93 Millions Troubles

di BarbaH GerardaH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bye bye Jen! ***
Capitolo 2: *** E adesso? ***
Capitolo 3: *** Casa dolce casa... o forse no! ***
Capitolo 4: *** Let me to introduce you Jared Peto ***
Capitolo 5: *** Viva il romanticismo ***
Capitolo 6: *** Germofobia ***
Capitolo 7: *** Tregua? ***
Capitolo 8: *** Non svegliar Leto che dorme ***
Capitolo 9: *** Al ladro! ***
Capitolo 10: *** Vocazione ***
Capitolo 11: *** Sono troppo fortunata! ***
Capitolo 12: *** Quando tiri troppo la corda... finisce che si spezza! ***
Capitolo 13: *** Voooolaaaare, oooh oooh... oh oh. ***
Capitolo 14: *** Into the wild! ***
Capitolo 15: *** Hansel & Gretel ***
Capitolo 16: *** Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura... ***
Capitolo 17: *** Finchè morte non ci separi ***
Capitolo 18: *** I’ve been dreaming, of… nightmares yet to come ***
Capitolo 19: *** Cause this is thriller, thriller night and no one's gonna save you from the beast about to strike! ***
Capitolo 20: *** Galeotto fu il fungo e chi lo raccolse… ***
Capitolo 21: *** Le bugie hanno le gambe di... Shannon Leto! ***



Capitolo 1
*** Bye bye Jen! ***


*SBAAAAAAM!*

Trasalisco. Il rumore della porta che sbatte mi fa sobbalzare e, per poco, non cado dalla scala su cui sono abbarbicata per cercare di togliere le ultime cose dalla libreria.

"Accidenti Jen, ti ho ho detto un sacco di volte che non devi sbattere la porta cosi quando arrivi! Ogni volta mi fai venire un infarto per la miseria!" La ragazza che ho di fronte, niente meno che Miss Jennifer Lawrence signori, si avvicina alla scala dove sono appollaiata, ridendo di gusto. "Avresti dovuto vedere la tua faccia Sophie: dalla tua espressione, sembrava avessi appena incrociato una drag queen in perizoma, nel pieno centro di Los Angeles."

A questo punto, non posso far altro che scoppiare a ridere insieme a lei; questa ragazza è a dir poco meravigliosa e mi mancherà da morire lavorare per lei.
Ormai sono circa nove mesi che lavoro per Jennifer, come tuttofare: le sistemo la casa, la aiuto con gli appuntamenti, le cucino e via dicendo. Ma adesso, lei dovrà trasferirsi a Vancouver per girare un nuovo film e, quindi, il mio lavoro con lei volge al termine.

Essendo a metà a luglio credo che, finalmente, potrò godermi le meritate ferie e, a settembre, l'agenzia per la quale lavoro, mi procurerà un nuovo contratto. La società presso cui sono impiegata, è un po' particolare; infatti, offre servizi di questo tipo a clientela esclusivamente vip: attori, cantanti, presentatori tv, modelle e via dicendo; ci lavoro ormai da cinque anni e, tutto sommato, mi trovo bene: buona paga, vitto e alloggio spesati in buona parte (specie quando devo rimanere 24h su 24 a casa della persona presso cui presto servizio), possibilità di conoscere tantissime persone e, santo cielo, la possibilità di vivere a Los Angeles! Tuttavia, a volte, lavorare per gente "così" è davvero stressante, ne ho sentite di cotte e di crude e vedo di continuo cose davvero, davvero assurde. Comunque, adesso, avrò davanti 40 giorni di meritato riposo e, di sicuro, non li passerò come Gesù Cristo nel deserto.

Finisco di ripulire la libreria, scendo dalla scala ed inizio a sistemare con cura i libri negli scatoloni; Jen mi si avvicina con fare melodrammatico.

"E adesso come farò senza di te a Vancouver? Morirò di fame! Mi costringeranno a mangiare insalate e rimpiangerò amaramente la tua pasta al forno, Dio voglio morire. Sophie, ti prego, licenziati e parti con me, Jen e Soph on the road per un'emozionante avventura a colpi di parmigiana. Che ne dici?"

La guardo fisso negli occhi e con rassegnazione le dico: "Jen, dopo tutto questo tempo insieme, lo sai, mi sono affezionata, andiamo d'accordo, sei una ragazza fantastica, ma non posso perdere questo lavoro capisci? Finito di girare il film, tornerai alla tua vita e io? Adesso mi sono ambientata bene, ho una mia indipendenza e voglio stare così, almeno per adesso." Jennifer mi fissa, per un momento mi pare quasi ferita, ma poi mi fa un ampio sorriso. "Capisco perfettamente Sophie, non devi preoccuparti, avremo modo di rifarci al mio ritorno!"


"Ovvio Jen! Anzi, ti faccio una promessa: verrò a trovarti tutte le volte che tu sarai libera dalle riprese, carica di VERO cibo e passeremo un po' di tempo assieme! Dovrai passare le tue insalate alla produzione, mi spiace." Ridacchiamo di nuovo e ci rimettiamo al lavoro.

Vari scatoloni dopo, mi rendo conto che il momento dell'addio è arrivato. Tutto è pronto per il trasloco e Jen avrebbe lasciato Los Angeles nel week-end; quanto a me, sarei solo dovuta passare in agenzia a ritirare alcune scartoffie e poi sarei stata libera per un po'. Dopo alcuni interminabili secondi, è Jen la prima ad avvicinarsi e ad abbracciarmi.

"Sei stata un'amica preziosa Sophie, davvero, non scordarlo mai"

"Anche tu Jen, tantissimo. Chiamami non appena arrivi a Vancouver brutta zuccona, o non verrò a trovarti."

"Promesso. Ciao, Sophie."

"Ciao, Jen."

 

*Beep beep*

 

Ho solo due parole per descrivere questo momento: stupida sveglia.

Si può sapere cosa ti ho fatto? Okay, okay ho capito, mi alzo! Chiudi quella maledetta bocca.

Va bene, il fatto di parlare in questo modo così profondo e sentito con oggetti inanimati non mi fa sembrare tanto normale ma, alle sette del mattino, con cinque ore di sonno alle spalle e, soprattutto, senza caffè, chi lo è?

Mi dirigo verso la cucina, trascinando le mie pantofole di peluche a forma di coniglietto (grazie mamma) per tutto il corridoio, inciampando in cose buttate un po' dappertutto. E' sabato, dico a me stessa con certezza. Da cosa lo capisco? Semplice. La casa è un disatro, ergo, il week-end è arrivato ed è ora di fare le pulizie.

Mentre metto sul fornello la macchinetta del caffè da due, squilla il telefono.

"Pronto? Qui è Sophia e questo è il mio primo giorno libero dopo quasi nove mesi, quindi, a meno che tu non sia una povera anima che sta per essere divorata da un branco di lupi assetati di sangue e questo sia l'unico numero che tu sia riuscito a comporre, ti prego di richiamare fra due mesi almeno."

Sento un lungo grugnito all'altro capo del telefono: non credo sia un segno positivo.

"Buongiorno Sophie, sono Rachel."

Di male in peggio: è Rachel, la mia datrice di lavoro.

"Ahm, buongiorno Rachel, come stai? Passata bene la settimana? Hai visto che bella giornata? Jen parte domani, oggi pomeriggio passo in uffi..."

"Stop frena la lingua ragazza, per piacere. Dopo cinque anni che lavori qui, ormai non mi crea più problemi sentire i tuoi spoloqui senza senso, quindi non cercare più giustificazioni per la tua allergia al genere umano, okay?"

Sospiro. Ha ragione, sono davvero pessima nei rapporti umani, ma non posso farci nulla se, nel 99% dei casi, non incontro persone, ma babbuini decerebrati che si spidocchiano a vicenda e mangiano le loro caccole.

"Okay Rachel hai ragione, scusami. Dimmi pure di cosa hai bisogno!"

Rachel, all'altro capo del telefono, si schiarisce la voce e pronuncia la sua sentenza: "Ecco, vedi, ci sarebbe una sorta di come posso dire, ehm... emergenza e tu sei l'unica persona che può aiutarmi a risolverla. So che dovevi iniziare le ferie e tutto il resto, ma tutto il personale che ho contattato è già fuori città o, peggio, fuori dal paese. Sarò franca Sophie, la questione è questa: ci sarebbe un incarico per te, so che dovresti essere in ferie, su una spiaggia, con un cuba libre in mano e un tizio muscoloso che ti sventola con le palme, so che il preavviso è poco, ma saresti pagata il doppio del normale e sarebbe solo per tre mesi, quattro al massimo."

Zan, zan! Lo sapevo. Cosa ho fatto di male? Forse è stata la sveglia. Stamattina l'ho trattata male e ha deciso di vendicarsi. Si, dev'essere per forza così.

"Di cosa si tratta di preciso Rachel?"

"Dovresti prestare servizio presso un cantante, Jared Leto. Sta lavorando al nuovo disco con il resto della sua band e, in più, ad altri progetti e ha bisogno di una mano per la gestione della casa e cose simili. Il problema si è creato perchè entrambe le precedenti ragazze dell'agenzia si sono licenziate; la seconda è andata via addirittura dopo solo dodici giorni, senza preavviso e, quindi, ci hanno lasciato scoperti. Il tizio sta già dando di matto e minaccia di sputtanarci per la poca professionalità dimostrata; perciò ti ho chiamata. Ci ha messo alle strette, non sapevo che altro fare."

Mi sale un brivido. Entrambe le ragazze si sono licenziate, SENZA PREAVVISO. Un allarme stile sommergibile "Caccia ad ottobre rosso" mi risuona in testa, il grillo parlante che è in me, grida, si batte il petto, implora con voce rotta dalla disperazione: NON ACCETTARE, NON ACCETTARE, SARA' UN MASSACRO E LO SAI!

Forse, questo tizio, non è molto normale. Avevo sentito parlare di lui: un attore di discreto successo, tra l'altro mi era capitato di vedere qualche suo film in tv, che adesso si era lanciato nella carriera musicale con una band dal nome assurdo, qualcosa tipo "30 Seconds To qualche pianeta." Bella musica per carità, ho anche qualche loro pezzo sul mio mp3, ma impegnata come sono nel lavoro, ho ben poco tempo per documentarmi a proposito di questa roba.
Comunque, tornando al discorso principale, come diavolo è possibile che due ragazze siano scappate così? Sarà un maniaco? Sarà un rompicoglioni di quelli assurdi, che controllano pure se hai passato l'aspirapolvere in giardino e che che contano quanta pasta hai buttato per il pranzo? Dio, spero di no. Però, non posso lasciare Rachel in difficoltà, dopotutto è grazie a lei che ho avuto questo lavoro.

Prendo un respiro profondo e, con lo spirito di chi sta per essere impiccato, decido di accettare questo ennesimo incarico.

"Mmm... Okay Rachel accetto, però passo in agenzia dopo pranzo così mi dai tutti i dettagli e mi spieghi bene questa cosa delle ragazze, del perchè si sono licenziate. Non le avrà mica ammazzate vero? Comunque questo tizio Jired Peto..."

"Jared Leto, Sophie per carità! Iniziamo male. Il signor Leto è un cliente, come dire, stravagante, particolare. Non è una buona cosa che storpi già il nome da ora, potrebbe risentirsi."

Sbuffo. Ma io dico: chi me lo ha fatto fare? Lo sapevo che sarebbe finita male, malissimo.

"Jared Leto. Okay, ho capito. Ricevuto. Adesso me lo scrivo sulla mano così non rischio di sbagliare; contenta? Ora scusami Rachel ma devo sistemare delle cose a casa. Ci vediamo verso le quindici e qualcosa nel tuo ufficio, va bene?"

All'altro capo del telefono sento una mezza risatina e il rumore di acqua che scorre. Starà per andarsi a fare un bel bagno rilassante; cosa che non posso fare io perchè in questa casupola è già tanto se ho un box doccia con l'acqua corrente. Bene.

"Si, si perfetto! Alle quindici nel mio ufficio, ti aspetto. Grazie, Sophie, ti devo un favore enorme, troverò il modo di sdebitarmi."

"Ciao Rachel, figurati, a dopo."

*clic*

Chiudo il telefono e verso tutto il contenuto della caffettiera nella tazza, rigirandola piu volte tra le mani. Più passano i minuti e più mi assale la sensazione che: 1) la cara Rachel mi debba più di un semplice favore (tipo intitolare un ospedale a mio nome, pagarmi un viaggio ad Honolulu, lasciarmi in eredità l'agenzia quando lei deciderà di andare in pensione) e che 2) la sottoscritta, si sia cacciata non in un mare di guai, ma più precisamente in un letamaio. Con questa convinzione sempre più presente, butto la tazza nel lavandino e mi avvio verso il mio amato box doccia, per quella che sarà una giornata tutt'altro che rilassante.

 

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Capitolo 2
*** E adesso? ***


Amo Los Angeles. Le luci, i profumi, i colori ed i suoni di questa meraviglia m'incantano costantemente. Questa città è stata il mio desiderio fin da ragazzina e, adesso, a ventisei anni suonati, posso dire di essere finalmente riuscita a realizzare questo mio sogno. Per tutta la vita mi sono sempre arrangiata, ho sempre preso le poche occasioni che mi si sono presentate al volo, mi sono sempre buttata in tutto, nonostante la paura, fino a farmi male, fino consumarmi e, adesso, tutta questa bellezza è la ricompensa per ogni singolo sacrificio. Ogni volta che qualcosa va storto, ripeto a me stessa questo mantra e, nuovamente, tutto torna a girare nel verso giusto.

Sarà così anche oggi.

Oh, certamente sarà così. Infatti, come al solito, sono in ritardo.

Sono appena uscita di casa e sono quasi le tre; Rachel mi ammazzerà. Inizio la mia folle corsa per le strade di L.A che, anche a quest'ora, sono più affollate di piazza S. Pietro durante la proclamazione del Santo Papa e dopo quasi un quarto d'ora di corsa stile "Nonna Papera con l'artrosi", arrivo finalmente sotto la sede dei nostri uffici. Mi precipito nel primo ascensore libero e schiaccio convulsamente il tasto con il numero 17, anche perchè, dopo la precedente prestazione altamente atletica, il mio corpo si rifiuta di fare diciassette piani di scale. I miei polmoni si licenzierebbero all'istante.

Uscendo fuori dall'ascensore, vado a sbattere contro l'uomo delle pulizie che sta passando la lucidatrice sul pavimento, mentre con l'altra mano libera, sta raccattando delle carte sparse un po' dappertutto, ascoltando musica a tutto volume, con un sorriso ebete sulla faccia: mi fa pensare al caro Freddie Mercury nel video di "I want to break free", un po' per i baffi che gli coprono mezzo viso, un po' perchè fa sembrare le pulizie dannatamente divertenti. Che poi, pensavo al fatto che per essere un'impresa di questo genere, dovremmo cercare di essere più ordinati, almeno credo. Chiedo scusa al poveretto, ed entro come una furia, senza nemmeno bussare, nell'ufficio di Rachel. E' seduta dietro la scrivania in un formale tailleur grigio perla e i suoi capelli neri sono raccolti in un'elegante chignon; nonostante abbia superato i cinquant'anni, è davvero una bellissima donna ed io, quasi vorrei scomparire: pantaloncini di jeans sformati, converse semi-distrutte, canotta a righe bianche e rosse, che mi danno il fascino di un bagnino attempato, il tutto condito da una massa informe di capelli biondi che, originariamente lisci e ordinati, adesso sono simili a spaghetti andati oltre il termine massimo di cottura.

Rachel mi guarda alzando gli occhi al cielo "Come devo fare con te? Sei assolutamente fuori da qualsiasi schema comportamentale umano, ringrazio solo il fatto che tu sia un elemento valido e prezioso sul lavoro ed una persona in gamba nella vita, altrimenti ti avrei già sbattuta fuori. Lo sai vero?"

"Lo so e hai ragione, ma è anche per questo che mi adori, ne sono certa."

Improvvisamente, il suo viso si addolcisce e i suoi lineamenti si sciolgono in una risata "Si, diciamo pure che è anche per questo. Dai siediti, abbiamo varie cose di cui discutere e, probabilmente, sarà una questione lunga, quindi trova pace e ascoltami."

Sospiro e mi lascio cadere sulla poltrona di fronte alla sua, capendo che ormai sono nei pasticci e, contemporaneamente, che è troppo tardi per uscirne, quindi, tanto vale accettare il corso delle cose e farsene una ragione quanto prima.

"Okay Rachel, sono preparata a tutto, non mi tirerò indietro, ma voglio sapere come stanno le cose. Voglio sapere perchè le due ragazze si sono licenziate, cosa prevede di preciso il contratto ma, soprattutto, voglio la pura e semplice verità, niente balle."

Per un solo istante, dopo cinque anni che lavoro per lei, mi sembra di vedere un lampo di tensione nei suoi occhi, ma è solo un attimo e così com'è arrivato svanisce.

"Allora Sophie la situazione, come ti avevo accennato al telefono, è struttrata in questo modo: si tratta di 3-4 mesi a casa di questo Jared Leto, a tempo pieno, perchè, come dicevo, ha bisogno di un aiuto fisso poichè con la preparazione dell'album e gli altri lavori in corso, non ha tempo per il resto. Avrai la tua copia delle chiavi di casa e una stanza personale con bagno privato. Ho provato a spiegare il fatto che hai un tuo domicilio e che, quindi saresti autonoma, ma Leto non ha voluto sentire ragione e ha detto, cito parole sue, che devi essere a sua disposizione sempre anche perchè non può venire a cercarti sotto casa tua in piena notte, tirandoti via dal letto per i capelli, semmai avesse bisogno di te e che, quindi, casa o non casa devi stare da lui."

A sua disposizione? Cercarmi sotto casa? Piena notte? Tirarmi per i capelli?

Ma questo tizio è un cantante o uno stalker con tendenze relazionali palesemente disturbate?

"Sophie, mi stai ascoltando?"

"Si, si continua pure!"

"Dunque, dicevo, dovrai trasferirti da lui dalla prossima settimana e oggi appena abbiamo finito qui, dovrai passare a casa sua perchè Emma, la sua assistente, ti lascerà la copia delle chiavi e ti aiuterà nella sistemazione. Volendo potresti già portare la tua roba e, se vuoi, organizzarti per il lavoro già da adesso perchè poi, quando arriverà Leto magari sarà più complicato."

Ma a che razza di gioco stai giocando? Dillo direttamente che ti è più comodo che vada lì da subito e non girarci intorno. Pensi che abbia le scimmie urlatrici nel cervello? Ma santo cielo, Rachel con chi pensi di avere a che fare?

"Rachel non preoccuparti. Entro stasera porto la mia roba e piazzo le tende okay? Così posso organizzarmi come si deve."

Mi guarda sorpresa, forse si è resa conto che mi sono innervosita, forse no ma tanto adesso, a conti fatti, è tardi per i ripensamenti e tanto vale fare le cose in grande stile.

"Va bene, te ne sarei grata, in effetti sarebbe meglio se potessi andare subito. Sai anche per il fatto che Leto ha piantato tutte quelle grane, magari vedendo come sei diligente potrebbe calmarsi un poco e..."

"Dai basta fronzoli, ho detto che vado." La guardo con aria di sfida e le faccio un sorriso sornione "Ora, però, voglio la parte interessante: cosa devo aspettarmi da questo tipo? E, soprattutto, perchè le ragazze sono andate via?"

Come chi sta per svelare una segreto oscuro, impronunciabile, di quelli che, di solito, preferisci portarti nella tomba, Rachel prende un bel respiro e sputa finalmente il rospo: "Ecco.. il fatto è che, come dire... Leto è una persona esigente, un perfezionista..."

"Un rompicoglioni."

"Sophie, non esagerare."

"Ti ho chiesto la verità. Avanti Rachel ci conosciamo da cinque anni, sono la tua collaboratrice più valida, a me puoi dirle certe cose, coraggio! Anche perchè se sono in questa situazione è anche colpa tua!"

Ormai messa alle strette, la donna seduta di fronte a me, improvvisamente, si trasforma in un vulcano in piena eruzione.

"Okay, vuoi la verità? Eccola la verità! Jared Leto è la persona più egocentrica, rompiscatole, presuntuosa e psicolabile con cui ho avuto a che fare in 25 anni di lavoro! E' insopportabile, non gli va bene mai nulla e sta sempre a lamentarsi! Ti ho chiesto aiuto perchè, in cuor mio, so che sei l'unica persona in grado di gestire una situazione del genere. Le altre due ragazze... " si ferma un attimo per riprendere fiato, è diventata paonazza e non credo di averla mai vista così da quando lavoro qui. Adesso si che ho paura.

Dopo essersi ricomposta, continua il suo discorso: "Io, io lo sapevo che non erano all'altezza ma ho voluto mandarle comunque e i risultati sono stati a dir poco disastrosi: Brooke, la prima, è rimasta un mese e poi ha avuto un esaurimento nervoso; è tornata dai genitori in Colorado e Stacey è scappata dopo solo dodici giorni, DODICI! E sai qual è stato il motivo? Che quel porco travestito da checca isterica aveva la mano lunga, non stava mai buono e, giustamente, lei che è sposata e con due bambini è fuggita a gambe levate! Eccola la verità, sei contenta ora?"

Resto immobile sulla poltrona, non oso muovermi.

Forse, sarebbe stato meglio non chiedere. Forse, sarebbe stato meglio licenziarsi adesso. Forse, sarebbe stato meglio non aver mai messo piede a L.A o, meglio ancora, nei democraticissimi Stati Uniti D'America.

"Povero Jared. Scommetto che avrebbe voluto volentieri levare lui le gambe di Stacey: all'aria però."

Aspettate. Aspettate un secondo. Ho detto davvero così? Davanti a Rachel?

La mia coscienza, nel frattempo, è andata a montare il patibolo. Ha detto che mi avviserà per interposta persona quando avrà finito, in quanto, non vuole più avere a che fare con me.

"SOPHIEEEEEEEEEEEEEE! Accidenti! Riesci ad essere seria per una volta?!" Rachel è viola in volto. Credo le stia per scoppiare un'aneurisma o qualcosa del genere. "Ci dovrai vivere quattro mesi con quella COSA!"

Bene, adesso non ha nemmeno più un nome, andiamo proprio verso il declino totale.

"Io sto dicendo queste cose per tutelarti e perchè non voglio essere tirata in mezzo ad un processo penale per omicidio."

"Precisamente, il mio o il suo?"

"Questo devo ancora capirlo."

Silenzio. Nessuna delle due osa aprire bocca per prima. Entrambe ci rendiamo conto della pessima situazione in cui ci siamo incastrate: io per il fatto che dovrò stare per i quattro mesi successivi in una casa abitata, a quanto mi è stato detto, da Satana in persona e Rachel, per aver accettato di offrire servizi lavorativi ad un tipo così... così...indefinibile. Doveva capirlo subito che era uno spostato e non dopo che il signorino aveva fatto fuori ben due impiegate, una a colpi di probabili vessazioni, insulti e nuove tipologie di mobbing a me sconosciute e l'altra che, sicuramente, avrebbe fatto fuori a colpi di qualcos'altro.

Nel frattempo, la mia coscienza si passa il cappio attorno al collo.

Dopo qualche minuto di glaciale silenzio, Rachel mi sembra più calma, ha ripreso un colorito normale, anche se lo chignon si è scomposto e qualche ciocca ribelle le ricade sul viso. Decido che, forse, è meglio che sia io a prendere la parola per prima, in modo da concludere la faccenda al più presto e poter così tornare a casa il più in fretta possibile, per sistemare tutto e farmi un doppio caffè. Anzi, triplo.

Bene Sophie calma, puoi farcela.

"Ascoltami bene, perchè quello che sto per dire non ammetterà nessun tipo di replica e sarà ripetuto una volta sola."

Mi guarda un po' perplessa, ma annuisce decisa.

"Sai come sono, mi conosci e sai anche che se prendo un impegno lo porto a termine. Ho accettato l'incarico e ti prometto che lo porterò avanti nel rispetto delle norme del contratto lavorativo e del vivere civile in generale, ma sappi anche che se quello lì dovesse fare qualcosa di strano o, peggio, stupido non starò zitta. Sono una dipendente non una schiava, sia chiaro. Io sarò rispettosa, gentile e disponibile, ma se è lui a non comportarsi in modo decente, sappi che al processo non si parlerà, forse, di omicidio ma della nuova Lorena Bobbit."

Rachel deglutisce rumorosamente. Sa meglio di me chi è Lorena Bobbit e, soprattutto, cosa ha fatto al marito che la maltrattava. Lo evirò nel sonno e poi lanciò il prezioso gingillo di famiglia fuori dal finestrino della sua auto in corsa sull'interstatale.

Dopo un primo momento di muto terrore, Rachel scoppia a ridere di gusto, quasi ha le lacrime; sa come sono fatta e sa cosa intendo quando faccio discorsi di questo tipo.

"Va bene, ho capito Sophie e sono d'accordo. Vista la situazione ti lascio gestire la cosa, mi fido di te e del tuo operato, so che te la caverai bene e non mi deluderai. Se non hai altro da chiedere, penso che abbiamo concluso e puoi anche andare."

La guardo. Adesso, anch'io mi sento più rilassata. Ha fiducia nelle mie capacità e io so di essere competente nel mio lavoro. Ho visto cose assurde in cinque anni, anche se al peggio non c'è mai fine, ma non credo o, almeno, non spero che sia arrivato il momento di toccare il fondo. Che cosa portà mai fare questo Jared Feto, pardon Leto, di così terribile?

"Perfetto. Io sono a posto così, grazie. Scappo a casa ad organizzarmi così prima di cena riesco ad essere a casa sua okay?"

"Perfetto cara, per qualsiasi cosa chiama pure, il cercapersone è sempre attivo e poi, alla fine di ogni settimana, ci sentiamo per eventuali resoconti. Grazie ancora e... In bocca al lupo!"

"Ciao Rachel, crepi!"

Anche se, al momento, ho l'impressione che, piuttosto che in bocca al lupo, sarei finita in bocca ad un allupato.

 

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Capitolo 3
*** Casa dolce casa... o forse no! ***


Il taxi mi lascia in un quartiere residenziale, formato esclusivamente da ville con piscina, disposte in modo preciso e lineare lungo la strada principale: un must intramontabile per le persone che vivono qui.
Mentre il tassista mi aiuta a scaricare i due borsoni da viaggio, talmente stracolmi di roba da sembrare zamponi pronti per il capodanno, mi guardo intorno per cercare di capire quale diavolo sia la villa di questo mitomane. Rigiro tra le mani il foglietto che Rachel mi ha dato prima di congedarmi: leggo nuovamente l'indirizzo e mi soffermo sul numero finale: 69, dice.

69? Porca di quella vacca zozza. Spero proprio che sia un caso o, altrimenti, questo Peto inizia a farmi paura più che semplice ribrezzo.

Ringrazio il tassista che, andando via, permette al mio sistema respiratorio di caricarsi di una bella zaffata di gas nocivi; i miei alveoli stanno intanto cantando un requiem per quelli che non ce l'hanno fatta.

Salgo sul marciapiede e mi avvio lungo la strada leggendo i numeri civici, a sinistra i dispari e a destra i pari, che salgono in ordine crescente: 57, 59, 61, 63, 65, 67... 69. Ecco. Ci siamo. In quel momento, dopo ben undici anni che non sentivo il bisogno di un contatto con una qualche entità spirituale, inizio a nominarle tutte: Allah, Buddha, Dio, Brahma, Kali, Krishna, James Deen... oddio no, quello è un dio in qualche altra cosa, Odino, Loki, Thor: vi prego siate clementi, so di non essere una buona credente, ma non merito certamente il peggio, non adesso almeno.

Mi fermo qualche istante a contemplare la casa: è enorme, come il presunto ego del proprietario. Ovvio, che mi aspettavo? E' circondata da siepi altissime e ben curate, sicuramente per tenere lontano gli impiccioni e l'unica parte dove sono un po' più basse è a ridosso del cancelletto di entrata.

Coraggio, mi dico. Attraverso il cancelletto e mi trovo in un ampio patio al cui centro troneggia una piscina rettangolare e più in là una specie di zona solarium. La cosa che noto immediatamente, è che in piscina galleggiano dei gonfiabili: una palma, uno squalo e quello che sembra un coccodrillo.
Forse, ha dei bambini. Magari è divorziato o qualcosa di simile (posso anche intuirne il motivo) e tiene i figli per il week-end; sarebbe bello avere dei bambini in casa: sarebbero sicuramente una presenza più costruttiva del loro possibile padre.

Attraverso a passo veloce l'ampio spazio aperto e vado dritta alla porta d'ingresso. Adesso, o mai più mi dico.

*driiiiiin*

Sento un rumore di passi che si trascinano e un trafficare di chiavi dietro la porta.
Non appena mi viene aperto, mi trovo davanti una minuta ragazza bionda, Emma suppongo. E' carina, ma ha un'aria terribilmente stanca. Sembra una che non dorme da giorni, poveretta.

"Salve! Tu devi essere Emma, l'assistente del signor Leto, io sono Sophie e mi manda Rachel, dall'agenzia, è davvero un piacere fare la tua conoscenza!"

Fin da quando ero bambina, mi hanno sempre insegnato che le buone maniere e l'avere un atteggiamente solare, sono sempre le cose migliori da fare e, credevo, che anche il resto delle persone presenti in buona parte del pianeta la pensasse come me. Evidentemente, mi sbagliavo.

La ragazza mi guarda amorfa, inespressiva, al che inizio a domandarmi se stia bene, se le manchi qualche rotella o, ancora, se abbia tirato giù qualcosa di pesante, il che non sarebbe una novità da queste parti. Continuando a fissarmi come se fossi invisibile o parte dell'arredamento circostante, finalmente pronuncia le sue prime parole che mi lasciano a dir poco perplessa: "Ah, sei bionda. Andiamo bene." poi, sospirando, aggiunge: "Vieni accomodati pure, Jared sarà qui tra poco. Intanto ti lascio le chiavi, ti faccio vedere la tua stanza e ti dico due cose sull'organizzazione generale, va bene?"

Io, ancora ferma a lambiccarmi il cervello sul perchè potesse creare problemi essere bionda, dato che anche lei lo è, rispondo dopo qualche momento, sempre più confusa dalla situazione: "Certo, nessun problema, dimmi pure tutto ciò che serve sapere!"

Emma dall'ingresso, mi fa cenno di seguirla e, superando un ampio salone, entriamo in una cucina talmente ampia che, a confronto, quella della mia casa natia, in Italia, ricorda un modello sghangherato di "Novelle Cuisine" della Fisher Price.

"Vuoi un caffè?"

"Si grazie, lo prendo volentieri."

Mi rendo conto che, presto, il caffè sarebbe divenuto vitale nei prossimi quattro mesi. Forse l'ho capito dall'espressione stravolta di Emma, forse dalle sue enormi occhiaie ma, in ogni caso, devo ricordarmi di passare a prenderne un po' al supermercato come scorta personale, non si sa mai.

"Allora Sophie, ti ho sistemata al terzo piano della casa, a livello di stanze c'è solo la tua, anche perchè dovendo fermarti quattro mesi ho pensato che, per te, fosse la soluzione migliore; non preoccuparti perchè è attrezzato benissimo: oltre alla tua stanza, avrai un bagno privato e un piccolo ripostiglio dove mettere le tue cose. Inoltre, il resto della casa è a tua disposizione per qualsiasi cosa: dalla cucina quando vorrai mangiare fino al salotto se hai voglia di vedere un po' di tv quando non hai nulla da fare." Emma, sottolinea la parola nulla con un tono vagamente sadico.

"Ah, un'altra cosa: questa è la tua copia delle chiavi." Mi allunga un mazzo di chiavi da fare invidia ad un carceriere di Alcatraz. A questo punto, nel mazzo, ci sarà di sicuro anche la chiave del cella frigorifera dove Leto tiene i cadaveri delle vergini che uccide di notte.

Emma, versa in due tazze il contenuto di tutta la caffettiera e si siede compostamente sulla sedia di fonte la mia.

"Dunque, per quanto riguarda il resto, devi sapere che spesso e volentieri in casa ci sarà anche Shannon, il fratello di Jared, che è il batterista della band insieme a Tomo, il chitarrista. Ora che stanno preparando il nuovo album saranno sempre qui a provare, ripovare e riprovare." Ha un qualcosa di esasperato nel tono di voce, ma decido di non darci peso.

"Per il resto non sei legata a nessun tipo di orario, puoi gestire tutto come meglio credi, anche per i pasti: Jared non mangia quasi mai ad un'ora precisa e, a volte, anche Tomo e Shannon si fermano a mangiare qui; dovrai improvvisare sul momento insomma."

Le faccio un ampio sorriso per darle sicurezza e convincerla che non si sarà nessun problema e prima che io possa replicare con qualsiasi frase sensata, improvvisamente, sgrana gli occhi e, con fare di chi ha appena omesso un particolare vitale, dice: "Quasi dimenticavo: Jared è vegano, per gli altri due non c'è problema. Ma con lui sei capace di preparare pasti completi e prendere i prodotti giusti al supermercato?"

Vegano? Oh lord, ma perchè? Adesso passerò dalla parmigiana, dalle lasagne e dalla cotoletta, al tofu, alle alghe e Dio solo sa quale altro impiastro. Non ho la minima idea di cosa significhi cucinare vegano, ma mi arrangerò e Leto si adatterà. Basta, è deciso.

"Certo Emma! Non preoccuparti, sono un'ottima cuoca. So cucinare quasi tutto e, di certo, preparare un menù a parte per Jared non sarà un problema e, anche per la spesa, me la caverò benissimo!"

Emma accenna un mezzo sorriso; forse l'ho rincuorata e si sente più tranquilla. Di certo non deve fare una bella vita. Leto se la metterà sotto i piedi o, peggio, sotto altro.
Un brivido mi percorre la schiena al solo pensiero.

Finiamo di bere il nostro caffè in tranquillità e, dopo qualche chiacchiera del più e del meno, Emma mi annuncia che deve andar via a sbrigare dei servizi per conto di jared.

"Bene Sophie, io devo andare. Tu sistemati pure con calma, ti ho detto tutto ciò che serviva, vedrai che non avrai problemi. Jared arriverà tra una mezz'ora al massimo, credo. Nel frattempo, se vuoi, fai pure un giro per la casa così inizi a prendere confidenza e ad organizzarti; l'unico posto in cui è meglio che non entri però, è lo studio di registrazione: lì dentro è un disastro e rischi di impiccarti con le corde degli amplificatori e tutto il resto. Per qualunque cosa ti serva, il mio numero è in cucina, ci vediamo lunedì."

Le faccio un sorriso e annuisco decisa. Ora Emma mi sembra più simpatica, forse aveva solo bisogno di rilassarsi un po'.

"Okay Emma grazie, buon fine settimana, a lunedì."

Chiudo la porta e mi metto spalle al muro. E' fatta. Adesso ho davanti quattro lunghi mesi di lavoro, a tempo pieno, con un tizio che mi sta già sulle palle.

Mi sembra semplicemente fantastico.

Sono le sei e mezza e Leto, o Peto come mi piace tanto chiamarlo, farà il suo ingresso trionfale tra poco. Nel frattempo, decido che, dopo aver portato la mia roba di sopra, darò uno sguardo più approndito alla casa, giusto per capire con chi ho a che fare e poi, Emma ha detto che potevo farlo, quindi sono anche giustificata.
Mi piace questa cosa.

Trascino i borsoni fino al terzo piano e mi rendo conto con piacere che Emma aveva ragione: le scale sbucano su un piccolo corridoio che finisce con una porta in fondo, che dovrebbe essere la camera e due sulla destra. Attraverso il corridoio e apro la prima porta sulla destra: è il ripostiglio. Piccolo, con qualche mensola per poggiare le cose e un armadio a muro per i vestiti. Almeno non dovrò buttare tutto sulla sedia come mio solito. Varco poi la seconda porta che ospita il bagno: è carino. Semplice, ma funzionale e, poi, dopo il box doccia che ho in casa mia, sono abituata al peggio.

Mi sono lasciata la camera per ultima: de gustibus! Apro la porta e, cavolo, rimango di sasso: oltre ad essere bella grande è davvero ben arredata! C'è un letto a baldacchino ad una piazza e mezza che troneggia al centro della stanza con un comodino in legno sulla destra. Di fronte al letto, invece, c'è una scrivania bella spaziosa con una sedia, sempre in legno, di fianco. La stanza termina su una portafinestra che da su un piccolo terrazzino.
Decido di affacciarmi.

La vista delle colline mi toglie il fiato. E' tutto perfetto. Le luci, il tramonto e anche il rumore del traffico in lontananza, rendono questo momento assolutamente fuori dal comune. Sorrido tra me e me e penso che, alla fine, non è un male essere qui.

Magari sono solo partita con il piede sbagliato e mi sono fatta influenzare dalle storie di Rachel.
Si dev'essere proprio così.

Finito di sistemare la mia roba, scendo al secondo piano: inizierò da qui la mia esplorazione, così quando Leto arriverà, mi troverà buona e tranquilla in cucina a mangiare. Mangiare cose vere.
La casa è silenziosa in modo inquietante ed è un bene così, almeno, lo sentirò arrivare.

Il secondo piano, da quanto diceva Emma, ospita le camere da letto sia sue che per gli ospiti e due bagni, mentre al piano di sotto, ci sono la cucina, il salone, lo studio di registrazione e Dio sa cos'altro anche se, credo, non voglia saperlo neanche lui.

Entro nella prima camera da letto e... accidenti se è bella! Dev'essere sicuramente quella di Jared. E' tutta arredata con mobili di legno massello ed i colori sono alternati tra il nero e il rosso. Il letto è decisamente enorme e coperto di lenzuola di seta nera. Il signore ha classe, dunque. Mentre sto per uscire dalla stanza, tuttavia, una cosa attira la mia attenzione.

NO. NO. NO. NO. NON PUO' ESSERE.

Un manichino di donna, con un elmo stile impero romano in testa, è messo carponi, o più volgarmente, come si dice al mio paese, a pecora di fianco il letto. La cosa più assurda è che la "poveretta" ha delle manette attorno ai sottili polsi di plastica, una benda di raso nero sugli occhi e, come tocco di classe finale, intorno alla vita ha un cinturone di pella nera, a cui sono agganciati quelli che, ai miei poveri occhi che stanno già sanguinando, sembrano frustini.

Cristo Santo. Ma che cos'è esattamente quest'uomo? Una Bestia di Satana, il nuovo Charles Manson o un fan sfegatato della saga di Cinquanta sfumatura di schifo, no scusate è grigio, grigio.

Esco subito dalla stanza, chiudendo con forza la porta alle mie spalle.
Respira Sophie, respira. I gusti sessuali delle persone sono vari; magari a Leto va di farsela con i manichini, con le bambole gonfiabili o con la plastica in generale. Vedrai che non ci sarà nulla di cui preoccuparsi.

Devo sciacquarmi il viso, per forza. Entro nella porta adiacente sperando di trovare il bagno. Per fortuna è così.
Apro il rubinetto e mi butto un po' d'acqua fresca sul viso: adesso si che va meglio. Mentre mi asciugo il volto vedo allineate, sulla mensola che mi è di fronte, una serie di contenitori semi-trasparenti con della vernice rosa, azzurra o giallina al loro interno. Dopo quello che ho appena visto, spero vivamente che sia vernice.

Mi avvicino e, guardandoli meglio, esclamo ad alta voce: "Ma quale razza di persona tiene la tempera rosa nel cesso?"

"Io, se permetti."

Bene. Avete presente quel momento preciso in cui state per morire e tutta la vostra vita vi passa davanti agli occhi nel giro di un nanosecondo?
Io no.
Perchè, in questo momento, sono praticamente sottoterra già da un bel pezzo.

  

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Capitolo 4
*** Let me to introduce you Jared Peto ***


In questo momento vorrei solo che, sotto i miei piedi, si aprisse una voragine e che venissi catapultata dritta all'inferno dove Belzebù in persona, dovrebbe riempirmi il sedere di frustate fino a farlo diventare un panettone a lievitazione naturale.
Non posso essere così sfortunata. Dev'essere solo un brutto sogno, un'allucinazione: Jared Leto non può essere tornato a casa ed avermi trovato a sparlare di lui e della sua tempera rosa nel suo bagno; è semplicemente impossibile.

Mi giro molto lentamente, quasi smetto di respirare e mi sento avvampare in viso: non credo di avere un bell'aspetto in questo momento.
Lo guardo dritto negli occhi, ma peggioro solamente la situazione: in questo istante penso che, se gli sguardi potessero uccidere, a quest'ora sarei stata trafitta da circa una dozzina di frecce, quattro coltelli della serie Miracle Blade e, se avanzasse spazio, anche da una mannaia in piena faccia.

"Quella, per la precisione, non è tempera ma tintura per capelli." La vena che ha appena sotto l'occhio sinistro, inizia a gonfiarsi e a pulsare visibilmente; ho paura che possa scoppiare da un momento all'altro. Accidenti; è davvero incazzato come un coyote.

"E, inoltre, non comprendo la tua difficoltà nel capire che quello non è rosa ma è pomegranate dannazione! Possibile che in una società civilizzata quale siamo, non cogli la differenza tra rosa e pomegranate?"

Deglutisco a fatica, ho davvero paura. Questo mi ammazza.

E poi cosa diavolo c'entrano i melograni con la tinta per capelli? Forse si colora i capelli con un impacco naturale ricavato dal succo di melograno? Anche se, quest'opzione, non mi sembra tanto plausibile perchè i suoi capelli, raccolti in un codino disordinato, sono castani.
Per quanto mi riguarda, continuo a non capire nulla, tranne il fatto che, in questo preciso istante, dovrei tirare un calcio nei gioielli di famiglia di Leto e scappare a gambe levate da questa casa, prima che la polizia ripeschi il mio cadavere in un fiume.

Prendo coraggio e cerco di riparare l'irreparabile.

"Io... Mi dispiace, non volevo offenderla, non mi ero resa conto della sottile differenza cromatica tra il rosa e il pomegranate. Sono davvero una brutta persona."

Ma che cazzo sto facendo? Oh mio Dio, lo sto sfottendo! Praticamente, mi sto scavando la fossa con le mie stesse mani. Quando imparerò a tenere la bocca chiusa, sarà sempre troppo tardi.

Leto strizza gli occhi, riducendoli a due fessure, non mostrando minimamente la rabbia che lo sta divorando, cosa invece evidentissima dal continuo pulsare della vena sotto l'occhio. Mi guarda, limitandosi solamente a sfoggiare un sorriso sornione e, continuando a fissarmi, dice con voce glaciale: "Cara, uhm, Sophie giusto? Sai che il tuo lavoro qui è appena iniziato e che dovrai vivere sotto il mio stesso tetto per quattro lunghi mesi? Oh, lo so che lo sai. Quello che non sai però è che, probabilmente, questi mesi saranno i più duri della tua vita, in tutti i sensi. Non amo essere preso per il culo, di solito sono io a farlo metaforicamente e letteralmente, quindi ti pregherei se lasciassi a me questo onore. Per il resto, puoi benissimo darmi del tu e benvenuta a casa Leto."

Non ho il coraggio di replicare. In questo momento, vorrei solo sparire.
Dov'è la fascia di Miss Figura Di Merda? No perchè, a questo punto, sono convinta che, il titolo, mi spetti di diritto.

Nel frattempo, Jared inizia a trafficare con degli asciugamani poggiati sul mobiletto vicino a lui ma, all'improvviso, si blocca e aggiunge: "Stasera a cena ci sono mio fratello e Tomo. Pensi di riuscire a cucinare qualcosa senza avvelenarci tutti?"

Okay, questo è troppo, adesso mi sente.

"Signor Leto, pardon Jared, direi che siamo partiti con il piede sbagliato e mi dispiace, ma il fatto che che si sia verificata questa incresciosa situazione non ti da il diritto di offendermi. Sono una persona qualificata e so fare bene il mio lavoro, altrimenti non mi avresti assunta. Sappi solo che svolgerò le mansioni richieste ma non mi farò trattare senza rispetto; quindi resettiamo tutto e cerchiamo di ricominciare dall'inizio okay? Magari, torniamo a prima che nominassi la tua preziosa tintura rosa in bagno."

Lui mi guarda divertito e sorride di nuovo. Nonostante sia uno stronzo patentato è davvero un bell'uomo e dimostra decisamente molto meno dei suoi anni; Rachel mi aveva accennato che era sulla quarantina.

"Pomegranate Sophie, pomegranate. Dovrò insegnartelo con le cattive a questo punto. In ogni caso, vedremo l'evolversi delle cose. Sembri così... indomabile. Questa cosa non mi piace granchè, bisognerà porvi rimedio in qualche maniera. Ora se permetti, prima di cena, vorrei farmi una doccia; ti spiace uscire? A meno che tu non voglia restare a goderti lo spettacolo."

Arrossisco violentemente e, mentre sto per mandarlo al diavolo, mi rendo conto che, se vado avanti così, ne uscirò a pezzi e mi verrà un esaurimento nervoso come è successo alla povera Brooke: ora capisco perchè lei e Stacey sono scappate via così. Quattro mesi sono lunghi ed io devo mantenere la calma; non ho mai lasciato un lavoro a metà, non ho mai mollato all'arrivo delle difficoltà e, di certo, non comincerò adesso.

No, Leto non l'avrà vinta, sarò superiore. Starò al suo gioco con intelligenza.

"Sai Jared, credo che agli individui con tendenze schizoidi, non piaccia stare a contatto con le persone e tantomeno penso che siano desiderosi di essere osservati mentre effettuano la loro pulizia personale; quindi, a questo punto, credo proprio che andrò a preparare la cena, anche perchè non so quanto possa essere consistente lo spettacolo che hai da offrirmi."

Prima che possa avere il tempo per una qualsiasi replica, mi giro velocemente ed esco dal bagno tirandomi dietro la porta.
Vuole la guerra? L'avrà.
Mentre continuo a sentire delle imprecazioni incomprensibili provenire da dietro la porta del bagno, mi avvio verso la cucina. Sono già le sette e mezza, tra poco Tomo e Shannon saranno qui ed io non ho preparato nulla. Andiamo bene.

Apro il frigorifero e sento un tuffo al cuore: è vuoto, o meglio è pieno di frullati, pappette, frutta e verdura ma di cibo vero, cibo che piace a me, neanche l'ombra. Domani andrò a fare la spesa e comprerò quello che dico io, non posso mica fare la fame fino a dicembre! Con un sospiro richiudo lo sportello del frigo e vado verso la dispensa sperando che, almeno lì, ci sia qualcosa che mi permetta di arrangiare un pasto decente per la serata. Inizio a spostare scatole e scatolette e, finalmente, vedo quello che potrebbe fare al caso mio: un sacchetto di farina e lievito in polvere. Raccolgo gli ingredienti e metto tutto sul ripiano, vicino i fornelli; farò la pizza fritta come si usa in Italia con delle verdure grigliate di contorno: è roba abbastanza buona per me ed i ragazzi e, presumo, che anche Jared possa mangiarla.

Dopo aver apparecchiato la tavola, grigliato le verdure e messo friggere le pizze, butto un occhio sull'orologio: le otto e mezza. Jared è sotto la doccia da oltre un'ora, anche perchè continuo a sentire lo scorrere dell'acqua. Starà bene? E se fosse inciampato e, nel cadere, avesse battuto la testa e fosse, così, affogato nella vasca da bagno in otto centimetri d'acqua? Magari mi darebbero la colpa, già immagino la scena: "Agente, di sicuro lo avrà ha fatto agitare e Jared è una persona molto suscettibile e, ovviamente, non avrà retto il carico di stress ed ecco qui il disastro! Arrestatela agente! Quella donna ha ucciso mio fratello!" direbbe Shannon.
Mentre sono ancora in preda a queste elucubrazioni mentali, sento squillare il campanello. Sicuramente saranno Shannon e Tomo.

"Arrivo subito, un secondo solo!" Corro alla porta e, prima di aprire, faccio un respiro profondo. Spero solo che questi due non siano spostati tanto quanto Jared, o è la fine.

Aprendo la porta, mi trovo davanti una strana coppia: un ragazzo alto, con lunghi capelli neri ed una folta barba altrettanto scura; guardandolo attentamente, sembra di trovarsi davanti la reincarnazione di Gesù Cristo. L'altro tipo, invece, è come dire, ehm, singolare: è vestito con colori improponibili che vanno dall'arancione acceso al verde fluo, fino ad arrivare al fatto che porta una canotta che, praticamente, non copre nulla e, infine, mi sembra terribilmente... nano. Forse, sono io ad essere alta rispetto alla media, sono circa 1.75, ma il fatto che il tipo debba alzare la testa per guardarmi, conferma la mia ipotesi iniziale.

Dopo un primo momento di silenzio inquietante, è il Gesù dei poveri a parlare per primo: "Ciao, io sono Tomo, tu devi essere Sophie. Emma, per telefono, ci ha parlato di te; è un piacere conoscerti." Mi fa un ampio sorriso e allunga la mano verso di me; gliela stringo e ricambio il sorriso "Il piacere è mio Tomo." Sembra una persona a modo, menomale.
Mi giro verso quello che, a quel punto, dev'essere per forza Shannon e gli sorrido tendendogli la mano "Ciao Shannon è un piacere fare la tua conosc.." Non termino la frase che Shannon, tirandomi per il braccio, mi stringe gridando: "Ma suvvia, queste formalità, ormai sei di famiglia e, se avessi saputo che eri pure così BAM-BAM, sarei passato anche prima di cena. Accidenti, ma sei bionda. E' stata un'idea di mio fratello vero? Ahah, vecchia volpe!"

Sei così BAM-BAM. Sei bionda.

BAM-BAM. Bionda.

BAM-BAM.

Ma con che razza di gente ho a che fare? E, poi, non ancora riesco a capire il problema che questi qui hanno con le bionde. Mah.
Mi libero a fatica dall'abbraccio di Shannon e cerco di apparire il più disinvolta possibile. Non sembra che vogliano mettermi in difficoltà, quindi tanto vale stare tranquilla, anche perchè già ho la mia bella gatta da pelare. A proposito di problemi, sento ancora il rumore dell'acqua che scorre nel bagno, forse è meglio chiedere a Shannon se questo tipo di cose rientrano nella norma, oppure sarebbe meglio chiamare il 911.
Quando siamo ormai tutti in cucina, mi avvicino a Shannon e trovo finalmente il coraggio di esporre le mie preoccupazioni.

"Ehm, Shannon scusami..."

Mi guarda maliziosamente e, strizzandomi l'occhio, prorompe in un: "Dimmi tutto e chiamami pure Shan dolcezza!"

"Okay Shan senti, non vorrei sembrare inopportuna o altro, ma tuo fratello è sotto la doccia da circa un'ora e mezza ed io sento solo il rumore dell'acqua che scorre e nient'altro. Non è che si è sentito male o qualcosa del genere?"

Shannon mi guarda come se fossi un marziano e scoppia in una fragorosa risata. Non faccio in tempo a replicare che anche Tomo inizia a ridere come un matto. Io, sempre più confusa, cerco di capire che cosa potessi aver detto di così dannatamente divertente, ovviamente senza riuscirci e, a quel punto, Shannon continuando a contorcersi sullo sgabello sul quale è appollaiato, tra le lacrime dice: "No, no dolcezza figurati, Jared sta bene. E' tutta roba di normale amministrazione; anzi, quando la cena è pronta, possiamo anche iniziare a mangiare. Credo che mio fratello ne avrà ancora per molto. Il cesso è il suo trono: non abdicherà facilmente."

In quel momento mi passa davanti l'immagine di Jared immerso nell'acqua profumata ai petali di rosa mentre si insapona con un bagnoschiuma al miele e caramello cantando "La donna è mobile". Mio Dio, l'orrore. Non riesco più a trattenermi e scoppio a ridere, mentre gli altri due mi guardano con fare divertito.
Okay, Shan e Tomo mi sembrano due persone alla mano, almeno non dovrò impazzire anche con loro.

"Ma questo profumo cos'è?" E' Tomo a parlare.

"Sto facendo le pizze fritte con un po' di verdure grigliate, purtroppo in frigo non c'era molto e mi sono arrangiata, ma vi giuro sulle mie origini italiane che non ve ne pentirete."

Nel frattempo, finisco di tirare via le ultime pizzette dall'olio bollente. Sono perfette.

Shannon mi guarda schifato. "Frigo vuoto: tipico di mio fratello. Comunque si, il profumo è ottimo e, ovviamente, tu Sophie mangi con noi. Ti va, vero? Così facciamo un po' di conoscenza reciproca." Altra strizzata d'occhio.
Okay, ho capito che a Shannon piace fare il provolone.

"Si dai resta Sophie, ci fa piacere." aggiunge Tomo sorridendo.

Li guardo un po' preoccupata. Jared, praticamente, non mi sopporta e, quindi, non so quanto possa essere una buona idea cenare tutti insieme. D'altro canto, però, sono stati loro a propormelo, sarebbe scortese rifiutare e, inoltre, darei l'impressione di battere in ritirata a Jared Mestruato Leto. No, non se ne parla neppure.

"Va bene, se vi fa piacere, resto volentieri a cena con voi."

"Casomai, resti per lavare i piatti dopo. Intendevi questo, vero Sophie?"

Cala un silenzio glaciale. Shannon e Tomo mi fissano trattenendo il fiato ed io, di spalle a Jared che, evidentemente, ha appena finito di fare la doccia, cerco di connettere gli ultimi due neuroni ancora calmi e sereni per cercare di dare una risposta sensata.
Mi giro ma, prima di poter proferire qualsiasi tipo di replica, rimango letteralmente pietrificata dalla mise di Jared: è avvolto in un accappatoio giallo canarino, ma così giallo che sono convinta abbia spennato Titti e le sue successive tre generazioni, come se non bastasse, poi, i suoi capelli sono avvolti in una specie di... cuffia? Anche se non ne sono del tutto sicura che sia proprio una cuffia, in cui troneggia una scritta a dir poco assurda: "The diva is here". Il colpo di grazia, però, mi arriva quando gli guardo i piedi: ha le dita divaricate da piccoli pezzetti di polistirolo, tanto da sembrare una papera zoppa, mentre lo smalto che ha messo su da poco, di un colore che mi sembra un turchese acceso, sta finendo di asciugarsi.
Tutto quello che avevo in mente in mente di rispondere, improvvisamente, sparisce per lasciare il posto ad un'unica frase che dovrei comunque evitare di dire, per non compromettere ulteriormente le cose ma che, comunque, mi sfugge.

"Jared scusami..." Leto mi guarda compiaciuto, sente di avere la vittoria in pugno. "...ma per caso sei appena sfuggito ad una retata della polizia in un bordello clandestino?"

Jared impallidisce e, subito dopo, nel giro di pochi secondi diventa paonazzo. Adesso esplode, adesso esplode, mi dico.
Tomo e Shannon inziano a ridere a crepapelle e, quest'ultimo, ormai con le lacrime agli occhi esclama: "Bro scusami, ma stavolta te la sei proprio cercata! Ecco quello che succede a fare sempre i maleducati, prima o poi ce le prendi! Comunque la ragazza ha fegato, mi piace!"

"Non. Osare. Difenderla. Shannon. Deve solo ringraziare che la sua agenzia non abbia altro personale a disposizione e che noi siamo incasinati con l'album e tutto il resto o, altrimenti, l'avrei già buttata fuori a calci e non solo."

"Ehi Jared, però in compenso è un'ottima cuoca e, almeno per un po', non dovrai mangiare le tue solite schifezze!", aggiunge sorridendo Tomo che, a differenza nostra, sta già mangiando.

Io, a questo punto, non so più cosa dire. Tanto peggio di così le cose non possono andare, o almeno spero.
E' Shannon a prendere in mano la situazione.

"Ascolta bro, prima di tutto, mettiti qualcosa di decente addosso che, conciato così, non ispiri discorsi costruttivi; poi vieni a tavola così ci rilassiamo tutti quanti, che il clima mi pare già abbastanza teso; Sophie mi sembra una ragazza in gamba, sei tu che, forse, sei esagerato come al solito. Cioè guardala è così BAM-BAM e poi, è bionda! Questo comportamento non è da te su!"

Devo ancora capire se BAM-BAM sia una volgare allusione sessuale, o un modo particolare per dire che sono carina, mentre al comprendere la parte sull'essere bionda, ho già rinunciato da tempo.
Jared, nel frattempo, agita le mani al cielo, guardandomi dall'alto in basso con ostilità palese e, rivolgendosi al fratello esclama: "Va bene Shan, al diavolo tutto! Vado a vestirmi e scendo." Shannon gli sorride di rimando e torna a parlare con Tomo.
Quanto a me, sono ancora in una fase di stallo, non oso parlare e non oso muovermi. Leto è incazzato come una iena e non sono qui neppure da 24h.
Un bel record Sophie, complimenti. La mia coscienza, nel frattempo, applaude e lancia petali di rose.

Jared, intanto, attraversa la cucina a grandi passi per salire al piano di sopra, camminando con le gambe divaricate e tenendo i piedi a mo' di papera per evitare di rovinare lo smalto. Nel momento preciso in cui mi passa accanto, approfittando del fatto che Tomo e Shannon sono impegnati in un fitto dibattito a proposito delle melanzane grigliate che ho preparato, mi sussurra all'orecchio: "Siamo solo all'inizio Sophie e, da adesso in poi, sono cazzi tuoi. Preparati a passare l'inferno."

Oooops.

 

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Capitolo 5
*** Viva il romanticismo ***



*I WANT TO FUCK YOU LIKE AN ANIMAAAAAAAAAAAAAAAAAL*


"Aaahhhhhh!"

Mi metto a sedere sul letto di soprassalto; la prima cosa che faccio è tirarmi le coperte fino al mento mentre mi guardo intorno. Cosa diavolo succede? Chi è che strilla così?
Butto un'occhio sulla sveglia, poggiata sul comodino, di fianco il letto.
Le 4.30 del mattino.
Non è possibile.

Rimango in silenzio per capire meglio cosa stia succedendo e, mentre il mio cuore riprende pian piano un battito accettabile, appena sotto la soglia dell'infarto, mi rendo conto che, gli urli disumani che sento, non sono altro che i Nine Inch Nails con Closer. Quindi, qualcuno, ha messo Closer a tutto volume alle 4.30 del mattino.
Mille ipotesi, mi giungono alla mente: penso alla venuta degli alieni, al complotto internazionale, all'arrivo della fine del mondo, alla possibilità che le aziende che producono apparecchi acustici vogliano aumentare le vendite dei loro prodotti rendendoci tutti sordi ma, in realtà, so che questa boiata assurda ha un solo nome: Jared Leto.

A questo punto, non so se sia meglio scendere e vedere cosa stia combinando o far finta di nulla e continuare a dormire, dato che la mia giornata lavorativa parte alle otto.
Sai che c'è? Arrangiati Leto.
Mi rimetto sotto le coperte cercando di riprendere sonno.


*YOU GET ME CLOSEEER TOOO GOOOOOD*


NO. NO. NO. NO.

Mi giro e mi rigiro nel letto, mi premo il cuscino sulla testa, cerco di tapparmi le orecchie con le mani, ma niente. Il rumore è troppo forte.
E' l'alba santo cielo. Ma che gli dice il cervello a questo qui?
Ah già, è vero. Probabilmente, non lo ha più. Lo avrà perso nello scarico della doccia dopo ieri sera.
Di sicuro, la sua idea è quella di tenere la musica a palla finchè quella disgraziata di Sophie non scende, così la potrà punzecchiare ancora un po'. Okay Leto, adesso scendo, ma non avrai vita facile.
Inforco le mie ciabatte di peluche, infilo la vestaglia e mi dirigo verso la porta della camera. Non faccio in tempo ad aprirla, che il volume della musica si alza ancora di più.
Dio santo mi sta scoppiando la testa.

Scendo di corsa le due rampe di scale, rischiando di inciampare e rompermi il femore (dettagli) e sorpasso a grandi passi il salotto fino alla cucina, dove trovo Jared comodamente seduto, intento a bere un succo di frutta.
Spiegatemi come un uomo che alle 4.30 del mattino beve un succo di frutta, al buio, con la musica a palla, possa essere riuscito ad avere successo nella vita. Spiegatemelo perchè, almeno, da domani inizio anche io, così non sarò più costretta a lavorare per gente del genere.
Mentre lo guardo per capire se sia in trance o, cosa più probabile, sia semplicemente rincoglionito, Jared continua a non muovere un muscolo. Tiene gli occhi chiusi anche se, credo, si sia accorto della mia presenza perchè, all'improvviso, sorride compiaciuto.

"Jared, scusami, ma solo le 4.30 del mattino. Potresti almeno abbassare il volume della musica per piacere?"

Jared apre gli occhi e colgo uno strano guizzo nel suo sguardo. Lentamente, senza proferire parola, si alza poggiando il bicchiere sul ripiano della cucina e mi si avvicina con sfrontatezza.

"Se non sbaglio, Sophie, questa è casa mia e tu sei semplicemente una dipendente; inoltre io soffro d'insonnia, non dormo praticamente mai e, quindi, devo combattere la noia in qualche maniera, a meno che tu non possa suggerirmi un modo più costruttivo per farlo."

Nel finire la frase prende una ciocca bionda dei miei capelli tra il pollice e l'indice e me la sposta dietro l'orecchio; adesso mi è talmente vicino che sento il suo respiro addosso.
Mi allontano immediatamente mentre cerco di mantenere un minimo di controllo.
Ma questo è scemo. E' strafatto di succo di frutta. Per chi mi ha preso?
Nel frattempo, la musica continua ad andare a volume massimo.

"Ascolta Jared, forse la musica troppo alta ha spinto i tuoi ultimi neuroni a fare Harakiri, però così non va. Io sono qui per lavorare, non ti puoi comportare in questo modo e, poi, dato che il rumore così forte ti avrà di sicuro sciolto il parecchio cerume presente nelle orecchie, aprile e ascoltami bene: ho capito il tuo gioco e sappi che non mi vedrai scappare da questa casa."

Mi guarda sorpreso e, inclinando leggermente la testa, accenna un sorriso ma non prova a replicare, almeno, non adesso.

"Non l'avrai vinta, fosse l'ultima cosa che faccio. Sarai tu che dovrai cacciarmi e so che non lo farai perchè, in fondo, hai capito che sarò un grande aiuto per te in questi mesi. Quindi, se vogliamo andare avanti così, fai pure e vediamo chi la spunta."

Prendo un bel respiro. E' fatta, spero abbia capito.

Dal canto suo, Jared non si scompone minimamente, ma anzi mi viene di nuovo incontro, questa volta bloccandomi tra il muro e l'angolo del frigorifero.
Oddio e adesso cosa vuole fare? Non dovrò mica tirargli un calcio nei paesi bassi e correre a chiudermi a chiave in camera vero?
Che poi, dopo ieri sera, inizio a pensare che gli piaccia farsela esclusivamente con se stesso.

"Oh Sophie... Non puoi capire quanto mi rendi felice. Dicendo così mi hai appena dato campo libero. Farti impazzire sarà la mia nuova passione. Non voglio mandarti via ma, al contrario, voglio che tu resti qui con me fino alla fine, perchè sarà dannatamente divertente. Comunque, fossi in te, non mi lamenterei della canzone. Closer è il brano più romantico di sempre, la canzone d'amore per eccellenza e l'ho scelta apposta per te."

Detto questo, mi pizzica il sedere.
Okay. Cioè, non è affato okay. Mi ha appena toccato il sedere dannazione!
Ora le cose sono due: o prendo il trinciapollo alla mia sinistra e prima lo eviro e poi glielo pianto nella giugulare lasciandolo morire dissanguato in preda ad atroci sofferenze, oppure cerco di mantenere la calma, il sangue freddo e tutto ciò che di ghiacciato ho disponibile al momento, senza farmi scoppiare un'aneurisma.
Dio Leto, spero che entro sera, ti caschi il tuo amichetto, cosicchè tu non possa più fornicare come un babbuino in calore. Sarebbe la giusta punizione per un depravato della tua caratura.

Lo spingo via, non troppo violentemente, in modo da crearmi un piccolo varco per uscire da quella scomoda posizione e, dandogli le spalle, prima di tornare in camera gli lancio un'ultima frecciatina: "Io ora me ne torno in camera a dormire. Ti ringrazio per la canzone ma, per favore, non dedicarla alle ragazze per fare colpo: guardandoti in faccia, faresti più bella figura a dedicare una cosa più alla tua portata, non so tipo Baby di Bieber ecco."

Sento che inizia a tossicchiare: probabilmente, aveva iniziato nuovamente a tracannare il succo di frutta che, evidentemente, gli è andato di traverso.
Allora Dio esiste, grazie.
Decido, quindi, di concludere in bellezza.

"Ah, un'ultima cosa: tieni quelle maledette mani a posto o ti giuro che non sarai più in grado di usarle; specialmente la destra. Anche perchè le persone che versano nella tua triste condizione, ne hanno un disperato bisogno; quindi stai attento."

Senza nemmeno ascoltare la sua replica, mi avvio verso la mia camera per cercare di dormire quel poco che resta, o quantomeno provare a calmarmi.

 
*beep beep*

 

Apro gli occhi, la sveglia segna le 7.30 ed io mi sento letteralmente a pezzi.
A differenza del casino assoluto che regnava in casa fino a qualche ora prima, adesso c'è un silenzio quasi tombale. Scommetto che quello lì si sarà accasciato sul letto, in overdose da succo di frutta e starà dormendo, sbavando dappertutto.
La sua camera sarà l'ultima che sistemerò, giuro.
Mi alzo lentamente e comincio a preparare sul letto un cambio pulito: ho assolutamente bisogno di una bella doccia e devo anche muovermi che tra poco meno di mezz'ora dovrò scendere giù ed iniziare il turno; in più, oggi, devo anche fare la spesa.
Spero solo che Jared stia dormendo o, meglio ancora, sia già fuori di casa. Non voglio che la sua faccia da pirlone, sia la prima cosa che mi si pari davanti alle otto del mattino.

Dopo essermi lavata e vestita, spazzolo velocemente i capelli e mi metto un filo di trucco. Prima di scendere a fare colazione, mi guardo un'ultima volta allo specchio: capelli biondi e liscissimi che mi cadono sulle spalle, grandi occhi verdi, leggermente gonfi per il poco sonno alle spalle e carnagione chiara. Sembro la versione albina di Morticia Addams e non ho nemmeno un affascinante Gomez al mio fianco, ma solo una versione sgangherata di zio Fester con un po' più di capelli.

Sospiro e scendo fino in cucina dove, al volo, mi preparo un paio di pancakes. Mentre mi sto gustando in santa pace la mia colazione, ecco che sento un frusciare di passi provenire dal salone. Bene, Satana è sveglio.
Lo vedo entrare in cucina, avvolto in una vestaglia di raso lilla e con delle moffole tempestate di strass ai piedi.
Ma perchè?
Lo guardo dall'alto in basso ma, prima di poter produrre qualsiasi frase di senso compiuto, inizio a ridere sotto i baffi. Proprio non ce la faccio a restare impassibile di fronte a questo teatrino dell'orrore.

"Ahm, buongiorno Jared. Ti preparo la colazione?"

Sfoggiando un sorrisetto impertinente, mi fa un gesto di sufficienza con le mani e si dirige verso il frigo, da cui tira fuori una bottiglia d'acqua.

"Ah, ciao Sophie, dormito bene stanotte? Hai un viso particolarmente riposato stamattina. No, non ho tempo per la colazione e anche tu dovresti darti da fare."

Mi fissa come se mi stesse passando ai raggi X. In particolar modo, ho l'impressione che mi stia guardando dalla cintola in giù.

"Ascolta il consiglio di un esperto: smettila di mangiare pancakes; andranno a finire tutti sul tuo grazioso fondoschiena. Sarebbe un vero peccato, non vedo un culo così ben fatto da almeno sei mesi."

Alzo un sopracciglio e lo guardo contrariata. Jared sei disgustoso.

"Come non detto Jared, niente colazione. Tuttavia, anche questo è un vero peccato. Dovresti mangiare un po' di pancakes, ti andrebbero a finire tutti sul cervello e, fare un po' di massa lì, non sarebbe una cosa sbagliata."

Noto con piacere che, anche se non lo da a vedere, è indispettito. Ormai lo capisco dal pulsare della venuzza sotto l'occhio sinistro.

"Se non fai colazione Jared, io sistemo la cucina ed esco a fare la spesa; al mio ritorno, mi occuperò della casa e del resto. Se non ti serve niente, io andrei."

Faccio per alzarmi e mettere i piatti nel lavello, quando Jared mi afferra per il polso.

"Mhm la spesa dici? Mi pare un'ottima idea. Shannon e Tomo arriveranno dopo pranzo per provare, ti ci accompagno io al market così ti farò vedere cosa puoi mettere nel mio frigo, dato che non mangio porcherie."

Zeus, ti prego, colpiscilo in testa con un fulmine o, se proprio vuoi tenerlo in vita, sulle balle. Cioè già devo viverci, ora deve seguirmi pure quando esco a comprare da mangiare?
Lo fa apposta.

Spero che, arrivati al market, mi lasci in pace e si faccia i suoi giri, o gli infilo una papaya in bocca e una banana in un posto oscuro che non mi sento ancora pronta a nominare.

 

Arrivati al market, non molto lontano da casa, prendo il primo carrello disponibile e mi fiondo all'interno del supermercato, cercando di seminare Jared cosa, purtroppo, alquanto difficile. Santo cielo, è sempre in mezzo ai piedi.
Non faccio in tempo a dare una prima occhiata agli scaffali, che il signorino inizia a riempire il carrello di frutta, verdura e cose biologiche; dopodichè arriva il grande amore della sua vita: la soia. Latte di soia, hamburger di soia, pasta di soia, gelato di soia.
Accidenti Jared, sei milionario! Prenditi un dannato appezzamento di terra e coltivati un'intera piantagione di soia invece che rompere l'anima così!

Ormai con il carrello strapieno, Mr. Soia mi si avvicina, buttando una piccola scatoletta in cima al mucchio di roba già presente e, con fare soddisfatto, esclama: "Bene, puoi andare a pagare, anche perchè io la fila non la faccio; ti aspetto all'uscita. Fai una cosa veloce."

Butto un'occhio sulla scatoletta: sono preservativi. Sull'etichetta si legge MAGNUM SIZE.
Ma ti prego. Sei pessimo Leto.

"Per quanto possa impegnarmi nell'essere rapida alla cassa, non credo di poter mai raggiungere la tua velocità Jared, specie nei momenti intimi."

Jared mi si avvicina e, tenendomi saldamente per entrambi i polsi, mi sussurra all'orecchio: "Sai dovresti provare Sophie, anche perchè, a quel punto, saresti tu quella ad implorarmi di concludere le cose velocemente, te lo assicuro."

Senza nemmeno rispondergli, mi avvio verso le casse.
Prima di andare a pagare, approfittando dell'assenza di Jared, decido di prendere qualcosa da mangiare anche per me: oltre ad un po' di ingredienti necessari a cucinare qualcosa di decente, aggiungo nel carrello anche pasta e caffè... tanto caffè.

Mi metto in fila alla cassa e vedo che Jared, come promesso, mi sta aspettando vicino l'uscita.
Dio è proprio uno stalker.
Che poi pensavo: adesso che devo passare alla cassa i preservativi, perchè devo fare io la figura di merda?
Aspetta. Aspetta solo un attimo. Non è detto che debba andare per forza così.
Mentre sto cercando un modo per farla pagare a Leto, mi sento pungolare sulla spalla. Mi giro e vedo un'anziana signora, sull'ottantina circa, che mi sorride amorevolmente, lanciando uno sguardo al carrello.

"Signorina mi permetta una domanda, ma perchè voi giovani usate queste cose?"

La guardo per qualche secondo in modo perplesso ma, poi, capisco che si riferisce ai preservativi.

Ah ecco. La figuraccia inizia prima del previsto.
La signora, continua il suo discorso.

"Guarda come sei bella, saresti una mamma stupenda. Non sarebbe ora che facessi qualche bel bimbo?" poi, indicando Jared, aggiunge: "Scommetto che quel bel giovanotto, vicino l'ingresso è il tuo fidanzato: non ti ha tolto gli occhi di dosso per un solo secondo da quando siamo in fila. Fa bene ad essere geloso, sei proprio un bel pezzo di figliola."

Ahahahah.

Jared il mio ragazzo.

Jared il padre dei miei figli.

I miei figli che hanno come padre Jared.

Io che faccio sesso con Jared per avere dei figli.

Signora scusi, ma dove vive lei? Su Plutone?

"No signora guardi che lei ha frainte..."

Un momento solo.
Ecco la mia occasione. Adesso si che mi diverto; Dio ti ringrazio e ti prometto che, da oggi in poi, andrò in chiesa più spesso.
La signora, intanto, aspetta una mia risposta, con un brillio di speranza negli occhi.

"Signora lei è molto gentile, ma ha frainteso la situazione: quel ragazzo laggiù non è il mio fidanzato, ma un amico. Purtroppo si trova in una triste condizione di vita, ed io lo sto aiutando."

Mentre la fila continua a scorrere, la signora mi chiede altre spiegazioni.

"Ecco la questione è molto delicata. In realtà lui si vergogna molto di questa cosa, infatti, come vede, sto facendo io la fila alla cassa per pagare questi." Indico i preservativi e sospiro malinconicamente, giusto per dare più pathos alla mia interpretazione.

"Deve sapere che il mio amico ha trascorso una gioventù di eccessi e sregolatezze, stile 'I peggiori bar di Caracas' per intenderci e, adesso, si ritrova ad aver sviluppato, a quarant'anni suonati, una dipendenza ossessivo-complusiva dal sesso e, come se non bastasse, ha contratto varie malattie veneree."

La signora mi guarda sconvolta e noto che ha gli occhi lucidi.
Indicando nuovamente i preservativi nel carrello, concludo il mio discorso in bellezza:

"Questi, ovviamente, sevono per non attaccare alla poveretta con cui ogni tanto trova un po' di conforto, Chlamydia, Sifilide e il buon Dio sa cos'altro. Ormai è un uomo distrutto, ed io gli sto vicino come posso in questo momento difficile."

A quel punto la signora, mi prende la mano e, con aria benevola, inizia a carezzarla.

"Sei proprio una brava figliola, stare così vicina al tuo amico, non dev'essere per niente facile, complimenti."

Anche tutte le altre persone in fila e la cassiera stessa, mi guardano con ammirazione e annuiscono con aria comprensiva.

"Già, non lo è affatto. Combatto con questo peso ogni giorno signora, mi creda."

Finito di pagare, raggiungo Jared ormai spazientito dall'attesa.

"Sophie, ma che ha da guardare quella vecchietta? Capisco che sono un gran figo, però che si dia una calmata! Avrà ottant'anni se non di più ed io, sono merce pregiata."

Scoppio a ridere. In questo preciso istante, agli occhi di Jared, sembrerò un'invasata ma poco male. Stiamo per andare via, quando l'arzilla vecchietta ci raggiunge.
Oh porca vacca.

"Cara, cara aspetta solo un secondo!"

Oh buon Dio, non abbandonarmi ora.

L'anziana donna, si avvicina a Jared e guardandolo dritto negli occhi pronuncia una frase che mi lascia spiazzata.

"Giovanotto, mi permetta di dirle che, nonostante tutto, alla fine la vita è stata generosa con lei. E' fortunato ad avere una ragazza così accanto. Se lo ricordi sempre, arrivederci."

Jared è a dir poco interdetto. Mi guarda fisso negli occhi, ed io arrossisco un po' anche perchè, sinceramente, non so cosa dire. Per una volta, mi è andata bene e non ho intenzione di fare danni proprio ora.

"C'è qualcosa di cui dovrei essere al corrente Sophie?"

"Non credo. La signora si è commossa perchè l'ho fatta passare davanti alla cassa, gli anziani sono molto sensibili su queste cose, dovresti saperlo bene."

Detto questo, mi avvio verso l'uscita del market, con Jared due passi avanti a me, mentre sento mormorare alle mie spalle, da circa mezzo supermercato, cose come Sifilide, viados, ubriacone, sesso estremo e Caracas. 

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Capitolo 6
*** Germofobia ***


Mentre sto finendo di riordinare il salone, sento il tipico fischio della caffettiera in cucina: il caffè dev'essere pronto. Il suo intenso profumo inizia a diffondersi per tutta la casa.

E' tutto il pomeriggio che i ragazzi sono chiusi nello studio di registrazione a provare e suonare. Non si sente molto ma, ogni tanto, riesco a captare qualche suono: a volte sono gli strilli di Jared, che non mancano mai, altre volte quello che mi pare un basso e, addiruttura, mi è parso di sentire quello che potrebbe essere uno xilofono, per non parlare della batteria di Shannon. Quella, invece, si sente distintamente.

Spengo il gas e tolgo la caffettiera dai fornelli. Sono quasi le sette e sono esattamente sei ore che quei tre non mettono il naso fuori dallo studio. Probabilmente, Jared avrà legato Tomo e Shan ai loro strumenti, con delle catene stile 'Saw-L'enigmista' e, come minimo, quei poveretti dovranno amputarsi mani e piedi per uscire a prendere una boccata d'aria.

Magari, potrei provare a bussare e offrire loro un po' di caffè, sarebbe un pensiero carino anche se, sicuramente, Mr. Maniaco del Controllo mi tirerebbe una microfonata in fronte per averli interrotti. Mentre sto ancora decidendo se azzardarmi ad andare oppure no, un vocione alle mie spalle mi fa sobbalzare.

"Dimmi che quello che sento è caffè e che ne hai fatto un bel po'."

E' Shannon. Mi giro e gli faccio un ampio sorriso, ha l'aria stanca ma, nonostante tutto, non perde mai il buonumore.

"Si Shan è caffè e, si, ne ho fatto un bel po', avevo pensato di portarvelo di là, ma non volevo disturbare, siete così impegnati. Ascolta, fai una cosa: chiama anche Tomo e Jared, prendetevi una pausa dai! E' tutto il pomeriggio che siete chiusi lì dentro."

Senza rispondermi, Shannon si avvicina sorridendo e mi strizza in un abbraccio da togliere il fiato, sollevandomi da terra. Nonostante sia un uomo in formato mini, ha una forza non indifferente.

"Shan vacci piano non respiro!"

"Oh dolcezza, ma tu sei così gentile! Mio fratello non ti merita, dai vieni a stare da me e lasciamolo navigare nella polvere: tempo due giorni e piomberà sotto casa mia, in lacrime e con l'orticaria, pronto a reclamarti!"

Iniziamo entrambi a ridere e, mentre mi sta rimettendo giù, un Jared schifato entra nella stanza seguito da Tomo che, come al solito, conserva una calma serafica.

"Shan ma che accidenti stai combinando? Abbiamo del lavoro da fare e tu ci provi con lei? Prendetevi una dannata camera, questa casa non è un bordello e, se proprio devi impollinarla, fallo quando abbiamo finito di provare e non nei cinque minuti di pausa che, tra l'altro, non ho nemmeno approvato."

Shannon sbuffa spazientito, Tomo rimane impassibile ed io, invece, continuo a ridere. Ormai ho capito che arrabbiarsi, significa solo dargli soddisfazione.

"Bro sei davvero insopportabile fattelo dire! Io la pausa me la prendo eccome e, poi, Sophie ha fatto il caffè! Vai ad ingozzarti di tè al gelsomino da un'altra parte per piacere e dacci un secondo di tregua. Tomo, a te va una tazza di caffè?"

Mentre Tomo annuisce andandosi a sedere vicino a Shan, Jared mi lancia un'occhiataccia e, con fare maleducato mi domanda: "E tu cos'hai ancora da starnazzare?"

"No niente, pensavo solamente al fatto che scoprire che questa casa, come dici tu, non sia un bordello, mi ha un po' sorpresa, vista la graziosa Maitresse dagli occhi di ghiaccio che la gestisce."

Un secondo solo. Sbaglio, oppure ho appena dato della prostituta a Jared Leto? Dannazione ma perchè non imparo a starmene buona?
Ah già. Perchè non sopporto che mi tratti così, ecco perchè.

Nello stesso presciso istante in cui termino la frase Tomo, inizialmente serissimo, inizia a ridere come un pazzo (a proposito: ma come ride quell'uomo?) mentre Shannon spruzza addosso a Jared, che è in piedi davanti a lui, il primo sorso di caffè che aveva appena messo in bocca.
Jared sgrana gli occhi e diventa paonazzo. Ha vari schizzi di caffè sul viso, per non parlare della sua maglietta, non più bianca, che sembra spruzzata di qualcos'altro.

Tomo si ammutolisce all'improvviso, ed io guardo Shannon un po' preoccupata.
Il batterista mi guarda serio, poi guarda il fratello e poi torna a guardarmi negli occhi, ma non sembra particolarmente preoccupato.

"Ops, scusa dolcezza. Non volevo sporcare il tavolo, dopo ti aiuto a dare una ripulita okay?"

Dopo una frase del genere, mi vengono in mente solo due parole: e adesso?

Adesso niente. Semplicemente, si scatena l'apocalisse.

"NON VOLEVO SPORCARE IL TAVOLO?!"

Jared sta urlando come un dannato, agitando le mani al cielo e sbattendo i piedi a terra, mentre raccatta fazzoletti di carta in modo convulso dallo scaffale sopra il lavandino, cercardo di darsi una ripulita alla bell'e meglio.

Il talentuoso artista è ormai scomparso; infatti, in questo momento, sembra posseduto dal demonio. Linda Blair, l'attrice del film 'L'Esorcista', nella sua interpretazione, sembra una scolaretta con un po' di raffreddore rispetto a Jared.

"Ma che diavolo dici? Hai visto come mi hai conciato? Mi hai sputato addosso metà di quella brodaglia marrone, per non parlare dei germi presenti nella tua saliva! Ti giuro che se mi hai attaccato qualcosa ti strangolo, che schifo, che schifo! Puah!"

La soglia dei decibel tollerabili dall'orecchio umano, viene di gran lunga superata. Manca poco e vedremo che Jared, a forza di gridare, manderà in frantumi prima l'anta di vetro del mobile in salone e poi il servizio di calici in cristallo, allineati al suo interno.

Io serissima, nel frattempo, lo guardo ed affermo con sincerità: "Beh Jared, sai che non sei male adesso? Sembri un'opera d'arte contemporanea con tutti quegli schizzi. Espongono la tua condizione esistenziale di eterno movimento, anche se, a giudicare dal colore, è decisamente un movimento intestinale."

Tra gli sguardi sbalorditi di Shannon e Tomo che, nonostante tutto, continuano comunque a ridere come due matti, Jared strabuzza gli occhi e sibila a denti stretti: "Vai al diavolo Sophie."; dopodichè esce velocemente dalla cucina avviandosi, probabilmente, verso il bagno dato che sento una porta sbattere ed un improvviso scrosciare d'acqua.

Sospiro e mi appoggio al bancone in marmo bianco.

"Ragazzi mi dispiace. Volevo solo offrirvi un caffè ed è successo un disastro. Se non altro, almeno avrete davanti un bel periodo pausa: presumo che Jared sia sotto la doccia adesso."

I due annuiscono sghignazzando, Shan accenna qualcosa sul fatto che Jared è un po' germofobico e poi, entrambi, continuano a sorseggiare il loro caffè.
Mentre mi metto davanti al lavello ed inzio a sciacquare la caffettiera, sento Tomo e Shan parlottare fitto fitto e poi, improvvisamente, si crea uno stranissimo silenzio.

"Andiamo ragazzi cosa c'è che non va?"

Entrambi mi guardano, ma è Tomo a prendersi la briga di parlare.

"Ehm, ecco Sophie sai, io e Shan ci stavamo chiedendo cosa stesse succedendo tra te e Jared. Voglio dire, tu sei una ragazza davvero in gamba, lo vediamo da come stai gestendo la casa e tutto il resto ma, a parte questo, ci siamo resi conto di come rispondi a Jared e di come lui ti tormenta. Conoscendolo ti avrebbe già licenziata, quindi questa situazione ci è parsa strana, tutto qui."

Rimango in silenzio. Sinceramente, non so come comportarmi.
Dovrei dire tutto? Oppure, dovrei stare zitta e far finta di nulla?
No, non posso. Tomo e Shannon non sono due stupidi e mangerebbero la foglia. Tanto vale vuotare il sacco e raccontare tutto.

"Mhm... E' una storia un po' lunga. Vi va un altro caffè? "

 

Due caffettiere dopo, Shannon e Tomo sono al corrente di tutto: il primo incontro, la figuraccia con la tinta per capelli, le frecciatine di Jared, le mie risposte piccate e la conversazione di ieri notte a colpi di Closer.
Ho, ovviamente, omesso l'innocente scherzo del supermercato. Ho deciso che, almeno quello, me lo porterò nella tomba.

"Questo è quanto ragazzi. Ecco perchè gli rispondo con modi sgarbati, che non sembrano, apparentemente, avere delle conseguenze. In realtà, andiamo avanti così da quando ho messo piede in casa. Vuole farmi impazzire."

Tomo alza le spalle ed allarga le braccia in segno di resa.

"Accidenti Sophie, hai proprio un bel coraggio! Io, conoscendo Jared, non reggerei a lungo nella tua posizione, ma capisco il tuo senso del dovere."

Shannon ride sotto i baffi. Forse non si rende conto della situazione o, forse, ha bevuto troppo caffè ed è ipereccitato.

"Shan perchè ridi? Io sto seriamente andando fuori di testa e, tra poco, sarò anche a corto di battute con tuo fratello, ed il riciclo di frecciatine non fa per me."

Shannon scuote il capo alzando gli occhi al cielo e poggia la tazza, ancora mezza piena, sul tavolo.

"Ma non capisci dolcezza?"

"Cosa?!", esclamiamo io e Tomo all'unisono.

"Puoi far girare le carte a tuo favore. Ci hai appena spiegato che lui non ti sbatterà mai fuori di qui perchè, da un lato, gli fai comodo in casa e, dall'altro, vuole farti venire un esaurimento nervoso."

"E quindi?! Dai Shan sputa il rospo!" Tomo non sta più nella pelle.

"Quindi, dico semplicemente che tu, nel rispetto di tutto quello che hai detto prima, devi ripagarlo con la stessa moneta, proprio come hai fatto poco fa. E' un sottile gioco di equilibri e tu potresti uscirne vincente."

