La ragazza che sussurrava alle auto

di evelyn80
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



Spazio autrice: Buongiorno a tutti! Come mio solito, non riesco quasi più a scrivere qualcosa che non riguardi Edd e Mike... Spero di non essere troppo ripetitiva. Ma veniamo alla storia: il particolare "potere" di Evelyn mi è stato suggerito da Mike stesso, il quale durante una puntata dichiarò di essere sempre stato convinto che le automobili posseggano un'anima. Da lì alla mia storia il passo è stato breve, e complice il mio amore per "Eragon" di Christopher Paolini, ho ideato il personaggio di questa ragazza che parla con le auto. Come potrete vedere, infatti, i dialoghi tra lei e le vetture ricordano molto quelli tra Eragon e Saphira. Per lo stesso motivo, quando lei parla con le macchine e loro le rispondono ho usato il corsivo.
Mi piacerebbe proprio sapere cosa ne pensate, quindi vi prego, vi scongiuro, recensite! Grazie!

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo. 






Capitolo uno

 

Il sibilo tossicchiante e sputacchiante di un motore che non voleva saperne di mettersi in moto riempì il silenzio dell’officina. Una volta, due, tre…

Un seccatissimo e frustratissimo Edd China trattenne a stento un’imprecazione, prima di sbattere la fronte contro il volante e rimanere fermo immobile per qualche secondo.

Chiuse gli occhi, tornando a chiedersi per l’ennesima volta dove avesse sbagliato: aveva smontato e rimontato quel propulsore per ben tre volte, sempre senza mai trovare niente di rotto o fuori posto; era tutto perfettamente funzionante, che diamine!

Si lasciò sfuggire un sospiro, accompagnato da un grugnito di rabbia. Cominciava proprio a temere che quella vecchia Due Cavalli si sarebbe rivelata un vero e proprio buco nell’acqua: va bè che era costata poco, ma non si potevano certo permettere di buttare delle sterline al vento.

Stava per accingersi a ricominciare tutto daccapo per la quarta volta quando il suo socio in affari, Mike Brewer, entrò nell’officina con un sorriso a trentadue denti:

"Buongiorno Edd, come andiamo?"

"Male, andiamo… ho già aperto e richiuso questo dannato motore per ben tre volte! Niente! Non trovo nulla di sbagliato, ma continua a non voler partire! Credo proprio che dovremo rinunciare, capo."

"Non sia mai! Guarda caso, ho proprio la soluzione adatta a te!" gli rispose l’amico, gongolando vistosamente, con il sorriso che si allargava sempre più.

"Accidenti, Mike… cos’hai da essere così tanto allegro? Sembri un bambino che ha appena trovato sotto l’albero di Natale il regalo che aspettava da tempo."

"Bè, in effetti, è proprio così! E’ finalmente arrivata in Inghilterra una persona che desideravo incontrare da tantissimo tempo, e… indovina un po’? Domani questa persona sarà a Birmingham, ed ho tutta l’intenzione di andarla a vedere!"

"A Birmingham?! Vuoi farti centotrenta miglia di strada solo per andare a trovare una persona?" chiese il meccanico, sgranando leggermente gli occhi ed inarcando le sopracciglia.

"Oh, ma questa non è una persona qualsiasi. E’ "La ragazza che sussurra alle auto"!"

La fronte di Edd si increspò ancora di più:

"La… cosa? Ma quel film non si intitolava: "L’uomo che sussurrava ai cavalli"?"

""La ragazza che sussurra alle auto"! E, no, non è un film, ma la pura realtà! Quella ragazza è in grado di parlare con le macchine, e di capire se hanno problemi oppure no e, se sì, di quali problemi si tratta! Se gli portiamo a far vedere la Due Cavalli, lei sarà in grado di dirci cosa c’è che non va nel motore!"

In un primo momento Edd fissò il suo socio con espressione incredula, poi scoppiò a ridere di gusto:

"Oh, Mike… sei proprio un credulone…" disse, tra una risata e l’altra.

L’amico attese che smettesse di sghignazzare, guardandolo torvo, poi rispose:

"Non sono un credulone! Sono diversi anni che questa ragazza gira il mondo proprio per aiutare la gente che ha problemi con le auto!"

"E magari si fa anche pagare profumatamente!" replicò il meccanico, incrociando le braccia sul petto e fissando serio l’amico.

"E qui ti sbagli! Non prende nemmeno un penny! Le sue consulenze sono totalmente gratuite!"

Edd sbuffò, scettico, poi tornò a voltarsi verso la vecchia Citroën, considerando ormai conclusa l’assurda conversazione.

"Tu fai come vuoi, ma io ho tutta l’intenzione di portarle la Due Cavalli!" insisté Mike.

Il giovane uomo si girò di nuovo verso il socio, ma alla vista della sua faccia risoluta si limitò a scuotere il capo, come a dire: "Non ci siamo proprio…". Il commerciante gli voltò le spalle e se ne andò, lasciando l’officina a passo di marcia; ma prima di chiudersi la porta alle spalle si girò di nuovo verso il meccanico e gli intimò:

"Non toccare niente! Non smontare nulla! Domani mattina quella macchina dovrà essere perfettamente integra!" e sbattendo l’uscio lasciò l’altro da solo.

Edd scimmiottò l’espressione del socio rivolto alla porta chiusa, poi ributtò le chiavi inglesi nel cassetto del suo mobile porta attrezzi ed andò a prepararsi una tazza di tè.

 

* * *

 

La mattina dopo Mike arrivò di buon ora, alla guida del suo grosso fuoristrada, cui aveva agganciato un carrello per il trasporto delle auto. Aveva già dimenticato la discussione del pomeriggio precedente con il suo socio, perciò suonò allegramente il clacson per annunciare il suo arrivo ed attese pazientemente che il meccanico aprisse il portellone dell’officina.

Edd si affacciò sulla soglia e, prima di spalancare tutto, storse il naso. Mike fece finta di non essersene accorto e lo salutò con una grossa pacca sulla spalla:

"Buongiorno spilungone! Pronto per andare a Birmingham?"

"Devo venire per forza anch’io?"

"Bè, no… nessuno ti obbliga. Ma forse, se la vedi anche tu di persona, ti convincerai che "La ragazza che sussurra alle auto" non è una ciarlatana!"

Il meccanico scosse la testa ripetutamente, guardando l’amico quasi con compassione, poi gli rispose:

"D’accordo, verrò anch’io… così almeno quando ti renderai conto che è tutta una bufala potrò dirti subito: "Io te l’avevo detto!""

"Oh, non succederà! Vedrai!"

I due uomini caricarono la vecchia auto sul carrello, poi Mike si mise alla guida e Edd gli sedette a fianco, con le braccia incrociate sul petto ed un’espressione che la diceva lunga su quello che pensava di tutta quella faccenda, ovvero: "E’ tutta un’inutile perdita di tempo!"

Impiegarono due ore a percorrere il tragitto che li separava dalla loro meta, durante le quali il commerciante raccontò praticamente tutto quello che sapeva – e che era parecchio – sulla misteriosa ragazza: possedeva una dote unica e straordinaria, che le consentiva di parlare con le auto attraverso la mente. Era in grado di sapere vita, morte e miracoli di ogni singola vettura con cui veniva in contatto. Utilizzava questa sua capacità per aiutare persone che non riuscivano a risolvere i problemi delle loro macchine, come stava succedendo a loro in quel momento, ma spesso era anche contattata da chi voleva comprare un’auto usata e voleva conoscerne il passato.

Il meccanico non fece commenti: si limitò a scuotere la testa di tanto in tanto. Non avrebbe mai creduto ad una baggianata del genere, mai!

Al loro arrivo al luogo dell’incontro, un vasto campo alla periferia della città, rimase molto colpito dal considerevole numero di vetture in attesa di essere "scrutinate": era incredibile che ci fossero così tanti creduloni, al mondo!

"Accidenti, quanta gente!" commentò Mike, guardandosi attorno, con il solito sorriso smagliante stampato in faccia. Un addetto si avvicinò loro, facendo grandi cenni con le braccia, indirizzandoli verso una piazzola libera e far sgomberare così il traffico. Edd guardò nello specchietto retrovisore: dietro di loro si era formata una lunghissima colonna di automobili, in paziente attesa di poter entrare nello spiazzo:

"Mamma mia… quanti idioti" mormorò, ricevendo subito un rimbrotto dall’amico:

"Sei tu, l’idiota! Vedrai se non ho ragione."

"Sì, sì…" e con un gesto annoiato della mano liquidò il socio, che rispose con un grugnito seccato.

Una volta scesi dal fuoristrada, Mike si mise subito a passeggiare per il campo, attaccando bottone con molti dei presenti; Edd preferì rimanere accanto alla jeep: si sgranchì un po’ le lunghe gambe girando intorno alla loro piazzola poi si mise a sedere sul carrello, appoggiando la schiena contro il parafango destro della Due Cavalli.

Il commerciante tornò dopo parecchi minuti:

"Ha già cominciato da un paio d’ore, ma le auto sono talmente tante che credo ci vorrà un po’, prima che tocchi a noi. Spero tu ti sia portato qualcosa da mangiare!"

Edd alzò gli occhi di scatto, fissando l’amico:

"Certo che no! Non credevo davvero che avremmo trovato così tanti mammalucchi come te!"

"Uh… ancora con questa storia…" sbuffò l’uomo più anziano: "Vorrà dire che ti darò io qualcuno dei miei tramezzini."

Erano ormai le sette di sera, e cominciava già a fare buio, quando finalmente venne il loro turno. La "Ragazza che sussurrava alle auto", una giovane donna di una trentina d’anni, piccola e dal fisico minuto, con lunghi capelli castani raccolti in una coda di cavallo, arrivò davanti a loro, si presentò tendendo la mano ed esibendo un sorriso un po’ stanco: aveva parlato con le auto per tutto il giorno, percorrendo i loro ricordi, ed ora cominciava ad essere un po’ esausta. Purtroppo per lei, c’erano ancora decine e decine di vetture che attendevano il suo consulto, e non poteva certo rimandarle indietro dopo che i loro proprietari avevano atteso per tutto il giorno sotto al sole cocente di mezza estate.

La macchina che doveva "esaminare" in quel momento era caricata su un carrello: era evidente quindi che non camminava affatto.

I due proprietari le parvero l’uno l’opposto dell’altro. Il primo a stringerle la mano si presentò come Mike Brewer: era un uomo di mezza età, un po’ sovrappeso, dai corti capelli castani appena velati da un filo di grigio sulle tempie. Le sorrise calorosamente, facendo comparire una miriade di piccole rughe d’espressione sul suo volto paffuto:

"Erano anni che attendevo questo momento!" esclamò, saltellando sul posto come un bambino.

L’altro, Edward China, era un uomo di qualche anno più giovane rispetto al primo; alto almeno due metri, aveva un fisico imponente, ma tutto sommato proporzionato alla sua stazza. Aveva lunghi capelli scompigliati dal vento, di un colore indefinito: completamente bianchi sulla fronte e sulle tempie, grigio topo sulla sommità della testa e castano scuro sulla nuca. La fissò senza dire nient’altro, a parte il suo nome, con le labbra serrate in una smorfia di disappunto, un’espressione di sufficienza negli occhi e le mani sprofondate nelle tasche dei jeans.

Era abituata a quel genere di sguardi: erano molti quelli che non le credevano e che si recavano da lei solo perché spinti da qualcun altro; e quello le sembrò proprio uno di quei casi.

Senza degnare di ulteriori attenzioni i due, si concentrò sulla Citroën blu pastello agganciata al rimorchio, instaurando il contatto mentale che le permetteva di dialogare con le vetture:

"Buonasera mio caro. Io mi chiamo Evelyn. Posso sapere il tuo nome?"

"Buonasera a te, tesoro. Mi chiamo Antoine" le rispose l’auto, con uno spiccato accento francese.

"Piacere di conoscerti, Antoine. Qual è il tuo problema?"

"In realtà io non ho nessun problema."

La ragazza lo guardò con aria interrogativa; allo stesso tempo avvertì gli sguardi dei due uomini su di sé – entusiasta uno, scettico l’altro – ma finse di non avvedersene, rimanendo concentrata sul suo interlocutore a quattro ruote.

"E allora perché questi due ti hanno portato qui, se non hai niente?" gli chiese, sorpresa.

"Bè, vedi… è solo che lo spilungone non mi è molto simpatico, ed ho voluto fargli uno scherzetto."

Per un attimo soltanto Evelyn spostò lo sguardo su Edward, che la stava ancora fissando con un sopracciglio inarcato.

"Sì… in effetti, anche la mia prima impressione non è stata delle migliori. Posso vedere quello che è successo?"

"Prego, accomodati!" le rispose allegramente la Due Cavalli.

La ragazza posò le mani sul cofano dell’auto, ancora tiepido di sole, chiuse gli occhi ed attese. Dopo pochi istanti, ecco apparire delle immagini: all’inizio si trattò di ricordi di gioventù della macchina, poi le visioni si concentrarono su un passato molto più recente. Vide il signor Brewer acquistarla dal suo precedente proprietario e poi assisté ai fallimentari tentativi del meccanico di far partire il motore. In realtà l’uomo aveva ragione, non c’era proprio niente che non andasse, in quel propulsore… Era solo che Antoine, che non sopportava il tono da "so tutto io" dello spilungone, si era divertito a bloccare l’accesso della benzina al carburatore, facendolo così impazzire. Quando Evelyn ebbe la visione dell’uomo che sbatteva disperato la fronte sul volante le scappò da ridere: "Ben gli sta!" pensò. "Non mi piace affatto la sua aria da saputone!"

"Complimenti Antoine, bello scherzo!" gli disse, non appena ebbe scostato le mani dalla carrozzeria al termine della visione.

"Grazie, cara! Sono lieto che tu apprezzi il mio spirito."

"Ti va di fargli fare la figura del fesso?"

"Oh sì, certo… ma come?"

"Sta a vedere…"

Evelyn tornò a rivolgersi ai due uomini, con ancora un lieve sorrisetto che le aleggiava sulle labbra; certo che fosse buon segno, Mike le rispose espandendo il suo, di sorrisi, fino a farlo sembrare quasi ebete:

"Allora? Hai capito dove sta il problema?"

"Certo! Questa macchina è perfettamente a posto! Basta girare la chiave, ed il motore si accenderà."

"Cosa?! Non è possibile" si intromise Edd, "Ho provato e riprovato! Questa vecchia carretta non parte e non partirà mai! Te l’avevo detto, Mike, che questo era solo un inutile spreco di tempo!"

La ragazza alzò lo sguardo sul meccanico, con gli occhi ridotti a due fessure:

"Vogliamo provare?"

"Prego, accomodati!" le rispose Edd, facendosi teatralmente da parte.

Evelyn saltò sul carrello, salì a bordo e girò la chiave: il motore partì all’istante, come se fosse appena uscito dalla fabbrica.

"Ah ah!" esultò Mike, riprendendo a saltellare sul posto, mentre gli occhi di Edd si sgranarono per la sorpresa:

"Non ci credo… fammi provare!"

La ragazza spense e scese dall’abitacolo; lo spilungone si strizzò al posto di guida e tentò di mettere in moto: niente! Solo un sibilo tossicchiante e sputacchiante! Evelyn si sporse verso l’interno:

"Permetti?" gli chiese, e senza attendere risposta girò nuovamente la chiave: il propulsore prese subito vita, scoppiettando allegramente.

La bocca del meccanico si spalancò in un’espressione allibita; Mike continuò a ballare girando su se stesso, mentre Antoine se la rideva, anche se solo Eve poté sentirlo.

"Sì… sei proprio un idiota!" sghignazzò la Citroën, facendo ridere anche la ragazza.

"Se volete, posso spiegarvi cosa è successo" riprese lei, quando fu riuscita a smettere di scompisciarsi.

"Sì, certo!" rispose entusiasta Mike, mentre Edd si limitò ad incrociare le braccia sul petto, con un’espressione risentita.

"E’ molto semplice: Antoine non ti sopporta, e ti ha fatto uno scherzo" disse, rivolgendosi al meccanico il quale, per un istante, rimase fermo immobile, poi scoppiò in una risata amara:

"Antoine?! E chi sarebbe Antoine?"

"Ci stai seduto sopra."

La risata cattiva si intensificò:

"Questa è la più grande idiozia che io abbia mai sentito! Vallo a raccontare a qualche altro credulone come Mike!"

"Io non sono un credulone!" si risentì l’uomo più anziano, ma nessuno degli altri due gli prestò attenzione, concentrati com’erano unicamente sulla loro disputa:

"Allora perché, se metto in moto io, il motore parte, mentre se ci provi tu no?"

In risposta, il meccanico fece girare la chiave, ottenendo per l’ennesima volta il solito sibilo tossicchiante, al quale rispose con un grugnito frustrato.

"Mike, vorresti provare tu, per piacere?" gli chiese Evelyn, senza distogliere lo sguardo da quello di Edward.

"Certamente!"

Il rivenditore attese che l’altro si togliesse di mezzo, si mise seduto al posto di guida e fece partire il motore, che si avviò brillantemente al primo colpo; dette gas un paio di volte, facendolo rombare, e poi lo spense di nuovo.

"Hai visto? Che ti avevo detto? Lo so che tu non credi nelle mie capacità, te lo leggo negli occhi, e la cosa non mi fa né caldo né freddo… ormai ci sono abituata! Ma non sopporto proprio l’idea che mi si dia della bugiarda! Signori, buonasera! Arrivederci Antoine."

"Arrivederci, mia cara."

Con passo risoluto, la ragazza saltò giù dal carrello e si diresse dall’auto successiva, una Rover color fegato che sembrava sul punto di cadere a pezzi, senza più degnare i due uomini di ulteriori attenzioni.

Edward la seguì per un attimo con lo sguardo, con stampata sul viso un’espressione omicida. Quando il suo socio riprese a ballare sul posto come uno scemo, il meccanico spostò la sua attenzione verso di lui, con lo stesso livore.

"Vogliamo andare, per favore? Sono quasi le otto e ci aspettano altre due ore di viaggio!"

"Certo, certo… partiamo subito! Hai visto, Edd? Che ti dicevo? "La ragazza che sussurra alle auto"! Non è straordinaria?"

"Mi ha fatto fare la figura dello scemo!"

"Sì, forse è vero… ma tu ti sei comportato come tale."

Il meccanico sbuffò, alzando gli occhi al cielo ed intrecciando ancora una volta le braccia sul petto. I due rimasero in silenzio per un breve tratto di strada, poi Mike esclamò:

"Ehi! Mi è venuta un’idea!"

Edd si voltò a guardarlo a mala pena:

"Sentiamo… quale brillante ispirazione hai avuto, stavolta?" gli chiese, sarcastico.

"Una che potrebbe risolvere molti dei nostri problemi. Cosa ne dici se le chiedessimo di lavorare con noi?"

Per un attimo lo spilungone lo guardò come se non avesse capito il senso delle sue parole, poi esplose:

"Cosa?! Vorresti chiederle di esaminare le auto per noi?! E farmi fare ogni volta la figura dell’idiota? No, grazie!"

"Andiamo Edd, pensaci bene! Quante macchine ho comperato senza sapere cosa avevano esattamente? E quanti soldi abbiamo buttato, proprio per questo motivo?"

Il meccanico fu costretto a convenire: in effetti, era successo tantissime volte…

"Se lei ci dirà i problemi delle auto, comprarle non sarà più un azzardo, e saremo sempre sicuri di poter guadagnare bene! O, quanto meno, saprò sempre cosa vado ad acquistare… allora? Che mi dici?"

"Che spero vivamente che ti dica di no!" gli rispose, mentre Mike faceva inversione ad U e tornava sui suoi passi.

Quando arrivarono nuovamente al campo, che era stato illuminato da dei riflettori di fortuna, ad Evelyn mancavano ancora una ventina di auto da esaminare. In quel momento era alle prese con una Ford Anglia: le aveva appoggiato le mani sul cofano ed aveva la testa leggermente rivolta all’indietro, con gli occhi che si muovevano rapidamente sotto alle palpebre chiuse, come quando si è nella fase R.E.M. del sonno. Pur se ancora scettico, il meccanico rimase molto colpito dal suo atteggiamento: se si fosse trattato di un’impostora, forse a quell’ora avrebbe già salutato tutti quanti e se ne sarebbe andata; invece alle otto e mezza di sera continuava a toccare auto ed a raccontare baggianate.

Mike scese e le si avvicinò, rimanendo in paziente attesa che il consulto finisse. Spinto da uno strano impulso, anche Edd lo seguì, osservandola attentamente mentre "leggeva" nella mente della vettura.

Dopo qualche minuto il movimento frenetico delle palpebre si arrestò e la ragazza riaprì gli occhi; comunicò il suo responso e si volse per passare all’auto successiva, ma quando fece per muovere un passo ondeggiò vistosamente e, complice la stanchezza, il caldo della giornata appena trascorsa e la mancanza di un buon pasto, ebbe un mancamento. Il meccanico fu lesto a stendere le lunghe braccia, raccogliendola prima che cadesse a terra. Le poche persone rimaste fecero capannello intorno a loro, mentre Mike cominciò a chiedere alla gente di lasciarla respirare.

Per un attimo soltanto i suoi occhi rimasero chiusi poi, molto lentamente, le palpebre si aprirono e le sue iridi castane si posarono su quelle di egual colore dell’uomo che la sosteneva, e che la fissava con la bocca socchiusa. Lasciò vagare lo sguardo sul suo viso, come per cercare di riconoscerlo, e quando vide il ciuffo di capelli candidi che gli spioveva sulla fronte lo inquadrò immediatamente: sgranò leggermente gli occhi prima di incupire lo sguardo e si dimenò nel tentativo di liberarsi dalla sua stretta leggera.

L’uomo rimase ancora per un brevissimo istante a guardarla negli occhi, come se la vedesse per la prima volta, poi la aiutò a rimettersi in piedi e si allontanò da lei di qualche passo.

Evelyn si rassettò gli abiti, mormorando alcuni "sto bene" rivolti ai presenti, poi, per non apparire maleducata, si voltò a ringraziare il signor China il quale, a sua volta, aveva ripreso la stessa espressione scettica del pomeriggio.

Mike approfittò del breve momento di stasi per chiederle un colloquio a quattr’occhi.

"Ormai devo finire il mio lavoro" gli rispose, accennando alle vetture che ancora rimanevano: "E poi andrò a riposarmi un po’. Come hai visto, sono leggermente stanca e affamata… ma, se vuoi, possiamo vederci domani mattina: io alloggio al Norfolk."

L’uomo annuì con un sorriso e tirandosi dietro l’amico tornò al fuoristrada.

"Hai intenzione di andare a casa e poi tornare quassù domattina?" gli chiese quello, incredulo.

"No di certo! Prenderò anch’io una stanza al Norfolk! Tu puoi tornare alla base, se vuoi…" lo prevenne: "Basta che tu mi lasci la Due Cavalli, che funziona perfettamente."

"Fa come ti pare!" replicò il meccanico e dopo aver scaricato la Citroën dal carrello lo piantò in asso, lasciandolo nel campo.

 

 

* * *

 

Quella notte il sonno di Evelyn fu agitato: continuava a sognare due occhi castano scuro che la fissavano, due labbra carnose e sensuali che si dischiudevano, una ciocca bianca che sfiorava una fronte pallida. Spalancò gli occhi nell’oscurità, con un nome pronto a sfuggirgli dalla bocca, trattenuto appena in tempo. Cosa gli saltava in mente? Stava vagheggiando quello stupido spilungone saccente e scettico? E solo perché l’aveva sorretta durante il suo svenimento?

"Non è da te, Eve, tutta questa romanticheria!" si disse, rigirandosi nel letto ma, la mattina dopo, non riuscì a trattenere una smorfia di disappunto nel vedere che, all’appuntamento, si era presentato solo il Signor Brewer.

"Allora Mike, di cosa volevi parlarmi?" gli chiese, quando furono seduti di fronte a due cappuccini fumanti.

Il rivenditore le illustrò la sua proposta e lei rimase per un attimo in silenzio prima di rispondere:

"Bè… il vostro è un intento nobile: acquistare vecchie auto per salvarle dalla rovina. Ma, capisci bene che, se metterò a disposizione la mia dote solo per voi, altre centinaia e centinaia di macchine ci rimetteranno."

L’uomo annuì, chinando il capo: a dir la verità non ci aveva pensato. Lui era un affarista, ed era abituato a pensare solo al suo guadagno, non ai problemi degli altri. Tuttavia la ragazza lo stupì:

"Comunque, non nego di aver bisogno di prendermi una pausa: è da un po’ di tempo che giro il mondo in lungo ed in largo, e comincio ad essere stanca di non aver più un posto da poter chiamare "casa"… potrei fermarmi con voi per un periodo, e poi tornare a viaggiare."

Mike batté le mani, entusiasta: era sempre meglio che niente! La ragazza non riuscì a trattenere un sorriso per la sua esuberanza: credeva che quella nuova esperienza avrebbe potuto anche essere divertente. "E poi," si scoprì a pensare: "rivedrò lo spilungone!" ed a quell’idea uno strano brivido la percorse lungo la schiena.

 

* * *

 

Il clacson della Due Cavalli suonò allegramente, annunciando l’arrivo di Mike all’officina. Edd si affrettò a spalancare il portellone del garage ma si interruppe a metà dell’operazione quando vide che il suo socio non era solo: seduta al suo fianco nell’abitacolo della Citroën c’era niente meno che la "Ragazza che sussurrava alle auto". Trattenendo a stento una smorfia di disappunto il meccanico finì di aprire, poi si ritirò all’interno: era turbato, questo sì, ma non solo in modo negativo. C’era qualcosa, in quella strana ragazza, che lo attirava… Scrollò le spalle, come a voler scacciare quella sensazione, ed attese che i due scendessero dall’auto.

"Hai visto, Edd? L’ho convinta! Passerà con noi un po’ di tempo!" esclamò subito il commerciante, facendo un ampio cenno della mano verso Evelyn che stava ancora scaricando le sue valige.

"Ne sono… entusiasta" mormorò in risposta, calcando l’accento sull’ultima parola.

Lei alzò lo sguardo su di lui, guardandolo per un istante in modo indefinito, poi la sua espressione si incupì. Gli si avvicinò tendendogli la mano, che il meccanico strinse brevemente:

"Lo so, il nostro primo incontro non è stato dei migliori: ti abbiamo fatto fare la figura dello stupido" disse, indicando la Citroën alle sue spalle: "Ma poiché ho deciso di accettare la proposta del tuo socio ti propongo una tregua."

Lo spilungone annuì seccamente, poi le chiese, sarcastico:

"Ora posso finire il mio lavoro sulla Due Cavalli, oppure le devo chiedere il permesso?"

"Casomai "gli": è un maschio. Tu cosa ne dici, Antoine?"

"Digli che può stare tranquillo! E’ finito il tempo degli scherzi… prima mi sistema, e prima me ne vado!"

La ragazza riportò la frase, ed il meccanico scosse la testa alzando gli occhi al cielo: non riusciva ancora a credere che quella giovane donna riuscisse realmente a parlare con le macchine… era una cosa impossibile!

Mentre Edd si rimetteva all’opera, Mike mostrò il suo ufficio ad Evelyn e gli illustrò brevemente i suoi progetti: una volta finita la Citroën aveva intenzione di acquistare una Morris Traveller. Era una macchina diventata ormai piuttosto rara: era veramente difficile trovarne una in buone condizioni, specialmente per quanto riguardava il telaio della parte posteriore dell’auto, che era di legno. Ne aveva trovata solo una che rispondeva alle sue esigenze e gliela mostrò in fotografia:

"Allora? Cosa ne pensi?"

"Bè… è bella! Ma io non posso certo parlarle a distanza, se è questo ciò a cui stai pensando. Ci vorrebbe un collegamento mentale troppo forte ed io non sono in grado di sostenerne uno da sola. Ci vuole una sorta di… amplificatore, in genere un’altra macchina che mi "presta" la sua energia. E comunque anche così sarebbe sfiancante, per me. Credo che dovremo andare a vederla di persona."

"Ma certo, questo non è un problema. L’avrei fatto comunque. In realtà ci speravo, che tu potessi fare qualcosa anche da qui, ma sarebbe stato troppo bello! Chiamerò il venditore e prenderò un appuntamento: dovremo andare fino in Cornovaglia!"

"Per me il viaggio non è un problema, ormai ci sono abituata a percorrere lunghe distanze in breve tempo."

Mike la accompagnò al suo cottage di campagna, dove Evelyn avrebbe potuto alloggiare tranquillamente senza che nessuno la disturbasse. La ragazza disfece le valigie ed, ogni tanto, mentre metteva nell’armadio i suoi indumenti, il suo pensiero correva veloce al meccanico spilungone:

"Perché continuo a pensare a lui?" si chiese: "dovrei odiarlo per il suo atteggiamento strafottente, ed invece non riesco a togliermelo dalla testa!"

 

* * *

 

In garage Edd lavorò sodo, e la Due Cavalli fu finalmente pronta a cercare una nuova casa. Prima di metterla in vendita, come loro tradizione, i due soci uscirono per fare un ultimo giro, e Mike invitò Evelyn ad andare con loro, con sommo disappunto del meccanico.

Il test-drive che il commerciante aveva in mente era molto particolare: uno dei problemi che lo spilungone aveva dovuto risolvere erano le sospensioni inaffidabili, e per vedere se la riparazione era stata effettuata a regola d’arte Mike decise di provare l’auto in un campo di granturco appena raccolto. Lungo la strada si fermò in un negozio di generi alimentari e comprò dodici uova, che poi sistemò dentro ad un cestino imbottito di paglia.

"Cos’hai intenzione di fare con quelle uova? Una frittata?" gli chiese Edward, incuriosito dallo strano acquisto dell’amico.

"Bè, io spererei proprio di no… altrimenti vorrebbe dire che non hai sistemato bene le sospensioni. Questa è un’auto che è stata progettata per viaggiare in campagna, e quindi anche su terreni sconnessi. Se tutto è perfetto, non se ne romperà nemmeno una! Evelyn, vorresti mettere il cestino sul sedile accanto a te? Grazie, cara. Ed ora, andiamo!"

Il commerciante si fiondò nel campo, facendo sobbalzare la piccola Citroën come un coniglio. La ragazza fu costretta ad afferrarsi alla maniglia sopra al finestrino, tenendo d’occhio allo stesso tempo il paniere che aveva a fianco.

"Ma che razza di giro di prova è mai questo?!" si lamentò l’auto, solo a beneficio delle orecchie di Evelyn, che era l’unica in grado di sentirlo.

"Non lo so, Antoine. Ma queste uova mi stanno facendo venire un’idea…" e con la mente proiettò alla macchina l’immagine del cestino rovesciato in testa al meccanico.

"Sì, sì" annuì subito entusiasta la Due Cavalli: "Sarebbe proprio un bel regalo d’addio!"

Fingendo indifferenza, la ragazza prese il cestino. I due uomini davanti erano impegnati in profonda conversazione sul possibile prezzo di vendita da dare all’auto e non si accorsero della minaccia che avevano alle spalle. Quando la vettura sussultò particolarmente, dopo aver superato un dosso più alto degli altri, Evelyn sollevò il paniere e rovesciò alcune delle uova sulla testa di Edd, che lanciò un grido per la sorpresa.

Mike arrestò la macchina e si voltò a guardare l’altro, che stava ancora cercando di capire cosa gli fosse arrivato sulla testa: il tettuccio di tela dell’auto era stato arrotolato e quindi poteva anche essergli piovuto addosso qualcosa dall’alto. Solo quando il commerciante scoppiò a ridere come un matto, e la chiara delle uova cominciò a colare giù dai suoi lunghi capelli scompigliati, frammista a qualche pezzo di guscio, l’uomo si rese conto di cosa era successo, e si voltò verso la ragazza con sguardo di fuoco.

Evelyn aveva ancora il cestino in mano e sghignazzava al pari di Mike. Quando vide in faccia il meccanico, però, qualcosa scattò dentro di lei, che la spinse a pentirsi amaramente di quel gesto: con il ciuffo di capelli bianchi appiccicato alla fronte da quell’improbabile dose di gel, gli occhi lampeggianti come quelli di un toro pronto alla carica, la bocca contratta in una smorfia di furore e le mani strette a pugno, la ragazza pensò che quello era l’uomo più bello che avesse mai visto. Smise di colpo di ridere e mormorò:

"Perdonami Edd… non so cosa mi sia preso."

Poi prese un paio di uova in mano e se le spiaccicò sulla sommità del capo, lasciando che il liquido vischioso le colasse giù per la fronte.

Il commerciante non riusciva più a contenersi: piegato in due dalle risa, cominciò a battere il pugno sul volante; la Citroën non era da meno e la sua risata squillante quasi intontiva la ragazza.

Evelyn ci pensò per un attimo, poi afferrò un altro uovo, fissando intensamente la nuca dell’uomo seduto davanti a lei. Il meccanico incrociò il suo sguardo per un istante, annuì seccamente e ne afferrò uno a sua volta. Poi, con un gesto d’intesa, i due sbatterono insieme le uova sulla testa di Mike, che smise di botto di scompisciarsi e cominciò ad urlare, con somma ilarità della Due Cavalli:

"Ah ah ah! Grazie tesoro! Questo è il più bel regalo di addio che avessi potuto farmi!"

"E’ stato un piacere, Antoine."

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Spazio autrice:
Buon pomeriggio! Eccomi con il secondo capitolo della storia! Da qui in avanti, a parte un paio di eccezioni, ogni capitolo seguirà per intero la trama di una puntata, in questo caso la 5° puntata della decima stagione. Non ho seguito l'ordine cronologico in cui sono state trasmesse, mi sono semplicemente lasciata ispirare da quelle che mi sono piaciute di più e che più si addicevano alla mia storia, e dove i loro "siparietti comici" sono stati, a mio avviso, più divertenti, come in questo caso. Capisco che forse questa storia può non interessare, ma continuo a chiedervi di farmi la carità di lasciarmi un commento, mi accontento anche di un "mi piace", oppure di un "puah, che schifo!". :-)
Grazie!
Evelyn

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo. 



Capitolo due

 

Qualche giorno dopo Evelyn e Mike partirono per la loro destinazione: un piccolo paesino nell’estremo Sud-Ovest dell’Inghilterra, formato da tante piccole casine, tutte con il loro giardino. L’auto che stavano cercando era posteggiata in uno dei vialetti, con il proprietario – un ometto magro con corti baffetti ed un basco di lana sulla testa – appoggiato contro mentre li attendeva.

Mike si presentò e si mise a parlare con lui, mentre Evelyn si dedicò esclusivamente alla macchina.

"Buongiorno! Io mi chiamo Evelyn. Potrei sapere il tuo nome?"

La vettura rimase per un attimo in silenzio, sondando la sua mente, poi rispose, con una vocetta acuta:

"E’ la prima volta che mi capita di incontrare qualcuno che riesce a comunicare con me!"

"Non sei la prima che me lo dice."

"Mi chiamo Mary Ann, piacere di conoscerti!"

"Il piacere è tutto mio! Siamo qui perché il mio accompagnatore vorrebbe acquistarti."

"Si, quella specie di spazzolino da denti del mio padrone vuole vendermi. Si è stufato…" disse, sarcastica, sbuffando seccamente: "Spero proprio che il tuo amico sia più simpatico di lui!"

"In realtà con noi rimarresti poco, solo il tempo di rimetterti in sesto, e poi saresti venduta nuovamente."

"Ah! Speriamo non ad un altro idiota…" commentò l’auto, ed Evelyn non riuscì a trattenere una risatina, che fece voltare entrambi gli uomini dalla sua parte.

Dopo le informazioni di rito, il proprietario dette il permesso di fare un giro di prova, ed i due salirono sulla Morris. Mike mise in moto ed Evelyn si accinse a fare il suo controllo: posò le mani sul cruscotto, chiese permesso, e cominciò ad esaminare la vettura, rovesciando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi.

L’uomo ogni tanto le lanciava uno sguardo preoccupato, arrivando persino a fermarsi sul ciglio della strada quando la vide agitarsi particolarmente.

"Tutto bene?" le chiese, preoccupato, quando lei finalmente tornò ad aprire gli occhi.

"Si… hai ragione, fa un po’ effetto, non è vero?"

L’uomo annuì, mordendosi le labbra, leggermente a disagio.

"E non hai ancora visto nulla… comunque, questo è quello che devi sapere. Il problema principale è il telaio di legno: sta marcendo in diversi punti e credo che sarebbe opportuno sostituirlo completamente e metterne uno nuovo. Poi c’è bisogno di diversi lavoretti al motore."

"Non credo che per Edd sarà un problema. Adoro quest’auto. La compro!"

Una volta tornati dal proprietario ed aver firmato le carte e programmato il ritiro dell’auto, i due tornarono all’officina, dopo diverse ore di viaggio. Fu comunque abbastanza piacevole, per Evelyn: Mike credeva ciecamente nelle sue facoltà, e si divertì un mondo chiedendole di raccontargli aneddoti particolari, che lei narrò volentieri.

 

* * *

 

Dopo due giorni la Due Cavalli fu venduta al miglior acquirente e Mike intraprese di nuovo il viaggio fino in Cornovaglia per andare a prendere la Morris Traveller. Evelyn attese il suo arrivo fuori dell’officina, per darle il benvenuto:

"Ciao Mary Ann! Bene arrivata! E’ andato bene il tragitto?"

"Buongiorno Evelyn! Tutto bene, grazie! Il tuo amico guida molto meglio di quello scopettone del mio vecchio proprietario. Oh…ma che splendida visione…"

Mentre le due parlavano, Edd aveva aperto il portellone del garage: convinta che l’auto si stesse riferendo all’officina, Evelyn le disse che poteva stare tranquilla, e che era sicurissima che si sarebbe trovata bene:

"Le attrezzature sono tutte della migliore qualità. Vedrai, quando uscirai da qui sarai come nuova!"

"Ma io non mi riferivo agli attrezzi… mi riferivo a lui!" E, poiché non aveva dita per indicare, le proiettò nella mente l’immagine del meccanico piegato a novanta gradi, nell’atto di raccogliere qualcosa da terra. Evelyn sussultò: non aveva ancora mai notato quanto fosse rotondo il suo sedere.

Scosse la testa per scacciare la visione, e gli venne da sorridere:

"Ti piace Edward?"

"E’ così che si chiama? Oh… Edward…" sospirò la Morris, in un tono così buffo che la ragazza non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Il suono fece voltare il meccanico verso di lei: la fissò per un attimo, stranito, poi scosse la testa.

"Ora devo andare, ma ti lascio in buone mani."

"E che mani: grandi… forti… mmmh, non vedo l’ora che me le metta addosso!"

"Mary Ann!" esclamò Evelyn, scandalizzata. Tentò di stemperare il suo disagio con una risata, ma non ci riuscì. Si rese conto, con disappunto, che lei stava cominciando a fare gli stessi pensieri arditi della vettura, e la cosa non le andava giù.

