La Tempesta

di Elwing Lamath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***



[Questa storia partecipa al contest "A time of Magic" indetto da hiromi_chan sul Forum di EFP]

Autore: Elwing_L (aka Elwing Lamath)

Titolo: La Tempesta

Coppia: Merlin/Arthur

Pacchetto scelto: Merlin (rogo, bacio, libro - drammatico - what if, lemon, slash - 1) Sai che cosa mi piace di lui? Non si aspetta mai una lode, tutto quello che fa lo fa per il gusto di farlo, 2) Una metà non può veramente odiare ciò che la rende completa, 3)Sei una domanda che non è ancora stata mai posta)

Rating: Arancione

Genere: Romantico, Drammatico, Fantasy


NOTE DELL'AUTRICE: Benvenuti in questa nuova avventura signore e signori!... Quella che vado di seguito a proporvi è una Canon!era AU, in cui le cose vanno un po' (tanto) diversamente dal nostro amato telefilm. Ambientata all'incirca drante le prime stagioni, una nuova minaccia incomberà su Camelot, e i nostri due idioti preferiti dovranno salvare la situazione (Merthur, of course!).

Volevo scrivere questa storia da tanto tempo... insomma, era un'idea che in nuce mi frullava in testa da un po', perciò ringrazio hiromi_chan per avermi dato la spinta a metterla nero su bianco con il suo contest.

Vi annuncio solo che la storia è già conclusa, e sarà divisa in 4 capitoli, che pubblicherò settimanalmente il sabato... Spero quindi di tenervi compagnia piacevolmente per il prossimo mese. Ogni recensione come al solito è apprezzatissima, spero che vi farete sentire.

Un bacio, al prossimo capitolo...

Elwing...

La Tempesta

 

Capitolo I


Il sole sorgeva rosso e freddo oltre le colline ammantate di leggera foschia velata di rosa. Il fiato di Merlin condensava nel gelo del cortile di quel rigido mattino invernale. Tutti i cavalieri e i membri della corte erano schierati nei loro mantelli porpora attorno all’alta pira eretta al centro del cortile.

Il giovane mago riusciva a stento a respirare, un peso inquietante e ignoto a comprimergli il petto. Non era certo la prima esecuzione alla quale assisteva da quando era giunto a Camelot, e una volta tanto, non biasimava il re per aver condannato al rogo quello stregone.

Arthur, lui stesso e i cavalieri, lo avevano cercato in lungo e in largo per il regno, seguendo la scia di morte e devastazione che aveva lasciato dietro di sé attaccando i villaggi più esterni. Vagava qua e là per i boschi, una figura silente e incappucciata, ma quando scatenava la sua furia, in pochi rimanevano vivi per raccontarlo. Nessuno sapeva quale fosse la vera ragione che lo spingesse a una tale ferocia, e quando re Uther era venuto a conoscenza di un tale affronto entro i confini del suo regno, aveva immediatamente ordinato la cattura dello stregone.

Merlin non aveva mai immaginato che la sua cattura sarebbe stata tanto semplice: lo avevano colto in un’imboscata ed erano riusciti a bloccare i suoi poteri magici con una semplice pietra druidica consigliata da Gaius.

Da quando l’avevano catturato, Keeran, lo stregone, si era chiuso in un enigmatico silenzio. Non aveva aperto bocca per nessuna ragione, nemmeno per bere o mangiare, e il suo viso era rimasto una maschera di indecifrabile neutralità, tranne che in qualche fugace momento in cui non visto da nessun altro, rivolgeva a Merlin un sorriso sghembo, al contempo molle e tanto tagliente quanto nessuno mai il giovane mago avesse visto. C’era qualcosa dietro a quei lineamenti quasi angelici, sotto a quella folta chioma dorata e a quegli occhi chiari e vibranti, che lo inquietava in un modo che lo metteva a disagio anche ad ammetterlo a sé stesso. Qualcosa di cui però Arthur non sembrava essersi accorto minimamente, forse troppo orgoglioso di essere riuscito a compiere una missione tanto importante e liberare il suo popolo da una così grande minaccia.

Merlin aveva tentato di parlare al principe, gli aveva esposto le sue preoccupazioni, e per tutta risposta si era sentito dare della femminuccia per l’ennesima volta. Arthur lo aveva liquidato con un veloce gesto della mano e lo aveva altrettanto rapidamente spedito ad occuparsi dei cavalli, mentre lui e i cavalieri avevano condotto lo stregone prima davanti al re, e poi nelle segrete in attesa di essere giustiziato.

Quella notte, Merlin aveva faticato a chiudere occhio, oppresso dal continuo pensiero dello stregone rinchiuso in una cella che temeva non fosse in grado di contenere il suo potere. Quando finalmente un sonno inquieto era riuscito ad avvolgerlo, ad una indistinta nebbia di sonno, si sostituì una visione così nitida che il mago non avrebbe saputo dire se si fosse trattato solo di una sua fantasia o se fosse realmente accaduto. Keeran era proprio nella sua stanza, avvolto nel suo lungo mantello blu notte, sotto al quale si intravedevano i preziosi ricami argentei della sua tunica. Merlin era scattato fuori dal letto, protendendo un braccio, pronto a difendersi in caso di attacco. Lo stregone invece aveva piegato un angolo della bocca in un sorriso compiaciuto.

“Finalmente possiamo presentarci come si conviene, Emrys. È stato tutto piuttosto affollato dopo la mia cattura. Aspettavo l’occasione di passare del tempo da solo con te.” Esordì Keeran con voce voluttuosa. Sembrò accarezzare le parole in un modo che fece arricciare la pelle a Merlin, mettendolo ancor di più sulla difensiva.

“Come sai il mio nome?” gli rispose.

“Tutto qui?” Inarcò un sopracciglio divertito. “ ‘come sai il mio nome’!? Tutti sanno il tuo nome… Beh, a parte i bietoloni che abitano questo castello, primo tra tutti il tuo principino dorato… Sul serio, Emrys, questa è la migliore domanda che ti viene in mente? Se così fosse, sarei davvero deluso.” Continuò con una smorfia che Merlin non seppe bene come codificare.

“Che cosa vuoi da me? Sei venuto qui per eliminarmi?” sibilò Merlin tagliente.

Keeran quasi scoppiò a ridere: “Eliminarti? Cielo, no! Quello sarebbe ciò che io chiamo un enorme spreco di risorse. No, mio caro, sono qui per proporti qualcosa di molto più interessante.”

“Non c’è nulla che tu abbia che io potrei mai volere.”

Lo stregone si portò teatralmente una mano al petto, assumendo un’aria dispiaciuta: “Oh, così ferisci i miei sentimenti, giovane Emrys… Fortunatamente, ho un ego abbastanza solido da non cadere implorante ai tuoi piedi in questo esatto momento.” lo derise.

Quando vide la collera iniziare a montare sul volto di Merlin, gli sorrise ancora in quel modo compiaciuto e continuò: “Vedo la tua furia trattenuta. Il tuo tormento nell’essere costretto a tenere segreto un così straordinario potere. Ti guardo Emrys, e vedo tutta la tua grandezza. Sai anche tu quanto essa non verrà mai riconosciuta a Camelot. Ti caccerebbero come se fossi un mostro, quando in realtà sei una delle creature più incredibili che abbiano mai solcato questo mondo… Non deve essere per forza così. Lascia andare il tuo potere, lascia che ti domini completamente, impara a vivere in esso…. Vieni con me, Emrys, ed insieme saremo la più grande forza che l’universo abbia mai visto. I nostri poteri congiunti non avranno limite.”

“Cosa stai dicendo?” Merlin non sapeva se credere alle proprie orecchie.

“Ti sto offrendo il potere. Ti sto porgendo la chiave della grandezza, Merlin. Non hai che da venir via con me.”

“Tu sei solo un pazzo furioso. Un omicida consumato dall’odio e accecato dalla sete di potere. Non avrei nulla da spartire con te.” Gli sputò contro il giovane mago, immobile, con tutto il corpo in tensione, la magia vibrante pronta a scattare. “In più, sei prigioniero. Domani salirai sul rogo, e questa tua follia avrà fine.”

Un’altra risata irriverente. “Come dici tu, sommo e sapiente Emrys… Immaginavo saresti stato un osso duro. Ti fa onore, d’altronde, hai una certa reputazione ormai. In ogni caso, hai ancora tempo per valutare la mia offerta. Ma stai attento, perché ogni azione ha delle conseguenze, pondera le tue con cautela.”

Nello stesso momento in cui Keeran si dissolse nel nulla, Merlin si svegliò, scattando a sedere nel letto, ancora più confuso su quanto fosse realmente accaduto.

*****

Keeran fissava tutti con la stessa distaccata ed immobile impudenza, camminava a testa alta verso la pira, muovendosi quasi sinuoso, come se i ceppi che portava non fossero che un futile ornamento alla sua persona, come se le catene che gli legavano i polsi non lo sfiorassero nemmeno.

Al giovane mago non sfuggì il luccichio che gli attraversò le iridi ghiacciate quando i suoi occhi si posarono su Arthur, e il solito sogghigno compiaciuto che invece gli comparve sulle labbra quando spostò lo sguardo su Merlin, alle spalle del principe.

Non appena lo stregone li ebbe superati, scortato dalle guardie, il moro si sporse in avanti: “Questa situazione non mi convince.” Sussurrò all’orecchio del principe.

Arthur alzò gli occhi al cielo con fare esasperato, voltandosi quel tanto che bastò per incontrare gli occhi del suo servitore: “C’è mai qualcosa che vada bene, Merlin?”

“Sono serio.” Replicò il mago.

“Ed io sono stufo.”

“Arthur! Insomma, non ti sembra che si sia qualcosa di sbagliato qua? Guardalo!” disse facendo un cenno del capo alla volta di Keeran.

Il principe sollevò le sopracciglia: “Non pensavo ti mettessi a difendere uno stregone pluriomicida!”

“No, non capisci!” scosse il capo: “Voglio dire, guarda il suo atteggiamento. A me sembra tanto che Keeran sia l’unico a voler essere qui.” Arthur sembrò riflettere, interdetto. “Quanti condannati a morte hai visto? Quanti di loro avevano quel sorriso? Lo sguardo di chi si trova esattamente dove vorrebbe essere.”

Arthur parve considerare la possibilità per qualche istante, poi scosse il capo come per voler scacciare quel pensiero. “Piantala di cercare di influenzarmi con le tue fisime e le tue elucubrazioni.”

“Ma non sono…”

“Merlin, mi faresti un enorme favore a tacere. Fino a quando questa storia non sarà finita e quella pira spenta, tieni la tua boccaccia chiusa.” Tagliò corto Arthur, tornando a dare le spalle al mago.

Quando le guardie ebbero legato lo stregone all’alto palo al centro della pira, Uther dalla balconata reale pronunciò la sentenza, che Keeran parve ascoltare quasi distrattamente. Poi diede l’ordine, ed uno dei cavalieri appiccò il fuoco alla pira con una torcia.

Le fiamme divamparono velocemente sul legno secco e cosparso d’olio. Il rogo crebbe in forza, illuminando in modo innaturale il cortile ancora immerso nell’ombra del primo mattino. Il fuoco danzava in forme scomposte attorno alla figura di Keeran. Merlin si accorse con raccapriccio che il sorriso non aveva ancora abbandonato il volto dello stregone, nonostante a quel punto il calore avrebbe già dovuto essere insopportabile per qualsiasi uomo.

“Arthur…” emise in un sussulto, ma il principe si era già voltato a cercare il suo sguardo, un’espressione tanto sgomenta quanto la sua a oscurargli il viso. Non ebbero bisogno di dire altro, capirono al volo che qualcosa non quadrava.

Un attimo dopo, un lampo squarciò il cielo, seguito da un terrificante rombo di tuono. Nubi livide di tempesta si radunarono dal nulla sul cortile del castello, reclamate in tutta la loro potenza da un bagliore dorato negli occhi di Keeran. Un altro fulmine si scaricò a terra esattamente sul palo del rogo in fiamme, con l’unico effetto di liberare lo stregone dai ceppi con una risata ampiamente gustata. Non passò un altro secondo che la pioggia iniziò a cadere fitta e implacabile, domando il fuoco del rogo, che fu costretto a ritirarsi sempre più sotto l’effetto di quella potente magia, fino ad estinguersi del tutto in un fumo scuro e malato.

Il sorriso sghembo che Keeran rivolse a Merlin gli fece accapponare la pelle sotto gli indumenti fradici. Poi, lo stregone si voltò verso re Uther e i rappresentanti della corte. “Miei signori, vi ringrazio per lo spettacolo… e diciamo, per l’opportunità.” E con un inchino studiato si smaterializzò, proprio come Merlin lo aveva visto fare in sogno.

Il panico e lo sgomento invasero la corte. Uther gridava ordini sconnessi dall’alto della balconata in preda alla furia, mentre Arthur cercava di raccogliere i cavalieri per mandarli alla ricerca del fuggitivo.

Merlin era come pietrificato in mezzo al cortile, la mente rimasta fissa sulle ultime parole di Keeran, interrogandosi su cosa significassero, anche alla luce del loro colloquio della notte precedente, ormai convinto che non si fosse trattato di un semplice sogno.

“Merlin! Muoviti!” gli urlò Arthur strattonandolo per la tunica e costringendolo a seguirlo all’interno della fortezza.

                                                                                                                                                          *****
“Vai a prendere le carte sulle quali abbiamo segnato i campi druidi conosciuti, dobbiamo trovare quella gente e vedere se loro sanno qualcosa in più.” Il principe istruì Merlin mentre varcavano la soglia degli appartamenti dell’erede al trono.

“Come pensi di riuscire a riprenderlo?” domandò Merlin più seccamente di quanto avrebbe voluto.

Arthur si girò a guardarlo con un’occhiata truce, che voleva invece nascondere un timore tutt’altro che infondato. “Non lo so, ma ci dobbiamo provare. Cosa pretendi che faccia!? Che me ne stia semplicemente qui, accettando che uno dei nemici più pericolosi che abbiamo se la sia svignata tranquillamente sotto i baffi di tutto l’esercito di Camelot?”

“Ben trovati, miei signori.” Lo interruppe una voce suadente dall’altro lato della stanza.

Comodamente seduto allo scrittoio del principe, Keeran sedeva a gambe incrociate, giocherellando distrattamente con una bianchissima piuma d’oca, proprio quella che Merlin aveva regalato ad Arthur per il suo ultimo compleanno. I due ragazzi si irrigidirono immediatamente, e non appena il principe realizzò di chi si trattava, istintivamente spinse Merlin dietro di sé e sguainò la spada.

“Come sei violento, principe Arthur. Non serve agitarsi tanto.” Disse l’uomo dalla lunga chioma bionda.

“Cosa ci fai qua, stregone?” sibilò il cavaliere.

