Twins

di Martyx1988
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Twins

CAPITOLO 1

L'atmosfera nella stanza iniziava a farsi più tesa del previsto. le cose stavano andando diversamente da quanto si erano aspettati. Il bambino era nato e stava bene, riposava già nella culla accanto al letto. La donna, però, continuava ad avere le contrazioni e la levatrice non riusciva a spiegarsene il motivo. Stava perdendo sangue e non la smetteva di urlare dal dolore. Nessuno riusciva a dare una spiegazione a quella strana situazione, men che meno riusciva a risolverla. Poi però la levatrice ebbe come un'illuminazione. Mise una mano sul ventre della donna, ancora gonfio. C'era del movimento.
"Ce n'è un altro!" esclamò la donna "Coraggio, Selena, ancora un ultimo sforzo! Spingete!" disse poi, rivolta alla partoriente.
Selena raccolse tutte le forze che le erano rimaste, strinse i denti e spinse. Prima la testolina, poi le spalle, infine il resto del corpo. Anche il secondo neonato era fuori. La levatrice tagliò il cordone ombelicale e lo depose su un panno che una cameriera le stava porgendo, quindi si dedicò alla madre. I medici la stavano già curando. Il ventre si stava sgonfiando e ogni centimetro della sua pelle era rilassato. Stava dormendo col sorriso sulle labbra.

Si svegliò la mattina dopo al suono del pianto di uno dei due bambini. si voltò alla sua destra e lo vide lì, accanto a lei, nel letto, coi pochi capelli neri come la pece. Seduta accanto al letto, la levatrice teneva l'altro bambino, ancora addormentato. Si chinò leggermente in avanti per farlo vedere alla madre.
"Sono bellissimi" disse Selena "Due bei bambini"
Prese in braccio il bambino che aveva accanto e se lo portò al seno per allattarlo. Questi prese subito a mangiare con gusto.
"Come volete chiamarli?" chiese la levatrice.
"Lui è Murtagh" rispose continuando ad osservare il bambino che aveva in braccio "E lui..."
"E' una femmina, mia signora" la interruppe la levatrice, sorridendo.
Ma Selena non sorrise, anzi, sembrava spaventata.
"Femmina?" chiese in un fil di voce.
"Esatto, mia signora, una bella bambina"
"Morzan non accetterà mai una bambina. No. Lui voleva un maschio"
Si voltò verso Murtagh, che continuava a mangiare senza sosta, quindi tornò a guardare la bambina.
"Avete già informato Morzan?" domandò Selena, preoccupata.
"No, mia signora, è fuori città in questo momento"
La donna chiuse gli occhi e trasse un sospiro di sollievo.
"Non deve sapere della sua esistenza, neanche una parola. Non oso immaginare cosa potrebbe farle"
"Come pensate di fare? Non potete abbandonarla così piccola, morirà"
"Non ho intenzione di farlo. E' pur sempre mia figlia. Ma mi vedo costretta a non crescerla di persona. Per il suo bene"
"Posso occuparmene io, se volete. Ne sarei onorata"
"Ti ringrazio, Olga. Sei l'unica persona di cui so di potermi fidare" disse Selena, con le lacrime agli occhi, posando una mano sul braccio della levatrice.
"Quando sarà abbastanza grande, potrà diventare la mia dama di compagnia. Ma non dovrà mai entrare in contatto con Murtagh o Morzan oppure questa copertura potrebbe saltare"
"Quindi non saprà mai le sue vere origini?"
"Mai. E' il prezzo da pagare per tenerla in vita"
"E se chiedesse qualcosa del suo passato?"
"Le racconterete che sua madre era una cameriera del palazzo, morta dandola alla luce. Informa anche i medici e le cameriere presenti alla sua nascita di questo"
"Un'ultima cosa, mia signora. Che nome volete darle?"
"Hanon. Questo sarà il suo nome"
La bambina aprì leggermente gli occhi e si voltò verso Selena. I loro sguardi si incrociarono brevemente, poi Hanon richiuse gli occhi.
"Finchè Morzan non sarà tornato, penserò io ad allattarla. Poi però sarà necessaria una balia"
Detto questo, Selena fece cenno ad Olga di posare Hanon sul letto, quindi le mise Murtagh in braccio, che nel frattempo si era addormentato. e prese la bambina per allattarla. La bambina aveva ancora gli occhi chiusi, ma si attaccò subito al seno e iniziò a mangiare.




"Lady Selena!!"
Ogni volta che la donna veniva a fare visita alla bambina, ad Hanon esplodeva il cuore per la gioia. Sin da quando era nata Selena si era interessata a lei, una semplice serva orfana di madre e senza un padre. Olga le aveva fatto da mamma durante quei tre anni. Era stata la levatrice di Selena quando, tre anni prima, aveva dato alla luce il suo primo figlio. Non sapeva molto di lui, solo che si chiamava Murtagh e che gironzolava anche lui nel palazzo, ma non lo aveva mai visto. D'altronde, le era proibito girare per i piani alti del palazzo. Le stanze della servitù erano sempre state la sua casa e le aveva esplorate tutte, da cima a fondo. Era una bambina obbediente, questo nessuno poteva negarlo, ma anche molto irrequieta. Difficilmente restava nello stesso posto per più di cinque minuti.
In quel periodo Selena faceva visita più spesso ad Olga e Hanon ne aveva chiesto il motivo alla donna, che le aveva risposto: "Gli dei daranno alla signora un altro bambino e io devo prepararla al suo arrivo"
Da quando lo aveva saputo, Hanon aveva approfittato di ogni incontro con la donna per chiederle come avrebbe chiamato il nuovo bambino.
"Non so, è ancora presto per saperlo" rispondeva sempre, sorridendo "Magari Eragon, se è un maschietto"
"E se è femmina?" domandava puntualmente Hanon, ma non aveva mai ottenuto risposta a quella domanda, perchè Selena o cambiava discorso o se ne tornava nelle sue stanze.
Quel giorno, però, la donna aveva bisogno di una visita nella sua stanza. Aveva avuto un mancamento e le ancelle l'avevano subito portata a letto e chiamato Olga. La levatrice si era trovata costretta a portarsi dietro anche Hanon, coi rischi che ne conseguivano, in quanto nessuna cameriera era disponibile a tenerla d'occhio.
Anche Selena rimase sorpresa nel vederla, ma poi pensò che Morzan e Murtagh erano fuori a caccia e sicuramente prima di sera non sarebbero tornati. Sorrise alla bambina, che era accorsa accanto al letto appena entrata.
"State male, milady?" chiese la bimba preoccupata.
"Ora sto meglio, grazie Hanon"
La bambina iniziò a saltare dalla gioia per la stanza. Per Selena vederla così felice era una gioia immensa. Aveva i capelli castano chiari, lunghi fino a metà schiena, dove si arricciavano in leggeri boccoli, e occhi azzurrissimi, totalmente diversi da quelli di Murtagh, di un blu intenso. Nonostante questo, però, gli somigliava in maniera impressionante.
Olga si avvicinò alla donna e predispose l'occorrente per visitarla, quando un'ancella irruppe nella stanza. Dal fiatone che aveva, si intuiva che era venuta di corsa.
"Milady...vostro figlio...Morzan...giù nell'ingresso...correte!"
"Murtagh!" Selena non se lo fece ripetere due volte, scese dal letto e corse fuori dalla stanza, poi giù per le scale fino all'ingresso. La scena che le si presentò davanti era raccapricciante. Murtagh era riverso a terra in una pozza di sangue, con la schiena squarciata dalla spalla destra al fianco sinistro da un taglio profondo. Poco più in là giaceva la spada rossa di Morzan, linda e luccicante come sempre. Davanti al portone spalancato dell'ingresso stava il cavaliere, lo sguardo di fuoco rivolto verso il figlio.
Selena corse dal bambino, ma non ebbe il coraggio di toccarlo, per paura di peggiorare le sue condizioni.
"Ma che cosa gli hai fatto?" urlò la donna, con le lacrime che le scendevano copiosamente dagli occhi "E' solo un bambino!"
"E continuerà ad esserlo se gli inculcherai ancora le tue idee sull'amore e la bontà. Deve diventare un guerriero, non può provare sentimenti di pietà e amore. Nemmeno per un animale"
"Gli hai fatto questo perchè non ha voluto uccidere un animale? Ha tre anni, Morzan! Hai rischiato di ucciderlo a tre anni per una cosa del genere!"
"Se non è in grado di essere spietato, allora è quello che si merita"
Dopo aver recuperato la spada, il cavaliere passò davanti alla moglie e al bambino con passo spedito, senza nemmeno accrogersi che, poco più in alto, seduta su uno scalino, dietro alle gonne delle ancelle, stava seduta la piccola Hanon. Per tutto il tempo era rimasta a fissare il corpo del bambino, atterrita. Vide poi Olga andare da Selena, ancora in lacrime, prenderla per le spalle e sollevarla.
"Ho fatto chiamare i dottori, stanno arrivando a curare Murtagh. Ma voi dovete riposare, milady"
Selena seguì la donna su per le scale, con le ancelle subito dietro, ma non Hanon. La bambina le seguì con lo sguardo finchè non scomparvero dietro il muro, quindi scese lentamente le scale e si andò ad inginocchiare vicino a Murtagh. Anche se impercettibilmente, si poteva vedere la schiena insanguinata sollevarsi ed abbassarsi ad ogni faticoso respiro del bambino. Poi Hanon lo vide aprire gli occhi e fissarla. In quel momento una specie di fremito pervase entrambi i bambini. Murtagh allungò lentamente la mano verso Hanon, che fece altrettanto e, appena si toccarono, sentirono entrambi una forte scossa percorrere il loro corpo.




E' una storia pensata come continuo di Eldest, quindi non saranno molte le novità portate da Brisingr in questa ff. Spero non rimarrete delusi!!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Twins

CAPITOLO 2

Hanon si svegliò di colpo, sudata, con ancora quella scossa nel corpo, come ogni volta che sognava quell'episodio. Ormai erano passati quasi sedici anni da quando era successo, eppure ne ricordava ancora ogni singolo dettaglio. Si ricordava di essere svenuta dopo aver toccato il bambino e di essersi svegliata nella sua stanza. La porta era semiaperta e aveva potuto sentire distintamente Olga parlare con lady Selena. La donna aveva detto alla levatrice che non era più sicuro stare a palazzo, nè per lei nè per Hanon, anche se non aveva mai capito perchè fosse un pericolo per lei restare a palazzo. Il giorno dopo tutte e tre partirono all'alba per raggiungere, intorno a mezzogiorno, un tempio vicino al monte Utgard dedicato alla dea della caccia. Lì Hanon venne affidata ai sacerdoti, che la accolsero e la crebbero amorevolmente, insegnandole tutto ciò che sapevano, dalla medicina alla religione alla storia. Pochi anni dopo al tempio arrivl anche un altro bsmbino che i genitori avevano destinato a diventare sacerdote a causa di un voto fatto alla dea. Si chiamava Galet e dal primo giorno lui e Hanon divennero inseparabili.
Quasi un anno prima, però, Hanon aveva incominciato a fare quel sogno quasi tutte le notti. Non cambiava mai, rivedeva quell'episodio sempre nello stesso modo. Le immagini si susseguivano sempre nella stessa sequenza, i volti delle persone erano nitidi. E la scossa sembrava ogni giorno sempre più vera.
Consapevole che non sarebbe più riuscita a chiudere occhio, Hanon uscì dalla cella dove dormiva, nell'ala ovest del tempio, e andò fuori. Stava quasi per sorgere il sole, l'orizzonte si stava già tingendo di rosa, ma non si vedeva bene per via degli alberi intorno alla zona. Allora andò sul retro, dove una scaletta a pioli portava direttamente sul tetto. Senza troppi indugi, iniziò a salire, piolo dopo piolo, fino ad arrivare col naso al tetto.
"BUH!!" le urlò Galet in faccia, sbucando da chissà dove. Hanon urlò per lo spavento e rischiò di cadere all'indietro, ma il ragazzo l'afferrò in tempo.
"Sei impazzito, per caso?" gli chiese la ragazza, col cuore a mille per lo spavento "Hai rischiato di ammazzarmi e di svegliare i sacerdoti e lo sai che si innervosiscono se li svegli prima dell'alba"
"Quei nonnetti dormono come dei sassi. Non basterebbe un ruggito di drago a svegliarli"
"A proposito di draghi, come ti senti?"
"Nervoso, parecchio"
Quando un drago compariva in cielo, per i sacerdoti era segno che i novizi potevano essere iniziati al culto della dea ufficialmente. Era da quasi un secolo che non se ne vedeva uno, come dimostrava la veneranda etàdei sacerdoti, ma qualche giorno prima era avvenuto il miracolo. Hanon era andata a raccogliere le erbe per la preparazione dei medicinali, quando aveva sentito una specie di ululatiìo in lontananza. Alzando gli occhi aveva visto nitidamente un drago azzurro volare verso sud a gran velocità. Era rimasta ad osservarlo per qualche minuto, finchè non si era ridotto ad un puntino piccolissimo, quindi era corsa al tempio per dare la notizia ai sacerdoti. Subito non le avevano creduto, ma quando anche un viandante di passaggio disse di aver visto qualcosa di simile, se ne convinsero e inziarono a preparare la cerimonia, che sarebbe dovuta avvenire esattamente sette giorni dopo.
Quei giorni erano quasi passati e alla mezzanotte sarebbe iniziata la cerimonia di iniziazione per Galet.
"Sei convinto di volerlo veramente?" chiese Hanon all'amico, sedendosi sul tetto vicino a lui.
"Certo! Solo mi chiedo come sarà la mia vita da sacerdote, ma soprattutto se sarò in grado di servire la dea al meglio. E' lei che mi ha permesso di sopravvivere, dando la possibilità a mio padre di cacciare quel cervo e potermi sfamare durante la malattia, quindi voglio ripagarla per quella che ha fatto"
"Ne hai tutte le capacità, devi solo avere fiducia in te stesso"
"Grazie Hanon"

Ormai Murtagh era convito che quel sogno, quel ricordo, era un ammonimento. Se non voleva diventare come suo padre, se non voleva infliggere dolore alla gente come Morzan aveva fatto con lui, doveva andarsene. Certo, i progetti del re potevano sembrare encomiabili, ma quanto sangue sarebbe servito per poterli attuare? Una cosa era certa, lui non avrebbe contribuito.
Poteva ancora sentire la scossa nelle sue ossa, vedeva ancora gli occhi dolci della bambina che lo fissavano con dolcezza quasi materna. L'avrebbe fatto per lei e per sua madre, le uniche che gli avevano dimostrato affetto in quell'istante. Sebbene non sapesse dove fosse sua madre e non conoscesse nemmeno l'identità della bambina, sebbene non fosse nemmeno sicuro che fosse vera, sarebbe scappato per loro.
Prese il suo spadone ad una mano e mezza, arco e frecce, si coprì col mantello e si calò dalla finestra della sua stanza fino nel giardino. Corse fino al muro di cinta, dove aveva scavato un cunicolo che lo avrebbe portato fuori dal palazzo. Legato ad un albero lì vicino trovò Tornac, lo slegò e vi montò sopra. Doveva fare in fretta, stava per scattare il coprifuoco. Cavalcò al massimo della velocità lungo le strade più nascoste della città, ma quando arrivò al portone primìncipale, vide che lo stavano per chiudere. La sua unica possibilità era correre ancora più veloce. Spronò Tornac e la bestia aumentò notevolmente la sua velocità, riuscendo ad uscire dal portone poco prima che venisse chiuso, sotto lo sguardo allibito dei soldati. Quando fu fuori, Murtagh si guardò indietro, soddisfatto. Una freccia che gli passò a pochissimi cemntimetri dalla testa lo riportò alla realtà e riprese a cavalcare verso la prateria. I soldati dalle mura continuavano a prenderlo di mira, ma ormai, pensò, doveva essere fuori gittata. Dovette ricredersi quando un freccia lo colpì al fianco di striscio. Continuò a cavalcare finchè non sparì dalla vista dei soldati.

Nonostante avesse cercato di non darlo a vedere, Galet era più nervoso di quanto lui stesso credesse. A dispetto di Hanon, lui non aveva proprio chiuso occhio quella notte, sentendo sempre più vicina la mezzanotte del giorno dopo, il momento di svolta della sua vita, che non gli avrebbe più permesso di tornare indietro. Ma non era la convinzione di ciò che stava facendo a mancargli, quanto la sicurezza, come la sua amica aveva ben capito.
Per distrarlo, Hanon gli aveva proposto di farle compagnia mentre andava a caccia di erbe medicinali, come ogni mattina. Era incredibile quanti sieri riuscissero a preparare i sacerdoti in un solo giorno. Fortunatamente, le erbe non mancavano in quella zona. Con l'aiuto di Galet, riempirono un cesto in neanche due ore. Per passare il resto della mattinata decisero quindi di andare verso il ruscello, che scorreva in mezzo al bosco, a poca distanza da dove erano loro. Giunti alla riva si sdraiarono sull'erbetta lasciando che i raggi del sole accarezzassero i loro visi. In men che non si dica, caddero in un sonno profondo.
Un nitrito fece svegliare di soprassalto Hanon, che subito notò il sole, ormai alto nel cielo. Doveva essere quasi mezzogiorno.
"Il ringraziamento!" esclamò, ricordandosi della cerimonia che precedeva ogni pranzo al tempio, a cui Galet non poteva mancare proprio oggi.
Iniziò a scuotere l'amico per svegliarlo e questi le rivolse uno sguardo particolarmente assonnato.
"Il ringraziamento, Galet! Corri!"
Quelle parole sembrarono riportarlo improvvisamente alla realtà. Galet si alzò di scatto e corse verso il tempio, dopo aver salutato Hanon con un cenno. Anche la ragazza si rimise velocemente a posto, ma un altro nitrito attirò la sua attenzione. Forse un cavallo selvaggio, uno degli ultimi, si era allontanato dal branco. Si chinò a prendere il cesto, decisa a non interessarsi più di tanto all'animale, ma le giunse all'orecchio un terzo nitrito, seguito da un rumore di foglie scosse. Incuriosita, si diresse verso la fonte. Non le ci volle molto per trovare un cavallo, con le briglie impigliate tra i rami, che cercava in tutti i modi di liberarsi. Sorrise divertita e, dopo aver posato il cesto, si avvicinò con cautela alla bestia. Questa si voltò verso di lei, tranquillizzandosi un pochino, ma senza smetterla di dimenarsi.
"Piano, piano" sussurrò Hanon, portando le braccia avanti con i palmi ben in vista "Non voglio farti del male"
Il cavallo si tranquillizzò ancora. Hanon vide che era perfettamente sellato e armato. Da un fodero spuntava l'elsa di una spada, mentre dalla parte opposta della sella era appesa una faretra con arco e frecce dentro.
"Dov'è il tuo padrone?" chiese alla bestia, mentre slegava le briglia dai rami, quasi pensasse che potesse risponderle.
Appena fu libero, però, il cavallo tirò le briglie, ancora in mano ad Hanon, con uno strattone, a cui la ragazza rispose mollando la presa, per non cadere a terra. Pensò che il motivo di quel gesto fosse la voglia di correre a casa, ma l'animale si fermò poco dopo e tornò sui suoi passi, facendo ciondolare le biglie davanti ad Hanon.
"Vuoi che ti segua?" chiese la ragazza, non dubitando più dell'intelligenza del cavallo, che infatti le rispose sbuffando.
Sempre muovendosi con cautela, afferrò le briglie e assecondò i movimenti del cavallo, che la condusse attraverso il bosco verso un punto più alto. Usciti dagli alberi, la bestia si fermò. Il terreno, leggermente in discesa, portava alla riva del ruscello, dove, metà in acqua e metà fuori, giaceva un uomo.
"Ehi!" chiamò Hanon "Tutto bene?"
Non ricevette risposta. Preoccupata, scese verso riva fino ad arrivare a pochi passi dal corpo. Da lì notò che il fianco dell'uomo sanguinava e che la ferita iniziava a contornarsi di giallo, segno di un' infezione in corso. Sapeva curarle le infezioni, ma si ricordò di aver lasciato il cesto indietro. Risalì verso il cavallo, che era rimasto al limitare del bosco, e lo guardò dritto negli occhi.
"Ho bisogno del mio cesto" gli disse.
L'animale le diede le spalle e rientrò nel bosco, per poi tornare pochi minuti dopo col cesto in bocca.
"Grazie" disse Hanon, sempre più sorpresa, poi si precipitò dall'uomo. Si accovacciò al suo fianco per osservare meglio la ferita, ma quando entrò a contatto con l'uomo, una leggera scossa la percorse da capo a piedi. Anche lo straniero doveva averla sentita, perchè si mosse, sebbene in modo impercettibile, segno che era ancora vivo. Senza indugiare, Hanon prese alcune erbe dalla cesta e le sminuzzò con delle pietre, fino a farle diventare poltiglia, quindi le adagiò con delicatezza sulla ferità, sentendo un'altra scossa, più leggera. L'uomo, che in realtà era un ragazzo, emise un lieve lamento, ma si rilassò subito dopo, forse percependo il sollievo dato dalle erbe.
Finita l'applicazione, Hanon si alzò e vide che il cavallo era sceso. Gli accarezzò il muso, sorridendogli.
"Non ci resta che aspettare"


Ecco il secondo capitolo, sperando che susciti un pochino più d'interesse :)
Ringrazio Yum per il suo commento, e sperò che continuerà a leggere la mia storia!!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Twins

CAPITOLO 3

Era stato un errore sottovalutare quella ferita. Alla fine si era rivelata più profonda del previsto e aveva iniziato ad infettarsi in fretta. Fortunatamente a Murtagh la resistenza al dolore non era mai mancata e riuscì a mantenersi lucido fino quasi alla Valle Palancar. Nei pressi di un ruscello, nella zona del monte Utgard, il ragazzo si sentì libero di cedere al dolore e di perdere i sensi. Ci sarebbe stato Tornac a proteggerlo, era un cavallo intelligente.
Ritornò parzialmente in sè quando una lieve scossa lo percosse da capo a piedi. Qualcuno lo stava medicando, poteva sentire l'odore leggermente acre di una pianta medicinale che delle mani esperte gli stavano applicando sul fianco. Poi ancora una piccola scossa, quindi il sollievo dovuto ai rapidi effetti dell'erba. A quel punto subentrò il sonno, conseguenza del viaggio lungo e spossante.
Al suo risveglio vide Tornac sorseggiare l'acqua limpida del ruscello e, poco accanto a lui, un cesto di vimini traboccante di erbe. Forse da lì il soccorritore aveva attinto per la medicazione. Murtagh si toccò il fianco e riuscì a sentire la poltiglia di erba ancora soffice e fresca. Non doveva essere passato molto tempo da quando era stata applicata.
Lentamente, il ragazzo si sollevò sui gomiti, attirando l'attenzione di Tornac, che subito gli si avvicinò.
"Ottimo lavoro, bello" gli disse il ragazzo, accarezzandogli il muso. L'animale lo ringraziò con unn nitrito acuto, cui seguì un rumore di passi rapidi proveniente dal bosco. Murtagh rimase in attesa, pronto per qualsiasi evenienza, ma la sola persona che spuntò dagli alberi era una giovane ragazza, circa della sua età, coi capelli castano chiaro lunghi fin oltre metà schiena e mossi in fondo e due occhi azzurri come il cielo. Era vestita in modo semplice, forse era una contadina, ma l'attenzione di Murtagh si fissò sulle sue iridi, così chiare e dolci. Le aveva già viste, una volta, tanto tempo prima.
"Sei sveglio! Grazie agli dei!" esclamò la ragazza, con la sua voce cristallina, correndogli incontro.
Subito la ragazza si chinò al suo fianco per controllare la medicazione.
"Sta facendo effetto" disse sfiorando la poltiglia gialla.
"Ti ringrazio di cuore per avermi soccorso" disse Murtagh, pieno di gratitudine.
"Non ringraziare solo me. E' soprattutto merito suo" rispose la giovane, sorridendo e rivolgendo uno sguardo a Tornac "Se non avesse attirato la mia attenzione e non mi avesse guidato qui, saresti ancora privo di sensi. E' un cavallo intelligente"
"Lo so. E' il mio migliore amico. Nonchè l'unico, a questo punto"
"Come mai? Dove sei diretto?"
"Ovunque, lontano da Uru'baen e dai Monti Beor"
La ragazza parve spaventarsi a quella risposta e si allontanò leggermente da Murtagh.
"Tranquilla, non sono nè un predone nè un ribelle nè niente. Sono solo in fuga"
"In fuga da cosa?" domandò la giovane, non del tutto tranquillizzata.
"Dal mio passato...e dal mio futuro, se mai ne avrò uno, anche se al momento davanti a me vedo solo un buco nero"
Più tranquilla, la ragazza gli posò una mano sulla spalla per confortarlo, e subito un'altra lieve scossa la percorse. Contemporaneamente, anche Murtagh la percepì e si voltò verso di lei, che aveva rapidamente allontanato la mano.
"Scusa" si affrettò a dire la ragazza, leggermente imbarazzata "Deve essere colpa del tempo"
Ma entrambi sapevano che non era così. Quella scossa l'avevano percepita altre volte, non era come le altre. La prima volta era stata molto forte, poi, col tempo e con l'abitudine, l'avevano percepita con sempre minor intensità. Ogni notte, da qualche tempo, inoltre, faceva loro visita con costanza.
Allora Murtagh iniziò a capire che quegli occhi li aveva veramente visti, anni prima, che quel volto dolce e pieno di compassione era lo stesso di sedici anni prima, rimasto come un segno indelebile nella sua mente.
E anche Hanon capì che quello non era un ragazzo qualsiasi, ma era quel bambino marchiato a vita da un destino crudele.
Prima che qualcuno dei due potesse proferir parole, delle urla giunsero dal bosco alle loro orecchie. Subitò Murtagh si alzò e saltò in groppa a Tornac, conscio del pericolo che stava correndo lì. Non potè nemmeno evitare di abbandonare la ragazza lì sul ruscello, cosa che gli costò molto. Ma l'unica cosa che gli era rimasta da difendere era la sua vità.

Era stato un massacro in piena regola, senza risparmiare nessuno. I soldati del re avevano dato il peggio di loro stessi. Nessuno era sopravvissuto al loro inspiegabile attacco al tempio. Tutti i sacerdoti erano riversi a terra in laghi di sangue, persino iil giovane novizio era stato brutalmente ucciso. L'unica ancora viva era la ragazza. Giaceva a terra anche lei, solamente priva di sensi, ma l'uomo potè sentire distintamente il battito del suo cuore, seppur lieve, toccandole il collo.
Era viva per un colpo di fortuna, non si trovava al tempio al momento dell'attacco, vi era giunta dopo, sbucando dal bosco lì vicino, ma si era bloccata immediatamente sul posto alla vista della strage che si stava compiendo. L'uomo, nonostante la lontananza, l'aveva vista tremare e lasciar cadere il cesto che teneva in mano. In quel momento, però, il giovane novizio era ancora vivo e stava combattendo con tutte le sue forze contro un soldato, aiutato da qualche sacerdote. Poi il ragazzo l'aveva vista e le aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola di scappare. Ma quella distrazione gli era stata fatale. Un soldato ne aveva approfittato per trafiggerlo al petto da parte a parte. A quel punto era accaduto qualcosa nella ragazza. Urlando a squarciagola aveva puntato i palmi delle mani verso il campo di battaglia e da essi era scaturito un potentissimo fascio di luce, così potente che l'uomo stesso aveva dovuto coprirsi il viso per non rimanerne abbagliato. Dopodichè era tutto finito. I soldati erano anche loro caduti sotto la potenza del raggio e la ragazza era svenuta priva di sensi, esattamente nel punto in cui si trovava in quel momento.
L'uomo le era accovacciato a fianco, con i polpastrelli sul collo per sentire il battito. Piano piano si stava riprendendo.
Aveva cercato in lungo e in largo quella ragazza per anni e anni, e finalmente l'aveva trovata, perchè lo aveva voluto il destino o solamente per un caso fortuito non gli era dato saperlo. Ciò che gli importava di più era che la ragazza si trovava lì, ai suoi piedi, viva. Ora toccava all'uomo prendersi cura di lei. Era stato necessario non intervenire nello scontro, per vedere se era veramente lei la persona giusta, e il fascio luminoso scaturito dalle sue mani era la prova che la giovane aveva le potenzialità giuste. Dovevano essere solo allenate, e questo compito spettava all'uomo.