"Ci vediamo più tardi. Ciao!"

"Ciao Evelyn…" le rispose la Morris con voce sognante.

* * *

 

Edd sapeva perfettamente che il telaio di legno dell’auto andava sostituito, perciò per prima cosa si mise a smontare i pannelli di lamiera della parte posteriore della vettura, per poi passare alla struttura lignea vera e propria. Quando Evelyn tornò all’officina, due ore dopo essersene andata, per poco non le prese un accidente.

Il meccanico era sdraiato sul fianco sinistro all’interno del bagagliaio della Morris – i cui sedili posteriori erano stati piegati in avanti – come un antico romano su di un triclinio. Stava svitando viti dai pannelli, ed aveva lo sguardo attento e concentrato sul suo lavoro. Per un attimo rimase a guardarlo senza parole, incantata da quella visione, prima di riuscire a schiarirsi la voce ed a chiedergli se avesse avuto bisogno di una mano.

"No, grazie: faccio da solo" le rispose, senza degnarla di uno sguardo.

Incapace di muoversi, Evelyn rimase inchiodata a fissarlo: le sue mani grandi coperte dai guanti in lattice arancione che stringevano dolcemente il cacciavite, i suoi capelli morbidi che gli spiovevano in ciocche disordinate sulla fronte, le sue labbra piene leggermente contratte per lo sforzo di tenere le braccia stese di lato in una posizione innaturale, le sue spalle larghe e muscolose, il suo torso imponente ricoperto da una semplice maglietta blu scuro, le sue lunghe gambe – la sinistra lievemente piegata, la destra stesa – fasciate nei jeans. Come attratto da una calamita, il suo sguardo si concentrò sulla parte centrale di quel corpo disteso: sull’inguine del meccanico e sull’inconfondibile rigonfiamento che caratterizza quella parte anatomica maschile.

Deglutì a vuoto, sentendo che stava per perdere il controllo e senza rendersi conto che l’uomo si era interrotto ed ora la stava fissando a sua volta:

"Ehi! Si può sapere che hai da guardare?!"

La ragazza trasalì, tornando immediatamente presente a se stessa:

"Niente, niente…" e paonazza in volto si allontanò, andandosi a chiudere nell’ufficio di Mike, che in quel momento era vuoto.

"Evelyn? Mi sbaglio o lo stavi spogliando con gli occhi?" le chiese maliziosa la Morris, sogghignando.

"No, Mary Ann, non ti sbagli."

"Allora non sono solo io ad immaginarmelo con niente indosso" sogghignò ancora l’auto.

"No… anche se in realtà io non vorrei farlo."

"Ah… beata te che sei una donna e puoi farti trapanare da lui! Io devo accontentarmi solo del tocco delle sue mani… e che tocco!"

"Trapanare?! Ma che razza di termini usi? E poi io non sono mica sua moglie!"

"Bè? E cosa vuol dire? Anche se non sei sposata con lui, può trapanarti lo stesso… o no?"

"Si, direi di si… oh, ma cosa cavolo mi fai dire? Io lo odio, punto e basta!"

"Si, si, come no…"

Quando Mike arrivò all’officina, trovò la ragazza ancora seduta sul sedile da rally che gli fungeva da poltroncina, con lo sguardo perso nel vuoto. La invitò a fargli compagnia mentre andava da un falegname specializzato in telai per auto a farsene fare uno nuovo per la Morris e lei accettò, lieta di mettere un bel po’ di chilometri tra lei ed il meccanico.

 

* * *

 

La volta successiva in cui Evelyn tornò nell’officina, dopo una notte agitata passata a sognare Edd e le sue grandi mani, il motore della Traveller era sul banco da lavoro.

"Hai visto?" la accolse la macchina senza mezzi termini: "Edward mi ha letteralmente strappato il cuore!"

"Già…"

"E’ una strana sensazione, sai? E’ la prima volta che vedo il mio motore! Lo ha lavato con l’idropulitrice, fuori, ed ora, se ho ben capito, lo vuole mettere in moto sul banco da lavoro per vedere da dove perde olio! Non vedo l’ora di vederlo partire!"

La ragazza si avvicinò al meccanico, che al suo ingresso non si era nemmeno degnato di salutarla:

"Vuoi accendere il motore fuori dalla macchina?"

"Si, perché?" le rispose senza neanche voltarsi. Poi, quando finalmente si degnò di elaborare il significato della frase appena pronunciata dalla giovane donna, si girò verso di lei puntandosi le mani sui fianchi:

"E tu come fai a saperlo?"

"Me l’ha detto lei" gli rispose semplicemente Evelyn, indicando la Morris Traveller.

Edd fissò per un attimo l’automobile, poi scosse la testa, ma non aggiunse altro.

"Ancora non mi credi, vero?"

"No! Mi è praticamente impossibile farlo!"

Lei sospirò e si appoggiò alla macchina, incapace di evitare di osservarlo attentamente mentre lavorava: il suo viso attento e concentrato, le sue mani abili ed esperte. Lo vide collegare gli ultimi cavi elettrici; poi, con un semplice tocco di un morsetto sulla batteria, fece scoccare una scintilla che avviò il motore. Tirò un paio di volte il cavo dell’acceleratore per sgasare, poi girò intorno al blocco e cominciò a fissarlo da vicino, alla ricerca della perdita. Evelyn non riusciva a distogliere gli occhi da lui, e si sorprese a pensare che avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter essere stretta dalle sue lunghe braccia.

"Ah ah ah… ti ho colto con le mani nel sacco!" ridacchiò la vettura, leggendo nei suoi pensieri.

"Non posso avere nemmeno un po’ di privacy?" si risentì lei, incrociando le braccia e chinando lo sguardo verso la Morris.

"E dai, non te la prendere… lo so come ti senti, perché è la stessa cosa che provo anch’io. Dammi retta: tu che puoi, non lasciarti sfuggire l’occasione!"

"Dici bene, tu… ma, come hai potuto sentire tu stessa, lui non mi crede e non lo farà mai."

"Cambierà opinione, vedrai…" le disse sorniona l’auto, ma la ragazza scosse la testa: questa volta era lei ad essere incredula.

 

* * *

 

Dopo un altro paio di giorni, Edward portò a termine le riparazioni. Prima di mettere la vettura sul mercato, come ormai loro consuetudine, i due uomini la portarono a fare un ultimo giro di prova. Evelyn fu per un attimo tentata di rifiutare l’invito di Mike, ma per non dare soddisfazione al meccanico strinse i pugni ed accettò. Il commerciante guidò per un bel pezzo dirigendosi verso l’aperta campagna, discutendo con il suo socio sulle migliorie apportate alla Morris e decidendo quale fosse il prezzo di vendita adatto. Tutto d’un tratto lasciò la strada e si inoltrò tra due collinette erbose, fermandosi di fianco ad un vecchio tavolo da picnic in legno scrostato. Edd scese subito: aprì il portabagagli e ne trasse un grosso cesto di vimini, che appoggiò sulla panca di corredo al tavolino. Tirò fuori una coperta in tela scozzese verde e blu e si mise ad apparecchiare, tirando fuori dal canestro una marea di vettovaglie in piatti di porcellana.

"Cos’è, la borsa di Mary Poppins?" si chiese Evelyn, facendo ridacchiare la Traveller. Anche Mike stava guardando il suo socio con aria stupita: lui si era portato solo un paio di miseri tramezzini al tonno, avvolti nel cellophane e chiusi in una vaschettina di plastica.

"Ehi… ma quanta roba si è portato?" esclamò, fissandolo dal parabrezza: "Io ho solo due panini!"

"Ed io allora che non ho portato niente da mangiare?" chiese risentita la ragazza: "Almeno potevate dirmelo, che volevate mangiare fuori! Forse non sarò proprio simpatica, ma almeno un briciolo di educazione, che diamine!" bofonchiò, incrociando le braccia sul petto.

Il commerciante si voltò a guardarla con aria stupita:

"Ma… io credevo che Edd te lo avesse detto, che avevo pensato ad un picnic. Certo non così in grande stile…" commentò, osservando l’amico che tentava inutilmente di accendere una candela infilata in tanto di candelabro in argento.

"Bè, visto che lui ha portato tutto quel ben di Dio, direi di approfittarne!" e, ributtando il tramezzino nel suo misero contenitore, Mike scese dall’auto e raggiunse il meccanico, imitato da Evelyn, il cui stomaco stava cominciando a brontolare alla vista di tutte quelle leccornie.

L’uomo più anziano tentò di arraffare un pasticcino, ma la sua mano venne prontamente schiaffeggiata. La ragazza non ebbe maggior successo: stava quasi per raggiungere il vassoio con l’insalata di pollo quando il grosso piatto ovale le fu sfilato da sotto il naso.

"Mangiatevi la vostra, di roba! Non ho faticato così tanto per poi vedermi soffiar tutto!"

"E dai, Edd… hai portato tanto cibo da sfamare un reggimento!" lo implorò Mike, ed il meccanico si intenerì e gli allungò il vassoio con il pollo, che stringeva ancora in mano.

"Tu no!" esclamò invece, scostando il piatto, quando vide che anche la ragazza stava di nuovo allungando le dita.

Evelyn ci rimase male: anche se non avrebbe voluto, sentì subito le lacrime salire a pizzicarle gli occhi, e per non farsi veder piangere dagli altri due voltò loro la schiena e si rifugiò in macchina, chiudendosi dentro la Morris. Era la prima volta che le succedeva una cosa del genere: non aveva mai pianto per un uomo, prima di allora.

"Perché mi tratta così male!" esclamò nella sua mente, a beneficio della sola auto.

"Credo che lo faccia solo perché ha paura" commentò quella.

"Paura?! E di che cosa?"

"Di te. Delle tue facoltà, forse. E forse, anche di se stesso."

Vide Mike osservarla con sguardo mesto, e si voltò dall’altra parte, appoggiando la testa al divanetto e chiudendo gli occhi.

"Perché l’hai trattata così male? E’ una nostra ospite, e lo sai benissimo! Non le hai detto di portarsi da mangiare; non hai voluto darle un po’ delle tue vettovaglie; le rispondi sempre a tono! Ma si può sapere perché ce l’hai tanto con lei?" chiese il commerciante, inviperito con il suo socio, fissandolo con sguardo serio. Contrariamente alle sue aspettative, l’amico sospirò e chinò gli occhi:

"Non lo so… io… non so perché, ma quando c’è lei mi sento a disagio."

Fece saettare per un attimo lo sguardo nella sua direzione: aveva visto i suoi occhi diventare lucidi quando le aveva negato il vassoio ed in cuor suo si sarebbe preso a schiaffi. Non voleva farle del male, ma era più forte di lui. Non riusciva a non esserle ostile.

"Non è che per caso hai paura di lei?" gli chiese Mike, inarcando leggermente un sopracciglio.

"Paura?! Oh, Mike, non dire sciocchezze!" rispose il meccanico, ma senza avere il coraggio di guardarlo in faccia. Cominciava a temere che il suo socio avesse ragione: aveva paura, si, ma non solo di lei e dei suoi "poteri". Aveva paura anche di se stesso, perché nel profondo del suo cuore sentiva che c’era qualcosa, come una forza irresistibile, che lo spingeva verso quella misteriosa ragazza. Fissò per un attimo la sua grossa fede di oro bianco, che spiccava come un faro sul suo lungo anulare sinistro, simbolo del suo perfetto matrimonio: lui era innamoratissimo di sua moglie e mai e poi mai si sarebbe sognato di tradirla in alcun modo, ma… Alzò di nuovo lo sguardo: Evelyn aveva appoggiato la testa al divanetto ed aveva chiuso gli occhi, quasi come se avesse voluto dormire. Per un attimo le sue lunghe gambe si rifiutarono di muoversi, ma con un enorme sforzo di volontà si costrinse a raggiungere la macchina ed a bussare al finestrino.

La ragazza aprì gli occhi di malavoglia e si volse per vedere quale dei due uomini la stava disturbando. Rimase molto colpita quando si rese conto che si trattava di Edd. Senza attendere ulteriormente, lo spilungone aprì lo sportello:

"Scusami per come mi sono comportato prima: sono stato proprio un maleducato. Mi farebbe molto piacere se… se tu volessi favorire" e con un gesto ampio della mano indicò la tavola imbandita alle sue spalle.

La ragazza lo fissò per un attimo, stupita dal repentino voltafaccia, poi si riscosse, scese e lo seguì. Il meccanico gli porse un piatto colmo di cibo, che lei prese con l’acquolina che gli saliva in bocca.

 

 

* * *

 

 

Ed arrivò l’ultimo giorno di permanenza della Traveller nell’officina: quel pomeriggio Mike aveva preso appuntamento con alcuni possibili acquirenti. Quando Evelyn raggiunse il garage, in tarda mattinata, per salutarla, l’automobile la sorprese con una strana richiesta:

"Posso chiederti un favore?"

"Certo! Tutto quello che vuoi!"

"Vorrei poter parlare con Edd, per ringraziarlo per tutto quello che ha fatto per me! Puoi farmi da catalizzatore?"

La ragazza rimase interdetta:

"Temo… temo di non poterlo fare."

"Perché no? Con le tue capacità credo proprio che tu possa riuscirci!"

"Io non intendevo quello… volevo dire che non so se lo spilungone vorrà prestarsi all’esperimento. Lo sai che lui non crede in me."

"Si. Ed è proprio per questo che l’altro giorno ti ho detto che si ricrederà. Allora, vogliamo farlo?"

"D’accordo, proverò a convincerlo…" "Edd?" alzò la voce per chiamare il meccanico, che stava facendo un po’ d’ordine nel garage. Quello sollevò a malapena lo sguardo, mugolando in risposta.

"La Morris mi ha chiesto di farle un favore."

Il meccanico si fermò, appoggiandosi alla scopa con cui stava pulendo il pavimento e guardandola con sufficienza.

"Si, lo so che non mi credi, ma è la verità: vuole ringraziarti per tutto quello che hai fatto per lei."

Con un sospiro l’uomo appoggiò la scopa al muro, poi si avvicinò alla macchina:

"E va bene… cosa dovrei fare?"

"Niente di particolare: basta che tu appoggi le mani sulla carrozzeria. Forse se ti metti seduto sarai più comodo" aggiunse la ragazza, squadrandolo dal basso. Lui per tutta risposta prese uno sgabello a rotelle, lo mise davanti al muso della Morris e si sedette.

"Io devo mettermi qui" Evelyn indicò il piccolo spazio tra lo sgabello ed il muso della vettura: "Dovrò fare da catalizzatore: amplificherò i pensieri dell’auto e li trasmetterò a te, e per farlo dovrò mettere le mani sulle tue. Sei d’accordo?"

Lui si strinse nelle spalle e si fece di una trentina di centimetri più indietro, per permetterle di mettersi seduta a gambe incrociate sul pavimento, di fronte a lui; poi poggiò i palmi sopra il cofano verde della Traveller.

"Allarga le dita: così darai maggiore superficie di aderenza."

Il meccanico sospirò un’altra volta rumorosamente con il naso, ma obbedì. La ragazza posò le sue mani, piccole e tozze, su quelle enormi dell’uomo, che per un attimo soltanto si meravigliò di quanto fossero fredde, a differenza delle sue che erano sempre caldissime. Poi Evelyn gli chiese di chiudere gli occhi e lui obbedì ancora, respirando profondamente. Le narici gli si riempirono del dolce profumo dei capelli di lei ed un leggero brivido gli corse giù per la spina dorsale, ma non ebbe tempo di pensare ad altro. Una voce femminile, allegra e squillante, gli riempì le orecchie:

"Ciao Edward!"

Spalancò gli occhi e si volse all’indietro, verso l’ingresso dell’officina: doveva essere entrato qualcuno, nel frattempo! Ma lo spazio alle sue spalle era inesorabilmente vuoto.

La Morris ridacchiò:

"Non serve che ti guardi intorno! Io sono proprio qui, davanti ai tuoi occhi!"

Edd tornò a guardare la vettura parcheggiata davanti a lui, sgranando gli occhi, senza riuscire a trattenere un’imprecazione. La Traveller rise ancora, mentre Evelyn rimase completamente impassibile, come in una specie di trance: riusciva perfettamente a sentire il loro dialogo, ma durante una fase di catalizzazione non poteva muoversi.

"Si, si, sono proprio io! Lo so che ti può sembrare strano, ma è proprio così! Mi chiamo Mary Ann, e come ti ha già detto Evelyn, volevo ringraziarti per esserti preso cura di me!"

"Io… io non so che dire…"

"Prova a parlare con la mente" gli suggerì l’auto: "Non è difficile! Chiudi gli occhi."

"Con la mente…?" chiese, obbedendole e richiudendo le palpebre.

"Esattamente! Proprio come stai facendo adesso!"

Il meccanico era talmente sconvolto che per un istante rimase senza parole; ci pensò la Morris a riempire il silenzio:

"Adesso credi nelle facoltà di Evelyn?"

"Riesce a sentirci?"

"Certo: i nostri pensieri passano attraverso di lei, che li amplifica per permetterci di percepirli."

"Ah… bè, allora ti devo le mie scuse, Evelyn… oh Cristo è tutto così assurdo!"

"Non può risponderti adesso, la sua essenza è vincolata alla nostra. Io però non volevo solo ringraziarti: volevo anche dirti un’altra cosa."

"Dimmi…" le disse, incerto, ancora sconvolto per quanto stava accadendo.

"Lo sai che sei proprio un bell’uomo? Mi sei piaciuto subito, dal primo momento che ti ho visto! Chiedi a lei, se non mi credi! Non sai che brividi mi hanno dato, le tue mani sulla mia carrozzeria!"

Edd arrossì fino alla radice dei capelli. Sentì le guance prendergli fuoco: era la prima volta che una donna gli faceva una dichiarazione così esplicita, essere umano o automobile che fosse. Nemmeno sua moglie, Imogen, era stata così diretta: si erano sempre frequentati ed avevano finito per mettersi assieme, tutto lì. Nessuna manifestazione plateale! Non si era mai considerato "bello". Non con quell’altezza così spropositata, da farlo sembrare quasi uno spaventapasseri. Tutt’al più, un tipo… e forse, solo grazie a quel ciuffo di capelli bianchi di cui la natura gli aveva fatto dono.

"Io… non so cosa dire. E’ la prima volta che una donna mi dice una cosa del genere. Ti ringrazio. Non credevo di avere un’ammiratrice, in officina."

"Oh, non credo di essere la sola…" gli rispose l’auto, con il tono di chi la sapeva lunga, ma senza aggiungere altro.

Dopo un attimo di silenzio il meccanico riprese:

"Bè… se vogliamo considerare mia moglie come un’ammiratrice, allora si, ne ho due."

"Ma ora bando alle ciance…" lo interruppe la Morris: "Dobbiamo sbrigarci con la nostra conversazione: sai, la catalizzazione consuma un sacco di energie! Non finirò mai di ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me! Spero di incontrarti di nuovo, un giorno!"

"Lo spero anch’io, sinceramente."

"Ora può bastare Evelyn, puoi interrompere il contatto!"

Come risvegliandosi da un lungo sonno, la ragazza fece scivolare lentamente via le mani da quelle del meccanico, che rimasero posate ancora per qualche secondo sulla carrozzeria. Stava per toglierle a sua volta quando gli arrivò di nuovo la voce della macchina, anche se adesso era fioca e debole, come se provenisse da molto lontano:

"La connessione durerà ancora qualche secondo. Io non mi riferivo a tua moglie, prima, quando ho accennato ad un’altra ammiratrice, ma a lei…" e davanti ai suoi occhi chiusi si formò un’immagine incredibilmente nitida del viso di Evelyn assorto nella contemplazione di qualcosa, che piano piano sbiadì, lasciando solo il nero assoluto.

A quel punto Edward aprì gli occhi e tolse le mani: la ragazza era ancora seduta a gambe incrociate davanti a lui, con le punte delle dita a massaggiarsi le tempie.

"Cavoli! E’ stata più dura di quel che pensavo… allora, piaciuta l’esperienza?" gli chiese, voltandosi a guardarlo e sorridendogli dal basso.

"Si. Io… scusami se non ti ho creduto."

"Ti ho sentito, prima. Accetto le tue scuse" e gli porse la mano, come a suggellare una nuova amicizia. L’uomo gliela strinse delicatamente, tornando con la mente alle ultime parole ed all’immagine che l’auto gli aveva proiettato: allora anche Evelyn era attratta da lui? E lui, cosa provava verso quella ragazza incredibile?


 

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Capitolo ispirato alla puntata n° 7 della decima stagione

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo.



Capitolo tre

 

 

 

Una volta venduta la Morris Traveller, Mike si mise subito in caccia di un’altra automobile da riportare agli antichi fasti: il loro sogno nel cassetto era sempre stato quello di restaurare una Lamborghini, anche se ogni volta avevano dovuto rinunciare per via del loro budget limitato. Quella volta, però, il commerciante si intestardì: si chiuse nel suo ufficio e spulciò su Internet fino a che non trovò una vecchia Lamborghini Urraco a poco prezzo. L’unico problema era che l’auto era stata ferma per sei anni all’interno di un garage, in Polonia.

Lui ed Evelyn lasciarono l’Inghilterra, con un volo diretto a Varsavia, una settimana dopo, per andare a valutare le condizioni dell’auto.

La trovarono stivata all’interno di una rimessa, completamente circondata da altre auto d’epoca, letteralmente schiacciata contro il muro. Mike si mise subito a chiedere informazioni sulla storia della vettura, mentre Evelyn, come suo solito, aprì la mente e tentò di stabilire un contatto. Con sua grande sorpresa, però, la macchina non rispose.

Stupita e sconcertata, la ragazza si accucciò davanti al muso dell’auto, posando le mani e la fronte sul cofano.

"Ciao, io sono Evelyn. Sono lieta di fare la tua conoscenza. Posso sapere come ti chiami?"

La risposta che le arrivò, da una voce maschile con un forte accento lombardo, fu talmente potente da sbilanciarla, mandandola a sedere per terra:

"Portami via da qui, ti prego!"

Provò ancora una volta a chiedergli il nome, ma non ottenne alcuna reazione da parte dell’auto.

Nel frattempo gli interlocutori di Mike si erano messi a fissarla come se fosse stata una ladra: il commerciante la guardò interrogativamente e lei scosse la testa, mentre si rialzava spolverandosi il fondo dei pantaloni.

Non appena gli altri due uomini si furono allontanati, il rivenditore le si avvicinò:

"Allora, cosa hai saputo?"

"Niente!"

"Come sarebbe a dire, niente?"

"Sarebbe a dire che non mi ha risposto! Mi ha detto solamente: "Portami via da qui, ti prego!" Non mi ha permesso di sondarlo, quindi non so assolutamente nulla, di lui! Ho solo capito dalla sua voce che è un maschio."

"A me invece hanno confermato che è fermo qui da sei anni, che ha il motore ingrippato ed i freni incollati. E’ un bell’azzardo… chiamerò lo spilungone, e sentirò cosa ne pensa. Se secondo lui ne può valere la pena oppure no."

"Ricordati che mi ha pregato di portarlo via."

"Ed è quello che ho intenzione di fare. Lasciami parlare con Edd: voglio conoscere il suo parere, ma anche se non sarà d’accordo lo comprerò lo stesso! Neanch’io sopporto l’idea di lasciarlo qui in questo buco!"

Si allontanò per telefonare al meccanico, ed Evelyn tornò ad appoggiare le mani e la guancia sul tetto dell’auto:

"Stai tranquillo! Ti porteremo via con noi!" lo rassicurò, ma l’auto non dette segno di aver compreso. Rimase in quella posizione finché Mike non tornò:

"Edd mi ha detto esattamente quello che volevo sentire! Ora vado a chiudere l’affare, poi chiamerò un mio amico, specializzato nel trasporto di auto da corsa. Nel giro di un paio di giorni potremo tornare a casa."

 

* * *

 

 

Le operazioni per caricare la Urraco sul carrello per il trasporto furono molto più difficili del previsto. Dato che l’auto doveva essere spostata di lato e che lo sterzo non poteva essere mosso, Mike ed il suo amico furono costretti ad utilizzare degli speciali pattini a rotelle per poterla trascinare e poi ruotare in un secondo momento. Evelyn assisté alla manovra con il fiato sospeso, tentando ogni tanto di stabilire un contatto con la macchina, che però si manteneva in assoluto silenzio. Quando finalmente la vettura fu caricata a bordo del trasportino la ragazza tirò un sospiro di sollievo.

"Bene, ora possiamo tornare a casa! Andiamo cara, il nostro volo parte fra tre ore!"

"Io vorrei viaggiare con lui, se è possibile."

"Ah… bè, non lo so…" e con sguardo interrogativo Mike si rivolse al collega, che gli rispose con un’alzata di spalle: contenta lei, contenti tutti!

Si sistemò a bordo dell’auto, al posto di guida, e non appena il commerciante chiuse lo sportello lei strinse le mani intorno al volante, si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi, rimanendo immobile.

"Che cosa vuole fare?" gli chiese il suo amico, fissando incredulo la ragazza.

"E’ una cosa un po’ lunga da spiegare… lo farò lungo la strada. "

"Come? Tu non torni in aereo?"

"E lasciare Evelyn da sola? No, preferisco fare il viaggio in furgone, e quando ti avrò spiegato cosa sta facendo, capirai anche tu il perché."

 

* * *

 

Non appena il portellone del trasportino si fu richiuso, lasciandola nell’oscurità più completa, Evelyn svuotò la mente e tentò l’ennesimo approccio con la Lamborghini. Era la prima volta che le capitava una cosa del genere: non aveva mai trovato una macchina così restia a parlare, prima di allora.

Trasse un profondo respiro, e lasciò che la sua essenza si fondesse in quella dell’auto. All’inizio percepì una certa resistenza, come se la Urraco non volesse lasciarsi coinvolgere, poi piano piano la tensione si allentò, e la macchina le aprì la sua coscienza.

"Ciao amico mio. Non devi avere paura di me, né di Mike: noi siamo amici. Ti stiamo portando via da questo buco; ti daremo una nuova vita."

"Lo so… è solo che non osavo ancora crederci… questi ultimi sei anni sono stati un incubo, per me…"

Una serie di immagini, alcune confuse, altre più nitide, presero a scorrere davanti agli occhi chiusi della ragazza: la Lamborghini le stava mostrando alcune scene della sua esistenza nell’ultimo periodo. Aveva trascorso l’ultimo lustro senza che nessuno lo mettesse nemmeno in moto, abbandonato in quel capannone, accantonato in un angolo come uno straccio vecchio. Aveva creduto di impazzire, e quando aveva sentito che c’era qualcuno interessato a comprarlo, aveva immaginato che fosse arrivata veramente, la follia tanto attesa. Fino all’ultimo, era stato convinto di avere le allucinazioni: solo quando lei lo aveva toccato aveva capito che non stava sognando.

"Sono anni che aspetto questo momento…" concluse con un sospiro.

"Vuoi dirmi il tuo nome?"

"Mi chiamo Angelo."

"E’ un nome bellissimo, sai?"

"Come il mio paese."

"Lo so. Anch’io sono italiana, proprio come te."

"Questo mi fa ancora più piacere. Ma non siamo diretti in Italia, vero?"

"No, purtroppo. Stiamo andando in Inghilterra. I miei… soci, sono inglesi."

"Sempre meglio che la Polonia… voglio dimenticarmi di quel posto orribile!"

Alla prima sosta, dopo aver oltrepassato il confine con la Germania, Evelyn e la Urraco erano già entrate in perfetta sintonia. Quando Mike le venne ad aprire fu contentissimo di vederla con la faccia soddisfatta.

"Tutto bene?"

"Si. Sono riuscita a farlo aprire. Non è stato un bel periodo, per lui, l’ultimo appena trascorso."

"Lo immagino."

Dopo aver cenato velocemente, Evelyn si accomodò di nuovo a bordo della Lamborghini. Mike provò ad insistere perché continuasse il viaggio davanti, insieme a lui, ma la ragazza fu irremovibile.

"Abbiamo ancora tante cose da dirci, ed ha bisogno di qualcuno che possa ascoltarlo. E’ rimasto in silenzio anche troppo a lungo."

L’uomo annuì gravemente, chiudendola di nuovo dentro.

"Bene, Angelo: dove eravamo rimasti?"

 

* * *

 

Viaggiando completamente al buio, Evelyn perse la cognizione del tempo. Quando finalmente il furgone raggiunse l’officina lei era profondamente addormentata, immersa in un sonno popolato da strani sogni su un alto meccanico dai capelli pepe e sale. Fu la Urraco a svegliarla:

"Siamo arrivati, finalmente!" esclamò con un tono di voce allegro, il forte accento pavese ancora più marcato. La ragazza sobbalzò e si strofinò gli occhi, per poi stiracchiarsi languidamente.

Il portellone anteriore del trasportino si stava aprendo, e non appena giunse alla sua altezza, il viso di Edd fece capolino, pieno di curiosità.

Evelyn si era quasi dimenticata di quanto fosse dolce il suo sorriso, e di quanto fossero luminosi i suoi occhi scuri. Sentì il cuore perdere un paio di battiti, mentre lo sguardo del meccanico per un istante incrociava il suo.

"E’ lui il famoso Edd China? Il mago dei motori di cui mi hai tanto parlato?" le chiese la Lamborghini, distogliendola dalla sua contemplazione.

"Si, è lui."

"Mi pare un tipo simpatico."

"Quando non è troppo impegnato a fare il saputone… sai, all’inizio non andavamo molto d’accordo."

"Ed ora invece si?"

"Bè, quanto meno ora crede in quello che faccio."

Scaricare la macchina fu altrettanto, se non più, difficile che caricarla. Furono costretti ad usare il trans-pallet per sollevare il muso dell’auto, e Edd si prese uno strappo muscolare – accompagnato da un sonoro mal di testa – a furia di tirare.

Anche Evelyn fece la sua parte, aiutando a spingere, e dopo ben tre ore finalmente la Urraco fece il suo ingresso ufficiale nell’officina.

Stanchi ma soddisfatti, i tre si sedettero nell’ufficio di Mike a contemplarla, sorseggiando una meritata tazza di tè.

"Allora, com’è la situazione? Quali sono i problemi della Lambo?" chiese il meccanico tra un sorso e l’altro.

"Il vecchio proprietario mi ha detto che ha i freni bloccati, e che il motore non gira da sei anni. Arriva tu alle dovute conclusioni…" gli rispose il suo socio, scolando l’ultima goccia di bevanda.

"Come: tu non hai… come si dice? Sondato? Si, non hai sondato la mente dell’auto?" chiese il meccanico con un tono lievemente sarcastico, rivolgendosi alla ragazza, che prima di rispondere lo fulminò con lo sguardo.

"Mi ci sono voluti tre giorni per entrare in sintonia con lui e farmi raccontare tutto: stava impazzendo, chiuso in quel garage polacco. Comunque c’è poco da aggiungere: non ha grossi problemi, ha solo bisogno di essere ben revisionato. Come ha detto Mike, è fermo da sei anni."

"Allora sarà meglio che mi dia da fare, se voglio finire in tempo per la prossima settimana" concluse lo spilungone, alzandosi e tornando nell’officina.

Evelyn lo seguì con lo sguardo, chiedendo allo stesso tempo al commerciante:

"Perché? Cosa succede la prossima settimana?"

"Ci sarà il Gran Tour delle Lamborghini, in Italia, per festeggiarne il cinquantenario. Vorrei tanto andarci con la nostra Urraco, quando faremo la prova di guida."

Il viso della ragazza si illuminò, mentre il suo sguardo si perse nel vuoto:

"E’ da tanto che non torno a casa mia: mi piacerebbe proprio rivedere la mia terra natia…" sospirò, poggiando la guancia sulla mano con aria sognante.

 

 

* * *

 

 

Il meccanico non perse tempo e si mise a fare la manutenzione della Urraco, cambiando tutto quello che c’era da sostituire: dal disco della frizione alle candele, dalle pastiglie dei freni ai fluidi, dallo spinterogeno ai filtri. Fu costretto ad arrendersi solo davanti alla ricalibratura dei carburatori: era bravo, certo, ma non al punto da poter affrontare una sfida del genere da solo, perciò fu costretto a rivolgersi ad un esperto, un giovane uomo della sua stessa età con i capelli alla Ringo Starr, talmente ridicoli che ad Evelyn parvero una parrucca. La ragazza si divertì non poco ad osservarli armeggiare con il motore, allietata anche dai commenti pungenti della Lamborghini, che finalmente aveva ritrovato tutto il suo senso dell’umorismo italiano, ed ogni tanto cantava canzoncine o recitava proverbi in pavese.

"Bisògna fà 'l pass secundä a la gämba" diceva a volte, mentre Edd si grattava la testa seguendo i movimenti frenetici dell’esperto, ed ogni volta Eve non riusciva a trattenere una risatina, facendo inevitabilmente voltare gli altri due dalla sua parte.

Più il tempo passava e più la ragazza si rendeva conto di essere inesorabilmente attratta dal meccanico: più lo guardava e più gli piaceva, e nonostante tentasse di ripetersi che non avrebbe dovuto lasciarsi andare, non riusciva ad impedirsi di pensare a lui, in termini anche molto intimi. In cerca di un consiglio, si confidò con l’auto.

"Angelo? Posso parlarti di una cosa che mi sta a cuore?" gli chiese un pomeriggio, mentre il meccanico era intento a fare le sue sostituzioni e lei si era seduta sulla poltroncina di Mike – che era andato a farsi fare un flessibile per la Urraco – nel suo ufficio.

"Certo cara, dimmi."

"Un dilemma mi affligge: credo di essermi innamorata di Edward."

"Questo non è un dilemma, è una constatazione!"

"Si, lo so… infatti il problema è un altro."

"Cioè?"

"E’ sposato."

La Lambo rimase per un attimo in silenzio, prima di rispondere in tono sorpreso:

"E allora?"

"Oh, è mai possibile che voi auto la facciate sempre così facile? E allora io non so come fare! Avrei voglia di dirglielo in faccia, che mi piace; ma rischio di farmi ridere dietro, se non peggio! Potrebbe prenderla bene, ed allora si farebbe una risata e tutto finirebbe lì; ma se la prende male potrei buttare al vento quel briciolo di confidenza che sono riuscita faticosamente a guadagnarmi! Non so che pesci prendere, uffa!" esclamò nella sua mente, prendendosi la testa tra le mani.

"Il consiglio che posso darti io è questo: la vita è breve, e secondo me non va sprecata. Quindi, non lasciarti sfuggire l’occasione."

La ragazza sospirò: era esattamente la stessa cosa che le aveva detto anche Mary Ann. Ma come poteva prendere l’iniziativa a quel modo? Se almeno Edd avesse dato segni di interessamento avrebbe potuto anche buttarsi; ma il meccanico sembrava non provare niente per lei, a parte una cortese amicizia. Non poteva rischiare di mandare tutto a monte: preferiva lasciare tutto com’era, e continuare a godere della sua fiducia, piuttosto che inimicarselo per sempre.

Si alzò e lasciò l’ufficio, intenzionata a tornare al cottage che Mike gli aveva gentilmente dato in comodato d’uso, ma quando stava per salutare lo spilungone la porta laterale dell’officina si spalancò con un tonfo ed un’enorme figura femminile avvolta in un vestito estivo color verde acido fece il suo ingresso nel garage.

Edd alzò lo sguardo e la sua bocca si aprì in un dolcissimo sorriso. Evelyn si sorprese ad invidiare la destinataria di quel gesto così affettuoso: avrebbe fatto di tutto pur di vederlo sorridere allo stesso modo verso di lei.

Il giovane uomo posò la chiave a bussola che aveva in mano, si sfilò i guanti di lattice e si avvicinò alla donna che era appena entrata.

"Ciao tesoro!" esclamò, posando un bacio sulle labbra della nuova arrivata.

"Ciao amore mio" rispose quella, non appena si allontanarono di nuovo.

Per Eve fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Sobbalzò vistosamente, anche se cercò di non darlo a vedere, e deglutì a vuoto mentre giungeva ad una conclusione irrefutabile: quella che aveva davanti era la moglie di Edward.

"Come mai da queste parti?" gli chiese lui, precedendola verso il centro dell’officina.

"Oh, ero curiosa di vedere la Lambo. Sono tre sere che a letto non fai altro che parlarmi di lei!"

Evelyn era rimasta immobile, incapace di muovere anche un solo muscolo, incantata ad osservare la consorte del meccanico: una specie di gigantessa, alta circa un metro e ottanta, con una circonferenza di tutto rispetto; aveva lunghi capelli biondi lievemente mossi e si muoveva come un’elefantessa, facendo quasi tremare il pavimento sotto ai suoi piedi. Le parve anche che fosse di qualche anno più vecchia del marito.

"E chi è questa specie di pachiderma?!" commentò acida la Urraco, ma questa volta la ragazza non si mise a ridere. Rimase in silenzio, senza parole, avvilita: se a Edd piacevano le gigantesse lei non aveva alcuna speranza, piccola e minuta com’era.

Il meccanico la presentò, sottraendola alle sue riflessioni cupe:

"Evelyn, ti presento mia moglie, Imogen. Tesoro, lei è la "Ragazza che sussurra alle auto": Mike l’ha convinta ad aiutarci per un po’ di tempo con le vetture che acquistiamo."

"Ah, si… la pazza scatenata che spara baggianate ed è convinta di parlare con le macchine. Ricordo di avertelo sentito dire. Tanto piacere…" commentò la donna, liquidando la ragazza ed ignorando completamente la mano che quella le tendeva. Evelyn sentì il sangue montarle alla testa: come si permetteva quella specie di mongolfiera ambulante di darle della pazza?! Avrebbe tanto voluto darle un paio di ceffoni e poi lasciare teatralmente il garage, ma la Lamborghini la trattenne:

"Mantieni la calma Evelyn. Non vale la pena mettersi a discutere con gente così ignorante."

"Hai ragione, Angelo, ma non sopporto proprio l’idea che mi si dia della bugiarda! Se potesse sentirvi, non so se rimarrebbe molto contenta!"

"No, credo di no. Ma per nostra fortuna, le persone che possono comunicare con noi sono molto rare, ed in fondo è meglio così."

Nel frattempo la donna aveva continuato a conversare tranquillamente con il marito, come se la ragazza neanche esistesse:

"Allora, quand’è che mi porterai a fare un giro su questa bellezza?"

"Se hai pazienza di aspettare dieci minuti, anche subito: finisco di rimontare la scatola del filtro e poi possiamo andare. Così almeno potrò anche controllare come va il carburatore" gli rispose lui, con lo stesso sorriso caldo di prima.

"Oh povero me!" esclamò la vettura: "Dovrò sorbirmi la balenottera arenata, a quanto pare!"

Lo disse in tono ironico, con l’intento di far sorridere Evelyn, ma la ragazza non colse l’umorismo, ancora furibonda com’era.

