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di colinred_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO UNO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO DUE ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO TRE ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO QUATTRO ***
Capitolo 5: *** Caro diario... ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO CINQUE ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO SEI ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO SETTE ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO OTTO ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO NOVE ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO DIECI ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO UNDICI ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO DODICI ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO TREDICI ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO UNO ***


Questi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
LA STORIA È PRESENTE ANCHE SU WATTPAD
N.
Bstoria ambientata verso la metá della quinta stagione in poiQuindi appuntoquando Elena e Jeremy (resuscitatovivevano in casa Salvatore.

CAPITOLO UNO

Elena aveva finalmente lasciato alle spalle, per quanto potesse farlo, la sua vecchia e insidiosa vita a Mystic Falls, carica di morti innocenti, travagliate liti e conoscenze non programmate.

Elijah era un vampiro originale, di quelli che non si possono eliminare con un semplice paletto di legno trafitto nel cuore. Eppure alcuni vampiri che ne disconoscevano la persona intersecavano quel paletto con tanta forza da farsi male loro stessi, come Damon quando cercò di salvare la dolce e ancora umana Elena dalle mani dei vampiri Rose e del suo compagno.

Elena aveva amato cosí tanto la sua cittá che dopo la morte dei propri genitori, dell'amata zia Jenna e delle continue e sospette morti che in qualche modo sembravano sempre essere collegate a loro, aveva preso questa assurda decisione. Lei aveva sempre amato con tutto il cuore, dando il meglio di sè e ora mentre si trovava in viaggio, su un aereo di sola andata per l'Italia, si chiedeva se in qualche modo fosse servito amare cosí profondamente una persona tanto da togliersi la stessa vita. Aveva amato Stefan piú di quanto potesse farlo, aveva amato anche Damon: i due Salvatore. Eppure era riuscita a dare un po' del suo amore ad ogni persona che le era passata accanto o che lei avesse aiutato. Come quando si era imposta di estrarre  il pugnale spruzzatto di cenere di quercia bianca dal corpo inerme dell'originale e aveva dato la sua parola. Aveva persino dato un po' d'amore a quell'uomo morto da secoli e secoli che si rivelò un ottimo compagno e un buon ascoltatore oltre che un affascinante uomo.

Elijah si definiva un uomo d'onore, aveva amato anche lui, prima la doppelganger di Amara che portava il nome di Tatia, morta a causa della sua smisurata sete di sangue e poi Katerina.
Mentre passeggiava per le vie in festa di New Orleans, dove aveva deciso di restare insieme al fratello Niklaus si domandava perché adesso si ritrovasse solo. Sentiva il bisogno di qualcuno al proprio fianco. E mentre ripensava ai pochi mesi prima quando si aggirava per le vie di Mystic Falls insieme all'ennesima copia di Tatia, un magone lo pervase dall'interno.

Lasciare casa Salvatore era stato duro, aveva impacchettato le sue cose insieme ai vestiti in meno di due giorni con gli occhi di Stefan, Damon e Jeremy incollati alle sue spalle. Non avevano accettato la sua decisione, presa in un momento di scorforto. Come poteva farlo dopo tutto quello che insieme avevano sconfitto? 
Damon, messo male piú degli altri, aveva affogato le sue insidie nell'alcol.
Jeremy ripeteva tra sé e sé che un giorno si sarebbe trasferito anche lui insieme alla sorella, infine Stefan aveva evitato di riflettere per piú di due minuti sulla scelta della ragazza.
"Telefonami appena atterri", aveva detto Jeremy mentre abbracciava un'ultima volta la sorella.
La strada verso l'aereoporto era stata un sottofondo di pianti incontrollabili da parte di Caroline e Bonnie e di continui sbuffi da parte di Stefan che guidava. Lei e Jeremy guardavano fuori dal finestrino evitando di far incontrare i loro occhi.

Elijah percorse a ritroso la strada che solo pochi mesi prima aveva fatto per lasciare la piccola cittá mistica.
In meno di due ore si trovò davanti la tenuta Salvatore indeciso se entrare o meno. Spinse la porta e un tepore tenue lo colpì. Voltò lo sguardo a destra e l'immagine di un Damon assopito sul divano lo destó.
"Damon!" si avvicinò per scrollarlo.
Un mugugno impercettibile uscì dalle labbra del vampiro con i capelli corvini . "Chi sei?" domandò ancora ad occhi chiusi, qualche secondo dopo li aprì e mise a fuoco l'imponente corporatura dell'originale davanti a sé "Elijah, sei tu?"
"Sei sbronzo" 
"Sto solo tenendo compagnia alla mia vecchia bottiglia di Bourbon, ora che tutti se ne sono andati ci sentiamo tanto soli." 
Un cipiglio si formò sulla fronte di Elijah, che combatteva l'istinto di chiedere di più riguardo Elena. "Che intendi con 'tutti se ne sono andati' Damon?" 
"Intendo poof, spariti." 
"Sono morti?" alzò un sopracciglio l'originale.
"Cosa? Ma certo che no, allora fammi pensare: Jeremy, Bonnie e Caroline" contava sulle punta delle dita "sono con Stefan." 
"E Stefan dov'é?"
"Con Jeremy, Bonnie e Caroline, ovviamente! Non ti facevo così stupido vampiro originale. Sembri uno di quei conigli di cui si nutre mio fratello!"
"Damoon!" perse la pazienza "Elena dov'é?" 
"Con Stefan, Jeremy, Caroline e Bonnie."
Ecco che ricomincia. "Cosa stanno facendo?" 
"Io sono rimasto a casa, non c'era posto per me in macchina, la realtà é che non volevo salutare Elena" brontolò.
"Salutare Elena?"
"Ci ha lasciati! Si sta trasferendo in Italia... Ha un volo fra meno di un quarto d'ora Elijah."

Dopo parecchie ore di viaggio era giunta all'aereoporto di Roma pronta per prendere l'ultimo decollo e arrivare alla sua nuova casa che era riuscita a comprare grazie all'eredità Gilbert e qualcos'altro messo da parte, dove l'aspettavano i suoi nuovi mobili e alcuni dei suoi vestiti.
Non le rimaneva che contare le ultime ore che l'avrebbero separata dalla sua nuova vita.

Non poteva crederci, perché si stava trasferendo? 
Poi qualcosa gli passò per l'anticamera del cervello: lui lo aveva fatto così tante volte che aveva perso il conto. 
Aveva bisogno di qualcuno che lo ascoltasse come faceva Elena: in quei giorni con lei si era sentito irremediabilmente spensierato e attratto dalla figura della ragazza e prima d'ora non aveva mai provato quella sensazione.
Prese fra le mani il suo cellulare e compose il numero di Klaus.
"Fratello" disse quest'ultimo.
"Niklaus, volevo avvisarti che non tornerò per qualche giorno"
"É successo qualcosa?"
"Niente di cui tu debba preoccuparti, fratello. Vado in Italia" 
"Sei a Mystic Falls o sbaglio?" Elijah si passò una mano fra i capelli. "Sei stato dai Salvatore?"
"Io, io... sì sono stato da loro, ma tu..."
"Damon mi ha chiamato, blaterava su quanto tu assomigliassi a un coniglio senza cervello, mi ha detto che cercavi Elena." 
"Niklaus, devo andare." 
"Non fartela scappare."
Dopodiché staccò il cellulare e un sorriso sghembo si formò sulle labbra di Elijah. 
Nonostante tutto ciò che Klaus gli aveva causato, restava sempre suo fratello e una delle poche persone che riuscisse a comprenderlo.
Ho un volo da prendere, pensò.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO DUE ***


CAPITOLO DUE

Due giorni, due giorni erano già trascorsi da quando si era trasferita in Europa e le chiamate da parte dei suoi amici e suo fratello erano state interminabili.

Elijah aveva rimandato di un paio di giorni la sua inaspettata partenza per l'Italia, sistemando la valigia, contenente alcuni dei suoi vestiti e occupandosi degli ultimi impegni a New Orleans.
Aveva chiesto l'indirizzo di casa di Elena a Stefan e a Damon, ma nessuno dei due sembrava esser disposto a procurarglielo; così aveva usato la compulsione su Jeremy, che da giorni ormai non prendeva verbena.

Due giorni e Elena aveva fatto acquisti su acquisti: aveva comprato nuovi vestiti, piccoli tavolini per arredare il salotto, oggetti per rendere più vivibile l'immenso appartamento e aveva rifornito il frigo di schifezze.
La situazione degenerò quando tra le mura della sua nuova casa accolse un piccolo mostriciattolo a cui aveva dato il nome "Bo": un piccolo cucciolo di Bulldog inglese.

Si girò fra le mani il foglietto in cui aveva accuratamente appuntato l'indirizzo di casa della ragazza. 
Deve essere proprio questa, si disse. 
Un immenso cancello dava le spalle alla vista sul mare, dopo un piccolo vialetto il portone di casa troneggiava con il suo color ciliegia che faceva da contrasto alla facciata bianca della casa. 
Cosa le avrebbe detto una volta essersi presentato davanti la porta di casa sua? 
L'idea di ritornare a New Orleans lo sfiorò per un istante.
Non poteva averla cercata e fatto un viaggio così dannatamente lungo e poi non aver neanche il coraggio di suonare il campanello.
Mentre rimuginava sul da farsi, sentì alle gambe dei piccoli ansimi. Abbassò un attimo lo sguardo e vide un dolce e tenero cagnolino che si accostava ai suoi piedi.
"Ehi" si appoggiò sulle ginocchia e iniziò ad accarezzarlo "e tu come ti chiami?" 
"Bo, dove sei?" a parlare fu la voce di una ragazza. 
Elijah la conosceva bene. 
"Bo" sentì chiamare ancora.
"Penso sia lui Bo" rispose alzandosi e incontrando gli occhi della ragazza che nel frattempo aveva attraversato il cancello.