Hanon si svegliò in breve tempo, ma era ancora spossata e, quando tentò di alzarsi a sedere, ebbe un capogiro che la fece crollare a terra. L'uomo le tenne dolcemente la testa e vi poggiò sotto una coperta, riuscendo ad ottenere l'attenzione della giovane.
"Voi chi siete?" chiese spaventata, strizzando gli occhi per cercare di intravedere il viso dello straniero sotto il cappuccio, ma era tutto al buio, eccetto che per gli occhi, azzurri come il cielo estivo.
"Non ho nome. Mi chiamano il Ramingo. Non temermi, sono qui per aiutarti" rispose l'uomo con una voce profonda e rauca che, stranamente, tranquillizzò la ragazza.
"Cosa è successo?" chiese lei, massaggiandosi le tempie per alleviare il mal di testa.
L'uomo voltò lo sguardo verso il tempio, imitato subito da Hanon. La prima cosa che vide fu il corpo del giovane novizio riverso a terra, con la spada ancora in corpo.
"Galet..." sussurrò la giovane, lasciandosi sfuggire qualche lacrima, prima di voltarsi verso il Ramingo "Voi avete visto tutto e non siete intervenuto?". C'era rabbia nella sua voce.
"Quando sono arrivato era troppo tardi, non avevano più speranza. E comunque, non mi immischio negli affari del re"
"Ma erano solo sacerdoti! Cosa poteva volere il re da loro?"
"Non so. Forse cercavano qualcuno che si era rifugiato in queste zone"
Subito Hanon pensò al ragazzo che aveva incontrato al ruscello, ma la voce del Ramingo la riportò alla realtà "Come ti chiami, ragazza?"
"Hanon..." rispose lei in un fil di voce.
Sul suo viso in penombra si delineò un sorriso trionfante.
"Bene, Hanon, da oggi sarai sotto la mia tutela. Ti insegnerò tutto ciò che conosco, a iniziare dalle tecniche basilari del combattimento per finire con qualche rudimento di magia. Perchè tu, Hanon, poco fai hai usato la magia"
"Magia? Ma io non ne so nulla di magia"
"A volte l'istinto ti fa scoprire cose che nemmeno immagini di sapere. Resterai con me, finchè non avrai trovato la tua strada. Nel frattempo obbedirai alle mie regole e ti rivolgerai a me chiamandomi Maestro. E ora in piedi"
Il Ramingo si alzò andando verso la sua cavalcatura. Hanon vide che teneva anche un secondo cavallo con sè. Si alzò in piedi e si voltò ad osservare il tempio e la distesa di morti davanti ad esso.
"Qui non ti è rimasto più nulla" le disse la voce roca del Ramingo alle spalle "Allora, vuoi venire?"
Quale altra scelta aveva? Se davvero aveva usato la magia, se possedeva veramente dei poteri e quell'uomo poteva insegnarle ad usarli, poi avrebbe potuto vendicare quella strage, perchè ne avrebbe avuto i mezzi.
Si voltò verso l'uomo, che la sovrastava da sopra la cavalcatura.
"Sì, Maestro"

Terzo capitolo e nuovo personaggio...chi sarà mai questo Ramingo? Di sicuro non ce nelibereremo facilmente ;) spero di avere incuriosito vecchi e nuovi lettori...
Grazie a tutti!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Twins

CAPITOLO 4

Furono mesi intensi per Hanon. Il Ramingo si rivelava sempre più misterioso, con viso in penombra e quei soli occhi azzurri a dargli una parvenza umana, aspetto che rispechchiava la sua riservatezza. Ogni qual volta Hanon cercava di scoprire qualcosa del passato del suo maestro, questi cambiava discorso o le rispondeva con un prolungato silenzio. In compenso voleva sapere qualsiasi cosa riguardo la vita della ragazza, le aveva chiesto qualsiasi minimo particolare sul suo passato, sui suoi genitori e su di lei. Diceva che erano informazioni fondamentali per poterle insegnare al meglio tutto quello che avrebbe dovuto imparare, ma Hanon non ci aveva mai creduto. Il luccichio che si accendeva negli occhi del Ramingo ad ogni sua parola le faceva crescere ogni giorno il sospetto. Avrebbe giurato di averlo visto persino piangere l'ennesima volta che gli aveva raccontato di lei e di Murtagh, quando aveva tre anni. Chiedeva insistentemente di ascoltare quella storia, lo desiderava ardentemente e quando Hanon gli diceva che gliel'aveva già raccontata, lui rispondeva solamente "Solo un'altra volta, l'ultima". Ma non era mai l'ultima.
In fondo, però, ad Hanon serviva rivivere quel momento. Ad ogni nuova narrazione, pensava intensamente al viso sofferente del bambino e lo confrontava con quello del ragazzo del ruscello. Anche il suo viso era sofferente, segnato dal dolore, forse proprio quel dolore che il cavaliere Morzan aveva inflitto a suo figlio, tantissimi anni prima. Forse il ragazzo del ruscello era davvero il figlio di Morzan.
Ai racconti della sera, però, si alternavano i duri allenamenti del mattino. Hanon era stata costretta ad abbandonare i suoi abiti da contadina per sostituirli con pantaloni e corpetto di pelle, che la rendevano innaturalmente temibile. Fortunatamente erano quasi sempre ben nascosti sotto il mantello nero, che non si toglieva se non per lavarsi. L'unico pregio di quegli abiti era la comodotà. Le davano la giusta libertà per eseguire i difficili movimenti con la spada che il Ramingo le insegnava. Le aveva persino procurato - non voleva sapere come - una piccola spada ad una mano, leggera e poco ingombrante durante gli spostamenti, e le aveva insegnato a fabbricarsi un arco e delle frecce, l'unica arma che era in grado di usare già dalla sua permanenza al tempio, per poter cacciare insieme a Galet e agli altri sacerdoti.
In poco tempo divenne una guerriera discretamente abile e una maga mediocre, ma per sopravvivere era abbastanza. Solo che il tempo di sopravvivere stava per finire.
Un giorno, circa al settimo mese del suo apprendistato col Ramingo, lui ed Hanon giunsero alle porte di Uru'baen. Subito la città le mise un certo timore. Su tutto spiccava il possente palazzo del re, un tempo la sua casa, scuro e inquietante esattamente come lo aveva visto il giorno della sua partenza per il tempio, insieme a lady Selena e Olga.
"Chissà se vivono ancora lì?" si chiese Hanon, pensando a loro.
Seguì il Ramingo all'interno della città, fino ad una bettola dove affittarono due stanze e rimasero a fare cena. La ragazza notò una certa irrequietezza nell'uomo, che continuava a guardarsi intorno e a stringersi nel suo mantello, quasi volesse diventare invisibile. Quando poi alcuni soldati entrarono nella locanda, il Ramingo si chinò totalmente sul tavolo.
"Maestro, va tutto bene?" gli domandò Hanon a bassa voce, senza perdere d'occhio i soldati. Da sotto il cappuccio vide che il Ramingo aveva gli occhi chiusi e respirava a fondo. Non le rispose, così la ragazza tornò a concentrarsi sul suo piatto di quella che doveva essere zuppa d'avena.
Solamente quando la sala si fu svuotata, il Ramingo parlò.
"Uru'baen. E' qui che tutto è cominciato, anni fa" disse quasi parlasse a sè stesso.
Incuriosita, Hanon si sporse un po' di più verso di lui, pronta ad ascoltare senza interromperlo.
"Un tempo ero al servizio del re. Mi aveva insignito di uno dei gradi maggiori del suo esercito. Mi potevo considerare l'uomo più felice della città, avevo un ruolo importante nel regno e una moglie che mi amava. Bastò un niente a farmi perdere tutto, lavoro, moglie e figli. Mi ridussi a vagare ubriaco tra le bettole di Uru'baen, come questa, in preda allo sconforto e alla solitudine. Finchè non rimasi senza un soldo nemmeno per pagarmi da bere. Allora tentai il gesto estremo, legai una corda ad una trave in una stalla e con l'altro capo ricavai un cappio. L'avevo già stretto intorno a me quando sentii delle urla di donna provenire da fuori. La donna poi entrò di corsa nella stalla, seguita poco dopo da due uomini incappucciati e armati. Si era messa in trappola da sola, poveretta. Nessuno dei tre si era accorto di me, quindi cercai di fare finta che non ci fossero. Ma quelle urla disperate non riuscivrono a restarmi indifferenti, così mi liberai del cappio e sistemai i due uomini, senza troppe difficoltà. Stavo per tornare al cappio, quando la donna mi chiamò e mi ringraziò stringendomi la mano, prima di uscire dalla stalla. Rimasi a pensare per quasi un'ora davanti al cappio, quindi lo slegai, tenendomelo per un'altra occasione.
"Il giorno dopo, camminando in un vicolo, rividi quella donna, riversa a terra e sanguinante, con tutte le vesti strappate. Era ancora in vita, ma tutti i miei sforzi per salvarla furono vani. Mi morì fra le braccia, ma solo dopo avermi sorriso. Da quel giorno giurai a me stesso che non sarebbero più capitate cose del genere. Per un po' vagai per la città, nascondendomi nella penombra e cogliendo alla sprovvista i malviventi e i briganti. Poi decisi di insegnare tutto ciò che sapevo a qualcun altro, qualcuno con delle potenzialità che potessero essere coltivate per scopi nobili. E ho trovato te"
Il Ramingo alzò il capo per guardare Hanon. Aveva gli occhi lucidi, ma dall sguardo capì che non aveva perso una parola del suo racconto. Le prese una mano tra le sue.
"Io qui ho trovato la mia strada, per questo ti ci ho portato. E' stata una città maledetta per entrambi, ma per me è diventata la mia missione. Può esserlo anche per te. Ti ho dato i mezzi perchè possa esserlo, sta a te decidere se usarli per qualcosa di buono o solo per la mera vendetta che non vedi l'ora di compiere dal giorno del nostro incontro"
Hanon abbassò lo sguardo, colpita in pieno, ma si rese conto che il desiderio di vendetta si era col tempo assopito. Ritornò però a guardare il Ramingo con uno sguardo spaurito.
"Sono solo una ragazza, Maestro. Come faccio ad andare avanti da sola in questa città? Voi avevate esperienza ed eravate molto più forte e capace di me..."
"Da sola devi solo trovare la tua strada, poi come seguirla è una tua decisione di secondaria importanza. Io voglio solo assicurarmi che tu faccia la scelta giusta per te"
"Ma come faccio..."
"Domani. Ci penseremo domani"

Capitolo un po' corto, in preparazione alle novità del prossimo :)
Grazie a tutti i lettori visibili e invisibili e a chi ha messo questa storia tra i preferiti!

Nota del 23/12: scusate, mi ero dimenticata di mettere le virgolette :D

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Twins

CAPITOLO 5

La notte di Hanon fu scossa da numerosi incubi, in cui ogni volta si trovava da sola, in mezzo ad un bosco o nel deserto, oppure persa tra le strade tortuose di un'ignota e oscura città. E in ogni situazione il Maestro la abbandonava a se stessa, le voltava le spalle e se ne andava a cavallo del suo destriero, il mantello al vento, senza nemmeno voltare lo sguardo per dirle qualche parola di incoraggiamento. Quando si svegliava controllava subito che il Ramingo fosse ancora nella stanza, a dormire nel grande letto di fronte alla sua piccola branda. Con gran sollievo l'aveva sempre trovato, tutte le volte,
tranne la mattina.
Hanon trovò il letto completamente rifatto e tutti gli effetti del Maestro erano spariti, nella stanza erano rimaste solo le poche cose che appartenevano alla ragazza. Hanon iniziò ad agitarsi, ad avere paura, ma cercò di mantenere la calma, come il Maestro le aveva sempre insegnato. Indossò il suo mantello e si calò il cappuccio sul viso, precauzione che in quei mesi aveva imparato a prendere prima di ogni suo movimento, poichè, secondo il Maestro, aiutava a passare inosservati. Infatti, con molta facilità, Hanon uscì dalla locanda senza attirare l'attenzione di nessuno e si ritrovò in strada. Era ancora mattina presto e il sole stava sorgendo timido, sebbene le mura di Uru'baen lo nascondessero ancora alla vista di chiunque eccetto i soldati di guardia in cima ai torrioni. Le strade erano perlopiù deserte, eccezion fatta per la via principale, dove i mercanti erano già indaffarati a montare le loro bancarelle per il mercato.
"Sicuramente si terrà lontano dai posti affollati" pensò la ragazza, imboccando una viuzza stretta alla sua sinistra.
Non sapeva nemmeno lei dove andare a cercare il suo maestro, così prese a girare per la città quasi a caso, sicura solo del fatto che doveva evitare le vie principali. Con grande sorpresa, dopo un po' si ritrovò davanti a quella che una volta doveva essere una stalla, ma che ora risultava essere solo un groviglio di pezzi di legno caduti a terra e in balia delle termiti. Subito le tornò in mente il racconto che il Ramingo le aveva narrato la sera precedente.
"Forse è questa la stalla" le venne in mente, e le tornò anche la speranza di ritrovare il suo Maestro "Magari è tornato qui per rivedere il luogo dove tutto è cominciato per lui"
Avanzò verso le macerie e, attaccato ad un pezzo di trave, trovò un cappio. Il terrore la assalì e Hanon prese a guardarsi intorno per vedere se il Maestro aveva effitavamente compiuto quel folle gesto che anni prima aveva rimandato. Non c'era traccia di alcun corpo negli immediati paraggi, ma ciò non tranquillizzò Hanon. Improvvisamente un urlò arrivò da dietro le sue spalle, un urlo di donna, accompagnato dal pianto di un bambino. Quasi istintivamente, Hanon si diresse verso la fonte da cui provenivano le voci. Era una piccola abitazione di povera gente, che viveva di ciò che il piccolo orto dietro la casa poteva concedere loro. La donna era con le spalle contro la parete della casa, appena fuori dalla porta, e un uomo la teneva per il collo con un coltello puntato alla gola. Stessa cosa per il bambino, tenuto per i capelli da un altro uomo e col coltello stavolta puntato alla schiena.
"Vi prego, lasciateli andare!" implorava quello che doveva essere il padre ad altri due uomini, che invece di prestargli ascolto contavano le poche monete contenute in un misero sacchetto di liuta. Quando ebbero finito, uno dei due sollevò lo sguardo e rivolse all'uomo un ghigno.
"Sono spiacente, Lother, ma questo non basta a ripagare il debito che hai col nostro padrone, quindi ci vediamo costretti a prendere la tua bella mogliettina e il bambino come...diciamo garanzia che presto ripagherai il debito con tanto di interessi. Andiamo ragazzi!" intimò poi l'uomo ai suoi compagni, che trascinarono la donna e il bambino verso la città, nonostante cercassero di opporre resistenza.
Hanon, che aveva visto tutto da poco distante, era cieca dalla rabbia e sul punto di intervenire, quando una mano le si posò sulla spalla, facendola sobbalzare. Appena si voltò, un'altra mano le coprì dolcemente la bocca, per evitare che un eventuale urlo attirasse l'attenzione degli uomini. Ma Hanon non urlò, tanto profondi erano gli occhi del ragazzo che si trovava davanti a lei. Di un azzurro intenso, leggermente più scuro di quello degli occhi del Ramingo, si accostavano perfettamente ai capelli biondo miele che spuntavano da sotto il cappuccio e davano al viso del ragazzo un'aria sveglia e astuta.
Vedendo che non c'era pericolo di urli, il ragazzo tolse la mano dal viso di Hanon e guardò in direzione della casa. Gli uomini non se ne erano ancora andati e Lother sembrava stesse tentando una contrattazione.
"Povero Lother" sussurrò tra sè il ragazzo.
"Lo conosci?" gli chiese Hanon, incuriosita.
Il ragazzo non le rispose, ma teneva lo sguardo fisso sulla casa, come a studiarne ogni minimo dettaglio, quindi, senza distogliere lo sguardo, si rivolse ad Hanon.
"Sai combattere?" le chiese sbrigativamente.
"Sì, mi hanno insegnato qualcosa, ma..." rispose la ragazza incerta, ma il giovane la interruppe subito.
"Bene, allora pensa al bambino e alla madre. Io mi occupo di Lother"
Quindi si allontanò velocemente, senza lasciarle il tempo di replicare. Tornò allora ad osservare la situazione. La contrattazione non era andata a buon fine e Lother giaceva a terra con le braccia attorno al ventre, dolorante, mentre gli uomini avevano ripreso ad allontanarsi verso il centro della città.
D'improvviso i due che aveva parlato con il contadino vennero sbattuti a terra da qualcosa di invisibile. Tutto il gruppo si fermò, sorpreso. I due uomini si rialzarono e presero a guardarsi intorno, per capire cosa fosse successo, ma sembrava tutto tranquillo. Poco dopo vennero risbattuti a terra, ma stavolta Hanon riuscì ad intravedere qualcosa. Alzando lo sguardo, poi, vide che appollaiato sul tetto di una casa c'era il ragazzo di prima, abbastanza divertito dalle facce confuse degli uomini.
Anche Hanon decise di intervenire e, avvicinatasi ad una scala che portava in cima ad un muretto, iniziò a gattonare finchè non arrivò esattamente sopra gli altri due uomini con gli ostaggi. Anche loro sembravano confusi e si stavano guardando intorno abbastanza intimoriti. La situazione iniziò a divertire anche lei, così si alzò in piedi sul muretto e si tuffò di testa verso gli uomini, poggiando poi le mani una su ciascuna testa e facendole scontrare l'una contro l'altra. Quindi atterrò silenziosamente e andò ad infilarsi in un vicolo stretto lì nei paraggi. I due uomini cadderò a terra intontiti, lasciando liberi la donna e il bambino. Subito Hanon li chiamò con un bisbiglio, dicendo loro di entrare con lei nel vicoletto. Uno dei due uomini, che non era svenuto, però se ne accorse seguì velocemente la donna, riuscendo a prenderla per un lembo della gonna. Prontamente Hanon afferrò la donna per la vita e la trascinò nel vicolo, portandosi appresso l'uomo, che però ricevvette un destro in faccia dalla ragazza che lo fece stramazzare a terra. Dopodichè lo trascinò nel vicolo e lo legò con della corda, quindi fece lo stesso con l'altro uomo.
Uscita dal vicolo, Hanon vide che il ragazzo era alle prese con l'ultimo superstite della banda. Doveva essere riuscito a stendere il primo con facilità, ma questo era un osso duro e sapeva come muoversi. Impugnava un coltello, mentre il giovane era disarmato, ma con la sua agilità riusciva a schivare tutti i colpi dell'uomo. Infatti, con un movimento rapidissimo, si portò sotto l'uomo, lo prese per il braccio armato e lo sbattè a terra. Quindi gli prese il coltello dalla mano e iniziò a giocherellarci. Quando Hanon fece per avvicinarsi, però, glielo puntò contro, obbligandola a fermarsi. La ragazza lo guardò allibita, ma vide che lui stava sorridendo sereno. Poco dopo il ragazzo prese il coltello per la lama e lo lanciò ai piedi di Hanon, dove si conficcò nel terreno.
"Sei brava. Ti servirà" disse semplicemente, prima di sparire ad una velocità impressionante, senza nemmeno darle il tempo di fermarlo.
Hanon si chinò e prese il coltello, ma quando si rialzò si ritrovò faccia a faccia col Ramingo e dallo spavento fece un balzo all'indietro. Il Maestro le stava sorridendo anche lui, felice e soddisfatto.
"Hai trovato la tua strada" le disse, quindi le porse un pugnale riccamente decorato e coperto da un fodero rosso "Prendilo. Ti servirà"
Hanon afferrò il pugnale con titubanza e lo sfoderò. Vide che la lama era rossa come il fodero e risplendeva alla pallida luce del sole che iniziava a farsi vedere da dietro le mura.
"Grazie Maes..." fece per dire la ragazza, sollevando lo sguardo, ma anche il maestro era sparito, lasciandola veramente sola.


Chiedo ancora perdono per l'incidente del capitolo precedente!!
Lo so, continuano ad entrare in scena nuovi personaggi, ma prometto che questo misterioso ragazzo sarà l'ultimo!!
Grazie a tutti i lettori e commentatori, continuate a seguire mi raccomando!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Twins

CAPITOLO 6

Sola. Come mai lo era stata prima. E senza sapere che fare della sua vita.
“Hai trovato la tua strada” le aveva detto il maestro, ma quale strada? Di fronte a sé vedeva soltanto un baratro di incertezze, un futuro che non riusciva a vedere, che si perdeva per le strade della capitale. Lo sconforto iniziò ad impossessarsi di Hanon, il cui terrore più grande era diventato realtà. Anche se orfana, sin da bambina non l’avevano mai lasciata sola. Prima Olga e lady Selena, poi Galet e i sacerdoti, infine il Maestro. C’era sempre stato qualcuno al suo fianco, a guidarla, confortarla, farle compagnia. Ma alla fine se ne erano andati tutti, chi per volontà propria, chi per quella degli altri.
Una mano ruvida ma dolce la fece tornare alla triste realtà. Hanon si voltò e incontrò gli occhi della donna che aveva salvato poco prima, colmi di gratitudine.
"Grazie di cuore" le disse con voce rotta dalla commozione "Come ti chiami?"
Una cosa fondamentale che il Maestro le aveva insegnato era mantenere nascosta la propria indentità. Nemmeno lei sapeva chi fosse veramente il Ramingo, ma era stata al gioco. Ora però il gioco doveva guidarlo lei, era tutto nelle sue inesperte mani.
Non rispose, ma continuò a fissare gli occhi dolci di quella donna. Sentì nascere in lei qualcosa di nuovo, una voglia inattesa di sentirsi dire “Grazie” ancora molte volte, di vedersi rivolgere sguardi come quello ogni giorno, di meritarsi sguardi come quello.
La voce dell’uomo, roca ma calda, attirò la sua attenzione.
"Non ci conosci nemmeno, eppure non hai esitato ad aiutarci. Ci piacerebbe conoscere il tuo nome e magari anche ricambiare il favore"
"Non posso dirvi il mio nome" rispose infine Hanon, dopo aver recuperato un po’ di sicurezza "e vi ringrazio per l’offerta, ma non voglio niente in cambio, come non ha voluto niente quel ragazzo"
"Lui scappa sempre" le disse il bambino.
"Infatti, non ci ha mai lasciato la possibilità di ricambiare" aggiunse il padre "eppure tutta la città lo conosce, anche se nemmeno lui ha mai voluto dire il suo nome. Anzi, per la verità non ha mai lasciato il tempo a nessuno di chiederglielo"
Un leggero sorriso si disegnò sul volto semicoperto di Hanon, che subito ebbe un’idea. Se quel ragazzo era come lei, forse potevano collaborare, e lei non essere più sola. Magari era proprio lui la strada che il maestro intendeva.
"Ora devo proprio andare" disse semplicemente Hanon, lasciando la mano della donna e correndo verso la città.

Ogni giorno che passava quel cunicolo gli sembrava più lungo e stretto. L’aveva scoperto da bambino, insieme al suo migliore amico, e gli era sembrata una galleria immensa. Ora invece doveva stare leggermente chinato per passare, e questo lo rallentava non poco. Fortunatamente solo lui e il suo amico erano a conoscenza di quel passaggio segreto, quindi non correva alcun rischio. Portava direttamente fuori dalle mura del palazzo, sbucando nella cantina di una vecchia conceria. Al ritorno, invece, si sbucava dietro un arazzi in una delle innumerevoli stanze del bastione.
Raggiunse finalmente l’uscita. Poteva sembrare un vicolo cieco, ma spingendo il mattone giusto della parete, questa si spostava lateralmente per permettergli di entrare nella stanza. Scostò l’arazzo raffigurante uno dei tanti momenti di una delle tante battaglie che avevano sconvolto Alagaesia, tirò verso il basso la mano del gobelin appeso alla parete, chiudendo l’entrata del passaggio, trasse un sospiro di sollievo e si tolse il cappuccio, scoprendo la folta chioma di capelli lisci e biondi, un po’ spettinati.
"Prima o poi ti caccerai nei guai" disse una voce alle sue spalle.
Il ragazzo sobbalzò, ma riconoscendo la voce non potè fare a meno di sorridere.
"Ci siamo cacciati molte altre volte nei guai, se non ricordo male" rispose voltandosi.
"Sì, e siamo stati anche puniti abbastanza severamente, anche solo per una mela rubata dalle cucine"
"Con questo vuoi dire che se il re mi scoprisse a sgattaiolare qualche volta fuori dal palazzo attraverso un passaggio segreto, la punizione sarebbe molto peggiore?"
"No, voglio dire che se il re scoprisse quello che fai in città, mio caro Sem, quando sgattaioli fuori dal palazzo attraverso un passaggio segreto che sbuca direttamente in camera mia, dubito che la nostra testa resterebbe attaccata al collo"
"Il re non potrebbe mai ucciderti, lo sai Murtagh"
"Non se trova qualcun altro per sostituirmi"
"E rinunciare al potere di due draghi perché io sgattaiolo fuori dal palazzo attraverso un passaggio segreto che sbuca in camera tua? Non è nella sua indole"
"Forse hai ragione" rispose Murtagh, sorridendo e andando a salutare l’amico.
"Cos’hai combinato oggi contro l’autorità?" gli chiese poi, invitandolo a sedere sulla poltrona di fronte al letto a baldacchino e appoggiandosi ad una delle colonnine finemente lavorate che reggevano la copertura.
"Ho salvato Lother dai creditori. Pover’uomo, non gli danno tregua"
"Beh, si è indebitato e deve pagare"
"Su questo hai ragione, ma con tutta la crisi dovuta agli scontri coi ribelli è difficile trovare una somma del genere, specialmente per una famiglia come la sua. In più volevano prendere in ostaggio la moglie e il figlio"
"È orribile"
"Già, ma ho trovato fortuitamente un alleato, anzi un’alleata"
Sem rivolse uno sguardo ammiccante all’amico, che gli rispose con un’occhiata incuriosita.
"Se ne stava dietro l’angolo ad osservare la scena, allora sono andato da lei e l’ho coinvolta. Non se l’è cavata male, ma si vede che è alle prime armi e deve imparare"
"E poi?"
"Me ne sono tornato qui"
"L’hai lasciata da sola nella città dopo che ti ha aiutato ad andare contro la legge? Sarà ricercata da quegli aguzzini per tutta la vita!"
"Saprà cavarsela, ne sono sicuro. E comunque domani tornerò in città, chissà che non la rincontri. o magari sarà lei a cercare me"
"Le hai detto chi sei?"
"Assolutamente no, e non so nemmeno chi è lei. Ma qualcosa mi dice che, in un modo o nell’altro, la rivedrò"


Salve a tutti!
Sappiamo qualcosina di più su Sem, ma non troppo, il bello deve ancora venire :)
Ringrazio lettori, commentatori e preferitori (non so se si dice così, ma suonava bene :D), continuate così!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Twins

CAPITOLO 7

Come ogni giorno, anche quella mattina Sem si alzò dal suo letto che il sole era già alto. La donna che gli aveva tenuto compagnia quella notte era già tornata al suo bordello in città, le serve gli avevano portato la colazione in stanza e preparato i vestiti puliti sulla poltrona di fronte al letto. Molto lentamente e svogliatamente, il ragazzo uscì dalle coperte candide e stropicciate, si limitò a bere il bicchiere di latte sul vassoio, lasciando perdere le uova e il pane, quindi si vestì e andò ad affacciarsi alla finestra.
Era una delle tante che si affacciavano direttamente sulla frenetica capitale del regno, ma Sem aveva sempre avuto buoni motivi per credere che nessuno si fosse mai affacciato a guardarla. Era un grosso formicaio, dove mercanti carichi della loro merce lasciavano il passo ai temibili soldati in armatura e drappi rossi, per poi riprendere la loro strada poco dopo e raggiungere botteghe o bancarelle di vario genere e dimensione. Il tutto incorniciato nella magnifica schiera di altissimi palazzi che affiancavano le vie principali e le vivacizzavano coi loro colori e le loro poliedriche fantasie. La città ideale, quella che tutti da quella finestra avrebbero visto con piacere. Ma Sem non aveva solo visto, aveva guardato. Era andato oltre quel brulicare di persone, oltre quei palazzi e quei colori, per andare dove tutto era nero, buio, desolato. Seguendo con lo sguardo la via principale, al primo piccolo e seminascosto svincolo seguiva il vicolo laterale, dietro i palazzi, lo guardava farsi stretto, putrido e minaccioso e quindi aprirsi nella vera Uru’baen, una città nera, maledetta, infestata dalla peggior feccia umana, dove delinquenti e usurai banchettavano sulle spalle di creditori e malcapitate vittime, dove i primi delinquenti e i primi usurai erano proprio quei soldati e quei mercanti che la mattina si impegnavano a dare alla città un aspetto confortevole e sicuro, ma che la sera si univano a coloro che la mattina condannavano a parole, per agire in modi anche peggiori.
Era su quella la città che pochi mesi prima si era impegnato a vigilare, al cui servizio aveva messo tutto ciò che aveva imparato. Era stata una promessa che aveva fatto al suo migliore amico Murtagh, quel giorno di qualche mese prima in cui lo aveva ritrovato dopo tanto tempo, impotente e senza più speranza in corpo, con un cucciolo di drago cresciuto troppo in fretta al suo fianco. Aveva ascoltato la sua storia, assaporato il sapore della libertà di vivere e di scegliersi il proprio destino che Murtagh aveva per qualche tempo vissuto insieme ad Eragon, aveva sentito quel nome che ancora in quei giorni riecheggiava per i corridoi del palazzo, provando stima per quel giovane ragazzo che si era schierato contro il regno, che per giunta era fratello del suo amico, anche se inconsapevolmente. Per Murtagh ed Eragon, quel giorno, aveva promesso che avrebbe difeso la sua città, dato speranza a chi non ne aveva, in attesa di quella grande rivolta che avrebbe risanato tutta Alagaesia e le avrebbe ridato la libertà.

