Dannati per amore

di peaceandeatcarrots_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.







 

L’inizio è sempre la parte più difficile.
I ruoli non sono ancora ben stati definiti, i personaggi non sono ancora conosciuti e il carattere si deve ancora formare.
L’inizio è complicato ed è in grado di tenere una persona bloccata davanti al proprio computer per mesi, avendo magari scritto tutto il resto e cercando l’ispirazione in qualunque cosa per trovare la frase giusta per iniziare.
La fine, invece, è semplice. Le cose vengono scritte come è stato programmato, come il corso della storia comporta. A volte fa male scrivere il finale, dover abbandonare il lavoro di mesi e lasciare i personaggi che sono stati i tuoi migliori amici per fin troppo tempo.
 Le conclusioni, però, sono inequivocabili. Non si possono tirare troppo per le lunghe e nemmeno essere prese troppo alla leggera.

La loro fine è una fineinizio.
Una di quelle dove un "addio" si scopre essere solamente un "arrivederci". Sorpresa, rabbia, felicità. Emozioni che scorrono. Emozioni pulsanti che vivono e che prendono il sopravvento quando dopo la fine, torna a esserci un inizio.
Un inizio che si è tanto bramato, ma che non si è mai desiderato veramente. Un sogno inespresso contenuto in una stella caduta durante la Notte di San Lorenzo, una di quelle cose che nonostante tu voglia con tutto te stesso che accadano sai che sono impossibili e quindi un po’ ci speri, ma sei comunque rassegnato. Il male si attenua, pian piano. Il dolore non scomparirà mai, ma la cicatrice si fa sempre più chiara. Questo fa la fine: chiude le ferite, permette al tempo di lenire i dolori e da modo alla persona di andare avanti.
Ma una fineinizio no. Prima ti chiude le ferite e poi te le riapre, con prepotenza e più grandi di prima. Ti porta via l’anima e il cuore. Tocca punti che erano stati buttati nel dimenticatoio e riporta alla mente dolori che il nostro cervello aveva cancellato per non farci soffrire, dolori che riuscivano finalmente a guardare senza sentirli.
Dolori spenti, morti.
Dolori che tornano in vita e che bramano di riprendersi ciò che era stato loro tolto.

Questo sono Paolo e Francesca, due dolori artigliati l’uno dell’altro che continuano a graffiare e stringere, mordere e lacerare. Ancore fissate e incastrate. Pensieri e ricordi che non vogliono lasciare la mente.








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Ciao a tutti.
E' la prima volta che publico su EFP, ma ho voluto provare.
Amo scrivere.
Magari diventeò una scrittrice, chi lo sa.
Spero solo che questo mio breve inizio vi piaccia, lasciatemi una recensione (anche piccola) giusto per capire se continuare o meno.

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Capitolo 2
*** Capitolo uno. ***


Capitolo uno.









 

Lui la bacia.
Un'azione già successa. Un’emozione già vissuta, ma che ogni volta porta dei cambiamenti.
I cambiamenti, questa volta, non sono dati dalle farfalle che vorticano nello stomaco o dalla mente sconnessa; dalla bramosia e dal desiderio dell’averne ancora. Questa volta il mutamento lo porta lei.

