere una femmina. Aveva il crine lucido e nero come la pece, la muscolatura asciutta, e lo sguardo penetrante. I loro occhi s’incontrano, ed Harlock, in quei due profondi abissi bui come la notte, individuò qualcosa di familiare, qualcosa che riconobbe e che gli somigliava. Era una sorta di guizzo di febbrile insofferenza, capì subito che doveva assolutamente montarla, rifiutandosi di prendere in considerazione altri animali.
Espletate le formalità per il noleggio, la prese in consegna e con un gesto rapido e fluido gli salì in groppa.

Sì sentì subito a suo agio, come se la cavalcasse da tempo.
Il suo nome era Arcadia
*3 ed era davvero una bellissima puledra. Uscì dal recinto. L’aveva prenotata per qualche ora, perché voleva farsi una bella passeggiata nella parte più selvaggia di Oceania Tredici, sempre però a ridosso della base militare.
Partì con calma, al passo, poi fu la volta del piccolo trotto, senza furia, lasciando che Arcadia si abituasse a lui, al suo modo di guidarla, alla sua cavalcatura, al suo peso e alla sua fisicità.
Si concessero una lunga e tranquilla passeggiata in cui fecero conoscenza, poi il Falco carezzandole il crine e parlandole piano, cambiò direzione e, nuovamente al passo, si diresse verso la spiaggia.

Appena arrivati sulla sabbia la cavalla nitrì. Harlock sorrise e le carezzò nuovamente il manto corvino, dandole anche dei lievi buffetti.
Si erano subito
capiti, era come se lei avesse intuito la smania del suo cavaliere e la condividesse. Di fatti, come aveva poggiato gli zoccoli sulla rena, aveva cominciato a dare lievi segni d’impazienza, sebbene fosse rimasta ferma attendendo gli ordini del suo cavaliere.

“Ora io e te signorina ci divertiremo un po’” le disse sornione già pregustando ciò che aveva in mente di fare. Anche lui aveva percepito questa grande sintonia con quella puledra, così non perse altro tempo e la guidò fino alla battigia. Appena arrivati allentò leggermente le redini, strinse le gambe, schioccò la lingua. A quel punto l’animale, capito il comando, si lanciò subito al galoppo. Immediatamente il cuore di Harlock, per l’emozione, cominciò a palpitare furioso, seguendo il ritmo scandito della corsa della cavalla.
Cavalcava selvaggiamente, incitando l’animale in una corsa sfrenata e liberatoria. Ora che Arcadia stava andando a tutta velocità e con grande potenza, si sentiva spinto con forza avanti e indietro dai suoi movimenti rapidi e cadenzati che lui assecondava con elegante  potenza. La puledra correva facendo guizzare i muscoli nervosi in sincrono con il suo cavaliere, in un armonico ondeggiare quasi scivolato sulla sella, che sembrava essere una sorta di perfetto duetto. Harlock riusciva senza fatica alcuna a seguire i movimenti dell’animale, che con forza e grazia affondava gli zoccoli nell’arenile, producendo schizzi salini, che gli bagnavano i pantaloni. Il vento gli sferzava piacevolmente il viso, scompigliandogli i capelli che ondeggiavano disordinati. Tutt’intorno percepiva l’odore prepotente del salmastro, che gli riempiva le narici saturandogli i polmoni e pizzicandogli appena la gola. Lo respirò con soddisfazione inalandolo dal naso.
Il mare con il suo infinito
incanto, la sua placida forza e il suo profumo salato era uno dei più grandi amori della sua vita. Lo riempiva e lo rendeva pieno di forti emozioni.  
Quella straordinaria cavalcata sulla spiaggia era, simile nella sua potenza, ad una freccia che scagliata a forza saettava nel vento, creando una perfetta armonia tra cavallo e cavaliere. Era come se da due esseri fossero diventati una cosa sola. Stava bene come non accadeva da tempo. Fu preda di un’emozione intensa e prepotente che lo inebriò.

Si sentiva completamente e totalmente libero e felice. In quel momento egli stesso era aria, vento e mare, un tutt’uno con la natura che lo circondava. Istintivamente lasciò le redini e allargò le braccia, continuando ad assecondare con il corpo la cavalcata. Gettò la testa indietro, quindi spontaneamente urlò di gioia.
Fu un gesto liberatorio che lo sciolse da ogni pensiero e da ogni preoccupazione che lo turbava.
In lui c’era qualcosa di selvaggio e qualcosa d’indomito che ogni tanto premeva e sembrava dimenarsi per uscire fuori allo scoperto. Era uno spirito libero, profondamente libero, che si era volontariamente ingabbiato in una carriera militare, per sedare e dominare quella parte indocile che bruciava dentro di lui. Sebbene spesso riuscisse a domarla e a ridurla al silenzio, relegandola nei meandri più reconditi del suo animo, era viva e vibrante e faceva parte di lui.
Era la sua natura c’era poco da fare, molto simile proprio ad
un falco e come tale ogni tanto doveva volare alto e slegato, lontano da tutto e da tutti, per riappropriarsi della sua più profonda identità.
Cavalcare era la cosa più bella e più appagante che potesse fare, per raggiungere questo suo scopo interiore. Quella corsa sfrenata lo stava aiutando ad estraniarsi e liberarsi di pensieri, domande e dubbi.
Arcadia, con cui era arrivato ad una totale intesa in cui entrambi si erano totalmente fidati l’uno dell’altra, era stata senza dubbio la migliore compagnia per un pomeriggio anomalo, che orami stava volgendo alla sera, tingendosi di rosso, regalandogli la meravigliosa immagine di un sole aranciato, che sembrava quasi tuffarsi nell’orizzonte di un mare calmo e piatto come una tavola.
Quanto poteva essere meravigliosamente bella la Terra? Si chiese davanti a quella vista che gli stava facendo quasi male, da quanto lo emozionava. Ciò inevitabilmente lo riportò a pensare lei: Maya.

Alla fine di quella corsa, perso nei colori strabilianti di quell’incredibile tramonto, non poté che ricordarla, perché quello spettacolo lo riempiva e gli nutriva l’anima, ma improvvisamente si rese conto che aveva poco senso, perché, nonostante quella grande emozione, avvertì come una sorta di vuoto. Fu come se la bellezza e la gioia di quel momento, non avessero alcun senso se non potevano essere condivise con qualcuno, e quel qualcuno, si sorprese a desiderare che fosse proprio lei.
Gli sarebbe bastato solo averla accanto, in silenzio, ma vicina, per completare la perfezione di quel quadro fatto di elementi naturali e forti emozioni interiori. Lei, la summa di tutto.

Probabilmente fu in quell’esatto momento, che prese piena coscienza del fatto che provava per Maya qualcosa che mai aveva provato prima nella sua giovane vita. Mentre tornava alle stalle si scoprì pensieroso e incupito. Qualcosa gli stava germogliando dentro, un’emozione atipica e sconosciuta che lo rendeva al contempo sia fragile che forte. Gli dava certezza e confusione, gioia e apprensione. Tutto ed il contrario di tutto. Come diceva un famoso e antichissimo poeta e scrittore, non era altro che pesante leggerezza, disarmonico caos di forme belle*4.
Era ciò che comunemente viene definito innamoramento. Quella fase iniziale di piacevole babilonia così prepotente da essere destabilizzante, come se fosse stato sballottato da una giostra impazzita, in cui si rincorrevano una miriade di sensazioni ed emozioni nascenti. L’alba di una nuova era nella vita di ognuno. Era la sua prima volta, la più bella e la più intensa. Un’esperienza unica che gli si era rivelata durante una cosa che amava: cavalcare. Al termine di quella corsa insieme a quella puledra fiera ed indomita, aveva scoperto che, nonostante tutte le brutture, che aveva visto e passato durante la guerra, ora potevano esserci davvero nuove cose da scoprire e godere.
Per questo non si sarebbe mai dimenticato di quella cavalcata e del prezioso dono che gli aveva fatto Arcadia.

Un giorno avrebbe avuto memoria di quel magico momento insieme a quello splendido animale che, per una strana casualità del destino, portava il nome della nave di cui sarebbe stato il Capitano. Gli avrebbe rammentato che sapore avesse il gusto della libertà, regalandogli un anelito di speranza. In momento, in cui tutto gli sarebbe parso perduto, quel ricordo gli avrebbe fatto credere che forse ci sarebbe potuta essere una via d'uscita, e lui l'avrebbe perseguita a costo di qualsiasi sacrificio, in nome di ciò che in quei giorni aveva vissuto sulla Terra.

 

 

 

1 WOOMERA: Ė il nome reale di una vasta zona militare situata al centro dell'Australia meridionale, in pieno deserto. È un'area proibita che misura attualmente 127.000 km quadrati ed è la più grande area militare del mondo. Ha approssimativamente la grandezza dell'Inghilterra, o della Florida. La Zona Proibita di Woomera comprende il poligono militare Woomera Test Range, il Cosmodromo di Woomera e la città di Woomera.
Fonte Wikipedia.
Ho scelto questo nome principalmente perché mi piaceva il suono musicale, ma anche perché si rifà ad una zona militare spaziale esistente e segretissima.
2 MURGESE: Grazie ad Oscartango, una cavallara con esperienza in Ippoterapia (Visitate la sua Equioasi Arcardia!!!) che mi ha consigliato il cavallo giusto per il Capitano essendo lei assai più esperta di me in materia equina :) Me lo ha descritto così: nero, fiero e di carattere forte e testardo. Origini pugliesi. Direi perfetto no? ;)
3 ARCADIA: Se non ricordo male non viene mai spiegato perché l’ammiraglia si chiami Arcadia, men che meno nel film, quindi ho immaginato ed inventato questa MIA personale versione dei fatti: Tochiro ha inventato il nome e dall’incontro con questa puledra, Harlock apprezzerà ancora di più questo nome, che grazie a questa cavalcata assocerà al simbolo di libertà!.

4 CIT. : "Perché questo litigioso amore o amore odiato tutto quanto dal nulla fu creato... vanità seria, pesante leggerezza... disarmonico caos di forme belle" Giulietta - (Tratto da William Shakespeare's Romeo + Juliet del 1966 di Baz Luhrmann (All rights reserved, no copyright infringement intended) )

 

 

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SORPRESA! Eccomi di nuovo tra voi con un capitolo bonus! Ho deciso poi di postarlo perché è un capitolo particolare e di raccordo e siccome sono stata assente per più di un mese ho pensato di farvi cosa gradita con un postaggio in più, è anche un modo per ringraziarci della vostra pazienza ;) Non credo che riaccadrà nell’immediato futuro che possa postare 2 capitoli a settimana, ma mai dire mai ;) Quindi dalla prossima volta cioè domenica o giù di lì si rientra nei ranghi normali ;)

 

GRAZIE di cuore a tutte le persone che hanno letto e un bacione schioccoso a chi ha recensito  :)

Questo capitolo è di proprietà di chi sa, e perché ;)
Grazie comunque a chi passa di qua segue e legge, per me è sempre un regalo la vostra attenzione


CURIOSITA’ Questo cavallo è un murgese, o almeno così dice google quindi si suppone che Arcadia più , meno possa essere così


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GRAZIE Capitano ti ho fatto cavalcare… su ora non protestare, ci sono vari modi di cavalcare non fare il pignolo e accontenti! =D

––––•••·.·•••––––

 

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi!
Alla prossima volta! =D

 

 

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Capitolo 10
*** FORTUITE COINCIDENZE ***


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-9-

FORTUITE COINCIDENZE

 

 

“Lei non sarà mai d’accordo!” commentò serio Bakin al compagno attivista Joshua.
L’altro lo guardò deciso ed un lampo di sfida gli attraversò le iridi.
“Ė per questo che per ora non le diremo niente. La metteremo di fronte al fatto compiuto, vedrai che allora non potrà che lodarci e forse darci un encomio, o meglio un incentivo”.
Bakin non era convinto. Ciò che aveva in mente Joshua era decisamente molto pericoloso, soprattutto per Maya che si sarebbe dovuta prendere il rischio più grande. Certo, la missione era anche allettante, una vera e propria dimostrazione di forza che sarebbe servita a far capire alla Gaia Sanction che non avevano a che fare solo con dei fastidiosi contestatori, ma con un nutrito gruppo di persone pronte a qualsiasi cosa per far valere i propri diritti.
“Se posso dire la mia senza che ti arrabbi…” cominciò Bakin “…temo che una cosa del genere potrebbe costare cara a Maya”.
Joshua s’irrigidì e divenne di colpo serio, non voleva perdere troppo tempo a convincere quel sempliciotto, anche se gli serviva per realizzare il suo piano “Credi davvero che la figlia di Ishida, quando le cose si faranno serie, starà dalla nostra parte? Sei così ingenuo ed idealista? Lei è la figlia del nemico, non dimenticarlo mai!”.
“Ma non sta a noi decidere, dovrebbe farlo il nostro capo sezione! Noi siamo solo militanti, non possiamo disporre di un nostro pari”.
“Io voglio solo il bene della causa. Il nostro capo sezione è troppo impegnata. Ė una donna d’affari e sebbene questa sua attività serva a coprire la sua militanza, lei è sempre assente, non possiamo ogni volta aspettare il suo benestare. Le cose vanno troppo a rilento e non stiamo ottenendo nulla di concreto. È giunto il momento di agire, abbiamo un’occasione unica e la sfrutteremo, con o senza il suo permesso!” spiegò spazientito Joshua.
Bakin era ancora incerto.
“Senti deciditi, fallo in fretta, e se non sei d’accordo dileguati e non ti azzardare a farne parola con nessuno, chiaro?” lo minacciò Joshua “Dimentichi forse che tuo padre è stato costretto a lasciare la sua casa e la sua famiglia? Esiliato dalla Terra è stato umiliato e ridotto quasi ad un mezzo schiavo per estrarre minerali in quella colonia su Keepler
*1.? Dimentichi che si è ammalato di nervi e si è impiccato? E tu ancora hai remore per questa gente? Lei è una di loro e per quanto si sforzi, lo sarà sempre, quindi la useremo per quanto ci è utile e poi la scaricheremo. Non possiamo fidarci. Siamo in molti a pensarla così e faresti bene anche tu a farti crescere un po’ di pelo sullo stomaco o non vendicherai mai tuo padre!”.
“Ma è una brava ragazza… ha sempre rischiato un sacco per la causa…” protestò debolmente Bakin. Era un animo buono e semplice, non capiva il livore di Joshua.
“Ė vero è un’ottima persona, ma non è affidabile perché è figlia di un generale, nostro nemico, che non esiterebbe a farci fuori se lo ritenesse necessario. Nessuno meglio di te sa che la famiglia viene prima di tutto. È inevitabile, lei alla fine sceglierà la sua famiglia. Stai tranquillo, non le capiterà nulla di grave, ci penserà sua padre a toglierla dai guai. Questa è la nostra unica grande occasione per fare un servizio alla causa. Si tratta delle famigerate navi Death Shadows! Ti rendi conto? Diventeremo degli eroi! E se dobbiamo immolare Maya per questo risultato lo faremo, pensa a tuo padre e quanto sarebbe orgoglioso di te” rincarò Joshua, toccando sapientemente i giusti tasti.
Bakin sospirò ed abbassò lo sguardo. L’immagine di suo padre vitreo in quella capsula lanciata nello Spazio con una cerimonia frettolosa e fredda, gli dette la spinta finale per acconsentire al folle piano dell’amico.
“Va bene ci sto’…”.
Joshua sorrise soddisfatto e l’abbracciò.
Sarebbe diventato lui il capo sezione al posto di quella donna inconcludente, era solo questione di tempo, avrebbe calato il suo asso dalla manica e avrebbe fatto jackpot.

 

*


“Oh allora?!” disse Devasto, dando una vigorosa pedata al fianco del letto dove Harlock era mollemente sdraiato.
“Non mi va” rispose laconico il Falco.
Joe roteò gli occhi e il Freddo guardò l’orologio impaziente.
“E dai vieni con noi! Te ne stai sempre rinchiuso in camera. Non esci più ma che ti prende?” gli chiese preoccupato Tochiro, anche se cominciava a sospettare quale potesse essere il motivo di quella strana apatia del suo amico.
“Andiamo, sei il nostro catalizzatore di patata non ci puoi mollare così!” brontolò piagnucolando Devasto.
“Mi sa che è proprio la patata il suo problema” sentenziò drastico il Freddo iniziando a spazientirsi.
“Siete proprio dei cafoni!” saltò su Harlock molto contrariato.
“Ommamma!” fece Devasto agitando le mani “Non mi dirai che ti stai innamorando eh? Magari di una che neppure te la dà?”.
Harlock lo fulminò con un’occhiataccia “Crescerai un giorno?” gli chiese torvo.
“Andiamo Franklin, fatti una risata. Vieni a bere una birra con noi. È la festa di mezza estate e tutta la base fa baldoria. Che ci fai qui, a letto, da solo?” gli chiese Tochiro scrutandolo. Era così strano ultimamente, sempre immusonito e perso in chissà quali pensieri, troppo sfuggente e solitario. C’era qualcosa che lo turbava, era innegabile.
Harlock sbuffò forte “Va bene vengo, che palle che siete tra tutti!” sbottò, lasciandosi
andare ad un insolito turpiloquio per niente da lui. Si abbottonò la divisa e si riavviò i capelli, quindi di mala voglia seguì gli altri.
Vipera intanto li aspettava al pub più in voga di Oceania Tredici: l’Endless Odyssey
*2.
Il locale era stracolmo di gente chiassosa e ridanciana che dette subito sui nervi al Falco; si chiese perché si fosse fatto trascinare in quella bolgia infernale piena di oche starnazzanti e di soldati già troppo alticci. Era molto contrariato, non avrebbe dovuto seguirli, ma ormai era fatta e così decise che avrebbe bevuto anche lui.
Si sedette al tavolo presso il quale li aspettava Vipera e ordinò una pinta di birra scura con uno shottino di Irish whiskey. Non appena gli portarono la sua consumazione, infilò per intero il bicchierino direttamente dentro il boccale e cominciò subito a bere. Forse l’alcool l’avrebbe rilassato un po’.
Dato che era difficile, se non addirittura impossibile, parlare vista la confusione che c’era, cominciò a vagare distrattamente con lo sguardo per il locale.
Tochiro intanto lo osservava, voleva cercare di capire che gli passasse per la testa.
Devasto invece puntava ogni essere di sesso femminile che il suo sguardo riusciva ad intercettare, facendo delle radiografie minuziose e lasciandosi andare a commenti decisamente coloriti.
“Insomma mi sembra che siamo a buon punto, no? Tra un po’ si parte con i test seri, quelli sulle navi vere!” commentò il Freddo bevendo direttamente dalla bottiglia la sua Guinnes.
“Sì. Siamo al giro di boa” aggiunse soddisfatto Vipera che osservava Harlock, perché anche lui lo trovava troppo strano ultimamente.
Nessuno di loro sapeva delle lezioni di volo a Maya.
Il Falco era immerso nei suoi pensieri. Era come sempre preso tra due fuochi. La sua missione e lei. Era sempre più attratto da quella ragazza che allo stesso tempo, gli stava mettendo in testa un sacco di dubbi sulla Gaia Sanction. Non ci capiva più nulla, era confuso e questo non gli piaceva affatto.
Beveva annoiato la sua birra ascoltando distrattamente gli altri, quando ad un certo punto la vide.
Gli prese un colpo.
Era bellissima. Indossava un vestino leggero, chiaro e fiorito. Gli parve ancora più femminile del solito. Gli piaceva da morire come si muoveva perché era spontanea, aveva una finezza innata che la faceva sembrare regale, ma allo stesso tempo era molto dolce e giocosa, mai sguaiata o eccessivamente provocante. Non faceva la femme fatale né si atteggiava a donna del mistero. Era bella, ma sembrava quasi non saperlo e ciò creava un contrasto affascinante, tra semplicità ed innata sensualità, che era fulminante o almeno lo era per lui. I capelli morbidi e lucidi le danzavano leggeri sulla pelle nuda, l’abito era senza maniche sorretto da due finissime spalline, non molto scollato, attillato in vita, ma con la gonna, morbida e frusciante, lunga appena fin sotto il ginocchio. L’aveva vista sorridere amabilmente ad alcune persone che si erano fermate a salutarla, poi si era seduta al bacone del bar. Era radiosa. Emanava luce. Bellissima. Gli venne una sorta di stretta allo stomaco che neanche l’alcool riuscì a sedare.
“Ti sei incantato?” gli chiese Devasto riportandolo alla realtà “Ahhhh punti la bionda?” gli chiese sornione, seguendo la direzione del suo sguardo “Davvero una bella gnocca!”.
Harlock si girò e lo guardò male “Un aggettivo diverso da gnocca, topa o sgnacchera lo conosci?” ringhiò.
Tochiro scosse la testa e si portò una mano alla fronte, tra tutte le donne presenti nella base, Harlock sembrava molto, troppo, interessato proprio a quella! Che scherzo del destino, pensò.
“Lo sai chi è?” gli chiese interessato Vipera.
Harlock lo guardò scrutandolo e non rispose.
“Dovresti aver capito che in fatto di donne è ermetico. Ma questa volta vorrei capire anche io, se conosci la figlia di Ishida” disse serio il Freddo, rivolgendosi prima a Vipera e poi ad Harlock.
“Sì, la conosco. Problemi?” gli rispose secco. Non intendeva dir loro altro.
“Non ci andrai mica a letto eh?” chiese preoccupato Devasto.
Vipera rise sotto i baffi.
“Dubito” rispose per lui il Freddo.
Tochiro stava zitto e cercava di capire dallo sguardo del suo amico di che natura potesse essere quella conoscenza, anche se adesso cominciava a capire molte cose.
Harlock era molto infastidito dai discorsi di quei tre e continuava a fissarla, quando all’improvviso scorse quel tenente che l’aveva chiamata troietta avvicinarsi a lei e sederle accanto.
Sentì d’improvviso una sorta di rivoltone nello stomaco, una specie di morso che gli accese come una fiammata e gli bruciò maligna nel petto. Gli salì serpeggiando  una rabbia sorda che fece fatica a controllare. Questa sensazione di malessere crebbe nel vedere come quello animatamente le parlasse, chiaramente facendo lo splendido, mentre lei di rimando, lo ascoltava e gli sorrideva. Sembrava così presa…
Finì la birra in velocità e si alzò, mentre gli altri quattro lo guardarono interdetti.
Lo videro allontanarsi a passo deciso, quasi marziale, mentre si dirigeva verso il bancone dove erano seduti a bere quei due.
“Salve!” disse sfoderando un sorriso da perfetta faccia da schiaffi, infastidendo subito l’altro, e facendo al contempo sussultare interdetta la ragazza, che se lo ritrovò davanti senza neppure capire da dove fosse sbucato.
“Eccomi Maya, sono arrivato. Andiamo” disse prendendola risolutamente per un braccio.
“Co… come arrivato?” fece quello che non capiva. Era sicuro di avercela finalmente fatta. Erano mesi che faceva disperatamente il filo alla figlia di Ishida e ora arrivava quel frescone, con cui aveva fatto anche a botte, e se la portava via? Eh no! 
“Veramente la signorina era con me!” disse alzandosi fronteggiandolo, sebbene fosse assai più basso del Falco, che lo guardò come se fosse stato una piccola cimice da schiacciare.
“Niente mi farebbe più piacere che spaccarti nuovamente la faccia. Siediti e stai buono” gli disse serio e molto cupo Harlock, già pronto a concedergli un bis di cazzotti.
Maya, era rimasta seduta, li guardava confusa. E questa sceneggiata ora di che cosa sapeva? Era una situazione assurda.
“Smetti” disse accigliata ad Occhio di Falco, dandogli un buffetto sul braccio, lui si girò e
la fissò molto intensamente, voleva avvisarla del pericolo che stava correndo ad intrattenersi con quello lì, oltre ad essere geloso fradicio, ma quello era un aspetto che evitava accuratamente di prendere in considerazione. Era lì solo per aiutarla, si raccontava per autoconvincersi.
La ragazza, che era molto sveglia, intuì qualcosa dal suo sguardo, ma era confusa, quegli occhi cupi e severi avevano il potere di metterla sotto sopra.
“Ben, scusami…” disse rivolta al ragazzo con cui si era fermata a bere “Avevo dimenticato di avere fissato con il tenente Harlock per sbrigare una questione”.
Disse facendo intendere che fosse un appuntamento non di natura romantica.
Il Falco alzò un sopracciglio e la guardò con disappunto, che era quel tono formale? Subito dopo, guardò l’altro con aria soddisfatta, quindi prese nuovamente Maya per un braccio e se la portò via in fretta.

“Mamma mia, ecco perché era incupito. La bambolina lo cornifica con quello lì! Che è pure un nanerottolo. Brutto e fatto male. Praticamente è un cofano incidentato!” commentò aulico Devasto alla vista di quella scena.
“Non mi piace per niente questa cosa!” disse serio il Freddo.
Non piace neanche a me. Pensò Tochiro ma la sua preoccupazione era per tutt’altra ragione, niente a che vedere con quella del Freddo, che ovviamente si preoccupava per l’addestramento.
Vipera sorrise compiaciuto. Se Harlock se la faceva davvero con la figlia di Ishida, bastava farlo sapere in qualche modo al generale e il posto di Comandante sarebbe stato suo di diritto.

Intanto, fuori dall’Endless Odissey, era in corso un’animata discussione.

“Mi spieghi come ti permetti di piombare come un falco mentre sono con un amico, per portarmi via? In quel modo… come… come se tu avessi qualche diritto di cui non sono a conoscenza!” stava dicendo Maya piuttosto alterata, muovendo le mani con enfasi.
Era buffo che avesse usato senza saperlo, il suo nome di battaglia. Harlock la stava guardando: era rossa in viso, molto agitata e decisamente bellissima. La sue pelle chiara sembrava quasi risplendere sotto i raggi della luna. Le sue labbra appena più rosate grazie ad un velo di rossetto, erano invitanti e tentatrici come un frutto proibito. Non aveva alcuna voglia di discutere, piuttosto avrebbe desiderato baciarla fino a slogarsi la mascella, ma si dette un contegno raddrizzandosi.
“Lo sai che quello ti dà la caccia? Oltretutto non si farebbe neppure troppi problemi a spararti, l’ho fatto per te! Perché non ti scoprisse”.
Lei alzò gli occhi al cielo “Che genio!” gli disse guardandolo male “Credi che non lo sapessi? Me lo stavo lavorando!”.
Harlock rimase interdetto.
“Lavo… cosa?” disse guardandola malissimo, molto crucciato.
Era cosi accigliato e cupo che pareva minaccioso, Maya spalancò gli occhi e aprì la bocca e poi la richiuse, rimanendo senza parole.
L’espressione che aveva dipinta in volto e la sua veemente reazione potevano voler dire una cosa sola e fu sconvolta da questa inaspettata rivelazione.
“Tu… tu sei geloso…” commentò in un soffio, guardandolo come se lo vedesse per la prima volta. Ebbe un brivido. Quella scoperta le stava facendo uno stranissimo effetto, che neanche lei seppe spiegarsi. Però era anche una sensazione piacevolissima, si sentì leggera come una piuma e allo stesso tempo quasi ebbra.
“Chi? Io? Ma non diciamo sciocchezze!” rispose Harlock, subito ritirandosi come una tartaruga dentro il suo guscio, facendo un passo indietro.
Si sentì improvvisamente stupido, scoperto e insolitamente impacciato.
Non sapeva mai come comportarsi con Maya. Era una cosa strana, che gli faceva anche un po’ paura. Moriva dalla voglia di avere un contatto fisico con lei ma era come bloccato e non si capacitava del motivo di questa sciocca reazione che lo tratteneva e lo tormentava. Non aveva mai avuto problemi con le donne, non si era mai trovato in difficoltà, questa volta invece era tutto maledettamente diverso e complicato; come se avesse il freno a mano tirato e neanche lui sapeva darsi una spiegazione logica del perché.
In realtà aveva una paura fottuta di non piacerle ed era una cosa dura da ammettere, quindi faceva lo gnorri, addirittura con se stesso.
“Geloso di te? E perché mai dovrei esserlo?” le rispose subito sulla difensiva. Ci mancava soltanto che adesso scoprisse anche che avrebbe volentieri strozzato quello stoccafisso che la guardava come un gatto guarda un topo!
Lei rimase male dalla sua reazione molto fredda, controllata, e temette di essersi sbagliata, di avere frainteso, di essersi stupidamente illusa. Del resto lui le metteva una tale confusione in testa a volte...
Non era molto esperta di uomini. Aveva poco più di vent’anni e negli ultimi anni c’era stata la guerra. Non aveva avuto di certo il tempo di dedicarsi ai filarini e alle cose da adolescenti, c’erano stati ben altri problemi e poi s’era votata alla causa della Gea Free, così era davvero poco pratica di certe cose. Quel tenete però le faceva un certo effetto. Aveva caldo, poi freddo. Quando lo vedeva avvertiva uno strano sfarfallio nella pancia e si sentiva una stupidina, come se avesse bevuto, come se fosse stata brilla. Ogni volta poi che la guardava intensamente, con quegli occhi magnetici e bellissimi, la faceva sentire importante, desiderata e qualche volta aveva anche immaginato come sarebbe stato se lui l’avesse baciata, con quella sua bocca che a volte era imbronciata e che appariva cosi invitante, ma poi aveva subito scacciato quel pensiero perché le sembrava molto sciocco e fuorviante. Aveva per la mente cose ben più serie ed importanti che le pomiciate con il bel tenente di turno.
Però, poco prima, le era sembrato davvero geloso, ne era certa, e la cosa le aveva scaldato il cuore, le era piaciuta, ma al momento lui stava facendo un’altra volta lo strafottente. Era insopportabile.
Non capiva mai di che umore fosse, cosa gli passasse realmente per la testa e questo la faceva davvero impazzire. Era gentile ma chiuso, ironico ma pungente, gioviale ma riservato. Insomma aveva un carattere piuttosto enigmatico.
“Fa niente. Lascia perdere” tagliò corto, come si fosse risvegliata da un sogno, posando nuovamente i piedi per terra. “Comunque la prossima volta non ti immischiare. Sapevo quello che stavo facendo. Ora hai rovinato tutto! Tanto vale che me ne torni a casa. La missione è fallita” sbuffò contrariata.
“Ti accompagno” si offrì lui spontaneamente.
“No grazie” rispose decisa.
“Mi spieghi perché sei arrabbiata? Ti ho fatto un favore, non dovresti fare certe bravate neppure per la tua causa, quello è un tipo pericoloso, fidati”. Era chiaro che fosse infastidita da qualcosa che esulava da quella che aveva definito missione.
“La cosa non ti riguarda”. Era turbata e confusa.
“Oh sì, mi riguarda eccome!” saltò su punto nel vivo.
“E ti chiedo nuovamente: a che titolo, scusa?”.
“Come… come… tuo istruttore di volo, ecco io credo che…”.
Ma lei non lo fece finire “Ti risparmio le scuse, non mi interessano, non voglio sapere niente, torna là dentro e divertiti, ma non ti azzardare mai più ad intrometterti nelle mie cose! Non ne hai alcun diritto”.
Era davvero arrabbiata, i suoi occhi blu brillavano sembravano lanciare strali minacciosi ed erano più limpidi del solito.
“Non mi stavo intromettendo, ti stavo solo aiutando” soffiò costernato “Quello è un tipaccio davvero, non dovresti scherzare con il fuoco” aggiunse davvero sincero. “Senti, io vorrei esserti amico, non prendere tutto ciò che faccio per sbagliato a prescindere. Stavo cercando di proteggerti…” le stava spiegando, quando furono interrotti dall’inopportuno arrivo di Vipera.
“Non dargli retta, è un donnaiolo della peggior specie, lascialo perdere!” disse ridacchiando impunemente, intromettendosi senza sapere di che stessero parlando. Era uscito fuori, fingendo di voler fumare, ma in realtà voleva controllarli e vedere se fossero ancora lì, o se si fossero appartati.
Harlock si girò e gli lanciò un’occhiataccia severa.
“Stavo scherzando” disse il tenente alzando le mani “La verità è che è un galantuomo. Tempo fa ha suonato come un tamburo quel tipo che stava con te, solo per difendere quella teppistella che lo ha spruzzato di vernice. Lo sapevi vero, che è stato imbrattato come un muro di periferia da una dimostrante della Gea Free, sì? E tu pensa che ragazzino a modo che è, nonostante ciò, si è battuto per lei! Un vero paladino delle donzelle in pericolo, non c’è che dire” ridacchiò impunemente.
Harlock voleva strozzarlo, lui e quella sua boccaccia!
“Hai finito? Perché non torni da dove sei venuto?” gli disse davvero torvo, trapassandolo con un’altra delle sue peggiori occhiatacce.
Vipera, che stava ancora sghignazzando, finalmente se ne andò. Voleva fargli un dispetto, in realtà, senza saperlo gli aveva appena fatto un grosso favore.
Una volta rimasti di nuovo soli, il Falco si accorse che Maya lo stava fissando in modo strano, quasi ammirato. Il suo cuore cominciò a galoppare pazzo.
“È vero?” gli chiese.
Ed Harlock notò che i suoi occhi ora brillavano proprio come due piccole stelle luminose. Si sentì come sciogliere e non seppe neppure lui perché.
“Sì” rispose secco. Era nuovamente a disagio ed era stufo di sentirsi così davanti a lei.
“Quindi quando sei venuto a casa mia e avevi quel livido, era perché avevi fatto a botte… per me?” gli chiese con il cuore in gola. Era stupidamente emozionata, che cosa ridicola, pensava, mentre a dispetto dei suoi pensieri, anche a lei il cuore batteva decisamente troppo forte, tanto che le pareva quasi di udirne il rumore.
Harlock si passò una mano tra i capelli.
Santi numi del cielo, era imbarazzato. Lui che non si imbarazzava mai! Se ci fosse stato un muro avrebbe preso la rincorsa e ci avrebbe battuto volentieri la testa contro, per scuotersi e riprendersi da quello stato catatonico.
“Tecnicamente sì” disse abbozzando una specie di sorriso.
“Perché?” gli chiese lei, fissandolo sempre intensamente. Si sentiva così strana, non se lo sarebbe mai aspettato. Lo aveva ridicolizzato, raggirato e lui invece non solo l’aveva liberata facendola fuggire ma aveva anche difeso il suo onore…
“È stato molto maleducato e ti ha mancato di rispetto. Non è corretto né onorevole offendere le persone, specialmente una donna” le disse in modo sincero e disarmante.
Lei sorrise e le s’illuminò il viso, al Falco sembrò quasi che sorgesse il sole, sebbene fosse notte.
“Grazie. È una cosa molto bella” gli disse spontanea, poi gli si avvicinò e si alzò sulle punte dei piedi. Harlock per un attimo trattenne il respiro. Erano così vicini. Percepì il calore del suo alito sfiorargli una guancia, il suo profumo lo stordì appena, e si sentì come rimescolare qualcosa dentro che lo lasciò senza fiato, ma restò immobile, vigile, quasi rigido. Era profondamente turbato.
Maya, molto concentrata, aguzzando gli occhi per l’oscurità, controllò il suo zigomo spostandogli appena ciocca di capelli; nel farlo, con la puta delle dita, gli sfiorò inavvertitamente la pelle del viso. Harlock percepì subito un formicolio dietro la nuca, gli dette una piacevole scossa elettrica che gli si propagò per il tutto il cuoio capelluto, imbambolandolo appena.
“Menomale, il livido non c’è più!” gli comunicò sollevata tutto d’un fiato, rompendo di colpo l’incantesimo.
Stargli così vicino aveva avuto un effetto devastante anche su di lei che si era impaurita, certe sensazioni a volte erano davvero troppo intense, così aveva parlato per poter arginare quell’ondata di sensazioni prepotenti.
Harlock invece era sul punto di cedere, sarebbe bastato un soffio e… fece per abbassarsi, ma Maya si scostò veloce da lui precedendolo, mettendo subito una certa distanza tra  loro. Aveva battuto ritirata, facendo una fatica enorme per non buttarsi tra le sue braccia e affondare il viso nell’incavo del suo collo. Si era spostata appena in tempo, spaventata dall’intensità così viva e prepotente del desiderio di avere un contatto fisico con lui.
Harlock ci rimase male.
Per qualche secondo il tempo si era come fermato, ma il Falco non aveva saputo cogliere l’attimo. E lei gli era sfuggita via come sabbia che scivola tra le dita.
“È meglio che io vada a casa” disse Maya seria e precisò fermamente decisa che sarebbe andata da sola. A niente valsero le proteste di lui che voleva accompagnarla, Maya fu irremovibile, quindi si salutarono e se ne andò.
Harlock però non era tranquillo e la seguì discretamente, a distanza, senza farsi vedere. Quando finalmente la vide entrare in casa, si dileguò, camminando pensoso tra le ali scure della notte. Era in mezzo alla campagna e la luce fioca della luna rendeva tutto più misterioso e smorzato. Ad un certo punto sentì il bisogno prepotente di un momento di raccoglimento e d’istinto si sdraiò su un prato che si affacciava poco lontano, al lato della strada. Prese un filo d’erba e se lo mise in bocca, quindi incrociò le mani sotto la nuca e si mise ad osservare le stelle che trapuntavano un cielo limpido e sereno. Davanti a lui si stagliava maestoso un ammaliante gioco di tremuli puntini luminescenti. Quegli scintillii, infinitamente lontani ma così vividi, pulsanti ed imperscrutabili, rapirono la sua mente che vi ci si perse dentro. I suoi pensieri agitati ci trovarono asilo e per un po’ dimenticò tutto ciò che lo turbava, recuperando una sorta di tranquillità ristoratrice.

