Twins di Martyx1988 (/viewuser.php?uid=51220)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Twins
CAPITOLO 1
L'atmosfera nella stanza iniziava a farsi
più tesa del previsto. le cose stavano andando diversamente
da quanto si erano aspettati. Il bambino era nato e stava bene,
riposava già nella culla accanto al letto. La donna,
però, continuava ad avere le contrazioni e la levatrice non
riusciva a spiegarsene il motivo. Stava perdendo sangue e non la
smetteva di urlare dal dolore. Nessuno riusciva a dare una spiegazione
a quella strana situazione, men che meno riusciva a risolverla. Poi
però la levatrice ebbe come un'illuminazione. Mise una mano
sul ventre della donna, ancora gonfio. C'era del movimento.
"Ce n'è un altro!" esclamò la donna "Coraggio,
Selena, ancora un ultimo sforzo! Spingete!" disse poi, rivolta alla
partoriente.
Selena raccolse tutte le forze che le erano rimaste, strinse i denti e
spinse. Prima la testolina, poi le spalle, infine il resto del corpo.
Anche il secondo neonato era fuori. La levatrice tagliò il
cordone ombelicale e lo depose su un panno che una cameriera le stava
porgendo, quindi si dedicò alla madre. I medici la stavano
già curando. Il ventre si stava sgonfiando e ogni centimetro
della sua pelle era rilassato. Stava dormendo col sorriso sulle labbra.
Si svegliò la mattina dopo al suono del pianto di uno dei
due bambini. si voltò alla sua destra e lo vide
lì, accanto a lei, nel letto, coi pochi capelli neri come la
pece. Seduta accanto al letto, la levatrice teneva l'altro bambino,
ancora addormentato. Si chinò leggermente in avanti per
farlo vedere alla madre.
"Sono bellissimi" disse Selena "Due bei bambini"
Prese in braccio il bambino che aveva accanto e se lo portò
al seno per allattarlo. Questi prese subito a mangiare con gusto.
"Come volete chiamarli?" chiese la levatrice.
"Lui è Murtagh" rispose continuando ad osservare il bambino
che aveva in braccio "E lui..."
"E' una femmina, mia signora" la interruppe la levatrice, sorridendo.
Ma Selena non sorrise, anzi, sembrava spaventata.
"Femmina?" chiese in un fil di voce.
"Esatto, mia signora, una bella bambina"
"Morzan non accetterà mai una bambina. No. Lui voleva un
maschio"
Si voltò verso Murtagh, che continuava a mangiare senza
sosta, quindi tornò a guardare la bambina.
"Avete già informato Morzan?" domandò Selena,
preoccupata.
"No, mia signora, è fuori città in questo momento"
La donna chiuse gli occhi e trasse un sospiro di sollievo.
"Non deve sapere della sua esistenza, neanche una parola. Non oso
immaginare cosa potrebbe farle"
"Come pensate di fare? Non potete abbandonarla così piccola,
morirà"
"Non ho intenzione di farlo. E' pur sempre mia figlia. Ma mi vedo
costretta a non crescerla di persona. Per il suo bene"
"Posso occuparmene io, se volete. Ne sarei onorata"
"Ti ringrazio, Olga. Sei l'unica persona di cui so di potermi fidare"
disse Selena, con le lacrime agli occhi, posando una mano sul braccio
della levatrice.
"Quando sarà abbastanza grande, potrà diventare
la mia dama di compagnia. Ma non dovrà mai entrare in
contatto con Murtagh o Morzan oppure questa copertura potrebbe saltare"
"Quindi non saprà mai le sue vere origini?"
"Mai. E' il prezzo da pagare per tenerla in vita"
"E se chiedesse qualcosa del suo passato?"
"Le racconterete che sua madre era una cameriera del palazzo, morta
dandola alla luce. Informa anche i medici e le cameriere presenti alla
sua nascita di questo"
"Un'ultima cosa, mia signora. Che nome volete darle?"
"Hanon. Questo sarà il suo nome"
La bambina aprì leggermente gli occhi e si voltò
verso Selena. I loro sguardi si incrociarono brevemente, poi Hanon
richiuse gli occhi.
"Finchè Morzan non sarà tornato,
penserò io ad allattarla. Poi però
sarà necessaria una balia"
Detto questo, Selena fece cenno ad Olga di posare Hanon sul letto,
quindi le mise Murtagh in braccio, che nel frattempo si era
addormentato. e prese la bambina per allattarla. La bambina aveva
ancora gli occhi chiusi, ma si attaccò subito al seno e
iniziò a mangiare.
"Lady Selena!!"
Ogni volta che la donna veniva a fare visita alla bambina, ad Hanon
esplodeva il cuore per la gioia. Sin da quando era nata Selena si era
interessata a lei, una semplice serva orfana di madre e senza un padre.
Olga le aveva fatto da mamma durante quei tre anni. Era stata la
levatrice di Selena quando, tre anni prima, aveva dato alla luce il suo
primo figlio. Non sapeva molto di lui, solo che si chiamava Murtagh e
che gironzolava anche lui nel palazzo, ma non lo aveva mai visto.
D'altronde, le era proibito girare per i piani alti del palazzo. Le
stanze della servitù erano sempre state la sua casa e le
aveva esplorate tutte, da cima a fondo. Era una bambina obbediente,
questo nessuno poteva negarlo, ma anche molto irrequieta. Difficilmente
restava nello stesso posto per più di cinque minuti.
In quel periodo Selena faceva visita più spesso ad Olga e
Hanon ne aveva chiesto il motivo alla donna, che le aveva risposto:
"Gli dei daranno alla signora un altro bambino e io devo prepararla al
suo arrivo"
Da quando lo aveva saputo, Hanon aveva approfittato di ogni incontro
con la donna per chiederle come avrebbe chiamato il nuovo bambino.
"Non so, è ancora presto per saperlo" rispondeva sempre,
sorridendo "Magari Eragon, se è un maschietto"
"E se è femmina?" domandava puntualmente Hanon, ma non aveva
mai ottenuto risposta a quella domanda, perchè Selena o
cambiava discorso o se ne tornava nelle sue stanze.
Quel giorno, però, la donna aveva bisogno di una visita
nella sua stanza. Aveva avuto un mancamento e le ancelle l'avevano
subito portata a letto e chiamato Olga. La levatrice si era trovata
costretta a portarsi dietro anche Hanon, coi rischi che ne
conseguivano, in quanto nessuna cameriera era disponibile a tenerla
d'occhio.
Anche Selena rimase sorpresa nel vederla, ma poi pensò che
Morzan e Murtagh erano fuori a caccia e sicuramente prima di sera non
sarebbero tornati. Sorrise alla bambina, che era accorsa accanto al
letto appena entrata.
"State male, milady?" chiese la bimba preoccupata.
"Ora sto meglio, grazie Hanon"
La bambina iniziò a saltare dalla gioia per la stanza. Per
Selena vederla così felice era una gioia immensa. Aveva i
capelli castano chiari, lunghi fino a metà schiena, dove si
arricciavano in leggeri boccoli, e occhi azzurrissimi, totalmente
diversi da quelli di Murtagh, di un blu intenso. Nonostante questo,
però, gli somigliava in maniera impressionante.
Olga si avvicinò alla donna e predispose l'occorrente per
visitarla, quando un'ancella irruppe nella stanza. Dal fiatone che
aveva, si intuiva che era venuta di corsa.
"Milady...vostro figlio...Morzan...giù
nell'ingresso...correte!"
"Murtagh!" Selena non se lo fece ripetere due volte, scese dal letto e
corse fuori dalla stanza, poi giù per le scale fino
all'ingresso. La scena che le si presentò davanti era
raccapricciante. Murtagh era riverso a terra in una pozza di sangue,
con la schiena squarciata dalla spalla destra al fianco sinistro da un
taglio profondo. Poco più in là giaceva la spada
rossa di Morzan, linda e luccicante come sempre. Davanti al portone
spalancato dell'ingresso stava il cavaliere, lo sguardo di fuoco
rivolto verso il figlio.
Selena corse dal bambino, ma non ebbe il coraggio di toccarlo, per
paura di peggiorare le sue condizioni.
"Ma che cosa gli hai fatto?" urlò la donna, con le lacrime
che le scendevano copiosamente dagli occhi "E' solo un bambino!"
"E continuerà ad esserlo se gli inculcherai ancora le tue
idee sull'amore e la bontà. Deve diventare un guerriero, non
può provare sentimenti di pietà e amore. Nemmeno
per un animale"
"Gli hai fatto questo perchè non ha voluto uccidere un
animale? Ha tre anni, Morzan! Hai rischiato di ucciderlo a tre anni per
una cosa del genere!"
"Se non è in grado di essere spietato, allora è
quello che si merita"
Dopo aver recuperato la spada, il cavaliere passò davanti
alla moglie e al bambino con passo spedito, senza nemmeno accrogersi
che, poco più in alto, seduta su uno scalino, dietro alle
gonne delle ancelle, stava seduta la piccola Hanon. Per tutto il tempo
era rimasta a fissare il corpo del bambino, atterrita. Vide poi Olga
andare da Selena, ancora in lacrime, prenderla per le spalle e
sollevarla.
"Ho fatto chiamare i dottori, stanno arrivando a curare Murtagh. Ma voi
dovete riposare, milady"
Selena seguì la donna su per le scale, con le ancelle subito
dietro, ma non Hanon. La bambina le seguì con lo sguardo
finchè non scomparvero dietro il muro, quindi scese
lentamente le scale e si andò ad inginocchiare vicino a
Murtagh. Anche se impercettibilmente, si poteva vedere la schiena
insanguinata sollevarsi ed abbassarsi ad ogni faticoso respiro del
bambino. Poi Hanon lo vide aprire gli occhi e fissarla. In quel momento
una specie di fremito pervase entrambi i bambini. Murtagh
allungò lentamente la mano verso Hanon, che fece altrettanto
e, appena si toccarono, sentirono entrambi una forte scossa percorrere
il loro corpo.
E' una storia pensata come continuo di Eldest, quindi non saranno molte
le novità portate da Brisingr in questa ff. Spero non
rimarrete delusi!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Twins
CAPITOLO 2
Hanon si svegliò di colpo,
sudata, con ancora quella scossa nel corpo, come ogni volta che sognava
quell'episodio. Ormai erano passati quasi sedici anni da quando era
successo, eppure ne ricordava ancora ogni singolo dettaglio. Si
ricordava di essere svenuta dopo aver toccato il bambino e di essersi
svegliata nella sua stanza. La porta era semiaperta e aveva potuto
sentire distintamente Olga parlare con lady Selena. La donna aveva
detto alla levatrice che non era più sicuro stare a palazzo,
nè per lei nè per Hanon, anche se non aveva mai
capito perchè fosse un pericolo per lei restare a palazzo.
Il giorno dopo tutte e tre partirono all'alba per raggiungere, intorno
a mezzogiorno, un tempio vicino al monte Utgard dedicato alla dea della
caccia. Lì Hanon venne affidata ai sacerdoti, che la
accolsero e la crebbero amorevolmente, insegnandole tutto
ciò che sapevano, dalla medicina alla religione alla storia.
Pochi anni dopo al tempio arrivl anche un altro bsmbino che i genitori
avevano destinato a diventare sacerdote a causa di un voto fatto alla
dea. Si chiamava Galet e dal primo giorno lui e Hanon divennero
inseparabili.
Quasi un anno prima, però, Hanon aveva incominciato a fare
quel sogno quasi tutte le notti. Non cambiava mai, rivedeva
quell'episodio sempre nello stesso modo. Le immagini si susseguivano
sempre nella stessa sequenza, i volti delle persone erano nitidi. E la
scossa sembrava ogni giorno sempre più vera.
Consapevole che non sarebbe più riuscita a chiudere occhio,
Hanon uscì dalla cella dove dormiva, nell'ala ovest del
tempio, e andò fuori. Stava quasi per sorgere il sole,
l'orizzonte si stava già tingendo di rosa, ma non si vedeva
bene per via degli alberi intorno alla zona. Allora andò sul
retro, dove una scaletta a pioli portava direttamente sul tetto. Senza
troppi indugi, iniziò a salire, piolo dopo piolo, fino ad
arrivare col naso al tetto.
"BUH!!" le urlò Galet in faccia, sbucando da
chissà dove. Hanon urlò per lo spavento e
rischiò di cadere all'indietro, ma il ragazzo
l'afferrò in tempo.
"Sei impazzito, per caso?" gli chiese la ragazza, col cuore a mille per
lo spavento "Hai rischiato di ammazzarmi e di svegliare i sacerdoti e
lo sai che si innervosiscono se li svegli prima dell'alba"
"Quei nonnetti dormono come dei sassi. Non basterebbe un ruggito di
drago a svegliarli"
"A proposito di draghi, come ti senti?"
"Nervoso, parecchio"
Quando un drago compariva in cielo, per i sacerdoti era segno che i
novizi potevano essere iniziati al culto della dea ufficialmente. Era
da quasi un secolo che non se ne vedeva uno, come dimostrava la
veneranda etàdei sacerdoti, ma qualche giorno prima era
avvenuto il miracolo. Hanon era andata a raccogliere le erbe per la
preparazione dei medicinali, quando aveva sentito una specie di
ululatiìo in lontananza. Alzando gli occhi aveva visto
nitidamente un drago azzurro volare verso sud a gran
velocità. Era rimasta ad osservarlo per qualche minuto,
finchè non si era ridotto ad un puntino piccolissimo, quindi
era corsa al tempio per dare la notizia ai sacerdoti. Subito non le
avevano creduto, ma quando anche un viandante di passaggio disse di
aver visto qualcosa di simile, se ne convinsero e inziarono a preparare
la cerimonia, che sarebbe dovuta avvenire esattamente sette giorni dopo.
Quei giorni erano quasi passati e alla mezzanotte sarebbe iniziata la
cerimonia di iniziazione per Galet.
"Sei convinto di volerlo veramente?" chiese Hanon all'amico, sedendosi
sul tetto vicino a lui.
"Certo! Solo mi chiedo come sarà la mia vita da sacerdote,
ma soprattutto se sarò in grado di servire la dea al meglio.
E' lei che mi ha permesso di sopravvivere, dando la
possibilità a mio padre di cacciare quel cervo e potermi
sfamare durante la malattia, quindi voglio ripagarla per quella che ha
fatto"
"Ne hai tutte le capacità, devi solo avere fiducia in te
stesso"
"Grazie Hanon"
Ormai Murtagh era convito che quel sogno, quel ricordo, era un
ammonimento. Se non voleva diventare come suo padre, se non voleva
infliggere dolore alla gente come Morzan aveva fatto con lui, doveva
andarsene. Certo, i progetti del re potevano sembrare encomiabili, ma
quanto sangue sarebbe servito per poterli attuare? Una cosa era certa,
lui non avrebbe contribuito.
Poteva ancora sentire la scossa nelle sue ossa, vedeva ancora gli occhi
dolci della bambina che lo fissavano con dolcezza quasi materna.
L'avrebbe fatto per lei e per sua madre, le uniche che gli avevano
dimostrato affetto in quell'istante. Sebbene non sapesse dove fosse sua
madre e non conoscesse nemmeno l'identità della bambina,
sebbene non fosse nemmeno sicuro che fosse vera, sarebbe scappato per
loro.
Prese il suo spadone ad una mano e mezza, arco e frecce, si
coprì col mantello e si calò dalla finestra della
sua stanza fino nel giardino. Corse fino al muro di cinta, dove aveva
scavato un cunicolo che lo avrebbe portato fuori dal palazzo. Legato ad
un albero lì vicino trovò Tornac, lo
slegò e vi montò sopra. Doveva fare in fretta,
stava per scattare il coprifuoco. Cavalcò al massimo della
velocità lungo le strade più nascoste della
città, ma quando arrivò al portone
primìncipale, vide che lo stavano per chiudere. La sua unica
possibilità era correre ancora più veloce.
Spronò Tornac e la bestia aumentò notevolmente la
sua velocità, riuscendo ad uscire dal portone poco prima che
venisse chiuso, sotto lo sguardo allibito dei soldati. Quando fu fuori,
Murtagh si guardò indietro, soddisfatto. Una freccia che gli
passò a pochissimi cemntimetri dalla testa lo
riportò alla realtà e riprese a cavalcare verso
la prateria. I soldati dalle mura continuavano a prenderlo di mira, ma
ormai, pensò, doveva essere fuori gittata. Dovette
ricredersi quando un freccia lo colpì al fianco di striscio.
Continuò a cavalcare finchè non sparì
dalla vista dei soldati.
Nonostante avesse cercato di non darlo a vedere, Galet era
più nervoso di quanto lui stesso credesse. A dispetto di
Hanon, lui non aveva proprio chiuso occhio quella notte, sentendo
sempre più vicina la mezzanotte del giorno dopo, il momento
di svolta della sua vita, che non gli avrebbe più permesso
di tornare indietro. Ma non era la convinzione di ciò che
stava facendo a mancargli, quanto la sicurezza, come la sua amica aveva
ben capito.
Per distrarlo, Hanon gli aveva proposto di farle compagnia mentre
andava a caccia di erbe medicinali, come ogni mattina. Era incredibile
quanti sieri riuscissero a preparare i sacerdoti in un solo giorno.
Fortunatamente, le erbe non mancavano in quella zona. Con l'aiuto di
Galet, riempirono un cesto in neanche due ore. Per passare il resto
della mattinata decisero quindi di andare verso il ruscello, che
scorreva in mezzo al bosco, a poca distanza da dove erano loro. Giunti
alla riva si sdraiarono sull'erbetta lasciando che i raggi del sole
accarezzassero i loro visi. In men che non si dica, caddero in un sonno
profondo.
Un nitrito fece svegliare di soprassalto Hanon, che subito
notò il sole, ormai alto nel cielo. Doveva essere quasi
mezzogiorno.
"Il ringraziamento!" esclamò, ricordandosi della cerimonia
che precedeva ogni pranzo al tempio, a cui Galet non poteva mancare
proprio oggi.
Iniziò a scuotere l'amico per svegliarlo e questi le rivolse
uno sguardo particolarmente assonnato.
"Il ringraziamento, Galet! Corri!"
Quelle parole sembrarono riportarlo improvvisamente alla
realtà. Galet si alzò di scatto e corse verso il
tempio, dopo aver salutato Hanon con un cenno. Anche la ragazza si
rimise velocemente a posto, ma un altro nitrito attirò la
sua attenzione. Forse un cavallo selvaggio, uno degli ultimi, si era
allontanato dal branco. Si chinò a prendere il cesto, decisa
a non interessarsi più di tanto all'animale, ma le giunse
all'orecchio un terzo nitrito, seguito da un rumore di foglie scosse.
Incuriosita, si diresse verso la fonte. Non le ci volle molto per
trovare un cavallo, con le briglie impigliate tra i rami, che cercava
in tutti i modi di liberarsi. Sorrise divertita e, dopo aver posato il
cesto, si avvicinò con cautela alla bestia. Questa si
voltò verso di lei, tranquillizzandosi un pochino, ma senza
smetterla di dimenarsi.
"Piano, piano" sussurrò Hanon, portando le braccia avanti
con i palmi ben in vista "Non voglio farti del male"
Il cavallo si tranquillizzò ancora. Hanon vide che era
perfettamente sellato e armato. Da un fodero spuntava l'elsa di una
spada, mentre dalla parte opposta della sella era appesa una faretra
con arco e frecce dentro.
"Dov'è il tuo padrone?" chiese alla bestia, mentre slegava
le briglia dai rami, quasi pensasse che potesse risponderle.
Appena fu libero, però, il cavallo tirò le
briglie, ancora in mano ad Hanon, con uno strattone, a cui la ragazza
rispose mollando la presa, per non cadere a terra. Pensò che
il motivo di quel gesto fosse la voglia di correre a casa, ma l'animale
si fermò poco dopo e tornò sui suoi passi,
facendo ciondolare le biglie davanti ad Hanon.
"Vuoi che ti segua?" chiese la ragazza, non dubitando più
dell'intelligenza del cavallo, che infatti le rispose sbuffando.
Sempre muovendosi con cautela, afferrò le briglie e
assecondò i movimenti del cavallo, che la condusse
attraverso il bosco verso un punto più alto. Usciti dagli
alberi, la bestia si fermò. Il terreno, leggermente in
discesa, portava alla riva del ruscello, dove, metà in acqua
e metà fuori, giaceva un uomo.
"Ehi!" chiamò Hanon "Tutto bene?"
Non ricevette risposta. Preoccupata, scese verso riva fino ad arrivare
a pochi passi dal corpo. Da lì notò che il fianco
dell'uomo sanguinava e che la ferita iniziava a contornarsi di giallo,
segno di un' infezione in corso. Sapeva curarle le infezioni, ma si
ricordò di aver lasciato il cesto indietro.
Risalì verso il cavallo, che era rimasto al limitare del
bosco, e lo guardò dritto negli occhi.
"Ho bisogno del mio cesto" gli disse.
L'animale le diede le spalle e rientrò nel bosco, per poi
tornare pochi minuti dopo col cesto in bocca.
"Grazie" disse Hanon, sempre più sorpresa, poi si
precipitò dall'uomo. Si accovacciò al suo fianco
per osservare meglio la ferita, ma quando entrò a contatto
con l'uomo, una leggera scossa la percorse da capo a piedi. Anche lo
straniero doveva averla sentita, perchè si mosse, sebbene in
modo impercettibile, segno che era ancora vivo. Senza indugiare, Hanon
prese alcune erbe dalla cesta e le sminuzzò con delle
pietre, fino a farle diventare poltiglia, quindi le adagiò
con delicatezza sulla ferità, sentendo un'altra scossa,
più leggera. L'uomo, che in realtà era un
ragazzo, emise un lieve lamento, ma si rilassò subito dopo,
forse percependo il sollievo dato dalle erbe.
Finita l'applicazione, Hanon si alzò e vide che il cavallo
era sceso. Gli accarezzò il muso, sorridendogli.
"Non ci resta che aspettare"
Ecco il secondo capitolo, sperando che susciti un pochino
più d'interesse :)
Ringrazio Yum per il suo commento, e sperò che
continuerà a leggere la mia storia!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Twins
CAPITOLO 3
Era stato un errore sottovalutare quella
ferita. Alla fine si era rivelata più profonda del previsto
e aveva iniziato ad infettarsi in fretta. Fortunatamente a Murtagh la
resistenza al dolore non era mai mancata e riuscì a
mantenersi lucido fino quasi alla Valle Palancar. Nei pressi di un
ruscello, nella zona del monte Utgard, il ragazzo si sentì
libero di cedere al dolore e di perdere i sensi. Ci sarebbe stato
Tornac a proteggerlo, era un cavallo intelligente.
Ritornò parzialmente in sè quando una lieve
scossa lo percosse da capo a piedi. Qualcuno lo stava medicando, poteva
sentire l'odore leggermente acre di una pianta medicinale che delle
mani esperte gli stavano applicando sul fianco. Poi ancora una piccola
scossa, quindi il sollievo dovuto ai rapidi effetti dell'erba. A quel
punto subentrò il sonno, conseguenza del viaggio lungo e
spossante.
Al suo risveglio vide Tornac sorseggiare l'acqua limpida del ruscello
e, poco accanto a lui, un cesto di vimini traboccante di erbe. Forse da
lì il soccorritore aveva attinto per la medicazione. Murtagh
si toccò il fianco e riuscì a sentire la
poltiglia di erba ancora soffice e fresca. Non doveva essere passato
molto tempo da quando era stata applicata.
Lentamente, il ragazzo si sollevò sui gomiti, attirando
l'attenzione di Tornac, che subito gli si avvicinò.
"Ottimo lavoro, bello" gli disse il ragazzo, accarezzandogli il muso.
L'animale lo ringraziò con unn nitrito acuto, cui
seguì un rumore di passi rapidi proveniente dal bosco.
Murtagh rimase in attesa, pronto per qualsiasi evenienza, ma la sola
persona che spuntò dagli alberi era una giovane ragazza,
circa della sua età, coi capelli castano chiaro lunghi fin
oltre metà schiena e mossi in fondo e due occhi azzurri come
il cielo. Era vestita in modo semplice, forse era una contadina, ma
l'attenzione di Murtagh si fissò sulle sue iridi,
così chiare e dolci. Le aveva già viste, una
volta, tanto tempo prima.
"Sei sveglio! Grazie agli dei!" esclamò la ragazza, con la
sua voce cristallina, correndogli incontro.
Subito la ragazza si chinò al suo fianco per controllare la
medicazione.
"Sta facendo effetto" disse sfiorando la poltiglia gialla.
"Ti ringrazio di cuore per avermi soccorso" disse Murtagh, pieno di
gratitudine.
"Non ringraziare solo me. E' soprattutto merito suo" rispose la
giovane, sorridendo e rivolgendo uno sguardo a Tornac "Se non avesse
attirato la mia attenzione e non mi avesse guidato qui, saresti ancora
privo di sensi. E' un cavallo intelligente"
"Lo so. E' il mio migliore amico. Nonchè l'unico, a questo
punto"
"Come mai? Dove sei diretto?"
"Ovunque, lontano da Uru'baen e dai Monti Beor"
La ragazza parve spaventarsi a quella risposta e si
allontanò leggermente da Murtagh.
"Tranquilla, non sono nè un predone nè un ribelle
nè niente. Sono solo in fuga"
"In fuga da cosa?" domandò la giovane, non del tutto
tranquillizzata.
"Dal mio passato...e dal mio futuro, se mai ne avrò uno,
anche se al momento davanti a me vedo solo un buco nero"
Più tranquilla, la ragazza gli posò una mano
sulla spalla per confortarlo, e subito un'altra lieve scossa la
percorse. Contemporaneamente, anche Murtagh la percepì e si
voltò verso di lei, che aveva rapidamente allontanato la
mano.
"Scusa" si affrettò a dire la ragazza, leggermente
imbarazzata "Deve essere colpa del tempo"
Ma entrambi sapevano che non era così. Quella scossa
l'avevano percepita altre volte, non era come le altre. La prima volta
era stata molto forte, poi, col tempo e con l'abitudine, l'avevano
percepita con sempre minor intensità. Ogni notte, da qualche
tempo, inoltre, faceva loro visita con costanza.
Allora Murtagh iniziò a capire che quegli occhi li aveva
veramente visti, anni prima, che quel volto dolce e pieno di
compassione era lo stesso di sedici anni prima, rimasto come un segno
indelebile nella sua mente.
E anche Hanon capì che quello non era un ragazzo qualsiasi,
ma era quel bambino marchiato a vita da un destino crudele.
Prima che qualcuno dei due potesse proferir parole, delle urla giunsero
dal bosco alle loro orecchie. Subitò Murtagh si
alzò e saltò in groppa a Tornac, conscio del
pericolo che stava correndo lì. Non potè nemmeno
evitare di abbandonare la ragazza lì sul ruscello, cosa che
gli costò molto. Ma l'unica cosa che gli era rimasta da
difendere era la sua vità.
Era stato un massacro in piena regola, senza risparmiare nessuno. I
soldati del re avevano dato il peggio di loro stessi. Nessuno era
sopravvissuto al loro inspiegabile attacco al tempio. Tutti i sacerdoti
erano riversi a terra in laghi di sangue, persino iil giovane novizio
era stato brutalmente ucciso. L'unica ancora viva era la ragazza.
Giaceva a terra anche lei, solamente priva di sensi, ma l'uomo
potè sentire distintamente il battito del suo cuore, seppur
lieve, toccandole il collo.
Era viva per un colpo di fortuna, non si trovava al tempio al momento
dell'attacco, vi era giunta dopo, sbucando dal bosco lì
vicino, ma si era bloccata immediatamente sul posto alla vista della
strage che si stava compiendo. L'uomo, nonostante la lontananza,
l'aveva vista tremare e lasciar cadere il cesto che teneva in mano. In
quel momento, però, il giovane novizio era ancora vivo e
stava combattendo con tutte le sue forze contro un soldato, aiutato da
qualche sacerdote. Poi il ragazzo l'aveva vista e le aveva urlato con
tutto il fiato che aveva in gola di scappare. Ma quella distrazione gli
era stata fatale. Un soldato ne aveva approfittato per trafiggerlo al
petto da parte a parte. A quel punto era accaduto qualcosa nella
ragazza. Urlando a squarciagola aveva puntato i palmi delle mani verso
il campo di battaglia e da essi era scaturito un potentissimo fascio di
luce, così potente che l'uomo stesso aveva dovuto coprirsi
il viso per non rimanerne abbagliato. Dopodichè era tutto
finito. I soldati erano anche loro caduti sotto la potenza del raggio e
la ragazza era svenuta priva di sensi, esattamente nel punto in cui si
trovava in quel momento.
L'uomo le era accovacciato a fianco, con i polpastrelli sul collo per
sentire il battito. Piano piano si stava riprendendo.
Aveva cercato in lungo e in largo quella ragazza per anni e anni, e
finalmente l'aveva trovata, perchè lo aveva voluto il
destino o solamente per un caso fortuito non gli era dato saperlo.
Ciò che gli importava di più era che la ragazza
si trovava lì, ai suoi piedi, viva. Ora toccava all'uomo
prendersi cura di lei. Era stato necessario non intervenire nello
scontro, per vedere se era veramente lei la persona giusta, e il fascio
luminoso scaturito dalle sue mani era la prova che la giovane aveva le
potenzialità giuste. Dovevano essere solo allenate, e questo
compito spettava all'uomo.
Hanon si svegliò in breve tempo, ma era ancora spossata e,
quando tentò di alzarsi a sedere, ebbe un capogiro che la
fece crollare a terra. L'uomo le tenne dolcemente la testa e vi
poggiò sotto una coperta, riuscendo ad ottenere l'attenzione
della giovane.
"Voi chi siete?" chiese spaventata, strizzando gli occhi per cercare di
intravedere il viso dello straniero sotto il cappuccio, ma era tutto al
buio, eccetto che per gli occhi, azzurri come il cielo estivo.
"Non ho nome. Mi chiamano il Ramingo. Non temermi, sono qui per
aiutarti" rispose l'uomo con una voce profonda e rauca che,
stranamente, tranquillizzò la ragazza.
"Cosa è successo?" chiese lei, massaggiandosi le tempie per
alleviare il mal di testa.
