Ten years plan - come innamorarsi di Stiles Stilinski e non ucciderlo nel tentativo.

di d r e e m
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


Salve gente! Ebbene sì, sono di nuovo io, vi prego non me ne vogliate ewe Questa volta ho deciso di scrollarmi di dosso il tono un po’ drammatico e melanconico con il quale infinocchio la Stydia e ho provato a rinvigorirla con sfumature comiche o comunque più leggere. E’ post 3A ma un anno dopo, nessun nogitsune, nessun arrivo di Malia e Kira, probabilmente comparirà Aiden, in una parola: in pieno senior year. Nasce come One-shot, ma a dire il vero vi sarebbe un continuo e anche per molto (infatti ero indecisa se pubblicarla per intero come os oppure dividerla in più capitoli come mini-long). Mi rimetto a voi e al vostro consiglio – e al grado di curiosità che sono riuscita a suscitare in voi.

Buon lettura c:

 

[Avvertimenti: AU-ish ; Future!Stydia]

 

Ten years plan – come innamorarsi di Stiles Stilinski e non ucciderlo nel tentativo.

 

Che Stiles avesse adocchiato Lydia Martin sin dal suo primo ingresso in classe era palese persino agli occhi della maestra. Ciò che non era altrettanto certo era cosa Stiles si sarebbe messo in testa di fare pur di attirare l’attenzione di quella bambina.

Stiles Stilinski, adesso diciottenne, lo giura: non aveva alcuna intenzione di ammanettare le caviglie della maestra impedendole di camminare senza saltellare come un grillo. Davvero. Per la verità non ne aveva avuto alcuna intenzione finché Lydia non aveva riso insieme agli altri.

Fu quello il giorno in cui Stiles si convinse che si sarebbe dovuto impegnare per conquistarsi gli occhi della Martin e per farlo occorreva un piano.

 

Un buon piano.

 

*

“Perché mi guardi in quel modo?”

No che non la stava guardando o se lo stava facendo probabilmente era dovuto a qualche forma particolare di strabismo che gli si era manifestata durante la notte.

Non la doveva guardare, non doveva proprio farlo. Da quando in qua Stiles Stilinski guardava Lydia Martin appena svegliata e senza trucco?

“Non ti sto guardando”

Errore. Negare qualcosa di ovvio. Doppio errore. Il suddetto Stiles si chiuse nelle spalle raccattando cartacce ormai inutilizzabili e penne sparse sul tavolino della scrivania.

“Stiles!”

Eccolo là. C’erano tre modi diversi in cui Lydia chiamava Stiles e altrettanti modi in cui il ragazzo aveva imparato a catalogarli: c’era il tono scocciato, da madre esasperata; c’era quello sottile che anticipava dichiarazioni impensabili e discorsi seri; poi c’era quel tono, il tono da banshee in preda ad una crisi isterica.

“Eh?” mugugnò questa volta accertandosi di guardarla fissa negli occhi verdi e non di circumnavigare con lo sguardo il viso perfettamente ovale per poi posarsi niente poco di meno che su quel minuscolo dettaglio.

Lydia infilò l’ultimo quaderno nella bisaccia di cuoio sgombrando il tavolo anche dell’ultimo intralcio.

“Sei un pessimo bugiardo” esordì stizzita.

Stiles si grattò la nuca, accennò un colpo di tosse, si stiracchiò per bene a causa della posizione scomoda in cui aveva dormito. Mai più la sedia, mai più!

“Idrogenocarbonato di sodio” non resistette all’impulso e lo confessò alla Martin la quale era intenta alla ricerca nei meandri della sua borsa della trousse e dello specchietto.

“Come, scusa?”

“Hai la guancia sporca di penna” rispose, indicandole con l’indice la zona di pelle, che Lydia stava già ispezionando, in cui era impresso con inchiostro nero la suddetta formula chimica, NaHCO3.

Lydia chiuse in fretta lo specchietto, non prima di essersi sprimacciata la guancia come una bambina.

 

Ripasso notturno di chimica molecolare: per essere stata la loro prima notte in cui dormivano insieme, non era stata una tragedia. Non totalmente.

 

*

 

“No”

Lydia stava controllando i soliti social network sul minuscolo aggeggio a schermo piatto. Non lo aveva degnato neanche di uno sguardo dopo la domanda che le aveva posto.

“Cosa intendi per no?” provò ad incalzarla Stiles, stupidamente. Che accidenti di domanda era quella?

Le labbra di Lydia schioccarono in un sonoro gesto di disappunto. “Vuoi che te lo dica in indonesiano? No”

Stiles cambiò di marcia e accelerò allo scattare della luce verde del semaforo. Cocciuto com’era, non si sarebbe arreso.

“No che cosa?” puntualizzò prima di svoltare a destra ad un incrocio. I pollici a picchettare sul volante. A volte era frustante cavargli dalla bocca le parole, pensò Stiles. Dalla sua bellissima bocca.

“Non vedrò Star Wars in 3D con te” si degnò di spiegare la Martin facendo spallucce e accomodandosi sul sedile della Jeep.

“T-ti ho chiesto solo di venire al cinema” si difese prontamente Stiles. Di venire al cinema e di vedere Star Wars, ma era implicito. Va bene solo il cinema.

Se non avesse dovuto guidare si sarebbe volentieri preso a testate contro il parabrezza.

“Ma non per vedere Star Wars” decretò Lydia con tono autoritario, tornando a sfogliare virtualmente pagine di siti Internet.

“E se vedessimo qualcos’altro, ci verresti?” avanzò, timidamente.

“Guarda la strada”

Stiles costatò sconfitto che Lydia Martin riponeva più interesse in una borsa firmata Gucci che in un loro ipotetico appuntamento – anche senza Star Wars.

 

*

 

“Stiles, mantieni il contatto visivo”

Stiles non pensò neanche lontanamente di discostare lo sguardo dagli occhi di Lydia Martin. Dalle sue labbra. A pochi centimetri di distanza. Centimetri.

“Cosa?” chiese il ragazzo o meglio la parte razionale dello Stilinski, in via del tutto residuale dato che circa il 78% del suo cervello era stordito dalla vicinanza della Martin e dal suo profumo.

Non appena Stiles tentò di scostare lo sguardo e alzarsi da quello che sembrava essere un lettino d’ospedale, Lydia gli circondò il viso con le mani a mo’ di paraocchi.

82% si corresse mentalmente Stiles.

“Concentrati sulla mia voce” sillabò e Stiles non poté non notare i morbidi movimenti delle sue labbra, così invitanti. Come faceva a parlare con quelle grandi, gonfie e soffici labbra?

“Perché?” chiese ancora quel barlume di lucidità che risiedeva nella sua testa mentre un fiotto di calore sopraggiungeva ai lati delle guance. Pregò che Lydia non se ne fosse accorta.

“Tu fidati di me” rispose con mestizia la ragazza mentre le dita si andavano ad impigliare nel ciuffo castano imbrattato di gel.