 

 

1 KEEPLER: Già usato in Wonderwall  dal capitolo 23 : Per questo pianeta nella fic mi sono ispirata al vero Kepler-62. Un pianeta esistente, extrasolare orbitante attorno alla stella Kepler-62, una nana arancione distante 1200 anni luce dal sistema solare, situata nella costellazione della Lira. La sua scoperta è stata annunciata il 18 aprile 2013 da parte del team della Missione Kepler. Il pianeta, con un raggio 1,6 volte quello terrestre, è probabilmente una super Terra con superficie solida, e si trova nella zona abitabile della stella, ove è possibile la presenza di acqua liquida in superficie. Fonte wikipedia.
2 ENDLESS ODYSSEY: Omaggio citazionistico alla serie in questione. Ho pensato fosse carino usare il nome della serie come nome per il locale :)

 

 

 

 

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BUONA IMMACOLATA a tuti si rientra nei ranghi normali  e questo è l’aggiornamento settimanale consueto ;)

GRAZIE ancora una volta a tutti i lettori di questa ficcia! E un abbraccione strizzoloso a chi recensisce! Grazie anche a chi ha aggiunto la fic alle preferite, ricordate eccetera :*
Questo capitolo è regalato a CHI sa, e perché! Grazie :) !!!
Grazie comunque a chi passa di qua segue e legge, per me è sempre un regalo la vostra attenzione

GRAZIE alla mia amica e beta Azumi

CURIOSITA’ E questi sono (in ordine da sinistra) Devasto, e il Freddo che bevono, Vipera che invece fuma!! (scusate ma non ho resistito :D)


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GRAZIE Capitano perché tuttavia, ci ispiri sempre!


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Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

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Capitolo 11
*** AMICI E ALTRI DISASTRI ***


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-10-

AMICI E ALTRI DISASTRI

 

“Doveva accadere prima o poi non credi?” disse Tochiro ad Harlock che lo stava fissando.
“Che cosa?” gli chiese per essere sicuro di avere capito bene. Era appena rientrato in camera e aveva trovato il suo amico, fuori della porta, ad aspettarlo. Doveva parlargli gli aveva detto, e lui l’aveva fatto entrare.
“Che ti interessassi ad una ragazza in modo serio” sentenziò Oyama.
Il Falco si rabbuiò di colpo.
“Non esageriamo adesso” si mise subito sulla difensiva “È molto bella, intelligente e anche diversa dalla maggior parte delle ragazze che ho frequentato, ma a parte ciò è una ragazza come un’altra” disse arrampicandosi sugli specchi.
Tochiro sorrise e gli diede una pacca su una spalla “Sei cotto fradicio e nemmeno te ne rendi conto?” gli disse fissandolo.
Colto in flagrante Harlock fece una cosa che di solito non faceva mai: abbassò lo sguardo, quindi si lasciò cadere seduto sul letto. Sospirò.
“Devo levarmela dalla testa” ammise sincero scompigliandosi i capelli con una mano, in un moto di frustrazione.
“Non sarà facile e Franklin” replicò Tochiro con fare da fratello maggiore. Sapeva di che cosa stesse parlando, c’era passato prima di lui “E…  per al cronaca ho capito chi è” aggiunse asciutto guardandolo negli occhi, poi sorrise “Scommetto che è stata proprio lei a verniciarti di rosso”.
Harlock annuì “Ma tu come fai a saperlo?” gli domandò sospettoso.
“È un’amica della mia compagna. Anzi a dire il vero è stata lei a reclutarla”.
“Cosa, cosa? La rossa è la tua ragazza?” fece Harlock stupito guardandolo incredulo “Vuoi dire che è anche lei una della Gea Free? Scusa ma da quanto è che vi frequentate? Non mi hai mai detto niente…” gli disse scrutandolo. C’era rimasto male, pensava che tra quei due ci fosse una simpatia e nulla più.
Questa volta fu il turno di Tochiro di sospirare mentre gli si sedette accanto.
“Stiamo insieme da qualche mese e si chiama Esmeralda. È lei che ha un contattato diretto con quelli della Gaia Sanction” gli spiegò vago, poi stette qualche secondo in silenzio, quindi continuò “Non volevo escluderti. È accaduto tutto molto in fretta. Mi sono perdutamente innamorato, volevo solo conquistarla e l’hai vista no? Non è stata esattamente una passeggiata ma quando finalmente ci sono riuscito, sono entrato in un’altra dimensione e tutto il resto, puff... è sparito! Quando t’innamori e sei ricambiato, entri in questo stato di grazia e sei come assorbito, ciò che senti ti basta e ti satura, il resto non conta quasi più niente, è strano…” gli confidò sorridendo. Era la prima volta che ne parlava con qualcuno.
“Sono felice per te. Davvero Tochiro!” gli disse Harlock poggiandogli una mano sulla spalla.
Poteva capire l’amico, probabilmente era normale che avesse voluto proteggere e custodire gelosamente quell’amore appena nato, come una creatura delicata da difendere. Oyama era molto sensibile, un animo nobile e un uomo di grandi valori.
“Parlami di lei. Ti rende felice?” gli chiese il Falco.
Il viso di Tochiro si distese in un sorriso luminoso “Non potrei neppure spiegarti quanto. È una donna bellissima, ma la sua più grande bellezza risiede nel suo animo. Condividiamo una grande affinità elettiva e abbiamo moltissime cose in comune. È una persona molto impegnata, che crede in ciò che fa ma trova sempre del tempo per me, e io sono davvero felice con lei”.
Harlock lo stava ascoltando serio “Impegnata in che senso?” lo esortò a continuare.
“È una donna d’affari, gestisce un’attività nel commercio interstellare, ma è anche un’attivista convinta. Come ti ho detto è militante nella Gea Free, proprio come Maya. Io conosco solo di vista la figlia di Ishida, ma so che è molto implicata e legata all’organizzazione” sospirò. Si pulì gli occhiali, giusto per prendersi qualche attimo di tempo per riordinare le idee, poi continuò “Harlock le cose si stanno facendo serie. Sembra davvero che il governo abbia delle mire precise sulla Terra. Non agiranno subito, ma è bene che qualcuno faccia aprire gli occhi alle folle intontite, altrimenti gradualmente, senza che ce ne rendiamo conto monopolizzeranno questo Pianeta, che senza dubbio è il più ricco ed appetibile che ci sia nell’Universo conosciuto. Sarà la fine! Rifletti amico mio, se non avessero piani specifici perché avrebbero terrificato Marte e altri pianeti, trascurando il proprio la Terra? Ci hanno propinato la storia della sovrappopolazione ma è una menzogna e tu lo sai. La popolazione non ha mai veramente superato il livello di guardia, sono altre cose che hanno mandato in malora tutto”.
Il Falco pensò che il suo ragionamento non facesse un grinza e qualche dubbio cominciò a venirgli.
“Ascoltami bene e non fraintendermi ti prego” gli disse accorato guardandolo negli occhi “Non ti voglio dire che cosa devi fare, ma devi stare molto attento. Maya ha fatto una scelta molto coraggiosa, ma anche molto pericolosa, forse più di quello che lei stessa si renda conto. Non può permettersi distrazioni di nessun genere. Deve essere vigile ed allerta. Il suo compito è piuttosto delicato, oltre che molto importante”.
“Non ho nessuna cattiva intenzione verso di lei. Mi conosci Tochiro, non sono così superficiale!” gli disse Harlock adirato.
“Non mi fraintendere, Cerco solo di analizzare i fatti. Non farti avanti con lei se non sei sicuro di quello che vuoi e di quello che provi. Potresti mettere in pericolo la sua posizione in seno alla Gea Free”.
“Sappi che è stato suo padre a presentarmela e mi ha chiesto di darle lezioni di volo” si risentì il Falco. “Sono solo il suo istruttore. Non l’ho mai toccata neppure con un dito! Non c’è niente tra noi due se una frequentazione forzata di circostanza”.
Tochiro comprese che la cosa era molto più seria di quanto avesse pensato. Si stava proprio innamorando e non se ne rendeva neanche conto, ma quando parlava di lei gli brillavano gli occhi, si agitava e la proteggeva come se fosse già sua, era come un riccio che mostra gli aculei per difesa.
“Forse non mi sono spiegato. Non ti sto accusando di niente e non ti sto dicendo di rinunciare a lei. Ti sto chiedendo di essere molto giudizioso. Ora come ora devi concentrarti sull’ammiraglia, devi diventare il Comandante della flotta, solo così saremo al sicuro. Se le cose precipiteranno, io e te assieme saremmo in grado di contenerle, o di contrastarle direttamente dall’interno, ma solo se avrai il comando tu. Io so quanto tu sia retto ed integro. Non saresti mai capace di fare fuoco su profughi inermi, non obbediresti ad un ordine ingiusto. Devasto ed il Freddo sono due bravi ragazzi, ma se dovessero fare una scelta, da che parte andrebbero? Se comandi tu, almeno un po’ di scrupoli forse se li farebbero, non credi?”.
“Sono abbastanza certo che Devasto starebbe dalla nostra parte” commentò Harlock a voce alta, poi osservò l’amico “Quindi mi pare di capire che tu sia definitivamente passato dalla parte della Gea Free? O almeno che credi a ciò che vanno dicendo senza più dubbi” gli chiese, temendo che forse, l’essersi innamorato di Esmeralda, avesse potuto condizionare il suo giudizio in merito.
“Sono sempre più convinto delle loro argomentazioni. Si basano su fatti concreti, reali. La Terra è messa molto meglio di come vogliono farci credere. Anzi magari una volta ti farò incontrare Esmeralda e lei stessa ti mostrerà le immagini satellitari che hanno fatto tramite l’aiuto di un esperto hacker, rimarrai sbalordito nel
vedere quanto sia florido questo pianeta. Ma del resto ragiona, se hanno terrificato Marte e decine di altri pianeti, perché non ri-terrificare la Terra stessa, c’è qualcosa che non quadra in tutto ciò, non ti pare?”.
“Hai ragione amico mio. Qui c’è veramente qualcosa che non va...” sospirò ancora una volta “E hai ragione anche su Maya. Devo davvero togliermela dalla testa ed è quello che farò, da oggi i miei unici pensieri saranno diventare Capitano dell’ammiraglia per comandare la flotta e capire le reali mire della Gaia Sanction”.

*

“È complicato…” stava spiegando Maya ad Esmeralda mentre stavano bevendo un thè freddo in un bar vicino all’università della ragazza. Erano su Marte. Maya era andata ad assistere ad una delle sue lezioni. Suo padre l’aveva fatta accompagnare e poi prima di cena l’avrebbe fatta rientrare sulla Terra.
Esmeralda aveva da sbrigare degli affari da quelle parti, così si erano sentite e avevano deciso di vedersi, per fare quattro chiacchere. Alla fine il discorso era finito su ciò che ultimamente turbava Maya.
“Non è così complicato” gli disse Esmeralda accennando un sorriso “È una cosa nuova e ti appare ingestibile. Ti spaventa e ti fa mettere sulla difensiva” le disse guardandola con affetto amicale.
“Non è adatto a me. Lui è un nostro nemico rappresenta tutto ciò contro cui combattiamo” brontolò Maya, per convincere più se stessa che l'amica.
Esmeralda questa volta sorrise apertamente “Beh, ma allora anche tuo padre è un nemico?” domandò retoricamente prima di sorseggiare nuovamente la sua bevanda. “Mi hai detto che questo tenente ti ha salvata, ti ha fatta scappare quando ti aveva già presa. Non ti ha mai tradita e se non sbaglio, tu ti sei completamente aperta con lui, ti sei fidata, azzardando molto” e il suo sguardo ora era di rimprovero. Maya aveva fatto una grossa sciocchezza e avrebbe potuto compromettere non solo la sua posizione, ma anche molti di loro alla base e questo non era piaciuto ad Esmeralda. Quando l’aveva saputo si era molto risentita. Per fortuna per ora lui non aveva fatto niente, era chiaro che fosse interessato alla figlia di Ishida e che la stesse coprendo. In ogni caso lei avrebbe preso informazioni e se fosse stato necessario avrebbe provveduto a sistemare la faccenda in qualche modo, anche perché era certa che Tochiro lo conoscesse, sebbene se non sapesse esattamente quale fosse la natura dei loro rapporti.
All’udire quelle parole Maya abbassò lo sguardo dispiaciuta.
“Ormai è fatta. Per fortuna sembra che sia andata bene, ma devi essere più cauta, strano perché sei sempre stata molto responsabile. Ciò mi fa pensare che questo ragazzo ti piaccia moltissimo” le disse Esmeralda.
L’altra arrossì violentemente “Non esagerare!” disse mettendosi sulla difensiva.
“Non ti piace?” la punzecchiò l’amica divertita.
Esmeralda era poco più grande di Maya ma le esperienze della vita l’avevano fatta crescere molto in fretta, e poi la guerra aveva cambiato radicalmente tutti, soprattutto lei che aveva perso molte persone care. Le faceva tenerezza vedere l’amica alle prese con un sentimento nuovo.
Maya era molto bella e molto ammirata, ma non se ne rendeva neppure conto. Era un animo pulito, candido, privo di quelle malizie femminili che portano le donne a civettare e a farsi desiderare. Era ingenua. Una bellissima qualità, ma anche una cosa molto pericolosa, che si prestava troppo facilmente a renderla fragile e facilmente raggirabile in certe particolari circostanze.
Per quello che riguardava il suo ruolo di attivista era invece scaltra e molto intuitiva, ma per le faccende di cuore, Esmeralda temeva che potesse essere molto vulnerabile.
Le venne una folle idea, ma forse era la sola che potesse funzionare in quel caso, del resto era chiaro che anche a quel tenente Maya non fosse affatto indifferente, altrimenti la loro cellula ad Oceania Tredici, sarebbe già saltata da un bel po’.
“Sai credo che tu, inconsciamente, lo stia reclutando. Quindi perché no? Ti suggerisco di continuare a farlo” le disse a sorpresa bevendo un altro sorso dal suo bicchiere.
Maya la guardò perplessa.
“Come sai vogliamo solo gente profondamente convinta, perché se e quando le cose dovessero precipitare, dovremmo essere coesi e pronti per preservare quella libertà, che ci stanno sottraendo un poco alla volta. Quindi sonda il terreno e sii molto prudente, ma cerca di portarlo dalla nostra parte. Se avesse voluto nuocerci lo avrebbe già fatto”.
La bionda continuava ad essere stranita “E se alla fine ci tradisse? Se si volesse infiltrare?” chiese sospettosa.
“Giusta osservazione!” disse Esmeralda compiaciuta, la sua amica era ancora vigile e accorta e questo non poteva che farle piacere “Mi occuperò io di prendere informazioni dettagliate su di lui, nel frattempo tu sii vaga, ma cerca di interessarlo alla nostra causa. Convertire uno come lui potrebbe esserci molto utile, ma stai attenta e non farti irretire dal suo fascino, o dalle sue avance”.
“Per chi mi ha presa scusa?” si risentì Maya come se l’avesse punta con uno spillone.
“Per una cara amica a cui voglio bene e a cui do consigli su come evitare guai” le disse la rossa facendole l’occhiolino. “Aggiungo che se ti piace veramente tanto e magari tenta di baciarti tu concediglielo pure, ma poi tienilo sulla corda!”.
Maya scosse la testa “Non accadrà e non glielo permetterò. Non voglio essere baciata da lui!” mentì spudoratamente. Esmeralda se ne accorse e la cosa la divertì molto. Anche lei appena si interessava a qualcuno entrava in modalità fuga, le era capitato anche con Tochiro, lo aveva evitato per mesi prima di arrendersi all’evidenza, quindi la ritenne una reazione abbastanza normale. Tutto sommato era serena. Il suo sesto senso le diceva che per il momento grossi pericoli non c’erano. Infondo per il momento essere attivisti era una cosa innocua, ciò che era veramente importante era la sua copertura, che andava tassativamente preservata e protetta. Il suo ruolo era di fondamentale importanza e neppure Maya era a conoscenza di ciò che realmente accadeva in seno alla Gea Free, che aveva la parvenza di una semplice organizzazione ambientalista, ma che dietro di sé celava una cosa ben più seria ed articolata. Quando i tempi sarebbero stati maturi anche la giovane bionda avrebbe saputo, per ora era meglio che fosse all’oscuro.

*

Devasto entrò in camera del Falco e capì che si stava lavando. L’acqua della doccia scrosciava argentina ricordando vagamente certe piogge torrenziali, tipiche dei temporali estivi.
Joe si guardò intorno osservando la stanza dell’amico che appariva abbastanza ordinata e molto spartana. Harlock era un tipo abbastanza particolare. Aveva un sacco di libri e il computer sempre spento. Era antitecnologico, una cosa molto strana perché per pilotare doveva comunque avere delle conoscenze informatiche abbastanza approfondite, ma lui era fatto così, pareva un uomo d’altri tempi, secondo Devasto era nato nell’epoca sbagliata e di parecchi secoli, ma gli voleva bene proprio perché erano agli opposti. Si completavano: uno calmo e l’altro agitato, uno riflessivo e l’altro impulsivo. Lo adorava anche perché quando c’era Harlock non mancavano mai le donne, cosa di cui non si vantava mai, perché era un generoso che non si dava certo delle arie, né si sentiva superiore semplicemente perché piaceva più di altri.
Devasto non era mai stato geloso del fatto che l’amico fosse così popolare tra il sesso femminile, anzi spesso aveva approfittato di questo suo, carisma acchiappa femmine ed era capitato, grazie a lui, che avesse potuto fare la conoscenza con qualche bella ragazza con cui magari c’era anche scappato qualcosa. Lo stimava moltissimo come militare e pilota e lo aveva appoggiato nel suo gesto di disubbidienza, perché aveva trovato nobile e giusto che avesse preferito salvare delle vite innocenti.
Ammirava Harlock e la sua rettitudine, ma soprattutto gli piaceva la sua nobiltà d’animo che non era affatto scontata in quell’ambiente.
Joe era un ragazzo intelligente, ed anche sensibile sebbene si guardasse bene dal mostrare quel lato di sé. Talvolta aveva dei comportamenti eccessivamente infantili perché era ancora immaturo. Non era cattivo, ma era più forte di lui, se non faceva qualche scherzo deficiente, o non tirava fuori una battuta sciocca, non era contento. Era rimasto orfano da ragazzino ed era cresciuto in un rigido collegio militare. Diventare scanzonato ma anche irriverente, era stata la sua arma di difesa contro un ambiente severo ed asettico, alla fine essere burlone era diventato parte integrante del suo carattere, un suo tratto distintivo.
Si sedette sul letto di Occhio di Falco per attendere che finisse la doccia, gli voleva chiedere se usciva con lui. Aveva capito che con la bionda qualcosa non andava, perché alla fine, alla sera, era quasi sempre in caserma e da solo, così aveva pensato che avesse bisogno di distrarsi. Solo che quando Harlock entrava in bagno ci si perdeva dentro e non usciva più. Una vera tragedia.
“Ti muovi razza di bradipo!” gli urlò spazientito.
“Non rompere, quando ho fatto vengo!”.
“Che fai? Ti metti il balsamo nella chioma fluente?” lo punzecchiò.
“Sì! E se non taci dopo, per farti dispetto, mi darò anche la crema idratante!” gli rispose il Falco ridacchiando.
“Sei proprio una fighetta!”.
“Non vorrei essere pedante, ma più mi fai parlare, più ci metto tempo!”.
Devasto roteò gli occhi “Va bene ma sbrigati, su!”.
E dopo questo scambio di battute la conversazione morì.
Joe prese in mano una rivista che passava loro l’esercito, giusto per sfogliarla quando lo share-phone
*1 di Harlock squillò in semplice modalità telefono. Incuriosito buttò un occhio al display e vide comparire il nome Maya.
Senza neppure pensarci mezzo secondo attivò l’applicazione share, che permetteva, se accettata, che l’ologramma della persona dall’altra parte del telefono, si palesasse ed interagisse con chi era all’atro capo dell’apparecchio. Attese qualche secondo per vedere se lei la accettasse, e di fatti, dopo poco, l’ologramma della ragazza apparve nella stanza.
Era proprio la biondina del bar ed evidentemente aveva accetto l’applicazione in modalità share. Devasto ne fu particolarmente felice.
Maya si guardò intorno un po’ intimidita e spaesata, in effetti le era sembrato strano che Harlock le avesse inviato una share-call, non l’aveva mai fatto prima, così incuriosita aveva accettato, guardò perplessa Devasto “Ciao…” gli disse poi incerta, non capendo bene dove si fosse collegata.
“Ciao! Harlock è un attimo in bagno, ora arriva eh!” le disse giulivo come se il suo amico non fosse a fare la doccia, ma altro.
Gli era balenata in testa questa idea in modo fulmineo: primo per fare un bello scherzo al Falco, che appena uscito dalla doccia, se la sarebbe ritrovata a sorpresa collegata in camera, almeno la prossima volta avrebbe imparato a muoversi. Secondo l’aveva fatto anche per dar loro una mano per sbloccarsi. Nella sua testa, farli ritrovare a tu per tu in quella stanza, anche se in forma olografica, poteva essere un grosso incentivo a far dar loro una mossa e magari combinare qualcosa. Era la prima volta che vedeva Harlock così preso da una ragazza e voleva davvero aiutarlo.
Solo che Devasto era appunto, un devasto e difficilmente ne faceva una giusta.
Si diresse alla porta del bagno e ci picchiò su con veemenza.
“MUOVITI!!!” urlò.
Poi fece l’occhiolino a Maya e portò l’indice alla bocca facendole segno di fare silenzio, quindi quatto quatto uscì veloce dalla stanza, lasciandola sola e molto interdetta.
La ragazza non capendo che stesse accadendo stava per interrompere la chiamata, quando la porta del bagno si aprì.
Da una nuvola di vapore emerse Harlock con i capelli bagnati.
Era chinato in avanti che stava armeggiando con un asciugamano sui fianchi, quando d’improvviso, con un gesto della mano destra si riavviò i capelli indietro e alzò la testa  dicendo “Hai finito di rompere? Sei veramente un…”.
Ma mentre terminava la frase compiendo il movimento di raddrizzarsi e ravviarsi i capelli, l’asciugamano che aveva cercato di fermare alla ben meglio sui fianchi, gli scivolò e cadde a terra lasciandolo completamente nudo al cospetto all’ologramma di Maya, che lui non aveva ancora notato.
La ragazza così se lo ritrovò davanti, prima mezzo nudo e poi nudo integrale.
Spalancò la bocca e rimase allibita arrossendo fino alla radice dei capelli. Ebbe un paio di secondi di choc profondo, che la paralizzarono totalmente, lasciandola inerme davanti a quel corpo statuario come natura aveva creato, incapace di articolare un pensiero coerente. Ma appena rinvenne, come tarantolata terminò la chiamata ed in un lampo sparì.
“Merda!” ringhiò Harlock molto contrariato raccogliendo fulmineo l’asciugamano e ricoprendosi subito, ma era troppo tardi lei era già sparita e la comunicazione interrotta.
Lo ammazzo questa volta giuro che lo faccio! Oh si che lo faccio! Una morte lenta e molto, molto dolorosa!
Afferrò il telefono e provò subito a richiamarla in modalità chiamata normale, ma lei non gli rispose. Provò ancora un paio di volte, ma alla fine Maya spense il telefono e questo lo contrariò moltissimo. Anche se era conscio che non fosse stata colpa sua, aveva fatto una pessima figura e sicuramente lei al momento era imbarazzatissima. Gli fu chiaro come il sole che non volesse né sentirlo, né tanto meno parlargli, perché il telefono restò ostinatamente muto e sordo alle sue chiamate per il resto della serata.

 

1 SHARE-PHONE: È l’apparecchio telefonico di mia invenzione che consente le telefonate olografiche (ologrammate), ovvero permette di far apparire ologrammi di persone lontane nella stanza di chi riceve, attraverso un’applicazione che ovviamente deve essere accettata da chi la riceve, un po’ come succede per le chiamate face time con i-phone (a cui share-phone si ispira). Il concetto è quello della serie classica in cui l’ologramma di Raflesia si palesava nell’Arcadia. Faccio presente che la rete warp che consente queste mie telefonate inventate   è invece presente anche in EO (l’ho rivista in questi giorni) e non solo in Star Trek come avevo precedentemente specificato nel capitolo n.7 [6] ACCORDI E DISACCORDI, evidentemente c’era forse anche un refuso mentale quando la scelsi :)

 

 

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GRAZIE a TUTTI i voi che seguite questa ficcia: lettori silenti e non, ma soprattutto grazie a tutte le ragazze che hanno commentato, sappiate che vi lovvo a tanto, tanto!!!

Questo Capitolo è regalato a CHI sa e perché! Mimma l’è tutto tuo :D

PRECISAZIONE: Mi è stato fatto notare che le espressioni dei ragazzacci potrebbero risultare “volgarotte”, in caso mi scuso non è il mio intento, anzi io pensavo che fossero abbastanza edulcorate e caso mai solo un po’ colorite, mi scuso se a qualcuno hanno dato noia e vi avverto che non sarà l’unica volta che in questa fic scapperà qualche parola poco forense ;)

 

GRAZIE Capitano perché il sogno è sempre più bello

 

 

––––•••·.·•••––––

 

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

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Capitolo 12
*** VISITE INATTESE ***


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-11-

 

VISITE INATTESE

 

Se l’era ritrovato davanti alla porta della sua stanza, così, di sorpresa, senza alcun preavviso. Sua zia, santa donna, pensando di far bene lo aveva fatto salire, perché il generale non era in casa e quella s’era fissata che tra i due ci fosse del tenero e che in qualche modo andassero incoraggiati.
Non appena l’aveva visto, a Maya era preso un colpo e istintivamente gli aveva richiuso la porta in faccia. Non per maleducazione, ma perché, anche se erano passati alcuni giorni, si sentiva ancora terribilmente in imbarazzo. Non era riuscita a togliersi dalla mente quelle immagini di lui completamente nudo davanti ai suoi occhi. Non avrebbe mai creduto di trovare un uomo bello al punto di restare senza fiato, eppure era ciò che le era capitato da quando aveva posato gli occhi su quei muscoli nervosi e guizzanti, che sembravano quasi disegnati, delineati con cura e armonia. Le immagini di quella pelle liscia, nuda e tonica non le davano requie, provocandole un effetto violento e sconosciuto che la stava scombussolando parecchio.
Prima c’era stato lo stupore, poi l’ammirazione e dopo… beh dopo era scoppiato l’inferno, perché le si era come acceso qualcosa dentro che la bruciava lentamente ma costantemente, divorandola.
Si era sorpresa a fare pensieri inconsueti e molto audaci, tipo immaginare di sfiorare quelle spalle, accarezzare quel torace armonioso, lasciarsi andare tra quelle braccia forti e toniche, per non parlare del resto, che cercava di non mettere a fuoco per non sentirsi avvampare… e non solo. La sua fantasia aveva cominciato a vagare pericolosamente oltre confini a lei sconosciuti, facendola assai turbare, come se si fosse appiccato un incendio e lui fosse la sola acqua in grado di spegnerlo o meglio l’avere un contatto fisico con lui, fosse stato anche un altro semplice bacio. Tutto ciò la stava sconvolgendo, si sentiva sciocca, imbarazzata e tremendamente agitata. Era molto contrariata, non le piaceva questa smania e voleva assolutamente contrastarla.
Questa insana follia andava placata e non tra le braccia di Harlock, ma attraverso la ragione ed il buon senso. Quindi averlo lì oltre la porta della sua camera, non poteva che peggiorare le cose. Per questo lo aveva chiuso fuori oltre il suo spazio vitale, perché lui era pericolosissimo per lei e Maya ormai di questo ne era assolutamente certa.
Occhio di Falco si era serenamente preso una portata in faccia ed era rimasto imperturbabile. Capiva. Si rendeva conto che la ragazza fosse infastidita, ciò che gli premeva era farle sapere che lui non c’entrava niente, che era stato uno stupido incidente, ma spiegarsi si stava rivelando un’impresa titanica, perché non solo non le rispondeva mai al telefono, ma ora l’aveva preso anche a portate sul grugno!

“Senti possiamo almeno palare? Mi dispiace, non sapevo che ci fosse attiva una share-call, o ti giuro che non sarei mai uscito in quel modo dal bagno, che tu ci creda o no, sono un tipo riservato, non amo mostrarmi nudo a chiunque!”.

Dall’altro lato della porta il silenzio perdurò ancora per qualche secondo.

“Io invece vorrei proprio evitare di parlarne” disse infine lei molto imbarazzata. Non poteva credere che l’oggetto della sua insonnia fosse dietro la sua porta, debitamente vestito, anche se lei ormai lo vedeva comunque nudo. Voleva solo che se ne andasse.

Harlock si spazientì appena.

“Quindi, dai per scontato che sia colpa mia e tanti saluti! Sono tre giorni che ti chiamo e che eviti di rispondermi. Non abbiamo neppure fatto le lezioni!”.

“Parli bene TU! Avrei voluto vederti al mio posto!” sbottò la ragazza, ma come faceva a non capire?

“Magari!” rispose lui senza pensarci “A quest’ora avrei superato il trauma e tutto sarebbe a posto come prima, fidati”.

Aveva detto così per smorzare la cosa e sminuire l’accaduto, per metterla a suo agio.

Questo credeva lui.

“E certo! Tu sei un esperto in donne nude, ne vedi a bizzeffe” gli rispose acida.

Che screanzato! Pensò contrariata, che bisogno c’era di vantarsi così?

“No, che c’entra, era per dire che un corpo nudo è una cosa naturale, non c’è niente di sconvolgente e poi mi sono ricoperto subito…” rispose incerto.

Si stava malamente incartando.

Dall’altra parte della porta ancora chiusa, Maya avvampò.

“Quindi secondo te, io sono una stupidina che si scandalizza banalmente davanti ad un nudo maschile! Scusa eh, se non sono abituata a vedere uomini nudi come se niente fosse. Oppure dai per scontato che essendo cresciuta in caserme piene di soldati, di pudenda all’aria ne avrei dovute vedere parecchie!”.

Seguì un attimo di silenzio in cui la ragazza fece un’ulteriore riflessione e allora sì, che si arrabbiò moltissimo.

“Tu pensi che io sia una di quelle che se la spassano allegramente con chiunque le capiti sotto mano? Credi che sia una facile? Non tutte le ragazze sono di un certo tipo sappilo!” disse acidula.

“No, no! Ma che vai dicendo?” le rispose non capendo come potesse essere arrivata a tale conclusione, che mai aveva sfiorato il suo pensiero.

Prese fiato e pacato, parlò molto seriamente.

“Io non ho mai pensato questo di te. Neppure mi passa per la mente. Sei una ragazza completamente diversa dalla maggior parte di quelle che ho frequentato. Anzi… ti confesso che mi metti in grande difficoltà. C’è qualcosa in te che ti rende molto particolare, unica e io, al tuo cospetto, mi sento… inadeguato e… molto fuori posto” ammise appoggiando la fronte alla porta e chiudendo gli occhi. “Mi dispiace averti messo in imbarazzo, ma volevo solo che sapessi che non c’entro niente, che non avrei mai agito così di mia volontà… tutto qui” concluse mogio. Aveva sputato fuori la verità senza neppure rendersene conto. Le parole gli erano affiorate da sole sulle labbra, senza che potesse impedirlo.

Calò un silenzio irreale.

Mentre le parlava, Maya era lentamente scivolata a sedere a terra con la schiena appoggiata contro la porta.

Il cuore le rimbombava furiosamente in petto. Ora sì che le sue guance erano letteralmente in fiamme.

Ma si era reso conto di cosa le avesse appena detto?

Con una naturalezza disarmante, le aveva confessato che evidentemente provava qualcosa per lei, che addirittura lo faceva sentire inadeguato.

Anche lei si sentiva così per la miseria! Inadeguata e fuori posto, proprio come lui!

Ora però era stranamente euforica, leggera e quelle maledette farfalle avevano ricominciato la loro danza frenetica nel suo stomaco. Si alzò di scatto e senza pensarci, aprì la porta che li divideva.

Harlock aveva la testa appena reclinata in avanti con i capelli scomposti, e lo sguardo mortificato, anche se le sue iridi brillarono subito, non appena la videro affacciarsi.

Maya si sentì nuovamente avvampare.

Era così sfacciatamente bello! Se solo fosse stato almeno bruttino, incostante, maleducato, se avesse avuto un solo maledetto difetto a cui attaccarsi, per distruggere ciò che le faceva provare la sua sola presenza. Invece, ogni volta era come trovarsi nell’occhio di un ciclone, veniva travolta a tanti cari saluti a tutti! Oltretutto il disgraziato non era solo piacevole alla vista ma anche all’olfatto. Profumava sempre di pulito e aveva un aroma personale deciso, molto buono, un connubio micidiale se unito alla sua prestanza fisica e al suo viso, così espressivo, che neppure quel profondo sfregio mortificava, per non parlare delle sue mani, così forti e armoniose… sospirò cercando di ricacciare indietro certe fantasie, tipo quella di immaginarsele addosso! Era una guerra persa.

“Non so se la cosa possa darti conforto. Ma tu mi fai lo stesso identico effetto” gli disse quasi sotto voce, timidamente, in un soffio, con gli occhi puntati caparbiamente al pavimento, non sarebbe riuscita a parlargli e guardarlo negli occhi contemporaneamente. Perché glielo stesse dicendo neppure lei seppe spiegarselo, ma era stata sopraffatta dal desiderio forte e prepotente, di fargli sapere che anche lei provava ciò che lui aveva appena confessato. Fu come liberarsi di un peso.

Harlock alzò la testa e la fissò.

Gli si mosse qualcosa dentro che non capì bene cosa fosse, ma ne fu totalmente sopraffatto; le si avvicinò e abbassò la testa fino a sfiorarle la punta del naso con il proprio. Chiuse gli occhi e per qualche secondo cercò di riordinare le idee, facendosi violenza per non baciarla. Doveva e voleva capire cosa gli stesse capitando, perché ciò che provava era qualcosa di sconosciuto ma devastante, come un maremoto che lo scuoteva con potenza; realizzò che ormai non avrebbe più potuto controllarlo. Quindi, ruppe gli argini e lasciò che le cose andassero come dovevano andare.

Maya sentì il suo respiro carezzarle le labbra, caldo, lieve e desiderò che la baciasse, lo desiderò fino quasi a starne male; avvertì degli strani crampi nella parte bassa della pancia, era come paralizzata, non si mosse, lasciando che le sensazioni che provava la stordissero e che fosse lui a fare la prima mossa.
Ebbe solo il coraggio di alzare lo sguardo e in quell’istante, anche lui tornò a guardarla, cercando ancora di trattenersi, come si era ripromesso.
La ragazza lo fissò confusa e persa. In quegli occhi davvero così simili a quelli di un rapace, lesse qualcosa che la fece rabbrividire e non certo per la paura. Il suo sguardo le faceva contrarre lo stomaco, come se le arrivasse dentro.

Fu un attimo lungo un secolo, poi le labbra di lui sfiorarono la sua bocca e le offrì un bacio leggero e cedevole. Con le labbra Harlock catturò delicatamente quelle appena schiuse di Maya, imprigionandole in morbido e languido assaggio, bocca su bocca che ebbe la consistenza di un soffio, ma che fu di un’intensità devastante e stordì la ragazza. Attraverso questo contatto intimo e delicato, passò tra loro una scossa potente ed incontrollabile che li folgorò all’unisono.

Harlock percepì il sapore della sua bocca, caldo e profumato: sapeva di primavera, unì le labbra con le sue e le toccò appena la punta della lingua con la propria. Per un secondo si perse in un abbandono senza fine, poi all’improvviso come fosse stato punto da uno scorpione si staccò immediatamente da lei. Si passò frustrato una mano tra i capelli. Che diamine stava facendo? Si chiese sconvolto.

Quella era la figlia di Ishida! E per di più era anche in casa sua.

“Mi dispiace… io non… non so che mi sia preso. Non avrei dovuto” disse serissimo, cupo, arrabbiato e chissà che altro ancora. La fissò per un attimo come fosse in trance e poi si girò.

“Devo andare via” aggiunse deciso.

La ragazza rimase senza fiato, con una sorta di groppo in gola che non le andava né su, né giù. Stordita, lo guardò senza neppure capire che stesse accadendo, fino a quando non lo vide allontanarsi e scappare via per le scale, neanche avesse avuto cento diavoli alle calcagna.

*


Era ormai una settimana che Maya non faceva più lezioni di volo e che aveva interrotto le comunicazioni con Harlock. Dopo quel bacio lieve e fugace, la confusione era aumentata per entrambi e avevano deciso, quasi avessero sancito un tacito accordo, di stare un po’ lontani per riordinare le idee.
Maya era rimasta piuttosto contrariata dal fatto che prima lui l’avesse baciata e poi fosse fuggito via come se avesse commesso chissà quale crimine. Era attratta da Harlock in un modo che non le era mai capitato prima di allora, ma non lo capiva e questo la faceva agitare e anche stare male.
Aveva sempre sognato di poter avere un giorno un rapporto con un ragazzo gentile e comprensivo, che la portasse mano nella mano a fare romantiche passeggiate sulla spiaggia, dove di tanto in tanto immaginava che l’avrebbe baciata e avrebbero lungamente parlato di se stessi e delle loro vite. Sognava un compagno che avesse i suoi stessi ideali, che l’avrebbe poi sposata e con cui magari avrebbe avuto anche dei figli. Un uomo che l’avrebbe assecondata, protetta e amata in quel modo che si legge in certi libri, con frasi poetiche contornate da tramonti, allietate da fiori e cioccolatini annessi. Un amore perfetto da romanzo d’appendice, in cui è tutto zucchero e miele. Invece s’era ritrovata attratta da un soldato sfregiato che tutto era, meno che un uomo che condividesse i suoi ideali. Indubbiamente bello e anche gentile, ma spesso sardonico, impenetrabile, a volte ironico ed irriverente, che era capace di farla tremare con una sola occhiata. Che aveva avuto il potere di farle conoscere una parte di sé che era sopita e a lei sconosciuta, appiccando la fiamma della passione che ora stava bruciando, destabilizzandola. Non sapeva più che fare e come comportarsi, quindi se lui le stava alla larga lei di certo non andava a cercalo. C’era comunque in sospeso la faccenda delle lezioni, quindi prima o poi avrebbero dovuto riprendere i contatti, o suo padre avrebbe sospettato qualcosa. C’era in ballo la sua libertà di movimento, importantissima per le azioni della Gea Free, e ovviamente c’era di mezzo anche la carriera del Falco; dovevano essere molto cauti, accorti e responsabili. Non potevano permettere ai loro sentimenti di prevalere sul buonsenso.