L'uomo voltò lo sguardo verso il tempio, imitato subito da
Hanon. La prima cosa che vide fu il corpo del giovane novizio riverso a
terra, con la spada ancora in corpo.
"Galet..." sussurrò la giovane, lasciandosi sfuggire qualche
lacrima, prima di voltarsi verso il Ramingo "Voi avete visto tutto e
non siete intervenuto?". C'era rabbia nella sua voce.
"Quando sono arrivato era troppo tardi, non avevano più
speranza. E comunque, non mi immischio negli affari del re"
"Ma erano solo sacerdoti! Cosa poteva volere il re da loro?"
"Non so. Forse cercavano qualcuno che si era rifugiato in queste zone"
Subito Hanon pensò al ragazzo che aveva incontrato al
ruscello, ma la voce del Ramingo la riportò alla
realtà "Come ti chiami, ragazza?"
"Hanon..." rispose lei in un fil di voce.
Sul suo viso in penombra si delineò un sorriso trionfante.
"Bene, Hanon, da oggi sarai sotto la mia tutela. Ti
insegnerò tutto ciò che conosco, a iniziare dalle
tecniche basilari del combattimento per finire con qualche rudimento di
magia. Perchè tu, Hanon, poco fai hai usato la magia"
"Magia? Ma io non ne so nulla di magia"
"A volte l'istinto ti fa scoprire cose che nemmeno immagini di sapere.
Resterai con me, finchè non avrai trovato la tua strada. Nel
frattempo obbedirai alle mie regole e ti rivolgerai a me chiamandomi
Maestro. E ora in piedi"
Il Ramingo si alzò andando verso la sua cavalcatura. Hanon
vide che teneva anche un secondo cavallo con sè. Si
alzò in piedi e si voltò ad osservare il tempio e
la distesa di morti davanti ad esso.
"Qui non ti è rimasto più nulla" le disse la voce
roca del Ramingo alle spalle "Allora, vuoi venire?"
Quale altra scelta aveva? Se davvero aveva usato la magia, se possedeva
veramente dei poteri e quell'uomo poteva insegnarle ad usarli, poi
avrebbe potuto vendicare quella strage, perchè ne avrebbe
avuto i mezzi.
Si voltò verso l'uomo, che la sovrastava da sopra la
cavalcatura.
"Sì, Maestro"
Terzo capitolo e nuovo personaggio...chi sarà
mai questo Ramingo? Di sicuro non ce nelibereremo facilmente ;) spero
di avere incuriosito vecchi e nuovi lettori...
Grazie a tutti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Twins
CAPITOLO 4
Furono mesi intensi per Hanon. Il Ramingo
si rivelava sempre più misterioso, con viso in penombra e
quei soli occhi azzurri a dargli una parvenza umana, aspetto che
rispechchiava la sua riservatezza. Ogni qual volta Hanon cercava di
scoprire qualcosa del passato del suo maestro, questi cambiava discorso
o le rispondeva con un prolungato silenzio. In compenso voleva sapere
qualsiasi cosa riguardo la vita della ragazza, le aveva chiesto
qualsiasi minimo particolare sul suo passato, sui suoi genitori e su di
lei. Diceva che erano informazioni fondamentali per poterle insegnare
al meglio tutto quello che avrebbe dovuto imparare, ma Hanon non ci
aveva mai creduto. Il luccichio che si accendeva negli occhi del
Ramingo ad ogni sua parola le faceva crescere ogni giorno il sospetto.
Avrebbe giurato di averlo visto persino piangere l'ennesima volta che
gli aveva raccontato di lei e di Murtagh, quando aveva tre anni.
Chiedeva insistentemente di ascoltare quella storia, lo desiderava
ardentemente e quando Hanon gli diceva che gliel'aveva già
raccontata, lui rispondeva solamente "Solo un'altra
volta, l'ultima". Ma non era mai l'ultima.
In fondo, però, ad Hanon serviva rivivere quel momento. Ad
ogni nuova narrazione, pensava intensamente al viso sofferente del
bambino e lo confrontava con quello del ragazzo del ruscello. Anche il
suo viso era sofferente, segnato dal dolore, forse proprio quel dolore
che il cavaliere Morzan aveva inflitto a suo figlio, tantissimi anni
prima. Forse il ragazzo del ruscello era davvero il figlio di Morzan.
Ai racconti della sera, però, si alternavano i duri
allenamenti del mattino. Hanon era stata costretta ad abbandonare i
suoi abiti da contadina per sostituirli con pantaloni e corpetto di
pelle, che la rendevano innaturalmente temibile. Fortunatamente erano
quasi sempre ben nascosti sotto il mantello nero, che non si toglieva
se non per lavarsi. L'unico pregio di quegli abiti era la
comodotà. Le davano la giusta libertà per
eseguire i difficili movimenti con la spada che il Ramingo le
insegnava. Le aveva persino procurato - non voleva sapere come - una
piccola spada ad una mano, leggera e poco ingombrante durante gli
spostamenti, e le aveva insegnato a fabbricarsi un arco e delle frecce,
l'unica arma che era in grado di usare già dalla sua
permanenza al tempio, per poter cacciare insieme a Galet e agli altri
sacerdoti.
In poco tempo divenne una guerriera discretamente abile e una maga
mediocre, ma per sopravvivere era abbastanza. Solo che il tempo di
sopravvivere stava per finire.
Un giorno, circa al settimo mese del suo apprendistato col Ramingo, lui
ed Hanon giunsero alle porte di Uru'baen. Subito la città le
mise un certo timore. Su tutto spiccava il possente palazzo del re, un
tempo la sua casa, scuro e inquietante esattamente come lo aveva visto
il giorno della sua partenza per il tempio, insieme a lady Selena e
Olga.
"Chissà se vivono ancora lì?" si chiese Hanon,
pensando a loro.
Seguì il Ramingo all'interno della città, fino ad
una bettola dove affittarono due stanze e rimasero a fare cena. La
ragazza notò una certa irrequietezza nell'uomo, che
continuava a guardarsi intorno e a stringersi nel suo mantello, quasi
volesse diventare invisibile. Quando poi alcuni soldati entrarono nella
locanda, il Ramingo si chinò totalmente sul tavolo.
"Maestro, va tutto bene?" gli
domandò Hanon a bassa voce, senza perdere d'occhio i
soldati. Da sotto il cappuccio vide che il Ramingo aveva gli occhi
chiusi e respirava a fondo. Non le rispose, così la ragazza
tornò a concentrarsi sul suo piatto di quella che doveva
essere zuppa d'avena.
Solamente quando la sala si fu svuotata, il Ramingo parlò.
"Uru'baen. E' qui che tutto è cominciato,
anni fa" disse quasi parlasse a sè stesso.
Incuriosita, Hanon si sporse un po' di più verso di lui,
pronta ad ascoltare senza interromperlo.
"Un tempo ero al servizio del re. Mi aveva insignito di
uno dei gradi maggiori del suo esercito. Mi potevo considerare l'uomo
più felice della città, avevo un ruolo importante
nel regno e una moglie che mi amava. Bastò un niente a farmi
perdere tutto, lavoro, moglie e figli. Mi ridussi a vagare ubriaco tra
le bettole di Uru'baen, come questa, in preda allo sconforto e alla
solitudine. Finchè non rimasi senza un soldo nemmeno per
pagarmi da bere. Allora tentai il gesto estremo, legai una corda ad una
trave in una stalla e con l'altro capo ricavai un cappio. L'avevo
già stretto intorno a me quando sentii delle urla di donna
provenire da fuori. La donna poi entrò di corsa nella
stalla, seguita poco dopo da due uomini incappucciati e armati. Si era
messa in trappola da sola, poveretta. Nessuno dei tre si era accorto di
me, quindi cercai di fare finta che non ci fossero. Ma quelle urla
disperate non riuscivrono a restarmi indifferenti, così mi
liberai del cappio e sistemai i due uomini, senza troppe
difficoltà. Stavo per tornare al cappio, quando la donna mi
chiamò e mi ringraziò stringendomi la mano, prima
di uscire dalla stalla. Rimasi a pensare per quasi un'ora davanti al
cappio, quindi lo slegai, tenendomelo per un'altra occasione.
"Il giorno dopo, camminando in un vicolo, rividi quella
donna, riversa a terra e sanguinante, con tutte le vesti strappate. Era
ancora in vita, ma tutti i miei sforzi per salvarla furono vani. Mi
morì fra le braccia, ma solo dopo avermi sorriso. Da quel
giorno giurai a me stesso che non sarebbero più capitate
cose del genere. Per un po' vagai per la città,
nascondendomi nella penombra e cogliendo alla sprovvista i malviventi e
i briganti. Poi decisi di insegnare tutto ciò che sapevo a
qualcun altro, qualcuno con delle potenzialità che potessero
essere coltivate per scopi nobili. E ho trovato te"
Il Ramingo alzò il capo per guardare Hanon. Aveva gli occhi
lucidi, ma dall sguardo capì che non aveva perso una parola
del suo racconto. Le prese una mano tra le sue.
"Io qui ho trovato la mia strada, per questo ti ci ho
portato. E' stata una città maledetta per entrambi, ma per
me è diventata la mia missione. Può esserlo anche
per te. Ti ho dato i mezzi perchè possa esserlo, sta a te
decidere se usarli per qualcosa di buono o solo per la mera vendetta
che non vedi l'ora di compiere dal giorno del nostro
incontro"
Hanon abbassò lo sguardo, colpita in pieno, ma si rese conto
che il desiderio di vendetta si era col tempo assopito.
Ritornò però a guardare il Ramingo con uno
sguardo spaurito.
"Sono solo una ragazza, Maestro. Come faccio ad andare
avanti da sola in questa città? Voi avevate esperienza ed
eravate molto più forte e capace di me..."
"Da sola devi solo trovare la tua strada, poi come
seguirla è una tua decisione di secondaria importanza. Io
voglio solo assicurarmi che tu faccia la scelta giusta per
te"
"Ma come faccio..."
"Domani. Ci penseremo domani"
Capitolo un po' corto, in preparazione alle
novità del prossimo :)
Grazie a tutti i lettori visibili e invisibili e a chi ha messo questa
storia tra i preferiti!
Nota del 23/12: scusate, mi ero dimenticata di mettere le virgolette :D
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Twins
CAPITOLO 5
La notte di Hanon fu scossa da numerosi
incubi, in cui ogni volta si trovava da sola, in mezzo ad un bosco o
nel deserto, oppure persa tra le strade tortuose di un'ignota e oscura
città. E in ogni situazione il Maestro la abbandonava a se
stessa, le voltava le spalle e se ne andava a cavallo del suo
destriero, il mantello al vento, senza nemmeno voltare lo sguardo per
dirle qualche parola di incoraggiamento. Quando si svegliava
controllava subito che il Ramingo fosse ancora nella stanza, a dormire
nel grande letto di fronte alla sua piccola branda. Con gran sollievo
l'aveva sempre trovato, tutte le volte,
tranne la mattina.
Hanon trovò il letto completamente rifatto e tutti gli
effetti del Maestro erano spariti, nella stanza erano rimaste solo le
poche cose che appartenevano alla ragazza. Hanon iniziò ad
agitarsi, ad avere paura, ma cercò di mantenere la calma,
come il Maestro le aveva sempre insegnato. Indossò il suo
mantello e si calò il cappuccio sul viso, precauzione che in
quei mesi aveva imparato a prendere prima di ogni suo movimento,
poichè, secondo il Maestro, aiutava a passare inosservati.
Infatti, con molta facilità, Hanon uscì dalla
locanda senza attirare l'attenzione di nessuno e si ritrovò
in strada. Era ancora mattina presto e il sole stava sorgendo timido,
sebbene le mura di Uru'baen lo nascondessero ancora alla vista di
chiunque eccetto i soldati di guardia in cima ai torrioni. Le strade
erano perlopiù deserte, eccezion fatta per la via
principale, dove i mercanti erano già indaffarati a montare
le loro bancarelle per il mercato.
"Sicuramente si terrà lontano dai posti affollati"
pensò la ragazza, imboccando una viuzza stretta alla sua
sinistra.
Non sapeva nemmeno lei dove andare a cercare il suo maestro,
così prese a girare per la città quasi a caso,
sicura solo del fatto che doveva evitare le vie principali. Con grande
sorpresa, dopo un po' si ritrovò davanti a quella che una
volta doveva essere una stalla, ma che ora risultava essere solo un
groviglio di pezzi di legno caduti a terra e in balia delle termiti.
Subito le tornò in mente il racconto che il Ramingo le aveva
narrato la sera precedente.
"Forse è questa la stalla" le venne in mente, e le
tornò anche la speranza di ritrovare il suo Maestro "Magari
è tornato qui per rivedere il luogo dove tutto è
cominciato per lui"
Avanzò verso le macerie e, attaccato ad un pezzo di trave,
trovò un cappio. Il terrore la assalì e Hanon
prese a guardarsi intorno per vedere se il Maestro aveva effitavamente
compiuto quel folle gesto che anni prima aveva rimandato. Non c'era
traccia di alcun corpo negli immediati paraggi, ma ciò non
tranquillizzò Hanon. Improvvisamente un urlò
arrivò da dietro le sue spalle, un urlo di donna,
accompagnato dal pianto di un bambino. Quasi istintivamente, Hanon si
diresse verso la fonte da cui provenivano le voci. Era una piccola
abitazione di povera gente, che viveva di ciò che il piccolo
orto dietro la casa poteva concedere loro. La donna era con le spalle
contro la parete della casa, appena fuori dalla porta, e un uomo la
teneva per il collo con un coltello puntato alla gola. Stessa cosa per
il bambino, tenuto per i capelli da un altro uomo e col coltello
stavolta puntato alla schiena.
"Vi prego, lasciateli andare!" implorava quello che doveva essere il
padre ad altri due uomini, che invece di prestargli ascolto contavano
le poche monete contenute in un misero sacchetto di liuta. Quando
ebbero finito, uno dei due sollevò lo sguardo e rivolse
all'uomo un ghigno.
"Sono spiacente, Lother, ma questo non basta a ripagare il debito che
hai col nostro padrone, quindi ci vediamo costretti a prendere la tua
bella mogliettina e il bambino come...diciamo garanzia che presto
ripagherai il debito con tanto di interessi. Andiamo ragazzi!"
intimò poi l'uomo ai suoi compagni, che trascinarono la
donna e il bambino verso la città, nonostante cercassero di
opporre resistenza.
Hanon, che aveva visto tutto da poco distante, era cieca dalla rabbia e
sul punto di intervenire, quando una mano le si posò sulla
spalla, facendola sobbalzare. Appena si voltò, un'altra mano
le coprì dolcemente la bocca, per evitare che un eventuale
urlo attirasse l'attenzione degli uomini. Ma Hanon non urlò,
tanto profondi erano gli occhi del ragazzo che si trovava davanti a
lei. Di un azzurro intenso, leggermente più scuro di quello
degli occhi del Ramingo, si accostavano perfettamente ai capelli biondo
miele che spuntavano da sotto il cappuccio e davano al viso del ragazzo
un'aria sveglia e astuta.
Vedendo che non c'era pericolo di urli, il ragazzo tolse la mano dal
viso di Hanon e guardò in direzione della casa. Gli uomini
non se ne erano ancora andati e Lother sembrava stesse tentando una
contrattazione.
"Povero Lother" sussurrò tra sè il ragazzo.
"Lo conosci?" gli chiese Hanon, incuriosita.
Il ragazzo non le rispose, ma teneva lo sguardo fisso sulla casa, come
a studiarne ogni minimo dettaglio, quindi, senza distogliere lo
sguardo, si rivolse ad Hanon.
"Sai combattere?" le chiese sbrigativamente.
"Sì, mi hanno insegnato qualcosa, ma..." rispose la ragazza
incerta, ma il giovane la interruppe subito.
"Bene, allora pensa al bambino e alla madre. Io mi occupo di Lother"
Quindi si allontanò velocemente, senza lasciarle il tempo di
replicare. Tornò allora ad osservare la situazione. La
contrattazione non era andata a buon fine e Lother giaceva a terra con
le braccia attorno al ventre, dolorante, mentre gli uomini avevano
ripreso ad allontanarsi verso il centro della città.
D'improvviso i due che aveva parlato con il contadino vennero sbattuti
a terra da qualcosa di invisibile. Tutto il gruppo si fermò,
sorpreso. I due uomini si rialzarono e presero a guardarsi intorno, per
capire cosa fosse successo, ma sembrava tutto tranquillo. Poco dopo
vennero risbattuti a terra, ma stavolta Hanon riuscì ad
intravedere qualcosa. Alzando lo sguardo, poi, vide che appollaiato sul
tetto di una casa c'era il ragazzo di prima, abbastanza divertito dalle
facce confuse degli uomini.
Anche Hanon decise di intervenire e, avvicinatasi ad una scala che
portava in cima ad un muretto, iniziò a gattonare
finchè non arrivò esattamente sopra gli altri due
uomini con gli ostaggi. Anche loro sembravano confusi e si stavano
guardando intorno abbastanza intimoriti. La situazione
iniziò a divertire anche lei, così si
alzò in piedi sul muretto e si tuffò di testa
verso gli uomini, poggiando poi le mani una su ciascuna testa e
facendole scontrare l'una contro l'altra. Quindi atterrò
silenziosamente e andò ad infilarsi in un vicolo stretto
lì nei paraggi. I due uomini cadderò a terra
intontiti, lasciando liberi la donna e il bambino. Subito Hanon li
chiamò con un bisbiglio, dicendo loro di entrare con lei nel
vicoletto. Uno dei due uomini, che non era svenuto, però se
ne accorse seguì velocemente la donna, riuscendo a prenderla
per un lembo della gonna. Prontamente Hanon afferrò la donna
per la vita e la trascinò nel vicolo, portandosi appresso
l'uomo, che però ricevvette un destro in faccia dalla
ragazza che lo fece stramazzare a terra. Dopodichè lo
trascinò nel vicolo e lo legò con della corda,
quindi fece lo stesso con l'altro uomo.
Uscita dal vicolo, Hanon vide che il ragazzo era alle prese con
l'ultimo superstite della banda. Doveva essere riuscito a stendere il
primo con facilità, ma questo era un osso duro e sapeva come
muoversi. Impugnava un coltello, mentre il giovane era disarmato, ma
con la sua agilità riusciva a schivare tutti i colpi
dell'uomo. Infatti, con un movimento rapidissimo, si portò
sotto l'uomo, lo prese per il braccio armato e lo sbattè a
terra. Quindi gli prese il coltello dalla mano e iniziò a
giocherellarci. Quando Hanon fece per avvicinarsi, però,
glielo puntò contro, obbligandola a fermarsi. La ragazza lo
guardò allibita, ma vide che lui stava sorridendo sereno.
Poco dopo il ragazzo prese il coltello per la lama e lo
lanciò ai piedi di Hanon, dove si conficcò nel
terreno.
"Sei brava. Ti servirà" disse semplicemente, prima di
sparire ad una velocità impressionante, senza nemmeno darle
il tempo di fermarlo.
Hanon si chinò e prese il coltello, ma quando si
rialzò si ritrovò faccia a faccia col Ramingo e
dallo spavento fece un balzo all'indietro. Il Maestro le stava
sorridendo anche lui, felice e soddisfatto.
"Hai trovato la tua strada" le disse, quindi le porse un pugnale
riccamente decorato e coperto da un fodero rosso "Prendilo. Ti
servirà"
Hanon afferrò il pugnale con titubanza e lo
sfoderò. Vide che la lama era rossa come il fodero e
risplendeva alla pallida luce del sole che iniziava a farsi vedere da
dietro le mura.
"Grazie Maes..." fece per dire la ragazza, sollevando lo sguardo, ma
anche il maestro era sparito, lasciandola veramente sola.
Chiedo ancora perdono per l'incidente del capitolo
precedente!!
Lo so, continuano ad entrare in scena nuovi personaggi, ma prometto che
questo misterioso ragazzo sarà l'ultimo!!
Grazie a tutti i lettori e commentatori, continuate a seguire mi
raccomando!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Twins
CAPITOLO 6
Sola. Come mai lo era stata prima. E senza
sapere che fare della sua vita.
“Hai trovato la tua strada” le aveva detto il
maestro, ma quale strada? Di fronte a sé vedeva soltanto un
baratro di incertezze, un futuro che non riusciva a vedere, che si
perdeva per le strade della capitale. Lo sconforto iniziò ad
impossessarsi di Hanon, il cui terrore più grande era
diventato realtà. Anche se orfana, sin da bambina non
l’avevano mai lasciata sola. Prima Olga e lady Selena, poi
Galet e i sacerdoti, infine il Maestro. C’era sempre stato
qualcuno al suo fianco, a guidarla, confortarla, farle compagnia. Ma
alla fine se ne erano andati tutti, chi per volontà propria,
chi per quella degli altri.
Una mano ruvida ma dolce la fece tornare alla triste realtà.
Hanon si voltò e incontrò gli occhi della donna
che aveva salvato poco prima, colmi di gratitudine.
"Grazie di cuore" le disse con voce rotta dalla commozione "Come ti
chiami?"
Una cosa fondamentale che il Maestro le aveva insegnato era mantenere
nascosta la propria indentità. Nemmeno lei sapeva chi fosse
veramente il Ramingo, ma era stata al gioco. Ora però il
gioco doveva guidarlo lei, era tutto nelle sue inesperte mani.
Non rispose, ma continuò a fissare gli occhi dolci di quella
donna. Sentì nascere in lei qualcosa di nuovo, una voglia
inattesa di sentirsi dire “Grazie” ancora molte
volte, di vedersi rivolgere sguardi come quello ogni giorno, di
meritarsi sguardi come quello.
La voce dell’uomo, roca ma calda, attirò la sua
attenzione.
"Non ci conosci nemmeno, eppure non hai esitato ad aiutarci. Ci
piacerebbe conoscere il tuo nome e magari anche ricambiare il favore"
"Non posso dirvi il mio nome" rispose infine Hanon, dopo aver
recuperato un po’ di sicurezza "e vi ringrazio per
l’offerta, ma non voglio niente in cambio, come non ha voluto
niente quel ragazzo"
"Lui scappa sempre" le disse il bambino.
"Infatti, non ci ha mai lasciato la possibilità di
ricambiare" aggiunse il padre "eppure tutta la città lo
conosce, anche se nemmeno lui ha mai voluto dire il suo nome. Anzi, per
la verità non ha mai lasciato il tempo a nessuno di
chiederglielo"
Un leggero sorriso si disegnò sul volto semicoperto di
Hanon, che subito ebbe un’idea. Se quel ragazzo era come lei,
forse potevano collaborare, e lei non essere più sola.
Magari era proprio lui la strada che il maestro intendeva.
"Ora devo proprio andare" disse semplicemente Hanon, lasciando la mano
della donna e correndo verso la città.
Ogni giorno che passava quel cunicolo gli sembrava più lungo
e stretto. L’aveva scoperto da bambino, insieme al suo
migliore amico, e gli era sembrata una galleria immensa. Ora invece
doveva stare leggermente chinato per passare, e questo lo rallentava
non poco. Fortunatamente solo lui e il suo amico erano a conoscenza di
quel passaggio segreto, quindi non correva alcun rischio. Portava
direttamente fuori dalle mura del palazzo, sbucando nella cantina di
una vecchia conceria. Al ritorno, invece, si sbucava dietro un arazzi
in una delle innumerevoli stanze del bastione.
Raggiunse finalmente l’uscita. Poteva sembrare un vicolo
cieco, ma spingendo il mattone giusto della parete, questa si spostava
lateralmente per permettergli di entrare nella stanza.
Scostò l’arazzo raffigurante uno dei tanti momenti
di una delle tante battaglie che avevano sconvolto Alagaesia,
tirò verso il basso la mano del gobelin appeso alla parete,
chiudendo l’entrata del passaggio, trasse un sospiro di
sollievo e si tolse il cappuccio, scoprendo la folta chioma di capelli
lisci e biondi, un po’ spettinati.
"Prima o poi ti caccerai nei guai" disse una voce alle sue spalle.
Il ragazzo sobbalzò, ma riconoscendo la voce non
potè fare a meno di sorridere.
"Ci siamo cacciati molte altre volte nei guai, se non ricordo male"
rispose voltandosi.
"Sì, e siamo stati anche puniti abbastanza severamente,
anche solo per una mela rubata dalle cucine"
"Con questo vuoi dire che se il re mi scoprisse a sgattaiolare qualche
volta fuori dal palazzo attraverso un passaggio segreto, la punizione
sarebbe molto peggiore?"
"No, voglio dire che se il re scoprisse quello che fai in
città, mio caro Sem, quando sgattaioli fuori dal palazzo
attraverso un passaggio segreto che sbuca direttamente in camera mia,
dubito che la nostra testa resterebbe attaccata al collo"
"Il re non potrebbe mai ucciderti, lo sai Murtagh"
"Non se trova qualcun altro per sostituirmi"
"E rinunciare al potere di due draghi perché io
sgattaiolo fuori dal palazzo attraverso un passaggio segreto che sbuca
in camera tua? Non è nella sua indole"
"Forse hai ragione" rispose Murtagh, sorridendo e andando a salutare
l’amico.
"Cos’hai combinato oggi contro
l’autorità?" gli chiese poi, invitandolo a sedere
sulla poltrona di fronte al letto a baldacchino e appoggiandosi ad una
delle colonnine finemente lavorate che reggevano la copertura.
"Ho salvato Lother dai creditori. Pover’uomo, non gli danno
tregua"
"Beh, si è indebitato e deve pagare"
"Su questo hai ragione, ma con tutta la crisi dovuta agli scontri coi
ribelli è difficile trovare una somma del genere,
specialmente per una famiglia come la sua. In più volevano
prendere in ostaggio la moglie e il figlio"
"È orribile"
"Già, ma ho trovato fortuitamente un alleato, anzi
un’alleata"
Sem rivolse uno sguardo ammiccante all’amico, che gli rispose
con un’occhiata incuriosita.
"Se ne stava dietro l’angolo ad osservare la scena, allora
sono andato da lei e l’ho coinvolta. Non se
l’è cavata male, ma si vede che è alle
prime armi e deve imparare"
"E poi?"
"Me ne sono tornato qui"
"L’hai lasciata da sola nella città dopo che ti ha
aiutato ad andare contro la legge? Sarà ricercata da quegli
aguzzini per tutta la vita!"
"Saprà cavarsela, ne sono sicuro. E comunque domani
tornerò in città, chissà che non la
rincontri. o magari sarà lei a cercare me"
"Le hai detto chi sei?"
"Assolutamente no, e non so nemmeno chi è lei. Ma qualcosa
mi dice che, in un modo o nell’altro, la rivedrò"
Salve a tutti!
Sappiamo qualcosina di più su Sem, ma non troppo, il bello
deve ancora venire :)
Ringrazio lettori, commentatori e preferitori (non so se si dice
così, ma suonava bene :D), continuate così!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Twins
CAPITOLO 7
Come ogni giorno, anche quella mattina Sem
si alzò dal suo letto che il sole era già alto.
La donna che gli aveva tenuto compagnia quella notte era già
tornata al suo bordello in città, le serve gli avevano
portato la colazione in stanza e preparato i vestiti puliti sulla
poltrona di fronte al letto. Molto lentamente e svogliatamente, il
ragazzo uscì dalle coperte candide e stropicciate, si
limitò a bere il bicchiere di latte sul vassoio, lasciando
perdere le uova e il pane, quindi si vestì e andò
ad affacciarsi alla finestra.
Era una delle tante che si affacciavano direttamente sulla frenetica
capitale del regno, ma Sem aveva sempre avuto buoni motivi per credere
che nessuno si fosse mai affacciato a guardarla. Era un grosso
formicaio, dove mercanti carichi della loro merce lasciavano il passo
ai temibili soldati in armatura e drappi rossi, per poi riprendere la
loro strada poco dopo e raggiungere botteghe o bancarelle di vario
genere e dimensione. Il tutto incorniciato nella magnifica schiera di
altissimi palazzi che affiancavano le vie principali e le vivacizzavano
coi loro colori e le loro poliedriche fantasie. La città
ideale, quella che tutti da quella finestra avrebbero visto con
piacere. Ma Sem non aveva solo visto, aveva guardato. Era andato oltre
quel brulicare di persone, oltre quei palazzi e quei colori, per andare
dove tutto era nero, buio, desolato. Seguendo con lo sguardo la via
principale, al primo piccolo e seminascosto svincolo seguiva il vicolo
laterale, dietro i palazzi, lo guardava farsi stretto, putrido e
minaccioso e quindi aprirsi nella vera Uru’baen, una
città nera, maledetta, infestata dalla peggior feccia umana,
dove delinquenti e usurai banchettavano sulle spalle di creditori e
malcapitate vittime, dove i primi delinquenti e i primi usurai erano
proprio quei soldati e quei mercanti che la mattina si impegnavano a
dare alla città un aspetto confortevole e sicuro, ma che la
sera si univano a coloro che la mattina condannavano a parole, per
agire in modi anche peggiori.
Era su quella la città che pochi mesi prima si era impegnato
a vigilare, al cui servizio aveva messo tutto ciò che aveva
imparato. Era stata una promessa che aveva fatto al suo migliore amico
Murtagh, quel giorno di qualche mese prima in cui lo aveva ritrovato
dopo tanto tempo, impotente e senza più speranza in corpo,
con un cucciolo di drago cresciuto troppo in fretta al suo fianco.
Aveva ascoltato la sua storia, assaporato il sapore della
libertà di vivere e di scegliersi il proprio destino che
Murtagh aveva per qualche tempo vissuto insieme ad Eragon, aveva
sentito quel nome che ancora in quei giorni riecheggiava per i corridoi
del palazzo, provando stima per quel giovane ragazzo che si era
schierato contro il regno, che per giunta era fratello del suo amico,
anche se inconsapevolmente. Per Murtagh ed Eragon, quel giorno, aveva
promesso che avrebbe difeso la sua città, dato speranza a
chi non ne aveva, in attesa di quella grande rivolta che avrebbe
risanato tutta Alagaesia e le avrebbe ridato la libertà.
