Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate

di Madness in me
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nel mezzo del cammin di nostra vita.. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Nel mezzo del cammin di nostra vita.. ***


 

« Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura,
esta selva selvaggia e aspra e forte,
che nel pensier rinova la paura!

Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

Io non so ben ridir com'i' v'intrai,
tant'era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai. »
-Dante Alighieri, Inferno I, vv. 1-12 


  


Una giornata più noiosa di quella non riuscivo a ricordarla, talmente noiosa da non ricordare né dove fossi né perché stessi camminando.
Improvvisamente, come ci fosse stata una folata di vento, la sigaretta che tenevo tra le dita cadde costringendomi a piegarmi per raccoglierla.
Il vero stupore però ci fu quando alzando la testa mi ritrovai in un bosco oscuro e cupo.
Come ci ero finito in un bosco ?
Mi ci trovavo da prima ? 
Era un'allucinazione ? 
Perché non ricordavo nulla di ciò che stavo facendo prima di essere finito li ?
Dov'era il sole ?
Quel luogo non era buio come la notte, ma buio come una stanza chiusa senza luce e l'aria sembrava quasi pesante.
L'istinto mi avrebbe suggerito di fermarmi e prendermi il mio tempo per andare nel panico ma qualcosa attirò il mio sguardo, e non solo.
Una possente figura era davanti a me a poca distanza.
Mi incamminai e più camminavo più una cosa stranissima giungeva chiara alla mie orecchie: Il suono di un pianoforte che riproduceva le note di una canzone che conoscevo bene, Nightmare degli Avenged Sevenfold.
Ormai però la figura di fronte a me mi aveva notato e non potevo fermarmi.
Più mi avvicinavo alla figura più sembrava che la profonda oscurità si diradasse e il suono di quel pianoforte lentamente scemava fino a sparire.
Quando fui a pochi passi dalla figura e mi fu possibile riconoscerla, ebbi un colpo al cuore.
Una giacca bianca con nulla sotto e le lettere "FIC" ben visibili tatuate sul petto, pantaloni bianchi e nulla ai piedi, i suoi inconfondibili capelli corvini con un taglio tutto suo e i suoi indimenticabili occhi color cielo fissi su di me con uno sguardo che mi incuteva allo stesso tempo terrore e sicurezza.
"James Owen Sullivan ?" borbottai sbalordito.
"Ben arrivato, Christopher." disse lui, senza fare una piega, come se per lui fosse normale vedermi li, quasi come mi stesse aspettando.
Ero così stupito che non mi lasciai infastidire neppure dal mio nome pronunciato per intero, che era una delle tante cose che odiavo di più al mondo.
"Tu.. tu non eri morto ?" domandai ancora, come un bambino.
Chinò la testa di lato, come stupito dalla domanda per poi annuire "Certo che lo sono, perché me lo domandi ?"
Quella frase mi arrivò dritta in faccia come un pugno.
"Questo significa che.. sono morto anche io ?" domandai, la voce stavolta palesemente tremante.
Lo vidi rabbuiarsi e iniziare a camminare verso di me e dopo tre o quattro passi fu a qualche centimetro dal mio viso e, serio come non avevo mai visto nessuno, sussurrò "No."
Lo guardai confuso vedendolo esplodere in una risata così forte da farlo piegare su se stesso.
La mia espressione doveva essere la cosa più ridicola del mondo perché continuavo a non capirci nulla e lo fissavo in silenzio, quasi tremando.
Quando dopo quelli che pensai essere una decina di minuti James smise di ridere, lo vidi tornare dritto e serio come poco prima, l'ombra di un mezzo sorriso che cercava di nascondere ancora presente sul suo viso.
Mi poggiò una mano sulla spalla e disse "Scusa, Christopher, non era mia intenzione confonderti o prenderti in giro.. ma cerca di comprendermi, sono solo in questo bosco da così tanto tempo che temo di aver dimenticato come ci si comporta con le persone. Ora, andiamo." concluso il discorso mi diede tranquillamente le spalle e, infilate le mani in tasca, si incamminò.
Rimasi immobile come un idiota per poi urlare "ASPETTA!" vedendolo fermarsi e voltarsi confuso.
"Primo: Dove stiamo andando ? Secondo: Dove diavolo siamo ? Terzo: Smetti di chiamarmi Christopher o mi farai perdere la testa."
Lo vidi corrucciare la fronte, forse contrariato e poi sbuffare.
"Non darmi ordini, Christo- Chris. Non mi piace e se vogliamo essere amici, devi imparare a comportarti in maniera che possa piacermi o il nostro viaggio potrebbe non piacerti affatto." disse infine, fin troppo serio.