Anche Harlock da parte sua era molto confuso e abbastanza arrabbiato con se stesso. Non riusciva a dominarsi e questa cosa lo mandava fuori di testa. Era sempre stato uno che sapeva tenere a bada le emozioni, ma questa volta era diverso. Si era sorpreso ad avere desideri sconosciuti. Desiderava farla ridere, perché quando lei sorrideva il sole si offuscava e lui si sentiva stupidamente felice. Moriva poi dalla voglia di affondare il viso tra i suoi capelli, per aspirarne il profumo e smaniava di poterle carezzare il viso, per godere della morbidezza della sua pelle, neanche avesse quindici anni!
Che gli stava accadendo? Non era questo ciò che desiderava solitamente da una donna. L’attrazione fisica spesso la faceva da padrone, e lui era un maschio giovane e sano, con il testosterone che galoppava come un puledro sciolto. E allora per quale motivo si sorprendeva ad avere desideri di natura così stucchevolmente romantica, anche se poi non era certo immune da desideri puramente fisici? Il fatto era che al momento, tutto veniva offuscato da queste nuove e prepotenti sensazioni. Anche quando l’aveva appena baciata, era stata l’emozione ad averla vinta sulla passione, anche se lei gli piaceva in tutti i sensi. La verità era che Maya era davvero diversa e l’aveva messa su di un piedistallo, come fosse stata una creatura speciale, quasi angelica, e non sapeva proprio che fare e come comportarsi.
Tutto ciò lo faceva sentire un rimbambito di prima categoria e lo indisponeva molto. Quindi si era imposto di levarsela dalla testa una volta per tutte, perché quella ragazza era deleteria per lui e la sua salute mentale. Oltre che pericolosa per l’importante missione per cui stava così duramente lavorando.

*


Quel pomeriggio il generale Ishida avvertì la figlia che avrebbero avuto per qualche giorno un ospite in casa. 

Le spiegò che si trattava di Hisa, la nipote di Lee, che aveva tanto insistito per fare visita allo zio insieme ai cugini, che avrebbero passato un paio di settimane sulla Terra con il padre. Il sergente, non avendo abbastanza posto a disposizione per tutti in casa propria, aveva chiesto in via amichevole al generale di ospitare la nipote, anche in virtù del fatto che fosse amica di sua figlia.
In realtà Maya e Hisa erano solo state compagne di giochi da bimbe, dato che erano cresciute per un periodo della loro infanzia nella stessa caserma, ma di fatto erano anni che non si frequentavano e non si vedevano.
Hisa arrivò proprio quando Maya le stava preparando la camera.
Ci fu un primo momento d’imbarazzo, ormai erano quasi due estranee. Maya trovò la ragazza molto diversa da come la ricordava. I capelli erano lunghi e mossi, color castano scuro con riflessi ramati che le incorniciavano il viso, i cui tratti erano marcati, ma molto belli. Era truccata e assai curata, sembrava una tipa molto sicura di sé ed era molto meno timida di come la ricordasse.

“Accidenti Maya! Sei diventata una vera bellezza” le disse sorridendo andandole incontro, ma dietro quel sorriso colse un punta di mal celata invidia, strano perché Hisa non era certo brutta, anzi. Forse era una bellezza più sfacciata, anche grazie a lineamenti e colori più decisi, di certo non passava inosservata.

“E tu allora? Sei uno schianto!” le disse la figlia di Ishida sincera.

Hisa si lisciò i capelli e abbassò lo sguardo, in realtà piuttosto compiaciuto “Così mi fai arrossire” disse mimando una modestia che non le apparteneva, e rincarò la dose aggiungendo “Sono una ragazza come tante, quasi comune direi” e posò la valigia ai piedi del letto.

“Mi fa piacere averti qui, così magari possiamo frequentarci e uscire insieme se ti va” le disse Maya dandole le spalle mentre apriva tende e finestra per dare aria alla stanza.

“Veramente sono venuta qui per rivedere il mio ragazzo. Da quando è stato scelto per il progetto riguardante quelle navi spaziali speciali, di cui non ricordo mai il nome, non l’ho più visto, né sentito… ho sofferto molto…” disse mimando contrizione. Ovviamente stava mentendo, ma non poteva certo dirle che in preda alla noia aveva colto l’occasione al volo per potersi fare una vacanza e perché no? Se c’era l’occasione anche per un bel rendez-vous con Harlock. Hisa conosceva bene le regole militari e sapeva che erano severissime in fatto di promiscuità, quindi doveva fare la scena per non compromettersi, né per non dare problemi al Falco.

Non seppe il perché, ma ad udire quelle parole a Maya si chiuse lo stomaco. Eppure erano in quattro i piloti che appartenevano a quel progetto, ma lei, fin da subito, fu quasi certa che si trattasse di Harlock. Rimase voltata per non mostrare il proprio turbamento.

“Ah sì? E chi è?” le chiese già tachicardica, fingendo una curiosità da conversazione tra vecchie amiche che si raccontano dei rispettivi ragazzi.

Hisa si gonfiò come un tacchino “Non puoi non conoscerlo anche se solo di fama, si tratta di Harlock!”.

La frase fu come un pugno che le arrivò diretto alla bocca dello stomaco stendendola, ma purtroppo non finì lì.

“Stiamo insieme da poco, ma io sono davvero presa da lui. A parte il fatto che è un figo galattico, non puoi capire di che cosa è capace di fare con quelle mani e con quella bocca, mi manda in estasi!” disse sospirando e carezzandosi il collo, chiudendo poi gli occhi come in cerca di chissà quali piccanti ricordi.

Maya si senti avvampare, di rabbia e non solo. Una rabbia molto forte, quasi violenta, mista ad una sorta d’indignazione e non seppe bene che altro, ma ovviamente si contenne. Anche se si domandò che bisogno avesse quella lì di scendere in particolari!
Si girò e guardò Hisa “Lo conosco bene” le disse quasi sfidandola, con gli occhi che le scintillavano.

L’altra cambiò espressione “In che senso?” le chiese sibillina. Non le piacque quello sguardo.

“Tranquilla non in quel senso, a dire il vero non lo trovo poi così figo, e neppure molto interessante, e poi è pure sfregiato” le disse mentendo per sminuirlo, dio, se era arrabbiata le stava salendo un veleno che stava per strozzarcisi “È solo il mio istruttore di volo e se devo dirtela tutta, non mi è neppure particolarmente simpatico” sibilò in fine. In quel momento lo avrebbe ucciso, altro che.

Hisa si rilassò, l’espressione torva dell’altra le fece credere che proprio non lo sopportasse. Per un momento aveva temuto il peggio.
Le si avvicinò e le posò una mano su un braccio con fare comprensivo “In effetti a volte è un po’ scontroso” ammise “Infatti non so come prenderà questa mia improvvisata, non è tipo da gradire le sorprese. Non ci siamo lasciati benissimo quando è partito, purtroppo nel frattempo mi si è rotto il telefono e non ho potuto contattarlo preventivamente. Avevamo discusso… non si aspetta una mia visita. Sai, sono una frana, non ricordo a memoria il suo numero… e comunque prima di vederlo di persona preferirei sapere che non è ancora arrabbiato…” mentì spudoratamente, facendo l’espressione più affranta che le riuscisse. Poi la guardò supplichevole “Se tu potessi aiutarmi… dato che lo conosci… che so magari avvertirlo… mettermici in contatto, mi piacerebbe tanto incontrarlo stasera stessa, il top sarebbe passare la notte nel suo alloggio. Hai il suo numero?” e si morse il labbro inferiore pregustando ciò che anelava.

Maya si trattenne a stento. Ebbe il desiderio di schiaffeggiarla e toglierle quell’espressione da gatta morta, per giunta in calore, che le si era stampata sul viso.
Oltre a lei avrebbe voluto picchiare anche Harlock. Sì, prenderlo proprio a schiaffoni! E dire che era una ragazza molto pacifica, educata e molto riflessiva, ma la gelosia la stava divorando a morsi. Ora capiva e si spiegava tutte le sue reticenze nel baciarla e quella sua fuga repentina. Il disgraziato era fidanzato!
In realtà la cosa che aveva innescato la bomba della rabbia, era l’aver sentito dire ad Hisa che Harlock, con le sue mani e la sua bocca era capace di donare a quella lì sensazioni estasianti, era andata proprio in corto circuito e stava sragionando.

“Ma certo che ti aiuto, altrimenti a cosa servono le amiche? Purtroppo non ho il suo numero” le disse mentendo a sua volta e mascherando la stizza dietro un amabile sorriso un po’ tirato “Però posso contattarlo personalmente. Sei fortunata sai? Posso farlo anche ora, subito se vuoi, tanto devo incontralo per una lezione” mentì ancora in preda alla rabbia.

“Davvero? Lo faresti per noi?”.

“Certo, come no!”.

“Maya ti sarò eternamente debitrice”.

La bionda le sorrise nuovamente. “Mettiti comoda e fatti una doccia, rilassati e fatti bella per il tuo ragazzo, io intanto vado da lui e vedo di combinare per farvi incontrare”.

Hisa pensò che era stata fortunatissima. Sapeva benissimo di rischiare un rifiuto, o una figuraccia, ma che avrebbe dovuto dirle? Sperava solo che il Falco fosse ben disposto e gli andasse di vederla, tutto il resto era superfluo e non le interessava, bastava che passassero la notte insieme. Si stava solo giocando al meglio le sue carte. E poi succedesse quel che doveva succedere, era una che coglieva l’attimo ed era anche pronta a rischiare.

Rimaste d’accordo si congedarono e Maya neanche fosse stata una novella e fulgida amazzone vendicatrice, uscì per andare alla caserma a trovare il ragazzo della sua ex compagna di giochi.

 

Harlock aveva terminato i suoi impegni e aveva appena fatto la doccia. Si era cambiato, togliendosi l’uniforme e aveva indossato qualcosa di comodo. La giornata era stata abbastanza pesante. In quella fase dell’addestramento facevano anche molto training fisico perché i test sulle navi vere, nello Spazio, erano davvero imminenti e dovevano essere pronti sia mentalmente che fisicamente.
Non voleva più pensare a Maya e voleva distrarsi, anche se di fatto era un’impresa titanica.
Si era buttato sul letto con un vecchissimo libro cartaceo da collezione, l’atavico: Il Vecchio e il mare di Hernest Hemingway. Un volumetto che aveva già letto e riletto, che ogni tanto amava riprendere tra le mani per riassaporarlo, perché lo rilassava. Quando d’improvviso sentì bussare alla porta. Appoggiò il libro sul letto e andò ad aprire.
Il suo stupore fu genuino e sincero quando si trovò davanti Maya. Non se lo sarebbe mai aspettato, e rinnegando ogni buon proposito appena fatto, ne fu molto felice.
Come lo vide, magicamente, l’ira della ragazza si mitigò. Fu suo malgrado addolcita dall’effetto devastante che lui purtroppo continuava a farle. Pareva stanco, ma rilassato, profumava di bagnoschiuma e la sua espressione era un misto tra lo stupore e qualcos’altro che lei non capì a fondo, ma che le sciolse quel nodo di rabbia che aveva dentro.

“Sono venuta per parlarti di una cosa” cominciò non più tanto certa di che cosa fare e cosa dire realmente. Ora si sentiva sciocca ed infantile. Perché diamine si era precipitata da lui? Era scema? Pensava forse di dovergli fare una scenata? Ma non era da lei comportarsi così, e poi a che titolo? Per un quasi bacio?

Inaspettatamente Harlock agì d’impulso lasciandosi alle spalle ogni domanda, ogni dubbio, ogni paura e ogni considerazione. La guardò qualche istante, mentre incerta sulla soglia aveva l’espressione seria e smarrita, quindi le disse a tono basso, quasi cupo: “Non mi interessa perché sei venuta”.

Colta di sorpresa la ragazza temette che fosse davvero molto contrariato, quando all'improvviso la prese per un braccio e la fece entrare dentro, chiudendo la porta dietro di lei. E subito, senza neppure darle il tempo di dire altro, le passò una mano sul viso sfiorandole la guancia con il pollice. La sua pelle era liscia e delicata proprio come aveva immaginato. La guardava incantato da quegli occhi così azzurri che gli mozzavano il fiato in gola, erano stupiti e lucidi. Con delicatezza fece scivolare le dita dietro la nuca imbrigliandole nei suoi capelli, facendole poi scivolare tra le morbide ciocche, apprezzandone la sericea consistenza. Quindi si chinò e dopo averla fissata per un istante ancora negli occhi, cercò la sua bocca.

Questa volta fu un bacio vero e non solo timidamente accennato.

Le si avvicinò alla bocca fino a sfiorarla e poi aprì appena un po’ le labbra premendole leggermente su quelle di Maya, che avvertì subito quanto fosse in tensione, quasi rigido, mentre a dispetto di ciò, il suo tocco era invitante, gentile, morbido ed estremamente sensuale. Non seppe perché lo fece ma subito lo assecondò, quasi con urgenza, e a sua volta schiuse lievemente le labbra lasciandosi andare, abbassando ogni difesa, sciogliendosi tra le sue braccia. Era stata come travolta dalla sua inaspettata ma gentile irruenza e si era volontariamente lasciata sopraffare, dimenticando completamente la gelosia e la rabbia provate poco prima. Invece di respingerlo, come sarebbe stato logico fare, chiuse gli occhi e lasciò che la sua lingua timidamente le toccasse le labbra, s’insinuasse leggera ed incontrasse la sua, dando inizio ad un gioco di delicate e sensuali carezze che la fece rabbrividire. Harlock approfondì ancor di più quel bacio, rendendolo appassionato e molto intenso, mentre le sue dita giocherellavano con i lunghi capelli di lei, imbrigliandosi in morbidi intrecci. Completamente rapita da nuove ed intense sensazioni che gli formicolavano addosso, Maya si strinse al Falco aggrappandosi alle sue spalle, mentre lui si ritrovò completamente perso nelle sensazioni che lei gli stava regalando con la sua appassionata e cedevole partecipazione. 
Si erano arresi a quel bacio inaspettato, che li aveva colti entrambi alla sprovvista.

 

 

 

 

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GRAZIE come sempre a tutti coloro che si sono fermati a leggere, in modo speciale a chi ha commentato e a chi ha messo la storia tra le preferite, ricordate e seguite eccetera. Grazie davvero ragazze :*

Questo Capitolo è dedicato a alla mia cara amica brontolona vorrei, se fosse possibile sostituirti a Maya e farti baciare da Harlock come è capitato a lei! Ti abbraccio fortissimo!

Grazie alle mie amiche, vicine e lontane!

 

 

Ed ecco i miei personali auguri di buon Natale a tutti voi! 


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Comunicazione: Non so se andrò via per Capodanno, in caso salterò un turno di postaggio, sennò ci ritroviamo regolarmente domenica prossima! Felicità a tutte! :)

GRAZIE Capitano ho capito, non temere, mi sono slegata, e come tu mi insegni: la libertà non ha Prezzo!

 

 

––––•••·.·•••––––

 

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

 

 

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Capitolo 13
*** RED ROSE ***


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Prima di lasciarvi al capitolo odierno una piccola precisazione perché qualcuno ha fatto confusione e forse non mi sono spiegata bene. Hisa non è la cugina di Maya, ma è la nipote del sergente Lee, i suoi cugini sono i figli di lui con cui è arrivata da Oceania 13, ed è la ragazza che era presente nel primo capitolo, quella con cui Harlock aveva fatto una partita a strip poker ;) Con Maya sono solo “amiche” d’infanzia come ho spiegato nel capitolo precedente.

-12-

RED ROSE

 

“Ci sei andato a letto insieme vero?” gli chiese indispettita fulminandolo con lo sguardo.

“Maya ma ti pare questo il momento?” bisbigliò il Falco fissandola preoccupato. Il suo sesto senso gli diceva che erano in grave pericolo, e la sua allerta era assai vigile.

“Ti ho fatto una domanda, non è così difficile rispondere! Sì, o no?” si piccò lei acidula ricambiando il suo sguardo cupo con aria di sfida.

“Per favore aiutami ad aiutarti, se ti vedono qui a quest’ora scopriranno senza ombra di dubbio che sei tu Red Rose! È una trappola, lo capisci? Ti vogliono incastrare e ci riusciranno! Ma se crederanno che sei qui perché te la fai con me, sarai scagionata” la pregò Harlock costernato. Al momento quello gli era sembrato l’unico valido stratagemma da adottare su due piedi.

“Ci andavi a letto o no?” ripeté caparbia guardandolo con rabbiosa determinazione. Si sarebbe fatta arrestare pur di sapere la verità. Era davvero testarda pensò Harlock quasi rassegnato.

“No!” le rispose frustrato e dato che non c’era più tempo da perdere agì velocemente. Le prese il viso tra le mani e cominciò a baciarla in modo che non ci fossero dubbi sul perché fossero lì. Lo fece in maniera così convincente che a Maya tremarono le ginocchia, mentre lui fece scivolare una mano dietro la sua schiena, attirandola a sé con decisione.
Poi delicatamente la spinse contro la parete a cui erano vicini, facendola appoggiare appena con le spalle. I loro corpi aderirono e mentre il Falco continuava a baciarla, la sua mano destra si poggiò delicatamente sulla guancia di Maya, mentre fece scendere il palmo sinistro morbidamente, lungo la schiena, carezzandola, per poi fermarsi sulla curva del fianco appena poco sotto il punto vita. Il respiro della ragazza si fece veloce. Erano in una situazione molto pericolosa, e quella doveva essere una recita, ma lei in quel momento era totalmente presa, come se fosse rimasta invischiata in quelle carezze languide e in quelle labbra, che unite alle sue, la facevano fremere e tremare, procurandole una specie di piacevoli crampi simili a piccole scosse elettriche nel basso ventre.
Capì in quel momento che cosa fosse il desiderio, la passione e quanto potessero diventare prepotenti, urgenti, al punto di rendere pericolosamente superfluo tutto il resto.
Istintivamente gli passò una mano tra i capelli, aprì il palmo sulla nuca e lo attirò appena a sé come per meglio sigillare quel gioco di labbra e scaramuccia di lingue, incitandolo nel prolungamento di quel bacio furtivo, ladro e truffaldino, lasciandosi sfuggire un debole gemito, che fu quasi una resa. Dovevano passare per due che se la intendevano e la loro commedia stava diventando pericolosamente reale.


*


Una settimana prima…

Maya era uscita dalla stanza di Harlock subito dopo essersi staccata a forza da lui e dal quel bacio giunto inaspettato, che sul momento, aveva avuto il potere di spegnere ogni scintilla di rabbia dentro di lei. Peccato che alla fine la ragione era ritornata prepotente a farsi spazio nella sua mente e aveva rotto, per l’ennesima volta, l’incanto che si era creato tra loro. Essendosi riappropriata della sua razionalità, gli si era subito rivoltata contro e anche piuttosto in malo modo.

Lo aveva accusato di essere superficiale e un bugiardo.

Lui frastornato dal suo cambio repentino d’umore e privato del cedevole piacere delle sue labbra era rimasto molto perplesso, fino a quando lei non gli aveva spiegato il motivo del suo livore e spiattellato in faccia che sapeva del suo fidanzamento con Hisa, cosa che ovviamente, lo aveva fatto cadere dalle nuvole prima, e sorridere sinceramente divertito poi, non fosse stato altro per l’assurdità della cosa, totalmente falsa.
Quella reazione aveva avuto su Maya un effetto negativo, si era oltraggiata, perché aveva subito pensato che lui si stesse divertendo sia alle sue spalle, che a quelle di Hisa e se ne era andata via furibonda sbattendo la porta.
Harlock era rimasto parecchio interdetto, ma alla fine aveva deciso di farla sbollire e di darle tempo. Le donne a volte rappresentavano per lui un universo un po’ troppo complesso. Nel caso specifico Maya lo mandava in grande confusione, infatti comprendeva sempre meno il suo modo incostante di fare, ma una cosa gli era parsa molto chiara, la ragazza era gelosa almeno quanto lui lo era di lei.
A questo punto visto come stavano le cose, ne convenne che era l’ora di farla finita di nascondersi dietro un dito, prima o poi avrebbero dovuto affrontare la questione, non potevano continuare a far finta di nulla dando vita ogni volta ad un assurdo balletto da commedia degli equivoci.

Stava appunto riflettendo su tutto ciò quando qualcuno bussò alla sua porta.

Aprì e si trovò davanti Devasto.

“Ė arrivata la nipote di Lee!” gli disse trafelato entrando nella stanza.

“Lo so…” rispose Harlock sospirando.

“E quindi sei anche conscio del fatto che finché non glielo darai ti tampinerà fino a sfinirti!”.

Il Falco roteò gli occhi infastidito “Che ho fatto di male?” disse a voce alta e non si riferiva solo ad Hisa, ma anche al modo di esprimersi poco forense dell’amico.

“Il problema è che se vai di nuovo con quella, e ti scoprono, potrebbero buttarti fuori dal progetto Death Shadows, ma se non ci vai, ho come il sospetto la cinciallegra lì, ti giocherà comunque uno tiro mancino con lo zio”.

Harlock incrociò le braccia al petto e si accigliò pensoso scrutando l’amico.

“Quindi tu che suggeriresti?” gli chiese poco dopo, conoscendo il soggetto e avendo abbondantemente mangiato la foglia.

“Bah…” meditò Devasto facendo lo gnorri “Non saprei…” e si grattò il mento “Fammici pensare un po’…” era in piena sceneggiata e Occhio di Falco lo guardava severo, ma sotto sotto anche divertito.

“Potrei sacrificarmi per te, e in via d’amicizia potrei… darle una bottarella. Insomma non sono te e mai lo sarò, ma dato che per all’appunto devo sempre confrontarmi con un soggetto pressoché inarrivabile, ho imparato ad affinare di molto le mie arti amatorie, e ti assicuro che so come far felice una donzella come quella. Parliamoci chiaro, la ninfetta ha in mente solo una cosa e onestamente è anche belloccia, ma Harlock, non è una da prendere sul serio! Quindi ti faccio un favore a spupazzarmela al posto tuo”.

“Tu chiacchieri un po’ troppo!” lo ammonì severo il Falco. Malgrado sapesse che Devasto avesse assolutamente ragione circa il modo di fare di Hisa, non gli andava che facesse del becero pettegolezzo ai danni di lei. Era innegabile che quella ragazza fosse un po’ superficiale, ma lui tendenzialmente cercava di non giudicare mai troppo gli altri e di lasciarli liberi di fare le loro scelte, anche se le reputava sbagliate.

“Che fai ora, il santarellino?” gli rispose piccato Devasto.

“No. Ma non girare troppo intorno alla cosa. La verità è che Hisa ti piace, ti è sempre piaciuta e quindi non ti fare problemi, non mi interessa e non mi è mai interessata. Da parte mia hai assolutamente via libera”.

Joe sorrise “Lo so che non ti è mai fregato nulla di lei, e ora men che mai, perché sei cotto fradicio della biondina… mi sa che quella lì ti fa filare dritto come un fuso!” gli disse con aria furbetta.

Il Falco nell’udire quelle parole si adombrò parecchio e lo guardò malissimo. Non sopportava intromissioni di quel tipo. Maya era argomento off limits con tutti, quasi perfino con Tochiro.

“È inutile che fai la faccia da cattivo. Mi spiace per te ma è chiaro come il sole che sei partito per la tangente, dovresti vederti come la guardi e te ne renderesti conto da solo” rincarò Joe.

“Sciocchezze!” minimizzò Harlock.

Devasto questa volta rise di gusto “Non solo ti tiene in riga, ma mi sa che non te la dà neppure! Per questo sei sempre di malumore” commentò con aria di chi ha appena avuto una sconcertante rivelazione.

“La fai finita? Guarda che te le suono per davvero! Già te le dovevo dare per la storia della doccia, quindi sta’ attento a te!” gli ringhiò contro Harlock che si sentiva sotto esame. Era gelosissimo della sua privacy e non gli piaceva per niente che si facessero illazioni di quel genere.

“Ho altro per la testa io!” aggiunse poi con leggera aria saccente, come a sottolineare che donne e quant’altro erano assai lungi dai suoi pensieri al momento.

“Vabbé! Se lo dici tu…” fece Devasto alzando le mani con aria sorniona.

Harlock stava per rispondergli a tono ma furono interrotti dall’arrivo improvviso di Tochiro.

“Ti devo parlare!” disse irrompendo nella stanza con una faccia che allarmò Occhio di Falco “Da solo. Si tratta di una cosa privata” aggiunse guardando l’altro come per invitarlo ad andarsene.

“Me ne vado con piacere! Ho di meglio da fare che stare qua con voialtri a perdere tempo!” e uscì dalla stanza anche se in realtà era rimasto un po’ male che gli avessero fatto chiaramente capire che la sua presenza era di troppo.

Rimasti soli, senza girare troppo intorno alla questione Tochiro gli rivelò che mentre si trovava a fare un lavoro con altri ingegneri era andato in bagno e casualmente aveva sentito uno stralcio di una conversazione tra alcuni soldati. Uno di loro, che altri non era che quello con cui Harlock aveva fatto a pugni, si stava vantando di aver organizzato un’operazione speciale, che sarebbe servita ad incastrare una volta per tutte la famigerata Red Rose.

“Non ho ben capito che cosa farà e come, ma di sicuro le tenderà una trappola. Tu forse non lo sai ma Red Rose è proprio la tua Maya!”.

Harlock nel sentire quelle parole s’irrigidì subito, e non solo per la rivelazione dei piani di cattura ai danni della ragazza, ma soprattutto perché Tochiro l’aveva definita la sua Maya. Questa cosa lo turbò oltre ogni dire semplicemente perché si rese conto che era la verità. L’amico lo conosceva fin troppo bene e nella concitazione di comunicargli l’importante notizia, aveva inequivocabilmente palesato il suo pensiero. Tutti si erano accorti, ancor prima di lui stesso, che si stava davvero innamorando della figlia di Ishida.

“Franklin hai capito che cosa ti ho detto?” gli chiese Oyama come risvegliandolo.

“Sì…” rispose Harlock ma in quel momento non si riferiva alla trappola in sé ma piuttosto a quell’ennesima riprova che lo aveva messo di fronte, una volta per tutte, alla realtà dei fatti. 

“Devi avvisarla. Esmeralda non c’è, è impegnata presso la Galassia Magellano nel sistema stellare di Andromaco*1, per questioni urgenti di lavoro. Non posso ovviamente dirle certe cose tramite comunicazioni di linea pubbliche e non posso collegarmi con lei tramite canali alternativi, perché temo ci sia massima allerta e un capillare controllo delle comunicazioni. Purtroppo il tipo è spalleggiato dai quartieri alti della Gaia Sanction, temo che questa volta l’abbiano organizzata bene la faccenda, ed è troppo rischioso. Da un rapido check-in che ho fatto sulle linee, risulta che tutti i canali di comunicazione sono monitorati per essere ascoltati. Esmeralda tornerà solo a fine mese e potrebbe essere troppo tardi. Da come parlava quello, credo di aver capito che agirà piuttosto in fretta!”.

Harlock rimase in silenzio molto crucciato. Era seriamente preoccupato.

“Hai capito nulla riguardo alla possibile natura di questa trappola?”.

“Purtroppo no” gli rispose sconsolato Tochiro “Ho solo colto una parte della conversazione, e poi sono usciti”.

Il Falco sospirò.

“Me ne occupo io. La metterò in guardia e la proteggerò” si risolse a dire all’amico ringraziandolo poi di cuore per essersi precipitato ad avvertirlo.

 

*

Tempo reale…

Stavano arrivando di corsa ed erano armati fino ai denti. Una squadra di circa otto elementi. Harlock lì vide con la coda dell’occhio sopraggiungere in lontananza. Sebbene fosse molto preso da lei e dalle sue labbra delicate, i suoi sensi di soldato erano comunque vigili, all’erta e non si lasciarono offuscare neppure dalla piacevolezza di quel bacio finto. Improvvisamente qualcosa gli disse che era meglio non farsi vedere, né tanto meno farsi trovare lì, fu una sensazione, un campanello d’allarme acceso da un sesto senso… qualcosa che assecondò senza rifletterci. Fu rapido, si staccò da lei e schizzò veloce come un fulmine. Fu il suo istinto che gli fece afferrare Maya per un braccio e correre via cambiando radicalmente e repentinamente piano. Proprio in quel momento l’allarme generale della caserma cominciò ad urlare impazzito squarciando il silenzio della sera.

Crrrr… crr… Red Rose ci senti? Sei in ascolto?” la ricetrasmittente di Maya cominciò a gracchiare, ma l’allarme con il suo frastuono ne coprì il suono e lei non la udì.

“Che fai?” gli chiese la ragazza ancora stordita mentre lui correndo la stava letteralmente trascinando via.

“Ti porto al sicuro, credo che si sia appena mobilizzata mezza caserma per acciuffarti. E temo che non si fermeranno davanti a niente per farlo. Meglio non rischiare, non devono proprio vederti qui!”.

Accadde però per via di un’antichissima legge terrestre denominata dai loro avi: la legge di Murphy, che le cose già complicate di suo, si complicassero ancora di più a causa di improvviso e violento temporale che scoppiò proprio in quel momento, e che li costrinse a fare repentinamente marcia indietro, per ripiegare gioco forza, nuovamente verso la caserma.
Nel frattempo la mente di Harlock pensava e analizzava veloce, proprio come quando doveva prendere decisioni di carattere militare durante una battaglia.
Non potevano uscire, come avrebbe voluto fare in un primo tempo, per scappare, nascondersi tra la boscaglia, e poi riaccompagnarla a casa, a piedi, per non dare nell’occhio. Aveva cominciato a piovere a dirotto con forti raffiche di vento, una vera e propria piccola tempesta. In pochi secondi, solo per raggiungere il piazzale antistante gli alloggi dei militari, si erano completamente infradiciati. L’unica soluzione fattibile e sicura era portarla in camera sua, lasciare che le acque si calmassero e il temporale cessasse, poi con la complicità della notte fonda, riportarla in tutta tranquillità a casa.
Il problema per loro, in quello stato di allerta e confusione in cui quei i soldati, che erano pure aumentati perché raggiunti da ulteriori rinforzi, era trovare un modo per entrare dentro senza essere notati.
A quel punto della situazione se fossero stati scoperti, come avrebbero potuto giustificare la presenza di Maya in quell’ala della caserma? Con l’essere amanti? A patto che se la fossero bevuta, per Harlock sarebbe significato dare addio per sempre alla sua carriera militare, perché farsi beccare con la figlia del generale, in piena emergenza, ad infilarsi nella sua stanza, era come ammettere di essere un perfetto idiota ed incosciente che sfruttava un’allerta per farsi i suoi comodi.
All’improvviso si ricordò che c’era un’entrata laterale da una specie di rimessa in cui veniva accatastato materiale da riciclare.

“Dobbiamo muoverci di qui” disse alla ragazza fissandola serio. Notò che era intirizzita e tremava. Tirava troppo vento e benché fosse estate, la sera raffrescava sempre un po’ e l’essere bagnati fino al midollo non aiutava.

Maya annuì.

“Qualunque cosa accada e chiunque incontriamo devi cercare di non farti notare, devi stare nascosta dietro di me, nell’ombra, o temo che saranno guai seri per entrambi”.

Maya annuì di nuovo.

La esortò a seguirlo e furtivo cominciò a camminare rasente all’edificio per trovare la famosa rimessa.
Fece in modo di essere il più veloce possibile, tenendo conto di ogni possibile variabile di pericolo. Lei lo seguiva cercando di non dare nell’occhio come le aveva chiesto. Una volta guadagnata l’entrata secondaria si ritrovarono davanti ad un lungo corridoio in cui si affacciavano gli alloggi degli ufficiali. Era deserto. Si percepiva però il vocìo concitato che proveniva da fuori in cui c’era la massima allerta e una caccia all’uomo (in questo caso alla donna) in pieno svolgimento.
Chiaramente, sapendo che il ricercato era un soggetto di sesso femminile nessuno avrebbe mai pensato che potesse essere nell’ala degli alloggi dei graduati. Sarebbe stato come darsi in pasto al nemico. Era questo che aveva pensato Harlock ed era certo che se fosse riuscito ad infilarla nella sua camera sarebbe stata salva.
Fu proprio in quel momento, che senza preavviso, l’insistente gracchiare della ricetrasmettente di Maya graffiò rauco l’immobile quiete che regnava in quel corridoio.
Maya sussultò e in preda al panico si frugò spasmodicamente addosso per recuperarla, sembrava essersi infilata chissà in quale tasca nascosta di cui neppure ricordava l’esistenza. Finalmente la trovò e con scatti convulsi la fece finalmente tacere spegnendola.
Ad Harlock si ghiacciò il sangue nelle vene, temette il peggio. Se qualcuno avesse sentito quel rumore sarebbero stati fottuti. Si girò di scatto e fulminò Maya con un’occhiata molto severa. In quel momento era il soldato che stava prendendo il sopravvento sull’uomo.
Perentorio e molto accigliato, portando l’indice sulle proprie labbra, le fece cenno di fare silenzio. Quindi attese qualche secondo guardandosi attorno. La quiete era tornata a regnare lungo il corridoio. A parte il solito concitato rumore di voci antistanti che faceva capire che i soldati erano sempre pericolosamente vicini, sembrava che se la fossero cavata, almeno per il momento.
Il Falco tirò un sospiro di sollievo e le fece cenno di muoversi dietro a lui.
Si diressero sempre molto guardinghi verso la fine del corridoio, esattamente dalla parte opposta da dove si trovavano, per poter finalmente raggiungere l’alloggio di Harlock.
Quando furono quasi sul punto di arrivare a destinazione, d’improvviso si spalancò una porta. Harlock fece giusto in tempo a trascinare Maya in un rientro del muro a ridosso di un’altra camera.
Quella che si era aperta era la stanza di Devasto, da cui a sorpresa uscì Hisa.
Maya spalancò la bocca coprendosela con una mano per lo stupore. Intanto la sua amica, ferma sulla soglia, prese a baciare in modo inequivocabile l’amico del Falco, che oltre ad assecondarla compiaciuto, le dette anche una bella pacca sul sedere. Dopo qualche secondo la ragazza smise di baciarlo, si girò e si allontanò furtiva, mentre Devasto guardandosi in torno richiuse la porta dietro di sé e la raggiunse, andando probabilmente verso l’uscita secondaria della rimessa, da dove erano entrati loro.
Maya sbirciò Harlock, le parve del tutto indifferente, di certo non c’era nel suo sguardo né collera né risentimento, assurdamente pareva quasi divertito, quindi ebbe la certezza matematica che non le aveva mentito: non era fidanzato con Hisa.
Si sentì tremendamente sciocca, ma anche sollevata.

“Andiamo!” le disse lui riprendendola per una braccio e accompagnandola veloce al suo alloggio.

Una volta dentro la camera Harlock la guardò serio “Non credo che quei due abbiamo capito che succede là fuori, quindi devo avvertire
Devasto ed Hisa, se la trovano penseranno che è lei Red Rose, scoppierà il finimondo e Devasto sarà buttato fuori dal progetto e dimesso. L’esercito è tutta la sua vita, la sua famiglia, non posso permettere che ciò accada”.

