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di Oceangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


L'ascensore era appena arrivato al piano, Arizona si affrettò a raggiungerlo prima che ripartisse: era stata davvero una giornata piuttosto pesante e non aveva voglia di stare in ospedale nemmeno un minuto di più, aveva voglia di scappare lontano da quell'inferno.

Appena entrata si rese conto della presenza di un'altra persona, anzi no: di QUELLA persona.. La bionda non riuscì a trattenere un piccolo sorriso, la sua presenza lì era positiva: per quanto difficile fosse, doveva e voleva parlarle, quella donna le piaceva e non aveva alcuna intenzione di farsela scappare.

Ma da dove cominciare? Incrociò le braccia al petto e, mentre l'ascensore si chiuse ed iniziò il suo percorso, lei iniziò a parlare. -Sai.. Ho avuto una giornata pesante. Sono stata stracciata da Alex Karev, uno specializzando del secondo anno, il che.. E' umiliante per un chirurgo, specie una "so-tutto-io" di serie A come..- Aveva iniziato a parlare a raffica esattamente come ogni volta che era in difficoltà, non sapeva nemmeno verso dove si stava dirigendo quella spiegazione: sarebbe arrivata presto al punto? Non lo sapeva e Callie non le diede nemmeno l'occasione di scoprirlo, perchè la interruppe.

-Non devi sai.. Non dobbiamo essere amiche, è un ospedale con tanti piani, tanti posti per nascondersi ed io posso farlo per i prossimi anni..- L'imbarazzo della latina era palpabile con mano, Arizona la ascoltava ma decisamente no, non le andava nè di essere sua amica, nè di evitarla o di venir evitata.. Così, questa volta, fu lei ad interromperla.

-Non mi ascolti per niente, Ca..- Non fece in tempo nemmeno a finire la frase che le porte dell'ascensore si aprirono e, prima che potesse fare qualcosa, Calliope si dileguò lasciandola da sola.

**

5 anni dopo

 

All’inizio era solo un suono lontano e trascurabile ma più passavano i minuti più quel rumore si avvicinava, diventando ogni secondo più molesto ed impossibile da ignorare: ben presto divenne insopportabile, pareva potesse trapanare il cervello.

Arizona si premette il cuscino contro le orecchie con le mani tentando così di attutire il trillo della sveglia posta sul comodino affianco a lei e strizzò gli occhi più forte, quasi a voler fondere le palpebre l'una con l'altra per non aprirli mai più: eh no, di alzarsi quella mattina il chirurgo pediatrico non ne aveva proprio voglia, avrebbe preferito di gran lunga starsene a letto a recuperare tutte le ore di sonno perse durante gli eterni turni in ospedale.

La sveglia, con gran sollievo della donna, smise di suonare ma ad infastidire quegli ultimi attimi di sonno fu un movimento sul letto seguito da una delicata pressione sulle sue labbra: a quel punto, seppur controvoglia, si costrinse ad aprire gli occhi.

Leah Murphy si stava lentamente allontanando dal suo viso dopo averle lasciato un dolce bacio sulle labbra.

-Proprio come Biancaneve!- Mormorò aprendosi in un sorriso gioioso quando vide gli occhi azzurri di Arizona schiudersi.

La bionda accennò un sorriso ancora assonnato alla specializzanda ed osservò la sua lunga chioma castana allontanarsi verso il bagno per una doccia veloce prima di andare in ospedale ad iniziare il suo turno.

No, non era proprio innamorata di lei e nemmeno le piaceva così tanto, le piaceva che le rivolgesse così tante attenzioni, le piaceva piacerle ma decisamente non era presa da lei. Leah era solo una delle tante che, da quando aveva chiuso con sua moglie, avevano visitato il suo letto: per quanto odiasse ammetterlo, Arizona non ce la faceva proprio a passare la notte da sola in quella casa piena di ricordi, il silenzio urlava quel nome ed il normale letto a due piazze le sembrava mille volte più grande senza la presenza di Julia; il buio, inoltre, le faceva rivivere di continuo tutti i loro errori, tutte le loro litigate, riusciva a vedere tutto chiaramente come se fosse stato un film proiettato nella sua mente.. Di chi era la colpa? Se solo qualche mese prima avrebbe risposto "sua!" senza pensarci nemmeno un secondo, dopo solo alcune notti passate in solitudine non ne era più così certa, doveva ammettere di essere stata insopportabile, soprattutto negli ultimi tempi.

Aiutandosi con le mani si mise seduta spalancando la bocca in uno sbadiglio poco aggraziato e parecchio rumoroso per poi voltarsi verso la sua destra ed afferrare la protesi della sua gamba sinistra appoggiata al comodino, fermandosi ad osservarla quando fu davanti ai suoi occhi e, come ogni volta che guardava quel pezzo di metallo, la sua mente iniziò a viaggiare nel tempo e nello spazio, fino a giungere al luogo ed al momento esatto di quel dannato evento che aveva cambiato completamente la sua vita.

Non passava giorno durante il quale non pensava a quel dannato incidente stradale che le aveva rovinato e portato via non solo la sua gamba, ma tutto ciò che di bello aveva: il suo carattere gioioso, l’Africa, sua moglie..

 

Era sveglia da pochi minuti, l'anestesia non era del tutto smaltita e si sentiva parecchio intontita, tanto da non riuscire ancora a rimettere insieme i propri pensieri e ricostruire gli avvenimenti appena verificati: che ci faceva in un letto d'ospedale? Perchè Julia era lì? L'aveva raggiunta in Africa?

Si guardò intorno alla ricerca di un indizio che potesse suggerirle almeno una delle numerose risposte che cercava e si rese conto che l'ambiente non era affatto quello nel quale era abituata a lavorare ogni giorno: non era una delle stanze dei suoi piccoli umani in Malawi, era tutto troppo grande, troppo tecnologico, troppo bianco, troppo americano.

-Come ti senti?- La donna a fianco a lei sorrideva ma sembrava davvero esausta, aveva delle profonde occhiaie scure sotto gli occhi, era pallida, aveva l'aria preoccupata.

Arizona le sorrise leggermente -Bene.. Sto bene, credo..- Mormorò forse più a se stessa che alla moglie, mentre nella sua mente iniziavano a farsi spazio gli eventi dei giorni precedenti, più passavano i secondi, più dettagliati erano i ricordi: il bambino con la grave deformazione cardiaca, il viaggio in ambulanza verso una clinica più attrezzata, il veicolo che perde il controllo, l'incidente, lo scoppio.. Il buio.

Solo a quel punto si rese conto che qualcosa non andava, la sua gamba sinistra non rispondeva più ai suoi comandi: cosa diavolo stava succedendo? Tentò di tastarsi il ginocchio ma non sentì niente ed il panico la invase.

-La mia gamba, Julia!! La mia gamba!!- Le lacrime non tardarono ad arrivare sul viso di entrambe le donne.

-Appena abbiamo saputo, abbiamo fatto il possibile per venirti a prendere e portarti qui.. Volevo per te il meglio, volevo che i migliori chirurghi ortopedici si occupassero della tua gamba ma non ce l'hanno fatta. Li ho pregati ma non potevano fare niente Arizona!-

-Non è vero. La mia gamba... Non è vero!- Urlava, non aveva ascoltato una parola, l'unica cosa che in quel momento riusciva ad occupare la sua mente era quella gamba mancante e la crisi di panico che la stava assalendo insieme alla consapevolezza che niente sarebbe mai più stato lo stesso per lei.

 

-Non vieni anche tu?- La voce di Leah la riportò al presente, facendola voltare verso la ragazza.

-Cosa? Dove?-

-Sotto la doccia.. Con me..- Chiarì la ragazza, lanciando ad Arizona un sorriso malizioso al quale la bionda rispose con uno palesemente forzato.

-No, no.. Fai pure la doccia, io vado a preparare il caffè- Rispose guardando la delusione farsi strada negli occhi della ragazza. Infilò velocemente la protesi e si alzò per prepararsi per la giornata che avrebbe dovuto affrontare.

 

Non era una giornata particolarmente impegnativa in ospedale: nessuna urgenza al pronto soccorso, le ambulanze non avevano caricato piccoli umani, le uniche operazioni che Arizona aveva effettuato erano quelle programmate sul grande tabellone posto davanti al corridoio che portava alle sale operatorie: rimozione di tonsille per il piccolo Kevin e rimozione dell’appendice per i piccoli Joshua e Tiffany, nulla di complicato o che richiedesse molte ore.

Nonostante il turno piuttosto tranquillo e noioso, il chirurgo pediatrico davvero non vedeva l'ora che finisse quella giornata, l'unica cosa che desiderava era togliersi la maledetta protesi e scacciare, così, il dolore fastidioso che la stava facendo impazzire e che, con il passare del tempo, non faceva altro che aumentare: fastidioso come il mal di denti e martellante come il mal di testa. Per questo all’ora di pranzo, anzichè andare in mensa a mettere qualcosa sotto i denti, si diresse verso la saletta più vicina al suo reparto per stendersi un po’ sullo scomodo lettino e dare finalmente un po’ di tregua al suo moncherino irritato.

La saletta era piuttosto buia, dalla piccola finestra posta sulla parete di fronte alla porta riuscivano ad entrare solo pochi raggi solari, i muri grigi e crepati erano piuttosto avvilenti ed i mobiletti pieni di attrezzature mediche non contribuivano a rallegrare il luogo e l’aria.. Beh, l’aria era viziata, sapeva di chiuso, nessuno si preoccupava di aprire mai l’unica finestrella presente, d’altronde, perchè mai avrebbero dovuto farlo?

Arizona tentava di concentrarsi su tutte le imperfezioni dei muri e del soffitto, cercava di non perdere nemmeno un minimo dettaglio di quel posto e di tenere la mente impegnata, un po’ per tentare di scacciare il dolore, un po’ per scacciare tutti i ricordi che aveva in quelle salette, ricordi dolci, sexy, malinconici.. Ricordi di lei e Julia.

Non poteva fare a meno di pensare che la loro prima volta era stata proprio lì, tra le lenzuola del letto su cui era sdraiata: sfiorò il materasso con le dita, in quella che quasi sembrava una carezza. Le mancava da impazzire, le mancava vederla alla postazione delle infermiere, le mancava venir sorpresa ogni giorno con un fiore sempre diverso rubato dai mazzi che i visitatori portavano ai loro malati.. Il suo sorriso, i suoi morbidi capelli rossi, la sua gentilezza. La bionda sorrise a quel dolce ricordo, sorriso che morì quasi sul nascere ricordando il fatto che non l’avrebbe più vista tra quei corridoi e, tanto meno, l’avrebbe più vista a casa e la colpa era solo sua. Un nodo alla gola uscì naturalmente, mentre lo stomaco, prima borbottante, sembrava essersi chiuso all’istante; le lacrime iniziarono a pungere in quegli occhi azzurri come il cielo. Era per questo che non poteva dormire da sola, solo quando c’era qualcuno con lei non si sentiva completamente spezzata, la compagnia attutiva il dolore acuto che tutto il suo corpo provava quando si trovava con la sola compagnia dei suoi ricordi e dei suoi sensi di colpa.

 

Era passato del tempo da quando era tornata a casa..Quanto? Giorni? Settimane? O addirittura mesi? Arizona non lo sapeva, i giorni trascorrevano troppo lentamente e sembravano sempre tutti uguali. La verità era che nemmeno le interessava quanto tempo fosse passato, ormai nulla le interessava davvero, la corazza di rabbia che si era creata le impediva di vedere oltre la sua collera ed il suo dolore.

La sua gamba sinistra non c'era più, avrebbe passato la vita su una dannata sedia a rotelle o, nel migliore dei casi, avrebbe dovuto adeguarsi ad una stupida protesi che non sarebbe riuscita nemmeno minimamente a rimpiazzare ciò che aveva perso.

-Non hai toccato cibo.. Arizona, devi mangiare, lo dico per te..- Julia la stava praticamente pregando di mangiare qualcosa, proprio come quando la pregava di parlare, di uscire, di guardarla, di amarla, di vivere.. Ciò che la rossa non capiva era che la vita di Arizona era stata tagliata via insieme al suo arto: mai più pattini a rotelle, mai più corse fino al pronto soccorso, mai più passeggiate al parco, tutto per colpa del consenso di Julia, colpa di quella maledetta firma su quel maledetto foglio che autorizzava il dottor Tal dei Tali ad amputarle una parte di lei. Quindi no, non poteva vivere ed assolutamente no, non poteva più amarla.

-Non ho fame.- Arizona posò la forchetta sul piatto alzando poi gli occhi verso sua moglie con aria di sfida. "Provaci a farmi mangiare. Provaci."

La rossa sospirò alzandosi da tavola e svuotò nel tritarifiuti il proprio piatto ancora pieno: evidentemente la fame era passata anche a lei.

Fu allora che Arizona notò quanto Julia fosse dimagrita, quanto tristi fossero i suoi occhi, quanto sommessa fosse diventata la sua personalità: il grazioso essere che camminava a testa alta di fronte a qualsiasi ostacolo, in quel momento camminava con la testa bassa trattenendo parole ed emozioni, trattenendo perfino il proprio amore che troppe volte era stato rifiutato in così poco tempo.

La cosa che davvero stupì Arizona non fu il cambiamento di sua moglie ma quanto questo non le bastasse, quanto questo non la ripagasse della sua perdita: lei aveva perso una gamba e trattare come una merda quello che fino a qualche mese prima considerava l'amore della sua vita non le faceva male, non sembrava nemmeno sufficiente per farle pagare il suo conto.

 

Chiuse gli occhi, le palpebre spinsero via le lacrime che iniziarono a scendere lungo il suo viso. Tanto quanto, era riuscita a far calmare il bruciore della gamba, forse aveva ragione chi diceva che era tutta una questione di testa, forse si era semplicemente concentrata su qualcosa che faceva ancor più male.

Avrebbe dovuto pensare ad altro, lo sapeva, doveva distrarsi in qualche modo: cercò nelle tasche del camice il cellulare, parlare con Teddy le avrebbe fatto bene, come sempre.

Da quando il cardiochirurgo aveva lasciato la città si sentivano spesso, si aggiornavano e spettegolavano sui loro colleghi, si consolavano a vicenda per il loro passato sentimentale non ancora superato: Teddy, da quando era morto Henry, non era ancora riuscita ad andare avanti con la sua vita frequentando qualcun altro, dedicava alla sua ricerca ed al lavoro tutto il tempo, non c'era spazio per un'altra persona nella sua vita o meglio, non voleva concederlo.

Il cercapersone risuonò improvvisamente nella stanzetta semibuia, costrigendo Arizona a mettere via il cellulare, alzarsi e raggiungere il piccolo paziente che aveva bisogno di lei. Avrebbe chiamato la sua amica in un altro momento.

 

-Cos’abbiamo, Ross?- Arizona aveva fatto più velocemente che aveva potuto ma specializzandi e gli altri dottori interessati al caso erano già lì, o meglio: l’altra dottoressa interessata al caso.

-James Dickerson, otto anni, investito da un’auto. Ha varie ossa fratturate e svariati traumi interni- A risponderle non era stato Shane Ross, non aveva fatto in tempo, Calliope Torres era stata più veloce e stava già operando la frattura scomposta alla gamba del ragazzino. Subito dopo aver informato la collega ricominciò a spiegare allo specializzando i vari passaggi da effettuare in quel caso. Arizona annuì avvicinandosi poi al tavolo operatorio per iniziare anche lei ad incidere e, quindi, operare e salvare la vita del bambino.

Erano passati vari anni da quando il chirurgo ortopedico era scappato dall’ascensore senza darle l’opportunità di spiegare ciò che voleva dire e Callie era stata bravissima a mantenere fede alle proprie parole: ogni volta che la incontrava, anche per sbaglio, la latina si nascondeva o scappava via, anche in sala operatoria il clima era sempre teso tra loro due, perfino dopo tutti quegli anni Torres continuava ad avere un atteggiamento tremendamente freddo nel quale Arizona poteva benissimo leggerci dell’imbarazzo, cosa che le faceva sempre una gran tenerezza ma che al resto del team operatorio metteva sempre una gran tensione: lavorare con Robbins/Torres era l’incubo di tutti gli infermieri e tutti gli specializzandi.

Nessuno sapeva ciò che era successo tra le due, cosa aveva portato Callie ad una tale freddezza e nell'ospedale si facevano le ipotesi più azzardate: Callie era innamorata ed Arizona le aveva spezzato il cuore portandola a letto e scaricandola subito dopo, erano amanti e si nascondevano agli occhi di tutti con quell'atteggiamento, Robbins aveva rubato un intervento a Torres e la latina non aspettava altro che vendicarsi.. Il loro non-rapporto era il più chiacchierato ed il più misterioso del Seattle Grace Mercy West Hospital, non c'era infermiere, chirurgo, inserviente o specializzando che non avesse aggiunto mattoni su quello che era diventato il castello in aria più ingombrante del mondo e questo non aiutava certo Arizona che, nonostante fossero passati anni, ancora provava a distruggere quella montagna di ghiaccio che si era creata tra di loro; si rendeva conto che le loro vite erano andate avanti e forse non aveva più molto senso ricostruire un rapporto con lei, forse sarebbe stato più logico e semplice lasciare le cose come stavano ma proprio non riusciva a rinunciare a quella missione, non sapeva nemmeno più se si era solo intestardita o se era perchè Calliope era una delle persone più interessanti che avesse mai conosciuto.

L'anestesista osservava dalla sua postazione le due dottoresse con un certo interesse, sembrava stesse attendendo che una delle due finalmente si decidesse ad uscire di testa ed urlare all'altra parole irripetibili per sputare fuori quel nodo allo stomaco che da troppo tempo si tenevano dentro.

Ad Arizona dava fastidio venir osservata come un animale da circo, proprio quanto la infastidiva la freddezza da parte di Calliope così, per l'ennesima volta in cinque anni, riprovò a cercare un dialogo con la donna.

-Oggi è stata una giornata abbastanza leggera, sai? Questa è la prima emergenza del mio turno, così ho avuto più tempo per studiare nuove tecniche per i miei casi più particolari. Alcune sono davvero innovative e..- Parlare senza mai arrivare al punto e venire brutalmente interrotta dagli eventi sembrava la sua specialità, specie quando si trattava di Callie.

Il cercapersone della latina suonò e lei ebbe appena il tempo di dare a Shane gli ultimi consigli/istruzioni per richiudere prima di salutare con un cenno e correre verso le ambulanze.

-Merda.- Borbottò Arizona, fulminando poi con lo sguardo l'anestesista biondo che guardava la scena con aria divertita: i dipendenti dell'ospedale avrebbero presto avuto di che parlare. Ancora.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Callie attraversava il lungo e largo corridoio quasi correndo, cercando tra le persone che incontrava un volto in particolare: non vedeva l'ora di mostrarle il caso che le era capitato tra le mani, sarebbe stata entusiasta quanto lei, lo sapeva.

Si fermò solo quando scorse in lontananza una chioma blu appoggiata al muro di fronte alla macchinetta degli snack, in compagnia di altre tute azzurre: gli specializzandi erano riuniti in quello che sembrava un piccolo party privato, cosa che diede decisamente fastidio al chirurgo ortopedico. Non avevano davvero niente da fare? Nemmeno studiare per gli esami? Inutili internisti.

Si avvicinò con aria minacciosa per farli disperdere, cosa che funzionò alla perfezione, non ebbe nemmeno bisogno di dire una parola.

-Non tu.- Disse afferrando il braccio della ragazza dai capelli blu elettrico per fermarla, dandole poi la cartelletta che aveva in mano mentre un ampio sorriso si faceva largo sul suo volto: era davvero orgogliosa del caso su cui si stava apprestando a lavorare e voleva assolutamente che Charlotte Benson, quinto anno, promessa dell'ortopedia, ci lavorasse su con lei, voleva insegnarle tutti i segreti, i trucchi, le tecniche del mestiere.

Il volto di Charlotte si illuminò nel leggere le informazioni, proprio come previsto dalla latina, ed i suoi occhi verdi si sollevarono fino ad incontrare quelli scuri di Callie.

-Quest'uomo ha così tante malformazioni che sembra il gobbo di Notre Dame.. - Già pregustava le operazioni che avrebbe dovuto effettuare chissà, magari da primo. -..Non che sia una bella cosa..- Si affrettò ad aggiungere subito dopo aggrottando le sopracciglia, quasi scusandosi per il tono troppo felice usato poco prima, il tutto sotto gli occhi di una divertita dottoressa Torres: la capiva, eccome se la capiva!

L'entusiasmo morì una volta girata la pagina.

-Ah.. Ed ha anche problemi cardiaci e respiratori.. Ah.-

Era come se Callie riuscisse a leggere nei pensieri della ragazza: vedeva perfettamente le cose che sarebbero andate storte, il fallimento, la possibilità di avere la tanto desiderata borsa di studio volatilizzarsi.

-Charlotte.- Sospirò -Ho bisogno di te per questo caso. In sala operatoria voglio te, nessun altro.-

-Ma.. E' il quinto anno.. Posso fallire fino a 10 operazioni, sono già a 4.. Non voglio rischiare..-

-E vuoi rinunciare per questo? Cose come questa sono più uniche che rare, l'occasione di vita, quella che ricorderai per sempre e rinunci per.. Per una stupida percentuale di riuscita e fallimento? Quando sarai Grande ti ricorderanno per le tue scoperte, per le tecniche all'avanguardia che azzarderai a provare, non per i fallimenti durante gli anni di specializzazione.. Ma per diventare grandi bisogna avere coraggio, Benson.- Callie non poteva vedere un talento così grande come quello di Charlotte andare sprecato per via del timore del fallimento, aveva visto fior di chirurghi mollare per quel motivo e non avrebbe permesso che accadesse anche alla sua pupilla.

La ragazza abbassò gli occhi verso la cartellina e la strinse più forte: era riuscita a convincerla, questo provocò un sorriso compiaciuto sul viso di Callie mentre guardava la sua protetta allontanarsi leggendo la cartellina.

La Puffetta, come la chiamavano, le ricordava se stessa da giovane: stravagante, con un amore incondizionato per le ossa, voglia di imparare e, prima del quinto anno, di osare.. Il sistema, gli esami stavano vincendo anche sulla sua passione e questo la latina non poteva permetterlo: non doveva essere solo un lavoro, doveva ricordarsi di quanto fosse figo e forte costruire ossa dal nulla.

-Non male, eh? No, dico davvero.. Non è niente male.- Qualcuno le si era affiancato ed aveva abbassato gli occhi verso le natiche della specializzanda che si stava ancora allontanando.

-Oh, no, Mark.. Non pensarci nemmeno.- Anche senza voltarsi, Callie riconobbe quella voce come quella di Mark Sloan e lo ammonì, lanciandogli dopo anche un'occhiata minacciosa a cui l'uomo rispose con un sorriso beffardo.

-Perchè no? Vuoi pensarci tu?- La malizia nel tono dell'uomo era evidente e, anche senza guardarlo, Callie poteva sentire lo sguardo ed il sorriso malizioso del chirurgo su di se.

-No, perchè lei è una di quelle brave.. E tu le rovini tutte. Quindi no, scordatelo.-

-Io non le rovino tutte- Borbottò con tono offeso Mark, incrociando le braccia e prendendo a camminare verso l'ascensore insieme alla sua collega, una volta che Charlotte non fu più visibile ai due. -Seriamente, perchè non le chiedi di uscire? Sembra perfetta per te: carina, tosta, le piace rompere le ossa.. E ti idolatra, sarebbe un colpo sicuro, Torres.-

Callie sospirò: come far capire al suo amico che non aveva proprio voglia di ricominciare tutto daccapo con una nuova persona? Ad ogni storia finita, o addirittura ogni giorno, Callie aveva iniziato a crederci un po' meno, un po' meno ed un po' meno ancora, finchè non aveva smesso del tutto di credere nell'amore. E si sentiva tremendamente male per questo: lei una volta ci credeva, sperava, cercava la sua anima gemella nelle piccole coincidenze che la vita le metteva davanti, le chiamava "destino" ma in quel momento della sua vita aveva perfino smesso di notarle, si sentiva solo vuota, esausta, distrutta e non aveva più la forza di imbarcarsi in una nuova storia disastrosa che sarebbe inevitabilmente finita lasciandola nella disperazione più totale, con un nuovo buco sul cuore, la consapevolezza crescente di essere una patetica fallita ed il tutto per andare avanti, per riuscire a superare quella che era la più grande, insensata, folle cotta della sua vita: Arizona Robbins.

Tra loro c'erano stati solo due baci in un bar forse dati per il troppo alcool in circolo, uno dei quali rappresentava ancora la sua più grande figuraccia, senza contare che la bionda si era comportata in modo piuttosto presuntuoso con tutta quella storia dei poppanti e della poca esperienza, avrebbe dovuto detestarla a morte, eppure quelle adorabili fossette, quegli occhi così azzurri le erano entrati dentro e non se n'erano più andati.

Aveva provato a dimenticarla, la ignorava ed evitava tutto il tempo, usciva con persone che pensava fossero interessanti, di almeno una era sicura di essersi innamorata ma l'ombra del chirurgo pediatrico la perseguitava, non la lasciava mai.

-Per questa volta passo.- Mormorò in risposta all'uomo che commentò con una semplice scrollata di spalle.

 

Aveva passato gran parte del suo giorno a studiare il caso dell'uomo che Charlie aveva deciso di chiamare "Il Gobbo di Notre Dame": Martin Collins, 24 anni, soffriva della sindrome di Proteo che gli aveva procurato varie deformità su tutto il corpo, era uno dei casi più complessi e complicati che le fossero mai capitati.

Prima di tornare a casa passò dalla biblioteca per prendere in prestito quanti più libri avessero su quella malattia ed era decisa a cercare online il documentario della BBC su Joseph Merrick, l'Elephant man dell'omonimo film, per essere il più preparata possibile già dalla prima incisione: non sarebbe stato uno scherzo quel caso, non era la solita operazione al ginocchio di un cinquantenne con la crisi di mezz'età che ancora voleva fare il ragazzino, riuscire in tutte quelle operazioni sarebbe significato agevolare i movimenti e, quindi, la vita di Martin.

Appena richiusa dietro di lei la porta dell'appartamento, appoggiò lo scatolone pieno di libri a terra, la borsa sopra di esso e chiamò a gran voce il suo coinquilino.

-Mark, hai fatto la spesa? Oggi toccava a te, lo sai!- Da quando Sloan e Lexie Grey avevano rotto per l'ennesima volta, Callie si era trasferita da lui lasciando il proprio appartamento a Cristina ed Owen che nel frattempo si erano sposati ed avevano bisogno dei loro spazi. In camera da letto, in cucina, in salotto, in bagno.. Torres decise di scappare da quella casa quando nemmeno la sua camera da letto era più off limits per loro, era decisamente troppo.

Con Mark si trovava bene, era come vivere con suo fratello, in special modo da quando avevano deciso che no, non era più il caso di andare a letto insieme, nemmeno per divertimento. Erano troppo cresciuti per essere "amici con benefici", era meglio essere una famiglia.

Dalla camera da letto di Sloan una voce femminile alterata si stava avvicinando alla porta, aprendola ed uscendo, seguita da un Mark quasi nudo, con indosso solo un paio di strimizziti slip.

-Sei sposato! Sei uno schifoso imbroglione sposato!- La ragazza camminava velocemente verso la porta d'ingresso mentre tentava di vestirsi velocemente. Aveva l'aria arrabbiata, tanto che nemmeno notò l'espressione divertita di Callie a quella scena, a dirla tutta, sembrava che a stento avesse notato la sua presenza davanti a lei.

-No, Amanda, non è come pen..- Uno schiaffone in pieno viso lo interruppe e la misteriosa Amanda scappò via come una furia dalla porta d'ingresso.

-Rossa, occhi azzurri, pelle chiara.. Ti è tornata la fissa per Addison?- Commentò la latina divertita, andando poi a sedersi sul divano.

-Oh, zitta.- Sbuffò Mark raggiungendo la sua coinquilina e sedendosi accanto a lei.

-E' la quinta volta che succede- Ridacchiò Callie.

-Se tu non urlassi appena entrata in casa, non accadrebbe più.-

-Se tu spiegassi alle ragazze che ti porti a casa che hai una coinquilina, non accadrebbe ugualmente. Oppure lascia un calzino sulla maniglia.. Fammelo capire!- La latina si stava divertendo, prendeva spesso in giro Mark per la sfilza di donne che aveva iniziato a portare nell'appartamento, erano tanti "sorbetti sessuali" destinati a far digerire al bel chirurgo la portata principale che gli era rimasta sullo stomaco, o meglio, sul cuore: la piccola Grey.

-Dobbiamo trovare una soluzione, in ogni caso. La mia vita sessuale non può andare a rotoli.-

Callie fece un sorriso amaro: sapeva bene qual'era l'unica soluzione possibile, aveva accennato varie volte la cosa al suo amico ma lui non si era mai dimostrato troppo enusiasta della cosa. -Devo trasferirmi, ecco la soluzione.- Sospirò, voltandosi poi con un sorriso che le inarcava appena le labbra verso uno Sloan contrariato.

-No che non devi trasferirti! Stiamo alla grande qui insieme, dobbiamo organizzarci meglio, tutto qui.-

-Mark, ascoltami. Stiamo alla grande qui insieme, ok, ma abbiamo bisogno entrambi di un posto solo nostro dove poterci sentire davvero a casa. Qui è magnifico, vivere con te è magnifico ma non mi sento a casa.. Lo capisci?-

Lo capiva, Sloan capiva quella sensazione: era quello che sentiva ogni momento da quando Lexie aveva lasciato quell'appartamento. Abbassò lo sguardo e sospirò -Lo capisco, lo so.- Mormorò.

 

-Sta ancora sfogliando le riviste di annunci?- Charlie stava effettuando la riparazione dei legamenti di uno sportivo e Callie, come al suo solito quando l'operazione non era troppo difficile, leggeva qualche rivista per passare il tempo: era sicura di non aver nemmeno bisogno di lavarsi, Charlotte aveva svolto quei semplici passaggi almeno un migliaio di volte, non aveva bisogno del suo aiuto.

-Non finirò mai di leggerle, mi sa- Sospirò un'annoiata e rassegnata Torres.

Erano passati vari giorni da quando aveva deciso di trovare un posto tutto suo in cui abitare e da allora non si era lasciata scappare nemmeno un quotidiano che contenesse annunci per case in affitto: li leggeva, cerchiava con un penarello rosso quelli più interessanti, nei pochi momenti liberi andava a visitarli ma ancora non aveva trovato una casa che potesse fare al caso suo: uno era troppo piccolo, l'altro troppo poco illuminato.. Non aveva ben chiaro che tipo di appartamento volesse ma era certa che, una volta trovato quello giusto, l'avrebbe semplicemente sentito dentro, si sarebbe sentita a casa fin da subito, appena varcata la soglia.

-Invece di fissarsi su quei giornali, potrebbe chiedere in ospedale.- Propose la Benson, con lo sguardo ancora fisso sul ginocchio del paziente.

-In ospedale? Perchè?-

-Beh, di persone che chiedono il trasferimento ce ne sono sempre e, solitamente, sono più che contenti di cedere il proprio appartamento ad un collega. Ad esempio, la Robbins diceva che..-

-Arizona se ne va?!- Esclamò Callie: forse sarebbe stata la cosa migliore nella situazione in cui si ritrovava, in fin di conti era colpa di quel posto se non riusciva proprio a togliersela dalla testa, erano costrette ogni giorno a lavorare insieme, a vedersi, a condividere le gioie ed i dolori di difficili operazioni andate bene o male, tutto ciò non era proprio d'aiuto al suo proposito di dimenticarla; eppure il solo pensiero di non poterla più osservare di nascosto mangiare alla mensa, di non vedere anche se da lontano il suo sorriso, di sapere che lei non avrebbe lavorato più lì, faceva mancare il respiro alla bella latina. Doveva parlarle immediatamente, doveva recuperare quei cinque anni di silenzio, doveva cercarla subito, doveva..

-No, Robbins non se ne va.. Non che io sappia, almeno..- Si affrettò a chiarire Benson appena vide il panico invadere gli occhi del chirurgo ortopedico.

Callie si rese conto solo dopo di avere tutti gli occhi della sala operatoria e della galleria in alto su di sè, il suo sconvolgimento interiore doveva essere visibile anche all'esterno, perchè la guardavano tutti con aria perplessa, da Charlie alle infermiere, dallo specializzando del primo che assisteva a Greg, il paziente a cui era stata fatta un'anestesia regionale per l'operazione anzichè la totale.

-Oh..- Borbottò Calliope con tono imbarazzato -Cosa dicevi della dottoressa Robbins?- Chiese tentando di sembrare più calma di quello che era in realtà,

-Dicevo che la Robbins ha detto che la Altman sta ancora cercando qualcuno a cui affittare la casa qui a Seattle.- Spiegò Charlotte -Magari può interessarle...-.

-Ah..Oh.. Darò un'occhiata alla casa, grazie della dritta.- Borbottò Callie mentre spariva dietro la rivista che aveva ancora tra le mani.

Si ritrovarono davanti ai lavandini circa un quarto d'ora dopo, una volta finito l'intervento e Charlie continuava ad avere un sorriso soddisfatto sul volto che la latina proprio non riusciva ad interpretare.

-Hai solo riparato i legamenti di un ginocchio.. Cos'è tutta quest'allegria?- Chiese con tono divertito.

-Non è per l'intervento.. Non solo, almeno. Ho appena risolto uno dei più grandi misteri della mia vita.- Cinguettò la specializzanda mentre si insaponava le mani.

-Cioè?- Callie si tolse la mascherina chirurgica, voltandosi poi verso la ragazza ridacchiando.

-Sa.. Quelle domande che ci si fa ogni tanto, tipo: qual'è lo scopo della vita? Finirà mai Beautiful? Perchè la Torres evita la Robbins?-

Il sorriso sparì dalle labbra della mora ed un'espressione cupa investì il volto di Callie: con quella scena in sala operatoria si era tradita, se n'era resa conto subito, solo sperava che i suoi colleghi non la conoscessero abbastanza bene da leggerle dentro i motivi che l'avevano spinta a quella reazione ma aveva sottovalutato Charlotte, in fin dei conti lavoravano fianco a fianco da ben cinque anni ed in sala operatoria capiva al volo ciò di cui aveva bisogno; evidentemente aveva iniziato anche a capirla in un contesto più personale.

-Non la evito, cosa ti viene in mente?- Borbottò con aria severa la latina, sperando di farle, almeno, venire il dubbio di aver preso un granchio.

-Mh, è piuttosto palese, sa?.. Qualcosa è successo..- Mormorò pensierosa -Ma ho capito che a lei piace.. Ha una cotta per Robbins! Come ho fatto a non capirlo prima!- L'entusiasmo della ragazza per quella scoperta era palese e, secondo Callie, anche un po' insensato: non cambiava niente, saperlo non avrebbe cambiato le cose, non avrebbe cambiato il passato.

Calliope rimase ferma a guardare la ragazza, incapace di dire anche solo una parola: negare la verità non avrebbe avuto alcun senso.

Charlie finì di lavarsi e si fermò davanti a Callie con un sorriso sincero sul volto.

-In ogni caso, prima o poi potrebbe davvero volersi trasferire.. Ci pensi su.-

Callie sospirò: la-ragazza-dai-capelli-blu aveva ragione, poco prima solo pensare che avrebbe potuto non rivedere più il bel chirurgo pediatrico in giro per l'ospedale l'aveva quasi spinta ad un attacco di panico e se fosse successo davvero? Se non avesse più avuto l'opportunità di vederla, di decidere di parlarle, di spiegarle, di chiederle scusa per non aver nemmeno tentato di salvarle la gamba?

Charlotte osservava il suo superiore perdersi nei suoi terrificanti pensieri e non riuscì a fare a meno di sospirare anche lei: al diavolo l'ultimo episodio di Supernatural e al diavolo le patatine e la poltrona davanti alla tv che l'attendevano a casa, una persona a lei cara aveva bisogno di qualcuno con cui parlare.

-Ha la faccia di una che ha bisogno di una cioccolata calda. Con panna. Posso offrirgliela? Stacco tra dieci minuti..-

Callie sorrise riconoscente alla ragazza e annuì lievemente. -Ci vediamo tra un quarto d'ora all'ingresso, allora-

Quella che aveva sempre considerato la sua erede professionale, una sua allieva si era appena trasformata in una sua amica. E Calliope in qul momento ne aveva assolutamente bisogno.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Un nuovo sole era da poco sorto su Seattle e, mentre la città si stava lentamente svegliando, Arizona era già sveglia da un pezzo.
Non le dispiacevano affatto i turni di notte: poche emergenze, nessuna operazione programmata, passava il tempo a controllare i suoi piccoli umani e  a giocare a carte con quelli che proprio non riuscivano a dormire, dando così il tempo per un caffè a genitori stanchi e preoccupati che vegliavano sui loro figli anche durante le ore di buio.
Arizona guardò il sole sorgere ed iniziare ad illuminare la città fuori dalla finestrella della sala del medico di guardia e sospirò: ancora poche ore e sarebbe tornata a casa. Casa. Bastava ormai solo quella parola per farle salire l'ansia fin quasi a spingerla verso un attacco di panico, la sola idea di tornare in quell'appartamento vuoto e silenzioso le metteva i brividi.. No, quella non era più casa sua, era passato così tanto tempo da quando per l'ultima volta si era sentita a casa sua in quel luogo che sembrava non essere mai successo. 
Negli ultimi giorni le stava accadendo qualcosa di strano: il ricordo del suo matrimonio non le provocava più molto dolore e rimpianto, le lacrime iniziavano a scendere molto meno spesso, il senso di colpa si stava lentamente attutendo; quei ricordi, belli e brutti che fossero, iniziavano a farla sentire in trappola, senza una via d'uscita ed avrebbe solo voluto liberarsene, cancellarli tutti e cancellare tutte le emozioni negative presenti nella sua vita. A quel punto tornava il senso di colpa: davvero avrebbe voluto cancellare tutti i ricordi di Julia? Davvero esisteva una parte di lei che voleva solo eliminarla dalla sua memoria, che voleva solo lasciarsi tutto quel brutto periodo alle spalle ed andare avanti? Si sentiva in dovere di combatterla qulla parte, sentiva di doversi aggrappare al ricordo del suo matrimonio a costo di soffrire a vita, in fin dei conti se era finito, se era stato così orribile era solo colpa sua. O no? 

L'ennesima lite per qualcosa di davvero stupido, forse per uscire o per il cibo, le ennesime stoviglie buttate a terra da un'Arizona in preda ad una crisi isterica: ormai non lo faceva nemmeno più apposta, non lo faceva per ferire sua moglie, non lo faceva per punirla per quella maledetta gamba, lo faceva e basta e non avrebbe voluto farlo, solo non riusciva a fermarsi.
Urlava contro Julia cattiverie indicibili, la accusava di cose inimmaginabili e rompeva ogni cosa che le capitasse tra le mani: Arizona era perennemente frustrata, perdeva il controllo per le più piccole sciocchezze e non sapeva neanche più lei il perchè. 
Subito dopo essersi sfogata, di solito, non ricordava più il motivo o cosa avesse detto: vedeva solo la rossa in un angolo, singhiozzante e lacrimante che subiva senza muovere un dito tutta quel mare di odio e di rabbia e, allora, si precipitava a chiederle scusa, a baciarle le labbra, ad accarezzarle i capelli.
Non quella volta, però.
In quel preciso istante Julia era in piedi di fronte a lei ad urlare anche lei cose indicibili, a riversarle contro tutta la frustrazione e la rabbia accumulata in quei mesi ed era molto peggio di qualunque altra lite avessero affrontato le due.
-No, Arizona, non ci sto più- Urlava Julia con tutta la voce di cui disponeva -Io ho rinunciato a tutto per te, a tutto! Ed è questo il modo in cui mi ringrazi? Ho rinunciato all'idea di avere figli per stare con te, ho rinunciato al lavoro alla Hopkins per stare con te.. Ho rinunciato alla vita che avevo sempre sognato per te!E tu? Tu, in cambio, sei partita per l'Africa senza chiedermi cosa ne pensassi, hai deciso che non volevi avere figli senza nemmeno discuterne a fondo.. Hai scelto questa casa che odio! E adesso devo anche sopportare questa merda? No, Arizona, no. Te l'ho chiesto prima gentilmente e adesso te lo ordino: vai a fare terapia! Non è sopportabile questa situazione! Domani stesso andrò dal dottor Button a prenderti un appuntamento e non accetto un no isterico come risposta, ti ci trascino a forza se necessario.- Aveva sputato il tutto senza riprendere fiato, aveva urlato come se quel fiume di parole l'avesse dentro da chissà quanto tempo.
Non diede ad Arizona l'opportunità di dire o fare nulla che uscì con passo pesante da casa, lasciandola impietrita davanti alla verità, inchiodata da una realtà della quale non si era mai resa conto.
Julia tornò il giorno dopo, giusto in tempo per trascinarla allo studio di Button per prendere lei stessa l'appuntamento ed Arizona non ebbe il coraggio di chiederle nulla riguardo quella notte, nemmeno dove e con chi l'avesse passata: aveva paura della risposta. Stava perdendo sua moglie e la colpa ra solo sua.


-Ah, sei qui.. Ti stavo cercando..- Arizona si voltò verso la porta che era appena stata aperta: Murphy le stava sorridendo già vestita per andare via.. L'aveva fatto apposta a farsi dare il turno di notte? Solo per tornare poi a casa con lei? Anche quella storia stava diventando, per Arizona, soffocante: Leah provava, evidentemente, qualcosa per la bionda che, dal canto suo, la usava solo per non sentire l'angoscia durante la notte. Doveva interrompere lì quella situazione.
-Senti, Murphy..- Iniziò sospirando ma venne subito interrotta dalla specializzanda.
-..Ti aspetto a casa tua? Come al solito?-  Chiese la ragazza: casa. 
Arizona pensò all'appartamento silenzioso e pieno di fantasmi che l'aspettava una volta uscita dall'ospedale e, anche se tutta quella storia non era più così dolorosa, l'idea di tornare lì l'angosciava davvero tanto.
-Sì, Leah.. Aspettami a casa, ti prendo le chiavi, aspetta..- Sospirò la bionda uscendo poi dalla stanza per andare verso gli spogliatoi: prima o poi avrebbe dovuto finirla lì, riuscire ad affrontare quella casa senza l'aiuto di una distrazione. Prima o poi.

