Non c'è due senza te

di Ehybastaldo_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***






La musica rimbomba per tutto l’appartamento.
Guardo Skyler e lei guarda me.
La musica si fa più forte, i vetri tremano quasi fino a frantumarsi e il vaso sul tavolo traballa, spostandosi giusto di qualche centimetro. Il pavimento sotto ai nostri piedi vibra e il lampadario sopra le nostre teste dondola un po’.
Basta! Adesso ne ho le tasche piene!
Lascio cadere la penna sul tavolo e, strisciando rumorosamente la sedia sul pavimento, mi alzo di scatto, infuriata. Skyler mi copia e mi segue fino l’ingresso di casa.
“Lasciali fare, sono solo dei ragazzi.” li difende.
Che sono dei ragazzi, lo so anche io, ma di lasciarli stare, ancora una volta, non se ne parla. Domani ho uno stupido esame di lingua straniera e di certo un party improvvisato alla casa di fianco alla nostra non è l’ideale per rilassarsi come si deve prima di un test.
Attraverso il giardino già pieno di spazzatura da feste e picchio forte il mio pugno sulla porta d’ingresso. Danno una festa aperta a chiunque e chiudono la porta a chiave? Come se in tutto il quartiere non si sente questa musica assordante. Un martello sbattuto ripetutamente al muro avrebbe fatto un suono più sopportabile di questa musica orribile!
“Ireland! Hai deciso di unirti alla festa?”
Malik. Impossibile non trovarlo in queste feste organizzare all’ultimo secondo. Perché è così che funziona in questa casa: questi cinque babbei –amici, ancora non so perché-, non sono in grado di organizzare una festa come si deve, seguendo una scaletta, con tanto di cibo, inviti, ma soprattutto un vero dj. No. Loro una sera non sanno che fare, si annoiano, mandano quattro messaggi in croce e fanno tutto così, su due piedi, divenendo più rumorosi del normale.
Una volta ero la prima a presentarmi alle loro feste. Non volevo di certo apparire la solita asociale nuova vicina di casa appena trasferita. Che stupida, che ero!
“Dov’è il boss?” chiedo a denti stretti. E per fortuna non c’è tanto freddo stasera, o la mia tuta due volte la mia taglia che uso per starmene comoda in casa mi avrebbe fatto da vestito da bara.
Noto che il figo –questo glielo concedo, perché su Zayn Malik si può dire di tutto, tranne che non è bello in un modo illegale- mi guarda con le sopracciglia alzate, confuso del nomignolo con cui ho chiamato il padrone di casa.
“Boss?” fa eco e, appena lo dice, al suo fianco, compare il suo braccio destro Harry Styles. E pensare che la prima volta che lo vidi ci avevo quasi sbavato dietro, rovinando il mio magico sogno ad occhi aperti -dove già mi ci vedevo al suo fianco con tre figli (due femmine e un maschio), due cani, un gatto e due uccellini-  cadendo rovinosamente per terra davanti a lui, sbucciandomi perfino un ginocchio. Non solo non mi aveva aiutato a rimettermi in piedi, ma mi aveva anche deriso, chiamando i suoi amici e copiando perfettamente e dettagliatamente la scena a cui aveva assistito.
“Ehy Ireland, quanto tempo! Perché non ti unisci pure tu alla nostra piccola festicciola?” indica distratto alle sue spalle, dove circa trenta persone stanno ballando in mezzo al salotto, o stanno limonando sui divani, o stanno ridendo senza un motivo ben preciso davanti a dei grandi bicchieri rossi, riempiti da chissà che cosa.
“Passo.” e detto questo, spingo via i due ed entro nel caos di quella casa. In lontananza vedo la chioma bionda di Niall –chissà stavolta quale numero di shampoo colorante ha usato per renderli così luminosi-, irlandese fino al midollo. Indossa perfino un’enorme felpa verde abbinata alle sue blazer –indovinate?- rigorosamente dello stesso colore. Decido così di inoltrarmi in cucina, sperando di trovarlo almeno lì.
Mentre apro la porta, colpisco accidentalmente qualcuno, che prontamente si lamenta.
“Ma che cavolo?!” impreca e riconosco la voce di Liam, anche se sembra strano, visto il volume così alto della musica spacca-timpani, che qualche cretino ha appena aumentato.
“Scusa.” dico, ma Liam sa che sono super ironica. Non mi interessa se gli ho fatto male con la porta, figuriamoci se mi importa che gli ho appena fatto cadere i bicchieri pieni di alcol scadente per terra. Skyler non poteva avere il colpo di fulmine con chiunque altro? Pure un pale sarebbe stato meglio di Liam Payne.
Il ragazzo sospira irritato e mi sorpassa per andare nel salotto a mani vuote, lasciando il disastro spargersi per tutto il pavimento. Sicuro non pulirò io questo schifo.
Alzo lo sguardo e finalmente vedo Tomlinson, anche se non ho pensato che poteva essere avvinghiato a qualcuno, come in questo momento con una biondina, adagiata sul bancone della cucina, con un vestitino che le ricopre… Scherzo, quel pezzo di stoffa non le nasconde proprio nulla.
“Louis!” lo chiamo, ma quello continua la sua esplorazione della bocca della sconosciuta, ignorandomi. Alzo gli occhi al cielo, camminando poi con le mie ciabattine a forma di Paperina fino al ragazzo. Gli tocco la spalla e finalmente  si degna di guardarmi, anche se sembra scocciato dall’interruzione non voluta.
“Ma cosa vuoi? Non vedi che ho da fare?” quasi sbraita, mentre io mi trattengo dal rispondergli che se vuole gli posso prestare la mia collezione di ‘Esplorando il corpo umano’ se proprio vuole conoscere l’interno di una bocca. Ma sto zitta e lo osservo per qualche secondo sbalordita: ha macchie di rossetto su tutto il viso e il collo, ha la camicia per metà sbottonata e la cintura dei pantaloni penzola aperta sul davanti.
“So che le tue feste sono sempre il top del tip…” gli mostro la stanza, piena di bottiglie rovesciate ovunque “Ma io domani ho un esame da sostenere.” digrigno i denti e chiudo le mani a pugno, lungo i miei fianchi. Si sta facendo pure tardi, per quanto mi riguarda.
Lui scoppia a ridere e “Sei venuta alla festa giusta, allora.” esclama con nonchalance.
Spalanco gli occhi: non l’ha detto davvero.
“Sono seria, Tomlinson.” sbuffo.
 “E io di più. Quale posto migliore di questo per non pensare ad un esame?” agita le mani per aria, come a mostrarmi quello che dovrebbe distrarmi. E’ lui che mi sta distraendo senza farmi ripassare!
“A casa mia, in totale silenzio?” dico retorica.
La bionda ancora seduta sul bancone, intenta ad ascoltare il nostro piccolo battibecco, sbuffa sonoramente, scocciata. Scende dal piano della cucina e si avvicina a me e Louis, che nel frattempo mi è venuto in contro.
“Chiamami di quando ti sei liberato di certi parassiti.” gracchia e se ne va ondeggiando i fianchi in salotto, lasciandoci soli in cucina.
Louis si lamenta per un momento, riabbottonandosi la camicia in modo lento. Io combatto contro il mio istinto per non andare dietro quella stupida oca e strapparle i capelli, uno per uno.
“Mi hai rovinato la scopata migliore della mia vita.” dice in tono frustato, mentre lo vedo allontanarsi verso il salotto.
“Ehy, aspetta!” lo seguo nel caos più totale, salendo poi al piano superiore proprio dietro di lui. “Non sto scherzando, Louis. Ho bisogno di pace e ne ho bisogno adesso.”
Lo vedo sfilare una chiave dalla tasca e apre la porta di camera sua. Scavalco due ragazzi che si stanno baciando –o mangiando?- ed entro anche io, richiudendo la porta alle mie spalle.
E’ da una vita he non metto piede in questa camera e adesso mi fa anche uno strano effetto. Ma lo strano effetto sarà dovuto dal corpo nudo di Louis, che si cambia senza problemi davanti a me, come se nulla fosse. Ci deve essere per forza qualche calorifero acceso nelle vicinanze, o allora avrò io la febbre. Sicuro, non c’è altra spiegazione.
“I miei genitori mancano due giorni e io ne devo approfittare, lo sai, mi conosci ormai.” spiega, mentre strofina un fazzoletto sul volto per togliersi le tracce di rossetto.
E’ un cocciuto! Ed io ne uscirò vincitrice, stavolta.
Poi succede qualcosa di strano: tutto è silenzioso. Niente musica, niente schiamazzi, niente di niente.
Louis si gira dalla mia parte, allarmato. Io sorrido. Forse è stata Skyler a venire in mio soccorso –ma non solo il mio-, sfruttando la cotta di Malik che ha per lei. Un triangolo amoroso che io non capirò mai.
“Uhm… Va beh... Visto che è così… Buonanotte!” e felice, giro i tacchi.
Appoggio la mano sulla maniglia della porta, ma questa viene aperta da qualcun altro.
Rimango paralizzata alla vista di un poliziotto –carino, ma non è questo che per un momento mi ha mandato in trance.
“Dovete seguirmi in centrale. Non fiatate, perché già siete nei casini.” dice con voce quasi robotica.
Mi giro verso Louis e “Ma io ti ammazzo!” urlo e prendo la rincorsa per andare a strangolare l’idiota Tomlinson.