Tre colpi di seguito e uno ritardato, era quello il segnale che avevano
accordato per le partenze verso la città. In quel momento
Murtagh era sempre in stanza a meditare, in contatto mentale con
Castigo, e al segnale apriva la porta della sua stanza senza nemmeno
alzarsi né deconcentrarsi.
Sem entrò e si richiuse velocemente la porta alle spalle.
Non provò nemmeno a salutare Murtagh, certo che non avrebbe
ricevuto risposta, ma si diresse subito verso il goblin alla parete, a
cui era appeso il suo mantello, se lo infilò e
tirò la zampa della creatura di pietra verso il basso,
aprendo il passaggio dietro l’arazzo. Aveva già un
piede tra l’arazzo e l’entrata, quando la voce di
Murtagh lo richiamò nella stanza.
"Andrai a cercare quella ragazza?" chiese con voce atona il cavaliere,
senza spostarsi di un millimetro.
"No. Come ti ho detto, sarà lei a trovare me" rispose Sem
senza troppe preoccupazioni.
"Se non la trovano prima gli altri"
"È in gamba, non si farà prendere"
"Come puoi esserne certo?" domandò Murtagh senza cambiare
tono "Non puoi dire di conoscerla così a fondo dopo solo
qualche momento passato al suo fianco"
"Senti, ma perché ti preoccupi per lei? Non me ne preoccupo
io che l’ho incontrata, perché dovresti farlo tu?"
"Perché qualcuno il buon senso ce lo deve mettere, Sem!"
rispose perentorio Murtagh, voltandosi di scatto verso
l’amico, rimasto impietrito dal suo repentino cambio
d’umore "Ti sei lasciato prendere la mano, la tua smania di
fare il guerriero vendicatore ti ha fatto perdere la visione realistica
delle cose e ti ha spinto a coinvolgere nelle tue azioni una persona
che non c’entrava nulla, che magari era solo di passaggio e
che ora potrebbe essere nei guai fino al collo!"
"L’ho tenuta d’occhio tutto il tempo! Non si
è fatta vedere! Era impossibile distinguerne anche un solo
tratto di viso, nemmeno io ci sono riuscito!" urlò Sem di
rimando.
Subito dopo cercò di calmarsi e tornò ad un tono
di voce normale "È stata addestrata, l’ho visto
nei suoi movimenti, nel suo corpo, ha un’agilità
non comune. Forse le manca l’esperienza ma non i mezzi. Non
sono uno stolto, Murtagh. L’ho osservata prima di
coinvolgerla, non è stata una scelta casuale"
"Mi auguro con tutto il cuore che tu abbia ragione" rispose il
cavaliere prima di rimettersi a meditare, lasciando l’amico
alla sua missione giornaliera.
Capitolo breve, ma di introduzione a ciò che
accadrà dopo, e vi prometto che le cose si faranno
interessanti...i destini dei nostri eroi inizieranno ad incrociarsi in
un modo che spero vi risulti interessante :)
Per adesso buona lettura!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Twins
CAPITOLO 8
C’era un solo posto dove si
poteva venire immediatamente a conoscenza di qualsiasi problema della
città e quel posto Sem lo conosceva bene. Andava in quella
bettola ogni giorno verso il primo pomeriggio, sicuro di trovarla
semivuota, si sedeva al banco e parlava con l’oste, un uomo
nerboruto e dalla faccia simpatica che aveva il grande dono di riuscire
a sapere tutto ciò che si poteva sulla città e i
suoi abitanti. Da lui Sem veniva a sapere se qualcuno era in imminente
pericolo o meno. In cambio il ragazzo consumava abbondanti porzioni di
ciò che l’altrettanto nerboruta moglie
dell’oste preparava, pagando profumatamente,
perché l’importante per l’oste era
“Riempire gli stomaci dei clienti, ma soprattutto le sue
tasche”.
Anche quel pomeriggio, dopo essere sbucato dalla cantina della
conceria, Sem si diresse verso la bettola, percorrendo le strade
più anguste e puzzolenti della città.
All’entrata, quasi a fare la guardia, due uomini ubriachi
giacevano scomposti su due sgabelli, profondamente addormentati e con
le bottiglie completamente vuote ancora in mano. Sem sorrise nel
sentire il loro sonoro russare ed entrò nella bettola, come
al solito quasi del tutto deserta. Le poche persone che erano presenti
sapevano del suo strano appuntamento giornaliero con l’oste e
alla sua comparsa si dileguarono dal bancone, prendendo posto nei
tavoli della sala il più lontano possibile, come
più volte l’oste si era raccomandato. Allora il
ragazzo si sedette su uno dei pochi sgabelli che gli ispiravano
stabilità e, guardando l’oste negli occhi,
tirò fuori un sacchetto di pelle tintinnante di monete.
L’uomo sorrise e, senza distogliere lo sguardo da Sem,
urlò distintamente: "Sabina, il solito!"
L’unica risposta che ottenne fu un rumore di piatti e pentole
che cozzavano.
"Non ci vorrà molto" disse l’uomo a Sem, sempre
sorridente, mentre gli porgeva la pinta di birra con cui solitamente
accompagnava il suo pasto.
"Come vanno gli affari, Rufus?" chiese il ragazzo prima di bere un
sorso dal boccale.
"Al solito, come tutti i giorni. I nuovi clienti sono pochi e sempre
poco disposti a pagare"
"Per fortuna rimangono i clienti fedeli"
"Già, per fortuna"
"Che mi sai dire?"
"La baruffa di ieri ha creato non poco scompiglio in città.
Mercanti ed esattori meditano vendetta contro di te, ragazzo mio, e non
esiteranno a chiedere aiuto al re"
"Direi che il problema non persiste"
In quel momento Sabina si affiancò al marito, porgendo a Sem
il piatto caldo e prendendo avidamente il sacchetto di monete che era
rimasto sul bancone, per poi dileguarsi in cucina.
"Invece ne persiste un altro" riprese Rufus dopo che la moglie si era
allontanata.
"Sarebbe?" domandò curioso Sem, prima di mandare
giù un boccone della zuppa di cereali.
L’oste si guardò intorno, per accertarsi che
orecchie troppo lunghe potessero sentire, quindi si chinò
sul bancone e parlò con un tono di voce notevolmente basso,
tanto che lo stesso Sem fece fatica a capire.
"Quella ragazza…" disse l’oste.
"Ragazza?"
"Sì, quella che ti ha aiutato. La stanno cercando, stanno
cercando entrambi"
"Qual è il problema, Rufus? Sono mesi che mi cercano e non
mi hanno mai trovato. E sono sicuro che la ragazza saprà
cavarsela. Magari è già partita da
Uru’baen, per quanto ne sappiamo"
"Invece è ancora qui"
"La città è grande, c’è
un’infinità di posti per nascondersi"
"Non intendevo questo. È qui, nella mia locanda, da almeno
tre giorni"
Sem non seppe se restare spaventato o positivamente sorpreso dalla
notizia. Le sue sensazioni si erano rivelate giuste, in un certo senso,
andando ad alloggiare nella bettola, la ragazza era venuta da lui. Ma
tutto ciò poteva anche rivelarsi rischioso. La sua presenza
lì poteva condurre l’esercito nel posto da cui
tutte le sue “missioni” partivano e mettere la sua
posizione seriamente a rischio. C’era solo un modo per
rimediare.
"L’hai vista lasciare la locanda oggi?" chiese Sem.
"Sì, è uscita stamattina presto, prima che
sorgesse il sole dalle mura. Sembrava di gran fretta"
“Maledizione” pensò Sem tra
sé e sé “Non resta che aspettare che
ritorni”
"Che mi sai dire di lei?" domandò ancora il ragazzo.
"Poco o nulla, eccetto una cosa. Quando è venuta qui, non
era sola"
"Chi l’accompagnava?"
"Un uomo sempre incappucciato, col viso sempre in ombra anche quando il
sole vi batte contro, e con due occhi di ghiaccio che farebbero
impietrire un esercito di Kull"
"Il Ramingo…" disse Sem a voce bassissima, quasi temesse di
pronunciare quel nome.
"Sì…se n’è andato ieri, ma
ha voluto che la ragazza rimanesse qui. Ha pagato il suo alloggio per
almeno un mese"
"È troppo rischioso lasciarla qui, verremmo scoperti anche
noi"
"Perché non ne parli con lei? Sta arrivando…ma
attento, è abbastanza di cattivo umore"
Tutte le sue ricerche erano state un buco nell’acqua. Era
entrata nei posti più malfamati della città,
visto le persone peggiori e, suo malgrado, assaporato gli aliti
più pestilenziali della sua vita, per niente. Era esausta,
amareggiata e affamata. Passò i due ubriachi
all’entrata senza degnarli di uno sguardo, quindi si diresse
al bancone dell’oste, deserto, chiedendogli se potesse
portagli una ciotola di zuppa e un bicchiere d’acqua.
"Mi sembrate stanca" rispose l’oste "Perché non
salite in camera? Vi faccio portare tutto lì"
Hanon accettò di buon grado, pur restando particolarmente
sorpresa dall’offerta, quindi si diresse alla sua stanza,
entrò e si richiuse la porta alle spalle. Si tolse quindi il
mantello e, dopo averlo gettato su una sedia lì vicino, si
distese sul letto, decisa a godersi un po’ di riposo prima
dell’arrivo del pranzo. Chiuse immediatamente gli occhi, ma
poco dopo la sensazione di un respiro caldo sul suo viso la
obbligò a riaprirli, facendola trovare faccia a faccia con
quegli occhi azzurro intenso e quei ciuffi di capelli biondi che tanto
aveva cercato quella mattina. Il ragazzo, però, le stava
puntando un piccolo pugnale alla gola e sul suo viso era disegnato un
ghigno poco rassicurante.
"Da questa posizione potrei ucciderti senza sforzi, eppure non sembri
affatto spaventata" disse il ragazzo, non riuscendo a celare un minimo
di sorpresa.
"Sicuro di essere in una posizione così vantaggiosa?"
domandò Hanon in risposta, facendo sentire meglio al ragazzo
la lama del pugnale pronta a perforargli l’addome "Hai detto
tu stesso che mi sarebbe servito"
Lo sguardo del ragazzo andò dal pugnale al viso di Hanon,
che per la prima volta poteva vedere scoperto, e si
meravigliò di quanto bello e delicato fosse e di quanta
sicurezza riuscisse ad emanare. Lentamente allontanò il
coltello dalla gola di Hanon, che fece lo stesso col suo, poi si
rivolse di nuovo a lei, mantenendo il ghigno malefico.
"Ad essere sinceri, potrei farti un sacco di cose da questa
posizio…"
Non riuscì a finire la frase, perché ricevette
immediatamente una ginocchiata all’addome dalla ragazza, che
subito dopo lo sbattè sul letto e gli andò sopra
a cavalcioni, immobilizzandogli le braccia sotto le ginocchia e
puntandogli il pugnale che aveva ancora in mano alla gola.
"Una vera allieva del Ramingo, eh?" disse il ragazzo, ancora col fiato
corto per il colpo subito.
"Come fai a saperlo?" gli domandò Hanon, senza cambiare
posizione.
"È l’unica cosa che so di te, ma se vuoi farmene
scoprire altre non ci sono problemi…"
Come risposta Hanon avvicinò ancora di più la
lama alla gola.
"Va bene, va bene, va bene! La smetto, lo giuro! In cambio,
però, lasciami andare"
"Sei entrato nella mia stanza e hai tentato di uccidermi. Per quale
motivo dovrei lasciarti andare?"
"Perché siamo entrambi ricercati, e perché io
posso aiutarti a sfuggire alla cattura"
Dal piano di sotto si sentirono rumori di passi e di armature, quindi
delle voci che impartivano ordini. Presa dall’agitazione,
Hanon allentò la presa sul ragazzo, che subito ne
approfittò per disarmarla e invertire le posizioni.
"Tranquilla, ne usciremo" le sussurrò all’orecchio
"Ma devi fidarti di me"
"Non mi sembra di avere altra scelta"
Soddisfatto, il ragazzo le sorrise.
Salve a tutti, cari lettori! Eccovi il nuovo capitolo!
Buona lettura e commentate se potete!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Twins
CAPITOLO 9
Il tempo stringeva. Le guardie al piano di
sotto sarebbero salite di lì a poco. Non poteva
più esitare.
Il sorriso soddisfatto sparì dal viso di Sem mentre
rapidamente toglieva dalla tasca un fazzoletto bianco e lo poneva sul
viso della ragazza senza che lei potesse reagire. Dopo pochi istanti in
cui cercò di liberarsi, la sentì cedere sotto
l’effetto del sonnifero di cui era impregnato il fazzoletto e
lasciarsi andare esanime sul letto.
“Mi spiace” le disse mentalmente, mentre scendeva
dal letto. Quindi prese il mantello della ragazza per tenerla nascosta
durante il tragitto e ritornò al letto per avvolgervela
dentro. Esitò però a coprirle il viso,
scoprendosi attratto da quei lineamenti dolci incorniciati dai capelli
castani che si spargevano disordinatamente sul letto. Gentilmente le
scostò una ciocca di capelli dal viso con una mano,
portandogliela dietro l’orecchio, mentre con
l’altra le voltò il viso addormentato verso di
lui. Come ipnotizzato, Sem si accorse che la distanza tra il suo viso e
quello della fanciulla diminuiva sempre di più,
finché non arrivò a sentire il suo esile respiro
sulla pelle e a sfiorarle il naso col suo.
Il rumore di passi sulle scale lo fece tornare in sé.
Coprì velocemente il viso della ragazza e se la
issò sulla spalla prima di correre verso la finestra. il
salto fino a terra era di una decina di metri al massimo e
l’edificio vicino alla bettola impediva di vedere nel vicolo
grazie all’ombra che si proiettava fino a metà
della locanda. I soldati erano ormai sul pianerottolo e sarebbero
piombati nella stanza da un momento all’altro. Sem
saltò nel vuoto, tenendo ben stretto il fagotto, e
atterrò pesantemente sul terreno, riuscendo a fatica a
tenersi in equilibrio, poi si appiattì più che
potè contro il muro e lanciò uno sguardo alla
strada. Un po’ di folla si era radunata all’entrata
della bettola, incuriosita dall’arrivo dei soldati. La strada
verso il passaggio segreto non era molta, ma con la ragazza sulle
spalle ci sarebbe voluto un po’ più di tempo e in
quei pochi secondi chiunque avrebbe potuto vederlo.
"Nessuno si accorgerà di te" disse una voce cristallina
improvvisamente.
Sem portò d’istinto la mano alla cinta, cui teneva
un piccolo pugnale per i casi d’emergenza, ma quando
incontrò lo sguardo vispo e divertito del figlio di Lother,
si rilassò un poco.
"Come hai fatto a vedermi?" gli chiese Sem a bassa voce.
"Ho sentito il tonfo quando sei atterrato, ma tranquillo, nessun altro
se n’è accorto" rispose il bambino, notando lo
sguardo allarmato di Sem "Sono tutti troppo occupati a vedere cose
succede lì dentro"
"Sei sicuro?"
"Sicurissimo! Però devi fare in fretta"
"Giusto! Grazie piccoletto! Allora vado…e tu torna dalla
mamma, non è un posto adatto a te questo"
Il bambino sorrise e si voltò verso l’entrata
della locanda.
Sem fece un lungo respiro, si sistemò il fagotto sulla
spalla e iniziò a correre più veloce che
potè verso l’altro lato della strada. Gli
sembrò una corsa interminabile, ma alla fine si
ritrovò all’ombra del vicolo delimitato dai due
edifici di fronte alla locanda. Aveva il cuore a mille e il respiro
affannoso, come mai gli era successo, e stringeva le gambe della
ragazza con tutta la forza. Si voltò verso la strada e
incrociò lo sguardo del bambino che gli sorrideva divertito.
Sem gli fece un cenno di ringraziamento, quindi gli diede le spalle e
riprese il cammino verso il passaggio segreto.
"Si può sapere che diavolo ti è saltato in
mente?" urlò Murtagh con tutto il fiato in corpo. Entrando
in stanza dopo un allenamento, il giovane cavaliere aveva trovato
l’amico nella stanza mentre adagiava sul letto un fagotto
nero. Non aveva nemmeno aspettato che Sem le scoprisse il viso per
capire chi contenesse il fagotto e quali complicazioni portava con
sé.
"Non sapevo come risolvere la situazione, questa era l’unica
via d’uscita per tenerla al sicuro" rispose Sem, cercando di
calmare l’amico.
"In compenso però finiamo noi sulla forca! Gran bella idea!"
"Cosa avresti fatto al mio posto?"
"Di sicuro non l’avrei portata a palazzo"
Un mugolio proveniente dall’altro lato della stanza
interruppe la discussione tra i due ragazzi ed entrambi si voltarono
verso il letto, dove la ragazza si stava risvegliando.
"Ascoltami bene, Sem" riprese Murtagh, parlando questa volta a bassa
voce "Io non voglio avere niente a che fare con questa storia,
perciò sbrigatela da solo, ma quando torno nella mia stanza,
lei non deve più essere qui"
Senza nemmeno attendere una risposta, il cavaliere diede le spalle a
Sem e se ne uscì sbattendo la porta.
Sem sbuffò, quindi si tolse il mantello e lo
gettò su una sedia lì vicino prima di avvicinarsi
al letto. La ragazza iniziava già a muoversi e poco dopo
aprì gli occhi sbattendo più volte le palpebre.
Si accorse quasi subito di non essere più nella stanza della
locanda, così iniziò a guardarsi intorno,
finché non incrociò lo sguardo di Sem sopra di
lei.
"Dove accidenti mi hai portata?" chiese in tono ostile, seppur con voce
insonnolita.
"Sei a palazzo" le rispose Sem, quasi rassegnato.
"Come scusa?"
"Ti ho portata nel palazzo reale di Uru’baen"
"E come hai fatto ad entrarci, si può sapere?"
"Ecco…io…ci vivo"
"Uno come te che vive a palazzo?"
"Incredibile, eh?"
"Un momento, le guardie reali mi stavano cercando, e tu mi hai portato
nel palazzo reale? Ma ti sei bevuto il cervello?!? Hai deciso di
mandarmi a morire?"
"No, non è mia intenzione, ma non sapevo che altro fare"
"E hai pensato bene di portarmi nella tana del lupo! I miei
complimenti!"
"Ma perché dovete agitarvi tutti in questo modo?!? Una
soluzione la si trova sempre"
"Allora trovala in fretta, voglio essere fuori da questa stanza il
prima possibile"
La ragazza si liberò del mantello e scese dal letto, poi si
guardò intorno con più attenzione. Riconosceva
molti particolari di quella stanza, dalle fantasie della tappezzeria ai
disegni sugli arazzi agli stucchi sul soffitto. In quella stanza era
già entrata, molti anni fa.
"Questa…è la stanza di lady Selena" disse tra
sé ad alta voce.
"Come scusa?" domandò Sem.
"Questa era la stanza di lady Selena" affermò la ragazza,
questa volta convinta di ciò che diceva.
"Sì, ma tu come fai a saperlo?"
"Io qui ci vivevo"
Eccomi tornata!
Ringrazio come sempre lettori e commentatori :)
x Therys: ho letto le Guerre del Mondo Emerso, ed è
possibile che mi sia ispirata un pochino, non so dirtelo con certezza
perchè questi capitoli li ho scritti molto tempo fa e non
ricordo sinceramente le mie fonti di ispirazione...comunque sono
contenta che ti piaccia, spero commenterai anche questo capitolo, mi
piacerebbe sapere che ne pensi :)
Alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Twins
CAPITOLO 10
"In che senso 'ci vivevo'?"
domandò Sem, vedendo nella rivelazione della ragazza uno
spiraglio per uscire dal pasticcio in cui si era cacciato.
"Beh, non è stato per molto. Fino a quando avevo tre anni,
poi mi hanno portata via. Dicevano che ero in pericolo" rispose lei,
assorta nei ricordi e con un leggero velo di tristezza sul viso.
"Chi lo diceva?"
"Lady Selena. E anche Olga"
"Olga…la levatrice?"
"Sì. Lei e lady Selena sono state come delle madri per me"
"Capisco" assentì Sem, nonostante la sua mente vagasse tra
altri pensieri. Il fatto che quella ragazza conoscesse Olga era un
vantaggio più che notevole e un aiuto fondamentale per
risolvere l’ingombrante situazione senza destare sospetti. Un
piano stava lentamente prendendo forma nella sua mente, un piano che
gli permetteva di non compromettere la sua reputazione ma che allo
stesso tempo gli avrebbe dato ancora più libertà
di azione.
"Vieni con me" disse sbrigativamente, prendendola per un braccio senza
troppi complimenti e trascinandola fuori dalla stanza.
Dopo aver constatato che nessuna guardia fosse nei paraggi, Sem e la
ragazza iniziarono a percorrere il dedalo di corridoi del palazzo, fino
alla scala che conduceva al piano inferiore. Lì Sem si
fermò sul primo scalino e si voltò verso la
fanciulla.
"A proposito, non conosco il tuo nome"
"Perché dovrei rivelartelo?"
"Se vuoi uscire da questa situazione molto pericolosa per la tua
incolumità, ti conviene dirmelo. Anche perché,
dopo tanti anni, non so se Olga riuscirà a riconoscerti"
Il sorriso che si dipinse sul volto della ragazza fece intendere a Sem
di aver ottenuto l’effetto desiderato.
"Olga è ancora qui?" domandò lei, piena di gioia
e speranza.
Sem annuì col capo, ricambiando il sorriso, poi le chiese
nuovamente il nome.
"Hanon" rispose lei, senza farsi pregare.
"Io sono Sem" ribatté il giovane mentre si voltava verso le
scale, ma da dietro Hanon gli rivolse un "Grazie Sem" inaspettato, che
lo costrinse a voltarsi.
Lo sguardo che incontrò era luminoso da togliere il fiato. A
Sem sembrò di avere davanti una dama elfica al posto di una
vagabonda senza casa né famiglia.
"…sarà meglio muoversi, prima che qualcuno ti
veda…" balbettò in risposta, evitando quello
sguardo magnetico e quegli occhi talmente azzurri da sembrare glaciali,
ma allo stesso tempo caldi.
I due ragazzi ripresero il cammino, costeggiando i muri in ombra per
evitare di dare nell’occhio. Ad un certo punto,
però, Sem si arrestò di colpo.
"Che succede?" gli chiese Hanon allarmata.
"Non ricordo qual è l’entrata delle stanze della
servitù" rispose Sem con un tono di voce il più
basso possibile, rivolgendo alla ragazza uno sguardo di perdono.
Hanon sospirò, quindi iniziò a guardarsi intorno,
sperando di ricordare qualcosa. Non le fu difficile, i percorsi e i
corridoi di quel piano non le si erano mai tolti dalla testa. Condusse
il ragazzo verso una parete che faceva angolo con una piccola
rientranza da cui sbucava una maniglia di ferro battuto alla
bell’e meglio. Con cautela l’abbassò e
una piccola porta, adatta a far passare solo una persona alla volta, si
aprì cigolando leggermente.
Senza indugiate oltre, i due ragazzi la passarono e si immersero in un
corridoio appena illuminato dalle piccole finestre poste in alto. Dopo
poco videro apparire la grande cucina del palazzo, dove già
fervevano i preparativi per la cena.
"Aspetta qui un momento" ordinò Sem, prima di andare verso
la cucina a parlare con alcune anziane serve intente a mescolare quella
che doveva essere una zuppa in grossi pentoloni.
Nel frattempo Hanon iniziò a scrutare ogni volto che le si
presentava a tiro, cercando di ricordarne qualcuno. Qualche viso le
sembrò familiare, ma era difficile accostarlo con sicurezza
ad un nome.
Sem tornò poco dopo e prese dolcemente le mani della ragazza
sussurrandole un "Vieni" all’orecchio. I due giovani
passarono in mezzo alla servitù e Hanon si sentì
studiata da tutti quegli occhi che la osservavano curiosi.
Cercò comunque di non farci caso e si concentrò
sulla nuca di Sem. Non dovette aspettare molto che una piccola entrata
coperta da una tenda scura apparve davanti ai loro occhi.
"Resta un momento qui" le disse nuovamente Sem, prima di entrare nello
stanzino. Poco dopo una giovane serva apparve dalla tenda, presentando
tutti i sintomi di una gravidanza avanzata, dalla pancia gonfia al viso
paffuto e sorridente. La ragazza guardò Hanon,
concentrandosi sul suo ventre, quindi le si avvicinò.
"Vi ha messo incinta?" domandò, facendo cenno col capo alla
stanza da cui era appena uscita.
Hanon ci mise un po’ a capire, poi si affrettò a
rispondere negativamente alla domanda.
"Meglio per voi, ma state molto attenta. Non c’è
da fidarsi, lo sanno tutte qui"
"Tutte?"
La giovane annuì col capo, prima di allontanarsi, lasciando
Hanon con mille domande in testa. Tornò ad osservare la
tenda e tese l’orecchio cercando di carpire qualche parola,
ma il frastuono della cucina copriva qualsiasi rumore. Quasi
d’improvviso, però, vide la tenda sollevarsi
davanti ai suoi occhi, lasciando comparire una serva di mezza
età, più alta e nerboruta delle altre, il cui
viso Hanon non si era mai scordata.
"Olga" riuscì semplicemente a sussurrare la ragazza.
La donna la squadrò da capo a piedi, ma si
soffermò sul viso e sugli occhi. Nonostante i tanti anni e
nonostante si trovasse ormai di fronte ad una donna, Olga non fece
fatica a ritrovare i lineamenti dolci della sua piccola Hanon. Gli
occhi le si velarono di lacrime di gioia e non potè fare a
meno di portarsi le mani alla bocca per soffocare un singhiozzo. Quindi
le pose dolcemente sulle guance della ragazza, prima di tirarla a
sé e stringerla in un abbraccio, sussurrandole tra i
singhiozzi "Bambina mia".
Buon pomeriggio a tutti!
Hanon e Sem sono tornati insieme ad una nostra vecchia
conoscenza, e adesso per la nostra eroina cominceranno le tribolazioni
:) ringrazio tutti i lettori e Therys per il suo fedele
commento :) spero che questo capitolo vi piaccia!
Alla prossima!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Twins
CAPITOLO 11
"Quindi sei riuscito a sistemarla con
Olga?" chiese Murtagh al suo amico, seduto di fronte a lui nella stanza
del cavaliere.
"Sì, la aiuterà con le partorienti e le altre
faccende qui a palazzo. È stato un vero colpo di fortuna
scoprire che aveva già abitato qui" rispose Sem estasiato,
facendo fatica a stare seduto.
"Non ti sembra strano che non l’abbiamo mai vista qui?
Insomma, viviamo a palazzo da quando siamo nati e lei ha più
o meno la nostra età" obiettò però il
cavaliere.
"L’hanno sempre tenuta nelle stanze della servitù,
salvo rare occasioni. Olga mi ha detto che la lasciavano uscire
soprattutto per andare a trovare tua madre"
"Mia madre?" Murtagh si fece più interessato alla faccenda
“Probabilmente l’ha vista più di
me” pensò tra sé il giovane, con un
po’ di rammarico.
"Sì. Olga ha detto che l’aveva presa in simpatia,
essendo orfana e soprattutto femmina. Sai, con tutti i problemi che
creava tuo padre…"
"Sì…"
Tra i due calò un silenzio denso di tristezza. Lo sguardo di
Murtagh era fisso su un punto della parete dietro il suo letto, laddove
il drappo del baldacchino lasciava intravedere il bordo inferiore di
una cornice dorata. Anche Sem si voltò leggermente, ma poi
ritornò ad osservare l’amico.
"Quella ragazza è sorprendente" riprese, tentando di rompere
il silenzio cambiando discorso "Pensa che conosce un sacco di erbe
medicinali ed è molto esperta nel loro uso"
"Erbe medicinali hai detto?" domandò Murtagh, di nuovo
interessato alla questione.
"Sì, proprio così. Sa molte delle pratiche che
gli antichi sacerdoti del tempio custodivano da secoli"
"Il tempio della dea della caccia?"
"Esatto! Ce l’hanno portata perché pensavano che
qui fosse in pericolo. Aveva solo tre anni quando se
n’è andata, forse è anche per questo
che non l’abbiamo mai vista…qualcosa non va?"
Murtagh si era alzato dalla poltrona con fare pensoso e aveva iniziato
a misurare a passi lenti la larghezza della sua stanza. Sem
tentò più volte di chiedergli a cosa stesse
pensando, ma il cavaliere non gli diede alcuna risposta,
finché si fermò senza preavviso davanti
all’amico.
"Ho bisogno di parlare con quella ragazza" sentenziò,
dirigendosi poi verso la porta, ma si trovò la strada
sbarrata da Sem "Scusa, che stai facendo?" domandò
all’amico.
"Non puoi andarle a parlare" rispose semplicemente il ragazzo.
"E perché?"
"Perché…sta riposando, sì. Sta
riposando"
"Sta riposando eh? Perché ho l’impressione che sia
una tua invenzione?"
"Nessuna invenzione, Hanon sta riposando"
"Hanon" ripeté Murtagh, prima di scoppiare in una fragorosa
risata "Ti sei innamorato di lei?" riuscì poi a chiedere,
seppur a corto di fiato.
"Assolutamente no! Cosa te lo fa pensare? Io…io non me ne
sono innamorato, la sto solo aiutando…"
"L’hai chiamata per nome, Sem" lo interruppe il cavaliere,
tornato nuovamente serio "E tu non chiami mai per nome una donna, se
non è importante per te"
"Che sciocchezze vai dicendo, andiamo"
"Dimmi qualche nome delle svariate donne che sono entrate nel tuo letto"
"Beh…dunque…c’era una…come
si chiamava più…Brigid, Brigida, qualcosa del
genere…"
I suoi pensieri vennero però interrotti quando qualcuno
bussò alla porta annunciando che il re chiedeva
espressamente di Murtagh. Il cavaliere rispose che sarebbe arrivato
subito, quindi tornò a rivolgersi all’amico.
"Puoi tranquillizzarti, la tua bella per ora è al sicuro"
gli disse, prima di uscire dalla stanza e seguire la guardia che lo
aveva chiamato.