Tre colpi di seguito e uno ritardato, era quello il segnale che avevano accordato per le partenze verso la città. In quel momento Murtagh era sempre in stanza a meditare, in contatto mentale con Castigo, e al segnale apriva la porta della sua stanza senza nemmeno alzarsi né deconcentrarsi.
Sem entrò e si richiuse velocemente la porta alle spalle. Non provò nemmeno a salutare Murtagh, certo che non avrebbe ricevuto risposta, ma si diresse subito verso il goblin alla parete, a cui era appeso il suo mantello, se lo infilò e tirò la zampa della creatura di pietra verso il basso, aprendo il passaggio dietro l’arazzo. Aveva già un piede tra l’arazzo e l’entrata, quando la voce di Murtagh lo richiamò nella stanza.
"Andrai a cercare quella ragazza?" chiese con voce atona il cavaliere, senza spostarsi di un millimetro.
"No. Come ti ho detto, sarà lei a trovare me" rispose Sem senza troppe preoccupazioni.
"Se non la trovano prima gli altri"
"È in gamba, non si farà prendere"
"Come puoi esserne certo?" domandò Murtagh senza cambiare tono "Non puoi dire di conoscerla così a fondo dopo solo qualche momento passato al suo fianco"
"Senti, ma perché ti preoccupi per lei? Non me ne preoccupo io che l’ho incontrata, perché dovresti farlo tu?"
"Perché qualcuno il buon senso ce lo deve mettere, Sem!" rispose perentorio Murtagh, voltandosi di scatto verso l’amico, rimasto impietrito dal suo repentino cambio d’umore "Ti sei lasciato prendere la mano, la tua smania di fare il guerriero vendicatore ti ha fatto perdere la visione realistica delle cose e ti ha spinto a coinvolgere nelle tue azioni una persona che non c’entrava nulla, che magari era solo di passaggio e che ora potrebbe essere nei guai fino al collo!"
"L’ho tenuta d’occhio tutto il tempo! Non si è fatta vedere! Era impossibile distinguerne anche un solo tratto di viso, nemmeno io ci sono riuscito!" urlò Sem di rimando.
Subito dopo cercò di calmarsi e tornò ad un tono di voce normale "È stata addestrata, l’ho visto nei suoi movimenti, nel suo corpo, ha un’agilità non comune. Forse le manca l’esperienza ma non i mezzi. Non sono uno stolto, Murtagh. L’ho osservata prima di coinvolgerla, non è stata una scelta casuale"
"Mi auguro con tutto il cuore che tu abbia ragione" rispose il cavaliere prima di rimettersi a meditare, lasciando l’amico alla sua missione giornaliera.


Capitolo breve, ma di introduzione a ciò che accadrà dopo, e vi prometto che le cose si faranno interessanti...i destini dei nostri eroi inizieranno ad incrociarsi in un modo che spero vi risulti interessante :)
Per adesso buona lettura!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Twins

CAPITOLO 8

C’era un solo posto dove si poteva venire immediatamente a conoscenza di qualsiasi problema della città e quel posto Sem lo conosceva bene. Andava in quella bettola ogni giorno verso il primo pomeriggio, sicuro di trovarla semivuota, si sedeva al banco e parlava con l’oste, un uomo nerboruto e dalla faccia simpatica che aveva il grande dono di riuscire a sapere tutto ciò che si poteva sulla città e i suoi abitanti. Da lui Sem veniva a sapere se qualcuno era in imminente pericolo o meno. In cambio il ragazzo consumava abbondanti porzioni di ciò che l’altrettanto nerboruta moglie dell’oste preparava, pagando profumatamente, perché l’importante per l’oste era “Riempire gli stomaci dei clienti, ma soprattutto le sue tasche”.
Anche quel pomeriggio, dopo essere sbucato dalla cantina della conceria, Sem si diresse verso la bettola, percorrendo le strade più anguste e puzzolenti della città. All’entrata, quasi a fare la guardia, due uomini ubriachi giacevano scomposti su due sgabelli, profondamente addormentati e con le bottiglie completamente vuote ancora in mano. Sem sorrise nel sentire il loro sonoro russare ed entrò nella bettola, come al solito quasi del tutto deserta. Le poche persone che erano presenti sapevano del suo strano appuntamento giornaliero con l’oste e alla sua comparsa si dileguarono dal bancone, prendendo posto nei tavoli della sala il più lontano possibile, come più volte l’oste si era raccomandato. Allora il ragazzo si sedette su uno dei pochi sgabelli che gli ispiravano stabilità e, guardando l’oste negli occhi, tirò fuori un sacchetto di pelle tintinnante di monete. L’uomo sorrise e, senza distogliere lo sguardo da Sem, urlò distintamente: "Sabina, il solito!"
L’unica risposta che ottenne fu un rumore di piatti e pentole che cozzavano.
"Non ci vorrà molto" disse l’uomo a Sem, sempre sorridente, mentre gli porgeva la pinta di birra con cui solitamente accompagnava il suo pasto.
"Come vanno gli affari, Rufus?" chiese il ragazzo prima di bere un sorso dal boccale.
"Al solito, come tutti i giorni. I nuovi clienti sono pochi e sempre poco disposti a pagare"
"Per fortuna rimangono i clienti fedeli"
"Già, per fortuna"
"Che mi sai dire?"
"La baruffa di ieri ha creato non poco scompiglio in città. Mercanti ed esattori meditano vendetta contro di te, ragazzo mio, e non esiteranno a chiedere aiuto al re"
"Direi che il problema non persiste"
In quel momento Sabina si affiancò al marito, porgendo a Sem il piatto caldo e prendendo avidamente il sacchetto di monete che era rimasto sul bancone, per poi dileguarsi in cucina.
"Invece ne persiste un altro" riprese Rufus dopo che la moglie si era allontanata.
"Sarebbe?" domandò curioso Sem, prima di mandare giù un boccone della zuppa di cereali.
L’oste si guardò intorno, per accertarsi che orecchie troppo lunghe potessero sentire, quindi si chinò sul bancone e parlò con un tono di voce notevolmente basso, tanto che lo stesso Sem fece fatica a capire.
"Quella ragazza…" disse l’oste.
"Ragazza?"
"Sì, quella che ti ha aiutato. La stanno cercando, stanno cercando entrambi"
"Qual è il problema, Rufus? Sono mesi che mi cercano e non mi hanno mai trovato. E sono sicuro che la ragazza saprà cavarsela. Magari è già partita da Uru’baen, per quanto ne sappiamo"
"Invece è ancora qui"
"La città è grande, c’è un’infinità di posti per nascondersi"
"Non intendevo questo. È qui, nella mia locanda, da almeno tre giorni"
Sem non seppe se restare spaventato o positivamente sorpreso dalla notizia. Le sue sensazioni si erano rivelate giuste, in un certo senso, andando ad alloggiare nella bettola, la ragazza era venuta da lui. Ma tutto ciò poteva anche rivelarsi rischioso. La sua presenza lì poteva condurre l’esercito nel posto da cui tutte le sue “missioni” partivano e mettere la sua posizione seriamente a rischio. C’era solo un modo per rimediare.
"L’hai vista lasciare la locanda oggi?" chiese Sem.
"Sì, è uscita stamattina presto, prima che sorgesse il sole dalle mura. Sembrava di gran fretta"
“Maledizione” pensò Sem tra sé e sé “Non resta che aspettare che ritorni”
"Che mi sai dire di lei?" domandò ancora il ragazzo.
"Poco o nulla, eccetto una cosa. Quando è venuta qui, non era sola"
"Chi l’accompagnava?"
"Un uomo sempre incappucciato, col viso sempre in ombra anche quando il sole vi batte contro, e con due occhi di ghiaccio che farebbero impietrire un esercito di Kull"
"Il Ramingo…" disse Sem a voce bassissima, quasi temesse di pronunciare quel nome.
"Sì…se n’è andato ieri, ma ha voluto che la ragazza rimanesse qui. Ha pagato il suo alloggio per almeno un mese"
"È troppo rischioso lasciarla qui, verremmo scoperti anche noi"
"Perché non ne parli con lei? Sta arrivando…ma attento, è abbastanza di cattivo umore"

Tutte le sue ricerche erano state un buco nell’acqua. Era entrata nei posti più malfamati della città, visto le persone peggiori e, suo malgrado, assaporato gli aliti più pestilenziali della sua vita, per niente. Era esausta, amareggiata e affamata. Passò i due ubriachi all’entrata senza degnarli di uno sguardo, quindi si diresse al bancone dell’oste, deserto, chiedendogli se potesse portagli una ciotola di zuppa e un bicchiere d’acqua.
"Mi sembrate stanca" rispose l’oste "Perché non salite in camera? Vi faccio portare tutto lì"
Hanon accettò di buon grado, pur restando particolarmente sorpresa dall’offerta, quindi si diresse alla sua stanza, entrò e si richiuse la porta alle spalle. Si tolse quindi il mantello e, dopo averlo gettato su una sedia lì vicino, si distese sul letto, decisa a godersi un po’ di riposo prima dell’arrivo del pranzo. Chiuse immediatamente gli occhi, ma poco dopo la sensazione di un respiro caldo sul suo viso la obbligò a riaprirli, facendola trovare faccia a faccia con quegli occhi azzurro intenso e quei ciuffi di capelli biondi che tanto aveva cercato quella mattina. Il ragazzo, però, le stava puntando un piccolo pugnale alla gola e sul suo viso era disegnato un ghigno poco rassicurante.
"Da questa posizione potrei ucciderti senza sforzi, eppure non sembri affatto spaventata" disse il ragazzo, non riuscendo a celare un minimo di sorpresa.
"Sicuro di essere in una posizione così vantaggiosa?" domandò Hanon in risposta, facendo sentire meglio al ragazzo la lama del pugnale pronta a perforargli l’addome "Hai detto tu stesso che mi sarebbe servito"
Lo sguardo del ragazzo andò dal pugnale al viso di Hanon, che per la prima volta poteva vedere scoperto, e si meravigliò di quanto bello e delicato fosse e di quanta sicurezza riuscisse ad emanare. Lentamente allontanò il coltello dalla gola di Hanon, che fece lo stesso col suo, poi si rivolse di nuovo a lei, mantenendo il ghigno malefico.
"Ad essere sinceri, potrei farti un sacco di cose da questa posizio…"
Non riuscì a finire la frase, perché ricevette immediatamente una ginocchiata all’addome dalla ragazza, che subito dopo lo sbattè sul letto e gli andò sopra a cavalcioni, immobilizzandogli le braccia sotto le ginocchia e puntandogli il pugnale che aveva ancora in mano alla gola.
"Una vera allieva del Ramingo, eh?" disse il ragazzo, ancora col fiato corto per il colpo subito.
"Come fai a saperlo?" gli domandò Hanon, senza cambiare posizione.
"È l’unica cosa che so di te, ma se vuoi farmene scoprire altre non ci sono problemi…"
Come risposta Hanon avvicinò ancora di più la lama alla gola.
"Va bene, va bene, va bene! La smetto, lo giuro! In cambio, però, lasciami andare"
"Sei entrato nella mia stanza e hai tentato di uccidermi. Per quale motivo dovrei lasciarti andare?"
"Perché siamo entrambi ricercati, e perché io posso aiutarti a sfuggire alla cattura"
Dal piano di sotto si sentirono rumori di passi e di armature, quindi delle voci che impartivano ordini. Presa dall’agitazione, Hanon allentò la presa sul ragazzo, che subito ne approfittò per disarmarla e invertire le posizioni.
"Tranquilla, ne usciremo" le sussurrò all’orecchio "Ma devi fidarti di me"
"Non mi sembra di avere altra scelta"
Soddisfatto, il ragazzo le sorrise.


Salve a tutti, cari lettori! Eccovi il nuovo capitolo! Buona lettura e commentate se potete!!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Twins

CAPITOLO 9

Il tempo stringeva. Le guardie al piano di sotto sarebbero salite di lì a poco. Non poteva più esitare.
Il sorriso soddisfatto sparì dal viso di Sem mentre rapidamente toglieva dalla tasca un fazzoletto bianco e lo poneva sul viso della ragazza senza che lei potesse reagire. Dopo pochi istanti in cui cercò di liberarsi, la sentì cedere sotto l’effetto del sonnifero di cui era impregnato il fazzoletto e lasciarsi andare esanime sul letto.
“Mi spiace” le disse mentalmente, mentre scendeva dal letto. Quindi prese il mantello della ragazza per tenerla nascosta durante il tragitto e ritornò al letto per avvolgervela dentro. Esitò però a coprirle il viso, scoprendosi attratto da quei lineamenti dolci incorniciati dai capelli castani che si spargevano disordinatamente sul letto. Gentilmente le scostò una ciocca di capelli dal viso con una mano, portandogliela dietro l’orecchio, mentre con l’altra le voltò il viso addormentato verso di lui. Come ipnotizzato, Sem si accorse che la distanza tra il suo viso e quello della fanciulla diminuiva sempre di più, finché non arrivò a sentire il suo esile respiro sulla pelle e a sfiorarle il naso col suo.
Il rumore di passi sulle scale lo fece tornare in sé. Coprì velocemente il viso della ragazza e se la issò sulla spalla prima di correre verso la finestra. il salto fino a terra era di una decina di metri al massimo e l’edificio vicino alla bettola impediva di vedere nel vicolo grazie all’ombra che si proiettava fino a metà della locanda. I soldati erano ormai sul pianerottolo e sarebbero piombati nella stanza da un momento all’altro. Sem saltò nel vuoto, tenendo ben stretto il fagotto, e atterrò pesantemente sul terreno, riuscendo a fatica a tenersi in equilibrio, poi si appiattì più che potè contro il muro e lanciò uno sguardo alla strada. Un po’ di folla si era radunata all’entrata della bettola, incuriosita dall’arrivo dei soldati. La strada verso il passaggio segreto non era molta, ma con la ragazza sulle spalle ci sarebbe voluto un po’ più di tempo e in quei pochi secondi chiunque avrebbe potuto vederlo.
"Nessuno si accorgerà di te" disse una voce cristallina improvvisamente.
Sem portò d’istinto la mano alla cinta, cui teneva un piccolo pugnale per i casi d’emergenza, ma quando incontrò lo sguardo vispo e divertito del figlio di Lother, si rilassò un poco.
"Come hai fatto a vedermi?" gli chiese Sem a bassa voce.
"Ho sentito il tonfo quando sei atterrato, ma tranquillo, nessun altro se n’è accorto" rispose il bambino, notando lo sguardo allarmato di Sem "Sono tutti troppo occupati a vedere cose succede lì dentro"
"Sei sicuro?"
"Sicurissimo! Però devi fare in fretta"
"Giusto! Grazie piccoletto! Allora vado…e tu torna dalla mamma, non è un posto adatto a te questo"
Il bambino sorrise e si voltò verso l’entrata della locanda.
Sem fece un lungo respiro, si sistemò il fagotto sulla spalla e iniziò a correre più veloce che potè verso l’altro lato della strada. Gli sembrò una corsa interminabile, ma alla fine si ritrovò all’ombra del vicolo delimitato dai due edifici di fronte alla locanda. Aveva il cuore a mille e il respiro affannoso, come mai gli era successo, e stringeva le gambe della ragazza con tutta la forza. Si voltò verso la strada e incrociò lo sguardo del bambino che gli sorrideva divertito. Sem gli fece un cenno di ringraziamento, quindi gli diede le spalle e riprese il cammino verso il passaggio segreto.

"Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente?" urlò Murtagh con tutto il fiato in corpo. Entrando in stanza dopo un allenamento, il giovane cavaliere aveva trovato l’amico nella stanza mentre adagiava sul letto un fagotto nero. Non aveva nemmeno aspettato che Sem le scoprisse il viso per capire chi contenesse il fagotto e quali complicazioni portava con sé.
"Non sapevo come risolvere la situazione, questa era l’unica via d’uscita per tenerla al sicuro" rispose Sem, cercando di calmare l’amico.
"In compenso però finiamo noi sulla forca! Gran bella idea!"
"Cosa avresti fatto al mio posto?"
"Di sicuro non l’avrei portata a palazzo"
Un mugolio proveniente dall’altro lato della stanza interruppe la discussione tra i due ragazzi ed entrambi si voltarono verso il letto, dove la ragazza si stava risvegliando.
"Ascoltami bene, Sem" riprese Murtagh, parlando questa volta a bassa voce "Io non voglio avere niente a che fare con questa storia, perciò sbrigatela da solo, ma quando torno nella mia stanza, lei non deve più essere qui"
Senza nemmeno attendere una risposta, il cavaliere diede le spalle a Sem e se ne uscì sbattendo la porta.
Sem sbuffò, quindi si tolse il mantello e lo gettò su una sedia lì vicino prima di avvicinarsi al letto. La ragazza iniziava già a muoversi e poco dopo aprì gli occhi sbattendo più volte le palpebre. Si accorse quasi subito di non essere più nella stanza della locanda, così iniziò a guardarsi intorno, finché non incrociò lo sguardo di Sem sopra di lei.
"Dove accidenti mi hai portata?" chiese in tono ostile, seppur con voce insonnolita.
"Sei a palazzo" le rispose Sem, quasi rassegnato.
"Come scusa?"
"Ti ho portata nel palazzo reale di Uru’baen"
"E come hai fatto ad entrarci, si può sapere?"
"Ecco…io…ci vivo"
"Uno come te che vive a palazzo?"
"Incredibile, eh?"
"Un momento, le guardie reali mi stavano cercando, e tu mi hai portato nel palazzo reale? Ma ti sei bevuto il cervello?!? Hai deciso di mandarmi a morire?"
"No, non è mia intenzione, ma non sapevo che altro fare"
"E hai pensato bene di portarmi nella tana del lupo! I miei complimenti!"
"Ma perché dovete agitarvi tutti in questo modo?!? Una soluzione la si trova sempre"
"Allora trovala in fretta, voglio essere fuori da questa stanza il prima possibile"
La ragazza si liberò del mantello e scese dal letto, poi si guardò intorno con più attenzione. Riconosceva molti particolari di quella stanza, dalle fantasie della tappezzeria ai disegni sugli arazzi agli stucchi sul soffitto. In quella stanza era già entrata, molti anni fa.
"Questa…è la stanza di lady Selena" disse tra sé ad alta voce.
"Come scusa?" domandò Sem.
"Questa era la stanza di lady Selena" affermò la ragazza, questa volta convinta di ciò che diceva.
"Sì, ma tu come fai a saperlo?"
"Io qui ci vivevo"

Eccomi tornata!
Ringrazio come sempre lettori e commentatori :)
x Therys: ho letto le Guerre del Mondo Emerso, ed è possibile che mi sia ispirata un pochino, non so dirtelo con certezza perchè questi capitoli li ho scritti molto tempo fa e non ricordo sinceramente le mie fonti di ispirazione...comunque sono contenta che ti piaccia, spero commenterai anche questo capitolo, mi piacerebbe sapere che ne pensi :)

Alla prossima!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Twins

CAPITOLO 10

"In che senso 'ci vivevo'?" domandò Sem, vedendo nella rivelazione della ragazza uno spiraglio per uscire dal pasticcio in cui si era cacciato.
"Beh, non è stato per molto. Fino a quando avevo tre anni, poi mi hanno portata via. Dicevano che ero in pericolo" rispose lei, assorta nei ricordi e con un leggero velo di tristezza sul viso.
"Chi lo diceva?"
"Lady Selena. E anche Olga"
"Olga…la levatrice?"
"Sì. Lei e lady Selena sono state come delle madri per me"
"Capisco" assentì Sem, nonostante la sua mente vagasse tra altri pensieri. Il fatto che quella ragazza conoscesse Olga era un vantaggio più che notevole e un aiuto fondamentale per risolvere l’ingombrante situazione senza destare sospetti. Un piano stava lentamente prendendo forma nella sua mente, un piano che gli permetteva di non compromettere la sua reputazione ma che allo stesso tempo gli avrebbe dato ancora più libertà di azione.
"Vieni con me" disse sbrigativamente, prendendola per un braccio senza troppi complimenti e trascinandola fuori dalla stanza.
Dopo aver constatato che nessuna guardia fosse nei paraggi, Sem e la ragazza iniziarono a percorrere il dedalo di corridoi del palazzo, fino alla scala che conduceva al piano inferiore. Lì Sem si fermò sul primo scalino e si voltò verso la fanciulla.
"A proposito, non conosco il tuo nome"
"Perché dovrei rivelartelo?"
"Se vuoi uscire da questa situazione molto pericolosa per la tua incolumità, ti conviene dirmelo. Anche perché, dopo tanti anni, non so se Olga riuscirà a riconoscerti"
Il sorriso che si dipinse sul volto della ragazza fece intendere a Sem di aver ottenuto l’effetto desiderato.
"Olga è ancora qui?" domandò lei, piena di gioia e speranza.
Sem annuì col capo, ricambiando il sorriso, poi le chiese nuovamente il nome.
"Hanon" rispose lei, senza farsi pregare.
"Io sono Sem" ribatté il giovane mentre si voltava verso le scale, ma da dietro Hanon gli rivolse un "Grazie Sem" inaspettato, che lo costrinse a voltarsi.
Lo sguardo che incontrò era luminoso da togliere il fiato. A Sem sembrò di avere davanti una dama elfica al posto di una vagabonda senza casa né famiglia.
"…sarà meglio muoversi, prima che qualcuno ti veda…" balbettò in risposta, evitando quello sguardo magnetico e quegli occhi talmente azzurri da sembrare glaciali, ma allo stesso tempo caldi.
I due ragazzi ripresero il cammino, costeggiando i muri in ombra per evitare di dare nell’occhio. Ad un certo punto, però, Sem si arrestò di colpo.
"Che succede?" gli chiese Hanon allarmata.
"Non ricordo qual è l’entrata delle stanze della servitù" rispose Sem con un tono di voce il più basso possibile, rivolgendo alla ragazza uno sguardo di perdono.
Hanon sospirò, quindi iniziò a guardarsi intorno, sperando di ricordare qualcosa. Non le fu difficile, i percorsi e i corridoi di quel piano non le si erano mai tolti dalla testa. Condusse il ragazzo verso una parete che faceva angolo con una piccola rientranza da cui sbucava una maniglia di ferro battuto alla bell’e meglio. Con cautela l’abbassò e una piccola porta, adatta a far passare solo una persona alla volta, si aprì cigolando leggermente.
Senza indugiate oltre, i due ragazzi la passarono e si immersero in un corridoio appena illuminato dalle piccole finestre poste in alto. Dopo poco videro apparire la grande cucina del palazzo, dove già fervevano i preparativi per la cena.
"Aspetta qui un momento" ordinò Sem, prima di andare verso la cucina a parlare con alcune anziane serve intente a mescolare quella che doveva essere una zuppa in grossi pentoloni.
Nel frattempo Hanon iniziò a scrutare ogni volto che le si presentava a tiro, cercando di ricordarne qualcuno. Qualche viso le sembrò familiare, ma era difficile accostarlo con sicurezza ad un nome.
Sem tornò poco dopo e prese dolcemente le mani della ragazza sussurrandole un "Vieni" all’orecchio. I due giovani passarono in mezzo alla servitù e Hanon si sentì studiata da tutti quegli occhi che la osservavano curiosi. Cercò comunque di non farci caso e si concentrò sulla nuca di Sem. Non dovette aspettare molto che una piccola entrata coperta da una tenda scura apparve davanti ai loro occhi.
"Resta un momento qui" le disse nuovamente Sem, prima di entrare nello stanzino. Poco dopo una giovane serva apparve dalla tenda, presentando tutti i sintomi di una gravidanza avanzata, dalla pancia gonfia al viso paffuto e sorridente. La ragazza guardò Hanon, concentrandosi sul suo ventre, quindi le si avvicinò.
"Vi ha messo incinta?" domandò, facendo cenno col capo alla stanza da cui era appena uscita.
Hanon ci mise un po’ a capire, poi si affrettò a rispondere negativamente alla domanda.
"Meglio per voi, ma state molto attenta. Non c’è da fidarsi, lo sanno tutte qui"
"Tutte?"
La giovane annuì col capo, prima di allontanarsi, lasciando Hanon con mille domande in testa. Tornò ad osservare la tenda e tese l’orecchio cercando di carpire qualche parola, ma il frastuono della cucina copriva qualsiasi rumore. Quasi d’improvviso, però, vide la tenda sollevarsi davanti ai suoi occhi, lasciando comparire una serva di mezza età, più alta e nerboruta delle altre, il cui viso Hanon non si era mai scordata.
"Olga" riuscì semplicemente a sussurrare la ragazza.
La donna la squadrò da capo a piedi, ma si soffermò sul viso e sugli occhi. Nonostante i tanti anni e nonostante si trovasse ormai di fronte ad una donna, Olga non fece fatica a ritrovare i lineamenti dolci della sua piccola Hanon. Gli occhi le si velarono di lacrime di gioia e non potè fare a meno di portarsi le mani alla bocca per soffocare un singhiozzo. Quindi le pose dolcemente sulle guance della ragazza, prima di tirarla a sé e stringerla in un abbraccio, sussurrandole tra i singhiozzi "Bambina mia".

Buon pomeriggio a tutti!
Hanon  e Sem sono tornati insieme ad una nostra vecchia conoscenza, e adesso per la nostra eroina cominceranno le tribolazioni :) ringrazio tutti i lettori e  Therys per il suo fedele commento :) spero che questo capitolo vi piaccia!
Alla prossima!!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Twins

CAPITOLO 11

"Quindi sei riuscito a sistemarla con Olga?" chiese Murtagh al suo amico, seduto di fronte a lui nella stanza del cavaliere.
"Sì, la aiuterà con le partorienti e le altre faccende qui a palazzo. È stato un vero colpo di fortuna scoprire che aveva già abitato qui" rispose Sem estasiato, facendo fatica a stare seduto.
"Non ti sembra strano che non l’abbiamo mai vista qui? Insomma, viviamo a palazzo da quando siamo nati e lei ha più o meno la nostra età" obiettò però il cavaliere.
"L’hanno sempre tenuta nelle stanze della servitù, salvo rare occasioni. Olga mi ha detto che la lasciavano uscire soprattutto per andare a trovare tua madre"
"Mia madre?" Murtagh si fece più interessato alla faccenda “Probabilmente l’ha vista più di me” pensò tra sé il giovane, con un po’ di rammarico.
"Sì. Olga ha detto che l’aveva presa in simpatia, essendo orfana e soprattutto femmina. Sai, con tutti i problemi che creava tuo padre…"
"Sì…"
Tra i due calò un silenzio denso di tristezza. Lo sguardo di Murtagh era fisso su un punto della parete dietro il suo letto, laddove il drappo del baldacchino lasciava intravedere il bordo inferiore di una cornice dorata. Anche Sem si voltò leggermente, ma poi ritornò ad osservare l’amico.
"Quella ragazza è sorprendente" riprese, tentando di rompere il silenzio cambiando discorso "Pensa che conosce un sacco di erbe medicinali ed è molto esperta nel loro uso"
"Erbe medicinali hai detto?" domandò Murtagh, di nuovo interessato alla questione.
"Sì, proprio così. Sa molte delle pratiche che gli antichi sacerdoti del tempio custodivano da secoli"
"Il tempio della dea della caccia?"
"Esatto! Ce l’hanno portata perché pensavano che qui fosse in pericolo. Aveva solo tre anni quando se n’è andata, forse è anche per questo che non l’abbiamo mai vista…qualcosa non va?"
Murtagh si era alzato dalla poltrona con fare pensoso e aveva iniziato a misurare a passi lenti la larghezza della sua stanza. Sem tentò più volte di chiedergli a cosa stesse pensando, ma il cavaliere non gli diede alcuna risposta, finché si fermò senza preavviso davanti all’amico.
"Ho bisogno di parlare con quella ragazza" sentenziò, dirigendosi poi verso la porta, ma si trovò la strada sbarrata da Sem "Scusa, che stai facendo?" domandò all’amico.
"Non puoi andarle a parlare" rispose semplicemente il ragazzo.
"E perché?"
"Perché…sta riposando, sì. Sta riposando"
"Sta riposando eh? Perché ho l’impressione che sia una tua invenzione?"
"Nessuna invenzione, Hanon sta riposando"
"Hanon" ripeté Murtagh, prima di scoppiare in una fragorosa risata "Ti sei innamorato di lei?" riuscì poi a chiedere, seppur a corto di fiato.
"Assolutamente no! Cosa te lo fa pensare? Io…io non me ne sono innamorato, la sto solo aiutando…"
"L’hai chiamata per nome, Sem" lo interruppe il cavaliere, tornato nuovamente serio "E tu non chiami mai per nome una donna, se non è importante per te"
"Che sciocchezze vai dicendo, andiamo"
"Dimmi qualche nome delle svariate donne che sono entrate nel tuo letto"
"Beh…dunque…c’era una…come si chiamava più…Brigid, Brigida, qualcosa del genere…"
I suoi pensieri vennero però interrotti quando qualcuno bussò alla porta annunciando che il re chiedeva espressamente di Murtagh. Il cavaliere rispose che sarebbe arrivato subito, quindi tornò a rivolgersi all’amico.
"Puoi tranquillizzarti, la tua bella per ora è al sicuro" gli disse, prima di uscire dalla stanza e seguire la guardia che lo aveva chiamato.
Sem non potè fare a meno di tirare un sospiro di sollievo, anche se del tutto sollevato non lo era. Murtagh l’aveva messo di fronte ad una possibilità che nemmeno lui aveva preso in considerazione: la possibilità di innamorarsi di Hanon. “Eppure la conosco solo da un giorno o poco più” si disse. Ciononostante il suo nome continuava a ronzargli in testa sin da quando lo aveva saputo, facendo da sottofondo all’immagine dei suoi occhi azzurrissimi e del suo viso roseo. “Hanon” pensò, sentendo il cuore battere forte nel petto, lo stomaco contorcersi e le labbra piegarsi in un sorriso sereno.
Un bussare alla porta lo portò solo in parte coi piedi per terra, perché dall’altra parte del legno Hanon lo stava chiamando. Velocemente Sem aprì la porta e la fece entrare, poi richiuse i battenti alle sue spalle.
"Allora, cosa dovevi dirmi? Olga ha detto di fare in fretta" incalzò la ragazza, parlando a bassa voce.
"Forse è meglio che ne parliamo domani, quando ti sarai riposata e tutto il trambusto si sarà sistemato" rispose sbrigativamente Sem, per poi riabbassare la maniglia della porta e scomparire dietro di essa, senza lasciare alla ragazza il tempo di ribattere.
“Accidenti a me che vado a fidarmi di lui” si rimproverò Hanon, sbattendo un piede a terra. Fece anche lei per uscire, ma la curiosità la fermò proprio quando aveva la mano sulla maniglia. Quella era la stanza della cara lady Selena. Non sapeva a chi appartenesse ora, però prima apparteneva alla sua benefattrice, e forse ne custodiva ancora qualche ricordò.
Lasciandosi alle spalle la porta, procedette verso il letto a baldacchino dove si era svegliata poco prima, e dove anche lady Selena aveva dormito. Notò lo scorcio di cornice che i drappi lasciavano intravedere. Un quadro, magari un ritratto. Seguendo il bordo del letto, si avvicinò al muro, prese un lembo del drappo e iniziò lentamente a sollevarlo, quasi avesse paura di scoprirne l’oggetto. Un rumore di passi vicino alla porta la risvegliò dalle sue fantasie e, sentendosi in trappola, non potè fare altro che nascondersi dietro il letto, dalla parte opposta alla porta, facendo il minimo rumore.
Qualcuno entrò, indugiò sulla soglia, poi si chiuse la porta alle spalle e si diresse a passo lento verso il letto. Forse aveva sentito qualcosa. Hanon cercò di controllare il respiro. Quello che doveva essere il proprietario della camera si sedette sul letto e, dopo qualche secondo, vi si sdraiò completamente. Era l’occasione buona. Hanon alzò le lenzuola e si infilò lentamente sotto il letto. Fortunatamente era abbastanza alto da farla passare senza sforzi. In poco tempo raggiunse l’altra sponda e, con cautela, uscì fuori. Rimase per qualche secondo ancora stesa a terra vicino ad esso, in ascolto. Doveva essersi addormentato. Sempre circospetta si avviò verso la porta, mise la mano sulla maniglia e lentamente la spinse verso il basso. La porta si aprì lentamente e lasciò entrare uno spiraglio di luce. “È fatta” si disse, ma la maniglia le scappò di mano e la porta si richiuse sbattendo.
"Noto che non hai ancora perso le vecchie abitudini" disse una voce di ragazzo alle sue spalle. Hanon potè sentire che si era alzato e che in quel momento la stava osservando, seduto sul suo letto.
Lentamente, un passo alla volta, Hanon si voltò per vedere il suo sguardo accusatore, ma si vide rivolgere con sorpresa un sorriso sornione.
"Sapevo che eri tu" le disse il ragazzo del fiume.