 
 
 
Ma salve!
Ci tenevo intanto a ringraziare chiunque sia entrato qui giusto
per vedere l’ennesima demenza di Sofia.
E quindi... Mi farebbe piacere anche sapere che ve ne pare c:
Non è una os, ma nemmeno una fanfiction con non so quanti
capitoli, infatti saranno solo tre, questo più altri due lol
 
E bo, vorrei ringraziare _ciuffano per l’ennesimo
Spettacolare banner <3
Alla prossima :)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***




“Non ci credo.” ringhio a denti stretti.
Lo voglio strozzare, lo voglio imbavagliare, lo voglio torturare, lo voglio rinchiudere nell’arena degli Hunger Games. Ma senza Katniss o Peeta al suo fianco. Al massimo con Haymitch, ma senza una stupida bottiglia di alcol. Anche Effie andrebbe bene, quel rosa dei suoi capelli farebbe impazzire chiunque. Gale me lo tengo per me. Mi accontento anche di Finnick, in realtà, per lui sarei disposta a riempire casa mia di zollette di zucchero, o quello che vuole.
Sto delirando leggermente…
“E’ colpa tua, visto che mi sei saltata addosso.” mormora Louis, in segno di difesa.
Giro la testa di scatto verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.
“Scherzi?” mi irrito di più, se si può.
“No, sono serissimo! Se tu non mi fossi saltata addosso quasi uccidendomi, a quest’ora non saremo qui.”  insiste.
Urlo e provo a lanciarmi verso di lui, venendo però bloccata dalle manette che mi hanno messo ai polsi, saldamente incastrati alla maniglia dello sportello della vettura della polizia.
“Smettetela voi due, là dietro. Non siete messi già in una buona posizione.” ci rimprovera il poliziotto che poco prima ci ha letteralmente tirati fuori dalla casa come in una di quelle scene che solo in tv ho visto. Fino ad oggi.
Le sirene dell’auto vengono accese e per il resto del tragitto me ne sto in silenzio, anche se l’unica cosa che voglio fare al momento è lanciare un Avada Kedavra al cretino al mio fianco.
Come fa, invece lui, ad essere così calmo? Io sto uscendo fuori di testa.
 