Sem non potè fare a meno di tirare un sospiro di sollievo,
anche se del tutto sollevato non lo era. Murtagh l’aveva
messo di fronte ad una possibilità che nemmeno lui aveva
preso in considerazione: la possibilità di innamorarsi di
Hanon. “Eppure la conosco solo da un giorno o poco
più” si disse. Ciononostante il suo nome
continuava a ronzargli in testa sin da quando lo aveva saputo, facendo
da sottofondo all’immagine dei suoi occhi azzurrissimi e del
suo viso roseo. “Hanon” pensò, sentendo
il cuore battere forte nel petto, lo stomaco contorcersi e le labbra
piegarsi in un sorriso sereno.
Un bussare alla porta lo portò solo in parte coi piedi per
terra, perché dall’altra parte del legno Hanon lo
stava chiamando. Velocemente Sem aprì la porta e la fece
entrare, poi richiuse i battenti alle sue spalle.
"Allora, cosa dovevi dirmi? Olga ha detto di fare in fretta"
incalzò la ragazza, parlando a bassa voce.
"Forse è meglio che ne parliamo domani, quando ti sarai
riposata e tutto il trambusto si sarà sistemato" rispose
sbrigativamente Sem, per poi riabbassare la maniglia della porta e
scomparire dietro di essa, senza lasciare alla ragazza il tempo di
ribattere.
“Accidenti a me che vado a fidarmi di lui” si
rimproverò Hanon, sbattendo un piede a terra. Fece anche lei
per uscire, ma la curiosità la fermò proprio
quando aveva la mano sulla maniglia. Quella era la stanza della cara
lady Selena. Non sapeva a chi appartenesse ora, però prima
apparteneva alla sua benefattrice, e forse ne custodiva ancora qualche
ricordò.
Lasciandosi alle spalle la porta, procedette verso il letto a
baldacchino dove si era svegliata poco prima, e dove anche lady Selena
aveva dormito. Notò lo scorcio di cornice che i drappi
lasciavano intravedere. Un quadro, magari un ritratto. Seguendo il
bordo del letto, si avvicinò al muro, prese un lembo del
drappo e iniziò lentamente a sollevarlo, quasi avesse paura
di scoprirne l’oggetto. Un rumore di passi vicino alla porta
la risvegliò dalle sue fantasie e, sentendosi in trappola,
non potè fare altro che nascondersi dietro il letto, dalla
parte opposta alla porta, facendo il minimo rumore.
Qualcuno entrò, indugiò sulla soglia, poi si
chiuse la porta alle spalle e si diresse a passo lento verso il letto.
Forse aveva sentito qualcosa. Hanon cercò di controllare il
respiro. Quello che doveva essere il proprietario della camera si
sedette sul letto e, dopo qualche secondo, vi si sdraiò
completamente. Era l’occasione buona. Hanon alzò
le lenzuola e si infilò lentamente sotto il letto.
Fortunatamente era abbastanza alto da farla passare senza sforzi. In
poco tempo raggiunse l’altra sponda e, con cautela,
uscì fuori. Rimase per qualche secondo ancora stesa a terra
vicino ad esso, in ascolto. Doveva essersi addormentato. Sempre
circospetta si avviò verso la porta, mise la mano sulla
maniglia e lentamente la spinse verso il basso. La porta si
aprì lentamente e lasciò entrare uno spiraglio di
luce. “È fatta” si disse, ma la maniglia
le scappò di mano e la porta si richiuse sbattendo.
"Noto che non hai ancora perso le vecchie abitudini" disse una voce di
ragazzo alle sue spalle. Hanon potè sentire che si era
alzato e che in quel momento la stava osservando, seduto sul suo letto.
Lentamente, un passo alla volta, Hanon si voltò per vedere
il suo sguardo accusatore, ma si vide rivolgere con sorpresa un sorriso
sornione.
"Sapevo che eri tu" le disse il ragazzo del fiume.
Buon pomeriggio a tutti!
Ecco a voi il fatidico incontro tra Hanon e Murtagh, finalmente!
Ringrazio Therys per il fedele commento che lascia ad ogni capitolo e
tutti i lettori silenziosi che seguono questa fic, nonchè i
sette utenti che l'hanno inserita tra i preferiti :)
Buona lettura!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Twins
CAPITOLO 12
Il rivedere quel volto fece tornare in
mente ad Hanon tanti ricordi. Ricordi burrascosi, rumorosi, violenti,
pieni di sangue. Quella che pensava sarebbe stata la sua casa per
sempre era stata spazzata via in un batter d’occhio, le
persone che le avevano voluto bene, che l’avevano accolta
calorosamente, l’unico suo amico, tutti erano morti sotto i
colpi delle spade dei soldati del re, in cerca di un fuggiasco. In
cerca di lui, di quel ragazzo dal sorriso beffardo che ora la fissava
dal suo letto, che alla fine non era riuscito a fuggire dal palazzo ma
che addirittura si trovava a suo agio e ricoperto di sfarzo. Il cuore
di Hanon non potè provare che odio verso
quell’uomo che le aveva segnato la vita per sempre.
"Mi sembrava di aver sentito puzza di fuggiasco" lo provocò,
sentendo la rabbia ribollire nelle vene "Ma a quanto pare il tuo piano
non è riuscito"
"Vedo con piacere che ti ricordi di me" le rispose Murtagh pacatamente,
sebbene il suo sorriso fosse diventato più amaro di prima.
Lentamente procedette verso di lei, ma si bloccò a
metà strada quando Hanon glielo intimò a gran
voce.
"Non osare neanche toccarmi, lurido assassino. Hai fatto talmente tanto
la vittima, quel giorno al fiume, che alla fine hai pensato bene di
diventare uno di loro"
"Hanon, non è come pensi"
"E cosa dovrei pensare? E poi, come sai il mio nome?"
"Me lo ha detto Sem, è mio amico. Io sono Murtagh. Ad ogni
modo, lascia che ti spieghi…"
"Murtagh? Tu?"
Non voleva credere ai suoi occhi. Non voleva nemmeno immaginare che
quel ragazzo fosse il bambino che, anni prima, aveva visto indifeso e
coperto di sangue. No. Quel bambino aveva occhi angelici, innocenti,
occhi che chiedevano aiuto, compassione, che chiedevano amore. Non
potevano essere gli stessi occhi che ora la stavano fissando dalla
penombra di quella stanza. La stanza di lady Selena, la stanza di sua
madre.
"Tua madre si vergognerebbe di te" sibilò Hanon tra i denti,
prima di aprire la porta e correre via da lui.
Probabilmente aveva toccato un tasto dolente, era consapevole di averlo
lasciato senza parole, a rimuginare su quell’ultimo
rimprovero che gli aveva rivolto, ma non le importava, non era niente
in confronto a quello che era successo a lei. L’aveva
costretta ad una vita di vagabondaggio, senza nessuno che le volesse
bene e che le stesse accanto per sempre.
Dal canto suo, Murtagh aveva subito pesantemente il colpo. Hanon gli
aveva detto in faccia ciò che egli stesso continuava a
rimproverarsi dal momento in cui aveva ceduto al potere del re. Sua
madre non l’avrebbe mai voluto vedere così. Non
avrebbe mai voluto che rimpiazzasse suo padre. Ma qualche colpa ce
l’aveva anche lei. Aveva fatto una scelta, aveva scelto di
salvare uno dei suoi due figli. Aveva scelto di salvare Eragon e
lasciare Murtagh alla mercè del re. E dal re non si
può scappare. E ora era più solo che mai. Sem non
avrebbe mai potuto comprendere il suo stato d’animo, la sua
condizione era totalmente diversa da quella di Murtagh.
L’unica poteva essere Hanon. Ma Hanon era appena scappata,
Hanon lo odiava con tutta se stessa, lo disprezzava, come
l’aveva disprezzato suo padre e come avrebbe fatto sua madre,
se fosse stata viva. Inoltre stava iniziando a disprezzarsi da solo.
“Murtagh!!” lo chiamò Castigo, prima di
inviargli nella mente ciò che aveva visto e che lo aveva
fatto allarmare.
Shruikan, il drago nero del re, si ergeva possente e minaccioso, gli
occhi gialli praticamente in fiamme, la bocca semiaperta e in procinto
di sputare fuoco sull’esile figura che giaceva terrorizzata
ai suoi piedi. Hanon.
"MALEDIZIONE!" gridò alla stanza vuota il cavaliere, prima
di armarsi di spada e correre a spalancare la finestra, sotto la quale
Castigo lo attendeva. Con un balzo fu sulla sua groppa e in men che non
si dica arrivarono al recinto dei draghi. Le fiamme iniziavano
già a dilagare nel grande spiazzo destinato alle bestie e
Hanon cercava in tutti i modi di scappare da quell’inferno
che la inseguiva senza sosta.
Una piccola apertura nella roccia apparve improvvisamente nel suo campo
visivo, ma non fece in tempo a deviare la sua direzione, che il drago
nero le si parò davanti, pronto a lanciarle contro una palla
infuocata. Istintivamente si coprì il viso con le braccia,
ma invece del bruciore delle fiamme sentì che qualcosa
l’aveva afferrata e ora la sorreggeva per i fianchi,
probabilmente a mezz’aria, perché i suoi piedi non
toccavano il suolo. Atterrò poco dopo, in un luogo chiuso e
umido. Solo allora trovò il coraggio di aprire gli occhi,
che si ritrovarono davanti un altro drago, stavolta di colore rosso e
più piccolo del primo. In groppa ad esso, Murtagh la
osservava dall’alto, in apprensione.
"Stai bene?" le chiese, ricevendo in risposta un tremolante cenno del
capo.
"Non muoverti da questa grotta" le intimò poi, prima di
spronare la bestia a riprendere il volo.
Hanon si avvicinò comunque all’entrata della
grotta, cercando di nascondersi il più possibile dietro la
parete di roccia. I due draghi erano uno di fronte all’altro.
Quello nero superava quello rosso di almeno tre volte, sia in
dimensioni che in ferocia. Forse per questo era tenuto legato con una
possente catena che terminava con un collare e che, fino a quel
momento, gli aveva impedito di spiccare il volo. La bestia riprese a
sputare fuoco in direzione di Murtagh, che però
riuscì a deviare il getto facendo piroettare Castigo sul
lato sinistro, da dove poi colpì il drago nero con una
fiammata che gli colpì l’occhio. Questi
cominciò ad agitarsi e a sbattere le ali, mettendo non poco
in difficoltà Murtagh e il suo drago, che però
riuscirono a colpirlo ancora qualche volta, prima che un potente colpo
di coda non spedisse entrambi contro il muro del recinto, facendoli poi
crollare a terra esanimi.
Dalla grotta Hanon soffocò un gemito di orrore quando vide
il drago nero avvicinarsi inesorabile alle sue prede, facendo tremare
la terra ad ogni passo. Non potè fare a meno di chiudere gli
occhi e di voltarsi. Poi però il tremore cessò
d’improvviso e, incuriosita dalla cosa, Hanon
tornò a guardare verso il recinto. Un uomo si era frapposto
fra il drago nero e le due figure a terra. Era immobile, rivolto verso
l’enorme bestia che lentamente si era accucciata davanti a
lui. L’uomo poi allungò un braccio in direzione
del drago e il collare che lo teneva legato si aprì e cadde
a terra con un tonfo sordo, lasciando l’animale libero di
prendere il volo verso chissà dove.
Alla fine l’uomo prese la via del ritorno, senza degnare di
uno sguardo i due corpi a terra privi di sensi.
Quando fu sicura che non ci fosse più nessuno nei dintorni,
Hanon uscì dalla grotta e corse verso Murtagh. Era riverso a
terra, prono, con la camicia sporca qua e là di sangue e
lacerata, che lasciava intravedere una brutta cicatrice lungo tutta la
schiena e qua e là nuovamente aperta. La mente di Hanon non
potè che ritornare a quel giorno di tanti anni fa, quando il
Murtagh bambino giaceva nella stessa posizione, completamente immerso
in un lago di sangue, nell’ingresso del palazzo.
Il ragazzi aprì lentamente gli occhi e mise a fuoco la
figura china sopra di lui. Hanon lo guardava preoccupata, con quegli
occhi azzurri che mai aveva dimenticato e che ora gli ridavano la forza
di reagire, come tanti anni fa.
"Madre…sei qui…" sussurrò Murtagh a
fatica, allungando la mano verso di lei.
Anche la ragazza, seppur perplessa dalle parole di Murtagh,
attribuendole però al delirio dovuto al dolore, fece
scivolare la sua mano incontro a quella di Murtagh. Appena le loro dita
si sfiorarono, entrambi furono pervasi da una forte scossa.
Durò tutto pochi secondi, nei quali Hanon si
sentì risucchiare le energie. Riuscì
però a restare cosciente, giusto il tempo di vedere le
ferite sulla schiena di Murtagh cicatrizzarsi in un lampo, quindi
svenne sopra di lui, completamente esausta.
Perdonate l'attesa, eccomi qui con un nuovo capitolo!
Ringrazio Therys per il suo fedele commento, spero di non averla sulla
coscienza per la lunga attesa (ti prego, lanciami un segnale di vita
:D) e soprattutto che le piaccia la mia storia. Un ringraziamento anche
a chi l'ha inserita tra i preferiti e ai lettori silenti :)
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Twins
CAPITOLO 13
Quando Hanon riprese i sensi-per
l’ennesima volta quel giorno, pensò- si
trovò distesa su un morbido pagliericcio ricoperto da un
candido lenzuolo di lino. Qualche benda qua e là copriva le
leggere ustioni che il grande drago nero le aveva provocato. Si sentiva
però ancora intontita e priva di forze, e il capogiro
vertiginoso che la colpì quando tentò di alzarsi
la convinse a restare sdraiata.
Osservando meglio la stanza, capì di trovarsi negli alloggi
della servitù, nella stanza dove Olga visitava le puerpere.
Si guardò intorno, per vedere se anche Murtagh era stato
ricoverato lì, ma vide solo un altro pagliericcio poco
distante dal suo con il lenzuolo scomposto.
"Se ne è andato da poco". Olga era entrata silenziosamente
nella stanza e aveva notato lo sguardo indagatore della ragazza. Sul
suo viso solcato da rughe era modellato uno sguardo di rimprovero nei
confronti di Hanon, tuttavia la fanciulla tentò di non farci
caso.
"Cosa ci facevi con lui?" domandò perentoria la donna.
"Pensavo che la domanda più appropriata fosse 'cosa ci
facevi nel recinto dei draghi?'"
"Se la metti così, allora cosa ci facevi nel recinto dei
draghi con lui?"
"Perché per te è un problema che io stia con lui?"
"Ti conviene rispondere se vuoi restare qui a palazzo" il tono di Olga
non ammetteva repliche.
Hanon sospirò e si alzò sugli avambracci per
guardare Olga negli occhi. "In teoria dovevo vedermi con Sem, ma lui se
n’è andato senza spiegarmi nulla. Sono rimasta
nella stanza di Murtagh, mi aveva incuriosito una cosa. Nel frattempo
lui è tornato, ho cercato di andarmene senza che se ne
accorgesse ma mi ha fermata. Abbiamo discusso e sono scappata via. Lui
è venuto a salvarmi e nello scontro è rimasto
ferito insieme al suo drago. Un uomo ha placato il drago nero e se
n’è andato lasciandoli a terra esanimi, allora
sono corsa da loro. Erano entrambi feriti, non so se in modo grave, poi
Murtagh mi ha guardato e mi ha chiamato madre allungando la mano verso
di me. Appena l’ho toccato ho visto le sue ferite
richiudersi, ma sono rimasta senza forze e sono svenuta. Ecco, ora sai
come è andata"
Lo sguardo di Olga era passato dall’accusatorio
all’allarmato quando aveva sentito che Murtagh aveva chiamato
Hanon “madre”, per poi farsi seriamente preoccupato
alla guarigione miracolosa del ragazzo. Il legame tra loro due si
rafforza più sono vicini, pensò, e per il bene di
entrambi doveva evitarlo. Inoltre Hanon poteva avere uno strano dono di
guarigione che avrebbe fatto gola a molti, e a una persona in
particolare. Era però vero che nessuno dei due era
più un bambino indifeso, ma anzi erano entrambi abili
guerrieri, Murtagh soprattutto. Poi c’era Sem, che per la sua
Hanon provava qualcosa, Olga l’aveva percepito da subito.
Cosa fare allora? Lasciare che gli eventi si susseguissero come voleva
il destino, senza badare alle pericolose conseguenze che ne sarebbero
derivare, o scongiurare qualsiasi rischio tenendo lontani i due ragazzi?
Non erano più bambini, probabilmente non avrebbero obbedito
e avrebbero anche preteso delle spiegazioni. Spiegazioni che un giorno,
se le circostanze lo avessero richiesto, Olga avrebbe dato loro senza
remore.
La donna sospirò, pensando che fosse la decisione
più saggia per quel momento.
"Il palazzo è un posto che può rivelarsi
pericoloso per una bella ragazza come te, Hanon, fai molta attenzione
le prossime volte. Adesso riposa, bambina mia, domani ci aspetta un
duro lavoro e tu hai provato abbastanza emozioni per oggi"
Il sorriso era tornato sul suo volto e lo fece affiorare anche su
quello di Hanon, che tornò a sdraiarsi sul pagliericcio. Non
riuscì però a prendere subito sonno, il suo
pensiero tornò a Murtagh, e subito provò una
strana sensazione, come se la sua mente avesse rimbalzato contro
qualcosa di duro. Poco dopo una voce le rimbombò nella testa.
Hanon…
La ragazza si sedette sul letto allarmata, iniziando a guardarsi
intorno, ma la stanza era vuota.
Non allarmarti, sono
Murtagh.
"Dove sei?" gli domandò sempre più spaventata.
Nella mia stanza, ti sto
parlando telepaticamente, perciò basta che pensi le tue
risposte perché io le senta.
Va bene, anche se la
cosa non mi convince granchè.
Perché hai
tentato di entrare nella mia mente?
Non ho fatto nulla del
genere, stavo solo ripensando a quella che è successo oggi!
Strano, ho sentito che
tentavi di superare le mie barriere.
Tra i due calò il silenzio per qualche secondo, poi Hanon
riprese la conversazione.
Come stai?
Ti sei decisa a
chiedermelo!
Non
c’è nessuna legge che mi obbliga a chiedertelo!
Sto bene, grazie a te.
Me?
Ho sentito la tua
energia entrare in me appena mi hai toccato, esattamente come quando
ero bambino, e sono come rinato. L’ho riconosciuta subito,
come se fosse passato solo un giorno da allora. È successo
anche al fiume, ma era stato meno intenso e non avevo ancora le
capacità per riconoscerti.
Non ti sembra strano che
ci succeda tutto questo?
Sì, ma
è anche strabiliante, è un legame che va oltre
l’esperienza terrena.
E tu non sai spiegarne
la natura, Cavaliere dei Draghi?
Infatti, sono un
Cavaliere, non un mago. E per evitare che qualche mago veramente
potente venga a conoscenza di tutto questo, non devi rivelare a nessuno
ciò che è successo. A palazzo sono poche le
persone di cui ci si può fidare, Olga è una di
queste e Sem anche, ma gli altri devi considerarli come dei nemici.
Pensi che questa specie
di potere possa essere usato per fare del male, anche se finora non ha
fatto altro che salvarti la vita?
Non lo so, Hanon, ma
cercheremo di scoprirlo, se avrai la voglia di sperimentarlo ancora con
me. Ci vedremo ogni notte dopo il coprifuoco, alla bettola dove hai
incontrato Sem, e tenteremo di svelare il segreto del tuo potere.
Alla mattina giovane
assistente della levatrice, al pomeriggio giustiziera della
città e alla sera maga clandestina…La cosa si fa
interessante!
Mi auguro che tu riesca
a controllare la tua tripla vita, altrimenti ci andremo di mezzo in
troppi.
Sono allieva del
Ramingo, caro Murtagh, ho imparato a rendermi invisibile agli occhi
degli altri.
Andrà solo
che a tuo vantaggio. Ora ci conviene riposare, domani sarà
una giornata impegnativa per entrambi. Buonanotte Hanon.
Aspetta!
Perché prima di toccarmi mi hai chiamato
“madre”?
Ero ferito e non
ragionavo, non dare peso a ciò che ho detto. Il tono con cui
formulò il pensiero non convinse la ragazza, ma Hanon ne
approfittò per rimediare al piccolo errore di qualche ora
prima.
Tua madre sarebbe fiera
di te, Cavaliere dei Draghi.
No, non lo sarebbe
affatto, perché ho rinunciato a ciò che un uomo
ha di più importante per salvarmi la vita. Ho rinunciato
alla mia libertà.
Nessuno ha il diritto di
privarci della nostra libertà, nemmeno il dio più
potente del cielo.
Allora è
probabile che ci sia qualcuno più potente di un dio,
perché si è preso la mia libertà senza
chiedere nulla a me, né a Castigo. Non ho scampo, Hanon. Il
mio destino è segnato.
Siamo noi i fautori del
nostro destino, Murtagh, rifletti su questo. Buonanotte.
Non sentì nessuna risposta, probabilmente Murtagh aveva
tagliato il contatto, oppure era stata lei a farli inconsciamente.
L’avventura di quella sera li aveva legati insieme con un
doppio filo, come se nessuno dei due potesse più prescindere
dall’altro. Forse era vero ciò che diceva Murtagh,
il loro legame andava oltre lo scibile e il materiale, era qualcosa di
più profondo e autentico che li aveva portati, dopo tanti
anni, a rivedersi. Un sorriso di serena felicità si dipinse
sul volto di Hanon mentre scivolava in un sonno profondo, consapevole
di non essere più sola.
Eccomi tornata con un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Ringrazio Therys per la sua fedeltà e i suoi commenti,
coloro che hanno inserito Twins tra i preferiti e tutti i silenziosi
lettori!!
A presto!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Twins
CAPITOLO 14
Olga svegliò Hanon poco prima
dell’alba e le consegnò un abito molto semplice da
sostituire alla tenuta da combattimento bruciacchiata che teneva ancora
addosso. Le era un po’ largo, ma riuscì a
stringerlo in vita con una cintura di corda improvvisata. Nel corpetto
marrone nascose poi il pugnale che Sem le aveva dato al loro primo
incontro, una piccola precauzione contro i pericoli di cui le aveva
parlato Murtagh la notte precedente. Raccolse infine i capelli in una
lunga treccia che poi attorcigliò su se stessa in una
crocchia sulla nuca. Solo due ciuffi ribelli sfuggirono dalla
pettinatura e le ricaddero davanti agli occhi.
Uscì dalla stanza giusto in tempo per ricevere da Olga uno
spazzolone e uno straccio bagnato per ripulire la stanza dove aveva
dormito e quella adiacente.
"Non dovevo aiutarti con le donne incinte e i feriti?"
domandò Hanon.
"Vuoi curarli in mezzo alla sporcizia?"
Non attese risposta e tornò alle sue faccende, facendo finta
di non aver sentito il sonoro sbuffo della ragazza.
Un’ora dopo iniziarono a presentarsi i primi pazienti, la
cameriera incinta del giorno prima e un cuoco che si era tagliato
affettando le patate. Hanon si occupò di lui, mentre Olga
pensò alla giovane cameriera, che non faceva che fissare la
ragazza mentre la levatrice la visitava. Era uno sguardo impertinente,
che a fatica riusciva ad ignorare, se lo sentiva sulla schiena, la
perforava. Chissà cosa pensava quella donna di lei. Di
sicuro non si era fatta un’idea decorosa. Ma non gliene
importava niente, quella cameriera non sapeva niente di lei e non aveva
il diritto di giudicare. Però conosceva Sem e le sue
abitudini, mentre lei no. Eppure si era fidata di lui fin da subito,
senza indagare troppo sul suo conto, le era sembrato un ragazzo a posto
e il modo con cui la guardava poi…Sentì un lieve
calore sulle guance di cui subito si rimproverò per tornare
a dedicarsi alla ferita del cuoco. Diede due punti di sutura e
fasciò il taglio, quindi lo lasciò tornare al suo
lavoro.
Poco dopo anche la cameriera se ne andò, non senza guardare
di sottecchi Hanon prima di uscire dalla stanza.
Olga notò subito il disagio di Hanon e cercò di
tirarle su il morale.
"Non sta simpatica nemmeno a me, né a tutto il personale del
palazzo. Persino il padre di suo figlio ha preferito lasciarla in balia
di se stessa. Da quel giorno si può dire che sia diventata
ancora più vipera con le altre donne, specie con quelle che
si accompagnano ai giovani di alto rango"
"Che vuoi dire?"
"Sem è un nobile, lo sai vero?"
"No, non ne avevo idea. Quanto nobile?"
"Abbastanza da essere uno degli uomini più appetibili di
Alagaesia. E cosa ancora peggiore, ne è consapevole, il che,
secondo lui, gli conferisce il diritto di giocare con le donne a suo
piacimento"
A quelle parole, Hanon si pentì amaramente di essere
arrossita al pensiero dello sguardi di Sem e si diede della stupida.
Forse, però, era ancora in tempo per sfuggirgli.
"Però con te è diverso" continuò Olga
"Ti guarda quasi con devozione, con rispetto"
"Rispetto?"
"Non è abituato a donne come te, credimi, lo conosco bene.
Ha sempre avuto a che fare con frivole nobildonne e non con ragazzo
forti e tenaci come te. Hai una personalità e una grinta
tipiche di un uomo mischiate alla grazia e alla dolcezza di una
fanciulla, e per tutto questo lui ti ammira, come ti ammiro io"
La donna abbracciò Hanon, che ricambiò con
affetto. Nell’udire quelle parole sentì come se
fosse stata sua madre a parlarle e per la prima volta si
sentì apprezzata. Una lacrima sfuggì al suo
controllo.
Ripresero poco dopo a lavorare entrambe, era incredibile quante fossero
le donne incinte che si rivolgevano ogni giorno a Olga. Quanto ad
Hanon, curò un paio di soldati e qualche servo, prima di
ricevere una visita inaspettata.
"E quale sarebbe il tuo problema?" domandò Hanon a Sem
sottovoce, sottolineando l’ultima parola.
"Mi sono procurato un taglio mentre mi allenavo con la spada insieme ad
un maestro d’armi"
"Beh, è proprio quello che ti serve, se ancora non hai
imparato a maneggiare un’arma. Fa vedere"
Il ragazzo le porse il braccio, mostrando un lungo ma poco profondo
taglio sull’avambraccio. Il sangue aveva già
cominciato a coagularsi e a formare un principio di crosta. Nel
complesso, constatò Hanon, non era un ferita grave e non
necessitava di cure immediate. Tuttavia la fanciulla
continuò a studiarla con attenzione.
"Allora, cosa vuoi da me?" sbottò alla fine, sempre
sottovoce, mentre fingeva di curare il ragazzo.
"Perché dici che…"
"È impossibile che tu ti sia procurato questa ferita
combattendo, avresti dovuto ricevere un colpo da
un’angolazione inesistente durante uno scontro. Molto
probabilmente te lo sei procurato da solo per avere una scusa
plausibile per venire da me e non destare sospetti"
"Non ti si può nascondere niente, eh?"
"Mi hai già fregata più di una volta e non ho
più intenzione di cadere nelle tue trappole"
"Afferrato il concetto. Intanto volevo sapere come stai, ho saputo di
ieri"
"Un po’ bruciacchiata, ma tutta intera. E anche per il tuo
atteggiamento di ieri esigo delle spiegazioni"
"C’erano stati troppi cambiamenti di programma e sarebbe
stato troppo pericoloso procedere. Ad ogni modo, agiremo oggi"
"Niente scherzi stavolta?"
"No, promesso"
Hanon lanciò a Sem uno sguardo perplesso e diffidente, ma
non le sembrò di vedere menzogna negli occhi azzurri del
ragazzo. Forse Olga aveva ragione e con lei si comportava in modo
diverso che con le altre donne.
"Il braccio è a posto, vieni domani per cambiare la
fasciatura". Alzò il tono della voce, cosicché
Olga potesse sentirla e non insospettirsi.
"Solito posto, solita ora" sussurrò il ragazzo, prima di
alzarsi e ringraziarla ad alta voce.
Hanon lo osservò scomparire dietro la tenda, quindi trasse
un sospiro di sollievo e cercò di calmare il battito del
cuore. Ancora non capiva come un ragazzo così potesse farle
quello strano effetto, e nello stesso tempo si domandò che
effetto avesse avuto lei su Sem.
Percepì un po’ di calore sulle guance.
Bussò alla porta di Murtagh nel primo pomeriggio. Al lungo e
semplice abito che le aveva fornito Olga aveva sostituito il suo
abituale completo da viaggio nero, ancora un po’
bruciacchiato, grazie al quale le fu semplicissimo passare inosservata.
La porta di fronte a lei si socchiuse e Hanon vi si infilò
dentro con un movimento fluido, richiudendosela subito alle spalle. La
grande finestra della stanza era aperta e dava su un grande balcone,
sulla cui balaustra era appollaiato un drago rosso che guardava nella
sua direzione con occhi vispi.
"Suppongo sia te che devo ringraziare per ieri"
Non si aspettava una risposta, se non un qualche cenno del capo da
parte della bestia, però percepì una lieve
pressione nella mente. Si portò la mano alla tempia e
sbattè le palpebre più volte, cercando di
scacciare la sensazione. Una mano le si posò delicatamente
sulla spalla e, voltandosi, incontrò il volto di Murtagh.
"Vuole solo parlarti" accennò col capo al drago "a suo modo"
"E quindi come?"
"Ti trasmette i suoi pensieri, lo fa di rado con gli estranei.
Però devi abbassare le tue barriere"
"Barriere?"
"Apri la mente a tutto quello che ti circonda"
Hanon restò perplessa a quelle parole, ma chiuse ugualmente
gli occhi cercando di fare come Murtagh le aveva detto.
Percepì subito una grande presenza dentro di sé,
calda e amichevole.
Sono Castigo, e Murtagh
è il mio padrone.
La voce che risuonò nella testa di Hanon le
ricordò un adolescente e tradiva le reali dimensioni della
bestia.
Sono più
grande di quanto dovrei essere rispose Castigo ai pensieri di Hanon Il
potere del re mi ha fatto diventare quello che sono.
Trovo tu sia una
creatura magnifica, Castigo.
