Conoscesti un soldato di nome Gale?

di Lauretta Koizumi Reid
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. 30 anni ***
Capitolo 2: *** II. So chi sei ***
Capitolo 3: *** III. Ero il suo migliore amico ***
Capitolo 4: *** IV. Depistati ***
Capitolo 5: *** V. Le memorie che restano ***
Capitolo 6: *** VI. Come Albert Einstein ***
Capitolo 7: *** VII. Sii coraggiosa ***
Capitolo 8: *** VIII. Fai bei sogni - Epilogo ***



Capitolo 1
*** I. 30 anni ***


Gli occhi azzurri della quasi-quindicenne Delion seduta al primo banco erano chiaramente persi nel vuoto, e fissavano un punto fisso senza che un battito di ciglia andasse a oscurarli. Un sibilo impercettibile attraversò l’aria quando una pallina di carta volò dall’ultima fila, andando a colpire il capo ricciuto e castano della ragazza.
- Ahio! – sussurrò piccata, anche se non aveva provato dolore ma sorpresa. Si voltò verso l’ultimo banco e vide il lanciatore colpevole dell’azione, Nial, compagno di classe tanto carino quanto poco serio.
- Sveglia,  Mellark! -  ridacchiò il ragazzo.
Lei scosse la testa con aria da compatimento e tornò a voltarsi verso la lavagna e l’insegnante. Accanto a quest’ultima,  al posto della consueta cartina di Panem,  era stato appeso un poster, che  mostrava a chiare lettere la scritta: “Oggi ricordiamo: 30 anni senza Hunger Games” .
I pensieri che avevano occupato la mente della ragazza, prima di essere colpita dalla pallina di carta, riguardavano proprio l’evento che tanto era stato pubblicizzato e per cui tutta Panem era in tumulto. Trent’anni senza quei giochi funesti che costarono la vita a tanti ragazzi e a cui seguì una ribellione che portò, come esige ogni ribellione che si rispetti, innumerevoli morti e feriti.
Trent’anni dopo Panem era un tripudio di feste, certo. Mostre ed eventi, ovvio. Ma vi erano anche tante fiaccolate, tante visite ai cimiteri o alle fosse comuni,  tanti fiori adagiati nei luoghi della memoria, cruenti programmi alla televisione che mostravano ciò era accaduto trent’anni prima o poco più: Hunger Games. Ciò che per lei non rappresentava che un nome, per i suoi genitori non era così. Li aveva salutati quella stessa mattina evitando i giornalisti curiosi che si erano appostati per intervistare sua madre, la Ghiandaia Imitatrice, e suo padre, Peeta Mellark, sopravissuti ai giochi e famosi per essere i promotori inconsapevoli di quella rivoluzione.
- Buona giornata oggi a scuola, tesoro – le aveva detto il padre, infilandole nello zaino una brioche fatta con le sue mani, mentre teneva a bada il fratellino. Katniss aveva guardato fuori dalla finestra sospirando e aveva regalato un sorriso debole alla figlia prima che partisse alla volta della scuola.

- Gli piaci – sussurrò una voce che di nuovo riportò alla realtà Delion, la quale si voltò in direzione della compagna di banco, Cora, china su di lei con l’aria circospetta. – dai, adesso Nial ti tira anche le palline di carta, eh? Come vorrei essere al tuo posto! – rincarò.
La giovane Mellark scoppiò a ridere alla vista della faccia maliziosa di Cora, provocando un’occhiataccia da parte della giovane insegnante. Le due ragazze decisero di comune accordo di cominciare a sentire davvero cosa la donna stesse cercando di dire loro dall’inizio dell’ora.
Pareva fosse davvero un’iniziativa speciale quella che stava per presentare, data l’espressione dei suoi occhi fiammeggianti e il sorriso che correva da un orecchio all’altro.
- Dopo la guerra i soldati sopravvissuti alla Ribellione si sparsero per i vari distretti. Molti di loro purtroppo sono morti, per età o per malattie gravi. Ma questa scuola, con l’aiuto delle tecnologie presenti nel Distretto e con molta pazienza, è in grado di offrirvi un’occasione unica per tutti voi studenti! Oggi ricorderemo gli Hunger Games, la piaga degli Hunger Games, tramite le loro testimonianze dirette: ragazzi, salutate come si deve i soldati volontari della Seconda Ribellione!
L’insegnante, letteralmente saltellando, si diresse verso la porta della classe e la spalancò. Entrarono uno per volta, con passi pesanti e con gli occhi bassi, più per imbarazzo che per altro. Gli studenti, di comune accordo, si alzarono in piedi di scatto per rendere loro omaggio, suscitando nell’insegnante un’altra espressione di gioia. Uno di loro alzò gli occhi e invitò con un sorriso i ragazzi a sedersi.
In piedi davanti a loro, i soldati a turno iniziarono a rispondere alle loro timide domande da studenti: “Perché si è arruolato volontario”, “Qual è il ricordo più brutto che ha”, “Com’era la figura del presidente Snow”, “Come si viveva nei vecchi Distretti”, “Quali erano i suoi rapporti con la Ghiandaia Imitatrice”.
A quell’ultima domanda, rivolta ad un soldato mingherlino del Distretto 11 che affermò di non averla mai conosciuta di persona, alcuni studenti si voltarono verso Delion per qualche secondo: infatti sapevano tutti che era la figlia di quella figura mitica che in città era conosciuta semplicemente come signora Mellark.
Delion si concentrò sul suo foglietto, cercando di immaginare cosa si poteva chiedere a quegli uomini. Ma sentì una sensazione strana, come se qualcuno la stesse ancora osservando. Alzò gli occhi e si rese conto che, alla sua destra, accanto alla porta, ultimo della fila, un uomo la stava guardando con un’espressione indecifrabile.

 

 
E’ lei, pensò l’uomo rabbrividendo. Non l’aveva mai vista. Non da così grande, almeno.
Ricordò un frammento di giornale di circa cinque anni fa, quando si festeggiarono, in modo altrettanto sfarzoso, i venticinque anni della scomparsa degli Hunger Games, e di quella foto di Katniss accanto a una piccola e ricciuta bambina di dieci anni con un grazioso vestito verde. Ma ora il frutto del suo mai dimenticato primo amore era lì, in carne ed ossa.
Pensò che era stupenda. Capelli castano scuro proprio come quelli di Katniss, ma ricci come quelli del padre, dal quale aveva rubato anche il colore degli occhi cerulei e il bianco latteo della pelle. Il suo fisico mostrava le forme spigolose ed immature di una ragazzina. Perché era solo una ragazzina, certo. Ma non appena quegli occhi azzurri incrociarono i suoi, l’ex soldato Gale Harthworne sentì un brivido lungo la schiena. Delion Mellark sapeva chi era lui? Katniss aveva mai parlato a casa del suo vecchio migliore amico? Aveva mai detto che era stato in parte responsabile della morte della zia? Che avevano combattuto fianco a fianco per la rivoluzione, rischiando la pelle? Che si era arruolato volontario nell’operazione di salvataggio del padre? 



 




Note dell’autrice: Buongiorno lettori! Innanzi tutto da dove viene il nome che ho dato alla piccola Mellark? Dal termine inglese DANDELION, Dente di Leone. *scusatel’ideaidiota*. ^^”
 
Inizialmente questa storia era stata sviluppata per essere una one shot, ma inspiegabilmente *fa una faccia sconvolta* i personaggi hanno deciso di svilupparsi di più. Comunque tranquilli, due, massimo tre capitoli.
erciò, senza farvi anticipazioni su nulla, questa storia sarà sì, la storia di un incontro tra due persone che non dovevano teoricamente conoscersi, ma anche una riflessione più profonda sul significato della memoria.
Curiosi? Allora mettete la storia tra le seguite e...lasciate una recensione! Grazie mille in anticipo! 