Le spiegò veloce prima di dileguarsi. Le raccomandò anche di darsi un’asciugata, cambiarsi e di usare pure qualcosa asciutto di suo che le potesse andar bene. Le fece veto assoluto di aprire la porta a chiunque. Sarebbe rientrato il prima possibile, doveva attenderlo lì senza muoversi.
Appena Harlock fu uscito Maya s’infilò in bagno e si liberò degli abiti zuppi. Cercò un’asciugatrice, ma quello era l’alloggio di un militare e non era dotato di simili confort. Probabilmente gli lavavano i vestiti in una lavanderia comune, così si arrangiò a stenderli come meglio poteva nella doccia. Asciugatasi s’infilò una maglietta bianca e un paio di pantaloncini che lui doveva usare in palestra. Nonostante fossero enormi era riuscita ad indossarli senza che le cadessero di dosso. Harlock era troppo più alto rispetto a lei, la maglietta le faceva quasi da mini abito, e sotto spuntavano i pantaloncini che le arrivavano quasi alle ginocchia, erano le uniche due cose che era riuscita a farsi andare bene. Prima di andarsene l’aveva esortata a non farsi problemi ad usare ciò che le faceva comodo indicandogli i cassetti dove cercare biancheria e vestiario asciutti.
Uscì da bagno e si guardò intorno. Notò che era tutto piuttosto ordinato, quasi spartano. Si sentì un po’ a disagio nell’essere nella stanza in cui lui dormiva, sebbene ci fosse già stata virtualmente in quella breve incursione in share-call system quella famosa volta dello spogliarello involontario. Era una sorta d’intimità forzata che la incuriosiva e la turbava, anche alla luce dell’immagine di lui che usciva da quel bagno, che continuava tormentarla.
Maya cominciò a guardarsi intorno e alla fine rifletté sul fatto che Harlock a volte era molto enigmatico e quella stanza, in certo senso ne era un po’ la prova. Notò con grande sorpresa, che possedeva alcuni libri cartacei disposti con cura sulla sua scrivania, accanto al
computer. Era una cosa anomala e inusuale, ormai i libri di carta erano quasi introvabili, roba da collezionisti. Tra di essi vi era una raccolta di poesie tutte sull’argomento mare, di remoti autori di ogni parte del globo terrestre. Accanto faceva bella mostra di sé, un libro illustrato, finemente rilegato, su antichissimi galeoni, vascelli e golette, di ogni genere e tipo, compresi anche quelli di pirati e corsari. Sotto, impilato, trovò un magnifico atlante astronomico, con una raccolta di mappe stellari di origini davvero remote. Sia il libro sui galeoni che quello sulle mappe stellari erano così belli e affascinanti che s’incantò a sfogliarli, anche se nelle mappe, a dire il vero, non ci capiva molto. Del resto era solita navigare con un modernissimo sistema gups3
*2 di rete warp in modalità automatica, bastava impostare la rotta e non c’era da fare altro, la navetta seguiva le coordinate da sola e la portava a destinazione. Quelle mappe invece le raccontavano di uomini che erano stati i pionieri del cielo e dello spazio, che con infinita pazienza e maestrìa avevano tracciato su carta le rotte dell’Universo sconfinato.
Tutte quelle cose le parlavano di lui, di come evidentemente Harlock tracciasse una sorta di parallelo tra gli oceani terrestri e gli oceani celesti, che probabilmente percepiva similari come fascino e vastità. Quelle poesie che aveva sfogliato distrattamente ma che avevano un unico soggetto: il mare, quelle immagini affascinati di vecchie navi, e quelle carte stellari, simili alle carte nautiche che aveva visto e studiato durante una lezione di storia antica all’università, le fecero capire che il Falco, nel suo profondo era già un Capitano. Non importava se di vascello, di stelle, di mare, o dello Spazio, perché l’unico comune denominatore che lo rendeva tale, era l’infinito che evidentemente anelava solcare e scoprire, forse sfidare. Probabilmente era come se fosse parte di lui e se ne sentiva fortemente attratto.
Si rese improvvisamente conto che ciò che aveva visto e conosciuto di quel giovane uomo non era che una misera cosa, rispetto all’abisso profondo che doveva celare il suo animo. Di certo era temerario e combattivo, ma c’era molto di più. Era generoso leale e pieno di passione. Nessuno sarebbe tornato indietro rischiando così tanto per salvare una ragazza che andava dicendo menzogne sul suo conto, e forse qualcuno non l’avrebbe fatto neppure per l’amico, perché c’era in gioco una sfolgorante carriera e un posto di prestigio, una svolta di vita, ma lui non aveva esitato un solo istante. Proprio come un cavaliere d’altri tempi si era precipitato ad aiutare entrambi.
Capì in quel momento dentro di sé con serena consapevolezza che se ne stava perdutamente innamorando. Ora comprendeva chiaramente che non era stata fatalmente attratta solo dalla sua nobile bellezza, o dal desiderio che le accendeva dentro ogni volta che le si avvicinava, c’era molto di più, era la sua anima limpida e profonda come una sorgente di montagna, che l’aveva stregata incatenandola a lui. Di fatto però restava comunque una sorta di nemico, o per meglio dire un difensore di un sistema che lei combatteva. Un sistema legato ad un potere che non avrebbe mai permesso, che tutti gli aventi diritto per nascita, potessero far ritorno sulla madre Terra. Questa cosa la dilaniava. Da una parte era conscia dei suoi sentimenti che non poteva semplicemente soffocare, né ignorare, dall’altra non poteva, né voleva tradire la sua causa… Harlock era tutto ciò che desiderava, ma anche tutto ciò da cui avrebbe dovuto fuggire, eppure era lì, nella sua camera, ancora una volta tratta in salvo da lui.
Esmeralda aveva ragione, l’unica soluzione fattibile era arruolarlo e tirarlo dalla loro parte.
Non era una cosa semplice, né era certa che le avrebbe mai dato retta, ma desiderava con tutta se stessa che lui stesse dalla sua parte, voleva considerarlo un alleato. Avrebbe preferito che la voglia di far parte della Gea Free ed aderire alla loro causa gli nascesse spontanea, ma ciò che provava per lui le dava la spinta emotiva per provare a convincerlo. In fondo era abbastanza certa che Harlock non le avrebbe mai dato retta se non avesse ritenuto valide le sue ragioni.
Questi pensieri però la turbavano, non avrebbe mai creduto di tentare di arruolare qualcuno, ma era anche vero che non aveva mai conosciuto un ragazzo così prima di allora. Era così sincero e nobile. Anche su Hisa aveva detto la verità i fatti glielo avevano appena dimostrato e lei lo aveva invece trattato a pesci in faccia, privandosi e rovinando quel momento paradisiaco che era stato il loro primo vero bacio… si dette della stupida.
Un brivido l’attraversò e si strinse le braccia la petto.
Scacciò a forza quei ricordi, non era il momento di pensarci. Cominciava seriamente a preoccuparsi per lui, era già da un po’ che l’aveva lasciata sola e non accennava a fare ritorno. Avrebbe voluto affacciarsi alla finestra ma desisté, non era il caso. Quel silenzio che ovattava l’aria rendendo tutto quasi irreale, la faceva agitare ancora di più. Si sentiva come sospesa in un limbo, in febbrile attesa di notizie. Ormai anche sfogliare quei libri non le dava più sollievo, né riusciva a distrarla. Cominciò a giocare nervosamente con una ciocca di capelli ancora umidi che aveva cercato di tamponare con un asciugamano, quando finalmente la porta si spalancò, ed Harlock bagnato fradicio, come un pulcino, entrò trafelato nella stanza.

 

1 GALASSIA MAGELLANO E SISTEMA STELLARE DI ANDROMACO: La Galassia di Magellano è una mia invenzione che si rifà però in parte alla realtà. Infatti esiste la Grande Nube di Magellano e la Piccola Nube di Magellano due galassie nane che orbitano come satelliti intorno alla Via Lattea. Quella invece descritta da me è una vera e propria galassia unica di un sistema stellare, totalmente inventato da me che ho chiamato Andromaco, come il guerriero di Cnosso, che si arruolò nell'esercito, quando il suo re promise di unire le sue forze a quelle di Agamennone, per vendicare il rapimento di Elena, moglie di Menelao, nella celeberrima guerra di Troia. L'ho scelto perché mi piaceva come nome e perché è un ricordo della mia infanzia che ha fatto capolino :) Ma ricordate che la Galassia Magellano nel sistema stellare di Andromaco NON esiste l’ho inventata io.
Le info su le Galassie nane Magellano reperibili su Wickipedia.
2 SISTEMA GUPS3: Evoluzione del tutto inventata da me del sistema satellitare odierno gps (Global position system, ovvero: sistema mondiale di posizionamento via satellite) Trasformato da me nell’inventato gpus3 (Global Universe position system alla terza, ovvero sistema di posizione satellitare per viaggi interspaziali nell’universo) xD

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GRAZIE come sempre a tutti voi lettori. Siete sempre tanti e ognuno di voi continuando a seguire questa ficcia mi fa un bellissimo regalo di cui vi sono grata!
Questo Capitolo è dedicato a  tutte le ragazze che recensicono GRAZIE stelline!!!

Grazie anche a chi mi ha aggiunta agli autori preferiti! Mi scuso di non averlo mai fatto prima, ma non sempre controllo, mi è capitato di passarci di recente e capperi!!! Siete tante! *.*  Non ho parole!

Vorrei: augurare a voi un anno sereno e felice nelle cose importanti della vita, ma siccome a volte la vita è dura  vi regalo questo pensiero che mi è molto piaciuto ;)


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GRAZIE Capitano ormai è un anno e il volo continua! ♥♥♥


––––•••·.·•••––––

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

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Capitolo 14
*** IL FUOCO E LA PAGLIA ***


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-13-

IL FUOCO E LA PAGLIA

 

Fu così che la scorse entrando: seduta sul bordo del letto, con indosso una sua maglietta troppo larga che le disegnava morbidamente, appena accennate, le curve del seno e le gambe parzialmente scoperte dai pantaloncini che era solito usare per boxare. Era seria e con aria preoccupata si tormentava i capelli. La trovò bellissima e se avesse dovuto seguire il suo primo impulso si sarebbe gettato tra le sue braccia e, probabilmente,  avrebbe fatto l’amore con lei per tutta la notte; ovviamente non fece niente di tutto questo.

Maya lo vide irrompere nella stanza, trafelato e bagnato fradicio. I capelli appiccicati al viso e lo sguardo intenso, quando si posò per qualche secondo su di lei. Le ricordò pericolosamente la scena della share-call e arrossì fino alla radice dei capelli, avvampando ma non disse né fece nulla, se non accennare un timido sorriso a mo’di saluto.

“Alla fine sono rientrati anche loro due in stanza. L’abbiamo scampata appena in tempo. Fuori c’è il finimondo, quel Ben, l’amico tuo è fuori di sé dalla rabbia perché non riesce a trovarti. È riuscito a coinvolgere mezza caserma nelle ricerche” le spiegò sommariamente, mentre si sbottonava la giacca della divisa, per poi sfilarsi la maglia e rimanere a torso nudo.

“Meno male che è andato tutto bene, cominciavo a preoccuparmi” disse Maya, abbassando lo sguardo. Era veramente troppo! Quell’intimità forzata, la disinvoltura che mostrava nello spogliarsi, anche se solo parzialmente, come se nulla fosse, unita alla preoccupazione per la situazione, la stavano davvero mettendo a dura prova.

Harlock notò il suo disagio e lo imputò alla paura di essere scoperta, quindi le si avvicinò e le carezzò protettivamente una guancia per rassicurarla. “Stai tranquilla, finché stai qui sei al sicuro, non è così furbo, né tanto meno così intelligente da poter solo pensare che potresti essere tu la donna che cerca, e comunque non potrebbe mai immaginare che sei in camera mia”.

Maya annuì con cenno della testa ma mantenne lo sguardo fisso a terra. Harlock constatò che era arrossita e allora si rese conto che forse era imbarazzata dal fatto che fosse seminudo. Lui non c’aveva fatto caso, infondo aveva solo il torso scoperto e di certo non poteva immaginare che cosa scatenasse ciò nella ragazza. La scambiò per timidezza, quindi svelto prese un cambio asciutto e sparì oltre la porta del bagno. Maya si alzò di scatto dal letto, dove si era seduta distrattamente poco prima e si sistemò nella sedia, accanto alla scrivania. Era molto agitata. Poco dopo Harlock uscì dal bagno. Indossava una maglietta bianca e un paio di pantaloni di una tuta, color grigio mélange, i piedi erano nudi. Così informale le parve ancora più bello. Sospirò appena. Il cuore le tamburellava agitato.Lo vide infilarsi un paio di scarpe da ginnastica e la felpa della tuta, poi tirarsi il cappuccio sulla testa, per riparare i capelli umidi.

“Vado al distributore automatico a prendere qualcosa da mangiare”.

“Non importa, non ho fame” gli disse subito lei.

“Sei bianca come un panno lavato, devi mettere qualcosa sotto i denti e comunque dovremmo stare rimpiattati qui qualche ora, mangiare ci servirà ad ingannare un po’ il tempo” e le abbozzò un mezzo sorriso prima di guadagnare nuovamente l’uscita della stanza.

Rientrò poco dopo con dei contenitori in cartone fumanti.

“C’era rimasta solo della zuppa di miso*1 precotta, ma almeno ti scalderà un po’. Ho preso anche del thè caldo e una bottiglia d’acqua” disse, mostrandole la borsa di carta che aveva nell’altra mano.

Maya non disse nulla e cercò di fare ordine sulla scrivania.
“Prima, per ingannare l’attesa, ho sfogliato il tuo atlante, quel bel libro suoi galeoni e anche quello di poesie” gli confessò titubante, mentre li riponeva al loro posto “Non volevo frugare tra le tue cose, né essere indiscreta” aggiunse con aria vagamente colpevole. Solo ora si era resa conto che forse aveva fatto qualcosa che non doveva.

Harlock le sorrise, poggiò la roba da mangiare sul piano della scrivania.
“Hai fatto bene. I miei segreti li costudisco altrove” le disse scherzando, poi aggiunse curioso “Ti sono piaciuti i libri? E le mappe stellari? Le ho reperite in una fugace incursione su Fereginar
*2. Stanno aprendo un sacco di negozi vintage e di antiquariato, per non parlare di un’infinità di robivecchi” le disse mentre si sfilava la felpa, per restare più comodo in maglietta.

“L’ho trovato estremamente affascinate, nonostante ci abbia capito ben poco” rispose lei mentre organizzava una parvenza di apparecchiatura per quella cena di fortuna, disponendo cartoni e posate di plastica che aveva trovato nella busta.

Il Falco sorrise compiaciuto “Io adoro le vecchie mappe celesti, ne vorrei di ancora più antiche. La prossima volta che mi capiterà di fare scalo su Fereginar ne voglio acquistare altre e se ne trovo, voglio prendere altri libri sulle vecchie navi: galeoni, golette, velieri, ma anche corazzate e tutto quello che riguarda la navigazione marina”.

“A me piacciono i mobili d’epoca” gli confidò Maya “Mia madre ne era una cultrice e mi ha trasmesso questa passione”.

Lui abbozzò un sorriso e annuì, come a voler dire che capiva e approvava. A quel punto tutto era pronto per mangiare , ma di fatto, per potersi sedere alla scrivania, c’era una sola sedia.
Harlock la fece accomodare e rimase in piedi.

“No, non va bene!” protestò Maya.

“Fa niente” disse lui facendo spallucce e prendendo il suo cartone di zuppa di miso.

Maya si alzò e con delicatezza glielo levò di mano.
“Non mi piace così! Mi sento in imbarazzo a vederti mangiare in piedi. Dove tieni gli asciugamani puliti?” gli chiese poi guardandosi intorno.

Lui la fissò interdetto e un po’ incuriosito “Lì, perché?” le chiese indicando il piccolo armadio alle sue spalle, per poi seguirla con lo sguardo, mentre lei si procurava tre asciugamani: uno più grande e due più piccoli.
Stese il più grande nel mezzo, sul pavimento, e i due piccoli ai lati apposti, quindi prese il cibo, lo spostò dalla scrivania sulla salvietta più larga e si accomodò su una delle due più piccole a gambe incrociate, invitandolo ad imitarla con un gesto della mano.
Harlock si levò le scarpe, sedette sull’altro asciugamano quindi riprese da terra la sua zuppa di miso e sorrise divertito “Non c’è niente da fare, voi donne siete estremamente pratiche, io non ci avrei mai pensato!”.

Maya, che a sua volta aveva preso il cartone con il cibo e stava soffiando per raffreddarlo un po’, gli sorrise di rimando “Sembra quasi di fare un pic nic” commentò allegra.

Magicamente la tensione si era allentata ed ora conversavano tranquilli, consumando quel pasto di fortuna precotto, sorseggiando thé.  Fuori continuava a piovere a dirotto, mentre i soldati non sembravano essersi arresi, erano ancora in piena caccia, convinti che Red Rose fosse nei paraggi, lì, rintanata da qualche parte a causa della tempesta.
I due giovani però erano abbastanza tranquilli perché si sentivano al sicuro.
Continuarono a parlare della passione di lei per i mobili antichi. Harlock le disse che l’avrebbe portata volentieri a visitare Fereginar se ce ne fosse stata l’occasione, lì di certo avrebbe potuto trovare un sacco di cose interessanti.
Si stavano rilassando quando qualcuno bussò con insistenza alla porta.
Il Falco repentino le fece cenno con la mano prima, di fare assoluto silenzio poi, di infilarsi in bagno, e l’aiutò a sbaraccare velocemente quella specie di pic nic improvvisato.
Infine andò ad aprire. Era il Freddo.

“Un fulmine ha danneggiato la colonna elettrica e mezza città, compresa una parte della caserma, è al buio” e mentre pronunciava quelle parole, la corrente subì un paio di sbalzi e anche loro rimasero senza corrente.

“Merda!” scappò detto ad Harlock. Non avrebbe detto al Freddo che Maya era in camera sua, preferiva non rischiare, meno gente lo sapeva e meglio era.

“Ecco, direi che ora anche la caserma è tutta al buio!” commentò ironico l’amico. “Dobbiamo andare ad aiutare a ristabilire i contatti e cercare di ripristinare il tutto. Fuori c’è un gran caos a causa di quella dissidente, pare che dovesse trafugare importanti segreti militari e ancora non ho ben capito se ce l’ha fatta o meno, ma sono tutti convinti che sia vicina, nei paraggi. Insomma c’è molta confusione. Forza muoviti, andiamo!” lo esortò.

“Dammi il tempo d’indossare la divisa e arrivo”.

Il Freddo gli fece cenno di sì con la testa e intanto gli disse che sarebbe andato ad avvisare altri commilitoni.
Harlock avrebbe voluto fare cento domande a Maya ma non poteva e si trattenne. Le raccomandò di restare in camera, di aspettarlo e di non muoversi per nessuna ragione al mondo.
Una volta rimasta di nuovo sola, la ragazza usò l’applicazione torcia del suo share-phone e rimise in ordine la stanza, gettando i cartoni avanzati e le posate di plastica nella busta di carta che aveva portato Harlock. Finì il suo thè e sospirò pensosa.
Era conscia che sicuramente quando sarebbe tornato, le avrebbe chiesto delle spiegazioni, ma lei non avrebbe potuto rispondergli. La posta in gioco questa volta era troppo alta e non poteva farne parola, neppure con lui.

 

“Ma che razza di tempo di merda!” commentò infastidito Vipera, già bagnato fradicio, mentre insieme agli altri controllava la situazione riguardo la centralina esterna della caserma che sembrava proprio andata. Fumava pure.

E piove pioveee, sul nostro aaaaamoor!!!” cantava invece tutto giulivo Devasto che armeggiava con una serie di fili, circuiti, valvole e fusibili, cercando di capire la reale entità del danno.

Anche se nessuno ci avrebbe scommesso un soldo bucato, era un ingegnere elettronico e cercava di capire il guaio insieme a Tochiro, che con un mini computer a schermo olografico lo stava aiutando a fare una sorta di analisi e check up .

“Ma sei scemo, canti pure?” gli chiese il Freddo guardandolo torvo.

Devasto che era davvero su di giri per aver concluso con Hisa, si fermò di colpo e si girò verso il compagno, quindi, ignorando la pioggia battente, prese a far roteare il bacino e agitando le braccia in alto, in un improbabile balletto, cominciò a cantare anche piuttosto stonato “Piove, senti come piove, madonna come piove, senti come viene giù, uuuuh!!! Tu che dicevi che non pioveva piùùù, uuuuh!!! Senti come viene giùùùù!!! *3” e continuava a dimenarsi.

“Eddai Joe!” lo rimproverò Tochiro “Sii serio almeno una volta! O rischiamo di fare mattina qui!”.

Uuuuuh!!!” fece lui dando l’ultimo colpo d’anca e ubbidiente si rimise a trafficare con i fili.

Il Freddo scosse la testa e riprese a fargli luce con una torcia pulsar*4

Harlock intanto, insieme ad una piccola squadra formata da altri sei elementi, tutti dotati di mini-propulsori a reazione*5, stava volteggiando intorno all’altissima colonna di quasi trecento metri che era il nucleo per fornire l’energia elettrica per tutta Oceania Tredici. Per fortuna una parte della cittadina era alimenta da generatori d’emergenza che funzionavano regolarmente, mentre l’altra parte, caserma compresa, era totalmente al buio perché come stava rilevando la loro analisi, si era bruciata una delle schede madri nel computer interno alla colonna, che avrebbe dovuto dare impulsi ai generatori d’emergenza attualmente non funzionanti. Probabilmente anch’essi dovevano essere  stati compromessi dalla tempesta. Infatti, giù di sotto, stavano cercando di ripristinarli manualmente.

Una volta individuato il guasto, quelli che erano più competenti in materia, rimasero sospesi intorno alla colonna per cercare di aggiustarlo, nel più breve tempo possibile. Harlock invece, fu tra quelli che scese a terra. Posò al suo posto il mini-propulsore e tornò dai sui amici.

“Abbiamo trovato il guasto!” comunicò loro e spiegò cosa era successo.

“Io temo che qualcuno abbia lanciato un micro-generatore di tempeste*6” bofonchiò  Tochiro; dato che la bufera di acqua, vento, tuoni e fulmini continuava imperterrita, senza che ci fosse nemmeno un minimo accenno ad una sua diminuzione, ma anzi aumentava con una costanza che risultava essere sospetta.

“Credevo che scherzassero. Avevo sentito delle voci in merito…” cominciò a dire Vipera, mentre passava delle nano-valvole nuove a Devasto che armeggiava con la centralina.

“Cioè?” gli chiese serio Harlock.

“Quel sergente con cui abbiamo fatto a botte è ossessionato da questa Red Rose e sembra che abbia detto che avrebbe usato anche un’arma metereologica, se fosse stato necessario, per acciuffarla. Ma sono voci di corridoio, magari la tempesta è vera, a volte in estate capita”.

Harlock si stizzì molto. Quel deficiente aveva lanciato un micro-generatore di tempeste in un’area così piccola, rischiando di causare danni davvero enormi solo per acciuffare un’attivista. Che poi lui alla storia dei segreti militari da trafugare, non aveva abboccato minimamente. Quali mai potevano essere? Era una caserma operativa e l’unica particolarità erano i prototipi, che praticamente erano accessibili a tutti o quasi. In un certo senso si infastidì anche nei confronti di Maya, ma che diamine era andata a fare di sera in caserma? E che genere di esca le avevano mai potuto lanciare, per indurla ad una mossa così avventata e sciocca? Ma soprattutto, perché c’era cascata con tutte le scarpe?
L’aveva beccata aggirarsi nei paraggi della struttura militare, poco prima che ci entrasse di soppiatto. Ormai la sorvegliava da qualche giorno e sapeva che una volta che l’avesse trovata in un posto inusuale, ad un orario inconsueto, la trappola di cui gli aveva parlato Tochiro era evidentemente scattata e così di fatto era stato. L’aveva salvata per il rotto della cuffia. Doveva proprio fare quattro chiacchere con lei, farsi dire che avesse in mente e perché si trovasse lì. Doveva farle capire che questo gioco era troppo pericoloso, a costo anche di essere duro.

“Uno… due… tre…” fece Devasto armeggiando “Et voilà!”.

Improvvisamente tornò la luce e simultaneamente ripartì ad urlare l’allarme, questa volta era di allerta uno. Tutta la Caserma fu immediatamente inglobata da una cupola ad onde schermanti di protezione*7.

Così ne ebbero la conferma: era stata davvero lanciata un’arma metereologica e il presidio era stato messo al riparo. Era la procedura standard, ma a quel punto finché c’era la cupola attiva, non si poteva entrare, né si uscire dall’intero perimetro militare.
Harlock masticò una serie di imprecazioni tra i denti. Questa non ci voleva, erano bloccati.
Devasto invece riprese a ballare e cantare a squarciagola ancheggiando.

Il Freddo estrasse la sua laser-gun e gliela puntò contro “O la fai finita di gracchiare, o ti sparo!” gli disse con aria da psicopatico, con gli occhi sbarrati.

Devasto gli tappò la canna della pistola con l’indice e poi gli disse “Tu non fai sesso e ciò ti crea degli accumuli di rabbia repressa, sei acido, sei infelice e frustrato, per questo poi mi diventi very aggressive! Copula Freddo, copula! Datti a del sano sesso e tramutati ne: il Caldo!” e ridacchiò spudoratamente.

Il Freddo rinfoderò la pistola “Sei veramente scemo!” gli disse semiserio e poi si girò verso gli altri “Ragazzi io vado, tanto abbiamo finito, sennò va a finire che gli sparo per davvero!”.

Anche Vipera si congedò.

“Mi dileguo anche io, che avrei anche da fare” disse con aria furbetta Devasto, facendo l’occhiolino ad Harlock “Addio miei prodi!” enunciò greve e scappò via.

Rimasti soli, Harlock parlò con Tochiro e gli raccontò di Maya, Hisa e tutto il resto.

“Joe è sveglio, se la caverà da solo. Per quanto riguarda te e la figlia di Ishida devi stare molto attento Franklin, o questa faccenda ti costerà carissima. Non possiamo permetterci che tu non diventi il comandante dell’ammiraglia, tienilo bene a mente! Per ora c’è poco da fare con la cupola attiva, continua a tenerla nascosta, poi appena sarà possibile falla uscire. Se hai bisogno del mio aiuto basta che mi contatti via telefono, due squilli e sono da te” gli disse quasi paternale Oyama.

“Okay, grazie amico mio!” gli fece il Falco, dandogli una pacca su una spalla.

“Mi raccomando cerca di farla parlare, per capire che succede, ma usa il tatto, non credere che perché è una ragazza che sia facile farla sbottonare, Esmeralda mi dice sempre che è un ottimo elemento, molto devota alla causa”.

Harlock annuì, facendogli intendere che aveva capito, quindi si separarono ed ognuno tornò al proprio alloggio.

La trovò sdraiata sul letto. La testa reclinata leggermente di lato, con una mano mollemente poggiata all’altezza dello stomaco e l’altra piegata sopra la testa. I capelli le incorniciavano il viso che gli apparve rilassato. Il respiro lento e regolare, che le faceva muovere ritmicamente il seno, gli fece capire che si era addormentata, forse un calo di tensione e il buio l’avevano vinta.
Per la seconda volta si tolse gli abiti zuppi, si asciugò e si rimise maglietta e pantaloni della tuta. Lei nel frattempo non si era mossa.
Harlock le si avvicinò e la guardò per qualche istante, le parve bellissima. Quasi un angelo, ma si ricordò che doveva assolutamente parlarle, quindi si sedette sul bordo del letto, facendo inclinare appena il materasso. A quel movimento Maya si svegliò e scattò a sedere.

“Scusami… devo essermi addormentata!” disse, stropicciandosi gli occhi imbarazzata.
Notò che lui la fissava molto serio.

“Tutto a posto? La luce è tornata?” gli chiese allora, arretrando istintivamente verso la testiera.

“Sì, per ora tutto a posto” le rispose lui criptico e continuò a fissarla, mettendola molto a disagio. Poi finalmente parlò “Maya che stavi facendo?”.

“Dormivo…” rispose lei incerta, perché in realtà aveva capito perfettamente a cosa si riferisse, ma cercava di tergiversare.

“Non adesso, intendevo prima: che cosa stavi facendo di sera in giro vicino alla caserma, che avevi in mente?”.

“Ma niente, che vuoi che facessi?”.

“Non trattarmi da sciocco, ti prego. Sta succedendo un macello! Ti hanno teso una trappola, stavano quasi per acciuffarti!” constatò leggermente contrariato.

Maya sospirò e fece per sgusciare via da quel letto. Erano troppo vicini, doveva mettere distanza tra loro o non sarebbe riuscita ad evitare quella specie d’interrogatorio, ma fu trattenuta. Veloce, la mano di Harlock si strinse attorno al suo polso, imprigionandolo in una stretta delicata ma salda che la bloccò, esattamente dove si trovava.
“Non posso dirtelo” gli confessò candidamente, ma agitata.

“Devi dirmelo, è per il tuo bene”.

“Ti prego non chiedermelo, non te lo dirò, credimi non posso…”.

Lui strinse leggermente la presa, strattonandola appena per farla avvicinare di più a sé e la fissò severo negli occhi. Era un militare, sapeva che mettere a disagio l’interlocutore era una tecnica primaria d’interrogatorio, così come trattenerla per non farla allontanare.
“Mi sfugge il tuo modo di fare” le disse poi contrariato “Mi hai fatto una scenata di gelosia per Hisa, credendo che fosse la mia ragazza, chiedendomi se ci sono stato a letto, come se tu provassi qualcosa nei miei riguardi, ma poi alla fine dei conti non ti fidi di me, nonostante ti abbia salvata e non è neanche la prima volta. A che gioco stai giocando?”.

“Nessun gioco Harlock” gli disse lei, cercando invano di liberare il polso dalla sua presa.
Il cuore le batteva forte per l’ansia, poi cedette appena: “Andiamo, lo sai benissimo che non posso rivelarti le strategie della Gea Free! Ci fermeresti” gli disse frustrata.

“Ti stai cacciando in guai seri. Sei in pericolo, questa sciocchezza deve finire, qui, stasera”.

Questa volta fu lei a guardarlo male “Non credo che tu abbia nessun tipo di autorità nei mie confronti, per potermi dire ciò che devo, o non devo fare!”.

Harlock notò che i suoi occhi lanciavano strali di collera.
Le lasciò il polso di colpo.
“Vorrei davvero che ti fidassi di me…”.

“Ma io mi fido, ti ho detto un sacco di cose importanti e riservate, ti ho perfino svelato la mia identità! Ma questa proprio non posso dirtela”.
Sapeva che se avesse parlato, lui questa volta l’avrebbe fermata e lei non poteva permetterglielo. La questione era troppo importante, poteva significare un cambio radicale per uno stato di cose che lei riteneva sbagliato. Non poteva, né voleva rischiare di mandare tutto a gambe all’aria, neanche per lui.

Harlock la fissava, sembrava che raccogliesse i pensieri prima di parlare di nuovo, ma lei lo prevenne.

“Non si tratta solo di te e di me. C’è in ballo molto di più. La libertà delle persone. La giustizia. La verità!”.

Lui avrebbe tanto voluto avere tutte le sue certezze, anche quelle di Tochiro, di cui certo si fidava, ma se fosse stato onesto con se stesso, avrebbe dovuto ammettere che la Gaia Sanction, per ora, ai suoi occhi non aveva fatto nulla di smaccatamente sbagliato. Il governo perfetto era un’utopia a cui egli stesso non avrebbe mai creduto. Essendo un militare, prima di tradire chi si era arruolato per servire e difendere, doveva pensarci non una, ma cento volte e non poteva violare i suoi impegni solo perché si stava perdutamente innamorando di lei. Era anche una questione d’onore, tenere fede a ciò cui stava dedicando la sua vita.

“Non voglio che tu corra pericoli inutili. Quel pazzo ha lanciato una micro reazione metereologica per acciuffarti, potrebbe spararti, ucciderti, non lo capisci?” gli disse accorato prendendo la sua mano e questa volta fu un gesto delicato, di contatto, per infonderle calma e, sperò tanto, anche un po’ di buon senso.
Maya istintivamente intrecciò le dita con le sue “Non è così facile prendermi” gli disse e poi lo fissò intensamente, con quei grandi occhi blu così limpidi e così scintillanti. “Soprattutto se ho te dalla mia parte. E grazie di avermi salvata ancora una volta. Non credere che non sappia che probabilmente senza il tuo aiuto le cose sarebbero potute finire male, ma come te, conosco i rischi di ciò che ho scelto, li ho messi in conto, sono pronta a correrli perché credo profondamente in ciò che faccio” aggiunse in un soffio.

Questa riflessione poteva essere un’ottima tattica di reclutamento, ma non gli disse che le infondeva sicurezza per quel motivo, semplicemente era ciò che pensava. Quando era con lui, si sentiva protetta e veramente non aveva paura di nulla. Sapeva anche che non l’avrebbe mai tradita, se non si sbottonava sulla sua missione, era perché temeva che per proteggerla e solo per quello, avrebbe potuto fare qualche sciocchezza. Non lo poteva permettere, né per la Gea Free, ma neppure soprattutto per lui e la sua carriera.
“Io sarò sempre dalla tua parte” gli disse serio muovendo appena le dita per carezzare le sue. Era ammirato dalla sua forza e dalla sua determinazione, anche se non approvava del tutto ciò che faceva. Si fermò a guardarla intensamente, perché i sentimenti che gli suscitava erano sempre più difficili da domare e cominciava a cedervi.

Fu a quel punto che, in modo ardito per la sua natura, Maya si sporse verso di lui e si avvicinò al suo viso, fissando prima i suoi occhi profondi e poi le sue labbra. Voleva troncare lì quella pericolosa conversazione e stava cercando di farlo nel modo più dolce e piacevole che conosceva, solo che fu sopraffatta dall’emozione e rimase appena imbambolata a fissarlo. Erano troppo vicini e sentiva il proprio cuore battere impazzito, non riusciva a distogliere lo sguardo da quello intenso e magnetico di lui. Non aveva mai provato nulla di simile per nessuno. Rabbrividì, mentre Harlock, che a sua volta la guardava incantato, pensò che era bella quasi da far male. Il suo delicato profumo gli dette alla testa, quindi inclinò il viso e posò dolcemente le labbra su quelle appena dischiuse di lei, che non aspettavano altro che essere nuovamente tormentate di baci.
Quel contatto lo incendiò. Cominciava a non saper più controllare così bene la sua passione. Era comunque giovane ed impetuoso, lei gli piaceva moltissimo e ovviamente la desiderava anche fisicamente.
Le labbra di Maya contro le sue erano cedevoli ed incredibilmente morbide, Harlock capì che resistere era inutile e assaggiò nuovamente il suo sapore, sfiorando e stuzzicando appena, con brevi e morbidi tocchi della lingua, quella dolce ed arrendevole di lei.
Si lasciò andare e prese a baciarla con slancio, intensificando quel contatto, proprio come era accaduto poche ore prima, quando cercavano di sventare la trappola. La ragazza a quel punto avvertì come una sorta di fuoco che le si accese dentro, infiammandola di quello che riconobbe come desiderio e gli si appoggiò al petto, cercando un contatto con il calore del suo corpo. Nel frattempo, premeva con passione le proprie labbra contro quelle di lui, persa nelle lente ed appaganti scosse di piacere che le stava regalando quel contatto sempre più intimo.
A quella risposta spontanea, Harlock non si trattenne più e fece arditamente scivolare una mano sotto la sua maglietta, cercando la morbida consistenza del suo seno, sfiorandole con garbo la pelle liscia e delicata, mentre un brivido gli attraversò la colonna vertebrale, facendolo tremare appena.
A quel tocco Maya avvertì un caldo formicolio nel ventre e si sentì sopraffatta da un’ondata violenta di forti sensazioni. Fu incapace di qualsiasi reazione, tranne la resa, mentre lui continuava a baciarla e carezzarla, togliendole ogni capacità razionale.
Fu in quel momento, proprio quando l’altra mano del Falco stava pericolosamente per insinuarsi oltre l’elastico dei pantaloncini, per cercare un contatto ancora più intimo con lei, che di colpo nella sua testa, in un lampo riaffiorarono maligne, come un veleno lento e micidiale, le parole di Hisa.

…non puoi capire di che cosa è capace di fare con quelle mani e con quella bocca…

Maya fu come risvegliata da una subitanea doccia gelata. Si staccò immediatamente dalla sue labbra e si ritirò da lui, scostandogli bruscamente la mano.
“Scusa io non…”  e scese repentina dal letto, andando a sedersi alla scrivania. Mettendo così molta distanza tra di loro.
Era confusa. Per un attimo aveva pensato di cedere, di donarsi completamente a lui, perché lo desiderava veramente, ma poi quelle parole, violente come una frustata, l’avevano svegliata e riportata di colpo alla realtà, al fatto che era realmente troppo poco che si conoscevano, che di lui non sapeva quasi nulla, ma soprattutto, che ancora non aveva ben capito che cosa ci fosse stato veramente con Hisa!     

 

1 ZUPPA DI MISO: La zuppa di miso è uno dei cibi giapponesi più rappresentativo, ci sono molti modi per preparare questa zuppa, a seconda della stagione e dei propri gusti. Il miso nasce dalla fermentazione della soia gialla con sale marino a cui viene può venir aggiunto un cereale (riso od orzo). Si presenta come una pasta e può essere o di sola soia (Hacho miso) o di orzo (Mugi miso), o di riso (Kome miso)o riso e orzo (Genmai miso).
2 FEREGINAR: Già usato in Wonderwall è noto come il pianeta natale dei Ferengi abili commercianti e affaristi.
Omaggio a Star Trek - Deep Space Nine. (All rights reserved, no copyright infringement intended)
3 PIOVE: è una canzone di Lorenzo Jovanotti contenuta nell'album Lorenzo 1994. (All rights reserved, no copyright infringement intended) Qui usata, storpiata e cantata da Devasto facendo finta che ovviamente sia una canzone dell’epoca loro, e non la reale canzone di Jovanotti. Così come per la citazione usata nella cantata antecedente di Piove
(Ciao, ciao bambina) del grandissimo Domenico Modugno vincitore del Festival di Sanremo 1959 (All rights reserved, no copyright infringement intended)
4 PULSAR: omaggio citazionistico ai cannoni pulsar dell’Arcadia di EO con cui è chiaro che la torcia non ha niente a che fare :) fate finta che sia una sorta di energia particolare in dotazione al posto delle antenate pile :P
5 NIMIPROPULSORI: li ho immaginati come una sorta di mini motori a propulsione da indossare come zainetti, con una levetta di comando laterale destra che servono per volare a bassa quota e per stare sospesi a medie altezze da terra e poter volteggiare minimamente. In dotazione solo all’esercito e di uso solitamente per lavori di manutenzione.
6 MICRO-GENERATORE DI TEMPESTE: arma metereologica di mia invenzione che i rifà in un certo qual modo agli antenati esperimenti condotti nel prologo di Wonderwall  durante la spedizione di Joy in Patagonia, sulle Ande.
7 CUPOLA AD ONDE SCHERMANTI DI PROTEZIONE: Cupola protettiva semi invisibile formata da un potente campo magnetico artificiale respingente, inviolabile, atta a proteggere la caserma da vari tipi di attacchi compresi quelli meterologici!