Buon pomeriggio a tutti!
Ecco a voi il fatidico incontro tra Hanon e Murtagh, finalmente! Ringrazio Therys per il fedele commento che lascia ad ogni capitolo e tutti i lettori silenziosi che seguono questa fic, nonchè i sette utenti che l'hanno inserita tra i preferiti :)
Buona lettura!

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Twins

CAPITOLO 12

Il rivedere quel volto fece tornare in mente ad Hanon tanti ricordi. Ricordi burrascosi, rumorosi, violenti, pieni di sangue. Quella che pensava sarebbe stata la sua casa per sempre era stata spazzata via in un batter d’occhio, le persone che le avevano voluto bene, che l’avevano accolta calorosamente, l’unico suo amico, tutti erano morti sotto i colpi delle spade dei soldati del re, in cerca di un fuggiasco. In cerca di lui, di quel ragazzo dal sorriso beffardo che ora la fissava dal suo letto, che alla fine non era riuscito a fuggire dal palazzo ma che addirittura si trovava a suo agio e ricoperto di sfarzo. Il cuore di Hanon non potè provare che odio verso quell’uomo che le aveva segnato la vita per sempre.
"Mi sembrava di aver sentito puzza di fuggiasco" lo provocò, sentendo la rabbia ribollire nelle vene "Ma a quanto pare il tuo piano non è riuscito"
"Vedo con piacere che ti ricordi di me" le rispose Murtagh pacatamente, sebbene il suo sorriso fosse diventato più amaro di prima. Lentamente procedette verso di lei, ma si bloccò a metà strada quando Hanon glielo intimò a gran voce.
"Non osare neanche toccarmi, lurido assassino. Hai fatto talmente tanto la vittima, quel giorno al fiume, che alla fine hai pensato bene di diventare uno di loro"
"Hanon, non è come pensi"
"E cosa dovrei pensare? E poi, come sai il mio nome?"
"Me lo ha detto Sem, è mio amico. Io sono Murtagh. Ad ogni modo, lascia che ti spieghi…"
"Murtagh? Tu?"
Non voleva credere ai suoi occhi. Non voleva nemmeno immaginare che quel ragazzo fosse il bambino che, anni prima, aveva visto indifeso e coperto di sangue. No. Quel bambino aveva occhi angelici, innocenti, occhi che chiedevano aiuto, compassione, che chiedevano amore. Non potevano essere gli stessi occhi che ora la stavano fissando dalla penombra di quella stanza. La stanza di lady Selena, la stanza di sua madre.
"Tua madre si vergognerebbe di te" sibilò Hanon tra i denti, prima di aprire la porta e correre via da lui.
Probabilmente aveva toccato un tasto dolente, era consapevole di averlo lasciato senza parole, a rimuginare su quell’ultimo rimprovero che gli aveva rivolto, ma non le importava, non era niente in confronto a quello che era successo a lei. L’aveva costretta ad una vita di vagabondaggio, senza nessuno che le volesse bene e che le stesse accanto per sempre.
Dal canto suo, Murtagh aveva subito pesantemente il colpo. Hanon gli aveva detto in faccia ciò che egli stesso continuava a rimproverarsi dal momento in cui aveva ceduto al potere del re. Sua madre non l’avrebbe mai voluto vedere così. Non avrebbe mai voluto che rimpiazzasse suo padre. Ma qualche colpa ce l’aveva anche lei. Aveva fatto una scelta, aveva scelto di salvare uno dei suoi due figli. Aveva scelto di salvare Eragon e lasciare Murtagh alla mercè del re. E dal re non si può scappare. E ora era più solo che mai. Sem non avrebbe mai potuto comprendere il suo stato d’animo, la sua condizione era totalmente diversa da quella di Murtagh. L’unica poteva essere Hanon. Ma Hanon era appena scappata, Hanon lo odiava con tutta se stessa, lo disprezzava, come l’aveva disprezzato suo padre e come avrebbe fatto sua madre, se fosse stata viva. Inoltre stava iniziando a disprezzarsi da solo.
“Murtagh!!” lo chiamò Castigo, prima di inviargli nella mente ciò che aveva visto e che lo aveva fatto allarmare.
Shruikan, il drago nero del re, si ergeva possente e minaccioso, gli occhi gialli praticamente in fiamme, la bocca semiaperta e in procinto di sputare fuoco sull’esile figura che giaceva terrorizzata ai suoi piedi. Hanon.
"MALEDIZIONE!" gridò alla stanza vuota il cavaliere, prima di armarsi di spada e correre a spalancare la finestra, sotto la quale Castigo lo attendeva. Con un balzo fu sulla sua groppa e in men che non si dica arrivarono al recinto dei draghi. Le fiamme iniziavano già a dilagare nel grande spiazzo destinato alle bestie e Hanon cercava in tutti i modi di scappare da quell’inferno che la inseguiva senza sosta.
Una piccola apertura nella roccia apparve improvvisamente nel suo campo visivo, ma non fece in tempo a deviare la sua direzione, che il drago nero le si parò davanti, pronto a lanciarle contro una palla infuocata. Istintivamente si coprì il viso con le braccia, ma invece del bruciore delle fiamme sentì che qualcosa l’aveva afferrata e ora la sorreggeva per i fianchi, probabilmente a mezz’aria, perché i suoi piedi non toccavano il suolo. Atterrò poco dopo, in un luogo chiuso e umido. Solo allora trovò il coraggio di aprire gli occhi, che si ritrovarono davanti un altro drago, stavolta di colore rosso e più piccolo del primo. In groppa ad esso, Murtagh la osservava dall’alto, in apprensione.
"Stai bene?" le chiese, ricevendo in risposta un tremolante cenno del capo.
"Non muoverti da questa grotta" le intimò poi, prima di spronare la bestia a riprendere il volo.
Hanon si avvicinò comunque all’entrata della grotta, cercando di nascondersi il più possibile dietro la parete di roccia. I due draghi erano uno di fronte all’altro. Quello nero superava quello rosso di almeno tre volte, sia in dimensioni che in ferocia. Forse per questo era tenuto legato con una possente catena che terminava con un collare e che, fino a quel momento, gli aveva impedito di spiccare il volo. La bestia riprese a sputare fuoco in direzione di Murtagh, che però riuscì a deviare il getto facendo piroettare Castigo sul lato sinistro, da dove poi colpì il drago nero con una fiammata che gli colpì l’occhio. Questi cominciò ad agitarsi e a sbattere le ali, mettendo non poco in difficoltà Murtagh e il suo drago, che però riuscirono a colpirlo ancora qualche volta, prima che un potente colpo di coda non spedisse entrambi contro il muro del recinto, facendoli poi crollare a terra esanimi.
Dalla grotta Hanon soffocò un gemito di orrore quando vide il drago nero avvicinarsi inesorabile alle sue prede, facendo tremare la terra ad ogni passo. Non potè fare a meno di chiudere gli occhi e di voltarsi. Poi però il tremore cessò d’improvviso e, incuriosita dalla cosa, Hanon tornò a guardare verso il recinto. Un uomo si era frapposto fra il drago nero e le due figure a terra. Era immobile, rivolto verso l’enorme bestia che lentamente si era accucciata davanti a lui. L’uomo poi allungò un braccio in direzione del drago e il collare che lo teneva legato si aprì e cadde a terra con un tonfo sordo, lasciando l’animale libero di prendere il volo verso chissà dove.
Alla fine l’uomo prese la via del ritorno, senza degnare di uno sguardo i due corpi a terra privi di sensi.
Quando fu sicura che non ci fosse più nessuno nei dintorni, Hanon uscì dalla grotta e corse verso Murtagh. Era riverso a terra, prono, con la camicia sporca qua e là di sangue e lacerata, che lasciava intravedere una brutta cicatrice lungo tutta la schiena e qua e là nuovamente aperta. La mente di Hanon non potè che ritornare a quel giorno di tanti anni fa, quando il Murtagh bambino giaceva nella stessa posizione, completamente immerso in un lago di sangue, nell’ingresso del palazzo.
Il ragazzi aprì lentamente gli occhi e mise a fuoco la figura china sopra di lui. Hanon lo guardava preoccupata, con quegli occhi azzurri che mai aveva dimenticato e che ora gli ridavano la forza di reagire, come tanti anni fa.
"Madre…sei qui…" sussurrò Murtagh a fatica, allungando la mano verso di lei.
Anche la ragazza, seppur perplessa dalle parole di Murtagh, attribuendole però al delirio dovuto al dolore, fece scivolare la sua mano incontro a quella di Murtagh. Appena le loro dita si sfiorarono, entrambi furono pervasi da una forte scossa. Durò tutto pochi secondi, nei quali Hanon si sentì risucchiare le energie. Riuscì però a restare cosciente, giusto il tempo di vedere le ferite sulla schiena di Murtagh cicatrizzarsi in un lampo, quindi svenne sopra di lui, completamente esausta.


Perdonate l'attesa, eccomi qui con un nuovo capitolo!
Ringrazio Therys per il suo fedele commento, spero di non averla sulla coscienza per la lunga attesa (ti prego, lanciami un segnale di vita :D) e soprattutto che le piaccia la mia storia. Un ringraziamento anche a chi l'ha inserita tra i preferiti e ai lettori silenti :)
A presto!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Twins

CAPITOLO 13

Quando Hanon riprese i sensi-per l’ennesima volta quel giorno, pensò- si trovò distesa su un morbido pagliericcio ricoperto da un candido lenzuolo di lino. Qualche benda qua e là copriva le leggere ustioni che il grande drago nero le aveva provocato. Si sentiva però ancora intontita e priva di forze, e il capogiro vertiginoso che la colpì quando tentò di alzarsi la convinse a restare sdraiata.
Osservando meglio la stanza, capì di trovarsi negli alloggi della servitù, nella stanza dove Olga visitava le puerpere. Si guardò intorno, per vedere se anche Murtagh era stato ricoverato lì, ma vide solo un altro pagliericcio poco distante dal suo con il lenzuolo scomposto.
"Se ne è andato da poco". Olga era entrata silenziosamente nella stanza e aveva notato lo sguardo indagatore della ragazza. Sul suo viso solcato da rughe era modellato uno sguardo di rimprovero nei confronti di Hanon, tuttavia la fanciulla tentò di non farci caso.
"Cosa ci facevi con lui?" domandò perentoria la donna.
"Pensavo che la domanda più appropriata fosse 'cosa ci facevi nel recinto dei draghi?'"
"Se la metti così, allora cosa ci facevi nel recinto dei draghi con lui?"
"Perché per te è un problema che io stia con lui?"
"Ti conviene rispondere se vuoi restare qui a palazzo" il tono di Olga non ammetteva repliche.
Hanon sospirò e si alzò sugli avambracci per guardare Olga negli occhi. "In teoria dovevo vedermi con Sem, ma lui se n’è andato senza spiegarmi nulla. Sono rimasta nella stanza di Murtagh, mi aveva incuriosito una cosa. Nel frattempo lui è tornato, ho cercato di andarmene senza che se ne accorgesse ma mi ha fermata. Abbiamo discusso e sono scappata via. Lui è venuto a salvarmi e nello scontro è rimasto ferito insieme al suo drago. Un uomo ha placato il drago nero e se n’è andato lasciandoli a terra esanimi, allora sono corsa da loro. Erano entrambi feriti, non so se in modo grave, poi Murtagh mi ha guardato e mi ha chiamato madre allungando la mano verso di me. Appena l’ho toccato ho visto le sue ferite richiudersi, ma sono rimasta senza forze e sono svenuta. Ecco, ora sai come è andata"
Lo sguardo di Olga era passato dall’accusatorio all’allarmato quando aveva sentito che Murtagh aveva chiamato Hanon “madre”, per poi farsi seriamente preoccupato alla guarigione miracolosa del ragazzo. Il legame tra loro due si rafforza più sono vicini, pensò, e per il bene di entrambi doveva evitarlo. Inoltre Hanon poteva avere uno strano dono di guarigione che avrebbe fatto gola a molti, e a una persona in particolare. Era però vero che nessuno dei due era più un bambino indifeso, ma anzi erano entrambi abili guerrieri, Murtagh soprattutto. Poi c’era Sem, che per la sua Hanon provava qualcosa, Olga l’aveva percepito da subito.
Cosa fare allora? Lasciare che gli eventi si susseguissero come voleva il destino, senza badare alle pericolose conseguenze che ne sarebbero derivare, o scongiurare qualsiasi rischio tenendo lontani i due ragazzi?
Non erano più bambini, probabilmente non avrebbero obbedito e avrebbero anche preteso delle spiegazioni. Spiegazioni che un giorno, se le circostanze lo avessero richiesto, Olga avrebbe dato loro senza remore.
La donna sospirò, pensando che fosse la decisione più saggia per quel momento.
"Il palazzo è un posto che può rivelarsi pericoloso per una bella ragazza come te, Hanon, fai molta attenzione le prossime volte. Adesso riposa, bambina mia, domani ci aspetta un duro lavoro e tu hai provato abbastanza emozioni per oggi"
Il sorriso era tornato sul suo volto e lo fece affiorare anche su quello di Hanon, che tornò a sdraiarsi sul pagliericcio. Non riuscì però a prendere subito sonno, il suo pensiero tornò a Murtagh, e subito provò una strana sensazione, come se la sua mente avesse rimbalzato contro qualcosa di duro. Poco dopo una voce le rimbombò nella testa.
Hanon…
La ragazza si sedette sul letto allarmata, iniziando a guardarsi intorno, ma la stanza era vuota.
Non allarmarti, sono Murtagh.
"Dove sei?" gli domandò sempre più spaventata.
Nella mia stanza, ti sto parlando telepaticamente, perciò basta che pensi le tue risposte perché io le senta.
Va bene, anche se la cosa non mi convince granchè.
Perché hai tentato di entrare nella mia mente?
Non ho fatto nulla del genere, stavo solo ripensando a quella che è successo oggi!
Strano, ho sentito che tentavi di superare le mie barriere.
Tra i due calò il silenzio per qualche secondo, poi Hanon riprese la conversazione.
Come stai?
Ti sei decisa a chiedermelo!
Non c’è nessuna legge che mi obbliga a chiedertelo!
Sto bene, grazie a te.
Me?
Ho sentito la tua energia entrare in me appena mi hai toccato, esattamente come quando ero bambino, e sono come rinato. L’ho riconosciuta subito, come se fosse passato solo un giorno da allora. È successo anche al fiume, ma era stato meno intenso e non avevo ancora le capacità per riconoscerti.
Non ti sembra strano che ci succeda tutto questo?
Sì, ma è anche strabiliante, è un legame che va oltre l’esperienza terrena.
E tu non sai spiegarne la natura, Cavaliere dei Draghi?
Infatti, sono un Cavaliere, non un mago. E per evitare che qualche mago veramente potente venga a conoscenza di tutto questo, non devi rivelare a nessuno ciò che è successo. A palazzo sono poche le persone di cui ci si può fidare, Olga è una di queste e Sem anche, ma gli altri devi considerarli come dei nemici.
Pensi che questa specie di potere possa essere usato per fare del male, anche se finora non ha fatto altro che salvarti la vita?
Non lo so, Hanon, ma cercheremo di scoprirlo, se avrai la voglia di sperimentarlo ancora con me. Ci vedremo ogni notte dopo il coprifuoco, alla bettola dove hai incontrato Sem, e tenteremo di svelare il segreto del tuo potere.
Alla mattina giovane assistente della levatrice, al pomeriggio giustiziera della città e alla sera maga clandestina…La cosa si fa interessante!
Mi auguro che tu riesca a controllare la tua tripla vita, altrimenti ci andremo di mezzo in troppi.
Sono allieva del Ramingo, caro Murtagh, ho imparato a rendermi invisibile agli occhi degli altri.
Andrà solo che a tuo vantaggio. Ora ci conviene riposare, domani sarà una giornata impegnativa per entrambi. Buonanotte Hanon.
Aspetta! Perché prima di toccarmi mi hai chiamato “madre”?
Ero ferito e non ragionavo, non dare peso a ciò che ho detto. Il tono con cui formulò il pensiero non convinse la ragazza, ma Hanon ne approfittò per rimediare al piccolo errore di qualche ora prima.
Tua madre sarebbe fiera di te, Cavaliere dei Draghi.
No, non lo sarebbe affatto, perché ho rinunciato a ciò che un uomo ha di più importante per salvarmi la vita. Ho rinunciato alla mia libertà.
Nessuno ha il diritto di privarci della nostra libertà, nemmeno il dio più potente del cielo.
Allora è probabile che ci sia qualcuno più potente di un dio, perché si è preso la mia libertà senza chiedere nulla a me, né a Castigo. Non ho scampo, Hanon. Il mio destino è segnato.
Siamo noi i fautori del nostro destino, Murtagh, rifletti su questo. Buonanotte.
Non sentì nessuna risposta, probabilmente Murtagh aveva tagliato il contatto, oppure era stata lei a farli inconsciamente. L’avventura di quella sera li aveva legati insieme con un doppio filo, come se nessuno dei due potesse più prescindere dall’altro. Forse era vero ciò che diceva Murtagh, il loro legame andava oltre lo scibile e il materiale, era qualcosa di più profondo e autentico che li aveva portati, dopo tanti anni, a rivedersi. Un sorriso di serena felicità si dipinse sul volto di Hanon mentre scivolava in un sonno profondo, consapevole di non essere più sola.

Eccomi tornata con un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Ringrazio Therys per la sua fedeltà e i suoi commenti, coloro che hanno inserito Twins tra i preferiti e tutti i silenziosi lettori!!
A presto!!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Twins

CAPITOLO 14

Olga svegliò Hanon poco prima dell’alba e le consegnò un abito molto semplice da sostituire alla tenuta da combattimento bruciacchiata che teneva ancora addosso. Le era un po’ largo, ma riuscì a stringerlo in vita con una cintura di corda improvvisata. Nel corpetto marrone nascose poi il pugnale che Sem le aveva dato al loro primo incontro, una piccola precauzione contro i pericoli di cui le aveva parlato Murtagh la notte precedente. Raccolse infine i capelli in una lunga treccia che poi attorcigliò su se stessa in una crocchia sulla nuca. Solo due ciuffi ribelli sfuggirono dalla pettinatura e le ricaddero davanti agli occhi.
Uscì dalla stanza giusto in tempo per ricevere da Olga uno spazzolone e uno straccio bagnato per ripulire la stanza dove aveva dormito e quella adiacente.
"Non dovevo aiutarti con le donne incinte e i feriti?" domandò Hanon.
"Vuoi curarli in mezzo alla sporcizia?"
Non attese risposta e tornò alle sue faccende, facendo finta di non aver sentito il sonoro sbuffo della ragazza.
Un’ora dopo iniziarono a presentarsi i primi pazienti, la cameriera incinta del giorno prima e un cuoco che si era tagliato affettando le patate. Hanon si occupò di lui, mentre Olga pensò alla giovane cameriera, che non faceva che fissare la ragazza mentre la levatrice la visitava. Era uno sguardo impertinente, che a fatica riusciva ad ignorare, se lo sentiva sulla schiena, la perforava. Chissà cosa pensava quella donna di lei. Di sicuro non si era fatta un’idea decorosa. Ma non gliene importava niente, quella cameriera non sapeva niente di lei e non aveva il diritto di giudicare. Però conosceva Sem e le sue abitudini, mentre lei no. Eppure si era fidata di lui fin da subito, senza indagare troppo sul suo conto, le era sembrato un ragazzo a posto e il modo con cui la guardava poi…Sentì un lieve calore sulle guance di cui subito si rimproverò per tornare a dedicarsi alla ferita del cuoco. Diede due punti di sutura e fasciò il taglio, quindi lo lasciò tornare al suo lavoro.
Poco dopo anche la cameriera se ne andò, non senza guardare di sottecchi Hanon prima di uscire dalla stanza.
Olga notò subito il disagio di Hanon e cercò di tirarle su il morale.
"Non sta simpatica nemmeno a me, né a tutto il personale del palazzo. Persino il padre di suo figlio ha preferito lasciarla in balia di se stessa. Da quel giorno si può dire che sia diventata ancora più vipera con le altre donne, specie con quelle che si accompagnano ai giovani di alto rango"
"Che vuoi dire?"
"Sem è un nobile, lo sai vero?"
"No, non ne avevo idea. Quanto nobile?"
"Abbastanza da essere uno degli uomini più appetibili di Alagaesia. E cosa ancora peggiore, ne è consapevole, il che, secondo lui, gli conferisce il diritto di giocare con le donne a suo piacimento"
A quelle parole, Hanon si pentì amaramente di essere arrossita al pensiero dello sguardi di Sem e si diede della stupida. Forse, però, era ancora in tempo per sfuggirgli.
"Però con te è diverso" continuò Olga "Ti guarda quasi con devozione, con rispetto"
"Rispetto?"
"Non è abituato a donne come te, credimi, lo conosco bene. Ha sempre avuto a che fare con frivole nobildonne e non con ragazzo forti e tenaci come te. Hai una personalità e una grinta tipiche di un uomo mischiate alla grazia e alla dolcezza di una fanciulla, e per tutto questo lui ti ammira, come ti ammiro io"
La donna abbracciò Hanon, che ricambiò con affetto. Nell’udire quelle parole sentì come se fosse stata sua madre a parlarle e per la prima volta si sentì apprezzata. Una lacrima sfuggì al suo controllo.
Ripresero poco dopo a lavorare entrambe, era incredibile quante fossero le donne incinte che si rivolgevano ogni giorno a Olga. Quanto ad Hanon, curò un paio di soldati e qualche servo, prima di ricevere una visita inaspettata.
"E quale sarebbe il tuo problema?" domandò Hanon a Sem sottovoce, sottolineando l’ultima parola.
"Mi sono procurato un taglio mentre mi allenavo con la spada insieme ad un maestro d’armi"
"Beh, è proprio quello che ti serve, se ancora non hai imparato a maneggiare un’arma. Fa vedere"
Il ragazzo le porse il braccio, mostrando un lungo ma poco profondo taglio sull’avambraccio. Il sangue aveva già cominciato a coagularsi e a formare un principio di crosta. Nel complesso, constatò Hanon, non era un ferita grave e non necessitava di cure immediate. Tuttavia la fanciulla continuò a studiarla con attenzione.
"Allora, cosa vuoi da me?" sbottò alla fine, sempre sottovoce, mentre fingeva di curare il ragazzo.
"Perché dici che…"
"È impossibile che tu ti sia procurato questa ferita combattendo, avresti dovuto ricevere un colpo da un’angolazione inesistente durante uno scontro. Molto probabilmente te lo sei procurato da solo per avere una scusa plausibile per venire da me e non destare sospetti"
"Non ti si può nascondere niente, eh?"
"Mi hai già fregata più di una volta e non ho più intenzione di cadere nelle tue trappole"
"Afferrato il concetto. Intanto volevo sapere come stai, ho saputo di ieri"
"Un po’ bruciacchiata, ma tutta intera. E anche per il tuo atteggiamento di ieri esigo delle spiegazioni"
"C’erano stati troppi cambiamenti di programma e sarebbe stato troppo pericoloso procedere. Ad ogni modo, agiremo oggi"
"Niente scherzi stavolta?"
"No, promesso"
Hanon lanciò a Sem uno sguardo perplesso e diffidente, ma non le sembrò di vedere menzogna negli occhi azzurri del ragazzo. Forse Olga aveva ragione e con lei si comportava in modo diverso che con le altre donne.
"Il braccio è a posto, vieni domani per cambiare la fasciatura". Alzò il tono della voce, cosicché Olga potesse sentirla e non insospettirsi.
"Solito posto, solita ora" sussurrò il ragazzo, prima di alzarsi e ringraziarla ad alta voce.
Hanon lo osservò scomparire dietro la tenda, quindi trasse un sospiro di sollievo e cercò di calmare il battito del cuore. Ancora non capiva come un ragazzo così potesse farle quello strano effetto, e nello stesso tempo si domandò che effetto avesse avuto lei su Sem.
Percepì un po’ di calore sulle guance.

