Attraverso le Ali della Libertà

di Lullaby1992
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una visita inattesa ***
Capitolo 2: *** Altri progetti ***
Capitolo 3: *** Eren a Trost ***
Capitolo 4: *** L'udienza di Eren ***
Capitolo 5: *** Attenti ai geloni ***
Capitolo 6: *** Reazioni troppo pronte ***
Capitolo 7: *** Una piccola vittoria ***
Capitolo 8: *** La titano femmina ***
Capitolo 9: *** Una vecchia promessa ***
Capitolo 10: *** Il dolore di un padre ***
Capitolo 11: *** Una scintilla di vita ***
Capitolo 12: *** Domande ***
Capitolo 13: *** Varietà ***



Capitolo 1
*** Una visita inattesa ***


Era una giornata normale a Trost. Il sole splendeva, la gente faceva ognuno i fatti propri. Erano passati cinque anni dalla caduta del Wall Maria. La gente iniziava di nuovo a rilassarsi e a sentirsi al sicuro. I commercianti berciavano per le strade agitando le mercanzie, i corpi della guarnigione gozzovigliavano alle loro postazioni di guardia.

Certo, erano decisamente meno i fannulloni, rispetto quelli che c'erano stati prima della caduta del muro Maria. Ma anche pochi, alla vista di alcuni militi e cittadini, provati dalla perdita di persone care, erano comunque troppi, e li guardavano con sguardi pungenti.

In quella bella giornata assolata una donna camminava a passo rapido e deciso fendendo la folla.

Era piuttosto bassa anche per la media delle donne, arrivando appena alle spalle del più della gente. Aveva i capelli corvini, così scuri e lucidi da avere riflessi bluastri, raccolti in una treccia che era stata poi a sua volta raccolta in uno stretto nodo fermato sulla sommità della nuca.

Aveva lineamenti dolci e morbidi, il fisico minuto e slanciato, ben tornito e femmineo, sebbene le sue forme non fossero particolarmente abbondati era ben fatta.

Si sarebbe detta quello che era l'ideale comune di una donna nobile. Piccola, di lineamenti morbidi, delicata e raffinata.

La divisa era estremamente curata.

Gli stivali neri così lucidi da potercisi specchiare dentro. Le fibbie dell'attrezzatura e l'attrezzatura stessa, erano curate e sempre pronte all'uso, camicia e pantaloni erano di un bianco lindo e ben serrate. Il giubbotto di cuoio portava il ricamo della testa d'unicorno sul taschino frontale e sulla schiena.

Quello che intimidiva i passanti non era tanto quello, che comunque era piuttosto inusuale vedere degli uomini della gendarmeria fuori dal Wall Sina, quanto l'espressione della donna.

Piatta. Vuota ma determinata.

I lineamenti erano fermi, gli occhi come persi nel vuoto di fronte a sé. Fissi in un punto, ma come se non stessero vedendo nulla di ciò che guardavano, ma stessero vedendo un obbiettivo tutto loro.

Erano anche di un colore strano. Blu scuro, profondo. Quasi più un nero con una tonalità di blu. Un... blu notte, come la volta celeste. O magari come un color oceano profondo, se la gente avesse potuto ancora ricordare cosa fosse l'oceano.

Questa però non degnò nessuno di uno sguardo, procedendo per la propria strada.

Il passo era fermo e regolare, e sebbene fosse una donna così piccola, aveva una certa presenza. La fermezza di viso e passo sembrava donarle un'aria pericolosa e sicura, e spesso era la gente stessa che la circondava che istintivamente si ritraeva a lasciarla passare.

Raggiunse un edificio di mattoni come molti nella zona, questo però recava fuori la bandiera verde con sopra lo stemma delle 'ali della libertà'. Era una sede temporanea del corpo di ricognizione.

Entrò dentro l'edificio e raggiunse il corridoio dove due soldati piantonavano una porta.

Signora, possiamo esserle d'aiuto?” domandò il soldato di destra mentre entrambe scattavano sull'attenti facendo il saluto militare riconoscendo dalle mostrine sulle spalline della donna un loro superiore.

Devo conferire con il comandante Erwin” il tono rimase calmo e fermo mentre studiava il soldato.

Un ragazzo castano con i capelli corti e il viso liscio, gli occhi scuri.

Una nuova leva. O comunque un acquisto recente, visto il nervosismo che mostrava, valutò lei.

Avete un appuntamento?” domandò in tono incerto lui.

No” rispose con piattezza la donna.

Vi stava forse attendendo?” tentò di nuovo.

Non credo”

Il soldato, imbarazzato, distolse lo sguardo “Temo di doverla far desistere, Signora. Il comandante ci ha tassativamente ordinato di non fare entrare nessuno”

Aspetterò” fu la pratica risposta della strana nuova arrivata.

Ma...” l'uomo di sinistra che era di un palmo più alto dell'altro e dalle rughe d'espressione anche di una decina d'anni più vecchio, fermò il commilitone.

Potrebbero volerci ore, signora”

Non resterà dentro per sempre. Io non ho fretta”

I due uomini la guardarono straniti prendere una posizione militare di riposo vicino al muro, in un cantuccio discreto ma da dove poteva tenere d'occhio i movimenti del corridoio e delle stanze adiacenti e rimanere immobile.

Lo sguardo di lei si fece come vitreo, fermo. L'immobilità era tale che a loro parve che nemmeno sbattesse più le palpebre.

La sua presenza innervosì i due militi, però non avevano né l'autorità per scacciarla né quella di disturbare il loro comandante.

Era ormai quasi sera quando finalmente, dai rumori che provennero dalla stanza dello studio di Erwin gli rivelarono che doveva aver concluso e che si fosse alzato dalle sedie con i suoi commilitoni, osarono bussare leggermente.

Signora, come devo presentarvi?”

Dite solo che è una vecchia amica che viene a riscuotere un debito”


Erwin congedò i suoi uomini con cui stava accuratamente pianificando la sortita organizzata a giorni.

Si-signore?” era Tyson. Il ragazzo, sebbene fosse già da un anno dentro la legione era ancora molto in soggezione nei confronti dei suoi superiori. Il che era strano, considerando che dentro il corpo di ricognizione si tendeva a essere piuttosto informali, salvo per le occasioni che richiedessero uno stretto uso d'etichetta.

Si, dimmi”

U-una donna domanda di conferire con voi, signore”

Chi?”

Non ha voluto presentarsi signore. Dice solo di dirvi che è una 'vecchia amica venuta a riscuotere un debito' Signore. È un membro del corpo di Gendarmeria”

Erwin aggrottò un momento la fronte, facendo mente locale mentre congedava i suoi uomini e la guardia rimaneva in attesa di risposta.

Dille d'entrare” si limitò a dire.

Tutto s'aspettava meno che trovarsi di fronte quegli occhi blu.

Astrid?” era sorpreso. Congedò con un frettoloso segno della mano la sua guardia che ritornò a piantonare la porta, chiudendola dietro di sé.

La bocca di lei si storse appena. Come un vago accenno di sorriso.

Capitano Astrid, Comandante Erwin. Non sei l'unico ad aver scalato i ranghi sai?” rispose lei con tono pacato, accettando il bicchiere di liquore che lui aveva versato, e attendendo che prendesse in mano il suo per poter brindare.

I due si sedettero, studiandosi un momento vicendevolmente.

Astrid gettò occhiate come vaghe nella stanza. Osservando i raffinati mobili di noce, la scrivania più scura di mogano, la penna e il calamaio adagiati vicino a numerosi fogli sulla scrivania che Erwin aveva ammucchiato alla bell'e meglio nella fretta di farla entrare.

è un piacere vederti in buona salute...” tentò Erwin non sapendo con precisione come approcciare la donna, decise di stare sul vago. Tastare il terreno.

Tsk. Evitiamoci le panzane, Erwin. Pardon, Comandante Erwin. Saltiamo tutte le cazzate di ciao come stai? È dieci anni che non ci si vede! E tutte quelle baggianate lì. Sono qui per un motivo. Sai qual'è?”

Erwin si ritrovò a sogghignare piano, ridacchiando di gola, sommesso.

Vedo che questi anni non ti hanno addolcito per niente”

Secondo te passare dieci anni a navigare nella merda della gendarmeria dovrebbe avermi addolcito?” domandò lei sollevando il sopracciglio destro con fare sarcastico.

Erwin si fece più serio.

Suppongo di no. Anche se, immagino, che le cose si saranno fatte più complicate del previsto. Non è vero?”

Lei rigirò il liquore nel bicchiere, con il viso scuro.

Quando mai le faccende vanno come previsto? Direi che se capita una volta su cinquanta ci si può ritenere molto fortunati. Ma io e lei, comandante, non siamo persone da affidarci alla fortuna non è vero?”

No, certo che no”

Rimasero di nuovo in contemplazione l'uno dell'altro.

Erwin studiava con i suoi occhi di ghiaccio la donna che sedeva aggraziata sulla sedia di fronte alla sua scrivania. La gamba sinistra poggiata con leggerezza sulla destra.

Era uomo, riusciva vedere le forme attraverso le divise, e quella che aveva di fronte non era più la ragazzina spigolosa e dallo sguardo truce che ricordava.

No. Quella era una donna. Quegli occhi blu con quelle ciglia scure che si piegavano in quella aggraziata curva scura su di essi, la pelle candida di una perfezione quasi soprannaturale... le labbra naturalmente rosse e piene, voluttuose e sensuali...

Erano una trappola micidiale per qualsiasi uomo.

Perché qualsiasi uomo abbastanza saggio da guardare oltre alla morbida curva dei fianchi di lei, avrebbe intravisto il manico del pugnale che spuntava leggermente da sotto al giubbotto corto, e quelli che riuscivano a scollare gli occhi dal magnetismo della perfezione dei lineamenti della donna, avrebbero visto la fredda calma dei suoi occhi.

Si era guardata intorno con un modo di fare svagato quasi pigro, come chi dà giusto un occhiata per vedere il posto ma... chi aveva l'esperienza per vedere e capire, avrebbe visto che era lo sguardo fermo e calmo del predatore che sonda il terreno di caccia.

Probabilmente madre natura non aveva mai dato alla luce nessun figlio più pericoloso di lei. La bellezza soave di un angelo, in possesso di determinazione granitica e una freddezza pareggiata solo dalla sua rapidità di pensiero.

Il nome di Astrid Lichtklinge era piuttosto noto a quasi tutti i superiori in grado. Le sue imprese non erano pubblicizzate come avrebbero potuto essere quelle di Levi, ma si mormorava che la sua abilità non fosse seconda a nessuno.

Erwin non stentava a crederlo, la conosceva in una certa misura. Inoltre era troppo calcolatore per cadere al dolce battere delle ciglia della donna.

Sarò chiara comandante. Credo che sappiamo entrambi che non sono capace ad andarci troppo per il sottile in queste cose.

Io e lei avevamo un patto. Mi sono fidata del suo giudizio. Ho fatto la mia parte.

Ora sta a lei, trovare il modo. Non m'importa il come. Sapete cosa voglio. Trovate il modo”

Mi ci vorrà tempo. Dopodomani esco con la squadra”

Ho aspettato sin ora. Un mese in più o in meno non farà differenza. Ma veda di non prendermi in giro”

Non l'ho mai fatto”

Allora continuiamo così”

La donna tirò giù il contenuto del bicchiere con una boccata sola per poi posarlo sulla scrivania con un sospiro mentre il liquore le scaldava la gola sino allo stomaco.

Si alzò, mentre con passo fermo raggiunse la porta, aprendola, si girò di nuovo verso Erwin, e anche le guardie sentirono cosa disse.

Erwin, mi raccomando, non morire là fuori proprio ora. La morte non varrà come scusa per sottrarti al tuo dovere. Anche perché altrimenti non saprei come vendicarmi, dopo...” lo disse con un tono soave, quasi dolce, se non fosse stato per il sorriso freddo e minaccioso che aveva sulle labbra.


Angolo d'autore.


Bene, eccomi anche su questo fandom a massacrare le pupille dei lettori con le mie cavolate.

Avverto, sono abbastanza nuova di questo ambiente, e non credo seguirò proprio alla lettera tutti gli avvenimenti del manga originale.

Spero che la storia vi piacerà comunque e sarete pietosi nei miei confronti... anche se comunque le critiche sono sempre ben accette!

Che altro c'è da dire... ah si! Aggiornerò regolarmente, tutte le domeniche. Sperando che fantasia e ispirazioni (traditrici!) non mi abbandonino sul più bello. Comunque per ora rassicuratevi, ho già una piccola scorta di capitoli da pubblicare!

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Altri progetti ***


I titani sembravano stranamente tranquilli, mentre che vagavano tra la città mezza distrutta di Shiganshina. D'altra parte ormai nella città non c'era più neppure un umano, per cui i titani non avevano alcun motivo per restarci.

La squadra Levi, supportata da alcuni altri uomini aveva fatto piazza pulita dei giganti troppo vicini e ora c'era solo Hanji che si 'divertiva' a investigare presso i resti dei titani morti e un classe tre metri che avevano legato e le sentinelle che tenevano d'occhio la situazione da sui tetti.

Levi stesso si avvicinò ad Erwin che da su un tetto controllava una mappa e al contempo lanciava, di quando in quando, occhiate da falco nei dintorni.

Allora, idee?” domandò Levi.

No, al momento no. Per fermare i titani bisognerebbe, ovviamente, tappare il buco nelle mura. E per farlo abbiamo bisogno di risorse di cui non possiamo disporre così facilmente.

Portare mattoni, pietre, calce, eccetera richiede mezzi pesanti. Non possiamo difendere mezzi che si muovono così lentamente. Anche perché il buco aperto nelle mura richiede ben più che una semplice 'stuccatura'”

Quindi niente di nuovo” constatò Levi, bofonchiando tra sé.

Sarà forse solo una mia impressione, Erwin, ma ti vedo pensieroso” disse il capitano, cercando di non pensare con rabbia alle vite che avevano perso per venire sino a lì.

Anche se... era indiscutibile dire che a Levi piaceva stare fuori da quelle soffocanti mura piene di 'umanità'. La verità era che il più delle volte l'uomo era nemico di sé stesso.

O almeno, era così che lui la pensava.

Una nostra vecchia conoscenza mi ha fatto visita” rispose il biondo. Levi aveva notato che durante il tragitto aveva avuto spesso la fronte aggrottata, e questo era insolito per lui. Anche nel bel mezzo di una missione.

Chi?” chiese incuriosito.

Prima che potesse prendere fiato per rispondere fece la sua comparsa Erd.

Signore, i titani si dirigono tutti a nord. Hanno un comportamento strano”

Confermo è inusuale” convenne Hanji. “Ci stanno deliberatamente ignorando, anche se dovremmo essere gli unici umani in zona e si dirigono verso nord”

Potrebbe trattarsi di... preparate subito i cavalli!” ordinò Erwin con la mente che galoppava già verso la prossima mossa che doveva fare.

I titani avevano colpito da sud, cinque anni prima, demolendo la città.

Se ora si dirigevano tutti a nord... poteva essere successo qualcosa nel Trost, e in qualsiasi caso, dubitava fosse una buona notizia.


Astrid invece, si trovava dentro le mura di Sina quel giorno, passeggiava distrattamente nella caserma che faceva da appoggio a buona parte della polizia militare interna.

Odiava stare alla capitale. Così chiusa, monotona, servile e mielosa e... pericolosa.

Già.

Stare in mezzo ai nobili era come prendere in mano un mazzo di fiori senza essere certi che non fossero pieni di spine o di vespe pronte a pungere a tradimento.

La maggior parte delle volte usava la semplice politica del silenzio.

Quando qualcuno ti chiede qualcosa, sorridi e annuisci. O ignoralo. In nessun caso, mai dare corda ai nobili.

Poi, ovviamente, c'erano nobili e nobili. Alcuni avevano troppo potere per poter essere ignorati. O erano troppo astuti per essergli apertamente ostili. Con alcuni era meglio usare i guanti. C'erano sempre delle eccezioni al caso.

Ma, per lo più Astrid era conosciuta da superiori e personaggi importanti come un lupo solitario.

Il suo voto negativo sin dall'accademia era stato proprio l'incapacità di relazionare o di affidarsi ad altro.

Era una solista ma... che solista!

A cosa serviva un orchestra quando uno strumento solo può fare un'opera così sopraffina da incantare chiunque? In quel caso, l'orchestra si limita ad un pacato sottofondo con il solo scopo di valorizzare ulteriormente quell'unico strumento.

Questa era Astrid.

La voce fuori dal coro.

Nelle missioni pericolose, era sempre quella con la carta bianca, che entrava o usciva dalle righe a piacimento.

Si, perché sebbene gli addestratori (e i capi squadra in seguito) avrebbero voluto sopprimerla sul nascere vedendo che non era in grado di seguire le istruzioni come ci si aspetterebbe da un buon soldato, finirono con il rendersi conto che non potevano distruggere una simile opera d'arte.

Perché il valore di quel soldato, era quello di un plotone intero. E per quanto dovessero sopportare il suo 'essere diversa' capivano infine tutti che sopprimere un simile soldato sarebbe stato un delitto contro l'umanità.

No, quello che spaventava davvero segretamente i superiori era la sua volontà e la capacità di pensiero libero. Perché poi, alla fin fine, non è che fosse incapace di eseguire gli ordini. Quando voleva, sapeva essere diligente. Il problema sorgeva quando riteneva gli ordini delle cretinate e iniziava a fare di testa sua.

Nessun discorso di fedeli, fanatici, burocrati, politici o quant'altro aveva mai attecchito dentro la mente di lei.

Nessuno sapeva cosa la motivava, o il perché di ciò che faceva. Ma nessuno era riuscito a piegarla.

Una volta qualcuno l'avvicinò tentando di iniziarla al 'culto delle mura', ma fu bruscamente respinto.

Sette segrete intestine alla Gendarmeria tentarono di accaparrarla nei loro ranghi, promettendole oro, gloria, e di svelare alcuni misteri da sempre legati alle mura e ai giganti. Certo, non lo dissero direttamente, ma le velate promesse erano quelle.

Ma lei lo capì, e troncò il discorso sul nascere.

Le tornò in mente quella conversazione che aveva avuto due anni prima con uno di questi:


So già cosa vuoi propormi” disse all'uomo in divisa che si era presentato nel suo studio, prima ancora di lasciargli aprire bocca.

Cosa?” sobbalzò lui, che stava tentando di racimolare le idee per esporle al meglio.

Lascia che ti dica quello che penso e risolviamola alla svelta. Sono a conoscenza delle sette che si celano dietro il corpo di Gendarmeria. O per meglio dire, non so nulla di loro, ma so che esistono. Ci sono voci e mi ritengo abbastanza furba da sapere che la maggior parte delle cose che la gente mormora sono panzane ma, un fondo di vero spesso c'è”

Prese il fiato.

Per Astrid era stato uno dei momenti in cui aveva dovuto usare maggiormente il suo sangue freddo. Sapeva che se avesse dato delle risposte sbagliate la avrebbero uccisa. E per quanto abile che fosse, non avrebbe potuto nascondersi per il resto della vita dalla gendarmeria, e non voleva di certo vivere come un coniglio braccato!

Sebbene fosse pronta a morire per le sue idee e per le sue motivazioni in qualsiasi momento... alla fine tutti gli esseri umani campano oggi per vivere domani.

Astrid aveva la sua meta in mente, e voleva vivere per vederla.

Non saresti pronta ad offrire la tua fedeltà e il tuo cuore al Re? Ti facevo scaltra ma non codarda” tentò l'uomo cercando di sondare il terreno per capire cosa aveva in mente la donna.

Il viso di lei si fece serio. “Vacci piano con le parole, Karl. Ci sono cose peggiori della morte, e non ho paura di morire” la risposta fece rivelare all'uomo che lei sapeva di essere in quel momento nel mirino dei loro agenti, e che sarebbe morta avesse detto o fatto qualcosa di 'sbagliato'.