Ti ringrazio, ma la
volontà del re mi costringe a compiere azioni riprovevoli, e
come me anche Murtagh è sotto il suo giogo.
Hanon si voltò verso il ragazzo, che annuì
tacitamente con lo sguardo triste.
In che modo è
riuscito a soggiogarvi?
Galbatorix è
un mago molto potente e tutto ciò che possiede lo deve alle
arti magiche di cui è maestro. Nessuno può
sottrarsi ad esse.
E’ una storia
molto triste. Non c’è rimedio a tutto questo?
Non lo sappiamo, ma il
legame che ti lega a Murtagh è qualcosa che credo vada oltre
le conoscenze del re e forse in qualche modo potrebbe aiutarci.
Lo farei con molto
piacere.
"Allora spero che verrai stasera, dopo il coprifuoco, nella cantina
della conceria dove sbuca il passaggio segreto. Io sarò
già lì, ma Castigo aprirà la porta al
segnale previsto, tre colpi alla porta di seguito e uno ritardato"
"È come quello che usa Sem per andare in città"
"Già, ma Sem la notte è occupato, non
c’è pericolo di confondersi"
"D’accordo, ci sarò". Fece un cenno col capo a
Castigo, che le rispose sbattendo le palpebre. Il drago aveva uno
sguardo dolce, nonostante il nome incutesse timore. Sembrava veramente
un cucciolo cresciuto troppo in fretta.
"Posso accarezzarlo?" domandò a Murtagh, che con un ampio
gesto della mano la invitò ad accomodarsi.
Hanon avanzò lentamente verso la bestia, che sembrava
totalmente a suo agio, al contrario di lei. Quando gli fu a pochi
centimetri, allungò la mano col palmo aperto e Castigo
avvicinò il muso. Era caldo e pulsante, pieno di energia,
per nulla pericoloso. Hanon prese coraggio e si avvicinò un
po’ di più, portando l’altra mano sulle
scaglie del collo e iniziando a grattare sotto di esse. Dalla gola di
Castigo uscirono gorgoglii di gradimento.
"Direi che ci sai fare". Murtagh l’aveva raggiunta sul grande
balcone e si era unito a lei nel coccolare il drago.
Dalla stanza sentirono poi provenire tre colpi alla porta
più uno e Murtagh la aprì senza muoversi da
dov’era. Sem rimase un po’ sorpreso dalla scena che
gli si parò davanti e scoprì di non gradirla
affatto.
"Scusa il ritardo, ho beccato il cambio della guardia. Sei pronta?"
"Sì certo"
"Allora muoviamoci". Abbassò la mano del goblin, pronto a
entrare nel cunicolo non appena Hanon lo avesse raggiunto. La ragazza
salutò Castigo e Murtagh con un cenno della mano e corse
verso Sem, che la fece passare per prima. Dopo aver lanciato uno
sguardo di disapprovazione a Murtagh, sparì nel cunicolo che
si richiuse silenziosamente alle sue spalle.
Attento Murtagh, ti stai
facendo nemico il tuo migliore amico.
Ah, è solo un
idiota che ha frainteso ogni cosa. D’altronde, non
è abituato a innamorarsi.
E tu? Ci sei abituato?
Non sono innamorato di
Hanon, se è questo che pensi. Non potrei. È
indubbio che qualcosa ci leghi, ma ti assicuro che non è
amore.
Ti conviene assicurarlo
anche a Sem.
Prima o poi se ne
accorgerà da solo.
Lo so, lo so, sono in imperdonabile ritardo, ma ho seguito
altri progetti, chiedo perdono!
Ecco un nuovo capitolo, ringrazio Therys e Ruchan per le recensioni,
sono contenta di avervi fatto (spero) appassionare alla storia!
Buona lettura a presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Twins
CAPITOLO 15
Hanon camminava lentamente nel buio
cunicolo, tenendo entrambe le mani contro gli umidi muri laterali in
modo da potersi accorgere di un eventuale bivio o svincolo. Ad
eccezione del umore dei suoi stivali sulla pietra, che rimbombava cupo
per tutto il corridoio, non si udiva nient’altro.
Sobbalzò e trattenne a stento un grido quando
sentì una mano posarsi pesantemente sulla sua spalla.
"Ehi tranquilla" riecheggiò la voce di Sem, nonostante
avesse parlato a basso volume "Sono io, chi altri pensavi che fossi?"
"Che ne so, siamo pur sempre in un cunicolo buio. Un cunicolo che, in
più, non conosco"
"Nessuno, a parte me, te e Murtagh, lo conosce, perciò non
devi temere nulla"
"Ora che lo so sono più tranquilla". Fece per proseguire ma
Sem la trattenne per la spalla.
"Che c’è?" sbottò lei, che cominciava a
sentire i primi sintomi della claustrofobia di cui non aveva mai
sofferto.
"Cosa ci facevi con Murtagh?". Il tono di Sem era stranamente serio.
"Ti stavamo aspettando"
"Davvero?"
"Sì". La conversazione cominciava a farsi davvero strana,
pensò Hanon.
"E ieri sera?"
"Ma chi sei, mia madre?". Ad Hanon non erano mai piaciuti gli
interrogatori, specie dalle persone che non conosceva. Inoltre non era
ancora certa di potersi fidare ciecamente di quel ragazzo. Sem non
aveva però risposto alla sua provocazione.
"Dopo che te ne sei andato sono rimasta in camera sua" rispose allora
la ragazza per mettergli il cuore in pace "Volevo vedere una cosa,
però lui è entrato e mi sono nascosta. Ho cercato
di uscire senza che se ne accorgesse, ma mi ha bloccata. Abbiamo
discusso e io sono scappata, finendo dalle parti del drago nero. Il
resto lo sai"
"Solo questo?" incalzò Sem.
"Sì, solo questo". Non gli avrebbe mai rivelato dello strano
legame che c’era tra lei e il cavaliere e che, in fondo, la
spaventava un po’. "Ma è così
importante per te saperlo?"
"Mi sembra solo prudente tenerti d’occhio, per evitare che
combini pasticci. E visto come è andata coi draghi direi che
faccio bene"
Pronunciò le ultime parole sghignazzando. Quando faceva
così era veramente insopportabile, ma anche affascinante,
pensò Hanon.
"Allora, proseguiamo?"
"Sì, certo" si riscosse Hanon, dandosi ripetutamente della
stupida.
In breve furono in città, diretti alla bettola per ricevere
qualche informazione interessante. Erano d’accordo che Hanon
sarebbe rimasta fuori, appostata in un vicolo vicino, per non destare
sospetti e avvertire in caso di un eventuale arrivo delle guardie.
Non dovette attendere molto, Sem uscì dalla locanda poco
dopo e la raggiunse a passo deciso.
"C’è del lavoro per noi" esordì il
ragazzo.
"Bene. Dove?"
"Dall’altra parte della città"
"Ah. E quanto ci vorrà per finirlo?"
"Non ne ho idea! Ma che domande mi fai?!?"
"Per sapere"
Sarebbe stata una lunga giornata.
Il sole stava tramontando quando anche l’ultimo soldato
corrotto se la diede a gambe, controllando ogni tanto se era ancora
inseguito da quel non-sapeva-cosa che aveva attaccato e messo in fuga
tutti i suoi compagni, impedendo loro di compiere il loro solito,
malsano dovere.
Una volta lontano Sem e Hanon furono liberi di uscire allo scoperto,
sempre nascosti dai loro mantelli. Ci era voluto più tempo
del previsto per sistemare la faccenda ed erano dovuti ricorrere a
tutti i trucchi che conoscevano, il che li aveva portati allo
sfinimento.
Nell’aria riecheggiò il suono della campana che
annunciava l’ora del coprifuoco, e che per Hanon significava
che mancava un’ora al suo appuntamento con Murtagh.
"Dobbiamo andare" sussurrò a Sem dopo che gli si fu
avvicinata.
"Rilassati, non se ne accorgerà nessuno che siamo in giro"
"Non hai capito, io devo tornare a palazzo, e anche velocemente"
"Olga ti fa lavorare anche la sera?"
"Solo perché è sera non è che la gente
non si fa male". Fortunatamente era riuscita a trovare una
giustificazione plausibile senza dover menzionare Murtagh. Riflettendo
su quanto accaduto nel pomeriggio, aveva capito che a Sem non andava
giù che passassero del tempo assieme, quindi era meglio
mascherare la cosa.
"D’accordo, andiamo" sentenziò Sem, sparendo
dentro un vicolo.
Ci impiegarono parecchio tempo a tornare nella zona della vecchia
conceria a causa dell presenza delle guardie di ronda per il
coprifuoco. Ripercorsero il cunicolo di corsa e finalmente sbucarono
nella stanza di Murtagh. Il ragazzo era intento a tendere il suo arco e
alzò solo brevemente lo sguardo su Hanon, che era stata la
prima ad uscire.
Lo sai che fra neanche mezz’ora…iniziò
a dirle nel pensiero.
Sì, me lo ricordo. Fammi solo cambiare e sarò da
te
Murtagh abbassò nuovamente lo sguardo, facendo solo un cenno
quando Sem lo salutò. I due si defilarono rapidamente, e
ancora più rapidamente Hanon raggiunse le stanze della
servitù, si diede una sciacquata e si cambiò per
uscire.
La voce di Olga la bloccò sull’uscio.
"Cosa vai a fare in giro per il palazzo a quest’ora? E
soprattutto dove sei stata tutto il pomeriggio?"
"Ecco…ho avuto molto lavoro da fare e…devo
finirlo". Abbassò la maniglia della porta e la socchiuse, ma
Olga non si accontentò della sua laconica risposta.
"E che genere di lavoro, sentiamo"
"Per fartela breve, si è sparsa la voce che come curatrice
non sono poi così male. E proprio adesso
c’è un soldato che ha bisogno delle mie cure,
perciò devo andare"
"Senza bende né erbe curative?"
Olga le mostrò il cesto con tutto l’occorrente per
le medicazioni, ancora sul tavolo. Hanon guardò prima il
cesto, poi il viso sospettoso di Olga, e cercò di sorridere
in modo innocente.
"Che sbadata, la fretta"
Afferrò velocemente il cesto e uscì. Aveva pochi
minuti per raggiungere la stanza di Murtagh, e ancora meno per
attraversare il cunicolo.
Come previsto, Castigo aprì la porta della stanza al segnale
convenuto, permettendo ad Hanon di entrare e aprire il passaggio. Corse
lungo tutta la galleria finché non sbucò,
ansimante, nella buia cantina della conceria, finendo letteralmente
addosso a Murtagh. La ragazza cadde all’indietro, rovesciando
tutto il contenuto del cesto per terra, mentre Murtagh
riuscì a mantenere l’equilibrio.
"Accidenti a te!" imprecò Hanon "Dovevi proprio stare
davanti alla porta?"
"Ero abbastanza distante dalla porta, sei tu che sei uscita da
lì come una furia"
"Scusa se ho cercato di essere puntuale"
"Dai, alzati". Le tese la mano e la aiutò a rialzarsi. Una
volta in piedi, però, Hanon continuò a guardarsi
la mano aperta. Il cavaliere la guardò perplesso.
"Tutto bene?"
"Non ho sentito niente" Hanon alzò lo sguardo su di lui, che
prese a guardarsi la sua di mano.
"Hai ragione, nemmeno io. E neanche quando ti ho toccata questo
pomeriggio"
"Secondo te perché?"
"Forse perché nessuno dei due è ferito"
"Quindi, secondo te, noi sentiamo quella scossa quando uno dei due
è ferito e così ci guariamo a vicenda"
"C’è solo un modo per scoprirlo"
Tirò fuori un anonimo pugnale da un fodero nello stivale e
avvicinò la lama al palmo della mano.
"Ma che fai? Sei impazzito?!?" esclamò Hanon, afferrandogli
il polso.
"Conosci un altro modo?"
Hanon non rispose, messa in soggezione dallo sguardo determinato di
Murtagh, e alla fine lasciò andare il braccio del ragazzo.
Questi abbassò la lama aprendosi un lungo taglio sul palmo
della mano, che subito iniziò a sanguinare copiosamente. Il
cavaliere ripose il pugnale e tese la mano sana ad Hanon.
"Coraggio"
La ragazza sospirò e prese la mano. Subito
percepì un leggero formicolio lungo il braccio. Guardo il
palmo aperto di Murtagh, dove il taglio che si era procurato si stava
lentamente richiudendo, senza lasciare alcuna traccia. In breve la mano
tornò come nuova. A quel punto Murtagh mollò la
presa e tornò a guardarla.
"Come ti senti?"
"Non più stanca di quanto lo fossi prima"
"Bene, ora la controprova"
"Cioè?" domandò Hanon allarmata, rispondendosi da
sola quando vide nuovamente il pugnale.
"Puoi scordartelo! Se poi non funziona?"
"Non preoccuparti, fidati di me". Murtagh sembrava ancora
più determinato e sicuro di sé. Gli porse la
mano, che lui si premurò ad incidere facendo attenzione a
non toccarla se non con la lama. Hanon trattenne un gemito quando
sentì il pugnale penetrarle nella carne, seppur di poco.
Murtagh rimise nuovamente il pugnale a posto, quindi prese la mano che
Hanon gli stava porgendo. Questa volta nessuno dei due sentì
niente e la ferita della ragazza continuò a sanguinare.
"Non funziona" esclamò lei, allarmata.
"A quanto pare, allora, è solo una tua capacità"
Il cavaliere sembrava deluso dalla scoperta. Lasciò la mano
sana di Hanon per prenderle quella ferita e vi stese sopra la sua.
"Waise heill" sussurrò, e un fascio di luce rossa
uscì dal suo palmo, curando in breve tempo il taglio.
Hanonsi guardò la mano.
"Già, però finora ha funzionato solo con te. E
comunque anche tu puoi curare le persone. Tutte le persone"
Murtagh ragionò sulle parole della ragazza. In effetti il
suo potere si avvicinava molto all’incantesimo di guarigione
che aveva usato poco prima, con l’unica differenza che a lei
serviva il contatto fisico per curare le ferite e che lui era stato
l’unico a provarne gli effetti. Forse le loro ricerche non
erano finite.
Osservò con attenzione la ragazza, era la stanchezza fatta
persona.
"Continueremo domani, ora andiamo a dormire"
Andò alla porta e la aprì per farla passare.
Hanon era già dentro il tunnel quando Murtagh la
richiamò all’attenzione, porgendole il cesto con
tutto il contenuto riposto in ordine all’interno. La ragazza
sospirò e lo prese, quindi si inoltrò
nell’oscurità del cunicolo, seguita dal cavaliere.
Son tornata! Con un ritardo mostruoso
lo so, ma prometto k m impegnerò affinchè nn
accada più :)
Grazie a Therys, pazzerella_92 e Thyarah per i commenti,
spero che abbiate ancora voglia di seguire questa storia :)
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Twins
CAPITOLO 16
"Ecco, ho trovato qualcosa"
La frase appena sussurrata da Murtagh ridestò Hanon dalla
lettura del tomo che teneva sulle ginocchia, l’ennesimo su
cui aveva posato gli occhi stanchi quella sera. Provenivano dalla
biblioteca del palazzo, Murtagh aveva preso tutti quelli su cui
c’era la possibilità di trovare qualcosa sulle
capacità di Hanon.
La ragazza gli si avvicinò e iniziò a scrutare la
pagina ingiallita, appena rischiarata dalla debole luce della candela.
"Qui dice che esistono persone con un innato potere di guarigione, il
loro corpo agisce senza che venga pronunciato l’incantesimo,
come per istinto. Scoprono il loro potere improvvisamente, a seguito di
un profondo desiderio di guarire, di porre fine alle sofferenze di
qualcuno a loro caro, come un familiare, e con questa persona
mantengono un legame molto stretto"
Hanon lesse attentamente le parole sbiadite, ripensando alla prima
volta in cui quella sua capacità era venuta fuori, sedici
anni prima. Ripercorse le immagini del sogno che per molte notti
l’aveva tormentata, soffermandosi sul momento in cui i suoi
occhi incontrarono quelli del cavaliere, allora bambino. Non era
riuscita a resistere a quello sguardo supplice e innocente e il
desiderio di toglierlo dalla sofferenza l’aveva sopraffatta.
"È esattamente quello che mi è successo con te"
sussurrò guardando il ragazzo, che già da molto
la fissava mentre era immersa nei suoi pensieri, chiedendosi come mai
la sua indiscutibile e fiera bellezza non lo sorprendesse, quasi
già la conoscesse.
"Perché proprio me?" le chiese, richiudendo il libro.
"Me lo sto chiedendo anche io" rise lei di rimando, poi
tornò di nuovo seria "Secondo me c’è
qualcosa di più…"
Un largo sbadiglio, che tentò di coprire col dorso della
mano, non le permise di finire la frase. Murtagh sorrise.
"Vorrà dire che la prossima volta penseremo a questo
‘qualcosa di più’. Ora andiamo a
dormire, per questa sera abbiamo fatto anche troppo"
Raccolsero i libri e se li caricarono sulle braccia. In cima alla sua
pila Hanon cercò di tenere in equilibrio il cesto che le
serviva da copertura. Ripercorsero il tunnel fino alla stanza di
Murtagh. Dalla finestra aperta entrava il rumore del respiro pesante di
Castigo, che dormiva sotto il balcone.
"Lasciamo i libri qua per domani?" chiese Hanon, posando la sua pila
sulla scrivania.
Il cavaliere la imitò senza però rispondere alla
domanda. Hanon notò una strana espressione sul suo volto,
che interpretò come dispiacere.
"Murtagh?" incalzò, posandogli delicatamente una mano sul
braccio. Lui si voltò piano, piantando gli occhi blu su
quelli cerulei di lei.
"Domani sera non potrò esserci" disse tutto d’un
fiato, come per levarsi un peso, quindi attese.
"Va bene, non c’è problema" rispose semplicemente
Hanon, spiazzandolo.
"Non…non ti dispiace?"
"No, assolutamente. Non pretendo che tu mi dedichi ogni secondo del tuo
tempo. Stai già facendo molto e ti ringrazio". Gli sorrise
dolcemente, ricevendo uno sbieco sorriso di rimando.
"Posso solo chiederti il motivo di tale assenza?" domandò
lei, mettendosi il cesto al braccio.
"Missione per conto del re". Una nota di vergogna si poteva udire tra
quelle parole, che Murtagh pronunciò senza guardare Hanon in
volto.
La ragazza lesse quella stessa vergogna nello sguardo vacuo di lui,
perso chissà dove, e non se la sentì di infierire
mostrandogli il suo sdegno.
"Fa attenzione allora" si limitò a dire, prima di dirigersi
a passo svelto verso la porta della stanza e uscire.
L’indomani mattina il palazzo fu un viavai continuo di gente
occupata nei preparativi per la partenza. Lungo i corridoi Olga e Hanon
incontrarono qualcuno dei soldati che sarebbe partito per la missione
insieme a Murtagh, e la ragazza notò in loro qualcosa di
strano.
"Hai visto i loro volti?" disse piano alla donna accanto a lei dopo
aver incrociato l’ennesimo soldato.
"Cos’hanno che non va?" domandò lei di rimando,
non capendo cosa avesse visto la sua protetta.
"Hanno espressioni strane, quasi non umane" fece una pausa quando un
altro soldato le superò "Come se non avessero paura di
andare a morire"
"Sono stati addestrati per questo, Hanon"
"Ma questi sono diversi, il loro coraggio ha un qualcosa
di…innaturale…e terrificante. Mi fanno venire i
brividi"
Olga la guardò amorevolmente e le strofinò la
schiena con la mano rugosa.
"Non pensarci, cara. Abbiamo del lavoro da fare adesso"
Continuarono lungo il corridoio, ma ad Hanon i brividi di terrore non
passarono.
I giorni seguenti trascorsero tranquilli come tutti ali altri, tra i
feriti da curare e le missioni in città con Sem,
anch’egli preoccupato per l’amico, seppur tentasse
in tutti i modi di non darlo a vedere. Le sere Hanon le
dedicò, suo malgrado, a pulire gli alloggi della
servitù, non avendo scuse plausibili per sfuggire alle
grinfie di Olga.
La mattina del quarto giorno dalla partenza si svegliò
più stanca del solito, dopo aver passato una notte
tormentata dagli incubi, il cui protagonista principale era Murtagh. Si
lavò energicamente la faccia per cacciare via i segni della
sua agitazione notturna e si preparò per iniziare il suo
solito lavoro, quando Sem entrò nella stanza adiacente alla
sua tutto trafelato e agitato, chiedendo a squarciagola di lei. Hanon
si sporse dalla tenda che separava i due vani e gli chiese cosa fosse
successo.
"Murtagh…sta male…mi ha chiesto di
te…devi venire subito" riuscì a dire tra un
ansimo e l’altro, prima di afferrarla con poca grazia per un
polso e trascinarla fuori dagli alloggi della servitù. Si
precipitarono lungo il corridoio fino ai piani inferiori del palazzo,
ma invece di salire scesero per un’angusta scala scarsamente
illuminata da poche torce qua e là, per sbucare poi nelle
segrete. Hanon si bloccò. Era il luogo che le era apparso in
sogno quella stessa notte, lo scenario dei suoi incubi.
Sentì il timore farsi largo nel suo corpo al pensiero di
cosa avrebbe visto dopo.
"Forza Hanon, vieni"
Entrarono nell’unica cella aperta e illuminata e lo
spettacolo che si presentò ad Hanon era pietoso. La ragazza
si portò entrambe le mani al viso.
Murtagh era riverso a terra, su un fianco, sanguinante dalle labbra e
dal naso, con gli occhi pesti e circondati da profonde occhiaie. La
camicia chiazzata in più punti di rosso era squarciata sul
petto e sulla schiena, martoriati entrambi da evidenti ustioni,
completamente diverse da quelle inferte da un tizzone ardente. Sulle
braccia e sulle gambe si erano aperti profondi tagli sanguinanti.
Il cavaliere respirava a fatica, ma era ancora vivo. Sem gli era subito
corso incontro e Murtagh si era aggrappato a lui come se fosse la sua
unica speranza. Lo sentì biascicare qualcosa al ragazzo.
"Sì, amico, l’ho trovata. È qui con me"
Sem si voltò verso Hanon, facendole cenno con la mano di
avvicinarsi. Avanzò a passi incerti. Le condizioni di
Murtagh erano gravissime e non aveva la minima idea di come anche solo
alleviargli il dolore. Ma voleva farlo. Qualcosa dentro di lei la
spingeva a tentare qualsiasi cosa pur di guarirlo. Riconobbe la
sensazione provata sedici anni prima.
Si inginocchiò vicino a Sem e guardò Murtagh
negli occhi. Aveva lo stesso sguardo supplice di allora.
"Ti prego…Hanon…"
Il cavaliere allungò la mano tremante verso la sua e Hanon
la ritrasse, lanciando una rapida occhiata a Sem.
"Non preocc…non preoccuparti" disse Murtagh a fatica "P-puoi
fidarti di lui". Protese ancora un po’ la mano e Hanon la
avvicinò. Si ricordò però
dell’incidente col drago, quando era svenuta solo per una
ferita alla schiena. Ritrasse nuovamente la mano.
"Hanon!" la rimproverò Sem.
"Non ce la posso fare, è troppo grave" sentì le
lacrime pungerle sotto le palpebre "Non sono abbastanza forte"
Sem le prese il volto fra le mani e la costrinse a guardarlo. Nel suo
sguardo vi era una decisione che aveva visto solo durante le loro
missioni a Uru’baen.
"Puoi farcela, Hanon. Crediamo in te"
Hanon osservò gli occhi blu di Sem, quindi si
voltò verso Murtagh, intravedendo sotto le palpebre gonfie
le sue iridi più scure di quelle dell’amico. Aveva
un debito con lui, la stava aiutando a scoprire il suo potere e se
quello stesso potere poteva aiutarlo, allora lo avrebbe usato.
Tolse le mani di Sem dal suo volto e si avvicinò a Murtagh.
Questi gli tese nuovamente la mano. Hanon sentì Sem portarsi
dietro di lei e cingerle un fianco, gesto che le diede la decisione
giusta per afferrare la mano del cavaliere.
La scossa le percorse prorompente tutto il corpo, andando a
risucchiarle perfino l’anima. Sentì il respiro
mancarle e la vista annebbiarsi, ma con un grande sforzo
cercò di restare lucida. Sotto di lei le bruciature di
Murtagh stavano scomparendo, lasciando sulla sua pelle solo un alone
violaceo, i tagli si erano rimarginati in fretta e il viso stava
riacquistando il colore e le fattezze di sempre. Una volta raggiunta
una condizione accettabile, Murtagh mollò la presa sulla
mano di Hanon, lasciandosi andare ad un sonoro sospiro. Si
voltò verso Hanon, pallida come un lenzuolo e senza
più forze.
"Grazie" le sussurrò, ricevendo in risposta un mesto
sorriso, prima che cadesse inerme tra le braccia di Sem.
"Cosa le è successo?" domandò lui, lasciando
trapelare una punta di rabbia nella sua voce.
"Ti spiegherò ogni cosa a suo tempo" rispose calmo Murtagh,
ancora steso a terra ma in condizioni perfette "Ma non preoccuparti,
sta bene. Deve solo riposare"
"Non posso riportarla da Olga in queste condizioni, mi
chiederà cosa le è successo. E se ho capito bene
queste sue capacità devono restare segrete"
"Più di qualsiasi altra cosa" gli occhi di Murtagh si
infiammarono "Non oso pensare a come potrebbe sfruttarla il re se
venisse a conoscenza del suo potere"
"Allora come facciamo?"
"Portala nelle tue stanze e se Olga ti viene a chiedere qualcosa dille
che è ancora alle prese con le mie ferite"
"Non posso portarla nella mia stanza, scoprirebbe che…"
"Preferisci che sappia chi sei in realtà o che finisse nelle
mani del re?"
Sem non rispose e dopo qualche istante afferrò Hanon dalla
schiena e dalle gambe e si alzò con lei in braccio.
"Fatti vedere appena sei in condizioni"
Murtagh annuì e Sem uscì dalla cella. Per Hanon
avrebbe fatto di tutto, anche mettere a nudo il suo più
grande motivo di vergogna.
Visto? Ho postato presto, cercherò di
recuperare il tempo perduto, giurin giurella :)
Ringrazio marty_odg (stavo giusto sbirciando ieri la tua fic ;) ) e
Thyarah per i commenti e sono contenta di aver trovato una nuova
lettrice e commentatrice :)
A presto col prossimo aggiornamento!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Twins
CAPITOLO 17
La prima cosa che
percepì al suo risveglio fu il morbido cuscino su cui
poggiava la sua
testa, molto diverso da quello duro di paglia cui era abituata. In
secondo luogo si accorse della presenza di una leggera coperta che la
ricopriva fino a metà busto. Le fu quindi chiaro che non si
trovava
nella sua stanza. Piano piano prese coscienza del proprio corpo e si
scoprì pervasa da una pressante stanchezza. Sentiva i
muscoli
indolenziti e la testa e gli arti pesanti. Riuscì a fatica
ad aprire
gli occhi. Un pesante baldacchino rosso porpora la sormontava, decorato
con ricami e nappe dorate. Il letto su cui giaceva era abbastanza
grande da ospitare comodamente due persone ed era ricoperto da lenzuola
di seta color panna. Della stessa stoffa e colore era anche la coperta
che aveva sul corpo.
Notò con sorpresa che le tende del baldacchino erano state
tirate,
isolandola completamente dall’ambiente esterno e impedendole
quindi di
capire dove si trovava. Poteva essere un qualsiasi letto di una
qualsiasi stanza del palazzo, probabilmente una di quelle dei piani
nobiliari, a giudicare dalla preziosità dei tessuti.
Hanon si fece forza e, poggiandosi sui gomiti, si alzò a
sedere,
cercando poi di non fare caso al martellante mal di testa che le venne
di conseguenza. Scostò con delicatezza la coperta e
gattonò fino al
bordo del letto. Cercò a tentoni l’orlo della
tenda e la scostò
circospetta. Il suo sguardo si perse nella vastità della
stanza, che
poteva benissimo contenere quattro o cinque volte lo stanzino in cu
dormiva solitamente. Un’occhiata alla disposizione del
mobilio le fece
escludere con certezza che fosse la stanza di Murtagh, che ormai
conosceva a menadito.
La porta della camera entrò nel suo campo visivo e il suo
buon
senso le suggerì di uscire immediatamente, prima del ritorno
del
legittimo proprietario. Sempre con cautela scese dal letto e mosse i
primi passi verso l’uscita, guardandosi intorno circospetta.
La sua
attenzione fu catalizzata da un grande dipinto che troneggiava sopra la
scrivania al centro della stanza, e l’inguaribile
curiosità ebbe la
meglio sul buon senso. Ritornò sui suoi passi, buttando ogni
tanto
l’occhio alla porta.
Una volta davanti al dipinto, alto quasi quanto lei, prese a
studiarne ogni dettaglio. La maggior parte dello spazio era occupata
dalla figura di un uomo dall’espressione severa e altera, con
barba e
capelli rossicci e occhi neri la cui profondità
spaventò Hanon. Era
vestito con un abito arancione e oro ricco di variopinti ricami,
stretto in vita da una cintura di cuoio e gemme da cui pendeva una
lunga spada di cui si intravedeva solo l’elsa finemente
decorata. Sulla
mano sinistra reggeva una pesante corona d’oro e pietre
preziose, che
non lasciava dubbi sulla sua identità. Galbatorix, il re
usurpatore.
Che quella fosse la sua stanza? La sola idea le fece venire i brividi.
Il braccio destro del re cingeva invece le spalle di un ragazzo
più o
meno di quattordici anni, alto poco meno di lui ma somigliante a lui in
tutto e per tutto, eccetto che per il colore degli occhi e dei capelli.
Cosa di cui Hanon non si era mai accorta nel breve periodo in cui lo
aveva frequentato. Si portò le mani alla bocca, per lo
stupore e per
l’orrore della scoperta. Non vi erano dubbi, quel ragazzo era
Sem e
quel quadro lo identificava come il figlio di Galbatorix.