Bussò alla porta di Murtagh nel primo pomeriggio. Al lungo e semplice abito che le aveva fornito Olga aveva sostituito il suo abituale completo da viaggio nero, ancora un po’ bruciacchiato, grazie al quale le fu semplicissimo passare inosservata.
La porta di fronte a lei si socchiuse e Hanon vi si infilò dentro con un movimento fluido, richiudendosela subito alle spalle. La grande finestra della stanza era aperta e dava su un grande balcone, sulla cui balaustra era appollaiato un drago rosso che guardava nella sua direzione con occhi vispi.
"Suppongo sia te che devo ringraziare per ieri"
Non si aspettava una risposta, se non un qualche cenno del capo da parte della bestia, però percepì una lieve pressione nella mente. Si portò la mano alla tempia e sbattè le palpebre più volte, cercando di scacciare la sensazione. Una mano le si posò delicatamente sulla spalla e, voltandosi, incontrò il volto di Murtagh.
"Vuole solo parlarti" accennò col capo al drago "a suo modo"
"E quindi come?"
"Ti trasmette i suoi pensieri, lo fa di rado con gli estranei. Però devi abbassare le tue barriere"
"Barriere?"
"Apri la mente a tutto quello che ti circonda"
Hanon restò perplessa a quelle parole, ma chiuse ugualmente gli occhi cercando di fare come Murtagh le aveva detto. Percepì subito una grande presenza dentro di sé, calda e amichevole.
Sono Castigo, e Murtagh è il mio padrone.
La voce che risuonò nella testa di Hanon le ricordò un adolescente e tradiva le reali dimensioni della bestia.
Sono più grande di quanto dovrei essere rispose Castigo ai pensieri di Hanon Il potere del re mi ha fatto diventare quello che sono.
Trovo tu sia una creatura magnifica, Castigo.
Ti ringrazio, ma la volontà del re mi costringe a compiere azioni riprovevoli, e come me anche Murtagh è sotto il suo giogo.
Hanon si voltò verso il ragazzo, che annuì tacitamente con lo sguardo triste.
In che modo è riuscito a soggiogarvi?
Galbatorix è un mago molto potente e tutto ciò che possiede lo deve alle arti magiche di cui è maestro. Nessuno può sottrarsi ad esse.
E’ una storia molto triste. Non c’è rimedio a tutto questo?
Non lo sappiamo, ma il legame che ti lega a Murtagh è qualcosa che credo vada oltre le conoscenze del re e forse in qualche modo potrebbe aiutarci.
Lo farei con molto piacere.
"Allora spero che verrai stasera, dopo il coprifuoco, nella cantina della conceria dove sbuca il passaggio segreto. Io sarò già lì, ma Castigo aprirà la porta al segnale previsto, tre colpi alla porta di seguito e uno ritardato"
"È come quello che usa Sem per andare in città"
"Già, ma Sem la notte è occupato, non c’è pericolo di confondersi"
"D’accordo, ci sarò". Fece un cenno col capo a Castigo, che le rispose sbattendo le palpebre. Il drago aveva uno sguardo dolce, nonostante il nome incutesse timore. Sembrava veramente un cucciolo cresciuto troppo in fretta.
"Posso accarezzarlo?" domandò a Murtagh, che con un ampio gesto della mano la invitò ad accomodarsi.
Hanon avanzò lentamente verso la bestia, che sembrava totalmente a suo agio, al contrario di lei. Quando gli fu a pochi centimetri, allungò la mano col palmo aperto e Castigo avvicinò il muso. Era caldo e pulsante, pieno di energia, per nulla pericoloso. Hanon prese coraggio e si avvicinò un po’ di più, portando l’altra mano sulle scaglie del collo e iniziando a grattare sotto di esse. Dalla gola di Castigo uscirono gorgoglii di gradimento.
"Direi che ci sai fare". Murtagh l’aveva raggiunta sul grande balcone e si era unito a lei nel coccolare il drago.
Dalla stanza sentirono poi provenire tre colpi alla porta più uno e Murtagh la aprì senza muoversi da dov’era. Sem rimase un po’ sorpreso dalla scena che gli si parò davanti e scoprì di non gradirla affatto.
"Scusa il ritardo, ho beccato il cambio della guardia. Sei pronta?"
"Sì certo"
"Allora muoviamoci". Abbassò la mano del goblin, pronto a entrare nel cunicolo non appena Hanon lo avesse raggiunto. La ragazza salutò Castigo e Murtagh con un cenno della mano e corse verso Sem, che la fece passare per prima. Dopo aver lanciato uno sguardo di disapprovazione a Murtagh, sparì nel cunicolo che si richiuse silenziosamente alle sue spalle.
Attento Murtagh, ti stai facendo nemico il tuo migliore amico.
Ah, è solo un idiota che ha frainteso ogni cosa. D’altronde, non è abituato a innamorarsi.
E tu? Ci sei abituato?
Non sono innamorato di Hanon, se è questo che pensi. Non potrei. È indubbio che qualcosa ci leghi, ma ti assicuro che non è amore.
Ti conviene assicurarlo anche a Sem.
Prima o poi se ne accorgerà da solo.

Lo so, lo so, sono in imperdonabile ritardo, ma ho seguito altri progetti, chiedo perdono!
Ecco un nuovo capitolo, ringrazio Therys e Ruchan per le recensioni, sono contenta di avervi fatto (spero) appassionare alla storia!
Buona lettura a presto!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Twins

CAPITOLO 15

Hanon camminava lentamente nel buio cunicolo, tenendo entrambe le mani contro gli umidi muri laterali in modo da potersi accorgere di un eventuale bivio o svincolo. Ad eccezione del umore dei suoi stivali sulla pietra, che rimbombava cupo per tutto il corridoio, non si udiva nient’altro.
Sobbalzò e trattenne a stento un grido quando sentì una mano posarsi pesantemente sulla sua spalla.
"Ehi tranquilla" riecheggiò la voce di Sem, nonostante avesse parlato a basso volume "Sono io, chi altri pensavi che fossi?"
"Che ne so, siamo pur sempre in un cunicolo buio. Un cunicolo che, in più, non conosco"
"Nessuno, a parte me, te e Murtagh, lo conosce, perciò non devi temere nulla"
"Ora che lo so sono più tranquilla". Fece per proseguire ma Sem la trattenne per la spalla.
"Che c’è?" sbottò lei, che cominciava a sentire i primi sintomi della claustrofobia di cui non aveva mai sofferto.
"Cosa ci facevi con Murtagh?". Il tono di Sem era stranamente serio.
"Ti stavamo aspettando"
"Davvero?"
"Sì". La conversazione cominciava a farsi davvero strana, pensò Hanon.
"E ieri sera?"
"Ma chi sei, mia madre?". Ad Hanon non erano mai piaciuti gli interrogatori, specie dalle persone che non conosceva. Inoltre non era ancora certa di potersi fidare ciecamente di quel ragazzo. Sem non aveva però risposto alla sua provocazione.
"Dopo che te ne sei andato sono rimasta in camera sua" rispose allora la ragazza per mettergli il cuore in pace "Volevo vedere una cosa, però lui è entrato e mi sono nascosta. Ho cercato di uscire senza che se ne accorgesse, ma mi ha bloccata. Abbiamo discusso e io sono scappata, finendo dalle parti del drago nero. Il resto lo sai"
"Solo questo?" incalzò Sem.
"Sì, solo questo". Non gli avrebbe mai rivelato dello strano legame che c’era tra lei e il cavaliere e che, in fondo, la spaventava un po’. "Ma è così importante per te saperlo?"
"Mi sembra solo prudente tenerti d’occhio, per evitare che combini pasticci. E visto come è andata coi draghi direi che faccio bene"
Pronunciò le ultime parole sghignazzando. Quando faceva così era veramente insopportabile, ma anche affascinante, pensò Hanon.
"Allora, proseguiamo?"
"Sì, certo" si riscosse Hanon, dandosi ripetutamente della stupida.
In breve furono in città, diretti alla bettola per ricevere qualche informazione interessante. Erano d’accordo che Hanon sarebbe rimasta fuori, appostata in un vicolo vicino, per non destare sospetti e avvertire in caso di un eventuale arrivo delle guardie.
Non dovette attendere molto, Sem uscì dalla locanda poco dopo e la raggiunse a passo deciso.
"C’è del lavoro per noi" esordì il ragazzo.
"Bene. Dove?"
"Dall’altra parte della città"
"Ah. E quanto ci vorrà per finirlo?"
"Non ne ho idea! Ma che domande mi fai?!?"
"Per sapere"
Sarebbe stata una lunga giornata.

Il sole stava tramontando quando anche l’ultimo soldato corrotto se la diede a gambe, controllando ogni tanto se era ancora inseguito da quel non-sapeva-cosa che aveva attaccato e messo in fuga tutti i suoi compagni, impedendo loro di compiere il loro solito, malsano dovere.
Una volta lontano Sem e Hanon furono liberi di uscire allo scoperto, sempre nascosti dai loro mantelli. Ci era voluto più tempo del previsto per sistemare la faccenda ed erano dovuti ricorrere a tutti i trucchi che conoscevano, il che li aveva portati allo sfinimento.
Nell’aria riecheggiò il suono della campana che annunciava l’ora del coprifuoco, e che per Hanon significava che mancava un’ora al suo appuntamento con Murtagh.
"Dobbiamo andare" sussurrò a Sem dopo che gli si fu avvicinata.
"Rilassati, non se ne accorgerà nessuno che siamo in giro"
"Non hai capito, io devo tornare a palazzo, e anche velocemente"
"Olga ti fa lavorare anche la sera?"
"Solo perché è sera non è che la gente non si fa male". Fortunatamente era riuscita a trovare una giustificazione plausibile senza dover menzionare Murtagh. Riflettendo su quanto accaduto nel pomeriggio, aveva capito che a Sem non andava giù che passassero del tempo assieme, quindi era meglio mascherare la cosa.
"D’accordo, andiamo" sentenziò Sem, sparendo dentro un vicolo.
Ci impiegarono parecchio tempo a tornare nella zona della vecchia conceria a causa dell presenza delle guardie di ronda per il coprifuoco. Ripercorsero il cunicolo di corsa e finalmente sbucarono nella stanza di Murtagh. Il ragazzo era intento a tendere il suo arco e alzò solo brevemente lo sguardo su Hanon, che era stata la prima ad uscire.
Lo sai che fra neanche mezz’ora…iniziò a dirle nel pensiero.
Sì, me lo ricordo. Fammi solo cambiare e sarò da te
Murtagh abbassò nuovamente lo sguardo, facendo solo un cenno quando Sem lo salutò. I due si defilarono rapidamente, e ancora più rapidamente Hanon raggiunse le stanze della servitù, si diede una sciacquata e si cambiò per uscire.
La voce di Olga la bloccò sull’uscio.
"Cosa vai a fare in giro per il palazzo a quest’ora? E soprattutto dove sei stata tutto il pomeriggio?"
"Ecco…ho avuto molto lavoro da fare e…devo finirlo". Abbassò la maniglia della porta e la socchiuse, ma Olga non si accontentò della sua laconica risposta.
"E che genere di lavoro, sentiamo"
"Per fartela breve, si è sparsa la voce che come curatrice non sono poi così male. E proprio adesso c’è un soldato che ha bisogno delle mie cure, perciò devo andare"
"Senza bende né erbe curative?"
Olga le mostrò il cesto con tutto l’occorrente per le medicazioni, ancora sul tavolo. Hanon guardò prima il cesto, poi il viso sospettoso di Olga, e cercò di sorridere in modo innocente.
"Che sbadata, la fretta"
Afferrò velocemente il cesto e uscì. Aveva pochi minuti per raggiungere la stanza di Murtagh, e ancora meno per attraversare il cunicolo.
Come previsto, Castigo aprì la porta della stanza al segnale convenuto, permettendo ad Hanon di entrare e aprire il passaggio. Corse lungo tutta la galleria finché non sbucò, ansimante, nella buia cantina della conceria, finendo letteralmente addosso a Murtagh. La ragazza cadde all’indietro, rovesciando tutto il contenuto del cesto per terra, mentre Murtagh riuscì a mantenere l’equilibrio.
"Accidenti a te!" imprecò Hanon "Dovevi proprio stare davanti alla porta?"
"Ero abbastanza distante dalla porta, sei tu che sei uscita da lì come una furia"
"Scusa se ho cercato di essere puntuale"
"Dai, alzati". Le tese la mano e la aiutò a rialzarsi. Una volta in piedi, però, Hanon continuò a guardarsi la mano aperta. Il cavaliere la guardò perplesso.
"Tutto bene?"
"Non ho sentito niente" Hanon alzò lo sguardo su di lui, che prese a guardarsi la sua di mano.
"Hai ragione, nemmeno io. E neanche quando ti ho toccata questo pomeriggio"
"Secondo te perché?"
"Forse perché nessuno dei due è ferito"
"Quindi, secondo te, noi sentiamo quella scossa quando uno dei due è ferito e così ci guariamo a vicenda"
"C’è solo un modo per scoprirlo"
Tirò fuori un anonimo pugnale da un fodero nello stivale e avvicinò la lama al palmo della mano.
"Ma che fai? Sei impazzito?!?" esclamò Hanon, afferrandogli il polso.
"Conosci un altro modo?"
Hanon non rispose, messa in soggezione dallo sguardo determinato di Murtagh, e alla fine lasciò andare il braccio del ragazzo. Questi abbassò la lama aprendosi un lungo taglio sul palmo della mano, che subito iniziò a sanguinare copiosamente. Il cavaliere ripose il pugnale e tese la mano sana ad Hanon.
"Coraggio"
La ragazza sospirò e prese la mano. Subito percepì un leggero formicolio lungo il braccio. Guardo il palmo aperto di Murtagh, dove il taglio che si era procurato si stava lentamente richiudendo, senza lasciare alcuna traccia. In breve la mano tornò come nuova. A quel punto Murtagh mollò la presa e tornò a guardarla.
"Come ti senti?"
"Non più stanca di quanto lo fossi prima"
"Bene, ora la controprova"
"Cioè?" domandò Hanon allarmata, rispondendosi da sola quando vide nuovamente il pugnale.
"Puoi scordartelo! Se poi non funziona?"
"Non preoccuparti, fidati di me". Murtagh sembrava ancora più determinato e sicuro di sé. Gli porse la mano, che lui si premurò ad incidere facendo attenzione a non toccarla se non con la lama. Hanon trattenne un gemito quando sentì il pugnale penetrarle nella carne, seppur di poco.
Murtagh rimise nuovamente il pugnale a posto, quindi prese la mano che Hanon gli stava porgendo. Questa volta nessuno dei due sentì niente e la ferita della ragazza continuò a sanguinare.
"Non funziona" esclamò lei, allarmata.
"A quanto pare, allora, è solo una tua capacità"
Il cavaliere sembrava deluso dalla scoperta. Lasciò la mano sana di Hanon per prenderle quella ferita e vi stese sopra la sua.
"Waise heill" sussurrò, e un fascio di luce rossa uscì dal suo palmo, curando in breve tempo il taglio.
Hanonsi guardò la mano.
"Già, però finora ha funzionato solo con te. E comunque anche tu puoi curare le persone. Tutte le persone"
Murtagh ragionò sulle parole della ragazza. In effetti il suo potere si avvicinava molto all’incantesimo di guarigione che aveva usato poco prima, con l’unica differenza che a lei serviva il contatto fisico per curare le ferite e che lui era stato l’unico a provarne gli effetti. Forse le loro ricerche non erano finite.
Osservò con attenzione la ragazza, era la stanchezza fatta persona.
"Continueremo domani, ora andiamo a dormire"
Andò alla porta e la aprì per farla passare. Hanon era già dentro il tunnel quando Murtagh la richiamò all’attenzione, porgendole il cesto con tutto il contenuto riposto in ordine all’interno. La ragazza sospirò e lo prese, quindi si inoltrò nell’oscurità del cunicolo, seguita dal cavaliere.

Son tornata!  Con  un ritardo mostruoso lo so, ma prometto k m impegnerò affinchè nn accada più :)
Grazie a  Therys, pazzerella_92 e Thyarah per i commenti, spero che abbiate ancora voglia di seguire questa storia :)
A presto!

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Twins

CAPITOLO 16

"Ecco, ho trovato qualcosa"
La frase appena sussurrata da Murtagh ridestò Hanon dalla lettura del tomo che teneva sulle ginocchia, l’ennesimo su cui aveva posato gli occhi stanchi quella sera. Provenivano dalla biblioteca del palazzo, Murtagh aveva preso tutti quelli su cui c’era la possibilità di trovare qualcosa sulle capacità di Hanon.
La ragazza gli si avvicinò e iniziò a scrutare la pagina ingiallita, appena rischiarata dalla debole luce della candela.
"Qui dice che esistono persone con un innato potere di guarigione, il loro corpo agisce senza che venga pronunciato l’incantesimo, come per istinto. Scoprono il loro potere improvvisamente, a seguito di un profondo desiderio di guarire, di porre fine alle sofferenze di qualcuno a loro caro, come un familiare, e con questa persona mantengono un legame molto stretto"
Hanon lesse attentamente le parole sbiadite, ripensando alla prima volta in cui quella sua capacità era venuta fuori, sedici anni prima. Ripercorse le immagini del sogno che per molte notti l’aveva tormentata, soffermandosi sul momento in cui i suoi occhi incontrarono quelli del cavaliere, allora bambino. Non era riuscita a resistere a quello sguardo supplice e innocente e il desiderio di toglierlo dalla sofferenza l’aveva sopraffatta.
"È esattamente quello che mi è successo con te" sussurrò guardando il ragazzo, che già da molto la fissava mentre era immersa nei suoi pensieri, chiedendosi come mai la sua indiscutibile e fiera bellezza non lo sorprendesse, quasi già la conoscesse.
"Perché proprio me?" le chiese, richiudendo il libro.
"Me lo sto chiedendo anche io" rise lei di rimando, poi tornò di nuovo seria "Secondo me c’è qualcosa di più…"
Un largo sbadiglio, che tentò di coprire col dorso della mano, non le permise di finire la frase. Murtagh sorrise.
"Vorrà dire che la prossima volta penseremo a questo ‘qualcosa di più’. Ora andiamo a dormire, per questa sera abbiamo fatto anche troppo"
Raccolsero i libri e se li caricarono sulle braccia. In cima alla sua pila Hanon cercò di tenere in equilibrio il cesto che le serviva da copertura. Ripercorsero il tunnel fino alla stanza di Murtagh. Dalla finestra aperta entrava il rumore del respiro pesante di Castigo, che dormiva sotto il balcone.
"Lasciamo i libri qua per domani?" chiese Hanon, posando la sua pila sulla scrivania.
Il cavaliere la imitò senza però rispondere alla domanda. Hanon notò una strana espressione sul suo volto, che interpretò come dispiacere.
"Murtagh?" incalzò, posandogli delicatamente una mano sul braccio. Lui si voltò piano, piantando gli occhi blu su quelli cerulei di lei.
"Domani sera non potrò esserci" disse tutto d’un fiato, come per levarsi un peso, quindi attese.
"Va bene, non c’è problema" rispose semplicemente Hanon, spiazzandolo.
"Non…non ti dispiace?"
"No, assolutamente. Non pretendo che tu mi dedichi ogni secondo del tuo tempo. Stai già facendo molto e ti ringrazio". Gli sorrise dolcemente, ricevendo uno sbieco sorriso di rimando.
"Posso solo chiederti il motivo di tale assenza?" domandò lei, mettendosi il cesto al braccio.
"Missione per conto del re". Una nota di vergogna si poteva udire tra quelle parole, che Murtagh pronunciò senza guardare Hanon in volto.
La ragazza lesse quella stessa vergogna nello sguardo vacuo di lui, perso chissà dove, e non se la sentì di infierire mostrandogli il suo sdegno.
"Fa attenzione allora" si limitò a dire, prima di dirigersi a passo svelto verso la porta della stanza e uscire.

L’indomani mattina il palazzo fu un viavai continuo di gente occupata nei preparativi per la partenza. Lungo i corridoi Olga e Hanon incontrarono qualcuno dei soldati che sarebbe partito per la missione insieme a Murtagh, e la ragazza notò in loro qualcosa di strano.
"Hai visto i loro volti?" disse piano alla donna accanto a lei dopo aver incrociato l’ennesimo soldato.
"Cos’hanno che non va?" domandò lei di rimando, non capendo cosa avesse visto la sua protetta.
"Hanno espressioni strane, quasi non umane" fece una pausa quando un altro soldato le superò "Come se non avessero paura di andare a morire"
"Sono stati addestrati per questo, Hanon"
"Ma questi sono diversi, il loro coraggio ha un qualcosa di…innaturale…e terrificante. Mi fanno venire i brividi"
Olga la guardò amorevolmente e le strofinò la schiena con la mano rugosa.
"Non pensarci, cara. Abbiamo del lavoro da fare adesso"
Continuarono lungo il corridoio, ma ad Hanon i brividi di terrore non passarono.
I giorni seguenti trascorsero tranquilli come tutti ali altri, tra i feriti da curare e le missioni in città con Sem, anch’egli preoccupato per l’amico, seppur tentasse in tutti i modi di non darlo a vedere. Le sere Hanon le dedicò, suo malgrado, a pulire gli alloggi della servitù, non avendo scuse plausibili per sfuggire alle grinfie di Olga.
La mattina del quarto giorno dalla partenza si svegliò più stanca del solito, dopo aver passato una notte tormentata dagli incubi, il cui protagonista principale era Murtagh. Si lavò energicamente la faccia per cacciare via i segni della sua agitazione notturna e si preparò per iniziare il suo solito lavoro, quando Sem entrò nella stanza adiacente alla sua tutto trafelato e agitato, chiedendo a squarciagola di lei. Hanon si sporse dalla tenda che separava i due vani e gli chiese cosa fosse successo.
"Murtagh…sta male…mi ha chiesto di te…devi venire subito" riuscì a dire tra un ansimo e l’altro, prima di afferrarla con poca grazia per un polso e trascinarla fuori dagli alloggi della servitù. Si precipitarono lungo il corridoio fino ai piani inferiori del palazzo, ma invece di salire scesero per un’angusta scala scarsamente illuminata da poche torce qua e là, per sbucare poi nelle segrete. Hanon si bloccò. Era il luogo che le era apparso in sogno quella stessa notte, lo scenario dei suoi incubi. Sentì il timore farsi largo nel suo corpo al pensiero di cosa avrebbe visto dopo.
"Forza Hanon, vieni"
Entrarono nell’unica cella aperta e illuminata e lo spettacolo che si presentò ad Hanon era pietoso. La ragazza si portò entrambe le mani al viso.
Murtagh era riverso a terra, su un fianco, sanguinante dalle labbra e dal naso, con gli occhi pesti e circondati da profonde occhiaie. La camicia chiazzata in più punti di rosso era squarciata sul petto e sulla schiena, martoriati entrambi da evidenti ustioni, completamente diverse da quelle inferte da un tizzone ardente. Sulle braccia e sulle gambe si erano aperti profondi tagli sanguinanti.
Il cavaliere respirava a fatica, ma era ancora vivo. Sem gli era subito corso incontro e Murtagh si era aggrappato a lui come se fosse la sua unica speranza. Lo sentì biascicare qualcosa al ragazzo.
"Sì, amico, l’ho trovata. È qui con me"
Sem si voltò verso Hanon, facendole cenno con la mano di avvicinarsi. Avanzò a passi incerti. Le condizioni di Murtagh erano gravissime e non aveva la minima idea di come anche solo alleviargli il dolore. Ma voleva farlo. Qualcosa dentro di lei la spingeva a tentare qualsiasi cosa pur di guarirlo. Riconobbe la sensazione provata sedici anni prima.
Si inginocchiò vicino a Sem e guardò Murtagh negli occhi. Aveva lo stesso sguardo supplice di allora.
"Ti prego…Hanon…"
Il cavaliere allungò la mano tremante verso la sua e Hanon la ritrasse, lanciando una rapida occhiata a Sem.
"Non preocc…non preoccuparti" disse Murtagh a fatica "P-puoi fidarti di lui". Protese ancora un po’ la mano e Hanon la avvicinò. Si ricordò però dell’incidente col drago, quando era svenuta solo per una ferita alla schiena. Ritrasse nuovamente la mano.
"Hanon!" la rimproverò Sem.
"Non ce la posso fare, è troppo grave" sentì le lacrime pungerle sotto le palpebre "Non sono abbastanza forte"
Sem le prese il volto fra le mani e la costrinse a guardarlo. Nel suo sguardo vi era una decisione che aveva visto solo durante le loro missioni a Uru’baen.
"Puoi farcela, Hanon. Crediamo in te"
Hanon osservò gli occhi blu di Sem, quindi si voltò verso Murtagh, intravedendo sotto le palpebre gonfie le sue iridi più scure di quelle dell’amico. Aveva un debito con lui, la stava aiutando a scoprire il suo potere e se quello stesso potere poteva aiutarlo, allora lo avrebbe usato.
Tolse le mani di Sem dal suo volto e si avvicinò a Murtagh. Questi gli tese nuovamente la mano. Hanon sentì Sem portarsi dietro di lei e cingerle un fianco, gesto che le diede la decisione giusta per afferrare la mano del cavaliere.
La scossa le percorse prorompente tutto il corpo, andando a risucchiarle perfino l’anima. Sentì il respiro mancarle e la vista annebbiarsi, ma con un grande sforzo cercò di restare lucida. Sotto di lei le bruciature di Murtagh stavano scomparendo, lasciando sulla sua pelle solo un alone violaceo, i tagli si erano rimarginati in fretta e il viso stava riacquistando il colore e le fattezze di sempre. Una volta raggiunta una condizione accettabile, Murtagh mollò la presa sulla mano di Hanon, lasciandosi andare ad un sonoro sospiro. Si voltò verso Hanon, pallida come un lenzuolo e senza più forze.
"Grazie" le sussurrò, ricevendo in risposta un mesto sorriso, prima che cadesse inerme tra le braccia di Sem.
"Cosa le è successo?" domandò lui, lasciando trapelare una punta di rabbia nella sua voce.
"Ti spiegherò ogni cosa a suo tempo" rispose calmo Murtagh, ancora steso a terra ma in condizioni perfette "Ma non preoccuparti, sta bene. Deve solo riposare"
"Non posso riportarla da Olga in queste condizioni, mi chiederà cosa le è successo. E se ho capito bene queste sue capacità devono restare segrete"
"Più di qualsiasi altra cosa" gli occhi di Murtagh si infiammarono "Non oso pensare a come potrebbe sfruttarla il re se venisse a conoscenza del suo potere"
"Allora come facciamo?"
"Portala nelle tue stanze e se Olga ti viene a chiedere qualcosa dille che è ancora alle prese con le mie ferite"
"Non posso portarla nella mia stanza, scoprirebbe che…"
"Preferisci che sappia chi sei in realtà o che finisse nelle mani del re?"
Sem non rispose e dopo qualche istante afferrò Hanon dalla schiena e dalle gambe e si alzò con lei in braccio.
"Fatti vedere appena sei in condizioni"
Murtagh annuì e Sem uscì dalla cella. Per Hanon avrebbe fatto di tutto, anche mettere a nudo il suo più grande motivo di vergogna.


Visto? Ho postato presto, cercherò di recuperare il tempo perduto, giurin giurella :)
Ringrazio marty_odg (stavo giusto sbirciando ieri la tua fic ;) ) e Thyarah per i commenti e sono contenta di aver trovato una nuova lettrice e commentatrice :)
A presto col prossimo aggiornamento!