Il respiro di Elena si arrestò un attimo "Elijah!"
"Ti sei sistemata bene" il vampiro tirò fra le sue braccia l'animaletto continuando a fargli le coccole.
"Cosa ci fai qua?"
"Passavo di qui e..." 
"Elijah..." lo fermò la ragazza.
"Magari mi fai dare un'occhiata alla tua nuova casa, rifornirla di estintori e poi posso spiegarti il motivo della mia visita..." sorrise affabile Elijah riferendosi all'episodio di Elena e a cosa l'avesse spinta spegnere i suoi sentimenti. 
Sembrò quasi che sulle labbra di Elena si fosse formato lo stesso sorriso alla spiritosa e anche squallida battuta di lui.
"È successo qualcosa a Mystic Falls? Perché non sei a New Orleans?" domandò Elena mentre i due varcavano tranquillamente la soglia della casa portando con loro Bo.
"Rilassati Elena, non é successo nulla di cui tu debba preoccuparti." l'originale si accomodò al tavolo, aspettando che Elena gli portasse qualcosa da bere.

Elena guardò tra i viveri quali secondo lei potessero andare bene per Elijah, optò  per una semplice lattina di birra e una bottiglia di Jack Daniel's riposta nella sua credenza nuova di zecca.
"La libertà ti ha dato alla testa a quanto vedo" commentò il vampiro vedendola arrivare.
Mentre portava traballante tra le mani le bottiglie, accidentalmente una le scivolò dalle braccia.
Elijah corse ad aiutarla, si abbassarono entrambi contemporaneamente e le loro facce si sfiorarono trovandosi a pochi centimetri di distanza. 
Si fissarono per un paio di secondi e sembrò davvero che stesse succedendo qualcosa fra i due.
"Elijah" disse mentre fissava intensamente le labbra dell'originale "perché sei qui?"

Altamente sopraffatto e stordito dalla situazione ci mise qualche minuto prima di riconnettere la testa al cervello.
Fin quando il telefono di Elena non si mise a squillare e lei fu costretta ad alzarsi, lasciando pulire al ragazzo il liquido sparso per terra e la bottiglia finita in frantumi.
Elena prese il cellulare fra le mani e rispose.

"Damon." 
"Elena..." rispose con una voce altalenante, mentre sorseggiava dell'ottimo Bourbon direttamente dalla bottiglia, trovandosi dentro la vasca vuota della sua camera.
"Sei ubriaco?"
Lo era ormai da giorni.
"Leggermente" e una risata scoppiò fra le labbra di Damon.
"Finirai in coma etilico presto o tardi, se continuerai così!" si allarmò la ragazza.
"Se questo significasse farti tornare, lo farei...ma io sono egoista e anche immortale, ricordi Elena?" si fermò un attimo "Mi dispiace non averti salutato..." 
Si dimenò scompigliandosi i capelli, leggermente unti a causa della sua scarsa voglia di fare un bagno nelle ultime settantadue ore.
"Non era un addio Damon, ci rivedremo sicuramente, tornerò." 
"E invece si Elena, era un addio! Tu non tornerai mai più da me, non sei mai stata mia... Ti voglio qui e ora perché io ti amo, ma tu lo hai fatto comunque... Mi hai lasciato, hai lasciato tutti Elena!" terminò la frase urlando contro il cellulare.
"Devo andare Damon, mi dispiace!"
"Spegnerò l'interruttore Elena. Tutti i miei sentimenti..."
Forse si sbagliava, ma gli parve di sentire un piccolo singhiozzo sommesso. 
"Non farlo Damon" poi la chiamata si chiuse.
Damon gridò e gettò contro il muro il suo cellulare, gridò con tutta la rabbia repressa presente nel suo corpo, sotto gli occhi allarmati del fratello minore che nel frattempo era accorso. Gridò senza un domani che immancabilmente dipendeva da lei. Tutto dipendeva da lei.

Elena staccò il telefono, nascondendo una lacrima che non era sfuggita agli occhi del vampiro originale.
"Tutto bene?" chiese "Scusami, non ho potuto fare a meno di sentire."
"Si...Insomma." 
Elijah posò una mano sulla schiena della ragazza e cominciò a tracciare dei cerchi cercando di farla calmare. 
"Sono stata una stupida Elijah. Ho abbandonato tutti!" 
"Elena sanno badare a loro stessi, tutti quanti..."
"Non Damon. Ha bisogno di me e io non ci sono..." scoppiò in un pianto liberatorio "Mi ha sempre aiutata, mi ha detto che tutta la sua eternità sarebbe dipesa da me, sono io l'egoista!" 
"Elena, ricordi cosa ti ho scritto una volta? La tua compassione é un dono, ma a volte si deve saper distinguere la compassione dalla dipendenza. Lui non potrà sempre dipendere da te." dichiarò.
Sentiva un certo malessere nel vedere quanto lei stesse male per un'altra persona.
Elena non rispose e lui la tirò in un abbraccio prima di baciarle delicatamente la fronte.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO TRE ***


CAPITOLO TRE

Elena non si aspettava la visita di qualcuno a casa sua, ma soprattutto non si aspettava quella di Elijah.
Alla vista del ragazzo, chinato verso il suo cagnolino, il respiro le era rimasto bloccato in gola e qualcosa simile al venticello che provocavano le farfalle quando battevano le proprie ali le  aveva inondato lo stomaco.
Provava stima per quel vampiro, dal momento in cui aveva consegnato a lui il pugnale che lei stessa aveva conficcato nel suo cuore, nella casa al lago dei Gilbert e che rappresentava la sua parola e la sua piena fiducia nei confronti di Elijah.
Un certo feeling era sorto tra i due mentre si confidavano i più oscuri segreti delle proprie famiglie.
Erano pronti ad ascoltarsi a vicenda ogni qualvolta ne avessero avuto bisogno. 
Restava soltanto una domanda alla quale Elena non era riuscita a fare chiarezza, una domanda che girovagava per la sua mente dal secondo in cui Elijah aveva fatto il suo ingresso in casa: cosa stava facendo in Italia?

Il vampiro si era felicemente intrattenuto a cena e mentre fuori dalla finestra si riusciva a scorgere nient'altro che buio, lui e Elena si davano da fare pulendo i piatti che avevano usato per cenare; Bo scodinzolava tranquillo, in giro per la casa.
"Abbiamo davvero mangiato quelle schifezze che tenevi in frigo?" rise lui.
"C'era cibo migliore in cui potevamo contare?" rispose lei sorridendo.
"Potevamo sempre ordinare qualcosa" si sistemó i capelli mentre lavava i piatti e Elena li asciugava.
Accidentalmente un po' di schiuma gli finì tra i capelli e Elena cominciò a ridere.
"Cosa c'é ora?" 
"Hai della schiuma tra i capelli, aspetta te la tolgo!"  si avvicinò al corpo di Elijah, si alzò in punta di piedi
Mentre scompigliava i suoi capelli, l'originale non poté fare a meno di guardare i suoi occhi e i lineamenti del suo viso che conosceva a memoria ormai da secoli. 
Cosa sentiva precisamente quando stava con lei? 
Un misto di emozioni colorate di rosso, arancione e giallo scoppiò dentro la sua testa e fu un movimento dettato dai sensi quello di appoggiare la sua mano sul fianco della ragazza. Elena sussultò al contatto e incatenò il suo sguardo dentro quello di Elijah.
Alzò la sua mano per accarezzare il viso della ragazza, portò una sua ciocca di capelli dietro l'orecchio e con il pollice si ritrovò ad accarezzarle le labbra.

"Allora" si distanzió Elena "quanto tempo starai e dove?"
Elijah si passò una mano fra i capelli, si destò e con calma rispose "Non so ancora quanto mi fermerò, ma intanto starò in un hotel qua vicino." 
"Un hotel? Scherzi? Ho una stanza in più, potresti sempre restare qua per alcuni giorni" Elena evitava il suo sguardo, aveva in testa una moltitudine di pensieri contrastanti riguardo l'uomo accanto a sé. 
"No davvero, non ho niente con me. È tutto nella mia stanza d'albergo."
"Insisto!"
"D'accordo" sorrise l'uomo.
"Dovrei avere delle felpe di mio fratello dietro e qualche pantalone da tuta" corse di sopra e in un batter d'occhio si ritrovò fra le mani i vestiti che consegnò all'originale.

Conciato in quel modo, tutta la sua serietà e elegantezza si erano dissolte in un attimo.
Uscì dal bagno cercando di non farsi notare da Elena che purtroppo, appena lo vide scoppiò in una fragorosa risata.
La felpa di Jeremy gli stava stretta dalla vita e la leggera pancetta che sembrava non esserci mai stata comparì dal nulla, i pantaloni da tuta invece gli arrivavano alle caviglie.
"Non.dire.una.parola." scandí.
"Stai molto bene, complimenti! Forse dovresti uscire più spesso così che con i tuoi vestiti eleganti!"
"Elena?" cotinuò.
"Sì,Signor Mikaelson?" 
"Inizia a correre!"

Quello che successe nei secondi successivi, visto dagli occhi spaesati di Bo, erano soltanto delle irrefrenabili sagome di due ombre che veloci si muovevano da una parte all'altra della casa.

"Pensi che io non sappia divertirmi?" chiese Elijah riuscendo ad afferare per un braccio la vampira.
"Okay, hai vinto!" si arrese Elena "Ti faccio vedere la stanza."
Aprì una delle porte del corridoio e entrò dentro insieme all'uomo, con il cagnolino alle calcagna.
"Allora...buonanotte." si congedò la ragazza, non prima che Elijah le avesse lasciato un dolce bacio sulla guancia.
Giurò di averla sentita bruciare dopo che le labbra del vampiro si staccarono da essa.
Andò in camera sua dove, sul letto, aveva già tranquillamente preso posto Bo e pensò alla strana giornata che aveva appena trascorso.
Elijah l'originale si trovava a pochi metri di distanza da lei, in casa sua.
Dormire non era ancora facile per lei, causa jet-leg e poteva sentire la smania di Elijah anche dalla sua camera.
Il suo cellulare cominciò a vibrare, forse per l'ennesima volta in quei due giorni, e il nome di Stefan apparì sullo schermo.

