30 Days KageHina Challenge

di hussykawa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Day One: Holding Hands ***
Capitolo 2: *** -Day Two: Cuddling Somewhere ***



Capitolo 1
*** -Day One: Holding Hands ***


30 days KageHina challenge

 

Ciao a tutti, sono Little England. Non mi dilungherò troppo: adoro la KageHina, e volevo dedicarle la 30 days OTP challenge a cui poi seguirà la 30 days NSFW challenge incentrata su tutte le coppie principali di Haikyuu!!. Si tratta, come saprete, di una raccolta di one-shot, ma in questo caso saranno tutte più o meno collegate fra loro: vedremo quindi il rapporto dei nostri bimbi belli evolversi via via. Spero che a voi piaccia leggerla tanto quanto a me è piaciuto scriverla.

Have fun!

 

 

Day One: Holding Hands

 

Hinata fissava impaziente l’orologio nero affisso al muro, facendo roteare distrattamente la penna fra le dita. Aveva decisamente la testa da un’altra parte, ed era troppo concentrato sui suoi pensieri per poter prestare attenzione alla spiegazione dell’insegnante. Dentro di sé pregava il tempo di scorrere più in fretta, ma più scrutava le lancette più queste sembravano rallentare inesorabilmente.

Sbuffò, abbandonandosi per un attimo sullo schienale e rivolgendo un’occhiata al soffitto. Su, mancavano ancora giusto una manciata di minuti di sofferenza prima dell’intervallo. Chiuse gli occhi e cacciò un lungo sospiro.

 

Al suono della campana si precipitò fuori, quasi travolgendo un paio di suoi compagni di classe. Non sapevano esattamente dove stesse andando, ma in molti si erano già fatti un’idea. Hinata sapeva benissimo del divieto di correre nei corridoi, quindi cercò di procedere col passo più veloce che poteva. Quasi ignorò Tsukishima e Yamaguchi, quando li incrociò nei corridoi, tanto era ansioso di vederlo.

«Ehy tappo! Dove vai tanto di fretta, mh? Hai perso i centimetri per strada?».

«Non puoi darglieli tu?».

«Sta' zitto, Yamaguchi».

«Sorry, Tsukki».

Hinata rivolse loro a malapena un cenno della mano, diventato praticamente indifferente alle provocazioni del ragazzo biondo e del suo zerbino.

Arrivato davanti alla classe di Kageyama, attese pazientemente che uscisse: si dondolava sulle proprie gambe, guardando a tratti fuori dalla finestra, per poi spostare nuovamente l’attenzione sulla porta semichiusa.

 

Era lì, tutto intento ad osservare la maniglia argentata, che quasi non si accorse della mano che gli batteva sulla spalla.

«Che stai facendo qua fuori, ebete?».

Kageyama fece una smorfia di disappunto, incrociando le braccia.

Hinata non perse il solito tono entusiasta: «Ti aspettavo! Dov’eri?».

«In bagno a bere. Sfortunatamente non funzionava il phon… odio avere le mani fredde e umide».

Il ragazzo più basso rivolse un’occhiatina rapida ad una delle mani di Tobio, prendendola fra le proprie: erano sì più piccole, ma in quel momento decisamente più calde e asciutte. Strofinò con energia la mano fra i propri palmi, per poi stringerla: «Toh, adesso va meglio» disse sorridendo. Fece per prendere anche l’altra, ma Kageyama si ritrasse: «Non farlo più. Non voglio che ci vedano con le mani unite».

«E perché?».

«Perché potrebbero fraintendere, mh. E preferirei di no».

«Oh… Va bene» sussurrò Hinata, una punta di delusione nel suo tono di voce solitamente allegro ed entusiasta.

Kageyama non sembrò accorgersene: gli diede un’ultima pacca sulla spalla e tornò in classe: «Ci vediamo dopo al club» disse, più freddo e insensibile del solito. Hinata rimase a fissare la porta che si chiudeva dietro di lui, le guance arrossate e le mani che trovavano frettolosamente posto dentro la giacca.

 

Durante la lezione successiva il livello di concentrazione di Hinata si abbassò ulteriormente. Continuava ad incrociare fra di loro le sue mani, piccole e morbide, cercando di ricreare quel breve contatto che c’era stato fra lui e Tobio. Incastrava le dita, congiungeva i polpastrelli, provava a misurare la differenza di grandezza fra le loro mani spostandone una più su e una più giù… ma nulla era come avere le mani dell’amico fra le sue.

“Perché no? Perché non posso? Perché non ho le mani di Kageyama fra le mie? Perché non riesco a stargli vicino come vorrei, e il poco contatto non mi basta mai… perché…”

Doveva chiarire con sé stesso, in un modo o nell’altro; fare chiarezza su ciò che provava era il primo passo, e le attività del club di pallavolo lo avrebbero certamente aiutato.

 

«Kageyama! Battine un’altra!».