Sono sbalordita. In effetti, riflettendoci, Shannnon ha ragione ma, diamine, Jared è suo fratello!

"Shan è di tuo fratello che stiamo parlando, te ne sei dimenticato? Quello che stiamo dicendo non mi sembra affatto una cosa carina!"

"Ed è proprio perchè è mio fratello, che ti dico questo Sophie. Io lo conosco bene e so che, ogni tanto, Jared ha bisogno di essere tenuto a bada e, mi pare, che tu abbia capito bene come fare e, questa, non è una cosa da tutti." Buttandosi indietro con la sedia, infine, aggiunge: "Per quanto mi riguarda, in questi quattro mesi, non farò altro che abbuffarmi di pop-corn godendomi lo spettacolo assieme al mio Tomo."

Detto questo, mette il braccio attorno al collo del chitarrista che, nel frattempo, annuisce.

"Jared non è mio fratello ma, in fondo, Shannon non ha tutti i torti. Sai Sophie, Jay è una brava persona. Il fatto che ogni tanto possa inciampare e cadere dal piedistallo sul quale si è messo, non potrà che renderlo ancora migliore di quel che è. Quindi, noi siamo con te!"

Più che un musicista, Tomo mi sembra uno di quei guru che dispensano perle di saggezza in India. E' straordinario.

Concluso il discorso, i due iniziano a ridere in sincrono. Eccoli: il gatto e la volpe delle colline hollywoodiane.

Finalmente, mi rilasso un po'. Sapendo di avere Shan e Tomo a darmi manforte, mi sento più tranquilla; anche se, in ogni caso, è Jared ad aver voluto questa situazione assurda. Insomma parliamoci chiaro: ha fatto tutto da solo. Okay, okay forse anch'io ho esagerato, lo ammetto, però il provocatore nato è decisamente lui.

 

Dopo un altro po' di chiacchiere in tutta tranquillità sulla band, sul tipo di percorso fatto, sulla loro evoluzione artistica e cose del genere, mi rendo conto che è ora di cena.

"Shan, Tomo vi fermate a mangiare?"

"Io stasera passo Sophie. Sono fuori con Vicki, grazie lo stesso."

Vicki è la moglie di Tomo; Emma mi aveva parlato anche di lei e mi aveva detto che è una donna davvero favolosa. Riflettendoci, con Tomo, non avrebbe potuto essere altrimenti.

Mi giro verso Shannon con sguardo implorante e gli faccio la stessa domanda. In cuor mio, prego solo che mi dica di si perchè ho il terrore al solo pensiero di dover cenare da sola con Jared, ammesso che mangi ovvio; sembra che campi d'aria quello lì santo cielo!
Shannon mi guarda un po' colpevole e alzando un poco le spalle, mi dice che, purtroppo, ha altri impegni.

Uccidetemi adesso. No, dico davvero: impiccatemi, avvelenatemi, fucilatemi ma non lasciatemi sola con quello psicopatico.

Dopo aver accompagnato i due alla porta, mi avvio verso la cucina per preparare la cena, mentre continuo a sentire strani rumori provenire dal bagno. Probabilmente, si starà raschiando via il primo strato di pelle dal viso con la carta vetra imbevuta di varechina: non sia mai che i germi gli possano provocare una qualche sconosciuta infezione senza possibilità di guarigione.

Ormai sono le nove passate ed è tutto pronto. Non so ancora se aspettarlo e cenare insieme, giusto per seppellire l'ascia di guerra, oppure mangiare da sola e lasciargli la cena in caldo nel forno.
Decido di andare a bussare alla porta del bagno e domandarglielo. Un po' di educazione non ha mai fatto male a nessuno e poi, chi può dirlo, magari potrebbe essere l'inizio di una convivenza più civile.
Salgo lentamente le scale e, una volta davanti la porta del bagno, busso in modo educato.

"Ehm... Jared? Sono io, Sophie."

Ma ci sono o ci faccio? Chi diavolo dovrebbe essere?

"Senti volevo avvisarti che ho preparato la cena e che, se vuoi, ti aspetto per mangiare. Okay?"

Nessuna risposta.

Dio quanto è suscettibile quest'uomo.

"Jared dai non fare così, quello di oggi è stato un banale incidente! Pensa solo che è stato Shannon a spruzzarti addosso il caffè, insomma è tuo fratello e, sicuramente, i suoi germi saranno migliori di quelli di chiunque altro!"

Avvicino l'orecchio e lo premo sulla porta: magari sono diventata sorda e non sento la sua risposta.

Ancora niente.

Oddio. Non è che si è sentito male davvero stavolta?

Stai zitta Sophie, non dire cavolate. E' semplicemente assurdo.

Busso più forte e, stavolta, urlo.

"Jared rispondi per la miseria! Mi stai facendo preoccupare! Conto fino a tre e poi apro la porta, spero solo che non sia uno dei tuoi soliti pessimi comportamenti o ti giuro che stavolta marchi male!"

Silenzio totale.

"UNO, DUE... TRE!"

Spalanco la porta e, nel guardare la scena che ho di fronte, il sangue mi si gela nelle vene.

C'è acqua mista a sapone dappertutto e Jared, avvolto in un asciugamano, è riverso a pancia in giù, a terra, appena di fianco la vasca da bagno.
Non è possibile, dev'essere un incubo. Non può essere vero.

Attraverso a grandi passi la stanza da bagno, cercando di non scivolare a causa del pavimento completamente imbrattato e, arrivata vicino la vasca da bagno, mi butto in ginocchio vicino a Jared rigirandolo in posizione supina e tendogli la testa tra le mani.
Mi avvicino al suo viso e vado nel panico più totale: non respira.

"Dannazione Jared respira! Ti prego, ti prego non farmi questo andiamo!"

Lo scuoto, gli urlo contro e lo prendo a sberle ma niente.
E' completamente zuppo. Forse ha bevuto e ha dell'acqua nei polmoni.

L'anno prima, avevo frequentato un corso di pronto intervento; nella vita non si può mai sapere, mi ero detta al momento dell'iscrizione.
Maledizione, me la sono proprio tirata.
Di solito, in questi casi, si procede con la respirazione artificiale e, successivamente, con il massaggio cardiaco.
Spero funzioni, non voglio finire in galera per omissione di soccorso ad un isterico.

Anche se sono terrorizzata, cerco di restare lucida o, almeno, ci provo.
Sollevo leggermente la testa di Jared, che continua a rimanere immobile e mentre con una mano gli tengo frema fronte, con l'altra gli sostengo il collo.
Ci siamo.

Poggio la mia bocca sulla sua, semiaperta, e ci soffio dentro tutta l'aria possibile.
Con la coda dell'occhio vedo che il torace si alza leggermente. Mi stacco e controllo al volo la situazione: ancora niente.
Lo rifaccio per la seconda volta ma, a quel punto, accade l'indicibile.

Sento una mano che si poggia sulla mia testa, appena sotto la nuca, ed una protuberanza molliccia che mi si infila dritta in gola.
Per chi ancora fatica a capire: Jared Leto mi ha appena infilato la sua maledettissima lingua in bocca. Non credo serva un disegnino.
Mentre cerco di staccarmi, la pressione sulla nuca si fa più forte e le mie ginocchia continuano a scivolare sul pavimento bagnato.
Se non fossi io la protagonosta di questo orrendo disastro troverei la situazione a dir poco esilerante.
A quel punto, non sapendo più cosa fare, gli mordo con forza il labbro.

Jared molla la presa immediatamente ed io, staccandomi, vado a sbattere contro la vasca da bagno, dato che stavo continuando fare leva per cercare di uscire da quell'assurda situazione.
Ci alziamo in piedi quasi contemporaneamente e non appena lo guardo mi rendo conto che ha del sangue sul labbro inferiore.

Accidenti, devo avergli tirato un morso come si deve. Per fortuna dev'essere un taglietto superficiale.
TAGLIETTO SUPERFICIALE? MA COSA STO FARNETICANDO?
Avrei dovuto staccargli quel labbro, anzi no: avrei dovuto portargli via tutta la mandibola con una motosega a quel disgraziato.
Jared mi fissa in cagnesco ed io ricambio lo sguardo con altrettanto astio.

"Ma sei pazza? Si può sapere che hai in testa? Ti rendi conto di quello che hai appena fatto? MI HAI MORSO."

Ah. Ora la pazza sarei io.
Nel frattempo, continua a blaterare cose senza senso. Quindi, non solo non sta zitto ma vuole anche avere ragione. E' assurdo.

"Se mi rimane il segno, ti faccio pagare le spese mediche di chirurgia estetica! hai capito?!"

TACI SPORCO MANIACO, TACI IMMEDIATAMENTE.

"Primo, ho dovuto farlo: non mi hai lasciato scelta. Secondo, ma chi ti credi di essere? Come ti permetti di fare una cosa del genere? Dovrei essere io a denunciarti per molestie, depravato che non sei altro."; sto alzando la voce, ma non riesco a fermarmi. Ormai, sono un fiume in piena.

"Mi hai fatto quasi venire un infarto, mi sono spaventata a morte! Ma che razza di scherzo idiota è? Che razza di problemi hai? Tuo fratello ti prendeva a testate da piccolo e ti ha fatto crescere cerebroleso? Ti avviso Jared: non azzardarti mai più a fare una cosa del genere, o giuro che ti assesto un calcio nei tuoi gioielli, ammesso che lì sotto ci sia davvero qualcosa, ed il taglietto sul labbro sarà l'ultima cosa di cui dovrai preoccuparti sottospecie di maniaco ritardato."

Jared inizia a ridere.

MA. COSA. TI. RIDI. PORCA. VACCA.

"Sai, pensavo che non aspettassi altro che farti infilare la lingua in bocca Sophie. Sono davvero, davvero deluso dal tuo comportamento." Dopodichè, ghignando, aggiunge: "Oh, ma guarda che disastro che c'è qui. Bisognerà dare una bella ripulita, non credi? E' meglio se ti metti all'opera altrimenti resterai in piedi tutta la notte."

Mi sento consumata dalla rabbia. Ed io che volevo anche cercare di comportarmi civilmente.

"Te lo scordi che sistemo questo macello. E' opera tua, non puoi pretendere che io rimetta in ordine questo caos."

"Ti ho assunta per questo: sistemare i miei disastri. Comunque, per la cronaca, hai proprio un buon sapore."

Divento paonazza, sono decisamente imbarazzata ed il mio stomaco è ormai sottosopra.
Non dargli soddisfazione, non dargli soddisfazione. Massacralo.

"Mi fa piacere Jared. Comunque, per la cronaca, fino a poco fa eri in crisi per i germi di tuo fratello. Non oso immaginare cosa ti toccherà passare adesso a causa dei miei. Non puoi sapere cosa ne ho fatto della mia bocca, prima di mettere piede qui."

Prima di mettere piede qui, la mia bocca si è ripassata varie specialità culinarie italiane e almeno sei tipi diversi di dentifricio alla menta; solo che Leto non lo sa e, di certo, non immagina questo.
Shannon aveva ragione. E' un depravato, quindi, tanto vale ripagarlo con la stessa moneta.
Ed infatti, la mia provocazione funziona.
Jared sbianca. Ora è praticamente diventato dello stesso identico colore dell'asciugamano che ha attorno alla vita.

"MALEDIZIONE SOPHIE! CHE SCHIFO! ADESSO CI SARANNO GERMI, GERMI OVUNQUE! CHE ASPETTAVI A DIRMELO, LEVATI DA LI' DEVO FARE I GARGARSIMI! DEVO LAVARMI ASSOLUTAMENTE, SE MI HAI ATTACCATO QUALCOSA TI DENUNCIO ALLE AUTORITA', TI FACCIO CAUSA, IO TI ROVINO, TI MANDO IN GALERA, IO TI... TI... AHHHHH!"

E' esasperato, gli sta bene.

Mi sposto per lasciargli spazio mentre apre l'armadietto di fianco lo specchio e tira fuori una bottiglia di colluttorio di un intenso verde smeraldo. Si appoggia al lavandino come uno che sta per svenire in preda a conati di vomito ed inizia ad ingurgitare il contenuto dell'intera bottiglia, facendo versi strani e smorfie assurde, sputacchiando a destra e sinistra con gli occhi fuori dalle orbite, mentre io rimango lì, a pochi passi da lui, a godermi lo spettacolo.

 

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Capitolo 7
*** Tregua? ***



*plic plic*

 
Perfetto, ci mancava solamente la perdita in bagno.

Mentre mi chino sotto il lavandino del bagno degli ospiti, al secondo piano, per capire meglio la situazione, mi passo una mano sulla fronte imperlata di sudore: ci saranno circa trentotto gradi anche perchè siamo in pieno agosto; ormai sono oltre due settimane che sono agli "arresti domiciliari" a casa Leto.

Giuro che, con queste temperature, se potessi girerei tranquillamente in mutande ma con Mr. Ti Infilo La Lingua In Bocca in casa è impossibile; quindi decido puntualmente di sciogliermi, in preda ad atroci sofferenze, nella mia mise antistupro: jeans e maglietta.
Praticamente, sono l'antisesso.

Per il resto, la situazione procede come al solito: io e Jared siamo costantemente sul piede di guerra e nessuno dei due osa fare un passo indietro o, meglio, un passo avanti per cercare di risolvere la situazione. Per fortuna, Tomo e Shannon sono spesso a casa per provare ed organizzare l'album, quindi le giornate trascorrerebbero anche abbastanza piacevolmente, se non fosse per questo caldo assurdo e, soprattutto, per la vocina stridula di Jared che echeggia costantemente nelle mie povere orecchie.

Finisco di sistemare la perdita, fortunatamente era solo un bullone allentato, e scendo in cucina a preparare il pranzo. Oggi mangerò solo con Shan e Tomo, arrivati da poco, mentre Jared tornerà a casa dopo pranzo: è andato a tagliare i capelli. Presumo abbia dato una bella spuntata, dato che è via dalle nove di questa mattina e, comunque, non capisco perchè ci metta così tanto: ha solamente quattro peli in testa, non dovrebbe volerci molto. Come se non bastasse, cosa alquanto inquietante tra l'altro, stamattina l'ho visto uscire di casa con un borsone stracolmo di prodotti per capelli: creme, balsami, olii essenziali, spume ed altri impiastri di questo tipo.
Usare i prodotti del salone no eh?
Mah, vallo a capire.

Mentre sto mettendo le lasagne nel forno, ecco che Tomo entra in cucina e mi sorride.

"Ehy Sophie, buongiorno! Cosa prepari per pranzo?"

"Ciao Tomo! Lasagne, tipico piatto italiano, andrete fuori di testa ve lo assicuro!"

Durante la mia permanenza, ho scoperto che Tomo ha grandi doti e competenze culinarie: quando entrambi abbiamo un attimo libero, ci scambiamo sempre pareri e ricette e, delle volte, è capitato che lui stesso mi abbia aiutato a preparare da mangiare. E' un uomo d'oro: se non fosse sposato, ci avrei fatto di sicuro un pensierino.

"Mi sembra ottimo! Ascolta, se hai finito, finchè il pranzo non è pronto, ti andrebbe di venire in studio di là con me e Shan? Ci piacerebbe moltissimo mostrartelo e farti vedere i nostri lavori, nuovi e vecchi, così ci dai anche un parere!"

Sono decisamente lusingata; questi due ragazzi sono straordinari.

"Cavolo e me lo chiedi?! Certo che si!" sfodero un sorriso a trentadue denti ma, improvvisamente, tutto il mio entusiasmo si spegne: Jared.

"Che succede Sophie?"

E' Shan, che entra in cucina con la sua solita aria strafottente.

"No ragazzi nulla. E' solo che stavo pensando che, magari, a Jared potrebbe dare fastidio il fatto che io entri così nel vostro ehm, come dire, privato. Non saprei, non vorrei peggiorare ulteriormente le cose."

Shannon e Tomo si guardano perplessi, ma non sembrano preoccupati.

"Sophie, ascoltami bene. Primo, mio fratello è dal parrucchiere: non tornerà prima di pomeriggio inoltrato. Secondo, nella band siamo in tre: la maggioranza vince, lui dovrà mettersi l'anima in pace. Insistiamo: ci farebbe davvero piacere mostrarti chi sono i 30 Seconds To Mars."

"Shan ma tuo fratello è uscito stamattina, tornerà a momenti!"

Entrambi scoppiano a ridere, Tomo ha le lacrime agli occhi.

"Scusate, ho detto qualcosa di stupido?"

"No, no figurati è solo che il tempo che Jay passa dal parrucchiere, è circa l'equivalente di un parto gemellare. Credimi ne avrà ancora per un bel po'; possiamo stare tranquilli" sghignazza Tomo.

"Allora va bene, andiamo."

Imposto il timer del forno e seguo i due fino allo studio.

Non appena varcata la soglia, rimango a bocca aperta: non sembra affatto uno studio di registrazione o, meglio, lo sembra per l'attrezzatura ma, per il resto, è un'esplosione unica di... arte.
Sui muri ci sono, ovunque, scritte e disegni, mentre una parete intera è rivestita di fogli su cui sono scritte parole singole in maiuscolo: WAR, FATE, DREAMS, FIGHT, FAITH, INSPIRATION, ART, ECHELON e moltissime altre.

Ovviamente, poi, ci sono gli strumenti: una batteria, svariate chitarre, sintetizzatori ed un pianoforte, su cui è poggiato un bizzarro pollo di gomma. Tuttavia, la cosa che mi colpisce di più è una lavagna, poggiata su un mobile in legno, su cui sono scritte, incolonnate ordinatamente, combinazioni di parole che mi sembrano titoli: Witness, Do Or Die, City Of Angels, che mi fa pensare subito a L.A., The Race e molti altri ancora. Nell'ultimo spazio libero sulla lavagna, scritta in rosso, troneggia la parola LUST.
Sarà un'idea di Jared, sicuro come la morte.

Sono davvero colpita ma, soprattutto, incuriosita.

"Ragazzi qui è bellissimo. Sono senza parole, c'è un'atmosfera magica."

Shannon e Tomo sorridono ed iniziano immediatamente a raccontarmi tutto o quasi: partono proprio dalla lavagna su cui sono scritti i possibili brani del nuovo album, mi spiegano cosa sono gli Echelon e che rapporto hanno con loro, mi raccontanto dei primi tre album, della simbologia, delle loro convinzioni ed idee, passando per i problemi avuti con la EMI, la loro precedente casa discografica.

Sono davvero stupefatta. Ne hanno passate davvero tante, eppure sono ancora qui. Dietro questi tre uomini ci sono un lavoro, una passione ed un talento enormi e devo riconoscere che anche o, forse, specialemente Jared, ha il suo bel merito.
Non lo immaginavo affatto così: sotto sotto, dev'essere un uomo in gamba.
Mentre stiamo finendo di ascoltare una canzone del loro primo album, Buddha For Mary, ecco che suona il timer in cucina: il pranzo è pronto.

Ci mettiamo a tavola e, mentre siamo intenti a mangiare, il cellulare di Shan inizia a squillare.

"Pronto? Ah ciao, dimmi!"

Una vocina molto stridula, probabilmente femminile, inizia a parlare a raffica. Non si capisce molto ma, la persona all'altro capo del telefono, sembra abbastanza costernata.

"Come non puoi?! E adesso come faccio? Diamine potevi avvisarmi prima Dee! Ti rendi conto che l'evento è stasera?! Lascia perdere, ormai è fatta."

Shannon chiude il telefono e lo sbatte con poca cura sul tavolo. Mi sembra parecchio nervoso.

"Che succede Shan?", chiede Tomo con educazione.

"Era Deidre, la modella che avrebbe dovuto accompagnarmi all'evento di beneficenza di stasera, mi ha dato buca. Ora sono senza dama. Mi spieghi come faccio?"

"Beh io ti avrei accompagnato con molto piacere, ma vado già con Vicki!" sdrammatizza ridendo Tomo.

"Shan, scusami se mi intrometto, ma non potresti andare insieme a tuo fratello?" aggiungo io.

"No Sophie, Jared ci va con un'altra tipa, Savannah. Accidenti, ma come gli è venuto in mente a quella di scaricarmi cos..."

Shannon si interrompe ed inizia a fissarmi; ha una strana scintilla negli occhi.

"A meno che tu dolcezza non..."

Non gli lascio nemmeno finire la frase.

"NO! NON PENSARCI NEMMENO SHAN!"

"Ma perchè no? Ti prego, ti prego sono disperato! Dove la rimedio un'accompagnatrice gnocca all'ultimo secondo? Ti prego, te lo chiedo come favore personale!"

"Beh non è un'idea malvagia, pensaci." aggiunge Tomo.

"No ragazzi. Shan ha appena detto gnocca. Vi sembro una gnocca o, peggio ancora, una modella? No, no queste cose non fanno per me, combinerò un disastro non vorrei mai farti fare brutte figure."

Shannon e Tomo mi guardano con fare sorpreso.

"Sophie, ma ti sei vista? Sei altissima, hai un gran bel viso e sei così BAM BAM! Non devi nemmeno preoccuparti del vestito: sono passato a ritirarlo stamattina. Penso che ti entrerà alla grande. Al massimo stringerà un po' sul davanzale, ma quello sarà solo un bel vedere! Farò un figurone con te, per favore!"

BAM BAM colpisce ancora, signori.

Divento rossa come un peperone: non sono minimamente abituata a questo tipo cose e non so come reagire di preciso.
Tomo, accorgendosi del mio disagio, mi mette una mano sulla spalla e mi ricuora: "Dai Sophie sarà una bella esperienza, staccherai un po' la spina e ti riposerai. Poi ci sarà anche Vicki, ti troverai benissimo con lei e, in ogni caso, per qualsiasi cosa ci saremo io e Shan, coraggio, ti meriti una serata di svago!"

Quest'uomo è una specie di mago: ha sempre le parole giuste e, in ogni caso, non vorrei mai deludere Shannon: è stato gentile con me fin dall'inizio, nonostante il mio disaccordo con il fratello.
Prendo un respiro profondo e decido di azzardare.

"Okay, se ti fa piacere Shan, ti accompagnerò stasera ma ad una condizione: giurami che farai stare zitto tuo fratello, non una parola sull'argomento se non a cose fatte o, questa volta, lo predo a calci per davvero."

Piuttosto che permettermi di fare una cosa del genere, per giunta accanto al fratello, Jared sarebbe capace di dare fuoco all'intero locale della festa, non prima di avermi incatenata mani e piedi ai tubi del gas della sua cantina segreta.
Shannon si alza dalla sedia e, senza nemmeno rispondere, si precipita ad abbracciarmi. Ogni volta che lo fa mi toglie il fiato, ma non rinuncerei ai suoi abbracci per nulla al mondo.

"Si, si promesso! Non te ne pentirai, grazie dolcezza. Vedrai che ci divertiremo ed io farò un figurone con te al mio fianco! Tutti vedranno quanto sei BAM BAM! Vado a prendere le tue cose in macchina, tieniti pronta per le sette circa okay?"

Annuisco ed il batterista mi strizza l'occhio, correndo, poi, verso la porta d'ingresso come un ciclone.
Spero solo di non aver fatto una stupidata accettando.
Con questo pensiero fisso in testa, inizio a riordinare la cucina.



Guardo l'orologio: sono quasi le quattro.
I ragazzi sono in studio e, tra poco, Tomo andrà a prendere Vicki per la serata. Shannon, invece, resterà qui per non fare avanti e indietro, mentre Jared è semplicemente disperso.
Mentre sto finendo di svuotare la lavastoviglie, ecco che la porta di casa si apre: è Jared. Tiene sottobraccio il borsone che aveva questa mattina solo che, adesso, è semivuoto. Non voglio credere che si sia buttato metà di quella roba sui capelli. Manco dovesse prepararsi per essere impagliato ed imbalsamato.
I suoi capelli, invece, non sembrano aver subito un grosso cambiamento: sono sciolti, perfettamente messi in piega, ma non sembrano affatto più corti.
Mistero della fede.

A partire da questo momento, prometto a me stessa di essere gentile e compassionevole verso questo povero pazzo; se non altro per il fatto che, stasera, saremo tutti insieme e non ho intenzione di fare qualsiasi tipo di figuraccia, non ancora presente nel mio curriculm vitae, davanti a mezza Los Angeles.

"Ciao Jared, bentornato. Spero sia andato tutto bene. Ti ho lasciato il pranzo in frigo, semmai ne avessi voglia. Se non ti serve nulla, andrei a fare una doccia."

Jared strizza gli occhi squadrandomi dalla testa ai piedi, ma non accenna minimamente a salutare.
Che cafone.
Calma Sophie. Contieniti.

"Mhm mangerò dopo, forse. Stasera ho un evento importante e devo prepararmi. Dovrò essere impeccabile ma, tanto, tu di queste cose non sai nulla immagino."

Tre ore prima? Considerando che i capelli sono già fatti?
Jared sei proprio un'entreneuse mancata e, comunque, ne so parecchio, credimi.
Brava, continua a tenere i pensieri negativi in testa.
La mia coscienza è visibilmente commossa da cotanto autocontrollo e si asciuga una lacrima di gioia.

"Va bene, nessun problema. Fai pure come prefersci. Io andrei, allora."

"Aspetta, Sophie."

Mi giro e lo guardo. Mi sta fissando con fare decisamente indagatore, non è da lui.
Che abbia capito qualcosa?
Oh Allah, Buddha, Kali vi imploro. Non voglio litigare già da ora, la giornata sarà lunga.

"Si? Dimmi pure Jared."

"Cosa mi stai nascondendo? Sei troppo gentile e mansueta, questo comportamento non è da te. Se c'è qualcosa che dovrei sapere, qualsiasi cosa, è meglio che parli ora o, dopo, sarà peggio per te."

Jared Leto: attore/cantante/produttore/regista/stalker/maniaco sessuale/ primadonna con il ciclo perenne e, adesso, anche mentalista.
Perfetto, non avrei potuto chiedere dono migliore.
Farfugliando un poco, cerco di darmi un contegno e rimanere, per quanto le mie doti teatrali me lo consentano, impassibile.

"No Jared figurati, niente di importante: sono solo un po' spossata dal caldo, tutto qui."

Dopodichè, pronuncio una parola che, in questo momento, potrebbe risultare una cosa quantomeno gradevole ma che, tra poche ore, diventerà l'equivalente di una coltellata dietro la schiena, almeno per Jared ancora all'oscuro di tutto.
Mi sento terribilmente in colpa, ma lo faccio lo stesso.

"Tregua?" Gli sorrido, sperando che il parrucchiere sia riuscito a distendergli i nervi con l'analisi del capello.

Mi si avvicina, poggiando il borsone a terra, guardandomi dritto negli occhi.
La tensione è fortissima.

"Sophie saresti così gentile da prepararmi un tè prima di andare di sopra... Per piacere? Ne avrei proprio bisogno."

Ha stretto i denti prima pronunciare le fatidiche paroline magiche, ha fatto una fatica sovrumana ma, alla fine, le ha dette.
Siamo di fronte ad una svolta epica e, più tardi, andrà tutto al diavolo.
Avrebbe potuto essere l'inizio di una pace duratura. Non so, qualcosa stile trattato di Brétgny-Calais durante la guerra dei cent'anni per intenderci.
Avete presente? E invece, dopo stasera, i cent'anni di guerra saranno come minimo triplicati.

"Certo, nessun problema. Siediti pure, ora te lo preparo."

Jared si lascia cadere sul primo sgabello, massaggiandosi le tempie.

"Grazie."

Maremma maiala: siamo a due; sono basita.
Di questo passo, più continuerà ad essere gentile, più me la farà scontare dopo.
La mia coscienza, intanto, è in preda a spasmi intestinali e conati di vomito.

Dopo aver versato il tè fumante nella tazza, lascio Jared in cucina e decido, prima di andare di sopra a farmi questa benedetta doccia, di portare fuori la spazzatura.
Mentre sistemo i sacchi stracolmi nei bidoni, appena fuori dal cancello, noto che ci sono due ragazze a pochi passi da me, che mi fissano in modo insistente.
Le guardo meglio: avranno vent'anni al massimo. Sono entrambe minute e vestite con canotta e pantaloncini. Una, ha i capelli castano scuro leggermente mossi, lunghi fino alle spalle, occhi scuri grandissimi ed uno sguardo sfuggente: è davvero bella, ma anche l'altra non è da meno: capelli biondo scuro riccissimi, lunghi fino alla fine della schiena, occhi grigi ed un bel sorriso. Quello che mi colpisce è che, entrambe, hanno al collo un ciondolo uguale: un triangolo con una linea in mezzo.

Ho già visto quel simbolo, ma non riesco a ricordare dove. Ecco! E' il simbolo che c'era oggi nello studio di registrazione, la triade. Quindi, le due ragazze, sono delle Echelon.
Decido di avvicinarmi e chiedere loro, con fare educato, se posso fare qualcosa. Inizialmente, mi guardano sorprese ma poi la ragazza riccia fa un passo avanti.

"Ehm, ciao non siamo qui per dare fastidio ma ti abbiamo vista e volevamo sapere se i ragazzi erano in casa. Volevamo sapere come stavano, se andava tutto bene."

Che frase strana. Io, se avessi la possibilità di incontrare il mio idolo, chiederei di poterlo abbracciare o cose del genere e non se va tutto bene. Improvvisamente, ripenso alle parole di Tomo e Shan, del rapporto che hanno con gli Echelon e capisco ogni cosa.

"Si ragazze ci sono, stanno provando e va tutto bene."

"Ma te sei la tipa di Jared? E ti pareva che non era bionda, eh Erin?" esordisce l'altra.

Scoppio a ridere. Io la tipa di Jared, certo: in un mondo parallelo in cui lui non è un egocentrico pallone gonfiato che mangia omogeneizzati e pappe vegane.

"No, non sono la tipa di Jared, sono una sua assistente, piuttosto che stare uno psicopatico di quel calibro sarei disposta a cambiare sponda, ve lo assicuro!"

Le due, mi guardano stranite ma poi iniziano a ridere.

"Ah, quindi è davvero psicolabile anche dentro casa? Porca diva, starai passando l'inferno. Ti siamo vicine, per quello che conta."

Dopo un po' di chiacchiere con le due ragazze, Erin e Cara, scopro un sacco di cose interessanti sui ragazzi, termini nuovi come DIVAH, SHOMO, SOON, FARRELLETO, CHRISTINE, BERRY, SHANIMAL, per non parlare del fatto che, in realtà, Tomo è il buon Gesù e, cosa fondamentale, che è in grado di fare la torta di mele senza mele ed, infine come ciliegina sulla torta, un sacco di cose imbarazzanti su Jared ma, soprattutto la sua fissazione morbosa per le bionde. Ora, dopo settimane, ho finalmente il quadro completo e la possibilità di sfruttare queste informazioni in guerra, in caso ce ne fosse bisogno.
Mentre le due Echelon stanno parlottando tra loro, decido di fare un tentativo per aiutarle. Forse non dovrei, ma se è vero quello che Tomo e Shannon hanno detto, non potrà essere tanto sbagliato no?

"Ragazze, ascoltatemi bene: non muovetevi, torno subito."

Le due mi guardano sgranando gli occhi, ma annuiscono decise.
Corro in casa, ed evitando lo sguardo pungente e sospettoso di Jared, busso alla porta dello studio. E' Tomo ad aprirmi. Gli spiego tutta la situazione e gli chiedo se, per favore, si potrebbe fare qualcosa, anche con Jared, che sarebbe davvero carino e non costerebbe nulla. Tomo annuisce e, insieme a Shan, esce dallo studio andando in cucina. Sento che i tre discutono, Jared inizialmente protesta qualcosa a proposito del fatto che, uscendo, si rovineranno tutti i capelli ma, alla fine, acconsente.

Esco di nuovo in giardino e chiamo le due ragazze che, ora, sono pallide come due cenci.
Non dovrò mica portarmele sulla coscienza vero?
Erin e Cara attraversano esistanti il cancelletto e si fermano nel patio; nessuna delle due osa fare un altro passo avanti. Nello stesso istante, Jared, Tomo e Shannon escono di casa sorridendo.

"Non ci credo, è assurdo..." sussurra Cara pallidissima. Erin, invece, non parla ed una lacrima le riga la guancia.

"Cosa sono queste facce? Su, su bellezze!" borbotta Shan. Sta già ridendo da solo, mentre Tomo si avvicina per abbracciare le due Echelon. Jared, invece, non dice nulla e continua a fissarmi.

"Jared grazie, sappiamo che siete tanto impegnati ma grazie per tutto!" dicono all'unisono le due Echelon. Jared fa loro un ampio sorriso ed aggiunge indicandomi: "Non dovete ringraziare me, ma Sophie: è stata lei ad aver avuto la pazza idea di trascinarvi qui."

Dovrebbe sorridere più spesso: sembra meno acido e più umano. E' un vero peccato che, invece, usi la bocca per sparare boiate durante il novanta per cento della giornata.
Le ragazze mi ringraziano sorridendomi e poi, prima di andare via, Erin dice: "Jay la tua assistente è una tipa tosta, non cambiarla. Ha capito come siete ed è pure bionda: faccelo un pensierino sai!"
Mentre io faccio finta di non sentire, Jared se la ride sotto i baffi e mormora quello che mi sembra un "Lo so"; nel frattempo, le due vengono accompagnate all'entrata da quelli che, ormai, dovrei ribattezzare Shomo.



Sono le sei.
Panico. Paura. Disperazione.
Invece di condurre questa esistenza sregolata, avrei dovuto inventare un Giratempo, come quello di Hermione, la protagonista di Harry Potter: avrei avuto decisamente vita facile con quello in tasca.
Invece no: sono le sei passate e non ho nemmeno fatto la doccia. Shannon, da sempre gentile con me, oggi mi scannerà.
Già vedo la scena: scenderò alle sette, se non più tardi, conciata come un pagliaccio scappato dal circo ed il povero Shanimal andrà a buttarsi giù da un ponte per la vergogna.
Salgo i gradini due a due fino in camera mia e noto che, sul letto, ci sono due scatole: una più grande ed una un po' più piccola. Dovrebbero essere scarpe e vestito ma, adesso, non ho il tempo di darci un'occhiata.
Prego solamente che mi entri tutto, o sembrerò una mortadella strizzata in uno Chanel e, di certo, mademoiselle Coco non approverebbe.

Uscita dalla doccia, mi infilo l'unico completo intimo decente che possiedo e nemmeno per mia volontà (regalo delle amiche, che volevano farmi apparire come una ragazza fine ed elegante): balconcino e brasiliana di pizzo nero e, subito dopo, inizio ad asciugare furiosamente i capelli. In questi casi averli lisci è una fortuna: dieci minuti di phon e sono comunque prefetti. Finita la pseudo piega, mi trucco meglio che posso, puntando sugli occhi (grazie mamma e grazie papà) e, soddisfatta del risultato, schizzo come un fulmine in camera per vestirmi.

Le sette meno dieci. Coraggio, puoi farcela.
Il coraggio mi abbandona non appena vedo il vestito e le scarpe: il vestito è molto stretto sopra, stile corsetto per intenderci, mentre sotto è più morbido ma, la cosa più sconvolgente è che è abbastanza corto. Non riuscirò nemmeno ad uscire dalla macchina senza sbatacchiare le mie grazie al vento.
Come se non bastasse le scarpe, nere con un allaccio particolare sulla caviglia, hanno un tacco dodici che sommato alla mia altezza e all'intenso colore verde acqua del vestito, mi faranno spiccare come un baobab nel deserto. Un baobab che offre protezione e riparo all'ottavo nano segreto di Biancaneve, a voler essere proprio precisi. Ci saranno almeno quindici centimetri di stacco tra me e Shannon con le scarpe indossate.
No, questa serata non s'ha da fare.

"Maledizione, non posso assolutamente uscire di casa conciata così!" esclamo stizzita, ormai in preda alla disperazione più nera.

"Hai ragione: io toglierei anche il pezzo di sopra, a voler essere sinceri."

OH MIO DIO. VI PREGO, DITEMI CHE QUELLA CHE HO APPENA SENTITO ERA UN'ALLUCINAZIONE E NON LA VOCE DI JARED.

Anche perchè, per chi lo avesse dimenticato, sono in mutande.
Dopo settimane intere passate a nascondermi alla vista di quel depravato, facendo vere e proprie saune nelle mie tutine antistupro, con quaranta gradi all'ombra, Jared è riuscito comunque ad averla vinta.

"Noto con sommo piacere che, sotto i jeans e le tue pessime maglie sformate, sei riuscita a nascondere proprio un bell'armamentario. Complimenti Sophie."

Mi giro di scatto e vedo Jared, che mi guarda con aria maliziosa, appoggiato con un braccio allo stipite della porta.
Prendo al volo l'asciugamano buttato sul letto e cerco di coprirmi come meglio posso anche se deduco che, ormai, non sia rimasto molto da vedere. Inutile dire che sono passata dal bianco straccio al rosso fuoco, per arrivare, infine, al viola melanzana appassita.

"Ma che diavolo hai da guardare razza di maiale? Non si usa più bussare? Questa è camera mia per la miseria! Dove hai il concetto di privacy? Nel culo? Vai fuori, subito!"

Qualsiasi persona normale, a questo punto, avrebbe chiesto scusa e si sarebbe eclissata, ma lui no. Invece di indietreggiare, inizia e venire verso mi me, con passi lenti, cadenzati.

"Non ti avvicinare, o giuro che mi metto ad urlare! Vattene via accidenti!"

Senza degnarmi della minima risposta, continua ad avanzare. Ha uno sguardo strano e, sinceramente, mi sta facendo un po' paura.
Non sapendo più che pesci prendere e non volendo avere a che fare con il suo di pesce, decido di passare all'autodifesa in modo alquanto rudimentale: l'unica cosa a mia disposizione in quel momento sono le scarpe che Shan mi aveva amorevolmente poggiato sul letto.

Decido di tirargliele, sperando di fare centro.
Gli tiro la prima, all'altezza della testa, ma il bastardo la schiva prontamente.

"Sophie, ti sembra il modo di stabilire una tregua questo? Coraggio, facciamo pace a modo mio." sussurra.

Ah, è così?
Stavolta non mi freghi.
Mentre con una mano mi tengo l'asciugamano come posso, con l'altra afferro la scarpa rimasta dalla parte del tacco a spillo e punto la parte del plateau dritta verso i suoi preziosi, gioielli di famiglia.
Stasera, alla festa, camminerai piegato in due. E' una promessa. Per una volta sarai tu ad essere messo a novanta, caro il mio Jared.
Mentre ormai è a meno di un metro da me, riprendo al volo la mira e tiro. In un primo momento penso di aver nuovamente mancato il bersaglio. C'è un silenzio irreale; dopodichè mi accorgo che, in realtà, il silenzio deriva dal fatto che Jared è rimasto senza fiato. E' diventato cianotico e si è buttato a terra carponi.
Dopo alcuni secondi, inizia a gemere e a lamentarsi, prima piano, poi sempre più rumorosamente. Sembra uno in preda a tremende coliche gastriche per aver ingurgitato troppa fagiolata messicana.

Si, lo ammetto: in questo momento sto letteralmente godendo. La mia coscienza, invece, è leggermente indecisa tra l'esultare sparando petardi o il tagliarsi le vene per la disperazione.
Jared intanto si rialza a fatica e, arrancando ancora sempiegato verso la porta, mi lancia uno sguardo di fuoco.

"Tregua finita Sophie. Questa me la paghi cara, oh se me la paghi. E anche prima di quanto tu possa immaginare." sussurra con il fiato ancora corto.

Deglutisco a fatica, mentre continuo a tenere stretto l'asciugamano attorno al mio corpo. A breve saprà che passeremo la serata di beneficenza tutti insieme.
Male, davvero molto male Sophie. Sei passata dalla padella al crematorio, senza neppure vedere la brace.
Questa volta, non la scamperò tanto facilmente.





Ehm *esce dall'angolo buio in cui è rintanata* Salve sono la pazza che ha partorito questa FF. E' la prima volta che lascio un commentino qui sotto. Un po' è per ringraziare tutti quelli che mi leggono con infinita pazienza e aspettano i miei ritardi nell'aggiornare: vi chiedo scusa, ma la vita universitaria è un massacro! E, come dicevo, un po' è anche perchè questo capitolo, almeno all'inizio, è un po' più "serio". Si l'ho fatto perchè mi piacerebbe appronfondire anche altri lati e mettere in mezzo anche i Mars più a trecentosessanta gradi. Spero che vi possa comunque piacere e che continuerete a leggere e recensire; per me il vostro parere è fondamentale! Spero di continuare a farvi ridere!
Baci.
P.S. Chiedo scusa per le continue prese per il culo ai danni di Jared ma non posso farne a meno. Adoro quando le prende!




 

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Capitolo 8
*** Non svegliar Leto che dorme ***


"Sophie? Sei pronta?"

Shannon bussa educatamente alla porta della mia stanza, mentre sto allacciando il cordino della scarpa sinistra. Sono le sette in punto e, miracolosamente, sono pronta.

"Si Shan entra pure, ho finito."

Mi alzo in piedi e prendo la pochette sul comodino, mentre il batterista entra in camera e, sgranando gli occhi, esclama: "Accidenti sei una visione Sophie! Stasera rosicheranno tutti! Ahah, Shannon Leto lo stallone delle colline, colpisce ancora con un'altra BAM BAM di tutto rispetto!"

Inarco un sopracciglio leggermente contrariata ma, alla fine, gli faccio un ampio sorriso: questo è il suo modo per dirmi che, per lui, sono bella e lo apprezzo molto. Ormai prendo il BAM BAM come un complimento.
Shannon, a dispetto di quanto appaia a primo impatto, è una persona molto dolce e non un babbuino costantemente in calore come suo fratello.

"Grazie, sei gentile."

Per tutta riposta, Shan si avvicina e mi offre il suo gomito: santo cielo, mi sembra di essere tornata ad un ballo scolastico! Che sensazione strana.
Mentre appoggio la mia mano sul suo braccio, mi rendo conto che, forse, i centimetri che mi distanziano da lui sono davvero una quindicina: praticamente, per essere schietti, mi arriva all'altezza dei giardini pensili, giusto per usare una metafora. Decido comunque di non dire nulla, magari a lui va bene così e se si sente a suo agio, chi sono io per giudicare?

Bene, adesso, è venuto il momento di passare alla questione pregnante: Jared Voce Bianca Leto; anche perchè dopo la mazzata di poco fa nei paesi bassi, non credo che la sua vocina gracchiante si sia ripresa ancora del tutto.

"Ehm... Shan, ascolta un attimo. Hai già parlato con Jared? Cioè, lo hai avvisato di stasera? Sai, mi piacerebbe molto arrivare al piano terra senza prendermi una delle statuette di marmo del salone in testa."

Shannon sghignazza e, nel frattempo, ci incamminiamo verso le scale.

"A dire il vero no dolcezza. Glielo dirò adesso: tanto è qui sotto che aspetta Savannah. Non preoccuparti, ci parlo io, stai tranquilla. Ah, a proposito: Tomo e Vicki ci aspettano al locale."

Non gli ha ancora detto nulla. Altro che statuetta di marmo, questo qui appena metto piede di sotto, mi tira addosso tutta l'argenteria, la cristalleria ed il servizio buono delle porcellane.

"Va bene Shan, mi fido. Facciamo come vuoi tu." dico rassegnata, mentre entriamo nel salone, illuminato solo da una plafoniera posta vicino la libreria.
Si, capisco che stiamo per uscire, ma una luce in più potresti pure accenderla tirchio che non sei altro.

Varchiamo la soglia e lo vedo: ci da le spalle, è rivolto alla finestra ed è vestito completamente di nero.
Signore e signori, diamo il benvenuto a LETMAN, il giustipirla della notte.

"Ehi bro, se Savannah non tarda, possiamo andare insieme. Mmm... Ascolta, Dee non verrà. C'è stato un intoppo e, quindi, c'è un piccolo cambiamento di programma ma, devo dire che, il cambiamento, è decisamente in meglio."

Arrossisco leggermente: non sono per niente abituata a tutti questi complimenti.
Jared fa spallucce e continua a restare girato. Non ha ancora capito nulla ed io, invece, faccio fatica anche a respirare dall'agitazione. Maledetto corsetto.

"Ah davvero? E chi saresti riuscito a rimorchiare di ancora meglio? Magari, dopo il galà, facciamo una cosa a quattro. Ho giusto dei nuovi strumentini da provare." dice con voce piatta.

In questo istante, mi sto solo chiedendo se avrebbe rincarato la dose di porcate o meno, se si fosse accorto della mia presenza.

"Ehm no bro" farfuglia Shan, leggermente a disagio per l'infelice uscita del fratello, "Non hai capito. La mia accompagnatrice è già qui, eccola."

Jared si gira lentamente e mi fissa. Indossa un classico smoking con sotto una camicia bianca che ha i primi due bottoni aperti. Non sono ancora sicura che abbia capito, ma trattengo comunque il fiato.

"Beh Shan, potevi dirlo prima che era così gnocca, avrei anche potuto lasciare a casa Savannah con questa qui. Basta e avanza per due."

Io e Shannon ci guardiamo stupiti, mentre Leto jr. viene dalla mia parte.
Possibile che non mi abbia riconosciuta?
E' proprio vero che la masturbazione compulsiva causa danni permamenti alla vista.

"Dunque ma chere; con chi ho il piacere di parl..."

Si interrompe nel bel mezzo della frase, bloccandosi in mezzo alla stanza.
Ah ecco. Allora, forse, ci vede ancora.

"Sophie?! SEI TU?!" esclama alzando la voce di un'ottava.

Sta arrivando. Ripeto, l'urgano Leto sta arrivando: aggrappatevi saldamente ad una solida superfice ed iniziate a pregare perchè, poi, non ce ne sarà più per nessuno.

"SHANNON MA CHE DIAVOLO DI STREGONERIA E' MAI QUESTA? E' MEGLIO PER TE CHE MI SPIEGHI SUBITO COSA STA SUCCENDO, O SARANNO GUAI BELLI GROSSI!"

Eccolo. Sono passati esattamente trenta secondi e già sta urlando in preda ad una crisi isterica.
Ma chi me lo ha fatto fare?

"E in quanto a te Sophie" ringhia indicandomi, "Se pensi di poter accalappiare mio fratello con questi mezzucci ti sbagli. Al massimo, puoi puntare ai tizi sulla Sunset Boulevard."

La baldracca per eccellenza, che cerca di trascinarmi con lei nel mercato nero del sesso.
Ahahah. No, così non va. Prima di potergli rispondere per le rime, Shannon si mette tra me e Jared.

"Smettila bro, stai esagerando adesso. E' stata una mia idea, lei non c'entra nulla." taglia corto il batterista. I suoi lineamenti si sono leggermente induriti e mi sembra spazientito. Ci manca solo che, adesso, i due fratelli inizino a litigare.
Eh no, non ci siamo. Decido di prendere in mano la situazione.

"Shannon, Jared calmatevi per favore. Non potete litigare per una cosa simile. Jared, se a te non sta bene la situazione, prendi la tua Selvaggiah o come diamine si chiama e vai a trangugiare il tuo tè alle rose, al bergamotto e, se possibile, anche una bella camomilla, al lato opposto del locale in cui andremo. Siete adulti, non fate bambinate."

Shannon si sposta di fianco a me ed annuisce.
Eccoci: Davide e Golia sono presenti, mio Signore.

Jared ci guarda e sghignazza pieno di strafottenza: "Ma vi siete visti? Sembrate il tappo e la bottiglia. Shan ti rendi conto della figura che farai di fianco a lei? Ti passa di almeno dieci centimetri."
Taci Leto: il mio paragone ispirato alla Bibbia è stato decisamente migliore.
Shan alza la testa e mi guarda perplesso.

"Beh, si, è vero ma purtroppo avevo calcolato vestito e scarpe per Deidre, che è più bassa. Ci siamo arrangiati come abbiamo potuto."

"Oh, lo vedo bene dal suo davanzale che avevi calcolato il vestito per Deidre, che evidentemente è anche più sgonfia lì sopra, oltre che più bassa. Non preoccuparti, non mi serve la spiegazione dettagliata."

D'istinto, mi porto la pochette sul petto: se non mi mette in imbarazzo almeno tre volte al minuto, il signorino non è soddisfatto.

"In ogni caso, farò un figurone con lei al mio fianco, questo è garantito!" afferma Shannon trionfante.

"No Shan. Cambio di programma: tu non andrai con lei, ma con Savannah che, come dire, è più alla tua altezza. Sophie, la prendo io. Stasera non sarai il fratello nano di Jared Leto dannazione! E' anche una questione di immagine, lo vuoi capire?"

"Bro ma dai! No ti prego, Savannah no! E poi a Sophie, l'ho chiesto prima io, lei è la mia BAM BAM! Non fare la carogna! Lascia parlare la gente, non ci importa mica nulla no?"

Jared scuote la testa in modo categorico.

"Niente ma Shannon, si fa così e basta. Non possiamo fare passi falsi ora."

E' tremendamente palese che lo stia facendo apposta, si sta creando l'occasione perfetta per farmela pagare con una banalissima scusa: è uno psicopatico di prima categoria.
Provo a tirarmene fuori, prima che sia troppo tardi.

"Ragazzi, scusate, a questo punto mi pare che la questione sia risolta: Shan ha la sua dama, non ci sono più problemi, quindi, potete anche fare a meno me."

Jared prorompe in una risata sadica.

"Sophie no, non ci siamo. Se non lo avessi ancora capito c'è stato uno scambio, non una cessione. Tu verrai con me stasera. Non esiste che io sia senza un'accompagnatrice ad un evento pubblico di questo tipo."

Mi sento mancare. Non posso e non voglio assolutamente andare ad un evento simile con lui. Sarà un massacro e, forse, non sopravviverò nemmeno per raccontarlo.
Guardo in modo implorante Shannon e sussurro un "Ti prego, non farmi questo", ma il batterista alza leggermente le spalle con sguardo colpevole. Jared è riuscito ad incastrarci per bene questa volta.
Prima che possa tentare di inventrarmi qualsiasi assurdità per evitare l'orrore, tipo fingere un malore, autoslogarmi una spalla, tirare una testata al muro e provocarmi un trauma cranico o, meglio ancora, gettarmi dalla finestra del primo piano rompendomi una gamba, ecco che suona il campanello: sarà sicuramente Savannah.

Apro la porta e mi trovo davanti una biondina dai capelli platino parecchio più bassa di me, con grandi occhi azzurri ed eccessivamente truccata ma, soprattutto, magra da far paura. Se fossimo state in altre circostanze, l'avrei volentieri invitata dentro a mangiare un panino con la cotoletta, ma non sono sicura che capisca il significato della parola cotoletta, così come di altre parole inserite nella categoria cibo.
Senza nemmeno salutare, la tipa smunta entra con passo traballante dovuto al troppo tacco con cui, evidentemente, non sa camminare e va ad appolparsi a Jared proprio come fa una falena verso quell'aggeggino elettrico che la fulminerà in meno di due secondi.
Previsione confermata.

Jared la scansa bruscamente, senza nemmeno curarsi del fatto che lei possa esserci rimasta male e, con aria di sufficienza, le spiega che c'è stato un cambio di programma e che lei accompagnerà Shannon e bla, bla, bla, bla... bla.
Ma io dico. Potrà mai riuscire a tacere quest'uomo? Logorrea portami via.
La ragazza, ancora un po' interdetta, squittisce un "si" e va a mettersi di fianco a Shannon che, gentile come sempre, la prende sottobraccio.

"Bene, direi che possiamo andare." dice Shannon con una punta di nervosismo nella voce.

"Si, direi proprio di si." conferma Jared che, avvicinandosi, mi prende per il polso con una mano, mentre mi passa l'altra intorno al collo, con la scusa di spostare l'orecchino rimasto impigliato in una ciocca di capelli che avevo lasciato fuori dallo chignon.

"Grazie ma faccio da sola, se permetti." dico allontanandogli bruscamente la mano dal mio collo.

Questo tizio sarebbe capace di strangolarmi davanti a dei testimoni e poi affermare che, in realtà, è stato un banale incidente e che ha stretto troppo la mano semplicemente per errore.
Dio, vorrei trovarmi in Africa ed essere uno di quei ribelli armati di machete.
Zac! Via le dita. Zac! Via l'intera mano. Ora prova a fare il maniaco con i moncherini: vediamo quanto ti riesce. Si, lo so. E' bello sognare.

Chiudiamo casa e ci dirigiamo verso il taxi, che ci sta aspettando a pochi metri dal cancelletto.
Ora arriva il bello. Come accidenti ci salgo su questo coso senza dare una visione panoramica del mio posteriore? Accidenti a te Shan e al tuo stramaledetto miniabito.
Shannon apre la portiera e fa salire Savannah; dopodichè lui si accomoda davanti, di fianco il tassista. Si vede subito che non è molto contento della sua damigella.
Io, intanto, mi sposto per lasciare la possiblità a Jared di salire sul taxi.  No, non farai la radiografia al mio sedere bello mio.
Jared sta per salire, ma si ferma e fa qualche passo indietro sorridendo.

"Ah, sono proprio un maleducato. Prima le signore, ti chiedo perdono Sophie, sono un pessimo gentiluomo."

Approfittatore bastardo senza cuore. Ecco cosa sei.

"Ed è proprio per questo che ti avevo lasciato passare avanti cara la mia passeggiatrice."

Jared stizzito, mi da un colpetto alla fine della schiena per spingermi a salire in macchina e, allora, decido di farlo in modo decisamente scomodo per me, ma decisamente frustrante per lui e il suo amichetto che abita gli antri oscuri dei suoi pantaloni: entro nel taxi di sedere, dando le spalle a Savannah e, poi, ruoto le gambe di centottanta gradi, tenendole chiuse come una tuffatrice professionista o come una monaca di clausura, scegliete un po' voi il paragone che preferite. In questo modo, è riuscito solamente a guardarmi le gambe, cosa alquanto triste e scontata dato il vestito che porto.

Uno a zero per me Leto.
Shannon, intanto, osserva ogni cosa dallo specchietto retrovisore.
Dopo questa complessa operazione degna di un istruttore di capoeira, mi sistemo compostamente in macchina, mentre Jared sale a sua volta, sedendosi di fianco a me sbuffando e visibilmente spazientito.
Tra le risate mie e di Shannon, il taxi parte alla volta del locale.

 

Dopo circa una ventina di minuti, il taxi ci lascia all'entrata di un grattacielo enorme nel pieno centro di Los Angeles. Mentre scendiamo dalla vettura e ci dirigiamo verso l'ingresso, Jared mi afferra per il polso.

"Aspetta, stai buona Sophie. Devo pagare la corsa e tu resti qui con me." sussurra gelido.

Io mi giro verso Shannon che alzando la mano nel classico gesto 'stai calma' si dirige con Savannah agli ascensori. Perfetto. Ora sono completamente sola con la belva delle caverne.
Jared finisce di pagare e mi afferra prepotentemente per il fianco, cingendomi la vita con il braccio. Cerco di divincolarmi da questa sorta di abbraccio forzato, ma Jared non vuole sentire ragioni e, anzi, più cerco di liberarmi dalla sua presa e più la morsa si stringe.

"Jared, per piacere, mi stai facendo male. Non c'è bisogno che tu mi stia attaccato come la cozza al suo scoglio preferito: tanto abbiamo tutta la serata davanti e non saprei nemmeno come tornare a casa. Quindi, tranquillo, non posso scappare."

Senza mollare la presa, lascia solo un po' di spazio in più tra noi e, facendo una risatina gutturale, inclina leggermente la testa.

"Brava, vedo che inizi a capire come funziona. Stasera sarai il mio animaletto da compagnia."

Animaletto da compagnia? Ma dove pensa di essere? Al circo?

"Attento Jared: non è la prima volta che l'animaletto da compagnia fa a pezzi colui che crede, in maniera del tutto ingenua, di essere il suo domatore."

Jared mi fissa intensamente. Non credo si aspettasse una risposta di questo tipo.

"Quando si tratta di domare, sono un vero specialista Sophie: non tirare troppo la corda o rischi di finire a terra. A quattro zampe, per giunta."

Ma è possibile che debba infilare allusioni sessuali ovunque?
Però, c'è da dire che è tenero: dev'essere davvero tanto, tanto disperato. Forse Marinella, la sua preziosa dama in polistirolo rinforzato (ebbene si: ho ribattezzato il manichino di donna che Jared ha in camera, mi sembrava giusto donarle un'identità, così che i posteri possano conoscere l'orrore che ha dovuto subire), non lo soddisfa più come una volta.
Cerco di non arrossire per la pessima battuta ed inizio a tirarlo per un braccio: mi sono già stufata di stare qui fuori senz'aria condizionata, senza Tomo, senza Shannon e, soprattutto, senza drink vista la situazione.

"Jared possiamo andare? Tuo fratello e Tomo sono già all'evento e, a meno che tu non preferisca le zanzare e l'umidità estiva come compagni di bevute, credo che dovremmo incamminarci."

Senza degnarmi di una risposta (ovviamente), ci dirigiamo verso gli ascensori, ma veniamo bloccati da un tizio imponente, che presumo sia uno dei tipi della sicurezza che controllano le persone in lista e gli invitati. L'omone, dopo avermi fatto la radiografia completa, si rivolge a Jared con sufficienza chiedendogli nome e cognome. Jared, per tutta risposta, inizia ad agitarsi stile 'Lei non sa chi sono io', ma il tizio della sicurezza, Al dice il cartellino, non sembra curarsene.

"Senta non scherziamo. Io sono Jared Leto, mi faccia passare che ho già perso fin troppo tempo."

"Non mi importa chi è lei: non è sulla lista, quindi non sale."

"Ma come non sono in lista?! Cosa diavolo sta dicendo?! Guardi che la faccio licenziare sa? E poi è appena salito mio fratello, Shannon Leto, quindi mi faccia passare, si tolga di mezzo!"

Jared sta gridando come una donnicciola impazzita che, durante i saldi, si è appena vista soffiare il perizoma verde menta di Dolce&Gabbana, a soli 130$, da sotto il naso.

"Si calmi signor Lito."

"LETO, L E T O DANNAZIONE! Ma sa leggere almeno?!"

"Si va beh, Leto, come vuole lei. Si, il signor Shannon Leto era sulla lista ed infatti l'ho fatto salire, quanto a lei mi spiace, non posso fare nulla. Per quanto concerne lei" dice indicandomi, "Se vuole, salga pure signorina, sarà un piacere averla alla festa."

Jared è paonazzo ed ha gli occhi fuori dalle orbite. Quanto a me, sono metà tra lo stupore e la soddisfazione.

"Scusi, ma dice davvero? Non credo di essere sulla lista."

Al mi guarda mezzo imbambolato, ma risponde prontamente.

"Ovviamente madame, per una creatura incantevole come lei, questo è il minimo. Non si preoccupi, chiuderò un occhio per stasera. Prego, vada pure a divertirsi."

Wow, sono esterrefatta: il baobab in mezzo al deserto ha spiccato il volo, a quanto pare. Tuttavia, se io vado di sopra, Jared resterà qui, solo ed indifeso, a litigare furiosamente con questo Al e, forse, perderà metà della serata che aspettava da stamattina presto, oltre a guadagnare qualche cazzotto.

ECCELLENTE.

"Uhm, Al giusto? Grazie, sono lusingata ma non..."

"Toh, beccati questo Al." dice con strafottenza Jared interrompendomi (pessima mossa tra l'altro Leto). "Sappi che questa 'creatura' non è autorizzata a fare un passo senza di me chiaro? Lei è una mia esclusiva, quindi, se proprio vuoi avere una chance con lei, è meglio che fai come dico e mi fai passare. Capito?"

Esclusiva? Ma che sono un'ariticolo su un giornale scandalistico?

"Ehm, no Jared. Stavo dicendo, Al, che sono lusingata, ma non so a che piano sia il locale della festa. Potresti gentilmente indicarmi quale ascensore prendere ed il numero del piano?"

"Assolutamente, signorina. Mi segua pure."

Posso dire che mi sento realizzata? Posso dirlo?
La mia coscienza, vestita anche lei a festa, si strofina le unghie laccate sul suo vestito da sera.

"Non farlo Sophie."

"L'ho già fatto."

Mentre vedo Jared imprecare al telefono con Emma, di cui sento urlare il nome seguito da sproloqui improponibili, altri due tizi della sicurezza lo accerchiano. Adesso lo pestano per bene a quel presuntuoso. Ma sarebbe già tanto, se riuscissero a farlo tacere. Al, intanto, mi accompagna all'ascensore indicandomi il piano: è il quarantanovesimo, quello appena sotto la terrazza panoramica.
Lo ringrazio educatamente e mi infilo nell'ascensore. Mentre mi godo questi due minuti di silenzio assoluto, mi domando se non abbia sbagliato a lasciare Jared nei casini ma, alla fine, non mi faccio venire troppi scrupoli: dopotutto, se le va pure a cercare. Se avesse fatto meno l'arrogante, forse, a quest'ora saremmo entrambi in ascensore. Peggio per lui.

Non appena le porte si aprono, la musica mi investe e capisco di essere al piano giusto. Dopo qualche metro, trovo l'entrata del locale ed intravedo quasi subito Shan, Tomo e Vicki. Che sollievo. Vado loro incontro e, dopo aver salutato Tomo e Vicki, spiego il disguido con il tizio della sicurezza. Dopo le risate generali, ormai di rito, Shannon mi avvisa che scenderà di sotto a cercare di recuperare il fratello prima che sia picchiato a morte o, peggio, arrestato.

"Non hai idea di cosa fanno a quelli come lui in prigione Sophie." sghignazza infine.

"Beh, se non altro ne uscirebbe con una CUL-tura descisamente più larga." affermo io con sincerità.

"No ti prego, basta dolcezza" dice con voce soffocata Shannon "Devo cercare di essere serio, almeno un po', per prepararmi alla discesa negli inferi."

Anche Vicki e Tomo iniziano a ridere di gusto, mentre Shannon si allontana uscendo dal locale.

"Accidenti Sophie, Jared sarà abbastanza infuriato non appena metterà piede qui. Fossi in te, andrei a infilarmi in un posto sicuro." mi dice con fare divertito Tomo.

"Si, in effetti, non credo mi grazierà dopo averlo lasciato lì come una barbabietola. Vado a prendere da bere, magari riesco a mimetizzarmi nella folla e a sfuggire alle sue grinfie smaltate."

Mentre mi faccio largo nel locale, finalmente, vedo la postazione del barman: bene, stasera ho proprio bisogno di un goccetto o collasserò in preda ad un attacco di panico.
Finalmente, con il mio bel Mojito ghiacciato, torno al tavolo dove avevo lasciato Tomo e Vicki. Non faccio in tempo ad avvicinarmi che noto che ci sono anche Shan e Jared: mentre Shannon passa un drink a Savannah, Jared sembra parecchio schizzato; oltre alla sua amica venuzza che pulsa, ha tutti i capelli scompigliati e noto che ha perso il primo bottone della camicia.
Povera stella incompresa.

"Ah, vedo che il nostro fedele Al, alla fine, ti ha fatto salire: lo vedi? Sei riuscito a far colpo anche tu e, a proposito, faccelo un pensierino sul nostro amico: credo che abbia un debole per le more con gli occhi chiari e la voce acuta."

Jared, per tutta risposta, mi tira per un braccio costringendomi a prendere posto di fianco a lui e rischiando di farmi rovesciare il Mojito addosso al povero Tomo.

"Mi hai fatto fare una figura pessima Sophie: avrei dovuto sculacciarti per bene davanti a tutti, forse avresti imparato la lezione."

"Guarda che il metodo Pre-Montessori con me non funziona, razza di sadico. E poi cos'altro avresti voluto fare? Mettermi in ginocchio sui ceci?"

"Forse sui ceci no, ma stai certa che, in ginocchio, ci saresti finita di sicuro."

Colpita e semi-affondata. Stavolta non so come replicare.

"Sai che c'è? Arrangiati Jared."

Devo fare l'indifferente: ormai, è l'unico modo che ho a disposizione per non litigare. Inizio a parlare con Tomo, Vicki e Shannon mentre cerco di coinvolgere nel discorso anche la povera Savannah, che mi pare un pezzo dell'arredamento, buttata in quel modo sulla sedia con il drink semivuoto in mano.
Mentre siamo intenti a parlare della raccolta fondi per la serata, ho la strana sensazione che stia accadendo qualcosa di strano sotto il tavolo: qualcosa deve avermi appena sfiorato la gamba. Decido di non darci peso, dopotutto, siamo in sei allo stesso tavolo e può essere che qualcuno mi abbia urtata accidentalmente o che ci sia stato un spiffero d'aria troppo forte. Mentre sto sorseggiando il mio Mojito sento, per l'ennesima volta, qualcosa che struscia decisamente con più irruenza su tutta la gamba e, poi, dopo qualche secondo, arriva fino a metà coscia. Il drink mi va di traverso ed inizio a tossicchiare a destra e a manca.

"Tutto bene Sophie?!" esclama Vicki leggermente allarmata.

"Si, si grazie tutto bene. Mi è solo andato di traverso un po' di questo." dico agitando il bicchiere.

Oh mio Dio. E se fosse un insetto schifosissimo quello che mi ha appena sfiorata? Tipo uno di quegli scarafaggi giganti che si vedono nei documentari della BBC o, peggio ancora, un ragno? Un ragno bello grosso?
Mi sento mancare al solo pensiero: odio i ragni, sono terrorizzata dai ragni. Non ho nemmeno provato pietà per Peter Parker quando, nel film Spiderman, era vittima di bullismo a scuola.
Con la coda dell'occhio, butto uno sguardo sotto il tavolo: putroppo la tovaglia che lo ricopre, è di quelle lunghe e pesanti che si usano nei ricevimenti e, toccando terra, mi impedisce di vedere praticamente qualunque cosa.
Mentre sto decidendo cosa fare, se alzarmi e andare via con una scusa, oppure fingere che mi sia caduto un orecchino per alzare la tovaglia e capire meglio la situazione, ecco che lo avverto di nuovo: qualcosa che lentamente sale dalla mia caviglia fino all'inizio del ginocchio. Tiro un calcio per scrollarmi di dosso quella... cosa? ma colpisco lo stinco di Shan.

"Ooooh, muddafuggaz! Dolcezza, che ti prende? Mi hai tirato una paccata sulla gamba!"

Oh merda.

"Scusa Shan! Non volevo, davvero, sono mortificata!"

"Forse dovresti smettere di bere quella roba, ti sta mandando su di giri e la tua cordinazione motoria sta andando a farsi fottere. Non vorrei riportarti a casa in spalla, dato che non sono un bovaro professonista."

Indovinate chi ha parlato? Dai coraggio, tirate un nome a caso. Ormai, non dovrebbe essere difficile.

"Sta zitto Jared e continua a bere la tua brodaglia in santa pace." dico a denti stretti indicando il suo immancabile tè.

Non ho nemmeno finito di pronunciare la frase che sento qualcosa risalire, su per la mia coscia, più precisamente verso l'orlo del vestito, ergo, è quasi in prossimità della mia chiappa, francamente parlando. Di getto, accavallo le gambe tirando una ginocchiata fortissima contro il tavolo che, sobbalzando, fa rovesciare il drink di Tomo.

Ops.

"Sophie, sei sicura di sentirti bene? Se vuoi chiamo un taxi e io e Vicki ti accompagnamo a casa; tanto stiamo per andare via."

"No, no Tomo grazie, sto bene." farfuglio al massimo del disagio che un essere umano possa provare.

Mentre sono intenta a morire di vergogna vedo che, di fianco a me, Jared se la ride sotto i baffi ma, soprattutto, noto con orrore che, dal suo lato che è contro il muro, la tovaglia è molto più corta permettendo, quindi, non solo una visuale di quello che c'è sotto il tavolo, ma anche di poter tranquillamente infilare e sfilare le mani e qualsiasi altro oggetto con estrema facilità, nonchè di poter muovere agevolmente le gambe, senza sfiorare nessuno a parte la sottoscritta, che gli è seduta affianco.
Ma dai, non scherziamo. Jared non può avermi fatto piedino, non esiste.
Non può averlo fatto vero?

Prima di scatenare la quarta guerra mondiale, perchè se la mia ipotesi fosse corretta non passeremmo nemmeno per la terza, decido di essere sicura di questo orrore e, mentre con la coda dell'occhio osservo ogni movimento di Jared, cerco comunque di sembrare sciolta tornando a sorseggiare il mio drink. Non passano nemmeno una decina di secondi che vedo Jared infilare la mano sotto il tavolo in maniera disinvolta, tranquilla.
Ah. Il bastardo pensa di non essere visto, dunque.

Mentre sono concentrata sui suoi movimenti, sento l'ennesimo strusciare all'altezza del mio polpaccio; questo dev'essere di sicuro il suo piede. Decido di non muovermi, devo avere la conferma di questo schifo, prima di tirargli il bicchiere in fronte. Non termino neppure il pensiero, che mi sento distintamente toccare la coscia.
Porca di quella miseria zozza. Quella è la sua maledetta mano! Dev'essere così per forza, anche perchè noto un leggero movimento sotto la tovaglia.
Eh no, adesso basta.
Mi alzo di scatto dal tavolo e rovescio il Mojito, rimasto nel mio bicchiere, addosso a Jared, più precisamente dalla cintola in giù.

"RAZZA DI MAIALE CHE NON SEI ALTRO, ORA VEDIAMO SE CON QUESTO RIESCI A CALMARE I TUOI BOLLENTI SPIRITI! FAI SCHIFO SUL SERIO JARED!" urlo, sotto gli sguardi stupefatti di tutti quanti. Per fortuna, la musica è talmente alta da rendere partecipi solo noi sei ma, evidentemente, basta a far incazzare Jared come una iena.

Senza dire nemmeno una parola, si alza e mi afferra per la schiena caricandomi in spalla, tenendomi con una mano per entrambi i polsi e con l'altra bloccandomi le gambe, appena sotto il sedere.

"MOLLAMI SUBITO MALEDETTO! METTIMI GIU' IMMEDIATAMENTE! HAI CAPITO?!" grido in preda al panico più totale.

"Jared ma cosa stai facendo!?" gridano Tomo e Shan "Avanti falla finita, lascia Sophie!" continua Shannon che fa per alzarsi.

Ma Jared, con me issata su di lui a mo' di agnello sacrificale, è già uscito dalla porta del locale andando verso gli ascensori, tra gli sguardi divertiti degli altri ospiti e con Shannon che cerca di raggiungerci, facendosi largo tra la folla.




Salve, sono sempre io, la vostra autrice disperata. Volevo, come al solito, ringraziarvi per la pazienza e scusarmi per il ritardo nel postare. Questo capitolo è bello lungo, lo so, quindi spero non annoi leggero e che, soprattutto non vi risulti pesante. Putroppo, quando inizio a scrivere, le idee mi arrivano una dopo l'altra e non mi fermo più! Quindi, scusate ancora.
Inoltre, penso che vi lascerò sempre una piccola nota alla fine di ogni capitolo, per ricordarvi di quanto sono grata per le vostre opinioni e per tutti i vostri apprezzamenti. Siete davvero tanto, troppo gentili.
Spero che il capitolo vi piaccia e vi diverta.
Alla prossima, un bacio grande.

 

 

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Capitolo 9
*** Al ladro! ***


Jared entra nel primo ascensore libero mentre io, a metà tra la rassegnanzione e l'istinto di sopravvivenza, cerco di divincolarmi da quella scomoda posizione anche se è tutto inutile: la sua presa è ferrea.
Cosa ancora più inquietante, poi, nel percorso tra l'uscita del locale e l'arrivo in ascensore, Mr. Narcisista Patologico non ha fatto altro che canticchiare un motivetto contenente un'unica frase, che mi ha messo i decisamente i brividi.

"I think you need some education, i think you need some thought control."

Nemmeno ci trovassimo in un film dell'orrore.
Cerco di provare a parlargli, mantenendo un tono di voce pacato e tranquillo, per quanto l'ansia ed il corpetto, che mi toglie il respiro, me lo consentano.

"Lasciami stare, Jared ti prego! Per favore, mi stai facendo paura. Risolviamo la questione in modo civile, ti imploro!"

"Di solito, ascolto le suppliche ma, stavolta, implorare non ti servirà a nulla." mi sussurra all'orecchio, per poi chiudersi in un silenzio tombale, mentre con il gomito schiaccia il numero cinquanta: è la terrazza panoramica.

Nel frattempo Shannon arriva trafelato, a pochi metri dall'ascensore, mentre le porte si stanno chiudendo.

"Bro ma che accidenti stai combinando?! Si può sapere che ti prende? Calmati dai!"

"Shan, ti prego aiutami!" biascico io ormai con voce strozzata, ma il poveretto non riesce a bloccare in tempo le porte e, anzi, ci sbatte pure il muso contro. Mentre l'ascensore inizia a salire, sento l'eco dei pugni di Shannon sulle porte.

Sono terrorizzata. Non penso di averlo mai visto così arrabbiato da quando lavoro per lui, ma la cosa che mi fa più paura in assoluto, è il suo silenzio: di solito, ci sono gli urletti da checca isterica, le imprecazioni in lingue sconosciute o prevalentemente morte, i gestacci e le battute volgari. Adesso niente. Ho pregato mille volte che potesse imparare a chiudere quella boccaccia e, adesso che lo sta facendo, me ne sto pentendo amaramente.
Mia nonna mi diceva sempre: attenta a quello che desideri piccina, perchè potrebbe diventare realtà. Aveva ragione.
Cerco di restare calma, anche perchè fare l'isterica non risolverebbe molto. Anzi, non risolverebbe proprio un bel niente.
Analizziamo un attimo la situazione:

1) Sono completamente bloccata e, per giunta, sono nella stessa posizione dell'agnello in braccio al buon pastore che raggiunge Betlemme, a piedi, durante la notte di Natale.

2) Jared, come accennavo prima, è diventato sordomuto: non parla, non mi ascolta e, ovviamente, non si degna di rispondere alle mie suppliche.

3) Riesco a malapena a muovermi: Jared riesce a bloccarmi polsi e gambe con le sue mani decisamente enormi. Dio se ci sei, anche se in questo momento ne dubito, non potevi donargli un cervello enorme invece che due mani stile caterpillar?

4) Respiro a fatica: il corsetto mi stringe da morire, per non parlare della lunghezza del vestito che, ora, vista la posizione in cui mi trovo, si sarà come minimo accorciato di altri cinque centimetri il che, sommato alla mia altezza, equivale ad una carrellata del mio posteriore, che non ha eguali nella storia della mia vita: penso che nemmeno durante il cambio del pannolino all'asilo, si riuscissero a vedere cosi bene le mie chiappe.

5) In teoria una soluzione per scappare ci sarebbe, ma non oso metterla in pratica. Però, siccome ho ancora un po' di tempo da perdere prima della mia fine certa, la espongo, giusto per dare una prova tangibile del mio stato di disperazione: dunque, sono bloccata no? Tuttavia, non sono imbavagliata. 'Urla stupida!' direbbero tutti; ma no, no non sono mica così scontata, anche perchè se proprio dovessi tentare il tutto per tutto, lo farei in grande stile. Quindi, dicevo, poichè la mia bocca è libera (e no, non c'è nessun doppio senso), potrei tirare un morso come si deve all'orecchio di Jared (stile Mike Tyson per intenderci) e recidergli di netto un lobo o mezzo padiglione auricolare. A questo punto, lui, in preda a quelli che, presumo, sarebbero dolori atroci a meno che non sia un cyborg, mi lascerà cadere a terra come un sacco di patate, mentre il sangue inizierà a zampillare dappertutto.
Conclusione della faccenda? Finiamo entrambi in arresto: io per aggressione e Jared per molestie e tentato sequestro di persona. In fondo, potrebbe anche andare bene così, se non fosse per il fatto che, con la fortuna che mi ritrovo, almeno per la prima notte, finirei in cella con lui.
Avete presente? E' roba che, al confronto, Jigsaw sembrerebbe uno sfigato alle prime armi, che gioca con i coltelli di plastica, di quelli che si usano nei felici pic-nic in famiglia.
Quindi no, grazie.

6) Nelle mie condizioni, l'unica cosa rimasta da fare è tentare di far ragionare quella testa di rapa.

Bene. Cosa dovrei scegliere tra il punto 5) ed il punto 6)?
Cosa preferisci Sophie?
Finire nella merda di faccia o esserci immersa a testa in giu?
Che poi è praticamente la stessa cosa ma, visto il ventaglio di alternative che ho a disposizione, non avrebbe potuto essere altrimenti. In ogni caso, per quanto il punto 5) mi alletti, scelgo di comportarmi da persona senza evidenti problemi mentali scegliendo il punto 6).
Nei sessanta secondi che ci separano dal raggiungimento della terrazza, decido di tentare l'impossibile.

"Ehm Jared? So che sei arrabbiato ma, per piacere, ascoltami. Mi dispiace, ho esagerato rovesciandoti il drink addosso. Non era mia intenzione."

NON ERA MIA INTENZIONE? MA PORCA MISERIA MI HA RAVANATO LA GAMBA PER TUTTA LA SERA, DANNAZIONE.

No, no, no. Non rovinare tutto Sophie, resta tranquilla.

"Dai, parliamone da persone adulte e responsabili quali siamo. Se mi fai la cortesia di mettermi giù, possiamo trovare un accordo. Per favore."

Jared, dal canto suo, rimane impassibile. 
Niente, nada, nein, rien.
Okay, accettiamo il corso delle cose: sono fregata. Passerò gli ultimi secondi della mia vita ad insultarlo e ad inveire contro di lui: sono pur sempre soddisfazioni. Intanto, le porte dell'ascensore si aprono e, uscendo, ci ritroviamo quasi subito nell'ampia terrazza panoramica.
E adesso? Che vorrà fare? Buttarmi dal cinquantesimo piano?

"Jared per piacere, mi stai spaventando. Mettimi giù e discutiamone."

Silezio assoluto.
Intanto, il cantante inizia ad attraversare lentamente la terrazza, non mollando mai la presa su di me.

"Ma si può sapere cos'hai intenzione di fare razza di psicopatico?! Non vorrai mica buttarmi di sotto? Guarda che un atto del genere viene classificato come omicidio volontario, non ti sembra di esagerare un pochino?!" dico alzando la voce di un'ottava.

All'improvviso, però, realizzo che, in realtà, Jared ha cambiato direzione: invece di andare verso il davanzale, si sta dirigendo verso l'ampia piscina rettangolare, posta nella parte destra della terrazza.

NO, NON PUO' ESSERE. NON STA PER FARE QUELLO CHE CREDO STIA PER FARE.

"NO JARED NO! QUESTO NO, TI PREGO, METTIMI SUBITO GIU'!" grido in preda al terrore, dibattendomi con tutte le mie forze.

Non può gettarmi in piscina. Non esiste, okay?

"JARED PER FAVORE, DAI PRIMA SCHERZAVO QUANDO DICEVO DELL'OMICIDIO VOLONTARIO, SCELGO IL BALCONE BUTTAMI PURE DAL CINQUANTESIMO PIANO MA, TI PREGO, NON GETTARMI IN ACQUA!"

Per tutta riposta, Leto inizia ridere di gusto. Bene, almeno, ho la prova che è ancora vivo. Si ferma sul bordo della piscina, dando le spalle allo specchio d'acqua.

"Sai Sophie, avevi ragione: forse, dovevo calmare i bollenti spiriti. Te ne sono grato, perchè così ho capito una cosa importante."

Oddio, forse, sta ragionando. Forse, si sta calmando.
La mia coscienza, in preda a violenti singhiozzi, si sposta leggermente le mani dal volto per controllare la situazione.

"Ah... si? Cosa di preciso?" pigolo io con un filo di voce.

"Che tu, ragazza mia, hai proprio bisogno di una bella lavata di testa; di quelle forti."

Detto questo, senza nemmeno darmi il tempo di aprire bocca, mi butta in piscina. Nonostante sia pieno agosto, sento l'acqua fredda colpirmi come uno schiaffo in piena faccia, mentre vado a fondo come i prigionieri di guerra con la palla di piombo al piede. Dopo aver realizzato con sgomento, che quel pazzoide mi ha davvero scaraventata in piscina, riemergo quasi subito attaccandomi al bordo più vicino. Giuro che mi sento uno schifo. Al momento, non ho nemmeno le forze di insultarlo.
Mentre esco a fatica dall'acqua, facendo leva sul bordo di marmo della piscina per tirarmi su, vedo che Jared si è accomodato come se nulla fosse, su una delle sdraio in terrazza, sorridendo soddisfatto. Quanto a me, sono completamente zuppa: capelli gocciolanti, trucco colato, vestito ancora più appiccicato al corpo e scarpe anzi, mi correggo, scarpa con il cordino rotto, dato che l'altra è rimasta direttamente sul fondo della piscina dopo il tonfo. Mi sfilo la scarpa superstite e mi avvicino con passo veloce a Jared, piazzandomi davanti alla sdraio.

"CRISTO SANTO, MA SI PUO' SAPERE CHE HAI NEL CERVELLO? IL TUO ULTIMO NEURONE HA TIRATO COCAINA, OPPURE ERA TALMENTE DISGUSTATO DI STARE NELLA TUA TESTA CHE HA DECISO DI LASCIARSI MORIRE CIRCA QUARANT'ANNI FA?"

Per tutta riposta, Jared continua a sghignazzare, con le mani poggiate dietro la schiena.

"PER LA MISERIA. MA MI STAI GUARDANDO?! SONO TUTTA BAGNATA DANNAZIONE!"

"Lo so, lo so" risponde placidamente, guardandomi dall'alto in basso "Faccio sempre quest'effetto alle ragazze, non devi sentirti a disagio. Se vuoi, posso aiutarti a risolvere la faccenda. Vieni, sdraiati accanto a me, così iniziamo subito."

Prima di mettergli direttamente le mani intorno a collo e stringere fino a perforargli la gola, e vi giuro che l'avrei fatto, ecco che Shannon arriva in terrazza correndo per poi bloccarsi di colpo, a pochi passi da me, non appena, vedendo la situazione, intuisce cosa possa essere successo nei due minuti precedenti.

"Oh muddafuggaz! Non ci credo, Jared tu sei fuori di testa, tu sei tutto matto bro! Dolcezza stai bene?"

"Per piacere Shan, finiscila con questa paternale da ragazzo per bene: probabilmente tra non molto Sophie si deciderà a smollartela, è questione di giorni, non serve che fai il carino con lei."

Avete presente la regina di cuori in Alice nel paese delle meraviglie? Quella che diceva sempre: "Tagliatele la testa!"? Ecco. Presto o tardi, prenderò il suo posto ma cambierò leggermente lo slogan di presentazione, che diventerà qualcosa del tipo: "Tagliategli la lingua!" o peggio "Tagliategli le..." beh si, ci siamo capiti insomma.

"BRO NO, ADESSO BASTA! HAI ESAGERATO! COME DIAVOLO TI E' VENUTO IN MENTE DI FARE UNA COSA DEL GENERE?! E SMETTILA DI ESSERE COSI' MALEDUCATO, QUESTA VOLTA HAI DAVVERO PASSATO IL LIMITE!" urla Shannon spazientito.

Madonna se è arrabbiato, è molto arrabbiato e se davvero iniziano a litigare Jared le prende. Shannon con quelle braccia che si ritrova, lo gonfia come una zampogna, poco ma sicuro. Tuttavia, ho la sensazione che, con il rapporto che hanno, non arriveranno mai alle mani: al massimo si scornano per una decina di minuti e poi si ritrovano al locale vicino casa a starnazzare come galli: Shannon a tracannare birra e Jared a rimorchiare la prima bionda che passa.

"Dai Shan lascia perdere, è tutto apposto. Ora scendo in bagno ad asciugarmi e torno come nuova. Non facciamone una tragedia, per favore."

Sono troppo esausta per mettermi a litigare ora, l'unica cosa che voglio fare è asciugarmi e andarmene a casa, per farmi una bella dormita.

"Va bene Sophie, come vuoi, scendo con te così poi ti riporto a casa okay?" mi dice dolcemente Shan, mettendomi la sua giacca sulle spalle.

Mi viene da piangere. Questi due mi sembrano Dr. Jekyll e Mr. Hyde. E' possibile che siano fratelli?
No che non è possibile. Secondo me Jared o è stato adottato, o è il figlio di Satana, o è Satana in persona. Non ci sono alternative. E' un po' come nel film di Polanski, "Rosmary's Baby", avete presente?

"Si, si va bene. Grazie mille." replico io con voce piatta.

Nel frattempo Jared, tornato improvvisamente serio, si alza stizzito dalla sdraio ed infilandosi la giacca, ci lancia uno sguardo schifato.

"Bene, voi due continuate pure a fare i piccioncini, finchè non finirete impallinati come si deve: io me ne vado a casa." conclude con tono acido, dandoci le spalle e avviandosi nuovamente verso gli ascensori.

 


Dopo aver passato una buona mezz'ora nei bagni del locale insieme a Vicki che, gentilmente, si è offerta di darmi una mano per tentare di riparare le pietose condizioni in cui versavo, ecco che finalmente ho un aspetto più umano: sono asciutta, ho sistemato il trucco, i capelli sono tenuti fermi da una salda coda di cavallo ed il prode Shannon è pure riuscito a recuperare la scarpa dal fondo della piscina.
Ridendo (poco) e scherzando (anche troppo per i miei gusti), si sono fatte le due di notte. Vicki, vedendomi parecchio giù di corda, uscendo dal bagno chiede a me e Shannon se vogliamo fermarci a casa sua e di Tomo per una tisana, giusto per distendere i nervi e rilassarci un po'. Decidiamo di andare e scopro con piacere che abbiamo fatto bene a seguire il consiglio: infatti, sono quasi le tre quando io e Shan ci infliamo nel taxi, ma siamo decisamente più rilassati e di buonumore.

"Sophie mi dispiace davvero tanto, credimi. Mio fratello è una testa calda. Non so cosa gli sia preso. Dimmi come posso rimediare." mi sussurra Shannon, mentre il tassista sfreccia per le strade semideserte di L.A.

Poverino, mi dico, non è nemmeno colpa sua se ha un parente di primo grado che, invece di girare a piede libero, dovrebbe essere rinchiuso ad Alcatraz sotto massima sorveglianza, in isolamento e, soprattutto, con un bavaglio alla bocca ventiquattr'ore su ventiquattro.