La voglia di tornare a casa le era passata completamente: rimase in piedi in un angolo, con le braccia incrociate sul petto, in assoluto silenzio, per il puro piacere di mettere i due coniugi a disagio. Imogen sembrò non notare nulla, o quanto meno fu molto abile nel dissimulare tranquillità, mentre il meccanico interruppe due o tre volte il suo lavoro per voltarsi dalla sua parte. Evelyn aveva una faccia da far paura: le labbra sottili strette in una smorfia di disappunto, gli occhi ridotti a due fessure, le sopracciglia aggrottate; sembrava emanare ondate di energia negativa che raggiunsero la pelle di Edward, la quale si accapponò con un brivido. L’uomo non riuscì a capire per quale motivo la ragazza li stesse guardando così male, ma la cosa gli dispiacque molto: non gli piaceva affatto vederla così arrabbiata. Quando sorrideva era così carina, si sorprese a pensare, per poi reprimere subito quell’idea: cosa stava vaneggiando? Aveva sua moglie accanto, in quel preciso momento, non avrebbe dovuto pensare ad altre donne all’infuori di lei! Ed invece non riusciva a cancellarsi dalla mente il viso accigliato di Evelyn, neanche quando gli voltava le spalle.

Quelli furono i dieci minuti più lunghi della sua vita, e tirò quasi un sospiro di sollievo quando finalmente lasciò l’officina a bordo della Lambo in compagnia di Imogen: non sarebbe riuscito a sopportare per un secondo di più la vista della ragazza così arrabbiata.

 

* * *

 

In tanti anni di esperienza, Evelyn aveva imparato a riconoscere a prima vista quale fosse l’umore delle auto in un preciso momento. Erano cambiamenti minimi, impercettibili ad occhi inesperti, ma a lei bastava guardare una macchina in faccia, o meglio nel muso, per capire se la vettura in questione era allegra, arrabbiata, triste o affaticata. Per tale motivo, non appena la Lamborghini ritornò all’officina, un’ora dopo, capì subito che c’era qualcosa che non andava.

Si era messa a sedere fuori, nel piccolo cortile antistante il garage, a godersi il tepore degli ultimi raggi di sole al tramonto. Al suo arrivo, vide che l’espressione stampata sul muso verde smeraldo della Urraco era cambiata, ed anche di parecchio: era molto simile a quella che aveva avuto in Polonia, quando l’avevano salvata dall’inedia.

Scattò in piedi, come sospinta da una molla, e si avvicinò di corsa alla macchina.

"Angelo? Cosa è successo?" chiese a voce alta, talmente agitata da dimenticarsi di usare la mente per comunicare con lui. Ad una mancata risposta della vettura, capì che doveva essere accaduto qualcosa di grave.

"Angelo! Rispondimi ti prego!" ma ancora l’auto non parlò.

Edd aveva nel frattempo aperto lo sportello per scendere ed aprire la saracinesca dell’officina; non appena si alzò in piedi Evelyn lo aggredì:

"Che cosa gli avete fatto?! Rispondimi, almeno tu! CHE COSA GLI AVETE FATTO?!" gridò, afferrandolo per la T-shirt all’altezza del petto e cominciando a scuoterlo. Edd sentì le guance andargli in fiamme e non seppe cosa rispondere, incapace di reagire alla furia della ragazza. Imogen scese a sua volta e si mise a gridare in difesa del marito:

"COME TI PERMETTI DI TOCCARLO! LASCIALO STARE BRUTTA PAZZA!" ed afferrandola per le spalle, strappò via letteralmente Evelyn dal corpo del marito. Visto che anche il meccanico continuava a tacere, con il volto paonazzo e sconvolto, la ragazza si rivolse di nuovo alla Urraco, posandole entrambe le mani sul tetto.

"Angelo… cosa ti hanno fatto?" gli chiese di nuovo, chiudendo gli occhi.

La visione che gli arrivò, nitida come un film in alta definizione, la sconvolse: a metà del loro giro, Imogen aveva chiesto al marito di fermarsi per fare sesso. Edd aveva nicchiato per un po’, poi aveva ceduto alle insistenze della moglie. La ragazza fu costretta a sorbirsi tutta la scena, come se stesse guardando un film porno, ed oltre all’orrore ed al fastidio per l’oltraggio che avevano fatto all’auto, che peraltro aveva una coscienza ancora molto labile, quello che le fece veramente male fu il pensiero che avrebbe tanto voluto esserci lei al posto di Imogen. Non sull’auto, questo no… ma magari in un letto, nel morbido letto del suo cottage.

Quando finalmente la visione si interruppe, Eve riaprì gli occhi e puntò lo sguardo sul meccanico: se ne avesse avuto le capacità, lo avrebbe incenerito.

"Avete fatto sesso su di lui!"

Per tutta risposta Edd arrossì ancora di più, fino a che la sua faccia non prese completamente fuoco. Per un istante anche Imogen rimase sconcertata, ma fu lesta a riprendersi:

"Che cosa ne sai, tu? E poi che cosa te ne importa? Quello che facciamo io e mio marito sono affari nostri!"

"Sono anche affari miei, visto che riguardano Angelo" rispose la ragazza, continuando a guardare il meccanico ed ignorando completamente la gigantessa:

"Edd, tu forse non lo sai, ed allora te lo dico io: fare sesso su una macchina è quanto di più oltraggioso, avvilente e mortificante possa accadere all’auto stessa! Una vettura in normali condizioni psichiche è in grado di reggere all’affronto, ma l’equilibrio di Angelo è ben lungi dall’essere stabile, e tu lo sai! E sai anche benissimo che ci ho messo tre giorni, TRE GIORNI, per acquistare la sua completa fiducia! Hai mandato all’aria tutti i miei sforzi! Ora dovrò ricominciare tutto da capo!"

Lo spilungone si passò una mano tra i capelli scompigliati, incapace di proferire parola. Imogen continuava a sbraitare, ma per Evelyn era diventata solo un rumore di sottofondo.

"Adesso fammi un favore: portalo dentro e vattene a casa! Non mi interessa se devi ancora fare qualcosa in officina, voglio che tu te ne vada! E portati dietro quell’elefantessa!" concluse, indicando col dito, ma senza guardarla, sua moglie.

Il meccanico chinò il capo, remissivo, aprì la saracinesca e mise dentro la Lamborghini. Dopodiché uscì e richiuse il portone alle sue spalle. Alzò solo per un istante il capo a guardare Evelyn, che lo fissava a braccia conserte, poi afferrò Imogen – che non aveva smesso per un attimo di urlare, rinvigorita anche dall’ultima parola non proprio gentile proferita da Evelyn – per un gomito e se la tirò dietro, senza dire una parola.

"Come?! Ti fai comandare così a bacchetta da quella sciacquetta?! Io non me ne voglio andare, voglio chiarire questa faccenda, e subito! Voglio che tu la mandi via! Non mi interessa se parla con le macchine o qualsiasi altra cosa faccia; non mi interessa se Mike è più matto di lei, visto che è stato lui a portarla qui! Voglio che se ne vada, immediatamente!"

Edward non rispose: semplicemente continuò a tirarsela dietro, finché non riuscì a farle svoltare l’angolo del cortile. Solo allora Eve rientrò nell’officina, chiudendosi dentro e tornando subito dall’auto.

"Oh, Angelo! Sono mortificata!" esclamò, tornando a parlare con la mente, inginocchiandosi accanto alla macchina e poggiandogli la guancia contro il parafango:

"Mi dispiace da impazzire! Se solo avessi immaginato una cosa del genere io…"

"Non è stata colpa tua…" mormorò finalmente la Urraco in risposta, per poi gemere subito dopo: "Se penso di nuovo alla scena, mi viene da vomitare…"

La ragazza si strinse ancora di più contro la fiancata dell’auto, in una specie di abbraccio, e lì rimase, con la testa appoggiata alla carrozzeria, finché non si addormentò.

 

* * *

 

Era ancora nella stessa posizione quando Edd tornò al suo garage, la mattina dopo di buon'ora. Aveva dormito malissimo, sia perché Imogen era ancora furibonda, e lo aveva vessato per buona parte del tempo; sia perché era stato sinceramente dispiaciuto dalla reazione di Evelyn. Non immaginava certo che una "sveltina" a bordo della Urraco potesse scatenare un tale putiferio!

Entrò cercando di fare meno rumore possibile, e si intenerì quando vide la ragazza seduta per terra, profondamente addormentata, con la guancia appoggiata contro il parafango della Lambo.

Fino a quel momento non aveva ancora capito quanto lei tenesse alle automobili, quanto bene volesse loro – forse addirittura più che agli esseri umani, si scoprì a pensare – e quanto male le aveva fatto. Si accucciò al suo fianco e, dolcemente, le scostò una ciocca di capelli dal viso, sfiorandole una guancia. A quel lieve contatto Evelyn aprì gli occhi, e si trovò davanti il viso dell’uomo di cui si stava perdutamente innamorando: l’inconfondibile ciuffo scompigliato di capelli bianchi; due occhi castano scuro così intensi da togliere il fiato; il naso dritto, lievemente a patata; la bocca carnosa e sensuale atteggiata ad un lievissimo sorriso. Convinta di stare sognando, alzò lentamente la mano destra, sfiorandogli il profilo della lunga basetta e mormorando il suo nome:

"Edward…"

A quel tocco il meccanico socchiuse lievemente gli occhi, tentato di stringere quella piccola mano tra le sue enormi, di baciarla e trattenerla contro la sua guancia; ma non fece neanche in tempo a pensarlo che la vide sgranare gli occhi e ritrarre le dita di colpo. La sensazione di ruvidità della sua barba era stata talmente vivida da farle rendere conto che il suo non era un sogno, ma la realtà.

"Edd?! Cosa… cosa diavolo ci fai già qui a quest’ora? A proposito, che ore sono?" chiese, sorpresa, rialzandosi da terra e spolverandosi il fondo dei pantaloni.

"Sono le sei e mezza. A casa non riuscivo a dormire: dovevo assolutamente venire a chiedere scusa, a te e alla Lambo. Te lo giuro, non credevo di creare tanto scompiglio."

"Si, lo immagino. Voi uomini non pensate mai alle conseguenze…" aggiunse a mezza voce, quasi come se parlasse più a se stessa che all’uomo che aveva di fronte.

"Posso… posso chiedergli scusa?"

"Certo, fa pure. Riesce a sentirti benissimo!"

"Io intendevo… bè… con la mente."

"Ma guarda un po’! Mister scetticismo che vuole sfruttare i miei poteri fittizi per i suoi comodi!"

"E’ vero, all’inizio ero scettico. Ma poi ti ho chiesto scusa, o mi sbaglio?" rispose, lievemente piccato dal tono acido di Evelyn.

"No, non sbagli… scusami, stavo solo scherzando: per me è un piacere mettere le mie facoltà al tuo servizio. Però non so se Angelo…"

"Fammi parlare con lui, Eve. Gliene voglio dire quattro!" la interruppe la Urraco, e lei alzò le mani, in segno di resa:

"D’accordo mio caro. Te ne vuole dire quattro!" concluse, rivolta al meccanico che, ormai a conoscenza della procedura, si mise seduto per terra a gambe incrociate, pronto a posare le mani sul cofano verde smeraldo dell’auto. Evelyn si insinuò tra lui e la Urraco ed attese che l’uomo toccasse il metallo; un istante prima di farlo, seguendo chissà quale improvviso impulso, lui le sussurrò:

"Se vuoi, puoi appoggiarti a me…" e lei si sentì letteralmente morire a quelle parole. Ardeva dal desiderio di appoggiare la schiena al suo petto massiccio, ma con un enorme sforzo di volontà riuscì a scuotere la testa lievemente in segno di diniego, per poi posare le mani su quelle del meccanico.

Non appena il contatto fu instaurato, la voce sferzante della Lamborghini gli ferì il cervello:

"Avanti, Edd, sono tutto orecchie! Sentiamo queste scuse!"

"Io… sono veramente dispiaciuto per quanto è successo… non credevo assolutamente di creare così tanti problemi…"

"Certo, voi esseri umani date tutto per scontato! Non pensate minimamente alle conseguenze che possono avere le vostre azioni! Prima mi tenete rinchiuso per anni dentro un garage ad ammuffire; poi, quando finalmente qualcuno si degna di venirmi a prendere, mi ritrovo a diventare l’alcova di uno spaventapasseri e di una balenottera azzurra… anzi, verde, visto che era vestita di verde! Sono oltremodo indignato, Edward!"

Il meccanico chinò il capo, pieno di vergogna: quello che forse gli dava più fastidio era il fatto che la sua scopata stava diventando un fatto pubblico, visto che anche Evelyn vi aveva assistito tramite la mente della macchina.

"Ti chiedo umilmente scusa, Angelo…" fu tutto quello che riuscì a dire.

"Accetto le tue scuse, ma ad una condizione! Non far avvicinare mai più quell’elefantessa di tua moglie alla mia carrozzeria! Non voglio più averci niente a che fare! Non solo è stata la causa dell’oltraggio, ma ha offeso anche Evelyn, dandole della pazza!"

"D’accordo."

"Bene! Evelyn, basta così, non ho altro da aggiungere!"

Ubbidiente, la ragazza ritrasse le mani, ma Edd attese ancora qualche istante: memore dell’esperienza precedente, rimase con le mani poggiate sul cofano, nel caso in cui la Urraco avesse voluto aggiungere qualcosa solo a suo beneficio. Ed infatti, la Lambo non si fece attendere:

"Evelyn si è innamorata di te" gli sentì dire fiocamente, in tono pacato: "Se a te non interessa, ti prego di non illuderla. Non farle del male!"

"Non lo farò…" rispose, ma senza sapere se l’auto era più in grado di sentirlo. Poi aprì gli occhi: la ragazza era ancora seduta davanti a lui, con le mani in grembo, in attesa che si alzasse. Prima di farlo, però, le chiese di nuovo scusa:

"Lo so che non sono responsabile del comportamento di Imogen, ma volevo chiederti scusa a nome suo. Ti ha offeso, ieri, ed io non ho detto nulla per difenderti."

Eve provò una dolce fitta al cuore al sentire quelle parole, ed annuì semplicemente:

"Non c’è problema, Edd."

Lui rimase immobile ancora per un istante, pensando alle ultime parole della vettura: la Urraco gli aveva confermato quello che gli aveva già affermato la Traveller. Evelyn si era innamorata di lui. E lui? Cosa provava per lei? Amicizia, certo. Simpatia. Anche un po’ di tenerezza. Ma, amore?



Spazio autrice: Buongiorno a tutti, questa volta scrivo alla fine del capitolo. Allora, cosa ve ne pare? Si, forse è un po' lungo, ma mi sembra abbastanza ricco di avvenimenti, quindi spero che possa non risultarvi noioso. Una piccola precisazione: la Lamborghini Urraco "parla" il dialetto pavese perchè effettivamente (se avete visto la puntata sicuramente lo avrete notato) è targata PV.
Ringrazio infinitamente la mia cara amica Lapoetastra, che ha accolto la mia supplica per ricevere recensioni! Ovviamente la supplica rimane ancora valida: vi prego, vi scongiuro, commentate! Grazie!
Evelyn

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


Ispirata alla prova di guida della puntata n° 7 della decima stagione

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo




Capitolo quattro

 

Due giorni dopo, il trio partì alla volta dell’Italia, per fare il tanto agognato giro di prova unendosi al Gran Tour delle Lamborghini, organizzato per festeggiare il cinquantenario della casa automobilistica.

Mike guidò per la maggior parte del tempo, ma giunto sulle Dolomiti cedette il volante allo spilungone.

"Vai Edd, fatti una guidata! Vedrai, queste strade sono spettacolari!"

Il meccanico non se lo fece ripetere due volte, e lanciò la Urraco a tutta velocità su per i tornanti del Passo Sella.

Evelyn, seduta dietro, ammirò comodamente il panorama, fino a che non si rese conto che i due uomini seduti davanti avevano cominciato a fare gli scemi: Mike aveva estratto il suo I-phone e stava filmando Edward mentre tirava le marce. Ad ogni cambiata, il più giovane emetteva degli "Oh" cupi di soddisfazione, molto simili a quelli che aveva sospirato mentre faceva sesso con la moglie a bordo della Lambo, e che la ragazza aveva udito benissimo. Sentirlo emettere quei gemiti di piacere mentre guidava le fece ribollire il sangue: in parte perché le ricordava cosa era successo a bordo di quell’auto solo tre giorni prima; ed in parte perché, con la sua spiccatissima fantasia, riusciva perfettamente ad immaginarsi al posto di Imogen, con il meccanico a gemerle nelle orecchie.

Cominciò a dimenarsi sul sedile posteriore, esclamando nella sua mente:

"Se non la smette, giuro che gli stacco la testa dal collo!"

"E’ abbastanza fastidioso, in effetti" concordò la Urraco: "Però è veramente molto piacevole correre per queste curve… erano secoli che non mi facevo una bella sgroppata come questa!"

"Sono contenta che tu sia felice, Angelo. Te lo meriti, amico mio!"

Una volta giunti sul passo, il meccanico esclamò a favore del cellulare del socio:

"E’ stato fantastico!" ed ad Eve ricordò ancora una volta il paragone con una scopata; poi lo spilungone accostò e finalmente scesero a sgranchirsi un po’ le gambe.

Il cielo era un po’ cupo, ma era comunque possibile vedere le magnifiche montagne che li circondavano:

"Che spettacolo straordinario! E’ un posto unico!" disse Mike, inspirando a pieni polmoni l’aria fresca e frizzante.

"Puoi dirlo forte! Siamo in Italia, mica in Gran Bretagna!" esclamò Evelyn di rimando, accostandosi a lui e guardando la strada che si snodava di fronte a lei.

"Cosa vorresti dire?" gli chiese Edd, raggiungendoli sul ciglio del piazzale e guardando la ragazza dall’alto dei suoi due metri abbondanti.

"Semplicemente che il mio paese è migliore del vostro… tutto qui!"

" Ma che screanzata!" esclamò il commerciante, mettendosi a ridere; poi invitò i suoi compagni a bere qualcosa nel rifugio.

Al momento di ripartire, Evelyn chiese di poter guidare per un po’.

"Te la senti? Hai mai guidato un’auto così potente?" le chiese Mike, sinceramente preoccupato, ma la ragazza puntò le mani sui fianchi e rispose, piccata:

"Senti: io sono Italiana! Siamo nel mio paese, sulle mie strade, con un’auto Italiana come me!"

"Scusa, scusa! Non volevo offenderti!" esclamò il commerciante, alzando le mani in segno di resa.

"Ed allora siediti dietro, e goditi il panorama!" concluse lei, mettendosi a sedere al posto di guida.

Percorsero un breve tratto in silenzio: la ragazza guidava tranquilla, godendosi la discesa, canticchiando tra se e se. I due uomini chiacchieravano tra di loro, ed Edd si era leggermente girato all’indietro, per guardare in faccia il suo socio. Ogni tanto, però, Evelyn sentiva il suo sguardo su di se; quei suoi occhi magnetici sembravano inchiodarla al sedile, ma la sensazione non era affatto spiacevole, anzi.

Ad un tratto, però, si fermò, accostandosi in una piazzola sul ciglio della strada. I suoi compagni si preoccuparono, temendo che si sentisse poco bene, ma lei stava sorridendo.

"Vi va di vedere qualcosa di speciale?" chiese loro, con un sorriso malizioso che fece arrossire vistosamente entrambi, a tal punto che Eve si mise a ridere:

"Ma cosa avete capito? Non mi riferivo a nessuna parte del mio corpo, se è quello che temete! Volevo solo mostrarvi una delle mie facoltà che non avete ancora visto."

Mike cominciò subito a saltellare impaziente sul divanetto posteriore:

"Io si, io si!"

"Va bene, va bene! Calmati Mike, o ti verrà una sincope!" "Sei pronto, Angelo?"

"Certo, io sono nato pronto!"

Evelyn sorrise a quelle parole, chiuse gli occhi e strinse le mani sul volante. Dopo pochissimi istanti le sue palpebre si mossero lievemente, in un breve sfarfallio, poi tutto tornò immobile. Trasse un lungo respiro e disse, con voce un po’ più cupa del solito:

"Bene, allora andiamo" e con gli occhi ancora chiusi mise la freccia, ingranò la prima e si rimise in carreggiata.

I due uomini la guardarono increduli per pochi secondi, prima di cominciare a urlare. Evelyn fece una risatina chioccia, ma continuò a guidare tranquillamente, affrontando le curve senza alcuna esitazione, come se ci vedesse benissimo anche con le palpebre serrate.

Edd si aggrappò alla maniglia sopra al finestrino con entrambe le mani, strinse forte gli occhi e si mise a recitare ad alta voce tutte le preghiere che conosceva; Mike rimase interdetto solo per un altro poco, poi quando si rese conto che tutto stava andando per il meglio la sua mente pratica si mise subito in moto e cominciò a chiedere spiegazioni.

"Dimmi un po’, come fai a vedere lo stesso? Non dirmi che…"

"Sto guardando attraverso gli occhi della Lamborghini, si, è proprio così, Mike! Potresti per favore far smettere il tuo socio? Le litanie non sono di grande aiuto per la concentrazione."

"Piantala, Edd!" esclamò subito il commerciante, scrollando l’amico, che finalmente si decise a riaprire lentamente gli occhi: erano ancora sulla strada, non stavano precipitando giù dal dirupo! Tirò un sospiro di sollievo e si obbligò a riportare lo sguardo sulla ragazza, che stava tranquillamente guidando a mosca cieca.

"Quando fai così mi fai veramente paura…" mormorò, senza staccare le mani dalla maniglia.

Lei ridacchiò ancora, poi aggrottò le sopracciglia, esclamando:

"Ehi, tu, la dietro! Non starmi così appiccicato alla coda, mi da molto fastidio!"

Entrambi gli uomini si voltarono a guardare dietro di loro: effettivamente avevano una macchina che li tallonava da molto vicino. Evelyn rallentò ulteriormente, facendosi sorpassare, mentre Edd e Mike si fissavano spaventati.

"Come… come facevi a sapere che avevamo una macchina dietro?" le chiese il meccanico, deglutendo a vuoto e facendo ondeggiare vistosamente il pomo d’Adamo.

"Tramite Angelo! Le auto hanno una vista molto particolare, che consente loro di vedere contemporaneamente davanti, dietro, ed anche quello che succede al loro interno. Io la chiamo "vista tripolare", in mancanza di una definizione migliore. All’inizio non è facile abituarsi: per noi che siamo soliti vedere le cose solo in una direzione è alquanto strano, credetemi! Ma con il tempo ho imparato a destreggiarmi, ed ora riesco anche a guidare senza farmi venire il mal d’auto; anche se devo ammettere che è piuttosto faticoso… credo che, per il momento, la dimostrazione pratica possa bastare."

Le sue palpebre tremolarono ancora una volta impercettibilmente, e subito dopo si aprirono, rivelando i suoi occhi castani lievemente arrossati, come se fossero stati a contatto con del fumo.

"E’ la cosa più incredibile a cui abbia mai assistito" commentò Mike, ad occhi sgranati.

"Wow…" si limitò a mormorare Edd. Ogni volta che la ragazza svelava una nuova capacità rimaneva sempre più colpito, ma da qui ad innamorarsene ce ne correva, rifletté ancora, tornando con il pensiero alle parole della Lambo. Eppure… eppure c’era qualcosa che lo attirava inesorabilmente. C’erano dei momenti in cui avrebbe dato tutto pur di poter essere libero di stringerla tra le braccia e baciarla teneramente.

Lo sguardo gli cadde ancora una volta sulla grossa vera che portava al dito, testimone muta della sua condizione di uomo sposato. Sospirò profondamente, senza accorgersi che anche Evelyn aveva notato quello che stava facendo.

 

 

* * *

 

 

Quasi in vista della meta, Evelyn cedette nuovamente il volante allo spilungone. Mike si era appisolato, perciò la ragazza si mise davanti, al posto che fino a pochi istanti prima era stato occupato da Edd. Il sedile conservava ancora il tepore del corpo dell’uomo, e lei ci si crogiolò, tentando di assorbire quanto più calore possibile, come se, così facendo, potesse incamerare anche un poco dell’essenza del meccanico.

Da qualche ora aveva cominciato a piovere, ed i due guardavano la strada in silenzio, quasi ipnotizzati dallo scorrere ritmico dei tergicristalli. Stavano per aprire la bocca entrambi, per spezzare l’atmosfera seria, quando il rombo di diversi motori giunse nitido alle loro orecchie. Erano appena stati raggiunti dalla carovana di Lambo dirette al centro di Bologna.

"Ehi, Mike! Le abbiamo trovate!" esclamò Edd, svegliando il socio, che si riscosse con un sobbalzo.

"Io direi piuttosto che sono state loro a trovare noi…" commentò ironica la Urraco, facendo sorridere Evelyn, che si affrettò a ripetere a voce alta il pensiero dell’auto.

"Però! A questa macchina non manca il senso dell’umorismo" disse allegro Mike, guardando le altre fuoriserie sfrecciare accanto a loro.

"E meno male che non mi manca, altrimenti sarei già morto di inedia anni fa."

Raggiunsero il capoluogo emiliano che ormai era buio: la piazza, dal selciato lucido di pioggia, era illuminata dalla luce aranciata dei lampioni e dai fari delle decine di Lamborghini in fase di parcheggio. Edd trovò un posto libero proprio al centro dello spiazzo ed i tre scesero.

Aveva finalmente smesso di piovere, perciò poterono muoversi liberamente: i due uomini si misero a passeggiare tra le macchine, scambiando qualche parola con gli altri appassionati e mostrando fieri la loro Urraco, una rarità fra le Lambo, visto che ne erano stati prodotti solo quattrocento esemplari. Evelyn a sua volta si mise a passeggiare, salutando le auto ferme e raccogliendo non poche esclamazioni di stupore: molte delle vetture presenti non avevano mai conosciuto qualcuno in grado di parlare con loro; le persone che riuscivano a farlo erano talmente rare da poterle contare sulla punta delle dita di una mano.

Non passò molto tempo che quelle si misero a parlare tutte assieme, intontendola al punto da costringerla a chiedere pietà:

"Vi prego, cercate di parlare uno alla volta… se continuate così mi farete uscire matta!" rise, facendo voltare molti dei proprietari a guardarla come se fosse pazza.

Quando Edward la raggiunse era quasi ora di cena ed aveva cominciato a darla per dispersa; lei invece era tranquillamente impegnata in conversazione con una vecchia Countach nero lucido, che si chiamava Agata, proveniva da Napoli e amava tantissimo parlare nel suo dialetto, quasi completamente incomprensibile per la ragazza.

"Evelyn! Eccoti finalmente! Credevamo che fossi sparita nel nulla!" esclamò il meccanico quando finalmente la trovò: i due soci si erano divisi, per coprire una superficie maggiore nelle loro ricerche.

"Chi è chistu bello uaglione?"

"Si chiama Edward, ed è un genio dei motori. Sono venuta qui con lui ed il suo socio, che si chiama Mike."

"Ah, Eduardo, comm o’ grande De Filìpp! E’’ propeto nu’ bel giovanòtt! E’’ toje marito?"

Evelyn non riuscì a trattenere un sorriso ed un sospiro:

"Magari… no, purtroppo, anche se mi piacerebbe molto."

"Si na’ bella ragazza, provàc! Magari ci sta!"

"Ci penserò… ora devo andare, Agata, a presto!"

"Arrivederci, tesoro."

"Cosa vi stavate dicendo?" le chiese lo spilungone, mentre chiamava Mike al cellulare per informarlo che aveva trovato la ragazza.

"Oh, niente di importante…" gli rispose lei, sentendosi arrossire.

Edd la guardò inarcando un sopracciglio, sfoderando il suo sorriso enigmatico che Eve aveva imparato ad amare, poi le porse il braccio, che lei afferrò titubante, come se temesse di trovarsi in un sogno e che a stringerlo troppo si sarebbe svegliata.

I tre consumarono una lauta cena, ma quando arrivò l’ora di ritirarsi in camera sorsero i problemi. Al momento della prenotazione c’era stato un disguido, ed adesso si ritrovavano a dover dividere una sola camera matrimoniale. Mike provò a protestare, usando tutta la sua parlantina da commerciante, ma l’albergo era al completo e non avevano altre possibilità: prendere o lasciare! Per non rischiare di rimanere tutti e tre all’addiaccio dovettero giocoforza prendere, ed una volta giunti nella stanza si misero a discutere su chi avrebbe dovuto dormire sulla poltrona.

"Bè, credo che non ci siano dubbi su questo. Lo farò io" si offrì volontaria Evelyn, tastando la seduta con le mani.

"Oh no, non se parla nemmeno! Sarebbe oltremodo maleducato e poco cavalleresco se due uomini permettessero ad una fanciulla di dormire così scomoda!" esclamò Mike, sporgendo il petto il fuori.

"Allora significa che dovrai farlo tu, capo! Non pretenderai mica che mi rannicchi su quella piccolissima poltroncina? Dovrei mettermi le ginocchia in bocca" aggiunse Edd, squadrando il sedile minuto al confronto con la sua enorme stazza.

Il commerciante fissò per un attimo il suo socio, e non poté fare altro che convenire con lui:

"Hai ragione: tu sei… disumanamente alto!" esclamò, guardando però con desiderio il comodo letto.

"A questo punto direi che ci rimane solo una cosa da fare: tirare a sorte!"

La ragazza andò in bagno, prese il set di cortesia dell’albergo che conteneva anche tre cotton fioc e ad uno di quelli tolse l’estremità inferiore, per poi stringerli tutti nel pugno:

"Chi prende quello monco dormirà sulla poltrona! A te l’onore, Edd" disse, stendendo il braccio verso il meccanico, che prese un bastoncino intero.

"E vai! La mia parte di letto non me la leva nessuno!" e, come a sancire la sua vittoria, ci si buttò sopra.

"Ora tocca a te, Mike!"

L’uomo più anziano esitò per un po’, poi si mise a fare la conta. Prima di estrarre il cotton fioc che aveva scelto, alzò gli occhi al cielo e strinse i pugni, in un muto incoraggiamento. Il rituale non funzionò, perché si ritrovò in mano il bastoncino mutilato. Incurvò le spalle, ma accettò il destino con filosofia:

"E sia… dormirò sulla poltrona. Voi due però cercate di non fare troppo rumore, eh?"

Evelyn avvampò involontariamente, ed anche Edward non fu da meno:

"Ma… ma cosa ti metti a dire, Mike?"

Il commerciante, che stava già togliendosi il giubbotto, si voltò a guardarlo stupito:

"Ma cosa hai capito, scusa? Vi ho chiesto di non fare rumore…" si interruppe quando finalmente realizzò il doppio senso della sua frase:

"Perché siete arrossiti tutti e due? Mi state forse nascondendo qualcosa? Edd, sei libero di fare quello che credi, ma io non voglio averci niente a che fare!"

Il meccanico arrossì ancora di più, balbettando parole incomprensibili. Evelyn rimase zitta, ma la strana reazione dello spilungone la fece sorridere internamente: "Vuoi vedere che forse anche lui prova qualcosa per me? Sarebbe troppo bello per essere vero…"

Una volta sistemati per la notte, Mike si addormentò quasi subito accoccolato sulla poltroncina, mettendosi a russare come una vuvuzuela. Eve invece non riusciva a prendere sonno: in buona parte perché consapevole della presenza del meccanico al suo fianco – sentiva il suo calore accanto a lei, percepiva l’aroma muschiato del suo profumo, udiva il suo respiro lento e regolare – ma anche perché non appena avevano spento la luce si era scatenato un violento temporale, e lei aveva sempre avuto paura di lampi e tuoni, fin da bambina.

Rigirandosi per l’ennesima volta nel letto colse un luccichio sul viso di Edd: anche lui aveva gli occhi aperti. Fissò per un attimo il suo profilo nella penombra della stanza. La sua fronte sfuggente, coronata dalla selva di capelli bianchi che gli incorniciava tutto il viso; il naso dritto dalla punta arrotondata; le labbra piene e sensuali; il mento leggermente pronunciato sembravano ancora più belli visti alla tenue luce aranciata proveniente dai lampioni nella piazza. Si fece coraggio e gli rivolse la parola:

"Edd? Neanche tu riesci a dormire?" sussurrò, alzando il busto puntandosi sui gomiti. Lui si voltò leggermente verso di lei, scuotendo la testa.

"No… non sono abituato a sentir russare. E tu invece, come mai non dormi? Anche a te da fastidio il concerto di Mike?"

"No, in realtà io ho paura dei tuoni…" e proprio in quell’istante ne esplose uno, che fece accucciare la ragazza sotto le coperte come un animaletto spaventato.

Quella vista intenerì ancora di più lo spilungone: in alcuni momenti quella ragazza gli pareva proprio una bambina indifesa, bisognosa di protezione, e sull’onda di quel pensiero le sussurrò:

"Vieni qui… non aver paura, ci sono io con te…"

Evelyn sentì il cuore balzargli in gola. Lentamente si avvicinò all’uomo al suo fianco che la strinse dolcemente a se, cingendole le spalle con un braccio e facendole poggiare la testa sulla sua spalla.

Le parve di impazzire: da quella distanza ravvicinata l’odore di Edd si frammise in varie fragranze: quella muschiata del suo dopobarba, quella delicata del suo shampoo, quella intensa e mascolina della sua pelle. Si disse che, se non avesse fatto qualcosa, il cuore le sarebbe scoppiato nell’attesa, perciò con voce tremante mormorò:

"Edd… nell’officina c’è un cartello appeso al muro… che recita: "Quello che succede nel garage rimane nel garage". Credi che quella regola… potrebbe essere applicata anche qui, in questa stanza?"

Il meccanico sorrise nella penombra al pensiero di quella placca metallica che lo ritraeva in versione cartone animato, seduto con i piedi poggiati sul banco da lavoro, intento a guardare la televisione, con in mano una lattina di birra ed una chiave inglese.

"Credo di si… ma, perché me lo chiedi?" le rispose, voltandosi a guardarla.

"Perché sto per fare una cosa… di cui poi sono certa che mi pentirò… ma che non posso proprio evitare al momento… e per cui l’applicazione di quella regola è essenziale…" e senza attendere risposta protese il viso verso quello del meccanico, fino a sfiorargli le labbra in un casto bacio. L’uomo rimase immobile per un attimo, dilaniato tra la voglia di approfondirlo ed il desiderio di allontanarsi di scatto; poi Evelyn si ritirò, rimanendo a fissarlo in silenzio.

Lui strinse le labbra per un attimo, come se volesse raccogliere il sapore di quelle di lei, poi mormorò, incapace di trattenersi:

"Allora avevano ragione…"

Eve fu sorpresa da quella frase: si aspettava di tutto fuorché una cosa del genere!

"Chi aveva ragione, scusa."

"La Traveller, ed anche la Urraco. Entrambe mi hanno detto, nei nostri colloqui, che… che ti sei innamorata di me."

La ragazza si sentì prendere fuoco:

"No, non è possibile… l’avrei sentito."

"L’hanno fatto quando avevi già ritirato le mani. Sai, il contatto non si interrompe subito…"

"Ma… che impiccioni" sussurrò risentita, ma incoraggiata dal fatto che Edd le aveva rivelato tutto si sentì autorizzata a continuare:

"E’ la verità, Edward. All’inizio non ti potevo sopportare, ma già quando mi hai sostenuta, quando sono svenuta quel giorno a Birmingham, ho sentito che mi stavo innamorando di te… ti amo, Edd!" esclamò, e schiacciò di nuovo la bocca su quella del meccanico, questa volta con veemenza, tentando di baciarlo con passione.

A differenza del primo bacio, in quel momento l’irruenza della ragazza fece scattare qualcosa nello spilungone: non appena sentì che Evelyn stava dischiudendo le labbra la afferrò per le spalle e la scostò, dolcemente ma con fermezza.

"No, Evelyn. Io sono felicemente sposato, e sono fedele a mia moglie! Non chiedermi ciò che non posso darti!"

Quelle parole la ferirono nel profondo: aveva sinceramente creduto che anche lui provasse qualcosa per lei, che l’interesse fosse reciproco.

"Perdonami, Edward" e di scatto buttò via le coperte e si alzò, uscendo di corsa dalla stanza, in pigiama ed a piedi scalzi.

"Evelyn, aspetta!" gli urlò lui dietro, facendo svegliare Mike di soprassalto, ma la ragazza non si fermò e si fiondò giù per le scale.

"Che è successo? Cos’è, il terremoto?" chiese il commerciante, ancora mezzo addormentato, alla schiena di Edd.

"Niente, Mike. Torna a dormire!" e come un turbine prese anche lui la porta, sbattendosela alle spalle.

"Ma che… diamine avete combinato?" chiese esasperato l’uomo alla stanza ormai vuota.

Nel frattempo Evelyn aveva raggiunto l’uscita: non appena fuori fu investita dalla pioggia scrosciante, che non aveva ancora smesso di cadere. In un attimo si ritrovò fradicia, mentre i suoi piedi nudi scivolavano sul selciato di pietra della piazza.

"Evelyn!" gridò ancora il meccanico. Voltandosi, lo vide uscire dalla porta dell’albergo, anche lui vestito del solo pigiama leggero e con i piedi ugualmente scalzi. Si intrufolò tra le Lamborghini posteggiate, che cominciarono subito a rumoreggiare per tutto il trambusto. Scivolò e cadde a terra, sbucciandosi i palmi delle mani. Sentiva i passi dell’uomo dietro di se, il suo respiro affannoso che si avvicinava. Si rialzò e riprese a correre, facendo lo slalom tra le vetture, fino a che non si ritrovò contro la Countach con cui aveva parlato quella che le sembrava ormai un’eternità prima, prima di aver rovinato tutto…

"Figlia mia, cosa ci fai qui? Nun vir’ comm piove?"

"Ho mandato tutto all’aria" riuscì a dire soltanto, prima che le grosse mani di Edd la afferrassero per le spalle e la facessero voltare.

Si ritrovò a pochi centimetri dal suo viso: aveva i capelli completamente bagnati, appiccicati al viso; gli occhi sgranati e la bocca socchiusa mentre respirava affannosamente, cercando di riprendere fiato.

"Perché sei scappata via?"

"Perché ho rovinato tutto! Come potrai avere più rispetto per me, dopo quello che ti ho detto? Dopo quello che ho fatto? Lasciami andare via…"

La presa del meccanico si fece ancora più salda:

"Come puoi temere di aver perso il mio rispetto? Mi hai detto che mi ami, non che vuoi uccidermi. Io… ne sono estremamente lusingato ed onorato, credimi; ma… devi capire che… io non posso ricambiare. Lo sai quali sono state le ultime parole che mi ha detto Angelo? Non illuderla, non farle del male! Ed io non voglio farlo, Evelyn. Ed è proprio per questo, che non posso darti niente. Ma, ti prego di credermi: io ti voglio bene, sento il bisogno di proteggerti, come se tu fossi la mia sorellina minore! Non andartene, per favore… non andartene…" concluse, stringendola in un abbraccio.