Molte cose le furono subito chiare, molti dettagli assunsero
improvvisamente rilevanza. La libertà con cui si muoveva per
il palazzo
e per la città per compiere le sue imprese, il fatto che non
fosse mai
stato scoperto. La sua posizione lo teneva al di sopra di ogni
sospetto. Ma questo non valeva per lei, semplice serva che aveva avuto
la sfortuna di imbattersi in lui e di averlo colpito con le sue
abilità. Poche ore prima era persino venuto a conoscenza del
suo
segreto più grande.
L’orrore e il disgusto nei suoi confronti crebbero
esponenzialmente e la fecero allontanare dal quadro inorridita.
Stupida, era stata una stupida a fidarsi di lui, a…non
voleva nemmeno
pensare a quell’eventualità, sarebbe stata
un’umiliazione troppo
grande. Le tornarono in mente le parole della serva incinta che aveva
incontrato il primo giorno a palazzo. Vi ha messo incinta?...Non
c’è da fidarsi, lo sanno tutte qui.
Si sentì trattata alla stregua di una prostituta, sfruttata
per le sue capacità e forse, col tempo, anche per
qualcos’altro.
Nonostante la vastità della stanza sentì le
pareti stringersi attorno a
lei e provò l’assoluto bisogno di uscire. Corse
verso la porta e la
spalancò con rabbia, ma andò a sbattere contro
qualcuno che la afferrò
saldamente per le braccia impedendole di andare via.
“Hanon, che succede?” le domandò Sem,
preoccupato nel vederla in quelle condizioni.
Il disgusto provato per il ragazzino nel quadro crebbe davanti
all’uomo in carne ed ossa che le stava di fronte.
“Non toccarmi!” strillò Hanon, lasciando
via libera alle lacrime
mentre si dimenava per sfuggire alla sua presa. Ma Sem continuava a non
capire il motivo della sua agitazione e perseverò nel
tentativo di
calmarla.
“Lasciami andare! Mi fai schifo! Sei solo un
bugiardo!”
“Per favore, Hanon, non urlare” Sem si era accorto
che le sue grida
avevano attratto l’attenzione delle guardie al piano. Vedendo
però che
le sue richieste non sortivano alcun effetto, con non poca fatica
spinse Hanon nella stanza e chiuse la porta.
“Adesso cosa vuoi farmi, eh?” continuava ad urlare
Hanon tenendosi
a debita distanza da lui, un’espressione disperatamente folle
sul viso
“Mi tratterai come le altre, vero? Per te sono solo una
sgualdrina, non
è così?”
“Hanon che cosa stai dicendo? Sei impazzita?”
“Tu mi hai mentito! Io mi sono fidata di te e tu mi hai
mentito!” indicò il quadro sulla parete.
Sem guardò il dipinto. Proprio come aveva pensato, era stato
lui a
tradirlo e a far capire ad Hanon la sua vera identità. Ne
aveva tenuto
conto, ma aveva sperato che non se ne accorgesse e che tutto rimanesse
nell’ombra.
“Ascolta Hanon” iniziò ad avanzare
lentamente verso di lei, che
contemporaneamente prese ad arretrare “Mi spiace che tu
l’abbia
scoperto così”
“Ti dispiace che io l’abbia scoperto? È
tutto quello che hai da dire?”
“Cos’altro vuoi che dica?” anche lui
stava iniziando ad irritarsi,
non riusciva a capire il motivo della rabbia di Hanon “Che mi
vergogno
di essere quello che sono? Che disprezzo mio padre e forse ancora di
più me stesso?”
“Quindi secondo te sei tu il problema, vero? Non ti viene
nemmeno in mente che i problemi siano anche degli altri,
principino?”
“Hanon, ti prego, spiegati perché non
capisco”
“Non mi sorprende, anzi probabilmente non ti è mai
passata per
l’anticamera del cervello l’idea. Dopotutto a te la
cosa non tocca”
“Cosa non mi tocca??”
“Sei il principe, dannazione! Se per puro caso ti avessero
preso
durante una delle tue eroiche missioni i città al massimo ti
sarebbe
toccato qualche giorno in cella. Ma se avessero preso me, una semplice
serva, pensi che mi avrebbero riservato lo stesso
trattamento?”
Sem deglutì e non rispose, messo notevolmente in
difficoltà dalle obiezioni di Hanon.
“No, naturalmente non ci hai pensato” riprese lei
“L’importante era
che tu la facessi franca comunque, cosa ti poteva importare della mia
sorte? Avresti sfruttato le mie abilità finché
fosse stato possibile e
nel momento critico mi avresti abbandonato al mio destino”
“No questo non è vero” le si
avvicinò e fece per afferrarle le spalle.
“Sta lontano da me” sibilò arretrando
Hanon.
“Ti prego, Hanon, ascoltami”
“Per sentirmi dire cosa? Altre bugie? Per farmi prendere
ancora in giro da te?”
“Non ti ho mai presa in giro e non ti avrei mai messa in
pericolo, credimi!”
“Come posso crederti, Sem? hai praticamente ammesso di non
aver mai
pensato a quello che sarebbe potuto succedermi, di aver pensato solo a
te stesso e alla tua incolumità. Non credo che ti saresti
prodigato per
me nell’eventualità di una mia cattura, rischiando
di comprometterti”
“Questo non puoi saperlo”
“Ma lo immagino benissimo, vista l’alta
considerazione che hai delle donne”
“Chi ti ha detto questo?”
“Non ha importanza chi, il solo fatto che non lo neghi vuol
dire che è vero”
“Ma con te è diverso, Hanon! Se solo mi
ascoltassi…”
“È diverso perché invece di portarmi a
letto mi hai coinvolto nelle
tue missioni, anche se a questo punto mi domando quanto avrei dovuto
aspettare prima che tu tentassi di portarmi sotto quelle lenzuola e
facessi di me la tua concubina”
“Mi credi davvero così materiale?” sul
voltò di Sem era comparso un velo di delusione.
“Io non credo più a niente, voglio solo andarmene
da qui”
Avanzò decisa verso la porta, ma quando passò
vicino a Sem il
ragazzo l’afferrò con forza per le braccia e
premette le sue labbra
contro quelle di Hanon. La ragazza iniziò a dimenarsi e a
lamentarsi,
tentando di resistere a quel bacio che si faceva sempre più
insistente,
finché non decise di ricorrere alle maniere forti e
morsicò il labbro
inferiore di Sem, che subito si staccò da lei con un gemito
di dolore e
si portò una mano alla bocca sanguinante.
Nel frattempo Hanon uscì dalla porta e corse come una furia
lungo
il corridoio, senza fermarsi ai continui richiami del principe.
L’aveva
fatta grossa, e quel bacio rubato per Hanon era stata la prova che
aveva avvalorato le sue teorie. Sem l’aveva avvicinata per
uno e un
solo motivo, anche se era stato più lento di quanto si fosse
aspettata
ad arrivare al sodo. Per lei invece era diverso, si era lasciata
convincere dalle parole di Olga, dagli sguardi languidi, dalle scenate
di gelosia. Invece era stata tutta un’illusione, e si
sentì una
stupida.
Era talmente persa nei suoi pensieri che non si accorse che i
richiami di qualcun altro si erano aggiunti a quelli ormai lontani di
Sem. Sobbalzò quando qualcuno le afferrò
dolcemente il polso. Murtagh
la osservava intensamente, sul viso uno sguardo non interrogatorio ma
comprensivo. Hanon capì che anche lui sapeva, ma non se la
prese.
Dopotutto era amico di Sem da molto più tempo. Ed era anche
suo amico,
in fondo. Doveva esserlo. Il legame che c’era tra loro era
troppo forte
per essere ignorato. Anche lui lo sapeva, Hanon lesse nei suoi occhi
che non l’avrebbe abbandonata.
I richiami di Sem continuavano a riecheggiare lungo il corridoio e
Murtagh si voltò leggermente nella direzione di provenienze,
quindi
tornò a guardare Hanon.
“Non gliela vuoi proprio dare una seconda
opportunità?”
Hanon scosse la testa. “Adesso non ci riesco, mi ha fatto
troppo
male”. Si portò una mano alla bocca, consapevole
di aver detto troppo.
“Sei innamorata di lui?” le domandò
Murtagh, ma non c’era giudizio nel tono della sua voce.
“Ora non ha più importanza, mi ha mentito e tanto
basta perché si meriti il mio disprezzo”
“Non ti sembra di esagerare?”
“Ha messo a rischio la mia vita per un capriccio, per un
passatempo”
“Vero”
I richiami cessarono e poco dopo riecheggiò il rumore di una
porta sbattuta violentemente.
Hanon sospirò. “Sarà meglio che torni
da Olga, sarà preoccupata”.
Si voltò per dirigersi verso le scale, ma Murtagh la
trattenne
nuovamente e la attirò a sé, stringendola in un
abbraccio cui lei si
abbandonò senza freni, sfogando la sua rabbia e il suo
dispiacere in un
lungo pianto.
Capitolo della vigilia, fino al 28 non potrò
più pubblicare niente xkè sono via,
sorry...intanto gustatevi la litigata tra Hanon e Sem, porello :)
Buon Natale a tutti i lettori e commentatori (un grazie alle
fedelissime marty_odg e Thyarah), ci vediamo dopo le feste!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Twins
CAPITOLO 18
Erano passate due settimane dalla scoperta
della vera identità di Sem e dalla litigata tra lui e Hanon,
due settimane senza che i due si scambiassero una parola. La ragazza
aveva infatti respinto ogni suo tentativo di avvicinamento e aveva
evitato di girovagare per i piani nobiliari del palazzo, salvo per gli
incontri con Murtagh. Non aveva rinunciato a scoprire la natura del suo
potere, né lui aveva rinunciato ad aiutarla nella sua
ricerca. Si incontravano sempre nella cantina della vecchia conceria e
sempre dopo il coprifuoco, ma si fermavano più di prima.
Hanon, infatti, avendo troncato ogni rapporto con Sem non
l’aveva più nemmeno affiancato nelle missioni in
città, così arrivava a sera più
riposata di prima e la sua resistenza durante le ricerche era
notevolmente aumentata. Quanto a Murtagh, sembrava essersi sinceramente
affezionato a lei e quasi gli sembrava strano pensare alla sua giornata
senza l’incontro serale con Hanon. Non sapeva se definire
amore quello che provava per lei, ma era sicuramente qualcosa di molto
simile e forse di più puro, perché non
contemplava in alcun modo un’attrazione fisica.
Più volte aveva notato la straordinaria bellezza della
ragazza, una bellezza a lui stranamente nota, e più volte si
era sorpreso nel non esserne per niente attratto, come qualsiasi altro
uomo.
Non aveva però nemmeno interrotto i rapporti con Sem, che lo
vedeva come l’unico modo per sapere qualcosa di Hanon, per
relazionarsi con lei. Più volte Murtagh si era sentito
pregare dall’amico affinché intercedesse per lui e
facesse ragionare la ragazza, ma si era sempre fermamente opposto,
affermando che non stava a lui convincere Hanon della buona fede del
principe.
"Inoltre" concludeva sempre Murtagh "Sei tu a possedere
l’arma più convincente"
E ogni volta Sem non capiva quell’affermazione e gli chiedeva
spiegazioni che il Cavaliere puntualmente non gli dava.
Così Sem si era ritrovato più volte a spiare la
sua Hanon durante il lavoro a palazzo, nella speranza di trovare il
coraggio e l’occasione giusti per parlarle e chiarire ogni
cosa. Ma ogni volta il coraggio veniva meno di fronte allo sguardo
deluso che la ragazza aveva sempre dipinto sul volto. Ormai gli era
chiaro come il sole, lui era innamorato di Hanon, perdutamente, e il
solo pensiero di ricevere un rifiuto da lei lo angosciava. La sua
situazione era talmente grave che aveva persino rinunciato ai suoi
soliti incontri notturni con le nobildonne di passaggio o le semplici
prostitute del bordello reale. Il suo cuore, la sua mente e il suo
corpo sarebbero d’ora in avanti appartenuti solo ad Hanon. E
con questa certezza Sem andava avanti, giorno dopo giorno, sperando e
pregando che ritornasse da lui.
Quel pomeriggio la giovane cameriera incinta iniziò a
sentire i primi dolori dell’imminente travaglio e, senza
pensarci su molto, si recò subito da Olga. In breve tutta la
stanza divenne un viavai di gente con garze e acqua calda, e al vociare
delle serve si alternavano le urla della donna, cui Hanon continuava a
tamponare la fronte sudata con un panno bagnato in acqua fresca.
Le ore passarono ma del bambino ancora nessuna traccia, e in breve
arrivò il momento della cena. Un garzone entrò
nella stanza comunicando che c’era bisogno di qualcuno che
servisse ai tavoli alla mensa dei soldati.
"Vai tu" disse immediatamente Olga ad Hanon.
"Ma io servo qui" protestò lei.
"Ce la faremo benissimo, tranquilla. Ora va’"
Hanon fece nuovamente per protestare ma uno sguardo di Olga la fece
desistere, così lasciò il panno in mano ad una
vecchia serva e si fece condurre dal garzone verso la mensa militare.
Si trovava in un’ala del palazzo dalla parte opposta alle
stanze della servitù e ci impiegarono parecchi minuti a
raggiungere le cucine. Anche quel luogo era un via vai di servi e
garzoni che urlavano ordini e insulti da una parte all’altra
della stanza. Senza troppi complimenti un uomo nerboruto mise tra le
braccia di Hanon un paiolo con dentro una disgustosa sbobba verdastra,
quindi le porse un mestolo incrostato che lei prese a fatica. Nel
vederla rimanere impalata dov’era l’uomo le
urlò contro "Ti sei per caso addormentata? Esci e servi
quegli uomini!"
Le indicò una porta semiaperta sulla sua sinistra, verso cui
Hanon si diresse stando attenta a non urtare nessuno col paiolo. In
quanto a rumore la situazione non cambiò di molto. Le
potenti voci dei soldati si accavallavano una sull’altra
creando un rumore fastidiosissimo. Gli uomini erano disposti in tre
lunghe tavolate e davanti ad ognuno di essi stavano una semplice
scodella di legno, un cucchiaio e un calice, il più delle
volte ricolmo di vino.
"Ehi, bellezza! Cosa ci propini questa sera?" le urlò un
soldato, uno dei più anziani e dei più ubriachi,
scoppiando poi in una fragorosa risata seguito dai suoi vicini di
posto.
Hanon non rispose, ma iniziò a servire quella specie di
zuppa al primo tavolo alla sua sinistra. I commenti sul suo conto non
tardarono ad arrivare, ma cercò di fare finta di niente e di
velocizzare il suo lavoro, per uscire da lì il prima
possibile. Ai commenti poi seguirono le pacche sul fondoschiena, che
iniziarono ad irritarla sul serio. Frenò più
volte l’istinto di restituire i favori e conciare quegli
uomini per le feste.
Una volta svuotato il paiolo ritornò verso la cucina, quando
una mano rude l’afferrò per un braccio
trascinandola sulle ginocchia del vecchio soldato che l’aveva
accolta. La puzza di alcol che usciva dalla sua bocca era nauseante e
ad Hanon salì un conato.
"Perchè non ti fermi un po’ con noi, dolcezza?" le
domandò strascicando le parole a causa del vino.
"Spiacente, ho del lavoro da fare" rispose lei secca, tentando di
alzarsi, ma la stretta del soldato su di lei si fece più
salda.
"Lascialo ai garzoni il lavoro! Divertiti un po’ con noi"
l’uomo avvicinò il viso al suo e lei bruscamente
si scostò, sempre più infastidita.
"Credo proprio che abbiamo differenti concetti di divertimento, io e
voi" di nuovo Hanon tentò di liberarsi da lui e
riuscì ad alzarsi, ma il soldato la trattenne per un
braccio.
Istintivamente assecondò il movimento e lo colpì
col mestolo che teneva nell’altra mano. L’uomo si
portò le mani al volto, quindi tornò a guardarla
con uno sguardo a metà tra il furente e il divertito. Hanon
si mise in guardia, sempre con mestolo e paiolo in mano.
Il vecchio soldato rise "Vorrà dire che prima ti
dovrò domare"
"Accomodati, vecchio maiale" rispose lei a tono.
Lui le si lanciò contro ma Hanon scartò sulla
destra e alzò il paiolo all’altezza della testa
dell’uomo, che vi finì irrimediabilmente dentro.
Colpì poi la pentola col mestolo e l’uomo cadde a
terra privo di sensi. Hanon tirò un sospiro di sollievo, ma
incrociò subito gli sguardi poco rassicuranti degli altri
commensali, pronti a saltarle addosso. Uno di loro prese
l’iniziativa e tentò di afferrarla per la vita, ma
Hanon lo colpì col mestolo dal basso verso l’alto,
spaccandogli il labbro. Un altro soldato tentò un attacco da
dietro che lei riuscì ad evitare, quindi lo colpì
con una gomitata sulla nuca. Agli assalti singoli si sostituirono
quelli in gruppo e per fronteggiarli fu costretta a saltare su uno dei
tavoli della mensa e a lanciare addosso ai soldati le scodelle, vuote o
piene che fossero. Alcuni di loro la raggiunsero sul tavolo e Hanon
vide con dispiacere che avevano dei piccoli pugnali in mano. Si
portò una mano al petto, scoprendo di essersi dimenticata il
coltello di Sem in stanza. Non le restava che disarmare uno di quei
soldati per essere alla pari con loro. Uno iniziò a correrle
incontro, ma Hanon lo fermò con una rondata
all’indietro, colpendolo in volto con i piedi. Venne poi
afferrata per il collo da dietro, un coltello puntato al volto.
Afferrò il polso della mano armata mentre con
l’altro gomito colpì il soldato in pancia,
facendolo poi cadere dal tavolo con una torsione su se stessa.
Finalmente armata di pugnale, poté affrontare gli altri
soldati con più semplicità e maestria, sfruttando
appieno gli insegnamenti del Ramingo. Si scoprì divertita
dalla situazione, non si era mai trovata in minoranza in un
combattimento eppure se la stava cavando egregiamente, e senza far
sgorgare una goccia di sangue di troppo, puntando solo a tramortire
l’avversario, senza ucciderlo. Era talmente presa dalla lotta
che non si accorse del giovane soldato che era corso fuori dalla mensa
ad avvisare qualcuno di ciò che stava succedendo. Il ragazzo
sbucò tutto trafelato nel corridoio del palazzo e per poco
non si scontrò con Murtagh.
"Perdonatemi, mio signore" si scusò tutto d’un
fiato, lanciando al Cavaliere uno sguardo terrorizzato.
"Non importa, soldato" sorrise benevolo lui, non riuscendo
però a tranquillizzarlo "Ma come mai tanta fretta?"
"Ci sono disordini nella mensa dell’esercito, signore"
"Avete di nuovo alzato il gomito, eh?"
"No, signore...cioè, sì, ma non è solo
questo"
"Allora parla, dimmi cosa sta succedendo"
Murtagh notò l’imbarazzo sul volto del giovane,
che sembrava non riuscire a trovare le parole. Nel silenzio
all’orecchio del ragazzo giunse il rumore ovattato di urla e
schianti.
"Che succede la sotto, soldato?" Murtagh assunse un tono autoritario.
"Hanno tantato di aggredire una cameriera...e lei ha reagito. Sta
affrontando da sola l’intera mensa"
Senza sapersi spiegare il perché, a Murtagh venne subito in
mente Hanon, e nella sua testa si accese il segnale di pericolo.
"Cerca il principe e digli di recarsi subito nelle mie stanze"
Il soldato batté i tacchi e si mise sull’attenti,
prima di correre verso l’ala nobile del palazzo. Il Cavaliere
iniziò invece a scendere verso la mensa e in breve scorse
l’ampia porta d’ingresso, da cui i rumore che prima
aveva percepito ovattati uscivano nitidi e fastidiosi. Una volta
sull’uscio si ritrovò tra le braccia un soldato
privo di sensi, che lasciò cadere di lato senza troppi
complimenti. Alzò quindi lo sguardo sulla sala, dove ormai
erano più pochi i soldati che tentavano di opporsi alla
giovane cameriera in piedi sul tavolo centrale e armata di mestolo e
pugnale. Hanon. Subito gli venne da sorridere, ma si
rammentò del grave guaio in cui sarebbe potuta cacciarsi se
si fosse saputo in giro della sua abilità nel combattimento
e si decise ad intervenire.
"ADESSO BASTA!" urlò a gran voce e in attimo nel refettorio
calò il silenzio.
Hanon strabuzzò gli occhi nel vederlo lì e subito
la voce di lui le rimbombò in testa.
Non dire una parola a fa
finta di non conoscermi.
Guarda che non
è stata colpa mia.
Di questo parleremo
dopo, ora lascia fare a me.
"Allora, chi di voi signori mi vuole spiegare cosa è
successo qui?"
I soldati rimasti in piedi iniziarono a guardarsi a vicenda, cercando
di evitare lo sguardo accusatorio di Murtagh. Questi
sospirò.
"Va bene, mettiamola così" avanzò verso il tavolo
in mezzo agli uomini e quando fu davanti ad Hanon le porse la mano
"Come mai questa giovane serva è in piedi sul tavolo e molti
di voi a terra priva di sensi?"
Hanon cercò di trattenere una risata mentre scendeva
tenendosi alla mano di Murtagh. Quanto ai soldati, continuarono a
restare in silenzio, questa volta a sguardo basso.
"Devo dedurre che l’esercito del grande Galbatorix si
è fatto mettere in difficoltà da una ragazza
indifesa"
Indifeso sarai tu
commentò Hanon nella sua mente, facendo in modo che Murtagh
la sentisse. Il ragazzo fece finta di niente e continuò a
parlare ai soldati.
"Che vi serva da lezione per la prossima volta che tenterete di
soddisfare le vostre voglie sulla prima donna che vi capita sotto mano.
E se avete un po’ di orgoglio, non fatene parola in giro"
Spinse poi Hanon verso l’uscita della mensa e su per le
scale, bloccandola per un braccio a metà percorso.
"Cosa ci facevi in quel posto?" le domandò severo.
"Mi ci ha mandata Olga, mancava una cameriera e lei aveva una donna che
partoriva da seguire"
"Spero per te che la notizia del tuo spettacolo non esca da quella
mensa, perché potresti cacciarti in guai seri"
"Mi sono solo difesa e grazie al cielo ne sono capace"
"Hanon, hai messo al tappeto un intero esercito e non è cosa
da molti. Sei stata addestrata per essere una guerriera e se si venisse
a sapere di questa tua dote, qualcuno potrebbe approfittarne"
"Non lo verrà a sapere nessuno, ne va dell’onore e
dell’orgoglio del re"
Murtagh sospirò e le fece cenno di proseguire. In breve
furono nuovamente nel corridoio del palazzo, dove il giovane soldato
che aveva avvisato Murtagh andava avanti e indietro nervosamente.
"Puoi tornare a mangiare, soldato" gli disse il Cavaliere non badando
alla sua agitazione e proseguendo verso le sue stanze, con Hanon
dietro, diretta agli appartamenti della servitù. Ma il
soldato li richiamò con voce flebile.
"Signore, Sua Maestà vuole vedervi. Entrambi"
Murtagh si bloccò di colpo così come Hanon, che
prese a guardarlo tesa. Il ragazzo si voltò lentamente,
un’espressione preoccupata sul viso, quindi rispose
affermativamente con un cenno. Il giovane soldato si
congedò, lasciandoli soli.
"Ecco i guai seri di cui ti parlavo" disse Murtagh ad Hanon, prima di
cambiare direzione, con lei dietro.
Eccomi tornata! Buon anno a tutti!
Nuovo capitolo delle avventure dei nostri eroi, spero sia di vostro
gradimento :) ringrazio chi continua a leggere e seguire la storia,
Thyarah e marty_odg per i fedeli commenti e do il benvenuto a sara96_98
tra le mie lettrici, nella speranza che rimanga :D attendo commenti e
pareri!
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Twins
CAPITOLO 19
Il portone della sala del trono non gli
aveva mai fatto paura come in quel momento e anche
l’agitazione di Hanon era palpabile.
"Dimmi la verità" gli disse la ragazza a voce flebile, senza
scostare lo sguardo dai grandi battenti chiusi davanti a loro "Sono
praticamente morta, non è vero?"
"Non lo so, Hanon" le rispose Murtagh, tentando di sembrare calmo "In
fondo ti sei solo difesa. Non mi sembra un valido motivo per condannare
qualcuno a morte"
"Non sei molto rassicurante, sai?"
Dopo un’attesa che ai due ragazzi parve infinita la porta si
aprì e il capitano delle guardie che era entrato per
annunciarli al re li fece accomodare nella sala. Murtagh
entrò per primo, seguito a breve distanza da Hanon. La
sentì trattenere il respiro quando si accorse della presenza
di Sem a fianco del padre. Lo sguardo del principe era il
più teso della sala.
"Vostre maestà" si inchinò Murtagh, imitato dalla
ragazza al suo fianco "Ci avete fatto chiamare?"
"Sì, Murtagh, proprio così" lo sguardo glaciale e
paralizzante del re si posò su Hanon, che si sorprese nel
riuscire a reggerlo. Un ghigno poco rassicurante comparve sul volto di
Galbatorix, di quelli che ogni tanto sfoderava anche Sem, ma
più carico di malignità. Il sovrano
proseguì "Ho saputo dei trambusti scoppiati alla mensa
dell’esercito" Galbatorix si alzò dal trono con
lentezza disarmante.
"L’ordine è stato ripristinato in men che non si
dica, altezza. Non dovete preoccuparvi…"
"Oh, ma io non mi preoccupo infatti, caro Murtagh. So bene che la tua
presenza qui a palazzo è sinonimo di efficienza e rigore.
Solo che questa volta non hai fatto tutto da solo, se non vado errato"
Lo sguardo del re su Hanon si fece più intenso, ma la
ragazza non accennò ad abbassare il suo.
"Da quanto tempo lavora qui questa giovane serva?" domandò
Galbatorix, quasi entusiasta della forza di carattere di Hanon.
"Da quasi tre settimane, altezza" rispose Murtagh.
"E qual è il tuo nome, mia cara?" continuò il re,
rivolgendosi direttamente a lei.
Hanon esitò prima di rispondere e cercò uno
sguardo d’assenso da parte di Murtagh, che gli fece un lieve
cenno col capo.
"Mi chiamo Hanon, maestà"
"E cosa facevi prima di venire a lavorare qui a palazzo?"
Non dire che sei nata
qui e non parlare del Ramingo la avvertì
Murtagh in apprensione, senza rivolgerle lo sguardo.
"Sono stata allevata dai sacerdoti della dea della caccia, che mi
trovarono abbandonata davanti al loro tempio quando ero solo una
neonata. Sono sopravvissuta all’attacco di qualche mese fa,
dopo il quale sono stata costretta ad andare di città in
città e a cavarmela da sola, fino a che non ho trovato
impiego verso il vostro palazzo come guaritrice"
Hanon sperò in cuor suo di essere stata convincente e attese
una risposta da parte del re.
"Il mondo è una scuola crudele, vero? Non mi sorprende che
tu abbia imparato a difenderti in modo così egregio, dopo
molti mesi passati da sola alla mercé delle insidie di
Alagaesia"
Hanon non seppe subito cosa rispondere e l’incedere lento del
re verso di lei la mise in guardia.
"Tranquillizzati mia cara" riprese lui, distendendo il viso in un
sorriso "Volevo solo farti un complimento. In fondo non è da
tutti mettere al tappeto l’esercito reale"
"Non volevo recare offesa ai vostri soldati, signore. Ho solo cercato
di…"
"Difenderti, lo so. Ne avevi tutto il diritto, la tua virtù
è ciò che di più prezioso tu possieda
e va difesa coi denti. Non è un rimprovero il mio, cara
Hanon"
Possibile che l’uomo davanti a lei fosse il sanguinario re
che imperava su Alagaesia da ormai molti anni, portando morte e
distruzione a chiunque gli si ponesse contro? Poteva la stessa persona
essere affabile e comprensiva e al tempo stesso crudele e senza
pietà? A fatica Hanon riuscì a ribattere.
"Vi sono grata per la vostra comprensione, altezza" disse alla fine,
prostrandosi in un lieve inchino.
"Sarò io ad essere grato a te se accetterai una mia
proposta" Galbatorix indietreggiò per abbracciare con lo
sguardo sia Hanon che Murtagh "Se entrambi accetterete"
I due ragazzi si guardarono confusi, quindi Murtagh chiese spiegazioni
al re. Questi si voltò verso lo scranno dal quale Sem aveva
assistito a tutta la conversazione in preda all’ansia, che
crebbe, notò Murtagh, man mano che Galbatorix prolungava
l’attesa. Evidentemente sapeva cosa stava escogitando suo
padre.
"Vi propongo uno scontro" dichiarò infine il re, di nuovo
seduto sul suo trono "Voi due vi affronterete in duello in questa
stessa sala domani sera, durante il banchetto in onore
dell’anniversario della mia salita al trono"
"Ma Murtagh è un Cavaliere dei Draghi!" protestò
Hanon prima che il ragazzo potesse bloccarla "Ho praticamente perso in
partenza!"
"Hai sbaragliato il mio esercito di uomini scelti con un pugnale e un
mestolo, quindi a parer mio hai le potenzialità per duellare
alla pari con Murtagh, il quale, ovviamente, si asterrà dal
ricorrere alla magia. Te la senti, giovane Hanon?"
"Padre, perdonatemi" intervenne per la prima volta Sem, sorprendendo
tutti i presenti "Non dubito delle capacità del Cavaliere
Murtagh, ma la situazione potrebbe sfuggirgli di mano e…"
"Ti fidi così poco del tuo vecchio amico, Semerth?" lo
canzonò il re senza nemmeno guardarlo in viso "Pensi che non
sia in buone mani?"
"No, non volevo dire questo, padre, però…"
"Però niente! Impara a stare al tuo posto di principe e
lascia a me le decisioni. Naturalmente" tornò a rivolgersi
ad Hanon "Non ti obbligo a fare nulla, mia cara, ma potrebbe essere una
buona vetrina per te. Il tuo talento è sprecato come serva.
Hai tempo fino a domani a mezzogiorno per darmi una risposta e un tuo
silenzio verrà interpretato come un sì. Ora
potete andare, tutti"
Murtagh e Hanon si inchinarono per essere poi scortati dal capitano
delle guardie fuori dalla sala del trono. Una volta che i battenti si
furono richiusi dietro di loro, Hanon si concesse un sospiro di
sollievo.