Leah non ebbe ciò che cercava da Arizona quella mattina: la bionda era troppo stanca per anche solo pensare ad un'attività che non fosse dormire in un comodo pigiama, senza la stupida protesi che di tanto in tanto le irritava la gamba e quello fu esattamente ciò che accadde, con grande delusione della specializzanda che non aveva sonno. 
Murphy passò tutto il tempo annoiandosi davanti alla televisione del salotto e maledicendo se stessa per essere caduta così in basso da innamorarsi del suo capo: era una cosa così stupida da fare, così controproducente, così dolorosa. Si rendeva conto che Arizona non contraccambiava ciò che provava ma si gettava lo stesso ogni volta tra le sue braccia nella speranza che prima o poi le cose sarebbero cambiate; tra loro c'era qualcosa e quando il chirurgo pediatrico si sarebbe ripreso dal dispiacere per il suo matrimonio finito, se ne sarebbe resa conto. Leah ne era certa, lo sentiva, per quello non perdeva le speranze.
La tv non offriva grande intrattenimento a quell'ora: solo telenovelas e stupide televendite; le venne in mente la sua coinquilina, Charlotte. Lei trovava sempre qualcosa da guardare in tv, Murphy non aveva mai conosciuto nessuno così fissato con i telefilm come quella stramba ragazza dai capelli azzurri. 
"Quale canale guardi di solito per i telefilm di fantascienza?" Le scrisse in un sms, proprio qualche istante prima che Arizona la raggiunse in salotto con aria assonnata e con passo stanco.
-Ah.. Sei ancora qui?- Il chirurgo pediatrico non si aspettava proprio di vederla lì, pensava che una volta resasi conto che non avrebbe ottenuto un accidente quel giorno, se ne sarebbe tornata a casa sua. 
-Sì.. Pensavo.. Sai, pensavo avremmo potuto mangiare qualcosa insieme..- Mormorò con insicurezza Leah, facendo sospirare Arizona. -Sempre che non ti dia fastidio.- Aggiunse alzando lo sguardo verso gli occhi azzurri della bionda.
Per la prima volta dopo mesi Arizona pensò che sì, le dava fastidio. Era libera fino al giorno dopo ed aveva proprio voglia di starsene a poltrire tutto il giorno, guardare un film romantico e mangiare pizza. Come prima. Come prima dell'incidente, come prima del matrimonio. Quel pensiero le provocò un tuffo al cuore, di quelli che fan mancare il fiato e la bionda non capiva più se era a causa del senso di colpa che quell'ultimo pensiero le aveva provocato o per via di tutti quei ricordi di quel matrimonio fallito.
-Ho solo dell'insalata e delle uova.. Ok?- Sospirò: a parlare era stato senza dubbio il senso di colpa.

Lo studio del dottor Button non era molto grande, c'era spazio solo per contenere una libreria, una scrivania ed un divanetto di pelle beige dove si sedevano i pazienti: in quel luogo si sentiva a suo agio, forse perchè era quello lo scopo di quel luogo, far sentire le persone protette per poter parlare liberamente.
Le sedute erano liberatorie per il chirurgo pediatrico: riusciva a sfogarsi, a buttare fuori tutta la frustrazione ed i problemi che affrontava ogni giorno e dei quali non riusciva a parlare con Julia; anche con lei le cose andavano molto meglio, avevano ricominciato a sorridere entrambe e litigavano molto meno, l'intimità non era molto lontana, con Button stava lavorando anche sul senso di disagio che provava perfino davanti a sua moglie quando si spogliava.
Tutto stava andando per il meglio, insomma, fino a quando il terapeuta non fece ad Arizona una domanda : "Le hanno mai raccontato, dottoressa Robbins, dell'intervento che le ha portato via la gamba?" La risposta era no. Erano tutti così concentrati nel farle superare quel momento da non farglielo affrontare.
Nei giorni successivi cercò la sua cartella clinica, cartella che non aveva mai letto ed esaminato, e quando la lesse solo una domanda si formò nella sua mente e pensò di porla a sua moglie una sera, prima di dormire.
-Perchè non se n'è occupata Calliope? E' la migliore, avrebbe addirittura potuto trovare un modo per evitare l'ampuazione..- Alla domanda di Arizona, il sorriso che decorava il viso di Julia fino a pochi istanti prima era scomparso, lasciando spazio ad un cipiglio.
-Il dottor Baker ha fatto tutto quello che poteva, non potevi chiedere di meglio, credimi.- Fu la risposta della rossa che subito dopo si alzò dal letto, iniziando a camminare per la stanza. 
-Non lo dubito ma la mia domanda era un'altra: perchè non Callie?- 
-Perchè no, Arizona, ok? E' andata così, non mi sembra proprio il caso di discuterne adesso, anzi, non mi sembra proprio il caso di parlarne in generale.- 
Arizona conosceva sua moglie e capiva quando voleva evitare un argomento ed era proprio ciò che stava succedendo in quel momento; sapeva che non avrebbe ottenuto risposte da lei, così fece un lungo sospiro per placare il nervosismo che stava crescendo anche in lei: non voleva litigare proprio quando stavano riuscendo a ritrovare una certa serenità.
-Va bene, ok.. Basta. Vieni qui, non importa..- Mormorò con un sorriso tirato il chirurgo pediatrico, guardando poi Julia sdraiarsi in silenzio accanto a lei e darle le spalle senza aggiungere nemmeno una parola. 
Arizona voltò il suo sguardo dalla schiena della moglie al soffitto: era certa che le nascondeva qualcosa e lei era decisa a scoprire cosa, non importava in che modo.


Julia le aveva nascosto qualcosa, qualcosa di terribilmente importante, qualcosa che aveva a che fare con la sua gamba, qualcosa che aveva a che fare con Calliope, qualcosa che ancora non aveva scoperto.
-Cosa è successo, Calliope?- Sospirò spostando una foglia di insalata con la forchetta in modo svogliato.
Per tutto quel tempo aveva pianto la fine del suo rapporto, si era presa la colpa di tutto, non dormiva la notte per pensare e ripensare ai suoi errori e a come avevano ferito la sua ex ma anche Julia aveva le sue colpe.. Lei se n'era andata, lei era sparita quella notte per andare chissà dove con chissà chi, lei le aveva nascosto qualcosa di importante.
Qualcosa di nuovo si stava facendo spazio dentro Arizona, la voglia di ritrovare qualcosa della vecchia sè stessa, la voglia di chiudere la porta di Julia, di non sperare in un suo ritorno, di ritornare a vivere. E no, questa volta non si sentiva in colpa. Voleva ridere e stare bene, voleva tornare in piedi, amarsi e amare, fare tutte quelle cose che avrebbe dovuto e voluto far prima, voleva sciogliere i fili che la legavano ancora alla rossa  e correre lontano da quei ricordi, da lei.. Ma come fare? Da dove iniziare? La risposta le apparve chiara fin da subito. 
-Scusa è stata una telefonata lunga..- Leah tornò in cucina riponendo in tasca il cellulare e notò subito qualcosa di strano in Arizona: sorrideva. Non l'aveva mai vista sorridere, non in quel modo così.. Sincero. -Che è successo?- 
-Mi trasferisco.- Rispose la bionda senza smettere di sorridere entusiasta.
 


Era stata una mattinata a dir poco folle, tutta colpa del gigantesco incidente stradale che aveva coinvolto parecchie macchine, parecchi pedoni ed aveva causato davvero una marea di feriti: persone incastrate nelle lamiere, traumi interni, ferite profonde, panico.. Il pronto soccorso era nel caos, le sale operatorie tutte occupate e prenotate, l'intero ospedale era in fermento.
Callie riuscì a trovare un momento libero solo nel pomeriggio, giusto il tempo di andare in caffetteria a prendersi una tazza gigante di caffè, ne aveva proprio bisogno: l'intervento di Martin era stato rimandato al giorno dopo e la latina non era troppo entusiasta della cosa, davvero non vedeva l'ora di iniziare a lavorare su Collins e, magari, riuscire a scoprirne di più su quella malattia così rara, senza contare che non aveva visto Arizona da nessuna parte. La latina sospirò: la evitava, vero, ma vederla in ospedale era sempre fonte di serenità per lei, certo, da lontano e di nascosto.
-Ancora non mi ha detto perchè non parla con Robbins, comunque.- Era come se Benson le leggesse la mente, dannazione. Passavano davvero troppo tempo insieme, Callie se ne rese conto solo in quel momento. 
-E' una storia lunga..- Mormorò facendo spallucce sperando di essere sembrata abbastanza disinvolta.
Charlotte guardò ironicamente la fila di persone che avevano davanti a loro e sorrise al chirurgo ortopedico. -Direi che abbiamo tempo..- Le fece notare con un ghigno beffardo.
Calliope sospirò: qualche sera prima, all'Emerald, la cioccolata calda era diventata tequila e la panna si era trasformata in birra, a metà serata la bella latina era così brilla da raccontare qualsiasi cosa alla sua giovane allieva, perfino della sua breve relazione con Katie, la veterinaria bionda, dagli occhi azzurri e con le fossette, che Mark aveva soprannominato l'altra-Robbins; quindi sì, Charlotte poteva sapere anche il resto della storia.
-E' iniziato tutto molto tempo fa..- Iniziò a raccontare Callie, dietro di lei Benson la ascoltava con aria interessata. -Ero nel bagno del pub di Joe, ero triste, stavo piangendo.. Lei è entrata, io non l'avevo mai vista, e dopo solo poche parole intente a consolarmi, mi ha baciata sulle labbra.. Il bacio più dolce che io abbia mai ricevuto..- Sospirò sognante, persa nei suoi ricordi. 
-Poi?- La ragazza dai capelli blu era poco interessata ai dettagli sdolcinati, era solo tremendamente curiosa di sapere cosa le avesse allontanate così tanto.
-Poi se n'è andata.. L'ho cercata giorni dopo e le ho chiesto di uscire ma mi rispose di no, che non usciva con i poppanti che avevano poca esperienza con le donne.. Ci rimasi malissimo- Continuò ridacchiando. -Così, quella sera stessa, la beccai nello stesso pub e, dopo averle chiarito che non ero affatto una poppante, la baciai.-
-E..?- La esortò a continuare Benson, mentre la fila scorreva e loro due facevano alcuni passi avanti.
-E così feci una figuraccia tremenda: lei era ad un appuntamento.- 
-Ouch.-
-Con quella che poi sarebbe diventata sua moglie.- 
-Doppio ouch!-
-Mi vergognavo così tanto da decidere di evitarla..- Sospirò Calliope, voltandosi verso la specializzanda.
-Tutto qui?- La smorfia di Charlotte esprimeva in modo perfetto ciò che stava pensando in quel momento: era delusa da quella storia, si aspettava qualcosa di più.. Qualcosa di più!
-Beh.. Questo finchè non è partita per l'Africa, a quel punto l'imbarazzo era passato e credevo anche la cotta che avevo per lei.. Un caffè grande, grazie.- Ordinò al ragazzo dietro al bancone.
-E perchè quando è tornata non è cambiato niente?- Callie poteva percepire la curiosità della ragazza ma quella era la parte della storia che raccontava meno volentieri e così approfittò dell'arrivo del suo caffè per scappare via dalle domande di Charlie.
Si guardarono intorno, una volta che entrambe ebbero la propria consumazione tra le mani, alla ricerca di un tavolo libero: Callie voleva godersi la meglio quei due minuti che aveva prima che il cercapersone ricominciasse a squillare, aveva proprio bisogno di un po' di tranquillità e pace.
Vari suoi colleghi erano seduti a mangiare, alcuni si intrattenevano con qualche chiacchiera, notò ad un angolo Cristina Yang che.. Si stava sbracciando per farsi notare da lei? Callie inarcò un sopracciglio perplessa: Cristina non si sbracciava MAI per farsi notare, casomai sbracciava per prenotare un intervento ma sicuramente non per richiamare l'attenzione delle persone.
-Abbiamo trovato il nostro tavolo..- Callie invitò così Charlotte a seguirla.
Si avvicinarono al tavolo con passo lento e Callie si sedette di fronte al cardiochirurugo che non perse tempo in convenevoli. 
-So che stai cercando casa..- La informò imboccandosi un cucchiaino di budino. 
Callie annuì osservandola attentamente e tentando di capire dove voleva andare a parare: Cristina Yang non era tipo da inutili chiacchiere senza scopo. -Sì..- Mormorò in risposta aggrottando le sopracciglia.
Cristina tirò fuori un bigliettino dalla tasca del suo camice e lo porse al chirurgo ortopedico che lo aprì subito: era un indirizzo, una via non lontana dall'ospedale, con sotto specificato "Appartamento 502, chiedere di Celine".
-Owen si sentiva in colpa per ciò che è successo in camera tua mesi fa..- Spiegò Cristina -..E quindi ha pensato di cercarti la "casa perfetta per te".- Disse roteando gli occhi e virgolettando con le dita le ultime parole. -Si raccomanda di prendere un appuntamento con l'agenzia.. E.. Sì, insomma... Vai a vederlo, ecco.- Concluse ingurgitando un'altra cucchiaiata di budino.
Torres sorrise: non si aspettava tanto coinvolgimento da parte dell'asiatica, soprattutto per quanto riguardava la ricerca di un appartamento –Lo farò sicuramente- Disse entusiasta, finendo poi il suo caffè e tentando di alzarsi dalla sedia per tornare in reparto. 
Cristina la bloccò prendendole la mano dove c'era ancora il bigliettino. 
-So che il tuo paziente con il Proteo ha problemi cardiaci..- Ed ecco la solita Cristina.
-Una casa in cambio di un intervento? Davvero?- 
-Metti che durante l'operazione il cuore cede? Se fossi già lì non rischierebbe il peggio.. Sono la migliore, lo sai.- Disse alzando le spalle e schiacciando il bicchierino di plastica dove fino a qualche istante prima era presente il dessert.
La latina aprì la bocca per rispondere ma proprio in quel momento il suo cercapersone squillò: 911. 
-Ci vediamo in sala operatoria, Yang.- Disse dedicandole un veloce cenno della mano per salutarla e scappare via verso le ambulanze.

Charlotte era rimasta lì per tutto il tempo ad ascoltare la conversazione tra i suoi superiori e a sorseggiare il suo caffè doppio, aveva ancora cinque minuti prima di ritornare al lavoro e sperava davvero che nessun cercapersone suonasse anche per lei per questo, quando il suo cellulare vibrò, lei tremò con lui.
"Arizona ha deciso di cambiare casa! Posso invitarla a stare da noi?" Il messaggio di Leah fece sospirare la ragazza dai capelli blu che digitò velocemente un "Assolutamente no!" come risposta. Ci mancava solo un'altra persona in quel piccolo appartamento e poi non aveva proprio voglia di tornare a casa e beccarle magari nude sulla sua tanto amata poltrona. 
Un'idea la fulminò ed alzò la testa, incrociando lo sguardo del cardiochirurgo.
-Cosa?!- Chiese confusa Cristina mentre le labbra di Charlotte si aprivano in un sorriso a dir poco diabolico.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Non era tanto il fatto che tornando a casa aveva scoperto che Leah aveva deciso di non considerare la sua opinione, non era nemmeno tanto il fatto che Arizona si rifiutava di dormire nella stessa stanza di Murphy, cosa che le aveva fatto decidere di cedere la sua stanza a Robbins, quello che più dava fastidio a Charlotte era lo sguardo verde di gelosia che Murphy dedicava a lei e al chirurgo pediatrico ogni volta che si scambiavano qualche parola.
-Questa situazione è ridicola.- Borbottò Benson con aria scura in volto, mangiando poi un altro boccone della sua colazione.
-Lo so.. Sto già cercando un altro appartamento, non rimarrò qui ancora a lungo..- Tentò di tranquillizzarla Arizona, venendo, però, interrotta dalla specializzanda di Torres.
-Io non.. Non mi riferisco a lei,  non intendo lei..- Chiarì Charlotte, voltando poi lo sguardo verso Murphy, così come Arizona: Leah fingeva di guardare la tv seduta sulla poltrona, si voltava ogni dieci secondi a controllare la situazione tra le due donne sedute al tavolo, come se fosse potuto accadere chissà cosa tra loro.
-In effetti è piuttosto.. Come dire..- Ridacchiò Robbins a disagio.
-..Inquietante, lo dica pure!- Charlotte finì per lei la frase, scoppiando poi a ridere insieme alla bionda. 
Murphy lanciò loro un'occhiataccia che le fece smettere immediatamente.
Arizona abbassò lo sguardo verso la sua tazza di caffè, in imbarazzo: dopo aver capito che voleva andare avanti con la sua vita, non poteva più aspettare, ogni momento passato ad indugiare era un momento durante il quale si autoinfliggeva altra sofferenza, altra tensione, altri ricordi; per quel motivo appena la specializzanda, in preda all'entusiasmo, le aveva urlato di trasferirsi a casa sua, non aveva perso un solo secondo ad accettare. Con il passare dei giorni, però, si stava pentendo di aver accettato quella proposta, anche se era solo finchè non avesse trovato un altro appartamento, la sua presenza in quella casa non faceva altro che provocare disagi e momenti di imbarazzo, esattamente come quello che stavano vivendo in quel momento.. Leah era molto più presa da lei di quanto si fosse immaginata, tanto che più che una cotta sembrava nutrisse una vera ossessione per lei e "inquietante" era la parola giusta per descrivere gli sguardi pieni di gelosia che la ragazza lanciava a lei e alla ragazza dai capelli blu ogni volta che parlavano, anche per i motivi più pratici, come la spesa.
Charlotte doveva aver notato il disagio che stava vivendo la bionda in quel momento ed interruppe i suoi pensieri e quel silenzio teso con un semplice 
-Ancora una tazza di caffè, dottoressa Robbins?- 
-Dammi del tu e chiamami Arizona, davvero.- Ripetè per l'ennesima volta: occupava il suo letto e l'aveva messa in una situazione davvero imbarazzante, o meglio, Leah l'aveva messa in quella situazione, eppure Benson continuava imperterrita a chiamarla per cognome, tentando di mantenere un rapporto che fosse esclusivamente professionale anche in una situazione come quella, in pigiama, di prima mattina, a bere caffè nella cucina del suo appartamento. 
-Ok.. Arizona, vuoi un'altra tazza di caffè?- Si corresse.
-Volentieri.- Rispose con un sorriso soddisfatto, osservandola meglio: dopo cinque anni solo in quel momento Arizona riuscì a vedere quanto Charlotte fosse carina con i suoi occhi verdi leggermente allungati ed il viso dai lineamenti morbidi, la bionda non riuscì che a farsi una sola domanda.
-Posso farti una domanda personale, Charlotte?- 
-Mh..- Mugugnò in assenso la ragazza, prestando più attenzione al caffè che stava versando che non al chirurgo pediatrico.
-Tra te e Calliope.. Insomma.. C'è qualcosa?- Chiese in un sussurro, timidamente. Perfino Leah si avvicinò per ascoltare meglio, questa volta negli occhi una semplice e pura curiosità e non più la folle scintilla di gelosia. In ospedale non era certo un segreto l'affiatamento tra le due, prima in campo professionale e, negli ultimi tempi, anche in quello personale: era sempre più semplice vederle nella caffetteria dell'ospedale insieme o parlare in modo fitto in reparto, qualche infermiera le aveva addirittura viste insieme al pub di Joe qualche settimana prima; su quella faccenda, a dire il vero, esistevano varie versioni: la prima diceva che le due parlavano tranquillamente, la seconda che i loro sguardi infuocati erano la preparazione ad una notte di fuoco. Arizona, per qualche motivo, voleva vederci chiaro. 
-No, no.. Oddio, proprio no.- Ridacchiò imbarazzata; per quanto la Torres fosse una bella donna, non riusciva proprio a vederla sotto una luce diversa da quella della stima e dell'amicizia, senza contare che era un suo superiore, la sua insegnante e lei non voleva proprio fare la fine di Leah. 
-Uh.. E sai se vede qualcuno?- Forse era andata un po' oltre con quella domanda ma le era uscita spontanea, senza che Arizona ebbe la possibilità di fermarla.
-Veramente non lo so, no..- Charlotte non era certa di riuscire a nascondere il sorriso che si era spontaneamente allargato sul suo viso: se prima non era sicura di poter fare qualcosa per sbloccare quella situazione, con la domanda che aveva appena posto Arizona era più che certa.. -C'è un appartamento vicino all'ospedale che farebbe al caso tuo..- Mormorò casualmente dirigendosi verso il bagno per prepararsi per il lavoro. 



-Martin Collins, affetto da sindrome di Proteo, oggi pomeriggio subirà il secondo di dieci interventi intenti ad agevolare i movimenti basilari di braccia, gambe e per aiutare la respirazione..- 
Mentre il pivellino del primo anno continuava ad esporre i dettagli dell'operazione che da lì a poche ore avrebbero effettuato, Callie continuava ad osservare il paziente dai piedi del letto: quasi tutta la parte destra del corpo, eccezione fatta per il ventre, era completamente deformata, non erano solo le ossa ad essere troppo grosse rispetto al resto del corpo ma bensì tutti i tessuti lo erano, perfino il volto era asimmetrico  all'inverosimile, la pelle scendeva lungo il viso come se fosse in procinto per sciogliersi ma non era tutto quello ad attirare l'attenzione del chirurgo ortopedico; l'occhio sinistro, quello che poteva tenere aperto, trapelava di dolore e rassegnazione, quell'occhio castano che fissava Callie quasi volesse implorarla di ucciderlo durante l'operazione, le stava facendo venire i brividi mentre una vaga sensazione di angoscia la stava assalendo. Decise di concentrarsi su altro, di guardare i suoi colleghi, ad esempio: il pivellino faceva di tutto per evitare di guardare Martin, celava l'espressione schifata dietro al foglio che stava leggendo, Charlotte, invece, sembrava tranquilla, ascoltava attentamente le parole dello specializzando, Callie avrebbe scommesso tutto quanto che stava ripassando in silenzio tutte le fasi dell'operazione che avrebbero effettuato nel pomeriggio e poi c'era l'immancabile Mark, questa volta presente nelle vesti di miglior chirurgo estetico del Paese, che però sembrava essere più interessato alla sorella maggiore del paziente che al povero ragazzo steso sul letto.
Calliope Torres si rese conto in quel preciso istante di quanto quel posto rendesse ciniche le persone, tanto che sembravano tutti troppo presi dai propri pensieri per preoccuparsi della voglia di morire che urlava negli occhi di un ragazzo deformato e disperato, vedevano troppa sofferenza tutti i giorni, così tanta che alla fine era diventata solo rumore bianco per loro: stavano perdendo la loro umanità.
Callie aspettò che tutti, compresa la sorella di Martin, uscissero  dalla stanza prima di avvicinarsi a Collins e sedersi sul letto, proprio di fianco a lui.
-Allora, come stai?- Chiese accennando un sorriso al ragazzo.
-Il braccio fa ancora male, non riesco a muoverlo- Rispose Martin con tono neutro, guardando Callie: sempre quell'occhio pieno di dolore, sempre quella silenziosa preghiera che le chiedeva di ucciderlo, il chirurgo ortopedico prese un lungo respiro per allontanare le sensazioni negative che stavano prendendo il sopravvento su di lei in quel momento.
-Beh, per il dolore c'è la morfina: approfittane adesso che puoi!- Tentò di scherzare, non riuscendo, però, a suscitare nemmeno un mezzo sorriso nel ragazzo.. Non rideva mai nessuno quando faceva una battuta, accidenti! Finiva sempre per sentirsi una perfetta imbecille. -Intendevo in generale.. In generale come va?- Chiese cambiando velocemente discorso.
Martin abbassò lo sguardo e prese un lungo e triste sospiro prima di rispondere: Callie seguiva ogni movimento del paziente quasi ipnotizzata dal dolore che ogni minimo gesto di Collins lasciava trasparire.
-Vuole la verità, dottoressa Torres? O sta solo chiedendo per pietà, come solitamente fa il resto del mondo?- La sfidò il ragazzo: le persone avevano pietà di lui a causa del suo aspetto, pensavano che interessandosi a lui avrebbero fatto un gesto di carità che, chissà, magari un giorno li avrebbe mandati direttamente in paradiso.
Callie non si lasciò intimidire dal tono duro del ragazzo, era abituata ad ogni tipo di paziente con ogni tipo di carattere.. E poi, insomma, lei era Callie Torres, la dura del Seattle Grace Mercy West, la rockstar con tanto di scalpello, non si lasciava intimorire di certo da un paziente!
-Dico sul serio, Martin, come va?- Chiese nuovamente, appoggiando una mano sulla spalla destra di Collins. 
Martin la guardò a lungo, forse per capire se poteva davvero fidarsi di lei e poi prese la sua decisione. Sospirò ed abbassò lo sguardo.
-Non va, semplicemente non va.- Rispose semplicemente.
-In che senso?- 
-La mia.. La mia non è una vita, ecco in che senso. Non ho un lavoro, non ho un amico, non posso dormire sdraiato sennò rischio di morire soffocato, vivo solo leggendo libri e guardando telefilm, io... Io non mi sono mai innamorato, dottoressa! Non ho mai avuto una cotta, non ho mai avuto l'opprtunità di affezionarmi a qualcuno perchè nessuno si avvicinava mai a me, vedevano il mio aspetto e pensavano.. Loro pensavano...- Le lacrime avevano iniziato ad uscire dal suo occhio destro, l'unico che riusciva ancora a lacrimare. 
-..Che tu fossi un mostro..- Finì per lui Callie, sospirando pesantemente: il senso di angoscia che l'affliggeva anche prima era diventato un nodo stretto alla bocca dello stomaco.
-Sì.. Io.. Io che vivo a fare? Che senso ha tutto questo? E' solo altro dolore, solo altro inutile dolore!- Urlò.
-Non è inutile, Martin: miglioreremo la tua vita, potrai muovere la parte sinistra del tuo corpo, riuscire ad afferrare gli oggetti, piegare il ginocchio, camminare bene..- Tentò di rassicurarlo, senza però troppo successo.
-Ma poi tutti i tessuti ricresceranno, come sempre.. E tutto tornerà come prima.- Era demoralizzato e Callie lo poteva capire: tutta la sua vita girava intorno al suo dolore, praticamente non esisteva altro per lui. Purtroppo non esisteva ancora una cura ma forse, solo forse, studiando a fondo i tessuti e le sue ossa, avrebbe potuto trovare un modo per, almeno, rallentare la costante crescita delle sue ossa. Aveva deciso che sarebbe passata nuovamente in biblioteca appena dopo il lavoro, doveva e voleva aiutare quel ragazzo con zero vita negli occhi. 
Gli occhi di Callie caddero sull'orologio al polso del ragazzo: era tardi, era dannatamente tardi e lei aveva l'appuntamento con Celine, la ragazza dell'agenzia per l'appartamento di cui le aveva parlato Cristina tra meno di dieci minuti, per fortuna non era lontano dall'ospedale, bastava attraversare la strada.
-Non perdere le speranze, ok? Io devo andare ma tu non perdere le speranze..- Si precipitò fuori dalla stanza prima che Martin ebbe la possibilità di dire qualcosa.



Aveva un momento libero prima di uscire ed in casa non c'era nessuno: era il momento perfetto per fare una cosa che da troppo tempo stava rimandando.
Prese il suo portatile dalla borsa e lo accese, collegandosi appena possibile su Skype e sperando che la sua amica Teddy Altman fosse online: da quanto tempo non le sentiva più? Sarà stata una settimana ma le sembrava un'eternità.
Notò con gioia che era in linea Yay!! E cliccò sul suo contatto tentando di avviare una videochiamata. 
Gli occhi della bionda caddero sulla foto che aveva messo come foto profilo: una foto di lei e Julia durante una vacanza chissà dove, un momento sereno. Non ricordava nemmeno più l'ultima volta che avevano passato un momento che fosse lontanamente spensierato insieme. Con un sospiro ritornò ai suoi ricordi. 

Arizona era rientrata a lavoro da pochi giorni ma già non ne poteva più: non ne poteva più degli sguardi di compassione, dei sorrisi tirati pieni d'imbarazzo, delle parole di incoraggiamento, sembrava che nessuno vedesse altro in lei che quella dannata gamba mancante. 
Durante un momento di pausa, si appoggiò al bancone delle infermiere con aria stanca, sbuffando, proprio davanti alla postazione di Julia che le sorrise debolmente. 
-Come va?-
-Non ne posso più, sembra che nessuno abbia altro pensiero che la mia gamba.- Sbuffò roteando gli occhi il chirurgo pediatrico.
-Appena troveranno altro di cui parlare, ti lasceranno in pace. Sai come sono fatti..- Ridacchiò Julia.
Il clima tra loro sembrava essere tornato quello di sempre e Arizona era grata alla sua terapia ed al dottor Baker per quello, ma c'era sempre quel piccolo particolare che la rossa si preoccupava di nascondere, quel tassello mancante che avrebbe dato al chirurgo la visione generale di ciò che le era accaduto e di ciò che era diventato il suo rapporto con la moglie: approfittò di quel momento così sereno e distratto per fare un piccolo esperimento, ci pensava da giorni.
-Sai chi è l'unica persona che non mi ha rivolto parola o guardo? Calliope..- Azzardò la bionda: in verità quella mattina non aveva proprio visto il chirurgo ortopedico ma quel qualcosa che Julia le nascondeva riguardava proprio Callie ed Arizona non si sarebbe data pace finchè non avesse saputo la verità.
-Chi se ne importa di Torres, no, Arizona? E poi smettila di chiamarla Calliope, la chiamano tutti Callie.- Come previsto, l'infermiera si era nuovamente agitata: succedeva sempre quando il chirurgo pediatrico nominava la latina -E' così importante che lei ti guardi o ti parli?- Quella sembrava più un'accusa che una semplice domanda, accusa alla quale Arizona rispose alzando le spalle.
-Dico solo che è strano, tutto qui. Quando tutti fanno a gara per mostrarti quanta pena abbiano per te, è ovvio che noti chi, invece, è indifferente.- Rispose osservando la rossa agitarsi sempre di più, iniziando a camminare avanti e indietro nella sua postazione. -E, in ogni caso, a me il nome Calliope piace.. Siete voi che non riconoscete un bel nome e lo storpiate.- Quella non voleva essere una provocazione per sua moglie ma la pura e semplice verità: ad Arizona quel nome era sempre piaciuto, le piaceva pronunciarlo, le piaceva sentirlo, le piaceva come donasse alla figura della Torres.. Sì, Calliope era il nome adatto alla latina.
Julia abbassò gli occhi, esattamente come faceva ogni volta che in lei stava per esplodere rabbia e la bionda si pentì un po' dell'ultimo commento sul nome, poteva evitarlo, ripensandoci bene. 
Era pronta a sentire la sfuriata della rossa ma la sveglia del cellulare di Julia distrasse entrambe da quella che aveva tutta l'aria di essere la litigata del secolo.
-Perchè hai impostato la sveglia a quest'ora?- Ridacchiò incredula Arizona, approfittandone per cambiare discorso.
-Io... Io devo andare. Devo fare una cosa.- Disse la rossa abbandonando il bancone delle infermiere. 
La bionda ripensò alla notte che l'infermiera aveva passato fuori casa, a tutte le volte che spariva per qualche ora senza dire nulla, a tutte le volte che l'aveva cercata in ospedale ma le avevan detto che era assente in quel momento: le cose che nascondeva Julia erano diventate ben due, non più una. 
Il chirurgo pediatrico guardò la rossa allontanarsi velocemente verso l'ascensore, senza avere nemmeno la forza di seguirla.


-Arizona, ci sei?- Teddy stava tentando di attirare la sua attenzione già da un po' ma la bionda sembrava essersi di nuovo persa nei suoi pensieri e, a giudicare dall'espressione sul suo bel viso, non dovevano essere bei ricordi.
Da quando Julia se n'era andata, il rapporto tra Altman e Robbins si era intensificato ancor di più, si confidavano i loro dolori e tentavano di rimettere a posto i pezzi che le persone che amavano avevano strappato dal loro cuore.
Henry era morto ormai da un po' ma il cardiochirurgo non si dava ancora pace, rifiutando ogni appuntamento ed ogni flirt da chiunque, si sentiva come se tradisse suo marito anche solo guardando un altro uomo.
-Io.. Sì, si, ci sono.. Ero solo..- 
-..Persa nei tuoi ricordi, sì, lo so..- Sospirò Teddy dedicando un sorriso pieno di comprensione al chirurgo pediatrico. -Dove diavolo sei, tra l'altro? Quella non sembra affatto casa tua..- Cambiò discorso guardando l'ambiente dietro la sua amica.
-Uh, sì, ecco cosa dovevo dirti: ho deciso di trasferirmi! Di ricominciare tutto daccapo, di andare avanti! Per adesso mi ospitano due specializzande ma sto già cercando un appartamento tutto mio- La informò con un sorriso entusiasta Arizona: era orgogliosa di quella scelta, non vedeva l'ora di trovare un posto tutto suo e di arredarlo, di tinteggiare le pareti, di renderlo proprio "casa sua". Benson le stava dando una mano, le passava tutti gli annunci che Calliope aveva scartato e le aveva, addirittura, preso appuntamento per vedere un alloggio quello stesso pomeriggio, aveva pensato a tutto lei.
-Specializzande, uh?- Chiese Teddy persa nei suoi pensieri, fino a quando il suo viso sembrò avere una vera e propria illuminazione. -Non sarai a casa di Murphy, vero, Arizona?- Chiese con tono di accusa, perfettamente al corrente della situazione tra le due donne.
-Beh.. Sì, ma.. Ho chiuso con lei. Davvero, definitivamente. Dormo nella stanza di Benson e lei dorme sul divano..- Disse: forse Charlotte non la stava aiutando tanto per gentilezza quanto per convenienza, ma questo alla bionda poco importava. 
-Benson? La specializzanda di Callie?- Chiese con un sorriso Teddy, sorriso che fece fare una smorfia ad Arizona, sapeva benissimo dove voleva arrivare l'amica.
-Sì, lei.- Rispose secca.
-E.. Ti ha detto niente del suo capo? Che so, se vede qualcuno, se le piace qualcuno..- Ammiccò Altman: lei l'aveva capito fin da subito che quella di Callie non era altro che una mega cotta per il chirurgo pediatrico, così come aveva capito che ad Arizona non era mai davvero passato quell'interesse che aveva nei confronti della latina, nemmeno il matrimonio gliel'aveva fatto passare. 
Arizona arrossì leggermente a quelle parole e diede un colpo di tosse. 
-Dice che non sa se si vede con qualcuno..- 
-Allora gliel'hai chiesto!- Festeggiò Teddy, provocando un'altra smorfia infastidita sul viso della bionda. Davvero era così palese che la latina non le era completamente indifferente?
Guardò l'ora nell'orologio del pc, rendendosi conto che era tardi.
-Devo andare Teddy, devo vedere un appartamento..- Tagliò corto Arizona, dedicando un sorriso con tanto di fossette alla sua amica: era felice di quella nuova fase della sua vita che stava per iniziare. Felice.
-Mh, ok.. Ma non pensare che la discussione sulla tua Calliope sia chiuso..- Disse casualmente il cardiochirurgo, facendo sospirare il chirurgo pediatrico. 
-Ci sentiamo, Teddy.- Disse roteando gli occhi e chiudendo la videochiamata di Skype.



L'appuntamento è alle 17. Sia puntuale!  Charlotte si era raccomandata con lei almeno una decina di volte quella mattina, sembrava quasi fosse di vitale importanza che Callie vedesse quell'appartamento.
Torres sorrise tra sè e sè entrando nel grande portone del palazzo: aveva pensato a tutto Benson, ad appuntarsi il numero, a prendere l'appuntamento, a spiegare alla signorina Celine che il lavoro che faceva Callie poteva richiedere il posticipo dell'appuntamento; quella ragazza doveva essere tipo un angelo se, oltre a pensare agli esami, a studiare per gli interventi, a competere con gli altri per procurarsi i casi migliori, riusciva anche a trovare il tempo di preoccuparsi per la casa di un suo superiore. 
L'ascensore arrivò al piano terra e lei non perse tempo ad entrare e a premere il pulsante "5", il piano dell'appartamento. 
Callie davvero non vedeva l'ora di vedere quella casa, aveva una sensazione positiva a riguardo.
Arrivata al piano, cercò la porta azzurra di cui le avevano parlato con sopra il 502: suonò il campanello con un sorriso impaziente sulle labbra e la porta venne aperta quasi subito da una ragazza dai capelli scuri e dalla pelle così chiara che sembrava quasi latte.
-Lei dev'essere la dottoressa Torres, immagino.. Io sono Celine, piacere.- Disse la ragazza con un sorriso, porgendo la mano a Callie.
-Sono proprio io- Rispose la latina, stringendo la mano di quella donna dai modi di fare così amichevoli.
-La stavamo aspettando..- La informò Celine invitandola ad entrare.
A Callie non era fuggito il plurale in quella frase e mormorò un -Stavamo?- inudibile, mentre una smorfia si stava disegnando sulle sue labbra.
-Calliope?- Chiese qualcuno all'interno della casa: Torres non poteva non riconoscere quella voce.
Sospirò mettendo tutti i pezzi al loro posto e rimangiandosi tutti i pensieri fatti prima: Benson non era un angelo, Benson era il demonio in persona.
*****

Ebbene sì, ci siamo arrivati: Callie non può più scappare. Muahahah.
Approfitto per ringraziare chi legge, segue e recensisce la storia.. Mi invogliate ad andare avanti e fare sempre meglio.. Grazie!! :D 
Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento. :)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Arizona parlava un sacco quando era a disagio: parlava del tempo, dell'ultimo programma visto in tv, della notizia del giorno.. Diventava davvero difficile farla stare zitta e lei ne era perfettamente consapevole ma in quell'appartamento, con Callie di fronte a lei costretta ad ascoltarla, nonostante tutto il nervosismo, non riusciva a spiccicare parola: troppe erano le cose che voleva dirle e chiederle e si stavano tutte affollando nella sua mente senza che la bionda riuscisse a dare loro un ordine d'importanza, erano tutte ugualmente urgenti. 
Continuava a torturarsi le mani con le unghie mentre osservava il bancone di freddo marmo chiaro, incapace perfino di guardarla a causa del mare di pensieri e sensazioni che provava in quel momento; il rumore dei passi della latina verso il centro della stanza le fecero alzare lo sguardo verso di lei. 
-Volevo chiederti di uscire..- Appena incontrò lo sguardo di Callie le parole uscirono da sole, senza che lei potesse fermarle, senza che pensasse davvero a ciò che voleva dire.. Aveva solo ricominciato da dove avevano finito, cancellando tutto ciò che era venuto e non era venuto dopo.
-Cosa?- Ce l'aveva fatta: anche se per sbaglio, anche se con quelle parole poco ragionate, dopo cinque anni Arizona era riuscita ad attirare l'attenzione di Calliope, che in quel momento la guardava con occhi pieni di confusione.
-Anni fa, in ascensore.. Io volevo chiederti di uscire prima che tu scappassi.. Non m'importava più che tu non avessi esperienza in campo di donne, tu valevi il rischio.. Ma sei scappata, non mi hai lasciata finire di parlare.- Arizona sputò fuori la verità tutta d'un fiato, aveva paura che se avesse parlato con più calma, se ci avesse girato intorno, avrebbe trovato mille scuse per non rivelarle che quel bacio al pub di Joe, anni fa, durante il suo appuntamento con Julia, le era piaciuto e non era stato affatto una figuraccia, anche se in ritardo doveva e voleva spiegarle che sarebbe davvero piaciuto uscire con lei.
Callie si fermò al centro del grande salone vuoto: ogni più piccolo rumore provocava un leggero eco, perfino i suoi passi, perfino le parole appena sussurrate della donna di fronte a lei, parole che sicuramente non l'avevano lasciata indifferente, anzi. Una piccola scossa al cuore, forse un battito saltato, forse il suo muscolo cardiaco aveva addirittura fatto una capriola quando Arizona le aveva pronunciate ma poi pensò a tutto il resto: a Julia, al loro matrimonio fatto qualche giorno prima che la bionda partisse per l'Africa...
-E' andata meglio così, forse..- Mormorò in un sospiro di rassegnazione abbassando lo guardo verso i suoi piedi e rialzandolo poco dopo, non sentendo risposta: Arizona la stava guardando con la testa leggermente inclinata verso sinistra, gli occhi azzurri erano pieni di domande, forse c'era anche un velo di delusione per quella risposta. -Voglio dire, se fossi uscita con te.. Tu e Julia..- Tentò di spiegarsi Callie.
Già, Julia. Arizona avrebbe dovuto sentirsi in colpa per il pensiero di come sarebbe stato, per aver pensato che forse tutta la sua vita sarebbe stata migliore se quel giorno le porte di quell'ascensore non si fossero aperte ma non ce la faceva: c'erano tante cose di cui si pentiva, per le quali non riusciva a dormire la notte, per le quali si sentiva fottutamente in colpa ma Calliope non era tra queste, non lo era mai stata. 
-..Ci siamo comunque lasciate alla fine..- Sospirò tristemente.
Un nuovo silenzio imbarazzante cadde sulle due: Callie continuava a guardare verso la porta di quella che doveva essere una delle due camera da letto, quella in cui era entrata Celine per parlare al cellulare. Quanto ci stava mettendo? 
Arizona non poteva permettere che quel momento finisse così, ci aveva messo tanto per trovare il modo giusto, le parole giuste, l'attimo giusto per parlare con Calliope e non poteva permettere che finisse prima di aver avuto l'opportunità di dirle almeno la metà delle cose che le frullavano per la testa, chissà quando avrebbe avuto nuovamente un'occasione del genere. 
Celine sarebbe tornata da un momento all'altro per il giro della casa, doveva fare in fretta, non doveva perdere un istante di più.
-Ascolta..- Disse con più decisione, facendo vari passi frettolosi verso il chirurgo ortopedico che la guardava con lo sguardo di un cucciolo indifeso. 
Il peso sul piede sinistro. Un passo falso. Arizona che stava per cadere. Le braccia di Callie che la sorreggevano. 
Arizona alzò lo sguardo e trovò gli occhi di Callie a pochi centimetri dai suoi, quelle perle scure osservavano preoccupate i suoi occhi azzurri.
-..Calliope..- Riuscì a mormorare, era l'unica cosa di cui era piena la sua mente in quel momento. Calliope.. 
-Scusate tanto, era un'importante telefonata di lavoro, non potevo non rispondere..- Celine aveva appena aperto la porta e si era fiondata nuovamente nel salone, mentre il chirurgo ortopedico lasciava le spalle di Arizona dopo essersi assicurata che avesse entrambi i piedi ben piantati a terra; il suo cuore ancora batteva all'impazzata per il profumo della dottoressa Robbins che l'aveva accerchiata pochi secondi prima, per un attimo che le era sembrato eterno. 
Callie prese un lungo respiro per riprendersi e sorridere alla ragazza dell'agenzia mentre Arizona non riusciva più a staccare gli occhi di dosso dalla sua collega.
-Vi mostro le camere da letto, seguitemi..- Disse Celine con un sorriso, facendo cenno ai due chirurghi di seguirla verso la prima camera.



