Walk like an Egyptian di Alexiel Mihawk (/viewuser.php?uid=28142)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bang, Bang, I shoot your down ***
Capitolo 2: *** Breaking the law ***
Capitolo 3: *** The future is a little bit fright'ning ***
Capitolo 4: *** Far from any road – Parte #1 ***
Capitolo 5: *** Far from any road – Parte #2 ***
Capitolo 6: *** Walk like an Egyptian ***
Capitolo 7: *** Wake me up, before you go-go ***
Capitolo 1 *** Bang, Bang, I shoot your down ***
Autrice:
Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo:
Walk like an Egyptian
Capitolo:
Bang, Bang, I shoot you down
Fandom:
One Piece
Personaggi:
(in ordine di
apparizione) Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney,
Cavendish, Killer, Nico Robin, Franky, Trafalgar Law, X-Drake,
Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy
Pairing:
Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake,
Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, (hint) Rufy/Nami
Rating:
sfw
Genere:
slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti:
soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole:
6627 (senza testo canzoni)
Note:
partecipa al Cow-T di maridichallenge.
Le
coppie di questa storia saranno: Zoro/Nami, Franky/Robin, Bonney/Drake,
Kidd/Law, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca. Non ci sarà porno
because of reasons, ma ci saranno anche parecchi hint RuNami.
Il
titolo è Walk like an Egyptian perché
sì, perché amo quella canzona e perché
"stike a pose on a Cadillac". Le canzoni citate sono: One way or
another / Call me di Blondie, Bang Bang di Nancy Sinatra. Peach Springs
esiste
davvero, è un buco di culo una cittadina
in Arizona, lungo la route 66;
lo stesso vale per Supai e le Havasu falls.
Come
da avvertimento, questa è una modern!AU che ha come punto
centrale il trope del
soulmate, che però ho voluto trattare in modo un pochino
diverso, quindi gente
a cui fregacazzi della propria anima gemella, gente che scopre che la
sua anima
gemella è del sesso opposto a quello che immaginava, gente
la cui anima gemella
ha in realtà un'altra anima gemella. Cose insomma. Il
funzionamento del
tatuaggio è un miscuglio: a 6/7 anni compare sul corpo un
tatuaggio con la
prima frase che verrà rivolta alla persona in questione
dalla sua anima
gemella, per evitare "fraintendimenti" soprattutto magari a persone
che hanno come prima frse "Ciao", il tatuaggio si scalda fino a
scottare quando a rivolgerci quella determinata frase è la
persona del destino.
Questo particolare tatuaggio in questa società viene
definito Basher, una
parola Yddish che significa "Destino". Viene utilizzato (in Yddish)
per indicare l'anima gemella che viene chiamata Basherte (donna) o
Basherter
(uomo).
Per
quanto riguarda Bonney, Kidd e Killer, li ho rappresentati come un trio
molto
unito, ma no, non ci sono implicazioni “romantiche”
tra di loro, sono
semplicemente una bella Brotp, quindi amateli come li amo io. Also, ho
cercato
di dare a ogni personaggio un modo di parlare particolare che lo
distinguesse.
Nel
mio headcanon i soprannomi di Bonney sono: Marshmellow, Jewls/Jewels;
quelli di
Kidd: Kiddo e insulti più o meno variabili; Cavendish
è spesso chiamato Barbie.
Also,
Kidd è gay, ma un sacchissimo gay; Bonney se ne sbatte di
chi se la sbatte;
Cavendish è dichiaratamente bi; Law come vedremo
è parecchio confuso.
Ho
sicuramente dimenticato note, tipo sulle citazioni che fanno i
personaggi, ma
#whocares. Le segnerò quando rileggo.
Doveva
essere una One Shot, ma non ce la faccio, quindi avrà tipo 3
(o 4) capitoli a
seconda di quanto mi vengono lunghi.
Potete trovare una playlist da mettere di sottofondo qui.
Walk
like an Egyptian
1. Bang, Bang
I shoot you down
La
cromatura rossa della Cadillac Eldorado brilla sotto il caldo sole
estivo;
riflessi di luce si rifrangono sul parabrezza, spingendo il ragazzo
alla guida
a indossare gli occhiali da sole.
«Ciò,
senti ciccio, mica è che mi cambi stazione? Qua passano solo
musica schifa» si
lamenta con voce annoiata una giovane dai capelli rosa stravaccata sul
divanetto
posteriore, proprio al centro della vettura, con la schiena appoggiata
contro
quella di un ragazzo dai capelli rossi sparati per aria e le gambe
distese su
quelle di un biondino dall’aria efebica.
«’Na
merdata proprio. Dai Roronoa, metti un cazzo di cd» le
dà man forte Kid,
ciccando fuori dall’auto.
«Oi,
gente, il linguaggio» li riprende Nami seduta sui sedili
anteriori, di fianco a
Zoro «Cosa vi metto su?»
«Io
voto i Motley» propone Cavendish, allungando le gambe fino ad
appoggiarle sul
bordo della portiera, lasciando sporgere leggermente gli stivali fuori
dal
finestrino «Non ringrazierò mai tua madre per
averci lasciato questo gioiellino
di macchina».
«Potresti
iniziare con il comportarti civilmente anche tu, ci hai
pensato?» domanda Nami
lanciandogli un’occhiata di disapprovazione «In
ogni caso non è che ce l’ha
lasciata, ti ricordo che è il regalo per mia sorella, noi la
stiamo solo
consegnando. E deve arrivare integra e pulita».
«Oh,
ma io volevo Blondie» mormora Bonney ignorando completamente
il discorso
dell’amica e allungando una mano per raggiungere il sacchetto
di marshmellow, semi
sciolti dal sole, appoggiato per terra.
«Il
guidatore appoggia Blondie» esclama Zoro sollevando un
braccio con un pollice
rivolto verso l’alto in segno di approvazione.
«Fottutti
bastardi, io volevo i Judas Priest» borbotta Kidd
accendendosi un’altra
sigaretta.
«Non
dire cazzate, che sai tutte le sue canzoni a memoria» lo
prende in giro
Cavendish facendosi passare l’accendino «Senza
contare che lo sappiamo tutti
che hai una passione segreta per Lady Gaga».
«Stai
zitto tu che mi canti Walk like an
Egyptian con lo stesso tono delle Bangles».
«Si
chiama intonazione, sfigato pezzente».
Bonney
si alza e si mette a sedere appoggiandosi
in parte al bordo dello schiena e in parte al cofano, lasciando che sia
Kid che
Cavendish le afferrino saldamente una gamba per evitare che corra il
rischio di
ribaltarsi e finire fuori dall’auto; lancia un urletto
entusiasta, mentre
l’aria le scompiglia i capelli, quindi inizia a cantare la
prima canzone
dell’album a squarciagola.
Al
loro fianco il paesaggio monotono
dell’Arizona li accompagna: sparuti ciuffi di erba secca e
terra tanto arida
che ogni minimo movimento solleva ventate di polvere. È il
loro primo road trip
e, se riescono a non farsi arrestare, l’obiettivo sarebbe
quello di arrivare
fino in California.
Le
note di Call Me vanno spegnendosi
quando la rossa si gira verso si lei.
«Ché
la prossima possiamo saltarla?»
domanda Nami storcendo impercettibilmente il naso «Mi fa
salire l’ansia».
Zoro
sorride debolmente e le lancia
un’occhiata in tralice da sotto gli occhiali; toglie la mano
destra dal volante
e stringe per pochi secondi la coscia bianca della ragazza.
È un’azione tanto
rapida quanto intima, e Nami coglie subito al volo il messaggio dietro
a quel
tenue gesto d’affetto: un tentativo di rassicurarla e dirle
che va bene così.
«Oh,
andiamo! Ancora con la storia
dell’inquietudine da anima gemella? Che poi di che ti
lamenti? La tua l’hai già
trovata!» si lamenta Bonney, che quella canzone la adora.
«È
innegabile» interviene Cavendish «Che
siano tutte canzoni che sono state scritte da gente che era in
disperata
ricerca della propria metà».
«Una
manica di sciroccati senza cervello
che si sono dati alla scrittura di canzoni che sembrano frutto di anni
di
stalking» aggiunge Roronoa.
«Oi,
non fare il frocio adesso, lasciaci
cantare quel cazzo che vogliamo».
«Stai
zitto Kid che l’unico che lo piglia
in culo qui sei tu».
«Piantatela,
imbecilli» Nami si mette gli
occhiali da sole e si sfila la maglia, approfittando della calura del
tardo
pomeriggio per abbronzarsi senza rischiare ustioni; se sono bloccati in
macchina tanto vale far fruttare il tempo «Ascoltate quel che
volete».
Le
prime note di One way or another
iniziano ad uscire dallo stereo e tutti i
passeggeri dell’auto, compresa una rossa apparentemente
recalcitrante, iniziano
a cantare in coro.
One way or
another I'm gonna
find ya
I'm gonna getcha getcha getcha
getcha
One way or another I'm gonna
win ya
I'm gonna getcha getcha getcha
getcha
One way or another I'm gonna
see ya
I'm gonna meetcha meetcha
meetcha meetcha
Bonney
agita il capo, e una cascata di
capelli rosa si sposta da destra a sinistra a ritmo di musica. Vorrebbe
capire
che problema ha esattamente l’amica con quel tipo di canzoni
che, sì, sono un
po’ ossessive, ma, insomma, chi non sogna di incontrare la
sua anima gemella?
Nel loro mondo, un mondo in cui nasci sapendo che esiste qualcuno da
qualche
parte che è in grado di completarti al cento per cento,
è solo normale
desiderare di incontrarlo. Anche lei, che non è mai stata
una romantica, ha
sempre sentito l’esigenza di cercarla questa fantomatica
anima gemella; ha
sempre sentito una forza trascinarla verso l’esterno e per
esterno intende il
mondo intero, perché Bonney ne è sicura che lui
sia ad aspettarla là fuori da
qualche parte. Ed è consapevole che se rimarrà
chiusa tra le quattro mura della
sua casa non riuscirà mai a trovare nessuno, non
riuscirà mai a sentirsi viva.
E poi lei lo sa, la persona che sta cercando deve essere intraprendente
almeno
quanto lei, deve essere uno spirito libero, deve sentire dentro la
stessa energia
che ora la spinge a spostarsi per tutto il paese, senza meta e senza
posa.
La
cabriolet sfreccia veloce lungo la
strada, mentre il sole tramonta lentamente all’orizzonte.
«Dovremo
fermarci a dormire da qualche
parte» borbotta Cavendish.
«Sei
scemo? Sono solo 66 miglia e ok,
siamo partiti tardi e mezza giornata l’abbiamo gettata nel
cesso, ma con una
tirata arriviamo tranquilli a Kingman. Cosa ci metteremo?
Un’ora?»
«Un’ora
da Peach Springs, che è l’unica
tappa sensata se vogliamo fermarci, ma dubito ne valga la pena. Che poi
avremmo
potuto essere già arrivati, ma no. Fermiamoci tutti a vedere
il Grand Canyon»
si lamenta Nami che di geografia è l’unica a
capirci qualcosa.
«Dai,
ciccia, che è stato uno sballo!»
«Una
cazzo di figata» aggiunge Kid.
«Prima
di tutto il linguaggio, e comunque
lo avete trovato figo solo perché eravate entrambi ancora
sbronzi dall’ultima
sera a Flagstaff. Già che passando dalla Route 66 ci si
mette cinque e passa
ore invece che due, figuriamoci se poi allunghiamo anche fermandoci a
caso!»
«Guarda
che ci abbiamo impiegato tutto
questo tempo perché hai voluto a tutti i costi fare le
strade senza pedaggio…»
le fa notare Zoro, ricevendo per tutta risposta un dito medio e un
grugnito.
«E
poi mi avevi promesso che ci saremmo
fermati e avremmo fatto la camminata fino a Supai, voglio vedere le
cascate
Havasu. Dai Nami, che cosa cambia tra un giorno in più e un
giorno in meno?»
Bonney torna a sedersi composta e la guarda con gli occhi
più dolci di cui è
capace.
«Oh,
Supai. Ma –»
«”Ma”
il cazzo. Io ho già avvisato gente
che ci saremmo fermati lì, Cristo Santo!»
«Kid!
Cazzo! Il linguaggio!» urla Nami,
sull’orlo di una crisi isterica «Ok, ok, ci
fermiamo lì. Tanto dovrebbero avere
un albergo no?»
«Killer
ha parlato di un motel o di una
cosa simile, non è così Kiddo?»
«Il
vostro amico si chiama Killer?»
domanda Cavendish allibito.
«Soprannome»
specifica il rosso sollevando
le spalle con indifferenza.
«Un
po’ come il tuo “faccia di
merda”?» domanda il biondo con un
sorrisino sul volto.
«Fottiti,
Cavendish».
«Non
incoraggiarmi che poi finisce riesco
a trovarmi qualcuno da portarmi a letto anche a Peach
Springs».
«Fammi
il favore, sei così sfigato che la
massima cosa che puoi trovare in quel buco di culo è una
contadina del cazzo. E
magari scoprire che è la tua anima gemella. E manco sa
scrivere. Figa, cosa
riderei».
«Ha
parlato. Sai cosa farebbe ridere me?
Arrivare in quel buco di culo e scoprire che c’è
la tua di anima gemella e che
non ti si fila manco per uno striscio di minchia».
«Linguaggio!»
One way or
another I'm gonna
lose ya
I'm gonna give you the slip, a
slip of the lip or another
I'm gonna lose ya, I'm gonna
trick ya
One way or another I'm gonna
lose ya
I'm gonna trick ya trick ya
trick ya trick ya
One way or another I'm gonna
lose ya
I'm gonna give you the slip
Peach
Springs è una cittadina fin troppo piccola
per essere ricordata dal mondo. Ha poco più di mille
abitanti, che per gli
standard della zona equivale quasi a una metropoli, soprattutto
considerando la
quantità di città fantasma che si trovano
nell’area.
Kid
si alza in piedi, tenendosi con le
mani al bordo dei sedili anteriori e inizia a dare indicazioni a Zoro,
guidandolo verso quello che gli è stato riferito essere il
punto di ritrovo.
Killer è stato molto preciso e i ragazzi riescono
miracolosamente a non
perdersi e si evitano così imbarazzanti giri a vuoto (giri
che si sono fatti
fin troppo spesso ogni volta che Roronoa era alla guida e la sua rossa
compagna
non prestava attenzione, e con lui bastava distrarsi tipo mezzo
secondo).
«Pezzente»
borbotta Nami osservando il
locale davanti al quale si sono fermati «Questo non
è un Motel, è un pub. Ma
possibile che ci porti sempre dove c’è
l’alcool? Cos’hai? Un radar, cazzo?»
«Ma
che minchia ne so io, sono solo la
fottuta guida, ok? È stato Killer ha darmi le indicazioni,
porca vacca!»
«Linguaggio!»
esclama Nami, ma questa
volta non è l’unica.
Un
ragazzo dai lunghi capelli lunghi, che
gli ricadono a coprirgli il viso in pesanti ciocche spettinate, guarda
Kidd con
aria di disapprovazione e malcelato affetto.
«Killer!»
Bonney salta fuori dalla
macchina e corre ad abbracciarlo stampandogli un bacio sulla guancia.
«Oi,
stronzo, questo non è un fottuto
Motel».
«Anche
io sono felice di vederti» risponde
il biondo accarezzando con gentilezza la testa di Bonney, ma senza mai
staccare
lo sguardo da Kid «Comunque no, non c’era fino a
qualche anno fa, è un pub, ma
affittano stanze ai turisti, i proprietari sono simpatici e se siete
fortunati
faranno la stessa cosa che hanno fatto con la mia moto e vi
lasceranno
parcheggiare la vostra in garage».
«Come
ti pare» borbotta la ragazza
trascinandolo verso la vettura dove ancora sono seduti tutti gli altri
«Ecco
mettiti qui appoggiato, Cavendish fatti più avanti, Kidd
qua, Zoro smettila di
fare quella faccia seccata. Nami ci sei?»
«Prontissima».
«Che
cazzo stai –»
Kidd
non riesce a finire la domanda che
Bonney tira fuori dalla borsa un selfie stick rosa shocking con tanto
di
cellulare già attaccato e lo allunga al massimo.
«Sorridete
e SELFIE!»
«Ne
abbiamo già fatte almeno venticinque»
mormora Zoro sconsolato, passandosi con rassegnazione una mano sulla
faccia.
«E
in tutte la tua espressione di sofferenza
è oro puro» ghigna Nami, scendendo
dall’auto «Vado a sentire dentro, quando
avete fatto con quello che state facendo raggiungetemi pure».
Li
lascia agitando una mano e gettandosi
dietro un solo sguardo divertito, cogliendo con la coda
dell’occhio, Bonney
intenta a farsi una selfie di coppia con un Roronoa disperato.
Decisamente,
pensa: la migliore vacanza di
sempre.
O
almeno, lo sarebbe se Nami non vivesse
con la continua ansia di incontrare la sua anima gemella. Era iniziato
tutto
quando sua madre, anni prima, quando lei ne aveva forse sei o sette, le
aveva
finalmente spiegato il concetto di predestinazione e vero amore:
«Nami» le
aveva detto «Uno di questi giorni ti sveglierai e scoprirai
che da qualche
parte sul tuo corpo è comparso il tuo Bashert.
Lo sai cosa significa, vero? È un tatuaggio che rappresenta
la prima frase che
la tua anima gemella ti rivolgerà e, quando la incontrerai e
ti rivolgerà
quelle esatte parole, lo sentirai riscaldarsi e scottare.
Sarà così che saprai
di avere incontrato il tuo vero amore».
La
bambina l’aveva guarda con occhi colmi
di paura e di disgusto: «Ma io voglio scegliere chi amare,
Bellmer» aveva detto
con rabbia «Perché deve essere già
deciso? Vuol dire che non ho scelta?».
Bellmer
aveva sorriso e le aveva
accarezzato il capo con una mano.
«C’è
sempre una scelta».
Due
giorni dopo aveva trovato Nami nel
bagno con un coltello da cucina, intenta a passarlo ripetutamente
là dove
quella notte era apparsa una scritta. Nemmeno aveva voluto leggerla.
Ancora
adesso ci sono notti in cui si
sveglia di colpo, sentendo la stessa fitta che aveva provato quel
giorno, nel
momento in cui il tatuaggio era affiorato sulla pelle; sogna parole
sconnesse e
colpi di calore e si sveglia ansimando, mentre la mano scorre sul lato
opposto
del letto, alla ricerca dell’uomo che da quasi tre anni a
questa
parte dorme con lei.
E ogni volta Zoro apre un occhio, allunga un braccio e
l’attira a sé; non dice
mai niente, non fa domande, non sarebbe da lui; si limita a posarle un
bacio
leggero sulla cicatrice che domina la spalla destra, quindi la stringe
a sé e
riprende a dormire. A Nami basta questo.
No,
ad entrambi basta questo, sapere che
si sono scelti, che non ha importanza se non sono l’uno
l’anima gemella
dell’altro, perché la loro è stata una
scelta.
Sospira,
avvicinandosi al bancone, spera
solo che quel viaggio non li porti a incontrare personaggi che non
vorrebbe mai
incrociassero la sua strada.
Intenta
a lavare i bicchieri, in piedi con
le spalle rivolte all’ingresso, una donna dai lunghi capelli
neri canticchia
una vecchia canzone di Nancy Sinatra.
«Bang,
bang, he
shoot me down. Bang, bang, I hit the ground».
«Buon
pomeriggio, mi dicono che avete
delle stanze libere» esordisce Nami sorridendo.
«Certo,
ma dipende quanti siete; siamo
inaspettatamente pieni di clienti in questi giorni» risponde
con voce gentile
la mora, girandosi verso la ragazza e regalandole un sorriso luminoso.
«Ci
servirebbero quattro camere, ma possiamo accontentarci
di due se fosse necessario, tanto non credo che ci fermeremo
più di un paio di
notti».
«Due
notti eh?» la donna esce da dietro il
bancone e si avvicina sinuosa a un mobile dal quale estrae un grosso
volume
dall’aria ingiallita «Non guardarlo con
quell’aria scettica, è solo il log dei
clienti, come vi segno? A che nome, intendo».
«Nami,
Nami Kokoyashi».
«Mi
serviranno i vostri documenti, ma si
può fare più tardi, siete fortunati, sono le
ultime quattro camere rimaste. Per ora benvenuta a Peach
Spings, Nami. Io sono Robin e se
posso aiutarti in qualche cosa non farti scrupoli a chiedere».
La
ragazza le stringe la mano con un
sorriso, ringraziandola.
«In
effetti una cosa ci sarebbe, c’è un
posto dove possiamo parcheggiare la macchina? So che siamo nel mezzo
del nulla,
ma è una vettura d’epoca e non vorrei mai che si
rovinasse o, peggio, venisse
rubata».
«Non
sei una che si fida, eh? FRANKY! Non
preoccuparti, non corre rischi. FRANKY! Anche se dubito che coguari e
serpenti
a sonagli siano interessati a rubarti la macchina» si gira di
scatto verso la
porta che dà sul retro «Oh, insomma Franky, si
può sapere dove sei finito?»
«Scialla
sorella, non c’ho mica i razzi nel
cu– Oh, una cliente!» un uomo sulla trentina, dalla
corporatura eccessivamente
muscolosa e i capelli celesti, fa il suo ingresso dalla porta di
servizio «Come
posso aiutare?»
«Nami,
questo è Franky, mio marito. Ti
mostrerà dove mettere la macchina».
«Ganzo!
Di che macchina stiamo parlando?
Perché se si tratta di una macchina schifa la tieni fuori,
io ti avviso»
esclama incamminandosi verso la porta, tallonato da Nami che non sa se
essere
affascinata o turbata da quell’esemplare di individuo.
«È
una Cadillac convertibile del 59,
sedili in pelle, tutti i pezzi originali».
«Stai
scherzando? ODDIO! Che sturbo!» urla
quindi nel vederla.
Si
precipita addosso all’auto ignorando
gli sguardi perplessi e vagamente inquietati dei ragazzi a bordo e
inizia ad
accarezzarne la carrozzeria.
«Ma
è un vero gioiellino! Posso
parcheggiarla?»
«Manco
se mi paghi» ribatte Nami «Oi, voi,
fuori dalle palle. Prendete le valigie ed entriamo. Zoro ci pensi tu
qui?»
«Come
se avessi scelta».
«Zitto
e ingrana la prima».
Il
Poigne Griffe è l’unico locale di Peach
Springs ed è il punto di ritrovo degli abitanti, non solo
della cittadina, ma
anche dei dintorni. Gente annoiata, giovani imprigionati tra quattro
mura in un
paese troppo piccolo e troppo isolato del mondo e adulti oramai
rassegnati a
vedere la loro vita concludersi in quel posto dimenticato da Dio e
dagli
uomini.
Quella
sera, però, forse per via delle
vacanze estive, forse perché è un
lunedì (e nessuno ha voglia di uscire di
lunedì), il locale è inaspettatamente vuoto; i
tavoli occupati sono solamente due,
una coppietta seduta in quello più vicino alla porta, e
quello in centro alla
stanza occupato in tutta la sua larghezza dalle sei persone
più casiniste dello
stato. Il fatto che Franky si sia unito a loro con una pinta di birra
non li
aiuta di certo ad abbassare il tono della voce.
«E
questa rincoglionita del cazzo sapete
cos’ha fatto?» stava raccontando Kid agli uomini
del gruppo «Ha preso la bamba
e l’ha infilata nella borsa della signora che le stava a
fianco!»
Quattro
teste si girano contemporaneamente
verso Bonney che solleva le spalle con nonchalance.
«Ah,
beh, che dovevo fare, pasticcini?
Farmi arrestare? No, grazie tante, ma di tornare dentro non
c’ho proprio
sbatti» fa scoppiare rumorosamente la bolla della gomma da
masticare e sorride
«E comunque quella tizia se lo meritava, stava con un palo in
culo che manco
Hina».
«Chi?»
domanda Franky.
«Na
squinzia con cui sono uscita un paio
di volte, prima di scoprire che lavorava all’FBI».
«Jewl
frega cazzi, sto raccontando un’altra
cosa, sta’ zitta cazzo».
«Linguaggio!»
esclamano Nami e Killer in
coro, per poi lanciarsi un’occhiata di approvazione. Nessuno
sa bene chi sia
quel ragazzo biondo che si è unito al gruppo, o meglio Kid
ne ha parlato fino
alla nausea, definendolo il suo migliore amico (e loro erano abbastanza
sicuri
che prima di incontrarli fosse anche il suo unico amico oltre a
Bonney); non
parla molto, e ha sempre ciuffi di capelli tirati davanti agli occhi,
tanto che
in un intero pomeriggio nessuno di loro è riuscito davvero a
capire di che
colore siano o quali siano i veri lineamenti del suo viso.
«Zitti,
bastardi, fatemi parlare. Fatto
sta che sta tizia era una di quelle arricchite di merda, pelliccia di
qualche
animale in via d’estinzione, taccazzi da baldracca, capelli
tinti e cotonati.
Beh, arriva la pula coi cani e Jewl ha fatto a tempo anche a spostarsi
dall’altra
parte del grande
magazzino; sti cazzo di
cani l’annusano, ma non c’ha niente addosso e
quindi non si fermano, tirano
verso la signora e si mettono ad abbaiare come matti».
«E
la squinzia era così oltraggiata che si
è messa urlare “Tenga il suo cane! È
aggressivo!”» aggiunge Bonney urlando a
squarciagola
nel mezzo del locale.
«Ma
dilla una stronzata ai poliziotti,
ogni tanto» scoppia a ridere Zoro, tirando verso di
sé la pinta di birra e
bevendone un lungo sorso.
«Taci,
idiota, che l’ultima volta che ci
hanno fermato chiedendoti i documenti tu hai risposto “Mi
faccia vedere il suo
e io le mostro il mio”, beccandoti una multa per oltraggio al
pubblico
ufficiale!» gli fa notare Nami.
«Sì,
ma poi mi ha dato il suo numero di
telefono» celia Zoro tutto tronfio.
«Un
vero peccato che tu non sia frocio» lo
prende in giro Kidd.
«Sei
geloso? Lo vuoi tu? È ancora nel
cruscotto della macchina se lo vuoi».
«Fottiti
Roronoa».
«Testina
di minchia» li interrompe
Cavendish passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi «La
finisci la storia
o no?»
«Zitto
Barbie, dov’ero rimasto? Ah, sì i
cani» riprende «Fatto sta che sta deficiente si
mette a urlare » Kid si mette
in piedi sulla sedia e inizia a mimare «”Lasciatemi
stare, lasciatemi stare!”
finché non tira una borsata sul muso a uno dei cani, allora
l’altro morde la
cazzo di borsa e inizia a tirare finché
questa
non si sfracassa e BAM! Bamba ovunque, come se nevicasse».
Il
tavolo scoppia a ridere.
«Ma
non è finita qua, perché dalla borsa
della signora esce tutto: cellulare, portafogli, chiavi, biglietti
aerei, un
vibratore rosa shocking di 30 centimetri».
Zoro
e Franky si strozzano con la birra
iniziando a ridere convulsamente, mentre il resto della comitiva si
piega in due
sul tavolo immaginando la scena.
«E
a quel punto» mormora Bonney tra i
singulti «La squinzia si è messa a urlare
“Voi non sapete chi sono io”, e uno
dei due poliziotti fa: “Cicciolina?”».
Dal
bancone Robin li guarda ridacchiando,
seduto di fronte a lei un ragazzo con i capelli scuro e lo sguardo
scocciato
sorseggia con aria annoiata il suo drink.
«Turisti…
Li detesto tutti» borbotta.
«Oh,
andiamo, ragazzino» lo riprende la
donna con aria bonaria «Sei solo felice che portino un
po’ di soldi in questo
buco di posto. E ti ho visto ridere nell’ascoltare la loro
storia».
«Stai
insinuando che stessi origliando,
Robin?»
«Io
lo stavo facendo» risponde con
nonchalance «E dall’espressione che avevi
probabilmente ti sarebbe piaciuto
essere lì. Se vuoi te li presento».
«No,
grazie. Ho di meglio da fare, tipo
pensare a cosa dire all’assemblea comunale di
domani».
«Capisco,
e pensi di trovare la risposta
sul fondo di quel bicchiere di Martini semivuoto?»
«Mi
aiuta a pensar-»
Non
finisce di parlare che Franky, notandolo
seduto al bancone (e notando l’occhiata perentoria di sua
moglie), lancia un
urlo che attraversa il locale.
«Oi!
Law, vieni a bere con noi» gli è di
fianco in pochi secondi e, appoggiatagli una gigantesca mano sulla
spalla se lo
trascina dietro «Vieni, vieni. Gente, vi presento Trafalgar
Law, il membro più
giovane del nostro consiglio comunale».
«’Sera».
«I
ragazzi domani volevano andare a fare
una gita a Supai, che ne dici, hai consigli da dare?»
Law
solleva svogliatamente le spalle, non
rompergli i coglioni?
«Mettete
la crema solare e state attenti
ai serpenti a sonagli? No, seriamente, cosa cazzo ci andate a fare?
Sono tipo
settanta miglia in macchina e otto a piedi».
«O
su un mulo, ciccio» interviene Bonney
«E io ho necessità di cavalcare un mulo nella mia
vita».
«Cercati
altro da cavalcare, Pinkie Pie»
la prende in giro Cavendish scoppiando a ridere.
«In
ogni caso vi va di culo, ogni primo
martedì del mese c’è lo sceriffo che
organizza la visita con partenza in
pullman, si parte da davanti al comune e fa il giro completo fino a
Supai».
«Ché,
alle cascate ci porta? Perché io le
voglio vedere, tipo troppo» continua la ragazza.
«Credo
di sì».
«Ma
over the top! Gente, propongo altra
birra per festeggiare!»
«Jewl
tu non bevi la cazzo di birra, bevi
solo fottuto sherry» commenta Kid sollevando un sopracciglio.
«Vomitevole
per altro» aggiunge Zoro.
«Te
lo offro io uno sherry» sorride invece
Law, vagamente divertito «Robin!»
«Oh,
grazie allora, ma in realtà bevo qualsiasi cosa»
sorride Bonney,
ignorando lo scambio di sguardi a metà tra il divertito e il
disgustato di
Cavendish, Kidd e Zoro, fin troppo consapevoli di cosa stia cercando di
fare
Trafalgar.
Eustass,
particolarmente protettivo nei
confronti dell’amica si sporge verso di lei, prendendole una
ciocca di capelli
in una mano, e sussurrandole qualcosa all’orecchio; Law lo
guarda con aria
irritata e, girandosi verso di lui, gli rivolge le prime parole della
serata.
«Non
ti preoccupare, Rosso Malpelo dei
poveri, non te la rubo».
Kid
fa una smorfia, ritraendosi come se si
fosse scottato, quindi si allontana dal tavolo tallonato da Killer.
Nello
sguardo di Bonney passa un lampo veloce di stupore, ma non dice nulla e
continua a sorridere.
«Potresti
venire anche tu domani con noi,
che ne dici?»
«Dipende,
tesoro, quanto tempo hai da
dedicarmi?»
Davanti
al bancone Eustass aspetta la sua
birra, ha respinto, fino a quel momento, l’impulso impellente
di toccarsi la
schiena, là nel punto in cui il tatuaggio ha iniziato a
scottare non appena Law
gli ha rivolto quelle stesse parole che per anni si è
domandato da quale bocca
sarebbero uscite.
«Stai
bene?» domanda sommessamente Killer,
che, conoscendo il rosso da anni, è perfettamente
consapevole della frase che
rappresenta il suo Bashert.
«Perfettamente»
risponde lapidario.
«Almeno
è un uomo».
«Andiamo
Killer, quello è uno di quelli
che pensano di essere più eterosessuali di Brad
Pitt».
«Cosa
c’entra Brad Pitt adesso?»
«È
una fottuta metafora, porca la –» si
interrompe a metà «Lo so, il fottuto
linguaggio».
«Io
lo trovo carino…»
Gli
occhi di Kidd mandano lampi; si porta
il boccale al viso e di traverso lancia uno sguardo al moro seduto al
tavolo,
che continua a sorridere a Bonney.
«Le
gambe. Le gambe non sono male. Ma
finché non gli vedo il culo non puoi aspettarti un cazzo di
parere realistico».
«La
gente normale guarda la faccia, Kid»
si lamenta l’amico facendosi versare due dita di amaro.
«Ed
è per questo che siamo amici? Perché
non ho mai fatto troppo caso alla tua di faccia?»
Killer
solleva un sopracciglio e storce il
naso.
«Quando
ti piglia male sai essere un vero
figlio di puttana» mormora tornando al tavolo.
Eustass
impreca sommessamente, sa che
Killer ha ragione e che fare insinuazioni sul suo viso è da
perfetto bastardo,
soprattutto quando l’amico ha passato anni a convivere con i
complessi che le
cicatrici che si porta in faccia gli hanno provocato.
Rimane
qualche minuto bloccato al bancone,
i suoi occhi passano veloci su tutte le persone della stanza, come a
studiarle
una per una, quindi si inchiodano su Law.
È
vestito fin troppo bene per i suoi gusti
e se non fosse per i tatuaggi, che spuntano da sotto la camicia bianca,
l’avrebbe
classificato come una di quelle persone estremamente noiose che
trascorrono
tutta la loro vita in un ufficio del cazzo. Ma no, Kidd i tatuaggi li
ha
notati
subito, perché chi è il fesso che si fa scrivere
sulle nocche delle dita? E
quello sarebbe un membro del consiglio comunale? Devono proprio essere
nella
merda a Peach Springs per accontentarsi di persone così.
«È
un chirurgo» gli sussurra Robin arrivandogli
alle spalle e piazzandogli davanti un’altra birra.
«Cazzo
me ne frega a me?»
«Oh,
niente» sorride la donna enigmatica
«Ma lo stavi osservando come se volessi ucciderlo, ma in
fondo è una brava
persona».
«Anche
io lo sono. In fondo. Ma di scavare
non c’ho cazzi» borbotta il rosso afferrando la sua
birra e tornando al tavolo.
Si
lascia cadere pesantemente sulla sedia
e allunga le gambe fin sotto la seduta di Bonney, quindi appoggia con
un tonfo
il bicchiere sul tavolo.
«Cosa
mi sono perso, stronzi?»
«Palate
di eyesex» borbotta Roronoa tra i
denti «Tutti univoche».
«Continua
a dire stronzate» aggiunge
Cavendish senza farsi sentire «Ha già rotto il
cazzo»
Kidd
si volta lentamente verso Trafalgar,
che inizia veramente a dargli ai nervi.
«È
il caso che faccia in modo che si levi
dai coglioni» mastica piano all’indirizzo dei due
amici.
«Niente
risse» sibila Nami, tirandogli un
calcio da sotto il tavolo e ricevendo in cambio una scrollata di capo e
uno
sguardo incredibilmente serio.
«Senti,
gambe lunghe» comincia Kid
rivolgendosi al moro «Quando hai finito di provarci con la
nostra amica, che ne
dici di venire a fare un giro con me?»
La
sua voce trabocca di sarcasmo, ma a
Killer (e in realtà nemmeno a Bonney che Eustass lo conosce
fin troppo bene)
non sfuggono la sottile ironia e l’implicito doppio senso
celati dietro quella
frase.
Trafalgar
pare congelarsi sul posto; la
sua testa si volta verso Kid quasi a rallentatore e
l’occhiata che gli lancia è
un misto di disgusto e disapprovazione.
«Che
marea di stronzate» sibila tra i
denti tirandosi in piedi.
«Oi,
Law, che fai, vai?» domanda Franky
senza cogliere appieno la situazione.
«Ho
di meglio da fare» esordisce il ragazzo
ignorando qualsiasi richiamo; si avvicina al bancone e dopo avere
lasciato
dieci dollari a Robin esce dalla porta, sbattendosela rumorosamente
alle
spalle.
Respira
profondamente l’aria secca del
deserto, quindi si appoggia al muro stringendo i pugni. La mano destra
scivola
inesorabilmente verso la clavicola per fermarsi nel punto esatto in cui
sente
ancora il calore ustionargli la pelle.
«Che
marea di stronzate» sibila ancora tra
i denti, mentre non riesce ad evitare di pensare alle parole di Kidd.
Parole
che sono anni che vede tatuate sulla sua pelle, ma che ha sempre
immaginato gli
sarebbero state rivolte da una bella donna e non da un uomo,
soprattutto non da
un arrogante turista del cazzo.
«Figlio
di puttana» mormora
allontanandosi, mentre rimane vivida, nella memoria,
l’immagine degli occhi di
Kidd e lo sguardo di sfida che gli ha lanciato con l’ultima
frase, come a
dirgli: Vediamo se hai coraggio, sfigato.
Law
scopre che forse non ne ha.
Si
allontana continuando a imprecare
sommessamente, mentre dalla finestra del locale Eustass lo osserva
allontanarsi
con lo sguardo.
«Me
ne vado a letto» sbotta il ragazzo
scocciato, quindi si alza e scompare lungo le scale che conducono al
piano
superiore.
Franky
fa spallucce e, dopo averli
salutati, torna da Robin; non fa in tempo ad allontanarsi che Bonney si
gira di
scatto verso Killer, gli occhi sgranati e una domanda che attende di
uscire.
«Era
lui? Era lui vero?» domanda con
trepidazione.
«Lui
chi?» chiede Cavendish limandosi le
unghie.
«E
soprattutto cosa? Ma i soggetti voi
mai, eh?» aggiunge Nami sbadigliando e allungando le gambe
sulla sedia di Zoro.
«L’anima
gemella di Kid, era lui vero?
Quel Trafalgaw» continua Bonney ignorandoli completamente (e
facendo anche loro
cadere la mandibola).
«Secondo
il suo Bashert, sì» conferma
Killer con una smorfia.
«Cosa?»
allibisce Nami, sopprimendo un
brivido.
«Aveva
tutta l’aria di uno a cui piacciono
le donne» esordisce Zoro «Ti è saltato
addosso come un pesce».
«Per
la serie: Ciao, sono il tuo Bashert
ed esisto per rovinarti la vita cambiando le tue preferenze
sessuali».
«Nami,
tu e il tuo disfattismo di merda
sul concetto di anima gemella avete rotto, te lo dico» le
dice Bonney,
improvvisamente seria e la rossa si ammutolisce.
«Oh,
beh» si intromette Cavendish «O ci
viene a patti e si dà alla bisessualità come
tutti –»
«Come
te, vorrai dire» lo corregge Roronoa
sollevando un sopracciglio.
Il
biondo lo ignora.
«E
si dà alla bisessualità come tutti, o
si butta da un canyon. Tanto qui è pieno. E comunque a Kid
è andata bene, no?
Almeno è un uomo ed è carino».
«Com’è
che non ti sfiora nemmeno la
possibilità che magari Kid avesse come anima gemella una
donna?» domanda Zoro
ancora una volta.
Bonney,
Killer e Cavendish lo guardando
con lo stesso sguardo che si rivolgerebbe a un bambino che chiede alla
mamma perché
ha cinque dita e non sei.
«È
un misogino bastardo» asserisce il
biondo.
«A
sei anni una bambina ha cercato di
baciarlo e lui è scappato invocando Platinette. Dico:
PLATINETTE. A sei anni»
aggiunge Bonney.
«E
ti ricordi quella volta che a dieci
gli hanno chiesto chi gli piacesse nella classe e lui ha alzato il dito
medio e
ha detto “Mi piace il professore di matematica? E se non vi
sta bene andatevene
tutti affanculo”?» domanda Killer.
«Chi
se lo scorda. Da quel momento ho
iniziato a prendere a pugni chiunque osasse contestare il suo
orientamento
sessuale».
«Gay
e fiero» commenta Zoro.
«Quasi
peggio di un estremista mutante»
borbotta Cavendish «Almeno quelli non ti pestano per una
battuta».
«Solo
perché non esistono imbecille».
Quando
decidono di andare a dormire è
oramai mezzanotte passata; imprecando per l’orario barbino a
cui si devono
alzare la mattina successiva per partecipare al tour verso Supai, si
trascinano
a letto.
Salite
le scale, però, Bonney si ferma nel
corridoio e, dopo avere aspettato che tutti siano entrati nelle loro
stanze
(perché alla fine c’era più posto di
quanto pensassero), si intrufola in camera
di Killer. Il ragazzo è fermo, seduto sul davanzale della
finestra aperta, con
aria assente osserva il cielo, le luci spente per riuscire a vedere
meglio le
stelle.
«Ehi»
mormora Jewelry richiudendosi la
porta alle spalle «Tutto bene? È da prima che sei
strano».
Killer
si gira verso di lei e sorride
mestamente; anche se, nel buio della notte, non riesce a vedere la sua
espressione, Bonney ne percepisce il vago tormento interiore.
Gli
si avvicina e gli accarezza i capelli,
scostandoli con dolcezza dal viso; gli passa con affetto una mano sulla
guancia
e con le dita sfiora le cicatrici che gli coprono il volto.
«Ha
detto qualcosa di troppo, non è così?»
«Sai
com’è fatto» cerca di difenderlo
«Non
pensa mai prima di parlare, soprattutto quando c’è
qualcosa che lo turba».
Bonney
gli posa un bacio leggero sulla
fronte.
«Non
è una scusa. Ora vado a dirgliene
quattro».
Il
ragazzo la afferra per la vita e
appoggia il capo sul suo petto, stringendola leggermente a
sé; rimangono così
qualche minuto, finché la porta della stanza non si riapre e
sulla soglia si
taglia, in controluce, la figura di Eustass.
Kid
entra nella stanza senza dire una
parola, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle; si avvicina
sotto lo
sguardo attento degli amici per fermarsi a un passo da loro.
«Sono
uno stronzo» borbotta senza
guardarli.
«L’abbiamo
sempre saputo» commenta Bonney,
tirandogli un calcetto leggero su uno stinco.
«Mi
dispiace» continua il giovane «Dico
davvero».
Jewelry
fa scoppiare una bolla di gomma da
masticare, quindi lo afferra per un braccio e se lo spalma addosso,
ritrovandosi con Kid da un lato e Killer dall’altro; il
biondo allunga la
sinistra e la sua mano va a spettinare i capelli già
arruffati dell’amico, in
un gesto di affetto a cui Eustass, nel corso degli anni, ha imparato ad
abituarsi.
«Sei
proprio una testa di minchia» mormora
Killer, fregandosene, per una volta, del linguaggio.
«Un
sbarbatello senza speranza» conviene
Bonney.
«Una
piaga sociale» prosegue il biondo.
«Una
pigna in culo».
«Un
–»
«Ho
capito! Ho capito, avete ragione, sono
un cazzone patentato, ok? Il concetto è chiaro, ora
piantatela».
Bonney
sbuffa, staccandosi dall’abbraccio:
«Sì, ma Kiddo, così uccidi il
divertimento. Mbé, già che siamo tutti qui lo
facciamo un pigiama party?»
Nella
stanza a fianco, nel frattempo, Nami
si rotola sotto le lenzuola leggere del grande letto matrimoniale;
inutile dire
che il sonno non vuole saperne di arrivare e, oramai ha capito, che
difficilmente riuscirà ad addormentarsi.
«Piantala
di agitarti» borbotta Zoro.
Disteso
prono sul letto con indosso
solamente le mutande, il ragazzo cerca vanamente di addormentarsi; Nami
osserva
la sua schiena nuda e il suo sguardo si fissa sul tatuaggio che compare
poco
sopra l’elastico dei boxer. Cos’è
hai
paura di una ragazza? Dice la scritta. Reprime
l’istinto di toccarla e si
porta le mani al seno, stringendole a pugno.
Non
ricorda esattamente quali siano state
le prime parole che ha rivolto a Zoro quando si sono conosciuti, cinque
anni
prima, ma è cerca che suonassero più come un
“Senti, buzzurro, spostati dalla
strada”. No, lei e Zoro non sono
mai stati anime gemelle e la cosa non è mai interessata a
nessuno dei due.
«Ci
pensi mai?» si sente domandare con
voce sommessa.
«A
cosa?»
«A
lei, la tua Basherte» risponde senza
staccare lo sguardo dalla base della sua schiena.
Zoro
si gira verso di lei per poi rovesciandosi
sulla schiena, solleva i cuscini e si appoggia meglio allo schienale
del letto.
«Sì,
ci penso spesso» ammette «Soprattutto
di recente».
Nami
si mordicchia un labbro, nervosa. Non
ne hanno mai parlato e lei non gli ha mai chiesto niente, ma ci sono
dei giorni
– come quella sera – in cui pagherebbe per sapere
la verità, per sapere cosa è
successo e cosa passa nella testa di Roronoa quando la guarda con
quegli occhi.
Zoro
sospira, rendendosi conto del disagio
della ragazza; le fa cenno di appoggiarsi a lui e come sente la testa
di Nami
appoggiarsi sul suo petto e i suoi capelli rossi solleticargli la
pelle, inizia
a parlare.
«Si
chiamava Kuina» dice piano, mentre la
sua mano va ad accarezzare la linea sinuosa del corpo di Nami,
soffermandosi
sulla vita sottile e sui fianchi morbidi «Siamo cresciuti
nella stessa città,
suo padre aveva una palestra e insegnava arti marziali e altri sport
che
parevano non interessare nessuno se non me, lei e due nostri amici:
Johnny e
Yusaku. Ero un bambino di merda, lo ammetto, ma la scherma mi piaceva e
Dio! Quando
prendevo in mano la spada mi sembrava di essere un’altra
persona, di poter fare
qualsiasi cosa».
Si
interrompe un momento, ripensando a sé
stesso da bambino, al sorriso innocente e arrogante che gli
attraversava il
volto e al suo modo di fare quasi indisponente.
«Il
mio Basher comparve al compimento del
mio sesto compleanno, all’epoca conoscevo Kuina solo di
vista, ma non ci
eravamo mai davvero parlati. Sapevo chi era e mi dava ai nervi. Fatto
sta che una
mattina, era piena estate, ce la ritrovammo davanti e Johnny e Yusaku
iniziarono a prenderla in giro: li fece neri. Ma letteralmente. Poi si
girò
verso di me, che ero rimasto fermo a guardarla, e mi disse:
“Cos’è hai paura di
una ragazza?” Ricordo ancora il bruciore che provai in quel
momento, sembrava
che la schiena dovesse andarmi a fuoco. “No, semplicemente
non mi interessi”.
Credo di essere scoppiato a ridere subito dopo, perché
diamine, certo che mi
interessava. E doveva averlo capito anche lei, perché si era
portata la mano al
costato, che sono sicurissimo stesse scottando ed era scoppiata a
ridere: “Bugiardo”
mi aveva detto».
Nami
sorride immaginandosi la scena e
cercando di visualizzare nella sua testa questa ragazzina tronfia e
sicura di
sé, tanto orgogliosa da pararsi di fronte a una piccola
versione di Zoro e
sfidarlo.
«Non
ti mentirò dicendoti che abbiamo sempre
ignorato il Basher, Nami, perché non è stato
così, ma, quando avevamo sedici
anni, Kuina è stata investita da una macchina ed
è morta. La polizia ci disse
che era stato un pirata della strada, un ubriaco con ogni
probabilità, che
aveva avuto troppa paura per fermarsi ed era scappato» si
interrompe nuovamente
e si sistema meglio contro la testata del letto, mentre Nami si scosta
da lui e
si mette a sedere tra le coperte, fissandolo con intensità.
«Mi
dispiace» mormora piano, stringendogli
una mano con le sue.
«Anche
a me» continua lui, senza notare il
lampo di tristezza che attraversa gli occhi della rossa «Ma
è successo anni fa
e sono venuto a patti con la cosa. Senza contare che ho incontrato
te».
«Cosa?»
domanda spalancando gli occhi, perché
Zoro non è quel genere di persona che ama parlare dei suoi
sentimenti, tanto
più con la diretta interessata; Nami può contare
sulle dita di una mano il
numero di volte in cui le ha detto di amarla e fino a quel momento non
le è
nemmeno mai interessato.
«Ho
incontrato te» ripete piano «Quando
Kuina è morta non è stato facile. Ci sono persone
che dicono che quando la tua
anima gemella muore il mondo diventa in bianco e nero, ovviamente
è una
stronzata, ma in quel momento mi sono sentito come se niente sarebbe
mai stato
come prima: non sarei mai più stato felice, non sarei mai
più stato capito,
accettato, amato, ma soprattutto non sarei mai più stato
intero. Mi sbagliavo.
L’ho capito quando ci siamo conosciuti. Questa cosa
dell’anima gemella, del
Basher, della predestinazione, è una condanna e
un’auto-imposizione. Può
renderti felice, ma se lasci che ti tormenti e condizioni la tua
vita… Beh, ti
condanni da solo all’infelicità».
La
ragazza rimane a fissarlo senza sapere
cosa dire; si sposta più vicina a lui e gli appoggia il capo
sulla spalla,
affondando il viso nell’incavo del suo collo.
«Non
sapevo fossi un filosofo Roronoa».
«Scema»
borbotta lui, passandole una mano
intorno alla vita «So che questa cosa di Kid ti ha turbato,
ma è la norma. È
solo normale che i nostri amici prima o poi incontrino la loro anima
gemella,
vedi di non lasciare che le tue paure influenzino il tuo comportamento
nei loro
confronti. È tutta una questione di scelte, Nami, non
vederla come una
maledizione».
La
sente sbuffare e il suo alito fresco
gli solletica il collo; con un gesto se la tira sulle gambe e la bacia,
facendosi largo nella sua bocca e passandole una mano tra i capelli
lunghi e
mossi. Le accarezza la schiena e appoggia la fronte sulla sua.
«Forza,
vieni qui» borbotta scivolando
sotto il lenzuolo «O domani col cazzo che ci alziamo per
l’escursione».
Nami
si accoccola contro di lui,
sorridendo. Forse, dopo tutto, riuscirà a dormire.
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Capitolo 2 *** Breaking the law ***
Autrice:
Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo:
Walk like an Egyptian
Capitolo:
Breaking the law
Fandom:
One Piece
Personaggi:
Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney,
Cavendish, Killer, Nico Robin, Franky, Trafalgar Law, X-Drake,
Bartolomeo,
Rebecca, Monkey D. Rufy
Pairing:
Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar,
Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami
Rating:
sfw
Genere:
slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti:
soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio
volgare
Parole: 5124
Note: allora prima
di tutto grazie a
tutte le persone che stanno seguendo la storia (risponderò a
tutte le
recensioni appena posso). Prima di cominciare con le note vere e
proprie ci
tengo a dire due cose sulla visione che ho dei personaggi, in
particolare di
Bonney e Kid che da Oda non hanno ricevuto lo stesso spazio di molti
altri. Non
so come siano ritratti dal fandom perché non entro in questa
sezione da una
vita, ma posso dire che nella mia testa ho preso questi due li ho
immaginati
come dei venticinquenni problematici. Bonney è sgrezza da
paura, ma la sua è in
parte solo una recita e spiego in questo capitolo perché,
mentre Kidd, beh. Lui
è un tamarro senza speranza di redenzione che vorrebbe fare
il rockettaro, ma
gli esce male.
Detto
ciò, mi dispiace in questo capitolo c’è
pochissimo, se non per niente, spazio
dedicato a Zoro e Nami, ma mi rifarò.
Relativamente
al capitolo (scusate, le solite seimila
note). Le
canzoni cantate sono: Hungry like the wolf, Duran Duran; Otherside, Red
Hot; Breaking
the Law, Judas Priest. Se le fate partire quando cantano rendono tipo il 200%. Ho
deciso che Kidd è mezzo irlandese, per giustificare i suoi
capelli rossi e la
sua carnagione super pallida; Bonney, invece, in questo capitolo ha un
sacco di
spazio e ho deciso di darle un background che in qualche modo si
ricollega ad
un mio headcanon relativo alla serie. Per quanto riguarda Drake, io lo
amo
tantissimo e mi dispiace che sia così malcagato,
perché secondo me è un
personaggio stupendo. Nelle scene tra lui e Bonney ci sono un paio di
rimandi a
Bonnie & Clyde: Clyde chiamava Bonnie “Bambina dagli
occhi blu” (Blue-Eyed
Baby) e beh, erano famosi per essere due rapinatori di banche. So che
in realtà
il nome Bonney è legato ad Anne Bonney, la famosa pirata, ma
mi piace pensare
che Jewl giochi invece molto sull’assonanza con con Bonnie,
soprattutto visto
che lei si diverte a infrangere le regole (anche se no, non rapina
banche). Poi,
Bonney è alta 174 cm per Oda e Drake 233, per ovvie ragioni
(tipo il realismo),
qui Drake è alto tipo 1,98.
Tra
le altre cose che nomino: Kiddo è un soprannome di Kidd che
gioca sull’assonanza
Kidd e Kid/Kiddo inteso come “bambino” in inglese;
Ro’ è un’abbreviazione
trucida di Roronoa (grazie Bonney per portare trucidume e big babol
nella
nostra vita, tvb).
La
scena finale, con i mentecatti che camminano nel canyon, riprende la
scena (più
o meno iniziale) in cui aspettano il pullman, tanto che Kidd ripete gli
stessi
gesti e le stesse parole; volevo rendere l’idea di
come si stiano
fracassando i coglioni di come il tempo sembri non passare
mai, soprattutto
nel deserto, quando in realtà sono trascorse tipo cinque
ore.