Era sicuramente un sogno. Unica deduzione logica. Stava rivivendo una variante perfezionata del suo attacco di panico di un anno fa.  Sicuramente. Si sarebbe pure pizzicato un braccio per provarlo.

In effetti lo Stilinski sentì un leggero pizzicore al braccio sinistro ma non se ne curò. Si preoccupò piuttosto del fatto che le sue mani non avevano fatto proprio niente, né tantomeno quelle di Lydia ancora poggiate sulle sue guance.

“Ma cos-?”

“Per l’amore del cielo, Stiles! E’ solo un ago”

Eccolo, il tono materno pensò Stiles dopo essere finito tra a capo e collo spalmato sul pavimento dell’ambulatorio di Deaton.

 

*

 

Biondo fragola. Stiles Stilinski constatò osservando meglio la ragazza seduta alla sua destra.

Lydia era intenta a scrivere non badando minimamente al suo sguardo insistente.

Biondo. Fragola. Stiles provò a separare le due componenti di quella gradazione di colore.

I capelli di Lydia non erano biondi. Quelli di Abel alla sua sinistra erano biondi – e sporchi a giudicare dal cattivo odore.

No, quelli di Lydia avevano dei riflessi dorati quando venivano colpiti dal sole e delle sfumature tendenti al colore del grano, ma nulla di più.

Non erano rossi, tantomeno rosso fragola. La maggior parte dei rossi esistenti – perlomeno quelli naturali - avevano delle tonalità più tendenti all’arancione, ma erano lontani anni luce dall’acceso colore delle fragole.

Biondo fragola. Era una gradazione di colore inconsueta, forse rara al naturale. Stiles pensò che non ci potesse essere colore migliore per Lydia Martin.

“Stiles?” lo richiamò la suddetta una volta staccati gli occhi dal foglio di carta che aveva davanti.

“Eh?” rispose, forse con troppa enfasi, spezzando il silenzio che aleggiava in classe.

“Mancano dieci minuti alla consegna del compito”.

 

Stilinski maledisse se stesso e la sua scarsa capacità di concentrazione.

 

 

*

 

“Gardenie. Fai sul serio?”

Ci risiamo, pensò Stiles. C’erano pochissime cose che non sopportava – perché odiare era fin troppo – del carattere di Lydia Martin e questa era una di quelle. Il non prenderlo sul serio. Era vero che Stiles Stilinski aveva la nomina per le sue ciarlerie inondate di sarcasmo e di burle ben congeniate, ma era un ragazzo piuttosto serio i cui regali erano da prendere seriamente. Quindi era ovvio che facesse sul serio!

Evitò di rispondere a tono – glieli avrebbe fatti mangiare quei fiori altrimenti! – e si concentrò sul misero mazzolino che teneva in mano.

“Pensavo ti piacessero i fiori” rispose con una scrollata di spalle. La Martin roteò gli occhi facendoli posare su tutte e quattro le pareti fuxia della sua camera da letto. Si sarebbe detto che stesse cercando di calcolare ad occhio e croce il moto parabolico che quei fiori avrebbero compiuto nello gettarli fuori dalla finestra.

Orchis purpurea” esordì la banshee strappando i fiori dalle mani di Stiles e riponendoli sul letto sul quale stava seduta.

“Cosa?” non poté evitare di esclamare Stiles. Lydia stava giocherellando con i petali bianchi.

“La prossima volta, se proprio devi regalarmi fiori, regalami quella” concluse la ragazza abbozzando un sorriso.

Che non si tratti del nome scientifico di qualche pianta carnivora, sperò Stiles, deglutendo.

 

*

 

Parlare con Lydia era quanto più simile al camminare sulle uova. Sì, esatto: sulle uova.

Per quanto Stiles facesse piano era sempre difficile non romperne uno o due. Magari erano tre o quattro, ma poco importava. Se non si trattava di omicidi o esseri sovrannaturali era alquanto improbabile che avrebbero potuto concludere una discussione senza finire, insomma, con il concluderla.

Di certo il caratteraccio della banshee non aiutava, ma a detta di Lydia era il sarcasmo dello Stilinski a renderla particolarmente ostile a chiacchierate di ogni sorta.

Un giorno Stiles glielo aveva confessato. La sensazione di camminare sulle uova, si intende.

“Credo che la frase idiomatica più corretta alla situazione sia rompere le uova nel paniere” se ne era uscita Lydia la quale sosteneva che quell’impressione fosse un problema di Stiles e non suo.

“Prova a camminare sulle uova con Bethany, stasera”, aveva aggiunto “magari è più paziente di me”.

Quella sera al loro ultimo ballo del liceo, Stiles riuscì a pensare solo a quanto avrebbe voluto rompere le uova di Lydia nel suo paniere.

Probabilmente fu per questo che Bethany gli tirò addosso il punch.

La serata fu un disastro.

 

*

 

Scott non c’aveva pensato due volte ad aiutare il suo migliore amico quando, all’età di undici anni, gli aveva confessato di avere una cotta stratosferica per Lydia Martin, la quale cotta risaliva addirittura all’età di otto. Per quanto Stiles fosse la mente del gruppo non aveva disdegnato un eventuale aiuto in fatto comportamentale da Scott.

“Chiedile di uscire” lo aveva liquidato l’amico mentre stava spaparanzato sul letto intento a raccattare la palla da baseball che lanciava sopra il suo naso.

“Ti sembra che non ci abbia già provato?” aveva ribadito uno Stiles affetto da isterismo il quale in preda ad una crisi stava da più di mezz’ora misurando la stanza, bisticciando di tanto in tanto con il tappetto che gli si aggrovigliava sotto le suole delle scarpe da ginnastica.

“Regale dei fiori”. “E’ femmina. Avrà almeno quaranta specie diverse di fiori preferiti”

Scott, che di ragazze ne capiva ben poco, buttò lì qualche idea racimolata dalle commedie romantiche che sua madre, tra un turno di ospedale e un altro, lo obbligava a vedere.

“Scrivile poesie d’amore”. Lo Stilinski arrestò la sua nervosa andatura.

“Ci riesci?” esclamò saltando addosso all’amico ma il suo entusiasmo si fulminò di fronte l’aria confusa di Scott. “Ehm”.

“Non importa. Scriviamo una lista”, lo incalzò il ragazzino già proteso a estrarre pennarelli, matite e quant’altro dallo zaino di Scott. “Di qui a quando avremo vent’anni riuscirò a uscire con Lydia Martin”.

“Non pensi di correre un po’ troppo?” lo richiamò Scott, facendo ruzzolare la palla sul pavimento.

Stiles ci rifletté.

“E va bene. Per adesso lavoriamo sul saluto”

 

*

 

Quando Stiles, diciottenne, una sera a casa Mccall aveva esordito dicendo di aver baciato Lydia Martin – sottolineando il fatto che questa volta era stato lui a baciare lei e non il contrario – Scott per poco non dovette riacciuffare l’inalatore dimenticato nel cassetto del comodino.