Elijah continuava a rigirarsi nel letto, tormentato dai pensieri su Elena che gli frullavano per la mente.
Poi lo sentì, un singhiozzo, quasi un pianto proveniente dalla camera accanto.
Aveva sentito tutta la chiamata. 
Elena non si meritava di dover sopportare un peso così grande sopra le spalle, non si meritava di dover sopportare l'egoismo di qualcuno.
"Ehi" si appoggiò allo stipite della porta.
"Non posso crederci Elijah! L'ha fatto veramente, ha spento i suoi sentimenti... la sua umanità... quella parte di lui che valeva la pena amare!" 
"Non è colpa tua Elena." 
"Non merito di essere amata, faccio del male a tutti." 
Avrebbe voluto dirle che si meritava tutto l'amore e l'affetto di questo mondo ma quello che fece fu limitarsi a stringerla in un altro abbraccio pieno di sincerità e conforto.

Elena era nel suo letto insieme a Elijah che alla fine aveva deciso di restare in camera della ragazza e ora le accarezzava leggermente i capelli.
"Sei sveglia?" domandò.
Qualcosa simile a un brontolio uscì dalla bocca di Elena. "Dove andrai dopo l'Italia?" chiese Elena.
"Avrei intenzione di andare negli Emirati Arabi: Dubai, Abudhabi..."
"Deve essere magnifico lì..." 
"Potrei sempre avere una compagna di viaggio..." 
"Elijah, mi sono appena trasferita." 
"Non parto mica domani Elena. Starò qui ancora per un po'... Potrai pensarci su."
"Perché sei qui, in Italia?" ancora quella domanda.
L'uomo ci pensò qualche secondo prima di rispondere un flebile per te che alle orecchie di Elena non scappò.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO QUATTRO ***


CAPITOLO QUATTRO

Quando ad Elena, verso le sei di mattina, sembrò che non ci fosse più speranza per lei di addormentarsi beatamente, Elijah si sistemò meglio nel letto, tolse la sua felpa,  forse a causa del caldo improvviso che era divampato nella stanza, allargò le sue gambe e con un gesto imprevedibile racchiuse nelle sue braccia la povera ragazza che si dimenava per il piccolo spazio che le era rimasto.
Non si accorse del minuscolo sorriso consapevole che adornava le labbra di Elijah.
Per concludere Bo era saltato sul letto accanto alla sua faccia.

Alle dieci di mattina il letto si presentava come un groviglio indefinito di braccia, gambe, piccole zampette e lenzuola.
Elijah aprì gli occhi sorridente e si trovò davanti il viso di Elena che, elegantemente, dormiva a bocca aperta con le sue esili braccia strette alla vita di lui.
Pensó che non ci potesse essere risveglio migliore, mentre delicatamente sfiorava la guancia della ragazza.
Sentiva una strana alchimia mentre stava insieme a lei, eppure i momenti condivisi erano stati pochi ma toccanti. 
Cosa gli stava accadendo? Perché ricevere l'attenzione di Elena era diventato così importante?
Quasi come da copione, un campanello suonò svegliando l'armonia dell'intera casa, perfino Bo aveva noiosamente allertato le sue orecchie.
Elijah vide Elena muoversi pacatamente e aprire i suoi occhi, non aveva voglia di alzarsi mentre il campanello suonava in modo insistente.
"D'accordo, d'accordo... Vado io" si arrese Elijah, stiracchiandosi meglio.
"Grazie" sospirò lei.
Scese di corsa le scale, dimenticandosi la felpa di Jeremy e aprì il portone.
Un ragazzo dagli occhi azzurri e capelli biondi sorrideva sornione, ma la sua espressione cambiò dopo aver notato Elijah.
"Emh...tu non sei Élena" si grattó imbarazzato la testa mentre parlava con accento italiano.
"È Eléna" Elijah corresse il suo accento  "e tu sei?" chiese, cercando di scoprire di più sul misterioso ragazzo che sostava davanti la loro porta.
"sono un vicino di casa, non ho ancora avuto modo di presentarmi, mi chiamo Marco!" gli porse la mano che il vampiro originale non rifiutò e che strinse con troppa forza.

"Elijah, chi è?" la ragazza scese le scale indossando dei pantaloncini e una canottiera.
"Ho interrotto qualcosa?" azzardò Marco.
Elena affiancò l'originale, dopo essersi scambiati uno sguardo veloce.
"No" disse lei.
"Prego entra" i due si scostarono dalla porta "Elijah, meglio che tu vada a cambiarti" sussurró.
"Meglio che lo faccia anche tu." 
Elijah salì le scale mentre la ragazza fece accomodare il vicino in cucina.
"Il tuo ragazzo è geloso..." 
"Oh, non è il mio ragazzo" rispose lei "siamo amici, caffè?"
"Sì, grazie. Da dove vieni Élena?" chiese mentre Elijah scendeva gli ultimi due scalini insieme a Bo sistemandosi la giacca del suo completo "Eléna"
"Elijah" lo rimproverò "Mystic Falls, Virginia" poi rispose al ragazzo.
"E tu?" si rivolse all'originale che aveva preso posto anche lui.
"New Orleans"  Elijah afferrò una delle tazze che la ragazza aveva accuratamente preparato per loro tre.
"Non posso crederci, parlamene...Il folklore sui vampiri che circonda quella città è immenso!" 
Elena sputò il caffè, appena ingoiato, dentro la tazza e il vampiro cominciò a battere delicatamente la sua mano sulle spalle della ragazza.
"Anche io ne so qualcosa." continuò Elijah "Si dice che esista un'intera famiglia originale, immortale e che uno dei figli sia un ibrido: metà vampiro e metà licantropo." parlò con la sua solita voce calma e monotona.
La ragazza ascoltava silenziosa le parole dell'uomo accanto a sé.
"Se stavi cercando di spaventarmi ci sei riuscito, amico!" diede scherzosamente un pugno al braccio di Elijah che rimase composto davanti l'esagerata reazione del ragazzo. "Studi queste cose a New Orleans? Sei un professore?" 
"Allora" tagliò la discussione Elena "Marco, vivi da solo?" sorseggiò il suo caffè.
"Sì, frequento la facoltà di architettura in una città non molto distante da qui." 
"Architettura? Deve essere interessante studiarla quando abiti in un posto come l'Italia" 
Elijah sbuffó e Elena se ne accorse.
"Lo è, ma preferisco più la perfezione greca a quella dei Romani o italiani come la si voglia vedere: templi, strutture imponenti come l'Atena Phartenos..." 
Il silenzio calò nella stanza e a romperlo fu Elijah che si alzò dalla sedia "Mi dispiace veramente tanto dover lasciare questa deliziosa conversazione, ma io devo andare in albergo Elena. Prenderò le mie cose e tornerò." 
"Ti chiamo un taxi" la ragazza assecondó le richieste dell'uomo, tentando di alzarsi e prendere l'elenco telefonico ancora sigillato.
"Qua i taxi non arriveranno mai!" parlò Marco "Se vuoi posso accompagnarti dove desideri, a patto che domani sera veniate a cena da me, non una cosa impegnativa: pizza e birra."

"Marcò, l'albergo non é molto distante, posso andare anche a piedi"
"È Marco."
"Come scusa?" Elijah chiese indifferente "Comunque ti ringrazierei se tu mi ci portassi." 
"Tu parli sempre in modo così sofisticato? Sembri più vecchio dell'età che dimostri!"

La risata che Elena cercava di trattenere ormai da un paio di minuti fu più forte di lei. "Meglio che voi andiate" e i due si affrettarono ad uscire dalla cucina e dirigersi verso il portone d'ingresso dove Elijah le stampò un enorme bacio sulla guancia.

"Elena è davvero una bellissima ragazza" parlò Marco mentre guidava verso l'albergo.
Elijah non si prese neanche la briga di rispondere.
"Tu sei molto più grande di lei, insomma... si vede!"
"Solo di sei, sette secoli" sorrise l'orginale verso il ragazzo che in un primo momento non capì e poi "Ah una battuta, immaginavo avessi anche un lato ironico!" cominciò a ridere.

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Capitolo 5
*** Caro diario... ***


Caro diario,
Sono Elena e ti scrivo dall'Italia. Strano vero? Ho deciso di cambiare aria, ma ho la sensazione che quella che si respira da queste parti sia velenosa, lontana dalla mia famiglia.
A volte si pensa che scappare dai propri problemi sia la soluzione più adeguata, in realtà non è una soluzione, è una conseguenza.
Decidi di fare un passo molto ampio, più grande delle tue aspettative e poi ti chiedi "Perché l'hai fatto?"
Hai presente quando pensi di poter arrivare a quel muretto che si trova a pochi passi da te e ti illudi di poterlo scavalcare, ma ti slanci e lo colpisci di testa? 
Ecco, mi è rimasto nient'altro che un peso più enorme e oscuro di quello che avrei sentito restando a Mystic Falls.
Ho lasciato i miei amici: ho lasciato Jeremy, il mio unico vero familiare; ho lasciato Bonnie e Caroline; ma soprattutto ho lasciato Stefan e Damon.
Damon non è mai stato forte, nasconde il suo odio e malessere dietro quel nero che indossa tutti i giorni, immagino il colore dei suoi occhi: lucidi e vuoti, contenenti un universo di rabbia repressa verso quella dannata ragazza.
Immagino anche Stefan accanto a lui, pronto ad aiutarlo come solo un fratello sa fare.