Il ragazzo annuì, partendo dal fondo della palestra, per poi saltare e schiacciare deciso in lunghezza: dall’altra parte, Hinata in ricezione. La palla aveva acquistato parecchia velocità e potenza grazie alla battuta decisa di Kageyama e Shouyo lo avvertì particolarmente quando si schiantò sulle sue braccia unite, per poi volare più in alto e atterrare fuori dal campo.

«Così andava abbastanza bene…» disse Noya, dandogli una pacca sulla spalla «Ma cerca di essere più morbido. Assorbi l’impatto, e sfrutta la potenza della palla per mandarla avanti veloce, e non di lato!».

«Mh! Riproviamo!» annuì l’altro, tornando al suo posto.

Noya sorrise, per poi aggiungere: «Okay, fammi vedere se hai capito…Anche se questa è l’ultima per oggi, è già tardi e devo tornare a casa in tempo: cena fuori, stasera».

«No problem!» fu l’allegra risposta di Hinata.

Kageyama si preparò a battere.

 

L’aria si era fatta decisamente freschina, a quell’ora. I due ragazzi camminavano in silenzio, l’uno affianco all’altro, senza dire una parola. La quiete era interrotta soltanto dal lieve cigolio delle ruote della bici di Hinata.

«Senti, Kageyama…» esordì il più basso, senza staccare gli occhi dal manubrio «A proposito di quel che è successo oggi, volevo chiederti scusa».

«Scusa di cosa?» fece l’altro, alzando un sopracciglio.

«Eh, di averti preso le mani senza permesso… Non sapevo non ti piacesse, quindi scusami».

«Non ho mai detto che non mi piace. Ho detto che non voglio che gli altri ci vedano, tutto qui».

Hinata prese a balbettare: «A-Ah, bene…! M-Meglio così, allora».

Tobio annuì brevemente, continuando a camminare. Non seppe spiegare a se stesso come mai, ma la sua mano destra si avvicinò istintivamente a quella sinistra di Shouyo. L’appoggiò sopra, con delicatezza, per poi scostarla dal manubrio e intrecciare le loro dita.

«Kage-…!» disse Hinata, per poi venir subito interrotto da un categorico Tobio: «Non dire nulla. Continua a camminare e non farci caso. Avevo voglia di stringerti la mano e ora l’ho fatto. Cammina».

L’altro non disse nulla, completamente assorbito nel calore delle loro mani unite. Rafforzò la presa, sorridendo a fior di labbra, le guance imporporate dall’emozione. Proseguirono così per un bel po’.

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Capitolo 2
*** -Day Two: Cuddling Somewhere ***


30 days KageHina challenge

 

Ciao a tutti, sono Juoksentelisinkohan. Per chi non lo sapesse è finlandese, e significa “Mi chiedo se dovrei correre attorno senza meta”. Una frase nonsense, okay, ma mi piace come suona. E poi è finlandese, sks. Comunque volevo solo dirvi che apprezzo tantissimo il vostro supporto, davvero. Adoro questi due shemi qua, e adoro anche voi che mi leggete sia silenziosamente sia lasciandomi un piccolo commento. Ve ne sono davvero grata, aw. Bene, vi lascio al prossimo capitolo...

Have fun!

 

 

Day Two: Cuddling Somewhere

 

 

 

«Oggi c’è Hinata?» domandò Daichi a Kageyama non appena fece il suo ingresso in palestra.

«No, non è venuto a scuola... Penso abbia la febbre, a questo punto» rispose.

Il Capitano abbassò lo sguardo, pensieroso, per poi rivolgersi a Suga: «Dovremmo comunque fargli arrivare i compiti, e l’ultimo regime d’allenamento individuale...».

«Sono d’accordo» annuì Suga; «Kageyama, riusciresti a portarglieli tu per favore? Fate la stessa strada tornando da scuola, sei quello più vicino e di sicuro sei quello che ha il rapporto più stretto con Hinata. Puoi?».

L’altro ragazzo inclinò la testa da un lato: «Passerò subito dopo l’allenamento, va bene».

 

“Ma chi me l’ha fatto fare...” pensava Tobio mentre si dirigeva a passo lento verso la casa di Hinata. Non era proprio la prospettiva più felice del mondo andare a casa dell’amico in quel delicato momento. Sì, quello in cui il cuore di una persona comincia a vacillare alla vista di un’altra. Quel filo di rasoio che separa l’amicizia in qualcosa di più forte, più intenso, più necessario, un confine sottilissimo che Kageyama non aveva alcuna intenzione di oltrepassare. Ma il destino aveva piani diversi rispetto al giovane alzatore, e nulla si poteva fare per cambiare le cose.

Rimase a fissare il campanello per un paio di minuti prima di decidersi a suonarlo, e ne passarono altrettanti prima che qualcuno venisse ad aprire. Kageyama lanciò un’ultima occhiata al cielo già semi-oscurato delle cinque di pomeriggio prima di entrare definitivamente in casa.

