Un apparecchio di troppo di Bibismarty (/viewuser.php?uid=59704)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La vita di Sorriso Metallico ***
Capitolo 2: *** Il fattore G ***
Capitolo 3: *** Il numero del diavolo è il 2 ***
Capitolo 4: *** La curiosità è una brutta bestia ***
Capitolo 5: *** Frustini, vibratori e altri sexy giocattoli..sono categoricamente vietati! ***
Capitolo 6: *** Appuntamento tremolante ***
Capitolo 7: *** Se ti ubriachi, tu lo sai... ***
Capitolo 8: *** Complicazioni ***
Capitolo 9: *** M'ama non m'ama ***
Capitolo 10: *** Una messinscena per amarsi ***
Capitolo 11: *** I segreti sono come i rotoloni regina...non finiscono mai! ***
Capitolo 12: *** L’incinto svelato e l’incanto dell’Istrice ***
Capitolo 13: *** Eravamo due universi di solitudine ***
Capitolo 1 *** La vita di Sorriso Metallico ***
Ecco, la storia che sto
progettando con perfidia per voi :) Allora I Tokio Hotel non mi
appartengono e tutte le vicende che presenterò sono frutto
della mia mente malata!
Con reverenza vi porgo i miei più sinceri auguri di buona
lettura :) A presto :)
Capitolo
1: La vita di Sorriso Metallico
“Accidenti è finita la carta
igienica” Strillò teatralmente dal bagno, la sanguisuga.
“Sophie,
portami un nuovo rotolo!”
I miei occhi scattarono verso
l'alto, in segno di imprecazione silenziosa. Sbuffai,
infastidita, ma continuai a leggere la riga dove ero arrivata
prima. Damon le toccò le labbra con il
polpastrello del
pollice e l'attirò a sé con delicatezza. Dovevo
dire che Kerie Marianne era una scrittrice straordinaria!
“Allora Sof? Il
mio culo non è pulito! Necessito di una pulizia!”
Scattai
in piedi, con l'intenzione di aprire la porta e lanciare in testa a
Tom il tomo, ma poi mi ricordai che non ne valeva la pena e dovevo
ancora finire di leggerlo.
Con rassegnazione
appoggiai il volume sul divano, dove prima ero comodamente
sdraiata e raggiunsi il ripostiglio. Accesi la luce a neon, che si
azionò lentamente, poi mi diressi con sicurezza allo
scaffale
di sinistra e presi un ennesimo rotolo di carta igienica. Era la
terza volta in due giorni che Tom finiva, stranamente, la carta.
Spensi la
luce e mi diresse verso la meta del diavolo. Aprii appena la
porta in modo da far passare la carta dall'apertura.
“Ah no no! Se la
lanci si bagnerà tutta!” protestò,
indignato il
ragazzo dall'altra parte del bagno.
Tom, aveva la
triste tendenza a essere brutalmente snervante. Se Sophie non fosse
stata costretta a lavorare per lui e il gruppo, lo avrebbe
già
strangolato.
“Tom, se la
prendi al volo, come anche un bambino sarebbe capace di fare non si
bagnerà” spiegai, ironica.
La risata di Tom,
arrivò chiara. “E come fai a sapere che lancio
farai senza
vedere? E poi, sono seduto, le mie capacità motorie sono
limitate”
Cosa mi trattiene dal lanciarlo da
un treno in corsa? Le tue capacità mentali invece sono
sempre
state inesistenti.
Aprii la porta,
tappandosi gli occhi con una mano, mentre con l'altra mano tenevo la
carta davanti a me.
“Hai
paura di vedere qualcosa di maestosamente grande?”
Tom,
era solito fare riferimenti alle dimensioni del suo pene, per cui non
fui nemmeno tentata di aprire gli occhi e esclamare ad alta voce “Oh,
veramente deludente per un gigante della musica!”
Arrivai fino a Tom,
che prese la carta dalle mie mani. “Brava Sorriso
Metallico”
“Come
dici, Impotente?”
grugnii, inarcando le sopracciglia.
“Fin
qui, sei stata molto brava. Ora puoi vedere il Miracolo!”
sfarfallò, allegramente.
“Come dici? Quel coso ti diventerà blu a forza di
viagra”
risposi girando i talloni e allontanandomi.
Prima di chiudere la porta sentii, una vaga risposta che sembrava
più
rivolta al suo pene che a me.
Mi diressi nuovamente verso il divano, riaprendo il libro nella
pagina segnalata. Ma proprio prima di iniziare a leggere, mi
raggiunsero dei brontolii consolatori. Probabilmente Tom stava
confortando il suo Gioiello. Lui era fatto così: un
esibizionista megalomane.
Avevo sempre avuto degli scontri accesi con Tom, a causa del suo
carattere. Non potevamo essere più diversi.
A Tom non interessava un'assistente, usufruiva della sua posizione
per impartire ordini anche quando non c'era bisogno, visto che la
Universal mi doveva pagare lo stipendio ogni mese, tanto valeva farmi
lavorare. Così spesso mi ritrovavo a portare a spasso il suo
cane, annotare le serate con le fan, passargli il sale, oppure
portargli gli asciugamani e la carta igienica in bagno.
All'inizio l'avevo trovata un'ingiustizia, ma poi avevo cominciato a
farci il callo. Tom si divertita a vedermi sgobbare, cioè mi
caricava di compiti se vedeva che ero a riposo, per cui la soluzione
per evitarlo era dimostrare che ero sempre impegnata. A volte mi era
capitato di piegare delle maglie per tre ore; nessuno se n'è
mai accorto.
Per quanto fosse cattivo, potevo giurare di vedere della tristezza
nei suoi occhi, che purtroppo però non mi avrebbe mai
lasciato
perlustrare.
Un altro mio datore di lavoro, molto esigente, era Bill. Posso dire
con sicurezza che sono stata affidata a loro per lui. Bill, rispetto
a tutto il gruppo, è quello che ha più bisogno
del mio
aiuto. Per cui ogni sua richiesta ha la precedenza su tutti gli altri
componenti. Bill adora avere assistenti personali femmine. Si trova a
suo agio con esse, perché può confidare le sue
più
nascoste esigenze, che io devo prontamente soddisfare. Bill non mi
affidava mai compiti impossibili, era sempre stato molto corretto con
me.
Anche se le sue crisi da perfezionista spesso mi avevano creato un
fastidioso mal di testa.
Georg, invece, ultimamente era diventato un ombra! Il suo grave
problema, era che vuole mantenere un segreto ai suoi compagni, per
timore di poter scombussolare il gruppo. L'unica che ne era a
conoscenza ero io. Georg mi aveva chiesto palesemente di mantenere la
bocca chiusa. Ho deciso di aiutarlo, ma la tentazione di spifferare
tutto è troppo forte!!
Gustav, infine, ma non per la poca importanza, è il mio
migliore amico. Non mi ha mai chiesto nulla se non di uscire a fare
una passeggiata. Ci sono pomeriggi in cui nella pausa girovaghiamo
per il centro, parlando di tutto ciò che ci viene in mente!
Oppure a volte quando è stanco di esercitarsi, viene a darmi
una mano segretamente. È la persona più
fantastica che
io abbia mai conosciuto!
Io, invece, sono una persona folle. Adoro il mio lavoro,
perché
sono molto attiva, nonostante adori stare spaparanzata sul divano a
ingurgitare schifezze. Chissà perché quando hai
l'apparecchio ti viene così fame! È come essere
incinta: ti viene il desiderio irrefrenabile di ingoiare il
frigorifero e fare un bel ruttino, subito dopo.
Lo so che a 18 anni, avere l'apparecchio non è la cosa
più
figa del mondo, ma sono certa che chiunque riuscisse a vedere come mi
sento io, sarebbe felice quanto me. Le mie placchette metalliche sono
la mia personale maschera. Mi consentono di essere protetta dagli
sguardi e di condurre la mia vita nella più assoluta
indifferenza. Mi piace godermi la vita, senza preoccuparmi del
giudizio altrui. Carpe diem. Non importa che cosa hai addosso, ma chi
sei!
Ed io mi piaccio esattamente come sono!
La porta del bagno si spalancò improvvisamente.
“Sophie, ti
devo fare una domanda”
I miei occhi blu, si incontrarono con quelli marroni di Tom.
“No”
“Ehi, non ti ho chiesto se potevo o meno! Ho detto che devo!”
Lo guardai perplessa.
“Cosa fa Bill in lacrime, più un luogo
raccapricciante, più
qualche bicchiere di troppo?”
Merda. “Bill in pericolo” risposi, già
in piedi,
scattante.
Ciao ciao
Damon! Ci vediamo tra un secolo, quando potrò di nuovo
aprire
la copertina del tuo libro!
Quando Bill beveva, c'era sempre una motivazione. Non stava bene.
Tom, era uscito di tutta fretta dal bagno, tenendo saldamente tra le
mani i bottoni, cercando di farli passare nelle fessure. La
praticità
per Tom, era totalmente un'utopia.
Così gli diedi il tempo di sistemarsi, mentre andai a
prendere
l'auto nel garage. Quando mi trovai davanti all'ingresso suonai
frettolosamente il clacson e il mio peggior capo uscì con i
rasta al vento: probabilmente il cappello era rimasto a impolverarsi
sull'appendino.
“Sophie spostati!” gridò con risolutezza
Tom avvicinandosi
alla mia porta. Non era una richiesta, era un ordine.
Feci un radiografia al mio datore di lavoro senza battere ciglio.
Scossi la testa, allibita.
Tom aprì la porta dell'autista, sperando che sarei fuggita
subito fuori. Ma incontrò il mio sguardo severo.
“Niente patente, pantaloni scomodi per schiacciare i pedali,
capelli che impediscono la visuale...Sei sicuro di poter
guidare?”
asserii, alzando un sopracciglio.
La mano di Tom, si strinse attorno al bordo della portiera della
macchina. Sembrava che volesse disintegrarla.
“Tu...Appena porterò le chiappe di mio fratello a
casa,
comincerò a chiedere le tue dimissioni!”
“Fallo e tu non avrai più una mano, per palpare il
culo
minorenne di una tua fan”
Lo sguardo del chitarrista si trasformò in una maschera
illeggibile. Con durezza chiuse la porta, facendo dondolare
l'abitacolo per il colpo subito. Con stizza aggirò la
macchina
e mi salì affianco.
Ormai ero abituata all'ira di Tom, per cui non ebbi alcuna reazione,
ma in condizioni normali mi sarei spaventata.
Intuendo che Tom, non voleva aggiungere altro, misi in moto l'auto e
mi diressi verso il centro, dove il rasta diceva che Bill era.
Svoltammo qualche angolo nel più assoluto silenzio,
finché
non captai i soliti, inequivocabili, borbottii del chitarrista.
“Sapessi guidare almeno. Non hai nemmeno visto che era
arancione,
ci passavo mille volte io. Fermiamoci tre ore agli stop, tanto
è
il fratello di Tom che sta male non il mio”.
La testa di Tom cominciava a muoversi a destra e a sinistra, in una
discussione amplificata da molti segnali corporei. Era una
prerogativa del mio capo, di gesticolare in modo animato, quando era
arrabbiato.
“A me almeno non hanno tolto la patente” asserii,
spegnendo ogni
protesta. “E la mia auto è integra”
aggiunsi.
Tom mi fulminò. La sua adorata Cadillac, aveva subito leggera
stritolatina, e ora probabilmente era sotto una pressa per
diventare polvere. Lui odiava che io glielo ricordassi. La macchina
in questione era stata il suo unico amore (escludendo in partenza le
fan che andavano a letto con lui, visto che lo intrattenevano solo
per qualche ora).
“Dovrebbero farti delle multe per eccessiva lentezza! Le
tartarughe
hanno il turbo rispetto a te” sbottò. “I
bradipi
riuscirebbero a fare il giro del mondo quattro volte più di
te, saltando su una zampa sola”.
“Spiritoso, molto spiritoso. Metti la mano fuori dal
finestrino e
schiaccia il pulsante per farlo alzare! “
“Che ne dici, se ti lego al tetto della macchina e ti spingo
giù da un burrone?”
Il semaforo davanti a me scattò improvvisamente, diventando
rosso. La frenata che ne seguì fu brutale. I nostri corpi
immediatamente furono scaraventati in avanti, bloccati all'improvviso
dalle cinture. Il rinculo ci fece scattare poi indietro, addosso ai
sedili.
“Merda” digrignò Tom, una volta che si
rese conto di
essere ancora vivo. “Vai piano, potevi uccidermi”.
Uno sguardo assassino incontrò gli occhi di Tom. E una
risata,
si liberò dalle nostre labbra.
“Kaulitz, tu sei terribilmente irritante!”
proclamai, ancora
sconvolta dalla calma che ci avvolgeva.
Tom, si voltò per nascondere una risata, ma improvvisamente
si
gelò sul sedile. “Sophie, ecco Bill!”
I miei occhi scattarono nella stessa direzione di quelli del
passeggero e lo vidi. Le spalle curve rivolte verso il passo, il
passo insicuro, lo sguardo perso, rivelavano il suo stato di
incoscienza.
Accostai velocemente, e poi scattammo fuori dal veicolo alla rincorsa
del nostro fuggitivo.
Tom lo afferrò saldamente per una spalla e lo fece voltare.
Fu
in quel momento che vidi le lacrime, che gli rigavano il volto.
Lunghe, trasparenti lacrime, che brillavano al sole mattutino.
“Bill? Che è successo?”
Bill mi guardò, con lo sguardo vuoto, di una persona che non
vede. Non vi era nulla dell'attraente uomo, sicuro di sé, in
quel momento sul suo volto.
Le sue spalle si alzarono, per liberare un altro singhiozzo.
“Katherine, mi ha lasciato”
****************
Comunicazioni:
Sophie, nella mia mente è questa adorabile ragazza.
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Capitolo 2 *** Il fattore G ***
Ciaoooo :) Ma siete fantastiche
:) Mie care, in questo capitolo...naaaaaaa leggete :) Non vi voglio
rovinare la sorpresa!
Alle care:
memy881: Tom,
è un perfido e Sophie una cara ragazza, ma dobbiamo anche
evidenziare che la pagano :) Comunque si La forza dell'amore
è ancora in cantiere, ho intenzione di continuarla, ma con
calma :)
Layla:
ma mi segui? :) ne sono piacevolmente colpita :) Eh eh Georg non ha
assolutamente intenzione di rivelare il suo segreto, ma nemmeno Sophie.
Per cui non attenderti nulla di speciale per ora XD A me non dispiace
che lo abbia mollato. Ah probabilmente tornerà in auge,
più avanti, quando si accrogerà che Bill gli
mancherà -_-
Felice di averti ispirato ad entrare in questa avventura :)
Nanushka97:
piacere di conoscerti :) Grazie mille per i complimenti :) mi lusinghi
:) Ti piace Sophie? Ne sono felice :) A presto :)
DarkAngel14:
Ma grazie :) Sono felice che ti piaccia :) Tom è veramente
irritante hai ragione! Per quanto riguarda Georg, lo vedremo il
perchè, ma non ora XD
che cattiva XD Kusss :)
Destiny
Hopeeeeeeeee: ti
faranno santaaaaaaa ohohohohoh, Barbara Streisand! Ok scusa XD Credo di
averti già risposto mia cara, ma lo rifaccio qui
pubblicamente. Tieni d'occhi Tom, perchè ne
combinerà delle belle XD Tu hai una pazienza incredibile! E
Tom ce lo ha grande fidati XD bacio, bacio! sono di fretta, tanto ci
sentiamo già per altre vie io e te :9 puoi chiedermi quello
che vuoi anche altrove :)
Capitolo
2: Il fattore G
Sgranai
gli occhi, sconvolta dalla notizia che le mie orecchie
avevano appena percepito.
“Come? Perché avrebbe dovuto lasciarti
così
all'improvviso?”
Il mio affascinante capo, chinò la testa di lato, riducendo
le
pupille a fessure, come se stesse valutando quale risposta meritavo
di sentire. “Non mi amava più” disse
alla fine, con la
voce stridente.
Assorbii la risposta, anche se non riuscivo a comprenderla fino in
fondo. “Bill, è impossibile. Le persone non
smettono di
amare così!” protestai, credendo che mi volesse
nascondere
la vera motivazione. Bill nonostante le manie da perfezionista, non
era un ragazzo di cui ci si poteva scordare facilmente.
“È
possibile invece”
mi rispose, incedendo nella mia direzione. “Tu non sai quello
che
dici, piccola” E i suoi polpastrelli sfiorarono la mia pelle.
“Parli ancora così perché non conosci,
fortunatamente, il mondo in cui noi viviamo. Sarai salva
finché
entrerai dalla porta di servizio. Cara Sophie, i flash ti accecano,
non catturano meglio la tua immagine. Il tappeto rosso, conduce
all'oblio, non all'oscar. Fuggi, finché puoi!” Il
suo
sguardo, era intenso, duro, ma colmo di lacrime.
Con un respiro
smorzato si voltò
e si diresse verso il passaggio a livello, che si trovava poco
distante.
“Bill, tu
hai bisogno solo di
un po' di sesso!” gli urlò Tom, privo di ironia.
Credeva in
quello che stava dicendo.
Il fratello si
voltò di
scatto e allargò le braccia, per aiutarsi a dire quello che
stava per uscirgli dalle labbra. “E tu Tom, hai solo bisogno
di un
po' di amore” Gli occhi di Bill, traboccarono e un fiume di
lacrime
rotolò sul suo viso. Scrollò il capo, lentamente,
poi
riprese il cammino.
Io e Tom ci guardammo
per una
frazione poi ci gettammo verso il nostro fuggitivo. L'afferrammo per
i polsi, arrestando la sua camminata.
“Bill, ora
torniamo a casa,
così ti fai un bel bagnetto e un bel pisolino,
eh?” propose
Tom.
Il nostro fuggitivo,
annuì.
“Voglio solo tornare a casa” sussurrò
piano.
Gli annuii con il
capo. Poi
aiutata da Tom, ci dirigemmo nella direzione opposta, verso l'auto.
Bill
continuò a guardare
fuori dal finestrino, per tutto il viaggio. Non smise di piangere.
Katherine, giovane
modella,
promettente stella della Moda, era abituata ad avere tutto quello che
voleva. Era il genere di persona che riesce ad ottenere tutto, solo
schioccando le dita.
Le piaceva sentire la
giuria
applaudire le sue performance, sulla pista; sentire i flash
catturarle lo sguardo ammaliante; e avere la scarpiera piena di
scarpe con il tacco.
Non le piaceva
certamente non
essere chiamata come Stella della sfilata; che uno stilista le
imponesse l'abito da mettere; essere contraddetta.
Katherine aveva un
carattere
severo e perfezionista, molto più accentuato che in Bill.
Mi ero, per questo,
interrogata
spesso sulla loro storia. Come potevano stare insieme due personaggi
così in competizione? Una carriera avrebbe fatto sembrare
meno
importante l'altra.
In ogni caso non mi
sarei
aspettata che la loro relazione sarebbe terminata così
inevitabilmente.
Probabilmente nemmeno
Bill se
l'era immaginato.
“Metal
detector” Mi raggiunse
la chiamata dell'inconfondibile Tom, chiamandomi con un altro dei
suoi soprannomi. “Gustav, chiede se puoi raggiungerlo in
giardino”
disse con disprezzo. “Spero che ti sotterri così
finalmente
mi libererò di te”.
In risposta ghignai,
perfidamente, mentre i miei occhi scattarono verso l'alto.
Tom se ne
andò ridendo
sotto i baffi, trascinando i piedi per non alzare troppo la gamba e
far cadere i pantaloni.
Bill, dormiva
beatamente da
un'ora ormai e la mia presenza non era strettamente necessaria.
Decisi che avrei anche potuto tornare da lui, quando si sarebbe
svegliato.
Mi alzai, ma prima di
lasciare la
stanza, riempii la brocca con dell'acqua fresca, in caso si fosse
svegliato. Poi mi diressi verso l'ingresso sul retro della casa e
uscii in giardino.
La casa dove abitavano
i Tokio
Hotel in pausa dalla tournee, per riposare e entrare nello spirito
giusto, era in campagna, situata nei pressi di Magdeburgo. Si
trattava di un Cottage in perfetto stile inglese, con candidi infissi
bianchi, mentre il giardino che la circondava, constava di vari metri
quadri di piante e fiori accuratamente trattati.
Mi piaceva come era
strutturato.
Un sentiero conduceva allo stagno e al gazebo, e su una piccola
piastra di mattonelle ci si poteva comodamente prendere il sole nei
giorni estivi. Tutto coordinato con alte piante, che lasciavano
grandi ombre, sotto le quali ci si poteva riposare nei giorni di
calura.
Individuai Gustav,
intento a
annusare il profumo di un fiore di loto, in fondo al sentiero.
Incedetti
immediatamente verso di
lui, per ricevere ordini, ma quando gli fui dietro, Gustav si
voltò
e mi sorrise. “Sophie sei arrivata”. Il sorriso di
Gustav, era un
uragano, un monsone. Ti sconvolgeva l'anima. I denti scintillarono
pericolosamente, prima che le labbra si richiudessero.
“A sua
disposizione”
gracchiai, ancora abbagliata, dal luccichio dei denti di Gustav.
Il mio biondo capo, si
esibì
in uno sorriso sghembo. “Veramente, ti ho chiamata per un
consiglio” asserì mostrandomi il lavoro che stava
svolgendo.
“Come ti
sembra?” domandò,
nuovamente serio.
I muscoli di Gustav
facevano
bella mostra di loro, sul petto del ragazzo, risplendendo al sole del
pomeriggio. “Stavo pensando di mettere altre siepi qua per
rendere
più intimo il laghetto, ma mi piacerebbe mettere anche un
ponticello di legno per bellezza là, che dici?”
Il mio sguardo, perso
nei
riflessi cristallini dell'acqua, tra le ninfee, non si
spostò
di un millimetro, ma la mia bocca si aprì per
volontà
sua. “E' bellissimo” Ed era veramente bellissimo!
La posizione
dello stagno e i fiori colorati alle sponde, rendevano l'ambiente
allegro e affascinante, come piaceva a me.
“Grazie,
Sophie! Ogni tuo
complimento mi fa sentire meglio! Tu sei sempre sincera” mi
disse,
visibilmente più rilassato.
I miei occhi,
involontariamente
si voltarono verso il biondo, che teneva ancora saldamente le braccia
robuste sul petto.
Normalmente non
apprezzavo molto
gli uomini palestrati, ma Gustav era decisamente affascinante nella
sua massa. Non era esagerato, ma nemmeno scarso. Era molto
proporzionato, con il suo nuovo fisico dimagrito, e l'altezza media.
Sapevo che quando avevo cominciato a lavorare per i Tokio Hotel,
Gustav era appena uscito da una brutta crisi, dopo che la sua ex lo
aveva piantato. Era dimagrito tanto, a causa della depressione, e il
gruppo era stato costretto a mandarlo da un dottore per
somministrargli un programma alimentare adeguato. Nonostante, si
fosse ripreso, non aveva più recuperato il suo peso
originario, tanto che ogni volta che entravo nella stanza di Bill e
vedevo la
vecchia foto che li
ritraeva,
allo specchio, non riuscivo ancora a credere che il ragazzo paffuto
fosse Gustav.
Sorrisi lusingata.
“E' sempre
un piacere essere una fonte di consigli, Gusty” asserii
guardando
il mio amico, con allegria.
Gustav
ricambiò, tenendo
in mano sempre le cesoie. Quando me ne accorsi inorridii.
“Non
avrai intenzioni malefiche?”.
Le cesoie fecero uno
schiocco
chiudendosi. “No, ma..” Il sorriso di Gustav stava
diventando
malizioso.
“Uhm,
diciamo che dovrei andare
a tagliare i peli delle ascelle a Tom” borbottai, come una
ragazza
in un film del terrore. Poi in uno scatto mi voltai e cominciai a
correre.
Gustav, intuendo la
mia mossa,
scattò nello stesso momento e mi inseguì
continuando ad
aprire e chiudere la cesoia. “Sophie, non mi sfuggirai, ti
farò
depilare i peli sui piedi di Tom a vita!”.
Scoppiai a ridere,
mentre le mie
gambe continuavano a susseguirmi una davanti all'altra. “Non
mi
prendi! Gustav, dovresti essere un po' più alto”.
Gustav
ridacchiò. “Scappa
Sophie se non vuoi un taglio radicale”
gridò,
brandendo in aria la cesoia.
“STOOOOOOP”
proruppe una voce
dall'alto. “Io non ho i peli sui piedi, Gustav, e Sophie deve
prepararmi la vasca da bagno!”
Gustav ed io ci
bloccarono
immediatamente, provocando quasi un tamponamento, e guardammo verso
l'alto chi aveva parlato.
Tom, si ergeva fuori
dalla
finestra del secondo piano, con i rasta che cadevano sulle spalle un
po' a destra della testa e un po' a sinistra. “Avanti Sophie,
non
ti paghiamo certo per farti fare un nuovo taglio da Gus”
proferì,
con la solita aria da sbruffone. “Anche se ti starebbe
divinamente
la testa pelata”aggiunse acidamente prima di richiudere la
finestra.
Gustav mi
guardò, triste.
“Devi proprio andare?”
Sorrisi.
“Tornerò giusto
in tempo per godermi il pranzo assieme a te. A dopo Gus”
Gli passai accanto,
sfiorandogli
appena la spalla, diretta verso la casa.
Mentre camminavo
sentii, sulla
schiena lo sguardo del mio biondo capo, preoccupato.
“Sophie,
è calda
l'acqua?” domandò, sbuffando Tom, nella camera
adiacente.
Tenevo il dito
costantemente
nell'acqua in attesa che divenisse calda al punto giusto.
“Si,
è tutto pronto,
come desideri” risposi annoiata.
Nello stesso istante
la porta si
spalancò ed entrò il mio peggior incubo. Nudo.
Appena la vista si
accorse della
visione, la mia mente mi fece abbassare le palpebre. “Tom!
Cristo,
un accappatoio è chiedere molto?”
Il mio capo rise,
piacevolmente
contento. “Sorriso metallico dovresti sapere che mi piace
fare il
bagno nudo. Come lo fai tu? Con la panciera o i mutandoni della
nonna?”
A Tom piaceva essere
maligno e si
divertita a fare il tipico So-Tutto-Io, giocare con la play e suonare
la chitarra come se avesse costantemente orgasmi.
A Tom non piaceva che
qualche
donna lo ignorasse, litigare con Bill, ed avere la stanza
più
piccola del resto del gruppo.
Mi affrettai a uscire
dal bagno,
chiudendo con ansia la porta. Stare nelle vicinanze di Tom,
richiedeva grandi sforzi di controllo.
Mi diressi decisa
all'armadio per
prendere gli asciugamani che mi avrebbe chiesto Tom, di li a poco, in
modo tale da non dover più entrare in bagno.
Ma poco prima di
aprire la
maniglia sentii dei rumori provenienti dall'interno del mobile.
Molto sospettosa mi
apprestai ad
ascoltare in silenzio la situazione. Sembrava tutto di nuovo calmo.
Così con
lentezza afferrai
la maniglia e l'abbassai piano. Poi aprii l'alta. All'interno, raggomitolato sul
fondo, sedeva Georg, visibilmente terrorizzato.
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Capitolo 3 *** Il numero del diavolo è il 2 ***
Sono proprio di fretta, ma voglio farvi questo regalo speciale! Spero
sia di vostro gradimento! Ringrazio tutte le persone che si fermano a
leggere! Mille inchini per voi :) Ringraziamo anche i Tokio Hotel per
il loro aiuto in Giappone :) I miei tesorucci <3
Alle mie pedinatrici :):
memy881: Ciao!
Certo Tom sarebbe in grado di andare in televisione nudo...mmm
è un'idea da non scartare! No no mi dispiace ma Gerog deve
mantenere un segreto, e si sa che i segreti devono rimanere
segreti...sennò che segreti sono?? XD Bill
è a parte. Lo scoprirai con il tempo, come è
fatto! Spero che questo capitolo riesca a mettermi molti altri
dubbi! Ciao ciao :)
nanushka97:
Spero di aver scritto giusto il tuo nome XD "appena ho letto il titolo
della storia in prima pagina, mi è comparso un sorriso da
ebete, mi hai resa felice :D"
Non ci posso credere! Qualcuno è così entusiasto
della storia?? Wow anche tu mi rendi felice :)
Bill si, si riprenderà in fretta, con gli impegni che lo
chiamano sarà costretto! Ma no Tom è favoloso
nella sua stronzaggine!
Tu quoto! Sophie for president, me too! è un piacere che ti
sia caro Gustav, ma per quanto riguarda Georg non ci sono speranze! Un
salutone anche a te!
Layla: "Un
elefante in cristalleria avrebbe più tatto di lui" direi che
hai ragione! Katherine dal canto suo, vista dagli occhi di Sophie
è una stronza, ma ,o sarà sul serio? Lo
vedremo!!!! Gustav lo adoro :) Nella mia versione è stupendo
:) Voglio lavorare molto su di lui :) Scommetto che ti
piacerà :) Voglio che sia un po' diverso dal solito. Sto
lottando per far venire fuori la sua personalità!
Georg è un grande punto interrogativo che non
troverà risposta molto presto XD sono perfida? Ma no daiiii
::) scusa se scrivo poco ma è molto tardi e ci tengo
moltissimo a postare :) attendo questo momento da tre settimane! ti
aspetto come sempre per sapere come è andata :) Ciao, Layla
:)
Capitolo 3: Il numero del
diavolo è il 2
Georg
Moritz Hagen Listing” digrignai, nel momento in cui mi resi
conto
di avere ancora un cuore. “Hai intenzione di farmi
morire?”
aggiunsi, in un tono, che sembrava essere rientrato negli standard di
un dialogo civile.
Le
braccia del mio capo, che prima abbracciavano le ginocchia, ora si
alzarono all'altezza del viso per proteggersi dalla luce.
“Sophie,
mi hai fatto spaventare!”
La
mia mano, stava massaggiando lentamente il petto, per cercare di
calmare il battito impazzito del mio cuore. “Come fai a dire
che io
ti ho fatto paura, se sei tu quello matto che si nasconde
nell'armadio?” sibilai, aumentando la gestualità
con la mano
sinistra.
Sophie,
sono in missione segreta, per favore fai piano! Tom è fuori
portata, vero?”
Sgranai
gli occhi, stupita. “Non dirmi che stai ancora cercando di
capire
se sono venuti a conoscenza del tuo segreto?”
Georg
scattò verso di me tappandomi la bocca con le mani,
premendole
nervosamente, cominciando a guardarsi intorno
circospetto.
“Mmmmm”
mugugnai, senza provocare nessun suono, vista
l'impossibilità
di aprire bocca.
Il
mio paranoico capo, mi liberò, ma non smise di perlustrare
la
stanza, come una sentinella.
“Non
lo sanno e non lo sapranno se uno di noi due non lo riferirà
a
loro” gli spiegai cercando di farla sembrare una condizione
impossibile da realizzare.
Georg
non sembrava per niente convinto e si ritirò nell'ombra
dell'armadio. “Tu non mi hai visto. Non hai visto nulla di
ciò
che è successo”.
Georg
non era malato, il fatto che ci assomigliasse non lo rendeva tale.
Era diventato sospettoso e paranoico, da quando aveva scoperto di
dover tenere un segreto ai suoi amici.
“Non
sarà l'ipnosi a farmi dimenticare che tu...”
Un
paio di mutande mi coprì la visuale, all'improvviso.
“Molto
spiritoso, Georg!”
Afferrai
il tessuto degli slip e me le tolsi dal viso. Solo quando furono tra
le mie mani, lessi cosa vi era scritto sopra. “Tonight I'll
be your
student”. Tom.
La
prima reazione fu di disgusto totale, la seconda fu di alzare
l'oggetto in questione e gettarlo nella stessa direzione da dove era
venuto.
Con
mia grande soddisfazione il lancio fu perfetto. La mutanda
circoscrisse una traiettoria a cucchiaio e con sommo piacere
finì
sui capelli stirati del mio capo frustrato.
Ridacchiai
istericamente alla visione di Georg, più che confuso, che
cercava di reggersi con nonchalance il nuovo cappello ottenuto.
Georg,
si resse il cappello con cura, entrando in una parte non sua.
Cominciò improvvisamente a imitare Tom. Si grattò
spudoratamente in un punto appena sotto il suo organo riproduttivo ed
esclamò: “Guarda che se sei gelosa, del mio
nuovissimo
style, non è colpa mia! Mi riforniscono giornalmente dei
più
pregiati tessuti del mondo, per proteggere l'arma atomica
più
pericolosa sulla faccia della terra”.
Una
mano scattò immediatamente sulla bocca per frenare un
attacco
di risata isterica. Georg era bravissimo a imitare Tom
perchè
ogni parola poteva benissimo uscire anche dalla bocca del mio capo
megalomane.
Georg
continuò a scimmiottare Tom esagerando mano a mano.
Inaspettatamente,
però, ci giunse glaciale la voce di Tom. “Sophie,
dove sono
i miei asciugamani?”
Io
e Georg diventammo all'istante due statue, paralizzate dal terrore.
Cosa aveva sentito Tom del nostro casino?
“Sophie
puoi portarmi immediatamente degli
asciugamani?”
Nello
stesso istante in cui Georg sentì la parola asciugamani,
afferrò
con velocità le ante dell'armadio e lo chiuse con decisione.
Aleggiò nella stanza ancora per qualche secondo il tonfo che
segnalò la chiusura.
“Oh
no no no! Georg, bravo bambino apri immediatamente!”
Protestai
cominciando a forzare le ante per aprirle nuovamente. Se avessi
potuto, confido che mi si sarei nascosta anche io, ma era di vitale
importanza portare gli asciugamani al mio capo. “Forza,
Georgino, la serpe mi ucciderà. Salvami per
favore!”
implorai, sperando che nel cuore del mio oscuro capo si smuovesse un
lato che era ancora tipicamente umano.
