If I Had A Heart di Niglia (/viewuser.php?uid=29469)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1} Persefone ***
Capitolo 2: *** 2} Ade ***
Capitolo 3: *** 3} Persefone ***
Capitolo 4: *** 4} Ade ***
Capitolo 5: *** 5} Persefone ***
Capitolo 6: *** 6} Ade ***
Capitolo 7: *** 7} Persefone ***
Capitolo 8: *** 8} Ade ***
Capitolo 9: *** 9} Persefone ***
Capitolo 1 *** 1} Persefone ***
«
If
I had a Heart »
«More,
give me more, give me more
If
I had a heart I could love you
If
I had a voice I would sing
after
the night when I wake up
I'll
see what tomorrow brings.»
1
[Persefone]
La
prima volta che ha posato gli occhi su di
lui è stato il terrore ad accecarla, a ferire i suoi begli
occhi illuminati dal
sole e a imprigionarle in gola un grido che non aveva voluto saperne di
uscire.
Non
aveva mai veduto così da vicino una
creatura degli Inferi – non aveva mai respirato la stessa
aria del sovrano
dell’Oltretomba – né aveva mai pensato
che l’avrebbe visto in un campo di
profumati fiori di lavanda, così lontano dal suo regno,
così lontano dalla
morte. Eppure non così lontano, forse, vista la lunga scia
di fiori anneriti e
rinsecchiti e accartocciati su se stessi che si dispiegava alle spalle
del dio
man mano ch’egli avanzava verso di lei sul suo cocchio assai
più nero della
notte.
Non
aveva avuto il tempo di reagire, né di
chiamare aiuto, neppure di piangere o tentare di scappare,
perché non aveva
compreso fin quando non fu ormai troppo tardi quali erano le intenzioni
della
divinità. E quando esse le furono ben chiare, il possente
braccio pallido come
la carne di un cadavere e altrettanto gelido era ormai già
stretto intorno ai
suoi fianchi, in una morsa marmorea, decisa, dalla quale era
impossibile
districarsi.
Allora
Persefone aveva ritrovato la voce,
strillando, aveva scalciato come un animale selvaggio, le sue dita
avevano
artigliato il braccio del dio fino a farne sgorgare sangue, ma niente
di tutto
questo era servito ad allentare la stretta. Il suo rapitore, avvolto
dalla
testa ai piedi da un prezioso manto di velluto nero – quasi
che la luce del
carro di Apollo potesse ferirlo, in qualche modo – la teneva
ferocemente contro
il proprio petto, allo stesso modo in cui un uomo stringe la propria
amante, ma
senza la medesima tenerezza.
I
mostruosi cavalli infernali dagli occhi di
brace avevano già ripreso la via per l’Averno,
distruggendo i fiori con i loro
zoccoli duri come la roccia per poi inabissarsi con il loro prezioso
carico
nello squarcio dal quale erano spuntati.
Non
appena la terra si fu richiusa sopra di lei
con il rombo di un tuono, Persefone aveva compreso di essere perduta.
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Drabble:
350 parole
Nota
dell'Autrice: Non
aspettatevi capitoli lunghi e/o profondi, sono semplicemente innamorata
di questa ship classica e volevo contribuire alla categoria con
qualcosa di mio. Lo so, lo so, niente di originale, roba trita e
ritrita, ma chissene. :D
E
visto che è davvero troppo corta e malgrado tutto va contro
i miei principi (lol) vi pubblico subito anche il secondo capitolo.
Sciò, sciò, proseguite con la lettura! Bacio
♥
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Capitolo 2 *** 2} Ade ***
2
[Ade]
Aveva
atteso giorni, settimane, mesi prima di
avere la fortuna di trovarla da sola, priva di protezione, lontana
dallo
sguardo vigile della madre e delle ninfe con le quali si riuniva.
Doveva
ringraziare una maledetta sfida con la
dea dell’amore per quell’ossessione che non lo
abbandonava mai, in nessun
momento, né quando era solo nelle sue stanze né
quando giudicava le anime dei
morti che giungevano a fiotti nei suoi domini, in attesa del verdetto
che li
avrebbe condannati ad un’eternità di dannazione o
di pace perpetua.