Keeran si finse stupito: “Mi volevi bruciare sul rogo!... è logico supporre che ora io mostri un certo, come dire, risentimento nei tuoi confronti… non è così che funziona? O sbaglio?” di nuovo quel ghigno irriverente.

“Ma non è strettamente questo il motivo, non è vero, Keeran?” si inserì Merlin con grande sorpresa di Arthur.

“Hai riflettuto quindi sulla mia proposta, Emrys?”

“Quale proposta? Chi è Emrys? Merlin, che sta succedendo?” esclamò Arthur tutto d’un fiato.

Merlin non rispose.

Un sorriso ancora più ampio distorse il volto dello stregone. “Oh, proprio come immaginavo. Non sa niente. Beh, molto bravo, devo ammetterlo.”

“Tu sei pazzo.” Ringhiò a denti stretti Merlin, deciso a non dire una parola di più.

Keeran sospirò: “Così mi facilitate solo il gioco. Perché vi ostinate tutti ad essere così ingenui? Ora non vi posso permettere di lasciare semplicemente le cose così come sono. Ho anche io una certa reputazione da mantenere... Ti pentirai di questa scelta Emrys, e mi implorerai di prenderti con me prima della fine, ma nel frattempo intendo divertirmi. Vedrai cosa accadrà a questa terra, alla sua gente. Vedrai la mia furia abbattersi sui tuoi amici, sul tuo protettore, ma il primo assaggio lo avrai sul tuo principe.”

Merlin vide i suoi occhi tingersi d’oro, e prima di riuscire a pensare ad una via di fuga, vide piccole scintille di lampi nascere dal palmo della mano di Keeran. Un istante dopo, stava scagliando un potente incantesimo contro Arthur.

Il giovane mago non pensò, non esitò nemmeno per un attimo, si gettò davanti ad Arthur, protendendo le braccia contro la scarica di fulmini e bloccandola con un incantesimo di scudo che urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, sentendo la magia liberarsi fiera attraverso i suoi occhi incendiati d’oro.

Keeran cessò immediatamente l’attacco, allargando le braccia come per volersi scusare, poi si lasciò andare in una risata sguaiata. “Ops.” Disse beffardo, appena prima di scomparire avvolgendosi nel suo mantello scuro.

Solo in quel momento Merlin si concesse di realizzare cosa fosse effettivamente accaduto. Un dolore sordo sembrò colpirlo allo sterno non appena la forza della magia lo lasciò. Si gelò sul posto, voltandosi con una lentezza estenuante, terrorizzato di scoprire che cosa avrebbe letto sul viso di Arthur quando avesse osato guardarlo.

Gli sembrò volerci un’eternità per trovare il coraggio di alzare gli occhi sull’amico, il tempo, come il sangue nelle sue vene, sembrava essersi congelato orribilmente. Quando lo fece, quello che vide gli aprì una vera e propria crepa al centro del petto.

Arthur era immobile esattamente come lui, il fiato mozzato in maniera quasi innaturale, la spada ancora stretta in mano con una presa spasmodica, lo fissava con uno sguardo orripilato. Merlin realizzò che non avrebbe mai più dimenticato quella sfumatura totalmente nuova nell’azzurro degli occhi di Arthur: vi lesse rabbia, sgomento, paura, accusa, l’ombra del tradimento.

Gli ci volle una forza immane per riuscite ad articolare quelle due uniche sillabe: “Ar… Ar thur…”

Una furia ceca saettò sul volto del principe, che per riflesso alzò la spada verso Merlin: “Tu!?”

“Lascia che ti spieghi… io…”

“Tu! Tu… Tu non puoi essere…! Non ci posso credere.” Gli ringhiò contro.

“Sì, sono un mago. Ma uso la mia magia solo per te, Arthur:”

“Non mi interessa! Per tutto questo tempo! Tu mi hai mentito e tradito per tutto questo tempo! Tu…” Arthur era sconvolto, quasi più di Merlin. “Basta. Togliti dalla mia vista.”

“No, Arthur, aspetta…” il mago sentiva le lacrime trattenute iniziare a pungere dietro le palpebre.

“Vattene via!” gli urlò il principe livido d’ira, puntandogli ancora una volta la lama contro come minaccia.

Merlin non ce la fece più a resistere, e corse via. Lontano, sbattendosi dietro la porta delle stanze reali e lasciando correre le lacrime libere lungo le guance, consapevole di aver rovinato ciò che aveva di più caro al mondo.

Arthur non avrebbe saputo dire con certezza quanto tempo trascorse ancora immobile al centro dei suoi appartamenti dopo aver lasciato cadere la spada a terra, ed aver ascoltato nella propria testa l’eco del clangore metallico che aveva prodotto finendo sul pavimento di pietra.

Non avrebbe nemmeno potuto stabilire con esattezza quali pensieri avessero veramente attraversato la sua mente in quel turbine di emozioni contrastanti che l’aveva lasciato stordito e incapace di reagire.

Merlin, il suo servitore idiota, il suo saggio amico, era un mago. Gli aveva mentito dal primo giorno in cui si erano incontrati. Era come se le fondamenta di tutte le sue certezze si fossero improvvisamente sgretolate sotto il suo sguardo. Avrebbe dovuto consegnarlo a suo padre in quanto stregone e traditore, e se solo avesse ascoltato quella rabbia cieca che ora gli divorava lo stomaco, lo avrebbe fatto. Ma come avrebbe potuto? Si trattava di Merlin, non di qualsiasi altra persona. Come avrebbe mai potuto fargli del male? Come aveva però potuto Merlin fare tanto male a lui? Perché gli aveva nascosto una cosa del genere, tradendo la sua fiducia?

Fu in quel momento però che Arthur realizzò come aveva appena reagito, come lo aveva allontanato bruscamente senza nemmeno ascoltarlo. Ecco perché Merlin non gli aveva mai detto nulla. Fu un miracolo che le ginocchia lo sorressero quando si sentì letteralmente schiacciato dal peso del suo errore madornale.

Senza rimanere a riflettervi un secondo di più, si fiondò di corsa oltre la pesante porta di legno, alla ricerca dell’amico.

Dopo aver corso in lungo e in largo, perlustrando ogni nicchia del catello in cui sapeva che il suo servo si nascondeva quando voleva evitare di svolgere qualche mansione particolarmente ingrata, senza però alcun successo, si scontrò con Morgana e Gwen.

“Arthur! Che modi!” lo rimproverò stizzita Morgana, spingendolo via dopo che il biondo le era praticamente piombato addosso.

“Avete visto Merlin?” chiese senza fiato, senza disturbarsi a scusarsi.

La ragazza stava per rispondergli per le rime, facendogli notare la sua mancanza di educazione, quando però si accorse dello sguardo preoccupato, anzi, terrorizzato del principe: “Arthur, è successo qualcosa?”

“Rispondi solo: sì o no!” Morgana sgranò gli occhi, non capendo a cosa fosse dovuto quello strano comportamento.

Gwen intervenne in suo aiuto: “No, non l’abbiamo visto. Cosa gli è accaduto?”

Arthur guardò la ragazza con uno sguardo a metà tra l’implorante e il deluso: “Se lo trovate, ditegli che gli devo parlare, vi prego.”

Guinevere annuì con quel suo sorriso rassicurante, ed Arthur sfrecciò via, oltrepassandole senza aspettare che articolassero una vera risposta.

*****

“Gaius!” Gridò il principe varcando di gran carriera la soglia dell’alloggio del medico di corte.

Il vecchio lo guardò accigliato dal fondo della stanza. “Sire.”

“Gaius! Dimmi che Merlin è qui.” Disse Arthur col fiatone.

“No, mio signore. Pensavo fosse con voi.”

Arthur serrò le palpebre e si morse il labbro inferiore: “Quindi non sai nemmeno dove sia andato.” Sospirò poi, abbattuto.

L’anziano medico si allarmò: “Cosa gli è successo? Avete scoperto qualcosa su Keeran?”

“Era nelle mie stanze. Ci ha attaccato.” Gaius fece per aprir bocca, sorpreso, ma Arthur non lo lasciò parlare: “Tu lo sapevi, non è vero? Che Merlin è un mago.” Il cerusico rimase letteralmente senza parole.

Arthur sospirò come sconfitto, lasciandosi cadere seduto sui pochi scalini vicino all’ingresso, prendendosi la testa tra le mani. “E certo, come poteva non dirtelo. Sei come un padre per lui, di te si fida ciecamente. Sono io che ho sbagliato tutto con lui, e l’unico risultato è stato che Merlin mi ha tradito e mentito per tutto questo tempo.”

“Merlin si fida di voi, Sire, non dovete pensarlo neanche. Vi affiderebbe la sua stessa vita.” Disse avvicinandosi al giovane ed accovacciandosi accanto a lui con fare paterno. “Se vi ha mentito, lo ha fatto solo per proteggervi e per proteggersi dalle leggi contro la stregoneria. Conosco Merlin come un figlio, e non vi ha mai tradito in alcun modo.”

Arthur alzò il capo, fissando il suoi occhi lucidi in quelli di Gaius. “Sì, ma lui… Non avrebbe dovuto, lui…” incespicò sulle parole e si morse ancora un labbro.

“Capisco che ora siate arrabbiato. Ma pensate a Merlin, a tutto ciò che ha sempre fatto per voi e insieme a voi. Pensate veramente che potrebbe farvi del male?”

“Non lo so.. no..”

“Sapete cosa mi piace di lui? Che non si aspetta mai una lode. Tutto quello che fa lo fa per il gusto di farlo. Lo fa per voi Arthur, non so se vi rendete conto di quanto voi significate per Merlin.”

Lo sentì netto e doloroso. Un colpo dritto alla bocca dello stomaco che si chiudeva a pugno. E in quel momento Arthur si diede dello stupido. Come aveva potuto pensare anche solo per un momento di buttare all’aria tutto ciò che lui e Merlin avevano costruito in quegli anni passati insieme?

“Devo trovarlo, Gaius. L’ho cacciato via, ma devo assolutamente ritrovarlo… Non hai idea di dove possa essere andato?”

“Per quanto ne sappiamo potrebbe già anche essere fuori Camelot.” Rifletté il vecchio medico.

“Non penso. Non se ne andrebbe mai senza salutarti Gaius, sei la sua famiglia.”

Dopo un attimo di silenzio, l’anziano scosse la testa: “Ho capito dove si può essere nascosto. Anche se spererei che non lo avesse fatto.”

*****

I suoi passi risuonavano sulla pietra umida della galleria. In tutta la sua vita, non era mai stato in quella parte del castello, nemmeno quando il grande drago si era misteriosamente liberato e aveva incendiato la città.

La caverna era buia, fredda e umida, l’aria immobile e pesante. Notò sparsi a terra i detriti di una frana, evidentemente recente, anche se non riusciva a capire cosa potesse averla provocata.

“Merlin…” provò a chiamare Arthur. La sua voce riecheggiò nell’oscurità, ma non vi fu alcuna risposta. Lo chiamò ancora due, tre volte senza che null’altro che l’eco della sua stessa voce smuovesse l’aria.

Stava per andarsene, quando lo scorse. Tra i massi e i detriti staccatisi dal soffitto della grotta, rannicchiato su se stesso in un angolo, Merlin tremava visibilmente, cercando di passare inosservato.

Arthur si precipitò da lui, inginocchiandoglisi accanto. “Merlin!” lo chiamò cercando di riscuoterlo.

Il mago non alzò il capo, non lo guardò in alcun modo, raccolse ancora maggiormente le ginocchia contro il petto. “Arthur, lasciami.” Anche la sua voce tremava.

“Merlin, guardami.”

“No, tu non capisci. Allontanati da me.”

Fu allora che Arthur si accorse che qualcosa non andava nel suo tremore quasi febbricitante, nella sua ostinazione a tenere il capo seppellito tra le mani. “Cosa ti succede? Merlin, cosa c’è?” chiese allarmato.

“Sono fuori controllo. La mia magia è fuori controllo. Vattene Arthur, lo dico per il tuo bene. Non so cosa potrebbe fare.”

Arthur guardò i detriti attorno a loro. “Sei stato tu a fare questo.”

Il mago annuì in silenzio.

“Merlin, ti prego, guardami.” Gli disse Arthur quasi dolcemente, facendo una leggera pressione sulle sue braccia.

Il moro lentamente sollevò il capo, mostrando al principe le sue iridi dorate, vibranti di una luce liquida e mutevole, incorniciate dalle lunghe ciglia scure bagnate di pianto. Le sue mani tremanti emettevano dai palmi una strana luminescenza perlacea.

Arthur aprì e chiuse la bocca senza sapere cosa dire né cosa fare. “Cosa…?” riuscì a dire solamente alla fine.

“Credo sia a causa dello scontro con Keeran. La sua magia è potente, Arthur. Forse più della mia. Lo abbiamo sottovalutato. Non so cosa mi stia succedendo… Lasciami, non voglio che ti faccia del male.”

“No, io non ti lascio. Non mi hai mai fatto del male, e non succederà ora.” Merlin lo fissò con uno sguardo indecifrabile, smarrito e tremendamente bello. Il labbro inferiore gli tremò senza che riuscisse a controllarlo.

“Perdonami.” Sussurrò il mago con voce spezzata, abbassando nuovamente gli occhi.

“No.” Arthur gli prese il volto tra le mani, invitandolo a rialzare lo sguardo su di sé, e asciugandogli le guance rigate di lacrime coi pollici. “No, Merlin. Mi dispiace di averti attaccato in quel modo. Ma ora devi reagire. So che puoi controllarla.”

Merlin provò a sottrarsi da quel contatto, spaventato di cosa sarebbe potuto accadere se la magia gli fosse sfuggita di nuovo di mano. Il principe non si lasciò intimidire, anzi, si protese ancor di più verso l’amico, fino a toccare la sua fronte con la propria. “Controllala, ora. Merlin, sono qui. Fallo per me.” Gli sussurrò guardandolo dritto negli occhi dorati da quella distanza irrisoria. Il mago annuì lievemente, serrando gli occhi e le labbra in un grande sforzo di concentrazione.

Arthur rimase a fissarlo senza fiatare. Quando il mago riaprì le palpebre, le sue iridi erano ritornate del loro caratteristico blu zaffiro, che in quel momento, a quella distanza, fece perdere un paio di battiti al cuore del biondo.

“Grazie.” Disse semplicemente Merlin in un sospiro.

Fu allora che Arthur non ce la fece più a resistere, senza riflettere, senza nemmeno pensare di esitare, lo baciò. Trovò le sue labbra salate di pianto e le coprì con le sue in un contatto morbido, dolce e disperato insieme. Sospirarono entrambi, lasciando andare la tensione e trovando conforto l’uno nell’altro. Si separarono lentamente, come per darsi il tempo di realizzare cosa fosse davvero accaduto, come se avessero paura di rompere qualcosa nel lasciare quel contatto.

“Arthur… quindi… non mi odi?” chiese quasi timidamente. Mai nessuna domanda era parsa tanto stupida alle orecchie del principe.

