Il necromante

di Naki94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 2 ***
Capitolo 2: *** Parte 1 ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ***



Capitolo 1
*** Parte 2 ***


Da qualche mese il manicomio di Chesterfield aveva ripreso a rigettare le sue perdute urla strazianti giacché undici nuovi detenuti, con forme gravi di psicosi, erano entrati tra quelle mura sotto la direzione del Dottor Crugher. Egli, a differenza del precedente primario, il Dottor Heinz, preferiva adottare metodi moderni di cura mentale tra cui la somministrazione giornaliera di potenti farmaci tranquillanti.

Quando arrivai al manicomio di Chesterfield all'inizio di Maggio, in veste di nuovo prete per la parrocchia dell'ospedale, giunsero a me interessanti voci su alcuni studi personali del Dottor Crugher a riguardo di farmaci naturali non ancora sperimentati e testati che egli stesso stava producendo. Quel suo interesse mi incuriosiva e, nonostante egli mi tenesse all'oscuro su simili questioni, cercai più volte di scoprire i suoi scopi e metodi terapeutici, tuttavia con risultati assai vani. Ciononostante mi terrorizzava l'idea che il Dottor Crugher potesse sperimentare le sue nuove cure direttamente sui paziente trattando loro come cavie, dunque, per un periodo piuttosto longevo, l'osservai, talvolta pedinandolo, in modo da assicurarmi che egli non mettesse in atto nulla, dando forma alle mie giustificate paure.

Un giorno, dopo la messa nel carcere, seguii di Dottor Crugher fino all'ultima cella ancora per il momento scevra d'ospiti, Mi annoiai ad osservarlo per quasi un'ora in cerca di qualche cosa che sembrava aver perduto. Egli rovistava dappertutto e si stizziva ogni qualvolta non trovava, dietro le numerose scartoffie, l'oggetto che andava cercando.

Mi informai a proposito di quella cella da una delle ex guardie di sorveglianza, un certo J. M. che mi rivelò un terribile accaduto, testimonianza della frenetica attività del demonio sulla terra. Dalle parole che la guardia utilizzò, ma sopratutto dal tono di voce strozzato e dall'espressione d'orrore sul volto, avvertii, in quel bizzarro racconto, un senso di assoluta verità. Egli sembrava aver visto il demonio camminare con piedi umani tra le mura del manicomio e in ciò che attentamente sussurrava percepivo il male farsi carne. Egli mi assicurò di non stare vaneggiando e che, dopo anni passati tra i malati mentali, egli aveva imparato ormai a farci una certa abitudine, confermandomi così che il male di cui parlava andava certamente oltre l'insania.

Mi narrò di un manoscritto andato perduto dopo la morte del suo autore e in seguito alla scomparsa improvvisa e ingiustificabile d'ogni detenuto, tuttavia egli mi confidò di aver preso di sua iniziativa la scelta di essere trasferito poiché mi testimoniava, con vivido ardore, di aver udito, nelle ore notturne, i lamenti dei detenuti scoparsi e le loro voci sussurrare da cella a cella e i graffi sulle pareti imbottite e i gemiti strozzati nell'aria pesantemente umida dei corridoi soffusi. Un notte mi raccontò di aver udito dei graffi così reali che stridevano sulla porta metallica di una cella che, quando andò a controllare, ne scoprì i segni freschi e alcune gocce di rosso umano scendere ticchettando sul pavimento.

Pregai il Signore perché la sua voce potente potesse donarmi conforto nelle lunghe giornate che ero costretto a trascorre al manicomio di Chesterfield finché non venni a conoscenza di una tremenda verità.

Il Dottor Crugher aveva da tempo assunto atteggiamenti bizzarri e insoliti giacché alla mattina lo si vedeva stanco e rigonfio e gli occhi lividi o arrossati e di notte, sulla torre del suo studio, si potevano sentire vacui lamenti come se egli fosse in compagnia di qualcuno e, certe persone che abitavano poco distanti, giuravano di vedere, durante la notte, una sinistro bagliore scarlatto attraverso gli scuri serrati di quelle finestre.