L’auto accosta poco dopo. Due poliziotti ci guidano dentro la centrale e io comincio a deglutire preoccupata: sulle sedie di plastica dura di colore nero ci sono tre uomini ammanettati, uno di loro ha il viso sfigurato da diverse cicatrici. Per un momento mi lancia uno sguardo atono, sobbalzo sul posto e arretro leggermente, fino a sbattere sul petto di Louis.
“Seguitemi.” ci ordina il poliziotto più giovane e, in silenzio, eseguiamo l’ordine. C’è una puzza di chiusa qua dentro, possibile che la senta solo io? Non voglio starci un secondo di più!
“Scusi, io domani…”
“Silenzio!” mi interrompe bruscamente quello. Poi prende un enorme mazzo di chiavi e apre una cella. Ma è serio? Per una stupida festa a cui non stavo nemmeno partecipando?
“Dentro.” ordina con tono pacato.
“Sì, ma io…” Louis non mi lascia finire, spingendomi verso la cella. Avvicina la sua bocca al mio orecchio e mi suggerisce di tappare la bocca.
E’ colpa sua se siamo qui! Voglio uscire, voglio urlare, voglio piangere.
Prima di chiudere la porta della cella puzzolente, per fortuna ci toglie le manette. Mi fanno male i polsi, ma finalmente posso tranquillamente strangolare Louis.
“Ti uccido.” dico freddamente non appena siamo da soli. Oddio, proprio da soli no, visto la cella è già occupata da altri tre ragazzi mai visti prima di adesso.
“Siamo già nei guai, vuoi peggiorare le cose?” mi minaccia e poi si siede su una panca di legno attaccata ai muri, sbuffando sonoramente. Io invece prendo posta quella di fronte alla sua, completamente vuota.
“Siamo?” richiamo Louis. “Ti rendi conto che ci hanno chiusi in un carcere per una stupida festa?” quasi urlo.
“Non è una vera cella.” si intromette uno dei tre ragazzi. Ha i capelli rasati a zero e due occhi azzurri, chiari quasi a quelli di Louis. “Se guardi bene, le sbarre sono di plastica rigida. Tengono qui quelli che commettono piccoli danni; domani mattina sicuro siete già fuori.”
Parla così sicuro di sé che per un momento penso non sia la sua prima volta qua dentro. Sposto lo sguardo su Louis.
“Resta il fatto che io a quella stupida festa nemmeno stavo partecipando.” digrigno ancora una volta i denti.
“Ehy, era una bella festa fino a quando non sei arrivata tu a rovinarla.” sbuffa ancora una volta. Comincio a pensare che sia lui quello strano sbuffo che fa ogni tanto l’autobus che prendo per andare in università.
Ha pure la faccia di controbattere. “E questa comunque non è una vera cella.” sottolinea, guardando per un attimo il ragazzo impiccione e ricambiando il sorriso idiota che gli appena fatto.
“Maledetta me e quando ci sono venuta.” mormoro e abbasso lo sguardo. Solo ora mi rendo conto di non aver avuto nemmeno la possibilità di cambiarmi. E sono in una stupida cella con una tuta che potrebbe sembrare quella di mia nonna. Posso morire?
Louis inspiegabilmente ghigna.
“Che c’è? Ero pronta per andare a dormire, ma per colpa di qualcuno, ho dovuto cambiare i miei programmi.” lo accuso.
“Ti sta bene. E’ tre volte più di te, ma comunque ti dona.” mi prende in giro. “Anche se ti preferisco quando indossi quei leggings stretti fino le caviglie. Adoro quelli neri.”
Al mio fianco, l’unica arma disponibile che trovo sembra essere un rotolo di carta igienica. Non mi faccio problemi e senza pensarci gliela lancio contro. Lui in cambio ride più forte.
“Smettila.” lo minaccio, ma la sua risata è stranamente contagiosa. E inspiegabilmente mi scappa un sorriso. Forse rido perché conosce i miei vestiti meglio di me, o forse rido perché sono appena diventata paonazza al fatto che lui mi abbia visto con quei stupidi leggings ultra-aderenti che mi ha regalato Skyler dai suoi ultimi acquisti.
All’improvviso lo vedo alzarsi e venire nella mia direzione, piega le ginocchia e si siede vicino a me.
“Per colpa mia finiamo sempre nei casini, eh?” mi chiede retorico.
E ora che ci penso, sono rare le volte che ultimamente io e Louis abbiamo passato del tempo insieme, nonostante all’inizio è andata così bene la nostra presentazione come nuovi vicini di casa.
Salgo i piedi sulla panca, pensierosa, e faccio due conti veloci: a parte qualche pomeriggio divertente o qualche festa altrettanto curiosa,  mi vengono in mente solo due episodi in cui Louis mi ha messo nei casini con lui.
“Sono due le volte che ti metti nei casini, trascinandomi con te.” gli dico, seria.
“Beh… come si dice? Non c’è due senza te.” prova a sdrammatizzare.
“In realtà si dice non c’è due senza tre.” lo correggo e, come suo solito fare, alza gli occhi al cielo.
“Puntigliosa.” mi prende in giro. “Comunque, qualche sarebbe il primo casino in cui ti ho cacciato io?” mi chiede prendendo posto comodamente sulla panca.
Ed è facile, perché ci eravamo appena conosciuti. Difficile da dimenticare per me.
Appoggio la testa al muro, guardando attentamente il soffitto scuro sopra le nostre teste e comincio il mio racconto, quasi perdendomi nelle mie stesse parole.
Ricordo perfettamente la prima volta in cui ho messo piede a Londra: ero spaesata e non sapeva da che parte andare. Skyler, al mio fianco, mi aveva gentilmente suggerito di andare prima alla casa della nonna  -che attendeva l’arrivo della sua nipotina. Se solo l’unica, mica è colpa mia.