La
maniglia della porta del bagno si abbassò improvvisamente e
una figura circondata da una scia di goccioline e vapore acqueo
comparve sulla soglia. “Si può sapere
perchè parli
con l'armadio?” domandò Tom, scuotendo il capo.
Mi
voltai, ridacchiando istericamente, cercando di sembrare normale.
“Oh
no stavo imprecando contro l'armadio perchè non si
apre”
dissi posizionandomi davanti alla fessura, sperando che Georg non
ruzzolasse giù improvvisamente.
“Ma
sarà...” sogghignò Tom. Ero sicura che
volesse che
abbassassi gli occhi, perchè lentamente si fece avanti e il
suo sorriso si fece più sornione. “Il mondo
è bello,
perchè possiamo vederlo no? Gli occhi sono un dono
miracoloso
che ne pensi?”
Decisamente
essere in territorio nemico non mi avrebbe aiutato a evitarlo.
Quando
pensavo che mi sarei arresa e avrei guardato verso il basso, la porta
della stanza si aprì ed entrò la mia salvezza.
La
luce che penetrava dalle finestre nella stanza colpì i
muscoli
vistosi del batterista e i suoi capelli facendoli splendere.
“Oh,
Tom, per carità, copriti le miserie, porto Sophie a mangiare
fuori. Quando torno, voglio vederti coperto!”
Tom
si voltò di scatto verso il suo compagno. “Credi
davvero che
ti perdoni questa interruzione? Io e Sorriso Metallico ci stavamo
divertendo! E poi il suo turno di lavoro non è ancora
finito!”
Gustav
rise, sarcasticamente. “Mio caro, il suo turno è
finito
cinque minuti fa!”
Poi
mi guardò, incoraggiante. “Andiamo Sophie,
indovina dove ti
porterò!” aggiunse, allegramente.
Sentii
direttamente l'irritazione di Tom, toccarmi la pelle e scaraventarmi
contro l'armadio.
Deglutii
piano, lo fissai lentamente nel volto, per carpire tutti le emozioni
che gli colorivano il volto, dopo di che abbassai gli occhi al
pavimento e incedetti verso Gustav.
Questa
volta ero salva, ma non potevo dire che sarebbe stato lo stesso per
le volte a venire.
Parcheggiamo
l'auto poco distante dal locale che Gus aveva scelto per il nostro
pranzo, così ci vollero pochi minuti per raggiungere
l'insegna
che lo indicava.
“Ristorante
Italiano?” domandai sbigottita, una volta che riuscii a
leggere i
caratteri che vi erano sopra. “Hai la più pallida
idea di
quanto costi?”
Gustav
si strinse nelle spalle. “Mi avevi detto che avresti tanto
voluto
assaggiare un bel piatto di spaghetti italiani, così mi
è
venuto in mente che qui il proprietario è italiano ed il
cibo
è tutto squisito!”
Il
mio sguardo, tutt'altro che allegro, lo trafisse. “Non voglio
che
tu realizzi ogni mio piccolo capriccio!”
Gustav
sorrise. “Ma non lo sto facendo! Ci volevo venire anche io! E
poi
il cuoco è mio amico, per cui farà una buona
parola al
proprietario per farci un fantastico sconto”
asserì
guardando la gente mangiare ai tavoli dalla vetrina. Ritornò
a
guardarmi: “Ti sto per aprire la porta, attenta”
disse,
allungando la gamba verso l'uscio.
Trattenni
il respiro e alzai il dito verso di lui. “Non
oserai!”
Gustav,
in risposta, allungò l'altra gamba e fu a un passo dalla
porta, tanto che poteva toccare con le dita la maniglia.
Odiavo
che un uomo mi aprisse la porta, per farmi passare. Gustav lo sapeva
e mi stava provocando per convincermi ad entrare.
Scattai
verso la porta e premetti la maniglia verso il basso. La porta si
aprì così velocemente che persi l'equilibrio,
rischiando di cadere in avanti.
Per
mia fortuna riuscii ad appigliarmi, prima di ruzzolare, ma ormai il
danno era fatto. I clienti del ristorante ci stavano fissando,
immobili.
Gustav,
rise, inconscio che le mie guance stavano mutando colore: da un
tiepido rosa, stavano diventando di un fosforescente bordò.
Ero sicura che se avessero spento le luci avrebbero potuto vedere le
mie guance a distanza e le avrebbero potute usare come fari, per
orientarsi nella stanza.
Un
cameriere ci venne incontro e ci chiese se eravamo in due. Gustav
annuì, pimpante.
Intanto
il mio viso, stava riacquistando il normale colorito, come se mi
fossi posata sulla faccia un intero iceberg.
Il
ragazzo che ci aveva accolto all'entrata ci fece sedere in un angolo
appartato del locale, che era distante da tutti gli altri clienti
della sala.
Mi
tolsi la giacca e la appesi alla sedia, ma prima che potessi sedermi,
Gustav mi apparve dietro le spalle e mi scostò la sedia per
farmi sedere.
Quando
mi voltai vidi Gustav sorridere sotto i baffi, sornione.
“Che
stai facendo?” dissi portandomi le braccia ai fianchi.
La
risata che proseguì la mia domanda, gli fece vibrare il
petto.
“Mia cara, questo è un pranzo secondo le mie
regole”.
Alzai
un sopracciglio, sicura di essermi persa qualcosa.
“Beh
dovrai solo pranzare e divertirti, non pensare alla spesa o a come
sono gentile con te! Sono sicuro che riuscirai a rilassarti”
Gustav,
non era cattivo. Stava facendo tutto ciò che un buon amico
farebbe con la propria amica quando ha bisogno di staccare dal
lavoro.
Sorrisi.
“D'accordo, ma l'acqua me la verso io. Potrei sentirmi
più
paralizzata del solito”.
Gustav
rispose con un sorriso muto. Andò a sedersi di fronte,
guardando ogni mia mossa diretta alla sistemazione del tavolo.
“Tu
sei la mia paraplegica preferita”.
Lo
stupore mi ghiacciò, per qualche secondo.
“Come?”
“Nel
senso che non ho mai conosciuto una persona più imbranata di
te nel camminare” ammise, stranamente serio.
“Eppure è una
caratteristica che adoro. Ogni tua caduta è elegante. Anche
se
finisci a terra, sorridi e ti rialzi. Trovi sempre il coraggio di
guardare il mondo, anche quando ti sembra che tutto sia
perduto”
esordì, enfatizzando la frase, come se stesse raccontando un
miracolo.
“Mi
piace, che tu quando sei triste guardi il cielo, non il terreno. E se
c'è nuvolo, non pensi che pioverà, ma che presto
arriverà il sole!” continuò, fiero.
Il
battito del mio cuore era così forte, che tutti avrebbero
potuto guardarmi e vederlo battere nella mia gabbia toracica. Lo
avrebbero visto schiantarsi contro le ossa, avrebbero sentito il
fragore e percepito che di li a poco avrebbe smesso di battere.
“Grazie”.
Pronunciate quelle parole, il mio intero organismo sembrò
calmarsi. Avevo sempre creduto che i suoni di alcune parole
possiedono la proprietà di tranquillizzare.
Seguì
un lungo sguardo corrisposto, interrotto solo dal cameriere, che ci
chiese cosa volevamo ordinare. Scoprimmo che entrambi volevamo lo
stesso piatto di spaghetti e ordinammo un'unica bottiglia di vino.
“Nient'altro?”
chiese il cameriere.
“Direi
di no. O desideravi dell'altro?” rispose, rivolgendo a me la
domanda.
Gli
rivolsi un sorriso. “Direi di no”.
Il
cameriere si volatilizzò a portare in cucina il nostro
ordine.
“E'
per questo e altro che ti adoro!”
“Anche
io” asserì Gus, piano.
Il
pranzo seguì nella più completa libera
associazione di
argomenti. Toccammo picchi di intelligenza e fondi di demenza.
Parlammo di politica, di problemi ambientali, dell'importanza
dell'acqua e della scoperta che essa contiene cristalli che mutano in
base all'ambiente in cui si trova, di bambini, poi non so come
arrivammo a parlare delle mutande di Tom, del perizoma che Georg
teneva come portafortuna nel cassetto e della capigliatura di Bill,
tendente al riccio.
Qualche
anno fa non avrei mai creduto che potesse essere così
divertente discutere con Gustav, invece ora era diventato
indispensabile, per me.
Quando
fummo sazi e la bottiglia di vino vuota, uscimmo dal locale. Ci
investì immediatamente un'aria di pioggia e ci accorgemmo
che
si erano formate varie pozzanghere sul ciglio della strada.
In
quel momento non pioveva molto, ma presto la quantità
sarebbe
aumentata.
Così
ci guardammo, e notammo che quello che ci passava nella mente era
esattamente la stessa cosa. “Chi arriva ultimo alla macchina,
bacia
tutte le sere il perizoma di Georg”.
Come
due schegge scattammo, cominciando a correre a perdifiato, sul
marciapiede. La pioggia nel frattempo scendeva sempre più
frequente e a gocce sempre più grandi.
Mi
piaceva godermi ogni istante della mia vita, mi piaceva apprezzare le
piccole cose: come la pioggia.
Mi
fermai di colpo e alzai il viso verso il cielo. Vidi lunghe colonne
scendere dal cielo cristalline gocce cadermi sul volto. L'acqua
lavava via ogni dolore, ogni paura.
Aprii
la bocca per far uscire la lingua, che una goccia bagnò.
“Sophie,
che fai? Vuoi prosciugare l'acqua del mondo?” Anche Gustav si
era
fermato.
Ridacchiai,
felice.
“Sophie?”.
Il tono del mio capo si era fatto serio. Lo guardai, avvicinarsi e
prendermi una mano.
“Tu...”
Un
groppo in gola, non mi fece respirare.
“Tu...saresti
disposta e venire in tour con i Tokio Hotel? Ti pagheremmo bene, e
staresti bene! Avrai una tua stanza! E ti porterò a vedere
il
mondo!”.
Tutta
la tensione scivolò via, trasportata dall'acqua.
“Ma certo!
Sarebbe magnifico! Non ti direi mai di no Gustav!”
E
il biondo, mi cinse in un abbraccio, caldo e lungo.
Gustav
zampillava di allegria, saltellando nelle quinte dello studio
televisivo, salutando la gente che incontrava. Mi sembrava che fosse
tornato un bambino che osserva il mondo attorno a sé con
smisurata meraviglia.
Se
non fosse stato per l'assurdità dell'idea, avrei potuto dare
per vera l'ipotesi che Gustav avrebbe potuto volteggiare, come una
graziosa ballerina di danza classica.
La
sua euforia stava toccando picchi vertiginosi quando un altoparlante
emise un suono stridente, seguito poi da una voce che si
propagò
per annunciare ai lavoratori frenetici, dell'imminente inizio del
programma.
La
reazione generale fu di proteggersi le orecchie, dal suono acuto,
così solo in pochi udirono il seguito del discorso.
“Saremo
in onda tra dieci minuti. Tutti alle loro postazioni”
annunciò
con enfasi e autorità, la voce di una donna. “Chi
sarà
trovato a perdere tempo, verrà licenziato!”.
La
mia attenzione fu catturata, da un uomo affascinante, che da quanto
avevo capito era il presentatore del programma che avrebbe dato
spettacolo di li a poco. Era uno dei pochi che non si era sconvolto
per lo stridore e ora fissava con nervosismo il soffitto, come se
nulla fosse successo. “Maledetto chi mi ha consigliato questo
parto!” grugnì fissando con ansia la porta di
servizio. Una
donna in un elegante completo color crema, gli sorrise. “Dai
Ami,
quando finirà tutto andiamo fuori a fumare, eh? Ora ti
voglio
concentrato per lo show!” cinguettò lei, con il
fare tipico
dei manager. Di rimando il suo cliente cercò di darle una
cartelletta in testa. “Azumi, taci”
ringhiò, strozzato.
Sorrisi,
tra me. Sembravano, cane e gatto, come me e Gustav.
Mi
tornò in mente solo in quel momento che l'avevo perso di
vista. Il mio sguardo cominciò a perlustrare il corridoio
affollato in cerca del mio accompagnatore, ma non riuscivo in nessun
modo a scorgerlo.
Decisi
di lasciare la mia postazione e girovagare sperando di trovarlo da
qualche parte felicemente saltellante.
Mi
strinsi più volte tra le gente e con poca grazia, mi feci
largo per riuscire a passare. Fu in una di quelle mosse soffocate che
vidi un viso familiare: Bill. Lui stava guardando nella mia direzione
con un sorriso che lentamente gli crebbe sul volto, a mano a mano che
il mio corpo riaffiorava dal capannello di persone in cui ero
incastrata
Lo
raggiunsi, rispondendo al suo saluto, nel linguaggio verbale. Quando
mi fu abbastanza vicino, perchè potesse sentire le mie
parole,
gli parlai: “Ehi, che ci fai qui?”
Bill
sembrava pimpante. “Sono un ospite!”
Emisi
un lungo verso di sorpresa. “Oh anche tu? Bene dai, ci
divertiremo!”
“Come
anche tu?” chiese, confuso, passandosi una mano sul volto.
Fui
colta da un improvviso vuoto di incomprensione, cosa gli era strano
del fatto che avessi detto anche tu?
Ma
prima che potessi anche solo dargli una risposta, mi squillò
il cellulare e gli feci un cenno veloce che dovevo fuggire a
rispondere. Bill annuì e voltò lo sguardo verso
il
monitor che segnalava il conto alla rovescia.
“Pronto?”
urlai, per farmi sentire sopra la confusione generale.
“Sophie,
sono Gus. Dove sei? Sono in coda in ordine di entrata! Tu devi
cercare il signore con la scaletta! Così ti fai dire quando
tocca a me e puoi seguirmi!”
“Cosa?
Perchè? So già quando è il tuo
turno!”
Ci
fu un lungo silenzio dall'altra parte della cornetta poi Gustav disse
che mancavano cinque secondi all'inizio del programma e
agganciò.
Mi
guardai intorno. Tutti guardavano il display.
Quattro...Tre...Due...Uno. “Benvenuti! Buona sera gentili
spettatori! Diamo ufficialmente inizio a Mi importa!”
L'ansia
sciamò leggermente dai visi contriti e tutti si affrettarono a
dirigersi alla loro occupazioni.
Rimaneva
una fila composta appena dietro il palcoscenico, dove probabilmente
si trovavano sia Bill che Gustav.
Arrivarono
alle nostre orecchie varie risate provenienti dalla sala.
“Mi
scusi, è lei Sophie ....? La stanno aspettando all'entrata
2.
Deve muoversi!”
L'uomo
che aveva parlato stava guardando indaffarato una cartellina,
sezionando con foca tutti i nomi.
“Si
muova!” esordì nervoso.
Trasalii,
spaventata. “Ok, vado!” risposi, svignandomela. Che
modi! Perchè
dovevo andare all'entrata due? Gustav aveva bisogno di me?
“Cari
telespettatori, che ne dite di dare inizio alla gara?”
domandò
il conduttore, scatenando una serie di urli emozionati.
“Bene,
allora lasciate che vi presenti i concorrenti di oggi! Maestro,
musica!” continuò il presentatore urlando.
Cominciai
a correre; non potevo perdermi l'entrata di Gustav!
Riuscii
a scorgere l'insegna che indicava l'entrata due abbastanza
velocemente. Ero stata molto fortunata! Probabilmente avrei potuto
guardarmi il programma in santa pace seduta su una di quelle
poltroncine che danno ai parenti degli ospiti.
Raggiunsi
la porta, e premetti sul maniglione anti-panico per aprirla.
La
visione dell'interno fu molto chiara fin da subito. Un enorme schermo
piatto, troneggiava sulla parete opposta alla porta, mentre in mezzo
alla stanza vi erano due poltrone azzurre dall'aspetto invitante.
Sembrava
tutto così perfetto e favoloso, quando mi accorsi che una
delle due poltrone era occupata.
Sono
convinta che qualsiasi persona avessi trovato su quella poltroncina
non potesse scalfire la mia euforia per Gustav e il suo lavoro, ma
quando vidi una inconfondibile capigliatura rasta, vestiti oversize,
spaparanzati sulla poltrona, accompagnati da una postura rilassata a
gambe aperte e le braccia stese sullo schienale, immediatamente
scattò in me un tic nervoso. Tom, era allo studio. Tom, era
nella mia stessa stanza. Tom si era appena accorto della mia
presenza.
In
un lampo si alzò e con un sorriso ebete si diresse verso di
me
(direi quasi correndo).
“Ferraglia,
buona sera! Non sei andata dal meccanico?”
Costrui
mentalmente un piano, che mi avrebbe concesso di salvare il mio buon
umore. Volsi, quindi, tutta la mia attenzione allo schermo.
“Il
terzo concorrente è Gustav Schäfer!”
Il
mio amico entrò nello studio, salutando sorridente il
pubblico
che applaudiva euforico.
Tom
si voltò di scatto, verso lo schermo. La telecamera
inquadrava
ancora il biondo. “Gustav?” proruppe scombussolato
Tom. Il mio
capo mi guardò, confuso. “Voi che ci fate
qui?”
“Oh
anche tu? Che avete tutti?”
“Come
quarto concorrente, chi potrebbe essere dopo il famoso batterista
Gustav? Stiamo parlando della Stella! Bill Kaulitz!”
annunciò,
in un grido, il nome.
La
telecamera inquadrò l'entrata trionfale di Bill, che con
passo
sicuro e felpato raggiungeva la sua poltrona.
Ma
c'era qualcosa che non andava. Non so come feci ad accorgermene, ma
c'era qualcosa nei suoi occhi, nella sua espressione della sorpresa,
della stizza, della preoccupazione. Il cervello di Bill stava
lavorando, e vedendo le reazioni che lo muovevano, le informazioni
giungevano alla sua scatola cranica alla velocità della
luce.
Lo vidi chinarsi verso Gustav e sussurrare qualcosa a denti stretti
al suo orecchio, cercando di nascondere il labiale.
Come
risposta Gustav sorrise e felice gli uscì dalle labbra una
sola parola, che solo io riuscii a decifrare. Era il mio nome:
Sophie.
Cosa
voleva sapere Bill, riguardo a me?
Il
mio affascinante capo moro ritornò a fissare la telecamera e
lanciò un sorriso, stirato.
“Abbiamo
metà dei componenti dei Tokio Hotel, questa sera! Perfetto,
passiamo al nostro quinto candidato”
“Tu
sei con Gustav?” domandò in un soffio Tom,
avvicinandosi al
mio orecchio.
Il
mio sguardo incontrò l'espressione seria del mio
interlocutore. “Che intendi? Mi ha invitato qui Gustav non
certo
per pulirgli il culo, ma nemmeno come appuntamento. Siamo
amici”.
Il
cervello di Tom, lavorava freneticamente. “Allora non sei
venuta
con Bill?”
Non
riuscivo a capire dove volesse arrivare. “No, non fino a
qualche
secondo fa! Non sapevo che venisse anche Bill”.
Sul
viso di Tom, si dipinse un sorriso. “Beh, allora tu sei
venuta
accompagnando Gustav. Uhm, che cattiva scelta”.
La
situazione si stava complicando più del previsto.
“Tom, io
non sono venuta qui perchè sono la ragazza di Gustav. Mi ha
chiesto solo un piacere!”.
“E
aspetti che io ti creda?” proruppe, aumentando la
gestualità.
“Quindi, tu non hai capito nulla? Ah, ho capito. Fai il
doppio
gioco ” aggiunse, entusiasta di aver risolto il suo mistero,
che a
me era ancora accuratamente nascosto.
Non
sapevo ancora per quale motivo, ma Tom stava tramando qualcosa. Non
ci volle molto perchè me ne accorgessi. Sentii la sua spalla
toccare la mia, poi fui investita da una ventata di un profumo
fragrante. Le sue labbra stavano guadagnando terreno, tanto che ormai
superavano il limite consentito. Le sentii schiudersi innanzi al mio
orecchio, e capii, troppo tardi, quali intenzioni aveva il mio capo,
perchè ormai il mio lobo era stato catturato dalle sua
labbra.
“Sophie, sei spacciata” sussurrò
staccandosi.
Il
mio cuore esplose in un battito forsennato, alla disperata ricerca
dell'ossigeno che mi serviva per respirare. “Dente
Metallizzato,
non ti sei accorta dell'espressione di Bill? È sorpreso,
perchè non sapeva che ci fosse anche Gustav al programma,
nemmeno io lo sapevo. Ma la cosa che maggiormente lo ha fatto
infuriare, sei tu. Esci con il batterista, invece che con
lui”. Il
mio cuore si fermò, di colpo. Cosa?
La
lingua di Tom, in una frazione dischiuse le labbra e lambì
il
mio orecchio, con sensualità. Cosa intendeva fare?
Lo
schermo continuava a inquadrare i due giovani colleghi, che
mostravano visi confusi.
“Allora
Bill e Gustav, era previsto che voi vi trovaste qui oggi
insieme?”
domandò il presentatore, ticchettando sulla cartellina.
La
telecamera inquadrò i due ragazzi. “A essere
sinceri no. È
stata una sorpresa” commentò Bill, terribilmente
serio.
Puntai
i palmi delle mani sul petto del mio personale aguzzino e lo spinsi
con tutta la forza che riuscii a trovare. Non fu una spinta forte,
perchè i muscoli di Tom resistettero al colpo, ma fu
abbastanza per liberarmi dai suoi giochetti pornografici.
Approfittai
del momento di smarrimento del ragazzo rasta per fuggire. Mentre i
piedi si susseguivano uno dietro l'altro, mi tornarono in mente le
parole di Tom. Lui aveva ragione. Bill era arrabbiato con Gustav, a
causa mia. Questa era l'unica spiegazione per cui Gustav aveva
pronunciato il mio nome.
“Signorina!
Lei deve stare nella stanza 2. E' un ordine!”. Le urla
provenivano
probabilmente dal fondo del corridoio. Ma non volevo ascoltarle. Non
sarei tornata in quella trappola per topi.
Mi
feci scudo dietro a degli uomini robusti o molto alti e raggiunsi di
soppiatto il bagno. Forse avrei potuto riordinare le idee con calma.
Una
volta che fui dentro, andai verso lo specchio, e guardai il riflesso
di ciò che ero.
Bill
aveva ragione. Il mondo dello spettacolo è una gabbia in cui
le sbarre sono invalicabili. Io, non ne facevo direttamente parte, ma
ne sentivo le vibrazioni, l'aria, potevo toccare la superficie che ci
divideva. Ero così vicina, che sentivo i suoi battiti. E non
mi piaceva.
Una
delle cose che avevo sempre desiderato era poter lavorare all'aperto,
tra la gente, tra la natura. Mi piaceva sentire la vita scorrere
placida. Eppure, avevo intrapreso la via opposta.
Forse
non avrei dovuto dire a Gustav, che avrei accettato di seguire i
Tokio Hotel in tour.
Essendo
troppo impegnata a discutere su ciò che dovevo fare o non
fare, non mi ero accorta che stavo camminando in cerchio e che di li
a poco avrei anche consumato il pavimento.
Mi
passai velocemente le mani sul volto, cercando di convincermi che
avrei seguito Gustav nel programma e poi una volta concluso lo avrei
informato che la mia affermazione era diventata una negazione.
Con
decisione aprii la maniglia, pronta ad affrontare la mia sfida.
“Lei,
dove crede di andare?”
Due
ruote infuocate mi fulminarono, in un lampo accecante.
|
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Capitolo 4 *** La curiosità è una brutta bestia ***
Oddio! Finalmente Ciao!!!! Che
bello tornare a scrivere questa storia! Mi ci è voluto un
po' ma mi sono messa d'imoegno e mi sono detta, ora la scrivo tutta e
poi la metto su! Forza Marty o qui finiamo male! Mi sono messa al
lavoro con questo caldo assurdo, anche se potevo essere benissimo in
piscina T.T mi viene da piangere! Non ho ancora fatto il mio primo
bagno d'estate! Chi di voi ha una bellissima piscina e mi invita a casa
sua? XD Sono disperata!!! Beh a parte il fatto che mi sto
liquiefacendo, sto bene e non vedo l'ora di sapere se questo capitolo
vi è piaciuto :) Senza volerlo sono finita per innescare
qualcosa di nuovo tra i miei personaggi. Forse stanno prendendo vita,
che dite? Fatemi sapere tutte le vostre impressioni!!!! Thanks :)
Ringrazio tutte le persona che mi hanno recensito (se non ho risposto,
ditemelo che lo faccio immediatamente!!!!) o che semplicemente hanno
letto! O hanno messo questa storia tra i preferiti!
PS: Mi sono innamorata di una nuova canzone dei Tokio Hotel: In your
Shadow! è bellissima!
Ma la mia canzone preferita è An Deiner Seite! e La vostra
qual'è??? Scrivetemelo :) Non vedo l'ora di sapere quale
canzone riceverà più voti :)
Capitolo
4: La curiosità è una brutta bestia!
Gli
uomini, sono una
specie rara, in via di estinzione direi. Ci sono diversi mammiferi che
intendono farsi chiamare come tali, ma esistono particolari
caratteristiche che
identificano un vero uomo da tutti gli altri pretendenti: una di queste
è la
capacità di sentire. Non di ascoltare, ma di percepire, di
provare di sfiorare
le emozioni e perché no? Anche di viverle…
La mia domanda è
semplice: quale tra i quattro miei compagni di vita era uno di loro?
........
Le mani di un assistente mi presero con forza dalle spalle e
mi condussero, inerme, nella stanza dell'inferno.
Il diavolo sedeva, su una delle due poltrone azzurre,
impegnato a tirare dalla cannuccia la sua bibita.
L'aria che lo avvolgeva era di finta noia. In verità si
stava divertendo moltissimo; ora che il suo giocattolo era tornato
poteva
finalmente riprendere la partita, precedentemente interrotta.
Le gambe molto distanti tra loro, formavano un angolo retto,
mentre la schiena aderiva allo schienale; le braccia invece erano
posate sui
bracciali e una mano reggeva il bicchiere, l'altra tamburellava.
“Mi raccomando, resti qui! Il mio collega deve venirla a
chiamare qui, non può andarsene in giro” mi
ammonì il mio sequestratore.
La mia unica risposta fu uno sguardo supplichevole: tutto ma
non quella stanza! L'uomo scosse la testa e se ne andò
abbandonandomi al mio
crudo destino.
Le mie braccia che erano rimaste sospese davanti al petto
per far congiungere le mani in simbolo di preghiera, scivolarono
lentamente sui
fianchi, ormai rassegnate.
Mi volsi nuovamente verso Tom, che continuò a ignorarmi. Si
stava preparando per quella che sarebbe stata la sua vittoria, ne ero
sicura.
I miei passi, sembravano carri armati, tanto che ero quasi
convinta di sentire i cingolati muoversi.
Mi sentivo come un martello pneumatico che distrugge
l'asfalto: sarebbe carino addirittura un lavoro del genere
invece di questo
supplizio!
Dovevo ammettere che se improvvisamente un operaio avesse
aperto la porta chiedendo chi era in grado di dare un aiuto tempestivo,
io
avrei accettato senza tentennare e sarei scappata via allegramente.
Con un tonfo il mio corpo cadde sulla poltrona, adagiandosi a
caso.
Sentii l'inconfondibile risata di Tom, risuonare nella
stanza.
“Non capisco”
Non so come quelle parole, dubbiose, mi sfuggirono di bocca,
ma ebbero un effetto inaspettato.
I suoi occhi si puntarono nei miei in chiaro segno di
confusione. I suoi arti erano bloccati, aveva smesso persino di
succhiare dalla
cannuccia.
Rinvigorita dall’improvviso successo appoggiai i gomiti sul
bracciolo più vicino a Tom, e adagiai il mento sul dorso
delle mani. “Tu, sei
il conquistatore del gruppo, quello che non deve chiedere
mai” cominciai,
decisa a tenere una filippica. Ormai il danno era fatto, ora che avevo
aperto
bocca avrei chiarito quanto c'era da chiarire.
“Allora dimmi, come mai perdi fiato cercando da me la
conferma del tuo fascino? Ti senti forse insicuro?”
Le labbra di Tom si dischiusero, senza emettere alcun suono.
“Insomma, non hai bisogno della mia opinione per sentirti
meglio no? Perché insisti a giocare una partita
già persa in partenza?”
Tom rivolse il busto verso di me, mostrando estrema
attenzione a ciò che gli stavo dicendo.
“Perché nessuno resiste, e tu non sarai
di meno. Prima o poi cadrai, anche se il tuo cuore batte per Gustav o
Bill o
chi ti pare. Tu desidererai essere mia, anche per un solo
istante” rispose poi,
appoggiandosi anche lui al bracciolo, granitico. Sembrava sicuro che le
sue
parole sarebbero arrivate esattamente dove voleva e la mia mossa gli
avrebbe
certamente facilitato i giochi. Ma dovevo ammettere che era diverso dal
solito.
Forse non stava giocando.
Il dubbio mi tolse il fiato, per qualche secondo, ma come se
avessi ricevuto una nuova spinta ripartii all'attacco. “Ti
è difficile capire
che non puoi ottenere tutto? Non mi piacciono le cose troppo piccole.
Sai la
virtù sta nel mezzo” asserii, sorridendo, sempre
più sicura nella mia parte
della donna sensuale e irraggiungibile.
Tom non sembrò scomporsi, anzi avanzò verso di me
con il
viso e asserì: “Proprio per questo mi chiedo cosa
ci fai ancora con Gustav.
Dove la tieni la
lente d’ingrandimento?”
chiese guardando le mie gambe.
Spalancai la bocca, sbalordita. “Tu…misero essere
meschino”
“Come fai a dire che è piccolo, se non
l’hai mai visto?
Forza avanti se vuoi puoi rimediare ora e finiremo questa storia una
volta per
tutte!” asserì prendendo la fibbia della sua
cintura, per sfilarsela.
“Oh oh oh” mi uscì di bocca mentre le
mie mani ruotavano a
180 °C da destra a sinistra e di nuovo verso destra in segno di
negazione.
Sembravo molto un personaggio virtuale di The Sims. “Metti
giù l’arma, mio
caro!”
Tom rise, ma lasciò la cintura. “Vuoi farlo
tu?” chiese,
ancora più sensuale.
Stop. Improvvisamente mi bloccai, incapace di raggiungere il
fine della frase che mi si era appena posta.
“Cosa?” domandai, interdetta.
“Insomma, Dente Metallico, non farmi ridere! Vuoi tu avere
l’onore di spogliarmi?”
Sussultai, sentendo la pelle d’oca sul mio corpo. Brutto
porco! Ora ci penso io a te!
Avevo già teorizzato diversi modi per strangolarlo con la
sua cintura, quando sentii il presentatore annunciare Gustav per
iniziare la
sua intervista.
Sul viso della mia ipotetica vittima si dipinse
un’espressione di profonda delusione, che mi
provocò un’esaltazione interiore.
Intanto Gustav si era alzato e stava raggiungendo la
poltrona centrale dove si sarebbe svolta l’intervista.
Trattenni un sospiro per
l’emozione: Gustav stava per parlare e avrebbe fatto un
figurone visto che
sprizzava di felicità! Ma mentre la bocca di Gustav si
dischiuse la porta si
aprì e prima di sentire anche solo un suono un uomo del
backstage mi aveva già
trascinato fuori dalla stanza. Il mio compagno di merende si strinse
nelle
spalle, in risposta alle mie lamentele, che erano costituite da calci,
urla,
graffi e tutto quello che è contemplato con essi.
Tutto fu inutile. Solo quando la tv fu lontano dalla mia
portata i miei polmoni trovarono il tempo per rilassarsi.
“Stia buona qui, ora e si muova solo quando glielo dico
io”
La mia espressione sembrava quella di una bambina che ha
messo il broncio dopo l’ennesimo dolcetto strappato al suo
palato.
“Mi dovrete risarcire tutti per quello che ho perso in
questo istante!” ghignai, incrociando le braccia al petto.
Il mio rapitore rise. “Mi dovresti risarcire tu per quello
che non ti sto facendo perdere” e con questo mi spinse verso
in un’apertura del
backstage. “Buona fortuna” mi sussurrò
subito dopo, prima che partisse una musica.
Prima che potessi gridargli qualcosa sentii uno scrosciare di applausi
assai
vicini a me e mi voltai terrorizzata e capii nell’immediato
che mi trovavo
nello studio.
Centinaia di sguardi erano puntati su di me e su Gustav, in
piedi al centro dello studio, che mi tendeva una mano. Deglutii. Non
sapevo
cosa stava succedendo, ma qualcosa mi diceva che era stata studiata
questa
entrata, visto che la musica era partita appena avevo messo piede sul
palcoscenico.
Il presentatore mi lanciò diversi sorrisi di
incoraggiamento, vedendomi terrorizzata ferma sul mio posto. Gustav
invece non
aveva smesso di sorridermi e mi faceva segno di avvicinarmi.
Tirai un grosso respiro, per farmi forza e avanzai
lentamente verso il mio amico. Avevo la netta sensazione che la mia
presenza
non era casuale, anzi che fosse fondamentale per l’intervista
di Gus.
Appena fui accanto al batterista mi cinse la vita e mi diede
due baci sulle guance. “Sei bellissima” mi
sussurrò piano all’orecchio, tenendo
coperto il microfono, perché nessuno sentisse.
Poi ci sedemmo di fronte al presentatore. Notai che vi erano
due poltrone e non una come mi era sembrato di vedere prima dallo
schermo. Come
avevo fatto a non accorgermene?
Il pubblico si ammutolì. Lo guardai più volte per
capire
cosa sapeva in più di me. Perché ero
l’unica a non sapere nulla?