Credendo dunque che l'incertezza fosse peggiore della verità tornai qualche tempo dopo ad indagare finché una sera, prostrato dalla tensione nervosa, mi accertai che il Dottor Crugher fosse uscito dalla porta principale diretto al paese. Entrai così finalmente nella torre che occupava e che egli, così gelosamente, teneva serrata. Lì davanti allo scempio giacque inerme il mio allucinato sguardo di terrore. Sul tavolo operatorio era disteso una cadavere di donna con la testa mozzata ed ella, nonostante fosse assai pallida e scevra di vita, muoveva a tempo di musica, le dita di entrambe le mani come stesse suonando uno strumento a tasti. In preda alla disperaggine, senza alcun dimoro, crollai sul pavimento incrostato col volto greve e gonfio di lacrime e, in quella frenesia, prese forma nella mia mente l'immagine di Cristo che abbandonava, con occhi rassegnati e per metà avvolti da un tenebroso sudario, questa terra infestata dal male. Solo quando alzai lo sguardo mi accorsi del libro sospeso a mezz'aria e del bagliore scarlatto che esso emanava dalle sue pagine. Il libro illuminava il disordine totale della sala dove alambicchi, mortai e storte si intrecciavano con le note scritte a mano e con gli strumenti di chirurgia sui tavoli della stanza. Sembrava esserci un forte legame tra il libro e quelle dita che da sole si muovevano nell'aria intrisa di morte e sangue. Quel legame era reso evidente da un sottile filo dorato che si insinuava attraverso il bagliore dal libro verso il corpo come se quest'ultimo avesse ritrovato la sua anima e la stesse richiamando a sé. Lessi frettolosamente e in preda a una crisi di forte panico alcune delle note poste sul tavolo e la tesi, che s'era formata nella mia mente, acquistò forza e importanza finché alla miei orecchie non giunse il fastidioso calpestio di passi nell'atrio vuoto al piano sottostante. Abbandonai quel luogo infestato il più silenziosamente possibile e raggiunsi la mia stanza cedendo il passo al sonno poiché la mia mente aveva un assoluto bisogno d'emergere da quel caos di voci e anime di cui si era improvvisamente riempito il manicomio.

Un'idea che mi attacca ogni notte è il pensiero di aver conosciuto un uomo che, catturato dall'infinito desiderio di conoscenza, indossava nel quotidiano la maschera del meticoloso e sano intellettuale per celare i suoi crimini e la mia domanda si rivolgeva a me stesso poiché a volte, in genere nelle ore notturne, ancora mi domando se anch'io non stia indossando le miei vesti di prete per celare la tremenda condanna di oscurità di cui ogni uomo è pervaso e afflitto.

Non seppi esattamente cosa accadde in seguito alla mia denuncia e all'arrivo delle forze dell'ordine, ciò che tutt'ora mi terrorizza, nonostante il mio recente ritorno in Italia, è la voce che il Dottor Crugher sia scampato all'arresto e che tutt'ora erri solitario, forse in mia ricerca, ancora in possesso di quell'insano e mefistofelico manoscritto, forse chiave e porta d'altri mondi completamente a noi sconosciuti.

L'unica cosa che scoprii tramite gli inquirenti fu solo che il corpo femminile, travato nello studio scevro di capo, apparteneva ad una nota pianista del Louisiana, qualche anno prima morta in seguito a un terribile incidente.

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Capitolo 2
*** Parte 1 ***


Ciò che qui si narra sono gli eventi che portarono alla follia decine di persone nella vecchia cittadina di Sundown, poiché in essa sembrava esservi sepolto da tempo il male.

Certe volte, all'allungarsi delle ombre incerte dei carpini, dei noccioli e dei frassini, oltre le scricchiolanti staccionate di campagna nei pressi del cimitero, si avvertiva un surreale latrato notturno e la presenza inquieta di un tacito occhio osservatore posto tra i rami spogli o le frasche e da tempo, in quei d'intorni, nessuno metteva più piede.