«Non posso» sussurra allontanandosi.
«Perché?» tenta di riavvicinarla a sé perché sente che quello spazio fra loro non è giusto. Tenta di stringerla perché, forse, ha paura di sapere già.
«Perché» ride e abbassa gli occhi, un gesto che l'ha sempre affascinato. Lei la trova assurda come domanda, lo pensava un ragazzo sveglio. «Perché piaccio a un ragazzo dolcissimo, che mi tratta bene e per cui non sono una scopata e basta».
Lui apre la bocca, vuole ribattere.
«No – sbotta lei, senza lasciargli il tempo di dar fiato alla voce e alzandosi dalle sue ginocchia su cui era seduta – ammettiamolo! Io per te non sono altro che una scopata e basta» lei scuote la testa e vorrebbe non aver detto quello parole e tornare a baciarlo. Vorrebbe non essere così fragile e vorrebbe non desiderare il proprio bene. Ma sa che non può. Deve smetterla, deve uscire dal buio in cui si sta pian piano sempre più inoltrando.
Perché lui è peccato, desiderio, dipendenza. Lui è buio, un tunnel nero dove la luce non riesce ad entrare.
«Magari, con il tempo inizierai a tenerci a me… Il nostro inizierà a non essere solo sesso, ma non sarà mai nemmeno amore» si ferma perché fa male, ammetterlo. «Lo sai tu, come lo so io.»
I due ragazzi si guardano. Fino a due minuti prima erano uniti nel più desiderato dei baci e ora sono separati da mille muri alzati con qualche parola. Che strano potere che hanno le parole: sono in grado di ferire, ma al contempo di guarire.
Perché sì, i due ragazzi avrebbero voluto non aver detto nulla – lei – e sentito nulla – lui - ,ma sapevano anche che le cose dovevano andare così. Perché loro sono come due parti di un puzzle: lei tutta angoli e sporgenze e lui solo buchi da colmare. Ma non hanno trovato l’incastro giusto. Ci hanno provato a sistemarsi. Hanno provato a tagliarsi qualche pezzo e a limarne di altri, ma continuano a non combaciare alla perfezione. E se vuoi all’inizio puoi anche non badarci a queste incongruenze, ma con il passare del tempo non si può continuare ad ignorarle. Il tempo peggiora solo le cose e loro sarebbero diventati sempre di più come un vulcano sul punto di eruttare, una bomba che sta per essere lanciata ed è pronta ad esplodere lasciando dietro di sé centinaia di vittime.
Vittime innocenti e con grandi sogni.
Questo erano Paolo e Francesca.
Perché lui amava lei e lei amava lui – sostituendo il verbo amava con il suo indicativo presente, ma loro preferiscono usarlo all’imperfetto perché fa meno male - , ma non lo facevano nel modo giusto.
Erano troppo violenti, il loro era un amore bramoso e non-sano. Erano la droga l’uno dell’altro. La loro relazione era fatta di sguardi e desideri nascosti, qualche bacio rubato e un continuo scambiarsi di ruoli da preda a cacciatore: prima lei scappa e lui che torna, poi lui che fugge e lei che lo insegue.
Ma lei è stufa.
Cambierà, ha detto.
Ha incontrato uno. Paolo l'ha saputo adesso, su una panchina all’interno del parco pubblico. È geloso e contento; sa che l’altro la farà stare bene, ma non riesce comunque a non pensare che anche lui la farebbe stare bene. Magari ci vorrà del tempo e dovranno imparare a smussare meglio i loro angoli, ma sa che prima o poi riuscirà a farli combaciare.
Lui ci crede.
Lei ci ha creduto e continua a farlo tuttora. Solo che ha paura. Ha paura della solitudine e di molte altre cose, non vuole essere usata, nonostante sia lei stessa a usare.
Nonostante sotto sotto entrambi sanno che non si stanno usando, ma si stanno amando a loro modo. Un modo burbero e barbaro, primitivo e senza regole o morale. Un modo che fa tanto male quanto bene, il loro modo.
Perché nonostante adesso Francesca sia in piedi, a ben cinque metri da Paolo, sa che alla fine si ritroveranno.
Adesso sono giovani. Diciassette anni lei e quasi diciannove lui, perché è nato alla fine dell'anno.
Adesso sono giovani e immaturi e sono entrambi stufi di soffrire. Ed è per questo motivo che Francesca da le spalle a Paolo e se ne va, combattendo con la sua voglia di voltarsi e guardalo un’ultima volta consapevole del fatto che se lo avesse fatto non se ne sarebbe mai veramente allontanata.
Paolo la guarda, ancorato alla panchina di legno un po’ rovinata, proprio come lui. Leggermente ammaccati e con un buco che si apre sempre di più.
Ha le mani strette a pugno e i piedi ben saldi al suolo.
Non la segue. Nonostante sia ciò che tutto il suo corpo gli sta gridando di fare, in cuor suo sa che non è giusto.
Sa che non lo è perché l’estate è quasi finita e gli amori estivi sono destinati a finire. Solo che il loro non è un amore estivo, non lo è mai stato. È un qualcosa di non ben definito che li ha distrutti per quasi un anno e mezzo, portandoli poi a dividersi.
Ma lui non ha detto nulla.
Lui, nonostante la rabbia e la tristezza, è stato zitto perché sa che avrebbe fatto un grande errore. Ma non perché Francesca non vale niente per lui, ma perché lei è troppo. E lui sa di essere troppo poco, troppo pieno di buchi per darle la responsabilità così grande di tentare di riempirli tutti.
Perché lei è amore, passione, dipendenza. Lei è luce e non se ne rende conto, è il suo salvagente ed è l’unica cosa che gli permette di non cedere totalmente al buio. Lei lo fa restare a galla, lo fa respirare.
Perché lei è un’anima buona e lo farebbe, lei gli darebbe tutta se stessa e farebbe l’amore con lui pur di colmare tutti quei buchi.
Lui farebbe del sesso. Lui non le darebbe sentimenti perché non ne ha.
Lui le darebbe tanti buchi, tanti vuoti.
Gliene darebbe così tanti che poi sarebbe lei a iniziare a svuotarsi al posto suo. Lui si attaccherebbe a lei come un cancro, aggressivo e che non se ne va mai, e le toglierebbe tutto. Senza farlo apposta, ma succederebbe in modo inevitabile. E lei è troppo bella perché abbia dei buchi.
Lei deve essere difesa.
Lui deve lasciarla andare perché porta con sé un segreto che non le ha mai confessato. Ha ricevuto una lettera: parte. È stato accettato a studiare a Berlino, nell’università che ha sempre sognato. La borsa di studio è sua e lui non poteva dire di no.
Tra una settimana parte.
Vorrebbe ancora dire cose tante cose a Francesca. Vorrebbe tentare di farle cambiare idea, provare a contestare una delle miriadi di parole che lei gli ha detto.
Così chiude gli occhi e ammette a se stesso la verità che non è mai stato pronto ad accettare, ma a cui adesso si aggrappa con tutto se stesso per riuscire a sopravvivere, a restare a galla.
Perché lui lo sa da sempre, con Francesca ci avrebbe fatto l’amore, non sarebbe mai stato solo sesso.