“Gustav allora è lei che viaggia assieme ai Tokio
Hotel?”
chiese il presentatore, che teneva salda la sua cartellina.
I miei occhi si puntarono su Gustav, che sorrise e compi
piccole mosse lente per accompagnare il suo discorso.
“Certamente. Quando Bill
ci disse che aveva assunto un’assistente per il gruppo, non
potevo immaginare
che sarebbe arrivata una ragazza quale è Sophie”
“E tu Sophie, come te li immaginavi i Tokio Hotel?”
chiese
poi rivolto a me.
Gustav mi prese delicatamente la mano, e la strinse per
infondermi il coraggio necessario per aprire la bocca.
“Beh…Stupidi” mi sfuggi
dalle labbra, prima che riuscissi a controllarmi. Il
pubblicò scoppiò a ridere.
Allarmata guardai Gustav, ma notai che non era affatto arrabbiato.
“Cioè
immaginavo fossero i soliti ragazzi esaltati, invece non lo sono, o per
lo meno
non tutti” aggiunsi dopo sperando di rimediare al danno
fatto.
“E come è cominciata la vostra amicizia,
allora?”
Gustav, si sciolse in un caldo sorriso come se gli fosse
giunto alla mente un ricordo lieto, e mi accarezzò la mano,
poi disse: “Quello
fu un giorno memorabile. Mi ricordo che eravamo distrutti per la
tournee ed
eravamo appena arrivati a casa a Berlino. Quella sera era il primo
giorno
lavorativo di Sophie. Aveva lavorato tutto il giorno per preparare la
casa, ma
lo stesso eseguiva tutti i primi ordini che gli assegnavamo. Non
spiaccicò
parola con anima viva, e non rise nemmeno alle battute di Tom, cose che
mi
incuriosì molto!” La scioltezza di Gustav mi
colpì particolarmente e il
pubblicò sembrava a proprio agio e rideva spesso.
“Così cominciai a farle
domande che lei evitava, così diventò una specie
di sfida e quando veniva a
lavorare da noi cercavo di farla ridere. Finché un giorno
scoprii il suo
segreto. Portava l’apparecchio”
Sobbalzai, colpita dal fatto che avesse detto quel
particolare in televisione. Le telecamere mi inquadrarono, per
catturare questo
particolare, così sorrisi un po’ impacciata.
Gustav mi strinse la mano. “Si vergognava così
tanto che si
era promessa di non ridere mai in nostra presenza, ma la convinsi del
contrario
e dovreste sentirla ora che battibecchi che fa con Tom!”
Il pubblico si unì in un’altra risata.
“Allora Sophie, tu che ricordi hai di Gustav?”
“Bellissimi. È l’amico che ogni ragazza
vorrebbe! Non l’ho
mai considerato mio datore di lavoro, perché è un
mio amico. Mi piace parlare
con lui” ammisi, cercando di far valere le qualità
del batterista. Gustav mi
rivolse uno dei suoi soliti sorrisi, che ti scaldano il cuore.
“Mi fanno sentire parte del loro gruppo, tanto che ormai
credo di conoscere milioni di loro segreti”
“SEGRETI??”
Ciuffi
castani svolazzarono attorno alla testa di un adirato Georg, che
avanzava verso
il centro del palco a pugni serrati. Calò improvvisamente un
silenzio glaciale
nello studio, all’entrata imperterrita del bassista in scena.
Meno esterrefatti furono le guardie della sicurezza che
corsero verso il ragazzo per acciuffarlo.
“Fermo, dove vuole andare?”
Due uomini muscolosi lo presero per le braccia e lo
sollevarono da terra, interrompendo la sua avanzata minacciosa perso la
nostra
postazione.
In un lampo rivisitai le parole che avevo formulato e mi
accorsi di aver pronunciato proprio SEGRETI. In quel momento capii che
l’ossessione di Georg doveva averlo spinto fino allo studio
in incognito per
capire se il suo segreto appunto era stato svelato. Probabilmente era
rimasto
nascosto tutto il tempo tra il pubblico.
Mi voltai verso il presentatore che mi osservava vagamente
stordito e mostrai un sorriso sghembo. “Beh non intendo dire
proprio tutti i
segreti, insomma solo i più stupidi, quelli alla portata di
tutti i giorni. Non
sono mai entrata a conoscenza di segreti troppo PERSONALI”.
Le resistenze di Georg cessarono immediatamente e i due
enormi addetti alla sicurezza lo trascinarono via senza problemi.
L’avevo scampata per quella volta, ma ero convinta che Georg
prima o poi doveva vuotare il sacco, o avrei detto tutto io agli altri
componenti del gruppo. Ira o non ira.
“Gustav, direi che è il tuo momento del MI
IMPORTA!”
Gustav annuì al presentatore e mi prese le mani. Mi sorrise
nuovamente e poi mi parlò. “Mi importa: Sophie. Mi
importa di te. Mi importa
del tuo sorriso. Mi importa anche del tuo apparecchio. Mi importa che
tu stia
bene, ogni giorno. Mi importa che tu sia qui stasera, perché
voglio dirti
quando ci tengo alla tua presenza nella mia vita. Qualunque sia la tua
risposta
alla tua domanda mi importa che tu ne sia convinta e felice. Mi
importa, mia
cara Sophie, che tu venga con noi in tournee. Mi importa di te, amica
mia”.
Accolsi tutte le parole di Gustav e le rinchiusi nei miei
ricordi, per paura che potessero fuggire. La dolcezza con cui le aveva
pronunciate era un buon motivo per salvarle dentro di me.
Ma la risposta non la conoscevo ancora. Come potevo
dirglielo?
Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata, per
l’ansia.
Gustav non riusciva a togliere lo sguardo dai miei occhi, cosa che mi
mise
ancora più ansia.
“Non chiedermi questa cosa” sussurrai il mio piano
possibile,
storcendo la bocca in segno di dispiacere.
Il presentatore nel frattempo aveva allungato il microfono
per captare la nostra conversazione segreta, cercando però
di non farsi
scoprire. Inutilmente.
“Dimmi quello che devi dirmi. Dimmi no, va
benissimo”.
Il mio cuore si fermò. Io non avevo mai voluto rinunciare a
seguire il gruppo, certo avevo espresso delle lamentele, per paura, per
timore,
ma questo davvero mi avrebbe condotto a deludere Gustav? O peggio a
umiliarlo
davanti a tutte quelle persone? Io in realtà desideravo
seguirli. Perderli in
quel momento sarebbe stato come perdere la mia famiglia.
“No non ce n’è bisogno”
sussurrai a Gustav. Mi schiarii la
voce e dissi in modo tale che tutti mi potessero sentire:
“Si, mi farebbe molto
piacere!”
Il pubblicò esplose in mille applausi e giubilei.
Gustav aveva sgranato gli occhi per alcuni secondi, poi
recepita per sincera la mia risposta, mi abbracciò
fortissimo.
Così si concluse la mia prima apparizione in tv e constatai
che poteva essere anche l’ultima.
Salutammo generosamente il pubblico e ci dirigemmo verso
l’uscita
dove incontrammo l’uomo che mi aveva sequestrato dalla stanza
del diavolo per
condurmi nello studio. Questa volta, però, aveva preso Tom.
Lo salutammo e gli scoccammo qualche bacino di augurio per
prenderlo in giro e continuammo la nostra marcia.
“Farà la mia stessa fine?”
“No, a lui tocca Bill”
“Bill praticamente vuole fare una dedica a Tom?”
chiesi,
ancora incredula per la serata.
“Si. Praticamente avevamo avuto la stessa idea, ma senza
saperlo. Lui ha invitato il fratello per dimostrargli il suo affetto
fraterno,
io per te per farti capire quanto ci tengo alla tua amicizia!”
“è per quello che si chiama MI
IMPORTA?”
Gustav annuì, in silenzio.
“Ho capito ciò che vuoi dirmi Gus. Grazie per
tutto! Mi ha
fatto molto piacere che tu lo voglia dimostrare davanti a tutti quanto
tieni a
me. Ma lasciati dire una cosa. Non mi
importa come lo dici o dove lo dici,
non mi importa se lo dimostri poco o tanto!
L’importante è che io so quanto
è forte la nostra amicizia! Null’altro
conta!”
Gustav si fermò e mi prese le mani. Eravamo ormai fuori
dagli studi televisivi. “Ti voglio bene, Sophie”
“Te ne voglio tanto anche io!” risposi, con il
cuore che
traboccava di gioia.
Ci volle un’ora buona perché anche Bill e Tom
finissero e la
sicurezza lasciasse Georg, visto che durante un duro interrogatorio era
andato
in escandescenza e aveva sbattuto la testa sul muro. Così
Gustav fu costretto a
portare Georg all’ospedale, con la mia auto. Bill si
offrì di accompagnarli e
mi lasciò qualche banconota per prendere un taxi insieme
alla scimmia di suo
fratello, con la scusa che dovevamo riposare e Tom,
l’indomani doveva provare
per il gruppo. La cosa non mi piacque per niente, sapeva proprio di
abbandono. Avrei
preferito mille volte andare all’ospedale
per accompagnare Georg che portare a casa lo scimpanzé.
“Non chiamarmi così!”
“Non ho detto nulla” protestai, per
l’accusa appena subita.
“Lo so come mi chiami!” gridò Tom.
“Scimpanzè?” domandai allargando le
braccia.
“Appunto” mugugnò lui, strisciando i
piedi.
“Da quando in qua ti offendi per i miei nomignoli? Di solito
sei tu che me ne affibbi uno al secondo!”
Tom si strinse nelle spalle. “I miei sono
affettuosi”.
“Anche i miei. Scherzi?”
Il chitarrista rise. “Certamente. Dai ti sei divertita
questa sera? Gustav ha dichiarato tutto il suo amore per te?”
“Mmm” mugugnai infilando la mani nelle tasche del
giaccone,
per il vento freddo che ci stava colpendo. “Mi ha chiesto di
fare una notte
selvaggia di sesso, ma nessuna dichiarazione di amore”
scherzai, ridacchiando.
Tom sgranò gli occhi. “A me Bill ha chiesto la
stessa cosa!
Dici che si siano messi d’accordo?”
Scoppiammo a ridere. “Temo di si” asserii alla
fine,
asciugandomi una lacrima dal forte ridere.
Ma Tom, non voleva demordere, ormai era entrato nel vivo del
momento Io intervisto-Tu rispondi.
“Ora seriamente! Ti ha detto nulla?”
Lo fissai, ora irritata. “Ti prego Tom! Siamo amici come
dovrei dirtelo?”
“Bill era molto preoccupato” ammise Tom,
pensieroso.
Mi strinsi nelle spalle, guardando la strada deserta.
“Sinceramente
non ci credo. È fuggito e mi ha lasciato con te da sola,
quindi non deve essere
molto preoccupato”.
Tom sbuffò. “Perché voi donne non
capite nulla! Non riuscite
mai a capire quando un uomo vi ama!”
“Tze, gli uomini non amano” dissi, puntandogli un
dito sul
petto, a mo di rimprovero.
“Allora la tua lingua è più sagace di
quanto pensassi. Non
hai alcuna intenzione di scegliere, anzi vuoi tenerli a bada tutti
prima di
scegliere con quale partner aprirai le danze!”
“Tom per favore! Che cosa sarebbero queste danze?”
protestai, alzando le mani in segno di strangolamento immaginario.
“Tu non sai
quanto sia difficile per me! Vivere con quattro esseri di sesso
maschile e
cercare di soddisfare tutte le loro esigenze non è facile!
Soprattutto le tue,
mister so tutto io!” Tom scrollò le spalle
indifferente, non capendo il mio
punto di vista.
“E Gustav è un amico fantastico che sa aiutarmi
nel momento
del bisogno!”
Tom alzò la testa al cielo, particolarmente silenzioso.
D’improvviso
era diventato schivo.
“Stai bene, Tom?” sussurrai, appoggiandogli una
mano sul
braccio.
Il mio interlocutore ruotò gli occhi nella mia direzione e
rimase a fissarmi per alcuni secondi interminabili. “Tu lo
sai che stai
giocando con il fuoco? Per quanto ti possa sembrare strano e
sconcertante noi
uomini..” L’ultima parola la disse indicando se
stesso in un teatrale gesto.
“..non ragioniamo con questo stupido essere”
Enfatizzò essere
abbassando lo sguardo alla cerniera dei suoi pantaloni. “Non
sempre per lo meno. Perché sai che cos’altro ci
funziona molto bene?”
Ero ammutolita, la voce di Tom, si era quasi incrinata a
quelle parole. Tom non aveva mai parlato a quel modo, e in quel momento
mi
sentii fortunata e orgogliosa di aver potuto assistere ad uno
spettacolo così
raro.
I suoi occhi si illuminarono nella notte, mentre mi fissò
intensamente. Poi il suo dito si alzò e lentamente premette
sul mio petto.
Esattamente tra il mio seno e poco più sotto della spalla.
Sul cuore.
Un fremito mi percorse il corpo. Ecco cosa Tom voleva dirmi.
Gli uomini provano delle emozioni. Sentii le guance infiammarmi e notai
che
quelle di Tom non erano da meno.
Non uscì nessuna parola. Nemmeno niente. Il silenzio ci
inghiottì e ci costrinse a volgere lo sguardo altrove, dove
trovammo una brezza
a rinfrescare i nostri rossori.
Tom si strinse maggiormente nel suo giubbotto e
s’incamminò
verso Obens Hill dove avremmo potuto trovare un taxi. “Ho
voglia di riposare.
Torniamo a casa”.
Potevo sbagliarmi, forse avevo preso un granchio, ma quel
tono, così avvilito e amareggiato, non era normale per Tom.
Qualcosa era
successo in lui.
Tom non era come aveva sempre cercato di farmi capire. E fu
in quel momento che mi resi conto che ero pronta per partire in tournee
con i
Tokio Hotel.
La curiosità
è una brutta bestia!
|
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Capitolo 5 *** Frustini, vibratori e altri sexy giocattoli..sono categoricamente vietati! ***
Ciao
a tutti! Ecco un nuovo capitolo di Un apparecchio di troppo! Beh
ragassuoli miei, altre disavventure per Sophie! Dal prossimo capitolo
se ne vedranno delle belle soprattutto perchè comincia il
tour, e gli animi sono surriscaldati, che accadrà? Dai
scopriamolo insieme :)
Capitolo 5: Frustini,
vibratori, e
altri sexy giocattoli...
... sono categoricamente vietati!
Era appena sorto il sole quando aprii gli occhi. Mi trovavo nella mia
stanza, quella degli ospiti, a casa dei Tokio Hotel. Mi ero gettata a
letto, ieri notte, senza nemmeno togliermi i vestiti.
Mi stropicciai gli occhi per riuscire ad aprirli meglio e a svegliarmi,
per far sparire la sensazione di scarsa nitidezza e appannamento.
La sera prima Tom non mi aveva nemmeno augurato la buona notte.
Probabilmente era ancora pensieroso per la nostra conversazione. Mi
chiedevo cosa potesse essergli successo, cosa cercasse di dirmi
fingendo di sapere un enorme segreto di cui io non potevo essere a
conoscenza.
Ripensai velocemente alle frasi su Bill, ma le cancellai subito dopo.
Possibile che Tom non conoscesse i sentimenti di suo fratello? Insomma
Bill era ancora innamorato di Katherine non di me! Perché
poi si era chiuso in quel
silenzio impenetrabile se non gli credevo?
Totalmente confusa mi sedetti sul letto e osservai i raggi del sole
penetrare in piccoli spiragli sotto le tende e sovrastare alcuni
vestiti sparsi per terra, abbandonati sul pavimento in sovrumane
montagne.
Con un altro sforzo di volontà mi alzai e decisi di andare a
saccheggiare il frigorifero.
Per mia fortuna il mio barattolo preferito c’era: Nutella.
Presi un bel cucchiaio dal cassetto e lo infilai nel barattolo.
Già pregustavo le kcal sciogliersi sulla lingua quando una
mano mi rubò il mio strumento del piacere.
Arrabbiata mi voltai e incontrai una massa di capelli castani arruffati
e spettinati davanti alla mia visuale. Georg infilò il
cucchiaio in bocca con la mano destra e cominciò a fare
diversi mormorii, per l’apprezzamento, mentre con la sinistra
reggeva una grossa sacca piena di ghiaccio puntata sulla fronte.
“Vatti a prendere un altro cucchiaio, bell’imbusto.
Quello è il mio!” brontolai, scontrosa per come
aveva interrotto il mio momento di intimità con la Nutella.
Georg si tolse il cucchiaio dalla bocca e me lo mostrò.
“È leccato.
Potrei avere un sacco di germi pericolosi!”
Il mio sguardo orripilato lo fece ridere. Decisi che era meglio
recuperare un altro cucchiaio.
“Ok opto per un altro cucchiaio, ma la prossima volta se
dovessi ripetere un affronto come questo dirò a tutti il tuo
bellissimo segretuccio”
spiegai, facendo sembrare il ricatto molto serio.
Georg, che aveva riempito nuovamente l’incavo del suo
cucchiaio, alle mie parole si bloccò di colpo proprio con la
lingua fuori dalla bocca, perché stava per leccare la
superficie incavata che tratteneva tutta la Nutella. Srotolò
la lingua verso il palato e mi fissò allibito.
“Non oserai pormi questo ricatto assurdo e perfido”.
Mi strinsi nelle spalle. “Si che posso” e lo
guardai impallidire mentre ritornavo a sedermi vicino al barattolo
delle mie gioie mattutine.
“No. Stai bleffando” tentò Georg sempre
più confuso e agitato, con gli occhi sgranati.
Risi. “Certo che sto scherzando!”
Georg si batté più volte la sacca del ghiaccio
sulla fronte e tirò un sospiro di sollievo.
“Ma perché non vuoi dire agli altri quello che ti
tormenta?” gli chiesi, affondando il cucchiaio nella Nutella.
Il mio compagno di golosità mattutine, mi guardò
cercando di decifrare con quale tono stessi parlando.
“Perché il gruppo si sfascerebbe o semplicemente
mi sostituirebbero” spiegò poi, quando era sicuro
di non aver captato alcun pericolo.
“Ma se non glielo dici è peggio e cosa dirai a
Mary?”
Georg si incupì e si grattò la testa con il
ghiaccio. “Troverò il modo di dirglielo”
Non capivo. Come poteva partire in tournee in queste condizioni?
“Ma devi dirglielo prima di partire! Come farai ad
abbandonare Mary?” domandai sempre più perplessa.
Georg mi fissò, turbato. “Non lo so”.
Non aveva alcun senso.
“Ti prego promettimi ancora che non dirai nulla! Devo
dirglielo io! Mary capirà, per ora è ok. Ma
presto parlerò loro. Ho solo bisogno di tempo”
Annui e gli posai una mano sulla sua e la strinsi per dargli coraggio.
Georg mi sorrise, debolmente, in segno di riconoscimento.
“Ehi, piccioncini l’ora delle effusioni
è già scaduta”.
Ci voltammo all’unisono e seguimmo l’entrata
teatrale in scena di Tom, a petto nudo, con i soli pantaloni di un
pigiama il triplo di lui, addosso.
“Dente Metallico, ho fame. Scaldami un toast mentre mi faccio
la doccia. E non bruciarlo” ordinò prima di fare
retromarcia e uscire di nuovo dalla cucina.
Alla faccia del silenzioso, sensibile ragazzo di ieri sera. Tom era
tornato, il solito e impareggiabile stronzo di tutti i giorni.
Scattai già dalla sedia e a malincuore presi il pane dalla
credenza per infilarlo nel tostapane.
“Perché non gli metti della naftalina nel toast?
Magari la smette di essere così acido di prima
mattina” propose Georg leccando con cura il cucchiaio.
“Mi ammazzerebbe” ammisi, sconsolata. Eppure avevo
una voglia matta di fargli un dispetto per il suo atteggiamento da
schizofrenico: prima era dolce e sensibile e l’indomani un
perfetto cafone.
Quando sentii l’acqua della doccia aprirsi dal bagno, aprii
il frigorifero e cercai qualcosa che potesse fargli rovinare la sua
colazione.
“Ehi, Sophie! La salsa piccante! Ogni tanto la beve Gustav e
qualche volta anche io, ma lui la odia! Ti
prego mettigliela e se non ce la fai lo farò io per
te!”
Scoppiai a ridere. “Oddio, ma come faccio?” Presi
il vasetto di salsa e chiusi il frigo. “Lo
scoprirà!”
Georg si alzò di scatto lasciando sul bancone della cucina
il barattolo della Nutella e il cucchiaio pronto per studiare un nuovo
infallibile scherzo. “Mmm, possiamo mettere la salsa sotto
qualche formaggio e non vedrà nulla!”
“Se ne accorgerà e costringerà Bill a
licenziarmi!”. La paura mi bloccava ancora.
“Senti se gliela fai passare liscia per come ti tratta lo
farà sempre! È il tuo capo non il tuo
proprietario. Se vengono fuori casini, è stata colpa mia,
ok?”
Dopo qualche altra insistenza cedetti e ci organizzammo per questo
memorabile scherzo e quando Tom ritornò in cucina si erano
già alzati anche Bill e Gustav, e il toast era servito in
tavola.
Con disinvoltura continuai a preparare il pranzo per i nuovi arrivati,
fingendo di non interessarmi a ciò che stava accadendo alla
tavola.
Mi voltai più volte per capire se Tom aveva cominciato ad
addentare il suo toast, ma non sembrava accadere nulla. Cercai di
cogliere le reazioni di Georg per capire cosa stava succedendo, ma
sembrava volesse immergere la testa nella sua tazza da the. Cosa stava
succedendo insomma?
Presi la colazione di Gustav e Bill e la portai sulla tavola,
così ebbi modo di osservare da vicino la situazione.
Tom stava mangiando il suo toast. Eppure la salsa ce
l’avevamo messa, e mi ero assicurata che fosse effettivamente
ben piccante. Come poteva Tom non sentirla?
Il chitarrista non si verso nemmeno un bicchiere di acqua, anzi
sembrava inghiottire bene la colazione. La mia vendetta era fallita
miseramente.
Anche Georg quando alzò lo sguardo sembrò assai
perplesso quanto me.
“Ti sei superata, Metal Detector. Mi hai messo proprio di
buon umore. Mi sento molto come dire…piccante”
Sobbalzai. Sapeva tutto, aveva intuito che avevo messo quella maledetta
salsa piccante nella sua colazione ma lo stesso non beveva. Forse era
troppo orgoglioso per abbassarsi a cadere nel mio scherzetto.
Finito di mangiare si alzò e si diresse verso di me, mi
sfiorò la spalla e si diresse verso il secchiaio dove
lasciò giù il piatto, su cui gli avevo messo i
toast.
Ma prima che Tom potesse anche solo cercare di strangolarmi
suonò il campanello e sorridendo mi diressi verso
l’entrata. Ero salva!
Saltellai pimpante fino all’entrata e aprii la porta.
Sull’uscio mi salutò David, che era venuto per
farci visita e fissare le ultime cose riguardo al tour.
“Salve, Sof! Come te la passi con i maschioni? Non avrei mai
detto che tu potessi resistere così da poter venire anche in
tour! Mi aspettavo che fuggissi, per abbracciare la fede cattolica come
suora di clausura!”
“Molto appagante come alternativa, ma preferirei rinunziare.
Sai, non so come, ma ho ancora voglia di vedere un po’ di
luce, grazie”
David non colse minimamente la mia ironia e rise come se avessi
raccontato una barzelletta assai scompisciante e dirigendosi verso la
cucina, mi diede un’altra sua perla di saggezza:
“Sai quello che lasci, ma mai quello che trovi! Avrai solo
che problemi con un uomo adulto! Meglio quei vibratori che trovi nei
sexy shop, mia cara Sophie!”
Disgustata dall’idea di dover ricorrere a vibratori
elettrici, per mancata soddisfazione dal partner, contrassi il viso in
una smorfia.
“Di che Sex Toy parli?” domandò Georg,
appena entrammo nella stanza, dove tutto il gruppo era adunato.
“Chiedi a Sophie, li voleva lei” disse David,
incurante delle facce che tutti fecero e come mi guardarono. Io, in mia
difesa, cercai di far capire che ero stata fraintesa, ma il rossore che
mi aveva invaso le guance, mi tradì miseramente.
David, troppo allegro, per accorgersi di ciò che le persone
attorno a lui, pensavano e dicevano, continuò imperterrito a
parlare e ad esporre tutti i suoi piani sul futuro tour.
Per fortuna tutti e quattro, furono costretti a guardare altrove e il
rosso acceso che divampava sul mio viso sparì. Rimasi ancora
un po’ ad ascoltare, poi decisi che era meglio lavare un
po’ di piatti, visto che la sera prima nessuno ci aveva
pensato.
Dopo una buona mezz’ora David venne a cercarmi e mi mise
sulla tavola un elenco di tutte le cose necessarie, che non sarebbe
state incluse nel pullman del tour. Con curiosità mi diressi
verso il foglio e cominciai a leggere qua e là cosa vi fosse
scritto. Con orrore notai certi punti: “45- Tampax, e
vari”. Certo, era strano che un uomo si potesse ricordare un
elemento così fondamentale femminile, ma ancora
più sorprendente era il commento a lato “I ragazzi
non li portano, quindi dovrai pensarci tu”. Ovvio che non li
portano accidenti! Sono uomini!
“-47: frustini, vibratori, e altri giocattoli sexy sono
vietati” continuava poi. “Non me li distrarre per
favore, hanno bisogno di concentrazione”. “48:
mutandoni della nonna. Vedi voce 47”.
“Oh mio dio David, ma che elenco hai fatto?” dissi
alquanto orripilata.
“Beh, è la prima volta che una donna dorme sul bus
del tour, normalmente gli elementi femminili hanno un'altra
sistemazione” spiegò David.
“Guarda che ci vivo già 365 giorni
all’anno in questa casa con loro!” risposi,
perplessa.
“Ma tu non sai come sono appena usciti da un concerto! Mia
cara, se fossi in te anche quando sarete in hotel evita la stanza di
Tom, e preparati lo spray al peperoncino, nel caso qualcuno di loro ti
scambi per una di quelle bionde senza cervello che saltellano nei loro
paraggi nelle feste post-concerto!”
Se qualcuno avesse avuto una macchina fotografica in quel momento e mi
avesse fatto una foto, l’avrebbe potuta benissimo sostituire
all’originale del quadro dell’Urlo di Munch e
nessuno si sarebbe mai accorto della differenza. Regnava in me la
più completa disperazione. Dove e come mi stavo andando a
gettare? In una gabbia di matti?
Certo, David esagerava sempre, anche fin troppo. Ma quale e quanto
poteva ritenersi vero, delle sue parole?
Non feci in tempo a sotterrarmi nel pavimento, per sparire alla vista
di tutti, che david se ne andò e entrò Tom, che
venne diretto verso di me.
Quando mi fu abbastanza vicino per avvicinare le sue labbra al mio
orecchio, mi sussurrò scherzosamente queste parole:
“Lo so che sei stata tu”
Mi ci vollero alcuni secondi perché la mia mente percepisse
di cosa stava parlando.
Sapevo che se ne era accorto. Era evidente, avevamo seminato tracce
ovunque e i nostri comportamenti erano stati fin troppo limpidi, per
non fargli sorgere il dubbio.
E non potevo mentire, perché era certo. La colpevole ero io.
Respirai profondamente nonostante il terrore mi stesse divorando le
gambe, che tremavano senza sosta, ma decisi di passare
all’attacco per far sembrare il mio scherzo un gesto dovuto e
ben motivato. Per far rendere credibile la scena presi il cucchiaio che
stavo lavando dal secchiaio e glielo puntai contro: “Tu credi
di potermi prendere in giro, eh?” esordii, sbattendoglielo
davanti al viso. Tom indietreggiò spaventato dal mio scatto.
“Pensi che mi faccia piacere essere trattata come una
stupida? Non amo le persone che si aprono con una persona, ma il giorno
dopo sembrano non ricordare nulla! Puff. Ti sei scordato forse quello
che hai fatto ieri sera o semplicemente potrebbe nuocere alla tua
immagine simpatizzare con me?”
Il mio capo fissò le gocce di detersivo scivolare dal manico
del cucchiaio, cadere sul pavimento e formare grandi chiazze di schiuma
bianca. Poi alzò lo sguardo e incontrò i miei
occhi freddi. “Io non voglio farlo. Non era mia intenzione
prenderti in giro. Mi dispiace che ti sia sembrato
così”
Mi sfuggì una risata isterica. “Certo è
normale lasciarsi andare con le persone e mostrarle un lato sensibile
per poi cancellarlo e fare di nuovo il solito menefreghista! La
prossima volta quando cercherai un conforto saprò come
risponderti, e ti posso giurare che non sarà
piacevole”.
Le mani di Tom si alzarono in un impeto, per accompagnare quella che
doveva essere una risposta, ma poi il mio interlocutore si
zittì.
Non eravamo vicini, ma riuscivo a vedere la sua espressione sofferente.
Forse c’era qualcosa che voleva dirmi, eppure non si sentiva
pronto a dirla.
Strinsi il manico del cucchiaio, per poi abbandonarlo sul tavolo.
“Non importa, Tom. Scusami, farò finta che non sia
successo nulla” dissi, dandogli le spalle. Avrei lasciato
perdere tutto, se lui avesse voluto. In fondo bastava fingere che Tom
non si fosse tolto la sua maschera. E dire che ci ero andata
così vicino…
“Nondevilasciarestare!” urlò Tom tutto
d’un fiato.
“Come?” chiesi, spostando lo sguardo ancora su di
lui.
“Non ti devi dimenticare di quel me. Se mi sono sentito di
mostrarti chi sono, è perché mi sono fidato di
te” disse Tom prima di coprire la distanza che ci divideva.
“Non dimenticarti di quel me”
Ero ancora più perplessa ora. “Tu ti sei fidato? E
perché io dovrei fidarmi di chi mi tratta in modi diversi in
base a chi gli sta attorno?”
Tom abbassò lo sguardo afflitto e fece un passo indietro.
“Io non lo so perché faccio
così”
“Non ti ho chiesto io di farlo. Potevi continuare a chiamarmi
in modi stupidi e impartirmi ordini. Ma non si torna indietro, Tom.
Quando fai qualcosa, ti fai conoscere, ti apri insomma, le persone si
aspettano delle cose. Non puoi continuare ad avanzare e poi tornare
indietro. Devi fare la tua decisione. Non mi interessa quale sia,
decidi”
Tom chiuse gli occhi. “Non posso farlo”
dichiarò, rassegnato. “Non posso cancellare quello
che sono e quello che ti ho mostrato, come non posso smettere di
trattarti come un’assistente. Sei una nostra
dipendente”.
Quelle parole mi colpirono dritte sul volto. “Tu mi hai fatto
credere ieri sera che fossi una persona con un cuore. Ho quasi pensato
che saremmo potuti diventare amici” spiegai, presa da una
strana foga.
“Non possiamo essere amici” continuò il
mio capo, strofinandosi una mano sul braccio lentamente.
“Perfetto” sussurrai, continuando a guardare il suo
viso, pietrificato. “Se è quello che vuoi lo
accetterò” asserii, incrociando le braccia. La
conversazione doveva finire qui.
“Sophie” Tom mi prese le spalle, stringendomi.
“Ho detto che non posso, non ho detto che non
voglio”.
Ora si che mi stava facendo infuriare. Gli afferrai la maglietta e la
strinsi nelle mani, guardandolo dirittamente in volto. “Hai
paura? Di me? Di pentirtene? Di mostrare il tuo vero te?”
Tom abbassò lo sguardo, per sfuggire alla mia visuale.
Nessuna reazione lo scosse.
Sospirai. “Vai, Tom. Mi avrebbe fatto piacere conoscere
quella persona, ma hai deciso di fare il capo menefreghista, che
purtroppo conosco già e con cui non voglio avere nulla a che
farci”.
Il viso di Tom si contrisse in una maschera sofferente. Ma avevo
deciso, ormai. No lui aveva deciso.
“I piatti non si lavano da soli, Beduino” dissi
infilandomi i guanti e dandogli completamente le spalle.
Indugiò per qualche secondo sulla porta, ma poi se ne
andò. E per la seconda volte avevo un lato nuovo diverso di
Tom.
***
Bill inserì la pila di magliette che aveva stipato sul letto
nella valigia. “Lascia stare, Tom. Devi sapere che non si
apre mai. Dovresti essere orgogliosa che ti abbia parlato in quel
frangente. Parlare con Tom di cose serie o di lui, è un
evento assai raro, come un’eclissi di sole completa”
“Un’eclisse che ti acceca. Pensavo davvero di
essere riuscita finalmente a valicare il suo muro”
“è un muro più basso di quanto tu possa
credere. Secondo me sei troppo abituata a guardare la base per
accorgerti che la cima è molto vicina”
“Come?”
“Tom è l’esemplare più
semplice della specie umana. Ti basta un tocco per farlo
crollare”
Lo guardai torva. “Non sono d’accordo, insomma come
sarei riuscita ad aprirlo?”
Bill scrutò la maglietta che teneva in mano. “Tu
non lo hai fatto. Io l’ho fatto. Io l’ho lasciato
aperto e vulnerabile. E prima che riuscisse a richiudersi ha incontrato
te” disse gettando la t-shirt nella pila delle cose da
lasciare a casa.
Mi distesi sul letto, stiracchiandomi. “Ora come dovrei
comportarmi?” chiesi fissando il soffitto.
“Beh come ti verrà naturale” disse
facendosi cadere sul letto accanto a me.
Rimanemmo qualche secondo in silenzio, poi ruppi il silenzio ponendogli
un’altra domanda: “Hai già finito la
valigia?”
“Si, ora mi lasci riposare le mie gracili braccine?”
Risi. “No, prepara anche la mia!” implorai
girandomi e puntando i gomiti al materasso per sollevare il petto.