Accadeva a Timothy, il becchino e guardiano del cimitero, di trovare all'alba le carcasse morte di gatti randagi affisse a croce sulle grate del cancello, tuttavia, nonostante le ripetute denunce, egli abbandonò il rovello e le ricerche dei malfattori vennero dichiarate sospese.

Nessuno sapeva che l'ultima casa a sinistra fosse abitata, tuttavia alcuni impressionabili cittadini giuravano di aver visto alcune luci muoversi al suo interno e che il latrato o straziante grido notturno provenisse da quelle pareti.

Sul finire dell'estate Timothy rimosse personalmente alcune delle tombe per creare nuovo posto disponibile, giacché il cimitero non era molto spazioso e il comune non possedeva abbastanza denaro per ampliarlo. Non credette a sui occhi quando s'accorse che dentro ai feretri non vi era più alcuna traccia dei cadaveri.

Ammetto d'essere particolarmente scettico a certe leggende, ciononostante apprezzai il gesto da parte del mio capo ispettore di affidare a me un caso di così bassa importanza, giacché da poco ero uscito da una terribile vicenda di cronaca nera della quale preferisco non rievocare i terribili spettri.

Ebbene iniziai ad indagare sul furto dei cadaveri passando così molto tempo nei pressi di quel grottesco e nequitoso cimitero in rovina ed ebbi modo di rivolgere alcune domande al becchino. Egli si mostrò assai scontroso e contraddittorio. Mi diede l'impressione che il posto per il quale lavorava ormai da moltissimi anni lo avesse mentalmente indebolito e reso demente e a tratti pure completamente folle.

Giunsi infine all'amara conclusione che per scoprire il vero volto del resurrezionista che si celava dietro alla scomparsa di salme, avrei dovuto passare una notte in quel cimitero. Così presi la decisione di appostarmi dietro il colonnato di pietra del portico, con lo sguardo vigile verso il cancello e il giardino centrale. Con me avevo un litro di caffè ormai freddo che mi aiutava a restare sveglio e concentrato, tuttavia tentavo con ogni mia forza di farne il meno uso possibile per non creare rumori sospetti, altrimenti il mio ladro di cadaveri, in tal caso, sarebbe fuggito ancor prima di entrare.

Poco oltre la mezza notte, attraverso una fila di cespugli aderenti al muro ovest della struttura, comparve incappucciato un uomo che sapeva bene come muoversi tra le lapidi e pure come sfruttare a suo vantaggio le ombre prodotte dalla luna piena nel nero cielo stellato e freddo. Seguii le sue mosse e notai in lui un'estrema precisione e talento in ciò che faceva finché l'individuo non scoperchiò il feretro intatto infilando la salma in un sacco di canapa che si era portato appresso. Qualcosa mi bloccò dall'intervenire e, giacché dovevo mostrarmi prudente, non volli fare mosse frettolose e ardite continuando così ad osservare il meticoloso riassestamento della terra ai piedi della lapide e dei fiori nel vaso accanto. Per farsi un po' di luce il misterioso uomo si aiutava utilizzando una piccola lanterna cieca che portava con sé sotto il pastrano. Terminato quel macabro lavoro egli, attraverso i cespugli e l'edera, scomparve definitivamente dalla mia visuale portando sulle spalle il sacco di canapa.

Attraversai incerto il giardino avvicinandomi ai cespugli e notai che fra loro v'era un passaggio scavato nella parete rocciosa, capii dunque come all'individuo gli riuscisse così facilmente entrare e uscire dal campo santo senza essere notato.