"Ma dai, non potevi saperlo, non è colpa tua. E poi Jared è fatto così: lo sai che mi odia e, purtroppo, nessuno potrà cambiare le cose; almeno fino a dicembre inoltrato."

Un brivido mi sale lungo la schiena: dopo i quaranta gradi all'ombra, passerò con Leto anche parte dell'inverno; se qualche entità divina è sintonizzata sui miei canali, anche se sono convinta che, a questo punto, sia io ad essere sulla frequenza sbagliata, per favore chiunque tu sia, accogli la mia preghiera e, quest'inverno, fallo finire sotto una valanga e lascialo lì. Mi raccomando però, organizza la cosa per bene che manco i San Bernardo con la fiaschetta di liquore al collo devono trovarlo e, se proprio dovesse accadere, fa che ci facciano pipì sopra per coprire il suo odore e lasciarlo lì fino al disgelo primaverile.

"Ma no dolcezza, non è come dici tu. Non è vero che Jared ti odia."

Per un momento, abbandono i miei pensieri sui cani da soccorso e su Jared che si prende la pipì in testa e torno al mondo reale.

"Come dici Shan? Ma dai, è palese che non mi sopporta! Se potesse, mi farebbe a pezzi e chiamerebbe Hannibal Lecter dopo avermi passato in padella con sedano e carote." dico cercando di sdrammatizzare, vedendo il batterista giù di morale.

Shannon scuote la testa e prende un respiro profondo.

"No Sophie, credimi, io lo conosco bene. Quello non è odio, quello è timore. Dolcezza, conosco mio fratello meglio di chiunque altro e sono quasi convinto che lui abbia quasi paura del confronto con te. Voglio dire: hai visto come gli tieni testa quasi sempre? Si okay, per stasera stendiamo un velo pietoso, però io mi accorgo quando lui va nel pallone anche se, all'esterno, rimane impassibile."

Rimango a bocca aperta. No ma dai, non è possibile. Vedendo che non so bene come rispondere, Shan continua il suo discorso.

"Il punto Sophie, è che lui non sa come gestirti. Tu lo spiazzi, continuamente. Non gli è mai capitata una cosa così: di solito, per quanto riguarda le persone che non conosce, è sempre stato abituato a comandare e a pretendere la ragione, anche se si trova dal lato del torto marcio. Questa cosa, con te, non funziona e lo sta mandando in confusione, anche se, da un lato, lo incuriosisce."

Lo ascolto attentamente e rifletto. Se davvero fosse così, sarei io quella che lo sta facendo impazzire, anche se non lo da a vedere. Però, nonostante tutto, non sono io ad averlo scaraventato in piscina: i colpi bassi li ha sempre tirati tutti lui. Ma, forse, è proprio per questo che lo ha fatto: non sapeva come altro rispondere, se non con l'uso dei mezzi estremi.

Shan, dal canto suo, è molto serio e concentrato. Penso sia davvero convinto di quello che sta dicendo ed, infine, arriva alla conclusione della sua teoria: "Lui ti vede come una sfida; una sfida da vincere per provare ancora una volta che, lui, è il meglio. Non so, forse, quando eravamo piccoli, l'ho fatto cadere troppe volte dal triciclo. E' l'unica spiegazione plausibile del perchè sia venuto così."

Scoppio a ridere.

"Si hai ragione. Sicuramente, avrà qualche diffusa lesione cerebrale per essere ridotto così male. Spero che, dopo tutta la fatica che devi sopportare ogni giorno ad averlo accanto, tu sia riuscito almeno ad avere il triciclo tutto per te."

"Ovviamente" sghignazza "A lui ho lasciato i trucchi della mamma e le sue scarpe con il tacco."

Mentre siamo intenti a ridere come due matti, ecco che il tassiste emette un forte grugnito che ci fa trasalire.

"Signori, mi spiace interrompervi, ma siamo arrivati all'indirizzo che mi avete dato."

Mentre Shannon dice al tassista di aspettare cinque minuti, scendo dalla macchina e mi tolgo le scarpe: i miei piedi sembrano due mongolfiere pronte al decollo. Shan, intanto, mi raggiunge e mi accompagna fino al cancelletto d'entrata.

"Bene" sospiro "Grazie mille Shan, sarei stata persa senza di te stasera. Spero solo di non svegliare tuo fratello entrando o, stavolta, invece che gettarmi in piscina, mi pianta un coltello da cucina in mezzo alle scapole, con amore ovvio."

Shannon, di rimando, mi sorride. E' un sorriso strano però: non è un sorriso divertito o giocoso; è il sorriso che fai alle persone a cui tieni, a cui vuoi bene. In testa, mi scatta un enorme, gigantesco campanello d'allarme. No, non può essere, mi dico.
Nel frattempo, faccio appena in tempo a rendermi conto che Shannon si sta avvicinando pericolosamente al mio viso, verso una direzione che, per giunta, non mi piace per nulla. Prima di poter creare davvero guai seri con quest'azione avventata di Shan, dovuta sicuramente alle bevute di stasera, mi scanso di poco facendo coincidere la sua bocca con il profilo della mia mandibola.
Giusto in tempo. Siamo salvi. Apocalisse evitata.
Ovviamente, faccio finta di nulla, non vorrei mai metterlo a disagio e ricambio il bacio sulla guancia. Shannon è un po' interdetto ma cerca di non darlo a vedere e, pertanto, anche lui cerca di far finta di niente, nonostante ci sia un pizzico di imbarazzo nell'aria.

"Ehm... Bene. Si dolcezza allora, si, buonanotte. Dormi bene, ci sentiamo domani. Attenta a mio fratello, non so, si ecco, sii prudente."

Povero Shan, è giusto un po' nel pallone. Anch'io sono leggermente confusa, ma è meglio chiudere la situazione in modo tale che, domani, ripartiremo da zero.

"Grazie Shannon. Si, si non preoccuparti, farò attenzione. Buonanotte anche a te, a domani." farfuglio ancora in preda all'imbarazzo.

Mentre il batterista si dirige verso il taxi, io varco il cancelletto e attraverso, a piedi scalzi, il patio fino alla porta d'ingresso. Mentre sto infilando le chiavi nella toppa, mi accorgo, nonostante la leggera euforia che il drink mi ha provocato, che c'è qualcosa di profondamente sbagliato in quella situazione. C'è qualcosa che non quadra.

Oh merda.
La porta di casa non è chiusa, ma è socchiusa.
Oh merda alla seconda.

Mi giro di scatto verso il cancelletto, sperando che Shannon sia ancora lì ma, ahimè, il taxi ha già preso il largo da un pezzo. Calma Sophie, stai calma. Probabilmente Jared rientrando, preso dalla stanchezza, non avrà chiuso bene la porta ed ecco qui. Va tutto bene, non c'è nulla da temere. Anche se, questo tipo di imprecisioni, non sono proprio da lui.
E se fosse entrato qualcuno?
Un brivido mi corre per tutta la schiena: si okay, lo ammetto, sono un po' spaventata, quindi, per quanto possa sembrare ridicola, adotterò delle precauzioni per entrare, anche perchè non mi sembra il caso di chiamare la polizia per una mia stupida ipotesi che, francamente, non ha senso. Lascio le scarpe di fianco lo zerbino e apro lentamente la porta, cercando di non fare rumore e smettendo addirittura di respirare, per quel poco che il corsetto del vestito mi permetteva di fare prima.

Una volta dentro mi rendo conto, con orrore, che la casa è messa sottosopra: l'abat-jour, originariamente sul tavolino del salone, giace per terra, ci sono, poi, un po' di soprammobili sparsi ovunque, i cuscini sui divani sono buttati dappertutto e, non chiedetemi come, la giacca di Jared, a cui mancano due bottoni, è finita in cima alla libreria. Inoltre, come se non bastasse, l'ambiente è quasi completamente buio. La corrente dev'essere saltata.

OH SIGNORE SANTISSIMO AIUTAMI.

Come minimo, ci sono dei ladri in casa e, adesso, se mi trovano qui mi accoppano; se poi sono fortunata, cosa di cui dubito, avranno solo preso in ostaggio Jared e saranno già andati via. Entro dopodomani al massimo, arriverà una busta con il suo dito medio dentro ed una richiesta di riscatto, a meno che non faccia andare fuori di testa, prima del tempo, anche i suddetti sequestratori che non esiteranno a sparagli un colpo in testa e a gettarlo nel primo cassonetto libero.

 
*stumpstump*


Sobbalzo in preda al terrore. Cosa diavolo è stato? Giuro che sto per mettermi a piangere e non piangevo più dalla morte di Mufasa nel "Re Leone" della Disney.

 
*stumpstump*


Mi porto entrambe le mani alla bocca: non posso rischiare di far rumore proprio adesso. Cerco con lo sguardo il telefono portatile, ma non lo vedo. Accidenti a te Jared e alla tua mania di cambiare sempre posto alle cose. Io, giustamente, ho il cellulare in camera mia. Per una volta in vita mia, ho pensato che non sarebbe servito ed eccoci qui: brava Sophie, sei proprio un arco di scienza. Cercando di non emettere il minimo suono, mi dirigo verso camera di Jared al primo piano: sicuramente, o almeno spero, il telefono sarà lì dentro, anche perchè, per metà del pomeriggio, è stato a parlare con un suo amico fotografo, un certo Terry. Nel frattempo, non sento più alcun rumore, ma tengo comunque le orecchie tese: a breve avrò un attacco di cuore, lo sento.

Arrivo davanti la camera da letto e noto che, anche qui, la porta è socchiusa. Prendo un respiro profondo ed entro, facendo estrema attenzione a tutto ciò che mi circonda, ma la scena che mi si para davanti agli occhi, manda in tilt i miei ultimi due neuroni rimasti sotto controllo.
Nella stanza, ovviamente in penombra, come tutta la casa del resto, c'è un caos pazzesco: le lenzuola sono appallottolate ai piedi del letto, Marinella (si, il manichino) è finita all'altro lato della stanza, ci sono vari vestiti buttati a terra e le porte del grande armadio sono spalancate; ma la cosa più terrificante è che ad un angolo del letto, c'è una sagoma piccola e contorta, ripiegata su se stessa. Mi avvicino in punta di piedi per guardare meglio: è Savannah. La poveretta è semi-incosciente, forse l'hanno drogata o forse è troppo ubriaca per reagire con prontezza, ma la cosa assurda è che ha le mani legate dietro la schiena ed un enorme bavaglio nero le copre la bocca; infine, ciliegina sulla torta, è seminuda. La tiro su per le spalle e, dopo averla avvolta nel lenzuolo, inizio a scuoterla. Savannah apre leggermente gli occhi, ma non sembra molto lucida.

"Savannah sono io Sophie, stai calma, ora ti libero." le sussurro all'orecchio "Ora ti tolgo il bavaglio. Hai un cellulare in borsa? Sai dirmi dov'è Jared? Cosa sta succedendo?"

Mentre sto cercando il capo del nodo per liberarle la bocca, in modo che possa parlare, Savannah inizia ad agitarsi e a mugugnare.

"No zitta, zitta o ci sentiranno! Stai calma ora ti libero ma devi fare silenzio okay? Capisci cosa sto dicendo?"

Per tutta risposta, la ragazza sgrana gli occhi, scuotendo la testa energicamente ed inizia ad agitarsi sempre di più. No, non va bene. Così ci farà scoprire, sicuro come la morte. Non posso rischiare: decido di lasciarla lì, legata come un salame, anche perchè, nelle sue condizioni, mi sarebbe solo d'intralcio.

"Savannah ascoltami bene: stai calma e non muoverti vado a cercare aiuto okay? Stai buona ti prego! Torno subito, non aver paura!" dico ormai con un fil di voce.

Quella gallina, di rimando, inzia a lamentarsi sempre più rumorosamente e così decido di uscire velocemente dalla camera chiudendomi la porta alle spalle, in modo da coprire i suoi versi.
Ma che accidenti le dice il cervello? Dio santo.

 

*stumpstump*

 

Di nuovo. Sento nuovamente dei rumori e, questa volta, arrivano dal ripostiglio in fondo al corridoio. Chiunque sia, è praticamente a pochi metri da me. La mia coscienza, intanto, è in preda alle convulsioni, ai sudori freddi e sta facendo testamento, vista la situazione.
Ma dove diamine sarà finito quel cretino di Jared? E' sempre in mezzo ai piedi e, per una volta che, forse, avrei avuto bisogno della sua presenza, puff sparisce nel nulla. A questo punto, spero solo che stia bene.

Noto che sul tavolino in corridoio, è poggiato uno dei tanti frustini che, originariamente, era agganciato alla vita del manichino in camera di Jared: forse è stato aggredito e ha cercato di difendersi con questo, penso guardando l'arnese di colore scuro. Decido di prenderlo e di usarlo come arma di fortuna in caso ce ne fosse bisogno. Mi avvicino al ripostiglio e noto che la porta è aperta, mentre i rumori si fanno più forti.
Ci siamo. Qualcuno, fosse anche il barbone all'angolo della strada, mi dia la forza per favore. Sbircio all'interno della stanza con la coda dell'occhio e noto una figura chinata verso la parete di sinistra, intenta ad armeggiare con qualche strano attrezzo. Che sia un piede di porco?
Dalla luce che filtra dal finestrotto in alto al soffitto, scorgo che, sul pavimento, ci sono degli strumenti che mi fanno sanguinare i bulbi oculari: manette, corde ed altri bavagli. Questo, oltre che uno scassinatore professionista, dev'essere anche un omicida seriale. Vedo che continua ad armeggiare insistentemente con una cassetta appesa al muro. Sarà la cassaforte?

In ogni caso, non mi ha sentita. Decido di sfruttare l'occasione per colpirlo con il frustino in piena faccia e, se ho la fortuna di assestargli un bel colpo, potrei immediatamente correre a chiamare aiuto.
Okay, Sophie, puoi farlo. Ne sei in grado e ne va della tua vita. Ruoto il frustino in modo da puntare la parte del manico, di legno abbastanza consistente per giunta, verso il viso del malintenzionato.
Decido di contare fino a tre.
Uno. Due. Tre.

Entro con uno scatto felino nel ripostiglio e grido a pieni polmoni: "PRENDI QUESTO PSICOPATICO SCHIFOSOOOOOOOOOOOOOO!"

Nel momento esatto in cui il manico in legno sta per colpire in pieno viso lo sconosciuto, ecco che torna la corrente, riportando la luce in buona parte della casa.

Avrei preferito rimanere al buio.
Avrei preferito baciare Shannon e finire a casa sua.
Avrei preferito che Savannah urlasse a squarciagola facendoci scoprire.
Avrei preferito essere sequestrata e tenuta prigioniera per settimane.
Avrei preferito essere affogata in piscina.

Avrei preferito tutto questo, anche contemporaneamente.

E invece, no. Invece, come al solito, mi tocca sempre il peggio. Perchè non appena la luce illumina la piccola stanzetta, mi accorgo che, in realtà, quello che ho davanti non è un ladro come credevo, ma Jared e che, ormai, è troppo tardi per fermare la mazzata che sta per arrivargli dritta in faccia.





Ehm, salve a tutti. Mio Dio stavolta non so proprio cosa dire, il capitolo è penoso, davvero. Non mi piace per nulla *le tirano i pomodori* e vi chiedo scusa in anticipo per l'obrobrio. Questa volta, ho proprio bisogno, più che mai, del vostro parere e delle vostre opinioni *si strappa i capelli* mi farebbe piacere che, anche i lettori più timidi, lasciassero due righe, giusto per sapere se devo smettere di scrivere queste assurdità, sarebbe davvero carino. Anche se fossero critiche, andrebbe benissimo, mi aiutano a capire meglio cosa non va e di conseguenza cercare di rendere i prossimi capitoli migliori.
Grazie per leggermi, per sopportarmi e per sentire ogni volta, alla fine del capitolo, i miei vaneggiamenti.
Alla prossima, un bacio.

 

 

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Capitolo 10
*** Vocazione ***


*SBAAAM*

Il manico del frustino si abbatte sul viso di Jared, più precisamente, a metà tra l'occhio sinistro ed il setto nasale. Il cantante prorompe in un urlo disumano e cade all'indietro, tirando una testata al muro.

ODDIO, L'HO AMMAZZATO. SIGNORI, HO APPENA UCCISO JARED LETO.

Getto il frustino a terra e corro ad inginocchiarmi accanto a Jared, prendondogli la testa tra le mani. Bene. Se Jared non è morto stecchito, ma è stato solamente tramortito dal mio colpo, seguiranno una serie di conseguenze terribili per la sottoscritta: denuncia alle autorità per aggressione a mano armata e lesioni personali (sperando che il frustino sia considerato solo un sex toys e non un'arma a tutti gli effetti), arresto immediato, cauzione fissata a 50.000 $ cosicchè non possa evitarmi i nove mesi di carcere che mi toccheranno di certo (a meno che non vada a battere il marciapiede nel tempo che mi resta tra il processo e la sentenza) e ultima cosa, ma non meno importante, la mia famiglia finirà sul lastrico per pagare le spese processuali.

E' la fine. La mia vita è giunta al capolinea.

"Jared, Jared ti prego rispondimi! Riesci a sentirmi? Stai bene?"

Di rimando il cantante, stranamente a petto nudo, non parla ma mugugna e si lamenta in maniera vistosa: si è portato entrambe le mani sul viso ed un piccolo rivolo di sangue gli cola dal naso.

"Oddio Jared mi dispiace, mi dispiace così tanto! Pensavo fossi un maniaco, un ladro! Ho trovato la porta aperta, la casa in disordine, il buio, Savannah in quelle condizioni e allor..." mi blocco improvvisamente.

Un secondo solo. Aspettate un attimo.
La porta era semiaperta e c'era disordine ovunque, per non parlare dei vestiti sparsi per la casa; Savannah è ancora di là, mezza nuda e legata; infine: manette, corde, frustino e, ciliegina sulla torta, Jared a petto nudo.

Elementare, Watson.
Non tanto elementare per la sottoscritta.
Mentre Jared continua a lamentarsi, infilando una bestemmia tra un grugnito e l'altro, alzo lo sguardo e noto con orrore che la presunta cassaforte, in realtà, non era altro che il contatore della luce.
Ops.

Facendo due più due, ricostruisco velocemente la dinamica dei fatti: immagino che Jared e Savannah siano tornati a casa e che, presi dalla foga del momento, abbiano combinato tutto quel disastro; poi, mentre ci stavano ancora dando dentro come conigli, la luce dev'essere saltata e Jared, con ancora i ferri del mestiere in mano, sarà entrato nel ripostiglio a controllare, mentre Savannah, già brilla di suo, dev'essersi addormentata ed ecco perchè, dopo averla svegliata, si agitava in quel modo: voleva spiegarmi la situazione ed io l'ho bellamente ignorata.

Stupida. Stupida. Stupida.
Sophie sei una stupida. Te lo hanno mai detto?

Nel frattempo, Jared ha smesso di lamentarsi. Mi sta fissando. Ottimo. Adesso mi scuoierà ed userà il mio viso a mo' di maschera per coprire i danni permanenti che gli ho causato.
Provo a formulare un'arringa sensata che mi permetta, non dico di evitare l'ergastolo, ma quantomeno la sedia elettrica. Tuttavia, non sono un granchè come avvocato di me stessa anzi, a volerla dire tutta, faccio proprio schifo.

"Jared davvero, scusami. Sono mortificata. Ho frainteso la situazione, mi dispiace. Dai, ora ti aiuto ad alzarti, andiamo a mettere un po' di ghiaccio. Ti va mmh? Magari, dopo, andiamo al pronto soccorso ma vedrai che non sarà nulla di grave; andrà tutto a posto okay?"

"Ch... iama un taxi a Sa...a Savannah e dille di aspettarlo fuo...ri di casa. Quanto a te, non appe... na finisci la tele... la telefonata, sei pre... pregata di tornare quuu...i immediata... immediamente. Subito." dice in un rantolo soffocato Jared.

Mi viene da piangere. Voglio solo sprofondare e sparire per sempre.
Tra l'altro, mi rendo conto che siamo passati, nel giro di nemmeno dodici ore, da quella che sembrava l'ombra di una tregua a quella che sarà sicuramente la certezza di un'apocalisse. Roba che, il suddetto libro contenuto nella Bibbia, in confronto, sembrerebbe una vecchia edizione delle barzellette su Pierino.
Cerco di mantenere un po' di calma e lucidità mentre annuisco decisa. Se ora scoppiassi in lacrime per la mortificazione o, peggio, iniziassi a litigare con lui, è matematico che ci scapperebbe il morto; non so ancora di preciso chi dei due sarebbe a lasciarci le penne, ma la faccenda si risolverebbe come in Highlander: ne resterà uno solo.

"Come vuoi Jared, vado. Mi raccomando, non muoverti. Torno subito con la borsa del ghiaccio, va bene?"

Per tutta risposta, Jared mi fissa carico di odio, ma non risponde. Va bene, lo ammetto, stavolta ha ragione lui. Però, dattela una regolata quando fai sesso dannazione! Non puoi mettere su una roba del genere sapendo che in casa con te vive un'altra persona che, per giunta, non ha ancora capito il livello di perversione e psicopatia che tu, uomo in crisi di mezza età, sei in grado di raggiungere.

Esco dallo stanzino e corro in camera da letto dove Savannah si è tranquillamente riaddormentata. Ah, ma certamente. Fai pure con comodo, fa come se fossi a casa tua bella squinzia. Noto, poi, che è ancora legata come un salame: ma Dio santo perchè devo vedere queste cose? Perchè?
Mentre sono intenta a parlare con la compagnia dei taxi comunicando l'indirizzo, inizio a slegare Savannah che, pian piano, inizia a riprendere conoscenza.

"Ehm, senti ti ho chiamato un taxi: mi hanno detto che tra dieci minuti sarà qui fuori. Ho messo le tue cose sul comodino, di là c'è un piccolo problemino, quindi, Jared mi ha detto di avvisarti che, purtroppo, la serata finisce qui. Ha detto che ti chiamerà non appena gli sarà possibile."

Si, lo so, è una bugia bella e buona. Però questa poveretta mi fa tenerezza: è stata trattata davvero male fin da quando ha messo piede in casa e non mi andava di rincarare la dose con la poca educazione tipica di Jared. Savannah, ancora un po' intontita, accenna un mezzo sorriso e annuisce.

"Va bene... Sophie giusto? Si okay, mi vesto ed esco subito... grazie per ehm... il taxi... ciao."

Si nota lontano un miglio che è parecchio imbarazzata nonostante la sbornia.

"Figurati, nessun disturbo. Ciao Savannah."

Dopo averla accompagnata alla porta, torno in cucina a prendere la borsa del ghiaccio. Mentre salgo le scale, sento un rumore provenire dalla camera di Jared: dev'essersi spostato lì e, magari, si è steso un po' sul letto. Non appena varco la soglia, lo vedo: è seduto a gambe accavallate sul grosso letto matrimoniale e, mentre con una mano si tiene un fazzoletto in prossimità delle narici, con le dita dell'altra tamburella nervosamente sul comodino in legno quello che mi sembra una sorta di tempo: il tempo che mi resta da vivere, suppongo. Mi avvicino titubante, con la borsa del ghiaccio in mano, respirando a fatica.

Mio Dio finiscila con quelle dita, mi stai facendo salire l'ansia. Ora gliele mozzo. No Sophie, calma. Stai calma.

Tossisco forzatamente per rompere quel silenzio imbarazzante e decido di parlare prima che lo faccia lui: "Ehm, Jared? Ti ho portato il ghiaccio. Dai, fammi dare un'occhiata così vediamo subito che si può fare. Se sposti la mano, posso dare uno sguardo e mettere il ghiaccio okay?"

Ovviamente, non si degna di rispondermi e tantomeno riesco a decifrare la sua espressione, dato che siamo in penombra. Decido di accendere la lampada posta sul comodino e controllare la situazione.

OH PORCA VACCA CHE CORRE NEI PRATI.

Il fazzoletto che Jared tiene in mano è zuppo di sangue, del SUO SANGUE, che presto diventerà il mio, se avrà modo di guardarsi allo specchio. Senza proferire la minima parola, gli tolgo il fazzoletto di mano mentre lui continua a restare muto, ma scoprirgli il viso non fa altro che peggiorare la situazione: il setto nasale è molto gonfio, anche se non credo sia rotto, mentre una chiazza rossastro-violacea, dell'ematoma che si stà formando suppongo, parte dal lato sinistro del setto nasale per risalire fino al dotto lacrimale, investendo anche metà dello zigomo che, per quanto la luce mi consenta di vedere, ha un bel po' di capillari rotti oltre all'evidentissima tumefazione.

Stavolta l'ho combinata davvero grossa. Nemmeno un'invasione zombie potrebbe salvarmi dalla furia omicida di Jared. Licenziarmi sarebbe il minimo e, sinceramente, ho davvero paura che mi denunci: Rachel mi ammazzerà e mi butterà fuori dall'agenzia a calci, sempre se prima non sarà Jared in persona a farmi fuori e sempre se, in tutto questo marasma, ritroveranno mai il mio cadavere. Farò la fine dei Desaparecidos, lo sento.
La voce roca di Jared, mi riportà alla realtà.

"Allora? Come sono messo? Mi hai sfigurato vero? Sai quanto mi costerà, anzi TI COSTERA' il chirurgo plastico? Io con la mia faccia ci lavoro. Questa volta sei nella merda fino al collo Sophie, ti ho in pugno."

Ecco che mi viene nuovamente da piangere.  Eh no, dannazione! Non posso dargliela vinta. Controllati Sophie.
Prendo un respiro profondo ma, mentre parlo, mi accorgo che ho comunque la voce in fondo ai piedi.

"Jared, per piacere, non fare il melodrammatico. E comunque no, non ti ho sfigurato: era un frustino, non una motosega. Non ti servirà nè il chirurgo, nè l'ospedale. Hai solo preso una bella botta e..."

"Una botta che avrei dovuto darti io per farti stare buona ed evitare questo macello. Magari ti saresti rilassata per una volta in vita tua." sogghigna interrompendomi.

Ora ditemi voi, se questa non è una chiara volgarità che vuole far passare per frase inserita correttamente nel contesto. Ti auguro di scrivere un vocabolario nella tua prossima vita Jared, almeno faresti qualcosa di utile per la società.

"Certamente Jared, hai ragione. Sorvolando sul fatto che sei un porco schifoso e sul fatto che, in quella situazione, chiunque avrebbe agito come me, ti ripeto che la situazione non è grave: vedrai che con il ghiaccio ed una pomata antinfiammatoria, tempo due giorni e sarai come nuovo. Anzi, forse, sarai anche meglio. Vedrai che mi ringrazierai e mi chiederai in ginocchio di farti lo stesso lavoretto dall'altra parte."

Ugh. Come suona male quello che ho appena detto; suona malissimo. Spero che Jared non se ne sia accorto, altrimenti, questa volta, mi sono servita proprio su un piatto d'argento. Jared, dal canto suo, inizia a ridacchiare interrompendosi di tanto in tanto per quelle che, suppongo, siano fitte di dolore.

"Probabilmente si Sophie. Ti chiederò un altro lavoretto, ma non sarò io ad aver bisogno di mettermi in ginocchio. Credo che quello sia compito tuo."

LO SAPEVO, LO SAPEVO.

Ma porca miseria! Me le vado proprio a cercare comunque, non c'è che dire. Chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Non sapendo bene come replicare, gli premo la borsa del ghiaccio contro l'ematoma, applicando una bella pressione e facendolo sobbalzare per il dolore. Jared mi tira a sè, facendomi abbassare un poco verso di lui e mi fissa con aria di sfida.

"Cosa dovrei fare a questo punto? Eh, Sophie?"

Mentre sto per rispondergli, noto che ha abbassato lo sguardo sulla mia scollatura, giustamente in bella mostra, dato che non ho ancora avuto modo di togliermi lo strumento di tortura medioevale, "regalo" di Shannon.

"Per prima cosa, dovresti cercare di guardare altre due cose tonde poste leggermente più in alto. Sono verdi e, se non lo sapessi, si chiamano occhi Jared. E ti consiglio caldamente di farlo, se non vuoi perdere l'utilizzo dei tuoi nei prossimi trenta secondi. Punto secondo, fai quello che ti pare: ti ho chiesto scusa mille volte, so che ho sbagliato, lo riconosco e ti prometto che ti assisterò finchè non sarai tornato come nuovo, non ti farò mancare nulla finchè non ti sarai ripreso, ma più di questo, non posso fare mi spiace."

Mentre Jared alza lo sguardo e torna nuovamente a fissarmi, noto che ha una strana luce negli occhi.  Ecco. Cosa avrà in mente ora? Giuro che se gli ho dato lo spunto per qualche altra diavoleria ai miei danni, mi taglio la lingua. Scendo di sotto, prendo le cesoie in giardino e ZAC!
Jared mi sorride e, alzandosi, si pianta dritto davanti a me: senza tacchi, sono costretta ad alzare il viso per guardarlo negli occhi dato che il piccolo sadico, mi passa di qualche centimetro.

"Assistere dici? Che singolare scelta di parola Sophie. Così nobile, così umanitaria, così premurosa. Hai ragione: assistermi sarà il minimo che potrai fare dopo il casino che hai combinato e sappi che non ti chiederò altro; per me va bene così: sarai la mia infermiera personale, finchè non mi riprenderò da questo grave attentato alla mia persona che mi lascerà comunque profondi segni psichici e fisici."

Infermiera personale?

Ahahahahahahahah. NO.

Ho capito bene? No, certo che no. Credo proprio di avere un tappo di cerume, anche bello grosso, in entrambe le orecchie. Non avrò passato bene i cotton-fioc dopo la doccia; si dev'essere per forza così. Ma quante cazzate è capace di sparare al minuto quest'essere?

"Bene, iniziamo subito: ora, date le mie condizioni, non posso muovermi: potrei rischiare di compromettere ulteriormente la situazione e farmi partire un embolo o chissà cos'altro." sospira con aria teatrale.

Io lo guardo in cagnesco, ma non rispondo. Almeno non ora.

"Allora Sophie, adesso dovrai mettermi il pigiama e rimboccarmi le coperte. Dopodichè, verrai a mettermi la pomata sul viso. Bene; direi che, come inizio, ci siamo."

Sono basita, non posso crederci. Questo è matto e sta certamente vaneggiando. A questo punto, penso che l'embolo gli sia già partito e abbia compromesso il poco cervello che era rimasto in modo irreversibile.
Altro che pomata. Come tua infermiera, adesso, sai cosa faccio? Vado a prendere un bel catetere per cavalli e sai dove te lo metto? Lo sai? Dritto nel...

"Sophieeeee! Allora?! Ti muovi? Mi sento molto affaticato e non vorrei tirare in mezzo la tua agenzia ed il tuo capo, proprio ora, semmai dovesse capitarmi qualcosa di brutto."

Baldracca. Sei una baldracca Jared.

"Non credi di stare esagerando un po' eh, Mr. Ipocondria? Ho capito che ho sbagliato, ma così mi pare davvero troppo."

Per tutta riposta, il cantante si porta le mani al viso ed inizia a lamentarsi, prima piano, poi sempre più forte, alzando il tono di voce, fino a mettersi ad... URLARE.

"AAAAAAAAAAAAA CHE MALEEEEEEEEEEE MIO DIOOOOOO CHE DOLOREEEEEEEEE AIUUUUTOOO COSA MI HAI FATTO? STO MALEEEE QUALCUNO MI AIUTI!"

Ma che razza di problemi ha? Sono quasi le cinque del mattino e sta urlando come un babbuino che ha una mazza nel di dietro. Ora ci denunciano per disturbo della quiete pubblica.

"Shh! Jared ma si può sapere che hai da urlare?! La gente dorme a quest'ora! Zitto maledizione!"

Invece di calmarsi, il pazzoide, alza ancora di più i decibel. Ora si spaccano i vetri.

"AAAAAAA NOOOOOOOO COSA FAI? COSA MI STAI FACENDO? NOOOOO OH NOOO, TI PREGOOO!"

Non so se afferrare il cuscino sul letto e soffocarlo, come le infermiere psicopatiche nei tipici film dell'orrore, oppure propendere per la più classica botta in testa con la lampada poggiata sul comodino, stile Cluedo. Tuttavia, una mazzata glielo già data e non amo ripetermi; inoltre, rischierei di ritrovarmelo ancora più cerebroleso di com'è ora e non sarebbe decisamente il caso. Mentre Jared continua a gridare come un ossesso, gli vado incontro e cerco di tappargli la bocca con le mani, purtroppo, con scarsi risultati: nonostante si lamenti delle sue condizioni di debilitazione, ha conservato ottimi riflessi e mi blocca prontamente un polso dietro la schiena, mentre io, con la restante mano libera, cerco di chiudergli quella maledetta fornace.

"Ma vuoi stare zitto? Ora svegli tutto il quartiere! Taci porca miseria! Per pietà finiscila, mi stai facendo diventare sorda!"

"AAAAAAAA SOPHIEEEEE NOOOOO COSI' NOOO TI PREGOOO FERMATI, AAAAAAAAA ORA SI CI SIAMOOO DAIII SIII, NOOOO!"

Mentre siamo intenti in una lotta assurda, degna dei migliori maestri del gioco "Twister", ecco che delle grida, ancora più forti di quelle di Jared, coprono il nostro macello.

"ALLORA LA VOGLIAMO FINIRE SI O NO? CRISTO SANTO LO SO CHE SEI TU LETO! SEI SEMPRE TU! E' L'ALBA! MA NON PUOI TROMBARTI LE TUE AMICHE COME TUTTI I CRISTIANI NORMALI? NON C'E' MICA BISOGNO DI TUTTO QUESTO ESIBIZIONISMO SAI?! LA DEVI FINIRE UNA BUONA VOLTA, O GIURO CHE VENGO LI' E TE LE FRACASSO UNA VOLTA PER TUTTE!"

Non appena la voce dello sconosciuto, maschile e molto roca, finisce di pronunciare queste parole, si interrompe lasciandoci nel silenzio più totale. Mi si gela il sangue nelle vene. E questo adesso chi è? Sarà un vicino di casa, di sicuro. Adesso viene qui con il fucile a canne mozze e fa fuori entrambi. Come se non bastasse, Jared sfrutta il mio attimo di distrazione per bloccarmi l'altro braccio e buttarmi come un sacco di patate sopra il letto e, nel giro di due secondi e mezzo, me lo ritrovo addosso. In questo momento sono posizionata a 180° con Jared Leto esattamente sopra di me.
Oh merda. Dov'è l'angelo della morte quando serve? Triste mietitore ti imploro: vieni e prendimi ora. Non voglio restare su questa terra un solo secondo di più.

"Mai abbassare la guardia Sophie; specie con il sottoscritto. Vedi poi cosa succede? Ti ritrovi in situazioni poco piacevoli."

Lo guardo dritto negli occhi, mentre il cuore mi batte all'impazzata: non mi sono mai sentita così impotente e frustrata in vita mia. Con un groppo alla gola, cerco di formulare una frase sensata che mi permetta di risolvere la situazione.

"Jared, sei pregato di lasciarmi andare immediatamente. Toglimi subito di dosso quelle pale che hai al posto delle mani. Fallo, o giuro che mi metto ad urlare e, stavolta, sarò io a denunciarti per molestie."

Jared, dal canto suo, stringe ancora di più la presa sui miei polsi e si piega su di me strofinando leggermente la punta del naso nell'incavo del mio collo.

MA. COSA. DIAVOLO. VUOLE. FARE.

"Sai Sophie, mi piace quando le ragazze che sono nella mia stessa stanza si mettono ad urlare, solo che sono sempre io a farle iniziare. E' raro che lo facciano di loro spontanea volontà."

Sto per esplodere, lo giuro. Gli avrei già tirato una ginocchiata nelle balle se non fosse che, con le sue di ginocchia, mi tiene bloccate entrambe le gambe. Stavolta il bastardo ha fatto bene i suoi calcoli.

"Te lo dico per l'ultima volta: lasciami andare subito. Non sto scherzando, devi mollarmi ora o ti spaccherò i timpani a forza di strillare. Chiaro?!"

"Chiarissimo. Vedrai che non appena avrò finito con te, avrai perso l'uso delle corde vocali a forza di usarle."

Ha un'espressione da esaltato sul viso, sembra che sia posseduto dal demonio. Io non so più che pensare: non so se fa sul serio, o se sta cercando di farmi perdere le staffe come al solito, ma questa volta sta davvero esagerando. Nel dubbio, prendo l'infelice decisione di mettermi a gridare, a pieni polmoni, nel mezzo di uno dei centri residenziali più prestigiosi di L.A. alle cinque del mattino.

Coscienza&Dignità: spero possiate perdonarmi, o almeno evitare di sputarmi in faccia quando questa situazione sarà finita.

"LASCIAMI STAREEEEEEEEE BRUTTO SCHIFOSOOOOO! AIUTOOOOOOOOO LASCIAMI STAREEEEEEE, QUALCUNO MI AIUTI, AIUTOOOOOO!"

Inizio a gridare come un'ossessa mentre, Jared, sgranando gli occhi e mollandomi immediatamente il polso, cerca di mettermi la mano sulla bocca, mano che io, prontamente, gli mordo. Mentre il cantante ritrae di scatto la mano, approfitto del varco che si è creato tra noi per tirarmi su dal letto e tirargli uno spintone, riuscendo finalmente a mettermi in piedi.

"Ma sei pazza? Cos'hai da urlare? Non avevo neppure iniziato!"

Ah perchè, il maiale, pensava pure di iniziare. Iniziare cosa di preciso? Io, a questo punto, spero davvero che abbia qualche ipofunzionalità frontale, qualche disturbo psichiatrico, qualunque cosa insomma; perchè, se davvero non ha problemi neurologici, se davvero lui è così siamo messi davvero male.

"Ma cosa diamine blateri Jared? Iniziare cosa? Quello che non hai finito con Savannah? Sfogati con la bambola gonfiabile che hai qui in camera per piacere e non con persone innocenti. Sai che queste sono molestie belle e buone? Fai schifo, sei un deprav..."

 

*DRIIIIIIN*

*DRIIIIIIN*

*DRIIIIIIN*

 

Il suono ripetuto del campanello, smorza la mia sequela di insulti sul nascere e smorza anche il mio battito cardiaco.
Inizio a divagare con la mente: la polizia, il vicino con il fucile, l'intero vicinato con forconi e torce per linciarci, un psicopatico a caso, scappato dal manicomio criminale e munito di mannaia, che stava dormendo sulle colline e che noi, con il nostro trambusto, abbiamo svegliato. Guardo Jared sgranando gli occhi e lui, di rimando, mi fa spallucce. "Beh che aspetti? Vai a vedere chi è! Io di certo non mi scomodo a fare due rampe di scale per prendermi gli insulti. Coraggio vai infermiera, vai!"

Sporco vigliacco.

Alzando gli occhi al cielo mi dirigo verso l'ingresso della casa. Nel frattempo, il campanello, continua a suonare. Prima di aprire, mi guardo nello specchio vicino la porta: scalza, vestito stropicciato, capelli arruffati, viso paonazzo. Sembro appena uscita da un'orgia, non c'è che dire: logico che non sarò creduta da nessuno; nemmeno se alla porta ci fosse Madre Teresa di Calcutta in persona.
Prendo coraggio e, aprendo la porta, quasi mi viene un infarto: davanti a me c'è un uomo alto e ben piazzato; ma non è un uomo qualunque. E' Robert Downey Jr.

Per la miseria. Sto per venire no, no svenire scusate. L'attore, mi squadra dalla testa ai piedi con un'aria a metà tra il disgusto e l'attizzato e poi, schiarendosi la voce, pronuncia le sue prime parole: "Buonasera, o forse dovrei dire buongiorno vista l'ora. Il signor Leto è in casa? Vorrei parlargli. Non si può andare avanti così: c'è gente che a quest'ora cerca di dormire e non di copulare come se stesse per arrivare la fine del mondo. Non so se mi spiego signorina."

Quindi il vicino di casa che si era messo ad urlare poco fa era lui. Andiamo bene; io, intanto, non rispondo. Sono troppo imbarazzata ed intimorita per dire qualsiasi cosa. Lui, guardandomi con quella che, ai miei occhi, pare un lampo di comprensione, mi mette una mano sulla spalla nuda. Oh mio Dio Robert togli quella mano da lì, o potrei non rispondere più delle mie azioni.

"Signorina capisce quello che sto dicendo? Per caso è straniera? Parla almeno un po' di inglese? Santo cielo chissà se ha almeno ventun'anni e se ha i documenti in regola, povera ragazza: sembra una dell'est Europa. Certo che Leto è proprio un gran porco." continua poi a borbottare abbassando un poco il tono di voce.

Non ci posso credere. Incontro Robert Downey Jr. uno degli uomini più fighi del pianeta e cosa succede? Mi scambia per una escort. Una escort che, per giunta, se la fa con Leto.
Mondo crudele.

Cerco di recuperare la situazione prima che chiami la polizia e mi faccia espatriare facendo mettere Jared in galera per sfruttamento della prostituzione minorile. Che poi, ora che ci penso, mi ha dato ventun'anni. Questo significa che sembro molto più giovane della mia età. Che bella cosa, che soddisfazione che gio... Stop. Basta Sophie. Riprenditi e cerca di calmare le acque.

"Ehm salve, no mi scusi io la capisco benissimo, parlo bene l'inglese e sono italiana. Mi dispiace, sono molto mortificata per l'incresciosa situazione che si è venuta a creare. Io mi chiamo Sophie, sono l'assistente del signor Leto e le chiedo ancora scusa, c'è stata una discussione un po' più accesa del solito e noi ecco... mi dispiace davvero moltissimo."

L'attore, mi pare alquanto perplesso; non credo se la beva, anche se è la pura e semplice verità.

"Ah. E così tu saresti la sua assistente. E questa cosa sarebbe?" dice indicando il vestito spiegazzato "La tua tenuta da lavoro? Certo che Leto ne ha di fantasia."

Di male in peggio.

"No, no è solo che siamo appena tornati da un evento di beneficenza e c'è stato un piccolo incidente, tutto qui. Davvero, è tutto nella norma."

Nella norma? Ma che diavolo sto dicendo?

"Nella norma?" mi fa eco Robert che, nel frattempo, si è appoggiato allo stipite della porta "Anche quelli sono nella norma?" dice indicando i miei polsi.

Non appena abbasso lo sguardo, noto che, su entrambi i polsi, ci sono dei segni rossastri: Jared deve aver stretto troppo la presa. D'istinto nascondo le braccia dietro la schiena e avvampo in viso, mi sento davvero umiliata. Mentre sto pensando a mille modi per uccidermi in modo doloroso non appena questo strazio sarà finito, ecco che vedo Jared scendere pigramente dalle scale e raggiungerci all'ingresso.

"Ah, salve Robert. Tutto bene? Bella giornata vero?"

Ha pure la faccia tosta di fare l'indifferente. Voglio solo che muoia adesso, in preda ad atroci differenze.

"Mio Dio Jared, ma che hai in faccia?! Cosa ti hanno fatto?"

"La gattina qui di fianco, è un po' troppo selvaggia. Comunque non è nulla, solo qualche graffio."

"Graffio? Jared è un miracolo che, la tua gattina, non ti abbia rotto la mascella durante l'amplesso." dice Robert in tono allarmato "E poi, non è la prima volta che crei problemi durante le tue prestazioni da strapazzo. Te lo ripeto: io non ce la faccio più, non posso continuare a svegliarmi nel cuore della notte e sentirti strillare come una dannato animale ogni volta. Non ne posso più, davvero. Ti sarei grato se, almeno in queste occasioni, ti prendessi una camera a 'Le Chateau Marmont'."

Merda. Dimenticavo un dettaglio vitale: Jared non si è ancora guardato allo specchio. Oh santi numi non farlo adesso; non guardarti al dannato specchio proprio ora. Jared, senza nemmeno ascoltare le ultime parole di Robert, si gira di scatto verso il grande specchio posto all'ingresso per guardarsi. Inutilmente, cerco di frappormi tra lui e la lastra di vetro, ma è troppo tardi: ecco che Jared Leto, egocentrico completamente assorbito da sè stesso e dalla propria bellezza divina, riesce a vedere per la prima volta il suo viso, dopo la mazzata di poco fa.

Si salvi chi può: questa è la fine dell'inizio della fine, perchè siamo già nel bel mezzo del disastro. Ma che cavolo sto dicendo? Non riesco nemmeno più a pensare.

"AAAAAAAA! LA MIA FACCIAAA, LA MIA FACCIAAA! DOV'E' LA MIA FACCIA?! SOPHIEEE IL VISOOO, SONO SFIGURATOOO MALEDETTAAA COS'HAI FATTOOOOO?! LA FACCIAAA!"

Mentre Robert indietreggia inorridito dalla reazione di Jared, io porto le mani avanti afferrando le spalle di Jared e cercando di tenerlo fermo: sembra un toro impazzito maledizione.

"Jared ti prego, calmati! Non è nulla, è solo la botta che è ancora troppo recente! Domani non avrai più nulla lo giuro! Calmati ora o ti verrà un colpo!"

"NO! IL COLPO VERRA' A TE, ORA TI AMMAZZO! IO TI FACCIO A PEZZI SOPHIEEEEE! ODDIO, MA COSA MI HAI FATTO?!"

"Devo chiamare il 911 Sophie? Adesso a questo prende il raptus e ti ammazza." sussurra in modo preoccupato Robert.

"No no, stia tranquillo, ora ci penso io grazie, risolveremo la faccenda civilmente; se vuole, vada pure a casa e non si preoccupi!" dico con il cuore in gola.

"Va bene, come volete. In ogni caso, datevi una calmata per le volte a venire: se continuate ad andarci giù così pesante ogni volta, prima o poi ci scappa il morto, io vi avviso. Arrivederci."

Detto questo, vedo uno degli uomini della mia vita allontarsi per sempre. Se solo avessi potuto avere una misera possibilità di diventare la sua amante clandestina, me la sono miseramente giocata. Grazie tante Leto.
Nel frattempo, Jared si è accasciato sul divano e continua a piagnucolare come un bambino a cui hanno rubato il lecca lecca. Ma quanti anni hai? Quaranta o quattro?
Con un sospiro mi inginocchio di fianco a lui e gli prendo le mani. Cerco di adottare un tono conciliante e dolce, per quanto mi sia possibile. Un po' mi sento in colpa per davvero.

"Jared, ti prego, ascoltami. Vedrai che andrà tutto a posto non fare così. Mi prenderò cura di te, ti farò tornare come nuovo è una promessa. Andrà tutto bene, te lo giuro e ti prometto anche che sarò la tua... la tua" dannazione non riesco a dirlo, ma devo farlo: è l'unico modo per sedare lo spirito omicida di Jared: "Sarò la tua infermiera okay?"

Nel terminare la frase, vedo che lui alza lo sguardo e mi fissa: sembra davvero un bambino adesso, è quasi tenero. Poverino dai, stavolta ha ragione, mi impegnerò per aiutarlo. Decido di fargli un ampio sorriso accarezzandogli le mani. Improvvisamente, però, il cantante cambia totalmente espressione ed inizia a sogghignare.

"Noto con piacere che le mie doti da attore sono ancora ottime. Sei proprio un'ingenua Sophie, ti ho fregato per bene. Ora lo hai giurato, lo hai promesso, sarai la mia infermiera, lo hai detto tu stessa: non si torna più indietro."

Non ci voglio credere. Non ci sto credendo. Ha fatto tutto questo teatrino per fregarmi e, giustamente, ci è riuscito.
Che dire? Nella situazione in cui mi trovo non posso far'altro che abbozzare o saranno davvero guai: il lavoro, Rachel, l'agenzia. No, non esiste. Per stavolta starò buona e terrò la bocca chiusa.

"Coraggio signor Leto, andiamo a metterci a letto ora!" mormoro con poco entusiasmo mentre il cantante, alzandosi, mi cinge il fianco con il braccio usandomi a mo' di stampella.

Saranno tempi oscuri e difficili, rassegnati Sophie.
 

Salve *esce strisciando da sotto la montagna di libri, appunti, dispense e fondi i caffè* lo so: è passato quasi un mese dall'ultimo capitolo, avete il diritto di ammazzarmi, darmi fuoco, fucilarmi. Quello che volete insomma. Come dicevo ad alcuni di voi, sono in piena sessione estiva d'esame, ergo, il male si è impossessato della mia misera esistenza e la sta rendendo più complicata del previsto. Spero solo che con questo capitolo, tra l'altro lungo in modo indecente, possa riuscire a farmi perdonare. L'ho scritto tra una ripetizione e l'altra di roba come sindromi frontali, neurotrasmissione, afasie, asse ipotalamo-ipofisi-surrene: spero, a questo punto, che il capitolo possa essere leggibile. Non so quando riuscirò ad aggiornare, dato che dovrò dare ancora ben quattro esami, di cui uno domani pomeriggio *prega Tomo in ginocchio*  quindi, vi avviso già da adesso. Dovrete avere tanta tanta pazienza e spirito di sopportazione. *sospira* In ogni caso, mi farebbe sempre tanto piacere avere i vostri pareri e le vostre impressioni! Sperando che non cadiate in un sonno profondo durante la lettura.
Che dire ancora? Spero solo che il lavoro vi possa piacere. Vi abbraccio forte, alla prossima.

 

 

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Capitolo 11
*** Sono troppo fortunata! ***


"Aaaah maledizione! Brucia, brucia!"

Getto di scatto il cucchiaio nel lavandino e corro a trangugiare il mezzo bicchiere di tè freddo poggiato sul ripiano della cucina. La sottoscritta, stimata lavoratrice di ventisei anni suonati, è appena riuscita ad ustionarsi lingua e palato con uno stupido brodino di verdure.

Nonostante siano le due del pomeriggio, nonostante sia pieno agosto e nonostante ci siano quaranta gradi all’ombra, sto facendo bollire questo dannato brodo da oltre venti minuti. Roba da far impallidire il signor Vesuvio che, confrontandosi con la temperatura aleggiante nella stanza, ci avrebbe sicuramente pensato due volte prima di radere al suolo Pompei ed Ercolano, se non altro per la pessima figura che avrebbe collezionato in merito ai gradi raggiunti.

Ovviamente tutta questa sequela di pensieri perversi, nonché la mia ustione, che mi ha decimato le papille gustative, ha una causa ben precisa: Jared.
Il piccolo psicopatico si è perfettamente calato nel ruolo del malato e, giustamente, mi ha perfettamente incastrata nel ruolo dell’infermiera devota che, anche con quest’afa, deve preparare la minestrina a pranzo. ‘Si sa, i malati devono mangiare leggero’ mi ha comunicato stamattina appena alzato.

Punto primo: perché prima mangiavi pesante, o mangiavi e basta?

Punto secondo: hai un ematoma in faccia, non ti hanno fatto la lavanda gastrica o la colonscopia.

Punto terzo: come diavolo fai a buttar giù una brodaglia di tremila gradi centigradi alle due del pomeriggio, nel bel mezzo della California? Roba da film di fantascienza.

Quest’uomo ha fascino, non c’è che dire: il fascino del malato mentale. Inutile dire che ho tenuto queste considerazioni per me, anche perché non voglio dargli altri appigli per protrarre la sua condizione di degenza. Siamo solo al primo giorno e mi sta già dando sui nervi. Da quando si è svegliato è stato tutto un: Sophie il cuscino, Sophie il lenzuolo, Sophie ho caldo, no aspetta ora ho freddo, Sophie la pomata, Sophie l’acqua naturale a venticinque gradi centigradi.

No dico, ma stiamo scherzando?
Mentre sto ancora ripercorrendo mentalmente la mia triste mattinata, respirando a pieni polmoni i fumi incandescenti del brodo, ecco che sento suonare il campanello.

"Arrivo subito, un secondo solo!"urlo togliendomi il grembiule e spegnendo il gas sotto la pentola.

Non appena apro la porta, non posso fare a meno di sorridere: sono Tomo e Shan. Sicuramente saranno qui per provare e la cosa mi solleva: non dovrò passare tutto il pomeriggio da sola con quel pazzoide. Tomo mi viene incontro dandomi un vigoroso abbraccio e agitando una busta di carta mezza unticcia.

"Ciao Sophie, siamo passati dalla caffetteria di fronte e abbiamo preso delle brioche, così abbiamo la scusa per farci fare un caffè da te a metà pomeriggio!"

Mio Dio lo amo. Amo quest’uomo. La poligamia negli Stati Uniti D’America no, vero?

"Grazie Tomo! Sarà fatto, vi giuro che non passerete tutto il pomeriggio chiusi lì dentro!"

Mentre Tomo si dirige in cucina per poggiare le brioche, Shannon entra con passo esitante, ma non osa darmi uno dei suoi soliti abbracci. Questo significa una cosa sola: ricorda praticamente tutto di ieri sera o, ancora meglio, si è reso perfettamente conto di quello che stava per accadere. Decido di recuperare la situazione, calmando le acque una volta per tutte e decido di farlo con sincerità.

"Ehi ascolta Shan ehm, per ieri sera non preoccuparti. So che hai capito a cosa mi riferisco e ti giuro che non ci sono problemi al riguardo, davvero è tutto okay. Va bene?"

Shannon mi fissa dritto negli occhi e dopo qualche interminabile secondo di silenzio, i suoi bei lineamenti si sciolgono in un caldo sorriso.

"Oh muddafuggaz, menomale! Sai, pensavo di aver combinato proprio un bel casino ieri sera, mi son detto: ecco che mi sono giocato la mia BAM BAM! Sono contento che sia tutto a posto, non avrei mai voluto metterti in imbarazzo Sophie!"

"Lo so Shan, figurati. E' tutto apposto allora?"

"E me lo chiedi? Certo che si BAM BAM!" esclama il batterista abbracciandomi con grande entusiasmo.

Menomale. Almeno con uno dei Leto, pare essere tutto in ordine.

"MA PORCA VACCA SOPHIE, CHE DIAVOLO HAI SUI POLSI?!"

Come non detto.

Avevo completamente dimenticato che i segni sui polsi, simpatico omaggio di Jared, si sono tramutati in ecchimosi violacee ben visibili. Nascondo di getto le braccia dietro la schiena anche se, ormai, è tardi e questa manovra azzardata non fa che insospettire ancora di più Shannon. Come se non bastasse, invece di dare una spiegazione plausibile, inizio a farfugliare strani versi arrossendo vistosamente.  A Shan non ci vuole molto per fare due più due e, dopo qualche momento di silenzio, sgrana gli occhi ed inizia ad alzare la voce.

"E’ stato mio fratello vero? Che cosa ti ha fatto dopo che sei rientrata? Sophie dimmelo. Eh no, stavolta ha passato il limite, ora mi sente!"

Si, lo ammetto. In teoria vorrei davvero che Shan salisse di sopra e gonfiasse Jared come una zampogna, se non altro per tutti i colpi bassi che mi ha tirato finora ma, in pratica, credo che le cose andrebbero a finire diversamente, specialmente dopo che Shannon saprà la versione dei fatti COMPLETA. Dio, mi scannerà. Ho preso a frustate la persona più importante della sua vita. Altro che BAM BAM, stavolta sarà direttamente KAPUT.

"No Shan, non è come credi, ieri è successo un disastro e c’è stata una catena di eventi poco piacevole per entrambi, ti prego lascia che ti spieghi!"

"Certo Sophie, spiegagli tutto. Digli come mi hai quasi ammazzato l’altra notte."

Nella stanza cala il gelo più totale. Ma porca zozza stava andando tutto a meraviglia (per modo di dire), avrei potuto calmare Shannon almeno quel che bastava a non essere impalata come un kebab ed invece no, ecco che Pirla Leto entra trionfalmente in salotto e rincara la dose con la storia che volessi ammazzarlo.
Cioè no. Guarda Jared che piuttosto che pulire il tuo sangue sul pavimento, dopo averti fatto a pezzi, preferirei di gran lunga andare a coltivare barbabietole da zucchero in Siberia. Chiaro?!
Shannon, nel frattempo, dopo aver guardato Jared in faccia è diventato pallidissimo e Tomo, affacciandosi dalla cucina a causa del trambusto, non osa fiatare.

"Beh che fai Sophie? Non parli più? Il gatto ti ha mangiato la lingua?" sussurra in tono acido Jared.

Prima di poter rispondere, Shannon interviene con voce ferma: "Adesso ce ne andiamo tutti in cucina mentre Sophie prepara un caffè, meglio se doppio, e nessuno di voi due oserà uscire da qui, se prima non mi spiegate cosa diavolo avete combinato ieri notte."

Mi sento il cuore in gola. Shannon è serissimo, non credo di averlo mai visto così tirato.

"Ehm ragazzi sedetevi, penso io al caffè. Sophie non preoccuparti okay?" interviene Tomo mentre siamo ancora tutti fermi nel salone.

Nel momento in cui ci accomodiamo, inizio a sudare: sarà l'ansia, sarà la paura, sarà il brodo. Non lo so, ma non mi sento in gran forma.

"Allora? Chi comincia con le spiegazioni? Io vi avviso: voglio entrambe le versioni. Ma che avete nel cervello? Non vi sarete picchiati vero?"

E' Jared a parlare per primo.

"Shan, dovresti saperlo che ho assunto una pazza e non una persona normale e questi sono i risultati. Ieri, rientrando a casa, ha trovato un po' di disordine, ha sentito un po' di rumore e ha tratto la conclusione che si fosse intrufolato qualcuno in casa; dopodichè l'unica cosa intelligente che ha convenuto di fare è stato prendermi a paccate con uno dei miei frustini."

Questo qui parla dei suoi frustini manco stesse parlando di cosa mangiare a colazione. Io, boh, non so che dire.
E poi scusate: tutta la parte sul fatto che si sia messo ad urlare come un pazzo svegliando tutto il vicinato, il fatto che mi sia letteralmente saltato addosso e, ultimo ma non meno importante, che mi abbia fatto sfigurare in modo così triste davanti al mio Robert? Cosa facciamo? Quella parte si omette?

Shan si gira verso di me fulminandomi con lo sguardo.

"E' vero Sophie?"

"Si" rispondo in un sussurro "Ma Shan io, davvero, non volevo! Mi sono fatta prendere dal panico, era saltata la corrente, Savannah era legata come un salame; insomma mi sono spaventata a morte!"

Shannon scuote la testa, massaggiandosi le tempie.

"Accidenti Sophie, avresti potuto fargli davvero male. Siamo stati fortunati che non sia successo nulla di grave; basta guardargli la faccia per capire che non è stata una cosa da poco. E per la miseria Jared anche tu, potevi avvisare che ti eri portato a casa la tipa. E quei segni sui polsi invece?"

Ah ecco. Grazie, eh.

"Per quel che mi riguarda lascio l'onore di spiegare a tuo fratello; sicuramente saprà meglio di me cosa dire al riguardo. Io aiuterò Tomo con il caffè."

Nello stesso momento, Jared si alza di scatto dallo sgabello sul quale era appollaiato ed inizia ad avviarsi con passo svelto verso l'ingresso della cucina.

"Scusate. Tutto questo è troppo per me. Mi è scoppiato un gran mal di testa; ieri ho preso una bella botta per chi non lo avesse ancora capito, quindi, vado a riposare. E tu cara la mia Sophie" ghigna indicandomi "Tra dieci minuti, il mio brodino di verdure, in camera."

E ti pareva che non si tirava indietro. Maledetto.

"Si Jared tranquillo. Sarà fatto."

Detto questo, il cantante sparisce velocemente su per le scale.

"E questo che significa?" sghignazza Tomo a metà tra il sorpreso e il divertito.

"Che mi sono messa in una situazione pessima con le mie stesse mani. Ho promesso a Jared che gli avrei fatto da 'infermiera' finchè non fosse stato meglio. E' solo che mi sentivo davvero tanto in colpa e non sapevo come altro rimediare. Inutile dire che mi sta facendo impazzire e siamo solamente all'inizio."

Shannon inzia a tossicchiare. Evidentemente, il caffè dev'essergli andato di traverso.

"TU HAI FATTO COSA?!" gridano all'unisono i due.

"Ma sei matta?! Come ti è saltato in mente?" dice Shannon con fare allarmato.

"Scusami se te lo dico Sophie, ma ti sei scavata la fossa da sola." gli fa eco Tomo.

Bene.

"Grazie ragazzi, davvero. Mi siete molto di conforto." dico con un fil di voce buttandomi sul primo sgabello disponibile.

A quel punto, Tomo si avvicina in modo comprensivo e mi poggia una mano sulla spalla.

"Scusaci, non volevamo buttarti giù, ma sappiamo com'è fatto Jared e quindi ci siamo un po' agitati. A proposito" aggiunge ridendo "Ti va di raccontarci cos'è successo dopo la mazzata che gli hai tirato? Jay non sembrava molto contento di parlarne."

Ovvio che non sembrava contento. Passerebbe dalla parte del torto praticamente. Perfetto, dirò tutto allora. Decido di raccontare tutto il fattaccio a Tomo e Shannon e nell'arco di mezz'ora li vedo passare dal ridere fino alle lacrime, al sembrare sinceramente preoccupati, fino al fare espressioni che non saprei meglio identificare: forse disgusto, forse orrore, al massimo pietà e commiserazione.

"Caspita bella storia! Mi dispiace tanto per la faccenda di Robert tesoro, sarà per la prossima volta dai." mi dice Tomo facendo spallucce.

Shannon, dal canto suo, resta in silenzio. Spero solo che non sia arrabbiato per tutta questa storia, anche perchè ne avrebbe tutte le ragioni.

"Shan, mi dispiace tanto. Io davvero non..."

"No Sophie, lascia stare. Quel che è stato è stato; per non parlare del fatto che, quando ci si mette, mio fratello è davvero un animale. Però la situazione è diventata insostenibile. Dovete darvi una calmata o la prossima volta vi troverò entrambi stecchiti. Dovete trovare il modo di andare d'accordo perchè così non si può più andare avanti e, questa volta, sono serio. okay?"

Prendo un bel respiro e annuisco con decisione, in fondo Shannon ha ragione.

"Va bene Shan ci proverò con tutte le mie forze, te lo prometto."

Il batterista si scioglie un po' e torna a sorridere, prendendo sottobraccio Tomo.

"Bene, noi ora ce ne andiamo in studio a sistemare delle cose. Quando sali di sopra chiedi a sua signoria se ci degnerà della sua presenza o se sarà troppo occupato a coprire i lividi con il cerone."

Scoppio a ridere e gli faccio cenno di non preoccuparsi, mentre i due si avviano verso lo studio di registrazione.
Verso il brodo in un tazzone bello capiente e poggio tutto su un vassoio da portare di sopra. Nonostante sia passata una buona mezz'ora da quando ho chiuso il fuoco, il vapore continua a salire incessante dal bordo della tazza; altro che bagno turco. Spero solo di non rovesciarmi nulla addosso. Non appena arrivo di sopra, trovo la porta della camera da letto spalancata e Jared comodamente seduto sul letto in posizione yoga ad attendermi.

"Ti stavo aspettando, come sei puntuale. Brava ragazza."

Senza rispondergli poggio il vassoio sul comodino e apro leggermente il finestrotto alla mia destra, per far passare un po' più di luce. Il fascio che entra dalla finestra illumina perpendicolarmente il viso di Jared: okay sembra che vada leggermente meglio ma ci vorranno all'incirca due settimane per far si che torni tutto in ordine.

Povera me.

"Ascolta Jared, tuo fratello mi ha chiesto se, dopo mangiato, scendi con loro a provare, o preferisci riposare ancora."

Il cantante, scrocchiandosi le dita delle mani con aria di sufficienza, fa una risatina divertita.

"Si certamente. Scenderò dopo pranzo però prima, mia cara Sophie, vorrei darti una cosa. Diciamo pure un segno della mia gratitudine per il fatto che tu ti stia prendendo così amorevolmente cura di me."

No, questa cosa non mi piace affatto.
Non mi piace il tono della sua voce e non mi piace l'espressione da sadico dipinta sul suo viso.
No, non voglio un tubo da te Jared. Capito?!

Calma. Calma. Calma. Ripensa alle parole di Shannon.
Magari vuole solo essere gentile.
Si certo, come no.
Intanto, il mio lato utopistico ed il mio lato realista stanno bellamente facendo a cazzotti.

"Okay Jared, vediamo. Cosa vorresti darmi?"

Oddio, ma come mi viene in mente di uscirmene con un'espressione del genere davanti a lui?

"Beh effettivamente ci sarebbe una cosa in particolare che vorrei condividessimo ma, forse, non dovrei essere io a darla. Comunque, torniamo pure al punto." shignazza beffardamente.

Polla. Sei una povera polla Sophie. E porco. Tu sei un porco Jared.
A volte mi chiedo se, a furia di nominare pecore, maiali, vacche, galline e compagnia bella non dovremmo vivere in una fattoria o qualcosa di simile. Il cantante intanto, tira fuori da sotto il cuscino una confezione quadrata e piatta, completamente rivestita di carta velina nera e la allunga verso di me.

"Ecco qui. Sono sicuro che ti piacerà moltissimo, anche perchè è molto pratica, specie con questo caldo."

Mi sale un brivido. Ho il terrore di aprire la scatola. Mi avvicino titubante al bordo del letto e, senza emettere il minimo suono, inizio ad armeggiare con il misterioso pacchetto. Tolto il primo strato di velina, mi trovo davanti quella che sembra una camicia di cotone. E' bianca e molto morbida al tatto, sembra carina. Però, che pensiero gentile. Questa volta mi ha sorpresa in positivo. Bravo Leto, adesso si che iniziamo a ragionare.

"Oh Jared, grazie. E' davvero carina, non dovevi disturbarti, sei stato gentile."

"Nessun disturbo. L'ho scelta personalmente e, stamattina, è arrivata in pronta consegna. Ma su, coraggio, aprila: impacchettata così perde tutto il suo fascino."

Noto che ha una strana luce negli occhi e si sta veramente sforzando tanto per non ridere. Forse lo diverte il fatto di vedermi reagire in modo così gentile, chissà. Prendo tra le mani la camicetta e, aprendola, noto che un piccolo pezzetto di stoffa bianco fuoriesce dalla manica cadendo a terra. Chinandomi, vedo che è una specie di papalina con una croce rossa, ben visibile, stampata sul davanti.

MIO DIO NON VOGLIO CREDERCI.

Balzando in piedi, guardo meglio quella che presumevo fosse un'innocente camicia a maniche corte rendendomi conto con orrore che, in realtà, è una tenuta da infermiera: tenuta comprata in qualche sexy shop o negozio simile, a giudicare dal taglio e, soprattutto, dalla lunghezza. Non riuscirebbe a coprire neanche metà sedere a voler essere sinceri ed ecco perchè, a primo impatto, mi era sembrata una semplice camicina.
Cerco di mantenere la calma mentre, nel mio cervello, la metà dei neuroni di indole pacifica sta cercando di sedare gli animi in rivolta dell'altra metà dei loro simili che, al contrario, incitano alla violenza e allo scorrere del sangue, di molto sangue, con potenti cori da stadio e vuvuzele.

"Scusa se mi permetto Jared, ma cosa significa questa? Spero vivamente che sia una delle tue solite bambinate così ci facciamo due risate e, poi, ognuno torna alla sua vita. AH, AH, AH. Molto divertente Okay?" dico con tono schifato tenendo la 'simpatica' divisa tra il pollice e l'indice.

A quel punto, il cantante, non riuscendo più a contenersi inizia a sghignazzare rumorosamente.

"Cosa vuoi che significhi Sophie? E' semplicemente la TUA tenuta da lavoro. Altrimenti che infermiera saresti? Dovresti davvero indossarla, anche perchè sarei molto, molto deluso se tu non lo facessi e non vorrei essere costretto a chiamare Rachel in agenzia e raccontargli del nostro piccolo incidente."

Sporco approfittatore bastardo.

"Lo sai che questo è un ricatto? Ma hai la più pallida idea delle idiozie che stai sparando? IO NON METTERO' MAI QUELLA COSA, CHIARO SPORCO MANIACO!?"

Senza rendermene minimamente conto mi sono messa ad urlare e, nel frattempo, l'orda di neuroni assassini di poco prima, ha ben provveduto a legare ed imbavagliare tutti i confratelli che cercavano una qualche forma di diplomazia.

"Ma si può sapere che diavolo sta succedendo qui dentro?! Io non vi sopporto più!"

Perfetto. Mancava solamente che Shannon facesse irruzione come uno scimmione nella stanza.

"Niente di che Shan. Tuo fratello ha pensato bene di farmi la divisa su misura." dico sbatacchiando lo straccetto bianco per tutta la stanza.

Shannon di rimando inizia a ridacchiare, cercando di mascherare il suo evidente divertimento con qualche colpetto di tosse senza, tuttavia, sortire grandi risultati. Come attore, è piuttosto scarso.

"Ma ti ci metti anche tu? Ma perchè?! Non c'è nulla da ridere!"

"Sophie si, avrai pure ragione, però credo che vederti con quella roba addosso farebbe piacere un po' a tutti qui dentro sai? E poi sono sicuro che Jared scherza. Vero bro?"

Jared, smettendo improvvisamente di sghignazzare, replica al commento del fratello con assoluta pacatezza.

"Certo che no Shan. Non sto affatto scherzando, dovrà indossarla punto e basta."

Io, che nel mentre, sono passata dal bianco straccio al viola prugna appassita nel giro di pochi secondi, inizio a sbraitare peggio di una caffettiera in ebollizione.

"Lo vedi?! Che ti avevo detto?! Tuo fratello è pazzo! Come faccio a lavorare così?! Come?! Dimmelo, maledizione!"

Shannon, alzando gli occhi al cielo e facendo spallucce, inzia ad indietreggiare alla volta della porta.

"Basta, voi due mi avete stufato e anche Tomo sta iniziando a perdere la pazienza, quindi la cosa si sta facendo seria. Io me ne lavo le mani, arrangiatevi e vedetevela da soli, siete abbastanza grandi per farlo. Vi chiedo solo di non scannarvi anche perchè, di sotto, c'è gente che lavora."

Detto questo, il batterista sparisce chiudendosi la porta alle spalle. Dopo aver sentito il cigolio della maniglia, torno a guardare in cagnesco Jared che, come se nulla fosse, sta bevendo il brodo che mi è costato almeno un migliaio di papille gustative e tanto, tanto sudore, metaforicamente e letteralmente.

"Jared per favore, cerca di ragionare. Non puoi farmi questo. Voglio dire: lo vedi, sto collaborando, sto cercando di prendermi cura di te al meglio, ma ti prego penso ancora di aver diritto ad un po' di dignità, se non ti dispiace." dico con l'ultimo alito di fiato rimastomi in corpo.

"Mmmh, dunque Sophie" sussurra Jared tra un sorso di brodo e l'altro "Fammi pensare" altro sorso "Se quello che dici può avere senso" altro sorso "Mmmh, no. Direi di no. Quindi coraggio, non mettere il broncio e infila la tua divisa. Anzi, dovresti ringraziarmi: il tessuto è molto leggero, non patirai nemmeno il caldo." ennesimo sorso.

Quanto vorrei che si strozzasse. Quanto vorrei che il liquido bollente gli ustionasse le corde vocali, gli bucasse la trachea o Dio sa cos'altro. Non potrebbe più parlare. Non potrebbe più dare ordini. Altro che arcobaleni ed unicorni; sarebbe questo il mondo perfetto: il luogo in cui Jared Leto è inabile ad emettere qualunque tipo di suono.

"Bene, come preferisci Jared. Metterò il tuo stupido strumento di tortura, ma a modo mio. E questa" dico tirandogli addosso il copricapo con la croce rossa in bella vista "Ficcatela in un posto di tua conoscenza di cui non dirò il nome, per evitare altre squallide battute. Ora, se permetti, andrei a lavare i piatti; se hai bisogno di qualcosa urla, sbatti la testa contro il muro, rotola per le scale, manda un piccione viaggiatore. Non mi interessa."

Tra le risate di scherno di Leto Jr. esco dalla camera e mi dirigo nella mia stanza dove, togliendomi leggins e canotta, infilo al volo la tutina da infermiera che, effettivamente, è davvero molto fresca (e no, non lo ammetterò mai davanti a lui), mettendoci sotto un paio di shorts di jeans. Col cavolo che mi vedrai girare in mutande bello mio. In ogni caso, la poca stima di me stessa che avevo conservato, si è appena gettata in un pozzo stile 'The ring', con una grossa pietra legata intorno al collo.

Mentre scendo in cucina prego solamente di non incrociare Shannon o Tomo almeno per la prossima mezz'ora. Ho bisogno di metabolizzare questo scempio in completa solitudine. Tuttavia, oggi non è proprio giornata, come del resto non è giornata da un paio di settimane a questa parte per cui, non appena varcata la soglia della cucina, trovo i due musicisti intenti nell'ennesima pausa caffè, mentre divorano alcune delle brioche poggiate sul bancone. E'già la seconda pausa che si prendono nel giro di un paio d'ore. E' proprio vero il proverbio che afferma: quando Leto non c'è, la Shomo balla. Okay si, lo so, è leggermente diverso dall'originale ma, fondamentalmente, il senso è quello.

Non appena faccio il mio ingresso, Shannon strabuzza gli occhi ed inizia a battersi il pugno all'altezza del petto, ingurgitando un'altra sorsata di caffè mentre Tomo, di solito perfettamente immobile e calmo, inarca un sopracciglio e storce vistosamente gli angoli della bocca cercando, con estrema educazione, di trattenere le risate.

"Reagite pure come meglio credete ragazzi. Tanto peggio di così non può andare. Una risata collettiva non potrà che fare bene a tutti." biascico con poca convinzione.

A quel punto, mentre Shannon inizia a ridere in preda a quella che sembra una crisi d'asma, Tomo cerca di darsi un contegno nonostante sghignazzi in modo palese.

"Sophie perdonaci. E' solo che vederti conciata così, insomma: non è facile restare seri. Voglio dire, ti manca solo il copricapo!" dice tra le risate Tomo.

"In teoria era in dotazione" gli fa di rimando Shannon "Ma non ho la più pallida idea della fine che gli ha fatto fare. Probabilmente, lo avrà ficcato in gola a Jay!"

Ecco. Altra grande idea: soffocarlo con la sua amata papalina. Bella pensata Shan, sei un maledetto genio quando ti metti d'impegno.
Abbozzo un sorriso forzato e, con la scusa di dover annaffiare le piante in giardino, sparisco dietro la porta a vetri. Che situazione imbarazzante, non mi sono mai vergognata così tanto in vita mia.

Nonostante il caldo afoso del primo pomeriggio, un leggero vento mi scompiglia i capelli donandomi un po' di refrigerio e benessere. Mentre prendo il tubo della pompa dell'acqua ed inizio ad innaffiare le piante sparse un po' dappertutto, mi perdo nelle mie solite elucubrazioni mentali: io vorrei davvero trovare una soluzione, vorrei davvero andare d'amore e d'accordo con quel decerebrato, se non altro per Tomo e Shannon a cui mi sono affezionata moltissimo.
Ma come dovrei fare?
Starmene zitta, buona e tranquilla non è mai stato nelle mie corde ed inoltre, così facendo, finirei davvero col fare la schiava. Perciò, a conti fatti, sarebbe stato meglio andare a coltivare cocchi alle Hawaii: se non altro avrei avuto una tintarella invidiabile.

Lo so che, in fondo (molto in fondo, tipo in fondo alla fossa delle Marianne), Jared non è cattivo ma, al contrario, sono sicura che sotto tutta quella boria sia davvero un uomo in gamba, una persona buona insomma, anche perchè avendo come fratello Shan e vedendo tutta la passione che mette nel suo lavoro, non potrebbe essere altrimenti ma, nonostante tutto, il mio impegno per vedere i suoi 'lati positivi' (si fa per dire) sembra non essere mai abbastanza. E' solo che lui è così, così... DivaH. Accidenti è un tale pallone gonfiato!

E metti la crema, il balsamo, l'olio, lo smalto, la tinta POMEGRANATE (perchè se ti azzardi a dire rosa ti guarda con un tale disprezzo da farti sentire una sottospecie di assassino di coniglietti bianchi e morbidi) e come dimenticare l'acqua di cocco a temperatura ambiente altrimenti non riesce a pisciare ed il cibo macrobiotico altrimenti gli si infiamma l'intestino e, per non farci mancare proprio nulla, il maledetto telefono, il caro Berry, che si porta dietro pure quando è sotto la doccia e che squilla a tutte le ore della notte.

Non posso più andare avanti così.

VOGLIO PACE, VOGLIO TREGUA, VOGLIO TRANQUILLITA'.

Se riuscissi, vorrei anche dormire, ma non si può avere tutto dalla vita no?

Mentre sono ancora immersa nei miei pensieri, sento dell'acqua colarmi lungo la gamba.
Torno velocemente alla realtà ed inizio a guardare per terra: di sicuro avrò allagato mezzo patio con la pompa dell'acqua ed invece no, tutto perfetto. Mi giro velocemente alla mia sinistra e mi accorgo che appoggiato al muretto di cinta c'è Shannon che ride di gusto, mentre continua a tenere in mano l'altro tubo dell'acqua, direzionandone il getto verso le mie gambe.

Ma che simpatico burlone.

"Shan, hai la minima idea di chi tu stia sfidando con questa roba?" dico ridendo e rigirandomi il tubo dell'acqua tra le mani "Lo sai che fino al primo anno di liceo sono stata campionessa imbattuta delle più sanguinose battaglie con fucili ad acqua e gavettoni? Fidati, lascia perdere: le prenderai."

Il batterista inizia a sghignazzare agitando il tubo a mo' di lazzo: sembra un cowboy nano, ma apprezzo comunque il tentativo.

"Adesso si che ho paura BAM BAM! Ma sappi che non sono solo. TOMOOOOOOOO, vieni a darmi una mano?"

"Ma non ti vergogni? In due? Contro una ragazza?" esclamo indignata.

Nel frattempo, Tomo sbuca da dietro l'angolo con in mano un secchio stracolmo di acqua. No dai ragazzi, non scherziamo.

"Tomo ti prego, tu sei un gentleman, questa cosa del due contro uno è una scorrettezza! Non puoi dar retta a quello spiantato di Shan!"

"E' vero Sophie, sono un uomo di classe, ma stavolta non avrò pietà di nessuno, men che meno di te amico mio, mi piace cavalcare da solo verso la vittoria." dice in tono pacato il chitarrista, poggiando una mano sulla spalla di Shannon.

"Oh beh, questo è un colpo basso Tomo. Me la pagherai cara; dì pure a Vicki che non tornerai per cena stasera, nè per le sere a venire, sei un uomo morto. Direi che 'le jeux son fait'. Iniziamo!"

Ti prego Shannon. Il francese proprio non fa per te.
Mentre i due iniziano a schizzarsi sempre più forte, un campanello d'allarme inizia a martellare nella mia testa. Aspettate. E Jared? Che dirà di tutto questo? Dio no, ci ucciderà tutti a sprangate.

"Ragazzi, ragazzi fermi! Jared ci ammazzerà, faremo un disastro con tutta quest'acqua!"

Tomo e Shannon si bloccano senza troppa convinzione ma non sembrano intenzionati a fermarsi.

"No dolcezza, non preoccuparti! Jared tra poco uscirà con zio Terry e si sta tirando a lucido per l'occasione, non ci darà noia! E poi è solo acqua, con questo caldo sarà tutto asciutto nel giro di pochi minuti!"

Detto ciò, il batterista apre a tradimento il getto d'acqua, sparandomelo dritto in faccia.

"AAAAH! MA PORCA MISERIA SHAN, VUOI AVVISARE?! QUESTA E' GUERRA!" dico sbraitando e aprendo il getto dell'acqua su Shannon, colpendolo in pieno petto.

Nel frattempo, Tomo ha rovesciato il contenuto del secchio in testa a Shan ed è corso via a recuperare altre munizioni, almeno credo. Intanto, io e Shannon continuiamo ad annaffiarci di santa ragione in preda a grida che farebbero invidia ad un guerriero Maori ma, proprio mentre sto avendo la meglio, mi accorgo che il mio getto d'acqua sta perdendo pressione.

"Merda! No, no ti prego non abbandonarmi ora! Dai su, da bravo collabora!" esclamo in preda alla più cupa disperazione, mentre inizio ad arretrare con passo veloce.

"Credevi di fregarmi eh, BAM BAM? Ora ti faccio vedere io! Dovranno passarti due volte nell'asciugatrice quando avrò finito con te!" esclama Shannon in tono trionfante.

Mentre si sta preparando a darmi il colpo di grazia, ecco che Tomo sbuca da dietro tirando una secchiata d'acqua sulla schiena già fradicia di Shannon che, girandosi, inizia ad imprecare in lingue sconosciute. Approfitto del momento di distrazione di entrambi per correre a nascondermi, cercando di trovare un modo per non essere fregata definitivamente.
Decido di acquattarmi dietro una piccola siepe, posta di lato al patio. Se qualcuno mi vedesse in questo momento, di sicuro direbbe: 'Chiamate la polizia, quella sta facendo i suoi bisogni nel giardino di un'abitazione privata. Ah no, come non detto, è casa di Jared Leto: sarà una cosa normale.'

Intanto, mentre l'occhio mi cade su un secchio bello capiente, ma soprattutto bello pieno, proprio vicino gli attrezzi da giardinaggio, mi rendo conto che c'è davvero troppo, troppo silenzio. Di sicuro quei due mi piomberanno alle spalle e me la faranno fare sotto dalla paura. Cercando di non fare rumore, mi avvicino al secchio e lo afferro prendendolo con entrambe le mani.
Accidenti se pesa! Tomo potevi riempirlo un po' di più già che c'eri.

Proprio nel momento in cui sto per girare l'angolo, ecco che sento uno strusciare di passi, appena dietro il muro. Trattengo il fiato appiattendomi contro la parete e stringendo il secchio fino a far diventare le nocche delle mani bianche. Niente passi falsi Sophie, non adesso. Di sicuro sarà Tomo, venuto a riprendersi il secchio, o al massimo Shannon che mi starà cercando per farmi capire cosa provano le Jeep durante l'autolavaggio. In entrambi i casi, ho la vittoria in pugno, anche perchè con tutta l'acqua mista a detersivo per pavimenti (sapientemente aggiunto all'ultimo secondo dalla sottoscritta per creare un'arma assolutamente letale) contenuto qui dentro, ci metteranno secoli a ripulirsi.

Chiunque tu sia, sei fregato bello mio.

I passi si fanno sempre più vicini e, ormai, lo sfortunato a cui sto per fare una vera a propria lavata di capo è proprio dietro l'angolo. Sono quasi certa che sia Tomo a questo punto, anche perchè il secchio che ho trovato qui dietro, sarà di sicuro opera sua. Decido di agire prima che svolti, giusto per sfruttare e godermi l'effetto sorpresa.

Dieci volte campionessa di battaglia con i fucili ad acqua: vi avevo detto che non ci sarebbe stata partita.
Okay, pronta.

"BECCATI QUESTO TOMOOOOOOOOOOOOO!" urlo come un'ossessa sbucando all'improvviso e gettando addosso al malcapitato tutto il contenuto del secchio.

Mentre sono intenta a crogiolarmi nella mia soddisfazione, girando su me stessa come una trottola, noto che l'acqua ai piedi del povero Tomo, che non ho neppure avuto la decenza di guardare in faccia, data la mia esaltazione, è di un colore beige chiaro.

"Tomo ma che schifo ti sei messo addosso? Sembra quasi fondotin..."

L'ultima sillaba mi muore in gola.
Smettendo improvvisamente di roteare come un'idiota, mi fermo dando le spalle allo strano individuo/orto vivente che, a conti fatti, non può nella maniera più assoluta essere Tomo.
Dio per pietà celeste, per eterna tua misericordia e bontà infinita che hai dimostrato anche nelle situazioni più crudeli e raccapriccianti, fa che non sia come io penso che sia, ti prego. Nello stesso istante in cui mi giro per guardare in faccia la persona a cui ho appena fatto il lavaggio completo, usando detersivo per pavimenti per giunta, ecco che Shannon e Tomo sbucano oltre la siepe.

"Sophie ma cosa urli?! Guarda che noi siamo qui! Io sono qui! Con chi stai parlan..." esclama Tomo, lasciando cadere improvvisamente il suo secchio per terra e non terminando neppure la frase.

"Ma cos... OH MUDDAFUGGAZ!" grida Shannon.

Duuuuuunque.

Se Tomo e Shannon sono arrivati ora, chi potrà mai essere il ciambellone bruciato a cui ho lavato via circa quattro strati di fondotinta coprente da 500$ accuratamente spalmato con la pialla?
Penso che tutti sappiate quale sia la risposta corretta.
Io sto solo decidendo se piantarmi le cesoie da giardino in gola, oppure iniziare a correre, prendere un taxi e poi un volo solo andata per la Papouasia.
Il momento di silenzio infinito viene interrotto da un urlo straziante, un urlo che infrange la barriera del suono, un urlo di disperazione e rabbia primordiale che ti porta solamente a pensare al fatto che, all'inferno, non si sta poi tanto male.

"SOPHIEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!"

La sola cosa 'carina' di tutto questo, è che ora Jared Leto, uomo affascinante e di grande successo, profumerà per almeno una settimana di detersivo igienizzante al bergamotto e lavanda.





*si butta in ginocchio sui ceci implorando pietà e perdono*
Lo so, avete il DIRITTO di uccidermi, sono sparita ed è più di un mese che non aggiorno ma tra l'ultimo esame, l'influenza (si alla sottoscritta la febbre viene in estate), il concerto di Lucca (per chi c'era sa bene di cosa parlo, MIO DIO) e la depressione post concerto ancora in corso, non ho avuto un secondo libero. In ogni caso questo capitolo lungo come i capelli di Jared, dato che ormai il nostro Tomino ha perso il primato, è arrivato. Spero solo che non sia noioso, banale o poco divertente perchè mentre lo scrivevo non facevo altro che ripensare al concerto. Sono parecchio sentimentale. :'D
Come al solito, aspetto i vostri preziosi pareri (di ogni sorta e tipo) e spero che la lunga attesa a cui vi ho sottoposto, possa essere ripagata anche un minimo.
Cosa dire ancora? Grazie per tutto e spero di poter incontrare tutti coloro che saranno a Milano il due novembre, mi farebbe tanto piacere ringraziarvi di persona per tutto il vostro sostegno.
Un bacione grande, alla prossima.