Il
ricordo della voce maliziosa di Afrodite lo
tormentava, il suo tono insinuante e provocatorio, rimbombando nelle
sue
orecchie con la fatalità di una maledizione. Guardala,
Ade, gli aveva sussurrato, indicando la fanciulla che
sedeva poco distante dalla madre alla mensa degli dei. Volgi
pure il tuo sguardo verso di lei. Il suo nome è Persefone.
Non è
forse una sfida adatta al potente sovrano dell’Oltretomba?
Non senti il profumo
della vita su di lei? Non vedi come la sua pelle risplende di calore e
gioventù?
Eppure non conosce nulla della vita, la poverina. Sua madre la tiene
ben
stretta alle sue gonne e le impedisce di prendere il volo…
Scommetto che
vorresti essere tu le sue ali.
Ade
non aveva compreso per quale motivo la dea
lo avesse spinto a notare proprio lei tra tutti, ma dopo un solo
sguardo aveva
deciso che non gli importava.
Da
quando l’aveva veduta per la prima volta
sapeva che la fanciulla era entrata con prepotenza nelle sue ossa,
nelle sue
vene, nel suo sangue. Non che lei fosse consapevole di aver condannato
alla
follia il sovrano degli Inferi: era bastato che i suoi occhi si
posassero una
volta sola su di lei, sui lunghi capelli castani nei quali le ancelle
avevano
intrecciato perle e fiori, sul peplo candido che scopriva la forma
tornita delle
cosce e l’incavo tra i seni quando si chinava a raccogliere
le margherite, o
quando correva, o quando nuotava nel lago – per far
sì che Ade perdesse il
senno e decidesse ch’ella doveva essere sua.
Era
assolutamente certo che sarebbe impazzito
per lei con o senza l’intervento di Afrodite – era
una semplice questione di
tempo.
Dopotutto
era stato solo tanto a lungo – che
male c’era se anche lui decideva di prendersi una sposa? Non
avevano forse,
entrambi i suoi reali fratelli, una regina con il quale governavano il
primo il
regno dei cieli e il secondo il regno del mare?
Davanti
a queste obiezioni, neppure lo stesso
Zeus aveva osato impedirgli di esaudire il suo desiderio.
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Drabble:
425 parole
Note
dell'Autrice: E niente, per oggi è tutto davvero.
Grazie per essere arrivati fin qui - spero che apprezziate Ade quanto
me, è un cucciolo *_* E viva Afrodite che sparge ammore a
destra e a sinistra! ù_ù
Si
ringraziano i Fever Ray e la serie tv Vikings
per il titolo della raccolta e le strofe a inizio dello scorso capitolo.
Baci
e abbracci, vostra
Niglia.
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Capitolo 3 *** 3} Persefone ***
3
[Persefone]
Sua madre le aveva
insegnato a riconoscere ogni
sfumatura dei fiori, ogni profumo, ogni colore. Quando era piccola, e
scendevano dal monte Olimpo per passeggiare sulle terre degli uomini,
le due
dee avevano un passatempo che era insieme gioco e insegnamento: raccogli
un fiore per ogni divinità, le
diceva sua madre, un fiore che ne
racchiuda l’essenza. Così Persefone
coglieva rose rosse per Afrodite e
buganvillea per Eros, glicini per Dioniso, iris per Hermes, lilium per
Atena,
fiori di malva per Era, sterlizie per suo padre Zeus, girasoli per
Apollo e
così via, fin quando il sole non calava
all’orizzonte e le prime stelle
sbocciavano nella volta celeste, determinando la fine dei loro giochi.
Adesso, non
c’erano fiori da raccogliere nel
palazzo del dio dell’Oltretomba, né un cielo trapunto di
stelle. C’erano solo rocce e metalli e pietre
preziose, infinite
distese di campi di grano che ospitavano anime erranti, cumuli di
tesori
provenienti da ogni angolo del regno sotterraneo, ma nulla che
l’avvicinasse
alla vita che conduceva prima di essere rapita, e nulla che colmasse la
voragine che le si era aperta in petto.