“Non l’hai ancora fatta?”
domandò Bill girandosi sul fianco per guardarmi in viso e
rimproverarmi.
Lo guardai, candidamente, con l’espressione tipica di chi non
ha fatto nulla di male. “No”
Bill si avvicinò al mio viso. “Ti consiglio di
andare a farla ora”.
I miei occhi si posarono sulla sua bocca, che erano appena appena
socchiuse. Il mio cuore non rispose più ai miei comandi,
batteva senza sosta. “Ci
sono tante cose più divertenti da fare”
“E cosa, se non sono troppo indiscreto?”
domandò, con gli occhi color mandarla sempre più
luminosi.
Il mio cervello si era perso in così tanti viaggi mentali,
che non riuscivo più a vedere ciò che mi stava
accadendo nel concreto in quel momento, che non mi accorsi nemmeno che
Bill mi era avvicinato. Mi resi conto degli ultimi eventi solo quando
sentii la sua mano toccarmi una ciocca di capelli che
sfogliò tra le dita. “Hai un piccolo filo,
aspetta” mi sussurro praticamente all’orecchio.
“Grazie” dissi in un tono flebile.
Bill, il mio capo, era a pochi centimetri dal mio viso, ma i suoi occhi
erano concentrati sui miei capelli per accorgersi che le nostre labbra
erano così vicine.
“Tu come stai?”
La domanda lo colpì in pieno, perché la sua
reazione fu rapida e dura. Si ritrasse velocemente e abbassò
lo sguardo, e i suoi muscoli si irrigidirono all’istante.
“Potrebbe andare molto meglio, ma ci sono tante distrazioni
qui. Quindi è tutto ok”.
Avrei voluto aggiungere dell’altro ma proprio mentre aprii la
bocca la porta si spalancò e il momento di confidenza era
concluso.
Georg entrò nella stanza, agitato. “Tom e Gustav
si danno alla guerra”
“Come?”
“Guerra di acqua!”
La scena era apocalittica. Gustav reggeva la sua arma, di pesante
e impenetrabile plastica,
tenendo leggermente il grilletto per sparare a Tom che si era nascosto
dietro il capanno di legno in giardino.
I raggi del sole baciavano i muscoli bagnati di Gustav, in
un trionfo di luce. La sua camminata trionfale lo condusse verso il
capanno, dove Tom si nascondeva.
“Vieni fuori parassita!” urlò
Gustav, come il tipico sceriffo dei film western.
Tom, che probabilmente assumeva il ruolo del bandito,
sbucò da dietro un cespuglio alle spalle di Gustav e
sparò un getto di acqua sulla nuca dell’amico.
Quest’ultimo si voltò e rispose
all’attacco, muovendosi lateralmente per cercare un riparo.
“Parassita a chi?” chiese Tom.
“Impara a capire chi è superiore”.
Gustav smise di spostarsi lateralmente e avanzò
proprio verso il getto. “Proprio tu? Ma fammi il piacere! Ti
corrono tutte dietro ma nessuna ti piglia!”
“E a te nessuna va dietro! Sei messo peggio! Pure
la tua amichetta si prende gioco di te!”
Gustav, di colpo si bloccò, e smise di
contrattaccare. “Come ti permetti?”
Tom smise di sparare e scoppiò in una risata di
derisione. “Non te ne rendi conto? Ti gioca per arrivare ad
un altro” spiegò, tra le risate.
La rabbia montò in Gustav, che gettò a
terra la pistola ad acqua e scattò in un balzo verso Tom, e
gli assestò un pugno in pieno viso.
Sophie gridò per lo spavento. Bill e Georg che
erano rimasti a guardare fino ad allora si gettarono verso i due
compagni per soccorrere Tom, che nel frattempo aveva perso
l’equilibrio ed era caduto indietro.
Tom riuscì a mettere le mani indietro e si
rialzò velocemente per gettarsi sopra l’amico e
colpirlo. La colluttazione divenne più ridicola che furiosa,
ma tutti si prestarono per separarli.
Georg riuscì ad afferrare Tom e a tirarlo lontano
da Gustav, mentre Bill teneva a terra Gustav, anche se era
più un gesto simbolico visto che Gustav era molto
più forte di Bill e se avesse voluto alzarsi
l’avrebbe fatto senza problemi.
Tom si asciugò un rivolo di sangue
all’angolo della bocca. “Non provarci
più!”
“Ma siete ammattiti tutti e due? Cosa vi
prende?”
“Non posso permettere che sparli di te”
rispose Gustav, guardando l’amico con rabbia.
“Ma nemmeno colpirlo! Gustav, che cavolo ti
prende?”
“Cercavo di difenderti!” si difese lui.
“Ma non ne ho bisogno!”
Tom scoppiò a ridere. “Che ti dicevo,
Gus? Non gliene frega nulla di te!”
“Di che cavolo stai parlando? Tom, non fai altro
che dimostrarmi quanto sei deficiente” dichiarò,
con un’espressione di delusione, per poi rivolgere le sue
attenzioni verso Gustav. “Sai, credo che tu in fondo avessi
ragione”
Uno sbuffo uscì dal chitarrista. “Voi
donne, sapete sempre come farvi perdonare, perché non sapete
ammettere di avere sbagliato” e con questo se ne
tornò in casa, calciando un sassolino trovato
nell’erba.
“Ma si può sapere che gli è
preso?” domandai, sempre più confusa.
“Donne. Problemi con le donne. Qualche ferita si
sarà aperta…” spiegò Bill,
offrendo una mano a Gus, per alzarsi.
Sophie fissò le imposte chiuse della loro casa,
confusa e preoccupata.
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Capitolo 6 *** Appuntamento tremolante ***
Buona
sera a tutti! Finalmente posso annunciare di aver concluso gli esami di
maturità! 5 anni della mia vita conclusi dopo tanti sforzi!
Faccio mille auguri
a tutti coloro che stanno tenendo degli esami o che li hanno conclusi
oppure
che li avranno tra molto! Ma ora potete rilassarvi leggendo questo
nuovo
capitolo di Un apparecchio di troppo!
p.s:
Scusate
davvero il ritardo, ma ora penso di potermi dedicare con diligenza a
questa
storia! Mi piace troppo J
Capitolo
6: Appuntamento tremolante
L'amore
è una bestia
crudele.
E,
purtroppo, non ho
ancora trovato il modo per difendermi.
Un’altra
notte aveva spento la rabbia e messo a tacere i bollenti spiriti che il
giorno
prima avevano colpito il gruppo. Mi ero alzata puntuale e avevo fatto
il
bucato, preparato la colazione, studiato la tabella del tour per
cercare di
ritagliare del tempo per alcune interviste tra le varie tappe.
Ero
riuscita a contattare ben due riviste a cui era possibile vendere le
interviste, prima che il timer della lavatrice scattasse.
Mi
stavo
dirigendo in lavanderia, quando passando davanti alla stanza di Bill
percepii
alcuni rumori ben riconoscibili anche all’esterno: Bill
piangeva.
Appoggiai
i polpastrelli sulla porta, che era socchiusa. La spinsi leggermente
per
sporgere il mio capo.
La
scena
che mi si presentò era palese. Bill sedeva sul bordo del
letto e sfogliava le
pagine di un album di foto.
Lo
conoscevo bene quell’album, perché
l’avevo scorto spesso sul suo comodino.
Quando Bill si sentiva troppo distante da Katherine lo sfogliava per
sentirsela
vicina e poi la chiamava. Ora però il telefono era stato
lasciato sul cuscino,
e le pagine dell’album erano diventate macigni, che
attraevano copiose lacrime.
Una
volta
per la curiosità mi ero seduta a sfogliarlo per capire cosa
spingesse Bill ad
amare Katherine. La cosa che mi aveva colpito maggiormente era stata la
sistemazione delle foto che era molto curata e creativa, tipica dello
stile di
Bill. Avevo visto spesso Bill e Katherine insieme, ma non avrei mai
detto che
quelle foto potessero rappresentare un mondo così estraneo a
me. In alcune foto
c’era Katherine con una semplice tuta e una morbida coda di
cavallo, abbracciata
a Bill che sorrideva come un bambino, in altre invece lei che sorrideva
davanti
ad una statua.
Capii
quella volta che Bill amava quella Katherine che nessuno vedeva e che
lui aveva
avuto la possibilità di incontrare. E come non capirlo?
Quando ti innamori di
una persona che si mostra a te per quello che è, sei
spacciato.
Spinsi
la
porta quel tanto che mi bastò per sgusciare nella stanza.
Andai verso Bill
silenziosamente.
Quando
lo
raggiunsi gli posai una mano sulla spalla e la strinsi leggermente per
infondere forza.
Bill
si
volse a guardarmi, con il viso ancora bagnato dalle lacrime.
Gli
rivolsi l’espressione più tenera che potevo
offrirgli, ma non sembrò
accorgersene perché ritornò a fissare la sua
foto.
Mi
spinsi
in avanti per vedere quale delle foto dell’album lo stava
distruggendo. Sulla
carta lucida era rappresentata Katherine sorridente, mentre reggeva un
bigliettino. C’era scritto: Bill ti amo.
Ebbi
appena il tempo di leggere, perché Bill spinto da un altro
singulto decise di
afferrare il bordo superiore con i pollici e di strappare con un colpo
netto
l’immagine.
Le
due
parti caddero sul pavimento, abbandonate da Bill.
“Non
ha
senso tenere ricordi delle bugie che le persone ti hanno
detto” proruppe Bill,
riafferrando l’album per appoggiarlo sulle sue ginocchia.
Sospirai,
riflettendo sulle dure parole che uscivano dalla bocca di Bill.
“E se lei te lo
avesse scritto perché era così che si sentiva? E
se ti amava veramente?”
Le
mani
di Bill si aggrapparono ai bordi dell’album con estrema
ansia, nervosismo e
rabbia. “Se lei mi avesse amato veramente non mi avrebbe
lasciato perché
desideravo vederla, toccarla e..”
Il
tono
di voce si era sempre più alto ogni parola che diceva, e
preso da implacabile
collera chiuse l’album, per poi sollevarlo e con foga
scaraventarlo dalla parte
opposta della stanza, dove andò a fracassarsi contro lo
specchio, che si
frantumò in mille pezzi.
“…e
baciarla” concluse la frase, quasi in sussurro, ormai
liberato da ogni furia in
seguito al suo gesto di simbolica liberazione.
“Sei
in
arresto” dichiarai in un sussurro, ridendo già
all’idea del mio perfido
scherzetto.
Come
avevo immaginato Georg, prevedibile come poteva solo lui essere, che si
era
nascosto tra i cespugli, spiccò un esilarante saltello su se
stesso, che gli
fece perdere l’equilibrio e gli provocò una goffa
caduta all’indietro.
Quando
Georg si rese conto di essere stato beffeggiato dalla pessima
assistente di
Bill, ritornò a poggiarsi sulle ginocchia e mi
fissò con aria di rimproverò.
“Tu sei perfida! Tom poteva scoprirmi!”
dichiarò a bassa voce, temendo sempre
di essere colto in flagrante.
“Non
è
per farmi sentire importante, ma ti sei reso conto di quello che sta
facendo
Tom?”
Georg
si
voltò nuovamente verso la siepe e scostò dei
rametti per osservare meglio
l’oggetto delle sue precedenti osservazioni. “Sta
macchinando un piano segreto
per estorcermi delle informazioni”
Mi
voltai
perplessa nella stessa direzione cui era rivolto Georg, ma vidi Tom
sempre
intento a stendere il bucato esattamente come stava facendo prima.
“Georg
io
non vedo nessun atteggiamento sospetto, Tom sta stendendo i panni che
dovrei
stendere io oggi. Tutto qui”
Georg
si
irrigidì e sbiancò. “Aspetta,
guarda” annunciò criptico.
Mi
rivoltai nuovamente e vidi avvicinarsi Bill. “E
allora?” sibilai, frustrata.
“Ascolta”
protestò Georg, cercando di controllare il volume della
voce, che stava
raggiungendo note acutissime.
Acquietai
il nervosismo che mi creava, per ascoltare quello che i gemelli si
sarebbero
detti.
“Dov’è
Sophie?” domandò Bill fissando Tom al lavoro.
“Non
lo
so e non chiedermelo. Ero venuto qui solo per chiederle una cosa e
invece mi
sono ritrovato a stendere i panni” disse scrollando le mutande di Bill,
dall’acqua in eccesso.
“E
che
problema c’è? Sono tutti nostri questi capi, per
cui dovremmo farlo noi questo
lavoro non lei!”
“Senti
Bill, fallo tu allora visto che la maggior parte delle cose sono
tue!” gridò
Tom, gettandogli la mutanda che teneva tra le mani in quelle del
fratello.
Bill
le
afferro tra il pollice e l’indice come fossero contaminate da
qualche strana
sostanza. “Che ti prende! Stavo solo cercando di difendere
Sophie dalle tue
critiche infondate”.
“Non
ne
ha bisogno, sa difendersi benissimo da sola”
dichiarò Tom andando a recuperare
il cestino con le mollette, lasciato sul prato poco distante.
“Se
non è
presente non può certo farlo, non pensi?”
proferì, guardando sempre con più
attenzione un puntino bianco sui suoi boxer.
La
scena
mi provocò una risatina, che Georg prontamente
soffocò con la sua mano. Ruotai
gli occhi per protestare ma lui non mi stava nemmeno guardando,
perché era
troppo concentrato ad ascoltare quello che stavano dicendo.
Probabilmente aveva
il cuore che gli batteva a mille.
“Che
ti
importa Bill? È solo la tua assistente”
sbottò Tom, tornando al punto dove vi
era suo fratello. “Si può sapere che cavolo stai
cercando nelle tue mutande?”
Bill
alzò
lo sguardo, perplesso. “Come?”
“Sembri
il piccolo chimico! Perché stai guardando in quel modo i
tuoi boxer?”
“Niente”
rispose Bill, portando la mano con le mutande dietro alla schiena. Tom
si
accigliò, guardandolo torvo.
“È
una
persona come tutte le altre! Ha dei sentimenti esattamente come
te!”
“Parla
quello che le rifila tutti i suoi problemi, senza mai domandarle nulla.
Non è
un mulo da caricare. Quando sarà piena come un uovo
esploderà come tutte le tue
ex assistenti”
Bill
lo
fissò interdetto, ma allo stesso tempo incuriosito.
“Ho
capito. Temi che possa farla scappare via? Che non la vedrai
più girare per
casa?”
“Non
ho
detto quello, Bill” ribattè, raccogliendo dalla
cesta una nuova maglietta.
“Ma
l’hai
pensato!”
Tom
sbuffò. “No”
“Ammettilo”
lo incalzò Bill, in modalità “se non
parli o neghi vuol dire che ho ragione”.
“Sei
un
cretino, Bill. Non capisci niente e pretendi sapere tutto dagli altri.
Pensa
agli affari tuoi!”
“Non
hai
smentito” dichiarò saltellando sul posto.
“Ho
detto
NO!” urlò il rastaro, sempre più
nervoso. Bill smise si saltare. “Mi sembra
proprio chiaro e se lo vuoi sapere non me ne frega nulla se se ne
andrà o meno.
Che vada pure. Così alla mattina non mi dovrò
più preoccupare di trovarmi la
mostarda nel pane”
“Non
era
mostarda!”
“Bill
sei
un cretino! Era un esempio!”
Alcuni
secondi di silenzio ingoiarono il giardino. Tutti erano ammutoliti, chi
per
ansia (Georg) chi per guardarsi negli occhi, Tom e Bill, che
scoppiarono a
ridere, sciogliendo le tensioni della precedente conversazione.
“Ok,
fratellone, farò finta di credere che non te ne importai
nulla. Ascolta se la
vedi le puoi dire che devo parlarle? Devo chiederle una cosa su Georg.
Tu non
lo vedi strano ultimamente?”
“No,
è
sempre il solito imbecille di tutti i giorni
perché?”
“Uhm,
strano. A me sembra che qualcuno mi osservi e mi pedini
costantemente” asserì
Bill, stringendosi nelle spalle.
“E
perché
pensi che sia proprio Georg?” domandò Tom.
“Perché
di sfuggita mi accorgo di strane macchie rosse che si muovono e mi
sembra di
udire imprecazioni tipiche di Georg. Per esempio stamattina mi sono
alzato e
sentivo degli strani rumori da dentro l’armadio, e mi
è sembrato di udire
“porca di quell’elfa nana”
Tom
scoppiò a ridere. “Allora è lui.
È sicuro!”
“Ne
ero
certo! Bene, devo assolutamente scoprire perché mi
spia” dichiarò girando i
talloni per ritornare verso la casa.
“Aspettami,
devo cercare anch’io la tua assistente: deve ancora finire di
stendere” disse
Tom raggiungendo il fratello.
Ruotai
la
testa come un automa e fissai negli occhi Georg che probabilmente aveva
fatto
lo stesso. “Sono fottutamente, Fottuto!”disse lui,
“Resterò senza lavoro!”
dissi io nello stesso momento.
Mi
ci
vollero un paio di minuti per ragionare su quanto era appena accaduto.
Tom
aveva espresso il suo totale disprezzo per la mia figura professionale
e Bill,
per quanto ne sapevo, poteva anche decidere che non ero più
adatta per le sue
esigenze.
Scattai
in piedi e cominciai a mangiarmi le unghie per il nervosismo. Georg nel
frattempo stava strappando l’erba da terra, pregando in una
strana lingua,
probabilmente arabo, nella speranza di ottenere una redenzione.
Ripresa
lucidità, afferrai le spalle di Georg e lo scrollai senza
imprimere forza.
“Ascoltami, tu non mi hai mai visto! D’accordo? E
io non ho mai incontrato te!
Promesso”
Gli
occhi
di Georg erano ancora puntati nel vuoto quando mi rispose anche lui
promesso.
Ma sapevo di potermi fidare della sua parola, perché se
voleva nascondere il
suo segreto doveva collaborare con me.
Mi
alzai
di scatto e mi diressi verso la casa. Entrai dal retro e entrai nel
bagno del
retro, dopo essermi accertata che Bill e Tom fossero saliti al piano
superiore.
Socchiusi
la porta e tirai lo sciacquone. Sentii i passi dei due gemelli per le
scale,
attirati dal rumore nel bagno dove mi trovavo.
Mi
avvicinai al lavandino cercando di essere naturale.
La
porta
si aprì di scatto. “Sophie sei qui!”
“Si.
Che
succede?”
Bill
mi
guardò torvo. “Non mi sembrava di aver visto la
porta chiusa prima. Beh
comunque ti stavamo cercando. Volevo scusarmi per prima! E Tom voleva
sapere
dove eri finita perché sei scappata via
all’improvviso”
La
risata
che emisi, gelò il sangue anche a me, non riesco a
immaginare cosa potessero
pensare i gemelli. “Oh niente, un bisogno urgente”.
Solo le iene ridono a quel
modo.
“Oh,
d’accordo.
Comunque sai perché Georg è così misterioso?”
Scossi
la
testa, forse con troppa convinzione, perché si guardarono
spalancando gli
occhi.
“No
no,
non mi sono accorta di nulla”
“Ma
stai
bene, Sof?” chiese Bill avanzando.
Mi
ritrassi
lentamente mostrando un sorriso finto. “Tutto ok”
asserii scartando Bill e poi
Tom per sfuggire in giardino.
Non
vidi
la scena, ma capii che era successo quando lasciai la casa: Georg, che
era
stato scoperto dietro la porta di casa, aveva urlato a più
non posso. A volte
mi chiedo perché per nascondere un segreto, debba
nascondersi nei posti più
stupidi del mondo. L’universo maschile era ancora
un’incognita per me. E forse
lo sarebbe stato per sempre.
La
sera
arrivò molto presto. Avevo promesso a Gustav che saremmo
andati a vedere al
cinema Hunger Games, prima di partire, così avevamo deciso
di andarci proprio
quella sera.
Mi
misi
un paio di jeans a sigaretta neri e una maglietta a barchetta marrone
chiaro
abbinata alla borsa. Mi legai i capelli in una coda e andai a bussare
alla
porta di Gustav.
Gus
mi urlò
di entrare, così abbassai la maniglia e entrai piano. Il
batterista si stava
infilando la maglietta nera, ma riuscii a intravedere i muscoli
statuari appena
in tempo.
Gustav
venne verso di me con un sorriso e mi baciò la guancia.
“Stai benissimo così,
Sof!”
Sbattei
le palpebre velocemente, mentre la mia mente ripercorreva la scena
appena
vissuta. Era il Gustav di sempre?
“Comunque
metti i tacchi alti, che ti
slanciano!”
“Hhm
si”
mugugnai.
Gustav,
mi prese sotto braccio e mi trascinò via dalla sua camera.
“Il cinema ci
aspetta”.
Poco
dopo
eravamo seduti sulle poltroncine del cinema multisale. Reggevo sulle
gambe la
vaschetta di popcorn più grande che avessi mai visto.
Gustav
mi
sorrise e affondo la mano della vaschetta. “Beh dai sono
contento di essere qui
con te oggi!”
“Sono
contenta che puoi vederti questo film! Era da tanto che lo aspettavi,
giusto?”
“Si
ho
letto tutti i libri! Spero solo non sia deludente!”
Sorrisi.
“No dai vedrai che sarà piacevole!”
Gustav
non poté rispondermi perché la
pubblicità si fermò e partì la sigla
iniziale.
Gli
bisbigliai sottovoce: “Buona visione!”
Gustav
era troppo preso dal film per potermi rispondere, ma non mi offesi
perché
sapevo quanto aveva atteso quel momento ed era comprensibile.
Il
film
mi entusiasmò parecchio, e Gustav non sembrò
lamentarsi per la regia, ma quasi
a metà film accadde qualcosa di imprevedibile.
Le
poltrone cominciarono a tremare. I popcorn caddero a terra. La gente
cominciò a
urlare.
Inizialmente
nessuno sembrò essersi spaventato, ma nel momento in cui
tutti si resero conto
che quel tremore era segno di un terremoto, tutti ci catapultammo verso
l’uscita. La confusione che si creò nel corridoio
era insostenibile. Tutte le
persone all’interno delle varie sale stavano evacuando
l’edificio e così ben
presto la gente cominciò a spingere e qualcuno cadde a terra
con il rischio di
essere pestato da chi veniva dietro per la foga della fuga.
Gustav
afferrò la mia mano e la strinse forte, cercando di trovare
un buco tra la
folla.
Un
ragazzino, però, ci venne incontro e persi il contatto con
il batterista.
Spinta da dietro inciampai e caddi in ginocchio nel corridoio.
Immediatamente
mi coprii la testa, e guardai in avanti per vedere dove fosse Gustav,
ma non
riuscii a vedere altro che gambe.
Prima
che
il panico mi divorasse però due mani mi afferrarono dalle
ascelle e mi
sollevarono da terra. Quando la mia testa incontrò un petto
caldo, capii che
ero salva, e istintivamente chiusi gli occhi. Ero al sicuro, chiunque
mi avesse
sollevato mi stava portando al sicuro.
Furono
attimi di confusione: sentii spesso la gente venirmi addosso, urla di
terrore
echeggiare nel corridoio, ma non aprii mai gli occhi per vedere la
paura sul
volto di chi mi stava affianco.
Poco
dopo
sentii l’aria fredda della notte sulla pelle e capii che il
mio salvatore mi
aveva portato fuori dall’edificio. Ascoltai il respiro
affannoso dell’uomo che
mi reggeva in braccio, finché non mi lasciò
sull’asfalto.
Solo
allora aprii gli occhi. Il mio sguardo andò subito a
posizionarsi sul volto del
mio salvatore. La sorpresa mi gelò il sangue nelle vene.
“Quanto
pesi, dente Metallico!”
Il
meraviglioso salvatore della mia vita, era un infimo bastardo: Tom.
“Tu?
Che
ci facevi al cinema? E se peso così tanto perché
non mi hai lasciato dentro?”
Tom
si
chinò in modo tale che i nostri volti fossero allo stesso
livello. “Stavo
guardando un film porno, è vietato?” Poi mi prese
il braccio furibondo: “Ma sei
stupida? Hai rischiato di rimanere travolta dalla folla!”
Il
suo
sfogo mi lasciò perplessa. “Ti sei spaventato per
me?”
Tom
si
alzò e mi diede le spalle. “Se ti fai del male non
c’è nessuno che mi prepara
la colazione”
Bastardo!
Ti da fastidio ammettere che hai
avuto paura di perdermi?
“Stai
qui, non muoverti, vado a vedere se qualcuno ha bisogno di una
mano” disse
prima di andare a parlare con la famiglia accanto a noi.
Probabilmente
stavo vivendo un sogno. Provai a darmi un pizzicotto, ma il dolore mi
fece
capire che era tutto reale. Dunque come era possibile che Gustav e Tom
fossero
quello che avevo visto questa sera? Gustav era divenuto
l’amico gay della
situazione che da consigli sul vestire e Tom aveva appena mostrato che
ci
teneva a me e si era proposto volontariamente di aiutare altre persone
che
nemmeno conosceva.
“Dente
metallico, stai dormendo a occhi aperti?”
La
voce
di Tom mi riscosse dai miei pensieri. Scrollai la testa. “No,
scemo. Non c’è
bisogno di una mano?”
Tom
sorrise. “Ti do fastidio? No, non posso fare niente ora.
Stanno arrivando delle
ambulanze, ma sembra che siano usciti tutti vivi. Tuttavia ci sono
delle
persone che hanno riportato lesioni dovute alla foga
dell’uscita”.
Annui,
in
segno di comprensione.
“Tu
sei
ferita?”
I
miei
occhi incontrarono i suoi color nocciola. Non riuscii a rispondere
perché il
mio cervello cominciò a elaborare pensieri complicati. Il
duplice atteggiamento
di Tom aveva reso poltiglia la mia materia grigia.
“Ehi,
Metal, hai perso la lingua?” chiese Tom, quasi divertito.
Mi
riscossi dal mio turbine mentale. “No, tutto a posto. Ma non
vedo Gustav”
“Sta
aspettando l’ambulanza in fondo alla via, ma sta
bene!”. Mentre parlava mi
indicò un gruppo di persone sotto il segnale dello stop.
“Oddio
che si è fatto?”
“È
stato
spinto contro la porta mentre cercava di tornare indietro a prenderti.
Stupido.
Fare il salmone tra il panico collettivo”
Sgranai
gli occhi. “Cosa? Si è ferito per salvarmi? Che
dolce!”
Tom
si
coprì il viso con le mani. “Possibile che non
capisci nulla? Si è ferito per
colpa tua! Non è dolce, è scemo!”
Lo
guardai torva. “Anche tu hai rischiato di farti male nel
fermarti per
raccogliermi! Sei stupido anche tu allora!”
Tom
sbuffò. “Ma sei ritardata? Io ero dietro di te,
lui voleva tornare indietro
sapendo che tutti stavano andando dalla parte opposta! Non è
un eroe, ma
un’irresponsabile” imprecò, alzando il
tono della voce.
“Sei
per
caso geloso?”
Tom
rise
sonoramente. “Vuoi scherzare? Ma quante arie ti
dai?”
Colpita.
Io mi vantavo? Mi alzai con
l’animo
ferito. “Io non mi do arie! Insomma perché
dovrei?”
“Perché
parli come se tutti dovessero essere ai tuoi piedi! Hai mai visto che
cazzo di
lavoro fai?”
Ora
stava
esagerando! Stizzita gli puntai il dito contro. “Non osare
insultare il mio
lavoro! Sto cercando di racimolare soldi per
l’università, non mi sembra troppo
vergognoso! Tu piuttosto che sfoggi la tua ricchezza ogni giorno, non
ti
vergogni sapendo che dall’altra parte del mondo qualcuno
soffre perché non ha
un tozzo di pane o una pozza dove lavarsi?”
Tom
girò
la testa, rabbioso, ma consapevole che avevo ragione. Ora avevo
scavalcato il
muro dei suoi sentimenti. Ero dentro le sue mura difensive. Potevo
distruggerlo, ma decisi di rimanere ferma in punta di piedi ad
attendere che
fosse lui a cacciarmi o ad aprirmi le porte definitivamente.
“Chi
sei
tu Sophie per arrivare nella nostra vita, rivoltarci come calzini e
lasciarci a
terra senza fiato?” Aveva aperto le porte! Incredibile!
“Chi sei? Capisco
perché Bill ti volesse così insistentemente. Mi
fai quasi paura”
Detto
ciò
si sedette con lo sguardo vuoto.
Lo
imitai
e gli appoggiai una mano sul ginocchio. “Una ragazza diversa
da voi. Tutto qui”
Tom
tornò
a fissarmi e mi concesse un debole sorriso. “Forse mi sbaglio
ma tu ci farai
penare, dal primo all’ultimo. Una specie di mano dal
cielo” Poi ritornò a
fissare il vuoto davanti a se e l’attesa fu dominata dal
silenzio.
Tutto
il
tempo mi chiesi cosa sarebbe successo il giorno dopo, quale Tom mi
avrebbe
salutato e che cosa avrei dovuto fare nel caso in cui sarebbe stato
quello
stronzo e megalomane.
Parecchi
minuti dopo arrivarono le ambulanze, e decidemmo di andare da Gustav,
per
aiutarlo. Fortunatamente se la cavò con un solo cerotto. Nel
frattempo
arrivarono Georg e Bill a prenderci e ci riportarono a casa. Accesi la
tv per
vedere quali danni aveva fatto il terremoto, ma constatai con sollievo
che era
stata comunque una scossa lieve.
Ero
così
stanca che decisi di andare a letto subito dopo. Salutai debolmente con
la mano
e mi diressi su per le scale. Tom non rispose a nessun saluto: aveva di
nuovo
chiuso ogni barriera.
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Capitolo 7 *** Se ti ubriachi, tu lo sai... ***
Ecco qui un nuovo capitolo di
questa serie che fa impazzire il mondo! Scusate l'immenso ritardo, ma
l'università mi ha rubato un sacco di tempo!!
Se ti ubriachi, tu lo sai...
Il buio regnava. Il sole era
tramontato da parecchio ormai. E il pullman era fermo da almeno tre
ore, per
consentire agli autisti di riposare. Deambulai al buio. Per raggiungere
la zona
relax dove avrei trovato un frigo, per bere qualcosa. Ma prima ancora
di
arrivare sentii un forte odore di alcool impregnare l’aria
della zona relax.
Raggiunsi l’interruttore, tastando incerta la parete con la
mano e accesi la
luce. La scena che mi si
presentò, mi fece sospirare.
Tom era riverso a terra accanto
ad un tavolino colmo di bottiglie di superalcolici mezzi vuoti e ad una
pozzanghera di vodka (o
qualcosa di
simile) nella quale aveva immerso una mano.
“Tom! Ma che cavolo
stai
facendo?”
Per fortuna era ancora conscio e
emise un grugnito, forse un tentativo di risposta, non andato a buon
fine.
Mi chinai su di lui e lo feci
voltare a pancia in su, per verificare in che condizioni era.
Tom aprì gli occhi e
il nocciola
delle sue pupille mi immobilizzò. “Hai
ragione”
***
16 ore prima
***
Sbadigliai rumorosamente,
attirando l’attenzione del rastaro più
suscettibile del pianeta.
“Dente Metallico,
smettila di
aprire la bocca o gli insetti ti ci faranno il nido li
dentro”
Serrai le labbra
all’istante. Gli insetti fanno il
nido?? Gli rivolsi
uno sguardo truce e mi voltai dall’altra parte, mentre
incrociavo le braccia.
Tutto il mio corpo dava l’ impressione di essere sul punto di
esplodere, poiché
trasbordante di odio profondo.
Sedevo sulla mia valigia in
attesa che i pullman della tournee scivolassero sul selciato in
giardino, per
raccoglierci e portarci per il resto dell’Europa, nei
prossimi lunghissimi
mesi.
Tutti i componenti della band si
trovavano in salotto: Gustav sedeva comodamente sprofondato in
poltrona; Bill
leggeva accigliato una cartina a gambe incrociate sul pavimento, Georg
girava
in cerchio per la stanza, crogiolandosi continuamente
nell’ansia e forse nella
pura disperazione. Il suo segreto restava ancora nascosto, ma se
qualcuno lo
avesse scoperto, la tournee forse sarebbe saltata. La sua agitazione
non poteva
essere più grande.
Per quanto riguarda Tom, invece,
beh… Lui era sceso dalle scale sollevando senza sforzo la
sua valigia e l’aveva
posizionata accanto alla mia. Questo mi aveva fatto illudere di una sua
predisposizione
al dialogo, ma le mie speranze erano andate in fumo ben presto. Non
solo non
era stato disposto a rivolgermi la parola in modo amichevole, ma aveva
ripreso
con le sue prese in giro e si era avvicinato a me solamente per
osservarmi in
modo tale da trovare nuovi modi per offendermi.
Il mio umore non poteva dirsi
migliore di quello di Georg. La mia mattina era iniziata molto presto,
ed era
stata abbastanza movimentata. David aveva pensato bene di comprare
delle
maledettissime trombe da stadio per poter irrompere nella mia stanza e
suonarle
accanto alle mie orecchie, mentre dormivo. Dio solo sa per quale motivo
ho
ancora la capacità di udire dall’orecchio
sinistro.
Poi aveva trillato per la
stanza: “Sveglia, Principessa!”, gongolando dalla
gioia.
Il mio tentativo di rifugiarmi
la testa sotto il cuscino, fu invano. Neppure aggrapparmi al letto
è servito a
farlo desistere. Mi ha letteralmente fatto scendere dal letto a
strattoni.
Una volta in piedi mi ha gettato
tra le mani una maglietta dello staff dicendomi che finalmente
l’avventura era
iniziata. Ma quale avventura??? Io volevo
solo dormire!
“Ehi metaldetector, mi
stai
fissando il pacco”.