Preciso
che i prezzi, il percorso con i cavalli o a piedi, la posizione super
inculatissima di Supai e tutto ciò che la riguarda sono cose
reali, quindi
sappiate che se andate a visitare questo posto in cui, per inciso, la
posta
arriva ancora coi muli, dovete sborsare soldi. Invece ho inventato i
tour del
primo martedì del mese di Drake (perché di fatto
a Supai c’è una mini stazione
della polizia) e ho inventato bellamente la durata del percorso,
perché a) non
ho capito quale sia il tempo di percorrenza medio a piedi (ma so che
sono 10
miglia/13 chilometri) b) non ho capito perché a cavallo ci
si metta tipo 3 / 4
ore, ma ok. Also, i cartelli che indicano la strada ci sono davvero.
Preciso
inoltre che: Rebecca qui è bionda e non ha i capelli rosa,
mentre quelli di
Bonney, Zoro e Bartolomeo sono tinti.
Per
i nomi: Rebecca Dold, dove Dold viene dalla seconda parte del nome di
King Riku
Dold III; Sakazuki Akainu è il nome completo di Akainu che
poi è solo un
mescolamento dei due nomi affibbiatigli nel manga.
Per
chiudere, non lo so se un retroammiraglio che sbidona la marina
può andare a
fare lo sceriffo, ma mi andava, quindi fingiamo di sì (e
fingiamo che “sbidona”
sia italiano).
Avviso che: a) saranno
più di 3 capitoli b) ho
due esami da preparare, quindi il prossimo aggiornamento non so
esattamente
quando arriverà.
Walk
like an Egyptian
2.
Breaking the law
«Ancora
cinque minuti» borbotta il ragazzo infilando la testa sotto
al cuscino, nel
vano tentativo di bloccare i raggi di luce che entrano dalla finestra.
Nami
sbuffa, fissando il suo riflesso nello specchio e legando i lunghi
capelli
aranciati in una coda alta; gli lancia un’occhiata di
rimprovero, quindi inizia
a smanettare con il telefono, finché non trova la canzone
giusta.
Esce
silenziosamente dalla porta e bussa a quella di Bonney. Nessuna
risposta.
Riprova, questa volta chiamando ad alta voce l’amica.
«Oi,
Marshmellow, ci sei?»
«Che
c’è?» borbotta la ragazza apparendo alle
sue spalle.
Nami
fissa l’uscio della stanza da cui è uscita, che
decisamente non è la sua,
quindi sposta lo sguardo sull’amica.
«Oh,
è la camera di Killer» esclama con nonchalance
Bonney.
«Jewls
che cazzo vuole la super oca?»
«Anche
Kidd?» domanda Nami allibendo «Avete dormito tutti
lì? Nella stanza di Killer?»
«No,
no. Aspetta, ciccia, non è come pensi, non è
successo –»
«E
mi avete fatto pagare una singola a testa? Maledetti
bastardi!!» esclama la
rossa inferocita, entrando a larghe falcate nella camera «Ora
tutti fuori,
almeno imparate a rendervi utili per qualcosa, approfittatori senza
vergogna!»
«Guarda
che il budget è comune» le fa notare Cavendish
mettendo il naso fuori dalla sua
stanza, attirato da tutto quel trambusto.
«Zitti
e datemi una mano a svegliare Roronoa» si lamenta ancora la
rossa trascinandoli
tutti quanti con sé dentro la camera da letto matrimoniale
in cui Zoro riposa
sdraiato a stella marina sul materasso.
«Cosa
cantiamo stamattina?» domanda Bonney «Io voto Edge of the Blade».
«Col
cazzo che canto i Journey di prima mattina» borbotta
Cavendish «Che ne dite
delle –»
«Non
cantiamo le cazzo di Bangles, Barbie. Che ne dite di Girls,
girls, girls?»
«Dico
che sei fissato coi Motley, ecco cosa dico» borbotta Nami
«E comunque lo sapete
che non dovete propormi roba gli piace o non si sveglia. La canzone di
oggi è…»
Fa
partire la musica sul cellulare e Bonney trattiene a malapena un
gridolino: «La
adoro!»
Si
avvicinano al letto, proprio nel momento in cui partono le parole e
Kidd e
Cavendish attaccano con la prima strofa.
«Darken the
city, night is a wire» comincia il biondo.
«Steam
in the subway, earth is a afire» continua Eustass iniziando
ad ancheggiare a ritmo
e scatenando un movimento sincronizzato in tutti i presenti.
Quindi
attaccano Nami e Bonney: «Dododo dododo dododo dododo
dodo».
«Woman,
you want me, give me a sign» riprende Cavendish, facendo
schioccare le dita a
ritmo di musica
«And catch
my breathing even closer behind» lo segue Kidd.
«Dododo
dododo dododo dododo dodo».
«Tutti
insieme ora!» grida il rosso, sulla buona strada per
l’esaltazione mattutina.
«In touch
with the ground, I'm on the hunt I'm after you. Smell like I sound, I'm
lost in
a crowd, And I'm hungry like the wolf. Straddle the line in discord and
rhyme, I'm
on the hunt I'm after you. Mouth is alive with juices like wine, And
I'm hungry
like the wolf».
«Cristo
Santo! I Duran Duran no, brutti bastardi!» Borbotta Zoro tirandosi a
sedere di
scatto e cadendo dal letto nella foga di allontanare quel manipolo di
mentecatti dal suo capezzale «Sono sveglio, sono sveglio!
Soddisfatti ora?».
«Oh,
peccato Ro’, sarei andata avanti a cantarla tutta!»
si lamenta Bonney, prima di
venire cacciata fuori a calci assieme agli altri.
«Le
fate spesso queste cose?» domanda Killer osservandoli con
aria divertita.
«Tutte
le mattine o quel buzzurro non si alza dal letto» borbotta
Nami, scendendo a
fare colazione «E vedi di muoverti che io il caffè
non te lo porto, pezzente!»
urla all’indirizzo di Zoro prima di sparire al piano di sotto.
«Qualcuno
mi ripete cosa cazzo ci facciamo qui?» borbotta Kidd seccato
piazzandosi gli
occhiali da sole sul naso.
«Siamo
qui» ruggisce Nami, ferma insieme agli altri al punto di
ritrovo
dell’escursione «Perché tu e
quest’altra sbarellata ci avete fracassato i
coglioni per ore. Tra l’altro mi spieghi cosa diamine ci fai
con la chitarra
sulla schiena?»
Il
rosso solleva le spalle prima di rispondere: «Mi andava,
magari ci gira di
cantare davanti alle cascate o cose
così…»
Nami
si volta verso Killer con aria indagatrice scrutando lo zaino che sia
lui che
Roronoa hanno sulle spalle.
«Mi
assicuri che non sono sbronzi? E che non c’è
niente di illegale là dentro?»
«Quante
storie, ciccia, va’ che è arrivato il pullman e
credo che quello sia lo
sceriffo» la interrompe Bonney prevenendo qualsiasi risposta
e, soprattutto,
cecando di evitare che l’amica si metta ad indagare sul
contenuto degli zaini.
«Ecco,
facciamo che state zitti voi due, così non vi arrestano
subito, eh» interviene
Killer prendendoli per la collottola.
Un
uomo dai capelli aranciati, sui trentacinque anni, si avvicina alla
fermata del
pullman; ha un sorriso sottile stampato sul volto, una cicatrice sul
mento e
sul petto brilla una stella a cinque punte.
«Signori,
il mio nome è Drake e sono lo sceriffo di questo schifo di
buco. Siete qui per
il tour?» domanda educatamente «Tutti e
otto?» chiede nuovamente inquadrando
anche la coppietta alle spalle del gruppo, la stessa coppietta che si
è dovuta
sorbire gli scleri del tutto inappropriati di quel branco di menteccati
la sera
precedente.
Ad
un cenno affermativo, l’uomo fa aprire la porta del bus e
lascia che tutti si
accomodino all’interno; le ferma poco prima che si richiudano
e infila la testa
di fuori con espressione perplessa.
«Vieni
anche tu? Non l’avrei mai detto, non avevi una
riunione?»
«Sti
cazzi» borbotta in risposta una voce che a Nami sembra di
riconoscere.
Law
fa il suo ingresso e si siede nella prima fila, ignorando completamente
chiunque altro; lo sceriffo si siede al suo fianco lanciandogli
un’occhiata in
tralice.
«Non
saranno felici in comune» gli dice sistemandosi il cappello
sugli occhi e
facendo cenno all’autista di partire.
«Capirai, non sono
mai felici di un cazzo».
Seduto
nell’ultima fila, Kidd trattiene una bestemmia; non sa se
essere divertito o
irritato dall’ingombrante presenza di
quell’individuo. L’unica cosa di cui è
certo è che gli dà ai nervi e che questa avrebbe
dovuto essere una giornata
rilassante e invece si è appena trasformata in uno schifo.
«Che
due maroni. E manco sono sbronzo» borbotta sdraiandosi sui
sedili in fondo e
appoggiando la testa sulle gambe di Killer.
Nami
si gira verso di lui con aria di rimprovero: «Forse se non
avessi sempre questo
approccio così del cazzo con chiunque incontri per la prima
volta, potresti
provare a parlarci».
Eustass
si blocca, passando lo sguardo prima su Bonney e poi su Killer.
«Voi
due stronzi parlate troppo».
«E
tu sei un libro aperto, Kiddo» gli fa notare Jewelry facendo
scoppiare la bolla
della gomma da masticare «E in ogni caso Nami ha ragione,
potresti provare a
parlarci, magari senza saltargli al collo o minacciarlo come fosse tipo
la tua
arcisuper nemesi».
«I
cazzi vostri voi mai? E comunque l’avete visto? Non ha
nessuna fottuta
intenzione di parlarmi né di attaccare bottone. Gli
roderà ancora il culo per
la sua eterosessualità tradita».
«Eterocosa?»
domanda Zoro con una smorfia «Cristo, ma ti senti quando
parli?»
«Probabilmente
no» interviene Cavendish «O ci avrebbe da tempo
liberato della sua
schizofrenica presenza, magari gettandosi da uno di questi canyon del
cazzo.
Che ne dici, faccetta di culo, ce li facciamo un duecento metri in
caduta
libera?»
«Fottiti
Barbie, o l’unico che farà un volo qui sarai tu.
Fuori dal finestrino».
«Prima
di tutto» sibila Nami «Linguaggio! Vediamo di non
farci riconoscere subito e-
Oddio. BONNEY! Metti subito via quella roba!»
L’amica
la guarda con aria perplessa, mentre in tutta tranquillità
continua a rollarsi
una canna.
«Guarda
che non la fumo mica adesso, è per quando sarò
sul pony».
«C’è
lo sceriffo in prima fila, mentecatta!»
«Oh,
beh, scialla. Mica mi faccio problemi, io la roba la condivido, se
vuole un
tiro basta chiedere!»
«Ti
prego» borbotta Roronoa girandosi verso di lei
«Basta con le cazzate».
«Vi
divertite tutti a segarmi le gambe, almeno qualcuno può
chiedere all’autista di
accendere la radio?»
Nami
sbuffa, ma si alza lo stesso, salvo poi rivolgere uno sguardo
perentorio a
tutti loro: «Sappiate che alla prossima idiozia vi ammazzo e
lascio il vostro cadavere
a marcire nel deserto. E vale per tutti, tranne per Zoro».
«Oh,
che dolci» esclama Bonney.
«Tu
mi servi come autista».
«Come
no, questa sprizza amore da tutti i pori» borbotta Roronoa
guardandola
allontanarsi.
La
rossa si avvicina alla parte anteriore del pullman, incurante delle
proteste
che sente giungere dal fondo; si china verso l’autista e gli
domanda con fare
educato se sia possibile far partire della musica.
«Non
sarebbe male. Qui mi sto fracassando i coglioni» si lamenta
una voce alle sue
spalle.
Nami
si gira con un sorriso beffardo sul volto e un sopracciglio sollevato.
«Allora
farse saresti dovuto rimanere a casa, non credi?»
«Nessuno
ha chiesto il tuo parere, rossa» borbotta il medico,
ricevendo immediatamente
uno scappellotto dall’uomo seduto al suo fianco.
«Chiedi
scusa alla signorina e piantala di comportarti come un
moccioso» lo redarguisce
lo sceriffo.
«Cosa
sei? Mio padre?»
«Oh,
non sono necessarie le scuse, sceriffo» si schernisce Nami
godendosi la scena e
pensando che, vista la comitiva di mentecatti che si trascina dietro,
sia
sempre meglio allisciarsi l’unica forza dell’ordine
presente «Piuttosto» si
appoggia al sedile dal lato opposto del corridoio e inizia a conversare
amabilmente «Ci raccontava Trafalgar ieri sera che
è una gita che organizza
spesso, come mai tutto questo interesse verso Supai?»
«Oi,
chi ha detto che puoi chiamarmi per nome?»
«Law,
piantala o ti butto fuori dal pullman in corsa» borbotta
Drake.
«Bell’esempio
che dai! Forze dell’ordine il cazzo».
Questa
volta viene ignorato, mentre l’uomo al suo fianco si rivolge
a Nami con un sorriso
educato: «Normalmente sono gli
abitanti a scendere fino a Peach Springs, ma una volta al mese vado io
su a
controllare che tutto sia a posto, che non ci siano problemi e che,
fondamentalmente, non abbiano bisogno di qualcosa di particolare. In
quel caso
chiamiamo a Kingman e mandano un elicottero con il
necessario».
«Non
deve essere semplice abitare lassù».
«Forse
non sarà semplice» interviene Law «Ma
male non se la passano di certo, 30
dollari a persona per entrare nella riserva, 70 per salire coi muli,
per non
parlare di chi fa andata e ritorno in elicottero. Ovviamente senza
contare le
tariffe per dormire in quella specie di albergo, quanto vengono a
notte?»
«Sui
135 dollari, mi sembra» risponde Drake togliendo della
polvere dal cappello con
una manata.
Nami
sbianca, sentendo tutto il sangue defluirle dal viso.
«Vogliate
scusarmi» borbotta piano, catapultandosi verso il fondo del
pullman «Brutti
bastardi! Perché nessuno di voi mi ha detto che costava
così tanto venire qui?
Tutto per vedere una cazzo di riserva indiana?»
Zoro
e Cavendish si scambiano un’occhiata da “noi
non vogliamo saperne niente, è tutta colpa loro”,
mentre Bonney si fa
piccola, piccola contro il sedile a fianco a Kidd.
«Beh
ecco…» azzarda sotto lo sguardo di fuoco della
rossa, pronta, al minimo accenno
di risposta sbagliata, a scaraventarla fuori dal bus.
«Sì?»
domanda con tono minaccioso.
«Ho
pensato che una notte di campeggio potesse essere
piace–»
«Ah!
Ecco cos’erano quegli zaini! Non mi fiderò mai
più di quello che mi dite! Mai
più!»
«Eddai,
Nami» cerca di rabbonirla Zoro «Che ti costa, non
è che ci sveniamo eh».
«Stai
zitto, buzzurro. Vuoi forse pagare per me?»
«No,
no!» interviene Bonney «Pago tutto io!
Cioè sono i soldi di mia madre, ma ci
teneva che ci fermassimo tutti qui almeno una notte. Eh, ha insistito
così
tanto! Continuava a dire “Jewelry se non dormi a Supai mi
offenderò tipo super
tantissimo”, vero Kiddo?»
Il
ragazzo si gira verso di lei con la stessa espressione terrorizzata di
uno che
è appena stato scoperto a fare qualcosa di profondamente
sbagliato.
«Non
voglio saperne niente» alita piano «Non tiratemi in
mezzo».
«Ti
prego?»
Eustass
salta in piedi, capendo che l’unico modo per uscirne risiede
in quel tizio con
la faccia da schiaffi. Persino una come Nami potrebbe lasciarlo andare,
senza
prima spellarlo vivo e appenderlo a un palo, davanti al richiamo
dell’anima
gemella.
«Oh,
quello stronzo tatuato del cazzo mi sta chiamando, decisamente vuole
parlare
con me. Vado a sentire cosa vuole, eh» borbotta liberando il
braccio dalla
morsa dell’amica, che gli si è attaccata come una
cozza allo scoglio, nel vano
tentativo di salvarsi dalla furia della rossa.
Si
allontana senza pensare troppo alle conseguenze delle sue parole,
finendo con l’andare
realmente ad accomodarsi nel sedile dietro a quello di Law, che,
fingendo di
non vederlo, si trattiene dal voltarsi e domandargli che diamine voglia.
Eustass
non lo degna di uno sguardo, continuando a fissare i suoi amici seduti
sul
fondo del bus, mentre canticchia svogliatamente le parole della canzone
trasmessa dalla radio. Fa così tanto anni novanta che quasi
gli dispiace di
essersi spostato per non poter coinvolgere gli altri in un coro.
« Centuries
are what it meant to me, a cemetery where I marry the sea».
Lo
sceriffo si volta di tre quarti verso di lui, sollevando un
sopracciglio.
« Stranger
things could never change my mind, I've got to take it on the
otherside. Take it on the
otherside» continua
senza accorgersene.
«Canti
bene» nota Drake, con tono di ammirazione
«È raro trovare giovani così intonati,
hai studiato in conservatorio?»
«Le
sembro uno che studia, sceriffo?» borbotta Kidd, sorridendo
appena.
«Decisamente
no» mormora Law a voce bassa, anche se non a sufficienza per
non farsi sentire.
«Faccio
parte di una band, quindi cantare è una delle poche cose che
so fare» continua
ignorando completamente il moro «Anche se di solito mi limito
suonare la
chitarra».
«Ah,
sì?» continua Drake interessato «E chi
è il vostro vocalist? Fate tutti parte
dello stesso gruppo? Quindi forse la rossa piena di grinta che
è passata
prima?»
«Decisamente
no, sceriffo; oh, questo pezzo! Pour
my life into a paper cup,
the ashtray's full and I'm spillin' my guts. She wants to know am I
still a
slut-»
«Certo
che lo sei Kiddo» gli urla Bonney dal fondo del Pullman
«E se per caso
decidiamo di fare tappa in Messico sia mai che riusciamo a venderti a
qualche
frocio del Cartello!»
Il
ragazzo solleva elegantemente il dito medio, sventolandolo senza
problemi sotto
lo sguardo divertito dello sceriffo e quello annoiato di Trafalgar.
«Ecco,
quella, la psicopatica con i capelli rosa. È lei la nostra
vocalist» borbotta
quindi rimettendosi a sedere.
«Ma
non mi dire» mormora Trafalgar con un mezzo sorrisino
«In effetti ha una gran
bella voce. Soprattutto quando urla».
«Oh,
non lo immagini nemmeno, sfigato».
«E
cosa suonate?» domanda Drake, cercando di cambiare argomento.
«Quello
che capita, siamo un gruppo rock/metal/grunge che reinterpreta
classici, ma ci
divertiamo anche con il folk nord europeo e irlandese» celia
il rosso tutto
tronfio.
«Come
no» commenta Trafalgar sarcastico «Poi fate il
caffè, vi esibite in spettacoli
di country e ballate la polka».
«Ma
stai zitto, coglione».
«Ma
fammi tu il favore! Come diamine fate ad essere un gruppo sia metal che
rock
che grunge?! Per l’amor del cielo, o siete una cosa o siete
l’altra!»
Eustass
storce il naso sporgendosi tra i sedili e fissandolo con aria truce.
«Capisco
che fossi troppo impegnato a studiare medicina per interessarti di
musica,
cazzone» esordisce «Ma ti informo
dell’esistenza di una cosa chiamata
sottogenere».
«Ma
non mi dire» ironizza Law sollevando gli occhi al cielo
«Ed è per questo che
fate, cos’era? Folk nord europeo?»
«No,
faccia di cazzo, lo facciamo perché sono
irlandese».
«Ed
è ora di scendere» li interrompe lo sceriffo
appoggiando una mano sulla testa
di Trafalgar «Forza bambini, senza litigare».
«Vaffanculo
pure tu, Drake!» si lamenta Law, scostandogli il braccio con
un movimento brusco
e scendendo piccato dal pullman.
«Come
sarebbe a dire che hai intenzione di prendere il mulo?»
domanda Nami sgranando
gli occhi.
«Beh,
ciccia, non è tutta sta cosa da capire. Mi tira il culo a
fare tredici
chilometri a piedi, quindi vado a cavallo» risponde Bonney
legandosi i capelli
rosa in cima alla nuca in una fluente coda.
«Costa
settanta dollari, settanta!»
«Su,
scialla. Sono soldi di mio padre, e ho tutta intenzione di spenderne
quanti più
possibile. E poi così ci lasciano usare un mulo per portare
i bagagli».
«Dai
Nami, se ci tiene» Zoro la prende per il polso, calandosi in
testa un capello a
visiera che per i gusti della rossa fa davvero troppo Backstreet boys
agli
albori.
«Ci
vediamo su» si intromette Killer accarezzando il capo
dell’amica «Mi raccomando
non fare niente che possa attirare l’attenzione».
«Soprattutto
niente di illegale» sibila Nami sistemandosi le scarpe da
trekking.
Bonney
agita la mano, senza rispondere, mentre il gruppo di cavalli si
allontana dalla
strada inerpicandosi sul sentiero che conduce a Supai.
«Sceriffo
quanto tempo ci vorrà, più o meno, per
raggiungere la cima?» chiede
educatamente una giovane bionda, che, a quanto Bonney è
riuscita a capire, si
chiama Rebecca. Il suo ragazzo, che dalla sera precedente continua a
lanciare
loro occhiate torve, annuisce con convinzione, come ad evidenziare
l’importanza
di quella domanda.
«Se
seguite la guida, facendo il giro turistico, circa tre ore, signorina
Dold»
risponde l’uomo con un sorriso «Se seguite me,
circa un’ora e mezza».
«Bartolomeo,
possiamo fare… Ecco, vorrei fare il tour con la
guida» mormora la ragazza
sorridendo e strappando un sorriso anche al suo accompagnatore.
«Come
preferisci tu, per me è identico, sai?!»
Bonney
solleva le spalle, smettendo di prestare loro attenzione, quindi sprona
il
cavallo e va ad accostarsi allo sceriffo.
«Oh
capitano, mio capitano» esclama con un sorriso «Io
vengo con te, fino alla
fine! Beh, della strada almeno».
Drake
la osserva sollevando un sopracciglio, quindi scoppia a ridere; si
toglie il
capello di dosso e lo appoggia in testa alla ragazza.
«Sei
davvero un capitano?» continua lei, senza lasciargli il tempo
di parlare e sfiorando
con le lunghe dita sottili le spillette che troneggiano sulla sua
divisa.
«E
tu hai davvero i capelli rosa?» domanda di rimando lui
prendendole la mano con
la propria e riportandola gentilmente verso le redini del cavallo.
Bonney
scoppia a ridere, mentre con la sinistra scende a massaggiarsi un punto
sopra l’inguine,
la dove la pelvi incontra l’anca.
«Se
vuoi puoi controllare» gli sussurra piegandosi verso di lui,
con un ghigno
malizioso dipinto in viso.
L’uomo
scuote il capo e aumenta l’andatura del cavallo, mettendo
distanza tra loro e
il gruppo guidato; Bonney lo segue sorridendo, sentendo che la giornata
ha
preso una piega inaspettatamente insolita.
«Brucia
ancora?» le domanda senza girarsi.
«Pizzica
e basta, e il tuo?»
«Ero
troppo impegnato a cercare di ricordarmi il tuo nome per farci
caso» ammette
Darke passandosi una mano tra i capelli aranciati.
«Mi
chiamo Bonney» esclama lei sorridendo «Ma puoi
chiamarmi Bambina dagli occhi blu,
se preferisci».
Drake
scoppia a ridere, ignorando la sua espressione civettuola:
«Francis Drake, e non
ti accompagnerò a rapinare banche».
«Peccato,
perché: there I was completely wasting, out of work and
down, all inside it's
so frustrating as I drift from town to town».
Drake
fa schioccare la lingua sul palate, gettandole un’occhiata di
sbieco; la voce
di Bonney invade il canyon e per qualche istante si sente solo
l’eco delle sue
parole e degli zoccoli dei cavalli sui ciottoli.
«Feel as
though nobody cares if I live or die, so I might as well begin to put
some
action in my life».
«Non
stai seriamente cantando Breaking the law
a uno sceriffo, vero?» domanda voltando il viso verso di lei,
sollevando un
sopracciglio e accogliendo l’aria di sfida della giovane
«Immagino dovessi
aspettarmelo, dopo tutto tuo padre ti ha sempre definita una
“piantagrane”».
Bonney
sente le parole successive della canzone morirle in gola, ferma il
cavallo e
rimane a guardare Drake con occhi contratti, il sorriso trasformato in
una
smorfia e il labbro inferiore leggermente tremante. Lo sceriffo si
volta verso
di lei, con lo scopo di chiederle se abbia intenzione di fermarsi
lì tutto il
giorno, rimanendo però interdetto nel notare come lo sguardo
negli occhi della
ragazza sia completamente diverso, carico di una freddezza di cui non
l’avrebbe
mai creduta capace. Quando riprende a parlare, avvicinandoglisi
nuovamente, il
tono è privo di qualsiasi nota allegra e il suo lessico
scevro di quei termini
gergali che Nami tanto detesta.
«Così
sei davvero un capitano, ma non mi dire» mormora piano.
«A
dire la verità sarei retro ammiraglio. O meglio ero retro
ammiraglio, flotta
del pacifico, forze sottomarine, ma non che abbia molta importanza
adesso».
«Affascinante»
commenta Bonney, ma il suo tono riflette tutto tranne che interesse.
«Questo
dovrei dirlo io» continua l’uomo «Non mi
sarei mai aspettato di trovare la
figlia di Sakazuki Akainu in questo posto dimenticato da Dio».
«Ti
stupisce quello, o il fatto che io sia tutto fuorché la
quadrata figlia dell’Ammiraglio
della flotta degli Stati Uniti?»
Drake
scoppia a ridere, avvicinando il viso a quello della ragazza.
«Tuo
padre è un –»
«Un
figlio di puttana che non ha idea di cosa siano l’onore e
l’integrità?» sibila
lei.
«Stavo
per dire un ostinato bastardo senza scrupoli, ma la tua definizione va
benissimo».
Bonney
sorride appena, calandosi il cappello sul viso e aumentando
l’andatura per
rimanere al suo fianco.
«E
com’è che ora sei qui a fare lo sceriffo? Non che
a Peach Springs ci sia molto…»
«Puoi
dirlo, non mi offendo. So che questa cittadina è un
postaccio dimenticato da tutti,
ma che vuoi farci. È la vita. Diciamo solo che io e le alte
sfere abbiamo avuto
una divergenza di opinioni».
«Mi
piace questa visione: divergenza di opinioni. Sembra il riassunto della
relazione
con mio padre».
«Questo
spiega i capelli rosa e beh… Tutto il resto»
esordisce scrutando il suo
abbigliamento dai toni sgargianti.
Bonney
sorride appena: «Oh, no. Questi vestiti mi piacciono davvero,
cioè all’inizio
mi sono resa conto che più colori indossavo, più
ero scoperta e più gli dava
fastidio. Ma alla fine ci ho preso gusto, dovresti vedere il mio
armadio».
«Tra
una decina d’anni magari, eh» ride Drake, fermando
un attimo il cavallo e
smontando.
«Per
quanto riguarda i capelli invece» Bonney lo imita e, dopo
essere scesa, si
avvicina all’uomo intento ad aprire la sacca di uno dei pony
della comitiva per
prendere una bottiglia d’acqua «Beh, li tingo da
quando avevo dodici anni ed è
colpa tua».
Francis
si gira lanciandole un’occhiata sorpresa, sorpresa che si
trasforma in allarme
nel vedere che la ragazza sta slacciandosi il bottone dei
già fin troppo corti
shorts, risvoltandone la cima.
«Cosa
diavolo!»
«Guarda»
risponde perentoria, mostrandogli un lembo di pelle proprio sopra il
filo degli
slip, là dove spicca, in nero, il suo Basher.
E tu hai
davvero i
capelli rosa?
Sorride,
avvicinandosi, mentre la ragazza si ricompone.
«Ora
che ci penso, non mi hai risposto».
«No»
risponde Bonney afferrando la sua cravatta e, tiratolo verso il basso,
quasi
irritata dal fatto che lui sia così tanto più
alto di lei, gli sussurra all’orecchio
«Ma ti ho invitato a controllare».
Quindi
si stacca, rimontando sul cavallo e dandogli la schiena.
«Dubito
sopravvivrò abbastanza a lungo per scoprirlo»
borbotta Drake tra sé, salendo
nuovamente in sella e riprendendo la marcia.
«Oh,
andiamo, sceriffo» lo prende in giro «Non mi dire
che ti ho lasciato senza
parole».
«Ne
hai di strada da fare prima di riuscirci, bambina».
«Dagli
occhi blu?»
«Oddio.
Che ho fatto di male?» geme aumentando l’andatura.
«Non
lo so, ma so io come farti tornare il buon umore. Aspetta»
armeggia qualche
secondo con la sacca sul fianco dell’animale e ne estrae un
busta.
«Bonney,
no».
È
la prima volta che la chiama per nome e la ragazza reprime un leggero
brivido,
senza però riuscire a evitarsi di sorridere. È
una sensazione strana, come se
avesse appena ufficializzato il legame che li unisce, seppur solo
virtualmente;
è così che ci si sente quindi, pensa la ragazza
fissandolo negli occhi e
reprimendo una risatina.
«Drake?»
lo chiama a mezza voce.
«Cosa?»
«Posso
farmi una canna?»
«Per
l’amor del cielo! No! Ma cosa ti salta in mente di
chiedermelo!»
«Guarda
che possiamo dividerla, mica me la fumo tutta da sola».
L’uomo
ruota il cavallo nella sua direzione, avvicinandosi con aria
minacciosa; piega
il viso verso di lei, dandole modo di osservare i suoi lineamenti
marcati e la
cicatrice a forma di X sul mento.
«Sono
lo sceriffo» sibila piano scandendo ogni parola «Ed
è illegale».
«Anche
quando nessuno ti vede?» domanda fingendo innocenza.
«Dio.
Sei… Sei… Sei così irritante che,
gh!»
«Lo
prendo come un sì» continua imperterrita,
spronando il cavallo e superandolo.
«Giuro
che se non la passi ti arresto direttamente» borbotta
raggiungendola.
«Oh,
siamo già alle manette?»
«Ricordatemi
perché non siamo saliti tutti sui fottuti pony del
cazzo» ripete Kidd
nascondendo lo sguardo dietro gli spessi occhiali da sole e
rovesciandosi parte
della bottiglietta d’acqua in testa.
«Costava
troppo» borbotta Nami, troppo accaldata e stanca per
ricordargli di moderare il
linguaggio.
Zoro
solleva a malapena il capo dalla pietra contro cui è
appoggiato, osservando
quel branco di debosciati dei suoi amici intendi a riposarsi.
«Ok»
interviene Cavendish «Posso capirlo, ma perché
questo qui è con noi?»
L’indice
affusolato della mano destra va a posarsi a pochi centimetri dal petto
di Law,
che, perfettamente a suo agio anche sotto il sole cocente, si limita a
osservarlo con aria schifata.
«Preferivi
perderti?» gli domanda.
«Non
dubito delle tue buone intenzioni» borbotta Nami
«Ma ci sono i cartelli».
Accenna
a un grosso segnale arrugginito appoggiato a un sasso che reca la
dicitura “Supai,
siete a meta strada!”.
Roronoa
grugnisce, rimettendosi in piedi e guardandoli tutti con lo stesso
sguardo che
si rivolgerebbe a una manica di scansafatiche colti a cazzeggiare in
piena
giornata di lavoro.
«Sono
tredici chilometri, gente. Tredici. Non posso credere che siamo ancora
qui. Se
fossi stato da solo li avrei fatti in due ore!»
«Se
fossi stato da solo» gli fa presente Kidd «Ti
saresti perso nel fottuto
deserto»
«E
ora saremmo tutti a cercarti come dei deficienti» aggiunge
Cavendish legandosi
i capelli in una specie di nido in cima alla testa.
«Però
sarebbe saggio riprendere a camminare» interviene Killer,
l’unico la cui folta
chioma ricade ancora sulle spalle, incurante della temperatura che
sembra solo
aumentare «Non vorremo essere ancora qui quando
sarà ora di pranzo,
rischieremmo di prenderci un’insolazione e, detto tra noi,
Kidd non regge bene
il caldo».
«Grazie,
eh. Bell’amico di merda» borbotta il rosso,
saltando in piedi e tirando un
calcio a un sasso.
«Devi
ammettere» interviene Nami rimettendosi in marcia
«Che con una carnagione
pallida come la tua ustionarsi è un attimo».
«Hai
messo la crema solare?» domanda Trafalgar in tono neutro e
sono le prime parole
che gli rivolge direttamente da che sono partiti.
«Cinquanta
più» risponde Killer al suo posto «Ma
riesce a scottarsi lo stesso».
«La
volete piantare, cazzo! Non ho dodici anni e tu vuoi legarti quei
fottuti
capelli? Mi fai caldo solo a vederti».
«Veramente!»
alita Cavendish «E poi non ti si appiccicano tutti sul
collo?»
Killer
abbassa lo sguardo e aumenta il passo, strappando a Eustass uno sbuffo
di
irritazione; si avvicina in poche falcate all’amico e gli
sibila con un tono
sufficientemente basso perché solo lui possa udirlo:
«Nessuno ti giudicherà per
qualcosa che non è nemmeno dipeso da te, quindi legati
quegli stracazzo di
capelli che abbiamo ancora cinque miglia da percorrere e non voglio
portarti a
spalla perché svieni per il caldo».
Quindi
lo supera e raggiunge Zoro in testa al gruppo, sincerandosi che la
direzione
sia quella corretta e che l’amico non stia guidandoli verso
un crepaccio, un
burrone o morte certa.
«Avete
un altro elastico?» domanda invece Killer cercando di non far
trapelare ansia
dal tono della domanda.
«Quanti
ne vuoi, aspetta. Siediti su quel sasso».
Nami
gli scompiglia i capelli, passando le dita tra le ciocche bionde,
quindi li
tira all’indietro, pettinandoli alla bell’e meglio
e annodandoli, con un
elastico scuro, in una coda in cima al capo.
«Che
ne dici?»
Sta
per risponderle, quando si accorge che la rossa non sta parlando con
lui, ma
con Cavendish che lo fissa con occhio attento.
«Ancora
troppi, fai un altro mezzo giro di elastico e lasciali
penzolare».
«Ringrazio
solo che sono abituata a sentirti parlare o non avrei capito
niente».
Si
allontana per ammirare il suo operato e Killer nota, non senza
sollievo, che
nessuno dei due pare soffermarsi sulle cicatrici che gli attraversano
il viso:
profondi solchi più chiari che gli incidono la fronte, le
tempie e parte della
palpebra destra.
«Trafalgar,
vieni qui» chiama la rossa, per poi chinarsi al suo orecchio
e iniziare a
bisbigliare frasi sconnesse, indicando a gesti prima Killer e quindi
Cavendish.
Entrambi
spostano ripetutamente lo sguardo da uno all’altro per poi
fissarlo
definitivamente sul ragazzo ancora seduto.
«Con
quei capelli e quegli occhi così
azzurri…» borbotta Law aggrottando la fronte.
«Potreste
benissimo essere fratelli» conclude Nami, per poi girarsi
verso Cavendish con
aria teatrale «Peccato che tu però abbia barattato
il tuo senso estetico per
una fornitura a vita di crema idratante».
«Oh,
ma piantala! È solo che non capisci il mio stile, fino ad
ora nessuno si è mai
lamentato»
«Avete
finito di fare salotto? Fa un caldo fottuto, ho fame e sto sudando come
una
cazzo di nutria. Vi muovete?»
Quando
raggiungono, finalmente, Supai sono oramai le due del pomeriggio e ad
aspettarli c’è una Bonney fresca come una rosa,
con un panino in una mano e una
birra nell’altra.
«Oh,
stavo per iniziare a preoccuparmi!» borbotta
«C’avete messo strasuper tanto!»
Il
suo tono di voce è così allegro da essere quasi
irritante e nel vederla
sorridere a quel modo Kidd trattiene l’impulso di mandarla a
cagare, perché lui
si sente sporco, appiccicoso e a dirla tutta vorrebbe solo lasciarsi
cadere a
terra e dormire, ma ovunque lì intorno ci sono solo arida
terra rossastra e
fottute merde di cavallo.
«Francis
sta parlando con un suo collega, un tizio che sta qua tipo sempre a
scassarsi
le palle, ma m’ha lasciato il numero e m’ha detto
che se c’ha cazzi ci raggiunge».
«Ci
diavolo è Francis?» chiede Zoro perplesso.
«Ah,
Killer, ma stai una favola, ciccio! Era una vita che non ti vedevo
senza ciuffi
davanti alla faccia» continua la ragazza ignorando bellamente
Roronoa.
«Drake»
borbotta Trafalgar al suo posto, bevendo a canna da una bottiglietta di
plastica «Lo sceriffo».
Eustass,
senza farci troppo caso, gliela ruba di mano e ne beve un paio di
sorsate prima
di ridargliela e fissare Bonney con aria scettica.
«Hai
corrotto lo sceriffo?»
«Più
che altro, perché ci hai anche solo parlato?»
esclama Nami esasperata «Oddio,
dimmi che non hai fatto niente di illegale».
Jewelry
sembra pensarci un attimo, quindi sorride e risponde: «Non ho
fatto niente che
a lui non andasse di fare… Più o meno».
«Fantastico.
Siamo fottuti».
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Capitolo 3 *** The future is a little bit fright'ning ***
Autrice:
Alexiel Mihawk |
alexiel_hamona
Titolo:
Walk like an Egyptian
Capitolo:
The future is a little bit fright'ning
Fandom:
One Piece
Personaggi:
Nami, Zoro
Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Trafalgar Law,
X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace, Sabo,
Sanji
Pairing:
Zoro/Nami, Franky/Robin,
Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca,
implied!Rufy/Nami
Rating:
sfw
Genere:
slice of life, sentimentale,
generale
Avvertimenti: soulmate!AU,
tattoo!AU,
roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 7638
Note: eccoci, ci
siamo. Ho ritardato
troppo con questo capitolo, ma ora prometto che i seguenti arriveranno
a ritmi
piuttosto rigidi perché voglio chiudere la storia prima di
giugno e alla fine
credo che in tutto i capitoli saranno cinque.
In
questo terzo vediamo la storia che
va avanti e ovviamente, essendo che il tutto si dipana in tre giorni
soltanto,
le cose accadono parecchio in fretta. Non voglio però
annoiarvi eccessivamente
con le mie solite chilometriche note, quindi farò un elenco
veloce dei punti
salienti.
- Non
andate a Supai senza
prenotare, qui non ne ho parlato, ma Bonney ha prenotato alle spalle di
tutti;
per chi non prenota c’è una sovrattassa. In ogni
caso più mi informo su questo
posto, più sembra un postaccio.
- Ace e
Bonney si conoscono,
spiegherò nel prossimo capitolo come, ma non aspettatevi
grandi rivelazioni, è
una stronzata.
-
Le canzoni di questo capitolo sono solo tre: Every breath you take
– the Police;
Behind blue eyes – the Who; Kung fu Fighting – Kung
fu Panda.
- non
l’ho detto nelle note al capitolo
precedente quindi lo dico qui, X Drake qui si chiama Francis
perché non potevo
non dargli un nome e di conseguenza mi sono ispirata al nome del pirata
omonimo
(a cui per altro si è ispirato pure Oda).
-
Kendra Willer (e Matt),
personaggio che viene nominato in relazione a Sanji, è un
personaggio inventato
e creato da Axia, nelle sue fic RuNami (Verso il Re, The Eight Kings e
Le
Cronache del Re) oramai da tempo non più in rete; siccome
trovo che la sua
storia sia uno dei masterpiece delle fic di one piece, non ho potuto
esimermi –
col suo consenso – dal far fare questo cameo a Kendra. A voi
che sapete di che
parlo, so che anche voi non riuscite a vedere Sanji con
nessun’altra.
-
“superoca” è invece una reference
del “Superoca” / “Megafessa”
con cui si chiamano sempre Cloe e Beatrix nella
Saga di Kysa (questa la trovate su EFP, fandom Harry Potter).
Walk
like an Egyptian
3.
The future is a little bit fright'ning
Il
ragazzo si getta nel bacino
d’acqua con un grido, sollevando onde azzurre che vanno
allargandosi fino a
toccare la riva e schizzare i passanti; Rebecca sorride, mentre le
lunghe gambe
sottili godono del refrigerio delle cascate Havasu. Osserva con occhio
divertito Bartolomeo mentre cerca di proteggerla dagli schiamazzi
molesti di
quella comitiva, fin troppo allegra, che dalla sera precedente sembra
seguirli
ovunque vadano. Sono così spensierati, apparentemente felici
e privi di ogni
preoccupazione che non riesce a fare a meno di provare una strana fitta
ogni
volta che li guarda; le ci è voluto un po’ per
capire che quel sentimento che
le stringe lo stomaco è invidia. Sospira piano, attirando
involontariamente
l’attenzione di Bartolomeo che si piega su di lei con aria
preoccupata e le
appoggia una mano sul capo.
«Stai
bene? Hai bisogno di
qualcosa?»
Gli
sorride con dolcezza; vorrebbe
fargli capire che tutte quelle attenzioni non sono davvero necessarie e
che sta
bene anche così, ma il ragazzo è già
balzato fuori dall’acqua e si è
allontanato dicendo: «È meglio se non stai troppo
al sole, vado al villaggio a
prenderti qualcosa da bere».
«Non
lascia molto spazio per sé
stessi una relazione con uno così, non trovi?»
domanda con tono pacato una voce
alle sue spalle, non appena Bartolomeo sparisce in lontananza.
La
ragazza dai capelli rossi, che
sembra fare da guida alla comitiva, la osserva con aria neutra, immersa
fino
alla vita nell’acqua azzurra del lago.
Rebecca
sorride debolmente, mentre
la giovane si lascia scivolare al suo fianco.
«Non
è come credi» si schernisce
debolmente, senza però sentirsi infastidita dal commento
«Cerca solo di
dimostrami la sua presenza, anche se non si rende conto a volte di
essere un
po' opprimente».
Nami
sbuffa, storcendo il naso,
nella piena consapevolezza che quel genere di relazioni così
morbose non fanno
proprio al caso suo.
«Non
volevo suonare come se ti
stessi giudicando, comunque io sono Nami».
«Rebecca,
e no, davvero, non
preoccuparti, è una cosa che mi hanno fatto notare spesso,
ma se fosse tutto
così semplice non sarei ancora qui».
«Every
breath you take and every move you
make, every bond you break, every step you take, I'll be watching you»
canticchia
qualcuno alle loro spalle «Ciccia, hai fatto scappare il
tizio strano super
protettivo?»
«E
la spostata che parla per pezzi
di canzoni è Bonney. Non hai un minimo di pudore? Statti
zitta ogni tanto».
Jewelry
alza le spalle, salta
nell’acqua a fianco a loro e schizza l'amica.
«Sei
tu quella che ha cominciato a
farsi i cazzi altrui, sorella, mica io; predica come razzoli, o poi ci
sta
tutto che Kiddo ti dia della gallina!»
Rebecca
scoppia a ridere; un
rapporto simile con qualcuno lei non l'ha mai avuto. La famiglia di sua
madre
era troppo in vista e troppo importante perché le ragazze
della sua età si
sentissero legittimate ad avvicinarsi con naturalezza. Quelle poche che
si
erano approcciate a lei lo avevano fatto semplicemente per
comodità e
convenienza, perché essere amiche della famiglia Dold non
poteva che portare
privilegi e vantaggi. Certo qualcosa era cambiato quando aveva
incontrato
Bartolomeo, ma la verità rimaneva che Rebecca non aveva
amiche e che un
rapporto simile a quello di Nami e Bonney era qualcosa che invidiava e
allo
stesso tempo desiderava con tutta sé stessa.
«A
proposito, devo dirti una cosa da
sturbo» prosegue Jewelry facendo una bolla con la gomma da
masticare.
«Hai
deciso di riprendere a parlare
come tutta la gente normale?»
«Divertente,
ciccia, ma no è
qualcosa che ti sparaflasherà il cervello».
Rebecca
si sistema leggermente,
aggiustando la posizione in cui è seduta e mostrando segno
di un lieve disagio.
«Uhm,
ecco, se volete me ne vado».
«No,
no, scialla, rimani pure. Siete
pronte? Ecco: io e lo sceriffo siamo Bonnie e Clyde, gli ho cantato Breaking the Law venendo in
qua».
Nami si
passa le mani sulla faccia
con fare disperato e l’aria di chi oramai ha perso ogni
speranza.
«Dimmi
che non l'hai molestato, io
la cauzione non te la pago e uno di questi giorni tuo padre ti
lascerà dentro a
marcire, ne sei consapevole, sì?»
«E
non credo che lo sceriffo sia
tipo da rapinare banche» mormora debolmente Rebecca, ancora
incerta se sia
legittimo o meno per lei inserirsi nella conversazione.
«No,
ciccie, non avete capito, vi
sto dicendo che è la mia anima gemella. Tipo che mi ha
parlato e BOOM, il
tatuaggio ha preso a scottare, tipo peggio di quella volta che per
sbaglio mi
sono data fuoco alle sopracciglia».
Nami
quasi si soffoca con la saliva
e spalanca lo sguardo. Oramai aveva iniziato a pensare che la
metà della mela
di Bonney fosse un essere mitologico a metà tra un essere
umano e un alieno,
dopotutto l'amica non aveva una personalità facile da
gestire e non si faceva alcun
problema a infrangere la legge e a cacciarsi nelle situazioni peggiori.
«Stai
scherzando? E sì che sembrava
così normale!»
«Beh,
è un bell'uomo,
congratulazioni» le sorride Rebecca.
«Oh,
sì, Jewl, congratulazioni. Ora
anche tu e Kidd potrete sperimentare l'ebrezza di un legame imposto da
qualcun
altro, non sei felice?» ironizza Nami storcendo il naso.
«Io
sì, e tu potresti almeno fare
finta di esserlo per me» replica l'amica, che a questo giro
ne ha basta degli
sbalzi d'umore della rossa ogni volta che si parla di anime gemelle.
Nami la
osserva allontanarsi con la
consapevolezza di avere esagerato, stringe le dita sottili a formare un
pugno e
impreca sommessamente; se fosse semplice per lei parlare del problema
l'avrebbe
già fatto, perché Bonney è la sua
migliore amica e meriterebbe di sapere la
verità.
«Sai»
la voce di Rebecca le arriva
da lontano e si ricorda improvvisamente della sua presenza
«Non per tutti è un
male, anche se spesso è molto meno semplice di quanto si
pensi».
«Per
voi due, però, sembra molto
semplice» borbotta con un sorriso mesto.
«Oh,
beh, le apparenze ingannano, sai?
Ho trovato Bartolomeo grazie a un'agenzia investigativa che si dedica
alla
ricerca del vero amore “Trova il tuo
per
sempre felice e contento” diceva il loro flyer. Ho
compilato dei moduli, un
questionario, fatto foto al mio tatuaggio e stillato una lista di gusti
personali sia a livello fisico che caratteriale e loro mi hanno
presentato
Bartolomeo. E sai la cosa incredibile? Era quello giusto. Quando mi ha
rivolto
la parola balbettando, più imbarazzato di me, il mio
tatuaggio ha iniziato a
scottare».
«Affascinante»
Nami schiocca la
lingua sul palato, per poi voltarsi spalancando lo sguardo
nell’udire le parole
successive.
«Ma
non il suo. È rimasto lì a
guardarmi mentre i miei occhi si illuminavano prima di gioia e poi si
riempivano di lacrime. Mi ha abbracciata sussurrandomi parole di
conforto, così
diverse dalle parole d’amore che mi ero preparata a
sentire».
«Mi
dispiace» borbotta la rossa
imbarazzata «Non sapevo fosse possibile».
«Nemmeno
io. Ma ora lo so e, fidati,
avrei preferito non scoprirlo. In ogni caso, ecco, magari per te non
è
importante, magari per te tutta questa cosa è un peso, come
a volte temo lo sia
per lui, ma ci sono persone che lo aspettano per tutta la vita. Ci sono
persone
che vivono nell’attesa del momento in cui scopriranno chi
è la loro anima
gemella, ci sono persone che pagherebbero oro per avere quello che hai
tu».
«Tch,
bella roba…»
«Per
lei, evidentemente, lo è. Forse
dovresti parlarle, sai e cercare di capire».
«Devo
rifarmi le sopracciglia»
borbotta Cavendish specchiandosi nella vetrina polverosa
dell’unico emporio di
Supai.
Nessuno
gli presta molta attenzione,
in quel villaggio dimenticato da Dio e dalle piogge oramai sono
abituati ai
turisti, soprattutto a quelli eccentrici come lui e la sua comitiva. Si
passa
una mano tra i capelli biondi, più preoccupato che possano
seccarsi per via del
clima ostile di quella zona che per altro; non appena arriveranno a Las
Vegas
si infilerà nel primo parrucchiere che incontra. Gli han
detto che il nuovo
salone di bellezza del Bellagio è impareggiabile, ma non
è sicuro di voler
tradire così il Jerry Lambert. Chissà, magari se
Nami si prende bene nei casinò
farà in tempo a passare da entrambi.
È
così perso nei suoi pensieri, e
nella sua immagine riflessa e offuscata dalla polvere rossiccia che si
solleva
a ogni folata di vento, che non si accorge del giovane che di tutta
fretta esce
correndo dall’emporio, andando brutalmente a sbattergli
addosso e facendolo
cadere a terra.
Batte
il sedere sul selciato,
macchiandosi i pantaloni e masticando un’imprecazione tra i
denti, quindi solleva
lo sguardo per posare gli occhi sul ragazzo più antiestetico
e disarmonico che
abbia mai visto. I capelli, tinti di un verde sgradevole prossimo a
scolorirsi,
fanno a botte con la camicia bordeaux aperta sul petto a rivelare un
tatuaggio
grosso e apparentemente informe; come se non bastasse il pessimo gusto
nel
vestire, il viso già sgraziato è del tutto privo
di sopracciglia e decorato con
un mostruoso septum dorato al naso.
Lo
sente a malapena borbottare
qualcosa, ma non coglie il significato delle parole, preso
com’è a scrutarlo
con occhio indagatore. A rivelargli ciò che gli è
stato appena detto è una
fastidiosa sensazione di bruciore sul lato sinistro del costato e,
anche se non
ha sentito niente, nella testa di Cavendish rimbombano ripetutamente le
stesse
parole “Ti sei fatto male, biondino?”.
Si
rimette in piedi, allontanando la
mano che gli viene porta, ignorando la presentazione
dell’altro, che
apparentemente si chiama Bartolomeo – incidentalmente un nome
di merda. Gli
lancia uno sguardo freddo e sillaba, scandendo con cattiveria ogni
parola: «Se
avessi saputo cosa mi aspettava mi sarei suicidato da
piccolo».
Bartolomeo
si zittisce e
impercettibilmente la bocca si piega in una smorfia; non è
il fatto che di
fronte a lui ci sia un uomo a turbarlo, né sono quelle
parole pronunciate con
così tanta cattiveria (ha sempre portato su di sé
il peso di quella frase e si
è oramai abituato al disprezzo che cela), solo non avrebbe
mai creduto che udire
una cosa simile dalla persona che dovrebbe essere la tua anima gemella
fosse
così spiacevole.
«Cosa
c’è, un gatto ti ha mangiato
la lingua? Ti puoi spostare? Sei così brutto che guardarti
mi disturba».
Bartolomeo
stringe i pugni e si
trattiene dal tirare la lattina di tè freddo in faccia allo
sconosciuto, quindi
sorprendendo anche sé stesso scoppia a ridere.
«Hai
ragione, faccio spesso paura
alla gente per il mio aspetto! Ma che vuoi farci, io sarò
anche brutto, ma almeno
riesco a guardarmi allo specchio senza sentirmi una merda, tu puoi dire
lo
stesso?» borbotta allontanandosi a grandi passi, senza dargli
il tempo di
rispondere.
Cavendish
rimane interdetto e rimane
a osservare quella schiena e quei capelli verdastri mentre si
allontanano in
direzione delle cascate; bestemmia malamente e apre la porta
dell’emporio con
uno scatto violento, mandandola a sbattere contro il muro e facendo
tremare
pericolosamente i cardini.
«Figlio
di puttana» mormora tra sé e
sé girando tra gli scaffali e infilando tutto ciò
di cui pensa possano avere
bisogno quella sera in un logoro cesto per la spesa «Chi si
crede di essere?!»
Allunga
la mano con astio verso gli
alcolici senza nemmeno fare troppo caso a quello che infila nel
carrello.
No
one knows what it's like, to feel these feelings,
like I do. And I blame you.
«Io
guardarmi allo specchio. Io una
merda. Dico io! Si è mai visto lui? Senza nemmeno le
sopracciglia, da dove è
scappato? American Horror Story Freak Show?»