Persefone amava i fiori, e
negli Inferi non ce
n’erano. Il suo potere era la vita, e ora era condannata a
trascorrere
l’eternità in un luogo di morte? Come poteva
chiamare casa quei luoghi, come
poteva amarli?
E come poteva amare colui
che ce l’aveva
trascinata?
Le sue dita si strinsero
intorno ai fiori ormai
appassiti che si era strappata dalle vesti e dai capelli, i suoi occhi
osservarono le briciole scivolare sul lucido marmo nero del pavimento.
Non
aveva senso conservare quei dolorosi ricordi della sua vita
passata, con la
consapevolezza che ciò che era stato non sarebbe
più potuto essere.
Malgrado
un’infanzia trascorsa nella bambagia,
Persefone non era una giovane viziata e capricciosa: eppure, quando
l’ennesima
ancella portò nuove vesti degne di una sovrana nella camera
che le era stata
assegnata, la dea non poté trattenersi dal lacerarle con
furia, ricoprendo il
gelido pavimento di lembi di stoffa e gettandovi alla rinfusa anche
bracciali e
collane e orecchini d’oro e perle e rubini e ogni genere di
gioiello che il dio
le aveva fatto portare precedentemente nel vano tentativo di placarla o
compiacerla.
Osservò
l’ancella fuggire, spaventata, e se ne
compiacque.
Con una smorfia divisa tra
rabbia e soddisfazione,
la dea stabilì che non si sarebbe lasciata corrompere da
cose morte quando
tutto ciò che voleva era tornare alla vita.
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Drabble:
393 parole.
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Capitolo 4 *** 4} Ade ***
4
[Ade]
Non aveva alzato un solo
dito su di lei, pur di
non spaventarla. Il terrore era qualcosa che non voleva più
vedere nei suoi
occhi color miele, un’immagine che ormai lo perseguitava ogni
volta che serrava
le palpebre.
Voleva guadagnare la sua
fiducia, il suo
affetto, la sua simpatia. Il suo amore. Non voleva forzarla,
né obbligarla a
sopportare la sua presenza se lei non la desiderava – non era
come suo
fratello, il potente Zeus, che adorava assumere sembianze animali per
sfuggire
all’attenzione della propria compagna e avere così
la libertà di violentare le
fanciulle umane che catturavano il suo sguardo lussurioso.
Non avrebbe mai umiliato
Persefone in quel
modo, eppure lei sembrava non comprenderlo.
Con una
caparbietà invidiabile, la dea rimandava
indietro i suoi doni, cacciava le ancelle, non usciva dalle sue stanze
neppure
per mangiare. I servitori ormai la temevano, e il dio avrebbe persino
potuto
apprezzarlo se le circostanze fossero differenti.
Ma ella trascorreva le sue
giornate a piangere,
deperendo e impallidendo sempre di più, fin quando la
stanchezza non
sopraggiungeva e crollava dal sonno, il viso seppellito nel guanciale
umido
delle sue lacrime. Lui la vedeva attraverso uno specchio
d’acqua che gli
permetteva di controllare ogni angolo del suo regno e di osservare
tutto ciò
che desiderava – passato, presente e futuro,
fuorché il proprio – e giorno dopo
giorno assisteva all’autodistruzione di quella creatura del
sole e della terra,
che aveva ormai perso la sua luce.
Vederla in quelle
condizioni lo avrebbe ucciso,
se già non fosse fatto interamente di morte.
Non poteva tollerarlo, e
pure non c’era nulla
che potesse fare per impedirlo. O, meglio, nulla che fosse disposto a
fare – la
soluzione era troppo terribile perché lui potesse anche solo
prenderla in
considerazione.
Per questo motivo
cacciò per l’ennesima volta
il messaggero di suo fratello, suo nipote Hermes, intimandogli urlando
di
riferire all’amato Zeus che no, non l’avrebbe
liberata, mai.
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Drabble: 315 parole.
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Capitolo 5 *** 5} Persefone ***
5
[Persefone]
Quando
udiva le urla cupe del marito – ahimè,
quanto suonava sbagliata quella parola alle sue orecchie –
rimbombare contro le
pareti delle caverne infernali, Persefone non poteva fare a meno di
sbarrare la
porta delle sue stanze, temendo che il dio fosse infuriato con lei a
causa del
suo comportamento e che potesse andare ad aggredirla da un momento
all’altro.