L’ultima parola
mi sembrava fosse stata caricata da una punta d’orgoglio.
“Cosa?” esclamai inorridita.
“Ma che bugiarda,
piccola Metal.
Ti stavi godendo la visione della mia piramide
di Giza e osi pure mentirmi” disse gesticolando
teatralmente, allargando le
mani nel pronunciare piramide di Giza.
Chiusi gli occhi a due fessure.
“Non mi piacciono le mummie, Mr Imbalsamato”
La collera avvampò
dentro di Tom
in un istante. Si sporse in avanti e mi afferrò la coda di
cavallo che mi
serviva per tenere legati i capelli, tirandola leggermente verso di
sé,
spostandomi così il viso in modo tale da avvicinare la sua
bocca al mio
orecchio. Improvvisamente trattenni il respiro. “Ti
piacerebbe esplorare gli
antichi tesori, non fare la stupida! Stai rinunciando a una
meraviglia!”.
Deglutii lentamente.
“ La mummia sei tu,
Metallofona,
ma se ti lasci smummificare forse potrei mostrarti come è
brava la mia lingua
esploratrice” aggiunse in un sussurro.
Il suo alito caldo sul mio
orecchio mi aveva provocato una serie infinita di brividi lungo tutto
il corpo.
Ero così pietrificata che non mi ero accorta che tutti nella
stanza stavano
guardando cosa stava succedendo tra noi.
Tom lasciò la presa e
io,
ritrovato un barlume di coraggio, lo fissai con disprezzo.
“Al massimo mi
farebbe ridere il tuo Puffo Blu” asserii, abbassando lo
sguardo verso la
cerniera dei suoi jeans.
Per fortuna non ebbe modo di
replicare, perché David irruppe nella stanza, suonando
ancora le maledette
trombe da stadio.
“Si
parteeee!” esclamò,
euforico.
Con riluttanza alzai la maniglia
del trolley e mi diressi verso l’uscita, consapevole che
quella sarebbe stata una
giornata infernale.
La conferma ai miei presunti
pensieri negativi arrivò appena David annunciò
come ci saremmo disposti sul
pullman. Ero convinta che i ragazzi avrebbero alloggiato in un pullman
solo,
mentre noi dello staff saremmo stati sistemati su un altro, ma fui
informata
che su richiesta di Bill io ero stata collocata sul pullman della band
ed era
stato ricavato un lettino in più.
Ma la cosa che in assoluto mi
sconvolse la giornata e che capii avrebbe rovinato l’intera
routine era che
David si era divertito a decidere la disposizione dei letti e che, con
mio
grande sgomento, il mio letto sarebbe stato proprio quello di fronte a
quello
di Tom.
“Obiezione!”
urlai.
“Respinta”
sentenziò David,
quasi divertito.
“Come è
possibile che io dorma
affianco ad un uomo?”
“Suvvia. Siete grandi
e
vaccinati. Non sarà un problema” asserì
David.
Non potevo lasciare che le cose
restassero così, ma dovevo fare di tutto per far valere le
mie ragioni.
“Io non dormo vicino a
Sorriso
Metallico! Potrei bloccarle la crescita nel caso in cui decida di
masturbarmi”.
L’intervento di Tom, mi lasciò allibita, ma fui
disposta a cancellare le sue
parole, perché in qualche modo avevamo un obiettivo comune e
lui stava
perorando la mia causa, benché lo facesse per sé
e non per me.
“Non dire stronzate
Tom! Sophie
non si lascerebbe sconvolgere da te, visto la sua esperienza sul
campo” disse
strizzandomi l’occhio. Tutti si voltarono verso di me con
espressione
interrogativa.
Io fissai David sbigottita,
incredula, mentre le guancie mi si coloravano di un rosso acceso. Cosa stava dicendo?
“David, non la voglio
accanto a
me quella megera. Dormo sul divanetto piuttosto”
“Mi dispiace Tom, ma
è stato
deciso che per risolvere il conflitto tra voi due, la vicinanza vi
sarà
d’aiuto. Ricorda che poi sarà solo per qualche
notte. Quando ci fermeremo negli
hotel ognuno avrà la sua stanza”
“Ma perché
non vicino a Bill,
visto che è stato lui ad assumermi?”
“Bill ha acconsentito
Dolcezza.
La decisione è stata presa”
Il mio sguardo si
posò immediatamente
su Bill, che in risposta si strinse nelle spalle.
I suoi occhioni mi disarmarono.
Così feci la cosa più stupida che potessi fare:
mi arresi. La rabbia sciamò e
mi sgonfiai come un palloncino. Il mio piede, che prima era sul piede
di guerra
si ritirò e andai a rifugiarmi in infermeria,
perché avevo bisogno di cure,
enormi cure.
Tom invece non sembrava essersi
arreso per nulla, anzi. Chiese a David di parlare in privato. Lo sentii
urlare,
anche se non capivo cosa dicesse. Poi lo vidi allontanarsi, dando calci
all’aria, per sfogare una rabbia repressa.
“Mi deve proprio
odiare, vero?”
domandai sconsolata.
“Non ti preoccupare.
Se dovesse
essere proprio così terribile dormirò io con Tom,
e ti lascerò il mio posto al
piano superiore con Bill e Georg” disse Gustav appoggiandomi
la sua mano sulla
mia.
Gli risposi con un sorriso
tenue, prima di appoggiare la mia testa alla sua spalla.
Un’ora dopo, le nostre
valigie
erano sistemate, e i pullman avevano imboccato l’autostrada
per la Repubblica
Cieca. Il primo concerto dei Tokio Hotel si sarebbe svolto a Praga.
Per rilassare la mente ed
evitare di fondermi il cervello decisi di condurre una ricerca sulla
città e
scoprire quali bellezze avrei potuto visitare. Aprii Google e tra le
voci
lessi:
“Praga è
una città magica, ricca di
ponti, cattedrali, di torri dorate e di cupole delle chiese, ma anche
una
moderna metropoli europea, che si specchia da più di dieci
secoli nelle acque
del fiume Moldava”
L’eccitazione
cominciò a divorarmi. La cosa più bella che
poteva offrirmi la Tournee era
proprio il fatto che mentre il gruppo avrebbe fatto il soundcheck, io
avrei
potuto visitare la città per una parte.
Provai a vedere dalle foto della
città, per scegliere quali erano le parti più
belle che non mi sarei persa per
nulla al mondo.
Mi innamorai immediatamente di
Ponte Carlo, abbellito da romantici lampioncini e maestose statue. Mi
ricordava
vagamente il ponte del cartone di Anastasia, forse era per quello che
mi
attirava.
Poi decisi che non mi sarei
persa nemmeno il Castello, e la Cattedrale di San Vito. Nel caso in cui
mi
avanzasse del tempo, pensai, che avrei potuto visitare anche le altre
cose che
mi suggerivano le guide.
“Praga è
proprio bella come
città” asserì Gustav sedendosi sul
divanetto accanto a me.
Gli sorrisi. “Ho
notato. Quando
ci sei stato?”
“L’hanno
scorso e l’altro anno
ancora”
“Ma l’hai
visitata o l’hai vista
dal finestrino di questo pullman?”
Gustav sorrise. “La
seconda
scelta è corretta. Non abbiamo molto tempo Sophie per
visitare. E la sera dopo il
concerto siamo così stanchi che di visitare ne abbiamo
proprio poca voglia”.
Annui, comprendendo
ciò che mi
stava dicendo. “Gustav, ma in che hotel
alloggeremo?”
Il batterista mi rivolse un
sorrisino divertito e dopo aver preso le redini del computer scrisse il
nome
dell’Hotel: Alchymist
Grand Hotel.
Le
foto dell’hotel mi lasciarono di stucco. Tutto
era arredato con gusto e i mobili erano di uno stile antico. Si
abbinava molto
l’oro con il rosso.
“Quando sarai in una
di queste
camere ti dimenticherai del tuo pernottamento nel pullman con il
troglodita
Tom. Comunque ti basta fare un fischio e lo metto in riga io,
quello”
L’idea di Gustav che
mi difende,
mi fece arrossire. “Grazie Gus, è da veri
gentiluomini ciò che ti stai offrendo
di fare”
Bill entrò nel
salottino in quel
momento. “Sophie avresti voglia di un pomeriggio rilassante
con creme e
trattamenti bellezza?”
Lo guardai mentre si passava una
mano tra i capelli. “Certo! Gus non ti dispiace
vero?”
“No, tranquilla Sof.
Io farò un
po’ di palestra oggi. Le creme non fanno per me”
aggiunse con ironia.
Lo abbracciai forte e lo
ringraziai per essere così come era. Poi lo salutai
dolcemente con la mano e
seguii Bill nel piano superiore del pullman.
Quando abbandonammo la Germania,
Bill mi aveva steso una crema idratante sul viso, mi aveva fatto
un’acconciatura ai capelli e la manicure.
Finalmente, rilassata e stanca
decisi di andare verso il mio letto per riposare un poco, prima di
arrivare a
destinazione.
Quando arrivai
nell’angolo del
mio letto, scoprii che mi attendeva una brutta sorpresa.
Tom aveva completamente invaso
il corridoio. Immagino che lo avesse fatto apposta, per farmi
arrabbiare, per
cui decisi di non stare al suo gioco. E scavalcai la valigia che
ostruiva il
passaggio per sedermi comodamente sul mio nuovo letto.
“Quello non
è il tuo letto”
La sua voce irritante
arrivò
alle mie orecchie come una frustata. Come?
“Ti hanno messo
l’apparecchio
anche alla lingua?”
“Cosa?”
“Forse da piccola hai
avuto
qualche incidente che ti ha fatto rimbambire. Ti ho detto che quel
letto è
MIO”. Solo dicendo mio, si girò a guardarmi con
un’espressione truce. “Togliti”
Ero sbigottita. Ma non volevo
assolutamente farmi prendere dal panico. “Tu allora scendi
dal mio orrido
Bradipo!”
“Bradipo? Io? Bellezza
forse hai
bisogno di una dimostrazione delle mie doti”
“Perché sei
un FULMINE a letto?
Accidenti forse dovresti rivedere le tue doti mio caro,
perché non va affatto
bene essere un tantino fulminei con una donzella da
soddisfare”
“Io non devo
soddisfare nessuno.
Io faccio sesso per il mio godimento”
I miei occhi lo fissavano
allibita. Era vero e io non sapevo cosa replicare. Non era uno
stupratore. Le
donne che passavano la notte con lui erano consapevoli di non valere
nulla.
Facevano un accordo implicito.
L’idea però
continuava a
ripugnarmi. Ma la mia bocca era secca, vuota. Nessuna parola sarebbe
uscita.
“Non mi guardare con
quell’espressione da babbea. Comunque il letto è
tuo e stavo solo scherzando”.
Le sue parole mi fecero esplodere. Ero talmente in collera che mi alzai
e lo
colpii, non so con quale forza, sulle spalle e sul petto. In un attimo
Tom mi
bloccò le mani.
“Ora so
perché sei così acido.
Non ti ama nessuno. Non ti amerà mai nessuno! TI
ODIO”
Le ultime due parole aleggiarono
nell’aria per alcuni secondi. Sembrava ci fosse
un’eco a farle sostenere in
aria, ma forse era solo la consapevolezza che quelle parole erano dure,
come il
piombo. E l’avevano colpito, fortissimo. Nessuna espressione
colorava il suo
viso. Tom era stato pugnalato.
Lo vidi alzarsi, senza fiatare e
lasciare la zona notte. Crollai esausta sul letto. Cosa
avevo fatto?
Cosa avevo urtato nel suo cuore
per renderlo così? Perché qualcosa avevo detto,
qualcosa che gli aveva
ricordato un dolore forse, qualche avvenimento.
*** 4
ore dopo ***
“Hai ragione”
“Ragione per cosa? A
cosa ti
riferisci?”
Tom cercò di alzare
il busto per
sedersi, aggrappandosi al tavolino basso di vetro.
“Avevi ragione quando
mi hai
detto che nessuno mi ama. Nessuno mi amerà mai!”
disse prima di crollare
nuovamente a terra.
Mi inginocchiai accanto a lui e
cercai di tenerlo sveglio dandogli dei col pettini con la mano, sul
viso. “Tom,
sveglia! Non penso le cose brutte che ti ho detto! Ero solo tanto
arrabbiata
con te per il tuo atteggiamento. Non penso sul serio che nessuna
ragazza possa
amarti”
Tom riprovò ad
alzarsi, questa
volta aggrappandosi alle mie braccia e poi alle spalle, mentre io
cercavo di
aiutarlo tirandolo verso di me. “No, hai ragione. Io sono
terribile. Io faccio
schifo. Non mi sono mai innamorato. Nessuna si è mai
innamorata di me, perché sono
stronzo”
“Suvvia Tom, a tutte
le donne
piacciono gli stronzi!”
Tom mi fissò, con gli
occhi
pericolosamente ludici. “A te piacciono?” chiese in
tono melanconico.
“Beh, preferisco i
ragazzi
romantici”
Tom imprecò e
gesticolò in modo
convulso. “Vedi, nessuna mi amerà”
“Tom, stai delirando.
Ora
andiamo a letto e dormiamo. Domani sarai più lucido per
parlarne!”
In quel momento, forse svegliato
dal frastuono entrò Georg nel salottino. “Che
succede, qui? Sophie, sei tu?”
Tom vedendolo entrare, si
animò
nuovamente e lo indicò con foga. “E’
georg! Lui ha un segreto! Crede che io non
sappia che cos’è, ma io so cosa
nasconde!”
Quelle parole procurarono una
strana reazione nel bassista, che si tolse una ciabatta dal piede e la
scagliò
dritta verso Tom. Il poco equilibrio di Tom dovuto
all’alcool, gli fu fatale, e
cadde all’indietro come un sacco di patate.
“Georg!”
strillai, allibita.
“Era un testimone
pericoloso” si
scusò Georg, guardandolo di sottecchi.
“È ubriaco,
Georg! Non sa quello
che dice!”
Georg si avvicinò e
cominciò la
sua verifica sul corpo di Tom: gli sollevò le palpebre, lo
schiaffeggiò, gli
aprì la gola. “Ossignore, è ubriaco
fradicio. È putrefatto”
“Georg! Cosa stai
dicendo? Dai su,
aiutami a portarlo a letto”
Georg non si fece pregare due
volte e mi aiutò a trasportare il rastaro nel suo letto.
Diedi un bacio veloce a Georg
sulla guancia e crollai sul letto, con la testa affollata di pensieri.
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Capitolo 8 *** Complicazioni ***
Ciao
a tutti! :) Sono
lieta di postarvi oggi un nuovo capitolo di questa storia!!
Ci sono molte novità! Prima di tutto, sono lieta di
annunciare che ho voluto
inserire un narratore diverso nella storia.
E' annunciato prima del nuovo paragrafo in grossetto. Vi annuncio che
si
troverà alla fine del capitolo. Ditemi che ne pensate!
Se l'idea piace potrei proseguire in questa direzione visto che mi sono
divertita molto a cambiare punto di vista :)
Inoltre ho messo molta carne al fuoco, e spero di essere entrata nel
vivo
dell'azione e di tenervi in suspance fino al prossimo capitolo :)
Lo so, sono cattiva!! ;) Buona lettura!!
Capitolo
8 : Complicazioni
Quando David mi disse che avrei
dovuto dormire accanto a Tom, non avevo pensato a tutto ciò
che esso
comportava.
Me ne accorsi solamente quella
mattina, quando mi svegliai. Appena aperto gli occhi, fissai il
soffitto e
sbadigliai, poi mi voltai di lato e misi le masi sotto il cuscino, con
una volontà
pari a zero di alzarmi. Scrutai il suo volto rilassato per una frazione
di
secondo, ma poi ci fu qualcosa che deviò il mio sguardo. Si
trattava di una
strana protuberanza che alzava le lenzuola.
Mi ci volle una seconda frazione
di secondo per rendermi conto che quella protuberanza era causata
dall’erezione
mattutina di Tom. Saltai in piedi in un baleno. Nemmeno se mi avessero
punto il
sedere sarei stata tanto rapida!
Una risata fragorosa rimbombò
nella gola di Tom. “Dimensioni spaventevoli,
Ferraglia?”
Lo fulminai con lo sguardo. “Che
bastardo! Fingevi di dormire? E corri in bagno a sistemare quel coso!”
Gli occhi di Tom brillarono.
“Aspettavo che ti svegliassi, perché speravo che
mi avresti aiutato tu”
“Ommioddio!” strillai,
indignata. Serrai i pugni per contenere la rabbia e me ne andai via a
imprecare
in turco, lontano da lui, sennò lo avrei ridotto in mille
pezzi lui e la sua
montagna dell’Everest… Anzi no, montagnola. Ok,
assomigliava più all’Everest,
ma non doveva interessarmi!!
“Comunque bel pigiamino,
Metal!”
mi urlò dietro, prima di soffocare una risatina isterica.
Odioso.
Quella mattina a colazione Tom
era felice come una pasqua. Gongolava, dall’entusiasmo. Ora
sapeva che avevo
visto la sua erezione e me ne ero andata infuriata. Aveva vinto questa
battaglia.
Questo mi causava tic
involontari e istinti omicidi.
Solo il sorriso di Gustav
riusciva a trattenermi dal procurarmi un lassativo molto potente e
farlo cadere
accidentalmente (“ops”) per rimediare alla mia
sconfitta.
La mia furia omicida sciamò solo
quando Gustav mi offrì una valvola di sfogo, dicendomi che
se ci fossimo
sbrigati avremmo fatto in tempo a fare una passeggiata in un parco a
Praga,
prima che iniziassero le prove. Si trattavano di due ore misere, ma era
il
massimo che potesse chiedere Gustav, visto che il tour doveva assorbire
tutte
le loro energie e il loro tempo.
Decisi quindi di fare una
colazione veloce e di correre subito in camera, ma quando mi stavo per
dirigere
verso il mio letto, vidi dal finestrino una scena che fece vibrare
tutti i miei
campanelli d’allarme. Georg stava chiamando qualcuno
all’ombra di uno dei
camion del tour, e poco distante da lui, acquattati vicino alle ruote
di un
rimorchio c’erano Bill e Tom, che avevano tutta
l’aria di origliare.
Aprii improvvisamente il
finestrino del bus, e udii qualche parola sconnessa e nervosa di Georg.
Cavoli
cosa riuscivano a sentire Bill e Tom?
Avevano già scoperto il segreto
di Georg. Dovevo agire, subito!
Mi guardai intorno alla ricerca
di un’idea, poi feci la cosa più semplice che mi
veniva in mente: urlai. “Ehi
voi due, venite a fare colazione! Smettetela di giocare!”
La testa di Georg, scattò
versò
la mia direzione e i suoi occhi si incastrarono ai miei.
Capì subito che
qualcosa non andava e si defilò tra i camion, con il
telefono sempre stretto
nella mano destra.
Mi sembrò di vedere nel suo viso
una nota di ringraziamento rivolta a me.
Invece le espressioni dei
gemelli erano tutt’altro che benevoli.
Quando mi raggiunsero sul
pullman, le proteste furono copiose. “Hai rovinato tutto
Sophie! Eravamo ad un
passo dalla verità!!”
“Era una donna, sono sicuro.
Stava parlando con una donna”
“Primo dovreste farvi gli affari
vostri e secondo non pensate che magari stesse litigando con la sua
ragazza?”
Tom rise. “Bella battuta, Metal.
Georg non ha la fidanzata” disse scuotendo la testa incredulo
verso la mia
tesi.
Cretino.
La passeggiata al parco con
Gustav, calmò ogni mio istinto omicida. Camminammo molto e
Gustav si dimostrò
molto loquace e curioso verso di me. Mi chiese molte cose riguardo alla
mia
famiglia, l’università, i vari lavori svolti, la
mia vita normale e parlammo
anche di animali e passioni personali. Gli raccontai che mi piaceva
parecchio
leggere, che amavo alcune serie televisive e di tutti i miei progetti
per il
futuro.
Dal canto suo Gustav raccontò
della sua vita prima di avere successo con i Tokio Hotel. Di come
veniva preso
in giro a scuola, della sua passione per la batteria e del suo
cambiamento caratteriale
che lo ha portato ad aprirsi e a non isolarsi.
Il parco stimolò il nostro
entusiasmo: era pulito e curato. Condussi Gustav verso un ponticello
che
consentiva di superare un ruscello, perché mi piaceva molto
la posizione in cui
era e per via della sua forma. Sembrava di stare in un film.
Quando fummo sul ponte, pungolai
Gustav con un dito. “Dai parlami un po’ delle
ragazze dei Tokio Hotel”. Cercai
di fare gli occhi dolci.
Gustav rise. “Bella
domanda”
asserì, appostandosi alla staccionata del ponte.
Si guardò intorno riflettendo su
come rispondere. Quando annunciò di sapere da dove partire,
mi appoggiai anche
io, accanto a lui. “Allora partiamo da Bill. Di ragazze
ufficiali ne ha avute
2. È il solito romanticone, sentimentale che fa fatica a
riprendersi dopo una
storia lunga. Ha avuto alcuni flirt brevi durante l’estate,
ma non ama
parlarcene perché non sono stati importanti nella sua vita.
A differenza di
Tom, non si è mai portato in camera una fan per una notte.
Katherine è stata
per lui la donna dei suoi sogni. La sognava da quando la vedeva nei
giornali di
moda. Ha fatto di tutto per conoscerla ed è riuscito a
conquistarla. Non era
innamorato, era fuori di zucca. L’amava e l’ama
ancora alla follia. Gli ha
stregato il cuore, quella donna. Bill è il tipico ragazzo
che ti riempie di
regali, attenzioni. Era capace di fare dei viaggi rocamboleschi per
raggiungerla nei giorni di pausa e stare con lei anche per poco tempo.
Le ha
dato anima e corpo, per questo soffre molto ora. Spero che
riuscirà a superare
questo momento.
Tom invece è solito lasciare
bigliettini alle fan con il numero della sua stanza. Gli albergatori
sono molto
indiscreti, ma non so quali accordi facciano con Tom, per far passare
tranquillamente queste biondine con i tacchi a spillo fino alla suite
di Tom. E
il giorno dopo come se niente fosse le salutano con garbo e a colazione
sono
muti come pesci.
Tom ha avuto una storia più
lunga del normale. È stato un periodo particolare. Aveva
bloccato il corteo del
trionfo nella sua stanza e sapevamo per certo che non lasciava
più a nessuna il
suo numero. Fingeva davanti alle macchine fotografiche e basta. Solo
una volta
abbiamo intravisto questa ragazza con lui. Non sembrava la solita
ragazza che
si porta a letto. Qualche tempo dopo, scoprimmo che la sua stanza era
tornata
ad affollarsi e lui era diventato nuovamente il playboy di sempre.
Georg, invece ha fatto un
periodo in cui si divertiva con le ragazze anche lui. Non erano proprio
storie
di una notte, ma magari di una settimana, massimo un mese. Mi
è capitato di
vederlo entrare nella sua camera in dolce compagnia. Georg è
molto simpatico e
fa ridere le ragazze. A loro piace.
Anche se ora mi sembra di
vederlo piuttosto solo. Chissà magari si è
stufato di fare il cacciatore”
In quel momento pensai al
segreto che nascondeva Georg. Io sapevo perché i tempi
d’oro di Georg era
finiti!
“Non mi hai raccontato di te,
Gustav! Parlami delle tue ragazze!”
“Ok, ok… Allora io ho
avuto tre
storie che vale la pena chiamare così. Non sono il tipo di
uomo che desidera
passare una notte di passione con una donna. Ma non sono mai stato
così
fortunato da trovare una ragazza che mi ami per quello che sono. Una mi
ha
tradito con un cretino, e qualche giorno dopo mi ha lasciato un
biglietto con
scritto che non era pronta per stare con me. La seconda si è
degnata di
chiamarmi per dirmi che non mi amava più, e la terza
peggiore delle altre mi ha
usato per ottenere popolarità e visibilità. E
quando io ero cotto a puntino, è
andata a letto con Tom”
“Cosa?” gracchiai,
inorridita.
“Hahaha, non sei la prima a
reagire così. Non pensare male di Tom, non ha colpe. Non
l’aveva praticamente
mai vista questa ragazza. È stata lei a fiondarsi nel suo
letto. Mi ha fatto
alzare il gomito e poi si è presentata da Tom, in abiti
succinti e gli si è
praticamente spalmata addosso. La cosa che mi fa più ridere
è che Tom, non era
solo in camera e dopo l’amplesso è apparsa
un’altra ragazza che era andata a
fare la doccia e lui ha proposto a loro un balletto a tre. Tom mi ha
raccontato
che è scappata via in lacrime. Anzi se non fosse stato per
Tom, che si
ricordava chi era e che cosa era venuta a fare in camera sua, io sarei
stato
all’oscuro di tutto. Lei non si voleva degnare di dirmelo.
Poiché aveva preso
una cantonata con Tom, pensava di poter tornare da me e fingere che non
fosse
mai successo nulla. Invece l’ho messa alla porta con tanti
saluti. Alla fine
non è mai diventata popolare”
“Sono allibita. Non pensavo
esistessero ragazze simili!”
“Invece esistono, purtroppo. Ma
non sono tutte così. Per esempio tu sei una ragazza
meravigliosa. Dolce,
gentile e seria. Non hai doppi fini, in quello che fai”
Gustav distolse gli occhi dal
fiumiciattolo sotto di noi e i nostri occhi si incontrarono. Il mio
senso
propriocettivo mi diceva che eravamo vicinissimi. Le nostre braccia si
sfioravano.
“Tu mi piaci molto,
Sophie”
esordì Gustav, con estrema lentezza e dolcezza.
“Mi piace il tuo sorriso; il
tuo sguardo. Dio, se mi perderei nei tuoi occhi”
Successe tutto brevemente.
L’atmosfera così romantica e dolce che aveva
creato Gustav, mi inebriò a tal
punto che lentamente i nostri visi accorciarono le distanze e in pochi
febbricitanti istanti le nostre labbra si unirono in un bacio caldo,
anche se
leggermente impacciato.
Ma quando le mie labbra
incontrarono le sue, nel mio cervello si accese una lampadina, una luce
alquanto fastidiosa, la ragione. Mi ritirai indietro, cercando di
allontanare
Gustav puntando le mani sul suo petto. “Non posso, Gustav.
Non posso coinvolgermi
sentimentalmente con un ragazzo del gruppo per non rovinare il mio
lavoro. Non
posso davvero” proferii, rammaricata, anche un po’
triste.
La delusione negli occhi di
Gustav era palese e lacerante. “Sophie, si che puoi! Potresti
lasciare questo
lavoro e potremmo stare insieme”. Le parole di Gustav, erano
concitate. Si
leggeva il lui tutta la frustrazione del rifiuto e
l’incredulità per la
situazione creatasi.
In quel frangente mi suonò il
telefono nella tasca. Allungai la mano per afferrarlo nella borsa, ma
Gustav mi
supplicò di non rispondere. “Gustav, potrebbe
essere Bill! Potrebbe avere
bisogno di me”
Gustav annuì. Stava
già
scivolando sulla strada ripida della perduta speranza.
Una volta afferrato il
cellulare, vidi subito chi stava cercando di contattarmi.
Il mio cuore cominciò a battere
all’impazzata. Sembrava che mi stesse per uscire dal petto.
Trattenni il respiro per un
istante e poi rifiutai la chiamata. Alzai lo sguardo verso Gustav, che
persisteva nel mantenere lo sguardo a terra.
Mentii. “E’ Bill.
È ora di
tornare indietro. Il lavoro mi attende”
Gustav, suo malgrado, annuì. Io,
invece, stavo esplodendo dentro di me. Il cuore mi era esploso alla
semplice
vista di quel nome. Cosa mi stava succedendo? E Gustav, si era
dichiarato,
complicando inevitabilmente molte cose. E ora cosa sarebbe successo?
Tom
Che
schifo di concerto. Il primo della Tournee è sempre una
merda.
Dovrò
parlare con il tecnico audio, perché mi sembrava davvero
cannata l’acustica.
L’unica
cosa positiva è stato il pubblico, sempre caldo e
coinvolgente. Quattro ragazzine
si sono quasi picchiate per prendere il plettro che ho lanciato nella
loro
direzione. Almeno loro sono divertenti. Ah e quanto ridere quando sono
mezze
svenute le ragazzine davanti a me quando ho strizzato
l’occhiolino. Sono un
figo. Beh, senza dubbio il migliore del gruppo.
“Che hai
da ridere Tom?” mi chiese Bill, prima di esibirsi in un
gigantesco sbadiglio.
Mi
strinsi nelle spalle. “Niente di che. Stavo pensando alle fan
che ho
conquistato questa sera”
Sophie,
che per tutto il tragitto in pullman, era rimasta con la testa
appoggiata al
vetro a fissare fuori dal finestrino, ora mi stava guardando di
sottecchi. Quando
si accorse che l’avevo scoperta ritornò a fingere
di interessarsi al paesaggio
esterno.
Poco
dopo giungemmo davanti all’hotel. Un capannello di ragazzine
era appostata
davanti all’entrata. Sicuramente, tra quelle che si
offriranno, ci saranno almeno
5 ragazze, che potrei portarmi in camera. Tuttavia il mio stato
d’animo mi
diceva che qualcosa non andava come al solito.
Scendemmo,
circondati dai nostri bodyguard, per tenere a debita distanza le fans.
Per
Sophie fu un po’ traumatico attraversare questo mare di donne
urlanti, poiché molte
non ebbero la decenza di farsi delle domande riguardo la sua presenza,
anzi l’etichettarono
subito come nemica e la spintonarono, calpestarono sui piedi,
credendola forse
una fidanzata di noi, visto che scese dal nostro pullman e
entrò nell’hotel con
noi.
Una cosa
che però cambiò totalmente l’atmosfera
fuori dall’hotel, fu che oltre ad
esserci una ragazza con noi, nessun biglietto con il numero della mia
camera
uscì dalla mia tasca.
Non
scelsi nessuno per trascorrere la nottata.
Salii i
gradini che ci portavano alla hall. Mi voltai e guardai le file confuse
di
ragazzine urlanti richiamarmi. Volevano conoscere i segreti della
nostra vita,
passare del tempo con noi, alcune forse fare sesso con noi. Ma qualcosa
teneva
a freno tutti i miei istinti. Qualcosa che ancora non riuscivo a
definire.
Mi
rigirai verso i miei compagni di viaggio e incontrai lo sguardo di
Sophie. Era
ferma in mezzo alla hall, che mi fissava mentre si contorceva le mani.
Qualcosa
dentro di me, si bloccò.
Sembrarono
secondi interminabili, quelli durante i quali rimanemmo a fissarci
incapaci di
dire o fare qualsiasi cosa.
Fu in
quel momento che realizzai che era bellissima, mentre sbatteva le
ciglia e
sembrava esitante, come se qualcosa le premesse dentro. In quel momento
sembrava l’unica in tutto il gruppo a provare lo stesso che
provavo io: ansia,
confusione.
Ma era
solo quello che provavo io? E perché lo provavo? Forse avevo
la febbre.
Bill la
chiamò e lei si voltò per raggiungerlo. Bill,
mentre Sophie lo raggiungeva, mi
fissò qualche istante e capì. Capì
quello che ancora io non riuscivo ad
afferrare.
Sorrise.
Nel buio
della mia stanza stringevo il telefono. Un ricordo vivido, non mi
faceva
dormire.
Sophie e Gustav
erano così vicini, sul ponte. Poi i loro
visi si sono sfiorati e in un attimo Gustav la stava baciando.
In quel momento,
sentii salire in me la tristezza. Quel
bacio non mi aveva lasciato indifferente. Mi infastidiva che loro si
stessero
baciando. Anche se non ne capivo il motivo.
Poi Sophie lo
allontanò e il mio cuore ebbe un sussulto. Ero
soddisfatto. Allora avevo preso il telefono in mano.
Ero confuso.
Nemmeno il buio mi permetteva di dormire. Il tumulto dentro di me non
cessava,
ancora.
Guardai
lo schermo acceso del telefono. Era aperta la pagina del Registro delle
chiamate. L’ultima chiamata era stata fatta quella mattina,
verso Sophie.
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Capitolo 9 *** M'ama non m'ama ***
Ecco
il capitolo 9, pronto per voi! Non so voi a leggerla, ma io mi diverto
un sacco a scriverla :)
Buona lettura :)
Capitolo 9 : M’ama non m’ama
Non riuscivo a dormire. Ero
completamente in panne, dopo che mi ero persa negli occhi di Tom.
Per un momento mi era sembrato
di volare, di scomparire dalla hall dell’hotel e di spiccare
il volo in un
altro mondo. Non so perché ma mi ero sentita bene, protetta
e avvolta. Credo
che fosse l’intensità dei suoi occhi a suggerirmi
questo. Avevo quasi sentito
le mani di Tom passarmi sui fianchi e trovarsi dietro la mia schiena,
per
cingermi in un passionale abbraccio.
Ma la domanda mia, ora, è
questa: avevo una grande e fervida immaginazione o le sensazioni che
avevo
provato solo qualche ora fa, erano indette da un qualcosa di concreto e
reale?
Era solo la mia mente o Tom, desiderava lo stesso?
Qualche minuto dopo si era
invece risolta una situazione che mi stava corrodendo. Gustav era
venuto qui
nella mi stanza, per chiedermi di perdonarlo e per fingere che non
fosse
successo nulla.
Non voleva dimenticassi, ma che
andassi avanti senza compromettere il rapporto di amicizia e di lavoro
che ci
univa e ci unisce tutt’ora.
Ho acconsentito. Anche se in me,
regna ancora la tristezza, quando lo guardo. Gustav mi piace, ma non
potrò mai
ricambiare quello che lui prova per me. Non ha la stessa
intensità. Sarei stata
falsa se glielo avessi fatto credere. Gustav merita di essere amato,
apprezzato
e ricambiato. Io so bene il dolore che si prova nel non essere
ricambiati…
Un suono sordo proveniente dalla
porta mi mise sull’attenti. Qualcuno doveva avere bussato.