Ho una nuova casa, molto più grande di quella in cui vivevo.
Mystic Falls non mi abbandonerà mai, porterò sempre un pezzo di lei e dei suoi inquietanti abitanti.
Uno tra i tanti, che ultimamente aveva traslocato a New Orleans, abita sotto il mio stesso tetto ormai da quattro giorni ed è uno degli originali: Elijah Mikaelson.
Fra un po' partirà per gli Emirati  Arabi, mi ha chiesto di andare con lui... ma mi sono appena trasferita e ho anche un cane adesso.
La realtà è che in questi giorni passati con lui ho provato un misto di sentimenti che non riesco a descrivere, mi sento bene. Mi sento come quando ho conosciuto Stefan, quei giorni in cui tutto era nuovo per me dopo aver perso i miei genitori e lasciato Matt, non so se questo cambierà se deciderò di partire con lui.
Un mio vicino, molto simpatico, di nome Marco due giorni fa si è presentato davanti la mia porta e dopo una piacevole conversazione ha invitato noi due per una semplice serata a casa sua.
Il tutto è stato molto strano quando ci siamo presentati nell'appartamento di Marco: Elijah era vestito con uno dei suoi completi e io contrastavo con un semplice jeans e una magliettina, trovata fra le valigie. Abbiamo aspettato che Marco venisse ad aprire e prima che io potessi fare un passo verso l'interno della casa il braccio di Elijah mi ha fermata . Marco doveva invitarci ma prima di poterlo chiedere lui stesso lo ha fatto.
Una serata tranquilla passata fra nuovi amici e vampiri con una storia dietro.

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO CINQUE ***


CAPITOLO CINQUE

Elijah stava preparando il piccolo borsone che lo aveva accompagnato in quell'assurdo viaggio per l'Italia. Era tempo di partire e Elena non gli aveva dato ancora una risposta. Aveva bisogno di lei in un certo senso, come... un'amica.
Cosa stava succedendo dentro di lui? Le piccole farfalle messe a riposo per anni si stavano finalmente risvegliando?

Riusciva a provare qualcosa per quell'uomo?
Elena correva distrattamente per le vie della città con un paio di auricolari alle orecchie e quasi non si accorse del ragazzo che le tagliò la strada con uno scooter blu metallizzato.
"Scusami!" disse quest'ultimo posteggiando goffamente il mezzo "Mi sono trasferito da poco e non conosco molto bene il posto." 
"Tranquillo, dovevo stare più attenta. Anche io sono nuova, mi chiamo Elena Gilbert" gli tese la mano.
"James Fell" gliela strinse lui.
Ad Elena mancò il respiro, le sembrò che ancora una volta il passato la stesse perseguitando.
"Tutto okay?" chiese lui.
"Sì, devo andare." 
Girò l'angolo e dopo aver schiacciato vari tasti del suo cellulare, noncurante del fuso orario, compose il numero di Caroline.
"Elena!" rispose contenta la bionda dall'altra parte della cornetta, nonostante da lei fosse ormai notte.
"Caroline, ho un problema...non so neanche il motivo per cui io ti abbia chiamata visto che non puoi fare molto ma..." 
"Calma Elena, respira! Cosa è successo?"
"Le famiglie fondatrici: uno dei Fell è qui in Italia, non credo sia un caso! Qualcuno ha saputo di me, del mio trasferimento, non posso credere quanto sia grande l'odio per i vampiri."
"Elena, parto per l'Italia e..."
"No Caroline! Elijah è qui con me e mi ha chiesto di partire con lui e ora penso di aver preso una decisione e..."
"Sono rimasta a 'Elijah mi ha chiesto', che significa? Uno degli originali è lì?"
"Sì Caroline, da quattro giorni, devo correre da lui... Ci sentiamo più tardi!"
"Aspetta Elena! Damon è fuori di testa e ha decimato la popolazione della cittadina in meno di due giorni..." 
"Farò qualcosa Caroline, te lo prometto."

Marco camminava per i corridoi dell'Università in attesa del suo nuovo compagno di studi: si era trasferito anche lui da poco e faceva fatica a comunicare con gli altri. 
Veniva dalla Virginia come la sua nuova vicina di casa, magari sarebbe riuscito a far incontrare loro una di quelle sere. 
"Marcó" disse James facendo un cenno con la mano "sono qui!"
James consegnò nelle mani del ragazzo un bicchiere più o meno pieno di acqua scura, comunemente detto 'caffè delle macchinette'  e insieme iniziarono a dirigersi verso l'uscita per andare a casa di Marco.

Elena aprì la porta di casa sua e Bo le saltò addosso.
"Elijah!" chiamò lei "Elijah dove sei?" 
Lui si affrettó a scendere le scale incontrando il volto preoccupato di Elena.
"Sanno di me Elijah, le famiglie fondatrici. Uno dei Fell è qui!"
"Perché avrebbe fatto un viaggio così lungo per venire ad ucciderti?" si accigliò l'originale.
"Non lo so Elijah, forse l'odio che prova verso i vampiri è talmente smisurato quanto quello che provava mio fratello verso di me..." poi qualcosa s'illumino dentro di lei.
"Almeno che lui non sia un cacciatore di vampiri e anche..." 
"Un Potenziale." finì Elena per lui.
"Sono nati per uccidere ogni essere immortale esistente, devono ristabilire l'equilibrio sulla terra."
"Neanche un oceano potrebbe fermarli."
I due tesero l'orecchio e tratti di una conversazione si estero fuori dalla porta di casa.
"Non possiamo ucciderlo Elijah, non riuscirei a sopportare ancora una volta la Maledizione del cacciatore!" 
"Noi non possiamo, ma qualche mortale potrebbe. Potremmo soggiogare qualcuno."
"Elijah, questa non è Mystic Falls o New Orleans..."
Poi il campanello suonò e Elijah andò ad aprire seguito da Elena: Marco e James.
"James questa è la mia vicina..." iniziò Marco.
"Elena Gilbert" 
"Vi conoscete?" 
"Le nostre famiglie erano molto unite sin dai tempi del 1864 se non sbaglio, insieme alla famiglia Salvatore. Che delusione ha ricevuto il signor Giuseppe dai suoi due figli, ciò per cui lui combatteva ardentemente gli si é ritorto contro." 
" James..."
"E come dimenticarsi dei Forbes e dei Lockwood?" 
"Perché sei qui?" prese in mano la situazione Elena, Elijah invece ascoltava silenzioso insieme a Marco "Non sto facendo nulla di male."
"Ah no, sbagliato! Non sei morta quando dovevi e vedo che anche il tuo amichetto qui accanto non l'ha fatto. Ho il grande dono di essere, oltre un Fell, anche un Potenziale." 
"Okaay, ho capito" disse Marco "avete bisogno di parlare di queste cose a cena, che ne dite di domani sera da me?" 
"D'accordo." 
Elena in un attimo chiuse il portone e lanciò un urlo esasperato.

"Elena, ci inventeremo qualcosa. Lui non sa di me, non sa che sono un originale." 
Si avvicinò al corpo di Elena poggiando le sue grandi mani sulla sua vita.
"E se invece lo sapesse?" 
"Ti do la mia parola Elena, farei di tutto per tenerti al sicuro." 
"Mi fido di te."
Elijah mandò via quel poco di autocontrollo che ancora lo pervadeva e con un gesto avvolse le sue labbra insieme a quelle di Elena.
Pensò che da qualche parte lì fuori, il mondo si fosse fermato perché furono interminabili per lui quei secondi. Elena si staccò per incontrare gli occhi del vampiro, ma dopo un attimo di esitazione unì ancora una volta le loro labbra.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO SEI ***


CAPITOLO SEI

"Elena, stai calma!"
"Come posso stare calma? Avrà un milione di modi con sé per poterci uccidere Elijah. Anzi, per uccidermi" si dimenava mentre fra un armadio e l'altro cercava qualcosa da mettere.
"Possiamo parlare di quello che è successo ieri?" il corpo di Elijah stava fremendo da più di ventiquattro ore da quando i due si erano baciati.
"Cosa?" chiese distrattamente lei.
"Elena..."
"Mi è piaciuto Elijah, mi sono sentita bene."
Tirò un sospiro di sollievo e con la sua solita calma e eleganza rispose "Non è stato indifferente neanche per me. Ora per favore, vestiti...Siamo in ritardo Elena."

"Prego entrate" Marco aprì la porta di casa e condusse loro verso il salotto, dove il cacciatore stava già comodamente seduto.
"Perdonate il nostro ritardo."
"Oh, non vi preoccupate!" rispose James mentre Marco portava con sé del liquore. "Bevete qualcosa prima di iniziare? James ha portato da bere." domandò.
Elijah e Elena acconsentirono titubanti mentre il padrone di casa preparava quattro bicchierini.
Insieme brindarono e James guardava di sottecchi la situazione, aveva preparato tutto in meno di un giorno.
Aveva iniettato di verbena le bottiglie del liquore in modo da farlo bere a Marco e non poter essere soggiogato; poi farlo bere ai due vampiri e indebolirli.
Dopo che Silas era stato finalmente sconfitto e mandato dall'Altra Parte, la mappa del Cacciatore era scomparsa del tutto dai corpi dei Potenziali ma l'odio era rimasto immutato.

"Non penserai veramente che ci vedrai bere verbena, vero?" sputò Elena.
Prima che potesse bere, Marco fu fermato da Elijah che lo soggiogò affinché salisse al piano superiore e si chiudesse a chiave.
James tiró fuori dalla felpa alcuni paletti che lanciò dritto verso il petto di Elena che dolorante si accasciò a terra.
Elijah corse verso la ragazza, le levò i paletti e si avventó sul Potenziale che preso alla sprovvista cadde a terra.
"Protrai provare ad uccidermi quanto vuoi, ma non ci riuscirai mai!" disse rivolto al Cacciatore, "Elena chiama Marco! Chiamalo mentre io tengo fermo James e trova qualcosa con cui ucciderlo!" disse tra un affanno e l'altro mentre ripetutamente il cacciatore attaccava con un paletto il petto di Elijah.

Elena corse al piano superiore e buttò giù la porta.
"Cosa sta succedendo Elena?"
"Marco, so che può sembrare strano ma noi...noi siamo vampiri e James è un Cacciatore."
"È tutto vero. Non posso crederci."
"Marco..."
"Sta' lontana da me..."
"Non voglio farti del male, tutto questo sarà finito fra meno di un'ora!" si avvicinò cautamente e lo guardò negli occhi pronta a soggiogarlo.