Nda
1. L’applicazione torcia dello share-phone non che una becera imitazione dell’applicazione torcia dell’iPhone :D
2. È bene ricordare che per avere il comando di una nave spaziale, oggi, come nel futuro bisogna aver studiato e parecchio, quindi Harlock e gli altri Space Cowboys sono senz’altro degli ingegneri elettronici. Ovviamente niente a che fare con l’ingegneria spaziale di Tochiro, che è un genio, ma di contro Harlock & Co. non possono essere dei sempliciotti visto il ruolo importante che rivestiranno ;) Questa precisazione è doveroso ed esplicativa del perché Devasto è ingegnere pure lui :)



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GRAZIE come sempre a tutti voi mie cari lettori :) e grazie a chi dedica del tempo a recensirmi  siete impagabili :)

Per l’angolo della schizofrenica (cioè io e i miei personaggi VIVI) Questo Capitolo è idealmente dedicato alla MIA Maya rivisitata in chiave moderna che ho così immaginata discostandomi moltissimo dalla Maya originale, perché mi garba come alla fine sta venendo fuori (anche perché a volte vive di vita propria xD) e spero che garbi anche a voi almeno un pochino :) (Devasto non fare il broncio il prossimo sei tu! :P ) Sono malata di mente un ci fate caso!

Grazie alle mie amiche vere e virtuali per le risate le chiacchiere e tutto il resto. Lo sfanfictionamento Harlocckoso non avrebbe senso senza tutto ciò, vi abbraccio tutte!

GRAZIE Capitano chi ti ama ti segue e noi ti amiamo assai! ♥♥♥


––––•••·.·•••––––

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

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Capitolo 15
*** MARTE VS VENERE ***


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-14-

MARTE VS VENERE

 

Era calata improvvisa una sottile ed impenetrabile cortina di gelo che li aveva divisi.

Harlock, a causa della brusca reazione di Maya, aveva avvertito un forte senso di disagio. Si era reso conto di essere stato avventato ed era mortificato per aver ceduto al suo istinto senza riflettere prima di agire. Di certo non poteva immaginare quale fosse il vero motivo di quella reazione così repentina. Lui lo imputava al fatto di essersi spinto troppo avanti e troppo in fretta, ed in parte era vero, ma c’era di più. Cose che lui non sapeva.
Dato che non era uno sciocco, né un insensibile e possedeva una certa profondità d’animo, rifletté sul fatto che era del tutto inutile riconoscere che Maya fosse diversa dalle altre, se poi si comportava né più né meno come faceva di solito con una che semplicemente gli piaceva, cioè provandoci. La sua natura di maschio aveva preso il sopravvento ma si domandò a che cosa gli servisse la ragione, se poi non la usasse.
Era molto arrabbiato con se stesso perché aveva rovinato tutto per la fretta.

“Mi dispiace” le disse davvero dolente “Non avrei dovuto” aggiunse con occhi lucidi di sincero rammarico.

Maya sospirò ed incrociò le braccia al petto, era così confusa, ma anche spaventata dalle proprie reazioni, così incoscienti e così ardite, che quasi stentava a riconoscere come sue. Rimase in silenzio qualche secondo poi gli parlò in modo diretto e sincero.
“Che stiamo facendo? Tu sai illuminarmi? Perché io sono troppo confusa…” gli chiese seria “Harlock io… vorrei capire che cosa provi per me, perché mi baci e mi accarezzi…” poi molto imbarazzata sospirò forte abbassando lo sguardo “Lo fai con tutte?” aggiunse in un soffio, quasi temendo la risposta. Anche perché era quello il vero nodo da sciogliere: capire veramente che cosa provasse per lei.

Il ragazzo s’irrigidì, era proprio ciò che temeva, che lei si sentisse trattata al livello di una qualsiasi. Si rabbuiò, ma cercò di esprimersi al meglio anche se gli rimaneva molto difficile aprirsi “Non so descriverti che cosa provo esattamente per te” si risolse a dirle, anche perché non riusciva ancora ad ammetterlo a voce alta “So che è qualcosa di diverso, qualcosa di intenso, di profondo, che nessuna prima mi ha mai suscitato” concluse fissandola.

Quelle parole tolsero l’ossigeno a Maya perché era ciò che provava anche lei.
Prese coraggio e decise di essere ancora più diretta, ora più che mai voleva chiarezza.
“Non mi hai risposto però, è così che ti comporti sempre? Ad esempio, spiegami una volta per tutte cosa c’è stato davvero tra te ed Hisa. Perché qualcosa c’è stato vero?” gli domandò tutto d’un fiato con voce appena tremante.
Ne avevano parlato, e lui le aveva detto che non erano mai stati una coppia, gli aveva creduto e i fatti sembravano confermarlo, ma il suo istinto di donna le diceva che c’era qualcosa che le sfuggiva e voleva capire.

A quella domanda Harlock si infastidì. Ancora con quella storia? Ma non era già stata chiarita? Non sapendo fino  infondo il retroscena e non conoscendo le parole dette da Hisa che avevano così turbato Maya, non capiva perché si fosse così piccata sul quel punto. A lui di quella lì non importava un fico secco, era lontana anni luce dai suoi pensieri ed invece sembrava che lei volesse per forza metterla in mezzo a loro due e non se ne capacitava.
“Hisa non ha significato niente di importante, credevo fosse chiaro che è stata una storiella superficiale” cominciò a dirle a fatica, doveva chiudere quella faccenda. Non era certo un gran conversatore e men che meno amava di parlare di certe cose, non lo faceva neppure con gli amici per vantarsi, figuriamoci se gli andava a genio di farlo con lei!

“Quindi tra voi c’è stato qualcosa?”.

“Sì” rispose in un soffio fissandola serio. Ecco ora veniva la parte difficile.

“Che cosa?” lo incalzò lei con la voce che le tremava appena.

Allora le aveva mentito? Le si aprì la terra sotto i piedi. La delusione fu bruciante. Sentì un magone che le si fermò in gola occludendola, mentre il cuore veloce sbatteva infelice contro il petto.

Lui la fissò accigliato, era molto irritato “Non ho mai provato niente nei suoi confronti, solo mera attrazione fisica. Tutto qui” rispose secco. Non era proprio abituato a confrontarsi sentimentalmente e una sorta di rigido pudore lo bloccava.

Lei sgranò gli occhi e rimase un attimo a corto di parole, poi esplose “Allora sei un bugiardo! Ci sei stato a letto vero? Mi hai mentito!”.

“Non ti ho mentito” sibilò lui.
Non gli piaceva avere torto, non gli piaceva essere sotto esame e soprattutto non gli piaceva che lei si comportasse così. Lo stava ferendo perché sembrava sempre che non avesse fiducia in lui e questo gli faceva molto male.
Nonostante ciò cercò di giustificare la sua reazione che poteva in qualche modo capire, si alzò, le si avvicinò e gli poggiò una mano su un braccio “Ascolta…” iniziò a dirle ma lei si scostò bruscamente

“Non mi toccare!” gli disse furente.

“Non ci sono andato a letto.” le ripeté costernato “Se proprio lo vuoi sapere, la verità è che ci siamo andati molto vicini, e una volta sola!” cominciò a spiegarle frustrato, a quel punto tanto valeva vuotare il sacco. “È capitato diverso tempo fa, su Marte, una sera che lei era ubriaca fradicia e io decisamente alticcio. È successo tutto dopo una stupida partita di strip poker. L’ho accompagnata in camera sua… ma alla fine, sul più bello, ad un passo dal farlo, lei si è addormentata secca e io me ne sono andato senza concludere nulla” confessò imbarazzato. Solo ora si rendeva conto che a volte forse aveva peccato di una certa superficialità tutta maschile.

Maya lo ascoltava con un’espressione strana dipinta sul viso, a lui parve che fosse sconsolata.
“Questo non cambia molto la sostanza della faccenda non credi?” gli comunicò pacata con un’ombra di dispiacere che le velò lo sguardo.
Perché le era chiaro che sarebbe andato con Hisa se non si fosse addormentata, e come con lei, chissà con quante altre si comportava così. Si sentì sciocca e fragile. Probabilmente non essendo preparata a provare delle sensazioni e dei sentimenti così prepotenti si era lasciata trascinare oltre il limite del buon senso. Doveva stare più attenta ed essere decisamente più guardinga. Avrebbe potuto finire con il concedersi a lui, facendo un grosso errore, perché non lo conosceva. Era innegabile che fosse un gran bel ragazzo, che ci sapesse fare ed era molto probabile che avesse una donna in ogni scalo che frequentava. No, non era proprio il tipo per lei! Senza contare che restava il nemico. Si sentì decisamente una stupidina immatura e se ne dolse molto.

“A parte il fatto che è una cosa antecedente alla nostra conoscenza” cominciò a dirle Harlock molto irritato, interrompendo il flusso delle sue riflessioni “La differenza c’è eccome! Ti ho appena detto che per lei non provavo assolutamente niente!”.
A lui pareva tutto molto chiaro e molto semplice, sì, forse era stato un po’ leggero, ma in fondo che aveva fatto di male? Non si capacitava del perché lei non capisse e fosse così contrariata.
Maya girò la testa dall’altra parte in un atteggiamento di chiusura completa.

“Mi dispiace che tu la prenda così, ma non credo di doverti altre spiegazioni” concluse spento e anche disarmato il Falco che non sapeva più che pesci prendere. “Ti devo solo delle scuse per non aver rispettato i tuoi tempi. Mi rincresce, perché che tu ci creda o no, tengo davvero molto a te” e sospirò di nuovo.
Per come era fatto aveva parlato anche troppo, era stata una faticaccia, ora aveva solo voglia di estraniarsi per raccogliere i pensieri, ma quella stanza era decisamente troppo piccola per tutti e due. Scostò le tende dalla finestra e guardò fuori. Pioveva ancora a dirotto.
Stette qualche minuto silenzioso, osservò la pioggia che scrosciava copiosa schizzando frenetica a terra, creando strani giochi d’acqua e gocce animati da quella tempesta artificiale. Maya notò che era immobile, cupo e pensoso.
Poi d’improvviso si girò, recuperò la felpa e se la infilò, quindi la guardò grave “Considerato che a questo punto la mia presenza ti sia sgradita, vado da Tochiro e ti lascio la stanza. Non ti muovere per nessuna ragione al mondo, appena spiove vengo a prenderti per portarti fuori di qui”.

Era calmo, quasi freddo, sicuramente le parve distante.

Maya rimase malissimo. Era vero che avevano avuto una brutta discussione, ma del resto anche ciò sarebbe servito per conoscersi meglio. In fondo gli aveva chiesto delle chiarificazioni, che lei riteneva legittime alla luce di quello che stava per accadere tra loro. Aveva sperato che dopo quel silenzio le avrebbe di nuovo parlato per rassicurarla, per renderla partecipe del suo sentire. Alla fine lei avrebbe anche accettato le sue scuse, pure se quella sensazione sgradevole di rabbia dovuta ad una forma forse un po’ immatura di gelosia, l’aveva fatta arroccare sulle sue posizioni in modo un  po’ troppo piccato. Si rese conto che probabilmente lo aveva indispettito, dato che lui si era già scusato ed era stato sincero nel farlo, mentre lei si era chiusa in se stessa.

I sentimenti erano ancora un terreno impervio per entrambi, dato che per tutti e due era la prima volta che si stavano profondamente innamorando di qualcuno. Tutto era accaduto inaspettato e forse troppo in fretta perché si potessero rendere conto e riflettere. Avevano finito, in egual misura, ma in modalità differenti, per farsi travolgere da emozioni contrastanti, a volte troppo amplificate, e volte incoerenti, che li stavano portando ad avere strani meccanismi di autodifesa.

Maya avendolo visto così deciso e così distante si trovò arresa. Continuò a tacere accettando la sua decisione. Annuì, forse non aveva tutti i torti, riordinare le idee in solitudine avrebbe fatto bene ad entrambi. Si dimostrò accomodante per non irritarlo ancora di più, anche se le sembrò ugualmente troppo distaccato. Le dispiacque vederlo lasciare la stanza senza aggiungere neppure una parola, all’improvviso si sentì triste ed incredibilmente sola.

Tochiro rimase abbastanza stupito dell’arrivo di Harlock perché ovviamente non se l’aspettava. Naturalmente lo accolse nella sua camera e alla fine gli fece vuotare il sacco.
“Ti avevo raccomandato di non farti coinvolgere se non fossi stato sicuro di ciò che provi” gli disse appena severo. La situazione era troppo delicata per essere compromessa da malumori amorosi.

“Non ti ci mettere anche tu per favore!” si spazientì Harlock “È chiaro che provo dei sentimenti per lei! Altrimenti non mi sarei lasciato coinvolgere, lo sai, mi conosci bene! Il problema è che… non lo so… io dico una cosa e lei capisce tutt’altro…  è faticoso…”

“Credo che alla base di tutto ci sia una carenza di dialogo” cominciò con il dirgli Oyama “Ma prima ancora devi decidere una volta per tutte che cosa vuoi veramente. Devi capire se vuoi stare con lei o no! Se non sei pronto a legarti, te la devi dimenticare. Allontanati ed evitala con ogni mezzo, o non te la toglierai mai dalla testa. E non ti puoi permettere distrazioni mentali di questo tipo, devi essere mentalmente sereno”.

“La fai facile” disse il Falco corrucciato. Era tremendamente infastidito da tutta una serie di cose.

“Non ho mai detto che lo fosse, temo che entrambi siate sentimentalmente, come dire? Impreparati? Qualcosa del genere. Per questo motivo uno di vuoi due dovrebbe prendere le redini in mano e dare una raddrizzata alla situazione”.

Harlock guardò l’amico accigliato.

“Innamorarsi è una cosa che accade e prescinde la tua volontà, ma amarsi è una scelta e comporta anche un certo impegno. Dovreste mettere da parte l’orgoglio e la paura, soprattutto dovreste imparare a parlare. Se non vi aprite, tra voi, ci saranno sempre delle incomprensioni. Non potete pretendere di leggervi nel pensiero, o indovinare che cosa desidera l’altro, o che cosa gli dà fastidio. Ben inteso questo vale solo nel caso che tu voglia avere un legame serio con lei. Altrimenti ripeto: scordatela ed evitala”.

Harlock si grattò la testa “Non credo di aver mai avuto una storia seria…” ammise.

“Beh ti assicuro che non è affatto male la vita di coppia. Certo ti dà e ti toglie qualcosa, ma questo accade in ogni situazione, che, come tutte le cose, ha i suoi pro e i suoi contro” spiegò Tochiro, in maniera un po’ semplicistica, per fargli capire il concetto a cui si riferiva.

“Come faccio a capire con certezza se voglio davvero una frequentazione seria con lei?” gli chiese il Falco.

Oyama rise.

“Che c’è da ridere?” chiese adirato l’altro.

“Niente è che mi fa davvero strano vederti così” ammise “Non lo so Franklin, fatti delle domande, non sei uno sciocco e non posso dirti io che cosa fare, o cosa non fare, ma di certo tu sai quanto tieni a lei e perché ti piace. Devi capire quanto Maya è importante per te. Se ti farebbe piacere ritrovarla al rientro della tua prima missione, o se preferiresti lasciarla libera, mettendo però in conto che se, e quando dovessi rivederla, potrebbe anche essere fidanzata con qualcun’altro. Devi soppesare tutto e valutare varie opzioni, vedere da che parte pende la bilancia. Insomma devi far luce dentro di te e capire che cosa vuoi, te l’ho già detto. Anche se credo che tu lo sappia molto bene, solo che non lo vuoi ammettere” concluse.

Parlarono ancora un bel po’ e nel frattempo Harlock ascoltava e rifletteva in silenzio.
Poi finalmente la tempesta si quietò e lui salutò l’amico per fare ritorno in camera sua. Doveva riportare Maya a casa sperando che nessuno si fosse accorto della su assenza. Per fortuna la caccia a Red Rose era terminata e sembrava che almeno per il momento, si fossero arresi all’evidenza che l’avesse fatta nuovamente franca.

Rientrò nella sua stanza facendo piano, immaginando che magari lei dormisse.
Nella penombra però vide che il letto era intatto.
Accese la luce. La stanza era vuota. Accanto al cuscino notò la maglia ed i pantaloncini, che aveva preso in prestito, perfettamente ripiegati e allora capì, lei non c’era più.
La prima reazione fu di rabbia, ma poi gli salì l’ansia della preoccupazione.
Perché era andata via? E quando lo aveva fatto?
All’improvviso il terrore!
Si domandò se tutto non si fosse acquietato semplicemente perché l’avevano presa…
Un panico inconsulto gli afferrò la bocca dello stomaco facendolo quasi tremare.
Per alcuni secondi fu incapace di connettere, ma poi la freddezza tipica del militare s’impadronì nuovamente di lui e si calmò.
Uscì lesto dalla stanza. Doveva sapere. D’istinto bussò alla stanza di Devasto. Tochiro era dall’altra parte del corridoio, ci avrebbe messo troppo tempo a tornare indietro. Non poteva perdere neanche un minuto aveva bisogno di aiuto per cercarla e in caso difenderla.
Dovette bussare energicamente un paio di volte.

“Che è tutto questo baccano?” biascicò Joe aprendo finalmente la porta e apparendogli completamente arruffato con solo i boxer all’incontrario indosso.

“Sono io devi aiutarmi. Presto vestiti!”.

“Oh! Calmino eh! Che qui c’è gente che ha faticato tutta la notte! Ho bisogno di riposo, bello” gli rispose spalancando la bocca in uno sbadiglio sguaiato.

“Maya non c’è più!” bisbigliò costernato Harlock all’amico.

Quello lo guardò, biascicò appena un pochino e poi serafico gli disse “Mi svegli per questo? Già lo sapevo. È andata via con Hisa, quasi un’ora fa” gli spiattellò.

“Cosa? Ma sei impazzito?” gli disse dandogli uno spintone ricacciandolo in camera per poi seguirlo e chiudere la porta. Non era poi molto saggio stare a disquisire sul corridoio.

“Datti una calmata!” disse subito Devasto che non capiva che gli prendesse.

“Cazzo Joe! Ma che ti dice il cervello? Come hai potuto mandarle via da sole?”.

“Oh finalmente ti sei dato al turpiloquio! Allora non sei di gesso! Te ne sei andato da Tochiro che t’aspettavi? Che si fa così con una donna in camera?”.

“Non ho voglia di scherzare sono preoccupato” disse serissimo cercando di indurlo alla serietà. Non voleva rivelare l’identità di Maya, ma era anche sconcertato dalla calma del suo amico.

“Bello mio rasserenati su, non è che siamo tutti scemi! È stata una decisione presa di comune accordo. Le ragazze dovevano rientrare e a Maya è venuta questa idea perché dice che ci avete visti quando l’hai portata in camera tua, tra parentesi spero che tu abbia concluso, perché sennò cominci seriamente a preoccuparmi! Ad ogni modo è stata la cosa più logica, il casino era finito, la cupola disattivata, almeno se le trovano in giro possono inventarsi che erano fuori a cazzeggiare insieme, poi a causa della pioggia, possono dire che sono dovute riparare in caserma, quindi stai sereno! Al massimo prenderanno un cazziatone da zio e genitore, ma noi siamo salvi da espulsioni, consegne e similari. Lo sai anche tu che non si possono portare donne in camerata!”.

Come faceva Harlock a dirgli che non poteva affatto stare sereno e che era proprio Maya quella che cercavano? Che potevano averla presa, o averle fatto del male?
“Non sai nemmeno se sono arrivate a casa?” gli chiese poi immaginando la risposta, la sua testa stava già pensando a come sbrigarsela da solo.

“Ehhh ma figurati! Sono sveglie tutte e due non ti preoccupare saranno già a nanna, comunque non ho sentito nessuno. Quindi niente nuove, buone nuove! Come si dice, le cattive notizie son le prime ad arrivare, rilassati su!”.

Harlock che non aveva voglia di perdere ancora tempo non disse altro e uscì dalla stanza.
Aveva un’ansia terribile addosso.
Non si capacitava del fatto di averla piantata da sola in quella camera. Se le fosse accaduto qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
Prese lo share-phone per chiamarla, ma si rese conto che era scarico. Agì nuovamente d’impulso e senza pensarci uscì per andare a casa sua e vedere se ci fosse davvero arrivata. Non poteva e non voleva chiedere nessuna notizia su Red Rose, la sua cattura o fuga, che aveva dato il termine alle ricerche per non destare sospetti. Quindi fece ciò che più gli era congeniale: agì.


Maya nel Frattempo era appena rientrata in camera, Hisa l’aveva preceduta perché le aveva inventato una scusa. Visto che Harlock non rientrava aveva deciso di agire ed era andata a recuperarla da Devasto, per avere una buona scusa per muoversi. Poi, dopo averla fatta avvivare, si era recata a recuperare una chiave di codice criptato che le sarebbe servita in seguito, per trafugare un importante documento. Quello era il motivo di cui non aveva voluto parlare ad Harlock e per cui si trovava nei pressi della caserma. Il problema era che le parso tutto fin troppo facile. Qualcosa non le tornava ma non capiva bene dove stesse l’inghippo, ad ogni modo aveva fatto quel che doveva per la Gea Free a cui quei documenti servivano per un’azione dimostrativa molto importante.
Decise di non pensarci più per momento. Era stanca morta, si spogliò ed infilò in bagno a farsi una doccia bollente. Aveva preso un sacco di freddo ed umido, aveva bisogno di tonificarsi, scaldarsi e poi fare una lunga dormita. A tutto il resto avrebbe pensato in seguito, compreso Harlock.

 

Il Falco camminava spedito, aveva quasi raggiunto la casa di Ishida, quando d’un tratto notò un drappello di soldati che si muoveva compatto, capeggiato da quel Ben. Vide che stava ascoltando un civile molto agitato, che parlava e gesticolava in modo frenetico. Erano pericolosamente vicino all’abitazione di Maya. Si avvicinò fingendo di voler far parte della spedizione, era l’unico modo per capire che stesse succedendo.

“E tu che cazzo vuoi?” gli disse in malo modo Ben

“Dare una mano” sibilò il Falco guardandolo di traverso.

“Tanto fossi uno sveglio!” lo canzonò.

“Senti io ho un conto in sospeso con quella dissidente” disse mimando rancore, in realtà era preoccupatissimo.

Ben fece spallucce “Sei vuoi fare un’altra figuraccia accomodati”.

Poi si girò nuovamente verso il civile e gli disse “Sei sicuro di ciò che dici?”.

“Potrei scommetterci. Era la figlia di Ishida!”.

Harlock si sentì morire. Maya s’era fatta scoprire.

“Chi?” disse d’impulso fulminando il civile con un’occhiata tagliente.

“Come chi?” chiese quello non capendo.

“Chi hai visto? La figlia di Ishida? Sei certo?” ribatté il Falco.

“Senti, l’ho vista di sfuggita ma era bionda ed era nell’ufficio di suo padre. Era lei!” si giustificò.

“Tutto qui? Non capisco…” ribatté Harlock che in realtà stava creando confusione per temporeggiare.

“Non mi sorprende” s’intromise sardonico Ben.

“Se magari vi spiegaste meglio!” ribatté il Falco polemico confondendo sempre più le acque.

“Abbiamo teso una trappola alla spietta della Gea Free e la signorina c’è cascata con tutte le scarpe. Dopo tutto il marasma che c’è stato ero certo che la volpina, una volta calmatasi la situazione, sarebbe andata a rubare la chiave di codice, peccato per lei che quella che ha preso non è affatto una chiave di codice, ma un localizzatore. Insomma non è poi tanto furba la fanciulla. E questo qui asserisce di aver visto Maya”.

“L’ha vista prendere la chiave?” domandò Harlock sudando freddo.

“No!” rispose il civile “Ma era nell’ufficio…”

“…di suo padre” terminò Harlock “Questo l’avevo capito e non mi pare neppure tanto strano. Magari era lì per motivi personali che ne sai?” buttò lì a casaccio sperando di insinuare almeno un dubbio “Insomma io prima di andare ad accusare la figlia di Ishida ci andrei con i piedi di piombo!”.

“Ecco per una volta sono d’accordo con il frescone!” sentenziò Ben solenne “La mia futura fidanzata non farebbe mai una cosa del genere”.

Harlock, nonostante la drammaticità delle situazione, trattenne a stento una risatina, anzi girò proprio la testa dall’altra parte. Quello era proprio suonato. Futura fidanzata un corno, povero illuso! Ma al momento quella vana speranza di quello stolto giocava a suo favore.
“Appunto!” disse serio e accigliato girandosi.

“Tze!” aggiunse stizzito Ben come se davvero quel civile infangasse il buon nome della sua fidanzata.

“Sì, però mi scusi tenente” si fece avanti un soldato “Il localizzatore da segnali molto forti, proprio in direzione della casa di Ishida, sarebbe quanto meno opportuno fare un giro di ricognizione vedere se in casa va tutto bene”.

Harlock decise di giocare d’astuzia.

“Sì. Ha ragione. Io però non mi muovo da qui. Andate voi dal generale, che se poi non c’è niente ed il trasmettitore non è lì, io un mese di consegna non me lo voglio fare!”.

“Il frescone non ha tutti i torti…” rimuginò Ben.

“Smetti di chiamarmi frescone!” lo redarguì il Falco per non sembrargli troppo accomodante, del resto nel bar, quando l’aveva sorpreso con Maya, stavano per risuonarsele.

“Senti se vuoi davvero chiudere i conti e comportarti da uomo devi andare tu da Ishida. Sempre se hai le palle per farlo!” lo provocò Ben che era caduto nella tela del ragno.

“Ho appena detto che voglio restare qui” ribatté Harlock per essere credibile nella sua manfrina.

“E allora ho ragione io, sei un frescone senza palle!”.

“Attento a quello che dici!” lo minacciò agitando i pugni.

“Ha ragione Ben sei un cagasotto! Oltretutto tu dai lezioni di volo a quella Maya quindi hai anche più confidenza di noi con il generale!” disse un soldato intromettendosi.

“E tu come lo sai?” gli chiese sinceramente torvo Harlock.

“Gliel’ho detto io” sibilò Ben.

“Non mi pare di averne parlato con te!” ribatté il Falco.

“Infatti me lo ha confidato Maya!” si piccò l’altro.

Harlock prese la palla al balzo e cambiò argomento. “Bene! Dato che tutti pensate che io sia un codardo ve lo faccio vedere di che pasta sono fatto! Ci vado!” disse solenne.

Alla fine era stato convincente ed erano caduti con tutte le scarpe nella sua trappola. Si rasserenò un pochino perché poteva giocarsela da solo e sperava di sfangarla riuscendo in qualche modo a salvare Maya.
Come avrebbe fatto, non lo sapeva neanche lui, ma era sveglio e pronto, avrebbe improvvisato sul momento.
Una volta davanti alla porta di Ishida deglutì e fece due bei respiri per concentrarsi.
Ora era calmo, freddo e pronto non gli restava che suonare il campanello.

 

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GRAZIE A chiunque legga e segua questa ficcina, in particolare grazie di cuore a chi ha voglia di lasciare le sue impressioni spendendo il suo tempo a recensire, lo apprezzo molto :)

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO pochi capitoli ancora e la storia sarà conclusa! Dato che mi sono “quasi raggiunta” e le scorte di capitoli scritti stanno esaurendo, se riesco a finire gli ultimissimi tre capitoli in tempi brevi, forse provvederò addirittura ad un aggiornamento bisettimanale, sennò temo che dovremmo slittare ad un aggiornamento ogni 15 giorni. Speriamo di no, ma la vita reale ultimamente è molto densa e il tempo per scrivere praticamente nullo, quindi nonostante ci sia tutto chiaro e limpido nella mia testa, a volte manca proprio il tempo reale per metterlo su word,  farò del mio meglio come sempre e poi vedremo, magari rimane tutto invariato come fino ad oggi e neanche vi accorgerete. In caso GRAZIE anticipatamente della vostra comprensione :)

GRAZIE Capitano! ♥♥♥

––––••••.••••––––

Per oggi è tutto.

Buona notte, o Buon giorno a voi!

Passo e chiudo.

Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

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Capitolo 16
*** L’IMPEGNO ***


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-15-

L’IMPEGNO

 

Ora che si trovava davanti alla casa di Ishida e stava per suonare, Harlock non sapeva bene che fare. Il suo istinto gli suggerì di comportarsi come se davvero non sapesse niente e dovesse avvertire il generale e la figlia di ciò che stava accadendo, e di ciò che era stato insinuato sul conto di Maya. Aveva fiducia sulla scaltrezza della ragazza e sull’amore filiale di Ishida, inoltre non c’era molta altra scelta, se fosse intervenuto Ben, o quel civile, sarebbe stato peggio, così si fece coraggio e finalmente suonò il campanello.
Il generale arrivò ad aprirgli quasi subito. Fuori intanto albeggiava.
“Che ci fa qui e cosa vuole a quest’ora, tenente?” gli chiese brusco in tono molto formale, dandogli del lei; evidentemente non capiva il motivo di quella visita mattutina inaspettata ed era molto contrariato.
“C’è un problema signore” cominciò serio Harlock.
“Uno solo?” lo interruppe aspro l’uomo “Ci sono una marea di problemi figliolo! Quel cretino che vuole acchiappare quella dissidente è riuscito a farsi dare il permesso dal quartier generale della Gaia Sanction di lanciare un micro generatore di tempeste. Ci sono gravi allagamenti nella zona sud est di Oceania tredici e il sistema fognario di Gladio è esondato, la caserma ha grossissimi problemi idraulici e come se non bastasse arrivi tu; dimmi, che altro c’è?” gli chiese duramente in tono sbrigativo passando direttamente al tu.
Nel frattempo sopraggiunse Maya, che probabilmente avendo sentito suonare si era allarmata.
Harlock la vide arrivare con indosso una vestaglia corta, probabilmente di seta, tipo kimono, bianca, con dei disegni floreali rossi. Era scalza, trafelata e con l’aria stanca. Notò che lo stava guardando molto preoccupata, evidentemente aveva capito che se lui era lì, c’era in ballo qualche grosso guaio.
S’impose di non farsi distrarre e continuò la sua manfrina “Ecco signore, un civile dice di aver visto vostra figlia in caserma, nel vostro ufficio, ad un orario sospetto. Premetto che per me è una grossa sciocchezza, ma ha detto che secondo lui potrebbe essere quella Red Rose che cercavamo” spiegò, non lasciando trasparire nessuna emozione mentre Maya lo guardava sconcertata.
“Cosa?” chiese il generale come se avesse udito una bestemmia colossale; stava per aggiungere altro quando fu interrotto da una terza voce, quella di Hisa che nel frattempo era sbucata dietro l’amica.
“Maya era lì per colpa mia” disse senza mezzi termini, cogliendo tutti di sorpresa “Mi ha accompagnata perché mi dovevo vedere con un ufficiale, poi la tempesta ci ha sorprese e siamo rimaste bloccate. Io ne ho approfittato per passare del tempo da sola con il mio ragazzo e…”.
Ishida la interruppe irato “Chi è questo sciagurato?” tuonò.
Harlock si adirò subito, se adesso Hisa tirava in mezzo Devasto sarebbe stato un grosso problema per il suo amico.
La ragazza guardò il padre dell’amica e rispose: “Deve scusare la mia scortesia, ma non le farò mai il suo nome” e lo disse in modo così categorico che a Ishida toccò rivolgersi alla figlia “Immagino sia inutile chiederlo a te vero?”.
“Non lo so, davvero papà! Mi sono riparata nel corridoio della caserma per via della tempesta. Con Hisa ci eravamo date appuntamento appena avesse smesso di piovere davanti al tuo ufficio…” rispose Maya furbescamente, continuando “…una volta lì ho scorto la porta aperta e ho capito che qualcuno aveva…”.
Harlock la interruppe per aiutarla prima che si tradisse “…cercato di rubare la chiave di codice, giusto?” la imbeccò guardandola, sperando che capisse che doveva assolutamente dire di averla presa.
Maya non afferrò al volo come mai il Falco potesse essere a conoscenza di ciò che aveva trafugato, ma la sua mente veloce e reattiva la fece ragionare sul fatto che se lo sapeva, probabilmente era per via della trappola, e allora capì.
“Una chiave di codice?” chiese facendo la finta tonta “Non so cosa sia… ho solo trovato una cosa per terra e l’ho raccolta, pensando che potesse essere importante, c’era un sacco di roba sottosopra…” ammise con aria angelica.
Suo padre intanto spostava lo sguardo dall’uno all’altra, cercando di capire se stessero mentendo o dicendo la verità.
“Cos’hai preso Maya?” chiese severo alla figlia.
Harlock era in tensione, Ishida non era di certo uno stupido, era un generale ed era addestrato a capire chi mentiva. Stava sudando freddo.
“Te lo faccio vedere papà vado a prenderlo” disse la ragazza e scappò su per le scale, verso camera sua.
“Perché sei venuto ad avvisarci proprio tu figliolo?” chiese il generale guardando Harlock di traverso.
“Perché ho un conto aperto con quella maledetta dissidente signore, e mi sono unito alla squadra per dare il mio contributo. Conosco sua figlia e so per certo che non ha né tempo, né modo di essere quella Red Rose, inoltre Ben aveva paura di farla irritare, così mi sono offerto volontario, per avvisarla” mentì con pacata ed estrema naturalezza.

Mentire a volte faceva parte del suo essere soldato, per strategia, per salvare i compagni, era addestrato a farlo, ma Harlock aveva anche questa innata capacità di mascherare abilmente i suoi sentimenti, una cosa che aveva imparato da bambino grazie alla rigida educazione ricevuta in Germania, da suo padre, anch’egli un generale di aviazione aerospaziale. Un uomo tutto d’un pezzo rimasto vedovo giovanissimo che aveva tirato su i suoi due figli: Franklin e sua sorella Editha
*1 da solo, con l’unico ausilio della fräulein tata Gherda, una rubiconda signora di mezza età che era più larga che lunga e che aveva amato quei bambini come se fossero stati i suoi veri nipoti. Era lei che aveva portato, nel tempo, Harlock a stare alla larga dai dolci, perché era solita rimpinzare lui e sua sorella così tanto di strudel fino al punto di nausearli! Era il suo goffo modo di dar loro quella dolcezza che a volte in quella grande e fredda casa mancava, non perché suo padre non li amasse, ma perché era un uomo chiuso che era restio ad esternare i propri sentimenti, e che quindi era incapace di certi slanci. Con la morte della moglie poi aveva finito con il chiudersi ancora di più in se stesso, si era gettato a capofitto nella carriera militare per cercare di sedare il dolore, trascurando involontariamente i figli che in realtà amava moltissimo.
Questo suo modo di fare aveva influenzato moltissimo il carattere sia di Harlock che di Editha; la giovane nell’adolescenza era sbocciata come un fiore e si era aperta anche alle relazioni interpersonali, a differenza di Harlock che pur essendo sensibile e molto intelligente, custodiva gelosamente dentro di sé emozioni e sentimenti, nonostante fosse comunque apparentemente un ragazzo abbastanza socievole ed aperto.

Ishida lo fissò qualche secondo ed Harlock non capì se gli credette, o se fece finta di farlo.
Nel frattempo Maya era ritornata con in mano la chiave di codice.
“Ecco, è questo l’oggetto” disse al padre con aria tranquilla, consegnandogli quella specie di microchip.
Harlock notò che pure lei era molto brava nel dissimulare le proprie emozioni e questo gli piacque, la trovò in un certo senso affine a sé. Quella ragazza gli piaceva davvero tanto, ormai poteva ammetterlo anche con se stesso, ma urgeva che si desse una regolata o avrebbe passato, e fatto passare anche a lui, un mucchio di guai!
Ishida intanto prese il piccolo trasmettitore di alluminio, camuffato da chiave di codice.
“Tenente vada a chiamare il genio incompreso!” disse rivolgendosi ad Harlock in modo nuovamente formale, il ragazzo capì al volo che voleva Ben, ed eseguì.
Quello all’inizio non ne voleva proprio sapere di seguire il Falco, ma quando capì che l’ordine veniva da Ishida non poté farne a meno.
Una volta davanti al generale provò ad aprire bocca ma quello lo fulminò con un’occhiataccia.
“Ora io non so quale santo abbia lei in paradiso tenente” cominciò ad apostrofarlo irato Ishida “Ma vorrei che si rendesse conto che il suo compito di soldato, non è dare la caccia ad una dissidente che ha ferito il suo orgoglio. Questi civili che dimostrano contro di noi sono alquanto fastidiosi, ma non sono certo un pericolo così grave, tanto da dover arrivare a lanciare un micro generatore di tempeste! Dovrei congedarla a vita per questa impudenza, lo sa?” e poi la sua rabbia travalicò “La Terra ha già i suoi problemi, causati dall’uso improprio di queste armi che ne hanno quasi distrutto l’ecosistema! E tu, chi diamine ti credi di essere per scavalcare tutta la gerarchia presente in questa base, per  ottenere il permesso di scatenare una tempesta e mettere a repentaglio vite innocenti? Per cosa poi? Ma ti rendi conto?” gli tuonò contro furioso.
“Signore, mi dis...”
“TACI!” gli intimò poi, strizzando gli occhi ed avvicinandosi pericolosamente al suo viso “E come OSI anche solo mettere in dubbio l’integrità di MIA figlia? Sappi che Maya era lì per MIO ordine è chiaro?” gli sibilò letale ad un millimetro dalla punta del naso.
Ben abbassò la testa e mise le mani dietro la schiena, in segno di rispettoso rincrescimento, non azzardandosi a fiatare.
“Ecco il tuo marchingegno e ora tornatevene da dove siete venuti, io devo porre rimedio ai danni che TU hai provocato!” concluse perentorio Ishida.
Harlock dette un’occhiata d’intesa a Maya e poi, insieme a Ben, come comandato da suo padre, se ne andò.