 

 

 

 

 

 

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Buon sabato sera a tutti. :)
Ho deciso di mettere il prmo capitolo, la vera introduzione alla storia. Un piccolo antefatto da cui poi si sviluppa tutto il resto.
Spero vi piaccia, scusate per gli errori e se trovate qualcosa che non vi ha convinte fatemelo sapere. Le critiche sono sempre molto gradite :)

Hope you like it.

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Capitolo 3
*** Capitolo due. ***


Capitolo due.









 

Due mesi dopo.

Francesca piange. Si sente una bambina ed una stupida.
Lei ci ha provato, ma ha fallito.
È uscita con Leonardo per quasi due mesi cercando di farselo piacere. Ha provato ad accontentarsi senza però riuscirci. Ha cercato di baciarlo senza pensare a Paolo o di farci l’amore senza trasformarlo in un atto senza sentimenti, ma non ci è riuscita. La sua immagine l’ha perseguitata. L’ha resa pazza.
E l’ha resa ancora più pazza andare a suonare il campanello di casa sua – dopo avergli mandato un numero indecifrabile di messaggi e averlo chiamato senza mai sentire la sua voce, sempre sostituita da quella della segreteria telefonica – e aver visto la faccia mortificata e quasi impietosita della madre.
«È partito» e Francesca ha capito.
Ha capito che lui ha deciso di mettere un punto dove lei aveva solo messo un punto e virgola, sapendo che il loro non sarebbe mai stato un addio e che quella volta toccava a lei tornare. Ha capito che lui ha preferito mettere migliaia di chilometri tra loro due, rendendo la sua fuga efficace e la caccia di lei inutile.
Francesca non ha mai pianto per Paolo.
Ma quel giorno è stato diverso. Si è sentita vuota, come mai le era successo.
Lui aveva messo la parola fine a tutto. Se n’era andato, senza avvertirla. Senza darle l’occasione di combattere per lui. Ma dopotutto se l’era meritato: due mesi prima lei non gli aveva dato la possibilità di parlare, di dire anche solo una sillaba per evitare il tutto.

Francesca abbraccia il suo peluche bianco e si addormenta, con ancora le lacrime agli occhi.
Resta nel letto immobile per tre giorni, in uno stato quasi catatonico. Persa e alla ricerca di un qualcosa che la aiutasse a rialzarsi. Ma lui era quel qualcosa ed ora era troppo lontano.