Quando la dottoressa Calliope Torres non era in ospedale, l'intero reparto di chirurgia ortopedica andava nel panico: era come se una persona sola, se QUELLA persona sola, riuscisse a gestire tutto e tutti, ad essere un'indispensabile guida pratica e spirituale, oltre che il miglior chirurgo ortopedico che quell'ospedale avesse mai visto. 
A Callie non dispiaceva quella situazione: sentiva che i suoi sacrifici ed il suo talento stavano finalmente dando i frutti sperati ma diventava tutto molto frustrante quando le facevano trillare il cercapersone anche per le cose più banali ed elementari, in parte fu anche per quello che quando vide il talento di Charlotte e l'eccellente chirurgo che sarebbe sicuramente diventata, decise di farne la propria protetta, per poterle dare istruzioni sui suoi pazienti e lasciare che, nei suoi giorni off, le infermiere e gli specializzandi dei primi anni stressassero Benson anzichè lei: la trattava proprio come se fosse stata una strutturata, cosa che la-ragazza-dai-capelli-blu apprezzava davvero tanto.
Era stato difficile all'inizio, le chiamate al cercapersone di Torres erano sempre presenti ma pian piano le cose erano iniziate a migliorare, arrivando al punto che il futuro chirurgo ortopedico riuscisse a gestire gran parte delle problematiche che si presentavano ai pazienti della latina, il cui cercapersone squillava sempre meno.
Quel giorno, però, non doveva gestirle quasi tutte, quel giorno doveva riuscire a gestirle TUTTE, anche le più gravi, anche le emergenze.. Quel giorno Torres non doveva venir disturbata per nessun motivo al mondo, per alcuna emergenza: quel giorno Torres doveva riuscire a parlare con Arizona, Charlotte si era impegnata a fondo perchè accadesse.. Era arrivata perfino a corrompere Celine uscendoci insieme.. Anche se quello, in effetti, non si era rivelato un sacrificio.
Non si lamentava dell'incredibile mole di lavoro che aveva per l'assenza del suo capo, anzi, era anche una buona scusa per evitare di prendere il discorso "Arizona" con Leah: da quando Murphy aveva scoperto che il futuro chirurgo ortopedico stava aiutando Robbins a cercare casa, a malapena le rivolgeva la parola e da quando seppe dell'appuntamento di quel pomeriggio, beh, la specializzanda del primo anno era fuori di sè e cercava la chioma blu in ogni dove per dirgliene quattro.
Charlotte uscì dalla stanza di un paziente e, dopo aver controllato che il corridoio fosse tranquillo e che non ci fosse la sua inquietante coinquilina nei paraggi, andò verso il bagno delle donne.
-Mi puoi spiegare che diavolo hai in mente?- Leah entrò nel bagno come una furia, aveva visto Benson entrare da lontano e non poteva farsi scappare l'occasione di chiarire quella situazione che la stava facendo decisamente impazzire.
Charlotte sospirò: si aspettava che prima o poi la specializzanda del primo anno sarebbe riuscita a beccarla, insomma, vivevano insieme! Guardò la ragazza in silenzio: non aveva dormito molto quella notte, il divano era davvero scomodo, e non aveva proprio voglia di mettersi a discutere con la sua coinquilina su una questione così stupida ed inutile, così decise di prendere tempo e di distrarre la ragazza di fronte a lei dal vero argomento della conversazione.
-Vedi, quando una persona ama davvero mangiare e bere, gli alimenti attraversano il suo apparato digerente e.. - Rispose con un sospiro, indicando con una mano la toilette femminile nella quale stava per entrare prima di venir bruscamente fermata dalla sua coinquilina.
-Basta divagare, Charlotte! Perchè ci stai provando con Arizona?- 
-Io cosa?- 
-Lo sai benissimo cosa! Tutta quella disponibiità, la tua camera, le prepari il caffè, l'aiuti a cercare casa.. Ti sei innamorata di lei?- Benson dovette constatare con estrema sorpresa che no, Leah non scherzava affatto, era davvero convinta di ciò che diceva.
Sì, forse alle volte aveva esagerato un po' ad essere gentile con la Robbins ma di certo non per quel motivo: da lì a poco avrebbe avuto la rotazione a pediatria e sperava di poter avere qualche intervento interessante. 
-Dio, Leah! Non puoi dire sul serio, dai! Le ho offerto la mia camera perchè lei non voleva dormire nella tua stanza ed educazione impone di essere gentili con gli ospiti.. E la aiuto a cercare casa perchè rivoglio indietro il mio letto! Cosa diavolo ti dice il cervello?!- Le assurde accuse di Murphy e la stanchezza erano riuscite a farla arrabbiare sul serio ed in quel bagno stava urlando tutta la frustrazione contro la sua coinquilina che, a giudicare dallo sguardo, stava momentaneamente abbandonando la sua folle, inquietante, paranoica gelosia e riempiendosi di malinconia.
-E' che non capisco perchè abbia deciso di chiudere.. Tra noi c'era qualcosa di vero..- Sospirò tristemente Leah: non passava notte, da quando Arizona le aveva detto che sarebbe stato meglio chiudere quella situazione, che non versasse qualche lacrima sul cuscino. Quante volte avrebbe voluto solo entrare in quella stanza e baciarla fino a perdere il fiato..
-Per l'ennesima volta, Leah, è meglio così.. Ti usava solo, come fai a non capirlo?- Sospirò Charlotte: gliel'aveva spiegato mille volte in pochi giorni, sembrava che la ragazza non volesse proprio capirlo. 
-No, no.. Lei non..- Disse scuotendo la testa -Devo tentare un'ultima volta prima di arrendermi.. Un ultimo tentativo..- Testarda. Fino in fondo. 
Benson sospirò nuovamente: non poteva negare di essersi affezionata a quella pazza, pazza ragazza e, anche se si divertiva a prenderla in giro, le spiaceva vederla star male. -Come vuoi.- Sbuffò roteando gli occhi, mentre sul volto di Murphy si apriva un sorriso speranzoso.. -Ma non dire che non ti avevo avvertita, eh.- Certo, se avesse saputo con chi e perchè Arizona era in quel momento.. 



L'ascensore sembrava proprio non voler arrivare al piano: quello che doveva essere un minuto di attesa, sembrava a Callie un'eternità: Arizona, per tutto il giro della casa, non aveva detto una parola ma aveva continuato a fissarla in un modo così intenso da metterla davvero a disagio.
Quello sguardo così profondo, aggiunto alle parole che le aveva detto prima che Celine chiudesse la telefonata, stava facendo impazzire la latina: davvero la bionda avrebbe voluto chiederle di uscire? Si sentiva una perfetta imbecille in quel momento, perchè diavolo era scappata in quel modo? Ormai, però, era troppo tardi, la loro vita era andata avanti e non c'era modo di tornare indietro.
L'ascensore segnalò il suo arrivo con un suono che poteva sembrare quello di un campanello e Callie si apprestò ad aprire le porte per poter levarsi quei meravigliosi, intensi occhi azzurri di dosso al più presto possibile e poter, così, respirare nuovamente.
Erano solo cinque piani, solo cinque piani e poi sarebbe potuta scappare lontana da lei e dalle emozioni che le provocava, bastava pensare ad altro per un minuto: concentrarsi su qualcosa che non fossero i suoi occhi, o il suo profumo o la sua vicinanza in quel momento.. Doveva pensare.. Alla casa, ecco.
Quell'appartamento era LA casa: era spazioso, illuminato ed aveva una cucina comoda e piuttosto grande, cosa positiva per lei, visto che le piaceva cucinare; le due camere da letto erano anche piuttosto grandi, c'era tutto lo spazio per il mobilio a cui Callie aveva dovuto rinunciare trasferendosi da Mark, che aveva la stanza degli ospiti già arredata. Avrebbe solo dovuto combattere per riuscire ad ottenere il contratto, anche la bionda si era dimostrata entusiasta dell'alloggio. 
-Potremmo prenderla insieme...- Arizona ruppe il silenzio imbarazzante che si era creato dando dimostrazione di saper leggere nei pensieri della latina. -Insomma..- Continuò, notando lo sguardo confuso di Callie -Non come amiche.. O altro.. Solo come colleghe.. I colleghi possono vivere insieme, no? E'.. E' anche vicina all'ospedale, comoda per le chiamate del cercapersone e..- La diarrea verbale nervosa di Arizona fu interrotta dal campanello che segnalava l'arrivo al piano desiderato dell'ascensore e le sue porte si aprirono: la bionda si bloccò al pensiero che ciò che era successo anni prima potesse ripetersi.. Voleva chiedere alla bella latina di uscire? Si aprivano le porte dell'ascensore.. Voleva chiedere a Calliope di diventare coinquiline? Si aprivano le porte dell'ascensore. Stupidi ascensori. 
Callie aprì la porta ed uscì, per poi tenerla aperta perchè uscisse anche Arizona.
La bionda sorrise a quel gesto e fece qualche passo avanti, per uscire dalla cabina; pensava che Callie se la sarebbe data a gambe levate, invece, quel piccolo gesto le faceva sperare che potesse esistere un futuro in cui loro due potevano parlare e convivere senza la paura di una fuga improvvisa.
-Non credo sarebbe una buona idea..- Fu la risposta della latina alla proposta di Robbins, risposta che lasciò delusa la bionda.
-Perchè?-
-Beh, nemmeno ci parliamo..-
Sei tu che non mi parli.
-E quando stiamo nella stessa stanza non riusciamo a non cadere in silenzi imbarazzanti e disagevoli..-
Perchè tu nemmeno ci provi ad evitarli questi silenzi.
-Quindi no, non credo sia una buona idea.- 
Arizona sospirò: il tempo, gli eventi l'avevano profondamente cambiata; un tempo non si sarebbe arresa, l'avrebbe certamente convinta a condividere quell'appartamento e a parlare nuovamente, diventare amiche o qualcosa del genere ma l'ultimo anno l'aveva messa davvero a dura prova e non era certa di sopportare anche l'ennesimo rifiuto da parte di Calliope.
Abbassò lo sguardo ed annuì -Capisco..- Si limitò a sussurrare: tutta la delusione che provava in quel momento traspariva dalla sua voce, cosa che Callie notò.
-Però.. Insomma, prendere un caffè insieme ogni tanto non ci farà male, ecco.- Borbottò imbarazzata Torres: non sapeva nemmeno lei come le erano uscite quelle parole, semplicemente le erano scappate vedendo lo sguardo della bellissima donna di fronte a lei intristirsi sempre di più. -Sempre se ti va, ecco, non volevo certo obbligarti a..-
-Sarei felice di prendere un caffè con te ogni tanto, Calliope- La interruppe Arizona con un sorriso sincero, completo di fossette, sul volto. 
-Ah.. Ottimo.- Rispose un'imbarazzata Callie, anche lei con un piccolo sorriso ad arricciarle le labbra.
Uscirono dal palazzo con passo lento ed in silenzio, ognuna persa nei propri pensieri, pensieri che, in realtà, riguardavano l'un l'altra.
-Stai andando a casa? Posso darti un passaggio..- Propose la bionda indicando la propria macchina parcheggiata proprio di fronte a loro.
-Uhm, no, sto andando a controllare un paziente- Mormorò guardando in direzione dell'ospedale: quella volta non stava scappando, no, voleva davvero andare in ospedale a controllare Martin. E ad uccidere Benson..
-Ok.. Allora.. Ci vediamo al lavoro, Calliope.- Concluse Arizona con un sorriso prima di aprire la portiera della macchina e di montarci su.
-Ci vediamo, Arizona.- Mormorò impercettibilmente la mora con un piccolo sorriso: era stato positivo quel pomeriggio, in fin dei conti. 




Arizona tornò a casa delle due specializzande con un meraviglioso sorriso ad ornarle il volto: ok, sì, non era riuscita a convincere Callie a condividere l'appartamento ma, dopo ben cinque anni, era riuscita a comunicare con lei, avevano parlato e quella, il chirurgo pediatrico, la considerava una gran vittoria.
-Sono a casa, ragazze!- Urlò appena varcata la soglia di casa, riponendo le chiavi che le aveva dato Benson e la borsa sul mobiletto accanto alla porta.
Si guardò intorno: sembrava non esserci nessuno, le luci erano spente, esattamente come la tv e la radio.
Era raro vedere quella casa avvolta nella calma più assoluta ma piacevole: era anche per quello che non vedeva l'ora di trovare un posto tutto suo, non sopportava il volume alto della tv e della radio ma non potva dire niente perchè.. Insomma, non era casa sua.
Sospirò ed andò a sedersi un attimo sulla poltrona, chiudendo poi gli occhi per godersi meglio quell'attimo di quiete: era tutto così diverso da quando non stava più a casa sua, solo qualche settimana prima sarebbe impazzita a stare in silenzio, al buio e da sola, mentre in quel momento non desiderava altro, stava facendo dei passi avanti verso una vita senza dolore. A volte, di notte, ancora versava qualche lacrima ma era molto più raro ed era, più che altro, quando si risvegliava da qualche orribile incubo.

-Mi tradisce, Teddy, Julia mi tradisce!- Arizona continuava a mettere soqquadro la camera da letto che condivideva con la rossa sotto gli occhi di un'incredula Teddy Altman che continuava a guardarla scuotendo la testa.
-Stai diventando paranoica, Arizona, Julia non ti tradirebbe mai, la conosci.- Rispose con calma il cardiochirurgo, continuando ad osservare la sua amica dare di matto in quella stanza: il contenuto di tutti i cassetti era ormai a terra, le ante degli armadi tutte spalancate ed i vestiti all'interno erano tutti buttati sul letto.. Era una situazione surreale.
-No! E' questo il punto! Non la conosco più! Prima mi raccontava di tutti i suoi impegni, mi raccontava la sua giornata fin nei minimi dettagli, mentre adesso..- Arizona prese un profondo respiro e si sedette su una sedia, Teddy la raggiunse e le appoggiò una mano su una spalla -..Adesso mi nasconde qualcosa: sparisce per ore, nessuno sa dove va e quando glielo chiedo non mi risponde, cambia discorso in modo nervoso..- Raccontò sospirando, una lacrima, la prima di tante, scese sulla sua guancia lentamente. -..Si comporta proprio come quando..- Robbins si bloccò: poteva essere? Non riusciva a respirare all'idea, non riusciva più a fare alcun movimento solo a pensarci, era piuttosto sicura che persino il suo cuore si sarebbe rifiutato di continuare a battere se ci avesse pensato ancora per qualche istante. I suoi occhi si riempirono di panico in pochi secondi.
-..Come quando..?- Chiese una preoccupata e curiosa, oh se era curiosa, Teddy.
-Come quando nomino Calliope..- Disse in un soffio, con la poca voce che si era decisa ad uscire dalla sua bocca.
Sembrava tutto sempre più chiaro nella sua mente, tutto sempre più chiaro e sempre più orribile. 
Teddy, invece, proprio non capiva. -E quindi?- Chiese aggrottando le sopracciglia.
-Teddy..- Mormorò Arizona con lo sguardo perso nei suoi orrendi pensieri -..E se Julia mi tradisse con Calliope?- Disse tutto d'un fiato, alzando poi lo sguardo verso la sua amica che aveva ancora la mano appoggiata alla sua spalla.
Altman la guardò incredula e, incredibilmente per Arizona, in modo alquanto divertito. -Tu credi che Julia.. La tua Julia... Ti tradisca con Callie.. La tua Callie?- Disse, trattenendo a stento le risate.
-Cosa c'è di divertente?- Rispose con aria offesa il chirurgo pediatrico.
-E' semplicemente assurdo, Arizona!- Callie aveva una cotta per Arizona da.. Da non sapeva più nemmeno Teddy da quanto, l'aveva notato subito, lo notava ogni volta che la latina cercava con lo sguardo la sua amica, lo notava dall'impegno che metteva ad evitarla.. decisamente, non poteva essere quello il problema.
-Perchè no? Pensaci bene, torna tutto! Calliope mi evita.. Julia non vuole parlare di lei.. Callie non ha voluto nemmeno operarmi!- Per lei era tutto così chiaro, come faceva Teddy a non accorgersene?
-E cosa c'entra la tua gamba in questa storia?- Chiese il cardiochirurgo perplesso.
-Beh, voleva morissi per.. Avere Julia tutta per sè..- Mormorò timidamente Arizona: iniziava a pentirsi di averlo detto alla sua amica, visto che in quel momento rideva come non l'aveva mai vista fare.
-No, Arizona, aspetta.. Non puoi dire seriamente..- Teddy non accennava a voler smettere di ridere, era la cosa più assurda e ridicola che avesse mai sentito.
Smise dopo svariati minuti, sotto gli occhi di un'infastidita Arizona: Teddy stava ridendo dei suoi drammi.
-Ok, facciamo così.. Ti vado a prendere un bicchiere d'acqua così ti calmi e poi mettiamo a posto questo posto prima dell'arrivo di tua moglie.- Disse ridacchiando ed avviandosi verso la porta.
-E.. Arizona?- Disse sulla porta, tentando di attirare l'attenzione di Robbins che sembrava nuovamente persa nei suoi pensieri. 
-Sì?-
-Sia chiaro che è ridicolo, eh, ma se davvero fosse.. Saresti più gelosa di Julia o di Callie?- Chiese lanciandole un sorriso di chi la sapeva lunga prima di andare verso la cucina.


Arizona riaprì gli occhi: Callie riusciva a far parte della sua vita anche quando non ne faceva parte, sarebbe stato poi tanto sbagliato condividere quell'appartamento? Sospirò e si rialzò: ciò che le serviva era una bella doccia ed una sana dormita.
Aprì la porta della camera di Benson e notò subito le candele accese per un'atmosfera intrigante e... E Leah Muphy nuda sul suo letto? Arizona urlò presa alla sprovvista -Cosa stai facendo, Leah?- Chiese praticamente urlando.
-Io.. Mi manchi, Arizona. Voglio che torniamo insieme. Ecco cosa faccio.- Disse con sicurezza: era ciò che voleva, ne era certa.
-No, Leah, no, no, no, no, no, non puoi farmi questo, no, no, no, no, no.- Lo sguardo di Arizona vagava lungo tutto il perimetro della camera, tentando disperatamente di non guardare la ragazza nuda sul letto: non che non l'avesse mai vista, ma non voleva ricaderci, nella sua nuova vita non c'era spazio per le storielle di sesso con le specializzande, maledizione! 
Leah si riverstì ed uscì dalla stanza in lacrime, umiliata. Arizona sospirò ed iniziò a fare la valigia: non poteva rimanere lì un minuto in più.
-Cos'è successo?- Charlotte era appena entrata ed aveva visto una Leah mezza nuda uscire dalla stanza piangendo e poi.. Arizona che faceva la valigia? Voleva chiederle dell'appuntamento di quel pomeriggio ma, a quanto pare, c'erano questioni più urgenti da chiarire. 
-Dove vai? Ti trasferisci già nell'appartamento con Torres?- 
-Vado via, Benson, grazie di tutto.. Sei stata gentilissima ma non posso proprio rimanere nemmeno un'ora in più.- 
-Sì.. Ma dove?-
-In albergo, suppongo.- L'idea di tornare nella sua vecchia casa non l'aveva nemmeno sfiorata per un minuto. 
-E la casa nuova?- 
-Charlotte..- Sospirò Arizona, andando ad abbracciare la ragazza dai capelli blu: si era impegnata tanto per organizzare tutto ma, semplicemente, non era andata come lei, come loro, desideravano. -Non andrò a vivere con Calliope, lei non è d'accordo ma grazie lo stesso per averci provato.-
Charlotte non poteva credere che Torres avesse potuto buttare al vento l'opportunità di vivere con la donna dei suoi sogni, che non volesse nemmeno tentare di far andare le cose al modo giusto, non poteva crederci. 
La specializzanda dell'ultimo anno, senza dire una parola, uscì dalla camera e prese il giubbotto, sotto lo sguardo attonito di Arizona.
-Dove vai?- Chiese confusa la bionda.
-A parlare con una persona.- Risponse Benson con aria infastidita, prima di uscire dalla porta d'ingresso.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Un caffè, ecco ciò di cui aveva disperatamente bisogno Callie in quel momento, una tazza gigante di caffè caldo, non avrebbe resistito altri cinque minuti senza berne un sorso.
Da quando era rientrata in ospedale per visitare qualche paziente ed assicurarsi che stessero bene, non era riuscita a non pensare a qualcosa che non fossero gli azzurrissimi occhi di Arizona, le sue deliziose fossette, la sua voce musicale o le cose che aveva detto e concentrarsi sul lavoro in quelle condizioni non era stato proprio possibile, tutti, perfino i pazienti, si erano resi conto che la latina era distratta da qualcosa, per fortuna non aveva interventi in programma, avrebbe fatto solo un gran pasticcio in quel caso.
Presa e pagata la tazza di caffè, Callie si sedette al primo tavolo che trovò libero, coprendosi poi il volto con le mani: se da una parte moriva dalla voglia di tornare indietro ed accettare la proposta di Arizona, vivere insieme a lei, vederla ogni mattina ed avere con lei un rapporto che fosse, almeno, di normale amicizia, dall'altra non riusciva a non pensare che Robbins, in ogni caso, non ricambiava le sue emozioni, era un'assurda cotta a senso unico, lo era sempre stata, altrimenti la bionda non si sarebbe mai sposata: per questo Callie non voleva credere a ciò che le aveva detto poche ore prima, non doveva cullarsi nell'illusione che, se non fosse scappata, sarebbe stato tutto diverso, doveva guardare i fatti e questi mostravano chiaramente che Arizona Robbins era sempre stata innamorata di Julia Novak.
-Torres? Tutto ok?- La voce di Mark la riportò violentemente alla realtà mentre l'uomo si sedeva di fronte a lei con una tazza di qualcosa in mano.
-Arizona mi ha proposto di prendere l'appartamento insieme a lei.- Sputò fuori tutto d'un fiato il chirurgo ortopedico, aprendo le dita davanti ai suoi occhi per riuscire a guardare il suo migliore amico.
-Ben fatto, Torres!- Si complimentò Mark con un sorriso sinceramente contento per la sua amica: era ben a conoscenza dell'enorme cotta che Callie aveva per la biondina da ormai molto tempo e quello era un gran passo avanti.
-Le ho detto che non era il caso.- Continuò Callie con un sospiro, la voce le uscì più triste e rassegnata di quanto non avesse voluto.
Mark sospirò: sempre la stessa storia, sempre la stessa Callie Torres che scappava dalla sua Arizona per chissà quale motivo. A nessuno era concesso sapere la reale motivazione delle sue continue fughe e no, lui non ci cascava: non era di certo per aver interrotto l'appuntamento della bionda con un'altra donna dandole un bacio, era passato troppo tempo per provare ancora vergogna per quello, c'era un altro motivo, molto più serio.. A lui non poteva raccontare cavolate, la conosceva fin troppo bene. 
-Mh..- Si limitò a dire, per nulla stupito, prendendo poi un sorso della sua bevanda.
-Mh? Tutto qui?- Alzò un spracciglio la latinoamericana con fare infastidito, togliendosi le mani dal viso per guardare meglio il suo coinquilino: si aspettava qualcosa in più di "mh", qualche domanda per capire, magari.
-Sì, tutto qui.- Alzò le spalle Mark -Finchè eviterai di affrontare qualsiasi problema tu abbia con Robbins e di superarlo, beh, da me riceverai solo un "mh".- Disse con fare deciso -Soprattutto quando lei ti offre la via d'uscita da questa situazione assurda e tu la rifiuti.- Concluse Mark, riprendendo in mano il bicchiere di carta davanti a lui.
-Mark..- Sospirò Callie: come spiegare ciò che stava provando? La lotta interiore che stava provando? La voglia di baciarla e la consapevolezza che il cuore della bionda era di un'altra donna, la voglia di lasciarsi il passato alle spalle e l'imbarazzo che ancora provava per quella figuraccia e poi ciò che era successo in quella stanza d'ortopedia.. No, non sarebbe mai riuscita a spiegare ciò che provava.
I suoi pensieri ed i loro discorsi furono interrotti da Charlotte, che aveva raggiunto il tavolo come una furia, guardando poi Callie.
-Dobbiamo parlare, Torres.- Disse senza troppi giri di parole, i suoi occhi verdi mostravano la rabbia che provava in quel momento.
-Sì, dobbiamo proprio parlare, Benson.- Callie si alzò per mettersi davanti alla sua allieva, anche lei era arrabbiata con Charlotte, se era in quella situazione era solo per colpa sua.
-Cosa ti è venuto in men.. Umpf..- Le parole di Callie ed il suo fiato furono spezzati dalle labbra di Benson che si poggiarono senza troppa delicatezza su quelle della dottoressa Torres in quello che dava tutta l'impressione di essere un bacio a stampo.
La latina si tirò subito indietro per poi guardare la ragazza come se fosse stata una folle.
-Cosa fai?!- Praticamente urlò la latina, attirando l'attenzione di tutta la caffetteria. 
-Adesso cosa farà, dottoressa? Mi eviterà per 5 anni? Si rifiuterà di lavorare con me? Uscirà da una stanza appena io ci metterò piede?- Le parole della ragazza-dai-capelli-blu fecero zittire subito Callie: aveva capito perfettamente il perchè del bacio e, in qualche modo, anche perchè aveva organizzato tutto quell'enorme scherzo.. Era solo per aiutarla a superare tutta quella storia del bacio, quell'imbarazzo, come stava facendo fino a qualche secondo prima anche Mark. -Deve superare quella storia e deve farlo subito perchè in questo preciso momento c'è una donna che non desidererebbe altro che vivere con lei e alla quale non interessa di ciò che è stato il passato.. Perchè non può fare la stessa cosa? Perchè non può andare avanti e dare ad Arizona la possibilità di riavvicinarsi a lei?- Si era sfogata Charlotte, aveva buttato fuori tutta la frustrazione di vedere il proprio aiuto rifiutato da una persona che ne aveva bisogno e alla quale teneva molto, solo in quel momento si rese conto di aver, forse, esagerato, urlando contro un suo superiore, nel bel mezzo della caffetteria piena. Prese un gran respiro prima di continuare, Callie continuava a fissarla senza dire una parola, il suo sguardo era indecifrabile. 
-Ok, senta.. Mi spiace.- Sospirò Benson -Dico solo che ha finalmente la possibilità di far andare meglio le cose con la donna che sogna da ben cinque anni.. Dovrebbe approfittarne. Senza contare che la dottoressa Robbins si sta trasferendo in un hotel..- Spiegò con più pazienza, guardando dritto in quelle due perle scure.
Callie scosse la testa con vigore: non poteva negare che le sue parole l'avevano colpita, che le parole di Mark l'avevano colpita ma nessuno sapeva cosa provava, nessuno poteva nemmeno solo immaginare perchè non l'aveva operata, come si era sentita, come si sentiva ogni volta che la vedeva senza pattini a rotelle.
-Non sono cose che ti riguardano, Benson.- Concluse così il discorso la latina, superando la specializzanda ed allontanandosi dalla caffetteria.
Charlotte sospirò: aveva rovinato tutto. -Mi son giocata il lavoro, mi sa.- E un'amica.. Borbottò tra sè e sè, imitando il suo capo ed uscendo da lì anche lei e lasciando un Mark Sloan confuso da ciò che era appena successo.




Non ci aveva messo molto a trovare una sistemazione provvisoria: l'hotel che l'aveva ospitata appena arrivata a Seattle era perfetto per lei, si era trovata benissimo e, appena lasciata la casa di Murphy e Benson, si era diretta subito lì; era proprio come lo ricordava, nulla era cambiato.
Il facchino prese la valigia della bionda e le fece strada fino alla stanza 502. 502. La vita la stava prendendo davvero in giro, a quel punto ne era certa.
Appena il ragazzo uscì dalla grande camera contando dollaro per dollaro la mancia datagli dal chirurgo pediatrico, Arizona si lasciò cadere di schiena sul morbido letto coperto da un copriletto completamente bianco, in tinta con il resto della stanza e chiuse gli occhi con un rumoroso sospiro: aveva sperato in un finale diverso per quella giornata, magari al bar di Joe a parlare con Callie riguardo l'appartamento, sicuramente non si aspettava minimamente di finire in un hotel, senza una casa in cui vivere.
Non era abbattuta, però, perchè in quel pomeriggio era riuscita a parlare con Calliope, a dirle, finalmente, ciò che voleva dirle anni fa, a riuscire a strapparle un caffè ogni tanto: aveva abbattuto una parte di quel muro che Callie aveva tirato sù così bene e, anche se era in una stanza d'albergo, poco male.. Avrebbe trovato presto un'altra casa.
Calliope. Non riusciva a non pensare a quegli occhi color cioccolato così preoccupati quando lei aveva perso l'equilibrio, ai loro visi così vicini, alla voglia di baciare quelle labbra così piene e morbide.. 
Ripensò a Teddy, alle mille volte che gliel'aveva indirettamente e, a volte, direttamente detto: in quel momento dovette ammettere a sè stessa che, se per tutti quegli anni aveva continuato a cercare un dialogo con Callie, era solo perchè l'interesse per lei non era mai passato e, tutte le motivazioni che si era data per giustificare la cosa perfino con sè stessa, altro non erano che stupide scuse per evitare di guardare in faccia la verità.

Il sabato sera l'Emerald era sempre affollato e quella sera non era diverso: Arizona entrò e si fece strada verso il bancone a forza di gomitate, non era proprio dell'umore per sorridere e chiedere permesso, era stata una giornata d'inferno, piena di paranoie e brutti pensieri. 
No, Teddy non proprio riuscita a convincerla che tra Julia e Callie non c'era niente, soprattutto da quando aveva sentito Sloan e Lexie Grey, in caffetteria, parlare della donna che stava frequentando Calliope in quel periodo: l'altra Robbins; non se l'era immaginato, l'avevano chiamata proprio così e se lei era la prima Robbins l'altra doveva essere per forza sua moglie, era una cosa logica ed ovvia.
Si sedette allo sgabello, ordinò un bicchiere di vino bianco e si guardò intorno alla ricerca di una lunga chioma scura e morbida: c'era davvero troppa gente, non era certa di riuscire a trovare Calliope in mezzo a tutta quella folla ed iniziò a sentirsi una perfetta imbecille; era sempre stata piuttosto insicura nelle relazioni sentimentali, niente poppanti perchè se avessero deciso di "tornare etero" lei ci avrebbe sofferto, non voleva assolutamente sentir parlare di ex, così come lei non parlava delle sue.. Si sentiva costantemente minacciata dalle situazioni che avrebbero potuto portare via la persona amata da lei, ma in quel momento stava davvero esagerando: stava davvero pedinando una sua collega per sapere se sua moglie la tradiva o meno con lei? E poi, perchè seguire Callie? Avrebbe dovuto andare a casa, aspettare Julia e parlarne direttamente con lei, chiarire la situazione una volta per tutte, farsi dire tutta la verità. Arizona finì di sorseggiare il suo vino e si alzò, la sua nuova destinazione sarebbe stata l'ospedale, per controllare se sua moglie stesse davvero lavorando.
Un passo. Due. una bionda le andò addosso, scusandosi con un sorriso. Le fossette. 
Arizona si voltò in direzione di quella ragazza, incuriosita dalla somiglianza che c'era tra loro, e vide la persona con cui si doveva incontrare: Calliope. Una bellissima Calliope che indossava il giubbotto di pelle che riusciva a renderla addirittura più sexy di quanto non lo fosse al solito, una bellissima Calliope con gli occhi che le brillavano e le labbra rosa arricciate in un sorriso allegro. 
Il chirurgo pediatrico rimase per un eterno istante immobile, senza fiato alla vista di quella bellissima donna che, se solo non fosse stata così ostinata a fuggire, in quel momento avrebbe potuto essere seduta insieme a lei e non alla sua brutta copia."L'altra Robbins" altro non era che una donna incredibilmente simile a lei. 
Robbins pensò anche a Teddy, alle sue battute, alla piccola provocazione che le aveva lanciato solo qualche giorno prima: e se avesse avuto ragione lei? Se lei fosse stata ancora interessata a Calliope? Se il suo intero matrimonio non fosse stato altro che un enorme errore ed il suo posto fosse stato, in realtà, al fianco della latina? No. Non era giusto nei confronti di Julia, non poteva nemmeno pensarla una cosa del genere: Julia era stata affianco a lei durante il brutto periodo che aveva seguito l'amputazione, chi poteva assicurare che Callie avrebbe fatto la stessa cosa? Non l'aveva nemmeno operata, dannazione! E poi Arizona amava Julia.. L'aveva sempre amata.. Perchè diavolo pensava a quelle cose? No, non doveva pensarci. 
In ogni caso, non era quello il problema: Julia non la tradiva con Callie ma continuava a nasconderle qualcosa. Arizona, uscita dal pub, si incamminò verso l'ospedale, più convinta che mai a parlare con Julia e sistemare tutte le cose.


Sospirò: perchè se n'era resa conto così tardi? Si sarebbe risparmiata tante, troppe sofferenze sia a lei che a Julia.
Julia. Il pensiero dell'ex moglie le provocò rabbia e tristezza e.. Invidia. Invidia, sì. Una parte di lei era invidiosa dell'ex moglie che condivideva un segreto con Callie, anche se le nascondevano, probabilmente, qualcosa che le aveva spinte entrambe ad allontanarsi da lei, qualcosa di orribile, forse.
Non si era mai sentita così confusa: da una parte le sue inspiegabili emozioni per Calliope, emozioni che andavano oltre la semplice attrazione da ormai troppo tempo, dall'altra Julia, sua moglie, la donna con cui aveva condiviso parte della sua vita, quella che amava o credeva di amare.. Ormai, non lo sapeva più nemmeno lei cosa provava per la rossa: amore o semplice affetto?
Arizona sbuffò: sarebbe stato meglio dormire, dopo qualche ora sarebbe iniziato il suo turno in ospedale e quei pensieri, di certo, non l'aiutavano a stare meglio. Chiuse gli occhi e spense il cervello, i suoi tormenti interiori l'avrebbero aspettata fino all'indomani.



Charlotte non credeva che la vita in ospedale potese essere così noiosa e banale senza Torres: essì, perchè da quando le aveva fatto quella sceneggiata in caffetteria, circa due settimane prima, Callie aveva preferito assegnarla al dottor Craig Cole, il nuoco chirurgo ortopedico senza capelli e dalla testa a forma d'uovo, che in poco tempo era riuscito a diventare il chirurgo più noioso dell'intero ospedale; Cole manteneva una media di successo altissima nel suo lavoro grazie a delle semplici operazioni di routine, come ginocchia rotte o legamenti lesionati, non rischiava di occuparsi di qualcosa di più complicato.
Benson aveva passato la mattinata in Pronto Soccorso, era perfino più interessante stare lì che assisterlo nell'ennesima ricostruzione di un gomito che, con Torres, eseguiva da primo già da un po' ed in quel momento era seduta ad un tavolo della caffetteria osservando Torres e la sua nuova protetta, Wilson, ridere e studiare una cartela clinica.
-Oh! Gli alieni sono atterrati a Seattle.. Ed indossano il camice..- Charlotte alzò lo sguardo: a parlare era stata Arizona, mentre osservava con aria perplessa il nuovo insegnante di Benson.
-Mh, no.. E' solo il dottor Cole.- Rispose la ragazza-dai-capelli-blu, riprendendo poi a guardare la latina e Jo. 
Arizona si sedette con il suo vassoio di fianco a lei e sospirò guardando in direzione del suo sguardo triste.
-Continuare a fissarla con lo sguardo di un cucciolo abbandonato non ti aiuterà a farla avvicinare..- Osservò Arizona annuendo più volte con la testa, avvicinandosi poi alla specializzanda per sussurrarle all'orecchio -Parlo per esperienza personale.- Robbins aveva capito perfettamente cosa stava capitando tra i due chirughi ortopedici: Charlotte le aveva organizzato quell'imboscata con lei e Callie non l'aveva presa bene ma, invece di scappare da lei, si stava sfogando sulla sua allieva, dandole colpe che non aveva.
-Io lo farei meglio.- Charlotte sembrava non aver nemmeno ascoltato le parole della bionda accanto a lei, aveva incrociato le braccia al petto e lo sguardo da cucciolo abbandonato, citando Arizona, era diventato il broncio di un bambino a cui avevano appena preso il giocattolo preferito.
-Cosa?- Chiese confuso il chirurgo pediatrico.
-Qualunque cosa ci sia scritto in quella cartellina, io lo farei meglio di Wilson.- 
-Sei dell'ultimo anno, lei è del primo.. E' una cosa piuttosto ovvia..-
-L'avrei fatta meglio anche al mio primo anno di medicina.- Arizona non potè fare a meno di ridacchiare a quell'affermazione ovviamente dettata dalla gelosia e, allo stesso tempo, non riuscì a fare a meno di chiedersi se tra le due non ci fosse una qualche tensione sessuale che le faceva entrambe agire in maniera piuttosto esagerata in quella situazione così semplice: lei non sapeva niente di ciò che era successo in caffetteria, di come quella situazione fosse nata solo per difendere lei, dei pensieri di Calliope.
-Non sarà che ti piace?- Chiese tentando di celare la gelosia che l'aveva presa in quel momento: il mostro dagli occhi verdi doveva starsene tranquillo nel suo nascondiglio, quello non era proprio il momento di farsi vedere.
Charlotte guardò Arizona con le sopracciglie sollevate in un'espressione sorpresa: la bionda era davvero così presa da Callie da pensare che tra le due potesse esserci qualcosa che andava più in là del rapporto di lavoro? 
-Certo che no!- Disse ridacchiando: figurarsi se avesse fatto tutto quel casino, si sarebbe fatta i fatti suoi in quel caso. Si fermò un secondo a riflettere: era la seconda volta che Arizona le faceva una domanda simile, non poteva essere un caso. -..E a lei..?- Chiese, dando poi il primo morso al suo sandwich al salmone. 
-Io sono sposata- Rispose Arizona senza riflettere: era quella la risposta che dava a Teddy ogni volta che insinuva qualcosa del genere, ormai rispondeva così senza rifletterci su, come una sorta di autodifesa.
-Lei era sposata..- Le fece notare Benson, che subito dopo si diede uno schiaffo mentale per quella gaffe. -Mi spiace, non avrei dovuto..- 
-Hai ragione. Ero sposata.- Rispose in un sospiro Arizona: quella scusa non funzionava più, già. Si voltò verso la specializzanda che si era nuovamente persa nei suoi pensieri. 
-Vedrai che si sistemerà tutto.- La rassicurò con un sorriso completo di fossette, dandole qualche leggera pacca su una spalla.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Arizona sapeva essere un'amica meravigliosa, lo sapeva il suo amico d'infanzia, nonchè "marito" Nick, lo sapeva Teddy, lo sapeva la rossa April Kepner e quella sera l'avrebbe dimostrato anche a Charlotte Benson, invitandola, anzi, obbligandola a sfogare i suoi dispiaceri ortopedici con un bicchiere di vino all'Emerald e, perchè no, a scoprire qualcosa di più sulla sua adorata Calliope.
Era una serata tranquilla al pub di Joe: non era colmo di persone, la musica non era troppo alta come al sabato sera e le luci calde rendevano l'ambiente più famigliare di un altro, qualsiasi, bar, insomma era l'ambiente giusto per due chiacchiere a cuore aperto.
Le due donne si sedettero al bancone, com'era solita fare Arizona, ed ordinarono due bicchieri di vino bianco sorseggiandoli: tutto ciò che la ragazza dai capelli blu desiderava dopo un turno di ore? Giorni? Aveva perso la cognizione del tempo dentro quel luogo, sapeva solo che era entrata mentre c'era ancora il sole e ne era uscita con la luna, in ogni caso, desiderava solo un soffice materasso ed una calda coperta.
Il chirurgo pediatrico, invece, sembrava essersi ripresa completamente alla fatica del lavoro, continuava a parlare, a raccontare della sua specializzazione, a spiegare quanto figo fosse lavorare con i bambini e delle difficoltà che i chirughi pediatrici dovevano affrontare ogni giorno: era una dottoressa Robbins completamente diversa da quella sempre triste di qualche settimana prima, un'Arizona che stava finalmente riuscendo ad andare avanti con la sua vita, lasciando indietro le brutte esperienze.
-Sembri allegra..- Le fece notare la specializzanda guardando attentamente Arizona: aveva l'aria entusiasta, un sorriso appena accennato non ne voleva sapere di abbandonare le sue labbra ed i suoi occhi, sembrava essere tornata quella di un tempo, sempre felice e vivace.
Arizona alzò le spalle a quell'affermazione, sorridendo di più, fino a far spuntare le sue fossette. -Sto uscendo con un'amica, non dovrei?- Chiese
-Io dico negli ultimi tempi, sembri allegra negli ultimi tempi.- Specificò Benson.
Il chirurgo pediatrico sospirò semplicemente: sì, da quando era uscita dalla casa in cui aveva vissuto quel tremendo periodo, stava iniziando a sentirsi nuovamente sè stessa, i ricordi di Julia non la sconvolgevano più come prima, stavano calando anche le crisi di pianto e di ansia. Stava meglio, Arizona si sentiva meglio.
Certo, rimanevano un sacco di problemi, di cose da capire e da risolvere: anzitutto doveva trovare una casa, poi c'era la sua protesi che ancora, di tanto in tanto, le faceva male e poi c'era ciò che occupava più spazio nella sua mente, ovvero Calliope; le domande ed i desideri riguardanti il bel chirurgo ortopedico erano molteplici, se negli ultimi cinque anni era riuscita, in qualche modo, a controllare i pensieri e le emozioni che la investivano ogni volta che la incontrava, da quando Charlotte le aveva costrette, in qualche modo, nell'appartamento 502 insieme, non riusviva più a dominare tutte quelle domande e quelle sensazioni che non la abbandonavano mai. Perchè Callie non aveva preso in cura il suo caso? Cosa condivideva con la sua ex moglie? Perchè continuava ad evitarla? E, più di ogni altra cosa, perchè Arizona non riusciva proprio a togliersela dalla testa? Erano successe un sacco di cose in quegli anni: si era sposata, era andata in Africa, aveva perso una gamba, aveva perso sua moglie ma Callie non passava mai, lei era sempre lì, presente nella sua mente, quasi stampata a fuoco nella sua anima.
-Le cose brutte passano, Benson, e con loro passa anche il broncio- Rispose, dedicando poi un sorriso alla ragazza, quasi per dimostrare ciò che aveva appena affermato con i fatti.
Charlotte annuì lievemente pensando alle parole appena dette dalla bionda accanto a lei: "le cose brutte passano".. Si riferiva alla sua gamba o a sua moglie? O ad entrambe le cose? Un altro mistero che viveva in quell'ospedale era, appunto, riguardo la dottoressa Robbins e l'infermiera Novak: cos'era successo tra loro?
Arizona guardò con aria curiosa la ragazza-dai-capelli-blu: sembrava volesse dire, forse chiedere, qualcosa ma non ne avesse il coraggio.
-Cosa?- Chiese appoggiando il mento sul suo pugno chiuso. 
-Mh.. Niente, davvero.- Rispose la specializzanda, sperando che la sua nuova amica non volesse approfondire quella sua risposta non troppo convincente.
Speranza vana.
-Sono un'amica fantastica, sai? Puoi dirmi ciò che vuoi.- La informò con orgoglio Arizona.
-Mi chiedevo solo..- Iniziò la ragazza, non completamente certa di voler finire la frase -Mi chiedevo solo.. Perchè l'infermiera Novak è andata via?- Disse quella frase così in fretta e così a bassa voce che non era certa che la bionda l'avesse sentita.
Arizona, invece, l'aveva sentita benissimo.