Si
avvicina alla cassa con la cesta
piena, sotto lo sguardo vagamente turbato del commesso, che inizia a
passare
gli articoli canticchiando sommessamente la canzone che da qualche
minuto sta
passando alla radio.
«When my
fist clenches, crack it open, before
I use it and lose my cool. When I smile, tell me some bad news, before
I laugh
and act like a fool».
«Tch.
Se ha finito di fare il
solista – e per inciso sta cannando tutte le note –
mi dice il totale?»
borbotta il ragazzo sempre più irritato.
«Woha.
Ha ragione il tuo amico,
fratello. Sei davvero uno stronzo. Sono 58 dollari e 30
centesimi».
Cavendish
gli passa il denaro,
quindi, dopo avere raccattato la busta della spesa, si allontana
sventolando un
dito medio, masticando insulti poco fini rivolti ai locali e alla sua
sfortuna
cronica.
«Avresti
potuto comprare una
sottomarca» si lamenta Nami irritata, rigirandosi tra le mani
la bottiglia di
Tancari.
«Nessuno
qui beve merda» esclama
Cavendish lasciando andare con aria ugualmente scocciata le buste della
spesa.
«Linguaggio!»
«Sai
dove te lo puoi infilare oggi
il tuo linguaggio del cazzo?» borbotta il biondo cercando di
accendersi con
frustrazione crescente una delle sigarette di quel pacchetto comune che
così
raramente viene toccato.
Nami
solleva un sopracciglio, si
volta verso di lui, appoggiandosi con la spalla a uno degli alberi
della radura,
e lo fissa con sguardo interrogativo.
«Va
tutto bene, Barbie?»
«No,
cazzo, non va bene una sega,
prima ce ne andiamo da questo posto di merda, meglio è per
tutti».
«Vuoi
parlarne?»
Cavendish
sospira, espirando una
nuvola di fumo grigio che si sposta leggera nella direzione della
ragazza per
poi dissolversi in aria.
«Dubito
che tu abbia voglia di
ascoltarmi, quando si parla di anime gemelle sembra di avere di fronte
un’estranea,
non un’amica».
Non sa
da dove gli esca tutta
quell’acidità ed è quasi tentato di
girarsi e andarsene, perché in quel momento
tutto quello di cui avrebbe bisogno è starsene solo per i
cazzi suoi, quando il
sorriso mesto sul volto di Nami lo congela sul posto.
Insensibile
testa di cazzo, pensa
tra sé cercando le parole per scusarsi.
«No,
ecco, io –»
«Non
ci posso credere» Nami si
avvicina a grandi falcate e lo afferra per il bavero della maglietta
«Prima Kidd,
poi Bonney, ora anche tu! Questo posto di merda è
maledetto!»
«Cosa?
Bonney? Aspetta, non tirare,
guarda che la maglietta è dell’Hard
Rock!»
La
ragazza lo trascina fino a una
sgangherata sedia da campeggio, le gambe traballanti e la stoffa stinta
in più
punti, lo costringe a sedervisi sopra, ignorando le lamentele sul fatto
che
sembri poco igienico, quindi si piega su di lui con fare minaccioso.
«Cosa
diavolo hai combinato?»
«Io?!
E pensare che mi stavo anche
sentendo in colp–»
«Dacci
un taglio e dimmi che hai
combinato. Subito!» esclama Nami perdendo del tutto la
pazienza.
«Ma
niente» esordisce Cavendish con
tono lamentoso «Ero lì che passeggiavo e sto
sfigato mi arriva addosso e il
tatuaggio inizia a bruciare. E la parte peggiore è che
bruttissimo, come gli
dicevo se l’avessi saputo mi sarei suicidato da
piccolo».
«Tu
cosa? Gli hai seriamente detto
così?!» storce il naso, celando a fatica la sua
disapprovazione «Di chi si
tratta?»
«Quel
ragazzo trucido, senza
sopracciglia, con un septum di merda e i capelli verdi. Quello che era
sul
pullman con noi».
«Bartolomeo?»
«Non
lo so come si chiama, Nami. Non
parlo ai cessi! Perché tu lo sai, piuttosto?»
«Perché
è il ragazzo di Rebecca,
pezzentone che non sei altro!»
«Chi?
Da quando parli con le
persone?!»
«Già,
Nami» la voce sarcastica di
Bonney la blocca prima che possa rispondere «Da quando parli
con le persone? Di
solito ti limiti a giudicarle e a sbuffare, fornendo suggerimenti non
richiesti
su come allontanare la felicità».
Cavendish
spalanca la bocca e la
richiude, ammutolito; in tanti anni che le conosce non ha mai visto
Nami e
Bonney litigare, mai, nemmeno una volta. Nemmeno in situazioni che lo
avrebbero
richiesto e ora, a vederle squadrarsi in quel modo, come due cani ai
lati
opposti di una gabbia, non sa che pesci pigliare.
«Fammi
il favore, Jewls. Saprò anche
comportarmi da stronza alle volte, ma giudicarti? Quando mai!»
«Allora
non ti sarà troppo difficile
guardarmi negli occhi e ascoltare me come hai ascoltato Cav, no? Ah,
aspetta,
giusto, c’è una differenza sostanziale. Io sono
felice, mentre lui ha
decisamente l’aria di uno che l’ha appena pigliato
in culo senza vaselina».
«Ehi»
protesta il ragazzo
debolmente, ancora indeciso se sia il caso o meno di intromettersi
nella
conversazione, ben consapevole che potrebbe uscirne in un sacco nero
per
cadaveri.
«Vuoi
che ti dica che una balla?
Vuoi che gioisca per qualcosa che sai disprezzo con tutta me
stessa?» la voce
di Nami trabocca di sarcasmo «Se tu sei felice, sono felice
anche io, Jewls, ma
non chiedermi di trovarla una bella cosa, perché non lo
è. Qualcuno ha appena
deciso per te che la tua anima gemella è un tizio
sconosciuto incontrato in
mezzo al deserto, non sai niente di lui, ma sei disposta a lasciare che
influenzi la tua vita? È qualcosa che è stato
scelto per te da qualcun altro!»
Bonney
scoppia una bolla fatta con
la gomma rosa che sta masticando, e si avvicina di un passo.
«E
allora? Mi vuoi spiegare che
problema hai? Cristo santo! È la normalità, la
gente aspetta tutta la vita per
incontrare la propria anima gemella, la società non fa che
promuoverne
l’incontro, i miei genitori si sono conosciuti
così, i tuoi anche, quelli di
Barbie pure. Minchia schifa, che problema di merda hai? Sono secoli che
la
gente si sposa e si innamora della propria anima gemella, è
la normalità, non
puoi essere felice perché finalmente i tuoi amici riescono a
inserirsi
normalmente nella società?»
«Parla
civilmente, per l’amor del
cielo!» ringhia Nami «Se la società fa
schifo, non significa che dobbiamo tutti
uniformarci ad essa. Oh, sì, promuove la ricerca
dell’anima gemella e il libero
arbitrio? Cosa ottiene chi si innamora di qualcuno che non
c’entra niente? Cosa
ottiene chi sceglie? Te lo dico io! Niente! Non puoi sposarti se il tuo
partner
non è la tua anima gemella, lo sapevi questo? Non esiste
nessuna forma di
tutela per le coppie non gemellate, la società non le
riconosce, ma a te non
interessa, perché nel momento in cui siamo tutti accoppiati
con il primo
sconosciuto che passa allora va bene vero? Anche se magari, dopo avere
aspettato qualcuno per tutta la vita, ti trovi davanti uno stronzo come
Barbie
che ti dice che sarebbe stato meglio suicidarsi piuttosto che
incontrarti, o
uno come Law che nemmeno ti guarda in faccia perché il tuo
sesso è sbagliato.
Oh sì, Bonney, raccontami ancora di quanto sia meraviglioso
trovare l’anima
gemella, l’unica che puoi sposare, l’unica che puoi
amare legalmente!»
Oramai
entrambe stanno urlando e le
vaghe proteste di Cavendish si perdono nel vuoto, mentre il giovane
cerca di
far notare come lui abbia tutti i diritti di respingere qualcuno che lo
disturba a livello estetico. Attirati dal trambusto iniziano ad
avvicinarsi i
primi curiosi, e se gli sconosciuti vengono scoraggiati dallo sguardo
di fuoco
della rossa, che sembra pronta ad ammazzare il primo ignaro passante a
morsi
per sfogare la sua rabbia, rimane invece attenta l’attenzione
di chi le conosce
bene.
«Cosa
diavolo…» Kidd compare alle
spalle di Cavendish, mentre dall’angolo opposto, da dietro le
tende, si
avvicinano Rebecca e Bartolomeo.
«Oh,
è arrivata la santa protettrice
delle coppie senza diritti. Non fare la finta innocente Nami, da quando
ti
interessano queste cose? Non passare per l’attivista dei
diritti sociali
adesso, non lo sei e non lo sei mai stata».
«Il
fatto che non scenda in piazza
non significa che non lo pensi!»
«Fammi
il favore, ok? Tu e Zoro
siete sempre assieme, sempre appiccicati! È tanto facile per
te parlare così,
tanto Ro’ ti è sempre stato vicino, no? Ti
è sempre stato accanto! Che ti fotte
dei problemi degli altri? Tanto la tua anima gemella l’hai
trovata, da anni. E
sai cosa mi fa rabbia? Che stai assieme a Zoro da una vita, ma ogni
singola
volta che si parla di soulmate scatti come una molla e ti metti a
masticare
insulti, ecco cosa mi sta in culo. Perché tu puoi essere
felice, ma non appena
ci provano gli altri allora giù di critiche!»
«Per
l’amor del cielo, ma ti senti
quando parli?»
«Mi
sento io? Sono anni che mi dai,
anzi, ci dai il tormento su sta cosa e ora tutto quello che vorrei
è sentirmi
dire dalla mia migliore amica che è felice per me, ma no, tu
non riesci a
esserlo. Finché eravate l’unica coppia andava
bene, ma nel momento in cui anche
gli altri trovano l’anima gemel–»
«ZORO
NON È LA MIA ANIMA GEMELLA! Va
bene? Sei contenta ora?».
Bonney
ammutolisce di colpo e tutto
il sangue le defluisce dal viso.
«Cosa?»
domanda a mezza voce,
all’unisono con Cavendish e Kidd.
«Zoro
non è la mia anima gemella»
ripete Nami, questa volta senza urlare; i suoi occhi rimangono
saldamente
piantati sul terreno e si rifiuta di guardare in faccia
l’amica.
«Non
me l’hai mai detto» mormora
Bonney, avvicinandosi. Tutta la rabbia di prima sembra sparita nel
nulla alla luce
di quella rivelazione, che finalmente va a spiegare molti dei
comportamenti di
Nami degli ultimi anni.
«E
come avrei potuto? Quando io e
Zoro vi abbiamo finalmente detto che stavamo assieme avete tutti dato
per
scontato che lo fossimo e non vi è nemmeno passato per la
testa che potessimo
semplicemente essere due tizi che si erano innamorati e così
è stato più facile
per me non dire niente».
Abbassa
lo sguardo e sospira, non
avrebbe mai voluto dirglielo così, i suoi migliori amici si
meritavano qualcosa
di meglio di una sfuriata nel mezzo del deserto. La mano gentile di
Kidd le
accarezza il capo, mentre Bonney si avvicina con gli occhi lucidi e
l’abbraccia
di slancio.
«Che
fai, Marshmallow, piangi
adesso?» domanda la rossa cercando di sdrammatizzare.
«Ti
piacerebbe, superoca» borbotta
l’amica, per poi girarsi verso Cavendish, ancora comodamente
seduto sulla sedia
da campeggio e guardarlo con aria disgustata «Sei il
peggiore, figa se sei il
peggiore».
«Ma
che ho fatto! Voglio dire, oltre
a trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato».
«Non
ti sei suicidato da piccolo?»
domanda con ironia Bartolomeo, ricordando a tutti la sua presenza
lì e
strappando un sorriso ai più. Rebecca alza gli occhi al
cielo, tra il divertito
e l’irritato e si avvicina a Nami; non sa nemmeno bene dove
riesca a trovare il
coraggio per parlarle, ma si rende perfettamente conto che sia inutile
fingere
di non aver sentito niente.
«Non
so se possa farti sentire
meglio, ma può funzionare. Ecco, per me e Bartolomeo
funziona, ha funzionato,
cioè sì, insomma sta funzionando. Scusami, non
è che volessi farmi i fatti
tuoi, ma ho stavate urlando e si sentiva tutto e –»
Nami
agita una mano, Bonney è ancora
ancorata alla sua vita e non pare volerla mollare, mentre Kidd si
accende senza
farsi problemi una delle sigarette della vergogna, come le chiama
Roronoa.
«Non
preoccuparti» esordisce la
rossa «Stavamo dando spettacolo. Tu, invece? Dico a te, belli
capelli. Stai
bene?»
Bartolomeo
si guarda attorno, non
proprio sicuro che sia a lui che la ragazza si stia riferendo.
«Perché
diavolo lo chiedi a lui? Io
ho subito un trauma!» esclama Cavendish oltraggiato saltando
in piedi.
«Tu
sei uno stronzo, Barbie»
borbotta Kidd espirando il fumo.
«Stai
zitto, finocchio!»
«Visto?
Sei proprio acido come una
vera Barbie, maronne Dish, cerca di stare sul pezzo».
Kidd
annuisce con aria convinta,
lasciandosi cadere a sedere in terra; si guarda in torno aspettandosi
l’ennesimo intervento di qualcuno che non c’entra
niente, per poi accorgersi
che no, non erano affatto tutti lì.
«Scusate,
ma parlando di gente che
non ce la fa nella vita, dove minchia è finito quel cazzone
di Roronoa?»
Zoro
che da sempre era solito farsi
i cazzi suoi, non aveva minimamente prestato attenzione alla graduale
sparizione dei suoi amici, che erano andati dileguandosi uno dopo
l’altro, come
attirati da una calamita che li richiamava a sé.
È
abbastanza sicuro di non essersi
perso, non ancora almeno; in fondo si è limitato a fare
quello che gli ha
ordinato Nami, rimanere in vista della cascata.
Il
punto è che la sua ragazza non ha
ben specificato quale cascata e ora Roronoa non è troppo
certo di trovarsi
ancora nei pressi di quella giusta.
È
in procinto di arrendersi
all’evidenza, quando una mano si posa sulla sua spalla e lo
costringe a
girarsi.
«Zoro?
Lo sapevo che eri tu! Ti ho
riconosciuto da lontano, ma il tuo profilo è impossibile da
confondere!»
esclama con voce gioviale un ragazzo con i capelli scuri e un sorriso
allegro
sul volto.
«Rufy?!
Ma cosa- Che ci fai qui? Non
ci posso credere!»
«Sono
con Ace, Sabo e Sanji. Stiamo
andando a Los Angeles, Sanji si sposa tra due settimane».
Zoro
spalanca la bocca, rimanendo
senza parole.
«Mi
stai dicendo che alla fine Kendra
ha accettato? Non posso crederci! E il suo ex come l’ha
presa? Sai, Matt
intendo».
«Non
bene, ma Sanji è stato
irremovibile o lei o nessun’altra. E sai anche tu cosa questo
voglia dire,
soprattutto conoscendo Sanji».
«Oi!
Rufy!» un ragazzo dalla carnagione
abbronzata e un cappello arancione sul capo li raggiunge correndo
«La pianti di
molestare la gente? Che poi finisce ti perdi, razza di – Oh,
ciao Roronoa!»
«Ciao
Ace»
«Che
ci fai qui?» domanda il moro
scompigliandogli i capelli nel medesimo gesto di affetto che
è solido dedicare
ai suoi fratelli minori «Non dovresti essere a New York? O
era Boston?»
«Sto
facendo un coast to coast con
degli amici e la mia ragazza. Avete presente i tizi con cui vi ho detto
aver
messo su una band?»
«Che
scherzi?» continua Ace con gli
occhi che brillano di eccitazione, come quelli di un bambino
«C’è anche
Bonney?»
«Mi
pare chiaro, è la nostra solista
che dovevamo fare lasciarla a casa?»
Rufy
scoppia a ridere e inizia a
spingere entrambi verso l’area del campeggio dove, seduti su
un paio di
sbilenche sedie di plastica bianche, Sabo e Sanji sorseggiano
tranquillamente
una birra.
«Sanji!
Sanji! Guarda chi ho
trovato» urla con entusiasmo il giovane precipitandosi in
mezzo ai due amici,
senza badare agli zaini travolti dalla sua foga.
«Ho
saputo che ti sposi, stronzo,
congratulazioni».
«Roronoa?
Brutto bastardo, sei
ancora vivo!?» Sanji scatta in piedi, per una volta,
però, quello che arriva a
Zoro non è un calcio in faccia, ma una mano da stringere. La
mano di un amico
che non vede da anni, proprio come Rufy.
«Che
ci fate tutti a Supai?» domanda
sedendosi accanto a loro.
«Yo»
lo saluta Sabo, smollandogli
una pacca sulla schiena. Una di quelle pacche che Zoro aveva creduto
non
avrebbe più ricevuto e che riportano alla mente pomeriggi
interi trascorsi a
casa di Rufy a giocare alla play station (e all’epoca erano
ancora bambini e
c’era ancora la uno e loro giocavano a Spyro e Rufy metteva
il muso ogni volta
che perdeva una vita), giornate trascorse a studiare su libri che
né lui, né il
suo compagno di merende sembravano in grado di memorizzare, serate
passate a
guardare i fuochi d’artificio, nella notte del quattro
luglio, mentre Ace e
Sabo erano fuori con qualche ragazza e Sanji lanciava loro occhiate
sconsolate,
perché non avrebbero mai capito.
«Credimi
Roronoa, nessuno di noi
vorrebbe essere qui» borbotta Ace.
«Già»
biascica Rufy addentando un
panino al prosciutto tirato fuori da uno degli zaini rovesciati in
precedenza
«È shtata la ragassha di Shabo».
«Parla
a bocca vuota, troglodita!»
lo redarguisce il biondo prendendo le redini del discorso «La
mia ragazza, ti
ricordi di lei? Koala. Ecco, ha dei parenti da queste parti, non
proprio dei
parenti, un’amica di famiglia che vive in zona e niente, noi
eravamo di
passaggio e ci ha incaricato di portarle della roba e, quando siamo
arrivati,
Robin ci ha consigliato di venire qui, che era un posto figo».
«Invece
di divagare, stronzo, si può
sapere perché non hai mai risposto all’invito del
matrimonio?»
«Sei
tu che non mi hai invitato,
merdone!» si lamenta Zoro a cui in realtà di
queste cose non è che sia mai importato
più di tanto «Nemmeno uno sfigatissimo messaggio
su WhatsApp».
«Punto
primo ti abbiamo spedito
l’invito a casa due mesi fa, punto secondo… da
quando leggi il cellulare,
marimo?»
«Due
mesi fa? Ma non è arrivato
nulla. Forse dovrei chiedere a Nami, è lei che legge la
posta».
Ace si
illumina nuovamente e torna a
intromettersi nella conversazione.
«Nami
è la tua ragazza, giusto?»
domanda con aria indagatrice.
«Non
posso credere che questo buzzurro
abbia davvero trovato una che se l’è filato per
più di dieci minuti».
«E
io non posso credere che Kendra
ti sposi, come l’hai costretta, l’hai messa
incinta?»
«Fottiti,
stronzo!»
«Io
l’ho vista questa Nami, mi ha
mandato delle foto» interviene Rufy, nel vano tentativo di
placare gli animi «È
carina, vero Zoro che è carina?»
Per la
prima volta che lo conoscono
posso dire di vederlo imbarazzato; Roronoa si porta la mano alla bocca
e distoglie
lo sguardo, sbuffando indispettito, forse quasi scocciato, per quella
definizione. Perché Nami non è carina, Nami
è bella. Sono belli i suoi capelli
rossi, belle le cicatrici che si porta sul corpo e sul cuore, belli i
suoi
occhi nocciola e il suo carattere da strega. Certo prima di dirlo a
qualcuno,
prima di ammetterlo ad alta voce, Zoro si taglierebbe un braccio.
«Molto»
borbotta piano «Rufy, se
vuoi te la presento».
«COME
SAREBBE A DIRE RUFY?» salta su
Sanji oltraggiato «E noi chi siamo? I figli della
serva?»
«Stai
zitto pezzente, tra tre
settimane ti sposi!» esclama Ace piazzandosi davanti a tutti
«Nessuno ci pensa
mai a me? Povero, piccolo Ace, solo e ramingo!»
«Anche
Rufy è single, ma non mi
sembra si stia lamentando» gli fa notare Sabo ridacchiando.
«Ti
ho già detto che è la mia
ragazza, vero?» calca bene Roronoa, cercando di far entrare
il concetto in
testa a quei quattro cerebrolesi.
«Condivisione,
fratello.
Condivisione».
Il
caffè del villaggio, come tutti
gli altri edifici di Supai, è una struttura prefabbricata di
basse dimensioni;
impolverata e sporca, la facciata una volta bianca ha assunto quella
tonalità
rossiccia e opaca che con il tempo ricopre ogni cosa in quel deserto.
Sulla
veranda, a cercare riparo dalla calura estiva, cani randagi (o forse
semplicemente liberi di girare in uno dei pochi luoghi in cui non
circolano
macchine) riposano tranquilli, mentre al suo interno uomini accaldati
cercano
un po’ di frescura in una birra fredda.
«Almeno
è una donna» si lamenta
sconsolato Law, cercando la verità rivelata sul fondo del
suo boccale oramai
vuoto.
«Non
lamentarti, poteva andare
peggio. Come fai a sapere che non ti interessa se non provi nemmeno a
dargli
una chance?» ribatte Drake stirandosi svogliatamente e
facendo un cenno di
saluto ad alcuni nativi.
«Te
lo dico io cos’è» continua
Trafalgar imperterrito, senza prestargli attenzione
«È una maledizione. Da che
siamo arrivati a Peach Springs cosa mai ci è accaduto di
buono? Te lo dico di
nuovo io. Niente!»
«Sei
troppo drastico, prima di
iniziare con le scenate da regina del melodramma potresti, anzi no,
dovresti
per lo meno rivolgergli la parola. E quando dico parlare, non intendo
ringhiare
insulti».
Lo
sceriffo si alza e appoggia dieci
dollari sul tavolo, quindi si allontana lanciando un’ultima
occhiata perentoria
al giovane medico, che risponde con una smorfia schifata. Smorfia che
si
acuisce ancora di più quando la sedia di fronte a lui viene
occupata da una
delle persone che meno vorrebbe avere davanti in quel momento.
«Sai,
non è una cattiva persona».
«Mi
stai dicendo di seguire i
consigli dello sceriffo? Non mi dire, non me lo sarei mai
aspettato» borbotta
Law con tono sarcastico, mentre i suoi occhi vanno a osservare nel
dettaglio il
ragazzo seduto di fronte a lui.
«Killer,
nel caso ti fosse sfuggito
il nome».
«I
tuoi genitori dovevano odiarti
parecchio» commenta con tono vago, senza guardarlo in faccia,
mentre con un
gesto deciso ordina una seconda birra.
«Mia
madre è morta di parto e mio
padre non me l’ha mai perdonato».
La
pacatezza con cui pronuncia
questa frase è quasi inquietante e Trafalgar si ritrova a
sopprimere un
brivido. Non gli interessa la vita privata della gente, non vuole
conoscere gli
scheletri dell’armadio delle persone e con tempo ha imparato
che fare domande
porta solo a inutili complicazioni, non aveva calcolato,
però, che quel ragazzo
dai capelli lunghi e lo sguardo malinconico potesse effettivamente
voler
parlare con lui di qualcosa che non fosse il culo del suo amico. Certo,
avrebbe
potuto risparmiarsi quella battutina di merda e tutto sarebbe andato
liscio
come l’olio, ma no, Law, continua pure a fare sarcasmo sulle
persone. Si manda
al diavolo, per quanto possa qualcuno mandarcisi da solo, mentre lancia
un’occhiata
interrogativa a Killer che a quanto pare ha intenzione di continuare il
suo
piccolo raccontino di infanzia infelice.
«Avevo
dieci anni quando, tornato a
casa dopo scuola un pomeriggio di giugno, mio padre, più
ubriaco del solito, mi
spinse contro la porta a vetri della cucina. A pensarci ora sento
ancora la
presa della sua mano sulla nuca e la sensazione del vetro che mi
perfora la
carne – il rumore che fa è piuttosto insolito, ma
immagino che tu ne abbia un’idea
essendo un medico. I vicini sentirono il rumore e chiamarono la
polizia, se non
fossero arrivati non so cosa sarebbe successo, ho perso più
sangue in quell’occasione
che in qualunque altra».
Trafalgar
non si muove e la sua
espressione non cambia, si limita a portarsi lentamente il boccale
ricolmo di
liquido ambrato al viso e rimane in attesa. In attesa che il suo
interlocutore
arrivi al punto, perché immagina che non si sia messo a
raccontargli un aneddoto
simile per hobby.
«Fu
in quel periodo che venni
mandato in una casa famiglia. Come puoi immaginare non era esattamente
l’ambiente
migliore per un ragazzino dal viso coperto di bende e la faccia
attraversata da
cicatrici; gli altri bambini avevano paura di me e cercavano di starmi
lontano,
quelli più grandi invece mi vedevano come bersaglio
perfetto. Questo finché non
conobbi Kidd. Era più piccolo di quattro anni, ma
già all’epoca il suo
carattere era tutto meno che tranquillo e se io venivo evitato
perché i bambini
avevano paura della mia faccia, lui veniva evitato perché
avevano paura di
prenderle».
«In
pratica mi stai dicendo di dare
un’opportunità al tuo amico perché non
gli dà fastidio la tua faccia?»
«No.
Ti sto dicendo che dietro l’apparenza
c’è altro, oltre la mia, oltre quella di Kidd.
Può sembrare una persona
impulsiva e a tratti irruenta e non dico che non lo sia, ma sa essere
gentile e
altruista e delicato. E non sarà la donna che ti aspettavi
di trovare, ma è pur
sempre una brava persona e ha diritto a una
possibilità».
«Tsk»
Law storce il naso e trattiene
un’imprecazione «E poi dicono che la regina del
melodramma sia io».
Si alza
con stridore dalla sedia,
facendo ruotare più di una testa nel locale a fissarlo, e si
dirige verso la
cassa; solo prima di uscire si volta nuovamente a osservare il biondo,
i cui
occhi azzurri non si sono mai allontanati da lui.
«Una
possibilità» borbotta aprendo
la porta «Una soltanto».
Killer
sorride debolmente, fisando
il profilo dell’uscio che si chiude alle spalle di Trafalgar.
«Come
se avesse bisogno di altro».
«Everybody
is Kung Fu Fighting, your mind
becomes fast as lightning, although the future is a little bit
fright'ning, it's
the book of your life that you're writing».
«Mio
dio, sei pure stonato!» si
lamenta Cavendish con un sospiro, guardando sconsolato Bartolomeo
mentre dà
loro una dimostrazione della sua canzone preferita.
«Più
che altro» interviene Nami «Le
parole non erano diverse? O sono io che mi ricordo male la canzone di
Carl
Douglas?»
«Infatti
dovrebbe fare tipo: Everybody was Kung Fu
Fighting, those kicks were fast as lightning, in fact, it was a little
bit
frightening, but they fought with expert timing. Una cosa del
genere, no?» aggiunge Kidd
spegnendo l’ennesima sigaretta.
«No,
no, no. Non capite!» esclama
Bartolomeo, mentre la sua ragazza si passa una mano sugli occhi
«È la colonna
sonora di Kung fu Panda! Ecco, aspe’ che te la faccio sentire
su YouTube!»
«Barto…
Ecco, non credo sia
necessario» azzarda debolmente Rebecca, ovviamente invano
perché il giovane ha
già fatto partire la canzone a tutto volume e sta cantando a
squarciagola nel
mezzo del campeggio.
«È
sempre così?» domanda Cavendish
esasperato «Sono sinceramente dispiaciuto per te».
«Perché?
È buono e gentile, onesto e
leale; so che non è perfetto, ma mi va bene così.
E poi non sei esattamente nella
mia stessa situazione?»
Il
ragazzo abbassa lo sguardo, stava
cercando di rimuovere la cosa, ma come può riuscirci se
tutti continuano a
ricordargli che quel coso è la sua anima gemella?
«Non
che l’abbia scelto io».
«Oh,
beh, come dice Nami è una
scelta imposta, ma questo non significa necessariamente che sia una
scelta
sbagliata, non credi?»
«Nemmeno
che sia giusta, voglio dire
lo hai visto bene? È brutto, non ha nemmeno le sopracciglia,
i suoi tatuaggi
sono orrendi ed è stonato come una campana».
«Non
credere che mi sia innamorata
di lui perché qualcuno ha deciso così; non ho
deciso di seguirlo nel momento
stesso in cui ho scoperto chi fosse, anche se non nego di averlo
cercato a lungo.
Viviamo in una società che pensa che l’anima
gemella sia qualcuno che ci
completa appieno, l’altra metà della mela, ed
è quello che alla fine cerchiamo
tutti. Ma quando ho incontrato Bartolomeo ho capito che mi sbagliavo
perché non
si tratta tanto di trovare qualcuno che ci completi, quanto
più qualcuno che ci
mostri tutto ciò che stiamo trattenendo dentro, i nostri
sentimenti, le nostre
paure, perfino quelle cose che non abbiamo mai osato fare; credo che
l’anima gemella
sia quella persona che riesce a far uscire il meglio di te, portando
alla luce
parti del tuo carattere che nemmeno credevi esistessero e accettandole
completamente. E a quel punto non importa se non ha le sopracciglia o
se i suoi
tatuaggi sono brutti, perché l’amore che prova nei
tuoi confronti supera anche
i difetti fisici. E tu sei fortunato Cavendish, perché,
anche se ha vissuto
tutta la vita con una frase orribile tatuata sul corpo, Bartolomeo ha
sempre
aspettato il momento in cui ti avrebbe incontrato; e non solo per
quello, i
vostri tatuaggi, al contrario del mio, sono speculari, potenzialmente
potresti
essere corrisposto in modi che io non sono sicura vivrò
mai».
You
are a natural
Why
is it so hard to see
Maybe
it's just because
You
keep on looking at me
The
journey's a lonely one
So
much more than we know
But
sometimes you've got to go
Go
on and be your own hero
«Non
per contraddirti, biondina»
nessuno di loro ha sentito arrivare Trafalgar, che si siede lentamente
a fianco
di Rebecca, lanciando solo un’occhiata di sbieco a Eustass
«Ma a volte è solo una
gran seccatura. Si può sapere che sta facendo quel
tizio?»
Bartolomeo,
ancora in fase di
esaltazione, coglie solo appena l’ultima frase e giratosi
verso di loro allarga
le braccia con aria esasperata.
«Kung
Fu Panda, fratello! Ma dove
vivete!? È tipo il miglior film di animazione della
Dreamworks, le scene di
battaglia sono animate così bene da mettere i brividi, per
non parlare del
doppiaggio. Jack Black, gente, Jack Black! E la colonna sonora? Oooh!
La colonna
sonora!»
«Minchia,
è un cartone animato,
statti calmo» borbotta Kidd con tono più divertito
che irritato.
«No,
fratello, è cinema, capisci?
Cinema!»
«Deduco
che hai una passione per i
film, o sbaglio?» domanda Nami con indulgenza, accettando la
bottiglia di birra
che Bonney le porge.
«Come
hai fatto a capirlo?! Sei
proprio sveglia!»
«Oh,
vi prego, uccidetemi» sibila
Cavendish lasciandosi cadere sdraiato a terra e rovesciando il capo
all’indietro
«Oh, Roronoa!»
«Che
cazzo stai facendo, Cavendish?
Ti sei rincoglionito del tutto?»
«Linguaggio!»
«Ecco,
ascolta la rossa ogni tanto e
non fracassare i maroni, dove sei stato? A caccia di barboni?
Perché ogni volta
che sparisci poi torni con ventordicimila persone? Non mi
dire… Ti eri perso e
loro ti hanno ritrovato e riportato qui? Nami ti ha messo finalmente
una
medaglietta come i cani?»
«Vuoi
morire?» sbraita Zoro
tirandogli un cazzotto sul capo e alzando il dito medio in direzione di
Sanji
tutto intendo a ridere di lui – perché anche dopo
anni evidentemente il senso
dell’orientamento di Zoro non è migliorato per
niente.
«Gente,
che cazzo fate? Mi allontano
due ore e vi ritrovo a cantare Carl Douglas?»
«No,
Zoro» celia Rufy dietro di lui
«Quello era Kung Fu Panda! Come fai a non riconoscerlo? Dai!
Everybody is Kung Fu Fighting, your mind
becomes fast as lightning, although the future is a little bit
fright'ning, it's
the book of your life that you're writing».
«Rufy,
no» lo richiamano in coro i suoi
fratelli.
«Rufy,
sì!» esclama il ragazzo
agitandosi a ritmo sincopato di una musica che nessuno ha fatto partire.
«Oddio!
Tu hai capito tutto!» lo
incita Bartolomeo unendosi a lui in preda alla gioia, perché
finalmente
qualcuno lo capisce.
«Ro’,
ma ché ora ti trascini dietro
gli stramboidi?» domanda Bonney avvicinandosi e facendogli
scoppiare la bolla
della gomma da masticare un po’ troppo vicino alla faccia
«Oddio, Ace!»
Sposta
Zoro con una manata e corre
ad abbracciare l’amico che l’accoglie con un
sorriso a trentadue denti.
«Questi
sono i miei amici di
infanzia. Ace, Sabo, lo stronzo che ride è Sanji e quello
che sta cantando è
Rufy».
«Volete,
per piacere, parlare
decentemente?» sbraita Nami infine avvicinandosi a grandi
passi «Ti eri perso?»
«No,
io –»
«Sì
che si era perso, dolce angelo.
Ti ha mai detto nessuno che sei la creatura più affascinante
che abbia mai
appoggiato piede in questa riserva? Per non parlare di te, con questi
magnifici
capelli rosa, sembri una fata!»
«Sanji,
levati dalle palle» sbraita
Ace facendosi avanti con Bonney attaccata al collo «Ti
ricordo che sei già
impegnato!»
«Beh,
anche lei lo è» borbotta Zoro
con fare piccato, passando un braccio lungo la vita di Nami e
attirandola più
vicino. Non è tipo da gesti plateali, Roronoa, ma con Nami
fatica sempre a
trattenere l’impulso di tirarsela accanto ogni volta che
qualcuno la guarda;
non è mancanza di fiducia e lei lo sa, è il suo
modo di dimostrarle la sua
presenza, è il suo modo di dirle che ci tiene.
«Non.
Ci. Credo. Tu sei Nami?»
domanda Sanji sconvolto «Non posso credere che una ragazza
carina come te stia
con un troglodita come lui!»
«E
io non posso credere che ti sposi
Kendra» ribatte l’amico sbuffando leggermente
«A proposito Nami, questo pezzo
di cretino sostiene di avermi mandato l’invito al matrimonio,
ma non abbiamo
ricevuto niente e –»
«Certo
che lo abbiamo ricevuto»
borbotta Nami divincolandosi dalla sua presa e guardandolo con un
sopracciglio
alzato, come se gli stesse ricordando qualcosa di ovvio che non avrebbe
mai
dovuto dimenticarsi «Secondo te dove stiamo
andando?»
«Cos–
Ma io non ne sapevo niente!»
«Kendra
mi ha detto di non dirtelo.
Temeva avresti preso il primo volo per andare a prendere a calci
Sanji» si
volta verso l’interessato «Scusami, se glielo
abbiamo tenuto nascosto, ma si
sarebbe sicuramente perso».
«Qualsiasi
cosa fiorellino!»
«Fiorellino
le mie palle, Nami! Ma
poi come minchia fai a conoscere Kendra, me lo spieghi?»
«Il
numero di telefono era sull’invito,
così l’ho chiamata e quando ha capito chi fossi mi
ha chiesto di tenere la cosa,
come dire… nascosta?»
«Siete
due stronze! Due grandissime
stronze!»
«Modera
il linguaggio, Roronoa»
«Già,
modera il linguaggio,
pezzentone!»
«Non
ti ci mettere anche tu,
cazzone!»
«Perché
sennò che fai? Mi prendi a
pugni?»
«Finitela,
deficienti» sibila la
rossa allontanandosi a grandi passi e massaggiandosi le tempie
«Dimmi che hai
qualcosa per il mal di testa» borbotta quindi lasciandosi
cadere a sedere a
fianco di Trafalgar.
«Sono
un medico, carina, non una
farmacia».
«Vuoi
una canna? Te ne rollo una se
ti può aiutare con la situa» celia Bonney
piegandosi verso di lei.
«Ti
prego, sparisci».
«Come
ti pare, chi si fa una canna
con me? Ace?»
«Come
diavolo si conoscono quei
due?» domanda Cavendish poco lontano.
«E
io come faccio a saperlo? Ci
saranno dei raduni apposta per cerebrolesi, chiedi se ti invitano la
prossima
volta».
Nami si
lascia andare a sedere, appoggiandosi
al tronco d’albero che, proprio dietro di lei, svetta alto
verso il cielo;
osserva con aria esasperata e, in fondo, divertita il gruppo di
spostati
riuniti attorno alle tende e sorride.
Quando
sente Zoro sedersi di fianco
a lei piega dolcemente il capo fino ad appoggiarlo sulla sua spalla,
beandosi
di quel leggero contatto; la sua mano si sposta fino a sfiorare quella
del
ragazzo e rimane così qualche istante, finché non
lo sente parlare.
«Potevi
dirmelo».
«Ti
saresti perso».
«Io
non –»
«E
credo che la tua amica volesse
farti una sorpresa. Sembra simpatica».
«Sareste
grandi amiche» borbotta
poi, ma non c’è traccia di irritazione nella sua
voce «Sono contento finalmente
di avere l’opportunità di farteli
conoscere».
«Ah,
Roronoa, non fai altro che
parlarne, oramai li conosco quasi quanto te. E quello là con
il cappello di
paglia che ancora canta è il famoso Rufy?»
«La
persona migliore che conosco»
annuisce Zoro.
«E
il tuo migliore amico».
«Se
devi darci un’etichetta per
forza, allora sì, il mio migliore amico» sorride,
quindi, alzando il tono della
voce, richiama il ragazzo «Ehi, Rufy, vieni un momento
qui».
«Sì,
Rufy, vai lì e chiudi quella
bocca del cazzo che sei stonato come la morte!» borbotta Kidd
esasperato.
«L’educazione
prima di tutto, eh»
celia Law sollevando un sopracciglio e ricevendo per tutta risposta un
dito
medio alzato.
«Non
dargli retta» esclama Nami
sorridendo al giovane con i capelli neri e il cappello di paglia
«Fa sempre
così».
Rufy si
blocca a metà strada e le
rivolge un sorriso a trentadue denti, un sorriso simile a quelli che
fanno i bambini
quando scoprono che possono avere una doppia razione di gelato per cena.
«Meglio
così, mi piacciono le
persone eccentriche!»
Nami
non fa in tempo a smettere di sorridere
e Zoro non fa in tempo a staccarsi da lei; ed è con
esasperante lentezza, come
se il mondo si fosse fermato, che sollevano lo sguardo a guardarsi
negli occhi.
Perché questa volta il calore bruciante che parte dalla
spalla di Nami, sotto
la sua girandola, l’hanno sentito entrambi.
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Capitolo 4 *** Far from any road – Parte #1 ***
Autrice:
Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo:
Walk like an Egyptian
Capitolo:
Far
from any road – Parte #1
Fandom:
One Piece
Personaggi:
Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer,
Trafalgar
Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace,
Sabo,
Sanji
Pairing:
Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake,
Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami, implied!Sabo/Koala
Rating:
sfw
Genere:
slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti:
soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole:
6473, senza testi delle canzoni.
Note:
vi ricordate quando ho detto che questo sarebbe stato il penultimo
capitolo?
Ecco forse ho mentito, perché è venuto
così lungo che ho dovuto tagliarlo a
metà, quindi ora la smetto di dirvi quanti capitoli saranno
visto che ogni
volta cambio idea.
Qualche
nota veloce prima di cominciare.
Mi
dispiace che non ci sia tanto spazio per la coppia che volevate, non ho
idea di
quale sia, still credo valga per tutte, ma siccome la storia si dipana
su tre
giorni cerco di approfondirle tutte in modo più o meno
uniforme, cercando allo
stesso tempo di mantenere le cose credibili. Quindi non aspettatevi
pornazzi
(al massimo, l’unica che potrebbe allungare le mani
è Bonney), non aspettatevi
promesse di amore eterno, non aspettatevi grandi happy ending da
vissero tutti
felici e contenti: non è lo scopo della storia.
Quello
che sto cercando di fare è di capire come possano
avvicinarsi tra loro persone
che non si sono mai conosciute e che si sentono imporre una cosa grande
come “il
vero amore”. Nella fattispecie in questo capitolo ho provato
a parlar di
poliamory, ovvero una relazione sentimentale tra più di due
persone (no, non un
orgia, una relazione romantica, romantica!!).
Ora,
note più tecniche:
-
la frase finale del pezzo ZoNami è volutamente messa senza
specificazioni, così
che siate voi a potervi immaginare chi la dice.
-
quando si parla di famiglia mafiosa in relazione a Trafalgar,
ovviamente mi riferisco
a Donquijote.
-
La Cittadella Rossa è un pub inventato di sana pianta,
nonché una traduzione
molto inventata di “Rogue Town”.
-
Kendra è sempre proprietà di Axia.
- le canzoni
di questo capitolo sono: The angry river, The Hat;
Everybody’s changing, Keane;
The rising of the moon, The Dubliners; Far from any road, The Handsome
Family;
The skye boat song, Outlander opening. Ho
anche fatto una playlist, per il momento è su spotify (click),
ma la sostuirò
prima possibile con quella di 8traks perché mi scoccia che
spotify sia linkato
al mio facebook.
Walk
like an Egyptian
4.
Far from any road – Parte #1
La
melodia leggera percorre tutto il canyon.
Kidd
pizzica le corde con dita esperte e l’aria concentrata di
qualcuno che sta
impegnandosi a fare qualcosa che ama; la musica sembra accarezzarli
tutti,
mentre la voce di Bonney accompagna le prime note.
«The
emptiness that we confess, in the
dimmest hour of day. In Automatown they make a sound, Like the low sad
moan of
prey».
Nami
chiude gli occhi, stringendosi a Zoro e cercando di non pensare; da
qualche
parte, nel cerchio che si è venuto a formare di fronte alla
loro tenda,
Bartolomeo scoppia a ridere e la voce stranamente delicata di Killer si
unisce
a quella di Bonney.
«The bitter
taste, the hidden face of the
lost forgotten child, the darkest need the slowest speed, the debt
unreconciled. These photographs mean nothing to the poison that they
take,
before a moment’s glory the light begins to fade».
Law
è seduto su una pietra accanto a Eustass, non ha detto una
parola da quando è
arrivato, ma è rimasto ad ascoltare con aria intenta, la
sigaretta tra le dita
sottili ha iniziato a consumarsi da sola, sotto la leggera carezza del
vento
della prima sera.
Mentre
il sole tramonta, l’ombra del fuoco si solleva e il crepitio
delle fiamme
accompagna il ritmo delle parole.
«The awful
cost of all we lost as we looked
the other way, we’ve paid the price of this cruel device till
we’ve nothing
left to pay. The river goes where the current flows, the light we must
destroy.
Events
conspire to set afire the methods we employ».
Seduto
al fianco opposto di Roronoa, Rufy canticchia sommessamente, inventando
le
parole di una canzone che non conosce; Ace e Sabo lo osservano
ridacchiando,
mentre Sanji li costringe a dargli una mano con la griglia da campo.
«These dead
men walk on water, cold blood
runs through their veins. The angry river rises as we step into the rain».
Bonney
è così impegnata a cantare che non si accorge
della figura che si avvicina al
campo, fermandosi a osservarla in piedi accanto al tronco sbilenco di
un
albero; Drake la guarda con aria seria, cercando di imprimersi bene in
mente
quella scena. Jewelry è diversa quando canta: dalla sua voce
e dai suoi
movimenti traspare tutta l’eleganza e la grazia che sono
proprie di chi ha
ricevuto un’educazione di alto livello.
Quando
finalmente la canzone finisce, Bonney scoppia in una risata,
lasciandosi cadere
all’indietro; le fiamme di quel falò, che
tecnicamente nemmeno avrebbero potuto
accendere, le illuminano il viso arrossato e Francis trova il coraggio
di
avvicinarsi. Nel vederlo la giovane gli sorride e si sposta di lato,
facendogli
cenno di sedersi al suo fianco.
«Non
immaginavo fossi così brava».
«Con
la musica è tutt’altra storia, cioè,
pure a cantare da sola non sono male. Poi,
vabbé, le nostre voci sono studiate per i duetti, mica canto
con chi stona».
Drake
sospira nel sentirla tornare a parlare come un’analfabeta
sbronzo, ma non si
sposta e le allunga, invece, un sacchetto di marshmellow che la ragazza
ha
lasciato per terra.
«Oi!
Bonney passa qua che li arrostiamo!» esclama Ace tutto
giulivo catapultandosi
verso di lei e prendendoglieli molto poco delicatamente dalle mani.
«E
com’è, esattamente, che vi conoscete voi
due?» domanda Kidd osservando tutte le
libertà che quel tizio di prende con la sua amica.
Jewelry
scrolla le spalle e nicchia, borbottando qualcosa di incomprensibile.
«Oh
Cristo!» si schifa Kidd «Ci sei andata a letto!
Ecco, grazie, cazzo, ora ho in
testa un’immagine trucida».
«VAFFANCULO,
KIDDO! No!».
Ace
scoppia a ridere a quella reazione.
«No,
certo che no. Ci siamo conosciuti a San Diego, diciamo che le
circostanze sono
piuttosto controverse».
«Cosa
c’è di controverso nell’incontrarsi
durante il pestaggio di uno spacciatore?»
domanda Roronoa con tono sarcastico.
«La
moralità probabilmente» ride Sabo.
«Ve
lo dico io qual era l’unica cosa immorale di quella
situazione» sbotta Ace
stappandosi una birra «Puoi vendere ai tuoi clienti
dell’erba così schifa? Non
lo so io, dammi quella del giardino già che ci
sei!»
«Appunto!
Che poi mica ci eravamo organizzati, tipo ci siamo incontrati
là e lo abbiamo
pestato assieme. Come si chiamava?»
«Chi
cazzo si ricorda! Maresciallo, no, aspetta, Marshall, credo. Comunque
nella
zona lo chiamavano il Barbanera, per via… Beh, ok, della sua
barba da roncione
schifo».
Persino
Nami si riscuote dal suo mutismo per guardare con aria di
commiserazione
l’amica.
«Non
posso crederci, vi hanno arrestato immagino».
«No,
macché! Ci han dato una medaglia per avere ripulito le
strade della città,
certo che ci hanno arrestati, superoca!»
«Sono
sempre più dispiaciuta per lei» borbotta Nami
lanciando un’occhiata di
commiserazione a Drake che solleva le spalle per tutta risposta.
«In
compenso, proprio quando avevamo fatto amicizia» continua Ace
ignorando tutti
quanti «È arrivato suo padre a tirarla fuori. Vi
giuro, quasi me la facevo
sotto, mi ha tirato un cazzottone che pensavo volesse
uccidermi!»
«Nessuno
vuole avere a che fare con mio padre. Nemmeno mia madre vuole avere a
che fare
con mio padre, e lei lo ha sposato!»
«Dici
così» borbotta Ace «Ma intanto
è venuto a tirarti fuori! Mio nonno mi ha
lasciato in cella una settimana! Un’intera settimana! Alla
fine è dovuto venire
a recuperarmi Marco!»
Zoro
scoppia a ridere, portandosi le mani alla pancia per trattenere gli
spasmi.
«Garp
è proprio uno stronzo!»
«Oi,
il linguaggio» borbotta Nami al suo fianco fissando un punto
imprecisato del
terreno e il suo tono non sembra convinto nemmeno un po’.
«Garp
come Monkey D. Garp?» domanda Drake spalancando solo
leggermente lo sguardo «Il
Vice Ammiraglio? Quello distaccato alla sede di
addestramento?»
«Oh,
fico!» esclama Rufy o in piedi e avvicinandosi
all’uomo «Lo conosci?»
«Ho
fatto l’addestramento con lui».
«Ma
fatemi il favore» sibila Nami tra i denti, a voce
così bassa che a malapena
Zoro, seduto al suo fianco, riesce a sentirla. La rossa si alza in
piedi e
sfila dalla tasca della camicia di Kidd il pacchetto di sigarette,
rubandogliene una, quindi si allontana senza prestare troppa attenzione
allo
sguardo preoccupato del suo ragazzo.
Si
avvicina alla cascata, sedendosi sul bordo della pozza
d’acqua; il riverbero
del fuoco che hanno acceso le arriva da lontano e se non fosse per la
luna che
ha iniziato a splendere probabilmente non vedrebbe a un palmo dal naso.
Il
rimbombo dell’acqua è sufficientemente forte da
coprire la voce dei suoi amici
– soprattutto quella di Rufy: non vuole udirla, non vuole
sentirlo parlare,
tantomeno ridere – ma non abbastanza da impedire alle note
delicate della
chitarra di Kidd di arrivare fino al suo orecchio.
«You're gone
from here and soon you will
disappear, fading into beautiful light, cause everybody's changing and
I don't
feel right».
La
fiamma si sprigiona dall’accendino con un click, illuminando
la sigaretta e le
sue mani arrossate dal sole.
«Ne
vuoi parlare?»
Zoro
emerge dalle ombre alle sue spalle, non lo ha nemmeno sentito arrivare
e
nell’udire la sua voce Nami sobbalza leggermente.
«Mi
piace questa canzone» nicchia, sviando il discorso.
«Non
dire stronzate, hai sempre detto che Cavendish non sa rendere per
niente i
contenuti».
«Dico
un sacco di cose» borbotta Nami ispirando il fumo e lasciando
che il sapore
acro della sigaretta le penetri nei polmoni.
«Lo
so, avevi detto anche che non avresti più fumato»
replica il ragazzo sedendosi
al suo fianco e storcendo il naso.
«Mi
puoi biasimare?» ringhia la rossa girandosi di scatto verso
di lui «Sono due
giorni che mi domando per quale stupidissimo motivo non siamo andati
tutti in
aereo».
«So little
time, try to understand that I'm
trying to make a move just to stay in the game, I try to stay awake and
remember my name».
«Se
non ricordo male quando lo avete proposto tu e Bonney lo avrete
presentato come
“il viaggio di una vita”»
replica
Zoro, immobile al suo fianco «Quasi profetica come
cosa».
«Non
dire puttanate. Non abbiamo fatto altro che abbronzarci, sbronzarci e
sborsare
soldi, sai quanti soldi abbiamo speso? E poi arriviamo in questo
merdosissimo
posto e la prendiamo tutti nel culo!»
«Disse
colei che non faceva altro che redarguire il prossimo per il linguaggio
scurrile…»
«Oh,
vai a cagare Roronoa» borbotta espirando una boccata di fumo
e avvicinandosi le
ginocchia al petto.
Zoro
sbuffa e allunga la mano a rubarle la sigaretta dalle dita, se la porta
alle
labbra e sotto lo sguardo allibito di Nami inizia a fumare. La rossa lo
osserva
senza parole, ben consapevole delle manie di salutismo del suo partner
che tra
i vizi accetta davvero solo il sesso e il bere. Probabilmente questa
storia ha
sconvolto anche lui, molto di più di quanto non voglia dare
a vedere e
improvvisamente Nami si sente in colpa; se non riesce a giustificare a
sé
stessa di essersi chiusa a riccio con i suoi migliori amici come
può
giustificare il suo mutismo nei confronti della persona che ama?
«Forse
era destino davvero» lo sente mormorare, lo sguardo perso
verso la cascata
«Pensaci: è Rufy. È sempre stato Rufy e
io lo conosco da tutta la vita. Non
ricordo la faccia di mia madre, ma non riesco a rammentare un periodo
in cui
lui non ci fosse. Ed era solo questione di tempo prima che tu lo
conoscessi».
C’è
una nota stonata nella voce di Zoro, un’incrinatura sottile,
un principio di
rottura; non è mai stato facile per lui vedere Nami a pezzi,
la donna di cui si
è innamorato ha un animo di ferro e il cuore di un usuraio,
è dispotica e
spesso arrogante e non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno.
Ma questa
volta, solo per questa volta, Zoro sente di capirla. Vede scivolargli
dalle mani
ciò che ama di più, vede la sua realtà
disfarsi e traballare, e la colpa non è
di nessuno. Ciò non toglie che per un intero minuto, prima,
quando quella
cicatrice ha iniziato a scottare, ha provato invidia per la prima
volta, ha
desiderato che un’altra persona non esistesse. E come puoi
sentirti quando la
persona in questione è il tuo migliore amico? Colui che per
te è un compagno,
un fratello, un membro della tua famiglia? Che essere umano diventi?