 

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Capitolo 12
*** Quando tiri troppo la corda... finisce che si spezza! ***


Cosa spinge un essere umano a correre?
Cosa lo spinge a dare il cento per cento, fino a farsi scoppiare il cuore, fino a consumare i propri muscoli quel tanto che basta per non affogare nell'acido lattico?
Me lo sono sempre chiesta. Da pigra quale sono, odio correre, sudare e avere il fiatone, così, spesso, mi domando questa cosa e mi do anche delle risposte abbastanza convincenti: l'ambizione di vincere una gara importante, scaricare la tensione della giornata, smaltire le calorie in eccesso o, nel più elementare e primitivo dei casi, sopravvivere.  Ebbene si. Avete presente la storia del leone e della gazzella vero? Se la gazzella, all'alba, non correrà più veloce del leone sarà divorata. Che cosa appassionante.

E poi, giustamente, ci sono io che corro per un altro motivo, sempre legato alla sopravvivenza, presumo, ma meno affascinante rispetto alla storia della nostra cara amica gazzella.

In questo momento, infatti, sto correndo come una furia e credo anche che, a breve, sputerò un polmone, perchè ho alle calcagna una bestia molto più pericolosa del leone sopracitato: un esemplare di Leto Jr. incazzato come una iena a cui ho appena tirato addosso, per sbaglio vorrei aggiungere a mia discolpa, circa cinque litri di brodaglia per lavare i pavimenti ed ora, questa brutta bestia con la faccia somigliante ad una pozzanghera tipica delle peggio paludi della Louisiana, mi sta rincorrendo per tutto il perimetro della sua adorata casina.
Credo voglia uccidermi, scannarmi o cose del genere.  Anzi no. Credo che prima di farmi fuori definitivamente, voglia torturarmi lentamente e lasciarmi agonizzare, facendomi provare lo stesso dolore che lui sta provando in questo momento e, considerando quanto Jared DivaH Leto tiene al proprio aspetto, direi che il dolore sarebbe abbastanza forte.

Tutt'altro che avvincente, no?

Ma la cosa ancora più straordinaria, è il fatto che la sottoscritta sia riuscia a fare una riflessione del genere mentre versa in una condizione di iperventilazione da sforzo e, più precisamente, si trova ad effettuare il sesto giro della casa.

"Jared, ti prego, fermati!" urlo in preda al panico, mettendomi una mano sul fianco anche perchè credo che stia per scoppiarmi la milza "E' stato solo un incidente, non era mia intenzione, per pietà così mi fai paura!" continuo con il poco fiato rimastomi nei polmoni.

Ma il Terminator dell'armata Pomegranate è sordo ad ogni supplica e la sua missione sembra essere partita senza possibilità di negoziazione: TERMINARE SOPHIE ORA.
Mentre Jared continua a guadagnare terreno e la distanza che ci separa è sempre minore (sapevo che mangiare troppa parmigiana non avrebbe giovato alle mie capacità atletiche), Tomo e Shannon sono rimasti all'altezza della piscina in un misto di emozioni tra il disgusto e la disperazione che, lentamente, si stanno trasformando in rassegnazione. Dal poco che ho potuto osservare, e questo mentre mi trovavo al terzo giro di corsa circa, Shannon era buttato su una sdraio e si teneva la testa tra le mani bestemmiando qualcosa di incomprensibile, mentre Tomo, di solito sempre impassibile, scuoteva la testa tenendo le mani sui fianchi, come un padre stufo dei giochini idioti dei figli.

Che situazione incantevole.

Tuttavia, non me la sto passando tanto male; dopotutto, Jared non mi ha ancora acchiappata e, anche se ho ancora qualche metro di vantaggio, penso sia meglio correre ai ripari.

"SOPHIEEEE TI FACCIO A PEZZI, HAI CAPITO?! ASPETTA SOLTANTO CHE RIESCA A METTERE LE MIE MANI ATTORNO AL TUO ESILE COLLO, ASPETTA E VEDRAI!"

Ecco, appunto.

Il cantante continua a gridare come un ossesso, biascicando e tossicchiando a destra e a manca per colpa del fondotinta che, continuando a colare, dev'essergli finito anche in gola mentre io, finendo il settimo giro della casa (gente ho deciso: andrò a Rio 2016, con categoria: 800 mt, con digestione di parmigiana in corso), corro verso Shannon e Tomo sperando in una qualche forma di protezione. Purtroppo, la reazione dei due non è quella che avrei voluto: Tomo alza le braccia in segno di resa e si tira indietro, mentre il batterista mi lancia uno sguardo torvo e mi fa segno di andare dietro di lui. Senza provare minimamente a replicare con le mie ragioni, eseguo il comando di Shan e mi piazzo dietro la sua schiena, appoggiando le mie mani sulle sue braccia ancora umide dopo la battaglia con i fucili ad acqua, come una bambina indifesa che, tuttavia, sa di averla combinata davvero grossa.

A vederci da fuori, io e Shannon sembriamo una copia malriuscita e alquanto grottesca dell'Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci: la mia testa che spunta da sopra la sua sorpassandolo in altezza di svariati centimetri, le sue mani poggiate sui fianchi ed infine, come immancabile tocco di classe, le mie mani agganciate saldamente attorno al batterista: una intorno alla vita e l'altra poggiata sul suo braccio sinistro, quasi a volergli impedire di abbandonarmi e lasciarmi lì, nelle grinfie di Jared.
Mentre la sottoscritta sta ancora iperventilando, cercando di tornare ad un colore che non sia il rosso Ferrari, Jared giunge a grandi passi nel punto in cui il nostro terzetto è fermo e si blocca a pochi centimetri dal viso di Shannon.

"Shan, togliti da lì. Devo fare il mio dovere ed eliminare la ragazza: ormai è una minaccia conclamata alla mia persona."

MA COME DIAVOLO PARLI LETO?

Per tutta risposta, Shannon rimane fermo, immobile e, cosa ancora più inquietante, non spiccica una sola parola. Intanto, Tomo si è infilato in mezzo ai due aumentando lo spazio tra loro che, fino a quel momento, risultava parecchio esiguo.

"Ragazzi, per piacere, dovete cercare di fare pace" afferma Tomo con tono calmo e conciliante, "Con questa storia state decisamente esasperando me e Shannon, oltre che voi stessi. Che ne dite di trovare un accordo? Mmh?"

Nonostante lo sforzo, le parole di Tomo appaiono, fin da subito, poco convincenti: nemmeno lui sembra essere sicuro di ciò che sta dicendo.

"Spero tu stia scherzando Tomo. Io avrò pace solamente quando Sophie sarà bella che stesa e, stavolta, ti posso assicurare che lo sarà per motivi tutt'altro che piacevoli." sogghigna Mr. Mostro Della Palude.

Ma è mai possibile che, quest'uomo, non sia in grado di pronunciare una frase compiuta, senza fare allusioni sessuali?

A quel punto, il chitarrista alza gli occhi al cielo ed io, mi rendo tristemente conto che l'ultimo barlume di pazienza lo ha definitivamente abbandonato. Notando lo sguardo di Tomo, decido di cucirmi la bocca ed evitare di rispondere per le rime.

"Bene. Sapete che c'è? Andate al diavolo, tutti quanti. Shannon, avevi ragione. E' impossibile far ragionare questi due. Qui serve una ferrea presa di posizione: non intendo più lavorare o provare alcunchè con questo clima. IO VADO IN SCIOPERO. S-C-I-O-P-E-R-O." dice scandendo le lettere una ad una ed alzando leggermente la voce. Non avevo mai visto Tomo scomporsi così, fa quasi più paura dello stesso Jared.

In tutto questo, Shannon continua a rimanere serio ed in silenzio, ma noto che ha una strana luce negli occhi.

"Scusate" pigolo con un fil di voce "Non potremmo sederci tutti insieme, davanti ad una bella tazza di caffè e parlarne civilmente? Mi dispiace da morire, lo giuro! E Tomo, per piacere, non dire neanche per scherzo che ti metti a scioperare." continuo con fare agitato "Come faccio io senza di te? Come fanno LORO senza di te?!" mormoro indicando i due fratelli; anche perchè, è chiaro come la luce del sole che, senza Tomo, i Leto non possono farcela, proprio no.

Concludo la frase abbozzando un sorriso nel tentantivo sedare gli animi, ma credo proprio di aver fatto un bel buco nell'acqua. Dopo giorni di grida, urla e rumori molesti adesso, a casa Leto, regna un silenzio tombale. Gli unici suoni che le mie orecchie, già parecchio provate, riescono a percepire sono lo sciabordio dell'acqua in piscina e il digrignare dei denti di Jared.

Il mio amato Robert sarebbe fiero di tutto ciò.

Il silenzio viene rotto da Tomo, che pronuncia una frase in grado di farmi gelare il sangue nelle vene.

"Shan, è giunta l'ora. Procediamo con il tuo piano: basta scherzare, ora si passa alle maniere forti."

Per un momento soltanto, colgo un lampo di puro terrore nello sguardo di Jared, mentre Shannon, prima serissimo, inizia a ridacchiare sommessamente. Noto, inoltre, che Jared è disorientato almeno quanto me, anche perchè mi sta fissando con uno sguardo interrogativo e, per certi versi, complice quasi a voler dire: 'Ehi ora abbiamo un nemico comune, ti va di fare comunella il tempo che serve, così poi potrò tornare a darti la caccia come un cane da tartufo?'

Ehm no grazie, Jared. Rifiuto l'offerta e vado avanti.

"Ragazzi ma che significa? Cosa vuoi dire con il 'tuo piano'?" sussurro con la voce in fondo ai piedi, staccandomi pian piano dalla schiena di Shannon.

"Già Shan. La pazza ha ragione" afferma Jared con poco entusiasmo "Allora che state combinando voi due?"

Sorvolando sul fatto che, lo spostato per eccellenza, mi ha appena inserito erroneamente nella sua categoria, mi ha dato ragione. Facciamo progressi.
Intanto, Shannon e Tomo ci guardano facendo spallucce, con aria da cospiratori.

"Saprete tutto a tempo debito" sogghigna Shannon.

"O forse no." ridacchia Tomo.

"SPUTATE IL ROSPO DANNAZIONE!" gridiamo in contemporanea io e Jared. Caspita che sincronia, ho quasi paura.

I due si guardano, continuando a fare gli gnorri per qualche altro secondo, dopodichè, sfoderando un sorriso a trentasei denti, esclamano all'unisono: "CAMPEGGIOOOOOOOOOOOOOOOO! CAMPEGGIO! CAMPEGGIO!"

"Campecosa?!" esclamo ancora più confusa, "Spero vivamente che sia uno scherzo e, se così non fosse, spero che abbiate almeno la decenza di spiegarci qualcosa, invece che continuare a gridare la parola campeggio come due adolescenti impazziti in preda alle crisi ormonali."

Per tutta risposta, i due, rimangono a ridere come invasati, continuando a ripetere la parola 'Campeggio' in modo ossessivo.

Buon Dio siamo proprio alla frutta.

Guardo Jared sottecchi per capire se, almeno in questa circostanza, è possibile cooperare per il bene comune e, per la prima volta da quando lavoro qui, lo vedo guardarmi come si guarda una 'persona normale' e non il tacchino nel giorno del Ringraziamento.

"Ehm Jared? Scusami, pensi che potremmo provare a capire cosa stanno complottando? Sarebbe carino no?" sussurro con fare dolce, porgendogli un asciugamano poggiato sulla sdraio accanto a me.

Jared, prendendo delicatamente l'asciugamano dalle mie mani, mi guarda con aria diffidente.

"Bene" sospira il cantante, "A meno che tu non sia direttamente coinvolta in questa assurdità o, peggio ancora, a meno che tu non abbia messo qualche sostanza psicotropa nel pranzo di Tomo e di mio fratello, direi che potrei prendere in considerazione l'idea di non metterti le mani addosso, frustarti, o sculacciarti, se preferisci, nei prossimi cinque minuti."

Detto questo, mi sorride soddisfatto.

Bastava dire di si e basta. Lo sai vero? Mamma mia quanto sei complicato Leto.

"Sai, senza questa tua preziosa delucidazione Jared, avrei fatto fatica a capirlo. Specialmente la parte sulle sculacciate: quasi quasi mi dispiace." dico sbuffando.

"Non tentarmi Sophie, o potrei mandare all'aria questa tregua lampo. Ho giusto dei nuovi guanti di lattex da prov..."

"Ma Dio Jared stavo scherzando!" sbotto alzando la voce, "Era una battuta, non hai mai sentito parlare del buon caro e vecchio sarcasmo? E per la cronaca: sei un maiale, te lo hanno mai detto le tue amiche?"

"Si, Sophie. Specialmente se le amiche a cui alludi, erano in posizione orizzontale."

Non riesce a comportarsi normalmente. No, proprio non ci riesce.
Come dovrei rispondere?
Con una padellata nei paesi bassi, semplice.

Tuttavia, mantengo la calma e prendo un bel respiro per il bene di tutti.

Campionati mondiali del lancio dei doppi sensi: Jared uno; Sophie zero.
Mondo crudele.

Alzando gli occhi al cielo, afferro il cantante per un braccio e lo trascino, con qualche resistenza, vicino agli altri due componenti della band.

"Allora?" dico interrompendo bruscamente i loro schiamazzi "Potreste, per piacere, spiegarci una volta per tutte cosa sta succendo?" domando per l'ennesima volta con una punta di esasperazione nella voce.

"Già Shan, ora mi sto stufando. Tra l'altro sono anche parecchio in ritardo per l'appuntamento che avevo con Terry e devo ancora togliermi questa poltiglia dalla faccia." fa eco Jared, ruotando l'indice sinistro attorno a quella che, una volta, poteva definirsi la sua faccia.

"Cosa c'è da spiegare? E' semplicemente quello che abbiamo detto prima: si va in campeggio." afferma Shannon con aria di sufficienza.

"Quello che Shan sta cercando di dire" aggiunge Tomo con rinnovata calma, "E' che, noi due, esasperati dalla vostre incociliabili divergenze, abbiamo optato per una soluzione diplomatica, atta a risolvere una volta per tutte la questione."

"Tomo, ti prego, sta zitto. Sembri un avvocato da due soldi." ribatte Jared massaggiandosi le tempie.

"Beh, effettivamente non hai aggiunto molto ed io non ho ancora ben capito la questione." concludo leggermente seccata.

"Quello che intendo, miei cari Sophie e Jared, è che, per risolvere la situazione definitivamente, ce ne andremo tutti in campeggio nei boschi: io, Vicki, Shan e si, anche voi due. Siamo in pieno agosto, è ancora molto caldo e non avremo nemmeno il peso delle tende; i sacchi a pelo basteranno."

"CHE COSA?!" grida Jared in preda all'isterismo, "Vi rendete conto delle idiozie che state dicendo? Abbiamo tantissimo lavoro da fare: l'album, le prove, i nuovi VyRT, Artifact e tutto il resto e voi pensate ad andare in campeggio e al fatto che io possa riuscire a tollerare la tipa qui di fianco semplicemente dormendoci insieme nei boschi?!"

"Stavolta e, credetemi, mi duole ammetterlo, Jared ha ragione: ragazzi la trovo una perdita di tempo; io e lui non andremo mai d'accordo, nemmeno a colpi di Kumbaya cantata intorno al fuoco. Bel tentativo comunque." affermo con sincerità.

"Grazie Sophie, gentile da parte tua confermare la mia tesi."

"Figurati, è un piacere." dico facendo spallucce.

A quel punto, Shan si alza e ci guarda dritto negli occhi con fare molto serio.

"Forse non avete ben compreso la gravità della situazione" dice scuotendo la testa "Se voi due non trovate il modo di andare d'accordo, o almeno non ci provate, io e Tomo andiamo in sciopero. Non metteremo più piede in questa casa, non si può più lavorare in queste condizioni. Sapete cosa significa? Niente album, niente prove, niente progetti e progettini bro e per te, Sophie, niente più incarico."

Mi sento mancare. Perdere il lavoro per una sciocchezza simile? Rachel mi ammazzerebbe seduta stante e le mie referenze sarebbero rovinate per sempre; nessuno vorrebbe più assumermi. No non esiste.
Okay. Credo che sarò costretta ad avvallare questa enorme stronz... ehm volevo dire genialata del campeggio.

"Ehm ragazzi, va bene. Se proprio insistete proviamo anche questa, ma state perdendo solo del tempo, vi avviso."

"Ecco la mia BAM BAM! Questo si che è lo spirito giusto! Non preoccuparti, abbiamo già pensato a tutto, sentite qui: partiremo dopodomani e arriveremo ad Aspen dove io e Tomo abbiamo prenotato per qualche giorno una piccola baita sperduta nei boschi, ma la cosa più bella è che, per arrivarci, ci vorrà circa un giornata di cammino e quindi, la prima sera, ci accamperemo all'aperto! Non è meraviglioso?!"

PARTIREMO DOPODOMANI.

BAITA NEI BOSCHI.

UN GIORNO DI CAMMINO.

CI ACCAMPEREMO ALL'APERTO.


Sto per sentirmi male.
Avete presente cosa significa fare un campeggio?


 

  1. Una quantità abnorme di INSETTI da fare invidia al canale del National Geographic;
  2. ZANZARE: questo approfondimento era assolutamente necessario in quanto, la sottoscritta è terrorizzata dalle zanzare e dal loro perenne ronzio; non stanno zitte un attimo e proprio quando stai per addormentarti, ecco che tornano a tormentarti. Tra l'altro, ora che ci penso bene, noto anche una qualche somiglianza con Jared;
  3. Differenti specie di RAGNI ognuno dei quali con la sua fantastica ragnatela che, ovviamente, avrò la fortuna di prendere direttamente in faccia, cosicchè il suo proprietario, avrà poi il diritto di usare la mia testa e, più precisamente, i miei capelli come nuovo nido;
  4. Caldo, fatica, sporcizia e sudore che, sommandosi alla combinazione letale di NO DOCCIA e NO WC, sarà uguale a NO PARTY FOR SOPHIE. Mio Dio: sembra uno slogan; pessimo per giunta. Come ti sei ridotta male vecchia mia;
  5. ANIMALI SELVATICI come cinghiali, lupi e grizzly che, grazie alla mia goffaggine nel muovermi, avranno un pasto decisamente facile;
  6. E, dulcis in fundo, la cosa più terribile di tutte: JARED che, aggiunto ai punti precedenti, almeno per me, costituisce l'equivalente di una morte lenta, in preda ad atroci sofferenze, con la mia anima che finisce dritta negli antri più reconditi dell'inferno.

No, no, no, no, no, no.
No per tutti e sei i punti.

Deglutisco a fatica mentre cerco di abbozzare un sorriso; Jared, intanto, è immobile e mi sta fissando.
Che mi abbia letto il terrore negli occhi?

"Si Shan" pigolo "Davvero grandioso, sarà divertente."

"Shan, sai che hai ragione? Possiamo tentare: credo che, in fin dei conti, sarà davvero molto, molto divertente." sghignazza con tono sadico Jared.

Ha capito tutto, lo sapevo. Che tu sia dannato Leto.
La mia coscienza, intanto, si è appena tagliata le vene nella vasca da bagno.

"Oh, finalmente!" esulta Tomo alzando le braccia al cielo "Abbiamo trovato un accordo! Vedrete, sarà una bella esperienza; Vicki ci aspetterà direttamente al rifugio perchè porterà lì tutte le provviste per la settimana."

Aspettate un secondo. Intendono stare lassù un'intera settimana?! No, non posso farcela: è più di quello che potrei mai umanamente sopportare.
Santa Sophie Martire non è ancora venuta al mondo.

Quasi leggendomi nel pensiero, Jared mi si accosta cingendomi la vita con un braccio.

"Allora Sophie, sei contenta? Magari, questa è la volta buona mmh? Io e mio fratello, fin da piccoli, siamo stati cresciuti in mezzo alla natura da nostra madre. Vedrai quante cose ci sono da imparare ed io, sono un ottimo insegnante. Severo, ma davvero ottimo."

Un brivido mi parte dalla cima dei capelli e buca il terreno sottostante, arrivando fino al centro della terra. In questo momento, nella mia mente, echeggiano solamente due parole: SONO FOTTUTA. Tuttavia, cerco di non perdere la calma e di risparmiare le mie crisi mistiche/isteriche per la settimana avvicente che si prospetta.

"Si, Jared, davvero. Sono felice come una Pasqua e non ho dubbi sul fatto che tu sia un ottimo insegnante; anzi sono certa che sarai così bravo che, al termire del nostro pittoresco soggiorno, l'allieva avrà superato il maestro. Stai attento."

Senza ascoltare la sua replica, mi dirigo a passo svelto verso la porta d'ingresso sentendo, a pochi metri da me, Shannon e Tomo ridere di gusto.

 

 

*beep beep*

 

 

Spengo la sveglia con una manata che poco si addice ad una signora e guardo l'orologio: le otto e mezza. Ci siamo. Oggi è il grande giorno, si parte per lo stramaledettissimo campeggio.
Poichè abbiamo il volo per Aspen a mezzogiorno, Jared mi ha concesso la mattinata libera. Dopotutto, un carceriere non negherebbe mai l'ultimo desiderio al poveretto che sta per mandare al patibolo no?

Calcolando i tempi di attesa all'aeroporto, gli spostamenti ed il tempo effettivo di volo, arriveremo al sentiero montano che ci condurrà al rifugio, verso le cinque di pomeriggio. Questo significa una sola cosa: faremo circa due o tre kilometri e poi... 'Ops, ma come si è fatto tardi! Credo proprio che dovremmo accamparci qui fuori e riprendere domani!'. Così facendo, impiegheremo ben due giorni ad arrivare alla baita.
Mi sembra giusto.

Shannon e Tomo hanno fatto per bene i loro calcoli. Quanto alla sottoscritta e allo psicotico per cui lavoro, deduco che avremo parecchio tempo a disposizione per riflettere sui nostri peccati ed espiare le nostre colpe.

Scendo pigramente dal letto e vado ad infilarmi un'ultima volta nella mia amata doccia per lo sfratazzo di addio, prima di fare ritorno alle condizioni igienico-sanitarie degli uomini primitivi. Mentre esco dalla camera noto, di fianco il letto, il mio borsone stracolmo di roba con accanto il sacco a pelo color verde prato (regalo di Tomo, che pensiero carino), che mi sta fissando con aria minacciosa.
Un attimo. Ho appena pensato che il sacco a pelo mi stesse guardando male. Perfetto: i segni del mio evidente disagio mentale sono più precoci di quanto credessi; non ci vorrà molto prima che massacri a colpi d'ascia, nei bui boschi del Colorado, la 'Bestia di Satana' e quei due malcapitati che hanno avuto la sfortuna di lavorare con lui. Nel caso di Shannon, poi, la sfiga è doppia dato che, oltre a lavorarci, ci è pure imparentato. Ti sono vicina Shan, davvero.

Appena uscita dal box doccia, avvolta nel mio morbido asciugamano (si, mi mancherai anche tu amico mio) sento Jared sbraitare. Che novità.
Infilo al volo un paio di leggins neri con una canotta rosa pallido abbastanza sformata da coprire i punti giusti, visti gli spiacevoli precedenti e scendo di corsa al piano terra con ancora tutti i capelli bagnati.

"Jared stai bene? Cos'hai da urlare così?"

Entrando in salotto, mi si para davanti il caos più totale: pantaloni, canotte sfrangiate e tagliate 'Alla Leto' come mi era stato insegnato dalle due Echelon incontrate sotto casa qualche tempo prima, felpe, cinture, moschettoni, scarponcini da trekking, svariati attrezzi da montagna, mutande (ebbene si, avete capito bene: MUTANDE) e almeno cinque diverse borracce, con altrettante etichette, sui cui è scritto il contenuto: acqua naturale a temperatura ambiente, acqua di cocco, latte di soia, tè verde, tè al gelsomino e succo di melograno.

Ma perchè?

Jared, nel frattempo, continua a sbatacchiare tutto per aria gridando come una donnicciola, in preda alla fase acuta del ciclo mestruale.
Mi avvicino a lui con fare cauto: date le circostanze, potrebbe benissimo cavarmi accidentalmente un occhio con un piccone.

"Jared ehi, tutto okay? Sai, sono le nove. Tra meno di un'ora abbiamo appuntamento con Tomo e tuo fratello all'aeroporto. Non vorrei metterti pressione, ma qui è ancora tutto in alto mare e pens..."

Senza nemmeno farmi finire la frase, il cantante si gira fissandomi dritto negli occhi e, avvicinandosi, prende con vigore le mie mani tra le sue; ha uno sguardo terrorizzato.

"COSA?! LE NOVE?! NON HO NEMMENO INIZIATO LA VALIGIA, PERDEREMO IL VOLO! NON POTRO' FARTELA PAGARE COME SI DEVE SE NON ARRIVIAMO IN MONTAGNA, CAPISCI?! CHE DISASTRO! E' TARDI, TARDISSIMO!"

Ah, grazie mille. Sei sempre così premuroso Jared.

In quello stesso istante, la luce che filtra dalla portafinestra, cade ad illuminargli tutto il viso e noto con sollievo, che il brutto ematoma si sta riassorbendo velocemente. Ora che lo guardo così da vicino e per di più alla luce del giorno, mi rendo conto di quanto sia attraente; è davvero bello. Peccato sia così, così... ehm, non lo so. Non trovo nemmeno un aggettivo abbastanza pessimo per descriverlo. E comunque il fatto che abbia questa presenza magnetica, non lo giustifica a comportarsi sempre come uno zoticone, non con me almeno. E poi quegli occhi... rischi di perderti lì in fondo, sono così...

Ma che razza di pensieri sto facendo? Tra poco perdiamo il volo ed io sto riflettendo sul fatto che Jared possa essere bello o meno. Sei proprio caduta in basso Sophie.
In ogni caso, dato che mi sento ancora parecchio in colpa per l'incidente dell'altra notte, decido di dargli una mano con i bagagli; non vorrei mai che perdessimo l'aereo o, peggio, che tirassimo troppo la corda con Tomo e Shannon che, a mio parere, sono stati fin troppo pazienti.

Sciogliendo velocemente la sua stretta dalle mie mani e sperando che non si sia accorto del mio momento di stato vegetativo, inizio a raccogliere le cose sparse per la stanza e ad infilarle nel suo borsone da viaggio.

"Stai calmo Jared. Ora ti do una mano con la valigia e ti prometto che in venti minuti saremo fuori di qui, non preoccuparti perchè non perderemo l'aereo e potrai tranquillamente divertirti a torturarmi in montagna. Okay? Ah, però ti avverto: le mutande te le sistemi da solo, sia chiaro."

Il cantante non risponde. Penso sia orribilmente sorpreso o qualcosa di simile; non credo si aspettasse una risposta del genere.

Nonostante sia arrivato ai quaranta, ho capito che con lui bisogna approcciarsi come con i bambini dell'asilo, ossia, ha bisogno di costante: rassicurazione, ammirazione, plauso, adulazione e tenerezza ben dosate. Se non ci si comporta in questa maniera è la fine perchè, mentre il suddetto bambino di tre anni, per vendicarsi, potrebbe far pipì ovunque o poggiare le sue mani sporche di cioccolata per tutta casa, non assecondare Jared, nei limiti del mio personalissimo livello di tollerabilità, porterebbe a conseguenze disastrose, come essere annegata in una vasca stracolma di tintura per capelli, mista a smalto fosforescente.

Dopo essere rimasto per qualche secondo in silenzio, Jared si avvicina al borsone semipieno con fare circospetto e, riducendo gli occhi a due fessure, inizia a raccogliere le sue mutande sparse lì intorno, non togliendomi gli occhi di dosso nemmeno per un secondo.

"C'è qualcosa che mi nascondi Sophie? Non starai mica progettando una delle tue stramberie? Sei molto, troppo gentile stamattina."

Certo. Come se fossi io quella intenta a creare continuamente piani per far uscire di senno la gente.
Lo fisso a mia volta, decisamente esasperata.
Dio, lo capirà mai che IO sono una persona normale?

"Ma ti pare Jared? Muoviamoci, o faremo tardi."

"Mmh... allora io... grazie."

GRAZIE?

Credo di non aver sentito bene. Ha detto grazie?
Sono commossa, queste sono cose che segnano. Pensavo che L'Accademia Della Crusca avesse abolito questa parola dai vocabolari in possesso di quest'essere ma, evidentemente, ha ancora una speranza di redenzione.

"Comunque, giusto per essere precisi, questo tuo atteggiamento gentile non ti farà avere nessun tipo di sconto speciale in campeggio. Ti ho in pugno, non cercare di fare la furba."

E ti pareva.

"No, non faccio la furba." dico lanciandogli un'occhiata truce. "E' solo che vorrei cercare di passare le ultime ore che mi restano da vivere nel mondo civilizzato in completa serenità, o è chiedere troppo di grazia? E poi" aggiungo con una leggera punta di nervosismo nella voce, "Sei tu che non devi fare il furbo: lo so bene che hai capito che sono terrorizzata da questa cosa del campeggio, per tutta una serie di cose che avrai benissimo immaginato da solo, quindi falla finita okay?"

Per tutta risposta, Jared butta alla rinfusa nel borsone le ultime due trousse stracolme di Dio solo sa cosa e mi fa spallucce sorridendo in maniera strafottente. Di rimando, chiudo con uno strattone la cerniera del borsone, alzandomi in piedi in modo stizzito.

"Okay, qui è tutto pronto. Dammi cinque minuti: salgo a prendere le mie cose e scendo."

"Si, direi che ci siamo. Pronta a partire Sophie? Vedrai, sarà decisamente EPICO."






Cucù. Ehm si sono proprio io *coffcoff* Vi chiedo perdono come al solito ma sono appena tornata dalla montagna, più precisamente da un paesino sperduto della Culonia :'D Non ho avuto internet per quindici giorni, predonatemi. Tuttavia, mi sono venute un sacco di ideuzze carine che spero potrò sviluppare nei prossimi capitolo, sempre che abbiate voglia di continuare a leggermi. Aspetto con ansia i vostri pareri e, questa volta, invito tutti, anche chi non lo ha mai fatto, a recensire. Questo, per un motivo semplice: ho una curiosità.
Ora noi sappiamo come sono Jared, Shannon e Tomo. Ma come vi siete immaginati la nostra Sophie? Sarei davvero curiosa di saperlo! Non so se nelle recensioni sia possibile ma se avete idee o modelli a cui vi siete ispirati ci terrei tantissimo a vederli. Quindi scrivete pure le vostre impressioni su di lei, oltre ai vostri pareri oppure copiatemi il link di una foto che secondo voi la rispecchia fisicamente!
Mi è preso il trip di questa cosa e ora sono super curiosa di sapere l'idea che vi siete fatti! Spero che rispondiate a questa mia morbosa curiosità, anche i più timidi! :3
Alla prossima, un bacio grande.



 

 

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Capitolo 13
*** Voooolaaaare, oooh oooh... oh oh. ***


 


Ore 10.15, aeroporto internazionale di Los Angeles



"Accidenti Jared, ma ti vuoi muovere? Tra meno di due ore il nostro aereo decolla e dobbiamo ancora fare il check-in e tutto il resto! Tu mi vuoi morta!" urlo stizzita.

Ovviamente, non ricevo nessun tipo di risposta che si avvicini minimamente ad un qualche linguaggio umano, se non un irritante grugnito ed una palese indifferenza.
Affrettando ancora di più il passo, noto con tristezza che mezzo aeroporto ci sta fissando; che vergogna.

Personalmente, sembro una disperata: porto a tracolla un enorme borsone, carico di roba, tenendo il mio amatissimo sacco a pelo in braccio, come fosse un neonato appena sfornato, per non parlare dell'espressione mortifera che ho stampata in piena faccia e dei miei capelli sconvolti, che non ho avuto nemmeno il tempo di sistemare a dovere. Quanto a Jared, ah beh, lui si che è ha stile: se ne va in giro con nonchalanche, indossando una delle sue amate canotte tagliuzzate con su scritto 'My favourite number is 69' E SOTTOLINEO 69, un paio di jeans sformati ed uno strano cappello calato sulla testa in modo tale da coprirgli tutto il viso, che gli conferisce l'aria di un narcotrafficante messicano da quattro soldi. Come tocco di classe finale, tiene il borsone in una mano ed il Blackberry nell'altra.

Probabilmente, starà assillando quella poveretta di Emma. Credo proprio che dovrebbe stare più attento quando maneggia quell'affare; si isola completamente dal mondo e, se continua di questo passo, prima o poi prenderà in faccia qualcosa e allor...

 

*SBAAM*

 

Mi fermo all'istante, chiudendo gli occhi.
Oddio che colpo.

Mi giro di scatto per capire meglio cosa sia successo e... no; ditemi che non è vero. Jared, a pochi metri da me, ha preso in pieno un cartonato pubblicitario, finendo per rimbalzare all'indietro, compiendo una torsione di centottanta gradi per non far cadere a terra il prezioso Berry.

Avete presente no? Quei grossi cartelloni che, solitamente, si vedono negli aeroporti o nelle stazioni, inseriti in quelle teche di plastica, fissate al pavimento con dei bulloni.
Avete visto? Che cosa avevo appena finito di dire?
Gli sta bene; gli sta dannatamente bene.

Torno indietro di malavoglia raggiungendolo e sforzandomi davvero tanto per non ridere, anche perchè ci stanno già pensando i numerosi passanti, che affollano l'ampio spiazzo a ridosso dell'entrata principale. Ma quando mi avvicino a lui e mi rendo conto di cosa abbia effettivamente colpito, non riesco più a trattenere le risate.
Questo perchè, signore e signori, Jared Leto è il solo uomo al mondo che: primo, non sbatte contro le persone comuni ma contro i cartelloni pubblicitari e, secondo, non sbatte contro un qualunque cartellone pubblicitario, ma contro la sua stessa gigantografia che gli ha appena 'lanciato' uno sguardo provocante, tenendo in mano la fragranza maschile della casa di moda Hugo Boss.

Questa si che è bella.

Tra una risata e l'altra, camuffata da colpetti di tosse poco convincenti, poggio una mano sulla sua spalla.

"Wow Jared, questo si che si può definire un colpo di fulmine." dico con teatrale sorpresa. "Guarda come ti fissa; è assolutamente stregato dalla tua avvenenza. Secondo me, è già cotto perso, si vede che siete fatti l'uno per l'altro. E' proprio vero che chi si somiglia si piglia."

Jared mi lancia uno sguardo truce.

Va bene, ora la smetto.

"E' tutto okay?" sussurro con fare comprensivo. "Ti sei fatto ma..." ma, bloccandomi, inizio di nuovo a ridere a crepapelle, non la faccio più.

Giuro che sto cercando realmente di darmi un contegno, ma proprio non ci riesco. Per la miseria, è più forte di me.

"Okay, scusa ma io..." risata "Non riesco a fermar..." altra risata "Mmh, adesso sono calm..." ennesima risata. Di questo passo morirò soffocata, ma ne sarà valsa la pena.

"Ride bene chi ride ultimo. Lo sai Sophie, vero?" mi sussurra con tono gelido.

Mi zittisco all'istante, iniziando a sudare freddo.

Dannazione, è vero. Dovrei cercare di ingraziarmelo e non di provocarlo ancora di più.
Clap, clap. Bel lavoro Sophie; i tuoi neuroni sono fieri di te.

Come se nulla fosse, il cantante recupera il suo borsone da terra e, tra le risate della gente, si avvia stizzito verso la postazione del check-in.

Ma come sei permaloso, suvvia.

Direi che, in fin dei conti, come partenza non è male; di questo passo, stasera, mi avrà già infilato una vipera nel sacco a pelo. Rabbrividisco al solo pensiero, nonostante i trentasette gradi all'ombra.

Una volta letti i tabelloni indicanti il nostro volo, ci dirigiamo verso la nostra postazione incontrando finalmente Shannon e Tomo, che è poco più avanti, alle macchinette del caffè.

"Buongiorno dolcezza! Allora? Sei emozionata?"

"Ciao Shan, si molto. Non vedo l'ora guarda." mormoro con finto entusiasmo.

"Buongiorno anche a te Shannon, ci sono anch'io sai? TUO FRATELLO." si inserisce Jared, con una punta di acidità nella voce.

"Ah, ciao bro. Scusa, con quel cappello non ti avevo riconosciuto: sembravi un malintenzionato pronto a saltare addosso a Sophie; stavo già per avvicinarmi ad attaccare rissa. Ormai, con la gente strana che gira, bisogna stare in sempre in guardia."

Credo che Jared sia sotto shock; infatti, la famosissima venuzza appena sotto il suo occhio sinistro, inizia a pulsare visibilmente.

"Vai al diavolo Shan. Mettiamoci in fila o faremo tardi."

"Agli ordini signore!" grida il batterista, mimando il saluto militare.

Ci mettiamo così in coda per il check-in, subito raggiunti da Tomo.

"Ah, finalmente siete qui, iniziavamo a preoccuparci!"

"Ciao Tomo!" esclamo sorridente "Si, siamo in tempo, sai i soliti problemi di alloggiamento per la roba di Jared. Si è portato dietro mezza casa."

"Continua pure Sophie. Sarò ancora più compiaciuto quando striscerai da me, ricoperta di fango e con i vestiti stracciati dai rovi, elemosinando acqua, citronella o sapone. Non avrò la benchè minima pietà."

"Jared non stiamo mica andando a Mordor, lo sai vero?" replico con tono fermo, anche se, sinceramente, me la sto facendo sotto.

"Finiscila bro, così la spaventi." taglia corto Shannon. "Dolcezza, andrà tutto bene. Ci saremo io e Tomo e poi si tratta solo della prima notte, dopodichè avremo un tetto sopra la testa. Malconcio si, ma pur sempre un tetto. E poi" continua sfoderando un'aria solenne, "Non permetterei mai che accadesse qualcosa di male alla mia BAM BAM."

Un attimo. Cosa significa precisamente malconcio? Oh mio Dio, passerò un'intera settimana nella capanna degli orrori in mezzo ad animali impagliati e motoseghe insanguinate.
Mentre sto ancora pensando a tutte le cose orribili che mi accadranno di lì a poco, Tomo interrompe il flusso dei miei pensieri.

"Ho appena finito di parlare con Vicki: arriverà al rifugio tra poco, ci aspetterà lì. E' molto preoccupata per te, Sophie, ma non ne capisco davvero il motivo." dice grattandosi la testa pensieroso. "Mi ha detto di dirti che, se avremo abbastanza segnale, ti chiamerà ogni due ore." conclude con aria innocente.

"Mah, le donne. Valle a capire." mormora stupito Shan.

"Grazie Tomo, è gentile da parte sua. Spero solo che il mio telefono non muoia strada facendo."

"E chi ti dice che sarà il telefono a morire per primo?" mi sussurra Jared in un orecchio in maniera tale che solo io possa sentirlo, dato che Shannon e Tomo sono avanzati di qualche passo.

"Nessuno. Hai ragione sai? Magari, all'inizio, sarà proprio il tuo caro Berry a lasciarci le penne." rispondo piccata.

Detto questo, gli tiro una lieve gomitata per scostarmelo di dosso e mi avvicino di più a Tomo, mentre la fila continua a scorrere.

Finalmente, dopo una buona mezz'ora, arriviamo davanti all'impiegata del check-in che, salutandoci cordialmente, ci fa iniziare le procedure d'imbarco. Uno alla volta, inziamo a mettere i borsoni sul nastro trasportatore, mentre riponiamo nelle apposite cassettine tutti gli oggetti che potrebbero far suonare il metal detector. Il primo a passare è Shannon, poi ci sono io, Tomo ed infine Jared, rimasto a rimorchiare, con scarsissimo successo, la graziosa ragazza bionda seduta dietro il monitor.

 

*DIN DIN DIN*

 

La sirena del metal detector inizia a suonare come se dovesse annunciare l'imminente fine del mondo. Non mi giro nemmeno a guardare chi dei due, tra Jared e Tomo, possa essere la causa del misfatto, perchè tanto conosco già la risposta.

Mentre raccatto tutti i miei effetti personali, vedo Jared parlare con fare ammaliatore all'impiegata che scuote leggermente la testa con aria comprensiva, ma irremovibile. Nel giro di poco, Shan mi si affianca e anche Tomo, dopo aver ripreso le sue cose, ci raggiunge.

"Che sta succedendo? Che ha combinato quella rapa di mio fratello stavolta?"

"Non ne ho idea." dico a bassa voce, "Presumo che, a forza di provarci con la signorina lì fuori, si sia scordato di togliere qualcosa di metallico, come la cinta; anche se, conoscendo il soggetto, quella avrebbe dovuto essere la primissima cosa a volare via in presenza di una ragazza."

L'ultima frase mi esce di getto, senza pensarci. Mi rendo conto solamente in un secondo momento, che l'ho pronunciata davanti a Shannon e Tomo.

Che figuraccia.

Mi sento improvvisamente avvampare e prego solo che non si noti troppo. Tomo, dal canto suo, ha iniziato a ridacchiare in modo sommesso, mentre Shannon si è alzato gli occhiali da sole sulla testa.

"Ma... ma... Sophie!"

Oddio ora mi ammazza. Ho appena apostrofato suo fratello come un dissoluto, sfacciato e libidinoso, anche se, effettivamente, è quel che è.

"Scusa, scusa, scusa Shan! Sono davvero mortificata, non dovevo permettermi! Mi è sfuggito, non volevo!" balbetto con il battito accelerato.

Il batterista, di rimando, inizia a ridere a crepapelle, piegandosi in due fino a toccare il pavimento con le mani.

Okay, sono leggermente confusa.

"Oh BAM BAM, credo di amarti. Potrebbe scapparci un matrimonio sai? A volte mi chiedo se, in una vita precedente, eri per caso nostra sorella o qualcosa di simile. Conosci la mente malata di mio fratello quasi quanto noi." dice, con le lacrime agli occhi, indicando Tomo.

Non so di preciso se, quest'affermazione, possa essere considerata un bene o un male (presumo la seconda), ma almeno nessuno si è offeso. Jared, probabilmente, si sarebbe risentito ma non è abbastanza vicino. Quindi, a chi importa?

Dunque. Le undici sono trascorse da qualche minuto e Jared sta ancora cercando di passare attraverso il metal detector, senza evidenti risultati. Decidiamo di avvicinarci per cercare di sbrogliare la situazione.

"Fatemi passare, ho tolto tutto. Tra meno di un'ora ho un volo e non posso assolutamente perderlo. Capisce? E'questione di vita o di morte."

Si, la mia di morte.

Spero che ti arrestino Jared e che buttino via la chiave.

"Signor Leto, si calmi. Probabilmente ha ancora addosso qualcosa che manda in tilt le apparecchiature, vediamo di trovarlo e risolvere il problema."

"Guardi che qui, l'unica cosa che manda in tilt le apparecchiature e non solo, è dentro i miei pantaloni e non credo si possa smontare tanto facilmente." risponde con maliziosità il cantante.

Ma quanto fai schifo dai uno a dieci Jared? NOVECENTONOVANTANOVE.

"Mi scusi? Come ha detto?" mormora con fare sconcertato l'impiegata.

"Su dai, non fare l'ingenua biondina. Ho visto come mi guardavi, mi avrai riconosciuto di sicuro. Se mi fai passare, magari ci andiamo a bere qualcosa insieme? Eh, che ne dici?"

La ragazza, ancora parecchio perplessa e, mi permetterei di aggiungere, schifata, pronuncia con tono calmo e severo una sola parola.

"SICUREZZA!"

Perfetto, ci mancava solo questa.

Decido di mettermi di spalle, facendo finta di non conoscere Jared che, non appena ode la parola sicurezza, inizia ad imprecare. Intanto, noto che Tomo si è buttato inerme sulla prima panchina libera, mentre Shannon si è nuovamente calato gli occhiali dal sole sul viso, mettendosi le mani tra i capelli.

La disperazione, dunque, incombe ancora una volta sulle nostre vite.

Nel giro di pochi minuti, Jared è accerchiato da due agenti della sicurezza. Uno di loro prende il passaporto dal bancone e, rigirandoselo tra le mani, chiede con tono fermo: "Allora, signor Lieto, qual è il problema?"

Gli ha già storpiato il nome. No, signor agente, così non va proprio; ora scatta la rissa, ma tanto Jared le prende.

"LETO! E' LETO DANNAZIONE! MA SI PUO' SAPERE PERCHE' SBAGLIATE TUTTI?! SONO QUATTRO LETTERE! VUOLE PER CASO LO SPELLING? ALL..."

"Vuole per caso l'arresto?" lo interrompe l'altro agente.

Jared si ammutolisce. Forse e dico forse, ha capito l'antifona.

"Dunque signor Cleto" prosegue il secondo agente che continua, volutamente o no, a sbagliare il cognome, "Restiamo calmi e risolviamo le cose. Allarghi braccia e gambe: dobbiamo perquisirla."

Ora voglio ridere. Qui finisce male, malissimo.

"Che cosa?!" esclama Jared indignato, "Ma si rende conto di chi sono io?!"

Un povero pazzo è la prima cosa che mi balena alla mente, ma tengo per me quest'acuta ossevazione.

"Signore, si calmi. So chi è lei: Giuared Letto. E' scritto qui, sul suo passaporto. Glielo ripeto un'ultima volta: allarghi braccia e gambe prego."

Il viso di Jared è una maschera d'ira mista a stupore; credo che, tra poco, darà di matto. Tomo non si muove e Shannon, per nulla divertito, sta avanzando a grandi passi verso il fratello. Ci manca soltanto che gli agenti blocchino anche lui. Decido, ancora una volta, di sacrificarmi per il quieto vivere e tiro Shannon per un braccio, bloccandolo.

"Shan, stai calmo. Aspetta, lascia fare a me, okay?"

"Ma Sophie!" esclama, cercando di liberarsi delicatamente dalla mia presa.

"Niente ma. Ti fidi di me?"

"Io... ecco... ma è mio fratello! Mmh... va bene. Però se fanno altre storie intervengo."

"Va bene. Tu e Tomo avviatevi verso il gate. Se ho problemi ti chiamo, promesso."

Mentre i due si dirigono verso il corridoio opposto, con Shannon che non toglie per un solo istante gli occhi di dosso dal fratello, mi avvio con aria decisa verso i due agenti.

Questa situazione mi sembra un deja-vu: ma certo, il galà di beneficenza! La sicurezza aveva bloccato Jared ed io, in quell'occasione me l'ero svignata, lasciandolo a sbrigarsela da solo, grazie al capo della sicurezza, Al, su cui avevo fatto colpo.

Bene Sophie, allora sfodera il tuo fascino, la tua bellezza, le tue curve, la tua... la tua...
Ehm, no, okay. Sfodera il tuo cervello e basta, coraggio.

Mi accosto ad uno dei due agenti, toccandogli delicatamente la spalla.

"Mi scusi..."

L'agente si volta squadrandomi da capo a piedi e mi rivolge un sorriso benevolo.

"Prego signorina, dica pure."

Prima di poter aprire bocca, Jared interviene: "Ah no, non datele ascolto; è pazza, mi odia, farebbe di tutto per farmi arrestare, garantito! Chiamate mio fratello piuttosto! Shannon Leto, LETO!"

Ora ditemi. Ditemi se non dovrei inventarmi una storia sul fatto che mi abbia molestata nel bagno dell'aeroporto e sul fatto che l'abbia riconosciuto da quel ridicolo cappello che indossa.

DITEMELO.

Se non fosse per Shannon e Tomo, l'avrei già piantato lì seduta stante come al galà, altrochè.

"Signor Seto, si calmi. Prego, dica pure."

"E' LETOOOOOOOO, LETO!"

Abbassando la voce per non farmi sentire da nessuno, all'infuori dell'inflessibile tutore della legge, inizio a dare sfogo alla mia fantasia.

"Ecco sa agente, si tratta del signor Leto. Insomma, non sta affatto bene. Sono diversi giorni che soffre di forti manie di persecuzione e alterazioni della personalità, a causa di un brutto colpo ricevuto in testa, più precisamente all'altezza dell'area frontale, come potrà ben notare dai segni sul viso."

L'agente mi guarda perplesso, ma spero non si accorga di tutte le frottole che sto sparando o, garantito, che ci sbatte in prigione entrambi.

"Continui, prego."

"Si. Come lei ben saprà, l'area frontale è sede delle più importanti funzioni esecutive" continuo con tono serio e pacato "Ed una sua compromissione può condurre a comportamenti inusuali, disinibiti e bizzarri. Giusto oggi lo stavamo portando ad Aspen per un controllo, in quanto vi è lo studio di uno specialista che si occupa proprio di problematiche di tale natura. Probabilmente, sarà sottoposto ad una terapia farmacologica." sussurro, fingendo profonda costernazione.

Una smorfia di dispiacere, si dipinge sul viso dell'uomo.

"Oh, adesso mi rendo conto. Lei è una parente?"

Dio no, che orrore.

Tuttavia, ripensando a ciò che Shannon mi aveva detto poco prima, mi spaccio per la cugina di Jared, arrivata direttamente dall'Italia per assisterlo.

"Quindi, se ho ben capito, lei è qui in veste di accompagnatrice. Però signorina, deve comprendere che non ci si può comportare così, sa sono questioni di sicurezza e..."

"Lo so per carità, lo so!" dico poggiandogli una mano sul braccio "Ma è stata tutta colpa mia, mi sono distratta un secondo per sistemare le carte d'imbarco e sa, ormai, il pover'uomo non ragiona per cui, come ho rialzato lo sguardo, l'ho visto lì, vicino alla signorina. Non potremmo fare un'eccezione?" supplico sbattendo lievemente le ciglia con marcata civetteria. "Solo per questa volta? Insomma, non ci sta con la testa."

Dio, fa che se la sia bevuta.

L'agente fa cenno al suo collega di fermarsi e poi torna a guardarmi dritto negli occhi.

"Va bene, per questa volta non prenderemo provvedimenti ma, in ogni caso, dobbiamo capire cos'è che continua a suonare nel metal detector."

Grazie. Chiunque tu sia, fossi anche San Zopito, San Ermenegildo o San Crispino, grazie.

L'agente torna a passo veloce verso il collega ed inizia a riferire quanto appreso a voce talmente bassa da farmi domandare se, in realtà, stiano davvero parlando tra loro.
Guardo l'orologio: le undici e mezza. E' tardissimo.

Cosa diavolo avrà mai addosso che continua a far suonare mezzo mondo?

Mentre gli agenti sono ancora intenti a parlare, mi avvicino a Jared.

"Allora? Grazie a te mi arresteranno vero? Complimenti, scamperai il campeggio, sei più furba di quanto credessi."

"Puoi stare zitto e farmi parlare? Nessuno ti arresterà, vogliono solo capire cosa fa suonare quell'affare."

Per un secondo mi sembra quasi sorpreso, dopodichè torna ad assumere i modi da zitella acida.

"Ma cosa vuoi che ne sappia!" esclama indispettito "Ho tolto tutto, maledizione!"

Mentre i minuti passano, osservo il cantante per cercare di capire quale possa essere l'oggetto incriminato. Mentre lo sto guardando, noto alla base del collo un cordino azzurrino di cui, però, non riesco a scorgere il ciondolo, poichè nascosto all'interno della canotta.

"Jared! La collana, il ciondolo!" urlo con rinnovato entusiasmo.

"Cosa? Quale ciond... Ah."

Il cantante infila una mano dentro la canotta, tirando fuori l'intera collanina. Il ciondolo metallico che, evidentemente, faceva scattare gli allarmi, viene mostrato agli addetti alla sicurezza: è una triad.
Finalmente possiamo attraversare il metal detector, lasciandoci alle spalle il check-in.

"Accidenti. Mi ero completamente dimenticato di questa." mormora riprendendosi la triad e tutto il resto, mentre attraversiamo il corridoio che porta al gate. "E' solo che non la tolgo mai. E' sempre qui, vicino al mio cuore. Fa parte di me."

Wow, non so bene come rispondere. Questo non è il Jared che ho conosciuto; è così... Serio? Umano? Riflessivo? Insomma, diverso.

"Non preoccuparti Jared. Ora è tutto in ordine, però dobbiamo sbrigarci a raggiungere Tomo e Shannon o, stavolta, l'aereo lo perderemo per davvero."

Controllo ancora una volta l'orologio: le undici e quaranticinque minuti. Questo significa che abbiamo esattamente quindici minuti per attraversare il gate, prendere la navetta, arrivare al nostro aereo e salire a bordo.

Siamo fregati.

"Jared! Fra un quarto d'ora il volo decolla!"

Senza rispondermi, il cantante mi afferra per la mano ed inizia a correre, trascinandomi con lui per i lunghi corridoi dell'aeroporto. Mentre sono parecchio impegnata a non travolgere i passanti che ci vengono incontro, mi squilla il cellulare. E' Tomo. Non poteva scegliere momento migliore.

"Pronto Tomo!" ansimo facendomi largo a spallate tra la gente e tenendomi ben salda alla mano di Jared, che continua a correre guardando dritto davanti a sè.

"Sophie, ma dove diavolo siete finiti?! Avevi promesso di chiamare, qui tra poco decolliamo!"

"Lo so, lo so" ripeto con il fiatone, "Stiamo arrivando, siamo quasi alla navetta! Fai stare tranquillo Shan!"

Dopodichè chiudo il telefono, senza attendere la sua risposta. Non appena usciamo all'aperto guardo, con sommo orrore, la navetta partire e allontanarsi.

"KITAMUORT!" urlo in maniera poco fine, nel dialetto tipico della mia regione d'origine.

E' troppo tardi, mancano cinque minuti. Non ce la faremo mai.

"Chi è cosa?!" domanda Jared, a dir poco allarmato dal mio gergo.

"Niente, lascia stare. E ora che si fa?" dico rassegnata.

"Ora si corre, di nuovo."

"No, no." affermo con tono perentorio, puntando i piedi. "Tu non hai capito proprio niente! Piuttosto che farmi fare di corsa quella distanza, dovrai issarmi in spalla! Non ho più fiato, lo capisci?! Prenderemo il prossimo volo, tra un'ora e mezza."

Senza nemmeno rendermi conto del fatto che i miei piedi si stessero sollevando da terra, mi ritrovo in spalla a Jared come un vitello. E, cosa ancora più assurda, lui sta correndo con i miei 57 kg caricati sulla schiena.

Non ci posso credere. Ma quest'uomo non si arrende mai?!
Nel giro di mezzo minuto, ha quasi coperto circa un quarto della distanza ma, di questo passo, gli verrà un colpo apoplettico o qualcosa di simile.

"JARED FERMATI, METTIMI GIU'!"

"Non se ne parla, noi NON perderemo il dannato volo Sophie. Tu NON rovinerai i miei progetti. Tu NON la passerai liscia." ringhia ansimando vistosamente.

E' completamente pazzo, è andato all'aceto.

"CORRERO' CON TE, LO GIURO! MA ORA METTIMI GIU' TUTTO QUESTO E' RIDIC..."

In un batter d'occhio, ecco che mi ritrovo già per terra. Insomma, quello che si definisce un comportamento da galantuomo.

Afferrandomi nuovamente la mano, il cantante intima: "Ora corri."

Nel giro di due minuti siamo sulla scaletta dell'aereo, tra lo sguardo stupito di tutte le hostess. Sono completamente sfinita. Il bilancio dell'impresa è stato pesante: un polmone lasciato a terra, l'insorgenza di due ulcere, una milza spappolata e, forse, la perdita di un paio di kg. Non so come affronterò la settimana in campeggio ma, soprattutto, la divertente seratina che si prospetta.

Mentre percorriamo il corridoio per andare a prendere posto nei due sedili vuoti, appena dietro quelli di Shan e Tomo, il comandante annuncia che sta per dare il via alle procedure di decollo.

Quando si dice spaccare il minuto.

Devo dire, tra l'altro, che mi sento leggermente osservata dal resto dei passeggeri che, sicuramente, mi avranno scambiato per una dirottatrice da strapazzo; non ho nemmeno voglia di andare alla toilette per guardarmi allo specchio e prendere atto delle pietose condizioni in cui verso. Presto saremo fuori dal mondo civilizzato, tanto vale abituarsi da subito.

Non appena ci sediamo, gli altri due musicisti si mettono in ginocchio con un balzo sulle loro poltrone, guardandoci meravigliati.

"OH SANTO MUDDAFUGGAZ! BAM BAM, BRO! SIETE QUI!"

"Grazie al cielo ci siete riusciti; quando hai chiuso la chiamata Sophie, ho temuto il peggio." mi dice con tono sollevato Tomo.

"Per caso avevate dubbi?" irrompe con tono severo Jared. "Piuttosto che perdere il volo e ritardare la permanenza in campeggio, mi sarei fatto spellare vivo. Pensate che me la sono dovuta anche caricata in spalla per svariati metri" afferma indicandomi sconcertato, "Pur di arrivare in tempo."
Dio, che vergogna. Spero che nessuno stia origliando per sbaglio la nostra conversazione.

"NON CI CREDO!" esclamano all'unisono gli altri due.

"Tu sei tutto matto bro." dice Shannon roteando l'indice vicino la testa e rimettendosi a sedere.

"Sophie, tu stai bene? Insomma è tutto a posto?" mi domanda cautamente Tomo.

"Io... si è..." farfuglio confusa, cercando di riprendere una respirazione regolare, "Io, sto bene... mi spia..." altro respiro, "Mi spiace per averti buttato giù il tel..." ennesimo respiro, "Il telefono."

"Ma scherzi? Stai tranquilla e riprendi fiato, piuttosto."

In quel momento una delle hostess si avvicina al nostro gruppetto, chiedendo a Tomo di sedersi e, a tutti quanti, di allacciare le cinture. Infine, prima di andare via, mi chiede se mi sento bene e, dopo la mia risposta affermativa, si allontana a passo svelto.

Mi rendo conto solo adesso che sto ancora ansimando visibilmente. Santo cielo, sembro in preda ad un attacco d'asma. Chiudo gli occhi cercando di concentrarmi sui battiti del mio cuore per provare a calmare il fiatone, ma il mio simpatico esercizio yoga viene interrotto dallo sghignazzare di Jared, seduto accanto a me.

"Finalmente, dopo settimane, sono riuscito a trovare il modo di farti ANSIMARE come si deve Sophie." afferma con malizia. "E' stato sicuramente più complicato che con altre ragazze ma, alla fine, in un modo o nell'altro, ti ho sfiancata."

"Ma la vuoi finire?" replico con ancora il fiato corto. "Guarda che ci sono due bambini seduti dietro di noi, dacci un taglio okay?"

"Come preferisci" sussurra nel mio orecchio, "Ma sappi che se vuoi provare un modo diverso e sicuramente più divertente di ansimare, abbiamo davanti due ore di volo e, soprattutto, la toilette libera."

Mi sento ribollire. Non oso nemmeno immaginare il colore del mio viso in questo momento. Per poter rispondere adeguatamente a tutte le sue frecciatine da satiriasico, dovrei essere, come minimo, una ninfomane. Ci completeremmo a vicenda.

"Vai al diavolo Jared." mormoro a denti stretti.

Per tutta risposta, il cantante, sfodera un sorriso sghembo girandosi, poi, verso il finestrino.

 

Ore 14.45, aeroporto di Aspen

 

Una volta usciti dall'aeroporto, lo sferzare leggero dell'aria fresca, tipica della montagna, è un vero toccasana per i miei nervi già abbastanza tesi. Non impieghiamo molto a trovare un taxi disponibile e, mentre Tomo parla con il tassista, io e Shannon sistemiamo i borsoni nel portapacchi.

Se qualcuno si stesse, giustamente, chiedendo dove possa essere finita la diva per eccellenza, tranquilli: lui è già montato sul sedile posteriore; non sia mai che, nel riporre i borsoni nel bagagliaio, gli venga il colpo della strega. Non preoccuparti Jared, tanto mezza megera lo sei già.

Non appena chiudiamo il portapacchi, Tomo ci avvisa che il tassista sarà tanto gentile da lasciarci proprio all'inizio del sentiero, anche perchè una delle strade principali, passa proprio di lì.

Mentre Tomo si accomoda davanti, io e Shannon ci dirigiamo verso i sedili posteriori.

"Ahm, senti dolcezza mi metterei volentieri io in mezzo, ma con questi" fa cenno ad indicarsi gli enormi quadricipiti, "Mi sentirei davvero compresso; ti dispiace?" dice con tono contrito, indicando lo spazio libero vicino al fratello.

Quanta pazienza ci vuole, quanta.

"Figurati Shan. Stiamo andando in campeggio per fare pace no? Prima iniziamo a comportarci civilmente, meglio sarà per tutti."

Il batterista sfodera un enorme sorriso, scuotendomi leggermente per le spalle.

"Esatto, esatto! Brava la mia BAM BAM! Vedrai che, alla fine della settimana, sarà tutto risolto e adorerai Jared almeno quanto me."

Credici Shan, credici.

Una volta salita in macchina, mi rendo conto che quella ad essere 'compressa' sono io: sono letteralmente schiacciata tra i due Leto, ma talmente tanto che il famoso concetto di 'Lebensraum' di Hitler, meglio conosciuto come Spazio Vitale, è andato allegramente mano nella mano ad un suicide party assieme alla mia coscienza.

Dio, che disagio.

Mentre ci avviciniamo al sentiero montano, le strade si fanno via via più ripide e sconnesse: praticamente io Shannon e Jared, appollaiati sui sedili posteriori, senza cinture, per giunta, stiamo letteralmente ballando la conga.

Inutile dire che, mentre Shannon cerca di darsi un contegno e di lasciarmi almeno quei due centimetri di distacco, memore della situazione imbarazzante di qualche giorno prima, Jared si sforza di fare esattamente il contrario: non appena la macchina oscilla, o sbanda leggermente (a questo punto spero solo che il tassista non sia ubriaco), coglie immediatamente l'occasione per venirmi addosso, nonostante i numerosi ammonimenti di Shannon sul fatto di cominciare, già da adesso, a comportarci bene. A volte si limita a schiacciarmi o a tirarmi piccole gomitate, altre allunga palesemente le mani all'altezza della mia scollatura o delle mie gambe, uscendosene con uno strafottente: 'Oh, scusa. Non lo faccio apposta; è solo che perdo facilmente l'equilibrio.'
Ovviamente, i miei ripetuti tentativi di fargli comprendere che può benissimo evitare queste porcherie, semplicemente reggendosi al maniglione agganciato alla portiera, come sta facendo suo fatello, sono del tutto inutili.

Ennesima curva, ennesimo spintone. Ennesimo sussulto della macchina, ennesima palpata.

Qualcuno mi aiuti. Se continua così, mi butto giù dall'auto in corsa.

Mi sento toccare la caviglia. Presumo che Jared stia strusciando il suo scarponcino contro il mio. Sono sul punto di imprecare ad alta voce quando, abbassando lo sguardo, noto che i piedi del cantante sono immobili. Guardando meglio vedo spuntare, da sotto il sedile, un posacenere in vetroresina, probabilmente dimenticato lì sotto dallo stesso tassista.

Ah, però. L'aiuto che tanto agoniavo, è arrivato prima del previsto.

Non appena Jared si volta verso il finestrino per ammirare il panorama, raccolgo con nonchalance il posacenere, soppesandolo nelle mie mani. Caspita, è bello pesante.

Meglio.

Ora, devo solo aspettare il prossimo scossone della macchina. Scossone, che non tarda ad arrivare.

Accade tutto nel giro di pochi secondi: Jared si volta nuovamente verso di me, tentando un nuovo attacco ed io, in risposta, mi faccio scivolare di mano il posacenere, che si schianta con un tonfo sordo sui suoi gioielli di famiglia. In men che non si dica, il cantante si è trasformato in una specie di strano essere mitologico a metà tra un Chihuahua ed un eunuco, dato che inizia ad emettere gridolini inconsulti strizzandosi vistosamente la zona interessata.

"Ops, scusa Jared. Non l'ho fatto apposta; ho perso l'equilibrio."

Tra un 'Te la sei cercata' di Shannon e un 'Ragazzi per favore basta' di Tomo, Jared inzia ad straparlare nominando svariati santi e donne di facili costumi, dondolandosi avanti e indietro come un uomo di dubbia sanità mentale.

Ti sta bene.

Contemporaneamente a questa scenata, il tassisita ci avvisa che siamo giunti a destinazione mentre, l'abitacolo della macchina, si riempie di imprecazioni inenarrabili.



Salve. Eccomi qui con l'ennesimo capitolo di questa folle storia. Più vado avanti più mi rendo conto di quanto ogni capitolo sia sempre più assurdo quindi, vi prego, predonate la mia follia e, se potete, accettate il fatto che alla sottoscritta manca decisamente qualche rotella. Che dire? Questo è un capitolo quasi di stallo, ma ormai ci siamo: il campeggio sta per avere inizio. Cosa pensate che accadrà alla nostra povera anima di Sophie? Quali pensate possano essere le cattiverie del nostro piccolo piscopatico? E Shannon e Tomo come si comporteranno?  Il prossimo capitolo è già in stesura ma ci vorrà un po' più di tempo, per raccogliere tutte le idee e anche perchè, ormai, avete capito che ogni volta scrivo papiri lunghi in modo indecente. A proposito. Volevo chiedervi proprio questo: i  capitoli non saranno mica troppo lunghi? non vorrei mai che, scoraggiati dalla lunghezza, vi annoiaste per leggerli; potrei anche farli più corti, se preferite. E' solo che, quando inizio a scrivere, non mi fermo più!
Come sempre ringrazio tutti coloro che ogni volta aspettano pazientemente e recensiscono sempre con tanto amore (siete la luce dei miei occhi) e anche i più ritrosi che, anche non lasciando nessun tipo di commento, continuano a trovare dieci minuti di tempo per leggere queste quattro sciocchezze. Grazie, grazie, GRATZIA.
A presto, un bacio.

 

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Capitolo 14
*** Into the wild! ***


Dopo aver pagato la corsa, scusandoci per l'accaduto, io, Shan e Tomo scarichiamo i bagagli mentre, il nostro Jared Ernesto non più tanto Sparalesto Leto, è ancora intento a massaggiarsi la parte colpita lamentandosi sommessamente, vista la botta di poco prima.

Non appena il taxi riparte, realizzo che ci siamo: non si torna più indietro e sono solo le cinque e mezza del pomeriggio. Prima che il mio cellulare muoia definitivamente, opto per una breve chiacchierata con Vicki che mi rassicura sul fatto che, una volta alla baita, ci sarà lei a tenermi compagnia e che, con Jared, andrà tutto per il meglio. Effettivamente, dopo la telefonata, mi sento un pochino meglio: Vicki è adorabile, staremo bene insieme e soffrirò di meno questa situazione.

Dopo aver rimesso il cellulare in tasca, Shannon si avvicina tirandosi le cinghie dello zaino sulle spalle.

"Abbiamo preso tutto, possiamo andare."

Mentre Jared e Tomo si inoltrano nel bosco, infilandosi in mezzo agli alberi che circondano il sentiero, io sono ancora immobile come una povera disgraziata. Shannon, mi prende dolcemente per il polso.

"Sophie." sussurra con fare calmo.

E' raro che mi chiami per nome; ormai so che, quando lo fa, è perchè deve dirmi qualcosa di importante.

"Si Shan?"

"Andrà tutto bene, so che sei spaventata ma, tu e mio fratello, ci avete costretto a tutto questo." dice compiendo un ampio gesto con il braccio, volto ad indicare il bosco. "La sola cosa che posso prometterti è che, per tutto il tempo che saremo insieme, non ti lascerò un solo secondo."

Nel pronunciare la parola 'insieme', il batterista distoglie il suo sguardo dal mio, proiettandolo in direzione degli alberi; sembra quasi che si senta in colpa.
Tutto questo è strano. E' come se Shannon mi stesse nascondendo qualcosa, ma non riesco a focalizzare il punto della questione. Probabilmente, dico con forza a me stessa, mi sto facendo mille paranoie perchè sono troppo agitata, tutto qui. Mi fido di lui; non credo farebbe mai qualcosa che potrebbe nuocermi, anche lontanamente.

Scrollandomi quella strana sensazione di dosso, annuisco sorridendo e, prendendo il batterista sottobraccio, ci avviamo lungo il sentiero.

Dopo neanche mezz'ora di cammino, in salita vorrei sottolineare, la poca pace interiore, guadagnata grazie alle parole di Shannon, decide di chiedermi il divorzio: sto prendendo direttamente in faccia una ragnatela dopo l'altra, le zanzare mi stanno letteralmente mangiando viva, costringendomi a grattarmi come una forsennata e, ciliegina sulla torta, ho una sete del diavolo.

Tra le sadiche risate di Jared e le premurose attenzioni di Shannon, che cerca di ripulirmi dalle ragnatele come può, Tomo mi porge la borraccia.

"Tieni Sophie, bevi un po' d'acqua ti sentirai meglio."

No Tomo, tu non capisci.

Bere, significa riempire la vescica. Riempire la vescica, significa andare a fare pipì, da sola, inoltrandomi ancora di più nel dannato bosco perchè sono l'unica ragazza. Inoltrarmi da sola nel bosco, unito al mio spiccatissimo senso dell'orientamento degno di un Tom tom ubriaco, mi farà fare la fine della povera Trisha, la protagonista del libro "La bambina che amava Tom Gordon" di Stephen King. E' uno dei miei libri preferiti, l'ho letto moltissime volte ma, giustamente, le disavventure terribili cui la protagonista andava incontro, rimanevano su carta stampata.

LA SOTTOSCRITTA, INVECE, POTREBBE VIVERLE DIRETTAMENTE SULLA SUA PELLE, DI QUI A QUALCHE ORA.

Non se ne parla neppure.

"Ehm no, grazie Tomo, ma non ho sete."

Se proprio sono destinata morire nei boschi, voglio che accada in maniera epica: non so, con un grizzly che mi stacca di netto la testa per esempio, piuttosto che con il morso di una vipera sulla chiappa, mentre sono intenta a fare pipì sulle foglie secche di abete.

"Sicura di sentirti bene?" mi schernisce Jared, "Non hai una bella cera e, a furia di grattarti in quel modo le braccia, ti scorticherai viva. E' un vero peccato che non ti sia portata lo spray alla citronella, sei così delicata Sophie."

Non siamo qui nemmeno da un paio d'ore e mi sta già facendo perdere le staffe.

"Jared caro: starò bene solamente quando ti infilerai due tronchi nelle narici, una pigna in gola e un cespuglio di ortiche dritto nel c..."

"ALT, BASTA COSI' VOI DUE!" strilla Shannon con fare severo, "Riprendiamo a camminare, tra poco farà buio e dobbiamo trovare un posto per sistemarci. Sophie, ti prego."

Magnifico. Nemmeno fosse la Via Crucis; a che stazione dovremmo essere di grazia? Quella in cui la povera Sophie viene azzannata da un cinghiale? Incornata da un cervo? Quella in cui cade da un dirupo rompendosi una gamba, o quella in cui Jared le infila un nido di vespe nel borsone?

Sforzandomi di non replicare, mi rimetto in marcia alzando gli occhi al cielo.

Il pomeriggio si consuma lentamente tra un alternarsi di mie imprecazioni, seguite da velenose frecciatine di Jared sulla mia goffaggine e sul fatto che se facessi più spesso un CERTO TIPO di esercizio sarei sicuramente più snodata ed agile, costanti rimproveri di Shannon e pillole di cultura sulla fauna e la flora del posto da parte di Tomo.

Dopo tre ore abbondanti di cammino giungiamo in una piccola radura circondata, da un lato, da una fitta rete di vegetazione e dall'altro, da una sporgenza rocciosa, quasi a voler creare una sorta di nicchia. Rispetto al resto del bosco, quest'area, sembra un hotel extralusso.

Tomo guarda il cellulare pensieroso.

"Mmh, sono le otto e mezza passate. Shan, io direi di fermarci qui e riposare. Insomma, lo sai, domani la giornata sarà lunga; per tutti."

Ha una lieve sfumatura di apprensione nella voce e, invece di guardare il suo compagno di avventure, fissa insistentemente il terriccio sottostante.

Accidenti ma cosa gli prende a tutti quanti? Sento puzza di bruciato. Anzi no; sento puzza di un'itero giacimento di zolfo che va a fuoco.

"Sai cosa Shan?" chiede Jared, leggendomi quasi nel pensiero.

"Ma lo sai bro" risponde con noncuranza il batterista, liquidando il fratello con un gesto della mano, "Tomo, come sempre, si preoccupa troppo. Comunque per me va bene: fermiamoci qui per la notte. Per te è okay dolcezza?"

"Si si, va benissimo ragazzi." rispondo sollevata.

Sinceramente, non penso che ci possano essere posti migliori di questo e poi, sono davvero a pezzi. Se non riposo almeno un po', ammesso che in un posto del genere ci riesca, rischio di crollare. Nel frattempo, mentre Tomo cerca di accendere un piccolo fuoco, quel tanto che basta per fare un po' di luce e non subire eccessivamente l'abbassamento di temperatura tipico della sera, i due Leto sono intenti a disporre i nostri sacchi a pelo per la notte, nell'incavo offerto dalla sperlonga di roccia.

Decido che, forse, questo è il momento migliore per andare 'in bagno': primo non è ancora buio; secondo, tutti quanti, specialmente Jared, sono affaccendati in qualcosa. Potrei e dico potrei, anche sperare di avere cinque minuti di privacy. Inizio ad allontanarmi quatta quatta, ma non faccio in tempo a fare dieci metri, che sento echeggiare la vocina stridula di Jared alle mie spalle.

"Ehi biondina, dove pensi di andare?"

Mi volto con un movimento esasperato, allargando le braccia in circolo.

"Dove pensi che potrei mai andare in un posto del genere Jared? Ad incipriarmi il naso? Devo andare in bagno, se non è chiedere troppo! Vorresti per caso accompagnarmi?" continuo con voce tagliente; "Tanto, è risaputo che le SIGNORE" ghigno beffardamente, sottolineando la parola signore con scherno, "Vanno sempre in coppia."

"Ha ragione bro! Potreste approfittare di quest'occasione per mettervi lo smalto a vicenda!" sghignazza Shannon "E poi, ho promesso a Sophie che non sarebbe stata lasciata mai da sola."

"Shan guarda che scherzavo! Ma ti pare che debba portarmi tuo fratello dietro?!" mi lamento sconcertata, "Starò attenta, non mi allontanerò troppo e avrò dietro il telefono, okay?"

Santo cielo tutte queste storie per andare a fare pipì; è assurdo.

"Effettivamente Shan, non credo sia il caso." afferma Jared. "Insomma, sai com'è: vedere una ragazza piegata e accucciata in quel modo, seminuda, in mezzo ad un bosco, non so... sai che effetto mi farebbe: potrebbe partirmi il raptus." sussurra con un brillio inquietante negli occhi.

"Ma Jared accidenti, controllati! Le riprese di Hurricane sono terminate da un pezzo!" esclama Tomo scuotendo la testa.

"Bro, fai schifo. Questi non sono discorsi da fare in presenza di ragazze."

Shan sei un genio, da sola non ci sarei mai arrivata.

E poi cosa sarebbe 'Hurricane'? Anzi no, non credo di volerlo sapere.

"Ho sentito abbastanza." dico schifata, "Io vado, così potrete continuare a fare i vostri discorsi da uomini in santa pace."

Mentre sparisco tra gli alberi, mi pare di udire Jared gridare un 'Fai attenzione!'; dopodichè la vegetazione mi inghiottisce, lasciando solamente silenzio.

Camminando nella boscaglia, osservo con attenzione l'ambiente che mi circonda: una roccia avente una particolare forma, un albero con radici più contorte delle altre, grossi cespugli da cui spuntano bacche dai colori vivaci. Per quello che posso, cerco di memorizzare ogni dettaglio e prendere più punti di riferimento possibili; non sia mai che mi perda qui dentro. Dopo aver camminato per oltre due minuti, decido che sono abbastanza lontana sia dalla radura, sia dagli sguardi indiscreti; mi acquatto così dietro un cespuglio di felci, potendo finalmente dare pace alla mia vescica.

 

*frischhhh frischhhh*

 

Scatto improvvisamente in piedi, riabbottonandomi velocemente i jeans.

Oddio, ed ora cos'era quel rumore?

Inizio a sudare freddo, mentre i miei occhi schizzano in tutte le direzioni non vedendo altro che verde, verde e... verde. Tendo le orecchie per provare ad identificare la sorgente di origine del suono, ma non sento altro che un silenzio assordante.
Brava Sophie: ad esempi di figure retoriche te la cavi bene. Pensi che potresti cavartela altrettanto bene in questa situazione?
Cerco di mantenere la lucidità. Di sicuro sarà stato un uccellino tra gli alberi, un leprotto, o uno scoiattolo ed io mi sto solamente facendo suggestionare.

 

*frischhhh frischhhh*

 

Mi giro velocemente alla mia sinistra, notando con sgomento che il cespuglio a pochi passi da me si muove in maniera vistosa. Ora, un cespuglio non si agita da solo no? Questo può significare una cosa sola: un animale feroce sta per sbucare fuori da lì dietro per divorarmi. Senza pensarci due volte, inizio a correre come una furia dalla parte opposta del bosco, premurandomi di guardarmi costantemente le spalle e non facendo caso nemmeno ai punti di riferimento presi in precedenza; spero solo di aver imboccato il sentiero giusto o, stavolta, mi perdo per davvero.
Sono ancora intenta a guardarmi indietro e, fermandomi per riprendere fiato, decido di tendere nuovamente l'orecchio.

Silenzio assoluto.

Guardo un'altra volta in direzione del cespuglio che, improvvisamente, sembra di nuovo immobile.
Che mi sia immaginata tutto?
Non faccio in tempo a finire il pensiero che qualcosa mi afferra da dietro, all'altezza delle spalle.

"Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!"

Inizio a divincolarmi come posso, ma mi rendo conto con orrore che due braccia mi hanno circondata: una all'altezza della vita, l'altra intorno alle spalle, bloccandomi ogni possibilità di movimento. Inizio a scalciare e a dibattermi con violenza, ma qualsiasi tentativo è inutile; la presa dello sconosciuto è ferrea. In preda al terrore, mi affloscio come un sacco di patate e credo che, a breve, perderò i sensi. Non riesco nemmeno ad urlare, mi sento le gambe molli e gli occhi mi bruciano terribilmente. Nello stesso istante, con la coda dell'occhio, vedo la bocca dello sconosciuto che si avvicina al mio orecchio, su cui strofina leggermente le labbra.

"Buh."

Dopodichè, l'individuo misterioso allenta di un poco la presa, quel tanto che basta ad evitare di farmi cadere a terra, dato che sono praticamente a peso morto, ed inizia a ridere; prima sommessamente, poi sempre più sguaiatamente.

Riconoscerei quella risata ovunque.

Jared.

Improvvisamente, le mie facoltà motorie si riattivano; scatto in piedi tirandogli una gomitata all'altezza dello stomaco e mi libero definitivamente da quell'abbraccio assurdo.
Mi volto per guardarlo in faccia e lo trovo decisamente divertito. Spero davvero che si sia goduto lo spettacolo, perchè giuro che sto per cavargli gli occhi con lo spunzone del ramo che pende alla mia destra.

"MA SEI MATTO?!" grido ancora con le lacrime agli occhi, "CHE TI DICE IL CERVELLO?! MI HAI QUASI FATTO VENIRE UN INFARTO, DANNAZIONE! TI ODIO, DIO SE TI ODIO IO... IO... GRRRR!"

Stringo i pugni lanciandogli un'occhiata truce. Di rimando, il cantante, continua a ridere, raccogliendosi i capelli in un alto codino, simile a quello dei Samurai.

"Il cervello mi dice che siamo soltanto all'inizio e che, tra l'altro, è molto soddisfatto della tua reazione di puro terrore Sophie."

Mentre sto per rispondergli in un modo alquanto offensivo, che avrebbe coinvolto il suo albero genealogico almeno fino alla sua trisavola, ecco che sento nuovamente quel rumore.

 

*frischhhh frischhhh*

 

Mi irrigidisco e guardo Jared dritto negli occhi: anche lui ha smesso di ridere ed ora i suoi lineamenti sono tesi, mentre i suoi occhi scrutano attentamente la zona di bosco alle mie spalle.

"Sophie, hai sentito?"

"Certo che ho sentito, genio che non sei altro. Da cosa credi che mi stessi allontanando prima che tu arrivassi con la tua trovata idiota?"

"Vado a vedere, aspettami qui e non muoverti, mi raccomando."

Ma questo è scemo. Vuole piantarmi qui e andare a ficcare il naso in giro come al solito. E se poi lo sbranano? E se poi muore? Io come ci torno indietro e, cosa fondamentale, cosa racconto agli altri? Non sono nemmeno sicura di ricordare correttamente la strada.

Lo tiro verso di me per il braccio; ora mi è talmente vicino che devo sollevare di poco il mio viso per guardarlo negli occhi.

"Jared non se ne parla" dico cercando di mantenere un tono autoritario, "Potrebbe essere pericoloso, ti prego, torniamo indietro io ho..." mormoro in preda all'imbarazzo nell'ammetterlo davanti a lui, "Io ho paura. Per favore, andiamo via, eh?"

Per un attimo soltanto, l'uomo che ho davanti sembra mutare: mi sorride in modo dolce, comprensivo. Non sembra nemmeno lui. Mi poggia una mano sulla spalla scoperta, mentre con l'altra mi lascia una fugace carezza sulla guancia.

Che soffra di doppia personalità?

"Sophie, stai tranquilla. Non c'è nulla di cui aver paura" mi sussurra con voce calma, rassicurante, "Vado solo a dare un'occhiata, così vedrai tu stessa che non c'è nulla da temere e torneremo indietro entrambi più tranquilli. Non permetterò che ti accada nulla di male, okay?"

Abbasso lo sguardo imbarazzata; mi sento una completa idiota.  Mi sono accorta che, nei brevi momenti in cui si comporta così, mi fa sentire terribilmente... scombussolata.

"Ma Jared non è neces..."

Senza nemmeno farmi terminare la frase, il cantante si avvia verso l'enorme cespuglio, brandendo un piccolo tronco a mo' di mazza. Nonostante i miei ripetuti tentativi di farlo ragionare, seguita ad avanzare imperterrito verso la massa di fogliame da cui continuano a provenire rumori e movimenti inquietanti.

Dio se me la sto facendo sotto, di nuovo.

Jared si blocca a pochi centrimetri dal cespuglio che, ad occhio, gli arriva all'altezza della cintola. Avanzo di pochi passi, tremante, cercando di non fare rumore.

"Psst Ja-aar-ed?" balbetto sottovoce. "Vedi qualcosa?"

Il cantante alza un braccio, intimandomi il silenzio, mentre con il ramo inizia a scuotere leggermente la vegetazione sottostante.

 

*frischhhh frischhhh*

 

"PER LA MISERIA!"

Jared balza improvvisamente all'indietro, allontanandosi velocemente dal cespuglio. Mi porto entrambe le mani al petto, non oso muovermi.

"Jared, allora? Cos'è?"

"Due procioni."

"Due procioni?" domando stupefatta. "Ma cosa stanno combinando per fare tutto quel casino? Lotte per il territorio o cose del genere? Santo Dio, mi hanno spaventata a morte."

"Tecnicamente, Sophie, credo che: primo, non siano due maschi e secondo, credo ancora più fermamente, che ci stiano dando dentro alla grande."

"Stai scherzando vero?"

"Affatto. Presumo che i ferormoni presenti nella tua pipì, li abbiano fatti eccitare o qualcosa del genere."

Quindi, mentre facevo pipì, sono stata spiata da due procioni con la sindrome del Voyeur che, successivamente, hanno allegramente deciso di riprodursi?
La cosa è decisamente traumatica.

Nel giro di pochi secondi, divento paonazza.

"Per l'amor del cielo, taci, sei disgustoso!"

Il cantante, tuttavia, sembra non ascoltare una sola parola di quello che so dicendo; è totalmente affascinanto dalla situazione e continua ad inclinare la testa di lato, per osservare meglio la scena.

"Ma che razza di posizione è quella?!" Ma cosa le sta facendo?!" esclama incantato, strizzando gli occhi per osservare meglio. "Sophie, hai per caso carta e penna? Vorrei segnare due cose... ma come diavolo si è messo?! Ah beh, io ti avviso: se questi due continuano così, tra poco verrà voglia anche a me."

Il disagio signore e signori, ma specialmente signore. Quest'uomo è il disagio in terra.

"Ma la vuoi finire?! Da quando ti sei dato alla zoofilia? Non ti facevo così disperato e, tra l'altro, credo proprio che, al momento, la 'Signora Procione' sia impegnata." dico scuotendo il capo con rammarico.

Jared mi lancia un'occhiata maliziosa e con uno scatto fulmineo, mi circonda le spalle con un braccio.

"Sophie, non mi riferivo mica alla Signora Procione."

Insiste? Ancora?

"Molto divertente, davvero. Mi spiace deluderti, ma avresti dovuto ricordare di infilare la dolce Marinella in valigia o, al massimo, fare una telefonata a Savannah. Lei si che sarebbe stata contenta di darti una mano e, probabilmente, anche altro."

Scostandosi velocemente da me, Jared sbuffa vistosamente.

"Avrei potuto correre un pericolo mortale andando a controllare la situazione e tu mi ripaghi così? Cattiva Sophie, cattiva. Essere gentili con te non serve: deduco che dovrò andarci giù bello pesante questa settimana."

Ecco che il Jared odioso è tornato in scena. Si, deve trattarsi proprio di un caso psichiatrico di personalità multipla.

"Qual è esattamente il tuo problema Jared?" chiedo seriamente vicina all'esaurimento nervoso.

"Sei tu il mio problema. Ed ora torniamo dagli altri, prima che cambi idea e decida di provare su di te la 'Posizione del procione'."

La posizione del procione? La mia coscienza, ha afferrato il primo catino disponibile e, in questo momento, sta vomitando anche il pranzo di Natale del 2004.
Io davvero non lo capisco: prima mi fa quasi venire un colpo, poi si comporta in modo gentile e protettivo, infine torna ad essere il depravato pluristellato qual è. Di questo passo mi manderà al manicomio.

Intanto il cantante, si avvia a grandi falcate verso quello che, spero, sia il sentiero per la radura.