Il biondo sentì un sorriso appena accennato affiorargli sulle labbra. “Oh, vorrei poterti odiare, sarebbe tutto così facile. Ma non mi è possibile. Io non potrò mai odiarti, idiota. Qualsiasi cosa accada.”

Merlin lasciò andare un sospiro con una risata, ed Arthur lo percepì rilassarsi sotto le sue mani.

“Bada bene, sono ancora arrabbiato con te. Per avermelo tenuto nascosto per tutto questo tempo, sono ancora tremendamente, assolutamente infuriato con te… Non riesco a decidermi se vorrei tirarti un pugno sul naso, o se baciarti di nuovo.”

Merlin sorrise veramente per la prima volta. “Posso permettermi di darti un suggerimento?”

Gli si avvicinò di nuovo piano, chiedendo il permesso in punta di piedi. Fu Arthur alla fine a riagganciare le loro bocche in un bacio che aveva il sapore di una nuova consapevolezza. Le labbra piene e calde di Merlin si mossero invitanti, consentendo ad Arthur di approfondire il bacio. Danzarono insieme languidamente, scoprendo la dolcezza del loro sapore mescolato insieme, unito ai loro respiri spezzati.

Non si separarono veramente, le loro labbra rimasero per un lunghissimo istante accostate le una sulle altre sfiorandosi appena, respirando insieme per catturare il profumo stesso di quel momento. Sorrisero, senza bisogno di dire nulla, senza riuscire a capire bene se più per imbarazzo o felicità.

Merlin fu il primo a scostarsi, solo per posare le mani ai lati della nuca di Arthur, attirandolo verso di sé fino a deporgli sulla fronte un bacio leggero che sapeva di gratitudine, di tenerezza e di devozione.

“Speravo che avresti capito, alla fine.” Gli sussurrò poi.

“Non pensare di cavartela con così poco.” Ribatté Arthur con un ghigno furbo. “Dovrai lucidare tutte le armi dell’armeria, tre volte almeno.”

Merlin lo guardò con un sorriso che aveva dello sconfortato.

“Ma potrai usare la magia.” Aggiunse subito dopo il principe.

“Oh.”

Arthur sorrise alla splendida espressione sorpresa e disorientata che attraversò il volto dell’altro. Poi però si fece nuovamente serio. “Non subito, però. Ora abbiamo uno stregone sputa fulmini di cui occuparci.”

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


[Questa storia partecipa al contest "A time of Magic" indetto da hiromi_chan sul Forum di EFP]

Autore: Elwing_L (aka Elwing Lamath)

Titolo: La Tempesta

Coppia: Merlin/Arthur

Pacchetto scelto: Merlin (rogo, bacio, libro - drammatico - what if, lemon, slash - 1) Sai che cosa mi piace di lui? Non si aspetta mai una lode, tutto quello che fa lo fa per il gusto di farlo, 2) Una metà non può veramente odiare ciò che la rende completa, 3)Sei una domanda che non è ancora stata mai posta - extra: nella storia è presente almeno un incantesimo)

Rating: Arancione

Genere: Romantico, Drammatico, Fantasy


NOTE DELL'AUTRICE: Buon giovedì a tutti! Sì. esatto, giovedì e non sabato come avevo detto lo scorso capitolo... Ma oggi mi annoiavo, la storia è già bella pronta, e quindi non ho resistito e ho deciso di pubblicare in anticipo. Ringrazio di cuore coloro che hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite (Baka Lolita, cascata_di_luce, Deirdre Willowfrost, Evelyn Wright, evuzzola, KandaSebastian Love, kokka_barcucci, lululove2, paffy333, v_vanny05, yuke) e Jenny80_big che ha recensito il primo capitolo. A tutti voi è dedicato questa seconda parte della mia fic.

Una cosa ci tengo a far notare, anzi due. La prima è che spesso alcuni nomi che non compaiono nella serie originale, sono stati da me ripresi o dalla tradizione celtica o dal Silmarillion di Tolkien. La seconda è che il rapporto tra Gwen e Morgana in questa fic può essere inteso sia come amicizia (adoravo il loro legame nel telefilm così com'era), o come velato femslash, a seconda dell'interpretazione personale... io sinceramente, non sono ancora riuscita a decidermi.

Grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno il capitolo e magari troveranno il tempo di commentarlo, fareste la felicità di quest'autrice, come al solito.

Un bacio, al prossimo capitolo...

Elwing...

La Tempesta


Capitolo II

Merlin ed Arthur erano appena riemersi dal silenzio umido della grotta del drago al trambusto esagitato che animava il castello, quando videro ser Leon correre loro incontro.

“Sire! Vi ho cercato dappertutto! L’avete vista?” esclamò affannato il cavaliere.

“Di cosa stai parlando?” si accigliò Arthur

“Venite sulle mura, presto. Vostro padre chiede di voi.”

Si incamminarono di gran fretta dietro Leon su per le scale. Quando uscirono sul camminamento in cima alle mura della cittadella, dove si erano radunati i cavalieri ed il re, capirono immediatamente a cosa si riferisse Leon.

In qualsiasi direzione guardassero, in lontananza, oltre i colli e le foreste, si stagliava in nero di nubi tanto livide da sembrare sporco di cenere, illuminato fugacemente dai bagliori violacei dei fulmini. Circondava come una corona tutti i territori circostanti, come un serpente che stringe lento le sue spire in attesa di attaccare.

“Arthur! Si può sapere dov’eri finito?” disse brusco Uther non appena vide il figlio, gettando uno sguardo poco interessato al viso ancora sconvolto del suo servitore.

“Perdonate, Padre. Da quanto il cielo è così?” chiese il principe.

“Sono comparse all’improvviso.”

“Si preannuncia una tempesta violenta.” Osservò Arthur

“Questa non è una semplice tempesta. È chiaramente opera di qualche stregoneria. Devi partire immediatamente, ritrovare lo stregone e ucciderlo.” Ordinò il re.

“Sì, Maestà.” Rispose prontamente suo figlio.

Arthur fece per voltarsi e andarsene, quando Merlin lo trattenne per un braccio, accostandosi e a lui e parlandogli a bassa voce: “Arthur, Keeran è estremamente potente. Quanto pensi che potranno servire le spade contro di lui?”

Per sua sfortuna, quelle parole non sfuggirono all’orecchio di Uther: “Permetti ad un servitore di rivolgersi a te in quel modo? E soprattutto, che cosa ne sai tu di magia, ragazzo?” chiese con tono aspro.

Il principe fulminò Merlin con lo sguardo prima di rivolgersi al padre: “Assolutamente nulla. Scusatelo padre, non è capace di tenere a freno la lingua. È una triste caratteristica degli sciocchi, non badate alle sue parole.” Concluse la questione, si inchinò in saluto ad Uther e girò i tacchi, trascinando via Merlin per un braccio senza troppo riguardo.

Non appena furono rientrati nel castello, al riparo da occhi indiscreti, il principe, che non aveva mollato la presa, spintonò Merlin in un angolo, puntandogli un dito contro, minaccioso. “Non nominare mai più nulla anche solo lontanamente legato alla magia davanti a mio padre, mi sono spiegato?”

Merlin, inizialmente sorpreso per quella reazione a suo parere esagerata, cercò di replicare: “Stavo solo cercando di fargli capire che manderà al massacro degli uomini…”

“Non mi interessa cosa stavi cercando di fare!” Alzò la voce il biondo. “Se hai un problema ne parli con me, e stai lontano da mio padre. Hai idea di cosa ti farebbe se scoprisse il tuo segreto? Lo sai?”

“Sì, ma come vedi me la sono cavata da solo fino ad ora…”

“Infatti, è un mistero come tu sia riuscito a tenerti quella tua zucca vuota sulle spalle! D’ora in poi dovrai stare molto più attento. Ci siamo capiti?”

Sul volto di Merlin nel frattempo era comparso un leggero rossore e un sorriso mal trattenuto, a metà tra l’imbarazzato e il compiaciuto. Arthur tuttavia non sorrise, ma cercò di incenerirlo con lo sguardo, era serio come non mai. Il mago cercò di ricacciare indietro il sorriso che gli stava affiorando sulle labbra.

Raddrizzò le spalle come per mettersi sull’attenti e si schiarì la voce: “Sì, Sire.”

Il principe sospirò, chiaramente, quel ragazzo era una causa persa. “Lasciamo stare… Piuttosto, hai un’idea migliore?”

“Non ho un’idea, ma sono praticamente certo che le vostre armi non sarebbero mai in grado di sconfiggere uno stregone del calibro di Keeran. Quello che ci serve è una magia molto potente.”

“E tu saresti in grado di compierla?” chiese Arthur con una smorfia scettica.

Merlin si strinse nelle spalle: “Non lo so. Prima dobbiamo capire di quale tipo di stregoneria si serve.”

“E come facciamo?”

Il moro si illuminò: “Gaius! Non hai idea di quanti antichi libri di magia sia in possesso. Mi sono stati di grande aiuto in più di un’occasione.”

Arthur sembrò in difficoltà per un attimo: “Quante volte… tu hai… insomma, hai usato…?”

Merlin sorrise: “Diciamo parecchie… ti racconterò tutto, se vorrai. Ma ora dobbiamo sbrigarci.”

Arthur annuì in risposta ed insieme si incamminarono verso gli alloggi del medico.

Quando entrarono dalla vecchia porta di legno, si accorsero che Gaius non era da solo nella stanza. Sulla branda dove venivano portati i malati e i feriti sedeva Morgana, avvolta in una pesante coperta, tremante, con Gwen al suo fianco, le mani intrecciate con quelle della nobildonna, mentre cercava di confortarla. L’anziano medico poco distante stava versando alcuni ingredienti da pestare insieme in un mortaio.

I due ragazzi si avvicinarono alla branda. “Morgana!” esclamò preoccupato Arthur.

Ma la ragazza, pallida in volto, continuava a fissare un punto davanti a sé con gli occhi vacui, il labbro inferiore che tremava visibilmente.

“Cosa le è successo?” chiese il biondo con apprensione.

Morgana sussultò a quelle parole, e Gwen la abbracciò protettiva, iniziando a cullarla dolcemente, come si farebbe con una bambina. “Ha avuto un collasso. Mentre era svenuta ha detto di aver avuto delle allucinazioni.” Disse la ragazza bruna.

Merlin e Gaius si scambiarono un’occhiata significativa.

“Che tipo di allucinazioni?” domandò il mago.

La ragazza mora sgranò i suoi grandi occhi ghiacciati: “K… Kee…” balbettò.

“Shhh… Calma, non parlare.” La rassicurò Gwen, accarezzandole dolcemente una guancia. “Ha detto di aver sognato lo stregone. Quello che è fuggito. Non ha voluto raccontarci altro.”

“È ancora troppo scossa.” Si inserì Gaius, avvicinandosi con la medicina appena preparata. “Ha bisogno di calma e riposo. Guinevere, assicurati di metterla a letto, dalle questo tonico, ha bisogno di dormire.”

“Grazie Gaius.” Rispose Gwen. “Rimarrò io con lei.”

“Merlin, dobbiamo trovare quello stregone. Ha già causato troppi guai.” Ringhiò a denti stretti Arthur non appena le due ragazze furono uscite dagli alloggi del medico.

Gaius inarcò un sopracciglio, sorridendo e spostando lo sguardo dal principe a Merlin. “Vedo che qualcuno qua si è chiarito.”

I due ragazzi arrossirono in contemporanea, come se fossero appena stati colti sul fatto di qualcosa che non sapevano ben spiegarsi neanche loro. Il vecchio sorrise al loro imbarazzo. “Sono contento.” Disse semplicemente, sciogliendo la loro tensione.

“Gaius, abbiamo bisogno dei tuoi libri. Dobbiamo cercare di capire di più sulla magia di Keeran. È qualcosa che io non ho mai visto… Prima ha cercato di attaccare Arthur, e sembra essere in grado di controllare le nuvole e i fulmini.”

“Ho visto cos’ha fatto stamattina. Sembra essere un’antica magia in grado di imbrigliare gli elementi. È un tipo di stregoneria che non viene più praticato da moltissimo tempo, non sapevo nemmeno che esistesse qualcuno ancora in grado di farlo. Hai ragione ragazzo mio, dobbiamo metterci all’opera e scoprirne di più.”

*****

Trascorsero ore chini su grandi volumi polverosi, recuperati da Gaius in chissà quale anfratto del suo alloggio. Dopo parecchi vicoli ciechi, finalmente trovarono quello che cercavano, scoprendo che, proprio come supposto dal medico, si trattava di magia degli elementi.

Una stregoneria antica quanto le fondamenta della terra, ed intrisa della stessa energia vitale di cui era costituito il mondo. Solo pochissimi potenti stregoni erano in grado di padroneggiare la segreta arte del controllo degli elementi, piegandoli e plasmandoli al proprio volere. Per acquisire tale capacità tuttavia, Keeran aveva dovuto legare la sua stessa vita agli elementi che aveva imparato a dominare.

“È interessante…” commentò Merlin, facendo scorrere rapido lo sguardo sulla pergamena che aveva tra le mani. “Qui dice che questo tipo di potere, proprio perché ha origine negli elementi stessi, è pressoché infinito e invincibile…”

“Perfetto!” sbuffò Arthur sarcastico.

Il mago alzò una mano, fermandolo: “Aspetta: qui dice anche che può essere contrastato solamente dallo stesso tipo di magia.” Alzò lo sguardo sul principe e sul suo protettore. “Devo imparare a controllare gli elementi. Solo così avrò la possibilità di sconfiggerlo.”

“Che cosa?!” esclamò Arthur allibito. “Sei impazzito?!”

“È l’unico modo che abbiamo… Solo che non ho idea di come fare…” Merlin spostò gli occhi su Gaius, e colse nella sua espressione corrucciata l’ombra di un pensiero. “Gaius?... Cosa c’è?” Il vecchio sgranò gli occhi, come colto di sorpresa. “Conosco quella faccia: avanti, parla, c’è qualcosa che non ci stai dicendo.”

Gaius fece un respiro profondo prima di rispondergli: “Il Secretum di Cerridwen è la chiave per tale conoscenza. Ma ormai si crede che sia una leggenda, è andato perduto da tempo immemore. Nessuno a memoria d’uomo sa dove sia nascosto.”

“Di cosa si tratta?” chiese Arthur.

“Il grande libro scritto dalla prima sacerdotessa dell’Antica religione, Cerridwen, Signora della Natura. La leggenda narra che tramandò in esso i segreti della grande magia che è tessuto stesso del mondo, in modo che pochi eletti suoi adepti potessero apprendere l’arte del dominio degli elementi… Non è un libro che un qualunque praticante di magia potrebbe utilizzare, ma tu Merlin… tu forse potresti riuscire a padroneggiare quell’arte… Ma ti avverto, quel genere di stregoneria è molto pericolosa, figliolo...”