Lo seguii furtivo per tetre campagne e nella gelida notte mentre intorno si risvegliavano i latrati di tutte quelle bestie rinnegate dal creatore e costrette a camminare per metà demoni e per metà animali sul suolo terrestre. Giunsi infine a all'ultima casa alla fine del sentiero: essa torreggiava sul mio volto come un'antica dea del sangue che mi richiamava invitandomi ad entrare con parole suadenti, intanto la pianura a me attorno s'era ristretta e l'umidità aveva reso l'aria irrespirabile. Mentre le imposte scricchiolavano, le assi dei pavimenti vibravano di vita propria dai tarli e dai vermi che vi dimoravano e così, colto da un puro e istintivo scatto di terrore, entrai al suo interno con la sensazione di avere un ignoto nemico alle spalle pronto ad aprire insanguinanti fauci di fuoco. Una volta entrato fui subito nauseato e aggredito dal terribile puzzo di miasmi malsani dei gas di putrefazione che si univano all'aria già pesante dell'estate e all'odore frustrante del chiuso e della muffa sui mobili e sulle pareti.

Tentai di rimanere lucido e di non farmi prendere dal panico, concentrandomi con attenzione sulla prima immagine che mi capitò sotto gli occhi. Si trattava di una fotografia incorniciata alla parete, in essa era impressa un'imponente struttura sotto la quale stava un uomo in compagnia di due graziose infermiere e, sul margine destro verso il basso, una scritta:

 

Al nuovo primario, il Dottor Crugher. Manicomio di Chesterfield. 1992

 

Dunque, dopo essermi relativamente calmato, procedetti ascoltando il rumore dei miei passi, ma sopratutto i terribili suoni di strumenti metallici provenienti dallo scantinato.

L'evento terribile sopraggiunse quando individuai tra le luci soffuse e scarlatte del sotterraneo dozzine di corpi ammucchiati e un paio di occhi gialli sospesi nel vuoto buio intenti a fissarmi da un angolo oscuro. Prima di andarmene correndo da quell'infernale magione notai un bizzarro libro che da solo, retto da una forza invisibile, stava aperto a mezz'aria e, ora che scrivo e rammento, era proprio l'almanacco ad emanare quella terribile luce rossastra.

Tornai alla mia stanza a Sundown accertandomi di aver ben chiuso porte e finestre e intanto il cuore mi batteva in gola mentre il mio corpo giaceva paralizzato e inerte sul pavimento. Quella notte cercai di calmarmi sforzandomi di rammentare l'accaduto e di trascriverlo prima che un blocco d'amnesia mi invadesse il cervello negandomi d'aver mai visto quelle orribili sequenze. Non presi affatto congedo dalla veglia e restai insonne a pensare sul bordo del letto.

All'alba il mio corpo cedette al sonno e quando nel meriggio mi risvegliai fui allarmato immediatamente da un indecifrabile e bizzarro silenzio che prese a torturami il cervello rendendo d'uopo scendere in città per accertami della situazione. In strada non v'era alcun calpestio, ne passeggio e i negozi giacevano chiusi sotto i portici, nemmeno il verso allegro di un bambino nei pressi del parco. Sembravano essere tutti scomparsi e dissolti, neppure il rumore del vento per effetto dell'afa soffocante.

Sul limaccioso terreno notai un elevato numero di impronte di scarpe dirette nella medesima direzione, decisi dunque di seguirle ed esse mi condussero al fiume a nord est del paese.

Oltre i roveti, tra le erbacce alte sul lento letto del fiume, giaceva immobile una distesa di cadaveri col volto rivolto verso il fondale. Uomini, donne e bambini che inghiottivano fango e alghe, trascinati dalla calma corrente. Tutti gli abitanti del paese stavano lì, a macerare alla canicola del meriggio sulle acque ardenti, di fronte ai miei occhi increduli.

Dopo essere svenuto mi destai in un luogo buio e freddo coi granelli di terra tra i denti e, sul palato, il ferroso sapore del sangue amaro. Mi resi conto solo in seguito di essere stato catturato e rinchiuso nello scantinato di quel terribile essere, incatenato tra incubo e realtà.  

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Capitolo 3
*** Parte 3 ***


Avvertivo già da molto tempo l'impulso crescere dentro di me. Non ho mai avuto il coraggio di scrivere ciò che è accaduto in questi lunghi anni.

