Stelle cadenti e Tequila

di sallythecountess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: in cerca di una stella cadente ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: una sala operatoria ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3:una persona misteriosa ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4:ricordi e ricordi ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5:il solito bastardo egoista ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Avete presente quella strana sensazione che invade polmoni, stomaco ed esofago quando tutto ci crolla addosso e niente sembra più essere al suo posto? Quella simpatica sensazione che ci fa dire “Dio, non sono mai stato/a così male!”? Quel simpatico momento in cui siamo completamente con le spalle al muro e il culo per terra, e non facciamo che dirci “cazzo, devi reagire” ma non ci riusciamo? Beh… è da qui che cominceremo. Bell’inizio del cavolo, starete pensando, e non avete torto.
Quante volte vi hanno detto “beh una volta toccato il fondo puoi solo risalire”? Lo dicono a tutti, è un must, quindi sicuramente ve lo avranno detto almeno una volta nella vita, però scommetto che nessuno vi ha mai detto che risalire è un processo lungo e complesso. Già, nessuno lo dice mai. Nessuno vi dirà quanto male fisico faccia svegliarsi ogni giorno con la consapevolezza di aver sbagliato tutto nella vita, e la sensazione fredda di essere completamente paralizzati dal dolore. E sapete perché non ve lo dirà nessuno? Perché in genere si tende ad andare avanti, a dimenticare i momenti peggiori della vita.
Eppure questa storia parla proprio di questo, della lenta e incasinata risalita dal fondo di quattro persone che una volta erano legate.  
Succede a tutti prima o poi, per un motivo o per un altro, si cresce e la vita ti porta lontano da quelli che erano i tuoi migliori amici. E così si comincia con un caffè ogni weekend, poi si passa a vedersi solo per le ricorrenze e in men che non si dica, non ci si sente più per anni e si finisce col non riconoscersi neanche più. Marie stava lavando i piatti quella sera, e un paio di lacrime silenziose le scendevano dalle guance paffute. I ragazzini facevano il loro solito chiasso, Steven cercava di farli stare buoni mugugnando “silenzio”di tanto in tanto e lei neanche ci faceva più caso. Era troppo presa dai suoi pensieri.  Vedete, circa due ore prima aveva incontrato una persona al supermercato, si erano passati reciprocamente accanto, senza riconoscersi. Lei era troppo presa dalle lamentele di Lily e del piccolo Ben per accorgersi che l’uomo che le era passato accanto era il suo migliore amico, ma lui non l’aveva riconosciuta.
Un milione di pensieri affollavano la mente della dolce Marie, che mille volte aveva provato a mettersi in contatto con i suoi vecchi amici, senza riuscirci. Si chiedeva se non l’avesse riconosciuta perché era troppo vecchia, grassa o sciatta o se magari, sì magari semplicemente non l’avesse vista. Denny era così strano, quasi assente e fuori di testa, ma…beh quando mai era stato normale?
La verità era che Daniel non l’aveva vista, preso com’era dalle sue meditazioni e dalla difficile scelta tra bourbon e tequila. Se l’avesse vista, infatti, l’avrebbe riconosciuta certamente: malgrado le occhiaie e i capelli incasinati, Marie era rimasta la stessa ragazzina da cui lui e Dany copiavano sempre. Sì, vederla lo avrebbe reso felice, e forse avrebbe impedito che succedesse la tragedia, ma semplicemente non era destino.
Tornato a casa, il caro Daniel riprovò per l’ennesima volta a comporre quel numero che aveva ottenuto con tanto sforzo, e ancora una volta una voce in segreteria gli annunciò che “la dottoressa Reply è occupata al momento, o magari sta dormendo, o…boh è in sala operatoria! Ma se lasciate un messaggio vi richiamerà certamente…più o meno! Ehm… A meno che tu non sia Don, in tal caso non sprecarti neanche a lasciare il messaggio. Sappiamo entrambi che è finita”.
Quelle strane parole lo facevano sempre sorridere, anche se lui non conosceva la verità che nascondevano. Erano bizzarre, eppure così incredibilmente da Dany! Era così tanto che non la sentiva e non era riuscito neanche a lasciarle un messaggio. Neanche sapeva bene cosa dirle e certamente non voleva parlare con una voce registrata. Sentiva di non appartenere più alla sua vita, e quasi gli dava fastidio l’idea di fare irruzione in quel mondo che ormai non conosceva più. Quelle parole avevano evocato in lui migliaia di immagini: Dany chirurgo, Dany con questo tizio di nome Don e tante altre idee confuse. E ognuno di quei frammenti, in qualche modo lo feriva.
 All’inizio gli era sembrata una buona idea sparire, insomma rincorrere qualcuno che non ci ama non è giusto né per la persona in questione, né per noi stessi. E cosa doveva fare di più di quello che aveva fatto? L’aveva amata per quanto? Cinque , sei anni? L’aveva aspettata, aveva sopportato la sua confusione, le aveva persino chiesto di sposarlo, ma lei rispondeva sempre e solo “non lo so!”.  Così  in un piovoso pomeriggio d’estate, Denny aveva deciso di lasciarsi tutto alle spalle: la sua città, i suoi amici e lei, la sua migliore amica diventata troppo importante.
Con gli anni, però, era giunta la consapevolezza e con essa i rimpianti. Mille volte aveva pensato di scrivere a Rob, se non proprio a Dany, ma poi non ne aveva mai avuto il coraggio. Solo adesso che della sua vita non era rimasto quasi più niente, aveva deciso di provare a tornare indietro, ma semplicemente non ci riusciva. I suoi amici sembravano scomparsi nel nulla: Robert era impossibile da trovare, Dany non rispondeva mai al telefono e Marie…beh era sposata, aveva dei bambini e un marito che probabilmente non avrebbe gradito  la sua presenza. Era tutto andato, tutto in pezzi…o almeno così sembrava. E così il povero, caro Denny, annegava i suoi dispiaceri ascoltando i Rolling Stones sul patio della sua vecchia casa. Fissava il cielo, senza sapere bene cosa pensare. Era crollato tutto nella sua vita, e non sapeva quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Per un attimo rimase a guardare quel cielo così buio, nella speranza di vedere almeno una stella cadente. Sì, ci voleva proprio un desiderio per risollevarsi. Eppure quella dannata stella non voleva saperne di morire.
Nel frattempo, dall’altra parte del paese, qualcun altro stava facendo i conti con la segreteria della dottoressa Reply. Qualcuno che a differenza di Denny aveva un messaggio da lasciare, e un rapporto migliore con la proprietaria della voce registrata.