 

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Capitolo 2
*** II. So chi sei ***


Perché mi guarda così?, riflettè Delion, mentre l’uomo, visibilmente a disagio, si tormentava il mento su cui cresceva una barbetta color sale e pepe. Più lo osservava, più era convinta che quel soldato l’aveva già visto da qualche parte.
Passandosi una mano tra i ricci, socchiuse gli occhi. Nella sua mente scorsero velocemente tutti i filmati e i reperti che qualche volta aveva intravisto in televisione: solitamente la sua attenzione era rivolta interamente alla mamma, giovane diciassettenne dall’aspetto emanciato, sconvolto e allo stesso tempo combattivo, al fatto che le sembrava una figura  incomparabile con quella della tranquilla signora che trovava sempre il tempo per i suoi figli e che, come azione più coraggiosa, al massimo impugnava un arco per dare da mangiare della carne fresca alla sua famiglia.
Pensando intensamente a quest’ultima particolarità della madre, le balenò in mente tutto: un filmato, risalente alla Seconda Rivoluzione, dove la madre e un ragazzo visitavano il Distretto 12 annientato e rispondevano alle domande di un’intervistatrice. Della canzone “L’albero degli strozzati” o qualcosa di simile, dove il cameraman inquadrava, oltre a Katniss, anche altre persone, tra cui lo stesso ragazzo.
Delion chiuse gli occhi per concentrarsi meglio, ma non c’erano dubbi: quell’uomo era il ragazzo corpulento che faceva parte del team che aveva combattuto fianco a fianco alla madre.

- Delion Mellark, perché non fai una domanda anche tu? Sei dei nostri  o schiacci un pisolino?
Delion si scosse e vide la professoressa fissarla severamente da dietro gli occhiali.
- Ah...ehm...no. – balbettò la ragazza – io...
- Suvvia, ci sarà pur qualcosa che avrai da dire. Facci sentire. – insisté la professoressa, guardandola con aria del tipo “sei la figlia della Ghiandaia Imitatrice, vorrai pur dire qualcosa”.

L’hai voluto tu, piccola incompetente di una prof - ribollì Delion.
Cora si accorse delle gote dell’amica che diventavano rosse, e capì che si stava alterando. Delion era fatta così: era tranquilla e gentile, ma se provocata poteva trasformarsi in una serpe schiumante di rabbia. E d’improvviso, per giunta.
- Vorrei fare una domanda a quel soldato – disse, puntando il dito contro Gale.  
-
 
- Conoscevi mia madre? La Ghiandaia Imitatrice? – disse la ragazza, con una freddezza che a Gale ricordò molto l’atteggiamento di Peeta quando era depistato.
- Molto superficialmente. – ribatté Gale rabbrividendo ancora.
- Mi ricordo un filmato dove eravate insieme nel Distretto 12 distrutto.
- Ripeto, cara. Molto superficialmente.
- Non sono “cara”. Mi chiamo Delion Mellark. E lo sai. – disse lei.
- Delion! Modera il tono! – la rimproverò la prof.
- No, ha ragione – la interruppe Gale – so come si chiama. Lo sanno tutti. Comunque insisto. Non perché fossimo abitanti dello stesso distretto posso dichiarare di essere stato nient’altro che un semplice conoscente, per lei. Poi mi sono arruolato in battaglia nel suo stesso team, questo è vero. Ma ciò non vuol dire nulla. Ero incaricato di proteggerla, come d’altra parte era il compito di tutti.  – riprese fiato e continuò - l’ho conosciuta e l’ho protetta. Ma tua madre non era esattamente in vena di fare amicizie, a quel tempo. Eravamo solo due ragazzini, tutti e due. Inconsapevoli di tutto e con l’unico scopo di sopravvivere alla guerra. Solo ciò mi ha legato a Katniss.

Non costringermi a dire tutto. Non devi per forza conoscere la verità, Delion. Il finto cugino, i baci nascosti, la bomba da me ideata che ha ucciso tua zia.

La risposta dell’ex soldato Gale scatenò un applauso generale che soddisfò tutti, commosse la giovane professoressa e decretò la sconfitta di Delion. Si rimise a posto, senza più sospetto, consapevole di essere andata oltre. Forse aveva sbagliato. Forse.
Uscita da scuola, qualche ora  più tardi, Delion aveva assistito a una conferenza a tema, compiuto con i compagni una passeggiata simbolica fino al cimitero comune, guardato una mostra di reperti degli Hunger Games. Naturalmente gli altri giorni della settimana vi sarebbero stati altri tipi di festeggiamenti: erano previste cene, feste, recite, eccetera. Ma per oggi la ragazza dagli occhi azzurri ne aveva abbastanza.
- Delion? – chiamò una voce maschile.

La ragazza si voltò, rischiando di accecarsi con il sole che lentamente stava tramontando in quella fredda giornata di fine inverno. Era Nial. Egli si avvicinò con la bicicletta accostandosi di fronte a lei.
- Senti, io... io volevo solo dirti che... lo so che non è la giornata adatta e che sarai sicuramente stressata e a casa tua forse sarà ancora pieno di giornalisti, e i tuoi magari hanno bisogno di te oggi, ma...ecco... tu mi piaci molto... Delion. Da molto tempo. Non voglio metterti pressione, ma...
- Nial, io... – esordì Delion.
- No aspetta, non interrompermi – sorrise il ragazzo – non so dove trovo il coraggio. Forse perché ho visto come ti guardava oggi quel soldato.
- Che cosa? In che senso? – ruggì la ragazza.
- Non arrabbiarti. Solo che ti guardava come se ti conoscesse da sempre. Non ti toglieva gli occhi di dosso! Mi sono molto ingelosito. Ho capito che non posso vedere nessuno che ti guarda in quel modo senza che tu sapessi che comunque io...
Delion rise. - Nial, avrà quasi cinquant’anni!
- Va bene, va bene. In ogni caso, era questo che volevo dirti. Ti prego, pensaci su.
Nial, visibilmente imbarazzato e con un colorito che rasentava il rosso carminio, saltò sulla bicicletta e corse via. Delion aveva assolutamente bisogno di riflettere. E quando aveva bisogno di riflettere si rifugiava nel silenzio dei boschi del Distretto 12.

 
-

Non c’è niente da fare,  pensò la ragazza raccogliendo l’ennesima freccia andata a vuoto, mia madre era decisamente più in gamba a tirare con l’arco.
Avventurandosi attraverso gli alberi, trovò un tronco tagliato dove si sedette tranquillamente. Alzò lo sguardo in cielo ripensando alle parole di Nial e a quel soldato corpulento che per qualche minuto aveva ritenuto amico della madre. In fondo, perché ci aveva tenuto tanto a sapere chi era?  Cioè, il perché lo sapeva benissimo dentro di se’. Ma aveva sbagliato a scaldarsi in quel modo.

Uno scalpiccio di piedi che pestavano foglie le giunse all’orecchio. Si voltò di scatto rischiando di procurarsi un torcicollo permanente, quando vide quello stesso soldato incamminarsi verso di lei.

- Una volta ero molto più silenzioso, sai? – disse. 

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Capitolo 3
*** III. Ero il suo migliore amico ***


 
Delion rimase immobile. 
- Poco più in là c’è uno spiazzo con un ruscello. E’ un miracolo se non l’hanno disboscato per piantarci altre case. Devo dire che il bosco del Distretto 12 è la metà di quello che mi ricordavo. – continuò Gale Hawthorne.

La ragazza continuò a non rispondere, decisamente in dubbio se scappare a gambe levate da quello che poteva essere benissimo un maniaco, o un violento, o un pazzo. Il fatto poi che le fosse comparso all'improvviso di certo non volgeva a suo favore.

- Era lì che andavo sempre a caccia con tua madre - disse ancora.

Delion stavolta si alzò in piedi e gli andò incontro. La prudenza dentro di se' si lamentava indignata, ma qualcos'altro le suggeriva di non scappare. Sentiva una strana, inspiegabile attrazione verso quel signore robusto e dall'aria stanca. Un'attrazione che si spiegava con un ragionamento assurdo e senza senso, ma che stranamente la confortava: se aveva salvato la vita alla madre durante la guerra, non avrebbe certo fatto del male al sangue del suo sangue. No?
- Vuoi che ci andiamo? – chiese di nuovo l’uomo.
Senza curarsi minimamente delle conseguenze, e guidata da quell'irruenza che le scaturiva direttamente dal petto, quella stessa irruenza che prima aveva ingiustamente ricoperto di domande insidiose lo stesso uomo in classe, Delion accettò con un impercettibile cenno della testa.

Stavano seduti nella radura ricoperta di foglie secche e muschio senza parlarsi. Delion calò più forte la cuffia della felpa blu sul capo, a causa del venticello freddo che si stava alzando e le stava procurando un leggero mal di testa. Davanti a loro, il cielo sembrava la tavolozza di un pittore amante dei colori freddi e del rosa. Il sole stava già scomparendo.
- Hai gli occhi identici a quelli di tuo padre. – disse Gale, dopo una lunga pausa, togliendosi una foglia dal giaccone.
- Sì, lo so. – rispose Delion per la prima volta – me lo dicono tutti, da sempre. Ma qui ci venivi con mia madre, non con mio padre.
Gale calò lo sguardo.
- La conoscevi?
- Ero il suo migliore amico.

