Voglio te nel mio letto—Missing Moment

di alicehorrorpanic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Christmas in love. ***
Capitolo 2: *** Kiss me hard. ***
Capitolo 3: *** My bloody Valentine. ***
Capitolo 4: *** Work hard. ***



Capitolo 1
*** Christmas in love. ***


Christmas in love




Natale era ormai alle porte e nessuno mi avrebbe salvata dal pranzo mega galattico e ultra calorico di quel giorno, forse lo stesso Babbo Natale mi avrebbe portata via sulla sua slitta oppure quel cretino del mio ragazzo, o quello che era.

L'odio nei suoi confronti ormai era evaporato ma gli insulti c'erano ancora, soprattutto quando rifilava sguardi troppo prolungati ai fondoschiena o alle scollature delle altre ragazze a scuola, nonostante fossimo in inverno sarebbero andate in giro in reggiseno pur di farsi notare da lui.

Oche squallide del Niagara, un calcio e sarebbero finite in mezzo all'oceano squartate dagli squali.
Troppo macabro forse, ma almeno sarebbero state lontane anni luce da lui.

Dovevo ancora regolarmi con questa cosa chiamata «gelosia incontrollata», Gaia stava diventando pazza e arrivò quasi a bendarmi un giorno, facendomi fare le peggio figure davanti a mezza scuola che non finiva più di ridermi davanti.

Avrei voluto strozzarla con le mie mani ma sapevo che lo faceva per me, per non farmi delirare ancora.

Ormai vedevo possibili rivali in ogni angolo e Arianna era al primo posto, di sicuro stava elaborando un piano per fregarmi di nuovo, per vendicarsi della mia vittoria.

Quindi non ero per niente tranquilla, anzi, avevo allucinazioni di tutti i tipi, ma lui era sempre li a tranquillizzarmi, ad abbracciarmi e a baciarmi.

Era il mio ragazzo a tutti gli effetti, si comportava come tale, eravamo sempre appiccicati, forse anche troppo ma a me non dispiaceva, il problema erano gli sguardi di odio che le altre mi rivolgevano.

Se avessero potuto mi avrebbero linciata, «un'orda inferocita squarta ragazza di diciassette anni», già vedevo la notizia in primo piano sul giornale.

Certo era che lui non mi aveva chiesto ufficialmente di essere la sua ragazza, ma non volevo essere pignola come mia nonna, forse per lui era stato troppo scontato per chiedermelo dopo aver passato tutto il pomeriggio su quel divano, però una dichiarazione l'avrei accettata più che volentieri eh.

Mi sarei accontenta anche di qualche frase scopiazzata, ad esempio dal film Se scappi ti sposo, in cui l'affascinante attore Richard Gere recitava: «Garantisco che ci saranno tempi duri, garantisco che ad un certo punto uno di noi o tutti e due vorrà farla finita, ma garantisco anche che se non ti chiedo di essere mia adesso lo rimpiangerò per tutta la vita perche' sento nel mio cuore che sei l'unica per me!»

Con una frase del genere sarei morta, ma tanto da lui non avrei mai sentito parole di questo genere, ero io quella romantica, lui era «il coglione dei coglioni» quindi addio dichiarazione d'amore. 
 

*******
 

Le nonne erano sempre le nonne, ma se avessero smesso di tirarmi le guance e rimpinzarmi di schifezze al cioccolato, mi avrebbero fatto un favore.

Era da circa cinque minuti che avevo pronunciato la fatidica frase «bene, io ora vado» detta con nonchalance e cercando di darmela a gambe senza dare nell'occhio, peccato che fui braccata sulla porta dalle carissime nonnine che mi presero sottobraccio.

Sbuffai consapevole che mi avrebbero sottoposto al terzo grado degno dell'investigatrice in gonnella Miss Marple.

«Dove vai bambina mia?» chiese mia nonna Adelaide, spalancando i suoi occhietti vispi contornati da rughe, che secondo me la rendevano ancora più bella.

«Vai dal tuo amichetto?» ecco che anche nonna Marianna diceva la sua, tirandomi per un braccio e facendomi sedere di peso sul divano.

«Perché cara hai un amichetto? E non ce lo fai conoscere?»

Oddio, non ne sarei più uscita di questo passo, meglio dire tutto in una volta, veloce e indolore.

Mi alzai di scatto facendole sobbalzare e mi misi davanti a loro, sorridendo amabilmente e facendo gli occhi da cucciolo bastonato.
«Si nonne ho un amichetto, come lo chiamate voi, e mi sta aspettando quindi non devo ritardare altrimenti si deprime e..»

«Oh, susu cara vai, non far star male il tuo amichetto!»

Se prima volevano quasi ammanettarmi e legarmi alla sedia per farmi parlare adesso mi stavano letteralmente buttando fuori di casa.

Erano saltate su come due molle e mi avevano trascinata fino alla porta, assicurandosi che avrei portato i loro saluti al mio «amichetto».

Sorrisi e scrollai le spalle, chi le capiva le nonne.


******


«Ma dove ti eri cacciata? Sto diventando un pinguino del Polo Nord!» Gaia che mi veniva incontro imbronciata, le braccia incrociate al petto e stretta nel suo giubbotto imbottito nero, e il fumo che le usciva dalle orecchie.

Sbuffai divertita e l'abbracciai forte e con slancio, iniziando a dondolarci da una parte all'altra come due bambine.
«Scusa, sono stata trattenuta» scrollai le spalle e sorrisi cercando di farmi perdonare mostrando anche gli occhi stile gatto degli stivali in Shrek.

Funzionò, perché alzò gli occhi al cielo e mi prese sotto braccio.
«Dai, andiamo, che qui ci sarà qualcuno più infastidito di me»

Avevamo deciso di incontrarci nella casa che i genitori avrebbero regalato al mio ragazzo, giusto per stare tranquilli e non essere sottoposti a interrogatori scomodi.