-----

Quello che i due fecero del corpo senza vita di James fu solo un'azione portata avanti abitualmente nei pressi di Mystic Falls o New Orleans. 
Elijah non riusciva ancora a crederci: Elena gli aveva dato finalmente una risposta. Aveva detto di sì. Era stato forse un momento di disperazione ad aver causato la sua decisione. Cosa importava ormai?Avrebbe passato altro tempo con lei, ma adesso era tempo di tornare a New Orleans a preparare le valigie.

Elena aveva appena lasciato il suo cagnolino nelle mani di Marco, che dei giorni precedenti non ricordava assolutamente nulla, affermando che lui se ne sarebbe dovuto occupare solo per pochi giorni.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO SETTE ***


CAPITOLO SETTE

"Elijah sei tu?" Klaus chiese mentre scendeva le scale della loro enorme casa a New Orleans. 
"Niklaus." lo salutò il fratello mentre lui e Elena, al suo fianco, se lo ritrovarono di fronte.
"Elena, la mia doppelganger preferita... Che piacevole sorpresa!" 
Lei fece una smorfia.
"Ho saputo del tuo trasferimento in Italia, ma non mi pare che questa sia l'Italia" enfatizzò con le proprie mani mostrando lo spazio circostante.
"Io...Elijah mi ha..."
"Le ho chiesto di venire con me negli Emirati Arabi. Se vuoi scusarmi, ho una valigia da preparare..."
"Hayley era ansiosa di vederti..." parlò Klaus ancora una volta al fratello mentre quest'ultimo si accingeva a salire le scale.
Elijah si fermò giusto il tempo di rispondere "Ne sono felice" sotto lo sguardo indagatore di Elena.

Elena si guardò intorno, consapevole degli occhi dell'ibrido alle proprie spalle.
"Una vampira. Ti dona molto questa tua nuova forma, hai conservato la tua umiltà e presumo che i tuoi sentimenti adesso siano accentuati..." iniziò a osservarla.
"Non sono come Katerina!" 
"Ma ovvio che no, prego..." le mostrò una porta che fino a quel momento Elena non aveva notato "Facciamo un giro in giardino." 
Titubante la vampira lo seguì.
"Come vanno le cose? Hai lasciato Mystic Falls. I Salvatore saranno distrutti." 
"Klaus, esattamente di cosa vuoi che discutiamo? Aprezzo questa tua voglia di dialogo, ma vorrei ricordarti che fino a qualche mese fa la tua voglia più grande era usarmi come sacca di sangue ambulante per i tuoi ibridi."
Klaus tirò una risata "Non sei una che mette una pietra sopra facilmente." 
"Come potrei? Tutti sembravano aver bisogno di me per i propri scopi." 
"Damon é arrivato fin qui... É totalmente fuori di testa. Non ho mai visto nessuno così spietato con l'umanità spenta. Ho dovuto chiamare Caroline, l'unico contatto di Mystic Falls nella mia rubrica." 
"So che é colpa mia, ma voglio staccare la spina per un pó da questo mondo..."
"E per farlo ti serve mio fratello?" domandò riluttante Klaus.
"A te non interessa Damon, tu stai cercando di non farmi partire con Elijah, vuoi allontanarci..." capí Elena.
"Non state insieme, non vi conoscete neanche bene! Sono stato io stesso a dirgli di provarci, okay? Ma non credere al fatto che io non voglia bene a mio fratello, so com'è in queste cose, ha già sofferto troppo in passato." 
"Non serve un padre ad Elijah." affermó dura Elena.
"Voglio solo che lui sia felice, se lo merita."
"Me lo merito anche io Klaus, ti ripeto: non sono come le altre e soprattutto non sono come Katerina! Non so ancora cosa stia succedendo tra noi e non riesco neanche a spiegartelo, ma sto bene con lui..."

Elijah stava cercando suo fratello e Elena. Stava sentendo stracci di conversazione provenienti dal giardino, poi li aveva trovati. Non sapeva da quanto tempo i due avessero iniziato a parlare, ma poi si decise a farsi notare.
"Elena, Klaus tutto okay?" 
La ragazza diede un ultimo sguardo seccato a Klaus e poi lo superó.
"Cosa le hai detto?" chiese.
"Che non deve farti soffrire, Elijah. Sappiamo bene come sono..."
Non fece finire di parlare suo fratello e scandì bene le sue parole "Non é Katerina, c'è compassione in lei e nei suoi occhi."
"Prova compassione anche per te Elijah e anche lei sta scappando! Scappa dal mondo a cui é sempre appartenuta, non mi sembrano così diverse."
"Non scappa perché un bastardo senza cuore le ha ucciso l'intera famiglia e vorrebbe uccidere anche lei! Non scappa perché ha mandato a monte la sua infinita voglia di potere Niklaus! Ripeto, lei non è Katerina!" 
"Sei mio fratello! Posso preoccuparmi per te?"
"Non ha fatto niente di cui tu debba preoccuparti." dopo un ultimo cenno verso Klaus, Elijah rientrò in casa.
"Non desideravo arrivare a questo punto..." Elijah lo sentì, quasi un sussurro, mentre stava lasciando la piccola villetta alla ricerca di Elena.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO OTTO ***


CAPITOLO OTTO

Era terribilmente arrabbiato con suo fratello. Aveva sbattuto la porta di casa sbuffando, quasi la staccava dai cardini, in modo che l'altro la sentisse. 
Quella era la sua dannatissima vita, non avrebbe permesso a nessuno di immischiarsi, non più almeno.
Niklaus si preoccupa per me, pensò.
Che si preoccupi pure! 
Per una volta decise che non era la sua famiglia la cosa di cui aveva più bisogno in quel momento. 
Aveva bisogno di lei e lei soltanto e, se un giorno l'avesse fatto soffrire...beh meglio non pensarci.

Camminò per un po' di isolati, fino a raggiungere l'altra parte del paese, dove era stato al massimo due volte e dove la presenza del mondo mistico scarseggiava. 
La trovò seduta su un marciapiede mentre si reggeva la testa con le mani.
"Elena..." 
"Lasciami stare..." 
"Vieni con me..." Elena alzò lo sguardo, notando gli occhi scuri dell'altro, terribilmente vecchi per l'età che dimostrava, velati da un lieve senso di tristezza e forse anche stanchezza.

Probabilmente aveva capito che quel vieni con me significava in qualche modo 'non abbandonarmi anche tu'. 
Ed Elijah non lo nascose. Intendeva proprio farle capire quanto fosse contento di averla lì con lui.
Poi lei distolse lo sguardo, "Tuo fratello ha ragione..." strofinò le sue mani sui jeans "Sto scappando anche io e forse non sono la ragazza con cui dovresti stare in questo momento." 
Una ciocca di capelli era sfuggita alle altre e aveva coperto il suo volto, in parte.
Elena singhiozzò, il cervello di Elijah stava viaggiando quasi alla velocità della luce per trovare una frase o qualcosa da dirle che la facesse stare meglio, qualcosa che non risultasse banale e insensato. 
Poi le tese la mano e l'unica cosa che gli uscì dalla bocca, ancora, fu "vieni con me" che questa volta prendeva le sembianze, nella mente dei due, di un 'entra nella mia vita e non lasciarmi andare'.
Strano come, a volte, le cose dette abbiano vita propria e si trasformino in ciò che in realtà avresti voluto veramente dire, ma non ne hai mai avuto il coraggio.  
Elena afferrò la mano e si alzò. "Ci faremo solo del male." 
"Forse," rispose Elijah aggrappandosi ai suoi fianchi e portandola più vicina a lui, vicino al suo cuore fermo, di cui poteva ormai solo immaginare il battito accelerato che avrebbe avuto in quell'istante in cui aveva Elena fra le sue braccia, se solo avesse funzionato "ma non mi importa." continuò. 
Forse non gli dispiaceva neanche che il suo cuore non battesse e che Elena non potesse sentirlo, perché in quel momento si sentiva più vivo che mai. E nessuno, neppure Klaus avrebbe potuto dimostrarne il contrario.

Si diede dello stupido per un attimo, probabilmente stava correndo troppo e forse Elena non avrebbe mai e poi mai ricambiato allo stesso modo.
Cosa pretendeva? Che l'alone dei fratelli Salvatore di Mystic Falls evaporasse in un una settimana? 
Poi Elena fece una cosa: si alzò in punta di piedi e si aggrappò al suo collo, poi posò delicatamente un bacio sulle labbra di lui che la fissava ad occhi sbarrati.
Poi si perse nella dolcezza di quel bacio e sentì la ragazza schiudere le labbra, mentre lui spostava le braccia dai suoi fianchi alla schiena, per stringerla a sé più forte di prima.
Sì, si era proprio innamorato, ma non in quel preciso momento. Il momento preciso era stato un altro.
Quando l'aveva vista tornare a casa Lockwood, in quella tarda serata e lui l'aveva aspettata nonostante credesse realmente che non l'avrebbe mai più rivista. 
Sì, Elena. Vieni con me.

Paura, incertezza, ansia. 
Tutto completamente spazzato via da quel bacio. Perché lo aveva fatto? Probabilmente per lo stesso motivo per cui aveva accettato di seguirlo fino a New Orleans. 
Elijah era un misto di sensazioni che non aveva mai provato prima o forse non ne aveva avuto il tempo.
Avrebbero dovuto inventare un'emozione che portasse il suo nome.
Quasi sorrise fra le loro labbra, mentre pensava a lui, alla sua infinita delicatezza, alla sua pacatezza che lo contraddistingueva e alla pazienza che dimostrava nel badare a lei; una ragazzina che aveva perso i genitori e che un giorno si era imbattuta nel mondo dei dannati e di cui anche lei adesso faceva parte. 
Cos'era la paura di sentirsi inadeguata se in quel momento stava provando tutta quell'infinita serie di emozioni? Non era niente e sarebbe riuscita a mandarla via se questo avesse significato perdersi fra le braccia di Elijah ancora e ancora e ancora. 
Si strinse di più al suo collo.
Sì, Elijah. Vengo, stavano dicendo i suoi occhi; ma tu, per favore abbi cura di me.