Così, con le mie enormi valigie e quelle della mia amica, avevo preso per la prima volta la metro e avevo ritrovato la casa della mia nonnina che non avevo mai visto, se non in foto. Anche se lì, le villette erano praticamente tutte uguali. Ma solo nonna poteva avere quella strana mania per la cura delle piante, e quel giardino sapeva di mia nonna in tutto e per tutto. Ne ero convintissima!
Bussai alla porta con poca convinzione e guardai confusa Skyler: forse la nionna col tempo era diventata un po’ sorda, pensai in un primo momento.
E poi accadde tutto velocemente: uno strano ragazzo mai visto prima aprì la porta di fretta, chiudendola leggermente alle sue spalle e guardandosi intorno in modo ansioso. Poi parlò velocemente.
Non mi fu difficile decifrare ciò che aveva detto, visto che anche io avevo lo stesso difetto.
“Ma quanto ci hai messo? Ti scalerò venti sterline! Entra, muoviti!” e con quelle parole mi aveva strattonato dentro casa, lasciando Skyler e le mie valigie sul portico di casa. Me la immaginai con la bocca spalancata, stupida. Forse il doppio di me.
“Ehy! Scusami, ma…” mi interruppe bruscamente.
“Non c’è tempo per le scuse e per i ma! Seguimi!” mi strinse di più la mano, in modo che non potessi girare i tacchi e andarmene da quella casa, che di sicuro non era quella di mia nonna. Ma era identica!
“Mamma! E’ arrivata Lily dal Canada! Vieni che te la presento!” urlò lo strano tizio.
Chi era Lily? Perché mi aveva appena chiamata così? Che voleva da me? E soprattutto perché mi avrebbe tolto venti sterline?
Mille domande riempirono presto la mia mente che nemmeno vidi l’arrivo di una donna bellissima –Johanna, si presentò- fin quando non mi stritolò in un abbraccio affettuoso. Dovevano tenerci tanto a questa Lily.
“Oh cara, Louis ha parlato così tanto di te negli ultimi giorni.” mi sorrise.
Così lo strano tipo che indossava una maglia bianca a righe blu e sotto dei pantaloni con dei risvoltini, con gli occhi così chiari e azzurri da far invidia al cielo… Avevo già dimenticato il nome mentre lo stavo studiando. Bene.
“Sorridi.” Lewis –o Louis? Non ricordavo bene, in un primo momento- mi strattonò per un braccio e sussurrò quella parola tra i denti, in modo che solo io potessi sentirlo, restando comunque impassibile, con uno strano sorriso stampato sulle labbra rivolto alla madre, che continuava a guardare insistentemente me.
Mi sforzai e cercai di ricambiare il sorriso, reggendo il suo gioco. Altro che togliermi venti sterline, per questa bella messa in scena me ne doveva dare minimo duecento! Evidentemente questa Lily non esisteva e il tipo aveva preso chissà su quale sito online una ragazza a caso che potesse aiutarlo chissà per quale cosa.
“Salve signora…” lasciai in sospeso il saluto, imbarazzata. Facevo schifo con i nomi, non era colpa mia!
“Tomlinson.” mi aiutò il ragazzo, ridendo. “Chissà perché, ma ancora non ha imparato il nostro cognome.” provò a pararsi il fondoschiena che –mi era caduto l’occhio accidentalmente mentre mi aveva trascinato dietro di lui, giuro!- era ben messo.
“Addirittura? Dopo quasi sei mesi di fidanzamento non riesci a ficcartelo in testa?” madre e figlio risero di gusto, io deglutii preoccupata.
Caspita, doveva esserci in gioco qualcosa di davvero importante se il ragazzo si era inventato di sana pianta con tanto di scenetta il suo fidanzamento con una del Canada.
“Uhm… Comunque, la tavola è quasi pronta, se volete lavarvi le mani, Louis sai dov’è il bagno, fai il padrone di casa.” e per fortuna non seguì. Avevo bisogno di due  o tre risposte.
Entrammo nel bagno del piano superiore e Louis chiuse subito la porta alle sue spalle non appena vi entrò.
“Ma insomma! Sono tre settimane che proviamo la recita, ti ho anche dato una caparra in anticipo e tu dimentichi il mio cognome?” sussurrò, ma si vedeva lontano un miglio che voleva urlare.
“Ma io non sono questa Lily!” spiegai velocemente, difendendomi.
“Lo so che ti chiami Jasmine, ma quando ho detto a mia madre di voler andare a trovare la mia ragazza in Canada, l’unico nome che mi è uscito è stato quello, lo sai!”
In faccia diventò rosso come un pomodoro. Stava per esplodere, ma prima dovevo farlo io. Non era quello che intendevo.
“No, cioè… Io non sono chi pensi che io sia.” provai con altre parole.
“E non me ne frega niente. Io ti ho pagato per convincere mia madre a mandarmi per quasi un mese in Canada con i miei amici, anche se lei pensa che io ci venga per passarlo con te. Lo dovresti sapere.” sbuffò irritato.
“No, non lo so ! E io mi chiamo Ireland! Vengo dall’Irlanda e cercavo mia nonna, ho sbagliato solo casa!” urlai con tutta me stessa. Ero rossa in faccia, lo potevo vedere dal mio riflesso nello specchio alle spalle di Louis.
Il ragazzo si accigliò per un momento.
“Credo di non aver capito.” sbiascicò.
“Invece hai capito benissimo, cazzo!” mi tappò la bocca con un bacio.
Sbattei gli occhi un paio di volte, poi un urlo da bambina mi fece sobbalzare spaventata.
“Louis ha baciato la sua fidanzata!”
Evidentemente Louis non era figlio unico.
“Ti prego, aiutami a convincere mia madre a mandarmi in Canada. Ti ripago come preferisci.” mi supplicò alla fine. Quasi mi faceva tenerezza.
“Come preferisco io?” chiesi per conferma e lui annuì con foga.
Già sapevo come sfruttare quel desiderio  a mio piacimento, così lo assecondai.
 