"Ca’ frase triste ra ricere a na’ uagliona innamoràt…" commento amara la Countach.

La ragazza scoppiò a piangere di dolore e frustrazione: chiedeva amore e riceveva affetto fraterno. Avrebbe potuto sopportarlo?

Al loro ritorno in albergo Mike li assalì:

"Si può sapere che cosa è successo? Cosa hai combinato, spilungone! Guardatevi! Siete fradici come pulcini!" ma né l’uno né l’altra risposero alle sue domande insistenti:

"Va a farti una bella doccia calda" disse Edd a Eve, prendendo nel frattempo un grosso asciugamano dal bagno e cominciando a tamponarsi i capelli. La ragazza sparì nell’altra stanza ed una volta soli, il commerciante tornò alla carica:

"Mi vuoi spiegare una buona volta quello che è successo?"

"Niente che ti riguardi, Mike!" gli rispose lapidario il meccanico, togliendosi il pigiama zuppo di pioggia e cominciando ad asciugarsi anche il resto del corpo. L’uomo più anziano decise che era meglio lasciar perdere: si rimise seduto sulla poltrona, a braccia conserte, e rimase a guardare il suo socio che si rivestiva.

 

* * *

 

Per tutto il viaggio di ritorno la tensione fu palpabile, tanto che anche Mike si dimenò più volte sul sedile, a disagio. Evelyn non spiccicò una parola, o meglio non con loro, poiché riservò alla Urraco un resoconto dettagliato di tutto quello che era successo la notte prima; ed il meccanico ogni tanto alzava lo sguardo su di lei, fissandola dallo specchietto retrovisore e sospirando. Il commerciante desiderò con tutto se stesso che quel viaggio finisse presto, e quando finalmente tornarono all’officina si lasciò andare anche lui ad un sospiro di sollievo.

"Arrivederci, Angelo" mormorò la ragazza nella mente, una volta scesa dall’auto.

"Arrivederci, amica mia. Non essere arrabbiata con te stessa: hai fatto la cosa giusta. Almeno adesso sai come la pensa..."

"Non è una grande consolazione…"

"Bè… allora pensa che i pensieri e le opinioni possono cambiare, col tempo. Ti auguro tutta la fortuna di questo mondo!"

"Anche a te, amico mio. Anche a te."


Spazio autrice:
Buongiorno buongiorno! Ecco a voi il quarto capitolo della storia. Questa è una delle eccezioni di cui vi ho parlato in precedenza, infatti non è propriamente ispirato ad una puntata ma solo alla prova di guida.
Alcune annotazioni:
1) il video a cui faccio riferimento all'inizio del capitolo, quello girato da Mike sui tornanti del Passo Sella, non me lo sono inventato, esiste veramente. Se vi va, potete vederlo qui: https://www.youtube.com/watch?v=W4Bp18wzxEs. Ditemi un po': non pare anche a voi che lo spilungone stia avendo un orgasmo? O sono solo io che penso male? ;-)
2) per scrivere le frasi in dialetto napoletano, che purtroppo non è il mio, ho usato un simpaticissimo traduttore "italiano-napoletano" che ho trovato su internet. Se ci fossero degli errori non esitate a farmelo sapere.
Come sempre vi prego, vi scongiuro, vi supplico in ginocchio! Fatemi sapere cosa ne pensate! Possibile che io sia l'unica in tutta Italia a trovare simpatici quei due? ;-)
Grazie!
Bacioni!
Evelyn

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Ispirato alla puntata n° 8 della decima stagione

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo.





Capitolo cinque

 

Archiviato il capitolo Urraco Mike si mise alacremente al lavoro, alla ricerca di una nuova auto da restaurare e rivendere. Prima ancora di riuscire a vendere la Lambo, un tarlo gli si era ficcato in testa: quando suo padre era giovane – e lui solo un ragazzino – quello aveva comprato una Ford Popular e l’aveva trasformata in una hot rod, chiamandola Pinball Wizard. Il commerciante ricordava con nostalgia quei momenti, e per onorare il suo genitore si era messo in testa di comprarne una anche lui. La sua ricerca fu lunga e quando finalmente ne trovò una andò da Evelyn al cottage per farsi accompagnare.

Negli ultimi giorni la ragazza si era comportata in maniera molto strana: non era mai andata in officina, a volte non rispondeva nemmeno al telefono, tanto che all’inizio aveva temuto che si fosse ammalata. Poi aveva notato che anche Edd era molto strano ed aveva capito che, molto probabilmente, il loro comportamento bizzarro era dovuto a quanto accaduto quella notte a Bologna e quindi decise di lasciar perdere.

Eve rimase in silenzio per buona parte del viaggio: rispose solo a monosillabi alle domande di Mike, che provò varie volte a fare conversazione ma con scarsi risultati. La giovane sembrò riscuotersi solo quando arrivarono dalla Pop.

"Finalmente mostri un briciolo di interesse" commentò l’uomo al suo fianco ma la ragazza non rispose, limitandosi a stringersi nelle spalle.

La Ford in questione era una hot rod rosso fiammante, ma con ben evidenti i segni dell’età e delle riparazioni fai-da-te che aveva subito. Mentre Mike chiedeva informazioni al proprietario, un ragazzo simpatico con gli occhiali, Evelyn si presentò, senza però riuscire a nascondere il suo stato d’animo, che fu subito notato dall’auto.

"Ciao… io mi chiamo Evelyn… posso conoscere il tuo nome?"

"Ciao, Evelyn! Mi chiamo Freddie, come Freddie Mercury!"

La ragazza sorrise appena nel sentir pronunciare il nome di uno dei suoi cantanti preferiti e la vettura si accorse immediatamente che qualcosa non andava:

"Hai una faccia da funerale, tesoro! Cos’è, ti è morto il gatto?"

Lei sospirò prima di rispondere:

"No… anche se forse sarebbe stato meglio, visto che non ho mai avuto gatti… in realtà sto passando un periodo un po’ triste."

"Fammi indovinare: delusione d’amore?"

"Bingo… come hai fatto a capirlo così in fretta?"

"Perché sul fondo della tua mente vedo l’immagine di un uomo dai buffi capelli, mezzi bianchi e mezzi neri."

"Già… non riesco a liberarmene… e, se non me ne vado, credo che non ci riuscirò mai."

"Ed allora perché non lo fai?"

"Perché non riesco a decidermi… sono un’eterna indecisa."

La Popular ridacchiò, prima di aggiungere:

"Il tuo amico panzone vuole comprarmi, non è vero?"

"Si, l’intenzione sarebbe quella; ed io dovrei sondarti alla ricerca dei tuoi difetti."

"Per me non c’è nessun problema. Solo, mi dispiacerebbe di lasciare il mio vecchio proprietario: è un bravo ragazzo!"

Evelyn gli dette una comprensiva pacca sul cofano, ed attese che Mike chiedesse il consenso ad un giro di prova.

Una volta a bordo poggiò le mani sul cruscotto molto spartano, chiuse gli occhi ed entrò nella coscienza dell’auto. Sentì subito che c’era qualcosa di diverso: era come se non fosse un’auto sola, ma parecchie vetture insieme, che sembravano voler parlare tutte in una volta. Fu un’esperienza molto particolare, che prima di allora non aveva mai avuto l’occasione di provare.

"Ma quante coscienze hai?" gli chiese, quando finalmente riemerse dalla sua esplorazione: poiché non era omologata per la guida su strada, non avendo superato la revisione, stavano correndo sulla pista di un vecchio aeroporto in disuso, con Mike aggrappato freneticamente al volante nel tentativo – vano – di farlo stare dritto.

"Molte, non è vero? E’ perché io, ormai, non sono più solo una Ford Pop: sono anche Jaguar, Volkswagen e chi più ne ha più ne metta! Sono una specie di coperta patchwork!"

Il paragone la fece sorridere e l’uomo accanto a lei se ne accorse:

"Finalmente ti vedo sorridere ancora! Temevo che non sarebbe più successo! Cosa ti ha detto?"

"Che è una coperta patchwork."

Anche il commerciante sorrise, ancora aggrappato al volante:

"Bè? Cosa hai scoperto?"

"Il problema più grave è proprio quello che ti impedisce di tenere lo sterzo fermo: l’avantreno è un completo disastro, tutto da rifare. Poi ovviamente c’è la carrozzeria usurata e qualche altro acciacchetto qua e la…"

"Si, avevo immaginato che ci fosse qualcosa di sbagliato nella geometria dello sterzo: mi sembra di guidare un motoscafo… comunque la adoro, e credo proprio che la comprerò!"

"E’ un maschio. Si chiama Freddie. E mi ha detto che gli dispiace di dover lasciare il suo attuale proprietario."

Mike dette due pacche sul cruscotto:

"Non preoccuparti, Freddie! Prima ti rimetteremo a nuovo: ti faremo brillare come una stella! Poi troveremo qualcuno degno di possederti!"

"E sia… in fondo, non è mai troppo tardi per cambiare."

Le trattative si conclusero in fretta e Mike, impaziente di portarsi la Pop in officina, chiamò subito il suo amico Paul Brackley per farla venire a prendere con il carrello.

Era la prima volta che Evelyn lo vedeva e ciò che la colpì di più furono i suoi occhi: azzurri come un cielo settembrino. Per il resto era un uomo di mezza età come tanti altri, alto circa un metro e settantacinque, con corti capelli grigi ed il viso solcato da diverse rughe di espressione. A detta di Mike, era l’uomo più taciturno di tutta l’Inghilterra, ed infatti non pronunciò nemmeno una parola, né durante le fasi di carico della macchina, né durante il viaggio di ritorno, che si svolse quasi nel più completo mutismo.

La ragazza ne approfittò per crogiolarsi nel suo dolore, tanto che ad un certo punto sia il furgone sul quale stavano viaggiando, un Mercedes giallo di nome Drew, che la Ford sul carrello dietro di loro, la rimproverarono:

"Non per farci gli affari tuoi" esordì il furgone, cogliendo la ragazza alla sprovvista e facendola sobbalzare, tanto che i due uomini si voltarono entrambi dalla sua parte: "Ma non ti sembra di farti del male? Non sarebbe meglio se tu smettessi di pensare a Edd?"

"Non ci riesco…"

"Ed allora cerca di conquistarlo, che diamine!" esclamò la Pop

"E come? Mi ha detto di essere "felicemente sposato"" rispose, amara.

"Tze… comincio ad avere qualche annetto alle spalle, ed ormai ho imparato a conoscere gli esseri umani di sesso maschile, visto che ho avuto a che fare con molti di loro. Non c’è n’è uno che non disdegni una scopata facile! Come dice Roger Taylor in Drowse: "…and the easier lays…"" cantò la hot rod, imitando il falsetto del batterista dei Queen.

"Parlate bene, voi, ma io non voglio accontentarmi di una scopata! Io vorrei farlo innamorare di me!"

"Ed allora prova a farlo ingelosire" suggerì Drew.

"Ingelosire?! E con chi, con Mike? Per l’amor divino!"

"No, con Mike no; ma potresti provarci con lui" ed il Mercedes le inviò l’immagine del viso di Paul assorto nella guida, gli occhi cerulei fissi sulla strada.

Evelyn trattenne a stento un brivido, ma decise di provarci:

"Bè, in fondo, tentar non nuoce…" e senza rendersene conto cominciò a fischiettare allegramente la canzone cui aveva fatto riferimento la Popular.

 

* * *

 

Quando Edd doveva procedere con riparazioni più rognose del solito o doveva smontare pezzi di carrozzeria piuttosto voluminosi, era solito rivolgersi a Paul per farsi dare una mano. Era una specie di tuttofare, come Evelyn poté constatare durante le riparazioni della Pop.

La hot rod aveva bisogno di una nuova parte frontale ed Edd fece ricorso al suo aiuto parecchie volte. Per la ragazza fu l’occasione giusta per mettere in atto il suo piano.

Cominciò ad andare in officina solo quando sapeva che l’uomo era presente; e se ignorava quasi completamente lo spilungone, riservava invece all’altro molte piccole attenzioni, interessandosi al suo lavoro e facendogli un sacco di domande.

All’inizio Paul sembrò molto stupito da quello strano interesse, poi cominciò a gongolarne: in fondo, a quale uomo non farebbe piacere ricevere le attenzioni di una ragazza di quindici anni più giovane? Accoglieva l’arrivo della giovane donna con calorosi sorrisi e divenne persino più loquace, fermandosi a volte a parlare con lei al termine del turno di lavoro.

Edd tentava di far finta di nulla, ma la cosa lo infastidiva parecchio: in primo luogo perché non gli piaceva lo strano nuovo atteggiamento di Evelyn, che sembrava volto intenzionalmente a farlo ingelosire; ed in seconda battuta perché la ragazza ci stava riuscendo benissimo! Scoprì di essere geloso marcio del collega, tanto da arrivare al punto di rischiare di spezzarsi la schiena con l’avantreno della Pop piuttosto che chiamarlo per farsi dare una mano.

Quando Eve arrivò in officina, quel giorno, sembrò molto delusa nel non trovare l’uomo sul posto:

"Oggi non è venuto Paul?"

"No… non avevo bisogno…del suo aiuto…" gemette il meccanico in risposta, mentre tentava di alzare un pezzo pesantissimo sopra la testa.

"Come no… lo vedo, sei perfettamente in grado di gestire la riparazione" commentò lei con un tono così acido che lo spilungone vacillò, tanto da farsi scivolare di mano il blocco metallico che si infranse al suolo a pochi centimetri dal suo piede: "Come volevasi dimostrare" aggiunse, indicando il pezzo ormai inutilizzabile.

Edd lo fissò a sua volta, ansimando, per qualche secondo, poi alzò lo sguardo verso di lei:

"Ascolta: non so cosa ti sia preso, ma non mi piace che tu faccia la civetta con Paul!" sbottò, incapace di tenersi dentro quello che provava.

"Senti senti… e da quando ti interessa così tanto quello che faccio?"

"Da quando mi sono reso conto che non sei più la stessa di prima!"

"Ed hai pensato al perché non lo sono più?"

Il meccanico aprì la bocca per ribattere ma non trovò niente di idoneo da dire, così la richiuse.

"Appunto! E’ proprio la reazione che mi aspettavo! Non ho bisogno di una balia, Edward, so badare a me stessa! Quindi fammi la cortesia di non impicciarti nei miei affari!" gridò la ragazza, prima di lasciare l’officina.

Il meccanico rimase per un attimo interdetto, poi afferrò il primo oggetto che gli capitò a portata di mano – una chiave inglese – e lo scagliò con rabbia dall’altra parte del garage, con un grido di frustrazione, prendendosi poi la testa tra le mani. Che cosa gli stava succedendo? Perché era così geloso di quei due?

"Che diamine, lo so il perché! Mi sono innamorato di lei, cazzo!" urlò a pieni polmoni, perdendo il suo solito aplomb tipicamente inglese, ed il vasto spazio dell’officina amplificò la sua voce.

Ma Evelyn era ormai già troppo lontana per sentirlo: era corsa via, in preda alla rabbia. Perché lo aveva trattato così male? Avrebbe dovuto farlo ingelosire, non inimicarselo!

"Sei una stupida, Eve!" si disse, mettendosi le mani nei capelli: "Questi raggiri non ti si addicono! Tu non sei così! Questa non sono io, non più… basta, voglio lasciar perdere tutto! Non mi importa più di farlo innamorare di me, basta solo che non riprenda ad odiarmi come all’inizio…"

"Ti amo Edward!" gridò al cielo, talmente forte da far volare via gli uccellini appollaiati su un albero lì vicino.

 

* * *

 

 

Si decise a tornare all’officina solo il giorno successivo, nella speranza che anche la rabbia di Edd fosse evaporata come la sua. Per sua grande sfortuna, il meccanico non c’era: intento a trafficare con il frontale della Popular c’era solo Paul. Ormai decisa a rinunciare alla sua pantomima – che, tra l’altro, non le era mai piaciuta – rivolse a malapena un saluto all’uomo, chiedendo poi notizie dello spilungone.

"E’ andato da una ditta esperta in verniciature a scegliere il colore per questo vecchio macinino…"

"Vecchio macinino a chi?! Ma come ti permetti, brutto topo di fogna!"

"Ma che cosa te ne importa…? L’importante è che ci sono io, qui…"

Mentre parlava l’uomo le si era avvicinato, ignaro della rimostranza della Pop che per la rabbia mandò ad Evelyn un’immagine del tuttofare con la testa ricoperta dal suo olio esausto.

In altre circostanze la ragazza si sarebbe messa sicuramente a ridere, ma in quel momento non le piaceva affatto lo sguardo di Paul: la stava letteralmente spogliando con gli occhi e per la prima volta ebbe il timore delle conseguenze che la sua recita avrebbe potuto provocare.

L’uomo si era avvicinato ancora, facendola retrocedere finché non si ritrovò con le spalle al muro.

"Non avrai mica paura di me! Sono tre giorni che mi provochi, con tutte le tue domandine e le tue attenzioni… adesso non venirmi a dire che non vuoi qualcosa di più."

"Credo… credo sia meglio che me ne vada, eh? Tornerò più tardi, magari quando c’è Edd" disse la ragazza, con la voce resa acuta dal nervosismo, tentando di defilarsi verso l’uscita, ma Paul l’afferrò per le braccia, schiacciandosi contro di lei, impedendole di fare qualunque mossa.

"Non così in fretta… quel dannato spilungone se n’è andato da poco: abbiamo tutto il tempo che vogliamo."

"Paul, ti prego… non so cosa tu abbia in mente, ma ti scongiuro di smettere!"

"Prima mi stuzzichi e poi vuoi che mi fermi? Oh no, non se ne parla nemmeno!" e con una forza che la ragazza non immaginava avesse, visto che aveva il fisico minuto per essere un uomo, si schiacciò ancora di più contro di lei, togliendole il respiro. Cominciò a sfregarglisi contro, il membro turgido che premeva contro il suo ventre. Tenendole ancora le braccia bloccate, tentò di baciarla. Evelyn dimenò la testa a destra ed a sinistra, nel tentativo di evitare il contatto, ma l’uomo era quanto mai risoluto: tenendola ferma con tutto il peso del suo corpo usò una mano per bloccarle il viso, serrandole le guance in una morsa di ferro e schiacciando le sue labbra su quelle di lei.

La paura e la tensione avevano fatto salire alle stelle il livello di energia psichica della ragazza: riusciva persino a sentirla fluire fuori dalle sue membra; ed anche la Ford se ne accorse, tanto che le gridò nella mente:

"Chiama Edd! Cercherò di convogliare la tua energia verso la sua auto! Se non è troppo lontano, forse riuscirà a sentirti!"

Tentando allo stesso tempo di tenere le labbra serrate per impedire alla lingua di Paul di farsi largo nella sua bocca, Eve lanciò un grido disperato, con tutta la potenza che aveva:

"Edd, ho bisogno di te! Paul sta tentando di violentarmi! Aiutami!"

La Popular raccolse l’energia sprigionata dalla ragazza e, con la forza delle sue molteplici coscienze, la indirizzò verso l’auto di Edd.

"Speriamo che riesca a sentirci!" esclamò, osservando la scena che si svolgeva davanti ai suoi fari senza poter fare altro per aiutare la ragazza.

 

* * *

 

Edward era fermo ad un semaforo, con le mani strette sul volante della sua Range Rover, quando la voce disperata di Evelyn gli esplose nel cervello:

"Edd, ho bisogno di te! Paul sta tentando di violentarmi! Aiutami!"

Sobbalzò sul sedile, guardandosi intorno: dov’era la ragazza? Ma non c’era nessuno nelle vicinanze… doveva esserselo immaginato, rifletté: in fondo, per tutta la notte non aveva fatto altro che pensare a lei. Persino mentre faceva l’amore con sua moglie aveva avuto in testa Eve!

Quando scattò il verde il meccanico ripartì, ma non fece in tempo a fare pochi metri che un’altra voce gli risuonò in testa, una voce maschile dallo spiccato accento britannico meridionale:

"Sbrigati, idiota! Evelyn ha bisogno del tuo aiuto!"

Senza pensarci su fece inversione a U, tirando addirittura il freno a mano per derapare meglio, beccandosi una selva di clacson e di insulti da parte degli altri automobilisti in transito. Pigiò il pedale a tavoletta e corse più veloce che poté verso l’officina.

 

 

* * *

 

 

Evelyn aveva cercato inutilmente di spingere via Paul: l’uomo le aveva insinuato le mani ovunque, spingendola ad aprire la bocca in un gemito di dolore quando le aveva stretto un capezzolo tra le dita, torcendoglielo come se fosse stato un bullone da svitare. La sua lingua l’aveva soffocata, lasciandole in bocca un fastidiosissimo gusto amaro di nicotina. Aveva continuato a sfregarsi contro di lei, costringendola a prendergli in mano il pene, che aveva tirato fuori dai pantaloni. La ragazza aveva tentato di schiacciargli i testicoli, nella speranza di provocargli dolore al punto da farlo allontanare, ma lui l’aveva prevenuta, bloccandole la mano sul fallo, che ora pulsava gonfio e turgido tra le sue dita.

Scoppiò a piangere per la rabbia, la frustrazione e la paura: non si era mai sentita così indifesa, così vulnerabile in tutta la sua vita!

Le dita di Paul si misero ad armeggiare con la lampo dei suoi jeans. Avrebbe potuto forse sopportare tutto, ma non quell’ultimo affronto. Tentò di dimenarsi con rinnovata energia, incoraggiata anche dalla Pop che continuava ad incitarla a reagire, ma l’uomo la ridusse all’impotenza, dandole un pugno nello stomaco che la fece rimanere senza fiato. Scivolò a terra, ormai rassegnata a soccombere, quando qualcuno spuntò alle spalle del suo aguzzino: un angelo dai capelli pepe e sale, con sfolgoranti occhi castani, alto due metri e dalle mani grandi come badili. Quelle mani afferrarono Paul per le spalle e lo strapparono letteralmente via dal suo corpo, scaraventandolo parecchi metri più in la.

Confuso e stordito, il tuttofare fece a malapena in tempo ad alzare lo sguardo per capire cosa stava succedendo che un pugno lo colpì in pieno viso. Evelyn riuscì a sentire distintamente lo scricchiolio del setto nasale che si fracassava sotto le nocche dello spilungone. Poi il malcapitato fu afferrato per la collottola e per la cintura dei pantaloni e scaraventato fuori dall’officina come un sacco di immondizia.

"Non farti mai più vedere qui dentro!" gli sibilò Edd, prima di sbattere la porta del garage, chiudendolo fuori.

Si voltò a guardare Evelyn: la ragazza era rannicchiata a terra, con il viso bagnato di lacrime e muco, la maglietta mezzo strappata ed i jeans sbottonati. Respirava affannosamente, guardandolo come se fosse stato un eroe dei fumetti. Senza perdere altro tempo corse da lei e gli si inginocchiò accanto, stringendola dolcemente tra le braccia.

"Oh, Edd! Mi dispiace! E’ stata tutta colpa mia! Non avrei mai dovuto fare la stupida con Paul! Io volevo solo farti ingelosire… non credevo che sarebbe andata a finire così!"

"Sshhh… l’importante è che sono arrivato in tempo" le sussurrò il meccanico, carezzandole i capelli e posandovi sopra un lieve bacio: "Per fortuna sono riuscito a sentirti."

"Allora mi hai sentito davvero?"

"Si. La tua voce mi è letteralmente esplosa nelle orecchie, e subito dopo ne ho sentita un’altra, che mi ha intimato di sbrigarmi."

"Sono stato io! Ho pensato di rincarare la dose."

Lo spilungone si voltò di scatto verso la Ford sul ponte sollevatore, guardandola con gli occhi sgranati dallo stupore:

"Io… io riesco a sentirti! Come… com’è possibile?"

"L’energia psichica di Evelyn è schizzata alle stelle a causa della tensione e dello stress. Questa stanza ne è letteralmente inondata! E’ per questo che ci hai sentito a distanza, ed è per lo stesso motivo che riesci ad udirmi anche adesso! Ma non temere, non durerà ancora per molto… ora che si sta rilassando i livelli di essenza stanno tornando alla normalità: tra poco l’effetto di questo picco di emozioni svanirà e non sarai più costretto a sentire i nostri pensieri."

"Bè, un po’ mi dispiace" commentò Edd, tornando a rivolgere la sua attenzione sulla ragazza che teneva ancora stretta tra le braccia, e che tremava come un uccellino: "Veramente volevi farmi ingelosire?" le chiese dolcemente.

Prima di rispondere lei tirò su con il naso:

"Si… Edd, io ti amo, te l’ho già detto a Bologna, e nonostante tu mi abbia risposto che non ti interesso non riesco a fare a meno di pensarti. Sono stati Freddie e Drew, il furgone di Paul, a convincermi a tentare questa strada" la Pop fischiettò fingendo indifferenza: "Non credevo che sarebbe andata a finire così male…"

Con grande stupore di Evelyn, il meccanico le prese il mento tra pollice ed indice, facendole alzare il viso verso di lui:

"Evelyn… ho commesso tanti errori nella mia vita, ma il più grave è stato quello di negare persino a me stesso i miei veri sentimenti nei tuoi confronti. Mi sono innamorato di te sin dal primo momento, da quando mi sei svenuta tra le braccia, è solo che non volevo ammetterlo… se lo avessi fatto prima, ora tutto questo non sarebbe successo" e siglò le sue parole posando le labbra su quelle di lei.

La ragazza rimase per un attimo rigida tra le sue braccia, poi si sciolse lentamente, lasciandosi andare e socchiudendo lievemente la bocca. Questa volta il meccanico non la respinse, ma rispose dolcemente all’invito, lasciando che le loro lingue si incontrassero a metà strada ed ingaggiassero una sinuosa danza.

Il sapore di Edward era dolce ed aromatico, un misto di zucchero e cannella, che la inebriò. Gli passò le mani dietro la nuca, lasciando scivolare le dita tra i suoi morbidi capelli. Sarebbe rimasta così per sempre se Edd non avesse spezzato l’idillio allontanandosi.

"Non ti ho nemmeno chiesto come stai. Quel bastardo ti ha fatto del male?"

Lei scosse la testa:

"Non eccessivamente. Mi ha dato un pugno nello stomaco, e mi ha strizzato un seno, ma niente di troppo terribile, per fortuna."

L’uomo tornò a serrarla dolcemente tra le sue braccia, baciandola sulla fronte:

"Ti accompagno al cottage, così potrai cambiarti e farti una doccia, se vuoi. E… mi farebbe molto piacere se poi volessi accompagnarmi a scegliere il nuovo colore per la Pop."

"Molto volentieri… grazie."

La aiutò a rialzarsi e la accompagnò a casa, rimanendo ad aspettarla seduto sul divanetto nel piccolo salottino.

Una volta pronta i due uscirono di nuovo, diretti verso la ditta specializzata in verniciature speciali per auto custom. Furono condotti in una stanza piena di campioni di vernici, alcune quasi normali, ma altre talmente stravaganti da apparire quasi futuristiche. Il meccanico andò in brodo di giuggiole: lui adorava le stranezze! Cominciò a confrontare vari colori, chiedendo anche il parere della ragazza, che si divertì molto in sua compagnia, riuscendo perfino per un attimo a dimenticare la brutta avventura che aveva da poco subìto.

Alla fine, arrivarono davanti al campionario di colori che il meccanico ritenne adatto:

"Ecco! Questo è proprio quello che avevo in mente!" esclamò, togliendosi di tasca un foglio piegato in quattro ed aprendolo: era una fotografia della Pinball Wizard, la Ford Pop del padre di Mike. Quell’auto era di uno sgargiante giallo canarino, con i profili esaltati da una tonalità più scura.

"Vorresti farla uguale?"

"Mi piaceva l’idea dei profili, ma non in giallo. Magari un colore un po’ più aggressivo! Che ne dici di questo viola con scaglie metallizzate? Non è una forza?"

Eve non condivideva l’entusiasmo dello spilungone: non le erano mai piaciute le verniciature troppo eccentriche, ma considerando il carattere di Freddie approvò comunque la sua scelta.

 

* * *

 

 

La Ford rimase in verniciatura per una settimana, durante la quale le furono date ben sette strati di vernice, più tre di lucido. Evelyn ed Edward andarono spesso a vedere come stava proseguendo il lavoro, ed ogni volta il meccanico si mostrava con la ragazza dolcissimo ed amorevole, ma senza spingersi mai più in la di qualche tenero e casto bacio. Eve cominciò a temere che la sua dichiarazione fosse stata dettata solo dalla tensione del momento in cui era stata fatta, e che in realtà i sentimenti dello spilungone non fossero così intensi come aveva creduto all’inizio. Senza contare il fatto che lui viveva ancora con sua moglie.

"Devi accontentarti Eve…" si ripeteva spesso; ma in fondo al cuore sentiva che quelle piccole attenzioni non le bastavano: avrebbe voluto molto di più. Avrebbe desiderato essere stretta tra le sue lunghe braccia, schiacciarsi contro il suo corpo, sfregare la sua pelle nuda contro quella di lui, vivere appieno l’estasi suprema che è propria dell’idillio dell’amore. Ma il meccanico continuava a non spingersi più in la di qualche bacetto e lei cominciava a diventare di nuovo inquieta, anche se cercava di non darlo a vedere.

Quando finalmente la Pop tornò in officina, di uno sfolgorante color prugna metallizzato con finiture in oro, e Mike la vide per la prima volta, l’uomo non riuscì a trattenere le lacrime: abbracciò il suo amico e socio e scoppiò in un pianto dirotto, senza ritegno alcuno.

"Cosa c’è che non va? Sono così brutto?" esclamò la povera Ford, smarrita e sconcertata dalla reazione del commerciante.

"No, Freddie, sei splendido! E’ solo che gli ricordi la vecchia hot rod di suo padre, tutto qui!"

"Ah, meno male! Credevo di essere orrendo!"

Non appena Mike riuscì a riprendere il suo contegno i tre partirono per la prova di guida. Edd aveva organizzato una gita al mare, a sud di Londra, dove aveva dato appuntamento – all’insaputa del socio – al padre del commerciante.

Evelyn si godé il viaggio spaparanzata sui sedili posteriori: mentre i due uomini davanti parlavano tra di loro delle migliorie apportate alla vettura, lei e Freddie cantarono a squarciagola – anzi, a "squarcia-mente" – molte canzoni dei Queen, di cui anche la Pop era fan.

"We are the champions, my friends…" intonarono entrambe, scegliendo la canzone simbolo del loro gruppo preferito, "We are the champions", appunto; e Freddie riusciva ad imitare alla perfezione il tono di voce del mitico cantante, tanto che alla ragazza ad un certo punto venne il dubbio che parte del suo spirito, alla sua morte, avesse deciso di installarsi proprio in quella Pop.

Una volta giunti a destinazione la ragazza decise di lasciare i tre uomini da soli: Mike abbracciò il padre, un simpatico signore arzillo, che non dimostrava affatto i suoi settant’anni suonati, e gli chiese subito la sua approvazione. Quello si disse molto soddisfatto del lavoro, ma Eve non sentì altro: si isolò in conversazione con la macchina, salutandola in vista della sua futura partenza verso una nuova casa.

"Mio caro Freddie, è stato un onore ed un piacere conoscerti!"

"Anche per me, tesoro! Scusami se ti ho suggerito quella stupida idea della gelosia: neanche io immaginavo potesse creare tanto scompiglio! Per colpa mia, per poco non ti sei fatta violentare!"

La ragazza fece un sorriso sghembo:

"Per fortuna è andato tutto per il meglio. Lo spilungone ci ha sentito!"

"A proposito dello spilungone… cerca di non avere troppa fretta, con lui: quel giorno, grazie a tutta quell’energia nell’aria, sono riuscito a sentire distintamente i suoi pensieri e le sue emozioni. Ti ama veramente, è solo che ha paura di andare troppo in fretta. Non vuole accelerare troppo i tempi, per timore di perderti. Ma, vedrai… prima o poi si deciderà a fare un passo avanti! Buona fortuna, amica mia!"

"Buona fortuna anche a te, Freddie!" e sorprendendo gli altri tre, specialmente Roger Brewer, che non sapeva chi fosse quella ragazza, Evelyn abbracciò la vettura dandole un sonoro bacio sul tetto.


Spazio autrice:
Buongiorno a tutti! La storia continua, e spero di non avere esagerato, questa volta... Questo è stato un capitolo che mi ha preso molto, durante la scrittura, e spero sinceramente che possa piacervi! Vi va di lasciarmi un parere? Please...
Bacioni!
Evelyn

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


Capitolo ispirato alla puntata n° 2 della decima stagione

Spazio autrice: Buongiorno buongiorno! Come va? ;-) Questa volta scrivo all'inizio perché voglio darvi un consiglio: quando arriverete a leggere il momento clou di questo capitolo (se avrete la costanza di leggere fino a quel punto capirete cosa intendo :-) ) vi consiglio di leggerlo ascoltando "Love Runs Out" degli OneRepublic. Io l'ho scritto proprio ascoltando quella canzone, che mi ha ispirato parecchio. Ovviamente il mio è solo un consiglio, siete liberi/e di fare come volete ;-)
Buona lettura!

Evelyn

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo.





Capitolo sei

 

 

La vendita della Ford Popular non fu difficile, e presto Mike tornò alla carica con una nuova auto da acquistare: questa volta si era intestardito su una Ford Escort MK1; una vettura diventata piuttosto rara, tanto che ne aveva trovata solo una che rispondeva alle sue esigenze. Anche questa volta lui ed Evelyn affrontarono un lungo viaggio soltanto per andare a vederla.

Si trattava di una vecchia macchina color marrone metallizzato, che in quel momento apparteneva ad un neo-patentato, un ragazzetto che l’aveva strapazzata parecchio. Non appena capì che quella strana coppia era forse intenzionata a comprarla, esclamò con timbro maschile e voce nasale:

"Portatemi via, per l’amor del cielo! Portatemi via!"

Evelyn le si avvicinò e le poso una mano sul cofano:

"Stai tranquillo amico mio, siamo qui apposta per questo!"

La macchina, che non si aspettava una risposta, lanciò un grido di spavento, prima di rendersi conto che la ragazza che aveva davanti riusciva a sentirla:

"Ehi! Ma tu capisci quello che dico?"

"Si, mio caro, perfettamente!"

"Ma questo è un miracolo! Allora esisti veramente! Tu sei quella che chiamano "La ragazza che sussurra alle auto"! Ho sentito tanto parlare di te! Che onore conoscerti! Portami via, per carità, non sopporto più di essere sballottato a destra e a sinistra da questo pivello che ha un terzo dei miei anni! Ormai sono troppo vecchio per queste cose!"

"Ti ringrazio. Stai tranquillo, ti compreremo. Ma non ci siamo ancora presentati: io mi chiamo Evelyn, molto piacere!"

"Ernest, piacere mio!"

Durante lo scambio di battute Mike aveva già chiesto informazioni al giovanissimo proprietario, così furono liberi di partire per un giro di prova.

"Prima di iniziare la mia verifica, devo dirti che questa macchina, Ernest per la cronaca, mi ha chiesto vivamente di portarlo via. E’ stufo di avere a che fare con un pilota a suo giudizio un po’ troppo giovane."

Mike sorrise di gusto, come sempre quando ascoltava Evelyn parlare delle auto come se fossero state persone, e carezzando il volante tranquillizzò la Escort:

"Mio caro amico, puoi stare tranquillo! Ti porteremo via con noi!"

Mentre il commerciante spingeva a tavoletta sull’acceleratore lungo stradine di campagna piene di curve, Evelyn si concentrò ed iniziò la sua esplorazione. Nonostante l’età quella vettura non aveva grossi problemi strutturali – a parte diversi bozzi qua e la – o meccanici: il difetto più grosso erano i freni anteriori, a tamburo, ormai troppo obsoleti.

"Niente che Edd non possa risolvere!" dichiarò Mike dopo che la ragazza gli ebbe riportato il risultato del suo sondaggio. Deciso a comprare la Escort, l’uomo tornò indietro e, dopo una veloce trattativa, furono firmati i documenti.

 

* * *

 

Qualche giorno dopo, Mike arrivò in officina al volante della Ford. Strombazzò allegramente per annunciare il suo arrivo ed il meccanico e la ragazza uscirono ad accoglierlo.

Edd non fu proprio entusiasta dell’ultimo acquisto del socio:

"La carrozzeria è un disastro… dovrò sostituire i parafanghi! Ma almeno avremo anche l’occasione per sbarazzarci di questo orrendo color popò metallizzato!"

"Cosa?! Popò metallizzato?! Ma come ti permetti?! Io sono color bronzo anticato, stupido testa di biella che non sei altro!"

L’imprecazione della Escort fece esplodere Evelyn in una sonora risata, che la costrinse ad appoggiarsi al portone del garage per non finire col sedere per terra. Entrambi gli uomini si voltarono a guardarla, con sguardo curiosamente interrogativo:

"Che cosa ti ha detto, di così divertente?" chiese Mike, con un sorrisetto sulle labbra. La ragazza rispose indicando Edd e balbettando tra una risata e l’altra:

"Ti ha dato… della testa di biella…"

Anche il commerciante scoppiò a ridere, mentre lo spilungone, per niente contento dell’appellativo, si puntò i pugni sui fianchi con sguardo serio:

"E per quale motivo, scusa?"

"Per come… hai definito… il suo colore…", con un ultimo sospiro, Evelyn riuscì finalmente a smettere di sbellicarsi:

"Il suo è color bronzo anticato metallizzato, non popò."

Anche Mike riuscì finalmente a calmarsi:

"Sai, Edd, sono anch’io d’accordo con lui: più lo guardo e più mi piace! Io non lo cambierei, il colore."

"Meno male! Qualcuno con un briciolo di intelligenza" ed il commento fece sghignazzare di nuovo Eve.

"Cos’è, una congiura contro di me? Bè, ci penserò… ora portiamolo dentro."

Il meccanico si mise subito a lavorare di buona lena. Sostituì i dischi del freno e le sospensioni anteriori ed eseguì tutte le altre riparazioni necessarie a livello meccanico. Una volta finite tali operazioni, però, si ripresentò di nuovo il problema della carrozzeria e, di conseguenza, quello della verniciatura.

"Ne sono convinto!" ripeteva lo spilungone: "Questo colore va assolutamente cambiato! Non sarà popò…" e lanciò un’occhiata di traverso all’auto sul ponte sollevatore, che sembrò fissarlo con fari minacciosi: "Ma comunque non è commerciabile!"

"E quale colore avresti in mente?" chiese Mike, sorseggiando una tazza di tè.

"Io vorrei farlo giallo."

Per poco l’uomo più anziano non si strozzò con la bevanda:

"Cosa? Giallo? Assolutamente no! Io rimango dell’idea di lasciarlo color bronzo! Tu cosa ne pensi, Eve?"

"Che dovremmo chiedere il suo parere."

Tutti e tre si voltarono verso la Escort la cui risposta giunse solo alle orecchie di Evelyn, la quale si affrettò ad esporla agli altri due:

"Perché non ti tingi i capelli, di giallo, stupido spaventapasseri brizzolato?"