Ma io avevo portato con me anche Gaia visto che c'era anche Chris, non volevo essere da sola a gestire due idioti coi fiocchi.

«Finalmente!» fu l'unica parola che uscì dalla sua bocca prima di stringermi a sè e baciarmi come se ci fossimo solo noi.

Qualcuno si schiarì la gola e sentii la porta chiudersi alle mie spalle con un tonfo accompagnato da un sbuffo irritato.

«Ehi voi due, prendetevi una stanza!» Chris e il suo umorismo pari a zero.

«Taci» fu l'unica risposta di Nico, e mi prese per mano portandomi in cucina dove c'era una torta al cioccolato dall'aspetto invitante e una ciotola stracolma di panna.

Alzai il sopracciglio interrogativa e lui rispose prontamente: «mia mamma ha insistito, dovevo fare gli onori di casa» sorrise e scosse la testa, come se la cosa non gli importasse minimamente.

«Beh, io direi di approfittarne» Gaia si era già seduta a tavola e aveva gli occhi a cuoricino, come una bimba che vede il suo giocattolo preferito.

«Anche se con la panna si potrebbe fare altro» ammiccò lei facendomi l'occhiolino e sorridendo maliziosa.

«Mh, Gaietta non ti facevo così perversa» ribattè Chris sedendosi di fianco a lei e ricevendo un'occhiata ammonitrice.

«Non chiamarmi Gaietta» ruggì lei infastidita.

Ridendo sottovoce mi sedetti di fianco al mio ragazzo che era visibilmente divertito dallo scambio di battute di quei due.

Chris si mise a tagliare quella splendida torta non prima di aver proposto di mangiarla come animali affamati del paleolitico.

«Sei proprio scemo» constatò Gaia all'ennesima battutina.

«Detto da te, potrei prenderlo come un complimento» ridacchiò lui.

«Finitela di punzecchiarvi» dissi sorridendo divertita.

«Già, sembrate me e lei» e a questa affermazione di Nico calò un silenzio carico di sguardi.

«Peccato che a me non piace per niente questo tuo amichetto» si riprese subito Gaia, continuando a mangiare nervosamente la torta.

«Oh, sono sicuro che cambierai idea se lasci un po' di panna da parte» ammiccò lui facendo scoppiare a ridere tutti quanti tranne lei che, lo vedevo dal suo sguardo, voleva strozzarlo.

«Porco pervertito» gli rifilò, gustando un cucchiaio pieno di panna.


********


Il pomeriggio andò avanti così, tra battutine e insulti, e non mi ero mai divertita così tanto.

«Lasci che l'accompagni a casa principessa» era arrivato il momento dei saluti e Chris aveva allungato il braccio per prenderlo sotto quello di Gaia che lo guardò seccata e lo ignorò.

«Ciao bionda, ci sentiamo» mi salutò abbracciandomi e vidi con la coda dell'occhio il suo quasi cavaliere sbuffare.

«E tu trattala bene, non me la sciupare troppo» ammiccò maliziosa dando un pugno leggero sul petto del mio ragazzo.

«Ciao bro» salutò il suo amico con una pacca sulla spalla che mi fece un cenno di saluto.

«Non provare a seguirmi» fu l'ultima frase che sentimmo prima di richiudere la porta.

«Soli» sussurrò lui avvicinandosi e stringendomi tra le sue forti braccia, iniziando a baciarmi il collo.

«Lo so che avevamo detto niente regali» iniziò e si staccò da me guardandomi timoroso e mi allungò una mano facendo segno di seguirlo.

Salimmo le scale e non ebbi il tempo di guardarmi intorno che fui chiusa in una camera da letto con tanto di candele accese e tre rose rosse in un vaso di vetro sul comodino.

Lui si parò davanti a me e mi prese le mani iniziando a giocarci nervosamente.

«Dunque, non so da dove iniziare» si morse le labbra e io seguii quel gesto desiderando di baciarlo immediatamente.

«Puoi saltare i convenevoli e arrivare alla fine» proposi impaziente e iniziando a respirare affannosamente.

«No, è importante» prese un respiro profondo e aggiunse «Volevo dirti grazie per avermi dato fiducia, insomma, lo so che non è stato facile e ancora adesso hai dei dubbi, non è stato facile neanche per me ammettere quello che mi stava succedendo ma credo che prima o poi sarebbe successo no?» sorrise nervoso e gli accarezzai una guancia.

Lo sentii deglutire e riprese «quindi io, vorrei, darti questo insomma, come segno del mio amore o come vuoi chiamarlo, mi sento un cretino a parlare di queste cose però ti amo» concluse facendomi venire quasi un infarto quando mi appoggiò tra le mani una scatoletta blu con la scritta dorata di una gioielleria.

«Oddio» ero rimasta senza parole, mi ero fermata alle rose rosse e stavo già per avere un collasso.

«Aprilo» mormorò dopo avermi lasciato un bacio a stampo.

La prima cosa che vidi furono dei brillantini che incorniciavano un ciondolo a forma di cuore di color argento, stile Tiffany, ma c'era di più: su un lato c'era un'incisione, deglutii rumorosamente e lo guardai negli occhi sbalordita.

«Tuo» pronunciò e si allungò per prendere la collana e agganciarla al mio collo.

«Immaginavo che ti stesse bene, ma non così tanto» ammiccò soddisfatto.

«Scemo» risi dandogli una spinta che non lo fece spostare neanche di un centimetro.

«Mh, però credo che così ti stia ancora meglio» disse e senza rendermene pienamente conto, mi tolse in un colpo solo felpa e maglietta, rabbrividii ma il suo sguardo mi fece andare a fuoco.