Non sono codarda. Il punto è che... non me ne frega assolutamente niente del Re. Potrebbe crepare domani, per quanto mi riguarda... alt! Fammi finire”

L'uomo si era alzato con le mani pronte sulle armi.

Io ho un mio obbiettivo personale. Un... sogno, per così chiamarlo, che sto inseguendo da anni. Perché mi sono unita alla gendarmeria se non m'interessa il Re? Perché al momento, gli interessi del Re collimano con i miei. Tutto qua.

Per cui ritirati tu, con la tua setta e tutta la tua banda, io dimenticherò questa conversazione, nessuno si sarà fatto male e io non saprò nulla che possa danneggiarvi.

Tutti felici e tutti con la testa sul collo. Che ne dici?” controbatté lei. Lanciandogli la proposta con la spensieratezza con cui un venditore ti offre un chilo di mele a prezzo ribassato, ma stava studiano l'uomo con viso serio.

Dentro di sé era pronta a scattare in piedi, prendere il pugnale che portava nascosto nello stivale e freddare il tizio sul posto. Dopo sarebbe morta anche lei, probabilmente, ma almeno quello che aveva di fronte l'avrebbe portato con sé.

L'uomo esitò.

Aveva studiato la sua 'preda' abbastanza da sapere che Astrid non avrebbe ceduto. Se aveva detto no, era no. Con lei il più delle volte mezze misure non esistevano. Ora il problema era accettare il no o ficcargli una pallottola nelle cervella. Le soluzioni erano solo queste.

Decise di temporeggiare.

Cosa ti dice che io non proverò a metterti a tacere più tardi?” domandò lui, tenendo un'espressione cordiale, visto che anche la sua ospite ostentava serenità.

Di fatto... nulla. Ci saranno di certo dei tiratori appostati nelle vicinanze, pronti ad un tuo cenno ad agire. Certo, se ti muovessi ora, probabilmente avrei la tua testa, anche se morirei.

Ma nulla ti vieta di provarci più tardi, quando avrò la guarda abbassata. Sono abile ma sono ancora umana, ho bisogno pure io di dormire, e mangiare. Non posso avere occhi ovunque né prevedere ogni cosa.

Tuttavia, ho due vantaggi su di te”

Davvero? E quali?” tentò di sogghignare l'uomo, mostrandosi spavaldo.

In verità, il modo calmo e freddo in cui stava esponendo i fatti la donna lo stava spaventando, eccome.

Chi poteva essere così calmo sapendo che la propria vita è in pericolo?

Quella donna o era pazza, o era soprannaturale. In entrambe i casi erano guai per lui.

Primo. Tu sei un uomo di sua maestà sino al midollo. Due, io sono una risorsa per l'umanità. Se vuoi ti spiego anche a parole semplici come il primo punto si collega al secondo” il sorriso di lei si fece voluttuoso, quasi dolce.

Come una mamma che si accinge a spiegare al figlio una semplice lezione.

Non per vantarmi ma sono uno dei soldati migliori di cui disponete se non il migliore. Non sapete il più delle volte come gestirmi, ma fin ora ho obbedito con risultati eccellenti.

Io non so nulla che possa compromettere te o la tua 'associazione' o gilda o quel che è. So della vostra esistenza, ma credo che molti di quelli di grado appena un po' più alto dei cadetti lo sappiano, ma sai bene anche che so tenere la bocca chiusa.

Fin tanto che io obbedisco agli ordini e resto un ottimo soldato sono ancor sempre una risorsa troppo preziosa per poter essere buttata via per un semplice sospetto.

E questo tu lo sai”

Forse ti stai sopravvalutando”

Forse” ammise lei, con calma, versandosi del vino nel calice.

Osservò le belle mani con le dita affusolate strette introno alla bottiglia. Non tremavano. Erano ferme. Così come rimase fermo il vino nel calice quando lo sollevò.

Non aveva paura. Non c'era nessun cenno di cedimento o paura in lei.

Quanto sai di noi?” domandò lui infine.

Nulla. So solo che operate segretamente. Il più delle volte lavori sporchi. E prima che me lo chieda, sappi che ne sono venuta a conoscenza semplicemente svolgendo i miei soliti incarichi.

Ho sentito il mormorare di persone spaventate da misteriose 'sparizioni'. Nobili con la lingua troppo sciolta che parlavano a vanvera su cose di cui sapevano poco ma su cui infioravano bellamente, credendo di vantarsi.

Capirai che, qualcosa sono riuscita a metterla insieme. Ma questo è tutto”

Rimasero entrambi in silenzio per un lungo tempo.

Alla fine l'uomo prese la sua decisione.

Fece un secco sospiro “Molto bene. Da quanto ne so non sei solita mentire deliberatamente. Io non ti conosco, tu non mi conosci. Questa conversazione non è mai avvenuta. Ti terremo d'occhio”

Ovviamente” fu la sua pacata risposta.


Riprendendo a camminare in modo secco lungo il cortile di pietra, Astrid mugugnò tra i denti. “Se non farai quello che voglio io Erwin... troverò il modo di fartela pagare per tutti questi anni”

In quel momento venne un messo di corsa.

Subito lei non focalizzò. Era troppo presto per il rientro delle truppe del corpo di ricognizione. A meno che qualcosa non fosse andato male...

Signora! È terribile Signora!”

Il giovane era un suo fan spietato e lei gli aveva lasciato il compito di comunicarle immediatamente se fosse stato avvistato il rientro della truppa di ricognizione.

Calmati cadetto. Rapporto!” gli intimò con serietà.

Il ragazzo si rimise nei ranghi, porgendole il saluto militare e prendendo fiato.

è comparso di nuovo il titano colossale signora. Il distretto di Trost sta cadendo, anche se la guarnigione sta cercando di fare del suo meglio per contenere l'avanzata dei titani e dare tempo ai civili di evacuare. Stanno anche già mettendo in allarme tutti i cittadini del Wall Rose per un eventuale fuga sino al Wall Sina. Il comandante Pixis sembra abbia un piano di riconquista che prevede di tappare il buco creato nel muro del Trost. Non so altro signora. Stava organizzando il tutto mentre sono venuto ad avvisarvi”

Diverse parolacce diverse salirono alle labbra della donna, anche se non trovarono sfogo, visto che queste si serrarono in un'espressione severa e tesa.

Corri a prepararmi il cavallo più veloce che trovi”

Subito!” aggiunse vedendo l'incertezza nel modo di fare del giovane.

Questo schizzò verso la scuderia.

Dannazione, questa non ci voleva! Mugugnò tra se e sé.

Il problema era... la squadra di ricognizione! Realizzò di colpo lei.

Era andato verso Shiganshina, il distretto più a sud delle mura Maria. Avrebbero tentato di rientrare dal Trost. La porta più vicina. Se l'avessero trovata tappata... potevano rimetterci la pelle tutti.

Salendo a cavallo e spronandolo al massimo in direzione del Trost, Astrid ruggì al vento che le fischiava nelle orecchie “Non provare a morire ora dannato Erwin! Ho altri progetti per la mia vita!”


Angolo d'autore.


Oilà. Bene bene, stiamo iniziando a dare una 'linea' a questo nuovo personaggio. Direi che è una tosta. A quanto pare mi vengono bene le donne con un certo carattere... vabbè.

Questi comunque sono capitoli di partenza, mi ci vuole sempre due o tre capitoli per dare veramente il via alla storia... spero che comunque vi piaccia, o quanto meno vi incuriosisca... lasciatemi pure un commento con le critiche, sono quelle che più di tutte aiutano a migliorare!

Ditemi pure cosa ne pensate del mio modo di scrivere, dei personaggi, cosa vi piace e cosa no!

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Capitolo 3
*** Eren a Trost ***


Astrid arrivò al muro di Rose nei pressi del Trost con il cavallo che quasi stramazzava a terra dalla fatica per giungere lì il prima possibile, e lo trovò gremita di persone che si affollavano intorno al percorso fluviale per imbarcarsi nei barconi d'evacuazione.

Le facce dei soldati erano tutte scure, e per lo più nei pressi delle mura e dei barconi erano state posate barelle su barelle di feriti.

Molti erano ormai morenti.

Difficilmente si sopravviveva al confronto con un gigante.

I più morivano direttamente sul colpo. I feriti erano dovuti per lo più ai crolli di qualche edificio da cui erano stati fortunosamente recuperati. Oppure all'essere stati travolti dalla folla in fuga e soccorsi solo in un secondo tempo.

Cadetto!” dovette richiamarlo due volte, senza ottenere risposta.

Scese da cavallo, si portò di fronte al ragazzo e gli tirò una sberla che lo fece cadere sulle ginocchia stupito e con lo sguardo allucinato.

Cadetto! In riga!”

Per istinto il ragazzo dai capelli biondo scuro, rispose al tono autoritario mettendosi sull'attenti con il pugno sul cuore.

Porta il mio cavallo nella scuderia e da in modo sia strigliato” gli ordinò, leggendo però nei frattempo la paura negli occhi grandi e chiari del giovane.

Capiva che non tutti potevano avere un'eccellente forza d'animo che occorreva per rispondere a certe situazioni, ma erano nell'esercito, e non si poteva permettere alla paura di dilagare, o sarebbe sfociata in insubordinazione.

S-sisignora”

Datti una sciacquata alla faccia e renditi utile. Restare a piangersi addosso non serve a niente. Porta acqua ai feriti e assistenza ai medici se sei così senza palle da non andare a supportare i veri soldati” con questo, senza sentire la replica salì sulle mura, dove agguantò la prima attrezzatura che le venne sotto mano. Sperava più che altro che la provocazione servisse a cancellare la paura e lo spingesse ad agire.

Controllò che ci fosse gas e che funzionasse correttamente. Si rifornì di lame che ondeggiò nell'aria per testare. Erano anni che non ne prendeva in mano una.

Cosa ci fa qui il corpo di Gendarmeria?” chiese quello che doveva essere un caposquadra, dal viso autorevole e dal modo di atteggiarsi.

Sono qui in veste di soldato dimentica la mia uniforme. Fammi un quadro della situazione!”

L'uomo esitò solo un momento prima di spiegare nel modo più breve possibile quanto sapeva di un certo cadetto di nome Eren che aveva la capacità di trasformarsi in gigante e che avrebbe tappato lui il buco nelle mura, mentre gli uomini erano schierati lungo le mura come esche per attirare i giganti.

Molto bene. Comunica a Pixis che... ma sì. Dì a Pixis che questa volta Astrid Lichtklinge va' a ballare con i titani”

La ragazza senza attendere oltre, si mise a correre lungo le mura, da est diretta a sud.

Doveva aiutare la squadra esplorativa. Avessero tentato il rientro ora si sarebbero trovati nei pasticci.

Conoscendo gli elementi... non sarebbe stato insolito vederli comparire. In fin dei conti tra di loro c'era chi aveva un vero fiuto per i guai, avrebbero capito che c'era qualcosa che non andava in città.

Corse quindi sulle mura, fino ad arrivare sopra la fenditura creata dal titano colossale, dove si stavano riversando dentro decine di giganti.

Credeva di aver visto migliaia di depravazioni dell'uomo, lavorando nella gendarmeria, ma non si era aspettata una simile carneficina.

Il sangue era ovunque, sembrava piovere pure dal cielo. I giganti scavavano nelle macerie delle case, cercando bimbi che madri avevano abbandonato, vecchi o invalidi che non avevano potuto sposarsi. Soldati feriti, altri rimasti senza gas e quindi senza possibilità di fuggire. Gente che era rimasta così paralizzata dal terrore, che non cercava neppure più di scappare. Restava lì, inerte, con l'espressione vuota, come se l'anima avesse già abbandonato il corpo, e non gli restava che attendere la morte.

Le parole come pietà o tregua, non esistevano in quel giorno in quel luogo. Era una battaglia all'ultimo respiro.

Astrid si era fatta arrivare sempre per vie traverse i rapporti del corpo di ricerca. Si era tenuta informata sulle novità, sulle nuove scoperte, sugli studi condotti suoi giganti.

E si era anche tenuta allenata per poter combattere i giganti, almeno un poco.

Scese infatti dalle mura un paio di volte, per aiutare delle truppe della guarnigione e dei corpi cadetti che si erano trovati in difficoltà.

Uccise due giganti, e si sentì orgogliosa di averlo fatto. Non solo perché salvò una manciata di cadetti, che incitò a continuare alla lotta, ma perché aveva appena eliminato due dei nemici naturali dell'umanità.

Due di quei fottuti bastardi che li obbligavano a restare rinchiusi in quelle mura pulciose.

Rischiò un paio di volte di farsi prendere, lo ammise. Erano troppi anni che lottava solo contro altri esseri umani. Però fu abbastanza agile da riuscire a regire con prontezza e se la cavò con un paio di lividi e un taglio su un braccio.

Meglio di molti di quelli che stavano seminati sulle strade qua e là, divorati a brandelli.

O di quelli che stavano rinchiusi in quel diavolo di bozzo che suppose essere un rigurgito di un gigante.

Secondo le teorie elaborate negli anni, essendo i giganti senza apparato digerente, quando avevano la pancia piena erano costretti a rigurgitare per poter continuare a divorare altri umani.

Hanji Zoe aveva stilato un lungo e ricco rapporto riguardo questa teoria.

Vederla confermata però non era per niente una bella cosa.

Persino nel suo ferreo autocontrollo, Astrid si trovò costretta a forzare sé stessa per non rimettere o per non fuggire a gambe levate.

Si costrinse a fissare quell'ammasso di carne e sangue e ossa spezzate e mormorò “Che possano le vostre anime riposare in pace. Un giorno l'umanità si riscatterà” prima di riprendere a correre sul muro.

Fece appena in tempo. Identificò dallo scintillio in lontananza le bardature degli animali e delle fibbie del corpo di ricerca.

Dentro le mura invece si stava avvicinando un gigante con un enorme masso sulle spalle.

Ehi mocciosi! Quello è il cadetto Eren?” urlò da in cima le mura.

Un biondino dall'aria filiforme si girò per cercare chi avesse parlato.

Si signora! Dobbiamo proteggerlo perché completi la missione” rispose.

Arrivo subito! Devo prima salvare le chiappe ad altri uomini!”

Facendo più veloce possibile, calò le funi dal muro e le carrucole con le imbracature per tirare su i cavalli.

Il gruppo si accostò a quel lato del muro, vedendo le corde calate, dato che Eren, a quanto sembrò dal gran fragore, e dalle scosse che sentì Astrid sotto i piedi, riuscì nella sua missione.

Ehi! Dannati alati! Muovete quelle chiappe qua c'è un titano a cui salvare il culo!” gridai dal bordo delle mura mentre i primi uomini si aggrappavano alle scale di corda per iniziare a risalire il muro.

Li mollai lì e mi tuffai di sotto dall'altra parte del muro, saltando direttamente sulle spalle di un quindici metri che si stava avvicinando ai due cadetti che tentavano di tirare fuori un ragazzo dalla collottola del titano che s'era accasciato contro la pietra piazzata a mo' di natta di recupero sul collo di una bottiglia.

Recisi con un taglio netto la collottola di questo, e saltai sul secondo, sfruttando la spinta d'inerzia che avevo ancora in corpo.

Vidi un ombra scendere sul terzo titano, che a breve cadde in terra anche quello.

Non mi fermai a vedere chi fosse.

Seguendo la scossa d'adrenalina mi lanciai verso il prossimo.

Yahoo! Abbiamo una città intera da ripulire!”


Chi diavolo è quella pazza?” domandò il capitano Levi, soccorrendo i cadetti e la donna occhialuta che faceva parte dei corpi scelti della guarnigione.

L'ho solo intravista, ma credo sia Astrid Lichtklinge. Corpo di Gendarmeria”

Rispose la donna occhialuta.

Levi rimase un momento a fissare il punto in cui era scomparsa dietro una casa.

Beh, risaliamo le mura la nostra truppa vi scorterà sino al Wall Rose non appena avremo finito di caricare i cavalli e i materiali”


Passò qualche giorno, Eren venne arrestato e portato alla base.

Astrid tenne ben d'occhio le mosse sia di Erwin che di Neil Doak. Il secondo non gli dispiaceva troppo come persona, ma personalmente lo trovava a volte troppo titubante per essere un comandante. Una cosa che stimava di Erwin era proprio che ragionava sempre fermamente con la propria testa e faceva quello che andava fatto.

Certo, non che non ascoltasse i suoi uomini, ma al contempo sapeva non farsene influenzare troppo. Il che era una buona prerogativa per non farsi manipolare.

Neil a volte esitava, o si lasciava influenzare da opinioni esterne. Tratto che Astrid non gradiva particolarmente. Ma si rendeva anche conto che, di persone come potevano essere lei o Erwin con la testa dura sino all'ultimo c'è n'erano ben poche, e nella sua personale classifica Neil non stava poi così in basso.

Così come studiò Eren da quanto più vicino possibile. Riuscì pure a mettere le mani su alcuni incarti privati che le consentirono di sapere la provenienza di Eren.

Il distretto Shiganshina. E che aveva fatto domanda per entrare nel corpo di ricerca. Sorrise tra sé e sé. Aveva fegato il moccioso, se aveva visto quel massacro, l'aveva rivissuto nel distretto di Trost e ancora voleva far parte dell'unico corpo che si metteva volontariamente a rischio con i titani.

Tsk! Che tipo!

In quanto a ufficiale, gli fu consentito di partecipare alle riunioni con Neil prima dell'udienza per decidere del destino di Eren.

Il numero di persone che proposero di eliminarlo a priori era esorbitantemente alto.

Astrid poggiò i piedi sul basso tavolino di mogano, afferrando dell'uva dalla coppa posta ormai vicino ai suoi piedi e si mise a gustarsi i dolci acini mentre gli altri berciavano tra di loro concitati.

Neil era solito ascoltare anche le opinioni dei graduati, per quanto l'ultima parola spettasse a lui. Lei però aveva deciso di smetterli di ascoltarli non appena che capì come giravano gli umori.

Che gruppo di pazzi bastardi, inutili e pavidi.

Si domandava ogni giorno di più come avesse fatto a sopportare sin ora di restare lì.

Anche se, dentro di sé sapeva bene che era una domanda retorica. Sapeva bene il perché e il percome era nella gendarmeria.

Astrid, non dici nulla tu?” domandò Neil. Forse nella speranza di uscire dal gorgo di militi impazziti, strepitanti e urlanti.

Sei sicuro di volere sentire la mia?” rispose per contro con un sogghigno.

Hanno preso parola tutti. Solo tu sei rimasta in silenzio”

Siete la più grande banda di inetti con la testa vuota che abbia mai visto”

Un silenzio glaciale calò nella stanza. Non era mai stata gradita in quell'ambiente. Non troppo, ma il fatto che non avesse 'peli sulla lingua' era una delle caratteristiche sicuramente più sgradite ai suoi superiori.

Possiamo sapere perché di grazia?” chiese Neil, non senza una certa fredda ironia.

Per una volta si presenta un'arma, una vera arma nelle nostre mani. Efficace quanto dieci armate. E voi, mezze cartucce di checche che non siete altro cosa pensate? Distruggiamola. Certo! Mi pare logico no? Buttate via le armi e aspettate di farvi mangiare dal prossimo gigante che passa!” li schermì lei.

Potrebbe essere...”

Con i 'potrebbe' non si vincolo le guerre Neil. Quello che è successo a Maria, è una conferma. Non siamo al sicuro. Possiamo vivere 100 anni di pace, forse 200, forse anche 300 o mille. Non importa. Le mura non sono invulnerabili. Questo è il messaggio che avrebbe dovuto arrivare alla mente di tutti noi.

Dobbiamo trovare un mezzo alternativo per difenderci. Se non volete attaccare, almeno un mezzo di difesa efficace ci vuole, e spero che di questo ne converrete pure voi.

Il ragazzo è... l'arma perfetta contro i titani. Se tu avessi letto con accuratezza le informazioni fornite dal rapporto del comandante dei cadetti, sapresti che il giovane mostra un viscerale odio contro i giganti che hanno ucciso la sua famiglia. Era di Shiganshina.