Tra di loro c'era solo il silenzio: niente più liti, niente più parole se non quelle necessarie, niente più intimità, nemmeno un bacio, niente più del silenzio.
E non era un silenzio pieno di rabbia, di odio o di risentimento: era solo silenzio, un infinito, insensato silenzio.
Arizona, intanto, continuava a cercare risposta a qualsiasi cosa Julia le stesse nascondendo: sembrava non rendersi nemmeno conto, presa com'era dal suo compito, del freddo che aveva assalito la sua piccola famiglia, una cosa, però l'aveva notata: Julia non la tradiva; lavoro e casa, poche uscite, le sparizioni a lavoro erano diventate rare e le altre infermiere sembravano non preoccuparsene più di tanto, non spettegolavano su quella faccenda, cosa positiva, significava che non c'era niente di strano.
La bionda aveva iniziato a notare, nelle settimane precedenti, altre piccole cose che l'avevano fatta preoccupare: la stanchezza della rossa, ad esempio, i piedi che le facevano male, le frequenti visite in bagno.. Qualcosa non andava, decisamente non andava.
L'infermiera uscì di casa: aveva fretta, doveva andare in ospedale disse, aveva un turno extra, ecco cosa disse. 
Arizona annuì guardando la rossa chiudere la porta dietro di sè e si accorse dopo solo pochi secondi che sua moglie aveva dimenticato l'agenda sul tavolo: si alzò e la prese, magari avrebbe fatto in tempo a portargliela prima che l'ascensore arrivasse al piano.
Era aperta, il suo sguardo cadde su ciò che era scritto.
Appuntamento d.tt T., h 15. Il chirurgo pediatrico alzò lo sguardo verso l'orologio appeso al muro, erano le due e mezza, Julia stava andando a quest'appuntamento. 
Ripensò a tutte quelle stranezze che aveva notato negli ultimi tempi: Julia era malata? Era questo che le nascondeva? E il dottor T era Callie? Julia era malata e Callie la stava aiutando? 


-Diciamo che.. Beh, diciamo che sono sorti degli imprevisti.- Rispose infine con lo sguardo perso all'interno nel bicchiere che aveva in mano e che conteneva ancora qualche sorso del drink.
Charlotte annuì -Ok..- Si limitò a sussurrare senza farle notare quanto vaga fosse quella risposta: era evidentemente qualcosa di cui ancora non voleva parlare.
-Ora tocca a me chiederti una cosa.- Prese coraggio la bionda, alzando lo sguardo verso l'ex protetta di Torres.
Charlotte sospirò: se, per la terza volta, le avesse chiesto se tra lei e Callie ci fosse qualcosa, si sarebbe messa ad urlare. Ciò che uscì dalla bocca del chirurgo pediatrico stupì, e non poco, la ragazza-dai-capelli-blu.
-Perchè Calliope si è completamente disinteressata della mia gamba?- Sputò fuori tutto d'un fiato, prima di ripensarci.
Charlotte ridacchiò: Callie che si disinteressava ad Arizona e a qualsiasi cosa la riguardasse, era assurdo. 
Lo sguardo serio della bionda accanto a lei la fece subito smettere di ridere. 
-Non è vero che si è disinteressata.- Rispose con un piccolo sospiro: tanto con Torres non poteva andare peggio di così.
-Come no? Il mio caso l'ha iniziato e portato fino alla fine il dottor Baker, sulle cartelle non c'è traccia nemmeno di un consulto a Callie.- Non c'era proprio: aveva studiato a fondo le cartelle, chiesto agli specializzandi che l'avevano assistito, alle infermiere e all'anestesista, Callie non era stata coinvolta in nessuna delle fasi dell'operazione. 
-Beh, non c'è perchè non faceva parte dello staff che ti ha presa in cura.- Fece spallucce Benson, come se ciò che aveva appena detto fosse stata la cosa più ovvia del mondo. 
Arizona corrucciò lo sguardo, tentando di capirci qualcosa. -Ma hai appena detto che non se n'è disinteressata.- 
-Beh, perchè..- Cercare le parole adatte era difficile: Charlotte aveva promesso a sè stessa, in un momento di rabbia, che mai più si sarebbe fatta coinvolgere dai casini personali di Calliope Torres ma era più forte di lei, non poteva lasciare le cose in quel modo. -Ok. Non so molto, ma ti dirò ciò che mi ricordo.-
Arizona si mise più comoda sulla sua sedia: stava per risolvere un mistero che l'aveva tormentata per tanto tempo.
-Ricordo bene quel giorno.- Iniziò la specializzanda -Torres non vedeva l'ora di rivederti, diceva che doveva scusarsi per essere scappata da te o qualcosa del genere e pensava che il modo migliore per chiedere scusa ed avviare una bella amicizia fosse salvarti la gamba; aveva saputo del tuo incidente e.. Beh, non l'ho mai vista documentarsi tanto per salvare la gamba a qualcuno, davvero. In ogni caso, il suo umore era alle stelle ma cambiò completamente quando entrammo nella tua stanza: tu dormivi, non c'era nessuno e lei.. Non lo so, lei continuava a guardarti con uno sguardo che non le avevo mai visto, pieno di tristezza e di.. Altro.- Evitò accuratamente di dire che quello sguardo era pieno di amore, che quella fu la prima volta in cui ebbe dei dubbi sui veri sentimenti della latina per la bionda. -Mi ordinò ad uscire dalla stanza, disse che voleva studiare la cartella da sola.. O qualcosa del genere, insomma. La rividi solo qualche ora dopo ed aveva solo.. Cambiato idea. Non ne voleva nemmeno più parlare, è un argomento che continua ad evitare tuttora.- Spiegò Charlotte mentre il suo sguardo era fisso nel vuoto, persa nei suoi ricordi. Alzò lo sguardo di colpo, come se avesse preso la scossa -Ma non se n'è disinteressata nemmeno a quel punto.- Tentò di chiarire, di discolparla, di far capire ad Arizona quanto Callie in realtà ci tenesse a lei. -Ha scelto lei stessa tutta la crew chirurgica, perfino infermiere e specializzandi- Spiegò la ragazza dai capelli blu: Charlotte aveva capito solo molto tempo dopo perchè Callie l'avesse obbligata ad assistere Baker in quell'operazione – Ed ha seguito l'intervento dalla galleria in alto, lei era lì.. E, insomma, è strano che la dea dell'ortopedia osservi una semplice operazione di amputazione..-
Arizona sorrise "Era lì, lei era lì": non l'aveva abbandonata al suo destino, Calliope era lì con lei mentre la sua gamba veniva tagliata via, questa notizia le diede, inspiegabilmente, sollievo. Callie non aveva fatto niente ma era lì. 




Quel giorno Callie era di buonumore. Aveva aspettato settimane per richiamare Celine, voleva essere sicura che non lo volesse anche Arizona e quella mattina, finalmente, si era decisa ed aveva avuto la migliore delle risposte: l'appartamento 502 era ancora disponibile così la latina non aveva perso ulteriore tempo, l'aveva fermato immediatamente andando in agenzia e confermando il suo interesse nell'affittare quella casa. Certo, sarebbe stato difficile entrare ogni giorno in quel soggiorno e non provare una forte scossa al cuore proprio come quando Arizona le aveva confessato che, anni prima, le sarebbe piaciuto uscire con lei, era più che certa che avrebbe provato quelle sensazioni giorno dopo giorno solo stando nello stesso luogo e ricordando quegli istanti, tanta era stata l'emozione di quel momento.
Aveva passato la mattinata saltellando tra la sala operatoria e le stanze dei vari pazienti, nemmeno quel pessimo caffè era riuscito a rovinarle l'umore, era strano vedere Torres sorridere in quel modo, sembrava quasi essere uno di quei chirurghi pediatrici tutto lecca-lecca e caramelle, cosa insolita, molto insolita, per la cupa Callie Torres.
Il giorno seguente si sarebbe eseguito il terzo intervento su Martin Collins, alla sua gamba, precisamente, e alle 16 in punto tutti i chirurghi interessati si ritrovarono nella piccola stanza di Martin: tutto come al solito, Sloan che ci provava con la sorella del paziente, lo specializzando del primo, Wilson, che stava fermo ad ascoltare ciò che stava spiegando Yang, uno specializzando del quinto, Lexie Grey, più occupata a guardare piena di gelosia Mark e la donna a cui l'uomo stava sorridendo ed infine c'era, ovviamente, Callie, seduta vicino al letto di Martin, a sorridere al ragazzo.
Non fu una visita lunga, giusto il tempo di ricordare a Collins e alla sua famiglia i rischi dell'intervento e come si sarebbe svolto il tutto, Cristina spiegò tutto con estrema cura e chiarezza, come sempre, dentro non vedeva l'ora di vedere e, magari, di mettere le mani in quel caso strano che era la malattia con cui conviveva il paziente, fuori non lasciava trasparire emozione. 
Callie rimase nella stanza finchè tutti non ne uscirono, voleva dire due parole di conforto a Martin prima di aprirlo e rimuovere i tessuti in più dalla sua gamba; purtroppo non aveva ancora fatto passi avanti nella sua ricerca di quel particolare morbo.
-Nervoso, Martin?- Chiese con un leggero sorriso, mettendosi più comoda sulla sedia accanto al letto.
-Uh, no, direi di no.- Rispose il ragazzo facendo spallucce: non era il primo ciclo di operazioni che aveva fatto nella sua vita, ce n'erano state molte altre negli anni precedenti ed era quasi routine per lui.
-Chiedevo perchè sembri strano.- Spiegò la dottoressa Torres alzando, anche lei, le spalle. 
-E' che.. Ho una domanda.. Riguardo l'operazione.- 
-Dimmi pure, Martin.- Callie si mise più composta sulla sedia: a quanto pareva, era il momento di essere professionale e lei ci teneva a queste cose.
-..Che fine ha fatto la dottoressa con i capelli blu, quella che la segue ad ogni suo movimento?- Chiese con fare curioso -Le infermiere han detto che avete litigato.- 
Torres non sapeva davvero cosa rispondere: aveva pensato molto a ciò che era successo in mensa quel giorno, così come a ciò che aveva architettato la ragazza-dai-capelli-blu per spingerla a parlare nuovamente con Arizona ed era giunta alla conclusione che Charlotte aveva fatto tutto quello solo per aiutarla, certo era, però, che aveva sbagliato il modo e per quello Callie era ancora arrabbiata; doveva parlargliene, tentare di convincerla, spiegarle e non attirarla in un tranello.
-Hanno ragione.- Rispose annuendo -Ma al suo posto c'è la dottoressa Grey che è talentuosa e preparata quanto Benson- Tentò di rassicurarlo con un sorriso: in alcuni pazienti anche il cambiamento di uno specializzando all'ultimo minuto rappresentava fonte di preoccupazione.
-Non ne dubito ma non è la stessa cosa.-
-Certo che lo è!- 
-No.- Ribattè con sicurezza Martin.
-E sentiamo..- Sospirò Callie -Perchè non è la stessa cosa?-
-Beh, con la ragazza dai capelli blu intorno la vedevo più tranquilla, ecco tutto.- 
Martin aveva ragione: Charlotte non le mancava solo da un punto di vista amichevole ma anche e soprattutto in sala operatoria. Dopo cinque anni a lavorare fianco a fianco con lei, Benson riusciva ad anticipare le mosse di Callie, sapendo già da prima di cosa avrebbe avuto bisogno e viceversa: Calliope riusciva a capire quando Benson era sul punto di fare una stupidaggine e riusciva a fermarla in tempo; per quando Lexie fosse incredibile e Wilson talentuosa, con loro non ci sarebbe mai potuta essere la stessa intesa che era riuscita a conquistare con la-ragazza-dai-capelli-blu.
-Vedrai che andrà tutto bene.- Tagliò corto la latina, rivolgendo un altro morbido e bianchissimo sorriso al ragazzo sul letto, uscendo subito dopo per evitare ulteriori domande di quel genere: non avrebbe davvero saputo come rispondere.
-Collins ha ragione, sai?- Cristina Yang la stava aspettando sulla soglia.
-Da quando spii le conversazioni altrui?- Chiese infastidita Callie.
-Da quando gli argomenti di quella conversazione potrebbero determinare la riuscita di un intervento.- Rispose senza scomporsi la donna asiatica, prendendo a camminare fianco a fianco alla sua ex coinquilina, dirette entrambe verso l'ascensore.
-Lo specializzando che mi assiste non determina affatto la riuscita dell'intervento- Ridacchiò Callie: in fin dei conti, a fare la parte della rockstar sarebbe stata lei in ogni caso, la riuscita dipendeva da lei, quindi.
Entrarono in ascensore e, pochi attimi dopo, le sue porte si chiusero ed iniziò a muoversi verso il piano scelto da Cristina.
-Ti ricordi di Izzie Stevens?- Chiese improvvisamente Yang con il solito tono serafico che la contraddistingueva.
-Vagamente..- Il sarcasmo nella voce di Callie sarebbe stato evidente perfino ad un sordo: come poteva scordare la donna con cui il suo ex marito l'aveva tradita, che l'aveva umiliata davanti a tutti, la donna a cui aveva augurato ogni male e a cui, poi, era davvero venuto il cancro? No, era impossibile da dimenticare.
Cristina ignorò il tono sarcastico della latina e continuò a parlare. -E di Erica Hahn ti ricordi?- 
Altra persona, altro argomento di cui Callie parlava decisamente malvolentieri, per questo si innervosì. 
-Vai dritta al punto, Yang.- Rispose infastidita.
-Beh, Izzie Stevens aveva preso il mio posto come assistente di cardiochirurgia, riusciva a prendersi tutte le operazioni migliori.- Iniziò  spiegare tentando uuna ovvia similitudine tra il suo caso e quello di Benson -Ma quella davvero innamorata della cardiochirurgia ero io. Non Stevens, io. Lei ci flirtava solo con i cuori, io li amo alla follia, invece.-
Callie sospirò -Quindi?- Era incredibile che dopo così tanto tempo Cristina non fosse ancora riuscita a dimenticare quella faccenda.
-Quindi tu ti stai comportando esattamente come la Hahn prendendo sotto la tua ala una persona che probabilmente flirta solo con le ossa e rinunciando a McSmurf che le ossa se le sposerebbe anche domani, se fosse legale.- Spiegò flemmatica: ne era davvero convinta, far lavorare Benson con quella noia di Cole non l'avrebbe aiutata per niente. 
-McSmurf?- Chiese ridacchiando Callie, per poi rendersi conto di ciò che stava affermando la sua ex coinquilina. -Io non sono come Erica.- Callie si imbronciò: davvero, la sua amica Cristina, la sua ex coinquilina, che con lei formava il gruppo delle haters della Hahn, l'aveva appena paragonata a lei? Era offensivo.
-Come vuoi.- Rispose Cristina appena le porte dell'ascensore si aprirono, salutando l'altra con un cenno della mano e lasciandola sola con i suoi pensieri.
Non ci aveva mai pensato prima ma sì, era diventata proprio come Erica: aveva degradato Charlotte ed era scappata da Arizona, proprio come aveva fatto Hahn con lei, quella sera, in quel parcheggio, era semplicemente scappata via.
All'epoca aveva ripromesso a sè stessa che non si sarebbe mai comportata in quel modo, quel comportamento le aveva lasciato un enorme vuoto dentro e, anche se era una relazione completamente diversa, forse anche lei stava lasciando un po' di amarezza in Arizona. Avrebbe dovuto far qualcosa per cambiare la situazione, non voleva essere come Erica Hahn.




Arizona aprì la porta della stanza del medico di guardia e guardò al suo interno: la luce era spenta, era tutto silenzioso e non sembravano esserci movimenti sospetti, non c'era nessuno. Il chirurgo pediatrico sospirò di sollievo e, zoppicando, entrò dirigendosi verso lo scomodo lettino per poi sedercisi sopra ed iniziare a togliersi prima i pantaloni e poi la protesi per appoggiare sopra la cicatrice il ghiaccio istantaneo che si era portata dietro.
Durante gli anni in cui Calliope l'aveva evitata, Arizona aveva fatto di tutto per farsi notare, per far sì che la latina le parlasse, che si interessasse a lei ma mai, mai come in quel momento: quel giorno la dottoressa Robbins aveva preso qualsiasi caso dal pronto soccorso che riguardasse anche ortopedia, aveva percorso casualmente il reparto della dottoressa Torres varie volte con la scusa di cercare la cartella di uno o dell'altro paziente e tutto per incrociarla almeno una volta, per vederla; non riusciva a non pensare a ciò che Charlotte le aveva detto qualche sera prima, al fatto che Calliope, anche se non l'aveva operata, si era assicurata che stesse bene e quel pensiero aveva scatenato in lei il bisogno di vederla, di sorriderle, di trovare una qualsiasi scusa per prendere quel caffè che la latina le aveva promesso qualche settimana prima ed iniziare a parlare di nuovo con lei, magari diventare amiche, sentiva la necessità di far parte della sua vita, in un modo o nell'altro.
Purtroppo, non una volta riuscì ad incrociarla: sapeva che era in ospedale, avevano lo stesso turno ma Callie era sempre stata in sala operatoria quel giorno per un grosso incidente capitato in autostrada quella mattina. 
Purtroppo, tra le operazioni prese in pronto soccorso, quelle già programmate e tutte le passeggiate che aveva fatto nel reparto della dottoressa Torres, che avevan dato di che parlare alle infermiere, Arizona iniziò ad essere davvero, davvero bisognosa di una pausa, di un attimo di break per ricaricare le pile. Non solo non riusciva più a concentrarsi dalla stanchezza ma anche la sua gamba aveva preso a far male, la protesi le stava nuovamente irritando la pelle e la bionda non sarebbe riuscita a fare un altro passo senza rinfrescare la cicatrice con qualcosa di fresco.
Quando la bionda sentì il fresco sulla pelle chiuse gli occhi per il breve sollievo che quello le aveva procurato e si rilassò appoggiando anche la schiena al materasso, tentando di concentrarsi solo su quella mezz'ora di pausa di cui disponeva.
Lentamente, iniziò a scivolare verso il sonno, sentiva il suo corpo abbandonarsi alla stanchezza, gli arti diventare più pesanti, difficili da muovere, questo fin quando la porta non si aprì di nuovo: Arizona aprì gli occhi di scatto, alzando il busto e guardando chi potesse essere.
-Callie..- Mormorò guardando la bellissima donna sulla soglia che sembrava addirittura più stanca di lei.
Callie aveva passato tutta la giornata ad operare i pazienti che le arrivavano dal pronto soccorso, un maxi tamponamento, le avevano detto; non era riuscita nemmeno ad effettuare le operazioni che aveva già in programma tante erano le vittime di quell'incidente che richiedevano l'intervento del chirurgo ortepedico ed in quel momento, dopo davvero troppe ore passate con seghe, scalpelli e trapani chirurgici in mano, aveva solo voglia di stendersi in una branda e dormire fino al momento in cui il suo cercapersone avesse suonato nuovamente, sperando che ci volesse almeno un po'.
Sperava di trovare la stanza vuota, invece si ritrovò davanti la donna che aveva sognato ed evitato per cinque anni, con un'evidente espressione di dolore sul volto e, osservandola, era facile intuire da dove provenisse: la cicatrice della gamba amputata era ben visibile e la pelle era rosso fuoco, si era infiammata ben bene. 
Callie ripensò al discorso di Cristina, al suo proposito di essere diversa da Erica, a quei cinque anni passati senza parlare con il chirurgo pediatrico, al discorso che aveva fatto con la bionda dentro l'appartamento 502, a tutte le volte che Arizona aveva provato a sciogliere quel ghiaccio tra loro, al modo brusco in cui ci aveva provato Benson. Le cose dovevano cambiare, lo sapeva anche lei e doveva farlo subito.
O adesso, o mai più.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Durò solo un istante lo sguardo tra loro: un lungo, quasi eterno istante durante il quale il tempo sembrava essersi fermato, almeno per Arizona, la cui testa andava ai 1000 km orari, sfornando infiniti pensieri ad una velocità impressionante.
-Rimani.- Riuscì a mormorare la bionda, nei suoi occhi si poteva distinguere la paura di una nuova fuga da parte della bellissima dottoressa Torres. -Ci sono due lettini e tu sembri davvero molto stanca. Non dovremmo nemmeno parlare, dormiresti e basta.. Rimani.- Tentò di convincerla a rimanere in quella stanza con lei, quasi improrandola.
L'aveva cercata per tutto il giorno ed in quel momento l'aveva finalmente trovata, anzi, era stata Calliope a trovare lei, non poteva permettere che se ne andasse così, non voleva sprecare quell'occasione.
Callie si concentrò su quegli occhi azzurro cielo, in quel momento arrossati dalle lacrime, sulla smorfia di dolore che deformava, a tratti, il suo viso poi abbassò gli occhi a studiare la fonte del suo dolore: Arizona non aveva i pantaloni, la gamba sinistra, almeno la parte rimanente, era terribilmente arrossata, era davvero un'irritazione con i fiocchi.
Il chirurgo ortopedico sospirò e si morse il labbro inferiore: c'era solo una cosa da fare ed il suo buonsenso glielo imponeva.
-Io..-Iniziò esitando, non sapeva bene come esprimersi, tutto ciò che le veniva in mente le sembrava tremendamente stupido da dire. -Stai qui, non preoccuparti..- Disse con tono dolce ma allo stesso tempo professionale, come se in quel momento, di fronte a lei, non ci fosse stata la donna della quale era innamorata da ben cinque anni ma un qualsiasi paziente spaventato che aveva bisogno di rassicurazione.
Arizona vide la porta richiudersi nuovamente e Calliope sparire dietro questa.
Avrebbe voluto inseguirla e pretendere delle spiegazioni una volta per tutte ma era successo tutto troppo velocemente e lei.. Beh, lei non indossava i pantaloni o la sua protesi e rimetterla, in quel momento, era fuori discussione tanto era il bruciore che provava in quel momento.
Lasciò nuovamente cadere la sua schiena sul lettino, sbuffando rumorosamente per l'occasione appena sprecata e chiuse gli occhi, tentando di non pensare a quanto stupida fosse stata a lasciarla andare e a quanto stupida fosse stata Callie ad andarsene ancora una volta, a non darle la possibilità di rimediare a qualsiasi fosse stato il suo errore: sì, perchè era abbastanza certa, a quel punto, di averle fatto un qualche grave torto, forse di avere fatto qualcosa di davvero brutto, certo, involontariamente perchè non avrebbe mai voluto ferirla in alcun modo.
I minuti passavano, il dolore non accennava a diminuire ed il sonno ad arrivare: era un incubo. Solitamente bastava qualche minuto senza protesi per far diminuire il rossore ma quella vota era diverso, il dolore era più intenso e martellante, sentiva la pelle andare a fuoco e non aveva nemmeno più il coraggio di toccare la parte con il ghiaccio secco che, nel frattempo, era rotolato chissà dove sul materasso. 
La porta si aprì nuovamente ed il chirurgo pediatrico alzò d'istinto la testa, per vedere chi potesse essere. 
Calliope. 
Arizona rimase immobile a guardarla, con gli occhi sgranati, non poteva credere che era tornata, non era mai successo. 
Il chirurgo ortopedico aveva appena richiuso la porta dietro di sè ed aveva fatto qualche passo verso di lei: il cuore della bionda martellava nel suo petto come non faceva ormai da molto, troppo tempo, era come se la sola presenza di Calliope l'avesse fatta sentire nuovamente viva dopo così tanti mesi.
-Con questa dovrebbe andare meglio..- Disse timidamente la dottoressa Torres mostrando alla bionda l'oggetto che aveva in mano, ovvero un barattolo bianco di pomata, con l'etichetta verde, fatta apposta per le infiammazioni di quel genere: Callie, dopo aver visto la gamba della bionda, era corsa al suo reparto ed aveva recuperato la medicina, per poi tornare indietro subito dopo, era suo dovere di medico e.. No, cazzate. La verità era che proprio non ce la faceva a vederla star male in quel modo, non quando lei stessa poteva fare qualcosa per farla star meglio e che davvero non sapeva come rompere il ghiaccio: come si parlava a qualcuno dopo cinque anni di silenzio? Dopo anni di fughe, di sentimenti, di gelosia, di silenzi era complicato allacciare un rapporto partendo dal nulla, senza contare che non poteva dirle perchè l'aveva evitata così a lungo, davvero non poteva. 
Callie si avvicinò al letto su cui era seduta Arizona e si inginocchiò davanti alle gambe della bionda, guardandola timidamente negli occhi, chiedendole in modo silenzioso il permesso di fare qualcosa per guarirla, di spalmarle quella crema, di toccarla e solo dopo un cenno positivo del capo della dottoressa Robbins, Calliope immerse due dita nella pomata trasparente e la applicò delicatamente sulla parte arrossata, facendo scappare dalle labbra di Arizona un leggero sospiro di sollievo: quella roba, qualunque cosa fosse, era fresca e, insieme al delicato movimento delle dita della latina, le stava dando sollievo.
Robbins trattenne il respiro, non mosse un muscolo, il suo sguardo era ipnotizzato verso il basso, verso quella testa corvina china su di lei.
Come aveva fatto a negare a sè stessa  per così tanto tempo che provava qualcosa per lei? Che aveva lasciato un pezzo della sua anima su quelle labbra morbide e piene quella sera, in uno squallido bagno dell'Emerald? In quel momento non riusciva, non poteva negare l'emozione che provava nel sentire la donna così vicina.
Merito della pomata o della sua attenzione completamente focalizzata su Callie, pochi minuti dopo iniziò a non sentire più dolore e solo allora se ne rese conto: Calliope Torres, la donna più bella dell'ospedale, anzi, forse dell'intera Seattle, le stava massaggiando una gamba, in una stanza poco illuminata, mentre lei era senza pantaloni e la sua mente iniziò a vagare in luoghi ed universi che a noi non è concesso conoscere ma che possiamo ben immaginare. Con un sospiro, abbassò lo sguardo verso il viso della latina: le sue labbra carnose e morbide erano corrucciate in un'espressione concentrata ed Arizona non riuscì a non immaginarle scorrere lungo la sua pelle, accarezzarle il corpo.. Si era, ormai, persa nelle sue fantasie mentre la latina continuava in religioso silenzio il suo delicato massaggio, guardando ogni tanto verso l'alto, verso il viso di Arizona per vedere se i lineamenti del suo volto si stessero rilassando o meno. Com'era bella.. Callie dovette combattere varie volte la tentazione di sollevarsi quel tanto che sarebbe bastato per annullare la distanza tra le loro labbra, per sentirle nuovamente sulle sue dopo cinque anni. Cinque anni.. Aveva tentato di dimenticarla in qualsiasi modo, con qualsiasi persona ma non ci era mai riuscita, le sue emozioni erano ancora forti, forse ancor più intense e molto meno confuse.
Prese un lungo respiro e si concentrò solo su quello che stava facendo, doveva vederla solo come una delle tante pazienti, finchè la risatina nervosa ed imbarazzata di Arizona ruppe quel silenzio. 
-Che c'è?- Chiese con aria interrogativa la mora, alzando lo sguardo verso il viso della sua collega.
-Niente, è che..- Iniziò, non certa di poter effettivamente dire cosa le aveva provocato quella reazione, non le sembrava proprio il caso di rendere Calliope partecipe delle sue fantasie, non se voleva che la latina non scappasse di nuovo, almeno. -E' che sono senza pantaloni nella stanza del medico di guardia con una donna, non è una cosa che capita frequentemente.- Riassunse in modo molto vago la bionda, continuando a ridacchiare.
-A quanto mi han detto, invece, capita spesso.- Rispose secca Callie, non riuscendo a controllare la gelosia che quelle dicerie le scatenavano ogni volta.
Non avrebbe dovuto rispondere così, lo sapeva, non era il modo giusto di ricominciare un rapporto con Arizona: si maledisse mentalmente in qualsiasi modo mentre fuori dalla sua testa era sceso di nuovo un silenzio imbarazzante, forse più imbarazzante di quello precedente.
-Grazie.- Mormorò la bionda con tono dolce qualche minuto dopo,  rompendo finalmente quel silenzio che stava iniziando a diventare troppo pesante.
Callie alzò lo sguardo verso di lei, incontrando quegli occhi azzurri come il cielo che le piacevano tanto, con la voglia di dirle tutte quelle cose che Arizona avrebbe dovuto sapere ma senza sapere da dove iniziare, come parlare. -Va meglio?- Si limitò a chiedere, allontanando la mano dalla gamba del chirurgo pediatrico. 
-Va meglio.- Confermò la bionda, annuendo con la testa e con un sorriso che mostrava le fossette che tanto piacevano a Callie.
La latina sorrise e si alzò, sedendosi sul letto, affianco alla sua collega: era nervosa, continuava a guardare in basso, verso le sue scarpe da ginnastica scure, le mani ancora sporche di pomata stringevano le ginocchia ed impiastravano, così, i pantaloni della divisa blu mentre Arizona scrutava il suo profilo nel semibuio di quella stanza e le sembrava ancor più bella con quell'aria tesa e con la luce fioca; sembrava volesse dire qualcosa ed Arizona non osava fiatare, attendeva solo che la bellissima donna vicina a lei aprisse la bocca.
-Ti andrebbe.. Hai tempo.. Di prendere un caffè? Con me?- Chiese Callie dopo aver preso un profondo respiro, alzando, finalmente lo sguardo verso la bionda seduta accanto a lei ed attendendo la sua risposta con il cuore che le martellava impazzito nel petto.



-Questo pizzicherà un po' ma ti prometto che poi non sentirai più male..- Con il suo sorriso più dolce ed il tono calmo e rasserenante, Charlotte stava provando a calmare il bambino seduto sul lettino del pronto soccorso che si era procurato un bel taglio sull'avanbraccio destro; a prima vista, la ragazza-dai-capelli-blu era convinta che avrebbe dovuto mettere almeno cinque punti e si stava apprestando a fargli una leggera anestesia locale, il giusto per far sì che il biondino dagli occhi scuri e pieni di lacrime non sentisse l'ago entrare ed uscire dalla sua pelle, sotto lo sguardo attento e preoccupato della madre che riteneva la specializzanda davvero troppo giovane e decisamente dall'aspetto troppo punk per essere un bravo medico mentre Leah scrutava quella scena iniziando a preparare il filo che poi l'altra avrebbe usato, era rapita dal sorriso rassicurante che Benson stava dedicando al bambino.
Era passato un bel po' di tempo dall'ultima volta che era stata con Arizona, periodo che era servito a disintossicarla da quell'ossessione che la stava consumando da mesi e sì, da quel punto di vista stava meglio: non passava più le sue serate chiusa in casa ad attendere un suo messaggio, non faceva più a cambio con i colleghi per avere più turni in pediatria al solo scopo di passare più tempo con lei, non pensava più costantemente a lei e, dopo quell'esperienza, aveva iniziato a guardare le donne con occhi diversi, in un modo che prima non avrebbe mai pensato di fare, soprattutto aveva iniziato a guardare con occhi diversi una donna in particolare, ovvero Charlotte Benson, la sua coinquilina e collega.
-Murphy mi passi quell'ago?... Dottoressa Murphy? ...Leah...?- La voce di Charlotte le arrivò da lontano, nonostante la ragazza fosse a nemmeno un passo da lei, era così persa nei propri pensieri da non ricordarsi nemmeno più dove si trovava.
-Ah.. Ecco, sì.. Eccolo.- Affermò riprendendo controllo sui suoi pensieri e sulle sue azioni, porgendo il materiale alla sua collega che, in quel momento, la stava guardando accigliata.
-Che c'è?- Chiese Benson, che aveva ben notato la distrazione della sua coinquilina, iniziando a mettere il primo dei cinque punti sul braccio del piccolo, ormai ipnotizzato dalla chioma blu elettrica della giovane dottoressa.
-Sei brava con i bambini..- Osservò Leah cambiando, così, discorso ed osservando attentamente le mani della sua coinquilina cucire la ferita del ragazzino con, ormai, maestria e delicatezza nei movimenti: doveva averlo fatto milioni di volte in quei cinque anni, ormai era diventata abitudine per Charlotte mettere punti e curare piccole ferite al pronto soccorso, sopattutto negli ultimi tempi; infatti, da quando non lavorava più con Torres, passava molto più tempo in pronto soccorso e in laboratorio che in sala operatoria, per esercitarsi su cose che con la sua vecchia insegnante faceva in continuazione e senza bisogno di supervisione: "il pane quotidiano del giovane chirurgo ortopedico", ecco come le definiva il dottor Cole tutte quelle cose noiose. 
Charlotte annuì con un piccolo sorriso al commento di Leah, mentre si toglieva i guanti e lasciava la fasciatura del taglio del bambino all'infermiera che l'aveva assistita in quella piccola operazione.
-Volevo lavorare con i bambini prima, sai?- Informò la sua coinquilina, iniziando a compilare i moduli di rilascio del ragazzino e, quindi, prestando ben poca attenzione alla ragazza con la quale stava parlando.
-Perchè poi hai cambiato idea?-
-Perchè poi hai iniziato a portarti a letto ogni chirurgo pediatrico trovassi per la tua strada.- Rispose la ragazza dai capelli blu con sguardo divertito, alzando finalmente gli occhi verso la sua collega e consegnando il modulo alla madre del piccolo paziente; la battuta fece torcere il naso a Murphy: era abituata ad essere presa in giro da Charlotte, fingeva di sopportare ogni battuta ed ogni frecciatina, faceva finta di non farci nemmeno caso ma la verità è che le faceva male ad ogni battuta.
-Ti diverti sulle mie sofferenze?- Borbottò infastidita, continuando a seguire ogni movimento di Benson con lo sguardo.
La ragazza-dai-capelli-blu sospirò, evidentemente Leah era di cattivo umore e lei non aveva voglia di subirsi tutte quelle stronzate da pazza ossessiva che avevano accompagnato Leah negli ultimi mesi, era davvero insopportabile quando iniziava a lamentarsi della sua vita sentimentale. 
-Dovevi dirmi qualcosa?- Chiese, guardandsi attorno per controllare se qualcuno avesse bisogno di lei, per fortuna sembrava che la situazione fosse calma.
Murphy prese un profondo respiro: non si era avvicinata a lei solo per assistere a quella banalissima pseudo operazione che Benson aveva appena effettuato, nelle ultime 48 ore ci aveva pensato a lungo ed era più decisa che mai a chiedere a Charlotte un appuntamento, con tanto di ristorante, cinema e fiori, voleva fare le cose per bene, non gettarsi subito in un'altra relazione dannosa ma fermarsi un secondo e capire bene se davvero ci sarebbe potuto essere un futuro per loro.
-Sì, in realtà mi chiedevo se stasera ti andava di..- 
La frase della specializzanda del primo anno fu interrotta dalla porta del pronto soccorso che si apriva facendo entrare i paramedici ed una barella, urlando ad Hunt, che stava già accorrendo, le condizioni del ferito.
-Me lo dici poi!- Urlò la ragazza-dai-capelli-blu, correndo poi ad afferrare il camice giallo protettivo ed un'infermiera la aiutò ad indossarlo, mentre veniva informata anche lei sull'accaduto.
-I suoi piedi sono finiti sotto uno schiacciasassi, per fortuna il mezzo è riuscito a fermarsi in tempo ma ha varie fratture su tutto il corpo ed i piedi completamente distrutti. Non siamo riusciti a capire se la vena femorale è stata danneggiata o è ancora intatta, sta uscendo troppo sangue..- Il paramedico spiegò frettolosamente i fatti ed Hunt scoprì i piedi del paziente coperti da una protezione: erano maciullati.
-Cercate Cole!- Urlò mentre aiutava a spingere la barella verso la sala operatoria più vicina.
-No!- Questa volta ad urlare fu Benson che, nonostante l'orgoglio, nonostante il loro recente passato, sapeva bene cosa fare. -Abbiamo bisogno del migliore. Chiamate Torres, abbiamo bisogno di Torres!!- 



Arizona rimase impietrita davanti all'invito di Calliope: davvero le aveva chiesto di prendere un caffè insieme? No, doveva essere un sogno, certamente il miglior sogno di sempre, nel quale Callie non solo le parlava ma erano addirittura amiche, molto più di quanto la bionda osasse sperare.
Torres, invece, interpretò quell'esitazione come un silenzioso rifiuto, pensando che, forse, Arizona non sapeva davvero come rifiutare la sua proposta.. D'altronde, come darle torto se non le andava? Non si erano parlate per cinque anni ed anche prima non potevano proprio definirsi amiche: tra loro c'erano state solo poche parole e due baci, nulla più. 
Callie strinse nei pugni la stoffa dei pantaloni in modo nervoso, guardando di nuovo in basso per evitare lo sguardo di Arizona per poi alzarsi in piedi di scatto, davanti ad una confusa dottoressa Robbins.
-Non importa, davvero.. Io.. E' meglio che vada.- Disse infine, incapace di sopportare un secondo di più quel silenzio che si era fatto, almeno per Callie, tremendamente imbarazzante e nervoso e muovendo il primo passo verso la porta.
-No, aspetta!- Arizona la fermò quasi urlando quelle due parole e afferrandole il polso forse con più forza di quella necessaria ma davvero non poteva permettere che Callie ricominciasse a scappare da lei, non dopo che erano riuscite a sbloccare quella situazione. -Sarei felice di prendere un caffè con te, Calliope, in qualsiasi momento, davvero.- Disse velocemente con un sorriso dolce, dopo essere riuscita ad attirare l'attenzione della latina che in quel momento guardava la mano della bionda che fasciava il suo polso e non ne voleva saperne di lasciarlo, alzò poi, sentendo le parole della donna seduta, i suoi occhi verso il viso del chirurgo pediatrico che la guardava speranzosa e sorrise, un sorriso sincero che comprendeva anche gli occhi.
-Anche subito se hai tempo e.. E se non senti più dolore, certo..- Disse, guardando con preoccupazione verso la gamba di Arizona.
-Yay!- Rispose con entusiasmo la bionda, mentre un sorriso euforico giocava sulle sue labbra rosa. -Dammi solo un minuto per... Sai..- Disse, indicando i propri pantaloni posati accanto a lei e provocando un sorriso divertito in Callie.
-Certo, fai con cal..- Il Bip del cercapersone la interruppe, facendola imprecare tra sè e sè -Sempre nel momento peggiore..- Mormorò infastidita prendendo in mano l'apparecchio elettronico e controllando la chiamata: era un'emergenza.
Torres alzò gli occhi verso la collega guardandola, esitando a fare o dire qualsiasi cosa, non voleva rinunciare a quel caffè.
-Vai, devi andare.. E' solo rimandato, ok?- Arizona rispose a quello sguardo così comunicativo che non aveva bisogno di parole per farsi capire con tono rassicurante: l'aveva trovata, non l'avrebbe lasciata andare facilmente.
Calliope annuì e sorrise leggermente prima di lasciare la stanza ed un'Arizona che non riusciva davvero a smettere di sorridere.