Ricordo ancora molto bene quando, all'età di nove anni, seguii mio padre fino alla vecchia casa del nonno. Sapevo che in lui c'era qualcosa che mi sfuggiva, una parte della sua personalità o vita privata che non comprendevo a fondo. Ciò che vidi rimase sigillato dietro le sbarre della stanza sprangata degli incubi irrisolti. Ho pregato spesso di non rivivere quel ricordo, nemmeno nei sogni più oscuri.

Da quel giorno il rapporto con mio padre cambiò e lui divenne per me solamente lo scienziato Robert Gordon. Lui, d'altro canto, aveva intuito questo mio distacco e forse ne aveva anche compreso il motivo. Nonostante ciò non fece nulla per farmi cambiare idea e rimase nell'ombra per altro tempo.

Nel 1992 accadde a Mason Creek un evento spaventoso che divenne da subito un caso nazionale. I due scienziati, coi quali mio padre lavorava, furono arrestati con l'accusa di omicidio e pratiche occulte. Sul giornale apparve meglio la vicenda qualche giorno più tardi. Mio padre fu interrogato da un certo detective Wilson, ricordo che in casa c'erano spesso poliziotti e giornalisti. Fu per questo che mia madre decise di lasciarlo, quasi un anno dopo, chiedendo il divorzio. Non sopportava più quella situazione. Situazione che è andata ovviamente a sommarsi a un rapporto già instabile e in crisi da anni. Più tardi e, in maniera oscura, venni a conoscenza dei tradimenti di mia madre con un certo Harry Davies.

Ciò che sconvolse l'intera cittadina di Mason Creek fu la scomparsa di alcuni ragazzi e l'idea che un serial killer abitasse in paese ci terrorizzò tutti quanti. Ricordo ancora quando Eric ed io ne parlavamo all'intervallo a scuola. Più tardi il sindaco, assieme alle forze dell'ordine, decise di imporre il coprifuoco, nell'attesa che le indagini portassero a un sospettato.

L'anno dopo il divorzio mio padre soffrì di polmonite. Ci furono dei giorni nei quali venne costretto a rimanere a letto e fu proprio uno di quei giorni che, colto dai sensi di colpa e da una debolezza emotiva, decisi di andarlo a trovare in ospedale. Era ridotto veramente male, quasi non lo riconoscevo e i medici erano convinti che non si trattava solamente di polmonite. Una notte silenziosa mi ritrovai con la testa assopita sul letto, al risveglio mio padre mi parlò. Il tono era serio, cupo, quasi immondo. Per qualche istante mi domandai se veramente si trattasse di mio padre. Mi raccontò una storia, una storia nera. Una storia che lo riguardava. Una storia così tremendamente carica d'orrore da risultare difficile per il cervello umano da accettare e comprendere. La sua sincerità l'ha intuii dai suoi occhi in lacrime e dalla motivazione che in seguito diede alle sue azioni.

«Il Lord mi fece un'offerta alla quale non potevo rifiutare, poiché l'amore per un figlio mi impediva di farlo. Ti ho slavato, Jason. Mi sono sacrificato per te preparando la mia anima a questo grande peccato».

Tutto quel discorso aveva risvegliato in me l'animo oscuro. Sentivo improvvisamente i graffi di quel demone, fin'ora dormiente, grattare la superficie nella quale era rinchiuso.

«Con quella maschera il Lord mi ha condannato, e solo ora capisco di non averti salvato ma, al contrario, di averti maledetto con quel mio ingenuo gesto, dettato dalla paura della morte. Tuttavia la cosa deve continuare e non v'è alcun modo per fermarla. Prendi dunque la maschera e continua ciò che ho iniziato».

«Perché io, papà? Perché devo continuare a...».

«Il male sceglie il male quando si tratta di aggiungere seguaci».

D'istinto ricordo di aver afferrato quella maschera di tessuto bianca e di aver risposto. «No, papà. Il male non sceglie il male per aggiungere seguaci, ma più scaltramente cerca e trova solamente l'animo più debole».

Qualche giorno dopo morì di embolia polmonare.