“Partiamo subito allora!” Merlin scattò in piedi senza lasciare che Gaius finisse di parlare. “Muoviti Arthur! Non c’è tempo da perdere!”

“Domando scusa?” esclamò il principe. “Ti ricordo che sono io qua a dare gli ordini. Inoltre, forse sei diventato pure sordo: Gaius ha appena detto che il libro è andato perduto.”

Merlin si lasciò scappare un sorriso furbo: “No, ha appena detto che nessuno a memoria d’uomo sa dove sia. Ma io non intendo domandarlo a un uomo.”

*****

Arthur si era fatto convincere controvoglia da Merlin a seguirlo nel bosco. Non sapeva neppure perché. Conosceva per esperienza diretta i disastri che il suo servitore era in grado di combinare, ma con altrettanta sicurezza, era certo di potersi fidare di lui. Avevano cavalcato per più di mezz’ora, allontanandosi dalla città, senza che il mago gli rivelasse nulla, e il principe, sorprendendosi quasi di sé stesso, lo aveva seguito senza più obiettare.

“Ora, promettimi di non dare di matto.” Disse Merlin quando ebbero legato i cavalli ai margini della radura presso la quale il mago aveva arrestato la loro corsa.

“Perché mai dovrei dare di matto?” replicò Arthur indispettito. “Sono un cavaliere di Camelot, non una mezza calzetta.”

Il moro annuì silenziosamente, volgendo subito dopo il viso al cielo. Quello che accadde dopo fu totalmente inaspettato per Arthur.

La voce di Merlin vibrò in un potente ruggito: “O drakon, e mala soi ftengometh tesd'hup anankes! Erkheo.”

Il principe rimase senza fiato. C’era qualcosa di profondo e antico in quel suono tanto estraneo e tanto famigliare al contempo, che gli procurò un brivido che arrivò a scuotergli le ossa. Rimase immobile, esattamente come ogni cosa attorno a loro, in un’attesa sospesa sopra le fila del tempo.

Non riuscì a credere ai suoi occhi quando, pochi istanti dopo, una figura scura comparve nel cielo davanti a loro, in rapido avvicinamento. Quando fu in grado di distinguere di cosa si trattasse, non fece in tempo a sguainare la spada, che il grande drago era già planato ed atterrato di fronte a loro.

Il primo istinto di Arthur fu quello di spingere Merlin dietro di sé, al riparo, di fargli scudo col proprio corpo da quella mostruosa creatura. Tuttavia, ciò che vide, lo spiazzò completamente: il drago chinò il capo, inchinandosi rispettosamente al cospetto del mago.

“Merlin?...” Gli sussurrò incerto.

“Va tutto bene, Arthur. Lui è Kilgharrah.” Disse il mago con estrema serenità.

Al principe sembrò quasi di vedere il drago sorridere, come se fosse stato possibile. “Finalmente ci incontriamo, giovane Pendragon.” Disse l’immane creatura.

A quel punto Arthur, esattamente come Merlin aveva previsto, diede completamente di matto. “Merlin! Che diavolo significa?!” Iniziò a sbraitare. “È questa la tua idea geniale!? Maledizione, è un dannatissimo drago!” puntò la spada contro il grande animale, più per indicarlo che per vera minaccia. “Aspetta! Come hai detto che si chiama?!... Non è un drago qualsiasi, è quel drago! Santo Iddio Merlin! Il grande drago!” iniziò a diventare rosso di rabbia. “Mi avevi giurato che era morto! Io l’avevo ucciso, ricordi!? Che cosa significa tutto questo?”

Merlin lo guardò con aria vagamente colpevole: “Beh, non era morto davvero…”

“Ma non mi dire!” esclamò il principe esasperato.

Entrambi si accorsero con un certo fastidio che Kilgharrah nel frattempo se la stava tranquillamente ridendo sotto i baffi, e decisero di ignorarlo.

“Tu eri svenuto, e io gli ho semplicemente comandato di andarsene.”

Arthur sembrava sul punto di rispondergli per le rime, poi si bloccò: “Stai dicendo che tu… hai comandato a lui…”

“Merlin è il mio Signore. Non potrei sottrarmi alla sua volontà nemmeno se lo volessi.” Si inserì Kilgharrah.

“Sono un Signore dei draghi. L’ultimo della mia stirpe.” Continuò il mago al suo posto.

Gli occhi di Arthur vagarono smarriti tra il drago e l’amico. Deglutì a vuoto un paio di volte, prima di riuscire a formulare nella sua testa un pensiero di senso compiuto. “Ci sono altre cose che devo scoprire prima che questa dannata giornata abbia fine?” disse infine.

A Merlin sfuggì una risata strozzata. “No, direi che questo è grossomodo tutto. Meglio rimandare i dettagli, non vorrei che ti venisse un colpo.”

“Avevi ragione. Ti odio, Merlin.” gli disse con una voce tutt’altro che convinta, cercando di trattenere il sorriso che lottava per impossessarsi delle sue labbra.

“Come già dissi a Merlin la prima volta che ci incontrammo, una metà non può veramente odiare ciò che la rende completa.” Si intromise nuovamente il grande drago. “Il fatto che anche tu sia qui insieme ad Emrys, è la dimostrazione che il grande disegno a cui siete destinati insieme, sta veramente iniziando a compiersi. Finalmente anche tu, Arthur, sarai in grado di comprendere quanto forte sia il legame che vi unisce, e quanto esso sia vitale per il futuro di questa terra.”

“Che cosa vuoi dire?” chiese il principe.

“Fa sempre così.” Replicò Merlin. “Si mette a parlare per enigmi. Tu ti lamenti di me, ma non hai idea di quanto possa essere irritante Kilgharrah con i suoi giochi di parole.”

“Ogni cosa a suo tempo, mio troppo giovane stregone.” Rispose il drago.

“Purtroppo, non è per discutere di questo che ti ho evocato, vecchio amico.” Disse il moro.

Raccontarono al grande drago l’accaduto e gli chiesero aiuto.

“La strada che vuoi intraprendere è estremamente pericolosa, Merlin.” lo avvertì il drago dopo aver ascoltato il suo piano.

“Ho già preso la mia decisione. Questo è l’unico modo che abbiamo per sconfiggere Keeran. Il punto è: ci puoi aiutare oppure no? Non possiamo permetterci di perdere altro tempo, c’è una tempesta che sta avanzando verso Camelot.”

“Io so dove si trova. Uno degli antichi signori dei draghi che servii in passato imparò a dominare il fuoco utilizzando il Secretum. È stato nascosto nel cuore del monte Himring, la terza vetta dei Monti Azzurri del Nord… Potrei indicarvi la via per trovare l’ingresso alla montagna...”

“Molto bene. Mettiamoci in moto allora.” Disse Merlin deciso.

“Ma non riuscirete mai ad oltrepassare la barriera di questa tempesta, è troppo potente.” Lo fermò il drago.

“Non ho mai pensato di arrivarci camminando.” Merlin inarcò un sopracciglio.

“Stai prendendo una pessima abitudine, giovane mago. Ti ricordo che non sono uno dei vostri destrieri.”

Convincere Kilgharrah a trasportarli fu molto più facile che convincere Arthur a salire in groppa al drago. Poi però, quando finalmente si librarono in volo sopra la foresta, Merlin sentì il corpo teso del biondo contro la sua schiena iniziare a rilassarsi. Un attimo dopo, Arthur rideva incontrollabilmente, estasiato dalla meravigliosa vista che si estendeva sotto di loro, e carico d’adrenalina per il volo.

Quando si elevarono sopra le nubi tempestose che circondavano il regno, si fecero entrambi silenziosi, concentrati.

Arthur si protese in avanti, aderendo maggiormente alla schiena di Merlin. Accostò il capo a quello del mago: “Grazie, per tutto.” Gli sussurrò in un orecchio, la punta del naso a solleticargli la pelle sensibile.

*****

Non appena posarono i piedi sulla neve, a pochi metri dall’entrata del monte, Kilgharrah tornò a sollevarsi in volo. Spiegò che era estremamente pericoloso per lui rimanere lì, poiché il monte Himring era protetto da una potente energia che era atta a indebolire ogni creatura magica non umana, in modo da scongiurare possibili attacchi a quell’antico tempio.

“Vi attenderò tra due giorni all’alba, ai margini della foresta di Belegorn. Da lì vi potrò aiutare a superare la tempesta e tornare a Camelot.” Aveva detto un attimo prima di scomparire in alto nel cielo.

Arthur si voltò e mosse il primo passo nella neve soffice verso l’ingresso della montagna. Sentì la stretta di Merlin attorno a un braccio, che lo costrinse a fermarsi e a voltarsi verso il moro.

“Che c’è?” chiese il principe.

“Tu non puoi venire.” Gli disse serio Merlin.

“Non ci pensare nemmeno! Non ti lascio andare lì dentro da solo!” esclamò indicando l’apertura buia nella roccia.

Merlin fu ancora più irremovibile di lui: “Hai sentito anche tu quello che ha detto il drago! Questo era uno dei primi templi dell’antica religione, è stato costruito solo per coloro che hanno poteri magici. L’ingresso non è concesso a nessun altro.”

“Questo non lo sappiamo per certo. Cosa vuoi che succeda?”

“Una cosa ho imparato in tutto questo tempo, se gli antichi hanno costruito qualcosa per difendere la loro magia, è saggio non cercare di sfidare quel potere. È una forza aldilà delle tue possibilità. La tua spada non sarebbe di alcun aiuto una volta entrati in quella montagna.”

Il principe abbassò lo sguardo, scuotendo la testa contrariato. Allora Merlin gli si avvicinò maggiormente, prendendogli il volto tra le mani, gentile ma deciso, in modo che ritornasse a guardarlo negli occhi. “Arthur.” Gli disse dolcemente. “È compito mio. Sono io che devo andare.” Le iridi color del cielo del biondo tremarono a quelle parole, e Merlin strinse appena la presa sulle sue guance: “Non mi perdonerei mai se ti accadesse qualcosa.”

Quando Arthur abbassò lo sguardo sulle labbra del mago, Merlin lo interpretò come un tacito assenso, e si protese, catturando la bocca del biondo con la propria. Lo sentì sospirare nel bacio, avrebbe potuto giurare di sentirlo tremare perfino, ma forse era solo la sua immaginazione. Si separò da lui, rimanendo per un lungo istante a fissare le labbra ancora socchiuse di Arthur.

“Aspettami qui. Tornerò.” Vi soffiò sopra, per poi lasciarlo andare, dirigendosi verso l’ingresso del monte.

“Merlin!” Arthur lo raggiunse con due ampie falcate, prendendolo tra le braccia e prendendo nuovamente possesso della sua bocca, in un bacio questa volta molto più vorace, bollente, di quelli da far girare la testa.

“Non fare niente stupido.” Sussurrò il cavaliere.

“Io? Quando mai!?” gli sorrise complice il mago.

“Torna da me.” Disse semplicemente Arthur prima di lasciarlo andare.

*****

Attese a lungo, esposto al vento gelido della montagna, troppo a lungo. Il sole compiva il suo giro, facendo brillare la neve immacolata con mille sfaccettature diverse, a seconda dell’angolazione con cui gradualmente la baciava. Gli sembrava di impazzire, di non riuscire più a rimanere fermo in alcun modo. Proprio quando si era ormai deciso ad entrare nella montagna, alla ricerca del compagno, udì dei passi lenti e incerti provenire dal buio della roccia.

Merlin emerse dalla caverna evidentemente provato in volto, appena ciondolante, ma con un grande volume rilegato in pelle nera e ottone ben stretto tra le braccia. A dispetto della sua faccia spossata, quando riemerse alla luce del sole e rincontrò gli occhi di Arthur, si illuminò del più bel sorriso che il cavaliere avesse mai visto.

Arthur lasciò finalmente andare il respiro che non si era nemmeno accorto di stare trattenendo. Gli sorrise di rimando: “Sei in ritardo.” Fu il meglio che riuscì a formulare, troppo frastornato dalla felicità di rivedere Merlin incolume.

Scoppiarono a ridere insieme, sonoramente.

La discesa dal monte Himring fu lunga e faticosa, soprattutto per Merlin, ancora indebolito dalle prove a cui la magia del monte lo aveva sottoposto. Incespicò più volte, ed Arthur dovette sorreggerlo in alcuni punti in cui il terreno si faceva più impervio.

Giunsero infine alle pendici dei Monti azzurri, dove l’aspro paesaggio di alta montagna iniziava a lasciar spazio alla foresta. Il cielo al tramonto si scurì improvvisamente oltre le chiome dei pini, come se volesse chiudersi sui due ragazzi come un coperchio dalle tinte funeree. Non trascorse molto tempo prima che la neve iniziasse a cadere da quel grigio, prima gentile, poi sempre più fitta, fino a che montò anche un vento gelido a sferzare i loro volti e ostacolarli nel cammino.

La notte scese silenziosa e incurante del loro incedere faticoso, e la bufera non accennava minimamente a diminuire. Quando i mantelli non furono più sufficienti a proteggerli ed il gelo divenne un serio problema da fronteggiare, quasi miracolosamente, Arthur scorse tra gli alberi e le grandi rocce, vestigia di un’antica frana di ciclopiche proporzioni, una rientranza più buia dell’ambiente circostante. La raggiunsero facendosi strada faticosamente nella neve fresca, scoprendo fortunosamente una grotta in cui ripararsi.

Nonostante fosse ancora debilitato, Merlin concentrò tutte le sue forze e accese con la magia un fuoco al centro della grotta, in modo che Arthur non dovesse uscire nella tormenta per procurare della legna.

Il principe ancora sobbalzò per la sorpresa quando vide le fiamme iniziare a danzare di vita propria, illuminando di una calda luce aranciata le pareti di granito scuro.

Merlin tremava, seduto a terra, raggomitolato su se stesso, le guance ed il naso arrossati, le ciocche di capelli neri ghiacciate e bagnate di neve. Tremava per il gelo e per la grande stanchezza. Arthur, anch’egli scosso dai brividi di freddo, si sedette stretto al fianco del mago, passandogli un braccio attorno alle spalle, coprendo entrambi con il suo mantello porpora e cercando maggior calore nella vicinanza dei corpi.

“Dovremmo cercare di dormire.” Disse Arthur dopo che furono rimasti per un po’ in silenzio, ad ascoltare solamente il dialogo tra il fuoco scoppiettante e l’ululato del vento oltre le pareti di roccia.

Si stesero a terra vicini, quasi abbracciati, i loro fiati tiepidi che si confondevano placidamente. Scivolarono in un sonno senza sogni.

*****

Quando Merlin riaprì gli occhi, incrociò quelli di Arthur che lo vegliavano con un’espressione indecifrabile: un po’ corrucciata, vagamente in apprensione e dolce in modo destabilizzante. Sicuramente, nulla che Merlin fosse mai riuscito a scrutare nel cavaliere.

“Hey.” Gli sorrise il mago.

“Hey.”

“Mi stai guardando dormire?” chiese Merlin con appena un velo di imbarazzo.