Si
rintanava nel letto come una bambina
terrorizzata dall’oscurità, stringendosi addosso
le coperte, e tremava fin
quando il silenzio non tornava a regnare nelle stanze del palazzo
sotterraneo.
Eppure
Ade non andava mai da lei quando era
arrabbiato, benché Persefone non avesse dubbi sul fatto che
egli potesse
ritenere nel suo pieno diritto renderla partecipe della sua collera.
Forse il
dio gradiva una sposa compiacente, malleabile, che lo trattasse con la
deferenza che meritava un sovrano e l’affetto che spettava a
un compagno, ma se
erano questi i suoi desideri, ebbene, aveva scelto di rapire la
fanciulla
sbagliata.
Persefone
non si sarebbe piegata; ma, come le
spighe di grano, avrebbe chinato il capo in attesa che la tempesta
passasse
sopra di lei, accarezzandola e scuotendola ma senza farle del male,
senza distruggerla,
e una volta tornato il sole sarebbe stata di nuovo al sicuro.
I
bruschi sfoghi del marito duravano quanto una
pioggia primaverile. Quando cessavano, l’aria del regno
sotterraneo rimaneva
greve e pesante, pregna di terrore per lunghi momenti di silenzio, ma
bastava
poco perché tutto tornasse come prima – le anime
vaganti, alla stregua di
animali che abbandonano le proprie tane, lasciavano i loro nascondigli
e
tornavano a passeggiare per l’Oltretomba, e Persefone,
benché ancora scossa e
leggermente impaurita, si allontanava dalla momentanea sicurezza della
sua
alcova per cercare svaghi in un luogo che apparentemente ne era privo.
Così
sedeva alla finestra della sua stanza,
persa a scrutare l’orizzonte – un orizzonte
infinito fatto di morte e
desolazione, colori cupi e aria soffocante, di cui davvero non riusciva
a
cogliere l’oscura bellezza – e trascorreva il tempo
a ricordare e immaginare un
mondo ora irraggiungibile, a sperare di poterci tornare, a pregare di
essere
salvata. E allora piangeva, perché quella era
l’unica cosa che fosse libera di
fare, e quando le lacrime finivano gemeva.
E anche
se nella loro sofferenza le due
miserevoli divinità avevano perso la cognizione del tempo, i
mesi continuavano
a passare, inesorabili.
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Drabble: 384
parole.
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Capitolo 6 *** 6} Ade ***
6
[Ade]
Demetra
stava decimando migliaia e migliaia di
umani – nemmeno la guerra faceva approdare sulle sponde del
lago Averno tutte
le anime che invece vi conduceva la carestia. Donne, bambini, vecchi,
giovani,
non vi era alcuna differenza – la furia di una madre ferita e
privata della sua
unica figlia non conosceva limiti, e il mondo stava morendo.
Quando
Hermes ritornò nell’Oltretomba con
l’ordine secco e implacabile di Zeus di liberare la giovane,
trovò che il dio non
aveva alcuna intenzione di ribellarsi all’ennesimo ordine del
padre degli dei.
La situazione nel regno dei morti era ormai al di fuori del suo
controllo e il
sovrano degli Inferi, semplicemente, aveva le mani legate.
Ade, per
il momento, dovette capitolare.
Aveva
lasciato Hermes nella sala del trono,
intimandogli di attendere in silenzio e badando di non parlare con
nessuna
creatura, e si era diretto negli appartamenti silenziosi di Persefone,
il cui
accesso gli era solitamente negato.
Tra le
mani, un piatto d’argento con dodici
chicchi di melograno, grossi e succosi, rossi come la porpora che tinge
le
vesti degli imperatori e le armature dei soldati uccisi in battaglia.
Odiava
quanto stava per fare – ciò che lo avevano costretto
a fare – ma non c’era altro modo per assicurarsi
che la dea tornasse da lui. Se
fosse riuscito a farla affezionare a sé, allora, forse, non
ci sarebbe stato
bisogno di ricorrere a un simile e miserabile stratagemma…
Ma così non era
stato. Aveva bisogno di più tempo, e avrebbe fatto in modo
di ottenerlo.