Deglutii a vuoto e il suo sguardo gelido e fermo puntato su di me mi impedì di fare o dire altro, limitandomi ad annuire.
Lo vidi tornare a rilassare il volto e fu come se la morsa sulla mia gola si fosse allentata.
"Dunque, dicevamo, Chris.. Stiamo andando a visitare un luogo che devi assolutamente vedere, per prenderne coscienza, per sapere cosa accade al di fuori di quel che tu credi essere il tuo mondo. E dove siamo, beh.. in un bosco oscuro, no ?" sorrise appena, quasi triste. "ora andiamo." concluse, incamminandosi.
A quel punto non avevo scelte, dovevo seguirlo anche perché tutt'intorno era completamente buio e sembrava quasi che fosse James l'unica minima fonte di luce presente in quel luogo terribile, così lo seguii.
Camminavamo da parecchio e da quando eravamo partiti James aveva solo fischiettato.
Non più una parola, non si era neanche più voltato, nemmeno per controllare se ero ancora lì.
La mia curiosità si faceva sempre più grande ad ogni istante passato ad osservare la schiena di James a pochi passi davanti a me perché, sì, il mio sguardo era fisso sulla sua schiena.
Ovunque io guardassi, intorno a noi, dietro o anche avanti, vedevo solo buio.
Sagome di quelli che sembravano giganteschi alberi completamente neri.
James era, appunto, l'unica cosa che sembrava avere luce in quell'orribile posto.
Non c'erano rumori, come se tutto intorno non ci fosse assolutamente niente, si sentivano i miei passi e il mio respiro, ma non quelli di James.
E non c'era un filo di vento o un qualsiasi rumore, non un animale che si muoveva o una foglia che si staccava da un albero e finiva schiacciata sotto i miei piedi.
Che poi, quegli alberi le avevano, le foglie ? 
Sembravano quasi disegnati con un pennarello nero e appiccicati tutti intorno a noi su quella che poteva tranquillamente essere la parete di un enorme stanza buia e chiusa.
Ancor più fastidioso del silenzio, era l'odore.
Quel posto non aveva odore.
Non un profumo di fiori o di piante, non si sentiva assolutamente nulla, avrei giurato di poter sentire l'odore della mia pelle ma, ancora una volta, neanche l'odore di quella di James e cominciavo a chiedermi se lui fosse davvero lì o se me lo stessi solo immaginando.
Evidentemente però c'era, in qualche assurda maniera, perché il suo continuo fischiettare mi stava mandando in paranoia.
Così decisi di interromperlo.
"James.." dissi, richiamando la sua attenzione e vedendolo gettarmi un'occhiata come a darmi il permesso di parlare ma senza smettere di camminare.
Mi feci coraggio, mi schiarii la voce e lo affiancai.
"Ho capito che non mi dirai cos'è questo posto ma poso almeno sapere cosa fai tu qui da solo ?" domandai dopo qualche secondo.
Fece spallucce e, senza togliere le mani dalle tasche o fermarsi, disse "Ti aspettavo."
Sgranai gli occhi "Cosa ? Me.. ? Ma sei proprio sicuro.. ?"
Sbuffò e si fermò guardandomi "Christopher Thomas Cerulli è il tuo nome ?" domandò, serio.
Annuii infastidito e feci per ribattere sentendolo però precedermi "E ti fai chiamare da tutti Chris Motionless, lunghi cpelli neri e il viso spigoloso, sei pieno di tatuaggi. Vivi in Pennsylvania con tuo padre, tua madre e tuo nonno. Il tuo grande sogno è quello di avere una band per portare nel mondo la tua musica e tutti gli insegnamenti che hai appreso nei duri anni della tua dura adolescenza." alzò un sopracciglio e, quasi divertito, aggiunse "Giusto.. ?"
Ancora sconvolto, annuii e lui fece spallucce incamminandosi di nuovo e borbottando "Allora sì, sono sicurissimo."
Ripresi immediatamente a seguirlo, stavolta.
Mi sentivo come in dovere di seguire James, come se, improvvisamente, mi fossi reso conto che in quel posto sarei stato al sicuro solo di fianco a lui.
Sembrò accorgersene perché, gettatami un'occhiata rapida, vidi sbucare un mezzo ghigno sul suo volto.
Non osai più spiccicare parola, forse confuso da tutto ciò che James sapeva di me o forse semplicemente perché la situazione cominciava a farsi abbastanza seria ed inquietante.
Era stata inquietante dall'inizio, sì, ma forse fino a quel momento non avevo realizzato.
Camminammo per quelle che a me parvero ore poi improvvisamente il mio sguardo fu attirato da qualcosa che, in mezzo a quel buio, era impossibile non notare.
Un altissimo monte che sembrava illuminato dalla luce del sole si erigeva a pochi chilometri da noi.