Callie arrivò trafelata nella sala operatoria indicata dal cicalino dove trovò già tutto la crew operatoria, capitanata da Hunt, al lavoro sul paziente: l'anestesista che guardava l'intervento con sguardo annoiato, le infermiere indaffarate e concentrate e Charlotte che, appena sentì i passi del chirurgo ortopedico, si bloccò e la fissò con esitazione per pochi decimi di secondo, come se vesse voluto dire qualcosa ma non ne avesse avuto il coraggio.
Torres non aveva più parlato con lei da quel giorno in mensa e la rabbia per la figura che le aveva fatto fare davanti a tutto l'ospedale.. Beh, stava passando, per la maggior parte del tempo non la prvava più ma quando sentiva le chicchiere delle infermiere che ancora ne parlavano, in quei momenti, avrebbe volentieri preso la testa di Benson per sbatterla forte contro il muro e questo nonostante non fosse una persona violenta, non solitamente, almeno.
-Che è successo qui?- Chiese mentre si avvicinava al tavolo operatorio per fare la sua parte. -Uh! Ma è finito sotto uno schiacciasassi?- Chiese guardando i due piedi del paziente completamente maciullati con occhi perplessi, erano di sicuro da amputare entrambi, impossibile salvarli. 
-Uhm, sì..- Borbottò Charlotte, continuando a guardare in basso per evitare il contatto visivo con la latina, come se il suo solo sguardo potesse trasformarla in pietra come Medusa: ok, si sentiva in colpa, non avrebbe dovuto farle quella scenata in caffetteria, era pieno diritto di Callie decidere chi volesse nella sua vita e, soprattutto, nella sua casa e lei non poteva prendersela anche se era affezionata al chirurgo ortopedico e sapeva che in quel modo Callie faceva del male a sè stessa e ad Arizona, altra persona alla quale si stava affezionando. Doveva chiedere scusa, lo sapeva, ma non lì e, di sicuro, non in mezzo a tutta quella gente che aspettava solo che le due prendessero quell'argomento.
-Come diavolo ha fatto a finire sotto uno schiacciasassi? Non l'ha visto arrivare?- Chiese Calliope ancora incredula per l'incidente dell'uomo steso sul tavolo mentre iniziava a farsi passare gli oggetti che le servivano, il bisturi anzitutto per incidere la carne fino all'osso dove.. Beh, dove l'osso era ancora intero e non del tutto sbriciolato.
-Pare che fosse uno scherzo dell'operaio che conduceva il mezzo- Rispose Hunt senza alzare gli occhi azzurri dal corpo dell'uomo -Il nostro amico, qui, è uno nuovo e, come iniziazione, gli altri volevano spaventarlo a morte fingendo di mandargli addosso il rullo..- Iniziò a spiegare Owen, continuando, comunque, a prestare attenzione a ciò che le sue mani stavano facendo.-Solo che lui, deciso a convincerli di essere un duro, non s'è mosso.. E questi sono i risultati.. Il macchinista non ha fatto in tempo a fermarsi prima di prenderlo.- 
-Che giochi stupidi e pericolosi, si sono dimenticati il rispetto per le vite umane mentre cercavano di conquistarsi il rispetto per loro stessi.- Commentò aspra Callie, non riusciva a concepire come cose così stupide potessero capitare, come poteva la gente giocare a fare Dio con le vite degli altri?
Prese in mano il seghetto chirurgico per iniziare a segare l'osso, mentre anche il silenzio con la sua ex allieva, come prima con Arizona, iniziava a farsi troppo imbarazzante.
-Benson, credo che potresti iniziare ad interrompere la fornitura del sangue nell'altra ga...- Non fece in tempo a finire: Charlotte già aveva capito cosa intendesse dire Callie ed era già all'opera per evitare al malcapitato operaio una bella emorragia quando, dopo la gamba destra, Torres avsse iniziato ad amputare anche l'altra gamba che pareva messa addirittura peggio della prima.
Ecco cos'erano loro agli occhi di tutti: una squadra perfetta, non poteva esserci Benson senza Torres e Callie non poteva operare senza essere assistita da Charlotte, riuscivano ad anticiparsi, a sapere ciò che fare per l'altra senza una parola, chi aveva avuto modo di vederle all'opera insieme, era più che sicuro che si allontanava dalla chirurgia ciò che facevano e diventava arte, quasi una danza che le due eseguivano intorno al tavolo operatorio, una danza preparata in anni di duro lavoro ma che loro, insieme, facevano sembrare la cosa più semplice del mondo.
Anche loro lo sapevano e sapevano entrambe di aver perso il partner migliore che si potesse desiderare in sala operatoria.
-Il problema, credo..- Riprese il discorso precedente Charlotte, nel silenzio di quella sala -E' che il rispetto non è una cosa così naturale da ottenere o da offrire,  ce lo dimentichiamo spesso- Spiegò -..E così ci mettiamo ad umiliarci l'un l'altro, come questi due idioti, o, in altri casi, a controllarci l'un l'altro e alla fine l'uno perde l'altro..- Affermò con lo sguardo basso ed il tono dispiaciuto, riconducendo quel discorso alla loro situazione: aveva cercato di controllarla e, quando non ci era riuscita, l'aveva umiliata davanti a tutti in mensa e, davvero, non sapeva come chiedere scusa. 
Callie si fermò dalle sue azioni e alzò lo sguardo verso la ragazza di fronte a lei, aveva capito che era il suo modo di chiedere scusa, aveva fatto il primo passo e toccava a lei fare il secondo ed annullare la distanza che le aveva separate per quelle settimane.
Torres riabbassò lo sguardo e terminò la prima amputazione, pensando a cosa poter dire senza sbilanciarsi troppo davanti alle infermiere, decise di cambiare discorso.
-Rispetto o meno, questi stupidi hanno rovinato i miei piani.- Borbottò Callie, lasciando che Charlotte ricucisse i lembi di pelle mentre scambiava il posto con lei per iniziare la seconda amputazione, ancora una volta, senza dire una parola, come se riuscissero ad avere una silenziosa conversazione solo guardando le mani dell'altra.
-Quali piani avevi, Torres?- Chiese Hunt divertito: quante volte il cercapersone aveva rovinato i suoi piani con Cristina, ormai aveva perso il conto!
-Ah, dovevo prendere un caffè con un'amica..- Iniziò, spostando lo sguardo verso la ragazza-dai-capelli-blu -..Con la dottoressa Robbins..- Disse lasciando che un sorriso leggero alzarre i lati delle sue labbra, guardando con gratitudine la specializzanda, era anche merito suo se lei e la bionda erano riuscite a parlare.

-Dove credi di andare, Benson?- Borbottò Callie vedendo, una volta finito l'intervento, che Charlotte si stava allontanando senza avere avuto l'opportunità di chiarire una volta per tutte quella storia.
Charlotte si bloccò e si voltò con aria perplessa sul volto: voleva urlarle contro? Dirle che non aveva accettato le scuse fatte poco prima? Non c'era bisogno di dirlo, bastava evitarla. -In laboratorio ad esercitarmi, come mi ha detto di fare Cole..- Rispose titubante.
-No! Tu hai da fare, adesso.. Devi controllare i parametri del paziente e studiare gli aggiornamenti sul caso di Collins.. Ah, e domani abbiamo la ricostruzione di una mano, ti voglio preparata, devi studiare ed esercitarti.- Disse con voce ferma e sicura Torres, menre sul volto di Charlotte si formava un gran sorriso.
-Sì, dottoressa Torres! Consideri tutto già fatto!- Esclamò in preda all'entusiasmo, andando via poi saltellando in giro per il corridoio.
-Bentornata a bordo, Benson.- Mormorò Callie infilandosi le mani nelle tasche del camice con un sorriso per poi prendere la direzione opposta a quella presa dalla ragazza, diretta verso una meta precisa: aveva ancora un caffè in sospeso con Arizona.
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Chiedo scusa per il tremendo ritardo.. Ho avuto poco tempo, poca ispirazione, poco qualsiasi cosa per scrivere un capitolo che, fino ad ora, è stato il più facile da immaginare ma il più difficile da tradurre in parole.. Spero, comunque, che l'abbiate apprezzato!! Alla prossima!! :D

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Callie inclinò la testa all'indietro, chiuse gli occhi e scoppiò a ridere mostrando i suoi denti perfetti e più bianchi del latte, Arizona era convinta di non aver mai visto niente di più affascinante. Era completamente rapita dalla risata della donna di fronte a lei, tanto da scordarsi addirittura cosa aveva provocato quella risata musicale, la fissava con le labbra socchiuse e gli occhi sgranati, come un bambino che per la prima volta vede i fuochi d'artificio e, di nuovo, il tempo le parve essersi fermato in quel momento, annullando anche tutto ciò che si trovava intorno a loro: per il chirurgo biondo, in quel momento, c'erano solo lei e Callie, il suono della risata del chirurgo ortopedico era l'unico rumore che riuscisse a sentire, non esistevano più le persone intorno a loro, il rumore dei bicchieri che tintinnavano o la musica rock che si espandeva nell'aria.
-Karev ha davvero risposto così a Mark? Oh, questa non me l'aveva mai raccontata!- Disse la latina tra le risate, risvegliando dal momento di trance la dottoressa Robbins che, fino a quel momento, aveva trattenuto il fiato rapita dalla bellezza della donna seduta di fronte a lei, e annuì alle parole della mora, prendendo in mano il bicchiere di vetro con dentro del vino bianco e bevendone un sorso, per riprendersi, più che altro: mai nessuna donna le aveva fatto quell'effetto e lei di donne ne aveva viste parecchie.
Alla fine ci erano riuscite a prendere quel caffè insieme al bar dell'ospedale e, dopo quello, ne seguirono altri al di fuori del Seattle Grace Mercy West Hospital, soprattutto al bar di Joe, anche se non parlavano mai di ciò che accadde in quel bagno non molto distante dal posto su cui erano sedute.. Arizona, però, ci pensava un sacco, ogni volta che la guardava, che parlava con lei, ogni volta che entrava in quel bar non poteva non rivedere quelle scene scorrerle davanti agli occhi come un film, il più bello ed emozionante che avesse mai visto; ancora non si capacitava di come era stata in grado di schiacciare tutte quelle emozioni dentro di sè per così tanto tempo, forse era stato semplice solo per la lontananza di Calliope perchè in quel momento, che a dividerle c'era solo il tavolo di legno scuro dell'Emerald, stavano venendo fuori in modo prepotente, con la forza che solo il mare in tempesta può avere.
-Sì, è stata la scena più divertente a cui io abbia mai assistito, davvero, Calliope! E' stato esilarante.. E dovevi vedere la faccia di Sloan!- Replicò Arizona ridacchiando a sua volta: aveva scoperto che era semplice parlare con il chirurgo ortopedico, una volta rotto il ghiaccio non c'era più stata la minima traccia d'imbarazzo e passavano ore a perdersi nei loro discorsi fatti di medicina, vita passata, di interessi comuni e non, in poche uscite aveva imparato molto sull'altra donna e la forte attrazione fisica che già provava si stava espandendo anche a un livello più intellettuale.
Callie continuò a ridere divertita da ciò che l'altra donna aveva appena raccontato: non si capacitava della simpatia e della vitalità della dottoressa Robbins, era convinta che, una volta smesso quel silenzio ostinato nel quale si era chiusa per un motivo o per l'altro, sarebbe rimasta delusa dalla bionda, avrebbe scoperto che si era fatta un sacco di idee sbagliate su di lei, che non c'era proprio motivo di continuare ad ammirarla, invece aveva conosciuto un'Arizona estremamente affabile, simpatica, dolce.. Diavolo, quella donna era perfetta! E oltretutto, tra loro, c'era questa sorta di affinità che le aveva spinte, in così poco tempo, dall'essere quasi sconosciute ad amiche: non c'erano solo i caffè e i bicchieri di vino all'Emerald tra loro, anche in ospedale si raggiungevano appena potevano per passare del tempo insieme, cosa che non era certo passata inosservata a tutti i pettegoli che lavoravano lì ma, per una volta, a Callie non interessava ciò che dicevano, viveva nella sua bolla rosa e girava con un perenne sorriso che aveva stupito anche le persone che le stavano più vicine: da Mark a Benson, fino Cristina.
-Non fatico a crederci!- Rispose la latina bloccandosi a guardare la bionda di fronte a lei: un angelo, aveva l'aspetto di un angelo. 
Callie si guardò un attimo intorno per distogliere l'attenzione sulla calamita per occhi e pensieri che aveva di fronte: non c'era troppa gente, c'erano state serate in cui quel locale era molto più pieno, il mormorio e la musica permettevano benissimo alle persone di parlare e di capirsi, le luci calde e non troppo alte si sposavano perfettamente con  l'arredamento in legno, i tavoli da biliardo erano pieni di persone che ridevano e si sfidavano, nessuna rissa, nessun individuo fastidioso... Il solito ambiente piacevole, ecco perchè tutta la crew ospedaliera aveva scelto quel luogo come punto di ritrovo; si rivoltò verso la bionda ed i loro occhi si incontrarono, le parole che voleva dire morirono in gola a Callie. 
-Sono contenta che siamo diventate.. Amiche.- Mormorò abbassando lo sguardo verso il bicchiere di vino rosso dal quale aveva bevuto solo qualche sorso: ancora non era riuscita a confessare ad Arizona le sue emozioni, era convinta che non fossero ricambiate e preferiva rimanere nel limbo di quell'amicizia che, beh, proprio amicizia non era.
Arizona guardò con sguardo malinconico verso la vetrina del bar: era appannata, colpa del freddo che quel novembre aveva colpito Seattle, ma si potevano ugualmente distinguere le sagome delle persone che passavano strette nel loro cappotto e la luce giallo acceso dei lampioni che illuminava la strada.
-Sono contenta anche io, Calliope.- Rispose forzandosi di sembrare più allegra possibile: quando Callie parlava di amicizia qualcosa dentro di lei si spezzava eppure non poteva e non voleva far niente se non voleva riportare la situazione come prima, meglio l'amicizia che il nulla. 
Prese in mano il suo bicchiere di vino bianco al quale mancava solo un sorso alla fine e lo terminò mentre dentro di lei la tempesta infuriava più che mai; lo sguardo le capitò sul grande orologio somigliante ad un disco vinile che Joe teneva sopra la porta d'ingresso: era tardi, molto tardi e lei il giorno dopo doveva essere in splendida forma per uno dei più grossi interventi della sua vita. 
-Accidenti, devo andare.- Il tempo era davvero volato, si sentiva come se si fosse appena seduta su quella sedia e invece era lì da quasi tre ore, il tempo correva sempre come un dannato quando lo passava con Calliope.
Callie annuì con un piccolo cenno del capo: lo capiva, davvero, Arizona le aveva parlato di James e dell'intevento che avrebbe eseguito su di lui, eppure non riusciva a fare a meno di essere un po' triste per la fine di quella serata; un nodo in gola la assalì al solo pensiero, come se non avesse più avuto l'opportunità di vederla. 
-Ti accompagno.- Sì offrì forzando un sorriso: almeno così poteva rimandare i saluti.
Il chirurgo pediatrico sorrise, sorrise davvero, con gli occhi, con le labbra, con  il cuore perchè davvero non voleva andare via, era come se Calliope Torres fosse diventata la sua droga, lontana da lei rischiava di andare in astinenza, ormai.
-Certo Calliope, ne sarei felice!- Rispose alzandosi, seguita dalla latina, lasciò poi i soldi per il vino e la mancia sul tavolo, si misero i cappotti e si avviarono verso l'uscita.
-Dove vivi, a proposito?- Chiese Callie accennando con la mano ed un sorriso un saluto a Joe in modo distratto.
-Oh, uhm..- A questo Arizona non aveva pensato: lei odiava vivere in un hotel e, di certo, si vergognava di confessarlo alla bella Calliope ma a quel punto era troppo tardi per i ripensamenti. -Al Sheraton Seattle Hotel, sulla 6th Avenue..- Mormorò timidamente.
Callie si bloccò di colpo davanti alla porta del bar e si girò verso la bionda con uno sguardo perplesso o, addirittura, scandalizzato, Arizona non riusciva a decifrarlo, di sicuro la latina era stata presa di sorpresa a quella notizia. 
-Tu vivi in un hotel?!- 



La dottoressa Yang in sala operatoria era davvero eccezionale: la calma in persona, ogni minimo gesto era misurato e ragionato, non perdeva mai la calma, nemmeno durante le crisi e, nonostante non fosse il cardiochirurgo con maggior esperienza in ospedale, riusciva persino a spiegare ogni passaggio allo specializzando di turno. Cristina Yang era meravigliosa in sala operatoria. 
Charlotte la stava osservando seduta in galleria, seguiva ogni mossa con attenzione ed ascoltava tutte le spiegazioni che dava allo specializzando: lei non voleva diventare cardiochirurgo, certo, ma la donna asiatica sarebbe riuscita a rendere interessante perfino un prelievo di sangue e lei era rapita da quel modo calmo di spiegare ogni passaggio.
Le sedioline grigie intorno a lei erano quasi tutte vuote, solo in una, in quella più in alto, quella più vicina alla porta era seduto qualcuno che seguiva l'intervento in silenzio, pensando, probabilmente, ad altro visto il suo sguardo assente.
-La tua ragazza ti cercava..- Lo informò Charlotte, continuando ad osservare ciò che accadeva in sala operatoria dal suo posticino centrale in prima fila, il posto perfetto.
-Jo non è la mia ragazza.- Borbottò Alex Karev con tono seccato, buttandosi poi in bocca un'altra patatina dal pacchetto preso alle macchinette della sala d'aspetto di pediatria poco prima. Perchè tutti pensavano che lui e Jo stessero insieme? Loro non stavano insieme. Loro erano solo amici.. O no? Sì, erano amici. Ogni storia che aveva avuto e che era nata in quell'ospedale era finita male, quindi sì: Alex Karev e Jo Wilson erano solo amici e sempre lo sarebbero stati.
-Jo?- Charlotte si voltò verso il chrurgo pediatrico con aria dapprima perplessa, per poi aprirsi in un sorriso  furbo -Io non ho mai detto il suo nome, sei andato piuttosto sul sicuro per non essere la tua ragazza.- Sghignazzò la ragazza-dai-capelli-blu, continuando ad osservarlo con sguardo divertito: il collega di tanti interventi eseguiti nel silenzio più imbarazzante possibile a causa della situazione tra le loro insegnanti, aveva una cotta per qualcuno; non riusciva ad immaginarselo in un contesto sentimentale, anzi, non riusciva ad immaginarselo nella vita di tutti i giorni, fuori dall'ospedale. 
Alex roteò gli occhi sbuffando infastidito ed imbarazzato da quelle risatine e quegli sguardi divertiti che la ragazza seduta a qualche metro da lui gli stava rivolgendo. -Come mai mi cercava, comunque?- Tagliò corto, tentando di cambiare discorso.
Charlotte alzò le spalle riportando l'attenzione verso la vetrata: erano tutti chini sul paziente ma sembrava andasse tutto bene, nessun urlo, nessuno bip troppo veloce. -Non lo so, le ho chiesto se aveva bisogno del mio aiuto ma l'ha rifiutato.- Disse con aria distratta.
Alex sospirò tirando fuori dalla tasca del camice bianco il cellulare, per poi cercare il numero di Jo dalla rubrica per saperne di più su quella storia: ok, si stava precipitando appena saputo che lei aveva bisogno ma questo non significava affatto che lui fosse cotto, non avevano ragione quel mucchio di impiccioni che aveva per amici. 
Alex voltò lo sguardo nuovamente verso l'intervento che stavano eseguendo qualche metro sotto di loro: Leah Murphy si era appena girata verso di loro e, nonostante la mascherina che portava sul volto, si poteva perfettamente distinguere l'espressione che aveva sul viso, ovvero il sorriso più solare di cui disponeva.
-Sembra a qualcuno sia tornata la cotta per il dottor Karev.- Ridacchiò Charlotte.
Karev aggrottò le sopracciglia ed osservò meglio la specializzanda in sala operatoria: ci mancava solo che quella colla di Murphy ritornasse alla carica, ci aveva messo un sacco di tempo a togliersela di torno, era stata una vera seccatura. Leah si voltò di nuovo verso la galleria, uno sguardo più veloce, quasi a controllare la sua presenza.. Anzi, no, non la sua... Un angolo delle sue labbra si alzò in un ghigno sghembo. -Non sono io quello per cui ha una cotta.- Constatò con aria divertita poco prima che il suo cellulare segnalasse l'arrivo della risposta di Jo e si allontanasse dalla galleria.
Benson rimase a guardare lo spazio vuoto dove, poco prima, era presente Karev, pensando a ciò che aveva appena detto: davvero Leah aveva una cotta per lei?Riportò lo sguardo sulla sua coinquilina con aria confusa: negli ultimi tempi si comportava in modo strano, specialmente nei suoi confronti. Era sempre stranamente gentile, troppo emotiva, troppo silenziosa.. Qualcosa non andava, era evidente, ma poteva mai essere quello il motivo? Murphy si voltò di nuovo, non sembrava delusa che Alex non ci fosse più, anzi, non sembrava nemmeno essersene accorta, in compenso i suoi occhi sorrisero di nuovo quando incontrarono quelli del futuro chirurgo ortopedico.
Davvero aveva una cotta per lei? -Oh, Leah, no!- Sbuffò.



Callie continuava a guardarsi intorno: il suo sguardo correva da una parete bianca, sguarnita di qualsiasi quadro o fotografia, all'altra, esattamente uguale alla precedente; il letto a due piazze era perfettamente ordinato, sopra al copriletto celeste erano presenti due cioccolatini incartati in una carta dorata, uno per cuscino, come da tradizione di ogni hotel di un certo livello.
Il chirurgo ortopedico girò lo sguardo per cercare qualche effetto personale della bionda, trovando, però, solo una valigia rosa sotto la scrivania in legno scuro, posta in un angolo della stanza, vari libri di medicina ed un notebook nero sopra quella stessa scrivania.
Davvero Arizona viveva lì? Era un posto così impersonale e triste, lei se l'era sempre immaginata in un luogo accogliente e allegro, addirittura raggiante. Una smorfia delle sue labbra mostrò nitidamente ciò che le passava per la mente in quel momento: no, non riusciva proprio a figurarsela, non era la donna adatta a vivere in una squallida camera d'hotel, nemmeno se fosse stata la suite più lussuosa dell'hotel più sfarzoso.
-Non ti piace, eh?- Notò Arizona appoggiata con una spalla sullo stipite della porta bianca d'entrata, con le braccia incrociate al petto ed un sorriso timido sul volto: l'aveva seguita con gli occhi per il tempo che l'altra aveva impiegato ad esplorare quello spazio e lo sconcerto sul volto di Calliope non le era passato inosservato, come, d'altronde, ogni minima smorfia, accenno di sorriso e dettaglio che quella sera erano passati, anche solo per un secondo, sul viso del chirurgo ortopedico; l'aveva osservata senza sosta per tutto il tempo che avevano passato assieme, la sua bellezza la ipnotizzava.
-No, non è questo.. Solo che..- Borbottò Callie voltandosi verso la bionda, cercando le parole adatte per spiegarsi senza offendere il chirurgo pediatrico, per lei, a volte, era davvero difficile trovare le parole per spiegarsi.
-..Solo che..?- Arizona la incitò a continuare, interessata a ciò che la latina pensava del luogo dove, ultimamente, stava passando il suo tempo libero e le sue notti; fece qualche passo per avvicinarsi a Callie che era ancora al centro della stanza.
Torres sospirò e, alla fine, si decise ad esprimere il suo pensiero. -Solo che.. Mi sembra un bel luogo solo per passarci qualche giorno, non per viverci.- Spiegò alzando le spalle.
Arizona si guardò intorno: non poteva dare torto alla latina, nemmeno a lei piaceva vivere lì, l'albergo le ricordava le mille basi militari in cui aveva vissuto quando era piccola, per seguire suo padre, il Colonnello, ovunque lo trasferissero; aveva girato quasi tutto il mondo, magnifico, ma non era mai riuscita a sentire nessuno di quei luoghi "casa", anche perchè erano posti non personalizzabili, camere tutte uguali, tristi e noiose.
-Non ho ancora trovato LA casa- Rispose con un sorriso smagliante, con tanto di fossette ben in vista, voltandosi verso Callie -Capisci cosa intendo, vero?- Chiese poi, inclinando leggermente la testa verso sinistra, come era solita fare, cosa che a Callie, mixata con gli occhi azzurri, il sorriso e le fossette, faceva impazzire.
Il chirurgo ortopedico annuì alle parole della bionda: capiva fin troppo bene, aveva visto decine e decine di case prima di trovare quella in cui si stava trasferendo in quei giorni. Era stato colpo di fulmine con quell'appartamento, forse perchè la prima volta l'aveva visto insieme ad Arizona ed era sempre più convinta che il vero motivo per cui si fosse fissata su quella casa fosse solo quello.
-Con la casa giusta è tutto diverso, più bello..- Scherzò Callie con un ironico sospiro e le mani sul petto, all'altezza del cuore, facendo ridere Arizona.
-Tutte le case nelle quali ho vissuto in passato mi sembreranno solo stupide capannine in confronto.- Continuò la dottoressa Robbins, con lo stesso tono finto svenevole usato poco prima dalla latina, facendo scoppiare a ridere anche lei. 
Aveva mai riso e scherzato così con Julia? Non riusciva a ricordarselo, ricordava momenti molto romantici, forse troppo romantici per i suoi gusti, giornate, a modo loro, divertenti, ma non c'erano mai state risate così genuine, nate dal nulla, di quelle che fanno bene all'umore, con Callie era tutto molto diverso, era più naturale, meno forzato.
-Credo dovrei andare e lasciarti riposare, adesso.. Domani mattina hai..- Iniziò Callie dopo aver dato un'occhiata all'orologio: si era divertita un sacco con Arizona, non si sarebbe mai stancata di ascoltarla e davvero, davvero non aveva voglia di andare via e di lasciarla lì, in quella camera d'albergo da sola ma il lavoro veniva prima di ogni altra cosa, lo sapeva bene.
Robbins sorrise facendo dei passi verso la latina, fino ad arrivare proprio davanti a Callie. -..Sì, domattina ho un grande intervento.- Finì la frase per lei, senza che il suo sorriso venisse meno. -E' stata davvero una bella serata, Calliope. Mi sono divertita come non facevo da tempo.- 
-Anche per me- Disse sorridendo Callie, mentre la bionda annullava la distanza tra loro stringendola in un abbraccio: il chirurgo ortopedico si riempì i polmoni del profumo di Arizona mentre il cuore le batteva all'impazzata per la vicinanza dell'altra donna, batteva così forte che aveva paura che Arizona potesse sentirlo martellare perfino attraverso i vestiti.
-Beh, allora.. Io.. Vado..- Mormorò slegandosi lentamente, molto lentamente, da quel caldo e stretto abbraccio dentro il quale, anche solo per qualche secondo, si era sentita protetta.
Arizona accompagnò Callie alla porta e la richiuse solo quando vide la latina entrare nell'ascensore posto alla fine del lungo corridoio che, ormai, lei ben conosceva.
Non riusciva a smettere di sorridere e di ridere, non era così euforica da così tanto tempo.. Circa da.. Beh, in realtà, da quando aveva trovato Callie che piangeva in quel bagno e l'aveva baciata, già, forse avrebbe dovuto farsi qualche domanda circa il suo matrimonio molto, molto tempo prima.

Il rumore della serratura. La porta che si apriva con un cigolio ben noto alle orecchie delle abitanti di quella casa. Il rumore della porta che veniva sbattuta senza troppi complimenti. Dei passi.
Tutti rumori che Arizona non udì, troppo presa com'era, dal piangere la malattia ancora sconosciuta della moglie, malattia della quale non si era resa conto fino a quel pomeriggio, leggendo su quella cavolo di agendina nera che si trovava sul tavolo; il chirurgo pediatrico aveva fatto i suoi conti: probabilmente si trattava di un cancro alle ossa se l'infermiera rossa aveva bisogno di Callie, forse era per quello che era così nervosa ogni volta che il nome del chirurgo ortopedico usciva fuori.
-Arizona.. E' successo qualcosa?- La voce di Julia le arrivò come da lontano, c'era una nota di preoccupazione nel tono che aveva usato.
La dottoressa Robbins si alzò dal divano in pelle bianca che c'era nel salone e camminò verso la rossa che, nel frattempo, si era tolta il soprabito e aveva poggiato la borsa per terra, troppo preoccupata per il pianto disperato della moglie per preoccuparsi di dove appoggiarla.
Arizona l'abbracciò e la strinse forte, più forte che poteva odorando il profumo della pelle dal suo collo: negli ultimi tempi avev avuto dei seri dubbi sui suoi sentimenti nei confronti della donna che ora stava abbracciando, soprattutto quando la si metteva a confronto con Callie, ma di sicuro le voleva molto bene e avrebbe fatto qualsiasi cosa per farla sare bene, le sarebbe stata vicina come lei aveva fatto durante uno dei periodi più neri della vita del chirurgo pediatrico.
-Perchè non mi hai detto che stai male? Quanto è grave la situazione?- Singhiozzò stringendo sempre più forte il busto di sua moglie, non permettendole nemmeno di ricambiare l'abbraccio.
-Io.. Io non.... Arizona, noi dobbiamo parlare.- Affermò dopo qualche istante di indecisione l'infermiera Novak, riuscendo a sciogliere l'abbraccio ed allontanare la bionda che in quell'istante la stava guardando con gli occhi azzurri pieni di lacrime. -Siediti, penso sia meglio.- Continuò con decisione, anche i suoi occhi mostravano determinazione, doveva essere una cosa davvero importante pensò Arizona, accettando il consiglio della donna ed andando a sedersi sul divano.
Julia sospirò e si sedette su una sedia, posizionandola di fronte alla postazione di Robbins e sospirò. 
-Io sono incinta.- Disse tutto d'un fiato, lasciando la bionda a bocca aperta: era incinta. Dovette analizzare per qualche secondo quelle parole, metabolizzare il loro significato: sua moglie era incinta. Una nuova vita stava crescendo dentro di lei, il che poteva significare solo una cosa ed i suoi occhi pieni di dolore si riempirono di rabbia.
-Mi hai tradita.- Ringhiò: non era una domanda, non c'era bisogno di chiederlo, era un'accusa, un'incrimazione che le faceva male.
-No, mai.- Fu la risposta pronta e decisa della rossa.
-Mai? Mai?!- La calma aveva abbandonato Arizona ed in quel momento non riusciva a non urlare -Sono piuttosto sicura che non possa essere mio, Julia. Non mi hai mai tradita? E questo bambino da dove viene? Sono un dannato medico! Lo so come vengono al mondo i bambini!- Urlò con tutta la voce che aveva: non accettava di venir tradita e, oltretutto, di venir presa in giro. 
-Mi sono sottoposta alla fecundazione in vitro!- Urlò a sua volta Julia per farsi sentire dalla bionda che, in quel momento, pareva non sentire nemmeno sè stessa.
Arizona si zittì di colpo: aveva sentito bene? -Cosa?- Chiese perplessa sedendosi: era necessario calmarsi e comprendere bene cosa stava accadendo, lo sapeva perfettamente anche lei ma, ancora, non riusciva a smettere di tremare dalla rabbia.
Julia prese un lungo respiro e iniziò a raccontare. 
-E' successo qualche mese fa.. Ero arrabbiata con te e.. E volevo fare qualcosa per me, qualcosa di egoista.. Così ho preso un appuntamento con la dottoressa Tyron..- Spiegò timidamente, lasciando lo sguardo basso, verso i suoi piedi.
-Non me ne hai parlato.- Affermò secca Arizona.
-No.. Perchè.. Perchè questo è mio figlio. Non il tuo, Arizona. Il mio.- Disse, trovando finalmente la forza di alzare lo sguardo verso gli occhi ancora infuriati della moglie. -Tu non hai mai voluto un figlio.-
-E quindi hai pensato di fare tutto alle mie spalle? Pensavi non mi sarei accorta del tuo ventre gonfiarsi o di un bambino che piange nel cuore della notte?-
-Sì. Perchè non l'avrei cresciuto qui con te.- Spiegò con durezza la rossa, provocando nella bionda tante domande che si riflettevano benissimo nel suo sguardo.
-Arizona..- Sospirò Julia alzandosi -Io ho rinunciato a tutto per te. Ad avere figli, a lavorare negli ospedali che più mi interessavano, ad avere la vita che volevo.. Per te. Perchè ti amavo.- Spiegò cercando di mantenere la calma -Ma tu.. Tu non hai rinunciato a niente per me. Non hai rinunciato all'Africa, non hai rinunciato a Seattle o alla tua stupida ostinazione nel rifiutare figli. Ed io non ce la faccio più a mettermi da parte per far spazio a te. Non è giusto.- La sua voce era incrinata dalla rabbia che aveva provato per tutto quel tempo e che aveva represso dentro di sè.
Arizona era senza parole: solo in quel momento riusciva a comprendere quanto fosse stata egoista, eppure era ancora arrabbiata, furiosa.
-Avresti potuto dirmelo. Volevi scappare di notte come un ladro?- La sua voce era piena di risentimento, mentre lei lottava contro sè stessa per evitare che il pensiero di Callie prendesse il sopravvento su tutta la sua vita, su sua moglie, Julia stava organizzando una nuova vita senza di lei. E, cosa peggiore, senza dirglielo.
-Non è una cosa semplice da dire, Arizona.- Sospirò l'infermiera -Ho tentato tante volte.. Troppe.. Ma sapevo di farlo nel modo sbagliato. Non riuscivo a prendere coraggio..- Mormorò abbassando lo sguardo.
Arizona la guardò con aria perplessa, mentre un'altra domanda aveva urgenza di uscire dalle sue labbra e, alla fine, non riuscì più a trattenerla. -E perchè eviti sempre di parlare di Callie? Dell'intervento? Perchè ce l'hai con Calliope?- 
Julia rise ma la sua risata non era affatto divertita, era amareggiata, piena di risentimento, nervosa. -Ecco cosa mi ha dato la spinta finale a fare ciò che ho fatto. Io ti sto lasciando, Arizona, e l'unica cosa che ti viene da chiedermi è..- Si bloccò, decisa a non fnire la frase. -Io ho rinunciato a tutto per te e tu stai rinunciando a noi per Callie. Per una persona che nemmeno ti parla, che a malapena si accorge che esisti.- Il disgusto che trasudava dalla sua voce e la verità di quelle parole colpirono Arizona dritto nello stomaco, non riusciva a respirare, non riusciva a pensare perchè la rabbia le stava annebbiando la mente. Andò verso la porta bianca dell'ingresso del loro appartamento e la aprì -Fuori.- Mormorò, era appena un soffio, la voce non riusciva ad uscire.
Julia annuì e diede un'ultima occhiata alla casa. -Tornerò a prendere le mie cose quando sarai a lavoro.- Disse secca, uscendo fuori e lasciando, poi, che la bionda sbattesse la porta con forza, sfogando la sua rabbia contro questa.
Davanti ai suoi occhi scorsero tutte le cose che aveva perso: Tim, la sua gamba, Julia.. E.. E Callie. 
Non aveva più niente per cui lottare, non aveva più niente. Ed era colpa sua.