Il quarto giorno Benedetta ha spalancato la porta della camera di Francesca e le ha tolto le coperte di dosso.
«Fatti una doccia, ti porto a fare shopping» che in sé, fare nuovi acquisti, non è una cura ma è comunque un qualcosa. È il motivo che finalmente spinge Francesca ad alzarsi dal letto e a cambiarsi, uscire dalla casa e respirare dell’aria pulita.
Benedetta la porta dal parrucchiere.
«Devi cambiare taglio di capelli» deve cambiare. Deve riuscire ad andare avanti.
E quindi dà un taglio netto ai suoi lunghi capelli neri, sistemandoli in un caschetto corto e che la rende ancora più bella e misteriosa.
Decide di mettere anche lei la parola fine. Dare finalmente pace a se stessa e alle sue ferite che hanno ora modo di cicatrizzare.

E il decimo giorno, dopo aver passato una giornata con gli amici di sempre al solito bar, Francesca torna a casa con il sorriso. Un po’ tirato e non abbastanza intenso da illuminarle gli occhi, ma comunque è un miglioramento che riesce a rasserenare la madre Elisabetta. La abbraccia e la bacia perché la sua bambina è tornata. Perché la sua piccola sta iniziando a superare il dolore più grande che potrà mai patire e perché le vuole bene.
Quella sera decide di cucinare il piatto preferito di Francesca e guardano poi insieme per la milionesima volta ‘Dirty Dancing’, ripetendo le battute a memoria e mangiando una vaschetta XL di gelato all’amarena. E sorridono, entrambe.
La ferita è diventata cicatrice.
Francesca sta tornando a respirare.






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Ciao a tutte.
Questo è solamente un capitolo di passaggio e mi scuso per la cortezza.
-Francesca ha scoperto che Paolo è partito e dopo aver passato alcuni giorni in depressione ha deciso di tornare ad essere la ragazza di sempre, smettendo di pensare a lui.

Ringrazio chi ha letto i due capitoli precedenti e chi ha letto, sul serio.
Come ormai penso sappiate, ditemi il vostro parere e se c'è qualcosa da migliorare non esitate a dirmelo!

Buon sabato a tutti, besos.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo tre. ***


Capitolo tre.









 

Sei anni dopo.

Il tempo guarisce e Francesca può confermarlo. La cicatrice si è risanata quasi completamente, se non fosse per una lieve linea rosata che porta con sé il ricordo lontano di un dolore che ormai non fa più male.
Ha ventitré anni e studia Architettura. Alla fine ha scelto la laurea magistrale e tra circa un anno dovrebbe finalmente poter dare l’ultimo esame prima della laurea.
In estate passerà il tempo di vacanza tra una sessione di esami e la successiva a Barcellona, patria dell’Architettura e di alcuni dei monumenti più grandiosi. Un luogo comune su cui fare la tesi, ma che lei ha deciso di analizzare da un punto di vista umano. Perché lei è affascinata da come i palazzi antichi e moderni siano in grado di incantare le persone, di attirare lo sguardo dei passanti occasionali e trasportarli in un mondo parallelo. Ricordi che si attaccano ai muri che diventano gli unici testimoni delle azioni dell’uomo. Francesca ama pensare che se quei mattoni, quei vetri e quei pezzi d’intonaco potessero parlare racconterebbero storie che si leggono solamente nei libri. Ricordi di epoche lontane, esperimenti falliti ed idee rivoluzionarie.
Ma per il momento la giovane donna continua a vedersi la sua bella Italia, patria di una cultura studiata in tutto il mondo e invidiata da molti. Perché se uno togliesse la crisi, l’insediamento violento dell’uomo moderno nel paesaggio e tutto ciò che rovina il Bel Paese, e guardasse solamente il verde dei boschi e la cultura latina che è protagonista degli affreschi delle piccole e grandi chiese, vedrebbe la magnificenza dell’operato umano e forse inizierebbe anche a credere in quel Dio di cui ormai tutti negano l’esistenza. La natura è perfezione e gli Antichi amavano imitarla, tentare di essere come lei. Erano degli abili emulatori e le loro capacità sono morte secoli orsono, lasciando solamente una miriade di opere che non sono messe abbastanza in evidenza e a cui non viene dato l’adeguato riconoscimento.