“Insomma vuoi rispondere a questo telefono, sottospecie di dottore? Sai cosa succede alla mia vita se non ti presenti tra quindici minuti a casa mia vestita da perfetta mogliettina sexy? Quindi non mi importa dove sei, cosa fai, non me ne importerebbe neanche se stessi operando Obama, o quel cavolo di Papa, cazzo ti sei presa un impegno e mi servi. ADESSO!”
Robert era realmente furioso, e terribilmente agitato. Danielle era la sua unica chance di evitare un interrogatorio stile CIA, e quella stupida non aveva neanche risposto al telefono. Come doveva fare? Cosa poteva inventarsi? Aveva gli occhi rossi dopo una notte intera di pianto, e l’aria stravolta di chi ha dovuto riempirsi di caffè e aspirine per riuscire a stare in piedi, e quella notizia oh quella notizia non gli ci voleva proprio.  Come tutte le persone che hanno appena subito un colpo tremendo, Robert stava cercando di tenere insieme i pezzi a fatica, e si illudeva di riuscirci abbastanza bene, ma in realtà chiunque gli avrebbe letto negli occhi che era disperato. Per un secondo il grande avvocato divorzista si tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi con la mano sinistra. Quando era successo? Quando ogni singola cosa nella sua vita era diventata così difficile e impossibile da realizzare? E soprattutto, quando sarebbe finito tutto quel casino?
Quel pensiero, comune più o meno a tutti e quattro i nostri protagonisti, affollò anche la mente di qualcun altro. Qualcuno, dall’altra parte della segreteria telefonica, qualcuno che neanche immaginava di essere così ricercata, stava chiedendosi esattamente la stessa cosa, esattamente con la stessa espressione.  Danielle aveva appena avuto la peggior giornata della sua vita: un paziente era morto, aveva litigato con il suo capo e l’uomo di cui era perdutamente innamorata le aveva appena detto, con l’aria di uno profondamente infastidito, di non voler più avere nulla a che fare con lei perché “doveva salvaguardare il suo matrimonio” e lei non aveva avuto neanche la forza o i sentimenti necessari per prenderlo a calci.
Danielle avrebbe solo voluto sprofondare per il tempismo di tutte quelle tremende notizie. Non aveva più nulla, aveva lasciato il suo ragazzo per quell’idiota, si era fatta prendere talmente tanto da quella stupida favoletta da essere distratta a lavoro e non aveva idea di cosa fare ora. Rannicchiata nello spogliatoio, non riusciva a smettere di ripetersi “molla tutto, adesso Dany!”. Voleva lasciare l’ospedale, non tornare più in quel posto e non vederlo mai più. Già perché avrebbe dovuto rivederlo ogni singolo giorno per il resto della sua vita e questa era la sua più grande preoccupazione in quel momento. Questo era il pensiero che le impediva anche solo di pensare a rivestirsi e tornare a casa, questo la paralizzava.
Ognuno di loro era bloccato dal dolore, dalla paura. Mary non riusciva a lasciare quel marito che la tradiva e la lasciava sola, Denny non riusciva a dimenticare ciò che aveva perduto, Robert provava a dimenticare l’unica persona che lo avrebbe mai amato veramente solo per paura e Dany…beh stava per affrontare la più grande sfida della sua vita. Già, vedete, i quattro amici stavano per imparare un’assurda verità: finchè respiri e hai tutte le parti del corpo intatte e al posto giusto, non puoi dire di aver avuto la peggiore giornata della tua vita.
Nota:
Salve a tutti, 
Probabilmente quelli che mi conoscono sono sorpresi di leggere una cosa del genere. Sono consapevole di aver lasciato una storia che molti di voi amate a metà, per cominciare questa storiella che vi sembrerà deprimente, sconnessa e triste. Vi chiedo scusa, ma purtroppo la terribile crisi che ho attraversato ha fatto sì che io non riuscissi a scrivere e che...beh tirassi fuori questo capitoletto deprimente. Per ora riesco a lavorare solo a questo, anche se so che non è niente di speciale.
Scusatemi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: in cerca di una stella cadente ***


Capitolo 1: in cerca di una stella cadente.
“…stavo guardando fuori in giardino e mi sei venuta in mente tu. Quei tuoi meravigliosi occhi scuri come il cielo privo di stelle, che mi hanno fatto stare male e sorridere migliaia di volte. Quei tuoi meravigliosi capelli scuri, così morbidi, sottili e lunghi, che sembravano intrappolarmi e impedirmi anche solo di guardare un’altra persona. E così, pensando a tutto questo ho deciso di chiamarti, solo per dirti che sei una maledetta puttana, e per ricordarti che, dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo tutto quello che mi hai fatto, ti odio come non ho mai odiato nessuno. Anzi, per essere onesti, ti odio come non credevo si potesse odiare. Mi hai fatto battere un record, guarda!”
Chiuse la chiamata con fare abbastanza soddisfatto. Sì, le aveva detto quello che voleva dire, ed era anche stato dolce, infondo. Lei si lamentava sempre, diceva sempre che “non era mai romantico” e…beh lo era stato. Per circa dieci secondi, ma lo era stato.  Era un uomo molto carino: lunghi capelli scuri costantemente in disordine, occhi di un verde quasi innaturale, corporatura media e quell’aria da clown-poeta maledetto che lo aveva sempre contraddistinto.
Non è una cosa semplice da spiegare quel suo atteggiamento speciale. Insomma…avete presente quando incontrate qualcuno e dall’esterno vi sembra immensamente triste e poi lo conoscete e in realtà è un pazzo divertente? Beh…sarà per i suoi enormi occhi verdi e acquosi un po’ da cucciolo bastonato, o per quella sua meravigliosa espressione sempre un po’ rannuvolata, ma Denny dava sempre l’impressione di essere immerso in meditazioni molto importanti, che però venivano quasi sempre spazzate via da una battuta e un sorriso.
Quella sera, però, non aveva motivo di sorridere. Gli era successo di tutto, in due settimane, e così aveva mollato tutto e tutti, preso il suo caro Sparky, ed era scappato. Era tornato a Saint John’s per ritrovare se stesso e quel passato che ormai non gli apparteneva più, nella speranza di poter ricominciare da zero, eppure le cose non erano andate come voleva.
Non che si aspettasse di essere accolto da Dany e dagli altri a braccia aperte, intendiamoci! Sapeva di aver fatto tanti sbagli, si ricordava perfettamente di tutte le volte in cui lei o Robert erano andati a cercarlo beccandosi solo porte in faccia, eppure una parte di lui sperava che potessero recuperare il tempo perduto.