Delion strinse le braccia al petto.
- Come ti chiami?
- Gale Hawthorne.
- Che cosa mi racconti? – chiese ancora Delion, sentendo davvero stavolta il desiderio di porre delle domande e di avere delle rìsposte.
- Io e tua madre ci incontrammo per caso. Per necessità. Tuo nonno era morto e tua nonna era depressa. Tua zia sempre più magra e macilenta. Katniss doveva dar da mangiare alla sua famiglia.
- Questo lo sapevo. La mamma me l’ha raccontato. Ma perché allora non sei più qui? Perché io non ho sentito mai parlare di te?
- Non so se posso dirtelo, Delion. Ma sai cosa? – e qui Gale si alzò in piedi assumendo un atteggiamento che rasentava il rancoroso e sfiorava il deciso – sono pronto a scommettere che sai davvero poco di un sacco di cose.
- Scommetti bene – rispose la ragazza con dignità – del passato dei miei so l’essenziale. Della mamma quello che hai detto tu. Del papà... so solo che il bombardamento del Distretto 12 uccise tutta la sua famiglia... è rimasta solo qualche foto ridotta malissimo. E che ha ricostruito con le sue mani la panetteria. Che il loro mentore Haymitch è morto quando io ero piccola, e io lo ricordo poco. Che la sorella di mia madre è stata uccisa in un attentato, ma non mi hanno mai voluto spiegare come... in realtà sono io che non ho mai chiesto nulla... so che per mia madre è stato un dolore orribile.

- Sai perché tua madre divenne il simbolo di una rivoluzione?
- Sì. Rimase da sola con papà nell’arena. E furbamente pensò che piuttosto che attenersi alle regole di Capitol City e far vincere uno solo, se si avvelenavano entrambi e quindi non c’era un vincitore Capitol City se la sarebbe presa in quel posto – e qui Gale rise all’espressione della ragazza - ...però lei mi dice che non voleva far partire nessuna rivoluzione. Voleva solo portare la pelle a casa...
- Be’, allora sai tutto. La nostra conversazione può finire qui, che dici?
- Naaa... – scosse la testa Delion, scoprendo solo in quel momento e con grande sorpresa con quanta naturalezza stava parlando con quell'uomo – ci sono ancora delle cose che non so. E le voglio sapere. Perché in casa mia non si parla. O si parla poco. E male. E io non sono più una bambina che deve stare al riparo dai segreti – ansimò. Gale la osservò di sottecchi, notando ancora quell’atteggiamento irascibile e gelido. E’ vero, era una teenager, e come tale era un essere rabbioso per natura – lui stesso a quell’età era un concentrato di energia negativa – però...
Delion intanto stava ancora parlando.

- Capisci? Noi festeggiamo la scomparsa degli giochi, ma pochi di noi sanno davvero tutto. Hai visto i film prodotti in questi ultimi anni sugli Hunger Games? Quelli più cruenti e più veritieri vengono vietati ai minori di 18 anni, e quelli più leggeri sono scemenze. E poi non osano fare film sui miei, perché loro non cedono i diritti. Ed effettivamente è meglio così, perché mi farebbe troppo strano vedere degli attori interpretare i miei genitori...e in ogni caso, la verità su certe cose...su certi buchi, diciamo così, la voglio sapere da loro, mica da un film! E io ho così tanto desiderio di conoscere, che  a volte mi metto a frugare in quel grosso libro che tiene mia madre ed è una sorta di reliquiario...che però contiene solo cose positive, ricordi positivi! Non pensare che io sia una masochista, ma quando tutti mi guardano con gioia e rispetto perché sono la figlia della Ghiandaia Imitatrice, io mi sento un verme. Perché tutti pensano che io sia perfettamente a conoscenza di tutto. Eppure a volte non me la sento mai di chiedere certi dettagli ai miei genitori...perchè lo so, lo so che li farei soffrire tanto!

Delion dal tanto sfogarsi e parlare aveva il volto paonazzo e il fiatone, nonché gli occhi lucidi. Gale invece era ammirato dal discorso che aveva appena compiuto, un discorso così coerente ed intelligente per una ragazzina di soli quindici anni: raramente aveva conosciuto ragazzi di quell’età così desiderosi di conoscere le proprie origini. Ma i segreti che poteva rivelare a Delion erano bombe. Perchè non se ne era andato? Perchè non aveva girato i tacchi quando l'aveva vista nel bosco ma le era andato incontro? Cosa stava facendo in quella radura? Cosa cercava davvero?

- Delion, io risponderei a tutto quello che vuoi, ma...
- A te mia mamma piaceva? L’avresti voluta sposare tu? – lo interruppe Delion.
- Be’, ecco...sì, una volta era così. - le rispose Gale, spalancando gli occhi per la sorpresa - Ma credimi che alla fine è molto  meglio se...
- Allora facciamo che mi rivelerai tutto ciò che voglio sapere per vendicare su di me il fatto che mia madre non si sia messa con te – lo interruppe di nuovo con un sorriso furbo.
Gale rimase così interdetto che Delion scoppiò a ridere per la prima volta, per stemperare la tensione. L’uomo notò come quel sorriso imperfetto illuminava quel volto giovanile. Poi la ragazza tornò seria, pronta a porre tutte le domande che voleva. Gale inspirò.
 








Note dell’autrice: Salve a tutti! Come vedete, la storia si è ampliata davvero, e ci saranno almeno altri due capitoli! Ringrazio chi sta seguendo la storia, silenziosamente e non. Sarei davvero felice di sapere comunque se vi piace e la trovate credibile :) a presto!!! 

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Capitolo 4
*** IV. Depistati ***


- Be’ prima di tutto una domanda semplice: perché mia madre  in alcuni punti del corpo ha la pelle come se fosse a chiazze? – esordì Delion strappando un piccolo filo d’erba secca dal prato.
- Perché fu coinvolta in un incendio causato da una bomba. Le reinnestarono interi pezzi di pelle come se fosse stata stoffa.
- Ah... – rispose la ragazza annuendo, poi riprese a parlare - molti dicono che la morte della presidentessa Alma Coin del Distretto 13 sia stata causata da lei. E’ vero?
- Sì, è vero.  Tirò la freccia contro di lei invece di mirare al presidente Snow, come le era stato ordinato.
Delion lo guardò con stupore.
- Perché? Era davvero malata di mente come ho sentito dire?
- Sciocchezze. Sono sicura che lei sapeva che la presidentessa Coin sarebbe stata una despota esattamente come lo fu Coriolanus Snow. Lei non teneva davvero alla pace. Pensa che era disposta a creare un’ultima edizione degli Hunger Games con i bambini di Capitol City. Sì anche io la pensavo così, - disse Gale quando Delion affermò che in effetti era una cosa sensata – ma credimi che non sarebbe stata una buona idea. Non si risponde alla violenza con altrettanta violenza, ricordatelo. Io ho sempre fatto fatica a capire questo concetto...comunque sia, ci fu un processo, e l’unico modo per salvare tua madre fu farla dichiarare pazza. Ma Katniss era tutto fuorchè pazza. Poi la riportarono nel Distretto 12 con il suo mentore Haymitch.

Delion si massaggiò le tempie, strizzando gli occhi, forse immaginando una scena in cui la madre adolescente dichiarata matta veniva portata di peso a casa dal suo mentore ubriaco. L’altra domanda che aveva sempre avuto il desiderio di porre era colma di tristezza e dubbio.

- So che mio padre è stato imprigionato a Capitol City, vero?
- Sì, esatto. Dopo l’Edizione della Memoria tua madre fu portata al Distretto 13 in salvo. Tuo padre non fu altrettanto fortunato, e venne imprigionato a Capitol City.
- Questo me l’ha raccontato. Ma io non ho mai avuto il coraggio di chiedergli... perchè non fu ucciso? Cioè....sarebbe stato molto più sensato! E invece l’hanno tenuto prigioniero e si riuscì persino a liberare. Se volevano evitare che sopravvivesse, meglio farlo fuori subito, no? – chiese Delion, con tono estremamente pratico.