Il Falco il giorno dopo cercò in tutti i modi di contattare la ragazza, ma non ci fu verso. Il suo telefono era costantemente staccato e non la vide da nessuna parte. Così, dopo cena, decise d’improvviso di fare una passeggiata dalle parti di casa sua e alla fine si ritrovò sul retro del giardino, dove al primo piano si affacciava la finestra della camera di Maya; con  sollievo vide che era illuminata e senza pensare che magari ci potesse essere Ishida nei paraggi, agì d’impulso e, raccolti dei sassolini, uno ad uno li lanciò contro il vetro, per fare in modo che la ragazza si affacciasse.
Poco dopo Maya apparve e gli fece cenno con il dito sulla bocca di fare silenzio. Quindi sempre a gesti con le mani gli fece capire di aspettarla in veranda, sarebbe scesa lei da lui.
Harlock annuì e andò a sedersi dove si erano parlati la prima volta, quando era stato lì a cena. La ragazza lo raggiunse dopo pochi minuti. Indossava ancora quella vestaglia a kimono, come la sera precedente, probabilmente stava per andare a dormire.
“Sono in punizione!” gli spiegò “Mio padre si è molto contrariato per la faccenda di Hisa e mi ha confinata in camera, confiscandomi anche il telefono…” concluse.
Harlock la guardò serio senza dire una parola. Questa non ci voleva, temeva che il generale avesse mangiato la foglia. Era molto impensierito anche per Devasto.
Lei capì che era molto preoccupato e prese coraggio “Mi dispiace… mi rendo conto che questa volta l’abbiamo scampata per miracolo…”.
“Scampata?” le chiese lui serio “Non sono del tutto convinto che tuo padre non abbia capito”.
“Non mi ha detto niente. Se non che non devo bighellonare la notte per tener di mano alle mie amiche”.
“Che cosa hai detto ad Hisa per indurla ad aiutarci?” le chiese sostenuto. Meno gente sapeva e meglio era. Era andato da lei perché non vedendola, voleva capire come stessero le cose: se fosse stata in pericolo di essere scoperta, e quanto lui e Devasto potessero essere compromessi.
Maya abbassò lo sguardo e si prese qualche secondo prima di parlare.
“Cosa vuoi che le abbia detto? La cosa più logica. Che stiamo insieme e che ero da te per passare la notte nella tua camera” disse, senza muovere gli occhi dal pavimento della veranda.
Harlock colto di sorpresa rimase zitto e rifletté a sua volta qualche secondo.
“Capisco” aggiunse poi criptico.
“Mi spiace ma non potevo fare altrimenti, ho dovuto dirle questa balla, non potevo certo rivelarle chi sono” si affrettò ad aggiungere la ragazza.
“Vorrei sapere fino a che punto ti spingerai e chi sei disposta a trascinare con te per i tuoi scopi” gli disse molto serio Harlock fissandola.
Maya sentì su di sé quegli occhi indagatori pieni di disapprovazione ed alzò lo sguardo. Lo fissò a sua volta cercando di capire che intendesse. Era troppo enigmatico a volte e cercare di indovinare i suoi pensieri era impossibile.
“Non voglio trascinare nessuno da nessuna parte” sbottò appena spazientita. Si era sentita punta sul vivo.
“Io e Devasto, ieri sera, potevamo rimetterci la carriera, e non è detta l’ultima parola. Hisa poteva essere catturata al posto tuo, mi domando per cosa. A che cosa ti serviva quella dannata chiave di codice? E chi ti ha detto di prenderla?” gli chiese duramente.
“Capisco che tu sia arrabbiato, hai ragione. Ho commesso una grave leggerezza…”
“Mi hai fatto prendere uno spavento enorme, ero convinto che ti avessero catturata e mi è crollato il mondo addosso!” gli disse Harlock a sorpresa.
Sentendo quell’affermazione così accorata, Maya lo guardò, prima stupita e poi anche intenerita. Era più forte di lei, alla fine con lui finiva sempre per sciogliersi come neve al sole.
“Non volevo…” disse in un soffio.
“Tu non vuoi mai, ma finisci per essere dannatamente pericolosa!”.
“Ora sei troppo arrabbiato per poter parlare”.
“Non è questo il punto. Io voglio sapere che diamine stavi facendo lì e chi ti ha imbeccata. Non è un gioco Maya, lo capisci?” ripeté caparbio.
“Non sono così sciocca e sai che non te lo posso dire!”.
“Invece me lo dirai” le disse lui alzandosi e avvicinandosi pericolosamente a lei.
Maya scattò in piedi e lo fronteggiò “Se credi di intimorirmi, sappi che non ci riuscirai, e non te lo dirò, scordatelo!”.
“Ho intenzione di chiedere a tuo padre il permesso di frequentarti” gli disse cambiando radicalmente argomento, non voleva perdersi in chiacchiere e discorsi inutili. Le mostrò una calma quasi irreale mentre il suo sguardo era a metà tra il furioso e l’impenetrabile.
Quelle parole spiazzarono totalmente Maya.
“Come scusa?” gli chiese senza più fiato.
“Hai capito bene”.
“Così, senza neppure sentire il mio parere?” gli chiese appena contrariata.
La cosa le piaceva da matti da una parte e la irritava a morte dall’altra.
“Vuoi forse dire che non ti va di frequentarmi?” le chiese mentre un lampo gli attraversò lo sguardo.
“Non credi che dovresti chiederlo prima a me che a mio padre?” gli rispose leggermente piccata.
La fissò qualche secondo in modo indecifrabile e poi le si avvicinò ulteriormente; sapeva di metterle ansia e lo fece intenzionalmente, la voleva mettere in difficoltà per farla cedere.
“Bene. Ti va di frequentarmi?” le disse assecondandola e mettendola così con le spalle al muro.
A Maya si strozzò il fiato in gola e le venne da tossire. Questa era davvero una svolta inaspettata, che la coglieva del tutto impreparata.
Lui voleva iniziare un rapporto con lei.
“Non prima di sapere che cosa provi per me!” gli rispose alzando il mento in modo fiero.
Se credeva di rintuzzarla in un angolo con la sua stazza e il suo modo diretto di fare si sbagliava di grosso. Se davvero la voleva, beh… doveva scoprire le carte e dichiararsi!
Harlock abbozzò quel suo solito sorrisetto sbilenco molto divertito.
Dio se gli piaceva quella ragazza! Sotto sotto era tutta fuoco. Quel mix tra ingenuità e passione che lo faceva dare di matto.
“Mi pareva di essermi già espresso chiaramente in merito. Ti ho già detto che provo per te qualcosa di intenso, mai provato prima per nessuna” le disse inchiodandola con un sguardo profondo, caldo e limpido, incupito forse solo dall’intensità di ciò che provava. Non è che fosse immune al fatto che indossasse quella vestaglietta leggera che le scopriva le gambe, lunghe, toniche, come quelle di una gazzella, e che fosse pericolosamente a pochi centimetri da lui. Era un militare, la situazione era complicata e caotica ma era anche un uomo e lei lo turbava in ogni senso, anche se a volte poteva sembrare immune a certe cose, non lo era affatto.
“Ti basta o vuoi una dichiarazione standard?” la provocò.
A Maya venne sulla punta della lingua di dirgli, che sì la voleva, ma sarebbe stato solo un dispettuccio, per acquietare la troppa sicurezza che ostentava, facendole capire chiaramente che sapeva benissimo che lei era cotta fradicia di lui. Alla fine si astenne.
“No. Va bene così” gli disse guardandolo con limpida adorazione. Ora si sentiva sciocca. I suoi sentimenti non avevano bisogno di essere spiattellati in modo formale, erano chiari e lo sapeva, lo percepiva quanto fosse preso da lei ma sentirglielo dire le era piaciuto davvero tanto.
“Anche per me è lo stesso” gli disse sorridendogli in modo caldo e sincero, arrendendosi all’evidenza.
“Quindi ne deduco che acconsentiresti a frequentarmi?”.
“Acconsentirò ad essere la tua ragazza. L’unica” precisò puntigliosa.
Lui sorrise divertito “Non potrebbe essere altrimenti. Sei molto impegnativa” le disse.
Poi si accigliò di colpo.
“Questo non è un gioco Maya. Ho intenzione di prendere con te un impegno molto serio. A breve partirò per Woomera e poi una volta che ci diranno quali saranno i nostri compiti, starò via per diversi mesi. Quando tornerò sarò felice di ritrovarti, ma non sarà facile né per me, né per te, portare avanti un rapporto a due così a distanza. Quindi dovremmo stabilire delle regole e dovranno essere rispettate. Voglio che ora tu ti prenda del tempo e rifletta su chi sei e cosa realmente vuoi. Lo stesso farò io. Dopo di che parleremo seriamente di noi due e decideremo se possiamo davvero stare insieme e formare una coppia”.
Lei lo guardò incredula “Regole?” gli chiese stupefatta “Non ho nessuna intenzione di impostare così un rapporto!”.
“Non voglio importi niente. Non è nella mia natura, ma ci sono delle cose che è bene ponderare. Non possiamo far finta di non appartenere a due realtà completamente diverse. Io sto per iniziare un progetto militare di enorme importanza e tu, lo contrasti ferocemente. Non voglio chiederti di rinunciare ai tuoi ideali, ma ho bisogno di saperti al sicuro, o non riuscirò a fare ciò che devo se i rischi che andrai a correre saranno come quelli di questa notte. Non potrei vivere con l’ansia perenne che ti possa accadere qualcosa. Mi toglierebbe lucidità” le spiegò sincero.
Maya sospirò appena; purtroppo aveva ragione lui. Quindi annuì in silenzio.
“Ora è meglio che io vada. Ne riparleremo tra qualche giorno” disse Harlock e si allontanò appena da lei.
La ragazza lo guardò incerta. Se ne andava così, senza neppure baciarla?
Le piacevano i suoi baci e i brividi che le procuravano, ne stava diventando dipendente.
“Senza salutare?” soffiò appena. Non era così sfacciata solitamente, ma desiderava ardentemente un suo bacio.
Harlock si girò e la guardò in modo criptico, come sempre. In realtà gli piaceva che manifestasse i suoi sentimenti e i suoi desideri, questa cosa gli appiccava un fuoco dentro, per questo cercava di starle alla larga, per non lasciarsi sopraffare dalla passione.
Ma non poté ignorare la sua richiesta e tornò subito sui suoi passi. Le si avvicinò, le carezzò una guancia e poi prese a giocherellare con la lunghezza di una ciocca dei suoi capelli.
“Chiedimelo” le disse piano, con voce roca guardandola negli occhi.
Maya schiuse le labbra e sbatté appena le palpebre, era confusa, il suo cuore aveva iniziato la solita corsa impazzita come ogni volta che lui le era così vicino.
“Baciami” gli sussurrò tremante e le labbra di lui, che non attesero neppure che riprendesse fiato s’impossessarono avide delle sue, regalandole un bacio impetuoso, pieno di quella passione che non riusciva più a tenere a bada.
L’abbracciò e nel farlo si rese conto che oltre quella vestaglietta leggera, non indossava altro che la biancheria intima e la cosa lo infiammò ancora di più, tanto che fu quasi un po’ irruento nell’attirala a sé, stringendola con foga.
Maya stordita e sorpresa da tanto ardore si strinse a lui, facendo aderire il proprio corpo a quello di lui, percependo per la prima volta l’impeto prepotente del suo desiderio per lei.
Fu un solo bacio, ma pieno di passionalità. Harlock capì che doveva darsi una regolata e tenere le briglie tirate o avrebbero finito per fare qualcosa lì, direttamente in veranda e non era assolutamente il caso. Inoltre non voleva commettere l’errore fatto la sera prima nella sua camera, quando s’era fatto travolgere dal desiderio fisico dimenticando la ragione, facendola ritirare.
Quindi, sebbene riluttante, si privò del piacere delle sue labbra e del morbido contatto con il suo corpo flessuoso, che unito al suo profumo, era un cocktail micidiale che lo facevano sragionare.
“Ora devo proprio andare, non vorrei che tuo padre mi sorprendesse qui con te” le disse alitandole contro le labbra, ancora poggiate sulle sue, facendo fatica fisica ad allontanarsi.
Maya, stordita e con le guance in fiamme annuì, e a sorpresa gli diede un altro tenero bacio a stampo, facendo a sua volta una gran fatica a lasciarlo andare.
“Grazie per avermi salvata ancora una volta” gli sorrise “Non te l’aveva ancora detto, ma te lo dovevo” aggiunse non appena la sciolse dall’abbraccio.
Lui fece un cenno con la testa e concluse “Ora rientra in casa e cerca di dormire, hai l’aria stanca”.
Come se fosse stato facile dopo quel bacio! Pensò la ragazza ancora stordita, ma non disse nulla e l’assecondò.
Harlock la seguì con gli occhi mentre se ne andava.
Il suo sguardo si fermò ad ammirare il sinuoso e leggero movimento dei suoi fianchi appena accarezzati dalla serica stoffa della vestaglia a kimono. Sospirò, immaginando che quella seta colorata venisse sciolta e le scivolasse pigra di dosso, sfiorandole la vita, prima di adagiarsi morbidamente a terra lasciandola nuda. Rabbrividì e sentì il desiderio, ancora non del tutto sopito, che si riaccendeva prepotente. Era così bella e così femminile, i suoi movimenti non avevano nulla della sfacciataggine di certe ragazze che aveva conosciuto, anzi possedeva grazia e sensualità miste ad una sorta di purezza innata che ogni volta lo rapivano.
Sì, la voleva, e avrebbe fatto di tutto perché le cose funzionassero. Ormai era chiaro che gli era entrata nel sangue e che in qualche modo faceva già parte di lui. Aveva ragione Tochiro: Innamorarsi è una cosa che accade e prescinde dalla tua volontà, ma amarsi è una scelta e comporta anche un certo impegno.
Ecco lui aveva deciso, e da quella sera, il suo impegno aveva cominciato a prenderselo.

1 EDITHA: La sorella di Harlock NON esiste è una mia idea bacata che mi è venuta vedendo il muovo manga di Harlock in cui pare una donna e mi s’è accesa la lampadina! Non era prevista, ma intanto ce la infilo poi vedrò che fine farle fare, in fondo non ho mai pensato ad Harlock come figlio unico e a dire il vero, come ho scoperto da poco, neppure il sensei, solo che pare che per motivi di copyright abbia desistito dal fargli avere un fratello, ma io le vedo meglio con una sorella, perché due figaccioni in una famiglia e son troppi!  ;)

 

 

 

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GRAZIE come sempre a tutti voi mie cari lettori :) A chi è appena arrivato, a chi c’è stato, a chi c’è sempre, soprattutto a chi ha perso il suo preziosissimo tempo a leggere la mia storia e a commentarla, grazie di cuore, mi date la carica per continuare e in questo periodo so carica a pallettoni! xD
Editha da questa foto l’idea per inventarmi la sorella di Harlock, la foto è capovolta e graficamente modificata da me. La siglia HDT (harlocked divergente trasversale) è la mia firma, grazie a Wiser per averla inventata mi è così tanto piaciuta che potrei un giorno trasformala anche nel mio nuovo nick name vedremo ;) Comunque davvero pare una donna! a me non piace >.<

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Grazie UN MILIONE e non basta alla mia FANTASTICA amica Elisa. Fumettara e illustrattrice  di professione (scusate se è poco eh!) che mi ha omaggiata e onorata di questa illustrazione dei 4 Space Cowboys, di cui ha colto pienamente il carattere disegnandoli in modo fantastico, che poi io ho anche trasformato, come avrete visto in banner. Non trovate che sia favolosa? Io sì! GRAZIE ELI TI LOVVO ABBESTIAAAAAAA

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Grazie  Un grazie doveroso e speciale (spero che leggano anche questa fic) a TUTTE le persone che ultimamente hanno aggiunto le mie storie tra i preferiti e ricordati specialmente questa e Wonderwall (di cui vi avviso sto già scrivendo il seguito ho iniziato, quindi tremate :D ) GRAZIE perché mi emozionate tanto, soprattutto persone che sono del fandom da anni ma ovviamente anche TUTTI gli altri e GRAZIE anche alle 24 persone (mamma quante siete!!!! *.*) che mi hanno messa tra gli autori preferiti
Questi fiori virtuali sono un affettuoso omaggio per voi che non finite mai di sorprendermi con il vostro affetto!

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Comunicazione di servizio Mancherò una settimana circa (più o meno) ‘cause it’s party time! Quindi se non mi vedete non fate festa che tanto torno xD L’aggiornamento alla peggio sarà tra due settimane, sennò la prossima domenica o giù di lì vedremo ;)

GRAZIE Capitano chi ti ama ti rispetta e ti imita e noi lo facciamo! ♥♥♥


––––•••·.·•••––––

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

 

 

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Capitolo 17
*** NOVITÀ E… NOVITÀ! ***


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Salve! Riporto nomi e cognomi dei 4 Space Cowboys per agevolarvi nella lettura dato che saranno, appunto, nominati per cognome, in un momento particolare della narrazione e per non confondervi ecco qua il promemoria in rigoroso ordine alfabetico del cognome:
Marcus Date, nome in codice Vipera
Phantom Franklin Harlock Terzo, nome in codice Occhio di Falco
Alfred Kook, nome in codice il Freddo
Joseph Takeda, detto Joe, nome in codice Devasto

 

-16-

NOVITÀ E… NOVITÀ!

 

Quella mattina, durante le loro nomali attività di test attitudinali e fisici, che ormai svolgevano da mesi, finalmente arrivò la tanto sospirata notizia.
Il sergente Lee arrivò a sorpresa ed interruppe i quattro Space Cowboys invitandoli ad ascoltarlo, così che potesse comunicargli che cosa c’era scritto nel dispaccio elettronico, appena arrivatogli sul minicomputer da polso che aveva sempre con sé.
Detto ciò attivò lo schermo a visualizzazione olografica per leggere meglio, inforcò gli occhiali e cominciò.
“Allora ragazzi ci siamo. Nelle prossime due settimane ripeterete tutte le analisi mediche per certificare al cento per cento il vostro stato di salute e di sana e robusta costituzione. Come sapete dovete essere in perfette condizioni fisiche, perché dopo l’addestramento finale su Woomera, una volta che vi sarà definitivamente assegnato il comando di una delle quattro navi, starete per sei mesi in missione a protezione della Terra. Durante quel periodo non farete mai rientro alla base e vi sarà concesso solo qualche occasionale scalo intergalattico per i rifornimenti”. Cominciò a spiegare loro mentre lo seguivano attenti, ma anche elettrizzati, finalmente erano giunti al momento tanto agognato e per cui tanto avevano faticato.
“Come sapete prima di partire dovrete fare la profilassi cosmovalente
*1 multipla, il vaccino a rilascio controllato che vi preserverà contro tutte quelle cosucce che vi potrebbero dar fastidio durante la vostra permanenza continuativa nello Spazio, a contato con la dark matter aliena di Yura*2. Ovvero tipo: nausea spaziale, perdita di massa ossea e muscolare, problemi cardiaci, cecità spaziale, diabete. In pratica tutto quello che potrebbe essere causato dai quei dannati effluvi alieni, radiazioni, momenti di assenza di gravità e polvere tossica*3 con cui dovrete fare i conti, quando sarete in missione sulle vostre Death Shadows!”.
Devasto istintivamente allargò le gambe e si toccò i gioielli di famiglia.
“Che sta facendo tenente!” lo redarguì Lee fulminandolo con un’occhiata gelida.
“Nulla, è solo il mio vaccino personale aggiuntivo”.
“Tenete lei è un ottimo elemento ma ha grossi problemi comportamentali. Questa è l’ultima volta che sopporto una delle sue intemperanze. Sono stato chiaro?” lo guardò sempre più torvo il sergente.

“Sissignore!” rispose compito Devasto domandosi se Lee non avesse per caso scoperto che se la intendeva con sua nipote Hisa. Che aveva fatto di male? Solo un innocuo gesto scaramantico!
“Dunque riprendiamo da prima che venissi interrotto. Dicevo… ah ecco! Vi sarà anche prescritta una dieta personale, per potenziare il vostro fisico alla quale saranno aggiunti integratori vitamici e vari minerali naturali e sintetici. Dovete anche immunizzare il vostro fisico perché la vita spaziale è molto dura e deteriorante”.

“Ancora?” disse Devasto sottovoce roteando gli occhi.
“Smetti!” lo fulminò Vipera “Vuoi farti buttare fuori?”.

“ALLORA LA FINIAMO?” tuonò Lee.
“Scusi signore, continui, la prego” lo esortò Harlock cercando di mediare.
“Dicevo…” riprese Lee “Che il vostro corpo dovrà abituarsi alla dark matter e conseguentemente  alla microgravità artificiale, che è del trentotto per cento in meno rispetto alla nostra
*4, muscoli e ossa saranno sottoposti ad un forte stress. Adattarsi alla vita continuativa in una nave spaziale non sarà semplice, soprattutto finché non avrete in circolo il vaccino cosmovalente che sarà ovviamente a rilascio graduale. Stando tanto tempo continuativamente nello spazio, in un ambiente saturo di dark matter, corpo e cervello avranno bisogno di qualche giorno per abituarsi alle nuove condizioni ambientali, potreste soffrire della sindrome da adattamento detta anche Sas. Tra le sue conseguenze più spiacevoli c’è quella che viene chiamata nausea spaziale, simile al mal di mare qui sulla Terra. I sintomi sono stati classificati scherzosamente nella così detta scala Garn, così denominata in onore di uno tra più antichi pionieri spaziali, che allora venivano chiamati astronauti, di nome Jake Garn, che nel lontanissimo 1985, durante un viaggio su una navetta rudimentale chiamata Space Shuttle, sembra abbia patito il caso più grave di nausea spaziale della storia fino ad allora conosciuta! *5  
Ora voi siete avvezzi alla navigazione spaziale, ma non a quella a motori dark matter, quindi s
e non volete rubargli il primato, non dovete mai dimenticare di iniettarvi i vostri integratori nelle dosi e agli orari che vi verranno prescritti”.
I quattro lo ascoltavano seri. Era la procedura standard la conoscevano da tempo, ma sentirsi ripetere tutte quelle cose faceva comunque un certo effetto.

Lee riprese a parlare “Inoltre è stato riscontrato che potreste patire un certo stress ossidativo a carico dei bulbi oculari, i vostri occhi potrebbero essere investiti da radiazioni violente, emesse sempre dalla dark matter che potrebbero causarvi: ipotermia, ipossia e danno tissutale. Il vostro cuore potrebbe diventare più sferico*6. Potreste avere problemi…”

“E allora basta!” disse Devasto toccandosi nuovamente. Harlock fu veloce e gli si parò davanti per impedire a Lee di vedere nuovamente il gestaccio.
“Tenete che fa?” chiese Lee al Falco.
“Io? Niente…”.
“Perché si è messo davanti a
Takeda?” chiese chiamando in gergo militare Joe per cognome.
“Non mi ero reso conto, era per sent…”
“Harlock! Ci si mette anche lei?” chiese Lee torvo. “Takeda l’avevo avvisata, nel prossimo week end resterà consegnato in caserma”.

“Nooo! Perché che ho fatto?”.
Lee si tirò giù gli occhiali fino alla punta del naso e lo fissò di sotto in su, accigliato “Mi prende in giro?”.
“No, ma guardi ho una fastidiosa allergia alle parti basse che mi procura un terribile prurito e…”.
Il Freddò alzò gli occhi al cielo, Devasto era proprio incorreggibile a volte, sembrava un quindicenne a scuola!
Harlock lo fulminò con una delle sue più severe occhiatacce e intanto Vipera si godeva serpentino la scena sghignazzando tutto soddisfatto sotto i baffi.
“Takeda se vuole rimanere consegnato per una settimana sappia che ha preso la giusta direzione, ancora UNA sola parola e scatta il provvedimento disciplinare!”.
“Signorsì signore, messaggio ricevuto” disse finalmente serio Devasto che non si voleva giocare gli ultimi giorni sulla Terra da consegnato.
“Sergente se posso dire la mia è indecoroso che due ufficiali, due graduati, che oltre tutto sono due validi ingegneri selezionati per un progetto così delicato, si comportino come due ragazzini indisciplinati. Uno che fa lo stupido e l’altro che tenta maldestramente di coprirlo. E se…”
“Signor Date non ci interessano le sue opinioni personali. Non sta a lei decidere CHI e PERCHÉ è stato scelto. Le ricordo che fa parte di una squadra, forse avrebbe dovuto aiutare anche lei Takeda. Di certo non le avrei detto bravo come non lo dirò ad Harlock, ma è appunto COSÌ che ci si comporta in una squadra” rimarcò torvo Lee a Vipera. Poi si rivolse di nuovo a tutti “Sinceramente dopo tutti questi mesi e tutto il lavoro svolto assieme mi aspettavo un po’ più di serietà da parte vostra. Tirate fuori gli attributi e fatemi vedere che siete degni di questo progetto perdiana!”.
L’ennesimo tentativo di Vipera di sminuire Harlock era andato ancora una volta in fumo.
Lee concluse informandolo anche avrebbero fatto un ciclo in una camera a gravità artificiale anche per vedere se i loro fisici la ben tolleravano.

 

*

 

Intanto Maya ed Hisa erano ancora confinate in casa e alla fine avevano finito per fare anche una bella chiacchierata chiarificatrice.
Hisa aveva spiegato all’amica che cosa ci fosse stato tra lei ed Harlock. Cioè che aveva ingigantito la cosa, che non era vero che erano stati una coppia, e che avevano avuto solo un flirt fugace, ma soprattutto che non avevano mai fatto sesso proprio fino in fondo.

Era quel proprio fino in fondo che aveva assai incupito Maya, ma aveva deciso che non voleva conoscere i particolari, del resto ora Hisa sembrava molto presa da Devasto. Per quanto la riguardava si convinse che poteva stare tranquilla perché il Falco si era praticamente dichiarato con lei. Il passato era appunto passato e doveva essere archiviato.
Attualmente però non poteva uscire di casa perché era in punizione e non poteva neppure usare il telefono, perché le era stato confiscato. Suo padre era fatto così, usava i vecchi metodi educativi dei suoi trisavoli. Non aveva mandato giù il fatto che in piena notte lei ed Hisa si aggirassero tra le camerate degli ufficiali e aveva biasimato Maya perché complice dell’amica, secondo lui non avrebbe mai dovuto tenerle di mano.
Hisa non era sua figlia e non aveva potuto confiscarle il telefono, ma solo costringerla, con l’appoggio di Lee, a fare compagnia a Maya che era confinata tra le mura domestiche.
Maya così pensò che avrebbe potuto parlare con Harlock tramite l'apparecchio dell'amica, solo che il Falco era assai impegnato con tutti i test medici da ultimare prima delle partenza per Woomera. Non solo, era anche alle prese con le prime prove di resistenza nella camera a gravità artificiale, così che lei non riusciva mai a rintracciarlo. La cosa la faceva innervosire. A sera poi Hisa e Devasto stavano ore e ore al telefono e Maya, non volendo mai interromperli rimaneva a bocca asciutta. Ormai erano quasi cinque giorni che non lo vedeva e che non ci parlava, si sentiva persa come se fossero stati cinque mesi!

Sapeva che di lì a pochi giorni sarebbe partito per la missione e si domandava se l’avrebbe più rivisto, se avessero avuto l’occasione di chiarire la loro posizione. Era molto dispiaciuta e molto sulle spine, ma non poteva forzare la mano a suo padre rischiando di peggiorare le cose, o di farsi scoprire. Non poteva neppure dirgli che si era innamorata di Harlock perché avrebbe  compromesso lui e la sua carriera. Con queste cosa non si scherzava e Maya sapeva che non sarebbe stato affatto saggio rivelare pubblicamente di stare insieme, prima che fosse deciso chi doveva essere il comandante dell’ammiraglia. La cosa che la turbava profondamente era che Harlock non si facesse sentire, come se volesse mettere distanza tra loro. In fondo sarebbe potuto tornare cercarla di notte, come era accaduto, invece niente, sembrava sparito nel nulla.

 

Quella mattina a sorpresa Maya ricevette la visita di Esmeralda. L’amica la invitava formalmente a passare la domenica, ormai prossima, assieme a lei.
“Maya è in punizione” disse subito severo Ishida di fronte a quella richiesta.
“La prego sarò qui solo nel week end e sono sola, nella casa di mio nonno” spiegò Esmeralda.
Ishida sospirò. Quella ragazza era la nipote acquisita di un decano che aveva sposato in seconde nozze la madre di suo padre. Non gli dispiaceva che frequentasse Maya, ma era ancora molto arrabbiato con sua figlia. Era certo che gli nascondesse qualcosa, e non era del tutto sicuro che non avesse una tresca con quell'Harlock. Non era uno sciocco e aveva notato, fin dalla prima volta che era stato a cena a casa sua, come quel tenente guardasse sua figlia, ma soprattutto si era reso conto di come sua figlia guardasse lui, con malcelata adorazione. Si rese conto di aver favorito lui stesso questa cosa, perché ingenuamente aveva pensato che, vista la sua posizione, non si sarebbe azzardato a circuire sua figlia, ma quello che era accaduto qualche giorno prima lo aveva insospettito. Per come la vedeva lui, Hisa era in camera di chissà chi, ma sua figlia, era certo che fosse con quello lì, e la cosa lo incupiva non poco, tanto da fargli quasi riconsiderare la sua candidatura a capitano dell’ammiraglia.

“Mi spiace signorina Esmeralda, ma Maya resterà confinata qui!”.

“Ma papà, perché? La casa di Esmeralda è vicina alla nostra. Pranzeremo insieme e faremo quattro chiacchiere…”.
“Che venga lei a pranzo da noi!”.

“Volentieri, ma devo aprire la casa del nonno è un suo preciso ordine. Sa, è anziano e non viene  spesso sulla Terra, quindi se non ci penso io ogni tanto a farle prendere aria e ad usarla un po’, quella villetta andrebbe in malora, ma non importa, capisco le sue ragioni. Con Maya ci vedremo in un’altra occasione” disse remissiva Esmeralda.
Ishida sbuffò “Mi spiace. Mia figlia resta in punizione. Se vuole unirsi a noi è la benvenuta, ma diversamente, Maya non si muoverà di qui”.

“Capisco signore, non si preoccupi. Le farò sapere se sarò dei vostri” concluse la rossa e con un sorriso salutò l’amica.

Inaspettatamente però il giorno dopo, il generale Ishida fu improvvisamente convocato su Marte e partì, non avrebbe fatto rientro a casa prima di una settimana, esattamente alla vigilia della partenza per Woomera. Maya si ritrovò così libera di agire. Di certo sua zia non le avrebbe impedito di andare a pranzo da Esmeralda che, se era scesa sulla Terra per incontrarla, doveva avere davvero qualcosa di importante da dirle.
Per quanto riguardava Harlock invece si era piccata. Era un’intera settimana che non si faceva vedere né sentire neppure attraverso Devasto e quindi, nonostante fosse tornata in possesso del suo share-phone aveva deciso di fare altrettanto e non chiamarlo. Se lui non voleva sentirla, neanche lei voleva dargli la soddisfazione di fare il primo passo. Del resto le aveva chiesto di riflettere e quindi non voleva mostrarsi così ansiosa di vederlo come in realtà era. Anzi era molto molto contrariata dal fatto che presto se ne sarebbe andato via e che non tenesse affatto a passare del tempo con lei.

 

*

 

Quello stesso giorno al quartier generale della Gea Free, Joshua era riuscito a mettere le mani sul famoso documento che avrebbe dovuto trafugare Maya, che invece era stata fuorviata dalla trappola di Ben. Il ragazzo ce l’aveva fatta grazie al prezioso ausilio di Esmeralda, che suo malgrado, alla fine si era ritrovato a dover coinvolgere, omettendo ovviamente con lei la parte riguardante Maya.
Joshua lo aveva studiato tutto nei minimi dettagli. Ora era pronto a coinvolgere la figlia di Ishida e  Bakin lo doveva aiutare. Tramite lui avrebbe fatto leva sul senso di colpa della ragazza per spingerla a compire quell’azione di forza pericolosa che sperava finisse male, di modo da creare un grave punto di rottura con i vertici della Gaia Sanction. Tutto ciò secondo i suoi piani avrebbe dovuto facilitare un’azione di forza da parte della Gea Free, che così sarebbe finalmente passata alle maniere forti.

Aveva pensato che se fosse accaduto qualcosa di grave a Maya, o se anche semplicemente l’avessero scoperta e smascherata, questo avrebbe portato un grave scompiglio tra le fila della Gaia Fleet, di cui suo padre era uno stimatissimo generale. Non solo, dato che era anche colui che si era occupato dell’intero progetto Space Cowboys, il coinvolgimento della figlia poteva far credere che fosse un traditore. La confusione avrebbe favorito un’azione di forza che lui anelava da tempo, per creare un vero e proprio conflitto tra attivisti e potere, e magari, se avesse avuto fortuna, addirittura favorire anche una sorta di colpo di stato per destituire i decani dal potere.
I suoi intenti non erano del tutto sbagliati, ma la sua sfrenata ambizione lo portava a concepire piani scorretti e pericolosi, che in realtà, alla fine, sarebbero potuti risultare molto dannosi per l’organizzazione.

 

Toccò a Bakin raggirare Maya. La contattò per telefono e le richiese un incontro notturno nel luogo sicuro in cui si incontravano sempre per comunicare a voce tra loro i dissidenti ad Oceania tredici.
La ragazza arrivò puntuale e non essendo a conoscenza del fatto che la situazione fosse già risolta, era molto agitata perché sapeva di aver fallito con la chiave di codice.
Il ragazzo, imbeccato da Joshua, fece leva sul senso di colpa e di cameratismo. Le mentì dicendo che sua madre stava molto male e che lui non poteva assentarsi per compiere la missione più importante che gli era stata affidata da quando militava nella Gea Free. Le disse che si era rivolto a lei perché era l’unica che poteva aiutarlo e sostituirlo, visto che era l’unica a possedere le capacità tecniche richieste per quella speciale missione di cui pochissimi erano a conoscenza. Le disse anche, che se avesse accettato, non avrebbe potuto farne parola con nessuno, tanto meno con Esmeralda, che si sarebbe certamente opposta per via del fatto che erano amiche e che lei era una donna. Avrebbe solo dovuto prendere il suo posto, portare a compimento l’azione di disturbo e rientrare, senza farsi scoprire da nessuno della Gea Free. Grazie al suo generoso aiuto avrebbe dato a lui la possibilità di entrare in graduatoria e salire nella gerarchia. Questo gli avrebbe permesso di partecipare agli addestramenti speciali per poi andare ad agire su campo, quando ci sarebbero stati gli scontri veri e propri. Era ciò a cui più anelava per vendicare la memoria di suo padre, ma non ci sarebbe riuscito se non fosse stato in grado di portare a compimento la sua vera prima missione in solitaria, che era impossibilitato a portare a termine e per cui chiedeva aiuto a lei.
Ovviamente erano tutte balle e scuse, ma Maya non lo sapeva ed in buona fede gli credette. Era una ragazza coraggiosa ed estremamente generosa. Si fidava dei suoi compagni e mai e poi mai avrebbe neppure pensato che potesse essere una trappola. Gli chiese ventiquattro ore di tempo per rifletterci e si congedò. In realtà aveva già deciso che fare, ma volle comunque prendersi un momento di riflessione per essere davvero certa di farlo.

 

*

 


Esmeralda aveva invitato Tochiro a casa di suo nonno. Dovevano parlare di tante cose e poi era un modo per passare del tempo insieme, da soli, cosa che capitava loro sempre più raramente.
“Devi conoscere Harlock” gli stava dicendo Oyama “Devi parlarci e devi aiutarmi a risolvere le cose tra lui e Maya. È chiaro che ne sia innamorato, ma se questo rapporto non si stabilizza, temo che non riuscirà a concentrarsi a dovere sulla missione e se il comando va a qualcun altro sarà un disastro! Come sai io vorrei che si unisse alla nostra causa, ma ancora più voglio che diventi il comandante dell’Arcadia, perché è troppo importante per una serie di cose. Mi aiuterai?”.
Esmeralda gli sorrise appena e annuì, quindi cercò le sue labbra e lo baciò. Avevano così poco tempo per loro che voleva sempre sfruttarlo al meglio. Tra un bacio e l’altro finirono in camera da letto e si ritrovarono a fare l’amore in modo tenero ed appassionato, con grande slancio.
Finito il momento della passione si rinvennero sdraiati l’uno accanto all’altra. Tochiro la carezzava con lo sguardo trovandola bellissima, ancor di più quando era accaldata dall’estasi appena provata. Spesso non si capacitava di come una ragazza bella e forte come lei si fosse innamorata di lui. Ma questi pensieri duravano solo un attimo, perché poi si perdevano, sciogliendosi in quegli occhi verdi così belli e così innamorati che gli toglievano ogni dubbio, oltre che il respiro.
Notò però che erano velati da una sorta di preoccupazione che la facevano sembrare un po’ lontana, come se vagasse raminga tra i suoi pensieri. La cosa lo turbò.
Tochiro le sfiorò la schiena con la punta delle dita regalandole una lieve carezza “Che c’è che non va mia adorata?” le chiese preoccupato. Non era da Esmeralda essere così distante, non quando erano insieme e non dopo aver fatto l’amore.
Lei sembrò come risvegliarsi da un sogno “Cosa?” gli chiese come se non lo avesse neppure udito.
“Che hai Esmeralda?” le chiese decisamente impensierito.
La ragazza sospirò, lo guardò e chiuse gli occhi per un secondo, poi li riaprì. Tochiro notò che scintillavano di una luce strana, come se davvero qualcosa la tormentasse.