Corsi verso la porta
nella penombra. “Chi è?” domandai,
esitante.
“Sono Bill. Ti prego apri, devo
parlare con te” rispose il mio capo.
Feci scattare la serratura e
aprii la porta. Davanti a me svettava la figura di Bill, trasognante e
malinconico in tutta la sua bellezza.
Non feci in tempo a farlo
entrare e a chiudere la porta che mi riversò addosso un
fiume di parole.
“Sophie, è successa
una cosa
incredibile. Mi ero messo a letto e stavo per addormentarmi quando ho
ricevuto
una telefonata. E..Era Katherine e voleva vedermi così sono
sgattaiolato fuori
dalla camera ancora mezzo addormentato, ho chiamato un taxi e
l’ho raggiunta.
Era qui a Praga, è venuta per vedermi, Sophie, capisci? Io,
ne sono follemente
innamorato. E lei mi ricambia. Ommioddio, mi ha detto che sono sexy, e
poi ci
siamo baciati, e abbiamo fatto l’amore ben due volte. Era
tutto diverso, tra
l’altro era una vera bomba, molto più di una
volta…”
“Ehi Ehi Bill, frena!! Non
voglio sentire certi particolari, ok? Piuttosto, dimmi, ti ha detto che
vuole
tornare con te?”
L’entusiasmo di Bill, si spense
in un secondo. “No…”
“Non è un buon segno,
Bill”
asserii, sconsolata.
“Beh, potrebbe essergli sfuggito
visto che le nostre lingue non volevano scollarsi”
“E quando sei andato via,
allora? Cosa ha detto?”
“Beh che era tardi e che domani
doveva partire presto per una sfilata e aveva bisogno di riposare un
po’”
“Tutto qui?”
“Ah e che doveva fare una doccia
e che sapevo dov’era l’uscita”
“Bill, non mi sembra per niente
una buona cosa. Non ti vede da settimane, ha il tempo di fare
l’amore con te,
ma non di chiarire la vostra situazione. Se veramente volesse stare con
te, te
lo direbbe. Mi sa tanto da “ho voglia di un uomo, scopiamo e
ciao ciao””
“Allora perché tu non
dici la
stessa cosa a Tom, visto che si capisce lontano un miglio che ti
piace?” sbottò
Bill, visibilmente ferito.
Ma il mio orgoglio non voleva
cedere. “Perché è diverso Bill. Tom non
sa cosa provo per lui e non sono sicura
di essere ricambiata, poi c’è di mezzo il lavoro,
la tournee e Gustav”
“Gustav?”
“Mi ha baciata,
stamattina”
Bill era allibito.
“Cosa?”
Cominciò a farneticare come una quattordicenne e non stava
più nella pelle.
“Gustav, il mio amico Gustav? Allora non è gay.
Mmmmm e tu sei felice o no?”
“Non esattamente, non lo
ricambio come lui vorrebbe”
“Allora avevo ragione? Ami
Tom?”
saltò subito alle conclusioni, Bill. Gli leggevo quasi una
luce di speranza
negli occhi.
“Non sono proprio sicura che sia
amore…” cercai di spiegare, ma Bill era
già partito a saltellare per la stanza,
con le mani al cielo a cantare a squarciagola: “Sophie ama
Tom, e lui non lo
sa!”
L’istinto di sopravvivenza mi
fece scattare verso di lui e gli premetti una mano sulla bocca.
“Ti prego Bill,
non urlare. Potrebbe sentirci!”
Bill per dimostrarmi che aveva
capito annuì e io allentai la presa. “Ma
è così no?”
Lo guardai esasperata. “Si,
Bill. Almeno credo”
“Ommioddio”
strillò Bill, in
preda al sé più selvaggio.
“Bill, frena tutto il tuo
entusiasmo. Sei venuto qui per parlare di te, ricordi?”
E di nuovo il suo entusiasmo
sciamò in un batter di ciglia.
Parlammo di tante altre cose per
un’oretta o due, chi lo sa. Poi ci addormentammo, sfiniti,
sullo stesso letto.
Non successe proprio nulla tra noi. Bill era solo troppo stanco per
andare fino
alla sua stanza ed era crollato accanto a me. Non ci eravamo nemmeno
sfiorati.
Ma qualcuno il giorno dopo non
fu in grado di capire questo, e fraintese tutto.
Avete mai visto una tragedia? Io
si. Quella mattina, posso giurare di aver dovuto assistere
all’incipit di una
tragedia.
Gustav venne a bussare alla mia
porta, credo per scusarsi ancora o offrirsi di fare qualcosa da tipici
amici
per abituarsi al’idea, ma quest’ultima, forse
lasciata socchiusa da Bill, si
era spalancata rivelandoci nel letto, insieme. La tragedia
l’ho vista nei suoi
occhi, quando urlò rivolto a me e a Bill, che eravamo dei
pessimi amici, che
ora capiva perché non poteva funzionare tra me e lui,
perché ero innamorata del
suo amico e collega di lavoro.
Beh, non aveva tutti i torti…ma
il fatto era che io non amavo Bill. C’era stato solo un
gigantesco, enorme
inconveniente.
Tutto qui? Magari. La tragedia
divenne vero e puro dramma nel momento in cui l’unica persona
che avrei voluto
non vedesse, entrò dalla soglia della porta. E nei suoi
occhi lessi la rabbia
più assoluta, e un disprezzo tale da farmi venire voglia di
sprofondare nei
recessi della terra.
Bill a quel punto saltò sul
letto, in piedi e mostrò a tutti che era vestito.
“Non è successo niente! Abbiamo
solo dormito! Io sono venuto qui per parlare e poi sono
crollato…”
“Parlare di cosa, eh,
Bill?”
ringhiò Gustav.
Bill rimase paralizzato, con la
bocca spalancata a mò di pesce lesso. Non voleva dirlo.
“Avanti Bill, devi
dirglielo” lo
incitai io, quasi in una supplica.
“Io…non
posso”
“La ami, non è
vero?” chiese
Tom. Stranamente la sua voce non era né rabbiosa
né tendeva a incrinarsi.
Sembrava quasi curioso.
“Bill ama Katherine e ieri
è
uscito con lei ed è venuto a raccontarmelo” dissi
tutto d’un fiato.
Le reazioni furono di due tipi:
quella di Bill fu di nervosismo e delusione nei miei confronti. Mi
strillò
dietro cose come “perché?”,
“non dovevi dirlo”, seguiti da diverse
imprecazioni.
Tom e Gustav invece in un
coretto, quasi in falsetto, urlarono “cosa?”. Erano
sbigottiti e confusi.
“Bill sei andato dalla strega?
Ti avevo detto di lasciarla perdere e andare avanti!”
continuò Tom, ora più
rilassato, ma comunque preoccupato per Bill.
“Oh ma sentilo. Sono grande
abbastanza Tom. Non sono tuo figlio. Se non te ne fossi accorto sono
tuo
fratello”
“Piantala Bill. Ha ragione Tom.
Non saresti dovuto andare. Meriti di meglio, Bill”
continuò Gustav, cercando di
andare verso di lui.
Ma Bill non aveva intenzione di
sentire i loro consigli e li scansò con furia.
“Perché voi sapete cosa mi
merito? Cosa ne sapete dell’amore voi?
C’è gente, qu, che non ha nemmeno il
coraggio di dichiararsi, figurarsi se può farmi una lezione
sull’amore” disse,
prima di sbattere la porta della mia camera ed evaporare dalla scena.
Ok, questo si che si chiamava
Buongiorno! Altre mattine così, e mi avrebbero regalato un
viaggio di sola
andata per l’ospedale psichiatrico.
La colazione quella mattina
avvenne in religioso silenzio, ma la tensione era palpabile.
Bill non alzava quasi la testa
dal piatto, probabilmente per la rabbia che aveva accumulato.
Gustav mi lanciava qualche
occhiata per tenermi sott’occhio e capire se era tutto ok, se
stavo bene, se
ero calma. Lo ero.
Tom mangiava con la stessa
strafottenza di sempre: stravaccato sulla sedia e mangiava di buon
gusto tutto,
leccando il coltello il maniera provocatoria. Ma che aveva fatto al
dolce Tom,
della sera prima?
Georg invece era terrorizzato.
Faceva cadere ogni tre per due il coltello sul piatto facendomi
procurare un
infarto, ogni volta. I suoi occhi scorrevano da un componente
all’altro, in
preda ad un’ansia incontrollabile. Non servirono nemmeno le
mie occhiate
raggelanti per impedirgli di comportarsi da nevrotico. Mi appuntai
mentalmente
che dovevo spiegare a Georg che quel silenzio non era dovuto al fatto
che tutti
sapevano del suo segreto.
Poi successe una cosa che
pietrificò ogni commensale della tavola. Bill
alzò la testa dal piatto, e
guardò con sfida Tom. Poi lasciò cadere nel
piatto il pezzo di pane che reggeva
nella mano e con un tono moderato, per farsi sentire da tutti, disse:
“Tom
questa notte è andato in bianco. Nessuna ragazza nel suo
letto”
La notizia ci colpì come un tram
in corsa. Per me furono anche due, viste le mie condizioni dopo
l’impatto. Tom
non aveva fatto sesso quella notte? Ma non rinunciava ad una notte di
sesso
nemmeno con la febbre! Tutti erano abbastanza perplessi quanto me.
Tom incassò il colpo con
eleganza, e ci fissò velocemente per poi tornare da Bill e
rispondergli: “Ero
stanco. Bill invece è andato a scoparsi la ex, la modella di
ghiaccio”
Georg si illuminò e forse preso
dall’euforia per non essere al centro del discorso, si mise
ad applaudire
attirando gli sguardi di disapprovazione di tutti. Gustav gli diede una
pacca
sulla nuca e Georg ritirò le mani sotto il tavolo, avvilito.
“Io le donne che mi piacciono,
le conquisto e me le vado a riprendere”
Tom, sono sicura, mi guardò
dritto negli occhi. “Le donne provocano solo dolore. Ti fanno
innamorare e poi
ti trafiggono il cuore”. Fu un sollievo quando
spostò la sua attenzione su
Bill. “E Bill sai che Katherine non ti ama più da
tempo. Ti ha tradito e tu hai
sofferto moltissimo!”
Bill si alzò in piedi di scatto
e gli puntò il dito contro. “Non hai il diritto,
Tom. Non puoi dire queste cose.
Me lo avevi promesso…” disse attirando
l’attenzione di alcune persone nella
sala.
Quando stava per esplodere, si
girò sui tacchi e scomparve dalla sala da pranzo.
Tom si scusò per la discussione
e nel modo più elegante, uscì anche lui.
Io, Gustav e Georg, gli unici
rimasti, ci guardammo increduli. “Ma che gli succede a quei
due? Si sono
drogati?”
Tom
Maledetti
cappellini. Dovrei cominciare a farne a meno. Dove cavolo li infilo
ora? Beh
uno qui, l’altro qui e…sono un genio! E ora a noi.
Uscii dalla mia stanza d’albergo
quasi con sollievo. Non avevo passato una bella notte, e non era andata
meglio
al risveglio e nemmeno a colazione. Si prospettava una bella giornata.
Chiusi dietro di me la porta.
Quando mi stavo incamminando verso l’ascensore incontrai
Gustav, e mi accostai
a lui per prenderlo insieme.
“Bella giornata eh?”
“Già”
“Hai risolto con Bill?”
mi
chiese, premendo il pulsante di chiamata per l’ascensore.
“Più o meno. Mi sono
scusato per
le cose che ho detto e mi scuso con te ora per come mi sono comportato
a
colazione”
“Fratello, l’importante
è che
tutto sia ok per stasera, sennò sarà una
merda!”
“E tu con Sophie? Ci hai
parlato?” chiesi mentre entravamo nel piccolo scompartimento
dell’ascensore.
“Ehi amico, a che ti
riferisci?”
“Beh si vedeva lontano un miglio
che eri geloso di Bill questa mattina. E vai dietro a Sophie da
parecchio”
“Non è vero! Comunque
non è
andata. Il lavoro le occupa tempo e…beh ma fatti gli affari
tuoi!”
Risi. “Scusa, era solo
curiosità. Quindi la lascerai perdere?”
Gustav sospirò. “Devo.
Se lei
cambiasse idea io ci sarei. Ma non credo di piacerle. Potrebbe esserci
qualcuno
là fuori che le piace, o che è in grado di farla
felice e darle una vita
normale”
“Quindi se un altro ragazzo ci
provasse con lei, tu non lo odieresti?”
Gustav fissò per qualche istante
le porte davanti a sé. “Sinceramente? Se lei fosse
felice, no. Ma se le torce
un solo capello, dovrà passare sul mio cadavere prima di
poterla toccare di
nuovo. E sono muscoloso, parecchio”.
Non
le torcerò un solo capello. Quei meravigliosi capelli, dal
profumo inebriante.
Prometto Gustav.
Sophie
Eravamo ormai distanti da Praga
diverse miglia.
“Posso chiederti una cosa,
Tom?”
domandai abbassando il libro che stavo leggendo per guardarlo negli
occhi.
Lui, disteso sul letto, ruotò la
testa per guardarmi. “Dimmi, Metal”
Finsi di non aver sentito
l’appellativo
che mi aveva dato. “Perché ieri sera non hai
portato nessuna a letto?”
Le pupille di Tom si dilatarono.
Era segno che l’avevo preso contropiede.
“L’ho detto prima: ero
stanco”
“Non è colpa mia?
Intendo per le
cose che ti ho detto?”
Tom rise. “Beh se davvero tu
avessi questo potere Sophie ti farei un monumento. No, non è
stata colpa tua.
Ti sembro il tipo che si fa condizionare?”
Lo guardai, incerta. “Comunque
mi fa piacere, perché sei meno a rischio di malattie. Da
morto non potrai più
suonare la chitarra”
“Sophie, guarda che uso il
preservativo…” Il mio nome. Aveva detto il mio
nome. E non se ne era reso
conto. “Comunque anche io sono contenta tu non sia andata a
letto con Bill”
La sua affermazione mi spiazzò.
“Perché?”
“Perché ce
l’ha piccolo” disse,
prima di scoppiare in una fragorosa risata.
Presi il cuscino che era accanto
a me e glielo gettai contro. “Sei un cretino”
Tom si parò parzialmente il viso
con le mani e poi lo afferrò e me lo strappò
dalle mani. “Ehi cerchi di
picchiarmi ora? Non ti facevo così aggressiva!”
“Con i cretini bisogna
esserlo”
Gli occhi di Tom erano puntati dritti nei
miei. “Sei carina”
“Cretin…Aspetta,
cos’hai detto?”
Tom rise nuovamente. “Quando sei
arrabbiata sei carina. Mi diverte vederti imbronciata”
Un attimo. Questo era il Tom di
ieri sera? Quale Tom era? Ma che cavolo stava succedendo?
“Cosa ti avevo detto sulla bocca
spalancata?” proferì Tom, sogghignando.
Impuntai le mani sui fianchi,
con furia. “Ti riferisci ai ragni che nidificano o al fatto
che ti eccita
sessualmente?”
“Decidi tu”. Questo era
il Tom
solito, quello stronzo.
Tutte queste sfaccettature del
mio coinquilino mi rendevano difficile decifrarlo, e allo stesso tempo
mi
facevano avvicinare a lui per curiosità, interesse, e
chissà cos’altro.
“Sophie, ti posso chiedere un
favore?” domandò Tom, fissandomi seriamente in
volto.
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Capitolo 10 *** Una messinscena per amarsi ***
Era
da qualche giorno che ci stavo pensando quindi mi è stato
facilissimo scrivere questo capitolo. Spero veramente che vi piaccia
perchè io lo adoro!
Buona lettura :)
Capitolo 10: Una messinscena
per amarsi
“Sophie, ti posso
chiedere un
favore?”
“Ti serve qualcuno che ti lavi
le mutande?” domandai cinica.
“Se
vuoi farlo ho un cesto bello pieno. Ma no.
Non è quello che ti volevo chiedere. In verità
volevo sapere se avresti voglia
di fingere, per una sera, di stare con me. Cioè di essere la
mia ragazza. La
mia fidanzata…Beh insomma chiamala come vuoi”
OH MERDA!
“Sophie, tutto ok?”
chiese il
mio capo, allungando una mano per scuotermi leggermente. Probabilmente
avevo
l’espressione di uno di quei manichini saldamente ancorati al
terreno. Magari
avevo pure una di quelle posizioni inquietanti.
Appena mi toccò, il mio corpo si
sciolse, come la neve al primo raggio di sole.
“Ascolta si tratterà
di una sola
sera e ho davvero bisogno del tuo aiuto” mi chiese con tono
supplichevole,
congiungendo le mani in segno di preghiera.
“Perché?”
“Perché sei una donna
e mi serve
una ragazza” mi rispose indicandosi il petto a livello del
seno, ma con lo
sguardo di uno che non ha capito bene cosa intendevo.
“No no, ascolta,
perché ti serve
una ragazza? Cosa devi dimostrare?”
“Ah, scusami! Ho fatto una
scommessa. Ho un amico che ha la chitarra migliore del mondo e mi ha
promesso
che me l’avrebbe regalata solo se al mio ritorno mi
presenterò con una ragazza
stabile, magari già con l’anello di
fidanzamento”
Ok.
Ok. Calma.
“Ma
sei fuori di testa?”. Ok, come si
fa a
stare calmi?
“Perché?”
“Perché non puoi
venirmi qui a
chiedere un favore dopo tutto quello che mi hai fatto passare e pensare
che io
accetti, tra l’altro, di essere la tua ragazza!”
“Sophie non sai quanto mi
dispiaccia averti trattato così”.
Sospirò e con gli occhi incollati al
pavimento disse: “Tu non sai che io ho
un’avversione verso le donne. Da quando
mi hanno distrutto il cuore. E pensato tu fossi una di quelle, la
solita
arrivista che cerca di mettersi con Bill o Gustav, o magari con
entrambi.
Invece non è stato così. E me ne scuso ora,
Sophie. Non ne vado fiero, ma ti
prego di credermi. Sono pronto a ricambiare questo favore. Quanti soldi
vorresti? Mille?”
Mise una mano nella tasca dei
jeans per estrarre un blocchetto degli assegni.
Allungai istintivamente la mano
in avanti e la scossi energicamente. “No, no ti prego. Non
voglio soldi! Hai
detto tu stesso che non sono un’arrivista. Ma
c’è una cosa che vorrei: che tu
la smettessi di chiamarmi con quegli stupidi appellativi”
Tom rise. “Allora
accetti?”
Sbuffai. “Forse, Tom. Ma devi
promettermi ciò che ti ho chiesto”
“Certo, Sophie.
Smetterò di
prendermi gioco di te, di chiamarti Metal, Metallofona, Metal Detector,
Ferraglia..E poi cosa c’era?”
“Basta così ti
prego!” lo
supplicai, con le mani giunte.
“Ah si giusto! Comunque se
accetti dovremmo lavorare insieme questi giorni per essere sicuri di
sapere
tutto su di noi, per non cadere in tranello”
La mia espressione rivelava i
dubbi che mi dilaniavano. “Sul serio, Tom? Potremmo non
arrivare vivi a fine
viaggio se noi due lavoriamo insieme!”
“Perché no? Te
l’ho detto, non
sarò quel Tom stronzo che hai conosciuto. Ci tengo
moltissimo ad ottenere
quella chitarra”
Ci fissammo per un lungo
momento, in silenzio. Poi sospirai e gli chiesi: “Posso
chiederti perché hai
scelto me?”
Tom si sfregò le mani e si
mordicchiò un labbro. Stava pensando a cosa rispondermi.
“Perché sei
l’unica donna che
conosco” asserì piano.
Lo guardai perplessa. “Ma Tom
hai ogni notte una ragazza diversa a letto, come puoi dire che non ne
conosci
nessuna?”
Tom mi indicò lo specchio.
“Guardati e dimmi se credi di essere simile a tutte le
ragazze che passano la
notte con me”.
Risi, istericamente. Ma a che
gioco stava giocando? “Certo che non lo sono. Io sono brutta
e loro sono sexy e
belle. Non c’è bisogno che io mi guardi allo
specchio per trovare risposta”.
Cominciavo ad irritarmi.
“Alzati per favore e vai a
specchiarti” mi disse, serio.
Lo fissai torva, molto
titubante. Ma quando mi sorrise, per incoraggiarmi, mi convinse.
Mi avviai e mi specchiai come mi
aveva suggerito Tom.
Quando vidi il mio riflesso, mi
fissai i capelli e i denti che avevo mostrato, aprendomi in un misero
sorriso.
Non mi piaceva nulla di ciò che vedevo. “Vedo una
ragazza con dei capelli conciati
malissimo, con l’apparecchio, che sembra una ragazzina,
invece che una donna
attraente”.
“Io vedo una donna gentile,
serena e elegante”. Sobbalzai dallo spavento. Non mi ero resa
conto che Tom era
arrivato alle mie spalle. Ora sentivo il suo respiro sulla spalla. Era
vicinissimo.
“Non credo. Vestita
così,
certamente no” dichiarai, glaciale e abbattuta.
“No, forse con la tuta no, ma
hai un’andatura e un modo di porti che ti rende affascinante.
Mentre le ragazze
che vengono nella mia stanza sono sexy, certo, ma non hanno un filo di
creanza,
un po’ di eleganza, e non potrebbero avere una storia seria
con me, visto che
vogliono solo la mia Torre di Babele”
“Oh ma la smetti con queste
metafore?” gridai, indignata.
“Cerco solo di essere
elegante!”
“Allora definisce il tuo pene
con il nome che il vocabolario gli attribuisce. Non con strutture che
non hanno
le stesse qualità fisiche” proferii, con stizza.
“Sophie, ti avverto che mi stai
istigando ad una guerra verbale”. I suoi occhi lampeggiarono.
Li vidi dal
riflesso nello specchio. Sulle sue labbra vi era dipinto un sorrisino
sghembo.
Ok.
Calma. Inspirai
lentamente. “Ok, continuiamo senza più
interruzioni”. Però
cavoli potrà agitarmi il fatto che un uomo così
sexy mi stia
guardando allo specchio e mi stia facendo così tanti
complimenti in un colpo
solo, no? Maledetti ormoni, calmatevi!
Tom rise. “Se ho chiesto a te,
è
perché so che posso fidarmi. So che tu sei la persona che il
mio amico non si
aspetterà mai che gli porterò. Lui sa che non
sono un uomo che ha storie lunghe
e si aspetterà che gli presenti una sciacquetta qualunque,
che smaschererà in
due secondi. Tu, invece, sei perfetta per me. Io avrò la mia
chitarra e anche
tu avrai i tuoi vantaggi”
Muoio. Ma scherziamo? È vero che
il “sei perfetta” era riferito al tipo di donna per
vincere la scommessa, ma
sembrava così reale quando lo disse.
No, basta illusioni, dovevo
vedere questa cosa come un lavoro.
Con un tono molto basso,
sussurrai: “Ok, facciamolo”.
La felicità di Tom, mi travolse.
“Grazie, Sophie! Sono in debito con te!”
Sorrisi. “Mi importa che tu
rispetti i patti”.
“Perfetto. Iniziamo subito.
Cominciamo con il sesso. Così quando ti chiederanno come
è, saprai rispondere”
disse, toccandomi la spalla e la schiena e dando una leggera pressione
per
spostarmi verso i letti.
“Cosa? Ma sei
impazzito?”. Tutto
il mio corpo si irrigidì come un palo.
Tom si fermò e
scoppiò a ridere
di gusto. “Stavo scherzando! Sophie, non ci baceremo e non
faremo nulla che
violi i nostri corpi e la nostra intimità. L’unica
cosa che potrei chiederti è
di tenerci per mano quella sera e sempre se me lo consentirai di tenere
un
braccio sulla tua vita per far sembrare la cosa più reale.
Otterrò la chitarra
e ce ne andremo via in un batti baleno. E poi non ti
toccherò più”
Peccato.
Quasi quasi potevo farci un’abitudine al fatto che Tom mi
accarezzasse la
pelle. Su una spiaggia dei tropici, mentre sorseggiamo un frullato
esotico…
“Sophie, te lo
prometto”. Ritornai
alla realtà. Purtroppo. Scrutai il
suo viso che mi rassicurò. Sembrava sincero.
“D’accordo. Non ti
preoccupare.
Ma non farlo mai più. Credevo volessi stuprarmi”
dissi sgranando gli occhi per
far capire la mia paura.
“Non lo farei mai. Anche
perché
non ne ho bisogno di solito di obbligarle le ragazze. Sono loro che
saltano nel
mio letto” dichiarò facendomi
l’occhiolino.
Il mio sguardo ammonitore lo
raggiunse e lui scoppiò a ridere nuovamente.
“Adoro
quell’espressione, è
inutile, non mi limiterò mai a fare queste
affermazioni!”
Dio,
aiutami!
Nei tre giorni a seguire lavorammo
sodo per rispondere alle più svariate domande: come ci siamo
conosciuti, le
cose che ci piacciono, come baciamo, come faceva sesso Tom (fu un
po’ dura
sentire parlare delle sue prestazioni con altre donne, ma era
essenziale ai
fini del lavoro. Io non avevo bisogno di dirlo perché ero
vergine), alcuni
ricordi che potevano servire per alleggerire la serata, cosa
indossavamo di
biancheria, le nostre fantasie sessuali e tanto altro.
Tom mi interrogava spesso,
perché era fondamentale che io sapessi tutto di lui. Per
quanto riguardava me
poteva inventare, ma Steven, cioè l’amico di Tom,
lo conosceva bene e non
potevo inventarmi qualcosa perché avrebbe capito subito che
stavo imbrogliando.
Tom mi avvisò anche del genere
di persona che era e mi spiegò cosa mi sarei dovuta
aspettare.
Alla sera del terzo giorno ero
una bomba, ero super informata e potevo diventare una spia a pieni
voti. O un
detective, mah.
“Sophie, è arrivato il
momento
di scegliere come vestirsi”
“Devo proprio?”.
Riprodussi il
tono più lamentoso del pianeta.
“Certo che si! È
fondamentale
che tu sia vestita come ci si aspetta che tu sia vestita. Non puoi
presentarti
vestita da una donna di strada, no? Forza prenditi i vestiti che vuoi,
vai i
bagno e fammi la sfilata”
Producendo una quantità
esorbitante
di sbuffi feci quello che Tom voleva.
Appena mi infilai una tuta
sformata verde, uscii e richiamai la sua attenzione con queste parole:
“Così va
bene, cretino?”
Tom alzò lo sguardo dalla sua
chitarra e rise fragorosamente. “No!”
“Ti odio” dissi
rientrando in
bagno.
“E’ una serata, in un
locale,
pieno di ricconi, non puoi andare in tuta!” mi
urlò contro, il mio capo.
“Impegnati di più”
Impegnati di
più. Gli
feci il verso rovistando
tra i miei vestiti. Trovai un abitino corto che poteva essere adatto
alla
ragazza di Tom. Estremamente attillato.
Uscii
fingendo di essere una modella. “Questo?”
Tom
piegò leggermente la testa di lato. “Ti salterei
addosso, Sophie, ma non è
l’abito che voglio. Comunque belle forme!”
La mia
ciabatta volò nella sua direzione in meno di un secondo.
“Pervertito”
Tom
rise, fino a che non mi chiusi dentro in bagno, nuovamente.
Uff,
dovevo pur aver qualcosa.
“Io
avrò lo smoking” mi urlò il capo da
fuori.
Se lui
si vestiva elegante anche io dovevo avere qualcosa che si addicesse al
suo
livello. Poi mi venne in mente che avevo comperato un vestito molto
elegante,
per un party sofisticato, ma che non avevo mai messo. Rovistai tra i
miei
vestiti finché non lo trovai. Era perfetto.
Lo
indossai e uscii un po’ impacciata. Non avevo mai messo un
vestito lungo.
Tom
rimase senza parole. Deglutì. “Questo è
il vestito che volevo. Sei molto
elegante”
“Grazie”
risposi, sentendo un improvviso caldo.
“Vado a
cambiarmi anche io, così verifichiamo che
l’abbinamento vada decentemente”
Tom uscì
dal bagno, vestito elegantissimo, con giacca e cravatta.
“Sei
bellissimo” mi sfuggì.
Tom mi
sorrise. “Grazie, anche tu” disse e mi prese per un
braccio per trascinarmi
davanti allo specchio.
Stavamo
bene insieme, anche se lui era follemente bello e io sembravo una
bambina che
vuole fare la grande. Il mio vestito era azzurro chiaro, con il
decolté
rotondeggiante che evidenziava il seno. Appena sotto il seno partiva la
gonna
molto delicata che era composta da alcuni strati quasi luminosi grazie
al alcuni
punti dorati, e si apriva su un lato per creare uno spacco mozzafiato.
Solo
che di mozzafiato in me non c’era nulla.
“Non vergognarti. Tieni le
spalle dritte e guarda come ti evidenzia i tuoi punti forti, Sophie.
È mai
possibile che tu non riesca a valorizzarti da sola? Devi solo osservare
il tuo
riflesso allo specchio e vedere come sei. Vedere tutte le cose belle
che hai.
Vedrai farai un figurone. Solo se metti i tacchi alti, eh!”
Risi.
“Li metterò, capo”
“Perfetto”
sussurrò Tom, continuando a fissare il nostro riflesso nello
specchio.
La sera
successiva i Tokio Hotel suonarono a Varsavia. Ascoltai il concerto
dietro le
quinte e mi sembrò tutto fantastico. Quando finì
il concerto tutti e quattro
erano stanchi, ma soddisfatti perché era andato tutto
abbastanza bene. Il
pubblicò lasciò il palazzetto e Bill, Gustav e
Georg furono accompagnati al
party post concerto, mentre Saki accompagnò me e Tom, dopo
esserci preparati
nel club di Steven.
Il
gruppo sapeva che Tom, mi aveva chiesto di accompagnarlo e tutti lo
avevano ammonito
di fare il bravo con me e mi avevano detto di stare attenta a Tom.
Gustav era
particolarmente infastidito dalla cosa ma mi abbracciò e mi
incoraggiò visto
l’ansia che provavo. Era stato molto gentile con me e lo
ringraziai. A Tom
riservò un saluto più freddo ma dai loro sguardi
capii che non c’erano bisogno
di parole. Gustav si fidava di Tom e glielo stava dicendo con il corpo.
Bill mi
baciò sulla fronte e mi stritolò. Mi
raccomandò di essere affascinante e di non
scappare via perché gli serviva ancora un sostegno morale.
Georg
mi ricordò, sussurrandomi piano all’orecchio che
avevo un segreto da custodire.
Gli dissi che poteva smetterla di nominarlo perché nessuno
sospettava nulla o
lo avrei detto io, urlandolo alla stampa. Il messaggio gli
arrivò forte e
chiaro, visto che ammutolì e girò i tacchi.
Un’ora
dopo Tom e io scendemmo dal pullman del tour e arrivò Saki a
bordo di una
limousine.
“Wow!
Facciamo le cose in grande!” esultai vedendola costeggiare il
pullman.
“Tutto
per la mia ragazza” disse, mentre il viso gli si illuminava.
Mi aprì la
portiera e aspettò che entrassi, per poi scomparire
all’interno anche lui.
Steven era un uomo alto, moro,
con due profondi occhi verdi, di bell’aspetto, molto sicuro
di sé e ricco.
Questo faceva di lui l’attrazione perfetta per almeno 5
ragazze sexy, con abiti
succinti.
L’atmosfera mi rendeva
già
particolarmente ansiosa, figurarsi vedere queste 5 bamboline salutare
Tom
ammiccando o con sguardi languidi. Ero tesa come al mio primo saggio di
danza
in prima elementare. E ce ne vuole per rendermi così!
Steven si alzò in piedi, appena
ci vide, facendo scomodare una ragazza che gli si era appollaiata sulle
gambe.
Ci tese la mano e si presentò,
allungando il tempo della stretta della mano con me per fissarmi
attentamente.
“Bella scelta,
fratello”
dichiarò lui, ammiccando a Tom.
Tom sorrise, in modo un po’
forzato. Forse era teso quanto me.
“Accomodatevi ragazzi e
raccontatemi tutto di voi” disse indicandoci
l’unico divanetto libero a parte
la modella taglia 0.
Tom si sedette vicino a lei e io
accanto a lui. Non mi accorsi della scelta sbagliata fino a quando la
modella
non cominciò ad allungare le mani su Tom. Questa cosa mi
innervosì
all’inverosimile. Se avessi potuto le avrei staccato quelle
mani a morsi. Ogni
tanto la mia ira prendeva il soppravvento, che ci volete fare?
“Allora chi mi racconta da
quanto siete una coppia?” domandò Steven,
rigirando il calice tra le mani e
studiando ogni singolo nostro movimento.
Tom mi guardò dolcemente e mi
prese una mano per stringerla. “Siamo insieme da 6 mesi. Non
trovi che stiamo
molto bene insieme?”.
Steven lo trapassò con lo
sguardo e si rivolse a me questa volta. “E come vi siete
conosciuti,
piccioncini?”
“Oh, è una storia
veramente
buffa! Tom era in bagno. Bill mi aveva assunto quella mattina come sua
assistente. Era stata una giornata dura e pesante e non avevo fatto in
tempo a
fare pipì. Mi scappava così forte che non ho
badato al fatto che la porta era
socchiusa e l’ho spalancata. Tom era sul water.
Un’incontro fuori dagli schemi,
no?”
Steven rise sonoramente. “Tipico
di Tom, restare in bagno con la porta socchiusa. Non vi chiedo che
odore c’era
nell’aria perché posso immaginarlo”
Ridemmo entrambi, sciogliendoci
un po’. E Tom afferrò il polso della modella per
allontanarlo e dirle
cortesemente che non le interessava. I miei occhi brillarono, almeno
credo.