Gale sospirò. Era ancora in tempo a ripensarci, ad andarsene, a ignorare quella domanda. Ma la ragazzina lo guardava con una tale espressione, che Gale decise di lasciarsi andare.
- Tuo padre non fu semplicemente imprigionato. Fu torturato.

Delion annuì mostrandosi triste ma non particolarmente sconvolta. Come se fosse normale che prigionia equivalesse a tortura. Gale decise si affondare il coltello fino in fondo.
- Torturato in un modo terribile. Nel modo peggiore che si possa pensare. Tuo padre fu depistato. Sai cosa significa? Gli fecero un lavaggio del cervello. Non conobbi mai più un ragazzo così innamorato di un’altra persona come lo fu Peeta nei confronti di Katniss. E anche lei, per quanto lo negasse, lo amava. Così il presidente Snow decise che l’arma migliore per distruggere Katniss era Peeta stesso: tuo padre fu torturato con il veleno di aghi inseguitori, una razza estinta di api il cui veleno causava allucinazioni, terrore e pazzia. Quando liberammo Peeta era diventato una spietata macchina per ammazzare. Il veleno gli aveva fatto odiare tua madre al punto che tentò di ucciderla più volte.

Delion pendeva dalla sue labbra e iniziò a battere lievemente i denti.

- Poi ho saputo che pian piano si è ripreso. Aveva cominciato a farlo già  durante la guerra. Un osso duro, Peeta, lo ammetto. Ma ogni tanto scattava. Diventava d’improvviso una furia omicida, uno squilibrato pericoloso, e solo Katniss era in grado di calmarlo.

- Io... io non ci credo – mormorò Delion – non esiste persona al mondo più tranquilla di mio padre. Anche se...
E qui la ragazza pensò alle poche volte in cui aveva visto i genitori litigare. All’espressione rabbiosa del padre, al fatto che si rinchiudeva nel retrobottega della panetteria anche per delle mezze giornate intere prima di tornare a casa e chiedere scusa. Allo sguardo apprensivo di Katniss. Possibile che anche dopo trent’anni qualche goccia di quel veleno fosse ancora dentro di lui? Ma non era mai stato un padre violento. Giusto qualche pattona sul sedere quando era piccola di cui si pentiva subito. Ma aveva sempre pensato che la cattiva di famiglia fosse la madre.

- E’ terribile. Terribile. – disse di nuovo la ragazza, non trovando altre parole.
- Lo so. Ma a quanto sento dire in giro, in questi trent’anni...aiuto, mi fa strano dire trenta....lui non ha quasi più avuto attacchi. In questo senso non si può certo dire che sia un uomo debole.

Gale continuava a esporle in cosa consisteva il depistaggio e cosa causava. E più lui parlava, più Delion sentì la sua attenzione spostarsi da Peeta Mellark a lei stessa: e al fatto che all’asilo era spesso in punizione per aver picchiato le amichette...che nei giudizi sul comportamento a scuola veniva spesso sottolineata la sua passionalità mista a impertinenza...che le amiche, una volta che giocavano a “obbligo o verità” avevano ammesso che il primo difetto di Delion era l’irascibilità....che oggi stesso aveva fatto alterare la prof e aveva risposto in modo indisponente. Un dubbio sempre più certo si fece strada nella sua mente.

- Gale... – sussurrò la ragazza in un soffio.  
- Dimmi.
- Che tu sappia...pensi che il depistaggio si possa trasmettere? Che sia ereditario?
Gale scoppiò a ridere.
- Delion, andiamo! Ho visto anche io che hai un certo caratterino, ma sei una teenager! Sei un essere rabbioso per natura! Sapessi io alla tua età!...non mi usciva una parola gentile che fosse una!
Delion non rise e scosse la testa. – Sono sempre stata così – disse – da quando ero piccola. E se il veleno in alte dosi fosse così potente da modificare il DNA delle cellule? Nei cromosomi ereditati da mio padre potrebbe esserci una modificazione che mi ha portato a essere così...

Gale tornò serio, ma non cambiò opinione.
- Delion, cosa vuoi che ti dica...può darsi. Anche se mi sembra davvero troppo incredibile. Tanta gente è collerica per natura anche senza avere un padre ex – depistato. Ma col linguaggio che usi deduco che ne sai un sacco di scienze. Potrebbe essere il tuo futuro. Pensa che scoperta sarebbe – e qui tirò un buffetto sulla guancia della ragazza, cercando goffamente di consolarla.
La ragazza tacque per qualche secondo.

- Be’, andiamo avanti. Ho altre cose da chiedere – rispose poi.
- Sei sicura? Questa rivelazione su tuo padre non ti ha toccato nemmeno un po’? Ti ha fatto solo venire il dubbio di essere stata contaminata? – disse Gale con un sorriso ironico.
Delion lo fulminò con lo sguardo.

- Be’, è ovvio. Certo che mi ha sconvolta. Ma sono cresciuta quindici anni con un papà che non mi ha fatto mai del male, ne’ a me ne’ ai miei familiari. Quindi per quanto tutto quello che mi hai detto mi faccia venire i brividi, contribuirà solo a guardarlo con più rispetto. Non avrò paura di mio padre e non ce l’avrò mai  – concluse.
Gale l’aveva fatto apposta a provocarla.

Per farla irritare di nuovo.

Per vedere da più vicino quegli occhi celesti dipingersi impercettibilmente di nero, la pupilla dilatarsi lentamente e qualche secondo più tardi, ritornare normale, cedendo alla marea del normale celeste degli occhi.

Delion.  E’ certo come la morte che il depistaggio abbia modificato il gamete di tuo padre per donarlo a te. Ma questo è l’unico segreto che non avrai stasera. Promesso.








 
Note dell’autrice: Salve di nuovo a tutti e perdonate l’attesa, ma ho avuto molti impegni questa settimana! J (tra cui spalare, visto che mi è toccato Big Snow. Non il Presidente, ovviamente. Magari! XD). Cercherò di aggiornare il più presto possibile! Nel frattempo se vi sta piacendo la storia...fatemelo sapere con una bella recensione! (anche piccina va bene ^^”) Alla prossimaaaa! 

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Capitolo 5
*** V. Le memorie che restano ***


 

- Allora...c’è altro che desideri sapere?
Delion annuì.
- Ogni tanto ci viene a trovare la signora Annie Cresta con suo figlio Finnick...immagino tu sappia chi sono.
- Sì, certo – rispose Gale – il piccolo Finnick Junior è nato poco dopo l’istituzione della Repubblica di Panem.
- Sì...adesso è grande, ha circa trent’anni. So che suo padre, che ha il suo stesso nome...è morto in guerra accanto a mia madre. Ma nessuno, ne’ Annie, ne’ Finnick, nemmeno i miei vogliono dirmi come è morto. E’ così orribile?
- Più che orribile. Finnick morì dilaniato da alcuni ibridi...
- Ibridi? Che cosa sono? – chiese Delion.
- Animali. Modificati. A dire il vero non so nemmeno se ci fosse qualcosa di animale in loro o erano soltanto dei robot. Diciamo un misto. Armi letali, vive e intelligenti, fatte apposta per uccidere e sicuramente tra le cose più orribili che l’umanità abbia concepito. Finnick fu ucciso a morte da alcuni di quelli mentre scappavano dentro una fogna. E per far sì che con Finnick morissero anche gli ibridi che l’avevano ucciso...fu sganciata una bomba che fece esplodere tutto.
Delion sembrò disgustata ma poi il suo volto si illuminò di consapevolezza.

- Oh... è per questo che non esiste una sua tomba? Solo la Fontana Odair?
- Esatto. La Fontana Odair a Capitol City fu costruita in sua memoria. E’ lì che dobbiamo rendergli omaggio. Perché purtroppo...non c’è nulla di lui che abbiamo potuto seppellire.

D’improvviso, qualcosa vibrò nella tasca di Delion. Era un piccolo telefonino cellulare, costosa prelibatezza che era costata parecchio e che come tale, si usava solo in casi specifici. Sul piccolo schermo a colori comparve la scritta “mamma”. Gale se ne accorse e distolse lo sguardo. Delion premette il tasto verde.
- Pronto, mamma?

- Delion? Dove ti sei cacciata? Le lezioni sono finite da un bel po’! Ho visto passare Cora e le altre tue amichette qui vicino! Dove sei?

- Io...ehm...

- Ti devo venire a prendere?