“Tu mi ami vero?” gli chiese spiazzandolo.

“Ma certo! Che domande sono?” le chiese sempre più confuso. Cominciava davvero a pensare che ci fosse qualcosa che non andasse e si stava seriamente angosciando. Perché mai gli stava facendo una simile domanda?
“Quindi non penseresti mai che io potrei ingannarti, che potrei metterti di mezzo?”.

“Ma assolutamente no!” rispose subito sicuro poi le carezzò un guancia e la guardò serio “Se si tratta di Maya ed Harolck se…”.

“No. Loro non c’entrano niente, anzi concordo con te per quanto li riguarda. Ciò che mi preoccupa è tutt’altro…” s’interruppe e sospirò di nuovo portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Qualcosa che riguarda la Gea Free?” gli chiese sollecito.
“No… ci sono vari problemi, ma non si tratta dell’organizzazione…”  e volse nuovamente lo sguardo altrove”.

“Ho capito…” disse Tochiro mogio. Del resto avrebbe dovuto aspettarselo “Vuoi lasciarmi…”.
Questa volta fu il turno di Esmeralda di girarsi di scatto e di guardarlo sconcertata “Ma che dici? Ora sei tu che metti in dubbio il mio amore? A tutto penso, meno che a lasciarti!” gli disse carezzandogli una guancia mentre lui fece un’espressione simile ai gatti quando fanno le fusa.

“E allora che cosa ti angustia così tanto amore mio?” le chiese prendo una mano tra le sue.
Fu in quel momento che lei sparò lapidaria un…
“Credo di essere incinta” .
A quelle parole Tochiro perse l’equilibrio e dal ciglio del letto, dove si trovava, finì rovinosamente a terra facendo un bel capitombolo e battendo anche una sonora capocciata sul pavimento.
La sua testa però riemerse di scatto, quasi subito, facendo capolino oltre il materasso
“Ho capito bene? Hai detto proprio: incinta?” le chiese con gli occhiali traverso sul naso e gli occhi spalancati di sincero stupore.

“Ti sei fatto male? gli chiese subito lei preoccupata avvicinandosi, incurante della sua domanda.
“No…” rispose Oyama arrampicandosi nuovamente sul letto.
Esmeralda istintivamente si coprì con il lenzuolo era molto agitata. Quella probabile gravidanza aveva colto di sorpresa anche lei. Si era dimenticata una sola volta il principio attivo anticoncezionale e tanto era le bastato per rimanere incinta. Una vera sfortuna, anche perché non era certo il momento migliore per loro per affrontare una cosa del genere.
Tochiro le si avvicinò e le baciò teneramente le labbra “Beh… devo dire che sei riuscita a sorprendermi” le confessò con un sorriso rassicurante.
“Vista la nostra posizione e la tua missione potrei anche capire se la cosa non ti andasse a genio…”.

Ma lui la interruppe “Davvero hai una così bassa opinione di me? Ti ho amata dal primo momento  che ti ho vista. Sei la creatura più bella e perfetta, sia d’animo che d’aspetto, che mai avrei potuto anche solo sognare di avere accanto. Sai quanto ti adoro, non puoi mettere in dubbio i miei sentimenti. Davvero credi che mi dispiaccia che una parte di me stia crescendo dentro di te? È il regalo più bello e straordinario che potessi farmi: rendermi indissolubilmente legato a te” le disse fissandola in un modo che le fece salire le lacrime agli occhi. Lei così battagliera e così indomita era così fragile nei sentimenti. Per questo lo amava così tanto, perché con lui si sentiva al sicuro, amata, protetta e considerata al di là del suo aspetto fisico, che troppo spesso faceva agli uomini un effetto che a lei non piaceva.
“In realtà non ne ho ancora la certezza matematica…” gli disse quasi incredula della sua reazione.
“Non importa. Qualunque sia l’esito di questa faccenda è il momento adatto per una cosa che comunque avevo intenzione di dirti appena avessi concluso la mia missione su Woomera”.
Tochiro aveva le idee chiare già da tempo.

“Che cosa?” gli chiese sgranando appena quegli occhi di giada.
Lui si tirò su e la guardò dritta negli occhi “Vuoi sposarmi Esmeralda?” le disse senza troppi giri di parole e senza anello. Era fatto così. La sua formazione scientifica lo portava ad essere diretto e concreto, sempre. Quella dichiarazione non era prevista, non per il momento, quindi non aveva di certo ancora comprato un anello, ma allungò una mano e afferrò i pantaloni quindi ne estrasse un piccolo pugnale antico, tipo stiletto e glielo porse.
“Non era stato acquistato per questo scopo, ma prendilo come un anticipo. È uno stiletto antico che ho modificato. Dentro c’è un trasmettitore che si collega ad una linea a noi dedicata, in poche parole potrai contattarmi sempre in qualsiasi momento e in qualsiasi parte dell’Universo ti troverai. Nessuno ci potrà ascoltare, perché la linea a cui l’ho agganciato è schermata e rimbalza ogni secondo da un satellite all’altro, quindi è impossibile tracciarla. Potrai usarlo per chiedermi aiuto, per fare quattro chiacchiere e magari…” ridacchiò “…anche come linea erotica personale tra noi, quando saremo lontani!”.

Esmeralda lo guardò incredula. Come nel suo stile Tochiro le aveva fatto una dichiarazione importantissima senza colpo ferire: semplice e diretta, ma piena dell’entusiasmo e del calore che l’aveva fatta perdutamente innamorare di lui. Le aveva chiesto di sposarlo e poi aveva stemprato il tutto, con quel regalo insolito e particolare che univa la sua passione per le cose antiche e la tecnologia, che tanto amava fondere tra loro. Era turbata, ma anche felice.

“Allora?” le chiese fissandola impaziente.
“Mi piace è… davvero molto bello!” gli rispose fissando lo stiletto ammirata.
“No, io intendevo: allora? Vuoi sposarmi o no?”.
Lei gli gettò le braccia al collo “Sì e mille volte sì, mio piccolo, adorabile, fantastico genio!”.
La bellissima novità fu suggellata da un lungo ed appassionato bacio che, seguito da molti altri, li condusse ad una nuova languida e tenera danza d’amore, che si concessero, nuovamente, dimenticando problemi, amici e per il momento, anche la probabile futura prole!

 

 

1 PROFILASSI COSMOVALENTE MULTIPLA: Vaccino inventato da me.

2 DARK MATTER ALIENA DI YURA: Già usata in Wonderwall. Nel film si parla di semplice dark matter (materia oscura) io mi sono inventata questa che ha delle proprietà particolari rispetto alla dark matter normale. Tipo rallentare l’invecchiamento come appunto già spiegato in Wonderwall ;)

I punti: 3 - 4 - 5 - 6 Sono assolutamente autentici, cioè, ciò che viene descritto, sono conseguenze REALI a cui vanno incontro i VERI astronauti nello spazio che io ho riadattato alla navigazione con dark matter mischiando così realtà e fantasia. Tutte le “malattie” e le problematiche fisiche sono vere, compresa la percentuale della gravità artificiale e la sindrome da adattamento detta anche Sas con la scala Garn. Purtroppo sono stata somara e non mi sono segnata i link, chiedo venia, ma ogni cosa che avete letto, che potrebbe accadere agli Space Cowboys è ripresa dalla realtà, solo essendo che loro navigano nello spazio da tempo, sebbene con navette molto più piccole delle corazzate, mi sono appunto presa la licenza fanfictionistica di rendere colpevole di tutto ciò la famigerata materia oscura Yurana, anche per ricollegarmi al fatto che comunque è pericolosa, e come avevo spiegato in Wonderwall che, venendo contaminati da essa, non a tutti poteva sortire i soliti effetti.





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GRAZIE davvero con tutto il cuore a chi c’è, a chi c’è stato, e a chi c’è di rimpiattato! xD
GRAZIE quindi a tutti VOI miei cari ed affezionati lettori che seguite sempre questa mia ficciarina.
GRAZIE a chi  ha tempo e voglia e commenta sia in pubblico che privatamente i miei deliri!
GRAZIE a chi mi aggiunge a preferiti e ricordati, sappiate che ogni vostra manifestazione di attenzione a ciò che scrivo è per me un regalo grande e bellissimo e io vi lovvo un monte!


Per fortuna c’è ancora chi crede ai sogni. Chi a l’amicizia. Chi alle persone. C’è ancora chi vuole comunque vedere il bene sempre e comunque, il lato buono delle cose. Chi è ingenuo, chi è un entusiasta, chi ama la vita anche se a volte è veramente difficile. Chi crede nel rispetto. A chiunque si sia riconosciuto in queste parole io dico: vai avanti e non mollare, il mondo ha bisogno di animi puri. Lo so, questo non c’entra nulla con la ficcia ma forse c’entra in qualche passo citato, (almeno per me) con il messaggio che ho recepito (io) dalla visione giovanile dell’anime di Harlock, soprattutto per quanto riguarda l’amicizia, il rispetto e l’amore per la vita anche se è dura, quindi perché non farne tesoro e magari cercare di metterlo in pratica? {Vabbè basta, mi vaporizzo e scusate la filosofia da 4 soldi… ogni tanto me piglia così!}

 

Comunicazione di servizio Spero di aggiornare nuovamente tra domenica e lunedì prossimo. Male che vada salterò un turno (vale a dire una settimana) ma spero di no! ;) Grazie per la comprensione, sono tempi ostici ed incasinati ed il free time con opzione ludica è sempre più risicato! (Passerà eh!!!)

 

GRAZIE Capitano semplicemente di esistere! ♥♥♥

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Capitolo 18
*** PICCOLE E GRANDI CONFIDENZE ***


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-17-

Piccole e Grandi Confidenze

 

Devasto quel giorno aveva rimesso già tre volte. Quei test di resistenza a gravità artificiale, che riproducevano anche certe reazioni della dark matter, lo avevano fatto diventare verde come le nibelunghe e vomitare anche l’anima. Il Freddo invece aveva sofferto di vertigini e ogni tanto aveva sbandato perdendo l’equilibrio. Vipera invece sembrava essere a posto, oppure mascherava bene qualsiasi malanno avesse.
Joe era davvero uno straccio e Tochiro lo guardava molto preoccupato. Troppo preoccupato notò Harlock, che invece aveva avuto qualche problema gastrointestinale, per via del vaccino a rilascio graduale che era vera e propria una bomba chimica, anche se ora stava molto meglio e sembrava averlo anche preservato da altre fastidiose indisposizioni.
“Non ti preoccupare” disse all’amico “È normale che possa dare così noia, poi gli passerà” continuò per rassicurarlo. Si stavano incamminando alla mensa e ovviamente Devasto si sentiva morire al solo pensiero del cibo.
Oyama si girò verso Harlock e lo guardò in un modo molto strano. Erano rimasti leggermente indietro rispetto agli altri. “Stavo pensando ad Esmeralda…” gli disse quasi in catalessi. Era stato l’unico tra tutti a non avere avuto noie di nessun genere, come del resto gli altri ufficiali ingegneri che avrebbero poi affiancato i comandanti in ogni nave, questo perché loro erano già stati da tempo a contatto con la dark matter e quindi in un certo senso si erano come immunizzati.
“Esmeralda?” gli chiese il Falco alzando un sopracciglio perplesso.
Aveva conosciuto ufficialmente la rossa compagna dell’amico qualche giorno prima, con cui tra l’altro, aveva fatto anche una lunga ed interessante chiacchierata. Solo che non capiva l’associazione di idee tra lei ed il voltastomaco di Devasto. Gli sfuggiva proprio il nesso.
Tochiro si pulì gli occhiali e poi lo guardò serio “Mi domando se tra qualche settimana farà la fine di Joe!” gli rispose lasciando intatta la sua perplessità.
“Perché? Non capisco che intendi dire…”.
Oyama fece un sospirone “È incinta!” disse soffiando fuori quella novità come se fosse una robetta da nulla. Harlock inciampò, perché per la sorpresa non pose attenzione ad uno scalino e perse l’equilibrio rischiando di finire a terra, ma si riprese giusto in tempo.
“EH?” fece strabuzzando gli occhi.
“Più o meno hai avuto la mia stessa reazione sai?” notò Tochiro divertito.
“Ma come è potuto accadere?”.
“Non con la forza del pensiero te l’assicuro”.
Intanto il Falco lo guardava basito.
“Non ti preoccupare, sono felice, un po’ stordito, ma veramente felice” ribadì Oyama tutto sommato abbastanza tranquillo. “A proposito ti ricordi che devi venire da noi vero?”.
“Sì, certo…” rispose Harlock frastornato “Ma…”.
“No, davvero va tutto bene! E tu sarai il suo padrino sappilo!”.
“Beh… ecco io… ne sarò onorato…” rispose sempre più stranito. Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito. Tochiro padre? Così in fretta poi…
“Ma non è che mi stai prendendo in giro?”.
“Ti pare che sia un argomento con cui scherzare?”.
“È che non me l’aspettavo!”.
“Figurati io!” disse Tochiro.
“Beh però non credo che vi guardiate negli occhi quando siete assieme… visti i risultati!”.
“Ora non essere impertinente Harlock!” lo brontolò Oyama “Siamo sempre stati attenti e molto responsabili. Non è che tra tutti e due abbiamo vite così semplici e lineari. È stato un imprevisto è chiaro, ma alla fine non mi dispiace affatto” gli spiegò serio.
“Ma ora che farai amico mio?”.
“Niente, a fine missione la sposo!” gli comunicò a sorpresa tutto soddisfatto.
“Ma ti pare il ca…”.
Oyama lo interruppe “La gravidanza non centra, glielo avrei chiesto comunque. L’hai vista no? Bellissima, intelligente, determinata e mi ama. Sarei un pazzo se me la lasciassi scappare! Tanto prima o poi avrei voluto comunque avere una famiglia, si sono solo anticipati i tempi, va bene così, significa che è l’ora e credimi, dopo il primo momento di sorpresa, mi sento l’uomo più felice dell’universo!”.
Harlock sorrise e annuì. “Hai ragione, meglio non perdere tempo quando si trova la donna giusta” anche se a dire il vero, pensare che l’amico si sarebbe sposato e avrebbe avuto un figlio, gli faceva davvero uno strano effetto. Ci si doveva abituare, però era chiaro che Tochiro fosse genuinamente felice e di rimando non poteva che esserlo per lui.
“Ecco appunto. Non bisogna perdere tempo, mi fa piacere che tu l’abbia finalmente capito!” gli fece eco l’amico, ma Harlock, che aveva mangiato la foglia, fece finta di nulla e l’altro decise di non calcare troppo la mano. Ognuno aveva i suoi tempi in certe cose, ed era perfettamente inutile forzarli. Soprattutto con uno come il Falco che aveva una gran testa dura.

*

 

La casa del nonno acquisito di Esmeralda non era molto lontana da quella di Ishida. Anch’essa era immersa nella pineta che si stendeva fino al mare, così come di regola lo erano le case di quasi tutti i più alti graduati di istanza a Gladio, ad Oceania Tredici. Era dotata di un ampio giardino in cui c’era un enorme tavolo in legno grezzo, su cui volendo si poteva apparecchiare, per mangiare anche all’aperto.

Maya arrivò dall’amica in prima mattinata ed Esmeralda l’accolse con un grande sorriso. Chiacchierano un po’ e poi la rossa le confidò che non erano sole. Detto ciò, richiamato dalla compagna, da dentro casa sbucò Tochiro. Glielo presentò e infine le disse che ci sarebbe stato anche un altro ospite. Non le disse chi, ma lei lo scoprì da sola, praticamente subito. Dalla porta della veranda improvvisamente vide far capolino Harlock. Notò che aveva i capelli scarmigliati. Un ciuffo ribelle celava parzialmente il suo occhio sinistro, che però faceva dispettosamente capolino tra le ciocche scomposte. La fissava in modo enigmatico come era solito fare. Era appoggiato allo stipite della porta con le mani in tasca e l’aria vagamente pensosa, fissa su di lei.

Il suo cuore per un secondo si fermò, poi prese a scalpitare. Non se l’aspettava e colta alla sprovvista, il turbamento ebbe come sempre la meglio su qualsiasi altro sentimento. Il suo primo impulso sarebbe stato quello di sorridergli e corrergli incontro, ma rimase ferma e corrugò la fronte. Era ancora indispettita per il fatto che non si fosse fatto sentire per giorni, quindi lo guardò severa. Voleva che il suo disappunto gli fosse chiaro. Stava per lasciare la base, anche se al momento per poco tempo, ma non si era neppure scomodato a farle una telefonata, o una visita. Era decisamente contrariata.
“Credo che vuoi due vi conosciate bene vero?” disse Esmeralda alle sue spalle, distraendola dai suoi pensieri “In realtà ti ho invitata qui perché potessi incontrarti con lui. Io e Tochiro ce ne andiamo via e vi lasciamo soli, così potrete parlare in tutta tranquillità. Torneremo all’ora di pranzo, per mangiare tutti assieme. Voi fate pure come foste a casa vostra” le comunicò a sorpresa e così dicendo, lei e Oyama si congedarono, lasciando la ragazza piuttosto interdetta, perché non se l’aspettava proprio una simile svolta degli eventi. In realtà aveva pensato che l’amica l’avesse chiamata per poter parlare con lei delle strategie della Gea Free, o di un nuovo incarico. Non aveva la minima idea che conoscesse Harlock, né tanto meno si aspettava di trovarlo lì. Quindi rimase talmente attonita, che sul momento tacque perché a corto di argomenti.
Esmeralda e Tochiro intanto presero al volo l’occasione per andarsene altrove e passare del tempo completamente soli, per discutere delle novità che li riguardavano molto da vicino, di cui però la rossa non aveva ancora parlato a Maya.

Il Falco intanto era rimasto fermo, sempre appoggiato con una spalla allo stipite della porta e aveva leggermente reclinato in avanti la testa, i capelli gli celavano quasi completamente quel suo sguardo penetrante, che però lei avvertiva su di sé.  
Se ne stava immobile senza dire una parola. Fissandola.
Neppure Maya si mosse e mise le mani sui fianchi fissandolo di rimando, cercando di scorgere i suoi occhi in mezzo a quelle ciocche arruffate.
Rimasero così, per un lungo interminabile momento.
“Se vuoi fare il gioco del silenzio sappi che non mi piace!” gli disse infine spazientita. Le sembrava assurdo perdere così il poco tempo che avevano a disposizione senza dire una sola parola. Per come erano rimasti l’ultima volta che si erano visti, avrebbero dovuto invece comunicarsi che cosa avessero deciso di fare, ovvero, se dare il via ad una relazione, o lasciarsi perdere a vicenda. Invece si stavano abbandonando ad inutili mutismi.

Harlock a quelle parole abbozzò quel suo tipico mezzo sorrisetto impertinente. Gli piaceva da  morire quando era contrariata. I suoi occhi da azzurri e cristallini diventavano più cupi, di un blu intenso, le guance le si imporporavano e le labbra le s’imbronciavano appena, diventando ancora più desiderabili.

“Non ho potuto contattarti perché eri in punizione e poi ho voluto prendere del tempo” le disse finalmente, continuando a fissarla “Stiamo ultimando i test e le visite mediche per la partenza per su Woomera, dove faremo i test finali. Avevo bisogno di essere concentrato su ciò che stavo facendo, non posso permettermi nessuna distrazione o divagazione, non in questo momento. Tra noi le cose sono ancora indefinite, per questo ti ho tenuta a distanza, perché voglio il comando di quell’ammiraglia almeno tanto quanto voglio te” le disse in maniera diretta che la disarmò completamente.
Sentirgli dire in modo così chiaro e cristallino che la voleva, la sconvolse, ma il suo amor proprio che era anche un tratto distintivo della sua personalità, la frenò dal buttarsi tra le sue braccia, come l’istinto le avrebbe suggerito di fare. Perché lui diceva così, ma poi si comportava in modo criptico, e lei in realtà non aveva ben capito dove volesse realmente andare a parare.
“Ne converrai con me che non farsi sentire per un’intera settimana è un modo un po’ strano di volere qualcuno!” polemizzò Maya contrariata. Per lei le cose erano piuttosto semplici, la voleva? Bastava fosse andato da lei invece di sparire!
“Come ti ho spiegato non posso farmi distrarre da te. Se dobbiamo stare insieme e formare una coppia tu per me dovrai essere motivo di stabilità, tranquillità e non di agitazione e preoccupazione. Così come lo dovrò essere io per te, naturalmente” cominciò a spiegarle calmo. “Non ho mai avuto un rapporto fisso e lungo con una ragazza, sarebbe la mia prima volta e sono pronto, ma tu devi venirmi incontro Maya. Devi smettere di metterti nei guai e devi smettere di partecipare attivamente alle azioni sul campo della Gea Free. E non solo per far piacere a me, ma anche per preservarti da gravi pericoli che stai sempre più rischiando”.
La ragazza spalancò la bocca indignata stava per parlare, ma lui la prevenne.

“Ho parlato con Esmeralda. Ci siamo conosciuti qualche giorno fa tramite il mio carissimo amico Tochiro, che come hai visto è il suo compagno. È una donna molto intelligente e sono sollevato di sapere che la pensa come me. Su questo punto siamo d’accordo, anche lei ha a cuore te e la tua sicurezza. Entrambi riteniamo giusto che tu debba finire gli studi, dopo di che potrai mettere le tue competenze a servizio della Gea Free. Mi ha spiegato che hanno intenzione di aprire un canale pirata di informazione libera. La voce della libertà, lo chiameranno, ed Esmeralda mi ha confidato che vorrebbe che fossi tu la loro voce della libertà, ma solo dopo che avrai conseguito la tua laurea in giornalismo”.

“Quindi avete già deciso del mio futuro senza neppure consultarmi!” sbottò Maya furente “Avete tramato alle mie spalle ed Esmeralda si è confidata con te? Tu che in pratica saresti dalla parte del nemico? È incredibile, mi sento tradita!” affermò davvero molto arrabbiata.

Harlock si mosse lentamente dallo stipite della porta e tirata fuori una mano di tasca si riavviò i capelli. Maya notò che era stanco aveva delle occhiaie profonde, ma il suo sguardo era comunque limpido e magnetico. Le si accostò fino ad esserle abbastanza vicino, per poterle prendere una ciocca dei suoi capelli tra le dita, e cominciò a giocherellarci, come spesso amava fare.   
“Non essere melodrammatica. Ti vogliamo tutti bene e nessuno ha tramato alle tue spalle, anzi direi che Esmeralda si sta comportando come una sorella maggiore che ha molto a cuore le tue sorti”.
Quel suo modo così particolare di comportarsi, parlando come se effettivamente stessero già insieme in modo consolidato, giocherellando con i suoi capelli, coccolandola, ma senza essere troppo esplicito, come se volesse farle capire quanto tenesse a lei, rispettando però i suoi spazi, la turbarono molto destabilizzandola.

“Avreste dovuto parlarne prima con me piuttosto che decidere senza consultarmi…”

“Nessuno ha deciso per te, ed io non voglio obbligarti a fare niente, neppure Esmeralda. Vedi in realtà ti stiamo solo prospettando un compito importante e di prestigio, che potresti accettare per servire la causa secondo le tue competenze. È anche l’ora che tu prenda seriamente coscienza del fatto che essere in prima linea non significa solo agire solo sul campo, o giocare a fare la spia, da sola, correndo gravi ed inutili rischi. Essere la voce della libertà sarebbe una cosa assai utile ed importante, che ti coinvolgerebbe moltissimo in seno all’organizzazione, ma che al contempo preserverebbe la tua identità e la tua incolumità. Potresti davvero aiutare tante persone, senza rischiare la vita. Sei piena di passione e risorse, perché non mettere queste tue doti a frutto incanalandole in una cosa più consona a te?” le chiese mentre arricciava la sua ciocca intorno al dito indice, fissandola negli occhi.
Quel suo trastullarsi con i suoi capelli la distraeva un po’ perché le dava lievi brividi e la rilassava. Non si poteva dire che non la sapesse prendere… lo guardò mentre continuava a tormentarle quel ciuffo di capelli “E sei ti dicessi di no?” lo sfidò poco convinta.
“Rispetterei la tua volontà. Non potrei fare altrimenti” le rispose serio “Ti lascerei libera di seguire una strada in cui io però non potrei accompagnarti” aggiunse “Non posso vivere con l’assillo che possa accaderti qualcosa, finirei per fare delle sciocchezze per tutelarti e comprometterei tutto ciò per cui mi sono impegnato e per cui ho tanto faticato. Anche io ho la mia missione. Devo diventare il Capitano dell’ammiraglia Arcadia. Questa è la mia strada e un domani, chissà, potrebbe essere utile anche alla tua di causa, almeno così la pensano Tochiro ed Esmeralda”.

Maya che lo ascoltava, capì che lui stava cedendo. Non era ancora pronto per schierarsi apertamente dalla loro parte, ma era sulla buona strada e all’improvviso disse “Se io accetto questa tua proposta, tu, in cambio, a che cosa sei disposto a rinunciare per me?” lo provocò.

“A tutto quello che desideri” le disse serio fissandola e lasciando di colpo la ciocca che gli scivolò dalle dita e ricadendo leggera sulla spalla della ragazza.
Maya gli sorrise “Sei stato avventato. E se ora io ti chiedessi di rinunciare alla tua carriera militare?” gli disse per provocarlo.
Questa volta Harlock le sorrise apertamente “Non lo faresti mai” le rispose tranquillo, sempre padrone e pieno di quella sicurezza che a volte avevano il potere di irritarla.
Lei alzò un sopracciglio “A volte sei fin troppo sicuro di te, sappilo!”.
“No” le rispose sfiorandole una guancia con le dita “Sono sicuro di te” le disse a sorpresa.
Maya rimase turbata e istintivamente coprì la sua mano con la propria “Che intendi dire?” gli chiese confusa. Era proprio necessario che le toccasse i capelli o le guance mentre parlavano?
Questo modo di fare la confondeva perché subito le veniva una gran voglia di bacialo anche se non era proprio il caso.
“Sono certo che non mi chiederesti mai qualcosa per ripicca, né qualcosa che sai che mi renderebbe infelice, o peggio frustrato. Non mi hai neppure mai chiesto apertamente di unirmi alla tua causa. Credi che non l’abbia notato? Sei una ragazza limpida che persegue ideali nobili a costo della sua incolumità. Non potresti mai fare qualcosa di meschino o di calcolato, non a me, come io non lo farei a te. Per questo hai la mia massima fiducia, al punto di dirti che puoi chiedermi qualsiasi cosa, e io la farò”.

Con quella ultima farse l’aveva completamente stesa. Non aveva mai avuto dubbi sul volerlo, ma se mai li avesse avuti, lui li aveva appena fugati.
C’era però una cosa che doveva assolutamente chiedergli.
“Non voglio nulla di eccezionale, se non di dimostrarmi quello che hai appena detto: avere fiducia in me. Devo fare una cosa. Ho preso un impegno e sappi che non mi tirerò indietro. È una cosa che non approveresti e che non posso dirti…”.

Lui la fissava cupo, non senza preoccupazione, era conscio che non fosse il tipo di ragazza che le avrebbe detto con facilità di sì, rinunciando di colpo a tutto solo per amor suo. E forse non lo avrebbe neppure voluto né preteso.
Maya sospirò “Appena avrò fatto questa cosa, ti prometto che prenderò in seria considerazione la proposta tua e di Esmeralda. Lo farò soprattutto per noi due, ma anche per mio padre. Non voglio dargli problemi, o causargli sofferenza e poi…” s’interruppe di nuovo e prese a giocherellare nervosamente con un lembo della sua camicetta “…non voglio perderti” disse infine guardandolo negli occhi.
Il Falco sorrise “Non puoi perdere ciò che già ti appartiene” le disse con quella voce calda e vellutata che le fece appena piegare le ginocchia, soprattutto per il significato di ciò che le aveva appena detto.

Lo guardò dritto negli occhi “Significa che accetti?”.
“Ho forse qualche altra alternativa? Mi fido di te. Devo accettare. Non potremmo mai essere una coppia se non ci fi diamo l’uno dell’altra”.
Non che fosse felice di questa ultima cosa segreta che doveva fare, ma sperava che Esmeralda l’avrebbe protetta e che non fosse nulla di particolarmente pericoloso. Per convincerla a cambiare strada, sapeva che doveva assecondarla.
Maya gli sorrise grata e poi istintivamente fece una cosa che desiderava fare da tanto tempo ma che non aveva mai avuto il coraggio di fare prima. Con la punta delle dita gli sfiorò la cicatrice sul viso in tutta la sua lunghezza, percependo al tatto quanto fosse profonda e marcata.

Lui rimase qualche secondo in apnea sorpreso da quel gesto inaspettato.
“Stavo riflettendo sul fatto che non conosco quasi niente di te Harlock” fece seria “Chi sei?” gli chiese retoricamente. “Per esempio, questa, come te la sei fatta?”.
Lui sorrise si chinò e riempì la sua bocca con un lungo bacio, languido e sensuale. Di quelli che sembrano non finire mai, che ti consumano l’anima.
“Ero in crisi d’astinenza” le confessò non appena la privatala di quel contatto così semplice, ma così profondamente intimo come solo un bacio d’amore sa essere.

Lei sorrise compiaciuta “Ad essere sincera… un po’ anche io” ammise.

“Hai la bocca così morbida e vellutata che è un peccato non baciarla” rincarò lui fissandole le labbra incantato.
“Anche la tua non è malaccio!” lo canzonò lei un po’ intimidita di questo loro nuovo ed improvviso modo di approcciarsi. Come se si fossero tolti una sorta di maschera che impediva loro di essere naturali. Come se avendo messo in chiaro le cose ora si sentissero veramente liberi e a proprio agio. Slegati da un certo freno che prima pareva essere sempre tirato.
La prese per mano e la portò a sedere al grande tavolo di legno. Il sole era alto ma erano riparati dalle fronde di un albero massiccio, che chissà da quanto tempo era stato piantato in quel giardino. I raggi caldi filtravano attraverso i rami e le foglie, creando su di loro giochi di luce che li illuminavano a sprazzi. L’aria era tipicamente estiva, ma non troppo calda. La brezza che si levava dal mare arrivava fin lì e mitigava molto la calura tipica di quel periodo. Harlock si fermò a pensare che aveva ragione, avrebbero dovuto conoscersi meglio. Non parlavano quasi mai di loro stessi.
“Allora me lo dici come te la sei fatta, o è un segreto?” lo stuzzicò richiamando la sua attenzione.
“Il fatto è che ci sono due versioni. Una ufficiale e una ufficiosa” le rispose con fare misterioso.
Maya poggiò il mento sui palmi delle mani e lo scrutò seria “Sono curiosa, racconta”.
“Eravamo in battaglia” cominciò accigliato e molto serio “Durante la guerra di Came Home hai presente no?”.

“Oh sì certo!”.
“Bene, ad un tratto la navicella di un mio compagno fu pesantemente attaccata da uno sciame di navette nemiche e io ovviamente gli andai in soccorso. Ce la vedemmo brutta, ma non finì lì, perché nel frattempo arrivò anche un cargo proveniente da un pianeta miniera, carico di profughi malati, che suo malgrado fu coinvolto nell’incrocio di fuochi e andò in avaria. Dovevamo salvarli…”.

Lei lo ascoltava rapita e anche agitata. Era così bravo a raccontare che le sembrava di essere lì e di provare le emozioni del momento.
“Insomma, arpionai il cargo, ma non fu una gran mossa, la mia navetta non resse l’impatto e andò anch’essa in avaria perdendo quota”.
“Oddio!” fece lei portandosi le mani alla bocca notando che era molto compito e serio ma che aveva una stana luce negli occhi, che lei però non seppe decifrare.
“Allora in qualche modo mi precipitai dentro la nave stipata di malati, e con l’ausilio del mio commilitone cercai di portare in salvo tutti. Ovviamente i nemici non ci dettero tregua e ci assaltarono irrompendo dentro il cargo, così dovetti ingaggiare un furibondo corpo a corpo, io da solo contro circa trenta di loro”.

“Ohhhh!” fece la ragazza esterrefatta. Ma non erano un po’ troppi? Pensò. Però se lo tenne per sé.

“Quindi li sopraffeci tutti, ma l’ultimo riuscì a spararmi un fascio laser che mi deturpò per sempre il volto!” concluse solenne.
“Mamma mia che storia!” gli disse un po’ ammirata e un po’ incredula, qualcosa non le tornava.
“Questa è la storia ufficiale. Quella che racconto sempre. Soprattutto alle ragazze, per fare colpo” la punzecchiò divertito dato che lei si oscurò subito. Poi la guardò con aria furbetta e aggiunse “Se vuoi, a te, e solo a te dirò la verità”.
Lei annuì curiosa. Infatti non tornandole molto quel racconto eccessivamente glorioso ed enfatico era molto ansiosa di sapere come fossero realmente andate le cose. Era chiaro che si era divertito a burlarsi un po’ di lei.
“In realtà questa cicatrice è frutto di una stupida scommessa. Tra me e mia sorella
Editha. Una gara a cavallo a chi faceva prima il giro della nostra tenuta di Heiligenstadt*1. Chi avesse perso avrebbe dovuto pagare pegno. Io per vincere feci una scorciatoia, dovevo saltare un fosso troppo largo, il cavallo s’impuntò e io volai letteralmente contro una staccionata piena di filo spinato, che mi scarnificò la guancia fino quasi all’occhio. Mio padre era via in missione e fräulein Gherda, la nostra tata, non sapendo che fare chiamò l’ospedale per farmi venire a prendere. Purtroppo eravamo troppo lontani dalla città e dato che pensavano che mi fossi portato via l’occhio di netto, perché ero una maschera di sangue, venne immediatamente il medico condotto. Una volta constatato che l’occhio era integro e non c’erano altri gravi danni, mi medicò e mi ricucì. Non essendo un chirurgo lo fece in modo molto sommario, lasciandomi in dono questo bel ricamino” sorrise amaro. Come se quel ricordo gli procurasse dispiacere. Lei lo imputò alla deturpazione del volto che aveva subito. Cercò di distrarlo.

“Così hai una sorella?” gli chiese curiosa.
” disse lui abbassando lo sguardo “Purtroppo sono anni che non la vedo. Dopo la morte di mio padre se ne è andata e la sento pochissimo. È come se avesse voluto prendere le distanze da me e non ho mai capito il perché… ho avuto una famiglia un po’ particolare si risolse a dirle senza specificare altro.
“Mi dispiace…” gli disse Maya davvero contrita. Le rincresceva averlo intristito.
“Non fa niente” disse lui abbozzando un mezzo sorriso.
La ragazza capì chiaramente che non voleva sviscerare quell’argomento.
“Questa cicatrice è in un certo qual modo il ricordo di lei, ma anche della mia infanzia, che porterò inciso per sempre sulla pelle”.
Maya sorrise e non aggiunse altro, anzi pensò a come fare per sviarlo da quei pensieri che sembravano essere penosi per lui, che lei, involontariamente aveva rievocato. Quindi cercò di riportarlo all’origine del loro discorso.
Allora se ho capito bene tutta la manfrina dell’attacco è una baggianata che ti sei inventato per farti bello con le ragazze?” gli disse guardandolo fintamente di traverso. Sperando di distrarlo e di scacciare dal suo volto quell’ombra di tristezza che lo rabbuiava un po’.
“Più o meno” le rispose lui grato del fatto che lo stesse portando fuori da quei ricordi che non aveva voglia di rivangare, non quel giorno almeno.

Sei veramente pessimo!” gli disse fintamente indignata alzandosi per fare il giro della tavola andando verso di lui. Di colpo le era venuta un’idea malsana che forse poteva davvero distoglierlo da quei brutti ricordi.

Il Falco però intuì subito le sue intenzioni, e non appena la vide afferrare la bottiglietta dell’acqua che era sul tavolo, capì che voleva “punirlo” facendogli una specie di doccia, e a sua volta scattò in piedi per scappare. Maya nondimeno fu molto veloce e in qualche modo arrivò lo stesso a schizzargli un bel po’ d’acqua, che gli bagnò viso e capelli.

“Questo è ciò che capita ai bugiardi vanagloriosi! E sei fortunato che non è vernice! gli disse finalmente minacciosa prendendolo in giro.
Voleva solo distrarlo dai suoi pensieri, non voleva che fosse triste, non proprio la prima volta che si stava aprendo con lei. Aveva capito che possedeva un‘interiorità profonda, un animo sensibile, che però celava segretamente ed abilmente. Era chiaro che non fosse facile farlo aprire, e di certo non era un ragazzo così leggero come sembrava essere a volte. Si mascherava dietro una facciata a volte ironica e a volte imbronciata ed impenetrabile, per non dare a tutti la chiave d’accesso al suo
giardino segreto*2 che custodiva gelosamente, e che probabilmente veniva aperto a pochi intimi eletti.

Lui intanto l’aveva raggiunta. L’afferrò e la sollevò prendendola tra le braccia. Quindi cominciò a girare vorticosamente.
Maya gridò divertita, anche perché fu colta di sorpresa. Intanto il Falco girava forte su se stesso e lei gli cinse il collo con le braccia, affondando il viso tra il suo collo e la spalla, intervallando grida e risolini.
“Smetti matto, cadremo a terra!” gli disse ad un certo punto meravigliata dalla sua resistenza nel girare così vorticosamente senza mai perdere l’equilibrio, ma d'altronde tutti quegli esercizi e quei test che faceva, a qualcosa dovevano pur servire! Per questo possedeva movimento e stabilità davvero invidiabili.
Lui non le rispose. Sembravano due ragazzini che giocavano divertendosi da morire, con un trastullo vecchio quanto il mondo: la giravolta!
Harlock era davvero felice e forse così sereno e spensierato come lo era in quel momento della sua vita, non lo sarebbe mai più
stato. Questo però lui non poteva neppure immaginarlo.  