«Ora sei perfetta» ridacchiò malizioso e si avventò sulle mie labbra, lo strinsi a me così forte che quasi non riuscivo a respirare.

Mi aveva stupito e un gesto così non me lo sarei mai aspettato da lui, ero rimasta di marmo se non peggio.

E la collana poi, con quella incisione così da innamorati folli Tuo, sottolineava il fatto che lui era mio, solo ed esclusivamente mio.

Neanche immaginando di essere una principessa delle favole avrei voluto avere un principe azzurro migliore di lui.

Sospirai quando mi buttò sul letto e mi tolse il reggiseno per dedicare la sua attenzione ad altro che non fosse la mia bocca o il mio collo.

Strinsi i suoi capelli tra le mani e l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che non avrei fatto più a meno di lui, non ora che la mia vita stava andando finalmente nel verso giusto.

Avevo la felicità alle stelle e risi al solo pensiero di come tutto era iniziato, prima lo odiavo da morire e ora lo amavo da impazzire.

«Non per dire, ma ora dovresti urlare non ridere come una pazza» mormorò lui distogliendo l'attenzione dalla mia intimità e risalendo a baciarmi sulla bocca con foga.

«Scusa, stavo pensando» risposi tra un bacio e l'altro.

«Mh, a cosa?» chiese, ritornando a scendere con i baci lungo il mio corpo.

«A noi, a come ci odiavamo» sospirai e mi aggrappai alle sue spalle quando iniziò a togliersi i pantaloni. 
Ma quando si era tolto la maglietta?
Ero così presa dai miei pensieri che non avevo fatto caso a nulla, mi ero persa il suo mezzo spogliarello.

«Beh, a me ispiravi già allora, quando ti incazzavi eri quasi eccitante»

Inarcai un sopracciglio e lui rise di gusto prima di zittire ogni mia protesta con la sua bocca.

Forse era stata una mia impressione ma quella volta mi sembrò diversa, forse perché c'era un'altra atmosfera, quasi romantica con quelle candele accese e le rose rosse, o forse solo perché ora ero un po' più sicura di lui.

E ogni sua spinta dentro di me, all'inizio lente e caute e poi sempre più forti e profonde, mi facevano mancare l'aria nei polmoni, dovevo aggrapparmi a lui per non perdermi, tremavo perché lui voleva me e io lo volevo.

Eravamo un unico corpo, a contatto, caldo, sudato, eccitato, scosso da brividi, e ci amavamo, cosa potevo desiderare di più?

Forse che sarebbe durato per sempre.



[Holaa kidz, che ne pensate? Troppo romantico per un bad boy vero? 
Bacibaci]

 

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Capitolo 2
*** Kiss me hard. ***


Kiss me hard


 


Passare la pazza notte di capodanno all'Hollywood ormai era diventata per me una tradizione che durava dalla prima superiore, anche se fino ad allora Arianna era sempre stata con me.

Scacciai quel nome con una scrollata di testa e strinsi più forte la mano del mio ragazzo che, insieme a Gaia e Chris, si stava facendo largo tra la folla scatenata e festosa.

Le luci a intermittenza blu e viola erano state le prime cose che mi avevano colpito anni fa, ho sempre adorato da morire quei giochi di luce, mi ricordavano le feste che facevano vedere nei film americani.

Il locale era strapieno, senza neanche un buco libero in cui respirare o prendere posto per sederci e non stare in piedi per ore.

«Bionda, ma vengono anche i tuoi amici?» mi urlò Gaia all'orecchio per farsi sentire.
Alzai le spalle «se riescono si»

Bea e Andre sarebbero dovuto arrivare più tardi, prima dovevano incontrarsi con la loro compagnia e poi ci avrebbero raggiunti.

«Andiamo in terrazza» Chris ci spinse fino alla veranda dove un'aria fredda ci accolse.
Rabbrividii e mi strinsi contro il petto del mio ragazzo per non sentire l'aria gelida che mi entrava nelle ossa, poichè indossavo solo un vestitino striminzito poco pesante, collant scuri e un giubbottino nero.

«Gaietta tu non hai freddo?» ghignò Chris divertito verso la mia amica «posso riscaldarti se vuoi» ammiccò allargando le braccia.

«Non toccarmi» ringhiò lei distanziandosi e abbracciandosi da sola.

La ammonii con lo sguardo e lei alzò le spalle «non voglio spiaccicarmi addosso a lui»

Ridacchiammo divertiti e lui ribattè «sei testarda eh, dai vieni qui, stai congelando scema» e con un braccio se la portò davanti a sè, attorcigliando le braccia attorno alla sua vita.

Stavo ridendo da sola per l'espressione buffa di Gaia: imbronciata e infastidita allo stato massimo «non provare a palparmi» lo avvertì.

Lui sbuffò alzando gli occhi al cielo «vuoi stare un po' calma per favore? Non sono mica un molestatore» rispose, guadagnandosi una gomitata nello stomaco.

«Lasciamoli soli, vieni a ballare con me» mi sussurrò il mio ragazzo all'orecchio lasciandomi un bacio sopra l'orecchio.

Ghignai e lo seguii, ignorando le proteste degli altri due.

Ci ritrovammo in due secondi in mezzo alla folla e iniziammo a ballare appiccicati come due calamite, con lui che mi teneva per i fianchi possessivo.

Ballavo ed ero felice, spensierata, con davanti l'unica persona con cui volessi stare in quel momento e per sempre.

Credevo nell'eternità ma con lui non bisognava mai esagerare e farsi false aspettative, sapevo che doveva ancora abituarsi a una relazione seria, ma dentro di me covavo quella speranza e felicità tipica di ogni finale di favola.

Forse chiedevo troppo, il mio non era il classico principe azzurro ma un «bad boy» con i fiocchi, con i suoi difetti, con le sue fissazioni, con i suoi baci ardenti.