Il monte era altissimo, così alto che non c'era alcun modo di vederne la fine che scopariva tra quelle che sembravano nuvole.
Quel monte appariva completamente fuori posto, in quel luogo oscuro e deserto.
Il monte era illuminato, sì, ma la luce era così forte da sembrare quasi artificiale, come se una gigantesca lampadina fosse puntata su di esso mentre le nuvole sembravano quasi di zucchero.
Mi ritrovai, per mia sorpresa, ad arricciare infastidito il naso.
Quel monte non mi attirava neppure un po', non aveva nulla di bello o di interessante, sembrava disegnato da un bambino.
La fragorosa risata di James irruppe nel tetro silenzio del bosco facendomi sobbalzare e voltare verso di lui confuso.
A pochi passi da James ora c'erano tre bestie: una lonza, un leone e una lupa.
Ma James non sembrava affatto inquietato dalle tre belve che, dritte e tese, mi fissavano con i denti di fuori, ringhiando e sibilando, affondando i loro artigli nella terra nera sotto di loro.
Spostavo il mio sguardo, terrorizzato, dalle belve a James, quasi convulsamente finché lui stesso non poggiò una mano sulla testa della belva più vicina, il leone, abbassandosi appena per dire "Visto ? Non sbagliavamo. Non è attirato da quel luogo che voi potete ancora proteggere, tornate al vostro lavoro, non c'è da aver paura. Chris non oserà raggiungere il monte perché non gli interessa visitarlo." 
Mi ritrovai a fissare dritto negli occhi il leone che, dopo qualche istante, in sincrono con le altre due bestie, sembrò rilassarsi e, sfilate le unghie dalla terra, si voltarono e sparirono di nuovo nel buio del bosco.
Rimasi teso come un pezzo di legno a fissare il buio in cui erano scomparse le tre belve e spostai poi lo sguardo su James che mi guardava, un ghigno così perfido stampato il volto da farmi per la prima volta seriamente paura.
"Non provi alcun interesse per quel monte così illuminato e diverso dall'oscuro bosco in cui ti trovi ?" domandò, facendo un passo verso di me.
Mi trovai a scuotere lentamente la testa, ancora confuso.
"Allora andiamo, Chris. Il nostro viaggio può ufficialmente iniziare." concluse, infilando di nuovo le mani in tasca e incamminandosi.
Lo affiancai rapido, camminando e fissandomi i piedi "Che cos'è quel posto.. ?"
"Non ti interessa, tanto dubito che tu potrai mai visitarlo." disse, tranquillo, aggiungendo poi "Senza offesa eh, ma ognuno di noi è destinato ad un qualche posto e quel monte proprio non fa per te."
Le sue parole non mi toccarono più di tanto perché, effettivamente, quel monte non mi scatenava nessun interesse, con quella luce abbagliante a staccare, fin troppo, dal buio e il nero di quel paesaggio morto e oscuro.
Fu in quel momento, mentre la mia mente era persa tra i pensieri, che sentii una risata agghiacciante che quasi provocò un eco.
Alzai subito lo sguardo su James ma lo vidi completamente tranquillo, come non avesse sentito assolutamente nulla.
Che la avessi immaginata ? 
Probabile.
Decisi quindi saggiamente di non dire nulla, James non sembrava uno stolto o uno che non prestava attenzione a ciò che gli accadeva intorno quindi se non aveva reagito a quella risata era perché, probabilmente, l'avevo sentita solo io e quindi non c'era motivo di parlargliene o continuare a pensarci.
Camminammo ancora per quelle che parvero altre ore, stavolta però nessuno spiccicò parola.
James smise di fischiare e sembrò stringersi nelle spalle come se per la prima volta da quando l'avevo incontrato, qualcosa lo mettesse a disagio.
Fu però la reazione di qualche istante perché subito dopo tornò dritto e fiero a camminare in silenzio con le enormi spalle tese, la testa alta a fissare avanti a se.
Dopo ore ci fermammo improvvisamente in una lunga distesa buia e James mi fissava.
Ricambiai lo sguardo, confuso ma in silenzio, come avessi paura di rompere quel silenzio parlando.
"Ci siamo." disse lui, come fosse ovvio.
"Siamo.. dove ?" domandai, titubante.
Lo vidi alzare gli occhi al cielo e sfilare lentamente una mano dalla tasca ed indicare alle mie spalle con un dito.
Mi voltai, lentamente, quasi trattenenendo il fiato.
Davanti a noi ora c'era, come fosse apparsa dal nulla, rivomitata improvvisamente da quell'enorme distesa di totale e oscuro buio, quella che sembrava essere una gigantesca porta.
O forse più che porta sembrava un sepolcro.
Un enorme caverna si apriva, alta e impetuosa con una scavatura che formava una specie di entrata, le pareti frastagliate a formare l'entrata come se la pietra fosse stata scavata con le unghie.