Per qualche giorno tentai di non pensare a questa storia della maschera bianca, ma il mio lato oscuro si era svegliato e la tentazione di provarla era fortissima. Non resistetti a lungo, quell'oggetto aveva una particolare influenza sulla mia psiche, o forse era il Lord?

Scoprii solo in seguito che essa mi poteva condurre nei sogni solo delle persone con le quali avevo un certo contatto. I sogni, un mondo tanto oscuro quanto fantastico. In quei luoghi ho vissuto più che nella realtà interagendo con l'inconscio d'ogni persona. Ma il Lord voleva anime per il suo esercito ed io avevo il compito di consegnargliele.

La maschera permetteva di comandare, attraverso il sogno, alcune azioni della veglia. Nessuno sarebbe mai arrivato a me. Il più intelligente detective avrebbe al massimo incolpato quelle povere anime che decidevo di usare per i miei omicidi. Il Lord era contento del mio operato, più che quello di mio padre. Per un po' apprezzai con gioia quel momento, poi il senso di colpa mi distrusse spezzandomi i nervi uno a d uno. Un residuo del lato buono si impose a quella malvagità. Cercai dunque una soluzione.

Fu così che trovai le tracce del necromante. Non voglio spiegare come ne venni a conoscenza, fu una ricerca molto oscura. Temo al solo pensiero di quel che i miei occhi hanno letto e visto a proposito degli Altri Mondi e credo che l'essere umano non sia affatto pronto o generato per sopportare tutto questo.

Trovai il Dottor Crugher a Sundown. La notizia della tragedia avvenuta in quel paese mi fece accapponare la pelle e capii che la persona che stavo cercando doveva essere nei dintorni. Quando giunsi in quella casa oltre il cimitero, il puzzo terribile dei cadaveri ingombrava l'aria. All'interno non v'era nessuno e, dopo una notevole fatica, riuscii ad aprire la porta dello cantina. La luce era scarlatta oltre il buio nero dell'oscurità più assoluta e malvagia. Udivo i sussurri reali dei demoni più immondi, e il lor battere di artigli ed ali sulle pareti insanguinate. Ma non avevo paura e credo che la percezione di questo fece in modo che Crugher, silente alle mie spalle, non trovasse la forza di uccidermi.

Prima di voltarmi verso il necromante, notai, crocifisso alla parete, il corpo putrefatto di un uomo in catene. Era ovvio che, per qualche motivo, Crugher l'avesse imprigionato là sotto da vivo e poi lasciato a morire.

Proposi a Crugher un accordo che accettò in virtù dei suoi studi. Avrei dato a lui tutti gli appunti sulle scoperte scientifiche di mio padre se in cambio lui mi avesse aiutato a liberarmi dalla maledizione della maschera del Lord.

Nei suoi studi, Crugher, aveva trovato il modo di ricollegare le anime ai loro corpi defunti. Egli utilizzava scoperte scientifiche abbinate all'occulto, in particolare all'utilizzo di un misterioso libro di origini ignote.

Scoprimmo un'importante regola sulla maschera. Se in sogno il sognatore avrebbe avuto il coraggio di sfilare la maschera dal viso del portatore, allora il portatore sarebbe morto, liberandosi però dalla maledizione. Tuttavia il sognatore, per uscire dal suo stesso incubo, sarebbe stato obbligato ad indossare la maschera. Era come un portale da realtà a sogno e viceversa. Indossare la maschera per uscire dal proprio incubo avrebbe comportato l'onere di occuparsi di quel malvagio lavoretto. Al contrario, se il sognatore decidesse di non maledirsi indossando la maschera, rimarrebbe all'interno del proprio sogno finché non decidesse di cambiare idea. Mentre nel sogno il sognatore combatte contro sé stesso e l'indecisione, nella realtà il suo corpo apparirebbe in stato di coma.

Feci vedere in sogno, alla mia inconsapevole seguace Irina Callaway, ciò che aveva fatto alla sua amica Sofia Monroe. Ella, tormentata dal senso di colpa, cercò di liberarsi da quei terribili sogni. Cosicché io, una notte, le rivelai nel mondo onirico, dell'esistenza di un tizio che avrebbe potuto aiutarla. Irina però fu troppo debole, non mi ascoltò e due notti dopo si suicidò.