 

«Permesso... Scusate il disturbo...» disse cortesemente, togliendosi le scarpe sull’ingresso. Per fortuna aveva un paio di calze spesse nella borsa, e se le mise per evitare di scivolare sul pavimento lucido.

Una voce bassa e gutturale che proveniva da una delle stanze di sopra lo chiamò: «E-Ehy... Kageyama...».

Il ragazzo alzò lo sguardo, salendo con calma le scale e seguendo la voce: Hinata era appoggiato allo stipite della porta, una coperta appoggiata sopra le spalle. Gli fece cenno di seguirlo in camera, dove il ragazzo si buttò a capofitto sul letto completamente in disordine.

Kageyama rimase sull’uscio, guardandolo un po’ stupito: «Mh... Sembri stare peggio di quanto pensassi» commentò, appoggiando a terra la borsa. Si avvicinò all’amico, sedendosi ai piedi del letto: «Ciao Hinata. Ti ho portato il nuovo regime, e qualche quaderno che mi hanno passato i tuoi compagni. Dove te li metto?».

Shouyo si rigirò nella coperta, mettendosi supino e cercando di avvicinarsi a Kageyama.

«N-Non lo so...» sussurrò in tono rauco, dovuto alla tosse «N-Non è il mio primo pensiero, ora... Vorrei solo smetterla di stare male e tornare a scuola...».

Tobio lo osservò: il viso era decisamente più pallido del solito, e gli occhi castano-dorati erano contornati da un paio di occhiaie profonde. Hinata tremava leggermente, la fronte imperlata di sudore come se avesse caldo, ma le gambe che si strusciavano fra di loro come a cercare più calore. In fondo un po’ lo inteneriva vederlo così debole e indifeso, al contrario del solito ragazzo rumoroso ed entusiasta.

 

«Tranquillo, non ti stai perdendo niente per quanto riguarda le lezioni... Anche noi stiamo affrontando gli stessi argomenti, ed è una vera noia. Ma posso capirti per la pallavolo: dev’essere dura non potersi allenare-» lo rassicurò Kageyama, per poi interrompersi di colpo: Hinata gli aveva faticosamente appoggiato in grembo la testa arruffata, la nuca che premeva contro la sua pancia e la guancia che si incastrava nell’incavo fra le sue gambe.

Tobio arrossì di colpo alle parole di Hinata: «H-Ho freddo... Stai qui con me, t-ti prego...» sussurrò. Teneva gli occhi semichiusi, e a tratti strizzava le palpebre come a nascondere una fitta di dolore.

L’altro non si ammalava quasi mai e non riusciva quindi a comprenderlo bene, ma sentiva che doveva in qualche modo aiutarlo alla svelta. Fece con calma scivolare le dita fra i capelli rosso-arancio di Hinata, arricciando alcune ciocche per poi riportarle dietro l’orecchio. Ogni tanto gli accarezzava piano la guancia o la fronte, scostando un paio di ciuffi dagli occhi arrossati.

Il ragazzo emise un mugolio di apprezzamento, rannicchiandosi maggiormente vicino a Kageyama e cambiando lato, in modo da poter affondare il viso nella sua camicia dell’uniforme e respirarne appieno il profumo di pulito. Tobio non sapeva bene come reagire: lentamente proseguì ad accarezzargli la testa e ad affondare le dita nei suoi capelli morbidi, soffermandosi a volte sulle orecchie piccole e delicate.

 

«M-Mi piace... hai un tocco gentile. Non s-smettere, per favore...» mormorò Hinata tossendo piano, prendendo una delle mani di Kageyama e stringendola a sé. Baciò lievemente la punta delle dita, poi il palmo e il polso, e ne annusò il profumo.

«Grazie... Mi s-sto sentendo meglio...» aggiunse, sorridendo con dolcezza e aprendo piano un occhio per guardare l’amico «Kageyama? S-Se per te non è un problema, mi abbracceresti un p-po’...?» domandò in un soffio.

L’altro arrossì ulteriormente, un po’ spiazzato: Hinata sembrava voler a tutti i costi distruggere il muro fra di loro con una dolcezza e una tenerezza estenuanti. Gliel’aveva chiesto in modo innocente, puro, com’era sempre stato, e Kageyama non si sentiva più tanto a disagio.

Non disse nulla: semplicemente, scostò piano la testa di Hinata dalle sue gambe e l’alzò, appoggiandolo piano alla sua spalla. Gli cinse i fianchi con un braccio, mentre l’altro sosteneva quel corpo tanto esile quanto forte. Lasciò che Shouyo si incastrasse alla perfezione nell’incavo del suo collo, per poi stringergli forte una mano sotto la coperta calda.

«Ti voglio bene, s-stupido d’un Kageyama...» sussurrò.

L’altro sorrise fugacemente: «Anch’io te ne voglio, Hinata».

Rimasero così a lungo, Kageyama che lo coccolava dolcemente e Hinata appisolato che si lasciava stringere e viziare con delicatezza e affetto.

Li trovò Natsu dopo un paio d’ore, abbracciati e addormentati. Non li svegliò subito.

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