Francesca ha il particolare dono di vederla, la perfezione. Di coglierla in ogni sua sfaccettatura e di descriverla, facendola arrivare dentro l’anima di chi l’ascolta incastrandocela dentro, così che la persona non possa più toglierla e sia costretta a portarla con sé ovunque vada.

Francesca è cresciuta.
I capelli neri sono tenuti leggermente più lunghi e i grandi occhi verdi, che guardano il mondo con curiosità, celano un velato ricordo di un dolore mai scomparso e che mai l’abbandonerà.
Gli amici di sempre sono cambiati: Benedetta, Marco e Matteo rimangono, però. Le sono accanto ogni giorno, costantemente nella pura di vederla cadere di nuovo e non riuscire ad intervenire in tempo per evitare che si faccia troppo male. Perché Francesca è debole e vuole fare la forte, vuole giocare un ruolo che non le sia addice, indossando una maschera che non ha mai tolto in sei anni. Forse in rari momenti di debolezza, quando fuori pioveva e la cicatrice iniziava a far male e allora il dolore tornava a bussare alla sua porta portandosi via un piccolo pezzetto di lei. Francesca tentava di difendersi, di proteggersi, ma i muri sono sottili come un foglio di carta e il dolore è freddo come una forbice d’acciaio. E si sa, la forbice vince sempre sulla carta. E la carta vince sempre sul sasso. Il grande macigno che si portava dietro e che riusciva sempre a sottomettere. I muri però non si costruiscono in un giorno e capitava, quindi, che per qualche ora Francesca rimanesse senza carta a proteggerla. E il sasso vinceva.


Paolo ha finito di studiare ed ha quasi venticinque anni.
Si è laureato con il massimo dei voti, ricevendo i complimenti da parte dei professori per la sua capacità di imparare una lingua nuova partendo da zero e riuscendo a restare al passo dei suoi coetanei, superandone addirittura alcuni.
Dopo sei anni lontano di casa, torna.
Rivede il piccolo viale alberato e nota delle nuove case costruite all’inizio della sua via; qualche negozio che ha cambiato gestione e la stessa porta blu che ha aperto per quasi diciannove anni.
Le sue mani tremano, la gola è secca.
Gli sono mancati i suoi genitori e il suo cane che ha dovuto lasciare in Italia, poiché nel college a Berlino non erano ammessi gli animali. Ed è proprio quest’ultimo – un pastore tedesco di nome Leila – ad accoglierlo per primo, saltandogli addosso e annusandolo, muovendo energicamente la coda e – Paolo questo potrebbe giurarlo – sorridendo, augurandogli un ‘Ben tornato a casa’.

Quella stessa sera, a casa di lui, è stata organizzata una festa. Amici vecchi e nuovi insieme, parenti di ogni dove e vicini infiltrati che portano grassi biscotti e vini costosi.
Paolo ha sorriso tutto il tempo, emozionato e ancora leggermente frastornato a causa del viaggio. Felice di essere tornato e triste di essersene andato, perdendosi tante troppe cose. 

«Dove hai lasciato Laurie
Paolo ha tentato di andare avanti, rifarsi una vita. Ha conosciuto Laurie durante il suo secondo anno di Università e sono stati amici per undici mesi prima che lui decidesse di superare la sottile linea che li divideva dall’essere ragazzo e ragazza. Lei è stata una ventata d’aria pulita. Laurie è ombra, riflesso. Non ha nulla a che fare con la luce e con il buio, ma allo stesso tempo convive con entrambi. Ha i capelli biondi e gli occhi azzurri, tedesca di nascita e buona di anima. Ha accolto Paolo tra le sue braccia come un’amica e l'ha rassicurato come una madre. L'ha fatto crescere dentro.
Stanno insieme da poco più di due anni, a cui bisogna però sottrarre qualche mese quando alla fine del penultimo anno di scuola Paolo ha voluto prendersi una pausa e stare unicamente con se stesso. Stava ancora male, a quel tempo. Francesca continuava a tormentarlo e tutto ciò che faceva con Laurie lo viveva quasi come un tradimento nei confronti della ragazza italiana, che per prima gli aveva fatto provare dei sentimenti concreti.
«Mi raggiungerà non appena avrà delle vacanze».
Laurie è di un anno più piccola di Paolo. Quando finirà l’ultima sessione di esami e avrà dato la laurea lo raggiungerà in Italia, dove starà finché sarà lui a volerla, finché non ricomparirà Francesca. Perché nonostante Laurie non abbia mai voluto chiedere troppi dettagli a Paolo, qualcosa ha intuito. Qualcosa l'ha sentito nelle parole sussurrate da lui durante la notte e lo ha visto nelle sue occhiaie che alcuni giorni sono più marcate del normale. Lei è una ragazza e come tutto il genere femminile ha un sesto senso per queste cose. E ha paura perché sa che lasciandolo andare da solo nella sua città, Francesca si ripresenterà. Ha paura e vuole vederlo felice, ed è per questo che da un lato lei spera che l’italiana si ripresenti.