Alla fine si fermò di colpo, sbandando appena di lato e lei tirò su la testa. Intorno le girava tutto vorticosamente.

“Come fai a non perdere l’equilibrio?” le domandò stupita anche del fatto che la tenesse tra le braccia senza alcuna fatica. Lui non le rispose e la baciò di nuovo. Aveva i capelli umidi e le sue labbra erano incredibilmente morbide e carnose per essere quelle di un uomo, il suo sapore era buono e fresco. E poi era così bravo a baciare, non che lei avesse baciato chissà quanti ragazzi, ma lui la mandava in estasi e le risvegliava qualcosa dentro. A partire da quel formicolio che le si manifestava nella pancia, ai brividi che la scuotevano piacevolmente, e poi c’era quel fuoco che si accendeva piano, per poi divampare impetuoso. Un fuoco che le faceva desiderare baci più ardenti e bramare il contatto fisico con lui, in maniera a volte quasi dolorosa. Così urgente da farla smaniare. Presa da quel turbine di sensazioni gli affondò le dita tra i capelli, la loro consistenza era morbida e setosa, Maya rispose al bacio con slancio, schiudendo le labbra per accoglierlo prima dolcemente e poi sempre più appassionatamente, in una specie di zuffa guizzante tra lingue, che lo infiammò.
Fino a quando qualcuno tossì schiarendosi forte la voce ripetutamente. Erano così presi che non si erano resi conto che qualcuno li stava guardando. Immediatamente interruppero quel bacio così appassionato.
Harlock si girò di scatto su se stesso e sorprese Tochiro ed Esmeralda che li stavano osservando. Le loro espressioni erano un misto tra il divertito ed il compiaciuto. Subito mise a terra Maya e si riavviò i capelli. Era un tipo molto riservato e si raggelò immediatamente, incupendosi appena. Maya invece era paonazza, sia per l’effetto di sempre che lui gli faceva baciandola, ma anche per essere stata colta in flagrante da quei due. Sorrise imbarazzata evitando i loro occhi, nascondendosi timidamente quasi dietro ad Harlock. Anche lei era molto riservata riguardo al sua intimità, sebbene alla fine, si trattava solo di un bacio e niente più.
Bene!” disse Esmeralda rompendo il ghiaccio “Mi sembra molto chiaro che siete venuti a patti e che vi siate chiariti. Questo non può che farmi piacere, ma ora dobbiamo magiare. Voi ragazzi vi occuperete dell’apparecchiatura e io e Maya scalderemo le vivande che aveva già preparato enunciò soddisfatta e tutti annuirono.

 

Più tardi a tavola l’atmosfera era molto rilassata. L’imbarazzo di poco prima era svanito e i quattro pasteggiavano chiacchierando piacevolmente. Durante il pranzo, ma anche dopo, furono accuratamente evitati argomenti caldi, tipo la Gea Free e la missione Death Shadows. Per una volta si concessero il lusso di comportarsi come due coppie di amici che semplicemente passano piacevolmente una domenica assieme, gustando del buon cibo, bevendo buon vino e parlando di cose futili ma piacevoli; rilassandosi tranquilli in compagnia. Senza pensieri.

Nel tardo pomeriggio quando per i due ragazzi fu l’ora di congedarsi dalle ragazze, Harlock salutò Maya in modo molto affettuoso ed intimo, dandole un fugace, ma tenero bacio a fior di labbra, dichiarando così pubblicamente che finalmente erano una coppia a tutti gli effetti. La ragazza fu molto contenta di questo gesto così semplice, ma coì importante. Molto contento fu anche Tochiro che vedeva davvero di buon occhio questa unione ed anche Esmeralda era soddisfatta, perché li vedeva molto bene assieme. Era certa che fossero giusti l’uno per l’altra, glielo diceva l’istinto. Poi, quando i due ragazzi se ne furono andati, la rossa finalmente mise l’amica al corrente della grande novità che la riguardava. Maya rimase strabiliata perché non se l’aspettava, ma fu felicissima per lei che sembrava davvero al settimo cielo. All’inizio della giornata aveva avuto una mezza intenzione di parlare con Esmeralda della missione che avrebbe fatto al posto di Bakin, ma a quel punto desisté perché visto il suo stato, non voleva agitarla inutilmente. Tanto era certa che se la sarebbe cavata senza troppi problemi e poi contava molto sul supporto di Joshua, che sapeva essere coinvolto e molto amico di Bakin.
Questo pensava lei, perché ovviamente non conosceva la verità, ma il destino così aveva deciso e così sarebbero andate le cose.

 

 

 

1HEILIGENSTADT: Omaggio citazionistico a -L’Arcadia della mia Giovinezza- dove castello del clan degli Harlock si chiama appunto Heiligenstadt, ed è situato, mi pare in Baviera,(tra l’altro sembra che assomigli anche ad un castello realmente esistente) è anche il luogo dove Harlock e Maya de L’Arcadia della mia Giovinezza si frequentavano da giovani prima della venuta degli Illuminidas.
2 IL GIARDINO SEGRETO: È un chiaro riferimento al capitolo 27 di Wonderwall -Piccoli passi nel Giardino Segreto- perché è così che io immagino il mio Harlock: un uomo con un animo profondo ed immenso, come gli abissi del mare, in cui si celano moltissime cose che lui non esterna, o non riesce ad esternare che sono poi, per me, uno dei motivi che lo rendono così maledettamente intrigante e fascinoso! :D

 

 

 

 

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Oggi vi beccate un bel GRAZIE In Rima!!!
Grazie di cuore ad ogni lettore!
A quello silente, ma sempre presente.
A quello che recensisce che sempre mi stupisce!

Grazie per aver lasciato il tuo parere perché mi fa immenso piacere.
A quello frettoloso che ha da fare, ma che comunque mi passa a trovare!
A quello indifferente ma che in qualche modo mi si palesa ugualmente!
A tutti voi con grande sollecitudine manifesto sincera e affettuosa la mia gratitudine.
Benvenuti nel mio regno, dove si cazzeggia senza ritegno!
Benvenuti a giocare ed insieme a me a sognare, che male di certo non ci può fare! xD

Dedicata con affetto a CHIUNQUE entri e legga!
D.T.

RINGRAZIAMENTI Mi sono dimenticata (anche questa volta e sono una gran somara!) di farvi i ringraziamenti da parte della mia amica Elisa per i bellissimi apprezzamenti che quasi tutte voi avete tributato al suo disegno!
Scusatemi invecchio proprio male! xD

Comunicazione di servizio probabilmente aggiornerò un’altra volta ogni quindici giorni. Scuaste ma il tempo non è tiranno ma tirannissimo :(

GRAZIE Capitano  ♥♥♥


––––•••·.·•••––––

Per oggi è tutto.
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D

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Capitolo 19
*** IL CUORE NON SBAGLIA MAI ***


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-18-

Il Cuore non sbaglia Mai

I giorni corsero via veloci rincorrendosi l’un l’altro. Ormai la partenza dei quattro Space Cowboys era imminente e c’era una grande aspettativa nell’aria. I ragazzi erano euforici e curiosi di vedere finalmente Woomera, base mitica e leggendaria. Ovviamente erano anche molto ansiosi di scoprire chi sarebbe diventato il Capitano per eccellenza, cioè colui che avrebbe avuto il comando dell’ammiraglia Arcadia. Nel frattempo erano stati svelati anche i nomi delle altre tre corazzate: Ares, Artemide ed Astrea*1. Nomi, a dire il vero, non proprio dai richiami pacifisti, ma del resto dovevano essere una sorta di guardiani, protettori della Terra e quindi si supponeva che dovessero essere, all’abbisogna, anche risoluti e combattivi.
Il tempo era volato via come uno sbuffo di vento dispettoso e la vigilia del viaggio era davvero alle porte. Mancava una sola e misera settimana alla partenza.

I ragazzi erano impegnatissimi ma anche Maya aveva il suo gran bel da fare con Joshua e Bakin, per l’imminente azione che doveva compiere in tempi molto brevi. Quindi i suoi contatti con Harlock erano davvero momenti rubati ai rispettivi impegni. Addirittura spesso finivano per comunicare solo per telefono e non riuscivano neppure a vedersi di persona.
La ragazza, pur non essendo più in punizione, cercava di filare dritto per non mettere il padre in agitazione, né tanto meno voleva insospettirlo, in vista di ciò che doveva fare per la Gea Free.

Ciò che la tormentava era la consapevolezza che Harlock stava per andarsene e quindi era presa tra due fuochi: il dovere e la voglia di vederlo per salutarlo e passare del tempo con lui. A proposito di ciò, nel suo animo stava maturando una decisione importante ed era molto combattuta su cosa fare e come farlo. Aveva ancora qualche dubbio che la frenava, ma qualcosa in lei stava radicalmente cambiando, ed Harlock, ma soprattutto ciò che provava per lui, era stato la spinta a tale evoluzione. Alla fine, come era naturale che fosse, vinse su tutto la voglia di vederlo.

 

*


Il Falco, quella mattina aveva ricevuto un messaggio criptico da parte di Maya che lo invitava a casa sua, ad un orario abbastanza curioso. Il testo era il seguente:
Ti aspetto sotto la finestra della mia camera, questa notte, all’una.
Maya

 

Le aveva risposto con un altrettanto criptico:
Ci sarò!
H.

 

Ovviamente anche lui aveva una gran voglia di rivederla e anche di stare un po’ con lei, da soli, prima della partenza. Non era quella definitiva dei sei mesi. Sarebbero stati lontani circa quindici giorni, che, quando si è innamorati sembrano comunque un tempo lunghissimo. In quelle due settimane gli Space Cowboys avrebbero completato i test finali e avrebbero scoperto chi sarebbe diventato il comandante dell’ammiraglia. Il quale sarebbe stato ufficialmente assegnato all’Arcadia, tramite una cerimonia speciale, nuovamente lì, ad Oceania tredici nella caserma Gladio, proprio dove si trovavano adesso. Il problema era che aveva davvero un sacco di cose da fare e poi era molto trattenuto dal fatto che Ishida sospettasse di loro. Era come se il suo sesto senso lo avesse allertato e pur non avendo certezze, preferiva essere preventivamente molto accorto e guardingo. Non poteva mandare in malora tutto, non proprio ad un passo da un traguardo così importante per lui.
In questo frangente la sua naturale propensione nel saper dominare le sue emozioni e la sua freddezza gli erano di grande aiuto. Era come se riuscisse a scindersi tenendo a bada la sua parte emotiva, non castrandola ma contenendola. Lo faceva sempre quando era necessario. Nonostante ciò si stava innamorando profondamente di quella ragazza ed era desideroso di vederla, per questo accolse la sua richiesta con slancio e stette in uno stato di fibrillante aspettativa per tutto il giorno, che lo rese iperattivo e molto preso dai suoi pensieri. Cosa che gli altri scambiarono per determinazione e concentrazione.
Era di questo che aveva bisogno, di un rapporto che gli desse forza e motivazione e fortunatamente, quello con Maya era proprio ciò che sembrava stesse diventando.
Ne era felice.

 

All’ora convenuta Harlock arrivò al luogo dell’appuntamento. La finestra era illuminata e gli apparve come una specie di fioco faro, che rischiarava appena la notte scura che immergeva nelle sue ombre ovattate, sia la casa, che il giardino.

Al lato scorse una lunga scala appoggiata sul muro. Una di quelle antiche, allungabili, che un tempo venivano usate dagli operai che ristrutturavano le case, lì sulla Terra. Ricordava di averne vista qualcuna da piccolo.

Intravide anche un’ombra, che furtiva passò e si palesò da dietro le tende sparendo quasi subito.

Gli arrivò un altro messaggio di testo.

Sali.

Pensò che Maya forse stesse facendo fin troppo la misteriosa, ma non avvertì particolari pericoli e quindi lesto, ma con eleganza, si arrampicò sui pioli di quella lunga scala e una volta in cima, con un uno scatto felpato balzò nella stanza.
Che era vuota…
Rimase perplesso.
Si guardò intorno. La luce giallognola e soffusa di una abat-jour rischiarava appena l’ambiente.
Era una cameretta non troppo spaziosa, ma arredata con grande stile. Il letto in ferro battuto bianco, ad una piazza e mezza, aveva nella testata un rosone centrale, in cui era dipinto con colori tenui un volo di farfalle variopinte.
Le lenzuola erano anch’esse bianche, così come il leggero copriletto trinato, su cui erano sparpagliati vari cuscini, i cui colori pastello richiamavano per gradazione, quelli delle farfalle disegnate sul rosone.
A fare da contrasto al letto e ad un armadio, anch’esso candido, c’era da una parte un bellissimo cassettone di noce scuro, in stile, e dall’altra una scrivania-scrittoio, anch’essa antica e sempre in noce brunito, su cui era poggiato un modernissimo computer a schermo olografico. Dello stesso materiale era il comodino accanto al letto, in cui faceva bella mostra di sé un’abat-jour stile provenzale, anch’essa bianca, con rifiniture pastello a tema con cuscini e rosone.
Guardandosi attorno percepì chiaramente l’animo segretamente romantico di quella giovane donna, che però aveva gusti chiari e decisi, tra l’altro molto simili ai suoi, non perché gli piacesse specificatamente quello stile costituito da contrasti chiaro scuri, ma perché con lei condivideva la passione per le cose antiche, del tempo che fu. Era chiaro che su di entrambi esercitavano lo stesso identico fascino.
Ma lei, dov’era? Si chiese un po’ stranito.
Girando lo sguardo si rese conto che la camera comunicava con un bagno privato, perché in quel momento si aprì una porta che prima non aveva notato.
“Sono qui”.
La voce lieve di Maya riempì la stanza ed il Falco alzò lo sguardo fino ad incontrare la sua figura, morbida e flessuosa che si stagliava sulla soglia della porta del bagno.
Il corpo della ragazza era coperto solo da un’impalpabile camicia da notte azzurrina, corta e leggermente trasparente, da cui s’intravedeva la casta biancheria intima, semplice e bianca, che celava al suo sguardo le sue parti più intime. Nella penombra tra giochi di luce ed ombre, gli parve una figura evanescente, casta, ma allo stesso tempo incredibilmente sensuale.
Harlock si impietrì e rimase senza fiato per la sorpresa.
Il suo sguardo rimase imbrigliato in quella visione inaspettata e si accese di stupore, misto ad ammirazione. Era bella come un angelo e per la prima volta il turbamento gli seccò la gola mozzandogli il fiato. Mentre il cuore sembrava un cavallo imbizzarrito.
Capì immediatamente il significato di quell’incontro. Questa scoperta lo rese improvvisamente fragile perché impreparato ad una così forte emozione, che solo un uomo davvero innamorato può provare davanti alla totale resa della donna che le ha rubato il cuore. Timidamente Maya gli si avvicinò, fino ad arrivargli di fronte, le guance le si ravvivarono di un lieve rossore, mentre lo guardava quasi intimidita. Lo era davvero, perché il passo che aveva deciso di compiere era il più importante nella vita di una donna.
Non era per niente facile per lei. Fece un profondo respiro, cercando di rallentare i battiti impazziti del suo cuore, cercando di dominare il leggero tremore che la scuoteva internamente. Anche ad Harlock, riprese a galoppare impazzito il cuore. Rimase ammirato di fronte alla delicata bellezza di lei, svelata appena, in un gioco intrigante di vedo-non vedo, dal leggerissimo tessuto della camicia da notte. Sembrava quasi un’esile carezza di velo, che scivolava lieve sul suo corpo snello, poggiandosi soffice sul profilo morbido dei suoi fianchi, che gli svelava appena le rotondità del seno, ancora celato dal bianco balconcino che lo esaltava. Si soffermò ad osservare con calma la sua vita sottile, la pancia piatta, le gambe slanciate, le spalle nude, il lungo collo. Ammirò rapito la cascata dorata, che le incorniciava il viso, in cui spiccavano quei due occhi così incredibilmente belli, che da sempre lo avevano come stregato. Per ultima cosa guardò la sua bocca, così invitante e come sempre leggermente schiusa, messaggera di dolci promesse, di cui conosceva fin troppo bene la morbida tentazione. Una scossa improvvisa di desiderio lo pervase, ma rimase immobile ancora stordito, come se non potesse credere a ciò che stava vedendo, come se lei fosse solo un sogno ad occhi aperti.
Un po’ imbarazzata dalla trasparenza della sua camicia, Maya si tormentava le mani mentre osservava Harlock che le appariva così serio ed immobile e che la squadrava accigliato facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo, in modo così intenso che le pareva che potesse addirittura sfiorarla. Ebbe quasi l’assurdo timore che fosse contrariato, invece era solo il desiderio che lo accendeva e incupiva fino a farlo sembrare ombroso.
Il Falco le si avvicinò fino quasi a toccarla con il suo corpo, si chinò e le sfiorò una spalla con un bacio riverente solleticandole la pelle con i capelli ribelli. Non voleva forzarle la mano né essere frettoloso, voleva adorarla ed amarla come una cosa rara e preziosa. L’abbracciò attirandola contro di sé perché aveva bisogno di avere un contatto fisico con lei e Maya avvertì il suo corpo premere contro il proprio. Solido, forte, mentre i suoi occhi profondi si incrociarono con i suoi, questa volta si rese conto che il suo sguardo, anche se cupo era pieno d’emozione, che le arrivò dritta al cuore ricolmandola.
Le sue dita cominciarono a seguire lievi la curva della sua spalla salendo e sfiorandole veneranti la pelle del collo, carezzandole la linea della mascella fino ad incontrare i suoi capelli, per perdersi dentro quella massa fluente. La guardò rapito dallo splendore di quel viso così bello, incantevole. Poi, senza indugiare oltre, le sue labbra decise e morbide, finalmente si incontrarono con quelle fresche e delicate di Maya. Fu un bacio carico di promesse e appannato dal desiderio, che stava accendendo entrambi, ma languidamente, senza fretta.
La consapevolezza dell’abbandono di lei fra le sue braccia, la sua tenera e appassionata resa, unite al suo tenue profumo di bucato pulito, che gli stava annebbiando i sensi, gli fecero quasi perdere la testa, ma si trattenne. La prese per mano e la condusse verso il letto. La distese con delicatezza tra i cuscini colorati. Per un attimo la rimirò. Notò che aveva gli occhi lucidi e le guance vermiglie. Pensò che non c’erta niente al mondo che potesse essere più bello e desiderabile di lei. Capì che era la sola e sarebbe stata l’unica, per sempre. Voleva fare di lei la sua compagna per la vita. Questa ulteriore ed improvvisa consapevolezza fu così intensa e violenta che gli fece quasi male, ma lo ricolmò anche in modo incredibile facendogli capire definitivamente che era innamorato.
Le si sdraiò accanto e prese a carezzarla, cercando nuovamente le sue labbra.
Non aveva mai accarezzato e baciato una donna con tanta intensità e tanto abbandono, soprattutto non era mai stato quasi soffocato dalla dolcezza che solo lei gli accendeva dentro.
Ad un certo punto però quello scambio di baci e di tocchi crebbe di intensità coinvolgendoli in un turbine. Maya, che sopraffatta dall’emozione era stata fino ad allora piuttosto passiva abbandonandosi alle sue attenzioni, istintivamente si accostò a lui inarcandosi. Harlock stordito dalla smania di lei, l’assecondò subito e la ragazza incontrò il suo corpo irrigidito dal desiderio folle che lei stessa gli aveva accesso.
Lentamente le fece scivolare la camicia da notte giù dalle spalle, che volò leggera ai piedi del letto e poi si sfilò veloce la maglia rimanendo a torso nudo. Il loro occhi si cercarono per attimo prima di guardare famelici le pelle nuda l’uno dell’altra, e poi si ritrovarono allacciati.
Harlock sospirò. Il corpo di lei era morbido, e la sua pelle era incredibilmente liscia sotto il tocco delle sue dita.
Il contatto con la sua epidermide nuda e le audaci carezze del Falco, provocarono a Maya un gran subbuglio. Un misto tra desiderio, aspettativa, ma anche una grande agitazione mista ad apprensione. Il suo respiro accelerò di colpo quando la bocca di lui si staccò dalla sua e prese a scenderle lungo la gola, mentre le sue mani, freneticamente, la liberano del reggiseno, sfiorando poi la sua morbidezza delle pelle nuda, facendola ansimare appena. Le forti mani di Harlock non si fermarono lì, con sapiente abilità le arrivarono alla curva dei fianchi, e afferratala con decisione la spinsero contro il suo desiderio, reso ruvido dai pantaloni che ancora indossava. Il Falco a quel contatto avvertì come un languore che gli attraversò il corpo, facendolo sospirare contro le sue labbra. Quindi prese subito ad armeggiare per sfilarsi i pantaloni, subito dopo le scarpe, che volarono via, da qualche parte nella stanza. A quel punto l’ultima barriera di cotone che li  divideva era davvero esigua. Lui la strinse di nuovo a sé con una frenesia che lo stava consumando, il suo autocontrollo era andato a farsi benedire e la baciò con ardente passione, sovrastandola con il suo corpo. Fu a quel punto che Maya, coscia dell’irruenza del suo desiderio s’irrigidì appena. La sua inesperienza la fece istintivamente ritrarre. Era impreparata ad una cosa così travolgente, ma anche sconosciuta. Aveva paura di fare qualcosa di sbagliato, di non essere alla sua altezza, non sapeva esattamente se era in grado di compiacerlo.
Si bloccò.
Harlock si rese subito conto che qualcosa non andava perché si era frenata ed irrigidita di colpo. Si scostò subito da lei. La guardò dritta negli occhi. La ragazza arrossì e istintivamente si coprì con le braccia il seno nudo.
Voleva fare l’amore con lui più di ogni altra cosa al mondo, ma si sentiva ancora molto impacciata e temeva di non essere così esperta come lo era lui, aveva paura di deluderlo.
Il Falco si rese immediatamente conto del suo imbarazzo e con grande delicatezza la fece scivolare sotto le lenzuola e la coprì mettendola a suo agio.
“Scusami credo di essere stato troppo impetuoso… non volevo” le disse mortificato imputando a se stesso tutta la colpa.
“No!” gli rispose subito preoccupata carezzargli una guancia “Sono io che sono maldestra…” ammise abbassando lo sguardo quasi mortificata.
“Non è vero” la rassicurò prendendo una mano tra le sue. Avrebbe voluto dirle tante cose ma era bloccato. Non era facile neppure per lui che era ancora stordito dall’intensità delle emozioni miste a desiderio che aveva appena provato.
Maya lo guardò preoccupata “Mi dispiace di non essere all’altezza”.
“Ma che dici?”.
“Harlock… io no n l’ho mai fatto prima…” disse infine diventando rossa come un pomodoro maturo, vergognandosi a morte.
Lui sgranò impercettibilmente gli occhi dalla sorpresa e poi la guardò in modo così intenso, che a lei si sciolse qualcosa dentro.
Le prese il viso tra le mani e la baciò con infinita tenerezza.
“Scusami. Sono un vero animale. Non l’avevo capito. Ero così preso da te, che non mi sono reso conto… io… mi dispiace moltissimo”.
“No. Che dici? Io non volevo che lo capissi!” ammise la ragazza imbarazzata. Si sentiva così sciocca. Le sue amiche erano molto più avanti e molto più smaliziate di lei. Le sembrava di essere una tardiva imbranata ed incapace di assecondare l’uomo che amava. Era così frustrata!
“Maya” le disse Harlock prendendo nuovamente il suo viso tra le sue mani per catturare la sua attenzione. “Probabilmente stavamo per fare una cosa sciocca” ammise serio.
“Perché?” chiese lei colma di delusione.
“Voglio che tu mi ascolti attentamente” le disse intuendo la sua mortificazione “Non c’è cosa che io desideri di più che fare l’amore con te” le confessò riaccendendo il rossore sulle sue guance “Ma non voglio che la tua prima volta, che la nostra prima volta, accada così. Sarebbe figlia della fretta per la mia imminente partenza, forzata dalla prepotente attrazione fisica che proviamo”.
“La partenza non centra” protestò lei debolmente.
“Siamo una coppia da pochissimo. Abbiano constatato giusto qualche giorno fa che ci conosciamo appena. Maya io non vorrei mai che tu ti pentissi. È una cosa da cui indietro non si torna” le disse serio.
“Non mi pentirò!”.
“Non puoi saperlo è troppo presto” le disse carezzandole amorevolmente una guancia “Sarebbe infinitamente più facile per me finire ciò che abbiamo cominciato, perché credo che anche tu abbia capito quanto lo desidero, ma preferisco aspettare. Quando tornerò parlerò con tuo padre. Vivremo la nostra storia alla luce del sole passando tutto il tempo possibile insieme. Ci conosceremo un po’ meglio e quando sarai veramente pronta lo faremo. Adesso è prematuro Maya, ti sei coperta, ti sei irrigidita, inconsciamente hai avuto di paura e non lascerò che i sensi abbiamo la meglio sui mei sentimenti, ma neppure sui tuoi”.
“Non è che non ti piaccio?” lo interruppe lei, teneramente imbronciata e preoccupata.
Lui ridacchiò impunemente.
“Credo che passerò il resto di questa nottata a sbattere la testa contro il muro per togliermi dagli occhi l’immagine del tuo corpo seminudo contro il mio. È mi darò del folle”.
Lei lo guardava seria.
Divenne serio anche lui.
“Sei la creatura più bella dell’Universo intero. Come puoi solo immaginare di non piacermi? Non ti rendi conto l’effetto che mi fai? Eppure è piuttosto evidente che mi basta guardarti per salire dritto  in paradiso!”.
In quel momento si rese conto che non aveva mai parlato così tanto con nessuno, men che meno ad una donna. Gli si era sciolta la lingua perché amandola sinceramente, la cosa che più gli premeva era il suo bene, che andava vanti a tutti. La voleva serena. Non desiderava affatto forzarle la mano, né rubarle per puro egoismo una cosa importante e preziosa come la sua prima volta. La voleva proteggere e si sentiva responsabile per lei. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per farla stare bene e renderla felice, ne era profondamente consapevole e sapeva che la cosa migliore in quel momento era frenarsi, ma anche spiegarle le sue ragioni con calma e tranquillità perché non ci fossero fraintendimenti e per non mortificarla. Per questo, per quanto fosse di indole poco propensa a parlare ed aprirsi, si era lanciato e si era lasciato andare comunicando con lei non solo con i gesti, come gli veniva meglio, ma anche con le parole cercando di esternare ciò che provava. Purtroppo ancora non riusciva però a dichiarale a voce alta il suo amore, ma almeno avevano comunicato come tante volte gli aveva raccomandato Tochiro.
Maya sgusciò appena fuori dalle lenzuola e gli gettò le braccia la collo stringendosi grata a lui.
Harlock sentì contro di sé la morbida consistenza dei suoi seni e sospirò chiudendo gli occhi.
Non sarebbe di certo stata una passeggiata trattenersi, ma l’avrebbe fatto.
Tochiro, ne era certo, sarebbe stato fiero di lui. Perché era riuscito a parlarle senza rovinare tutto e perché era stato in grado di anteporre il bene di lei al proprio.
La strinse a sé e lasciò che lei si abituasse al contatto pelle contro pelle tra loro. Poi la scostò appena e le sorrise, quindi andò a recuperare la sua camicia e gliela porse, poi si infilò i pantaloni e la maglia
“È meglio se la indossi”.
La ragazza annuì. L’aveva ascoltato con il cuore e non solo con le orecchie, alla fine aveva capito che aveva ragione lui. Aveva voluto invitarlo nella sua stanza perché si era fatta prendere dalla smania delle sensazioni che le accendeva. Lo desiderava da morire, ma era vero che avesse forzato i tempi perché lui doveva partire e stare via due settimane. In realtà per quanto lo amasse e lo desiderasse non era ancora pronta a compiere quel passo. Dovevano prendere più confidenza tra loro e non solo a livello fisico. Lui l’aveva capito e si era fermato.
Questa per lei fu la più grande dichiarazione d’amore che avrebbe mai potuto farle e sentì che il suo sentimento per lui si era ulteriormente rafforzato. Per questo, in vista di quello che avrebbe dovuto combinare per la Gea Free avvertì prepotente il morso della colpa che le attanagliò lo stomaco.
“Perché non resti qui e dormi con me?” gli chiese fissandolo. In qualche modo lo voleva comunque accanto a sé.
Lui la guardò si scompigliò i capelli in un moto di frustrazione e sospirò.
“È meglio di no” le disse contrito. Non era così facile starle accanto e stare fermo e buono.
Non fece in tempo a finire la frase che notò la profonda delusione che traspariva da quei due splendidi spicchi di cielo.
“Facciamo così. Resterò accanto a te finché non ti addormenti. Va bene?” le disse cercando una sorta di accomodante compromesso, perché non voleva lasciarla sola e delusa.
Maya non rispose gli si avvicinò e dopo avergli cinto il collo con le braccia cercò le sue labbra per baciarlo.
Finirono nuovamente distesi sul letto, sebbene questa volta molto più vestiti di prima.
“Non è che tu mi renda le cose facili” ammise Harlock con la punta del naso che sfiorava quella di lei staccandosi di malavoglia da lei.
La ragazza sospirò. Capì che doveva trattenersi anche dal baciarlo perché non era giusto per lui, quindi remissiva s’infilò sotto le lenzuola, mentre Harlock rimase disteso fuori. Le si avvicinò e le passò il braccio sopra le spalle, di modo che lei potesse poggiare la testa sul suo petto, quindi prese a tormentarle i capelli, carezzandoli e lisciandoli.
Maya cercò l’altra sua mano e intrecciò le sue dita con quelle di lui, quindi chiuse gli occhi e si lasciò coccolare. Beneficiò piacevolmente del calore del suo corpo e del suo abbraccio, ascoltando il battito del suo cuore.
Rimasero in silenzio. Senza più dire neppure una sola parola godendo l’uno della vicinanza dell’altra.
Quando Maya cedette al sonno. Harlock rimase qualche minuto ad osservarla.
Aveva gli occhi chiusi e l’aria rilassata e dormiva serena tra le sue braccia. Sembrava davvero un angelo caduto dal cielo.
Lui si sentiva così bene, così giusto, come se per tutta la vita non avesse che atteso lei e quello che gli faceva provare anche con la sua semplice vicinanza.

 

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EPILOGO

Grazie a quelle notte Maya aveva capito di amare Harlock così profondamente da voler rinunciare per lui a quell'azione avventata che le aveva proposto Bakin tramite Joshua.
Alla fine fece la cosa giusta ed avvertì Esmeralda. Scoperta la loro ignobile tresca i due dissidenti furono cacciati dall’organizzazione.
La ragazza capendo il grave pericolo che aveva corso accettò di buon grado la proposta dell’amica. Avrebbe terminato gli studi e poi sarebbe diventata: La voce della libertà.

Harlock era partito per Womera dove aveva terminato i test attitudinali. Dopo un testa a testa con Vipera si era guadagnato il comando dell’Arcadia diventando IL Capitano per eccellenza. Tochiro era al settimo cielo perché tutto ciò per cui aveva lavorato e si era duramente impegnato era finalmente compiuto.
Anche Devasto era felice per l’amico e aveva finito per sbronzarsi in modo indecoroso. Meno male che lo aveva fatto a fine turno nella sua cabina, ovviamente con ospite Harlock che però si era contenuto e si era fermato prima di sbronzarsi anche lui!

*

Oceania Treadici Casa del Generale Ishida, Qualche tempo dopo…

“Bambina se non la smetti di rosicchiarti quell’unghia ti farai del male fisico!”.
Disse la zia a Maya che era in veranda in preda all’agitazione, mentre suo padre ed Harlock erano chiusi nello studio del generale da quasi un’ora.
Era appena rientrato dalla sua missione e come promesso era andato a parlare con Ishida per metterlo al corrente dei sentimenti che nutriva per la figlia. Perché voleva fare le cose alla luce del sole.
Solo che per lei ci stavano mettendo un po’ troppo tempo ed era molto agitata, così agitata che non rispose alla zia e continuò imperterrita a rosicchiarsi l’unghia.
Stava quasi per cominciare a tormentare la successiva, quando Harlock, finalmente apparve.
Era serio. Cupo.
“Allora?” gli chiese lei preoccupata andandogli incontro.
“Allora niente….” fece lui accigliato.
Maya si sentì morire ed era già pronta ad andare a battagliare con il genitore quando lui disse:
“Ha detto che se non mi comporto bene con te mi deferisce alla corte marziale!”.
E le regalò il più bel sorriso che lei avesse mai visto illuminargli il volto.
Gli volò direttamente tra le braccia e cercò le sue labbra per paciarlo con slancio.
Lui la lasciò fare poi con delicatezza si staccò appena, la guardò ancora con la gioia che gli danzava nelle pupille e aggiunse “Andiamoci piano tuo padre ha un arsenale in questa casa, non vorrei che mi facesse secco perché mi sto allargando troppo con la sua bambina. È molto geloso di te sai?” le disse carezzandole i capelli. “Oserei dire quasi quanto me!” le confessò.
“Non ne hai proprio motivo caro Phantom Franklin Harlock Terzo, perché forse non ti è chiaro, ma io: TI AMO!” gli disse scandendo le parole e guardandolo dritto negli occhi.
“Idem, occhi blu!” le rispose prima di riprendere possesso delle sue labbra e fregarsene dell’arsenale del Generale.
Del resto un bacio della sua Maya valeva di certo il rischio!

 

*FINE*

 

1 ARES ASTREA ARTEMIDE: Sono nomi di divinità greche - Ares (Marte) Astrea(figlia di Zeus) Artemide (Diana) che ovviamente mi sono inventata io. Mi piaceva che tutte e quattro le Death Shadows avessero nomi “arcaici” e che cominciassero con la lettera ‘A’ come la corazzata ammiraglia Arcadia!

La battuta IDEM è chiaramente ripresa dal film Ghost (no copyright infringement intended)

 

 Nota della scrivente

Questa avventura termina qui!
Per onestà devo dirvi che in realtà la fine di questa fanfic non era esattamente questa, cioè era questa, ma non esattamente in questo modo. Ci sarebbero dovuti essere altri 2/3 capitoli. Purtroppo non ho molto free time per scrivere e ultimamente faccio anche una gran fatica a farlo, quindi essendo da tempo che avevo il bisogno fisico di terminare questa storia, oggi ho preso il toro per le corna e in questa pausa pranzo ho irrevocabilmente deciso di farlo, anche perché ciò che avrei dovuto scrivere non inficia con l’epilogo, erano solo “dati in più” di cui potete fare anche a meno :)
Tutto sommato sono molto soddisfatta del risultato e così spero che lo siate anche voi. Così come spero che apprezziate la mia buona volontà di non sparire lasciando la storia incompiuta.
Sono molto stanca fisicamente e mentalmente, quindi urge una pausa e urge ricaricare le pile. Le fanfic sono un piacevole passatempo, ma la vita vera è un’altra cosa e DEVO dedicarmi a cose un po’ più importanti al momento. Spero non me ne vogliate e spero che questa fine sia stata di vostro gradimento. A questo proposito vorrei tanto che TU lettore silente, che non hai dato un parere per una volta mi facessi sapere la tua opinione anche se negativa, sappi che ne farò tesoro per il futuro. Ma se non hai voglia grazie lo stesso di esserci stato :)
Di certo non abbandonerò la scrittura, né EFP, né tanto meno mi darò alla macchia quindi tutti tranquilli che leggerò e commenterò, ovviamente compatibilmente con i mie impegni in real life :)

RINGRAZIO DI CUORE TUTTI COLORO CHE MI HANNO SEGUITA, LETTA, RECENSITA, AGGIUNTA ALLE PREFERITE E RICORDATE.
GRAZIE INFINITE DI AVER DEDICATO UNA PARTE DEL VOSTRO PREZIOSSISSIMO TEMPO A LEGGERE I MIE VOLI PINDARICI!

BUONE LETTURE A TUTTI
CON AFFETTO
DivergenteTrasversale

Questa fanfic è dedicata a mio fratello-figlio il tesoro più prezioso della mia vita che spesso, inconsapevolmente, mi è stato di grande ispirazione per tratteggiare il Capitano.
Ti voglio bene L.

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AGIORNAMENTO del 28/02/15

Comunicazione di servizio: Ringrazio infinitamente metaldolphin che mi ha fatto notare una bella cappellata che ho fatto con il nome Arcadia!
SCUSATE! Vedete che ho bisogno di staccare? xD
Ho rimediato correggendo l'ultima frase e le note del capitolo n. 9 -Arcadia-
Scusatemi per questa svista e grazie ancora a metaldolphin per la preziosa segnalazione! :*

Disclaimer: Tutti i personaggi di Capitan Harlock sono © di Leiji Matsumoto. I personaggi e la trama inerenti al film sono © Shinji Aramaki e Harutoshi Fukui. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

Questa storia e la sua trama descritta, così come i personaggi originali e qualsiasi cosa inventata dalla sottoscritta è copyright dell'autrice (cioè me :P) e pertanto ne è vietata la sua riproduzione totale o parziale sotto ogni sua forma; il divieto si estende a nomi, citazioni, estratti e quant'altro sia frutto dell a mia immaginazione, anche relativa a cose comuni o argomenti ricorrenti in altri ambiti, ma mai trattati prima nell'ambito di questo fandom. Non me la tiro e sarò felice di "prestare" le mie idee a chi me le chiederà con onestà ed educazione. Questo è solamente un gioco, ma anche quando si gioca ci sono delle regole ed il rispetto e l'educazione sono principi per me insindacabili. Sono le piccole cose che determinano che tipo di persone siamo. Se mi copi non casca il mondo, le nostre vite andranno avanti e bene lo stesso, ma dimostrerai a me e chi ci legge che non sei capace di giocare in maniera corretta :)

 

 

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