Dopo cinque minuti buoni di camminata, giungiamo nel luogo in cui avevamo deciso di accamparci. Tomo è riuscito finalmente ad accendere il fuoco, mentre Shannon ha disposto i sacchi a pelo in un ordine decisamente poco casuale, a meno che non abbia voluto fare sfoggio delle sue abilità nell'abbinamento dei colori, cosa del tutto improbabile conoscendolo. Come avrei dovuto immaginare, il mio sacco a pelo verde prato è in mezzo a quello color violetta di Jared e quello rosso di Shan che, invece, è adiacente a quello blu scuro di Tomo.

"Scusa Shan, perchè mi hai messa lì in mezzo?" domando con una nota di disappunto nella voce.

"Ah BAM BAM, sei tornata! Avevo mandato Jared a cercarti, mi stavo preoccupando!"

"Purtroppo, mi ha trovata." rispondo, mordendomi la lingua subito dopo. Povero Shan, si sta davvero impegnando in tutto questo e noi non stiamo facendo altro che discutere. "Comunque" continuo cercando di assumere un tono comprensivo, "Non hai risposto alla mia domanda: perchè sono finita lì in mezzo?"

"Beh, mi pare abbastanza ovvio dolcezza: tu e mio fratello dovete socializzare ed io ti ho promesso che ti sarei stato accanto per tutto il tempo trascorso insieme."

Mi accorgo di nuovo che, nel pronunciare la parola insieme, Shannon abbassa lo sguardo e resta in silenzio per una frazione di secondo.

Ci dev'essere sicuramente qualcosa che non quadra.

"E poi" aggiunge riprendendo prontamente il filo del discorso, "Solamente il sottoscritto, oltre a Vicki, ha il permesso di dormire di fianco a Tomo."

Rimango in silenzio; replicare non servirebbe a nulla. Ormai, ho capito che la mia autorità in questo frangente, è pari a quella dei capelli di Lex Luthor: inesistente.

Con un sospiro, mi dirigo verso il borsone delle provviste: affogherò i miei dispiaceri nel cibo. Frugando nella borsa, trovo quello che fa al caso mio: una confezione di marshmellow.  Mi siedo a gambe incrociate sul mio sacco a pelo, ma non faccio in tempo a mettere il bocca il primo dolcetto, che Jared mi piomba addosso strappandomi il sacchetto di mano.

"Ehi tu! Ridammi subito i marshmellow!"

"Non puoi stare qui ad ingozzarti Sophie." replica secco Jared, "Sarai l'unica donna che avrò davanti per i prossimi sette giorni, se non di più e, di certo, non posso permettere che il panorama che offri, venga sciupato da questi." prosegue agitandomi davanti agli occhi il sacchetto. "Anch'io ho le mie esigenze sai?" conclude allonantanandosi con le caramelle.

"Tomo, Shannon dite qualcosa per piacere! Ma lo avete sentito?!" grido rossa in volto.

"Però non ha tutti i torti sai?" sghignazza Shannon "Altrimenti, poi, non saresti più tanto BAM BAM ed io ne sarei decisamente addolorato. E, prima che tu possa aggiungere altro" continua tra le risate, "Vicki è sposata. Con Tomo, per giunta. Io e Jay proprio non possiamo guardarla in quel modo."

"Grazie per il sostegno fratellone."

Lo sta spalleggiando. Non ci credo, anche Shannon si è rincitrullito.

"Ragazzi fatela finita per piacere" esordisce Tomo "Sophie, non dargli retta. Scherzano sempre, lo sai."

Oh si, Tomo, certo. Continua tranquillamente a credere a questa bellissima bugia e lasciami pure annegare nel fiume di vergogna ed imbarazzo in cui, ormai, annaspo da giorni.

Intanto, Jared si è rintanato in un angolo a mangiare i MIEI marshmellow.
Il tardo pomeriggio trascorre velocemente, tra le pagliacciate messe in piedi da Shannon e Tomo ed i grugniti isolati di Jared.
Controllo l'orologio: le nove e mezza.

"Ragazzi che ne dite di cenare?"

"Mmh, okay Sophie. Dai, mettiamoci tutti intorno al fuoco e raccontiamo, a turno, storie del terrore, altrimenti non sarà mai un campeggio come si deve!" sentenzia Tomo.

Dopo esserci disposti a semicerchio intorno al piccolo focolare, inziamo a cenare pensando a quali possano essere le storie più spaventose da raccontare.

Trascorse circa tre ore, il risultato è a dir poco esilerante: mentre i tre dell'Ave Maria hanno narrato storie a dir poco penose, in cui l'unica cosa passabile era Shannon che cercava, in modo del tutto vano, di rendere la sua voce ancora più roca, per aumentare la tensione, la sottoscritta ha snocciolato l'intero repertorio di novelle del terrore di Edgar Allan Poe: dalla "Maschera della morte rossa", al "Gatto nero", passando per "Il pozzo e il pendolo", il "Barilozzo di Ammontillado", fino al "Crollo della casa degli Usher".

Mentre Jared è rimasto piacevolmente sorpreso (tra l'altro solo stasera ho scoperto che ha una vera passione per la lettura e, se non mi avesse citato anche lui qualche opera di Poe, ci avrei creduto a stento), Tomo e Shannon mi sembrano leggermente scossi.

"Sophie, scusa se te lo dico, ma sei l'ansia." mi mormora Tomo, alla fine dell'ultima storia.

"Questo tuo aspetto, dolcezza, non è tanto BAM BAM. Anzi, direi che è piuttosto inquietante." conclude Shannon, annuendo comprensivo verso Tomo.

Scoppio a ridere. Sono davvero agitati, ma con con Poe non avrebbe potuto essere altrimenti; dopotutto, è uno dei maestri della letteratura dell'orrore.

Siamo ancora intenti a chiacchierare intorno al fuoco del più e del meno, quando inizio a sentire freddo; colpa dell'escursione termica che, da queste parti, si avverte con maggiore forza. Tiro fuori dalla borsa una delle mie felpe e la infilo, abbottonandola fino al collo, calcandomi in testa perfino il cappuccio ma, dopo dieci minuti buoni, non riesco comunque a scaldarmi. Decido di frugare in fondo al borsone per cercare di tirare fuori l'altra maglia pesante che avevo deciso di portare, allorchè mi sento poggiare con delicatezza qualcosa sulle spalle; girandomi, mi accorgo che, Jared, mi ha messo la sua coperta addosso.

"Tieni questa" mi dice con tono fermo, ma gentile "Non voglio assolutamente rischiare che tu vada in ipotermia stanotte, dovrai essere cosciente di ogni singolo evento di qui a sette giorni, altrimenti il mio divertimento andrà a farsi fottere."

Lo guardo sorpresa. E' vero, non sarà tutto zucchero e miele ma, stavolta, non c'è traccia di scherno o cattiveria nella sua voce. Con la coda dell'occhio, noto che anche Shannon sta osservando la scena e sorride: sembra abbastanza soddisfatto di come gli accordi di pace stanno proseguendo. In ogni caso, per quanto desidererei che Jared stanotte congelasse come una magnifica principessa di ghiaccio, non può certo restare solo con quella maglietta addosso, anche perchè ora fa davvero freddo.

"No Jared, questa è tua. Qui si gela, rischi di ammalarti."

"Insisto Sophie. Io starò bene e poi" dice iniziando ad armeggiare nella sua borsa, "Credo di avere un'altra felpa, qui da qualche parte."

Senza rispondergli, faccio per togliermi la coperta, ma le mani del cantante si serrano sui due lembi avvolgendomi come la grottesca caricatura di un involtino primavera.

"A meno che" prosegue malizioso, "Non mi fai un po' di posto accanto a te."

Per qualche secondo resto in silenzio. Sinceramente sono dubbiosa, ma dirgli di no mi farebbe sentire terribilmente in colpa; dopotutto, la coperta è sua ed è stato un gesto davvero gentile offrirmela. Inoltre, per quanto mi possa sembrare impossibile, siamo qui per cercare di andare d'accordo o, almeno, stiamo tentando di farlo.

"Mmh... Okay Jared. Ti faccio un po' di posto, vieni pure."

Il cantante si avvicina velocemente alla mia postazione, iniziando ad aprire metodicamente la zip del mio sacco a pelo.

Che stupida, avrei dovuto immaginarlo.

Cerco di restare tranquilla, gentile e comprensiva. La mia coscienza, invece, inizia a sbattere ripetutamente la testa contro il muro. Prendo un bel respiro: siamo qui per fare pace, siamo qui per fare pace, siamo qui per fare pace.

"No, non ci siamo capiti Jared. Il mio sacco a pelo è off-limits. Mi pare che ci fossimo accordati per dividere la coperta, non per dormire insieme."

"Guarda che, stando strizzati in due nello stesso sacco a pelo, ci si scalda prima. Sono regole basilari di sopravvivenza."

"No bro, sono regole principali di rimorchio ed abbordaggio. Falla finita mmh?" interviene brusco Shannon.

"Shan ma ti ci metti anche tu a darle manforte adesso?!"

Il batterista fa spallucce e si infila nel sacco a pelo di fianco a Tomo, iniziando a parlottare fitto fitto con quest'ultimo.

"Beh, a questo punto non mi sembra che ci sia rimasto qualcosa di interessante da fare qui." esordisce Jared scocciato, "Cerchiamo di dormire, sarà meglio per tutti."

Detto questo, senza proferire più una sola parola, entrambi ci infiliamo nei rispettivi sacchi a pelo cercando di prendere sonno, ammesso che la sottoscritta riesca a dormire, ovvio.

 

*crick crick*

 

Spalanco gli occhi, tirandomi il lembo del sacco a pelo fino al mento. Controllo il display del cellulare: le tre di notte. Mi sento a pezzi. Non sono riuscita minimamente a chiudere occhio, per non parlare del fatto che, di notte, il bosco è un rumore continuo: scricchiolii, strani versi, fruscii ed ululati. Si avete capito bene: ululati. Penso siano opera di qualche coyote, ed io sono terrorizzata. Mi giro a dare uno sguardo ai ragazzi: Shannon e Tomo dormono beati mentre Jared... oddio.

Aspettate un attimo. Che fine ha fatto? Dov'è quel dannato? Il suo sacco a pelo è vuoto.

Mi tiro su con uno scatto ed inizio a scrutare la vegetazione, che ci circonda in un abbraccio di tenebra, ma è troppo buio per distinguere qualsiasi cosa. Non faccio in tempo a girarmi dall'altro lato della radura, che vedo una sagoma nera stagliarsi sopra di noi.

"AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! ODDIOOOO! AAAAAAH!"

Dalla mia gola fuoriesce un urlo disumano e, in men che non si dica, sguscio fuori dal sacco a pelo come una centometrista, correndo ad abbracciare Shannon che, nel frattempo, si è tirato su dal sacco a pelo con un'aria mezza imbambolata, imprecando in modo alquanto volgare. Nella foga, travolgo il batterista come una furia, finendogli addosso e buttandolo quasi a terra.

"Ma che diavolo succede? Avete idea di che ore sono?" mormora Tomo con la voce impastata dal sonno.

Mentre sono ancora attaccata a Shannon come una cozza, ecco che Jared scende con tranquillità dalla roccia su cui era appollaiato, ridendo di gusto.

"E' un bene che tu non soffra di cuore Sophie. Preparati a tutto questo, dovrai farci l'abitudine."

"Ma sei scemo bro? Svegliarci tutti così, nel cuore della notte?"

"Non riesco a dormire Shan, lo sai. E poi, se vogliamo dirla tutta, è lei che vi ha svegliati urlando come un'oca, non certo io."

"Ma se mi hai spaventata a morte! Eri lì, impalato come un becchino, dannazione Jared!"

Il cantante mi lancia un'occhiata tagliente.

"Sai Sophie, avevo letto da qualche parte che quando ci si sveglia alle tre di notte senza motivo è perchè qualcuno o qualcosa, ti stava fissando."

Non posso far a meno di rabbrividire. Se aveva intenzione di farmi paura, ci è riuscito benissimo.

"Shan, ti prego, digli di stare zitto. Io ci sto provando, davvero, ma così non ce la faccio. Prima il procione, ora questo. Mi sta mandando fuori di testa!" mormoro con voce piagnucolosa, stringendomi ancora di più a lui.

"Il procione?" mi fa eco Tomo con aria confusa.

"Lascia stare" dico rassegnata "E' una lunga storia."

"Beh, se devi continuare a stringermi così BAM BAM, mio fratello può continuare all'infinito, ha la mia benedizione." sghignazza Shannon.

Non mi sono più ricordata di essere ancora avvinghiata come una scimmia al povero batterista; mollo immediatamente la presa tra le proteste di quest'ultimo, le risate di Tomo e le occhiate truci di Jared.

Dopo qualche minuto, in cui recuperiamo tutti la calma, noto che Jared si è messo comodamente a gambe incrociate sul suo sacco a pelo, tirando fuori un libro dalla borsa. Nel leggere il titolo, mi escono gli occhi fuori dalle orbite: "Le 120 giornate di Sodoma" del buon vecchio Marchese De Sade. Notando il mio sguardo sconvolto, Jared mi rivolge un sorriso sghembo.

"Vuoi dilettarti nella lettura insieme a me? Impareresti un sacco di cose nuove e, una volta alla baita potresti, pardon, potrei metterle in pratica."

Mi si serra lo stomaco e credo che potrei seriamente rivendere la cena si stasera. Non so se avete presente. E' di De Sade che stiamo parlando.

"Attento Jared." lo ammonisco, con una punta di acidità nella voce. "Nel libro c'è anche la parte sul ciclo delle 'Passioni Assassine', che conducono alla morte di chi vi è oggetto. Se mettiamo in pratica la cosa, pardon, se la metto in pratica su di te, potrei anche acconsentire."

Nel frattempo, noto che Tomo estrae dal suo zaino un thermos con, all'interno, quello che presumo possa essere del tè, mentre Shannon gli sussurra esasperato un qualcosa come 'Ora vedi se non dormono' ma, fomentata come sono nella mia discussione, decido di non curarmene.

A Jared brillano gli occhi.

"Conosci De Sade? Ma Sophie... è... meraviglioso! Accidenti dov'eri quando abbiamo girato Hurricane? Potrei seriamente rivalutarti."

Ancora questo Hurricane? Qui l'unico uragano presente è nella mia testa, che scoppierà a breve se non riesco a dormire almeno un paio d'ore.

"Si Jared, lo conosco. Fortunatamente, avete assunto una persona con una cultura che risulta essere un po' più profonda di una pozzanghera sai?"

Ma tu guarda un po' questo.

Intanto non mi accorgo che, nel bel mezzo della discussione, Tomo e Shannon ci hanno letteralmente accerchiato. Tengono in mano dei bicchieri di plastica stracolmi di tè e ci sorridono, anche se sembra quasi un sorriso finto, forzato.

"Ragazzi è tardi." dice Tomo.

"E fa freddo" aggiunge Shannon "Perciò che ne dite di farci una bella tazza di tè e provare di nuovo a dormire? Domani abbiamo parecchio da camminare."

Detto questo fanno scorrere le tazze, finchè non ce ne ritroviamo tutti quanti una tra le mani.

"Tanto, con quest'insonnia che mi perseguita, non dormirò comunque." afferma pacato Jared, iniziando a sorseggiare lentamente il suo tè.

"Beh, noi invece vogliamo dormire, quindi zitto e mosca." replica Tomo leggermente nervoso.

Shannon, invece, continua a tormentarsi le mani. Anche lui sembra agitato; anzi, a dire il vero, è tutto il giorno che non trova pace. Chissà se sta bene. Mentre continuo a pensare a tutte queste cose, mi accorgo che ho praticamente finito il mio tè. Si sono fatte le tre e venti e, finalmente, pare che il sonno stia arrivando. Inizio a sentire le palpebre pesanti e, guardandomi intorno, noto che anche Jared fatica a tenere gli occhi aperti: è sdraiato sul sacco a pelo, con la mano a mezz'aria, tentando di girare una pagina del libro, mentre con la testa ciondola avanti e indietro.

Strano, molto strano.

Mi giro dall'altro lato e mi rendo conto che i miei movimenti sono come rallentati, mi sento intorpidita ed è come se un velo scuro mi calasse sugli occhi. Dovevo essere proprio stanca ed ora che mi sto rilassando un poco, sto crollando tutta d'un botto. Con le poche forze che mi sono rimaste, mi trascino nuovamente al mio sacco a pelo e, solo in un secondo momento, mi accorgo che Shannon, a differenza mia ben sveglio, mi sta aiutando ad infilarmici dentro. Lo guardo negli occhi e vedo che ha l'aria un po' preoccupata.

"Shan stai bene?" mormoro strascicando le parole. "E' tutto il pomeriggio che sei strano. Ora sono tanto stanca" biascico con voce impastata, "Ma ti prometto che domani ne parliamo e ti farò ridere tutto il giorno. Affogherò tuo fratello in un torrente."

Ma che sto dicendo? Sto delirando, i miei neuroni non connettono più.

Shan, di rimando, ridacchia e, con fare protettivo, chiude la cerniera del mio sacco a pelo.

"Mi dispiace tanto dolcezza, non volevamo arrivare a questo, ma ci è sembrato l'unico modo."

"Shan ma che..."

"Shh, non preoccuparti." mi interrompe, dandomi un piccolo buffetto sulla guancia, "Sarai in buone mani, ora dormi."

Il batterista si alza e raggiunge Tomo, iniziando a parlottare a voce talmente bassa che non riesco a decifrare la minima parola. Forse sto sognando. Si dev'essere per forza così, tutto questo, le parole di Shan, non hanno senso, niente ha senso.

Mi giro dall'altro lato e noto che Jared si è completamente addormentato: ha un braccio sotto la testa a mo' di cuscino, mentre l'altra mano è vicino agli occhi, quasi a volersi riparare da un pericolo invisibile.

Quando dorme è ancora più bello; i suoi lineamenti si sciolgono, si rilassano e rivelano tutta la bontà che c'è in lui. Perchè, in fondo, anche Jared nel suo modo del tutto particolare, dev'essere buono.
Okay. Ora sto veramente farneticando. Dev'essere per forza qualcosa che ho mangiato stasera, deve avermi fatto malissimo, oh si.

Prima di abbandonarmi al piacevole torpore che, lentamente, mi sta avvolgendo, mi accorgo che Shannon si accuccia vicino al fratello infilandogli nella tasca dei jeans, quello che a me sembra essere una sorta di foglietto spiegazzato, prima di coprirlo amorevolmente con il suo plaid.

Dopodichè, l'oscurità cala si di me.



Saaaaalve. Ecco qui che la vostra autrice scriteriata torna a battere banco con un capitolo decisamente sopra le righe. Stavolta ci ho messo veramente di tutto, sono assurda. Chiedo perdono per la quantità immane di parole scritte appena qui sopra. Giusto qualche nota: il libro di King, "La bambina che amava Tom Gordon" è uno dei miei libri preferiti, se avrete mai occasione, vi consiglio di leggerlo; è un romanzo decisamente psichedelico e assurdo. Come avrete evinto dall'andamento del falò, sono letteralmente innamorata del signor Edgar Allan Poe e della sua raccolta di racconti dell'orrore, di cui ho il libro a casa; sono bellissimi, ansiogeni e geniali. Che, poi, da buon topo di biblioteca quale sono, quasi nessun libro mi dispiace. :'D Infine, un'ultima nota sul libro del Marchese De Sade: premetto che non ho letto il libro e mi sono documentata su Wikipedia, anche perchè visti i contenuti forti che tratta, anche in campo di abusi e violenze, anche di tipo sessuale, non credo che riuscirei a leggerlo per intero. Ovviamente, ho voluto fare un riferimento a lui in maniera del tutto leggera e disimpegnata, conoscendo il grande amore di Jared per il BDSM e simili (a proposito: la povera Sophie, capirà mai di cosa si tratta Hurricane? :'D), ma non voglio assolutamente insinuare nulla riguardo alla pratica di attività così particolari ed eccessive.
Probabilmente vi starò annoiando a morte con i miei riferimenti letterari, quindi la smetto. Se il capitolo vi è piaciuto, recensite pure e commentate per qualunque appunto vogliate fare. Ogni vostra parola per me è preziosa. Ringrazio come sempre tutti voi miei amati lettori (un giorno vi beatificheranno, poco ma sicuro!)
Alla prossima, un bacio grande.

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Capitolo 15
*** Hansel & Gretel ***



*din din*


Maledetti sms di prima mattina: sappiate che c'è un girone bello capiente all'inferno anche per voi.
Aprendo lentamente gli occhi, la luce del sole mi colpisce in pieno viso. Mi sento ancora parecchio intorpidita ed infreddolita anche se, a giudicare dal cielo e dai colori che il bosco ha assunto, dev'essere sicuramente mattino inoltrato. Butto un occhio sul display del cellulare: sono passate da qualche minuto le nove e mezza; già che ci sono, decido anche di controllare il messaggio appena ricevuto: è Jennifer, la mia amata Miss Lawrence. Mi avvisa che tornerà in città tra due settimane, poiché le riprese del film sono quasi al termine e, aggiunge, che non vede l'ora di rivedermi, per trascorrere finalmente una serata insieme. Dio ti ringrazio. Vista la situazione, avrò proprio bisogno di una spalla amica su cui versare tutte le mie lacrime, una volta tornata da questa prigione di felci, muschio, umidità ed insetti. Povera la mia Jen: dovrà armarsi di tanta pazienza, non sa proprio cosa l'aspetta. Le sanguineranno i timpani, questo è poco ma sicuro.

Tornando a stiracchiarmi nel mio caldo cantuccio, noto con sollievo che mi sento abbastanza riposata: ho dormito tranquillamente dalle tre e mezza di stanotte, senza più sentire il benché minimo rumore; dovevo essere proprio distrutta. Dopo essermi presa qualche altro secondo di puro relax, mi tiro su in maniera goffa dal sacco a pelo, faticando non poco ad uscirne fuori.

Ma come accidenti mi aveva infagottata Shan ieri notte?
A proposito. Dove sono tutti?

Mi guardo intorno e, con mia grande sorpresa, noto che mentre Jared sta ancora ronfando alla grande, di Tomo e Shannon non c'è la minima traccia.
Sono leggermente perplessa ma, riflettendo per qualche secondo, arrivo alla conclusione che saranno sicuramente andati in bagno o qualcosa di simile. Torneranno a momenti, ripeto con calma a me stessa, cercando di scacciare la spiacevole sensazione che si sta lentamente insinuando nella mia testa. Tuttavia, piuttosto che rimanere con le mani in mano, decido anch'io di approfittare di questo momento di assoluta tranquillità, per andare in bagno e darmi una sistemata (si fa per dire). Raccolgo tutto il necessario dalla borsa e, con passo strascicato, mi allontano di poco dal nostro accampamento.

Dopo un quarto d'ora circa, sono di ritorno e mi sento decisamente più sveglia ma, non appena metto piede nella radura, inizio seriamente a preoccuparmi perché, dei due dispersi, non c'è ancora nessun segno tangibile. Ormai si sono fatte le dieci e, mentre Jared continua a dormire beato, decido di provare a chiamare Vicki, sempre se ci sia sufficiente campo. Compongo il numero e resto in attesa. Dopo quelli che mi sembrano attimi infiniti, sento la voce familiare e gentile di Vicki, all'altro capo dell'apparecchio.

"Sophie, ciao! Che succede? Stai bene?"

"Ciao Vicki si, si io sto bene è solo che mi sono svegliata e... non so bene come dirtelo, insomma, non vorrei creare panico ma..."

"Ma cosa?! Avanti!"  ribatte la ragazza con tono preoccupato.

"Niente, insomma... Shannon e Tomo sono… spariti. Voglio dire, ora sono quasi tre quarti d'ora che aspetto; pensavo fossero andati in bagno o cose così ma non ho la più pallida idea di che fine abbiano fatto e, sinceramente, sto iniziando a preoccuparmi."

Per qualche secondo, non odo nessun tipo di replica, tanto che inizio a credere che sia caduta a linea.

"Pronto? Vicki, ci sei ancora?"

"Si Sophie... sono qui." mormora con un fil di voce. "Però, quello che mi dici è impossibile: ho sentito Tomo al telefono dieci minuti fa: era con Shannon anche perché sentivo le sue grida da bestione in lontananza. Proprio non capisco: Tomo mi ha detto che eravate in cammino già dalle otto di questa mattina" continua con voce incrinata dall'agitazione, "e che stava andando tutto a meraviglia."

"CHE COSA?!" urlo con tutto il fiato che ho in corpo, facendo scappare un paio di uccellini appollaiati tra gli alberi.

Nel frattempo, Jared Bella Addormentata Leto, si tira su con uno scatto fulmineo dal sacco a pelo.

Ops, mi sa che l'ho svegliato.

Beh, chissenefrega.

"Vicki, ma che significa? Guarda che io e Jared siamo qui accampati con tutte le nostre cose e quin..."

Smetto improvvisamente di parlare e mi guardo intorno: tutta la roba di Shannon e Tomo è sparita, volatilizzata, scomparsa.
Come diavolo ho fatto a non farci caso? Dio, sono proprio una rimbambita.

"Sophie?! Pronto?!" dice allarmata Vicki all'altro capo del telefono.

"Si, si sono qui. Io davvero non capisco. Vicki ascolta, quando senti Tomo, fatti spiegare la situazione. Questa cosa non ha senso e inoltr..."

"Ehi tu. Ma si può sapere che cos'hai da urlare in quella maniera isterica e sguaiata? Mi hai fatto venire un colpo."

Mi giro di scatto verso Jared e lo fulmino con lo sguardo.

"TU ADESSO DEVI TACERE. CHIARO?! HO DAVVERO BISOGNO CHE TU RIMANGA IN SILENZIO O POTREI FARTI DEL MALE FISICO. SUL SERIO, STAI ZITTO JARED."

Forse l'ho spaventato, o forse si è reso conto che c'è qualcosa di strano perché, senza farselo ripetere due volte, Jared si ammutolisce e si siede compostamente sul sacco a pelo, incrociando le gambe.
Wow, che enorme soddisfazione, ma torniamo alla questione pregnante: ossia, capire perché mi trovo nel bel mezzo di un bosco, sola e abbandonata. Va bene, lo so, non sono proprio sola ma visto il soggetto con cui mi hanno lasciata, la solitudine sarebbe stata di gran lunga un fardello minore da sopportare.

"Si, certo Vicki. Okay, facciamo così, non preoccuparti, vedrai che staranno bene. Grazie, a dopo."

Chiudo la chiamata e butto con poca grazia il cellulare nella borsa, iniziando a sbuffare, camminando avanti e indietro compiendo grandi falcate.

Ma tu guarda che situazione.
Tomo e Shannon sono spariti nel nulla.
Se non sono stati rapiti, sbranati o uccisi è probabile che abbiano ben due ore di vantaggio nel percorso rispetto a noi.
Sono sola nel bosco.
Anzi no.
Sono sola nel bosco con Jared.

Che fortuna eh? Avrei preferito essere abbandonata in mezzo ad un branco di sciacalli affamati.

Però, sono decisamente preoccupata. Insomma: Shannon e Tomo non ci avrebbero mai lasciato così, senza una spiegazione o senza un motivo. Dovevamo restare uniti, sapevano quanto ero terrorizzata da tutta questa storia del campeggio.
A meno che...
Mi tornano alla mente dei flash confusi: la cena attorno al fuoco, le storie del terrore, il sonno che non arriva, la preoccupazione di Shan e il suo strano modo di pronunciare la parola "insieme".

La voce stridula di Jared, mi riporta alla realtà.

"Sophie potresti gentilmente smetterla di camminare avanti e indietro come una passeggiatrice ansiosa che non trova clienti? Mi stai facendo venire il mal di mare e tra poco imbratterò il TUO sacco a pelo con i resti del panino di ieri."

"Zitto, sto pensando. Fammi ragionare in santa pace." rispondo in modo isterico.

"Scusa stai facendo cosa? Potresti ripetere? Vorrei immortalare il momento in un video e postarlo su Instagram."

"Immortala questo!" strillo, facendo un gesto decisamente poco elegante con il dito medio, tirandogli addosso la borraccia.

Schivando prontamente il recipiente di plastica, il cantante si alza di scatto e si avvicina con fare serio.

"Ehi, ma che ti prende? Non avrai mica le tue cose vero? Perché, se così fosse, andrò a farmi un giro per i prossimi due giorni. A proposito, dove sono mio fratello e Tomo?"

"Ringrazia Dio che non abbia le mie cose razza di cafone maleducato, o te la saresti vista davvero molto brutta. E, per la cronaca" seguito alzando il tono di voce, "Non ho la più pallida idea di che fine abbiano fatto quei due. Tra l'altro la loro roba è sparita e parlando al telefono con Vicki" continuo trafelata, "Mi ha detto che li aveva sentiti poco fa e che erano per strada. Ora spiega questo, genio della lampada."

Jared, in risposta, sgrana gli occhi grattandosi pensieroso la testa.

"Ma fammi il piacere. Vicki ti avrà presa in giro; probabilmente gli sono più simpatico io anche se non lo ammetterà mai e, per quanto riguarda quei due, saranno di sicuro andati a pisciare."

"Da quarantacinque minuti?!" insisto nervosamente. "Cos'hanno al posto della vescica, un'autocisterna? Dì loro di darsi una controllata alla prostata una volta a casa mmh? Penso che sarebbe una buona idea."

"Beh, questo è strano effettivamente." mormora il cantante, iniziando a guardarsi intorno.

Pensa Sophie, pensa. Mi sforzo di ricordare il più possibile, ma la nottata appena trascorsa è alquanto confusa. Altri flash mi giungono alla mente: il tè in piena notte, Jared che crolla a dormire, nonostante soffra di insonnia conclamata, Shan che mi rimbocca le coperte dicendo cose strane.
Deglutisco rumorosamente, mentre un'idea spaventosa inizia a prendere il sopravvento sempre più violentemente.

"Jared, scusami, come hai dormito stanotte?"

"Mi prendi in giro? Lo sai benissimo che soffro di inso..."

L'ultima parola gli muore in gola.

"Sophie. Ma io ho, ho... dormito. Mi sono svegliato poco fa, ma stanotte ho dormito senza problemi. Voglio dire" prosegue stupito, "Ma come può essere? E perché non mi ricordo quasi nulla? Cosa diavolo sta succedendo?"

"E' quello che sto cercando di capire, se solo mi lasciassi ragionare in santa pace." lo ammonisco con voce piatta.

"Beh, ora basta voi tre." Afferma con decisione il cantante. "Lo scherzo è bello quando dura poco; avevamo deciso di collaborare ma, a quanto pare, qui siete tutti contro di me: è una dannatissima cospirazione. Sophie, adesso non è più divertente. Shan, Tomo venite fuori!" intima Jared alzando la voce.

"Ma quanto è dura la tua testa? Sei peggio di una noce di cocco; vuota, per giunta. Lo vuoi capire che non ci sono? E, tra l'altro, secondo te mi sarei mai prestata ad una cosa simile, sapendo di dover restare da sola con te? Finiscila, per piacere."

"La disperazione gioca brutti tiri. Immaginavo che avessi un debole per il sottoscritto, ma non credevo saresti mai arrivata a tanto." replica Jared facendo spallucce.

Va bene. A questo punto, sto seriamente perdendo la pazienza.

"Ma dico: ci fai o ci sei?"

"Probabilmente, entrambi." replica con fare assente il cantante che, nel frattempo, si è appoggiato ad un albero.

Inizio a massaggiarmi le tempie; mi sta scoppiando la testa. Faccio un respiro profondo, chiudendo gli occhi e, all'improvviso, ecco che arriva un altro flash della sera prima: il foglietto infilato da Shan nei jeans di Jared.

Mi sento come se una forte scossa elettrica avesse percorso per intero il mio corpo.
Forse abbiamo una speranza. Forse potrò vedere la luce in fondo al tunnel o, a seconda dei punti di vista, il fondo del pozzo in cui sono sprofondata nel giro di poche ore.

"E' lui!" grido dirigendomi a grandi passi verso Jared.

"Lui chi?!" replica allarmato il cantante, alzando un sopracciglio e guardandosi d'istinto dietro le spalle.

Senza degnarlo del minimo sguardo, infilo un dito nel passante consunto dei suoi jeans, iniziando a strattonarlo.
Non riesco nemmeno più a ragionare e/o parlare coerentemente tanto sono agitata.

"Nei jeans maledizione, i pantaloni Jared! Muoviti!"

Il cantante fa una risatina divertita e, con un rapido gesto delle dita, fa uscire fuori il primo bottone dei jeans dall'asola; dopodiché, mi blocca entrambi i polsi con la mano sinistra, ghignando beffardamente. Per quanto mi riguarda, sono totalmente pietrificata. Mi ha colta talmente alla sprovvista, che non sono stata in grado di reagire prontamente, tirarandomi indietro quando avrei potuto.

"Oh, ma quanta fretta Sophie. Su, su da brava, lascia fare a me." sussurra aprendo velocemente la zip della mia felpa con la mano destra. "Finalmente ti sei decisa. Guarda che sarebbe bastato dirlo fin dall'inizio che avresti voluto solo un po' più di privacy e, mio fratello e Tomo, ci avrebbero lasciato soli anche prima sai? In ogni caso, mi piacciono le ragazze che prendono l'iniziativa."

MA COSA DIAVOLO HA CAPITO E, SOPRATTUTTO, COSA DIAVOLO STA FACENDO? IO LO AMMAZZO; LO AMMAZZO CON LE MIE MANI. ANZI NO: NON PERMETTERO' CHE LA MIA PELLE VENGA A CONTATTO ANCHE CON UNA SOLA GOCCIA DEL SUO SANGUE. ASSOLDERO' UN KILLER SU COMMISSIONE.
MORIRAI MOLTO PRESTO. CHIARO MALEDETTO DEPRAVATO?!

Non faccio in tempo a concludere il pensiero, che Jared mi ha fatta ruotare di novanta gradi, in modo da schiacciarmi la schiena contro l'albero dove si era precedentemente appoggiato. Come se non bastasse, sta avvicinando pericolosamente al mio sedere l'unica mano libera, mentre con l'altra, continua ad esercitare un presa ferrea sui miei esili polsi. Cercando di conservare il fiato perché tanto, qui in mezzo al nulla, gridare non servirebbe proprio a un bel niente, cerco di liberarmi dalla stretta del cantante che pare abbia decisamente frainteso le mie intenzioni.

Ma quando mai.

La mia coscienza, invece, sta cercando disperatamente lo spray al peperoncino nel fondo della sua borsetta, con scarsissimo successo.

"Jared no, fermati, fermati subito! Hai frainteso tutto! Non mi sono spiegata, io vole..."

"Shh. Stai buona mmh? Mi pare che non ti abbia dato il permesso di parlare." replica convinto il cantante, sfoggiando un sorriso sghembo.

Ho sentito bene? Ha appena detto non ti ho dato il permesso di parlare?
Deduco che i marshmellow di ieri, con la loro eccessiva quantità di zuccheri complessi, gli abbiano mandato in iperglicemia gli ultimi due neuroni superstiti.

La cosa davvero assurda però è che, Jared, dopo le mie parole (pronunciate con calma, rispetto ed educazione per evitare il precipitare degli eventi), invece di lasciarmi andare all'istante, si convince ancora di più nel considerare i miei ripetuti tentativi di opposizione come un invito a proseguire con più foga: mi preme, infatti, con maggior forza la schiena contro il tronco dell'albero, fino a far aderire completamente il suo corpo con il mio, mentre con le labbra mi sfiora l'incavo del collo, risalendo verso la mia mascella. L’odore del suo dopobarba, profumo, deodorante o di qualsiasi altro intruglio si sia messo addosso, è talmente intenso che mi da alla testa.

Sono fermamente convinta che sia l’unico essere umano al mondo che abbia nell’autoclave di casa propria litri di Chanel n°5, invece che della semplice acqua potabile.

Mentre continuo a divincolarmi, mi rendo conto che sto per avere un vero e proprio attacco di panico: il cuore sta per uscirmi fuori dalla cassa toracica e non riesco più nemmeno a respirare tanto bene.

"E' inutile che ti agiti Sophie. Se opponi resistenza, mi fai eccitare solo di più." mi sussurra nell'orecchio, ansimando leggermente.

Questo è veramente troppo: è arrivato al punto di non ritorno. Stiamo veramente degenerando ed io sto morendo di vergogna, imbarazzo, umiliazione e Dio solo sa cos'altro.

Inizio a scalciare con veemenza cercando di colpirgli le ginocchia, gli stinchi e qualunque altra cosa mi capiti a tiro e, finalmente, con non poche difficoltà riesco, con uno strattone deciso, a divincolarmi dalla sua presa.

"Ma si può sapere che diavolo pensi di fare?!" grido ansimando leggermente. "Che ti salta in mente maledizione! Sei un animale Jared, un animale! Anzi no." dico cercando di abbassare un poco la voce, "Non sei nemmeno un animale: se la fauna locale avesse modo di sentire il mio paragone, verrebbe a pestarmi a sangue all'istante e ne avrebbe anche tutte le ragioni!" dico rimanendo senza fiato e rossa in volto.

Di rimando, il cantante mi fissa a metà tra lo stupore e lo sconcerto.

Beh, si, lo ammetto: forse il mio comportamento è stato un po' troppo avventato ed impulsivo e, di certo, ad un soggetto mentalmente provato come lui, potrebbe apparire alquanto equivoco.

MEA CULPA.

"Ah, quindi, secondo il tuo brillante punto di vista, l'animale sarei io? Vorrei sottolineare" prosegue piccato, "Che, tra i due, sei tu quella che si è buttata senza preavviso sui miei pantaloni."

Sto per prenderlo/prendermi a sberle, manca davvero poco.

"Ma cosa stai farneticando?! Lo vedi che non capisci mai niente?!" ringhio facendo versi inconsulti, "Il foglietto, Shan, i pantaloni." continuo indicando le sue parti basse, farfugliando in preda al nervosismo e alla rabbia.

"No, Sophie, non ti seguo. A meno che tu non voglia fare una cosa a tre, con me e mio fratello, usando i miei pantaloni, o quello che c'è nei miei pantaloni se preferisci, e questo misterioso foglietto come bizzarri sex toys, credo proprio di non comprendere il significato delle tue parole."

Riuscirà mai ad essere serio per una volta, una soltanto, nella sua misera esistenza costellata di sesso, bondage e rock n'roll?
Respira Sophie, respira. Pensa solamente a respirare e non al fatto che vorresti raccogliere quel ceppo acuminato al lato del focolare e infilarglielo nel costato perforandogli almeno un polmone su due.

"Sto dicendo" continuo cercando di modulare la mia voce tremante, "Che ieri sera, prima di addormentarmi, ho visto tuo fratello infilarti un foglietto spiegazzato nei jeans e che, forse, e dico forse" proseguo quasi sull'orlo di un esaurimento, "Potrebbe esserci scritto sopra qualcosa di utile. Okay? Sono stata chiara adesso?"

"Beh, si, ora ho capito. Tuttavia, se queste qui sono le tue usuali reazioni, credo che, d'ora in poi, mi divertirò a nascondere post-it colorati in varie parti del mio corpo di cui non hai ancora fatto la conoscenza." sghignazza smaliziato.

Non avendo più la forza mentale di replicare per le rime, mi limito a cambiare colorito. Da quando lavoro per lui, ho iniziato a fare concorrenza ai camaleonti.

"Ascolta bene razza di maniaco. Ora dovresti proprio infilare la tua maledetta manina in tasca e tirare fuori quel benedetto fogliettino okay?" dico a denti stretti, sorridendo forzatamente.

"Se ti interessa così tanto, allora tiralo fuori tu Sophie. Il foglietto, intendo."

"Ah, ah, ah. Davvero divertente Jared. Sai, non credo ci sia molto da tirare fuori da quelle parti, quindi smettila di fare il bambino e collabora per piacere. Non abbiamo tempo da perdere."

"Ed è qui che ti sbagli, cara la mia Sophie: abbiamo una settimana intera da perdere e, se non fai come ti dico, il foglietto resterà qui" dice battendo lentamente un palmo sulla tasca, "E tu sarai costretta a perdere molto del tuo prezioso tempo qui con me, se non capiamo cosa sia successo a Tomo e a mio fratello."

"GRRRR! GIURO CHE NON TI SOPPORTO PIU'! PERCHE’ STO ANCORA LAVORANDO PER TE?! PERCHE’?!" urlo esasperata, mentre mi chino vicino alle ceneri del focolare per trovare qualcosa che faccia al caso mio.

"Davvero non saprei. Orgoglio? Testardaggine? Ostinazione? Voglia di averla vinta? O forse semplicemente stupidità, perché tanto è chiaro come la luce del sole che perderai questa guerra Sophie."

Oh, ecco qui.

Senza ascoltare più di tanto le sue chiacchiere inutili, raccolgo un sottile rametto secco, che non supera i trenta centimetri di lunghezza e mi avvicino con fare circospetto al cantante che mi fissa incrociando le braccia con la solita aria strafottente stampata in faccia.

"Come vuoi tu, squallido pervertito. Ora sposta quelle manacce da lì per piacere." dico iniziando ad armeggiare con il rametto vicino i suoi pantaloni.

Per tutta risposta, il cantante mi guarda perplesso.

"Lo avevo capito che eri strana, ma non avrei mai pensato che ti piacesse iniziare i preliminari utilizzando un ramo secco."

"Taci Jared. Hai detto che avrei dovuto prendere il foglietto; non hai specificato come. Io in quella zona non ti tocco neanche morta, chiaro? Ora lasciami lavorare in pace."

"Guarda che, nemmeno cinque minuti fa, ti sei avventata su quella zona come una a cui viene messa davanti una brocca d'acqua fresca dopo che ha passato tre giorni nel deserto."

Replicando con una palese smorfia di disgusto e rimanendo a pochi passi da lui, infilo il rametto appuntito nella tasca dei suoi jeans, cominciando a far scorrere il presunto fogliettino verso l'alto.

"Stai attenta: quelle sono parti sensibili Sophie; se non usi le dovute attenzioni potresti solo peggiorare la situazione." sussurra maliziosamente.

Vi giuro che, ora, gli infliggerei tante di quelle mazzate lì sopra in modo da toglierli definitivamente qualsivoglia tipo di sensibilità per farglielo, poi, cadere a terra nel giro di pochi secondi.

Nello stesso istante, il foglietto fuoriesce dalla tasca cadendo a terra. Approfittando dell'attimo di distrazione di Jared, lo punzecchio con il rametto appena sotto la cintola, facendolo arretrare di qualche passo, potendo così raccattare velocemente il pezzo di carta caduto a terra, onde evitare altri spiacevoli ricatti.
Il cantante emette un gemito di sorpresa e mi lancia un'occhiata torva.

"Ehi ma vuoi stare attenta con quell'affare? Tu sei pazza. Quando torneremo da questo posto sperduto, ricordami che dovrò assicurarlo. Sei pericolosa."

"Piantala, è solo un rametto. E cosa dovresti assicurare lì sotto di grazia, l'aria fritta?"

"Viste le dimensioni, se proprio dobbiamo paragonarlo a correnti d'aria o ad aree di alta pressione, sarei più propenso ad etichettarlo come l'Anticiclone delle Azzorre."

"Bounjour finesse." sospiro alzando gli occhi al cielo. "Beh, come vedi" dico agitando il foglietto sotto il naso del cantante, "Avevo ragione: Shannon Tomo ci hanno veramente lasciato un messaggio ieri."

Jared si avvicina con fare guardingo, fermandosi a pochi centimetri da me, in modo tale da poter leggere il contenuto della missiva. E' talmente vicino che sento il suo respiro sulla mia spalla scoperta.

Dio santo che ansia che mi fa venire.

Apro con mani leggermente tremanti il foglietto stropicciato, ripiegato con poca cura in quattro parti e, dopodiché, entrambi iniziamo a leggerne il contenuto, scritto in un corsivo confuso, in religioso silenzio.

 

Jared, Sophie (ma soprattutto tu, bro).
Questa non è un'esercitazione, o uno scherzo di cattivo gusto.
Ripeto: QUESTA NON E' UN'ESERCITAZIONE.
Probabilmente, in questo momento, avrete la testa piena di domande e vi starete chiedendo il perché di tutto questo. Bene. Io e Tomo abbiamo la risposta: ESASPERAZIONE.
Abbiamo deciso di comune accordo di prepararvi questa "sorpresa" per cercare di farvi rinsavire in maniera DEFINITIVA. Non volevamo arrivare a tanto, ma non vi siete impegnati abbastanza e anche la prima giornata di campeggio, è stata pressocchè un totale disastro. Quindi, è solo colpa vostra se siamo giunti ai ferri corti.
Le cose stanno in questa maniera: ricordate il tè che avete bevuto ieri sera? Okay. Tecnicamente, non era un semplice tè. Bro, hai presente quelle gocce che io e Tomo usiamo sempre per dormire, quando siamo in giro con il tourbus perché, con te sveglio nei paraggi, non è possibile chiudere occhio? Diciamo pure che, ieri notte, nel thermos, ce ne sono scivolate parecchie? Tante? Troppe? Non saprei proprio quantificare. Credo all'incirca una dozzina; la sola differenza è che, io e Tomo, abbiamo gettato via il tè quando voi due eravate troppo presi a scornarvi su argomenti come il sadomasochismo ed i tuoi dannati libricini perversi; anzi, scusalo per quella robaccia dolcezza. Comunque sia, questa è un'ulteriore conferma del fatto che i vostri atteggiamenti astiosi, sono la sola causa della vostra rovina: se non foste stati tanto assorbiti dall'antipatia che nutrite l'uno per l'altra, vi sareste sicuramente accorti di quanto io e Tomo stavamo architettando.
E sarà proprio su questo che dovrete lavorare: arriverete al rifugio insieme. Passerete l'intera giornata da soli e dovrete cooperare in modo pacifico per arrivare sani e salvi. Noi vi aspetteremo lì o, al massimo, troverete solamente Vicki lì dato che, quando verrà a sapere ciò che abbiamo fatto, specialmente per quanto ha a cuore la nostra Sophie, ci ucciderà entrambi; ma è un rischio che siamo disposti a correre per il bene comune.
Cosa dire ancora?
Nonostante i dubbi iniziali, siamo certi che andrà tutto bene. Ci fidiamo ciecamente di voi e sappiamo che affronterete la cosa come due adulti responsabili e capaci quali siete, senza scannarvi a vicenda.
Ultime raccomandazioni:
Bro: sono davvero serio in questo momento. Sei la persona di cui mi fido di più al mondo, metterei nelle tue mani la mia stessa vita ed è proprio per questo che non ho avuto molti dubbi a proposito di questa follia. Sono certo che saprai cosa fare, saprai cosa è GIUSTO fare. Sophie è una ragazza d'oro e non capisco perché ti ostini a portare avanti questa guerra senza senso. Ti avviso: io e Tomo siamo pazzi di lei, quindi vedi di riportarla tutta intera o saranno guai, guai grossi. MOLTO GROSSI.
BAM BAM: so che, mentre leggerai queste righe, vorresti tirarmi il collo e rendere Vicki vedova prima del tempo, ma cerca di capire il nostro punto di vista: era impossibile continuare così. Sai quanto io e Tomo ti stimiamo come lavoratrice e come persona, quindi siamo sinceri quando diciamo che abbiamo fatto tutto questo per voi e anche per noi. Immagina solo come sarà più piacevole lavorare e stare insieme quando, finalmente, tu e mio fratello farete pace. So che hai una buona opinione di me, nonostante tutto, ed è proprio per questo che ti chiedo di fidarti delle mie parole: Jared è una persona straordinaria, è tutto ciò che avrei sempre potuto desiderare, farei qualsiasi cosa per lui, come lui la farebbe per me; ed è proprio per questo motivo che ti affido a lui: sono sicuro che, con Jay accanto, sarai più al sicuro che dentro un bunker antiatomico, il giorno della fine del mondo.
Si, lo so: come paragone fa schifo; ma, ehi, sono un batterista, non un letterato.
Vi lasciamo con la certezza che, nonostante le incomprensioni, saprete prendervi cura l'uno dell'altra.

P.S. Bro, non provare a fare il furbo o cose del genere: ABBIAMO BERRY IN OSTAGGIO.

 

Shannon e Tomo

 

Non appena finisco di leggere le ultime righe della lettera, sono letteralmente pietrificata. Non oso muovere un singolo muscolo.
Ci hanno lasciati qui, nel bel mezzo del nulla.
Come hanno potuto? Inoltre, come se non bastasse, hanno preso il Blackberry di Jared, ergo, se la mia batteria si scarica, non potremmo neanche chiedere aiuto.

Affermare che siamo finiti spalmati in una merda di tirannosauro, sarebbe un eufemismo.

Tra l'altro, ora che ci penso, quello non è un semplice telefono: quello è Berry; l'unica cosa esistente al mondo per la quale Jared sia capace di provare amore, tenerezza e compassione oltre a suo fratello, sua madre e, credo, Tomo. Sinceramente, ho paura ad azzardare qualsiasi tipo di iniziativa; preso dalla disperazione, il cantante potrebbe essere soggetto a diversi tipi di reazione: scoppiare in un pianto isterico, tagliarsi le vene con delle foglie secche, fare Harakiri con gli spiedini su cui abbiamo arrostito i marshmellow, infilare la testa nella tana di un grizzly per avere una morte veloce o, se proprio dovessi essere molto sfortunata, aggredire la sottoscritta in un impeto di furia omicida, facendola volare a calci nel sedere, direttamente in cima all'albero più alto disponibile, in una pantomima stile "Tarzan ha scoperto che Jane lo ha fatto cornuto".

Senza parlare e, soprattutto, senza fare il benché minimo movimento, giro leggermente lo sguardo in direzione del cantante per controllare il suo stato d'animo.

Il mio cuore si ferma definitivamente.

Jared è immobile, con le mani strette a pugno lungo i fianchi, pallido come un cencio; ma la cosa che mi terrorizza più di ogni altra, è la sua espressione: è come se il suo viso fosse diviso in due parti opposte e contrastanti; la parte destra del volto ha un aspetto vuoto, inespressivo. L'occhio destro fissa un punto non ben definito e la palpebra è soggetta ad un leggero tremolio, mentre la metà della bocca interessata è tirata in una linea precisa ed immobile; per quanto concerne la mimica dell'altra parte del viso, per ironia della sorte proprio la metà sinistra, data l'inquietudine che trasmette, è completamente stravolta: l'occhio è strabuzzato in modo preoccupante e la venuzza appena sotto quest'ultimo pulsa come non avevo mai avuto modo di vedere prima; inoltre, sulla porzione di bocca coinvolta, è dipinto un sorrisetto isterico o, forse, sarebbe meglio dire un ghigno, che conferisce all'essere che mi si para davanti (ormai, non credo sia più tanto umano), un'aria da esaltato totale.

Un brivido mi corre lungo tutta la schiena e si blocca all'altezza del cervelletto: i miei neuroni stanno gridando con tutti i potenziali d'azione rimasti a loro disposizione di iniziare a correre. Non importa dove: potrei perdermi, sbattere contro una quercia millenaria e fracassarmi il setto nasale, finire in un cespuglio di ortiche, in una scarpata, in una pozza di sabbie mobili, nel covo di un paio di serpenti velenosi. In ogni caso, niente di tutto questo ha importanza, o ti fa la minima paura quando, ad un esemplare di Jared Leto, è stato sottratto il suo piccolo in maniera così meschina e crudele e, soprattutto, quando il suddetto esemplare di questa bestia assetata di sangue, ti ritiene responsabile dell'avvenuto sequestro in modo diretto o indiretto.

Dovrei provare a chiedergli come si sente? Dovrei calarmi nelle vesti della persona dolce e comprensiva che ti mette una mano sulla spalla e ti dice che andrà tutto bene, anche se potrei non ritrovarmi più la mano in questione nel giro di pochi secondi? Oppure, dovrei correre a gambe levate nella direzione opposta, sperando di incontrare il soccorso alpino, una tribù di cannibali, Big Foot o la Strega di Blair, nella speranza che possano offrirmi rifugio e protezione dall'abisso di orrore in cui sto per precipitare?

Ma tu guarda che situazione. Se sopravvivrò a tutto questo, sarà solo per prendere Tomo e Shannon a sprangate sulle gengive. Le prenderanno. Oh si, se le prenderanno. Considerando lo stato attuale delle cose, possono ritenersi due morti che camminano, è una promessa.

Prendo un respiro profondo e faccio qualche passo verso il cantante che continua a conservare la medesima espressione spaventosa.

"Ehm... Jared? Ecco, io... beh... hai letto no? Volevo, come dire, ehm si dunque, no perché..."

Mentre sto ancora cercando di formulare una frase decente, in quanto dalla mia bocca continuano a riversarsi solo ed esclusivamente accozzaglie grammaticali di scarso senso compiuto, ecco che Jared alza lo sguardo e mi fissa dritto negli occhi.

"Sophie, te lo chiedo come favore personale: per i prossimi due minuti, resta in silenzio mmh? Muta. Dopodiché, penseremo a cosa fare."

Mi zittisco all'istante. E' davvero imbestialito. Credo fermamente che, per le prossime dieci ore, farò esclusivamente la sua volontà o non arriverò mai sana e salva alla baita.

Annuisco in modo comprensivo e mi allontano silenziosamente di qualche passo, in modo da lasciargli un po' più di privacy per metabolizzare la grave perdita.
Se andiamo avanti così, rimarremo piantati qui per i prossimi due giorni; col cavolo che saremo al rifugio entro sera.

Decido di iniziare a riordinare la nostra roba, giusto per portarmi avanti con il lavoro e risparmiare del tempo prezioso: riavvolgo i sacchi a pelo e, dopo averli chiusi con le cinghie, ripongo tutte le restanti cose nei borsoni. Ovviamente, mi occupo anche della borsa di Jared; è talmente sconvolto che, in questo frangente, non riuscirebbe nemmeno ad allacciarsi le scarpe da solo, figuriamoci fare il resto. Nel giro di una ventina di minuti è tutto in ordine e, in teoria, potremmo metterci in cammino anche perché, data l'ora, di questo passo non arriveremo a destinazione prima di sera inoltrata.

Guardo nuovamente in direzione di Jared; adesso mi sembra leggermente più in sé e, cosa non trascurabile, ha ripreso un colorito e dei connotati facciali normali, o quantomeno appena al di sotto della soglia demoniaca.
Prorompo in qualche colpetto di tosse per provare a tirarlo fuori dallo stato catatonico in cui versa da una buona mezz'ora e per rompere questo silenzio imbarazzante, diventato quasi peggio delle nostre solite discussioni. Riflettendoci, Shannon e Tomo hanno ragione: se non la risolviamo ora, non la risolveremo mai più.

Rendendosi nuovamente conto della mia presenza, Jared scrolla leggermente le spalle e si avvicina raccattando il suo borsone.

"Hai preso tutta la tua roba?" domanda con fare freddo, distaccato. "Perché adesso si parte e non si torna più indietro. Berry ha bisogno di me." conclude con tono solenne.

Cerco di restare calma e tranquilla, per evitare che il panico più totale prenda definitivamente il sopravvento o, al massimo, per evitare di iniziare a ridere come una povera pazza per colpa delle idiozie che escono dalla sua bocca ogni trenta secondi.
Deglutisco, cercando di smorzare la tensione con un sorrisetto nervoso.

"Si, si ho preso tutto; anche le tue cose. E' tutto pronto: quando te la senti, possiamo andare."

Di rimando, il cantante inizia ad incamminarsi fuori dalla radura, senza proferire parola.

"Ehi, Jared?" pigolo con un fil di voce, incespicando in qualche radice sporgente. "Aspetta, per favore. Ascolta: so che la situazione è complicata, difficile e tutto quello che ti pare, però vedrai che ne usciremo mmh? Berry è in buone mani stai tranquillo; andrà tutto per il meglio okay?"

Senza nemmeno voltarsi, Jared si blocca nel bel mezzo del sentiero in maniera talmente brusca che quasi vado a sbattergli addosso.

"E' ovvio che andrà tutto per il meglio Sophie; o almeno per ME sarà così. Quanto a te, non so quanto potrò garantire."

Detto questo, riprende la sua andatura spedita, sculettando vistosamente (rendiamoci conto del caso umano che rappresenta per piacere), dirigendosi verso una zona più fitta del bosco.

Okay, lo ammetto: la mia esistenza è giunta ufficialmente al termine.



Salve. Chiedo perdono per il ritardo ma, alla sottoscritta, è stata tagliata la connessione internet per oltre una settimana, mi sono sentita quasi più sfortunata della nostra povera Sophie! Sinceramente è stata davvero dura sopravvivere. Effettivamente ammetto che questo capitolo non ha molti colpi di scena e, forse, non è neppure molto interessante, ma ho avuto moltissime cose per la testa in questo periodo; so che non è una giustificazione, ma cercherò di migliorare con il prossimo. *fa giurn giurello e NON incrocia le dita*
Purtroppo la settimana prossima ricominceranno i corsi all'università *prepara lo sgabello e la corda* e questo significa una sola cosa: lezioni di dodici ore no stop, con al massimo la pausa caffè (dovrei fare causa per schiavismo). Comunque quest'anno è l'ultimo e, come se non bastasse, ho anche la tesi da preparare *si passa il cappio attorno al collo* Quindi i capitolo successivi ci saranno, anche perchè come ho detto tante volte ho intenzione di continuare questa folle storia, ma dovrete essere davvero tanto, TANTO pazienti perchè non so quanto passerà tra un aggiornamento e l'altro *si dispera* Vi chiedo, quindi, scusa in anticipo per l'enorme quantità di tempo che dovrete aspettare per leggere le mie stramberie. Perdonatemi, per piacere *fa occhi dolci*
Spero di poter aggiornare relativamente presto. Un bacione.

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Capitolo 16
*** Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura... ***


E' mezzogiorno inoltrato. Ormai siamo in marcia, a ritmo serrato, da oltre due ore. Non ho avuto diritto neanche a due minuti bonus di pausa per dare ai miei polmoni e al resto dei miei organi interni (o di quello che ne rimane) un po' di tregua. A dirla tutta, mi sembra di aver preso parte a pieno titolo alla nuova edizione degli "Hunger Games", con la sola sfortuna che, il "mio" Peeta Mellark, invece di prodigarsi per tenermi in vita, mi nega anche la possibilità di fare pipì.
Che bel salto di qualità.
Inciampando un po’ dappertutto, per colpa delle radici sporgenti e dei sassi che costellano il terreno boschivo, cerco di coordinare il mio cervello, la mia lingua ed il resto del mio corpo, tentando di appellarmi alle mie brillanti capacità di comunicazione, per poter chiedere qualche secondo di pausa al mio sadico carceriere (perché, in fondo, è di questo che si tratta), in modo tale da non finire a terra o, peggio ancora, stramazzare al suolo per la fatica.

“Ehm, Jared? Perdonami se oso interrompere l’equivalente della tua personalissima ‘Marcia su Roma’, ma avrei davvero bisogno di fermarmi un attimo per riprendere fiato.” pigolo a bassa voce. “Anche perché” continuo con tono sommesso, “Il borsone mi sta letteralmente segando la spalla e credo anche di avere le vesciche ai piedi. Per favore.” concludo con tono implorante.

Io che imploro.
Io che imploro Jared Leto.
Ma dove andremo a finire di questo passo?
Jared, tanto per cambiare, sembra non prestare minimamente attenzione alle mie suppliche.
A questo punto, mi auguro solo che scoppi uno di quei terribili temporali estivi e che un fulmine lo colpisca in testa: magari la carica elettrica, attraversando il suo corpo, gli farà ripartire il cervello.

“Ma mi stai ascoltando, si o no?! Aspetta solo che ti raggiunga, aspetta solo che venga lì, davanti a te, e poi vediamo se fai ancora finta di non sentirmi!” urlo spazientita.

Il semiuomo isterico che ho a pochi passi di distanza, anche perché da quando Berry è stato rapito, il caratteraccio di Jared ha raggiunto i massimi storici, rallenta il suo passo fino a fermarsi, per poi girarsi e lanciarmi un’occhiata fiammeggiante.

“Segare e venire. Che deplorevole scelta di parole Sophie.”

Ah, ecco. Quindi, nonostante abbia proferito almeno una cinquantina di parole, è comunque riuscito a comprendere esclusivamente le uniche due a rating rosso.
Mi sembra giusto.

“Non è colpa mia se attingo il mio lessico dal vocabolario corrente e non dal Kamasutra Jared. Fattene una ragione.” rispondo seccata.

Di rimando, il cantante si avvicina di qualche passo, rimanendo con il suo viso a pochissimi centimetri dal mio, ed inizia ad aprire la cartina del luogo, dopo averla tirata fuori dalla tasca posteriore dei suoi jeans sbiaditi.
Secondo me, lo fa apposta: deve aver intuito che, avvicinandosi in quel modo, mi irrita terribilmente ma, ovviamente, lo fa comunque.
Bene, che proceda pure: rimarrò impassibile, può starne certo.

“Dunque Sophie, ascoltami bene. Sulla cartina dice che, tra non molto, dovremmo incontrare un piccolo ruscello. Facciamo così: arriviamo fin lì e ci fermiamo per mangiare qualcosa e riposare LO STRETTO NECESSARIO mmh? Poi non voglio più sentirti però. Ci stiamo mettendo anche troppo per i miei gusti.” sentenzia freddo.

Quindi, secondo lui, ci stiamo mettendo troppo. Okay, scusatemi, ma io adesso vorrei proprio saperlo. Chi è la trota salmonata che si è impalata per oltre una ventina di minuti a fissare il vuoto con un espressione da: “Santo cielo, mi sa che il chirurgo ha esagerato con il botox?”
Alzo le braccia al cielo in segno di resa. O, forse, in segno di disperazione? Non saprei proprio scegliere.

“Senti io ci sto provando okay? Sono rimasta al tuo passo per tutto il tempo, non ho replicato a nessuna delle tue scelte palesemente discutibili e sto cercando di essere fin troppo comprensiva; quindi non ti azzardare neppure a darmi la colpa del fatto che siamo in ritardo, anche perché sei tu” proseguo con foga additando il cantante che, nel frattempo, ha assunto un’espressione spaventata, “Quello che è rimasto imbambolato a contemplare i tronchi d’albero!”

Jared, che durante il mio sfogo si era allontanato con noncuranza, non risponde. E’ pietrificato e un accenno di paura, percorre i suoi lineamenti regolari.
Bene. Vedo che ha capito l’antifona; è meglio se si da una calmata perché, con la sottoscritta, non si scherza.

“Sophie…” sussurra in un rantolo secco.

“Se vuoi scusarti e dire che ti dispiace, nessun problema. Fai pure, sarò lieta di accogliere le tue educate e gentili richieste di perdono.” dico con una punta di soddisfazione nella voce.

Il cantante resta muto mentre, con un gesto appena accennato, inizia ad alzare i palmi delle mani verso di me.

“Sophie, ascoltami bene. Non muoverti e non gridare per nessuna ragione al mondo okay? Vieni verso di me, lentamente, per favore.”

Eh? Aspetta un attimo. Ma che sta dicendo? Che problemi ha?
Ma anche no. Non ci vado neanche morta da lui, chissà che razza di scherzo malsano sta prendendo piede nella sua testa.
Scuotendo il capo con convinzione, rinforzo la mia tesi agitando anche il dito indice.

“No, no, no, no. Mmh, fammi pensare. L’ho già detto? NO. Ma pensi proprio che sia così stupida? Non ci casco più Jared; hai chiuso con i tuoi scherzi idioti.”

“No, al contrario, Sophie: penserò proprio che tu sia davvero tanto stupida, se non fai come ti dico.” prosegue il cantante con tono grave. “A pochi passi da te c’è un cinghiale, un cinghiale bello grosso. Ti prego, fidati di me.”

Smetto immediatamente di respirare e tendo l’orecchio per cogliere qualsiasi tipo di rumore che possa confermare il fatto che Jared, per almeno una volta da quando ci conosciamo, mi stia davvero dicendo la verità.
Tuttavia, considerando il tipo di situazione vorrei con tutta me stessa che, almeno per questa volta, mi stesse davvero prendendo in giro.

Un cinghiale? Ma scherziamo? Con la fortuna che mi ritrovo, se è vero che alle mie spalle si aggira quella bestia, sono certa che mi starà già puntando come fanno i tori durante la fiera di Pamplona, solo per rispedirmi nella soleggiata Los Angeles, privandomi definitivamente della facoltà di potersi sedere normalmente su qualsiasi tipo di superficie.
Ah no, quello è Jared.
No, aspettate.
NON HO DAVVERO PENSATO QUELLO CHE HO PENSATO.
Datemi solo un secondo per realizzare la perversione che ha appena preso vita nella mia testa. Probabilmente, sto per morire di una morte atroce ed il mio ultimo pensiero è stato Jared che, beh, insomma. Ci siamo capiti no?
Questa convivenza forzata ha prodotto dei pessimi effetti sulle mie facoltà intellettive.

"Psst, Sophie!" sussurra il cantante leggermente allarmato. "Allora?! Si può sapere che stai aspettando?! Muovi immediatamente il tuo dannato, ma sodo posteriore e vieni qui immediatamente!"

Scrollando leggermente la testa per riprendermi mi rendo conto che, nonostante tutto, non sono ancora convinta di potermi fidare di lui, anche perché, alle mie spalle, non percepisco alcun rumore insolito.
Quindi, visti i precedenti, decido in maniera del tutto logica e plausibile, di non dare ascolto all'uomo che ha tentato più di una volta di farmi morire di crepacuore o, peggio, spingermi al licenziamento e propendo per dare una chance al mio buon senso e alla parte più razionale di me, girandomi lentamente verso la zona di bosco incriminata, per controllare di persona la situazione.
Non l’avessi mai fatto.

Per citare il pensiero di una delle mie più care amiche, non solo la ruota della fortuna non gira mai dalla mia parte ma, le rare volte che lo fa, mi investe schiacciandomi peggio di una crepe suzette.
Jared aveva ragione.
Vorrei non averlo mai detto, pensato, o provato sottoforma di brividi di terrore sulla mia pelle ma, stavolta, Jared Leto aveva detto la pura e semplice verità.
A pochi metri da me, accanto ad un cespuglio ricco di quelli che presumo siano frutti di bosco selvatici, c’è un chinghiale enorme; ma talmente enorme che basterebbe a sfamare un intero accampamento militare.

Prima che, le mie urla agghiaccianti, possano guastare il meraviglioso silenzio mantenuto finora che, tra l’altro, mi ha praticamente salvata dall’essere caricata come un torero strafatto di sangria durante la corrida, mi porto velocemente una mano alla bocca premendo così forte da sentire i denti conficcarsi nella carne.
Tuttavia, il caro cinghialotto, non sembra essere particolarmente interessato alle riserve di grasso possedute dalla sottoscritta, così decido di iniziare ad indietreggiare lentamente, in direzione di Jared che continua a produrre imprecazioni irripetibili in modo quasi impercettibile.

Okay, posso farcela. Mancano solo pochi passi per raggiungere Jared, dopodiché, quando saremo insieme, ce ne andremo via quatti quatti senza far rumore e ci lasceremo questo piccolo imprevisto alle spalle. Cercando di contenere il panico, inizio a contare mentalmente ogni passo che faccio, per cercare di quantificare, anche se in modo impreciso, la distanza che mi separa dal mio compagno di sventure.
… quattro, cinque, sei, sette …
 
*crack*
 
Oh no. Vi prego, ditemi che non è vero.
Abbasso lo sguardo in direzione dei miei piedi e noto con sommo terrore, che ho appena pestato una manciata di rametti secchi che, a contatto con la pressione del mio peso, si sono sbriciolati come fossero cristallo fragilissimo.
Sono una donna finita.

Rialzo velocemente lo sguardo, girandomi in direzione di Jared: è pietrificato, immobile. Dopodiché dirigo nuovamente la mia attenzione in direzione del cinghiale. Sembrerà impossibile, ma giuro che mi sta fissando. Mi sta guardando dritto negli occhi e sembra quasi che mi stia dicendo: “Ti farò a pezzi: te la farò pagare cara per la morte di tutti i miei simili e te la farò pagare anche per aver portato quel decerebrato lì dietro, nella mia zona di residenza.”
Lo so. Forse, come al solito, sto esagerando. Però giuro, che esco viva da quest’incubo, non mangerò mai più lo spezzatino di cinghiale durante le sagre del mio paesello in Italia. Ammesso che io possa mai rivedere la mia terra d’origine, a questo punto.

Il cinghiale, intanto, come se fosse la cosa più logica del mondo inizia a trottare allegramente nella mia direzione ed io, invece di scappare a gambe levate, rimango lì, immobile come un salame.
No Sophie, non ci siamo. Non è uno squalo: non è che se resti ferma ed immobile, dato che è cieco, non ti scambia più per una foca monaca e fa dietro front. E’ di un cinghiale che stiamo parlando: quello ci vede benissimo.
Gli strilli di Jared mi riportano alla realtà.

“Sophie, maledizione, corri! Presto, da questa parte!”

Risvegliandomi dal mio torpore, inizio a correre in direzione di Jared e della sua voce, non curandomi minimamente di tutto quello che mi circonda. Potrei anche inciampare e finire in un burrone ma tanto, probabilmente, non me ne accorgerei nemmeno.
Mentre continuo a seguire la voce di Jared, senza nemmeno ascoltare il significato di quello che mi sta gridando, continuo a udire lo scalpicciare dell’animale poco dietro di me.

Magari voleva solo giocare.
Si, certo. Con le mie interiora, magari.

Non appena sono a pochi centimetri dal cantante, anche lui inizia a correre verso una direzione non ben specificata: credo che, ormai, la mappa serva a ben poco. Ci perderemo, me lo sento.
Mentre Jared, con il suo fisico atletico, inizia a distanziarmi di poco, io mi sento sempre più esausta; tuttavia, il destino sembra venirmi incontro: lungo il sentiero infatti, inizia una piccola discesa che mi porta ad acquisire una maggiore velocità nella corsa. Non faccio in tempo a realizzare il tutto, che Jared si impala in mezzo alla strada, girandosi improvvisamente dalla mia parte, agitando furiosamente le mani.

“Sophie, no! Rallenta! Finiremo male, c’è una scarp…”

Troppo tardi.

Gli piombo addosso con tutto il peso del mio corpo che, moltiplicato per l’accelerazione acquisita correndo in discesa fa… ehm… si, ecco. Effettivamente, non sono mai stata una cima in fisica; comunque, vi posso assicurare che equivale a qualcosa come un guaio bello grosso.
In men che non si dica, ci ritroviamo avvinghiati in una grottesca caricatura del gioco Twister, mentre iniziamo a rotolare per una piccola scarpata, decisamente poco profonda per morire e porre dunque fine a tutte le mie sofferenze, ma abbastanza perigliosa da romperci qualcosa, una volta aver smesso di girare su noi stessi peggio di una lavatrice impostata con il programma “Centrifuga level: over 9000”.

Durante l’assurdo volteggio, mi rendo conto che il cinghiale, evidentemente più furbo di noi, si è fermato sul ciglio della scarpata ad osservare curioso la scena.
Secondo me, gli facciamo pena. Anzi, ne sono certa.
La sola cosa che mi regala un filo di speranza affinché possa evitare di riportare una commozione cerebrale è che, durante tutto il lasso di tempo in cui siamo impegnati a rotolare, Jared cerca di ripararmi la testa come meglio riesce posizionandomi, in modo alquanto goffo, la mano sinistra dietro la nuca.

“ODDIOOOOOO, JARED, MORIREMOOOOO! TI PREEEEGO, NON VOGLIO MORIREEEEE! AIUTOOOOO! ”

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAH, FANCUUUULO, MERDAAAA, FANCULOOOO!”

Giustamente, ognuno reagisce a queste tragedie nel suo personalissimo modo: chi prega e spera nel miracolo, chi spreca l’ultimo alito di fiato per imprecare come se non ci fosse un domani.

In tutto, la caduta dura una ventina di secondi circa, in cui io e Jared finiamo a ciclo continuo l’uno addosso all’altra, schiacciati tra il terriccio sottostante ed il peso di chi, in quel momento, si trova sopra, per non parlare poi dei versi animaleschi che, entrambi, emettiamo in preda al panico.
Sono quasi convinta che, se qualcuno avesse a disposizione l’audio di questa situazione, lo scambierebbe sicuramente per un doppiaggio abbastanza complesso di un film porno.

Dopo cotanta agonia, con un tonfo sordo, arriviamo finalmente in piano, atterrando su un tappeto di foglie secche. Dire che siamo stati sbattuti come uova da un vecchietto affetto da Parkinson, che cerca di prepararsi una colazione all’americana, è un eufemismo.
Giustamente, dato che sono una persona notoriamente molto fortunata, mi pare logico ed ovvio che sia io quella a finire schiena a terra, durante l’ultima giravolta.
Evviva.

Per i primi secondi dopo lo schianto, nessuno dei due osa proferire la minima parola: gli unici suoni che vengono fuori, sono dei mugugni indistinti dovuti, almeno per quanto mi riguarda, a tutti i rami ed i sassi presi in pieno sulla schiena (evidentemente lo slalom non è il mio forte) ed in altre svariate parti del mio corpo, durante l’epica scivolata.
Trascorso ancora qualche secondo che mi sembra interminabile, probabilmente anche perché il respiro inizia a mancarmi per colpa di Jared che è completamente a peso morto su di me, provo a rialzarmi, cercando di scostare delicatamente il cantante per farlo ricadere sul lato sinistro dello spiazzo in cui siamo piombati. Tuttavia, Jared sembra una statua di granito. Non riesco proprio a spostarlo.

Ma quanto accidenti pesa? Eppure, a vederlo a fuori, sembra un rametto rinsecchito.
Prima che possa iniziare ad inveire pesantemente sulla sua persona, ecco che, finalmente, si degna di rompere il silenzio con una frase a dir poco inutile ed insensata.

“Mmh… almeno l’atterraggio è stato morbido. Dovrei davvero ringraziarti Sophie o, forse, dovrei ringraziare le tue amiche qui davanti che mi hanno fatto da air-bag. Anzi, ora che ci penso, dovresti proprio battezzarle con qualche nome cari…”

“Smettila Jared, accidenti!” sbotto bruscamente. “Ti vuoi levare da qui sopra?! Mi stai schiacciando maledizione! Non respiro più!” grido spazientita, iniziando a prenderlo a manate sulle spalle.

Dal canto suo, l’esemplare maschio di Neanderthal che ho addosso, non accenna a fare il minimo movimento.

“E se non volessi togliermi, uh? Come la mettiamo? Siamo soli, qui non ti sente nessuno.”

Cercando di non farmi partire un embolo, alzo gli occhi al cielo e butto, rassegnata, le braccia all’indietro, mettendole sotto la testa a mo’ di cuscino. Jared che cerca di aiutarmi per non essere caricata da un cinghiale, Jared che mi insulta per averlo travolto e trascinato lungo il pendio con me, Jared che mi ripara amorevolmente la testa per evitare di farmi prendere brutti colpi durante la caduta, Jared che si comporta come un maniaco da strapazzo.
Dalla regia, mi dicono che è tutto nella norma.

A quel punto Jared si solleva un poco, puntellandosi sui gomiti, lasciandomi finalmente un po’ di spazio vitale.
Grazie, gentile da parte tua Signor Maniaco.

“Ehi… Ma che ti prende? Non ti sarai mica arresa?” domanda con fare indagatore.

“Si. Effettivamente, mi sono rassegnata al tuo evidente ritardo mentale. Ho compreso che, più di tanto, non si può fare. Dobbiamo tenerti così come sei.” dico sospirando teatralmente. “E poi” aggiungo con tono serio, “Siamo finiti in questa situazione per esserci comportati in modo infantile ed impulsivo: non commetterò due volte lo stesso errore.”

“Oh, davvero?” sussurra sorridendo. “E come pensi di poter gestire la cosa? Perché io, da qui, non mi muovo.”

Faccio spallucce, cercando di assumere un’aria il più disinvolta possibile, combattendo stoicamente contro l’imbarazzo che mi sta divorando.

“Beh, sai com’è.” affermo con convinzione.

“No, in realtà, non lo so. Illuminami.” replica sempre più incuriosito, avvicinandosi leggermente al mio viso.

Sento un sorriso radioso tirarmi gli angoli della bocca. Bingo.

“Tra meno di dieci minuti, considerando il mio fenotipo, ossia biondo con carnagione chiara e considerando il tipo di trauma affrontato, sarò coperta di ematomi ed ecchimosi di svariati colori che oscilleranno tra il violaceo ed il rossastro nello spettro cromatico.”

Ma che linguaggio forbito. Guardare tutte le serie di CSI mi ha fatto decisamente del bene.

“Cosa vorresti insinuare con questo?” mi ringhia contro Jared che, nel frattempo, si è tirato su passando dalla posizione prona al mettersi quasi a cavalcioni, ovviamente sempre sulla sottoscritta.

Per farla breve, sta usando il mio corpo come fosse uno stuoino su cui fare yoga; dettagli.

“Voglio insinuare” insisto senza nemmeno una punta di incertezza nella voce, “Che quando arriveremo al rifugio, sempre se non ti crea troppo disagio volerci arrivare sano e salvo, visto il tuo ignobile comportamento, potrei sempre INSINUARE” continuo a sottolineare sadicamente, “Che gli ematomi non siano frutto di una caduta ma, piuttosto, potrei affermare che questa caduta, in realtà, non c’è mai stata. Ti serve una spiegazione più dettagliata? Magari con dei disegnini? Oppure il tuo brillante encefalo ha elaborato correttamente le informazioni?”

Dopo qualche secondo di totale silenzio, Jared sbianca e strabuzza gli occhi.

“Tu. Tu… non oseresti mai.”

“Ti consiglio di non mettermi alla prova.” ribatto con tono distaccato.

A quel punto, il cantante, si solleva con fare brusco e decide finalmente di spostarsi, rotolando su un fianco e mettendosi alla mia sinistra.
Dio, si respira di nuovo, grazie.

“Bene. Vedo che inizi a capire l’antifona, mi fa piacere.”

“Tu sei solo una povera pazza. Credi davvero che Tomo, Vicki e, soprattutto, mio fratello crederebbero al fatto che ti abbia ridotta in questo stato? Io le donne non le picchio.”

“Certo, perché tanto le sfondi.” aggiungo di getto.

Rendendomi immediatamente conto della pessima gaffe a luci rosse, cerco di recuperare velocemente terreno aggiungendo altri atteggiamenti tipici di Jared nei confronti del gentil sesso.

“… O le leghi, le bendi, le frusti. O, peggio, le strangoli. Ci siamo capiti insomma.” Concludo farfugliando leggermente.

Spero non si sia accorto del mio tentennamento. Deve rimanere convinto del fatto abbia la situazione in pugno: non ho altro modo per uscire indenne da questa situazione.
Mi giro e lo guardo dritto negli occhi: siamo così vicini che colgo ogni sfumatura delle sue iridi, così come il susseguirsi del suo respiro leggermente accelerato. Anche Jared mi sta fissando: ha un sopracciglio leggermente inarcato e un mezzo sorriso sul volto.

“Beh, che ci vuoi fare? Mi diverto così; ma stai pur tranquilla che, dopo il fattaccio, nessuna di loro ha mai chiamato Amnesty International o chiesto risarcimenti di alcun tipo. Al massimo, avranno fatto una telefonata al fisioterapista, o al chiropratico di fiducia il giorno dopo.”

Che squallore, signori miei, che squallore.
Scuoto la testa indignata, mentre mi tiro su mettendomi a gambe incrociate e spazzolandomi i vestiti dai residui di fogliame e terriccio. Non appena conclusa l’operazione, mi guardo un po’ intorno per capire dove siamo finiti e noto con piacevole sorpresa che, poco lontano dal punto in cui siamo atterrati, si intravede un ruscello. Sicuramente si tratterà di quello segnalato sulla mappa, di cui stavamo discutendo poco prima di finire a volteggiare come involtini.

“Senti un po’ tu. Perché invece di continuare a elargire porcherie su porcherie, non ti rendi utile alla nostra causa e controlli sulla mappa se quello è il ruscello di cui discutevamo poco prima? Sarebbe davvero utile sai?”

Sbuffando, Jared tira fuori la cartina, iniziando a consultarla con fare attento. Dopo qualche secondo di silenzio assoluto, si alza in piedi riponendo la mappa nella tasca laterale della sua borsa.

“Sai Sophie, mi urta ammetterlo, ma avevi ragione: è proprio il ruscello che stavamo cercando. Se ho letto bene la mappa attraversarlo, invece che girarci intorno, ci farebbe accorciare questa scarpinata di parecchio, anche di qualche ora suppongo.”

STOP. ALT. FERMI TUTTI.

“Addirittura di qualche ora?! Sei sicuro?!”

Allora da qualche parte, in un posto a me sconosciuto, vive sicuramente il mio santo protettore, rimastomi finora ignoto: San Iellato, il protettore delle giovani fanciulle sfigate come la sottoscritta. Tuttavia, preferisco non gioire troppo; si sa che, in questi casi, esultare può produrre una reazione contraria a quella sperata.

“Se i calcoli sono giusti, si. Bene, possiamo fermarci adesso all…”

“NO!” urlo in preda all’esaltazione più sfrenata. “Non se ne parla neppure! Andiamo avanti! Prima attraversiamo il ruscello, prima arriveremo al rifugio. Prima arriveremo sani e salvi a destinazione,  prima potrai riabbracciare Berry e, ovviamente, anch’io potrò riabbracciare la dignitosa condizione umana del vivere civile! Noi non ci fermiamo ora. Chiaro?!”

Jared mi fissa con aria sgomenta.

“Sophie, prova a dire un’altra volta la parola RIABBRACCIARE e ti strangolo con le mie mani; mi stai facendo scoppiare la testa. E, poi, non eri tu quella con le vesciche ai piedi e la spalla mezza lussata che voleva fermarsi a tutti i costi? Vorrei ricordarti” aggiunge severo, “Che proprio per questo motivo non hai fatto altro che insultarmi per tutto il tragitto, nemmeno fossi uno schiavista.”

“Hai detto bene.” affermo con determinazione. “ERO. Ora non lo sono più. E, per la cronaca, TU SEI UNO SCHIAVISTA.”

Detto questo, mi incammino velocemente alla volta del ruscello.
Dopo essermi avvicinata quel tanto che basta per vedere meglio tutto lo spazio circostante mi rendo conto, con immensa tristezza, che il mio dolce San Iellato, mi ha lasciata di nuovo in balia del mio sadico destino.

Osservando meglio il fluire della massa d’acqua che mi si para davanti, più che un ruscello, sembra assomigliare al fratello, al cugino o, ancora, allo zio delle cascate del Niagara, oltre al fatto che lo pseudo-bacino da attraversare è profondissimo e anche la corrente sembra essere bella forte.
In pratica, potremmo fare tranquillamente rafting e vi giuro che non sto esagerando. Infine, ciliegina sulla torta (già prossima al collasso tra l’altro), i sassi su cui dovremmo passare per attraversare questa trappola mortale, sono coperti da un misto di melma, muschio e non voglio sapere cos’altro, il che li rende ancora più scivolosi della proverbiale buccia di banana.

Facendo due calcoli veloci, arrivo alla rapida ma logica conclusione che, se mi butto lì in mezzo, altro che risparmiare due ore; ci metterò esattamente due minuti scarsi ad arrivare a destinazione. Peccato che, quest’ultima, devierà automaticamente verso il campo santo e non più verso l’amata baita di montagna.
Nel frattempo Jared mi si affianca, poggiandomi una mano sulla spalla.

“Ti senti bene? Non hai un bel colorito.” sghignazza divertito.

Bastardo. Ha già capito tutto.

“Taci. Sto bene. Sto solo cercando di capire come possiamo attraversare il Fiume Della Morte senza morire annegati, o in qualche altra maniera atroce.”

“Come potrai, vorrai dire. Io non vedo tutta questa difficoltà.” sentenzia di rimando il cantante, facendo spallucce.

“Bene. Allora vorrà dire che, da bravo cavaliere, mi aiuterai.” pigolo con tono insicuro.

Per come l’ho trattato prima, mi riderà in faccia. Mi sono tirata la zappa sui piedi da sola.

“AHAHAHAHAHAHAHAHAH. NO. Il cavaliere non aiuta la sua bestia da monta.”

Infatti.
No aspettate, cosa ha detto?
Bestia da monta?
Brividi, pelle d’oca, spasmi, conati di vomito e ancora brividi.
La mia coscienza sbatte ripetutamente la testa contro il tronco di un abete secolare.

“Jared ma per favore! Come credi che possa farcela da sola?! Avanti, dai!” piagnucolo, torcendomi le mani in modo violento.

“Non lo credo, infatti. Buona fortuna.”

Senza nemmeno darmi il tempo di replicare ed iniziando ad ancheggiare vistosamente, Jared comincia ad oscillare, con quello che mi pare un equilibrio parecchio precario, da un sasso all’altro. Se lui ha tutti questi problemi, non voglio nemmeno immaginare come potrei cavarmela io.
Salgo sul primo sasso, mentre Jared è già a metà strada e, come se non fosse abbastanza, ho anche il peso del mio borsone che non fa che rendermi ancora più goffa.
Dannazione. Sto oscillando peggio che un elefante sui gusci d’uovo, se continuo così rischio di finire in acqua, garantito.

“Sophieeeee? Yuuuuu-uuuuh? Io sono quasi arrivato. Guarda che non ti aspetto, ti lascio qui sai?”

“Zitto! Non puoi dire sul serio! Ti prego, qui è profondissimo, aspettami!”

“Ora non fai più la gradassa eh? Guardati, sembri una disagiata scappata da un ospizio. Comunque, se può esserti d’aiuto, l’acqua non sarà più profonda di un metro e mezzo. Beh, ciao allora. Ci si vede al rifugio.” sentenzia convinto.

Strabuzzo gli occhi terrorizzata, mentre lo vedo salire sul terzultimo dei sassi che lo separarono dal raggiungere la terraferma.
No, non può finire così. Non morirò in questo dannato bosco: ora gli faccio vedere io.

Nel giro di un nanosecondo prendo la decisione che, probabilmente, si rivelerà la più stupida di tutta la mia vita, ma che non regge il confronto con la prospettiva di essere lasciata qui, da sola. Decido di prendere la rincorsa e farmi tutto il santo percorso di getto, senza pensarci due volte. Magari, così facendo, avrò un’andatura più stabile e meno occasioni di perdere l’equilibrio, chi lo sa. Inoltre, è l’unico modo per recuperare la grossa distanza che mi separa da Jared Cacca Leto.