Delion si accorse dello sguardo di Gale. Un misto di curiosità e desiderio.
La ragazza premette il bottone del vivavoce e la voce di Katniss Everdeen risuonò per il bosco. Gale sorrise. Erano quasi trent’anni che non udiva il suono della voce di Katniss così da vicino. L’aveva sentita molte volte in alcuni telegiornali o alle poche interviste che ogni tanto concedeva. A parte il grattare tipico della voce che si sentiva tramite il telefono, la sua voce era rimasta uguale.

- No! Sono nei boschi vicino casa. Ho bisogno di stare un po’ da sola. Mi...mi alleno con l’arco.

- Lo sai che quando fa buio preferisco che tu sia a casa! Inoltre fa freddo, e ho già tuo fratello con il raffreddore!

- Dai, torno presto. Non faccio tardi. Tra un po’ sono a casa, davvero.

In sottofondo si sentì la voce di Peeta che cercava di conciliare la disputa.
- Va bene – rispose infine Katniss – capisco che tu voglia stare un po’ da sola. Ma se entro mezz’ora non sei a casa, vengo nel bosco. Ok?
- Sì mamma.
Delion riagganciò.

Gale annuì.
- Effettivamente ormai il sole è tramontato. Non vuoi andare?
- Sì...ma c’è un’ultima cosa che ti voglio chiedere.

L’uomo seppe da subito cosa stava per chiedere Delion. Antichi sentimenti di vergogna, rassegnazione, tristezza ma anche orgoglio e accettazione emersero dal profondo del suo cuore. Nelle orecchie rimbombò il tuono delle bombe, le urla dei Ribelli. Nella mente rivide l’espressione di Katniss quando gli chiese spiegazioni.
 
- Com’è morta Prim? – chiese Delion alzandosi in piedi e scrollandosi l’erba dal sedere.
 
Gale si sorprese del fatto che l’avesse chiamata per nome e non con il suo appellativo di zia. Ma in fondo era giusto: Delion guardava le sue foto e poteva rivedere in lei tutto tranne che una parente. Forse una coetanea, una possibile amica, un angelo che vegliava.

- Prim è morta il giorno più sanguinoso della storia della Seconda Ribellione. I Ribelli e la squadra di tua madre, tra cui c’ero anche io, spodestarono Capitol City e miravano al Presidente. Egli si era barricato dentro il suo Palazzo...forse era pronto a scappare, o forse stava per dichiarare la resa...non so. Fatto sta che davanti al suo palazzo, nel cortile, c’erano meno di un centinaio di bambini profughi. A un certo punto caddero dei paracadute.
I bambini li presero in mano.
Ma non contenevano nulla di buono. Erano bombe.
Ed esplosero in mano a quei bambini.

Gale vide Delion spalancare gli occhi attonita.

- Tua zia e i medici dei Ribelli si accorsero di ciò che era accaduto, e senza badare alla prudenza entrarono nel cortile per prestare soccorso ai bambini. Ma a quel punto i paracadute rimasti non ancora esplosi...scoppiarono. Sì, Delion. Prim è morta in una detonazione. Di lei non è rimasto nulla. La tomba che visiti con i tuoi...è come la fontana Odair. Un luogo di memoria....ma nient’altro. Fu così che tua madre si procurò le bruciature che ancora ha sulla pelle. Vide sua sorella nel mucchio e tentò di fermarla, avvicinandosi troppo al cortile. Anche Peeta finì ustionato, in modo meno grave.  Ed è per questo motivo che io e tua madre non ci siamo più parlati.

- Vuol...vuol dire che...Prim è morta nella famosa Strage Del Palazzo Presidenziale? – sussurrò Delion, che aveva gli occhi lucidi e parlava con un filo di voce, ricordando una lezione particolarmente drammatica di storia – e perché tu e mia madre... – non riuscì a terminare la frase.
- Perché sono stato io e un ingegnere di nome Beetee a fabbricare quelle bombe. A ideare il meccanismo della doppia detonazione. La prima scatena il panico e spinge all’aiuto per l’umana pietà. La seconda, più potente, distrugge tutto.
- E voi...voi avreste sacrificato dei bambini per questo?
- Vuoi pensare ai migliaia di bambini che sono morti nell’attacco del Distretto 12? Io li ho visti bruciare vivi Delion, e queste non sono cose che si dimenticano. Vuoi pensare ai centinaia di ragazzini che per settantacinque anni sono morti nelle arene degli Hunger Games? Settantacinque anni, Delion! Fai il conto! Ventitrè per settantacinque! Facciamo pure settantaquattro e ventidue, se vuoi. Non sono contento di ciò che ho fatto: non c’è giorno in cui non pensi a quelle anime innocenti che sono morte per mano della mia bomba. Ma se loro non fossero morti, tu non saresti qui. E nemmeno i tuoi. Nessuno. La gente credette che la bomba fosse stata un’idea di Snow, e ciò decretò la sua fine.
- Quindi...ciò che è scritto nel libro di storia è sbagliato! Non fu Snow a ideare la strage!!! – urlò la ragazza - ma...ma... – balbettò poi Delion – la zia Prim...sapevi che sarebbe stata lì in mezzo? Sapevi che sarebbe andata con i dottori dei Ribelli?

Gale aspettò prima di rispondere, mentre osservò con estremo sgomento che Delion si stava allontanando sempre di più da lui.
i alzò quindi in piedi e le si avvicinò.
La ragazza allungò le  braccia come per proteggersi.
L’uomo avvertì la stessa tremenda, soffocante, triste sensazione di trent’anni prima, quando a guardarlo così era la sua migliore amica, ricoperta di ustioni e con i capelli bruciati.





 
Note dell’autrice: Miseriaccia, Harry!cit. E sì che volevo concludere tutto in pochi capitoli. Sono logorroica. Già. No, la verità è che non mi piace fare capitoli troppo lunghi, e questa storia si sta sviluppando sotto i miei occhi come dei muffin che lievitano. Mmmm, fame. Ci vediamo alla prossima, miei followers, e naturalmente vi chiedo una piccola recensione che fa sempre bene alla salute e all’autostima dello scrittore :D 

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Capitolo 6
*** VI. Come Albert Einstein ***


Gale si mise di fronte a Delion cercando di leggere il suo viso nonostante il buio che stava lentamente divorando il bosco.

- No. Questa è una casualità che non volevo accadesse. Certo, è inutile che io ti menta: l’avevo immaginato che potesse esserci anche Prim. Era senza dubbio una guaritrice coi fiocchi nonostante avesse solo quattordici anni. Ma la decisione di spedire in missione una giovane come lei fu... fu ideata da qualcun altro. E penso anche da chi. Dalla presidentessa Coin, che aveva paura di tua madre più di chiunque altro. Usò Prim per distruggere l’enorme potere mediatico di Katniss: pensò che senza la sorella Katniss avrebbe avuto appena la forza di uccidere Snow. E invece...

- Ma se sapevi che c’era il rischio che Prim venisse coinvolta, perché non l’hai fermata? O almeno ci hai provato?
Gale si coprì il viso con le mani esasperato.

- Delion! Ormai non era più questione di chi sarebbe rimasto in vita e chi no! Io stesso ero pronto a morire, anche tua madre, tuo padre, tutti! Forse era meglio se morivamo tutti. E invece siamo sopravvissuti e abbiamo ricominciato a vivere. Non volevo che Prim morisse, ma se la sua presenza in mezzo ai dottori dei Ribelli era la condizione, non avrei cercato di fermarlo. Mi dispiace, Delion. Era in gioco una  guerra. Le nostre singole vite erano meno di zero. Ho perso il mio Distretto, la mia migliore amica, le persone attorno a me. Ma ogni giorno mi guardo attorno e penso che per quanto la mia arma possa essere stata letale, oggi forse non saremmo nella situazione in cui siamo. Dovevi esserci trent’anni fa per capire.

Delion ormai aveva il volto rigato di lacrime.
- Io...io devo andare. La mamma mi sta aspettando.

- Vai. Ho risposto a tutto quello che volevi sapere, giusto?...

- Sì. E nonostante tutto....ti ringrazio.

Delion si riavvicinò quindi a Gale, fissandolo ancora una volta negli occhi. Non ebbe il coraggio di fare nient’altro. Anche Gale esitò. Forse non avrebbe rivisto mai più quella ragazzina in vita sua. Con estrema lentezza e delicatezza poggiò la mano sul capo di Delion ricoperto dal cappuccio di felpa azzurro. Ella non respinse il contatto, ma poi si voltò e corse via per il bosco, diretta verso casa.