Non sarebbe stato facile neanche per me fidarmi completamente, dare tutto per scontato, ma avrei dato il massimo per viverlo al meglio e non avere rimpianti in futuro.

Non potevo entrare nella sua testa e cambiare le impostazioni, non sarebbe stato più lui, ancora immerso nella ribellione adolescenziale, tra fumo, alcool e donne, perchè a me piaceva come si mostrava, forte e insensibile, e come veramente era dentro, insicuro e fragile come me.

«A che stai pensando?» mi sfiorò l'orecchio con le labbra e percepii il suo respiro caldo sul mio collo.

Alzai le spalle e mi avvicinai «a quanto voglio baciarti ora»

«Puoi farlo, sono a tua disposizione sai»

Scrollai la testa divertita «manca più di un'ora a mezzanotte»

«E quindi? Nell'attesa possiamo allenarci» ghignò senza nascondere un'aria maliziosa e divertita.

«Non ci siamo già allenati abbastanza?» chiesi, alzando un sopracciglio.

Lui si parò davanti a me, scontrò i nostri corpi e sussultai al contatto «non è mai abbastanza» sussurrò prima di baciarmi e prendermi il viso tra le mani.

 

************

 

«Meno male che vi ho trovati» sentii delle mani appoggiarsi sulla mia spalla e mi girai incontrando lo sguardo divertito di Bea e Andre.

«Ce l'avete fatta» urlai buttandomi ad abbracciarli entrambi.

Guardai l'orologio e strabuzzai gli occhi notando che fosse quasi mezzanotte.

«Amore andiamo a cercare gli altri due dispersi» lui annuì e mi circondò i fianchi facendomi avanzare nella folla.

Arrivato alla terrazza non c'era traccia nè di Gaia nè di Chris.

Mi guardai intorno per cercare di individuarli ma non li trovai «ma dove sono finiti»

«Saranno entrati, si muore di freddo qua fuori» suggerì il mio ragazzo alzando le spalle.

«Ragazzi, stanno facendo già il conto alla rovescia» esclamò euforica Bea abbracciando Andre che cercava di calmarla.

Ci avvicinammo e sentimmo una voce al microfono che scandiva i secondi «..sette...sei...cinque...quattro...tre...»

«Buon anno amore, ti amo» mormorò e mi baciò, proprio quando lo speaker finì di parlare e scoppiò un boato assurdo di grida e stappi di bottiglia.


 

***************************

[Avete appena letto il breve capodanno di quei due barboni, ora leggerete quello che è successo invece ai due dispersi ahahahahahahahah]

 

[CHRIS POV]

 

Erada più di mezz'ora che quei due se ne erano andati, sicuramente a inculcarsi da qualche parte per fare le loro cose porche conoscendoli.

Invece io ero tranquillamente appoggiato al muro della terrazza con una Gaia-isterica tremante fra le braccia, il che non mi dispiaceva per nulla, almeno se ne stava zitta e non fiatava.

In quel momento iniziò a muoversi nervosa e a battere con i denti «ma dove cazzo sono finiti quelli»

Una cosa che invece apprezzavo di lei era la sua finezza, ironicamente mi faceva impazzire.

Di solito le ragazze che cercavano di approcciarsi cercavano di fare le donne per bene, fini e gentili, mentre dentro di loro ruggiva una tigre.

Gaia invece se ne fregava, mostrava a tutti ciò che pensava, senza farsi problemi e sbattendoti in faccia la realtà senza troppi giri di parole.

Scrollai le spalle non sapendo darle una risposta precisa «che ne so, saranno andati a scopare» ridacchiai e ricevetti di nuovo una gomitata nello stomaco.

«Come sei rude cazzo» borbottò e incrociò le braccia al petto sfiorando le mie mani.
Lei si ritrasse di colpo e sussurrò qualcosa di incomprensibile.

«E tu sei eccitante quando dici le parolacce» mi uscì di getto senza che potessi controllarmi.

Chiusi forte gli occhi pensando di ricevere un pugno in faccia, invece sentii solo delle risate trattenute a stento «se non stessi congelando ti avrei già riempito di botte»

Sbirciai e la vidi col viso rivolto verso il mio, troppo vicino, e sussultai «mi devo ritenere miracolato allora»

Si schiarì la voce e si staccò da me «devo andare in bagno» annunciò e la afferrai per un braccio prima che sparisse «fumo una sigaretta e ti raggiungo»

Mi guardò corrugando la fronte «non ce n'è bisogno, sono capace di andarci da sola» sottolineò.

Alzai gli occhi e la trucidai «lo spero per te, comunque era per non perderci» indicai con la mano la folla all'interno del locale.

«Allora potevi fumartela prima la sigaretta, no?» fece retorica.

«So che ti da fastidio» risposi «comunque non ti preoccupare, farò in fretta e ti raggiungerò Gaietta mia» ghignai.

Lei mi fulminò con lo sguardo e senza parlare si diresse dentro.

Presi una sigaretta dalla tasca e l'accesi, buttando fuori il fumo come se fosse una liberazione.

Avevo appena fatto cinque tiri che una biondona occhi azzurri mi si parò davanti «ciao tesoro» bofonchiò, e mi arrivò dritto sul viso il suo odore di vodka alla fragola, insopportabile oltretutto.

La ignorai cercando di finire in fretta la sigaretta e rientrare ma lei non demorse, iniziando ad accarezzarmi il petto nonostante le mie proteste «mh, perché fai il prezioso?» iniziò e la sua mano arrivò a sfiorarmi il cavallo dei pantaloni.