«Puoi
scappare quanto vuoi, ma puoi scappare da questo?» le domanda
espirando
debolmente.
«Io
non ci credo» borbotta Nami, girandosi verso di lui e
cercando il suo sguardo
«Mi rifiuto di accettarlo. Io ho scelto te e non mi interessa
chi sia questo
sconosciuto, non mi importa che sia il tuo migliore amico o che sia
l’uomo
migliore del mondo. Non lo conosco, Zoro. Io ho scelto te».
Roronoa
sorride debolmente, attirandola a sé con un braccio e
affondando il viso nei
suoi capelli come a perdervisi.
«Il
punto non è chi hai scelto prima, Nami. Prima la vita era
facile, prima la
scelta era facile. Quello che conta, quello che cambia tutto
è chi sceglierai
adesso».
«I try to
stay awake and remember my name,
but everybody's changing and I don't feel the same».
«Ti
amo, lo sai vero?»
«Così
alla fine siete tutti in grado di cantare, o sbaglio?»
domanda Traflagar
seguendo con occhi attenti le dita di Kidd che si muovono sulla
chitarra.
«Dipende
dal testo, dalla voce che ci si sposa meglio, ma sì. In
realtà perfino la
figlia di Satana sa cantare, semplicemente non ama farlo, devi
prenderla in
buona. Quindi finisce che lo fa quasi sempre Bonney».
«Il
biondo però non è male» continua Law
guardando prima Killer e poi Cavendish
«Nessuno dei due».
«Cosa
pensavi, che mettessimo su una band di cazzoni incompetenti?
Sembrerò anche uno
scappato di casa, ma non sono un idiota» borbotta il rosso
senza alzare lo
sguardo.
«E
sul resto? Lo sei?»
Eustass
aggrotta le sopracciglia, interdetto, cercando di seguire sia la voce
di
Cavendish che canta Keane, sia il filo dei pensieri del moro.
«Cosa?»
«Uno
scappato di casa, intendo» Law si allunga sul terreno,
appoggiandosi con la
schiena a un albero e socchiude gli occhi, come a indicare che la
risposta gli
interessa, sì, ma non abbastanza da sporgersi verso di lui.
«Forse»
la voce di Kidd è meno dura di quanto si aspettasse e
c’è in essa una vena di
malinconia malcelata «Ma con il tempo ho capito che una casa
non è qualcosa con
pareti di pietra e finestre di vetro».
È
la frase più lunga che Trafalgar gli abbia sentito
pronunciare senza parolacce
o bestemmie e deve trattenersi dal chiedergli se si senta bene; segue
invece lo
sguardo del ragazzo, che si posa sui membri di quella comitiva
sgangherata,
fissando ognuno dei suoi compagni con malcelato affetto.
«Siete
veramente un gruppo del cazzo, sembrate assemblati assieme con il
vinavil e
dello scotch di carta da un ubriaco sotto anfetamine».
Kidd
lo ignora e alza le spalle.
«Dì,
quel cazzo che ti pare, ma almeno noi siamo assieme».
«Oh,
dovrei commuovermi? Perché siete una famiglia che non
è legata da legami di
sangue? Bella merda, Eustass-ya. L’ultima “famiglia”
di questo genere mi ha quasi ammazzato, letteralmente».
«Non
mi dire» borbotta Kidd girandosi verso di lui e appoggiando
la chitarra a terra
a canzone finita «Se frequenti dei fottuti mafiosi non
è colpa mia, stronzo».
«Sarà
bello il tuo di passato» ringhia Law, seccato per essersi
esposto un po’ troppo
con quel tizio che ancora non lo convince per niente. Cristo quelle
unghie
laccate di nero sono inguardabili.
Il
silenzio tra loro si fa più pesante e per qualche istante
è così pesante che
potrebbero tranquillamente tagliarlo con il coltello e servirlo per
cena,
almeno finché Law, sbuffando come una locomotiva a vapore,
non si gira verso
Kidd, fissandolo finalmente negli occhi.
«Non
hai detto che cantate anche roba irlandese?» domanda
prendendolo completamente
in contropiede.
«Cos-
Sì, l’ho detto» replica il giovane, che
in realtà si aspettava l’ennesimo
tentativo passivo aggressivo di rissa.
«Mi
fai sentire qualcosa?»
«Cristo,
sei strano forte tu» borbotta Eustass divertito, per poi
riprendere in mano lo
strumento e piegare la bocca in un ghigno divertito «Ricorda,
stronzetto, me lo
hai chiesto tu. Oi, Killer!» urla girandosi verso
l’amico, impegnato a
sistemare una tavola di fortuna.
«Che vuoi,
Kiddo?»
« Oh!
then
tell me, Shawn O'Ferrall, tell me why you hurry so?».
Segue
qualche secondo di silenzio, quando parte della comitiva si zittisce
girandosi
verso di lui, perplessa per quella domanda posta con un nome che
chiaramente
non è di nessuno, poi Bonney scoppia a ridere ed estrae da
uno degli zaini
un’armonica a bocca, iniziando a suonarla.
Killer
attacca con la prima strofa, sorridendo; erano anni che non cantavano
quella
canzone tutti insieme, lui, Kidd e Bonney. Sembra passata una vita da
quando,
dopo essersi incontrati per la prima volta, avevano deciso di mettere
su una
band e per distinguersi da tutti gli altri avevano cominciato a cantare
canzoni
improponibili e folkloristiche provenienti dall’Irlanda e
dalla cara vecchia Europa.
«Hush ma
bouchal, hush and listen, And his
cheeks were all a-glow. I bear orders from the captain, get you ready
quick and
soon, for the pikes must be together at the risin' of the moon". At the
risin' of the moon, at the risin' of the moon, for the pikes must be
together
at the risin' of the moon».
Già
a partire dalla seconda strofa, alla voce armoniosa di Killer si
uniscono
quelle di Kidd e Cavendish, mentre Rufy, presi Bartolomeo e Sabo per un
braccio, si lancia vicino a falò, iniziando a ballare con un
ritmo e delle
movenze completamente inventate.
«Oh! then
tell me, Shawn O'Ferrall, where the
gatherin' is to be? In the ould spot by the river, right well known to
you and
me. One word more—for signal token whistle up the marchin'
tune, with your pike
upon your shoulder, By the risin' of the moon. By the risin' of the
moon, by
the risin' of the moon, with your pike upon your shoulder, by the
risin' of the
moon».
Quando
Killer si è trasferito, Kidd e Bonney hanno fatto di tutto
affinché il gruppo
che avevano creato non si perdesse nel nulla; poi Jewelry aveva
conosciuto Nami
ed era stata lei la ruota motrice di tutto quanto. Aveva assemblato i
pezzi di
quel puzzle dalla forma strana, portandoli a combaciare, flettendoli e
plasmandoli affinché riuscissero a fissarsi. Aveva trovato
le voci, le
location, gli sponsor e soprattutto aveva trovato gli altri membri. Bonney ricordava ancora la
fredda sera
invernale in cui si erano conosciute, nevicava a Boston e ogni cosa era
sommersa da una spessa coltre bianca.
«Se
continui a fare quella faccia, come se ti fosse morto il gatto, non ti
si
filerà mai nessuno» le aveva detto, sedendosi al
suo tavolo con due pezzi di
pizza al trancio.
«Out from
many a mudwall cabin eyes were
watching thro' that night, many a manly chest was throbbing for the
blessed
warning light. Murmurs passed along the valleys like the banshee's
lonely
croon, and a thousand blades were flashing at the risin' of the moon.
At the
risin' of the moon, at the risin' of the moon, and a thousand blades
were
flashing at the risin' of the moon».
Tutti
cantano, chi inventando le parole, chi seguendo perfettamente il ritmo;
Kidd
sorride, perché lui lo sa. C’è qualcosa
di magico in quella canzone e nel ritmo
flautato delle melodie della sua terra; riescono a mettere a suo agio
anche il
peggiore degli stronzi, basta vedere il sorriso rilassato che increspa
le
labbra di Law, i movimenti sincopati (che dovrebbero rappresentare un
ballo)
dell’amico di Zoro, le risate della biondina seduta accanto a
Cavendish, o,
ancora meglio, il fatto che finalmente Nami e Zoro siano tornati nel
gruppo.
Non sfugge a Eustass l’occhio lucido dell’amica,
così come non gli sfugge la
stretta serrata della mano di Zoro attorno alla sua vita; non sono mai
stati una
coppia da palesi gesti d’affetto in pubblico, ma qualsiasi
domanda possa farsi,
si dissolve nel nulla quando la voce delicata di Nami si unisce al coro.
«There
beside the singing river that dark
mass of men was seen, far above the shining weapons hung their own
beloved
green. Death to ev'ry foe and traitor! Forward! strike the marchin'
tune, and
hurrah, my boys, for freedom! 'Tis the risin' of the moon. 'Tis the
risin' of
the moon, 'Tis the risin' of the moon, and hurrah my boys for freedom! 'Tis
the risin' of the moon».
Zoro,
Nami, Kidd, Killer, Eustass, Cavendish e per quell’ultima
strofa persino Bonney
smette di suonare l’armonica e si unisce al coro, mentre le
fiamme del falò si
riverberano sui loro visi e la risata felice di Rufy e Ace rimbomba
nella
valle. Lo sguardo attento e divertito di Sabo, quello rilassato di
Drake, le
mani strette di Rebecca e Bartolomeo, il canticchiare sommesso di Sanji
ai
fornelli, persino il sorriso tranquillo sul volto di Trafalgar, ogni
cosa in
quel momento trasmette calore e il tempo sembra fermarsi per un istante.
«Well they
fought for poor old Ireland, and
full bitter was their fate (Oh! what glorious pride and sorrow fill the
name of
Ninety-Eight). Yet, thank God, e'en still are beating hearts in
manhood's
burning noon, who would follow in their footsteps, at the risin' of the
moon! At
the rising of the moon, at the risin' of the moon, who would follow in
their
footsteps, at the risin' of the moon».
«Non
sapevo sapessi cantare, troglodita» ride Sanji portando sulla
tavola
improvvisata piatti ricolmi di carne alla griglia «Rufy non
ci provare, fai
servire tutti o ti trancio le mani».
«Uffa».
«So
fare un sacco di cose, coglionazzo».
«Certo,
amore» celia Nami sedendosi a tavola tra Ace e Trafalgar
«E quella che ti
riesce meglio è perderti».
«Vaffanculo
pure tu, cazzo!»
«Linguaggio!».
«Minchia,
‘Ro, ma pure te cerca di controllarti quando parli,
no?» esclama Bonney
accomodandosi a fianco a Drake.
«Disse
la voce della verità».
«Stai
zitto, Kiddo».
«Già
sta zitto, Kiddo» rincara la dose Killer piazzandogli davanti
al naso una
salsiccia arrostita «Sei sempre il primo quando si tratta di
linguaggio
scurrile. Infilati ‘sta salsiccia in bocca e taci».
«Così?
Davanti a tutti?»
«Fottiti,
Kidd» borbotta Killer tra i denti, cercando di nascondere un
sorriso.
«Grazie,
più tardi lo farò di sicuro!»
Non
si curano troppo del casino che stanno facendo, né che tra
loro ci siano
persone che hanno appena incontrato o che una di queste sia uno
sceriffo; in
quel momento sono solo un gruppo di persone lontane dal mondo che si
divertono
assieme, e questo è abbastanza per tutti.
«Siete
sempre così…» Sabo si interrompe per
cercare il termine appropriato «Vivaci?»
«Credo
si stiano tutti dando un contegno per via degli sconosciuti al
tavolo» mormora
Nami lanciando un’occhiata di disgusto a quelle capre dei
suoi amici «Di solito
sono molto peggio».
«A
me piacciono!» esclama Ace giulivo, affondando i denti in un
cosciotto d’agnello
per poi utilizzarlo per indicare Bonney «Mi aveva accennato
al fatto che
sareste venuti sulla costa est, ma non immaginavo che veniste al
matrimonio di
Sanji».
«Oh,
no tranquillo, solo io e Zoro parteciperemo, gli altri beh, il giorno del matrimonio saranno la band, ma per il resto si
arrangeranno,
mica devo fargli la balia tutti i giorni».
«Sei
davvero sicura di non voler fare da balia a Bonney?» domanda
Ace con un
sopracciglio alzato.
«Se
la mettono dentro di nuovo, questa volta chiama suo padre».
«O
potremmo sempre mandare Ace» propone Sabo, battendo una passa
sulla spalla del
fratello «A quanto pare si è fatto qualcuno del
distretto e adesso i poliziotti
lo evitano, non ci arrivano nemmeno più le multe».
«Non
mi sono fatto nessuno» borbotta il ragazzo imbronciato
«E poi perché lo dici
solo a me? Nemmeno a Koala arrivano le multe».
«Sì,
ma lei non ne prende» ride Sabo, girandosi poi verso Nami
«Koala è la mia
ragazza! Ti faccio vedere, guarda!»
«Ehrr,
non è necessario, davvero».
«No,
no, insisto. È troppo carina, tutti devono
vederla» esclama il giovane estraendo
lo smartphone e piazzando una foto sotto il naso della rossa.
«Non
è un amore?» domanda arrossendo leggermente, e Ace
sospira sconsolato perché
suo fratello, quando si parla di Koala, è un caso perso.
«Un
giorno o l’altro scoprirà che vai in giro a
mostrare la sua foto a chiunque
incontri e ti prenderà a pedate, lo sai vero?»
domanda Ace agitandogli la
forchetta sotto il naso con fare saccente.
«Piantala
con queste arie da fratello maggiore, prima di tutto il maggiore sono
io! E
secondo, pensa per te, che passi di persona in persona, manco fossi
un’ape».
«Si
fa quel che si può» replica il moro con aria di
chi sta facendo un gran
sacrificio.
«Tu
fai anche troppo!».
«Finitela»
borbotta Sanji sedendosi accanto a loro «Non vorrete mica che
la dolce Nami si spaventi
e non venga al mio matrimonio? Questo sì che mi spezzerebbe
il cuore a metà!»
«L’unico
cuore che si spezzerà al tuo matrimonio sarà
quello di Kendra, minchione»
ruggisce Roronoa dall’altro capo della tavolata.
«Stai
zitto, caprone! Seriamente, mi chiedo come una donna meravigliosa come
te possa
rimanere con un troglodita come lui!»
«Ti
ho sentito! Sappi che pagherò Matt per ucciderti!»
«E
lui lo farà gratis» sussurra Sabo
nell’orecchio di suo fratello ridacchiando,
ricevendo un dito medio per risposta «Minchia, quando si
tratta si insulti ci
sentite tutti benissimo».
Nami
sorride, trattenendosi dallo scoppiare a ridere in faccia a tutti
quanti.
«No,
seriamente, come fai?» domanda ancora Sanji guardandola
esasperato.
«Sono
curiosa pure io» esclama Bonney allungandosi sulla tavola e
piazzando il suo didietro
quasi in faccia a Drake, che deve trattenersi dall’allungare
le mani per
rimetterla seduta.
«Ma
siete seri?» borbotta la rossa arrossendo di colpo
«Fatevi i fattacci vostri!»
«A
me non sembra strano» la voce di Rufy zittisce tutti per un
attimo, anche Nami,
soprattutto Nami «Beh, Zoro è gentile e simpatico
e attento alle necessità
degli amici» conclude iniziando a scaccolarsi.
«E
poi vi ricordate quella volta che mi ha salvato quando quella balena
voleva
schiacciarmi?»
«Non
era una balena, era una donna grassa» borbotta Sanji.
«E
non voleva schiacciarti, Rufy, Alvida voleva solo
abbracciarti».
«È
stato orribile» celia il ragazzo accasciandosi sul tavolo e
allungando le
braccia fino all’altra estremità «Ho
pensato che sarei morto. Ora ho paura
delle balene!»
«NON
ERA UNA BALENA!» ringhiano in coro i suoi amici.
«Beh,
allora quella volta che è venuto alla Cittadella Rossa, che
per chi non lo
sapesse è un Pub, e mi ha aiutato quando avevo
bisogno?»
«Rufy»
Zoro si passa una mano sugli occhi con l’aria di chi
preferirebbe tanto che
quella storia non venisse tirata fuori.
«Oh,
ricordo!» esclama Sabo, mentre al suo fianco Sanji si strozza
col fumo della
sigaretta «È stato quella volta che ti sei
imbattuto in quel tizio che lavora
al circo?»
«E
gli hai accidentalmente fatto notare quanto fosse grosso e rosso il suo
naso»
continua Ace iniziando a ridere «E pensando che fosse ancora
un naso finto hai
iniziato a tirarlo!»
«E
ha scatenato una rissa» mugugna Zoro.
«Nella
quale siamo finiti in mezzo anche noi» aggiunge Sanji.
«Kendra
non era molto felice in effetti» celia Rufy sorseggiando un
succo di frutta.
«Certo
che non era felice, mentecatto!» gli ringhiano gli amici
«L’hai sollevata per
la vita e l’hai lanciata addosso a quel Buggy, urlando
“Per arrivare a me
dovrete prima superare la gemma viola!”»
Rufy
fa una smorfia dispiaciuta e gonfia le guance, avvicinandosi a Zoro, e fissandolo negli occhi con
aria da cucciolo.
«Ma
Kendra sa difendersi e poi ha davvero i capelli viola!»
«NON
È QUELLO IL PUNTO, PIRLA!»
«Come
siete noiosi, quel tizio mi aveva fatto bere
dell’alcool».
«Non
mi sembra una valida ragione per lanciare i tuoi amici come se fossero
fatti di
gomma!» esclama Sanji ciccando per terra.
«Anche
perché è finita con voi due che le avete prese da
Kendra e siete stati
arrestati dalla polizia per disturbo della quiete pubblica»
ridacchia Sabo.
«Già»
mugugna Roronoa «E voi stronzi ci avete lasciato dentro per
tutta la notte! E
due ore dopo che siamo entrati hanno portato dentro l’intero
giro di mignotte
del giro di travestiti di Ivankov!»
«Tutta
vita, bello mio» balbetta Ace tra i singulti di riso.
L’intera
tavolata scoppia in un riso convulso; per l’euforia,
Cavendish si sbilancia e
cade dalla sedia, facendo aumentare ancora di più il livello
generale di
isteria. Bonney si lascia scivolare all’indietro, finendo per
ritrovarsi seduta
sulle ginocchia di Drake.
«Sei
comoda?» le domanda con una vena sarcastica nella voce.
«Parecchio»
Jewls sorride facendo scorre le sue gambe su quelle
dell’uomo, mentre lo
sguardo rimane fisso a osservare Bartolomeo e Rebecca che aiutano
Barbie a
rialzarsi.
«Quindi
quante volte sei stata dentro?» domanda lo sceriffo
allungando il braccio verso
il tavolo per prendersi il suo bicchiere.
«Qualcuna»
borbotta lei, versandogli della birra «Ma mai per motivi
seri».
«Tipo?»
il suo viso è così vicino che può
sentire il soffio leggero delle sue parole
sulla cima del capo, ma non si sposta, anzi continua a sorridere e si
sistema
meglio sulle sue gambe.
«Tipo…
Oh, beh, un paio di volte per rissa, schiamazzi, possessione di
stupefacenti –
ma ti assicuro che era erba e in quantità legale –
oltraggio al pudore e
oltraggio a pubblico ufficiale. O e turpiloquio».
«Chissà
perché non sono stupito, soprattutto per
l’ultima».
«E
non hai ancora visto niente» sussurra Bonney piegando la
testa all’indietro e
chinandosi sul suo orecchio «Dovresti sentire cosa posso dire
a letto».
Drake
quasi si strozza con la birra e inizia a tossire convulsamente,
spostandola di
lato.
«Vado
a fare due passi» borbotta.
«Vuoi
che venga con –»
«No!
PER l’AMOR DEL CIELO! Resta lì».
«Ti
ha liquidata?» domanda gentilmente Nami sedendosi di fianco
all’amica.
«Forse
ho esagerato con le provocazioni» ammette pacatamente Bonney
sollevando le
spalle e appoggiando la testa sulla spalla dell’amica
«Nami…»
«Che
c’è?»
«Mi
canti qualcosa?»
«Sai
che non –»
È
la testa mora di Rufy quella che le compare davanti e che con occhi da
bambino
le sorride; Nami non si aspettava una persona simile, non qualcuno con
un cuore
così puro e un sorriso così gentile, sbuffa,
mentre il ragazzo non smette di
fissarla.
«Anche
io vorrei sentirti cantare».
Si
sente arrossire leggermente e si dà della cretina,
perché quando mai lei
arrossisce?
«Va
bene» borbotta «Ma solo se Zoro canta con
me».
«Una
in coppia e una da sola?» cerca di intercedere Bonney.
«Ma
così canterei due volte! La mia voce non è mica
qui perché possiate tutti
bearvene! Cos’è mi pagate?! Vi
addebiterò dieci dollari a testa!» borbotta
avvicinandosi a grandi passi a Roronoa e piegandosi sul suo orecchio.
«Strozzina
merdosa» sibila Kidd tra i denti, ricevendo un accendino
dritto in mezzo agli
occhi «PSICOTICA!»
«Sai
Kidd» borbotta Killer fissandolo con aria di commiserazione
mentre gli prende
la chitarra dalle mani e attacca con una melodia ben nota «A
volte mi chiedo se
tu non sia un po’ masochista nel profondo»
Il
rosso gli sventola il dito medio in faccia e va ad accasciarsi per
terra,
appoggiandosi a un albero e accendendosi una sigaretta, mentre la voce
di
Roronoa inizia a sillabare le prime parole.
«From the
dusty mesa, her looming shadow
grows, hidden in the branches of the poison creosote».
«Pff,
non è nemmeno una vera canzone» sibila tra i denti
ispirando.
«Ma
gli Handsome Family sono un vero gruppo» replica Law.
Eustass
non saprebbe dire quando sia arrivato, né capisce davvero
cosa voglia da lui,
ma solleva le spalle senza replicare e gli allunga il pacchetto di
sigarette
oramai semivuoto.
«She twines
her spines up slowly towards the
boiling sun, and when I touched her skin, my fingers ran with blood».
«No,
grazie, non ne fumo mai più di tre al giorno».
«Peggio
per te».
«Non
credo. Quella roba ti ucciderà Eustass-ya».
«Piantala»
borbotta il ragazzo, sbuffando, mentre Nami attacca a cantare.
«In the
hushing dusk, under a swollen silver
moon, I came walking with the wind to watch the cactus bloom».
«Di
fare cosa?» le dita di Law sono lunghe e affusolate e gli
rubano la sigaretta
di mano ancora prima che se ne accorga, come a contraddire
ciò che gli ha
appena detto.
«Di
chiamarmi così».
«È
per il “ya”? È solo una vecchia
abitudine, o è il tuo nome nella mia bocca a
infastidirti, Eustass?» aspira piano e gli ripassa la
sigaretta mentre volute
di fumo sottile si sollevano verso l’alto.
«A strange
hunger haunted me; the looming
shadows danced. I fell down to the thorny brush and felt a trembling
hand».
Kidd
storce il naso e si gira verso di lui.
«Anche
se mi chiami per nome non riesci a nascondere il velo di disgusto che
provi nel
guardarmi; fai un favore a entrambi Law, non chiamarmi
proprio».
Fa
per alzarsi, ma Trafalgar allunga il braccio e lo afferra per il polso
ritirandolo a terra; ignora il ringhio che si forma sulle labbra semi
aperte
del ragazzo e prende a parlare.
«Ti
sbagli. Non è disgusto».
«Allora
cos’è? Commiserazione? Pietà? Anche
peggio, direi».
«Dammi
tregua, Eustass-ya».
«When the last light warms the rocks and the
rattlesnakes unfold» la voce di Zoro e quella di
Nami si mescolano nelle
loro orecchie, ma i due giovani non paiono accorgersene «Mountain cats will come to drag away your bones».
«Ero
davvero convinto di essere etero fino a ieri, non ti guardo con
disgusto, sono
solo curioso».
«Fattela
passare, non sono un paziente. Non devi studiarmi».
«E
io che pensavo che giocare al dottore potesse piacerti» le
sue labbra si
stirano in un sogghigno divertito, perché ha appena scoperto
che prendere in
giro Kidd è molto più appagante che guardarlo da
lontano e lanciargli contro
madonne.
«Vaffanculo,
Tafalgar» sbotta il giovane alzandosi in piedi e questa volta
allontanandosi
per davvero.
«Ti
piacerebbe» mormora Law, quando oramai Eustass è
troppo distante per sentirlo.
«And rise
with me forever across the silent
sand, and the stars will be your eyes and the wind will be my hands».
«Hai
stonato una volta» sbotta Kidd sedendosi al tavolo e
lanciando un’occhiataccia
a Zoro, come se avere stonato comportasse l’inizio di una
qualche impellente catastrofe.
«Tu
di stonato hai solo il cervello, pirla».
«Oh,
ma la finite, che Nami è in buona e magari ci fa un
solo?» borbotta Bonney
prendendoli a calci negli stinchi, mentre la rossa scoppia a ridere e
attacca
nuovamente. Questa volta la voce è più sommessa e
più pacata; Nami non è
abituata a cantare a lungo, non ha la stessa potenza canora di Bonney,
né il
timbro marcato dei suoi amici, ma non è male e ogni tanto
riscopre il piacere
di far uscire con la musica le emozioni che le attanagliano il cuore.
«Meh,
ma questa è solo un’altra cazzo di
sigla» borbotta Kidd attaccandosi al collo
della bottiglia di gin.
«Stai
zitto, Kiddo, e rilassati».
«Sing
me a song of a lass that is gone
Say,
could that lass be I?
Merry
of soul she sailed on a day
Over
the sea to Skye
Billow
and breeze, islands and seas
Mountains
of rain and sun
All
that was good, all that was fair
All
that was me is gone
Sing
me a song of a lass that is gone
Say,
could that lass be I?
Merry
of soul she sailed on a day
Over
the sea to Skye»
«Non
sono sicuro che sia una buona idea».
«Fantastico,
grazie per avere condiviso il tuo pensiero, ora continua a
camminare».
«E
se Rebecca dovesse cadere?»
«Non
cadrò, non preoccuparti».
«Sentito?
Non cadrà, muoviti».
«Piantala
di darmi, anzi darci, tutta questa confidenza. Non ti sei nemmeno
scusato per
oggi».
«Cosa
vuoi farci, la carta da lettere l’ho finita».
«La
piantate? Già non vedo niente, se poi mi distraete pure ci
perdiamo sicuro!»
«Scusa».
Hanno
superato da qualche minuto l’area illuminata di Supai e si
sono lasciati il
campeggio alle spalle; la luna illumina il cammino, facendo capolino
tra le fronde
degli alberi, mentre alle loro spalle il chiacchierio allegro dei loro
amici e
degli abitanti del villaggio va facendosi sempre più vago.
Non
sanno bene di chi sia stata l’idea, chi l’abbia
proposta la prima volta; forse
è partito tutto da un desiderio di Rebecca, o dalla
volontà di Cavendish di non
mandare tutto a madonne ancora una volta (perché anche se
non tutti lo sanno,
in realtà è un esperto nel mandare a monte
relazioni), o forse, ancora, dal
tentativo di Bartolomeo di fare qualcosa di diverso, di piacevole,
qualcosa di
unico.
Così
continuano a camminare, a tratti uno di fianco all’altro, a
tratti in fila
indiana, alla ricerca di uno spiazzo adatto su cui sdraiarsi e guardare
le
stelle; la spessa coperta che Bartolomeo porta sulle spalle pare
stranamente
leggera e la brezza che li investe sembra invitarli a proseguire.
«Non
li trovo…»
«Beh,
tu cerca meglio, sono qui da qualche parte».
«Scusate,
ma se facessi luce col cellulare?»
«Sei
impazzita? Vuoi che ci scoprano!?»
«Senza
contare che un vero uomo non ha bisogno di alcun aiuto, ti ricordi
quell’episodio
di –»
«NO.
Non l’ho visto. Non lo voglio vedere. Cerca. Le.
Scale».
«Se
avete finito, le ho trovate».
«Sei
fantastica, Rebecca».
«Se
le saliamo anche, anzi, fermi tutti. Vado avanti io. La mia brillante
presenza
non può che illuminarvi il cammino».
«Ouch!»
«Muoviti!»
«Volete
fare piano?! Se ci scoprono ci multano di sicuro!»
«Oddio,
sono morto. Nami mi affoga nel lago…»
«No,
se cammini e stai zitto».
«Zitto
tu, gallinaccio!»
«Silenzio!»
Ci
mettono qualche minuto a risalire tutte quelle scale, sono umide e
sconnesse e
richiedono una buona dose di attenzione, soprattutto al buio. Quando
raggiungono la cima, si trovano sulla mesa, l’altopiano
roccioso che circonda
Supai come in un abbraccio; hanno le mani escoriate e sono di nuovo
sporchi di
terra, ma a nessuno di loro importa davvero, perché da
lassù ogni cosa è
illuminata dalla luce della luna, e le stelle brillano alte nel cielo,
più
visibili che mai.
Rebecca
si fa passare la coperta da Bartolomeo e con cura la stende per terra,
allontanandosi sapientemente dal bordo del precipizio; il terreno
è sconnesso,
brullo e pieno di sassi, e tutti e tre sono consapevoli che si
fracasseranno la
schiena, ma ne vale la pena.
Rebecca
si sdraia nel mezzo, Bartolomeo alla sua destra, Cavendish alla
sinistra, sono
sdraiati quasi in cerchio e le loro teste si incontrano al centro della
coperta;
è una sensazione strana la sua, si sente in equilibrio, come
appesa a un filo,
sente che sta camminando sul limite e che alla minima folata di vento
potrebbe
cadere e vedere tutti i suoi sogni e le sue speranze per il futuro
infrangersi.
Allunga una mano a cercare la stretta calda e rassicurante di
Bartolomeo, ma
non osa girarsi, non osa guardarlo negli occhi per timore di vederci
riflessa
una verità a cui sono ore che cerca di non pensare.
«Qualcuno
di voi conosce le stelle?» domanda Cavendish con voce
vagamente perplessa.
«Certo,
ho visto tutti gli episodi dei Cavalieri dello Zodiaco! Sono
espertissimo!»
esclama Bartolomeo, forse un po’ troppo esaltato, strappando
una risata ad
entrambi i presenti.
«Sentiamo
l’esperto» ironizza il biondo sorridendo.
«Allora
vedi quella roba là? Quella che tipo sembra un carretto?
Ecco quella lì è l’orsa
minore, quella indica il nord, anche se quella figa
nell’anime è l’orsa
maggiore, che è il carro grosso di fianco, perché
ci sono tipo i cavalieri di
Asgard che rappresentano le stelle».
«Oh.
Cristo».
«Sei
una piaga, biondino, Rebecca mi ascolta sempre senza
lamentarsi!» borbotta
Bartolomeo stringendo leggermente la mano della sua ragazza
«Vero?»
«Certo,
ma non è che Cavendish abbia proprio, proprio
torto…» mormora lei trattenendo
un sorriso.
«Vi
siete coalizzati contro di me? Oh, beh, allora ammirate quelle
là. Guardate si
vedono anche l’Ofiuco e l’Aquario!»
«Quelle
là quali?!»
«Quelle
lì, che girano e tipo fanno un quadrato e l’altra
fa una retta e tipo, oh,
insomma! Non le vedete?»
«NO!»
esclama Cavendish «Ti esprimi come un australopiteco sbronzo,
cazzo!»
«Scusa
tanto, signorino perfezione, cercatele da solo se sei tanto
bravo!»
«Bambini,
finitela, non potete semplicemente ammirare le stelle e basta?
È stata una
giornata impegnativa per tutti, non credete?» li interrompe
Rebecca stringendo
la mano di Bartolomeo e allungando la sinistra ad afferrare quella di
Cavendish.
Il
biondo trattiene un moto di sorpresa nel ritrovarsi improvvisamente con
quella
piccola mano nella sua, è un gesto inaspettato e gentile
eppure lo colpisce
come un pugno nello stomaco, perché per la prima volta il
ragazzo si rende
conto che non si tratta solo di lui e Bartolomeo. In quella storia
è coinvolta
anche Rebecca, col suo sorriso gentile e i suoi occhi pieni di amore; e
per la
prima volta quel giorno, Cavendish si domanda come possa sentirsi lei e
si dà
mentalmente dell’idiota.
«Mi
dispiace» borbotta seccamente.
«Cos-?
Ti stai scusando? Per cosa?» domanda Bartolomeo cadendo dalle
nuvole.
«Stai
zitto, imbecille, fammi parlare. Mi dispiace per avervi rovinato la
vacanza,
ecco».
«Credimi,
biondino, ho sempre saputo che saresti stato un bastardo, me ne ero
fatto una
ragione».
«No»
borbotta Rebecca, lasciandoli senza parole. Lascia le loro mani e si
mette a
sedere, girandosi verso di loro, che si rialzano quel tanto che basta
per
guardarla in faccia con gli occhi spalancati.
«Come,
scusa?»
«Ho
detto “no”. Nel senso, non è colpa tua
– cioè sì, essere uno stronzo
è colpa
tua! Come puoi pensare che stia davvero bene a qualcuno sentirsi dire
una cosa
simile?! – ma non è colpa tua se vi siete
incontrati. Non sei tu a scegliere il
tuo Basher, è il Basher che sceglie te».
Cavendish
sospira, lanciando un’occhiata di traverso a Bartolomeo, che
lo guarda
scuotendo il capo come a dire “E ora che
facciamo?”. E non sa cosa lo irriti di
più, se il fatto che riescano a capirsi pur non conoscendosi
affatto, o che
nessuno dei due sappia come consolare Rebecca, perché le
parole non sempre sono
facili da trovare quando in gioco che la felicità di
qualcuno.
«Rebecca»
comincia il biondo fissandola negli occhi «Ci credi davvero?
Io sono convinto
che Nami abbia ragione, è una questione di scelte, anche
quando sembra che tutto
sia già predestinato. C’è sempre una
scelta, l’importante è cercare di fare
quella giusta».
Le
appoggia una mano sul capo, in una carezza gentile, mentre Bartolomeo
tira su
col naso e l’attira verso di sé, in un abbraccio.
«Non
voglio che tu te ne vada» piagnucola, affondando il viso nel
suo collo e
strappandole un sorriso «Non mi importa del tatuaggio, voglio
stare con te».
Continua
a piagnucolare per qualche minuto, come un bambino che stringe a
sé il suo
tesoro, nel momento in cui vede che potrebbe venirgli strappato dalle
mani; e
non importa se è il contrario di quanto potrebbe accadere in
quel momento,
Rebecca è tutto e non vuole vederla andare via. Rebecca
c’era quando
guardandosi allo specchio Bartolomeo non vedeva altro che un mostro
sproporzionato, c’era quando si sentiva depresso e non
riusciva a fare a meno
di pensare a quelle parole tatuate sulla sua pelle, c’era
quando nel cuore
della notte si svegliava per un incubo; Rebecca
c’è, c’è sempre stata e lo ha
sempre accettato per la persona che è, arrivando a
innamorarsi di lui
nonostante tutto.
No,
Bartolomeo non vuole lasciarla andare, non importa quanto sia attratto
da
Cavendish, non importa quanto il ragazzo lo incuriosisca (e non
può negare di
esserne affascinato, perché sarebbe una menzogna), Rebecca
viene prima di tutto
il resto.
Il
biondo si alza in piedi e sospira con aria teatrale, dopotutto era solo
logico
che non sarebbe andato tutto bene, quando mai le sue relazioni andavano
bene?
«Credimi,
Rebecca» borbotta portandosi una mano alla fronte
«Fa più male a me che a te,
ma tutto questo non può funzionare! Adios, mis
amigos!»
Bartolomeo
e Rebecca lo fissano in silenzio per qualche istante, quindi si
guardano negli
occhi e scoppiano a ridere entrambi; non che gli dispiaccia sapere che
il suo
gesto è apprezzato, ma vederli ridere? E lui che si stava
impegnando per fare
qualcosa per qualcun altro. Fanculo l’altruismo!
Si
gira piccato e fa per incamminarsi verso la scala, pregando
silenziosamente di
non cadere di sotto, quando la voce di entrambi lo richiama indietro.
«Cavendish,
aspetta!»
«Cosa?»
borbotta girandosi, per poi spalancare gli occhi alla vista di due mani
tese
verso di lui.
«Resta»
dice semplicemente Rebecca sorridendo, mentre Bartolomeo lo fissa con
aria
vagamente imbronciata, una mano verso di lui, l’altra stretta
intorno alla vita
della ragazza, come a dire che c’è spazio per
entrambi.
Si
sente scoppiare a ridere, mentre le sue dita si intrecciano a quelle di
due
persone diverse; ed è una sensazione insolita e strana, ma
va bene così, si
dice avvicinandosi, per la prima volta va bene così.
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Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Far from any road – Parte #2 ***
Autrice:
Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo:
Walk like an Egyptian
Capitolo:
Far from any road – Parte #2
Fandom:
One Piece
Personaggi:
Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer,
Trafalgar Law,
X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace, Sabo,
Sanji
Pairing:
Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake,
Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami, implied!Sabo/Koala
Rating:
vagamente
nsfw
Genere:
slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti:
soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole:
7088, senza testi delle canzoni.
Note:
ora mi diverto
con un’altra sfilza lunghissima di
note! Allora, prima di tutto grazie a Kuruccha per avere betato il
capitolo che
mi ha fatto pensare non poco. Nel complesso sono soddisfatta e spero
che
possiate apprezzarlo anche voi. Poi, Crì, tesoro, la storia
è una ZoNami, giuro.
Giuro che va a parare lì, ma gli audio con la Rem li ho
apprezzati tanto lo stesso.
Sul piano tecnico, anche se so dimenticherò roba:
- Le
canzoni di questo capitolo sono: Welcome
to
Tijuana, Manu Chao; Principe
Alì, Aladdin; Space Oddity, David
Bowie; Hooked on
a feeling, Blue Swede.
-
C’è una pseudo citazione di “A qualcuno
piace
caldo” nella scena con Bonney e Drake, se non avete visto il
film si tratta di
questa
scena.
- Nullius in
Verba significa “Non dare fiducia alle parole di
nessuno”; E pluribus unum,
significa “Da molti,
uno soltanto” (ma la battuta sull’ano è
chiaramente una reference di Community);
Semper Fidelis, è il
motto dei
marines; Nomen Omen, significa
“Il
nome è un presagio” o “Un nome un
destino”, “Il destino nel nome” insomma
avete
capito il concetto.
- Se
avete domande sulla parte del museo e sui
personaggi storici citati, non fatevi problemi e chiedetemi. Allo
stesso modo
se non siete sicuri di chi siano i personaggi a cui faccio allusioni
(anche se
si dovrebbe capire dalle descrizioni) domandate!
- Le
zebre a Tijuana ci sono davvero, almeno secondo
i turisti; inoltre vi sconsiglio di avventurarvi nella Zona Norte da
soli,
perché è il quartiere a luci rosse, anche se
rimane l’unico posto dove vi
vendono una birra dopo le 18.
- Zoro/Nami o Rufy/Nami? Come dicevo, la storia è una
Zoro/Nami e si concluderà con questo pairing, MA per tutte
le fan della RuNami che leggono, se ci sono, credo che vi
piacerà comunque dove voglio andare a parare con il loro
rapporto.
-
ATTENZIONE! Ho deciso di mantenere il rating della
storia arancione perché il sesso non è
assolutamente il punto di tutto questo,
però in questa scena c’è una piccola
scena nsfw tra Bonney e Drake, è
brevissima, e a malapena descritta, ma io ve lo dico. Also, non incide
sulla
trama, se vi sconvolge potete saltarla.
- Ho
cercato di approfondire ancora un po’ l’ambito
sociale evidenziando un po’ come questa società
veda le anime gemelle e palle
varie. Non mi ci sono dilungata troppo, ma credo che in futuro
tornerò sull’argomento
matrimoni.
- Come
in futuro? Il prossimo è l’ultimo capitolo!
OMG DI GIA’?! Non ce la posso fare!
Walk
like an Egyptian
5.
Far from any road #2
Non
ricorda come si siano conosciuti lui e Rufy.
A
detta di Ace, che all’epoca di anni ne aveva sei, avevano
fatto a cazzotti per
chi dovesse salire sullo scivolo per primo; quando, però,
erano stati
interrotti da un certo Hermeppo, di poco più grande di loro,
che li aveva
spintonati via per salire, avevano deciso di fare una tregua per
poterlo
picchiare. Ace gli aveva raccontato che dopo era dovuto scappare
trascinandoseli dietro, inseguito dalle urla rancorose del padre del
bambino,
un tale Morgan, un tizio del tutto poco raccomandabile.
Da
quel momento Zoro era sempre stato con loro, ogni momento della
giornata; suo
padre si lamentava spesso che tornasse a casa solo per mangiare e
dormire, ma
non gliene aveva mai fatto una colpa, né aveva mai posto
restrizioni alla sua
libertà. Così il piccolo Roronoa era cresciuto
facendo a botte con gli altri
ragazzini, frequentando la palestra con Johnny e Yusaku, e trascorrendo
tutto
il resto del suo tempo assieme a Rufy, a incitare Sabo ed Ace che si
facevano
belli di fronte a loro o attaccato alle console a giocare. E il tempo
era
passato, era arrivato Sanji e il duo era diventato un trio, ben
distinto da
quelli che erano gli amici della palestra.
Prima
che se ne rendessero conto avevano compiuto sei anni e i loro tatuaggi
si erano
materializzati, ognuno in un posto diverso, su quei corpi ancora acerbi
da
bambini; ricordava fin troppo bene il giorno in cui si era svegliato
con quel
fastidio alla schiena. Era corso da Rufy ansioso di dimostrargli che
finalmente
era diventato grande – perché, come diceva sempre
Ace per prenderli in giro,
senza Basher non erano che dei mocciosi senza speranza – e
aveva trovato il suo
amico intento a osservarsi il polso con aria stupita. Rufy lo aveva
guardato e
gli aveva chiesto: «Secondo te va via?»
Erano
scoppiati a ridere entrambi, mentre con curiosità
esploravano le rispettive
scritte, fissando quel carattere asettico che caratterizzava i tatuaggi
di
tutti, ammirando le parole e facendo ipotesi sul loro significato. Poi
si era
unito Sanji, mostrando con orgoglio la sottile scritta alla base del
collo, “Levati di mezzo”
diceva e per qualche
tempo i suoi amici non avevano fatto altro che dirglielo, prendendolo
in giro. All’epoca
erano solo bambini, non avevano idea di quanto quelle semplici frasi
avrebbero
influito sulle loro vite.
In
fondo era solo normale, no? Non era così per tutti?
La
gente si cercava per tutta la vita, si incontrava e si sposava guidata
da quel
segno sulla pelle, i genitori dicevano ai figli di cercare la loro
anima
gemella, cercando di limitare il più possibile che uscissero
con le persone
sbagliate, che in molti caso erano davvero considerate sbagliate
dall’intera
società perché non erano la metà
giusta, non era destino; gli insegnanti
incentivavano gli studenti a comunicare tra di loro, a conoscersi, non
solo tra
membri della stessa classe; i comuni organizzavano veri e propri
incontri “Trova il tuo soulmate”,
per incentivare
le probabilità di scoprire chi fosse, e lo stesso facevano
le aziende, le
università, gli uffici.
Non
che le famiglie Monkey e Roronoa facessero troppa attenzione a queste
cose; il
padre di Zoro era rimasto vedovo che il figlio era ancora molto piccolo
e non
si era mai preoccupato delle possibili conseguenze della solitudine:
«In fondo»
diceva spesso «Sono stato fortunato. Ci sono persone che non
incontrano mai la
loro anima gemella e rimangono sole e disperate per tutta la vita. Io
almeno ho
avuto tua madre».
Garp,
allo stesso modo, non sembrava per nulla interessato alla faccenda,
ripetendo
spesso ai nipoti che non era affar suo chi frequentassero, che lui non
voleva
saperne niente e che, se anche fossero rimasti feriti da una relazione
andata
male, beh, era tutta salute. Ciò che non ti uccide ti
fortifica e sei ti uccide
sei tu che sei un cretino per esserti fatto mettere sotto.
Poi
era arrivata Kuina ed era cambiato tutto. O meglio, era stato un
cambiamento
graduale, ma Zoro aveva iniziato ad attendere i giorni
dell’allenamento almeno
quanto attendeva i suoi pomeriggi con Rufy, aveva imparato a capirla
con uno
sguardo e a sentirsi capito con un solo cenno. Era stato bello ed era
stato
appagante. Ricordava lo sguardo geloso di Rufy i primi tempi: sporgeva
le
labbra verso l’esterno e si lamentava che Zoro trascorresse
troppo tempo con
quella ragazza e poco con lui. Erano ancora gli anni delle elementari,
ma era
stato proprio in quel periodo che il loro universo aveva preso forma,
che i
loro legami si erano stretti ed erano diventati indissolubili.
Prima
c’erano stati solo lui e Rufy, poi a loro si era unito Sanji.
E quindi era
arrivata Kuina. Ma Kuina non era come le altre bambine, non aveva mai
cercato
di intromettersi nelle loro dinamiche di gruppo e non aveva nemmeno mai
cercato
di farne parte. Non le interessavano gli altri, il tempo che passava
con Zoro
in palestra per lei era sufficiente, perché quelle ore erano
loro e basta.
Così
la vita di Zoro era trascorsa come divisa in due, metà
dedicata ai suoi amici,
l’altra metà dedicata agli allenamenti e alla
scoperta di quel sentimento che
gli adulti chiamavano amore. Kuina era stata una presenza costante
nelle sue
giornate, e gli bastava un suo sguardo, una sua parola
perché anche il più nero
dei malumori si placasse un poco; era stata il suo primo bacio, le sue
prime
carezze goffe sotto la maglietta a sfiorare dei seni ancora acerbi, la
sua
prima erezione silenziosa sotto la stoffa dei pantaloni. Era stata il
suo primo
tutto.
Quando
avevano fatto l’amore, pur senza avere alcuna esperienza, era
stato come
tornare completi di nuovo, e non aveva importanza quanto fosse stato
difficile
arrivare a quel punto o che problemi avessero avuto ad aprire quel
maledetto
preservativo, o ancora che all’inizio non sapessero bene da
che parte girarsi.
Era stato bello ed era stato come essere travolti finalmente dalla
consapevolezza di non essere soli, mai. Zoro, che all’epoca,
a soli quindici
anni, ancora non conosceva bene il sesso, non aveva avuto bisogno di
esplorare
quel corpo steso sotto il suo, perché istintivamente sapeva
dove andare ad
accarezzarla, dove appoggiare le labbra e quali punti sfiorare
perché la
ragazza potesse provare piacere. Non era intuito, era il Basher, ma
all’epoca
lui non ne aveva idea e pensava fosse la normalità.
Quando,
a sedici anni, un pirata della strada travolse Kuina, per Zoro fu come
se il
tempo si fosse fermato. I suoi amici lo videro rinchiudersi e sfiorire
e mentre
Sanji usciva e iniziava a frequentare qualunque ragazza fosse disposta
a dargli
una chance, Zoro rimaneva con Rufy in casa, a giocare ai videogiochi, a
guardare telefilm, a sfogliare svogliatamente le pagine di libri per
cui non
provava interesse alcuno. Arrivò Kendra e per un
po’ le cose parvero
migliorare, e alla fine, dopo un paio di anni, sembrò che il
ragazzo si fosse
ripreso, ma Sanji, Rufy e chiunque lo conoscesse da sempre avevano
continuato a
percepire l’ombra che leggera lo accompagnava costantemente.
A
distanza di dieci anni, ora, Zoro osserva il suo riflesso
nell’acqua azzurra
del lago, increspata unicamente dal flusso continuo che si riversa al
suo
interno dall’alto della cascata.
«Non
è che proprio mi piace quando mi tieni il muso»
borbotta Rufy sedendosi di
fianco a lui senza chiedere permesso, stringendo il cartone di un succo
di
frutta al mirtillo e osservando l’amico con una smorfia.
Roronoa
scoppia a ridere, bevendo un sorso di birra, quindi gira il volto verso
di lui
e sogghigna leggermente.
«Non
ce l’ho con te, demente! È solo che non me lo
aspettavo».
«Figurati
io, perché non mi hai mai detto che brucia?!» si
lamenta Rufy lasciandosi
cadere sulla schiena e portando le mani dietro la testa.
«Non
è che ci abbia fatto troppo caso all’epoca. A sei
anni non facevamo altro che
fare a botte, ricordi?» risponde Zoro appoggiandosi contro un
albero, in modo
tale da rivolgere il viso verso l’amico.
«E
chi se lo scorda. Non so se ne abbiamo prese di più da
quelli del gruppo di Ace
o da mio nonno».
«Decisamente
da tuo nonno» borbotta Roronoa massaggiandosi il capo al solo
pensiero «Quel
vecchiaccio si divertiva a prenderci a cazzotti, te lo dico
io!»
«Ti
ricordi quando ha promesso di portarci in campeggio e ci ha lasciati da
soli
una settimana?»
«Ricordo
perfettamente che dopo due giorni eri pronto a darti al cannibalismo,
ma non
avevi il coraggio di uccidere un coniglio».
«Ma
erano carini e bianchi» borbotta Rufy «E poi
abbiamo risolto quando Ace è
andato a derubare i turisti».
Zoro
scoppia a ridere, ripensando alla fuga nel bosco inseguiti da
villeggianti in
camper piuttosto incazzati, armati di rastrello; sposta lo sguardo
sulla
cascata e sospira impercettibilmente.
«Non
ho intenzione di portartela via» mormora piano il moro
calandosi sugli occhi il
cappello di paglia che porta sempre con sé.
«Credo
che la scelta sia anche sua, Rufy» Zoro sorride mestamente.
«Lo
sai che Sabo si è unito a quelli del Nullius
in Verba –»
«Che
c’entra?! Ma tra l’altro perché? Lui e
Koala sono anime gemelle, no? Il Nullius in
Verba non è mica quel partito
che promuove le coppie non destinate?»
«Dice
che tutti dovrebbe avere una scelta e che quelli là degli
ani dicono solo
cazzate».
Zoro
scoppia a ridere, correggendo l’amico «E
pluribus unum, Rufy. Come fai a confonderti? È il
motto nazionale degli
stati uniti d’America, tuo nonno lo ha stampato insieme a Semper Fidelis e lo ha appeso nella
vostra camera da letto!»
«È
la stessa cosa» borbotta il giovane «Io comunque
credo che abbia ragione».
Roronoa
non risponde, in attesa che l’amico continui. Non capita
sempre che faccia
discorsi lunghi, o peggio, profondi, ma le rare volte in cui accade
bisogna
lasciarlo parlare, dargli tempo, perché per Rufy trovare le
parole giuste è
sempre stato importante e difficile.
«Non
ti vedevo così rilassato da anni, da quando Kuina era
viva» mormora Rufy, senza
farsi problemi a pronunciare quel nome «E non so quanto
effettivamente cambi
non essendo Nami la tua anima gemella, ma io ti vedo felice.
Sinceramente mi
basta».
«È
diverso» borbotta
Zoro fissando il fondo
della bottiglia ormai vuota «Con Kuina non c’era
bisogno di parlare, lei sapeva
e basta; con Nami è l’opposto, a volte non capisco
a cosa stia pensando e non
riesco a tirarglielo fuori nemmeno con le pinze, mi fa salire il
nervoso e
spesso si diverte a prendermi in giro. La nostra storia è
tutt’altro che
perfetta».
Questa
volta è Rufy a non replicare, consapevole di quanto sia
difficile per Zoro
essere onesto sui suoi sentimenti.
«Però
è per questo che la amo» borbotta portandosi una
mano al viso e coprendo
parzialmente la bocca «Ho scoperto il corpo di Nami poco a
poco, ho imparato a
conoscerla, ho dovuto capire da solo il significato dei suoi gesti e
delle sue
occhiatacce. Ho accettato i suoi difetti e lei ha accettato i miei,
compensandoli con tutti quei pregi che non sempre gli sconosciuti
riescono a
vedere. Stare con Nami è una scoperta, Rufy. Qualcosa che
non avrei mai creduto
possibile e non sono sicuro di volerci rinunciare».
«Ma
dipende da lei, giusto?»
«Sì.
Non ho intenzione di impedirle di fare niente, così come non
ho intenzione di
impedirlo a te. Sei il mio migliore amico, Rufy, quale che sia la
decisione che
prenderete sono sicuro che sarà quella giusta».
Rimangono
in silenzio per qualche istante, finché dal riverbero del
falò si avvicina
Nami, il passo deciso e l’aria di chi non ne può
già più.
«Roronoa,
io te lo dico, sto per ammazzare qualcuno» sibila irritata lasciandosi a cadere a
sedere «Lo sceriffo e
Bonney sono spariti e sinceramente non voglio sapere dove siano finiti
e Kidd
continua a litigare con quell’altro mentecatto!»
Zoro
si alza appoggiandole una mano sul capo.
«Ho
capito, ci penso io. Tu controlla che Rufy non si getti in acqua che
non sa
nuotare».
«Hey!
Non è vero!» borbotta l’amico
guardandolo allontanarsi «Ci tocco qui!»