 
-



- Sorella, ho bisogno di aiuto! – esclamò il piccolo Mellark irrompendo in camera di Delion che si stava togliendo la felpa.
- Che c’è? – ribattè.
- Domani la maestra interroga in scienze, devo ripetere Einstein.
- E a me lo devi ripetere?
- Papà è stanco e la mamma sta cucinando.
Delion prese in mano il quaderno macchiato della sottile e infantile grafia del fratellino e si sedette sul letto, mentre lui era ritto in piedi di fronte a lei.
- Allora...be’...dimmi tutto quello che sai su Albert Einstein.
- Albert Einstein è nato nel 1879. E’ stato un fisico e un filosofo e gli hanno dato il premio Nobel per la fisica. E’ importante soprattutto per la teoria della relatività...

Delion non prestò molta attenzione alle parole del fratello, in quanto si capiva perfettamente che aveva studiato e che stava snocciolando tutto a perfezione. Stava per interromperlo, quando una parola risvegliò la sua mente.

- ...bomba atomica. Infatti, anche se l’invenzione di una delle armi più pericolose al mondo non è sua, Einstein studiò gli atomi, le molecole e l’energia degli atomi. Le sue scoperte furono quindi poi usate per creare la bomba e tutti gli altri usi del nucleare, che come si sa, sono molto delicati, e... Delion, mi stai ascoltando?
- Sì, sì. Certo. Vuol dire che Einstein inventò la bomba atomica?
- Ma no! – sbottò lui mettendosi le mani nei capelli biondi – lo vedi che non ascolti! Lui aveva solo studiato come si potevano usare gli atomi, ma non voleva mica che fabbricassero le bombe!  
- Ah, si, giusto. Comunque bravissimo, sai tutto, prenderai il massimo domani – disse Delion sovrappensiero porgendo il quaderno al fratello.
 
Gale come Einstein. Aveva inventato qualcosa che poi gli è sfuggito di mano.

Forse sapeva che avrebbero usato la sua arma per uccidere. Forse però non sapeva come.

Ma se davvero quella strage fosse stata necessaria? Se non ci fosse stata, sarei qui?

E mia madre che era la sua migliore amica non l’ha mai perdonato. Non ha capito.
 
- Delion, che fai? Delion! – strillò il bambino strabuzzando gli occhietti grigi.
- Shhht! Taci! – disse la ragazza, mentre apriva la finestra e si calava - la loro casa era al piano terra e bastava un piccolo salto per essere giù senza farsi male, almeno non troppo – torno presto! Se ci chiamano per cena, dì che sono in bagno! Ci metto un attimo!
Senza dare il tempo al fratello di replicare, saltò sul prato atterrando col sedere. Aspettò un momento perché quel piccolo dolore si calmasse e poi corse filata verso i boschi.

Non sono passati più di dieci minuti.
Forse è ancora lì.
Se non c’è più, rinuncio.
Ma devo almeno provare.

Si addentrò nel bosco ormai buio, semi illuminato dalla luce dei lampioni circostanti, che lo dipingevano di uno strano verde scuro e blu.
- Gale! Gale Hawthorne! Galeee!! – urlò la ragazza, ritrovando il ceppo dove sedeva prima di incontrare l’uomo. Continuò per un paio di minuti correndo di qua e di là, fino in direzione della radura, poi si arrese.

- GHEEEE!! GHEEEEE! GHELAUTHOOORN! - urlò una strana voce distorta.
Delion quasi strillò di paura. Sollevò lo sguardo in direzione della voce. Appollaiata in un ramo spoglio ella vide un uccellino elegante che continuava a ripetere il suo appello.
Delion rise. Una Ghiandaia Imitatrice. - Ma tu non ripetevi solo le canzoni? – le disse.
Per tutta risposta, la Ghiandaia ripetè ancora il richiamo.
-La mia voce sembra musica quando strillo? Sei una Ghiandaia strana... – aggiunse.
Non contenta, la bestiola piumata volò su di un altro ramo e trovò un compagno a cui insegnare l’urlo di Delion.
- Piantatela, stupidi uccellacci! Avete rotto! – sbottò Delion, prendendo un sasso e tirandolo verso gli uccelli, che volarono via indignati.
 

- Non sei molto gentile, vero? – disse una voce alle spalle della ragazza.

Con enorme sollievo, ella si voltò e intravide il profilo dell’uomo, che aveva attratto i due canterini pennuti seminando delle briciole dalla sua tasca.

- Sappi che io non ho mai mancato di rispondere al richiamo della Ghiandaia Imitatrice.

Delion sorrise.

- Che cosa vuoi ancora? – chiese Gale.


 







Note dell’autrice: Hello! Sapete perché aggiorno così presto? Be’, perché l’ho finita di scrivere! Eh già, è proprio bella lì, conservata nel mio pc! E posso spoilerare in anteprima quanti capitoli ci saranno ancora, ma......solo a chi recensisce!! Buahahahaha! *piani ricattatori, li stai facendo molto male* 
A parte tutto, spero vi sia piaciuta! L’aneddoto di Einstein non so fino a quanto sia storicamente esatto, ma nel caso fate finta che sia così XD
Grazie in anticipo a tutti!

 

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Capitolo 7
*** VII. Sii coraggiosa ***


Delion entrò in casa sgattaiolando e cercando di fare il minimo rumore possibile, ma sapeva che era un tentativo vano. Era rimasta nel bosco circa una decina di minuti e a giudicare dal profumo di tacchino nell’aria, dal fatto che erano tutti e tre a tavola, dall’espressione dispiaciuta del fratellino e soprattutto dall’espressione furente della madre, era stata scoperta.

- Delion? – chiese Katniss – vorresti spiegarmi per cortesia perché te la sei svignata dalla finestra per andare nel bosco?
- Io, ehm...avevo lasciato una cosa lì. Sono andata a prenderla. Avevo lasciato...la felpa!
- Be’, e in questo caso perché non dirmelo? Ti avremmo accompagnato noi! Non sono posti divertenti a quest’ora di sera, non te ne rendi conto?
- Perché non volevo farti perdere tempo, mamma – rispose Delion a testa china.
-Figliola, scusami ma non regge: potevi dircelo e basta. Perché scappare dalla finestra rischiando di farti anche male? Sei talmente immatura quando fai così!

Peeta, poco più in là, capì che quelle ultime parole avevano provocato troppo la figlia, e scosse la testa.
- Ah sì? Be’ non mi sembra affatto di essere immatura, mamma. E non farmi dire il perché. – sbottò Delion.

Peeta decretò con quell’altra ultima frase l’inizio di una bella discussione madre–figlia adolescente. Erano davvero molto brave a provocarsi a vicenda. Ah, che pazienza. Guardò il figlio seduto di fronte e fece cenno di lasciar perdere, che non era nulla di importante.

- I misteri in questa casa non li voglio Delion! Le cose si dicono chiare e tonde! – dichiarò Katniss sbattendo la mano sul tavolo e avvicinandosi alla figlia.

- Davvero mamma? Chiare e tonde? Chiare e tonde come Finnick divorato dagli Ibridi, senza tomba e con solo una fontana? Come le tue chiazze di pelle artificiale perché ti sei beccata una bomba? Come...come...

Si bloccò perché vide la madre sbiancare in volto. Delion sentì la rabbia andar via di colpo come quando si riprendeva aria dopo un'apnea. Peeta si alzò dal tavolo e si diresse verso la figlia con aria molto seria.

- Tesoro...chi ti ha detto queste cose? Le hai sentite oggi agli incontri di commemorazione?
- No – mormorò Delion.
- Ho capito.

Seguì un lungo momento di silenzio, passato il quale Katniss si rianimò un minimo e scosse la testa.
- Perché devi arrabbiarti così io non lo so. E soprattutto perché devi usare questi fatti così tragici – che chissà come sei venuta a sapere poi - per attaccarmi ancora meno. Mi deludi molto, Delion. E adesso mi dici anche chi ti ha detto queste cose, subito.

- Perché mi arrabbio così? – sibilò la ragazza sentendo un enorme potere di ribellione che le dava una gigantesca scarica di adrenalina – chiedilo a quelli che hanno depistato papà, forse ci sarà una risposta.