Di fianco all'entrata c'era un pezzo di pietra della stessa forma, come una porta, poggiato alla parete, come fosse stato divelto dal terreno e spostato da una qualche forza sovraumana per permettere il passaggio.
Non si sentivano rumori dall'interno di quella che pareva essere una grotta, se possibile, ancora più buia del bosco in cui eravamo stati fino a quel momento e un odore acre, pungente, proveniva dal suo interno.
Lasciai scivolare sconvolto lo sguardo sulla parete fino a raggiungere la parte più alta dell'entrata e su di essa c'era, incisa, una scritta.
Sembrava incisa nella pietra e poi dipinta di rosso ma realizzai ben presto, dall'odore che emanava e dalle piccole goccie che ne cadevano, che non si trattava affatto di pittura.
Era sangue e sembrava quasi sgorgare dalla pietra come fosse una ferita.
La scritta grondante sangue recitava:
"No one will make it out alive.
No one will make it out alive.
No one will make it out alive.
No one will make it out alive.
No one will make it out alive.
No one will make it out alive.
No one will make it out alive.
No one will make it out alive.
No one will make it out alive.
I fear that,
that we are all doomed.
We are forsaken in the eyes of the truth.
"
Rimasi a fissare quell'entrata incredulo, le braccia lasciate lungo i fianchi e gli occhi spalancati a tal punto che temevo sarebbero schizzati fuori dalle orbite da un momento all'altro.
James mi affiancò in silenzio, studiandomi curioso.
"Che inquietante meraviglia.." sussurrai improvvisamente sbattendomi subito dopo una mano sulla bocca come ad attapparla, fissando James sconvolto.
Ero stato io a pronunciare quelle tre parole ?
Perché ?
Come potevo trovare meravigliosa quella cosa ? 
La trovavo meravigliosa ? 
James ora mi guardava serio ma non sconvolto, come se le mie parole non l'avessero neanche sfiorato, mi guardava quasi come se la aspettasse una simile uscita da me.
Spostai di nuovo lo sguardo sull'incisione stupendomi nel capire che sì, effettivamente la trovavo davvero meravigliosa, seppur inquietante.
La risata agghiacciante e gelida di poco prima risuonò di nuovo nella mia testa facendomi stavolta sobbalzare perché più chiara di prima e mi voltai di nuovo per capire se James l'avesse sentita o no ma lui non era più fermo a fissarmi.
Le mani di nuovo nelle tasche, era diretto verso la grotta.
Evidentemente non aveva sentito nulla di nuovo così decisi di ingoiare il rospo per la seconda volta e, accelerando il passo, raggiunsi James.
Camminamo per due o tre passi in quel che sembrava essere un corridoio poi, lentamente, il mio sguardo iniziò ad adattarsi alla leggera luce.
Davanti a noi ora c'era un enorme fiume, nero anch'esso, sulla sua superficie aleggiava una fitta nebbia e un odore sempre più pungente raggiungeva il mio naso fino a farmi quasi venir voglia di vomitare.
James stava in piedi in bilico a pochi passi dall'acqua, le mani nelle tasche e lo sguardo fisso avanti a se.
Lo affiancai ma ancora prima che potessi chiedere qualcosa, disse "Da qui in poi, non si torna più indietro."
Sentii il cuore quasi fermarsi e mi voltai indietro istintivamente come a cercare la porta da cui eravamo entrati, ma la porta non c'era più.
Dietro di noi solo buio pesto e sentivo quasi come se la porta non ci fosse più.
Tornai a guardare il fiume sentendo come fossi obbligato a stare in silenzio e rispettando quell'obbligo che sentivo.
Improvvisamente una flebile lucina apparì dal buio, avvicinandosi lentamente.
Sembrava quasi una fiammella che levitava lentamente verso di noi.
Quel che sarebbe giunto al seguito di quella fiammella sarebbe stato l'inizio di quello che non avrei mai saputo se definire un  incubo o solo il peggior destino che mai sarebbe potuto esser scritto per me.
Di nuovo le note di Nightmare sembravano risuonare nell'aria e il mio sguardo ricade automaticamente su James che ora aveva una mano fuori dalla tasca e batteva lentamente le dita sulla sua gamba a ritmo della canzone, come fosse lui a suonare quel pianoforte invisibile che rimbombava nel vuoto e nel buio.
Girò appena lo sguardo per regalarmi l'ennesimo ghigno, indicando poi col mento verso la fiammella come ad ordinarmi di non distogliere lo sguardo e così feci, tornai a guardare verso il fiume la fiammella che, inesorabile, si avvicinava sempre di più.


