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Capitolo 10
*** CAPITOLO NOVE ***


CAPITOLO NOVE

Tornarono a casa ormai a sera inoltrata, avevano camminato per le vie del paese senza staccare un attimo le loro mani, scambiandosi sorrisi e sguardi imbarazzati.

Avevano passeggiato tra le bancarelle ed Elena si era persa più di una volta nelle bellezze di quel posto, tutto così vivo e luminoso, esattamente come si sentiva lei, come le emozioni che provava.

Le loro guance avevano preso quella sfumatura rosata così tante volte - anche Elijah - che non si riusciva più a tenere il conto. 
Si strattonavano, si spingevano, si allontanavano fra i marciapiedi e le vie ma poi tornavano accanto, come calamite.
Polo positivo e polo negativo, perché infondo si sa, gli opposti si attraggono. Restava solo da capire chi fosse il polo negativo fra i due, eppure era l'ultima cosa che si sentivano in quel momento, in quel preciso istante, essere negativi o pensare solo di esserlo.

Elena camminava a due metri da terra e Elijah era il suo peso, come per una mongolfiera, che la faceva volare né troppo basso né troppo altro, quel tanto che bastava per tenerla ancorata a sé e non permetterle di spiccare il volo. 
Perché non glielo avrebbe consentito, di volare via. 
Forse adesso un po' egoista lo sarebbe diventato anche lui.

Elijah aprì la porta di casa e insieme ad Elena entrò cercando di fare meno rumore possibile.
L'ora era decisamente tarda e sghignazzare per il corridoio non sarebbe stato l'ideale, in quanto quella casa era abitata anche da suo fratello, nonché vampiro con l'udito sviluppato. 
Camminarono al buio, Elijah guidava la ragazza dietro di sé, mentre cominciava a salire i primi gradini della scala.
Non era stata proprio una buona idea quella di non accendere le luci, si disse Elijah quando sentì Elena mancare uno scalino e incespicare sui propri passi. 
Tentò di rimanere serio, ma a quello seguì una risata strozzata mentre le si inginocchiava accanto e lei gli rifilava un colpo sulla spalla, perché al buio si doveva ritenere alquanto fortunata di aver almeno centrato, in parte, il bersaglio.

Elijah le sorrise, anche se probabilmente lei non sarebbe riuscita a vederlo bene, mentre il suo stomaco sembrava aver preso vita e si divertiva a far le capriole. 
La baciò lì - sulle scale - e lei ricambiò, prima con delicatezza poi con altrettanta passione quanto lui stesso ne stava mettendo. 
La fece alzare e se la caricò fra le braccia, avanzando nell'ombra fino alla propria camera, che adesso diventava anche sua, di Elena. 
Un'altra parte svelata, un altro telo tirato via, se chiudeva gli occhi riusciva persino ad immaginarlo fra le mani della ragazza.
Elena era un piccolo pezzo di mondo che andava ad incastrarsi con una tale facilità al suo di mondo, quello interiore che da giorni ormai scalpitava affinché lei ne prendesse parte.
E poi ancora quella frase che rimbombava fra le pareti della sua cassa toracica "Vieni con me".

Quella notte si erano amati con tutto ciò che era in loro possesso, perché sarebbe banale dire soltanto che si erano amati con tutto il loro cuore. 
Si erano amati come non amavano da tempo, si erano concessi come non si concedevano da tempo, l'avevano fatto nel corpo e nell'anima, quella che i due tentavano di ricostruirsi e proteggere a vicenda. 
E si addormentarono tra un bacio e un altro, cullati dai loro respiri e le lenzuola a coprire ciò che avevano consumato quella notte.

La mattina arrivò per Elijah quando sentì sbattere il portone di casa al piano di sotto, probabilmente suo fratello era uscito di casa, aprì gli occhi e si accorse che Elena lo fissava già, con una mano a reggersi il volto mentre l'altra giocava con i suoi capelli. 
"Sai, dovresti farli ricrescere. Mi piacevano come erano prima..." sorrise, mentre l'altro ricambiava.
"Buongiorno", si allungò per darle un bacio a stampo, "sei sveglia da molto?"
"Giusto il tempo di pensare un po'..." rispose vaga.
"Mmh pensare...a cosa?" si tirò su, fino alla testiera del letto, poi passò una mano fra i suoi capelli mentre dissimulava uno sbadiglio, aveva veramente dormito poco, poi vide lo sguardo di Elena diventare serio,  "Devo tornare a Mystic Falls, Elijah."

 

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Capitolo 11
*** CAPITOLO DIECI ***


CAPITOLO DIECI

Elijah si scostò dal suo tocco e cercò di incontrare i suoi occhi, per riuscire a percepire anche solo una scintilla di scherno attraversare le sue iridi, ma Elena aveva appena calato la testa ed era sfuggita al suo sguardo interrogativo. 
Elijah sperava di aver capito male ciò che la ragazza le aveva appena detto. 
Si levò di dosso le lenzuola, aiutandosi con i piedi e poi si alzò rimettendosi i boxer e i pantaloni in fretta.
"Aspetta Elijah!" Elena lo seguì fuori dal letto tirandosi dietro il lenzuolo, ma l'altro non le diede ascolto; solo quando indossò anche una maglietta si fermò "Io lo sapevo", sussurrò, "sapevo ti saresti pentita" poi passò oltre Elena che lo afferrò per un braccio affinché si fermasse, ma lui lo strattonò via uscendo dalla camera, che per una notte era stata la loro, di camera.
"Elijah!" provò di nuovo la ragazza, "Elijah non è come sembra!"

Elena pensava di sentire la porta di casa sbattere da un momento all'altro, segno che l'originale l'aveva lasciata sola a rimuginare sui suoi pensieri, ma questo non avvenne. 
Sentì tuttavia un rumore di padelle e scaffali aperti e poi richiusi.
Decise di aspettare qualche minuto prima di raggiungerlo, per dargli la possibilità di calmarsi.
Scese scalza e in punta di piedi, affacciandosi nella cucina dove vide Elijah destreggiarsi fra i vari utensili.
Le spuntò un sorriso e un risolino sommesso.
"Smettila di fissarmi, so che sei lì dietro..." disse Elijah non perdendo di vista ciò che stava facendo.
"Oh non mi stavo certo nascondendo..." Elena lo raggiunse e si appoggiò allo stipite della cucina continuando ad osservarlo.
"Sei tra i piedi, spostati." 
"Va bene! Va bene, mi sposto santo cielo!" alzò le mani in segno di resa per poi accomodarsi poco più in là di qualche centimetro, cosa che fece sbuffare l'altro. "Saranno sempre così le nostre liti d'ora in poi? Con uno che pianta in asso l'altra o viceversa senza dare neanche la possibilità di spiegarsi?" 
Elijah portò le mani ai fianchi, non prima di averle passate fra i suoi capelli per l'esasperazione "Cosa c'è da spiegare Elena? Vuoi tornare a Mystic Falls, quella è casa tua! Neanche la tua nuova casa in Italia e il tuo cane potranno farti desistere dal tornarci...tanto meno io che sono solo uno chiunque che per qualche sua strana motivazione è voluto rientrare nella tua vita" Elijah sospirò. "Non potevo pretendere che in meno di due settimane imparassimo ad amarci e ho fatto un errore, ma non me ne pento."
Elena lo osservava, in silenzio, vomitare una dietro l'altra tutta quella serie di parole. "Non ti sto lasciando Elijah" disse calma.
L'altro la guardò e la sua espressione cambiò "Ma hai detto che vuoi tornare a Mystic Falls!" 
"Sì, voglio tornare a Mystic Falls...ma non per restarci! Voglio solo sistemare il disastro che sta combinando Damon da quando sono partita."

"Solo quello?" 
"Sì, solo quello" Elijah si sentì immensamente stupido in quel momento, a che età era regredito di colpo? Non poteva credere di aver fatto una scenata senza nessun motivo e si diede due schiaffi mentalmente. Il suo Ego stava decisamente venendo meno e capì di aver proprio perso la testa per quella ragazza che adesso lo stava osservando, trattenendo delle grandi risate. "Smettila, non è divertente!"
"Sì che lo è, anche molto!" Elena gli si avvicinò intrecciando le sue braccia dietro il collo del vampiro e si fece più vicina. "Almeno non ho dovuto cercarti per tutta la cittadina" fece sfiorare i propri nasi e poi gli rubò un bacio a stampo per poi allontanarsi. "Fra quanto è pronta la colazione?" sorrise la ragazza, in realtà l'originale non aveva davvero intenzione di preparare qualcosa...

"Già, fra quanto è pronta la colazione? Mi stupisci sempre di più, fratello. Sarò lieto di intrattenermi con voi." Klaus era comparso all'improvviso, avevano sentito la porta sbattere e poi lui si era piombato in cucina e adesso guardava entrambi con quel sorriso inquietante che era solito fare, mentre Elena lo guardava disgustata e Elijah sembrava aver perso la lucidità, ormai da un paio di minuti, anzi probabilmente quel giorno non si era per niente svegliata con lui.
"Oh d'accordo, non guardatemi così! Ho appena scoperto che non riesco a sopportare la vista di voi due, attaccati come polpi, per più di due minuti. Santo cielo, stiamo davvero diventando come i fratelli Salvatore? Sono diventato sarcastico come Damon? Peccato che non ti desidero e non spegnerei mai il mio interruttore per una come te, anzi esattamente come le altre..."
"Wow e questo cos'era?" chiese Elena, oggi i Mikaelson erano in vena di lunghi discorsi.
"Un'ammenda e questa invece è la colazione," sventolò un sacchetto davanti ai loro occhi "quindi Elijah evita di disturbarti, anzi di disturbarci tanto e continuiamo a disprezzarci amabilmente a tavola."