La serata prosegue e le tre del mattino arrivano senza che nessuno degli ospiti se ne accorga.
La famiglia finalmente riunita si raccoglie vicino all’uscio, salutando e ringraziando gli ospiti che escono dalla casa un po’ brilli e più felici.
«Vado a farmi un giro, ho bisogno di un po’ d’aria» e Maria – la madre del ragazzo – capisce. E sorride, nel vederlo allontanarsi con le mani in tasca e la testa bassa.
Paolo ha bisogno di vederla. Ha cercato di reprimere l’istinto dal primo istante che ha messo piede giù dall’aereo, ma l’alcool ingerito ha fatto sì che i motivi per cui sarebbe stato meglio non fare nulla e starsene in casa fossero temporaneamente offuscati.
Lui ha necessità di vedere che c’è. Passare sotto casa di Francesca – che dista dieci minuti a piedi dalla sua – e vedere la finestra leggermente socchiusa e le tende blu. Ha bisogno di sentirla vicina, non necessariamente di vederla. Sa che farebbe troppo male. Sa che non sarebbe giusto nei confronti di Laurie.

La luce è accesa e Paolo non sa spiegarsi il perché.
Le tende sottili mostrano la figura della ragazza in piedi, intenta a cambiarsi nonostante il continuo traballare delle gambe. Quel sottile tessuto azzurro cela ciò che gli occhi del ragazzo bramano di vedere, mentre la luce illumina abbastanza affinché il cuore batta un po’ più veloce e la cicatrice inizi a far male.
Paolo vorrebbe entrare e svestirla lui, aiutarla a stendersi e poi coricarsi accanto a lei. Guardare il suo profilo dolce ed il naso leggermente all’insù, sentire il suo profumo e stringerla.
E il ragazzo è anche curioso.
Vuole capire se Francesca usa ancora lo stesso profumo di sei anni prima, se la sua pelle è ancora morbida e se sono spuntati nuovi nei sul suo corpo. Vuole contarle le lentiggini sul naso e immergersi nei suoi profondi occhi verdi.
Vorrebbe toccarla, baciarla. Ma sa che non può.
E allora comincia a pensare alla serata di Francesca ed arriva la gelosia, quella forte che ti stringe il petto e ti fa venir voglia di urlare. Quella gelosia che provoca lacrime e che fa venir voglia di dimenticare tutto, di non aver visto nulla. Perché lei quella sera è andata da qualche parte dove ha bevuto e lui sa bene come si comporta la ragazza quando beve. E avrebbe voluto essere con lei, controllare che nessuno le si avvicinasse troppo o non la osservasse muoversi.
Perché Francesca è sensuale e provocante.
Francesca è sesso e non sa che per lui è amore.





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Ciao a tutte!
Questo è il terzo capitolo, un po' più lungo degli altri ed è ambientato sei anni dopo.

Perchè questa scelta?

Beh, principalmente perchè non ho voluto soffermarmi in maniera eccessiva sul passato: lo scorso capitolo -breve e di passaggio- serviva a dare qualche informazione sulla reazione che ha avuto Francesca in seguito alla partenza di Paolo. In questo capitolo, che li rivede entrambi adulti ed alle prese con le loro nuove vite, ho voluto far vedere come alla fine sui propri passi si torni sempre. E' una cosa normale, avere nostalgia del passato.

Spero che vi sia piaciuto e non vi stia annoiando troppo, ringrazio tutte le lettrici che hanno perso qualche breve minuto a leggere la storia e spero che mi possiate aiutare a migliorare! Penso di averne veramente bisogno.

Al prossimo weekend, hope you like it.

 

 

 

 

 

 

 

 

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