Voi dite che Eren è pericoloso. Ovvio che lo è, è un arma. Come un fucile.

Ti punteresti mai la canna del fucile nella bocca? No, ovvio che sarebbe pericoloso!

Quello è un magnifico fucile, niente di più niente di meno. Ed è già puntato verso i titani, basterebbe avere il coraggio di premere il grilletto. Ma voi state ampiamente dimostrando con i vostri discorsi di non avere le palle per farlo.

Se non avete la lungimiranza per vederlo, sono fatti vostri”

Un silenzio gelido era rimasto ad aleggiare nella sala.

Questo, è quello che penso io”

La donna si alzò gettando via il graspo ormai spoglio.

Ah, Neil... se le cose vanno come penso io... aspettati le mie dimissioni” con questo se ne andò sbattendo la porta della stanza nel castello.

Luridi porci schifosi! Miopi e deboli...” la sentì sibilare rabbiosa un inserviente che stava lavando i pavimenti in quella zona, mentre con passi frettolosi si allontanava dalla stanza delle riunioni.

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Capitolo 4
*** L'udienza di Eren ***


Neil fini quasi per il pensare di più ad Astrid che al processo di Eren.

Che diamine aveva in mente quella donna infernale?

Non poteva negare fosse un piccolo genio militare. Nelle azioni singole aveva una maestria davvero unica.

E dimissioni che diamine voleva dire? Non era quasi mai capitato che dei soldati si ritirassero dal servizio. Salvo dal corpo di ricerca, chi, dopo il 'battesimo di sangue' capiva di non avere la stoffa per stare fuori dalle mura, cercava di fare ripiego sul corpo di guarnigione.

Alcuni di questi ultimi avevano mollato dopo Shiganshina, per il trauma subito, chiedendo di poter essere assegnati ai campi da dissodare. Essere contadini era forse più umile, ma più sicuro e più tranquillo.

Ma dalla gendarmeria... erano casi strani. Cosa diavolo aveva in mente?

Perché lui, era certo che avesse un piano, la dannata. Si trattava solo di capire quale.


Quella giornata Astrid si sentiva... in fermento. Frizzante. Era il momento della verità. Era curiosa di vedere se l'umanità era tanto rincretinita da uccidere la migliore soluzione che gli fosse capitata tra le mani da quando era rimasta rinchiusa in quelle cavolo di mura.

Dannate mura. La loro salvezza e la loro condanna. Astrid si rendeva conto che l'umanità sarebbe stata annullata senza mura ma... vivere così, come canarini in gabbia, a cinguettare ai loro carcerieri...

No, lei non era un canarino canterino a disposizione di un padrone. Lei era un aquila che sarebbe vissuta libera o morta cercando di esserlo.

Era seduta nell'angolo più lontano possibile dal corpo di gendarmeria. Osservò il banco dei presenti da parte del corpo di ricerca. Erwin, con la sua statura e la sua curata chioma di capelli lisci e biondi spiccava subito. La sua presenza era ulteriormente accentuata dal viso austero, serio e solerte. Dallo sguardo freddo e determinato di quegli occhi azzurro chiaro. Un viso nobile, distante, determinato, austero.

Quello era un capo senza la paura di sporcarsi le mani, che analizzava situazione per situazione, vagliando ogni possibilità prima d'agire, ma che anche messo alle strette sapeva pensare e agire rapidamente.

Sempre detto che lo si riuscisse a mettere alle strette. Ridacchiò tra sé Astrid.

Vicino a lui c'era una donnetta non tanto alta dai capelli chiari che riconobbe come Petra Ral. Anche lei era una vera risorsa per l'umanità, con un numero di titani uccisi nella sua scheda da far invidia al suo stesso capitano.

Quando Astrid spostò lo sguardo sulla destra di Erwin... il fiato le mancò, le dita presero a formicolare mentre il cuore pulsò per qualche istante con una certa aritmia.

Non sentì neppure il comandante supremo Zackley iniziare a parlare, mentre sentiva le guance che avvampavano avvolte nel calore.

Levi.

Di bassa statura come sempre.

Levi.

Quei capelli tagliati alla moda militare, rasati sui lati della testa e leggermente più lunghi sulla sommità. Scuri e lisci.

Levi.

Quei magnifici occhi grigio tempestoso, sempre così annoiati e piatti. Come se non vedessero mai qualcosa che lo garba, ma solo qualcosa che lo infastidisce.

Levi.

Erano anni che non lo vedeva. Sapeva che c'era nella truppa fuori dalle mura di appena qualche giorno prima, ma non aveva avuto il tempo e il modo per fermarsi a guardare.

Non si era dimenticata di lui. No, questo mai.

Di quel suo viso un po' spigoloso ma virile. Di quella sua sciocca mania per la pulizia estrema. Di quel suo modo di storcere il naso esclusivo di quando vedeva il corpo di gendarmeria. Li disprezzava proprio profondamente, lui. E Astrid non si sentiva di contraddirlo. Anche lei li disprezzava, se era solo per quello...

Prese un profondo respiro, sentendosi la testa girare per assenza d'ossigeno.

Espirò con calma, allungando le dita come per rilassarle, scuotendo appena la testa per tentare di dissipare la sensazione di calore che di certo aveva fatto avvampare le sue gote.

Non si aspettava una reazione così forte al solo vederlo.

Sapeva, e aveva avuto notizie delle sue imprese però... non si erano mai più rivisti da allora e...

Sussultò quando la voce di Eren riempì la stanza nel suo grido coraggioso, mentre le catene delle manette tintinnavano contro il palo che lo costringeva a una posizione in ginocchio.

Fu più la sorpresa che lo spavento, che non le consentì di reagire prontamente. Fortunatamente per Eren intervenne Levi prima che i suoi commilitoni premessero i grilletti dei fucili.

Quando Eren fu a terra sanguinante sotto ai colpi impietosi del capitano, ricevuta la lezione, e quando Levi disse la sua in merito, fu Astrid a parlare.

Abbassate quelle armi pagliacci. Il ragazzo ha solo un genuino desiderio di sterminare i giganti, non gli uomini. E se comunque usassimo il vostro sciocco ragionamento, direi che un titano di quindici metri gli fa appena il solletico le vostre patetiche pallottole non credete?”

Il comandante Neil strinse i denti rabbioso.

Un conto era essere 'denigrati' da un corpo esterno, ma sentire una loro componente del loro corpo che li scherniva di fronte a tutti... era davvero inaccettabile.

Gli uomini sebbene esitanti obbedirono. In fondo un ragazzino sanguinante con un dente rotto da un calcio non spaventava poi così tanto...

Lo sguardo piatto e inespressivo di Levi incrociò gli occhi blu di Astrid. Fu questione di un secondo, ma lei sentì una scossa che le percorse tutto il corpo, che dovette usare tutto il suo ferreo autocontrollo per dissimulare in un espressione piatta.

Zackley, decise di affidarlo al corpo di ricognizione, sotto la custodia del comandante Levi.

Comandante Zackley, Signore!” lo fermò mentre l'udienza si stava sciogliendo e buona parte di nobili e personaggi era già uscita dalla stanza.

Capitano Lichtklinge?” domandò lui, già in piedi e pronto ad abbandonare la sala.

Credo che vi sia già giunta la mia lettera Signore. Vorrei sollecitare una risposta al più presto, se fosse possibile”

Capitano Lichtklinge, come al solito non conoscete la pazienza. Vi risponderò a breve, nel frattempo, resterete alla capitale”

Sissignore!” fu la piatta risposta.


Zackley individuò Erwin nella folla e lo chiamò, facendogli poi cenno con il capo di seguirlo.

Lo condusse in un balcone dove avrebbero potuto discorrere senza scocciature.

Suppongo che tu sappia che Astrid Lichtklinge ha fatto domanda di essere trasferita al corpo di ricerca” esordì il comandante supremo.

Si, signore. Ha mandato la lettera anche a me, ed è pure venuta di persona ad esortarmi ad accettare. Quello che trovo più curioso, è che l'abbia domandato a voi, comandante”

Suppongo che la ragazza, sveglia com'è, abbia capito che se avesse chiesto solo ai suoi comandanti avrebbero ignorato la domanda.

Difficilmente chi entra nei ranghi della gendarmeria ne esce. Troppi segreti.” disse schiettamente. Sono cose di cui era certo Erwin fosse a conoscenza. Non era uno sprovveduto, e Zackley non aveva voglia di andare per il sottile.

Dunque ha scavalcato i ranghi per ottenere ciò che vuole. Non si può dire che le manchi la grinta” commentò pacatamente Erwin.

Tutto sommato è una decisione che non mi spetta. Probabilmente dovrei respingerla e fare felice Neil e i suoi commilitoni. Tuttavia, volevo sentire anche la tua”

Non ho nulla in contrario all'accoglierla nei miei ranghi” rispose semplicemente Erwin.

Come, non temi che sia una spia?”

Erwin congiunse le mani dietro la schiena, fissando la città sottostante al balcone.

Diciamo che la considero un rischio accettabile. La richiesta risale a prima della scoperta che Eren fosse un titano, per cui dubito potesse prevedere una simile opportunità, e per il resto il corpo di ricognizione ha poche attrattive per la gendarmeria. Le nostre ricerche si occupano del nemico, dei titani, la gendarmeria si occupa dei 'nemici interni' branche totalmente differenti.

Inoltre, credo di poterla gestire, e sarebbe da stupidi rifiutare una simile offerta.

Ha già letto il rapporto riguardo alla crisi del Trost a riguardo?”

Cosa di preciso?”

Astrid ha ucciso, per sue parole e per testimonianze vive, da sola almeno sei titani e ha aiutato all'eliminazione almeno altri quattro, per un totale almeno dieci titani in un giorno solo. Ed era anche la prima volta che li affrontata effettivamente.

Credo che questi dati palesino il suo valore di soldato più che altre mille parole. Non sarà di certo io a rifiutare quest'offerta. Anche a mio rischio e pericolo”

Comandante Zackley, signore? Oh, chiedo perdono, non volevo disturbare”

Neil stesso era uscito sul balcone alla ricerca di Zackley.

Va giusto bene che sei qui Neil. Stavamo parando di Astrid”

Quella piccola sfacciata, chiedo perdono per il suo comportamento io...”

Per quel poco che la conosco rimproverarla non servirà a nulla, Neil. No, stavamo parlando del suo trasferimento” rispose Zackley.

Trasferimento? Già l'altro giorno mi ha presentato le dimissioni ma non...” iniziò l'uomo della gendarmeria.

Ha fatto domanda a Erwin di prenderla nei suoi ranghi” tagliò corto l'uomo più anziano.

E tu hai intenzione di accettare?” domandò Neil a Erwin.

Come dicevo al comandante, sarei sciocco a rifiutare” disse semplicemente il biondo.

Neil sospirò rimanendo in silenzio per un lungo momento.

Ha mandato una lettera anche a me per chiedermi d'intervenire. Io però, ho preferito parlare con voi” riprese Zackley.

Non sarebbe molto corretto lasciarla andare, il suo grado le conferisce una certa autorità e...” tergiversò Neil.

Se sei preoccupato per i tuoi segreti di stato Neil, ti posso garantire che la mia unica intenzione al momento è di metterla alla guardia di Eren con Levi. Con due soldati di quel calibro a vegliare notte e giorno sul ragazzo, ridurremo drasticamente la possibilità di incidenti. Inoltre ritengo che sia una persona di parola. Falle giurare di non divulgare nulla, e lasciala andare” gli propose Erwin.

La mente di Neil però s'era fermata prima.

A guardia di Eren.

Si, lasciare lei alla guardia del ragazzo titano... era piuttosto certo che non avrebbe esitato ad ammazzarlo, se necessario. Inoltre magari avrebbe potuto provare a carpirle informazioni in un secondo tempo.

Quello che Neil non sapeva era che Erwin lo aveva detto di proposito. Una bella esca indorata dal caso. L'aveva buttata così come se parlasse di cose comuni, ma l'aveva detta di proposito.

Purtroppo, era vero che aveva un debito d'onore con Astrid e voleva mantenerlo.

Molto bene, accetterò. Anche perché conoscendo la cocciutaggine di quella sfacciata non sentirebbe ragioni e farebbe tutto per costringermi ad accettare”

Molto bene. La questione è risolta. Erwin riceverai lei e le sue schede a due giorni da oggi. Magari, chissà, almeno tu riuscirai a insegnarle un po' di disciplina...” commentò Zackley.

Ti faccio i miei migliori auguri...” aggiunse sarcastico Neil.

Erwin non vi badò. La sua missione, almeno sin qui era compiuta.

Si erano aggiunti altri problemi, che mise in conto nella bilancia della sua mente, ma sul suo piatto, si era aggiunta Astrid, e questo per lui valeva decisamente la fatica spesa per giungere sin lì.

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Capitolo 5
*** Attenti ai geloni ***


Astrid venne messa alla testa dei cadetti per raggiungere il forte dove avrebbero stazionato fino alla partenza della prossima sortita, che sarebbe avvenuta a breve.

Ebbe modo di conoscerli tutti, almeno, del gruppo principale che più si era distinto durante la battaglia di Trost. Anche se aveva già letto i loro nomi nei rapporti.

Armin Arlet, un ragazzino minuto e biondo, non molto forte, ma che compensava la sua carenza con ingenio e strategia. Era stato lui ad elaborare i piani che avevano consentito ai suoi compagni di sopravvivere, e consigliato come utilizzare Eren per richiudere la falla nel Trost. Certo, probabilmente l'aveva fatto anche per salvare il suo amico d'infanzia, ma di fatto il Trost ora era al sicuro e questo era l'importante.

Mikasa Ackerman. Una fredda e tosta, a quanto si diceva. Capelli neri e viso con lineamenti vagamente asiatici. Il suo unico punto debole evidente era l'attaccamento a Eren. Sembrava fossero vissuti nella stessa casa. La ragazza era stata adottata dalla famiglia di lui quando i suoi genitori erano stati uccisi da un gruppo di banditi.

Jean Kirschtein, un ragazzo castano dall'aria non troppo complessa. Aveva valori abbastanza nella media, ma si diceva avesse la testa per comandare. O almeno, dai rapporti si diceva che si era eretto leader di un gruppo di cadetti e ne aveva salvati quanti più possibile. Secondo l'addestratore tendeva a essere un po' troppo schietto nel parlare. Ma questo per me non era un difetto.

Connie Springer. Un altro cadetto nella media. Lento a volte di comprendonio, ma solido e affidabile. Aveva una buona resistenza fisica. Teneva i capelli rasati e un fisico robusto.

Sasha Braus. Una ladruncola fatta e finita. Possedeva un buon istinto e un fisico agile, e la mania di rubacchiare qualsiasi cosa fosse commestibile, sembrava che il suo istinto di prendere tutto il possibile fosse dovuto all'aver patito la fame in passato.

Loro guardavano innervositi la mia giubba con ancora il simbolo della gendarmeria sopra, così mi limitai ad osservarli sottecchi, scambiando giusto qualche parola amichevole con loro.

Erwin Smith in persona ci accolse nella zona.

Purtroppo non ho tempo per restare. Ero passato a controllare.

Queste sono le vostre nuove divise. Benvenuti a voi cadetti. E...”

Si era girato verso Astrid ma questa con il cavallo si era avvicinata ad un mucchio di foglie secche e rametti alla cui avevano dato fuoco. Fece una palla del suo giubbotto e lo buttò dentro, tornando poi ad un trotto allegro verso Erwin, scese da cavallo e accettò il nuovo giubbotto e il mantello verde dalle mani del comandante, dopo avergli porto il suo saluto.

Era un sacco di tempo che volevo farlo...” commentò con un sorriso e un tono abbastanza basso da poter essere udito solo da Erwin stesso, che rispose al sorriso.

Voi cadetti in questi giorni vi impegnerete al massimo, i soldati più esperti si prenderanno cura di voi e vi insegneranno qualche trucchetto.

Spero che accoglierete l'occasione di migliorarvi e che ci metterete impegno.

Astrid, in quanto a te... sei pari grado di Levi, ma mi aspetto che tu ti attenga alle sue direttive e quelle di Hanji”

Sissignore”

Molto bene. Hanji e Levi sanno già cosa devono fare. Ci vedremo presto” salendo sul suo cavallo si avviò verso le mura interne.

Mentre Eren andava dai suoi amici salutandoli, Astrid si gustò appieno il momento portando il cavallo nella scuderia, per poi infilarsi con soddisfazione la giubba.

Le ali della libertà.

Carezzò lo stemma quasi con amore e venerazione.

Finalmente.

Erano anni che sognava quel momento.

Signora, se volete seguirmi vi mostrerò i vostri alloggi. Anche se al momento la squadra sta ancora ripulendo il castello” m'informò un soldato.

Ti ringrazio” disse lei seguendolo.

Le mostrò una ampia stanza, ammobiliata per l'indispensabile con un letto, una scrivania, una sedia e un mobile. Gli comunicò inoltre che al momento tutta la legione era impegnata a ripulire il forte. Lei quindi rispose che poteva badare a sé.

Mentre si dirigeva a cercare dei panni per spolverare i mobili e delle lenzuola da mettere nel letto, lo vide.

Era in una stanza, da solo. Stava ramazzando in terra, vestito con un grembiule da domestica e un fazzoletto davanti al viso per la polvere.

Astrid non poté soffocare un risolino, vedendolo, portandosi sullo stipite della porta.

Lui alzò gli occhi, e i loro sguardi s'incrociarono, rimanendo a fissarsi qualche istante.

Il cuore di Astrid si strinse, per poi palpitare più forte.

Ed ecco il soldato più forte dell'umanità. Nemico difficile, la polvere?” disse tentando di mascherare l'imbarazzo. Era passato così tanto tempo...

Tsk” riabbassò lo sguardo sul mucchietto di polvere che stava spazzando nella paletta.

Ehi, LT” esordì lei in tono... pacato, ma con un fondo dolce, come se nell'acqua avessero aggiunto una nota di miele.

Non chiamarmi così!” fu la secca risposta. Più che secca, piatta, al massimo scocciata.

Preferivi MLT?” tentò invece lei, sentendo già la delusione montare nel petto ma cercando di mostrarsi imperturbabile.

Nessuna delle due”

Quanto sei intrattabile” Astrid esitò, facendo un passo indietro. Si diede della sciocca, in fondo cosa si aspettava dopo tanto tempo? Era naturale che le cose stessero così... insomma erano capitate tante cose e...

Sei pregata di dare una mano nelle pulizie, e insegnare qualcosa alle reclute”

Lo sai che le mie tecniche non le ho mai insegnate a nessuno” rispose quasi offesa.

Allora trova un modo di renderti utile” di nuovo la sua voce era piatta e indifferente.

Le parole piatte, artificiose, quasi stantie, rimasero sospese nell'aria.

Prole legnose, di chi vorrebbe dire di più ma non sa come arginare quella porta sprangata che si ritrova di fronte.

Non sei cambiato per niente, LT” disse solo Astrid. “Ne sono felice...” mormorò così piano che dubitò che persino lui avesse potuto sentirla.

In qualsiasi caso, lui non la degnò di una risposta, per cui lei cercò quanto di cui aveva bisogno, poi si ritirò nelle sue stanze per pulire.

I movimenti veloci, meccanici però non consentivano alla mente di Astrid di concentrarsi su quello che faceva.

Quegli occhi grigi continuavano a pungerle l'anima mentre le parole distaccate la distruggevano in mille brandelli.

Sentiva le lacrime agli occhi, cosa che la faceva tremare e sentire spaesata.

A lei queste cose non capitavano mai. Mai.

Perché lui aveva questo potere su di lei? Perché? Non era giusto. Non era leale. Non gli aveva dato neppure una possibilità di parlare. Nessun segno che potesse essere incline quanto meno al dialogo. Ad aprirle uno spiraglio.

No, lui l'aveva cancellata dalla memoria. Questo gli era chiaro. L'aveva cacciata dalla sua vita, dalla sua mente.

Si buttò sul letto pulito di schiena, guardando lo spoglio soffitto a pietra della costruzione.