Uno. Due. Tre.

Prendo una forte rincorsa, tenendo saldamente a tracolla il mio borsone, mentre salto sul primo sasso senza esitazione. Partenza perfetta. Arrivano, poi, il secondo, il terzo, il quarto. Sono a metà percorso e, accidenti, non l’avrei mai detto ma sto andando decisamente bene. In fondo, non era così difficile. Tuttavia, mentre sono ancora intenta nella mia eccellente prestazione atletica, osservo che Jared si è impalato come uno stupido sull’ultimo sasso e mi fissa con aria divertita.
Ehi no, bello. Non hai capito, devi levarti da lì o ti metterò sotto.

“Jared, levati subito o ti travolgo, non sto scherzando!” grido in preda al panico.

Tuttavia, il cantante, non accenna minimamente a spostarsi. Secondo me, non ha ben compreso la gravità della situazione e rovinerà i miei piani come sempre.
Perché? Perché deve andare sempre così?
Per non creare quella che, dalle mie parti, si definisce tecnicamente “Inculata con rimbalzo”, arresto improvvisamente la mia corsa, immaginando già i disastrosi esiti per la sottoscritta.

Come avevo ampiamente previsto, fermandomi di colpo, non solo evito di andare addosso a Jared salvandogli trucco e parrucco dalle gelide acque, ma predo completamente l’equilibrio finendo dritta dritta nello specchio d’acqua che avevo cercato di evitare con tanto impegno. Non appena riemergo, mi attacco al masso appena davanti la mia faccia iniziando a piagnucolare sonoramente, tra le risate di giubilo del cantante che, ormai, ha le lacrime agli occhi.

“Ahahahaha! Dovresti vedere la tua faccia Sophie! Aspetta, aspetta ora ci penso io, voglio condividere la mia gioia con il mondo intero!”

Mentre cerco goffamente di arrampicarmi sul masso al quale sono aggrappata, Jared scatta una foto dalla fotocamera del MIO telefono. Perché lui ha il MIO telefono? Che stregoneria è mai questa? Di sicuro, lo avrà preso durante la caduta di poco prima.

“Sei una persona davvero ignobile lo sai? Aspetta solo che arrivi da Tomo e da tuo fratello. Pagherai ogni cosa, è una promessa. Gli dirò anche che mi hai lasciata sola nel bosco. Basta cercare di fare pace, mi hai stufato.”

Il cantante smette di gongolare e mi guarda negli occhi.

“Ma ci fai o ci sei? Hai davvero creduto che ti avrei lasciata qui, da sola? Non sono un mostro, non ti avrei mai abbandonata Sophie. Volevo solo fartela fare addosso e, a quanto pare, ha funzionato.”

Non ci voglio credere, non ci sto credendo.

“Infatti non sei un mostro. Tecnicamente, anche per non essere sboccata come te, ti definirei piuttosto come il prodotto di scarto che esce dal di dietro del mostro. Ora, per piacere, saresti così gentile da aiutarmi ad uscire da qui?”

Alzando gli occhi al cielo, Jared torna sui suoi passi, poggiando a terra la borsa e mi porge la mano con fare gentile.

“Coraggio, andiamo. Prendi la mia mano, ora ti tiro su okay? Spero per il tuo bene e, soprattutto il mio, che tu non sia ingrassata troppo o mi partirà una vertebra.” dice con fare comprensivo. “Tuttavia” aggiunge sarcastico, “Un po’ mi dispiace: non ti nascondo che vederti così BAGNATA, a causa mia per giunta, mi ha dato un notevole grado di soddisfazione.”

Dopodiché, mi afferra per un braccio, mentre mi tende l’altra mano per aiutarmi ad uscire dall’acqua.
Io sono letteralmente sgomenta. A questo punto, non mi importa se si sta comportando gentilmente, ed ora mi sta aiutando.

Beh, sapete che c’è?
Forse, non lo voglio il suo aiuto.
Forse, la devo smettere di giocare pulito.
Forse, la devo finire di essere così integerrima.
Forse, ho voglia di rovinargli trucco e parrucco.
Forse, Jared ha bisogno che qualcuno gli lavi via, letteralmente, quell’espressione di superiorità dalla faccia.

Lo guardo negli occhi con aria quasi sognante e gli sorrido. Jared, dal canto suo, non afferra minimamente la pericolosità della mia espressione e, stavolta, mi sorride in modo davvero sincero e benevolo.

“Ci siamo quasi Sophie. Ora ti tiro fuori, è tutto apposto, non preoccuparti.”

Povero pollo.

“Ehi Jared…”

“Si Sophie?”

“L’hai voluto tu.”

Un lampo di terrore gli illumina lo sguardo, ma è troppo tardi. Prima che possa avere il tempo materiale per tirarsi indietro, lo strattono verso di me tirandolo per la stoffa della maglietta, trascinandolo finalmente in acqua.

Considerando quel che si dice sulla vendetta, ossia che è un piatto da servire freddo, in quanto a temperature, perlomeno con quella dell’acqua, ci siamo di sicuro.

Cadendo a peso morto, il corpo di Jared produce un’infinità di spruzzi e schiuma che si diramano un po’ dappertutto. Quanto a me, sono riuscita, con non poca fatica, ad appollaiarmi sul masso a cui ero aggrappata, ed ora mi sto godendo il meraviglioso spettacolo che mi si para davanti. Nemmeno il giorno che sono atterrata a Los Angeles sono riuscita a provare un’emozione così incontenibile.

Jared impiega svarianti secondi a riemergere. Probabilmente, starà pensando a come contrattaccare ma non importa, me ne occuperò dopo. Ora come ora, voglio solo compiacermi del mio genio. Tra un gorgoglio strozzato ed una parolaccia, il cantante tira fuori mezza testa dall’acqua rimanendo immerso dalla fine del naso in giù, un po’ come gli alligatori o, meglio ancora, gli ippopotami che ti guardano a metà tra un “Ora ti riduco a brandelli” e un “Brutto idiota, hai interrotto la mia siesta”.

Lo fisso di sottecchi per cercare di leggere in quella sua mente bacata, ma è inutile: è come trovarsi a contemplare un encefalogramma piatto.

“Sei molto carino con tutti i capelli scompigliati. Anche se, con quell’espressione incazzosa, sembri più un cucciolo di koala che ha contratto la rabbia.” sentenzio divertita. “E poi” aggiungo con finta costernazione, “Dovresti uscire di lì; tra poco inizierà a fare più fresco e, cagionevole di salute come sei, ti verrà un malanno: i vestiti ci metteranno tantissimo ad asciugarsi.”

Senza l’accenno di una minima replica, Jared inizia a nuotare con lo stile “cagnolino” verso la riva opposta (chi lo avrebbe mai detto che, un giorno, avrebbe sperimentato anche lui la posizione a quattro zampe), trascinandosi fuori dallo specchio d’acqua ed iniziando a strizzarsi alla bell’è meglio i vestiti zuppi. Quanto a me, dopo aver attraversato a nuoto il tratto che mi separa dalla terraferma anche perché, essendo fradicia, sfracellarsi sulle rocce non servirebbe più a nulla, lo raggiungo poco dopo.
Dopo aver passato un quarto d’ora abbondante a darci una ripulita, decidiamo di rimetterci in marcia.
 
*drin drin*
 
Dopo circa tre ore che siamo nuovamente in cammino, il mio telefono inizia a squillare senza sosta. Guardo in direzione di Jared aspettando che tiri fuori il cellulare che, tra l’altro, è ancora nelle sue mani e che, soprattutto, risponda. Dopo aver dato una controllata veloce al display, continuando a rimanere chiuso nel suo mutismo, mi lancia il piccolo oggetto elettronico addosso. Lo afferro al volo: per fortuna, madre natura mi ha concesso in dono dei riflessi pronti, invece che lo sculettare isterico tipico dell’individuo a pochi metri da me.

Guardo lo schermo: è Vicki. Prima di rispondere, controllo velocemente l’orario sul display, che segna le sei e mezza. Bene, non dovrebbe mancare molto; in un paio d’ore dovremmo giungere a destinazione e, tra l’altro, grazie alla temperatura mite del pomeriggio, i vestiti sono quasi completamente asciutti.

“Pronto Vicki!”

“Sophie, santo cielo! Stai bene? Ho provato a chiamarti diverse molte ma non c’era mai abbastanza campo. Dove siete?”

Faccio cenno con la mano a Jared per farmi spiegare il punto in cui ci troviamo, ma invece che rispondermi, si lascia cadere pigramente a sedere su un tronco d’albero poco lontano, cercando di legare i capelli in un raccolto disordinato.
Vai al diavolo, vecchio gallinaccio spiumato che non sei altro.

“Vicki non saprei di preciso ma, stando alla mappa, se abbiamo seguito per bene le indicazioni, dovremmo arrivare massimo tra un paio d’ore. Ah, quasi dimenticavo” continuo con tono acido, “Di a Shannon e anche a tuo marito, ti tenersi pronti o, in caso non lo fossero, di andare a nascondersi in una buca o iniziare a scavarsi la fossa. Gli lascio la facoltà di scelta.”

Sento la ragazza all’altro capo del telefono ridacchiare e pronunciare qualche parola in una lingua che mi pare dell’est Europa o qualcosa di simile, aggiungendo infine un “Vale anche per te Shan!”

“Non preoccuparti Sophie, ho già fatto un bel discorso ad entrambi. Non appena arriverete qui, faremo un bella chiacchierata a cena. Nessuno la passerà liscia tanto facilmente stavolta. NESSUNO.”

“Per piacere, non parlarmi di cibo. Sono così affamata! Se Jared non fosse così magro, sarei quasi propensa a darmi al cannibalismo.”

Poco lontano dalla mia postazione, Jared emette un verso di disgusto.

“Mi dispiace così tanto tesoro, non preoccuparti io e Tomo stiamo cucinando da oltre un’ora. Pensate solo ad arrivare sani e salvi; dopodiché vedrai che con una doccia, un pasto caldo ed una bella dormita, starai sicuramente meglio! Oddio, quasi dimenticavo!” strilla di punto in bianco Vicki allarmata.

“Cosa? Che succede ancora?” pigolo rassegnata.

“Siamo riusciti ad ascoltare una trasmissione radio dal telefono di Tomo. E’ stato previsto un forte temporale in serata, perciò cercate di sbrigarvi, anche perché hanno detto che sarà molto violento ed anticipato da acquazzoni improvvisi!”

“Perfetto, mi sembra giusto. Va bene Vicki, grazie, cercheremo di velocizzare le cose. Ora chiudo, così conservo la poca batteria che resta in caso di bisogno okay? Grazie per tutto, davvero.”

“Ma ti pare? Sii prudente, a dopo Sophie.”

Chiudo la chiamata e mi avvicino di malavoglia a Jared, per comunicargli le ultime novità. Invece che rispondermi, si limita a guardarmi in modo pungente e, rimettendosi in piedi con uno scatto fulmineo, riprende a camminare.
Ora fa anche l’offeso. Non ho parole. Voglio dire, se è lui a umiliarti, innervosirti, provocarti o Dio sa cos’altro è tutto okay, mentre se lo fai tu, povera insulsa mortale, mette in scena una tragedia greca di proporzioni epiche, in cui interpreta la parte della dolce fanciulla umiliata ed offesa.

Uomini, valli a capire.

“Jared non ti sarai mica risentito per prima? Dai vieni qui, non fare il permaloso!” esclamo, raggiungendolo e prendendolo sottobraccio.

Per tutta risposta, Jared continua rimanere muto.

“Oh andiamo! Così siamo pari no?! E, poi, per tutte le volte che mi hai presa in giro tu, avrei come minino dovuto tagliarti i freni della bicicletta ed invece eccomi qui, sempre al tuo servizio. Shannon sarà molto deluso dal tuo comportamento.”

“Shannon sarà molto deluso perché, molto probabilmente, se continui così mi vedrà arrivare da solo stasera, io ti avviso.” irrompe con tono gelido Jared.

Smetto di parlare e deglutisco rumorosamente.
Che esagerato. Con tutto quello che mi ha fatto passare, è un miracolo che non sia ancora finita in analisi.

“E’ una minaccia o cosa?”

“Si, è una minaccia. Minaccia che si concretizzerà a breve se inizia a piovere prima di arrivare a destinazione: i miei vestiti hanno appena finito di asciugarsi e non voglio assolutamente ammalarmi.”

“Ah, già. Perché io, invece, potrei benissimo prendermi la broncopolmonite vero?”

“Anche l’ebola, il tifo o l’epatite, se preferisci.”

“Si okay, come vuoi. Comunque rilassati, figurati se inizia a piovere proprio adesso! Vedrai che arriveremo tranquillam…”
 
*plic plic*
 
Non concludo la frase, che inizio a sentire gocce sempre più grosse cadermi in testa, sulle spalle, lungo le braccia e su ogni singolo centimetro scoperto del mio corpo.
La sfiga. Sono la sfiga.

“Dicevi Sophie? Giuro che non mi affiderei a te nemmeno se stessi per precipitare nella Fossa delle Marianne e tu fossi l’unico appiglio disponibile. Sei un maledetto uccello del malaugurio.”

Zeus o chi per lui, ha deciso di punirmi ancora una volta. Ovviamente, tutto questo va a vantaggio di quella capra ignorante, che non vede l’ora di darmi addosso.
Pazienza. Tanto, cagionevole di salute com’è, contrarrà qualche virus mortale e morirà qui, nel bosco, donandomi finalmente un po’ di pace.

Mentre la leggera pioggerellina inizia a diventare sempre più insistente, Jared mi afferra per un braccio e mi trascina lungo una piccola discesa. Guardando meglio vedo che, qualche metro più avanti, è posizionata una piccola… grotta? Nicchia? Non saprei esattamente come definirla. La sola cosa che mi è chiara è che, Jared, mi sta trascinando dritta là dentro, come avrebbe fatto un cavernicolo qualunque durante l’età della pietra.
Pessima idea.

Primo: non vedo molto, ma si capisce chiaramente che lì dentro è buio pesto.
Secondo: quel posto potrebbe essere la tana di qualche animale feroce o Dio sa cos’altro.
Terzo: non abbiamo idea di quanto durerà quest’acquazzone e, di certo, non voglio stare in quel buco oscuro e umido, presumo, per più di trenta secondi.
Quarto (punto fondamentale aggiungerei): non ho la minima intenzione di rimanere in quel posto per più di trenta secondi, con Jared di fianco.
Sono sufficienti come motivazioni?

IO CREDO DI SI.

Cerco di divincolarmi ed opporre resistenza ma, come al solito, Jared esercita una presa ferrea sul mio braccio e le sue mani, lunghe in modo ingiusto ed anche inquietante, non aiutano.

“Dove accidenti mi stai trascinando?! Io non ci entro neanche morta lì dentro, hai capito?!”

“Stai zitta, o potrei davvero arrabbiarmi. Adesso ne ho abbastanza.” ringhia a denti stretti. “Per colpa del tuo malocchio, ci stiamo inzuppando come spugne. Smettila, o giuro che ti carico in spalla e ti tappo una volta per tutta quella maledetta bocca, in un modo che, ti garantisco, non sarebbe per nulla piacevole. Non tirare troppo la corda, si fa come dico io.”

Detto questo, mi spinge a forza nel buio antro della grotta, facendomi sparire nel buio più assoluto.
 


Oh mio Dio. Sono qui. Dopo un mese e mezzo, ecco che torno a darvi del filo da torcere con le mie pazze fantasie da “scrittrice” da strapazzo. Cosa dire? Come al solito scusate per l’enorme, gigantesco, mastodontico ritardo, sono imperdonabile. Le ultime news, a parte la mia barbosissima vita da studentessa universitaria, è che sono in piena depressione post-concerto. Ebbene si: sono stata a Milano tre giorni e posso davvero dire I WAS HOME. E’ stato tutto perfetto, NOI, LORO, LA MUSICA, LA VITA. Non so quanti di voi erano lì, ma è stato qualcosa di meraviglioso. Tra l’altro ho incontrato anche una di voi, con cui ho legato moltissimo, Sil che ringrazio per tutto l’affetto che mi ha dimostrato. La cosa più belle è che ci siamo trovate sul palco, durante UITA, insieme. Un’emozione indescrivibile. Se uscirò indenne da questa fase, magari scriverò un resoconto del concerto e lo metterò qui, così potremo andare a piangere in un angolino tutti insieme.
Per quanto riguarda il capitolo, credo che sia il più lungo che abbia mai scritto e, vi avviso, che risente della depressione di Milano. Jared e Sophie sono un pochino fiacchi, perdonatemi anche questa. Vi giuro che cercherò di rifarmi al prossimo giro. Spero solamente di potervi strappare un sorriso, una risata o un’espressione divertita anche questa volta, perché quando vi immagino sorridere, mi sento nuovamente lì in mezzo a voi che siete la mia famiglia.
Okay, spazio telenovela strappalacrime finito, anche perché sto occupando spazio in modo indecente. Se il capitolo vi è piaciuto e anche se, al contrario, lo avete odiato, lasciatemi pure tutti i vostri pareri come al solito importantissimi.
Spero di riuscire ad aggiornare presto, vi abbraccio tutti.

 

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Capitolo 17
*** Finchè morte non ci separi ***


Ora, finalmente, comprendo.

Comprendo l’esasperazione, la frustrazione e, di conseguenza, anche la marcata antipatia di Tiresia, l’indovino cieco che viveva nel mondo dei morti, a cui Ulisse dovette sacrificare una capra o un ariete, non ricordo di preciso quale dei due animali fosse, ma tanto pur sempre di bestie cornute si tratta (chi vuole intendere, intenda), per avere le risposte che cercava. Che poi, ora che ci penso meglio, capisco anche il motivo per cui la sua scelta si sia orientata verso quel tipo di animale: cornuto, ostinato, strafottente e menefreghista; mi ricorda qualcuno. Ma torniamo pure al punto principale della questione, ossia al fatto che, nel giro di pochi minuti, mi sento molto più vicina ad un personaggio frutto della fantasia di Omero, piuttosto che all’unico essere pensante (pensante? Beh, ora non esageriamo) che ho a disposizione nel raggio di almeno qualche miglio.

Ovviamente, tutto questo astruso e contorto ragionamento deriva dal fatto che, improvvisamente, mi sono ritrovata a sperimentare, contro la mia volontà vorrei sottolineare, la triste condizione di cecità ed oscurità perenne, che riempiva le giornate dello sfortunato Tiresia; la cosa più esilarante, comunque, è che questa mia situazione, non dipende da un difetto congenito, un deficit sensoriale, o un trauma cerebrale occorso durante questi due giorni da incubo, bensì è frutto unicamente delle scelte decisamente discutibili del fenomeno da baraccone che sono costantemente costretta a sopportare che, unito al suo conclamato ritardo psichico, non ha creato altro che disastri per la sottoscritta.

Pertanto posso “serenamente” affermare che la lista si allunga: l’ultima catastrofe da aggiungere in ordine di tempo, quindi, è la condizione di cecità forzata.
Grazie tante Jared. Stai pur certo che, se fossimo stati nell’Odissea, avrei di sicuro chiesto ad Ulisse di portare te in sacrificio, il caprone per eccellenza.

La cosa più straziante è decisamente costituita dal fatto che, nonostante stia cercando di distrarmi con questi ragionamenti, anche abbastanza inquietanti per la verità, all’esterno la situazione è sempre la stessa: io continuo a non vedere una beata mazza, l’umidità mi sta letteralmente sgranocchiando le ossa, cosicché svilupperò un’artrite precoce, fuori da questo buco infernale continua a diluviare e, infine, Jared sta continuando a schiacciarmi contro la viscida parete della grotta (non sia mai che il bagnarsi due volte consecutive gli rovini per sempre la morbidezza dei capelli), mentre è alla convulsa ricerca della torcia che, fortunata come sono, sarà finita in fondo allo zaino o, peggio, sul fondale del ruscello attraversato poco prima.
 
“Jared, ne hai ancora per molto? Se continui a spintonarmi così, presto mi lusserai una spalla o mi romperai una vertebra. Inoltre” continuo con pacata rassegnazione, “Mi sono stufata di non poter vedere nulla di quello che mi circonda, per non parlare del fatto che, non avere la benché minima percezione e coscienza di dove siano le tue mani nonché altre parti del tuo corpo, mi terrorizza non poco.”
 
Affidandomi agli altri canali sensoriali superstiti, mi rendo conto che Jared ha smesso di armeggiare con la borsa. Anzi no; ha proprio smesso di fare qualsiasi cosa. Non sento più nulla: non un suono, non un sospiro, non un rumore, ma solamente l’incessante scrosciare della pioggia appena fuori la grotta.

A questo punto, deduco che anche l’udito stia per abbandonarmi e, se continuo di questo passo, potrei  anche decidere di propormi come cavia per gli esperimenti di deprivazione sensoriale. Infatti, oltre ad essere
ben pagata, avrei anche un carico di esasperazione minore.
 
“Jared? Che succede? Perché ti sei fermato?” mormoro con una leggera apprensione nella voce.
 
Silenzio.

Vorrei davvero provare a spostarmi dalla parete contro cui sono pressata da oltre cinque minuti ma, il pensiero che il cantante mi stia per giocare qualche brutto tiro è troppo forte, così decido di rimanere completamente spalmata lungo le sporgenze rocciose, in attesa di un qualche aiuto o miracolo divino che, biblicamente, non tarda ad arrivare.

Cosa dice quella frase che viene riportata nelle Sacre Scritture durante la creazione?
Avete presente? Quella di quando il buon Dio decise di optare per l’allaccio elettrico, togliendoci finalmente dall’impiccio della perenne oscurità.
Ah, si.

E LUCE FU.

Improvvisamente, un bagliore accecante mi colpisce in pieno viso, spingendo le mie povere pupille a sperimentare l’equivalente di uno shock anafilattico. A causa della troppa luce sono certa che, le poverette, si saranno dilatate talmente velocemente che, domani mattina, oltre al mio sedere, anche loro avranno qualche smagliatura.

Dopo qualche ulteriore secondo, in cui la mia acuità visiva è passata dalla scala cromatica del nero “Emo” a quella del bianco “Like a Virgin”, la prima cosa che metto a fuoco sono i lineamenti regolari del viso di Jared, illuminati dall’intensa luce led della torcia accesa poco prima.
 
“Buh.”
 
A questo punto, tanto valeva continuare a vagare nelle tenebre.
 
“No, ma dico: lo fai apposta?! Mi hai quasi bruciato la retina puntandomi quell’arnese dritto in faccia!”
 
“Si, sono Jared. Succede che ho trovato la torcia e, se insisti tanto, riprenderò immediatamente dal punto in cui mi ero fermato ma, stavolta, portando avanti le cose a modo mio e, si, lo faccio apposta. Infine, non so di preciso se con il termine ‘arnese’ intendiamo la stessa cosa, ma stai pur certa che, a quel punto, la retina bruciata sarebbe stato l’ultimo dei tuoi problemi.”
 
Detto questo, mi fissa negli occhi sfoderando un sorriso sghembo.

Per quanto mi riguarda, nonostante gli enormi sforzi logici, sono ancora ferma al suo “ho trovato la torcia”, mentre ho un eco lontano di concetti come “arnese” e “lo faccio apposta”.
Credo di non aver ben afferrato il significato di tutto ciò o, forse, sono semplicemente impazzita. Sapevo che, in queste condizioni, prima o poi sarebbe successo.
 
“Ma si può sapere cosa stai farneticando? Non che, prima d’ora, avessi mai compreso il senso dei tuoi discorsi, anche perché, fondamentalmente, non ne hanno, ma stavolta la tua uscita è stata davvero preoccupante.”

Intanto Jared continua a scrutarmi, sbattendo ripetutamente le ciglia, mentre continua ad alzare gli occhi al cielo.

“Sei tu quella senza senso. Se il tuo cervello agisse secondo una dimensione logico-temporale corretta, capiresti che non ho fatto altro che rispondere, in sequenza, alle tue precedenti domande.”
 
Dopodiché inizia a cantilenare, facendomi il verso, tutto quello che avevo detto non appena avevo smesso di udire qualsiasi rumore.

Okay. Potrò anche non avere la concatenazione spazio-logico-che-diavolo-stai-dicendo-temporale che dice lui ma, in quanto ad aberrazione mentale, questo qui non lo batte nessuno.
Nessun essere umano normodotato di questa terra avrebbe mai potuto pensare ad una cosa del genere, invece per lui è stato quasi spontaneo. Questo non fa altro che confermare la mia teoria, secondo la quale dovrebbe farsi vedere da uno specialista, piuttosto qualificato tra l’altro.
Concludo la mia digressione mentale, capendo che è meglio non insistere sull’argomento, anche perché non riuscirei a cavarne nulla di buono. Decido così di annuire in modo comprensivo e passare oltre.
 
“Capisco Jared. Evidentemente, la poca luce ha indebolito i miei neuroni e non sono riuscita ad afferrare la correttezza e l’appropriatezza delle tue risposte; la cosa mi rincresce molto. Perdonami, se puoi.”
 
“Mi prendi per il culo Sophie?” replica con una punta di isterismo nella voce.
 
“Ma che cosa vai mai a pensare?!” replico indignata, “Non mi permetterei mai. E, poi, anche se lo desiderassi ardentemente, non potrei comunque. Sai” continuo ridacchiando, “Mi manca proprio, ehm… aspetta come lo hai chiamato poco fa? L’ARNESE per farlo. Sarei, dunque, altamente impossibilitata a svolgere tale atto, proprio ad un livello come posso dire… tecnico-pratico. Mi dispiace ma, il nostro, è un amore impossibile.”
 
Guardo Jared negli occhi e noto che li ha ridotti a due fessure, mentre inizia a digrignare leggermente i denti.
 
“Basta. Giuro che, d’ora in poi, prenderò a lavorare esclusivamente sordomuti; non sceglierò mai più il personale in base alla taglia di reggiseno o al colore di capelli, fosse l’ultima cosa che faccio.”
 
TA-DAN!

Il miracolo è avvenuto, l’ho zittito.
Uno a zero per me, pirla.
No, un attimo. Cos’è che ha appena detto?
Taglia di reggiseno? Colore dei capelli?

MA SEI SERIO?!

Ma davvero sceglie chi assumere alle sue dipendenze secondo questi criteri?
Io non ho più parole, solo parolacce.
 
“Scusami tanto Jared, ma che razza di discorsi sono?! Come fai a ragionare in questi termini?!” esclamo stizzita. “La prossima volta, già che sei, scegli anche in base alla profondità della vagi…”

Tuttavia, prima di potermi abbassare totalmente al suo livello, mi porto entrambe le mani alla bocca per zittirmi, anche se, ormai il danno è fatto.
 
“Non credere che non ci avessi pensato Sophie. Ma, sai, certe cose sono difficili da stimare e quantificare, guardando esclusivamente materiale fotografico. In questi casi, servirebbe prima la prova sul campo e, poi, l'inserimento della clausola soddisfatti o rimborsati nel contratto.”
 
POTREI VOMITARE.
Oh si. Pur non mangiando da quasi ventiquattr’ore filate, potrei seriamente imbiancare le pareti di verde stile “L'Esorcista”.
 
“Sei disgustoso, sul serio. Non voglio credere che, per assumermi, ti sia davvero basato su queste cose e non sulla mia possibile competenza.”
 
“Credici. Ho il pieno diritto di decidere chi mette piede e, visti i miei standard, anche molto altro in casa mia. Se non sono competenti… Bam! Una botta e poi si passa alla successiva, dopotutto, io sono sempre stato per l’amore libero.”
 
“Ma le cose non possono funzionare così! Lo capisci che non è corretto?! Poi uno si lamenta che il mondo va… beh si, insomma, ci siamo capiti. Se ragionassero tutti come te, quelle come me farebbero la fame sotto i ponti.”
 
Il cantante mi squadra dalla testa ai piedi e, avvicinandosi un poco, mi si siede di fianco incrociando le gambe.
 
“Considerando il tuo aspetto, quelle come te, probabilmente, sotto i ponti farebbero altro e non la fame. Comunque” prosegue con tono di voce estremamente calmo e rilassato, “Devo ammetterlo: con te mi è andata abbastanza bene. Nonostante tu sia stata mandata come rimpiazzo e, quindi, non ti abbia scelta personalmente, non sei affatto male e, combinazione, anche se mi duole ammetterlo, non sei nemmeno stupida. Tuttavia, per i miei gusti, parli un po’ troppo e a volte sei davvero indisciplinata ma, per questo, esistono i bavagli, le corde, le manet…”
 
“SHH, ALT, STOP! BASTA, HO SENTITO ABBASTANZA.”
 
Zittisco Jared poggiandogli con poca grazia una mano sulla bocca, mentre inizio ad avvampare violentemente. Fortunatamente, la luce della torcia non è abbastanza potente da mostrare l’espressione di totale imbarazzo dipinta sul mio viso.

Dunque, se ho capito bene, mi trova carina.
Non è uno scherzo vero?

Cioè, non fraintendetemi ma uno che si è ripassato almeno metà della popolazione femminile gnocca taglia 40, dotata di un sistema respiratorio, nonché la gnocca per eccellenza, aka Scarlett Johansson (si, le riviste di gossip le leggo anch'io), pensa che io non sia male. Inoltre, nonostante non sia ancora in grado di sopportare la sua presenza per più di cinque minuti, devo ammettere, con estrema costernazione tra l’altro, che lui è… come posso dirlo… no. La verità è che non c’è un altro modo per dirlo… lui è… bello.

Tremendamente bello.
Così bello da sembrare finto.
Insopportabile, ma bellissimo.

Taci Sophie. Zitta.

Quindi, essendo la sottoscritta, cresciuta con inviti a cena, mazzi di fiori e dolci messaggi in segreteria da parte di attempati cinquantenni, universitari disperati con l’acne giovanile ancora in corso o, peggio del peggio, giocatori di football o praticanti altri sport senza la benché minima traccia di sostanza neuronale, credo che un
minimo di turbamento sia normale, se non addirittura necessario.
Insomma, si che lui è quel che è, ma stiamo pur sempre parlando di Jared Leto.

Okay, lo ammetto: mi sento leggermente lusingata.
La mia coscienza, intanto, mi guarda con sdegno, additandomi come bugiarda compulsiva.
Va bene, va bene. Sono molto lusingata, ma questo non cambierà il mio modo di vedere le cose: a ventisei anni suonati, dovrei essere in grado di gestire questo tipo di situazioni. Quindi, basta Sophie: riprenditi immediatamente, è un ordine.

La voce di Jared mi riporta con i piedi per terra.
 
“Secondo te quando smetterà?”
 
“Smetterà cosa?” mormoro ancora confusa dai pensieri di qualche secondo prima.
 
“Questa pioggia. Il rumore che produce mi sta facendo diventare matto.”
 
“Non saprei proprio Jared. Comunque, al telefono, Vicki mi ha detto che, almeno quelli nel pomeriggio, saranno solo acquazzoni passeggeri e che il vero temporale arriverà in serata. Quindi, non preoccuparti: vedrai che tra poco smetterà di piovere e potremo rimetterci in marcia.”
 
Il cantante, di rimando, si avvicina ancora un poco a me, massaggiandosi le tempie.
 
E NO, EH. VADE RETRO SATANA.
 
Mi allontano, quasi impercettibilmente, per sfuggire a quel contatto un po’ troppo ravvicinato e per cercare di non urtare ulteriormente l’ego di Jared, ormai teso come un palloncino pronto a scoppiare. Tuttavia, i miei sforzi sono decisamente vani, poiché non appena provo a strisciare leggermente verso il lato opposto al suo, Jared mi lancia un’occhiataccia che, se ne avesse il potere, avrebbe già ucciso me e metà della fauna residente nell’arco di mezzo miglio.
 
“Cosa Jared? Cosa? Non guardarmi così. Lo sai benissimo che non mi fido di te; anzi, una volta a casa, ricordami di chiedere un’ordinanza restrittiva nei tuoi confronti e non preoccuparti se viviamo sotto lo stesso tetto: considerando le tue mani lunghe una quarantina di centimetri circa, come distanza di sicurezza, dovrebbero bastare.”
 
Sbuffando rumorosamente, Jared incrocia le braccia al petto assumendo un’espressione imbronciata, tipica dei bambini.
 
“Ma insomma Sophie! Giuro che, stavolta, non volevo far nulla! Stai diventando paranoica, lo sai? Sto morendo di freddo e non possiamo neppure accendere il fuoco qui dentro! Scusami tanto se volevo evitare l’ipotermia cercando un po’ di calore umano! E, poi” aggiunge con tono serio, “Per fare certe cose, mi serve parecchia luce
e, possibilmente, almeno uno specchio. Altrimenti, non potrei osservare le mie doti all’opera, per non parlare del fatto che, al buio, psicopatica come sei, potresti giocarmi qualche brutto tiro.”
 
In questo momento, ammetto che ho il cervello in pappa; proprio non ce la faccio a fare i conti con tutto  questo. Nella mia testa, è in corso un ricevimento di macachi che suonano i bonghi.
La mia coscienza, invece, si è messa in cassa integrazione.
 
“Lo so, hai ragione.” replico rassegnata. “Di sicuro ti evirerei durante l’amplesso e getterei il tuo preziosissimo pendaglio in pasto al branco di coyote affamati appostati qui fuori.”
 
Jared, nel mentre della frase, assume un’aria terrorizzata, toccandosi d’impatto i gioielli di famiglia. Per quello che mi concerne, sono decisamente troppo, troppo stanca per ingaggiare qualsiasi tipo di litigio, quindi, prendo la decisione di assecondarlo in tutto e per tutto.
Che poi, tra l’altro, inizia a fare davvero freddo qui dentro.

Chiudendo gli occhi, mi focalizzo esclusivamente sul fatto che, entro qualche ora, sarà tutto diverso; tornerò al mondo civilizzato e ricomincerò a vivere un’esistenza non dico normale, ma almeno simile, alle condizioni abitative, dei reduci della guerra di secessione.
 
“Coraggio, vieni pure. Però ti avviso: tieni le mani a posto, sono davvero sull’orlo di una crisi di nervi.”
 
“Beh, ora non so se riesco a venire con così poco, ma posso pur sempre provarci. Dopotutto, sono un maestro in questo genere di cose.” replica malizioso Jared, attaccandosi a me fino a far aderire la sua spalla e la sua gamba sinistra, con le mie rispettive controparti destre.
 
“Jared.”
 
“Si, si, ho capito! Sto buono, falla finita! Sei una dannata maniaca del controllo!” esclama alzando le mani al cielo.
 
Dopodiché, inizia a tirare fuori un po’ di tutto dal suo borsone, recuperando così la coperta con cui mi aveva avvolta la sera prima. Dopo averla sbatacchiata per bene, inizia a rotearla come fosse il mantello dell’invisibilità di Harry Potter finché, trovando la giusta angolazione, riesce finalmente ad avvolgerci entrambi al suo interno. Siamo talmente vicini che sento addirittura il calore che il suo corpo emana.
Roba da non credere: fino a qualche ora prima volevamo scannarci a vicenda ed ora sembriamo due allegri compagni di bevute, rimasti insieme a smaltire la sbornia.

Ammetto che questo contatto così ravvicinato mi mette un po’ in imbarazzo, tuttavia, sto iniziando giusto adesso a scaldarmi un po’ e, poi, non resteremo qui per sempre no?
Mentre fuori continua a piovere, mi rendo conto che si è creato un silenzio quasi surreale. Si potrebbe sentire cadere un capello.

Cerco così di pensare a qualcosa di intelligente, o quantomeno costruttivo da poter dire, in modo da far trascorrere il tempo in maniera meno singolare ma, a parte lamentarmi del fatto che non voglio restare al buio, dato che la batteria della torcia sta per scaricarsi, a giudicare dalla flebile luce che emette, non mi viene in mente proprio nulla di interessante da dire.
Decido di afferrare la torcia ed inizio a sbatterla con delicatezza contro il palmo della mia mano, per capire se, il suo malfunzionamento, possa derivare solo da un problema di contatto. Durante l’operazione, però, sento qualcosa strusciare lievemente all’altezza del mio sedere. Mi blocco immediatamente e trattengo il respiro.

Ditemi che non è chi credo che sia perché, altrimenti, stavolta lo prendo a schiaffoni. O a torciate sulle balle. Dipende da come mi gira.

Tirando ancora di più le ginocchia al petto, attendo ancora qualche secondo per capire meglio la situazione, dato che siamo quasi completamente al buio e non vorrei alzare un polverone per quella che, magari, è solo una mia suggestione. Nel frattempo, con la coda dell’occhio, noto che Jared è raggomitolato su se stesso e tiene la testa poggiata al muro; ha gli occhi chiusi, ma non sta dormendo. Il problema è che, con la coperta di mezzo e la scarsa illuminazione, non riesco a vedere poi questo granché.
Cerco di spostarmi per avere una visuale migliore, ma sento di nuovo qualcosa toccarmi. Stavolta, però, lo avverto all’altezza della parte bassa della schiena, intorno alla zona lombare.

Ora le cose sono due: o Jared possiede articolazioni snodate tanto quanto una ginnasta olimpica russa, oppure devo seriamente iniziare a preoccuparmi perché, evidentemente, non siamo soli qui dentro.
Sinceramente, tra le due, non so quale possa essere la prospettiva più terrorizzante.

Evitando di puntargli direttamente in faccia la lucina azzurra della torcia, prendo coraggio e provo a saggiare il terreno.
 
“Psst, ehi Jared? Sei sveglio?”
 
“Ma che domande, ovvio. Sono ancora qui, accanto a te.” risponde quasi subito, poggiandomi una mano sul braccio.
 
Okay, ci siamo.
 
“C’è qualcosa che vorresti dirmi? Qualcosa di cui dovrei essere al corrente e che, se confessi ora, ti farà avere una riduzione delle ingiurie e delle sberle che sto per donarti?”
 
Sento un leggero frusciare sotto la coperta: Jared dev’essersi scostato da me di qualche centimetro.
 
“Eh? Ma di che stai parlando? Cosa dovrei dirti e, poi, perché dovresti prendermi a sberle? Per una volta che non ho combinato niente di niente, per giunta. Sei davvero assurda. E strana. La più strana che io conosca, lasciatelo dire.” conclude con tono leggermente alterato.
 
Non sta mentendo, ne sono certa. Jared, stavolta, è innocente.

E ALLORA COSA DIAVOLO E’ QUELLA PRESENZA CHE AVVERTO SOTTO LA COPERTA?
 
“Sophie, ehi, ti senti bene? Stai tremando.”
 
Ah, bene. Sono talmente assorbita dal mio stesso terrore che, ormai, non ho nemmeno più padronanza e coscienza delle mie funzioni motorie. Andiamo bene.
 
“Cosa? Si, io, ecco… Jared c’è una cosa che dovresti sapere, ma non farti prendere dal panico okay?”

Jared, in risposta, alza gli occhi al cielo ma, successivamente, mi rivolge un sorriso tranquillizzante, amorevole.
 
“Andiamo, cosa succede adesso? Così mi fai preoccupare, devi stare calma anche perché” aggiunge con fare scherzoso, “ Se ti viene un infarto adesso, come passerò tutta la settimana senza nessuno da tormentare?”
 
Deglutisco rumorosamente, sbattendo più volte le palpebre, cercando di assumere un tono di voce calmo e, soprattutto, di usare parole che mi permettano di rendere il concetto pregnante, senza creare panico.
 
“Jared io non so come dirtelo, non vorrei allarmarti, ma c’è qualcosa qui, sotto la coperta. L’ho sentita già due volte, mi ha sfiorato il sedere e la schiena e, dato che non è una delle tue solite trovate idiote, io sto iniziando ad avere paura, ecco.”
 
La poca luce rimasta a nostra disposizione, mi permette di cogliere l’espressione perplessa di Jared mentre è intento a valutare la situazione: dare semplicemente per scontato che io sia impazzita o considerarmi, per l’ennesima volta, portatrice di catastrofi naturali.
 
“Ne sei certa? Io non ho sentito nulla. Voglio dire, lo spazio è quello che è, me ne sarei accorto!”
 
“Senti. A meno che tu non abbia allungato, per la milionesima volta, le pale eoliche decisamente troppo, troppo lunghe che tu chiami mani si, ne sono sicura.”
 
Nel frattempo, la luce della torcia inizia a lampeggiare. Bene, anche quest’ultima ancora di civiltà sta per abbandonarci. Credo che invierò un reclamo scritto alla Duracell una volta tornata a casa.
 
“Okay, calmati Sophie” mi sussurra Jared all’orecchio afferrando la torcia e puntandola sulla coperta. “Ora faccio un po’ di luce e vediamo che razza di fantasia malata la tua mente ha deciso di partorire questa volta.”
 
Intanto, fuori, la pioggia inizia a calare d’intensità. Se non altro, tra poco, potrò finalmente uscire da questo tunnel dell’orrore. Intanto Jared inizia a sollevare delicatamente la coperta, ecco che sento di nuovo un leggero frusciare, stavolta, all’altezza delle mie caviglie.
 
“Oddio! Eccolo di nuovo! Basta, io non resisto più!”
 
Balzo in piedi in men che non si dica, emettendo gridolini isterici e sbatacchiando la coperta all’aria, mentre Jared si tira su velocemente da terra poggiandosi sulle ginocchia. Nel momento esatto in cui la luce della torcia viene proiettata sul terriccio sottostante, ecco che intravedo finalmente il motivo di tutte le mie menate mentali: un serpente.
Porca castagna. Avevo un stramaledetto serpente sotto il sedere e quell’ameba di Jared nemmeno voleva credermi.
 
CHE ZEUS TI FULMINI E CHE THOR TI PRENDA A MARTELLATE SULLE BALLE JARED.

“LO SAPEVOOOO! LO SAPEVO CHE AVEVO RAGIONE! LEVATI DA LI’ ACCIDENTI! POTREBBE ESSERE VELENOSO!”
 
Contemporaneamente alle mie grida, Jared si tira indietro ma è tardi: il serpente, con uno scatto fulmineo, gli si avventa sulla mano e… lo morde.

Jared, emettendo un grido più per la sorpresa che per il dolore, con uno strattone violento sbatte il rettile contro la parete della grotta. A questo punto, deduco che la bestiola sarà bella che morta per compressione dei tre quarti degli organi interni. Io, invece, mi sento sprofondare in un baratro senza fine. Sono assolutamente sotto shock e ho le gambe simili a gelatina. Come se non fosse abbastanza, poi, la torcia ha definitivamente deciso di abbandonarci, così la sola cosa che riesco a fare, è cercare a tentoni la parete della grotta per appoggiarmi, sfruttando la debole luce che proviene dall’entrata, prima di accasciarmi a terra come un sacco di patate.
 
Lo ha morso.
Capite?
 
No, certo che no. Voi, beati comuni mortali, che vivete al sicuro da questo abisso di follia, non potrete mai  realmente rendervi conto della gravità della situazione.

Ora, le possibili soluzioni sono principalmente due: la prima è che il serpente sia un’innocua biscia di montagna finita nel posto sbagliato al momento sbagliato (data la fine che ha fatto) e, pertanto, il peggio che potrà mai accadere è che, una volta giunti al rifugio, medicheremo per bene la mano di Jared tra le sue imprecazioni generali ed i miei isterismi dovuti al fatto che me la farà pagare molto cara ed in modi decisamente spiacevoli a causa di questo incidente di percorso: insomma, sarà pure vero che ogni disgrazia in cui sono incappata da quando ho questo lavoro, è sempre stata frutto del destino a cui, evidentemente, risulto parecchio antipatica e che, pertanto, ha deciso di affibbiarmi un pessimo Karma (la respirazione bocca a bocca finita male, il frustino sul naso, il secchio d’acqua addosso, il cinghiale incazzato e potrei continuare all’infinito) ma, dopotutto, questa volta, è colpa mia. Forse, se non mi fossi alzata così bruscamente, il serpente non si sarebbe spaventato e non lo avrebbe morso.

La seconda soluzione, invece, e badate bene che non ho ancora deciso se possa essere più terrificante rispetto alla possibile reazione di Jared nel caso sopravvivesse, è che il rettile sia velenoso. Se così fosse, non uscirei viva da questa situazione in ogni caso, anche perché Shannon mi farebbe a pezzi imbrattando con le mie interiora mezza capanna, mentre Jared con le sue ultime forze mi affogherebbe nella prima pozza di sabbie mobili disponibile ed io, se comunque riuscissi a scampare a tutto questo, opterei per impiccarmi ad un salice piangente a causa dei sensi di colpa che mi stanno divorando in questo esatto momento.

Come se non bastasse, poi, dovrei anche assistere allo schifosissimo processo di azione del veleno: la mano che si gonfia e che inizia a perdere liquido giallastro, Jared che cambia colorito passando per tutte le sfumature del prugna e dell’ocra, mentre grida bestemmie improponibili in preda a spasmi e conati di vomito, contorcendosi come Houdini dentro la famosa cassa gettata nelle cascate del Niagara, per arrivare, infine, a perdere sangue da tutti gli orifizi del suo corpo che, uniti a quel che resta dell’ematoma sul viso, lo farebbero assomigliare ad un incrocio tra un frequentatore assiduo del Lazzaretto e lo zombie di un poveretto che, prima di morire, aveva contratto il tifo, l’ebola o la malaria.

Rispetto a questa prospettiva, l’immagine di Shannon che sparge le mie viscere lungo la tappezzeria della baita, è quasi rassicurante.
 
Prendo un respiro profondo mentre cerco di recuperare la mia voce, finita in fondo ai piedi.
 
“Jared? Stai bene? Ti prego, rispondimi. Non vedo nulla da qui.” sussurro in un rantolo strozzato.
 
Tutto tace.
 
“Jared, ti supplico parlami, dì qualcosa. Qualunque cosa.” imploro tra le lacrime che iniziano a rigarmi il viso.
 
Silenzio. Silence. Silencio. Schweigen. 沈黙.
 
Così, anche i più duri di comprendonio, i residenti all’estero, gli studenti in Erasmus, o coloro sparsi in giro per il mondo, capiranno che non sto ricevendo alcun tipo di risposta e che la cosa mi sta allarmando non poco.
 
“Sophie, sono qui. Cerca di avvicinarti, se puoi.”
 
Ah, bene. Se non altro è ancora vivo, ma ha una voce terribilmente fievole.

Ti prego, se mi stai ascoltando, che tu sia una divinità pagana, Abramo Lincoln, un satiro, o lo spirito di un ubriacone morto di cirrosi epatica lo scorso capodanno, ti prego: fa che stia bene, fa che non gli accada nulla di male.

Nel frattempo, continuo a sbattere la torcia sul palmo della mano sperando che, magicamente, riparta permettendomi di comprendere l’andamento della situazione. Fortunatamente, l’aggeggio infernale decide di tornare a far luce, permettendomi così di verificare lo stato di Jared, che è accucciato a terra, con la schiena premuta contro la parete, mentre continua ad esercitare una pressione costante sul pollice, da cui fuoriesce un rivoletto di sangue.
 
“Oddio, ma allora ti ha proprio morso! Stai bene?! Come ti senti?!”
 
“Ma figurati, Sophie.” afferma Jared con tono affabile. “Il serpentello di poco prima era leggermente arrapato e ha solo voluto farmi un lavoretto di bocca, tutto qui e… ACCIDENTI CHE TI DICE IL CERVELLO?!” continua all’improvviso, gridando come se non ci fosse un domani, “CERTO CHE MI HA MORSO DANNAZIONE! CHE TI ASPETTAVI?! UNA CIUCCIATA INNOCENTE?! MALEDIZIONE!”
 
Nonostante stia correndo il rischio di andare incontro ad una morte imminente, oltre che parecchio dolorosa, quest’uomo non accenna a perdere un minimo del suo livello di depravazione e squallore.

Mentre il cantante continua ad imprecare in modo volgare, mi rilasso leggermente. Dopotutto, se fosse stata una cosa grave, avrebbe già mostrato qualche alterazione o sintomo strano vero?
 
Mi avvicino a lui con fare circospetto, cercando di mantenere abbastanza sangue freddo per tutti e due.
 
“Guarda che se aspetti troppo a fare ammenda per tutti i tuoi peccati, non credo che il buon Dio abbia la forza e, soprattutto, la pazienza di accoglierti nel regno di cieli. Quindi datti una calmata e fammi dare un’occhiata.”

Non appena punto la torcia a pochi centimetri dal pollice vittima dell’attacco, Jared cambia espressione, seguito a ruota dalla sottoscritta.
Il dito, se così può essere definito, è molto gonfio e sembra essere quasi tumefatto dato che ha assunto un colorito violaceo, interrotto qua e là da petecchie rossicce. Inoltre, da entrambi i forellini lasciati dai denti del serpente, oltre ad un po’ sangue, cola anche una sostanza liquida giallastra, di cui non riesco proprio ad immaginare la composizione. A giudicare dall’insieme, sembra che il pollice stia per staccarsi e rotolare a terra da un momento all’altro.
 
“DOVE CAZZO E’ FINITO IL MIO POLLICE?!” urla Jared in preda al panico più totale, continuando a tenersi il pollice sul punto di esplodere. “QUEL COSO MI AVRA’ INIETTATO QUALCHE TOSSINA, NON VOGLIO MORIRE! AIUTOOOO SOPHIEEEEE FAI QUALCOSA MALEDIZIONE! ODDIOOOO!”
 
Le parole mi arrivano alle orecchie distanti e confuse, mentre continuo a tremare come una foglia, anche perché la torcia oscilla visibilmente tra le mie mani.
Siamo soli, nel bel mezzo del nulla, con il cellulare scarico e, se davvero il serpente fosse velenoso, non potrei fare niente; siamo lontani dal rifugio, dalla guardia nazionale e da qualsiasi aiuto medico possibile.

Oddio morirà. Morirà per colpa mia.
Cosa devo fare?

Nel frattempo, Jared si è letteralmente accartocciato su se stesso: ha lo sguardo vitreo, fisso in un punto non definito e continua a dondolare avanti e indietro. Tutta la vitalità, la luce e la furbizia che animavano il celeste dei suoi occhi, sembrano essere state spazzate via.

Assalita da un cieco terrore, decido comunque che proverò a confortarlo come posso: se davvero accadrà qualcosa di terribile, non dovrà essere solo ad affrontarlo, non dovrà avere paura.
Mentre, internamente, sono schiacciata dalla confusione, dalla paura e dalla disperazione, all’esterno cerco di restare impassibile, sedendomi di fianco a Jared, cercando di rassicurarlo.

Chi lo avrebbe mai detto che le cose sarebbero potute precipitare in questo modo? Che da un semplice incarico, da semplici e banali incomprensioni che avrei potuto benissimo risolvere, sarei passata a ritenermi diretta responsabile della morte di un uomo?
Stupida, stupida, stupida.
 
Mentre inizio a singhiozzare sommessamente, butto di getto le braccia attorno al collo di Jared, stringendolo forte a me.
 
“Scusami Jared! Mi dispiace tanto, non avrei mai voluto che ti succedesse nulla di male. Sono stata una stupida. Se potessi, giuro che farei di tutto per tornare indietro e cambiare le cose, perdonami.”
 
Lo sto stringendo talmente forte, che mi sembra quasi di poter percepire l’accelerazione del suo battito cardiaco, mentre lui continua a restare in silenzio.
 
“Ti prometto che andrà tutto bene okay?” continuo a ripetere con voce rotta, “Non dovrai preoccuparti di nulla, perché io sono qui.” continuo poi in modo più deciso, con un tono di voce più sicuro, “Non ti lascerò neanche per un momento, ne usciremo insieme e tu non morirai. Non ti accadrà nulla di male perché, ehi insomma, sei Jared Leto! Devi ancora rompere le scatole a troppe persone prima di lasciare questo mondo! E poi un sacco di gente ha bisogno di te: Shannon, tua madre, Tomo, le persone che aiuti con la tua musica… e anche io, se voglio uscire viva da questo bosco.”
 
Il cantante scoppia in una risatina nervosa e mi allontana delicatamente da lui. La luce della torcia poggiata a terra, illumina i suoi lineamenti quasi perfetti percorsi, tuttavia, da una forte tensione: la fonte aggrottata, le sopracciglia leggermente inarcate, la mascella tesa. Sembrerà assurdo, ma è davvero bello anche così.

Mi accarezza la guancia con una mano, mentre con l’altra mi sistema una ciocca ribelle appena dietro l’orecchio; dopodiché si avvicina sorridendo e mi preme le sue labbra sulla fronte. Quasi d’istinto, chiudo gli occhi: mi sento confusa, spaesata. Ho avvertito una dolcezza, una sincerità ed un’intimità in quel gesto che non mi sarei mai e poi mai aspettata da lui. A quel punto, Jared mi guarda dritta negli occhi per un attimo che mi sembra infinito, il tempo sembra essersi, dilatato, fermato. Trattengo il respiro, non ho il coraggio di dire nulla.
 
“Grazie Sophie.”
 
“Per favore Jared, combatti. Ti prego, non lasciarmi.”
 
“Non lo farò, te lo prometto. Sophie… ” sussurra talmente piano che faccio fatica a sentirlo, “Mi sento così stanco, ti dispiace se riposo un po’?”
 
Che sia l’effetto dell’eventuale tossina?
Spero proprio di no, non pensavo che le cose potessero precipitare così in fretta accidenti.
 
Senza ben sapere cosa dire, mi limito ad annuire sorridendo, cercando di aiutarlo a sistemarsi nel migliore dei modi possibili: lo faccio distendere facendogli poggiare la sua testa in grembo a mo’ di cuscino, mentre gli tengo la mano non ferita tra le mie. Dal canto suo Jared mi si appiccica come una sanguisuga, strusciandosi sulle mie gambe e poggiando l’altra mano libera sulla mia coscia, ma cerco di non darci troppo peso, almeno in questo frangente: dopotutto, se gli capitasse qualcosa, sarebbe anche colpa mia e, inoltre, sono convinta che, in questa circostanza, non lo stia facendo con malizia.
 
“Okay, ora cerca di riposare un po’. Appena smette di piovere, esco di qui e vado a cercare aiuto. Al massimo, mi spiegherai come arrivare dagli altri, non dovrebbe mancare molto no?”
 
“No, infatti. Una mezz’ora al massimo. Comunque, usciremo da qui insieme, non voglio che ti accada qualcosa; sei troppo maldestra. Non dureresti nemmeno cinque minuti da sola.” afferma con convinzione Jared che, nel frattempo, ha un respiro sempre più pesante.
 
“Va bene, allora non appena smette di diluviare, ti sveglio e cerchiamo di arrivare da Shan e gli altri. Ora riposa.”
 
Dopodiché appoggio la testa contro la fredda parete della grotta chiudendo gli occhi.
Dio che situazione: nemmeno Bear Grylls, con i suoi consigli di sopravvivenza, potrebbe darci una mano stavolta.
 

Apro gli occhi di scatto. Probabilmente, mi sarò appisolata per una ventina di minuti.
Non sento più il rumore dello scrosciare della pioggia e, guardando verso l’entrata della grotta, mi accorgo che effettivamente, l’acquazzone è cessato. Finalmente potremo lasciare questo buco: credevo sarebbe diventato la mia tomba.
Abbasso lo sguardo su Jared che è perfettamente immobile; è decisamente troppo immobile.
 
“Psst… Jared? Svegliati, ha smesso di piovere. Tirati su dai, che ce ne andiamo via!”
 
Non ricevendo alcun tipo di risposta, lo scuoto prima con delicatezza, poi, con più energia.
 
“Avanti. Non è divertente, alzati. Guarda che non ci casco, non fare lo stupido!”
 
Improvvisamente, il cantante sgrana gli occhi emettendo un urlo disumano. Mentre lo spingo via, balzando all’indietro per lo spavento, Jared inizia a contorcersi, tremando e gridando. Sembra quasi che abbia le convulsioni.

Ci siamo. Sta per morire.
Questi saranno i classici spasmi e dolori tipici dell’azione del veleno, per forza di cose.

Mi lancio in avanti afferendogli la testa, per evitare che se la rompa a forza di sbatterla a terra e, dopo essermela poggiata sulle ginocchia, con una mano cerco di bloccargli la parte superiore del tronco, mentre con l’altra le gambe, cercando di tenerlo il più fermo possibile.
Nel trambusto generale, mi rendo a malapena conto di aver cominciato nuovamente a piangere, poiché la mia vista continua ad annebbiarsi a causa delle lacrime, mentre il cuore mi batte talmente velocemente che, a breve, lo vedrò sfondare la cassa toracica.
 
“Jared per favore, non morire, non lasciarmi!” urlo disperata, “Andrà bene, andrà tutto a posto, resisti! Oh mio Dio, ti prego!”
 
Dopo l’ennesimo rantolo strozzato e l’ennesimo spasmo violento, il cantante si affloscia come un sacco di patate tra le mie braccia. Noto che respira molto piano ed il suo torace si solleva sempre più lentamente, con movimenti che sembrano comportare parecchia fatica. Lo stringo forte contro il mio petto, mentre le lacrime continuano a rigarmi le guance.

E’ davvero finita, ci siamo.
 
“Sss.. Soph… Sophie…” biascica con voce tremula Jared, il viso nascosto contro il mio corpo.
 
“No, no! Shh, non agitarti. Ci sono io qui, andrà tutto a posto, tutto a posto.” sussurro tra un singhiozzo e l’altro.
 
“Vie… vieni pi-iiù vi-ciin-o…”
 
Mi abbasso in direzione della sua testa, quasi a voler scomparire l’uno nel viso dell’altra, come nei famosi quadri di Klimt in cui, i protagonisti, sono perfettamente incastrati tra loro.
 
“Sono qui.”
 
Mi chino su di lui poggiando la mia fronte sulla sua e, inspirando profondamente, mormoro un’altra lunghissima sequela di scuse e stati di rammarico. Per contro, Jared si stringe ulteriormente al mio corpo, sfiorandomi la schiena con le mani gelate; nonostante sia estate, provo immediatamente un’intensa sensazione di freddo pungente.
 
“So-phi-e… le… le…”
 
Poi, quasi senza fare il benché minimo rumore, la sua mano ricade a peso morto sulla superficie umida su cui siamo adagiati.
Senza pensarci due volte, anche perché credo che, ormai, non ci sia davvero più nulla da fare, attiro Jared a me stringendolo in un modo che mai avrei creduto possibile. Se due corpi potessero fondersi in un abbraccio, questo sarebbe sicuramente l’esempio perfetto.
 
“Mi dispiace, mi dispiace così tanto. Perdonami, se puoi.” pigolo, continuando a dondolarmi avanti e indietro stringendo il suo corpo esanime.
 
“Oh Sophie, le tue tette sono così morbide.”
 
EH?
ALT, UN ATTIMO.
FERMI TUTTI.
 
Smetto all’istante di dondolarmi su me stessa, strabuzzando gli occhi e stringendo la presa intorno al corpo di Jared alla stregua di un Boa Constrictor.
 
“Fregata.” sento sussurrare dentro al mio orecchio, mentre mi sento montare dentro una rabbia tale che, a confronto, l’ira del Pelide Achille potrebbe tranquillamente lucidarmi le scarpe.
 
Mi domando seriamente cosa potrebbe essere andato storto: non aveva abbastanza spiccioli in tasca per pagare la corsa a Caronte? Caronte stesso si è rifiutato di accogliere nel suo territorio un tale impiastro di essere umano? Ade in persona lo ha rispedito a calci nell’aldiquà, schifato, disgustato e angosciato dalla possibilità che uno come Leto Jr. potesse mettere piede in casa sua?

Vi prego, qualcuno abbia la decenza di rispondermi, trovando un senso a questa situazione penosa perché, davvero, non sarei in grado di sopportare altro all’infuori delle suddette spiegazioni.
 
“Sei così ingenua, è tutto troppo facile con te. E, comunque, vacci piano: se continui a stringermi così, o ci resto secco, oppure potrei calcolare in modo abbastanza preciso il numero di ghiandole mammarie che possiedi.”
 
In un impeto non meglio identificato di furia omicida, scanso bruscamente Jared dalle MIE TETTE ed inizio a scuoterlo violentemente, afferrandolo per il colletto della maglietta: se continuo ad inveire con questa ferocia,  può star certo che, a breve, gli spezzerò la spina dorsale (ammesso che ne abbia una, dato che è un lurido verme) o, nel più felice dei casi, l’osso del collo.

E sapete una cosa?

Andrebbe benissimo così. Preferirei morire qui dentro o, al massimo, vivere come una selvaggia in questi boschi per i prossimi quindici anni, piuttosto che permettere a quest’essere immondo di vedere nuovamente la luce del sole e di tornare a strisciare libero nel mondo.

“MA CHE DIAVOLO TI DICE IL CERVELLO?! COSA CI TIENI DENTRO?! LA SEGATURA?! TU SEI PAZZO, MI HAI FATTA MORIRE JARED, SUL SERIO! TI ODIO, HAI CAPITO? NON TI SOPPORTO PIU’! E’ FINITA! E LO SAI PERCHE’?” continuo urlando in modo sempre più isterico, mentre comincio nuovamente a piagnucolare, “PERCHE’ ORA TI AMMAZZO CON LE MIE MANI! TI SBATTERO’ LA FACCIA TALMENTE TANTE VOLTE SU QUEL MASSO LAGGIU’ CHE TI RIFARO’ I CONNOTATI DA CIMA A FONDO! CHIARO?!”
 
Mentre Jared continua ad ascoltarmi in silenzio, con un’espressione da strafottente stampata su quella sua faccia da pinguino imbalsamato, cerco di riprendere una respirazione regolare e di calmarmi, dato che non riesco più a respirare a causa del fiatone e dello sforzo, dovuti al continuo strattonare a destra e a manca quel cretino. Come tocco finale, poi, la testa sta per scoppiarmi. Avverto, infatti, una forte pulsazione all’altezza delle tempie e credo che manchi davvero poco al sopraggiungere di un ictus. Il mio cervello non riesce più a reggere un tale carico di tensione.

Stai a vedere che, dopo tutto questo casino, sarò proprio io a lasciarci le penne: che destino del cavolo.
 
“Ma ti vuoi calmare?” replica in tono placido il cantante. “Suvvia che sarà mai? Dovresti essere abituata a tutto questo. Voi donne siete così prevedibili; vi fate prendere subito dal panico. Sophie, se il serpente fosse stato davvero velenoso, sarei morto nel giro di pochi minuti. Non avrei potuto resistere così a lungo con la sola forza del tuo amabile sostegno.”
 
“Ma… ma…” balbetto a metà tra il rassegnato e il rimbambito, “Allora tu lo sapevi fin dall’inizio! Sei un bastardo!”
 
“Ovvio che lo sapevo, quello era un innocuo serpentello di montagna. Anzi, stavo anche pensando di dirtelo subito dopo che mi aveva morso, ma ti ho vista così motivata e predisposta a farti prendere per i fondelli, che non ho resistito” continua sghignazzando. “Ho preferito tacere ed approfittare della situazione. Ogni volta, mi servi occasioni d’oro che non posso di certo rifiutare. Dovevo pur trovare il modo di ammazzare il tempo nell’attesa che la pioggia finisse.” conclude serafico.
 
Stringo i pugni chiusi lungo i fianchi, sentendo le unghie conficcarsi nella carne, ma non importa. L’unica cosa che mi interessa, è arrivare dagli altri nel più breve tempo possibile.
Al resto, penserò dopo.
 
“La pagherai per ogni singola cosa Jared, è una promessa. Fosse l’ultima cosa che faccio.”
 
Scandisco queste parole con un tono meccanico ed una freddezza nella voce che, a stento, riconosco come mia. Afferrando di scatto la mia borsa, mi dirigo a passo svelto verso l’uscita dell’angusto cunicolo, seguita a breve dal cantante che continua a ridacchiare.
 

Finalmente, dopo altri quaranta minuti di camminata, arriviamo alla baita di montagna che, più che un luogo di villeggiatura, assomiglia alla capanna di Leatherface, nel film “Non aprite quella porta”.

Batto con forza i pugni sulla massiccia porta in legno di noce e, nel giro di pochi secondi, sento quella che mi pare la voce di Shannon gridare un “Arrivo subito”, accompagnato dalle risate di Vicki e Tomo.

No. Non c’è proprio un caz… cavolo. Volevo dire che non c’è proprio un cavolo da ridere.

La porta si spalanca ed uno Shannon sorridente fa la sua apparizione sulla soglia. Senza nemmeno darmi il tempo di aprire bocca, mi afferra per i fianchi facendomi rotare di centottanta gradi, sollevandomi di parecchi centimetri da terra.
 
“Ahhhhh! La mia BAM BAM è qui finalmente! Lo sapevo! Lo sapevo che sarebbe andato tutto a meraviglia e che ci sareste riusciti! Bel gioco di squadra, Bro!” urla poi rivolgendosi a Jared, “Sono fiero di te!”
 
Mentre sono ancora intenta a volteggiare peggio di Carla Fracci durante “Il lago dei cigni”, anche Tomo e Vicki si avvicinano all’entrata sorridendo. Io di ridere, invece, non ne ho più nessuna voglia.
 
“Shannon mollami immediatamente per favore. Fatemi entrare in casa e basta, okay?”
 
“Ehi BAM BAM, ma che ti prende? Cosa succede?” domanda con espressione perplessa il batterista.
 
“Sophie, stai bene?” chiedono in coro Vicki e Tomo.
 
“Parla con tuo fratello, io non voglio saperne più nulla, ho chiuso.” dico con tono acido, mentre Jared continua a fare spallucce, muovendo le braccia con fare innocente.
 
Dio come glieli romperei in mille parti minuscole gli ossicini di quelle braccia; voglio proprio vedere se dopo prova ancora a fare lo gnorri.

Mentre Vicki mi si affianca, prendendomi gentilmente la borsa dalle mani e proponendomi di mostrarmi la casa e l’organizzazione generale per questi giorni, giusto per provare a tranquillizzarmi, Tomo e Shannon afferrano Jared per entrambe le braccia e lo trascinano con una certa veemenza, verso quella che presumo sia la cucina, ignorando le futili proteste di quest’ultimo.
 
 
 
Bene, dopo più di un mese, eccomi qui. Sono imperdonabile come al solito ma, dato che a Natale siamo tutti più buoni, per questa volta, potrete risparmiare la misera vita della sottoscritta dal linciaggio in pubblica piazza. La bela notizia è che ho finito gli esami (per ora), la brutta è che devo iniziare a scrivere la tesi, quindi anche per i prossimi aggiornamenti sarò lentissima come sempre *chiede perdono gettandosi sui ceci*
Okay, passiamo al capitolo: forse è un po’ barboso e smielato in certi punti, ma spero che la demenzialità di altri avvenimenti presenti al suo interno, possa renderlo meno pesante. Cosa dire? Sophie mi fa sempre più pena è troppo, troppo sfigata (un po’come me, in pratica) e niente, bisognerà proprio vedere cosa farà adesso per farla pagare a Jared. Le scommesse sono aperte: lo evirerà nel sonno? Gli metterà una tarantola nei pantaloni? Farà entrare un grizzly nelle docce, mentre il bell’imbusto è tutto intento ad insaponarsi?
Staremo a vedere e, nel frattempo, attendo con ansia nel mio angolino passando dai tortellini al panettone, i vostri pareri e le vostre opinioni.
Nella speranza di riuscire a postare il prima possibile, vi auguro di passare un Natale meraviglioso, in compagnia di chi vi vuole bene e spero che ognuno di voi possa iniziare il 2014 carico di sogni, speranze e tanti sorrisi.
Vi abbraccio uno per uno, con un affetto infinito.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 18
*** I’ve been dreaming, of… nightmares yet to come ***


Bene.
Anzi, male.
Malissimo.
Fermiamoci giusto qualche istante per poter fare il punto della situazione oppure, e questo dipende fortemente dalle prospettive personali, il bilancio del disastro.

Mentre continuo ad udire gli strilli isterici di Jared provenire dalla cucina, accompagnati dai grugniti di Shannon e dalle vane parole portatrici di pace di Tomo, realizzo che mi toccherà stare in questa specie di zoo ambulante per tutta la stramaledettissima settimana. Tuttavia, la cosa non mi preoccupa più del necessario e sapete perché? Perché la sottoscritta ci lascerà le penne molto prima, MA MOLTO, MOLTO PRIMA dell’arrivo del week-end.
Mi pare ovvio.
 
Mentre sono ancora immersa nei miei quasi piacevoli pensieri di premorte, ecco che la voce di Vicki mi riporta alla realtà.
 
“Sophie, allora? Come ti senti? Mi dispiace così tanto, davvero! Non avevo idea che quei due stessero organizzando una cosa del genere, credimi, non glielo avrei mai permesso!”
 
Povera Vicki. Rendiamoci conto, solo per un istante, dell’assurdità della situazione: questa santa donna, che non c’entra assolutamente nulla con quanto è accaduto, si sta scusando con me mentre quei tre pezzi di… di… uhm.
Materia fecale? Posso dirlo? Con questa terminologia non abbiamo ancora la censura vero? No? Bene. Stavo dicendo, per l’appunto, che mentre quei tre continuano a parlare del nulla, questa amorevole creatura si sta battendo il petto per tentare di riparare la grandissima porcata che Shannon e Tomo hanno ordito ai danni della sottoscritta e di un tipo a caso dalla dubbia sanità mentale, nonché affetto da un vago strabismo di Venere.
Ovviamente, decanto tutti i suddetti dettagli giusto per non farci mancare nulla, in modo tale che quando qualche povero pellegrino si deciderà a scrivere le mie memorie, la gente verrà a conoscenza di tutte le atrocità che ho dovuto subire per sbarcare il lunario e portare a casa la pagnotta.
 
Annuisco emettendo un pesante respiro, mentre mi sforzo veramente tanto per sorridere: dopotutto, Vicki è davvero gentile.
 
“Si Vicki, sto bene, grazie. E non devi scusarti: non hai colpe se tuo marito ha preferito entrare in un giro di compagnie poco raccomandabili piuttosto che mettersi una mano sulla coscienza e comportarsi in modo saggio. Tuttavia, permettimi di farti presente che è davvero un grosso peccato; era un così bravo ragazzo.”
 
La ragazza, seduta di fronte a me, inizia a ridacchiare scuotendo la testa.
 
“Lo so, lo so. A volte, quando ci si mette, Tomo è un vero disastro. Però, ti posso assicurare che si farà perdonare. Anzi, sono certa che dopo la cena di stasera, ti avrà riconquistata.”
 
Il mio stomaco inizia a brontolare in modo eloquente.

“Beh, conoscendo le doti culinarie di Tomo è probabile.” sghignazzo con un risolino divertito.
 
Nel frattempo, inizio a sistemare le mie cose nel cassettone posto di fianco al divano letto dove dormirò per i prossimi cinque giorni; se non altro è bello spazioso, almeno starò comoda e, soprattutto, sola.
Dopo aver saputo quello che quei due spiantati avevano combinato, Vicki si è talmente infuriata che ha letteralmente rivoluzionato l’assetto delle stanze: lei dormirà nella stanza di fianco, insieme a Tomo, mentre Shannon e Jared si arrangeranno con i sacchi a pelo in salone, dividendo la malconcia brandina posta di fronte al camino. Mentre Shannon non ha provato neppure a replicare, non ho la più pallida minima idea di come possa aver reagito la “Principessa sullo smalto” alla lieta notizia anche se, sinceramente, la cosa non mi preoccupa più di tanto.
 
Nel giro di dieci minuti ho sistemato praticamente tutto e la sola cosa che desidero, prima ancora di abbuffarmi diventando un piccolo Buddha pasciuto, è una sacrosanta DOCCIA. Avete presente no? Quella meravigliosa invenzione che permette di trasformarti in un grazioso e profumato bocciolo di campo, mentre un secondo prima eri coperto da vari strati di tossine radioattive che si davano il cinque con almeno sette specie diverse di germi, microbi e batteri, specialmente dopo aver passato un paio di giorni nelle mie condizioni.
 
“Vicki, scusami, non vorrei sembrarti maleducata ma prima di cena avrei davvero bisogno di fare una doccia. Dio solo sa che razza di armi batteriologiche si annidano tra i miei capelli ed i miei vestiti al momento. Potresti indicarmi il bagno per favore?”
 
Di rimando, Vicki assume un’espressione estremamente costernata.
 
NON MI PIACE. NO, LA COSA NON MI SCONFINFERA AFFATTO.
La mia cara coscienza, invece, si lascia scivolare di mano la saponetta alla lavanda ed il guanto di crine.
 
“Sophie, tesoro, abbiamo un piccolo problema riguardo a questo.”
 
E TI PAREVA.
Ho cantato vittoria troppo presto. Mi chiedo se avrò mai pace un giorno.
Oh, ma certo che l’avrò: quando sarò sottoterra.
 
“Che tipo di problema?” sussurro in un rantolo secco.
 
“Beh ecco… Non so come spiegartelo… Qui il sistema di riscaldamento, la corrente elettrica, il gas e cose del genere, funzionano solamente ad energia solare, insomma queste cose ecologiche di ultima generazione e considerando che sono le otto passate, nonché il fatto che oggi ha piovuto praticamente per mezza giornata, ecco…” spiega fermandosi solo un istante per riprendere fiato, “Saremo senz’acqua calda almeno fino a domani verso le undici. Proprio per questo io e Tomo abbiamo già preparato da mangiare mettendo tutto in forno e abbiamo sistemato tutto il necessario per la notte. Dovrai aspettare domani mattina per lavarti come si deve, a meno che tu non riesca a sopportare la temperatura dell’acqua di fonte.” termina con tono rammaricato.
 
Ripenso all’acqua gelata del torrente, riuscita a congelarmi parti del corpo che non ricordavo di avere, mentre un brivido mi percorre tutta la schiena. No, non credo di poter sopportare un’altra esperienza del genere.
Faccio spallucce rassicurando Vicki affermando che non ci saranno problemi e che mi arrangerò in qualche modo. Potrei sempre lavarmi a pezzi e divertirmi a vedere quanto tempo ci mette ogni parte che lavo per andare in ipotermia. Divertente no?
 
Nel frattempo, Vicki finisce di spiegarmi il funzionamento di questa camera delle torture di cui preferisco farvi un elenco completo, comprensivo di possibili regole e conseguenti punizioni per chiunque andrà ad infrangerle,  giusto per dare maggiore enfasi alla mia disperazione.
Dunque, vediamo un po’ cosa abbiamo qui:
 

 
  1. Bagno esterno alla baita stile spogliatoio sportivo, ergo, se uno di quei tre entra per radersi mentre io o Vicki siamo sotto la doccia, giuro che userò il rasoio per tagliarli la gola in un modo talmente preciso da far impallidire Sweeney Todd, a meno che il soggetto in questione non sia Tomo e sotto la doccia ci sia Vicki. In quel caso, spero di aver messo in borsa dei tappi per le orecchie.
  2. In questo posto sperduto funziona tutto attraverso i pannelli solari, quindi tutte le risorse saranno disponibili in quantità limitata. Se quella diva di Jared prova a fare il furbo/egoista/sperperatore, mi prenderò la briga di legarlo a quei simpatici pannelli durante le prime ore del pomeriggio, in modo che, per l’ora di cena, sperimenteremo per la prima volta il cannibalismo.
  3. Assenza totale e sottolineo TOTALE di corrente elettrica durante la notte. Questo comporterà la gestione di questo piccolo disguido con le adorabili ed ormai note lucine led, ammesso che le batterie durino abbastanza, e candele. Ripeto: CANDELE. In pratica, siamo stati retrocessi al periodo “Pre-Thomas Edison”. Non chiedetemi il perché ma non riesco a fare a meno di immaginare quel pirla di Jared che gira con un asciugamano in testa ed una candela appena sotto la faccia emettendo sospiri e sussurri inquietanti alle 3.33 di ogni singola notte insonne che passerò qui dentro. In ogni caso, potrei sempre tirargli in testa la brocca d’acqua ghiacciata che terrò sul comodino per qualsiasi evenienza.
  4. Mancanza di qualsivoglia serratura per le porte, tranne per la presenza di un misero chiavistello per la toilette. Mi viene naturale pensare che qualsiasi normativa vigente riguardante la tutela della privacy sarà bellamente infranta e calpestata dai piedi di Jared, freschi di smalto e pedicure. Questo significa una cosa sola: se quel depravato prova ad approfittarsene o anche se, per una sfortunata coincidenza del destino, dovessi sentirmi anche solo lontanamente spiata o qualcosa di simile, mi sentirò in diritto di cospargerlo di miele dalla testa ai piedi lasciandolo nudo e legato ad un albero, in attesa dell’arrivo di un Winnie the Pooh taglia XXL che, di sicuro, non si diletterà a mettere in pratica uno squallido giochino erotico usando panna e nutella in aggiunta al miele con cui avrò ricoperto quell’idiota, ma credo che sarà impegnato a fare ben altro, magari con le sue interiora.
  5. Nonostante sia piena estate, a causa dell’escursione termica tipica di questi posti, di sera fa decisamente un freddo balordo e non avendo a disposizione riscaldamento e cose simili moriremo assiderati; sarò costretta a dormire con circa ventisette strati addosso tra canotte, magliette, felpe, babbucce antistupro e coperte, proprio come l’omino Michelin. E io vi avviso: non sentirò ragioni, farò morire quei due sciagurati sul divano in salotto. Non avrò la benché minima  pietà di loro. Mi rendo conto che il salotto è la stanza più grande e, di conseguenza, anche la più fredda, ma non mi importa: se la sono voluta loro, dalla prima all’ultima. Se proveranno a chiedere una coperta, o anche solo uno straccio di felpa, mi sentirò autorizzata a declinare gentilmente la richiesta, accompagnando il tutto con una grassa risata. Scaldatevi con le vostre belle canotte adesso. Voglio proprio vedere come farete a coprire entrambi i vostri capezzoli contemporaneamente senza andare incontro ad un principio di congelamento.
  6. JARED. Il signorino, infatti, sarà onnipresente e la sua sagoma angosciante si aggirerà costantemente per i cupi antri di questa allegra casetta di montagna, nemmeno ci trovassimo all’interno di un castello in Transilvania. Per quanto concerne questo punto, non credo servano spiegazioni; è ovvio che, almeno in questo specifico caso, ogni regola scritta e orale, implicita o esplicita sarà violata, eliminata e distrutta, per non parlare del fatto che sarà sempre e comunque la sottoscritta a finire nei guai, a meno che non mi trasformi in una specie di killer da strapazzo durante le ore notturne.
 
Bene, direi che ci siamo. Dato che, più o meno, la situazione è delineata, sarebbe opportuno mettersi l’anima in pace e cercare di godersi la magnifica vacanza che il clima montano e la natura incontaminata ci regaleranno per i prossimi giorni.
NON VEDO L’ORA.
 
Dopo essermi data una rinfrescata, mi dirigo in cucina con passo lento e strascicato, preceduta da Vicki che, con scarso successo, tenta di tirarmi su il morale. Non appena varco la soglia della stanza, un’esplosione di profumi invade i miei neuroni olfattivi che vanno incontro ad una sorta di overdose da odori dovuta, probabilmente, al digiuno forzato di questa lunga giornata. In ogni caso, Vicki aveva ragione: non solo Tomo riacquista qualcosa come dieci punti di stima non appena vedo la tavola imbandita con ogni ben di Dio ma, al contempo, torno anche a nutrire una piccola speranza di poter sopravvivere a quest’orrore. Non appena metto piede nella stanza, il blaterare continuo in cui erano impegnati i tre dell’Ave Maria prima del nostro ingresso si interrompe bruscamente, mentre il gelo più assoluto cala nella stanza.
 
“Beh? Che avete da fissare così? Non avete mai visto una bionda con i capelli arruffati ed i vestiti mezzi strappati?” proferisco sbuffando.
 
“No Sophie. O almeno non fuori dal mio letto.” replica serafico Jared.
 
Che cosa squallida e disgustosa. Avrei dovuto immaginarlo.
 
“Bro, tu sta zitto per piacere. E tu BAM BAM, sei sicura di voler sentire la mia risposta?” interviene divertito Shannon.
 
Decido di liquidarli entrambi con un veloce gesto delle mani, non sono proprio dell’umore giusto per attaccare briga.
 
“No Shannon, sei davvero gentile, ma non voglio nemmeno sapere cosa ti passa per la mente e quanto a te Jared” proseguo fulminando con lo sguardo il cantante, “Credo proprio che da stasera mi impegnerò nella difficile arte dell’ignorarti ed invece tu, caro il mio chef” concludo infine additando Tomo, “Sappi che stavolta te la sei cavata e sei perdonato solo ed esclusivamente perché sai cucinare in modo eccelso e solo perché rendere Vicki vedova sarebbe una cosa troppo cattiva perfino dopo quello che mi avete combinato.”
 
“Dolcezza ti prego, non essere così arrabbiata con noi! Non sapevamo più che pesci prendere, tu e mio fratello siete impossibili da gestire!” prorompe Shannon a sua discolpa.

“Fammi capire bene Shan.” Sussurra Jared infilandosi nel discorso come un cavolo a merenda, “Solo ed esclusivamente perché abbiamo avuto la sfortuna di assumere una tipa così ben messa da non poterla mandare via, almeno per ora” continua indicandomi all’altezza del petto, “L’unica brillante soluzione a cui sei giunto, insieme a quell’impiastro del tuo egregio collega, è stata quella di abbandonarci nel bel mezzo dei boschi. Complimenti, davvero.”
 
Il batterista si gratta imbarazzato la testa, gettandosi sulla prima sedia libera; credo si sia rassegnato all’evidenza. Decido di prendere posto accanto a lui, mentre Tomo e Vicki mi si siedono compostamente di fronte. Jared, invece, decide di ritagliarsi il suo piccolo trono, occupando il posto a capotavola.
Nessuno, all’interno della comitiva, ha più voglia o forza di parlare così, senza più nessun tipo di accenno alla giornata da incubo appena conclusa, decidiamo di iniziare a mangiare anche perché, a breve, potrei seriamente azzannare il bicipite di Shan tanto sono affamata. Dopo essermi riempita il piatto in modo indecente ed alquanto vergognoso per una ragazza, inizio a sgranocchiare metà della pannocchia arrosto che ho davanti prima che si freddi.
 
“Per essere una che fa tanto la preziosa, devo ammettere che sei piuttosto agile con la bocca. Più passa il tempo, più scopro che possiedi molti talenti nascosti Sophie. Stanotte, potrei anche farti una piccola visita di cortesia.”
 
Quasi mi strozzo con il boccone di cibo. Inizio a tossicchiare a destra e a manca, battendomi i pugni sul petto, mentre Shannon mi da qualche gentile colpetto sulla schiena, lanciando un’occhiataccia al fratello che, al contrario, se la ride di gusto. Nel frattempo, Vicki mi versa prontamente dell’acqua, mentre sprofondo velocemente in una condizione di cianosi acuta, strabuzzando gli occhi. Non appena finisco di trangugiare a grandi sorsate l’acqua che Vicki mi aveva gentilmente versato, lancio un’occhiata truce a Jared, agitando ai quattro venti i resti della mia povera pannocchia, mentre nella mia mente sto riflettendo sui posti più dolorosi in cui infilargli i resti della graminacea, piuttosto che gettarla direttamente nell’organico e sprecarla del tutto.
 
“Guarda che se continui a far oscillare così quell’arnese, non fai che stimolare ulteriormente la mia fantasia già parecchio al galoppo di suo.” Sghignazza Jared sfoderando uno dei suoi innumerevoli sorrisi sghembi.
 
“Bro non ti sembra di esagerare?” domanda con fare incerto Shannon, tentando di soffocare una risatina.
 
“Affatto Shan. Voglio solamente condurre la ragazza verso il pieno sviluppo delle sue potenzialità inespresse; sarebbe un vero peccato gettare alle ortiche delle qualità così preziose, solo perché nascoste da anni di puritanesimo maniacale.”
 
Nonostante la rabbia, cerco di mantenere un minimo di self-control, posando la pannocchia sul piatto, mentre continuo a tenere una presa ferrea sul coltello posto alla mia destra.
 
“Mi stai dando della bigotta per caso? No sai, giusto per essere chiari.”
 
“Ovvio che si. Andiamo Sophie, devo per caso ricordarti l’apocalisse che hai scatenato la sera della festa di beneficienza, tirandomi addosso quei cosi con dodici centimetri di tacco?”
 
Prima di poter replicare, Shannon si gira verso di me, con uno sguardo da cucciolo ferito.

“Le mie scarpe? Ma io… io le avevo prese apposta per te. Già che c’eri avresti potuto lanciargli anche il vestito.” conclude abbastanza contrariato.
 
“No, non è come credi Shan, lo giuro! In realtà io…”
 
“Oh Shan, credimi, c’è mancato davvero poco” si affretta ad aggiungere Jared prima di farmi terminare la frase, “Dato che mi ha tirato quella roba addosso solo perché l’ho vista in mutande. Non avrebbe potuto comunque lanciarmi più nulla; beh… forse qualcos’altro si ma, in quel caso, non so come sarebbe andata a finire.”, conclude con fare malizioso.
 
A quel punto, tutto accade molto velocemente. Mentre Vicki sbianca e Tomo assume un’espressione indecifrabile, Shannon lascia cadere nel vuoto il cosciotto di pollo appena addentato ed inizia a sbraitare con strani grugniti nemmeno fosse un uomo delle caverne.
 
“TU COSA?! MA… MA… SOPHIE! E’ UNO SCHERZO VERO? TU SEI UN DEPRAVATO BRO! E TU SOPHIE” continua alzando ulteriormente la voce, “DOVRESTI SAPERLO! ABITI IN UNA CASA DA CENTINAIA DI MIGLIAIA DI DOLLARI, CON MIO FRATELLO PER GIUNTA, E NON SEI RIUSCITA A FARTI DARE UNA STANZA CHE ABBIA UNA SERRATURA DECENTE?!”
 
“Veramente io… Shan ecco vedi… la…” pigolo senza troppa convinzione nella voce.
 
“Veramente, la porta era spalancata Shan. Ora c’è da scegliere se considerare questo gesto come sbadataggine, cosa possibile visto con chi abbiamo a che fare, oppure” aggiunge Jared sgranando gli occhi e poggiandosi il dorso della mano sulla fronte con fare decisamente melodrammatico, “La dolce Sophie, non è poi così dolce e stava semplicemente tentando di adescarmi come un bruto orco dei boschi, sbatacchiando le sue grazie al vento. A voi la scelta.”
 