“Irritante?” disse Arthur con un sorriso sghembo.

“No. È forse una delle cose meno fastidiose che tu abbia fatto in vita tua… è solo che… è una di quelle cose che pensavo che non sarebbero mai potute succedere.”

“Ah sì?” mormorò il principe, mentre si avvicinava sempre di più a Merlin, con una lentezza provocatoria, fino a far aderire quasi completamente i loro corpi. “E cos’altro pensavi che non sarebbe mai potuto accadere?”

Merlin ridacchiò, abbassando lo sguardo per un istante, per poi tornare a farlo vagare di nuovo sui lineamenti belli e decisi del biondo. La sua voce uscì in un soffio: “Per esempio, questo…” e si sporse a baciarlo su uno zigomo. “Questo…” scese con un altro bacio lento sulla mascella. “Questo…” un bacio ancora più caldo sul collo, sentendo Arthur sospirare sotto il tocco delle sue labbra. “… E questo.” risalì languidamente per un altro bacio vicinissimo alla bocca, senza però ancora sfiorare le sue labbra.

Rimasero immobili per un attimo, scambiandosi solo i respiri caldi. Poi fu Arthur a non riuscire più a trattenersi, gettandosi sulla bocca di Merlin. Per la prima volta si esplorarono veramente senza fretta, imparando a conoscere la consistenza delle labbra morbide e il loro sapore mescolato insieme, mentre le loro lingue si carezzavano voluttuosamente, scoprendo un nuovo ritmo in cui i loro corpi e i loro cuori palpitavano all’unisono.

Poi non fu più abbastanza, ed il ritmo cambiò. Tutto si fece più urgente, le mani si muovevano smaniose di coprire più pelle possibile, di esplorarsi e di imparare quali punti meglio riuscissero a strappare un gemito di piacere all’amante. Ci volle poco perché i vestiti venissero scalciati via e i due amanti rimanessero nudi insieme sotto al groviglio dei loro mantelli.

Quando Arthur fu sopra di lui, premendolo a terra dolcemente col suo corpo e gustando la sua bocca in un bacio umido, Merlin pensò che quello probabilmente era ciò che aveva desiderato di più in tutta la sua vita. In breve la grotta fu satura dei loro respiri affannati, dei loro gemiti, del caldo umido di un piacere a lungo sospirato.

L’orgasmo li colse insieme, e si infranse contro le pareti di roccia ruvida in un eco che parve rimanere sospeso per tutta quella notte, nei loro corpi intrecciati, sudati e soddisfatti. Si addormentarono l’uno stretto all’altro, le fiamme del fuoco acceso da Merlin ancora a vegliare sulla loro unione.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


 

[3° Classificata al contest "A time of Magic" indetto da hiromi_chan sul Forum di EFP]

 

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Autore: Elwing_L (aka Elwing Lamath)

Titolo: La Tempesta

Coppia: Merlin/Arthur

Pacchetto scelto: Merlin (rogo, bacio, libro - drammatico - what if, lemon, slash - 1) Sai che cosa mi piace di lui? Non si aspetta mai una lode, tutto quello che fa lo fa per il gusto di farlo, 2) Una metà non può veramente odiare ciò che la rende completa, 3)Sei una domanda che non è ancora stata mai posta - extra: nella storia è presente almeno un incantesimo)

Rating: Arancione

Genere: Romantico, Drammatico, Fantasy

 

NOTE DELL'AUTRICE: Buon sabato a tutti! Eccomi qui col terzo e penultimo capitolo. Come potete vedere dal bellissimo banner qua sopra (grazie ancora Hiromi, perché è davvero perfetto e sei stata un giudice adorabile), il contest a cui partecipavo si è concluso e la mia storia si è guadagnata un terzo posto di cui sono molto soddisfatta.

Ma ciancio alle bande come si suol dire (o forse non era proprio così XD...), vi lascio rapidamente alla lettura del capitolo, ringraziando ancora una volta tutti coloro che hanno aggiunto e continuano ad aggiungere questa storia alle preferite/ricordate/seguite, coloro che la leggono silenziosamente e coloro che vorranno dedicare un po' del loro tempo a recensirla. Siete tutti voi a fare la felicità di un'autrice!

Un bacio, al prossimo capitolo!

Elwing...

 

La Tempesta

 

Capitolo III


Arthur si era svegliato all’improvviso, come se strattonato da una fune, che lo aveva riportato immediatamente al mondo reale. Fuori dalla grotta il cielo era ancora scuro, ma le bufera era sparita e l’oscurità della notte iniziava a cedere terreno ad una timida aurora.

Si sciolse delicatamente dall’abbraccio di Merlin, che emise un breve mugolio di protesta, ancora avvolto dal sonno, facendo attenzione a coprirlo bene con il mantello. Si rivestì velocemente, recuperò la spada, e come attratto verso l’esterno da una sensazione inspiegabile, uscì dal loro riparo per controllare la zona circostante.

La foresta pareva incantata sotto il pallido blu della notte morente. Gli alberi carichi sotto il peso della neve, con le punte protese al cielo, il silenzio più totale, ovattato da quel candore ghiacciato. Mosse i primi passi affondando nella neve fresca e immacolata, nemmeno le impronte di animali si vedevano nel sottobosco imbiancato. Avanzò tra gli alberi, il fiato che condensava in grandi nuvole e il rumore sordo della neve che sembrava scricchiolare sotto i suoi piedi. Si perse nella bellezza di quel paesaggio, quasi dimentico di quell’inquietudine che lo aveva spinto inizialmente ad uscire dalla grotta.

“Cosa ci fai qui tutto solo?” disse una voce alle sue spalle.

Quando si voltò di scatto, Keeran lo fissava con un sorriso predatore e beffardo, la schiena appoggiata al tronco di un abete, le gambe accavallate. Arthur sguainò immediatamente la spada.

Lo stregone sembrò non farci caso, e continuò a parlare con noncuranza: “Sai Arthur, in realtà non pensavo di trovarvi qui. Non subito almeno… A proposito, nessun rancore per quel mio piccolo scherzetto nelle tue stanze, vero? Ero proprio curioso di vedere come avresti reagito. E devo ammettere che hai reagito veramente bene, nemmeno Merlin immagino osasse sperarlo… Povero, ingenuo, Merlin. Che spreco per un potere così grande.”

“Lascia stare Merlin.” Ringhiò Arthur puntandogli la spada contro. “Non è con lui che hai un conto in sospeso. È con me che devi vedertela. Lascialo fuori da questa storia. Hai fatto del male alla mia gente, sono io quello contro cui ti devi battere.”

Keeran rise sguaiatamente, facendo ribollire il sangue nelle vene del principe. “Allora non hai capito proprio niente! Sei davvero l’arrogante bietolone di cui si parla!” Gli rivolse un sorriso tagliente, provocatorio. “Ma va bene, come desideri, principe. Se vuoi un duello, non sarò io a negartelo… dopotutto, è parecchio tempo che non mi alleno un po’ con la spada. Sarà divertente tagliarti la gola.” E con queste parole, fece brillare d’oro le sue iridi, ed una grande spada dai bagliori argentati si materializzò nella sua mano.

Si fronteggiarono prima con lo sguardo, immobili in posizione di guardia. Tutti i muscoli in tensione, pronti a scattare al minimo movimento dell’avversario. Era una sensazione che Arthur conosceva molto bene, l’attesa palpitante prima del balzo, la sensazione di forza del ferro in mano, l’adrenalina che gli attraversava il corpo. Il fiato gelido che condensava nell’aria pura e il sangue caldo che gli pulsava nelle vene, la mente svuotata e contemporaneamente concentrata solo sull’avversario.

Fu Arthur a scattare per primo in un attacco fulmineo, con colpi potenti, decisi, che volevano porre velocemente fine al combattimento, che miravano ad andare subito a segno. Ma Keeran non si fece impressionare: schivò rapido e senza sforzo i fendenti del cavaliere, senza mai bloccare il ferro, volteggiandogli leggero attorno, senza mai scomporsi, in una danza che invece sembrava deciso a gustarsi fino all’ultimo passo.

Duellarono rapidi tra gli alberi, nella neve, senza darsi la minima tregua, senza che nessuno dei due riuscisse a prevalere sull’altro. Quando il combattimento si fece ancora più incalzante, fu evidente quanto i loro stili fossero diversi: Keeran era fulmineo, sempre composto, leggero e tremendamente efficace, Arthur potente, aggressivo in ogni mossa, forte ed elegante.

Il principe bloccò un fendente calato dall’alto, incrociando le spade, rimasero immobili, senza che nessuno dei due volesse mollare la presa.

In quel momento, Arthur percepì un movimento ai margini del suo campo visivo, riconoscendo subito dopo la figura di Merlin che li fissava con gli occhi sgranati dalla paura.

“No!” gridò il giovane mago, cercando di alzare il braccio per lanciare un incantesimo contro Keeran. Ma non fece in tempo a richiamare a sé la magia, che Keeran, con gli occhi brillanti d’oro, lo aveva già scaraventato contro un tronco, tenendolo sospeso a mezz’aria, mentre mani invisibili sembravano serrarsi sempre più strette attorno alla sua gola, soffocandolo.

“Merlin!” Urlò Arthur terrorizzato. Fu sufficiente quel momento di distrazione del cavaliere, che lo stregone biondo liberò fulmineo il ferro dalla sua presa, ferendolo al braccio e puntandogli la lama alla gola.

Erano entrambi completamente alla mercé di Keeran. Arthur e Merlin si guardarono da quella distanza, convinti che quello sarebbe stato l’ultimo sguardo che si sarebbero scambiati in vita.

Keeran sospirò, anche se si lasciò andare in un ghigno divertito: “Vedi Merlin, alla fine questo è tutta colpa tua. Colpa del fatto che ti ostini a non fare quello che ti si dice, della tua testardaggine…” Il mago cercò di divincolarsi alla disperata ricerca d’aria. “Ma sai, mi sono sempre piaciute le sfide… Tu sei una domanda che non è ancora stata mai posta, Emrys. Solo il cielo sa quanto questo tuo enigma mi ecciti… E poi, potrei sempre prendermi il premio di consolazione.” Questa volta posò il suo ghigno su Arthur. “Lady Morgana.” Il cavaliere sgranò gli occhi. “Ancora non conosce i suoi poteri, ma che splendido bocconcino sarebbe… Inoltre, ho guardato dentro al suo cuore, e l’ho trovato ben più facile da corrompere di quello del nostro Emrys… Vedremo…” gli fece l’occhiolino, sbeffeggiandolo.

Lo stregone spostò ancora lo sguardo dal principe al suo servitore, con un sorriso compiaciuto. “Come vedete però, io alla fine vinco. Sempre.” E con un’altra risata sguaiata si dissolse nel nulla, lasciandoli liberi di cadere in ginocchio nella neve, senza fiato.

Nessuno dei due seppe come aveva fatto a percorrere i metri che li separavano. Si incontrarono a metà strada, incespicando, e si strinsero in un abbraccio che non aveva bisogno di parole. Che non sarebbe riuscito a trovarne, in ogni caso.

*****

Ritornarono a Camelot di volata, e trovarono che la tempesta si era avvicinata maggiormente. La popolazione ormai stava fuggendo disperata, addossandosi sempre più alla capitale.

Morgana era pressoché sempre chiusa nelle sue stanze, vittima di visioni di Keeran e di un sonno pieno di incubi. Guinevere non la lasciava mai, dormiva nel suo letto e la stringeva dolcemente a sé quando la ragazza gridava disperata e cercava di graffiarsi il volto nel sonno.

Uther si trovava invece sempre più sull’orlo della paranoia, ordinando di continuo nuove perlustrazioni del regno alla ricerca dello stregone, dalle quali facevano ritorno di volta in volta sempre meno uomini. Arthur stesso guidò i suoi cavalieri in più di una missione durante quei giorni, e stranamente per i suoi compagni d’arme, Merlin non lo affiancò mai come era invece solito fare in qualsiasi sortita.

Nemmeno Gaius lo aveva quasi più visto da quando aveva fatto ritorno col Secretum di Cerridwen tra le mani. Infatti, il giovane mago, di comune accordo con il principe, aveva trascorso quei giorni immerso nello studio dell’antico libro, cercando di apprenderne i segreti e di acquisirne la potente magia. Si era praticamente rinchiuso nella grande caverna del drago, nelle viscere del castello, e non ne usciva se non a notte fonda, quando Arthur, l’unico ad aver accesso alla grotta, andava a tirarlo fuori quasi a forza, costringendolo a riposarsi almeno per qualche ora.

Lo sgridava tutte le sere, ma in modo totalmente diverso dal suo solito. Arthur aveva un tono seriamente preoccupato mentre lo rimproverava perché si stancava troppo, mentre lo conduceva fino agli appartamenti reali mezzo addormentato. Chiudeva a chiave la porta e lo faceva stendere sul grande letto a baldacchino. Gli toglieva gli stivali, come se i loro ruoli si fossero improvvisamente invertiti, mettendolo sotto le coperte, prima di infilarsi lui stesso sotto le lenzuola, stringendosi addosso a un Merlin troppo consumato dalla magia.

Il moro sorrideva stancamente senza replicare, lasciandosi accudire e scivolando in un sonno profondo, godendosi solamente il calore del corpo di Arthur e la sua mano gentile affondata tra i capelli.

Il principe non aveva mai insistito nel chiedergli come procedesse lo studio del Secretum, forse semplicemente perché Merlin era troppo sfinito ogni volta che andava a tirarlo letteralmente fuori dalla sua caverna.

La terza notte, abbracciati in silenzio nel letto di Arthur, prima che il sonno potesse prendere il sopravvento, Merlin sussurrò: “Credo di aver fatto progressi. Vuoi vedere?”

Arthur annuì. “Se mi prometti che non mi incendierai il letto o qualcosa del genere…”

Il mago gli tirò una leggera gomitata: “Asino! Se te lo dico, è perché so di poterlo controllare.”

Il biondo sorrise contro l’incavo del suo collo: “Perdonatemi, vossignoria… forza allora, voglio vederti.”

Merlin allora sibilò alcune brevi parole in una lingua a lui totalmente sconosciuta, profonda e melodiosa, e la fiamma che ardeva nel grande camino iniziò a danzare, lasciando il focolare e muovendosi avanti nella stanza, sfiorando il pavimento e i tappeti senza bruciare nulla. La condusse fino sul letto, e lì la fece crescere in vigore e altezza.

“Toccalo.” Il mago invitò Arthur.

“Cosa? Sei matto!?” esclamò quello.

“Fidati.”