Mise un braccio di traverso sugli occhi, per bloccare la luce fastidiosa.

Da quanto tempo era che non piangeva? Tanto. Forse troppo.



Astrid era una bambina felice. Viveva nel distretto Yalkell, a ovest del Wall Sina.

Aveva una bella casa con genitori amorevoli.

Non erano i più ricchi né i più potenti della zona, ma la loro casa era ampia e confortevole, e il cibo non mancava mai sul tavolo, e loro si ritenevano fortunati.

Il papà di Astrid era un ex-soldato della Gendarmeria. Non le aveva mai detto perché si fosse ritirato, ma ora si occupava di una piccola forgia appena fuori città dove forgiava armi per le legioni.

La mamma era una donna di nobili origini, forse di qualche casato minore, ma era una donna gentile e aggraziata, che le insegnò a ricamare e ad usare il telaio.

Quello che la sorprese invece, fu quando all'età di dieci anni, il padre iniziò a portarla nella sua forgia, e dietro essa aveva costruito manichini e paglioni dove ufficialmente “testava le armi”.

Da oggi tutti i giorni verrai con me, ci assisterai nella forgia per qualche ora, e poi ti insegnerò”

Cosa?” domandò Astrid al padre. Un uomo di media statura, con i capelli scuri come quelli della figlia e gli occhi blu che lei stessa aveva poi ereditato.

Lei aveva preso dalla madre solo le proporzioni delicate e la pelle candida.

A combattere figliola. Dovrai essere capace di farlo. Questo, piccola mia è il retaggio della nostra dinastia. La tua dote. Il tuo patrimonio più grande. Non esiste un Lichtklinge che non abbia nel sangue il combattimento”

Ma papà, io sono una femmina. La mamma dice che devo imparare a cucire e filare per essere una buona dama e..”

Lascia perdere quello che dice tua madre. Lei non capisce. Non queste cose”

Il padre fece un sospiro profondo.

Gli costava chiedere un simile sacrificio alla figlioletta ma... sentiva che sarebbe stato per il suo bene, e lui come genitore doveva fare il tutto e per tutto per lei.

Anche renderla un maschiaccio, se occorreva per farla sopravvivere.

Tesoro, stammi bene a sentire ok? Queste cose. Queste che ti insegnerò... devi tenerle per te ok? Non dire a nessuno che te le insegno. Non dire a nessuno dove le hai apprese. Non parlarne con nessuno. Mai, per nessun motivo. Gli unici a cui potrai trasmetterle saranno ai tuoi bambini, quando ne avrai ok?”

Ok”

Mi dai la tua parola?” chiese l'uomo con un sorriso trattenuto.

Si, papà. Lo giuro!” disse la bambina con solerzia.

Fu l'uomo a insegnarle la lotta corpo a corpo. Come usare la testa per elaborare le migliori strategie. Come trovare punti deboli e come sfruttarli.

Tecniche di meditazione volti a sottomettere il corpo alla volontà della mente. Per sentire meno il dolore e continuare a combattere in ogni situazione.

Le insegnò ad attendersi di tutto dalla vita. Ad essere sempre pronta. Ad avere un sonno leggero e non esitare ad agire.

Come sopravvivere e come usare una lama.

Come riconoscere le bugie dalle persone che parlano. C'erano sottili segni involontari che le persone facevano mentre mentivano.

Per quattro anni e mezzo, le insegnò ogni cosa che poteva insegnarle in ogni ritaglio di tempo che trovava. Di sé del suo mestiere, delle sue capacità ancora sopite.

Doveva essere pronta.

In qualche modo, il padre di Astrid aveva intuito che alla sua bambina sarebbe servito sapere tutto ciò. Già, perché su una cosa aveva mentito. Nemmeno i Lichtklinge insegnavano queste arti alle femmine, ma solo ai figli maschi.

Non sapeva cosa lo avesse spinto ad agire diversamente.

Però, nemmeno lui avrebbe potuto prevedere che gli eventi avrebbero preso una svolta così brusca.

Quello che negli anni successivi lo ringraziò sinceramente però, fu proprio la fanciulla.

Senza di lui e alla strana lungimiranza dell'istinto del padre, non sarebbe sopravvissuta negli anni a venire.

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Capitolo 6
*** Reazioni troppo pronte ***


Astrid si svegliò di colpo con la consapevolezza che c'era qualcuno nella sua stanza.

Rimase immobile.

Non ebbe tempo di fare mente locale, ricordarsi che era addormentata in un letto del forte della legione esplorativa, che una mano le afferrò la spalla.

Forse era solo per scuoterla, ma il corpo di Astrid agì prima del suo pensiero.

La mano prese il polso dello sconosciuto, mentre con l'altro braccio gli diede una gomitata, che lo raggiunse all'altezza delle costole, lo tirò sotto di sé, bloccandolo sul letto ed estrasse il pugnale nascosto sotto al giubbotto, agganciato nell'imbracatura della schiena.

Fu solo allora che si fermò a guardare.

Ehi! Aspetta! Aspetta!” strillava quello che aveva intrappolato sotto il suo corpo, e lo strillo aveva attirato l'attenzione, la porta si aprì di scatto.

Una donna dai capelli rossi e gli occhiali ne emerse.

Hanji Zoe. La ricercatrice. “Che succede?” chiese questa entrando.

Astrid trasse un sospiro, mentre anche Levi compariva sulla soglia dicendo con tono annoiato “Ohi, che diamine succede qui?”

Tornò a rinfoderare la lama, liberando Connie.

Cadetto Connie, non svegliarmi mai più così...”

Si-si! Ricevuto!”

Cos'è sto trambusto?” domandò Levi.

Avevo mandato Connie a chiamare Astrid per la cena” disse Hanji con noncuranza. Per lei la cosa era già risolta ed era prossima ad andarsene. “Bei riflessi, tra l'altro” ghignò lei.

è stata colpa mia, signore. L'ho provata a chiamare, ma non sentendo risposta sono entrato. Trovandola addormentata ho provato a svegliarla. Il Capitano Astrid ha solo reagito d'istinto... credo”

Proprio così...” stavo per chiedere scusa a Connie, quando intervenne Levi.

Dovresti stare attenta a non ammazzare nessuno e...”

Oh! Per favore!”

Non era mia natura essere remissiva, e in fin dei conti, non aveva diritto di giudicarmi. Non per quello. Lui non poteva sapere, ma io odiavo la situazione. La rabbia di ciò mi fece agire come forse non avrei fatto. Non con lui, tanto meno in pubblico.

Mi avvicinai a lui con passo tranquillo, un sorriso che poteva essere tanto seducente quanto inquietante sulle labbra.

Gli arrivai a un palmo dal naso, Hanji e Connie sembravano entrambe troppo interessati a vedere la reazione di Levi per intervenire. Anzi, seguivano la cosa con fiato sospeso.

Puoi anche fare finta di non conoscermi, se ti fa piacere, LT...” gli mormorai, circondando il suo fianco con un braccio lentamente.

Gli altri due presenti trattenevano il fiato. Probabilmente ai loro occhi c'era solo una straniera che tentava di provocare sensualmente il loro capitano.

Levi sembrò sul punto di prendere fiato per dire qualcosa, i suoi occhi grigi, in quel momento erano stranamente vivi. Lampeggiavano di rabbia, accesi da quel grigio tempestoso, ma con pagliuzze più chiare, grigio acciaio. Le spalle erano rigide, forse era incerto su cosa fare. Non era da lui sbilanciarsi, ma di certo avesse voluto intervenire, l'avrebbe già fatto in modo repentino.

Lui era così, come un serpente. Stava fermo fino all'ultimo e reagiva in modo così rapido da non dare via di scampo.

Con un gesto rapido estrassi il pugnale che nascondeva anche lui dietro il giubbotto e lo conficcai nello stipite della porta, a poco dalla sua spalla.

Ma almeno non prendiamoci per il culo!” sibilai rabbiosa, per poi piantare tutti e tre i presenti lì dov'erano, urtandogli la spalla mentre passavo.


Hanji fissò Levi, che osservava la donna allontanarsi. Era straordinario come riuscisse a mantenersi freddo in ogni situazione.

L'espressione del suo viso avrebbe potuto essere quella di una maschera di granito. Ferma, fredda e immobile. Un qualcosa di immortalato nel tempo, che nessuna perturbazione avrebbe mai potuto mutare. Tuttavia, era anche vero che Hanji era da un po' che lo conosceva e riconobbe una scintilla di rabbia negli occhi di solito dallo sguardo annoiato del capitano.

Rabbia e... c'era dell'altro. Ma non lo seppe identificare.

Raggiungete il refettorio ormai staranno servendo la cena” fu la piatta dichiarazione di Levi, riprendendosi il pugnale conficcato nel legno e riponendolo nel fodero celato.

Hanji attese che Connie fosse sparito oltre gli angoli del corridoio per dire “Non sapevo girassi sempre armato”

Una vecchia abitudine” rispose solamente lui per poi accelerare il passo, dichiarando chiaramente che non voleva continuare oltre la discussione.

Hanji normalmente l'avrebbe tartassato di domande sino allo sfinimento, ma sapeva che Levi non era tipo da cedere facilmente alle torture verbali, e comunque, qualcosa la trattenne.

No, lei era una ricercatrice. Avrebbe prima indagato, cercando il punto debole nella corazza e poi colpito. La situazione la incuriosiva, ma quando voleva, sapeva avere sangue freddo e pazienza. I risultati migliori si ottenevano con la pazienza, dunque ne avrebbe messa quanto bastava per scoprire questo nuovo succoso segreto di Levi.

E lei che pensava che fosse un noioso senza speranza! La cosa si stava facendo più interessante!


Astrid si fece una camminata per il castello prima di andare a sua volta nel refettorio, sbollì rapidamente la tensione, esercitando il suo autocontrollo per eliminare il corpo da tutti i segni di irrigidimento dovuti alla rabbia.

Non che dentro di sé si sentisse meno ribollire, a ripensare alla scena. Odiava che lui la ignorasse così, o che facesse finta di nulla.

Tuttavia, doveva avere pazienza. Forse... si, forse bastava dare un po' di tempo al tempo per migliorare le cose.

Forse bastava. O quanto meno se lo augurava.

Prese il suo vassoio con la razione di cibo e individuò con lo sguardo un tavolo con un gruppetto di reclute là.

Scusate, posso sedermi?”

La conversazione che si svolgeva allegra e concitata intorno a Eren s'interruppe.

C-certo” disse questo insicuro se fosse la cosa giusta da dire. Però Astrid si lasciò cadere sulla sedia senza tanti complimenti e poggiando il vassoio sul tavolo spezzò il pane per iniziare il pasto.

In verità volevo scusarmi con te, Connie. Il Capitano Levi non me ne ha dato il tempo”

S-si figuri, signora”

Ehi, non siamo né a una parata né a nessuna occasione formale. Non serve essere così rigidi. Io sono dell'opinione che, se dietro a queste...” disse picchiettando con l'unghia le mostrine sulle spalle del giubbotto “...non c'è una persona che abbia fermi ideali e sia capace di essere un leader, il grado serve a poco. I capi devono essere persone che ispirino lealtà e fiducia. Gente che sa quello che fa. Altrimenti sono solo palloni gonfiati da tirare nella latrina”.

Staccò un morso al pane, masticandolo con calma per dare il tempo ai ragazzi di digerire la cosa.

Ovviamente non dovrei essere io a dirvi questo, e non pensate di montarvi la testa. Per la diserzione c'è ancor sempre la forca”

Insomma ci sta dicendo di usare la nostra testa?”

Inquadrai quello che aveva parlato. Biondo, mingherlino e gli occhi azzurri.

Armin Arlert?” domandai.

Si, Signora!”

Avevo letto che hai buone doti tattiche, ma non credevo avessi una mente tanto acuta. Una buona dote l'essere l'agile di pensiero. Spesso sottovalutata. Interessante. A quanto pare le reclute di quest'anno sono sopra la media.

Si, Armin. Sto dicendo che, nella maggior parte dei casi, bisogna prima di tutto ragionare con il proprio cervello, prima di fidarsi ciecamente di opinioni di altri”

Perché ci dice questo?” domandò un altro ragazzo.

Reiner giusto?”

Si”

Astrid tirò giù due bocconi in tutta calma prima di rispondere “Suppongo di non avere un vero motivo per farlo. Ma era una buona occasione per scambiare quattro chiacchiere con quelli che probabilmente a breve diventeranno i miei compagni di sortita. Forse sarete anche dei miei sottoposti, dato che Erwin non mi ha degradato durante il trasferimento.

Mi piace sapere con chi lavoro. Farmi un idea con chi ho a che fare.

Con questa breve chiacchierata ho già capito che anche se non chiederei ad Armin di abbattere un titano per me, probabilmente potrei chiedergli consiglio su come agire, ne avessi bisogno. Ha intuito e mente pronta.

Mentre te, signorina... Mikasa giusto? Probabilmente non ti darei le spalle, ma sembri una affidabile in campo”

Lei arricciò un sopracciglio. “E questo da cosa lo avresti dedotto? Non ho aperto bocca”

Diciamo che so riconoscere i miei simili” rispose Astrid con un sorriso un po' ambiguo.

Il silenzio rimase teso per qualche istante, poi Astrid fece finta di accorgersene in ritardo, solo dopo aver buttato giù un'altra porzione di cibo.

Ehi, non mordo mica!” buttò lì a mo' di battuta, cosa che fece sciogliere un po' i giovani.

Posso chiederle una cosa, signora?” chiese Eren esitante.

Sentiamo”

Voi e il Capitano Levi vi conoscete?”

Come mai vuoi saperlo?” domandò Astrid, ma si rese subito conto che la domanda di Eren aveva riscosso l'attenzione di tutti i cadetti al tavolo. Non poteva evitarla facilmente.

È stato il Capitano a salvarmi durante il processo, sebbene non ci sia andato giù leggero. Ed ora è lui a sorvegliarmi e...”

Insomma sei curioso. In fin dei conti Levi è una figura quasi leggendaria. Il soldato più forte dell'umanità e bla bla bla... quando lo si incontra ci si aspetta che sia alto almeno dieci metri e lanci palle di fuoco con lo sguardo vero? Invece vi trovate davanti un nanerottolo scorbutico e una mania aggravata per la pulizia che lo rende al limite della sanità mentale”

Dallo sguardo imbarazzato dei cadetti capii di aver fatto centro.

Ridacchiai. “Già, immaginavo”

Quindi lo conosce per davvero?” chiese Eren.

Rimestai il cucchiaio nella minestra, cercando una risposta giusta da dare senza allargarmi troppo.

Diciamo che siamo stati... conoscenti, in passato. Abbiamo fatto l'addestramento da cadetti nello stesso periodo” sorrisi, tra me e me “ci siamo contesi il primo posto nella top ten dell'anno”

E come è finita?” domandò curioso Eren.

Penso che il nostro sia stato l'unico Ex-equo della storia dell'esercito”

Questo ammutolì il mio pubblico.

E poi?” chiese affascinato Connie.

A quanto pare la storia interessava proprio tutti.

Beh, sapete com'è la vita... io sono entrata nella gendarmeria e lui nella ricerca. L'ho rivisto all'udienza di Eren per la prima volta dopo... beh sono passati un sacco d'anni e...” cavolo! Perché dovevamo finire proprio su questo argomento spinoso?

Ehi, Astrid non starai già cercando di circuire i novellini?” disse Hanji Zoe.

Ridacchiò, sollevata di uscire da quella conversazione “Nah, non credo. Cercavo solo di abituarmi all'idea di lavorare in una squadra. Sai, non sono molto portata per queste cose...”

Si, a vedere la sua faccia Neil sembrava più sollevato che infastidito a scaricarti a noi sai?”

Ghignò. “Ci scommetto” rispose.

Astrid trovò sollievo nell'intervento di Hanji. Da lì in poi si limitò a essere cordiale e a studiare i presenti, collegando nomi a volti e tentando d'indovinare le inclinazioni dei giovani.

Tutto sommato, la faccenda sembrava divertente.

Carezzò distrattamente con la punta delle dita il ricamo delle due ali che stava sul suo giubbotto.

Vide passare Levi, provando un gusto dolce-amaro dentro al petto.

'Un passo alla volta Astrid. Oggi è passato, domani si vedrà', si disse, congedandosi per andare a dormire.

Era finalmente giunta alla legione esplorativa. Era già un grande risultato.

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Capitolo 7
*** Una piccola vittoria ***


Astrid si ritrovò a cavalcare nella formazione meno di una settimana dopo il suo arrivo.

Era stata una settimana intensa, dove reclute e ufficiali avevano lavorato sodo. Sia per mostrare 'i trucchetti' alle reclute, che per prepararli alla sortita.

Gli spiegarono come si doveva tenere la formazione, come era formata, come reagire agli imprevisti, come segnalare e tutte quelle cose che dovevano sapere per restare in vita.

Erwin aveva escogitato un ottimo sistema di segnalazione con i fumogeni, ma in caso di pioggia, dovevano orientarsi con dei particolari segnali acustici.

Astrid poi si impegnò con dovizia all'addestramento anti-titano con le reclute.

Era stata troppi anni nella gendarmeria. Non voleva ritrovarsi 'arrugginita' una volta fuori, per cui doveva riprendere la mano alla svelta.

Levi osservava senza dire nulla l'impegno della donna. Si limitava a guardare, con l'aria di un falco incerto su quello che sta vedendo.

Astrid faceva da apri pista agli altri, mentre l'addestratore stillava consigli dal bordo del bosco, dove erano state portate delle sagome con il collo fatto di un materiale apposito per simulare la carne dei titani da tagliare.

Hanji li guardò con il binocolo, seguendone i movimenti.

Da dopo che i suoi due titani erano stati uccisi e il colpevole non era stato trovato, si erano messi d'accordo con Erwin di uscire dalle mura il prima possibile.

Waaa che manovra. Certo che Astrid ci sa fare con il dispositivo per la manovra tridimensionale” commentò ammirata Hanji. La donna eseguiva curve strette e manovre agili ingranandole una dopo l'altra senza sprechi di gas.

Per chi è nato con le ali, volare non è difficile” disse impassibile Levi, rendendosi solo conto troppo tardi di esserselo lasciato sfuggire.

Sento ammirazione nella tua voce?” lo punzecchiò Hanji con un sorriso.

Tsk” sbuffò l'altro.

Che razza di risposta sarebbe?”

Piantala Hanji. Lo sai bene che eravamo cadetti nello stesso gruppo, e siamo stati in Ex-equo sul primo posto. La conosco abbastanza da sapere che probabilmente anche dentro la gendarmeria non si sarà lasciata impigrire. Si sarà allenata negli spazi stretti tra gli edifici, per cui trovo naturale che sia abile.

Ne abbiamo discusso con Erwin solo l'altro giorno l'hai dimenticato?” rispose lui annoiato.

Hanji mise un finto broncio “Certo che sei proprio noioso eh... con te non si ha mai un minimo di soddisfazione...”

Se per te farti gli affari altrui è una soddisfazione...” rispose scuotendo leggermente le spalle lui.

La tua risposta però include che in effetti qualcosa di cui impicciarmi c'è...” ghignò lei.

Pensala come ti pare” fu la pacata conclusione, forse un po' scocciata di Levi.

Detestava Hanji quando faceva così!

Astrid però dimostrò che il suo grado aveva motivo d'essere. Sebbene fossero anni che non si allenava contro i titani, e quindi avesse perso un po' la mano nell'usare le lame, compensava ciò con manovre agili e disinvolte anche negli anfratti più stetti o difficoltosi, e la capacità di adattarsi velocemente alle situazioni nuove.

Inoltre, sebbene il suo ingresso nella legione fu movimentato, il rispetto che presto si trovò a provare nei confronti della mente laboriosa di Hanji o alle ciniche strategie di Erwin, fecero sì che si comportasse in modo educato e rispettoso, facilitando anche il compito degli altri ad accettarla.