Nami
lo guarda con la stessa aria che si rivolgerebbe al proprio cane
ritardato
mentre si sloga la coda dopo avere scodinzolato troppo forte e maledice
quel
punto, quella situazione, tutti i suoi amici e soprattutto Bonney.
Si
fissano in silenzio per qualche minuto finché Rufy, che si
era messo a sedere e
la osservava con interesse da una manciata di secondi, non domanda con
aria
perplessa: «Scusa, ma tu la fai la cacca?»
Nami
rimane interdetta, i suoi occhi spalancati, chiude lentamente le
palpebre e si
passa le mani sulle tempie.
«Io
me ne vado» sibila piano facendo per rialzarsi.
Il
ragazzo però la blocca per un polso, arricciando le labbra e
guardandola come
un cucciolo che sta per essere abbandonato.
«Eddai,
scherzavo, non andare via! Se poi Zoro torna e non ti trova? Finisce
che mi
pesta pensando che ti abbia rapito!»
«Sempre
che riesca a tornare qui senza perdersi» borbotta la rossa
sadicissima,
rimettendosi suo malgrado a sedere «Mi chiedo come abbia
fatto a sopravvivere
fino ad oggi!»
«Oh
beh, ha un ottimo istinto di sopravvivenza. E a dirla tutta
difficilmente lo
abbiamo mai lasciato andare in giro da solo, non dopo quello che
è successo in
Messico».
«Cos’è
successo in Messico?» domanda Nami improvvisamente
interessata.
«Non
so se posso dirtelo. Cioè a Zoro non piace che se ne
parli» mormora Rufy,
soppesando le parole «Però ora Zoro non
c’è, oh beh! Tanto prima o poi
l’avresti scoperto».
«Scoperto
cosa!?»
«Quando
avevamo diciott’anni io, Zoro e Sanji, abbiamo deciso di
andare in Messico.
Così siamo scappati di casa per un weekend, abbiamo preso la
macchina di Ace e
siamo arrivati a Tijuana».
«Welcome to Tijuana, tequila, sexo y
marijuana» canticchia la rossa con un sorriso.
«Sì,
beh, arriveremo anche a quello» ridacchia Rufy, cercando di
trattenersi dal
raccontare solo la parte divertente «Beh, comunque, passiamo
il confine, dopo
una serie infinita di controlli e decidiamo di darci alla pazza gioia
visto che
in Messico l’età minima per bere sono i diciotto;
così iniziamo a girare. Non
nego che all’inizio siamo rimasti un po’ perplessi,
con tutte quelle zebre e
nessuna scimmia».
«Immagino
la delusione» ironizza la ragazza.
«Tantissima!!
Hai idea di che figata sono le scimmie che ballano? Hai mai visto
Aladdin?! Io
mi immaginavo già Alì,
principe Alì, Ali Ababua!
Le sue scimmie son cento e son bianche! Che belle scimmie! Che belle
scimmie!»
Ok,
se l’è giocato, pensa Nami, sorridendo suo
malgrado; certo che tra tutti gli
spostati che poteva incontrare sul suo cammino…
«Rufy,
ti prego, non perdere il filo» mormora, stupendosi di quanto
le riesca facile
chiamarlo per nome, nonostante tutto.
«Sì,
giusto… Allora, dicevo, c’erano le zebre; ci
facciamo questo giro per la città,
ma ci accorgiamo che dopo le sei non servono più birra da
nessuna parte, così
un tizio del tutto affidabile – e giuro, Nami era davvero
affidabile, cioè
perché giudicare qualcuno dall’aspetto solo
perché ha le braccia tatuate ed è
truccato da donna? Comunque questo tizio si presenta, e ci dice di
chiamarsi
Von Clay e che conosce il posto perfetto per passare la serata migliore
della
nostra vita».
La
rossa comincia a capire dove il giovane stia per andare a parare e si
sistema
contro il tronco dell’albero, preparandosi a qualcosa di
divertente.
«Camminiamo
fino alla Zona Norte e finiamo a fare il giro dei locali, per la gioia
di Zoro,
che deve aver provato qualcosa come una decina di birre diverse, e
anche di
Sanji visto che apparentemente era anche la zona dei locali a luci
rosse ed era
pieno di donne. Solo che alla fine questo tizio ci convince ad entrare
nel
locale “di un suo amico”, un uomo con una cicatrice
che gli percorre tutta la
faccia in orizzontale».
Si
interrompe un secondo per prendere fiato.
«Beh, cosa mai potrà andare storto?
Mi
dico, peccato che il locale fosse una copertura per un cartello mafioso
e dopo
dieci minuti che siamo dentro. Dieci minuti. Arrivano dei tizi armati
fino ai
denti che si mettono a litigare con gli individui dietro al bancone.
Sanji si
sente chiamato in causa, visto che la barista è una donna,
peccato che i due
iniziano a scocciarsi e cacciano fuori una pistola, così,
onde evitare di
finire impallinati ce la diamo a gambe. Senza pagare. Dimenticandoci
Zoro
addormentato su una sedia».
Nami
scoppia a ridere.
«Beh,
fatto sta che Zoro si sveglia dopo mezz’ora e per niente
preoccupato di non
vederci più si ordina un’altra birra, la paga ed
esce incamminandosi per i
fatti suoi “verso la macchina”» racconta
Rufy mimando delle virgolette con le
dita «Peccato che la macchina l’avessimo
già presa noi e quella in cui si infila
decisamente non era la nostra, ma ehi, le chiavi erano nel quadro.
Prende e
sparisce».
«E
di chi era la macchina alla fine?»
«Di
uno dei membri del cartello, un messicano rasato dall’aria
seria. Zoro ci ha
chiamato dopo circa sei ore. Da Rosarito. Da Rosarito! Capisci?
È a 24
chilometri da Tijuana, verso sud!»
Nami
continua a sbellicarsi dalle risate, trattenendosi a stento la pancia.
«Pensi
che finisca qui? Ci chiama da Rosarito, e la sua voce è un
po’ strana “Credo di
avere rubato una macchina per errore” ci dice “e mi
sono perso” e fin qui tutto
nella norma. Poi il colpo di genio “Ci sono dieci chili di
eroina messicana nel
bagagliaio. Mi sa che sono morto”».
«Beh
deduco che alla fine si sia risolto tutto» ribatte Nami tra i
singulti di riso,
immaginandosi la scena.
«Sì,
siamo andati a riprenderlo, lo abbiamo pestato e con molta nonchalance
abbiamo
riportato la macchina indietro, lanciandola tipo a due isolati dal
locale e
siamo scappati. Da quel momento non lasciamo più andare Zoro
in giro da solo».
La
ragazza si riprende dopo qualche minuto e gli sorride, finalmente Rufy
riesce a
vedere il primo sorriso sincero della serata, il primo sorriso che non
nasconde
un’ombra e che lo porta a piegare a sua volta le labbra verso
l’alto. Nami è
bella, sono belli i suoi capelli mossi che ricadono delicati sulle
spalle, sono
belli i suoi occhi scuri, anche quando sono velati di tristezza, e Rufy
capisce
cosa ci abbia visto Zoro; non prova invidia, né gelosia,
semplicemente capisce
e forse ci riesce perché quella rossa dal cuore ribelle
è la sua anima gemella,
forse semplicemente perché conosce Roronoa da una vita e
oramai riesce da a
comprendere da solo cosa possa averlo smosso.
«Sai»
le dice togliendosi il cappello dal capo e utilizzandolo per farsi aria
«Credo
di capire ora».
«Cosa?»
domanda Nami con aria confusa, non riuscendo a seguire il ragionamento
del
ragazzo.
«Mio
nonno mi ha sempre detto di non fidarmi delle apparenze. Quando avevo
dieci
anni mi ha portato al museo, sai quello lì del Nomen Omen».
«Il
museo sulla storia del soulbonding a Miami? Ma è sulla costa
est!»
«Sì,
beh, cattò su me, Ace e Sabo e partimmo. Fu un viaggio
terribile» si lamenta il
ragazzo, rabbrividendo vagamente al pensiero «Quando
arrivammo ci costrinse a passare
tre ore in quel posto. Non so se si capisce, ma non sono proprio,
proprio un
fan dei musei, cioè, alcune cose mi piacciono, ma mio
fratello dice che ho
l’aria nella testa e mi distraggo subito e queste cose non
fanno per me».
Nami
sorride appena, trattenendo una risata di fronte a
quell’ammissione fatta con
così tanto candore.
«C’erano
un sacco di cose strambe, tipo arte dei tizi delle caverne, un sacco di
mani e
disegni brutti; c’era un video sulla disperazione dovuta al
rifiuto, come quel
tale, Van Gogh, che si era tagliato l’orecchio quando la sua
anima gemella
l’aveva lasciato indietro per andarsene in Polinesia. E poi
c’erano poesie,
scritte, foto di tatuaggi e altre cose noiose. Però mi
ricordo che ci eravamo
fermati di fronte a una sezione particolare e mio nonno era partito in
quarta
parlando del rapporto di Ottaviano, sai quell’imperatore
romano, e del suo
amico, Grappa –»
«Agrippa»
lo corregge brevemente Nami.
«Quello
che ho detto io. E si era dilungato un sacco, tipo dicendo che
l’imperatore era
stato sposato per tutta la vita con sua moglie, che apparentemente non
era la
sua anima gemella e alla fine ci aveva detto che a volte le apparenze
sono
infami come la carezza di una donna».
«Temo
di essermi persa» interviene la rossa, che non riesce davvero
a capire dove
voglia andare a parare Rufy, né perché si senta
improvvisamente in dovere di
raccontarle episodi di vita vissuta.
«Nicola
Tesla e Thomas Edison erano anime gemelle –»
«Tesla
ed Edison si odiavano…»
«Ma
l’ha detto la signorina al museo, quindi deve essere vero; ci
disse anche che
non potevano stare più di due minuti nella stessa stanza
senza cercare di prendersi
a parole».
«Rufy»
Nami comincia a perdere la pazienza «Il punto».
«Come
sei noiosa» borbotta il ragazzo, gonfiando le guance per il
disappunto «Ora ci
arrivo. Qualche ora più tardi, di fronte a un gelato, mio
nonno ci rivelò che
la sua anima gemella era un tizio di nome Roger. Un tale che aveva
cercato di
arrestare per tutta la vita e che alla fine era stato condannato a
morte per
spionaggio, tradimento della patria e altra roba che non mi ricordo.
Ricordo,
però, che la cosa che più mi colpì di
quel discorso fu che ci disse che lui,
quel tale, non l’aveva mai amato, non c’era mai
stato amore tra loro; rivalità,
senso di prevalsa, il brivido della caccia e la determinazione
nell’arrestarlo,
ma amore? Quello mai».
Nami
si sistema meglio, iniziando ad essere più interessata che a
disagio,
nonostante il discorso tocchi un argomento che di solito evita come la
peste.
«Io
non credo che essere l’anima gemella di qualcuno significhi
per forza doverlo
amare. Mio nonno rispettava Roger, lo ammirava e aveva stima di lui, ma
non c’è
mai stato spazio per l’amore. Ecco, quello che voglio
dire» borbotta Rufy
tirandosi in piedi e avvicinandosi alla ragazza con aria imbarazzata
«È che
Zoro è il mio migliore amico e con te è felice, e
io non so bene cosa stia
accadendo e cosa succederà adesso. Cioè Zoro dice
che devi decidere tu e a me
va bene, non so bene decidere cosa, però. E anche se non ti
conosco e ti ho
appena incontrato, ci sono arrivato da solo a capire che sei importante
per
tutti, e per Zoro più degli altri, quindi ho preso una
decisione».
«E
sarebbe?» questa volta non c’è sarcasmo
nella sua voce, solo sincera curiosità.
Rufy
le cala in testa il suo capello di paglia, sorridendo allegro.
«Ho
deciso che ti voglio nel mio gruppo di amici».
Roronoa
si avvicina al falò con aria disinvolta, andando a prendere
posto al fianco di
Sanji, intento a osservare le volute di fumo che si sollevano verso
l’alto.
«Ground
Control to Major Tom - Commencing
countdown, engines on. Check ignition
and may God's love be
with you» la
voce
calda di Killer risuona ancora per il canyon, mentre le mani esperte
del
ragazzo si muovono leggere sulla chitarra che Kidd ha lasciato da parte.
Il
rosso dal canto suo è ancora seduto a terra, la schiena
appoggiata contro un
albero, una sigaretta che pare fumarsi da sola e gli occhi socchiusi;
nessuno,
da quella posizione, nota come in realtà segua con
attenzione tutti i movimenti
di Trafalgar. Il modo in cui le sue dita sottili si chiudono attorno al
cellulare, lo sguardo che gli lancia ogni tanto di sottecchi, il
linguaggio del
suo corpo, che pare volersi isolare da tutti quelli che lo circondano.
Ogni suo
movimento parla a Eustass, raccontandogli qualcosa della persona che ha
di
fronte.
«No,
vi dico che non ho un contatto segreto alla stazione di
polizia» borbotta Ace
nel frattempo.
«Fammi
il favore» lo redarguisce Sabo con aria da fratello maggiore
«Non sei mai stato
capace di dire bugie!»
«Se
si tratta di una bella donna e non me l’hai presentata giuro
che ti uccido!»
ringhia Sanji.
«Quale
parti di “Stai per sposarti”
non ti è
chiara, cazzone?» sibila Roronoa pensando a quella povera
santa che se lo dovrà
ciucciare per il resto della sua vita.
«This is
Major Tom to Ground Control - I'm
stepping through the door and I'm floating in a most peculiar way. And
the stars look very different today».
«Vi
ha mai insegnato nessuno a farvi un padellino di cazzi
vostri?!»
«Quindi
c’è qualcuno!» esclama Sabo trionfante.
«Giuro
su Dio, domandatemelo di nuovo e mi do fuoco!»
«Come
siamo suscettibili» lo prende ancora in giro Roronoa,
allungando una mano lungo
il tavolo e afferrando, non senza esitazione, il pacchetto della
vergogna e
portandosi una sigaretta alla bocca sotto lo sguardo allibito di Sanji.
«Sei
fatto?»
«Non
dire stronzate, imbecille».
«Cos’è
la notizia del mio matrimonio ti ha sconvolto a tal punto?»
«Senti,
biondino, non te lo volevo dire così, ma il mio mondo non
gira tutto intorno a
te».
«E
meno male, sfigato. Sarebbe inquietante!»
«Though I'm
past
one hundred thousand miles I'm feeling very still and I think my
spaceship
knows which way to go. Tell my wife I love her very much, she knows.
Ground
Control to Major Tom - Your circuit's dead, there's something wrong. Can you hear
me, Major Tom?»
Kidd si
solleva lentamente, stufo di seguire quel
battibecco che non sembra andare da nessuna parte; sparisce in
direzione dei
bagni e ritorna dopo pochi minuti, infilando la testa nella sua tenda e
sdraiandosi a pancia all’aria con le mani dietro la testa.
Finalmente
un po’ di quiete. Non che lui sia un
tipo tranquillo, per carità, è il primo a farsi
tirare in mezzo quando si
tratta di fare casino, ma quella giornata è stata
più stancante del previsto. A
dirla tutta sono state le ultime ventiquattr’ore ad essere
state deleterie per
la sua psiche, per la precisione dal momento in cui quello spostato di
Trafalgar ha messo piede nella sua vita per la prima volta.
Eustass
vorrebbe poter dire che non gli interessa,
o che non ha atteso – come tutti – il momento in
cui avrebbe incontrato la sua
anima gemella, ma mentirebbe, e se c’è qualcosa
che Kidd detesta è chi mente a
sé stesso. La verità è che Trafalgar
gli interessa, ciò che più di tutto lo
irrita, però, è che non capisce se gli interessi
per una ragione valida (ed
effettivamente il culo di Law è un ottimo argomento) o se
sia solo per via del
legame che pare esserci tra loro.
Impreca
sommessamente, trattenendosi dall’accendere
l’ennesima sigaretta. Quando la cerniera della tenda si apre
con un ronzio
sottile, il giovane dà per scontato che sarà
Killer a entrare, ma le sue
aspettative vengono smontate completamente nel vedere che la testa che
si
infila all’interno è mora e non bionda.
«Che
cazzo fai?» ringhia, mettendosi a sedere.
«Secondo
te?» sibila Law per tutta risposta, troppo
stanco per sostenere l’ennesimo scambio di insulti con Kidd,
ne ha già avuto
abbastanza per quella sera.
«Trovati
la tua tenda e non fracassarmi i
coglioni!»
«Killer
ha detto che posso dormire qui, tanto il
vostro amico biondo è sparito con una coperta e dubito
tornerà prima di
domattina».
«Cavendish?
Ma cosa!?»
«Ho
la faccia di uno a cui frega qualcosa? Non
rompermi le palle e lasciami dormire» borbotta Trafalgar
sedendosi su uno dei
materassini da campeggio.
«No,
Trafalgar, non ti è chiaro. Leva il tuo culo
da questa tenda e spostalo nell’altra. È
più fresca, è più grande e ci sono le
stanze separate. Così che non debba vedere la tua faccia
tutta notte».
«Di
notte dormi, mentecatto. E mi dicono che sia la
tenda delle ragazze».
«Fotte
sega, esci Bonney e mandamela qui, poi
prendi il suo posto».
«Uscire
non è transitivo. Buona notte, Eustass-ya».
Kidd
rimane interdetto e continua a fissarlo per
qualche istante, mentre Law si toglie la maglietta e le scarpe e gli
dà la
schiena; osserva senza saper bene cosa dire tutti quei tatuaggi che gli
segnano
il corpo, domandandosi chi sia lo psicotico che ha assunto uno del
genere a
lavorare in ospedale.
«È
un teschio?» domanda sfiorando appena con la
punta delle dita, la figura inchiostrata sulla schiena nuda del moro.
Trafalgar
si scosta con uno scatto leggero.
«Non
toccare e dormi, Kidd» sibila rimpiangendo di
essere entrato nella tenda.
«Sei
uno spostato, Law, spero che almeno tu ne sia
consapevole».
«Preferirei
che a dirmelo non fosse uno con le
unghie laccate e il rossetto. Vai in giro più truccato di
Nami-ya, non lasci
mai tutta quella roba sul cuscino quando dormi?»
«Fatti
i cazzi tuoi, stronzo».
«E
finalmente ci sei arrivato. Ora dormi e
finiscila di trivellarmi i coglioni».
Kidd si
sdraia a sua volta, sente il calore del
corpo di Law troppo vicino alla sua schiena e mastica tra i denti
l’ennesima
bestemmia; è proprio vero, pensa cercando di prendere sonno,
che la vita è una
puttana.
«Secondo
me si ammazzano» mormora Zoro, ancora
seduto attorno al falò.
«Scommetto
dieci dollari che si fanno» rilancia Ace
sorridendo.
«Venti
che non succede niente» si unisce Killer,
riscuotendo un cenno di approvazione di Roronoa.
«Venti
che si pestano».
«Il
romanticismo voi non sapete nemmeno dove stia
di casa, eh» Sanji getta loro un’occhiata di sbieco
«Ok, al diavolo dieci che
il vostro amico attacca il mingherlino al muro».
«Oi,
Sabo» lo chiama il fratello «Tieni tu le
scommesse?»
«Ma
dov’è Bonney quando c’è da
giocarsi soldi sulla
vita sessuale di Kiddo?» domanda Zoro perplesso.
«Ah,
boh, è sparita da almeno mezz’ora».
E, in
effetti, circa una mezz’ora prima, Bonney si
era stufata di sentire tutte quelle chiacchiere inutili intorno al
fuoco, aveva
tirato leggermente Drake per una manica e si era diretta con lui verso
le
abitazioni.
Ora,
dopo la terza birra bevuta al bancone di
quello squallido bar nel mezzo del nulla, Francis ha qualche problema a
respingere le avances, molto poco velate, della ragazza che ha di
fianco.
«Bonney,
finiscila» sibila scostando per l’ennesima
volta la sua mano dalla coscia.
«Che
palle, Drake, potresti almeno chiamarmi per
nome, no?»
«Per
nom- Aspetta, io pensavo che Bonney fosse una
specie di soprannome, non è Akainu il tuo cognome?»
La
ragazza si sposta improvvisamente, facendo una
smorfia.
«No.
Io ho preso il cognome di mia madre. Non
voglio avere niente a che fare con quell’uomo».
«Non
mi dire, problemi con il paparino? Non ti ha
mai viziato da piccola?» la prende in giro ancora, trovano
quasi affascinante
la smorfia seccata che le si dipinge sul viso.
Non ha
previsto, però, che la reazione della
giovane al sentir nominare suo padre possa essere un po’
più incisiva di una
semplice smorfia, così ci rimane quasi male quando la vede
alzarsi di botto e
mollare dieci dollari sul bancone.
«Me
ne vado» sibila piano.
«Aspetta»
si alza senza fretta, seguendola
pacatamente fuori dal bar «Bonney, aspetta».
«Mi
chiamo Jewelry» borbotta senza guardarlo.
Drake
le si avvicina e le accarezza piano i
capelli.
«D’accordo,
Jewelry, basta parlare di tuo padre,
scusami se ti ho preso in giro».
La
ragazza scoppia a ridere, tornando a sorridere.
«Dillo
di nuovo» miagola attaccandosi alla sua
camicia e sbattendo le palpebre.
«Ehr,
cosa?»
«Il
mio nome» sussurra mettendosi in punta di piedi
e soffiando nel suo orecchio.
«Cristo,
Jewelry, la finisci di provarci a questo
modo?»
«No»
risponde, afferrandolo per una manica e
tirandoselo dietro, fino a raggiungere un luogo più
appartato, in un viottolo
polveroso tra due edifici.
Non
presta troppa attenzione a dove lo abbia condotto,
tutto quello che riesce a sentire in quel momento è il vento
che soffia leggero
nella notte estiva e il respiro vagamente accelerato di Drake a pochi
centimetri dal suo viso.
«I can't
stop
this feeling, deep inside of me. Girl, you
just don't realize what you do to me» la
musica, nemmeno troppo bassa, invade leggera
le vie di Supai, partendo probabilmente dagli alloggi dei turisti, che,
come al
solito, non si preoccupano minimamente di poter causare disagio agli
abitanti.
«Ho
dieci anni più di te» sibila l’uomo
cercando di
staccarsela di dosso.
«Ho
sempre trovato eccitanti gli uomini più
maturi».
«Per
l’amor del cielo! Finirei con l’arrestarti
sempre».
«Oh,
quindi davvero non vedi l’ora di mettermi in
manette» ridacchia Bonney.
«No,
senti» borbotta cercando di scollarsela di
dosso, mentre la lingua della ragazza li lambisce l’orecchio
«Sono gay».
« When
you hold me, in your arms so tight, you let me
know everything's all right».
«Non
credo che il tuo uccello sia d’accordo»
risponde la ragazza appoggiandogli una mano sul cavallo dei pantaloni.
«Magari
mi vedo con qualcuna!»
«Non
ti preoccupare, Francis, non sono gelosa. E se
stai per dirmi che sei una donna, sappi che sono stata a letto con
gente di
qualsiasi sesso, non mi faccio problemi».
Drake
sospira, passandosi una mano sulla fronte.
« I'm
hooked on a feeling, I'm high on believing that
you're in love with me».
«Oh,
al diavolo» impreca quindi afferrandole
saldamente le cosce con le mani e tirandosela addosso. Bonney sorride
sulle sue
labbra mentre avvolge le gambe tornite attorno alla sua vita e gli
infila le
mani nei capelli; non le dà fastidio ritrovarsi
improvvisamente contro la
parete, né la turba la foga con cui Drake si dedica alle sue
labbra. È
consapevole di averlo provocato fin troppo quella sera, anzi
è quasi ammirata
di quanto sia riuscito a resistere.
«Lips as
sweet
as candy, its taste is on my mind. Girl, you got me thirsty for another
cup o'
wine».
Gli
mordicchia le labbra e struscia il bacino
contro la sua erezione, strappandogli un gemito sommesso; rimane a
baciarlo
ancora per qualche istante, poi si lascia scivolare di nuovo in piedi e
gli
infila le mani sotto la camicia spessa della divisa, senza curarsi di
sbottonarla.
«Che
stai -»
«Shush»
lo zittisce, armeggiando con la sua cintura
e riuscendo finalmente ad aprirgli i pantaloni.
«Got a bug
from
you girl, but I don't need no cure. I'll just stay a victim, if I can
for sure».
«Jewelry,
no!» sibila Drake, nel sentire le dita
della ragazza avvolgersi attorno al suo membro semieretto e iniziare ad
accarezzarlo.
«Non
sai quanto mi piace quando pronunci il mio
nome».
«Cristo,
siamo dietro la chies- Merda!»
Le
labbra carnose di Bonney si chiudono sul suo
uccello in un bacio che non ha niente di romantico, mentre la sua
lingua va a
lambire la pelle sensibile del glande.
«Il
che rende tutto più eccitante, non trovi?»
«All the
good
love when we're all alone, keep it up girl, yeah, you turn me on».
«Bonn-
Cazzo. Qui ci arrestano per atti osceni in
luogo pubblico».
«No,
se stai zitto e mi lasci fare» mormora la
ragazza, senza nemmeno guardarlo.
Drake
le passa le mani tra i capelli,
accarezzandoli leggermente e trattenendo l’ennesima
imprecazione; sia maledetto
il momento in cui ha pensato che seguirla lontano dal falò
fosse una buona
idea.
Non ha
idea di quanto rimangano in quella
posizione, con l’ansia che qualcuno si sporga dalla canonica
e li veda,
appoggiati a quel campanile in mattoni, a fare cose che decisamente il
parroco
non approverebbe.
Quando
Bonney si rialza ha lo sguardo soddisfatto
di chi è appena riuscito a farla franca un’altra
volta e Drake è senza fiato.
«Beh?»
domanda la ragazza sedendosi sul muretto di
pietra a lato dell’edificio, in attesa che lui si ricomponga
e finisca di
riallacciarsi i pantaloni.
«Cosa?»
«Com’è
stato?» domanda agitando le gambe, in
attesa.
«Bonney,
mi hai appena fatto un pompino contro il
muro della chiesa» sibila l’uomo abbassando la voce.
«Appunto,
com’è stato?»
«Parecchio
eccitante» si arrende finalmente Drake,
strappandole un “Ah!” di vittoria.
Sorride
suo malgrado e si china sulle sue labbra,
lasciando che la ragazza gli passi le braccia attorno al collo.
«Non
oso immaginare cosa avresti fatto se ci fosse
stato un letto».
«Lo
scoprirai» risponde placidamente, cominciando a
tirarlo verso le tende.
«La
ritroveremo domattina, capita spesso» sbadiglia
Rorona alzandosi.
«Capita
spesso? Che sparisca con uomini appena
conosciuti?» domanda Sanji.
«Non
chiedere, pervertito di merda».
«Cristo,
mi sto per sposare! Ce la puoi fare nella
vita, idiota?»
«Stavate
scommettendo sulla mia vita sessuale?»
domanda improvvisamente Bonney comparendo tra gli alberi, Drake alle
sue
spalle.
Ace
annuisce.
«Abbiamo
appena raccolto le scommesse su quella di
Kidd e poi siamo passati alla tua» dichiara Killer senza
cambiare espressione.
«Beh,
probabilmente ha vinto Nami, come suo solito»
borbotta Jewelry, lasciandosi cadere seduta su una sedia
«Dov’è a proposito?»
«Laggiù
con Rufy, ora vado a raccattarli».
Zoro si
alza e si dirige verso il greto del fiume,
in tempo per vedere il suo migliore amico piazzare il cappello di
paglia sul
capo della rossa; sorride, sinceramente colpito, avvicinandosi fino a
raggiungerli.
Nel
momento esatto in cui Nami si accorge della sua
presenza, un sorriso leggero si allarga sul suo viso; si rialza in
piedi,
allungando entrambe le braccia verso di lui gli fa segno di
raggiungerla.
«Bienvenido
mi
amor, bienvenido a Tijuana, bienvenido a tu pena, bienvenido a la cena
sopita
de camaron. Bienvenido a Tijuana. Bienvenido a mi suerte, bienvenido a
la
muerte».
Zoro si
blocca a metà, nel momento preciso in cui
connette le parole con un preciso evento della sua esistenza di
imbecille.
«Rufy,
cazzo! Sei un bastardo!»
«Non
te la prendere amore» esclama Nami ridendo «Era
solo questione di tempo prima che lo scoprissi».
«Certe
cose dovrebbero rimanere sepolte, proprio!
Dovremmo fingere di dimenticarle!»
«Dieci
chili di eroina messicana, Zoro» ride Rufy
«Non credo sia possibile da dimenticare!»
Roronoa
impreca quindi mostra loro un dito medio,
mentre tutti insieme tornano verso il falò che sta morendo.
«Persino
Kendra è rimasta colpita quella volta»
continua Rufy tra i
singulti.
«Di
che parlate?» chiede Sanji gettando il
mozzicone della sigaretta tra le fiamme.
«Oh,
niente di che» Nami si sposta i capelli «Di
Zoro che si inimica tutto il cartello Messicano».
«Complimenti,
Ro’ e poi mi fai storie per una canna!»
borbotta Jewelry spostandosi sulla panca accanto a Drake e
appoggiandosi con la
schiena contro la sua spalla.
Sanji
scoppia in singulti indistinti, cercando di
non soffocare e allo stesso tempo di evitare un calcio da parte di Zoro.
«Si
può sapere che hai fatto?» domanda Killer
incuriosito.
«Ha
rubato dieci chili di eroina a una banda di
Tijuana».
«Ah,
la faccenda della Baroque Works» scoppia a
ridere Ace.
Drake
allarga gli occhi e si porta le mani alle
tempie, fingendo di non sentire.
«È
stato un incidente! Un incidente! Pensavo fosse
la nostra macchina!»
«Certo
amore, e poi ti sei perso» ridacchia Nami
sadicissima, dandogli leggeri colpetti di conforto sul capo e facendolo
incazzare ancora di più.
«Siete
tutti dei bastardi! Io me ne vado a letto!»
«Aspetta!
Io dormo con Marshmellow stanotte»
esclama Nami trattenendolo per una manica.
«Cosa?!»
Bonney quasi si ribalta dalla panca, e se
non fosse per il braccio di Francis stretto attorno alla sua vita,
probabilmente cadrebbe col culo per terra.
«Io
e te dormiamo assieme» ripete Nami, scandendo
bene le parole, come se si stesse rivolgendo a un bambino con problemi
di
comprensione.
«Ma
perché?! Eddai, superoca! Cioè pensavo che la
situa fosse più chiara ora!»
«La
tua “situa” è chiarissima, la mia molto
meno»
sibila avvicinandosi e abbassando la voce, per poi bloccarsi
all’improvviso e
osservarla da capo a piedi «Hai fatto sesso? Anzi no, quasi.
Dio, ma non ce
l’avete un po’ di contegno voi due? Voglio dire, da
Jewls potevo aspettarmelo,
ma da lei?!»
Lo
sceriffo si passa stancamente una mano sugli
occhi, forse se li uccide tutti quanti e scappa nessuno se ne
accorgerà, e se
lo dovessero beccare è abbastanza sicuro di poterle
ottenere, le attenuanti.
«Avete
scommesso e non mi avete chiamato?» sibila
rivolta a Zoro più che agli altri.
«Beh,
ecco, a dirla tutta siamo partiti
scommettendo su Kidd…»
«Oh,
venti dollari che non combina niente»
interviene Nami «Beh comunque dormi con lui e Cavendish, non
mi interessa se
c’è anche Torao, basta che non si trasformi in
un’orgia».
«Veramente
Cavendish è sparito» fa notare Killer
pacatamente «Con quei due, come si chiamavano?»
«Rebecca
e Bartolomeo? Ma seriamente?»
«Sono
spariti poco dopo che Jewls si è data alla
macchia e che tu ti sei allontanata» aggiunge Ace
sbadigliando «Io me ne vado a
letto».
«Andiamo»
mormora Sabo assonnato pure lui,
afferrando Rufy per un braccio.
Nessuno
sembra fare troppo caso alla rossa che con
un gesto del tutto normale si sfila il cappello dal capo e lo passa con
gentilezza al moro, sorridendogli appena prima di salutarlo.
«Quindi?»
domanda Roronoa perplesso.
«Quindi
io dormo con Bonney, restano due post in
tenda con Kidd e Law e due nell’altra stanza della nostra
tenda».
«Senti,
ciccia, sono onorata, davvero, ma-»
Nami le
si avvicina velocemente, piegandosi verso
di lei oltre il tavolo da campeggio.
«Senti»
sibila piano «Mi dispiace se non siete
riusciti a trombare, puoi sempre rifarti domani. Al momento ho dei
seri,
serissimi problemi e se non ne parlo con te finisco con il buttarmi
dalla
cascata domattina e non ho nemmeno l’assicurazione sulla
vita. Capisci il mio
dramma, vero?»
Jewelry
la osserva in un misto di pietà e
rassegnazione, quindi sospira sconsolata.
«Come
ti pare» borbotta.
Si gira
verso Drake e gli appoggia un leggero bacio
sulle labbra, sorridendo sorniona.
«Nella
nostra tenda c’è un’altra stanza se
vuoi».
«Ugh»
geme Zoro «Credo dormirò con Kidd, che dici
Killer?»
«Dico
che preferisco sopportare quei due piuttosto che
Bonney quando mette gli occhi su qualcuno».
«Oh,
tutta invidia, belli miei» ribatte la ragazza
scomparendo nella sua tenda e varcando l’area che reca la
dicitura “Nami” sul
telo di ingresso.
La
rossa dal canto suo si premura di spegnere il
fuoco, poi sorridere allo sceriffo, rimasto da solo a fumare sulla
panca oramai
vuota, al buio, ed entra anche lei nella tenda.
«Si
può sapere che è successo di così
importante?»
domanda Jewelry seduta un materasso gonfiabile matrimoniale.
Nami
sospira e si siede al suo fianco, appoggiando
il capo sulla spalla dell’amica.
«Hai
presente quello che ti ho detto oggi?»
«Di
te e Zoro? Che non siete anime gemelle? Senti
Nami, per me non cambia niente, non sarò socialmente molto
attiva, ma per me la
vostra relazione è valida come qualsiasi altra» la
rassicura l’amica, cercando
di mantenere il torno più serio possibile.
«Non
è quello, ma grazie».
«E
allora di che si tratta?»
«Quel
suo amico, quello col cappello di paglia, hai
presente?»
«Il
fratello di Ace, il piccoletto?»
«Sì,
lui. È lui, megafessa. È la mia anima
gemella».
Bonney
si blocca per qualche secondo, interdetta,
rimane così immobile a fissarla che Nami si chiede se non le
sia venuta una
sincope improvvisa; quindi spalanca lo sguardo e alita piano.
«Siamo
maledetti!»
«Come,
prego?»
«È
tutto chiaro: è una maledizione! Prima Kiddo,
poi io, quindi Cavendish e infine tu! Pensaci, Nami! Quante
possibilità c’erano
che accadesse a tutti nello stesso posto nel giro di due giorni?
QUANTE?!» la
prende per le spalle scuotendola appena e Nami deve convenire sul fatto
che sì,
la cosa è strana, quasi assurda, ma le teorie complottiste
di Bonney raramente
hanno basi reali.
«Beh,
secondo alcuni studi scientifici» mormora
Nami allontanandosi impercettibilmente «I gruppi di persone
che trascorrono
molto tempo insieme sono più propensi a trovare il proprio
Basher nello stesso
periodo, o comunque a breve distanza l’uno
dall’altro. I membri delle gang sono
uno degli esempi più palesi».
«Noi
siamo una gang, Nami. E credi davvero sia solo
una coincidenza?»
«Non
credo nel destino, se è quello che stai
insinuando».
«E
allora come spieghi tutto questo?» borbotta
Bonney sdraiandosi.
«Sfiga?»
«È
un pochino riduttivo».
«Questo
lo dici tu» mormora Nami lasciandosi cadere
sul materassino al suo fianco «Per come la vedo io ora sono
in un mare di
merda».
L’amica
le passa un braccio oltre la vita,
attirandosela vicino e stringendola.
«Vedrai
che andrà tutto bene».
La
rossa sospira, lasciandosi cullare da
quell’abbraccio fraterno e pregando che il sonno porti
consiglio.
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Capitolo 6 *** Walk like an Egyptian ***
Autrice:
Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo:
Walk like an Egyptian
Capitolo:
Walk like an Egyptian
Fandom:
One Piece
Personaggi:
Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney,
Cavendish, Killer, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey
D. Rufy,
Portoguese D. Ace, Sabo, Sanji
Pairing:
Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar,
Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami,
implied!Sabo/Koala
Rating:
sfw
Genere:
slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU,
tattoo!AU,
roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 5873 (senza
testo canzoni)
Note:
velocementissimo, perché ho poco
tempo ed è tipo super tardi. Ho scoperto che i Cavendish
sono una secolare famiglia nobile della Gran
Bretagna, ho deciso di riprendere questa cosa e trasformare Cavendish
in un
membro, mi piaceva l’idea. Così ecco che Cavendish
in realtà si chiama William
(surprise) ed è “Sir” – e
giuro i Cavendish esistono davvero, googlateli! Le
canzoni di questo capitolo sono: Home
sweet home, Motley Crue; Manic Monday, The Bangles; Walk like an
Egyptian, The
Bangles.
Per chi fosse interessato potetete farmi domande sul profilo di Ask o aggiungermi in giro, trovate i vari link nel profilo autore.
Il capitolo non è riletto, quindi se trovate errori
segnalatemeli - also Kendra è di Axia. Ed è
probabile che allungherò le note dopo una rilettura di
controllo, ma ora sono stanchissima.
Ho
anche una SORPRESA, ma ve la lascio a fine capitolo
Walk
like an Egyptian
6.
Walk like an Egyptian
È
con immensa fatica che Bonney si solleva dal materasso il mattino dopo;
il sole
è già alto nel cielo e batte sulla tenda che,
nonostante le numerose prese
d’aria per la traspirazione, si sta già
trasformando in un piccolo forno. Nami
non si vede da nessuna parte, ma è sempre stata molto
mattiniera e la ragazza
non si stupisce della sua assenza, così come non si stupisce
di vedere quella
che di solito è la sua parte di tenda aperta, il materasso
leggermente sgonfio
e una giacca scura in un angolo. Le fa intimamente piacere sapere che
Drake
abbia effettivamente dormito nel suo letto, sempre che quel coso possa
definirsi tale; le trasmette una sensazione di condivisione e
appartenenza,
qualcosa che non ha mai provato prima.
Si
stiracchia, uscendo finalmente all’aperto e allungando le
braccia verso l’alto,
mentre il sole del mattino le riscalda il viso.
«Alla
buon ora!» la prende in giro Zoro masticando una ciambella.
«Dove
sono tutti?» domanda andando a prendersi un succo di frutta
dalla borsa frigo
che si sono portati dietro.
«Nami
sta pagando gli indiani con i tuoi soldi; Kidd e Killer sono in acqua;
Law è
sparito mezz’ora fa; Cavendish è tornato prima e
ora è nella tenda di quei due
(non mi chiedere a fare cosa, non lo voglio sapere); il tuo sceriffo
è in paese
e Rufy, Ace, Sanji e Sabo stanno smontando la loro tenda».
«Oh,
giusto, oggi sbaracchiamo. Adios, Supai» Bonney si siede di
fianco all’amico e
buca con aria distratta la confezione.
«Dispiaciuta?»
domanda Zoro accarezzandole gentilmente il capo.
La
ragazza solleva le spalle e china il capo di lato.
«Credi
che se gli chiedessi il permesso di tornare…»
«Credo
sinceramente che si annoi da morire a fare lo sceriffo in questo posto
di
schifo e che sarebbe molto più felice se potesse fare quello
che vuole».
«Stava
tipo in marina con mio padre, non è che sembri proprio,
proprio quel genere di
persona che lascia
quello che sta
facendo e si dà alla vita».
«Gliel’hai
chiesto?»
«Che
sei tutto scemo? Ti pare cosa? Ma ti parrebbe normale domandare a uno
“Ehi,
ciao, come la mettiamo ora, hai mai pensato di mollare tutto?»
«Mah,
cose di questo genere sono all’ordine del giorno, Jewls; la
gente trova la sua
anima gemella e sconvolge tutta la sua vita per stare con
lei».
«Sì,
ma non mi garba».
«Non
ti garba l’idea di stare qui a Peach Springs tutta la vita a
frantumarti le
balle? E vorrei vedere!»
«No,
mentecatto, non mi piace l’idea di imporre la mia
volontà a qualcuno!»
«Strano
ti facevo quel genere di donna a cui piace stare sopra»
ridacchia Zoro evitando
per un pelo uno scappellotto «Dai, sbaracca la tua roba che
smonto la tenda».
«Sbaraccati
il cervello, idiota!» sibila una voce nota e questa volta il
pugno sul capo
Roronoa non riesce a evitarlo.
«Oh,
buongiorno Nami!» esclama Bonney sorridendo come
un’oca giuliva «Dormito bene?»
«Mi
hai tirato calci tutta notte, hai provato a sgattaiolare dallo sceriffo
due
volte e quando ti ho ripreso hai anche osato dirmi che ti avevo
svegliato! Ce
l’hai un po’ di pudore, tu?!»
«No.
Significa no in spagnolo» ribatte la ragazza lanciando il
cartone vuoto del
succo di frutta in un cestino dei rifiuti poco distante e centrandolo
in pieno.
«Ti
odio».
«Non
è mai vero» le risponde ancora Bonney, dopo essersi
rialzata e avere iniziato a
raccogliere le sue cose.
Poco
distante da lì, Cavendish sospira sconsolato, osservando con
orrore i suoi bei
pantaloni bianchi oramai del tutto rovinati.
«Secondo
te andrà via?» domanda girandosi verso Rebecca e
indicando le vaste macchie
rosse che percorrono le gambe.
«Diciamo
che forse scivolare sulla strada lungo la cascata non è
stata un’idea geniale,
però alla fine sono fango e terra quindi credo di
sì… Non lo so, ok? A casa
abbiamo la governante» ammette quindi con un tono vagamente
sconfitto.
«Una
vera principessina, almeno sai fare la lavatrice o devo aspettarmi
bucati rosa
e centrifughe rotte?»
La
ragazza nicchia leggermente, spostando lo sguardo su Bartolomeo.
«Se
ne occupa lui di solito».
«Fatemi
capire un secondo» domanda Cavendish che fino a quel momento
non si è ancora
posto domande fondamentali come “chi diavolo sei”?
«Ma voi due cosa fate nella
vita».
«Io
sono tecnico informatico» borbotta Bartolomeo, impegnato a
piegare
ordinatamente i vestiti e a rinfilarli negli zaini.
«E
tu?»
«Ecco,
io sono amministratore delegato della Dressrosa Corporation»
mormora piano la
ragazza che non ama mai rivelare agli altri quale sia il suo lavoro,
consapevole di quanto i suoi soldi attraggano gli sconosciuti.
«Stai
scherzando, vero?» esclama Cavendish, senza fare una piega.
«No,
ecco –»
«E
non sai fare una lavatrice? Siamo a cavallo» continua
imperterrito,
fregandosene della sua posizione di prestigio «Dimmi almeno
che sai cucinare!»
«So
fare la pasta».
«Stirare?»
«Bartolomeo».
«Lavare
i piatti?»
«La
lavapiatti».
«Cosa
sai fare, esattamente?»
«Amministrare
un’azienda, scusa se è poco» ribatte
piccata la giovane «Cosa sai fare tu,
piuttosto?!»
«Tutte
queste cose, ma di solito evito di farle, detesto che mi si rovini la
manicure.
Anche se cucinare mi piace, quando non mi faccio portare il cibo
già pronto,
chiaramente».
«Cos’è
che hai detto che fai tu, invece?» domanda a questo punto
Bartolomeo,
fissandolo in modo strano.
«Il
mantenuto» dichiara l’altro in tutta
tranquillità, per poi correggersi nel
vedere i loro occhi sgranarsi «Non il vostro, pezzentoni. E
non faccio nemmeno
il gigolò se è quello che state pensando. Faccio
il mantenuto della mia
famiglia».
«Ma
è una cosa orribile!!» esclama Rebecca.
«Già!»
le dà man forte il suo ragazzo «Non ti vergogni di
pesare così sui tuoi genitori?»
«Oh.
Beh, ogni tanto aiuto mio cugino con il suo studio di fotografia, ma
non torno
spesso a casa».
«Mantenuto
e ingrato! Sei una persona orribile!»
«Si
può sapere che volete dalla mia vita? Non è mica
come se per colpa mia tutti i
Cavendish dovessero estinguersi!»
«È
comunque ingiusto! Pensi che i soldi crescano sugli alberi?»
continua Rebecca.
«Non
mi sfrangiate le palle!» borbotta alla fine esasperato
«La mia famiglia
possiede tutto il Devonshire!»
Momento
di silenzio.
«Sei
inglese?»
«Non
lo avevi capito dall’accento?»
«Becca,
scusa, ti pare il problema principale? Ha appena detto che possiede il
qualcosashire! Tipo, quanti soldi ha la tua famiglia?!»
«Secondo
il Sunday Times del 2014 qualcosa come 800 milioni di
sterline».
«Che
in dollari sono tipo?» domanda Bartolomeo dimenticandosi come
si fa a
respirare.
«Boh,
credo un miliardo e duecentosettanta milioni di dollari
americani».
Silenzio.
«Mio
nonno è il Duca del Devonshire, ma non vi preoccupate, non
chiedo mai ai miei
amici di chiamarmi Sir».
«Credo
che sverrò» alita debolmente il ragazzo dietro di
lui prima di svenire per
davvero.
«Non
mi sembra un’idea brillante» borbotta Killer,
osservando Eustass nello modo in
cui si guardano i deficienti.
Il
rosso dal canto suo gli agita la mano di fronte al viso, come a
intimargli di
stare zitto, mentre continua ad armeggiare col cellulare.
«Davvero,
Kiddo, finiscila e fatti i cazzi tuoi!»
«Segui
il tuo stesso suggerimento e fatteli te, i tuoi cazzi!»
replica il rosso
ignorandolo bellamente.
«Sei
un coglione. E poi mi dici come hai scoperto il suo nome
completo?»
«Stanotte
ho frugato nella sua roba e gli ho guardato nel portafoglio».
Killer
si passa due dita sulle tempie, consapevole che quella sarà
una giornata molto
lunga, quindi si avvicina al suo amico sibilando.
«È
violazione della privacy, non potevi semplicemente chiedere?»
«Sei
ubriaco?» è la placida risposta, ringhiata da Kidd
«Ciao, scusa mi diresti il
tuo nome completo? Ho un amico nelle forze dell’ordine a cui
voglio far fare un
controllo incrociato per capire se sei un mafioso?»
«Potevi
dirgli che volevi aggiungerlo su matebook!»
Eustass
si blocca a metà messaggio, con un leggero
“oh!” e volta il viso verso l’amico.
«Non
ci avevo pensato».
«Sei
senza speranze, siine consapevole».
Non
fa in tempo a rispondergli, lamentandosi della cattiveria gratuita, per
quanto
reale, che la voce di Nami richiama la loro attenzione, invitandoli a
tornare a
riva perché è ora di levarsi dalle palle.
Ignorando
il linguaggio stranamente poco raffinato dell’amica, Kidd
raggiunge l’estremità
della pozza d’acqua ed emerge di fronte alla rossa,
scuotendosi come un cane
bagnato.
«Sei
uno stronzo» sibila Nami tentando vanamente di non
infradiciarsi.
«Progenie
di Satana, sorella».
«Finiscila
di parlare come Bonney e sparisci dalla mia vista prima che ti prenda a
calci».
«Progenie
degli imbecilli» le dà man forte Killer, uscendo a
sua volta e porgendole l’asciugamano
che ha lasciato sulla riva.
«A
volte mi chiedo come possiate essere amici» borbotta Nami.
«Non
me lo dire, guarda» ribatte il biondo avvicinandosi alle
tende assieme a lei
«Avete già smontato tutto?»
«Avete
un paio di palle! Ho fatto tutto io!»
«Minchia,
statti calmo, Ro’, così ti parte un
embolo» celia Bonney, impegnatissima a
controllarsi le doppie punte.
«L’unica
cosa che mi parte è l’omicidio».
«Sta
ceppa, oramai sono protetta dalla legge».
«Vi
prego» sibila Nami lasciandosi cadere sulla panca
«Finitela!»
«Non
scassare le balle, Oca. Che tanto Cavendish è ancora
disperso».
«Senti
un po’, troglodita. Impara a parlare! E per quanto riguarda
Barbie» ribatte
alzando la voce per farsi sentire anche da lontano «Giuro che
se non è qui tra
dieci minuti lo mollo nel deserto!»
«Sei
sempre un amore» ridacchia Bonney, alzandosi finalmente per
andare a
controllare che il suo zaino sia chiuso.
Non
finisce di parlare che la testa bionda di Cavendish fa capolino tra gli
alberi,
sbadigliando e con l’aria stanca di chi chiaramente non ha
dormito.
«Credo
che potremmo partire con qualche minuto di ritardo» annuncia
raccattando le sue
cose.
«Cosa
diavolo hai fatto? Anzi, no. Non lo voglio sapere» Nami si
passa una mano sugli
occhi con fare sconsolato.
«Visto?
Avreste dovuto scommettere sulla sua di vita sessuale, non sulla
mia» celia
Jewelry.
«Non
ho fatto niente, deficienti! Semplicemente Bartolomeo non ha gestito molto bene la
mia
situazione famigliare».
«L’avrebbe
gestita meglio se avesse saputo che razza di spilorcio slavato
sei!»
«Fottiti
Roronoa».
«Oi,
Nami» la voce di Law interrompe la rissa sul nascere
«Andiamo, Drake ci aspetta
davanti all’ufficio postale».
«Arriviamo.
Ci siete tutti?»
«Come
se ti dispiacesse davvero perderci per strada» sibila Kidd
fissandosi la
chitarra sulle spalle.
«Te
di sicuro no, Zoro forse sì».
«Grazie
per la considerazione, amore».
«Figurati,
prendi anche la mia roba, vero?» è la placida
risposta, accompagnata da un
bacio volante prima che Nami si dilegui a velocità
imbarazzante dietro
Trafalgar.
«Un
giorno la mollo in mezzo a una strada» sibila Roronoa
già carico come un mulo.
«Bravo,
genio. Così ti perdi».
«Vaffanculo,
Kidd».
«Per
l’ennesima volta, Rufy» borbotta Sanji accendendo
una sigaretta «Non me ne
frega niente di quante volte ha fatto la cacca il tuo cavallo mentre
venivate
in qua!»
«Come
sei noioso! Oh, ciao, Zoro!» celia il moro ritrovando il
sorriso nel giro di
mezzo secondo nel vedere il suo migliore amico e il suo gruppo
avvicinarsi a
cavallo della seconda ondata di muli.
«Nami,
luce dei miei occhi! Bonney, fiorellino di campo! Rebecca, angelo
biondo! Avete
fatto un buon viaggio? Non vi siete stressate, vero? Spero che non
abbiate fatto
loro portare pesi, animali!»
«L’unico
peso qui l’hanno portato i cavalli che le hanno
caricate» borbotta Roronoa
facendo pesantemente cadere a terra gli zaini ed evitando per un pelo
la scarpa
che Nami gli tira.
La
piazzola di sosta è deserta e bollente, il calore
si rifrange sull’asfalto
salendo in lente ondate verso il cielo e dando l’impressione
che il paesaggio
stesso stia per sciogliersi.
«Tra
quanto passa l’autobus per Peach Springs?» chiede
Sabo, facendosi aria con le
mani sudate.
«Dieci
minuti» risponde lo sceriffo.
«Stai
scherzando? Non c’è manco un po’
d’ombra!» si lamenta Bonney, lasciandosi
cadere per terra.
Drake
sorride, si sfila il cappello e glielo posa delicatamente sul capo,
senza dire
una parola.
«Jewl
pensi di farcela a stare dieci minuti senza lamentarti?»
«Fottiti,
Kiddo».
«La
piantate di dirmelo tutti quanti? Cos’è? La nuova
moda? Manda anche tu Eustass
a cagare e vinci un viaggio di sola andata a Las Vegas?»
«Eustass-ya,
sei quello che si lamenta più di tutti. Facci il piacere e
trovati qualcosa da
fare mentre aspettiamo».
Kidd
digrigna i denti, piegandosi verso il moro, seduto a gambe distese
contro una
roccia.
«Se
vieni dietro quelle macchine te lo faccio vedere io cosa possiamo fare
mentre
aspettiamo».
«Fottiti».
«Finitela
o vi arresto per atti osceni in luogo pubblico» sibila Drake
lanciando un’occhiata
all’orologio.
«Da
che pulpito» commenta Nami alle sue spalle.
«Take me to
your heart, feel me in your bones,
just one more night and I'm comin' off this long and winding road».
Killer
inizia a canticchiare a mezza voce, mentre le sue mani vanno a legare i
lunghi
capelli biondi in una treccia morbida che gli ricade sulle spalle fino
a
sfiorargli la vita; non c’è la musica questa
volta, ma le note risuonano
leggere e limpide nel mezzo del battibecco continuo.