ECCOMI QUI, di nuovo.
Ci tengo a ringraziare Diggio per avermi fatto da beta e aver tenuto d'occhio ciò che ho scritto e anche Gem per avermi aiutata e consigliata.
Ringrazio anche la mia dolce metà, Al, per avermi chiamata questa mattina sopportando la mia voce da uomo per svegliarmi e incitarmi così a scrivere.
Tengo ovviamente a precisare che tutto ciò che è scritto qui è frutto della mia immaginazione, tutto ciò che leggerete da ora in poi, è ispirato da fantasie e creato dal nulla, niente di ciò che c'è qui è ispirato a fatti reali.
Spero che questa storia piacerà a tutti tanto quanto piace a me scriverla,
grazie per essere arrivati fin qui.
Somuchlove,
Sah.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


 

Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: "Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo:
i' vegno per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.
E tu che se' costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti".
-Dante Alighieri; Inferno – Canto III – vv.82-111
Giurai a me stesso che, se le gambe avessero obbedito, sarei schizzato via alla ricerca di una via d'uscita perché quella fiammella che si avvicinava lentamente mi stava quasi mandando fuori di testa più di quanto non ne fossi già uscito dall'inizio di quell'incubo.
Dopo quelle che mi parvero ore, a causa dell'ansia, una barchetta tutta rovinata dal tempo, sbucò dalla nebbia.
A guidare quella barca c'era un uomo, credevo, non avrei saputo dirlo con esattezza perché portava una specie di mantello che sembrava fatto più con un sacco che con della vera stoffa e l'enorme cappuccio gli copriva il viso.
Quando la barchetta si fermò quasi attaccata alla riva, l'uomo lasciò scivolare il cappuccio.
La barbetta, i capelli neri e gli occhi scurissimi con quel viso rotondo, io lo conoscevo..
"Shinoda, da quanto tempo.." fu James a rompere il silenzio, tirandomi di nuovo fuori dai miei pensieri e facendomi sobbalzare.
L'uomo sulla barca non mi degnò neanche di uno sguardo, fissando James con quello che sembrava quasi fastidio.
Io invece continuavo a fissarlo senza riuscire a distaccare lo sguardo.
Era davvero lui? Mike Shinoda? 
Che ci faceva lì?
Quando era morto?
Aspetta.. era morto? 
Questa situazione continuava a confondermi sempre più ma come al solito la voce di James mi tirò fuori dai miei pensieri costringendomi a concentrarmi sulla reale situazione che si stava svolgendo.
"Shinoda smettila di guardarmi così, sai che obbedisco ad ordini superiori a me e non puoi opporti." stavolta la voce di James era più seria e ferma di quando, poco prima, aveva salutato l'uomo che, fermo in piedi nella barca, stringeva il remo di legno con tanta forza da farsi sbiancare le nocche.
"Mi rifiuto." sbottò Shinoda, tuonandò tanto da far rimbombare la sua voce in tutto il buio intorno a noi e gettando il remo sul fondo della barca "Io ho il compito di trasportare le anime morte e non intendo cambiare tutto questo. Quel ragazzo è vivo e io i vivi non li trasporto, sono le leggi, James e sa che fine fanno tutti quelli che infrangono le regole. Io li ho visti, tutti. Li vedo ogni giorno e non intendo finire come loro!"
Fu in quel momento che capii che James non faceva paura solo a me.
Lo vidi sporgersi fino a poggiare un piede sulla barca e afferrare Shinoda per il colletto del mantello che aveva addosso, tirandolo verso di se e ringhiando "Ho ricevuto ordini da qualcuno che potrebbe farti molto peggio di tutto ciò che potrebbe accaderti se finissi in uno qualsiasi degli angolo di questo posto, e che potrebbe fare lo stesso a me. Quindi io non intendo disubbidire. E' stato lui a dirmi di portare Chris, vuoi metterti contro di lui?"
Vidi Shinoda sbiancare tanto da diventare quasi dello stesso colore della fitta nebbia che circondava l'acqua e puntare lo sguardo su di me.
Chi era questo lui che spaventava James a tal punto da impedirgli di pronunciare il suo nome?
Chi poteva spaventare tanto quei due?
L'agghicciante risata di poco prima risuonò nella mia testa e stavolta sobbalzai, cominciando a guardarmi intorno furioso e infastidito.
Come al solito ero stato l'unico a sentirla.
Ma non ebbi il tempo di fare nulla perché la voce di Shinoda mi raggiunse distraendomi.
"Salite, muovetevi." disse.
James lasciò il suo mantello e salì sulla barca sedendosi e, appena più titubante, feci così anche io.
Presi posto di fianco a James mentre Shinoda, dietro di noi, stava in piedi e iniziava a remare.
"Come mai non stai trasportando nessuno oggi?" domandò James dopo qualche minuto.
"Era il giro d'andata. Stavo per prendere gli altri prima di vedere voi." borbottò lentamente Shinoda.
Gli altri chi?
Guardai James, tentato di domandarglielo ma lui mi sorrise ed indicò con un dito il fiume come stesse rispondendo alla mia domanda silenziosa.
Confuso, voltai lo sguardo e non potei credere ai miei occhi.
Sotto l'acqua quasi grigia si intravedevano persone di ogni tipo, uomini e donne, giovani e anziani che non nuotavano, si lasciavano trascinare dalle correnti ma le loro espressioni erano un insieme di paura e sofferenza.
"Chi sono?" sussurrai, stupito.
"Anime." disse James, come fosse ovvio.
"E che fanno lì?" chiesi ancora.