Afferrai la sua mano e la posai sulla mia spalla «fammi fumare in pace»

Lei ammiccò e si avvicinò al mio orecchio «sei sempre pronto, ho sentito»

Ridacchiai «non per te, stasera» ironizzai pungente e buttai per terra la sigaretta, spegnendola con le scarpe.

Sbuffai seccato e la abbandonai lì senza spiegazioni, immergendomi nella folla assassina di capodanno.

Giunto ai bagni mi intrufolai dentro senza problemi, guardando dal telefono che mancava meno di mezz'ora a mezzanotte.

«Ma che cazzo..» sentii imprecare e risi, riconoscendo la voce femminile «ah sei tu»

«Chi pensavi fosse scusa?» alzai le sopracciglia sorridendo «ti avevo detto che ti avrei raggiunta»

«Hai fatto presto» constatò.

«Sono scappato da una biondona ubriaca»

Uscì dal bagno spalancando la porta e rimasi di sasso: aveva il giubbotto aperto davanti e potevo ammirarla benissimo nel suo tubino blu che le fasciava tutto il corpo.

Deglutii e mi passai una mano davanti agli occhi per cancellare i pensieri per niente casti che quella vista mi aveva provocato.

«Strano» rispose mentre si lavava le mani «non è nel tuo stile scappare, di solito le accontenti»

Ghignai «accontento chi voglio» precisai.

«Che cazzo fai con le mani sulla faccia? Hai visto un fantasma?» rise divertita «cazzo, dove si è cacciato? Mica l'ho visto io, e se mi ha sbirciato mentre pisciavo?» ironizzò.

«Gaietta» iniziai togliendomi le mani dal viso «ti ho già detto che mi ecciti quando dici le parolacce?» le dissi serio.

Lei si morse il labbro per non ridere e incrociò le braccia «e quindi?»

«Quindi» mi avvicinai, mentre lei si appiattiva sul muro «non farlo più»

Alzò le spalle e sorrise «va bene cazzone» strabuzzò gli occhi e aggiunse divertita «ops»

La guardai per qualche secondo negli occhi e spostai lo sguardo sulle sue labbra socchiuse «lo fai apposta vero?» ringhiai.

Lei alzò un sopracciglio interrogativa «cosa coglione?»

Scattai sulle sue labbra mordendole forte e baciandole, facendola imprecare dal dolore mentre mi allacciava le braccia al collo.

Le tolsi il giubbotto con foga e la presi per i fianchi alzandola e finendo tra le sue gambe.

Lei intanto mi mise le mani tra i capelli e me li tirò forte mentre facevo combaciare perfettamente i nostri corpi.

La sentivo respirare affannosamente contro la mia bocca e questo mi fece impazzire, più dei suoi occhi e più delle parolacce uscite dalle sue labbra.

Scesi a baciarle il collo e le spalle, scostando di poco il vestito, mentre lei iniziò a togliermi con forza il giubbotto e la maglia.

Continuai a strusciarmi su di lei e a morderle il collo, mentre con le mani la reggevo e le sollevavo di poco il vestito.

Sentii degli schiamazzi incontrollati e dopo la voce di un ragazzo al microfono e presi coscienza che era quasi mezzanotte, e noi eravamo rinchiusi in un bagno.

Sentii le sue unghie conficcarsi nelle mie spalle ma non ci badai, il piacere nel quasi averla era molto più forte «muoviti stronzo» mormorò a denti stretti aggrappandosi ancora più forte a me.

Risi, pensando che neanche in questi momenti critici non usciva dalla sua personalità.

La mollai per recuperare il preservativo nella tasca del giubbotto mentre lei iniziò a sbottonarmi i pantaloni e a sfiorarmi i boxer.

Chiusi gli occhi per qualche secondo e l'appoggiai sul bordo del lavandino, l'afferrai forte per i fianchi per avvicinarla e le alzai completamente il vestito.

Mentre fuori urlavano «tre» io ero già dentro di lei e mi stavo muovendo prima lentamente e poi sempre più forte fino a sentire urlare il mio nome dalle sue labbra.


[ Capodanno è arrivato anche da loro ahah.
Che ne pensate kidz?
Bacibaci]

 

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Capitolo 3
*** My bloody Valentine. ***


My bloody Valentine






San Valentino ed essere impazzita completamente.

Da più di mezz'ora stavo facendo avanti e indietro per la mia stanza, agitata e in preda al panico perché non sapevo cosa indossare ma soprattutto perché Gaia non rispondeva al telefono.

Stavo diventando un tutt'uno con il mio armadio e la faccenda mi stava preoccupando, avevo provato già dieci gonne, ma nessuna mi convinceva: una era troppo lunga, l'altra era corta, l'altra ancora mi faceva il sedere di una balena, per non parlare dei colori assurdi e vomitevoli.

La mia pazienza stava per esaurirsi e se quella donna non si decideva a rispondere alle mie chiamate sarei andata a prenderla con la forza e le avrei strappato tutti i capelli.

Sbuffai per la millesima volta e mi accanii mentalmente sul mio ragazzo, che solo qualche ora prima se ne era uscito tranquillo con un«stasera ti porto fuori a cena» mostrando il suo sorriso da spacca cuori, ma io volevo solo prenderlo a pugni nelle parti basse.

Non poteva pretendere che recepissi le sue parole, le analizzassi e prendessi coscienza in meno di cinque secondi.

Una donna doveva essere avvisata prima, almeno due settimane dal suddetto evento, ci voleva una buona preparazione sia psicologica che mentale.

Inoltre sarei dovuta andare dall'estetista, dalla parrucchiera, e soprattutto a fare shopping per trovare un vestito adatto invece di fare la caccia al tesoro nel mio misero e repellente guardaroba.

Presi di nuovo il telefono che avevo lanciato sul letto precedentemente e composi il numero di Gaia, imprecando in turco affinché rispondesse.