“Quindi tu hai dei nonni da queste parti? Come si chiamano?” chiese curiosa Johanna, mentre portava la forchetta alla bocca, riempiendola di quelle deliziose lasagne che aveva preparato. E Louis non aveva solo una sorella. Penso che sua madre si era programmata di sfornare una squadra di calcio, per forza.
“Sono morti.”
“Scott.”
Io e Louis rispondemmo all’unisono. Ci guardammo per un attimo in faccia e, mentre Louis mi rimproverava con lo sguardo, io gli schiacciai un piede sotto il tavolo. Avremmo fatto a modo mio!
“Scott? Ireland Scott?” chiese ancora, attirando la nostra attenzione. E lei come la conosceva?
Annuii distratta.
“Che strano… Non mi ha mai parlato di te, eppure viviamo vicino da anni, ormai.” il suo tono sembrava deluso e pensieroso allo stesso tempo.
Per poco non mi soffocai con la saliva a quelle parole. Ma prima Louis ben pensò di ricambiare il mio gesto poco carino di qualche secondo prima, pestandomi di sorpresa un piede. Talmente ne fui sorpresa –e aveva fatto davvero male- che andai a sbattere col ginocchio contro il tavolo, facendo traballare tutto.
Poi il campanello di casa spezzò quell’imbarazzante momento che si era creato. E prima che me ne rendessi conto, Johanna era andata ad aprire.
Oh mio Dio! Avevo dimenticato Skyler, che di sicuro, ragazza per bene qual era, si era recata alla prima stazione di polizia nelle vicinanze per denunciare il mio rapimento.
“Signora Tomlinson, piacere! Sono Lily, scusi il ritardo!”
Louis ed io ci guardammo in faccia allarmati, suo padre e le sorelle sembravano non aver sentito nulla. Eravamo fottuti!
“E io sono Skyler, l’amica di Ireland a cui è stato detto di non fare nulla o la vita della mia amica sarevve stata in serio pericolo.” riconobbi perfettamente la voce di Skyler.
Guardai Louis in cerca di spiegazioni e lui se ne uscì con un semplice “Continuava a chiamare mentre eri in bagno. Ho dovuto farlo per forza maggiore.”
Ringhiai appena e mi avvicinai a lui in modo minacciosa.
“Io ti uccido.” Dissi.
“Stai tranquilla, che se non lo fai tu, ci penso io.” s’intromise Johanna.
 