"Aspettano che io li faccia salire a bordo per portarli dove dovranno rimanere per l'eternità." disse Shinoda e dal tono che usò capii che non avrebbe voluto che facessi altre domande, così feci silenzio.
Non mi avevano detto niente però in qualche modo avevo capito che non era il caso di allungare le mani verso l'acqua o comunque tirarle fuori dalla barca perché sembrava quasi che le anime si tenessero lontane dalla barca e avevo come la sensazione che non si sarebbero fatti problemi a tirarmi giù se mi avessero preso.
Vedevo l'ombra di Shinoda riflettersi sull'acqua grigiastra e pù la osservavo più la mia curiosità cresceva ma Shinoda non sembrava proprio il tipo da grandi chiacchierate.
Mi voltai appena e trovai James a fissarmi col suo solito ghigno, come se avesse di nuovo capito ciò che pensavo e mi stesse sfidando a rischiare.
Non mi piaceva tirarmi indietro, accettavo sempre le sfide così respirai a fondo e alzai lo sguardo su Shinoda che fissava davanti a sé impassibile.
"Shinoda...?" domandai, cercando di suonare il meno titubante possibile.
Lo vidi lanciarmi uno sguardo di fuoco e lo presi come un invito a parlare così domandai: "Cosa ci fai qui? E perché sei finito a traghettare anime?" 
Mike sembrò sorpreso dalla domanda come se nessun altro prima glielo avesse mai chiesto.
Si prese il suo tempo per rispondere, rimanendo a fissarmi qualche istante come volesse assicurarsi che glielo avessi chiesto davvero poi spostò di nuovo lo sguardo verso l'infinita distesa di nebbia davanti a noi e infine, dopo aver respirato a fondo, iniziò a raccontare.
"Erano tempi oscuri e l'uomo di cui ero innamorato stava morendo. Un giorno ero da solo a bere in un bar eun uomo con un cappuccio a coprirgli il volto, mi disse che avrei potuto salvare il mio uomo se fossi stato dsposto a lavorare per lui. Accettai senza pensare e firami il contratto che mi porse senza neanche leggere, non mi importava più nulla, a quel punto. La disperazione per quel che stava accadendo era troppa, mi logorava e avrei fatto di tutto pur di salvare la persona che più amavo al mondo. Dal giorno in cui firmai il contratto l'uomo che amavo guarì, quasi magicamente, si riprese del tutto e da allora sta bene. Io però sono bloccato qui, o almno, la mia anima lo è. Il mio corpo vive con una.. chiamiamola anima fittizia. Io invece devo adempiere al mio compito di traghettatore d'anime.. altrimenti il mio disubbidire al contratto che ho firmato, significherebbe provocare la morte dell'uomo che amo e non posso permetterlo. Lui.. lui conta più di me, lui può dare di più al mondo. Ed è giusto così." La tristezza nella sua voce aveva lasciato trasparire una parte di sé che fino a quel momento non avevo ancora visto.
La parte più umana.
Perché sì, in lui c'era ancora qualcosa di umano.
Calò il silenzio per tutto il resto del viaggio ma stavolta fui io a romperlo.
Decisi di porre la domanda che mi balenava in testa da minuti e minuti proprio nel momento in cui anche ai miei occhi apparve, in lontananza, una striscia di terra bruciata verso cui eravamo diretti.
"Mike.. come si chiama quell'uomo?" domandai.
Mike sobbalzò alla domanda e, risistematosi il cappuccio sulla testa a coprirsi il volto, con una leggerezza quasi non sua, come avesse paura a pronunciare quel nome, come se a dirlo ad alta voce si sarebbe sciupato o sporcato, sussurrò "Chester Bennington".
A quel punto anche James aveva smesso di ghignare, ora se ne stava fisso verso un punto indefinito, in rigoroso silenzio, serio come una statua di marmo.
Non aprii più bocca, mi sentivo quasi in colpa per aver trasformato Shinoda in una sagoma di oscura tristezza e sofferenza.
Dopo qualche secondo raggiungemmo la sponda e io e James scendemmo dalla barca.
Mi voltai per salutare Shinoda ma prima ancora che potessi salutarlo, egli si spostò il cappuccio dal viso quel tanto che bastava per mostrare gli occhi e, serio come al nostro primo incontro ore prima, mi disse una frate che ricorderò per sempre.
"Possa tu uscire da qui riuscendo ancora a guardarti allo specchio.", conclusa la frase non disse altro, gettò un'occhiata a James che non si degnò neanche di guardarlo poi si girò e riprese a reamare fino a sparire totalmente nella nebbia.
A quel punto mi voltai, pronto a chiedere spiegazioni a James ma lui era già partito e fui costretto a seguirlo in silenzio.
Raggiungemmo in breve un'altra entrata scavata nella roccia, stavolta però appena più piccola della precedente e sulla parete, che questa volta era di un marmo nero, lucido, come una lapide, c'era incisa, in bianco, un'altra frase:
"I walk through the centre with no rules to guide me, i realize it's difficult but now i can see."
James infilò nuovamente le mani in tasca e ripartì, ma lo affiancai prima del solito.
Qualcosa mi diceva che da quel punto in poi nulla ci ciò che avevo visto sarebbe mai sparito dalla mia mente.
Non avrei mai, mai più dimenticato ciò che avrei visto.
"Ora penso capirai, come questo mondo può sopraffare un uomo.." sussurrò James, con una tale freddezza che giurai a me stesso di aver sentito il sangue congelarsi nelle mie vene ma non osai ribattere.
La solennità di quel momento era palpabile e quasi mi schiacciava, così lo seguii in rigoroso silenzio, ignorando la risata nella mia testa che continuava a rimbombare sempre più forte.

Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: "Guai a voi, anime prave!

Non isperate mai veder lo cielo:
i' vegno per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.

E tu che se' costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti".
-Dante Alighieri; Inferno – Canto III – vv.82-111

 




Giurai a me stesso che, se le gambe avessero obbedito, sarei schizzato via alla ricerca di una via d'uscita perché quella fiammella che si avvicinava lentamente mi stava quasi mandando fuori di testa più di quanto non ne fossi già uscito dall'inizio di quell'incubo.
Dopo quelle che mi parvero ore, a causa dell'ansia, una barchetta tutta rovinata dal tempo, sbucò dalla nebbia.
A guidare quella barca c'era un uomo, credevo, non avrei saputo dirlo con esattezza perché portava una specie di mantello che sembrava fatto più con un sacco che con della vera stoffa e l'enorme cappuccio gli copriva il viso.
Quando la barchetta si fermò quasi attaccata alla riva, l'uomo lasciò scivolare il cappuccio.
La barbetta, i capelli neri e gli occhi scurissimi con quel viso rotondo: io lo conoscevo..
"Shinoda, da quanto tempo.." fu James a rompere il silenzio, tirandomi di nuovo fuori dai miei pensieri e facendomi sobbalzare.
L'uomo sulla barca non mi degnò neanche di uno sguardo, fissando James con quello che sembrava quasi fastidio.
Io invece continuavo a fissarlo senza riuscire a distaccare lo sguardo.
Era davvero lui?
Mike Shinoda? 
Che ci faceva lì?
Quando era morto?
Aspetta.. era morto? 
Questa situazione continuava a confondermi sempre più ma come al solito la voce di James mi tirò fuori dai miei pensieri costringendomi a concentrarmi sulla reale situazione che si stava svolgendo.
"Shinoda smettila di guardarmi così, sai che obbedisco ad ordini superiori a me e non puoi opporti." stavolta la voce di James era più seria e ferma di quando, poco prima, aveva salutato l'uomo che, fermo in piedi nella barca, stringeva il remo di legno con tanta forza da farsi sbiancare le nocche.
"Mi rifiuto." sbottò Shinoda, tuonandò tanto da far rimbombare la sua voce in tutto il buio intorno a noi e gettando il remo sul fondo della barca "Io ho il compito di trasportare le anime morte e non intendo cambiare tutto questo. Quel ragazzo è vivo e io i vivi non li trasporto, sono le leggi, James e sa che fine fanno tutti quelli che infrangono le regole. Io li ho visti, tutti. Li vedo ogni giorno e non intendo finire come loro!"
Fu in quel momento che capii che James non faceva paura solo a me.
Lo vidi sporgersi fino a poggiare un piede sulla barca e afferrare Shinoda per il colletto del mantello che aveva addosso, tirandolo verso di se e ringhiando "Ho ricevuto ordini da qualcuno che potrebbe farti molto peggio di tutto ciò che potrebbe accaderti se finissi in uno qualsiasi degli angolo di questo posto, e che potrebbe fare lo stesso a me. Quindi io non intendo disubbidire. E' stato lui a dirmi di portare Chris, vuoi metterti contro di lui?"
Vidi Shinoda sbiancare tanto da diventare quasi dello stesso colore della fitta nebbia che circondava l'acqua e puntare lo sguardo su di me.
Chi era questo lui che spaventava James a tal punto da impedirgli di pronunciare il suo nome?
Chi poteva spaventare tanto quei due?
L'agghicciante risata di poco prima risuonò nella mia testa e stavolta sobbalzai, cominciando a guardarmi intorno furioso e infastidito.
Come al solito ero stato l'unico a sentirla.
Ma non ebbi il tempo di fare nulla perché la voce di Shinoda mi raggiunse distraendomi.
"Salite, muovetevi." disse.
James lasciò il suo mantello e salì sulla barca sedendosi e, appena più titubante, feci così anche io.
Presi posto di fianco a James mentre Shinoda, dietro di noi, stava in piedi e iniziava a remare.
"Come mai non stai trasportando nessuno oggi?" domandò James dopo qualche minuto.
"Era il giro d'andata. Stavo per prendere gli altri prima di vedere voi." borbottò lentamente Shinoda.
Gli altri chi?
Guardai James, tentato di domandarglielo ma lui mi sorrise ed indicò con un dito il fiume come stesse rispondendo alla mia domanda silenziosa.
Confuso, voltai lo sguardo e non potei credere ai miei occhi.Sotto l'acqua quasi grigia si intravedevano persone di ogni tipo, uomini e donne, giovani e anziani che non nuotavano, si lasciavano trascinare dalle correnti ma le loro espressioni erano un insieme di paura e sofferenza.
"Chi sono?" sussurrai, stupito.
"Anime." disse James, come fosse ovvio.
"E che fanno lì?" chiesi ancora.
"Aspettano che io li faccia salire a bordo per portarli dove dovranno rimanere per l'eternità." disse Shinoda e dal tono che usò capii che non avrebbe voluto che facessi altre domande, così feci silenzio.
Non mi avevano detto niente però in qualche modo avevo capito che non era il caso di allungare le mani verso l'acqua o comunque tirarle fuori dalla barca perché sembrava quasi che le anime si tenessero lontane dalla barca e avevo come la sensazione che non si sarebbero fatti problemi a tirarmi giù se mi avessero preso.