“Beh e poi? Che cosa è
successo?” proseguì Steven.
Tom prese il comando. “Le chiesi
il mio numero”.
“In bagno?”
“Tom Kaulitz non si fa sfuggire
un minuto!” disse il chitarrista, ammiccando. Steven sembrava
compiaciuto dalla
risposta. “Comunque lei non accettò come si
può intuire e scappò fuori”.
“Beh insomma non potevo stare
certo lì a guardarti” ironizzai io. Tutti risero.
“Comunque potevi aspettare
perché così ti sei persa Giza!”
“Ma per favore! Ho preferito
farti attendere per rendere tutto più eccitante”
ammisi, stuzzicandolo come da
copione.
“Eh si, hai ragione, quella si
che è stata una cosa eccitante”. Tom stava andando
alla grande, sembrava
veramente che stesse ricordando un momento eccitante.
“Il primo bacio?”.
Steven alzava
il livello della conversazione. Scavava alla ricerca del possibile tranello.
“A River Sun” dicemmo
in coro.
Perfetto, stava andando tutto alla grande. Ci guardammo, felici.
“Con la lingua o senza?”
Tom mi aveva detto che ha sempre
baciato con la lingua le sue ragazze. Ma che se avesse trovato la
ragazza dei
suoi sogni l’avrebbe baciata prima senza lingua.
Perché non ci sarebbe stata
fretta di portarla a letto.
“Senza lingua” risposi,
sicura.
“Bugia”
dichiarò Steven ridendo.
“Tom non bacia nessuna senza la lingua”.
Tom e io ridemmo. Tom mi aveva
avvisato che Steven lo avrebbe detto.
“Nessuna, a parte la ragazza
perfetta. Quella per la vita. Non avevo fretta di andare a letto con
lei, per
cui potevo godermi il momento”
Steven ci guardò perplesso. Poi
continuò: “E la prima volta?”
Ripetei quando mi aveva
suggerito Tom, per filo e per segno, aggiungendo brevi commenti.
“Le hai mostrato cosa sai fare,
eh. Bravo, fratello”
Io e Tom eravamo all’apice della
felicità. Tutto andava come previsto!
La serata continuò allegramente.
Eravamo in grado a rispondere a qualsiasi sua domanda. Perfino quando
Steven
chiese a Tom una cosa che non ci eravamo preparati, lui seppe
rispondere
correttamente perché probabilmente me l’aveva
visto fare nel periodo in cui ho
lavorato con i Tokio Hotel.
Tutto filò liscio,
finché Steven
annunciò: “Ora festeggiamo tutti insieme, con un
bacio!”
Merda. E ora? Dovevo
aspettarmelo. Insomma, una coppia si bacia, no?
Steven ci versò da bere e
alzò
il calice verso l’alto dichiarando di voler brindare a noi e
alla nostra
storia. Si portò il bicchiere alle labbra e bevve, seguito
da Tom e da tutte le
ragazze.
Ora tutti si sarebbero baciati,
ma io e Tom, avevamo un accordo. Tom non mi avrebbe baciato. Ci avrebbe
scoperti, ne ero certa.
Steven mise giù il bicchiere e
disse ancora di brindare con l’amore e si voltò
verso una delle modelle accanto
a lui e la baciò appassionatamente.
Io mi voltai terrorizzata verso
Tom, abbattuta, per cercare una rassicurazione, ma lui mi
guardò dritto dritto
negli occhi e mi disse: “Scusami Sophie, non è
proprio come me l’ero immaginato
…” e mi prese il volto tra le sue mani calde e mi
attirò a sé, per baciarmi.
Ero immobile quando sentii le
labbra di Tom toccare le mie e baciarle delicatamente. Fu
così improvviso che
avevo gli occhi spalancati per la sorpresa.
Tuttavia era quello che
desideravo da diverso tempo e Tom voleva quella chitarra.
Così mi lasciai
andare: chiusi gli occhi e dischiusi le labbra per rispondere al bacio,
caldo e
sensuale che mi stava dando Tom.
Il mio cuore non smetteva di
martellarmi nel petto, mentre mi lasciavo andare alle sensazioni
incredibili
che provavo nel sentire le labbra di Tom, baciarmi e volermi. Sentivo
le sue
mani stringermi e accarezzarmi. Era qualcosa di sublime che non volevo
assolutamente finisse.
“Ehi ehi ragazzi, basta
smancerie!”
La voce di Steven ci riportò
alla realtà. “Andiamo a ballare”
suggerì partendo con il corteo di ragazze.
Io e Tom ci eravamo staccati e
appena i nostri occhi si erano incrociati, si erano allontanati come
calamite
con la stessa carica elettrica. Era scesa la vergogna tra noi. Ci
eravamo
baciati, un po’ troppo appassionatamente per il normale.
Il problema è che volevo farlo
ancora e ancora, ma non volevo lasciarmi trasportare o sarei finita nel
letto
di Tom e poi me ne sarei pentita per l’eternità.
Io non volevo essere una delle
tante. Io lo amavo e probabilmente per lui quel bacio non significava
nulla.
Mi alzai lentamente e mi
sistemai i capelli in modo meccanico. Sospirai. “Meglio se
andiamo a ballare
anche noi, non trovi?”
“Vado a bere qualcosa,
prima”
disse lapidario.
“Ehi Tom, non fa niente per il
bacio. Dovevamo dare spettacolo, e capisco perché tu
l’abbia fatto”
Tom non mi guardò in faccia e si
avviò verso il bar, allentando il nodo della cravatta.
Non era vero che non era niente.
Io volevo un altro bacio.
Tom
Un bacio. Un bacio. Volevo un
bacio. Baciare Sophie era stato come liberare una parte di me
sconosciuta. E
quella parte di me voleva Sophie, all’infinito. Ma dovevo
starle distante per
non rischiare di prenderla da parte e baciarla fino a consumarla. Era
bellissima, no, ma che dico, meravigliosa.
Ora era seduta al bar con le
gambe accavallate. Le si vedevano le gambe lunghe e affascinanti,
attraverso lo
spacco. Ogni piccola cellula del mio corpo mi stava dando dello stupido
per non
essere già da lei.
Con un dito stava toccando il
bordo del bicchiere, formando dei cerchi. Aveva un’aria
così malinconica. La
osservai mentre ordinava il secondo bicchiere, e poi il terzo e il
quarto.
Quattro bicchieri. C’era
qualcosa che non andava. Stava bevendo troppo. Mi alzai e la raggiunsi.
“Sophie, non pensi di aver bevuto abbastanza?” le
chiesi cercando di toglierle
il bicchiere dalle mani.
“No” mi rispose secca.
E bevve
tutto d’un sorso il bicchiere che reggeva. Non feci in tempo
a fermarla che
aveva già prosciugato il contenuto.
“Che ti prende? Non puoi
ubriacarti!” le gridai contro.
“Si, invece, finchè
non ballerai
con me, troglodita” disse girando la testa. I suoi occhi
erano lucidissimi. Si
capiva che l’effetto dell’alcool le stava rubando
la coscienza.
Decisi di portarla a ballare,
almeno per allontanarla dal bar. L’aiutai a raggiungere la
pista sorreggendola
visto che indossava vertiginosi tacchi. La strinsi a me per sorreggerla
e
cominciai a volteggiare con lei, come in un ballo scolastico. Era la
mia
principessa.
Il fatto di tenerla stretta tra
le mie braccia mi faceva sentire importante e il mio cuore mi scoppiava
dalla
contentezza.
“Voglio baciarti”
annunciò lei
con la testa ciondolante.
“Lo vorrei tanto anche io, ma
sei ubriaca e non sarebbe giusto”
Si accostò alla mia spalla e
cominciò a piangere. “Sei
un’insensibile”
Ok, era una balla triste.
“Io mi sono lasciata andare
perché ti amo. Io ti amo. E vorrei baciarti un milione di
volte”
Le tirai su il mento con le
dita. “Ma Sophie non sai quello che dici. Tu non puoi amare
uno come me. Meriti
una persona migliore, che stia sempre accanto a te, che ti rispetti e
che non
debba viaggiare tanto per lavoro. Meriti una persona speciale che ti
sappia
rendere felice. Io sono stato con troppe donne, ti sentiresti sempre in
competizione e non sono il tuo principe azzurro. Tu sei una principessa
e ti
meriti un eroe”
Sophie mi guardò con gli occhi
colmi di lacrime. “Tu sei il mio eroe. Mi hai salvato al
cinema. Io ti amo”
“Ti sbagli, Sophie. Tu non ami
me, ma quello che ti sembra di vedere. Ma non sono l’uomo che
credi. Non voglio
vederti soffrire”
Sophie aprì la bocca per
replicare ma non le uscì una parola. Mi chinai verso di lei
e le stampai un
bacio sulla fronte. “Non sai quanto ti vorrei, ma non posso.
È ora di tornare a
casa, piccola”.
“Ma che bel quadretto”
dichiarò
Steven fissandoci. “L’avevo capito subito che
stavate inscenando di essere una
vera coppia. Nello stesso momento in cui mi hai chiesto se stavate
insieme.
Tuttavia la chitarra è tua,
visto che vi siete salvati in corner. Si capisce distante un chilometro
che vi
amate alla follia. E la ragazza non ci va piano eh? Sono sicuro che
sarete una
bellissima coppia quando lei sarà sobria” disse,
ridendo.
Scossi la testa. “No, non credo
che lo saremo mai. Non la merito. Ora la devo accompagnare a letto,
prima che
vomiti o cose simili. Ti ringrazio per tutto Steven! Buonanotte e al
prossimo
anno”
“Abbi più fiducia in
te stesso,
fratello. Quando ci rivedremo mi raccomando portala con
l’anello. Buonanotte”.
Mi ammiccò e se ne andò.
Accompagnai Sophie verso la
limousine e la caricai con delicatezza, sdraiandola sul comodo
divanetto,
accanto a me, e feci in modo che si appoggiasse al mio braccio,
così la potevo
tenere d’occhio.
“Baciami”
sussurrò lei,
ancorandosi al mio braccio come se fosse una boa e lei dispersa in un
oceano
vastissimo.
“No, Sophie. Non in questo
stato”
“Sto bene” disse,
alzando la
testa per avvicinarsi al mio viso. Mi sorrise debolmente e mi
baciò sulle
labbra.
Smosse un masso gigantesco dal
mio cuore e il mio desiderio di averla crebbe a dismisura. Risposi al
bacio, ma
mantenni la dolcezza necessaria per non scombussolarla. Quanto
desideravo che
questo momento non finisse mai.
Le accarezzavo i capelli e le
braccia e poi la schiena, mantenendo un ritmo lento.
Ci baciammo, forse, per tutto il tragitto.
Quando l’auto si
fermò, fu
durissimo staccarci. Tutto il mio corpo voleva restare a baciarla
ancora.
L’aiutai a scendere a la
condussi fino alla sua camera dove l’adagiai con dolcezza. Ma
Sophie non era
ancora assopita e mi chiese di sdraiarmi accanto a lei, cosa che feci.
Mi chiese di baciarla ancora. Il
mio cervello diceva che dovevo andare via subito, ma ascoltai ancora il
cuore.
Cominciai a baciarle delicatamente le mani, e la spalla, le guancie e
le labbra
bellissime; finché lei non crollò nel sonno.
Le diedi un bacio sulla guancia.
“Domani ti sveglierai e non ricorderai più nulla,
principessa. Addio. Hai
realizzato il mio più bel sogno. Grazie, Sophie”.
E con questo lasciai la sua
stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
Quando il click della porta mi
avvisò che il mio sogno era concluso, sentii gli occhi
riempirsi di lacrime.
Non piangevo per una donna da anni. Fu un fiume che non volli
prosciugare con
la forza, ma lasciai scorrere finché non fui sicuro che mi
ero liberato del
tutto.
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Capitolo 11 *** I segreti sono come i rotoloni regina...non finiscono mai! ***
Come
potrete mai perdonarmi? Dopo circa 5 lunghi mesi posto un capitolo
della mia storia. Sono da punire severamente!! Non sapete quanto mi
è mancato avere il tempo da dedicare a questa storia che mi
entusisma da morire! E non vedo l'ora di sentire le vostre opinioni in
merito, visto che ci sono delle novità per voi!
Vi
volevo inoltre annunciare che sono intenzionata a finire questa storia
e pensavo di fare circa 15 capitoli, quindi me ne mancherebbero solo
quattro! sarei super felice come voi di leggere gli ultimi istanti di
questa piccola fic!
Ho fatto l'ultimo esame ieri
pomeriggio e mi sono messa all'opera subito questa mattina! Non posso
promettere nulla ma la mia speranza è di scrivere la fine di
questa storia in queste due settimane di pausa che mi restano :)
Martina
Capitolo 11 : I segreti sono come i rotoloni regina...non finiscono mai!
Sophie
“Sei viva?”
Con fatica aprii gli occhi, poiché mi sembravano incollati e
gonfi. Ma subito la luce che filtrava dalle tende me li fece chiudere
nuovamente. Per evitare il fascio di luce fastidioso mi girai dalla
parte opposta, incontrando una figura buia, appollaiata sul mio letto.
Alla vista dell’ombra, che non riconobbi, il mio istinto mi
fece indietreggiare.
“Sophie, sono io!”
La voce che mi parlò mi sembrava conosciuta. Per cui mi
bloccai e sforzai la vista per riuscire a mettere a fuoco il suo
proprietario.
I miei occhi mi mostrarono Bill che con un sorriso raggiante, se ne
stava seduto sul bordo del mio letto. “Forza, bevi un
po’ d’acqua, ti aiuterà” mi
disse, teneramente, porgendomi un bicchiere.
Lentamente mi misi seduta e lo guardai. Era bellissimo. Aveva i capelli
sciolti sulle spalle, una maglietta nera e sul suo viso era
incorniciato il più bel sorriso del mondo.
Afferrai il bicchiere, e lo ringraziai, debolmente. Mi sentivo
particolarmente scombussolata. E la sensazione di malessere allo
stomaco e alla gola non mi faceva stare meglio.
“Vedo che sei tornata sulla terra, terrestre”
commentò fissando il mio aspetto disordinato.
Allontanai il bicchiere dalle labbra e deglutii l’ultimo
sorso di acqua. “E non ricordo nulla. Ho un mal di testa
feroce”
L’espressione di Bill sembrava segnalarmi
un’improvvisa delusione. “Cavoli, e io che speravo
di ottenere informazioni da te…”. Le spalle si
incurvarono; come un palloncino che si sgonfia appoggiò
tutto il peso sul pugno della mano e sul braccio destro che stava
appoggiato al ginocchio.
I suoi occhi erano brillanti. Aveva un fascino tutto suo.
“Perché speravi ti raccontassi io? Tom, non ti ha
detto nulla?” chiesi accomodandomi un po’ meglio
con la schiena contro il cuscino. Anche perché nemmeno io
sapevo bene cosa fosse successo la serata precedente.
“Magari! Tom stamattina è stato molto puntuale ed
è già sceso a fare colazione! Sono riuscito a
rubargli solo qualche gossip. Non ricordi proprio nulla della serata,
delle ore da sobria?”
Ridussi gli occhi a due fessure. “Non ti sei accorto che ho
bevuto?” domandai sarcastica. Mi sembrava impossibile in
fatto di aver rimosso così tanto della mia serata
precedente. Per cui insistetti ancora, nella speranza che mi rivelasse
qualcosa, un segreto inconfessabile, magari. “E
cos’altro?”
Bill mi sorrise, dolcemente. “Cara, forse sembro ancora da
svezzare, ma conosco bene i sintomi post sbornia, e tu li hai tutti.
Anche se Tom non lo avesse accennato, appena sono entrato da quella
porta lo avrei capito al volo. Comunque so che Tom ha ottenuto la
chitarra e che lui ti ha baciato per via della farsa e poi tu sei
andata al bar e ti sei ubriacata”.
I miei occhi erano due mongolfiere, giganti. “Ti ha detto che
mi ha baciato?”
“Si, e che gli dispiace averlo fatto ma ha detto che tu hai
compreso le sue motivazioni e che è tutto a posto tra voi.
Poi ti ha preso dal bancone del bar e ti ha portato a casa,
perché non riuscivi a stare in piedi”.
Mi guardai le mani, perplessa. Il mio ultimo ricordo è
legato al momento in cui dissi a Tom che doveva dare spettacolo e che
capivo le sue motivazioni. Ma la memoria mi suggeriva che Tom sembrava
contrariato da quella risposta. Allora perché ora sembrava
così tranquillo che io avessi capito questo? Ero stata
troppo affrettata nel giudicare la sua reazione?
Lo scatto di Bill verso di me, mi distrasse dai miei pensieri.
“Sophie, come è stato baciare mio
fratello?”. Due occhi enormi e lucenti mi fissavano come se
fossi la caramella più gigante del pianeta.
“Bill, mi stai facendo paura” asserii, allontanando
la testa e leggermente le spalle indietro.
Bill era in modalità baldoria. “Ma tu hai baciato
Tom Kaulitz. E non lo dico solo perché sono suo fratello, ma
è risaputo che sia un gran baciatore. Allora? Ti
è piaciuto?”
Allungai la mano per tappare la bocca al cantante. “Bill non
urlare! E..si, è stato bello, ma non ti mettere a strillare!
Non ne vado così…fiera”
L’ultima parola mi uscì dalle labbra come un
sussurro.
Ma Bill era partito nella sua danza euforica, aprendo la bocca ma senza
emettere suono, per rispettare il mio divieto di urlare.
Mi sentivo sconfitta, ma vederlo così contento, mi
strappò un sorriso. “Sei tutto matto,
Bill”
Bill mi strizzò l’occhiolino e allungò
le sue lunghe braccia per avvolgermi con tutta la dolcezza che aveva.
Restare tra le sue braccia, anche se magre, mi faceva sentire protetta
e sicura.
“Ti voglio bene, Bill” bisbigliai, così
piano che pensai quasi che non mi avrebbe mai sentito.
Qualche istante dopo, però, Bill mi strinse ancora di
più e ricambiò: “Te ne voglio anche io,
Stupidina”. Sono sicura sorridesse, come tutte le volte che
mi chiamava così.
Tom
Amo Sophie. È un dato di fatto. Mi batte il cuore
all’impazzata appena la vedo entrare in una stanza. Proprio
come quella mattina.
Come se non bastasse l’avevo sognata quella notte. Ma non
è stato un sogno, ma un vero incubo visto che quando mi sono
svegliato mi sono reso conto che era stato solo un’illusione.
Mi era bastato sentirle dire due parole per rendermi la persona
più felice del mondo. Ci eravamo baciati e…mi
sono svegliato, nella vera e cruda realtà.
Stavo mangiando quando la vidi.
Bellissima. Era semplicemente bellissima, anche con quei jeans non
marcati, quella camicetta dallo stile retrò e le scarpe
più comode del mondo, ma poco eleganti. Era semplicemente
quello che desideravo.
Credo che il mio cervello potesse essere raffigurato come
un’enorme stanza vuota, con un’unica ruota gigante
e un criceto obeso che corre su di essa annaspando. Tanto per rendere
l’idea della lentezza con la quale stava lavorando mentre il
mio sguardo era fisso su di lei.
Era sulla soglia della sala e si guardava intorno. I suoi lineamenti
erano così dolci.
Poi il suo sguardo si posò su di me, poi sorrise e
avanzò.
Le sorrisi anche io. Da fuori si poteva vedere che la mia faccia era
simile a quella di un pesce?
Accidenti a me.
“Buongiorno Tom!” esclamò lei, prima di
sedersi di fronte a me. “Come mai così
mattiniero?”
“Buongiorno Sophie! Dormito bene? Pensavo di risolvere alcune
cosette prima di partire. Gli altri stanno arrivando?”
Sophie rise, spostandosi una ciocca dietro l’orecchio.
“Si, grazie. Anche se questa mattina non ce l’avrei
fatta senza Bill. Che mal di testa tremendo! Bill è andato a
svegliare Gustav e Georg, che a quanto pare questa mattina hanno deciso
di dare forfait”
“Come al solito insomma”
Ridemmo entrambi. Ma il groppo in gola non voleva saperne di
sciogliersi, perché constatai che le si illumina il viso
quando ride.
“Comunque mi devi assolutamente dire cosa è
successo ieri sera o potrei impazzire. Non ho vomitato, vero? E se si
non su di te, vero?”
Negai con la testa. “Certo che no. Però non
riuscivi a reggerti in piedi. Ti ho portato a letto e poi me ne sono
andato via tirandomi dietro la porta”.
Sophie rimase per almeno cinque interminabili secondi silenziosa come
non mai. Poi il suo sguardo si abbassò e parlò:
“Per quanto riguarda ieri sera, mi dispiace. Intendo per le
cose che ti ho detto”
“No, avevi ragione. È stata solo una messinscena e
ti ringrazio per aver compreso la situazione”. Analizzai le
mie parole un secondo dopo che le pronunciai. Cosa avevo detto?
Bugiardo, sei un perfetto imbecille bugiardo.
Sophie rialzò lo sguardo con un sorriso timido, ma caldo.
“Siamo amici, allora?”
Le rivolsi il sorriso più falso che potessi mostrarle e
annuii. “Certamente, amici!”
Tutta l’aria del ristorante si ghiacciò
improvvisamente. Amici. Il mio cuore cadde a pezzi sul pavimento,
morto.
Sophie
La colazione proseguì in serenità, anche dopo
l’arrivo degli altri componenti della band.
Una volta finito, andammo a recuperare le nostre valigie che
consegnammo ai facchini dell’hotel pronti a farsi i muscoli
nel trasportarle fino ai nostri pullman.
Il nostro viaggio ora ci avrebbe condotto a Bratislava.
Raggiunsi il mio pullman e giunsi alla mia piccola stanzetta condivisa
con…
Un momento. Bill? “Che ci fai tu, qui?”
Bill sedeva sul letto di Tom, a gambe incrociate con un sorriso
gigantesco.
“Siamo diventati roommates! Siamo compagni di stanza, Sophie!
Ci attendono spassosi pigiama party e sedute rilassanti con i migliori
prodotti di zio Bill. Sarai la mia regina!”
Condividere i miei spazi personali con Bill era decisamente meglio che
con il chitarrista dei Tokio Hotel, ma il mio entusiasmo era attenuato
dalla rabbia incontrollata verso quell’essere infido di Tom.
Le mani mi prudevano, perché avevo una voglia incontrollata
di insultarlo per bene. Questa volta mi avrebbe sentito.
“Scusami Bill, festeggerò con te, dopo aver urlato
per bene in faccia a Tom il mio disprezzo”
Il sorriso di Bill si spense. “Ok, ma fai presto piccola
Sof”
Gli stampai un bel bacio sonoro sulla guancia e gli promisi che avrei
fatto in fretta.
La mano di Bill che mi salutava in modo energico, mi
assicurò che la sua delusione era sparita.
Rincuorata da ciò, mi diressi con decise falcate nel nuovo
scompartimento di Tom.
Non annunciai nemmeno la mia presenza. Gli puntai direttamente il dito
dritto al petto. “Cos’hai fatto?”
Tom mi rivolse lo sguardo più innocente del mondo. Ma a me
non me la dava a bere.
“Pensavo di risolvere alcune cosette prima di
partire” scimmiottai la sua voce nel ripetere la frase che mi
aveva detto quella mattina a colazione. “Dovevi chiedere a
David di farti spostare, eh?”
Tom si rabbuiò nel sentire la mia rabbia accentuata ad ogni
parola. “Sophie, l’ho fatto solo perché
siamo amici ora, no? Non ha senso farci stare ancora così
vicini e poi tu ti trovi meglio con Bill, potrai confidare tutte le tue
cose e sentirti ascoltata..”
Il tono della sua voce mi calmò. “Ma allora
perché non dirmelo prima?”
“Avevo paura che se te lo avessi detto avresti rifiutato per
orgoglio, per dimostrare che potevi resistere anche a convivere con
me”
“Non lo avrei fatto!” esclamai contrariata.
“Ok. Allora il problema non sussiste no? Comunque mi dispiace
di non averti avvisato del cambiamento. Magari ti saresti rilassata di
più a colazione sapendo che non avresti dovuto passare altre
notti vicino a me” disse, prima di ridere.
Di ridere io proprio non avevo voglia. “Ma non è
così, io stavo bene anche…”
“Non ti devi preoccupare, Sophie. Lo so quanto posso essere
odioso! Ora devo proprio esercitarmi un po’ con la chitarra
se non ti dispiace”. Detto questo mi si avvicinò
per stamparmi un bacio fugace sulla guancia e uscì.
Credo che rimasi ferma interminabili secondi a fissare il vuoto, mentre
con i polpastrelli mi sfioravo il punto esatto dove Tom mi aveva
baciato. Potevo sentire ancora la pressione delle sue labbra sulla mia
pelle. E il mio cervello era completamente annebbiato.
Bill
Me ne stavo giusto spaparanzato sul mio letto, pensando a quali
prodotti di bellezza avrei potuto sperimentare su Sophie, quando sentii
una melodia arrivare da qualche parte indefinita del pullman.
Visto che Sophie non era ancora tornata, decisi di alzare il mio sedere
piccolo, ma cool, per capire da dove giungesse quella musica.
Non ci volle molto per trovare Tom, nel lounge. Sedeva nel suo
inconfondibile modo, sul divanetto di pelle, e reggeva tra le mani la
sua chitarra preferita.
Era in fase di composizione. Questo voleva dire una sola cosa: aveva
bisogno di svuotare la mente e cancellare ogni pensiero che lo
tormentava.
Io, il mio fratellone lo conoscevo bene. Impossibile che mi sfuggisse
un’emozione che lo invadesse.
Lo capii quando distrusse la sua bicicletta nuova, quando sembrava non
importargli nulla, ma dentro di sé il dispiacere per la
perdita di quella bici, era vivido. Pianse diversi giorni, quando
pensava che nessuno lo sentisse, ma non fu così,
perché io percepisco sempre quando una lacrima gli solca il
viso.
Quando eravamo piccoli ero in grado di capire quando si faceva male e
mentiva per non preoccupare mamma e papà. Quante volte lo
sentivo sgattaiolare in cucina per medicarsi il ginocchio o il gomito.
Era un duro, il mio fratellone. Il suo motto era resistere in silenzio.
Capii subito che la prima cotta di Tom fu Gisela. Potevo quasi sentire
il suo cuore battergli nel petto. Sentii anche tutto il dolore che
provò quando Gisela, gli disse che stava insieme a Hubert.
La cosa mi fa ancora ridere ora, quanto struggimento per una storiella
da bambini. Ma il mio Tom, non si diede per vinto e fece in modo che
nessuna ragazza lo rifiutasse più, diventando un vero sex
simbol.
Sapevo sempre anche quando era felice, come il giorno in cui
papà gli comprò la sua prima chitarra, o il
giorno in cui mamma ci portò a Disneyland.
Quando due bambini nascono gemelli, il loro destino è
inesorabilmente legato e ogni sensazione sembra spartita per entrambi.
Sapevo bene che quel senso di tristezza che percepivo proveniva da lui.
Era palese per me.
Avevo capito tutto fin dal primo momento. Quella notte che Tom entrando
in albergo non ha consegnato nessun biglietto alle ragazze urlanti
là fuori, e che rimase a guardare Sophie, io sapevo
già tutto. Glielo leggevo negli occhi. Mi era bastato
guardarlo per sentire tutta la confusione che provava e quella
sensazione di calore nel petto. Il cuore aveva accelerato. Si era
innamorato.
Ed ora sapevo perché si sentiva così,
perché Tom non crede di meritarsi una ragazza come Sophie e
sta facendo di tutto per dimenticarla. Ahimè, mio fratello
in queste cose non è molto bravo, infatti non ci sta
riuscendo e credo che non ci riuscirà.
Il vortice dei miei pensieri fu interrotto da una porta che si chiuse
rumorosamente.
La curiosità mi spinse a indagare del perché di
quel rumore e vidi dalla finestrella del pullman che Georg si stava
guardando intorno in modo sospetto.
Non ci pensai nemmeno un secondo in più, a sgattaiolare
fuori dal pullmino e seguirlo. Il desiderio di scoprire un segreto era
inebriante.
Appena uscito vidi Georg dirigersi in modo furtivo dietro un tir del
tour. Più silenzioso di un gatto, lo seguii e mi appostai
all’angolo del tir, in modo da poter osservare cosa stesse
facendo e ascoltare cosa dicesse, ma allo stesso tempo senza essere
visto.
Notai che estrasse il telefono dalla tasca della giacca e
digitò un numero di telefono. Poi si portò
l’apparecchio all’orecchio.
Oh mio Dio, stavo scoprendo il segreto di Georg. E il mio ruolo di
agente segreto mi calzava a pennello.
Georg
“Pronto?”
“Ciao, amore!”
“Ciao Georg!”
“Ti chiamo ora perché sto partendo per Bratislava.
Non sai quanto mi mancate”
“Anche tu, amore mio! Ti penso sempre e mi riascolto ogni
sera del concerto le vostre canzoni così le faccio sentire
anche a lui”
“Come state, tesoro?”
“Bene, bene. Andiamo molto d’accordo. Non vediamo
l’ora di poterti far vedere una cosa”
“Appena finirò il tour, tornerò da voi
e non vi lascerò per tanto tanto tempo!”
“Tesoro non ti preoccupare, qui ce la stiamo cavando
egregiamente. O no?”
“Dagli un bacio anche da parte mia la sera. Oh quanto mi
manchi!”
“Tesoro appena ricevo la risposta, ti invio la foto della mia
ecografia così puoi vederlo anche tu”
“Sarebbe meraviglioso! Tesoro mi dispiace tantissimo di non
essere presente. Sono così contento per noi, e anche
emozionato visto che sapremo presto se è maschio o
femmina”
“Quale sesso preferiresti?”
“Beh, mi piacerebbe molto se fosse un maschietto per
insegnargli a suonare il basso, ma se fosse una femmina sarei
orgoglioso comunque, perché sarebbe bellissima come te, e
avrebbe una voce incantevole”
“Tu non hai idea di quanto ti ami, Georg Listing”
“Anche io ti amo, Mary. E voglio bene anche al piccolo
bambino che porti nel tuo bellissimo pancione. Non vedo l’ora
di tornare da voi! Ora devo andare amore, ma ti richiamerò
presto. Ciao!”
“Ciao, bassista mio preferito! In bocca al lupo per il
concerto!”
Bill
…Sapremo presto se è maschio o femmina…
…E voglio bene anche al piccolo bambino che porti nel tuo
bellissimo pancione…
Ora era tutto chiaro. Georg sta per diventare PAPÀ.
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Capitolo 12 *** L’incinto svelato e l’incanto dell’Istrice ***
Capitolo 12:
L’incinto svelato e l’incanto dell’Istrice
Sophie
Nei
giorni seguenti fui immersa nel mio lavoro e non ebbi tempo per
riflettere su
ciò che era successo, tuttavia quando scendeva la notte mi
ritrovavo a fissare
il soffitto senza riuscire a chiudere un solo occhio. La mia mente
continuava a
pensare a Tom steso nel suo letto a dormire accanto a me. Solo qualche
giorno
fa mi bastava voltarmi dal lato destro per vederlo, e visto che provavo
un
certo odio verso di lui cercavo di non farlo tanto spesso per non
dargli troppa
soddisfazione e dimostrare che un po’ ne ero attratta. Ma ora
che non potevo
più farlo mi mancava.
Sembra
impossibile ma ogni volta che ti manca qualcosa la vorresti, e magari
quando ce
l’hai accanto a te non te ne curi abbastanza. Sarà
per questo che si dice che
in amore vince chi fugge. Chissà.
Quella
mattina non fu diversa dalle altre. Al mio risveglio sembravo un
istrice che ha
appena visto passarsi davanti la ruota di un auto. Dovevo avere un
aspetto
sconvolto. Tastandomi i capelli potevo
percepire quando fossero disordinati e
ricchi di nodi.
Stavo
producendo un sonoro sbadiglio quando qualcuno bussò alla
porta. Controvoglia
mi alzai e dopo essermi assicurata che non fosse un maniaco, aprii
facendo
entrare nella mia caverna in subbuglio, Bill.
Quest’ultimo
appena vide la mia stanza d’hotel strillò
dall’ansia. “Oh mio Dio. È passato un
uragano? Che ti è successo?”
Cercai
di minimizzare con un gesto fluido della mano e sbadigliando
teatralmente mi
diressi nuovamente verso il letto.
“Signorinella,
le pare questo il modo di ridursi? Sembri
uscita da una notte alquanto insonne”
Lo
fulminai con lo sguardo. “Direi che con l’alcool ho
chiuso per ora. E poi si
sono piuttosto frustata ultimamente e non riesco a dormire”
ammisi, facendomi
scivolare sul letto come un sacco di patate.
Bill
che invece aveva dormito come un ghiro, era pimpante e mi si
avvicinò nel
tentativo di rianimarmi. “Avanti, Sophie! Non abbatterti
così! Stai lavorando
sodo e meravigliosamente. Grazie a te ho ottenuto la suite con la vista
sulla
città! Sono davvero emozionato!” trillò
euforico, battendo la mani davanti a
sé.
“Potessi
avere io un centesimo del tuo entusiasmo ora, sarebbe
magnifico” dissi
sprofondando tra le spalle.
Bill
si addolcì e si sedette accanto a me, prima di avvolgermi
tra le sue lunghe
braccia. “Sai cosa mi diceva la mia mamma quando tornavo a
casa triste? Mi
diceva che non c’è motivo al mondo per cui dovessi
smettere di sorridere.