Era ancora infuriata con lei. Si sentiva in colpa, a volte, tanto da aver smesso di vivere per mesi ma era infuriata con lei, così tanto da far male, così tanto da non riuscire ad andare avanti e, appena le cose sembravano andare meglio, ecco che il suo ricordo la riportava indietro.
Il rumore di nocche che battevano contro la porta la fece risvegliare dai suoi ricordi e dai suoi rancori.
-Calliope.. Non eri andata a casa?- Chiese Arizona confusa dopo aver aperto la porta, quando vide la latina di fronte a lei, con lo sguardo preoccupato come quando, qualche giorno prima, le aveva chiesto di prendere un caffè insieme: sperò davvero che non si fosse pentita di quell'avvicinamento, non sapeva se sarebbe stata in grado di farla allontanare di nuovo.
-Io.. Lo so, è una pazzia forse, l'altra volta ti ho detto che non mi andava ma.. Volevo sapere se.. Se ti andava di venire a vivere nell'appartamento che abbiamo visto insieme.. Con me. Certo non devi.. Non devi rispondere subito, fammi solo sapere quando avrai deciso, ok?- Disse in modo nervoso, tutto d'un fiato, per poi camminare più in fretta che poteva verso l'ascensore, non dando all'altra il tempo di rispondere o anche solo di assimilare per bene ciò che le aveva appena detto.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Ok, sono in ritardissimo, lo so e mi spiace un sacco t.t Spero di farmi perdonare con il capitolo che state per leggere.. Buona lettura! :)
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Callie continuava a osservare i tavoli della caffetteria dell'ospedale in cerca di un volto amico: non era bastato il suo tradizionale caffè mattutino ad attenuare l'ansia che dalla sera prima l'attanagliava e non bastava nemmeno quello che aveva appena pagato e che stava stritolando nella sua mano destra, mentre si mordicchiava il labbro inferiore con nervosismo. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, ne aveva assolutamente, dannatamente bisogno, le sembrava che la testa potesse esploderle da un momento all'altro se non avesse parlato con qualcuno delle preoccupazioni che le occupavano la mente.
I suoi occhi scuri vagavano da un tavolo all'altro: c'erano infermiere in pausa, parenti in visita, dottori e specializzandi presi nello studio di cartelle o libri di medicina ma nessuna traccia di Mark; l'uomo era stato occupato tutta la mattina in vari interventi, uno dietro l'altro e, quando lui era finalmente libero di fare una pausa, beh, era lei a dover stare in sala operatoria ed era stata dura, molto dura riuscire a concentrarsi sulle sue azioni senza pensare alla proposta fatta ad Arizona la sera prima, proposta che non aveva avuto ancora una risposta.
Era vero, non aveva dato il tempo alla bionda di risponderle davanti a quella porta ma non aveva ricevuto alcuna chiamata o alcun messaggio nelle ore successive; Callie, oltretutto, era più che certa che la dottoressa Robbins fosse in ospedale, avevano parlato a lungo del grosso intervento che avrebbe dovuto effettuare quella mattina ma non l'aveva incrociata nemmeno una volta e iniziava davvero a pensare di aver fatto una gran cazzata a chiederle di dividere l'appartamento, in fin dei conti si parlavano solo da pochi giorni e, di sicuro, la bionda l'aveva presa per pazza o per maniaca, cosa che l'avrebbe di certo portata ad evitarla, a non parlarle più, a.. No, non voleva pensarci. Doveva parlarne con qualcuno prima di diventare del tutto pazza.
Una folta chioma blu in un angolo della grande sala attirò la sua attenzione: il volto era nascosto da un grande libro dalla copertina scura e ogni tanto spostava gli occhi verdi dalle pagine di quel volume guardandosi intorno come se avesse paura di essere vista, aveva decisamente un'aria sospetta.
Il chirurgo ortopedico attraversò la caffetteria con passo veloce dirigendosi verso il tavolo della sua giovane allieva: da quando si erano riappacificate non avevano più parlato di questioni personali, si erano sempre limitate ad un rapporto professionale, pochissime chiacchiere, lunghi momenti pieni di imbarazzo ed era il momento di finirla, di ritornare a essere il vecchio ortho team che parlava e spettegolava di tutto e di tutti, le mancava l'umorismo della ragazza e, per Dio, doveva sapere cosa diavolo stava combinando in quell'istante Benson! Oltre a  liberarsi la mente da quei pensieri che la stavano mandando al manicomio, certo.
Si sedette sulla sediolina in plastica di fronte a quella della ragazza-dai-capelli-blu e si limitò a osservare il libro che le stava coprendo il volto: un libro sulla chirurgia pediatrica; da lì a poco la specializzanda dai capelli azzurro elettrico avrebbe avuto la rotazione a pediatria e Charlotte era il classico tipo di studentessa che voleva arrivare preparata a qualsiasi appuntamento in sala operatoria.
Quel grande volume blu non fece altro che riportare alla mente della latina il pensiero di Arizona, dell'appartamento e della sua assurda e affrettata proposta, pensiero che, per un attimo, aveva lasciato il posto all'atteggiamento sospetto che Charlotte aveva in quel momento. 
Benson doveva aver sentito gli occhi della latina fissi su di sé, perchè dopo appena qualche secondo abbassò il libro e guardò a sua volta la sua insegnante con sguardo confuso e accigliato. -Sì?- Chiese con tono perplesso a causa degli occhi stralunati di Callie: sembrava aver visto un fantasma.
-Arizona vive in un hotel.- 
-Beata lei che può permetterselo.- Affermò in modo distratto Charlotte, alzando le spalle e riabbassando gli occhi verso il libro che stava leggendo.
Lo sguardo di Callie continuava a infastidirla, si sentiva osservata, era una sensazione che odiava. 
-Cosa?- Sbuffò rialzando gli occhi verso la sua insegnante.
-Forse non hai capito.. La dottoressa Arizona Robbins, il chirurgo pediatrico, vive in un hotel!- Come poteva quella notizia non sconvolgere la specializzanda o chiunque altro? Nessuno al mondo dovrebbe mai vivere in una squallida stanza d'hotel, tanto meno una persona bella e dall'anima pura come quella di Arizona: sì, lei la vedeva pura, come i bambini a cui salvava la vita, era una delle cose che le avevano fatto perdere la testa per quella donna, senza dubbio.
Charlotte sospirò e appoggiò al tavolo il volume che stava leggendo chiudendolo, per poi guardare negli occhi il suo mentore. -Lo so. Me l'ha detto tempo fa Arizona stessa. E lo sapeva anche lei.. Gliel'ho urlato contro qualche settimana fa, qualche tavolo più avanti..- 
Callie si accigliò a quelle parole: di quella conversazione, se così si poteva chiamare, ricordava poco e niente, giusto il concetto, l'imbarazzo e le labbra di Benson che andavano a scontrarsi contro le sue, non ricordava proprio la parte in cui la ragazza di fronte a lei le parlava della sistemazione di Arizona. Un inquietante quesito le fulminò la mente -Perchè Arizona te ne avrebbe parlato?- Chiese non riuscendo a trattenere quella domanda che l'aveva assalita.
-Un giorno sono entrata a casa e lei stava facendo le valige.. Le ho chiesto dove andasse e lei mi ha risposto.- Rispose alzando le spalle, come se fosse stata la risposta più ovvia che potesse esistere.
-E perché le sue cose erano a casa tua?- In realtà non era certa di volerlo sapere: conosceva i trascorsi della bionda con la dottoressa Murphy, la coinquilina di Benson, e proprio per questo sopportava a malapena la giovane specializzanda del primo anno, portandola a essere meno indulgente con lei rispetto a chiunque altro.
-Ha dormito un paio di notti nel mio letto.- Rispose in modo distratto Charlotte, rendendosi conto solo dopo aver pronunciato quelle parole di ciò che aveva appena detto. -Io.. Io dormivo sul divano, certo.- Precisò mentre lo sguardo della latina, se avesse potuto, l'avrebbe fulminata in quello stesso istante.
Se prima la specializzanda pensava che quella di Torres fosse solo una cotta infantile, una fissazione, un inconscio aggrapparsi a qualcosa che non aveva avuto un degno e vero percorso, in quel momento aveva capito quanto davvero la latina ci tenesse al chirurgo biondo, in quello sguardo erano presenti rabbia, gelosia, i suoi occhi color cioccolato bruciavano di qualsiasi passione esistente e Charlotte era abbastanza sicura che l'avrebbero arrostita se ne fossero stati capaci. -In ogni caso..- Mormorò con tono titubante dopo qualche secondo di silenzio, in un disperato tentativo di sciogliere la tensione che si era creata a causa della sua precedente gaffe -Suppongo non sia questo il punto..- Tentò: c'era dell'altro, doveva esserci dell'altro, non avrebbe accettato di essere stata derubata del suo quarto d'ora di quiete per una notizia di cui era già a conoscenza, anche se a informarla era la persona che più stimava in quell'ospedale.
Callie sospirò chiudendo gli occhi e tentando di scacciare la tremenda sensazione, quel pugno in pieno stomaco che l'immagine di Charlotte e Arizona insieme le aveva provocato e provò a focalizzarsi sul punto.
-Le ho chiesto di venire a vivere nella casa che ho preso in affitto..- Disse tutto d'un fiato, spostando i suoi occhi verso il bicchiere di carta poggiato davanti a pochi millimetri da lei -..Con me..- Concluse la frase con un soffio quasi inudibile,  bevendo subito dopo un sorso della bevanda calda che tanto amava. Confessarlo ad alta voce, a qualcuno, lo faceva sembrare addirittura più strano di quanto non lo sembrasse fino a quel momento e l'espressione della ragazza di fronte a lei ne era una conferma: Charlotte aveva gli occhi sgranati e le labbra socchiuse in una smorfia di pura sorpresa, cosa che spinse la latina a giustificarsi. -Lo so, è da pazzi.. Prima non le parlo per cinque anni e poi le chiedo di condividere un appartamento solo dopo qualche caffè preso insieme.. Ma non può vivere lì, non posso permetterlo, prosciugherà tutti i suoi soldi e non è il posto adatto a una persona come lei, è così triste e solitario e...-  Sospirò portandosi le mani sul volto e scuotendo la testa -Cosa c'è di sbagliato in me? Ho rovinato la nostra amicizia-. Mormorò più a se stessa che alla sua interlocutrice che in quel momento la guardava accigliata.
Charlotte aprì e chiuse la bocca più volte: voleva davvero dire qualcosa per consolare la sua insegnante ma davvero, davvero non le veniva in mente niente di efficace, solo parole di circostanza, frasi fatte che non sarebbero servite a niente se non a farla imbestialire e, per esperienza, non ci teneva davvero a vederla infuriata. Forse l'opzione migliore era dire ciò che pensava veramente. 
-Vuole aggiustare sempre tutto e tutti, ecco cosa, specialmente le persone a cui tiene..- Affermò annuendo con la testa -..E non è affatto una cosa sbagliata, solo che è..- Continuò, guardando con preoccupazione Callie, mentre cercava le parole giuste con cui finire la frase.
-Faticoso.- Concluse Callie per lei con tono triste, ripensando alle migliaia di volte  che aveva scelto di aiutare qualcuno, di aggiustarlo, spesso mettendo da parte sé stessa.
-Faticoso.- Concordò Benson: aveva visto quella scena troppe volte per non capire che Torres era esausta. -..Quindi.. Ha detto di no?- Chiese pensierosa: l'ultima volta che aveva parlato con Arizona le era sembrato che sarebbe stata più che entusiasta di dividere l'affitto con Callie, cosa diavolo poteva essere cambiato in così poco tempo? Eppure, l'umore della latina di fronte a lei non lasciava spazio a molti dubbi.
Callie scosse la testa, tenendo sempre lo sguardo basso.
-Allora ha detto di sì..- Optò, sempre più confusa.
Torres scosse nuovamente la testa e sul viso della ragazza-dai-capelli-blu si potevano leggere mille domande diverse, tutte racchiuse in un'espressione di pura confusione.
-Sono andata via prima che potesse rispondere.- Confessò: si era pentita di essere scappata così, di nuovo, si era ripromessa di cambiare, si era detta che lei era Callie Torres, la più dura di quell'ospedale e che i duri non scappano ma era stato più forte di lei, già mentre glielo chiedeva poteva immaginarsi Robbins ridere divertita di lei o chiuderle la porta in faccia; non ce l'aveva fatta ed era andata via prima che l'altra potesse anche pensare a cosa rispondere.
Benson sospirò scuotendo leggermente la testa, azione che Callie non voleva vedere, così come non voleva sentire ramanzine varie: sapeva già di essere stata debole, di aver sbagliato, non c'era bisogno che qualcuno glielo ribadisse.
-E tu? Da chi o cosa ti stavi nascondendo, di preciso?- Chiese alzando un sopracciglio con fare scettico: non si era certo scordata del modo di fare circospetto con cui si atteggiava Charlotte prima che lei arrivasse a insidiarla con i suoi problemi, era sospetta e voleva saperne di più.
-Io nascondermi? Ma cosa le viene in mente?- Rispose la ragazza con una risata nervosa, che sembrava voler esprimere tutto il contrario delle sue parole.
Bastò che Callie la fissasse per qualche secondo con sguardo intimidatorio, lo stesso che dedicava a Derek Shepherd quando aveva bisogno di qualcosa da lui, che la ragazza si sciolse sbuffando.
-Credo che Murphy abbia una cotta per me..- Borbottò.
-Quindi?- Ridacchiò Callie.
-..Quindi non voglio sentirglielo dire. Voglio che le cose rimangano come sono, non ho voglia di essere al centro dei suoi drammi e, soprattutto, non ho voglia che mi ammorbi.- Spiegò: era convinta che, aspettando giusto qualche giorno, alla sua coinquilina passasse l'ossessione per lei e che tutto tornasse alla normalità, con la castana che le raccontava dell'ultima persona con cui era uscita e che, inevitabilmente, l'aveva scaricata. 
Callie roteò gli occhi ridendo divertita -Stai per caso scappando, dottoressa Benson? Devo chiuderti in un appartamento con lei o baciarti, per caso?- Scherzò: giustizia era fatta, dopo tante discussioni, ramanzine e aiuti un po' forzati era finalmente la sua allieva preferita a scappare da qualcuno, Torres non poteva non provare un filo di soddisfazione dalla situazione che si era creata. Soddisfazione e divertimento. 
-Un appartamento con lei già lo divido e per quanto riguarda il bacio.. No, grazie. Le sue labbra sono davvero morbide ma non ci tengo a ripetere l'esperienza.- Charlotte lanciò uno sguardo di sfida alla latina dopo quelle parole piene di un ironico disgusto: era stata beccata con le dita nella marmellata, in quel momento a scappare ed evitare qualcuno era lei e la cosa, sottolineata dalla latina, era mortalmente fastidiosa.
Callie rise alzandosi: si sentiva meglio, quella chiacchierata le aveva fatto bene. Non avrebbe cercato Arizona, no, non voleva sembrare disperata ma.. Beh, avrebbe atteso la sua risposta più serenamente, non ne sarebbe fuggita come aveva fatto la sera prima, era pronta a qualsiasi cosa la bionda avesse voluto dirle.
-Rimane il fatto che la stai evitando, Benson!- Affermò ad alta voce, ridendo vittoriosa e dirigendosi verso l'uscita con il suo bicchierone ancora quasi pieno in mano.
-L'ho imparato dalla migliore!- Ribattè Charlotte con tono lagnoso, lasciando poi cadere la fronte sul libro chiuso davanti a lei.



Un sorriso soddisfatto giocava sulle labbra rosa di Arizona, in quel momento coperte dalla mascherina chirurgica: l'intervento a cuore aperto che aveva appena effettuato su James Zimmer, il piccolo umano di appena due anni, era riuscito perfettamente, nessuna complicazione, nessun problema, tutto era filato più liscio di quanto lei e la dottoressa Bradley, il cardiochirurgo che aveva sostituito Teddy, avessero mai osato immaginare; sembrava un caso perso in partenza, nessuno avrebbe mai scommesso nemmeno un dollaro sulla sopravvivenza del piccolo paziente ma, in quel momento, Arizona si stava spogliando dei guanti di plastica azzurri e della mascherina protettiva per andare a dare la meravigliosa notizia ai suoi parenti con il suo sorriso più luminoso.
Dare notizie positive ai genitori era una delle parti che preferiva dell'essere un chirurgo pediatrico, era come se la loro gioia e la loro gratitudine riuscissero a trasmetterle la vita e l'entusiasmo necessario a continuare quel lavoro, metteva da parte quelle sensazioni per quando le cose andavano meno bene, per quando i piccoli umani non ce la facevano e lei avrebbe voluto solo chiudersi in una stanza buia e non uscirne mai più.
Salutò con un cenno della mano gli inservienti arrivati a pulire e disinfettare la sala operatoria uscì da lì, aprendo la porta a due ante di metallo bianco e iniziando a camminare con passo spedito, per quanto riuscisse, verso la sala d'attesa.
Entrata nel corridoio, non riuscì a fare a meno di guardarsi intorno alla ricerca di due espressivi occhi castani: il pensiero di Callie e di ciò che le aveva detto la sera prima non l'aveva lasciata nemmeno per un attimo in sala operatoria, continuava a pensare alle parole che aveva usato, al suo tono nervoso, al modo in cui era praticamente scappata subito dopo.. E si chiedeva se non avesse già cambiato idea; Arizona aveva paura che quello della sera prima fosse stato solo un gesto istintivo e che, magari, ragionandoci su, la latina si era convinta che non era qualcosa che avrebbe fatto volentieri.. E se invece fosse stata una proposta ragionata e non avesse cambiato idea? In quel caso la bionda avrebbe certamente accettato e aveva paura che se Callie avesse capito ciò che provava per lei, si sarebbe nuovamente allontanata, l'avrebbe respinta e non sapeva se, abitando con lei e vedendo tutto il giorno la sua straordinaria bellezza, sarebbe riuscita a controllare le sue emozioni e le sue azioni, era un rischio. Per il resto, non vedeva l'ora di una casa con lei, non vedeva l'ora di poterla osservare mentre cucinava o dormire davanti alla tv, di riuscire a intensificare il loro rapporto, a costo di doverla ascoltare parlare di un'altra donna o di un uomo, di vederla vestirsi e prepararsi in modo provocante per piacere a qualcuno che non era lei, questo pensiero la faceva impazzire, sarebbe stata in grado di conviverci? 
Molte volte, quella notte, aveva preso in mano il telefono per cercarla, per darle una risposta, per chiederle se era davvero ciò che voleva ma, una volta trovato il suo numero sulla rubrica, perdeva coraggio e lasciava perdere l'idea, al che, allora, cercava il numero di Teddy: doveva parlargliene, solo lei sarebbe riuscita a darle il coraggio necessario a dare una risposta a Calliope, purtroppo non aveva mai risposto. Ah, Teddy! Che diavolo stava combinando in Germania?
Attraversò la porta aperta che dava alla sala d'aspetto e cercò con lo sguardo i parenti del piccolo umano che aveva appena operato: il silenzio regnava sovrano lì, non fosse stato per qualche colpo di tosse; non c'erano molte persone in quella grande stanza, solo poche sedioline di plastica erano occupate da persone sfinite dalla stanchezza e dalla tensione, c'era qualcun altro fermo davanti ai distributori automatici di bevande e, altri ancora, camminavano nervosamente avanti e indietro per qualche passo, la tensione si poteva tagliare con un coltello in quella sala. Appena messo piede lì dentro, tutti si girarono verso di lei, gli occhi di tutte quelle persone brillavano di speranza e di lacrime non ancora versate; Arizona era contenta di poter togliere da quella situazione impossibile almeno due persone e si guardò in giro alla ricerca di un uomo dai capelli scuri, con gli occhiali e di una donna castana, con i capelli ricci.
-Grazie, grazie dottoressa! Grazie!- Sentì dietro di lei, proprio davanti alla sala d'attesa: il signor e la signora Zimmer stavano abbracciando con entusiasmo e non senza lacrime di commozione la dottoressa Melanie Bradley; il cardiochirurgo dai capelli corvini e dagli occhi di ghiaccio con cui aveva effettuato l'intervento. Le aveva rubato quel momento! Dannazione! Doveva farlo lei, era lei il medico di James!
-Stupidi, egocentrici, presuntuosi cardiochirurghi. Credono di avere in mano l'ospedale.- Borbottò allontanandosi velocemente da lì, doveva fare in fretta, prima che la tentazione di togliersi la protesi e lanciarla in faccia alla Bradley avesse la meglio sulla sua razionalità.
-Ehi! Non puoi pensarla così di tutti i cardiochirurghi!- Una voce familiare la costrinse a girarsi e, quando vide che apparteneva effettivamente alla persona che pensava, non riuscì a trattenere la gioia..
-Teddy!!- Il sorriso sulle labbra di Arizona, quando vide la sua amica, si allargò fino a farle male il viso: da quanto tempo non vedeva Teddy? Sembrava davvero passato un sacco di tempo, troppo.
La donna dai lunghi e lisci capelli poco più scuri di quelli di Arizona abbracciò con entusiasmo il chirurgo pediatrico, stretta ricambiata con altrettanta gioia dalla dottoressa Robbins.. Le era mancata così tanto!
-Cosa... Cosa ci fai qui? Dovresti essere a Berlino!- Chiese Arizona sciogliendo l'abbraccio e guardando la donna di fronte a lei con mille domande per la testa: quindi era per quello che non aveva risposto alle sue chiamate quella notte, prima di dare una risposta a Callie voleva assolutamente parlarne con lei, quando si trattava di quella donna Arizona diventava come una stupida adolescente piena di dubbi e paranoie.
-La Harper Avery Foundation ritiene che stia lavorando a un progetto interessante e mi ha offerto i fondi per mandare avanti la mia ricerca ma solo a patto di spostarla qui, in America e Owen.. Beh, mi doveva un favore dopo...- Non riusciva ancora a parlarne, faceva finta di averlo superato, si mostrava forte e sorridente davanti alle persone ma in verità, d quando Henry era morto, lei si sentiva persa, sola, senza più alcuno scopo nella vita e la ricerca che stava effettuando era l'unico motivo per il quale riusciva ancora ad alzarsi al mattino.
-Quindi lavorerai qui? Yay!- Esclamò Arizona in preda all'entusiasmo e a Teddy, per un attimo, parve di essere tornata indietro nel tempo, quando ancora Arizona doveva partire per il Malawi ed era felice sempre, ininterrottamente, era così felice che a volte era quasi fastidioso.
-Sì, almeno per un po'.- Sorrise il cardiochirurgo, voltandosi poi verso la dottoressa Bradley che, in quel momento, le stava superando con un sorriso soddisfatto sulle labbra. -..E così è lei che mi ha sostituita?- Sospirò -Ed io che ho passato anni a tentare di rendere più modesta Cristina.. Questa rovinerà tutto il mio lavoro..- Mormorò pensierosa, più a sé stessa che alla donna che stava al suo fianco: chissà se Cristina aveva portato avanti i suoi insegnamenti o se era tornata il chirurgo talentuoso ma egocentrico ed egoista che era sempre stata.
-Ti ho chiamata un sacco di volte stanotte, eri in aereo?- Chiese Arizona, interrompendo il momento di riflessione di Theodora, che annuì in risposta.
-Ho visto le chiamate quando ho riacceso il telefono in aeroporto.. E' successo qualcosa?- 
-Sì.. Io.. Teddy, devo chiederti un consiglio.- 

I corridoi del reparto di pediatria erano poco più allegri rispetto a tutto il resto dell'ospedale, forse era solo per le pareti colorate e disegnate con tinte accese e vivaci o forse era solo un'impressione di Arizona, che aveva passato gran parte del suo tempo, da quando era stata assunta, lì dentro, rendendo quell'ambiente per lei familiare e protettivo quasi fosse stata quella casa sua. Alcune infermiere erano al bancone informazioni a ridacchiare e parlare probabilmente dell'ultimo pettegolezzo che girava per l'ospedale, vari specializzandi entravano o uscivano dalle stanze dei piccoli pazienti che quel reparto ospitava e i visitatori si sforzavano di essere allegri e sorridenti anche se si vedeva bene che facevano solo finta.
-Hai fatto progressi con la protesi, non hai più nemmeno difetti di camminata..- Notò Teddy continuando a camminare: da quando avevano lasciato il piano delle sale operatorie, non erano ancora riuscite a parlare di ciò che la bionda voleva dirle, era stata troppo occupata a salutare e scambiare convenevoli con tutte le persone che incontrava e che ci tenevano a salutarla dopo la sua lunga assenza, ci avevano messo un quarto d'ora solo per arrivare fino alla fine del corridoio e prendere l'ascensore che le avrebbe portate a pediatria e Arizona.. Beh, lei non aveva più spiccicato parola da quando le aveva detto che aveva bisogno di un consiglio; il cardiochirurgo, che inizialmente pensava fosse solo un qualche attacco di panico come ne aveva avuti tanti altri, in quel momento iniziava a considerare l'idea che si potesse trattare di qualcosa di grave o di estrema importanza e non voleva spingere la sua amica a parlarne se ancora non era pronta.
-Uh sì.. Aveva ragione il fisioterapista: la pratica era la chiave per il miglioramento.- Rispose distrattamente Arizona guardandosi in giro: c'era ancora troppa gente e QUEL discorso non voleva lo sentisse alcuno orecchio indiscreto, ci mancava solo che qualche infermiera impicciona riferisse a Calliope che la bionda doveva chiedere consiglio alla sua migliore amica per andare a vivere con lei. Sarebbe stato umiliante.
Continuavano a camminare per il corridoio, il chirurgo pediatrico fingeva di controllare le stanze dei pazienti affacciandosi ad ogni porta ma Teddy lo vedeva che era troppo distratta per pensare davvero a ciò che stava facendo e la sua pazienza stava davvero volando via a quel punto: se non voleva raccontarle niente non doveva nemmeno iniziare, era inutile che perdesse tutto quel tempo tentando di rinviare ciò che aveva da dirle.
Le afferrò il polso e la trascinò fino all'ufficio del capo del reparto di chirurgia pediatrica, chiudendo, anzi sbattendo con violenza la porta dietro di loro.
-Si può sapere cosa mi devi dire? Mi stai facendo diventare pazza!- Scoppiò alla fine.
Una risata musicale e squillante risuonò per il corridoio , arrivando in modo fievole perfino dentro all'ufficio in cui si trovavano: entrambe sbirciarono dalla finestra che dava verso il corridoio per vedere chi disturbava la quiete del reparto e ad Arizona mancò un battito.
Callie stava uscendo dalla stanza di un paziente con a sua cartella in mano, le maniche del camice bianco arrotolate fino ai gomiti e i capelli lucenti legati in una coda di cavallo alta e rideva divertita; dietro di lei, un'imbronciata e forse offesa Charlotte Benson la seguiva con le braccia incrociate sul petto e passo trascinato. Robbins non riusciva a staccare gli occhi dalla latina, già normalmente la trovava di una bellezza spettacolare ma in quel momento, mentre rideva in modo spensierato, poteva fare invidia ad una dea.. E quelle maniche arrotolate fino ai gomiti, poi.. La facevano apparire sexy da impazzire. 
-Mh.. Credo di aver capito..- Mormorò Teddy con un sorriso complice e consapevole sulle labbra: non le era passato inosservato lo sguardo di adorazione che la sua amica stava dedicando al chirurgo ortopedico, avrebbe messo la mano sul fuoco che il problema fosse lei.
-Mi ha chiesto di condividere un appartamento con lei.- Sputò fuori Arizona, continuando a prestare tutta la sua attenzione al chirurgo ortopedico come se fosse l'unica cosa degna di venir guardata.. No, anzi, non come se. Calliope Torres era l'unica persona, l'unico essere vivente e non degno di avere l'attenzione e l'ammirazione della dottoressa Robbins, ecco come si sentiva in quel momento.
-Perfetto.. Il problema quale sarebbe?- Chiese Altman accigliandosi: era una meravigliosa occasione per quelle due, finalmente avrebbero potuto capire meglio le proprie emozioni e confessarle all'altra, non capiva quale fosse il grande ostacolo che impediva la convivenza.
-Che.. E se fosse stato un errore? Se me l'avesse chiesto solo spinta dall'istinto e nel frattempo avesse cambiato idea? E se dovesse capire che mi toglie il respiro ogni volta che la guardo, che la trovo un miracolo vivente, che mi fa battere il cuore come mai nessuna c'era riuscita prima e mi dovesse sbattere fuori casa e ricominciasse a evitarmi?- Disse tutto d'un fiato, facendo sorridere Teddy: in quel momento avrebbe voluto festeggiare, lo sapeva, aveva sempre saputo che non era solo una sua impressione ma che Arizona aveva davvero un debole per la dottoressa Torres, molto più di quanto non lo avesse per la sua ex moglie, e in quel momento l'aveva ammesso. 
-Non credo che abbia cambiato idea.. E non credo proprio che reagirebbe cacciandoti se scoprisse che hai un debole per lei, anzi, credo proprio che... Ma vuoi guardarmi almeno mentre parlo?- Sbottò alla fine: Arizona non si era voltata nemmeno una volta verso di lei, continuava a fissare Callie, sembrava ipnotizzata.
-Lei è.. E' bellissima, Teddy. Non riesco a smettere di guardarla.- Confessò Arizona con un sospiro sognante, continuando a tenere gli occhi incollati sulla latinoamericana che, nel frattempo, era arrivata al bancone delle infermiere e stava parlottando con una di loro in modo serio, l'aria professionale che aveva assunto suggerì alla bionda che discutevano di lavoro.
Il cardiochirurgo scosse la testa ridacchiando e imitò il chirurgo pediatrico guardando fuori dall'ufficio: la situazione non era cambiata molto da quando erano entrate nella stanza, erano tutti tranquilli, poche persone camminavano nel corridoio ed era per lo più personale dell'ospedale; uno di questi attirò l'attenzione di Teddy.
-Credo tu non sia l'unica che la pensa così, Arizona..- La informò indicandole un ragazzo con la tuta azzurra appoggiato al muro di fronte a loro: continuava a osservare Callie anche lui e, a giudicare dallo sguardo languido che le stava lanciando, non la ammirava solo per il meraviglioso chirurgo che era.
Robbins si voltò verso di lui, non ci mise molto a riconoscerlo; era uno specializzandi del quinto anno, Sean Cameron, un ragazzo longilineo e alto, i delicati  lineamenti del volto lo rendevano davvero di bell'aspetto e i capelli biondi e lisci che gli arrivavano a collo e gli occhi più azzurri che quell'ospedale avesse mai visto, lo rendevano uno dei ragazzi più desiderati dell'intero Seattle Grace Mercy West Hospital, non c'era infermiera che non ci avesse fatto un pensierino, non c'era paziente di sesso femminile che non lo volesse come medico al solo scopo di vederlo e stargli vicino il più a lungo possibile.
Sean iniziò a muovere qualche passo verso il bancone delle infermiere senza spostare lo sguardo dalla donna latina, sembrava un predatore che aveva messo l'occhio sulla sua preda: un'ondata di calore avvolse lo stomaco di Arizona. Il mostro dagli occhi verdi l'aveva assalita e le stava suggerendo di  liberarsi di lui prima che facesse la sua mossa con Calliope, con la sua Calliope.



Quando aveva sentito il rumore di nocche che battevano contro la porta del suo ufficio, non aveva certo creduto che potesse essere lei: pensava a Benson o a un altro specializzando, pensava alla visita di un parente, pensava a un ex paziente che voleva ringraziarla ma lei.. Beh, lei era l'ultima persona che pensava avrebbe bussato a quella porta; eppure eccola lì, con la schiena appoggiata alla porta, i capelli rossicci lasciati sciolti, vestita con jeans e maglietta viola, l'assenza del camice stupì Callie che, però, non si scompose.
-Infermiera Novak.. A cosa devo questo piacere?- Chiese, accentuando le parole con un tono sarcastico e freddo, riabbassando gli occhi sulla cartella clinica che stava studiando fino a poco prima.
-Dottoressa Torres, volevo dirle che.. Che me ne vado. Ho dato le dimissioni, lascio l'ospedale stasera stessa.- 
Callie alzò lo sguardo per guardare verso la donna ancora in piedi davanti alla porta chiusa: aveva l'espressione seria, non stava scherzando e la latina si accigliò chiedendosi il motivo per cui Julia era andata a salutarla, non era un mistero che le due non andassero d'accordo, anzi, che a malapena sopportassero la presenza dell'altra in ospedale.
-Buona fortuna, allora.- Le augurò Torres senza prestarle troppa attenzione: se ne andava davvero? Meglio così, un motivo in più per andare a lavoro con il sorriso sulle labbra.
-Grazie ma.. In realtà volevo chiederle scusa.- Azzardò la rossa: il tono era diventato più insicuro e Callie non riuscì a trattenere una risata amareggiata.
-Per cosa, Julia? Per avermi deriso con tutte le infermiere per anni, facendomi vergognare anche solo di mettere piede in questo ospedale? - No, non poteva perdonare, chiedere scusa non sarebbe servito a nulla. Dopo aver baciato la futura moglie di Julia all'Emerald, quella sera di qualche anno prima, la rossa aveva iniziato a prenderla in giro con le altre infermiere, Callie poteva ancora sentire le battute, le risate quando passava in qualche corridoio, tutte cose che avevano spinto il chirurgo ortopedico a non dimenticare l'accaduto per lungo tempo, a vergognarsi, a sentirsi umiliata, a evitare Arizona; in fin dei conti, se la sua fidanzata pensava che fosse ridicola, cosa poteva pensare lei? Magari era stata lei a dare inizio a tutte quelle battute, magari era lei la prima a sbeffeggiarla, evitarla le sembrava l'unico modo possibile per dimenticarsi dell'accaduto, per dimenticarsi di lei.
A Callie sembrava di essere tornata indietro nel tempo durante quel periodo, si sentiva ancora alle superiori, quando si mangiava i capelli e le cheerleaders la prendevano in giro, per fortuna si era concluso tutto quando la bionda era partita per l'Africa.
-Sono stata oltremodo crudele e infantile, me ne rendo conto.-
-Dici?- Chiese Calliope sarcastica, inarcando un sopracciglio.
Julia sospirò annuendo e voltandosi verso la porta per poi fermarsi e girarsi nuovamente, come se avesse dimenticato di dire una cosa importante.
-Mi dispiace anche per ciò che ho detto nella stanza di Arizona, quando era ricoverata nel tuo reparto.- Confessò.
Callie sospirò e si alzò, avvicinandosi alla rossa fino a riuscire a guardarla negli occhi.
-No, per quello no. Avevi ragione, tutto quello che hai detto, era tutto vero.- Sospirò nuovamente, guardando poi la rossa uscire dal suo ufficio.


Ogni volta che guardava il bancone delle infermiere del piano di pediatria, Callie non poteva non ripensare a Julia, a tutto quello che le aveva fatto passare, a quell'ultima conversazione avuta nel suo ufficio: era come se avesse ancora la rossa davanti agli occhi, era come se quelle sensazioni fossero ancora presenti in lei e non fossero solo uno spiacevole ricordo.
La latina si riscosse dai suoi ricordi solo quando sentì afferrarsi il polso, si voltò verso destra ritraendo il braccio afferrato: Sean Cameron la stava guardando accigliato, sembrava.. Preoccupato.
-Dottoressa Torres, si sente bene? Sembrava.. In trance.- Si preoccupò il ragazzo continuando a guardarla con aria preoccupata: Callie non l'aveva nemmeno sentito avvicinarsi tanto era presa nei suoi ricordi e nei suoi pensieri, accidenti! Sarebbe finita al manicomio a causa di tutti quei casini.
-Sto bene, Sean, non preoccuparti.. Ero solo persa nei miei ricordi..- Mormorò sfiorando il marmo bianco del bancone con le dita, gesto che non sfuggì alla sua allieva, Charlotte.
-Certo, immagino che il bancone di pediatria sia pieno di dolci ricordi per un chirurgo ortopedico..- Mormorò Benson con voce così lieve da riuscire a essere percepita solo dalla latina, con un sorriso malizioso sulle labbra, immaginando potessero essere ricordi riguardanti il capo di quel reparto, la biondissima Arizona Robbins.
Callie sentì il proprio viso avvampare a quelle parole, o meglio, al tono usato per quelle parole: sapeva che Charlotte si riferiva alla sua cotta per Arizona e non poteva davvero fare a meno di imbarazzarsi quando la ragazza-dai-capelli-blu ne parlava con quel tono malizioso e pieno di sottintesi.
-Beh, son contento stia bene.- Riprese parola il ragazzo, dedicando al chirurgo ortopedico il sorriso più seducente di cui disponeva, un sorriso che fece accigliare le due donne di fronte a lui per la perplessità -Le confesso che persa nei suoi pensieri era ancor più bella del solito.- Continuò, appoggiando la mano sul bancone e andando a sfiorare le dita di Torres con le sue, con movimenti così delicati e leggeri che Callie le percepì appena ma, appena le avvertì, ritrasse la mano, con movimenti altrettanto lenti e delicati, come se fosse stato un movimento casuale: non era davvero il caso di iniziare un gioco del genere con uno specializzando e, anche se non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, pensava che non era il caso di iniziare un gioco del genere proprio in quel momento che aveva ricominciato a sperare che Arizona avrebbe potuto un giorno vederla come la vedeva lei.
La porta dall'altra parte del corridoio si aprì facendo voltare i tre verso di questa: Arizona si stava avvicinando al gruppetto con passo pesante ed espressione del volto dura, quasi arrabbiata, Callie non aveva mai visto quello sguardo negli occhi del chirurgo pediatrico, ogni volta che si era rivolta a lei aveva sempre avuto modi più gentili e dolci, modi che apprezzava ma doveva ammettere di trovarla irresistibile anche in quelle vesti; dietro di lei una perplessa Teddy la seguiva con passo più incerto.
-Cameron. Non sei di certo qui nel mio reparto a perdere tempo, vero?- Iniziò con tono duro appena arrivata vicina allo specializzando che, in quel periodo, aveva rotazione a pediatria.
-No di certo, dottoressa Robbins, io..- Iniziò il ragazzo portando una mano sulla nuca per massaggiarsela, come faceva ogni volta che si trovava in difficoltà.
-Risposta esatta, Cameron. Vai a controllare le camere dei pazienti che ti sono stati assegnati e vacci immediatamente.- Concluse: aveva esagerato, riusciva a rendersene conto anche in quel preciso istante, ma era davvero fuori di sé, la sua mano così vicina a quella di Calliope le aveva fatto perdere la testa, se non l'avesse mandato via avrebbe sicuramente trovato qualcosa da tirargli in testa.
Si voltò verso Callie e le labbra serrate dalla rabbia si rilassarono immediatamente, fino a inarcarsi in un sorriso dolce, appena accennato.
-Calliope.. Scusa se non ti ho chiamata prima, ero in sala operatoria..- Si giustificò allargando il suo sorriso fino a mostrare le fossette: era la sua mossa segreta, nessuno poteva resistere alle sue fossette e lei lo sapeva.
-Non preoccuparti.. Com'è andato l'intervento?- Chiese Callie: non era quella la domanda che avrebbe voluto farle, voleva chiederle dell'appartamento, voleva togliersi quel peso dallo stomaco ma non voleva sembrare troppo ansiosa.
-Bene, sono stata grandiosa..- Rispose ridacchiando leggermente -Ma.. Non è di questo che vorrei parlarti..- Riprese con meno sicurezza, era il momento di affrontare la verità, di capire se era solo stato un gesto istintivo quello di Callie o una proposta ragionata. 
Charlotte si sentiva di troppo, sentiva l'aria diventare più seria, quasi solenne e sapeva di doverle lasciare sole. -Io.. Io vado ad aiutare Sean..- Disse: era una scusa come un'altra per andarsene, non attese nemmeno la risposta delle sue insegnanti prima di avviarsi verso la direzione in cui era sparito il biondo.
Callie guardò la sua specializzanda andare via, anche lei aveva sentito l'atmosfera farsi più seria, più nervosa e prese un respiro profondo: era il momento. Le avrebbe dato della pazza? 
-Dimmi tutto.- 
-Avevi ragione. Per la camera d'albergo e tutto il resto, non mi ci trovo bene davvero e mi chiedevo se.. Se ciò che mi hai chiesto ieri sera era ancora valido oggi..- Si fece coraggio Arizona, sputando tutto d'un fiato quelle parole.
Callie si aprì nel suo sorriso più luminoso e felice, si aspettava il peggio e invece, a quanto pareva, non ne aveva motivo. -Certo, certo che è ancora valido! Ho deciso di traslocare sabato, ho il giorno libero ma se non puoi possiamo cambiare giornata.-
-Yay!!- Affermò Arizona in preda all'entusiasmo: se avesse potuto saltare, l'avrebbe sicuramente fatto. -Sabato va benissimo, Calliope, mi farò cambiare il turno.- Confermò la bionda, facendo annuire la mora.
-Vieni, ti offro un caffè, così discutiamo dei dettagli tecnici..- La invitò Callie, indicandole gli ascensori: se ne fregava dei dettagli tecnici, era solo una scusa per passare altro tempo con Arizona davanti a un caffè, stava prendendo tutto il tempo che la bionda le offriva, ecco la verità. 

Teddy le guardò allontanarsi ridendo e parlando in modo fitto lungo il corridoio e scosse la testa, ridacchiando: non si erano nemmeno accorte che lei era ancora lì, tanto erano prese l'una dall'altra.. Come facevano a non vedere il modo in cui si guardavano? Perfino un cieco si sarebbe accorto che erano pazze l'una dell'altra.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Chiedo scusa per il terribile, assurdo ritardo.. Spero di farmi perdonare con il capitolo che segue. 


-Calliope, non ti permetterò di dipingere le pareti del NOSTRO salotto di blu notte, puoi scordartelo!- Per quanto le piacesse Callie, la sua compagnia e sarebbe stata pronta a scendere a qualsiasi compromesso pur di godere di quella vicinanza il più a lungo possibile, Arizona non riusciva a immaginarsi davvero di poter vivere in un posto scuro e buio, senza la minima luminosità e davvero, davvero non capiva come alla mora potesse essere venuta quell'idea: eppure non sembrava depressa, almeno non quando erano insieme, in quelle occasioni Calliope aveva sempre il sorriso su quelle carnose, desiderabili labbra e nei suoi occhi era sempre presente una scintilla di vita che sarebbe riuscita a illuminare una stanza, quindi no, davvero non capiva come proprio quella persona avesse potuto anche solo immaginare una casa così scura e buia.
Continuava a camminare avanti e indietro per tutto il perimetro del soggiorno, studiando le pareti ancora spoglie di qualsiasi personalizzazione, non fosse stato per qualche pennellata dei colori più disparati dei quali, però, non c'era nessuno che la soddisfasse in pieno, tanto meno i colori suggeriti da Callie che, in quel momento, la guardava dal centro della stanza con un adorabile broncio sulle labbra che le rendevano ancor più invitanti e baciabili di quanto non lo fossero già di solito.
-Nemmeno io ti permetterò di dipingere i muri di rosa acceso, Arizona.- Ribattè la latinoamericana incrociando le braccia al petto e guardando la sua futura coinquilina con aria di sfida: Robbins avrebbe voluto vivere nella casa delle Bratz, con colori accesi e, a parere di Callie, troppo infantili; adorava il lato bambino del chirurgo pediatrico di fronte a lei ma non aveva voglia di vivere nel castello di Barbie Principessa, nossignore. Il progetto principale, quando ancora non aveva una coinquilina, comprendeva un colore tra il viola e il blu, colori che la latina trovava rilassanti, nei quali riusciva, in qualche modo che non riusciva proprio a spiegare, a identificarsi, li sentiva suoi e l'idea di averli non solo dentro di lei ma anche tutto intorno, la elettrizzava.  
Mancava solo lo stanzone principale da dipingere, i due bagni erano stati piastrellati e per le loro camere avevano deciso ognuna il proprio colore, il salone con annessa cucina a isola era dunque l'unico a essere rimasto senza tinta: il fatto era che, anche se nessuna delle due l'avrebbe mai ammesso, quella casa era una speranza per loro, per la loro amicizia, per quello che entrambe speravano, almeno in segreto, che sarebbe diventato un grande amore, quindi la casa doveva essere perfetta: non avrebbero accettato niente che fosse stato meno che perfetto. 
Erano ore che continuavano a bocciarsi i colori l'un l'altra, almeno il tempo necessario perchè Mark finisse di portare i mobili nelle rispettive stanze dei due chirurghi, aiutato solo da una Teddy che iniziava a pentirsi di aver accettato di aiutare la sua amica a preparare l'ormai celebre appartamento 502 per il trasloco: in realtà aveva acconsentito solo per controllare come fossero le cose tra Arizona e Callie, di sicuro non per spostare scatoloni pieni di misteriosa roba pesante, mobili e ascoltare infinite discussioni sulla disposizione dei mobili o sul colore delle pareti.
-Perchè non bianche?- Sbuffò esasperata dopo essersi fermata per riprendere un attimo di fiato, sperando di riuscire a mettere d'accordo le due.
Infatti ci riuscì.
Entrambe si voltarono verso di lei con occhi accigliati, come se quella appena uscita dalle labbra del cardiochirurgo fosse la cosa più stupida mai pensata ed espressa da alcun essere umano.
-Perchè è il colore della sala operatoria, ecco perchè non bianca.-
-Già ci passiamo un sacco di tempo lì dentro, almeno a casa vorrei non avere la sensazione di avere un bisturi in mano!- 
Ribatterono con tono quasi isterico una dopo l'altra in direzione di Teddy, impietrita dalla reazione delle due e lei di cose che facevano paura ne aveva viste, specialmente quando era in servizio in Iraq.
-Era solo un suggerimento..-Borbottò allontanandosi velocemente da lì, raggiungendo Mark in quella che sarebbe stata la stanza di Callie.
I due chirurghi guardarono Altman lasciare la stanza in religioso silenzio, pentite per aver perso la calma per motivi così trascurabili, rivolgendo poi lo sguardo l'una all'altra: erano due donne forti e testarde, questo Callie lo sapeva bene, ma dovevano trovare un compromesso, non voleva rovinare tutto per qualcosa di così banale come la tinta dei muri.
-Io..- Sospirò -Non voglio vivere in un uovo di Pasqua: sono una persona cupa, non ce la farei a sopportare dei colori troppo accesi..- Confessò aprendo le braccia per indicare l'intera stanza, sperando in una reazione positiva da parte della bionda.
-No, infatti tu vuoi vivere nella Bat-Caverna..- Osservò Arizona regalando il più soffice dei suoi sorrisi a Callie, avvicinandosi poi a lei di qualche passo. -Veniamoci incontro, ok?- Concluse quando fu così vicina a Calliope da riuscire a perdersi in quegli occhi castani così grandi ed espressivi.
Il profumo dolce della sua pelle, che in quel momento la accerchiava, stregava,  spingeva a volerne ancora e ancora e ancora, le stava facendo perdere lentamente il controllo, spingendola ad avvicinarsi all'altra più di quanto fosse socialmente accettabile per due coinquiline.
Il suo cuore iniziò a martellare furiosamente dentro la cassa toracica quando i suoi occhi azzurri caddero su quelle labbra carnose, riusciva ancora a ricordarsi la loro consistenza, il loro sapore, la loro delicatezza come se le avesse avute solo pochi giorni prima e, in quel momento, lottava per non fare un tuffo nel passato e rinfrescarsi meglio la memoria, Arizona lottava con sè stessa per non buttare fuori i suoi sentimenti che spingevano per affiorare, per esplodere con tutta la loro forza e passione addosso a Calliope: non poteva, non voleva, doveva trattenere tutto dentro di lei, non voleva spaventare Callie, anche se, a volte, c'erano sguardi o delicati tocchi che le facevano pensare che la latina ricambiasse, sguardi come quello che si stavano scambiando in quel momento, come se al mondo non esistessero altro che quegli occhi.
-Calliope, sai..- Mormorò avvicinando il suo viso a quello di Callie, mentre sentiva il proprio respiro accelerare leggermente come risposta allo sguardo castano  che si scuriva istante dopo istante, facendo perdere ad Arizona la facoltà di alzare qualsiasi muro contro di lei, anche muri come quello che le impedivano di esprimere le proprie emozioni.
-Cosa?- Soffiò Callie, incapace anche lei di distogliere lo sguardo dalle labbra di Arizona, in quel momento così vicine e così allettanti: le desiderava così tanto che la sua testa si abbassò da sola, avvicinando ulteriormente il volto a quello della bellissima donna di fronte a lei mentre il suo cuore batteva come mai aveva battuto prima per nessuna persona, nemmeno per George o per Erica, nemmeno per Katie, la veterinaria; in quel momento, solo in quel momento, Calliope Iphegenia Torres realizzò qualcosa che aveva avuto paura di ammettere perfino a sè stessa fino a quell'istante: era innamorata di Arizona Robbins, innamorata come non lo era mai stata, di quell'amore che ti spinge a migliorare tirando fuori il meglio di te, che ti scorre nelle vene insieme al sangue, facendo il giro del corpo e arrivando infine al cuore, dove esplode e fa venire voglia di urlare al mondo la tua felicità, di quell'amore che è vero amore e lei, prima di Arizona, non aveva mai provato niente che ci si avvicinasse nemmeno, niente di così meraviglioso come un bellissimo fiore colorato e profumato nato in mezzo al deserto e allo stesso tempo  devastante come un uragano che passava e lasciava solo rovine, era tante cose tutte diverse e allo stesso tempo era una sola cosa. 
Callie Torres si era innamorata di Arizona Robbins nonostante la lontananza che c'era stata tra loro due in quegli anni, nonostante il matrimonio tra Robbins e Novak, nonostante avesse provato in ogni modo ad allontanare le emozioni, si era innamorata di lei in modo graduale, o meglio, si era innamorata del pensiero di lei, dell'idea che si era fatta di lei durante gli anni e la conferma di tutte quelle idee, lo scoprirla ancora meglio di quanto avesse mai creduto, aveva fatto crollare definitivamente i muri che aveva costruito intorno al suo cuore dopo tutte le delusioni.. E in quel momento erano lì, a pochi centimetri dalle labbra dell'altra, con l'unico pensiero e l'unica voglia di un bacio che avrebbe spazzato via tutta la sofferenza del passato.
-Torres, questo CD è mio, che ci fa tra le tue co..?- Il tono burbero di Mark morì quando, uscendo da quella stanza, vide cosa stava accadendo, o meglio, cosa sarebbe accaduto se non avesse interrotto quel momento; il braccio che stava sventolando quel CD con fare di rimprovero si stese lungo il fianco con un gesto veloce, come a voler far finta che non avesse detto nulla ma, beh, qualcosa l'aveva detta, quel giusto che era bastato a spezzare la magia che si era creata tra i due chirurghi.
Come un mago che schiocca le dita e fa svegliare le persone dall'ipnosi, Mark era riuscito a svegliare Callie da quel momento intenso, facendole di colpo ricordare di tutto ciò che la circondava, di tutto ciò che aveva dimenticato mentre la sua mente e il suo cuore erano concentrati solo sulla bionda; la latina si allontanò dal volto di Arizona con un movimento veloce, voltandosi subito verso Sloan tentando di riprendere quel fiato che aveva trattenuto fino a qualche istante prima. -Sì.. Ecco.. Riprendilo, scusa.- Balbettò Torres, allontanandosi di appena qualche passo da Arizona, quel tanto che bastava a non sentire più il suo profumo.
-Non abbiamo ancora deciso il colore..- Mormorò Arizona, anche lei ancora scossa dall'incantesimo appena rotto.
-Azzurro.- Disse Callie dopo aver preso un lungo respiro ed essersi nuovamente voltata verso il chirurgo pediatrico. -Azzurro pallido... Penso vada bene.- 
Arizona annuì debolmente tentando di riconcentrarsi su quella questione. -Azzurro pallido è perfetto.- Constatò infine Robbins, mostrando le sue fossette in un sorriso entusiasta o, almeno, in quello che voleva sembrare un sorriso entusiasta: non sapeva ancora se odiare Sloan per aver rovinato quel momento perfetto o se ringraziarlo per averle impedito di annullare la distanza tra le loro labbra e rovinare la loro amicizia.. Ma era amicizia? Sebbene la latina non avesse mai detto niente che fosse potuto sembrare di più, i suoi occhi colmi di luce che la guardavano intensamente continuavano a riempire la mente di Arizona, senza contare che si era avvicinata anche lei, non se l'era immaginato, Callie avrebbe voluto baciarla proprio come e quanto avrebbe voluto lei.
-Io le chiederei di uscire..- Lanciò lì Teddy vedendo lo sguardo adorante che stava dedicando a Torres, dopo averla raggiunta alle spalle, facendo sobbalzare il chirurgo biondo dalla sorpresa.
-Infatti, credo che le chiederò di uscire..- Ammise senza distogliere lo sguardo. -Stasera. Le offrirò qualcosa da bere e le chiederò un appuntamento.- Il tono era deciso e sicuro, aveva deciso di tentare, c'erano buone possibilità che accettasse e non voleva perdere ulteriore tempo, cinque anni erano già passati da quando avrebbe voluto chiederglielo, non voleva che potessero passarne altri cinque.
-Finalmente una cosa sensata.- Sorrise Teddy, voltandosi anche lei verso la latina con un sorriso soddisfatto sulle labbra. -Ora andiamo a sistemare anche la tua camera.- Sospirò poi, raggiungendo gli altri che stavano già cercando di montare delle mensole al muro.