Questa volta anche Peeta impallidì.
I suoi occhi azzurri contornati da piccole rughe d’espressione si fissarono nel vuoto.  Ma solo per un attimo.
- Delion Mellark. Non so come tu sappia queste cose, ne’ perché sei uscita dalla finestra. E francamente non mi interessa. Ma quando vorrai parlare con me di questa cosa...mi trovi in panetteria.
E se ne andò sbattendo malamente la porta. Delion si rese conto ancora un volta di avere esagerato, ma non era davvero riuscita a trattenersi. Cercando di farsi valere con Katniss, aveva sconvolto suo padre. Sentì un'improvvisa stanchezza, mescolata anche alla consapevolezza che ora attaccare come un tigre con l'avrebbe fatto ottenere nulla di quello che in realtà voleva fare. Inspirò profondamente.

- Dov’è andato papà? – chiese impaurito il piccolo Mellark.
Katniss non aveva più parole. Non pensava più al depistaggio e a tutto ciò che la figlia le aveva appena riversato addosso da anni, e in quel momento sentì tornare la vecchia Katniss a galla. Ma se queste cose pesavano come macigni di cemento su di lei, come faceva Delion a tenerli come se fossero piume? Guardò la figlia che sembrava tuttavia instabile e sconvolta come un terreno dopo un terremoto.

- Questi, mamma, sono i motivi della mia maturità. I segreti. Le cose che mi avete voluto tenere nascoste per proteggermi e che io volevo sapere a tutti i costi. Fanno male. Uccidono di dolore. Ma sono necessarie da sapere, almeno per me. Non posso onorare la morte di nessuno, se non so perché e come è avvenuta. Non posso ricordare, se non so per quale motivo devo farlo.
Lo sguardo si posò su una bella cornice d’argento che racchiudeva una dolce foto di Primrose Everdeen, foto dai colori nebbiosi ma intensa quanto bastava. La prese in mano e la mostrò a Katniss.
- So anche di lei, mamma.

Gli occhi grigi di Katniss si riempirono di lacrime.
- Mi dispiace. E’ stata una cosa orribile da conoscere. Ma adesso so perché devo rispettare ancora di più quella tomba. Anche se è vuota. Perché è una tomba vuota, mamma.
Katniss non ebbe il coraggio di chiederlo ancora una volta, ma sperava che il suo sguardo parlasse da sola. “Chi ti ha detto tutto questo?”

Delion inspirò.

- Conoscesti un soldato di nome Gale?

Katniss si sedette sul divanetto del salotto, raggiunta da uno spaventato figlio minore che la guardava con i suoi stessi occhi grigi, e si prese la testa tra le mani.  
- Gale... – mormorò.
- Sì, lui. E’ venuto oggi in classe con altri soldati che facevano parte dell’esercito dei Ribelli. L’ho riconosciuto. Come? Grazie a quei filmati che ogni tanto passano in televisione, dove ci sei tu e il tuo team. Non me li hai nascosti abbastanza da farmi dimenticare le facce dei presenti. Lui è cambiato pochissimo infatti. E ha riconosciuto me. Be’, non ci vuole molto, io sono quasi famosa come te, mamma, inutile dirlo, no?
- Già... – disse Katniss sollevando lo sguardo in direzione della figlia, dritta in piedi davanti a lei.

- Sono stata io a chiedergli tutto quello che volevo sapere. Siamo stati nel bosco e lui mi ha raccontato le cose forse più orribili e impressionanti che abbia mai sentito. Tra cui il motivo per il quale voi due non vi parlate da trent’anni, mamma.... sì, me l’ha detto, non fare quella faccia. E’ stato lui a ideare la bomba che ha ucciso la zia, - e qui Delion strinse a se’ il ritratto di Prim – e io sulle prime sono scappata via da lui. Non potevo credere che avesse fatto deliberatamente una cosa del genere, sapendo a che cosa potevano destinare la sua arma dei paracadute a doppia detonazione...
- Ah...ti ha raccontato proprio tutto, allora... – rispose Katniss.

- Sì. Poi lui – e qui gettò uno sguardo verso il fratello, che aveva francamente capito poco di tutta quella delirante conversazione – mi ha ripetuto Einstein, che studiando gli atomi diede il via all’invenzione delle armi atomiche e della bomba atomica.
Forse lui aveva compreso che i suoi studi avrebbero portato a qualcosa di pericoloso, ma non potè fare nulla per fermarlo.
Anche Gale si trovò nella stessa situazione, mamma. Con la sola differenza che Gale probabilmente sapeva che avrebbero ucciso degli innocenti, anche dei bambini. E Prim.
Non è facile perdonarlo. Non è facile capirlo. Ma mi sembra che l’abbia scontata abbastanza.
E se la morte di Prim e di quei bambini fosse la ragione per cui io sono qua, perché siamo nati, perché non viviamo più come trent’anni fa, be’...forse la zia sarebbe stata la prima a decidere di sacrificarsi.

- Sarebbe stata un ottimo medico, Delion....aveva il futuro davanti a lei... – affermò Katniss – e tu non hai idea di cosa abbiamo passato prima di voi...
- Certo che ce l’ho, mamma. Ti sei sposata con Peeta a venticinque anni o poco meno e hai fatto me a trentadue. E’ evidente che tu eri ancora un mezzo cadavere sconvolto e mio padre un parziale violento, e che di fare figli prima non se ne parlava. Solo quando ti sei sentita davvero al sicuro siamo nati io e lui. Quanto a Prim lo so. Credimi. In questo periodo mi sento più vicina io a lei che mai in tutti questi anni.
Ma ormai è passato del tempo. Prim è morta per dare un futuro a me, Finnick per darlo a suo figlio, papà ha sconfitto la sua malattia per non dare la vittoria a Capitol City. Adesso tocca a te essere coraggiosa.

Porse un foglietto a Katniss.

- Questo... questo è...
- Indirizzo. Numero di telefono. Di Gale. Per questo sono uscita dalla finestra. Dovevo rintracciarlo ancora una volta.

Katniss fissò quel foglio a lungo.

- E’ un bell’uomo. Ha una voce profonda. Rispetto a quando era un ragazzino ha molti meno capelli in testa e ha occhiaie e borse sotto gli occhi molto pronunciate. Le sue mani sono piene di calli. Dirige una fabbrica nel Distretto 2. Si è sposato, ma ha divorziato dopo pochi anni di matrimonio. Però è rimasto in buoni rapporti con la ex moglie ed ha un bambino di quattro anni...ah, queste cose me le ha dette proprio poco fa che l’ho incontrato. Ora sarà sul treno per il Distretto 2 – spiegò Delion.
i si incamminò verso la porta di casa e la aprì. – Pensaci mamma. Adesso vado a recuperare papà.
 









 
 
Note dell’autrice (che ha faticato non poco a scrivere questo capitolo!): Salve a tutti, lettori! Spero vi sia piaciuto il capitolo e spero davvero che risulti verosimile: mi sento una frana a volte a cercare di rendere con le parole sentimenti così complessi come quelli che provano queste due donnacce, ma cosa volete che vi dica...io ci ho provato! Se volete lasciate una recensione e state pronti...il prossimo capitolo sarà l’ultimo! Sigh! Ciao a tutti e a presto! 


 

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Capitolo 8
*** VIII. Fai bei sogni - Epilogo ***


 
Don't you dare look out your window darling, everything's on fire
(Non osare guardare fuori dalla tua finestra, cara, è tutto a fuoco)

 The war outside our door keeps raging on
(La guerra fuori dalla nostra porta continua ad imperversare)

 Hold on to this lullaby
(Continuiamo con questa ninna nanna)

 Even when the music's gone
(Fino a che la musica sarà finita)


Nella panetteria c’era buio, ma Delion conosceva quel posto come le sue tasche. Si incamminò verso il magazzino e spalancò la porta. Aleggiava un forte odore di farina. O meglio, di farina e legno. Un odore inesistente per tutti, ma reale per lei.

- Papà? – chiamò la ragazza nella penombra.
- Sono qui, Delion.

Peeta accese la luce, che illuminò la stanza. Delion lo trovò seduto vicino al libretto delle ricette, grande e consunto. La ragazzina trovò uno sgabello e si sedette accanto a lui.
- Allora figlia... mi sveli il mistero? – disse Peeta, dopo una lunga pausa di silenzio.
- Gale Hawthorne, papà.