 

Quando Lydia, diciannovenne, una sera chiudendosi in stanza aveva sussurrato sconvolta di essere stata baciata da Stiles Stilinski, Prada le ringhiò contro.

 

*

*

*

 

Note d’Autore:

Ringrazio in anticipo quelli che leggeranno e che avranno la pazienza e la bontà di lasciare una recensione (per amore della Stydia). Devo dire che mi sono davvero divertita a scrivere queste scenette, sono state un toccasana per la carenza di scene tra i due pulcini sopracitati u.u
Attendo vostri pareri circa la possibilità di un continuo perché, non per qualcosa, ma la dinamica del bacio – di questo bacio – è tutta sui generis.
Un bacio,
Sil.

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Capitolo 2
*** II ***


Ben ritrovati amici del fantamondo di Efp! Vi ringrazio per le recensioni lasciate nel precedente capitolo e per avermi incoraggiato a continuare questo delirio Stydia comico e a tratti demenziale, ma penso che questi battibecchi siano un toccasana per il progressivo – ahimè – allontanamento di questi due paperotti çwç Ribadisco ciò che ho detto in precedenza ovvero che si ambienta post 3A, circa un anno dopo (senior year), nessun nogitsune, no Kira e no Malia – probabilmente con la partecipazione straordinaria di Aiden, oltre che di personaggi sporadici disseminati nei capitoli. Dopo un breve riepilogo, non mi resta che lasciarvi a questo proseguito invitandovi come sempre –e se lo vogliate – ad esprimere le vostre considerazioni in merito. A me non può che fare piacere.
Buona lettura!

 

Storyline: Stiles, bambino esuberante, adocchia Lydia dal loro primo giorno di scuola insieme. Pur progettando marachelle di vario genere, Stiles sa bene che ci vuole di più per guadagnarsi l’interesse della piccola Martin. Il suo piano decennale prevede i più disparati modi per farla innamorare di Stiles Stilinski, ma se c’era una cosa che quel piano non menzionava, era il baciare Lydia Martin – cosa che per la verità era avvenuta con una dinamica particolare.

 

[Avvertimenti: AU-ish ; Future!Stydia]

 

Ten years plan – come innamorarsi di Stiles Stilinski e non ucciderlo nel tentativo.

 

Non si era saputo con certezza il luogo, l’ora o la dinamica degli eventi. La notizia si era diffusa come un cicaleccio allegro per i corridoi della scuola: Stiles Stilinski era riuscito finalmente a baciare Lydia Martin. Per la verità in molti omettevano il ‘per la seconda volta’, ma probabilmente ciò accadeva perché in pochi erano a conoscenza di quel bacio-quasi-bacio i cui unici testimoni erano stati gli armadietti dello spogliatoio maschile.

 
Molto probabilmente non contava.

 

*

 

Stiles Stilinski. Lo scarabocchiò in cima al suo quaderno di appunti mentre in sottofondo la lezione di spagnolo continuava a svolgersi. Più che ‘in sottofondo’, la professoressa stava starnazzando con accento castigliano, ma a Stiles andava bene anche così.

Rimarcò a tratti le due esse e ricalcò i punti delle i. Anche se non era il suo vero nome, gli piaceva firmarsi in quel modo. Onomatopeico lo considerava lui. Lydia l’avrebbe definito meglio come cacofonico, ma non importava.

Stiles Stilinski. Lo riscrisse di nuovo, questa volta facendo attenzione che le lettere non sporgessero al di sotto della linea retta del rigo.

Lydia invece aveva un nome e un cognome lineare, senza montagne russe o giravolte esorbitanti. Era Lydia ed era Martin, due diversi suoni ma circa della stessa lunghezza. Mentre il suo Stilinski aveva tutte quelle esse sibilanti e quelle curve, più o meno come la propria personalità.

“Señor Stilinski?” lo richiamò l’anatra spagnola e Stiles rinsavì dai suoi guazzabugli mentali.

Con la gommina rosa sull’altra estremità della matita cancellò la grafite che componeva il proprio nome. Giusto lo spazio, realizzò il ragazzo impugnando nuovamente la matita dal lato corretto.

Lydia Stilinski. Lo riscrisse di nuovo, questa volta per intero.

Lydia Stilinski. Suonava proprio bene.

E per gioia della banshee, non era cacofonico.

 

*

 

Lydia Martin era strana.

Nonostante avesse un quoziente intellettivo di molto superiore alla media dei suoi coetanei, rimaneva pur sempre un esponente del genere femminile e, banshee o meno, aveva quella nota di isteria sempre a portata di lingua.

“Quindi la signorina Finch ti ha detto che non esiste il–?”

“Teorema di Cauchy-Kovalevskaya. No che non esiste. Ma che l’ho applicato erroneamente” lo rimbeccò una volta sedutasi a mensa nel suo stesso tavolo.

“Ho ricontrollato la dimostrazione e i casi in cui si applica e a, rigor di logica, il problema era solvibile anche con quel metodo. Non capisco cosa intendeva per erroneamente”.

Lydia si ricoprì il mento con la mano a sostegno della testa mentre osservava Stiles progettare con gli occhi quale pietanza consumare per primo, se tuffarsi sull’insalata di pollo o al contrario divorare l’hamburger.

Ah” concluse sconfortato lo Stilinksi che di triangoli e ragionamenti matematici conosceva solo quelli utilizzati in centrale per la risoluzione di omicidi. Non che la sua indole matematica si fermasse solo a questo, ma non arrivava neanche lontanamente ad eguagliare le conoscenze della Martin.

Lydia apparve delusa da quella risposta secca – e stupida.

Stiles notò che davanti alla camicetta della banshee non c’era alcun vassoio.

“Vuoi?” chiese sventolandole sotto il naso la barretta di riso soffiato al cioccolato che aveva scartato ma non ancora addentato. Lydia si concesse quel piccolo peccato di gola accettandone metà e restituendo il resto al proprietario.

“Grazie” balbettò Stiles, non sapendo con esattezza per cosa la stesse ringraziando.

Forse per avergliene lasciata un pezzo. Forse per aver accettato.

 

*

 

“Non c’era bisogno di farci compagnia fino a quest’ora per una ricerca di storia”

Stiles comprese l’occhiata di scuse scoccata da Allison per il tono – acido era un eufemismo – piccato con il quale l’amica aveva esordito per l’ennesima volta, percorrendo il corridoio buio e silenzioso della scuola.

I due faticavano a tenere il passo della Martin la quale, sebbene i notevoli centimetri sotto i piedi, si ostinava a non rallentare l’andatura.

“Lydia, hai presente quante volte questa scuola di notte è diventata il covo di esseri sovrannaturali assetati di sangue e di vendetta?” chiese ironico Stiles, affiancandola con un’ampia falcata e lasciando a malincuore la Argent alle sue spalle.

Lydia sembrò non badare a quelle giustificazioni – a detta di Stiles ragionevolissime.

“No, dico: ti rendi conto dell’alta percentuale di cadaveri che hanno rinvenuto in questa scuola?” continuò imperterrito lo Stilinski, lanciando di tanto in tanto segnali d’aiuto alla cacciatrice, la quale, di tutta risposta, se la rideva sotto i baffi.