Stavo appunto mandandola a quel paese quando udii la sua voce «bionda, si può sapere che è successo?»

Grugnii e strinsi gli occhi «ti ucciderò dopo, ora dimmi cosa cavolo devo indossare, sto impazzendo»

Silenzio.
Tutto quello che non mi serviva in quel momento «dimmi che sei viva» respirai.

Sentii una risata soffocata provenire dall'altro capo del telefono e mi innervosii «cazzo Gaia mi ascolti o no?»

«Scusa, è colpa di..del mio gatto» si corresse alla fine «un vestito per cosa?»

Aggrottai la fronte confusa «da quando hai un gatto tu?» la sentii ridere di nuovo e sbuffai «comunque mi serve un vestito perché quel cretino ha deciso di portarmi fuori a cena» urlai, per sovrastare le sue risate che mi stavano mandando al manicomio.

«Metti il tubino di capodanno, stavi benissimo» disse tutto d'un fiato, frettolosamente, come se si stesse trattenendo da fare altro, tanto che ci misi qualche secondo ad afferrare ciò che aveva appena detto.

«Ma l'ha già visto lui» mi opposi, sbuffando di nuovo.

«Bionda, sai a cosa interessa lui vederlo di nuovo? Tanto poi te lo toglie, è solo una copertura» in effetti, non aveva tutti i torti, quel vestito sarebbe durato solo qualche ora.

Mi schiaffeggiai la fronte e tornai all'attacco sentendola ancora ridere «ma il tuo gatto ti fa ridere così tanto?»

Sentii dei rumori strani e un'altra risata soffocata «si, mi sta graffiando» annaspò «comunque metti quel vestito e non pensarci più, ora devo staccare, buon San Valentino» e mi riattaccò il telefono in faccia.

Fissai lo schermo per qualche secondo imbambolata, alzai le spalle e feci partire la canzone dei Green Day.

«I don't wanna go back home
I don't wanna kiss goodnight
Let us paralyze this moment til it dies
To the end of the earth
Under the Valley of the Stars
There's a car crashing deep inside my heart
It cries
Red alert is the color
Of your paper valentines
Intertwined on this moment passing by
Do you wanna be my valentine?
So come away with me tonight
With cigarettes and valentines
Cigarettes and valentines!»

Mi intrufolai di nuovo nell'armadio e stesi sul letto quel benedetto vestito nero, corto fino alle ginocchia e senza maniche.

Meno di mezz'ora dopo ero pronta con i miei capelli biondi ondulati e i tacchi, che mi avrebbero frantumato le caviglie e fatta stramazzare al suolo.

Raccattai borsa e cappotto dal letto e scesi giù per aspettare il mio principe azzurro e il suo bianco destriero.

Storsi il naso e constatai che il mio principe era un «bad boy» in sella a una moto ruggente, niente cavallo bianco, niente mazzo di rose rosse, niente frasi romantiche.

Immersa nei miei pensieri da inguaribile sdolcinata cronica non mi accorsi del tizio misterioso appostato a pochi metri da me, che mi stava fissando in un modo per niente rassicurante.

Mi schiarii la voce cercando di stare calma e non fuggire come una maratoneta e iniziai a calpestare l'asfalto sotto i piedi nervosamente.

Respira.
Inspira.
Respira.

«Ti devo venire a prendere o vuoi aspettare domani mattina?»

Il cuore mi saltò fuori e portai una mano sul petto per lo spavento.

Mi girai al rallentatore per guardare nella sua direzione e scoprii di essere una vera rimbambita, non avevo riconosciuto il mio ragazzo sulla sua potente moto, solo perché era buio pesto e i lampioni non facevano il loro unico lavoro di illuminare la strada.

Tossii imbarazzata e lo guardai con nonchalance «un cavaliere che si rispetti viene a salvare la sua principessa indifesa» dissi raggiungendo la sua postazione vicino al marciapiede.

Lui mi guardò con un sopracciglio alzato e accennò una risata, mentre si rigirava il casco tra le mani «principessa indifesa? Ma se ci siamo solo io e te qua» si fermò per un minuto e poi mi osservò serio «non mi avevi riconosciuto?» si trattenne ma dopo due secondi scoppiò a ridere, facendo un baccano assurdo.

Sbuffai e gli diedi un pugno su una spalla «divertente, davvero» conclusi e incrociai le braccia al petto, iniziando ad avanzare lungo il marciapiede.

«Dove cazzo vai adesso» lo sentii imprecare e vidi con la coda dell'occhio che mi stava seguendo con il suo bolide, spingendosi con le gambe.

Testa alta e petto in fuori continuai ad avanzare, incontrando sul cammino alcuni esseri umani accompagnati dal loro fedele cane e una figura misteriosa, con una cuffia verde, una lattina di birra in una mano e una sigaretta nell'altra.

Lo superai velocemente e respirando affannata, fino a quando il cuore non mi saltò in gola a sentire delle mani stringermi i fianchi.

Sussultai spaventata e cercai di staccarmi di dosso quelle manacce ma inutilmente, poiché il tizio si avvicinò al mio orecchio.

Calma e sangue freddo.
Com'era quella mossa di difesa?
E dove cazzo era il mio ragazzo?
Mi aveva abbandonata in mezzo alla strada come una principessa indifesa?

«Toglimi le mani di dosso» sibilai in preda a due secondi di coraggio e lo sentii immobilizzarsi.

Oddio, magari questo aveva un coltello nascosto da qualche parte.

«Ti sei davvero offesa?» sospirò sul mio collo e il mio cuore riprese a battere.

Respirai a pieni polmoni mormorando un «portami via da qui» e mi voltai verso di lui, trovandomelo quasi appiccicato addosso.

Sorrise inarcando un sopracciglio e mi condusse con un braccio sulla spalla verso il suo abile destriero, ovvero una moto fiammante.