I cadetti la trovavano una tipa eccentrica ma forte. Eren la prese in simpatia, aiutato anche dal fatto che il più delle volte Astrid non badava molto alla formalità. Esigeva rispetto, ma non gli importava poi così tanto di essere chiamata 'Capitano' o 'Signora' in continuazione.

Armin diffidava ancora di lei, come anche Mikasa, ma il biondo comprendeva anche il valore che aveva come soldato, e dunque, anche se aveva dei dubbi comprese presto perché Erwin aveva rischiato di prenderla con sé, anche con il rischio di ritrovarsi una spia della gendarmeria tra le mani.

Altri, come Christa, che era più timida di carattere e tendente a essere introversa e a ritenersi debole, la vedevano quasi come un modello da seguire. Una donna ufficiale che almeno all'apparenza non aveva paura di niente.

Quando quindi partirono per la missione, e le porte si spalancarono di fronte a loro, mentre le enormi grate si sollevavano, Astrid sentiva il suo cuore battere all'impazzata.

Il mondo. Il vero mondo oltre le mura.

I suoi occhi si spalancavano mentre le zampe del cavallo baio che aveva macinavano metri su metri, portandola sempre più lontano. Erano ancora dentro i territori perduti del Wall Maria, ma pensare che lì non avrebbe trovato più tracce di umanità... li facevano sembrare diversi.

Astrid aveva vissuto gli ultimi anni tra gli intrighi della gendarmeria, e trovava quasi nauseante, il casino degli umani. Pensare di un luogo totalmente privo di essi... le fece provare un brivido di gioia. Di libertà. Una sensazione di non avere né legami né obblighi.

Solo il suo desiderio, da seguire nella più totale libertà. Era lei a voler essere lì. Era stata lei a sceglierlo, a volerlo. E anche se obbediva a ordini dei superiori... si sentiva leggera come il vento. Quello era il suo posto.

Era forse quella la sensazione del possedere le 'ali della libertà'?

Il lottare per un domani migliore, per sé, per gli altri. Per un domani senza mura e senza confini. Se era così, allora voleva provare quel brivido. Ancora e ancora.

Si trovava nel cuore della formazione. Con Eren e Levi.

Non è da te rimanere zitta così a lungo...” considerò Levi. Si pentì quasi subito di aver parlato, quando i due occhi blu si posarono su di lui.

Era impossibile ignorarla dannazione!

Lei gli sorrise, risvegliando ricordi in lui che avrebbe preferito lasciare sopiti.


Una ragazzina magra, smunta, con ormai solo più la pelle tirata sulle ossa come se tutto il resto del suo corpo fosse andato consumato altrove.

Merita davvero la pena?” gli chiese lei, lo sguardo cupo, quasi rassegnato.

Lui comprese però la domanda. Merita davvero la pena vivere?


Scosse leggermente la testa per togliersi il ricordo dal cervello prima che diventasse troppo invadente.

Mi stavo godendo le mie ali della libertà...” rispose lei, tornando a puntare lo sguardo verso l'orizzonte. Sgombro da case, fabbriche, fattorie, o qualsiasi altra costruzione umana.

Prese un profondo respiro, quasi di soddisfazione o di sollievo. Sia Eren che Levi la guardarono.

Dovessi morire oggi, sono felice di aver visto il mondo fuori dalle mura. Certo, siamo ancora dentro al wall Maria, ma ora è diverso. L'aria è diversa è...”

...libera” completò pacatamente Levi, ritornando a guardare davanti a sé.


Sta succedendo qualcosa sul fianco destro” commentò un soldato in coda con noi.

è troppo tempo che non mandano segnalazioni, e onestamente non mi sento così ottimista da pensare che stia andando tutto a meraviglia” ammise Astrid.

Proseguiamo. Siamo ormai in vista della foresta degli alberi giganti” ordinò Levi.

Fumo nero a ore cinque signore!” c'avvisò una vedetta nel retro.

Fu poco dopo che giunse al galoppo, in tutta fretta un uomo con il viso disperato.

Un titano anomalo signore! Ha falciato via tutto il nostro fianco destro! È un titano femmina. Capelli biondi di media lunghezza, una quindicina di metri d'altezza”

Astrid imprecò tra i denti, Levi strinse un poco gli occhi, mentre il viso di Eren si faceva all'improvviso scuro e rabbioso.

Gli altri si fecero invece solo più seri. Erano stati scelti per la protezione e il controllo di Eren. Erano tutti soldati d'élite. Scelti per la loro abilità. Non era la prima volta che vedevano amici e commilitoni sbranati dai giganti, sapevano come funzionava la cosa.

Astrid però sentì il cuore prendere a palpitare più irregolare, preso a metà tra paura ed eccitazione. La sensazione non era poi tanto diversa dal solito. La possibilità di rimanere uccisi, di vedere ferito chi si ha accanto è sempre un'eventualità da considerare. Sebbene il più delle missioni della gendarmeria avesse un tasso di morte drasticamente inferiore a quello della legione ricognitiva.

Prese quell'emozione e la trasformò in brama da battaglia. Fare a pezzi il nemico. Questo era il suo obbiettivo. Tanto più che ora i nemici non erano solo quelli di un governo ladro e che si faceva solo i fatti propri.

No, i giganti erano il male dell'intera umanità. Spazzarli via era un bene.

Ho il permesso di lasciare la formazione?” domandò piatta.

Levi soppesò la domanda prima di rispondere “no”.

Sapeva il valore individuale di lei, e sapeva che lavorava bene da sola ma, se le cose andavano come credeva Erwin, doveva tenere la formazione compatta.

Lei non si perse d'animo, né la ebbe a male, si limitò a lasciare un po' le briglie del suo cavallo, così che corresse assieme agli altri in formazione e a ruotarsi sul busto per tenere lo guardo puntato sulla presunta posizione del titano femmina che li stava raggiungendo.

Quello che accadde di lì nei seguenti cinque minuti sembrò più lungo di una giornata intera.

La gigante fece la sua comparsa all'orizzonte, in rapido avvicinamento. L'ordine di Levi però rimase immutato. Correre più veloce, senza voltarsi indietro.

La titano si faceva sempre più vicina, mentre loro s'inoltravano nella foresta, squadre spuntavano da sulle cime degli alberi solo per essere sistematicamente ammazzati da quella maledetta. Precisa, pulita, avveduta.

Cazzo, Levi quella titano sta sterminando tutti gli uomini! È... è intelligente dannazione!” dissi senza più riuscire a trattenermi.

Lui mi guardò con espressione piatta ma compresi e mi zittii.

Loro sapevano! Loro lo aspettavano!

Capisco...” disse solo Astrid, tornando a fissare davanti a sé.

Proseguite! In fretta!” ordinò infatti lui.

Le grida strazianti di uomini lasciati in fin di vita senza neppure la carità di ricevere un colpo di grazia però era una cosa che penetrava dalle orecchie, al cervello sino nei meandri più profondi per petto. Dove ristagnava, scuotendo l'anima e facendoti sentire un meschino maledetto a proseguire la strada senza far nulla.

Astrid digrignava i denti in silenzio, i suoi occhi blu stranamente fissi e brillanti, come se li avesse induriti per renderli zaffiri di una tonalità stranamente scura.

Alcuni degli uomini che circondavano Eren piangevano in silenzio, senza smettere di galoppare e senza osare perdere la concentrazione. Se ne andava della vita di tutti. Però non riuscivano neppure a trattenere le lacrime.

Eren invece si guardava la mano. Come incerto di volergli staccare un morso e trasformarsi in titano per affrontare quella stronza che decimava i suoi compagni.

Perché ormai, pure lui doveva aver capito che era troppo strana per un titano classificato come 'anomalo'.

No, quella era troppo intelligente. Quella era un umana trasformata a titano.

Levi con la sua voce pacata consigliò a Eren di prendere una decisione.

Non sta a me dirti cosa è sbagliato cosa è giusto, perché non lo so neanche io. Ma prendi una decisione e perseguila. L'esitazione farà finire ammazzati tutti” disse semplicemente con voce piatta Levi.

Ma fu Petra quella che infine lo fece decidere di fidarsi dei suoi compagni e proseguire.

Spalancai gli occhi assieme a Eren e alla squadra nel vedere le salve di cannone che vennero lanciate verso la gigante, che le trafissero la pelle, ancorandosi.

Erano tante punte uncinate legate a corde fissate ai grandi alberi.

Neppure la forza di un titano poteva sradicare tante corde insieme.

Erwin osservò la scena soddisfatto, anche se era ancora presto per cantare vittoria. La femmina di titano, era per il momento immobilizzata, e questa era una piccola vittoria!

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Capitolo 8
*** La titano femmina ***


Quindi era questo il piano...” ansimò Astrid, ancora affannata dalla corsa assieme agli altri.

Raggiungiamo il carro dei rifornimenti” ordinò Petra, mentre Levi raggiungeva Erwin su un ramo.

...la volevano catturare viva...” commentò qualcuno. Forse Gunther.

Astrid rilasciò la tensione con una risatina. “Ora ricordo perché mi piace quel fenomeno di Erwin. Come si dice... chi non risica non rosica... e lui si che lo sa fare!”

Risica..? rosica?” Eren mi fissava come se la donna capitano avesse appena tirato fuori un qualche cosa di strano e pericoloso.

è un modo di dire. È come dire... chi non osa non ottiene. Per avere qualcosa, devi rischiare qualcos'altro” gli spiegò con un mezzo sorriso.

Come diamine fai a ridere in questa situazione! Sono morte un sacco di persone!” disse Gunther.

Siamo soldati. Sono cose che succedono. Quando ho firmato per il trasferimento a questa legione, sapevo bene che potevo restarci secca anche appena messo il naso fuori dalle mura. Quello che ora bisogna sperare, è che riescano a prendere quella figlia di buona donna che sta nella collottola di quella maledetta. Questo darà un senso alla fine di quegli uomini. Ci sono cose peggiori della morte. Ma il morire invano... fa arrabbiare” disse Astrid, rimanendo calma.

Aveva un senso.

I soldati strinsero i denti, capendo che in fin dei conti aveva ragione lei, o quanto meno, il suo ragionamento aveva una propria logica.

Qualcuno di voi lo sapeva?” chiese Eren per cambiare argomento, mentre controllavano i livelli di gas nelle loro bombole.

Non guardare me” rispose Astrid, controllando le fibbie e abbeverando il cavallo.

Nemmeno noi” rispose poi Petra per il gruppo.

Co-come mai?” domandò Eren.

Ci fu un attimo di silenzio, seguito dal consultarsi tra loro dei soldati della squadra Levi.

Erwin è una volpe. Avrà sospettato sin dall'inizio, quando sono stati uccisi i due titani del Trost che ci fosse una spia. A me non l'avrà detto per prudenza. Sono un capitano, ma se si tratta di sospetti infiltrati, sarò probabilmente in cima alla lista o poco sotto.

Per quanto riguarda gli altri... avrà fatto sapere il piano a quelli che sono i più anziani nei ranghi e a chi era strettamente indispensabile per l'operazione. Scaltro e saggio”

Dunque a te non infastidisce?” domandò Petra.

È naturale che si sospetti di me. Fossi al suo posto farei altrettanto” rispose semplicemente lei.

Già... e noi dobbiamo fidarci dei nostri superiori” asserì Erd infine.


Ritrovato lo spirito di gruppo, si mossero per mettersi in attesa.

Le cose capitano sempre troppo in fretta. I momenti di staticità, quasi noiosi, si alternano bruscamente ad brevi momenti intensi, come violente scariche d'adrenalina che paiono durare a volte ore, ma sono appena manciate di secondi.

Il titano femmina prese ad urlare come una forsennata, e i titani risposero alle sue grida piombandole addosso in massa distruggendo il suo corpo.

Erwin ordinò la ritirata al corpo di ricognizione, ma mandò Levi al carro per fare rifornimento di gas e lame.

Il gruppo dell'unità del capitano, però, vedendo il fumogeno, credettero che fosse stato Levi a mandare il segnale come di consueto e si misero in marcia in quella direzione.

Non sospettarono di nulla sino a quando trovarono Erd con la testa separata dal collo, e in brave tutto andò allo sfacelo.

Gunther la prima cosa che fece fu puntare su di me, sospettando delle mie intenzioni, ma la comparsa, o per meglio dire ri-comparsa del titano femmina lo fece desistere.

Auruo, con Petra e Astrid tentarono di bloccare la Titano.

La accecarono e iniziarono a tempestarla di colpi sulle spalle e nella zona ascellare per farle cadere le braccia e raggiungere la nuca, ma la femmina di titano fece una mossa inattesa: riuscì a rigenerarsi l'occhio destro. A quanto sembrava, era in grado di concentrarsi su un unico punto da rigenerare per accelerarne il processo.

Petraaa!” Astrid si tuffò per tentare di fermare la titano, tranciandole un polpaccio, e salvare la dolce ragazza. Non fece in tempo.

Fu spiaccicata come una mosca contro il tronco d'albero, rimanendo contro di esso con la schiena piegata in un angolo innaturale. Aveva certamente la spina dorsale spezzata.

Eren! Scappa! Subito! È te che vuole! Corri!” gli ordinò Astrid.

Lui però non sentiva, e Astrid dovette fuggire verso l'alto per evitare la fine di Petra.

La titano alzò il sinistro per tenare di prendere Astrid. Questa sganciò la fune e piantò l'altro grappino nella sua stessa mano, usandola come un'altalena per deviare il percorso ed evitare la destra.

Non tentò neppure di colpirla alla collottola. Aveva visto come aveva agito con gli altri. Si sarebbe protetta e avrei finito per farmi ammazzare in due secondi.

Auruo però era fuori di sé per la rabbia, tentò di approcciarla, finendo preso, sbattuto in terra e poi schiacciato.

La trasformazione di Eren fu repentina, e mentre sotto forma di titano si slanciava contro la femmina, Astrid balzò verso l'alto degli alberi.

Eren stava gridando la sua rabbia forsennata, e forse fu proprio questa ad attirare l'attenzione di Mikasa.

Astrid però le ordinò di rimanere in disparte. Provare a intromettersi in quel violento scontro di esseri di quindici metri d'altezza, era una morte assicurata: si poteva con il finire per essere in mezzo mentre i due corpi collidevano, o peggio ancora, essere pure d'intralcio a Eren.

Avrebbero fatto la fine di un moscerino preso tra il comodino e il giornale, se presi nella morsa dei due titani.

Astrid in quanto a titani non era molto più esperta di quello che lo erano le reclute: aveva operato per lo più nelle terre centrali, occupandosi di casi di 'polizia'.

Ma i titani erano sempre stati presi per esseri privi di volontà e intelligenza. Mere forme di vita che sembravano esistere al solo scopo di uccidere la razza umana.

Vedere due 'soldati-titano' che si scontravano come fosse un incontro di lotta libera... dava un certo brivido di terrore.

La titano però ebbe la meglio, strappando Eren dalla collottola con un morso. Sembrava avere la capacità d'indurire alcune zone del corpo per evitare danni. Fu grazie a questo stratagemma che riuscì ad avere la meglio sul furioso Eren.

Andiamo!” spronai Mikasa a seguirlo assieme a me.

Nessuna azione avventata, cadetto. Quella troia sa il fatto suo. Attaccassimo direttamente ci ridurrebbe a marmellata prima ancora di avere il tempo di rendercene conto. È veloce, per le sue dimensioni” le raccomandai.

Provammo alcune azioni diversive, recidendogli i muscoli della coscia e del polpaccio, ma ottenemmo solo di rallentarla.

Dov'è la mia squadra?” chiese Levi comparendo da appeso ad un albero, mentre le due donne inseguivamo la titano.

Li ha fatti fuori lei!” gli gridai in risposta, mentre mi muovevo.

Eren?”

Indicai la gigante “Lo tiene in bocca!” gli rispose per me Mikasa.

Si riunirono per organizzarsi in una mossa.

Astrid, io e te creiamo un diversivo. Mikasa, tu al primo momento buono recupera Eren. Non provare ad ammazzarla. Prendi il moccioso e filiamocela!” gli ordinò Levi.

Annuirono tutte e due.

Astrid e Levi attaccarono da due punti differenti per crearle un imbarazzo della scelta, ma sapeva rispondere colpo su colpo, costringendoli a zompettare su e giù intorno a lei come mosche impazzite.

'Al diavolo!' ringhiò tra i denti Astrid.

La donna si buttò in una coraggiosa mossa, puntando verso il suo collo.

Schivò la prima mano, volando a lato, la seconda però era in coda alla prima a distanza più breve di quella che si fosse aspettata.

Fu presa di striscio dal pollice, mentre tentava di alzarsi a tutta birra puntando in alto, che andò ad urtare sul costato.

Con un grido soffocato, riuscì a scansarsi, ma andò a sbattere contro un tronco.

La titano la seguì, forse nella speranza di finirla ed avere un avversario in meno di cui occuparsi. Specie perché quelli che aveva introno erano soldati sopra la media standard. Era difficile vedersela con tutti e tre insieme.

Ma Astrid non aveva alcuna intenzione di morire lì. “Ho no” si disse “Con sto cavolo!” Aveva ancora troppe cose da fare per morire per mano di quella zoccola gigante!

Mollò le corde dell'attrezzatura per il movimento tridimensionale, riavvolgendole e lasciandosi cadere più in basso, e di nuovo la titano la seguì, Astrid però afferrò un ramo, e si tirò di lato con uno sforzo, evitando il suo colpo.

L'adrenalina era tale in quell'istante che Astrid quasi non sentì i dolorosi urti tra la dura corteccia e il costato leso.

Levi, approfittando del diversivo che stava offendo, gli si parò di colpo davanti con una manovra ardita, piantandogli tutte e due le lame nelle pupille, sfagliandole gli occhi per togliergli la vista.

Questa sorpresa, barcollò indietro, finendo seduta contro un tronco e portandosi nuovamente le mani a ripararsi la collottola.

Mikasa esitò solo un istante. La titano era così vulnerabile... poteva ammazzarla. Poteva farcela!

Quell'istante le costò quasi la vita, e quasi ce la rimise Levi al posto suo.

Aveva a quanto pareva nuovamente focalizzato la rigenerazione solo su un occhio per poterne accelerare il processo, coperta dal fumo che producevano le ferite dei titani, approfittando della loro guardia abbassata per attaccare.

Non osare!!” fu il ruggito di rabbia di Astrid.

Le sue due lame si conficcarono di traverso, messe in diagonale nel braccio della titano. Recidendo i nervi, la mano penzolò inerte sul fondo del braccio, salvando la vita a Levi che stava per esserne stritolato, e invece fu solo colpito leggermente su un braccio, dato che si era scansato.

Mikasa si riscosse, tranciando la guancia della titano e tirando fuori Eren, che prese a spalle per poi allontanarsi velocemente.

Lo scrollone che fece prendere ad Astrid il movimento del braccio della gigante, dato che era ancora appesa alle spade, la fece gridare di dolore. Le costole probabilmente fratturate, o quanto meno incrinate che urlavano la loro agonia a ogni suo respiro.

Lasciò la presa, abbandonando le due lame dentro il braccio della femmina di titano, e cadendo a piombo verso terra, semisvenuta.

Levi riuscì a prenderla al volo, facendola strillare di nuovo per il dolore, e seguendo Mikasa verso i cavalli e i carri, buttandola poi sul carro assieme al corpo di Petra, che qualcuno aveva trovato e caricato. Astrid era ormai svenuta.


Dobbiamo andare più veloce!”

I cavalli sono al limite Signore!”

Alleggerite i carri” il perentorio ordine fece risvegliare Astrid dal sonno torbido che stava vivendo.

Sbatté le palpebre per mettere a fuoco, mettendo al contempo in moto il cervello per capire dove si trovava e perché.

Il cielo sopra di lei era straordinariamente azzurro.

Ma certo! Era fuori dalle mura, rammentò. Un rapido flash gli fece rivivere gli ultimi violenti e rapidi istanti prima di perdere conoscenza.

Girò il capo da una parte, trovando solo la sponda di legno del carretto dove si trovava.