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Twins

CAPITOLO 17

La prima cosa che percepì al suo risveglio fu il morbido cuscino su cui poggiava la sua testa, molto diverso da quello duro di paglia cui era abituata. In secondo luogo si accorse della presenza di una leggera coperta che la ricopriva fino a metà busto. Le fu quindi chiaro che non si trovava nella sua stanza. Piano piano prese coscienza del proprio corpo e si scoprì pervasa da una pressante stanchezza. Sentiva i muscoli indolenziti e la testa e gli arti pesanti. Riuscì a fatica ad aprire gli occhi. Un pesante baldacchino rosso porpora la sormontava, decorato con ricami e nappe dorate. Il letto su cui giaceva era abbastanza grande da ospitare comodamente due persone ed era ricoperto da lenzuola di seta color panna. Della stessa stoffa e colore era anche la coperta che aveva sul corpo.
Notò con sorpresa che le tende del baldacchino erano state tirate, isolandola completamente dall’ambiente esterno e impedendole quindi di capire dove si trovava. Poteva essere un qualsiasi letto di una qualsiasi stanza del palazzo, probabilmente una di quelle dei piani nobiliari, a giudicare dalla preziosità dei tessuti.
Hanon si fece forza e, poggiandosi sui gomiti, si alzò a sedere, cercando poi di non fare caso al martellante mal di testa che le venne di conseguenza. Scostò con delicatezza la coperta e gattonò fino al bordo del letto. Cercò a tentoni l’orlo della tenda e la scostò circospetta. Il suo sguardo si perse nella vastità della stanza, che poteva benissimo contenere quattro o cinque volte lo stanzino in cu dormiva solitamente. Un’occhiata alla disposizione del mobilio le fece escludere con certezza che fosse la stanza di Murtagh, che ormai conosceva a menadito.
La porta della camera entrò nel suo campo visivo e il suo buon senso le suggerì di uscire immediatamente, prima del ritorno del legittimo proprietario. Sempre con cautela scese dal letto e mosse i primi passi verso l’uscita, guardandosi intorno circospetta. La sua attenzione fu catalizzata da un grande dipinto che troneggiava sopra la scrivania al centro della stanza, e l’inguaribile curiosità ebbe la meglio sul buon senso. Ritornò sui suoi passi, buttando ogni tanto l’occhio alla porta.
Una volta davanti al dipinto, alto quasi quanto lei, prese a studiarne ogni dettaglio. La maggior parte dello spazio era occupata dalla figura di un uomo dall’espressione severa e altera, con barba e capelli rossicci e occhi neri la cui profondità spaventò Hanon. Era vestito con un abito arancione e oro ricco di variopinti ricami, stretto in vita da una cintura di cuoio e gemme da cui pendeva una lunga spada di cui si intravedeva solo l’elsa finemente decorata. Sulla mano sinistra reggeva una pesante corona d’oro e pietre preziose, che non lasciava dubbi sulla sua identità. Galbatorix, il re usurpatore. Che quella fosse la sua stanza? La sola idea le fece venire i brividi. Il braccio destro del re cingeva invece le spalle di un ragazzo più o meno di quattordici anni, alto poco meno di lui ma somigliante a lui in tutto e per tutto, eccetto che per il colore degli occhi e dei capelli. Cosa di cui Hanon non si era mai accorta nel breve periodo in cui lo aveva frequentato. Si portò le mani alla bocca, per lo stupore e per l’orrore della scoperta. Non vi erano dubbi, quel ragazzo era Sem e quel quadro lo identificava come il figlio di Galbatorix.
Molte cose le furono subito chiare, molti dettagli assunsero improvvisamente rilevanza. La libertà con cui si muoveva per il palazzo e per la città per compiere le sue imprese, il fatto che non fosse mai stato scoperto. La sua posizione lo teneva al di sopra di ogni sospetto. Ma questo non valeva per lei, semplice serva che aveva avuto la sfortuna di imbattersi in lui e di averlo colpito con le sue abilità. Poche ore prima era persino venuto a conoscenza del suo segreto più grande.
L’orrore e il disgusto nei suoi confronti crebbero esponenzialmente e la fecero allontanare dal quadro inorridita. Stupida, era stata una stupida a fidarsi di lui, a…non voleva nemmeno pensare a quell’eventualità, sarebbe stata un’umiliazione troppo grande. Le tornarono in mente le parole della serva incinta che aveva incontrato il primo giorno a palazzo. Vi ha messo incinta?...Non c’è da fidarsi, lo sanno tutte qui.
Si sentì trattata alla stregua di una prostituta, sfruttata per le sue capacità e forse, col tempo, anche per qualcos’altro.
Nonostante la vastità della stanza sentì le pareti stringersi attorno a lei e provò l’assoluto bisogno di uscire. Corse verso la porta e la spalancò con rabbia, ma andò a sbattere contro qualcuno che la afferrò saldamente per le braccia impedendole di andare via.
“Hanon, che succede?” le domandò Sem, preoccupato nel vederla in quelle condizioni.
Il disgusto provato per il ragazzino nel quadro crebbe davanti all’uomo in carne ed ossa che le stava di fronte.
“Non toccarmi!” strillò Hanon, lasciando via libera alle lacrime mentre si dimenava per sfuggire alla sua presa. Ma Sem continuava a non capire il motivo della sua agitazione e perseverò nel tentativo di calmarla.
“Lasciami andare! Mi fai schifo! Sei solo un bugiardo!”
“Per favore, Hanon, non urlare” Sem si era accorto che le sue grida avevano attratto l’attenzione delle guardie al piano. Vedendo però che le sue richieste non sortivano alcun effetto, con non poca fatica spinse Hanon nella stanza e chiuse la porta.
“Adesso cosa vuoi farmi, eh?” continuava ad urlare Hanon tenendosi a debita distanza da lui, un’espressione disperatamente folle sul viso “Mi tratterai come le altre, vero? Per te sono solo una sgualdrina, non è così?”
“Hanon che cosa stai dicendo? Sei impazzita?”
“Tu mi hai mentito! Io mi sono fidata di te e tu mi hai mentito!” indicò il quadro sulla parete.
Sem guardò il dipinto. Proprio come aveva pensato, era stato lui a tradirlo e a far capire ad Hanon la sua vera identità. Ne aveva tenuto conto, ma aveva sperato che non se ne accorgesse e che tutto rimanesse nell’ombra.
“Ascolta Hanon” iniziò ad avanzare lentamente verso di lei, che contemporaneamente prese ad arretrare “Mi spiace che tu l’abbia scoperto così”
“Ti dispiace che io l’abbia scoperto? È tutto quello che hai da dire?”
“Cos’altro vuoi che dica?” anche lui stava iniziando ad irritarsi, non riusciva a capire il motivo della rabbia di Hanon “Che mi vergogno di essere quello che sono? Che disprezzo mio padre e forse ancora di più me stesso?”
“Quindi secondo te sei tu il problema, vero? Non ti viene nemmeno in mente che i problemi siano anche degli altri, principino?”
“Hanon, ti prego, spiegati perché non capisco”
“Non mi sorprende, anzi probabilmente non ti è mai passata per l’anticamera del cervello l’idea. Dopotutto a te la cosa non tocca”
“Cosa non mi tocca??”
“Sei il principe, dannazione! Se per puro caso ti avessero preso durante una delle tue eroiche missioni i città al massimo ti sarebbe toccato qualche giorno in cella. Ma se avessero preso me, una semplice serva, pensi che mi avrebbero riservato lo stesso trattamento?”
Sem deglutì e non rispose, messo notevolmente in difficoltà dalle obiezioni di Hanon.
“No, naturalmente non ci hai pensato” riprese lei “L’importante era che tu la facessi franca comunque, cosa ti poteva importare della mia sorte? Avresti sfruttato le mie abilità finché fosse stato possibile e nel momento critico mi avresti abbandonato al mio destino”
“No questo non è vero” le si avvicinò e fece per afferrarle le spalle.
“Sta lontano da me” sibilò arretrando Hanon.
“Ti prego, Hanon, ascoltami”
“Per sentirmi dire cosa? Altre bugie? Per farmi prendere ancora in giro da te?”
“Non ti ho mai presa in giro e non ti avrei mai messa in pericolo, credimi!”
“Come posso crederti, Sem? hai praticamente ammesso di non aver mai pensato a quello che sarebbe potuto succedermi, di aver pensato solo a te stesso e alla tua incolumità. Non credo che ti saresti prodigato per me nell’eventualità di una mia cattura, rischiando di comprometterti”
“Questo non puoi saperlo”
“Ma lo immagino benissimo, vista l’alta considerazione che hai delle donne”
“Chi ti ha detto questo?”
“Non ha importanza chi, il solo fatto che non lo neghi vuol dire che è vero”
“Ma con te è diverso, Hanon! Se solo mi ascoltassi…”
“È diverso perché invece di portarmi a letto mi hai coinvolto nelle tue missioni, anche se a questo punto mi domando quanto avrei dovuto aspettare prima che tu tentassi di portarmi sotto quelle lenzuola e facessi di me la tua concubina”
“Mi credi davvero così materiale?” sul voltò di Sem era comparso un velo di delusione.
“Io non credo più a niente, voglio solo andarmene da qui”
Avanzò decisa verso la porta, ma quando passò vicino a Sem il ragazzo l’afferrò con forza per le braccia e premette le sue labbra contro quelle di Hanon. La ragazza iniziò a dimenarsi e a lamentarsi, tentando di resistere a quel bacio che si faceva sempre più insistente, finché non decise di ricorrere alle maniere forti e morsicò il labbro inferiore di Sem, che subito si staccò da lei con un gemito di dolore e si portò una mano alla bocca sanguinante.
Nel frattempo Hanon uscì dalla porta e corse come una furia lungo il corridoio, senza fermarsi ai continui richiami del principe. L’aveva fatta grossa, e quel bacio rubato per Hanon era stata la prova che aveva avvalorato le sue teorie. Sem l’aveva avvicinata per uno e un solo motivo, anche se era stato più lento di quanto si fosse aspettata ad arrivare al sodo. Per lei invece era diverso, si era lasciata convincere dalle parole di Olga, dagli sguardi languidi, dalle scenate di gelosia. Invece era stata tutta un’illusione, e si sentì una stupida.
Era talmente persa nei suoi pensieri che non si accorse che i richiami di qualcun altro si erano aggiunti a quelli ormai lontani di Sem. Sobbalzò quando qualcuno le afferrò dolcemente il polso. Murtagh la osservava intensamente, sul viso uno sguardo non interrogatorio ma comprensivo. Hanon capì che anche lui sapeva, ma non se la prese. Dopotutto era amico di Sem da molto più tempo. Ed era anche suo amico, in fondo. Doveva esserlo. Il legame che c’era tra loro era troppo forte per essere ignorato. Anche lui lo sapeva, Hanon lesse nei suoi occhi che non l’avrebbe abbandonata.
I richiami di Sem continuavano a riecheggiare lungo il corridoio e Murtagh si voltò leggermente nella direzione di provenienze, quindi tornò a guardare Hanon.
“Non gliela vuoi proprio dare una seconda opportunità?”
Hanon scosse la testa. “Adesso non ci riesco, mi ha fatto troppo male”. Si portò una mano alla bocca, consapevole di aver detto troppo.
“Sei innamorata di lui?” le domandò Murtagh, ma non c’era giudizio nel tono della sua voce.
“Ora non ha più importanza, mi ha mentito e tanto basta perché si meriti il mio disprezzo”
“Non ti sembra di esagerare?”
“Ha messo a rischio la mia vita per un capriccio, per un passatempo”
“Vero”
I richiami cessarono e poco dopo riecheggiò il rumore di una porta sbattuta violentemente.
Hanon sospirò. “Sarà meglio che torni da Olga, sarà preoccupata”.
Si voltò per dirigersi verso le scale, ma Murtagh la trattenne nuovamente e la attirò a sé, stringendola in un abbraccio cui lei si abbandonò senza freni, sfogando la sua rabbia e il suo dispiacere in un lungo pianto.


Capitolo della vigilia, fino al 28 non potrò più pubblicare niente xkè sono via, sorry...intanto gustatevi la litigata tra Hanon e Sem, porello :)
Buon Natale a tutti i lettori e commentatori (un grazie alle fedelissime marty_odg e Thyarah), ci vediamo dopo le feste!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Twins

CAPITOLO 18

Erano passate due settimane dalla scoperta della vera identità di Sem e dalla litigata tra lui e Hanon, due settimane senza che i due si scambiassero una parola. La ragazza aveva infatti respinto ogni suo tentativo di avvicinamento e aveva evitato di girovagare per i piani nobiliari del palazzo, salvo per gli incontri con Murtagh. Non aveva rinunciato a scoprire la natura del suo potere, né lui aveva rinunciato ad aiutarla nella sua ricerca. Si incontravano sempre nella cantina della vecchia conceria e sempre dopo il coprifuoco, ma si fermavano più di prima. Hanon, infatti, avendo troncato ogni rapporto con Sem non l’aveva più nemmeno affiancato nelle missioni in città, così arrivava a sera più riposata di prima e la sua resistenza durante le ricerche era notevolmente aumentata. Quanto a Murtagh, sembrava essersi sinceramente affezionato a lei e quasi gli sembrava strano pensare alla sua giornata senza l’incontro serale con Hanon. Non sapeva se definire amore quello che provava per lei, ma era sicuramente qualcosa di molto simile e forse di più puro, perché non contemplava in alcun modo un’attrazione fisica. Più volte aveva notato la straordinaria bellezza della ragazza, una bellezza a lui stranamente nota, e più volte si era sorpreso nel non esserne per niente attratto, come qualsiasi altro uomo.
Non aveva però nemmeno interrotto i rapporti con Sem, che lo vedeva come l’unico modo per sapere qualcosa di Hanon, per relazionarsi con lei. Più volte Murtagh si era sentito pregare dall’amico affinché intercedesse per lui e facesse ragionare la ragazza, ma si era sempre fermamente opposto, affermando che non stava a lui convincere Hanon della buona fede del principe.
"Inoltre" concludeva sempre Murtagh "Sei tu a possedere l’arma più convincente"
E ogni volta Sem non capiva quell’affermazione e gli chiedeva spiegazioni che il Cavaliere puntualmente non gli dava.
Così Sem si era ritrovato più volte a spiare la sua Hanon durante il lavoro a palazzo, nella speranza di trovare il coraggio e l’occasione giusti per parlarle e chiarire ogni cosa. Ma ogni volta il coraggio veniva meno di fronte allo sguardo deluso che la ragazza aveva sempre dipinto sul volto. Ormai gli era chiaro come il sole, lui era innamorato di Hanon, perdutamente, e il solo pensiero di ricevere un rifiuto da lei lo angosciava. La sua situazione era talmente grave che aveva persino rinunciato ai suoi soliti incontri notturni con le nobildonne di passaggio o le semplici prostitute del bordello reale. Il suo cuore, la sua mente e il suo corpo sarebbero d’ora in avanti appartenuti solo ad Hanon. E con questa certezza Sem andava avanti, giorno dopo giorno, sperando e pregando che ritornasse da lui.
Quel pomeriggio la giovane cameriera incinta iniziò a sentire i primi dolori dell’imminente travaglio e, senza pensarci su molto, si recò subito da Olga. In breve tutta la stanza divenne un viavai di gente con garze e acqua calda, e al vociare delle serve si alternavano le urla della donna, cui Hanon continuava a tamponare la fronte sudata con un panno bagnato in acqua fresca.
Le ore passarono ma del bambino ancora nessuna traccia, e in breve arrivò il momento della cena. Un garzone entrò nella stanza comunicando che c’era bisogno di qualcuno che servisse ai tavoli alla mensa dei soldati.
"Vai tu" disse immediatamente Olga ad Hanon.
"Ma io servo qui" protestò lei.
"Ce la faremo benissimo, tranquilla. Ora va’"
Hanon fece nuovamente per protestare ma uno sguardo di Olga la fece desistere, così lasciò il panno in mano ad una vecchia serva e si fece condurre dal garzone verso la mensa militare. Si trovava in un’ala del palazzo dalla parte opposta alle stanze della servitù e ci impiegarono parecchi minuti a raggiungere le cucine. Anche quel luogo era un via vai di servi e garzoni che urlavano ordini e insulti da una parte all’altra della stanza. Senza troppi complimenti un uomo nerboruto mise tra le braccia di Hanon un paiolo con dentro una disgustosa sbobba verdastra, quindi le porse un mestolo incrostato che lei prese a fatica. Nel vederla rimanere impalata dov’era l’uomo le urlò contro "Ti sei per caso addormentata? Esci e servi quegli uomini!"
Le indicò una porta semiaperta sulla sua sinistra, verso cui Hanon si diresse stando attenta a non urtare nessuno col paiolo. In quanto a rumore la situazione non cambiò di molto. Le potenti voci dei soldati si accavallavano una sull’altra creando un rumore fastidiosissimo. Gli uomini erano disposti in tre lunghe tavolate e davanti ad ognuno di essi stavano una semplice scodella di legno, un cucchiaio e un calice, il più delle volte ricolmo di vino.
"Ehi, bellezza! Cosa ci propini questa sera?" le urlò un soldato, uno dei più anziani e dei più ubriachi, scoppiando poi in una fragorosa risata seguito dai suoi vicini di posto.
Hanon non rispose, ma iniziò a servire quella specie di zuppa al primo tavolo alla sua sinistra. I commenti sul suo conto non tardarono ad arrivare, ma cercò di fare finta di niente e di velocizzare il suo lavoro, per uscire da lì il prima possibile. Ai commenti poi seguirono le pacche sul fondoschiena, che iniziarono ad irritarla sul serio. Frenò più volte l’istinto di restituire i favori e conciare quegli uomini per le feste.
Una volta svuotato il paiolo ritornò verso la cucina, quando una mano rude l’afferrò per un braccio trascinandola sulle ginocchia del vecchio soldato che l’aveva accolta. La puzza di alcol che usciva dalla sua bocca era nauseante e ad Hanon salì un conato.
"Perchè non ti fermi un po’ con noi, dolcezza?" le domandò strascicando le parole a causa del vino.
"Spiacente, ho del lavoro da fare" rispose lei secca, tentando di alzarsi, ma la stretta del soldato su di lei si fece più salda.
"Lascialo ai garzoni il lavoro! Divertiti un po’ con noi" l’uomo avvicinò il viso al suo e lei bruscamente si scostò, sempre più infastidita.
"Credo proprio che abbiamo differenti concetti di divertimento, io e voi" di nuovo Hanon tentò di liberarsi da lui e riuscì ad alzarsi, ma il soldato la trattenne per un braccio.
Istintivamente assecondò il movimento e lo colpì col mestolo che teneva nell’altra mano. L’uomo si portò le mani al volto, quindi tornò a guardarla con uno sguardo a metà tra il furente e il divertito. Hanon si mise in guardia, sempre con mestolo e paiolo in mano.
Il vecchio soldato rise "Vorrà dire che prima ti dovrò domare"
"Accomodati, vecchio maiale" rispose lei a tono.
Lui le si lanciò contro ma Hanon scartò sulla destra e alzò il paiolo all’altezza della testa dell’uomo, che vi finì irrimediabilmente dentro. Colpì poi la pentola col mestolo e l’uomo cadde a terra privo di sensi. Hanon tirò un sospiro di sollievo, ma incrociò subito gli sguardi poco rassicuranti degli altri commensali, pronti a saltarle addosso. Uno di loro prese l’iniziativa e tentò di afferrarla per la vita, ma Hanon lo colpì col mestolo dal basso verso l’alto, spaccandogli il labbro. Un altro soldato tentò un attacco da dietro che lei riuscì ad evitare, quindi lo colpì con una gomitata sulla nuca. Agli assalti singoli si sostituirono quelli in gruppo e per fronteggiarli fu costretta a saltare su uno dei tavoli della mensa e a lanciare addosso ai soldati le scodelle, vuote o piene che fossero. Alcuni di loro la raggiunsero sul tavolo e Hanon vide con dispiacere che avevano dei piccoli pugnali in mano. Si portò una mano al petto, scoprendo di essersi dimenticata il coltello di Sem in stanza. Non le restava che disarmare uno di quei soldati per essere alla pari con loro. Uno iniziò a correrle incontro, ma Hanon lo fermò con una rondata all’indietro, colpendolo in volto con i piedi. Venne poi afferrata per il collo da dietro, un coltello puntato al volto. Afferrò il polso della mano armata mentre con l’altro gomito colpì il soldato in pancia, facendolo poi cadere dal tavolo con una torsione su se stessa. Finalmente armata di pugnale, poté affrontare gli altri soldati con più semplicità e maestria, sfruttando appieno gli insegnamenti del Ramingo. Si scoprì divertita dalla situazione, non si era mai trovata in minoranza in un combattimento eppure se la stava cavando egregiamente, e senza far sgorgare una goccia di sangue di troppo, puntando solo a tramortire l’avversario, senza ucciderlo. Era talmente presa dalla lotta che non si accorse del giovane soldato che era corso fuori dalla mensa ad avvisare qualcuno di ciò che stava succedendo. Il ragazzo sbucò tutto trafelato nel corridoio del palazzo e per poco non si scontrò con Murtagh.
"Perdonatemi, mio signore" si scusò tutto d’un fiato, lanciando al Cavaliere uno sguardo terrorizzato.
"Non importa, soldato" sorrise benevolo lui, non riuscendo però a tranquillizzarlo "Ma come mai tanta fretta?"
"Ci sono disordini nella mensa dell’esercito, signore"
"Avete di nuovo alzato il gomito, eh?"
"No, signore...cioè, sì, ma non è solo questo"
"Allora parla, dimmi cosa sta succedendo"
Murtagh notò l’imbarazzo sul volto del giovane, che sembrava non riuscire a trovare le parole. Nel silenzio all’orecchio del ragazzo giunse il rumore ovattato di urla e schianti.
"Che succede la sotto, soldato?" Murtagh assunse un tono autoritario.
"Hanno tantato di aggredire una cameriera...e lei ha reagito. Sta affrontando da sola l’intera mensa"
Senza sapersi spiegare il perché, a Murtagh venne subito in mente Hanon, e nella sua testa si accese il segnale di pericolo.
"Cerca il principe e digli di recarsi subito nelle mie stanze"
Il soldato batté i tacchi e si mise sull’attenti, prima di correre verso l’ala nobile del palazzo. Il Cavaliere iniziò invece a scendere verso la mensa e in breve scorse l’ampia porta d’ingresso, da cui i rumore che prima aveva percepito ovattati uscivano nitidi e fastidiosi. Una volta sull’uscio si ritrovò tra le braccia un soldato privo di sensi, che lasciò cadere di lato senza troppi complimenti. Alzò quindi lo sguardo sulla sala, dove ormai erano più pochi i soldati che tentavano di opporsi alla giovane cameriera in piedi sul tavolo centrale e armata di mestolo e pugnale. Hanon. Subito gli venne da sorridere, ma si rammentò del grave guaio in cui sarebbe potuta cacciarsi se si fosse saputo in giro della sua abilità nel combattimento e si decise ad intervenire.
"ADESSO BASTA!" urlò a gran voce e in attimo nel refettorio calò il silenzio.
Hanon strabuzzò gli occhi nel vederlo lì e subito la voce di lui le rimbombò in testa.
Non dire una parola a fa finta di non conoscermi.
Guarda che non è stata colpa mia.
Di questo parleremo dopo, ora lascia fare a me.
"Allora, chi di voi signori mi vuole spiegare cosa è successo qui?"
I soldati rimasti in piedi iniziarono a guardarsi a vicenda, cercando di evitare lo sguardo accusatorio di Murtagh. Questi sospirò.
"Va bene, mettiamola così" avanzò verso il tavolo in mezzo agli uomini e quando fu davanti ad Hanon le porse la mano "Come mai questa giovane serva è in piedi sul tavolo e molti di voi a terra priva di sensi?"
Hanon cercò di trattenere una risata mentre scendeva tenendosi alla mano di Murtagh. Quanto ai soldati, continuarono a restare in silenzio, questa volta a sguardo basso.
"Devo dedurre che l’esercito del grande Galbatorix si è fatto mettere in difficoltà da una ragazza indifesa"
Indifeso sarai tu commentò Hanon nella sua mente, facendo in modo che Murtagh la sentisse. Il ragazzo fece finta di niente e continuò a parlare ai soldati.
"Che vi serva da lezione per la prossima volta che tenterete di soddisfare le vostre voglie sulla prima donna che vi capita sotto mano. E se avete un po’ di orgoglio, non fatene parola in giro"
Spinse poi Hanon verso l’uscita della mensa e su per le scale, bloccandola per un braccio a metà percorso.
"Cosa ci facevi in quel posto?" le domandò severo.
"Mi ci ha mandata Olga, mancava una cameriera e lei aveva una donna che partoriva da seguire"
"Spero per te che la notizia del tuo spettacolo non esca da quella mensa, perché potresti cacciarti in guai seri"
"Mi sono solo difesa e grazie al cielo ne sono capace"
"Hanon, hai messo al tappeto un intero esercito e non è cosa da molti. Sei stata addestrata per essere una guerriera e se si venisse a sapere di questa tua dote, qualcuno potrebbe approfittarne"
"Non lo verrà a sapere nessuno, ne va dell’onore e dell’orgoglio del re"
Murtagh sospirò e le fece cenno di proseguire. In breve furono nuovamente nel corridoio del palazzo, dove il giovane soldato che aveva avvisato Murtagh andava avanti e indietro nervosamente.
"Puoi tornare a mangiare, soldato" gli disse il Cavaliere non badando alla sua agitazione e proseguendo verso le sue stanze, con Hanon dietro, diretta agli appartamenti della servitù. Ma il soldato li richiamò con voce flebile.
"Signore, Sua Maestà vuole vedervi. Entrambi"
Murtagh si bloccò di colpo così come Hanon, che prese a guardarlo tesa. Il ragazzo si voltò lentamente, un’espressione preoccupata sul viso, quindi rispose affermativamente con un cenno. Il giovane soldato si congedò, lasciandoli soli.
"Ecco i guai seri di cui ti parlavo" disse Murtagh ad Hanon, prima di cambiare direzione, con lei dietro.

Eccomi tornata! Buon anno a tutti!
Nuovo capitolo delle avventure dei nostri eroi, spero sia di vostro gradimento :) ringrazio chi continua a leggere e seguire la storia, Thyarah e marty_odg per i fedeli commenti e do il benvenuto a sara96_98 tra le mie lettrici, nella speranza che rimanga :D attendo commenti e pareri!
A presto!

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Twins

CAPITOLO 19

Il portone della sala del trono non gli aveva mai fatto paura come in quel momento e anche l’agitazione di Hanon era palpabile.
"Dimmi la verità" gli disse la ragazza a voce flebile, senza scostare lo sguardo dai grandi battenti chiusi davanti a loro "Sono praticamente morta, non è vero?"
"Non lo so, Hanon" le rispose Murtagh, tentando di sembrare calmo "In fondo ti sei solo difesa. Non mi sembra un valido motivo per condannare qualcuno a morte"
"Non sei molto rassicurante, sai?"
Dopo un’attesa che ai due ragazzi parve infinita la porta si aprì e il capitano delle guardie che era entrato per annunciarli al re li fece accomodare nella sala. Murtagh entrò per primo, seguito a breve distanza da Hanon. La sentì trattenere il respiro quando si accorse della presenza di Sem a fianco del padre. Lo sguardo del principe era il più teso della sala.
"Vostre maestà" si inchinò Murtagh, imitato dalla ragazza al suo fianco "Ci avete fatto chiamare?"
"Sì, Murtagh, proprio così" lo sguardo glaciale e paralizzante del re si posò su Hanon, che si sorprese nel riuscire a reggerlo. Un ghigno poco rassicurante comparve sul volto di Galbatorix, di quelli che ogni tanto sfoderava anche Sem, ma più carico di malignità. Il sovrano proseguì "Ho saputo dei trambusti scoppiati alla mensa dell’esercito" Galbatorix si alzò dal trono con lentezza disarmante.
"L’ordine è stato ripristinato in men che non si dica, altezza. Non dovete preoccuparvi…"
"Oh, ma io non mi preoccupo infatti, caro Murtagh. So bene che la tua presenza qui a palazzo è sinonimo di efficienza e rigore. Solo che questa volta non hai fatto tutto da solo, se non vado errato"
Lo sguardo del re su Hanon si fece più intenso, ma la ragazza non accennò ad abbassare il suo.
"Da quanto tempo lavora qui questa giovane serva?" domandò Galbatorix, quasi entusiasta della forza di carattere di Hanon.
"Da quasi tre settimane, altezza" rispose Murtagh.
"E qual è il tuo nome, mia cara?" continuò il re, rivolgendosi direttamente a lei.
Hanon esitò prima di rispondere e cercò uno sguardo d’assenso da parte di Murtagh, che gli fece un lieve cenno col capo.
"Mi chiamo Hanon, maestà"
"E cosa facevi prima di venire a lavorare qui a palazzo?"
Non dire che sei nata qui e non parlare del Ramingo la avvertì Murtagh in apprensione, senza rivolgerle lo sguardo.
"Sono stata allevata dai sacerdoti della dea della caccia, che mi trovarono abbandonata davanti al loro tempio quando ero solo una neonata. Sono sopravvissuta all’attacco di qualche mese fa, dopo il quale sono stata costretta ad andare di città in città e a cavarmela da sola, fino a che non ho trovato impiego verso il vostro palazzo come guaritrice"
Hanon sperò in cuor suo di essere stata convincente e attese una risposta da parte del re.
"Il mondo è una scuola crudele, vero? Non mi sorprende che tu abbia imparato a difenderti in modo così egregio, dopo molti mesi passati da sola alla mercé delle insidie di Alagaesia"
Hanon non seppe subito cosa rispondere e l’incedere lento del re verso di lei la mise in guardia.
"Tranquillizzati mia cara" riprese lui, distendendo il viso in un sorriso "Volevo solo farti un complimento. In fondo non è da tutti mettere al tappeto l’esercito reale"
"Non volevo recare offesa ai vostri soldati, signore. Ho solo cercato di…"
"Difenderti, lo so. Ne avevi tutto il diritto, la tua virtù è ciò che di più prezioso tu possieda e va difesa coi denti. Non è un rimprovero il mio, cara Hanon"
Possibile che l’uomo davanti a lei fosse il sanguinario re che imperava su Alagaesia da ormai molti anni, portando morte e distruzione a chiunque gli si ponesse contro? Poteva la stessa persona essere affabile e comprensiva e al tempo stesso crudele e senza pietà? A fatica Hanon riuscì a ribattere.
"Vi sono grata per la vostra comprensione, altezza" disse alla fine, prostrandosi in un lieve inchino.
"Sarò io ad essere grato a te se accetterai una mia proposta" Galbatorix indietreggiò per abbracciare con lo sguardo sia Hanon che Murtagh "Se entrambi accetterete"
I due ragazzi si guardarono confusi, quindi Murtagh chiese spiegazioni al re. Questi si voltò verso lo scranno dal quale Sem aveva assistito a tutta la conversazione in preda all’ansia, che crebbe, notò Murtagh, man mano che Galbatorix prolungava l’attesa. Evidentemente sapeva cosa stava escogitando suo padre.
"Vi propongo uno scontro" dichiarò infine il re, di nuovo seduto sul suo trono "Voi due vi affronterete in duello in questa stessa sala domani sera, durante il banchetto in onore dell’anniversario della mia salita al trono"
"Ma Murtagh è un Cavaliere dei Draghi!" protestò Hanon prima che il ragazzo potesse bloccarla "Ho praticamente perso in partenza!"
"Hai sbaragliato il mio esercito di uomini scelti con un pugnale e un mestolo, quindi a parer mio hai le potenzialità per duellare alla pari con Murtagh, il quale, ovviamente, si asterrà dal ricorrere alla magia. Te la senti, giovane Hanon?"
"Padre, perdonatemi" intervenne per la prima volta Sem, sorprendendo tutti i presenti "Non dubito delle capacità del Cavaliere Murtagh, ma la situazione potrebbe sfuggirgli di mano e…"
"Ti fidi così poco del tuo vecchio amico, Semerth?" lo canzonò il re senza nemmeno guardarlo in viso "Pensi che non sia in buone mani?"
"No, non volevo dire questo, padre, però…"
"Però niente! Impara a stare al tuo posto di principe e lascia a me le decisioni. Naturalmente" tornò a rivolgersi ad Hanon "Non ti obbligo a fare nulla, mia cara, ma potrebbe essere una buona vetrina per te. Il tuo talento è sprecato come serva. Hai tempo fino a domani a mezzogiorno per darmi una risposta e un tuo silenzio verrà interpretato come un sì. Ora potete andare, tutti"
Murtagh e Hanon si inchinarono per essere poi scortati dal capitano delle guardie fuori dalla sala del trono. Una volta che i battenti si furono richiusi dietro di loro, Hanon si concesse un sospiro di sollievo.
"Beh, è andata bene" commentò rivolta a Murtagh, dalla cui espressione capì che non la pensava allo stesso modo.