Non ci era riuscito, però. Non era riuscito neanche a parlare al telefono con lei. Era stato persino al bar gestito da sua madre, nella speranza di vederla, e lì si era svolta una scena niente male. La madre di Danielle era da sempre un personaggio bizzarro: lesbica convinta, amante di moto e auto di grossa cilindrata, ex meccanico ora proprietaria del bar più assurdo e “alternativo” che ci fosse in città. Beh considerate le dimensioni della cittadina canadese, era anche l’unico bar alternativo.
Cindy l’aveva letteralmente squadrato per trenta secondi, con quell’espressione da drago incattivito che aveva sempre anche sua figlia quando la faceva arrabbiare, e poi aveva sentenziato “allora, ci hai messo un po’, eh? Che diavolo ti è successo? Sembri uno scheletro depresso. Sei orrendo!”
Aveva parlato con Cindy per ore, ma solo del più e del meno. Non aveva voluto svelarle i migliori dettagli della sua vita, Dany non lo avrebbe mai perdonato, altrimenti. Vedete, lui non aveva solo voglia di rivederla e di rimettere insieme il loro rapporto d’amicizia, Denny aveva un triste messaggio da consegnarle e poteva darlo solo a lei.
E poi, mentre fissava il cielo invernale, sorseggiando la Tequila, accaddero due cose che cambiarono la sua vita: iniziò a nevicare, e la bottiglia misteriosamente si svuotò. Così il caro Denny prese la decisione più stupida della sua vita: uscire, cercare un posto dove prendere qualche altra cosa da bere e…beh sì perché no, anche delle patatine. Si strinse forte nel suo cappotto di lana da grande manager, tirò su il cappuccio della felpa per non bagnarsi i capelli, e salì in macchina. Per un attimo pensò di portare con sé anche Sparky, ma poi fortunatamente lo lasciò a casa.
Certo faceva freddo in quella cavolo di cittadina, però era un posto quieto e tranquillo, in cui la gente vive una vita apparentemente serena e semplice. Quel pensiero, più di tutti, lo rendeva triste e furioso perché lui aveva un piano: doveva restare a Saint John’s , lavorare nella scuola elementare, sposare una brava ragazza qualsiasi ( in mancanza di Danielle) ed essere felice, portare i figli a pattinare nel parco, comprargli la cioccolata calda e berla insieme, in giro. E invece non lo aveva fatto. Era scappato a New York per vivere la vita che gli avevano imposto e si era perso la parte migliore della sua vita.
E poi fu tutta questione di attimi: la strada ghiacciata, il telefono che squilla improvvisamente, l’alcool nelle vene, la tempesta di neve e il nostro povero Denny, senza sapere come, fece un gran bel volo dal cavalcavia, e si ritrovò privo di sensi.
“Andiamo, vieni dentro, sta nevicando e ti beccherai una polmonite così. E poi smettila di fumare Dany…” sussurrò Katy preoccupata. Lei era l’unica che sapeva della storia tra Danielle e Jack, e non aveva neanche avuto bisogno di farle domande per capire che cosa era successo. Era passata nella hall, lo aveva visto flirtare con un infermiera di pediatria e aveva capito.  Si era accorta da settimane di quel nuovo flirt, si era accorta che lui non faceva che trascorrere tutto il tempo con la giovane infermiera, ma non aveva voluto dirlo a Dany perché sembrava così incredibilmente felice e le voleva troppo bene per farle del male.
Katy era un’infermiera e aveva iniziato a lavorare in ospedale durante il tirocinio di Danielle. Erano diventate subito amiche e la storia tra Jack e Danielle, le aveva unite. Lei sentiva di poter parlare solo con Katy, perché ormai non aveva più molti amici, e questo aveva creato un legame quasi simbiotico tra le due.
“No, sto bene qui, grazie. Chiamami solo se succede qualcosa al Signor Pierce in stanza 55.” Sussurrò la dottoressa con sguardo afflitto, mentre espirava nuvole di fumo grigio. Sapevano entrambe perché si era nascosta fuori, ma nessuna delle due voleva parlarne. Katy, da buona amica, si sedette accanto a lei sulla panchina all’esterno dell’ospedale e le prese la mano. Fu solo un attimo: Danielle si sentì nuovamente morire, le venne da piangere tanto da soffocare. Ma fu solo per un attimo. Proprio mentre una lacrima stava per scapparle, infatti, sentì in lontananza il rumore dell’ambulanza e questo la riportò alla realtà. Anche se stava male, anche se voleva solo restare a fissare quel cielo nero in cerca di stelle, era lei il chirurgo responsabile del pronto soccorso quella sera. Era lei il chirurgo di turno per medicina d’urgenza, e così si scosse ed entrò per indossare gli indumenti adeguati, senza sapere che il mondo aveva in serbo per lei una delle sorprese peggiori che potesse immaginare.
Nota:
Salve a tutti. Devo ammettere che questa è la prima storia "originale" che scrivo dopo tanti mesi. Fino ad oggi mi ero limitata a sistemare vecchie storie. Soffro del blocco dello scrittore e ho un po' di casini sentimentali, ma spero davvero che questa storia possa piacervi. Grazie per averla letta.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: una sala operatoria ***


Capitolo 2: una sala operatoria
“Maschio, trentenne, parametri vitali in calo, incidente d’auto…”
Danielle, come sempre, si era avvicinata all’ambulanza, ma aveva avuto quasi un crollo nel vedere chi era il paziente. Non le era mai capitato, non aveva mai curato qualcuno che avesse amato o un familiare e morì letteralmente nel rivedere Denny. Per un attimo le lacrime le affollarono gli occhi e avrebbe voluto gridare “No, non lo posso fare! E’ troppo, veramente!” ma in quel momento Denny ebbe un arresto cardiaco e quasi inconsapevolmente si ritrovò a rianimarlo.
Aveva una lesione interna, era evidente, e Dany sapeva che avrebbe dovuto subire un’operazione. Chi c’era di turno in chirurgia toracica? Chi era l’anestesista? Entrò quasi in panico pensando alle migliaia di cose che potevano accadere a quel piccolo, prezioso uomo, e così decise di prendere il coraggio e assistere all’operazione. L’avrebbe fatto lei stessa, se solo glielo avessero permesso. Ma non era il suo campo, e sapeva bene che avrebbe corso troppi rischi. Lei era un chirurgo ortopedico e doveva occuparsi delle ossa di Denny, ma se solo glielo avessero permesso, avrebbe provato a salvarlo. No, no meglio farlo operare da un chirurgo toracico vero…ma chi c’era? Chi era di turno?