Ricorderò sempre quel giorno. Siamo diventati vicini di casa, amici e poi quasi sconosciuti.
Non abbiamo mai avuto un granché di rapporto, io e Louis, ma ci è sempre andata bene questa… cosa.
“Oddio, sì! Ricordo la faccia infuriata di mia madre quando ti ha portato alla casa di tua nonna.” Ridiamo entrambi per un altro po’, poi cala il silenzio.
Gioco nervosamente con il laccio della mia tuta e spero vivamente che questi poliziotti, dopo aver sequestrato il cellulare di Louis stiano almeno avvisando i suoi genitori per liberarci.
“E qual è stata la seconda volta in cui ti ho messa nei casini, come la prima?”
Louis interrompe i miei pensieri tristi.
Sorrido divertita e “Non lo ricordi? Eppure è successo ad una delle tue feste.”
Louis mi guarda curioso.
 



 
SALVE!
Ecco il secondo capitolo, presto posterò
L’ultimo così mi potete dire che ne pensate c:
Intanto grazie per chi l’ha letta, seguita o messa nelle
Preferite <3
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***









"Ragazze, stasera non potete proprio mancare!" Niall afferrò il pacco di pancarrè e lo aprì, ne prese due fette e le ricoprì di nutella. La MIA nutella.
Ormai eravamo abituate a vedere Niall per casa, come anche Liam, Harry, Zayn e perfino Louis. Da quando nonna era fuggita -letteralmente- con il suo colpo di fulmine di quasi ottanta anni, sottolineerei, la casa era rimasta nelle mani mie e di Skyler. Strano che ancora non era saltata in aria. In realtà ce ne prendevamo davvero cura: facevamo la spesa, avevamo stipulato un calendario delle pulizie, cucinavamo e cercavamo di renderla sempre un po' più accogliente di quant'era già; avevamo perfino comprato qualche nuovo mobile, sostituendone qualcuno di nonna.
Mamma era stata felicissima della mia scelta di frequentare l'università di architettura, un po' meno della decisione di nonna di abbandonare tutti e trasferirsi alle Maldive, divertendosi senza di noi. E mentre Skyler aveva trovato lavoro in un bar vicino casa, io ero riuscita a farmi inserire tra gli assistenti dei professori, prendendo una piccola borsa di studio che mi aiutava a pagare qualcosa. Inoltre, ero riuscita anche a prendere un impegno di baby-sitter, tenendo quando era necessario le sorelle gemelle di Louis. Fare la baby-sitter non era il mio sogno, ma avevamo urgenza di denaro e io avevo deciso di rimboccarmi le maniche. E poi, in quel modo ero anche riuscita a farmi perdonare da Johanna per lo stupido episodio di quando ero appena arrivata a Londra.
Cominciai così a frequentare casa Tomlinson, Louis e infine anche i suoi amici. Passavamo molto tempo insieme, soprattutto quando uno di loro decideva di organizzare qualche festa. Queste occasioni avvenivano solo quando i genitori di qualcuno mancava qualche giorno e il più delle volte era Louis a darle, dato che la madre viaggiava quasi ogni mese per andare a trovare i genitori, al sud dell'Inghilterra, portandosi con sé tutta la famiglia, meno Louis ovviamente.
"Liam, diglielo pure tu!" Niall cercò aiutò nell'amico che, con un semplice ammiccamento, riuscì a convincere subito Skyler. Che stupida innamorata!
La prima volta che avevo visto Liam, Skyler era rimasta a bocca aperta: eravamo a casa di Louis e, mentre il ragazzo giocava alla playstation con Harry, avevano suonato alla porta. Skyler si era offerta di andare ad aprirla, ritrovandosi sul ciglio della porta il suo primo e unico colpo di fulmine. Ma di fianco a Liam c'era Zayn, che Skyler nemmeno notò, tanto che gli batté per errore la porta in faccia, facendogli sanguinare il naso. E forse il moro si infatuò di lei mentre si scusava in continuazione e lo disinfettava con un pezzo di cotone imbevuto, nel bagno di Louis.
"Va bene, tanto domani non ho lezioni importanti in università." sbuffai, cedendo alla fine anche al pezzo di tramezzino alla nutella che Niall mi stava offrendo in cambio di una risposta affermativa.