Il meccanico si rabbuiò: i suoi capelli erano il suo unico vanto! Mike scoppiò invece a ridere:

"Visto, siamo in tre contro uno! Questa macchina deve rimanere color bronzo!" e dopo aver finito il suo tè il commerciante se ne andò, lasciandoli soli.

"Mi dispiace, ma non ho nessuna intenzione di lasciarlo di questo colore."

"Se mi tingi di giallo, giuro che…"

"Non farlo, Edward… per favore…"

"Non dirmi che ti piace veramente questo orrendo color vomito!"

"Prima popò! Ora vomito! Ma per che cosa mi hai preso, per una fogna a cielo aperto?!"

"Non deve piacere a me, ma a lui."

"Oh, si abituerà."

"Ricordati che ti stai facendo un altro nemico; come Antoine, la Due Cavalli."

Il meccanico si strinse nelle spalle e cominciò a smontare le cromature:

"Poi non venirmi a dire che non ti avevo avvertito" ed accompagnata dalla marea di insulti che la Escort stava lanciando all’indirizzo dello spilungone, Evelyn lasciò l’officina.

 

* * *

 

La ragazza si recò una volta sola in carrozzeria, accompagnando Edd che voleva controllare il lavoro. Non appena entrò nel capannone le giunsero alle orecchie le imprecazioni che l’automobile stava rivolgendo al carrozziere e che, per sua fortuna, lui non era in grado di sentire. Non appena la Ford si rese conto della sua presenza, prese ad inveire anche contro il meccanico:

"Brutto pezzo di scoria! Avanzo di serbatoio! Hai anche il coraggio di farti vedere qui? Ringrazia il tuo Dio che non ho le mani, altrimenti ti avrei già conciato per le feste!"

Evelyn si guardò bene dal riportare tutti quegli insulti: appoggiò le mani contro il portellone della cabina di verniciatura e cercò di calmare la macchina.

"Ernest… mi dispiace da impazzire! Ho cercato di fargli cambiare idea, ma non ci sono riuscita!"

"Non preoccuparti, Evelyn, non ce l’ho con te. Ma puoi star certa che mi vendicherò! Quello stupido testa di biella avrà quello che si merita!" e poi riprese ad inveire come un pazzo all’indirizzo dell’uomo che lo stava verniciando.

"Ti vedo turbata, Eve. Come mai?" le chiese Edd una volta di nuovo sul fuoristrada del meccanico.

"Tu non l’hai sentito, ma io si. Non è affatto contento del suo nuovo colore."

"Oh, andiamo, ancora con questa storia?"

"Edd, le macchine hanno una memoria di ferro! Non gli passerà tanto facilmente, questo te lo posso assicurare."

Lui si strinse di nuovo nelle spalle, e la ragazza sospirò, non solo per il fatto della verniciatura, che era si importante, ma fino ad un certo punto. Stava anche pensando che, negli ultimi giorni, il meccanico non le aveva rivolto nemmeno un gesto d’affetto: né un bacio, né un abbraccio… niente di niente. Sempre più convinta che la sua dichiarazione era stato il gesto spontaneo in un momento di tensione, e quindi non veritiera, appoggiò la testa contro il finestrino, cercando di trattenere le lacrime che cominciavano a pizzicarle agli angoli degli occhi.

 

* * *

 

Due giorni dopo la Escort fece ritorno al garage. Eve riuscì a sentirla già a distanza, per via degli improperi che lanciava al vento. Una volta dentro, la ragazza le si inginocchiò accanto e le poggiò la fronte contro il parafango. Solo allora la vettura parve calmarsi.

"Forse un giorno mi abituerò davvero a questo stupido colore, come ha detto lui, ma per adesso sono ancora oltremodo infuriato ed ho tutta l’intenzione di vendicarmi! E tu mi aiuterai!"

Eve alzò la testa di scatto:

"Io? Cosa vuoi che faccia?"

"Svitami il tappo della coppa dell’olio, fino a lasciare solo l’ultimo giro di filettatura. Al resto penserò io…"

La ragazza si guardò intorno: Edd era andato a preparare il tè. Scivolò furtiva sotto l’auto e svitò il piccolo coperchietto che la Escort le indicò. Tornò fuori appena in tempo: il meccanico stava tornando con due tazze fumanti in mano. Gliene porse una, poi si mise seduto accanto a lei a sorseggiare la sua. Rimase immobile per un attimo poi, quasi timidamente, allungò un braccio verso di lei e la fece appoggiare al suo petto. Evelyn vi si rannicchiò contro, e si perse ad ascoltare il battito forte e regolare del suo cuore. Finalmente un po’ di tenerezza, si disse, sentendosi quasi in colpa per aver assecondato la Ford nel suo desiderio di vendetta.

Bevvero in silenzio poi, dopo averla baciata sulla fronte, il meccanico si rialzò per poi sollevare l’auto.

"Prima di rimontare le cromature voglio cambiare l’olio ed i filtri. Mi sono appena ricordato di non averlo ancora fatto."

Passò sotto l’auto per andare a prendere il contenitore per raccogliere l’olio esausto, ma quando fu proprio sotto la coppa qualcosa gli cadde in testa.

"Ma che diamine…" mormorò, alzando il viso per capire da cosa fosse stato colpito. In quell’istante si udì un rumore stranissimo, un misto tra un rutto ed il gorgoglio dello scarico del lavandino, ed un fiotto di olio nero e morchioso gli si rovesciò direttamente in faccia. Saltò all’indietro per lo stupore e l’incredulità e nel farlo andò a sbattere con la testa contro il fondo dell’auto, lasciandosi sfuggire un gemito di dolore. Il contenuto del serbatoio finì di svuotarglisi sulla testa, colandogli giù tra i capelli e lungo il collo.

"Ti piace la tua nuova tinta di capelli, spilungone? Così impari a farmi pitturare di giallo come un canarino!"

Suo malgrado, Evelyn non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. Il meccanico cercò di ripulirsi il viso con le mani alla bell’e meglio, per poi alzare lo sguardo su di lei:

"E’ stata opera tua, non è vero?"

"Solo in parte… io ho solo svitato quasi del tutto il tappo. Al resto ha pensato Ernest. Te l’avevo detto che ti stavi facendo un nuovo nemico."

Lo spilungone rimase fermo per un attimo, come se stesse riflettendo intensamente. Poi si mosse a grandi passi verso di lei:

"Non posso prendermela con l’auto, ma con te si!" e stendendo le lunghe braccia abbrancò la ragazza, che non fu abbastanza rapida nel ritrarsi. Con le mani coperte d’olio prese a sfregarle la faccia, strofinandole contro i capelli intrisi d’unto. Lei non riusciva a smettere di ridere, mentre tentava di implorarlo di smettere. Senza rendersene conto, ben presto si ritrovarono avvinghiati ed ansimanti, con le labbra a pochi millimetri di distanza le une dalle altre.

"Andiamo a farci una doccia…?" propose il meccanico, con il tono di voce più basso del solito, ed Evelyn poté solo annuire col capo.

 

* * *

 

L’acqua calda scorreva in rivoli sulla loro pelle, rendendola traslucida. Edd l’aveva abbracciata e l’aveva sollevata portandola alla sua altezza, prendendo a baciarla non appena si erano liberati dell’olio. Evelyn gli aveva stretto le gambe intorno alla vita, per aiutarlo a sostenere il suo peso, e gli aveva passato le braccia intorno al collo, rispondendo con foga ai suoi baci, lasciando che le loro lingue si scontrassero in una specie di lotta per il predominio. Ben presto aveva cominciato a sfregare l’inguine contro di lui, incapace di trattenersi, non più in grado di controllarsi. L’uomo aveva interpretato quel gesto come un invito a continuare, a farsi più audace. L’aveva appoggiata con la schiena contro la parete della doccia e con un unico movimento fluido, dettato dalla passione che lo travolgeva, l’aveva penetrata, facendola gemere di piacere. Era rimasto fermo per qualche secondo, per permettere alla sua vagina – così deliziosamente stretta – di adattarsi a lui, poi aveva preso a muoversi dentro di lei, mantenendo un ritmo lento, dolce, guardandola negli occhi mentre lo faceva.

Lei si era morsa il labbro, schiacciandosi contro di lui, spingendolo ad accelerare i movimenti, aggrappandosi al suo collo come se fosse stato la sua unica ancora di salvezza, la sua unica boa in mezzo ad un mare di piacere sconfinato. Gli aveva affondato le unghie nella schiena, facendolo mugolare di dolore e passione al tempo stesso.

Edd aveva chiuso gli occhi, travolto dalla sua stessa irruenza: non aveva mai provato niente del genere prima d’ora, con sua moglie era sempre stato diverso, quasi freddo… Evelyn lo aveva incendiato, ed ora, semplicemente, non poteva più fermarsi. Accelerò ancora di più, lasciandosi sfuggire dalle labbra gli stessi gemiti cupi che Evelyn aveva già sentito. La ragazza si costrinse a guardarlo mentre godeva: gli occhi serrati, le labbra dischiuse in una specie di "O" di piacere, i capelli bagnati appiccicati al viso… bastò quella visione a farle raggiungere l’apice: con un sussultò strinse ancora di più le gambe attorno alla vita del meccanico ed esalò il suo nome in un unico sospiro mentre l’orgasmo la travolgeva, lasciandola senza fiato. Le contrazioni della vagina sul suo pene, aggiunto al suono del suo nome pronunciato dalla ragazza, spinsero anche Edd oltre il punto di non ritorno: con un ultimo affondo venne dentro di lei, alzando lo sguardo al soffitto e mormorando il suo nome in un singulto strozzato.

Rimasero fermi, abbracciati sotto il getto d’acqua che continuava a scorrere su di loro, per riprendere fiato. Il meccanico appoggiò la fronte contro quella della ragazza e cercò le sue labbra, baciandola con tenerezza e passione allo stesso tempo. Lei gli poggiò poi la testa sulla spalla, mormorandogli all’orecchio:

"Avevo paura che non fosse vero che mi amavi… che me lo avessi detto solo per via della situazione…"

"Io ti amo davvero Eve. E’ solo che avevo paura di correre troppo… in fondo, solo pochi giorni fa quel bastardo ha tentato di violentarti. Non volevo che tu pensassi che fossi come lui."

"Non dirlo neanche per scherzo, Edd. Tu sei diverso, lo so."

Rimasero in silenzio ancora per un attimo, ma incapaci di separarsi. Solo quando il suo membro, ormai rilassato, scivolò fuori da lei, l’uomo la posò a terra. La ragazza si strinse contro di lui in un tenero abbraccio, a cui egli rispose con dolcezza, per poi chiudere l’acqua ed avvolgere entrambi in un enorme asciugamano.

Stavano asciugandosi i capelli a vicenda quando lui la sorprese con una richiesta:

"Pensi che potrei venire a stare da te, al cottage?"

"Certamente!" rispose lei, all’apice della felicità, per poi ricordarsi all’improvviso di Imogen:

"Come credi che la prenderà, tua moglie?"

Lui sospirò: "Non troppo bene, credo: lei mi considera come una specie di sua proprietà. Ma non mi interessa: voglio chiudere quel capitolo della mia vita ed aprirne un altro, con te."

"Non è strano?" riprese lei, dopo un altro minuto di silenzio.

"Cosa?"

"Quando ci siamo conosciuti il nostro è stato odio a prima vista" ridacchiò: "Ed ora invece, a distanza di poco più di un mese, eccoci qui, a voler cominciare una vita insieme."

Anche lui sorrise, per poi stringerla di nuovo a se e baciarla ancora una volta:

"Non dice il detto: "Chi disprezza compera?" A quanto pare è vero."

"Già… ed ho fatto un bell’acquisto."

"Ottimo, direi…" mormorò lo spilungone in risposta, dandole l’ennesimo bacio.

 

* * *

 

Una volta pronta la Escort, Edd chiamò Mike all’officina per fargli vedere il lavoro finito. Il meccanico fece entrare il suo socio nel garage tenendogli la mano sugli occhi, per fargli una sorpresa. L’uomo aveva un sorriso carico di aspettativa sul viso mentre arrancava al buio al fianco dello spilungone.

"Non vedo l’ora di vederla!" esclamò, quasi saltellando sul posto: "Sarò contento, oppure deluso?"

"Non voglio sentirmi responsabile delle tue emozioni. Devo solo aprire gli occhi e goderti lo spettacolo" e con quelle parole Edd tolse la mano.

Mike tenne le palpebre serrate ancora per qualche istante, poi le spalancò di scatto. Il sorriso si trasformò in una smorfia di disgusto; incassò la testa nelle spalle ed alzò le braccia al cielo:

"Io ti avevo chiesto di lasciarla color bronzo… e tu l’hai fatta verniciare di giallo?! Dovrei farti a strisce per questo!"

"Ah, un’eccellente notizia, grazie! Ma non ce n’è bisogno, ci ha già pensato lui" rispose il meccanico indicando la Ford, con un tono che fece ridacchiare Evelyn.

"Perché? Che cosa ti ha fatto?"

"Mi ha svuotato in testa il contenuto della sua coppa dell’olio."

"Non ci posso credere… e tu c’eri? L’hai visto?" chiese alla ragazza, che annuì ridacchiando.

"Lei gli ha dato una mano, svitando il tappo quasi del tutto."

Mike scoppiò a ridere e dette il cinque ad Evelyn:

"Grande! E sei stato grande anche tu, Ernest! Bella trovata!" si complimentò.

"Grazie."

"Bè, credo sia giunto il momento di andare a fare un bel test di guida, che ne dite?"

Entrambi annuirono e salirono tutti e tre a bordo.

Il commerciante partì di gran carriera, diretto verso la periferia di Londra, nella zona industriale; più precisamente proprio alla fabbrica della Ford, dove erano state prodotte le prime Escort MK1.

"Mi ricordo questo posto" sospirò l’auto con nostalgia: "Mi sembra quasi di tornare indietro nel tempo… bei tempi, quando ero ancora color bronzo anticato!" aggiunse calcando l’accento sulle ultime parole.

Evelyn, seduta dietro, le diede due pacche sul divanetto posteriore.

Mike aveva preso appuntamento con il curatore del Museo Ford, dove erano conservati alcuni degli esemplari più significativi di Escort MK1; una addirittura appartenuta ad un famoso pilota, con la quale aveva vinto parecchie gare. Sia Edd che la ragazza apprezzarono molto la visita: il meccanico perché riuscì a placare la sua sete di conoscenza su quel particolare modello di auto, ed Eve perché ebbe modo di fare una lunga e piacevole chiacchierata con tutte le auto esposte.

Sulla strada del ritorno chiese a Mike di essere lasciata direttamente al cottage: aveva alcune cosette da sistemare, in previsione dell’arrivo di Edward. Il giovane uomo le strizzò l’occhio, mimando con la bocca le parole: "ci vediamo più tardi". Evelyn non avrebbe mai immaginato però così tardi. Il meccanico arrivò, infatti, alla piccola casetta immersa nel verde della campagna inglese solo molto dopo mezzanotte, quando ormai la ragazza si era addormentata sfinita dall’attesa sul divano, facendola sobbalzare per lo spavento.

Si affrettò ad andare ad aprirgli e rimase scioccata nel vederlo: aveva il viso completamente coperto di graffi. Tra le mani stringeva una palla informe di vestiti.

"Edd, ma che cosa ti è successo? Sembra tu abbia fatto la lotta con un gatto!" disse lei, tentando di sdrammatizzare, ben immaginando cosa poteva essere accaduto.

"Non con un gatto, ma con un’elefantessa!" le rispose, ricordando l’appellativo che aveva usato Evelyn in precedenza: "Come potrai immaginare, Imogen non l’ha presa troppo bene" aggiunse, entrando all’interno del piccolo salottino e posando gli abiti sul divano: "Il resto è in macchina… ma credo che la maggior parte della roba sia da lavare: me l’ha buttata giù dalla finestra, insieme anche ad alcuni soprammobili. Sono stato fortunato: almeno non mi ha mai beccato in testa" e con un gemito si buttò a sedere accanto ai capi di vestiario, massaggiandosi una spalla. Senza tanti complimenti Evelyn gli tolse la maglietta di dosso, rivelando la sua ampia schiena pallida: all’altezza della scapola destra spiccava un livido violaceo:

"Non ti avrà preso in testa, ma altrove si! Oh, Edd, mi dispiace così tanto! Forse avresti dovuto aspettare ancora prima di compiere questo passo. Le hai fatto cadere addosso una bella tegola!"

Per tutta risposta lui si strinse nelle spalle:

"Non potevo più rimanere con lei, non dopo aver fatto l’amore con te" e dolcemente si protese verso di lei per baciarla.

"Andiamo a letto, ora, è tardissimo! Domani sistemeremo tutte le tue cose" concluse Eve e prendendolo per mano lo condusse in camera da letto.

 

* * *

 

Il mattino dopo il meccanico telefonò al suo socio per avvertirlo che non sarebbe andato in officina. Mike si stupì molto quando lo spilungone gli chiese di passare a trovarlo, ma non a casa sua, bensì al cottage. Pieno di curiosità il commerciante arrivò pochi minuti dopo aver riagganciato.

Trovò Evelyn intenta a fare la spola tra la Range Rover di Edd e la piccola lavanderia posta in un angolo del piccolo garage, carica di indumenti sporchi di terra e macchie d’erba.

"Buongiorno Mike, Edd ti sta aspettando: entra pure, fa come se fossi a casa tua! Oh, che scema… è casa tua!" ridacchiò lei, mentre tornava a prelevare un altro carico di vestiti. La vide rivolgere lo sguardo verso il fuoristrada del meccanico con gli occhi puntati nel vuoto: evidentemente stava parlando con l’auto, rifletté. Si diresse a passo spedito verso la porta e quando lo spilungone gliela aprì per poco non sobbalzò per lo spavento:

"Cristo, Edd, cosa cavolo ti è successo? Sei finito in un cespuglio di rovi? E cosa diamine ci fai qui?"

"Siediti, Mike, la storia è un po’ lunga…" e, seduti davanti a due tazze di tè, il meccanico raccontò per filo e per segno al suo socio tutto quello che era successo tra lui, Evelyn e, di conseguenza, Imogen.

"Ora mi spiegò il perché di quei graffi, ed anche di altre cose. E’ per questo che, all’inizio, la trattavi così male? Ed allora quella notte a Bologna lei si era dichiarata, ma tu non hai avuto il coraggio di accettare."

Il giovane uomo semplicemente annuì.

"Bè, credo che avrai bisogno di un po’ di tempo per sistemare le tue cose. Nel frattempo io venderò la Escort e cercherò qualcosa di nuovo da restaurare. Solo… cerca di non strapazzarmela troppo, ok? Ho ancora bisogno dei suoi poteri" concluse Mike con fare cospiratorio, ammiccando col pollice la ragazza che continuava a passeggiare fuori della finestra. Edd sorrise, facendosi comparire due fossette agli angoli della bocca.

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


Ispirato alla puntata n° 7 dell'undicesima stagione

 

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo

 

Capitolo sette

 

 

Passarono quasi due settimane prima che Mike tornasse alla carica con una nuova auto, durante le quali Edd ed Eve ebbero modo di consolidare la loro unione: trascorsero la maggior parte del tempo tra le lenzuola stropicciate, spesso abbracciati, ma molto più di frequente avvinghiati in lotte amorose che li lasciavano poi spossati e senza fiato. Quando, quella mattina, il commerciante andò a bussare alla loro porta erano entrambi scarmigliati, vestiti solo della loro pelle.

"Un attimo solo!" urlò la voce squillante della ragazza, che quando gli aprì la porta indossava solo l’accappatoio. Il meccanico aveva solo gli slip indosso. I graffi erano guariti, ma in compenso aveva il viso coperto dalla barba di quindici giorni.

"Non ti avevo mai visto in queste condizioni!" rise il commerciante: "Quindi i fatti sono due: o ad Imogen non piaceva la barba, oppure Evelyn non ti ha mai dato il tempo di fartela."

"La seconda…" rispose lo spilungone, grattandosi distrattamente la guancia ma rispondendo al sorriso malizioso dell’amico.

"Mi dispiace interrompere la vostra luna di miele, ma ho finalmente trovato una nuova auto e non vedo l’ora di partire per andarla a vedere!"

"Nessun problema… anch’io ho bisogno di riprendere il mio lavoro. Dove dovrete andare questa volta?"

"In Florida."

"Cosa?!" esclamò la ragazza, tornando nella piccola cucina dopo essersi lavata, vestita e pettinata: "In Florida?! Un posto un po’ più vicino no?"

"Purtroppo la macchina che voglio acquistare è molto rara: in tutta la Gran Bretagna ce ne sono solo due e sono entrambe decisamente fuori dal nostro budget. La maggior parte è finita in America. Perché? C’è qualche problema?"

"Uno bello grosso! Ho paura di volare!"

"Ma quando siamo andati in Polonia dalla Urraco abbiamo preso l’aereo! Perché non mi hai detto niente, allora?"

"Perché un conto sono due ore in aereo, un altro sono dodici!"

 

 

* * *

 

Tre giorni dopo, Evelyn si ritrovò seduta a bordo di un Boeing della British Airways diretto verso Miami. Con entrambe le mani strette convulsamente intorno ai braccioli del sedile, la testa rigidamente appoggiata allo schienale, tentava di calmarsi facendo profondi respiri.

"Se mi vedrai assente durante il viaggio non ti spaventare" disse a Mike, seduto al suo fianco: "Vorrà dire che non sarò riuscita a resistere all’ansia e mi sarò fatta trasportare via dalla coscienza dell’aereo."

L’uomo annuì ed, infatti, dopo soli pochi minuti dal decollo si accorse che la ragazza aveva lo sguardo perso nel vuoto e la bocca semiaperta, come se fosse completamente ebete. Sperando che nessun altro si accorgesse della strana postura della sua compagna di viaggio si accomodò meglio sul sedile ed aprì una rivista di motori.

Solo dopo l’atterraggio, che avvenne quattordici ore dopo, gli occhi di Evelyn si schiarirono: emise un sospiro rasposo – che fece trasalire il commerciante – e scrollò le spalle per recuperare la mobilità perduta durante il volo.

"Finalmente siamo arrivati…"

"Ah, bentornata nel mondo dei vivi!" la apostrofò Mike, con un tono non troppo scherzoso: "Ad un certo punto ti ho guardato e non ti ho visto respirare: mi è preso un mezzo infarto! Mi sono reso conto che eri viva solo perché quando i tuoi occhi sono stati colpiti da un raggio di sole le tue pupille si sono contratte!"

Lei fece una risatina nervosa:

"Ti avevo detto di non spaventarti. Quando la mia coscienza lascia il mio corpo, in effetti, il respiro diventa leggerissimo, quasi impercettibile. Ma non temere: sono ancora qua, pronta ad andare a vedere l’auto! A proposito: non mi hai ancora detto di quale vettura si tratta!"

"E’ un Amphicar. E’ l’auto preferita di Edd: sogna di averne una fin da bambino. Volevo fargli una sorpresa!"

"Molto carino da parte tua… ma torno a chiedermi: è mai possibile che non ce ne fosse una più vicina?"

"Come ti ho già detto prima della partenza, è una macchina estremamente rara: ne hanno fatte meno di quattromila esemplari! Figurati che io, in tutta la mia vita, penso di averne vista solo una dal vivo!"

"Solo una? Allora vorresti dirmi che io sono stata così fortunata? Mi sono imbattuta in un loro raduno, e per puro caso."

La notizia lasciò di stucco l’uomo:

"Hai visto… un raduno di Amphicar?!"

"Si, qualche anno fa."

"E quante erano?"

"Una decina, forse quindici… tutte tedesche, se non ricordo male. E’ stato divertente: prima erano tutte parcheggiate in fila sotto agli alberi e poi, un attimo dopo, via tutte in acqua una dietro l’altra! Un vero spettacolo! Ma ricordo di non aver fatto molta conversazione con loro, perché parlavano tutte in tedesco."

Mentre chiacchieravano i due erano scesi dall’aereo ed erano entrati nel deposito bagagli. Mike si mise a saltellare sul posto per l’eccitazione, attirando su di se gli sguardi degli altri viaggiatori:

"Hai visto quindici Amphicar?! Mia cara, sei stata più che fortunata! Quanto avrei voluto esserci anch’io!"

"Mike, per favore, smetti di saltellare o chiameranno la polizia" Evelyn si guardò intorno, preoccupata dagli sguardi obliqui che si stavano tirando addosso ed il commerciante riprese il suo contegno, recuperando il suo tipico aplomb inglese.

L’auto si trovava ad un’ora di strada: all’arrivo trovarono ad attenderli un simpatico concessionario di Amphicar, che ne vendeva una per conto di un suo cliente. Come ormai d’abitudine, mentre il commerciante si informava a voce sulle condizioni della vettura, Evelyn si mise in ginocchio davanti al suo cofano e la salutò:

"Ciao, io sono Evelyn, piacere di conoscerti! Posso sapere il tuo nome?"

"Ja! Il mio nome è Kornelia!" rispose l’auto allegramente, con uno spiccatissimo accento tedesco per nulla mitigato dalla lunga permanenza negli Stati Uniti: "Foi folere me komprare?"

"Si, l’intenzione è quella. Siamo venuti fin qui dall’Inghilterra, per vederti!"

"Inkhilterra? Io sperafo di tornare in mia Germania."

"Chissà, forse un domani potrà anche essere, ma per il momento, se ti compreremo noi, dovrai accontentarti della Gran Bretagna."

"Pazienza… komunque sarò più ficina che non qvi in Stati Uniti!"

"Posso sondarti? Abbiamo bisogno di sapere se hai dei problemi, e se sì quali."

"Ja! Akkomodati!"

Evelyn posò le mani sul cofano rosso ciliegia e lasciò che la coscienza dell’Amphicar invadesse la sua: fu sommersa da immagini di ogni tipo, ricordi di anni passati mischiati a più recenti avvenimenti. Dovette letteralmente farsi largo tra le visioni per riuscire ad arrivare in profondità. Il motore era messo bene e non aveva grossi problemi; i veri guai li stava passando la carrozzeria, specialmente il fondo del telaio e la parte posteriore. Il pianale era pieno di buchi tappati alla bell’e meglio da dei rattoppi in fibra di vetro e la parte sinistra dell’auto era appesantita da strati e strati di stucco, che stava di nuovo gonfiandosi di bolle.

"Sei ancora in grado di galleggiare con tutti quei buchi e quel peso in più?"

"Ja, anche se poi mi riempio d’acqva e defono tenermi al sole tre ciorni per asciugare."

"Non credo che Edd sarà molto contento di questo…"

"Khi è Edd?"

"E’ il miglior meccanico di tutta la Gran Bretagna! Se ti compriamo ti porteremo da lui e da quel che ho visto, credo che dovrà tribolare un po’ per farti tornare come nuova… ma non preoccuparti: lui è un appassionato di Amphicar e troverà il modo di farti tornare a splendere!"

Mike era già pronto per il giro di prova: Eve salì al suo fianco e l’uomo mise in moto, con un sorriso a trentadue denti:

"E’ la prima volta che guido una di queste! E’ incredibile! Non vedo l’ora di metterla in acqua!"

"Prima che tu lo faccia, devi sapere che quest’auto ha la carrozzeria messa molto male: il fondo è pieno di buchi. Preparati a farti asciugare le scarpe."

L’uomo si rabbuiò, ma solo per un istante:

"E’ un bel problema… ma non voglio certo demoralizzarmi per questo! Voglio andare in acqua!" ed enfatizzò le ultime parole mettendosi a saltellare sul sedile.

Per entrambi fu l’esperienza più strana che avessero mai vissuto. Mike esternò le sue emozioni mettendosi a ridere come un matto, scuotendo la testa per l’incredulità e schiamazzando a gran voce:

"Eccoci in mare aperto, capitano!" esclamò, facendo il saluto militare e sventolando la mano in direzione di un motoscafo fermo poco distante. Evelyn invece fu più discreta, limitandosi a commentare con la mente a solo beneficio della vettura:

"E’ fantastico! Assolutamente incredibile! Non avrei mai pensato di provare una cosa del genere: avevo già visto altre Amphicar, ma non avevo mai provato l’ebbrezza del passare dalla terraferma all’acqua! E’ una sensazione stranissima ma molto, molto piacevole!"

"Sono kontenta che ti piaccia! Spero proprio che mi komprerete!"

"A giudicare dalla faccia di Mike, credo proprio di si."

Una volta di nuovo all’asciutto la pompa di sentina continuò per un bel po’ a buttare fuori l’acqua che si era accumulata all’interno. La moquette era completamente fradicia e così anche le espadrillas di Mike, ma niente avrebbe potuto intaccare la felicità dell’uomo:

"Non mi importa nulla dei problemi di questa macchina! La adoro e la compro!" e, fedele alle sue parole, una volta tornato dal concessionario chiuse subito l’affare, senza nemmeno trattare sul prezzo.

 

* * *

 

Il trasporto dell’Amphicar richiese una decina di giorni. Una volta giunta al porto di Southampton Mike ed Evelyn andarono a prenderla.

"Benvenuta in Inghilterra, Kornelia!"

"Krazie cara! Sono molto kontenta che qvesto viaggio sia finito! Qvel kontainer cominciafa a starmi un po’ stretto!"

Non appena Edd la vide, i suoi occhi si illuminarono. Evelyn li aveva sempre trovati bellissimi, di un marrone scuro talmente intenso da sembrare quasi liquido, ma in quel momento diventarono persino più belli. Il suo sorriso si allargò mentre pronunciava il nome dell’auto:

"Un’Amphicar…"

"Si, ho pensato di farti una sorpresa" gongolò il suo socio ed il meccanico, trattenendo a stento le lacrime, lo abbracciò.

"Te lo meriti, figliolo. Ma, come ben sai, le auto che ti porto io di solito non sono proprio perfette."

"No, infatti" concordò l’altro, cominciando a girare intorno alla vettura ed indicando le bolle sulla superficie rossa: "Qui c’è di sicuro qualcosa che non va."

Evelyn gli elencò il risultato del suo esame e ad ogni voce della lista il meccanico incassò sempre più la testa nelle spalle:

"Credo che mi aspetterà un lavoro titanico… bè, mettiamoci all'opera."

La prima cosa da fare era eliminare tutti i vecchi rattoppi: furono tolti tutti gli interni, poi Edd cominciò a sbucciare letteralmente l’auto, che era per buona parte ricoperta da pezzi di fibra di vetro ormai quasi del tutto staccati dall’acciaio del pianale. Fu un lavoro improbo, ma alla fine, dopo due giorni, riuscì a rattoppare tutti i buchi, tagliando e saldando nuovo metallo al vecchio telaio.

Il secondo problema da affrontare fu la rimozione della vernice: temendo che la sabbiatura fosse un processo troppo aggressivo per la carrozzeria già duramente provata, lo spilungone decise di provare una nuova tecnica di sverniciatura, utilizzando la soda ad alta pressione:

"La riporterò al nudo metallo" annunciò quella mattina ad Evelyn: "Così potrò vedere l’entità effettiva dei danni strutturali."

"Credi di essere in grado di sopportare un trattamento del genere?" chiese la ragazza all’Amphicar, che li ascoltava con interesse dall’alto del ponte sollevatore.

"Ja! Io sono una Tedeska! Posso affrontare tutto!"

"Vada per la soda allora!" confermò Eve.

Il processo fu molto più lungo di quello che entrambi si aspettavano: la parte posteriore dell’auto pareva quasi un fossile, con strati su strati di stucco alternato a vernice. Da uno spessore di un millimetro nella parte superiore si arrivava addirittura a più di un centimetro in quella inferiore. Tutto bardato con una tuta quasi spaziale, Edd lavorò tutto il giorno sulla carrozzeria osservato da Evelyn, che non riusciva a togliersi il sorriso dalle labbra perché sentiva la Amphicar che se la rideva come una matta:

"Ah ah ah! Mi stai facendo il solletiko! Ah ah ah!"

Alla fine del lavoro, la vettura non sembrava nemmeno più la stessa: ogni traccia del colore rosso era completamente sparita, lasciando il posto al puro metallo lucido della scocca.

"Mi sento molto più leccera!"

"Lo credo! Ti ha tolto non so quanti chili di stucco!"

Adesso il problema al pannello posteriore era ben visibile: era stato già riparato in precedenza applicando della schiuma espansa tra le due parti superiore ed inferiore e quel materiale tratteneva l’acqua facendo poi arrugginire l’acciaio.

"Devo togliere tutta questa parte…" gemette Edd grattandosi la testa, cominciando a prendere le misure per tagliare altro metallo da una lastra di acciaio lucido. Fu costretto a ribattere a mano i bordi, piegando il pannello con una piegatrice e poi a saldare il tutto; ma alla fine, quando l’auto fu pronta per andare di nuovo in verniciatura, la riparazione non si notava affatto.

Per la prima volta i due soci non furono costretti a litigare per scegliere il colore: Mike chiese provocatoriamente al meccanico se avesse preferito cambiare, ma lui disse di no:

"Se vogliamo saltellare sull’acqua dobbiamo essere ben visibili: resta rossa, non discuto!"

 

* * *

 

Di ritorno dalla verniciatura, l’Amphicar dovette subire altre modifiche per essere resa a norma di sicurezza:

"Le leggi britanniche odierne sono molto diverse rispetto a quelle tedesche di cinquant’anni fa" spiegò Edd alla ragazza, che si era offerta di aiutarlo: "Per poter navigare dovrà passare un test molto severo, per essere omologata ad entrare nelle acque pubbliche. Per poterlo superare, però, tutto dovrà essere perfetto!"

"Io non ho studiato! Kosa mi domanderanno: nomi dei fiumi?"

"Non credo che si tratti di domande, Kornelia."

Furono costretti ad installare nuovi tubi per la benzina, a modificare il serbatoio e ad installare altri svariati dispositivi di sicurezza, prima di sottoporre la vettura al test di omologazione. L’esaminatore era un uomo di una sessantina d’anni, con corti capelli bianchi come la neve e lo sguardo spiritato come un pazzo, che fece quasi paura alla ragazza:

"Non mi piace la sua faccia… sembra matto da legare!" sussurrò ad Edd, mentre entrambi osservavano l’uomo esaminare l’auto. Il meccanico scoppiò a ridere:

"No, stai tranquilla, lo conosco! E’ una brava persona."

"Credevi di conoscere anche Paul…"

Al sentir pronunciare quel nome lo spilungone si rabbuiò:

"E’ vero… però non devi dimenticare di averlo provocato."

Evelyn saltò su:

"Vorresti dirmi che se sono stata quasi violentata è stata solo colpa mia?!"

L’esaminatore si voltò dalla loro parte a fissarli con il suo sguardo da maniaco ed Edward trascinò la ragazza fuori dall’officina:

"Non volevo dire questo. Ma devi ammettere che, se tu non avessi tentato di farmi ingelosire facendo la stupida con lui, forse Paul non ti avrebbe aggredito."

"Se tu mi avessi detto subito che mi amavi, io non avrei provato a farti ingelosire!"

La discussione si stava accalorando ed Evelyn provò l’impulso di allontanarsi. La voce aspra di Kornelia, che aveva seguito attentamente la loro diatriba, la bloccò:

"Mia kara, non essere kattifa con lui per i tuoi errori passati. Leggo nella tua mente khe lui ha racione, e tu lo sai."

"Si, Kornelia, hai ragione…" "Scusami Edd…" disse ad alta voce: "Non avrei dovuto tirare in ballo Paul. Quello che è successo è stata tutta colpa mia, mi dispiace."

Lo spilungone la strinse teneramente tra le braccia e la baciò dolcemente sulle labbra, passandole una mano tra i capelli.

Furono interrotti dall’esaminatore che si stava schiarendo rumorosamente la voce:

"E’ tutto a posto, Edward. La macchina ha passato il test. Ecco l’omologazione per la navigazione in acque pubbliche."

Il giovane uomo trattenne a stento la gioia: prese il foglio di carta quasi con deferenza e solo quando l’altro se ne fu andato si concesse di esultare, prendendo Evelyn tra le braccia e facendola roteare.

"E vai! E’ andato tutto bene! Ora possiamo chiamare Mike e poi andare a metterla in acqua!"

Il commerciante arrivò pochi minuti dopo la chiamata del meccanico, si complimentò con il socio ed insieme programmarono di andare a fare una gita sul Tamigi il giorno dopo.

 

* * *

 

Quando Evelyn vide uscire Edd dalla camera da letto scoppiò a ridere: non aveva mai visto un completo più ridicolo del suo. Indossava una giacca nera dal taglio all’antica, sopra ad una camicia bianca a righe grigie e rosa e ad un paio di pantaloni beige. Ai piedi portava un paio di mocassini lunghissimi, di una tonalità appena più chiara, ed al collo aveva un foulard rosso a fiorellini grigi. Completava il tutto un cappello di paglia a tesa stretta fasciato di nero. Ma forse la cosa più ridicola era il giubbino di salvataggio blu che aveva agganciato sopra a tutto il resto e che pareva andargli un po’ stretto.

"Cosa c’è da ridere?" le chiese lui, visibilmente risentito.

"Ma come ti sei conciato? Con quella paglietta sembri un gondoliere! Guarda che andiamo a Londra, non a Venezia."

Lui le rispose con una smorfia, porgendole poi un giubbotto identico al suo.

"Cosa dovrei farci, con quello?"

"Indossarlo, mi sembra ovvio!"

"Devo mettermi il giubbotto di salvataggio in macchina?!"

"Con la macchina andremo in acqua e le regole dicono che bisogna indossare dispositivi di sicurezza! Quindi, se vuoi venire in gita con noi, dovrai metterlo; altrimenti puoi rimanere qui."

Evelyn sbuffò ma prese il giubbino, senza però indossarlo.

Mike li aspettava con l’Amphicar già sulle rive del Tamigi. Il suo completo era molto più sobrio: un maglione bianco sporco sopra ad un paio di pantaloni scuri; ma anche lui indossava il giubbotto di salvataggio. La povera macchina invece era stata bardata con una serie completa di parabordi bianchi, con tanto di fune che le passava al centro del cofano e non appena vide la ragazza cominciò a lamentarsi:

"Hai fisto kome mi hanno konciato? Sempro un motoskafo, non una fettura! Mi sento molto ridikola!"

"Non lamentarti Kornelia: hai visto come si è vestito Edd?"

"Ja, ma lui ha scelto di festirsi kosì, mentre io no!"

Anche il commerciante aveva già notato l’abbigliamento dell’amico:

"Edd! Sembri uscito direttamente da "Ritorno a Brideshead"! Hai perfino il cappello di paglia! Allora, siamo pronti per prendere un po’ d’aria fresca?"

"Certamente! Ma prima dobbiamo battezzarla!" e lo spilungone tirò fuori una bottiglia di champagne – accompagnata da tre flûte – che poi agitò e stappò spruzzando il cofano dell’Amphicar, che si lamentò ulteriormente:

"Champagne francese, bleah! Io preferisko la birra!"