Allora il cavaliere, se pur titubante, allungò una mano verso il fuoco, fino ad immergerla nelle fiamme, senza che il loro calore lo bruciasse minimante. Fu una sensazione piacevole in effetti. Si lasciò andare in un sospiro meravigliato. Al quale Merlin sorrise, senza però distogliere gli occhi dorati dal fuoco. Con un’altra cantilena misteriosa, fece apparire da sotto le fiamme una grande bolla d’acqua in movimento, che si richiuse come una sfera sopra il fuoco, senza però soffocarlo. Le increspature azzurre e bianche dell’acqua danzarono all’unisono con quelle aranciate e rosse delle lingue di fuoco. Poi, con una luce di un oro più intenso sulle iridi, Merlin fece sì che la sfera si richiudesse sulle fiamme, e tutto quell’incanto sparì nel nulla, facendo ritornare la stanza al suo consueto aspetto.

“Straordinario.” Fu tutto quello che Arthur fu in grado di dire.

Il sorriso di Merlin fece un suono meraviglioso per le orecchie del principe, che lo abbracciò ancora più stretto, depositandogli un bacio su una tempia. “Ricordami di non farti mai arrabbiare sul serio.” Scherzò.

“Niente più gogna allora.”

“Oh, tranquillo Merlin. D’ora in poi avrò delle punizioni estremamente più interessanti da proporti.” Replicò in tono lascivo. Muovendosi poi invitante contro di lui, scendendo a mordere e baciare ogni centimetro di collo scoperto.

Merlin emise un gemito di piacere. “Non credo di avere molte energie per questo.” si lamentò con la voce impastata, senza troppa convinzione, mentre Arthur si spalmava sopra di lui.

Arthur gli rivolse un sorriso furbo: “Non ti preoccupare, penso a tutto io.” Soffiò sulle sue labbra, prima di scomparire con la testa sotto le coperte.

*****

Il quarto giorno al tramonto, Merlin finalmente ricomparve sulla porta degli alloggi di Gaius, con un’espressione indecifrabile che spaventò il vecchio medico, e l’antico tomo nero stretto spasmodicamente al petto.

“Figliolo! Che succede?” gli domandò preoccupato Gaius andandogli incontro.

Lo accompagnò al loro modesto tavolo di legno, lo fece accomodare su una sedia e gli si sedette davanti.

“Merlin, parlami, mi stai spaventando.”

Il giovane si riscosse improvvisamente, come se prima non fosse stato del tutto cosciente: “Ho trovato, Gaius. So come sconfiggere Keeran.”

Il medico si accigliò: “Perché ho come la sensazione che comunque non ne verrà nulla di buono?”

“Si chiama Gil Galad. È l’ultimo incantesimo creato da Cerridwen, il più potente di tutti. Lei era l’unica in grado di compierlo. Fu formulato con uno scopo preciso: imbrigliare qualsiasi elemento e prosciugare il signore che domina quel potere, in modo che nessuno potesse mai abusare dell’immenso potere del cosmo senza il consenso della Signora della Natura” spiegò Merlin.

“Cerridwen creò quindi un incantesimo di protezione.” Commentò Gaius.

“In parole semplici, sì. Ma il Gil Galad funziona secondo le leggi dell’antica religione: ogni magia deve avvenire con uno scambio. Per assorbire l’energia delle tempeste di Keeran, dovrò donare qualcosa.” Si fermò trattenendo il respiro. Lo sguardo preoccupato del suo protettore lo spinse a proseguire, “Il corpo di colui che userà l’incantesimo diventerà dimora e prigione degli elementi. Si fonderà con essi, insieme ed in ogni parte di esso, per poterli poi liberare, ritornando ad essere semplice fibra vibrante del mondo… Il Gil Galad richiederà la mia vita.” Concluse infine.

Un silenzio pesante cadde sulla stanza.

“Non devi farlo per forza, Merlin.” gli disse infine Gaius con voce rotta.

“Invece sì. Tanti innocenti moriranno altrimenti, solo io posso salvarli. È il mio destino, Gaius. Lo è sempre stato: aiutare Arthur a portare pace e prosperità a questa terra. Ed ora potrò morire con la certezza che quando salirà al trono non sarà più avvelenato dall’odio verso la magia… Lo faccio per lui, per tutti voi.”

Una lacrima si stava già facendo strada sulla guancia di Gaius, i suoi occhi lucidi di pianto, guardava Merlin con tutta la triste dolcezza con cui solo un padre potrebbe guardare suo figlio: “Mio caro, generoso ragazzo. Mio coraggioso, coraggioso uomo.” Dovette stringere le labbra prima di riuscire a proseguire. “Lo devi dire almeno ad Arthur.”

“No. Assolutamente no. Nessuno oltre a me e te lo dovrà sapere.” Replicò Merlin allarmato.

“Glielo devi dire, perché alzare altri muri tra voi? Il tuo segreto è al sicuro anche con lui, lo hai visto ormai.”

“Non si tratta di questo, Gaius… Io… Io non riuscirei a guardarlo negli occhi e dargli un simile dispiacere. Cercherebbe di impedirmelo in tutti i modi, e io non posso permettere che si faccia ammazzare al posto mio. Sai quanto possa essere testardo… E allora io davvero, non ce la farei.”

“So quanto tenete l’uno all’altro. Credi che non lo abbia visto?” gli disse con un sorriso triste ma tenero: “Pensi che sia troppo vecchio per accorgermi di certe cose? Io l’ho sempre saputo, anche prima che ve ne accorgeste voi stessi. Basta osservare come vi guardate quando pensate che nessuno vi veda… per questo ti consiglio di dirglielo.”

Anche le guance di Merlin ormai erano bagnate dalle lacrime che prima erano riuscite a rimanere intrappolate in quelle lunghe ciglia scure. “Non posso.”

*****

Arthur bussò un paio di volte prima di sentire dei passi leggeri avvicinarsi. Fu Gwen ad aprire la porta degli alloggi della sua signora.

“Sono passato per vedere come sta Morgana, posso entrare?” chiese.

“Ma certo.” Gli sorrise la ragazza, anche se la preoccupazione trasparì chiaramente dal suo sguardo. “Si è svegliata da poco.” Aprì la porta, facendolo entrare e conducendolo nella stanza da letto della nobildonna. “Sta peggiorando in realtà. Ho paura per lei, Arthur.” Gli disse a bassa voce mentre camminava al suo fianco.

“L’abbiamo tutti.” Rispose brevemente lui, ricambiando il suo sguardo d’apprensione. “Ti ringrazio per quello che stai facendo per lei.”

“Non mi dovete ringraziare. Tengo molto a lei, non mi muoverei dal suo fianco per nessuna ragione.” Rispose sincera Guinevere.

Morgana era seduta nel letto, la schiena appoggiata a un mucchio di morbidi cuscini color crema, i capelli color dell’ebano sciolti e appena disordinati sulle spalle, gli occhi belli cerchiati e tremanti per la tensione.

“Arthur!” esclamò con un tono tanto fragile da spezzare il cuore. Gli sorrise, vacua e disperata, come un naufrago che ha appena scorto un fazzoletto di terra.

Il cavaliere le si avvicinò, sedendosi al suo fianco sul letto e stringendo le mani gelide di lei tra le sue. Si sforzò di sorriderle: “Hey, sono qui.”

Morgana si guardò intorno per un attimo, come spaesata, quando vide la sua ancella sgranò gli occhi: “Gwen!” la chiamò “è lui? È davvero Arthur?” chiese con voce tremante.

La ragazza bruna si avvicinò, accarezzandole teneramente i capelli: “Sì, è lui. Stai tranquilla, va tutto bene.”

Anche Arthur ora cercò gli occhi di Gwen, chiedendo spiegazioni.

“A volte fatica a distinguere la realtà dalle sue allucinazioni. Dice che io sono l’unica che è in grado di riconoscere come reale. Per cui mi chiede spesso se quello che vede stia veramente accadendo.” Disse Gwen.

“Ma è terribile.” Sussurrò il principe, ritornando poi ad osservare la sorellastra. “Non temere. Presto tutto questo avrà fine. Tu devi solo resistere.”

“Non hai idea, Arthur. Tu non hai idea.” Biascicò Morgana.

In realtà, anche se non poteva dirglielo, un’idea il cavaliere ce l’aveva. Dopo il loro ultimo incontro con Keeran e la minaccia che aveva fatto su Morgana, Merlin gli aveva raccontato quanto sapeva sulla ragazza. Gli aveva detto che anche lei aveva il dono della magia, anche se non aveva ancora imparato a dominarlo, e che presto avrebbe iniziato a manifestarsi non solamente come sogno o visione premonitrice.

“Raccontami. Dimmi cosa sogni.”

“No, non mi crederesti…”

“Da piccoli non avevamo problemi a raccontarci le cose. Morgana, ti prego. Non chiuderti nel tuo mondo, parla con me.” La supplicò Arthur.

La ragazza prese un profondo respiro: “Ho visto lui. Sento la sua voce che mi sussurra all’orecchio. Ho sognato la tempesta e la distruzione di Camelot. La sua magia mi è apparsa in tutta la sua forza, come se potessi percepirla sotto la mia stessa pelle… Sogno di essere in balia della tempesta, e poi lui, Keeran, arriva per salvarmi. Vuole portarmi via con lui e mi sorride beffardo… A quel punto, in genere mi sveglio urlando.”

Arthur rabbrividì a sentire quelle parole, perché sapeva esattamente cosa lo stregone volesse ottenere attaccando la sua mente in quel modo.

Le strinse ancor di più le mani tra le sue, cercando di trasmetterle maggior sicurezza. “Ascoltami bene, Morgana.” Le disse dolce ma deciso. “Qualsiasi cosa ti dica Keeran in quei sogni, tu non ascoltarlo. Non ti vuole salvare. Per nessuna ragione dovrai mai seguirlo. Mi hai capito bene?”

La ragazza annuì, guardandolo confusa.

Arthur continuò: “In qualsiasi momento tu temi di essere da sola, abbandonata in quei sogni, pensa che non è così. Tu sei amata, Morgana. Tutti noi ti amiamo, e non sarai mai sola. Ricordati che quando ti sveglierai avrai sempre Gwen al tuo fianco, e me a un solo corridoio di distanza.” Morgana si fece sfuggire una risata sincera. “Tu devi solo resistere. Non mollare, intesi?”

“Intesi.” Rispose lei con un grande sorriso, prima di avvolgere le braccia intorno al collo del principe, stringendolo in un abbraccio che venne subito ricambiato.

Ad un tratto, Arthur sentì Morgana irrigidirsi nella sua stretta. Un istante dopo, la donna lanciò un grido terrorizzato, iniziò a tremare incontrollabilmente, il suo sguardo distante.

“Morgana! Morgana che succede?” gridò il cavaliere.

“È qui! È arrivata!” urlò lei in preda al panico, continuando a dimenarsi, ignorando Arthur e Gwen che cercavano disperatamente di calmarla.

Un altro urlo terrorizzato, e gli occhi della ragazza brillarono d’oro per un attimo, sfuggendo al suo controllo. Il vetro della finestra esplose in mille frantumi alle spalle di Arthur, il quale sobbalzò, mentre Morgana ritornava cosciente e realizzava quello che era appena accaduto.

“Sono… sono… stata io?!” balbettò sconvolta.

Il principe le prese il volto tra le mani: “Va tutto bene, stai calma. Non ti agitare… Ora dimmi: cosa sta arrivando?”

“La tempesta, Arthur.” Disse con voce spezzata. “La tempesta è qui.”

Si affacciò alla finestra, incurante dei vetri sparsi a terra, e la vide. Scura, livida, terrificante mentre avanzava sulla città a velocità innaturale.

“Svelte. Raccogliete le vostre cose.” Esclamò. “Gwen, aiuta Morgana a vestirsi, poi scendete entrambe nella sala del consiglio. Non c’è tempo da perdere.” Ordinò mentre correva verso l’uscita.

“Dove vai?” gli gridò dietro Morgana.

“A radunare tutti. Dobbiamo far sì che la gente si ripari nella cittadella. Nessuno deve rimanere allo scoperto con questa tempesta.” Disse prima di scomparire oltre la porta.

*****

Quando ebbe dato gli ordini, e tutti furono al riparo del grande castello sotto il controllo vigile dei cavalieri, Arthur non era ancora riuscito a trovare Merlin.

Lo vide quasi per caso, mentre stava per uscire nel cortile da una porticina secondaria, quando già i primi fulmini iniziavano a scaricarsi implacabili a terra e la pioggia a bagnare il selciato.

In due falcate gli fu addosso, tirandolo indietro con un brusco strattone, richiudendo la porta di legno, e schiacciandolo contro.

“Cosa diavolo stai facendo?” gli urlò contro nonostante i loro volto fossero a un soffio l’uno dall’altro.

Il mago lo guardò sorpreso, in evidente difficoltà: “Niente.” Fu il meglio che riuscì a dire.

“Ah sì? ‘Niente’?... Vuoi farmi credere che io ti ho cercato in lungo e in largo per tutto questo tempo e tu te ne stavi semplicemente qui a goderti la brezza?” lo fulminò con lo sguardo. “Fammi il favore, prendi qualcun altro per scemo, Merlin.”

Il moro boccheggiò: “Io… non…”

Arthur mollò la presa, rendendo il contatto più gentile, meno aggressivo: “Avanti, ti conosco abbastanza bene, cosa stavi per fare?” Merlin esitò ancora. “Mi avevi promesso più niente segreti, ti ricordi?”

Merlin infine cedette a quei suoi occhi color del cielo. “Ho trovato il modo per uccidere Keeran. Ma devo andare io, da solo.”

“Non con la tempesta! Verresti fulminato prima di fare due passi!” gli ruggì contro Arthur. “No, non te lo posso permettere… e poi…ho bisogno di te qui ora, al mio fianco.” Aggiunse guardandolo dritto negli occhi, con un tono più morbido.

Merlin si perse per qualche istante a contemplarlo, cercando di imprimere ogni sfumatura del suo volto nella memoria. “Va bene” annuì infine.

*****

La tempesta si scatenò sopra le loro teste con immane violenza. Nessuno, nemmeno il più valoroso cavaliere osò fiatare sopra l’ululato del vento ed il rombo assordante dei tuoni. Le sale del castello avvolte in un’oscurità malsana, illuminate a tratti solo dalle folgori dei lampi, che facevano sobbalzare anche i più audaci.

Le mura della cittadella avrebbero resistito, se non fosse stato per i fulmini che colpirono diversi edifici dai tetti in legno, appiccando così un fuoco che avvampò velocemente, nonostante la pioggia scrosciante. Ma dopotutto, quello non era un temporale come qualsiasi altro.

Camelot iniziò a bruciare rapidamente, e quando la gente se ne accorse, per molti era ormai troppo tardi. Arthur, in testa ai cavalieri, guidò tutti coloro che riuscì a trovare fuori dalle mura della città, mettendoli in salvo nel folto della foresta a nord.

Quando la tempesta iniziò a placarsi, tra gli alberi era ben visibile in lontananza il fumo del rogo della capitale.

Per due giorni rimasero nella foresta, dove allestirono un campo di fortuna con le cose che erano riusciti a salvare dall’incendio. La tempesta sembrava essersi placata, ed il cielo non aveva più scaricato la sua ira su quella terra.