Non era un intervento difficile, era pura routine, eppure le cose che potevano andare male erano veramente un migliaio. Dany, però, non si lasciò paralizzare dalla paura, ma reagì e continuò a fare il suo lavoro e contemporaneamente monitorare quello della dottoressa Jonson primario di chirurgia toracica. Sembrava procedere tutto normalmente, fino a quando il caro Denny non andò in arresto cardiaco. Danielle, mantenne la calma anche in quel momento, e provò a rianimarlo in mille modi, ma non le riuscì. Al terzo tentativo, l’ultimo, iniziò a imprecare con le lacrime agli occhi, e finalmente la dottoressa Jonson decise di provare con una tecnica più invasiva, spostando Dany con decisione e lasciandola a guardare.
 “Oh andiamo figlio di puttana, ti ho spezzato il cuore mille volte, ti sei sempre ripreso…riprenditi cazzo! Non ti vedo da mesi…anzi altro che mesi, non ti vedo da anni e riappari così? Mezzo morto? No, non puoi morire, non così…riprenditi, me lo devi…ti prego…” continuava a pensare, piena di disperazione, eppure neanche l’ultima scarica elettrica sembrava essere andata a buon fine, ma poi, come nella migliore tradizione dei momenti schifosi, il cuore di Denny diede un piccolo battito, tanto lieve da essere percepito appena dai monitor, e Danielle sussurrò solo “Oh grazie!” ma rimase in disparte, lasciando il neurochirurgo e il chirurgo toracico ai loro lavori. Avrebbe sistemato dopo la spalla e la gamba fratturate.
Rimase in sala operatoria tutto il tempo, anche se c’era bisogno di lei al pronto soccorso. Non pensava a nulla, a malapena respirava. Fissava con apprensione il monitor nel quale erano riportati i segni vitali, e ogni singolo movimento dei chirurghi. Era paralizzata e anestetizzata, l’unica cosa che contava in quel momento, era che quelle stupide onde si mantenessero al di sopra del limite e che i dottori eseguissero i movimenti giusti.
Restò in sala operatoria per nove ore. Il povero Danny era conciato veramente male, e aveva dovuto subire una serie multipla di operazioni ai polmoni, al fegato, alla milza, alle gambe e soprattutto alla testa. Il trauma era stato molto forte e Dany sapeva che non è assolutamente semplice riprendersi da certe cose, ma non voleva pensarci. Numeri e statistiche non potevano turbarla in quel momento. Neanche l’ingresso di Jack in sala operatoria lo fece. Quel ridicolo era entrato con occhi bassi, convinto di doverla evitare, senza sapere che Danielle non era più la stessa donna di poche ore prima. Neanche lei sapeva esattamente chi fosse in quel momento, ma era troppo sconvolta per dare retta a qualcuno.
Katy l’aveva raggiunta due o tre volte. Non sapeva cosa stesse succedendo, aveva capito che Dany conosceva l’uomo sulla barella perché nel vederlo aveva bisbigliato appena “Oh Denny…” ma non aveva idea di chi fosse. Si conoscevano da poco e non si erano dette molto delle loro vite. Katy sapeva tutto della storia tra Dany e Jack e anche del suo precedente ragazzo, ma non aveva mai sentito parlare di Denny. Dopo il quarto tentativo di conversazione, Katy decise di dover ricorrere alle maniere forti, così andò a chiamare il capo di Danielle, nonché suo mentore.
“Il tuo turno è finito da circa cinque ore e ne hai un altro tra sei…non vorresti andare a casa, mangiare, riposare…cose così?”
Sussurrò dolcemente il dottor Rosenberg e Dany sorrise, pensando che non si fosse neanche accorta del suo arrivo. Avevano quasi finito, stavano chiudendo e sembrava essere andato tutto bene, perché doveva andarsene? No, no Denny doveva essere monitorato attentamente ora e chi meglio di un medico poteva farlo? La sua famiglia non avrebbe detto nulla e neanche sua moglie…ma aveva una moglie? Beh comunque se fosse stata una donna un minimo intelligente, non avrebbe avuto nulla da ridire. Ma…beh c’era da sperare che fosse intelligente?
Non rispose alla domanda, semplicemente fece cenno di no con la testa,  e il dottore gentilmente sussurrò “Siete parenti? Amanti? Ex?”
Dany sorrise allora e le venne fuori una specie di risata isterica. Cosa diavolo erano? Fratelli? Innamorati? Migliori amici che non si sono mai realmente messi insieme, ma si sono lasciati e ripresi mille volte dopo un lungo rapporto platonico? Beh tecnicamente sì, ma come si spiegava una cosa simile? Insomma era complicata anche solo da definire, immaginate quanto ci volesse a spiegarla!
“Amici…da sempre” sussurrò, senza allontanare lo sguardo dai monitor, e il dottore capì. Provò a dirle altre due o tre parole, ma l’operazione era finita e finalmente potevano uscire da quella maledetta sala operatoria. Dany chiese notizie ai medici, che le delinearono un quadro “abbastanza complesso” e così, mettendosi il cuore in tasca, sussurrò “va bene…parlo io con la famiglia…” e prendendo la cartella si avviò all’esterno, convinta che immediatamente l’avrebbero fermata per chiedere notizie di Denny, eppure non fu così.
Nota:
Hey...salve. Non lo so se, come e quando finirò questa storiella triste, ma di tanto in tanto mi piace mettermi a scrivere qualche parolina. Non è niente di speciale, lo so, ma...purtroppo non ho più idee o capacità. Scusate.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3:una persona misteriosa ***


 
Capitolo 3: una persona misteriosa
Danielle dovette trattenere il respiro per qualche istante e chiudere gli occhi. Doveva dire a quelle persone delle cose piuttosto difficili da sentire, che facevano male anche a lei e sapeva che le avrebbero fatto migliaia di domande a cui non era facile rispondere, succedeva sempre così. Non si era mai realmente abituata a dare cattive notizie alle famiglie, una parte di lei usciva sempre turbata da quei colloqui, ma parlare con la famiglia di Den…beh era tutta un’altra storia. Le avrebbero fatto le stesse domande che lei faceva a se stessa, le stesse che aveva fatto ai medici, ben conoscendo le risposte.