Quella sera mi vestii comoda, le feste di Louis non prevedevano mai abitini sbrillucicanti e tacchi vertiginosi. Anche se alcune sembravano dover partecipare a qualche sfilata di alta moda o qualche concorso di Miss Mutanda di fuori. E ce n'erano davvero parecchie di questo stile.
Io avevo indossato un comodo jeans skinny celestino con dei strappi alle ginocchia, una maglia a maniche corte bianca sotto un'enorme felpa rossa, come le vans ai miei piedi. Skyler indossava un semplice leggings scuro con sopra una maglioncino panna che le arrivava giusto poco sotto la coscia.
La festa ormai andava avanti da qualche ora -anche la gente era diminuita nel salotto. Io, Niall, Zayn, Harry, Liam, Skyler e altre quattro persone stavamo giocando come stupidi adolescenti al gioco della bottiglia, seduti sul pavimento del salotto, quando all'improvviso notammo che mancava la materia prima.
"Vado a prendere altro alcol." urlai leggermente felice. Non ero ubriaca, semplicemente ridevo molto spesso, rumorosamente e senza alcun motivo apparentemente sensato.
Aprii la porta della cucina con un colpo di sedere -perché ballavo, ancora non lo capivo visto che io facevo pena anche in quello-, mentre continuai a canticchiare a bassa voce la musica che rimbombava per casa. Aprii il frigorifero, alcune ante della dispensa, ma non trovai nessuna bottiglia di alcol. Dove cavolo aveva nascosto la scorta, Louis?
"Ehy!" richiamai uno che teneva in mano un secchio -sicuro per il vomito. Il ragazzo alzò la testa con sguardo scocciato; in effetti non era un bel momento per distrarlo dal suo... vomito.
"Hai visto Louis, per caso?" chiesi, sorvolando sulla sua occhiataccia. Il ragazzo ci pensò su per qualche secondo, poi disse che l'aveva visto salire al piano di sopra. Almeno credevo fosse stato quello che aveva detto, visto che alla fine della frase aveva rimesso anche l'anima. Spalancai gli occhi -e una finestra, giusto per far cambiare un po' l'aria- e andai alle scale, scansando alcuni ragazzi addormentati su di esse.
Percorsi il corridoio illuminato da una luce fioca e finalmente arrivai davanti alla porta della camera di Louis: poteva essere solo lì. Le feste a casa Tomlinson, seppur organizzate in poche ore, avevano uno scherma fondamentale: la cucina e il salotto dovevano essere ripulite degli oggetti di valore, sia economico che affettivo, ma soprattutto le porte del piano superiore -ovvero quelle da letto e anche il bagno- dovevano essere chiuse a chiave, per evitare chissà quale contaminazione nei letti della sua famiglia.
Appoggiai la mano sulla maniglia della porta e sperai vivamente che Louis non avesse compagnia. Sarebbe stata una scena raccapricciante. Così mi feci forza e aprii la porta lentamente; anche se avrei battuto dei colpi, non li avrebbe sentiti per colpa della musica a tutto volume.
"Tomlinson? Tommo? Boo Bear?" faceva strano chiamarlo come le sue sorelle più piccole, ma non rispondeva!
"Sono qui!" e quando finalmente chiusi la porta alle mie spalle, notai Louis intento a cambiarsi. Mi bloccai per un istante a studiare le sue spalle, seguite dalle muscolose braccia, finendo ad osservare il suo fondoschiena ben messo.
"Oi! Terra chiama Ireland!" Louis sorrise, prendendomi in giro, poi afferrò una maglia pulita dalla cassettiera e l'indossò. Non aveva macchiato l'indumento con qualche cocktail e nemmeno si stava rivestendo perché aveva appena avuto un rapporto. Ormai lo conoscevo bene: Louis aveva una strana fobia del sudore, cambiava spesso gli indumenti perché aveva paura di puzzare. Che idiota!
E come conoscevo ormai perfettamente Louis, sapevo anche quali mobili ci fossero nella sua stanza. Per questo mi ritrovai sorpresa quando, avvicinandomi a lui, inciampai su qualcosa e caddi rovinosamente per terra. Io e il pavimento -e le brutte figure- eravamo una cosa sola. Louis rise.
"Non ti reggi in piedi, quanto hai bevuto?" chiese venendomi in contro.
"E' proprio per questo che sono venuta a cercarti." mi rialzai grazie all'aiuto delle sue forti braccia. Mi persi per qualche secondo negli occhi così chiari di Louis. Li avevo amati dalla prima volta che li avevo visti. "Non ho trovato alcol in nessun scapole." spalancai gli occhi e "Scaffale. Volevo dire scaffale." quasi urlai con voce stridula.
Non ero ubriaca, che cavolo stavo farfugliando?
Louis continuò a ridere, tirandomi poi verso il suo letto, dove ci accomodammo entrambi.
"Non credi di averne bevuto abbastanza per questa sera?" mi chiese con tono dolce e pacato. Misi su un broncio sciocco, comportandomi da bambina. Quando volevo un favore, sfoderavo alcune armi segrete. Louis, intenerito, mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sorridendomi.
"Sei adorabile." mi pizzicò il naso, "Ma non ti dirò dove ho nascosto le ultime bottiglie." e si alzò dal letto. Lo seguii con lo sguardo mentre attraversava la stanza e chiudeva la porta a chiave. Poi tornò da me, accendendo l'abat-jour.
"Che fai?" mi lamentai.
"La festa sta per finire, i ragazzi lo sanno, e visto che stavolta ci metteremo almeno due ore a ripulire tutto il casino, è meglio che tu dorma un po'." mi spinse con le spalle sul materasso, mozzandomi il fiato. Lo guardai preoccupata; non in senso negativo, ovviamente, ero solo confusa.
"Tu stasera sei troppo ubriaca per aiutarci. Quindi, adesso indossi una delle mie maglie e ti metti sotto le coperte. Puoi dormire qui, stanotte, i miei arriveranno per l'ora di pranzo."
Prese un'altra maglia dalla cassettiera e stavolta me la passò tra le mani. Guardai l'indumento per qualche secondo, poi fissai di nuovo Louis.
"Sei così ubriaca da non riuscire a svestirti?" mi provocò, un ghigno spuntò sulle sue labbra. Scossi la testa divertita e mi alzai. Mi spogliai velocemente e indossai la sua maglia. Odorava perfettamente di Louis.
"Sei proprio bassa." scherzò, alludendo alla lunghezza della maglia che a me arrivava a metà coscia.
"Da che pulpito." risposi a tono. "Ma ora a nanna. Ti prometto che non faremo casino." ammiccò e io colsi un doppio senso nella sua frase. Mi fece accomodare sotto le coperte e me le rimboccò, poi si avviò alla porta e spense le luci.
"Louis?" lo richiamai. Lui si girò curioso e grazie alla luce dell'abat-jour potevo vedere la rughetta che si era formata proprio sulla sua fronte. "E il bacio della buonanotte non me lo dai?" usai un tono bambinesco che lo fece sorridere e tornare sui suoi passi.
"Buonanotte, Ireland." mi stampò un bacio sulla fronte e poi restò per un momento fermo sopra di me, con gli occhi fissi nei miei.
Diedi la colpa a quei pochi bicchieri di alcol per lo strano ritmo a cui aveva preso a battere il mio cuore, al mio respiro divenuto pesante, alle mie labbra attaccate a quelle di Louis. Stranamente lui ci stese, ricambiando il bacio e approfondendolo. Si accomodò su me e mi tenne ferma per la testa, continuando a baciarmi. Mi feci forza e scostai le coperte dal mio corpo, uscendo le braccia e sfilando la maglia di Louis, che finì immediatamente sul pavimento. Louis si staccò dal bacio per riprendere fiato e, sedendosi sulle ginocchia, sbottonò velocemente il pantalone. Io mi misi a sedere, uscendo anche le gambe dalle ingombranti coperte.
Ed ero in intimo. Mi aveva visto talmente tante volte in costume alla piscina della casa di Harry che mi parve la stessa cosa. Con foga spinse via le coperte dal letto, spingendomi contro il materasso e facendo scontrare ancora una volta le nostre labbra in un bacio più passionale e carico di voglia. Sapeva baciare davvero bene quel ragazzo!