"Beh, è andata bene" commentò rivolta a Murtagh,
dalla cui espressione capì che non la pensava allo stesso
modo.
"Devi rifiutare" ripeté per l’ennesima volta
Murtagh nel tentativo di convincere Hanon a desistere dal partecipare
al duello. L’aveva trascinata di peso nella sua stanza dopo
il ricevimento col re e non aveva intenzione di lasciarla andare prima
di averla convinta a non combattere.
"Ha detto che siamo alla pari, quindi perché non tentare?!?"
"Ma non capisci che il suo scopo non è farti fare bella
figura davanti agli invitati, bensì scoprire le tue vere
potenzialità per poterle sfruttare a suo favore? Hai dei
poteri di guarigione, chi ci assicura che non li abbia anche di
distruzione?"
A quelle parole Hanon ricordò il giorno
dell’attacco al tempio, quando aveva visto il suo amico Galet
morire sotto la lama di un soldato reale. Quella scena aveva
risvegliato in lei una rabbia tale che non era riuscita a contenerla,
ma non ricordava di preciso cosa era successo in realtà.
Solo il Ramingo lo sapeva.
"Sono un semplice essere umano, Murtagh, non un Cavaliere come te.
D’accordo, riesco a guarire le tue ferite, ma non sono
riuscita a fare altro in tutta la mia vita. Perché dovrei
iniziare proprio domani? Il re vedrà che oltre al
combattimento corpo a corpo non so fare altro e mi lascerà
tornare al mio lavoro"
Qualcuno bussò poi alla porta secondo il segnale
prestabilito e Murtagh la aprì restando come sempre al suo
posto. Sull’uscio comparve timidamente Sem, alla cui vista
Hanon si irrigidì.
"Cosa ci fa lui qui?" sibilò a Murtagh senza preoccuparsi di
ferire il principe.
"L’ho chiamato io perché ti convinca a desistere.
Entra pure, Sem"
"Tempo sprecato" disse però Hanon mentre si alzava dalla
poltrona sulla quale era stata seduta "Io da sua maestà non
accetto nessun consiglio"
"Io invece dico che lo ascolterai come minimo" ribatté
energico il Cavaliere rimettendola a sedere con la forza, quindi fece
un cenno a Sem di avanzare. Appena osò rivolgere lo sguardo
ad Hanon, la ragazza si voltò dalla parte opposta
mostrandogli la nuca coperta da setosi capelli castani.
"Avanti, Sem, diglielo anche tu che è una follia accettare
la proposta di tuo padre"
"Sì, è una follia, ma è inevitabile"
rispose il ragazzo dispiaciuto, attirando con sorpresa
l’attenzione di Hanon.
"Come inevitabile? Il re ha detto che poteva rifiutare!"
protestò l’amico.
"Non hai ancora capito come è fatto mio padre, vero? Direbbe
qualsiasi cosa per convincere la gente a fare come vuole lui, ma
mantiene poco di quello che promette. Se Hanon rifiutasse, capirebbe
che c’è qualcosa sotto che voi due volete
nascondergli e tenterà in ogni modo di scoprirlo. Potrebbe
anche farti del male, Hanon"
La ragazza si accigliò preoccupata e distolse lo sguardo
pensierosa "Quindi non abbiamo altra scelta"
"Sì che ce l’abbiamo"
Sem e Hanon si voltarono sorpresi verso Murtagh, che prese a spiegare.
"Io e Hanon siamo in contatto telepatico non so per quale motivo.
Potremmo prestabilire il combattimento e ripassarlo mentalmente
finché non sembrerà uno scontro vero. Lo faremo
finire in parità così Galbatorix non
avrà alcun motivo per coinvolgerti nei suoi piani. Che ne
dici?"
Hanon guardò prima il Cavaliere poi Sem, il cui sguardo la
implorava di accettare. Ripensando all’idea di Murtagh,
effettivamente era l’unica strada possibile da prendere.
Acconsentì con un cenno del capo.
Buongiorno
a tutti!!
Perdono per il leggero ritardo, ma tra tutto quello che sto scrivendo e
lo studio il tempo è poco e l'ispirazione va a momenti :)
Cooooomunque, grazie alle commentatrii fedeli, ossia Thyarah, sara
96_98 e marty_odg, spero che il capitolo, anche se poco movimentato,
sia di loro gradimento :) grazie anche a chi segue la storia, a chi
l'ha inserita tra i preferiti e a chi la legge solamente :)
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Twins
CAPITOLO 20
Allora,
tutto chiaro?
Sì,
sì! È la sesta volta che me lo chiedi!
sbottò Hanon, cercando di mettere in quel pensiero tutta la
sua irritazione.
Guarda che lo faccio per
te, io non ne ricavo niente da questo stupido combattimento. Mi sarei
rifiutato, se avessi potuto.
Lo so, Murtagh, ma
così fai agitare anche me sospirò Non vedo
l’ora che sia finita…
Hanon si alzò dal suo giaciglio di paglia e andò
a sbirciare oltre la tenta che divideva la sua stanza dal resto degli
alloggi. C’era un viavai continuo, più frenetico
di quello che aveva visto nella mensa dell’esercito.
Gli invitati al banchetto erano arrivati da un pezzo, mandando in
subbuglio l’intero palazzo e soprattutto lei. Non le parve
più una buona idea aver accettato di partecipare allo
scontro, checché ne dicesse Sem. Alla fine dei conti era
tutta colpa sua! L’unica speranza che aveva era Murtagh. Era
incredibile come la sua presenza, anche non fisica, riuscisse a
calmarle l’animo. Sin dalla prima volta in cui
l’aveva visto l’aveva sentito vicino, quasi fosse
una parte di sé che mancava. Inoltre aveva sempre il
consiglio giusto da darle e c’era sempre stato quando aveva
avuto bisogno.
Sperò con tutto il cuore che il suo piano funzionasse.
Qualcuno entrò dalla porta principale, accompagnato da un
ritmico clangore metallico: un soldato.
"Sto cercando una ragazza di nome Hanon" disse alla prima serva che gli
capitò sotto tiro.
"Sono qui" rispose lei senza indugi, uscendo da dietro la tenda.
Il soldato le porse un fagotto con poca grazia "Dovrai indossarlo
durante il combattimento, fatti trovare davanti alla sala del trono
appena sei pronta"
Hanon annuì e si dileguò velocemente nella sua
stanza, per sfuggire agli sguardi curiosi degli altri servi e a quello
apprensivo di Olga.
Quando le aveva detto il motivo per cui non avrebbe potuto dare una
mano in cucina durante il banchetto, la donna era sbiancata e le aveva
chiesto il motivo di quella proposta. Hanon le aveva allora raccontato
cosa era successo alla mensa dell’esercito. Olga si era
portata le mani al volto sconvolta quando le aveva parlato di Murtagh e
aveva iniziato a chiederle quanto sapesse di lui. Ovviamente le aveva
fatto credere che quella fosse stata la prima volta che
l’aveva visto dall'incidente nel recinto di Shruikan, ma
ciò non l’aveva tranquillizzata più di
tanto.
Nel fagotto che le era stato consegnato trovò un paio di
brache in pelle e un corpetto striminzito che le lasciava scoperte
tutte le braccia. Li indossò riluttante insieme ai suoi
soliti stivali, quindi legò i capelli in una lunga treccia
dimodochè non le dessero fastidio durante il combattimento.
Si diede poi un’occhiata allo specchio sporco della stanza.
Sembro una sgualdrina
pensò disgustata, rimpiangendo i suoi abiti da serva.
Non è il tuo
maggior problema, al momento, direi le rispose Murtagh
sempre più teso.
Tu sei pronto?
Quasi.
Allora ci vediamo
davanti all’entrata della sala.
Si allontanò dallo specchio cercando di dimenticare
l’immagine che esso aveva riflesso e uscì rapida
dalle stanze della servitù senza lasciare agli altri servi
il tempo di notarla.
Trovò un paggio ad attenderla nel corridoio. Ad un suo cenno
si incamminarono verso la sala, in lontananza le voci concitate dei
commensali le fecero intuire che i festeggiamenti stavano andando alla
grande. Mancava solo la ciliegina sulla torta. Cercò di
distrarsi ripassando mentalmente i passaggi del prestabilito e di
rallentare i battiti frenetici del suo cuore adattandoli al ritmo che
il combattimento avrebbe avuto.
L’immensa porta della sala del trono comparve troppo presto e
la sua agitazione aumentò. Il paggio la lasciò e
ripercorse il corridoio a ritroso, seguito con lo sguardo dalla
ragazza. Immediatamente le sembrò che i muri si stessero
stringendo su di lei e che il soffitto stesse diventando immensamente
più alto. Il respiro le si fece affannoso e fu colta da un
improvviso istinto di fuga. Non appena mosse il primo passo,
però, incrociò lo sguardo altrettanto teso di
Murtagh e finalmente tornò la pace.
L’abbigliamento del Cavaliere non differiva molto dal suo, ma
la casacca che portava sul petto lo copriva totalmente ed era
sormontata da un giustacuore in cuoio.
Andrà tutto
bene le disse nella mente accompagnando il pensiero con un
cenno del capo. Hanon rispose allo stesso modo.
Le porte della sala si socchiusero per lasciar uscire un soldato con in
mano un grosso contenitore in legno. Dietro di lui comparve Sem,
nervoso forse più degli altri due ragazzi. Si
scambiò un cenno d’assenso con Murtagh, quindi
lasciò indugiare lo sguardo preoccupato su Hanon. Questa,
però, lo distolse quasi subito, impassibile.
Sem prese allora un profondo respiro e iniziò a parlare.
"Lo scontro avrà inizio a breve. Avrete a disposizione due
armi a testa, da usare come meglio ritenete"
Il soldato aprì il contenitore mostrandone il contenuto: due
spade e due pugnali di semplice fattura.
"Andrete avanti finché uno dei due non risulterà
vincitore o fino a quando il re stesso non darà
l’ordine di terminare. Buona fortuna"
Hanon e Murtagh si avvicinarono al soldato per prendere ognuno un
pugnale e una spada.
Useremo solo la spada,
rinfodera il pugnale appena dopo l’inchino le
disse Murtagh. Hanon assentì.
I battenti vennero quindi aperti del tutto per permettere loro di
entrare dietro il principe. Vennero subito investiti dal chiasso che
albergava nella sala, ma che si affievolì a poco a poco
insieme al loro avanzare, finché non rimase che qualche
bisbiglio. Gli occhi del re si piantarono avidi su Hanon, ma quelli
azzurri di lei non cedettero il passo se non durante
l’inchino.
"Mio signore, i guerrieri sono pronti" annunciò Sem con voce
tremante.
Galbatorix fece un ampio gesto con la mano e il principe e il soldato
si dileguarono dietro le tavolate per lasciar spazio allo scontro.
Murtagh e Hanon rinfoderarono i pugnali e si misero in guardia
l’uno davanti all’altro.
"Si dia inizio alla battaglia!" annunciò pomposo il re.
Ora!
ordinò Murtagh, quindi si lanciò contro Hanon.
Riuscirono subito a dare al combattimento il ritmo giusto, Hanon
dimostrò una destrezza che nessuno avrebbe immaginato, di
molto superiore a quella che aveva visto il giorno prima. Aveva la
battaglia nel sangue, era agile e veloce come un gatto e rispondeva
prontamente ai suoi colpi e alle sue indicazioni. In breve la paura dei
due ragazzi lasciò spazio all’adrenalina e al
divertimento, si estraniarono dal resto del mondo, dimentichi del
banchetto e degli occhi del re sempre più luminosi e
bramosi. Hanon sentì crescere in lei una gioia mai provata,
era elettrizzata e smaniosa di continuare a combattere. Si sorprese
della scontentezza che provò quando il combattimento volse
al termine.
Come deciso, erano in parità, ciascuno con la lama vicina al
collo dell’avversario. Murtagh le sorrideva soddisfatto e
piacevolmente sorpreso. Hanon ricambiò con un sorriso che
sapeva di sfida. Intorno a loro si alzò un boato di applausi
e urla di gradimento, alcune poco fini nei confronti di Hanon, ma un
gesto del re zittì tutti quanti.
"Non mi accontento di un pareggio. Proseguite" ordinò
gelido.
Il cuore di Murtagh mancò un battito, ma il Cavaliere
cercò di dissimulare l’orrore che stava provando.
Hanon invece non aveva cambiato di un pelo la sua espressione.
Abbassarono meccanicamente le armi e si rimisero in guardia.
Cerca di starmi dietro
provò a dirle Murtagh, ma andò a sbattere contro
un’imponente barriera.
Si accorse appena in tempo dell’attacco repentino di Hanon e
lo parò con non poca difficoltà. Oltre le lame
scorse nel fondo delle pupille della ragazza una luce strana.
Hanon! la
chiamò ancora, in balia dei suoi attacchi, ma
scontrò ancora il muro.
Maledicendola, iniziò a contrattaccare e a farla
retrocedere, ma ben presto si ritrovarono nuovamente in perfetto
equilibrio, con la sola differenza che Murtagh ora stava combattendo al
massimo delle sue possibilità…e Galbatorix lo
sapeva.
Hanon non dava cenni di volersi arrendere e decise di usare anche la
seconda arma a sua disposizione. Si dimostrò ancora
più abile col pugnale che con la spada e costrinse Murtagh
ad usarlo a sua volta. Il ritmo aumentò, nessuno dei due
dava segni di cedimento. Il finale arrivò
all’improvviso, inaspettato. Murtagh evitò un
tondo col pugnale di Hanon e tentò un affondo. La ragazza
però riuscì a pararlo e, con una rapida rotazione
del polso, disarmò l’avversario andando poi a
puntargli la lama alla gola.
Un silenzio tombale calò sulla sala e tutti gli sguardi si
concentrarono su Hanon, quello di Murtagh più intensamente
degli altri. Lentamente Hanon riprese coscienza di ciò che
era appena successo e la maschera di sfida lasciò il posto
ad un’espressione seriamente preoccupata. Abbatté
la barriera mentale appena sentì Murtagh sfiorarla col
pensiero.
Che cosa hai fatto,
Hanon?
Saaaalve
lettori e lettrici pazienti!
Lo so, sono in ritardo mostruoso, vogliate perdonarmi ed essere
clementi...
Un capitolo decisamente più movimentato del precedente,
spero vi piaccia (vi consiglio di leggerlo con sotto il brano musicale Requiem for a dream,
almeno, questo è quello che ho fatto io)
Ringrazio Thyarah e sara96_98 per i loro fedeli commenti e ribadisco
che questa storia non resterà incompiuta, promesso :) grazie
anche a chi ha messo la storia tra i preferiti, chi la segue e chi la
legge solamente.
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Twins
CAPITOLO 21
Hanon si sentì improvvisamente nuda e
senza protezioni. Aveva osato troppo, si era esposta più del
dovuto e non ne capiva nemmeno il motivo. L’aveva fatto e
basta. Ma in quel momento tutti gli occhi erano piantati su di lei:
quelli accusatori di Murtagh, quelli nervosi e in preda
all’ansia di Sem, quelli sbalorditi del pubblico nella grande
sala, ma soprattutto quelli bramosi del re. Era come se un raggio
solare la stesse colpendo in pieno volto, caldo e fastidioso allo
stesso tempo. Desiderò con tutta se stessa che qualcosa lo
distraesse da lei, concentrata sulle iridi di Murtagh, che nonostante
tutto riuscivano a darle sicurezza. Calma, doveva mantenere la calma e
tutto si sarebbe risolto per il meglio.
Il silenzio caduto nella sala venne rotto dopo istanti che sembrarono
ore da un posato battito di mani. Galbatorix stava rendendo
così omaggio ai due combattenti di fronte a lui, non senza
tenere sott’occhio Hanon. Lentamente tutta la sala si
unì all’applauso, finché non ci fu
abbastanza rumore da convincere Hanon che era tutto finito. La ragazza
abbassò la spada.
Che accidenti ti
è saltato in mente, si può sapere? le
urlò Murtagh in testa Se eri così smaniosa
di entrare nelle mire del re, si poteva evitare tutta questa
messinscena! la
rimproverò poi furibondo, mentre entrambi si voltavano verso
il trono del sovrano, ancora intento ad applaudire.
Almeno rispondimi! sbottò
infine, vedendo che Hanon non accennava a dargli retta.
“Un eccellente prova, mi congratulo!”
iniziò il re, ponendo fine alla conversazione telepatica,
una volta che gli applausi si furono spenti “Non potevo
aspettarmi di meglio per celebrare l’anniversario della mia
ascesa al trono. Che il Cavaliere Murtagh fosse dotato lo si sapeva per
chiara fama, ma la vera sorpresa sei tu, cara Hanon”
La ragazza sostenne come sempre lo sguardo penetrante che Galbatorix le
rivolse. Questi sorrise compiaciuto e continuò.
“Le tue paure di ieri sono risultate del tutto infondate,
come hai avuto modo di dimostrarci poco fa. Battersi ad armi pari con
un Cavaliere dei Draghi non è cosa da poco e denota una tua
grande predisposizione per il mestiere delle armi. Sarebbe un peccato
sprecare un talento così, non trovi? Ti propongo di entrare
a far parte della mia guardia personale” fu
l’immediata offerta di Galbatorix, che non lasciò
ad Hanon il tempo di ribattere “Decisamente un lavoro molto
più pericoloso del tuo attuale ma anche più
redditizio e, posso azzardare, più consono alle tue
capacità. Sono sicuro che lo adempiresti al meglio”
“Vi ringrazio della gentile offerta, sire” si
prostrò Hanon con un lieve inchino “Ma devo
rifiutare la vostra offerta” disse poi con tono deciso. Ai
suoi occhi cerulei non sfuggì la sorpresa che si dipinse sul
volto del re, né mancò di notare lo sguardo
altrettanto meravigliato che le rivolse Murtagh.
“C’è un motivo più che valido
per cui non accetto, mio re” si affrettò ad
aggiungere “Non è mio desiderio fare del mestiere
delle armi la mia vita. Personalmente mi vedo più al mio
posto nel ruolo di guaritrice, qui al castello come in qualsiasi posto
ci sia bisogno. La mia esperienza con la battaglia può
considerarsi conclusa con questo combattimento, da oggi la mia vita
sarà dedicata alla guarigione”
Sull’uditorio calò il più totale
silenzio. La decisione con cui Hanon aveva pronunciato il suo verdetto
aveva lasciato di stucco tutti, dal re all’ultimo dei
garzoni. Pochi avevano osato contraddire Galbatorix e nessuno era
rimasto per raccontarlo, fossero questioni più o meno
importanti quelle in cui erano stati coinvolti. Il volto del re era
contratto e concentrato le sue pupille non si staccarono per un secondo
da quelle chiare della giovane serva ai suoi piedi. Lentamente, le sue
sottili labbra si piegarono in un bieco sorriso.
“Argomentazione notevole” disse a bassa voce,
quindi si voltò e tornò a sedersi sul suo scranno
“E sia, giovane Hanon. Dedica la tua esistenza alla vita e
lascia la morte agli uomini. Dopotutto non è un caso se
nessuna donna è mai stata Cavaliere dei Draghi”
A quell’affermazione Hanon si sentì punta
nell’orgoglio, ma un pensiero ammonitore di Murtagh la rimise
in riga.
Non rispondere! o
rovinerai tutto…
“Ad ogni modo ho sinceramente apprezzato lo spettacolo di
stasera e resto convinto della mia supposizione. Con questo voglio dire
che la mia offerta resta valida, a meno che non si presenti qualcuno
più valido di te, s’intende”
Hanon chinò nuovamente il capo in segno di ringraziamento.
“I festeggiamenti possono continuare!”
annunciò a tutta la sala, che subito tornò ad
animarsi di chiacchiere e canzoni stonate “Murtagh, se hai
piacere di unirti ai festeggiamenti, sei il benvenuto. Quanto a te,
Hanon, puoi ritirarti nelle tue stanze”
“Vi ringrazio per l’invito, altezza”
rispose Murtagh “Ma credo che mi ritirerò nei miei
alloggi, se permettete”
Un ampio cenno d’assenso di Galbatorix lo sollevò
da ogni incarico per quella sera e finalmente Murtagh fu libero di
dirigersi verso l’uscita di quella grande sala con Hanon
appresso. Dovettero farsi largo tra l’andirivieni di garzoni
e camerieri carichi di vassoi, ma alla fine furono fuori dalla sala del
trono, da essa divisi dai pesanti battenti del portone.
Hanon non ebbe il tempo di tirare un sospiro di sollievo che Murtagh
l’afferrò prepotentemente per un braccio e la
trascinò in malo modo verso una zona del corridoio
più appartata.
“Ti rendi conto che hai rischiato di rovinare
tutto?” la rimproverò ad un centimetrò
dalla sua faccia, mantenendo il tono più basso che la sua
arrabbiatura gli consentiva.
“Lo so, hai ragione, ma lascia che ti
spieghi…”
“Spiegare cosa, Hanon? Come si spiega il fatto che un comune
essere umano riesce a combattere alla pari con un Cavaliere esperto?
Galbatorix le colleziona le persone speciali come me
e te e se c’era una cosa che non dovevi fare prima era
escludermi del tutto dalla tua mente!”
“Non l’ho fatto apposta, non so nemmeno io
perché mi sono comportata così. È
successo, ho seguito l’istinto”
“Così non mi tranquillizzi, Hanon, anzi”
Murtagh sembrava aver sbollito la rabbia per lasciare spazio alla
preoccupazione “A quanto pare c’è molto
di più in te che una semplice dote di guarigione. Per quanto
il Ramingo sia un ottimo maestro, non si diventa così abili
con le armi in pochi mesi, a meno che non si abbiano delle
potenzialità speciali”
“E secondo te io che potenzialità speciali
avrei?” chiese incerta e altrettanto nervosa Hanon.
“Non lo so, non lo so, ma Galbatorix potrebbe averle
riconosciute”
“Anche se fosse, gli ho garantito che non metterò
più mano ad un’arma per il resto dei miei giorni.
Che rischi potrei correre?”
“Non immagini neanche…”
Il pesante cigolio della porta della sala attirò la loro
attenzione. Per un attimo furono nuovamente investiti dal baccano
prodotto dai commensali, che però venne subito attutito dal
battente nuovamente chiuso. Una voce conosciuta domando ad una guardia
appostata fuori dove fossero andati Murtagh e Hanon.
“Siamo qui, Sem” anticipò la risposta il
Cavaliere, mostrandosi al principe con Hanon dietro.
L’espressione sul volto di Sem era di poco dissimile da
quella di Murtagh. Corse loro incontro in modo da essere meno a portata
d’orecchio delle guardie.
“Avete rischiato grosso, ragazzi. Lo sapete, no?”
domandò a tutti e due, guardando principalmente Hanon, che
distolse subito lo sguardo.
“Sì, ma alla fine siamo riusciti a
cavarcela” rispose Murtagh per lei, dopo averle lanciato uno
sguardo di rimprovero.
“State comunque all’erta. Mio padre non
è tipo da arrendersi così facilmente, tu
più di tutti lo sai, Murtagh”
“Staremo attenti, grazie. Ora però è
meglio che ci ritiriamo tutti quanti, è stata una giornata
pesante per ognuno di noi”
“Certo, andate pure” assentì Sem,
lasciando ai due amici il passo. Cercò di incrociare lo
sguardo di Hanon quando gli passò accanto, ma la ragazza fu
attenta a guardare il pavimento e non mollarlo mai. La pazienza di Sem,
però, aveva raggiunto il limite. Bloccò la
ragazza prendendola saldamente per un polso. Hanon si fermò
ma non accennò a voltarsi.
“Dobbiamo parlare” le disse piano.
“Non ho niente da dirti” fu la velenosa risposta
della ragazza.
“Ma io sì. Per favore” la
implorò con voce tremante, mollando la presa sul polso e
afferrandole delicatamente la mano. Un brivido le percorse il braccio e
poi tutto il corpo.
Andiamo, Hanon! la
incitò Murtagh, probabilmente nascosto da qualche parte
dietro la svolta del corridoio Sono passate più di
due settimane, non vedo il motivo per continuare con questo
atteggiamento infantile
Fatti gli affari tuoi!
Non dovevi andare a dormire?
Hanon lo sentì sghignazzare e allontanarsi dalla sua
postazione nascosta. Sospirò e cercò di assumere
un tono di voce il più freddo e distaccato possibile.
“Dove e quando?”
La presa di Sem sulla sua mano ebbe un sussulto. “Puoi
voltarti, per favore?”
Hanon eseguì lentamente, ma appena vide gli occhi blu del
ragazzo, tornò a mirarsi i piedi coperti dagli stivali.
“Sai arrivare al Cortile delle Cortigiane?” le
domandò. Hanon annuì col capo.
“Allora ci vediamo lì dopo che è
suonata l’ora del coprifuoco. Ti prego, vieni” la
scongiurò nuovamente con un tono talmente sofferente che la
ragazza non potè non alzare lo sguardo. Come avrebbe potuto
deludere quegli occhi così in pena per lei?
Sem non avrebbe potuto scegliere posto migliore per tentare una
riappacificazione. Il Cortile delle Cortigiane era un piccolo angolo di
paradiso, decorato coi fiori e gli alberi più belli di
Alagaesia in alternanza con semplici siepi verdi fantasiosamente
potate. I sentieri di fine ghiaia erano accompagnati da ambo i lati da
colorate aiuole e inframezzate ogni tanto da piccoli archi a tutto
sesto in ferro battuto coperto da rampicanti. Sotto gli alberi piccole
panchine in pietra permettevano un confortevole riposo
all’ombra durante le calde giornate estive. Era in quel luogo
che i nobili si intrattenevano con mogli e, soprattutto cortigiane, e
Sem non doveva essere stato da meno, in passato.
Quel pensiero ricordò ad Hanon il motivo per cui non aveva
più voluto vederlo e la tentazione di voltarsi e tornare
nella sua stanza era grande. Ma, nonostante il buio, era già
riuscita a scorgere gli occhi blu e imploranti di Sem che la scrutavano
da sotto un arco e l’attraevano come una calamita.
Rassegnata, gli andò incontro lungo il sentiero di ghiaia.
Ad ogni suo passo l’espressione di Sem da preoccupata divenne
sempre più serena e felice e costrinse anche Hanon ad
abbozzare, seppur per un attimo, un sorriso. Si fermò a un
metro scarso da lui.
“Sei venuta” constatò radioso Sem, che
non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
“Già, eccomi qui” ribatté
lei, mantenendo un tono più distaccato possibile.
Tra i due cadde un silenzio teso e Hanon, per distrarsi, prese a
giocherellare con una ciocca di capelli.
“Hanon…” la chiamò Sem in un
sussurro. Lei alzò lo sguardo e si sorprese quando vide il
volto del principe rigato da due piccole lacrime. Lasciò
perdere la ciocca e mosse un mezzo passo incerto verso Sem.
“Hanon, perdonami” disse infine il ragazzo in un
singhiozzo, andandola ad abbracciare con trasporto senza darle il tempo
di ritrarsi.
Non erano mai stati così vicini, almeno non con lei
cosciente, e quel contatto la fece fremere. Il cuore le martellava nel
petto violentemente e sentiva caldo sulle guance. Ma passò
tutto in secondo piano quando Sem iniziò a singhiozzare
sonoramente sulla sua spalla. La stretta attorno a lei si strinse e
Hanon dovette cedere al suo buon cuore e ricambiare.
“È tutto a posto, Sem” lo
consolò, quindi lo spinse gentilmente perché si
staccasse da lei, nonostante non si fosse ancora calmato. Il principe
tentò di riprendere il controllo di sé con dei
respiri profondi e asciugò le ultime lacrime con un
fazzoletto che Hanon gli stava porgendo.
“Avrei dovuto dirti tutto dall’inizio”
riprese Sem, iniziando a camminare lungo il sentiero in direzione di
una panchina. Hanon lo seguì a poca distanza.
“Sì, avresti dovuto” concordò
la ragazza senza essere ostile.
“Non puoi immaginare quanto mi vergogno ad essere quello che
sono”
Avevano raggiunto la panchina e Sem si sedette poggiando i gomiti alle
ginocchia e congiungendo le mani. Il principe continuò.
“Ma ti giuro su quanto mi è più caro al
mondo che non ho mai pensato di metterti in pericolo.
All’inizio andare in città di nascosto era solo un
modo per riempirmi le giornate, non facevo troppo caso alle
precauzioni. Poi ho scoperto che aiutare la gente mi piaceva, mi faceva
sentire diverso da mio padre, migliore. Da allora ho sempre cercato di
stare attento a non farmi scoprire, anche se sapevo di essere coperto
in ogni caso. Poi sei arrivata tu, ed è stato il
massimo”
Hanon sorrise per quello che aveva reputato un complimento.
“Non avevo mai visto nessuna donna combattere come fai tu, ma
soprattutto nessuna donna mi aveva mai fatto l’effetto che mi
fai tu. Se prima ero attento, da quel giorno lo divenni ancora di
più, perché se mai ti avessero fatto del male non
me lo sarei mai perdonato. Appena ti ho vista ho capito che non volevo
perderti in nessun modo, per questo motivo non ti ho detto di mio
padre”
“Invece hai ottenuto l’effetto contrario”
constatò Hanon amaramente, andandosi a sedere accanto a Sem.
“Sono stato malissimo in queste due settimane. Non vederti
era uno strazio, vederti totalmente indifferente lo era ancora di
più”
Sem le prese la mano tra le sue e fu felicemente sorpreso di sentire
Hanon ricambiare la stretta.
“Torna da me, ti prego” fu l’accorata
richiesta del principe.
Hanon non seppe cosa rispondere. Quella di Sem poteva considerarsi una
dichiarazione in piena regola, ma cedere alla prima lacrima non sarebbe
stato saggio e andava contro i suoi principi. Non poteva cancellare
ciò che era successo, ma non era nemmeno giusto troncare
ogni rapporto con lui. Sarebbe stato comunque difficile mantenere
quella linea di comportamento vivendo nello stesso posto.