"Devi rifiutare" ripeté per l’ennesima volta Murtagh nel tentativo di convincere Hanon a desistere dal partecipare al duello. L’aveva trascinata di peso nella sua stanza dopo il ricevimento col re e non aveva intenzione di lasciarla andare prima di averla convinta a non combattere.
"Ha detto che siamo alla pari, quindi perché non tentare?!?"
"Ma non capisci che il suo scopo non è farti fare bella figura davanti agli invitati, bensì scoprire le tue vere potenzialità per poterle sfruttare a suo favore? Hai dei poteri di guarigione, chi ci assicura che non li abbia anche di distruzione?"
A quelle parole Hanon ricordò il giorno dell’attacco al tempio, quando aveva visto il suo amico Galet morire sotto la lama di un soldato reale. Quella scena aveva risvegliato in lei una rabbia tale che non era riuscita a contenerla, ma non ricordava di preciso cosa era successo in realtà. Solo il Ramingo lo sapeva.
"Sono un semplice essere umano, Murtagh, non un Cavaliere come te. D’accordo, riesco a guarire le tue ferite, ma non sono riuscita a fare altro in tutta la mia vita. Perché dovrei iniziare proprio domani? Il re vedrà che oltre al combattimento corpo a corpo non so fare altro e mi lascerà tornare al mio lavoro"
Qualcuno bussò poi alla porta secondo il segnale prestabilito e Murtagh la aprì restando come sempre al suo posto. Sull’uscio comparve timidamente Sem, alla cui vista Hanon si irrigidì.
"Cosa ci fa lui qui?" sibilò a Murtagh senza preoccuparsi di ferire il principe.
"L’ho chiamato io perché ti convinca a desistere. Entra pure, Sem"
"Tempo sprecato" disse però Hanon mentre si alzava dalla poltrona sulla quale era stata seduta "Io da sua maestà non accetto nessun consiglio"
"Io invece dico che lo ascolterai come minimo" ribatté energico il Cavaliere rimettendola a sedere con la forza, quindi fece un cenno a Sem di avanzare. Appena osò rivolgere lo sguardo ad Hanon, la ragazza si voltò dalla parte opposta mostrandogli la nuca coperta da setosi capelli castani.
"Avanti, Sem, diglielo anche tu che è una follia accettare la proposta di tuo padre"
"Sì, è una follia, ma è inevitabile" rispose il ragazzo dispiaciuto, attirando con sorpresa l’attenzione di Hanon.
"Come inevitabile? Il re ha detto che poteva rifiutare!" protestò l’amico.
"Non hai ancora capito come è fatto mio padre, vero? Direbbe qualsiasi cosa per convincere la gente a fare come vuole lui, ma mantiene poco di quello che promette. Se Hanon rifiutasse, capirebbe che c’è qualcosa sotto che voi due volete nascondergli e tenterà in ogni modo di scoprirlo. Potrebbe anche farti del male, Hanon"
La ragazza si accigliò preoccupata e distolse lo sguardo pensierosa "Quindi non abbiamo altra scelta"
"Sì che ce l’abbiamo"
Sem e Hanon si voltarono sorpresi verso Murtagh, che prese a spiegare.
"Io e Hanon siamo in contatto telepatico non so per quale motivo. Potremmo prestabilire il combattimento e ripassarlo mentalmente finché non sembrerà uno scontro vero. Lo faremo finire in parità così Galbatorix non avrà alcun motivo per coinvolgerti nei suoi piani. Che ne dici?"
Hanon guardò prima il Cavaliere poi Sem, il cui sguardo la implorava di accettare. Ripensando all’idea di Murtagh, effettivamente era l’unica strada possibile da prendere. Acconsentì con un cenno del capo.

Buongiorno a tutti!!
Perdono per il leggero ritardo, ma tra tutto quello che sto scrivendo e lo studio il tempo è poco e l'ispirazione va a momenti :)
Cooooomunque, grazie alle commentatrii fedeli, ossia Thyarah, sara 96_98 e marty_odg, spero che il capitolo, anche se poco movimentato, sia di loro gradimento :) grazie anche a chi segue la storia, a chi l'ha inserita tra i preferiti e a chi la legge solamente :)
A presto!

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Twins

CAPITOLO 20

Allora, tutto chiaro?
Sì, sì! È la sesta volta che me lo chiedi! sbottò Hanon, cercando di mettere in quel pensiero tutta la sua irritazione.
Guarda che lo faccio per te, io non ne ricavo niente da questo stupido combattimento. Mi sarei rifiutato, se avessi potuto.
Lo so, Murtagh, ma così fai agitare anche me sospirò Non vedo l’ora che sia finita…
Hanon si alzò dal suo giaciglio di paglia e andò a sbirciare oltre la tenta che divideva la sua stanza dal resto degli alloggi. C’era un viavai continuo, più frenetico di quello che aveva visto nella mensa dell’esercito.
Gli invitati al banchetto erano arrivati da un pezzo, mandando in subbuglio l’intero palazzo e soprattutto lei. Non le parve più una buona idea aver accettato di partecipare allo scontro, checché ne dicesse Sem. Alla fine dei conti era tutta colpa sua! L’unica speranza che aveva era Murtagh. Era incredibile come la sua presenza, anche non fisica, riuscisse a calmarle l’animo. Sin dalla prima volta in cui l’aveva visto l’aveva sentito vicino, quasi fosse una parte di sé che mancava. Inoltre aveva sempre il consiglio giusto da darle e c’era sempre stato quando aveva avuto bisogno.
Sperò con tutto il cuore che il suo piano funzionasse.
Qualcuno entrò dalla porta principale, accompagnato da un ritmico clangore metallico: un soldato.
"Sto cercando una ragazza di nome Hanon" disse alla prima serva che gli capitò sotto tiro.
"Sono qui" rispose lei senza indugi, uscendo da dietro la tenda.
Il soldato le porse un fagotto con poca grazia "Dovrai indossarlo durante il combattimento, fatti trovare davanti alla sala del trono appena sei pronta"
Hanon annuì e si dileguò velocemente nella sua stanza, per sfuggire agli sguardi curiosi degli altri servi e a quello apprensivo di Olga.
Quando le aveva detto il motivo per cui non avrebbe potuto dare una mano in cucina durante il banchetto, la donna era sbiancata e le aveva chiesto il motivo di quella proposta. Hanon le aveva allora raccontato cosa era successo alla mensa dell’esercito. Olga si era portata le mani al volto sconvolta quando le aveva parlato di Murtagh e aveva iniziato a chiederle quanto sapesse di lui. Ovviamente le aveva fatto credere che quella fosse stata la prima volta che l’aveva visto dall'incidente nel recinto di Shruikan, ma ciò non l’aveva tranquillizzata più di tanto.
Nel fagotto che le era stato consegnato trovò un paio di brache in pelle e un corpetto striminzito che le lasciava scoperte tutte le braccia. Li indossò riluttante insieme ai suoi soliti stivali, quindi legò i capelli in una lunga treccia dimodochè non le dessero fastidio durante il combattimento. Si diede poi un’occhiata allo specchio sporco della stanza.
Sembro una sgualdrina pensò disgustata, rimpiangendo i suoi abiti da serva.
Non è il tuo maggior problema, al momento, direi le rispose Murtagh sempre più teso.
Tu sei pronto?
Quasi.
Allora ci vediamo davanti all’entrata della sala.
Si allontanò dallo specchio cercando di dimenticare l’immagine che esso aveva riflesso e uscì rapida dalle stanze della servitù senza lasciare agli altri servi il tempo di notarla.
Trovò un paggio ad attenderla nel corridoio. Ad un suo cenno si incamminarono verso la sala, in lontananza le voci concitate dei commensali le fecero intuire che i festeggiamenti stavano andando alla grande. Mancava solo la ciliegina sulla torta. Cercò di distrarsi ripassando mentalmente i passaggi del prestabilito e di rallentare i battiti frenetici del suo cuore adattandoli al ritmo che il combattimento avrebbe avuto.
L’immensa porta della sala del trono comparve troppo presto e la sua agitazione aumentò. Il paggio la lasciò e ripercorse il corridoio a ritroso, seguito con lo sguardo dalla ragazza. Immediatamente le sembrò che i muri si stessero stringendo su di lei e che il soffitto stesse diventando immensamente più alto. Il respiro le si fece affannoso e fu colta da un improvviso istinto di fuga. Non appena mosse il primo passo, però, incrociò lo sguardo altrettanto teso di Murtagh e finalmente tornò la pace.
L’abbigliamento del Cavaliere non differiva molto dal suo, ma la casacca che portava sul petto lo copriva totalmente ed era sormontata da un giustacuore in cuoio.
Andrà tutto bene le disse nella mente accompagnando il pensiero con un cenno del capo. Hanon rispose allo stesso modo.
Le porte della sala si socchiusero per lasciar uscire un soldato con in mano un grosso contenitore in legno. Dietro di lui comparve Sem, nervoso forse più degli altri due ragazzi. Si scambiò un cenno d’assenso con Murtagh, quindi lasciò indugiare lo sguardo preoccupato su Hanon. Questa, però, lo distolse quasi subito, impassibile.
Sem prese allora un profondo respiro e iniziò a parlare.
"Lo scontro avrà inizio a breve. Avrete a disposizione due armi a testa, da usare come meglio ritenete"
Il soldato aprì il contenitore mostrandone il contenuto: due spade e due pugnali di semplice fattura.
"Andrete avanti finché uno dei due non risulterà vincitore o fino a quando il re stesso non darà l’ordine di terminare. Buona fortuna"
Hanon e Murtagh si avvicinarono al soldato per prendere ognuno un pugnale e una spada.
Useremo solo la spada, rinfodera il pugnale appena dopo l’inchino le disse Murtagh. Hanon assentì.
I battenti vennero quindi aperti del tutto per permettere loro di entrare dietro il principe. Vennero subito investiti dal chiasso che albergava nella sala, ma che si affievolì a poco a poco insieme al loro avanzare, finché non rimase che qualche bisbiglio. Gli occhi del re si piantarono avidi su Hanon, ma quelli azzurri di lei non cedettero il passo se non durante l’inchino.
"Mio signore, i guerrieri sono pronti" annunciò Sem con voce tremante.
Galbatorix fece un ampio gesto con la mano e il principe e il soldato si dileguarono dietro le tavolate per lasciar spazio allo scontro.
Murtagh e Hanon rinfoderarono i pugnali e si misero in guardia l’uno davanti all’altro.
"Si dia inizio alla battaglia!" annunciò pomposo il re.
Ora! ordinò Murtagh, quindi si lanciò contro Hanon.
Riuscirono subito a dare al combattimento il ritmo giusto, Hanon dimostrò una destrezza che nessuno avrebbe immaginato, di molto superiore a quella che aveva visto il giorno prima. Aveva la battaglia nel sangue, era agile e veloce come un gatto e rispondeva prontamente ai suoi colpi e alle sue indicazioni. In breve la paura dei due ragazzi lasciò spazio all’adrenalina e al divertimento, si estraniarono dal resto del mondo, dimentichi del banchetto e degli occhi del re sempre più luminosi e bramosi. Hanon sentì crescere in lei una gioia mai provata, era elettrizzata e smaniosa di continuare a combattere. Si sorprese della scontentezza che provò quando il combattimento volse al termine.
Come deciso, erano in parità, ciascuno con la lama vicina al collo dell’avversario. Murtagh le sorrideva soddisfatto e piacevolmente sorpreso. Hanon ricambiò con un sorriso che sapeva di sfida. Intorno a loro si alzò un boato di applausi e urla di gradimento, alcune poco fini nei confronti di Hanon, ma un gesto del re zittì tutti quanti.
"Non mi accontento di un pareggio. Proseguite" ordinò gelido.
Il cuore di Murtagh mancò un battito, ma il Cavaliere cercò di dissimulare l’orrore che stava provando. Hanon invece non aveva cambiato di un pelo la sua espressione. Abbassarono meccanicamente le armi e si rimisero in guardia.
Cerca di starmi dietro provò a dirle Murtagh, ma andò a sbattere contro un’imponente barriera.
Si accorse appena in tempo dell’attacco repentino di Hanon e lo parò con non poca difficoltà. Oltre le lame scorse nel fondo delle pupille della ragazza una luce strana.
Hanon! la chiamò ancora, in balia dei suoi attacchi, ma scontrò ancora il muro.
Maledicendola, iniziò a contrattaccare e a farla retrocedere, ma ben presto si ritrovarono nuovamente in perfetto equilibrio, con la sola differenza che Murtagh ora stava combattendo al massimo delle sue possibilità…e Galbatorix lo sapeva.
Hanon non dava cenni di volersi arrendere e decise di usare anche la seconda arma a sua disposizione. Si dimostrò ancora più abile col pugnale che con la spada e costrinse Murtagh ad usarlo a sua volta. Il ritmo aumentò, nessuno dei due dava segni di cedimento. Il finale arrivò all’improvviso, inaspettato. Murtagh evitò un tondo col pugnale di Hanon e tentò un affondo. La ragazza però riuscì a pararlo e, con una rapida rotazione del polso, disarmò l’avversario andando poi a puntargli la lama alla gola.
Un silenzio tombale calò sulla sala e tutti gli sguardi si concentrarono su Hanon, quello di Murtagh più intensamente degli altri. Lentamente Hanon riprese coscienza di ciò che era appena successo e la maschera di sfida lasciò il posto ad un’espressione seriamente preoccupata. Abbatté la barriera mentale appena sentì Murtagh sfiorarla col pensiero.
Che cosa hai fatto, Hanon?

Saaaalve lettori e lettrici pazienti!
Lo so, sono in ritardo mostruoso, vogliate perdonarmi ed essere clementi...
Un capitolo decisamente più movimentato del precedente, spero vi piaccia (vi consiglio di leggerlo con sotto il brano musicale Requiem for a dream, almeno, questo è quello che ho fatto io)
Ringrazio Thyarah e sara96_98 per i loro fedeli commenti e ribadisco che questa storia non resterà incompiuta, promesso :) grazie anche a chi ha messo la storia tra i preferiti, chi la segue e chi la legge solamente.
A presto!

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Twins

CAPITOLO 21

Hanon si sentì improvvisamente nuda e senza protezioni. Aveva osato troppo, si era esposta più del dovuto e non ne capiva nemmeno il motivo. L’aveva fatto e basta. Ma in quel momento tutti gli occhi erano piantati su di lei: quelli accusatori di Murtagh, quelli nervosi e in preda all’ansia di Sem, quelli sbalorditi del pubblico nella grande sala, ma soprattutto quelli bramosi del re. Era come se un raggio solare la stesse colpendo in pieno volto, caldo e fastidioso allo stesso tempo. Desiderò con tutta se stessa che qualcosa lo distraesse da lei, concentrata sulle iridi di Murtagh, che nonostante tutto riuscivano a darle sicurezza. Calma, doveva mantenere la calma e tutto si sarebbe risolto per il meglio. 
Il silenzio caduto nella sala venne rotto dopo istanti che sembrarono ore da un posato battito di mani. Galbatorix stava rendendo così omaggio ai due combattenti di fronte a lui, non senza tenere sott’occhio Hanon. Lentamente tutta la sala si unì all’applauso, finché non ci fu abbastanza rumore da convincere Hanon che era tutto finito. La ragazza abbassò la spada. 
Che accidenti ti è saltato in mente, si può sapere? le urlò Murtagh in testa Se eri così smaniosa di entrare nelle mire del re, si poteva evitare tutta questa messinscena! la rimproverò poi furibondo, mentre entrambi si voltavano verso il trono del sovrano, ancora intento ad applaudire. 
Almeno rispondimi! sbottò infine, vedendo che Hanon non accennava a dargli retta. 
“Un eccellente prova, mi congratulo!” iniziò il re, ponendo fine alla conversazione telepatica, una volta che gli applausi si furono spenti “Non potevo aspettarmi di meglio per celebrare l’anniversario della mia ascesa al trono. Che il Cavaliere Murtagh fosse dotato lo si sapeva per chiara fama, ma la vera sorpresa sei tu, cara Hanon” 
La ragazza sostenne come sempre lo sguardo penetrante che Galbatorix le rivolse. Questi sorrise compiaciuto e continuò. 
“Le tue paure di ieri sono risultate del tutto infondate, come hai avuto modo di dimostrarci poco fa. Battersi ad armi pari con un Cavaliere dei Draghi non è cosa da poco e denota una tua grande predisposizione per il mestiere delle armi. Sarebbe un peccato sprecare un talento così, non trovi? Ti propongo di entrare a far parte della mia guardia personale” fu l’immediata offerta di Galbatorix, che non lasciò ad Hanon il tempo di ribattere “Decisamente un lavoro molto più pericoloso del tuo attuale ma anche più redditizio e, posso azzardare, più consono alle tue capacità. Sono sicuro che lo adempiresti al meglio” 
“Vi ringrazio della gentile offerta, sire” si prostrò Hanon con un lieve inchino “Ma devo rifiutare la vostra offerta” disse poi con tono deciso. Ai suoi occhi cerulei non sfuggì la sorpresa che si dipinse sul volto del re, né mancò di notare lo sguardo altrettanto meravigliato che le rivolse Murtagh. 
“C’è un motivo più che valido per cui non accetto, mio re” si affrettò ad aggiungere “Non è mio desiderio fare del mestiere delle armi la mia vita. Personalmente mi vedo più al mio posto nel ruolo di guaritrice, qui al castello come in qualsiasi posto ci sia bisogno. La mia esperienza con la battaglia può considerarsi conclusa con questo combattimento, da oggi la mia vita sarà dedicata alla guarigione” 
Sull’uditorio calò il più totale silenzio. La decisione con cui Hanon aveva pronunciato il suo verdetto aveva lasciato di stucco tutti, dal re all’ultimo dei garzoni. Pochi avevano osato contraddire Galbatorix e nessuno era rimasto per raccontarlo, fossero questioni più o meno importanti quelle in cui erano stati coinvolti. Il volto del re era contratto e concentrato le sue pupille non si staccarono per un secondo da quelle chiare della giovane serva ai suoi piedi. Lentamente, le sue sottili labbra si piegarono in un bieco sorriso. 
“Argomentazione notevole” disse a bassa voce, quindi si voltò e tornò a sedersi sul suo scranno “E sia, giovane Hanon. Dedica la tua esistenza alla vita e lascia la morte agli uomini. Dopotutto non è un caso se nessuna donna è mai stata Cavaliere dei Draghi” 
A quell’affermazione Hanon si sentì punta nell’orgoglio, ma un pensiero ammonitore di Murtagh la rimise in riga. 
Non rispondere! o rovinerai tutto… 
“Ad ogni modo ho sinceramente apprezzato lo spettacolo di stasera e resto convinto della mia supposizione. Con questo voglio dire che la mia offerta resta valida, a meno che non si presenti qualcuno più valido di te, s’intende” 
Hanon chinò nuovamente il capo in segno di ringraziamento. 
“I festeggiamenti possono continuare!” annunciò a tutta la sala, che subito tornò ad animarsi di chiacchiere e canzoni stonate “Murtagh, se hai piacere di unirti ai festeggiamenti, sei il benvenuto. Quanto a te, Hanon, puoi ritirarti nelle tue stanze” 
“Vi ringrazio per l’invito, altezza” rispose Murtagh “Ma credo che mi ritirerò nei miei alloggi, se permettete” 
Un ampio cenno d’assenso di Galbatorix lo sollevò da ogni incarico per quella sera e finalmente Murtagh fu libero di dirigersi verso l’uscita di quella grande sala con Hanon appresso. Dovettero farsi largo tra l’andirivieni di garzoni e camerieri carichi di vassoi, ma alla fine furono fuori dalla sala del trono, da essa divisi dai pesanti battenti del portone. 
Hanon non ebbe il tempo di tirare un sospiro di sollievo che Murtagh l’afferrò prepotentemente per un braccio e la trascinò in malo modo verso una zona del corridoio più appartata. 
“Ti rendi conto che hai rischiato di rovinare tutto?” la rimproverò ad un centimetrò dalla sua faccia, mantenendo il tono più basso che la sua arrabbiatura gli consentiva. 
“Lo so, hai ragione, ma lascia che ti spieghi…” 
“Spiegare cosa, Hanon? Come si spiega il fatto che un comune essere umano riesce a combattere alla pari con un Cavaliere esperto? Galbatorix le colleziona le persone speciali come me e te e se c’era una cosa che non dovevi fare prima era escludermi del tutto dalla tua mente!” 
“Non l’ho fatto apposta, non so nemmeno io perché mi sono comportata così. È successo, ho seguito l’istinto” 
“Così non mi tranquillizzi, Hanon, anzi” Murtagh sembrava aver sbollito la rabbia per lasciare spazio alla preoccupazione “A quanto pare c’è molto di più in te che una semplice dote di guarigione. Per quanto il Ramingo sia un ottimo maestro, non si diventa così abili con le armi in pochi mesi, a meno che non si abbiano delle potenzialità speciali” 
“E secondo te io che potenzialità speciali avrei?” chiese incerta e altrettanto nervosa Hanon. 
“Non lo so, non lo so, ma Galbatorix potrebbe averle riconosciute” 
“Anche se fosse, gli ho garantito che non metterò più mano ad un’arma per il resto dei miei giorni. Che rischi potrei correre?” 
“Non immagini neanche…” 
Il pesante cigolio della porta della sala attirò la loro attenzione. Per un attimo furono nuovamente investiti dal baccano prodotto dai commensali, che però venne subito attutito dal battente nuovamente chiuso. Una voce conosciuta domando ad una guardia appostata fuori dove fossero andati Murtagh e Hanon. 
“Siamo qui, Sem” anticipò la risposta il Cavaliere, mostrandosi al principe con Hanon dietro. 
L’espressione sul volto di Sem era di poco dissimile da quella di Murtagh. Corse loro incontro in modo da essere meno a portata d’orecchio delle guardie. 
“Avete rischiato grosso, ragazzi. Lo sapete, no?” domandò a tutti e due, guardando principalmente Hanon, che distolse subito lo sguardo. 
“Sì, ma alla fine siamo riusciti a cavarcela” rispose Murtagh per lei, dopo averle lanciato uno sguardo di rimprovero. 
“State comunque all’erta. Mio padre non è tipo da arrendersi così facilmente, tu più di tutti lo sai, Murtagh” 
“Staremo attenti, grazie. Ora però è meglio che ci ritiriamo tutti quanti, è stata una giornata pesante per ognuno di noi” 
“Certo, andate pure” assentì Sem, lasciando ai due amici il passo. Cercò di incrociare lo sguardo di Hanon quando gli passò accanto, ma la ragazza fu attenta a guardare il pavimento e non mollarlo mai. La pazienza di Sem, però, aveva raggiunto il limite. Bloccò la ragazza prendendola saldamente per un polso. Hanon si fermò ma non accennò a voltarsi. 
“Dobbiamo parlare” le disse piano. 
“Non ho niente da dirti” fu la velenosa risposta della ragazza. 
“Ma io sì. Per favore” la implorò con voce tremante, mollando la presa sul polso e afferrandole delicatamente la mano. Un brivido le percorse il braccio e poi tutto il corpo. 
Andiamo, Hanon! la incitò Murtagh, probabilmente nascosto da qualche parte dietro la svolta del corridoio Sono passate più di due settimane, non vedo il motivo per continuare con questo atteggiamento infantile 
Fatti gli affari tuoi! Non dovevi andare a dormire? 
Hanon lo sentì sghignazzare e allontanarsi dalla sua postazione nascosta. Sospirò e cercò di assumere un tono di voce il più freddo e distaccato possibile. 
“Dove e quando?” 
La presa di Sem sulla sua mano ebbe un sussulto. “Puoi voltarti, per favore?” 
Hanon eseguì lentamente, ma appena vide gli occhi blu del ragazzo, tornò a mirarsi i piedi coperti dagli stivali. 
“Sai arrivare al Cortile delle Cortigiane?” le domandò. Hanon annuì col capo. 
“Allora ci vediamo lì dopo che è suonata l’ora del coprifuoco. Ti prego, vieni” la scongiurò nuovamente con un tono talmente sofferente che la ragazza non potè non alzare lo sguardo. Come avrebbe potuto deludere quegli occhi così in pena per lei? 

Sem non avrebbe potuto scegliere posto migliore per tentare una riappacificazione. Il Cortile delle Cortigiane era un piccolo angolo di paradiso, decorato coi fiori e gli alberi più belli di Alagaesia in alternanza con semplici siepi verdi fantasiosamente potate. I sentieri di fine ghiaia erano accompagnati da ambo i lati da colorate aiuole e inframezzate ogni tanto da piccoli archi a tutto sesto in ferro battuto coperto da rampicanti. Sotto gli alberi piccole panchine in pietra permettevano un confortevole riposo all’ombra durante le calde giornate estive. Era in quel luogo che i nobili si intrattenevano con mogli e, soprattutto cortigiane, e Sem non doveva essere stato da meno, in passato. 
Quel pensiero ricordò ad Hanon il motivo per cui non aveva più voluto vederlo e la tentazione di voltarsi e tornare nella sua stanza era grande. Ma, nonostante il buio, era già riuscita a scorgere gli occhi blu e imploranti di Sem che la scrutavano da sotto un arco e l’attraevano come una calamita. Rassegnata, gli andò incontro lungo il sentiero di ghiaia. Ad ogni suo passo l’espressione di Sem da preoccupata divenne sempre più serena e felice e costrinse anche Hanon ad abbozzare, seppur per un attimo, un sorriso. Si fermò a un metro scarso da lui. 
“Sei venuta” constatò radioso Sem, che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. 
“Già, eccomi qui” ribatté lei, mantenendo un tono più distaccato possibile. 
Tra i due cadde un silenzio teso e Hanon, per distrarsi, prese a giocherellare con una ciocca di capelli. 
“Hanon…” la chiamò Sem in un sussurro. Lei alzò lo sguardo e si sorprese quando vide il volto del principe rigato da due piccole lacrime. Lasciò perdere la ciocca e mosse un mezzo passo incerto verso Sem. 
“Hanon, perdonami” disse infine il ragazzo in un singhiozzo, andandola ad abbracciare con trasporto senza darle il tempo di ritrarsi. 
Non erano mai stati così vicini, almeno non con lei cosciente, e quel contatto la fece fremere. Il cuore le martellava nel petto violentemente e sentiva caldo sulle guance. Ma passò tutto in secondo piano quando Sem iniziò a singhiozzare sonoramente sulla sua spalla. La stretta attorno a lei si strinse e Hanon dovette cedere al suo buon cuore e ricambiare. 
“È tutto a posto, Sem” lo consolò, quindi lo spinse gentilmente perché si staccasse da lei, nonostante non si fosse ancora calmato. Il principe tentò di riprendere il controllo di sé con dei respiri profondi e asciugò le ultime lacrime con un fazzoletto che Hanon gli stava porgendo. 
“Avrei dovuto dirti tutto dall’inizio” riprese Sem, iniziando a camminare lungo il sentiero in direzione di una panchina. Hanon lo seguì a poca distanza. 
“Sì, avresti dovuto” concordò la ragazza senza essere ostile. 
“Non puoi immaginare quanto mi vergogno ad essere quello che sono” 
Avevano raggiunto la panchina e Sem si sedette poggiando i gomiti alle ginocchia e congiungendo le mani. Il principe continuò. 
“Ma ti giuro su quanto mi è più caro al mondo che non ho mai pensato di metterti in pericolo. All’inizio andare in città di nascosto era solo un modo per riempirmi le giornate, non facevo troppo caso alle precauzioni. Poi ho scoperto che aiutare la gente mi piaceva, mi faceva sentire diverso da mio padre, migliore. Da allora ho sempre cercato di stare attento a non farmi scoprire, anche se sapevo di essere coperto in ogni caso. Poi sei arrivata tu, ed è stato il massimo” 
Hanon sorrise per quello che aveva reputato un complimento. 
“Non avevo mai visto nessuna donna combattere come fai tu, ma soprattutto nessuna donna mi aveva mai fatto l’effetto che mi fai tu. Se prima ero attento, da quel giorno lo divenni ancora di più, perché se mai ti avessero fatto del male non me lo sarei mai perdonato. Appena ti ho vista ho capito che non volevo perderti in nessun modo, per questo motivo non ti ho detto di mio padre” 
“Invece hai ottenuto l’effetto contrario” constatò Hanon amaramente, andandosi a sedere accanto a Sem. 
“Sono stato malissimo in queste due settimane. Non vederti era uno strazio, vederti totalmente indifferente lo era ancora di più” 
Sem le prese la mano tra le sue e fu felicemente sorpreso di sentire Hanon ricambiare la stretta. 
“Torna da me, ti prego” fu l’accorata richiesta del principe. 
Hanon non seppe cosa rispondere. Quella di Sem poteva considerarsi una dichiarazione in piena regola, ma cedere alla prima lacrima non sarebbe stato saggio e andava contro i suoi principi. Non poteva cancellare ciò che era successo, ma non era nemmeno giusto troncare ogni rapporto con lui. Sarebbe stato comunque difficile mantenere quella linea di comportamento vivendo nello stesso posto. 
“Sem, quello che è successo ha fatto molto male anche a me” iniziò Hanon con calma “Non so se potrà tornare tutto come prima” 
L’espressione sofferente che si dipinse sul volto di Sem la fece sentire in colpa, ma andò avanti. 
“Però non posso dimenticarmi di tutto quello che hai fatto per me. Mi hai dato una casa e un lavoro sicuro, mi hai fatto ritrovare Olga e Murtagh. Sei arrivato nel momento esatto in cui avevo più bisogno d’aiuto, quasi come un angelo custode” 
Sem le strinse ancora di più la mano e il suo volto si illuminò a quelle parole. 
“Ti perdono, Sem, e tornerò ad aiutarti nelle tue missioni in città, se mi vorrai ancora” 
“Certo che ti voglio!” 
Il principe le posò una mano sulla guancia e avvicinò il viso a quello di Hanon, che però lo respinse delicatamente poggiandogli una mano sul petto. 
“Non…mi sembra una buona idea, Sem. Sono pur sempre una semplice serva e tu sei il principe e mi sono messa abbastanza in mostra a palazzo” 
Il ragazzo non nascose la sua delusione, ma annuì comprensivo. Aveva già ottenuto molto per quella sera e non gli sembrò il caso di rovinare tutto. 
“Posso almeno abbracciarti?” azzardò poi, suscitando in Hanon il primo sorriso spontaneo dopo giorni e giorni. 
“Va bene” concesse lei, che da quel contatto non avrebbe voluto staccarsi per il resto della sua vita. Se Murtagh aveva la capacità di tranquillizzarla, Sem la faceva sentire al sicuro. Nei giorni in cui non si erano parlati le era mancato immensamente, ma il ricordo di quanto era successo nella sua stanza, di quel bacio prepotente, era ancora ardente in lei e l’aveva sempre convinta a continuare ad ignorarlo. Se non si fosse fatto avanti lui quella sera, probabilmente l’avrebbe fatto lei poco tempo dopo. Sia Murtagh che Sem erano diventati, in quelle settimane al castello, parte della sua vita in modi totalmente diversi. Con Sem c’era stata una speciale alchimia sin dal loro primo incontro alla bettola, mentre con Murtagh era nata una complicità simile solo a quella tra fratelli e migliori amici. Quello che provava per Sem era amore, in quel momento ne era del tutto sicura, mentre il sentimento nei confronti di Murtagh era più puro, incondizionato. 
Erano due persone totalmente diverse a cui mai avrebbe rinunciato.