Peeta non sembrava sconvolto come Katniss, solo estremamente curioso. Ascoltò con attenzione tutto ciò che gli narrava la figlia senza battere ciglio, tranne quando Delion attaccò a parlare di Prim. Il lutto negli occhi dell’uomo era evidente, ma non disse nulla. Rimasero ancora in silenzio per un po’, poi Peeta lo ruppe.

- Delion...sai che non farei mai del male a tua madre. O a te, o a tuo fratello. – disse, a proposito del depistaggio, di cui Delion aveva leggermente accennato con voce strozzata.
- Sì... lo so.
- Sono passati trent’anni. E’ giusto che tu sappia cosa è accaduto a tuo padre in quella cella, ma è anche giusto che tu sappia anche che si guarisce. Come da una malattia, capisci? Ora non c’è più una singola cellula del mio corpo che abbia il veleno degli aghi inseguitori. E’ tutto passato. Passato e basta... – concluse, sfiorando con le mani ruvide la guancia della figlia.

- Sì... - rispose lei. 
- Ora andiamo a casa. E cerchiamo di parlare con calma con tua madre. E’ sopravvissuta a tutto, e ha rischiato di morire d’infarto per colpa della figlia – ridacchiò debolmente.
- Solo un’ultima cosa... – disse Delion bloccandolo, mentre si stava alzando dalla sedia.
- Dimmi.
- Come lo controllavi? – chiese la ragazza. Peeta ebbe l’impressione che questa domanda fosse fondamentale per la figlia, data l’espressione bramosa che si era dipinta sul suo viso.

- Non era facile. Il più delle volte cercavo di arrecarmi dolore per pensare ad altro. La verità è che... solo il tempo mi ha aiutato... e le persone attorno a me, che cercavano di farmi capire cose fosse vero e cosa no. Poi ovviamente il profondo affetto che avevo verso Katniss e il mio desiderio più grande: quello di non diventare mai, mai e poi mai, uno schiavo di Capitol City. Potevo morire. Ho rischiato di morire...ma non come dicevano loro. Questo desiderio di rimanere fedele a chi ero mi ha aiutato più che mai. Ognuno penso che trovi la sua tecnica per resistere – e qui fece l’occhiolino ala figlia, che lo aveva ascoltato attentamente, e che alla fine sorrise.

- Ora andiamo per davvero, su – ripeté l’uomo, spingendo Delion verso la porta di uscita della panetteria. Verso casa.
 
Tutti ebbero terribili incubi quella notte.

Il piccolo Mellark sognò la sorella e la madre che si trasformavano in due draghi per mangiarlo perché era andata male l’interrogazione su Einstein.


Delion sognò di essere con la zia Prim  in mezzo ai bambini trucidati e sanguinanti: e di ucciderla prima che scoppiassero le bombe.

 Katniss sognò la figlia che veniva dilaniata dagli ibridi nella fognatura mentre la stava partorendo con i dolori atroci che aveva dimenticato.  

Peeta sognò di guardare il figlio in televisione negli Hunger Games, mentre perdeva l’equilibrio sulla piattaforma e cadeva, facendo azionare le mine esplosive.

Ognuno si svegliò col dubbio che fosse accaduto tutto per davvero.

Katniss fu l’ultima a destarsi dall’incubo. E quasi cadde dal letto matrimoniale, il quale era inspiegabilmente diventato troppo stretto.

Strizzando gli occhi, vide nella penombra dell’alba la figlia rannicchiata nel mezzo del letto, mentre i lunghi capelli ricci andavano inevitabilmente a finire in faccia al fratellino, anche lui infilatosi di soppiatto nel lettone, addormentato placidamente a pancia in giù poco più sotto.

Vide Peeta dormire a bocca aperta circondando i figli con il braccio possente che aveva sempre protetto e quasi mai fatto del male, disteso sul fianco per consumare meno spazio da lasciare ai figli e alla moglie.

Era evidente che non era stata l’unica preda di incubi spaventosi.
Il minore dei suoi figli aveva ormai perso l’abitudine di venire nel letto, e la maggiore non dormiva lì da quando era neonata.

No, decisamente non era sola.

Doveva essere coraggiosa.

Nel bene e nel male. Nella gioia e nella felicità. Nella sofferenza e nella malattia.

Il nome che aveva scelto per sua figlia era quanto di più azzeccato la sua vita avesse suggerito.

A tentoni, si alzò e cercò il foglietto consunto che Delion le aveva dato, riponendolo nel cassetto del comodino.

Non avrebbe voluto perderlo, per nessuna ragione.
 No one can hurt you now
(Nessuno ti farà del male)

 Come morning light
(Arriva la luce del mattino)

 You and I'll be safe and sound
(Tu sarai sano e salvo)

(Taylor Swift ft. The Civil Wars – Safe and sound)
 
 


 
EPILOGO

 
Il sole mattiniero nel Distretto 2 batteva sulle rotaie della stazione creando un’accecante luce che rendeva ancora più luminosa la giornata, già assolata e limpida. Delion saltellò giù dal treno, seguita dai genitori e dal fratello.
Fu la prima a toccare terra e la prima a cercarlo con lo sguardo, mentre il vento le scompigliava i ricci.


Agitò la mano in segno di saluto.

Katniss dietro di lei era nervosa. Più che nervosa. Nel panico, nell’angoscia, ma anche piena di curiosità e di speranza. Incredibile a dirsi, era la figlia che le stava dando forza. La forza di credere a quella fiammella di luce e di speranza tutta della giovinezza, che credeva essersi spenta dopo la morte di Prim.

- E’ laggiù? Non lo vedo! – sussurrò alla figlia.

- Ma sì, mamma! E’ lì! – disse Delion.

Katniss rischiò di accecarsi per il sole nel vedere ciò che indicava la figlia col dito.
Ma aveva ragione. Gale era lì.


Sentì la mano di Peeta stringere leggermente la sua.

- Insieme? – le disse il marito sorridendole.
- Insieme – decretò Katniss ricambiando il sorriso.
Sempre, anche dopo trent’anni.

Avanzarono camminando, senza accorgersi di aver superato Delion.

Incontro a quell’uomo ancora molto alto e muscoloso,con pochi capelli e una barbetta biancastra, che reggeva con un solo braccio un bambino di quattro anni castano e mingherlino, il quale, per la vergogna, nascose la testa dietro il collo del padre.


Prima che fossero abbastanza vicini da potergli finalmente parlare, Katniss e Peeta si accorsero che Delion non era più accanto a loro e si voltarono entrambi indietro.

Poco più in là infatti, la ragazza si era inginocchiata di fronte a una piccola aiuola incolta, dove stava strappando due fiorellini gialli e viola, sistemandoli graziosamente sopra l’orecchio.


A Peeta la scena ricordò quella volta che da bambina  Katniss aveva colto nel giardino della scuola un dente di leone dopo che la sera prima le aveva regalato il pane che l’aveva salvata.



Katniss invece non ebbe lo stesso flashback, ma mentre la figlia si avvicinava riconobbe i fiori.



Erano primule.
 











 
Note dell’autrice: Eccoci qua lettori! Finito! Avrei voluto dare un altro po’ di suspence regalandovi l’ultimo capitolo tra qualche giorno ma non ho resistito! Ah, come mi è piaciuto scrivere questa fan fiction! Puntualizzo solo per chi non avesse letto il libro, o non se lo ricordasse, o proprio non lo sapesse: la “Primula”  in inglese è “Primrose”...sì, Prim porta il nome di un fiore :D mica facevo cogliere alla nostra protagonista un fiore a caso proprio nel finale, no? Se il dente di leone di cui la “Bimba Mellark” porta il nome simboleggia la “Speranza”, mi piace pensare che invece la “Primula/Primrose” rappresenti la “rinascita”: della primavera e di tutto.
Ringrazio chi ha seguito la storia, chi l’ha messa tra le preferite, tra le ricordate, ma anche e soprattutto chi ha lasciato un pensierino per questa fan fiction: grazie veramente, ho apprezzato molto. Mando un bacione.
Ah, grazie alle recensioni dell’ autrice/recensoraH AlessiaDettaAlex (perdonami cara, ma non so come si “tagga” su EFP) ho riveduto un pochino ma giustamente alcuni capitoli: il III, il IV e il VII. Consiglio ovviamente la lettura delle sue storie, in particolare dell'ultima “The odds are never in my favor”.
Un abbraccio virtuale dalla vostra Lauretta Koizumi Reid e alla prossima! 

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