Si sentiva la bocca asciutta e la lingua spessa. Sentiva il suo cuore battere nelle orecchie, misto ai rumori degli zoccoli dei cavalli e il sobbalzare delle ruote del carro che penetrava nelle ossa attraverso la coperta stesa a mo' di giaciglio sotto la sua schiena sulle rigide assi di legno.

Girandosi dall'altra vide Levi intento a scucire la toppa con il simbolo delle ali della libertà dal giubbotto di Petra, che dal pallore e l'immobilità, era indubbiamente morta.

Quando...” gracchiò la donna, per poi schiarirsi la gola e riprendere “Mi dispiace. Fossi stata più veloce, forse sarei riuscita a fermarla”

Levi finalmente mi guardò negli occhi. Uno sguardo in tralice. Incerto.

Credo tu abbia fatto il possibile. Quella titano ci ha fregato tutti, su tutta la linea” fu la piatta risposta prima di buttare il corpo di Petra fuori dal carro.

La sua mano ancora stingeva la toppa, che s'infilò in una tasca.

Il suo viso non mostrava niente, ma Astrid vide nel suo sguardo una cupa rabbia, mista a tristezza e dolore. Odiava perdere le persone che gli stavano vicino. Era per questo che tante volte si comportava così bruscamente.

Teneva lontane le persone, poiché per quelle che gli erano vicine se ne sentiva responsabile.

Astrid tentò di alzarsi a sedere. “Posso cavalcare. Ci saranno altri feriti e... ahi!”

Una mano li aveva presa per la fronte e ributtata coricata senza troppa finezza.

Smettila di fare la cretina. Ci siamo lasciati dietro un mucchio di cadaveri, non diventare uno in più. E comunque ormai, quelli che dovevano morire sono già morti... e gli altri sono già piazzati su altri carri” disse piattamente Levi.

La donna non riuscì a non storcere la bocca in un mezzo sorriso. “LT... non sei cambiato per niente”

Si sentiva la mente torbida. Forse le avevano iniettato un qualche antidolorifico, pensò, che però la faceva sentire come se stesse nuotando dentro un barattolo di miele con i pensieri. Erano densi e lenti.

Oggi mi hai salvato. Ti ringrazio” fu tutto quello che riuscì a sbilanciarsi lui. Lo disse in modo brusco, come se volesse togliersi l'onere di sentirsi in debito.

Ci ho messo dieci anni per tornare da te. Non potevo lasciarti morire oggi no?” fu la risposta un po' incerta di Astrid, con la lingua che le si attorcigliava in bocca.

Levi la guardò stupito per rendersi conto che aveva di nuovo perso i sensi.

Che diamine voleva dire?!?

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Capitolo 9
*** Una vecchia promessa ***


Levi si risistemò sul cavallo, piazzandosi a fianco del carro che trasportava ora Astrid assieme ad Eren.

Erano in posizione di poco arretrata rispetto l'apripista dove si trovava Erwin.

Con la scusa di guardarsi intorno il suo sguardo scivolava sul corpo inerte della donna.

Mikasa teneva gli occhi quasi sempre incollati su Eren dalla sua postazione a cavallo, alla destra del carro.

Levi non era mai stato tipo a riflettere eccessivamente sulle questioni. Ponderava le situazioni, si chiedeva quale fosse la decisione migliore. Ma una volta presa, la perseguiva senza ulteriori esitazioni.

Cosa voleva dire “Ci ho messo dieci anni a tornare da te”?

Eppure... era stata lei a non volerlo più rivedere, dopo gli eventi alla fine degli esami no?

L'aveva cercata, giusto per sapere cosa diamine fosse successo, ma non l'aveva più trovata. Si era arrabbiato, aveva smesso di cercarla.

L'aveva attesa, sperando che fosse lei a venire da lui. C'era voluto davvero molto tempo per estirparla totalmente dai suoi pensieri. Che poi, non c'era mano mai riuscito del tutto. Ogni tanto ritornava a chiedersi perché, o cosa o come fosse successo.

Ricordava ancora la prima volta che l'aveva vista.


Una bambina che avrà avuto circa sette anni, si annoiava da sola in casa.

Quella non era nemmeno casa sua, ma una casa in affitto dentro Sina per un breve periodo che i genitori dovevano trascorrere lì.

Aveva provato ad uscire nel giardino, dove una piccola piscina di acqua fresca attendeva solo qualcuno da poter rinfrancare dalla calura estiva.

La bambina però era sola in casa, e sapeva che i genitori non sarebbero tornati sino a sera inoltrata. Le avevano lasciato le pietanze già pronte solo da prendere sul tavolo. C'era sufficiente cibo per una famiglia intera. Di certo molto di più di quanto non avrebbe potuto mangiare da sola.

Vide all'improvviso tre bambini. Due maschi e una ragazzina. Erano sul ciglio della strada. Quello che sembrava il più grande aveva i capelli scuri, corti e arruffati. Il secondo aveva i capelli color sabbia, e assieme alla bambina con i capelli rossicci sembravano i più patiti.

Erano arruffati, con gli abiti lisi e a tratti strappati, e l'aria di chi avrebbe potuto staccare volentieri un morso pure all'erba del vialetto.

Astrid non aveva mai visto ragazzi conciati così, ma sapeva che esistevano ragazzi di strada, glie ne aveva parlato il padre. E subito li inquadrò come tali.

Un qualche cosa le si mosse nel petto. La mamma e il papà le avevano raccomandato di non fare entrare nessuno però lei lì era sola e si annoiava a morte!

Ciao!” esclamò aggrappandosi al cancelletto.

I due dietro il moro quasi sussultarono per la sorpresa.

Il ragazzino più grande la squadrò con un gelido sguardo per poi ignorarla.

Ehi, parlo con voi!” Astrid aprì il cancelletto e gli si parò davanti. Odiava essere ignorata.

Cosa vuoi mocciosa?” domandò infine il moro.

Astrid gonfiò le guance “Guarda che non mi sembri né più alto né più vecchio di me!” protestò.

Si ritrovò tre sguardi astiosi puntati addosso, quindi tentò di essere più diplomatica.

Mi sembrate affamati. Volete venire dentro a mangiare qualcosa?” tentò quindi.

Gli occhi grigi del moro lampeggiarono di rabbia “Non vogliamo la carità di nessuno” sibilò rabbioso.

Meno che mai da una sporca nobile!” ringhiò appresso il ragazzo con i capelli color sabbia, sebbene però la prospettiva di mangiare qualcosa lo avesse reso meno acido di quanto avrebbe voluto.

Quella che invece si limitò a mugugnare, fu invece la bambina dai capelli rossi, che aveva una fame davvero tremenda, ma non voleva contraddire i suoi due fratelli.

Credo che questo sia quello che papà dice 'partire con il piede sbagliato'. Uhm... ritentiamo” disse semplicemente Astrid. Non era tipa da lasciarsi scoraggiare così facilmente. Qualcosa gli diceva che voleva aiutare quei bambini a tutti i costi. Anche a costringerli a farsi aiutare, se necessario.

Questo lasciò sbigottiti tutti e tre i ragazzini.

Allora prima di tutto in una conversazione educata ci si presenta. Io sono Astrid Lichtklinge. Voglio offrirvi... com'è già quella parola... ah si! Un contratto!”

Contratto? Cosa sarebbe?” chiese il ragazzo con i capelli color sabbia.

Papà li usa spesso per i commerci. Ah, e giusto per la cronaca non sono nobile. Almeno, papà era un soldato, ma ora fa solo il fabbro.

Comunque un contratto è un... accordo ecco. Dove entrambe le parti si impegnano a fare qualcosa in cambio di qualcos'altro”

E tu cosa ci staresti offrendo?” chiese il moro sarcastico.

Vedete oggi sono sola, e mi sto annoiando a morte. Che ne dite se per oggi giocate con me? Mi allevierete la noia, e io in cambio vi offrirò la cena. Nessuna carità. Solo uno scambio equo”

Il moro la guardava come a cercare una fregatura nelle parole di lei, ma il bambino e la bambina avevano preso a fissarlo con aria da cuccioli bastonati.

Avevano fame! Tanta fame. E giocare in cambio di un pasto... era ovvio che era lei che ci perdeva! Dovevano proprio rifiutare?

Per favore fratellone...” mugugnò la bambina che si era già mangiata tutte le unghie nei giorni precedenti pur di avere qualcosa da masticare.

Va bene. Solo per oggi”

Ma certo! Dai venite dentro. Chiudete il cancelletto per favore” disse lei facendo strada dentro la casa.

Una volta dentro, i tre si guardavano intorno spaesati, restando vicini come per fare gruppo contro un nemico ignoto.

Astrid invece li squadrò con occhio tagliente.

Per prima cosa ci vuole un bagno” commentò.

Un bagno?” domandò la bambina.

Beh, certo. È poco igenico rimanere sporchi. E il dottore dice che attira le malattie. Quando è possibile è sempre meglio tenersi puliti. Seguitemi!”

Loro la seguirono sospettosi su per la rampa di scale. Sembravano attendersi una trappola a ogni passo, o di trovare un soldato pronto ad afferrarli per la collottola e rispedirli nella strada.

Lei aprì la porta del bagno, dove c'era una grande vasca, nella quale aprì i rubinetti per riempirla d'acqua.

Frugò nel mobile sino a trovare dei vestiti che potessero andare bene a loro.

Sentite, non mi piace continuare a chiamarvi 'ehi' o 'voi'. Posso sapere il vostro nome?” chiese appoggiando la pila d'indumenti su uno sgabello.

Io sono Isabel!” rispose per prima la rossa.

Il ragazzo con i capelli sabbia lanciò un occhiata per trovare prima l'approvazione del moro.

Mi chiamo Farlan”

E tu?”

Levi” rispose stringato il moro.

Molto piacere” rispose Astrid sorridendo al gruppo.

Il sorriso fece sciogliere almeno un po' il terzetto.

Forza ora spogliatevi!”

Cosa!?” strillò Isabel stravolta.

Vorrete mica fare il bagno vestiti no?”

I tre però la fissavano di traverso.

Capì di dover dare un esempio da seguire, per cui con uno sbuffo, si liberò della magliettina e dei pantaloncini estivi e si buttò nell'acqua appena poco più che tiepida della vasca.

Visto? Non morde. Forza!” in fin dei conti erano tutti ancora troppo piccoli per fare distinzioni di sesso, e la vasca era enorme rispetto la loro taglia, per cui entrarono tutti comodamente nella vasca.

Lì la loro indole da bambini prese il sopravvento. In fin dei conti non esisteva bambino che non si divertisse in acqua, e dopo aver fatto provare i saponi profumati a Isabel, questa li volle provare sui suoi fratelli a loro scapito.

Però quando uscirono erano, se non altro, tutti puliti. Astrid regalò loro dei vestiti, che ai bambini stavano un po' grandi, mentre regalò uno dei suoi a Isabel che si mise a piroettare giuliva per tutto il bagno, causando forti risate ad Astrid.

Se non altro il bagno aveva addolcito e rilassato i giovani, per cui accettarono il dono senza protestare.

Con la scusa di fare merenda, li fece mangiare a sazietà, e poi trascorsero tutto il pomeriggio a giocare. A guardia e ladri, a nascondino, stella e a tutti i giochi che gli vennero in mente.

Erano bambini. Ancora con l'anima innocente, sebbene per i tre ragazzini di strada era già stata intaccata dalla durezza della vita, e presto il dover sopravvivere avrebbe portato via l'innata allegria propria dell'infanzia.

Però per quel giorno accantonarono divergenze di sesso, rango o età. Giocarono e si divertirono. Punto.


Quando fu il tramonto, per Astrid fu dura scortarli sino al cancelletto. Gli aveva fatto un involto di cibo che aveva consegnato nelle braccia di Levi.

Mi sembri il più assennato”

Non...”

Si, lo so che non vuoi carità. Consideralo... consideralo il dono di un'amica. Ne avete più bisogno voi di me. E questo è obbiettivo no?”

Lui annuì rigidamente. Astrid sorrise. “Oggi mi sono divertita, vi ringrazio. Non vi dimenticherò. Voi... se volete farmi un favore... non dimenticatevi di me. Spero che se ci rincontreremo, mi considererete vostra amica. Posso contarci?”

Chiese porgendogli la mano al moro.

Esitò ancora un'istante prima di prendere la mano “D'accordo”

Ora è meglio che andiate. Sarebbe meglio non farvi trovare dai miei genitori. Ciao!”

I tre esitarono ancora un istante.

Farlan la salutò con calore. Isabel l'abbracciò, quasi con le lacrime agli occhi.

Levi... si limitò alla stretta di mano, ma lui mantenne la promessa. Non la dimenticò.



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Capitolo 10
*** Il dolore di un padre ***


Astrid iniziò a risvegliarsi sentendo le campane risuonare in lontananza. La città aveva avvistato l'avvicinarsi della legione.

Le grate iniziarono a sollevarsi mentre lei si guardava intorno. Levi era alla sua destra, a cavallo, mentre alla sua sinistra era coricato Eren, e alla destra del carro, anche lei a cavallo, c'era Mikasa.

Ritorniamo nella gabbia per canarini?” sussurrò a nessuno in particolare.

Eren si girò a occhi sgranati a guardarla.

Astrid chiuse gli occhi nauseata, limitandosi ad ascoltare, per evitare il senso di claustrofobia che aveva provato vedendo il muro comparire sulla sua testa, mentre attraversavano il passaggio. Si concentrò invece sul dolore pulsante ma al momento non troppo forte sulle sue costole ad ogni respiro.

Capitano Rivaille-dono!” la voce di un uomo superò la folla, avvicinandosi al carro. Probabilmente si era accostato al cavallo di Levi.

La ringrazio per essersi preso cura di mia figlia. Sono il padre di Petra! Pensavo di fermarmi un momento a parlarle prima di andarla a trovare!”

Sentii un fruscio cartaceo, appena udibile nella ressa mormorante che circondava quasi di sicuro il rientro della truppa.

Mia figlia mi ha mandato questa lettera... Ha scritto che ha avuto il grande onore di esserle utile, Capitano. E che avrebbe dato il massimo per soddisfare le sue aspettative... e, beh, sai... per lei era un vero e proprio vanto, anche se non capiva quanto potesse preoccupare un genitore una notizia del genere...”

L'uomo ridacchiò. Io guardai Levi. Il suo viso gelido. Il suo sguardo scuro, cupo, i suoi occhi grigi oscurati come nuvole che si preparano alla tempesta.

E, Beh... comunque come suo padre io, ehm... pensavo che fosse probabilmente troppo presto per pensare al matrimonio, sa... è ancora troppo giovane, e ha ancora tutta la vita davanti, quindi...” l'uomo esitava, incespicava.

Lo sguardo di Levi rimaneva scuro e fisso verso il nulla. Il suo viso gelido e senza espressione.

Sentii Eren singhiozzare di fianco a me, si era portato un braccio sulla bocca per tentare di soffocarlo, e nascondere un po' il viso, rigato dalle lacrime.

Una profonda sensazione d'impotenza e colpevolezza stava martellando l'anima della donna come il maglio di un fabbro. Si sentiva responsabile della morte di Petra.

Con uno sforzo di pura volontà, Astrid si alzò a sedere, aggrappandosi alla sponda del carro.

Signore io...”

L'uomo portò lo sguardo su di me, incerto, poi forse mosso dalla 'pietà' verso Astrid che era evidentemente ferita, si avvicinò a questa, per sentirla.

Mi dispiace signore. Ho... ci ho provato a salvarla. Non sono stata abbastanza veloce. Mi dispiace”

Cosa... cosa stai dicendo io... dov'è? LEI DOV'È!?!”

L'uomo la prese per il bavero della camicia, la scosse, facendola sussultare di dolore, a malapena contenuto dagli antidolorifici.

Mi dispiace...” sussurrò lei di nuovo, piano, sentendosi così meschina, per essere viva, mentre Petra non lo era più. Così piccola a poter dire solo 'mi dispiace' di fronte al dolore di un genitore senza più la propria bambina.

La sua razionalità le diceva che era naturale così. La vita si costruisce giorno dopo giorno sulla morte altrui. Che sia la vita del pollo che mangi o del soldato che muore al tuo fianco. Ma questo, alla coscienza sembrava non bastare.

Levi poggiò delicatamente la mano sul braccio del signore. Doveva essere affranto anche lui per non ricorrere a modi più bruschi, che di solito gli erano più spontanei.

Signore. Ha le costole incrinate per aver salvato la pelle di molte altre persone. Le sta facendo male”

La mia bambina... la mia bambina è morta! Morta! Non tornerà...” L'uomo aveva il viso rigato dalle lacrime. La disperazione sfigurava i suoi lineamenti.

Mi dispiace...” riuscì solo a ripetere mentre lui la lasciava, e lei ritornò a cadere sulle assi di rigido legno, con un tonfo seguito da un sibilo di dolore.

Ci fu un lungo momento in cui Astrid si limitò a fissare dritto verso il cielo sopra di lei.

Levi...” chiamò.

Lo sguardo grigio di lui si fermò su di lei, che ancora guardava il cielo.

Qualcuno dovrà pagare per questo. La vita di quella stronza... mi appartiene”

Levi vide i pugni serrati intorno al bordo del mantello verde che le era scivolato sulle gambe quando si era alzata.

Non solo a te” si limitò a rispondere.


La mente di Astrid... sobbalzava. Tra brevi istanti di coscienza e quelli di sonno angoscioso dovuto al dolore fisico e mentale.

Già, perché il peggio, non era il dolore fisico, no. Era l'angoscia che si portava dentro.

Tutte quelle vite infrante, per un cavolo di titano, che poi era riuscito a sfuggirgli! Maledizione!

E si dannava ancor di più dandosi della debole proprio perché provava queste cose. Erano soldati, si diceva, sapevano i rischi, sapevano di poter morire. Ma alla sua coscienza sembravano solo flebili scuse.

Si sentì spostare. Un paio di persone la presero su una barella e la portarono sino ad un letto, dove finalmente, dopo essere stata doverosamente medicata, cadde in uno stato più profondo d'incoscienza.

La sua mente iniziò a vagare.


Aveva quattordici anni ormai, e il suo addestramento con il padre procedeva.

La madre si era un po' rassegnata alle mezze verità che le avevano raccontato. Il padre non voleva coinvolgerla più del dovuto, per cui le aveva detto che voleva far ereditare ad Astrid la fucina e i suoi saperi di metallurgia. Non sapeva che la sua adorata figliola era capace a combattere corpo a corpo meglio di un soldato.

Già così tollerava a mala pena le stravaganze del marito, in questo campo, era meglio che di certe cose non ne sapesse nulla.

Per lei, la figlia avrebbe dovuto diventare un modello di nobildonna, con le dovute conoscenze di cucito. Saper filare, ricamare e far di conto. Una nobildonna doveva sapere gestire il patrimonio del marito, per mandare avanti una casa. Occuparsi di allevare la prole, gestire il personale. Cose simili.

E tutte le volte che vedeva quella bella bambina tornare a casa con le nocche sbucciate e il viso annerito dalla fuliggine... era per lei causa di un dolore quasi fisico.

Il padre di Astrid, di nome Falker, aveva deciso in comune accordo con la bimba di tenerla all'oscuro di quello che realmente facevano. Anche se lei ignorava che fosse anche meglio per mantenere la segretezza e proteggerla da orecchie indiscrete.

Tuttavia per il padre era un periodo agitato. Questo Astrid lo capì subito. Era nervoso e teso, e spesso fuori casa. Partiva e tornava ad orari strani, saltava le loro lezioni.

Qualcosa non andava.

La madre, prese a credere che avesse un'altra donna, ma Astrid non diede peso a quelle parole. D'altra parte, credeva che pure lei, la sua quattordicenne figlia, si vedesse di nascosto con un moroso perché di quando in quando, visto che il padre non c'era, andava ad allenarsi da sola nel retro della fucina nel pomeriggio.

Tuttavia per quanto lo martellasse di domande, il padre non disse nulla né alla figlia né alla moglie. Anzi, più cercavano di estorcergli informazioni più il suo silenzio aumentava.