“Conta più defunti che studenti!”. “Stiles?!”

Lo Stilinski si arrestò e quasi non finì addosso alla banshee. Per la verità avrebbe tanto voluto finirle addosso, ma meglio non peggiorare ulteriormente la situazione.

“Si?” le balbettò ad un palmo di naso.

“Non è morto nessuno oggi” sentenziò soddisfatta regalando una pacca sulla spalla a Stiles e invitando l’amica a seguirla nel parcheggio retrostante.

“Credo che ti abbia appena ringraziato” spiegò Allison ad uno Stiles incredibilmente sbigottito.

“Perché lo credi?”. “Perché quando lo fa, dimentica qualcosa” concluse la Argent sventolandogli davanti il quaderno che Lydia aveva scordato tra le mani di lei.

In qualche modo Stiles le fu riconoscente per quella delucidazione.

 

*

 

Tanya

Stiles alzò lo sguardo dal settimo quesito di una comprensione del testo e lo rivolse alla ragazza distesa prona sul suo letto. Tanya, chi era Tanya? Lo Stilinski cercò di elaborare il nome.

“O forse Melanie” incalzò Lydia ispezionando le punte dei suoi capelli. Il quaderno davanti a lei già riempito con il saggio per il giorno dopo. “Decisamente non Paula”.

Stiles fu sul punto di girarsi e lasciar perdere l’interessantissima spiegazione su ‘l’eterogenesi dei fini’, ma non era curioso. Davvero. Diversamente disinteressato, forse. Ecco, sì.

“Di chi stai parlando?” chiese ruotando con la sedia girevole e finendo con il cozzare con il proprio letto a tre palme di naso dalla banshee. Okay, forse curioso era il termine più corretto.

“Della ragazza che esultava per te durante gli allenamenti di lacrosse” insinuò la Martin retrocedendo sul letto e mantenendo le giuste distanze. Dannate distanze, convenne Stiles.

“Ho fatto schifo agli allenamenti di lacrosse” obiettò lo Stilinski aprendosi nelle spalle. La verità aveva un gusto amaro in bocca.

“Appunto. Ottimo modo per capire che le piaci davvero” cantilenò Lydia sorniona cosciente dell’elevato tasso di imbranataggine di Stiles, il quale non seppe se immusonirsi o esultare.

“Lo credi davvero?” le domandò, speranzoso di ottenere una risposta compiuta e non una delle solite occhiatacce. Ma stava parlando con Lydia Martin e, ahimè, le occhiatacce erano il suo pane quotidiano.

“Che fine ha fatto la povera Bethany?” lo interpellò, rigirando la frittata già sul punto di bruciarsi.

Questa volta fu Stiles a non rispondere.

 

*

 

Alcuni avevano giurato di averli visti rinchiudersi in uno sgabuzzino. Altri ancora avevano insistito col dire che era stata tutta colpa di una stampante. Ma quasi tutti concordavano nel dire che fosse stato merito del Coach.

Finnstock, dal canto suo, non diede mai la sua versione dei fatti.

 

Il caso rimase irrisolto.

 

*

“Più su”

Era da circa quarantacinque minuti che Lydia lo vezzeggiava cantilenando quelle parole sino allo sfinimento. Stiles, che in quei quarantacinque minuti aveva metabolizzato rassegnato l’evento, si era promesso di tradurre il linguaggio della Martin ad uno più confacente alla sua statura. Per esempio aveva appreso che il suo ‘continua’ voleva dire ‘solo una volta’ e i suoi ‘basta’ erano ‘ancora un altro po’’. Era quel ‘più su’ che rimaneva intraducibile rapportato ai suoi centosettantadue centimetri.

“Va bene?” chiese uno Stiles sulla sommità di una scala, in procinto di spalmarsi sulla parete, con le braccia stese a lisciare un lenzuolo che puzzava di colori acrilici. Attività ricreative le chiamavano.

“A destra” avanzò la banshee, non del tutto convinta della perpendicolarità dell’opera in questione.

“La mia destra” puntualizzò. “Così?”

Stiles aveva acquisito da madre natura diversi doni, ma sicuramente nella lista non erano compresi i riflessi pronti. Per cui, spingendosi oltre l’inverosimile per raggiungere la famigerata destra indicata da Lydia, non poté quindi impedire quando, con un gesto maldestro, si sporse così tanto dalla scala da spintonare il barattolo semivuoto di vernice.

Per fortuna, pensò riacquistando nuovamente l’equilibrio, ma dovette rimangiarsi in fretta quelle parole quando si rese conto del danno appena commesso.

“Stilinski, non so se sia più irritante la tua presenza o la vernice che mi è finita negli occhi” esordì laconico Bob Finnstock ricoperto in viso da una mistura blu brillantata.

“E’ idropittura” tentò di minimizzare ma Lydia lo fulminò con lo sguardo.

“Rimarrete qui a compilare questi moduli in sala informatica!” li apostrofò entrambi non sapendo bene dove guardare per via della pittura negli occhi. “Alla vostra età ci verniciavano i culi delle scimmie con questa” borbottò infine.

“Coach, non ha senso quello che ha detto”. “Zitto, Stilinski!”

Greenberg, non ho bisogno di un asciugamano! riuscì solo a sentire poco dopo che Lydia lo ebbe trascinato in aula informatica.

Quel suo ‘ti uccido’ non aveva alcuna possibilità di essere tradotto – o frainteso.

 

*

 

Non erano soliti andare d’accordo. Per la verità era Lydia che stracciava ogni sillaba pronunciata dallo Stilinski mentre il suddetto si limitava per lo più a cacciar le mosche dall’entrata della propria bocca ogni qual volta che la Martin si infervorava – umettandosi continuamente quelle labbra – per dimostrare che, sì, la sua tesi era corretta. Discutevano. Eccome.

Su di una cosa però furono per la prima volta fermamente concordi: era stata tutta colpa di Danny!

 

*

 

“Qual è il problema?” sputò Lydia Martin dalla postazione numero ventisei dietro uno dei tanti computer della scuola. Stiles passò in rassegna l’alternativa di risposte da poter propinare alla banshee mentre l’ennesimo trillo d’allarme proveniente dalle casse audio segnalava l’ennesimo errore del sistema. Lo Stilinski scoccò un’occhiata interrogativa all’esperto Danny, seduto accanto a lui, come a chiedergli se ciò che avevano combinato era effettivamente così grave come appariva. L’espressione di Danny non prometteva nulla di buono.

“Non è un problema,” esordì Stiles con tono pressoché convincente – per la verità tentava di convincere più se stesso che Lydia. “E’ quello che scaturisce da questo ad essere un problema. Uno di quelli grossi” ribadì ricevendo in cambio un’occhiata furiosa dalla ragazza in fondo all’aula.

“Me ne intendo” intervenne prontamente Danny a risposta delle parole di Stiles, il quale peraltro fraintese.