Okay, questo è davvero troppo.
 
“Zitto, chiudi quella fornace Jared.” sibilo con poca convinzione.
 
Nel frattempo, il gelo scende nell’ampio salotto. Credo che nessuno sappia più a cosa credere, o cosa pensare di preciso.
 
Grazie tante Jared.
 
“Ma andiamo ragazzi, non avrei mai potuto fare una cosa del genere di proposito!” grido allargando le braccia, “Ero in ritardo, nel panico più totale, dovevo ancora vestirmi e pettinarmi e… e… io… insomma non ci ho pensato! Ero in camera mia dannazione! E poi” aggiungo additando in malo modo il viscido essere alla mia sinistra, “Se tu non mi avessi spiata e non ti fossi avvicinato con quei modi da maniaco appena fuggito da un centro di salute mentale, rifiutandoti di andare via con le buone, non ti avrei mai tirato le scarpe sui… beh lì… ecco… ci siamo capiti insomma.” farfuglio in preda all’imbarazzo più totale e avvampando in viso.

“Quando dividi il tuo spazio vitale con Jared, dolcezza, dovresti essere in grado di individuare il modo migliore di ottenere un po’ di privacy anche quando sei seduto sulla tazza del water, se proprio vogliamo dirla tutta.” afferma Shannon sconsolato.
 
“Potreste sempre optare per un bunker atomico ad uso esclusivo di Sophie finché lavorerà con noi!” aggiunge Tomo sorridendo, più che altro per cercare di sdrammatizzare cosa che, purtroppo, non gli riesce granché, visto il silenzio imbarazzante che continua a saturare la stanza.
 
Vicki (santa donna), cerca di risollevare la situazione tirandomi via per il gomito e trascinandomi verso la cucina.
 
“Vieni Sophie, andiamo a prendere le patate, ho dimenticato di portarle in tavola.”
 
“Vicki ha ragione,” replica Jared con la sua solita maliziosità, “Disporre di qualche patata in più, non nuocerebbe affatto questa sera.”
 
Mentre io e Vicki evitiamo di rispondere, Tomo lancia un’occhiataccia al cantante, mentre Shannon gli tira una gomitata all’altezza delle costole.
 
E’ disgustoso. Riuscirebbe a girare un film porno sfruttando solamente degli ortaggi ed una sacca di fertilizzante e concime. La sua depravazione non conosce limiti.
 
Dopo un’abbondante mezz’ora carica di frecciatine, occhiatacce ed insulti velati, riusciamo finalmente a concludere la cena; dopo aver sistemato tutto, Jared decide di battere sul tempo il fratello andando a prendere possesso della brandina pieghevole in salotto, mentre io, Shannon ed i coniugi Milicevic decidiamo di sederci in veranda a scambiare quattro chiacchiere.
 
“Sono letteralmente esausta.” mormoro gettandomi a peso morto sulla panca di legno appena fuori la porta.
 
“Vedrai che domani ti sentirai meglio, ti ci vuole solo una bella dormita!” afferma Tomo poggiandomi una mano sulla spalla.
 
“Lo spero davvero Tomo, altrimenti non avrò le forze per portare a termine tutte le attività ricreative di questo esclusivo campeggio, per non parlare del fatto che non avrò la minima possibilità di difendermi dalla persona discutibile che hai come fratello.”
 
Mentre pronuncio l’ultima frase, guardo Shannon dritto negli occhi. Il batterista ricambia il mio sguardo in maniera intensa, forse un po’ troppo, dato che mi sento costretta a guardare velocemente da un’altra parte.
 
“Beh, oggi è stata una giornata parecchio concitata, direi che è ora di andare a dormire, ammesso che ci si riesca in un posto simile.” sussurra Vicki rabbrividendo, mentre Tomo la stringe a sé.
 
“Rispetto al posto in cui ho dormito la scorsa notte, posso assicurarti che questa baita ha tutte le carte in regola per fare concorrenza al Ritz, Vicki.”
“Allora laku noć!” esclama Tomo con un sorriso a trentadue denti.
 
“Laku che?!” domandiamo all’unisono io e Shannon.
 
“Laku noć! Significa buonanotte in croato.” interviene Vicki divertita.
 
Nonostante Tomo e Vicki siano adorabili anche singolarmente, lo sono ancora di più quando sono insieme. Si vede lontano un miglio che si vogliono un gran bene e che sono molto affiatati. Con la storia dei tour e tutto il resto avranno pochissimi momenti da trascorrere in tranquillità; se non altro qualcuno avrà seriamente da divertirsi in questi giorni.
In tutti i sensi.
 
“Ah beh, grazie per l’informazione. Appena avrò l’occasione di visitare quei posti saprò di sicuro come congedarmi in modo appropriato prima di raggiungere le mie stanze.” replico divertita.
 
“Allora permettetemi di accompagnarvi alle vostre stanze, mademoiselle!” aggiunge Shannon porgendomi l’avambraccio con fare cavalleresco.
 
“A dir la verità, nutro qualche dubbio al riguardo, Sir. Leto; alcuni la definiscono come un individuo poco raccomandabile.”
 
“Vi giuro che questi laidi mentono!” borbotta Shannon indicando Tomo e Vicki che intanto ridacchiano tenendosi per mano, “La vostra virtù è al sicuro con me, siete in una botte di ferro!” replica indignato il batterista.
 
Sulla botte, come dimensioni, ci siamo di sicuro. Decido comunque di restare in silenzio; dopotutto, Shan non merita frecciatine sadiche di questa portata o, almeno, non ancora.
 
“Suvvia BAM BAM! Ho usato perfino un linguaggio da galateo per te, mi sono impegnato moltissimo!”
 
“Ha ragione Sophie, dagli questa gioia!” prosegue Tomo ridendo, mentre apre la porta della baita facendo entrare Vicki.
 
“Ho notato che vi siete davvero impegnato molto e per questo sarete premiato, mio Lord. Orsù dunque, accompagnatemi pure alla soglia delle mie stanze e non oltre messere!”
 
Alzandomi con fare elegante dalla panchina e mimando il gesto di lisciarmi le gonne di un lungo vestito, prendo Shannon sottobraccio ed entriamo nell’ingresso antistante il salotto, dove Jared sta già riposando. Mentre avanziamo alla volta delle camere da letto, cerchiamo di fare meno rumore possibile ottenendo comunque pessimi risultati dato che, dopo nemmeno una ventina di secondi, vediamo la sagoma di Leto Jr. agitarsi sotto le coperte, mentre inizia a nominare una serie di imprecazioni che non mi è del tutto nuova.
 
“La vogliamo finire con questi schiamazzi idioti?! Qui ci sono persone che riposano! E tu fratellone” aggiunge con un tono di voce gutturale, “Dovresti smetterla di fare l’idiota; l’amor cortese è bello che
morto. Caricati in spalla l’esemplare di femmina bionda al tuo fianco e chiudetevi in camera. Tuttavia, se avete voglia di andare sul pesante e divertirvi sul serio, non esitate a chiamarmi.”
 
“Bro, dacci un taglio okay? Cominci ad assomigliare alla nostra vicina di casa. Anzi, ti dirò di più: appena rientriamo portale qualche pasticcino: magari prendere un tè al gelsomino con quelli della tua razza, ti porterà qualche giovamento.”
 
“Avete una vicina di casa zitella? Al di sopra dei trent’anni?” domando sbigottita.
 
“Si, la signora Dulaine. È la vedova ottantenne di un ricchissimo uomo d’affari russo ed ora vive con il conto in banca del vecchio, circondata da innumerevoli gatti e bustine di tè.”
 
Ed io che pensavo che il loro quartiere fosse una sorta di zona vip abitata solo ed esclusivamente da gente del Jet Set e via dicendo.
 
“Effettivamente, noto più di una somiglianza con tuo fratello. Jared pensaci, potresti scoprire interessanti orizzonti, oltre che nuovi gusti di tè.”
 
“Non scherzare con il fuoco Sophie. L’alba è vicina, dovresti cercare di riposare e raccogliere un minimo di forze proprio come il sottoscritto, invece di fare cosacce con mio fratello. Sappi che domani non farò sconti.”
 
“Buon Dio falla finita una volta per tutte! Io e Shannon non faremo proprio un tubo okay?! Togliti queste idee malsane dalla tua testa bacata, mmh?”
 
“Oh BAM BAM, così mi ferisci profondamente.” sussurra Shannon facendo il labbruccio e fingendo profonda costernazione.
 
Alzando gli occhi al cielo, conto fino a tre prima di poter replicare in malo modo anche all’altro dei due Leto che, prontamente, mette le mani avanti cercando di evitare che il mio turpiloquio abbia inizio.
 
“Stavo scherzando dolcezza, le signore non si toccano nemmeno con fiore; a meno che non siano consenzienti.” conclude facendomi l’occhiolino.
 
Ringrazio solo che non ci sia abbastanza luce, altrimenti anche le talpe avrebbero colto il forte imbarazzo dipinto sul mio viso.
 
“Da quando l’essere consenzienti è stato mai un ostacolo Shan? Se dovessi mai incontrare una ragazza che proprio non vuole starci fammi un fischio; sarò lieto di prestarti i miei preziosi strumenti da lavoro: con quelli, nemmeno una scassinatrice professionista riuscirebbe a slegarsi dal letto.”
 
Okay. Posso affermare con certezza che la mezza pannocchia, il cosciotto di pollo e tutto il cibo presente nel mio stomaco stanno ballando la conga.
 
“Anche se abbiamo da poco passato la mezzanotte, ricordati che, come orario, siamo ancora in fascia protetta e non nel regno del bollino rosso, depravato che non sei altro.”
“Sophie, calmati dai. Mio fratello scherza, lo sai. E tu bro…” sospira Shannon, “Va beh, che parlo a fare? Tanto non cambierai mai!” conclude ridacchiando sommessamente.
 
Mi avvio verso il corridoio che conduce alle uniche due stanze da letto presenti nella casa: quella di Tomo e Vicki proprio alla fine del passaggio e la mia che rimane sempre in fondo, ma sulla sinistra.
 
“Sarà meglio andare. Buonanotte, Jared.”
 
“Ti raggiungo fra cinque minuti bro! Vedi di non farti beccare a fare cose strane al mio ritorno!”
 
Dal canto suo, Jared non accenna al minimo gesto di commiato o saluto, limitandosi esclusivamente ad emettere un grugnito, soffocato dalle coperte che lo avvolgono come un neonato in fasce e dai cigolii sospetti ed inquietanti della malconcia brandina che fatica anche a reggere il suo peso piuma.
Non appena entro in camera, mi siedo a gambe incrociate sul divano letto e raccolgo i capelli in uno chignon disordinato, dopo vari tentativi andati a vuoto. Shannon, contrariamente alla sottoscritta, sembra alquanto tranquillo e rilassato. Ormai ci avrà fatto l’abitudine: dopo anni in compagnia di un tale impiastro, avrà adottato la tecnica dell’indifferenza o, al massimo, farà corsi intensivi di yoga e ginnastica zen.
 
“Ma come fai a sopportarlo? È una causa persa, davvero.”
 
Il batterista accosta la porta e viene a sedersi accanto a me; ha le gambe stese in modo rilassato, contrariamente alle braccia, tese all’indietro con i palmi che affondano nel materasso per sostenere il resto del corpo. Mi scosto leggermente e accendo un paio di candele; questa penombra perenne mi rende terribilmente nervosa.
 
“È mio fratello Sophie, cos’altro dovrei fare? E fidati se ti dico che, forse, tra i due, è lui quello con più sale in zucca. Ne abbiamo passate tante e spesso ho fatto cose di cui non vado fiero, ho combinato casini e Jared era sempre lì per me, pronto a tirarmi fuori dai guai.”
 
“Scusami Shan, hai ragione. Non dovrei permettermi di fare certe affermazioni; io sono solo un’esterna non so nulla di voi e mi dispiace creare zizzania e tutto il resto ma, a volte, Jared mi fa andare fuori di testa. Prendi la storia del serpente, tanto per dirne una: mi ha letteralmente fatta morire di paura. Non mi sono mai spaventata così tanto in vita mia. Sono scoppiata a piangere, cosa che non faccio mai.”
 
“Secondo me eri terrorizzata più per il fatto che potesse sopravvivere con terribili deficit, facendotela pagare con gli interessi più tardi, ammettilo.”
 
“Beh, forse... okay, si.”
 
Sorrido. Shannon è davvero una bella persona, mi trovo bene con lui. È sicuramente un buon… conoscente? Datore di lavoro? Amico? Protettore? No. Protettore suona proprio male.
E allora come dovrei definirlo? E poi, il fatto che si comporti in modo così carino con me non aiuta.
Non aiuta affatto.
 
“BAM BAM ma mi stai ascoltando?!”
 
“Cosa? Scusa, mi ero distratta, cosa dicevi?”
 
Shannon si avvicina di poco e riprende il discorso da dove lo aveva interrotto.
 
“Dicevo che, secondo me, tutto questo litigare nasconde un reciproco interesse o, quantomeno, una reciproca stima. Ognuno di voi è pronto a vedere fin dove può spingersi con questo gioco al massacro. Ammettilo dolcezza: vedere mio fratello nei guai ti dà parecchia soddisfazione ma, al contempo, non ti perdoneresti mai se gli accadesse qualcosa di grave perché, dopotutto, proprio come lui, anche tu sei brava persona e sono convinto che Jared provi le stesse identiche cose.”
 
“Stai mettendo sullo stesso piano la sottoscritta e tuo fratello nella categoria ‘Brava persona’; non so se considerarlo un complimento o un’ingiuria.”
 
“Sai che sono serio quando parlo di queste cose. Se te lo dico, è perché lo penso davvero.”
 
Ripenso a tutte le porcherie che Jared mi ha combinato e posso assicurarvi che la lista è lunga quasi quanto quella degli invitati alla “Fiera dell’est”, ma poi mi costringo a ripensare anche a tutte le gentilezze e le premure che mi ha riservato nelle situazioni in cui credeva ci potesse essere un qualche pericolo. Tuttavia, a mia discolpa, posso affermare che queste ‘carinerie’ sono molto, ma molto meno rispetto alle carognate tipiche del cantante. Giusto per darvi una delucidazione, potrei paragonarle al numero di volte in cui piove nel Burundi: rarissime, proprio come le possibilità che avrò di cavarmela in questa gabbia di matti.
 
“Lo so Shan.” ammetto sospirando. “E… okay. Potrei anche ammettere che tu abbia ragione, la tua considerazione non fa una piega.”
 
“Ma?” incalza di rimando Shannon, fermandosi a pochi centimetri dal mio viso.
 
“A volte è più semplice fare la figura della bacchettona che esporsi direttamente, anche se hai tutte le buone intenzioni. Le persone ne approfittano sempre, o quasi, e quindi comportarmi come quella spavalda ed impavida mi fa sentire… più al sicuro, ecco.”
 
Abbasso lo sguardo. Stasera siamo in vena di confessioni.
 
“Okay, l’ho detto. Ridi pure di me, se vuoi.”
 
Il batterista scrolla leggermente le spalle.
 
“Tutto qui? Ed io che credevo che sacrificassi capre e neonati a Belzebù.”
 
Scoppio a ridere.
 
“Dolcezza, le persone sono molto diverse tra loro. Ognuno ha una sua personalissima storia alle spalle, il suo bagaglio di esperienze, le sue gioie, le sue sfide e le sue difficoltà che lo rendono quel che è. Ciascuno di noi lotta e combatte come può per restare a galla, a volte sbagliamo, altre abbiamo la presunzione di credere di essere nel giusto, ci nascondiamo dietro scuse, attacchiamo per difenderci e costruiamo muri per non essere colpiti. È la vita; funziona così da sempre. Tu e Jared non siete poi così diversi ma, al contrario, credo siate più simili di quel che pensate. ”
 
Perdo un paio di battiti, mentre trattengo per qualche secondo il respiro.
 
“Comunque” si affretta ad aggiungere, “Non preoccuparti, il tuo segreto è al sicuro con me.”
 
Detto questo, poggia la sua mano appena sopra la mia, chiudendola in una lieve stretta tra sue dita.
Okay. Adesso si che la situazione si è fatta strana.
Trascorrono alcuni secondi di silenzio interminabili, in cui potrei anche sentire il rumore di un granello di polvere adagiarsi sul pavimento, se solo tendessi ancora un po’ le orecchie. Mi giro dall’altro lato per recuperare la torcia poggiata sul comodino: è troppo buio e ho la netta impressione che la situazione possa degenerare da un momento all’altro, proprio come al party di beneficenza e no, non mi sembra il caso.
O forse si?
Non appena torno a girarmi verso Shannon, mi accorgo che mi sta fissando in completo silenzio. Sento soltanto il suo respiro.
 
“Sophie, io…”
 
“No, shhh. Non dire nulla Shan, per favore.”
 
Di rimando, il batterista avvicina la testa al mio viso, rimanendo perfettamente immobile con il resto del corpo. Sembra quasi che abbia paura.
Per quanto mi riguarda, sono completamente nel pallone. Mi rendo perfettamente conto di cosa sta per accadere, ma sta succedendo tutto molto velocemente, troppo.
 
Lo spingo via? Per l’ennesima volta?
E se poi me ne pento?
Lo bacio?
E se poi me ne pento?
 
Tecnicamente parlando e a voler essere del tutto sinceri, sappiamo quasi tutti che, scegliendo la prima opzione, dormirei sonni tranquilli, ma rosicherei per i giorni a venire. Ammettiamolo: oltre che essere in gamba, Shan è anche un gran bel pezzo di ragazzo.
 
Lo bacio o non lo bacio, questo è il dilemma: se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua Divah, o prender lo Shanimal contro un mare di smalti e tinture e, combattendo, farli seccare. Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del Leto, le angherie del tiranno dai capelli di fata, il disprezzo dell’uomo shatushato, le angosce del respinto batterista, quando di mano propria potrebbe saldare il suo conto facendosi semplicemente i fatti suoi?
 
Ovviamente, non la sottoscritta.
Sophie passione disastri, insomma.
 
Sono quasi certa che, in questo momento, il caro William Shakespeare si stia rivoltando nella tomba per questa mia personalissima rivisitazione dell’Amleto. Will, perdonami, se puoi.
 
Oh mio Dio, ma a cosa diavolo sto pensando?
Quello tra poco mi morde il labbro ed io sono ancora qui, come una polla, a storpiare opere prime della letteratura mondiale nella mia mente. Andiamo bene.
 
La mia coscienza, intanto, mi ricorda con una punta di sarcasmo, la mia scarsa abilità nei rapporti sociali, mandandomi alla mente i ricordi salienti delle mie precedenti relazioni amorose: un disastro pressoché totale su tutti i fronti. Cerco di tacitare la fastidiosa vocina interiore snocciolando svariate giustificazioni; dopotutto, sono stata solo molto sfortunata e vittima di alcuni imprevisti non proprio simpatici. Tranne quando, per sbaglio, ho dato fuoco ai gioielli di famiglia del mio ex. È stato un incidente, lo giuro e no, non ci siamo lasciati per questo motivo, qualora ve lo stiate domandando ma, questa, è un’altra storia.
 
Beh, sapete cosa? Al diavolo tutto, lo faccio.
 
Nel frattempo, Shannon è ancora lì, in attesa. È sorprendente, nonché parecchio inquietante, il fatto che questo contorto ragionamento sia avvenuto nella mia testa nel giro di pochissimi secondi. Torno a concentrarmi sul viso in penombra di Shan, che si avvicina ulteriormente e sempre con molta cautela, quasi avesse paura di far scoppiare una bomba inesplosa (cosa probabilissima visti il contesto e la situazione). Non sapendo bene cosa fare, nel dubbio, decido di chiudere gli occhi almeno per evitare che la fifa da prestazione, derivante dal contatto visivo diretto, mi procuri un vero e proprio attacco di panico.
 
Ci siamo.
 
Shannon sfiora il mio naso con la punta del suo in modo quasi impercettibile, intrecciando le dita nei miei capelli, all’altezza della nuca, scendendo poi con le sue labbra verso le mie, già leggermente dischiuse. Non appena le nostre labbra si sfiorano, Shan fa scivolare la sua mano sul mio collo, mentre lo stringo a me con maggiore decisione. Nel momento in cui sto per abbandonarmi al bacio vero e proprio, però, ecco che veniamo interrotti da uno schiocco secco ed improvviso, seguito da un clangore metallico ed un grido straziante. Sobbalziamo contemporaneamente, staccandoci l’uno dall’altra in maniera quasi comica: io mi raggomitolo ai piedi del letto, mentre lui balza all’indietro, tirando una testata al muro.
 
Idillio finito.
Pessimo tempismo: 1 – Sophie: 0
Aggiungiamo anche questa graziosa scenetta alla lunga lista di pessime figure con l’altro sesso, specie se l’esemplare in questione è un figo pazzesco.
 
“Ugh.”
 
“Cosa diavolo è stato?!” impreco a voce alta, mentre cerco di tirare via dalla faccia alcune ciocche ribelli scivolate via dallo chignon.
 
“All’inizio pensavo fossi stata tu! Credevo di averti morso il labbro per la troppa foga, MUDDAFUGGAZ!” mugugna Shannon massaggiandosi la parte di testa finita contro il muro. “Dannazione con questi cosi non si vede nulla!” conclude esasperato e con un tono di voce a metà tra l’imbarazzo ed il rammarico, agitando una delle lucine led verso di me.
 
 

CREDEVO DI AVERTI MORSO IL LABBRO PER LA TROPPA FOGA.
 

  -Cit. Shannon Leto.

Questo non aiuta. Decisamente no.
 
“No Shan, non sono stata io! Arrivava dall’altro lato della casa!” farfuglio a disagio, mentre il mio respiro è decisamente affannoso.
 
Appena fuori dalla stanza, scorgiamo Tomo e Vicki in pigiama che, uscendo dalla loro camera, sono passati dal dormiveglia all’apprensione nel giro di pochi secondi, mentre le grida di poco prima si sono ormai trasformate in lamenti sommessi.
 
“Avete sentito anche voi?”
 
“Porca miseria, mi pare ovvio Tomo!” risponde Shan sgranando gli occhi.
 
Mi stringo al braccio di Shan, mentre Tomo si mette davanti a Vicki. A causa della penombra, nessuno sa bene come muoversi, così decidiamo di restare tutti uniti e con le orecchie tese per cercare di capire qualcosa in più. I lamenti uditi poco prima, non tardano a trasformarsi in parolacce.
 
“Jared!” esclamano all’unisono Tomo e Shannon.
 
Nel giro di qualche istante i due si dirigono di corsa verso il salotto, seguiti a passo veloce da me e Vicki. Tuttavia, non appena mettiamo piede nella stanza, illuminata da svariate candele ed alcune lucine led, lo spettacolo che ci si para davanti suscita reazioni altamente contrastanti: Vicki si porta entrambe le mani agli occhi girandosi dall’altra parte; Shannon e Tomo, dopo una primo momento di silenzio tombale, scoppiano a ridere in modo alquanto sguaiato e poi ci sono io che, sinceramente, non so ancora come reagire. Una parte di me propende per la risata isterica, un’altra per la pietà assoluta ed un’altra ancora è del tutto interdetta. Presumo che la causa del disastro appena verificatosi, dipenda principalmente dal fatto che quel povero pazzo si sia dimenato un po’ troppo nel suo lussuoso giaciglio e che, quest’ultimo, si sia categoricamente rifiutato di reggere oltre i suoi capricci, nel vero senso della parola. Insomma, per farla breve, Jared è rimasto chiuso all’interno della sua amatissima brandina, nemmeno fosse un sandwich imbottito della peggior specie.
 
Mentre Shannon e Tomo continuano a ridere in modo incontrollabile, tanto da doversi accasciare sulle prime sedie disponibili, mi rendo conto che, in effetti, non c’è molto da scherzare: ha seriamente rischiato di rompersi qualcosa ma, ancora una volta, la dea bendata dev’essersi prodigata in suo soccorso. Probabilmente, quando la branda ha deciso di chiudersi su se stessa, Jared doveva esserci seduto sopra dato che le gambe sono penzoloni sul pavimento, mentre l’altra metà del suo corpo, inclusa la faccia dalla cui bocca escono ormai solamente un misto di ingiurie e suoni inarticolati che nemmeno Duffy Duck saprebbe eguagliare, sono compresse dalle due parti dell’aggeggio infernale. Mentre chiedo a Vicki di recuperare altre luci per vedere meglio, corro verso Jared, tirando un paio di pedate agli altri componenti della band che continuano a spassarsela alla faccia della donzella in difficoltà.

“Voi due, fatela finita e venite a darmi una mano piuttosto!”
 
“Si, si arriviamo! Ma bro, come ti sei incastr…”
 
Niente. Shannon non riesce nemmeno a terminare la frase a causa delle sonore risate, mentre credo che Tomo sia ormai prossimo al collasso cardiocircolatorio.
 
“HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA! PER FAVORE DATEMI DELL’ACQUA, STO MALISSIMO! IL SINGHIOZZO, VI PREGO AIUTATEMI, NON CE LA FACCIO!” sghignazza Tomo che non riesce nemmeno a tirarsi su dalla sedia su cui è accasciato da un paio di minuti.
 
Immagino che Tomo sia bello che andato; non credo di poter contare sul suo aiuto.
 
“Shannon, allora ti muovi si o no?!” urlo esasperata.
 
Nell’attesa che il batterista riprenda possesso delle sue facoltà psicomotorie, mi avvicino a Jared iniziando a fare leva su entrambi i lati della branda nel tentativo di sbloccarla.
 
“Stai bene? Qualcosa di rotto? Ora cerco di aprire questo coso okay? Stai tranquillo!”
 
Jared, in risposta, emette qualche grugnito di scarso significato comunicativo ed io non posso fare a meno di iniziare a ridere. Scusate, ma è più forte di me, proprio non ce la faccio.
 
“Sfetti… Smmmettila gni lide… ridele pu! Glia pagie… paghelete gnut… gnutti mo-oooltoo ca-aala” bofonchia indignato.
 
“Celto signol Leto, ha ploplio lagione.” commento serafica, “Sa, il suo cinese è davvelo impeccabile. Dovlebbe valutale la possibilità di tlasfelilsi in quell’incantevole tella.”
 
Jared mi lancia uno sguardo tagliente. Ringrazio il cielo che abbia entrambe le braccia incastrate o, stavolta, mi tirerebbe il collo per davvero.
 
“Ioo-o… gnon lie-eesco a… pall… pallale, mald… maldetti… utti uanti!”
 
Mollo la presa sulla brandina e lo guardo negli occhi.
 
“Oh, lo vedo bene che non riesci a parlare. Chi l’avrebbe mai detto che ci sarebbe voluto un materasso indemoniato per tapparti la bocca? Comunque” continuo con tono pacato e rilassato, “Ti consiglio di essere un tantino più gentile con me dato che sono la sola qui dentro che sta muovendo non solo un dito, ma almeno tutti i muscoli della braccia per tirarti fuori di qui.”
 
Il cantante resta in silenzio, riducendo gli occhi a due fessure.
 
“Ora parliamoci chiaro: o mi chiedi gentilmente di aiutarti, o giuro che ti mollo qui, in questo stato. Certo che le disgrazie non ti insegnano proprio nulla eh?”
 
“MI LIFIUTOOOOO! NO, NON IMPLOLELO’ MAI!”
 
“Bene, come vuoi, ti basti solo sapere che i tuoi compari sono ancora intenti a prenderti per i fondelli e la cosa andrà per lunghe. Notte tesorino.”
 
Un lampo di terrore attraversa lo sguardo di Jared, che inizia a dimenarsi come un ossesso per attirare la mia attenzione.
Mi volto con movimenti lenti, cadenzati e lo fisso a mia volta, sbattendo le ciglia in modo civettuolo.
 
“Si? C’è qualcosa che vorresti chiedermi, passerotto?”
 
“A-aaa-iut… aiuu-uuutaamii.”
 
Mi accorgo che si sta davvero sforzando molto per trovare il coraggio necessario a pronunciare le paroline magiche, tuttavia, faccio orecchie da mercante e resto ancora un po’ in attesa.
 
“Come? Hai per caso detto qualcosa? Non credo di aver capito bene.”
 
“Pee… Pel piacelee, aiudaami, Ti… ple-eee… ti plego.”
 
“Bene, adesso si che iniziamo a ragionare. Se la metti così, sarò lieta di offrirti il mio aiuto.”
 
Mi inginocchio di fronte a quel che rimane del fascinoso Jared Joseph Leto e comincio nuovamente a fare leva con entrambe le braccia, spingendo con i gomiti verso l’interno della branda. Nel frattempo, anche Shannon e Tomo si decidono a darmi una mano, mentre Vicki continua ad illuminare il salotto con tutto quello che è riuscita a recuperare per nelle stanze adiacenti. Dopo un paio di minuti, riusciamo finalmente a tirare fuori Jared. Potrebbe benissimo essere un’illusione ottica ma, dopo essere uscito da quella pressa da strapazzo, sembra essere diventato ancora più sottile.
 
Poverino.
Un po’ mi fa pena, lo ammetto.
Solo un pochino però.
 
“Immagino che sarete soddisfatti.” sibila a denti stretti mentre tenta di abbottonarsi la cerniera del felpone e di sistemare alla bell’e meglio i capelli, i quali sembrano dotati di vita propria a causa dell’elettricità statica. “Ammettetelo. Ammettete che questo è un complotto ai miei danni. Ammettetelo e non mi arrabbierò, dopotutto mi rendo conto di essere un avversario duro da battere.”
 
“Ma si può sapere che cosa vai blaterando bro? Sei tu che hai voluto a tutti i costi la branda, non sia mai che il tuo sedere toccasse il duro legno della baita.”
 
“Dopo una botta del genere, credo proprio che di duro sia rimasto ben poco, almeno lì sotto.” sussurro sottovoce.
 
“Guarda che ti ho sentita.”
 
Clap clap. Bravissima Sophie, stellina d’oro.
 
Arrossisco violentemente, mentre Vicki, Tomo e Shannon mi guardano con aria interrogativa. Fortunatamente, non sono riusciti a recepire la porcata appena partorita dalla mia mente.
 
“E’ stata un’uscita spontanea, mi rincresce molto.” replico cercando di mantenere un tono disinvolto.
 
“Ovviamente. Come sarà assolutamente spontanea ogni singola disgrazia che ti capiterà da domani in avanti.”
 
“Ehm, io…”
 
Senza nemmeno farmi terminare la frase, il cantante mi interrompe nuovamente con la sentenza che mi da il colpo di grazia.
 
“In ogni caso ti invito a testare personalmente la veridicità della tua affermazione di poco fa: saresti piacevolmente sorpresa, credimi.”
 
“Testare cosa?” fanno eco in coro gli altri presenti.
 
Sophie e le situazioni imbarazzanti parte: 35895.
 
“LA BRANDINA!” urlo in preda al pacco ehm, panico, volevo dire panico più totale, cercando di impedire che Jared sveli la squallida verità.
 
“Ehi BAM BAM calmati, ci sentiamo ancora bene sai? Non siamo mica sordi!” mi risponde Shannon, prendendomi per il polso.
 
“Direi che anche questa notte ce la siamo fatta in bianco.” aggiunge sconsolato Tomo, “Cerchiamo di dormire quel che si può, anche perché credo che a quest’ora sia rimasto ben poco tempo per riposare come si deve.”
 
Mentre Vicki prende Tomo per mano, dirigendosi verso la camera da letto, Shannon mi stampa un bacio sulla guancia, sotto lo sguardo gelido di Jared che non ci stacca gli occhi di dosso nemmeno per un secondo.
 
Dopo aver salutato entrambi i Leto, mi dirigo con passo incerto verso la mia stanza, quando Shannon mi augura nuovamente la buonanotte dirigendosi, poi, verso il suo sacco a pelo.
 
“Notte dolcezza, cerca di dormire.”
 
“Già Sophie, cerca di riposare, domani avrai bisogno di tutte le tue forze.”
 
Lancio un’ultima occhiata al cantante ed il sangue mi si gela nelle vene.
Jared mi sta fissando con un ghigno inquietante dipinto sul volto, accentuato dal flebile bagliore emanato dalla candela, mentre si passa il pollice intorno alla gola mimando un gesto che non credo abbia bisogno di ulteriori spiegazioni.
 
So creepy.






Angolo dell'autrice della peccatrice senza speranza

Oh God, here we are.
Okay, non so bene come cominciare questo tipo di discorsi perchè vorrei solo sotterrarmi. Sono passati qualcosa come otto mesi? Forse nove? Non ho scuse lo so, ma non è stato un bel periodo tra l'ultimo anno di specialistica (ebbene si, anche questa povera pazza a settembre sarà finalmente laureata), la preparazione della tesi ed il fatto che abbia avuto svariati problemi a casa, ha fatto finire l'aggiornamento in un angolino remoto. Badate bene però: non ho mai dimenticato questa storia, la mia adorata Sophie e, cosa più importante, tutti voi, i miei preziosissimi lettori. Vorrei tranquillizzare sia Jiada95 che Saffo91 sulla prosecuzione di questa FF: non mi fermerò mai, dovrete sopportarmi ancora per molto, molto tempo *risata malefica*. Tuttavia e stavolta mi rivolgo a Saffo91, se proprio vuoi andare a recuperare quei tre spiantati a L.A. e portarmeli per darmi maggiore ispirazione, fai pure, non mi lamenterò.
Spero con tutto il cuore che questo capitolo possa farmi riacquistare punti e perdono da parte di tutti voi; diciamo pure che c'è un po' di tutto ed è anche bello lunghetto (della serie che vi sanguineranno gli occhi) e ho buttato giù anche altre idee per i prossimi.
Che dire ancora se non esprimere delle scuse megagalattiche? Spero di farmi perdonare.
Mando un grosso bacio a chi già mi segue e avrà voglia di riprendere la lettura di questa storia e un forte abbraccio a chi, invece, mi scoprirà con quest'ultimo aggiornamento ed entrerà nel tunnel senza fine di questa FF creata dalla mia mente instabile.
Qualora vogliate lasciare pareri, opinioni e quant'altro, sapete benissimo che sono sempre bene accetti, anzi sono preziosissimi.
Una bacio e alla prossima.

P.S. Per quanto riguarda il monologo dell'Amleto, ho utilizzato il testo originale di Shakespeare, modificando alcuni termini con altri che si adattassero al contesto della FF. Possiate perdonarmi anche per questo scempio. :'D

 

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Capitolo 19
*** Cause this is thriller, thriller night and no one's gonna save you from the beast about to strike! ***


Avverto un lieve cigolio e, qualcosa, mi sfiora il braccio quasi impercettibilmente. Socchiudo leggermente gli occhi, tirandomi a sedere sul letto in modo alquanto goffo. Mi accorgo che c’è qualcuno nella mia camera, acquattato vicino il letto.
 
"Eh? Ma… ma chi sei? Cosa vuoi? Lo sai almeno che ore sono?" mormoro con voce impastata dal sonno.
 
Sento una risatina soffocata, fin troppo familiare, provenire dalla sagoma inginocchiata ai piedi del letto. Strizzo gli occhi per cercare di mettere meglio a fuoco il misterioso ospite, illuminato solo dalla fioca luce della luna che filtra dall'unica finestra presente nella stanza.
È Shannon.
 
"Shan è tardissimo, ma si può sapere che acciden..."
 
Senza nemmeno farmi terminare la frase, il batterista balza in avanti premendo con veemenza le sue labbra sulle mie. Senza provare ad opporre la benché minima resistenza, rispondo con altrettanta foga al bacio, attirando il batterista a me. Nel giro di pochi secondi mi ritrovo stesa sul letto con Shannon completamente spalmato addosso, mentre l'intensità dei nostro bacio e, sarei propensa ad affermare, anche la temperatura della stanza, aumentano di parecchio. Nel momento in cui Shan fa scivolare le sue labbra sul mio collo, cerco, senza troppo successo, di recuperare un minimo di controllo e... di respiro.
 
"Shan, aspetta" sussurro al suo orecchio con il fiato corto, "Fai piano, ci sentiranno! Io, non so... non so se è il caso, ecco..."
 
Nella penombra, il batterista continua a non proferire alcun suono, ma sembra non aver udito una sola parola di quanto detto. Mi tiro su dal letto a fatica, mentre le mani callose di Shannon mi cingono i fianchi. Inginocchiati sul materasso, la presa ferrea che Shannon esercita su di me non permette una grande libertà di movimento, facendo in modo che i nostri corpi aderiscano alla perfezione.
 
Non credo di poter gestire la cosa ancora per molto. Sono umana anch’io, sapete?
Nel momento in cui elaboro questa brillante deduzione, ecco che il batterista mi bacia nuovamente, mordendomi leggermente il labbro inferiore.
Okay, lo ammetto, diciamo pure che non sono proprio riuscita a gestire la cosa fin dal principio e, a questo punto, non credo di volerci nemmeno più  provare.
Staccandomi da lui per qualche istante, lo guardo negli occhi: con la luce lunare assomigliano a quelli di un gatto selvatico, in cui le iridi verde scuro si incastrano perfettamente con le pagliuzze dorate e le sfumature nocciola.
Dio se è bello.
Quasi come se mi avesse letto nel pensiero, Shannon mi sorride e mi attira nuovamente a sé, sfilandomi la felpa. Io, a mia volta, gli tolgo la maglietta ma, non appena l'ultimo lembo di stoffa scivola via dalla sua testa, ecco che mi ritrovo puntati addosso due enormi fari azzurri.
Jared.
 
NO. NON PUO' ESSERE.
CHE STREGONERIA È MAI QUESTA?
SUPERALCOLICI? DROGHE PESANTI? FUNGHI ALLUCINOGENI? TROPPA CAFFEINA?
PRETENDO UNA SPIEGAZIONE A QUEST'ORRORE.
 
Balzo all'indietro cercando di divincolarmi dalla salda presa che il cantante esercita intorno alla mia vita; tento di gridare con tutto il fiato che ho in gola, ma riesco ad emettere solamente dei rantoli cavernosi.
Dal canto suo, Jared mi fissa con uno sguardo sornione, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi sghembi; ha un’aria decisamente inquietante. Mentre cerco di escogitare un modo per spingerlo via ecco che, con una velocità a dir poco sorprendente, mi ammanetta il polso sinistro alla testata del letto con un paio di manette, che scattano con un secco clic metallico. Lancio un’occhiata carica di terrore al mio esile polso vedendolo fasciato dal cerchietto metallico del sex toy che, per giunta, è rivestito di peluche, rosa.
PELUCHE ROSA.
I miei poveri occhi stanno sanguinando senza ritegno.
Intrappolata e nel panico più totale, lo vedo infilarsi la chiave nella tasca posteriore dei jeans sbiaditi, mentre continua a tenere la mano destra ben nascosta dietro la schiena.
 
"Ho una sorpresa per te Sophie, vedrai, ti piacerà." sussurra dentro il mio orecchio mentre, con la coda dell'occhio, lo vedo finalmente tirare fuori quello che stava nascondendo: un frustino di pelle nera.
 
"Finalmente, ora avrai la lezione che meriti. Sei stata molto, molto cattiva ultimamente." ringhia a denti stretti, facendo schioccare ripetutamente il frustino sul palmo della mano.
 
Presa dal panico, inizio a scalciare con tutte le mie forze mentre Jared, assumendo un’espressione da esaltato totale, si sposta alle mie spalle, posizionando il frustino all'altezza del mio sedere. Dopodiché, proprio come un provetto giocatore di golf prende le misure prima di levare il primo colpo di mazza, alza il frustino a mezz’aria pronto a colpire. Peccato che stavolta, invece che una pallina da golf, a farne le spese saranno le mie chiappe.
Con il cuore in gola e le lacrime agli occhi continuo a divincolarmi selvaggiamente, anche se so benissimo che ogni tentativo sarà vano quando vedo Jared alzare il braccio, pronto a darmi la prima scudisciata.
 
"NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!"
 
Spalanco gli occhi scalciando a destra e a manca, ritrovandomi catapultata nelle tenebre e nel silenzio più assoluti. Immagino che il moccio della candela accesa prima di infilarmi sotto le coperte, si sia spento già da un pezzo. Con il respiro ancora affannoso, mi asciugo la fronte imperlata di sudore mentre, con l'altra mano libera, cerco a tentoni il cellulare sul comodino per controllare l'ora: le tre e dieci del mattino.
 
Ma tu guarda che roba: non solo quell'essere mi perseguita giorno e notte, ma deve anche trombarmi ehm, volevo dire tormentarmi nei sogni. Dopo l'incubo di stanotte, Freddy Krueger potrebbe benissimo darsi alla potatura delle siepi.
*tic tic*
 
Guardando fuori dal finestrotto della mia stanza, comprendo l'origine del rumore: a causa del vento che soffia nel bosco, i rami secchi dell'abete che sorge sul retro della baita, non fanno altro che continuare a sbattere contro il vetro opaco e segnato dal tempo.
Poco male. In fondo, poteva andarmi peggio: date le circostanze, già immaginavo potesse essere quell'idiota di Jared con una delle sue brillanti trovate notturne. Ripongo il telefono sul cubo di legno di fianco il letto e decido di rimettermi a dormire, cercando di scacciare i mille pensieri che affollano la mia mente ed i brividi lungo la schiena, anche perché domani sarà l'ennesima giornata impegnativa della settimana e siamo solamente a mercoledì.
Povera me.
Sprimaccio per bene il cuscino e stendo le coperte, nel tentativo di riprendere sonno velocemente ma, trascorsi pochi secondi, ecco nuovamente quel rumore; solo che adesso, piuttosto che suonare come un "tic tic", suona quasi come un "TOC TOC".
Tendo l'orecchio ed il rumore si ripete. Non mi sono sbagliata: qualcuno sta proprio bussando alla porta.
 
*toc toc*
 
Okay, calma Sophie. Jared non sarebbe stato così educato da bussare, quindi propendo per l’esclusione di Satana dalla lista dei sospetti. Probabilmente sarà Vicki, magari ha bisogno di qualcosa per il bagno o cose del genere. Alzandomi pigramente dal letto ed inforcando le mie malconce infradito di gomma, mi trascino verso la porta. Poco prima di aprire, però, inizio a fare strani pensieri.
 
E se, per caso, facciamo pure un caso molto remoto, fosse Shannon? Come nel mio sogno?
 
MADRE DE DIOS.
 
E se, per qualche strano influsso maligno che regna in questo bosco, fossi divenuta capace di fare sogni premonitori proprio come Cassandra l’indovina della mitologia greca?
 
MADRE DE DIOS AL QUADRATO.
 
E se, ancora, per una qualsivoglia coincidenza della sorte, fosse venuto per finire quello che avevamo iniziato prima che quell’impiastro di suo fratello rimanesse chiuso nella brandina?
 
MADRE DE DIOS AL CUBO + APOCALISSE IMMINENTE PER LE MIE OVIAIE ED IL MIO SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO.
 
Taci, sta zitta Sophie. Non abbiamo iniziato proprio un bel niente.
La mia coscienza, non riuscendo più a trattenersi, inizia a ridere sguaiatamente, consigliandomi una visita specialistica da un bravo neurologo per farmi controllare la memoria a breve termine, non appena saremo tornati a L.A.
 
*toc toc*
 
Okay, va tutto bene. Anche se fosse Shan, saprei sicuramente come prendere in mano la cosa.
Probabilmente, avrei difficoltà a prendere in mano altro. 
 No, non va affatto bene. Ma che razza di pensieri faccio?!
 
Prima di aprire la porta decido di infilare la vestaglia che avevo buttato sulla sedia; anche se indosso golf e pantaloncini, vorrei evitare qualsiasi tipo di fraintendimento o situazione imbarazzante.
Prendo un profondo respiro e apro piano la porta. Nel corridoio antistante la stanza, il silenzio diventa ancora più opprimente e, cosa ancora più inquietante, non sembra esserci traccia di anima viva.
Che strano. Eppure, sono sicurissima di aver sentito bussare.
Scrollo leggermente le spalle, cercando di rassicurarmi con spiegazioni logiche e razionali mentre, approfittando del fatto di essere ormai bella che sveglia, mi dirigo in cucina per bere un po’ d’acqua. Cercando di fare meno rumore possibile, cammino in punta di piedi attraverso il salotto, arrivando fino in cucina. Nel tragitto, noto due sagome agitarsi lievemente dentro i sacchi a pelo adagiati a terra; spero proprio di non svegliare nessuno dei due fratelli che, a differenza mia, dormono beati.
Con molta attenzione nell’aprire la credenza cigolante, recupero un bicchiere che riempio per metà, dirigendomi poi nuovamente alla volta della mia camera.
 
Una volta entrata, mi accorgo che il moccio di candela che avevo riacceso dopo essermi svegliata si è spento, cosa alquanto strana dato che, l’unico passaggio da cui sarebbe potuto entrare uno spiffero, ovvero il finestrotto, è chiuso. Sicuramente lo stoppino si sarà consumato, ripeto mentalmente a me stessa facendo opera di convincimento, mentre mi avvicino con prudenza al comodino su cui poggio il bicchiere. Dopo aver finito l’acqua, mi infilo per l’ennesima volta sotto le coperte, non riuscendo, tuttavia, a scrollarmi di dosso la spiacevole sensazione di essere osservata o, quantomeno, spiata.
 
Non appena sono sotto le lenzuola, mi abbottono la felpa fino al collo ed infilo entrambe le mani in mezzo alle gambe, all’altezza delle ginocchia, per cercare di scaldarmi un pochino. Maledetta escursione termica. Nonostante il buio pesto, l’agitazione ed il principio di congelamento, la stanchezza ha la meglio ed il sonno non tarda ad arrivare ma, ad un passo dal raggiungere le possenti braccia di Morfeo, sento un leggero frusciare sotto le coperte e, contemporaneamente, qualcosa mi cinge la vita in modo assai poco delicato.
Il sangue mi si gela nelle vene.
 
“AAAAAAH!” urlo alzando le braccia al cielo, mentre tento di girarmi su un fianco per capire chi diavolo si è permesso di infilarsi nel mio letto in piena notte.
 
“Shht! Perché urli così?! Non vorrai mica svegliare tutti!” sussurra una vocina stridula proveniente da sotto le coperte.
 
No. Ditemi che non è chi penso che sia.
E poi.
PERCHÉ. URLI. COSÌ.
Ma che razza di domande fai maledetto depravato?!
 
Cerco di mantenere la calma mentre, al terzo tentativo, riesco finalmente ad accendere la lucina led sul comodino.
 
“Mah, non saprei. Forse avevo semplicemente voglia di consumarmi le corde vocali Jared.”
“Davvero?” domanda con fare innocente Jared che, nel frattempo, non accenna a mollare la presa, “Ed io che credevo di averti toccata in qualche punto particolarmente sensibile. Com’è che si chiama? Il punto G?”
 
Mi giro di scatto, lanciandogli un sguardo fiammeggiante. Ho il suo viso a circa dieci centimetri di distanza ed entrambi siamo avvolti nelle coperte fino al collo: nemmeno Mahatma Gandhi, Madre Teresa di Calcutta o qualsiasi altro Nobel per la pace, potrebbe concederci il beneficio del dubbio; la situazione è altamente equivoca.
 
“Senti sottospecie di essere vivente, se non la pianti immediatamente, altro che punto G: ti marchierò a fuoco sulle chiappe tutto il maledetto alfabeto. Sono stata chiara?!”
 
“Oh si, Sophie, chiarissima. Tuttavia, sappi che potrei trovare questa tua inconsueta pratica erotica vagamente eccitante. Magari, invece del ferro, potremmo usare della cera calda per ren…”
 
“LALALALALALALALALA! NON TI SENTO!” esclamo alzando la voce di un’ottava, mentre gli premo uno dei cuscini a disposizione diritto sulla faccia.
 
Nonostante abbia la bocca tappata, Jared continua a mugugnare versi incomprensibili. Evidentemente gode nel dire porcherie, mi sembra ovvio.
Premo ancora più forte il cuscino sul suo viso e sento che, lentamente, i versi si tramutano in gemiti sommessi. Il pensiero di poter completare l’opera, soffocandolo con l’ammasso di piume e cotone, mi accarezza la mente come un guanto di seta; dopotutto potrei sempre affermare che sia stata la mano di Dio a guidarmi, cosa assolutamente possibile vista la pericolosità del soggetto. Inoltre, potrei perfino evitare il carcere grazie allo stato di infermità mentale che queste affermazioni mi faranno guadagnare, ma poi penso a tutte le fatiche affrontate nel corso della mia esistenza e capisco che non posso rovinarmi per colpa di uno squilibrato da quattro soldi proprio adesso. A malincuore, allontano con grazia il cuscino dal viso di Jared e mi tiro a sedere sul letto a gambe incrociate. Per tutta risposta, il cantante sfodera un sorriso sghembo e si sdraia in posizione supina, mettendo le mani dietro la testa.
 
“Perché ti sei fermata? Le cose avrebbero potuto prendere una piega interessante.”
 
“Non finirò in galera per così poco. Preferirei essere sbattuta dentro per aver fatto qualcosa di davvero epico e non per aver messo fine alla tua misera esistenza.” replico serafica.
 
“Essere sbattuta dentro. Mmh, una prospettiva interessante.”
 
“Sei disgustoso!” esclamo indignata, “E comunque” proseguo cercando di non evaporare a causa dell’improvvisa vampata, “Non mi hai ancora spiegato cosa ci fai qui. Io mi sto comportando civilmente e sto cercando di fare la brava, ma tu non aiuti. Non puoi infilarti nel letto della gente di notte così, a caso. Lo sai vero? O bisogna insegnarti anche le più basilari regole del vivere civile?”
 
Jared, in tutta tranquillità, sghignazza divertito.
 
“Perché di giorno potrei? E poi” aggiunge serio, “Avevo freddo. Il salotto è una ghiacciaia e tu qui hai tante, troppe coperte.” sussurra sfiorandomi le gambe con la punta delle dita, facendomi rabbrividire.  “Ti basta come spiegazione, frigida che non sei altro?”
Inorridita dal quel gesto, o almeno credo, gli sposto la mano, prendendola tra l’indice ed il pollice, lasciandola poi ricadere a peso morto sul materasso.
 
“Frigida?! Io?!” esclamo stizzita.
 
“Beh, il comportamento di poco fa, dimostra in pieno la mia teoria.”
 
“Senti cocco” ribatto agitando il dito indice a mezz’aria, “Solo perché non mi attacco ai tuoi pantaloni cercando di smollartela come biancheria intima di pessima manifattura durante i saldi, non significa che io sia frigida, chiaro?!”
 
Jared prorompe in una risatina divertita ed io comincio sbuffare.
Ma tu guarda un po’  questo.
 
“Per quanto riguarda tali questioni, assomiglio molto a San Tommaso. Com’è che si dice in proposito? Ah, già: se non vedo, non credo. Andiamo Sophie, non dirmi che non ci hai mai pensato: tu, io le manette, il frustino. Credo che apprezzeresti.”
 
Ripenso al sogno di poco prima ed un brivido mi corre lungo tutta la schiena. Che poi, chiamarlo sogno è un abominio. Credo che ‘Incubo dagli abissi dell’inferno’ sarebbe maggiormente appropriato. Quindi no, ovvio che non mi piacerebbe.
 
O si?
NO, NON PENSARCI NEMMENO.
 
La mia coscienza, guarda in un punto non ben definito fischiettando innocentemente.
 
“No grazie, rifiuto l’offerta e vado avanti. Non sono quel genere di persona, Jared.”
 
“Sarebbe uno spasso. Specialmente se iniziassi ad opporre resistenza, cosa probabile visto il tuo caratterino. Comunque” aggiunge alzandosi pigramente dal letto, “Non sai cosa ti perdi.”
 
“Di sicuro la contrazione di un paio di malattie veneree, viste le tue pessime abitudini.” replico seccata,  “Ora, se non ti dispiace, vorrei provare a riaddormentarmi per la… uhm… vediamo, ventesima? Ventunesima volta? Sempre che questo non ti crei troppo disturbo.”
 
“Ho capito, ho capito, ora me ne vado! Certo che fai proprio la difficile, eh?” conclude Jared stizzito, alzando le braccia al cielo.
 
Infilandomi nuovamente sotto le coperte, seguo il cantante con lo sguardo fino al momento in cui non gira il pomello della porta.
 
“La mia offerta è sempre valida, abbiamo ancora qualche giorno per trattare e, possibilmente, concludere. Pensaci su… frigida.”
 
“Fuori!” esclamo tirandogli uno dei cuscini, ma Jared è talmente veloce che sparisce dietro la porta chiudendosela alle spalle prima che il cuscino arrivi a destinazione, facendolo afflosciare contro la parete in similmente ad un sacco di patate.
Tra bondage, proposte inquietanti e sadomaso, scivolo nuovamente tra le braccia del mio caro Morfeo che, ben presto, mi farà pagare il diritto di chiamata.
 
L’odore del caffè caldo mi risveglia dolcemente, mentre i raggi del sole filtrano dalla finestra.
Sono le nove del mattino e ho dormito a malapena tre ore. Che adorabile vacanza hanno organizzato quei due; se non altro è una bella giornata ed i pannelli solari funzioneranno alla grande.
Questo significa una sola cosa: POSSO FARMI UNA DOCCIA COMPLETA E PREPARARMI UN PASTO CALDO.
Il male assoluto non ha ancora trionfato.
Con passo strascicato, raccatto dal piccolo armadio in legno della mia camera tutto l’occorrente per farmi una doccia con i fiocchi e, prima di dirigermi verso la toilette che, per chi lo avesse rimosso, si trova ad una trentina di metri dalla baita, faccio un piccolo pit-stop in cucina dove trovo Vicki, Shannon e Tomo intenti a sorseggiare caffè caldo in enormi tazzoni colorati.
 
“Buongiorno Sophie!” esclamano all’unisono i coniugi Milicevic.
 
“Ahm… buongiorno…” sussurra a mezza voce Shannon grattandosi imbarazzato il mento su cui è iniziata a spuntare una leggera barba.
 
Proprio come accadde la mattina dopo la festa di beneficenza quando, per poco, non mi baciò, Shannon ha una voglia matta di sotterrarsi, seguito a ruota dalla sottoscritta.
 
“Ciao ragazzi, potrei avere anch’io una tazza di caffè prima di andare a farmi una doccia? Non riesco proprio a svegliarmi stamattina” dico soffermandomi su Tomo e Vicki ed evitando accuratamente di guardare Shannon negli occhi.
 
Con quella barbetta che inizia a spuntare poi, è meglio se, oltre a tenere lontano lo sguardo, tieni anche il resto del corpo a distanza di sicurezza.
 
Shht, maledizione, fai silenzio (s)porca coscienza che non sei altro. Dovresti essere mia consigliera anziché portarmi su strade alquanto complicate da gestire.
Ebbene si, lo ammetto: ho un debole anche se, forse, più che un debole lo definirei una fissa, per gli uomini con la barba e, se tanto mi da tanto, uno Shannon barbuto con i bicipiti bene in vista, non aiuta a mantenere la calma.
 
“Ma certo tesoro, vieni pure, il caffè è ancora caldo.”
 
Vicki, mi riempie una delle tazze con il caffè fumante e me la porge, mentre mi accoccolo sulla poltroncina di fronte a lei. Rigirandomi la tazza tra le mani ed iniziando a sorseggiarne il contenuto, mi accorgo che la truppa non è al completo; quello svitato di Jared manca all’appello. Probabilmente starà ancora dormendo, ma approfitto di questo fatto per rompere il palese muro d’imbarazzo tra me e Shannon, tentando di approcciare una banale ma efficace forma di dialogo.
 
“Ehi ma tuo fratello che fine ha fatto? Non sarà mica morto assiderato davanti al caminetto spento vero?” pigolo timidamente.
 
Shannon sobbalza, probabilmente colto alla sprovvista dalla mia uscita; dopodiché si alza in piedi stiracchiandosi e mi sorride beato.
Bene. Direi che siamo sulla buona strada. Più lo conosco e più capisco che è così semplice risolvere le cose con Shan: con lui tutto è più facile, non servono spiegazioni complicate o voli pindarici. Basta un solo sguardo, una parola giusta, un gesto e tutto torna a posto. Mi fa stare bene.
 
“No dolcezza, Jared è ancora tra noi, se è questo che mi stai chiedendo e comunque” aggiunge tra una risatina e l’altra, “È uscito già da parecchio; ha detto che voleva vedere l’alba.”
 
“Ma se sono le nove passate! Sicuro che non sia perso o sia successo qualcosa?” domando leggermente allarmata.
 
“No, figurati, questo è tipico di mio fratello; qualsiasi cosa faccia dal guardare l’alba, al pettinarsi è matematico che ci metta ore ed ore e non perché sia lento ma perché, nel frattempo, la sua testa fa mille altri progetti e, di conseguenza, tende a perdere il senso del tempo.”
 
“E questa cosa sarebbe normale, o verrebbe classificata come disturbo mentale?” domando facendo spallucce.
 
“Dovrebbe essere la seconda, ma nessuno studioso ha il coraggio di prenderlo in cura.” sghignazza Shannon poggiando la tazza nel lavello.
 
Nel frattempo mi accorgo di aver finito il caffè; decido così di alzarmi per andare finalmente a debellare i  4569 tipi di agenti radioattivi presenti sulla mia pelle.
 
“Credo sia giunto il momento di andare a farmi un bagno, prima che Zeus decida di giocarmi qualche brutto tiro con pioggia e grandine, mandando i pannelli solari al diavolo per non dire altro. A proposito” concludo con tono estremamente serio e solenne, “Se qualcuno di voi incontra Jared per strada, che lo tenga ad un raggio di almeno cinquanta metri da me o, al massimo, che lo leghi ad un palo perché, stavolta, potrei davvero non rispondere delle mie azioni. Grazie per la comprensione.”
 
Tra le risate generali e con lo sguardo di Shannon ancora puntato addosso, esco dalla baita dirigendomi verso il tanto agognato bagno.
 
Entro nella piccola struttura in legno che, con mia sorpresa, è piuttosto decente. È composta da due lavandini sulla sinistra, separati da un mobile in legno e tre docce sulla destra: il wc, invece, è situato in un ulteriore gabbiotto in fondo al piccolo edificio. Dopo aver poggiato tutte le mie cose sulle mensole circostanti, faccio partire una playlist a caso dal mio telefono e, tocco di classe finale, attacco il mio malconcio telo di Paperino al gancio posto di fronte l’ultima doccia. Dopo aver tirato la tendina, apro il getto dell’acqua sperando di non buttarmi addosso la classica secchiata gelata. L’acqua calda si riversa sul mio corpo, donandomi finalmente la pace; mi sento così bene che nulla potrebbe rovinare questo momento idilliaco.

Dopo aver lavato via anche gli ultimi residui di sapone e shampoo, mi concedo gli ultimi dieci secondi di puro relax, anche perché dopo un quarto d’ora qui sotto mi sentirei decisamente in colpa se consumassi tutta l’acqua calda prima che tutti possano usarla.
Allungo un braccio fuori dalla tendina per recuperare il telo e darmi un’asciugata, ritrovandomi a tastare solo ed esclusivamente la parete di legno scheggiato.
Calma, stai calma Sophie. Capita a tutti di fare cilecca.
Continuo a cercare invano il lembo del telo che non vuole proprio saperne di farsi acciuffare dalla legittima proprietaria. Spazientita e anche con una leggera inquietudine addosso, scosto di poco la tendina mettendo a malapena fuori il naso.
Con sommo orrore, mi accorgo che il telo è sparito. Avrei di gran lunga preferito trovare Paperino a fissarmi sconcertato in tutta la mia nudità, piuttosto che ritrovarmi davanti la spoglia parete della toilette.
Okay questa cosa è strana. Decisamente strana.
 
“Ehi? C’è qualcuno?” domando con voce strozzata.
 
Silenzio tombale.
È ovvio, certo che non c’è nessuno qui, povera stupida.
Ma perché devo ridurmi sempre come una beota in queste situazioni?
Magari, non ho realmente portato il telo e, presa dalla fretta, mi sono convinta del contrario. Si, dev’essere andata sicuramente così. Decido di uscire dalla doccia e, dopo essermi nuovamente guardata intorno, mi avvicino alla mensola su cui avevo poggiato il cambio pulito. Pazienza, tanto con questo caldo anche se i vestiti saranno un po’ umidicci, si asciugheranno in un batter d’occhio. Cerco di localizzare la mia roba in mezzo al caos del contenuto del mio beauty riversato un po’ ovunque, ma mi accorgo che non ci sono più.
 
Spariti.
Scomparsi.
Volatilizzati.
 
Non può essere. Insomma, non sono così rimbambita da aver dimenticato addirittura il cambio pulito. Sono certa di averlo poggiato proprio qui sopra, proprio insieme alle mie infradito sparite insieme al resto.
Le cose sono due: o sto impazzendo e ho sviluppato una doppia personalità di cui non sono a conoscenza, oppure qualcuno si è fregato le mie cose tra cui le mie mutande, ci tengo a precisare.
Tento di ragionare cercando di mantenere un minimo di lucidità mentale per trovare una soluzione a questo disastro, anche perché non posso certo uscire conciata così o, meglio, non conciata e basta. Sono nuda come un verme.
Afferro il cellulare e compongo il numero di Vicki, nella speranza che possa tirarmi fuori da questo disastro anche perché non posso di certo chiamare Tomo o, peggio, Shannon.
 
SHANNON.
SHANNON QUI DENTRO.
SHANNON QUI DENTRO, CON LA SOTTOSCRITTA.
 
No, non esiste. Le condizioni per la catastrofe ci sono praticamente tutte e non ho la minima intenzione di agevolarle. Zittendo il fastidioso grillo parlante, mi concentro sul display del telefono mentre compongo il numero di Vicki. Dopo qualche secondo di attesa scatta una voce metallica che mi annuncia che la persona chiamata non è al momento raggiungibile e bla, bla, bla.
Perfetto.
E adesso cosa faccio? Ma porca di quella…
 
*VROOOM VROOOM*
 
E ora che succede?
Come una ladra, mi precipito a sbirciare dal finestrotto della casupola in legno, scorgendo Tomo e Vicki che salgono sulla Jeep con cui Vicki era arrivata alla baita per trasportare le provviste. Accidenti, ieri sera mi  aveva accennato che lei e Tomo sarebbero rimasti fuori tutta la mattinata per fare un percorso montano.
Ma… se Vicki se ne va io come ci torno in casa?
Voglio morire adesso. Qualche Dio dell’Olimpo mi riduca in cenere, ora.
 
Comincio a battere i pugni sul vetro nel tentativo disperato di farmi sentire ma è tutto inutile; una volta accesa l’autoradio, la jeep si muove pigramente verso la piccola stradina lastricata di pietrisco, lasciando dietro di sé solo una nuvola di polvere.
 
Sono fregata. Mi serve un piano brillante e mi serve adesso.
Mi guardo con fare deciso allo specchio: avanti, puoi farcela, dico a me stessa, mentre un rossore diffuso inizia a pervadermi il viso alla sola idea di essere vista in queste condizioni.
Mentre sono intenta ad arrovellarmi il cervello, un brivido mi corre lungo la schiena: avevo completamente rimosso il fatto che JaredSonoUnDepravatoManiacoLeto è lì fuori, da qualche parte; magari acquattato dietro un cespuglio, o nascosto dietro la porta, pronto a saltare fuori con qualche strano aggeggio in mano, determinato a farmi venire un infarto.
Scaccio velocemente questo pensiero; dopotutto non credo sia possibile avere una sfiga così nera.
 
Raccatto velocemente tutte le mie cose e le infilo a forza nella trousse, pronta a scoppiarmi in faccia da un momento all’altro.
Faccio un respiro profondo ed inizio ad armeggiare con la tendina della doccia nel tentativo di farla scivolare via dal suo supporto ed usarla come accappatoio di fortuna. Dopo pochi secondi, però, mi accorgo che l’asta a cui è attaccata, è fissata alla parete con delle viti e che, quindi, dovrei scardinarla del tutto per toglierla.
Deduco che, nella mia vita precedente, dovevo essere davvero una persona malvagia, dato che in ogni situazione di questo tipo il Karma si accanisce su di me in maniera inaudita.
 
Dopo essermi spremuta le meningi e aver frugato praticamente in ogni angolo del casotto, l’unica brillante soluzione a cui approdo è quella di avvolgermi alla bell’è meglio nella carta igienica.
Si, avete capito bene: CARTA IGIENICA. Non posso mica uscire di qui completamente nuda no?!
Dopo aver pianificato per qualche minuto, decido di optare per una corsa felpata stile Diabolik, con cui cercherò di intrufolarmi in casa quatta quatta, per potermi poi chiudere finalmente in camera e vestirmi. Spero solamente che non ci siano spiacevoli imprevisti lungo il breve percorso che mi separa dalla più colossale figuraccia della mia vita.
 
Prima di socchiudere la porta e sbirciare fuori, mi guardo un’ultima volta allo specchio: capelli umidi e arruffati, faccia stravolta dal poco sonno, abbondanti ematomi su almeno metà del corpo, nonché strati doppi e tripli di carta igienica avvolti intorno ai punti imbarazzanti che, a contatto con l’acqua, si sono appallottolati in un ammasso grigiastro informe. Sembro uno di quei poveri anatroccoli gettati nel wc quando i bambini se ne stufano; di quelli che, crescendo, divengono mostri assetati di sangue che si aggirano per le fogne della città.
Fortunatamente, siamo a miglia e miglia di distanza dalla società civilizzata.
 
Prendo coraggio ed esco in punta di piedi dalla struttura in legno, chiudendo piano la porta con un leggero colpo di bacino. Porto un braccio all’altezza del petto infilando la mano sotto l’ascella, mentre stendo l’altro, in cui tengo anche la trousse, in una posizione che ricorda molto la location della famosissima foglia di fico di Adamo ed Eva.
Nonostante sia pieno giorno, aleggia un silenzio quasi spettrale; non un alito di vento, nessun cinguettio o grugnito di un qualche animale in lontananza. Tutto tace, quasi come se il tempo si fosse arrestato di colpo e l’intero universo si fosse messo comodo comodo in poltrona, per assistere in diretta alla mia disfatta.
Questa, in gergo, la chiamano la quiete prima della tempesta.
 
Faccio qualche altro passo incerto in direzione dell’ingresso, da cui mi separano una decina di metri al massimo, mentre cerco di non torturare ulteriormente i miei piedi nudi, con il terriccio sottostante coperto di sassi, rametti e foglie secche.
 
“Avete organizzato un Halloween party a mia insaputa, o questo è uno dei tuoi tanti e bizzarri modi di provocarmi velatamente? Anche se, a giudicare dal tipo di carta, più che velatamente, sarei propenso a dire igienicamente.”
 
Mi irrigidisco all’istante smettendo di respirare e, per lo spavento, il beauty mi cade dalle mani; reprimendo l’istinto di chinarmi a raccoglierlo per evitare che la mia malconcia mise si strappi del tutto, inizio a snocciolare a denti stretti una sequela di insulti che farebbero invidia ad un camionista russo con due litri di vodka in corpo. Mi giro lentamente per guardare in faccia colui che, per l’ennesima volta, riesce a farmi rimpiangere di aver accettato questo “prestigioso” incarico lavorativo.
 
“Sai che non sei niente male? Però non dovresti girare così; non con me nei paraggi almeno. Sono molto sensibile in queste situazioni.” conclude passandosi la lingua sulle labbra.
 
Stringo ancora più forte le mani al petto, mentre mi sento sprofondare in un baratro senza fine.
 
“Aspetta, fammi indovinare: sei la mummia di Nefertiti? Perché potrei diventare il tuo faraone ed aiutarti ad uscire da quelle sudice bende. O, ancora meglio”, prosegue ammiccando in modo seducente, “Potrei travestirmi direttamente da archeologo ed esaminarti a fondo con gli strumenti del mestiere. Dopotutto, l’antico Egitto ha ricoperto un ruolo importante nel costruire le basi della civiltà.”
 
Prima di poter replicare, il cantante alza il dito per zittirmi ed indica un grosso albero a qualche metro dalla baita. Guardando meglio, mi rendo conto che, dai vari rami, penzolano tutti miei vestiti, per non parlare delle mie culottes che sventolano come un vessillo di guerra su uno dei rami più alti.
 
“Stavi cercando quelli, per caso? Sai, assomigliano proprio agli straccetti con cui ti ho visto uscire stamattina. Credo siano anche della tua taglia, specialmente l’intimo, sono convinto che quello ti calzi a pennello.”
 
Altro che andare a vedere l’alba. Quello lì si era appostato di proposito per spiarmi e fregarmi per bene.
Avrei tante cose da atroci dire e tante cose ancora più atroci da mettere in pratica, ma l’unica cosa che riesco a fare è strabuzzare gli occhi ed emettere degli stupidi suoni inarticolati, mentre annaspo visibilmente passando dal color rosa carne al prugna matura, con qualche tocco di rosso scarlatto sparso qua e là sulle guance.
Dopo essersi raccolto i capelli in un tuppo disordinato, Jared si avvicina con calma glaciale, sfoderando il suo solito sorriso sghembo.
 
“Allora la vuoi una mano con quelle bende o no? Non credo reggeranno ancora per molto e, comunque” aggiunge con scherno, “Non credo che resisteranno durante la scalata per recuperare i tuoi preziosi mutandoni.”
 
Sforzandomi davvero molto per non scoppiare in un pianto isterico a causa della vergogna e della frustrazione, indietreggio di qualche passo e fisso un punto indefinito al di là del bosco; non riuscirei a sostenere lo sguardo di Jared per nulla al mondo in questo momento.
 
“Stammi lontano, non ti avvicinare o mi metto ad urlare, chiaro?! Sei un animale! È questo il ringraziamento per averti tirato fuori da quella specie di panino imbottito del tuo letto che, presto o tardi, ti avrebbe pressato come un hamburger?”
 
“No, infatti. Questo è il ringraziamento per avermi costretto a supplicare il tuo aiuto e per avermi cacciato dalla tua stanza ieri notte, rispedendomi a morire assiderato in salotto.” mormora pacato.
 
“Sei impossibile, io non ti sopporto più! TU DEVI RECUPERARE I MIEI VESTITI, SUBITO!” sbotto spazientita.
 
Di rimando Jared si avvicina ulteriormente, allungando le mani in modo preoccupante ed io, istintivamente, gli tiro un forte spintone per evitare il peggio.
Ovviamente, nel mio caso, al peggio non c’è mai fine.
A causa della troppa foga nello spingerlo via, il pezzo di sopra del mio bislacco costume si logora definitivamente, finendo a terra come un mucchietto di carta straccia.
 
OPS.
 
Lancio un urlo talmente forte da risvegliare almeno metà degli spiriti degli indiani d’America che vivevano in questi boschi, mentre cerco di coprire quel poco che resta della mia dignità, metaforicamente e letteralmente, con entrambe le mani.
 
“Ma insomma si può sapere che diavolo sta succedendo qui fuori?! Giuro sulla mia prossima tazza di caffè che, se non la finite immediatamente, vi tiro il collo!”
 
Prima di poter realizzare questo ennesimo colpo, quello di grazia aggiungerei, Shannon si precipita fuori dalla portafinestra della veranda, alzando le braccia al cielo e scendendo i gradini due a due.
 
“Piantatela, chiaro!?” tuona con voce possente, “Io mi sono stuf…”
 
L’ultima parola gli muore in gola.
Dopo alcuni interminabili attimi di silenzio, realizzo di essere tra i due Leto mezza nuda, per non dire altro.
“Shannon maledizione, ma cosa fai lì impalato?! Ti vuoi girare, per la miseria!” grido indignata.
 
“MUDDAFUGGAZ! Scusa BAM BAM, non volevo! Io… io… nah, al diavolo!” farfuglia in preda all’imbarazzo più totale.
 
Coprendosi entrambi gli occhi con le enormi mani callose, il batterista ruota su se stesso fermandosi di fronte l’entrata della baita, dandomi le spalle, mentre Jared resta in silenzio, soffermandosi con lo sguardo in un posto che, almeno per lui, dovrebbe essere off-limits.
Vorrei solo sprofondare nel più recondito recesso degli inferi e sparire per sempre.
 
“Dovresti ringraziarmi Shan” interviene improvvisamente Jared, “Altrimenti chissà quanto avresti dovuto aspettare prima di vederla così. Cosa non si fa per amore della propria famiglia.”
 
Sono basita. Questa situazione è a dir poco assurda e, come se non bastasse, devo ancora recuperare i miei vestiti.
 
“MA COSA DIAVOLO DICI BRO! TU SEI MATTO DA LEGARE! MA SI PUO’ SAPERE COSA STAVATE COMBINANDO?! E TU, SOPHIE” ringhia, “COME TI VIENE IN MENTE DI ANDARTENE IN GIRO COSI’?! NON AVEVI UNO STRACCIO DECENTE DA METTERTI ADDOSSO?!
 
“No Shannon.” replico pacata sorprendendomi della mia calma. “Dopo la doccia giro nuda, non lo sai? Il cotone mi irrita la pelle e allora preferisco asciugarmi con la carta igienica.”
 
“ALLORA NON TI È  BASTATA LA LEZIONE DELLA CENA DI GALA?! E TU BRO… MA TI VUOI GIRARE DALL’ALTRO LATO?!”
 
“No che non mi giro. Io guardo dove voglio e cosa voglio; è lei che si è piantata lì in mezzo.”
 
Beh, certo, come se tutto questo fosse colpa mia.
La poca calma acquisita, evapora come rugiada al sole.
Questo è scemo. È peggio del fratello.
 
“MA CI FAI O CI SEI SHAN?! AVEVO IL TELO E AVEVO I VESTITI. AVEVO TUTTO, MA TUO FRATELLO NE HA COMBINATA UN’ALTRA DELLE SUE! GUARDA, GUARDA LA’!” urlo in preda alla rabbia indicando l’albero poco distante, “GUARDA DOVE SONO FINITI! IN CIMA AD  UNA STRAMALEDETTO ALBERO! MA TI PARE CHE SAREI ANDATA AD INVOLUCRARMI NELLA CARTA IGIENICA ALTRIMENTI?!” esclamo stizzita.
 
“Io… io non capisco…  come diavolo avete fatto a creare questa situazione!” replica confuso il batterista.
 
“TU. NON. DEVI. CAPIRE. ORA, LA SOLA COSA CHE PRETENDO È CHE QUALCUNO DI VOI DUE SPIANTATI RECUPERI SUBITO LA MIA ROBA, O VI GIURO CHE STAVOLTA VI DENUNCIO PER MOLESTIE, NON IMPORTA SE FINIRO’ IN MEZZO AD UNA STRADA, CHIARO?!” grido paonazza in volto.
 
“Se proprio finissi in mezzo alla strada, andrebbe a finire che sarei proprio il primo a raccattarti durante il turno di notte. Non ti libererai facilmente di me, Sophie.”
 
“Okay, okay stai calma dolcezza. Adesso cerco di recuperare i tuoi vestiti.” afferma convinto Shannon iniziando a scendere i gradini della veranda all’indietro, rischiando di rompersi l’osso del collo inciampando qua e là.
 
“Attento ad arrampicarti lì sopra Shan.” aggiunge velocemente Jared, “Rischi di ammazzarti o, peggio, di essere impallinato dal cacciatore di turno che ti scambia per una raro esemplare di Umpa-Lumpa.”
 
“Basta così Bro.” replica brusco Shannon, “Direi che, per stamattina, hai fatto abbastanza.”
 
“Hai detto bene, per stamattina.” ribatte Jared con tono di sfida.  
 
“Senti, se non vuoi darmi una mano vatti a fare un giro. E tu, Sophie” continua ammorbidendo il tono di voce, “Nel frattempo, metti questa.”
 
Senza altri convenevoli Shannon si sfila la camicia a quadri, rimanendo in canotta, lanciandomela nel modo tipico del bouquet nuziale, senza provare nemmeno a voltarsi. Fortunatamente, riesco ad afferrarla al volo e ad infilarla velocemente, dando le spalle a Jared. Grazie alla stazza stile “nella botte piccola c’è il vino buono” la camicia di Shannon mi arriva appena sotto il sedere, coprendo gran parte del disastro.
Non posso lamentarmi: a confronto della precedente tenuta, questa potrebbe considerarsi appropriata per le monache di clausura.
 
“Grazie Shan.” farfuglio imbarazzata.
 
“Figurati dolcezza, è il minimo.”
 
Nell’attesa, decido di appoggiarmi alla balaustra della veranda, anche perché sedermi sui gradini non mi sembra una gran bella idea viste le mie condizioni. Inizio a respirare a pieni polmoni quella che potrei definire “Eau de Shanimal”, tanto la camicia è impregnata di dopobarba, deodorante e chissà che altro intruglio, mentre Shannon si dirige a passo svelto nel punto in cui i miei vestiti sono ancora appesi come trofei di guerra conquistati dalla tribù barbara di turno. Improvvisamente però, il batterista si blocca e, voltandosi, mi guarda accennando un sorriso a metà tra il malizioso e l’osceno. Si, direi che osceno è l’aggettivo giusto.
 
“Cosa? Cosa c’è ancora?” domando sconsolata.
 
“BAM BAM ma quelle…” dice a mezza voce indicando il ramo più alto, “Quelle sono… sono le tue mutande?!”
 
“No Shan, quello è il mio cappellino preferito.” replico sarcastica. È inutile offendersi o arrabbiarsi; con queste zucche vuote non serve a nulla.
 
Mentre Shannon non comprende la mia battuta, capisco che, per molti versi, è proprio come suo fratello: bisogna spiegargli ogni cosa, proprio come i bambini.
 
“Ma certo che sono le mie mutande! Potrei mai avere un cappello con quell’assurda fantasia stampata sopra?!” sbuffo riferendomi agli unicorni stampati sul retro del mio intimo.
Dio santissimo che vergogna. Ieri stavo per baciarlo, oggi mi ha visto le mutande.
MUTANDE CON GLI UNICORNI.
Certo che, chiunque non conosca l’intera storia, sarebbe portato a pensare che, in così poco tempo, abbiamo fatto passi da gigante come ipotetica coppia.
 
“Beh, perché no?” si intromette Jared, ancora intento a farmi la radiografia, “Dopotutto, hai appena dimostrato di avere della lingerie con una fantasia discutibile e, si sa, l’intimo è un accessorio fondamentale per le ragazze Sophie; può far decollare determinate situazioni, oppure… farle eclissare del tutto. Quindi, a questo punto, se quelle cose che tu chiami mutande, fossero state un cappello, lo scempio sarebbe stato minore.”
 
“Tu sta zitto.” sibilo a denti stretti.
 
“Ehm si, okay, devo recuperarti anche quelle ed il… il coso vero?” mormora Shannon indicando il mio reggiseno nero, appeso un ramo più in basso.
 
“Si Shan, tutto per piacere. Non ho molti altri cambi puliti in borsa.” mormoro massaggiandomi le tempie.
 
“Dai Shan non fare il timido! Da quando in qua ti mancano le parole per queste cose?” lo punzecchia Jared avviandosi verso il fratello per aiutarlo ad arrampicarsi. “Non ricordi? Proprio tu mi insegnasti come aprire quegli aggeggi infernali in un colpo solo! Bei ricordi fratello mio!” aggiunge fingendo di asciugarsi una lacrima.
 
Nonostante Shannon cerchi di darsi un certo tono, mantenendo un’espressione serie e compita, si vede lontano un miglio che non riesce più a trattenere la risate. Girandosi nella mia direzione, gli basta lanciarmi un solo sguardo per capire che può lasciarsi andare senza paura di offendermi; dopotutto non è nemmeno colpa sua e, come ho detto prima, prendersela non servirebbe a nulla.
La mia tattica è ormai consolidata: resistere, meditare, lottare ed, infine, ottenere la vendetta che, nel mio caso, non sarà un piatto da servire freddo quanto, piuttosto, direttamente surgelato viste le proporzioni epiche dei danni che Jared dovrà pagarmi.
 
I due, intanto, iniziano a ridere come matti mentre si arrampicano con sorprendente agilità tra i rami dell’albero, iniziando a recuperare le mie cose; mentre Jared raccatta il telo e gli shorts di jeans, Shannon si occupa del mio top e della felpa. Per quanto riguarda la biancheria intima, preferirei non guardare ma, visto l’andamento delle cose, ho il terrore che Jared possa infilare un lombrico o un altro essere invertebrato dove non dovrebbe, così osservo i due Leto spartirsi il bottino: Shannon il reggiseno, Jared le culottes con gli unicorni.

Fair enough.
 
Una volta scesi, Jared passa le mie cose a Shannon che me le consegna mantenendo una sorta di distanza di sicurezza, non so se dovuta più all’imbarazzo, o alla paura che gli tiri qualcosa in testa.
 
“Ecco dolcezza, credo ci sia tutto.”
 
“Si, credo di si. Dammi il tempo di cambiarmi e ti riporto questa.” dico accennando un movimento del mento in direzione della camicia.
“Si certo, nessun problema, fai con comodo!”
 
“Bene, vado a cambiarmi, così poi cerco di organizzare il pranzo, in modo da mangiare tutti insieme.”
 
“Ma certo BAM BAM! Io vado a farmi una doccia, non scatenate l’apocalisse in mia assenza, va bene?”
 
“Ma figurati Shan, ti prometto che starò buono almeno fino alle prime ore del pomeriggio. Non sono così sadico da tormentare la dolce Sophie a stomaco vuoto, anche se ho sentito dire che, durante le fasi digestive, l’attenzione ed i riflessi calano, per non parlare delle prestazioni motorie che, unite alla sua goffaggine, mi renderà il tutto più divertente.”
 
“Sai che durante le fasi digestive, data la delicatezza dei processi all’attivo, potrei anche vomitarti addosso roba verde a profusione, insozzando per bene la tua maglietta bucherellata da 3200$? Lo sai vero?” replico piccata indicando l’insulso straccetto indossato da Jared, che ha stampato sopra una scritta ancora più insulsa: Enfant Riches Déprimés.
 
Shannon senza nemmeno replicare, alza gli occhi al cielo e si dirige a grandi passi verso le docce, mentre mi avvio verso l’entrata della baita, lanciando un’ultima occhiataccia a Jared che ricambia il mio sguardo facendomi l’occhiolino.
 
Dopo aver bloccato la porta della mia stanza incastrandoci la sedia, riesco finalmente a cambiarmi. Una volta finito, striscio fino in cucina, buttando nel pattume l’ammasso ormai secco e screpolato di carta igienica.
Inizio a frugare nella dispensa alla ricerca di qualche idea per il pranzo e, dopo un’attenta ispezione di ogni angolo della dispensa, realizzo con rammarico che abbiamo solo farina, farina di mais, riso, patate e carne secca. Peccato non aver seguito un corso di cucina inerente la tipica dieta medioevale, sarebbe stato decisamente utile.
Per cercare di dare un pizzico di vivacità in più ai successivi pasti e avendo ancora qualche ora a disposizione prima del ritorno di Tomo e consorte, decido di andare a funghi. Vedrai stasera che risotto e vedrai che polenta. Roba che qui, negli States, se la sognano. Tra l’altro grazie agli insegnamenti di mio padre, che portava sempre me e mia sorella nei boschi, so riconoscerli piuttosto bene. Raccolgo tutto l’occorrente, tra cui un cesto in vimini nascosto in fondo al ripostiglio, ed esco velocemente dalla porta d’ingresso.
 
Nonostante il sole, inizia a cadere una leggera pioggerellina e, per evitare di ritrovarmi i capelli come il dorso di un porcospino, mi calco il cappuccio della felpa in testa, dirigendomi a passo spedito verso il sentiero boschivo poco distante.
 
“Dove pensi di andare Cappuccetto Rosso?”
 
Inizialmente, resto interdetta, poi comprendo che, probabilmente, la felpa rosso acceso, il cappuccio tirato in testa ed il cestino di vimini sottobraccio, lasciano ben poco alla fervida immaginazione di Leto Jr.
 
“A funghi, se non ti dispiace. Anzi, dovresti ringraziarmi dato che così anche tu, mangiapappette verdi, avrai qualcosa di tuo gradimento a tavola.”
“Hai intenzione di avvelenarci tutti?” domanda sarcasticamente. “Dovresti stare attenta” sussurra vicino il mio orecchio, “Potresti incontrare il lupo e si sa, che il lupo, perde il pelo ma non il vizio.”
 
“Il lupo non è annoverato tra la fauna locale in questi boschi caro il mio sapientino e, al momento, l’unico essere vizioso che conosco si trova esattamente al mio fianco. Documentati in modo più preciso prima di parlare e sprecare ossigeno prezioso.”
 
Preso in contropiede, Jared si ferma un momento a riflettere, tornando poi alla carica.
 
“In ogni caso, non puoi andare da sola, poi chi lo sente mio fratello?”
 
“Pff. Come se ti importasse qualcosa e, comunque, so badare a me stessa.”
 
“Infatti” replica con tono pacato Jared, “Lo faccio per Shan e anche perché, con la tua agilità, rischieresti di finire in un burrone senza nemmeno aver accatastato una dozzina di funghi in quel cesto.”
 
Ma tu guarda che razza di pallone gonfiato.
 
“Per tua informazione andavo a funghi ancor prima che tu imparassi l’educazione di base, quindi da molto più tempo di quel che credi; so benissimo come muovermi in queste situazioni, quindi fammi il piacere di stare zitto mmh?”
 
“Immagino, anche se sarei curioso di vedere i tuoi movimenti in altri tipi di situazioni che non implichino lo sradicamento di organismi vegetali.”
 
Okay, ne ho abbastanza. Tanto non riuscirò mai a schiodarmelo di torno; mi sta solamente facendo perdere del tempo prezioso. Tanto vale portarmelo dietro, potrebbe sempre tornarmi utile.
 
“Certo, certo. Va bene. Possiamo andare ora? Vorrei tornare ad un orario decente, in modo da riuscire a cucinare.”
 
“Come desideri, Cappuccetto. Il bosco ci attende.”
 