Indossai il casco e mi strinsi a lui sedendomi nella parte dietro «allora, andiamo al ristorante?» chiesi senza nascondere una traccia di eccitazione.

«Mh, in realtà ho prenotato tra un'ora»

«Ah» riuscii solo a dire «e quindi dove andiamo?»

«In un posto» rispose tranquillo, mettendo in moto.

I capelli mi svolazzavano, l'aria ci colpiva in pieno e la strada appariva vuota apposta per noi.

Mi sembrava tutto così impossibile, come se fossi stata catapultata in un film americano e ora stessi realizzando il mio sogno.

Si fermò di colpo facendomi sobbalzare e mi guardai intorno: eravamo nell'area verde sotto il ponte che collegava le due parti della città, solo le luci delle case e dei lampioni smorzavano quell'oscurità che stava raccogliendo tutto.

Mi sentii togliere il casco e mi prese per mano, portandomi in uno spiazzo di erba vicino al fiume, proprio come un film commedia, e ci sedemmo vicini guardandoci con imbarazzo.

Si passò una mano tra i capelli a disagio «non vorrei fare un discorso da schifoso romantico, che non sono» ridacchiò nervoso «ma mi vedo costretto a dire che è il primo San Valentino che passo con una ragazza» si fermò qualche secondo «una sola intendo»

Feci una smorfia contrariata e disgustata ma non lo interruppi, volevo vedere fino a che punto si lasciasse andare.

«E mi sento strano» continuò, mettendosi le mani nelle tasche dei jeans scuri.
«Strano?»
Annuì e riprese «come se mi fosse mancato sempre un qualcosa, un pezzo, e ora che l'ho trovato mi sembra quasi surreale»

«Ma io sono reale» ironizzai.

Accennò una risatina e si morse il labbro «lo so, forse anche troppo»

Boccheggiai per qualche secondo confusa prima che lui mi ipnotizzasse con i suoi occhi celesti «ti posso parlare» e fece una smorfia divertita «ti posso toccare» mi sfiorò una guancia con le nocche «ti posso prendere in giro» mi racchiuse il mento in una mano facendomi fare un'espressione decisamente buffa «e ti posso..amare»

«Amami allora» scrollai le spalle e gli presi il volto tra le mani, che lui aveva girato volutamente per non incontrare i miei occhi.

«Lo faccio già» rispose, accarezzandomi un braccio.

«Mi puoi baciare anche» ribattei piccata come una maestrina che segnava le dimenticanze del proprio alunno con la penna rossa.

Si scompigliò i capelli senza nascondere un sorriso «me lo merito un bacio da te?» la sua voce aveva assunto un tono quasi disperato.

«Ma io volevo un bacio da te» mi puntai.

«Allora non vuoi baciarmi» concluse desolato e deluso, senza nascondere un sorriso di scherno.

Sbuffai e mi inginocchiai davanti a lui, mettendomi le mani sui fianchi «io voglio baciarti ma voglio che lo fai tu»

Mi guardò per qualche secondo in attesa, come se si aspettasse che cambiassi idea e dopo lo vidi avvicinarsi e lo sentii: il suo respiro sul mio collo, la sua bocca sulla mia guancia e le sue labbra sulle mie.

Mi baciò come se fossi il suo ossigeno e avesse paura di restare senza, si strinse a me con forza e mi appoggiai a lui, finendo insieme sdraiati una sopra l'altro sull'erba.




[Buon San Valentino sia alle coppiette sia a chi sta ancora aspettando il principe azzurro che si è perduto nel bosco senza GoogleMaps] 

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Capitolo 4
*** Work hard. ***


Work hard







Un mese.
Un mese e quella brutta bagascia, con affetto, della professoressa di arte ci assegnava una ricerca da fare in gruppo.

Nulla in contrario se solo avessi avuto altri compagni, più intelligenti e per bene, invece no, ovviamente dovevo capitare in gruppo con quella pazza di Mara, con più capelli rosa che biondi, e un altro amichetto «bad boy» del mio ragazzo, Guglielmo.

Per pietà o forse dopo avermi letto nel pensiero la suddetta professoressa aveva inserito come un tassello mancante del puzzle il mio Ken-ragazzo.

Sbuffavo e sbuffavo.

E quella megera aveva pure sottolineato di lavorare con «diligenza e determinazione» altrimenti il lavoro sarebbe stato inutile, come darle torto.

La cosa che mi seccava altamente però era il fatto, più che sicuro, anzi assicurato, che tutta la ricerca l'avrebbe dovuta fare interamente la sottoscritta visto i soggetti che mi erano capitati.

Sbuffavo e sbuffavo.
Tamburellavo nervosa le dita sul tavolo della cucina, ci eravamo trovati proprio quel giorno a casa della «regina rosa» per iniziare ad abbozzare qualcosa su Caravaggio, poiché a breve saremmo andati a una mostra dei suoi quadri. 

E sbuffavo.
Mara continuava a ridacchiare a ogni parola di Guglielmo, che ci metteva del suo per dire cavolate, e a ogni occhiata del mio ragazzo.

E io guardavo con sguardo omicida tutti e tre quegli esseri strani e pazzi che mi erano capitati.

Ero l'unica che stava realmente facendo il lavoro, salvavo pagine su pagine di internet sul mio portatile che sarebbero poi state utili per l'approfondimento.

Dovevamo rispondere a delle domande centrali che riguardavano il periodo di appartenenza del pittore, le caratteristiche dei suoi dipinti e il suo tipo di pittura.

Tutte informazioni facilmente reperibili su  un qualsiasi libro di testo senonchè il nostro era peggio dei riassunti delle elementari: una sintesi della sintesi, imbarazzante.