 E poi, improvvisamente prese fiato, si sistemò e di scattò uscì dalla sala operatoria dicendo solo “Daniel Bright…chi è con lui?” Era fermamente decisa a sembrare calma e tranquilla, non solo per sembrare un medico serio, ma anche perché temeva che mostrando una qualsiasi emozione di troppo avrebbe spaventato la famiglia. Lei era il dottore, non poteva mostrare occhi lucidi o tenere un contegno inadeguato, anche se avrebbe solo voluto scappare a tenergli la mano.
 La sala d’attesa era quasi vuota al suo arrivo, Danielle si aspettava di rivedere i genitori di Den, una donna in lacrime o qualche altro viso conosciuto, eppure si alzò una persona inaspettata. Era un uomo molto alto e rozzo, sembrava quasi un boscaiolo. Lo fissò confusa, senza capire quale potesse essere il legame tra quell’uomo, chiaramente molto più grande di loro e Denny, quando questi disse “E’ il ragazzo che è volato giù dal cavalcavia? Sta bene? E’ sveglio?”
“Ma lei non è un parente?” chiese Danielle confusa, ben sapendo la risposta, ma l’uomo rispose “no, no io non so neanche come si chiama il poveraccio…l’ho tirato io fuori dalla macchina, e l’ho accompagnato in ambulanza. Volevo restare per sapere se era sopravvissuto...”
“Sì, è sopravvissuto, ma le sue condizioni sono molto critiche” disse Dany con fare molto serio, e poi con un moto di gratitudine molto poco professionale aggiunse “ma probabilmente non sarebbe sopravvissuto se lei non l’avesse trovato…quindi grazie.”
L’uomo dagli enormi occhi marroni strinse semplicemente le spalle, e i suoi lineamenti sgraziati per un istante si addolcirono in un sorriso. Poi Danielle aggiunse “adesso mi scusi, ma devo cercare i familiari…” e l’uomo le diede una notizia che le spezzò il cuore “non ha nessuno. Nessuno viene. Ho sentito le infermiere che ne parlavano. Pare che questo poverino sia solo al mondo…anche per questo sono rimasto. Insomma…volevo che trovasse qualcuno ad aspettarlo quando si fosse svegliato”.
Danielle non disse nulla, si congedò per un istante dall’uomo e scappò a rimproverare l’addetto alla reception. Certamente non aveva chiamato ai numeri giusti, di certo aveva sbagliato, come poteva l’uomo più dolce del mondo essere solo? E quando furiosa gridò contro Brad della reception questi, con fare molto aspro, le lanciò contro un foglio e disse “Oh Dottoressa, dato che io non sono in grado di fare il mio semplice lavoro, lo faccia lei. Dei quattro contatti d’emergenza presenti nel modulo della sua assicurazione sanitaria, uno non esiste più, un altro non mi ha mai risposto e ad altri due ha risposto la stessa donna, dicendo che le dispiace molto ma è a Roma e non può occuparsi di questa cosa ora.”
Prese il foglio, con molta calma, e decise di tenere per sé quei numeri. Non avrebbe chiamato la donna, anche se non trovava giusto il suo atteggiamento, ma avrebbe continuato a chiamare il numero che non aveva risposto, perché immaginava che fosse quello della storica tata-domestica di Denny, la donna che praticamente lo aveva cresciuto e gli aveva fatto da mamma per tutta la vita.
Den era il figlio unico di un avvocato canadese e di un ereditiere americano. Entrambi troppo presi dalle rispettive carriere e dagli impegni mondani, avevano assunto una donna polacca che aveva cresciuto Daniel ed era diventata la sua “babka”, ossia la sua nonnina. Dany amava Dora, e la cosa era reciproca. Mille volte aveva provato ad intervenire in suo favore durante quelle liti furibonde con Den, mille volte l’aveva accolta in casa quando lei era scappata da casa di sua madre. Era una donna molto dolce, la classica ottima nonna, e Dany non aveva nessuno così nella sua vita, quindi Dora era diventata in un certo senso anche la sua babka.
Si perse per un istante, ricordando quell’ultima volta in cui babka Dora aveva fatto da paciere tra lei e Denny. Sì, quello era un ricordo molto doloroso. Stava sistemando gli scatoloni, era poco dopo la laurea e improvvisamente qualcuno bussò alla sua porta-finestra. Dora con uno splendido sorriso le aveva mostrato un cestino di muffin e lei aveva aperto col cuore in gola. Sapeva di aver fatto male a Denny, questa volta più delle altre volte, ma non poteva fare altrimenti. Dora le aveva parlato con dolcezza, spiegandole come stava la situazione e poi se ne era andata, sempre con un sorriso. Quanto faceva male quel ricordo. Improvvisamente qualcuno le si avvicinò, interrompendo i suoi pensieri e disse “Insomma…non è che magari è migliorato il ragazzino, no?”
Lo strano uomo aveva un tono apprensivo e quasi dolce che fece sorridere Danielle, ma lei scosse la testa e basta e lui farfugliò imbarazzato “insomma…posso tornare a vederlo o è aperto solo ai familiari?”
E…beh Dany avrebbe dovuto dirgli che non poteva, perché solo la famiglia era ammessa, ma stringendo le spalle sussurrò “beh…se chiedono lei è il padre, va bene?” facendo sorridere il burbero omone.
Fu solo allora, che Dany finalmente si decise a prendere il cellulare e scoprì dei messaggi e di tutto il resto. Si sentiva una persona incredibilmente diversa rispetto a quella che era entrata nello spogliatoio poche ore prima e il pensiero di Jack la sfiorò solo un paio di volte. Sì, voleva parlargli, voleva che lui la confortasse in quel momento così doloroso, ma non aveva il coraggio di chiederlo. Decise di chiamare rinforzi, perché le sembrava davvero crudele che Den fosse solo e così avvertì Rob e sua madre.
“Che significa questa cosa?” gridò Robert, che da ore cercava di inventare una scusa per giustificare l’assenza di Danielle alla cena con la sua famiglia, e lei sussurrò solo “Oh Roby…hanno dovuto metterlo in coma farmacologico, perché soffre troppo…è tremendo!”
“Non è cosciente, quindi?”Ribattè lui in una specie di sibilo e lei scosse soltanto la testa, come se lui potesse vederla.
“Ma come è successo?”
“Era ubriaco Rob…ha sbandato e…”sussurrò Danielle come se neanche fosse un medico. Quel suo coinvolgimento era eccessivo e la rendeva poco professionale, ma nessuno la giudicò. Rob le promise che sarebbe arrivato il prima possibile e così fece.