"La chiamerò "Nave del buon profitto"!" decretò il commerciante con soddisfazione e quella volta non fu solo l’auto a storcere il naso:

"Che nome orribile! E’ un brav’uomo, ma pensa sempre e solamente ai soldi… Alla tua salute Kornelia!" ed alzando il bicchiere che Edd le aveva appena riempito Evelyn bevve un sorso, gettando poi il resto sul cofano dell’Amphicar, subito imitata anche dai due uomini.

Finalmente pronti per salpare i tre salirono a bordo, Edd alla guida. Prima di mettere in moto porse un cappello al socio:

"Ecco a te, marinaio!" disse, per poi scoppiare subito a ridere. Mike fece un sorriso sghembo, alzando un po’ le spalle. La ragazza si sistemò comodamente sul divanetto posteriore: aveva dovuto indossare anche lei il giubbotto, ma nonostante si sentisse oltremodo ridicola cercò di godersi la gita. Il sole le riscaldava la faccia ed il vento fresco le accarezzava i capelli. Appoggiò i gomiti agli schienali dei sedili davanti e rimase ad ascoltare, con il mento posato sulle mani intrecciate, i due uomini che parlavano di quanto fosse strano guidare un’auto in acqua. Non era la prima volta per il meccanico, l’aveva già fatto in precedenza, ma era comunque un’esperienza sempre unica.

Ben presto arrivarono in vista del Castello di Windsor, che rimaneva alla loro destra. Si ritrovarono in mezzo ad uno stormo di cigni: Edd cominciò a suonare allegramente il clacson, mentre Mike tentava di scacciarli con le mani:

"Beep beep! Spostati, panzone!" gridò il commerciante sbellicandosi dalle risate, imitato dal socio.

"Panzone a chi? Ma si è visto?" commentò Evelyn a solo beneficio dell’auto – che ridacchiò – prima di aggiungere ad alta voce:

"Attenzione gente! I cigni sono di proprietà della Regina. Cercate di non fare arrabbiare Sua Maestà."

Gli altri due risero ancora ma di colpo l’atmosfera, da allegra e giocosa, divenne cupa e la gita si trasformò in un incubo. All’improvviso l’Amphicar perse potenza, il motore girò a vuoto scoppiettando quasi come quello di un vero motoscafo e poi si spense. Il volto ilare di Edd divenne subito serio e preoccupato:

"Non mi piace…" mormorò, smanettando con leve e pulsanti ma senza alcun risultato: la vettura continuava ad andare inesorabilmente alla deriva, trascinata dalla corrente del fiume.

Mike non si perse d’animo: prese il walkie talkie e lanciò l’SOS:

"Perdiamo potenza, andiamo alla deriva" disse semplicemente.

"Si sente l’odore dell’olio del cambio…" mormorò ancora il meccanico, guardandosi alle spalle con aria perduta, prima di cominciare a sbracciarsi in direzione di una motovedetta della polizia che stava passando proprio in quel momento, imitato dal suo socio. Evelyn si appoggiò di nuovo con la schiena al divanetto e subito sondò la vettura alla ricerca del problema.

"E’ il cuscinetto dell’albero di trasmissione" annunciò ai suoi compagni, che si voltarono a guardarla – come sempre quando utilizzava i suoi poteri – con soggezione.

"Ne sei sicura?"

"Si, ne sono sicurissima! L’ho appena visto, è in mille pezzi."

Il meccanico sospirò:

"Altro lavoro che mi aspetta…"

Furono rimorchiati dalla polizia e trasportati di nuovo all’asciutto, dove Edd fu costretto ad andare all’officina a prendere il carrello per riportare l’Amphicar alla base.

 

* * *

 

Una settimana dopo Edward uscì soddisfatto dal garage con la vettura, il cuscinetto rotto accuratamente riposto in un sacchettino di plastica trasparente.

"Ecco il pezzo incriminato!" esclamò dando la bustina a Mike, che era appena arrivato in cerca di notizie.

"Un affarino così piccolo ha creato un problema così grande?" il commerciante era quasi incredulo mentre osservava attentamente i minuscoli rulli sparsi nel sacchetto.

"Già! Comunque ora è tutto risolto! Niente più perdite di potenza! O almeno spero…" aggiunse a bassa voce. "Pensavo di fare un altro test di guida: vuoi venire anche tu?"

"No, grazie: il primo mi è bastato ed avanzato. Preferisco mettermi alla ricerca di una nuova auto da restaurare."

"Come vuoi, ma io ed Evelyn andiamo, se non ti dispiace."

"Oh no, fate pure! Divertitevi! E non strapazzarmelo troppo, cara…" aggiunse all’orecchio della ragazza che era appena uscita dall’officina e che si mise a ridere:

"Ci proverò, ma non ti garantisco nulla" gli rispose sottovoce e Mike gli strizzò l’occhio, complice.

Questa volta lo spilungone optò per un punto meno affollato del Tamigi, in una zona in aperta campagna. L’auto non dette nessun problema e i due si divertirono molto a navigare sul fiume; in special modo Evelyn, perché oltre alle battute di Edd, che era particolarmente di buon umore quel giorno, sentiva anche Kornelia cantare una goliardica canzone tedesca, che aveva sentito a volte anche durante diverse "Feste della Birra" in Italia.

"Ein prosit, ein prosit…" cantava con la sua voce roca, quasi assordando la ragazza, che non poteva nemmeno far nulla per non sentirla: purtroppo per lei, le "orecchie della mente", come era solita chiamarle, non si potevano tappare.

All’ora di pranzo Edd decise di uscire di nuovo dall’acqua, fermandosi sulla sponda per mangiare. I due avevano preparato panini e tè caldo e mangiarono di gusto all’ombra di un salice piangente, i cui rami che spiovevano fino sull’acqua sembravano quasi isolarli dal resto del mondo.

Il tepore dell’aria e l’atmosfera quasi surreale al di sotto dell’albero, creata dalla luce del sole che filtrava tra le foglie, furono galeotti. Ben presto Edd ed Eve si ritrovarono nudi, stesi l’una tra le braccia dell’altro, a fare l’amore, protetti da sguardi indiscreti dalla tenda arborea sopra le loro teste. Edd era un uomo gentile e passionale al tempo stesso e tra le sue braccia Evelyn si sentiva quasi rinascere. Non aveva avuto molti uomini nella sua vita e tutti si erano dileguati dopo poco tempo, spesso spaventati dalle sue stranissime capacità, ma anche perché lei non riusciva a rispondere con altrettanta passione alle loro attenzioni. Forse perché non si era mai innamorata veramente di loro: fino a pochi mesi prima aveva amato solo e soltanto le auto. Con Edward era stato tutto diverso, fin dall’inizio; forse perché anche lui amava le macchine quasi quanto lei – o forse semplicemente perché era così che doveva andare – era letteralmente impazzita per quell’uomo e di conseguenza, era finalmente riuscita a sbloccarsi ed a lasciarsi travolgere dai sensi come mai prima di allora era riuscita a fare.

Sulla strada del ritorno, osservando il volto calmo e rilassato dell’uomo al suo fianco, un lieve sorriso che aleggiava sulle sue labbra morbide e sensuali, la ragazza pensò che, per la prima volta nella vita, stava trovando un vero equilibrio e che forse avrebbe anche potuto cominciare a chiamare "casa" quell’angolo di Inghilterra.

 

* * *

 

Era giunto il momento di vendere l’Amphicar: Mike fu molto sorpreso quando Evelyn gli chiese di aspettare qualche giorno prima di mettere l’annuncio su Internet.

"Vedi… so che Edd va letteralmente pazzo per quell’auto ed io vorrei tanto regalargliela. Però al momento non ho molti soldi a disposizione: per dirla in parole povere, sono al verde! Ma in Italia ho delle proprietà che tanto non utilizzo, visto che sono sempre in giro per il mondo: potrei venderle e racimolare i contanti."

"Saresti disposta a vendere le tue cose in Italia per comprare un’auto a Edd?! Quel ragazzo ti ha proprio fatto perdere la testa, eh?"

La ragazza arrossì e chinò la testa in segno di assenso, ma la rialzò subito di scatto nel sentire le parole del commerciante:

"Credo che non sia necessario che tu venda le tue proprietà. In fondo, tu adesso stai lavorando per me, ma io non ti ho ancora mai dato il becco di un quattrino."

"Lo sai che io non mi faccio pagare per…" cominciò lei, ma l’uomo la bloccò con un gesto della mano, continuando la sua frase come se non fosse stato nemmeno interrotto:

"Quindi credo che adesso sia venuto il momento di pagarti per tutte le tue consulenze e credo che l’Amphicar sia una ricompensa adeguata!"

"Non posso accettare…"

"Oh, si che puoi! Vieni, firmiamo le carte, così diventerai ufficialmente la sua proprietaria."

"Non mi piace quella parola, ma è così che si dice…" si interruppe per un attimo, prima di buttare le braccia al collo del commerciante:

"Grazie, Mike. Sei un amico!"

Lui le dette due lievi pacche sulla spalla, imbarazzato, poi Eve corse dall’auto, posteggiata fuori dall’officina:

"Kornelia? Ho una notizia da darti! Spero che ti piaccia!"

"A ciudikare dalla tua faccia defe essere una buona notizia!"

"Bè, si, per me lo è! Sono appena entrata in tuo possesso! Spero ti faccia piacere rimanere qui! Certo, non è la tua amata Germania, ma…"

"Sono kontentissima, mia kara! Hai racione, non è kome mia Germania, ma mi adatterò!"

La ragazza le abbracciò il tetto e di slancio le diede un bacio, prima di saltare a bordo e portarla al cottage, impaziente di fare la sua sorpresa a Edd.

Il meccanico la guardò inarcando le sopracciglia, con sguardo curiosamente interrogativo, quando la vide arrivare alla guida dell’Amphicar ed i suoi occhi si sgranarono quando la ragazza gli disse che Mike le aveva lasciato la vettura come pagamento per il suo lavoro.

"Mi vorresti dire che l’Amphicar è tua?"

"No, Edd, non mia: nostra! So che ti piace da impazzire, e… ho pensato di chiedere a Mike di vendermela per regalartela. Ma siccome non ho soldi con me lui me l’ha lasciata come remunerazione. Quindi si può dire che te l’ha regalata lui!"

"Mike che rinuncia ad un profitto per fare una buona azione?! Non è da lui! Vedrai che ci chiederà molto di più, in cambio. Lui quello che da con una mano con l’altra lo toglie… Comunque sia, ti ringrazio infinitamente."

"Ti amo, Edd" mormorò lei, stringendosi a lui ed alzando il viso a cercare le sue labbra.

"Anch’io ti amo, Eve" rispose il meccanico, dandole un bacio.



Spazio autrice:
Buona settimana a tutti! Eccovi il nuovo capitolo della mia insulsa storia. Una piccola precisazione, se non si fosse capito: l'italiano particolarmente strano che parla l'Amphicar vuole essere un'imitazione goliardica dell'accento che hanno i tedeschi quando parlano la nostra lingua. Ringrazio la mia carissima "Lapoetastra" che si è presa la briga di lasciarmi qualche commentino! C'è qualcun altro ben disposto a lasciarmi un suo parere? Please?
Bacioni a tutti!
Evelyn

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


Capitolo ispirato alla puntata n° 10 della undicesima stagione

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo.




Capitolo otto

 

Dopo aver restaurato un’auto eccentrica come la Amphicar Mike decise di tornare più al moderno, scegliendo una vettura grintosa ed attuale: un Audi TT. Purtroppo per lui erano tutte fuori dal suo budget, come al solito. La più economica che riuscì a trovare aveva – come indicato nell’annuncio di vendita – un problema non indifferente: le mancavano letteralmente le prime due marce.

Lungi dal lasciarsi intimidire, il commerciante partì di nuovo alla volta della Cornovaglia con Evelyn al seguito, per andare ad esaminare la candidata all’acquisto.

La macchina non era messa male: la carrozzeria era ottima, così come gli interni, ma il problema al cambio non era assolutamente da sottovalutare. Avrebbe potuto essere impossibile da riparare ed un cambio nuovo sarebbe costato una fortuna. Come Edd aveva predetto, il commerciante chiese alla ragazza di dare fondo alle sue energie, andando a controllare la reale entità del danno.

Mentre lui parlava con il proprietario Eve si presentò, come ormai di consueto, all’auto:

"Ciao, io sono Evelyn! Lieta di fare la tua conoscenza! Qual è il tuo nome?" ma la vettura rispose sgarbatamente, con una profonda voce maschile, lasciando la ragazza spiazzata: era molto raro che una macchina si comportasse in modo maleducato:

"Siete venuti anche voi a strapazzarmi, facendomi partire in terza, per poi lasciarmi qui a marcire? Allora te lo dico subito: mi mancano due marce!"

"Lo so… io volevo solo poterti esaminare a fondo per cercare di capire qual è il problema. Se non è troppo complicato da risolvere ti compreremo. Finirai tra le mani di un genio, te lo assicuro!"

"Per quel che mi importa! Potrei finire anche tra quelle della Regina, per me non farebbe nessuna differenza!"

"Mi dispiace molto sentirti parlare in questo modo. Non vogliamo farti del male."

"Lo farete quando mi obbligherete a partire in terza! Tu non sai cosa vuol dire!"

"No, hai ragione. Ma voglio capirlo, per risolvere il problema. Fidati di me, ti prego…"

L’auto non rispose e la ragazza lo prese come un tacito assenso. Posò le mani sul grosso cofano blu scuro e per un attimo fu tentata di ritrarle: l’Audi stava tentando di respingerla in tutti i modi. Strinse i denti e si costrinse a non cedere, per dimostrare che voleva veramente aiutarla. Fu una lotta snervante, che durò alcuni minuti, durante i quali sia Mike che il proprietario la fissarono preoccupati. Alla fine la TT cedette, lasciando che la coscienza di Evelyn penetrasse in lei.

La ragazza andò diretta al punto: immaginò di essere una piccolissima gocciolina d’olio e di lasciarsi scivolare all’interno della scatola del cambio. Individuò subito il difetto. Un piccolo particolare di metallo si era staccato dal suo supporto, inibendo la funzionalità della leva di innesto di prima e seconda marcia. Forse non sarebbe stato troppo difficile risolvere il problema. Rientrò nel suo corpo staccandosi dall’auto ansimando per lo sforzo e quando fece per rialzarsi vacillò per un attimo. Mike corse a sostenerla:

"Tutto bene?"

"Si, ma è stata dura. Poi ti spiegherò…" "Non credo che il guasto sia grave: riusciremo a risolverlo, te lo prometto!"

"Sei proprio un osso duro, sai?"

"Ti ringrazio. Ma voglio chiederti anche un’altra cosa."

"Spara!"

"Quando faremo il giro di prova, voglio sentire quello che provi tu."

"Come vuoi, ma ti avverto che non sarà affatto piacevole!"

Lei annuì semplicemente salendo poi a bordo. Prima che l’uomo partisse, lo avvertì:

"Mike, quest’auto è molto frustrata a causa del suo problema al cambio. Ho controllato ed è semplicemente un supporto che si è sganciato e che non permette più di ingranare le prime due marce. Gli ho promesso – è un maschio – che l’avremmo comprato" il commerciante annuì: "Ma da quello che ho capito" riprese lei: "Partire in terza dev’essere molto doloroso. Per guadagnarmi la sua fiducia gli ho chiesto di farmi sentire quello che prova. Perciò, non so cosa mi succederà… tu non spaventarti: è tutto sotto controllo."

"Lo spero per te" le rispose, mettendo in moto.

Evelyn chiuse gli occhi, aggrappandosi con una mano al sedile e con l’altra alla maniglia sulla portiera. Emise un singulto strozzato e poi rimase immobile. Mike capì che era entrata di nuovo in sintonia con l’auto e partì, molto lentamente, in terza marcia.

La ragazza sentì subito come una specie di peso sul cuore, che rallentò i battiti fino a quaranta al minuto. Lei, che ne aveva sempre avuti una media di ottanta, avvertì un dolore sordo all’altezza della bocca dello stomaco, mentre i polmoni lottavano per inspirare aria. Spalancò la bocca, ma non fu in grado di risucchiare il prezioso ossigeno. Preoccupatissimo, Mike la vide diventare quasi cianotica mentre, sempre molto lentamente, tentava di far salire i giri del motore ad un livello tale da poter poi tirare la marcia. Quando alla fine fu in grado di cambiare, con il propulsore finalmente a pieno regime, Evelyn aveva spalancato gli occhi, che erano strabuzzati. Nel momento in cui l’uomo spostò la leva del cambio dalla terza alla quarta lei inspirò rumorosamente una lunga boccata d’aria. Si staccò bruscamente dal sedile, come se fosse stata spinta a forza fuori dalla coscienza dell’auto, tossendo e boccheggiando, con una mano premuta sul petto.

Concitato, Mike lasciò andare il volante, voltandosi verso di lei e cominciando a rallentare.

"Non fermarti… non fermarti…" ansimò lei, tossendo ed ingurgitando letteralmente l’aria, come se fosse appena riemersa da una lunga apnea e l’uomo tornò a premere sull’acceleratore, ma senza staccarle gli occhi da dosso.

"Ora hai capito cosa vuol dire? Ogni volta che parto è sempre la stessa storia! Quindi mi auguro che mi comprerete e risolverete il mio problema!"

"Lo faremo amico mio, lo faremo…" gli rispose lei con la mente, respirando sempre affannosamente e con la mano ancora premuta sul cuore, che stava lentamente recuperando i battiti perduti.

"Mi chiamo Jeremy" concluse l’auto, rivelando finalmente il suo nome alla ragazza.

Evelyn si affrettò a raccontare tutto al commerciante, che continuava a guardarla preoccupato:

"Non avresti dovuto farlo! Hai rischiato di farti venire un infarto!"

"Era mio dovere, Mike. Non preoccuparti per me, so sempre cosa rischio."

 

* * *

 

Tenendo fede alla promessa l’uomo acquistò l’auto, tornando a prenderla due giorni dopo. Alla partenza ricordò fin troppo bene la faccia paonazza della ragazza, così tentò di fermarsi meno volte possibile.

Al suo arrivo, Edd ed Eve lo stavano aspettando. Il meccanico sapeva già cosa lo attendeva, ma non perse comunque l’occasione per rimproverare il suo socio:

"Mike, hai comprato un Audi TT con due marce in meno? Tu devi essere impazzito!"

"No, non sono impazzito, mi sono semplicemente fidato di Evelyn! E poi, se avessi visto anche tu quello che ho visto io, avresti fatto esattamente la stessa cosa!" gli rispose, guardando però la ragazza che abbassò gli occhi: non aveva raccontato ad Edward la sua esperienza con Jeremy. Lo spilungone seguì lo sguardo dell’altro:

"Che cosa è successo?"

"Niente di importante…"

"Niente di importante?!" replicò il commerciante, rivolgendosi ad Eve: "Credevo che stessi per morire! E forse ci sei arrivata anche vicino!"

"Mike, ti prego, non voglio parlarne!"

"Volete spiegare anche a me, per favore?" si intromise Edd, alzando la voce. Al ché Mike gli raccontò tutto per filo e per segno, facendolo rabbrividire.

"Non fare mai più una cosa del genere!" le disse, prendendola per le spalle e costringendola a guardarlo, ma lei replicò:

"Edd, devi capire che il mio dono non ha solo lati positivi! Ne esistono anche molti negativi ed io non posso tirarmi indietro! Questo era uno di quei casi! Ora, per favore, non parliamone più. Jeremy ha bisogno di te: riparagli il cambio, ti prego…"

Lo spilungone annuì e poi spinse dentro l’Audi, aiutato dal suo socio.

Fu il primo lavoro che intraprese: smontò la scatola del cambio e trovò subito il pezzo incriminato, riuscendo a ripararlo con poca spesa. Una volta di nuovo a posto, i due uscirono per un test del cambio, che funzionava a meraviglia.

"Evelyn, fammi parlare con lui, voglio ringraziarlo personalmente" le chiese l’auto durante il giro di prova e lei semplicemente posò una mano sul cruscotto e strinse l’altra su quella di Edd, che era posata sul cambio:

"Vuole ringraziarti" disse soltanto, prima di chiudere gli occhi e rimanere immobile.

"Grazie Edd, non sai che favore mi hai fatto. Ora va molto meglio."

"Dovere…" rispose il meccanico, che non era riuscito a non sobbalzare sul sedile quando la voce calda e profonda della TT gli aveva invaso la mente.

 

* * *

 

Le riparazioni proseguirono speditamente: Mike andò a farsi riparare lo schermo a cristalli liquidi del cruscotto ed Edd sostituì i fari anteriori e riparò l’alzacristalli destro. Ben presto furono pronti per un nuovo test di guida.

"Sai sciare?" chiese Mike ad Evelyn quella mattina, sorprendendola, visto che erano appena agli inizi di ottobre e non c’era traccia di neve per miglia e miglia di distanza.

"Si… anche se è talmente tanto tempo che non lo faccio che mi sembra sia successo in un’altra vita. Dove vorresti andare? Sulle Alpi? Mi sembra un po’ lontanuccio."

"No, no, niente Alpi."

"Allora in Scozia?" si intromise il meccanico, anche lui parecchio sorpreso dalla proposta dell’amico, mentre caricava i suoi sci in auto.

"Nemmeno. Voglio andare a Milton Keynes!"

"A Milton Keynes?! E da quando in qua ci sono piste da sci nel bel mezzo della pianura inglese?"

"Sei rimasto indietro, mio caro spilungone! Hanno aperto da poco un centro commerciale con tanto di pista da sci indoor ed è lì che andremo! Sei comoda Evelyn?" le chiese, guardandola dallo specchietto retrovisore.

"Nonostante debba stare abbracciata ai tuoi sci ed a quelli di Edd, direi di si…"

"Ed allora, via! Partenza!"

Il viaggio non durò molto, visto che il centro commerciale in questione distava circa centocinquanta chilometri dall’officina. Evelyn non aveva nulla della sua attrezzatura, rimasta tutta in Italia, perciò fu costretta a comprarsi l’abbigliamento adatto ed a noleggiare sci e scarponi. Quando tornò dalle sue spese trovò i due uomini già sulla pista: Mike se la cavava discretamente, anche se si vedeva da lontano un miglio che era un autodidatta; il povero Edward invece era alle prime armi e tentava di scendere giù per la pista – tra l’altro neanche troppo ripida – con la tecnica dello spazzaneve, pure mal eseguita. Trattenendo a stento una risata la ragazza prese lo ski-lift, tenendo d’occhio lo spilungone che spiccava grazie all’altezza in mezzo a tutte le altre persone. Una volta in cima al breve impianto si mise a seguirlo. Lui era talmente teso e concentrato nella discesa che non si accorse di averla alle spalle fino a che lei non gli andò volutamente addosso, infilandosi con gli sci in mezzo alle sue gambe ed abbracciandolo da dietro. L’uomo non se l’aspettava e facendo roteare le braccia come se avesse voluto spiccare il volo perse l’equilibrio, andando a finire con il sedere per terra. Si voltò a guardarla seccato, visto che lei aveva cominciato a ridere come una matta.

"Non c’è proprio niente da ridere!" esclamò, tentando inutilmente di rialzarsi.

"Scusami, Edd, ma sei così buffo, con quel casco che ti strizza le guance!"

Per tutta risposta l’uomo allungò le sue lunghe braccia, le afferrò le gambe e la fece cadere a sua volta, trascinandosi poi verso di lei fino a coprirla con il suo corpo.

"Allora ti sembro buffo, eh?" le sussurrò ad un nulla dalla sua bocca, facendola arrossire:

"Edd, non siamo soli… ci stanno guardando."

"Che guardino pure…" mormorò, posando le sue labbra su quelle di lei e prendendo a baciarla con tenerezza. Lei dischiuse la bocca ed in breve il bacio divenne appassionato. Le loro lingue danzavano suadenti l’una contro l’altra, ed entrambi persero la cognizione del tempo e dello spazio. Solo quando Mike bussò con una racchetta sul casco del meccanico, facendolo trasalire, i due si resero conto dello spettacolo che stavano offrendo e si rialzarono imbarazzati, Edd con un vistoso rigonfiamento nel cavallo della tuta da sci.

"Cerca di darti un contegno, figliolo" gli sussurrò il socio all’orecchio, facendolo arrossire ancora di più: "C’è talmente tanto testosterone nell’aria che rischi di far sciogliere la neve!"

Il resto della giornata corse via veloce, ma alla fine Edd aveva imparato quanto meno a fare correttamente lo spazzaneve.

"Sono distrutta…" esalò Evelyn lasciandosi cadere sul sedile posteriore: "Erano secoli che non sciavo per una giornata intera!"

"L’importante è che tu ti sia divertita."

"Oh si, molto, Jeremy! E tu? Non credo sia stato molto piacevole stare fermo in un parcheggio tutto il santo giorno."

"No, in effetti… ma non posso più lamentarmi. Sarò venduto presto, non è vero?"

"Credo di si."

"Bene. Non vedo l’ora di cominciare una nuova vita!"

"Ti auguro che sia delle migliori, amico mio" e cullata dal rombo cupo del suo motore la ragazza si appisolò.


Spazio autrice:
Buongiorno a tutti! Questo capitolo è un po' più corto rispetto agli altri pubblicati fin ora, ed anche privo di avvenimenti particolari, escluso forse solo la prima parte. L'ho incluso perchè è stata una delle puntate del programma che mi è piaciuta particolarmente. Ma vi prometto che dal prossimo ci saranno nuovamente delle novità. La storia non è ancora finita! Grazie ancora alla mia fedelissima Lapoetastra che mi allieta con le sue recensioni!
Bacioni!
Evelyn

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Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


Capitolo ispirato alla puntata n° 13 della nona stagione

Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.



Capitolo nove

 

Vendere la TT per Mike fu un gioco da ragazzi: avendola pagata poco – ed avendo speso ancora meno per restaurarla – fu in grado di metterla sul mercato ad un prezzo veramente concorrenziale; essendo ancora una macchina splendida i compratori non mancarono.

Subito dopo averla consegnata, il commerciante si chiuse nel suo ufficio a spulciare su Internet alla ricerca di un nuovo progetto e fu così che Evelyn lo trovò quando passò per la sua visita quotidiana.

"Trovato niente di interessante?"

"In realtà si… guarda qua!" e girò il computer a favore della ragazza, che si trovò davanti la macchinina più strana che avesse mai visto: piccola e rotonda, color giallo smorto e con solo tre ruote, due davanti ed una dietro. A prima vista, le parve l’astronave-uovo di Mork, l’alieno interpretato da Robin Williams nell’omonimo telefilm dei primi anni ottanta.

"Cos’è? Un’astronave del pianeta Ork?"

"No, è una BMW Isetta."

"Una BMW?! Questa volta Mike devo ammettere la mia ignoranza: non ne avevo mai vista una prima di adesso. In Italia non devono averne vendute molte."

"In verità nemmeno qui in Inghilterra, infatti sono più rare di una mosca bianca. In Germania ne sono state vendute molte con il telaio a quattro ruote, ma noi britannici dobbiamo sempre farci distinguere."

"Meno male che almeno lo ammetti, che siete ben strambi. Comunque, dov’è che dobbiamo andare, questa volta?"

"Nel Somerset. Ho preso appuntamento con il proprietario. Ci aspetta domani pomeriggio!"

 

* * *

 

Il giorno dopo i due si recarono sul posto: il proprietario – un simpatico sessantenne dai capelli bianchi, dallo spiccatissimo senso dell’umorismo – li accolse con tutti gli onori. Mike ne rimase molto colpito: doveva essere un intenditore, visto che possedeva anche una bellissima Morgan.

L’Isetta era stata tirata fuori dal suo garage, dopo esserci stata rinchiusa per più di trent’anni. Evelyn la fissò con curiosità e lo stesso fece la piccola vettura: la ragazza sentì il lieve tocco della sua essenza sfiorarle la coscienza, così non esitò e si presentò allegramente:

"Ciao carissima! Mi chiamo Evelyn e sono molto lieta di fare la tua conoscenza!"

L’automobilina rispose con una vocina acuta e squillante, molto simile a quella di una bambina:

"Ciao! Io sono Margareth, ma puoi chiamarmi Meggy! Sei una "rice-trasmittente"?"

Evelyn non aveva mai utilizzato un termine simile per definirsi, ma le piacque comunque:

"Si, se così mi vuoi chiamare."

"Che bello! Siete venuti per comprarmi? Sai, sono stufa di stare chiusa in garage! Si, ogni tanto vengo messa in moto e moooolto raramente il mio proprietario mi porta a fare un giro, ma ora ne ho proprio il carburatore pieno di questa forzata immobilità!"

"Si, siamo qui per comprarti: posso darti un’occhiata, per vedere se hai qualche fastidio?"

"Certo, accomodati pure! Credo di avere qualcosa al cambio perché l’ultima volta che mi hanno portato fuori, tre mesi fa, l’ho sentito un po’ rigido."

Evelyn sorrise e le posò le mani sul tetto, chiudendo gli occhi. L’ometto, che stava ancora chiacchierando con Mike, si voltò a fissarla, costringendo il commerciante a dargli una spiegazione, e si mise a ridere all’assurda notizia che la ragazza stava parlando con la sua auto, prendendola come una battuta.

La piccola Isetta aveva ragione: il cambio era molto vecchio e le sue guarnizioni erano completamente seccate a causa dell’immobilità; per non parlare del freno a tamburo posteriore, che aveva di sicuro visto giorni migliori. C’era anche un’altra anomalia: l’avantreno era stato leggermente allargato, ma la carrozzeria era stata adeguata malamente, con brutti rattoppi rugginosi.

Una volta saliti a bordo, strizzandosi nel piccolissimo abitacolo, la ragazza riferì la sua indagine a Mike, che confermò le notizie sull’avantreno: era stato il proprietario stesso a fare quei rattoppi e gliene aveva parlato durante il loro colloquio. Nonostante fosse costretta a stare schiacciata contro l’abbondante corpo del commerciante, Evelyn si divertì moltissimo durante quel giro di prova. L’uomo non aveva mai guidato un’auto simile e molto spesso inseriva per sbaglio il freno a mano con le ginocchia:

"Su quest’auto ci vogliono le ginocchiere!" esclamò ad un certo punto, scoppiando a ridere come un matto, imitato dalla piccola BMW, che però lui non riuscì a sentire. Solo la ragazza udì la sua risata allegra e spensierata: in effetti, anche la vetturetta era contentissima di fare una bella sgroppata.

"Che bello! Era una vita che non mi divertivo così tanto! Spero sinceramente di poter tornare a correre!"

Evelyn pensò tra se e se che "correre" era una parola grossa, visto che il piccolo motore monocilindrico, a due tempi, che non arrivava nemmeno a 300 cm³ di cilindrata, raggiungeva al massimo gli ottanta chilometri all’ora, ma si guardò bene dal dirlo alla Isetta: in fondo, anche per un uomo si dice correre e gli esseri umani sono di gran lunga molto più lenti.

Mike fu entusiasta della BMW ed al ritorno dal giro di prova intavolò una ferrea trattativa con il proprietario, riuscendo ad ottenere un po’ di sconto dal prezzo richiesto. L’Isetta avrebbe raggiunto l’officina due giorni dopo.

 

* * *

 

Purtroppo per Mike, fu costretto a chiamare un carro attrezzi: la piccola city-car era stata ferma troppo a lungo ed a metà strada il motore decise di abbandonarlo, lasciandolo fermo in mezzo alla via. Dopo un primo momento di sconcerto, seguito da una serie di insulti che niente avevano del tipico aplomb inglese, il commerciante ritrovò comunque il suo buonumore, certo che il suo fidato meccanico dalle mani d’oro sarebbe riuscito a risolvere ogni problema.

Edd fu entusiasta del nuovo acquisto: era un amante delle auto bizzarre e, da ragazzo, aveva lui stesso progettato e realizzato dei prototipi molto più strambi della piccola BMW. Non perse quindi tempo in chiacchiere, mettendosi subito al lavoro.

Come sempre sapeva già cosa lo aspettava, visto che Evelyn lo aveva adeguatamente informato, perciò andò diretto alla fonte dei vari problemi, riparando il piccolo motorino da motocicletta, sostituendo le guarnizioni dei leveraggi del cambio e rettificando il freno posteriore.

La carrozzeria invece si rivelò una sfida ben più ardua: era praticamente impossibile riparare con lo stucco il vecchio parafango, perciò lo spilungone fu costretto a cercare dei nuovi pannelli. Non sapeva ancora che la BMW li forniva in singoli pezzi e che sarebbe stato costretto a montarlo di sana pianta come se fosse stato un puzzle. Lo scoprì con disappunto quando aprì lo scatolone dentro al quale gli erano stati recapitati dal corriere. Fu obbligato a saldare e molare, ma alla fine il lavoro risultò perfetto ed il meccanico si prese non solo i complimenti di Evelyn e del suo socio, ma anche quelli dell’Isetta, prontamente riportati dalla ragazza.

La piccola city-car fu riverniciata in tinta bicolore – rossa e bianca – e quando tornò all’officina ad Eve non parve più un’astronave del pianeta Ork, ma un pacchetto di Marlboro appallottolato. Ovviamente si guardò bene dal dirglielo: le automobili erano molto permalose e di sicuro la piccola Isetta se la sarebbe presa moltissimo.

Giunse finalmente il momento tanto atteso della prova di guida: l’unico problema era che non sarebbero mai riusciti a salire in tre. Mike fu cavaliere e concesse il primo giro ad Evelyn, che si strizzò all’interno dell’abitacolo, stringendosi contro il corpo imponente del meccanico alla guida.

Fu ancora più divertente del primo giorno: anche il commerciante l’aveva fatta ridere a crepapelle, ma con Edd fu tutta un’altra cosa. Innanzi tutto, poteva strofinarsi contro di lui senza troppo pudore e molto spesso lo fece anche quando non era strettamente necessario… In secondo luogo, il meccanico era molto più divertente di Mike e mentre affrontava le strade tortuose del centro cittadino le urlò spesso: "Siamo in curva! Piegati, piegati!" fingendo di essere su una motocicletta.

Anche la piccola BMW si mise d’impegno e cominciò a fare versi strombazzanti, come una bambina che imita il rumore di un motorino, alimentando sempre più l’ilarità della ragazza.

Quando finalmente tornarono all’officina, dopo più di un’ora di scorrazzate, ad Evelyn faceva male la pancia per il gran ridere ed al momento di scendere fu costretta ad aggrapparsi al braccio di Edward per non cadere.

Non appena aprirono il portellone del garage, però, il sorriso morì di colpo sui loro visi: l’interno dell’officina era un vero disastro, come se vi fosse appena passato un tornado: i mobili porta attrezzi erano stati rovesciati, il contenuto dei loro cassetti sparso su tutto il pavimento dell’officina; la macchina laser per la misurazione della convergenza era stata buttata a terra senza tanti complimenti, lo schermo del computer frantumato da una martellata; le bottigliette di olio accuratamente poste in fila sugli scaffali erano state stappate e versate, il liquido vischioso che ancora gocciolava dai ripiani; la smerigliatrice angolare era stata scaraventata con forza da una parte all’altra della stanza, dove aveva incrinato uno dei vetri a protezione dell’ufficio di Mike. Ufficio che non era in condizioni migliori del resto: tutto ciò che era posato sulla scrivania era stato buttato sul pavimento, cellulare e laptop compresi; quest’ultimo era ancora acceso, ma era praticamente impossibile capire cosa lo schermo stesso proiettando, visto che i cristalli liquidi si erano irrimediabilmente danneggiati; la poltrona, fatta con un sedile da corsa, era stata tranciata con un taglierino, l’imbottitura che penzolava tristemente dagli squarci. Non c’era nessuna traccia del commerciante.

"Oh mio Dio…" mormorò Edd, mettendosi le mani nei capelli e guardandosi intorno incredulo e smarrito: "Ma cosa diavolo è successo?"

"Non lo so…" sussurrò in risposta Evelyn, chinandosi a raccogliere un cacciavite e posandolo su uno dei ripiani: "Ma dov’è Mike?"

Al sentire il nome del socio, lo spilungone parve riprendersi e cominciò a chiamarlo a gran voce. In risposta ai suoi richiami giunse un mugolio attutito, accompagnato da dei colpi bussati contro una porta. Entrambi si diressero in direzione dei rumori, che provenivano dal bagno, la cui entrata era stata bloccata da uno dei mobiletti rovesciati.

"Mike! Mike, sei lì dentro?" urlò Edd.

"Tiratemi fuori di qui!" giunse la risposta del commerciante, che prese anche a sbatacchiare l’uscio nel tentativo di liberarsi da solo. Lo spilungone spinse via l’ingombro e l’uomo più anziano riuscì finalmente ad uscire dalla sua prigione, ansimando, con la camicia fuori dai pantaloni e mezza strappata ed un livido violaceo sullo zigomo sinistro.

"Santo cielo, Mike, ma cosa è successo?!"

"E’ stata tua moglie…" rispose, con il fiato ancora corto, il palmo della mano premuto sul petto.

"Cosa?! Imogen?! E’ stata qui?!"

"Si… E’ arrivata pochi minuti dopo che ve ne siete andati… Quando ho sentito aprire la porta, ho pensato che aveste dimenticato qualcosa, ed invece era lei…"

"Che cosa voleva?"

"Cercava te… Forse voleva parlarti, o forse aggredirti, non ne ho la più pallida idea! Ma quando gli ho detto che non c’eri, è letteralmente esplosa."

Gli altri due rimasero fermi a guardarlo, in attesa che continuasse. Lui fissò per un attimo Evelyn prima di mormorare:

"Non credo ti piacerà il modo in cui ti ha definito."

Lei fece un cenno con il capo e le spalle ad indicare che non gliene importava un fico secco e l’uomo continuò:

"Mi ha chiesto dov’eri e quando gli ho risposto che eri uscito a fare un giro di prova, lei ha cominciato ad urlare: "E’ con quella puttana Italiana matta come un cavallo, non è vero?". Ed io le ho chiesto di moderare i termini, ma lei non mi ha nemmeno ascoltato: "E’ tutta colpa tua se Edward mi ha lasciato! Sei stato tu a portare qui quella puttana!" e poi mi ha dato un pugno in faccia…" e si indicò il livido: "Mi ha colto totalmente alla sprovvista: ha ripreso ad urlare come una pazza, ha preso il mio computer, l’ha usato per spazzare la scrivania e poi l’ha buttato a terra come tutto il resto. A quel punto ho capito che era andata fuori di testa, così mi sono rinchiuso nel bagno ed ho aspettato che se ne andasse. Quando ho provato ad aprire la porta, però, ho scoperto di essere bloccato e non ho potuto fare altro che attendere il vostro ritorno. Non ho nemmeno potuto chiamare la Polizia, perché il telefonino era finito sul pavimento insieme a tutto il resto… A proposito di resto: oh mamma!" esclamò, guardandosi finalmente intorno e rendendosi conto dello sfacelo che regnava in officina.