Nami,
alla sua destra, continua a lanciare battutine a Bonney e a Drake,
distraendo
Kidd e Law da una probabile rissa; alla sua sinistra Cavendish fissa
con aria
truce Sanji che continua imperterrito a fare il filo a una Rebecca
piuttosto
imbarazzata, mentre Bartolomeo si distrae con Rufy a parlare
dell’ultimo
fichissimo film con i dinosauri. Zoro poco distante lo guarda con la
stessa
aria con cui si guardano i mentecatti commentando ad alta voce e
scatenando l’ilarità
di Sabo e Ace.
«You know
that I've seen too many romantic
dreams up in lights, fallin' off the silver screen».
Il
bus sgangherato si avvicina lentamente, avanzando con fare tranquillo
nell’aria
calda della tarda mattinata, forse per alcuni sarebbe primo pomeriggio,
ma poco
importa; osservano tutti il non poi così potente mezzo di
trasporto mentre si
ferma e si aprono le porte. Nessuno di loro ha mangiato, hanno caldo e
sono
sudati. Killer li osserva con un sorriso mentre, sotto lo sguardo
rassegnato dello sceriffo, si catapultano verso il deposito dei bagagli
e poi
sulla scaletta di accesso; la sola idea che tra poco saranno di nuovo
in
albergo li risolleva tutti quanti: c’è chi non fa
altro che pensare alla doccia
fredda che finalmente potrà farsi in albergo, chi pensa al
cibo che lo aspetta
e chi è solo contento di potersi finalmente chiudere in
camera per riposare in
pace.
«My heart's
like an open book for the whole
world to read. Sometimes nothing keeps me together at the seams. I'm on
my way,
I'm on my way, home sweet home... Tonight, tonight, I'm on my way, just
set me
free, home sweet home...»
«Se
non me li canti tu i Motley, non li sento mai» Kidd gli
allunga la mano
aiutandolo a montare sul bus, mentre alle sue spalle le porte si
chiudono
dolcemente e la vettura parte con un sobbalzo leggero.
«Non
sono un Jukebox, ragazzino» ride, scompigliandogli i capelli e
andandosi a
sedere nel primo posto libero.
«Dici
così solo perché non sai ancora quanto siamo
disposti a pagarti».
«Io
non pago nessuno, sia ben chiaro» celia Nami dal fondo del
bus.
«Io
manco, tipo che già mi sono svenata sti giorni, vi sembro
una banca?»
«No,
Jewls, tu sei palesemente una spostata, di sicuro non una banca».
«Ma
poi jukeboxe cosa che sappiamo cantare tutti?!» le
dà manforte Cavendish.
«Oh,
William mi canti qualcosa allora?» domanda Rebecca con un
sorriso ingenuo,
senza accorgersi che il biondo pare essersi congelato sul posto.
«Oh,
sì, Willie. Cantale qualcosa!» esclama Eustass con
un sorriso sadico sul viso.
«Ti
prego Sir William, non vorrai deludere in questo modo una fanciulla,
vero?»
Zoro non ci pensa due volte a rincarare la dose.
«Vi
odio, bastardi!» sibila il giovane che proprio non sopporta
di essere chiamato
per nome, un nome che gli fa ricordare delle radici scomode che lo
pongono (a
dire di suo nonno) al di sopra della gente comune «Sappiate,
però, che ve la
siete cercata voi!»
«Six o'clock
already I was just in the middle
of a dream. I was kissin' Valentino by a crystal blue Italian stream».
«Oddio
no!» si lamenta Nami con un gemito strozzato.
«Capirai,
ciccia, era prevedibile che sarebbe andato a parare
lì».
«Cazzo,
Barbie! Non le cazzo di Bangles!»
«A
me piacciono le Bangles» mormora timidamente Rebecca,
ricevendo in cambio un
sorriso realizzato. Se le piacciono le Bangles non può che
essere vero amore,
pensa.
«It's just
another manic Monday I wish it
were Sunday, 'Cause that's my fun day, my I don't have to run day. It's
just another manic Monday».
«È
giovedì pezzentone!» gli urla Nami.
«Have to
catch an early train, got to be to
work by nine and if I had an aeroplane I still couldn't make it on
time. 'Cause
it takes me so long just to figure out what I'm gonna wear, blame it on
the
train, but the boss is already there».
«Facciamo
così!» sbotta Rorona alzandosi in piedi e
avvicinandosi «Io ti pago e tu stai
zitto».
Cavendish
si interrompe e lo guarda con aria di commiserazione: «Non
derubo i barboni,
Zoro».
Quello
che si ritrova piantato in mezzo agli occhi è un dito medio
sollevato, mentre,
qualche sedile più avanti, Sanji esordisce con:
«Mi fa sempre piacere come i
tuoi amici abbiano capito tutto di te».
«Vuoi
volare fuori dal finestrino, cuoco di merda?»
«Come
se ne fossi in grado, sfigato».
«Se
non la finite vi butto entrambi fuori dalla porta e vi lascio qui,
così che
possiate perdervi e morire di caldo mentre vi riempite di
insulti» sibila Nami
avvicinandosi con aria minacciosa e spingendo Zoro a sedere.
«Il
tuo amore per me mi riempie sempre di gioia».
«Ti
riempirà anche di pugni se non stai zitto».
«E
voi due vi siete messi insieme come?» domanda Law sollevando
un sopracciglio
con aria scettica.
«Non
sono affari tu–»
«L’ho
raccolto in mezzo a una strada e l’ho portato al centro
sociale di Bonney»
risponde Nami osservandosi le unghie.
Improvvisamente
chiunque non conosca la storia si sporge verso di lei, interessato a
quello che
sembra l’ennesimo aneddoto divertente.
«Era
inverno, nevicava e stavo andando ad a un appuntamento con un tizio
noioso,
quando sono quasi inciampata su questo ragazzo seduto in mezzo alla
strada. Stavo
attraversando un vicolo stretto e lui lo occupava completamente,
così credo di
avergli detto qualcosa tipo “Levati di mezzo” e
–»
«Le
tue parole esatte sono state “Senti, buzzurro, spostati dalla
strada”» continua
per lei Zoro, strappandole un sorriso leggero di compiacimento nel
rendersi
conto che ancora ricorda l’esatta frase che gli ha rivolto,
anche se no, quella
non ce l’ha tatuata addosso «Mi ha anche tirato un
calcio per farmi spostare,
questa stronza!»
«Attento
a come parli di Nami!» borbotta Sanji offesissimo.
«Nemmeno
la conosci, imbecille. Comunque, mi tira un calcio, mi fa spostare e
prosegue
per la sua strada, non fa in tempo a fare tre metri che si ferma e
torna
indietro. Si china di fronte a me e mi dice: “Da quanto tempo
non dormi in un
letto?”»
«E
sapete cosa mi ha risposto?»
«Sparisci,
ragazzina, non ho un soldo».
«Ed
era vero, non aveva un soldo. Gli ho rubato il portafoglio mentre lo
portavo al
centro sociale».
«Tu
gli hai cosa?» domanda Rufy con aria svagata «E non
te ne sei accorto?»
«Certo
che no! Per chi mi hai preso?! Comunque da lì abbiamo
iniziato a vederci
spesso, anche perché non ci è voluto molto
perché questo troglodita stringesse
amicizia con i peggiori deficienti del centro».
«Mi
sento tirata in ballo, tu no, Kiddo?»
«Io
sono consapevole di essere un mentecatto, sorella».
«Vedi
che te lo dici da solo, Eustass-ya?»
«Sta
zitto».
«E
quindi?» domanda Sabo sporgendosi verso di loro
«Escludo che Zoro ti abbia
invitata a cena».
«Oh,
cazzo. Ma che ne sapete! Magari sono la persona più
romantica qui dentro,
magari le ho anche regalato dei fiori e la sono passata a prendere in
macchina!»
«Non
ho mai visto dei fiori in cinque anni» gli ricorda Nami in
tono pragmatico.
«E
la tua macchina è un catorcio schiacciato col freno a mano
che non funziona»
gli ricorda Cavendish.
«Mai
capito perché non te ne pigli una col cambio automatico,
Ro’».
«Ve
l’ho già spiegato, no? Le vere auto sono quelle
che devi imparare a guidare,
mano sul cambio e piede sulla frizione, le senti mentre ti parlano e ti
dicono cosa
fare».
«L’uomo
che sussurrava alle auto» lo prende in giro Ace.
«Sentite
“Uomini che sussurravano agli idioti”» li
interrompe Nami «Guardate che siamo
arrivati».
Appoggiata
allo stipite esterno della porta del pub, Robin osserva
l’allegra comitiva che
si avvicina; sono partiti a gruppi nei giorni precedenti e tornano
tutti
insieme, come se fossero amici da una vita. È incredibile
cosa possa fare quel
posto a chi si apre anche solo un po’ alla
possibilità del cambiamento.
«Bentornati»
dice con voce calda.
Il
primo a risponderle è Sabo, che la abbraccia con affetto e
la ringrazia per
aver loro suggerito di salire fino a Supai.
«Avevi
ragione, sai!? È stata un’esperienza
fantastica!»
«La
prossima volta dovresti portarci Koala» gli suggerisce la
donna, mentre saluta
Ace e Rufy con un abbraccio.
«Koala!
Posso chiamarla?»
«Fai
pure, sai dov’è il telefono».
«Robin»
la saluta lo sceriffo superandola con un cenno del capo.
«Oh,
sceriffo, pensavo non bevessi in servizio».
«Sono
qui per pranzare, per pranzare».
«Più
o meno» aggiunge Bonney seguendolo all’interno.
«Anche
tu Law? Sei qui per pranzare?» domanda con aria divertita
andando a piazzarsi
dietro al bancone «Ti hanno cercato quelli del consiglio
comunale, sei sparito
nel giorno di assemblea».
«Che
si fottano».
«E
io mi chiedo ancora come minchia fai ad avere un cazzo di
lavoro».
«Linguaggio!»
borbottano Nami e Killer all’unisono.
«Io
invece non sono per niente stupito del fatto che tu sia disoccupato,
Eustass-ya».
«Non
sono disoccupato» borbotta il ragazzo con aria oltraggiata.
«Davvero?»
questa volta è Law ad essere seriamente sorpreso
«E cosa fai?»
«Faccio
il meccanico».
«Questa
notizia mi turba, ma allo stesso tempo mi sembra plausibile».
«Certo
che è plausibile, cazzone! È la
verità!»
«Robin!»
l’ululato di Rufy, che allunga a dismisura le vocali del
nome, copre qualsiasi
altro rumore nel salone «Ho fame!»
«Stiamo
morendo di fame!» aggiunge Ace lasciandosi cadere con aria
tragica su una
sedia.
«Già!
Non ci vedo più!» continua Rufy accasciandosi
contro uno dei tavolini e allungando
le mani fino all’estremità opposta
«Così tanta fame che potrei mangiare un
bisonte! Anzi una balena! No meglio di no, ho paura delle
balene».
Nami
scoppia a ridere, lasciandosi sedere accanto a loro.
«Nessuno
di noi ha ancora mangiato niente oggi, credo che pranzeremmo tutti
volentieri».
«Sante
parole, Rossa! È sempre ora per del super cibo!»
esclama il marito spostato
della proprietaria, comparendo dalla porta che dà sul retro
«La tua super
macchina è a posto! E anche la tua moto, Killer».
«Vorrei
ben vedere!» borbotta Nami, facendo spazio a Zoro al suo
fianco «Con quello che
ho pagato per lasciarla qui!»
«Che
macchina hai?» domanda Ace, più per fare
conversazione che per reale interesse.
«Una
Cadillac convertibile del 59» risponde la ragazza cercando di
riaccendere il
cellulare e controllando che ora prenda di nuovo.
«Scusa
cosa?» chiede Drake quasi ribaltandosi dalla sedia
«Ma è una macchina d’epoca!»
«Duh.
Non mi dire genio, è un regalo per mia sorella, abita a San
Diego, sarà l’ultima
tappa del viaggio».
«E
avresti cuore di separarti da un gioiellino simile?» Ace
rimane con la bocca
spalancata per lo stupore (e anche un po’ lo sdegno).
«È
una Cadillac!» rincara la dose Sanji.
«Lo
so, grazie. Sedili in pelle, tutti i pezzi originali».
«Oh,
mio padre ne aveva una simile, quando ancora poteva guidare»
esclama Rebecca
unendosi alla conversazione «Ma non so esattamente che
modello fosse».
«Poteva?»
Cavendish alza un sopracciglio, perplesso.
«Sì,
purtroppo una decina di anni fa lui e mia madre hanno fatto
un’incidente in
auto, e gli hanno amputato la gamba sinistra all’altezza
della coscia. Mia
madre è morta e da quel momento lui non ha più
guidato, non che l’avrebbe
fatto, anche se avesse potuto».
«Mi
spiace» mormora il biondo passandole delicatamente una mano
sul capo.
Rebecca
sorride e solleva le spalle, come a dire che è successo
tempo fa e che comunque
ha tirato lei fuori l’argomento.
«Vi
prego, però» borbotta Ace «Prima che
quella stra-figata di macchina sparisca,
facciamoci una selfie».
«Vuoi
farti una selfie sulla mia macchina?»
«Ma
selfie non era maschile?» domanda Killer.
«Tesoro,
tipo chissenefrega. Io comunque ho il selfie stick» replica
Bonney, estraendo
dallo zaino un orrido bastone bislungo color rosa shocking.
«Beh,
intanto che aspettiamo il cazzo di pranzo…»
«Come
vi pare» borbotta Nami dopo qualche esitazione «Ma
ve lo dico, io tra al
massimo due ore voglio partire!»
«Di
già?» Cavendish sembra contrariato.
«Che
c’è Barbie, vuoi unirti alla riserva?»
«No,
ecco… È solo che- Lasciamo perdere».
«Vi
siete tutti bevuti il cervello» sibila la rossa seguendo
quella fiumana di
spostati nel garage, un grosso edificio aperto su un lato al cui
interno si
trovano cinque vetture.
«Aspettate
che la sposto fuori» esordisce Roronoa infilandosi al posto
di guida.
«E
tu ti fidi di fargliela guidare?» chiede Sanji più
invidioso che scandalizzato.
«Se
non stai zitto vedi anche come ti metto sotto!»
«Zoro
è un fanatico del cambio manuale, se non mi fidassi di farla
guidare a lui a
chi dovrei farla guidare? Bonney?»
«Meglio
di no, eh» interviene Killer ripensando con dolore alla sua
prima macchina.
«Ho
fatto più incidenti io di tutte le ultime tre generazioni
della tua famiglia»
si vanta la ragazza, sollevando in alto mento, come se fosse qualcosa
di cui
andare fieri.
«Io
sto in centro!» esclama Rufy, non appena la macchina di ferma
sotto il sole
«Nami, Zoro! Venite qui!»
C’è
un’ingenuità infantile nel tono con cui li
richiama a sé e nessuno dei due ha
il coraggio di tirarsi indietro, mentre il moro passa le braccia
attorno alle
spalle di entrambi e li avvicina leggermente con un sorriso. Sanji si
siede
davanti alla rossa, ma viene allontanato con un calcio da Roronoa, che
se lo
trova ben presto attaccato alla al fianco, con le gambe che penzolano
da un
lato, pronto a tirarlo giù dal cruscotto. Bonney
è in piedi dietro al
parabrezza, accanto a lei c’è Drake con
l’espressione di qualcuno che
preferirebbe essere in qualsiasi altro posto tranne che lì;
al loro fianco si
piazza Ace, raggiunto poco dopo da Sabo (che arriva urlando di
aspettarlo,
perché non è carino farsi le selfie quando non ci
sono tutti). È Rebecca che,
scuotendo il capo, capisce per prima che non ci staranno mai in una
selfie,
così rientra e va a chiedere, con molta gentilezza, se Robin
può uscire a far
loro una foto.
Lei,
Cavendish e Bartolomeo si sdraiano davanti a Rufy e agli altri, in una
posa
così anni ottanta che quasi si vergognerebbe se non fosse
che l’intera scena è
fin troppo divertente; Kidd, Killer e un Law piuttosto contrariato si
accucciano
davanti al parafango, mentre Robin controlla di riuscire a prenderli
tutti.
«Sorridete».
Il
cellulare scatta un paio di volte, e continua a scattare anche quando
Sanji
afferra Zoro per una gamba e lo trascina in terra, quando Cavendish
spinge Bartolomeo
giù dal croscotto, facendolo rotolare addosso a Kidd con
somma nonchalance, quando
Nami scoppia a ridere convulsamente arrivando quasi a strozzarsi con la
sua
stessa saliva e Rufy si trova costretto a batterle delicatamente la
schiena per
evitare che si strozzi, quando Ace inciampa accidentalmente in suo
fratello
minore (che forse però è maggiore) nel tentativo
di scendere dalla macchina e
quando Bonney toglie il cappello allo sceriffo e ci si nasconde dietro
mentre
gli si avvicina per baciarlo.
Quando
il pranzo viene servito, la grande sala interna del Pub è in
subbuglio, tra
risate, schiamazzi e una vitalità di quelle che è
raro vedere in un posto
isolato come Peach Spings. Zoro ha già caricato tutto in
macchina e ora riposa
appoggiato a una parete; in realtà dire tutto non
è esatto, mancano ancora le
cose di Bonney e Cavendish, ma a Nami non l’ha detto per
evitare di metterle
pressione. Sa bene che la ragazza vuole solo allontanarsi in fretta da
lì, ha
bisogno di pensare, di allontanarsi dal problema per trovare la
soluzione. Con
gli occhi socchiusi segue i movimenti di tutti, origliando frammenti di
discorsi e fingendo di dormire.
«Quindi
credo che tra un po’ partiremo» mormora Bonney,
giocando con una lattina fredda
di Red Bull.
«Così
sembra» risponde Drake, senza girarsi.
«Non
mi chiedi di restare?» gli domanda finalmente la ragazza,
senza sapere nemmeno
lei dove trovi il coraggio.
«No»
Francis si gira verso di lei e la fissa per un breve istante
«No, odieresti
questo posto. Sarebbe come spegnerti poco a poco».
«Ma
è casa tua».
«È
solo il posto dove vivo, non è casa mia. E questo»
dice indicando la spilla dorata
sul suo petto «È solo un lavoro come un
altro».
Bonney
non sa bene come replicare, in tutti quegli anni non ha mai avuto una
relazione
che fosse durata più di tre mesi e non ha idea di come di
come ci si comporti
in una situazione simile.
«E
comunque» continua l’uomo «Ho sempre
pensato che prima o poi me ne sarei
andato».
«Prima
o poi non significa adesso».
«No,
disastro, non significa adesso. Ma adesso tu sei viaggio, no? E al
ritorno
passerai ancora di qua».
«Forse»
sorride Bonney con un lamo di divertimento negli occhi
«Magari incontro qualcuno
al matrimonio del biondo e decido di scappare oltre la
frontiera».
«Non
ti illudere, ho conoscenze anche nell’interpol».
Dall’esterno
del locale, Kidd osserva l’amica al
bancone; la sua è una fitta di gelosia leggera, quasi
impalpabile, ma la sente
ed è amara quanto il fumo della sigaretta che sta fumando.
«Cosa
c’è Eustass-ya, tu non hai intenzione di
farmi promesse in grande stile?»
«L’unica
cosa che ti prometto è un pugno su quella
tua cazzo di faccia se non chiudi quella bocca di merda».
«Come
siamo volgari, e io che pensavo che ci
tenessi a rivedermi».
«Oi
Trafalgar» sibila Kidd irritato «Piantala di
prendermi in giro».
«Non
ti stavo prendendo in giro, Eustass-ya»
«Non
mi dire» ironizza il rosso con tono di scherno
«Che ti troverei ancora qui se tornassi tra qualche
mese».
«Ci
vivo qui, imbecille. Dove vuoi che vada?»
«Non
lo so dimmelo tu… Me lo diresti? Dove
trovarti?»
«Per
essere costretto a rivedere la tua faccia da
schiaffi?»
«Vedi?
Il tuo entusiasmo è quasi pari al mio».
«Non
è entusiasmo, Eustass-ya».
«Lo
so, cazzone» risponde Kidd agitando una mano
avanti e indietro, quindi, dopo avergli voltato le spalle, rientra nel
locale.
«E
quando siete arrivati in cima alla strada,
prendete lo sterrato sulla destra e –»
«Sanji
senti, ma non è meglio mandargli qualcuno a
prenderli?» domanda Ace perplesso.
«No,
no, tranquillo, me la cavo benissimo con le
cartine e le indicazioni stradali» borbotta Nami mentre
prende appunti su un
blocchetto di carta «Vai avanti».
«Ecco,
molto meglio. Anche perché dovrei mandargli
Whisper e scappano ancora prima di arrivare. In ogni caso, prendete lo
sterrato
sulla destra e andate dritti fino al cancello che vi trovate.
Lì ci sarà
qualcuno che controllerà se siete sulla lista degli
invitati, ma non
preoccupatevi se hanno l’aria losca, è normale.
È colpa dei, come dire,
precedenti di Kendra».
«Voglio
sapere? No, aspetta, non voglio proprio
sapere».
«Meglio
così, fidati» borbotta Sabo sconsolato.
«In
ogni caso, ci vedremo anche nei giorni
precedenti, sempre che Kendra non mi uccida».
«A
me non uccide di sicuro, quindi posso portarli
al mare» celia Rufy sorridendo «Lo sai che ogni
tanto sulla costa ovest ci sono
le foche?»
«Le
cosa?»
«Sì,
e sono bellissime! Ma nessuno vuole
cucinarmele».
«Ma
sei scemo?» ringhia la ragazza «Ti mangeresti
un cucciolo di foca? Cosa sei un orso?»
«Anche
un orso dev’essere buono, ma credo sia un po’
grasso».
«Io
non… Zoro! Ti prego, andiamo».
«Ti
sei già arresa?» domanda il ragazzo
avvicinandosi con un sorriso.
«Non
posso battere tutta questa idiozia da sola.
Sono in minoranza e no, tu non sei di alcun aiuto».
«Ti
ricordo che guido io».
Nami si
alza e gli si avvicina con aria melliflua,
piegandosi sul suo orecchio.
«E
ti ricordo che io ho qualcosa che ti interessa»
mormora con voce seducente, per poi allontanarsi e girarsi quando
oramai è a
metà strada verso al porta «E per qualcosa intendo
il tuo portafoglio,
boccalone!» esclama sventolandoglielo davanti.
Si
è tolta la maglietta, e il pezzo sopra del
bikini risalta sulla sua pelle abbronzata; seduta sul posto del
passeggero,
Nami scorre i messaggi di Whatsapp, rispondendo a sua sorella e
avvisando sua
madre che è ancora viva. Cavendish le si avvicina piano,
appoggiandosi alla
portiera e sporgendosi verso di lei, spiando leggermente lo schermo del
telefono.
«Che
vuoi, Barbie?»
«Nami,
quanto vi fermate a Las Vegas?»
«Ci
fermiamo una settimana, ho intenzione di
svaligiare tutti i casinò finché mi lasciano
entrare… Aspetta, “vi”?»
«Ecco
stavo pensando... Cioè, Bartolomeo e Rebecca
mi hanno chiesto se voglio continuare con loro, sai, fino a Los
Angeles. Tanto
stanno facendo lo stesso viaggio che stiamo facendo noi e una macchina
in più o
una in meno non cambia molto, no?»
«Pensavo
non ti piacesse» mormora la ragazza,
sollevando gli occhiali da sole sul capo per osservare meglio
l’amico.
«Forse
ho cambiato idea, vorrei solo cercare di
capirlo meglio».
«E
la tua roba?»
«La
infilerò nella loro macchina; l’ho già
detto
anche a Killer, e magari potrebbe prendere lui il mio posto».
«Killer
è venuto in moto».
«Potrebbe
anche lasciarla qui, non credi? Tanto
Kiddo vorrà sicuramente tornare indietro, anche solo per
infastidire quel
tizio. E se non lui Bonney».
Nami
sospira.
«Improvvisamente
tutti avete le idee chiare. Fate
come volete».
«Sei
un tesoro, grazie!» esclama l’amico,
baciandole il capo.
«Mi
devi comunque fare da spalla a Las Vegas. Hai
capito? Questi trogloditi non saprebbero distinguere un black jack da
una
roulette!»
«Dubiti
di me? Partiremo domani però».
«Come
ti pare ho detto, ora sciò. Tanto non te lo
do un bacio di addio».
«Serpe».
Killer
sospira, gettando nel bagagliaio non troppo
spazioso della Cadillad il suo modesto zaino.
«Stai
tranquillo, fratello. Ci penso io alla tua
bambina».
«Guarda
che ci tengo davvero».
«Te
la riporto sana e salva!»
«Oi!
Killer, spicciati» gli urla Kidd dalla
macchina «Non abbiamo tutto il giorno».
Il
biondo sospira, allontanandosi con un cenno;
Robin li osserva dalla porta, mentre Zoro si dilunga ancora un istante
a
salutare i suoi amici, amici che in ogni caso rivedrà a
breve. Trafalgar,
appoggiato al muro del pub, con una sigaretta a penzolargli tra le
labbra, solleva
lentamente il dito medio all’insegna di Kidd, che gli
risponde con un sorriso
molto poco rassicurante e un dito ugualmente sollevato.
«Coglione»
borbotta il rosso, calandosi gli
occhiali da sole sul viso.
Bonney
si stacca dalle labbra di Drake con gli
occhi chiusi, sta sperimentando una sensazione che non ha mai provato
prima: la
melanconia del distacco. È una sensazione fastidiosa, ma
allo stesso tempo
eccitante, perché è come se ogni cellula del suo
corpo le urlasse che a questa
persona lei ci tiene e non le è mai capitato prima.
Si
allontana con un sorriso, mentre la mano di
Francis le dà una leggera pacca sul sedere, accompagnandola
verso la macchina;
come sale sull’auto, si sporge verso di lei, chinandosi sul
suo orecchio.
«Non
mi chiedi di seguirti?»
Bonney
scoppia a ridere: «Pensavo avessi detto “Non
adesso”».
«Non
pensare troppo» sono le ultime parole che le
rivolge prima di allontanarsi, salutando gli altri con un cenno della
mano.
La
chiave gira nell’accensione, il motore romba una
volta, poi due; si accende la radio.
«All the old
paintings on the tombs they do the sand dance don't you know, if they
move too
quick (oh whey oh) they're falling down like a domino. All the bazaar
men by
the Nile they got the money on a bet, gold crocodiles (oh whey oh) they
snap
their teeth on your cigarette. Foreign types with the hookah pipes say:
Ay oh
whey oh, ay oh whey oh, Walk like an Egyptian».
«Non
ci posso credere» scoppia a ridere Bonney.
«Forse
è davvero una maledizione» dice Nami ridendo
anche lei.
«O
magari è destino, Ciccia».
«Blonde
waitresses take their trays they spin around and they cross the floor,
they've
got the moves (oh whey oh) you drop your drink then they bring you more».
«Ma
siete seri?» si lamenta Cavendish dietro di
loro.
«Karma,
Cavenbitch!» gli urla dalla macchina Kidd
mentre si allontanano lentamente.
«All the
school
kids so sick of books they like the punk and the metal band. When the
buzzer
rings (oh whey oh) They're walking like an Egyptian. All the kids in
the
marketplace say: Ay oh whey oh, ay oh whey oh Walk like an Egyptian».
«Siete
dei bastardi!» urla inseguendo l’auto
«Degli
stronzi veri!»
«Linguaggio!»
È
l’ultima cosa che riesce a sentire prima che Zoro
ingrani la quarta e la macchina sparisca definitivamente, lasciando
dietro di
sé una scia di polvere giallastra e le parole echeggianti
una canzone nota.
«Non
posso crederci».
«Si
può sapere qual è il problema?» domanda
Bartolomeo.
«Non
si ascoltano le Bangles senza di me» borbotta
ancora, rientrando nel locale, mentre le ultime note della canzone si
perdono
lungo la route 66.
«All the
cops in
the donut shop say: Ay oh whey oh, ay oh whey oh Walk like an Egyptian.
Walk
like an Egyptian».
Fine.
Manco per il
cazzo.
Perché
questa storia non riesco proprio a lasciarla
andare e mentre scrivevo lo scorso capitolo pensavo “Beh, ma
non riuscirò mai a
chiudere tutto nel prossimo, anche se è nel prossimo che se
ne vanno da qui”. E
quindi niente, chiacchierando con Akemi e Kuruccha ho deciso di fare un
capitolo Bonus. Consideriamolo una sorta di Spin Off, more like six
seasons and
a movie. Dove questo è il movie.
E
quindi sì, SORPRESA
anche
perché, nonostante le 5k e passa parole, mi sembra non sia
successo nulla in questo capitolo e alla fine ero tutta "OK MA
QUINDI?". Quindi tranquilli che non vi mollo così,
perché odio le storie che non si chiudono.
Ho
deciso di non metterla come conclusa e inserire
la storia bonus come settimo capitolo invece che come one shot a parte,
anche
perché così è più facile
per voi ritrovarlo.
Il
capitolo sarà ambientato tre settimane dopo gli
eventi di questa storia, al matrimonio di Sanji e ‘sta
Kendra, che come sempre
non è mia, ma è proprietà di Axia.
Chissà come faranno a ritrovarsi tutti lì,
io non ve lo dico, ma vi anticipo che probabilmente sarà un
po’ più lungo del
solito perché è pensato come One shot e
sarà risolutivo per tutte le relazioni.
E
niente.
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Capitolo 7 *** Wake me up, before you go-go ***
Autore:
Alexiel
Mihawk | alexiel_hamona
Titolo:
Walk
like an Egyptian
Capitolo:
Wake
me up, before you go-go
Fandom:
One
Piece
Personaggi:
Nami,
Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer,
Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy,
Portoguese D. Ace, Sabo, Sanji, Doflamingo
Donquijiote, Rocinante Donquijote (CC, Monet, Vinsmoke), troppa
gente.
Pairing:
Zoro/Nami,
Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca,
implied!Sabo/Koala, Sanji/Kendra,
implied!Ace/Marco
Rating:
sfw
Genere:
slice
of life, sentimentale, generale
Avvertimenti:
soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Prompt:
Dinastia
Parole:
18267
con le canzoni – 17533 senza canzoni
Note:
questo
capitolo è stato un parto. È stato scritto per il
Cow-T e di
conseguenza, come ogni cosa che viene scritta per questa challenge,
è
stato una corsa contro il tempo. Alle 22 era praticamente concluso,
ma si è imballato il pc e ho perso 2mila parole e ho dovuto
riscrivere tutto il finale; non so, forse ho anche dimenticato dei
pezzi nella riscrittura. Certo è che questa storia non
è riletta,
ma abbiate pietà, lo farò prima possibile. Ora
passo alle note vere
e proprie.
-
Le canzoni di questo capitolo sono: California,
Phantom Planet ; Wake me up, Avicii ; City Kids, Motorhead ; Dead man
tell no tales, Motorhead ; In the air tonight, Phil Collins ; I bet
my life, Imagine Dragons ; Route 66, John Mayer ; A thousand years,
Christina Perri ; Baby got back, Sir Mix-a-lot ; Wake me up before
you go-go, Wham!
-
I seguenti personaggi: Matt Fastor,
Brad
Fastor, Slade
Fastor, Blake
Fastor, Whisper, Kendra
Willer, la nominata Vic, Sheera e Adelaide,
sono proprietà intellettuale di Axia,
che li ha creati nel
lontano
2003 nella sua fanfiction Verso il Re (sorry non più on
line) e la
loro presenza qui è una gentile concessione dell'autrice,
non che
una pesante strizzata d'occhio alla vecchia guardia.
-
I
parrucchieri nominati esistono davvero; il distretto di polizia si
trova davvero all'indirizzo da me nominato, ma non so proprio come
siano fatte le celle; per quanto riguarda l'area in cui si trova
villa Fastor, beh ho preso qualche libertà, ma insomma ha
poca
importanza.
- Dof non è cattivo come nel fumetto, Roci non è
morto e a dirla tutta Dof ha dei seri problemi, mi spiace se lui
è ooc.
- Ho deciso, in seguito agli ultimi capitoli di far comparire la famiglia di Sanji, ATTENZIONE SPOILER DEGLI ULTIMI CAPITOLI - in realtà non si sa niente di loro se non che Sanji è il terzogenito, così per questa storia ho adottato l'headcanon di Tumblr per il quale ha due fratelli maggiori che si chiamano Ichiji e Niji (Ichi, Ni, San - Uno, due, tre in Giapponese). Ovviamente non è detto che rimanga la stessa cosa anche in futuro perché apprezzo anche l'idea che abbia due sorelle.
- Probabilmente non è come avreste voluto, le coppie non
sono come le avreste volute, non ho scritto nemmeno la metà
di quanto avrei voluto io, ma alla fine è andata
così e lo sappiamo entrambi, se questo capitolo esiste
è solo perché non ce la facevo a staccarmi da
questa storia; quindi sì, scusatemi perché ci
sono dei personaggi che sono finiti sullo sfondo e alcuni personaggi
che non conoscete hanno preso troppo spazio sulo schermo, ma il tempo
era quello che era e la storia alla fine non sarebbe potuta cambiare
più di tanto, dopo tutto, non potevo obbligarli a
comportarsi diversamente, non li avreste voluti ooc e nemmeno io.
Questa
è la fine, ma, per chi sa cogliere i segnali, forse la fine
non
arriva mai davvero.
Una
volta, un uomo che stimo moltissimo scrisse sette lunghi libri che
parlavano di un viaggio e di una ricerca e lasciò il finale
in un
piccolo epilogo a parte, alla fine del settimo libro. In questo epilogo, proprio prima di rivelare cosa sarebbe accaduto al suo protagonista, scrisse:
“ Un
finale è una porta chiusa che nessun uomo può
aprire”
e
aggiunse anche:
“ Se
dovessi andare avanti resteresti senz'altro deluso, forse ne avresti
addirittura il cuore spezzato. […]
Quella
cosa che chiamiamo lieto fine non esiste. Non ne ho mai trovato uno
che fosse alla pari di C'era
una volta.
I finali sono senza cuore. Finale è solo un sinonimo di
addio.”
Aveva
capito, meglio di chiunque altro, che la cosa davvero importante non
era la meta, ma il viaggio e il nostro viaggio si è concluso
alla
fine del capitolo sesto, con una Cadillac che sparisce tra la polvere
(o forse questa è solo un'ennesima strizzata d'occhio a chi
riesce a
cogliere i miei segnali). Quindi ecco, io vi dico, quella era la
fine, e se avete paura che questo capitolo in più possa
rovinarla,
allora non leggetelo, non mi offenderò; se invece siete
pronti ad
andare avanti, beh, che si cominci, dopo tutto io non sono Stephen
King e qui non c'è nessuna Torre Nera.
Walk
like an Egyptian
7.
Wake me up, before you go-go
Se
ne vanno da Las Vegas solo nel momento in cui a Nami viene proibito
l’ingresso al Bellagio.
«Barbari»
borbotta la ragazza, stringendosi al petto l’ennesimo assegno.
«Hai
svaligiato il fottuto casinò, demente»
«Linguaggio,
Kidd. E svaligiato è il termine sbagliato. Ho vinto
onestamente
partecipando ad attività ludiche il cui buon esito
è dettato
unicamente dal caso».
«Non
se conti le carte» sibila Bonney, mascherando il suo commento
dietro
ad un fintissimo colpo di tosse.
«Non
è barare, e almeno io non mi faccio i croupier»
sibila Nami,
avvicinandosi alla macchina.
«Ehi!
Io non mi sono fatta nessuno!»
«Potrebbe
o non potrebbe essere che stesse parlando di me» interviene
Killer
avvicinandosi e lasciandosi uno sguardo vago alla punta delle scarpe.
«Beh,
non è grave» interviene Zoro mentre passa una mano
oltre la spalla
di Nami e l’avvicina leggermente a sé
«Tanto hai vinto abbastanza
soldi da comprarti altre sei Cadillac».
«Il
punto non è quanto ho vinto, pezzentone, ma quanto avrei
potuto
vincere ancora! Questo è il motivo per cui sei sempre senza
soldi,
Roronoa».
«Pensavo
fosse perché mi pagano una miseria».
«Amore,
fai un cosa carina, non pensare proprio».
«Quando
avete finito di flirtare come due deficienti, possiamo cavarci dal
cazzo?»
«Kiddo,
sei consapevole che ogni volta che parli un linguista muore,
ve’?»
«Il
bue che dà del cornuto all’asino» celia
Killer, passando con fare
affettuoso una mano sul capo di Bonney.
«Prima
di “cavarci dal cazzo”, qualcuno mi vuole dire dove
diamine è
andato a cacciarsi Cavendish?» domanda Nami, affatto sclerata
«Ci
sarò a darti una mano, ovviamente non mancherò.
Il cazzo! Ecco cosa, lui e le sue promesse da inglese senza spina
dorsale! Scommetto che si sarà chiuso da qualche parte a
farsi fare
le unghie!»
«Fidati,
ciccia, quello mira solo ai parrucchieri» le fa notare
Jewelry «Se
non ricordo male ieri ha passato l'intera mattina da Jerry
Lambert».
«Quando
lo vedo lo strozzo» sibila la rossa, maledicendo quella testa
vuota
di una Barbie senza cervello.
«Prima
di tutto calma» la previene Cavendish comparendole alle
spalle
«Seconda cosa, i miei capelli sono sempre una
priorità, dovresti
saperlo, visto che tutti i prodotti di bellezza te li consiglio io,
terzo-»
Si
blocca leggermente, addolcendo il tono di fronte allo sguardo omicida
dell'amica, e nota solo in quel momento che tutti, ma proprio tutti,
si sono fatti due passi più indietro, evitando accuratamente
ogni
forma di contatto visivo.
«Dicevo,
e terzo, non sono mica venuto via a mani vuote» celia,
sventolando
sotto il naso di Nami una valigia piuttosto ingombrante, scatenando
in lei un moto di affetto improvviso.
«Nami,
dovresti staccarti dal collo di Cavendish» le fa notare
Killer con
gentilezza.
«Non
dire corbellerie, bisogna sempre dimostrare gratitudine»
«Sì,
ma credo che tu lo stia strozzando» puntualizza Rebecca,
ridacchiando.
«Dov'è
che vi eravate cacc- Cioè, no, spè, Barto
è nuova la tinta? Stra
mega figa!» esclama Jewelry, toccando la cresta verde del
ragazzo
con ammirazione, osservando il colore finalmente definito.
«Ci
tenevo a provare la nuova Spa del Bellagio, una meraviglia, e
già
che c'erano ho chiesto se potessero fare qualcosa per i suoi capelli,
non che non mi piaccia il verde, ma quello di prima era color topo
morto sbiadito».
«E
dopo ci ha portato al casinò vero e proprio e io non ero mai
stata
in un posto del genere prima e non so come, ma continuava a vincere!
È stato molto esaltante!»
«Signorina
Dold, non dovrebbe dire ad alta voce che avete vinto o qualche
malintenzionato potrebbe avvicinarsi troppo» le dice un uomo
in
piedi dietro di lei.
«Avete
finito con questi salamelecchi di merda? Dobbiamo restare qui tutto
il fottuto pomeriggio a complimentarci con voi per le dimensioni del
vostro culo?» si lamenta Kidd «E poi chi cazzo
è quel tizio?»
Bartolomeo
si gira a fissare l'energumeno al suo fianco e solleva le spalle in
un gesto di indifferenza, ricevendo una gomitata da Rebecca.
«Si
chiama Blue Gilly, è la guardia che il casinò ci
ha assegnato
perché ci scortasse alla macchina».
«Come
fosse necessario, a me fai onestamente più paura
tu» borbotta il
suo ragazzo, fissando male l'uomo in completo scuro.
«E
comunque non è carino far sapere a tutti che sono in grado
di
difendermi da sola, non si sposa bene con la mia immagine, ne abbiamo
già parlato».
«Signori
è solo il mio lavoro».
«È
solo il suo lavoro, hai sentito?»
«E
ora è finito, sciò. Su, su, smammare»
risponde Nami, agitando le
mani e ignorando completamente i richiami di Zoro.
«Forza
amico, non hai sentito la rossa? Cavati dalle palle che così
possiamo andare pure noi».
«Linguaggio»
«Stai
zitto, Killer, che qua ci stiamo mettendo le radici in 'sto posto del
cazzo. Almeno a Supai potevo girare come mi pareva, qui devo
infilarmi la fottuta camicia per entrare nei casinò, senza
contare
le mante che fa l'Oca ogni volta!»
«Lo
perdoni» si scusa Nami con lo sconosciuto
«È cresciuto tra le
scimmie».
«Vaffanculo
pure tu!»
«Più
tardi magari. Però su una cosa hai ragione, dobbiamo darci
una
mossa, forza, sono già le dieci del mattino e se vogliamo
essere a
Los Angeles per pranzo conviene partire. E già che sei
qui» si
interrompe tornando a rivolgersi a Blue Gilly «Sai mica dirmi
quanto
costa il pedaggio autostradale fino a Los Angeles?»
L'uomo
scuote il capo, mentre persino Bonney si trova a roteare gli occhi.
«Gnè,
pure inutile, che sfaso»
Montano
in macchina, preparandosi alla tappa più importante del loro
viaggio; oltre le montagne c'è la California e, per alcuni
di loro,
quella che potrebbero tranquillamente definire casa.
«Non
vedo l'ora di vedere Kendra» esclama Zoro, sogghignando come
un
bastardo «Le proporrò di uccidere Sanji e
finirà malissimo».
«Vedo
che andate sempre molto d'accordo».
«In
realtà saresti stupito di quanto a lungo ci siamo sopportati
senza
farci fuori davvero, dopo tutto anche tu non sopporti Kidd».
«Ro',
nessuno sopporta Kiddo».
«Sparatevi,
stronzi! E tu sei il peggio stronzo di tutti, Roronoa, torni a casa e
non pensi manco ad andare a trovare quel povero sfigato di tuo padre,
no, andiamo ad ammazzare i nostri amici» borbotta il giovane
«Mi
chiedo perché io vi parli ancora».
«Giusto»
trasalisce Nami, armeggiando distrattamente con la radio
«Avevo
completamente rimosso, tuo padre e tua sorella magari avrebbero
piacere di vederti…»
La
radio gracchia, cercando una frequenza il cui segnale non sia
traballante; non è cosa facile in quella parte di Nevada, a
meno che
non si vogliano ascoltare macabre notizie date dai giornali locali.
«Finalmente»
mormora infine Nami.
We've
been on the run, driving in the sun, looking out for number one.
California here we come, right back where we started from.
«Ma
voi i cazzi vostri non ve li fate mai?» domanda Roronoa,
leggermente
piccato «E anche tu, pensavo che vedere mio padre ti mettesse
ansia!»
«No,
perché? Mikki è una persona adorabile, anzi, sai
cosa? Quasi avviso
tua sorella che stiamo arrivando».
«Ma
che, sei serio? Io mica lo sapevo che c'avevi una sorella».
«Già,
sfigato, mica ce lo avevi mai detto. È topa?»
«Nami,
ti proibisco di rispondere a qualunque di queste domande».
On
the stereo, listen as we go, nothing's gonna stop me now.
La
giovane ghigna appena, passando il suo telefono agli amici
comodamente svaccati sui sedili posteriori.
«È
molto bella» conferma Killer.
«Porca
vacca, probabilmente ha preso lei tutta l'intelligenza, la bellezza e
a te, pezzentone, è rimasto solo il senso
dell'orientamento… Ah,
no scusa».
«Fottiti,
Kidd»
California
here we come, right back where we started from.
«Eddai,
come se non sapessi che mi piace il cazzo, Zoro».
«Non
mi interessa cosa ti piace, non fare commenti su mia sorella!»
«Noioso.
Noiosissimo. Poi cioè, ha un colore di capelli stra mega
figo, a me
piace, che la posso portare fuori con me una sera?»
«Non
credo sia una buona idea, Jewls» si intromette Nami
recuperando il
cellulare «Nessuno dovrebbe uscire con te, mai. Ci porti
sempre in
posti assurdi e finisce sempre male».
«Dici
così adesso, ma l'ultimo Rave a cui siamo andate assieme ti
ha
parecchio divertita».
Pedal
to the floor, thinkin' of the roar, gotta get us to the show.
California here we come, right back where we started from.
La
città compare appena superate le montagne, davanti ai loro
occhi si
riflette un oceano di asfalto che a prima vista ha lo stesso effetto
stordente di una bottiglia di vino; ma chi ci è abituato non
si
lascia ingannare. I suoi grattacieli salgono verso l'alto in un
vortice in impennata verso il cielo e i raggi del sole si rifrangono
sulle immense vetrate spingendo anche i più ostinati a
distogliere
lo sguardo.
Su
un lato delle colline spicca la famosa scritta
“Holliwood” che
ricorda a tutti che Los Angeles non è solo la
città degli angeli,
ma anche la terra del cinema, dei vip, degli Oscar e grandi star.
«Tira
dritto verso santa Monica» Nami allunga una mano a indicare
un
cartello, evitando così che Zoro vada a cacciarsi dalla
parte
opposta.
«Oddio,
ma di là andiamo dove ci stanno i ricconi. Beverly Hills
è uno
sfaso!»
«Non
farti strane idee» la redarguisce Killer, venendo prontamente
ignorato.
«Guardate
laggiù! Chissà che meraviglia!»
«In
realtà il matrimonio sarà su a Bel Air, o
lì in zona, se non
sbaglio i Fastor possiedono tutta la collina».
«Chi?»
«Bonney
tirati giù prima che ci diano una multa» si
lamenta Nami.
«Come
no, superoca e tu rimettiti la maglietta».
«Siamo
a Los Angeles, e ho il costume da bagno, senza contare che lo sanno
tutti che queste» esclama Nami incrociando le braccia sotto
il seno
«Sono un patrimonio dell'umanità. Il mondo
dovrebbe essermi grato
di poterle ammirare».
«Ro'
non mi sembra proprio proprio felice della cosa, eh» le fa
notare
Jewelry facendo scoppiare rumorosamente una bolla più rosa
dei suoi
capelli.
«Oh,
scusa, amore ti dà fastidio?»
«Sì
un po' sì» ammette Zoro con la fronte corrugata,
tutto intento a
non perdersi.
«Beh,
attaccati al tram e fattela passare» sibila Nami inforcando
gli
occhiali da sole e battendo il cinque a Kidd «Le tette sono
mie e
prendono tutto il sole che decido io».
«Sto
sempre guidando e faccio a tempo ad andare a sbattere da qualche
parte facendovi fuori tutti, bastardi».
«Figurati,
non faresti mai volontariamente del male a questa macchina».
«Cos'era
che avevi detto quando ti si era parlato di cambio manuale?»
domanda
Killer prendendolo velatamente in giro «Sentire il motore che
ti
parla mentre scali le marce?»
«Vi
odio tutti»
«Mentre
continui ad odiarci gira a destra e poi a sinistra subito al
semaforo» gli fa notare Nami.
«Oi,
Oca, io e Killer possiamo scendere prima? Tanto al cazzo di albergo
sappiamo arrivarci anche da soli».
«Linguaggio,
Kiddo. Anche se in effetti ha ragione, l'unica che non è mai
stata a
Los Angeles prima sei, se non sbaglio?»
Nami
sbuffa e annuisce, forse avrebbe fatto meglio a continuare a non
vederla proprio la città degli angeli vista la piega presa
da quel
viaggio.
«Vi
ricordo che il matrimonio è domani alle tre e voi dovete
suonare.
Sono stata chiara?»
«Cristallina,
Ciccia».
«Perché
rispondi tu?»
«Vado
a farmi un girello pur'io, che mica posso venire con voi dai Fastor
per cena? Che poi io c'ho le pare lo sai, sento Ace e vedo se alcuni
del vecchio giro fanno roba».
«Le
tue uniche pare sono quelli che alimentano i tuoi scompensi mentali,
lo sai vero?» domanda Zoro, accostandosi al marciapiede.
«Domani
alle tre. NON. METTEVI. NEI. GUAI» sibila Nami fissandoli
tutti «E
non so che 'roba' tu voglia fare, ma niente di illegale, non voglio
che vi ficchiate nei casini proprio oggi».
«Siamo
mica sordi, cazzo. Abbiamo capito, niente bordello e niente casini.
Ti sembriamo così deficienti?»
«Sì»
è la placida risposta di Nami, prima che la macchina ripartz
sgommando leggermente e lasciando le note finali di una canzone di
Madonna nell'aria.
«Che
donna di poca fede» sibila Kidd.
«Non
so proprio come possa non fidarsi così di noi»
celia Bonney,
controllando il cellulare e sgranchendosi le gambe «Bon, ci
si vede
sfigati».
Killer
si passa una mano sul viso e sospira, già chissà
proprio come mai
Nami non si fida.
«Spero
davvero che vada tutto bene» borbotta tra sé,
seguendo Kidd in una
via mai vista prima.
Ovviamente
non fu così.
«Sei
nervosa?»
«Figurati»
borbotta Nami mentendo spudoratamente.
Zoro
scoppia a ridere e le dà una mano ad allacciare il girocollo
sottile, scostandole con dolcezza i capelli dal collo.
«Andrà
benissimo, vedrai. Non so nemmeno di cosa ti preoccupi, alla fine
Sanji e Rufy già li conosci, no? E ti posso assicurare che
Kendra è
adorabile, ha il cuore di ghiaccio e la lingua più sferzante
di una
frusta».
«Non
sono preoccupata» ribadisce la ragazza.
«Come
no».
«Ci
vuoi arrivare vivo a fine serata?»
Salgono
in macchina senza dire niente e Nami sbuffa, senza essere davvero
arrabbiata, nel vedere il sorriso ironico sul volto del compagno;
certo che è in ansia, ovviamente è in ansia, sta
per entrare a
tutti gli effetti nella compagnia di amici storici di Zoro, sta per
conoscerli e per di più in un contesto importante come un
matrimonio.
«Dimmi
che sono carina» si lamenta improvvisamente, piegandosi verso
di lui
e accarezzandogli un braccio.
«Sei
molto carina» azzarda Zoro, consapevole che quando la sua
ragazza fa
certe richieste bisogna sempre darle ragione, soprattutto quando
è
vero, ma pretende lo stesso conferme.
«Non
mi sembri convinto…» lo sguardo che gli lancia non
è dei
migliori, mentre le sue mani si allungano sulla sua giacca in una
presa poco rassicurante.
«Sei
davvero molto carina».
«E
tu sei uno zotico, impegnati che puoi fare di meglio».
«Nami
sei bellissima… Mi hai rubato, di nuovo, il portafogli non
è
così?»
Storce
il naso, scocciata.
«Non
te ne saresti dovuto accorgere, sto perdendo la mano» si
lamenta.
«No,
è solo che oramai ho capito quando cerchi di palparmi e
quando
cerchi di derubarmi… A pensarci bene, stasera potresti anche
divertirti, i padroni di casa sono, come dire, piuttosto particolari
sotto questo punto di vista».
La
rossa lo fissa scettica, con l'oramai tragica consapevolezza che
nessuno dei loro amici è normali; non possono essere peggio
delle
persone che già frequentano, senza contare che lei di gente
strana
ne ha vista nella sua vita e dubita di potersi stupire ancora
più di
tanto.
Capisce
di essersi sbagliata nel momento stesso in cui la Cadillac entra
nell'immenso giardino della tenuta Fastor, superando un cancello
scuro dall'aria inquietante, controllato da due guardie e da un po'
troppe telecamere.
«Manco
fosse una fortezza» ironizza.
«Non
che ti sbagli poi così tanto».
La
vera sorpresa, però, quella che la fa sobbalzare e
parzialmente
morire di infarto, è la villa. Villa Fastor è
l'edificio più
grande e sontuoso che Nami abbia mai visto, le luci della festa sono
abbaglianti e colorate e il festone che invita a celebrare con gioia
l'unione di Sanji e Kendra accoglie gli invitati a quella cena
famigliare.
«Zoro»
alita la ragazza «Non mi avevi detto che sono schifosamente
ricchi».
«Sì,
i Fastor stanno parecchio bene e anche la famiglia di Sanji in
realtà. Senza farlo apposta questo matrimonio soddisfa
tutti».
«Ho
sbagliato partito. Ho così tanto sbagliato partito che mi
viene da
piangere».
«Grazie,
sono sempre qui».
«Stai
zitto, quanti sono? Qualcuno di loro è single? Ho bisogno di
saperlo!» si lamenta Nami, scrollandolo per le spalle senza
alcun
riguardo.
«Scordati
Brad, biondino, aria per bene, ogni volta che qualcuno dei suoi gli
parla sembra prossimo al suicidio. Le valide alternative sono Matt,
il tizio che mi sta cercando con l'aria di chi vuole commettere un
omicidio, e Slade, capelli neri, sguardo assassino, in grado di far
saltare i nervi a chiunque».
La
ragazza che le ha parlato è leggermente più bassa
di Nami, e,
sebbene non l'abbia mai vista prima, la rossa la riconosce subito.
«Kendra!»
esclama Zoro, abbracciandola e sollevandola appena.
«Piacere,
devi essere Nami» borbotta la giovane svicolando
dall'abbraccio con
l'aria di chi non è troppo entusiasta del contatto fisico.