Dany finalmente entrò in quella stanza e si accucciò su una scomodissima vecchia poltrona. Rimase in silenzio a guardarlo mentre sembrava quasi riposare. Si chiese come fosse possibile che nessuno sapesse del suo incidente, e che cosa avesse mai fatto per meritarsi l’odio di quella donna che “non poteva occuparsi” del suo incidente, ma presto scoprì che Denny in realtà non era solo, e che nella piccola città tutti sapevano cosa era successo e la notizia aveva attirato anche qualcuno che non vedevano da molto tempo.
Nota:
Eccomi qua...ancora una volta. Non lo so cosa pensate di questa storia, magari è troppo triste o noiosa...non lo so. Mi piacerebbe sapere la vostra, vi aspetto.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4:ricordi e ricordi ***


Capitolo 4: ricordi e ricordi
Dany rimase a guardarlo respirare in silenzio, al buio, per circa quaranta minuti, ma neanche si accorse del tempo che era passato. Rimase lì, a distanza, rannicchiata su quella poltrona, quasi in posizione fetale. Aveva quasi paura di toccarlo. E poi in un istante tante cose le tornarono alla mente.
“Sei in ritardo e mi si è gelato il culo ad aspettarti…” le aveva sussurrato quel matto con gli occhi più dolci che avesse mai visto. Non si vedevano da mesi, lei non aveva idea che lui fosse in città e aveva migliaia di cose per la testa, eppure disse solo “Oh beh non dovevi aspettare per forza seduto sulla scala…se avessi aspettato in piedi il tuo culo sarebbe ancora caldo…”
“Dici? Sono talmente surgelato che temo tu sia in realtà una visione del mio cervello ghiacciato…pensa te.”
 Tipicamente da Denny. Era dolce, con i capelli incasinati dal vento e una strana espressione malinconica che spiazzò Dany. L’ultima volta si erano fatti parecchio male, eppure lui era tornato, proprio quando non se lo aspettava più e lei sorrise e basta.
“Eh appunto! Ormai tu sei abituato ad altri climi…che ci fai a casa Mr Berkeley? Non dovresti goderti il surf in California? Sei venuto a prendere un po’ di freddo e vento?”
“Quanto sei ignorante e prevenuta!” Urlò ridacchiando, e avvicinandosi le mise un dito sul naso, come faceva sempre quando voleva essere dolce con lei. Dany morì letteralmente per quel gesto e lui, con molta dolcezza aggiunse “Non sai niente! Fa freddissimo in California, non sono mica a Los Angeles? C’è un vento assurdo a Berkeley e tu lo sapresti se ti fossi degnata di venire a salutarmi!”
Aveva sussurrato le prime due parole, esattamente come prima di un bacio, ma poi perdendosi negli occhioni di Dany si era quasi scosso e aveva deciso di tornare l’uomo rigido e sicuro di sé che doveva essere. Insomma, non poteva distrarsi, doveva darle quella notizia ed essere molto sicuro.
Aveva gesticolato, come faceva sempre quando era nervoso e poi entrambi erano rimasti in silenzio su quel suo “venire a salutarmi”. Den si sentì troppo un coglione integrale e Dany invece provò uno strano brivido, come se vecchie ferite si fossero riaperte, e non le piacque.
 Certo che non poteva andare a salutarlo, andiamo, non dopo tutto quello che era successo. Le aveva voltato le spalle, le aveva chiesto di lasciarlo in pace, e…beh ne aveva dette di cattiverie, eppure non era passato un solo giorno senza che lui sperasse di vederla. Doveva dimenticare, andare avanti, perché era l’unica cosa da fare e lo aveva fatto, eppure in un posticino speciale del suo cuore una parte di lui, ripudiata da tutto il resto del suo corpo, continuava a sperare che lei decidesse di farsi viva, che cambiasse idea. Non ci credeva, non aveva mai davvero creduto che lei potesse amarlo, neanche quando stavano insieme, eppure se avesse potuto esprimere un desiderio, uno solo al mondo, avrebbe rifiutato ricchezza e gloria, e avrebbe soltanto chiesto di essere finalmente visto da quegli occhi.
“E comunque neanche tu dovresti essere qui, se è per questo, ma…il matrimonio di Marie è un evento importante per entrambi.”
Den era riuscito a cambiare argomento, malgrado la fissione nucleare che aveva dentro alla sola idea di guardare ancora quegli occhi castani. Ci era riuscito, aveva messo a tacere la parte di lui che voleva sempre e solo baciarla quando incontrava i suoi occhi, si era improvvisamente allontanato ed era ancora una volta diventato rigido, tanto da ferire quasi Dany.  
 Aveva bevuto molto, era evidente. Aveva una bottiglia accanto e quei modi seducenti e maldestri, ma anche irrimediabilmente romantici che aveva solo da ubriaco. Era nervoso, però, e lei non ci aveva fatto caso, perché con i capelli lunghi e quel suo maglione nero a collo alto era davvero bellissimo.
“Senti piccina, dobbiamo parlare di una cosa io e te e quindi è meglio se ci geliamo il culo ancora un po’…” aveva sussurrato leggermente, con quella sua voce straordinariamente tenera che aveva solo con lei e poi, senza dire altro, l’aveva presa per mano e l’aveva accompagnata sulle scale, e per un attimo lei era morta, soffocata da tutti i ricordi dei loro momenti insieme.
 L’ultima volta che si erano incontrati era stata piuttosto dura. Sapevano da mesi che l’università li avrebbe separati, ma non immaginavano quanto.  Lui era riuscito a farsi ammettere in una delle università più prestigiose del mondo e non voleva perderla, ma Dany aveva deciso: lei sarebbe diventata un dottore.  C’erano state forti liti tra di loro, era scoppiata una specie di guerra per “chi avrebbe dovuto seguire chi” ma si era conclusa con un niente di fatto. Den aveva provato a rinunciare a Berkeley, ma Danielle glielo aveva impedito e lo aveva lasciato. Non aveva neanche avuto la forza di salutarlo il giorno della sua partenza, era rimasta a guardare l’auto dei suoi a distanza e lui, con quel suo atteggiamento stropicciato e disperato. Danielle sapeva che stava lasciando andare un tesoro enorme, ma aveva scelta? Lui, poi, le aveva gridato contro le cose peggiori, era ferito, distrutto, eppure non riusciva a smettere di cercarla, anche solo per dirle quanto male gli stava facendo, anche solo per chiederle di stare lontano da lui.