"E poi?" Louis dice sottovoce, giusto per non farsi sentire dalle persone addormentate che condividono con noi la cella.
Mi sono chiesta mentalmente quale stupida pazzia abbiano dovuto fare questi per essere stati rinchiusi con noi, qui dentro. Alla fine io e Louis ci troviamo dietro delle sbarre finte solo per una festa idiota. Non credo che loro abbiano fatto qualcosa di più illegale.
Nascondo il rossore formatosi sulle mie guance per colpa del ricordo di quella sera e bofonchio qualche parola, imbarazzata.
"Non ci arrivi da solo?" Sembra sia passata un'eternità da quando ci hanno chiusi qui dentro e invece sono trascorse poche ore. Almeno credo. Mentre tutti gli altri dormono beati, la voce di Louis spezza il silenzio.
"Adesso sì." dice serio. Si mette dritto con la schiena e poi si colpisce la fronte con il palmo della mano. Lo guardo accigliata e confusa.
"E' per questo che dal giorno dopo non mi hai parlato più? Che non hai voluto più partecipare alle mie feste? Che hai preferito rinunciare a fare da baby-sitter alle mie sorelle?" sbotta all'improvviso.
Il suo tono è cambiato, sembra quasi arrabbiato. Prende giusto qualche respiro e mi guarda dritto negli occhi.
"Non è vero che sono stata io a non parlarti più, come non è vero che non abbia voluto partecipare alle tue feste idiote successive. Il lavoro.... Quello sì, l'ho lasciato io: dato che tu il giorno dopo a quello che è... successo -sento nuovamente le guance andarmi a fuoco, ma decido di combattere l'imbarazzo e finalmente svuotarmi di questo peso che mi porto da allora-, hai trovato più facile far finta di nulla, ho deciso di renderti più semplice il compito, allontanandomi per sempre da te." spiego sinceramente.
Finalmente ho sputato il rospo. Non mi importa, visto che comunque è stato proprio lui a volere tutto questo.
"Io ho fatto finta di nulla? Io pensavo di aver sognato tutto! Insomma, dopo che... -mi guarda, gesticolando con le mani velocemente- hai capito, va! Dopo quello che abbiamo fatto, ti sei addormentata sul mio petto, ti ho spostato delicatamente e sono sceso di sotto per ripulire il casino, ma mi sono ritrovato Zayn con le ultime bottiglie di alcol pronto a berle tutte da solo. E gli ho fatto compagnia, ubriacandomi come non avevo mai fatto prima. Il giorno dopo mi sono svegliato nel mio letto, ma tu non c'eri più. Durante il giorno non ho fatto altro che pensarci in continuazione e, visto che mi era anche piaciuto tanto, non trovavo nemmeno il coraggio di chiedertelo! Avresti riso di me, se fosse stato solo un sogno!"
Io non credo alle mie orecchie: non può averlo detto sul serio.
"Ti è piaciuto tanto?" la mia voce esce più piccola e acuta del normale e quasi me ne vergogno, schiarendola.
"Sì, cioè... Penso. Mi sembrava tutto un sogno, per questo so che è stato davvero un buon sesso." continua, facendomi un occhiolino. Buon sesso, ovvio. Lui è sempre Louis Tomlinson, devo ricordarlo.
E comunque da allora è passato tanto tempo, non ricordo per niente l'effetto che avevano le sue mani sul mio collo, il suo respiro sulle mie gote, le sue labbra sulle mie, i suoi capelli che mi solleticavano la faccia mentre mi stringeva a lui... Oh, fanculo! Lo ricordo benissimo, invece!
"Ci stai pensando?" mi risveglio dal mio stato di trance. Louis mi coglie in fallo. "Stai ripensando a quella notte!" mi stuzzica e mi prende in giro come solo lui sa fare.
Ma prima che possa dargli anche solo uno schiaffo per farlo smettere, un poliziotto apre la cella.
"Johnson?" mi chiama e prontamente alzo la mano, come se fossi in una scuola, attirando la sua attenzione.
"Sei libera." dice successivamente. Salto giù dalla panca più felice che mai, cambiando di nuovo umore quando mi rendo conto che non ha chiamato pure Louis. "E lui?" indico il castano alle mie spalle e il poliziotto alza le spalle, non sapendo che fare. Certo, ha avuto i suoi ordini.
"Quando pagheranno la sua cauzione, sarà libero di andare pure lui." Il poliziotto mi spinge fuori dalla cella, richiudendola a chiave alle nostre spalle.
"Ireland?" sento Louis richiamarmi e prontamente mi blocco, facendo sbuffare il tipo al mio fianco. E già so quello che vuole dirmi: non chiamare mia madre, so cavarmela. Ma non è vero e ho deciso di pagare io la sua cauzione, per questa volta. Anche se spero non ce ne sia un'altra, o almeno non in prigione, intendo.
"Ricordati: non c'è due senza tre e il quarto vien da sé." mi sorprende. E io che pensavo di doverlo nascondere dalla madre... Mi regala l'ennesimo bellissimo sorriso, a cui io ricambio. So che per colpa sua finiremo di nuovo in un altro casino. "Mi piaceva di più il non c'è due senza te." e lo penso davvero, perché non saremmo arrivati da nessuna parte se a fare i casini non fossimo stati in due. Noi due.







HELLO BABE
E niente, finalmente ho messo l’ultimo capitolo c:
So che non un granché di storia, ma avevo intenzione
di estrapolarla dalla mia testolina e poi era da tanto che
non postavo qualcosa su efp. Fatemi sapere se vi è piaciuta
almeno un pochino e scusate gli errori, adesso rimedio
immediatamente c:
 

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