Evelyn prese il suo cellulare e lo porse a Mike, per farlo telefonare alle Forze dell’Ordine, ma il meccanico la bloccò:

"Aspetta! Non chiamare la polizia! Prima voglio parlarci io."

"No, Edd! E’ pericoloso!" saltò su la ragazza: "Guarda che cosa ha combinato qui! Se vai da lei rischi di farti male sul serio!"

"Devo farlo! E’ pur sempre mia moglie!"

"Dovresti dimenticarti di lei, non andarci a mercanteggiare!" esclamò di nuovo Evelyn, ferita dal tono del giovane uomo, il quale le rispose, duro:

"Fino a che non chiederò ed otterrò il divorzio, lei rimane mia moglie! Che ti piaccia o no! Ho passato con lei quasi vent’anni della mia vita, non posso cancellarli con un colpo di spugna! Questa faccenda spetta a me!"

"Allora lascia almeno che ti accompagni" gemette lei, sull’orlo delle lacrime: "Ho paura di quella donna…" ma Edd rispose con un cenno di diniego, prese le chiavi della sua Range Rover, che erano rimaste fortunatamente indenni appese ad un gancio accanto alla porta ed uscì sbatacchiando l’uscio.

Evelyn rimase a fissare per un attimo nel vuoto, con le lacrime già pronte ad uscire; ma quando Mike le appoggiò le mani sulle spalle, con fare consolatorio, lei si riscosse. Raddrizzò la schiena e disse, seria:

"Non permetterò a quell’elefantessa di far del male ad Edward! O, peggio ancora, non le permetterò di riprenderselo! Posso prendere la tua Toyota, Mike? Voglio passare inosservata e con l’Isetta temo non sia possibile!"

L’uomo si tolse le chiavi di tasca, lanciandogliele. Lei le afferrò al volo ed uscì, sbatacchiando la porta come lo spilungone poco prima.

Una volta a bordo, però, si rese conto di non sapere dove abitava Imogen:

"Ehi, Fred" si rivolse con la mente al fuoristrada: "Tu lo sai dove viveva Edd?"

"Certo che lo so."

"Allora guidami!" e seguendo le indicazioni dell’auto, arrivò a destinazione cinque minuti dopo Edward.

Vide il suo fuoristrada parcheggiato nel vialetto e senza fare rumore gli passò accanto, fermandosi davanti alla finestra del bovindo, spiando da dietro le tende prima di entrare. Quello che vide la lasciò senza fiato: Edd aveva serrato tra le mani i polsi della moglie, che stava tentando di prenderlo a pugni i faccia: era molto alta per essere una donna, una gigantessa appunto, ma al confronto con il meccanico, che la sovrastava di venti centimetri buoni, appariva minuta. Lottò con tutte le sue forze per qualche istante, poi si abbandonò contro il petto del marito, che le lasciò andare le mani e la prese per le spalle, avvicinando poi il viso al suo. I due si guardarono negli occhi per un brevissimo istante, poi entrambi li chiusero e si baciarono con foga. Evelyn riuscì a vedere chiaramente le loro lingue che lottavano l’una contro l’altra mentre, senza separarsi, i due cominciavano a spogliarsi. Edd strappò la camicetta dal petto della moglie, poi alzò le braccia per permetterle di sfilargli la felpa. Rimase a guardarli mentre, entrambi nudi, copulavano selvaggiamente sdraiati sul divano. All’apice del piacere, il meccanico gridò il nome della moglie mentre veniva dentro di lei. Quel nome, "Imogen", invocato dall’uomo che amava la riscosse dalla sua contemplazione: scrollò fortemente la testa, per scacciare le lacrime che le roteavano negli occhi, ma quando tornò a guardare, le immagini erano cambiate: Edd e sua moglie non erano nudi, non erano stesi sul divano, non avevano appena finito di scopare. Stavano ancora litigando furiosamente, accalorati: lei con una statuina di porcellana in mano, lui che si difendeva con le braccia ogni volta che la moglie la brandiva sopra il capo.

"Allora mi sono immaginata tutto!" esclamò a voce alta, per il sollievo. Aveva avuto talmente tanta paura che Edward potesse tornare a riappacificarsi con sua moglie che il suo fervido cervello l’aveva ingannata a quel modo! Eppure, era la prima volta che le succedeva una cosa del genere: non aveva mai avuto visioni così nitide e perfette. Solo quando era in connessione con un’automobile accadeva che le giungessero immagini provenienti dalla mente della vettura stessa, ma non le era mai capitato di averne senza un collegamento attivo.

Prese un profondo respiro: era giunto il momento di intervenire, aveva già aspettato anche troppo. Con un calcio spalancò la porta d’ingresso, facendo voltare entrambi nella sua direzione:

"Evelyn! Cosa ci fai qui?!" le urlò il meccanico. Tentò di muoversi verso di lei, ma sua moglie fu più lesta e con un grido le lanciò la statuina che stringeva ancora tra le dita. La ragazza la schivò spostandosi di lato, poi allungando il passo raggiunse la donna: era più alta di lei di una spanna e molto più imponente, ma in quel momento non provava più nessuna paura. La afferrò per un polso, stringendo appena, fissandola negli occhi. Non aveva mai provato ad usare il suo "potere" sugli esseri umani e quello che sentì non fu affatto piacevole: la coscienza degli uomini era molto più contorta e torbida di quella limpida e lineare delle automobili e non fu in grado di scendere in profondità; ma evidentemente quel poco fu più che sufficiente, perché la donna si bloccò di colpo, rimase immobile per pochi istanti, poi cominciò a gridare, con la voce resa acuta dalla paura:

"Cosa mi stai facendo? Lasciami, lasciami!"

"Non ti permettere di fare del male ad Edward" la minacciò Evelyn, continuando a scavare nei meandri della sua essenza, ma senza troppa convinzione, solo per farle paura: "Oppure ti prometto che diventerò il tuo incubo peggiore…" e con un ultimo affondo le inviò un’immagine di se stessa in una posa molto minacciosa. Con le automobili lo scambio di immagini funzionava e sperò che così andasse anche con Imogen. A giudicare dallo sguardo perso che assunse la gigantessa, Eve seppe di aver fatto centro.

Lentamente la lasciò andare, poi si volse e senza degnarla di un’altra occhiata uscì dall’abitazione. Edd la seguì pochi istanti dopo, ma Evelyn non si fermò finché non ebbe raggiunto la Toyota di Mike.

"Cosa sei venuta a fare qui? Ti avevo chiesto di lasciarmela sbrigare da solo!"

Prima di rispondere, la ragazza lanciò uno sguardo alla finestra del bovindo: Imogen stava spiando da dietro le tende.

"Possiamo andarcene, per favore? Torniamo all’officina, poi risponderò a tutte le tue domande."

Il meccanico annuì brevemente e salì a bordo della sua Range Rover. Mentre guidava, seguendo il fuoristrada di Mike, tornò con la mente alla stranissima esperienza che aveva appena vissuto: non appena era entrato in casa ed aveva visto sua moglie, pallida e scarmigliata, aveva avuto un tuffo al cuore. Come colpito da una folgorazione, si era reso conto che, nonostante tutto quello che era successo tra lui ed Evelyn, non aveva mai smesso di amare Imogen. In fondo, proprio come aveva detto alla ragazza soltanto un’ora prima, lui e sua moglie avevano passato insieme gli ultimi vent’anni e niente e nessuno avrebbe mai potuto cancellare quella parte consistente della sua vita. Quando le aveva stretto le mani sui polsi, per evitare di farsi prendere a pugni, aveva pensato con veemenza e ferocia a quanto gli sarebbe piaciuto spogliarla e buttarsi su di lei, prendendola e facendola sua. Aveva immaginato chiaramente tutta la scena – dal primo all’ultimo secondo – e non si era affatto stupito nello scoprire di aver avuto un’erezione. La cosa veramente strana, però, era stata il fatto che, mentre fantasticava di fare l’amore con Imogen, aveva percepito un’oscura presenza nella sua mente, come se ci fosse stato qualcuno, o qualcosa, che lo spiava. Aveva scrollato il capo ed era tornato presente a se stesso ed era stato allora che Evelyn era entrata nella stanza.

Per un attimo ebbe la vaga idea che quella presenza fosse stata proprio la ragazza, ma poi scosse di nuovo la testa: no, era impossibile!

 

* * *

 

"Adesso vuoi rispondermi, per favore?"

Edd tornò subito alla carica, non appena furono rientrati nel garage. Mike nel frattempo si era rimboccato le maniche ed aveva cominciato a raccogliere da terra ciò che si poteva ancora salvare di quanto era stato sulla sua scrivania, buttando le cose ormai rotte dentro un grosso bidone di plastica per la spazzatura.

"Avevo paura, Edd" gli rispose lei, alzando il viso per guardarlo negli occhi: "Paura che potesse farti del male… ma anche che, in qualche modo, potesse farti tornare da lei. Non voglio perderti, Edward…"

Lo sguardo del meccanico si incupì:

"Non mi perderai. Ho chiuso con Imogen, lo sai. Volevo solo capire da lei perché ci ha devastato l’officina, tutto qui" ma, mentre lo diceva, si rendeva conto di stare mentendo, a lei, ma soprattutto a se stesso: non avrebbe mai chiuso, con Imogen.

"E te lo ha spiegato?"

"Veramente no, visto che ha cominciato ad insultarmi non appena sono arrivato fino a quando non sei entrata tu."

La ragazza tornò col pensiero alla brutta allucinazione che aveva avuto davanti alla finestra e di slancio si lasciò andare tra le sue braccia. L’uomo rimase rigido per un brevissimo istante, poi la strinse a se posandogli un lieve bacio sulla fronte.

"Penso che dovremmo dare una mano a Mike, non credi?"

Evelyn annuì ed entrambi si misero al lavoro. Mentre lo faceva, Evelyn si confidò con la piccola Isetta, che era rimasta fuori.

"Sai Meggy, ho avuto veramente paura che tornasse da sua moglie…"

"Non devi temere nulla" le rispose la vocina acuta e squillante della BMW: "Eddy ti ama! Sarò anche piccola, ma sono vecchia e certe cose le capisco al volo!" disse, in buona fede. Purtroppo per lei, quelle sarebbero diventate le sue "ultime parole famose".


Spazio autrice: Eccomi di nuovo qua! La storia si sta avviando alle sue battute finali, ma ci sarà ancora tempo per qualche sorpresa. Spero che questo capitolo, più movimentato rispetto al precedente, sia stato di vostro gradimento! Vi va di farmelo sapere? No? Io sto qui ad aspettare i vostri pareri, gente!
Evelyn

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***


Capitolo ispirato alla puntata n° 3 della decima stagione

Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo




Capitolo dieci

 

 

Contrariamente alle sue aspettative, per Mike vendere l’Isetta fu un gioco da ragazzi: non fu necessario nemmeno pubblicizzarla su Internet. Il direttore della sede britannica della BMW aveva saputo, infatti, che i due stavano restaurando la micro-car ed aveva chiesto di vederla perché interessato ad acquistarla per inserirla nel loro parco d’auto d’epoca. I due uomini andarono insieme a mostrargliela e furono costretti a tornare all’officina in taxi perché l’acquisto fu concluso subito.

Il tempo di rimettere tutto in ordine e di comprare un nuovo portatile, che già il commerciante si era messo in caccia di un’altra vettura da acquistare. Era da diverso tempo che pensava di comprare una Range Rover, ma ne aveva sempre trovate di troppo costose, molto al di la dell’esiguo budget a sua disposizione: quei due lavoravano come matti, pensava spesso Evelyn, ma sembrava che non avessero mai il becco di un quattrino.

Finalmente le ricerche dell’uomo più anziano furono appagate: nel nord del paese un concessionario voleva sbarazzarsi di una Range Rover di terza generazione, da lui stesso definita "imbarazzante".

"E lo credo che l’ha chiamata così!" esclamò Mike non appena vide le foto del fuoristrada in questione: "Questa macchina è orribile!"

Evelyn si sporse a guardare: si trattava di un mastodonte su quattro ruote, dalla bizzarra verniciatura nero-blu: sembrava che fosse interista! Alla ragazza parve buffa, molto particolare, ma di sicuro non orribile.

"Come non è orribile?! Guarda qua che obbrobrio! Se la compro, la prima cosa che faccio è farla riverniciare!"

"Ricordati di una cosa, Mike" lo redarguì Evelyn: "Solo un’automobile può dire ad un’altra automobile "sei brutta"! Se hai intenzione di andarla a vedere di persona, non fartelo sentir dire, o questa volta sarai tu ad essere preso di mira."

Il commerciante si strinse nelle spalle, come a voler dire: "Se lo dici tu…", poi afferrò il cellulare – nuovo anch’esso – e contattò il concessionario.

Due ore dopo, lui e la ragazza erano già in viaggio per andare a vedere il bizzarro Range Rover.

La giornata uggiosa non contribuiva ad aggraziare il povero fuoristrada, che si rendeva perfettamente conto della sua stranissima verniciatura:

"Vi prego, non mettetevi a ridere; vi prego, non mettetevi a ridere…" lo sentì mormorare Evelyn non appena arrivò a portata della sua essenza, con un vocione caldo alla Barry White. La sua sentita supplica la spinse a confortarlo immediatamente:

"Non preoccuparti, amico mio: io di sicuro non riderò e se il mio accompagnatore oserà farlo gliene farò passare la voglia!"

La Land Rover rimase per un attimo interdetta, prima di mettersi a strillare, a tal punto che la ragazza fu costretta a mettersi le mani sulle orecchie, anche se inutilmente: non aveva ancora trovato un modo veramente efficace per tapparsi le "orecchie della mente".

"Ahhhhhh! Ma tu parli!"

"Si, ed anche tu, da quello che posso dedurre" gli rispose, lasciandosi scappare una risatina: "Mi chiamo Evelyn. Scusa, non volevo spaventarti: spesso dimentico che molti di voi non hanno mai incontrato qualcuno come me prima d’ora. "

"Io credevo che quelli come te non esistessero nemmeno! Si, ne avevo sentito parlare ma, voglio dire, quante baggianate si sentono dire, in giro?"

"Bè, ora sai che, almeno questa, non è una baggianata."

"No, di sicuro no… mi fa impressione, però…"

"Come?! Un fuoristrada grande e grosso come te che si lascia impressionare da una ragazza?"

Se ne avesse avuto la possibilità, il grosso automezzo sarebbe arrossito: Evelyn percepì il suo imbarazzo come un cambio nella frequenza delle vibrazioni della sua essenza.

"Non preoccuparti, stavo solo scherzando! Ti va di dirmi almeno come ti chiami?"

"Oh, si, certo, scusami, sono proprio un maleducato! Mi chiamo John."

"Molto bene, John. Il mio amico ed io siamo venuti per darti un’occhiata e valutare se comprarti o meno" si volse a guardare Mike, che nel frattempo aveva aperto la portiera della Range Rover e stava criticando l’accostamento di colore degli interni: "Durante il giro di prova dovrei sondarti alla ricerca di problemi o anomalie."

"Farà male?" le chiese, preoccupato, ed a lei venne da sorridere: quel grosso mastodonte rispecchiava in pieno il detto: "Grande, grosso e coglione".

"Assolutamente no!"

"Va bene allora…"

Eve salì a bordo, dal lato del passeggero. Mike sfilò gli occhiali scuri dalla fronte del concessionario e li inforcò, prima di mettere in moto:

"Così almeno mi proteggerò dal riverbero di questo cruscotto così pacchiano! E se incontriamo qualcuno che conosco, forse non mi riconoscerà se mi metto anche il cappuccio!"

"Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo! Sono brutto!"

"No John, non sei brutto! A me piaci moltissimo, per esempio!" ed alzando la voce si rivolse al commerciante:

"Mike, ricordati cosa ti ho detto prima di partire: non offendere!" e poi, dopo aver poggiato le mani sul cruscotto ed aver emesso un sospiro tremolante, entrò nella coscienza del fuoristrada.

Vide subito che i cavi dell’iniettore del terzo cilindro non funzionavano e quindi quel particolare pistone non riceveva la sua dose di carburante. Andando più a fondo, scoprì che il piccolo compressore che comandava le sospensioni ad aria non funzionava. Il resto non aveva problemi rilevanti.

Comunicò i risultati della sua analisi all’uomo che aveva di fianco, che annuì:

"Infatti qui sul display del cruscotto c’è scritto: "Sospensioni inattive"; e mi spiego anche perché questo motore sembra un po’ troppo goffo."

"Allora, cosa hai intenzione di fare?"

"Credo che lo comprerò: in fondo costa poco e con quello che risparmio posso permettermi di farlo riverniciare. Pensavo di farlo bianco, tu che ne dici?"

"Cosa ne pensi, John?" chiese lei a voce alta.

"Va bene tutto, purché la gente la smetta di pensare che sono brutto!"

"Dovremo cambiare anche gli interni: non si possono guardare!"

"Mike, la vuoi smettere per favore?"

"Non dirmi che a te piace!"

"Se proprio vuoi conoscere la mia opinione, si, a me piace così com’è! Se fosse mio non cambierei nemmeno il colore! Ma ciò che penso io non è rilevante."

"E’ rilevante per me! Grazie Evelyn!" e la ragazza rispose al fuoristrada con una pacca sul cruscotto.

 

* * *

 

Due giorni dopo il Range Rover fece il suo ingresso ufficiale nell’officina. Nonostante le raccomandazioni di Eve, anche Edd espresse il suo disappunto sulla carrozzeria e sugli interni:

"Mike, è orribile! E l’interno? Sembra una discoteca anni ottanta! Dobbiamo assolutamente cambiarlo!" decretò non appena si mise a sedere nell’abitacolo, provocando un altro calo di stima nel fuoristrada, che ululò sconsolato. Per vendicarlo, Evelyn dette un pizzicotto al braccio dello spilungone, facendolo sobbalzare per il dolore:

"Ahio! Ma sei impazzita?!" le gridò, strofinandosi vigorosamente la parte lesa.

"Così impari a moderare i termini! Questo Range Rover è già anche troppo abbattuto, non serve affatto che tu rincari la dose!"

"A volte mi chiedo se hai più rispetto per me, o per le auto che Mike mi porta…" commentò lo spilungone scuotendo la testa.

Per prima cosa Edd si mise al lavoro sulla parte meccanica: ascoltò attentamente il motore del fuoristrada, quasi come un dottore che ausculta il suo paziente – questo gli fece riguadagnare punti nella stima di Evelyn – poi sostituì il cablaggio difettoso. Passò dunque al compressore: avrebbe tanto voluto ripararlo, ma la Land Rover non forniva i pezzi di ricambio, perciò fu costretto ad arrendersi ed a comperarne uno nuovo.

Fatto questo, fu costretto ad affrontare la carrozzeria: si armò della sua fidata smerigliatrice e, dopo aver smontato tutti gli inserti, grattò tutta la superficie fino a renderla pronta per la nuova verniciatura. Alla fine del processo aveva polvere nera e blu praticamente ovunque, perfino all’interno delle orecchie.

"Se vuoi, posso aiutarti a lavarla via…" gli sussurrò maliziosa Evelyn, pronta a farsi perdonare per il pizzicotto di qualche giorno prima. Il meccanico ebbe solo un attimo di incertezza, che Evelyn non notò, poi gli rispose con un verso gutturale che lei prese come un "si" e quella doccia durò molto più del necessario. Mentre facevano l’amore, però, Edd si rese conto di provare esattamente l’esperienza opposta a quella che aveva avuto all’inizio: se, durante i primi tempi, prima di lasciare sua moglie, mentre faceva l’amore con lei pensava ad Evelyn, adesso mentre stringeva la ragazza tra le braccia sognava Imogen. Si chiese se avrebbe fatto meglio a lasciarla, poi ricordò le parole di Angelo, la Lamborghini Urraco: "Non farle del male!". Se le avesse detto che amava ancora sua moglie, Eve come l’avrebbe presa? In fondo, lui le voleva ancora bene… Incerto sul da farsi, decise di aspettare ancora un po’, per vedere che piega avrebbero preso gli eventi.

 

* * *

 

Prima di poter procedere alla verniciatura Edd fu costretto a fare altre modifiche al muso dell’auto: Mike aveva comprato nuovi fari, per poter fare un "lifting" al fuoristrada, ma le nuove lenti erano leggermente diverse dalle vecchie e non entravano nell’alloggiamento. Dopo aver misurato e tagliato – Evelyn fu costretta ad uscire dall’officina di corsa per non sentire le urla di dolore del Range Rover – il grosso mezzo fu finalmente pronto per andare in carrozzeria, da cui ne uscì due giorni dopo completamente bianco.

Anche la ragazza fu costretta ad ammettere che così andava molto meglio ed assistette al montaggio degli inserti continuando a rassicurare la vettura:

"Stai tranquillo, John! Sei bellissimo! Sei uno schianto!"

"Non è che lo dici solo per tranquillizzarmi, vero? Sono sempre stato preso in giro per il mio vecchio colore…"

"Nessuno ti prenderà più per i fondelli. Ora sei uno splendido Range Rover bianco, come quelli della Polizia!"

"Allora andrà a finire che mi chiameranno piedipiatti! Uh-uh…"

Evelyn non riuscì a trattenersi e scosse la testa, sconsolata: quel fuoristrada era senza speranza, privo di autostima e pieno di complessi!

"Spero che Mike non abbia in mente qualcosa di troppo particolare per il giro di prova" commentò a voce alta, facendo voltare il meccanico dalla sua parte.

"Perché?"

"John è talmente complessato che la sua coscienza potrebbe anche risentirne. Non è al livello di Angelo, ma ci manca molto poco."

La ragazza sospirò al pensiero della Urraco ed anche Edd non riuscì a fare a meno di arrossire: quell’auto risvegliava anche in lui ricordi molto particolari.

Quando Mike arrivò la mattina successiva, annunciando ai due che per il loro test di guida sarebbero andati a caccia, le funeste previsioni di Evelyn si avverarono.

"A caccia?! Perché a caccia?! E a caccia di cosa?!"

"Non ne ho idea, John."

"Allora dovremo anche andare fuori strada?"

"Credo di si…"

"Io non sono mai andato fuori strada! E se mi faccio male?"

"Non credo che ti farai male. E poi abbiamo Edd con noi, non dimenticarlo. Se dovesse succederti qualcosa ci penserà lui ad aggiustarti."

"Allora anche tu pensi che potrebbe succedermi qualcosa? Io non sopporto il dolore! Uh-uh…"

"Stai tranquillo, amico mio… non ti accadrà nulla!"

Durante il viaggio verso nord, la ragazza fu costretta a sorbirsi tutte le paturnie del fuoristrada, arrivando al punto di agitarsi sul divano posteriore talmente tanto da sembrare che avesse il Ballo di San Vito. I due uomini si voltarono a guardarla interrogativamente e lei per tutta risposta posò le mani sulle loro spalle, la destra su quella di Edd – che stava guidando – e la sinistra su quella di Mike, si concentrò e fece da catalizzatore ai pensieri del Range Rover.

"Mamma mia, ma quando arriviamo? Manca ancora tanto? Non pensavo che saremmo andati così lontano… e poi a caccia! Perché a caccia? A caccia di cosa? E se mi faccio male? Io non sopporto il dolore! Mi fanno già male gli assali per il troppo correre! Ma quando arriviamo? Manca ancora tanto?…"

Edd era ormai avvezzo a quel genere di esperienza e l’unica reazione che ebbe fu un brivido e la richiesta sussurrata di farlo smettere. Mike invece sobbalzò sul sedile, guardandosi intorno sconcertato, senza riuscire a capire chi fosse a parlare con quel vocione lamentoso. Quando si rese conto che era l’auto su cui stavano viaggiando si voltò di nuovo a fissare la ragazza, che aveva gli occhi chiusi:

"Basta così, per carità!"

La ragazza tolse le mani, ma non smise di agitarsi:

"E tu sei costretta a sorbirti questa tiritera?" lei annuì: "E non puoi fare niente per… non ascoltare?"

L’unica risposta di lei fu un cenno di diniego.

"In questo momento non ti invidio affatto!" commentò e lei si strinse nelle spalle e scosse la testa, sbattendosi le mani sulle orecchie.

Arrivarono a destinazione che ormai era buio: Edward aveva abbandonato la strada asfaltata, seguendo le indicazioni di Mike, inoltrandosi tra le colline coperte da un leggero strato di neve, provocando altre lamentele da parte del fuoristrada, che era ormai arrivato alle soglie di una crisi isterica. Si fermò poco dopo davanti ad un baracchino di legno, il cui contenuto fece saltare definitivamente i nervi non solo alla grossa vettura, ma anche alla ragazza: un tiro a segno molto simile a quelli che si potevano trovare al luna park, con tante piccole sagome di paperelle gialle e sorridenti che attendevano solo di essere abbattute.

"Cosa?!" esclamarono all’unisono Evelyn e John, anche se il grosso mezzo solo a beneficio della ragazza:

"Ed io mi sono dovuta sorbire tutte le sue preoccupazioni" riprese indicando il cruscotto del Range Rover: "Solo per poi trovarmi davanti ad una bancarella da fiera di paese?"

Il commerciante la guardò con sguardo colpevole, prima di scendere imitato dal meccanico. Eve li seguì, dimenticando per la rabbia persino di mettersi il giubbotto.

"Potresti almeno dire qualcosa a tua discolpa, Mike! Hai sentito anche tu cosa ho dovuto sopportare durante questo viaggio del cazzo!"

I due uomini, che stavano tirando fuori dal bagagliaio le carabine giocattolo, si voltarono di nuovo a guardarla, forse stupiti di sentirla pronunciare una parola tanto volgare.

"Se te lo avessi detto avrei rovinato la sorpresa…" provò a discolparsi il commerciante.

"Rovinato la sorpresa?! Mi hai rovinato la giornata, non la sorpresa!"

"Ed anche a me!" aggiunse il fuoristrada, la voce non più lamentosa ma iraconda. La ragazza cominciò a temere seriamente la reazione della vettura: se, come dice il detto, "non c’è cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo", avrebbero dovuto cominciare veramente a preoccuparsi.

Mike abbassò per un attimo lo sguardo, ma senza smettere di prepararsi, imitato dall’amico. Voltandogli le spalle si misero poi a sparare alle anatre di cartone, scatenando la furia del Range Rover:

"Sono ben abituato ad essere preso in giro, ma quando è troppo è troppo!" sbottò, il tono talmente alto da far sobbalzare la ragazza, che ancora una volta portò involontariamente le mani alle orecchie:

"Evelyn! Voglio che mi sentano! Ma senza che mi tocchino!"

Sapeva fin troppo bene che cosa intendeva il grosso automezzo: avrebbe dovuto lasciare entrare la sua essenza dentro di lei, per permettergli di utilizzare la sua voce: una pratica che aveva messo in atto raramente e che poi la lasciava senza quasi più forze. Si mise il giubbotto, poi poggiò entrambe le mani sul cofano e chiuse gli occhi, lasciando che la coscienza di John entrasse dentro la sua, invadendola con rabbia, permeandola di tutte le sue emozioni contrastanti. Quando raggiunse la sua bocca gli occhi le si spalancarono, ma rimasero fissi nel vuoto.

"Ehi! Voi due!"

Entrambi gli uomini sobbalzarono – Edd si lasciò persino cadere il fucile di mano – e si voltarono lentamente in direzione della voce che avevano già sentito, durante il tragitto, nelle loro menti. Videro Evelyn in piedi, di profilo, aggrappata al cofano del fuoristrada come se fosse stato un salvagente in un mare in tempesta, gli occhi vitrei puntati sul nulla. La sua bocca si aprì di nuovo ed ancora ne uscì il vocione del Range Rover.

"Vi siete bellamente presi gioco di me! Mi avete fatto preoccupare fino allo sfinimento! Mi avete sentito tramite Evelyn, sapevate cosa stavamo provando entrambi! E non avete fatto nulla per evitarlo! Non solo avete mandato in paranoia me, ma avete giocato anche con lei, fregandovene di tutto se non dei vostri stupidi giochetti! Vi odio! Non contate su di me per tornare a casa!" e con la stessa veemenza con cui era entrato si ritirò, lasciando che Evelyn si afflosciasse come un sacco vuoto, gli occhi ancora sgranati a fissare il cielo stellato.

"Evelyn!" gridò il meccanico, riscuotendosi e correndo verso di lei, prendendola a schiaffetti per tentare di rianimarla:

"Che cosa le hai fatto?!" aggiunse rabbiosamente rivolto al fuoristrada, anche se sapeva perfettamente che non sarebbe mai stato in grado di sentire la sua risposta; che tra l’altro non fu mai data, perché John stesso si spaventò moltissimo non appena la vide accasciarsi al suolo e non si curò minimamente dei due uomini ma soltanto della ragazza stesa accanto alle sue enormi ruote:

"Evelyn? Evelyn! Oh, che cosa ti ho fatto? Sono il solito combina pasticci!"

Dopo pochi istanti lo sguardo della ragazza si schiarì, tornando a mettere a fuoco quello che la circondava, primo tra tutti il viso preoccupato di Edward.

"Sto bene..." riuscì a mormorare debolmente, tentando di mettersi seduta.

"Veramente stai bene? Non ti ho fatto male, vero?"

"No, John, stai tranquillo, tra poco mi rimetterò… hai davvero intenzione di lasciarci qui fuori?"

"Non tu, ovviamente! Se mi guiderai tu, ti porterò anche in capo al mondo, ma senza di loro!"

Evelyn sorrise debolmente:

"Non me la sento di lasciarli qui da soli… Mike ha sbagliato, è vero, ma non sbagliamo tutti?"

"Come vuoi, ma allora dormirete all’addiaccio! Ormai ho preso la mia decisione e finché non mi sbollirà un po’ la rabbia non mi schioderò da qui! Anche se so già che sentirò un freddo…"

"Almeno lasciali salire a bordo: soffriremo tutti il freddo e così saremo pari."

"D’accordo…"

"Cosa vi siete detti?" chiese il commerciante con tono preoccupato, quando vide la ragazza riportare l’attenzione su di loro.

"Che non ha intenzione di muoversi da qui. Ci lascerà salire a bordo, ma dormiremo tutti all’addiaccio" gli rispose Evelyn, alzandosi di nuovo in piedi, sorretta da Edd.

Visto che non avevano altre alternative, i tre si sistemarono come meglio poterono: Edward e Mike sui sedili anteriori e la ragazza sul grosso divano posteriore. Non fu facile per lei addormentarsi con il freddo che aveva addosso e presto si ritrovò con gli occhi di nuovo aperti, raggomitolata come un gatto nel vano tentativo di scaldarsi, ad ascoltare i respiri lenti e regolari dei due uomini.

Ad un tratto, però, la voce di Edd ruppe il silenzio, pronunciando un’unica parola biascicata: "Icey".

La ragazza si drizzò a sedere, colta da uno strano presentimento: quello aveva tutta l’aria di essere un nomignolo affettuoso, che non aveva mai usato con lei. Che stesse sognando un’altra donna? Magari sua moglie Imogen? Scosse la testa per scacciare il pensiero: in fondo, il suo cervello le aveva già giocato un bruttissimo scherzo il giorno in cui l’aveva seguito a casa della ex e di sicuro stava succedendo anche adesso; ma…

"Icey…" mormorò di nuovo il meccanico, rigirandosi nel sonno. Evelyn cominciò a smaniare: "E se dessi un’occhiatina al suo sogno?" si disse, per poi scuotere subito dopo la testa: assolutamente no, non sarebbe stato leale nei confronti dell’uomo che amava! Però la curiosità era talmente tanta! Aveva scoperto proprio in quel giorno di un passato recente di essere in grado di utilizzare i suoi poteri anche sugli uomini, anche se in forma limitata, ed allora perché non dare una sbirciatina? Già sapendo che poi se ne sarebbe sicuramente pentita, ma incapace di fermarsi, sfiorò con le dita la fronte di Edward, affacciandosi lentamente nella sua coscienza.

La sua essenza gli apparve subito meno torbida e cupa di quella della moglie, forse perché stava dormendo ed era privo di difese. Il suo sogno era lì, galleggiava davanti a lei come una barchetta in mezzo al mare. Prese un respiro profondo e ci si tuffò dentro.

Come aveva sospettato, Icey era il soprannome con cui chiamava Imogen nei momenti di dolcezza e di intimità ed il sogno riguardava proprio uno di quegli ultimi. Edd stava sognando di fare l’amore con sua moglie sotto la doccia. Ad una seconda occhiata, la ragazza si rese conto che quello era il bagno dell’officina e che Imogen stava compiendo gli stessi gesti che aveva compiuto lei stessa durante l’ultima doccia che avevano fatto insieme, dopo la smerigliatura del Range Rover. Quindi, la conclusione che le saltò agli occhi si dimostrò fin troppo ovvia: quando il meccanico faceva l’amore con lei, in realtà pensava a sua moglie.

Si ritirò dalla sua mente in maniera talmente tanto brusca da svegliarlo: lo spilungone sobbalzò come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso, ma lei era stata lesta a ributtarsi sdraiata ed a chiudere gli occhi, fingendo di dormire. Edd si voltò a guardarla per un attimo, poi poggiò di nuovo la testa sul sedile e si riaddormentò, mentre lei si mise a riflettere: con tristezza, ma anche con distacco.

Evidentemente, quella di Edward era stata solo un’infatuazione; uno sfogo, niente di più. Aveva assaggiato un nuovo piatto, per un po’ forse gli era anche piaciuto, ma poi aveva capito che quello vecchio era migliore e si struggeva perché non poteva più averlo. Se fosse rimasta, cosa avrebbe ottenuto? Niente: forse Edd avrebbe continuato a far finta di nulla, facendo buon viso a cattiva sorte; oppure, molto più probabilmente, avrebbe cominciato a manifestare insofferenza nei suoi confronti, rendendo il distacco ancora più difficile e problematico. Quella notte, al gelo della campagna inglese, capì che tutti i suoi sospetti precedenti erano stati fondati ed allora prese la sua decisione: era giunto il momento di ripartire, di riprendere il suo girovagare mettendo a disposizione i suoi poteri per chi ne aveva più bisogno. Basta inseguire un sogno che stava inesorabilmente sfumando, basta rimanere aggrappata a delle speranze ormai vane… era ora di voltare pagina e di tornare alla sua vecchia vita. Capì, in poche parole, che non avrebbe mai potuto avere una casa – ed una famiglia – tutta per se.

La mattina dopo, su sua insistenza, il fuoristrada acconsentì a ripartire. Entrambi gli uomini notarono il suo mutismo, il suo sguardo assente che si perdeva fuori dal finestrino, ma alle loro domande rispose che era semplicemente stanca: aveva dormito pochissimo quella notte, aveva solo bisogno di riposo.

Di nuovo a casa, Evelyn si fece lasciare al cottage e mentre Edd e Mike tornavano all’officina lei preparò le sue valige e le ripose accuratamente nell’armadio: prima di partire aveva ancora una cosa da fare.


Spazio autrice: Buongiorno a tutti! Eccovi il nuovo capitolo della storia. Siamo quasi arrivati alla fine, vi chiedo solo un pochino di pazienza. Spero che il finale vi piaccia!
Evelyn

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Capitolo 11
*** Capitolo undici ***


Spazio autrice: Buon pomeriggio a tutti! Eccovi il penultimo capitolo della storia. Non vi dico nulla per non rovinarvi la sorpresa; vi ricordo solo che l'italiano sgrammaticato che "parla" la nostra Amphicar è una goliardica imitazione di un tedesco che parla la nostra lingua.
Buona lettura! Io continuo ad implorarvi con tutta me stessa: non è che qualcuno se la sente di fare una buona azione e lasciarmi una sua recensione? L'unica che finora ha risposto al mio appello è stata Lapoetastra, e di questo non posso fare altro che ringraziarla di tutto cuore!
Evelyn

DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.





Capitolo undici

 

Kornelia capì subito che c’era qualcosa che non andava in Evelyn non appena la ragazza si mise seduta sul sedile:

"Kosa c’è khe non va, mia kara?" gli chiese dolcemente, con la sua voce aspra dal forte accento tedesco.

Lei sulle prime non rispose, emettendo solo un lungo sospiro, e la Amphicar rispettò il suo silenzio. Solo dopo aver avviato il motore si decise a parlare.

"E’ giunto il momento di andarmene…" e raccontò all’auto per filo e per segno tutto quello che aveva scoperto e le conclusioni cui era giunta.

"Non avresti mai dofuto leccere nella sua mente" la rimproverò l’auto, ma senza eccessiva cattiveria.

"Hai ragione, ma se non l’avessi fatto, avrei solo prolungato una situazione destinata comunque a diventare insostenibile… a conti fatti è meglio così."

"Kosa vuoi fare adesso?"

"Devo andare a mettere in chiaro le cose con una persona, per non lasciare dietro di me dubbi ed incertezze" e, dopo aver ingranato la marcia, si diresse spedita verso la casa di Imogen, la casa in cui Edd aveva vissuto, probabilmente, i momenti più belli della sua vita.

Fu costretta a bussare due volte prima che la donna si degnasse di rivolgerle la parola. Si affacciò alla finestra del bovindo e le chiese, secca:

"Che cosa vuoi da me?"

"Soltanto raccontarti la mia storia. Vengo in pace" le rispose, alzando le mani in segno di resa: "Se non vuoi farmi entrare, ti capisco. Mi basta solo che tu sia disposta ad ascoltarmi."

La gigantessa la squadrò dalla testa ai piedi, rabbrividendo al pensiero di quello che aveva provato quando quella pazza scatenata le aveva afferrato il polso solo pochi giorni addietro; ma osservandola meglio capì che la ragazza che aveva di fronte non era più la stessa di prima: da forte e combattiva, tanto quanto lei stessa se non più, era diventata triste e rassegnata. Così si decise e le aprì la porta, facendola accomodare all’interno.

Senza chiederle nulla, Imogen mise sul fuoco il bollitore e non appena il tè fu pronto fece sedere Evelyn nel bovindo, mettendolesi di fronte, dall’altro lato del divanetto semicircolare, fissandola in silenzio.

La ragazza sorbì un sorso di bevanda, poi sospirò profondamente e cominciò a parlare:

"Quando sono arrivata qui in Inghilterra, non avrei mai immaginato quello che sarebbe successo: giro il mondo da tanti anni, parlando con le auto, e fino a pochi mesi fa non avevo avuto altro interesse che non le riguardasse. Per me contavano solo loro. Ho incontrato molti uomini nella mia vita, alcuni anche molto più belli di Edward – senza nulla togliere a lui, ovviamente – ma non mi è mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello di poter cominciare una relazione con qualcuno di loro. Lo stesso è valso anche per tuo marito: la prima volta che ci siamo incontrati, l’ho trovato spocchioso ed arrogante. Nemmeno lui credeva in me: era venuto a Birmingham solo per fare compagnia a Mike."