Fu un pomeriggio che proprio mentre stava dicendo ad Astrid “Ti devo parlare...” venne chiamato da un apprendista nella fucina.

Dei soldati della gendarmeria ti cercano a casa. Vogliono che raggiungi tua moglie”

Perché?” chiese Astrid.

Hanno delle domande su un sospettato... credo” rispose il ragazzo con una scrollata di spalle.

Arrivo subito” rispose.

Astrid però vide il viso gentile del padre impallidire, la pelle ricoprirsi di un leggero strato di sudore, e quando si mosse per seguirlo, lui la fermò bruscamente.

Resta qui. Se non mi vedi tornare entro tre ore... scappa. Nei boschi, nel wall Maria. Dove vuoi, ma non tornare a Sina ok?” il viso di lui era mortalmente serio.

Va... va bene” rispose incerta Astrid.

Lo attese per cinque ore.

Non tornò.

Il padre le aveva detto di fuggire. Ma perché? Cosa gli era successo? Perché doveva fuggire? E loro dove sarebbero andati?

Le domande, la curiosità, e anche una buona dose di ingenuità la fecero ritornare a casa contro l'ordine del padre.

Forse si era solo dimenticato, e ora stava cenando. In sti giorni era così teso che a volte si dimenticava anche che aveva già il cappello in testa e finiva con il cercarlo per lunghi minuti.

La casetta dove abitavano, aveva la porta e il cancelletto aperto, una luce accesa dentro.

Visto? Si era solo dimenticato. O almeno, così si disse, ignorando la sensazione di gelo che stagnava nell'aria e che le penetrava nelle ossa.

Fu più forte di lei, la curiosità, l'incredulità che le faceva in tutti i modi escludere il peggio la spinse ad agire.

Entrò chiamando “Papà... mamma?”

Si trovò di fronte uno spettacolo agghiacciante.

Il salotto era pezzi, i mobili riversi al suolo e il bel tavolino di legno ridotto a centinaia di schegge.

La madre era riversa di schiena al suolo, l'espressione sorpresa e la mano sulla gola, dove il sangue era grondato fuori allargandosi sotto di lei come la corolla di un macabro fiore.

Il padre era poco più in là, adagiato su un fianco, ferito in tanti punti diversi. La spalla, un braccio mozzato, il ventre aperto.

Ma altre tre figure, erano al suolo ormai morte, e il loro sangue sparso sul pavimento di legno. Tre figure con la divisa della gendarmeria.

La criniera dell'unicorno, di solito bianca, inondata di rosso.

Astrid provò una strana sensazione. Come se fosse uscita dal suo corpo e stesse osservando sé stessa fissare i suoi genitori morti in quel lago di sangue.

Prese a tremare.

Si mise una mano sulla bocca, come se potesse in questo modo fermare fisicamente il conato di vomito che le fece torcere lo stomaco.

Pensava che sarebbe scoppiata ad urlare, che l'odio le sarebbe montato dentro come spuma di mare. Che avrebbe magari abbracciato le figure ormai morte dei genitori, o preso a calci i cadaveri degli uomini in divisa.

Attese quei sentimenti.

Invece non arrivarono. Si sentì svuotata da ogni emozione o pensiero, rimanendo a fissare quello scempio. L'unico bisogno che udiva era di... muoversi.

I sensi erano impazziti, come se si fosse attivato un campanello dentro di lei che gridava 'allarme! Scappa!' Solo che... non sapeva cosa fare. Dove andare.

Si guardò le mani. Erano ferme. Non tremavano più. Perché?

All'improvviso sentì arrivare dei passi.

D'istinto si nascose dietro la porta.

Allora che si fa qui? L'avete trovata?” chiese un tizio.

No, alla forgia non c'era” rispose il secondo uomo.

Credevo avessero una figlia sti due” commentò.

E chi se ne frega” il tono del milite era annoiato, scocciato. Come di chi sta parlando degli straordinari dopo lavoro. “Non ci pagano abbastanza per preoccuparci di queste cose. E comunque sopra ci sono altri cadaveri. Magari è tra quelli. Diamo fuoco a tutto e amen”

Ma certo... dovevano essere ospiti alcuni amici della madre... avevano ammazzato anche loro?

Sbirciò appena dalla fessura di qualcuno che aveva tirato un colpo, forse di un pugnale o una spada nella porta.

Erano altri uomini in divisa della gendarmeria.

Tenne il respiro leggero.

No, non doveva dargli la soddisfazione di farsi trovare. Men che meno quella di farsi ammazzare.

Attese che uscissero in cerca di olio per dare fuoco alla casa, e lei se la svignò.

Dove sarebbe andata?

Non lo sapeva. Ma di certo, doveva allontanarsi da lì e alla svelta!

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Capitolo 11
*** Una scintilla di vita ***


Astrid, senza un idea di come diavolo fare a sopravvivere senza i genitori, prese a vagare senza un meta precisa per il distretto dove si trovavano.

Una cosa però era abbastanza grande e furba da capire: se erano gli uomini della gendarmeria ad averli uccisi, doveva nascondersi bene.

Non poteva più abbandonare Sina. Lo capì quando, guardando le guardie sul portone le vide sveglie e all'erta, anziché oziose, e oltre alle truppe di guarnigione c'erano anche alcuni membri della gendarmeria.

Si scervellò, girando nei vicoli laterali con i gatti randagi.

Cosa doveva fare? Di chi si poteva fidare?

Magari di un amico di famiglia. Conosceva qualche contatto di cui papà si fidava ma... no. Se la gendarmeria la cercava, l'avrebbe trovata troppo facilmente tra ex commilitoni o qualche nobilotto di basso rango parente della mamma.

Doveva sparire. Fisicamente. Dovevano crederla morta.

Aveva in tasca un coltellino multiuso che teneva con sé da quando il padre le aveva insegnato a forgiare lame. In fin dei conti, doveva coprire le apparenze, ed era meglio far credere che volesse una figlia fabbro, che non che le stesse insegnando tecniche segrete di famiglia.

Si ricordò dei bambini di strada di tanti anni prima. Tagliò i capelli, buttandoli in un bidone dell'immondizia dietro una casa. Li arruffò il più possibile, e si sporcò viso e braccia con la terra, strappandosi a tratti gli abiti. Fortuna che indossava i vestiti da lavoro, più grezzi e comuni.

Doveva sembrare un ragazzino di strada.

Si spostò verso l'interno del distretto. Cosa poteva ancora fare?

Loro temevano che avrebbe tentato di scappare verso Wall Rose.

Con un po' di temerarietà entrò dentro Sina, verso la capitale, accodandosi ad un gruppo di mercanti, vicino ad un carro, cercando di mimetizzarsi tra gli uomini di fatica.

Forse l'avrebbero scambiata per un'apprendista.

Nonostante i quattordici anni, era ancora secca, senza troppo seno, e aveva le braccia abbastanza muscolose per via degli allenamenti da poter sembrare un qualche lavoratore.

Con un po' di fortuna, riuscì ad entrare.

Ma ora non sapeva cosa fare. Se non altro aveva più posto per nascondersi.

Era ancora un po' troppo pienotta per essere uno di quei piccoli pezzenti sul bordo della strada. Valutò.

Ma, pensandoci razionalmente, si disse che non lo sarebbe stata ancora a lungo.

Sapeva cacciare, papà glie l'aveva insegnato. Ma dentro le mura di Sina, c'erano solo industrie e fattorie. Era quasi impossibile trovare appezzamenti boscosi abbastanza ampi o poco sorvegliati da poter passare inosservata.

Cosa diamine doveva fare?

Verso sera riuscì a trovare un luogo asciutto tra la spiovenza di un tetto e le radici di un albero e decise di accucciasi lì.

Finalmente scoppiò a piangere, sebbene lo fece quanto più piano riuscì.

Non poteva cercare lavoro: la gendarmeria l'avrebbe trovata, e comunque lì c'erano per lo più residenze di nobili altolocati e dei loro più stretti servitori.

E... mamma e papà non c'erano più. Nessun bacio gentile a confortarla la sera quando tornava a casa dalle fatiche giornaliere, nessun sorriso con l'invito di lavarsi le mani e raggiungere la tavola. Nessuna guida da seguire. Nessun sostegno. Nulla.

Un vuoto così grande e intenso da sembrare una voragine infinita all'altezza dello stomaco, che stava pian piano allargandosi e risucchiare anche la sua stessa anima.

Si ritrovò a pensare che non aveva mai dato valore a quelle piccole cose, sino ad oggi. Che le erano venute a mancare.

Pianse la dolcezza della madre, la gentilezza del padre. Pianse per tutte le cose che le sarebbero mancate, il loro affetto, il loro sostegno, i loro consigli. Tutto.

Ma quello che le rintronava nella mente di più di tutto era... per cosa vivo ancora a fare?

I mesi che seguirono furono i più duri della sua vita. Non sapeva bene neppure lei come, ma si ritrovò nella città sotterranea. Forse mentre scappava a rotta di collo dalla gendarmeria.

Lì se possibile la vita era ancor più dura, ma almeno non c'era gendarmeria. Già, perché sembrava che pure loro si fossero rassegnati all'idea che lì era inutile qualsiasi tentativo di ripristinare l'ordine.

La gente viveva selvaggia, usando la semplice legge del più forte.

La fregatura del vivere lì è che... ti passa anche la voglia di vivere, e di lottare. Lì, dove si viene privati di tutto, anche della luce del sole.

Astrid era già sul bordo del baratro. In condizioni psichiche e fisiche allo stremo. Non sapeva nemmeno cosa l'avesse spinta a vivere fino ad oggi a continuare.

In fin dei conti non era meglio lasciarsi morire? Era come spegnere una candela. Semplice. Ti addormentavi, te ne andavi e puf... tutto finito. Non era più semplice?

Avrebbe finalmente raggiunto i suoi genitori. Avrebbe smesso di patire la fame.

Uno non si rende conto di ciò che ha finché non lo perde.

Non potersi più lavare quando lo si voleva. Dover bere a volte addirittura dalle pozzanghere, poiché non sempre le fontane pubbliche funzionavano, e per “quelli di sopra” non era certo una priorità che “quelli di sotto” avessero da bere acqua pulita.

Per cui i più sfortunati si dovevano accontentarsi delle pozzanghere create da macchie di condensa e umidità che colavano giù dalle stalattiti sul soffitto.

Astrid, se all'inizio era stata schizzinosa e aveva evitato di mangiare alcune cose che vedeva poco igieniche, con il passare dei giorni, si rese conto che era una fortuna trovare delle bucce di patata nei cestini dell'immondizia. Rosicchiare radici poi, era sempre un azzardo. Ne beccò un paio una volta non molto commestibili che gli diedero mal di pancia per diversi giorni. Però era anche vero che la fame aguzzava l'ingenio. Per cui imparò in fretta a evitare ciò che era proprio del tutto inutilizzabile e a godere di tutto ciò che poteva essere mangiato senza sprecare assolutamente nulla.

Però là sotto, non era la sola a essere in quella condizione, e le poche risorse non bastavano per tutti.

Venne cacciata da un gruppo di bulli dalla zona migliore, e presto, il susseguirsi dei giorni la indebolì sempre più. Finché, ormai si rese conto di non avere più neppure le forze per alzarsi.

Era davvero giunta la fine? Si chiese.

Guardò le mani, sporche, le unghie spaccate e mangiucchiate. Erano sempre state così lunghe o erano solo magre?

Guardò il dorso, dove le ossa sporgevano, la pelle tesa, pallida e smunta.

No. Era semplicemente giunta al suo limite.

Guardò verso l'alto, rimpiangendo di non poter vedere il sole.

I pensieri fluivano, lenti, come se anche loro fossero talmente senza carburante da non riuscire a scorrere.

Beh, se non altro, era così affamata da non sentirne neppure più i dolorosi morsi. Sebbene la cosa non sembrasse avere alcun senso logico.

La schiena le scivolò lungo la parete a cui era appoggiata, non ebbe neppure la forza di opporsi, e cadde sulla schiena.

Guardò il soffitto, in attesa di morire, rincrescendosi solo di non vedere nemmeno un barlume di luce. Doveva essere giorno no? Doveva esserci un po' di luce...

Non sa di preciso quanto tempo passò , ma ad un certo punto vide spuntare di fronte a sé due occhi grigio tempestoso che la fissavano con curiosità e incertezza.

Li riconobbe. Voleva salutarlo, voleva dirgli qualcosa... ma era troppo stanca. Aveva sonno.

Una voce gli parlava, ma il suo cervello era troppo stanco persino per capire cosa quella voce le stesse dicendo.

Gracchiò solo una parola prima di svenire “...Levi...”


Levi non voleva credere di aver rivisto, a distanza di anni, la bambina che viveva nel wall Sina, ora, tra la sporcizia e gli affamati nella città sotterranea.

Non era possibile. Non poteva essere lei.

Eppure...

La ragazza, o almeno, quella che sembrava essere una ragazza, poiché era così magra, smunta e sporca che poteva appartenere a qualsiasi genere senza poterla riconoscere molto, si accasciò sulla schiena.

Stava fissando il soffitto.

Si decise ad andare a indagare, ignorando le chiacchiere di Isabel e Farlan che gli risuonavano nelle orecchie.

No. Quegli occhi blu... non li aveva mai rivisti da nessuna parte.

Provò a chiamarla, a chiederle come si chiamava, ma sembrava non rispondere più agli stimoli esterni.

Poi con voce rauca, appena udibile bisbigliò “...Levi...”

Era lei. Doveva essere lei. Anche se non capiva come potesse esserlo.

I suoi occhi si chiusero.

Farlan, Isabel aiutatemi. Dobbiamo portarla al rifugio”

I tre si dovettero dare da fare, poiché lei era svenuta, ma nessuno dei tre voleva portarsi in casa il lerciume che aveva addosso.

Levi e Farlan recuperarono secchi d'acqua pulita e Isabel ci diede sotto a lavarla il meglio possibile, constatando con orrore che le si potevano contare non solo le costole, ma anche tutte le vertebre una a una, tanto era magra.

Come sta?” chiese Farlan che l'attendeva assieme a Levi nella stanza comune.

Il loro “rifugio” che era anche la loro casa, era poi solo diviso in “sala comune” e “bagno”, ma per lo meno si curavano di non invadere gli spazi intimi altrui. Volevano essere diversi da quella marmaglia che viveva sotto. Loro, sognavano una vita migliore. E questo lo iniziavano tenendosi puliti, lavando spesso sé stessi e i loro pochi abiti. E cercando di essere cortesi almeno tra di loro.

è viva. Per ora. È solo più un mucchietto d'ossa con un po' di pelle sopra. Ha dei segni di graffi e lividi qua e là. Deve aver tentato una zuffa con quelli della zona buona”

Chiamavano “zona buona” una semplice macchia di terreno dove un minimo di luce che filtrava faceva crescere qualcosa di commestibile.

Levi si alzò.

Tienila d'occhio e prova a darle un po' d'acqua da bere. Io e Farlan cerchiamo qualcosa di commestibile”

I ragazzi come loro sapevano quanto il nutrimento fosse legato alla vita.

Per chi saltava troppi pasti consecutivi, si indeboliva sino a non avere più nemmeno le forze per cercarne altro.

Loro infatti tenevano sempre una 'riserva d'emergenza' composta da radici e altri cibi essiccabili e facilmente conservabili.

Ma per quella volta optarono a cercare qualcosa di sostanzioso. Magari un pezzo di pane decente, o se riuscivano a sgraffignarlo anche un pezzo di carne. Meglio ancora qualche verdura per fare un brodo. In quelle condizioni dubitava che sarebbe riuscita a inghiottire qualcosa di solido...

Tornarono a casa con un magro bottino, ma era meglio di nulla.

Isabel stette sveglia tutta la notte a cacciare briciole di pane tra le labbra della giovane e piccoli cucchiaini di minestra, che però, a poco a poco riuscì a inghiottirle solo in parte, ma era già meglio che niente.

Non so se supererà un altra notte...” disse la ragazza dispiaciuta.

Se non fosse stato per Levi, né lei né Farlan probabilmente l'avrebbero notata. La città sotterranea era piena di gente che moriva di fame. Né tanto meno l'avrebbero riconosciuta. Anche se, lo stesso Levi ammetteva che fosse stata una pura coincidenza, notare i particolari occhi blu di lei. Se no, non l'avrebbe riconosciuta neppure lui.

Credo che ora come ora, il problema non sia tanto la sua forza, quanto la volontà” commentò Levi.

Isabel e Farlan non capirono, ma obbedirono al suo ordine di andare a dormire.


Astrid si risvegliò in piena notte, stupita di essere ancora viva. Le budella le si torcevano impietose nella pancia, lamentandosi di essere vuote.

Ohi... sei sveglia”

Uhm...” si guardò in cerca di chi aveva parlato, rendendosi conto nel frattempo di essere sotto una coperta, e di non sentire il freddo.

So-sono ancora viva?” domandò lei, trovando finalmente il viso del suo interlocutore, fiocamente illuminato da una candela.

Per ora”

Riconobbe nella bruschezza dei modi e da quegli occhi grigi... “Levi?”

Quindi sei davvero Astrid?”

Io... si” aveva difficoltà a concentrarsi. E poi non sapeva se essere delusa o meno di essere ancora viva. Proprio ora che si era rassegnata, che aveva creduto di aver finito le sue sofferenze... eccola di nuovo lì, con male allo stomaco e alla pancia e una fame che avrebbe potuto masticare pure il lenzuolo che la ricopriva, o staccare un morso al braccio del suo salvatore. Che poi era davvero un salvatore, visto che l'aveva strappata dal pacifico riposo della morte per riportarla in quell'inferno dei vivi?

Merita davvero la pena?”

Lui comprese la vera domanda “Merita davvero la pena di vivere?”

Rimase incerto su come risponderle.

Si era sentito colmo di tristezza nel vedere quei luminosi occhi blu, così spenti. Come se al cielo gli si fossero improvvisamente spente le stelle. Rimaneva sempre il cielo, ma ora era piatto e monocromatico, privo della sua bellezza luminosa.

Ora stava a lui rinfocolare quella luminosità o spegnerla del tutto. Qual'era la cosa giusta da fare? Quali erano le parole giuste da dire?

Non lo so”

Rimasero in silenzio a lungo.

Come la pensi tu?” le chiese lei.

Lui di nuovo rifletté prima di rispondere.

Che la morte è definitiva. Il domani no. Domani porta sempre nuove possibilità. Diverse scelte, diverse vie, mai uguali. Non è quasi mai semplice, ma c'è sempre l'opportunità di cambiare mentre... una volta morti è tutto finito, senza nessuna possibilità di rimando”

Le parole rimasero sospese qualche istante, mentre Astrid, a occhi chiusi, contava i respiri. Cosa doveva fare? Qual'era la scelta giusta?

Sospirò. “D'accordo. Proviamoci. Hai qualcosa da mangiare? Sto letteralmente morendo di fame...” provò a fare ironia lei.

A Levi si storse appena la bocca, tentando di dissimulare un sorriso.

Alla fine non era stato così difficile allora. D'altra parte, aveva capito che era una bambina con un'indole forte. Era bastata una piccola pioggia di scintille per dare subito fuoco alla paglia.

Considerò di chiamare Isabel, ma poi si disse che non era il caso di svegliarla per una simile cavolata, per cui imboccò lui stesso la giovane, che era così debole da riuscire a muoversi a stento.

Fu così, che guadagnò il quarto membro del suo piccolo gruppo.


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Capitolo 12
*** Domande ***


Mentre Erwin discuteva con i capoccia per evitare che la legione venisse direttamente sciolta nel giro di un paio di giorni, Levi passò il tempo a riflettere.

I feriti erano stati soccorsi e sistemati in una base presa in prestito. Le reclute non ferite -salvo Eren, Armin e Mikasa- erano state mandate in un'altra zona del wall Rose.

Lui era stato messo a fare da balia a Eren, e di secondo compito, ai feriti.