“Di problemi – non di…” tentò di rimediare di fronte ad uno Stilinski boccheggiante, ma il velo di leggero imbarazzo venne interrotto dal tacchettio dei passi della Martin.

“Mi dispiace interrompere il vostro flirt, ma gradirei risolvere il problema e alla svelta”

Dopo peregrinazioni cibernetiche varie, ingarbugliamenti di fili e non, il problema era stato individuato dall’acume di Lydia in una minuscola spia gialla lampeggiante.

“La carta per la stampante?” si interrogò uno Danny imbronciato ammettendo che sì, forse stava in quello il problema. Una raggiante Lydia si offrì volontaria per andare a recuperare la carta così da completare l’opera e Stiles non ebbe bisogno di congedarsi da Danny che già era attaccato alla sua gonna – figurativamente parlando.

“Come hai fatto?”

“Non era così grosso come pensavate” cinguettò Lydia sorpassando lo Stilinski.

Il problema, si ripeteva Stiles mentalmente. Il problema.

 

 

Non gliel’aveva ancora detto, ma aveva la gonna sgualcita. Lydia Martin odiava essere in disordine e quella era una delle poche e rare volte in cui lo era. Saranno state forse le otto ore trascorse a scuola – o, meglio, in compagnia di Stiles Stilinski. Il ragazzo la osservava mentre, tutta trafelata, cercava di estrarre una risma di fogli da stampante da una mensola dello stanzino del bidello. Chissà in quanti avevano avuto il privilegio di vederla in quello stato – senza contare ovviamente quella volta del ripasso notturno di chimica organica.

“Stiles potresti pure renderti utile” sentenziò la Martin facendo ricascare le braccia troppo corte lungo i fianchi e incitando lo Stilinski a fare qualcosa. Del resto Stiles non se lo fece ripetere due volte. Nonostante lo sgabello adoperato poco prima dalla banshee e l’essersi messo in punta di piedi, tanto da far vergognare una ballerina di danza classica, quella maledettissima risma di carta non ne voleva proprio sapere di farsi prendere.

Avranno assunto l’uomo più alto del mondo per bidello, non c’era altra risposta logica, continuava a pensare.

“Ci provo io” propose nuovamente Lydia notando uno Stiles sfiancato e dal colorito pressoché cianotico in viso. Lo Stilinski non si privò di riservarle un’occhiata che aveva tutta l’aria di dirle come quell’idea fosse tutto fuorché intelligente.

 

 

Lydia Martin era un genio. Non tanto perché il sistema sinaptico dei suoi neuroni aveva partorito infine una soluzione a quel cruccio – cosa che per la verità era stata ben apprezzata da Stiles – piuttosto per l’aver implicitamente realizzato una delle fantasie più recondite del ragazzo in questione il quale non poté far altro che arrossire.

“Ci arrivi?” balbettò a capo chino, cercando di spostare col pensiero l’orlo della gonna che gli solleticava la fronte. Perché sì, Lydia Martin aveva elaborato la stupenda idea di salire sulle spalle dello Stilinski, idea che era stata gradevolmente accettata dal suddetto con tanto di due chiazze rosse a far comparsa sulle guance.

“Quasi” rispose a denti stretti la banshee mentre si ergeva, serrando le proprie cosce attorno la testa di Stiles per paura di cadere.

Guarda in basso Stiles. Guarda. Basso.

“Presa!” esultò assestando un calcio al torace dello Stilinski il quale, vuoi per la frenesia causata dagli ormoni, vuoi per il dolore data la sua gracilità innata, fece capitombolare a terra banshee e fogli.

 

 

Non lo aveva progettato nel suo piano. Non l’aveva fatto neanche quando aveva avuto l’occasione – da intendersi una Lydia Martin stesa sul suo letto a due spanne dalle sue labbra. Eppure era accaduto.

Lydia si era alzata ancora tutta d’un pezzo recuperando la risma di carta con i pochi fogli che erano fuoriusciti; Stiles si era lamentato per aver picchiato la testa e nel mentre chiedeva preoccupato alla banshee di eventuali ferite mortali che le erano state inferte durante la caduta sugli scatoloni e prodotti detergenti; lo Stilinski aveva poggiato le mani attorno alle tempie per assicurarsi che non avesse sbattuto la testa.

Le guance arrossate di lei, gli occhi verdi lucidi per la stanchezza, il fiato corto per lo spavento.

Ed era successo.

Stiles si era chinato quanto bastava per far incontrare le sue labbra a quelle di lei le quali, per istinto, si schiusero.

 

*

 

Quando Scott Mccall quella sera invitò il proprio migliore amico a casa sua a mangiare una pizza insieme non riuscì neanche a fiutare la sorprendente notizia che Stiles non riuscì a tenere per sé. “Ho baciato Lydia”. No, il suo udito da lupo mannaro non l’aveva affatto tradito. Non c’erano stati mezzi termini o frasi ambigue. Era tutto chiaro come alla luce del sole.

Scott non lo confessò, ma quando Stiles scese giù a recuperare la pizza dal fattorino fuori dalla porta, rovistò tutti i cassetti per ritrovare il suo vecchio inalatore. Inspirò solo una volta e notò con suo disappunto che nel suo corpo da licantropo non faceva nessun effetto.

 

Lydia dovette calmare Prada per quella sua reazione esagerata a quella confessione. Era stata davvero una cosa così brutta? A pensarla come il suo animaletto domestico era stata una catastrofe. Avrebbe dovuto dichiarare lo stato di allerta per almeno le prossime due settimane.

Stiles l’aveva baciata. Non si era avvicinato-accidentalmente-alle-sue-labbra. L’aveva proprio baciata. E questa volta non era stata lei a baciare lui. Lei non aveva fatto proprio niente. O no?

 

Dopo una lunga telefonata con Allison la conclusione era la seguente: Stiles l’aveva baciata. La cosa peggiore era che lei lo aveva lasciato fare.

 

*

 

“Wow”

Wow. Aveva appena baciato Lydia Martin e l’unica parola che il suo cervello riusciva a formulare era un wow. Anni e anni di sproloqui e parlantina sempiterna sin da quando aveva imparato a gorgheggiare e tutto quello che riusciva a dire era un misero e stupido wow.

“Oh” esordì di tutta risposta la banshee ancora in punta di piedi e con i fogli da stampante a coprire la scollatura del seno.

Stiles si meravigliò: non era una risposta da Lydia. Si sarebbe aspettato un ‘e questo cosa sarebbe? ’ oppure ‘provaci di nuovo e sei morto’. Non si sarebbe mai immaginato un semplice, sciocco, vuoto e, soprattutto, monosillabico oh.

Lo Stilinski osservò di sottecchi la ragazza in evidente stato confusionale. Un brivido di paura gli percorse la schiena.

 

Giurò su sua madre: se Lydia Martin fosse rincretinita per quel suo bacio, non se lo sarebbe mai perdonato.