Così, quasi un anno dopo quell’addio a distanza, aveva accettato, si era seduta accanto a lui con il cuore in tempesta e migliaia di sentimenti le avevano sconvolto il cervello. Lei lo amava e non poco, e aveva sempre pensato a lui nei mesi trascorsi, ma per il bene di entrambi aveva deciso di non farsi più sentire. Come poteva funzionare a quella distanza? Soprattutto dato che non erano stati capaci di farlo funzionare da vicino. E così aveva in ogni modo provato a metterci una pietra sopra, ma non aveva smesso di amarlo e quella vicinanza le faceva male. Lei sapeva che anche Den era innamorato, lo era sempre stato e per un attimo le venne la tentazione di abbracciarlo e baciarlo forte, ma fortunatamente non lo fece.
“Come stai?” Aveva bisbigliato piano, provando a prendergli la mano, ma lui era letteralmente scattato in piedi e scombinandosi i capelli le aveva confessato improvvisamente “ho una ragazza Dan. Verrà al matrimonio con me e…non facciamo drammi, ok?”
“Non facciamo drammi” era una frase talmente stronza da far infuriare Danielle, che però non aveva voluto dargli la soddisfazione di vederla triste o in lacrime, così ridendo si era semplicemente alzata ed era entrata in casa, sbattendogli la porta in faccia.
Non aveva mai più sofferto come quel giorno, e per un attimo il ricordo del dolore provato in quella notte di lacrime superò persino il dolore che provava in quell’istante e le venne quasi da piangere. Era cresciuta, e molto tempo era passato, eppure il cuore le si sgretolava sempre un po’ quando pensava a quel momento. Aveva cercato di non pensare a lui in quegli anni. Mille volte, migliaia di cose, anche piccolissime, le avevano fatto pensare a quel pazzo che ora viveva così lontano e non poteva mai soffocare un sorriso a quel pensiero.
 Si alzò dalla poltrona, allora, e si avvicinò al letto e con un sorriso e gli occhi pieni di lacrime gli accarezzò il braccio senza flebo e sussurrò solo “Dio mio Denny, eccoci qua…magari se ti sforzi di non morire potremmo…beh almeno rivederci…” poi sbuffando avvicinò la poltrona al letto e tenendogli la mano accarezzò per un istante le sue nocche e le scappò un sorriso.
Tornò con la mente al giorno del matrimonio di Marie e a tutto il disastro che era successo. Non voleva vederlo con un’altra, non ce la faceva. Lei era sempre stata certa del suo amore e le dava infinitamente fastidio anche solo pensarlo con un’altra, ma che poteva fare? Marie era la sua migliore amica donna e per quanto stupido e avventato fosse quel passo…beh doveva starle accanto, aggiustarle lo strascico, passarle i fazzoletti…insomma doveva fare tutte quelle cose che la sposa si aspetta dalla sua migliore amica. In più doveva vedere Den con quella tipa nuova che aveva preso il suo posto…e il solo pensiero le dava la nausea.  
Aveva passato un’intera notte in bianco a piangere e bere, disertando l’addio al nubilato di Marie. Lei non aveva capito, se non dopo moltissimo tempo, che Den stava cercando di dimenticarla e di farle lo stesso male che lei aveva fatto a lui, solo perché l’amava ancora immensamente. Dopo quella notte di lacrime, si era presentata bellissima, sexy e sorridente davanti alla sposa e a lui che aveva avuto un mancamento nel rivederla così allegra. Denny aveva passato la notte a tormentarsi, perché proprio non capiva. Lei non lo voleva, lei non lo amava allora perché non potevano essere amici e basta? E poi, se non diceva niente lui, che moriva ancora ogni volta che lei alzava lo sguardo verso di lui, perché Danielle si era infuriata in quel modo?
Era stato un matrimonio veramente tradizionale, ma né Danielle, né Daniel avevano seguito una parola. Lei non faceva che scrutare il pupazzetto biondo che Daniel aveva accanto e lui moriva di gelosia. Dany, per fargli male, non lo aveva mai fissato e aveva cominciato a flirtare un po’ con chiunque e lui era letteralmente morto dalla rabbia, aveva cominciato a bere, e la conclusione era stata inevitabile: quando l’ennesimo uomo gratificato dalle lusinghe di Dany ci aveva provato con lei in modo un po’ troppo insistente, Den aveva letteralmente perso le staffe e gli era saltato addosso mentre lei, semplicemente lo guardava da lontano.
Quello che era successo dopo, era molto duro da ricordare. Aveva fatto una scenata, gli aveva detto di sparire di lasciarla in pace e gli aveva urlato di non averlo mai amato. Era una bugia, e tutti lo sapevano, ma per Denny quello era stato davvero troppo. Si era presentato da lei in piena notte, con la cravatta aperta e si era scusato. Le aveva detto addio, lo aveva prima sussurrato, poi gridato con gli occhi languidi e la voce rotta e poi era scomparso. Migliaia di volte si era rimproverata, perché non gli aveva detto nulla, non lo aveva abbracciato o baciato e neanche lo aveva guardato negli occhi per un’ultima volta. Non si aspettava che fosse l’ultima, e non aveva fatto niente per fermarlo, neanche gli aveva detto addio.
Si alzò improvvisamente, allora, e con dolcezza e una lacrima sulla guancia, cominciò ad accarezzare quelle labbra, quel naso tumefatto, quegli zigomi e quelle bellissime palpebre chiuse. Quanto a lungo aveva cercato di ricordarsi di lui? Del suo profumo, di come fosse fatto e di quella speciale luce nei suoi occhi quando stava per dire qualcosa di troppo dolce o imbarazzante e poi ci ripensava. Ed ora, tutti quei momenti, tutti quegli attimi speciali, probabilmente stavano per perdersi per sempre. E proprio quando Danielle stava letteralmente per esplodere in un pianto fragoroso, qualcuno fece capolino, cambiando la situazione.
Nota: 
Ecco qua...un ennesimo sclero! Scritto, tra l'altro, tutto d'un fiato. Non lo so com'è e non so neanche se magari è troppo macchinoso e complesso...o triste e scontato. Comunque...boh io sono qua e questo, purtroppo, è tutto ciò che riesco a scrivere. Grazie comunque, se siete arrivati fino a qui.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5:il solito bastardo egoista ***


Capitolo 5: il solito bastardo egoista
“Non puoi chiamarmi tutte le volte che ti senti solo e lo sai…non sono passate neanche 30 ore da quando abbiamo rotto, non dirmi che senti la mia mancanza perché non ci credo! Non l’hai mai sentita, io non sono mai stato niente per te, non credo di essere diventato qualcosa adesso” sussurrò una voce molto dolce, il cui tono, però tradiva i veri sentimenti. Malgrado ciò che aveva appena detto, infatti, era evidente che fosse felice di aver ricevuto quella telefonata.