Era passato parecchio tempo dal giorno dell'incidente in Africa e non era passato giorno in cui Arizona non avesse detto o pensato che non avere una gamba faceva schifo.
Faceva schifo, davvero. Faceva schifo quando la cicatrice si irritava e le bruciava fino a farla impazzire, faceva schifo quando si dimenticava e appoggiava il peso sulla protesi, cosa che ancora capitava, faceva schifo quando aveva voglia di mettersi i pattini, faceva schifo quando voleva sfogare le energie in eccesso correndo, faceva schifo sempre.
O quasi.
Infatti, quando le persone intorno a lei si adoperavano a montare mobili o pulire i pavimenti dalla polvere e lei si limitava a incitarli, beh, in quei casi lo schifo era sopportabile.
-Robbins, vuoi smetterla di sorridere e darmi una mano?- Sbottò Mark, seduto sul pavimento con in mano il martello e una scatole di chiodi: il viso paonazzo, la maglietta verde madida di sudore, Arizona non l'aveva mai visto in quelle condizioni, di solito era sempre piuttosto attento alla sua immagine, cercava di apparire al meglio e l'immagine che aveva davanti, beh, era quella di un uomo che non riusciva proprio a montare uno scaffale.
-Non ho una gamba, Sloan, non posso proprio aiutarti, mi spiace.- Cinguettò divertita la bionda dal letto su cui era seduta di fronte a lui, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di tutti tranne che di Callie, che ridacchiava per lo scambio di battute appena avvenuto.
Calliope.
Arizona non riusciva ad andare oltre il momento vissuto prima, nella sala; era stato tutto così emozionante e.. Giusto, quel bacio sarebbe stato come il giusto passo successivo a un percorso, la strada più naturale da percorrere.
Si stava forzando di ricordare quando una cosa simile era successa con Julia, quando baciarla era diventato essenziale e giusto; il loro primo bacio non era stato così desiderato come quello che avrebbe voluto dare a Calliope poco prima, il suo corpo non si era mosso da solo verso quello di Julia come attratto da una calamita, era stato un bacio come i tanti che dava alle ragazze che rimorchiava a quei tempi: era stato bello, sì, ma c'era stato solo il brivido del desiderio, la soddisfazione della conquista, in seguito era arrivato lo stare bene insieme, la buona comunicazione, il sesso elettrizzante e Arizona aveva scambiato quelle sensazioni per amore, un amore adulto, un fuoco che non alzava fiammate di passione alte e ustionanti ma che bruciava di un fuoco tiepido e continuo, abbastanza per scaldarsi ma non per bruciarsi, era davvero convinta di amarla, tanto da accettare di sposarla.
Calliope le stava facendo capire che no, lei non aveva mai amato Julia perché ciò che aveva provato con un quasi bacio non l'aveva mai provato con l'infermiera, non aveva mai avuto la sensazione che il cuore le saltasse un battito solo guardandola, non aveva mai avuto voglia di andarle incontro nelle scelte che dovevano affrontare nella vita, nemmeno quando si trattava di questioni importanti come l'Africa: Arizona faceva solo ciò che si sentiva di fare, non le era mai andata incontro, non come aveva fatto con Callie per il colore delle pareti, andarle incontro era stata la cosa più naturale del mondo, la cosa più giusta da fare, come baciarla, come chiederle di uscire quella sera stessa.
-Non avrei mai creduto che avresti usato questa scusa per evitare di lavorare..- Borbottò Teddy, facendo scoppiare a ridere i chirurgo pediatrico, che subito dopo le sorrise in modo ironico con il suo sorriso più adorabile. 
-Non è una scusa, davvero non ho una gamba.. Vero, Calliope?- Chiese in direzione della latina, con sguardo complice e un sorriso furbo sulle labbra: sì, voleva essere sua complice anche negli scherzi tra amici.
-Confermo, è una mia paziente.- Annuì Callie restituendole quello sguardo complice, un'ulteriore conferma per Arizona dell'interesse del chirurgo ortopedico per lei.
La bionda si alzò e si guardò intorno: la stanza era grande quanto l'altra e c'era solo una parete a separarle, dall'unica finestra della camera entrava una buona quantità di luce, complice il fatto che la strada di sotto era larga e il palazzo di fronte era piuttosto lontano, sapeva già che lì dentro ci sarebbe stata bene.
-E' bellissima questa stanza..- Sospirò sognante, facendo sorridere l'altra padrona di casa.
-Mi fa piacere che ti piaccia.- Rispose Callie alzando lo sguardo dal lavoro che stava facendo e perdersi guardando i lineamenti di Robbins illuminati dalla uce che entrava dalla finestra.
-Toglimi una curiosità, Callie..- Si intromise Teddy, con aria dubbiosa. -Se non ci fosse stata Arizona, che avresti fatto di questa stanza in più?-
Domanda legittima, pensò Arizona, però non era certa di voler sentire la risposta, non era certa di voler sapere di Calliope che decideva di condividere appartamento e vita con un'altra persona.
-Beh.. Sai.. Vorrei dei figli un giorno.. Suppongo l'avrei usata per loro..- Rispose in modo distratto Torres, facendo gelare il sangue nelle vene del chirurgo pediatrico.
Callie voleva un figlio. Era come un incubo che tornava, era come il mondo che le cadeva addosso.



-Ok, vediamo questa. Paziente, circa quarantenne, presenta dolori addominali, frequenti scariche intestinali con presenza di sangue e perdita di peso. Diagnosi e terapia, vai.- 
Le stanze d'ospedale vuote erano perfette per lo studio: comodi letti vuoti, silenzio e tranquillità.. Entrare in una di quelle stanze raramente libere e chiudersi la porta dietro equivaleva a lasciare fuori tutto il resto del mondo, fermare il tempo e riuscire, finalmente, a respirare e prendere un attimo di pausa dal folle mondo che girava come una giostra e non si fermava mai, nemmeno per un secondo. 
Beh, sì, questo valeva per i giovani specializzandi, non per i pazienti, certo.
Charlotte serrò le labbra in un'espressione pensierosa dopo aver sentito il quesito che Lexie Grey aveva letto da una delle schede su cui stavano studiando per l'esame.
-Ehm..- Fu tutto quello che riuscì a dire la ragazza dai capelli blu, non riusciva davvero a collegare quei sintomi con qualche cavolo di malattia. -Penso richiederei delle lastre addominali, prima di qualunque cosa.. Tumore all'intestino, ecco cosa cercherei.- Affermò con non troppa sicurezza Benson: il suo campo erano le ossa, gli scheletri, i trapani e i seghetti chirurgici, non.. Qualsiasi cosa significasse ciò che le aveva appena letto la sua collega dai capelli scuri!
-Anzitutto, tu non "pensi". Tu sai.- La rimproverò con voce sicura, troppo sicura per essere della piccola, dolce Grey, facendo roteare gli occhi a Charlotte con uno sbuffo esasperato. -E poi no. Nessun tumore. Era la malattia di Chron.- La informò con voce severa Lexie, le sue parole rimbombarono ammonenti nelle orecchie di Benson e le vibrazioni della voce le fecero tremare leggermente la schiena, vista la posizione in cui studiavano: schiena contro schiena, sedute sul letto, con le gambe incrociate, mentre Sean Cameron sedeva sulla sedia di plastica blu per i visitatori. 
Erano rimasti solo loro tre dai venti che erano il loro primo giorno, era stata dura e non poche volte avevano pensato che sarebbe stato meglio mollare, non poche volte avevano invidiato i loro colleghi caduti durante il percorso ma, in fin dei conti, erano contenti di essere arrivati fin lì, di avere il loro sogno a pochi metri da loro, a dividerli c'era solo uno stupido esame che, secondo Benson, poco contava, visto che il talento dei medici si misurava sul campo e non sui libri. 
-Devi studiare, Charlotte. Dobbiamo venire promosse entrambe, lavorare nello stesso ospedale e riuscire a far camminare i paraplegici.- Continuò con enfasi Lexie, allontanandosi dalla schiena di Charlotte per voltarsi verso la sua compagna di studi: era un bel sogno, quello di riuscire a curare le persone paralizzate grazie alle competenze sue e della sua amica, era sicura che insieme sarebbero state una grande squadra.
-Woah, non corri un po' troppo?- Strabuzzò gli occhi Sean, riportando poi la sua attenzione verso i cartoncini bianchi su cui stavano studiando. 
-Sì, infatti..- Gli fece eco Charlotte con tono scettico, per poi voltarsi fino a poter guardare la giovane allieva di Shepherd -E poi come fai a ricordartelo? Capita una volta su un milione quella malattia, non è la prima cosa a cui si pensa quando ci sono quei sintomi..- Riflettè con aria accigliata.
-Pagina 684 del manuale di medicina, ultimo paragrafo, decima riga a partire dal fondo.-Sputò tutto d'un fiato Lexie, lasciando i suoi compagni a bocca aperta: era sempre incredibile vedere Lexipedia in azione, sembrava un manuale vivente, un fottuto piccolo genio che sarebbe riuscito a far sentire inadeguato perfino Einstein, se avesse fatto la specializzazione di chirurgia insieme a lei.
-No, non è possibile.- Ridacchiò Charlotte, prendendo in mano lo spesso manuale giallo e iniziando a sfogliarlo velocemente per cercare la pagina poco prima citata: forse non doveva essere sorpresa che, effettivamente, quel particolare argomento lo trattavano proprio a pagina 684 ma ogni volta che Lexie se ne usciva con le sue cose da "supercervellona" Charlotte non poteva fare a meno di rimanere a bocca aperta mentre la piccola Grey sorrideva divertita.
Benson iniziò a leggere il paragrafo con attenzione, facendo così cadere di nuovo la stanza in un silenzio piacevole.
-Hai parlato con Torres oggi?- Già, un silenzio piacevole interrotto dalla frase borbottata con imbarazzo da Sean che continuava a pretendere di fingere disinteresse mentre, in realtà, voleva fare quella domanda da quando erano entrati in quella stanza.
-Mh..- Mugugnò in senso affermativo Charlotte in modo distratto, mentre voltava la pagina.
-E.. E ti ha parlato di me?- 
-Perchè diavolo avrebbe dovuto parlarmi di te?- Rise Charlotte, continuando a dare tutta la sua attenzione alle pagine di quel grosso volume, come se fosse stato il suo unico, grande amore.. Beh, forse lo era davvero.
-Sono in rotazione con lei.. E stamattina abbiamo avuto un intervento.. E.. E niente, sono stato bravo.. Mi chiedevo se ti avesse detto niente di me..- Borbottò sempre più imbarazzato il biondo che iniziava a pentirsi di aver fatto quella domanda a Charlotte. 
Charlotte. Non la sopportava. Aveva la fortuna di avere Torres come mentore e aveva tutta l'aria di una che non apprezzava affatto il dono che aveva ricevuto, oh, se solo fosse stato suo quel dono.. Se solo avesse avuto l'opportunità di riuscire a passare più tempo con la bella latina! Sì, aveva un certo interesse per lei che andava ben oltre l'interesse che dovrebbe avere uno studente per il suo insegnante, interesse che stava crescendo in modo esponenziale da quando, negli ultimi giorni, aveva avuto la rotazione a ortopedia: Callie era raggiante in quel periodo, come non lo era mai stata e quel sorriso, beh, quel sorriso felice aveva fatto perdere la testa a Sean, completamente.
-No, di solito mi parla degli interventi che deve eseguire con me, non con gli altri specializzandi.- Spiegò alzando le spalle. E di Arizona.. Avrebbe voluto aggiungere al ragazzo che sembrava volersi intromettere fin troppo tra Callie e il chirurgo pediatrico e, anche se lui non poteva saperlo, Charlotte non poteva permettere che qualcosa potesse mettersi tra lei e quella che era diventata la sua missione. 
-Mh.. Peccato. Mi ha fatto un sacco di complimenti..- Constatò alzando le spalle il biondo, facendo scappare un mezzo sorriso vittorioso a Charlotte: era stato più facile del previsto farlo allontanare dalla sexy Callie Torres.
-Perchè non le chiedi di uscire? Non le piaci come chirurgo ortopedico ma magari come ragazzo..- Consigliò Lexie con un sorriso, cercando di tirare su il morale al ragazzo che, si vedeva, si era un po' abbattuto. 
-No!- Urlò con voce stridula Charlotte: non era riuscita a fermarsi, le parole di Lexie erano state come una molla che serviva a far scattare un meccanismo, la reazione era stata inevitabile. -Cioè..- Borbottò imbarazzata dopo aver sentito l'attenzione dei suoi due colleghi su di lei -Le storie tra capi e subordinati non vanno quasi mai bene, lo sai..- Non poteva dire che dopo anni, finalmente, si stava presentando l'occasione di vedere Callie felice e che le attenzioni di Sean potevano allontanare Arizona e far pensare alla latina che poteva essere una buona distrazione, non poteva dirlo perché l'aveva promesso, aveva promesso al suo capo di mantenere il suo grande segreto. Stupidi segreti.. -Prendi Robbins e Leah.. Disastro. O Stephanie e Avery.. O Sloan e Lexie!- Elencò per dare più credibilità alla sua affermazione, pentendosi subito dopo di aver aggiunto all'elenco Lexie e Mark: Charlotte sapeva che la mora ci stava ancora male e sapeva di averle inflitto, con quelle parole, una spada dritta nel cuore. 
Non riusciva a fermarsi: lei parlava, agiva seguendo solo l'istinto, senza prestare troppa attenzione alle conseguenze e poi se ne pentiva. 
-Tra mia sorella e Derek è andata bene, anzi, sta andando bene..- Disse in tono sommesso Lexie, tentando di ricacciare indietro il nodo alla gola che le era appena venuto: no, non le era ancora passata l'enorme cotta per Mark Sloan e, ogni volta che lo vedeva in ospedale provarci con una o l'altra infermiera, le bolliva il sangue dalla gelosia ma.. Beh, voleva far credere a tutti che fosse solo un ricordo ciò che provava per lui.
-Sono un caso su un milione.- Ribattè con sicurezza Benson, incrociando le braccia al petto.
-Non è vero.- Si aggiunse Sean – Prendi Hunt e Yang..- 
-Loro.. Beh.. Loro fanno parte di un altro milione.- Si intestardì la ragazza-dai-capelli-blu facendo sorridere gli altri: se ne rendeva conto anche in quel preciso istante, doveva sembrare una bambina che si ostinava a difendere un punto a tutti i costi.
Quando la porta si aprì all'improvviso, Charlotte ringraziò mentalmente chiunque  stesse interrompendo quel momento, non avrebbe saputo più portare a casa il punto, quelle erano le migliori motivazioni per cui qualcuno non avrebbe dovuto invitare a cena Callie Torres, non ce n'erano altre.
-Charlotte, sei qui? Ti ho cercata ovunque..- Leah aprì la porta solo quel tanto che le permetteva di sbirciare dentro e di far sentire la sua voce, quel tanto che bastava per far provare a Charlotte un brivido freddo lungo la spina dorsale: era riuscita a evitarla per un bel po' di giorni, si era fatta cambiare alcuni turni per averli opposti a quelli di Murphy, quando, per caso, si ritrovavano a casa insieme, Charlotte fingeva sempre di studiare o di essere impegnata in qualche altra importantissima attività che proprio non poteva rimandare perché davvero davvero, davvero non voleva affrontare la castana riguardo i suoi sentimenti per lei, non avrebbe saputo che dirle, non avrebbe saputo che fare dopo il rifiuto.. Avrebbe dovuto cambiare casa? O addirittura Stato? Leah era tanto imprevedibile quanto pazza, l'avrebbe certamente ossessionata a vita.
-Sì.. Noi stavamo studiando, però..- Borbottò Charlotte, mostrando alla sua coinquilina il volume che aveva in mano e i cartoncini bianchi su cui erano scritti i quesiti, sperando così di convincere la matricola ad andare via, a rimandare quel dannato discorso. 
Non voleva ferirla, ecco la verità. Non sarebbe stato difficile cambiare casa nel caso Leah avesse iniziato a comportarsi da maniaca ma il pensiero di infliggere lei l'ennesima pugnalata al cuore di quella che, in fin dei conti, era una sua amica la metteva in ansia. Ovviamente non l'avrebbe mai detto a nessuno, nossignore.
-Devo solo parlarti di una cosa, solo un minuto..- 
La tentazione di trovare un'altra scusa era forte ma la gomitata di Lexie che la esortava a non rimandare più e il -Per favore..- mormorato da Leah con un tono così arrendevole la spinsero ad alzarsi da quel letto e andare verso la porta.
-Ok, ho cinque minuti..-Sbuffò uscendo dalla porta bianca seguita dalla sua coinquilina che chiuse, poi, la porta.

Il pavimento dei corridoi del Seattle Grace Mercy West era calpestato da centinaia di persone ogni giorno tra addetti ai lavori, pazienti e visitatori eppure era sempre lucido, proprio come la prima volta che Charlotte aveva messo piede lì dentro, sembrava lo stesso, mattonella per mattonella. Sapeva che l'igiene negli ospedali era importante, sapeva che veniva lavato più volte al giorno, non era della pulizia che si stupiva, infatti, ma del fatto che non sembrava minimamente consumato dagli anni o dalle persone, era come se fosse stato incantato, un eterno pavimento lucido e nuovo; in quello le ricordava un po' Leah, in effetti: il suo cuore era stato calpestato da tante persone, eppure era sempre pronta ad aprirlo agli altri, proprio come se fosse stato nuovo, come se non avesse mai avuto esperienze negative e, sì, un po' la invidiava per questo, lei non ne era capace.
Procedevano con passo lento verso le macchinette del caffè di quel piano, in religioso silenzio, ascoltando i rumori di un ospedale che viveva intorno a loro: annunci all'altoparlante che cercavano qualcuno, passi veloci di dottori che avevano fretta, parole, risatine, pianti.. Era tutto normale per loro, così normale che non ci facevano mai caso troppo presi, com'erano tutti, dal pensare ai fatti propri ma in quel momento la-ragazza-dai-capelli-blu non voleva pensare ai suoi problemi perché tra questi c'era la sua coinquilina che provava delle emozioni che lei non riusciva, non poteva ricambiare.
Leah si fermò all'improvviso e Charlotte alzò lo sguardo dal pavimento per guardarla sorpresa: la matricola stava prendendo un respiro, stava per iniziare a parlare e così Benson la imitò: lì serviva davvero un bel respiro per affrontare quella situazione.
-Non è facile dire ciò che voglio dirti..- Iniziò con voce flebile, inchiodando questa volta lei gli occhi al pavimento: non l'aveva mai presa per una persona timida, era strano vederla così titubante.
-Allora dillo e basta.. Come togliere un cerotto, capito?- Provò ad aiutarla: quello era proprio un cerotto da togliere, erano giorni che viveva con il timore di ciò che sarebbe successo, di ciò che avrebbe detto, era meglio ascoltarlo, essere sinceri a riguardo e basta.
-Un cerotto..- Mormorò in modo quasi impercettibile Murphy, voltandosi poi verso la sua amica. -Mi sono innamorata di te!- Tirò fuori in un solo fiato, attaccando tutte le parole per fare più in fretta, con il risultato di farla sembrare una lunga e inesistente parola quasi urlata con imbarazzo. -E mi chiedevo se.. Se ti andava di uscire, di frequentarci, di..- 
-Ehi, ehi, ehi.. Stop, basta.- La interruppe la-ragazza-dai-capelli-blu sopraffatta dal fiume di parole in cui la sua coinquilina la stava affogando. -Leah.. Io non credo dovremmo frequentarci, io.. Io non sono la persona giusta per te.- Affermò con tono secco. Cercare le parole giuste era complicato. Come si fa a rifiutare una persona senza ferirla o offenderla? E' impossibile. -E.. E non credo sia amore quello che provi per me: l'amore è qualcosa che ti fa stare bene, che non ti fa soffrire e piangere, che..- 
-Tu non capisci un cazzo dell'amore, Charlotte.. L'amore fa stare male da cani, fa contorcere lo stomaco dal dolore..Tu non lo capisci.- Questa volta fu Leah a interromperla, il tono arrabbiato e offeso non era proprio ciò a cui puntava Benson provando a spiegare cos'era l'amore. Ma come poteva lei, che non era certa di averlo mai provato, spiegare a qualcuno che, forse, nemmeno l'aveva mai provato, cos'era l'amore? Per Charlotte era la sua famiglia, era la chirurgia, erano i suoi amici, erano le persone e le cose di cui non riusciva a fare a meno, era Lexie, la ragazza per cui aveva una mezza cotta ormai da qualche anno ma la guardava con malinconica rassegnazione, sapeva che nel cuore della moretta c'era solo posto per Sloan e non sperava in niente più dell'amicizia che condividevano: forse per quello non stava male, forse per quello non le si contorceva lo stomaco solo a pensarci, dove non c'è speranza non può esserci dolore, lì può esistere solo quella leggera mancanza, quel vuoto che non faceva male ma non faceva nemmeno stare davvero bene. Forse, quindi, aveva ragione Leah a dire che non capiva un cazzo dell'amore, ma non per questo la cosa le stava bene. 
-Tu sì, invece?- Alzò la voce anche lei, spazientita dalla reazione della sua amica. -Tu capisci? No, perché mi pare che quella che si innamora almeno una volta al mese sia tu, sempre di persone completamente diverse, a volte opposte.- Sbottò Charlotte. -E la cosa assurda è che nemmeno le conosci! Tu di Karev cosa sai, a parte che fa il chirurgo pediatrico? E di Arizona? So più cose io di lei di quante ne sappia tu! E di Sloan? Che sai tu di Sloan?- Forse stava sbagliando a buttarle addosso quelle cose ma in quel momento non vedeva alternative: Leah conosceva l'amore proprio quanto lei, non di più, non di meno, l'unica cosa che le differenziava davvero l'una dall'altra era che Charlotte non si invaghiva della prima persona che si mostrava appena interessata, lei non si faceva mille film mentali su una persona quasi sconosciuta, non li ossessionava pretendendo qualcosa in cambio, lei non... Lei non cercava affetto in giro. 
Alzò lo sguardo verso la castana ormai in lacrime e si sentì un'idiota per aver capito solo in quell'istante chi davvero fosse Leah Murphy: una ragazza che cercava affetto sincero e riceveva solo rifiuti e prese in giro, perfino da chi si diceva suo amico, come lei. Certo, tutto con una certa dose di psicopatia.
-Un mese.- Disse infine Charlotte, dopo aver preso un respiro. 
-Cosa?- 
-Un mese. Se dopo un mese quello che provi non è ancora passato, allora.. Beh, uscirò con te.- Sospirò arrendevole, vedendo tornare il sorriso sul volto della sua coinquilina.
In che razza di casino si era cacciata?

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


E dopo mesi e mesi e mesi di assenza.. Eccomi! No, non ho abbandonato la storia, mi sono ripromessa di finirla e la finirò anche se, come avrete notato, purtroppo non riuscirò ad aggiornare con regolarità.. Mi spiace davvero ma spero che continuiate a seguire la storia.. Ora! Bando alle ciance, ecco il dodicesimo capitolo! Buona lettura!

Era tutto al proprio posto: il televisore al plasma attaccato al muro come se fosse un quadro, il divano in pelle, i mobili, gli oggetti, niente era stato spostato, niente era stato aggiunto o tolto, anche nelle altre stanze era tutto esattamente come era stato lasciato il giorno che aveva deciso di andare a vivere nell'appartamento di Leah, allora perchè sembrava una casa così diversa da quella in cui aveva vissuto fino a pochi mesi prima? C'era qualcosa che lo faceva sembrare un luogo estraneo e, in qualche modo, ostile o forse l'appartamento era sempre lo stesso e a essere cambiata era lei: in fin dei conti sì, si sentiva diversa, le ferite che aveva lasciato Julia al suo orgoglio stavano guarendo, sapeva che per quelle più profonde ci sarebbe voluto ancora del tempo ma era fiduciosa che con tutti i cambiamenti che stavano avvenendo nella sua vita tutto sarebbe andato per il meglio, stava tornando l'Arizona ottimista che era un tempo, stava ritrovando sè stessa, come poteva non andare bene? In quel momento, però, l'unica cosa che desiderava il chirurgo pediatrico era raccattare gli oggetti che le servivano per la nuova casa e andare via di lì più in fretta che poteva, sbattere la porta dietro di lei e mettere in vendita quel luogo pieno di brutti ricordi, non vederlo mai più, dimenticarsi della sua esistenza.
Il letto in camera, che aveva ancora le stesse lenzuola che c'erano su l'ultima volta che era stata lì, era pieno di valige, vestiti, libri e oggetti: la bionda aveva svuotato tutti gli armadi e stava decidendo cosa portare nella nuova casa e cosa lasciare, anzi, cosa gettare via insieme al suo passato ma quello si stava rivelando un compito arduo, sembrava quasi le servisse tutto, dannazione! Qualsiasi oggetto su cui posava lo sguardo sembrava utile, quasi indispensabile e davvero, davvero, davvero non poteva portarsi via tutto.
-Sei sicura di non aver bisogno di una mano?- Era così persa nei suoi pensieri e nei suoi ricordi che la voce di Callie le era arrivata da lontano, ovattata ma anche quel lieve suono riuscì a distrarla dalla confusione che aveva in testa. Anche il chirurgo ortopedico non sembrava a suo agio lì dentro, notò Arizona una volta che si voltò verso di lei, stava sulla soglia della camera da letto, non aveva mosso un passo verso l'interno, continuava a guardare verso la porta d'entrata con la schiena appoggiata allo stipite e le braccia incrociate al petto.. Eggià, la sua cara Calliope voleva andarsene via quanto, se non più, lei, era chiaro come il sole.
-Prima sapevo cosa prendere, avevo fatto anche una lista.- Spiegò la bionda continuando a prendere oggetti dal letto, osservarli, metterli nel borsone rosso che aveva portato e poi rimetterli sopra al letto, odiava essere così insicura e indecisa. -Ma adesso che sono qui sembra che mi possa servire tutto.- Sbuffò spostando il suo sguardo azzurro verso la donna sulla porta che provò a sorriderle.
Ah, quel sorriso e le cose che le faceva: era come il sole, avrebbe potuto illuminare una stanza buia, ne era convinta.
-Prendi solo le cose che hai segnato..- Le suggerì la latina avvicinandosi al letto dove era seduta Arizona. -Se poi ti serve altro, torniamo un altro giorno con un'altra lista, no?- Ed eccola lì, seduta accanto a lei, con quel sorriso che faceva venir voglia di mangiare quelle labbra carnose. La sensazione che aveva avuto quel pomeriggio si era rivelata verità, l'interesse era reciproco: da quando avevano condiviso quel quasi bacio interrotto da Mark, Calliope sembrava cambiata nei suoi confronti, era passata dall'indifferenza totale di qualche tempo prima, all'amicizia e poi al flirt più sfrenato, non passava giorno senza che le orecchie di Arizona non venissero accarezzate dalla risata suadente di Callie, il contatto fisico era aumentato notevolmente, i tocchi quasi casuali che Torres le dava mentre parlavano erano innumerevoli, per non parlare di quei sorrisi mozzafiato, degli sguardi pieni di.. Di qualcosa che faceva venir voglia ad Arizona di stringerla e non lasciarla più andare ma c'era altro, sempre che era successo quel pomeriggio, che non le permetteva di lasciarsi andare come avrebbe desiderato: la latina voleva dei figli.
-Non lo so, il piano era quello di vedere questa casa il meno poss..- Quando si voltò si ritrovò faccia a faccia con Callie, i loro nasi quasi si sfioravano e lei non riuscì più a respirare, figurarsi finire la frase. Il suo sguardo cadde dagli occhi scuri e pieni di vita alle sue labbra piene e invitanti sulle quali si soffermò per parecchi secondi. Oh, quanta voglia aveva di avvicinarsi ancora di più, azzerare la distanza che esisteva tra loro in quel momento, sentire il calore di quelle labbra sulle sue, il loro sapore, l'odore inebriante della pelle di Calliope, abbracciarla come mai aveva osato fare, riusciva a sentire le sensazioni che avrebbe provato anche senza muoversi di un millimetro, sapeva che la realtà sarebbe stata anche mille volte meglio della sua immaginazione ma non poteva, doveva resistere. Era stata con tante diverse donne, non gliene era mai fregato niente di ciò che loro volessero dalla vita, se desiderassero essere donne in carriera o casalinghe, libere e senza responsabilità personali o madri di famiglia, non gliene era fregato mai niente nemmeno con sua moglie e, forse, proprio questo aveva spinto la rossa a pensare da sè ai propri desideri. Con Callie sarebbe stato diverso, ecco cosa si promise: non avrebbe spezzato il cuore di entrambe entrando in una relazione che le avrebbe portate solo alla distruzione visti i loro sogni così diversi. Lei non voleva dei figli, non desiderava un matrimonio, voleva solo essere felice e serena, qualsiasi cosa questo comportasse. Ma cosa l'avrebbe resa davvero felice? Calliope. E cosa l'avrebbe distrutta definitivamente? Sempre Calliope. Non poteva correre il rischio, non voleva correre il rischio. Non con lei.
Abbassò lentamente il suo sguardo verso i suoi piedi con un sospiro profondo lasciando negli occhi della latina un velo di amarezza e delusione, lo sentiva anche senza guardare, quegli occhi riuscivano a comunicare con lei anche quando non aveva con loro un diretto contatto visivo.
-Dicevo..- Riuscì a mormorare dopo essersi schiarita la voce con un colpo di tosse -..Che il piano era quello di vedere questo posto il meno possibile ma forse hai ragione: prenderò solo ciò che era in lista e, casomai, tornerò un altro giorno a prendere il resto.- Andare via da quello che stava succedendo era una buona strategia, non sarebbe stata in grado di resistere se Callie si fosse avvicinata così tanto un'altra volta.
-Ok..- Sospirò Torres rialzandosi e prendendo la lista dal comodino vicino al letto per aiutare la sua amica a finire in fretta.
Era delusa? Oh, sì. Delusa e confusa, a dirla tutta. Era convinta di piacerle, insomma, si era avvicinata anche lei quel giorno in casa loro, una settimana prima, anche lei aveva tentato di baciarla, lo desiderava anche lei e allora perchè poi aveva fatto così tanti passi indietro? Voleva fargliela pagare per tutti quegli anni di silenzio? O, più semplicemente, era tutto nella sua testa e Arizona non era mai stata interessata a lei? Questo sì, era più probabile. Lanciò uno sguardo allo specchio sopra alla cassettiera di fronte al letto e solo una domanda riuscì a farsi strada nella sua mente: davvero Leah Murphy era più desiderabile di lei? Era davvero caduta così in basso? Sospirò: non era sicura di voler sapere la risposta, la verità avrebbe con tutta probabilità fatto sciogliere il nodo che aveva in gola in mille lacrime che non aveva voglia di versare davanti alla bionda.
Un fascicolo sulla cassettiera attirò la sua attenzione e si avvicinò per guardarlo meglio.
-Lo sai che questo non dovresti averlo tu, vero?- Rimproverò la sua amica sventolando con la mano destra l'insieme di fogli contenenti tutte le informazioni sull'intervento che la bionda aveva effettuato ormai parecchio tempo prima. Quella roba doveva stare in ospedale, nell'archivio, non nella camera da letto del paziente e Arizona, più di qualsiasi altro paziente, doveva saperlo.
-L'originale è in archivio, tranquilla.- Cinguettò la dottoressa Robbins -Ho fatto le fotocopie mentre il personale in ufficio era in pausa pranzo.- Concluse inserendo nelle sue parole un tono soddisfatto e orgoglioso dell'azione compiuta, orgoglio che Callie proprio non capiva.
-..E cosa te ne fai?- Chiese la latina corrugando la fronte: erano brutti ricordi, no? Perchè voleva rivivere quei momenti ancora e ancora e ancora a causa di quella cartella clinica in camera da letto? Lei sarebbe diventata pazza, non ce l'avrebbe fatta nemmeno a guardare quel mucchio di fogli.
-Adesso niente.- Rispose il chirurgo pediatrico sorridendo -..Ma prima volevo controllare com'era andata.-
La latina storse le labbra in una smorfia: non era abbastanza ovvio il risultato dell'operazione?
-.. E avevi bisogno di controllare sulla cartella per sapere com'è andata?- Disse guardando la gamba sinistra della bionda, quella che aveva la protesi. Si maledisse subito dopo quelle parole volate troppo in fretta fuori dalla sua boccaccia, non voleva ferirla, non voleva offenderla, solo che con lei si trovava così a proprio agio che a volte non si preoccupava nemmeno di controllare cosa usciva dalle sue labbra.
La reazione di Arizona sorprese Callie: le sue labbra si aprirono in un grande sorriso divertito, sghignazzando come se quella della sua amica e collega fosse stata una gran battuta. -Sì, com'è andata a finire è piuttosto ovvio per chiunque mi guardi, lo so!- Ridacchiò, facendo una pausa subito dopo.
Callie sentì l'aria diventare più seria, come se la conversazione si stesse spostando su qualcosa di grave e importante e, visto l'argomento trattato, era piuttosto certa di cosa Robbins volesse parlare.
-Ciò che volevo davvero controllare era se c'era un appunto o qualcosa che mi facesse capire perchè dopo avere preso il mio caso, l'hai lasciato all'improvviso. E' una domanda che mi pongo da tanto tempo ma non ho mai avuto l'occasione di chiedertelo.- Ed ecco che il sospetto di Calliope diventava una orrenda, orrenda realtà: non poteva non risponderle, non poteva mentirle.. Cosa fare, dunque? Il silenzio che era sceso in quella stanza dopo le parole di Arizona stava diventando teso e imbarazzato come quelli che condividevano in sala operatoria prima di avvicinarsi, il chirurgo ortopedico si mordicchiò il labbro inferiore pensando a ciò che fare. -Chi ti ha detto che ho rinunciato? Nelle cartelle non c'è il mio nome, non c'è niente che possa farti pensare a un mio coinvolgimento come medico, potrei benissimo essermene disinteressata o essere stata impegnata con altri pazienti..- Negare non sembrava un piano pessimo, dopotutto. La cartella parlava chiaro: il suo nome non veniva mai, mai menzionato, era stata una sua esplicita richiesta, anche se aveva seguito il ricovero della bionda passo per passo, dal suo arrivo alla dimissione. Beh, non doveva per forza venirlo a sapere, no?
-Me l'ha detto Charlotte, mi ha raccontato che hai studiato il mio caso e hai scelto personalmente ogni membro dell'equipe operatoria ma non hai partecipato all'intervento per qualche misterioso motivo.- Sospirò Arizona. Benson, certo. Figurarsi se riusciva a starsene buona e zitta per una volta! La aspettava minimo un mese di punizione, le avrebbe fatto fare il lavoro di routine delle matricole, l'avrebbe riempita di scartoffie da compilare, le avrebbe fatto fare ore e ore di laboratorio senza portarla in sala operatoria, avrebbe.. Avrebbe fatto diventare Jo Wilson la sua nuova pupilla, ecco cosa!
-Calliope.. Cos'è successo? Ho il sospetto, anzi, la certezza, che c'entri qualcosa Julia in tutta questa storia..- Voleva saperlo, era il momento giusto per chiederlo. -Qualunque cosa sia capitata, qualsiasi cosa tu abbia fatto o pensato, Callie, ormai è passato, ho accettato la mia condizione e non me la prenderò con te, davvero, però dimmi perchè, ho bisogno di saperlo.- Era un tarlo che le mangiava il cervello ormai da troppo tempo, cosa diavolo era successo?
Callie sospirò -Arizona..- Disse solo, indirizzando lo sguardo verso gli occhi azzurri e pieni di domande di Arizona, occhi che erano stanchi di non sapere, quasi disperati.