Eccomi, non sono morta, sono tornata!
Scusate ma ho avuto un periodo di studio matto e disperato che solo ora mi ha dato il tempo di aggiornare la storia...
Ringrazio comunque chi ha continuato a leggere e ha atteso pazientemente il nuovo capitolo, che spero piaccia :)
Buona lettura e a presto!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Twins

CAPITOLO 22

Continuarono a parlare fino a che solo poche luci del castello rimasero accese. Per evitare di dare nell’occhio più del dovuto, Hanon decise allora di tornare nelle sue stanza. Sem si offrì di accompagnarla per il pezzo di strada in comune. Lungo il tragitto non incontrarono nessuno. Sem salutò Hanon in fondo allo scalone che portava ai piani alti, riuscendo a darle un veloce bacio sulla guancia. La ragazza gli sorrise e gli augurò la buonanotte, quindi prese il corridoio verso le stanze della servitù. Dovette fermarsi a metà strada quando una guardia apparve all’incrocio tra il corridoio e quello traverso. Il soldato non parve accorgersi di lei, sembrava anzi piuttosto di fretta e proseguì dritto per la sua strada, ma Hanon si vide costretta a cambiare strada per evitare di essere vista. 
Tornò indietro e imboccò un corridoio alternativo alla sua destra, apparentemente deserto. Notò che la parete alla sua destra era coperta da quadri alti fino al soffitto e raffiguranti i soggetti più disparati, mentre alla sua sinistra di apriva un’unica, grande porta dipinta in oro e magistralmente intagliata. Non si soffermò a guardare oltre e puntò dritta verso l’imbocco di un altro corridoio dallo stesso lato.

Hanon…sussurrò una vocina acuta velocemente, prima di scomparire con una leggera eco. La ragazza si fermò di colpo e si voltò allarmata, convinta di essere stata scoperta, ma non vide nessuno dietro di lei.

Hanon…chiamò di nuovo la voce, come prima leggera ed evanescente. Hanon si voltò dalla parte opposta. Niente. Stava iniziando a preoccuparsi. Mosse i primi passi verso la fine del corridoio e quando la voce la chiamò una terza volta aumentò la velocità dei suoi passi finché non si ritrovò a correre, senza nemmeno pensare a dove stesse andando. Probabilmente fu grazie al suo istinto se, in un batter d’occhio, riuscì a raggiungere l’entrata delle stanze dei servi.

Una volta dentro si concesse qualche momento per tirare il fiato, quindi, cercando di non far rumore, raggiunse la sua stanza e si coricò a letto, vestita e totalmente sfinita. si addormentò quasi subito, ma i suoi sogni divennero presto agitati. Quella voce tornò a chiamarla insistentemente. Iniziò a sognare di percorrere rapidamente i corridoi del palazzo, ma si muoveva talmente veloce che perse l’orientamento dopo il terzo o quarto svincolo. Improvvisamente, poi, tutto attorno a lei prese a rallentare, finché un immenso portone non entrò nella visuale di Hanon. L’aveva visto non più di un’ora prima, quando aveva dovuto deviare la strada di ritorno alle sue stanze. Si avvicinò sempre di più alla porta, tanto che ebbe paura di andare a sbatterci contro. Ci passò invece attraverso, quasi fosse un fantasma, e si trovò davanti ad un’immensa sala del tesoro. Scrigni, statue d’oro, maschere, diamanti e gioielli di ogni tipo erano accatastati in enormi mucchi per tutta la stanza. Hanon pensò che, con una sola manciata di quelle pietre, avrebbe potuto sfamare un intero villaggio. Ma qualcosa le diceva che c’era dell’altro, lì dentro, con un valore di gran lunga superiore a tutto il resto. Avanzò lungo uno stretto corridoio tra le due file principali di tesori,diretta alla parete opposta, su cui si apriva una piccola teca di vetro scavata nel muro. Al suo interno vi erano tre cuscini di velluto e su uno di essi era poggiata una strana pietra verde e liscia. Questa si mosse di scatto e di nuovo la voce tornò a chiamarla insistentemente per nome, penetrandole fastidiosamente in testa e costringendo Hanon a svegliarsi per sfuggire a quel supplizio.

Aveva il fiatone come se avesse effettivamente corso lungo tutti quei corridoi, ma nella sua testa c’era finalmente silenzio. Si ridistese sul giaciglio e in breve si riaddormentò. 
Dopo, secondo Hanon, troppo poco tempo, Olga venne a svegliarla scuotendola in malo modo. 
Il fatto che tu faccia le ore piccole non ti esonera dal lavorare, tesoro” le disse con un leggero tono di rimprovero.

Hanon sbadigliò sonoramente e si mise a sedere sul letto.

Forza e coraggio, cara ragazza!” la esortò la donna “C’è un gran trambusto oggi a palazzo” 
Come mai?” domandò Hanon, anche se la cosa non le interessava più di tanto.

A noi non interessa quello che succede ai piani alti” fu la risposta che ricevette. Troppo assonnata per ribattere, Hanon si rialzò e si risistemò l’abito, leggermente stropicciato dopo che ci aveva dormito sopra, legò i capelli in una treccia, si sciacquò il viso per aiutare il risveglio e raggiunse Olga nella stanza accanto. La donna le porse subito un cesto di vimini vuoto e le ordinò di andare in città a comprare delle erbe medicinali.

Le scorte sono quasi finite e coi tempi che corrono meglio non rischiare di rimanere senza. Inoltre un po’ di aria fresca ti risveglierà”

Hanon grugnì una risata e, dopo essersi coperta con un leggero mantello, uscì dagli alloggi dei servi, diretta all’uscita secondaria che di solito usavano per andare a fare le commissioni in città. Lungo i corridoi incontrò parecchi soldati in notevole fermento, quasi come quello della notte precedente, e che contribuivano a rendere l’atmosfera a palazzo più elettrica di quanto già non fosse quella mattina.

Doveva essere successo qualcosa, pensò la ragazza, e lanciò istintivamente uno sguardo ai piani superiori. Una strana preoccupazione iniziò a impossessarsi di lei e, per distrarsi, proseguì verso l’uscita del palazzo. Ben presto il caos della città le riempì le orecchie e attutì le sensazioni negative nella sua testa.

La zona commerciale si sviluppava attorno ad una grande piazza centrale che ogni giorni si riempiva di banchetti e bancarelle coperti da ogni sorta di merce. Ai bordi della piazza si irradiavano numerose vie traverse fiancheggiate da svariate botteghe, in cui lavoravano dagli artigiani agli erboristi ai sarti. Quando entrò nella grande piazza già gremita di gente, fu come approdare in un altro mondo, lontano da ciò che accadeva fuori dalle mura o anche solo a palazzo. In pochi badavano alla grande bacheca al centro, ricoperta da più strati di ritratti di ricercati, su cui spiccavano quelli di un uomo con una folta barba riccia e quella di un ragazzo più giovane ma molto somigliante al primo ad un occhio più attento. Le taglie sulle loro teste erano esageratamente alte e portarono Hanon a domandarsi cosa mai avessero fatto per meritarsele.

Proseguì verso uno dei vicoli attorno alla piazza, dove si trovava la bottega del fornitore fidato di Olga. Passò a fianco di una bancarella di frutta e non potè fare a meno di notare quanto alto fosse il tono della voce del proprietario, in grado di giungere alle sue orecchie nonostante il chiacchiericcio tutt’attorno.

Se gli elfi sono usciti dalla foresta, allora la faccenda è veramente seria” stava dicendo ad un cliente mentre gli riempiva il cesto di luccicanti mele rosse.

Più che seria” rispose questo “Stamattina ho visto sfilare alcune truppe di stanza qui ad Uru’baen di fronte a casa mia, dirette alle porte della città. Galbatorix non lascia mai sguarnita la capitale senza un valido motivo”

Con gli arruolamenti forzati Uru’baen no sarà mai del tutto sguarnita. Grazie al cielo mi sono nate due figlie, altrimenti solo gli dei sanno quanto sarei stato in ansia…ehi, signorina!” 
Il fruttivendolo, accortosi che Hanon si era avvicinata, inconsciamente, al banco per sentire meglio la conversazione, la chiamò con ampi gesti del braccio.

Avete visto che ben di dio sulla mia bancarella? È la frutta migliore della città, forse anche di tutto il regno. Cosa desiderate? Mele, pere, prugne…abbiamo tutto!”

Hanon si ricosse e fece qualche passo indietro.

No, grazie, io…magari più tardi”

Potrebbe non essercene più, più tardi” la ammonì l’uomo ammiccando.

Nel caso verrò la prossima volta” sorrise lei, quindi si inoltrò nella via.

Gli elfi erano usciti dalla foresta e il re aveva mandato rinforzi chissà dove. Forse era quello il motivo dell’agitazione a palazzo. Gli elfi non sono da sottovalutare, il Maestro glielo aveva detto, e Galbatorix non era certo il tipo da sottovalutare i suoi avversari, specie quelli con esperienza millenaria. Molto probabilmente non aveva mandato solo soldati al fronte, ma anche il suo fiore all’occhiello. Murtagh.

Doveva saperne di più, e conosceva la persona che poteva darle ulteriori informazioni. Sbrigò velocemente la commissione affidatale da Olga, quindi si avviò per le tortuose strade di Uru’baen, finché non ne raggiunse la lugubre e maleodorante periferia. Si coprì il capo col cappuccio del mantello e procedette lungo gli stretti vicoli tra le case ammassate e decadenti. Dopo innumerevoli svincoli raggiunse finalmente il suo obiettivo, il luogo da cui tutto era iniziato. La bettola non era cambiata di un millimetro in quelle settimane. I soliti ubriaconi della sera prima a guardia dell’entrata, il solito aspetto traballante e poco raccomandabile, il solito salone praticamente vuoto e lurido, il solito oste disinteressato, la cui attenzione venne subito catalizzata da Hanon, ferma poco oltre la soglia e col cappuccio abbassato.

Chi non muore si rivede” la salutò Rufus senza smettere di pulire alla bell’e meglio il bancone “Se vuoi tornare ad alloggiare qui, ha ancora qualche giorno pagato dalla tua ultima visita”

Ho ancora il soggiorno pagato?” domandò Hanon, confusa.

Evidentemente il Ramingo pensava che ci avresti messo di più a sistemarti a palazzo”

Rufus smise di pulire e puntò i suoi occhi inquisitori sulla ragazza.

Cosa vuoi sapere?”

Sulle prime Hanon non seppe cosa dire, poi prese un respiro profondo e formulò la sua domanda.

Mi chiedevo se sapevate qualcosa riguardo un attacco degli elfi”

Sul volto dell’uomo comparve un mezzo sorriso. Si avvicinò di più ad Hanon e le fece cenno di fare altrettanto. La ragazza posò il cesto su uno degli sgabelli e si mise in ascolto. 
Il mondo sta cambiando” esordì l’oste con voce roca e solenne “Sono decenni che gli elfi non escono dalla Du Waldenvarden, nessuno con un minimo di senno lo farebbe, la foresta è praticamente inattaccabile. Con l’avvento del nuovo Cavaliere è tornata la speranza anche nel cuore della regina, che ha così deciso di muovere guerra contro Galbatorix da un altro fronte. Con gli elfi sul campo di battaglia tutto cambierà”

E qual è il nuovo fronte?” domandò Hanon a voce bassa e tremante.

Gil’ead, una delle roccaforti più importanti e più protette del regno”

Ma, se è così protetta, perché il re ha mandato altri soldati?”

Perché non è uno stolto e sa che gli elfi nascondono sempre delle sorprese. Nella notte il suo Cavaliere dal drago rosso ha preso il volo verso la città…”

Murtagh!” esclamò Hanon, subito zittita dall’uomo.

Se ha mandato lui vuol dire che gli elfi devono avere qualche asso nella manica che li ha resi più temerari, e Galbatorix ha dovuto schierare il suo anche a costo di perdere Feinster” 
Cosa c’entra Feinster?”

È l’altro fronte a sud, attaccato dai Verden e dal loro Cavaliere”

Quando inizieranno le battaglie?”

Probabilmente sono già iniziate, ma si deciderà tutto dopo il tramonto”

Hanon abbassò lo sguardo, senza più parole per rispondere. Le era ritornata in mente l’ultima volta in cui Murtagh era dovuto partire. L’aveva ritrovato più morto che vivo ed erano occorse tutte le sue energie pdf riportarlo ad una condizione decente. Non sapeva chi fosse stato a ridurlo così, se i suoi avversari o il re in un eccesso di collera, ma per lei erano stati minuti orribili e per nulla al mondo avrebbe voluto riviverli. Non voleva più rischiare di perderlo, non dopo tutto quello che avevano passato assieme.

La mano ruvida di Rufus le afferrò gentilmente il polso per staccare la sua dal manico del cestino, cui si era inconsciamente aggrappata con tutte le sue forze, fino a far sbiancare le nocche. 
Hanon alzò lo sguardo mostrando all’oste gli occhi sull’orlo delle lacrime.

Siediti, ti porto qualcosa di caldo. Non sei in condizioni di tornare a palazzo da sola”

La ragazza si limitò ad annuire e obbedire, quindi prese posto al tavolo più vicino.

Sabina!” chiamò Rufus energico, senza perderla d’occhio “Prepara una zuppa, e che non sia la solita sbobba che rifiliamo ai clienti”

Nel frattempo riempì un bicchiere scheggiato con del vino e lo portò di persona ad Hanon.

Rinfranca lo spirito” le disse nel porglielo, quindi si sedette di fronte a lei. La ragazza si bagnò appena le labbra e posò il bicchiere sul tavolo, poi iniziò a tormentarsi le mani guardando un punto fisso tra le venature del legno.

Dev’essere peggio di quanto pensassi” commentò Rufus.

Ho un brutto presentimento” ribatté lei “E quasi sempre i miei presentimenti sono fondati”

Da quel che so riguardo al Cavaliere, non è tipo da farsi cogliere di sorpresa. Inoltre il re tiene molto a lui, non gli farà correre più rischi del dovuto”

Hanon alzò lo sguardo sull’oste, bonariamente sorridente ma con uno sguardo intenso che la mise in difficoltà, come se le stesse leggendo nell’animo. Non era lo sguardo glaciale e penetrante di Galbatorix, ma aveva lo stesso effetto. Hanon non cedette. L’oste emise una roca risata.

C’è molto più di quanto non sembri in te, giovane allieva del Ramingo”

Hanon…mi chiamo Hanon” azzardò lei, seguendo una vocina nella testa che le aveva suggerito di fidarsi.

Hanon” ripeté lui, stranamente soddisfatto “Sembra vada un po’ meglio, no?”

La ragazza annuì, anche se il brutto presentimento non era del tutto scomparso.

Ad ogni modo, ho fatto preparare a Sabina la sua migliore ricetta e se non la mangi me la rovescia in testa”

Non ho di che pagare” obiettò Hanon, dispiaciuta.

È compresa nel soggiorno pagato”


La partenza delle truppe verso Gil’ead era durata fino al pomeriggio, impedendo a Sem di recarsi in città come al suo solito. Conosceva altri modi per uscire dal palazzo evitando di usare il passaggio segreto dalla stanza di Murtagh, partito di tutta fretta per ordine di Galbatorix nel cuore della notte. Sarebbe bastata solo un po’ più di prudenza, ma l’ingente numero di soldati in giro per Ur’baen, anche se solo di passaggio, lo avevano convinto a desistere. Inoltre non aveva visto Hanon per tutta la mattina e senza di lei non poteva fare nulla. 
Innervosito dall’inattività, prima di cena si recò agli alloggi della servitù per cercare la ragazza. Il suo arrivo destò non poca sorpresa tra servi e camerieri, soprattutto per l’impeto con cui fece irruzione all’interno del locale principale. Alla sorpresa seguirono, dopo poco, inchini e saluti di circostanza.

Sì, sì…va bene così” si affrettò a dire lui mentre squadrava con lo sguardo tutte le donne presenti. 
Che succede? Avete visto un drago, forse?” domandò perentoria Olga, sbucata da uno dei locali limitrofi “Tornate al lavoro!”

Tornarono tutti alle loro faccende come formiche, Olga invece andò incontro al principe e si prostrò in un lieve inchino. 

In cosa posso esservi utile, altezza?” gli domandò una volta rialzatasi. 

Da quando in qua mi chiami altezza?” chiese lui di rimando, divertito. 

Serve ad evitare che circolino voci strane sulle vostre relazioni interpersonali, anche se ultimamente si sono fatte meno assidue, devo ammetterlo”

Probabilmente sai anche di chi è merito”

Con un lieve gesto della mano, Olga gli fece intendere di non andare oltre. Lo condusse nella sua stanzetta privata, lontano da orecchie indiscrete.

Stavo cercando Hanon” riprese Sem a voce bassa, in modo che solo Olga potesse sentirlo. 
Non è qui, al momento. L’ho mandata poco fa ad assistere un parto a casa di un mercante. Dovrebbe far ritorno per cena, se tutto va bene” 

Che vuol dire ‘Se tutto va bene’?” 

Non si può prevedere la durata di un travaglio, caro principe. Potrebbero volerci poche ore come una notte intera” 

Ma non è rischioso farla tornare da sola, nel caso duri fino a notte?” domandò allora Sem, preoccupato “Non consiglierei Uru’baen dopo il tramonto al mio peggior nemico, soprattutto ora che i soldati sono partiti per Gil’ead” 

A sentire parlare di Gil’ead, ad Olga venne in mente l’espressione sul volto du Hanon poche ore prima, quando era tornata, in ritardo mostruoso, dal mercato. Nonostante avesse cercato di nasconderlo, Olga aveva notato perfettamente il suo nervosismo ed era andata a sincerarsi che stesse bene.

Sì, certo” era stata la risposta poco convincente della ragazza “Solo…è normale stare un po’ in ansia, sapendo che ai confini c’è la guerra” 

Dopodiché si era ritirata in quella stessa stanza e non aveva più proferito parola con nessuno, fino a quando Olga non l’aveva mandata ad assistere la partoriente in città. Per la donna quel silenzio era stato subito un segnale d’allarme e aveva bisogno di avere spiegazioni, ma soprattutto era giunto il momento di darne. Reputò Sem la persona migliore a cui confidare il segreto di lady Selena. Era sicura che non l’avrebbe tradita. 
A questo proposito, devo chiederti un favore, Sem” gli disse dopo qualche istante. 

Vuoi che raggiunga Hanon? Non credo ne sarebbe molto contenta, non vuole che ci vedano insieme…” 

No, no, ma ho urgente bisogno di dirti una cosa in privato” 

La richiesta suscitò non poca curiosità nel principe, che si fece tutto orecchie. 

Puoi raggiungermi qui dopo cena? o meglio, quando tutti sono andati a dormire?” 

Certo” 
Mi raccomando, sii discreto e non farti vedere” 

Non preoccuparti” la rassicurò il ragazzo, quindi si congedò e uscì dalla stanza. 

Olga pregò con tutto il cuore di stare facendo la cosa giusta. 


La piccola peste aveva deciso di non dare tregua alla madre e ad Hanon fino a poco prima dell’alba. Quando finalmente alle urla della donna si era sostituito il vagito del neonato, o meglio, della neonata, la ragazza ringraziò il cielo per averle concesso ancora qualche ora di riposo prima dei lavori canonici del mattino seguente.

 Accertatasi che madre e figlia stessero bene, si congedò e uscì dalla casa del mercante per tornare a palazzo. Fortunatamente l’uomo non abitava distante e in breve varcò la porta del castello, contenta di essere sempre più vicina al suo letto. Solo una giovane guardia la bloccò durante il tragitto, ma una volta spiegato il motivo della sua presenza, la lasciò proseguire senza ulteriori domande. 

Quando arrivò davanti all’entrata delle stanze dei servi, la sua stanchezza aveva raggiunto i livelli massimi da lei concepiti, accompagnata da un martellante e sibilante mal di testa. Il buio del corridoio non fece che accentuare il tutto. Il dolore alla testa le diede una fortissima scarica e la costrinse a fermarsi e ad appoggiarsi al muro, in preda al mal di stomaco. Dopo meno di due secondi, però, scomparve come era venuto, tornando ad essere il solito dolore. 

Proseguì allora lungo il cunicolo. A poco più di un metro dalla porta d’uscita sentì qualcuno parlare, seppur a bassa voce, dall’altra parte dell’uscio. Si avvicinò ancora, incuriosita, senza fare rumore, finché non distinse perfettamente le voci di Sem e Olga. 

Che il principe fosse ancora sveglio a quell’ora tarda non la sorprese troppo. Quello che la lasciò perplessa fu il fatto che fosse a quell’ora negli alloggi della servitù a parlare con Olga. 
Hanon era praticamente con la faccia premuta contro la porta, attenta a non perdersi una lettere del discorso. 

Sarà un brutto colpo per Hanon” stava dicendo Sem, con un tono cupo che fece allarmare la ragazza, cui venne subito in mente Murtagh. Era probabile che in quel momento stesse combattendo a Gil’ead. 

Mi aiuterai Sem?” chiese Olga al principe con voce apparentemente spezzata dalle lacrime “Mi aiuterai a dirlo a entrambi?”

Entrambi? si domandò Hanon, ma non ebbe il tempo di porsi altri interrogativi perché un’altra scarica di dolore la colpì alla testa, più forte della prima, e la costrinse a portarsi le mani alle tempie e a serrare gli occhi con tutta la sua forza. A stento trattenne un forte lamento. Poco dopo delle immagini si materializzarono davanti ai suoi occhi, fulmini rossi, neri e dorati si alternavano rapidamente a ritmo di clangori metallici, ruggiti e urla disumane. Poi una voce si levò sopra tutti gli altri rumori, chiara quanto disperata.

 Maledetti per non esservi rivelati prima! Maledetti! Avreste potuto aiutarci! Avreste potuto…* 
Murtagh! Hanon riconobbe la voce dell’amico, nonostante non riuscisse a comprendere a chi fossero rivolte le sue accuse, ma non ebbe il tempo di rallegrarsi per il fatto che fosse ancora in vita, perché un’altra scarica di dolore, ancora più forte, cancellò le immagini da davanti a lei e tutti gli altri suoi pensieri. 

Hanon non riuscì a non urlare, le mani serrate energicamente contro le tempie, il corpo inarcato percorso da continue scosse di dolore. 

E così siete sopravvissuti, Oromis, Glaedr…* iniziò a parlare una voce nella sua testa, diversa da quella di Murtagh, ma troppo echeggiante per poterla distinguere. Per Hanon fu come avere qualcosa nel cranio che spingeva per uscire. La testa le pulsava e ogni battito era sofferenza. Cadde a terra in ginocchio e si chinò in avanti fino a poggiare la fronte contro il pavimento freddo. Delle mani la presero per le spalle e la sollevarono di peso. 

Hanon!” gridò Sem tentando di toglierle le mani dalla testa, ma lei si oppose con forza. 

Vattene!” urlò lei scuotendo il capo“Vattene dalla mia testa!” 

sospettavo che gli elfi potessero tenermi nascosto un drago o un Cavaliere…* 

Hanon, ascoltami!” ritentò il principe, lasciando perdere le mani e prendendole il viso perché lo guardasse “Hanon ,aprì gli occhi! Che succede?” 

Per la ragazza fu come sentire un bisbiglio in mezzo a tutto il chiasso nella sua mente, ma seguì quelle parole e aprì leggermente gli occhi. Vide per pochi secondi quelli azzurri e preoccupati di Sem, sfuocati dal velo di lacrime che copriva i suoi, quindi un’altra scossa di dolore la percorse. 

Vergognati, Oromis-elda. Gli elfi hanno dimenticato la loro leggendaria cortesia?...* 

Fallo uscire! Fallo uscire!” implorò Hanon, premendo la fronte contro il petto di Sem. 

Ecco, prova con questo” disse Olga, arrivata di corsa dalla sala comune con una tazza di infuso in mano. 

Sem la prese e, aiutato da Olga, mise dritta la ragazza perché riuscisse a bere. Il principe le avvicinò la tazza alle labbra e costrinse Hanon a bere qualche sorso della tisana. Mentre beveva, però, tornò a lamentarsi e agitarsi e la tazza cadde sul pavimento rovesciandovi sopra tutto il suo contenuto. 

Tu sei stato il primo a riconoscere la pazzia che divorava la mia anima…* 

Toglimelo dalla testa! Mandalo via!” 

Olga, che le succede?” chiese in apprensione Sem, sempre con Hanon che si dimenava tra le sue braccia. 

Non lo so…” rispose la donna in un fil di voce e sull’orlo delle lacrime. 

unisciti a me a Ilirea. Con te al mio fianco, potremo mettere fine a questo conflitto e inaugurare un’era di pace…* 

Uccidimi! Uccidimi, ti prego!” 

Oh, Hanon” pianse Olga tremante. Uno dei servi, svegliati dalle urla della ragazza, la sorresse mentre si sedeva a terra. 

Sei soltanto un vecchio pazzo…* 

Hanon urlò ancora, sempre più forte. E furono di nuovo lampi di vari colori, rosso, nero, oro, ancora rosso, in un vortice delirante. Rumori metallici, ruggiti, grida. 

Tra le braccia di Sem, il corpo della ragazza si irrigidì come un tronco d’albero mentre dalla sua gola usciva un ultimo, straziante grido accompagnato da un dolore inimmaginabile. Il principe la strinse forte, sperando che fosse la fine di quell’agonia. Lentamente l’urlo si trasformò in pianto e il suo corpo si rilassò. 

Hanon…” la chiamò Sem. 

Olga, vedendo che la crisi era finita, si avvicinò ai due ragazzi. Sentì Hanon che, nel pianto, continuava a bisbigliare qualcosa. 

Sono morti…non c’è più speranza…sono morti…” 

È semi-incosciente” disse Olga esaminandole una pupilla “Tra poco probabilmente si addormenterà. Aiutami a portarla nella sua stanza” 

Sem si alzò e si caricò Hanon in braccio. Sulla soglia della sala comune si erano radunati tutti i servi, che in quel momento guardavano i due ragazzi e Olga con tanto d’occhi. Questa tornò ad avere il suo solito cipiglio e rispedì ognuno di loro a dormire, raccomandandosi di non proferir parola con nessuno riguardo ciò che avevano visto. 



*questi pezzi sono tratti pari pari da “Brisingr”, capitolo “Lo spettro del destino” 



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