Nessuno ha il diritto di rubartelo. Quindi vivi appieno la tua vita,
senza
troppi pensieri, quando sei in pausa ridi, canta, balla, rendi la tua
vita
bella da morire come piace a te, mettici il tuo tocco, fai affidamento
solo
sulle tue forze e non aspettare che la tua felicità venga
dall’azione di
qualcun altro”
Sul
mio viso apparve un sorriso flebile, ma sincero. “Bill, tu
dici sempre cose
fantastiche, ma è difficile non pensare al fatto che devo
lavorare tutto il
giorno per voi e allo stesso tempo avere a che fare con i miei
sentimenti per
Tom. Ogni volta che lo vedo e non posso toccarlo io sto male. Il fatto
che lui
vuole che restiamo amici mi fa male”
Bill
mi strinse forte forte a sé e pronunciò delle
parole magiche che mi riempirono
di calore. “È un grande sciocco a lasciarsi
scappare una ragazza fantastica
come te”
Risposi
al suo abbraccio con più forza che avevo. “Grazie
di essere sempre al mio
fianco”
Bill
roteò le mani in aria, per intendere che pensava fosse una
cosa da poco. “Tutto
per la mia sorellina!”
Risi
nel vedere il suo modo buffo di gesticolare.
Bill
si bloccò e rimase con un indice a mezz’aria.
“Stasera dopo il concerto ci sarà
un party. Farò in modo che tu sia una bomba e lui non
potrà fare altro che
cadere ai tuoi piedi, però prima dobbiamo dare assolutamente
una sistemata a
questi cosi…”. Bill prese tra i polpastrelli una
ciocca dei miei capelli con
molta cautela come se dovessero mordere. “Non so se
basterà un parrucchiere
qui, penso che ci vorrà un ferramenta”
“Ehi”
gli urlai contro, dandogli un colpo sulla mano che mi teneva i capelli.
“Come
ti permetti? Lo sai quante ore Mastro Istrice ci ha messo per
conciarmeli
così?”
“Non
ne voglio sapere nulla, io li licenzierei se fossi in te!”
disse con aria
scioccata.
Ridacchiammo
sotto i baffi prima di scoppiare in una fragorosa risata. Bill sapeva
sempre
come rendermi felice.
Quando
ci fummo ripresi, Bill cercò in rubrica il numero del
miglior parrucchiere di
Bratislava e mi ammiccò mentre stava facendo partire la
chiamata.
Nel
frattempo mi diressi in bagno a darmi una sistemata e prepararmi per
iniziare
il mio lavoro.
Quando
uscii dal bagno, Bill era sparito e ritrovai un biglietto sul letto.
Diceva:
Il
parrucchiere
è alle sei, fatti trovare in atrio.
Sono
dovuta
scappare per delle commissioni.
Un
bacione
Perfetto
ora che avevo appuntamento con il miglior parrucchiere di Bratislava i
miei
capelli potevano esultare in mistici balli etnici, e io potevo anche
cominciare
a fare la trafila di chiamate per l’organizzazione della
serata. Ero pronta a
diventare una centralinista.
Bill
Dopo
quello che avevo sentito qualche giorno fa, non avevo ancora parlato
con Georg.
Prima del concerto avevo bisogno di farlo e poi mi serviva il suo
aiuto.
Mi
presentai in camera sua senza preavviso. Georg mi aprì senza
problemi e mi
mostrò cosa stava facendo per rilassarsi.
“Yoga?”
Georg
annuì sedendosi per terra e incrociando le gambe.
“Da
quando in qua fai yoga scusa?”
Il
bassista fece mente locale cominciando a contare sulle dita.
“Mmm, Penso…tre
mesi perché?”
Bill
lo squadrò con le braccia incrociate.
“È da quando Mary è incinta?”
“Si,
più o meno…” disse, poi qualcosa nel
suo cervello lo fece fermare. “Cos’hai
detto?”
“Ti
ho chiesto se è da quando Mary è
incinta” ripetei il più tranquillamente
possibile. Bingo.
Georg
sbiancò. Non so come successe, ma la notizia lo
sconcertò a tal punto che fece
una mossa azzardata e cominciò a urlare il dolore
perché non riusciva più a
tornare alla posizione normale, si era incastrato con le gambe.
Sussultai
dallo spavento e mi chinai su di lui, per riuscire a capire come
aiutarlo a
sciogliere gli arti.
Georg
urlava in modo isterico e incontrollabile e mi traforava i timpani.
“Ti prego
calmati, sono qui per aiutarti!” urlai affannando le mani in
aria.
“La
gamba sinistra, alzala” mi urlò avvinghiandomi con
le braccia disperatamente.
Non
so nemmeno come feci, tanta adrenalina avevo in corpo, ma riuscii a
liberarlo
dalla sua posizione sollevando la gamba che mi diceva.
Georg
si stese senza fiato a terra. “Ok, basta con lo yoga. Altro
che rilassamento,
mi fa venire un infarto”
Lo
guardai con rimprovero mentre si massaggiava le tempie. “Sono
d’accordo con te!
Non vorrai mica lasciare Mary a badare da sola al tuo
bambino”
Georg
sgranò gli occhi. “Merda è vero, tu lo
sai! E pensare che poteva essere solo un
grosso incubo” protestò mettendosi a sedere.
“Ora lo sai cosa dovrò farti
vero?”
Non
capivo a cosa si riferisse. “Come scusa?”
Lo
sguardo di Georg sembrava posseduto dal diavolo.
“Dovrò ucciderti”
Per
un attimo temetti veramente che gli fosse andato di volta il cervello,
ma
subito dopo scoppiò a ridere fragorosamente.
“Ma
sei fuori di ghianda? Volevi farmi venire un attacco
cardiaco?” urlai
esasperato.
“E
tu allora che spii le mie conversazioni? Ciò che hai sentito
deve restare tra
di noi, hai capito?”. Mi puntò un dito accusatorio
e di avvertimento.
“Perché
non ce l’hai detto?” chiesi, sinceramente
intenzionato a capire e soprattutto
perché non riuscivo a trovarne una motivazione valida.
“Perché
avevo paura che mi diceste di rinunciare al tour. Non vorrei stare
distante da
Mary, ma è appena agli inizi della gravidanza. Tra qualche
settimana avremo
finito e io potrò tornare da lei e badare al piccolino,
senza dover rinunciare
a questa tournee”
Capii
le preoccupazioni di Georg, e pure tutti i suoi strambi comportamenti
fino ad
ora.
“Ti
prometto che manterrò il segreto fino alla fine di questo
tour, ma a due
semplici condizioni”
Georg
mi guardò torvo. “Possibile che tu devi sempre
ottenere qualcosa?” brontolò
puntando le mani sui fianchi.
Risi.
“Sono due cosine da niente, fidati. Uno: mi devi promettere
che appena finirà
l’ultimo concerto dirai a tutti gli altri che sei
incinto”
“Scemo
non sono io quello incinto” borbottò Georg,
indicandosi la pancia.
Sminuii
la sua interruzione con un gesto della mano. “Suvvia non
è così importante chi
ha la pancia”
Georg
non sembrava convinto, visti gli occhi che mi fece.
“Comunque
voglio che sia tu a dare la lieta notizia a tutti. Secondo: devi fare
una piccola
cosa stasera” dissi chinandomi per guardarlo dritto negli
occhi. “Ho bisogno
che tu seduca degli uomini”
Gli
occhi di Georg sembrano due palle giganti da tennis o gli occhi in un
alieno.
“Come?”
“Oddio
scusami ho sbagliato a parlare. Ho bisogno che tu spinga degli uomini a
sedurre
Sophie”
La
confusione sul viso di Georg era palese. “Perché
dovrei fare una cosa simile?”
“Uffa
Georg la smetti di fare domande. Il mio piano è semplice. Te
lo spiego. Allora
voglio far in modo che Tom si ingelosisca e per farlo ho bisogno che
veda che
alcuni uomini facciano la corte a Sophie. Quindi ho bisogno che tu
chieda agli
uomini più carini del locale di provarci con lei. Capito?
Poi…”
Tom
La
vidi appena varcai la soglia dell’atrio.
Era
vestita con un abito rosso fuoco che le cadeva perfettamente sui
fianchi per poi
scivolare fino alle caviglie impreziosite dalle stringhe dei sandali
luminosi e
argentati che portava.
La
chioma castana era una distesa morbida che le ricadeva sulle spalle per
poi
proseguire lungo la schiena. Quando si girò, forse
perché mi aveva percepito
arrivare, questa produsse un’onda fluente attorno al suo
viso. Così voltata,
potevo osservare finalmente i tratti del suo volto. Irradiava luce , da
quanto
bello era. Ma era naturale, suo, non sembrava costruito.
L’apparecchio
ai denti non le spegneva per nulla la luminosità del
sorriso. Era splendida.
Mi
soffermai un po’ troppo sulla linea delle sue labbra, quel
tanto che bastò per non
recepire cosa mi stesse dicendo.
Mi
collegai alla terra solo quando mi sventolò una mano davanti
agli occhi. “Ci
sei Tom?”
Sbiascicai
un flebile certo. Poi feci un respiro profondo e cercai di trovare un
attimo di
autocontrollo. “Vogliamo andare?” dissi passandole
una mano sulla schiena per
sospingerla leggermente in avanti. Lei mi rivolse un sorriso
impacciato, ma
capì cosa volevo fare e avanzò. Tolsi subito la
mano, perché mi sembrava andasse
in fiamme.
Più
avanti ci aspettavano Bill, Georg e Gustav tutti e tre vestiti a
puntino per la
serata.
Bastò
un attimo, una piccola esitazione sul volto di Bill, per intercettare
uno
sorriso sornione.
Gli
rivolsi il mio sguardo più truce per annullare ogni sua
fantasia. Non avrei
provato a sedurre Sophie. Non quella sera, né mai. Poteva
anche togliersi quel
sorriso da stupido.
Appena
gli diedi le spalle sono sicuro di averlo sentito sogghignare come
quelle volte
in cui era convinto che non si stava sbagliando. Non mi credeva.
Note
Finali:
Siamo
quasi alla fine!!! Il prossimo capitolo è già
pronto e devo dire che lo adoro. Non vedo l'ora di sentire i vostri
commenti e opinioni!
Adoro
questa scena finale di Tom, che guarda Sophie. Ho provato a
immedesimarmi nei pensieri un uomo. Che siano veramente
così? Che ne pensate?
Martina
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Capitolo 13 *** Eravamo due universi di solitudine ***
Capitolo
13: Eravamo due universi di solitudine
Sophie
Se
mi avessero chiesto se c’era un posto dove volessi stare in
quel momento, avrei
risposto proprio lì.
Mi
voltai perché sentii dei passi alle mia spalle. Davanti a me
stava avanzando
Tom. Il suo passo era deciso e elegante. Forse era per la giacca e la
cravatta
che indossava, ma sono sicura che nel suo modo di camminare ci fosse
qualcosa
di veramente raffinato. Non camminava come sempre, aveva uno charme
particolare.
Gli
sorrisi, perché ero felice di vederlo. Era tutto il giorno
che non lo
incontravo e mi mancava sentire i suoi occhi penetranti osservarmi.
“Che
eleganza” mi complimentai.
Tom
non rispose. Che stupida a pensare che vestita così gli
avrei fatto azionare il
suo cuore, probabilmente stava già pensando a quante ragazze
avrebbe conosciuto
quella sera.
“Ci
sei, Tom?” gli chiesi, sventolandogli una mano davanti al
viso.
Tom
uscì dai suoi sogni a luce rossa. “Vogliamo
andare?” disse, prima di posarmi
una mano sulla mia schiena.
In
quell’istante sentii un brivido percorrermi tutta la schiena.
Il suo tocco era
magico, riusciva a scuotere ogni centimetro del mio corpo.
Tom
intanto fece una leggera pressione per spingermi in avanti. Gli rivolsi
un
sorriso, che doveva essere molto più impacciato che sicuro,
mentre cominciai ad
avanzare verso il resto del gruppo.
In
quel momento Tom tolse la sua mano. Parte dei miei neuroni gridarono di
disaccordo.
L’altra
mi ricordò ce stavamo per andare nella terribile Valle delle
Lacrime. Mi
aspettava una notte di pianto ininterrotto.
La
cosa più imbarazzante durante tutto il viaggio fu stare
seduta tra Gustav e
Tom. Nessuno dei due fiatò, rimasero tutto il tempo a
fissare il vuoto davanti
a sé. Solo prima di scendere mi chiesero se avessi bisogno
che qualcuno
dall’esterno mi aiutasse a scendere.
Invece
Bill e Georg erano rilassati e giocherelloni più che mai. Si
davano pugnetti
sulle spalle, si commentavano i rispettivi capi
d’abbigliamento e accennavano a
strane posizioni di yoga, di cui io proprio non capivo nulla.
Fu
un sollievo per me scendere da quell’inferno di auto. Solo
che non avevo fatto
i conti con l’inferno che avrei trovato fuori. Qualcosa in me
voleva gridare
che era meglio tornare a casa.
La
paura nel vedere la gente accalcata ai lati di un lussuoso tappeto
rosso che
conduceva all’entrata, mi bloccò. I bodyguard
all’inizio del tappeto ci fecero
segno di avanzare mentre allargavano le braccia per tenere distanti le
mani
delle fan esuberanti. Intanto partirono una serie incontrollata di
flash nella
nostra direzione.
Fu
solo grazie allo strattone di Bill che mi riscossi. Se non mi avesse
tirato per
un braccio sarei rimasta paralizzata lì in mezzo al
marciapiede.
“Ora
sorridi e cammina dritto senza fermarti” mi
sussurrò.
Feci
come mi disse, ma mentre sfilammo davanti alla folla, sentii alzarsi
commenti
che non avrei mai voluto udire. “Chi è quella che
ha vicino Bill?” “Come è
vestita quella z…..?”
Quando
la porta del locale si chiuse alle nostre spalle, tirai un sospiro di
sollievo.
Bill
si posizionò davanti a me e mi alzò il viso
perché lo riuscissi a guardare
negli occhi. “Dimentica ciò che hai sentito
là fuori e divertiamoci. Ok?”
Avevo
una domanda pressante nella testa, però. “Non
sembro una z…., vero?”
Bill
rise. “Certo che no, è solo invidia
perché sei magnifica!”
OK.
Era solo invidia. Ora dovevo cacciare questi brutti pensieri.
Il
mio sguardo si posò sul viso contrito di Tom, che
però non ricambiò e continuò
la sua camminata verso il centro del locale. Era ora anche di smetterla
di
pensare a lui, pensai con amarezza.
Georg
Bill
mi aveva parlato chiaro. Dovevo trovare alcuni uomini avvenenti per
Sophie. Il
lavoro ignobile lo devo sempre fare io, eh?
Mi
guardai intorno per localizzare qualche figone. Ho un radar infallibile
io!
Sicuramente avrei trovato q… Scovati, bei fusti, ora tocca a
me!
Raggiunsi
una coppia di bell’imbusti muscolosi.
“Buonasera” esclamai, esibendo tutto il
mio affascinante piglio. Dovevo sembrare un uomo d’affari,
mica uno che cerca
rogne.
No,
un momento. Il mio fascino non li aveva scalfiti nemmeno. Ora questi
palloni
gonfiati dovranno vedersela con me.
“Ragazzi!”
urlai cercando di entrare nella loro visuale.
Questi,
finalmente, mi notarono e mi guardarono con aria di sufficienza. Che
sbruffoni.
Se solo sapessero
il mio conto in banca,
farebbero meno gli spacconi.
“Vi
và di guadagnare qualche banconota da venti per provarci con
una mia amica?”
Appena
sentirono la parola banconota drizzarono le orecchie. Patetici.
“Certo, facci
vedere quale è l’obiettivo”
dichiararono come se fossero dei sicari. Forse lo erano sul serio.
Merda. Ma
chi avevo contattato? Ok, magari avrei potuto rimettere in chiaro le
regole.
Si.
“Prima
dovete starmi a sentire. Le regole sono queste: dovete solo provarci
con questa
ragazza, facendole dei complimenti, insomma cercando di parlare con
lei. Una
alla volta. Non tutti due insieme, ok? Se arriva un tizio a chiedervi
di
lasciarla in pace, fatelo, ok? L’obiettivo è far
ingelosire questo tizio”
Gli
energumeni, annuirono.
“Bene,
sgancia i soldi, amico”
Ma
pensavano veramente che fossi stupido? “No belli. Vi anticipo
dei soldi. Poi a
lavoro finito vi consegno gli altri” dissi mostrando loro la
banconota, per
dimostrare che non stavo mentendo.
“Ok,
d’accordo amico”
Noi
amici non lo siamo, né ora né mai. Troglodito.
“La
mia amica è laggiù al bancone con un vestito
rosso. Non potete sbagliare” dissi
con un sorriso fintissimo. Insomma mi servivano questi tizi, non potevo
certo
inimicarmeli.
La
prima massa muscolare si mosse. L’operazione Uniamo
i cuori solitari era iniziata.
Stavo
quasi gongolando quando notai che il secondo energumeno mi stava
fissando in
modo tetro.
Mamma,
che acido!
Tom
Quanto
era odioso questo party! Non facevo in tempo a muovere un passo, che
qualche
ragazza mi si buttava addosso desiderosa di attenzione. Erano anche
belle donne
e sexy, ma proprio non avevo voglia di dedicare loro nemmeno un
secondo.
Il
mio sguardo, benché sondasse ogni angolo del locale,
continuava a posarsi su
quella minuta ragazza al bancone che reggeva il bicchiere come se fosse
la sua
ancora personale.
Ogni
fibra del mio corpo voleva raggiungerla, ma la mia coscienza mi
ripeteva che
non c’era una sola buona motivazione per rubarle la
felicità, turbandola con la
mia presenza.
Eravamo
due universi di solitudine, abbandonati in mezzo ad un locale
affollato,
incapaci di congiungere le nostre solitudini.
Ridirezionai
il mio sguardo su di lei, ma qualcosa era cambiato attorno a lei.
Un
uomo…muscoloso…le si era avvicinato.
Sentii
avvampare dentro di me. Come si permetteva di avvicinarsi? Preso dalla
rabbia
mi avvicinai per sentire cosa voleva da lei.
Mi
bloccai solo quando riuscii a sentire qualche stralcio di
conversazione.
“Cosa
fai qui tutta sola?”
“Aspetto
i miei amici”
“Allora
aspetterò con te, così non sarai sola. Vuoi
qualcosa da bere?”
Sophie
alzò il bicchiere che teneva in mano e si strinse nelle
spalle.
Pessimo
conquistatore.
Il
muscoloso però non si arrendeva e cominciò ad
adularla con una serie di
complimenti. Diamine avrei fatto mille volte meglio io! Patetico.
Poi
fece la sua mossa falsa: allungò una mano verso il suo viso.
Sophie si
ritrasse, probabilmente infastidita.
A
quel punto dovevo intervenire. Non potevo più stare a
guardare quel coglione
mentre la toccava.
“Metti
già le mani, Romeo”
Il
muscoloso ruotò il suo volto verso di me. “Che
vuoi?”
“Lascia
stare la mia ragazza” digrignai, infuriato. Sophie che era al
mio fianco,
sussultò.
Quest’ultimo
sogghignò e la lasciò. “Tienitela,
è frigida”.
Una
volta che si fu dileguato, mi voltai verso Sophie. “Come
stai?” le chiesi con
la maggiore premura possibile.
“Grazie”
sussurrò. Non mi guardava in viso.
“Sei
al sicuro ora” le riferii avvicinandomi al suo orecchio.
“Vuoi che usciamo a
prendere un po’ d’aria?”
Lei
annuì.
Quando
fummo fuori, si accostò al muro e respirò
profondamente.
“Sei
sicura di stare bene?”. Cominciavo a preoccuparmi.
Mi
guardò dritto negli occhi lucidi. Erano colmi di lacrime.
“Dentro hai detto che
ero la tua ragazza. Lo so perfettamente che lo dicevi solo per farlo
andare via,
ma…”
Stava
singhiozzando. Ora perché piangeva?
“Tom,
lo so che ci siamo detti che eravamo solo amici, ma io credo di non
riuscire a
vederti solo come tale”
Stava
succedendo davvero? “Cosa?”. Il suo viso era ormai
rigato dalle lacrime.
“Sono
una stupida a pensare che tu potessi davvero desiderare quello che
desidero io,
ma almeno ti prego smettila di starmi attorno. Smettila di fare il
carino con
me, perché io mi sto illudendo…”
Non
potevo sentire altre parole. Le mie mani fremevano. Accade tutto in un
attimo, eliminai
le distanze tra noi, spingendola contro il muro con il mio corpo e
appostando
le mani alla parete del locale.
I
nostri visi erano praticamente appiccicati. “Io ti desidero e
non sai
quanto..”. Il mio desiderio era alle stelle: bramavo le sue
labbra. Chiusi gli
occhi e le mie labbra catturarono le sue.
Dapprima
danzarono sulla superficie, per assaporare il gusto l’uno
dell’altra, poi si
dischiusero e le nostre lingue si incontrarono. Il calore che provai
era
indescrivibile.
Non
mi feci ripetere due volte dal mio cuore che avrei dovuto tenerla tra
le
braccia. Le mie mani prima le percorsero le linee del viso, per poi
scorrere
una sulla sua schiena e tirarla verso di me, e l’altra tra i
capelli.
Sophie
non rimase impassibile e mi accarezzò dolcemente il viso e
la nuca. Era
decisamente più controllata di me. Io l’avrei
divorata dalla foga che avevo,
volevo sentirla mia.
Non
riuscivo a staccarmi! Era come una calamita per me. Adoravo il gusto
delle sue
labbra; adoravo bagnarle con la mia lingua; adoravo morderle il labbro
inferiore. Mio dio, ero pazzo di lei.
Non
mi sarei staccato per nulla al mondo da quelle labbra. Ora che erano
unite alle
mie, tutto sembrava perfetto. Tutto assumeva un senso. Forse era questo
che
stavo aspettando da tutta una vita: Sophie.
Georg
Dieci
minuti dopo l’energumeno tornò.
Devo
dire che fu un sollievo, visto che l’altro scimmiotto aveva
continuato a
fissarmi insistentemente, facendomi quasi credere che avesse un debole
per i
ragazzi belli come me.
“Tu
sei pazzo, amico”
Ancora
con questa solfa dell’amico? Ma non siamo mica i teletabbis!
NON SIAMO AMICI!
In quale lingua te lo devo spiegare?
“Perché?”
L’uomo
indicò con il polline il bancone del bar. “La tua
amica è una bella
pollastrella. Ma il tuo amico dovrebbe farsi un po’
più decente. Nessun
muscolo, poco fascino. Ti credo che la ragazza non se lo fila. Pagagli
un
abbonamento in palestra”
Non
riesco a credere alle mie orecchie. Come se lui fosse Mister Bellezza!
Finsi
un sorriso. “Eh, sai com’è. Ma il piano
ha funzionato?”
“Bello,
lui si è ingelosito subito. Vai tu stesso a controllare
fuori dal locale. Si
stanno limonando alla grande”
La
mia faccia credo che potesse assomigliare a quella di un pesce. Mentre
boccheggia. Si, esatto, da pesce lesso!
Il
mio istinto fu di abbracciare l’omone, cosa che a
quest’ultimo non piacque
particolarmente e mi allontanò con le mani. “Ma
sei fuori di testa?”
Ero
troppo euforico per badare a ciò che facevo. Li pagai come
previsto e corsi a
raccontare tutto a Bill.
Gustav
Era
da un pezzo che non vedevo più Tom e nemmeno Sophie. Avevo
un brutto presentimento,
ma la mia ragione scacciava via ogni pensiero negativo.
Decisi
così di dare un’occhiata anche
all’esterno. Quando fui fuori però vidi
all’istante qualcosa che mi gelò il cuore.
Tom
e Sophie erano incollati l’uno all’altra e si
stavano baciando con passione.
Tutti
i miei sogni si infransero. In un solo istante. Non solo non voleva me,
Sophie,
ma voleva Tom, un mio amico e collega.
E
Tom sapeva benissimo i sentimenti che provavo per Sophie.
“Cosa sta
succedendo qui fuori?” gridai, anche
se era palese ciò che stava succedendo.
Tom
e Sophie si scollarono di qualche centimetro, ma quando mi videro si
staccarono
del tutto.
Sophie
mantenne il viso fisso a terra, mentre Tom avanzò verso di
me, per cercare di
spiegare.
“Ti
posso spiegare tutto Gustav…”
Lo
bloccai con un gesto. “Non c’è niente da
spiegare, si capisce benissimo”
“Avrei
dovuto dirtelo. AVREI VOLUTO. Ma è stato improvviso, io
pensavo di non piacerle
e non sapevo sarebbe successo”
“Quella
volta in ascensore mi hai chiesto se mi avesse dato fastidio che
qualcuno ci
provasse con Sophie. Sapevi benissimo già allora che ti
interessava e non hai
detto nulla…”
Il
mio tono di voce era altissimo, ma non riuscivo a controllare la
rabbia. Potevo
comprendere che Sophie amasse un altro, ma non potevo tollerare che un
amico mi
prendesse in giro.
“Ehi
un attimo, Gustav. Davvero non volevo sbilanciarmi troppo”
cominciò a
protestare lui, allungando le sue mani sulle mie spalle.
Ma
io avevo già superato il limite di sopportazione. Non
riuscivo più a connettere,
tanto che mi risultò spontaneo serrare la mano a pugno e
sferrarglielo contro.
Dritto sul naso.
Durò
tutto un secondo. Ma mi sembrò di vedere la scena a
rallentatore mentre la mia
mano colpiva Tom e lui si ritirava indietro coprendosi il viso con le
mani.
“Che
fai?” urlò lui, disperato, guardandomi con un
misto di rabbia e paura.
“Stammi
distante. Non sono in vena di parlare con te ora” ringhiai.
Ma
Tom non voleva smettere. “Io non volevo certo farti del male,
Gustav. Te lo
avrei detto!”
Non
ce la facevo più a sentire anche solo una parola. Mi voltai
per andarmene, ma
Tom mi rincorse e tentò di fermarmi. Allora accadde
l’inevitabile. Attaccai
nuovamente, ma questa volta Tom non si difese solamente. Mi
sferrò un altro
pugno, e cominciò così la nostra lite furiosa.
Non
so quale sia stata la parte più brutta della serata, se fu
il momento in cui
Sophie mi implorò di smettere guardandomi con la paura negli
occhi o fu quando
gli uomini della sicurezza ci scaraventarono a terra per calmarci.
Oppure quando
David dovette scusarsi, per non dire prostrarsi davanti al proprietario
del
locale per non diffondere la notizia ai media, promettendo che non
sarebbe mai
più accaduta una cosa simile.
Quella
sera la trascorsi in pronto soccorso a farmi medicare a tre metri da
Tom, anche
lui sotto torchio di un’infermiera. Sapevo che
c’era, ma cercavo di non
guardarlo minimamente. Il solo vederlo mi irritava.
Sophie
per fortuna era stata riaccompagnata in albergo da Bill e Georg,
atterriti e
disorientati.
L’avevo
fatta grossa. Lo sapevo. Mi sarei preso le mie
responsabilità, ma che nessuno
venga a dirmi che non si sarebbe almeno sentito ferito leggermente nel
sapere
che un amico ha lavorato alle tue spalle per conquistare la ragazza che
sapeva
benissimo piacere anche a te.
Quella
notte scoprii un lato nascosto di me: potevo essere pericoloso anche io
se mi
arrabbiavo.
Sophie
Se
avessi fatto un’intervista a un campione eterogeneo di donne,
per chiedere loro
cosa ne pensano di due uomini che litigano per loro, sono certa che il
98 % di
loro mi risponderebbe che ne sarebbero lusingate.
Vi
assicuro che non lo è minimamente. Quando Tom e Gustav
cominciarono a darsele
di santa ragione (anche se tanto santa non era) il primo pensiero fu
alla loro
incolumità. Ero terrorizzata all’idea che qualcuno
si facesse veramente male.
Non li riconoscevo più!
Tornata
in albergo siccome non avevo sonno ed ero troppo agitata anche solo per
mettermi a letto, girovagai per la stanza in cerchio, cercando di
svuotare la
mente.
Avevo
dei pensieri ricorrenti: Gustav che sferra il primo pugno; il bacio di
Tom, e
infine quello che ha detto Gustav riguardo l’evento in
ascensore. Accennava al
fatto che Tom era interessato a me da qualche tempo.
Quindi
Tom mi ricambiava. Il bacio non era stato uno svago serale.
Da
un certo punto di vista la cosa mi eccitava e volevo saltare sui muri
per
esultare di gioia, ma dall’altra parte sapevo che
ciò infastidiva Gustav ed era
stata la causa scatenante del litigio.
Ero
dilaniata. Cosa avrei dovuto fare con entrambi? Mi avrebbero
più parlato? E se
per causa mia il gruppo si sciogliesse?
Cancellai
l’ultimo pensiero dalla mia mente in un baleno. Non avrei
permesso una cosa
simile, mai e poi mai.
In
quel momento bussarono alla porta. Il mio cuore fece un triplo salto
carpiato.
E ora chi era? Cosa stava succedendo?
Mi
diressi alla porta con il cuore in tumulto.
Aprii
di poco la porta e vidi che sulla soglia c’era Tom. Egli
appena mi vide mi
rispose con un sorriso raggiante. Il naso era bendato e aveva anche un
cerotto
sulla fronte.
“Che
ci fai qui?” bisbigliai, scrutando il corridoio a destra e
sinistra.
“È
già entrato in camera, non ti preoccupare. Posso entrare un
attimo?”
“E
se qualcuno ti scoprisse?”
Tom
scosse la testa. “Non accadrà. Devo parlarti un
attimo”
Lo
lasciai entrare.
“Lo
sai vero che questo è solo un assaggio, se Georg scopre che
sei qui?”
“Non
lo scoprirà mai” disse, guardandosi intorno.
“Tutto
ok?” chiesi, insospettita dall’atteggiamento.
“Sediamoci
un attimo” mi disse indicando il letto.
Lo
seguii a ruota.
Quando
ci fummo accomodati, mi prese una mano.
Il
mio cuore era già al settimo cielo. Mi sembrava troppo bello
per essere vero.
“Sono
venuto qui per parlare di ciò che è successo e
per sapere se stai bene. Non è
stato un bello spettacolo no?”
Scossi
la testa. No, per niente.
“Volevo
parlarti di ciò che ha detto Gustav. È vero.
Quando ho capito che mi piacevi ho
pensato di parlarne con lui, ma siccome non ero certa dei tuoi
sentimenti non
volevo che ne sapesse nulla nessuno. Ho sbagliato. Non avrei dovuto
fare niente
senza prima parlarne direttamente con lui. Solo che ieri sera quando
hai detto
quelle cose, ho capito che anche per te era lo stesso e non potevo
più aspettare
altro” disse sciogliendosi in un sorriso. “Era
impossibile resisterti. Eri così
bella anche con le lacrime”
Era
ufficiale. Stavo sognando. Ma certo, come era possibile che Tom Kaulitz
fosse
lì nella mia stanza, a quell’ora a tenermi la mano
mentre si dichiara. Sono
così fantasiosa che dovrei scriverci un libro! Sophie sei un
genio! Diventerò
una scrittrice!
Però
prima di svegliarmi, rendiamo questo sogno ancora più bello.
Strinsi
la mano di Tom, per imprimergli ancora più forza.
“Non sapevo che tu mi
ricambiassi. Pensavo che tu mi odiassi visto come ti comportavi, tutte
le prese
in giro”
“Penso
che tutto ciò che ti dicessi fosse un modo per allontanarti.
Ma non ci sono
riuscito. Alla festa a cui siamo andati in cui ti sei finta la mia
ragazza, ti
ho baciato. Cioè ci siamo baciati, ma tu hai dimenticato
tutto”
Mi
girava la testa. “Davvero? Quindi non
c’è stato solo quel bacio che ricordo?”
Tom
mi guardò dritto negli occhi. “No, Sophie. Ci
siamo baciati lungo tutta la
strada del ritorno e hai voluto che ti baciassi anche in albergo. Sono
rimasto
finché non sei crollata poi sono scappato via”
Ero
allibita. “Perché non me l’hai
detto?”
“Perché
ero confuso, mi avevi detto tante cose belle ma eri sotto effetto
dell’alcool,
e poi non pensavo di meritarti, te l’ho detto anche ma tu
insistevi sul fatto
che ero il tuo eroe. Ho avuto paura che tu potessi affezionarti troppo
a me”
“Quindi
sei qui per dirmi che non lo devo fare, che è stato un
errore anche questa
sera?”
Tom
mi accarezzò il viso con una mano. “No, sono qui
per dirti che avrei potuto
agire diversamente e che voglio essere un po’ più
egoista se è questo che mi
permetterà di stare con te”
L’atmosfera
poteva dirsi infuocata. Almeno lo credevo io per via delle sensazioni
che
provavo.
Mi
protesi verso di lui e lo abbracciai. Volevo sentire ancora le sue
braccia
avvolgermi.
E
in questo abbraccio ci stendemmo sul piumone. E in quel momento
cominciammo a
baciarci.
Eravamo
distesi sul mio letto, uno nelle braccia dell’altro,
avvinghiati come due
koala. Ma non c’era niente di provocante in questo o
sessuale. Semplicemente
stavamo soddisfando il nostro bisogno di stare vicini, finalmente
uniti.
I
nostri baci erano dolci, tranquilli, così rilassanti che mi
sembrava di stare
in paradiso.
Fu
in quella posizione che ci addormentammo entrambi.
Note
finali
Siamo
praticamente al terzultimo capitolo della saga! Non siete
felici?
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto! Mi sono un po' sfogata. Era da un
po' che volevo unire questi briconcelli!
Non
vedo l'ora di farvi leggere ciò che avverrà
prossimamente! Preparatevi sulle vostre seggiole perchè
urlerete un sacco!!
Alla
prossima :)
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