“Sem, quello che è successo ha fatto molto male
anche a me” iniziò Hanon con calma “Non
so se potrà tornare tutto come prima”
L’espressione sofferente che si dipinse sul volto di Sem la
fece sentire in colpa, ma andò avanti.
“Però non posso dimenticarmi di tutto quello che
hai fatto per me. Mi hai dato una casa e un lavoro sicuro, mi hai fatto
ritrovare Olga e Murtagh. Sei arrivato nel momento esatto in cui avevo
più bisogno d’aiuto, quasi come un angelo
custode”
Sem le strinse ancora di più la mano e il suo volto si
illuminò a quelle parole.
“Ti perdono, Sem, e tornerò ad aiutarti nelle tue
missioni in città, se mi vorrai ancora”
“Certo che ti voglio!”
Il principe le posò una mano sulla guancia e
avvicinò il viso a quello di Hanon, che però lo
respinse delicatamente poggiandogli una mano sul petto.
“Non…mi sembra una buona idea, Sem. Sono pur
sempre una semplice serva e tu sei il principe e mi sono messa
abbastanza in mostra a palazzo”
Il ragazzo non nascose la sua delusione, ma annuì
comprensivo. Aveva già ottenuto molto per quella sera e non
gli sembrò il caso di rovinare tutto.
“Posso almeno abbracciarti?” azzardò
poi, suscitando in Hanon il primo sorriso spontaneo dopo giorni e
giorni.
“Va bene” concesse lei, che da quel contatto non
avrebbe voluto staccarsi per il resto della sua vita. Se Murtagh aveva
la capacità di tranquillizzarla, Sem la faceva sentire al
sicuro. Nei giorni in cui non si erano parlati le era mancato
immensamente, ma il ricordo di quanto era successo nella sua stanza, di
quel bacio prepotente, era ancora ardente in lei e l’aveva
sempre convinta a continuare ad ignorarlo. Se non si fosse fatto avanti
lui quella sera, probabilmente l’avrebbe fatto lei poco tempo
dopo. Sia Murtagh che Sem erano diventati, in quelle settimane al
castello, parte della sua vita in modi totalmente diversi. Con Sem
c’era stata una speciale alchimia sin dal loro primo incontro
alla bettola, mentre con Murtagh era nata una complicità
simile solo a quella tra fratelli e migliori amici. Quello che provava
per Sem era amore, in quel momento ne era del tutto sicura, mentre il
sentimento nei confronti di Murtagh era più puro,
incondizionato.
Erano due persone totalmente diverse a cui mai avrebbe rinunciato.
Eccomi, non
sono morta, sono tornata!
Scusate ma ho avuto un periodo di studio matto e disperato che solo ora
mi ha dato il tempo di aggiornare la storia...
Ringrazio comunque chi ha continuato a leggere e ha atteso
pazientemente il nuovo capitolo, che spero piaccia :)
Buona lettura e a presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Twins
CAPITOLO 22
Continuarono
a parlare fino a che solo poche luci del castello rimasero accese.
Per evitare di dare nell’occhio più del dovuto,
Hanon decise
allora di tornare nelle sue stanza. Sem si offrì di
accompagnarla
per il pezzo di strada in comune. Lungo il tragitto non incontrarono
nessuno. Sem salutò Hanon in fondo allo scalone che portava
ai piani
alti, riuscendo a darle un veloce bacio sulla guancia. La ragazza gli
sorrise e gli augurò la buonanotte, quindi prese il
corridoio verso
le stanze della servitù. Dovette fermarsi a metà
strada quando una
guardia apparve all’incrocio tra il corridoio e quello
traverso. Il
soldato non parve accorgersi di lei, sembrava anzi piuttosto di
fretta e proseguì dritto per la sua strada, ma Hanon si vide
costretta a cambiare strada per evitare di essere vista.
Tornò
indietro e imboccò un corridoio alternativo alla sua destra,
apparentemente deserto. Notò che la parete alla sua destra
era
coperta da quadri alti fino al soffitto e raffiguranti i soggetti
più
disparati, mentre alla sua sinistra di apriva un’unica,
grande
porta dipinta in oro e magistralmente intagliata. Non si
soffermò a
guardare oltre e puntò dritta verso l’imbocco di
un altro
corridoio dallo stesso lato.
“Hanon…”
sussurrò
una vocina acuta velocemente, prima di scomparire con una leggera
eco. La ragazza si fermò di colpo e si voltò
allarmata, convinta di
essere stata scoperta, ma non vide nessuno dietro di lei.
“Hanon…”
chiamò
di nuovo la voce, come prima leggera ed evanescente. Hanon si
voltò
dalla parte opposta. Niente. Stava iniziando a preoccuparsi. Mosse i
primi passi verso la fine del corridoio e quando la voce la
chiamò
una terza volta aumentò la velocità dei suoi
passi finché non si
ritrovò a correre, senza nemmeno pensare a dove stesse
andando.
Probabilmente fu grazie al suo istinto se, in un batter
d’occhio,
riuscì a raggiungere l’entrata delle stanze dei
servi.
Una
volta dentro si concesse qualche momento per tirare il fiato, quindi,
cercando di non far rumore, raggiunse la sua stanza e si
coricò a
letto, vestita e totalmente sfinita. si addormentò quasi
subito, ma
i suoi sogni divennero presto agitati. Quella voce tornò a
chiamarla
insistentemente. Iniziò a sognare di percorrere rapidamente
i
corridoi del palazzo, ma si muoveva talmente veloce che perse
l’orientamento dopo il terzo o quarto svincolo.
Improvvisamente,
poi, tutto attorno a lei prese a rallentare, finché un
immenso
portone non entrò nella visuale di Hanon. L’aveva
visto non più
di un’ora prima, quando aveva dovuto deviare la strada di
ritorno
alle sue stanze. Si avvicinò sempre di più alla
porta, tanto che
ebbe paura di andare a sbatterci contro. Ci passò invece
attraverso,
quasi fosse un fantasma, e si trovò davanti ad
un’immensa sala del
tesoro. Scrigni, statue d’oro, maschere, diamanti e gioielli
di
ogni tipo erano accatastati in enormi mucchi per tutta la stanza.
Hanon pensò che, con una sola manciata di quelle pietre,
avrebbe
potuto sfamare un intero villaggio. Ma qualcosa le diceva che
c’era
dell’altro, lì dentro, con un valore di gran lunga
superiore a
tutto il resto. Avanzò lungo uno stretto corridoio tra le
due file
principali di tesori,diretta alla parete opposta, su cui si apriva
una piccola teca di vetro scavata nel muro. Al suo interno vi erano
tre cuscini di velluto e su uno di essi era poggiata una strana
pietra verde e liscia. Questa si mosse di scatto e di nuovo la voce
tornò a chiamarla insistentemente per nome, penetrandole
fastidiosamente in testa e costringendo Hanon a svegliarsi per
sfuggire a quel supplizio.
Aveva
il fiatone come se avesse effettivamente corso lungo tutti quei
corridoi, ma nella sua testa c’era finalmente silenzio. Si
ridistese sul giaciglio e in breve si riaddormentò.
Dopo,
secondo Hanon, troppo poco tempo, Olga venne a svegliarla scuotendola
in malo modo.
“Il
fatto che tu faccia le ore piccole non ti esonera dal lavorare,
tesoro” le disse con un leggero tono di rimprovero.
Hanon
sbadigliò sonoramente e si mise a sedere sul letto.
“Forza
e coraggio, cara ragazza!” la esortò la donna
“C’è un gran
trambusto oggi a palazzo”
“Come
mai?” domandò Hanon, anche se la cosa non le
interessava più di
tanto.
“A
noi non interessa quello che succede ai piani alti” fu la
risposta
che ricevette. Troppo assonnata per ribattere, Hanon si
rialzò e si
risistemò l’abito, leggermente stropicciato dopo
che ci aveva
dormito sopra, legò i capelli in una treccia, si
sciacquò il viso
per aiutare il risveglio e raggiunse Olga nella stanza accanto. La
donna le porse subito un cesto di vimini vuoto e le ordinò
di andare
in città a comprare delle erbe medicinali.
“Le
scorte sono quasi finite e coi tempi che corrono meglio non rischiare
di rimanere senza. Inoltre un po’ di aria fresca ti
risveglierà”
Hanon
grugnì una risata e, dopo essersi coperta con un leggero
mantello,
uscì dagli alloggi dei servi, diretta all’uscita
secondaria che di
solito usavano per andare a fare le commissioni in città.
Lungo i
corridoi incontrò parecchi soldati in notevole fermento,
quasi come
quello della notte precedente, e che contribuivano a rendere
l’atmosfera a palazzo più elettrica di quanto
già non fosse
quella mattina.
Doveva
essere successo qualcosa, pensò la ragazza, e
lanciò istintivamente
uno sguardo ai piani superiori. Una strana preoccupazione
iniziò a
impossessarsi di lei e, per distrarsi, proseguì verso
l’uscita del
palazzo. Ben presto il caos della città le riempì
le orecchie e
attutì le sensazioni negative nella sua testa.
La
zona commerciale si sviluppava attorno ad una grande piazza centrale
che ogni giorni si riempiva di banchetti e bancarelle coperti da ogni
sorta di merce. Ai bordi della piazza si irradiavano numerose vie
traverse fiancheggiate da svariate botteghe, in cui lavoravano dagli
artigiani agli erboristi ai sarti. Quando entrò nella grande
piazza
già gremita di gente, fu come approdare in un altro mondo,
lontano
da ciò che accadeva fuori dalle mura o anche solo a palazzo.
In
pochi badavano alla grande bacheca al centro, ricoperta da
più
strati di ritratti di ricercati, su cui spiccavano quelli di un uomo
con una folta barba riccia e quella di un ragazzo più
giovane ma
molto somigliante al primo ad un occhio più attento. Le
taglie sulle
loro teste erano esageratamente alte e portarono Hanon a domandarsi
cosa mai avessero fatto per meritarsele.
Proseguì
verso uno dei vicoli attorno alla piazza, dove si trovava la bottega
del fornitore fidato di Olga. Passò a fianco di una
bancarella di
frutta e non potè fare a meno di notare quanto alto fosse il
tono
della voce del proprietario, in grado di giungere alle sue orecchie
nonostante il chiacchiericcio tutt’attorno.
“Se
gli elfi sono usciti dalla foresta, allora la faccenda è
veramente
seria” stava dicendo ad un cliente mentre gli riempiva il
cesto di
luccicanti mele rosse.
“Più
che seria” rispose questo “Stamattina ho visto
sfilare alcune
truppe di stanza qui ad Uru’baen di fronte a casa mia,
dirette alle
porte della città. Galbatorix non lascia mai sguarnita la
capitale
senza un valido motivo”
“Con
gli arruolamenti forzati Uru’baen no sarà mai del
tutto sguarnita.
Grazie al cielo mi sono nate due figlie, altrimenti solo gli dei
sanno quanto sarei stato in ansia…ehi,
signorina!”
Il
fruttivendolo, accortosi che Hanon si era avvicinata, inconsciamente,
al banco per sentire meglio la conversazione, la chiamò con
ampi
gesti del braccio.
“Avete
visto che ben di dio sulla mia bancarella? È la frutta
migliore
della città, forse anche di tutto il regno. Cosa desiderate?
Mele,
pere, prugne…abbiamo tutto!”
Hanon
si ricosse e fece qualche passo indietro.
“No,
grazie, io…magari più tardi”
“Potrebbe
non essercene più, più tardi” la
ammonì l’uomo ammiccando.
“Nel
caso verrò la prossima volta” sorrise lei, quindi
si inoltrò
nella via.
Gli
elfi erano usciti dalla foresta e il re aveva mandato rinforzi
chissà
dove. Forse era quello il motivo dell’agitazione a palazzo.
Gli
elfi non sono da sottovalutare, il Maestro glielo aveva detto, e
Galbatorix non era certo il tipo da sottovalutare i suoi avversari,
specie quelli con esperienza millenaria. Molto probabilmente non
aveva mandato solo soldati al fronte, ma anche il suo fiore
all’occhiello. Murtagh.
Doveva
saperne di più, e conosceva la persona che poteva darle
ulteriori
informazioni. Sbrigò velocemente la commissione affidatale
da Olga,
quindi si avviò per le tortuose strade di
Uru’baen, finché non ne
raggiunse la lugubre e maleodorante periferia. Si coprì il
capo col
cappuccio del mantello e procedette lungo gli stretti vicoli tra le
case ammassate e decadenti. Dopo innumerevoli svincoli raggiunse
finalmente il suo obiettivo, il luogo da cui tutto era iniziato. La
bettola non era cambiata di un millimetro in quelle settimane. I
soliti ubriaconi della sera prima a guardia dell’entrata, il
solito
aspetto traballante e poco raccomandabile, il solito salone
praticamente vuoto e lurido, il solito oste disinteressato, la cui
attenzione venne subito catalizzata da Hanon, ferma poco oltre la
soglia e col cappuccio abbassato.
“Chi
non muore si rivede” la salutò Rufus senza
smettere di pulire alla
bell’e meglio il bancone “Se vuoi tornare ad
alloggiare qui, ha
ancora qualche giorno pagato dalla tua ultima visita”
“Ho
ancora il soggiorno pagato?” domandò Hanon,
confusa.
“Evidentemente
il Ramingo pensava che ci avresti messo di più a sistemarti
a
palazzo”
Rufus
smise di pulire e puntò i suoi occhi inquisitori sulla
ragazza.
“Cosa
vuoi sapere?”
Sulle
prime Hanon non seppe cosa dire, poi prese un respiro profondo e
formulò la sua domanda.
“Mi
chiedevo se sapevate qualcosa riguardo un attacco degli elfi”
Sul
volto dell’uomo comparve un mezzo sorriso. Si
avvicinò di più ad
Hanon e le fece cenno di fare altrettanto. La ragazza posò
il cesto
su uno degli sgabelli e si mise in ascolto.
“Il
mondo sta cambiando” esordì l’oste con
voce roca e solenne “Sono
decenni che gli elfi non escono dalla Du Waldenvarden, nessuno con un
minimo di senno lo farebbe, la foresta è praticamente
inattaccabile.
Con l’avvento del nuovo Cavaliere è tornata la
speranza anche nel
cuore della regina, che ha così deciso di muovere guerra
contro
Galbatorix da un altro fronte. Con gli elfi sul campo di battaglia
tutto cambierà”
“E
qual è il nuovo fronte?” domandò Hanon
a voce bassa e tremante.
“Gil’ead,
una delle roccaforti più importanti e più
protette del regno”
“Ma,
se è così protetta, perché il re ha
mandato altri soldati?”
“Perché
non è uno stolto e sa che gli elfi nascondono sempre delle
sorprese.
Nella notte il suo Cavaliere dal drago rosso ha preso il volo verso
la città…”
“Murtagh!”
esclamò Hanon, subito zittita dall’uomo.
“Se
ha mandato lui vuol dire che gli elfi devono avere qualche asso nella
manica che li ha resi più temerari, e Galbatorix ha dovuto
schierare
il suo anche a costo di perdere Feinster”
“Cosa
c’entra Feinster?”
“È
l’altro fronte a sud, attaccato dai Verden e dal loro
Cavaliere”
“Quando
inizieranno le battaglie?”
“Probabilmente
sono già iniziate, ma si deciderà tutto dopo il
tramonto”
Hanon
abbassò lo sguardo, senza più parole per
rispondere. Le era
ritornata in mente l’ultima volta in cui Murtagh era dovuto
partire. L’aveva ritrovato più morto che vivo ed
erano occorse
tutte le sue energie pdf riportarlo ad una condizione decente. Non
sapeva chi fosse stato a ridurlo così, se i suoi avversari o
il re
in un eccesso di collera, ma per lei erano stati minuti orribili e
per nulla al mondo avrebbe voluto riviverli. Non voleva più
rischiare di perderlo, non dopo tutto quello che avevano passato
assieme.
La
mano ruvida di Rufus le afferrò gentilmente il polso per
staccare la
sua dal manico del cestino, cui si era inconsciamente aggrappata con
tutte le sue forze, fino a far sbiancare le nocche.
Hanon
alzò lo sguardo mostrando all’oste gli occhi
sull’orlo delle
lacrime.
“Siediti,
ti porto qualcosa di caldo. Non sei in condizioni di tornare a
palazzo da sola”
La
ragazza si limitò ad annuire e obbedire, quindi prese posto
al
tavolo più vicino.
“Sabina!”
chiamò Rufus energico, senza perderla d’occhio
“Prepara una
zuppa, e che non sia la solita sbobba che rifiliamo ai
clienti”
Nel
frattempo riempì un bicchiere scheggiato con del vino e lo
portò di
persona ad Hanon.
“Rinfranca
lo spirito” le disse nel porglielo, quindi si sedette di
fronte a
lei. La ragazza si bagnò appena le labbra e posò
il bicchiere sul
tavolo, poi iniziò a tormentarsi le mani guardando un punto
fisso
tra le venature del legno.
“Dev’essere
peggio di quanto pensassi” commentò Rufus.
“Ho
un brutto presentimento” ribatté lei “E
quasi sempre i miei
presentimenti sono fondati”
“Da
quel che so riguardo al Cavaliere, non è tipo da farsi
cogliere di
sorpresa. Inoltre il re tiene molto a lui, non gli farà
correre più
rischi del dovuto”
Hanon
alzò lo sguardo sull’oste, bonariamente sorridente
ma con uno
sguardo intenso che la mise in difficoltà, come se le stesse
leggendo nell’animo. Non era lo sguardo glaciale e penetrante
di
Galbatorix, ma aveva lo stesso effetto. Hanon non cedette.
L’oste
emise una roca risata.
“C’è
molto più di quanto non sembri in te, giovane allieva del
Ramingo”
“Hanon…mi
chiamo Hanon” azzardò lei, seguendo una vocina
nella testa che le
aveva suggerito di fidarsi.
“Hanon”
ripeté lui, stranamente soddisfatto “Sembra vada
un po’ meglio,
no?”
La
ragazza annuì, anche se il brutto presentimento non era del
tutto
scomparso.
“Ad
ogni modo, ho fatto preparare a Sabina la sua migliore ricetta e se
non la mangi me la rovescia in testa”
“Non
ho di che pagare” obiettò Hanon, dispiaciuta.
“È
compresa nel soggiorno pagato”
La
partenza delle truppe verso Gil’ead era durata fino al
pomeriggio,
impedendo a Sem di recarsi in città come al suo solito.
Conosceva
altri modi per uscire dal palazzo evitando di usare il passaggio
segreto dalla stanza di Murtagh, partito di tutta fretta per ordine
di Galbatorix nel cuore della notte. Sarebbe bastata solo un
po’
più di prudenza, ma l’ingente numero di soldati in
giro per
Ur’baen, anche se solo di passaggio, lo avevano convinto a
desistere. Inoltre non aveva visto Hanon per tutta la mattina e senza
di lei non poteva fare nulla.
Innervosito
dall’inattività, prima di cena si recò
agli alloggi della servitù
per cercare la ragazza. Il suo arrivo destò non poca
sorpresa tra
servi e camerieri, soprattutto per l’impeto con cui fece
irruzione
all’interno del locale principale. Alla sorpresa seguirono,
dopo
poco, inchini e saluti di circostanza.
“Sì,
sì…va bene così” si
affrettò a dire lui mentre squadrava con
lo sguardo tutte le donne presenti.
“Che
succede? Avete visto un drago, forse?” domandò
perentoria Olga,
sbucata da uno dei locali limitrofi “Tornate al
lavoro!”
Tornarono
tutti alle loro faccende come formiche, Olga invece andò
incontro al
principe e si prostrò in un lieve inchino.
“In
cosa posso esservi utile, altezza?” gli domandò
una volta
rialzatasi.
“Da
quando in qua mi chiami altezza?” chiese lui di rimando,
divertito.
“Serve
ad evitare che circolino voci strane sulle vostre relazioni
interpersonali, anche se ultimamente si sono fatte meno assidue, devo
ammetterlo”
“Probabilmente
sai anche di chi è merito”
Con
un lieve gesto della mano, Olga gli fece intendere di non andare
oltre. Lo condusse nella sua stanzetta privata, lontano da orecchie
indiscrete.
“Stavo
cercando Hanon” riprese Sem a voce bassa, in modo che solo
Olga
potesse sentirlo.
“Non
è qui, al momento. L’ho mandata poco fa ad
assistere un parto a
casa di un mercante. Dovrebbe far ritorno per cena, se tutto va
bene”
“Che
vuol dire ‘Se tutto va bene’?”
“Non
si può prevedere la durata di un travaglio, caro principe.
Potrebbero volerci poche ore come una notte intera”
“Ma
non è rischioso farla tornare da sola, nel caso duri fino a
notte?”
domandò allora Sem, preoccupato “Non consiglierei
Uru’baen dopo
il tramonto al mio peggior nemico, soprattutto ora che i soldati sono
partiti per Gil’ead”
A
sentire parlare di Gil’ead, ad Olga venne in mente
l’espressione
sul volto du Hanon poche ore prima, quando era tornata, in ritardo
mostruoso, dal mercato. Nonostante avesse cercato di nasconderlo,
Olga aveva notato perfettamente il suo nervosismo ed era andata a
sincerarsi che stesse bene.
“Sì,
certo” era stata la risposta poco convincente della ragazza
“Solo…è
normale stare un po’ in ansia, sapendo che ai confini
c’è la
guerra”
Dopodiché
si era ritirata in quella stessa stanza e non aveva più
proferito
parola con nessuno, fino a quando Olga non l’aveva mandata ad
assistere la partoriente in città. Per la donna quel
silenzio era
stato subito un segnale d’allarme e aveva bisogno di avere
spiegazioni, ma soprattutto era giunto il momento di darne.
Reputò
Sem la persona migliore a cui confidare il segreto di lady Selena.
Era sicura che non l’avrebbe tradita.
“A
questo proposito, devo chiederti un favore, Sem” gli disse
dopo
qualche istante.
“Vuoi
che raggiunga Hanon? Non credo ne sarebbe molto contenta, non vuole
che ci vedano insieme…”
“No,
no, ma ho urgente bisogno di dirti una cosa in
privato”
La
richiesta suscitò non poca curiosità nel
principe, che si fece
tutto orecchie.
“Puoi
raggiungermi qui dopo cena? o meglio, quando tutti sono andati a
dormire?”
“Certo”
“Mi
raccomando, sii discreto e non farti vedere”
“Non
preoccuparti” la rassicurò il ragazzo, quindi si
congedò e uscì
dalla stanza.
Olga
pregò con tutto il cuore di stare facendo la cosa
giusta.
La
piccola peste aveva deciso di non dare tregua alla madre e ad Hanon
fino a poco prima dell’alba. Quando finalmente alle urla
della
donna si era sostituito il vagito del neonato, o meglio, della
neonata, la ragazza ringraziò il cielo per averle concesso
ancora
qualche ora di riposo prima dei lavori canonici del mattino seguente.
Accertatasi
che madre e figlia stessero bene, si congedò e
uscì dalla casa del
mercante per tornare a palazzo. Fortunatamente l’uomo non
abitava
distante e in breve varcò la porta del castello, contenta di
essere
sempre più vicina al suo letto. Solo una giovane guardia la
bloccò
durante il tragitto, ma una volta spiegato il motivo della sua
presenza, la lasciò proseguire senza ulteriori
domande.
Quando
arrivò davanti all’entrata delle stanze dei servi,
la sua
stanchezza aveva raggiunto i livelli massimi da lei concepiti,
accompagnata da un martellante e sibilante mal di testa. Il buio del
corridoio non fece che accentuare il tutto. Il dolore alla testa le
diede una fortissima scarica e la costrinse a fermarsi e ad
appoggiarsi al muro, in preda al mal di stomaco. Dopo meno di due
secondi, però, scomparve come era venuto, tornando ad essere
il
solito dolore.
Proseguì
allora lungo il cunicolo. A poco più di un metro dalla porta
d’uscita sentì qualcuno parlare, seppur a bassa
voce, dall’altra
parte dell’uscio. Si avvicinò ancora, incuriosita,
senza fare
rumore, finché non distinse perfettamente le voci di Sem e
Olga.
Che
il principe fosse ancora sveglio a quell’ora tarda non la
sorprese
troppo. Quello che la lasciò perplessa fu il fatto che fosse
a
quell’ora negli alloggi della servitù a parlare
con Olga.
Hanon
era praticamente con la faccia premuta contro la porta, attenta a non
perdersi una lettere del discorso.
“Sarà
un brutto colpo per Hanon” stava dicendo Sem, con un tono
cupo che
fece allarmare la ragazza, cui venne subito in mente Murtagh. Era
probabile che in quel momento stesse combattendo a
Gil’ead.
“Mi
aiuterai Sem?” chiese Olga al principe con voce
apparentemente
spezzata dalle lacrime “Mi aiuterai a dirlo a
entrambi?”
Entrambi? si
domandò Hanon, ma non ebbe il tempo di porsi altri
interrogativi
perché un’altra scarica di dolore la
colpì alla testa, più forte
della prima, e la costrinse a portarsi le mani alle tempie e a
serrare gli occhi con tutta la sua forza. A stento trattenne un forte
lamento. Poco dopo delle immagini si materializzarono davanti ai suoi
occhi, fulmini rossi, neri e dorati si alternavano rapidamente a
ritmo di clangori metallici, ruggiti e urla disumane. Poi una voce si
levò sopra tutti gli altri rumori, chiara quanto disperata.
Maledetti
per non esservi rivelati prima! Maledetti! Avreste potuto aiutarci!
Avreste potuto…*
Murtagh! Hanon
riconobbe la voce dell’amico, nonostante non riuscisse a
comprendere a chi fossero rivolte le sue accuse, ma non ebbe il tempo
di rallegrarsi per il fatto che fosse ancora in vita, perché
un’altra scarica di dolore, ancora più forte,
cancellò le
immagini da davanti a lei e tutti gli altri suoi pensieri.
Hanon
non riuscì a non urlare, le mani serrate energicamente
contro le
tempie, il corpo inarcato percorso da continue scosse di
dolore.
E
così siete sopravvissuti, Oromis, Glaedr…*
iniziò a parlare una voce nella sua testa, diversa da quella
di
Murtagh, ma troppo echeggiante per poterla distinguere. Per Hanon fu
come avere qualcosa nel cranio che spingeva per uscire. La testa le
pulsava e ogni battito era sofferenza. Cadde a terra in ginocchio e
si chinò in avanti fino a poggiare la fronte contro il
pavimento
freddo. Delle mani la presero per le spalle e la sollevarono di
peso.
“Hanon!”
gridò Sem tentando di toglierle le mani dalla testa, ma lei
si
oppose con forza.
“Vattene!”
urlò lei scuotendo il capo“Vattene dalla mia
testa!”
…sospettavo
che gli elfi potessero tenermi nascosto un drago o un
Cavaliere…*
“Hanon,
ascoltami!” ritentò il principe, lasciando perdere
le mani e
prendendole il viso perché lo guardasse “Hanon
,aprì gli occhi!
Che succede?”
Per
la ragazza fu come sentire un bisbiglio in mezzo a tutto il chiasso
nella sua mente, ma seguì quelle parole e aprì
leggermente gli
occhi. Vide per pochi secondi quelli azzurri e preoccupati di Sem,
sfuocati dal velo di lacrime che copriva i suoi, quindi
un’altra
scossa di dolore la percorse.
Vergognati,
Oromis-elda. Gli elfi hanno dimenticato la loro leggendaria
cortesia?...*
“Fallo
uscire! Fallo uscire!” implorò Hanon, premendo la
fronte contro il
petto di Sem.
“Ecco,
prova con questo” disse Olga, arrivata di corsa dalla sala
comune
con una tazza di infuso in mano.
Sem
la prese e, aiutato da Olga, mise dritta la ragazza perché
riuscisse
a bere. Il principe le avvicinò la tazza alle labbra e
costrinse
Hanon a bere qualche sorso della tisana. Mentre beveva,
però, tornò
a lamentarsi e agitarsi e la tazza cadde sul pavimento rovesciandovi
sopra tutto il suo contenuto.
Tu
sei stato il primo a riconoscere la pazzia che divorava la mia
anima…*
“Toglimelo
dalla testa! Mandalo via!”
“Olga,
che le succede?” chiese in apprensione Sem, sempre con Hanon
che si
dimenava tra le sue braccia.
“Non
lo so…” rispose la donna in un fil di voce e
sull’orlo delle
lacrime.
…unisciti
a me a Ilirea. Con te al mio fianco, potremo mettere fine a questo
conflitto e inaugurare un’era di pace…*
“Uccidimi!
Uccidimi, ti prego!”
“Oh,
Hanon” pianse Olga tremante. Uno dei servi, svegliati dalle
urla
della ragazza, la sorresse mentre si sedeva a terra.
Sei
soltanto un vecchio pazzo…*
Hanon
urlò ancora, sempre più forte. E furono di nuovo
lampi di vari
colori, rosso, nero, oro, ancora rosso, in un vortice delirante.
Rumori metallici, ruggiti, grida.
Tra
le braccia di Sem, il corpo della ragazza si irrigidì come
un tronco
d’albero mentre dalla sua gola usciva un ultimo, straziante
grido
accompagnato da un dolore inimmaginabile. Il principe la strinse
forte, sperando che fosse la fine di quell’agonia. Lentamente
l’urlo si trasformò in pianto e il suo corpo si
rilassò.
“Hanon…”
la chiamò Sem.
Olga,
vedendo che la crisi era finita, si avvicinò ai due ragazzi.
Sentì
Hanon che, nel pianto, continuava a bisbigliare qualcosa.
“Sono
morti…non c’è più
speranza…sono morti…”
“È
semi-incosciente” disse Olga esaminandole una pupilla
“Tra poco
probabilmente si addormenterà. Aiutami a portarla nella sua
stanza”
Sem
si alzò e si caricò Hanon in braccio. Sulla
soglia della sala
comune si erano radunati tutti i servi, che in quel momento
guardavano i due ragazzi e Olga con tanto d’occhi. Questa
tornò ad
avere il suo solito cipiglio e rispedì ognuno di loro a
dormire,
raccomandandosi di non proferir parola con nessuno riguardo
ciò che
avevano visto.
*questi
pezzi sono tratti pari pari da “Brisingr”, capitolo
“Lo spettro
del destino”
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=304868
|