«Piacere
mio» sorride, stringendo la mano che le viene tesa
«Su quale hai
detto che è meglio puntare?»
«KENDRA»
questa volta il nome viene ruggito e la ragazza viene afferrata da un
energumeno dai capelli castani e l'espressione incazzata
«Finiscila
di scappare, è il tuo matrimonio!»
«Tecnicamente
quello è domani, Matt, amore» gli fa notare la
giovane, sottraendo
i lunghi capelli viola alla presa fastidiosa del suo ex.
«In
ogni caso, non mi pare un buon motivo per sparire e lasciarmi in
balia di tuo suocero. Oh, Roronoa, sei ancora vivo».
«Fastor,
vorrei poter dire che è un piacere».
«Figurati
per me, e immagino che questa meraviglia al tuo fianco sia
Nami»
celia Matt, sorridendo come un beota, con il chiaro intento di
infastidire Zoro e ottenendo solo che la ragazza gli si appiccichi
addosso con aria da gatta «Kendra mi ha parlato un sacco di
te».
«Ma
se ti ho solo detto che esisteva!?»
«Oh,
sai, anche a me hanno parlato molto di te» ridacchia Nami,
sorridendo sorniona, per poi sentirsi sollevare da Zoro e spostare
due metri più in là .
«Scusa
tanto, Fastor, ma mi serve intera per ora».
Kendra
scoppia a ridere divertita, sorpassando l'amico e afferrando la
giovane per il polso.
«Sai
cosa, Roronoa? Hai ragione, mentre voi due vi divertite a ricordare i
bei vecchi tempi io la porto a fare un giro» non ascolta
nemmeno la
risposta, iniziando a trascinarsela dietro, oltre la villa, verso il
giardino sul retro dove c'è la festa.
«Quindi?»
le chiede bloccandosi di colpo, poco prima che raggiungano la folla
degli invitati.
Nami
fa scivolare una mano sotto il vestito ed estrae un portafoglio di
pelle nera.
«L'ho
capito subito che saremmo andate d'accordo» celia, entusiasta
come
un'oca giuliva.
«Non
ci posso credere» sbotta però Nami aprendolo
«Questo marcione ha
solo pezzi da venti! Guarda qui?!»
Kendra
schiocca la lingua, altrettanto delusa.
«Il
primogenito dei Fastor è sempre stato un pezzente. Ogni
tanto mi
chiedo perché io abbia firmato un contratto prematrimoniale
prima di
sposarlo, se penso che avrei potuto portargli via anche le
mutande!»
«Sposarlo?»
«Come
pensi che sia diventata parte di questo gruppo di spostati?»
domanda
Kendra, gettandosi alle spalle il portafoglio vuoto di Matt
«A
sedici anni ho incontrato Matt e l'ho convinto a sposarmi, in
realtà
non è che fossimo innamorati solo che mi serviva un tutore
per poter
fare quel cazzo che volevo dopo essermene andata di casa,
così siamo
andati in Canada, perché figurati trovare qualcuno che sposi
due
persone che non sono anime gemelle in quest'unione di stati di merda,
e l'ho incastrato. Ma è stato un matrimonio di comodo, e poi
ho
conosciuto Sanji».
«E
ti ha convinta a sposarti davvero» conclude Nami.
«Quello
stronzo mi ha costretta» sibila Kendra ignorando lo sguardo
divertito di alcuni ospiti.
«Così
mi spezzi il cuore» esclama il diretto interessato comparendo
alle
sue spalle «Nami, meraviglia del mondo, sei qui, la tua
presenza
illumina l'intero giardino!»
Sanji
si avvicina e si china di fronte a lei, facendole il baciamano sotto
lo sguardo schifato della sua futura moglie.
«Fatti
curare, Hijunar».
«Vinsmoke»
la corregge un uomo alle sue spalle, che assomiglia in modo
incredibile a Sanji, ad eccezione della forma delle sopracciglia che
invece di essere arrotondate risultano più spigolose nelle
curve.
«Sì,
sì, Hijunar è il cognome di Zeff, lo
so» borbotta Kendra, seccata
«Avreste potuto pensarci prima di farlo crescere con
lui».
«Kin»
la voce di Sanji è gentile, ma la ragazza intuisce una
sfumatura di
ammonimento e sbuffa «Nami, questo è il maggiore
dei miei fratelli,
Ichiji».
«Incantato».
«Aspetta
un secondo» borbotta Nami, sbiancando leggermente sotto il
blush
«Vinsmoke, come quei Vinsmoke? Vinsmoke dei Vinsmoke della
Louisiana?»
Ichiji
sorride sornione, indicandosi con un gesto delle mani.
«Vedi
tutto questo?» domanda, sotto lo sguardo perplesso dei
presenti e
quello rassegnato di suo fratello «Puro manzo di New Orleans,
rossa.
Cento per cento Vinsmoke, semino terrore e riscuoto a tutte le
ore».
«Uccidetemi
ora» sibila un altro uomo arrivando al suo fianco
«Se sento
un'altra delle tue battute del cazzo, giuro su Dio che ti
verserò
del cianuro nel bicchiere. E finiscila di bere il mio
Martini!»
«Veramente,
Slade, quello è il mio bicchiere».
«Nami,
ti presto Slade e Brad Fastor» esclama Kendra «Brad
è quello
simpatico, ma è eccessivamente squattrinato, Ichiji non si
ricorda
nemmeno dove abbia la testa, figurati il portafoglio».
«Nami?
Nami e poi?»
«Fatti
i cazzi tuoi Fastor, non si fanno certe domande a una donna».
Nami
sventola la mani davanti alla faccia di Sanji come a fargli capire
che non ha importanza – con tutti soldi che ha quello
può dirle
qualsiasi cosa, purché si lasci derubare.
«Puoi
chiamarmi come ti pare» risponde con un sorriso,
appiccicandosi al
suo braccio «Purché tu mi offra da bere».
Kendra
trattiene a stento un sorrisino, beandosi dell'espressione schifata
di Brad.
«Dimmi
che non sta davvero cercando di concupire mio fratello» le
sussurra
all'orecchio.
«Dipende…»
«Da
cosa?»
«Le
dimensioni del suo portafoglio».
In
quel momento, finalmente, fa il suo ingresso Roronoa, che, dopo
essere stato mollato in balia di Matt, è riuscito a perdersi
solo
tre volte prima di ritrovarli; fissa i suoi amici, poi la sua
ragazza, che attaccata al braccio di Slade Fastor si avvicina al
banco degli alcolici.
«Avete
lasciato la pazza a piede libero? Brad, Ichiji».
«La
pazza sarebbe la sua ragazza» specifica Kendra.
«Stai
seriamente dicendo che quella bomba in ambito da sera ti si fila? Per
più di dieci minuti? Prima mio fratello si sposa, poi tu con
questa
gnocca atomica… Il mondo sta andando alla
rovescia» si lamenta il
primogenito dei Vinsmoke.
«Ti
sei mai chiesto come mai nessuno ti si fila?» domanda Brad
sarcastico «Perché io di risposte ne avrei non
poche».
Sanji
gli batte amichevolmente una mano sulla spalla, e con affetto gli
dice:
«Cerca
di vedere il lato positivo, anche Niji è single. Tu e lui
siete un
po' come Matt e Slade, senza speranza».
«Ti
ho sentito, stronzo!» urla da qualche parte, perso nella
folla un
ragazzo dai capelli biondi, facendosi avanti a gomitate e mandando a
gambe all'aria un individuo di dubbio gusto dai capelli tirati in
aria con del gel glitterato.
«Niji,
certo che quando si tratta di insulti ci senti benissimo» si
lamenta
suo fratello minore.
«Taci,
ingrato! Dovresti essere solo felice che in tutto questo tempo non ho
mai cercato di portarti via Kendra».
«Figurati,
è troppo intelligente per te» sibila Ichiji.
«Ha
parlato il genio».
«Finitela,
non avrebbe mai pisciato nessuno di voi due, stronzi».
«Prego,
continuate pure a parlare di me come se non ci fossi».
«Finitela,
coglioni, e qualcuno di voi mi dica perché avete lasciato
Nami da
sola con Slade!» sbraita Zoro, dimostrando la sua
capacità di
passare da tranquillo a “iena rabbiosa” in meno di
tre
microsecondi.
«A
quanto dice Kendra» azzarda Brad accendendosi una sigaretta
«La tua
ragazza sta cercando un partito più ricco di te».
«Che
non è una cosa molto difficile, visto che sei uno
squattrinato»
calca la dose Sanji.
«Nami.
E Slade» borbotta ancora Zoro, gesticolando come un dannato.
«Ok,
ok, abbiamo capito, ora calmati che ti viene l'infarto,
Roronoa».
«No,
non avete capito un cazzo, qui ci scappa il morto!»
They
tell me I'm too young to understand, they say I'm caught up in a
dream, well life will pass me by if I don't open up my eyes, well
that's fine by me.
«Amo
questa canzone!» urla Bonney a tutto volume nell'orecchio di
Kidd.
Non
saprebbero nemmeno dire come sia possibile, ma sono riusciti a
ritrovarsi nello stessa discoteca – e non è cosa
da poco
considerando le dimensioni di Los Angeles e la quantità
pressoché
immensa di locali.
«Cosa?»
urla il ragazzo di rimando.
Jewls
scuote la testa, come a dire che non è importante, e si
mette a
cantare a squarciagola, seguita da un paio di sconosciuti che ballano
a ritmo sincopato al suo fianco.
Né
Kidd, né Killer (oramai prossimo al suicidio) li hanno mai
visti, ma
deducono dal modo di comunicare a grugniti della loro amica, che
almeno lei li conosca; si lanciano uno sguardo di intesa, in cui un
attento conoscitore dell'animo umano potrebbe intravedere un briciolo
di preoccupazione, ma alla fine Eustass scuote la testa e fa cenno
verso il privé.
Bonney
nemmeno si accorge che siano spariti, troppo impegnata a finire in un
sorso il suo drink, farsene offrire un altro e tornare a cantare.
I
tried carrying the weight of the world, but I only have two hands.
Hope I get the chance to travel the world, but I don't have any
plans. Wish that I could stay forever this young, not afraid to close
my eyes, life's a game made for everyone and love is the prize.
Non
si era mai resa conto che il casino frastornante di quella
città le
fosse mancato così tanto, i vicoli stretti in cui uscire a
fumare
una sigaretta, la gente che non ti calcola e ti ignora
perché a Los
Angeles nessuno è importante, nemmeno la ragazzina che viene
molestata da gente più grossa di lei.
Bonney
caccia una bestemmia poco fine, stropicciandosi gli occhi per capire
se la scena stia veramente accadendo o se la stia solo immaginando,
ma davanti a lei c'è davvero una giovane sulla ventina che
sta
venendo importunata da tre energumeni dall'aspetto del tutto poco
raccomandabile (che poi lei sia sbronza marcia e ne veda sei, beh,
quello è un altro paio di maniche).
«Scusate»
e non sa nemmeno perché si stia tirando, nel momento stesso
in cui
afferra il più alto dei tre per la camicia e lo tira
all'indietro,
sbilanciandosi leggermente «Non è proprio che
state facendo cose
illegali, cioè, tu» si blocca e allunga il dito
verso la ragazza di
fronte a sé «Stai bene?»
«Senti
bella, levati dalle palle, stavamo solo parlando» le fa
notare
l'energumeno alla sua destra, con grassone con un viso porcino e un
nasone rotondo.
«Senti,
Piggly Wiggly, stai sciallo, che mo' che parlo con» si gira a
fissare la ragazza per qualche istante per poi annuire convinta
«Mia
sorella e poi boh, facciamo cose, tipo a botte, tipo che picchio
duro».
La
giovane al suo fianco solleva un sopracciglio, apparentemente non
molto intimorita dalla scena e le si avvicina con aria diffidente.
«Grazie,
ma sto bene, davvero».
«No,
no» si schernisce Bonney, con un sorriso, ispirando l'aria
fresca
della sera e mettendo meglio a fuoco la situazione «Ci
conosciamo?»
«Non
credo?»
«Oh,
oh, OH!» esclama improvvisamente la ragazza, realizzando
qualcosa
«Aspetta, aspetta, aspetta, facciamoci un selfie!»
La
sconosciuta davanti a lei non ha nemmeno il tempo di protestare che
Jewelry ha già tirato fuori il telefono e le ha passato un
braccio
lungo la spalla, scattando una serie di foto in sequenza.
Si
interrompe solo quando il più alto della comitiva le
strattona una
spalla, sbilanciandola in avanti e facendola cadere sulle ginocchia.
«Porca
Eva ladra, si è rigata la cover!»
Non
fanno nemmeno in tempo a commentare che Bonney si rialza e nel
voltarsi carica un pugno che va a schiantarsi contro il naso a patata
dello smilzo ancora in piedi alle sue spalle.
«Era
un cazzo di regalo, brutto fetente, prima te la prendi con le
ragazzine e poi rompi ti metti a rompere la roba degli altri? Sai
ora cosa ti rompo io? Le ossa!» è così
inferocita che si dimentica
persino di parlare da trucida. E non è nemmeno per il
telefono ad
essere onesta, ma se c'è qualcosa che Bonney non tollera
è la gente
che tocca gli altri senza permesso.
«Ma
se sei tu che ti sei mezza in mezzo, che minchia vuoi?»
blatera
l'uomo reggendosi il naso sanguinante.
«Attenta!»
urla la giovane alle sue spalle.
Bonney
si abbassa appena in tempo, evitando il gancio sinistro diretto verso
il suo viso e con un calcio ben piazzato sul ginocchio butta a terra
il grassone col naso da maiale, non fa in tempo però a; non
fa in
tempo a girarsi che arriva il buttafuori del locale, correndo e
intimando loro di smettere subito, che ha chiamato le forze
dell'ordine e che non è il caso di dare spettacolo se non
vogliono
essere portati dentro.
«Merda,
la polizia!» esclama lo smilzo, tirandosi in piedi e correndo
verso
l'uscita del vicolo.
E
se uno di loro rimane a terra, tenendosi la gamba con fare
melodrammatico, nel tentativo di impietosire qualche ufficiale di
buon cuore, il terzo getta il suo bicchiere di vetro addosso a
Jewelry e segue il suo capo arrancando a fatica sulle gambe tozze.
«Torna
all'interno» mormora Bonney rivolgendosi alla ragazzina alle
sue
spalle «O finiranno col portare dentro anche te e non
è davvero il
caso».
«Non…
Non è giusto, perché mai dovrebbero? Mi hai solo
difeso!»
«Ciccia,
se il mondo fosse gusto non sarebbe una roba schifa, ma c'è
che va
così e quindi ciaone. Su, su, muoviti, che ci penso io, c'ho
amici
in alto».
Come
no,
si dice nel vederla sparire, ancora un po' titubante, dietro la porta
del locale, disperdendosi tra la gente proprio nel momento in cui gli
agenti entrano nella via. Questa volta l'ha fatta grossa e non ci
sono proprio santi che terranno, né con Nami, né
con suo padre.
Si
tiene il braccio con una mano, fissando il bicchiere frantumato a
terra e il taglio leggero che le ha lasciato sulla spalla scoperta,
quindi, individuato quello che le sembra l'anello debole della
pattuglia, si avvicina con le lacrime agli occhi.
«Agente,
ho avuto così tanta paura!» si mette a frignare,
cercando di fare
in modo che l'uomo noti la prorompenza del suo seno.
«Quella
stronza mi ha rotto la gamba!» urla l'uomo sdraiato a terra.
«Sono
solo scivolata e l'ho colpito accidentalmente» continua lei
«Stavano
molestando una ragazzina e io volevo solo aiutarla e-»
Si
interrompe con tono drammatico, scoppiando a piangere e facendo
vedere la ferita sulla spalla; l'agente di fronte a lei, un tale
sulla cui divisa riesce a leggere il nome
“Fullbody”, deglutisce
leggermente, facendo per allungare una mano verso di lei, salvo poi
venire bruscamente interrotto dalla voce del suo collega.
«Come
no» mormora un tizio che a Bonney sembra di avere
già visto
«Ascolteremo le vostri tristi storie alla centrale».
Merda,
quello è Jango,
lo riconosce la ragazza, da quando era entrato in polizia?
«Risparmiami
la sceneggiata e monta in macchina» le borbotta tirandola
verso la
vettura, senza però riservarle la stessa durezza nel
trattamento che
il suo collega dedica al ciccione a terra.
«Che
giornata di merda».
«Non
ce la posso fare a passare un minuto di più in questo schifo
di buco
di culo».
«Minchia
oh, dici sempre a me di controllare il linguaggio, poi ogni tanto te
ne esci con sta roba!»
«Hai
passato metà giornata a trascinarmi da un capo all'altro
della città
facendo domande su Trafalgar, senza minimamente preoccuparti che a
qualcuno potesse dare fastidio!»
«E
allora? Hai vsto quello stronzetto che aria truce ha? Mica posso
fidarmi di clui così, e se scopro che ammazza la gente e
tiene i
loro cadaveri in cantina?»
«Abita
nel deserto, Kidd, dovrebbe tenerli nel frigorifero»
«Anche
peggio».
«Ti
prego, finiscila» esclama Killer, esasperato «E
usciamo da questa
discoteca di merda! Non ho più l'età,
né il fisico, né i
timpani!»
«Ma
Jewls…»
«Bonney
è adulta e vaccinata, e sa cavarsela da sola. Per di
più sta solo
ballando, che cosa vuoi che succeda?»
«Minchia
oh, che preso male, non ti scaldare, cazzo».
«Kidd…»
«Va
bene, va bene, ce ne andiamo, ma c'è ancora un posto che non
abbiamo
controllato, e il tizio che gestisce la discoteca mi ha detto che
possiamo provare a chiedere lì».
«O
certo, perché questo Bellamy mi sembra un tipo del tutto
affidabile».
«Figa
non ti sopporto».
«E
parla decentemente!»
Del
tutto ignari di cosa stia accadendo nel locale che si sono appena
lasciati alle spalle, Kidd e il suo degno compare seguono le
indicazioni ricevute fino a raggiungere quella che sembra essere una
vecchia casa dall'aria dimessa e affatto losca.
«Stasera
ci sparano» borbotta Killer «Io me lo
sento».
«Ok,
quando hai finito di fare il veggente del cazzo, possiamo
entrare?»
L'interno
è ancora più squallido che l'esterno,
c'è odore di muffa e di
marcio e l'intonaco si stacca dalle pareti sgretolandosi in polvere;
la musica sommessa li guida fino alla porta di uno scantinato fuori
dalla quale un energumeno dall'aria non molto astuta è
seduto a
leggere un fumetto.
«Parola
d'ordine?» domanda fissandoli male.
«SAD
SMILE» scandisce bene Kidd.
Lo
sconosciuto solleva spalle, poco interessato a sapere chi siano
– e
in fondo la parola d'ordine di quel posto è segretezza e
sarebbe
scortese farsi i fatti dei clienti – e apre loro la porta.
Don't
care who we meet, we're orphans here on Easy Street and we feel real
mean.
«Ma
sono i Motorhead?»
«Ti
pare la cosa più importante? Guardati attorno, questa
è una bisca
clandestina, Kidd».
«Sì,
ma sono i Motorhead, cazzo!»
Killer
respira profondamente e cerca di trovare dieci buoni motivi per cui
non mollare Eustass in quel luogo come un balengo ed andarsene in
albergo a dormire.
«Quale
di questi secondo te è Cesar Clown?»
«Ti
sembra che possa saperlo? Non ho nemmeno idea di che faccia abbia
questo tizio!» si lamenta Killer, passandosi con disperazione
una
mano sulla faccia.
«Porco
il clero
quanto cazzo sei inutile».
We
won't turn your pay down, city Kids don't lay down, we don't call so,
better get some more of that, city Kids we don't give that to you, oh
no.
«Posso
aiutarvi?» domanda una ragazza comparendo dal nulla alla loro
sinistra «È la prima volta che venite qui, non
è così?»
«Sì,
sì, puoi» borbotta Killer decidendo di sbattersene
delle
conseguenze e di trovare il modo per andarsene da lì il
prima
possibile «Cerchiamo CC, sai dove possiamo
trovarlo?»
Da
dietro la spessa montatura degli occhiali pare che gli occhi della
ragazza luccichino appena, mentre un sorriso sornione le affiora alle
labbra.
«Come
no, è là al bancone, avete bisogno di chiedergli
qualcosa?»
«Se
ho bisogno?» borbotta Kidd «Ho bisogno che mica
qualcosa di quel
rottinculo di Law che per stasera mi sono già abbastanza
girate le
balle».
Si
allontana a grandi passi avvicinandosi a un uomo sulla quarantina,
con i capelli scuri e un orribile capello a cilindro troppo grosso
per il suo capo.
«Sei
Caesar Clown?»
«Dipende…
Sei un creditore?»
«No».
«Sei
del fisco?»
«Ho
la faccia di uno del fisco?»
«Sei
un cliente insoddisfatto?»
«Porca
troia, no! Sei o non sei Caesar Clown?» esclama il ragazzo
sbattendo
il pugno sul bancone e perdendo parzialmente la calma.
«Forse…»
Finalmente
Kidd si siede e dopo avergli lanciato una lunga occhiata indagatrice,
come a voler soppesare la persona che ha di fronte, domanda:
«In
che senso un cliente insoddisfatto scusa? Mica barerete qui!»
«No,
no, certo che no» l'uomo agita le mani davanti al viso un po'
troppo
velocemente e Eustass si appunta mentalmente di non scommettere in
quel posto (Killer prende nota di non tornarci mai più)
«Diciamo
che vendo cose, ti serve forse convincere qualcuno che è la
tua
anima gemella? Per questo hai… quel sorriso
triste?»
Se
è un messaggio in codice Kidd non lo coglie e scuote il capo.
«No,
bello mio. Ho un problema un po' diverso, la mia l'ho già
trovata,
ma non ho ben capito che cazzo di tipo sia, se ne sta tutto il tempo
sulle sue, con quella sua cazzo di eterosessualità repressa,
poi mi
lancia segnali del cazzo che – detto tra noi – non
so
interpretare e per finire mi mette il muso manco gli avessi ammazzato
la famiglia. Ah e non posso parlare di famiglia davanti alla sua
faccia o se la prende anche di più».
CC
annuisce, come comprendendo la portata del dilemma interiore di Kidd,
sorseggia la bevanda biancastra nel suo bicchiere quindi si rigira
verso l'interlocutore molesto.
«Non
ho capito cosa vuoi però».
«Chi
cazzo è Law Trafalgar Law? E soprattutto perché
ovunque chieda di
lui spunta questo cazzo di nome accostato al suo: Donqualcosa
Doflamingo? Che minchia c'entrano i fottuti fenicotteri ora?»
Caesar
Clow sputa tutto l'alcolico che stava sorseggiando sopra al bancone,
iniziando a tossire furiosamente e agitando le mani in direzione di
Eustass, che per tutta risposta lo fissa come se fosse deficiente.
«Che.
Problemi. Hai?»
«SEI
SCEMO? Cosa ti salta in mente di dire quel nome qui?»
Lo
sguardo da triglia lessa di Kidd è più che
eloquente e fa capire al
proprietario del locale che il suo interlocutore non abbia la
benché
minima idea di cosa – anzi di chi – stiano
parlando.
«Forse
è meglio se vieni con me nel retro» bisbiglia
piano «Giusto sei
secondi, poi te lo riporto».
Killer
solleva le spalle, rassegnato; ha questa sensazione alla bocca della
stomaco che gli urla “Ciao sfigatone, sappi che se qualcosa
può
andare male lo farà” e lui non sa proprio come
reprimerla, anche
perché di solito il suo istinto ha sempre ragione,
soprattutto
quando di mezzo c'è Kidd.
Rimane
a fissare la porta, in piedi assieme alla ragazza che li ha accolti
poco prima, mentre dalle casse parte una nuova canzone.
Breaking
up or breaking through, breaking something's all we ever do, shoot
straight, travel far, stone crazy's all we ever are.
«Oh,
sai, questa canzone è molto carina» celia la donna
al suo fianco,
senza smettere un attimo di scrivere al cellulare.
«Già»
borbotta Killer, vagamente distratto.
«Sai
come si chiama?»
L'uomo
scuote il capo, senza nemmeno ascoltare le parole e sobbalza
leggermente quando la sconosciuta si attacca al suo braccio e, dopo
aver fatto una leggera pressione col seno, gli sussurra all'orecchio.
«Dead
men tell no tales».
But
I don't care for lies, and I won't tell you twice, because when all
else fails, dead Men Tell No Tales.
Killer
trattiene il fiato, osservandola allontanarsi; questa volta la
sensazione di preoccupazione si fa più pressante,
perché, anche se
mai prima era capitato che fosse una donna così carina a
farlo, è
già stato minacciato prima e sa distinguere un'intimidazione
da un
semplice flirt.
Ci
vuole qualche minuto prima che Kidd, pallido come un cencio, emerga
dalla stanza; la sua attitudine è completamente cambiata
rispetto a
prima e pare aver perso tutta la sua sicurezza.
«Leviamoci
dal cazzo» borbotta.
«È
la prima cosa sensata che dici da quando siamo arrivati a Los
Angeles».
La
porta si chiude alle loro spalle, mentre a inseguirli pare esserci
solo la eco della canzone, le cui note vanno perdendosi in
lontananza.
Shooting
up away and back, a bit of guts is all that you lack, far behind the
stable door, I know you've met that horse before.
Quando
la voce calda e ben nota di Phil Collins riempie il giardino, Slade,
sotto gli occhi attoniti di tutti i presenti, invita Nami a ballare.
I
can feel it coming in the air tonight, oh Lord and I've been waiting
for this moment for all my life, Oh Lord.
«Che
cosa sto guardando?» borbotta Zoro, stroppicciandosi gli
occhi.
«Il
diabete di Slade che sale alle stelle, probabilmente»
riecheggia
Brad.
«Io
gli rubo l'insulina, si merita solo quello».
«Credo
di essere d'accordo con te, e la cosa mi fa stare fisicamente
male»
si lamenta Sanji guardandoli.
«Io
li trovo carini» celia Kendra, pensando a quanti soldi
potrebbero
fare se Nami riuscisse davvero a derubarlo.
Lancia
appena un urletto sorpreso nel sentirsi abbracciare alle spalle, ma
quando, girandosi, riconosce il profilo di Rufy, sorride come una
bambina.
«Sei
arrivato, finalmente!»
«Non
sarei mai potuto mancare! Ciao Zoro, ciao Sanji, ciao Brad, ciao a
tutti».
«Rufy,
Ace, Sabo» Roronoa ha la faccia di uno a cui hanno appena
ucciso il
gatto e la cosa contribuisce a divertire immensamente la giovane dai
capelli viola.
«Dov'è
Nami?»
Brad
solleva il braccio, indicando la pista da ballo e giovane che ride
nel mezzo.
«Sto
per vomitare, dov'è Daphne quando serve?»
«Il
mio fratellino sente la mancanza della sua mogliettina
preferita?»
celia Matt comparendogli alle spalle e scompigliandogli i capelli
«Non essere troppo geloso di Slade, sta facendo quello che
vorremmo
fare tutti: rompere il cazzo a Roronoa».
«Matt,
amore» gli fa notare Kendra, grondando sarcasmo da ogni poro
«Slade
non sta facendo proprio niente. Piuttosto… dov'è
il tuo
portafoglio?»
Matt
si porta la mano al petto battendoci sopra un paio di volte, quindi
impallidisce, comincia a frugare nelle tasche con aria di crescente
irritazione, per poi bestemmiare in modo molto poco fine.
«Io
ve l'avevo detto: quelli si ammazzano» commenta Zoro, che
oramai
nemmeno si stupisce più di niente.
L'intero
gruppo, tra il perplesso e il divertito (ma soprattutto divertito,
perché si sa che alle feste dei Fastor non viene mai
invitata gente
normale), solleva il capo, fissando la strana coppia e iniziando a
domandarsi di cosa stiano davvero parlando quei due.
Well,
if you told me you were drowning I would not lend a hand.
«Non
cercare di fare il furbo con me, Fastor»
«Stai
cercando di negoziare? Sei veramente irritante!»
«Irritante?
Io? Io sono un dono del cielo, zotico».
«Un
dono che non sa quando tacere» sibila Slade, stringendo
leggermente
la presa sulla vita della donna.
I've
seen your face before my friend, but I don't know if you know who I
am.
«Provaci
e ti nascondo l'insulina».
«Porca-
Ma come diavolo?»
«Le
punture sul dito».
«Avrebbe
potuto essere qualsiasi cosa»
«Avrebbe
potuto, ma non ho forse indovinato?»
«Ti
ha mai detto nessuno che sei la moglie di Satana?»
«Solo
quando vogliono farmi un complimento».
«Non
sia mai».
Well,
I was there and I saw what you did I saw it with my own two eyes. So
you can wipe off that grin, I know where you've been, it's all been a
pack of lies.
«Facciamo
così, Slade. Io ti offro il 15% e tu chiudi un
occhio».
«Sei
impazzita? Ti sembra accettabile?»
«No,
per nulla, ma le regole di mercato non le faccio io, bello
mio».
«Le
hai letteralmente appena fatte».
«Non
ti soffermare sui particolari».
«Cinquanta».
Nami
si stacca da lui, fermandosi nel bel mezzo della pista e sgranando
gli occhi.
«Ti
sei bevuto il cervello?»
«Cinquanta
e un giro sulla tua macchina».
«Scordatelo,
nemmeno tra un milione di anni. Venti».
«In
un universo dove non so contare, forse, quarantacinque».
«Ora,
dimmi una cosa, Fastor, ti sembro deficiente? Non so con quali inetti
tu sia solito lavorare, ma scordati che ci caschi».
«Non
mi dire» celia l'uomo avvicinandosi nuovamente al banco degli
alcolici per riempirsi nuovamente il bicchiere di Martini
«Sono
seriamente sorpreso che nessuno abbia ancora provato ad
avvelenarti».
«Strozzatici
con quel martini».
«Roronoa
per esempio».
Nami
si avvicina, prendendogli con aria da gatta il drink dalle mani e
sorridendo sorniona.
«Slade,
la tua insulina è appena sparita».
How
could I ever forget, It's the first time, the last time we ever met.
Rufy
si vede arrivare Nami davanti all'improvviso.
La
ragazza gli scivola alle spalle, facendogli segno di rimanere zitto e
si nasconde prontamente tra lui, un albero e le spalle larghe di uno
sconosciuto.
«Monkey!»
Slade arriva, e più che camminare sembra che stia marciando
«Hai
visto la rossa? Nami?»
«La
ragazza di Zoro?» domanda angelicamente Rufy, sorseggiando un
succo
al mirtillo.
«È
la ragazza di Zoro? Non importa, l'hai vista o no?»
«Certo
che l'ho vista! Settimana scorsa a Peach Springs, è davvero
carina,
mi ha spiegato la differenza tra le persone grasse e le balene, per
esempio, prendi tuo nonno -»
«Non
iniziare con la storia delle capre, o a Blake viene un infarto. Anzi,
sai cosa? L'ho visto laggiù, vai e liberaci della sua
ingombrante
presenza, mentre io cerco Satana!»
Scompare
a passi larghi e non appena si è allontanato a sufficienza
Nami esce
dal suo nascondiglio e alza la mano aperta per battere il cinque a
Rufy.
«Che
hai fatto a Slade?»
«Gli
ho rubato il portafoglio» esclama Nami, come se fosse ovvio,
quindi
fa cenno a Kendra di raggiungerla «E anche
l'insulina».
«Allora?»
domanda la giovane avvicinandosi assieme a Brad, Zoro e Sanji.
«Tu
dovresti essere rinchiusa, sei un pericolo pubblico».
«Zoro,
amore, non andresti a prendermi qualcosa da bere?»
«Ma
vacci da sola!»
«Non
era una richiesta» sibila la sua sempre gentile compagna.
«Si
perderà di sicuro» fa notare Sanji osservandolo
mentre si
allontana.
«Forse
dovresti raggiungerlo» celia Kendra «Non vorrai
mica che molesti
qualche poveretta nel tentativo di capire dove sia il tavolo degli
alcolici?»
Sanji
sparisce che Kendra non ha ancora finito di parlare.
«Sei
sicura di volerti sposare?» domanda Nami sollevando un
sopracciglio.
«Kin
fa sempre così, ma si voglio un gran bene e poi sono davvero
perfetti per assieme assieme» esclama Rufy facendo arrossi
l'amica.
«Ti
sei bevuto il cervello?» ringhia distogliendo lo sguardo.
«Sì,
Kin, dicci quanto gli vuoi ben» la prende in giro Brad
«La gemma
viola e la sua anima gemella, com'è che era “Io
non cascherò mai
in queste stronzate da diabetici”?»
«Fottiti,
pulcino!»
«Mi
dispiace interrompere il teatrino» si ferma Nami, agitando le
mani
per riportarli alla realtà «Ma possiamo parlare di
cose importanti
ora?»
«Giusto,
il portafoglio di Slade! Lo hai preso?»
«Questo
chi è? Ha una faccia da Fastor».
«Eh
porca miseria! Mica ho scritto 'criminale' a caratteri cubitali sulla
fronte».
«Tranquilla,
è Brad, il fratello minore di Matt e Slade, quello sano di
mente».
Nami
scrolla le spalle, ed estrae l'oggetto incriminato dalla scollatura,
emettendo un gridolino estasiato nell'aprirlo.
«Oddio,
sento che potrei svenire».
«Hai
la bava alla bocca» fa notare Brad «Anche tu,
Kendra un po' di
contegno».
«Tò»
sbotta Nami zittendolo e piazzandogli qualcosa in mano.
«Che
roba è?»
«L'insulina
di tuo fratello».
«Hai
rubato l'insulina a Slade?»
«Certo
perché è uno stronzo!»
«Non
trovo le parole per ribattere»
«Beh,
dai, Slade non è così male» celia Rufy,
senza capire niente di
quello che sta accadendo davanti a lui – o forse solo
fingendo di
ignorare quei tre che si spartiscono davanti ai suoi occhi i soldi
del portafoglio del secondogenito dei Fastor «A me
è simpatico».
«Rufy,
tu sei troppo buono» fa notare Kendra.
«Già,
secondo te sono tutti simpatici, tranne forse mio cugino».
«Whisper
è a posto… immagino» borbotta Rufy,
aggrottando leggermente la
fronte sotto lo sguardo divertito di Nami.
«Non
hai l'aria di uno molto convinto».
«Oh,
non lo è per niente» scoppia a ridere Kendra.
«Devi
sapere» comincia Brad, trattenendo un singulto a fatica
«Che
qualche anno fa mio cugino ha avuto un periodo di passione per i
boa».
«I
serpenti?»
«No,
i boa di piume» ride Kendra.
«E
per qualche mese non ha fatto altro che indossare slippini aderenti e
boa coordinati, e niente altro. No, forse aveva le infradito
argentate».
«Già
e Rufy è rimasto leggermente turbato».
«Sono
rimasto turbato quando ha pensato fosse opportuno venire a sedersi
sopra di me sulla sdraio, lasciandomi il boa attorno al collo come
regalo di addio. ADDIO PER QUALE MOTIVO POI?»
«E
da quel momento è sempre rimasto inquietato da mio cugino,
ma solo
da lui».
«Non
che la cosa mi stupisca» ride Nami, immaginando la scena
«Piuttosto,
che fine hanno fatto Sanji e Zoro?»
«Non
preoccuparti, non c'è possibilità che perdano
davvero, qua è pieno
di gente che li conosce: vedi quelli là? Tutti Vinsmoke, il
tizio
con le stampelle è lo zio di Sanji, l'uomo che l'ha
cresciuto;
quelli sulla destra sono tutti Fastor, li riconosci perché
hanno
l'aria di chi nasconde qualcosa (e probabilmente è un
cadavere);
l'oca bionda laggiù è la mia testimone di nozze e
quello di fianco
a lei è il suo ex ragazzo e -»
Si
interrompe improvvisamente.
«Oh,
no» geme piano.
«Cosa?»
domanda Brad voltandosi a sua volta «Oh, merda».
«Che
succede?»
«Vedi
la tipa in completo blu scuro e l'aria di chi ha un palo nel culo
grosso come un pilone della luce? È Sheera, l'avvocato di
Slade, e
lui non sarà felice di vederla».
«Deduco
che non vadano d'accordo».
«Nami,
nessuno va d'accordo con Sheera, nemmeno Sheera va d'accordo con
Sheera!» spiega Kendra «Ma chi l'ha
invitata?»
Sotto
lo sguardo agghiacciato delle futura sposa Brad solleva un braccio a
indicare suo fratello maggiore, con una mano tesa verso la donna a
offrirle un bicchiere di vino, sorridendo. L'imperatore del Drago, il
più temuto sicario della famiglia Fastor, sorrideva
all'avvocato di
suo fratello.
«Matt
si è bevuto il cervello».
«Non
ti saresti mai dovuta sposare, presto cancella il
matrimonio!» celia
Brad con una smorfia sul viso.
«Beh,
mentre continuate a disperarvi, vado a raccattare quel cerebroleso di
Roronoa».
«Ti
ho detto di non preoccuparti, davvero tranquilla» borbotta
Kendra
agitando una mano.
«Non
sono preoccupata, deve guidare fino a casa».
Trova
Zoro attaccato a una bottiglia di birra, seduto in un angolo accanto
a una delle casse; il ragazzo la fissa vagamente accigliato e Nami
capisce che le sta tenendo il muso.
«Cosa
c'è?» domanda, vagamente divertita.
«Hai
finito di derubare persone a caso?»
«Mi
sta dicendo che vorresti rubassi solo il tuo portafoglio? Zoro, non
hai mai soldi…»
«Non
intendevo quello» borbotta, immusonendosi ancora di
più.
«Oh,
andiamo, non sarai mica geloso?» ride Nami, avvicinandosi e
allungando una mano a sfiorargli il viso.
«Hai
persino ballato con Fastor! Con Fastor!!»
«E
gli ho rubato il portafogli, e anche questa» celia, tutta
felice
estraendo quella che sembra una strana chiave.
«Nami…»
«E
dai, Zoro» sussurra lei, prendendogli la birra e
appoggiandola sul
tavolo lì accanto «Vieni a ballare».
«Non
è quello il punto».
«Non
mettermi il muso, Roronoa» borbotta Nami, perdendo la
pazienza e
sollevandolo quasi di peso «E abbracciami un po' in mezzo
alla pista
da ballo».
Zoro
borbotta ancora un po', ma non ci vuole molto perché la
ragazza lo
convinca a cedere, avvinghiandosi a lui e appoggiando la testa sulla
sua spalla.
«Un
giorno finirai con il cacciarti nei guai» le mormora
all'orecchio
cercando invano di non pestarle i piedi.
Nami
ride, non protesta, consapevole che delle scarse doti di ballo del
suo partner, piuttosto apprezza lo sforzo.
«Per
questo ci sei tu, no? Per evitare che accada».
«Andiamo
a casa».
La
prende per mano e agitando leggermente la mano in segno di saluto
all'indirizzo di Rufy se la trascina verso la macchina.
«Ma
quello non era Ace?» domanda Nami, salendo sulla Cadillac.
«Sì,
perché?»
«Non
sarebbe dovuto essere con Bonney?»
«Non
ne ho idea, piuttosto, la chiave dell'albergo ce l'hai tu
vero?»
chiede Zoro, mettendo in moto e ingranando la prima.
Nami
annuisce, palpeggiandosi un fianco.
«Sì,
è qui, proprio accanto al mio
portafogli…»
L'urlo
beduino che lancia dopo è l'ultima cosa che gli invitati al
party
sentono prima che la macchina si allontani del tutto. Per alcuni
suona come “Fastor”, altri sostengono che sia il
grido di morte
di un noto uccello che vive solo in quei boschi, per il vecchio Blake
è l'eco di antiche grida di antenati torturati che una volta
abitavano la magione sotto forma di fantasmi.
Nel
suo studio, nonostante la noiosa presenza del suo avvocato, Slade
Fastor sorride soddisfatto.
Nel
frattempo dall'altra parte della città, in uno degli
innumerevoli
distretti di polizia di Los Angeles, qualcuno sta vivendo un vero e
proprio dramma. Dopo avere insistito che non voleva essere messa
nella stessa cella di quello psicopatico grassone che l'aveva
aggredita e dei suoi degni compari, a detta della giovane troppo
'ciula' per riuscire a darsela a gambe, Bonney è stata
sbattuta in
una cella mista, piena di individui di dubbio gusto, mentre il trio
di sbandati si è conquistato quella singola.
Non
che a lei importi, il vero problema è come uscire da
lì.
Di
chiamare Ace non se ne parla, è alla festa del pre
matrimonio e lo
stesso vale per Nami e Zoro; Kidd e Killer sa il cielo dove siano
andati a ficcarsi e Cavendish… Beh, chiamare Cavendish
sarebbe come
chiedere di utilizzare la propria telefonata per chiamare un unicorno
sbronzo. Più sbronzo di lei, sia chiaro.
Si
mordicchia un'unghia, indecisa su cosa fare della sua vita e
parzialmente in ansia, con la consapevolezza che questa volta l'ha
davvero, davvero fatta grossa.
«Nami
mi ucciderà» mormora a bassa voce.
Si
avvicina al telefono con la stessa faccia di chi sa di stare per
andare al patibolo e sospira, non è che le resti molta
scelta, anche
se avrebbe preferito qualsiasi cosa piuttosto che quello.
Ispira
profondamente, cercando di far sì che l'alcool non le vada
al
cervello, impastandole la lingua; odia stare attenta a parlare bene,
di solito le viene naturale, così naturale che è
quasi più
studiato il suo analfabetismo. Digita il numero che conosce a memoria
e si accorge, mentre il telefono squilla a vuoto, di stare
trattenendo il fiato.
«Dannazione»
mormora, allontanando la cornetta con la chiara intenzione di
riattaccare, mentre l'agente di polizia alle sue spalle accende la
radiolina portatile.
«Pronto?
Pronto?» la voce che emerge dall'altra parte del filo,
però, sembra
richiamarla alla realtà.
I
know I took the path that you would never want for me, I know I let
you down, didn't I?
«Ciao,
mamma».
«Jewelry?
Jewelry sei tu?» la sente tirare leggermente su col naso e
dal
rumore di fondo immagina che si stia sedendo sulla poltrona accanto
al tavolino del telefono «Tesoro, come stai? Sai che ore
sono?»
Bonney
si maledice mentalmente, facendo un rapido calcolo per capire che ore
siano sulla costa est.
«Qui
è tardi, tanto… Mamma, stai piangendo? Ti ho
svegliata? Sono…
Oddio, sono le sette e mezza, pensavo fosse più
tardi».
So
many sleepless nights where you were waiting up on me, well I'm just
a slave unto the night.
«No,
no, ero sveglia».
«A
quest'ora?» sua madre non è mai stata
particolarmente mattiniera,
tanto più che da quando lei se ne è andata di
casa ha tutto il
tempo del mondo per prendersela comoda «Sei sicura di stare
bene?»
L'agente
al suo fianco ruota gli occhi verso l'alto, facendole segno di
muoversi, indica prima l'orologio, poi la radio, facendole
chiaramente capire che non avrebbe avuto più del tempo della
canzone.
«Jewelry,
io…» pausa «Ho litigato con tuo
padre».
«Non
che sia una novità, conoscendolo» ironizza,
rendendosi però conto
che qualcosa non va, sua madre non lo sta difendendo.
«Abbiamo
litigato tutta la notte» si blocca di nuovo «L'ho
lasciato».
Now
remember when I told you that's the last you'll see of me, remember
when I broke you down to tears.
«Oddio,
mamma stai bene? Non ti ha fatto niente, vero? Non ti ha
picchiata?»
L'agente
pare drizzare leggermente l'orecchio, ma torna a distrarsi subito
dopo nel vedere la ragazza tornare più tranquilla.
«Oggi
impacchetterò le mie cose e appena avrò finito mi
cercherò un
posto dove andare».
«Ma
la nonna…»
«Sai
che io e lei non parliamo più da quando mi sono
sposata».
«Mamma…»
«Starò
bene, amore, non preoccuparti».
I've
been around the world and never in my wildest dreams would I come
running home to you. I've told a million lies but now I tell a single
truth, there's you in everything I do.
Bonney
si morde il labbro e guarda sguardo implorante la guardia, che fa
roteare gli occhi e le fa cenno che le può concedere al
massimo
altri due minuti.
«Mamma,
vai in camera mia, nel mio armadio c'è…
C'è il carrion che mi hai
regalato quando avevo dieci anni e volevo fare la ballerina, aprilo e
rovescialo a terra, c'è un fondo segreto e sotto ci sono dei
soldi».
«Jewelry
non è necessario».
«Sì
che lo è. Fallo e vai a Boston, so che non è come
New York, so che
non è casa tua, ma dovresti ricordarti dove
abito…»
Don't
tell me that I'm wrong, I've walked that road before and left you on
your own.
«Jewelry,
io -»
«Ti
prego, lasciami finire. La mia vicina di casa ha una copia delle
chiavi e anche Hina, quindi puoi stare da me».
«Ma
non è il caso».
«Mamma,
so che è sporca e piccola e disordinata, ma è
meglio di niente».
«Non
è per quello. Non voglio… sai, interferire con la
tua vita» la
sua voce è incrinata e Bonney ricorda le parole che le ha
vomitato
contro quando se ne è andata da quella casa, cinque anni
prima, e
per la prima volta capisce di avere davvero esagerato.
And
please believe them when they say that it's left for yesterday and
the records that I've played, please forgive me for all I've done.
«Per
favore, mamma, lo voglio io. Fallo per me».
«Io…
Va bene, Jewelry. Grazie».
«Sarò
a casa presto, te lo prometto. Al più tardi una
settimana».
«Ti
aspetterò, amore» dice sua madre dall'altra parte
del filo e Bonney
la sente tirare su col naso, ma la conosce e capisce che sta
sorridendo.
Forse
Drake dovrà aspettare un po'.
L'agente
di turno batte il manganello sul piano a cui è appoggiato e
si
avvicina, così la ragazza sospira e si affretta a chiudere
con la
consapevolezza di non avere risolto niente.
«Mamma,
devo andare ora. Ci sentiamo presto».
«Certo,
tesoro. Ti voglio bene».
«Anche
io ti voglio bene» mormora piano, prima di appoggiare il
telefono
sul ricevitore.
Erano
cinque anni che non diceva a sua madre una cosa simile e
improvvisamente si sente un nodo alla gola e il magone la coglie,
forse complice anche l'alcool. Rientra in cella, ignorando i
rimbrotti della guardia che le dà dell'idiota e si siede in
un
angolo, sul pavimento sporco.
Non
si rende nemmeno conto di avere cominciato a piangere,
finché nel
suo campo visivo non compare un fazzoletto rosa, bordato di pizzo e
decorato con adorabili cuoricini bianchi.
«Non
piangere biscottina» le dice con voce roca una figura che a
Bonney
risulta appannata da dietro il velo di lacrime.
Si
pulisce gli occhi, senza curarsi del trucco che cola e delle ciglia
finte che si staccano; tira su col naso e finalmente riesce a mettere
a fuoco la persona che ha di fronte.
«Sono
Tiffany, cara, e tu come ti chiami?» domanda la donna
– ma forse è
un uomo – di fronte a lei.
La
ragazza lo fissa, i suoi abiti rosa sono un po' troppo succinti e il
trucco decisamente troppo pesante, indossa una parrucca bionda che
scende a onde sulle spalle a circondare uno sgraziato viso maschile
il cui proprietario si è dimenticato di rasarsi negli ultimi
giorni.
«Jewelry»
dice tirando sul con il naso «Scusa se ti ho sporcato il
fazzoletto».
Alle
spalle di Tiffany si leva un coro di “Awww” e di
“Non
preoccuparti” e solo in quel momento Bonney si rende conto
che il
travestito non è solo, ma che sono un gruppo di almeno venti
persone.
«Non
preoccuparti, gioiellino, sono le mie bomboniere, mie e di
Caroline».
«Per
piacere, Tiffany, sono le bomboniere di Iva, lo sai bene».
«Le
bomboniere?» domanda Bonney perplessa, tirando su col naso.
«Certo,
gioiellino, non conosci il Kamabakka? Il locale di Ivankov?»
«Oh»
si illumina leggermente la ragazza «Siete i travestiti di
Ivankov!»
«Hai
sentito, Tiffany?» celia Caroline, ravvivandosi i capelli
rossicci
«Siamo famose!»
«Che
gioia, cara!»
«Ora
dimmi, gioiellino» continua il travestito sollevandola e
facendola
sedere sulla panca della cella «Dì a zia Caroline
perché
piangevi».
Bonney
abbassa lo sguardo e si porta le ginocchia al petto.
«Su,
su tesoro, puoi dirlo a noi, siamo qui per questo» una
ventina di
teste si muovono avanti e indietro, all'unisono, in segno di
approvazione.
«Veramente
siete dentro per adescamento, prostituzione e atti osceni in luogo
pubblico» fa notare uno degli agenti, passando fuori dalla
cella
proprio in quel momento.
«E
ne vado fiera ogni secondo!» urla qualcuno di indefinito.
«Non
avrei mai dovuto farmi arrestare» mormora Bonney a bassa voce.
«È
quello che dice sempre Inazuma, ma così è la
vita, gioiellino».
«Domani
c'è il matrimonio e io non so proprio come fare se sono
dentro, a
partecipare, dovrei anche cantare. Oddio, Nami sarà
così delusa da
me, si era tanto raccomandata» sente le lacrime salirle di
nuovo al
viso e stringe gli occhi, ottenendo solo un allegro effetto panda.
«Non
hai nessuno da chiamare? Per farti uscire di qui?» chiede
Caroline,
accarezzandole con gentilezza i capelli.
«Ho
chiamato mia madre» continua la ragazza, cercando di non
scoppiare a
piangere «E l'ho sentita così giù che
per la prima volta in non so
quanto tempo mi sono fermata a chiederle come stesse, e lei mi ha
detto di aver lasciato mio padre».
Si
interrompe e nel vedere i volti dispiaciuti dei travestiti di fronte
a lei, si affretta a specificare.
«No,
no, sono contenta, cioè, va bene così. Mio padre
è uno stronzo ed
è una persona orribile, e non ho avuto cuore di darle
un'ennesima
delusione dicendole che mi avevano sbattuta dentro. Di nuovo».
«Su,
su, tesoro» Tiffany le prende una mano e inizia a darle
piccole
pacche di consolazione sul dorso «Sono sicura che per tua
madre sia
stato meglio così, le hai dato conforto e le sei stata
vicina, no?»
«Per
la prima volta nella mia vita mi sono resa conto di avere di fronte
una persona e non un essere perfetto e, Dio, ora mi sento
così
stupida. Sono proprio una bambina».
«Gioiellino,
non darti colpe che non hai. È normale vedere i propri
genitori come
esseri perfetti, sai? Succede a tutti, solo crescendo ti rendi conto
che non sono poi così diversi da te, solo hanno qualche anno
in
più».
«Già,
Carol ha ragione, pasticcina. Siamo tutti così presi dalla
nostra
vita e dai nostri problemi che spesso non ci accorgiamo di quelli
degli altri, ma questo non ti rende una persona peggiore, nossignore!
E poi, non è del tutto colpa tua, spesso i genitori fanno di
tutto
per alimentare questo distacco e per mantenere un aria di perfezione,
ma è una perfezione illusoria».
«Non
avrò mai dei figli» borbotta la giovane
«È una cosa così
egoista! Non voglio sembrare perfetta agli occhi di nessuno, odio le
cose perfette. C'è qualcosa di sbagliato quando tutto
è perfetto in
un mondo come questo».
«Avere
figli non significa essere egoisti, gioiellina» le fa notare
Caroline, sedendosi al suo fianco «Significa amare
così tanto
qualcuno da voler costruire una famiglia».
«Significa
rinunciare all'ultima fetta di torta per loro, perché il
sorriso che
ti rivolgono è più soddisfacente di qualsiasi
altra cosa al mondo»
aggiunge un altro travestito.
«Significa
dare calore e affetto a una creature che dipende totalmente da te e
che diventa la tua prima priorità, perché niente
è più importante
della sua felicità».
«Ma
la stessa idea di volere dei figli è egoista, non possono
scegliersi
i genitori. E se non dovessi piacergli? E se non fossi capace di
sceglierli? E se dovessero venire su pigna in culo ed ingrati
bastardi come me? No, grazie, niente figli per me».
«E
se dovessi incontrare la persona giusta con cui farli?»
domanda
Tiffany «Ci hai pensato?»
Bonney
scuote il capo.
«Non
ha molta importanza, i miei avrebbero dovuto essere anime gemelle,
eppure guardate com'è finita. E comunque non ci ho pensato,
nemmeno
dopo che ho incontrato Drake».
«Chi
è Drake?» sussurra qualcuno.
«Sarà
il suo basher» risponde qualcun altro.
«E
poi non credo che incontrare l'anima gemella cambi qualcosa,
no?»
«Dipende,
per te è cambiato?» chiede Caroline «Per
me è cambiato tutto, mi
sono scoperta una persona nuova, non è così
Tiffany, cara?»