 
 


Eccomi qui, di nuovo. Okay, okay so benissimo di essere di nuovo molto in ritardo nell’aggiornare, ma non così in ritardo come l’ultima volta quindi, siate buoni.
*sguardo supplichevole*
Cosa dire? È stato un periodo molto intenso tra la laurea (chi lo avrebbe mai detto che sarebbe arrivata?), l’organizzazione del tirocinio che inizierò a novembre e, sorpresa delle sorprese le lezioni. Ebbene si, a questo soggetto strano che inventa trame ancora più strane e discutibili è stata data l’opportunità di tenere lezioni universitarie. La prof, mi ha dato metà delle ore del suo corso. Inizierò giovedì e da quale bravo topo di biblioteca quale sono, immaginate il mio panico: dallo scrivere capitoli in solitudine, all’illustrare slide davanti ad orde di studenti universitari, pronti a decapitarmi se non concedo loro la pausa sigaretta.
Tuttavia, so benissimo che è un’occasione che capita una volta sola e, citando qualcuno di nostra conoscenza, so di dover entrare nell’ottica “Follow your dreams, no matter what.”
Scusate l’inutile digressione, ma sono certa che tutti capirete l’importanza delle parole appena dette.
Ringrazio ancora una volta tutti voi per la pazienza, l’affetto e le belle parole che mi dedicate ogni volta; ringrazio i miei lettori più accaniti che mi fanno sentire davvero capace di rendervi felici scrivendo queste paginette; ringrazio tutti coloro che mi leggono in silenzio, chi comincerà proprio adesso questa storia, chi lo farà in futuro e anche chi deciderà di lasciarla perdere: mi avete dedicato il vostro tempo e non c’è cosa più preziosa di questo.
Aspetto tutti i vostri pareri e commenti che sono sempre graditi ed apprezzatissimi.
Sperando di non aggiornare SOON o, peggio, VERY SOON, vi abbraccio tutti.
P.S. Per il titolo del capitolo, ringrazio quel maledetto geniaggio che è (parlo al presente perché, persone così non ci lasciano mai per davvero), Michael Jackson.
 
BarbaH GerardaH
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Galeotto fu il fungo e chi lo raccolse… ***


Ripensando alla favola di Cappuccetto Rosso, ricordo che la dolce bambina, almeno per metà della storia, ergo prima di finire nelle fauci del lupo a causa (almeno secondo me), di una di una miopia molto alta (come fai a non capire che quella non è tua nonna dannazione), aveva avuto la fortuna sfacciata di farsi il viaggio di andata completamente da sola. Niente pesi morti, niente scocciatori, niente individui inquietanti dal colore di capelli discutibile. Una vera pacchia insomma, al contrario della sottoscritta.
 
Jared intanto, continua a provocarmi. Decido di ignorarlo, tirando poi fuori dallo zaino carta e penna per scrivere un bigliettino a Shannon.
 
Sono andata nel bosco a raccogliere funghi. Non preoccuparti, c’è tuo fratello con me o, forse, proprio per questo motivo, dovresti farlo.
Sto scherzando, stai tranquillo, torneremo per ora di pranzo, o almeno spero.
 

 
Sophie
 
Dopo aver piegato con cura il foglietto, mi avvicino all’entrata del bagno per infilarlo sotto la porta ma, prima di potermi chinare, un esemplare selvatico di Shannon Leto al profumo di sandalo e muschio bianco mi si para davanti, avvolto esclusivamente da un asciugamano intorno alla vita che lascia ben poco all’immaginazione.
 
I CAN’T HANDLE THIS.
 
Istintivamente, giro la testa dal lato opposto con una forza tale da rischiare il colpo di frusta e, contemporaneamente, allungo le braccia verso il batterista, tentando di consegnagli il biglietto. Diciamo che, in questo momento, mi sento lentamente evaporare.
 
“Ehi BAM BAM, ti senti bene? Non hai una bella cera sai? Mio fratello non ti starà ancora importunando vero?!” domanda Shannon per nulla a disagio.
 
“No, no” farfuglio, “Va tutto alla grande, davvero! Ecco noi… noi stiamo andando a funghi, sono brava con i funghi, non ti preoccupare, ecco… si… è tutto scritto sul biglietto noi… ci vediamo dopo eh? Vado, ciao!”
 
“Sai Shan, credo che la tua fisicità o, meglio, la tua virilità, visto quello che sporge osservando l’asciugamano, la mettano a disagio. Possibile che ti debba spiegare tutto?” aggiunge con tono piatto Jared.
 
NON PUO’ AVERLO DETTO DAVVERO.
MA PERCHE’ NON STA MAI ZITTO?
MUORI, MUORI, MUORI.
L’HO GIA’ DETTO MUORI?
SI?
ALLORA CREPA, JARED.
 
Senza nemmeno lasciare a Shannon la possibilità di replicare, sfrutto il vapore acqueo presente sui suoi  pettorali per appiccicargli addosso il foglietto di carta striminzito, fuggendo poi alla velocità della luce verso l’entrata del bosco, tirando via Jared per un braccio, mentre, in lontananza, mi pare di udire il batterista gridare un: “E adesso cosa ho fatto?”.
 
Hai fatto troppo, Shannon.
Il mio cuoricino non regge le dimensioni mastodontiche del tuo brontosauro.
 
VA TUTTO ALLA GRANDE.
SONO BRAVA CON I FUNGHI.
È  TUTTO SCRITTO SUL BIGLIETTO.
 
Ma quanti anni ho? Dodici?
 
“Ti senti bene Cappuccetto? Hai assunto la stessa tonalità della felpa. Semmai avessi bisogno di una respirazione bocca a bocca, sono disponibile.”
 
La voce divertita di Jared mi riporta alla realtà.
 
“Sto bene” replico secca, “E, piuttosto che interpellarti, mi faccio rianimare da un Grizzly, stanne certo.” taglio corto continuando ad inoltrarmi lungo il sentiero.
 
Osservando i punti di riferimento presi in precedenza, mi accorgo di aver percorso più strada di quel che credevo; dopo l’ennesima figuraccia le mie gambe avranno messo il turbo.
Certo che, tra tutti e due, non è per nulla facile: sembra che entrambi i fratelli Leto siano venuti al mondo con il solo scopo di farmi sprofondare in una pozza fangosa di vergogna, imbarazzo ed umiliazione.
 
“Come desideri, Cappuccetto.”
 
“Hai intenzione di chiamarmi in quel modo ancora per molto?” domando irritata. “Sai, inizi a darmi sui nervi.”
 
“Finché mi aggrada, si. E poi” prosegue poggiandomi le mani sulle spalle, “Se la cosa ti urta, me ne compiaccio ancor di più.”
 
Nonostante la felpa, rabbrividisco al suo tocco.
 
“Sei davvero infantile. Questa cosa non ha il minimo senso; è come se, di punto in bianco, decidessi di chiamarti con qualche nomignolo idiota a causa di qualche tua caratteristica. Non so, ad esempio, monopalla …”
 
“MONOPALLA?!” replica allarmato il cantante, che stringe di poco la presa sulle mie spalle.
 
“Si, Monopalla.” sentenzio convinta. “È la prima cosa stupida che mi è venuta in mente. Lo vedi? È senza senso.”
 
“Ascoltami bene Cappuccetto. Tu hai un cappuccio in testa. Rosso, per giunta. Il sottoscritto, se permetti, di palla ne ho più di una e, stavolta, sono talmente offeso che non ti invito neppure a testare la veridicità delle mie parole.” conclude allontanandosi da me, con una punta di isterismo nella voce ed iniziando nuovamente a camminare.
 
All’incirca dopo altri dieci minuti di camminata, ecco spuntare i primi funghi: tutti porcini. Avevo letto da qualche parte che i boschi americani pullulano di questa specie anche ad altitudini elevate. Finalmente, stasera mangeremo come si deve.
Inoltre, un esemplare di Jared Leto stranamente collaborativo inizia a darmi una mano nella raccolta in modo tale che nemmeno dopo un’oretta, il nostro cesto contiene una quantità di porcini tale che potrebbe sfamare un intero esercito.
 
“Ehi Jared, direi che ne abbiamo presi abbastanza! Potremmo anche rientrare, che ne dici?”
 
“Ma come!” esclama contrariato. “Proprio adesso che stavamo andando così d’accordo Cappuccetto?” mi sussurra facendo il labbruccio e togliendomi il cesto dalle mani, con un gesto talmente rapido da non poterlo fermare.
 
“Ridammi subito il cesto, ho il cellulare lì dentro e non dispongo della tua stessa liquidità per poterlo ricomprare a stretto giro dato che ha solo sei mesi di vita mmh?”
 
Sapevo che avrei dovuto metterlo nello zaino insieme alle altre cose di valore, ma la preoccupazione di non sentire eventuali telefonate, mi ha fatto, come al solito, propendere per la scelta peggiore. Avrei dovuto immaginarlo.
 
“Oh, ma davvero?” mi fa eco Jared tirando via il telefono dal cesto in vimini, che adagia poi su un tronco poco distante.
 
“Guarda che non scherzo, molla l’osso.” dico posizionandomi di fronte a lui, tenendo i pugni sui fianchi.
 
“Dunque, vediamo un po’ chi ti scrive: mamma, Jen, Vicki, di nuovo mamma, Alice, Emma, mamma di nuovo, Chris, mio fratello…”
 
“Ma insomma, la vuoi smettere! Questa è violazione della privacy!” urlo avventandomi contro di lui nel tentativo di recuperare l’I-Phone nuovo di zecca, investimento di gran parte dell’ultimo stipendio.
 
“No, no aspetta, stai buona.” intima frapponendo il braccio libero tra noi due.  “Ora voglio proprio leggere le porcherie che ti scrivi con Shan così, oltre a renderti la vita impossibile, potrò anche ricattarti o chiederti favori sessuali in cambio del mio silenzio. Metterò gli screen su Twitter, sappilo.”
 
È completamente pazzo, matto da legare. Avrà i neuroni completamente essiccati, gli mancheranno le connessioni neurali basilari di qualunque essere umano. Giuro che non trovo altra spiegazione.
 
“NON FARETE MICA SESSO TELEFONICO VERO?!” aggiunge sconcertato dopo alcuni secondi di ulteriore riflessione.
 
“Ma che cosa vai blaterando!” replico allibita. “Adesso ti faccio vedere io, razza di ficcanaso!”
 
Non riuscendo a raggiungere direttamente la mano in cui tiene il telefono, aggiro Jared per poi saltargli letteralmente a cavalluccio, nel tentativo di recuperare il cellulare prima che finisca in una qualche pozza fangosa nascosta da qualche parte. Dal canto suo, Leto Jr. inizia a divincolarsi come un ossesso, roteando su se stesso talmente velocemente che sono costretta non solo a mollare la presa, ma anche ad appoggiarmi al primo albero disponibile per non finire stesa a terra.
 
“Faresti meglio a non metterti contro il lupo, Cappuccetto. Ti mangerebbe in un sol boccone e, questa volta, non ci sarebbe nessun cacciatore pronto a salvarti.” sentenzia in modo solenne, aiutandomi a rimettermi in piedi. “E, adesso, questo lo tengo io a meno che…”
 
“A meno che cosa?!” sbuffo esasperata.
 
“A meno che tu, non sia più carina con me. Non pretendo nulla di esagerato o impossibile, almeno non ora. So essere un uomo molto paziente se ne vale la pena. Tanto per cominciare” prosegue con la classica espressione di chi ha già la vittoria in tasca, “Potresti darmi un bacino innocente proprio qui.” conclude con’aria pudica, puntellandosi delicatamente lo zigomo con l’indice.
 
“Ma neanche morta Jared. Tieni pure il telefono e ridammi i porcini. Non ho nulla da nascondere; vorrà dire che me lo riprenderò una volta tornati alla baita.” replico con tono irremovibile.
 
“No, non funziona così Cappuccetto. Anzi, ti dirò di più: ti giuro su Berry che, se non fai come ti dico, mi infilo il tuo adorato I-Phone nei pantaloni e poi, per recuperarlo, saranno fatti tuoi, per non dire altro, metaforicamente e letteralmente.” ringhia a denti stretti.
 
“Tu sei fuori di testa, completamente. Scherzi vero?”
 
“Ho per caso l’aria di uno che scherza? Non vorrai mica tastare la merendina che porto nel mio cestino, vero Cappuccetto?”
 
Un brivido mi corre lungo tutta la schiena, mentre inizio a sudare freddo.
No che non scherza. Questo pazzoide non scherza affatto.
Ma perché nessuno lo ha mai denunciato per atti osceni in luogo pubblico, molestie, mobbing e roba simile?
Perché?
 
“Okay, okay. Vediamo di mantenere la calma e risolvere la questione. Nessuno dovrà farsi del male, o dovrà uscire psicologicamente provato da questa situazione, va bene?” dico lentamente mettendo le mani avanti per dare maggiore enfasi al mio discorso.
 
Si, okay. Ma che sto dicendo?
 
“Immagino che qualcuno abbia visto troppe puntate di N.C.I.S., C.S.I., LAW&ORDER e robaccia simile.”
 
Stavolta, Jared ha ragione. Sto per toccare il fondo.
 
“Avanti Jared, sai benissimo quanto mi è costato quel coso, per piacere!”
 
“Ti costerà molto di più riprenderlo, io ti avviso.” mi ammonisce avvicinando il telefono ai pantaloni, mentre con la mano libera afferra la fibbia della cintura.
 
A questo punto, l’unico compromesso accettabile è fare come dice lui. Penso sia meglio un casto bacino sulla guancia, piuttosto che una ravanata al suo pacco per recuperare l’oggetto della discordia.
 
“NOOO!” grido nel panico più totale. “Va bene, va bene! Facciamo come dici tu, nessun problema, ma allontana immediatamente il mio telefono dalla zona rossa!”
 
Un sorriso di trionfo si dipinge sul viso angelico del cantante.
Per quanto mi riguarda, il mio orgoglio, la mia dignità, la mia vergogna e la mia ansia, ci stanno dando dentro con la boxe thailandese.
 
“Bene, brava bambina.”
 
“Beh, perché sei ancora lì impalato? Vuoi venire, o devo fare sempre tutto io?!” domando scocciata e palesemente a disagio.
 
Jared si avvicina con passi cadenzati, ridendo sotto i baffi.
 
“Hai ragione Cappuccetto. Solitamente, nelle coppie ci si aiuta reciprocamente per queste cose; altrimenti sarebbe più corretto parlare di autoerotismo. Comunque si, sto venendo, non preoccuparti.”
 
Ma che…
Ouch.
Ripensando a quello che ho appena detto, comprendo immediatamente il motivo dell’uscita infelice di Jared.
E la medaglia d’oro per la campestre del doppio senso va a... Sophie! Continua così ragazza mia: un futuro radioso ti attende.
 
Scuotendo la testa mi porto una mano sugli occhi, mentre con l’altra faccio cenno a Jared di avvicinarsi.
 
“Cerchiamo di fare una cosa rapida mmh?”
 
Jared si piega leggermente verso il mio viso, ruotando leggermente il volto e porgendomi la guancia destra.

Vorrei tanto poter applicare l’insegnamento “Porgi l’altra guancia” e schiaffeggiarlo fino a gonfiarlo almeno tanto quanto il suo ego, ma cerco di restare concentrata sul mio telefono che NON deve assolutamente finire in luoghi cupi, oscuri e, probabilmente, umidi.
 
Mi avvicino ancora un poco mettendomi in punta di piedi, anche se ci separano solo pochi centimetri e, poco prima di sfiorare il suo zigomo con le labbra, chiudo gli occhi. Quando sono troppo vicina ad una persona, in questo tipo di situazioni, non riesco proprio a mantenere il contatto visivo; è più forte di me.
 
Non appena poggio le labbra sulla sua guancia, ho la sensazione che la pelle di Jared abbia qualcosa di strano: sembra quasi che abbia una sporgenza ed anche la consistenza sembra assai diversa, quasi molliccia.
 
NO, TI PREGO, NO.
 
Sgrano gli occhi e, prima ancora di poter realizzare che quel depravato si è spostato in modo tale da direzionare la sua bocca sulla mia, sento la sua mano che, esercitando una lieve pressione sulla mia schiena, fa in modo di addossarmi ancor di più al suo corpo.
 
LO STO BACIANDO.
QUESTO SIGNIFICA UNA COSA SOLA: IL MONDO STA PER FINIRE.
 
La cosa sconcertante è che non sto facendo nulla per allontanarlo, forse perché, stavolta, sta dimostrando una delicatezza inaudita nei miei confronti.
Per farvela breve: non ha ancora tentato di trapanarmi la laringe ed infilarmi la lingua in gola.
 
SI, MA QUESTA NON E’ UNA BUONA SCUSA PER CONTINUARE. LO SAI VERO?
 
Il tutto dura all’incirca una manciata di secondi dopo i quali, finalmente, il mio cervello decide di rimettersi in moto.
Punto i piedi e porto entrambe le mani al petto di Jared spingendolo via esercitando una forza che non credevo di avere. Il cantante, con un’espressione indecifrabile dipinta in viso, vola all’indietro come un sacco di patate finendo di faccia in cespuglio poco distante; non credo si aspettasse questo tipo di reazione da parte mia e, forse, un pochino ha ragione: credo di essermi soffermata sulle sue labbra un filino di più rispetto a quanto un rapporto come il nostro, basato sul puro odio, dovrebbe consentire.
 
MEA CULPA.
 
Poi, come se le disgrazie non fossero mai abbastanza, abbiamo la questione Shannon in sospeso. Stavolta come gliela spiego? Quello mi ammazza. Se poi, per qualche strambo miracolo del destino, avesse mai avuto anche solo un minimo di interesse nei miei confronti, cosa ancora oscura alla mia comprensione tra l’altro, adesso vorrà solamente usarmi come bersaglio mobile per le pigne. Solo una povera pazza come me si giocherebbe un’opportunità così con un tipo come Shannon.
 
Mentre sono ancora immersa in queste elucubrazioni mentali, scorgo Jared riemergere dal cespuglio, tutto intento a massaggiarsi una chiappa.
Almeno è atterrato sul morbido.
 
“Ma si può sapere che ti è preso?!” domanda a metà tra l’offeso e lo sconcertato.
 
“A me?! Jared tu… tu… mi hai baciata! Con l’inganno, vorrei sottolineare!” esclamo sconcertata. “Dopo questa ennesima porcheria, faresti meglio a guardarti le spalle e altre parti del corpo che suonano in modo simile nella pronuncia.” concludo acidamente, cercando di mascherare l’imbarazzo.
 
“Hai anche da recriminare?! Tu hai chiuso gli occhi. È stato come chiedermi in ginocchio di barare: non potevo rifiutarmi. E poi” aggiunge grattandosi ripetutamente le braccia, “Non mi sei sembrata così contrariata all’inizio.”
 
“Certo che hai proprio una bella faccia tosta! Mi hai colta alla sprovvista, tutto qui. Non farti venire strane idee.” taglio corto. “Direi che mi sono ampiamente guadagnata il diritto di riavere il mio telefono e, inoltre, voglio tornare indietro, siamo in ritardo per il pranzo.” aggiungo velocemente, prima che Jared possa replicare in qualunque modo.
 
Non riuscendo ancora a capacitarmi di quanto successo poco prima, cerco di riflettere un attimo respirando profondamente.
 
Cosa mi è preso?
L’arrapamento.
 
A cosa stavo pensando?
A come avvinghiarti ancora di più a lui.
 
In che razza di stato mentale mi trovavo per acconsentire ad una cosa simile?
Astinenza.
 
Il botta e risposta con la mia coscienza non poteva essere più schietto e preciso di così.
Certo che le modalità con cui riesco ad incasinarmi, salgono di livello ogni volta di più. In ogni caso, non posso azzardarmi ad avanzare nessun tipo di recriminazione: la colpa di questo scempio è, almeno per metà, mia.
 
Jared, continuando a grattarsi in modo preoccupante le braccia e parte del viso, stranamente arrossato, resta in silenzio e si avvicina porgendomi il telefono.
Che abbia capito quanto mi senta a disagio e, soprattutto, in colpa?
 
“Ehm… grazie.” farfuglio a mezza voce.
 
“I patti sono patti Cappuccetto. Accidenti, qualcosa deve avermi punto. Non riesco a smettere di grattarmi.” replica leggermente scocciato.
 
Guardandolo meglio, noto che su entrambe le braccia, sul viso e su parte del torace, oltre ad un arrossamento diffuso, stanno iniziando a formarsi delle bolle sospette.
Non mi piace, non mi piace per niente.
Do un’occhiata alle sue spalle, osservando meglio il cespuglio in cui l’ho gettato poco prima. Guardando meglio la conformazione delle foglie, resto impietrita: è un cespuglio di ortiche.
 
SEI SPACCIATA.
APPENA JARED CAPIRA’ COSA GLI HAI APPENA FATTO, TI APRIRA’ IN DUE E SARA’ LA PRIMA VOLTA NELLA SUA VITA IN CUI, L’APRIRE IN DUE UNA DONNA, NON AVRA’ NESSUNA CONNOTAZIONE SESSUALE.
 
Ci mancava solo questa.
Cerco di mantenere la calma tacitando la vocina interiore e distraendo Jared come posso.
 
“Sarà di sicuro una zanzara o qualche insetto, questo posto ne è pieno.” Affermo vaga. “Appena arriviamo alla baita ci mettiamo qualcosa su, che ne dici? Nel frattempo fammi dare un’occhiata, okay?” domando con il tono più gentile che conosca.
 
Jared mi si avvicina con aria sospetta e non lo biasimo; improvvisamente lo sto trattando benissimo e, dopo quello che mi ha appena combinato, la Sophie che ha imparato a conoscere lo avrebbe già ricoperto di insulti. E questo, nella migliore delle ipotesi.
Inizio ad ispezionargli il viso che continua a grattarsi come un forsennato, rischiando di scorticarsi vivo o peggio.
 
“Puoi cercare di star fermo solo per un secondo? Non posso controllare nulla se continui a raschiarti via tre strati di pelle.” dico prendendo le sue mani tra le mie e scostandogliele dalla faccia che ha praticamente assunto il colore dell’nduja calabrese.
 
Di rimando Jared resta immobile, fissandomi come se potesse passarmi attraverso. Quello sguardo, a prescindere dalla situazione, mi ha sempre scombussolata. È lo sguardo che mi riserva sempre quando cerca di decifrarmi, di leggermi dentro ed io non lo sopporto.
 
“Se avessi saputo che baciarti ti avrebbe reso così gentile, lo avrei fatto molto prima. Posso solo immaginare i risultati che potrei ottenere facendoti altro.” afferma con voce roca.
 
Eccolo. Ecco che il piccolo maniaco torna in sella al suo cavallo di depravazione.
 
“Certo che non riesci proprio a star zitto tu, eh?” rispondo piccata. “Comunque, non hai nulla di strano. Il viso è solo un po’ arrossato, vedrai che ti passerà subito; dovresti solo evitare di grattarti.” concludo liquidandolo velocemente.
 
BUGIARDA.
IPOCRITA.
FALSA.
CODARDA.
VIGLIACCA.
 
La mia coscienza, non  mi risparmia insulti e… ha ragione.
 
Non convinto dalle mie parole, Jared estrae Berry dalla tasca posteriore dei jeans ed inizia a specchiarsi grazie alla fotocamera interna.
Dopo una manciata di secondi, si allontana a passo svelto dirigendosi verso il ben noto cespuglio di ortiche, rimanendo a contemplarlo in modo assorto.
Inizio a pregare tutti i possenti spiriti della foresta, compresa la cara e vecchia Nonna Salice, per poter ottenere la grazia ed evitare di ritrovarmi appesa a testa in giù sul ramo dell’albero più alto di tutto il bosco, cosa, per altro, probabilissima non appena Jared tornerà da me reclamando vendetta.
 
“Cappuccetto?” domanda con una punta di isterismo nella voce, senza accennare a voltarsi.
 
Ecco, ci siamo.
 
“Si Jared?” pigolo, iniziando ad indietreggiare di qualche passo.
 
“Per caso devi dirmi qualcosa? Non saprei, un qualche particolare che ti è sfuggito o hai omesso di proposito, mentre mi controllavi la faccia ed il resto del corpo?”
 
“No… no… non credo…” balbetto in preda al panico. “Comunque stiamo perdendo tempo, credo che dovremmo proprio tornare indietro adesso perc...”
 
“Io credo proprio di si, invece.” mi interrompe gelido. “Credo proprio che tu abbia volutamente omesso la parte in cui ti sei accorta di… AVERMI SPINTO IN UN DANNATISSIMO CESPUGLIO DI ORTICHE! ALLORA?! COS’HAI DA DIRE A TUA DISCOLPA CAPPUCCETTO?!” tuona minaccioso. “PREGA SOLO DI TROVARE UNA GIUSTIFICAZIONE CHE MI CONVINCA, ALTRIMENTI STAVOLTA TI METTERO’ LE MANI ADDOSSO PER MOTIVI TUTT’ALTRO CHE PIACEVOLI.” conclude fulminandomi con lo sguardo.
 
Sarà bello, ricco, creativo e tutto quello che volete ma, quando ci si impegna, quest’uomo mette i brividi.
 
“Mi dispiace, hai ragione!” esclamo con tono implorante. “Io non volevo, ma tu… tu ti sei comportato male come al solito! Mi hai costretta a spingerti via! E poi, pensa che se fossero stati rovi, sarebbe stato peggio.”
 
“Ma fammi il piacere. Da come parli sembra quasi che ti sia saltato addosso contro la tua volontà! Tra il frustino, le bolle e gli altri disastri che mi hai combinato, mi stai letteralmente cambiando i connotati. Nemmeno dovessi girare un nuovo film. Come pensi che dovrei punirti?” mi domanda massaggiandosi le tempie. “Ti lascio carta bianca per gli strumenti da utilizzare.”
 
“Ma ti senti quando parli? Non ti ho chiesto mica io di… di… insomma, di fare quello che hai fatto! Tutte le cose che ti sono successe, sono da considerarsi esclusivamente come legittima difesa. Sono io quella che ha sempre dovuto subire i tuoi stupidi tiri mancini, per non parlare dei tuoi repentini cambi d’umore!” sbuffo esasperata. “E comunque… te la sei cercata.”
 
Mi mordo la lingua appena dopo l’ultima frase. Ovviamente, dovrei evitare di provocarlo, ma proprio non ci riesco. Penso che ci sia un’incompatibilità genetica di base, o qualcosa del genere tra noi due; Leto jr. mi fa saltare i nervi come nessun’altro al mondo.
 
“Cos’hai appena detto scusa? Credo di non aver sentito bene.” replica Jared, compiendo ampie falcate nella mia direzione.
 
Nel giro di un nanosecondo, infilo il telefono negli shorts, raccatto da terra il cesto con i funghi ed inizio a correre a ritroso, in direzione della baita.
Se potessi osservarmi dall’alto di un’oasi sicura, con una ventina di bodyguard corpulenti al mio servizio, riderei di me stessa, dandomi dell’infantile e della pappamolle ma, in questi casi, l’istinto di sopravvivenza prevale su qualsiasi altro sentimento umano di livello superiore.
 
“TORNA SUBITO QUI CAPPUCCETTO! HO DEI PIANI BEN PRECISI PER TE!” tuona minacciosamente Jared.
 
“MA NEANCHE MORTA!” ribatto con voce strozzata, mentre continuo a correre a perdifiato lungo il sentiero, lastricato di rami, radici, foglie e fanghiglia.
 
Non posso fermarmi, non adesso. Se quello mi prende, prima mi ammazza e poi getterà i miei resti in un fossato.
Come se fosse colpa mia poi! Anche perché, come al solito, ha fatto tutto da solo. Lo giuro, non volevo assolutamente spingerlo, cioè si, ma non in quel modo e poi, cosa potevo saperne che quelle erano proprio ortiche?!
 
Come se non bastasse, data la mia nota agilità, Jared non impiega molto a raggiungermi.
Avete presente quando si dice avere il fiato sul collo? Beh, mi trovo esattamente in questa situazione dato che, con la coda dell’occhio, riesco a scorgere la sagoma smilza e slanciata del mio carnefice. In preda alla foga di raggiungere il più velocemente possibile la baita, cerco di aumentare l’andatura, nonostante il terreno sconnesso.

Pessima idea. Non fatelo; non fatelo mai. Perdereste totalmente il controllo sull’appoggio dei vostri piedi.
 
“MA PORC…”
 
In men che non si dica, il mio piede destro si impunta in una radice sporgente, che costeggia il sentiero principale, facendomi volare in avanti in modo così epico da sembrare un effetto speciale cinematografico, con la sola differenza che, nel mio caso, il materassino per attutire il colpo non è compreso nella scena. Atterro a faccia in giù con una piroetta degna di Nureyev, portando le mani in avanti per cercare di attutire il colpo, mentre vedo il cesto stracolmo di funghi volteggiare qualche istante, per poi rovinare a terra, sparpagliando il suo contenuto tutto intorno. Ma, in tutta questa situazione, la cosa più terribile è sicuramente il dolore lancinante che, dalla caviglia, si irradia ad una velocità sorprendente fino a metà stinco.
 
Signore e signori, dopo tale scempio, deduco che anche la flora locale è rimasta così colpita dal fascino ammaliatore di Jared Joseph Leto, che ha deciso di aiutarlo nella cospirazione ai miei danni, facendo sbucare dal terreno radici a caso.
 
“Ma che… porca miseria Sophie, si può sapere che combini?! Stai bene?! Rispondimi, per favore!”
 
In men che non si dica, Jared si accuccia al mio fianco, cercando di tirarmi su, anche perché dal momento della caduta, sono rimasta totalmente inerte, proprio come un cadavere all’arrivo del rigor mortis.
Decido di restare in una condizione di silenzio forzato per al fatto che, se decidessi di aprir bocca anche solo per un secondo, inizierei ad urlare per il dolore e non sarei più capace di fermarmi.
 
“Ma si può sapere come diavolo hai fatto? Certo che sei proprio maldestra, pensa se non ti avessi accompagnata; saresti rimasta bloccata qui tutta la notte e saresti morta assiderata. Mi sarebbe anche toccato sentire i piagnistei di mio fratello.”
 
Io continuo a restare muta. Sarà lo shock o qualcosa di simile. La sola cosa che riesco a fare è ripetere a me stessa in modo ossessivo: “Fa che non sia rotta, fa che non sia rotta, fa che non sia rotta.”
Non riuscendo a suscitare alcun tipo di reazione, Jared tenta un nuovo approccio.
 
“Stai calma, vedrai che non è niente. Ora fammi controllare e vediamo cos’hai combinato.”
 
“Non azzardarti a mettere le tue manacce sulle mie gambe, o te le stacco a morsi. Hai capito?”
 
La calma con cui rispondo, è a dir poco inquietante. Probabilmente, verso in uno stato dissociativo e sto per avere un crollo nervoso.
Jared resta in silenzio per qualche istante, grattandosi pensieroso la testa e tenta, poi, di abbozzare un sorriso che non sia né malizioso, né di scherno.
 
“Allora Sophie, vediamo di capirci. Voglio solo aiutarti okay? Dico davvero, permettimi di darti una mano, voglio solo controllare che la caviglia non sia rotta. Fammi dare un’occhiata, così poi cerchiamo insieme una soluzione per tornare tranquillamente a casa.”
 
Lo guardo dritto negli occhi cercando di cogliere la più sottile sfumatura di malignità ma, stavolta, mi sembra sinceramente intenzionato ad aiutarmi.
Decido di dargli una chance.
 
“Okay, va bene. Però ti prego… fai piano perché fa… fa male, ecco.”
 
A Jared sfugge una risatina nervosa.
 
“Nemmeno una sposina la prima notte di nozze farebbe discorsi simili, Sophie. Tranquilla, non ti farò alcun male, puoi fidarti stavolta.”
 
Avvampo restando in silenzio, lasciando che il cantante inizi a manipolare la mia caviglia. Noto che, oltre ad avere delle mani decisamente belle ed affusolate, ha anche una certa dimestichezza nel muovere e ruotare l’arto: l’uomo dalle mille risorse insomma.
Tra un gemito e l’altro, mi mordo il labbro inferiore per cercare di non far trasparire le fitte di dolore che sento, anche se, a questo punto, non so quanto possa servire fare la parte dell’impavida amazzone che si aggira nei boschi.
 
Dopo una trentina di secondi e diverse manovre da chiropratico, Jared emette la sua sentenza:

“Nella tua conclamata malasorte, direi che sei stata fortunata: non hai nulla di rotto e non credo nemmeno che ci siano slogature. Al massimo sarà una leggera distorsione; un po’ di riposo e del ghiaccio e già domani mattina sarai come nuova.”
 
“Ne sei sicuro?” domando trattenendo il fiato.
 
“Assolutamente si. Dopo anni di vagabondaggio puro, impari ed assimili qualsiasi cosa ti capiti a tiro; comprese le conoscenze mediche di base.”
 
Però. Tanto stupido non sei allora.
Tengo questo pensiero per me, mentre tiro un enorme sospiro di sollievo.
 
“Grazie Jared” mormoro con un fil di voce. “Voglio dire… grazie davvero e poi… insomma… mi dispiace per… le ortiche.” concludo titubante.
 
“Non dispiacerti troppo Sophie. Quello che ti è successo non cambierà le cose tra noi; prendi pure questo frangente come una tregua provocata da cause di forza maggiore. Non mi accanirei mai su una ragazza indifesa ed invalida, per giunta.”
 
Nonostante mi renda conto che, probabilmente, Jared non smetterà mai di tormentarmi, mi scappa un sorriso: è vero che mi rende la vita impossibile, non lo sopporto e non credo che riuscirò mai a farlo, ma sono certa che non mi metterebbe mai volutamente in pericolo.
Magra consolazione, ma è pur sempre qualcosa.
 
“Gentile da parte tua, dico davvero.” replico sarcastica.
 
“Oh si, me ne rendo conto.” ribatte con una strana luce negli occhi. “Hai la vaga idea di cosa significhi per me averti qui davanti, in queste condizioni?”
 
“Ehm… che potresti seppellirmi viva? Legarmi ad un albero e lasciarmi in pasto agli orsi?” azzardo fingendo spavento.
 
Jared scoppia in una risata macabra, lanciandomi uno sguardo osceno.
 
WHAT THE FUCK.
 
“No. Per me, vederti così, significa esattamente due parole: ACCESSO FACILITATO, se capisci che intendo.”
 
WHAT THE ACTUAL FUCK.
 
“Non oseresti.”
 
“Non tentarmi.”
 
Resto in silenzio. Non capisco se stia scherzando o meno quindi, nel dubbio, decido di star zitta.
 
“Beh, cos’è questo silenzio? Non sai che chi tace acconsente?” interviene placido Jared.
 
Ah, ecco. Le ultime parole famose.
Ricordatemi di smettere di pensare, oltre che parlare, in questi frangenti.
 
“Non acconsento ad un tubo Jared, mettitelo in testa una volta per tutte. Sei esasperante, lo sai?” sbuffo lanciando uno sguardo torvo al cantante. “Perché non ti sei portato dietro Savannah o un’altra delle tue innumerevoli compagne d’avventura? Sarebbe stato tutto più semplice, non credi?”
 
“Perché non mi sono mai piaciute le cose facili Sophie. Amo la sfida, adoro la caccia, cerco la guerra, bramo la lotta e pregusto la vittoria. Ti basta come spiegazione?”
 
Dopodiché, con particolare delicatezza, mi tira su tendendomi per le spalle e, mettendosi dietro di me, fa in modo di farmi poggiare la schiena contro il suo petto.
 
“Dovremmo restare un po’ qui, almeno finché la caviglia non ti farà meno male; tanto vale metterci comodi.”
 
Nonostante resti piacevolmente sorpresa dalla galanteria di quel gesto, ignoro completamente la sua ultima affermazione ed incrocio le braccia al petto, riflettendo sulla frase di poco prima. Certo che il signorino è proprio un presuntuoso di prima categoria.
Ovviamente, molte persone farebbero follie per sentirsi dire cose simili da un tipo come Jared. Riflettiamo insieme giusto per un secondo:
 

 
  • Carino √ (e va bene, lo ammetto: bello e basta)
  • Talentuoso √ (anche troppo)
  • Intelligente √ (a modo suo)
  • Ricco √ (il che non ci fa schifo)
  • Perverso  √ (non fate i moralisti, alle donne piace e molto)

     
Tuttavia, nonostante questa convincente lista di pro, resta un’altrettanto convincente lista di contro (oltre al fatto di essere un disastro in cucina): primo tra tutti il fatto che per lui sono esclusivamente un capriccio, così come il restante 99,99% delle donne sulla faccia del pianeta, escludendo sua madre.
So benissimo che Jared non nutre il minimo interesse nei miei confronti: al momento, quel che gli serve, è solo un altro trofeo da appendere alla sponda del letto; trofeo che, in questo caso, sarebbe ben rappresentato dai miei slip.
 
“Non ti sembra di esagerare in quanto a sicurezza e stima di te stesso? Oh, aspetta. Aspetta un attimo. Lo senti questo strano rumore? No? Davvero? Io, invece, si. Credo sia il tuo ego, pronto a scoppiare da un momento all’altro.”
 
“No che non esagero. Al contrario, Sophie, mi sbilancio così tanto solo quando sono sicuro di riuscire nei miei intenti. Cederai, lo so che, presto o tardi, lo farai.”
 
“No.”
 
“Si.”
 
“Vai al diavolo.”
 
Guardo il display del telefono: segna mezzogiorno e mezzo. Siamo fermi all’incirca da venti minuti e la caviglia sembra andare decisamente meglio. Il dolore, da acuto, è diventato sordo e credo di poter anche riuscire a camminare decentemente.
In definitiva, questo lasso di tempo è trascorso senza particolari incidenti: io e Mr. Maniaco ci siamo avventurati lungo il viale dei ricordi, parlando del più e del meno circa il periodo precedente il nostro trasferimento definitivo a L.A.
 
Mi giro goffamente verso Jared che tiene gli occhi chiusi e ha le spalle poggiate al tronco di un albero.
 
“Ehi, credo che potremmo incamminarci. La caviglia sembra andare meglio.”
 
Senza neppure sollevare le palpebre, Jared emette un lieve sospiro.
 
“Ne sei sicura? Se vuoi, restiamo un altro po’.”
 
“Si, ne sono sicura. E poi” aggiungo sconsolata, “Se resto ancora seduta qui, il dolore alla caviglia sarà nulla paragonato all’indolenzimento del mio sedere, te lo garantisco.”
 
“Conosco metodiche interessanti per riattivare la circolazione in quelle zone.”
 
“Finiscila!” sbraito tirando una gomitata a vuoto dato che, con uno scatto fulmineo, Jared è già in piedi ed è pronto a tirarmi su, tendendomi entrambe le mani, che afferro con decisione.
 
In un baleno mi ritrovo in posizione eretta, su un piede solo. Mentre Jared mi è di fronte, tenendomi ancora per i polsi, cerco di poggiare con estrema cautela il piede a terra, ma non appena provo a distribuire il peso del mio corpo in modo uniforme, ecco che il dolore alla caviglia si fa nuovamente sentire, provocandomi un dolore lancinante.
 
“Ahh!” esclamo piegandomi su un lato e aggrappandomi alle spalle di Jared che, fortunatamente, mi sorregge saldamente.
 
Evidentemente, ci vorrà un po’ più di riposo per rimettere le cose a posto. Non credo che riuscirò a camminare fino alla baita, o meglio, ci riuscirò solo dopo aver tenuto la caviglia a riposo almeno tutta la notte.
 
“Jared non riesco a poggiare bene il piede, non credo di poter camminare fino alla baita. Potremmo chiamare Vicki” suggerisco tirando fuori il cellulare dalla tasca, “Hanno la macchina, potranno sicuramente venire a prender… maledizione!”
 
“E adesso che succede?” domanda Jared con una punta di esasperazione nella voce.
 
“Non c’è campo.”
 
“Ah beh, fosse una novità con te. Sei una calamita umana per qualsivoglia tipo di sventura Sophie. Ormai non mi stupisco neanche più.”
 
“Come se fosse colpa mia” replico stizzita, “Siamo in un bosco, credo che neanche Berry prenda bene il segnale inguaiati come siamo.”
 
“Hai ragione ma, a prescindere da qualsiasi cosa ci succeda, sei sempre tu la portatrice di disgrazie.” replica serafico Jared, dopo aver controllato il display di Berry che, come il mio I-Phone, non vuole saperne di collaborare.
 
“E adesso cosa facciamo?” replico tentando di evitare di rispondere per le rime.
 
“Semplice: ti porto in spalla fino a destinazione, tanto saranno una ventina di minuti al massimo. Ho sopportato cose peggiori.” afferma Jared poggiando nuovamente il cesto dei funghi a terra.
 
“Intendi a cavalluccio?!” domando sorpresa.
 
“Beh, se preferisci usare il termine cavalcare, a me va più che bene.” risponde sogghignando. “Inoltre, se in questi giorni non hai ingurgitato troppe porcherie, dovrei farcela senza problemi anche se, a giudicare dalle tue proporzioni e dal tuo bel mandolino, non dovresti aver fatto troppi danni. Però ti avviso: ogni tanto dovrai farmi qualche grattino alla faccia; queste bolle mi stanno facendo impazzire.” conclude con tono risoluto.
 
“Mandolino? Ma che…”
 
Ah già. Probabilmente, ce l’ha con il mio sedere.
Credo che, tecnicamente, dovrei considerarlo un complimento.
 
Nel frattempo, Jared continua a squadrarmi da capo a piedi in attesa di una risposta.
Dopo aver testato in prima persona la sua resistenza fisica durante la corsa in aeroporto con me in braccio, non credo dovrebbe avere particolari problemi a trasportarmi, anche perché l’andatura sarà decisamente più gestibile.
 
“Ehm… okay, va bene. Se pensi di farcela, non ho obiezioni. Ora come ora, la sola cosa importante è riuscire a tornare indietro.”
 
Jared sgrana gli occhi, restando interdetto per qualche istante; sembra quasi stupito dalla mia arrendevolezza. Dopodiché, accennando un mezzo sorriso, si avvicina e si gira in modo tale da darmi le spalle.
 
“Coraggio cow-girl, sali in groppa e cavalcami come si deve.”
 
“Avanti smettila! Sei sempre il solito, possibile che devi buttarla sempre sul volgare?”
 
“Guarda che l’interpretazione è sempre soggettiva, cow-girl.” mi fa eco passandomi il cesto di funghi che incastro prontamente nel moschettone della mia cintura.
 
Rassegnata, faccio leva sul piede sano e dandomi una piccola spinta, riesco ad arrampicarmi sulla schiena di Jared abbastanza facilmente. Completo poi l’opera, allacciando le mani intorno alle sue spalle.
 
“Se non ti dispiace, preferirei tornare al buon vecchio Cappuccetto. E, poi, ecco” aggiungo leggermente imbarazzata, “Come dovrei mettere le gambe? Voglio dire: come ti è più comodo che le sistemi per camminare? Non so, intorno alla vita?”
 
“Tecnicamente potresti anche avvolgerle intorno alla mia vita in perfetto stile Boa constrictor o Kamasutra, se preferisci ma, ad ogni passo, il rinculo dei tuoi piedi sui miei gioielli sarebbe abbastanza doloroso. Quindi no; non credo che questa soluzione sia indicata.”
 
Avvampo, stringendo la presa intorno alle sue spalle che, a dirla tutta, non sono nemmeno così gracili come sembrano a prima vista.
Mentre sto pensando alla possibile soluzione, Jared mi precede afferrando le mie gambe all’altezza del poplite e portandole all’altezza dei suoi fianchi.
 
“Prometto solennemente che le mie mani non andranno oltre questo punto” afferma dando lievi colpetti alla zona interessata, “E mai e poi mai suoneranno il tuo mandolino.”
 
Il tono serio e compito con cui esprime questa sentenza, lo fa quasi sembrare una persona per bene e sottolineo il quasi, perché la parte sul suonare il mandolino mi ha inquietata e non poco. Tuttavia, decido di fargliela passare: nonostante le divergenze, si sta rendendo utile dandomi una mano non da poco.
 
“Okay, promessa fatta. E adesso, per piacere, cerca di comportarti da cavaliere anche se, forse, il termine nobile destriero sarebbe maggiormente appropriato.”
 
Alle mie parole scoppiamo entrambi in una sonora risata, avviandoci a passo tranquillo lungo il sentiero del ritorno.
 
Chi lo avrebbe mai detto?







TA-DAN!
Eccomi qui con il nuovo e assurdissimo capitolo. Dite la verità, non vi aspettavate un aggiornamento così presto eh? Rispetto ai miei discutibilissimi ritardi, questo è un gran bel passo in avanti. *sguardo lacrimoso*
BTW, passiamo al capitolo. ZAN! Il tanto agognato bacino casto e innocente finalmente è arrivato. E' vero, ne avevamo avuto uno nel beagno di casa Leto tra sapone e corsi di pronto intervento ma, almeno stavolta, Jared è stato leggermente meno animale e no, cara la mia Sophie, stavolta anche tu hai fatto la tua parte. In ogni caso, adesso è proprio il caso di dirlo: l'inciucio si fa interessante. Cosa succederà?
Lo scopriremo insieme VERY SOON.
Fatemi sapere cosa ne pensate, le vostre ipotesi e le vostre sensazioni, ci conto come sempre.
Ringrazio in anticipo tutti i miei adoratissimi lettori e recensori.
Vi abbraccio uno per uno.

BarbaH GerardaH

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 21
*** Le bugie hanno le gambe di... Shannon Leto! ***


 
Non facciamo in tempo ad arrivare nel mezzo della radura adiacente la baita, che Shannon ci corre incontro a grandi passi, assumendo un’espressione trafelata.
 
“MUDDAFUGGAZ! COSA DIAVOLO E’ SUCCESSO?! BAM BAM STAI MALE?!”
 
“No Shan, sto bene, davvero.” affermo decisa, cercando di sembrare il più convincente possibile.
 
Non convinto dalle mie parole, il batterista lancia un’occhiataccia al fratello che, nel frattempo, continua a tenermi a cavalluccio come se nulla fosse.
 
“Sei stato tu vero? Che cos’hai combinato stavolta? Certo che sei proprio una testa di rapa bro. E poi… cosa sono quelle bolle in faccia? Non ti sarai mica preso qualcosa?”
 
Sento il corpo di Jared irrigidirsi ed i muscoli della schiena tendersi, sotto la mia presa. Probabilmente, sta valutando almeno quanto me cosa sia il caso di dire e cosa, invece, sia il caso di omettere in maniera gentile ed innocente anche se, visti i suoi modi di fare da prima donna, potrebbe anche avere la tentazione di spifferare ogni cosa e, con ogni cosa, intendo anche QUELLA COSA.
 
“Ehm no, no Shan!” intervengo agitando un braccio al vento, “Jared non ha c’entra nulla stavolta. È stata solo colpa mia… ecco sai, eravamo sulla strada del ritorno e, come al mio solito, mentre camminavo non ho fatto molta attenzione a dove mettevo i piedi” proseguo leggermente agitata, “Di conseguenza, sono inciampata e ho preso una leggera storta alla caviglia. Domani starò sicuramente benissimo e tuo fratello è stato davvero molto gentile a caricarsi il mio peso in spalla per riportarmi qui. Questo è quanto.”
 
BALLE DI FIENO.
BALLE DI FIENO OVUNQUE.
 
Una pesante cappa di silenzio inizia a diffondersi ma, nonostante ciò, sento nettamente il battito cardiaco di Jared accelerare. Non posso vederlo in viso dato che sono ancora aggrappata a lui come un koala al suo ramo di eucalipto, ma percepisco nettamente il fatto di averlo spiazzato. Sicuramente non si sarebbe mai aspettato che io lo difendessi, almeno non con il fratello che, di norma, mi da quasi sempre manforte.
Il fatto è che, entrambi, stiamo giocando sul filo del rasoio e ognuno ha la sua bella dose di responsabilità in tutto quello che ci è successo a partire da Jared, ovviamente. Comunque, direi che questa volta ha guadagnato parecchi punti, ma di certo non il perdono.
 
Inspiro profondamente e, senza volerlo, mi ritrovo ad respirare il suo odore. Il suo buon odore. Sa di pulito, di shampoo e di bosco. Il tutto si mescola ad un leggero sentore di sudore, dovuto probabilmente allo sforzo fisico. Quasi inconsapevolmente, inspiro di nuovo, questa volta più a fondo, cercando di avvicinare il più possibile il mio viso ai suoi capelli e lascio vagare liberamente il mio sguardo sulla sua nuca da cui scende una piccola gocciolina di sudore. Senza volerlo, il mio cuore ha accelerato i battiti.
Perché mi sta assalendo la voglia matta di stringerlo più forte a me?
 
“È davvero andata così mhh? Bro? E che mi dici della faccia?” incalza Shannon sempre più sospettoso, riportandomi alla situazione reale.
 
Trattengo il respiro. È in momenti come questo che vedo passarmi tutta la vita davanti; ora le cose sono essenzialmente due: o, per qualche miracolo divino, Jared conferma la mia versione dei fatti o, per qualche macumba vodoo, Jared sputerà il rospo con tutti gli annessi e connessi, ossia:

 
  • Pubblica gogna per la sottoscritta, che sarà esposta al pubblico ludibrio, come la protagonista della “Lettera Scarlatta”;
  • Perdita di qualsivoglia possibilità con Shannon. Se avessi avuto anche solo una becera speranza, la suddetta andrà a rinchiudersi nell’antro più buio del famoso vaso di Pandora e, a quel punto, non sarà, proverbialmente, l’ultima a morire ma, al contrario, deciderà di non venire proprio al mondo;
  • Ovviamente Shan terrà il muso a Jared. Si ma per quanto? Un paio d’ore? Quindici minuti? Trenta secondi? Comunque non abbastanza, per quello che ha combinato e, cosa più importante, non abbastanza rispetto a quanto lo terrà con me;
  • Sarà praticamente quasi impossibile continuare a lavorare come se nulla fosse, se non altro per il clima di tensione, sessuale e non, che aleggerà nell’aria, per non parlare del fatto che sarò etichettata come la zocc… pardon, l’intrattenitrice della situazione.
 
Prima di aprire bocca, Jared si schiarisce la voce e, spero, anche le idee a questo punto; dopodiché facendomi scendere dalle sue spalle e sorreggendomi saldamente per la vita, pronuncia la sentenza del disastro.
Il suo tocco mi da i brividi.
 
“Si Shan. È andata come dice lei. Cosa ti aspettavi? Un brutale tentativo di stupro finito in tragedia? O magari volevi sentirti dire che l’ho presa bastonate sulle gambe in modo da avere gioco facile? E per quanto concerne la mia faccia” prosegue pacato, “Me la sono toccata non rendendomi che, chissà quando, avevo toccato delle ortiche; anche le mie mani sono piene di bolle vedi?” conclude mostrando il palmo pieno di bolle al fratello.
 
“No, no bro ma che vai a pensare!” esclama Shan mettendo le mani avanti. “È solo che, conoscendoti e sapendo come vi mal sopportate, ormai sono pronto a tutto. Cavolo mi dispiace per la faccia” afferma costernato, “Credo che in casa dovremmo avere qualcosa da poter utilizzare al riguardo.”
 
“Grazie Shan. E comunque, ti posso garantire che, se la tua previsione fosse stata azzeccata, Sophie sarebbe tornata alla baita sulle proprie gambe; magari con meno vestiti addosso, ma di sicuro si sarebbe retta in piedi da sola, o almeno credo.”
 
“Certo, ti piacerebbe vero? Eh, bro? A chi non piacerebbe? Però, non dovresti vederla in modo così rude: io sono ancora contrario alla violenza sulle donne.”
 
“Beh, quando durante le riprese di Hurricane mi hai fatto ripetere quattro volte la scena in cui sbattevi la biondina al muro e ben sette quella dove gli infilavi la lingua in gola, non mi sembravi così dispiaciuto… aspetta com’è che si chiamava? Anne? Ana?”
 
“Agnes.”
 
“Si, insomma, quella lì.”
 
Credo che un bel giorno raccoglierò quel poco che resta del mio coraggio e domanderò che cos’è questo Hurricane che tutti continuano costantemente a decantare.
 
“Ehm, scusate?” pigolo con non poco imbarazzo, “Io sono ancora qui e sto ascoltando cose che preferirei non sentire nemmeno in un’altra vita. Potreste gentilmente piantarla e, se non vi è di troppo disturbo, potreste anche darmi un mano ad infilarmi nel letto, sul divano, o su qualsiasi altra superficie piana, in modo tale da poter sistemare questa caviglia una volta per tutte? Grazie per l’attenzione.”
 
“Sei sicura di volere affrontare l’argomento infilarsi nel divano/letto/qualsiasi superficie piana con me Sophie?” domanda Jared mimando le virgolette con le dita, per dare maggiore enfasi ai termini divano,  letto e... superficie piana.
 
Mentre sbuffo alzando gli occhi al cielo Shannon, senza nemmeno replicare, si avvicina e, con mia sorpresa mi prende in braccio, avviandosi poi verso la portafinestra in veranda.
 
“Si dolcezza, non preoccuparti, adesso ti accompagno in camera così puoi riposare fino a quando non mangiamo qualcosa.”
 
“Ehi, voi due. Mi sento ignorato. Sono io che l’ho portata qui sana e salva; adesso chi porterà me?” protesta vanamente Jared.
 
Mentre Shannon continua a salire i gradini della veranda ridacchiando di gusto, mi giro viso verso Jared e guardandolo dritto negli occhi, sussurro un impercettibile “grazie”. Ricambiando il mio sguardo, il cantante annuisce sorridendomi in un modo così spontaneo, che porta il mio cuore a perdere un battito e, forse, qualcosa in più.
 
Una volta varcata la soglia, Vicki mi corre incontro bianca come un lenzuolo.
 
“Sophie, stai bene?! Cosa ti è successo?!”
 
“Si, sto bene Vicki. Ho avuto solo un piccolo incidente di percorso, tutto qui. Domani tornerò come nuova.” le dico porgendole il cesto con i funghi che, a quanto pare, mi sono costati la mobilità articolare.
 
“La mia BAM BAM è una tosta! Chi vuoi che la stenda!” sghignazza Shannon continuando a macinare grandi passi in direzione della mia camera da letto.
 
A dire il vero, un’idea della persona che vorrei mi stendesse, l’avrei anche bene in mente, ma decido di restare in silenzio per evitare ulteriori situazioni imbarazzanti e ancor più penosi fraintendimenti.
 
“Vicki pensi tu ai funghi? Mi dispiace moltissimo, ma non credo che potrei esserti molto d’aiuto in questa situazione. Anzi, forse sarei più un impiccio che altro.” mormoro a mezza voce.
 
“Certo tesoro, non preoccuparti, penso io a tutto e poi” aggiunge serafica “non ho sposato un mezzo cuoco per caso.”
 
“MEZZO CUOCO A CHI SCUSA?!”
 
Tomo irrompe nella cucina, rivendicando con orgoglio le sue doti di abile chef e dopo essersi assicurato del mio stato di salute, inizia ad aiutare Vicki con la tavola. Intanto, io e Shannon procediamo nella nostra personale crociata, volta al tentativo di arrivare fino al letto.
A causa del poco spazio disponibile, ogni volta che passiamo da una stanza all’altra della baita, Shannon è costretto a ruotare di novanta gradi per far si che le mie gambe, eccessivamente lunghe,  riescano a passare indenni da un punto all’altro. Dopo svariate giravolte ecco che, finalmente, arriviamo a destinazione: Shannon mi adagia amorevolmente sul letto, aiutandomi a togliere gli scarponcini e cercando, inutilmente, di rimboccarmi le coperte.
 
“Shan sei molto dolce, davvero, ma non sono ancora del tutto impossibilitata, credo di farcela da sola okay?” biascico con una punta di imbarazzo nella voce, tenendogli ferme le mani.
 
Il batterista si blocca all’istante, scattando come un soldatino e dopo un primo momento di silenzio, alquanto inquietante, oserei dire, sfodera un sorriso sghembo. Tuttavia, avvicinandosi alla porta nel più religioso silenzio e socchiudendola, Shannon scuote mestamente la testa.
 
“E io che credevo che, oltre agli scarponcini, avrei potuto aiutarti a togliere altro. Vengo a chiamarti non appena è pronto il pranzo.”
 
Senza avere la benché minima forza di replicare a questa affermazione, osservo il batterista darmi le spalle e chiudere la porta, lasciandomi ad annaspare nella confusione più nera.

Perché.
Perché sta succedendo tutto questo?
Ma io mi chiedo: adoro così tanto mettermi nei casini?
Evidentemente si.
Non bastava quel maniaco di Jared a perseguitarmi e, da qualche giorno a questa parte a confondermi, ora ci si mette anche  il fratello per cui, tra l’altro, credo di avere un debole.
 
Ma dai. Ma che sorpresa. Non lo aveva proprio capito nessuno, vero?
È interessante come sia in grado di improvvisare soluzioni assurde nei momenti più tragici e poi non sia in grado di ammettere, nemmeno a me stessa, le più misere ovvietà.
Clap clap. Complimenti per la tua maturità Sophie, davvero.
Che situazione. La cosa sconcertante è che non sto facendo nulla di utile per tirarmene fuori, anzi.
Forse, il problema reale è che non so nemmeno io cosa voglio.
 
Calma, riflettiamo un momento (la mia coscienza mi lascia un piccolo post-it appiccicato ai neuroni: È GRADITA LA SINCERITA’, GRAZIE.):
 
Voglio evitare disastri?
Si, la mia vita è già parecchio movimentata.
Voglio mantenere il mio posto di lavoro?
Ovvio che si. È la mia priorità.  Come penso di poter tirare avanti a L. A senza uno straccio di stipendio?
Voglio portare a termine questo incarico?
Piuttosto che rinunciare e darla vinta a quel beota, mi faccio ammazzare. Quindi, si.
Voglio restare in buoni rapporti con tutti (aka Tomo e Vicki)?
Sono due persone adorabili, direi di si.
Voglio Shannon?
*rullo di ovaie*
HELL YEAH!
Voglio Jared/suo fratello/Satana fatto uomo?
N… n… no…
 
NON LO SO.
NON LO SO?!
COME DIAVOLO FACCIO A NON SAPERLO?!
 
Intanto la mia amata e fedele coscienza, mi attacca alla caviglia la classica palla di piombo da due tonnellate circa, su cui troneggiano, a caratteri cubitali, le parole SINCERITA’ da un lato e CODARDA dall’altro.
 
I miei pensieri sono interrotti dal vocione di Shannon, proveniente dal corridoio, che mi avvisa di venire a tavola.
Morale della storia?
Non ho concluso un bel niente; mi sono solamente incasinata di più i pochi neuroni normali rimasti.
A proposito di pochezza di neuroni. Dove sarà finito Jared?
 
“Ehi, hai sentito mio fratello? È pronto. Vuoi una mano, o anche più di una, per tirarti su Caviglie Deboli?”
 
Parli del diavolo.
 
“No, grazie. Ce la faccio benissimo da sola.” sbuffo, squadrandolo da capo a piedi.
 
“Beh, qual è il problema adesso?” domanda serafico, rendendosi conto del mio sguardo sospetto.
 
Sembra tranquillo, ben disposto. Forse dovrei tenere a bada il mio lato paranoico ed iper controllante, almeno per stavolta. Sapete? Fidarsi delle sensazioni che l’altra persona ti trasmette, proprio com’era accaduto poco prima in veranda con Shannon. Mi ero fidata e avevo lasciato dare a Jared la sua versione dei fatti: era filato tutto liscio come l’olio ed io mi ero sentita davvero bene.
Purtroppo, la mia linguaccia, non è dello stesso avviso del mio cervello.
 
“Nessun problema. Sto solo cercando di tenerti d’occhio” replico facendo spallucce, “Se non altro per evitare che tu vada in giro a combinare disastri con quella tua lingua troppo lunga.”
“Sono lusingato. Da come ne parli, sembra quasi che tu abbia avuto il piacere di provare uno di questi presunti disastri.”
 
Ouch.
Okay, mi rendo conto che avrei dovuto trovare un modo meno ambiguo di formulare il pensiero.
 
“Sei il solito deviato.” rispondo cercando di non scompormi. “Mi sto semplicemente riferendo al fatto che possa esistere una remota possibilità che tu tenga la bocca ben chiusa con tutti, soprattutto con tuo fratello.”
 
Anche se solo per un impercettibile istante, Jared sembra irrigidirsi, quasi come se si aspettasse un altro tipo di risposta ma, probabilmente, è solamente una mia sensazione.
 
“Ah, davvero? E riguardo a cosa precisamente?” chiede avvicinandosi al mio letto e chinandosi fino a guardarmi dritto negli occhi.
 
“Lo sai benissimo.” replico fulminandolo con lo sguardo.
 
“Mmh, tu dici? Improvvisamente credo di essere diventato davvero sbadato, perché proprio non mi viene in mente. Forse dovrei chiedere a qualcuno… SHANNON! SHAN, POTRESTI VENIRE QUI UN MIN…”
 
“Shh! Sta zitto, ma che ti prende?!” sibilo sbilanciandomi dal letto, perdendo l’equilibrio nel tentativo di zittire Jared che, prontamente, mi afferra per le braccia evitando di farmi finire faccia a terra.
 
E, ahimè, restiamo così; aggrappati l’uno all’altra per qualche istante, in silenzio. Un silenzio che mi sta letteralmente facendo evaporare. Jared dal canto suo, non è per niente d’aiuto dato che invece di darmi una mano, continua a guardarmi negli occhi, stringendo ulteriormente la presa su di me.
Qui finisce male, di nuovo.
Facendo leva sul petto di Jared mi rialzo velocemente, sedendomi sul letto, mentre il cantante si appoggia all’anta dell’armadio, incrociando le braccia come se nulla fosse.
 
“Ma sei impazzito o cosa?! Lo sai benissimo di cosa parlo!” esclamo puntandogli un dito contro, cercando di riavviare velocemente la conversazione. “Di quello che è accaduto nel bosco.”
 
“E cosa sarebbe accaduto?”
 
“Ma ci fai o ci sei?” ribatto sconcertata.
 
“Nessuna delle due. Voglio solo che tu lo dica; ad alta voce.”
 
Twilight The Revenge, a quanto odono le mie orecchie.
Quest’individuo possiede una quota di sadismo non indifferente che, unita al suo ego spropositato, lo rendono un soggetto altamente irritante.
 
“Cosa dovrei dire di preciso? Che hai tentato, come al solito, di approfittare della situazione per tormentarmi? Che volevi infilarti il MIO TELEFONO nelle TUE MUTANDE? Che per legittima difesa ti ho spinto in un cespuglio di ortiche?”
 
Si, lo so. Ci sto girando intorno e non ne vado fiera.
 
“Oh Sophie, puoi fare meglio di così, non sforzarti di essere stupida quando non lo sei affatto. Non ti riesce granché bene.”
 
“E va bene, lo dico!” sbotto esasperata. “Vuoi sentirti dire che mi hai baciato?! Eccoti servito depravato, sei contento ora?!”
 
“Tecnicamente, ci siamo baciati. Per far si che questo gesto riesca, servono due persone e, più tecnicamente, due bocche e due lingue consenzienti. Diciamo pure che apprezzo il tuo sforzo, ma non è abbastanza cara la mia maniaca del controllo.”
 
Avvampo iniziando ad elargire una lunga serie di imprecazioni silenziose, cercando tuttavia di mantenere un minimo di lucidità mentale, mentre Jared ridacchia divertito.
È un demonio. Un demonio oscuro che trae le sue forze e la sua energia dalle mie disgrazie e dalle mie sofferenze.
 
“Comunque, se ti preoccupa così tanto il fatto che possa sfuggirmi qualcosa” afferma compiaciuto, “Ora sei a conoscenza di un metodo collaudato ed estremamente efficace per farmi stare zitto, anche se non credo tu abbia bisogno di altre spiegazioni al riguardo.”
 
“Ma cos..”
 
Senza farmi finire la frase, Jared mi afferra per il fianco sinistro, aiutandomi a rimettermi in piedi.
 
“E ora andiamo di là, prima che qualcuno possa domandarsi il perché della nostra assenza.”
 
Il pranzo, grazie ad un qualche non specificato miracolo divino trascorre, in totale tranquillità: mangiamo, beviamo e scherziamo tutti insieme, come persone normali. Non c’è spazio per frecciatine velenose, squallidi doppi sensi o silenzi imbarazzanti. Posso affermare con certezza, che questa è una delle poche volte da quando ho iniziato a lavorare per Jared e, ormai, sono passati diversi mesi, in cui mi sento finalmente serena. Aleggia, infatti, un’atmosfera totalmente diversa da quella presente fino a qualche ora prima. Che possa essere l’inizio di un cambiamento? Shannon e Tomo sembrano parecchio soddisfatti e anche Jared pare essersi dato una calmata. Tuttavia, mentre sono in procinto di fare il bis di risotto ai funghi, un pensiero indesiderato e morboso si fa strada a forza  tra i miei neuroni: e se questa fosse la quiete prima della tempesta?

Pensaci un attimo Sophie. Sono tutti troppo calmi, sono tutti felici. Jared non ti tormenta da almeno quaranta minuti, il che è decisamente definibile come un primato olimpionico; Shannon e Tomo non minacciano di lasciare la band, licenziarmi o, peggio, drogare di nuovo me e quello spiantato e, per quanto mi riguarda, respiro ancora.
Non male, davvero.
 
Ma a cosa cavolo sto pensando?! Sto diventando paranoica. No, veramente lo sono già.
Potrebbe davvero andare tutto per il meglio d’ora in poi, devo soltanto avere un po’ di fiducia e speranza in più.
 
Scrollo energicamente le spalle, cercando di tornare alla realtà. A questo punto, spero soltanto che queste mie idee malsane non dipendano dal fatto che i funghi siano allucinogeni.
Dopo aver aiutato Tomo e Vicki a rassettare, controllo l’ora, rendendomi conto che sono quasi le otto di sera. Abbiamo finito tardissimo.
Beh, credo proprio che mi ritirerò nel mondo dei sogni almeno per le prossime dieci ore, anche perché sono esausta.
 
Dopo aver salutato i coniugi Milicevic, migro lentamente verso la mia stanza, non senza qualche difficoltà, ma devo dire che la caviglia va decisamente meglio. Mentre sono intenta ad infilarmi il pigiama, mi domando cosa stiano facendo i due fratelli; Tomo mi aveva accennato il fatto che i due avessero deciso di fare una passeggiata nei dintorni per prendere un po’ d’aria fresca. Con i ritmi frenetici che seguono, mi aveva spiegato, hanno poco tempo da dedicare a queste cose e volevano approfittarne. Sorrido tra me e me: è davvero una bella cosa trovare del tempo da dedicare l’uno all’altro, anche quando gli impegni te lo rendono impossibile. A dire il vero, invidio un po’ il loro rapporto: sono qui da sola e, molto più spesso di quanto vorrei, sento la mancanza della mia famiglia. Quindi, vedere quei due così uniti, è una cosa davvero speciale per me.
 
A conclusione di queste sdolcinate riflessioni, chiudo la luce e mi infilo sotto le coperte; tuttavia fatico a prendere sonno. Mi giro e mi rigiro, sprimaccio il cuscino, conto le pecore. Niente. Del mio sonno arretrato, non c’è nemmeno l’ombra. Mentendo a me stessa, provo spudoratamente ad ignorare la strana sensazione che sta prendendo piede, ma la verità è che la mia parte paranoica sta nuovamente prendendo il sopravvento.
E se quei due, da soli nel bosco, avessero iniziato a parlare e, per sbaglio, uno dei due si fosse fatto scappare qualcosa?
Immagino già la bella scenetta:
 
COME BACIARE IL TUO CAPO E SUO FRATELLO IN CAMPEGGIO, NEL GIRO DI 12H.

 
(Tratto da una tristissima storia vera)
Regia: Sophie Z.
 
 
ATTO PRIMO
 
I due fratelli passeggiano al chiaro di luna:
 
Shannon: “Ehi bro, ho bisogno di un consiglio.”
Jared: “Ammanettale alla testata del letto, funziona sempre.”
Shannon: “No, non quel genere di consiglio. Si tratta di Sophie.”
Jared: “Mmh. Credo comunque che il BDSM le piaccia, quindi le manette andranno bene.”
Shannon: “Guarda che sono serio.”
Jared: “Davvero?”
Shannon: “Davvero.”
Jared: “Beh, non puoi esserlo. Le ho già infilato la lingua in gola. Troppo tardi.”
Shannon: “MA CHE CAVOLO DICI?! MUDDAFUGGAZ! BRO…  ANCHE IO! BECCATI QUESTA!”
Jared: “E QUANDO SAREBBE SUCCESSO?! Scommetto prima di pranzo eh? Beh, in ogni caso, sono stato il primo, questa mattina, rassegnati.”
Shannon: “Veramente, ieri notte, in camera sua. Ho vinto.”
Jared: “E con tutte queste circostanze favorevoli non hai combinato nient’altro? E ti vanti ti portare il cognome Leto? Dilettante.”
Shannon: “Ehm… ecco io… QUESTO E’ PERCHE’ TU SEI RIMASTO CHIUSO IN QUELLA MALEDETTA BRANDA! E’ SOLO COLPA TUA SE NON HO CONCLUSO UN BEL NIENTE!”
Jared: “Non è una giustificazione. E inolt… no, aspetta. Aspetta un secondo. Tra ieri notte e stamattina non saranno passate nemmeno otto ore. E se le nostre salive fossero ancora in circolo nella sua bocca?! Questo può voler dire una sola cosa…”
Shannon: “Si, che sei un’idiota e stai dicendo cose senza senso.”
Jared: “NO! CHE BACIANDO LEI E’ COME SE AVESSI BACIATO ANCHE TE, ATTRAVERSO TUTTO IL PROCESSAMENTO DEI FLUIDI CORPOREI E TUTTO IL RESTO! MADRE DI DIO, HO BACIATO MIO FRATELLO. QUESTO E’ INCESTO!”
 
ATTO SECONDO
 
Jared, convinto di aver baciato il suo stesso fratello, accecato dalla disperazione decide di gettarsi  in un burrone, morendo in preda ad atroci sofferenze. Shannon, invece, ancora sano di mente, decide di fare ritorno a casa, ammettendo così, sia a se stesso che al resto del mondo, di avere avuto un fratello demente e finisce per sposare la bella Sophie.
E vissero tutti felici e contenti.
 
Fine del mio personale teatrino mentale.
 
Guardo il display del telefono: segna quasi le undici. Questo significa che per tutto questo tempo il mio cervello non ha fatto altro che processare incessantemente questi pensieri lugubri e disturbanti.
Credo che questa gita fuori porta stia compromettendo più del necessario il mio già labile equilibrio psichico. Quando torneremo a casa, credo che dovrò cercare un buon ipnoterapista, affinché resetti una volta per tutte queste idee abominevoli.
Trascorrono ancora una ventina di minuti prima che il sonno inizi ad arrivare ma, poco prima di addormentarmi, sento distintamente una porta sbattere: Jared e Shannon devono essere rientrati. Tuttavia, sono talmente stanca e determinata a guadagnarmi le mie sette ore di oblio quotidiane, che cerco in ogni modo di non far caso al trambusto provocato dai loro sghignazzi e mormorii soffocati.
 
*clic*
 
La porta della mia stanza si socchiude leggermente. D’istinto, chiudo gli occhi e faccio finta di dormire; non ho proprio nessuna voglia di attaccare discorso con qualcuno, chiunque esso sia. Mentre cerco di emettere un respiro regolare e, al contempo, di muovermi il meno possibile, sento uno strascicare di passi in direzione del mio letto. Uno dei due dev’essersi fermato a pochi centimetri da me, dato che lo sento respirare.
 
“Ehi bro, credo che stia dormendo. Credi sia il caso di svegliarla?”
 
È Shannon.
 
“No, lasciala dormire. Credo abbia bisogno di recuperare le forze e, inoltre” aggiunge Jared talmente piano che a malapena riesco a capirlo, “Penso sia meglio parlarle domani mattina, quando sarà lucida. Visto quello di cui dobbiamo discutere, conoscendola, ora come ora, potrebbe anche avere una crisi isterica. Aspettiamo domani.”
 
“Mmh, forse hai ragione” ribatte Shannon con tono serio. “Andiamo a dormire, sarà meglio per tutti.”
 
Dopo qualche secondo di silenzio, sento il cigolio ed il clic secco della porta che si chiude.
Sono di nuovo sola. Sola e terrorizzata da quello che ho appena sentito.
Mi domando se, nel lasso di tempo in cui i Leto erano qui, abbia per caso smesso di respirare, dato che sento la testa completamente vuota, il cuore battere all’impazzata e una pressione fortissima al torace. In ogni caso, non devo sicuramente avere una bella cera.
Di cosa diavolo dovranno parlarmi domani mattina di così importante da fargli dire frasi del genere?!
Mi viene in mente una sola cosa:
 
LORO SANNO CHE IO SO CHE LORO SANNO PERCHE’ SANNO CHE LO ABBIAMO FATTO.
 
Stop. Questa cosa non ha senso. Quello che intendevo dire è che:
LORO SANNO COSA HO FATTO.

O, meglio, cosa abbiamo fatto. Tutti e tre. Si, ci siamo tutti dentro. Effettivamente, questa volta non credo ci sia un capro espiatorio ben definito. A dire il vero, io ne avrei comunque in mente uno ma, vista la situazione, non sarebbe del tutto corretto e, soprattutto, prudente tirarlo in ballo.
Dev’essere di sicuro questo. Di cos’altro avrebbero dovuto parlarmi altrimenti?
Lo sapevo. Lo sapevo che, prima o poi, sarebbe successo. Stavolta sono davvero nei casini.
E adesso come ne esco? Cosa dirò a Shannon per giustificarmi? Scusami, ha iniziato tuo fratello, ma ho pensato bene di restagli avvinghiata come una piovra? E, soprattutto, cosa dirò a Rachel per giustificare il mio licenziamento (perché tanto succederà)? Scusami Rachel, ma ho pensato bene di farmi dare una controllata al cavo orale da entrambi i fratelli, giusto per avere un parere in più dato che non posso ancora permettermi una buona assicurazione sanitaria?

Sono fregata.
Con questa consapevolezza, mi preparo a passare l’ennesima notte in bianco da quando ho deciso di accettare questo lavoro.
 
*Is this the real life? Is this just fantasy? Caught in a landslide, No escape from reality*
 
Cos’è questa voce?
Da quello che mi sta dicendo non può essere nientemeno che la voce di Dio, venuto a punirmi per le mie malefatte. Tuttavia, mi pare alquanto bizzarro, anche per Nostro Signore in persona, portarsi dietro un coro, nonché una base musicale, per annunciare la mia disfatta imminente.

Socchiudo gli occhi e rivolgo lo sguardo in direzione del punto da cui provengono tali profetiche parole.
Ah, ecco. Adesso è tutto più chiaro. È solo la sveglia, aka la voce del buon vecchio Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody, che mi avvisa di essere giunta all’inizio dell’ultimo giorno della mia vita. Leggo l’orario sul display: le otto del mattino. Come se non lo sapessi poi, dato che ho trascorso l’intera nottata con gli occhi sbarrati, almeno fino alle prime luci dell’alba momento in cui, guardando l’ora per l’ultima volta, credo di aver perso i sensi. Per lo shock, suppongo.
Mi tiro le coperte fin sopra la testa; non ho nessuna intenzione di alzarmi dal letto. Mi sento come un prigioniero nel braccio della morte all’alba dell’esecuzione e, inoltre, non avrò nemmeno il tanto sospirato ultimo pasto.

Mentre sono avvolta nel mio bozzolo protettivo in puro cotone, realizzo che in casa regna un silenzio irreale.
Possibile che dormano ancora tutti?
Potrei approfittare di questo colpo di fortuna, se così si può chiamare, per scappare nei boschi e terminare i miei giorni come un eremita solitario, vivendo di bacche e facendo i miei bisogni tra i cespugli secchi. Nonostante questa brillante idea abbia il suo deviato fascino, decido di abbandonarla in favore di una doccia e di una sistemata generale al mio aspetto: magari riuscirò a lavare via anche i sensi di colpa e andrò al patibolo emanando un gradevole aroma di lavanda.

Prendo al volo tutto il necessario e, in punta di piedi, sgattaiolo fuori dalla mia stanza sperando di non incrociare nessuno; specialmente quel coso dai ritmi sonno-veglia del tutto sballati, di nome Jared.
Per una volta, sono decisamente fortunata e riesco ad arrivare alle docce senza incontrare nessuno.
Una ventina di minuti dopo, mi avvio nuovamente verso la baita ma, rientrando, incrocio Vicki in cucina.
 
MA PORCA DI QUELLA…
 
“Buongiorno Sophie, come ti senti? Mi sembri un po’ pallida. Sei riuscita a riposare?”
 
Noto che sta parlando a voce bassissima; magari sono davvero fortunata e dormono ancora tutti. Devo riuscire a tornare in camera e pensare a qualcosa prima che si alzino.
 
“Ciao Vicki, veramente non ho dormito molto ma sto molto meglio. Vedi” dico indicando la caviglia, ora completamente sgonfia, “Cammino senza problemi e anche il dolore è passato. Devo solo fare attenzione a non caricarci sopra troppo peso.”
 
Vicki mi sorride sollevata.
 
“Sono davvero contenta, menomale! Hai fame? Sto preparando i pancakes. I ragazzi stanno ancora dormendo. Se ti va, facciamo colazione insieme.”
 
Oh, Vicki. Sei così cara.
Non posso piantarla in asso così, poverina. E poi, accidenti, per una volta Sophie, sii coraggiosa. Aspettarli in cucina, per giunta con la pancia piena, sarà una scelta migliore del rintanarsi in camera a dondolarsi come una pazza, nel tentavo di trovare una soluzione.
Sospiro, un po’ rassegnata.
 
“Certo, mi fermo volentieri.”
 
Dopo due tazze di caffè e svariati pancakes, mi sento molto meglio. Chissà, forse questa mia forte ansia e questo senso di vuoto e terrore, non erano altro che un calo di zuccheri.
Si, sono pronta a gestire questa situazione.
 
“TOMO MUOVITI, MI SA CHE QUALCUNO HA FATTO I PANCAKES! E, DALL’ODORE, CI DEV’ESSERE ANCHE DEL CAFFE’ IN GIRO DA QUALCHE PARTE!”
 
Il vocione di Shannon mi fa sobbalzare.
Oddio. Shannon e Tomo sono svegli e stanno per entrare in cucina.
Cosa faccio?
 
“Ehi, voi due. Avete tutta questa voglia di distruggervi lo stomaco di prima mattina? Spero solo che qualcuno si sia ricordato di portare il latte di soia.”
 
La voce gelida di Jared, d’altro canto, mi fornisce una soluzione immediata al problema: in meno di un nano secondo, scendo dallo sgabello sul quale ero appollaiata e mi scapicollo in direzione della mia stanza, piantando in asso Vicki che fissa la mia performance con sguardo sorpreso.
 
Alla faccia del gestire in modo maturo la situazione.
 
Sfreccio davanti all’intera band, che si trova in fila indiana nel corridoio, senza emettere il minimo suono, né tantomeno provare ad alzare lo sguardo, ma camminando talmente veloce che nessuno del trio riesce a voltarsi dalla mia parte. Entro in camera come una furia sbattendo la porta e, dopo aver piantato la sedia contro il pomello della porta, comincio a camminare avanti e indietro come una matta.
Intanto, dalla cucina, sento provenire un miscuglio di voci non ben definite di coloro che, credo, siano intenti a comprendere l’assurdità del mio comportamento.
 
“Vicki, ma quella macchia colorata che sfrecciava alla velocità della luce per il corridoio era Sophie?” chiede Shannon allarmato.
 
“E’ per caso successo qualcosa? Si sente male?” domanda Tomo.
 
“Si era lei. Mah, non saprei, davvero. Avevamo appena finito di mangiare. Forse le ha fatto male qualcosa…” suppone Vicki attonita.
 
“Pff. Bazzecole. Si sarà ingozzata come al solito anche perché, da quello che vedo, la pila di pancakes è stata decimata e sicuramente adesso si chiuderà nel cesso per le prossime tre ore.”
 
Ah. Buongiorno anche a te, Jared.
 
“Beh, in ogni caso abbiamo bisogno di parlarle. Lo sai bro, è importante.” sentenzia con tono grave Shannon.
 
“Di certo non sarò quello che l’andrà a recuperare esanime dalla tazza del water.”
 
MALEDUCATO, CAFONE, BURINO, COATTO.
Voglio dire, non può semplicemente star zitto e basta?
 
*toc toc*
 
Smetto di respirare e resto in ascolto. Qualcuno bussa nuovamente alla porta.
 
“Si?” pigolo con la voce in fondo ai piedi.
 
“Tesoro sono Vicki. Stai bene? Hai bisogno di qualcosa?”
 
Pensa Sophie, pensa.
 
“No, Vicki grazie. Sto bene, ho solo dimenticato che dovevo fare una telefonata importante e, per via del fuso orario, questo è l’unico momento utile, sempre sperando che ci sia abbastanza segnale. Tra una decina di minuti sono da voi okay? Finite pure di fare colazione con calma!”
 
Che razza di assurda balla cosmica è mai questa?! Non potevi proprio fare di meglio, vero signorina?!
Peggio di così non poteva andare. A questo punto attendo in silenzio che Vicki inizi a rotolarsi a terra da ridere.
 
“Oh, va bene! Pensavo ti fossi sentita male o qualcosa di simile. Fai pure con comodo, noi siamo di là!”
 
OH, OH, OH. WE HAVE A BADASS HERE.

No, evita per piacere. Sono riuscita a prendere in giro una delle persone più gentili che io conosca. Non c’è molto di cui andare fieri.

SHAME ON ME.
 
In ogni caso, credo sia davvero giunto il momento di fare una telefonata. Devo assolutamente chiamare la sola persona che possa darmi una consiglio valido per uscire viva da questa situazione.
Devo chiamare Jen.

Afferro il cellulare e, dalla rubrica, seleziono la voce “Miss Lawrence”, premendo convulsamente il tasto di invio chiamata.
Avvicino il telefono all’orecchio, pregando che ci sia abbastanza segnale e, dopo qualche interminabile istante di silenzio, sento il primo squillo.
Coraggio Jen, rispondi. Non essendo nemmeno le nove del mattino, è probabile che stia ronfando alla grande: quando lavoravo da lei ero sempre io a darle la sveglia, non appena iniziavo il mio turno.
Sono quasi prossima a riattaccare quando, dall’altro capo del telefono, sento provenire un sonoro grugnito.
 
“Chi cavolo rompe a quest’ora del mattino?!” mormora Jen con voce impastata dal sonno.
 
“Pronto?! Jen, ci sei?! Sono io, Sophie!”
 
“Sophie chi?” domanda con tono un po’ confuso.
 
“Pizza, Pasta, Patate, Parmigiana.” ribatto sghignazzando.
 
Per svariati secondi sento solo silenzio, tanto da iniziare a pensare che Jen abbia riattaccato ma poi, all’improvviso, un urlo disumano mi stura letteralmente il timpano sinistro.
 
“LE QUATTRO P DELL’APOCALISSE! SOOOOOOOOOOPHIEEEEEEE, SEI DAVVERO TU?! LA MIA SOPH?! NON CI POSSO CREDERE, MI SEI MANCATA DA MORIRE!”
 
Sto per piangere dalla gioia, è proprio la mia Jen, non è cambiata affatto.
 
“Si Jen sono io. Mi sei mancata anche tu, tantissimo.”
 
“Soph, perché quella voce? Stai bene? Dove sei? Cosa fai? Dai mi vesto, ti passo a prendere e andiamo a mangiare qualcosa!”
 
Mi sale il magone. Avrei dovuto seguirla sul set del suo ultimo film, sarei dovuta restare con lei, mi sarei risparmiata tutto questo.
 
“Jen aspetta, frena un secondo. Sono ad Aspen, non so per quanto mi fermerò qui. Ho un nuo…”
 
Prima di farmi finire, Jen inizia a gridare di nuovo.
 
“ASPEN? COSA DIAVOLO FAI SPERDUTA TRA LE MONTAGNE?! NON DIRMI CHE TI SEI MESSA CON UNO DI QUEGLI SCIMMIONI RICCHI CHE HANNO I CENTRI BENESSERE IN MEZZO AI BOSCHI!”
 
Sarebbe stato meglio. Credo.
 
“No! Senti fammi finire di parlare, non ho molto tempo. Dicevo. Ho un nuovo incarico, sempre a L. A ma è una situazione intricata, ho bisogno di vederti quando torno… è solo… che…”
 
Solo che niente. Inizio a piagnucolare senza terminare la frase.
Davvero poco dignitoso, già.
 
“E’ solo che ho combinato un casino” proseguo a mezza voce, “E non come uscirne. Ho bisogno del tuo aiuto.”
 
“Okay, stai calma. Ora spiegami tutto e vediamo che si può fare.”
 
La voce di Jen è totalmente cambiata. Adesso è seria, concentrata.
 
“Va bene, mettiti comoda, ci vorrà un po’.”
 
Venti minuti dopo, termino la chiamata con Jen. Ci siamo lasciate con la promessa di vederci non appena sarò rientrata a L. A.
Ora so cosa devo fare. Con questa consapevolezza, esco dalla mia stanza e mi dirigo in cucina, pronta ad affrontare il mio destino.
 
 
 
 
Eccoci qui. Come al solito sono in ritardo ma credo che, ormai, molti di voi ci avranno fatto il callo, così come credo che, moltissimi di voi mi detestino dal profondo del cuore e, nell’attesa tra un aggiornamento e l’altro, abbiano fabbricato bambole vodoo provando ad immaginare le mie fattezze.
Chiedo perdono in tutte le lingue del mondo.
Spero vivamente che il capitolo vi piaccia (a proposito: cosa ne pensate degli ultimi sviluppi e dell’evoluzione dei personaggi e della piega che gli eventi stanno prendendo?) e che non sia pesante da leggere dato che è sempre un filino più lungo rispetto agli standard normali e che, soprattutto, tenga vivo il vostro interesse. Come al solito, se avete gradito o, al contrario, avete odiato l’ammasso di corbellerie scritte dalla sottoscritta, fatemelo sapere con un parere di cui, come sempre, vi sono grata.
Sperando di aggiornare as SOON as possible, SOON che ormai sta diventando come quello della GerardaH, ringrazio dal profondo del cuore tutti coloro che, pazientemente, attendono il seguito di questa storia e le dedicano il loro tempo.
Alla prossima,
BarbaH GerardaH
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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