 

*

*

*

 

Note d’Autore:

Sarà insensato forse, ma nutro la paura che questa continuazione sia stata al di sotto delle vostre aspettative. Non vi nascondo che io per prima l’avevo immaginata leggermente più seria quindi mi scuso in anticipo per quei lettori che non avevano tenuto in considerazione il ‘fattore demenziale’. Tuttavia per quel che mi riguarda, continuo ad essere soddisfatta di questo progetto: è un modo per alleggerire anche il destino incerto che aleggia attorno questa coppia e che quindi permette di non pensare solo agli eventi dello show televisivo, ma rifugiarsi in questo universo parallelo in cui tutti – pur avendo a che fare con il soprannaturale – si comportano da studenti e da ragazzi come è giusto che sia.
Detto questo, è stata finalmente svelata la leggendaria dinamica del bacio! Spero di non averla resa troppo cliché, della serie ‘la donzella cade addosso alle labbra del giovin belloccio’: Lydia cade, è vero, pure Stiles, povero, ma il bacio non è affatto dovuto a scherzi del destino o a cadute, è frutto della pura volontà di Stiles – che poi sia stato in uno stanzino, dopo una caduta è un’altra storia.
Forse starete pensando ‘adesso si sarà conclusa la storia, ci ha già raccontato del bacio’, ebbene non è proprio così: sto progettando di dilatare la storia e di raggiungere i quattro capitoli, cercando sempre di non renderla monotona.
Perché se è vero che il bacio c’è stato, è anche vero che il cervellino iperattivo di Stiles dovrà pur tirare in ballo questo famigerato piano decennale per raggiungere il suo obiettivo.
Ringrazio tutti coloro che hanno lasciato di loro spontanea volontà una recensione e prometto quanto prima di rispondere accuratamente.
Alla prossima!
Un bacio,
Sil <3

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Capitolo 3
*** III ***


Salve pochi ma buoni lettori efpiani! A pochissimi giorni dalla messa in onda della prima puntata della quinta stagione finalmente mi decido a concludere questa mini long che spero abbia tenuto compagnia a voi così come ha fatto con me. Così come ho già scritto nei capitoli precedenti, sottolineo che si ambienta post 3A, circa un anno dopo (senior year), nessun nogitsune, no Kira e no Malia. A dire la verità avevo intenzione di creare anche un quarto capitolo, ma probabilmente sarebbe ripetitivo – nonché noioso sotto certi punti di vista. Non vi nascondo però che ho in serbo una bella sorpresa ewé. Non mi resta che lasciarvi alla lettura del capitolo finale.
Buona lettura!

 

Storyline: Stiles, bambino esuberante, adocchia Lydia dal loro primo giorno di scuola insieme. Pur progettando marachelle di vario genere, Stiles sa bene che ci vuole di più per guadagnarsi l’interesse della piccola Martin. Il suo piano decennale prevede i più disparati modi per farla innamorare di Stiles Stilinski, ma se c’era una cosa che quel piano non menzionava, era il baciare Lydia Martin – e questa volta non accidentalmente. Tra gli imbarazzi e le incomprensioni, riuscirà Stiles a portare a compimento il suo piano senza finire con il ricadere nelle ire di una banshee?

 

[Avvertimenti: AU-ish ; Future!Stydia]

 

 

Ten years plan – come innamorarsi di Stiles Stilinski e non ucciderlo nel tentativo.

 

Non c’era stato granché da chiarire e se francamente ci fosse stata qualche esigua possibilità di giungere ad un tu per tu, la remota idea di un nuovo maggior contatto aveva messo ben in guardia i due in questione ad un approccio spontaneo.

Stiles Stilinski non la negava – la questione del bacio, s’intende – diversamente da una banshee di sua conoscenza la quale persisteva col dire che non c’era nulla da negare dato che il negare implicava che la cosa fosse avvenuta, accaduta, consumata. Ciò che era certo era che Stiles la assecondava.

Ciò non voleva dire che gliela dava vinta.

 

*

 

Lo sceriffo Stilinski era solito non ascoltare i notiziari mattutini né accendere la radio. Questo perché, ancor prima della morte della consorte, le chiacchiere del piccolo di casa sovrastavano qualsivoglia commento televisivo o radiofonico. Quando Stiles era cresciuto le cose non era granché mutate. Per questo, al quarto giorno di incomprensibile mutismo del figlio, Stilinski senior azzardò un commento alquanto arguto per ridestare Stiles dal suo torpore.

“Il gatto ti ha mangiato la lingua?”

Lo sceriffo non comprese l’infelicità dell’immagine utilizzata nonostante lo sguardo da ebete che Stiles gli riservò scollando gli occhi dalla mistura di corn-flakes e caffellatte.

No che non si trattava di un gatto. Si trattava di Lydia Martin. Che poi la razza felina avesse un che di comune con la natura della ragazza in questione, questo era un altro paio di maniche.

Per la verità erano trascorsi quattro giorni dal glorioso bacio – esatto, glorioso come gloriosa era stata la seconda rivoluzione inglese, senza alcun spargimento di sangue, specialmente il suo. Tuttavia le sue labbra scottavano ancora al ricordo, specialmente la pensiero della lingua di lei che prontamente emergeva da dietro i suoi denti, confondendolo ancora di più. D’altro canto sosteneva che Lydia non se la stesse passando meglio di lui.

“La maggior parte dei gatti preferisce le interiora di altri animali. Tecnicamente le lingue non sono nel loro menù” obiettò prontamente Stiles spazzolandosi con le mani i capelli ancora irti e spettinati.

 

Per il resto della giornata lo sceriffo non avrebbe voluto sapere di gatti. Né Stiles di lingue.

 

*

 

Inappetenza

Era eccitazione mista a confusione ormonale quella che Scott Mccall fiutò quel giorno nei pressi del suo armadietto in linea d’aria a quello del suo migliore amico. Stiles da buon umano qual era non aveva notato l’approssimarsi dell’alfa, continuando a bisticciare con il lucchetto difettoso del proprio armadietto.

“Hai detto qualcosa?” esordì alle spalle dello Stilinski il quale balbettò un ciao, più rivolto al libro di storia contemporanea che a Scott. Fu solo dopo qualche frazione di secondo nell’elaborare una risposta alla sua domanda che Stiles pensò furbescamente di evitare quel discorso facendo fede su un’eventuale otite lupesca.

“Pensavo ad alta voce” sminuì, raccattando lo zaino da terra mentre gli si presentò l’occasione di far cadere lo sguardo su una brunetta del secondo anno, a due armadietti dal suo. Laurel-belle-tette la chiamavano: ci doveva essere pur un perché.

Niente masticò Stiles e sfrecciò dinanzi alla ragazza mischiando la propria testa tra quelle ciondolanti di altri studenti, marcato da Scott che, nonostante il bel panorama collinare, aveva di buon cuore abbandonato quella vista per salvare l’amico dai suoi guazzabugli mentali.

“Inappetenza a cosa?”

Stiles constatò sconsolato che l’otite non era una tra le malattie più frequenti dei lupi e, piazzatosi al centro del corridoio di fronte ad un coacervo di ciglia lunghe ed estrogeni, si decise a rovesciare addosso a Scott le preoccupazioni di un diciottenne – sputacchi compresi.