“Io…ascolta, so come siamo rimasti, ma ho bisogno di te…è successa una catastrofe e…mi servi tu”
Rob era quasi in lacrime al telefono e Brian sospirò. Non sapeva davvero cosa fare con lui, né cosa pensare, provava sentimenti a dir poco contrastanti. Sapeva che Robert non lo amava, eppure non era mai stato un problema, lo aveva sempre amato lui per tutti e due. Ora però, dopo anni di assenze, inganni e sotterfugi, aveva deciso di allontanarsi, di smettere di aspettare che lui finalmente si innamorasse di lui. Era stata molto dura dirgli addio, decidersi a lasciarlo eppure aveva vissuto quelle trenta ore con una specie di strana euforia. Sì, stava male, ma per la prima volta provava nuovamente un minimo di stima per se stesso, perché aveva smesso di inseguire un uomo che non lo avrebbe amato mai. Si era rimpossessato del suo orgoglio e per quanto male facesse, non voleva tornare indietro. E poi lui era ricomparso così, improvvisamente, e il cuore improvvisamente aveva tirato il freno e aveva interrotto quella sua strana euforia ricordandogli chi era e cosa voleva.
“E che ti è successo di così grave, sentiamo?” Sussurrò con un sorrisetto ironico. Cercava di sembrare distaccato e severo, uno a cui non importa niente di te, ma allo stesso tempo la sua dolcezza tradiva il suo cuore spezzato.
“La cena con gli anziani dello studio è stata un disastro, Dany non è venuta e solo molte ore dopo migliaia di domande da parte loro si è degnata di rispondere e di dirmi la causa della sua assenza…”
“Ecco qua, gli era mancato il confessore…pensa te!” disse Brian a se stesso, sentendosi ancora più idiota perché una piccola parte di lui aveva sperato che quella telefonata in piena notte e con la voce rotta, fosse una cosa romantica, di quelle struggenti. E invece, come al solito, stava fantasticando perchè semplicemente Rob non era un uomo romantico, non lo era mai stato, o almeno non con lui.
“…e non è venuta perché quello che è stato il nostro migliore amico per mille anni ora è in ospedale in coma e rischia la vita…e io non sono in grado di trovare un qualche mezzo di trasporto per raggiungerli e sto imprecando contro questi dannati taxi che sono tutti fuori servizio e…”
“Va bene, vengo io, dammi dieci minuti” sussurrò Brian, e in quell’esatto momento chiuse gli occhi, come se stesse provando un terribile dolore. Non doveva farlo, non poteva farlo, non era la cosa giusta, eppure semplicemente non riusciva a sentire Rob in quello stato.
“Ma no, fa freddo, nevica…non voglio tirarti fuori dal letto…”
“Ecco, adesso fa anche finta di preoccuparsi. Ti prego, non fare così! Sii il solito bastardo egoista che se ne frega di chiunque che non sia se stesso, così posso andare avanti e basta, senza rimpianti” pensò Brian, col cuore pieno di lacrime e in un sussurro rispose “beh appunto. Nevica, e tu sei in giro per strada tutto solo in quella situazione emotiva…dai dammi dieci minuti e arrivo. Sei allo studio?”
“No, ma lì vicino…tesoro grazie tu…”
“Senti Rob, fa’ quello che vuoi ma non fingerti gentile e non chiamarmi tesoro, veramente non è il caso.” Esplose improvvisamente Brian, e poi strinse i pugni con forza, vergognandosi di quella scenata da ragazzina, ma Rob rispose soltanto “cercavo di essere gentile, mi sembrava il minimo…non importa, guarda sta passando un taxi, scusa se ti ho disturbato, buonanotte!”
Brian sospirò e basta, prendendo a pugni il muro. Non doveva offenderlo o provocarlo, sapeva che Rob era una persona estremamente complessa con cui parlare, una specie di coniglio selvatico sempre pronto a fuggire e chiudersi in se stesso se usi le parole sbagliate, eppure…era esploso. Quello era uno dei motivi per cui non voleva più cercarlo, Rob era un carattere impossibile ed estremamente difficile da compiacere, e Brian detestava la sensazione di rifiuto costante che gli faceva provare. Aveva fatto qualsiasi cosa, sempre, per cercare di renderlo felice, ma lui non aveva mai battuto ciglio e sembrava trovargli sempre e solo difetti. “Oh maledetto, maledetto idiota, ingenuo e sognatore” si disse, letteralmente furioso con se stesso. Inevitabilmente gli venne da piangere e guardandosi allo specchio si disse che era uno stupido idiota ad amarlo in quel modo e che avrebbe dovuto provare ad amare di più se stesso e scegliere qualcuno davvero innamorato di lui. Ma quelle erano soltanto parole e lui lo sapeva benissimo.
Neanche Rob, però, stava tanto meglio. Lui non era felice della rottura con Brian ma che poteva fare? Non lo poteva certo costringere ad amarlo. Era certo che lui non lo amasse più, perché aveva smesso di trattarlo in quel modo speciale che lo aveva sempre contraddistinto. Brian era sempre stato tutto per lui: il suo migliore amico, il suo confessore, la sua roccia. Poteva crollare solo davanti a lui e sapeva che qualunque problema ci fosse, lui lo avrebbe aiutato ad affrontarlo, prendendogli la mano. No, evidentemente non lo amava più, pensò appoggiando la fronte contro il finestrino del taxi. Eppure, era un gran peccato.
Erano stati molto felici insieme per qualche anno. Brian era la persona più dolce e attenta che lui avesse mai incontrato e, anche se a volte era un po’ soffocante, era bello essere amato da una persona così. Gli diceva costantemente quanto fosse bello e speciale, preparava sempre i suoi piatti preferiti e faceva ogni cosa solo per farlo sorridere. E cosa gli aveva sempre chiesto infondo? Veramente poco.  Voleva solo essere il suo uomo, per tutti. Non voleva più essere “il coinquilino gay” ma suo marito, il suo uomo e…era diventato un assillo per quello. Rob si morse il labbro sospirando, pensando che forse aveva staccato troppo velocemente, ma in quel momento arrivò all’ospedale e le riflessioni su Brian gli uscirono dalla testa per un po’.
Nota:
E beh a volte ricompaio. Allora, che ne pensate di questa coppia? Vi siete mai sentiti Brian? Beh...non mi colpevolizzate troppo, ma io in questo momento mi sento esattamente così.Come sempre mi piacerebbe una vostra opinione, anche negativa. A presto, spero.

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