Elijah fu il primo a prendere posto, ancora molto confuso, ed Elena gli si sedette di fronte, Klaus invece accanto alla ragazza che in un attimo, trovò il posto dove accomodarsi il più lontano possibile da lui, che rise. 
"Allora, Kather- ops, scusa Elena. Vi confondo ancora, infondo siete tutte uguali..." Klaus non ricevette risposta e continuò ancora, "Un Salvatore di qua, un Mikaelson di là, mi chiedo se ci voglia ancora molto prima che tu ti innamori di me. Non è così? Stefan, Damon..."
"Non sono innamorata di Damon..."
"Allora sai ancora parlare, pensavo che mio fratello ti avesse strappato la lingua per sbaglio mentre-"
"Quanto sei idiota..."
"Adesso basta voi due!" Elijah si alzò dalla sedia e sparì su per le scale.
"Ti conviene farti gli affari tuoi Klaus, adesso mi fai meno paura di prima e sono pronta a tutto. Non ho tempo da perdere qua con te, quando ci sono problemi più importanti da risolvere a Mystic Falls!" adesso anche Elena lasció la propria seduta e fece per andarsene quando "Aspetta un attimo, torni a Mystic Falls?" 
"Solo per sistemare alcune cose..."
"Elijah verrà con te?" 
"Non ne ho idea."
Klaus sembrò pesare per un attimo le parole che stava per pronunciare "Salutami Caroline, allora." 

 

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Capitolo 12
*** CAPITOLO UNDICI ***


CAPITOLO UNDICI

"Non avresti dovuto accompagnarmi" Elena lo disse mentre i due si trovavano in macchina sulla strada per Mystic Falls. Alla fine, dopo tante insistenze aveva accettato che lui la seguisse, anche se sapeva benissimo che non era certo lei a poter impedire ciò e così erano partiti la stessa sera.

"Non voglio che ti accada qualcosa" Elijah strinse le mani sul volante, mentre non distoglieva lo sguardo dalla strada, ormai mancava poco e un velo di agitazione aleggiava tra i due. 
Entrambi avevano voglia di non andare, ma anche voglia che tutto quel casino finisse presto. 
Quanto avevano sopportato in quei giorni, quanto aveva sopportato Elena? 
Prima il senso di colpa per aver semplicemente deciso di prendere in mano la sua vita una volta per tutte e poi come uno strano scherzo del destino un Potenziale era riuscito a scovarla seguendola in capo al mondo pur di farla fuori, per non parlare di quell'idiota di Damon che in qualche modo riusciva sempre a far cadere l'attenzione su di lui. 
Elijah guardò per un attimo la ragazza al suo fianco, che adesso aveva appoggiato la testa al finestrino.

Quando superarono il cartello che indicava i confini di Mystic Falls stava albeggiando, Elena sospirò mentre rivolse un rapido sguardo al suo accompagnatore. 
L'altro sembrò leggerla nel pensiero perché qualche secondo dopo accostò sul ciglio della strada. 
"Ehi guardami, andrà tutto bene. Ce la caveremo." 
Elena annuì mentre si asciugava una lacrima che era scesa a rigare il suo viso. 
"È così straziante. Ogni volta che sento di star finalmente bene con me stessa, quando accetto la persona che sono diventata arriva sempre qualcosa a distruggere quella piccola dose di certezza che si era insinuata in me. Sembra che il passato mi perseguiti ovunque."
"Forse non è il passato a perseguitarti, forse sei tu che non vuoi lasciarlo alle spalle. Dimenticare è difficile, ma non devi necessariamente dimenticare chi sei o cosa hai fatto per continuare a vivere senza che esso gravi sulla tua vita. Dimenticare è sbagliato, il ricordo ci forgia e ci rende consapevoli della persona che siamo diventati, quindi lascia il passato alle spalle ma alle volte, quando senti bisogno di ricordare, guarda ad esso come ad un'esperienza da cui trarre un insegnamento." 
Elena si era persa fra quelle parole: erano come pezzi di un qualcosa che andava rimesso a punto e che, nonostante i pezzi consumati e il tempo passato, riuscivi ancora ad incastrare fra loro, senza saltare neanche un passaggio perché tutto era andato bene, tutto era giusto.
Così anche quelle parole si incastravano alla perfezione ed erano proprio quelle che avrebbe voluto sentirsi dire da una vita: quando i suoi genitori erano morti, quando era rimasta senza sua zia Jenna, quando Jeremy se ne stava immobile su quel letto e lei semplicemente aspettava che si svegliasse da un momento all'altro. Tante erano state le volte in cui aveva sentito il forte bisogno che qualcuno le si rivolgesse nello stesso modo in cui ora Elijah lo stava facendo.

Elena si sporse verso di lui e gli diede un bacio, niente di particolare, solo un semplice bacio. Non avevano bisogno di nient'altro; poi lei appoggiò la sua fronte a quella dell'uomo.
"Sono felice con te, Elijah." disse mentre l'altro la tirava dentro il suo abbraccio. 
"E io con te, Elena. Sono finalmente felice..." un sospiro, qualcosa detto così  piano, ma sentito fortemente dal suo cuore.

Il portone era davvero grande. La ragazza non ci aveva mai davvero fatto tanto caso. Lei e Elijah aspettavano solo il momento giusto per bussare, dentro sentivano del movimento e probabilmente il vampiro che stava dentro li aveva sentiti arrivare. 
Stefan aprì la porta, incontrò gli occhi dei due e poi strinse a sé la ragazza sollevandola da terra. 
Poi le schioccò un bacio sulla fronte, si guardarono ancora negli occhi. 
Volti cupi, occhi vuoti, ma cuori pieni.
Erano felici, ma lo nascondevano bene. Non era proprio il momento di esserlo. 
Elijah li guardava e si chiese come avevano potuto lasciarsi scivolare via quei due, erano proprio belli da vedere.

Fu lui ad interromperli "Io andrei a fare un giro, voi due avete tanto da discutere..."
Stefan e Elena non provarono neanche a fermarlo e forse era anche giusto così, avevano bisogno di tempo.

 

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Capitolo 13
*** CAPITOLO DODICI ***


CAPITOLO DODICI

"Come va Elena?" Stefan lo disse mentre versava da bere in due bicchieri.
"Come potrebbe andare Stefan? Sono di nuovo nella dannata Mystic Falls" Elena prese in mano il bicchiere che l'altro le stava porgendo.
"Mi dispiace procurarti ancora dolori" continuò il vampiro appoggiandosi al vecchio pilastro della casa. "Credevo di poter gestire la cosa."
"Ehi" Elena gli andò in contro e gli accarezzò una guancia "non pensarlo nemmeno, devi smetterla di rimediare sempre ai suoi errori. Non è colpa tua. Ho causato io tutto questo" sussurrò.
"Non dirlo neanche" soffiò l'altro ad un palmo dal suo viso. Elena si allontanò.

"Così tu e l'originale...insomma, Caroline mi ha detto che era in Italia con te..."
Elena cominciò a passeggiare fra quella vecchia casa piena di ricordi, facendo scorrere le sue mani fra la mobilia. "Io...sto bene con lui, era quello di cui avevo bisogno."
"Avevi detto che...avresti staccato la spina per un po' con questo mondo e poi ti ritrovo qui, con lui..."
"Stefan per favore, non farmi la predica".
"Scusa...beh almeno hai scelto Elijah, se fosse stato Klaus sarei venuto fino in Italia a prenderlo a calci in culo" Elena lo fulminò con gli occhi, chiaramente Klaus era un argomento da evitare, di rimando Stefan alzò le mani in aria "okay...la smetto".
"Sai dov'è Damon?" chiese la ragazza.
"Non riesco più a stargli dietro Elena, non sai mai quale sarà la sua prossima mossa o il numero delle vittime che riuscirà a fare fuori in un giorno. È persino arrivato a New Orleans."
"Jeremy, Caroline e Bonnie come stanno? Non vedo l'ora di riabbracciare tutti."
"Sei mancata a tutti Elena..."

"Hai qualche idea su come far riaccendere i sentimenti a Damon?" Stefan adesso si era accomodato sul divano, mentre Elena non smetteva un attimo di camminare su e giù per la stanza.
"Temo proprio che la diplomazia non funzionerà questa volta," disse affranta "ma credo di avere un piano e un originale dalla mi parte."
Un attimo dopo la porta si aprì per poi rivelare la figura di Damon, completamente sporco di sangue.
Quello che successe poco dopo colse Elena e Stefan di sorpresa, entrambi finirono a terra con il collo spezzato.

Le faceva male la testa, cosa diamine era successo? Non riusciva neanche ad aprire gli occhi. Debole, distrutta: era così che si sentiva. Provò ad aprire leggermente gli occhi e la prima cosa che notò fu il pavimento del grande salotto di casa Salvatore. Era seduta, ma il viso era rivolto verso il basso, provò a passarsi una mano sul volto ma non ci riuscì. Si accorse delle mani e dei suoi piedi legati, ad ogni minimo movimento le corde bruciavano il suo corpo. Verbena.
Si guardò intorno, accanto a lui Stefan si trovava nella sua stessa situazione, poi ricordò. Era stato Damon.
"Ben svegliata Elena" la voce arrivava da dietro, rabbrividì per qualche secondo.
"Lasciaci andare Damon" parlò cercando di mantenere la calma.
"E perché mai, hai fatto un viaggio così lungo per venire a trovarmi..." camminò fino a posizionarsi davanti ad Elena, poi si abbassò in modo da essere alla sua altezza, le prese il mento fra il pollice e l'indice e poi le sorrise, non era il suo solito sorriso. Elena riusciva a vedere l'inferno attraverso. Damon gli mostrò qualcosa che teneva fra le mani, la vampira ebbe un sussultò: erano i loro anelli solari, suo e di Stefan, insieme al suo cellulare.
"Credo che fra circa due ore questi non vi serviranno più " asserì rimettendosi in piedi "fra due ore il sole splenderà su di voi, ragazzi miei" rise.
"Sei un pazzo, Damon!" urlò Elena facendo svegliare Stefan, che cercò di dimenarsi e spezzare le corde, infondo lui e Damon bevevano verbena ogni giorno, ma non ci riuscì comunque. "Mi dispiace averti coinvolto Elena." Stefan lo disse ancora una volta.