Si annoiava, e peggio ancora, la sua mente non riusciva a stare ferma, volando da un pensiero all'altro.

Qualcosa non gli tornava nei suoi conti.

Cosa voleva dire “ci ho messo dieci anni tornare da te”?

Non aveva senso. Non combaciava con quello che sapeva. Non collideva con gli avvenimenti. Non aveva senso.

Doveva esserci qualcosa. Qualcosa che gli era stato occultato. Un evento di cui lui era all'oscuro. Questa era l'unica possibilità plausibile.

Si sforzò di ricostruire gli eventi. Ma era difficile andare a ripescare ricordi che si era sforzato in tutti i modi di dimenticare.

Eren, invece, seduto al tavolo con il capitano che sorseggiava il the fissando il muro, si domandava a cosa stesse pensando il capitano per avere uno sguardo così truce, sussultando a ogni ticchettio della tazzina sul piattino. Si ricordava ancora troppo bene il sapore degli stivali di Levi in bocca per volerli riassaggiare.

Ed era evidente che l'uomo non era nei suoi migliori stati d'animo, anche se il viso era così gelido da non poterne decifrare nulla.

Ad un certo punto Levi abbassò di scatto la tazzina sul piattino.

Eren quasi schizzò via dalla sedia, da come fu preso di sorpresa.

Bastardo di Erwin!” sibilò Levi.

Co-come?” ebbe il coraggio di chiedere.

Lanciò un occhiata al ragazzo, facendolo deglutire. “Mi sta facendo aspettare, tra un po' sarà qui la gendarmeria se non si spiccia” mentì.

Si-signore, mi dispiace per il suo braccio” mormorò lui.

Si toccò la parte, lesa, sovrappensiero. Sarebbe potuta andare decisamente peggio.

Se non fosse stato per le mie scelte forse...” Eren sembrava davvero contrito.

Finalmente Levi lo degnò di un vero sguardo.

Nessuno può sapere cosa comportano le nostre scelte. Possiamo solo seguire la via che ci sembra migliore, e quella che ci sembra implicare meno rimpianti” ripose pacatamente.

Sembrate molto pensieroso oggi, capitano”

Lo sono infatti” si limitò a rispondere lui.

Eren rimase a languire, non sapendo quanto fosse saggio fare altre domande. Venne sollevato dall'indecisione dall'entrata nella sala di Erwin, accompagnato da altri, tra cui Armin, Mikasa e altri membri più anziani del corpo di ricognizione.

Levi sorseggiò il the, con aria indifferente.

Erwin. Dopo gradirei parlarti”

Erwin annuì, prendendo a esporre il piano ai presenti.

Mentre lo faceva però, notò lo sguardo cupo del suo capitano. Lo conosceva abbastanza da riconoscerne almeno un po' gli umori, e lo teneva abbastanza d'occhio.

Era stato con la sua lama puntata alla gola, in passato.

Levi era un soldato eccezionale quanto letale. Sapeva che gli era fedele, ma se qualcosa gli avesse fatto pensare che lui, Erwin, lo stesse prendendo in giro, sapeva che Levi non era tipo da girarci troppo intorno prima di ammazzare anche lui.

La gente come Levi e Astrid erano lame a doppio taglio. Efficienti e letali, bisognava stare attenti a impugnarle con cautela, o avrebbero ferito anche il padrone.

Una volta esposto il piano, verificato che tutti avessero ben compreso, e che non ci fossero ulteriori dubbi, si ritirò in uno studio appartato, seguito da Levi.

Dunque? Di cosa volevi parlarmi?”

Astrid”

Oh. E come mai?” chiese sedendosi. L'argomento spinoso.

Diamine. Proprio ora doveva chiederglielo? Tanto più che c'erano cose che Levi non sapeva, e se le avesse scoperte in malo modo... beh suppongo che anche un uomo controllato come lui potesse sbroccare se troppo sollecitato.

Mentre rientravamo, sul carro, dato che era mezza stordita dagli antidolorifici, credo si sia lasciata scappare un qualcosa che non voleva dire”

Sentiamo...” disse Erwin. Che la sospettasse di essere una spia?

L'ho ringraziata per avermi salvato la pelle, e lei ha risposto 'Ho impiegato dieci anni per tornare da te. Non posso lasciarti morire ora'”

Le parole rimasero in sospeso. Levi era troppo arrabbiato per sentirsi in imbarazzo a una dichiarazione simile.

E quindi? Sapevo che c'era un forte legame tra te e il tuo gruppetto quando...”

No. Lascia perdere ste stronzate. È tutto il giorno che ci penso. Non avevano senso quelle parole dopo tutto il casino successo e... no. Erano senza senso.

Finchè mi è venuto in mente. Erwin, fosti tu a dirmi di smetterla di cercarla, dopo la sua entrata nella gendarmeria.

All'epoca non ci diedi peso.

Ma ora, dopo che l'hai fatta rientrare, e mi sembra che ti fidi anche troppo di lei per essere una che potrebbe benissimo essere la spia che stiamo cercando...”

Levi si sedette, puntando i gelidi occhi grigi nelle iridi azzurre di Erwin.
“Cosa sai che io non so?”

Erwin rimase un lungo momento in silenzio. Riflettendo su cosa rispondere, con Levi che attendeva paziente.

Credo che non sia giusto da parte mia raccontarti questa storia, Levi. Dovrai chiederla a lei” rispose semplicemente. Rispettava troppo Astrid per negargli questo favore. La possibilità di parlare a tu per tu con Levi.

Si erano trattati come sconosciuti tutto il tempo, i rapporti raffreddati e incrinati da eventi e il tempo che era passato.

A dispetto delle apparenze, aveva capito già anni addietro quello che provava Astrid. Aveva fatto finta di nulla con Levi, ma dopo tutto quello che era successo, gli doveva almeno questo alla donna.

Prima che tu possa arrabbiarti, ti dirò che è stata lei a chiedermi di non parlartene, per motivi che capirai da solo. Ma nel frattempo, ti garantisco che è dalla nostra parte”

Quindi dovrò fidarmi della tua parola” Levi sbuffò. “D'accordo. Glie lo chiederò”

In fin dei conti non poteva ammettere che sin ora tutto quello che Erwin aveva fatto era stato per il bene collettivo della legione e dei suoi sottoposti.


Hanji andò a trovare Astrid, chiedendogli come stava, e lei, annoiata dal tempo passato a letto, finì con il chiacchierare con la stravaganze rossa, parlando del più e del meno.

Venne aggiornata a riguardo alla missione che stavano per compiere nel wall sina, e Hanji notò con piacere che la mora guariva in fretta.

Già, ho la pellaccia dura..” commentò ridacchiando.

Lo so di essere invadente, ma non so resistere un secondo di più senza chiedertelo... cosa c'è tra il capitano Levi e te?”

Astrid sussultò, più sorpresa che imbarazzata “Niente, perché?”

Forse ho fatto la domanda sbagliata allora. Forse dovevo dire cosa c'è stato? Al passato? No, perché è qualche anno che lavoro con quello scorbutico e non l'ho mai visto così... teso? Nervoso? Suscettibile?” non sapeva neppure lei come definirlo.

Astrid ridacchiò, ma questa volta un leggerissimo velo di rossore comparve sulle guance, appena accennato.

Nulla, davvero Hanji”

Guarda che io sono solo curiosa, non pettegola. D'altra parte sono una ricercatrice, è mio compito essere curiosa. E più mi vengono negate le risposte più divento morbosa. Ti avverto!”

Sembra una minaccia, la tua!”

Lo è!”

Le due si guardarono fisso un secondo prima di scoppiare a ridere. Astrid decise di potersi fidare.

Credo di poter dire che ci siamo salvati la pelle diverse volte a vicenda. Prima. Prima della legione, prima di essere soldati.

Ho vissuto per la strada, nella città oscura. Un posto crudele, anche senza bisogno di titani. Ero solo una ragazzina. Mi andarono male un paio di zuffe e mi ritrovai a essere così debole da non riuscire ad avere la forza neppure di cercare una pozzanghera per bere. La fame è un circolo vizioso. Ti indebolisci e hai sempre meno energia per cercare qualcos'altro. Levi, con Farlan e Isabel mi salvarono la vita, e da allora divenimmo un gruppo unito.

Quando vivi in un ambiente simile, avere qualcuno a cui affidarti fa diventare i legami molto stretti. Sapevamo di poter contare l'uno sull'altro per ogni evenienza. Ci aiutavamo a vicenda, per sopravvivere.

Però le cose, quando Erwin ci ha reclutato, non sono andate proprio come previsto. Dopo l'addestramento ci siamo divisi, e non ci siamo più visti fino a quando sono entrata nel corpo di ricerca. Credo che l'abbia visto come un tradimento al nostro gruppo. Tutto qui”

Dunque non siete stati amanti?”

Ti ha mai detto nessuno che è la curiosità ad avere ammazzato il gatto?” ridacchiò Astrid alla domanda così diretta e priva di vergogna della rossa.

Non hai risposto però. Lo sai che si dice che il silenzio è un altro modo per dire di si?”

Ficcanaso. Comunque no, mai”

Però ti sarebbe piaciuto...” ghignò Hanji sistemandosi gli occhiali con un ghigno quasi perverso.

Ora stai diventando davvero troppo invadente Hanji Zoe!” disse senza però non riuscire a non ridere alle buffe espressioni della rossa. In fondo, era dalla morte di Isabel che non aveva una vera e propria amica. E Hanji, nonostante le domande irriverenti e ficcanaso, era lì evidentemente con l'intenzione di farle compagnia e risollevarle il morale, cosa di cui lei le era grata.

Fuori dalla porta, con la mano ancora alzata per girare la maniglia, c'era Levi.

L'abbassò senza toccarla. Sarebbe ripassato in un secondo momento


Angolo d'autore.


Chiedo scusa per i ritardi e tutto, ma oltre a problemi personali, ho anche ripreso un po' in mano la storia di Fairy Tail che avevo lasciato a languire decisamente per troppo tempo.

Spero mi perdonerete!

Al prossimo capitolo (che spero di pubblicare il più presto possibile...)

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Capitolo 13
*** Varietà ***


Astrid era una tipa con la testa dura, e voleva decisamente vendicarsi di quella bastarda che aveva ammazzato la squadra Levi.

Con le costole ancora fasciate, valutò di riuscire comunque a respirare bene. Le dolevano ancora un po' fare respiri profondi, ma si era vista in situazioni peggiori.

Chiuse la porta della stanza, infilò intimo e pantaloni. Prese le sue lunghe fasce, e con movimenti esperti, prese a fasciarsi il seno. Per quanto che si potesse dire, sulla femminilità a lavoro e tutte ste palle, era innegabile che essere uomo, per certi mestieri era un vantaggio.

Astrid si riteneva un tipo pratico, e c'erano state volte, poche ma erano capitate, in cui aveva odiato essere donna. Implicava avere meno forza, sebbene questo per lei era un caso un po' a parte in quelle cose. E tante volte il seno era ingombrante e fastidioso per certe manovre.

Aveva preso già anni addietro l'abitudine di fasciarlo stretto dentro le bende.

Forse la sua linea femminea, allo specchio ne risentiva, ma lei era più soddisfatta all'idea di avere maggiori possibilità di tornare a casa ancora viva.

Indossò il resto degli abiti e l'imbracatura, poi seguì di soppiatto la squadra che si preparava all'imboscata.

Nuovamente si ritrovarono coinvolti nello scontro con i due titani, impossibilitati a intervenire senza rischiare.

Però Astrid, vedendo l'esitazione di alcune truppe di stanza nella zona, prese in pungo la situazione.

Ehi, cagasotto senzafatiche! Datevi un mossa. Evacuate i civili, sgombrate l'area circostante! Mandate truppe ai cancelli, cercasse di fuggire, e supportate le squadre già in azione! Svelti!”

Il polso che dimostrò, fece smuovere la situazione, e finalmente anche truppe di gendarmeria si diedero da fare. In modo un po' caotico forse, ma era meglio di niente.

Fiancheggiò Mikasa, correndo in avanti, nella direzione che sembrava prendere lo scontro.

Merda uno spiazzo!” imprecò Astrid tra i denti.

Capitano ma lei...” disse incerta al ragazza.

In effetti aveva il respiro più corto del solito, e ora che si muoveva di fretta, le costole le davano fitte.

Non è il momento di pensare a dove dovrei essere. Diamoci da fare. A quanto pare la nostra amichetta vuole battere ritirata!” le dissi, senza smettere di correre.

Eren era in terra, KO. E Annie sembrava voler puntare dritto al muro. Forse voleva scalarlo.

Io e Mikasa ci mettemmo a correrle dietro. Io, per via delle costole doloranti rimasi un po' più indietro, ma ripensando a Petra, alla disperazione del padre quando aveva avuto la notizia, al suo viso sconvolto, ai sensi di colpa che mi colpivano l'animo vedendo il viso disperato del pover'uomo...

Strinsi i denti e continuai a correre.

Vuole scalare il muro!” gridò qualcuno mentre la titano aveva preso a piantare le mani nella roccia per ricavare dei buchi a cui aggrapparsi.

Fermiamola!” gridai a Mikasa.

Senza preoccuparmi per una volta di sprechi di gas, piantai i ganci nella schiena della titano e schizzai in su a tutta birra.

Lei con una mano si parò la collottola, però io me lo aspettavo.

Mikasa aveva puntato alla mano agganciata al muro. Io puntai a quella con cui si riparava la collottola.

Entrambe recidemmo le falangi del titano.

Ora Mikasa!” in qualche modo ci capimmo. Lei, più in alto sganciò i rampini dell'attrezzatura, io, usando lo slancio residuo, con una piroetta mi lanciai verso l'alto. La colpimmo entrambe con i piedi sulla fronte che teneva rivolta verso l'alto.

Cadi, Annie” disse Mikasa.

La titano, priva di falangi, perse l'equilibrio e cadde all'indietro, dove si affollavano già le truppe, con funi, cavi, armi e quant'altro.

Io avrei usato termini più coloriti. Ma ben fatto” disse Astrid a Mikasa.

Capitano si sente bene?” aveva il viso pallido e sudato.

Mi sentirò meglio quando mi daranno il permesso di piantarle una lama nelle budella per avere informazioni” rispose per poi prendere a calarsi giù dal muro con l'attrezzatura per raggiungere Annie.

Fu in quel momento, che lei notò che nel buco nel muro... c'era un titano!


In seguito le cose accaddero piuttosto caoticamente.

Astrid, come molti altri, diedero i numeri per via di Annie che si era ritirata in un cristallo all'apparenza ininfrangibile.

Ehi, stronza! Mi senti la dentro? Sappi che quando troverò il modo di spezzare sto schifo avrai la vita di un mezzo centinaio di uomini di cui rispondermi, e poi ci sono tutti gli altri!” le sibilò Astrid, prima che qualcuno della legione si accorgesse della sua presenza.

Forse uno dei sottoposti di Hanji, che con una certa eloquenza la rispedì senza troppi complimenti al quartier generale per riposarsi.

Hanji ebbe il suo bel daffare per chiuderei buchi nelle mura e per interrogare il pastore Nick, che era ovvio sapesse più di quello che diceva.

Erwin per giustificare ai piani alti le azioni della giornata.


Astrid invece si rimise a letto, controvoglia ma dolorante. “Dannata codarda...” brontolò tra sé e sé.

Davvero puoi dire di essere senza colpe?” chiese una voce.

Astrid sussultò.

Oh, Levi, non ti avevo sentito arrivare”

Sono io che dovrei dire 'non ti ho sentito uscire'. Dunque mi hai privato del piacere di poterti prendere per le orecchie e rimetterti a cuccia” rispose sedendosi sull'unica sedia nella stanza.

Brontolone”

Deficiente, hai le costole incrinate. Vuoi morire con un polmone bucato?”

Non sono messa così male. E come vedi sono ancora viva e... non riesco a dimenticare quell'uomo...” lui capì a chi mi riferivo.

Rimase un momento in silenzio e disse, con meno astio “Capisco, ma se muori anche tu, non servirà a nulla. E non sei la sola a essere arrabbiata per la morte di così tanti uomini. Erano la mia squadra”

Scusami”

Erano tutti bravi uomini” tradotto dal Levi/Italiano-Italiano/Levi, intendeva dire che gli voleva bene e anche lui si dispiaceva della loro dipartita.

Ma guardaci. Qua a brontolare. Ci manca solo una delle uscite democratiche di Farlan e qualche cazzata di Isabel per infiorettare il tutto” commentò Astrid, portandosi le mani dietro la testa.

Levi rimase in silenzio, pensoso.

Astrid lo guardò. Quanto gli era mancato!

Ne studiò i lineamenti. Non era cambiato poi tanto da come era tempo addietro. Però, si era fatto più.. uomo. I lineamenti affilati da ragazzino erano diventati più fermi e virili, e anche attraverso la divisa si poteva notare il fisico che sebbene slanciato, era muscoloso. Asciutto e pronto agli scatti.

Accidenti che seccatura. Era difficile nascondere le emozioni a qualcuno che ti conosce.

Levi strinse un pugno su un ginocchio.

Perché te ne sei andata?”

Cosa scusa?” cascò Astrid, stupita.

Quando tornavamo, sul carro. Hai detto 'Ho impiegato dieci anni per tornare da te, non potevo lasciarti morire ora'. Allora perché te ne andasti?” lo sguardo era fisso nel vuoto.

Oh. Non mi ricordavo di averlo detto”

Lo sospettavo” mi guardò. “Per quello te l'ho chiesto ora”

Astrid rimase in silenzio. Non sapendo bene cosa rispondere.

L'altro giorno ho parlato con Erwin. Le cose non mi quadravano, e mi sono reso conto che qualcosa non mi quadrava. Era stato lui a dirmi in passato di smetterla di cercarti. Ora si fida troppo di te, non poteva essere una coincidenza.

Quindi glie l'ho chiesto. Lui mi ha risposto 'è una storia che non ho in diritto di raccontare io. Dovrai chiederla a lei'. Ora parla. Voglio la verità, quindi evitami di doverti far assaggiare gli stivali”

Astrid rimase rigida, sorpresa, a fissarlo.

Poi di punto in bianco si mise a ridere, ci impiegò un lungo momento per smetterla, dove Levi non cambiò né posizione né espressione.

Cavolo LT. Non sei cambiato di una virgola, davvero. Stesso modo di fare, stesso modo di parlare. Sei dolce quanto una scartavetrata in queste cose. Ma, mi sento in dovere di ricordarti che nella lotta libera, sei sempre stato tu a mangiare i miei stivali”

Finalmente l'angolo della bocca di Levi si storse appena. “Sono passati gli anni, potrebbero essere cambiate, le cose”

Lo vedremo appena mi tornano a posto le costole. E a te il braccio” disse Astrid.

Molto bene. Ora non deviare il discorso però. Erwin mi ha anche detto che sei stata tu a chiedergli di non parlarmi della cosa. Voglio una risposta esaudiente anche di questo”

Perché sapevo che tu non l'avresti accettato, LT. E io non potevo permetterlo”

Il silenzio alleggiò un attimo pesante nella sala.

é un discorso lungo e dovrò partire da parecchio indietro ma...”

Scusate, piccioncini mi dispiace irrompere per una volta che vi stavate parlando senza piantarvi occhiate gelide, ma abbiamo una emergenza” interruppe Hanji.

Che succede?” chiese Levi.

Wall Rose è caduto. Dei titani si stanno muovendo verso Sina e...”

Levi era già in piedi, e anche Astrid si buttò giù dal letto.

Cosa dobbiamo fare?”

Tu devi...”

Un cavolo. Non me ne andrò con la coda tra le gambe in quella fogna di Sina senza prima staccare un paio di teste, quindi evitati parole inutili e dimmi cosa fare”

Lei mi fissò un momento, prima di sospirare.

Prendete l'attrezzatura, poi segui Levi e andate a prendere i vostri ordini”

Astrid le fece il saluto militare prima di andare a prendere la montagna di fibbie e cuoio da indossare.

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