Riprovai allora con il mio vecchio amico Eric Wide. Con la scusa di scoprire degli indizi sul caso lo convinsi, assieme a Martin, ad entrare in camera di Irina. Ovviamente sapevo dove ella teneva nascosto il diario e la macchina fotografica. Sapevo anche che, una volta recuperati quegli oggetti in seguito ad una violazione di domicilio, avrei altrettanto semplicemente convinto quei due a seguirmi nel bosco per liberarcene. Quel pomeriggio misi nello zainetto le prove e due bottigliette d'acqua. In quella senza etichetta avevo aggiunto dello Zolpidem. Nel bosco fermai i miei amici offrendo loro dell'acqua. Poco dopo perdemmo Eric tra gli alberi. Io suggerii a Martin di dividerci per cercarlo. Sapevo bene che Eric era caduto nel sonno profondo a causa del farmaco.

Mi allontanai assicurandomi che Martin non vedesse. Infilai la maschera ed entrai nel sogno di Eric. Sotto le sembianza del demone, che tutti a Mason Creek avevano cominciato a chiamare Slender, ordinai ad Eric di uccidere Jason e Martin. Poco dopo essere di nuovo uscito dal sogno sentii gridare il mio nome oltre una fila di tronchi. Martin aveva trovato Eric a terra, caduto su alcuni rami. Eric, terrorizzato, ci raccontò ciò che aveva visto. Il demone gli era apparso ed io partecipai alla scenetta da grande attore. Aggrediti dal terrore decidemmo di uscire da quel bosco maledetto. Se non che Eric, con un grosso ramo d'albero, non ci colpì entrambi. Non posso sapere ciò che accadde in seguito, ma Crugher, col quale mi era dapprima accordato, mi trovò nel bosco e, in qualche modo, resuscitato. Per la gente ero definitivamente uscito di scena.

Entrai di nuovo nel sogno di Eric, rivelandogli ciò che aveva compiuto, sperando che i suoi sensi di colpa non lo avrebbero portato alla morte come nel caso di Irina. Eric si tagliò le vene, ma fortunatamente riuscì a sopravvivere. Egli aveva letto il diario di Irina ed io gli feci ricordare che lei doveva incontrare un uomo capace di aiutarla. Ebbene rivelai ad Eric il posto nel quale quell'uomo si trovava. La casa abbandonata del mio vecchio nonno, nella quale solo da pochissimo tempo nascondevo il Dottor Crugher. Prima di portarlo in quella casa di campagna abbandonata, avevo trovato una sistemazione a dir poco consona ai suoi esperimenti: il sotterraneo della scuola elementare Saint Mary in Rover Street. Quando scoprii che erano nate delle storie a proposito di quello scantinato, il guardiano, col qual era arrivato ad un accordo, mi impose di cambiare sistemazione per gli illegali esperimenti del Dottor Crugher.

Ora, nel buio più assoluto, resto nascosto a scrivere queste terribili memorie, mentre osservo Crugher che rivela al mio vecchio amico il modo per uccidere quel demone dei sogni. Attendo che Eric si sdrai sul divano e che prenda congedo dalla veglia. Le mie mani tremano quando prendo tra le dita quell'usurata maschera di tessuto. Spero che tutto vada per il verso giusto e che Crugher possa resuscitarmi una seconda volta sull'altare del bosco.

Se Eric riuscirà a levarmi la maschera scoprirà effettivamente chi sono. Immagino gli occhi e l'espressione di un amico ad una simile e terrificante rivelazione. Sarà difficile pure per me guardalo negli occhi. Ma so che dovrò farlo ed egli saprà chi sono.

Prego che nulla interferisca col nostro piano. Intendo dare quegli appunti a Crugher e mai più rivederlo. E' l'uomo divenuto demone, è il demone che cammina con piedi umani nel nostro mondo. Alle volte ho terrore di lui.

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