Poi il telefono di Elena squillò e Damon lesse il nome sullo schermo "Elijah Mikaelson, perché mai l'originale dovrebbe chiamarti?" domandò confuso, ma era una domanda che rivolgeva a se stesso più che alla ragazza. "Pronto?" rispose "oh che maleducato, ha già riattaccato! Presumo che fra un po' me lo ritroverò tra i piedi".
Stefan e Elena ringhiarono, non avevano le forze per fare altro mentre entrambi ricadevano di nuovo nell'oblio.

Ebbero la forza di riaprire gli occhi solo un'ora dopo, a detta di Damon che li fissava dal gradino più alto che dava nel corridoio. Elena si accorse di un'altra persona legata accanto a loro.
"Oh cielo! Caroline!" Stefan si accorse della bionda che adesso si ritrovava nella loro stessa situazione.
"Dovevo pur far qualcosa, era passata di qui e vi ha trovato, così le ho dovuto iniettare della verbena e riservare lei il vostro stesso trattamento"

Ad Elena scese una lacrima, non riusciva più a riconoscerlo... non era più il Damon che conosceva, ogni parola detta da lui la faceva sprofondare nello sconforto, con la consapevolezza che forse il ragazzo di prima non sarebbe più tornato, neanche con i sentimenti accesi. Era stata lei a causare tutto questo? Guardò alla sua sinistra per scorgere i volti dei suoi amici, Stefan ricambiò lo sguardo e sembrò dirle che sarebbe andato tutto bene, Caroline invece non si era ancora svegliata. Poi lanciò uno sguardo alle grandi finestre dove i raggi del sole piano piano, lentamente ed inesorabilmente avanzavano pronti a dettare la loro sentenza, di morte.
Tornò a guardare Damon che la fissava intensamente, sbeffeggiandola con quel suo dannato sorriso.
"Per favore" supplicò, "lascia andare almeno loro, non hanno fatto niente".
Damon non rispose, anzi si sistemò meglio sui gradini appoggiando un gomito a terra e stirando una gamba, quasi volesse gustarsi meglio la scena che aveva davanti.
"Elijah verrà a cercarmi, Damon." lo disse con forza.
'Spero che arrivi presto, spero che arrivi... Elijah ti aspetto' ma questo lo pensò soltanto, poi ancora una volta si addormentò, la verbena aveva causato ferite profonde ed era riuscita ad entrare in circolo.

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Capitolo 14
*** CAPITOLO TREDICI ***


CAPITOLO TREDICI

Elijah aveva perso il conto del tempo che aveva passato a girovagare per la cittadina mistica, con quella strana ansia all'altezza dello stomaco che non lo aveva abbandonato neanche per un istante fin dal primo momento che aveva rimesso piede a Mystic Falls, anzi, a chi voleva darla a bere, dall'esatto momento in cui aveva lasciato Elena in casa Salvatore, insieme a Stefan, il primo vero amore della ragazza.
Meglio non pensarci, si disse infatti, aveva fatto inversione di marcia nel giardino della tenuta e poi si era diretto al Mystic Grill, giusto per ammazzare il tempo.
Se fosse stato per lui, non l'avrebbe lasciata di certo, ma si era costretto a far muovere i piedi verso la direzione opposta a quella di Elena, proprio mentre lei attraversava l'enorme porticato.
L'essere stato a stretto - strettissimo - contatto con lei nei giorni precedenti, aveva suscitato in lui quella sensazione d'appartenenza che non sentiva da tanto, troppo tempo.
Sentiva di appartenerle ormai, nel corpo e nello spirito e pensare di doverla lasciare anche solo per un breve istante gli sembrò un'impresa mastodontica.
Chissà se anche Elena pensava di appartenergli...
Così quando terminó almeno una decina di shottini di whiskey ed ebbe disposto i bicchierini vuoti, a mo' di torretta davanti a lui, decise che per quel giorno aveva bevuto abbastanza -non che l'alcool lo toccasse più di tanto, i suoi secoli di esperienza erano sicuramente abbastanza da far sembrare quei dieci shottini una sciocchezuola da due soldi, se a questo si aggiungeva anche il fatto che era un vampiro, di quelli originali, gli sembrò realmente che quei bicchieri appena scolati contenessero della semplice acqua fresca - ma aveva davvero bisogno di passare del tempo senza pensare ad Elena e alla sua voglia matta di ritornare da lei.
Uscì dal locale e continuò a camminare senza meta per almeno un'altra ora, Mystic Falls era sempre stata una cittadina carina e semplice, dove poter vivere tranquillamente e al sicuro - se non sei a conoscenza della presenza di creature soprannaturali come vampiri, streghe e licantropi ovviamente - ma quel giorno, guardandosi intorno gli sembrò tutto fin troppo normale e tutto fin troppo noioso.
Ne aveva abbastanza di errare stralunato fra le strade principali del paese che, basta, decise che avrebbe chiamato Elena e le avrebbe chiesto se andasse tutto bene, insomma erano tornati a Mystic Falls pure per sistemare la situazione creata da quel dannato vampiro, quindi faceva bene a preoccuparsi, no? Elena non si sarebbe arrabbiata se lui l'avesse chiamata appena un paio di ore dopo il loro saluto.
Estrasse il suo cellulare dalla tasca interna del suo completo e lo sbloccó pronto a scorrere fra i suoi contatti alla ricerca del numero di Elena, ma un messaggio arrivato circa qualche minuto prima lo sorprese.
Lo aprì e sospirò indignato, Klaus gli aveva appena comunicato che a breve lo avrebbe raggiunto a Mystic Falls, in quanto si era messo in viaggio giusto qualche ora dopo la loro partenza.
Elijah evitò di rispondere al messaggio, perché avrebbe solo scritto una sequela di imprecazioni.
Non gli passò neanche per l'anticamera del cervello che Niklaus lo stesse facendo per aiutarli, anche perché insomma, un originale e almeno due vampiri - Stefan e Elena - potevano benissimo intrappolare senza fatica un Damon solitario che sfrecciava fra i vicoli della città, con l'istinto della caccia a fargli da padrone e l'interruttore spento.
Conosceva fin troppo troppo bene suo fratello, non si sarebbe mai perso uno scontro se questo lo avesse portato a porre tutta l'attenzione su di sé.
"Dannata movie star!" sospirò fra i denti Elijah.
Un rapido calcolo e pensò che in realtà vi era la possibilità di acchiappare Damon, non solo grazie al minimo sforzo di un originale e due vampiri, ma se le cose fossero andate proprio male, avrebbero potuto chiedere aiuto ad una strega - o forse no, Elena gli aveva detto che la Bennet era diventata un 'ancora' e non aveva la minima idea di cosa significasse - e ad una vampira in più, Caroline.
Ah! Elijah elaborò in meno di due secondi quale altro assurdo motivo stesse spingendo Klaus a tornare a Mystic Falls.
Sbuffò divertito a quella rivelazione e ritornò al suo obiettivo iniziale: chiamare Elena.
Schiacciò qualche tasto distrattamente e poi portò il cellulare all'orecchio, aspettando pazientemente una risposta.
La risposta arrivò ma a parlare non fu di certo la dolce e melodiosa voce di Elena ma quella che lui riconobbe nell'immediato come la voce di Damon.
Maledetto, pensò mentre rapidamente staccò la chiamata.
Scattò verso la macchina con mille pensieri per la testa, Damon aveva preso Elena?
Elena stava bene? Damon le aveva fatto qualcosa?
Un ringhio basso gli uscì dalle labbra e sentì la pelle attorno agli occhi tirare, non si guardò allo specchietto, sapeva che avrebbe trovato i suoi occhi rossi e delle vene evidenti e altrettanto rosse appena spuntate.
Accese la macchina, cercando di razionalizzare e tentó di non pensare a nulla di sconvolgente.
La sua Elena si trovava nelle schifose mani di un piccolo ed insignificante vampiro che giocava a fare il prepotente.
Damon era semplicemente un codardo e un vigliacco, che si era nascosto dietro la perdita delle sue emozioni pur di non provare assolutamente nulla, pur di non sentire il dolore che l'abbandono di Elena gli aveva provocato.
Che vigliacco, pensò ancora, perché sfuggire dal dolore? Prima o poi lo avrebbe scovato di nuovo e di nuovo. Non bastava spegnere l'interruttore.
Il dolore era la condanna di chi viveva troppo a lungo come loro e il non potergli sfuggire, se non grazie alla morte, ne aumentava il peso.
Se bastava questo a quel bastardo di un vampiro per spegnere le sue emozioni, non era degno di ciò che era.
Elijah lo aveva imparato negli anni, a combattere il dolore delle perdite, ed era questo, secondo lui, che lo rendeva più forte e degno di vivere quella sua lunga ed estenuante esistenza.
Damon avrebbe dovuto cercare la morte se proprio non riusciva a sopportarlo, senza cercare mezzucci come la perdita delle emozioni, forse gliela avrebbe data lui stesso, la morte.
Poi un lampo fra i suoi pensieri, lui avrebbe fatto lo stesso se avesse perso Elena? Avrebbe dovuto biasimare Damon?
Non volle rispondere a sé stesso, quella ragazza aveva mandato all'aria le sue convinzioni più ostiche e i suoi piani senza neanche rendersene conto, con naturalezza... la naturalezza con cui era entrata nella sua vita.
Le sue labbra erano tese mentre con una mano sterzava al volante e con l'altra cercava di nuovo il suo cellulare.
Cercò un altro numero e al primo squillo questa volta niente giochetti, rispose la voce che stava cercando.
"Fratello?" domandò Klaus. "Sto per arrivare..."
"Damon ha preso Elena, credo siano ancora alla tenuta" e chiuse la chiamata, non c'era tempo per le spiegazioni, Klaus avrebbe sicuramente capito che aveva bisogno di lui.

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