“Al desiderio sessuale, alle ragazze con i loro corpi snelli e le gambe lunghe e sottili, alle ragazze in generale”

Ora, benché l’alfa avesse già da tempo appreso – e sperimentato – i misteri e le arti dell’interruttore ormonale, era indiscutibilmente sicuro che il problema vantato dall’amico era tutto fuorché un problema. Come lo sapeva? Perché lui stesso, pur non volendolo ammettere, era inciampato nel medesimo senso di inappetenza – perlomeno fintanto che non si ritrovava a sbirciare le ginocchia di Allison, allora sì che risorgeva la fame.

Stiles dovette menar il lupo per la coda per farlo rinsavire.

“Scott, rispondi a questa mia domanda”

“No, non di nuovo” piagnucolò Scott, conscio del quesito imminente. “E’ perché sono gay?”

Bastò un’occhiata di Scott verso una Lydia in gonnella entrante dall’ingresso principale per rispondere a Stiles il quale si voltò a sua volta.

 

“No, non sei gay. E’ Lydia, amico

 

 

*

 

A detta di Stiles Stilinski c’erano due versioni di Lydia di cui i più non si curavano di notare. Durante quell’ultimo anno scolastico era stato ben lieto di ribattezzarle prima e dopo la Metamorfosi, termine che nei suoi girotondi logici aveva affibbiato alla trasformazione che aveva subìto Lydia dopo essere stata piantata dalla lucertola del suo ragazzo. Che le avesse trasmesso o meno qualcosa del suo essere rettile, la banshee in questione aveva definitivamente cambiato pelle, labbra, occhi, parole e umore – o no, forse quello no.

Il punto era che, senza giri di parole, Stiles si era innamorato della rosa e non della serpe.

“Stiles! Avrei potuto ucciderti”

Quando lo Stilinski si era intrufolato a casa Martin senza la ben che minima volontà di arrecare danno se non, in caso di legittima autodifesa, ad un chiwawa con un discusso gusto verso i suoi polpacci, Lydia per difendersi non aveva trovato niente di meglio delle sue scarpe di vernice.

Stiles non riuscì a trattenere un moto di sarcasmo.

“Con un paio di Jimmy Choo, tacco dodici? Fai sul serio?” propugnò in faccia alla Martin la quale, colta la palese presa in giro del suddetto, non ci rimuginò due volte nel liberare la visuale a Prada che colse il segnale della padroncina e scattò prontamente a rosicchiare i polpacci di quello sgradito ospite.

Il motivo per cui Stiles aveva deciso quella sera di mettere a serio repentaglio la sua fedina penale con un reato di infrazione era che, in fondo, non gli dispiaceva neanche la serpe.

 

Nonostante potesse risultare estremamente pericolosa.

 

*

 

“Lydia, il lacrosse non è uno sport da…Lydia

Lo Stilinski si schiarì la voce, accennando dubbioso allo sferruzzare della Martin dentro il suo borsone. Stiles si asciugò un rivolo di sudore sulla fronte e no, non era perché aveva finito gli allenamenti da solo dieci minuti.

“Avrò pure i tacchi, ma so come si raccatta una palla” lo riprese Lydia ancheggiando in gonnella sino al segnale impiastricciato sul campo.

A Stiles scappò un sorriso alla vista dell’apertura poco aggraziata delle gambe della Martin.

“Sbagli”. “Cosa?” sbottò la ragazza serrando ancora di più le dita affusolate intorno all’asta e agitando in aria il retino che, a detta dello Stilinski, sarebbe stato più utile nel acchiappar farfalle piuttosto che essere agitato dalla Martin a scacciar mosche nel misero tentativo di imparare a giocare a lacrosse.

“La mazza, la tieni male” specificò Stiles nella speranza di scoraggiarla – battaglia persa in partenza.

“Sai un tempo uscivo con il capitano della squadra di lacrosse, non so se comprendi”

“Co-capitano”.

Dinanzi all’ennesimo disastroso gesto sbagliato, Stiles, che di lacrosse capiva ben poco, giunse in suo aiuto. Perlomeno aveva trovato qualcuno che non sapesse nemmeno tenere in mano una mazza, già era una vittoria a suo dire.

“No, la devi tenere così, dritta e rigida”

Stiles le si posizionò dietro, dando maggior robustezza all’asticella e divaricando le gambe al punto giusto.

Disagio, estremo disagio.

“Ci sei?”

Non appena Stiles ebbe azionato il timer, il meccanismo fece volare una palla ad una velocità più che accettabile la quale andrò ad incastrarsi perfettamente nel retino, merito dei riflessi pronti della Martin.

Lo Stilinski non ci pensò due volte e le diede una pacca sulla spalla, orgoglioso come quando la sua macchina la piantava di fare i capricci e si metteva in moto al primo tentativo.

“Stiles?” lo richiamò seccamente Lydia.

“Mh” “Non trattarmi come se fossi la tua jeep”.

Stiles non sapeva se le banshee potessero leggere pure nel pensiero. Nel dubbio, arrossì.

 

 

*

 

Cecità emotiva. Lydia Martin sapeva pressoché ogni cosa di ciascuna pagina di ciascun libro che fosse quantomeno strettamente necessario per il conosciuto o il conoscibile. Eppure in tema di sentimenti altrui nonché propri non riusciva a vedere a due spanne dal proprio naso. Cecità emotiva la chiamavano.

“Dov’è Stiles?” esordì Lydia sedendosi al solito tavolo in mensa, nell’attesa che la Argent giungesse con il suo vassoio.

Scott, il quale aveva giurato e spergiurato all’amico di coprirlo – dovesse costargli pure la vita – fuorviò la risposta.

“E’ dove deve essere, penso” articolò a bocca piena e prima ancora che la ragazza potesse spiccatamente ribattere era schizzato via al tavolo di Danny, trovando nettamente più interessante intavolare un discorso con lui piuttosto che rispondere al Trivia quiz di Lydia Martin.

La banche rivolse un’occhiataccia al sorriso furbesco del lupo biondo davanti a lei.

“Allora, tu e lo Stilinski? Problemi di coppia?”

“Dovresti rivedere il tuo lessico, Isaac: hai utilizzato impropriamente il termine coppia

“Ma avete comunque dei problemi” concluse Isaac facendo rotolare sul vassoio la mela che aveva per pranzo.

“Da quando sei diventato il mio consulente?” sputò Lydia, palesemente infastidita per quelle allusioni.

“Da quando tu e Stiles non vi parlate più come prima”

Lydia si bloccò con il pezzo di polpettone all’altezza del proprio naso il che diede da pensare al lupo biondo, se sporgersi e addentare quel boccone prima che precipitasse sul piatto schizzando la sala su ogni dove oppure attendere e godersi la scena. Lydia abbassò la posata.“Perché?”