Tiffany
sorride e le accarezza gentilmente una mano.
«Non
lo so proprio. Non ho mai vogluto figli e continuo a non volerne,
però l'anno scorso ho congelato gli ovuli».
«Come
scusa?» Caroline quasi cade dalla panca.
Bonney
si soffia il naso, parlare l'ha portata a smettere di piangere e ora
sente sta leggermente riprendendosi.
«Ho
congelato gli ovuli lo scorso anno, ho pensato… Beh, ho
pensato che
non si poteva mai sapere, cioè, metti caso che, non so cosa
voglio
oggi, figurati tra anni e quindi ne ho congelato qualcuno. Ho speso
tipo tremila dollari».
«Oh,
non ha fatto male?»
«Non
ho sentito niente e comunque non so, era per tenere aperta una porta,
anche se sono abbastanza sicura di non volere figli».
Tiffany
le accarezza una spalla.
«E
va bene così, cara, mica tutti devono averne, ognuno ha le
sue
priorità, non significa che quelle degli altri non siano
importanti.
Quali sono le tue?»
Bonney
pare pensarci un attimo, si mordicchia l'unghia del pollice e solleva
il capo.
«Cantare
al matrimonio, domani. Quindi uscire di qui» non ci vuole che
un
secondo perché ricada nello sconforto «Oh, no. Non
posso nemmeno
chiamare Drake, ho già usato la mia chiamata».
«Ma
io no» si fa avanti qualcuno.
«Già,
manco io!»
«E
io neppure!»
«Sì,
ma chi cavolo è sto Drake?»
«Hai
visto biscottina? È pieno di chiamate che puoi
fare» celia
Caroline, battendo le mani estasiata «Fammi chiamare
l'agente,
quello con quel bel culetto sodo».
Jewelry
è convinta di essere estremamente brava nel convincere la
gente a
fare cose, ma si rende conto in quel momento che ha ancora davvero un
sacco da imparare; non sa nemmeno come facciano, ma sia Caroline che
Tiffany sono così persuasive e così convincenti
– senza dover
nemmeno ricorrere ad approcci fisici – che in pochi minuti si
trova
di nuovo davanti al telefono con l'agente che prima era rimasto a
fissarla con aria severa tutto intento a darle le spalle, fingendo di
non vedere.
Sorride
appena, sentendosi per la prima volta quando è
lì, inaspettatamente
sobria; il telefono squilla (e non sa nemmeno lei se si sia ricordata
il numero giusto, ma negli ultimi giorni ha osservato quelle cifre
così tante volte che è davvero improbabile che
abbia sbagliato) e
si ritrova a pregare dall'altra parte qualcuno risponda.
Quando
il suo telefono suona, Drake è fermo a un incrocio deserto e
sta
giocando distrattamente con i fari della jeep.
«Chi
minchia è ti chiama alle cinque del mattino?»
sbraita Law sdraiato
al suo fianco a fumare.
«Sarà
l'ufficio» borbotta l'uomo, ignorando il cellulare appoggiato
sul
cruscotto «Come se non fosse abbastanza da stronzi farmi fare
il
turno di notte in questo posto di merda».
«Veramente
è un numero sconosciuto» nota Law sporgendosi
«Non rispondi?»
«No».
«Mi
chiedo come non ti abbiano ancora licenziato» borbotta il
chirurgo
afferrando il telefono e schiacciando il verde «Pronto? Avete
chiamato lo sceriffo più coglione dell'intera Arizona, al
momento
sto facendo altro, probabilmente pensando ai cazzi miei o cazziando
qualcuno per qualche stronzata, lasciate pure un messaggio dopo
-»
«Trafalgar,
sei tu?» lo interrompe la voce dall'altra parte del filo.
«Bonney?»
«Come
sarebbe a dire Bonney?» esclama Drake, strappandogli il
telefono di
mano «Pronto?»
«Drake?
Oh, grazie al cielo».
«Stai
bene? Sai che diavolo di ore sono?» sbraita l'uomo, irritato
più
con sé stesso per non avere risposto immediatamente che con
lei.
«Sì,
beh, scusami» borbotta la ragazza, credendoci davvero e
preoccupando
ancora di più il suo interlocutore «È
che non sapevo chi altro
chiamare».
La
voce di Bonney è così leggera e così
dannatamente composta che a
Drake si stringe il cuore e non glielo deve nemmeno domandare di
nuovo per capire che qualcosa davvero non va.
«Cosa
succede?»
«Ti
prego, vienimi a prendere…» non era quello che
aveva progettato
dirgli, pensa nel momento esatto in cui pronuncia le parole, avrebbe
dovuto chiedergli se poteva intercedere per lei con qualcuno, magari
facendo sì che la lasciassero andare, ma si rende conto che
era
quello che voleva.
«Dove
sei?» stringe più forte il telefono, senza che gli
passi per la
testa, nemmeno per un secondo, l'idea di non farlo.
«Nel
distretto ovest di polizia di Los Angeles» borbotta Jewelry,
accorgendosi di arrossire nel dirlo «Ti prego, non dirlo a
Nami».
«E
come vuoi che faccia a dirglielo?» sbraita l'uomo, accendendo
il
motore.
«Oi,
Drake, cazzo stai facendo?»
«Stai
zitto, Law».
«Credo
sia l'area Pacifico, l'indirizzo è 12312
Culver Boulevard».
«Sto
arrivando» risponde prima di chiudere la chiamata e lanciare
di
malagrazia il telefono sul sedile posteriore sotto lo sguardo
allibito e scocciato di Law.
«Stai
arrivando dove? Ti sei completamente rincoglionito?»
«Stai
zitto e accendi la sirena, andiamo in California».
«Fammi
scendere» sbraita il chirurgo, allacciandosi di fretta la
cintura
nel vederlo aumentare le marce di fretta «Cosa vorresti fare,
partire alle cinque del mattino senza avvisare un cazzo di
nessuno?»
«Sai
quanto mi importa?»
«Io
ci lavoro qui! E pure tu! Cristo, l'incrocio! L'incrocio!»
«Come
se ci fosse qualcuno per la strada» borbotta Drake accendendo
la
radio per aiutarsi a stare sveglio – non che le urla
vagamente
isteriche di Law non siano di aiuto.
Well
it winds from Chicago to LA, more than two thousands miles all the
way, get your kicks on Route 66.
Trafalgar
respira profondamente, capendo improvvisamente che Drake non ha
alcuna intenzione di fermarsi e realizzando che dopo anni di fuga
–
da sé stesso, dalla sua famiglia, da qualunque cosa lo
tenesse
lontano – sta per tornare a Los Angeles.
«Francis.
Ferma questa fottuta macchina e fammi scendere, voglio tornare a
Peach Spings».
«Sai
una cosa, Law? Vaffanculo
Peach Springs».
You'll
see Amarillo, Gallup, New Mexico, Flagstaff, Arizona, don't forget
Wynonna, Kingman, Barstow, San Bernardino. Won't you get hip to this
kindly tip dnd go take that California trip. Get your kicks on Route
66.
«Dove porca merda
è finita
Marshmellow?»
È
la prima domanda che viene posta il mattino successivo da una Nami
piuttosto irritata. Ha già cercato nella sua stanza e non le
è
servito molto tempo per capire che Bonney non è proprio
tornata a
dormire; qualcosa le dice che la risposta è molto
più spiacevole di
quello che vorrebbe sentire, ma la ragazza non risponde al cellulare
e alla Stazione Centrale di Polizia non c'è nessuno con il
suo nome.
«Sono
già le dieci, miseria ladra!» sbraita la ragazza
uscendo dalla
stanza e dirigendosi a passi rapidi verso Kidd e Killer.
«Vuoi
che chiami qualcuno?»
«Chi
vuoi chiamare, Killer? Chi? Siete la band, dovreste già
essere lì
e-» si interrompe e sospira sollevata nel vedere arrivare la
macchina bianca di Rebecca «Barbie! Sei qui! Hai visto
Bonney?»
«No,
ma sono stato dall'estetista, si vede? Ci ha fatto un impacco
favoloso!»
«Chi.
Se. Ne. Frega! Jewels non si trova!»
«E
te ne accorgi solo ora?»
«Scusa
tanto se prima dormivo, ti ricordo che ieri c’è
stata la festa dai
Fastor e per di più non ci vogliono proprio due minuti per
prepararsi!»
«Capisco,
non a caso ieri sono andato a dormire alle undici, sai che se non
faccio otto ore di sonno la mia pelle non si riposa. Poi alle sette
sveglia, corsetta sulla spiaggia, parrucchiere. E vedo che anche tu
ci hai fatto un salto».
«Credici»
borbotta Zoro caricando gli strumenti in macchina «Nami usa
-»
«Non
uso una sega, sono naturali così. Perfetti».
«Beh,
mi fa piacere per te, io spero solo che a suonare non mi si rovini la
manicure e in ogni caso non ho la più pallida idea di dove
sia
andata a cacciarsi Bonney».
«Magari
ci raggiungerà al matrimonio» azzarda Rebecca,
timidamente.
Nami
ignora quel 'ci', non che avesse dubbi sul fatto che Cavendish se li
sarebbe portati dietro, fa sempre quello che vuole; in ogni caso la
cosa potrebbe essere positiva, magari Rebecca sa cantare, magari la
loro presenza potrebbe infastidire Slade.
«Non
è che per caso sai cantare, vero?»
Bartolomeo
ridacchia, divertito, cercando malamente di mascherare la sua
ilarità
dietro a dei fintissimi colpi di tosse.
«È
stonata come una campana, una cosa imbarazzante» risponde
Cavendish
per lei, senza farsi minimamente problemi.
«Siamo
fottuti».
«Oi,
vedi di rilassarti, Oca, si farà viva. Sai che Jewls
è una stordita
del cazzo, ma sa quello che fa».
«Nami»
Zoro la prende per la vita, conducendola con gentilezza fino alla
macchina «Dobbiamo proprio andare»
La
ragazza borbotta una mezza bestemmia, facendo strabuzzare
più di uno
sguardo, quindi annuisce e monta in auto.
Davanti
al cancello di ingresso dei Fastor aspetta un uomo dall'aria
singolare, e Nami riconosce l'individuo dai capelli glitterati della
sera precedente; li ferma con un gesto della mano e Zoro rotea gli
occhi verso l'alto, già esasperato ancora prima di iniziare
a
parlare.
«Ciao,
Whisper».
«Ciao
Roronoa, ti trovo in forma, sei ancora più carino».
«Mi
fa piacere, possiamo passare, noi e la macchina dietro».
«Tesoro
bello, non lo so. Siete sulla lista?»
«Secondo
te?»
«Non
lo so, dovrei chiamare Matt…»
«Dovresti
farti sparare» ringhia Roronoa «Mi conosci da anni,
non rompere e
facci entrare».
«Ok,
e se faccio entrare te chi garantisce che gli altri sono sulla
lista?»
«Io!
Garantisco io!» ruggisce il ragazzo perdendo del tutto le
staffe.
«Zoro,
Amore, stai calmo che ti parte un embolo, ci penso io»
mormora Nami
sorridendo sorniona e facendo cenno a Whisper di spostarsi dal suo
lato «Senti carino, garantisce Slade per tutti».
Estrae
dal cruscotto un documento a caso tirato fuori dal portafoglio di
Fastor la sera prima e glielo piazza in mano.
«Ah,
beh allora!»
Zoro
trattiene una risatina, quindi si gira verso la sua ragazza e le
sorride.
«Slade
ti ucciderà».
«Non
se lo faccio prima io».
Il
giardino, che la sera prima era stato sistemato per accogliere gli
ospiti della cena è ora stato completamente riorganizzato,
tanto che
Nami si domanda se i Fastor abbiano una schiera di giardinieri al
loro servizio o se siano semplicemente avvezzi a tale tipo di
modifiche.
«Carino
questo posto» commenta Bartolomeo, osservando il riflesso
della luce
sulle unghie e lasciando che sia Bartolomeo a scaricare il suo
strumento.
«Sì,
non è male» concorda Rebecca.
«Voi
due siete troppo ricchi» replica Zoro guardandoli male.
«Fate
schifo» concorda Kidd «Questo pozzo è
una cazzo di reggia».
«Nami!
Zoro!» Rufy corre verso di loro, quasi pigolando di gioia,
non
appena li vede, Sabo, Ace e una ragazza dall'aria carina e i capelli
arancioni lo rincorrono col fiatone, come a indicare che da quando
sono arrivati lì non è stato fermo un secondo.
«Buon
giorno» borbottano, già stanchi ancora prima
dell'inizio della
cerimonia.
«Rufy
non dovresti correre in giro, sai che Kendra ti sta
cercando!» gli
fa notare con gentilezza la ragazza, che Sabo presenta subito a tutti
come la sua “adorabile fidanzata con il viso di un
angelo”,
Koala, riuscendo ad evitare un cazzotto quasi per miracolo.
«Perché
Kendra ti cerca?» domanda Nami, chiedendosi cosa possa volere
la
sposa da quel beota di Rufy.
«Non
lo sai?» chiede Zoro deliziato «Mi stai dicendo che
c'è qualcosa
di questa cerimonia che io so e tu no?»
«Roronoa…»
«No,
aspetta un secondo, devo godermi questo momento. Aspetta, aspetta,
aspetta. Ok, ci sono».
«E
quindi?»
«Rufy
deve officiare il rito».
«Rufy?»
«Lui?»
chiede anche Kidd infilandosi nella conversazione e scoppiando a
ridere senza ritegno.
«Che
c'è?» borbotta l'interessato, gonfiando le guance
con aria offesa.
«Già,
secondo me è geniale, e poi Rufy è
ganzo!» gli dà man forte
Bartolomeo, alle cui parole riecheggia un “Non avevo
dubbi” di un
biondo a caso.
«Ti
dico solo» comincia Ace «Che abbiamo dovuto
compilare noi la
richiesta al comune, richiedere i permessi al suo posto e quando
questa cerimonia sarà finita toccherà sempre a
noi compilare il
certificato di matrimonio. Sempre se vogliamo che sia
leggibile».
«Sono
già partite le scommesse su come potrebbe rovinare la
cosa?»
sussurra Nami cercando di non farsi sentire.
«Sì
e le tiene Kendra, ma stai attenta che non lo sappia Sanji o finisce
per avere un infarto, è già abbastanza
terrorizzato di quello che
potrebbe fare Rufy. E pensare che è stata un'idea
sua».
«È
tutto così bello che potrei commuovermi» ridacchia
la ragazza.
«Piuttosto,
ragazzi» interviene Sabo, interrompendo i loro discorsi poco
pacifici «Se venite con me vi accompagno al palco e alla zona
riservata alla band, così potete montare tutto».
«Ma
senti» borbotta Nami estraendo la scaletta dal reggiseno e
fissandola appena «Non è che avete visto Bonney?
Non riusciamo a
trovarla».
Ace
geme, lamentandosi e scuotendo il capo.
«Oh
no, lo sapevo che sarei dovuto uscire con lei ieri sera».
«Io
sapevo che avrei dovuto chiuderla a chiave in camera e gettare la
chiave».
«Magari
arriverà» risponde Sabo, sollevando le spalle.
«E
se non dovesse arrivare? Chi canterebbe al suo posto?» si
lamenta
Nami «Vi ricordo che deve iniziare da subito, accompagna il
passaggio della sposa fino all'altare!»
«Beh»
esordisce Killer, scambiandosi uno sguardo con gli altri.
«Già»
conviene Cavendish.
«Potresti
anche farlo te, mica ti consumi, cazzo».
«No»
Nami indietreggia scuotendo le mani, come a dire che non ne vuole
sapere niente «Scordatevelo».
«Molto
bene» esclama qualcuno alle sue spalle «Allora
è deciso, se questa
Bonney non dovesse arrivare canterà Nami. Vado a dirlo ad
Adelaide».
«FASTOR!»
La
giovane non fa, però, in tempo a saltargli al collo e a
iniziare a
stringere che viene trascinata via da un tornado in bianco, mentre
Slade, ancora sorridente, si mescola agli ospiti, lasciando il
gravoso compito di guidarli ai loro posti a qualcun altro –
sia mai
che debba faticare in un giorno di festa.
«Kendra
ti droghi?» sbraita Nami, ritrovandosi dietro il muro della
casa.
«Ok,
prima di tutto, bel vestito» celia la sposa, fissando il
vestito
rosso della ragazza «Ora, passando alle cose importanti, sii
onesta
con me, sembro incinta?»
«Sei
incinta?»
«Lo
sembro?»
«No,
ma lo sei?»
«No,
ma Matt dice che lo sembro».
Silenzio.
«Non
gli hai sparato?»
«Non
l'ho preso» si lamenta Kendra «Ok, ok. Allora,
seconda cosa, ho il
tuo portafoglio, l'ho rubato stamattina a Slade prima che rientrasse
nel suo ufficio».
«Sei
una persona meravigliosa, anche io devo dirti una cosa, abbiamo perso
la cantante».
«Merda!»
«Mi
dispiace, Kendra, ma… » sospira rassegnata
«Posso cantare io».
«Non
è per quello, ma con Vic, la mia testimone, abbiamo messo su
un giro
di scommesse su tutto ciò che potrebbe andare male: lei ha
scommesso
sulla band, il cattering e su eventuali risse tra Vinsmoke e Fastor,
io su Rufy (e spero davvero che non mi deluda, ho grande fiducia
nelle sue capacità di incasinare le cose), su quante volte
si
perderà Zoro, sul suicidio di Slade e sulle scarse
abilità motorie
di alcuni degli invitati».
«Nessun
fattore esterno?»
«Chi
vuoi che si presenti a rovinare un matrimonio a casa dei
Fastor?»
«In
effetti è improbabile; in ogni caso potrebbe sempre essere
che Slade
lo avveleni io».
«Non
preoccuparti, ho già pagato Matt e se le cose dovessero
mettersi
male mi ha promesso di sparargli».
«Amore
fraterno».
Il
primogenito dei Fastor starnutisce, senza pensare che quel fastidioso
fischio che sente nelle orecchie potrebbe essere qualcuno che sta
parlando lui – che poi è normale, tutti dovrebbero
parlare di lui,
è una meraviglia della natura. Scuote il capo, scacciando il
pensiero e torna a dedicarsi all'interessante conversazione che sta
tenendo con uno degli amici di Roronoa e il primogenito dei Vinsmoke.
«Certo
che i Vinsmoke sono la famiglia più antica degli Stati
Uniti» si
vanta Ichiji, sollevando il capo e sorseggiando un bicchiere di vino,
ignorando il fatto che siano solo le dieci e quaranta del mattino e a
cerimonia debba iniziare di lì a pochi minuti
«Abbiamo origini in
Francia e sinceramente non saprei nemmeno io fino a quanto risalgano,
ma sono antiche».
«Come
no» lo canzona Matt «I Fastor non sono da meno, non
ti credere; non
è solo una questione di potere, ma anche di influenza
politica».
«Questo
mi pare ovvio» interviene William «Ma non mi sembra
lo stesso che
nessuna delle vostre famiglie possa essere definita una dinastia, per
definizione fanno parte delle Dinastie le famiglie reali, i Borboni
sono una dinastia, i Windsor, gli Stuart, non i Vinsmoke. Non dubito
che siate parte di generazioni e generazioni di esponenti una stirpe
di arricchiti che sono riusciti a ottenere prestigio nella vita,
ma-»
«Come
sarebbe a dire 'arricchiti'?» si lamentano entrambi i suoi
interlocutori.
«Senza
contare che le vostre sono 'Famiglie' nel senso più
colloquiale
della parola e per colloquiale intendo famiglie criminali, non potete
venirmi a parlare di dinastia. Cosa siete, eredi di Bach? Di Mozart?
Dei Rockfeller?»
«Prima
di tutto» borbotta Ichiji «Ringrazia che non ti
spari. Poi, non
serve avere una banca per avere influenza politica, pensi che le
minacce di un casato come il nostro non riscuotano gli effetti
desiderati? In quello che viene definito dai più
“Underground”
le nostre famiglie sono due delle più in vista».
«Ok,
ma nella vita di tutti i giorni? Vi potreste definire una dinastia
criminale, ma nessuno saprebbe chi di voi è un Vinsmoke e
chi un
Fastor, tecnicamente le vostre famiglie non esistono, né
negli
archivi storici, né da nessuna altra parte. Provate a fare
una
ricerca su internet e non troverete che il vuoto, perché
è così
che si mantiene l'anonimato».
«Che
è fondamentale per il nostro lavoro» fa notare
Matt.
«Ma
essenziale per una dinastia, vi concedo al massimo di essere un
casato, sebbene sono quasi del tutto sicuro che non abbiate nemmeno
un briciolo di sangue blu».
«Molto
interessante, detto da un pezzente» sbotta Ichiji, perdendo
la
pazienza.
«Come
ti pare, sfigato ossigenato, ma se googli Cavendish qualcosa lo
trovi».
Matt
non se lo fa ripetere due volte e tira fuori il cellulare, sotto lo
sguardo interessato del primogenito dei Vinsmoke, in piedi al suo
fianco, e quello annoiato di Cavendish, che in realtà si sta
divertendo un mondo a giocare, ancora una volta, al ricco ereditiere.
«Porca
puttana» alita Fastor.
«William
Cavendish, come i Cavendish dei Cavendish, Suffolk; la mia
dinastia»
racconta, calcando bene sull'ultima parola, come ad evidenziare la
sua superiorità «Può essere fatta
risalire con assoluta certezza
al 1300, ma le sue origini sono certamente precedenti, non che
abbiano molta importanza alla fine, quando sei Duca di tre contee
diverse. Ho già detto che sono Sir».
«Ho
già detto vaffanculo?»
«E
com'è che Sir belli capelli è invitato al
matrimonio di mio
fratello?» domanda Ichiji.
«Suono
nella band» replica Cavendish agitando la manina e indicando
il
palco con gli strumenti su cui Kidd e Killer, già pronti, lo
aspettano fulminandolo con lo sguardo «Mi annoiavo in
Inghilterra».
«Con
tutti quei soldi doveva essere proprio una vita triste»
interviene
Nami, intromettendosi nella discussione «Muoviti e fila sul
palco.
Fastor, Vinsmoke, vi conviene sedervi a meno che non abbiate
intenzione di accogliere la sposa in piedi».
«Puttana
vacca» sbotta Matt, ricordandosi improvvisamente che il
compito di
accompagnare Kendra all'altare spetta a lui «Mi
muovo».
L'altare
non è un vero altare, in fondo nessuno di loro è
particolarmente
religioso.
Su
suggerimento di Eve, la madre di Brad, Rufy è in piedi
dietro a un
palchetto bianco, decorato con pochi fiori bianchi e qualche nastro
rosa pastello – Kendra si è molto raccomandata
perché tutto fosse
estremamente semplice e ha boicottato tutte le idee di Sanji e
Sheera, eccessivamente piene di fiori, eccessivamente smielate.
Sanji
aspetta trepidante, in piedi su un piccolo palchetto montato quella
mattina, alle sue spalle c'è Zoro, che – pur non
essendo lui a
doversi sposare – si sente in ansia tanto quanto il suo amico.
«Magari
è scappata» borbotta a bassa voce.
«Roronoa,
taci o ti pesto».
Non
che ci creda davvero. Kendra è sfuggita dalle sue mani per
anni,
trincerandosi dietro muri di incertezze e di no accuratamente
impilati uno sopra l'altro, ma alla fine Sanji è riuscito a
convincerla e ora pretende che niente rovini quel momento, nemmeno i
suoi migliori amici.
Quando
la voce elegante e delicata di Nami attacca, assieme alle prime note
della canzone, il giovane sente il respiro venirgli meno, mentre,
alla base corridoio tra le file di sedie, proprio dove comincia il
tappeto rosso che ha insistito ad ogni costo per stendere, compare
Kendra, saldamente attaccata al braccio di Matt.
Heart
beats fast, colors and promises, how to be brave? How can I love when
I'm afraid to fall? But watching you stand alone, bll of my doubt
suddenly goes away somehow.
Kendra
ha trattenuto il fiato fino a quel momento e non sa proprio come
abbia fatto e non scappare a nascondersi in qualche angolo
introvabile del giardino o magari nelle segrete della magione. La
sola idea del matrimonio la terrorizza come niente prima, e
sì che
lavora coi Fastor e non dovrebbe avere quel genere di problemi.
One
step closer.
Il
viso trepidante di Sanji, però, è sufficiente a
riportarle il
sorriso e mentre percorre la strada che la separa dall'altare
improvvisato, sente il cuore tornare a battere a un ritmo regolare.
Dopo
tutto non sarebbe potuta andare in nessun altro modo se non
così.
I have died every
day waiting for you, darling, don't be afraid I have
loved you for a thousand years, I'll I
like big butts and I can not lie, you other brothers can't deny that
when a girl walks in with an itty bitty waist and a round thing in
your face you get sprung.
Le teste di tutti gli invitati
alla
cerimonia si girano verso la musica, sparata a tutto volume, che
decisamente non è quella che stanno suonando Kidd e gli
altri e Nami
smette di cantare, irritata.
Alle note che vanno avanti
segue un
immenso boato, poi un urlo, quindi da dietro la villa dei Fostar
compare una spropositata limousine decapottabile rosa vivo; in cima
al cofano troneggia la statuetta dorata di un fenicottero e spalmato
sopra c'è Whisper con quello che sembra un vistoso trauma
cranico.
«Ho provato a
fermarlo» tenta di dire,
ma le sue parole vengono coperte dal suono del clacson, una trombetta
che ricorda il suono delle trombe da parata.
La macchina si ferma proprio
in fondo
alla navata improvvisata e dalla portiera del passeggero emerge un
uomo incredibilmente alto, dai capelli un po' troppo ossigenati, con
indosso una vistosa giacca di pelo rosa e un paio di occhiali da sole
a forma di cuore.
«CHI È
CHE NON MI HA INVITATO AL SUO
MATRIMONIO?»
Slade si passa una mano sulla
faccia e si
lascia scivolare lungo la sedia, gemendo disperato.
«Oh no».
Nami osserva la scena con aria
irritata,
senza avere la benché minima idea di chi sia il soggetto
imbarazzante in questione, in compenso dalla sua posizione
privilegiata sul palco della band riesce a notare il variare delle
espressioni facciali di tutti gli astanti.
Zoro impallidisce, Sanji ha un
travaso di
bile, Rufy agita una manina come un imbecille in segno di saluto,
Kendra bestemmia scambiandosi uno sguardo di intesa con la sua
testimone – entrambe consapevoli di non avere scommesso
sull'unico
evento effettivamente accaduto, Brad si strozza col martini, Matt
lascia andare il braccio della sposa e inizia ad armeggiare nella
tasca della giacca estraendo una pistola, Sheera caccia un urlo nel
vedere la pistola di Matt, Blake le tira in testa il bastone, Killer
deglutisce e sussurra qualcosa a Kidd che aggrotta la fronte e
annuisce.
È tutto
così esilarante che per poco
non le sfugge il succo del loro discorso che suona più o
meno come:
«Ehi, quella non è la tipa con gli occhiali che
c'era ieri alla
bisca clandestina?», Killer potrebbe anche avere detto
'biscia
intestina', ma Nami ne dubita fortemente.
«State zitti o
finisce male» sibila
piano, mentre davanti ai suoi occhi si consuma un doppio dramma
famigliare.
Da un lato Matt, dopo avere
messo via la
pistola, corre verso Sheera, soccorrendola sotto lo sguardo
disgustato di suo fratello («Nonno, la bastonata era davvero
necessaria?» «La prossima volta sceglietene una
sana di mente,
nipote!»); dall'altro Ichiji Vinsmoke certa di impedire a suo
fratello Niji si spararsi in testa dopo avere visto il nuovo
arrivato – non che Nami sia a conoscenza dei loro rapporti,
ma
deduce non siano dei migliori. Ad essere onesti, nessuno deve essere
in grandi rapporti con quel tizio.
«SLADE!»
«Uccidetemi vi
prego…» mormora
fissando Nami con una preghiera negli occhi, ma la rossa si limita
fargli il dito medio «Doflamingo, vorrei dire che
è un piacere».
«Ma non lo
è» conclude per lui
Donquijote, togliendosi teatralmente gli occhiali da sole e
agitandoli davanti al naso del suo interlocutore «Ovvio che
non lo
è! Un matrimonio, capisci? Un matrimonio! E io non sono
stato
invitato? Perché non sono stato invitato?»
«Perché
ti odio» è la placida
risposta di Kendra, che senza minimamente scomporsi gli arriva alle
spalle e lo fissa con aria seccata.
«Oh, la gemma viola!
Aspetta, è il tuo
matrimonio?! LA GEMMA VIOLA SI SPOSA E NESSUNO MI HA DETTO NIENTE?
ROCI? MONET? BABY… BABY FIVE!»
Le teste di tutti gli astanti
si spostano
nuovamente nella direzione dello sguardo di Doflamingo, esattamente
nel punto in cui un'avvenente ragazza mora dalle curve prosperose sta
abbracciando, senza farsi scrupolo alcuno, Ace.
Slade non lo vede nemmeno
spostarsi, ma
Portoguese se lo trova di fronte in pochi secondi con una pistola in
mano e lo sguardo minaccioso.
«Che cosa succede
qui?» domanda il
mafioso con aria decisamente poco gentile.
«Oh! Non sei felice
per me?» domanda la
ragazza «Mi ha detto che ho un bel portamento!»
«E
quindi?» il suo tono è glaciale ed
Ace sente un brivido lungo la schiena.
«Era solo un
complimento, non intendevo
certo mancare di rispetto a nessuno».
«E quindi ho deciso
di sposarlo!»
«Scusa,
cosa?» domandano all'unisono i
due uomini.
«C'è
anche già l'officiante!»
«Non mi pare una
buona idea» mormora
Ace facendo un passo indietro e cercando con lo sguardo qualcuno
«Ci
conosciamo appena».
Doflamingo annuisce, gli
sembra un
ragazzo sveglio, forse potrebbe non ucciderlo.
«Cosa
c'è da sapere? È chiaramente amore! I nostri
tatuaggi ci stanno
mettendo solo un pochino a funzionare».
«È
possibile?» domanda con discrezione Doflamingo a suo fratello.
Rocinante
scuote la testa, senza dire una parola.
«Ma
io-»
«Tu
cosa?» ruggisce il mafioso «Vorrai mica sedurla e
abbandonarla!»
«Ma
io sono gay!» pigola infine Ace, riuscendo a dire,
finalmente,
quello che gli passa per la testa da oramai un po'.
Nami
si strofina le mani e va a prendere posto accanto a Slade, ridendo
come una sadica.
«Sai
cosa mancano, Fastor?»
«Ti
prego, non infierire».
«I
pop corn».
«E
ti aspetti che ti creda» sta urlando in quel momento
Doflamingo con
la pistola alzata e il cappotto che svolazza ad ogni movimento.
«Mi
sa mi conviene fermarlo prima che ci scappi il morto» si
lamenta
Slade allungando una mano verso suo fratello per farsi passare del
martini.
«Pensa
al tuo diabete» sibila Brad.
«E
tu pensa ai cazzi tuoi» risponde il maggiore, il cui
tentativo di
alzarsi viene però bloccato da Nami che lo ritira a sedere
tirandolo
per la giacca.
«Aspetta,
guarda là!»
Tra
gli invitati si è alzato un ragazzo con un ciuffo biondo in
cima
alla testa, vestito in un orribile completo violetto; senza bene
capire dove abbia trovato il coraggio, la folla lo osserva mentre si
avvicina a Doflamingo, gli picchietta leggermente la spalla e si
china a sussurrargli qualcosa all'orecchio
«Oh,
ma se mi avessi detto subito che eri culo, mica la tiravo fuori la
pistola!!» esclama quindi Donquijote, tendendo ad Ace una
mano e
scuotendo la testa verso Baby Five che
scoppia a piangere.
«Ma
io, veramente, l'ho fatto…»
«Dof,
per la grazia di Iddio» borbotta Slade, avvicinandosi
disperato «Si
può sapere che minchia ci sei venuto a fare qui?»
«C'è
un matrimonio e non mi avete invitato! Sono il re dei matrimoni,
partecipo sempre ai matrimoni!»
«Matt
sparagli».
«Ok,
ok» celia l'uomo «Quanto siete suscettibili.
Qualcuno è venuto a
fare domande nella mia zona».
«E
tu hai pensato bene di venire qui a dirmelo? Sappi che non me ne
frega un cazzo».
«No,
no, hanno fatto domande su di me e soprattutto su un membro della mia
famiglia che non vediamo da qualche anno. Monet?»
La
giovane si fa avanti e senza esitare indica il palco della band.
«Il
biondo e il seghino che gli sta di fianco, facevano domande su
Law».
«Su
chi?» domanda Slade al limite della sopportazione
«Anzi, sapete
cosa? Non mi interessa nemmeno, vedetevela tra di voi. Io me ne lavo
le mani. Non sporcate il giardino di sangue».
«Io
volevo solo sposarmi» piange nel frattempo Sanji attaccato al
palchetto, mentre Rufy gli dà delle amichevoli pacche di
conforto
sulla schiena.
«Quindi
fammi capire, Doflamingo conosce Law?» domanda Zoro girandosi
vero i
suoi amici.
«Ne
so quanto te, ma sento la mancanza dei popcorn» celia il suo
migliore amico, osservando la situazione divertito.
Kidd
nel frattempo osserva perplesso la scena, senza sapere bene come
reagire a quella rivelazione; di gente poco raccomandabile ne ha
incontrata tanta nella vita, lui stesso non si definirebbe un tipo
raccomandabile, ma mai nessuno ai livello di Doflamingo.
«Sono
morto» mormora a mezza voce.
«Io
ti ho voluto bene» sussurra Killer «Ma me ne tiro
fuori».
«Io
nemmeno il primo punto, e sinceramente non ti offendere se mi sposto,
ma non vorrei mai si sporcassero le scarpe di sangue» celia
Cavendish allontandosi e fermandosi di fianco a Doflamingo per
commentare «Oh, che bel Vivianne Westwood!»
«Grazie
carino, dopo se lo faccio ammirare, sperando che non si sporchi di
sangue».
«Già,
le macchie sono terribili da levare».
Kidd
indietreggia, maledicendo i suoi amici di merda e il loro inutile
supporto, non sa bene come reagire ed è anche consapevole di
non
avere nessun posto in cui scappare; non fa in tempo ad allontanarsi
che Donquijote gli è di fronte e lo fissa con aria
accigliata, suo
fratello, Rocinante, un uomo noto per i suoi silenzi e i suoi modo
poco aggraziati più che per le sue doti di mafioso,
è in piedi di
fianco a lui e osserva Kidd con sguardo ugualmente truce.
«Fai
troppe domande» dice solo, stupendo vagamente anche suo
fratello.
«Io
volevo solo-»
«Non
so cosa volessi e non mi importa» sibila Doflamingo
«Ma non mi
piace che la gente faccia domande».
«Volevo
solo sapere chi fosse Law».
Rocinante
lo prende per il bavero della camicia e forse gli tirerebbe anche un
cazzotto se in quel momento l'attenzione dell'intera folla non
venisse attirata da un urlo ben noto e dallo sgommare di un'altra
macchina che entra nel vialetto di accesso e si ferma subito di
fianco a quella di Doflamingo.
«Ehi,
gente! Sono arrivata!» urla Bonney, scendendo con un salto
dalla
Jeep polverosa e sbracciandosi verso tutti gli altri, senza rendersi
conto che, se il matrimonio non fosse già stato mandato a
gambe
all'aria da Donquijote e i suoi, il suo arrivo in stile Papessa dei
poveri non avrebbe di certo contribuito a far filare dritta la
cerimonia.
«Jewls!»
urla qualcuno.
«Oh,
no» geme Law, scivolando più in basso nel sedile
posteriore
«Doflamingo».
«Vi
prego, ditemi che siete qui per portarlo via o per uccidermi»
domanda Slade avvicinandosi «Oddio, sei tu Francis».
«Anche
per me è un piacere, Fastor».
«Ciao
Slade» celia Bonney, felice come un'oca giuliva
«Ciao Nami, bella
giornata!»
«Bella
giornata un cazzo! Dov'eri finita?»
Non
che Bonney riesca a rispondere visto che Doflamingo, nello scorgere
il viso noto di Trfalgar dentro la Jeep, afferra suo fratello per una
manica (incurante del fatto ch'egli stia ancora saldamente stringendo
il colletto di Kidd) e se lo trascina dietro urlando di gioia.
«LAW!»
«Voglio
morire» geme Trafalgare, osservando l'uragano di pelo rosa
che si
avvicina.
«Non
dirlo a me» gli fa eco Slade «Nami, ti imploro,
avvelenami
l'insulina».
«Non
tentarmi Fastor».
«Perché
cazzo Doflamingo è qui?» chiede il chirurgo,
scendendo di
malavoglia dall'auto per affrontare il suo peggiore incubo.
«Chiediglielo
tu, io non ne voglio sapere niente» sibila Slade, spostandosi
di
lato per far passare Donquijote.
«Roci,
Dof, Eustass-ya» saluta Law, molto poco entusiasta di
trovarsi in
quel luogo.
«Eustass-ya
il cazzo» sbotta Kidd che ne ha fin sopra i capelli di quella
storia, avrebbe dovuto rimanere single a vita, a vita, altro che
anime gemelle, Basher, cazzi e mazzi, niente più cazzi per
lui «Dì
a questo tizio di mettermi giù».
«Lo
conosci?» domanda Rocinante senza fare un plissé.
«Chi
se ne frega!» esclama suo fratello «Dov'eri
sparito? Perché sei
andato via? Sei mancato tanto a papino!»
«Papino?»
la faccia di Kidd è vagamente disgustata.
«Papino
il cazzo!K sbraita Law inferocito «Hai cercato di uccidermi e
poi,
quando non ci sei riuscito, hai tentato di vendermi al cartello
Messicano».
«Ero
confuso» si lamenta l'uomo con tono fintamente addolorato
«Avevo
tante cose per la testa, tipo, come fare entrare l'eroina nel paese
senza farmi beccare?»
«Oddio»
si lamenta Drake, che vorrebbe essere ovunque tranne che lì
e
comincia un po' a pentirsi del suo colpo di testa.
«Ha
cercato cosa? Cazzo, Trafalgar, sei meno noioso di quanto pensassi, e
questo spiega anche i tuoi tatuaggi di merda!»
«Stai
zitto, Eustass-ya, vuoi?» sibila Law «E cosa cazzo
ci fate qui? Non
eravate in pessimi rapporti coi Fastor?»
«Infatti
lo sono» urla Matt da di fianco al palco.
«E
stanno rovinano il mio matrimonio» grida di rimando Sanji,
disperato.
«Già»
urla Niji «E i Vinsmoke non perdoneranno questo
affronto!»
«Oh,
beh, ma guarda che se ce l'hai ancora con me per quella cosa di
Monet, potresti parlarle e risolverla, eh» celia Doflamingo.
«Davvero,
posso?»
«Certo,
certo, fai pure. Su, Monet, sii gentile!»
«La
finisci di fare l'imbecille?» sbraita Law «Che
cazzo ci fate qui?»
«Eh,
va là, guarda che ti agiti così ti parte un cazzo
di embolo».
«Stai
zitto, Eustass!»
«Non
ha mica torto eh» prosegue Doflamingo «E comunque
è colpa del tuo
amichetto qui, nel senso, se ne è andato in giro per tutta
la
serata, ieri, a fare domande del cazzo su di te e poi anche su di me.
È persino andato a fare domande a CC».
«Sei
andato a fare domande a CC?»
«Chi
cazzo è CC?» chiede Kidd, sinceramente confuso.
«Credo
si tratti di quel tizio, Caesar, sai il gestore della bisca in cui mi
hai trascinato» interviene Killer, titubante.
«Ah,
lui».
«Ah
lui? AH LUI? Che cazzo sei andato a fare da CC?» sbraita Law,
incazzato come una biscia.
«Guarda
che è colpa tua! Che cazzo ne so di chi sei, mica
è colpa mia se tu
non dici mai un cazzo. Ci vediamo, ci vediamo sto paio di palle!
Scusa tanto se voglio essere sicuro che la mia anima gemella non
nasconda cadaveri nel frigorifero!»
«La
mia cosa?» chiede Roci.
«Io
li butto a mare» concorda Dof, annuendo con convinzione.
«Poi
porco il clero, te ne stai sempre tutto il cazzo di tempo con quel
muso lungo di merda e uno non si deve fare pare? Certo che me ne sono
fatte, che cazzo ne sapevo io che avrei attirato dei fottuti mafiosi?
E che ne sapevo che ti saresti arrivato qui?»
Law
rotea gli occhi verso l'alto e gli tira un pugno sul naso.
«Anima
gemella?» chiede ancora Roci e al cenno affermativo di Law
inizia
anche lui a pestare il povero Kidd.
«Non
ho niente contro di te, sai?» celia Doflamingo fissando la
scena «Ma
mi dispiace sempre non partecipare».
Conclude
unendosi allegramente al pestaggio e se non fosse per l'intervento di
Killer e Nami, mossi a pietà, Kidd si ritroverebbe
seriamente a
rimpiangere di non aver mai fatto testamento.
«Stai
qui e vedi di non muoverti» gli sibila Nami, facendolo sedere
sul
palco, proprio di fianco a Sanji che piange come un disperato per
l'occasione della sua vita gettata al vento «Io vado a finire
di
risolvere le cose laggiù».
«Capisco
che 'sto fesso sia la tua anima gemella» sbraita Rocinante,
evitando
di inciampare nei suoi piedi per un pelo «Ma come mai sei
tornato?
Dopo tutta la fatica che ho fatto per farti andare via di
nascosto!»
Silenzio.
Doflamingo
sbatte un paio di volte le palpebre, quindi si volta molto lentamente
verso sua fratello: «Scusa, cosa?»
Roci
si guarda in giro, cercando una scusa per giustificare quello che si
è appena lasciato scappare di bocca.
«Ho
lasciato il gas acceso…»
«QUOQUE
TU, FRATELLO MII!»
«Quoque
il cazzo, a parte che non è nemmeno latino»
borbotta Law «Ma non è
colpa mia, è stato Drake, e lascia che te lo dica ora. Sei
il
peggior sceriffo che nella storia degli sceriffi».
«Un
poliziotto? PRESTO SPARATEGLI!» urla Doflamingo, facendo un
salto
all'indietro e fissando Drake come se avesse il colera.
«Non
è necessario eh» interviene Slade
«Garantisco io per lui. E
comunque definirlo “poliziotto” è
eccessivo, al massimo può
fare il controllore alla fermata del treno».
«Vaffanculo,
Fastor».
«Beh
comunque è colpa sua».
«Colpa
mia? Ma se è stata Bonney!»
Nami
fissa l'amica che per tutto il tempo non ha, stranamente, detto una
parola, rimanendo ferma e buona in un angolino.
«Già…
Bonney. Dove caspita ti eri cacciata? Sai quanto ti abbiamo cercata
questa mattina?» domanda la rossa, avvicinandosi con aria
inquisitoria e attirando sull'amica l'attenzione di tutti.
«Ora
che me lo fai notare è una storia divertente,
vero?»
«Ma
manco per il cazzo» borbotta Law.
«Allora?»
«Beh,
stavo tutta per i cazzi miei ieri sera quando per nessun motivo mi
hanno portata dentro».
«In
prigione?» sbraita Nami «Di nuovo?»
«E
perché non hai chiamato?» domanda Matt
«Avremmo potuto pagare la
cauzione, o comprare qualcuno, o corrompere l'intero
distretto».
«Beh,
ho chiamato mia madre, ma poi sono successi dei cazzi e quindi mi
sono depressa, ma dei travestiti stra simpa mi hanno dato una mano e
allora ho chiamato Drake lui ci ha messo un po' ad arrivare, tipo che
nel frattempo ho convinto i travestiti a congelare gli ovuli,
cioè
non credo che abbiano gli ovuli, ma se li avessero li
congelerebbero».
«Arriva
al punto» sibila Nami.
«Sì,
ecco. Drake è arrivato e c'era Law con lui perché
tipo è partito
che era in macchina e non l'ha mollato lì, ma io dico
lì dove? Nel
cazzo di deserto? È stato meglo così»
«Beh,
non ha torto» celia Dof, giulivo.
«E
quindi sono arrivati e Law era tutto “No che schifo
LA” e Drake
era tutto “Io al matrimonio non ci vengo” e allora
io gli ho
detto che era una questione di vita o di morte perché dovevo
cantare, così ho preso la Jeep e ho guidato fino a qui. E
potrei
avere infranto qualche regola del codice della strada -»
«Sei»
specifica Drake.
«E
potrei avere preso qualche autovelox e avere fatto una strada tutta
in contromano, ma non ho investito nessuno e il cancello di ingresso
stava già a pezzi e non sono stata io, ci tengo a
specificarlo».
«Ti
prego» la blocca Nami «Non parlare più,
sparisci dalla mia vista e
leva quella macchina da qui e Kendra si deve sposare».
«Sempre
se vi va, eh» borbotta la Gemma Viola, giocherellando con una
pistola.
«Che
palle, Willer, secondo me dovresti venire a lavorare per me, ti
divertiresti di più» le suggerisce Doflamingo,
evitando per un pelo
un cazzotto.
«Fai
sparire quell'obbrobrio da qui davanti, c'è il parcheggio
dietro la
villa se proprio non vuoi andartene».
Dof
schiocca le duta, senza spostarsi di mezzo centimetro e Roci
–
senza nemmeno roteare gli occhi al cielo, perché si sente in
colpa
per avere mentito a suo fratello per anni – si incammina
verso
l'auto.
«Devi
spiegarmi come fai» interviene Cavendish, comparendo al suo
fianco
«Vorrei riuscire a farlo anche io».
«Bell'aspetto
e regime del terrore».
«Già
avevo notato, che crema idratante usi? La tua pelle sembra
così
liscia!»
«Oh,
solo prodotti coreani! Mai sentito parlare di Tony Moly?»
«Oh,
impazzisco per la loro crema di lumaca!»
«Io
preferisco quella alla banana» Doflamingo scuote il capo
«Trovo che
idrati meglio».
«Sì,
ma il mattino successivo sembra di avere del das in faccia, meglio di
no. Dovrei provare la Holika Holika».
«Dovresti
provare ad avere un cervello» sibila Nami apparendo alle sue
spalle
e tirandolo per un orecchio «E lei fili a sedersi! Non si
vergogna?
Guardi lo sposo che aria affranta che ha».
«Siete
tutte davvero noiose».
«Stia
zitto. E tu, Cavendish, datti una mossa, che abbiamo un matrimonio da
celebrare».
Kendra
respira profondamente, sono in ritardo sul programma di circa un'ora,
ma la verità è che non le interessa
assolutamente; Sanji è lì che
la aspetta, nonostante tutto quello che poteva andare storto quel
giorno lo sia andato. E, in fondo, va bene così, non avrebbe
mai
voluto un matrimonio noioso. Ora sente che è il momento
giusto, che
è la volta buona. Nami inizia a cantare e lei si stringe al
braccio
di Matt mentre comincia a camminare verso l'altare.
«Time
stands still, beauty in all she is. I will be brave, I will not let
anything take away what's standing in front of-
Ouch! Bonney, ti sei bevuta il cervello?»
Il
microfono gracchia e stride tra le mani di Jewelry, mentre questa
tira una potente culata a Nami, gettandola giù dal palco,
proprio in
braccio a Slade, provocando così un attacco di orticaria ad
entrambi
(e facendo ridere non poco sia Zoro che Brad).
«Scusate
tutti. Il mio nome è Bonney e sono la cantante designata per
questo
matrimonio. Ora, dopo innumerevoli sfide e indicibili peripezie sono
arrivata e non ho intenzione di rendere questa giornata niente di
meno che memorabile! Quindi cosa stiamo aspettando?»
Batte
il piede a terra: e uno, e due, e un, due, tre. Attacca e come parte
la musica, Kendra scoppia a ridere, perché è
davvero perfetta,
molto meglio dell'altra!
«You
take the grey skies out of my way, you make the sun shine brighter
than Doris Day, turned a bright spark into a flame, my beats per
minute never been the same»
La
sposa arriva davanti all'altare e sorride e a Sanji quasi non sembra
vero, perché Kendra è lì e sta per
diventare tutto vero e per un
attimo ha paura di dimenticarsi come si faccia a respirare.
«'Cause
you're my lady, I'm your fool, it
makes me crazy when you act so cruel. Come on, baby, let's not fight,
we'll
go dancing, everything will be all right. Wake me up before you
go-go».
La
musica si abbassa lentamente, fino a svanire e Rufy, dopo avere fatto
un enorme respiro, prende finalmente la parola, sapendo che niente
potrebbe essere più adatto di ciò che sta per
dire.
«Salve
a tutti» comincia e la sua voce ingenua e traballante strappa
più
di un sorriso «Siamo qui oggi per il matrimonio di Kendra
Willer e
Sanji Hijun- Vinsmoke (che palli, ma quanti nomi, non potevate avere
meno nomi?)»
Qualcuno
ride.
«Conosco
Sanji da tipo una vita ed è una persona meravigliosa e anche
Kendra
lo è; una volta l'ho usata come arma impropria e lei non mi
ha
ucciso, deduco che questo voglia dire che mi vuole davvero bene e
penso anche che renda molto bene il nostro rapporto. Sono qui a fare
questa cosa perché penso che non esistano proprio due
persone
migliori e più adatte a stare insieme e sapere che
finalmente Kin ha
ceduto al matrimonio mi riempie di gioia. Io
non ne so molto dell'amore, non sono sicuro di cosa si dovrebbe
provare o di come debbano andare le cose, in
questo mondo si
parla sempre di anima gemella e nonostante tutto, credo, ancora oggi,
di
capire di questa faccenda meno quando ero bambino. Cos'è un
anima
gemella? Una persona
che ci completa? Un
suggerimento del destino? Non lo so. Non ne ho davvero idea.
Però di
una cosa sono sicuro. Non è per un tatuaggio che siamo qui adesso,
con o senza Basher, Sanji e Kendra sono fatti per stare assieme. Io
lo so. Li ho visti assieme fin dal primo istante e da quel momento
niente è più stato come prima. Non è
stato un tatuaggio ad
avvicinarvi, non è stato il destino, io credo, anzi sono
convinto
che in qualsiasi vita, in qualsiasi universo vi foste incontrati vi
sareste amati lo stesso. Perché siete Sanji e Kendra e non
può
esistere uno senza l'altra».
Si
interrompe e sembra non accorgersi che in mezzo alla folla
c'è più
di un occhio inumidito.
«Quindi
ecco, se tu Sanji vuoi prendere Kendra come tue legi- lego- lettera?
Zoro come si legge questa parola? Oh, oh. Sanji vuoi prendere Kendra
come tua legittima sposa? Per amarla, onorarla, prepararla da
mangiare se non vuoi che avveleni i vostri figli, non romperle le
palle quando uscirà a lavorare – chi ha scritto
queste promesse?
Matt? Immaginavo. Beh, Sanji la vuoi o la regaliamo?»
«Certo
che la voglio, la voglio da sempre».
«E
vuoi tu, Kendra, prendere quest'uomo come tuo legittimo sposo
per-»
In
fondo alla platea si sente un leggero mormorio, qualcuno si fa avanti
piano.
«Per
amarlo, onorarlo, e boh, poi le solite cose della richezza e della
malattia, che poi non so chi di voi abbia più soldi, fate
schifo
entrambi» celia Rufy gonfiando le guance «Quindi,
ti vuoi prendere
Sanji?»
«Sì,
sì, lo voglio» ride Kendra, considerando che non
ci poteva essere
idea migliore che scegliere Rufy come officiante.
«Bene,
allora in base ai poteri conferitemi in qualche modo da non si sa
chi, io vi dichiaro -»
«In
arresto!» urla un omino, saltando fuori da in mezzo alla
folla e
sventolando un foglio di carta.
«Come
scusa?» domanda Sanji.
Kendra,
impallidisce e fa un passo indietro, mormorando un “oh,
no” tra
le labbra.
«Sono
del fisco e vorrei dire giusto due cos-»
«Fate
qualcosa! La sposa è svenuta!»
«Sai?»
ride Nami, scavalcando il corpo dell'esattore delle tasse, ricoperto
di sangue dopo essere stato pestato da Sanji e Matt in contemporanea
«Sapevo che ci saremmo divertiti, ma su una cosa avevi
ragione tu».
«Cosa?»
domanda Zoro, stringendola a sé sulla sedia, mentre entrambi
seguono
con lo sguardo il primo ballo di Sanji e Kendra, finalmente marito e
moglie.
«È
stato davvero il miglio matrimonio della storia».
«Anche
tu avevi ragione su una cosa» le dice, baciandole piano una
tempia.
«Ovvero?»
Solleva
il dito e le indica Law che, senza smettere mai di sbuffare, rimette
a posto le ossa rotte di Kidd, che non sembra essere poi
così
dispiaciuto dalla situazione; poco lontano Bonney ride, mentre
trascina in mezzo alla pista un non troppo reticente Drake; Cavendish
seduto al tavolo della band tiene la mano a Rebecca, mentre con
l'altra è impegnato a pulire qualcosa dal viso di Bartolomeo.
«Era
davvero il viaggio di una vita».
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