"L’avevo immaginato…" commentò la donna ed Evelyn annuì prima di riprendere:

"Non so dire se sia stato un colpo di fulmine o cos’altro… ma il destino ha voluto che fosse proprio lui a sorreggermi durante un piccolo mancamento che ho avuto al termine della giornata. Quando ho riaperto gli occhi ed ho incontrato i suoi, qualcosa è scattato dentro di me e me ne sono innamorata. E’ per questo motivo che ho accettato la proposta di Mike di collaborare con loro: se non ci fosse stata quella specie di scintilla, molto probabilmente avrei rifiutato la sua offerta e niente di tutto questo sarebbe successo…" si interruppe per un attimo, giusto il tempo di sorbire un altro sorso di tè. Sentiva lo sguardo di Imogen fisso su di se e ciò la metteva un po’ a disagio, ma decisa a portare a termine il suo compito raddrizzò le spalle e continuò nel suo racconto.

"All’inizio lui era freddo e distante: non mi credeva, era convinto che fossi un’impostora e forse non riusciva a capire per quale motivo fingessi di avere capacità tanto assurde. Io, invece, continuavo ad innamorarmene sempre più. Quando avete scopato sulla Urraco…" la donna di fronte a lei storse leggermente il naso a quella parola, ricordando la scenata che si era scatenata: "…non mi sono infuriata solo per l’oltraggio alla Lamborghini, ma anche perché avrei voluto tantissimo esserci io al tuo posto."

Imogen si mosse a disagio, prima di lasciarsi sfuggire, sarcastica:

"Di sicuro poi lo hai fatto!"

Evelyn la fissò sorpresa, senza all’inizio capire cosa intendesse, poi quando comprese annuì:

"Certo, non posso negare che io ed Edward siamo stati a letto insieme. Ma, da parte sua, è come se non fosse mai successo e, se sei disposta a farmi finire, ti spiegherò anche il perché."

La gigantessa annuì, finì il suo tè e poi tolse di mano alla ragazza la tazza vuota, portandole entrambe in cucina. Quando tornò in salotto, Eve riprese:

"Quando siamo stati a Bologna, per il raduno delle Lambo, durante la notte mi sono dichiarata a tuo marito. Aveva avuto un atteggiamento nei miei confronti che mi aveva spinto a farmi avanti, convinta che anche lui provasse qualcosa per me. Sono stata una stupida, lo ammetto, ma lui si è comportato da vero cavaliere: in molti mi avrebbero riso in faccia, ma Edd non l’ha fatto. Mi ha detto che si era affezionato a me, ma che mi voleva bene come ad una sorella, niente di più. Che era profondamente innamorato di te e che niente e nessuno avrebbe mai potuto distoglierti dai suoi pensieri."

Imogen fece un verso sarcastico con il naso:

"Oh, certo! Era proprio innamorato! Dopo neanche un mese è venuto a dirmi che se ne andava per mettersi con te! Nessuno lo ha distolto da me!" disse rabbiosamente.

Vide Evelyn scuotere la testa in segno di diniego:

"Cos’hai da dire di no?"

"Lasciami finire e capirai. Ormai completamente fuori di me – io non sono mai stata così, te l’ho già detto prima, non so cosa mi sia successo – ho deciso di tentare il tutto e per tutto per non perderlo. Ho seguito lo sconsiderato consiglio di un mio… amico" Evelyn sorrise al ricordo della Ford Pop: "Ed ho tentato di farlo ingelosire facendo la sgallettata con Paul. Purtroppo, la cosa mi è sfuggita di mano ed un bel giorno quell’uomo ha tentato di violentarmi… Ho chiesto aiuto a Edd – non chiedermi di spiegarti come, non mi crederesti mai – e lui è venuto ad aiutarmi, salvandomi da quel maniaco. In quel momento mi ha detto di essersi innamorato di me, ma tra noi non è successo niente di fisico fino ad oltre una settimana dopo. Sono sempre stata convinta che il suo amore fosse stato in realtà dettato solo dalla situazione sconvolgente che avevamo vissuto assieme e ieri sera ne ho avuto la conferma. Nell’intimità lui ti chiamava Icey, non è vero?"

La donna parve sconvolta da quella rivelazione, arrivando persino ad arrossire:

"Si… io sono norvegese: è per questo che mi ha dato quel nomignolo. Ma tu come fai a saperlo?"

Evelyn le raccontò l’ultima parte della sua storia, tralasciando solo il fatto che John il Range Rover si era rifiutato di riportarli a casa la sera prima: sarebbe stato troppo lungo e complicato spiegarle cosa era successo tra loro ed il fuoristrada e, molto probabilmente, non avrebbe creduto nemmeno ad una parola.

"Ho sentito Edward mormorare un nome nel sonno: Icey. So che non avrei dovuto farlo, ma sono stata vinta dalla curiosità – in fondo sono una femmina anch’io – e sono entrata nei suoi pensieri mentre dormiva. Stava sognando te. Stavate facendo l’amore nella doccia dell’officina: stava sognando l’ultimo rapporto che avevamo avuto, qualche giorno prima, sostituendomi con te. E’ per questo che ti ho detto che, per Edd, è come se io e lui non avessimo mai avuto rapporti: molto probabilmente, mentre scopava con me pensava ancora a te."

Evelyn si interruppe per l’ultima volta, si voltò per un attimo a guardare fuori della finestra l’Amphicar parcheggiata nel vialetto, poi riportò lo sguardo su Imogen:

"In quel momento ho capito di aver sbagliato tutto: io non sono fatta per innamorarmi di un uomo, sono fatta per vivere con le auto e per le auto. Altrimenti non avrei ricevuto in dono i miei poteri, non credi? Non avrei mai dovuto fermarmi qui. Quindi, ho deciso che è arrivato il momento di andarmene, ma prima di farlo dovevo mettere le cose in chiaro con te: Edward ti ama ancora e sono sicuro che non appena io sarò sparita lui capirà l’errore madornale che ha fatto e tornerà da te. Ti prego, non rifiutarlo: dagli un’altra possibilità…"

La gigantessa la fissò interdetta, non si aspettava certo che suo marito fosse ancora innamorato di lei, non dopo tutto quello che era successo:

"Io… ci penserò."

Evelyn si alzò in piedi e le tese la mano, che l’altra strinse titubante:

"Ti ringrazio per avermi ascoltato. Addio."

E, senza aggiungere altro, uscì dalla casa, salì sulla Amphicar e tornò al cottage.

Edd era ancora in officina, quindi lei ne approfittò per scrivergli un biglietto:

"Mio caro Edward. Forse non capirai subito il perché di questo gesto, ma ti prego di non disperarti. Stanotte ho capito che noi due non possiamo stare insieme. Fino a quando non ti ho incontrato, la mia vita era stata dedicata solo ed esclusivamente alle auto, ed adesso ho capito che il mio destino non mi consente altra alternativa. Non posso permettermi il lusso di innamorarmi di qualcuno, non posso concedermi di mettere radici. Devo riprendere il mio viaggio e devo farlo subito. Ma non temere, tu non resterai solo: Icey ti aspetta.

Addio.

La ragazza che sussurra alle auto"

Lo contemplò per un attimo prima di lasciarlo in bella vista sul tavolo della cucina, poi afferrò le valige ed uscì di nuovo:

"Allora hai proprio deciso di antartene?" le chiese Kornelia mentre le passava accanto.

"Si, amica mia. E’ giunto il momento di riprendere il mio viaggio."

"Bene. Dofe antiamo di bello?"

"Tu da nessuna parte, Kornelia. Me ne vado solo io."

"Kome sarebbe a dire te ne vai solo tu! Io sono tua, non mi pvoi abbandonare qvi!"

"Non posso permettermi di possedere nessuna di voi e lo sai anche tu. Sarebbe contro la mia natura. Rimarrai con Edward e sono sicura che starai benissimo!"

"Io preferirei fenire kon te; ma se proprio fuoi partire da sola non posso fare altro khe augurarti tutto il bene di qvesto mondo!"

"Grazie amica mia! Addio!"

E salutando l’auto con un cenno della mano, la ragazza si incamminò lungo la strada verso Londra, trascinandosi dietro i suoi due bagagli. L’Amphicar la seguì finché non diventò un puntino indistinto nel resto del paesaggio:

"Addio, Efelyn… Abbi kura di te…" mormorò tra se e se, prima di riprendere a sognare la sua amata Germania.

 

* * *

 

Due ore dopo, di ritorno dall’officina, il meccanico fu sorpreso di trovare il cottage deserto: l’Amphicar era posteggiata fuori, quindi aveva creduto che Evelyn fosse in casa. Si spostò in cucina e sul tavolo vide un biglietto, scritto nella calligrafia un po’ sghemba della ragazza. Lo prese in mano, con un sospetto che già si insinuava nella sua mente e, non appena cominciò a leggere, la sua ipotesi trovò conferma: Eve se n’era andata. Quando lesse l’ultima frase: "Icey ti aspetta", ebbe un tuffo al cuore. Proprio la notte precedente aveva sognato sua moglie e ricordava chiaramente di averne pronunciato più volte il nomignolo. Che l’avesse fatto a voce alta? Tutto lasciava supporre di si…

Uscì di corsa all’esterno, fissando la macchina rossa ferma nel cortile, vagamente tentato dall’idea di salire a bordo ed andare a cercarla ma a che pro? Sapeva perfettamente di essere in fallo.

Lentamente, tornò all’interno e si mise seduto al tavolo, prendendosi la testa tra le mani per riflettere: l’aveva amata veramente? Certamente! Si rispose senza un minimo di esitazione, per poi correggere il tiro: forse si, all’inizio… Ma poi cosa era successo? Pian piano il sentimento era scemato e lui si era reso conto che forse aveva avuto quella sbandata per lei solo perché le aveva fatto tenerezza quando era stata aggredita da Paul. Aveva avuto la forte tentazione di tornare da sua moglie, quel giorno in cui lei le aveva distrutto l’officina, ma poi si era ricordato delle parole di Angelo ed era rimasto con Evelyn solo per mantenere fede alla promessa che aveva fatto alla Urraco: "Non farle del male!".

Ed ora, Eve se n’era andata, tornando alla sua vita da giramondo. Forse era veramente meglio così… Lui non avrebbe potuto darle niente di più e, se fosse rimasta, la situazione sarebbe di sicuro degenerata.

Si alzò di nuovo, passandosi una mano tra i capelli, poi andò in camera, raccolse le sue cose dall’armadio ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Il giorno dopo avrebbe riconsegnato le chiavi a Mike.

Tornò alla sua Range Rover, mise in moto e si diresse con trepidazione verso la sua vecchia casa: Evelyn le aveva scritto che Icey lo stava aspettando, ma se non fosse stato vero? Ed invece, non appena suonò il campanello, Imogen gli aprì e gli gettò le braccia al collo. Lui la abbracciò ed inspirò a fondo il suo profumo famigliare: solo allora si rese conto di quanto gli fosse mancata.

"Sono di nuovo qui… se tu mi vuoi ancora…"

"Certo che ti voglio, Edd…" gli rispose sua moglie, con la voce rotta dall’emozione.

Si baciarono, mentre lui chiudeva la porta con un piede. Ora si che era veramente a casa!

 

 

* * *

 

La mattina successiva, dopo che Edd gli ebbe raccontato tutta la vicenda, Mike si dispiacque per la partenza improvvisa di Evelyn:

"Che peccato! Avevo in programma di andare a vedere con lei un’Aston Martin DB7."

"E’ mai possibile che tu non riesca a pensare ad altro che ai tuoi interessi? A volte sei veramente senza cuore!" lo rimproverò il meccanico, facendogli chinare il capo per la vergogna.

"Hai ragione… forse mi sono espresso male: mi dispiace veramente che se ne sia andata. Chissà se la rincontreremo mai?"

Non sapeva ancora che sarebbe successo molto presto.

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici ***


Capitolo ispirato alla puntata n° 13 dell'undicesima stagione

DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo



Capitolo dodici

 

Prima di lasciare definitivamente l’Inghilterra e riprendere la sua vita da girovaga, Evelyn aveva deciso di assistere ad un evento molto particolare che si sarebbe tenuto di lì a pochi giorni, la prima domenica di Novembre: si trattava di una gara automobilistica cui potevano partecipare solo vetture costruite prima del 1905, la "Corsa delle Auto Veterane da Londra a Brighton". Era lunga solo una novantina di chilometri, ma le auto partecipanti erano talmente vecchie che alcune impiegavano addirittura otto ore per raggiungere il traguardo. La ragazza non aveva mai avuto l’occasione di incontrare così tante auto d’epoca tutte insieme, quindi aveva deciso di trattenersi fino alla conclusione della gara. Avrebbe preso il treno per Parigi il giorno successivo.

Quella mattina si era alzata di buon’ora ed aveva raggiunto il punto di avvio della gara che era ancora buio. Molti dei concorrenti erano già schierati sulla griglia di partenza: alcuni stavano facendo gli ultimi controlli meccanici, altri invece salutavano i parenti e gli amici che erano venuti a vederli. Evelyn si divertì molto ad osservarli da un punto defilato: in parecchi avevano indossato abiti d’epoca, degni dell’occasione e le loro auto spesso lanciavano commenti che di sicuro avrebbero fatto inorridire i loro proprietari. Molte di quelle frasi però risultarono incomprensibili persino alla ragazza, perché le vetture parlavano le loro rispettive lingue d’origine in voga più di cento anni prima, quindi con termini spesso obsoleti o modificati nel corso degli anni.

Alle otto la cerimonia di partenza ebbe inizio: i concorrenti strapparono la bandiera a mani nude – qualcuno usò perfino i denti – e le auto si misero in marcia, riempiendo l’aria con i rombi dei loro motori scoppiettanti e sputacchianti, accompagnate dal suono del classico clacson a trombetta.

Già pronta a cercare un passaggio da qualcuno per poter andare ad aspettare le auto al primo punto di sosta, posto ad una quindicina di chilometri di distanza, Evelyn fu molto sorpresa nel sentirsi chiamare da una voce che le risultò famigliare. Voltandosi in direzione del richiamo vide Drew, il furgone Mercedes giallo di proprietà di Paul Brackley, l’uomo che aveva tentato di sedurre per far ingelosire Edward e che per tutta risposta aveva cercato di violentarla. Per un istante ricordò come gli era apparso il meccanico nel momento in cui era giunto in suo soccorso: un angelo dai capelli pepe e sale, con sfolgoranti occhi castani, alto due metri e dalle mani grandi come badili. Scosse la testa per liberarsi da quel pensiero, ancora troppo doloroso per lei, e dedicò totalmente la sua attenzione al grosso autocarro, che stava continuando a chiamarla con voce concitata:

"Evelyn! Evelyn per fortuna ci sei tu! E’ tutta la notte che mi sgolo, ma nessuno riesce a sentirmi!"

"Ciao Drew, come mai tutta questa urgenza? Cosa sta succedendo?" gli rispose, avvicinandosi a lui e cominciando vagamente a preoccuparsi.

"Si tratta di Paul! E’ impazzito!"

Quella parola le fece correre un brivido lungo la schiena:

"In che senso, scusa?"

"Nel senso che ha perso la testa! Vuole uccidere Edd! Ha detto che vuole vendicarsi per come lo ha trattato! Ha preso un fucile ed è andato a nascondersi lungo il percorso, ma non so dove, perché nel suo blaterare non ha mai detto niente in proposito! Mi ha lasciato qui stanotte intorno alle due ed è partito a piedi! Aveva uno sguardo… oh avresti dovuto vederlo! Ho cominciato subito a gridare ed a chiedere aiuto, ma a quanto pare non c’è nessun risonante nel raggio di miglia! A parte te, ovviamente! Che fortuna che ti ho trovato!"

Evelyn aveva ascoltato a malapena il resto della confusa spiegazione. La sua attenzione si era focalizzata su tre sole parole: "Vuole uccidere Edd". Aveva voltato lo sguardo a destra ed a sinistra, alla disperata ricerca di un poliziotto ma, come aveva già notato in precedenza nel corso della sua vita, non ce n’era mai uno a disposizione quando se ne aveva veramente bisogno. Accantonò quindi l’idea di ricorrere all’ordine costituito e cominciò a riflettere più attentamente sulle parole del furgone.

"Allora anche Edd e Mike stanno partecipando alla gara? Non ne avevo assolutamente idea! Ho gironzolato un po’ fra le auto prima della partenza, ma non li ho visti!"

Si guardò ancora per un attimo intorno, poi si decise: avrebbe fatto tutto da sola!

"Aiutami Drew! Ho bisogno che tu mi faccia da catalizzatore! Devo riuscire a parlare con tutte le automobili presenti sul tracciato della corsa!"

Appoggiò le mani sul cofano dell’autocarro, espanse la sua coscienza al massimo, fondendola con quella dell’automezzo e si mise a gridare più che poteva con la voce della mente:

"Amiche ed amici miei! Ho bisogno del vostro aiuto!"

Percepì molte essenze soffermarsi ad ascoltarla ed incoraggiata dal risultato continuò:

"Sto cercando un uomo! Quest’uomo, per la precisione!" ed inviò l’immagine mentale di Paul. Ricordava fin troppo bene il volto di quel bastardo, i suoi lineamenti contorti dalla rabbia mentre aveva tentato di violarla. "E’ armato e pericoloso! Vuole uccidere uno dei concorrenti della gara delle Auto Veterane: Edd China! Ha con se un fucile e si è nascosto lungo un tratto del percorso, ma non so dove! Vi prego, aiutatemi a trovarlo, prima che possa compiere quello che si è prefissato!"

Le giunsero diversi mormorii di assenso; a quel punto, esausta, interruppe la connessione e si accasciò per un attimo contro il furgone, per riprendere fiato.

"Ora devo assolutamente trovare l’auto di Edd e Mike…" pensò, più per se stessa che a beneficio di altre coscienze e, per questo, fu sorpresa di sentirsi rispondere da una vocina sottile che parlava un misto di italiano e francese:

"C’est moi! Sono io la voiture de Edward e Michel!"

Evelyn alzò lo sguardo, come se sperasse di vederla, ma ovviamente la vecchia automobile era già lungo il percorso.

"Je m’appelle Geneviève. Sono una Darraq. I due hommes sono avec moi!"

"Geneviève! Ti chiedo cortesemente allora di tenere bene gli occhi aperti! Ricordi la faccia dell’uomo che sto cercando?"

"Oil! La ricordo très bien!"

Evelyn notò appena lo strano modo di annuire dell’auto: era talmente vecchia che usava ancora la lingua d’Oil:

"Non appena lo vedrai, accelera più che puoi! Vuole sparare ad Edward!"

"Farò quel che potrò…"

Cercando ancora di raccogliere le idee, la ragazza si raddrizzò: doveva incamminarsi anche lei lungo il percorso, per rimanere il più vicino possibile all’uomo che, nonostante tutto quello che era successo, amava ancora. A piedi sarebbe stata un’impresa improba: non sarebbe mai riuscita a tenere il passo delle vetture. Non poteva certo rubare un’auto, ne chiedere un passaggio a qualcuno: avrebbe rischiato di mettere in pericolo altre vite e di rimanere imbottigliata nel traffico. Aveva bisogno di un mezzo più agile ma, purtroppo per lei, non aveva mai imparato ad andare in motorino. L’unica alternativa che le rimaneva era quella di usare una bici. Certo, avrebbe dovuto faticare come Bartali sul Passo dello Stelvio, ma avrebbe fatto quello ed altro, pur di salvare il meccanico.

"Devo andare Drew! Tu continua a chiedere aiuto! Può darsi che ci sia anche qualcun altro come me, nelle vicinanze" si congedò dal furgone, cominciando già ad incamminarsi.

"Stai attenta Evelyn! Paul è pericoloso!"

La ragazza si fermò e si voltò a guardarlo: sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto.

"Lo so, amico mio, ma non posso permettergli di uccidere Edd. Addio, Drew!" e tornando a voltargli le spalle, spiccò una corsa, alla ricerca di una bicicletta.

Ne trovò una poco distante: un vecchio modello cui nessuno si era premurato di mettere catena e lucchetto. Senza tanti complimenti Evelyn la afferrò per il manubrio e saltò in sella.

"Eh?!"

"Scusa per la rudezza, ma ho bisogno di te!"

"Ma…"

"Non preoccuparti, ti restituirò!"

Si mise a pedalare come mai aveva fatto prima di allora, spingendo con forza sulle pedivelle, come se fosse stata allo sprint finale della Milano-Sanremo. La prima parte del percorso era pianeggiante e riuscì ad affrontarla abbastanza bene. Quando raggiunse il primo punto di sosta le auto erano appena ripartite. Si fermò per soli cinque minuti, il tempo necessario per riprendere un po’ di fiato e per avere un resoconto dalle auto sul percorso: al momento, nessuna aveva ancora individuato Paul. L’uomo sembrava svanito nel nulla.

Dopo aver bevuto un sorso d’acqua Evelyn riprese il suo percorso: ondeggiando sulla sella spinse il suo cuore al limite dei battiti. Dopo qualche chilometro arrivò finalmente in vista delle auto nelle ultime posizioni. Ogni volta che ne superava una, chiamava il nome della Darraq, nella speranza di aver finalmente trovato la vettura che cercava; speranza che ogni volta veniva disattesa.

Fu solo dopo un’altra ora di folle corsa che giunse in vista di Geneviève: Edd e Mike avevano ingaggiato una sorta di gara al sorpasso con una vecchia Peugeot. La ragazza tentò disperatamente di raggiungerla, ma ormai la stanchezza stava cominciando a farsi sentire: l’accumulo di acido lattico nei muscoli delle gambe stava diventando intollerabile, così fu costretta a fermarsi, con un moto di rabbia e frustrazione.

"EDD!" gridò con tutto il fiato che aveva in gola, per farsi sentire; ma il frastuono dei due motori vanificò il suo tentativo e lei non poté fare altro che osservare mestamente le due auto mentre si allontanavano sempre più.

"Ancora nulla Geneviève?"

"No… Non ho visto rien…"

Con il cuore che le batteva in gola a mille all’ora Evelyn, suo malgrado, fu costretta a fare una sosta di quindici minuti: troppi per i suoi gusti, ma si rendeva perfettamente conto che non avrebbe potuto continuare in quelle condizioni. Rischiava seriamente di farsi prendere un infarto.

Nonostante fosse stato il suo primo pensiero prima di partire lungo il tracciato, in seguito non pensò più alla possibilità di informare la polizia della presenza di uno squilibrato lungo il tragitto. Se glielo avessero chiesto, neanche lei avrebbe saputo spiegarsi il perché: semplicemente, le era passato di mente; o forse lo stava prendendo come un fatto personale. Era stato Edd a salvarla da Paul ed ora toccava a lei ricambiare il favore.

Quando si sentì pronta riprese a pedalare, ma questa volta mantenne un ritmo più blando: sapeva che le auto avrebbero dovuto fermarsi per un’altra sosta e contava di raggiungerle proprio in quel frangente. Sapeva anche che tutte le macchine che avevano risposto al suo appello stavano ancora continuando a cercare Paul: se qualcuna di loro lo avesse trovato, sarebbe stata avvertita di sicuro.

Con quell’atteggiamento riuscì ad affrontare al meglio la parte successiva del percorso: raggiunse e superò il punto di ristoro senza fermarsi. Colse di sfuggita la vaga immagine del meccanico e del commerciante: anche loro avevano seguito l’esempio di molti e si erano vestiti con abiti d’epoca. Sembravano quasi Sherlock Holmes ed il Dottor Watson. Il paragone la fece sorridere, mentre continuava ad arrancare lungo il tragitto.

Erano ormai le due e mezza quando arrivò al punto più difficile del percorso: una salita di sei chilometri che precedeva il traguardo, posto ad un’altra decina di chilometri di distanza.

A quel punto Evelyn fu costretta a smontare dalla bici ed a proseguire a piedi, sospingendola per il manubrio. Il cielo si era rannuvolato e la temperatura era scesa di parecchi gradi all’improvviso. Il fiato le si condensava in piccole nuvolette davanti al viso, mentre sbuffava come un mantice per la fatica.

Le vetture cominciarono a superarla di nuovo e la sua preoccupazione crebbe a livelli esponenziali: era quasi arrivata alla fine del tracciato e di Paul ancora nessuna traccia. Possibile che nessuno l’avesse ancora trovato? Che Drew si fosse sbagliato? Sarebbe stato troppo bello per essere vero… Ed allora perché nessuna delle auto lo aveva ancora visto?

Quasi alla fine della salita fu raggiunta pure da Geneviève: la vecchia macchina la chiamò a distanza e lei si volse a guardarla. Anche la Darraq stava arrancando lungo la salita, proprio come lei: Mike era sceso per alleggerire il peso e stava procedendo a passo spedito al fianco dell’auto. Non si poteva certamente definire un uomo "in forma" e quasi subito perse terreno, venendo distaccato di qualche metro.

Nonostante l’espediente Geneviève continuò comunque a perdere giri. Per evitare che il motore si spegnesse anche Edd fu costretto a scendere: lui stesso percorse diversi metri al fianco dell’auto, con la mano sinistra a reggere il volante e la destra a premere l’acceleratore, con il mantello verde scuro a svolazzargli alle spalle come se fosse stato un super eroe.

Evelyn non riuscì a fare a meno di fermarsi per un attimo, guardandolo mentre gli sfilava accanto: il ciuffo di capelli bianchi che gli sfuggiva da sotto il berretto, lo sguardo concentrato dritto davanti a se, il resto del lunghissimo corpo semi-nascosto dalla Darraq. Un tenero sorriso le comparve sul volto ma l’urlo di Geneviève glielo smorzò:

"C’est la, c’est la! L’ho visto!"

Per una frazione di secondo la mente della ragazza fu invasa dalla visione di Paul, appostato nel bosco alla sua sinistra, con il fucile imbracciato puntato in direzione di Edd. Consapevole che era solo questione di attimi, lasciò andare la bicicletta – che cadde con un lamento sul ciglio della strada – e si lanciò più velocemente che poté verso la Darraq, sulla quale il meccanico aveva appena ripreso posto sul sedile del guidatore.

"Attento Edd!" gridò mentre con l’ultimo briciolo di energia che gli rimaneva saltava a bordo della vecchia auto. Il meccanico si voltò a guardarla stupito proprio mentre lei si ergeva come una barriera, facendogli da scudo con il suo corpo, frapponendosi tra lui e Paul.

"Evelyn?!" mormorò sorpreso, ma non riuscì ad aggiungere altro: l’aria fu squarciata dal forte rimbombo di un colpo d’arma da fuoco di grosso calibro.

Tutto avvenne nel giro di pochi istanti ma il tempo, ad Evelyn, parve dilatarsi a dismisura, come se qualcuno stesse giocando con la lancetta dei secondi dell’orologio della vita, rendendo ogni scatto lungo un’eternità.

Avvertì un colpo sotto la spalla, come se un pugno l’avesse colpita con violenza alla schiena, all’altezza del polmone destro. Il suo corpo fu proiettato in avanti e, se le sue mani non fossero state aggrappate saldamente al parabrezza ed al sedile della Darraq, avrebbe sicuramente sbattuto contro Edward, con una violenza tale da sbalzarlo giù dal suo posto.

Non provò dolore. Solo un’intensa sensazione di freddo, che rapidamente si propagò dal punto di impatto del proiettile a tutto il resto del suo corpo.

Il motore di Geneviève sussultò per un’ultima volta, poi si spense. Alcuni giudici di gara erano accorsi sul posto e già qualcuno si era inoltrato tra la vegetazione alla ricerca dell’attentatore; ma tutto questo, per la ragazza, era solo come un rumore di sottofondo.

Si raddrizzò lentamente, avvertendo il calore del sangue che cominciava a sgorgare dalla ferita, guardando Edward che la stava ancora fissando ad occhi sgranati:

"Evelyn?! Non pensavo tu fossi ancora in Inghilterra! Ma… cosa sta succedendo?!"

Prese fiato per rispondergli ed il dolore arrivò: intenso, profondo, allucinante.

"Paul è impazzito" parlò lentamente: "Voleva ucciderti."

"E’ stato lui a sparare?" e mentre lo chiedeva, lo vide uscire dal boschetto, trascinato da diversi uomini che l’avevano reso all’impotenza.

"Si… ma non ti ha colpito, per fortuna."

Un altro respiro, un’altra stilettata di dolore. Ma il suo viso non dette alcun cenno di sofferenza. Continuò a guardare il meccanico ed a sorridergli dolcemente. Allungò la mano sinistra, a sfiorargli leggermente il viso. Per un attimo, le parve di avere tutti e cinque i sensi acuiti alla massima potenza: vedeva chiaramente ogni poro della sua pelle, ogni pelo delle sue lunghe basette, ogni piccola ruga sul suo viso; udiva perfettamente il rumore di ogni suo singolo respiro; percepiva il lieve odore muschiato del suo dopobarba; i polpastrelli captavano ogni singola asperità del suo volto. Poi gli esplose in bocca il gusto ferroso del sangue. Consapevole che non le rimaneva più molto tempo, cosciente che la vita le stava sfuggendo di mano scorrendo via come sabbia tra le dita, ma certa di avere fatto la cosa giusta nel donare la sua stessa essenza per salvare quella dell’unico uomo che aveva veramente amato, trasse un altro respiro dolorosissimo, mormorando:

"Ora…ora devo proprio andare… Addio Edd…"

Alle sue spalle giunse l’imprecazione soffocata di Mike che aveva appena raggiunto l’auto ferma:

"Oh Cristo Santo! Chiamate un’ambulanza, presto!" ma la ragazza non gli prestò la minima attenzione. Retrocesse lentamente per scendere dalla vettura, poi si voltò altrettanto lentamente, dando la schiena al meccanico. Solo allora quello si rese conto di cosa era realmente accaduto.

Fino a quel momento aveva creduto che lo sparo di Paul fosse andato a vuoto, ma quando vide la parte destra della schiena di Evelyn fradicia di sangue, capì che il suo ex amico non aveva mancato il bersaglio e che, se non fosse stato per lei, adesso lui avrebbe avuto una pallottola nel petto e sarebbe quasi sicuramente morto rantolando sull’asfalto.

"Oh mio Dio, no… Evelyn, no…" sussurrò, incapace di qualsiasi movimento, continuando semplicemente a fissarla mentre si allontanava lentamente lungo la discesa.

La vide passare accanto ad un Mike letteralmente sconvolto, al quale rivolse un piccolo cenno di saluto con la mano sinistra. La vide raggiungere la bicicletta abbandonata e chinarsi come se avesse voluto raccoglierla. Ma a quel punto le sue ginocchia cedettero e finì lunga distesa lungo il ciglio della strada, con il viso affondato tra le foglie marce.

In quel momento lui ritrovò il controllo delle sue lunghe membra, si slanciò giù dalla Darraq e la raggiunse, accasciandosi in ginocchio accanto a lei e sollevandola tra le braccia, il berretto che rotolava a terra, poco lontano.

"Evelyn… perché… perché!"

Lei aprì lentamente gli occhi e prese un lungo respiro, la bocca contorta per il dolore. Lo guardò per un attimo, contemplando un ricciolo ribelle di capelli bianchi che gli solleticava la fronte mosso dalla brezza e la smorfia si trasformò in un lieve sorriso:

"Non è buffo il destino, Edd?… Questa storia finisce… così com’è cominciata: con te… che mi tieni tra le braccia… Ti ricordi quando sono svenuta… a Birmingham?… Allora, anche se non avevo ancora… imparato ad amarti… avevo già capito che eri un uomo speciale… Ora so di non essermi sbagliata…"

Lui scosse la testa, continuando a mormorare "perché", come se quella fosse rimasta l’unica parola del suo vocabolario; come se ripeterla all’infinito avesse potuto dare una risposta logica all’incubo che stava vivendo.

Molti dei presenti si fecero loro intorno ed anche questa volta fu Mike a chiedere spazio, mentre nel contempo continuava ad invocare l’arrivo dei soccorsi.

"Devo veramente andare, Edward…"

"No… no…" prese a sussurrare il meccanico, con gli angoli della bocca piegati all’ingiù e gli occhi che si andavano riempiendo di lacrime.

"Mi stanno chiamando tutte… sono venute a prendermi… Le senti?"

La mano sinistra di Evelyn cercò debolmente quella di Edd, che la strinse convulsamente. Non appena lo fece, la sua mente fu inondata da miriadi di voci sussurranti, tutte che chiamavano la ragazza.

"Cosa… chi sono…?"

Ma la ragazza non gli rispose, o meglio non lo fece con la voce:

"Addio, Edward…" gli mormorò nella mente, per poi giacere inerte tra le sue braccia, gli occhi rivolti al cielo, un lieve sorriso che gli aleggiava ancora sulle labbra pallide.

"Fate largo! Fate largo! E’ arrivata l’ambulanza!" sbraitò Mike, ma Edd lo sentì a malapena. Alzò il viso verso il cielo, lasciando che le prime gocce di pioggia che avevano preso a cadere si mescolassero con le sue lacrime, poi gridò.


Spazio autrice: Buongiorno a tutti! Siamo arrivati alla fine di questa storia, anche se in realtà proprio finita non è, visto che manca ancora l'epilogo, in cui vi aspetta una sorpresa. Spero di non aver deluso nessuno con questo finale un po' tragico, specialmente la mia carissima LaPoetastra, che è tanto gentile da commentare e che ringrazio infinitamente.
Oggi pubblicherò anche l'epilogo, così non lascerò nessuno col fiato sospeso. Spero che, almeno alla fine, ci sia anche qualcun altro che vuole dirmi cosa ha pensato di questa storia, nel bene o nel male.
Bacioni!
Evelyn

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Capitolo 13
*** Epilogo ***



Epilogo

 

"Buongiorno Edd! Come va oggi?" lo salutò Norman, il furgoncino Volkswagen type 2 Splitscreen che stava riparando in quel periodo.

"Abbastanza bene, grazie."

Ma sapeva perfettamente di aver detto una bugia. Non andava affatto bene. Nonostante fossero passati già quasi sette mesi, non riusciva ancora a smettere di pensare ad Evelyn. Gli mancava da morire ed a poco importava che gli avesse lasciato il suo dono più grande, il suo "potere": lei non c’era più e niente e nessuno avrebbe potuto riportarla indietro.

Benché prima della tragedia si fossero lasciati, lei aveva comunque deciso di sacrificarsi per lui e quell’atto così grande gli aveva fatto capire quanto Eve fosse stata innamorata di lui, al punto di morire al suo posto. Per ricordare quel gesto, aveva trasformato il grosso proiettile che l’aveva uccisa in un ciondolo, che da quel disgraziato giorno di Novembre portava appeso al collo.

Ogni volta che si muoveva lo sentiva sbattere contro il suo petto, rammentandogli che se il suo cuore batteva ancora era solo e soltanto grazie a quella strana e dolce ragazza che gli aveva dato tutta se stessa. Che nonostante tutto quello che era successo tra di loro, non aveva mai smesso di amarlo, donandogli la sua stessa vita pur di consentirgli di salvarsi.

Tentò di concentrarsi sul suo lavoro, ma quella mattina si sentiva più inquieto del solito. Mike non era in ufficio, così ne approfittò per prendersi una pausa, incamminandosi a piedi verso la periferia di Bracknell, come seguendo una specie di richiamo.

Non aveva percorso molta strada che una voce di giovane donna attirò la sua attenzione: gli sembrava di averla già sentita, in passato. Si voltò a guardarsi intorno, ma non vide nessuno. C’era solo un’automobile sportiva, posteggiata qualche metro più avanti. Sembrava vecchia di anni, ma ad una seconda occhiata capì che l’impressione negativa era dovuta al fatto che la macchina era coperta di polvere e sporcizia, con le erbacce avvolte attorno ai mozzi delle ruote, come se fosse stata ferma lì da secoli. In realtà, doveva essere quasi nuova. Si avvicinò ancora e ben presto si rese conto che era la voce della vettura, quella che aveva sentito: stava canticchiando sommessamente, mugolando di tanto in tanto.

All’improvviso, il suo tono si innalzò, arrivando ben distinto alle orecchie della mente del meccanico:

"I'm a shooting star leaping through the sky, like a tiger defying the laws of gravity, I'm a racing car passing by like Lady Godiva, I'm gonna go go go there's no stopping me…"

Edward conosceva quella canzone: era "Don’t stop me now" dei Queen, ma non fu quella a colpirlo, niente affatto! A lasciarlo basito fu proprio la voce, che aveva all’improvviso riconosciuto:

"Evelyn…?" disse, incapace di contenersi, colmando la distanza che lo separava dall’auto in poche lunghe falcate. La macchina smise di colpo di cantare:

"Eh? Stai dicendo a me? Ci conosciamo?"

"Evelyn…" ripeté lui, dimenticandosi persino di usare la mente.

"Si… mi chiamo Evelyn, ma tu come fai a… ehi, aspetta un momento! Tu sei un sussurratore! Allora esistete veramente! Ricordo vagamente di averne sentito parlare da qualcuno… ma non credevo che fosse vero!"

"Sono Edd…"

"Piacere di conoscerti Edd! Lo sai, ora che ti guardo meglio, mi sembra di averti già visto… ci siamo già incontrati da qualche parte? No, non credo… sono mesi che non mi muovo da qui."

Per tutta risposta, il meccanico sfiorò delicatamente la sua carrozzeria, continuando a guardarla con un sorriso sempre più ampio.

"Le tue mani… non so perché, ma ho la sensazione di essere già stata toccata da te… anche se non saprei dire quando…"

"Chi è il tuo proprietario?"

"Non lo so… o meglio, non me lo ricordo. So solo di essere stata portata fino a qui e poi mi hanno abbandonato. Da allora nessuno mi ha mai più guidato."

"Non va bene per una sportiva. Sono un meccanico: mi permetti di darti un’occhiata?"

"Certo, accomodati!"

Edd aprì la portiera, si sedette e tirò la leva di apertura del cofano. Controllò rapidamente il motore ed ebbe conferma di quanto aveva immaginato: quell’auto era praticamente nuova; era stata solo abbandonata. Tutto gli parve in perfetto ordine, tanto da osare persino di metterlo in moto prima di metterlo a punto. Non si era sbagliato: il propulsore si avviò al primo colpo, girando come se fosse stato nuovo di zecca.

"Mi porterai via da qui?"

"Si, se lo vuoi."

"Certo che lo voglio, sono stufa di stare qui ferma a marcire! E poi, mi sei simpatico! Te l’ha mai detto nessuno che sei proprio carino? "

Lui scoppiò a ridere, poi si infilò di nuovo al posto di guida. Prima di partire, si sfilò il ciondolo-proiettile dal collo e lo appese allo specchietto retrovisore. Incredibilmente, ne aveva ritrovato la sua legittima proprietaria.

 

Fine


Spazio autrice: Eccomi di nuovo! Come promesso, eccovi l'epilogo della storia, che spero vivamente vi sia piaciuta. Ringrazio tutti quelli che sono passati a dare un'occhiata, ed in special modo LaPoetastra per avermi tenuto sempre compagnia con le sue recensioni.
Bacioni!
Evelyn

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