“Andiamo, lo fiuto ad un miglio di distanza e non solo perché sono un licantropo. Tutta Beacon High sa che sei la cottarella di Stilinski ma che a te non ha mai fregato molto. Dopotutto lui ti vede come una conquista

“Non mi piace il gossip. Specialmente quando include me in prima persona” ribatté contrariata mentre Allison si approssimava al loro tavolo.

“Se continuerai ad essere il suo bel faccino finirai con il rovinare la vostra amicizia” concluse Lahey prima che la cacciatrice posasse il suo vassoio accanto a quello della banshee.

 

Cecità emotiva.

 

*

 

 

Quando un giorno lo sceriffo Stilinski e prole a seguito notarono dalle veneziane semisocchiuse entrare Lydia Martin dalla porta principale della stazione di polizia, se ne meravigliarono.

Al che Stiles abbandonò il suo vecchio in ufficio, riacciuffando la banshee tra i corridoi della centrale.

“Lydia. Hai bisogno di qualcosa?”

“No” rispose aggrottando le sopracciglia.

“E’ successo qualcosa?”. “No”.

Stiles ritentò. “Riformulo: è successo qualcosa di cui non dovrei essere messo al corrente, ma che in realtà dovrei sapere?”

“No”

Avendo esaurito le opzioni, allo Stilinski non rimase che un’ultima domanda.

“Allora perché sei qui?”

“Mi piacciono le stazioni di polizia”

 

Stiles ne rimase deluso. Sorpreso, ma deluso.

 

*

 

“Non sono la tua cottarella” sbottò Lydia serrando le braccia al petto, in fila come Stiles dinanzi alla porta dell’aula di Economia, in attesa di essere chiamati per sostenere l’ennesimo esame finale prima del diploma.

Stiles, che era un fascio di nervi, a malapena si accorse del farfugliamento della banshee – complici gli ettolitri di caffè e due notti insonne.

“Cosa?” chiese mentre allungava il collo per vedere a che punto fosse arrivata la lista che Finnstock teneva tra le mani.

“O un bel faccino

Lo Stilinski si voltò del tutto, non comprendendo dove volesse andare a parare, cosa che in effetti era tipica di Lydia quanto la sua di prendere le palle al balzo.

“Perché mi stai dicendo questo – ora!?”

“Sì, ora, perché voglio che torniamo a parlarci come prima del bacio. Non voglio che tu rimanga deluso o legato a me per sempre per qualche stupida attrazione chimica-ormonale adolescenziale. E non voglio che tu mi veda come una conquista”.

A quel punto Stiles, nonostante avesse dimenticato l’uso della parola nonché le poche nozioni di economia che aveva imparato nel corso di uno studio matto e disperatissimo, intuì che in qualche oscuro modo la colpa di tutto quel comportarsi strano – più strano del normale – della Martin era sua.

“Ascoltami, Lydia, tutto questo è ridicolo. Tu ed io continueremo a parlarci, a litigare – beh, molto più a litigare che a parlare – come prima di quello stupido bacio, prima ancora del nemeton e, se vuoi, anche prima ancora di tutto questo grande casino sovrannaturale – il che in effetti equivarrebbe al non parlarci. Il punto è, Lydia, che non sei la mia cottarella, non lo sei mai stata. Meriti di meglio di una cotta passeggera”.

Lydia si poggiò alla fila di armadietti, sollevata a detta di Stiles.

“E mi sento così imbecille a un passo dal diploma dall’aver attuato quello stupido piano”

A quello parole, lo Stilinski giurò che le orecchie di Lydia si fossero drizzate.

“Che piano?”

“Un piano decennale per farti interessare a me, innamorare, cose del genere” minimizzò il ragazzo, giocherellando con uno dei lucchetti.

Lydia sorrise.

“Si dice che i migliori strateghi abbiano iniziato con una lista della spesa. Non c’è obiettivo che non possa essere raggiunto con un buon piano”

“Già”

Riuscì a dire solo questo, prima che la Martin fosse chiamata dal Coach per entrare in aula e svolgere il compito. Per la verità avrebbe voluto dire qualcos’altro, un grazie forse, ma andava bene. Con Lydia andava più che bene.

 

*

 

Era stato già abbastanza strano capire come avessero chiarito senza in effetti giungere allo stato di ‘coppia dichiarata’ o di ‘amici in ibernazione’.

Per la verità alcuni dubitavano addirittura che avessero affrontato l’argomento.

A fuorviare i commenti sul loro conto furono rispettivamente il bacio scambiato tra Stiles e Bethany il giorno del diploma e la clamorosa uscita di scena di Lydia Martin, munita di tacchi e toga rossa, sulla motocicletta rombante di Aiden.

Ma c’erano state altre occasioni per vedere insieme Stiles e Lydia prima della loro partenza in diversi college: l’estate trascorsa in Messico, la maratona di Star Wars che Lydia aveva acconsentito di vedere, la partita di lacrosse maschi contro femmine.

Poi le loro strade si erano divise. C’erano stati mesi in cui si sentivano più, altri meno e altri per niente. Di rado di sarebbero rincontrati.

Almeno fin quando anni dopo una nota agente FBI di Los Angeles non venne chiamata per un caso di omicidio a collaborare con il nuovo sceriffo Stilinski di Beacon Hills.

 

*

*

*

Note d’Autore:

Ed eccoci qui, al capitolo finale di questa mini long. So che vi avevo promesso i quattro capitoli, ma ho ritenuto più saggio concludere a tre per non, come si suol dire, tirarla per le lunghe. Ammetto di essere soddisfatta di questo finale, poiché nonostante io sia Stydia sino al midollo non riesco a vedere un loro happily ever after nell’immediato futuro (specialmente con la piega che sta prendendo il tv show!).  Isaac ‘consulente per coppie in crisi’ sarebbe l’ideale per dare una scossa a quei due, anche se Stiles non approverebbe il suo aiuto. Scrivere di loro, del branco originario, è un qualcosa che mi rattrista e mi rallegra allo stesso tempo, perché, senza nulla togliere a Malia, Kira e Liam che sono troppo tenerelli, trovo che siano ognuno la colonna portante dell’altro. Ad ogni modo spero che vi sia piaciuto il finale, con Lydia come agente FBI e Stiles che segue le orme del suo vecchio. Non vi nascondo che ho in mente un parallelismo tra la relazione Stydia nel futuro e quella di Scully e Mulder di X-Files (non so se qualcuno lo seguiva, io lo adoravo anche se ero troppo piccola per capirlo fino in fondo). Quindi è vero che con questo capitolo di chiude l’arco del ‘ten years plan’ ma in futuro potrebbe tornare una one shot incentrata sul possibile futuro incontro di Stiles e Lydia e dei giganteschi problemi che incontrano nel ritornare a lavorare come ai vecchi tempi (insomma partners in crime).

Con questo vi salute e ringrazio le poche anime pie che abbiano trovato il tempo per leggere e recensire questa sciocchezza di storia.

Buona estate per chi già lo è (come me), buon fine maturità/sessione estiva per chi è sommerso dai libri e buon ritorno di Teen Wolf.

 

Sil

 

 

 

 

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