Il terzo giorno, qualcosa mutò, ed il cielo tornò ad essere ostile. Cupe tra le chiome degli alberi, nuvole scure spiavano i superstiti, minacciandoli di scaricare di nuovo la sua furia. Merlin, sapeva esattamente cosa significasse quella nuova tempesta che incombeva su di loro.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


[3° Classificata al contest "A time of Magic" indetto da hiromi_chan sul Forum di EFP]

 

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Autore: Elwing_L (aka Elwing Lamath)

Titolo: La Tempesta

Coppia: Merlin/Arthur

Pacchetto scelto: Merlin (rogo, bacio, libro - drammatico - what if, lemon, slash - 1) Sai che cosa mi piace di lui? Non si aspetta mai una lode, tutto quello che fa lo fa per il gusto di farlo, 2) Una metà non può veramente odiare ciò che la rende completa, 3)Sei una domanda che non è ancora stata mai posta - extra: nella storia è presente almeno un incantesimo)

Rating: Arancione

Genere: Romantico, Drammatico, Fantasy

 

NOTE DELL’AUTRICE: Buon sabato a tutti voi! Siamo arrivati all’ultimo capitolo di quest’avventura. Sono molto contenta di potervi svelare il finale, però questa storia mi manca già un po’, per breve che sia stata.

Non so davvero perché non mi sia mai ricordata di specificarlo in nessuna nota, ma il titolo di questa storia si rifà all’ultima commedia di William Shakespeare, The Tempest appunto, che è una delle uniche a contenere elementi magici. Io l’ho adorata, per questo ne ho rubato il titolo, se pur il contenuto sia completamente diverso. Vi consiglio assolutamente di leggerla se vi interessa il genere.

Detto questo, ancora una volta ringrazio tutti coloro che hanno apprezzato questa fic. Mi farebbe piacere che mi faceste sapere cosa ne pensate, a maggior ragione ora che è conclusa.

Alla prossima storia, un bacio,

Elwing…

La Tempesta


Capitolo IV

Nello stesso momento in cui udì il primo tuono in lontananza e incrociò gli occhi di Merlin, sgranati, terribili, con le pupille che affondavano nel blu zaffiro delle iridi, comprese istantaneamente quello che avrebbe fatto di lì a una frazione di secondo.

Non c’era bisogno di razionalizzarlo, il loro legame infondo era sempre stato più complesso di una semplice amicizia, e più inspiegabile di un qualsiasi amore. In quel momento fu come essere nella sua testa: sapeva cosa stava per fare e conosceva la sua totale, tremenda ineluttabilità.

Si gettò immediatamente al suo inseguimento, gridando il suo nome tra gli alberi. Ma Merlin correva agile e veloce come un daino, come se il vento stesso lo stesse trasportando, tanto che Arthur quasi non riusciva a stargli dietro. Corse per la foresta, corse tra l’erba secca e alta che gli frustava le gambe, corse tra le rocce che si inerpicavano sempre più in alto, chiamandolo, gridando, supplicandolo di fermarsi.

Senza apparente motivo, il giovane mago alla fine si fermò sulla cima di una collina. Era di spalle, dritto e teso come una colonna, le montagne blu davanti a lui, mentre ancora Arthur saliva gli ultimi passi tra l’erba secca e le pietre scure. Completo silenzio regnava attorno a loro, non un soffio di vento, neanche un filo d’erba si muoveva.

Questa volta non lo chiamò, gli si accostò lentamente e allungò una mano prendendogli il braccio. Merlin si voltò, il petto che andava ancora su e giù affannosamente a causa dell’interminabile corsa, le guance rosse ed i capelli scuri madidi di sudore. Era sempre e comunque bello. Il mago piantò i suoi occhi dritti in quelli del principe. Ciò che maggiormente spaventò Arthur fu il suo sguardo calmo e deciso, e l’assoluta risolutezza che riuscì a leggervi.

Il silenzio profondo prima del balzo. Poi, senza preavviso, placida e delicata, la prima goccia di pioggia cadde sul viso di Merlin, ad annunciare ciò che si sarebbe scatenato da lì a poco da quel cielo livido. Non avrebbe potuto scegliere un punto più adatto per cadere, sulla guancia scarmigliata e arrossata dalla corsa. Era la lacrima che non sarebbe mai potuta sgorgare dai suoi occhi, ma che era lì comunque a rigargli la pelle, come se fosse sua. Il giovane cavaliere alzò una mano, spinto dall’impulso di raccoglierla e asciugarla, ma arrivato a metà strada la fece ricadere lungo il fianco. Anche lui sapeva che Merlin non avrebbe pianto, ed era giusto che quella lacrima non sua rimanesse esattamente dov’era caduta.

Il cielo giallastro e livido, come malato e infausto, partorì in quel momento un rantolio sinistro e cupo, che fece vibrare l’aria attorno a loro. Si stava avvicinando.

Come risvegliato dal tuono, Arthur prese fiato, ma prima di iniziare a dire qualsiasi cosa, le parole gli morirono in gola. Non c’erano parole, non le trovava. Cercò disperatamente qualcosa in testa, nel cuore. Si guardò i palmi delle mani, come se potesse trovarvi risposta. Le parole non gli erano mai mancate: lo aveva sbeffeggiato, schernito e persino insultato una marea di volte, e cielo, quanto non si meritava tutto quello che gli aveva detto. Ma ora nulla, non riusciva a parlare, e comunque niente di quanto avrebbe potuto dire sarebbe riuscito ad esprimere l’enormità soffocante che aveva nel petto.

Merlin, se solo avesse potuto, non avrebbe mai più distolto lo sguardo da quello di Arthur. Desiderò annegare per l’eternità nelle sue iridi color del cielo, non sentire più nulla, non vedere nient’altro che quell’azzurro puro, insieme così freddo e così caldo, per sempre.

Quando lo vide abbassare lo sguardo cercando i palmi delle proprie mani, decise di spezzare quell’ultimo respiro di silenzio.

“Tutti noi prima o poi dobbiamo andarcene… E non mi sembra male farlo con uno spettacolo del genere nel cielo.” Disse guardando verso l’alto, e una nuova goccia di pioggia lo baciò sulle labbra.

Arthur si riscosse con un brivido di rabbia e sdegno contro quelle goccia impura, che non aveva nessun diritto a toccare la sua bocca. Lo stregone però, parve non accorgersene.

“Non è una cosa però che gli umani dovrebbero mai vedere.” Continuò.

“Ma noi siamo qui, ora.” E davvero il giovane Pendragon non avrebbe voluto sentire la propria voce incrinarsi a quel modo sull’ultima sillaba.

“Solo io dovrei essere qui, e tu lo sai.” Rispose Merlin più dolcemente, vedendo il sorriso triste che si stirava sul viso di Arthur.

Improvvisamente, il mago avvertì un terribile vuoto al centro del petto. Si era preparato per giorni a quel momento, raggiungendo una risolutezza e una sicurezza che mai aveva sperimentato prima in vita sua, ma ora, con Arthur lì davanti a lui, provò l’immediato impulso di correre via e mettere in salvo il compagno. Era sempre stato quello il suo compito dopotutto: proteggere Arthur, a qualsiasi costo. Sin dal primissimo momento in cui si erano incontrati, anche se nessuno dei due all’epoca avrebbe voluto ammetterlo, erano già forgiati per essere uno solo.

Il principe interruppe il flusso dei suoi pensieri: “Non posso credere che dopo tutto questo tempo, io e te possiamo essere separati tanto facilmente. Le nostre strade non si divideranno qui.” Disse con una sicurezza che non si sentiva sotto la pelle.

“La tua via ti condurrà a grandi cose.” Rispose Merlin.

“Mentre la tua finirà ora? È questo che vuoi dire?” gridò il cavaliere. “No, non te lo permetterò! Metterò fine a questa follia, in un modo o nell’altro.”

“Non puoi.” Gli sorrise il moro per la prima volta: dolce, calmo, sicuro. “La mia strada continuerà nella tua, e per me non c’è dono più grande di questo. Servirti, proteggerti ed amarti è sempre stato il mio destino e il mio dono, fin dal primo momento… Ma mi devi lasciare, o non resterà più nulla. Solo tu potrai continuare quello che abbiamo iniziato, ma devi capire che solo io posso sconfiggerlo.”

“Non pensavo che il nostro destino sarebbe stato tanto amaro.”

Merlin sorrise ancora: “è lo stesso per tutti coloro che vivono in tempi come questo… L’unica cosa che possiamo fare, è scegliere cosa fare col tempo che ci viene concesso… Ed io, Arthur, sono grato di ogni singolo momento passato al tuo fianco.”

Di nuovo quel senso di tremenda ineluttabilità strinse il cuore di Arthur, una fitta di dolore gli perforò il petto, più forte di qualsiasi morso dell’acciaio avesse mai ricevuto, e lo fece vacillare. Perché in quel momento comprese veramente cosa spingesse Merlin a farlo. Non era il semplice dovere, non era sete di vendetta, non era nemmeno un folle desideri di morte. No. Era un dono. Stava per donare sé stesso per lui, per salvarli tutti, per amore suo e di Camelot. A lungo aveva sentito che sarebbero stati destinati a qualcosa di grande insieme, anche se per tanto tempo aveva soffocato quella voce nel suo cuore. Non credeva però, che avrebbe portato a tutto questo.

In quell’istante, Arthur realizzò: non era stato il destino a guidare le gambe del mago fino a lì, non era stato il fato a scegliere le sue parole. Merlin, lui solo aveva scelto, e intendeva andare fino a fondo, perché la riteneva la cosa giusta da fare.

Avrebbe accettato la scelta del suo migliore amico, l’avrebbe abbracciata fino alla fine, perché erano due facce della stessa medaglia. Ma l’avrebbe salvato. Avrebbe combattuto fino alla morte, ed anche più in là, per salvarlo.

Alla fine, il cielo si decise a scaricare tutto il suo rancore, facendo scrosciare sul terreno una pioggia così fitta da trasformare la luce e il mondo stesso. Loro rimasero lì, in piedi uno di fronte all’altro, sotto la pioggia che trafiggeva l’aria, violenta, implacabile. Arthur sentì gli abiti pesanti appiccicarsi al corpo, era impossibile togliersi di dosso il malsano senso di impurità che dava quell’acqua a contatto con la pelle. Tuttavia, rimase immobile, gli occhi ancora una volta fissi su Merlin, che anche così inzuppato di pioggia, non perdeva nulla del suo enigmatico splendore e della sua forza. Era insieme terra, acqua, aria, ed il fuoco danzava nel suo cuore. Finalmente, anche Arthur era in grado di percepirlo.

“Sai che intanto non me ne andrò.” Disse infine il principe. “Combatteremo fianco a fianco, come abbiamo sempre fatto.” Scrutò il mago con più intensità e calore di prima, gli occhi di ghiaccio grandi e trepidanti, quasi come se stessero per diventare anch’essi dorati come facevano quelli di Merlin al richiamo della magia. “Io sento che puoi batterlo… Anzi, noi possiamo batterlo… Allora, cosa ne dici?” aggiunse Arthur, porgendogli entrambe le mani, in un gesto che sembrava insieme disperato ma risoluto, deciso ma gentile, triste ma persino dolce.

Quando Merlin le prese e le strinse tra le sue, sentì come una scarica di energia attraversargli il corpo, qualcosa di mai sperimentato, nuovo e antico quanto le fondamenta della terra al tempo stesso, e seppe che erano davvero insieme.

Restarono così, uniti sotto la pioggia scrosciante. Erano finalmente le due facce della stessa medaglia, opposte e complementari. Erano armonia in mezzo alla tempesta, due anime destinate ad essere gemelle, finalmente in equilibrio, sospese tra le gocce d’acqua.

Improvvisamente la pioggia cessò, senza nemmeno accennare prima a diminuire. Arthur aveva pensato che non sentire più il martellare di quelle lame d’acqua avrebbe portato sollievo. Invece, inaspettatamente, gli creò un vuoto in gola che non riuscì a colmare in alcun modo, perché gli occhi di Merlin si strinsero tanto da non poter più distinguere il nero delle pupille dal blu delle iridi, e le loro mani si lasciarono.

“Ci siamo.” Disse il mago in un soffio.

“Come fai a saperlo?”

“Lo sento.” Si limitò a dire, gli occhi ridotti a fessure ed il viso teso come il principe non l’aveva mai visto. “Ti direi che questa è l’ultima opportunità per andartene, ma sento che non mi ascolteresti neanche.” Aggiunse poi.

“In tutti questi anni non hai imparato proprio niente sulla testardaggine dei cavalieri?” gli sorrise Arthur.

“Non lo so, ma sulla tua di certo… Asino.” Trovò la forza di scherzare.

Arthur aprì la bocca come per replicare con un’espressione imbronciata, ma poi il volto di Merlin si aprì nel suo solito sorriso luminoso, e scoppiarono entrambi a ridere.

Non era il momento degli scherzi, e per qualsiasi altra persona quelle risa sarebbero state assolutamente fuori posto. Ma certe cose non sarebbero mai cambiate. Arthur ne fu profondamente grato. Nonostante tutto il male che aveva affrontato e quello che ancora gli si poneva innanzi, Merlin era rimasto lo stesso: cocciuto, impertinente, maldestro, coraggioso e leale. Il suo Merlin.

“Ma che magnifico quadretto! Posso unirmi a voi?” disse una voce suadente alle loro spalle.

Merlin vide il compagno irrigidirsi di colpo, i suoi occhi accendersi di furia, e anticipandolo mentre questi stava per voltarsi e portare una mano all’elsa della spada, lo trattenne per il polso con decisione. Poi, con un movimento di una lentezza estenuante, anche il giovane mago si girò verso il punto da cui era giunta la voce.

Il volto di Merlin si aprì in un sorriso carico di veleno, che non raggiunse i suoi occhi, che rimanevano controllati, freddi, consapevoli della propria potenza, e perciò terribili. “Keeran.” Lo salutò infine con una voce che non tradiva nessuna emozione.

“Ci ritroviamo ancora una volta, Emrys. Io e te, tu ed io… Ah, già, dimenticavo: Vostra Altezza.” Disse pungente, rivolgendo un inchino viscido ad Arthur, il quale si affondò le unghie nei palmi per trattenersi dal saltargli addosso. “Ammetto che inizia a piacermi questo nostro giochetto.” Continuò lo stregone.

“Non ho alcuna intenzione di giocare.” Rispose secco Merlin.

“Oh, ma lo stai già facendo da un pezzo!... E che peccato sarebbe se non giocassi. Vedi, mio caro, ritengo che le cose vengano molto meglio se nel farle ci si diverte, e io sto proprio iniziando a divertirmi… Da questa storia potrebbe venir fuori il mio capolavoro!” concluse deliziato.