Vedevo l'ombra di Shinoda riflettersi sull'acqua grigiastra e pù la osservavo più la mia curiosità cresceva ma Shinoda non sembrava proprio il tipo da grandi chiacchierate.
Mi voltai appena e trovai James a fissarmi col suo solito ghigno, come se avesse di nuovo capito ciò che pensavo e mi stesse sfidando a rischiare.
Non mi piaceva tirarmi indietro, accettavo sempre le sfide così respirai a fondo e alzai lo sguardo su Shinoda che fissava davanti a sé impassibile.
"Shinoda...?" domandai, cercando di suonare il meno titubante possibile.
Lo vidi lanciarmi uno sguardo di fuoco e lo presi come un invito a parlare così domandai: "Cosa ci fai qui? E perché sei finito a traghettare anime?" 
Mike sembrò sorpreso dalla domanda come se nessun altro prima glielo avesse mai chiesto.
Si prese il suo tempo per rispondere, rimanendo a fissarmi qualche istante come volesse assicurarsi che glielo avessi chiesto davvero poi spostò di nuovo lo sguardo verso l'infinita distesa di nebbia davanti a noi e infine, dopo aver respirato a fondo, iniziò a raccontare.
"Erano tempi oscuri e l'uomo di cui ero innamorato stava morendo. Un giorno ero da solo a bere in un bar eun uomo con un cappuccio a coprirgli il volto, mi disse che avrei potuto salvare il mio uomo se fossi stato dsposto a lavorare per lui. Accettai senza pensare e firami il contratto che mi porse senza neanche leggere, non mi importava più nulla, a quel punto. La disperazione per quel che stava accadendo era troppa, mi logorava e avrei fatto di tutto pur di salvare la persona che più amavo al mondo. Dal giorno in cui firmai il contratto l'uomo che amavo guarì, quasi magicamente, si riprese del tutto e da allora sta bene. Io però sono bloccato qui, o almno, la mia anima lo è. Il mio corpo vive con una.. chiamiamola anima fittizia. Io invece devo adempiere al mio compito di traghettatore d'anime.. altrimenti il mio disubbidire al contratto che ho firmato, significherebbe provocare la morte dell'uomo che amo e non posso permetterlo. Lui.. lui conta più di me, lui può dare di più al mondo. Ed è giusto così." La tristezza nella sua voce aveva lasciato trasparire una parte di sé che fino a quel momento non avevo ancora visto.
La parte più umana.
Perché sì, in lui c'era ancora qualcosa di umano.
Calò il silenzio per tutto il resto del viaggio ma stavolta fui io a romperlo.
Decisi di porre la domanda che mi balenava in testa da minuti e minuti proprio nel momento in cui anche ai miei occhi apparve, in lontananza, una striscia di terra bruciata verso cui eravamo diretti.
"Mike.. come si chiama quell'uomo?" domandai.
Mike sobbalzò alla domanda e, risistematosi il cappuccio sulla testa a coprirsi il volto, con una leggerezza quasi non sua, come avesse paura a pronunciare quel nome, come se a dirlo ad alta voce si sarebbe sciupato o sporcato, sussurrò "Chester Bennington".
A quel punto anche James aveva smesso di ghignare, ora se ne stava fisso verso un punto indefinito, in rigoroso silenzio, serio come una statua di marmo.Non aprii più bocca, mi sentivo quasi in colpa per aver trasformato Shinoda in una sagoma di oscura tristezza e sofferenza.
Dopo qualche secondo raggiungemmo la sponda e io e James scendemmo dalla barca.
Mi voltai per salutare Shinoda ma prima ancora che potessi salutarlo, egli si spostò il cappuccio dal viso quel tanto che bastava per mostrare gli occhi e, serio come al nostro primo incontro ore prima, mi disse una frate che ricorderò per sempre.
"Possa tu uscire da qui riuscendo ancora a guardarti allo specchio.", conclusa la frase non disse altro, gettò un'occhiata a James che non si degnò neanche di guardarlo poi si girò e riprese a reamare fino a sparire totalmente nella nebbia.
A quel punto mi voltai, pronto a chiedere spiegazioni a James ma lui era già partito e fui costretto a seguirlo in silenzio.
Raggiungemmo in breve un'altra entrata scavata nella roccia, stavolta però appena più piccola della precedente e sulla parete, che questa volta era di un marmo nero, lucido, come una lapide, c'era incisa, in bianco, un'altra frase:
"I walk through the centre with no rules to guide me, i realize it's difficult but now i can see."
James infilò nuovamente le mani in tasca e ripartì, ma lo affiancai prima del solito.
Qualcosa mi diceva che da quel punto in poi nulla di ciò che avevo visto sarebbe mai sparito dalla mia mente.
Non avrei mai, mai più dimenticato ciò che avrei visto.
"Ora penso capirai, come questo mondo può sopraffare un uomo.." sussurrò James, con una tale freddezza che giurai a me stesso di aver sentito il sangue congelarsi nelle mie vene ma non osai ribattere.
La solennità di quel momento era palpabile e quasi mi schiacciava, così lo seguii in rigoroso silenzio, ignorando la risata nella mia testa che continuava a rimbombare sempre più forte.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccomi di nuovo qui!
Sì, sembra ce la stia facendo!
Grazie mille a Diggio che mi legge e mi dice se è il caso di pubblicare o no il capitolo.
E grazie anche a voi se continuate a leggere.
Somuchlove,
Sah. 

 

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