Era pallida, aveva i capelli sporchi, lividi e bende che le coprivano le ferite ovunque, perfino sul viso, eppure a Callie sembrava sempre che fosse la donna più bella della Terra e vederla in quello stato le stava provocando una strana sensazione nello stomaco, come un lieve dolore, una leggera sensazione di nausea, di qualunque cosa si trattasse era poco piacevole, qualcosa di cui si sarebbe voluta liberare il più in fretta possibile, eppure il chirurgo ortopedico non riusciva a togliere gli occhi, ormai inumiditi dalle lacrime che stava tentando di trattenere, dalla figura in quel momento così fragile e impotente stesa sul lettino.
-.. Quindi, dopo aver guarito l'infezione con l'aiuto di potenti antibiotici..- Charlotte Benson, giovane specializzanda, stava ancora parlando, spiegava cosa avrebbero fatto alla gamba sinistra di Arizona, come sarebbero riusciti a evitare di amputarla, come avevano invece suggerito altri suoi colleghi in precedenza; loro però non erano Callie Torres, la rockstar della chirurgia ortopedica, loro rappresentavano la mediocrità, i metodi obsoleti e la poca voglia di aiutare veramente il prossimo a stare meglio, senza contare che a loro non interessava niente di Arizona, della sua gamba o, addirittura, della sua vita: per loro, la bionda era solo un paziente come altri mille ed era soprattutto per questo che Callie aveva insistito con Webber per prendersi cura lei stessa di Robbins, per studiare il suo caso, consultarsi con gli ortopedici migliori del mondo, approfondire le tecniche più avanzate per i casi come quello, proprio come aveva fatto.
Le avrebbe salvato la gamba, era il suo modo di dire ”mi dispiace”, ”scusa di averti ignorata”,”diventiamo amiche”, era il suo modo di lasciare il passato indietro e andare avanti con quella che poteva essere fin dall'inizio una meravigliosa amicizia a parte che, una volta entrata in quella stanza, si era resa conto che non poteva guardare Arizona con gli occhi degli amici, non ce la faceva.
Era passato un sacco di tempo dall'ultima volta che aveva visto il chirurgo pediatrico, almeno un anno, e pensava di essere riuscita a passare oltre quei sentimenti e quelle emozioni così inadeguate che provava per una donna prima fidanzata e poi sposata, ma si sbagliava: tutto quell'uragano di sensazioni era solo addormentato da qualche parte dentro di lei e si era risvegliato all'improvviso quando aveva visto il viso segnato dal dolore che stava ancora osservando, era come se il tempo non fosse mai passato, come se quell'anno non ci fosse mai stato e questo faceva male a Callie, male perchè era infatuata di una donna che non sarebbe mai potuta essere sua e non esisteva persona o modo per togliersela dalla testa.
Arizona era andata avanti con la sua vita da quel bacio dentro al bagno dell'Emerald, Callie, invece, no.
Questo pensiero le fece perdere il controllo che, fino a quel momento, stava avendo sulle sue lacrime che iniziarono a scivolare lente e pesanti come macigni sul viso della latina, il tutto mentre la specializzanda dai capelli blu ancora parlava.
-Vai via.- Le intimò Torres dandole le spalle, con un tono che forse le era uscito più freddo del previsto ma erano uscite dallo stesso gelo che provava dentro, come poteva uscire qualcosa di diverso dal ghiaccio?
-..Ho.. Sbagliato qualcosa?..- Fu un sussurro quello di Charlotte, un soffio insicuro appena udibile da Callie che si affrettò a ordinarle ancora, con meno pazienza e più gelo un -Vai via.- Alzando appena la voce nel modo più autorevole che conosceva.
Non era sicura di quanto tempo passò da quell'istante fino a che non sentì la porta chiudersi nuovamente, forse secondi, forse intere ore, ma appena accadde, appena fu sola, tutta la tempesta che stava trattenendo dentro esplose in un pianto disperato per Arizona, per le sue condizioni, per sè stessa, per non avere una via di uscita da emozioni che non voleva provare, che non doveva provare!
-Scusami, Arizona, scusami!- Singhiozzò alla donna addormentata dal coma farmacologico -Scusa se ti ho evitata, scusa se non riesco a mandare via queste sensazioni, scusa se non posso farne a meno.- Si scusò e si scusò ancora, chiese perdono anche per cose che non avevano senso, come per il sogno che stava vivendo brutalmente interrotto dall'incidente che la bionda aveva avuto. Stava scaricando tutta la tensione che aveva vissuto per quella situazione, le prese in giro delle infermiere, la vergogna per la figuraccia al bar, le occhiatacce che le lanciava Novak quando la incrociava.. Stava uscendo tutto fuori in quel momento ed era assurdo perchè fino a pochi minuti prima non sapeva nemmeno di starci così male.
La porta si aprì nuovamente e una scia di capelli rossi entrò veloce nella stanza.
-Torres, grazie!- Sospirò sollevata l'infermiera richiudendo la porta e rilasciando una leggera risata nervosa -Pensavo che dopo tutta la merda che ti ho fatto passare non avresti nemmeno visitato Arizona, invece mi ha detto Webber che tu..- L'infermiera rossa si interruppe all'improvviso una volta che riuscì a vedere bene il viso del chirurgo ortopedico seduto sul letto di sua moglie. -Tu... Tu stai piangendo.- Non era una domanda, proprio no, era un'osservazione fatta con lo stesso tono che, poco prima, Callie aveva riservato a Benson.


I suoi dolorosi ricordi vennero interrotti dal suo cercapersone che continuava a emettere un fischio acuto e  fastidioso, anzi, venne interrotta dai cicalini di entrambe.
-Credo proprio che dovremmo andare..- Mormorò Arizona indicandole con il dito il cercapersone allacciato alla cintura, emettendo subito dopo un sonoro sbuffo indispettito.
-Mega incidente..- Disse Callie con un sospiro, dopo aver letto e spento l'allarme del dispositivo.
Lasciarono tutte le valigie e tutti gli oggetti sul letto e si  avviarono velocemente e in silenzio verso la porta d'ingresso di quello che era il nido d'amore di Arizona e Julia e che per Callie rappresentava.. Beh, l'inferno.
-Promettimi che il discorso non è finito, Calliope.- La fermò Arizona pregandola con lo sguardo e con il tono della voce. -Promettilo..-
Torres si fermò che ormai era fuori dalla stanza e si voltò: poteva dirle di no, voleva dirle di no ma ciò che uscì dalle sue labbra fu un semplice -Te lo prometto, Arizona.-



Mark non conosceva lo spagnolo. Nemmeno una parola, davvero. Al liceo saltava quelle ore a piè pari, decisamente era moolto meglio nascondersi sotto le tribune del campo di football con qualche ragazzina che aveva rimorchiato piuttosto che spappolarsi il cervello con un linguaggio inutile. Insomma, lui parlava inglese, che diavolo! Tutto il mondo sapeva l'inglese, tutto il mondo lo studiava, perchè diamine avrebbe dovuto imparare una nuova lingua con la quale esprimersi?
Eppure, in quel momento, tutto ciò che desiderava era tornare indietro nel tempo, prendere in mano il libro di spagnolo e memorizzarne ogni sillaba, compresa la prefazione e il sommario. E provarci con la sexy professoressa madrelingua ma quello era un altro discorso.
Era più di mezz'ora che Callie continuava a borbottare, anzi, a urlare la sua frustrazione in spagnolo mentre continuava a camminare avanti e indietro per la stanza con fare alterato, mentre lui non poteva fare altro che stare lì in un angolo con le braccia incrociate davanti al petto e gli occhi perplessi e impotenti ancorati alla sua ex coinquilina.
Aveva provato a calmarla, oh se aveva provato! Le aveva urlato contro a sua volta, l'aveva presa per le spalle e scossa, aveva provato addirittura a darle ragione, qualunque fosse l'argomento, ma non aveva avuto alcun risultato, sembrava essere invisibile agli occhi di Callie, l'unica cosa che le importava in quel momento era Sean Cameron e il casino che aveva combinato in sala operatoria.
-No es posible, eres irresponsable, la vida de ese hombre estaba en sus manos y que soñaba con los ojos abiertos!- Era almeno la decima volta che lo urlava, quello doveva essere il punto fondamentale del suo discorso, immaginò Mark mentre spostava lo sguardo azzurro verso il motivo di tutta quella rabbia: Sean era lì, immmobile, sembrava non respirare nemmeno, aveva lo sguardo basso e mormorava qualche scusa ogni tanto, lo faceva con così poca voce e con un tono così arrendevole che sembravano veri e propri sospiri più che parole; il chirurgo estetico sbuffò e ricontrollò per l'ennesima volta il suo cercapersone: no, di Robbins o Benson nessuna traccia ancora, erano in sala operatoria, questo significava che le sue due migliori opzioni per far finire quella follia erano fuorigioco.
-Io.. Dottoressa Torres.. Non so cosa risponderle, non capisco lo spagnolo..- Sospirò lo specializzando biondo, lasciando sempre la testa rivolta verso il pavimento e le braccia a penzoloni.
Un patetico ragazzino, ecco cos'era, Sloan questo l'aveva sempre pensato.
-El no sabe espanol!- Urlò Callie dopo essersi fermata di fronte a lui, con tutto il fiato che aveva in corpo -C'è qualcosa che tu sappia fare, Cameron? Esiste?-
Ok, l'intervento di poche ore prima era stato un disastro, davvero: il poveretto sotto ai ferri si era salvato per il rotto della cuffia, Callie e April erano riuscite a strapparlo via dal freddo abbraccio della morte prendendolo per i capelli.. E pensare che si trattava solo di un'amputazione! Sean era stato deconcentrato per tutto il tempo, troppo impegnato a essere incantato dai magnifici occhi castani che stavano di fronte a lui, dalla voce suadente della sua insegnante, dal movimento delicato e, allo stesso tempo forte e veloce, di quelle mani guantate.. Callie Torres era perfetta ed era una tremenda fonte di deconcentrazione per Sean. Doveva dirlo? Forse sì. Doveva confessarlo in quel momento? Oh no, meglio di no, Torres l'avrebbe mangiato vivo e non nel modo che sarebbe piaciuto a lui, no, gli avrebbe dilaniato le carni con i denti, distrutto le ossa con il solo tocco delle sue fantastiche mani.. Meglio non dirlo in quella circostanza.
-Io.. So fare tante cose, sono tra i migliori del mio anno..- Borbottò tentando di non mettere troppo orgoglio dentro quelle parole, anche se beh, era vero! Quando aveva iniziato erano venti matricole, cinque per ogni gruppo e dopo cinque anni erano rimasti solo in tre. In tutto. Lui, Grey e Benson erano i migliori di quel ciclo.
Ok, forse aveva sbagliato anche a ricordare quel piccolo particolare a giudicare dall'espressione dei suoi due insegnanti presenti nella stanza: Sloan roteò gli occhi verso il soffitto con un mezzo ghigno sghembo che gli adornava le labbra e Torres si bloccò di colpo dall'ennesimo giro che stava facendo della stanza chiudendo gli occhi, stringendo i pugni e prendendo un bel respiro, come per calmare i nervi.
-Cameron..- Lo chiamò la latina con un tono di voce così calmo e freddo che quasi faceva più paura delle urla -Vai via da questa stanza prima che ti amputi la lingua.- E ne sarebbe davvero stata capace in quel momento, sia lo specializzando che il chirurgo estetico ne erano convinti.
Il giovane chirurgo non se lo fece ripetere due volte, nossignore. -Io.. Va bene, dottoressa Torres. Chiedo ancora scusa.- Borbottò, uscendo poi dalla stanza il più in fretta possibile.
-Sì, ecco, va' a cercare di uccidere qualcun altro!- Gli urlò dietro Callie dopo che il ragazzo fu uscito dalla stanza.
Era infuriata, infuriata come non lo era mai stata. Tutta colpa di quel ragazzino troppo impegnato a farle gli occhi dolci per impegnarsi in quello che era il suo lavoro.
-L'ho sempre detto che gli specializzandi non dovrebbero toccare un paziente nemmeno per stringergli la mano dopo l'operazione.- Osservò Mark: la sua voce arrivava alle orecchie di Callie ovattata come se fosse molto più lontana di quel che in realtà era, continuava a respirare tentando di calmarsi e di allontanare tutta quella rabbia e l'agitazione che l'avevano investita durante quelle ore.
-Mi sembra che Avery abbia toccato più di un paziente e di certo non per presentarsi.- Osservò la latina riaprendo gli occhi dopo qualche secondo e voltandosi verso il suo amico che la guardava con un sorriso divertito e le braccia ancora incrociate al petto. -Cos'è che ti diverte tanto?- Domandò infastidita dall'espressione del suo ex coinquilino, ci mancava solo essere presa in giro dal suo amico più caro per completare al meglio quella giornata.
-Dovresti uscirci una sera di queste.- Suggerì Mark con tono casuale, come se avesse detto la cosa più banale e ovvia del mondo.
-Con Jackson?-
-Con Cameron! Il mio ragazzo è all'inizio della sua carriera e deve concentrarsi, non può permettersi di distrarsi.-
Aveva capito male. Doveva aver capito male, oppure stava venendo un ictus a Mark e non era più padrone del suo cervello, non poteva intendere davvero quelle parole, non dopo aver sentito tutta la sfuriata, non dopo aver sentito cos'era successo in quella sala operatoria. -Scusa, cosa?-
-Ma sì, è quel momento in cui deve decidere in che direzione mandare la sua carriera, se puntare a..-
-No, no.- Lo interruppe la latina, brandendo il suo dito indice davanti al volto del biondo come se fosse stato un fioretto di scherma. -Intendevo quello che hai detto prima.. Con chi dovrei uscire io?-
-Con Sean Cameron, il patetico biondino che sta per diventare un mediocre chirurgo generico.- Specificò Sloan alzando le spalle e facendo scappare una risata nervosa a Calliope.
-Non lo fai sembrare molto allettante descritto così, sai?- Si buttò seduta sul divanetto nero che il suo ufficio ospitava, seguita subito dopo dal suo amico.
-Va bene, come medico ha ancora molto da imparare, oggi ha fatto un disastro!- Ammise il chirurgo estetico tentando di far ragionare Callie. -Ma non è con il chirurgo che devi uscire, è con il ragazzo che non riesce a toglierti quegli adoranti occhi di dosso.-
Lo sguardo confuso di Callie doveva essere abbastanza esplicito, perchè, senza chiedere ulteriori chiarimenti, l'uomo sospirò e parlò di nuovo.
-Ho visto quello che stava per succedere con Robbins l'altro giorno e.. E sono preoccupato per te.-
Ed ecco il vero problema, il suo rapporto con Arizona. Ovvero, il rapporto che lei avrebbe voluto avere con Arizona.
Da quando, quel giorno, Mark aveva interrotto quel "quasi bacio" o qualsiasi cosa fosse, qualcosa era cambiato tra di loro, era come se Arizona tentasse di evitare anche il minimo contatto fisico e visivo e Callie non lo capiva, ci stava male ogni volta che si sentiva rifiutata: era certa di piacerle.. Beh, quasi certa e non solo perchè si erano quasi baciate, era per gli sguardi che ogni tanto la bionda le rivolgeva, sguardi a volte sognanti, a volte pieni di desiderio, a volte semplicemente interessati a qualsiasi cosa uscisse dalla bocca di Callie.. O forse proprio alla sua bocca, il punto è che era abbastanza sicura di interessarle ma, ogni volta che Callie cercava una situazione più intima o una conversazione più esplicita riguardo i loro sentimenti, Arizona si chiudeva a riccio. Era frustrante. -Non vedo cosa ci sia di preoccupante in due donne adulte che si baciano e il dvd che ho trovato in casa tua mi fa intuire che non la trovi una cosa così disgustosa.- Borbottò il chirurgo ortopedico ricordando il dvd porno che aveva trovato sotto al divano il giorno in cui si era trasferita a casa di Mark.
-Quella è una faccenda a parte..- Borbottò Sloan imbarazzato, abbassando lo sguardo e rialzandolo subito dopo cercando gli occhi della latina. -Ciò che mi preoccupa è il vostro rapporto. Prima lei ti cercava, ti supplicava di parlare con lei e tu la evitavi, adesso è il contrario. Senza contare che lei è.. E' come me, lo sai. Da quando lei e Novak si sono mollate, passa da una donna all'altra senza troppi problemi, non voglio che capiti anche con te.- Erano tutti ottimi spunti di riflessione: come poteva sapere che Arizona non fosse interessata solo al sesso e che, una volta ottenuto, questo suo interesse, tutte quelle occhiate semplicemente cessassero? Non ne era certa, per niente. Per questo voleva parlarne, per non rimanere fregata un'altra volta, un'altra caduta e non si sarebbe più rialzata, era sicura di questo.
-Quello preoccupa anche me.- Mormorò Callie, più a se stessa, in verità. C'era un'altra cosa che la preoccupava di tutta quella situazione: cosa sarebbe potuto accadere se Robbins avesse saputo la verità riguardo la sua gamba, ovvero che Callie era stata costretta a ritirarsi dall'intervento per via dei sentimenti che già provava? Aveva paura della risposta, fottutamente paura.
-Chiodo scaccia chiodo, Torres, ricordalo e questo chiodo bacerebbe la terra dove cammini, mi sembra adatto.-
-Io..  Ci penserò, Mark.- Mormorò tristemente, sentendo il suo sogno di una relazione con  la bionda distante anni luce. Cameron non era di certo il chiodo adatto a scacciare quello che già era piantato nel suo cuore ma forse... -Prima devo fare un ultimo tentativo, però.- Aggiunse con un timido sorriso pieno di ottimismo farsi strada sulle sue labbra.



Charlotte non riusciva a respirare: provava a inalare aria dal naso e dalla bocca ma il risultato era solo un suono che poteva ricordare un fischio acuto come quelli che emettono merli per richiamare l'attenzione e qualche grugnito davvero, davvero buffo. Aveva il volto paonazzo, i muscoli addominali le facevano male come se li avesse allenati per ore dopo anni di sedentarietà e le lacrime le scivolavano incontrollate lungo il viso, mentre non riusciva assolutamente a tenere gli occhi aperti: non aveva mai riso così tanto in vita sua.
Sean, d'altro canto, non si stava divertendo come la sua compagna di studi e le sue labbra strette in un'espressione piccata erano fonte di ulteriore ilarità per il giovane chirurgo dai capelli blu che proprio non riusciva a fermare le risate nemmeno per respirare.
-Se fai un salto in pediatria e chiedi ai mocciosi cos'è un'amputazione ti spiegano passo per passo come farne una!- Riuscì a dire con quel poco di fiato che era riuscita a raccogliere per evitare la totale apnea, la voce le uscì strozzata, come se per farsi spazio verso le labbra avesse dovuto raschiare lungo le pareti della gola.
Aveva ricevuto ben quattro messaggi di aiuto da Torres mentre era in sala operatoria con Robbins, messaggi di completa disperazione, messaggi che riportavano tutti più o meno lo stesso concetto: ”Cameron è un incapace che non riesce nemmeno ad amputare un arto senza uccidere un pover uomo, ti prego, vieni a dargli una mano!” Beh, sì, le parole non erano esattamente quelle ma il senso sì e se Charlotte non fosse stata impegnata a salvare la vita al piccolo Isaac.. O Ivan, o qualunque fosse il suo nome, sarebbe volentieri andata nell'altra sala operatoria a farsi due risate; a rendere la situazione ancora più spassosa, oltretutto, ci aveva pensato Sloan e i suoi messaggi di sos perchè non riusciva a calmare Callie e il suo fiume di parole spagnole e infuriate.
-Sono capace! Solo che.. Te l'ho detto, ero distratto.- Borbottò seccato Sean, ritrovandosi all'improvviso incredibilmente interessato al contenuto del suo piatto appoggiato sul tavolo di legno chiaro della caffetteria dell'ospedale, mentre sentiva gli occhi di tutti i presenti su di lui; in realtà le persone intorno a loro non sembravano essere interessate a ciò che stava accadendo in quel tavolo, era normale vedere qualche specializzando ridere a crepapelle in mensa, serviva non solo ad allontanare la morte contro cui combattevano giorno dopo giorno ma anche a sfogare la tensione accumulata a causa di esami imminenti, interventi difficili e quanto portasse dentro i giovani medici senso di oppressione e, talvolta, angoscia. Per quanto riguardava Benson, beh, l'incombente prova che avrebbe decretato l'inizio della sua vera carriera era un tarlo che continuava a mangiarle il cervello giorno dopo giorno, non riusciva più nemmeno a capire se aveva più paura di fallirlo o di passarlo perchè se l'avesse passato non sarebbe stata più alle costole di Calliope Torres, forse sarebbe andata a lavorare addirittura dall'altra parte del Paese e Charlotte non sapeva come sarebbe riuscita a cavarsela da sola, quel poco tempo che aveva passato con il dottor Cole era stato un incubo, come avrebbe affrontato la sua intera carriera senza lo sguardo attento e talvolta severo di Callie a scrutare ogni passaggio di ogni suo intervento? Era la sua rete di sicurezza, la sua maestra, il suo punto di riferimento, come avrebbe potuto fare a meno? Era davvero pronta ad abbandonare il nido e a spiccare il volo? Era davvero in grado di volare da sola?
-Sì, come dici tu.- Lo schernì ancora una volta la ragazza mentre riprendeva fiato e il suo viso si schiariva lentamente, fino a tornare del chiaro colore naturale.
-Cosa c'è di divertente? Ti si sente fin dall'ingresso del bar..- Una terza voce si intromise nella conversazione, mentre la persona alla quale apparteneva prendeva posto in una delle due sedie vuote che c'erano intorno al tavolo rotondo che stavano occupando, una voce che entrambi conoscevano bene e che li aveva accompagnati per tutto il percorso della specializzazione, era una voce amica, anche se a volte un po' fastidiosa: quella di Lexie Grey.
La mora si sedette tra i due con sguardo interrogatorio e un sorriso sulle labbra, come a voler farsi contagiare da quella risata allegra che aveva scosso fino a qualche istante prima Charlotte.
-Parlavamo di Murphy e di Charlotte che non ha il coraggio di dirle che non ha alcuna intenzione di uscire con lei, nè tra un mese, nè mai.- Si vendicò così il giovane chirurgo biondo, girando il discorso, con aria trionfante, verso qualcosa di cui a Benson non andava proprio di parlare, ovvero della sua coinquilina e della promessa fatta solo qualche giorno prima. Aveva davvero intenzione di uscire con lei scaduto il mese? No. Assolutamente no, la cosa era fuori questione ma.. Ma come faceva a tirarsi indietro?
Lexie sospirò leggermente e appoggiò i suoi lineamenti sottili alla sua mano destra, voltandosi verso il chirurgo dai capelli blu che, se avesse potuto, avrebbe scorticato vivo il suo collega. -Dovresti dirle la verità.. Non la prenderà così male, insomma.. Gliel'hai promesso solo perchè tieni a lei e non vuoi spezzarle il cuore, è una cosa bella.- Suggerì la mora dedicando alla sua amica un sorriso pieno di comprensione e di dolcezza, una delle cose che piacevano di più a Charlotte di lei: la sua dolcezza, il suo apparire così delicata ed essere, in fondo, forte come un leone, la sua super memoria, il suo sorriso.. Tutte cose che, qualche anno prima, avevano fatto capitolare Benson.
Charlotte prese un respiro e pensò alle parole appena dette da Lexie: già, Leah come avrebbe preso la verità? Le avrebbe fatto piacere sapere di avere accanto qualcuno che le voleva davvero bene, anche se non come avrebbe voluto lei, o il suo lato psicopatico avrebbe avuto la meglio e lei si sarebbe trovata a vivere un incubo alla ”Saw”?
-E' Murphy.. Farà finta di prenderla bene, in realtà elaborerà un complicato piano per uccidermi. O, peggio, per rapirmi e tenermi legata al suo letto in modo da avermi tutta per sè.- Borbottò pensierosa la ragazza, facendo scappare un sorriso divertito ai due ragazzi seduti al tavolo: non era un mistero che le azioni di Leah la lasciassero più che perplessa di tanto in tanto, soprattutto quando si trattava di relazioni, così tanto da infondere nella coinquilina anche un velo di timore per la propria e altrui incolumità. Murphy riusciva a diventare un ossessione, una zecca ma non sarebbe mai arrivata a tanto, ne erano certi. Quasi certi.
-Allora che farai?- Domandò Lexie tentando di trattenere quella risata che premeva per uscire dalle sue labbra.
Già, che avrebbe fatto? In ogni caso le avrebbe spezzato il cuore, l'unica decisione che aveva il potere di prendere era quando e dove questo sarebbe dovuto accadere: dopo un mese, magari al tavolo di un ristorante, mentre e spiegava che non aveva avuto prima il coraggio di dirle che no, non le piaceva proprio dal punto di vista sentimentale? O prima della scadenza di quei trenta giorni, dicendole che la speranza di quell'appuntamento e di una futura, ipotetica relazione era solo un'illusione? La castana in quei giorni era piena di allegria, aveva l'aria sognante, sembrava di avere a che fare con un'altra persona, una ottimista e piena di entusiasmo, valeva la pena rovinarle l'umore? Doveva studiare un modo per far sì che quelle emozioni che Leah provava o credeva di provare si affievolissero fino a sparire.
-Avete idea di come riuscire a farsi odiare in un mese?- Propose, facendo finta di non vedere le espressioni di pura perplessità farsi largo nei volti dei suoi colleghi specializzandi. -Magari su internet c'è un tutorial anche per quello..- Aggiunse prendendo dalla tasca del suo camice bianco lo smartphone per connettersi a internet e controllare.
Poteva essere una buona soluzione, no? Spingere la matricola a detestarla così tanto da convincerla, addirittura, a trasferirsi, a non parlarle più, a dimenticare la promessa di quell'appuntamento fatta in modo troppo frettoloso e poco ragionato.
Il tavolo cadde in un silenzio poco confortevole spezzato solo dal tenue rumore del telefono di Benson ogni volta che toccava una parte dello schermo e dal vociare che c'era solitamente in mensa quando era così viva e piena di gente come in quel momento: personale dell'ospedale, pazienti e visitatori, tutti impegnati in qualche conversazione più o meno allegra che poteva adattarsi con l'ambiente illuminato dai timidi raggi solari che riuscivano a entrare dalle ampie finestre e dai neon appesi al soffitto che davano un'illuminazione calda al luogo.
-Stai scherzando.. Vero?- Osò chiedere Sean, sperando proprio che sì, la ragazza scherzasse, che non avesse completamente perso il senno dietro quella storia: ormai aveva dimenticato i maccheroni al formaggio che lo stavano aspettando nel piatto di fronte a lui, ormai dovevano essere diventati freddi, un po' come il caffè preso da Charlotte.
-Devo fare qualcosa.- Sospirò la ragazza -Non posso andare lì e dirle che ho detto ciò che ho detto perchè mi faceva pena: sarebbe umiliante per entrambe e non posso mantenere ciò che ho detto perchè.. Perchè non mi va, ecco perchè.- Sbuffò prendendo poi un sorso del caffè che era andata a bere: freddo. Schifo.
-Continuo a pensare che tu debba dirle la verità.-
-Io dico di no. Chiederò a Torres: lei ha trovato ogni modo possibile per evitare Arizona per ben cinque anni, saprà come evitare una cena, no?- Ecco sì, poteva chiedere consiglio a lei, questa sì che era un'idea.
-Già.. Torres..- Mormorò adirato il biondo: la scottatura per ciò che era successo qualche ora prima non gli era ancora passata, lui non solo aveva fatto una figuraccia con uno dei migliori chirurghi dell'intero Paese, si era anche reso ridicolo davanti alla donna che gli piaceva, era una doppia sconfitta che sarebbe passata così facilmente e pensare che la ragazza di fronte a lui era in una situazione così ridicola e non aveva resistenze dal chiedere consiglio per una cosa così stupida a quella stessa donna perchè avevano un rapporto che lo permetteva.. Beh, questo lo innervosiva ancor di più. -C'è qualcosa che tu sappia fare senza chiedere consiglio o aiuto a Torres?- Si sentiva come un serpente che morde un animale e gli inietta il veleno, a fondo, fino all'ultima goccia.
Il tono astioso e, soprattutto, le parole di Sean fecero risvegliare Charlotte dal torpore in cui era caduta per via di quella storia. Quella frase aveva colpito nel segno, eccome se aveva colpito!
-Cosa, scusa?-
-Hai capito. Sei capace di fare qualcosa senza che la dottoressa Torres sia lì a tenerti la mano, Benson? Perchè a me sembra che tu valga qualche dollaro solo quando c'è lei a farti da mammina, quando sei da sola, invece, sei insignificante.- Tutto quel rancore era uscito prima che lui potesse fermarlo, non pensava davvero ciò che aveva appena detto, se ne pentì non appena richiuse la bocca, chi aveva davvero parlato era la frustrazione, il ricordo di quello che Callie gli aveva detto qualche ora prima, la rabbia che le risate di poco prima gli avevano provocato.
Il veleno custodito in quelle parole si diffuse presto per tutto il corpo della vittima, il sangue ne fu subito infetto: il volto pallido, molto più del solito, di Benson e gli occhi ormai luccicanti di lacrime ne erano un chiaro segno.
Sia Sean che Lexie, rimasta in silenzio fino a quel momento, trattennero il respiro in attesa della reazione della ragazza dai capelli blu, convinti che sarebbe arrivata forte e potente come un uragano, come solitamente succedeva, e rimasero impietriti quando, invece, la loro collega si alzò e corse via dalla caffetteria senza dire n: quelle parole l'avevano, per qualche motivo, spezzata. Il veleno aveva fatto il proprio dovere.
-Charlotte, aspetta!- Lexie si alzò per seguirla mentre Cameron rimase lì seduto a pentirsi di essersi alzato dal letto quella mattina.



I pranzi in famiglia erano sempre strani, in particolari quelli che servivano a festeggiare il giorno del Ringraziamento.
Teddy ci pensava sempre con particolare simpatia: ripensava a suo zio Jack isolato a guardare la partita di football in tv, urlando insulti irripetibili ai giocatori che facevano qualche errore o meglio, quelli che secondo lui erano errori, ricordava le sue cugine che facevano a gara a chi vestiva meglio, a chi aveva il fidanzato più ricco o più bello, a chi aveva più successo nella vita, i suoi genitori e i suoi zii che litigavano furiosamente per qualche ricetta salvo poi, a tavola, ringraziarsi a vicenda e proclamare tutto il proprio amore per tutti coloro che stavano seduti a quel tavolo, ricominciando a dirsene di tutti i colori appena iniziato a mangiare. Strano. Da pazzi.
Il pranzo che stava consumando con Arizona in quel momento, però, era ancora più strano di tutte quelle riunioni di famiglia sommate insieme: Robbins, normalmente piena di energia e di parole, aveva a malapena detto qualche sillaba e il suo sguardo era incollato al suo piatto di insalata verde, spiluccando appena qualche forchettata del pasto ogni tanto.
Non quel che si intende con una compagnia allegra, proprio no e pensare che quel giorno aveva proprio voglia di parlare con la bionda riguardo tutto quello che era successo con Callie dopo che aveva deciso di chiederle di uscire: era come una vittoria per Altman, finalmente la sua amica si stava aprendo alla vita e stava pretendendo il posto della vita di Torres che le spettava di diritto da ormai qualche anno.
-Quindi.. Cosa mi racconti?- Provò Teddy, sperando così di riuscire a scaldare in qualche modo quell'atmosfera gelida che si stava impadronendo del laboratorio occupato da lei e dalla sua ricerca.
I lunghi tavoloni erano pieni di provette, microscopi, libri e strumenti di vario genere, al fondo del grande stanzone dalle mura bianche c'era una lavagna bianca piena di appunti segnati con un pennarello nero: era un ambiente freddo già di suo, non c'era bisogno che Arizona contribuisse a rendere la stanza ancora meno amichevole e calda.
Ci fu una lunga pausa prima della risposta del chirurgo pediatrico, così lunga che Teddy credette che la bionda non l'avesse sentita o non avesse alcuna intenzione di rispondere. -Non posso chiedere a Callie di uscire, non posso.- Dritta al punto: Altman ringraziò la sua buona stella, pensava di doverle estorcere le informazioni strappandogliele con la pinza ma a quanto pareva non ne sarebbe stato necessario.
-Perchè?- Chiese il cardiochirurgo imboccandosi con una forchettata del pollo alle mandorle che preparavano al ristorante cinese all'angolo, lanciando un'occhiata curiosa alla collega e amica: l'ultima volta che ne avevano parlato Arizona era più che determinata a ottenere un appuntamento con Torres cosa diavolo era successo ancora?
-Perchè andrebbe bene.. E usciremmo di nuovo.. E andrebbe a meraviglia anche quello, ci baceremmo, faremmo l'amore e inizieremmo una relazione meravigliosa, piena di amore e finiremmo per sposarci e per avere dei figli.- Sospirò Arizona, non omettendo dal tutto un tono così addolorato da far suonare tutte le sue parole come minaccia di un atroce e infelice futuro.
-..Che prospettiva orrenda..- Commentò sarcastica Teddy, mentre un sorriso ironico le adornava le labbra e ricevendo in risposta dall'altra un -Già..- sospirato in modo malinconico e pensieroso.
-Io scherzavo, Arizona..- Non pensava di doverlo chiarire, pensava che il suo tono fosse stato abbastanza esplicativo ma a quanto pareva la sua amica bionda aveva il cervello sottosopra per.. Qualche motivo. -E' ciò che la maggior parte delle persone sognano, non è una cosa brutta..- Precisò appoggiando la forchetta sul piatto per dedicare tutta la sua attenzione al discorso che stavano per prendere: era successo qualcosa di grave?
La risposta fu un altro sospiro triste, cosa che fece roteare gli occhi del cardiochirurgo: perchè non poteva parlare e basta, invece di fare la misteriosa?
-Avanti, che è successo?- Chiese dopo qualche secondo di silenzio, passato a osservare Arizona spostare da una parte all'altra del piatto ogni foglia di quell'insalata, nemmeno fosse stato un trasloco.
-Calliope vuole dei figli..- Confessò il chirurgo pediatrico con l'ennesimo sospiro, lasciando finalmente perdere il proprio pasto: non aveva fame.
-Dritta al sodo Torres: nemmeno uscite e già vuole una famiglia..- Ridacchiò Teddy, appoggiando il volto sulla sua mano appoggiata al tavolo. -Quando ne avete parlato?- Chiese curiosa, riprendendo in mano la forchetta.
-Non l'abbiamo fatto.-
Quello attirò l'attenzione della dottoressa Altman che si sporse verso la sua amica seduta già vicino a lei. -E tu come sai che vuole dei figli con te?- Chiese corrugando le sopracciglia in un'espressione confusa.
-Gliel'hai chiesto tu, ricordi? Le hai chiesto per chi fosse la camera, prima che arrivassi io. E lei ti ha detto che avrebbe voluto dei figli.- Spiegò un'assente Arizona, persa in chissà che mondo, in chissà quali ricordi o quali tremende supposizioni: era sempre stato un difetto di Arizona quello di correre troppo con i pensieri, lasciando che quelli più brutti vincessero la maratona a dispetto delle belle speranze, forse a causa di tutte le perdite e le delusioni che era stata costretta a subire in passato, partendo dalla sua prima vera fidanzata, Joanne, fino ad arrivare alla morte di Timothy, dalla sua gamba alla fine del suo matrimonio, la sua vita era costellata di colpi bassi che l'avevano spinta sempre di più verso il pessimismo, anche se cercava di nasconderlo bene.
Non ci volle Stephen Hawking per capire, in ogni caso, da dove partivano le preoccupazioni del chirurgo biondo: Julia.
-Callie non è Julia, Arizona. Puoi discuterne con lei.- Sospirò Teddy guardando la sua amica con una certa apprensione dello sguardo: non erano cose che si superavano facilmente, lo capiva bene.
-Non capisci, Teddy?- Disse il chirurgo pediatrico alzando finalmente lo sguardo verso la sua interlocutrice. -Io non sono adatta ad avere una relazione seria con una persona.. Finirei sempre per mettere i miei bisogni davanti a quelli della persona che mi sta accanto, come ho fatto con Julia.-Spiegò -Non voglio che questo capiti anche con Calliope, non voglio spezzare il suo cuore. Non voglio spezzare il mio cuore.- Non c'era bisogno di uscire insieme per saperlo: se Callie fosse entrata a far parte della sua vita sentimentale sarebbe stata la storia più coinvolgente e importante della sua vita e perderla l'avrebbe spezzata in modo definitivo, soprattutto se l'avesse persa per causa sua.
-Arizona: basta parlare con le persone. Dai, ammettilo: il problema di fondo non eri tu e non era Julia, il problema era la mancanza di comunicazione. Quel benedetto figlio è saltato fuori all'improvviso dopo un sacco di tempo, tu gliel' avevi detto che non ne volevi e lei non aveva mai insistito.. All'improvviso, quando le cose non andavano più bene, era diventata la cosa più importante del mondo. Non puoi far pagare a Callie le colpe di un'altra persona.- La pazienza quasi infinita di Teddy stava per venire meno: quella tra le sue due amiche era una storia di mancate tempistiche e in quel momento, che erano entrambe single, disponibili e innamorate dell'altra, i problemi se li creavano dal nulla. -Se non vuoi figli chiedile un appuntamento, andate al pub, parlatene e decidete insieme: non toglierle la possibilità di scegliere tra te e un figl..- Il cardiochirurgo si interruppe: aveva capito il vero problema, c'era arrivata, finalmente. -Tu non hai paura di rovinare entrambe le vostre vite, qualsiasi scelta tu faccia, tu hai paura che lei, potendo scegliere, non scelga te..- Il silenzio che scese dopo in quella stanza non aveva bisogno di spiegazioni: era così.
Arizona riprese a spostare le foglie di insalata verde con la forchetta da un lato del piatto all'altro, senza logica, senza motivo, non riusciva a stare ferma o a reggere lo sguardo di Teddy che in quel momento, ne era certa, la stava guardando con sguardo di rimprovero, non aveva bisogno di venir rimproverata.
Ok sì, aveva paura che Calliope, la sua Calliope, la donna con la quale aveva cercato senza sosta di costruire un rapporto per anni, si rendesse conto che lei non valeva la pena, che l'idea di una persona che non era ancora nata potesse essere meglio dell'idea di lei, questo le faceva male solo a pensarci.
-Sareste perfette l'una per l'altra, l'ho detto anche a Mark, l'altra sera..-
-Mark? Sloan? Da quando ti fermi a parlare con lui?- Arizona colse al volo l'occasione per cambiare argomento, non aveva più voglia di parlarne, era stanca dei consigli e dei rimproveri e quella storia di Mark e Teddy suonava abbastanza interessante da riuscire a spostare l'oggetto di conversazione senza dare troppo nell'occhio.
-Beh..- L'imbarazzo si poteva leggere nel volto di Altman proprio come un libro, era diventata rossa ed evitava il contatto visivo, poteva voler dire una sola cosa.
-Ci sei stata a letto, vero?- Chiese la bionda roteando gli occhi annoiata: ormai era sempre la stessa storia, con chiunque stesse parlando.
-OK, sì. Dopo avervi aiutate quel giorno siamo andati a farci una birra da Joe e.. Da cosa nasce cosa..- Il cardiochirurgo continuava a gesticolare in modo veloce, in preda all'imbarazzo: aveva prmesso a sè stessa, anni prima, di non caderci più e invece eccola lì ad avere una storia fatta di sesso con Mark Sloan, l'uomo-puttana più famoso dell'ospedale.
Robbins rise, rise di gusto: si era sentita in difetto fino apoco prima ma questo.. Oh, questo significava che nemmeno Teddy era così geniale nelle relazioni: oh, andiamo! Con Mark! Era il primo uomo con cui stava dopo la morte di Henry ed era Mark Sloan! -E facevi la predica a me!- La rimproverò con tono giocoso, continuando a ridere in modo allegro.
-Sì, la facevo a te. Perchè se Mark domani mi dicesse che ha trovato la donna della sua vita, io perderei solo del buon sesso. Se Callie lo dicesse a te, invece.. Tu perderesti una parte del tuo cuore. Tu hai tutto da perdere.- Rispose Altman con tono un po' irritato: grazie al chirurgo estetico aveva ritrovato una parte essenziale della vita di ogni essere umano che lei pensava di aver perso per sempre, la sensualità. Lo avrebbe ringraziato a vita per questo, anche se si trattava solo di qualche ora in qualche saletta in ospedale.
La porta si aprì interrompendo il discorso tra le due: era Callie.
Arizona sorrise istantaneamente e Teddy dopo di lei: ma a chi voleva darla a bere? Non sarebbe passato troppo tempo prima che Robbins scoppiasse e confessasse i suoi veri sentimenti per la latina, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa.
-Arizona.. Cercavo te.- Disse Callie facendo un passo dentro il laboratorio: era nervosa, oh, nervosissima. Aveva deciso di fare un ultimo tentativo prima di chiedere effettivamente a Cameron di uscire, in realtà non le andava troppo a genio il ragazzino, non dopo quella mattina, almeno ma era un bel ragazzo e per distrarsi quello le serviva. Un bel ragazzo.
-Dimmi, Calliope.- Rispose il chirurgo pediatrico senza smettere di sorridere o di osservare quei grandi ed espressivi occhi scuri.
-Io.. Ecco..- Come faceva a trovare le parole? Era una cosa così infantile, poi.. No, non poteva dirlo, non poteva farlo, non poteva.. -Volevo dirti che volevo chiedere a Sean Cameron di uscire con me, una sera di queste.. E visto che.. Che sei la mia coinquilina.. Volevo chiederti se la cosa ti stava bene, ecco.- Non aveva senso, lo sapeva ma almeno, in questo modo, Arizona si sarebbe dovuta scoprire, far capire il suo interesse, urlare che no, Cameron non poteva uscire con lei, che doveva tenere quelle brutte mani distratte al loro posto, che non poteva..
-Non vedo perchè la cosa non debba starmi bene. Chiedigli pure ciò che vuoi.- Rispose il chirurgo pediatrico senza perdere un colpo o il sorriso che aveva sul volto. Ma dentro? Dentro gridava disperata.
-Oh.. Ok..- Callie tentò di trattenere la sua delusione ma non era certa di riuscirci: si sentiva così stupida, così patetica.. Come aveva sperato, anche solo per un istante, che la bionda potesse essere davvero interessata a lei? -Allora io.. Vado..-
Teddy scosse la testa contrariata. Erano stupide e codarde. Entrambe.

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