Ogni tanto ricevevo occhiate dal mio ragazzo e da Mara, che mi guardava come se fossi un'aliena.

All'ennesima cavolata sparata da re Guglielmo lei era scoppiata in una risata odiosa e da oca collaudata.

«Non per interrompere il vostro momento idilliaco» mi schiarii la voce e continuai «ma dovremmo fare questa benedetta ricerca per dopodomani» li guardai negli occhi e constatai che tutti si stavano trattenendo dal ridere.

Alzai gli occhi al cielo e chiusi il mio portatile, decisa ad andarmene da quei trogloditi impertinenti.

«Che stai facendo?» mi chiese quell'essere di fianco a me afferrandomi un polso proprio nel momento in cui mi ero alzata per andarmene.

«Me ne vado, non vedi?» risposi retorica e sarcastica, volgendo un largo sorriso di scherno agli altri due piccioncini.

«Oh, lasciala andare, ci divertiremo un sacco insieme» squittì la bambola rosa e la trucidai con gli occhi per quanto mi fosse possibile.

«Bucci dai, un po' di divertimento non fa male a nessuno» provò Guglielmo dando man forte a quella squinternata, probabilmente pensando a un proprio tornaconto.

Le loro parole mi entrarono da una parte e mi uscirono dall'altra, inesistenti.
«Resta dai» fu quella voce che mi destabilizzò, sembrava quasi una preghiera, una supplica per non lasciarlo da solo.

Ma io ero stufa, ero venuta lì per lavorare non per fare tutto il lavoro al posto degli altri che se ne infischiavano.

Scossi la testa, irremovibile, non sarebbero bastati i suoi occhi da cucciolo per farmi capitolare.

«Devi sempre fare la perfettina tu?» intervenne lei con aria altezzosa e antipatica.

«Non sono perfettina» sottolineai impettita «anche io so divertirmi credimi, ma prima si lavora e poi ci si diverte» ribattei decisa la mia tesi che non faceva una piega, era perfetta.

Lei accennò una risatina e volse lo sguardo verso il mio ragazzo, in versione gatta morta alla riscossa «è così tesoro, è capace di divertirsi la tua ragazza perfetta o devi fare tutto da solo?»  

Boccheggiai e avvampai per la rabbia, stringendo fra le mani lo schienale della sedia per non saltarle addosso e strapparle tutti quei capelli colorati.

«Mara non fare la stronza» questa fu la risposta del mio principe che avrebbe dovuto salvare la sua principessa, dicendo una frase ad effetto e zittendo la matrigna cattiva, invece se ne era uscito con quella frase che non voleva dire una beata mazza.

«Dai ragazzi, facciamo questa ricerca del cazzo così poi siamo liberi» per mia sorpresa quella risposta era di re Guglielmo che dopo mi rivolse uno sguardo furbo «mi devi un favore Bucci» e sorrise sghembo, facendomi comparire degli occhi a cuoricino solo per essersi schierato dalla mia parte.

Rinvigorita mi risedetti allegra e avvicinai la sedia al mio compare, scatenando gli sguardi gelosi e furenti degli altri due zombie.

«Allora» iniziò lui stropicciando di gli occhi e passandosi una mano fra i ricci scuri «cazzo c'è da fare?» 

Storsi il naso, in realtà mi sarei aspettata un'altra frase dal mio salvatore ma dovevo accontentarmi anche se provavo un certo compiacimento nel vedere il mio ragazzo squadrarmi e osservare ogni minimo movimento di Guglielmo.

«Dobbiamo fare una ricerca su Caravaggio» spiegai mostrandogli la pagina web su cui ero capitata.

«Mh, cosa in particolare?» strano ma vero, lui sembrava perfino felice di fare qualcosa di utile, al contrario degli altri che avevano espressioni cupe e se ne stavano in silenzio tombale, erano perfino inquietanti.

«Tutto» dissi in un sospiro.
Lui si voltò di scatto e sorrise malizioso «che respiro Bucci, sembrava qualcos'altro, a che stavi pensando?» 

Alzai gli occhi al cielo e gli diedi un pugno leggero su un braccio «cretino»
«E voi stareste lavorando?» si intromise Mara, uscita dal suo stato di emarginata.

Annuii convinta «con diligenza e determinazione» ripetei a memoria le parole della professoressa di arte, da perfetta e odiosa secchiona, e misi un braccio sulle spalle di Guglielmo.

In tutta risposta lei in un attimo si sedette sulle gambe del mio ragazzo suscitando la mia rabbia incontrollata «e tu che stai facendo?» dissi, apparentemente calma e rilassata.

«Mi sto divertendo con diligenza e determinazione» mi schernì poggiando una mano sulla sua gamba facendolo sussultare «meglio che ti togli» parlò finalmente, facendomi respirare di nuovo.

«Si, scansati tesoro» ripetei ringhiando.
Lei ridacchiò e rispose «sennò che fai?»
Avevo cercato di stare calma ma Mara mi faceva salire il crimine a mille, come facevo a stare ferma e buona?

Mi alzai di scatto quasi senza rendermene conto e mi diressi verso la vittima che avrei fatto a pezzi.

Prima di raggiungere l'obiettivo però fui agguantata alle spalle e fermata con delle parole sussurrare all'orecchio «non fare cazzate, sai com'è fatta» seguito da un bacio sul collo che mi fece dimenticare perfino il mio nome e dove mi trovavo.

«Direi che io lavoro con Mara e tu con Nic, così resterete vive entrambe» propose l'amico bad boy sorridendo nervoso e mordendosi le labbra.

«Meglio, dai vieni qui» mi prese per i fianchi facendomi sedere sulle sue gambe   e stringendomi a sè con diligenza e determinazione.




[avevo anche preso in in considerazione il prendersi per i capelli ma mi sono limitata ahah]



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