A quelle parole, il principe non riuscì più a trattenersi, ed esplose: “Come osi?” gridò a Keeran “Stai parlando di distruggere vite innocenti, di sterminare il mio popolo, e dici di divertirti? Sei un cane pazzo e rabbioso! Ti giuro, che prima della fine, assaggerai il morso della mia spada.”

Keeran alzò gli occhi al cielo, poi, con voce quasi esasperata, disse: “Scontato e noioso. Ma ti senti quando parli, Principe Arthur? Reciti sempre a memoria il codice del perfetto cavaliere, o ci infili in mezzo anche qualcosa di tuoi, di tanto in tanto?... Per fortuna, qualcun altro non è noioso quanto te.” Aggiunse sorridendo ambiguo verso Merlin. “Suvvia, Emrys! Spiegami cosa trovi di tanto esaltante nel continuare a servire con tale devozione questa feccia reale. Non ti divertiresti molto di più a piegarlo a te? Il potere certamente ce l’avresti. Un Pendragon sarebbe un cucciolo estremamente raro e divertente da portare al tuo guinzaglio, non trovi?” disse ghignando. “Io mi divertirei.”

Questa volta Arthur sguainò la spada in un movimento unico, pronto ad attaccare. Keeran rispose con una risatina soffocata, deridendolo.

“Non mi aspetto che un serpente capisca il legame di amicizia e lealtà che unisce due uomini.” Intervenne Merlin.

“Serpente!?” domandò divertito lo stregone biondo. “No, mio caro. È qui che ti sbagli. Non sono un serpente… Io sono tempesta. Io sono morte… Beh, sarò la tua morte, e quella del tuo principe, e quella di tutta Camelot, a pensarci bene… Non è meraviglioso?”

Keeran alzò le braccia al cielo, richiamando a sé le folgori, che saettarono dalle nuvole scure sopra di loro ai palmi aperti delle sue mani, seguite da un rombo spaventoso. Merlin si sentì il pervadere il corpo da una scarica di energia che lo lasciò per un attimo senza respiro, un colpo amaro e sinistramente allettante. Ora che era anch’egli in grado di padroneggiare gli elementi, la sentì: un’oscura, seducente, potentissima magia.

“La senti, non è vero, Emrys?” gridò Keeran, il volto deformato dalla luce fredda dei lampi. “Oh, sì, e lei sente te, e ti vuole. Potrebbe essere in te, e tu in Lei, compenetrati per sempre, se solo tu ti unissi a me.” Ghignò. “Sareste uniti, parte di una cosa sola, ed il tuo potere con me sarebbe enorme. Ma tu sei troppo stupido per lasciare che ti seduca, o sbaglio?”

“Io sono già parte di un intero. Ho già trovato il mio posto nell’equilibrio, ma non mi aspetto che tu lo possa capire.” Gli rispose Merlin, e per un attimo il suo sguardo si posò su Arthur, che ricambiò ammorbidendo quasi impercettibilmente la piega della bocca.

Ma questo bastò perché Keeran se ne accorgesse. Merlin si maledisse, dandosi dello stupido, realizzando il madornale errore che avevano appena commesso.

Il volto dello stregone si aprì in un sogghigno distorto: “Lo vedo, eccome se lo vedo. Il principe drago non ha sedotto una damigella, ma uno stregone. Questa è una sorpresa.” Disse spostando lo sguardo su Arthur. “Io amo le sorprese!”

I suoi occhi si riempirono d’oro. Merlin lo vide mentre stava abbassando le braccia, dirigendole verso il principe. Si precipitò a frapporsi tra il petto di Arthur e le folgori, e senza neanche saper bene come, si trovò ad ostacolare le saette con le mani protese davanti a sé, sentendo i propri occhi incendiati dall’oro della magia.

Il corpo di Merlin in tensione sprigionava un calore sovrumano, anche a quella distanza Arthur era in grado di percepirlo, mentre il mago davanti a sé faceva da scudo ad entrambi con la sua magia.

Per un attimo, Merlin sembrò prevalere sull’altro, il fascio di fulmini che si assottigliava, ed un turbine di vento che iniziava a sollevarsi attorno a loro, crescendo in forza e altezza. Poi, Keeran, con un urlo sovrumano, che riecheggiò come il tuono rombante facendo tramare l’aria, richiamo a sé altri fulmini, scagliandoli contro Merlin.

Quando Arthur vide il corpo del compagno iniziare a tremare sotto la potenza di quell’attacco, e le sue gambe cedere pericolosamente, si gettò in avanti a sorreggerlo, circondandolo con le proprie braccia e sostenendo il suo peso.

“Lasciami, Arthur.” Lo implorò Merlin. “È il momento. Devo lanciare il Gil Galad, e se tu rimani a contatto col mio corpo, verrai assorbito anche tu dall’incantesimo.”

“E allora sia!” gridò Arthur al suo orecchio, cercando di sovrastare il frastuono. “Moriremo insieme. Non chiedo una morte migliore.”

“No!” urlò il moro.

Una frazione di secondo dopo, il principe si sentì sbalzato all’indietro da una forza invisibile. Merlin era stato in grado di usare parte della sua magia per allontanarlo da sé. Finì a terra, e prima di rendersene conto pienamente, si accorse che Merlin aveva già iniziato a pronunciare l’incantesimo.

Non gli servì tempo per pensare, fece l’unica cosa che gli comandava il suo cuore. Arthur si alzò ancora una volta in piedi, e si gettò addosso a Merlin, abbracciandolo con tutta la forza che aveva in corpo. In quello stesso istante, il mago terminò di pronunciare il Gil Galad, ed una luce bianchissima li avvolse. Un fascio luminoso accecante, che si espanse, inglobando e avvolgendo ogni cosa intorno a loro.

Arthur e Merlin, congiunti in quella magia, riuscirono solamente a percepire uno straordinario calore, ed una sensazione di pienezza che li fece errare fuori dai confini dello spazio e del tempo. Udirono solo in lontananza, come se appartenente ad un altro mondo, la voce di Keeran trasformarsi in un urlo disumano e distorto, per poi ridursi al rombo di un tuono morente.

Poi, tutto ebbe fine, e il cosmo sembrò implodere su di loro. Quella sensazione di pienezza li abbandonò bruscamente, e i due ragazzi sentirono i loro corpi privati di qualsiasi energia e volontà. Caddero a terra, leggeri come foglie autunnali staccate da una brezza leggera. Svuotati di ogni forza vitale, lontani, giacquero insieme, uno accanto all’altro sull’erba secca e bagnata dalla pioggia, che ora cadeva leggera e delicata, purificatrice di quell’ultima, immane fatica.

Merlin guardò gli occhi lucidi e vacui di Arthur, che ricambiava il suo sguardo senza aver la forza di reagire. Pensò che fosse la fine, che quella sarebbe stata la sua ultima visione sul mondo, ma ancora più doloroso, che quella sarebbe stata l’ultima immagine del suo amore, da portarsi oltre la morte.

Arthur non credeva di riuscire a controllare più il suo corpo, ma non voleva cedere alla prospettiva di morire lì, così vicino eppure infinitamente lontano da Merlin. Aveva abbracciato la fine con ogni fibra del suo essere, se questo significava morire insieme all’uomo che più aveva amato in tutta la sua vita, ma non in quel modo. Con uno sforzo immane, riuscì a muovere lentamente il braccio in direzione del mago. Quando fu abbastanza vicino, Merlin gli prese la mano, stringendola nella sua.

Chiusero gli occhi così, insieme, cullati da quell’ultimo gesto d’amore.

*****

Quando Merlin ricominciò a percepire il mondo attorno a sé, e lentamente aprì gli occhi, era sicuro di trovarsi in paradiso, o in qualunque regno esistesse dopo la morte.

Ciò che veramente lo sorprese, fu che il regno dei morti avesse le stesse sembianze della sua camera negli alloggi di Gaius, e persino lo stesso profumo intenso di erbe e spezie medicinali.

Si alzò barcollante dal letto, scoprendo che ogni passo gli costava una fatica immensa sulle gambe, improvvisamente più insicure di quelle di un puledro appena nato.

Fu il sorriso luminoso di Gaius che lo accolse quando varcò la soglia della sua stanza, a fargli realizzare che forse, non era ancora morto.

Il vecchio medico lo strinse in un abbraccio che insieme gli fece perdere le poche forze che aveva riacquistato, ma gli riempì anche il cuore di gioia.

“Ragazzo mio!” gli disse guardandolo dritto negli occhi ancora cerchiati di scuro “Che bello rivedere il tuo sorriso… Ho avuto così tanta paura che non sarei più riuscito a vederlo, anche dopo che vi abbiamo ritrovati.”

“Gaius, cos’è successo?” chiese, scoprendo che parlare gli provocava una terribile emicrania.

“Stavo per chiederlo io a te, figliolo… Vi abbiamo cercato dappertutto, e quando vi abbiamo ritrovato su quella collina, sembravate morti… Per fortuna però, mi sono reso conto che stavate ancora respirando, anche se molto debolmente. Vi abbiamo riportato al campo nella foresta, e poi qui, una volta che l’incendio in città si è placato.” Spiegò Gaius.

“Quanto è passato?”

“Hai dormito per sei giorni. Iniziavo a temere che non ti svegliassi più.” Disse il medico, ed una lacrima fuggì al suo controllo.

“Arthur?” chiese Merlin.

Gaius scosse la testa. “Sono appena andato a controllarlo. Non si è ancora svegliato.”

“Devo andare da lui!” esclamò immediatamente Merlin, avviandosi verso l’uscita.

“Non credo che tu possa fare nient’altro.” Gli disse tristemente il suo protettore.

“Non mi importa. Devo essere con lui quando si sveglierà.” Concluse risoluto, sparendo oltre la porta.

*****

Arthur era stato ovviamente sistemato nel suo grande baldacchino, le coperte e le tende rosso Pendragon in contrasto col pallore quasi funereo del suo volto. Merlin sentì le proprie ginocchia cedere a quella vista, e proprio non seppe dire come fece a rimanere in piedi. Si mosse piano, in punta di piedi, come se effettivamente un rumore più forte potesse svegliarlo. Si sedette sul lato vuoto del suo letto, appoggiando la schiena al testile in legno.

Rimase a vegliarlo così a lungo, senza mai distogliere lo sguardo, imparando a memoria il ritmo del suo respiro debole e sobbalzando alla minima irregolarità. Tutta la stanza era come svuotata della sua solita atmosfera, senza che Arthur fosse veramente lì a riempirla. Immobile, in attesa, in una muta preghiera, proprio come Merlin.

Gaius arrivò al tramonto, per controllare le condizioni del principe e quelle del suo protetto.

“Dovresti riposare, Merlin.” gli disse in tono paterno.

“Ho dormito per sei giorni di fila, non ti sembra abbastanza?” cercò di suonare ironico, con scarsi risultati.

“Non sappiamo nemmeno se riuscirà a svegliarsi.”

“Io devo credere di sì. Devo credere che sia recuperabile… Non posso accettare che vada a finire così, Gaius, perché non è così che doveva andare.”

“Cos’è successo con Keeran?” chiese infine il medico.

Merlin gli raccontò tutto. “… E poi Arthur si è gettato con me nel Gil Galad, non sono più riuscito ad impedirglielo… Credo che sia stato lui a salvarci. Io solo sarei di sicuro morto durante l’incantesimo, ma con le nostre energie unite, ci è stato possibile sopravvivere… Solo che ora…” spostò lo sguardo sulla figura dormiente del principe, mordendosi un labbro per non cedere al pianto.

“Se ha avuto tanta forza da fare questo, se la caverà.” Cercò di rassicurarlo Gaius.

Il vecchio medico li lasciò nuovamente soli, senza più cercare di dissuadere Merlin dalla sua veglia.

*****

La notte era già calata da un pezzo, e Merlin iniziava a sentire le proprie palpebre pericolosamente pesanti.

Fu allora che accadde.

“Mer… Merlin…” sentì biascicare al suo fianco. Il mago scattò immediatamente.

Il principe al suo fianco, mormorò ancora il suo nome, parzialmente incosciente. Poi, lentamente aprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte per cercare di mettere a fuoco la figura del ragazzo accanto a lui.

“Ciao…” gli sussurrò dolcemente Merlin, lacrime di gioia che avevano iniziato ad affiorargli agli occhi.

“Siamo… morti?” domandò infine Arthur sgranando gli occhi.

Il mago non riuscì a trattenersi dal ridere alla reazione del compagno: “L’ho pensato anch’io in effetti.” Gli rispose sinceramente. “Però a quanto pare no… Abbiamo avuto la zucca abbastanza dura da riuscire a sopravvivere.”

Anche Arthur rise, più che altro per scaricare la tensione. “Non avevo alcun dubbio che la tua testaccia fosse più dura di un’incudine…”

Rimasero per un attimo in un silenzio sospeso, prima che Arthur alzasse una mano fino a posarla dietro alla nuca di Merlin. “Vieni qui.” Soffiò prima di attirarlo a sé e baciarlo.

Quando si separarono, probabilmente ore dopo, nessuno dei due avrebbe saputo stabilirlo, Merlin fece passare le dita tra i capelli color del grano di Arthur, scostandoli dolcemente dalla sua fronte.

“Tu… sei solo un brutto asino che si deve sempre cacciare nei guai… e ti amo. Esattamente come sei, col tuo ragliare e tutto il resto. Ti amo.” Gli disse infine.

Un meraviglioso sorriso conquistò il volto di Arthur, e per una volta tanto, non ebbe nulla da ribattere, se non: “Ti amo anch’io, Idiota.”

*****

Concordarono insieme una versione della storia in cui non fosse necessario menzionare in alcun modo la magia di Merlin o collegare a lui le mire dello stregone. Il mago cercò in tutti i modi di spingere Arthur ad attribuirsi il merito dell’impresa, ma il giovane Pendragon fu irremovibile.

“No, Merlin, non esiste. Diremo che Keeran ci ha attaccato entrambi, che mi ha disarmato, e che tu hai recuperato la mia spada e hai trafitto lo stregone mentre era distratto da me.”

“Non ho bisogno dei riconoscimenti della corte, non mi interessano. L’unica persona che mi interessa che sappia come sono andate le cose, sei tu.”

“Importa a me invece… Sei già rimasto nell’ombra un’infinità di volte, senza mai prenderti i meriti che ti spettavano, è giusto così…” il principe si fermò un attimo a riflettere. “Certo, verrai insignito con qualche carica onoraria. Il cavalierato, o qualcosa del genere…” disse orgoglioso.

Merlin sgranò gli occhi: “Assolutamente no!” esclamò. “Non voglio niente di simile.”

“Mio padre e la corte vorranno ringraziare in qualche modo il salvatore di Camelot… Anche io voglio ringraziarlo…”

Il moro sorrise: “Allora sai cosa puoi fare?... Concedimi un giorno di riposo.”

Arthur ridacchiò: “Due!... E ho già una mezza idea di come potrei aiutarti a trascorrerli.” Aggiunse con un sorriso furbo.


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