Era
entrato nella sua stanza senza bussare, e
aveva rivisto nella fanciulla quegli occhi spaventati. Questo lo
ferì, ma gli
tolse anche ogni dubbio e remora per ciò che venne dopo.
Tornerai
da tua madre,
aveva esordito, con quel tono greve e severo che lo caratterizzava.
Aveva visto
il terrore di Persefone tramutarsi in sorpresa e poi
incredulità, prima che i
suoi occhi iniziassero loro malgrado a luccicare di gioia una volta
compreso che
il dio non si stava prendendo gioco di lei.
Il
proprio sguardo si indurì a quell’innocente
sollievo, e le porse il piatto.
Devi
essere in forze per tornare in superficie. Un tono secco, piatto.
Ecco, questi chicchi di melograno ti
aiuteranno a non soffrire durante il viaggio. Più ne
mangerai, meno
difficoltosa sarà l’ascesa.
La
fanciulla esitò. Poi, le sue dita si
allungarono su quei grani invitanti.
Il dio
non staccò gli occhi dalle labbra della
giovane, contando con brama i chicchi ingurgitati.
Due.
Quattro. Sei.
Ade
sorrise.
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Drabble:
412 parole.
Note
dell'Autrice: Questo capitolo mi piace proprio tanto. Ade e i
suoi stratagemmi *_* You go, Hades!
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Capitolo 7 *** 7} Persefone ***
7
[Persefone]
La madre era fuori di
sé dalla gioia quando
Persefone rimise piede sul monte Olimpo. Ci fu un enorme banchetto, il
vino e
l’ambrosia scorsero a fiumi, musica e canti allietarono il
ritorno della dea –
tutte le divinità la coccolarono e le fecero doni,
sorridendo benevoli alle
lacrime di sollievo e felicità che la giovane non riusciva a
trattenere.
Zeus la osservava in
silenzio, lieto certo di
riavere la figlia di nuovo a casa, ma non potendo fare a meno di
provare una
certa amara tristezza al pensiero della solitudine che suo fratello
avrebbe
conosciuto ancora una volta. Bevve e brindò e
festeggiò insieme agli altri, ma
l’ambrosia aveva un sapore acro sul suo palato, e le sue
risate parevano
forzate.
Malgrado ciò,
sulla terra, il gelo che aveva
reso arido il suolo svanì – la contentezza di
Demetra fece sì che nei campi
tornassero a sbocciare i fiori, l’erba, le spighe di grano;
gli uomini
cessarono di morire di fame e uccisero animali in sacrificio per
ringraziare il
ritorno dell’abbondanza.
Eppure Persefone si accorse
di non essere
felice come avrebbe dovuto, e come era accaduto a Zeus neanche lei
provò troppo
gusto a festeggiare il suo ritorno.
Un giorno, diverse lune
dopo il suo ritorno a
casa, Persefone si scoprì incapace di lasciare il proprio
giaciglio, pallida e
indebolita alla stregua di un semplice umano corrotto dalla malattia.
La voce
dell’inspiegabile stato fisico della giovane
dea si sparse a macchia d’olio per tutto l’Olimpo,
e per quanto le sue ancelle
le dessero unguenti e pozioni varie, la precaria salute di Persefone
continuava
a non migliorare. Allora sua madre venne da lei, piangendo, mischiando
lacrime
d’ira a lacrime di disperazione.
Ti ha
dato da mangiare, non è così? Parlami! Il
maledetto ti ha fatto mangiare un
frutto degli Inferi!
Le dita della dea penetravano impietose nella sua carne mentre la
stringeva,
feroce, e continuava a sibilare come una leonessa ferita. Che
cosa hai mangiato, bambina mia? Rispondi!
Persefone allora
sbarrò gli occhi, comprendendo
ogni cosa. Lesse negli occhi di sua madre che anche lei già
conosceva la
risposta a quelle domande, ma che ciò nonostante voleva
sentirla espressa ad
alta voce. Ella obbedì.
Sei
chicchi di melograno, madre, mormorò soltanto.
Demetra
abbandonò la presa su di lei come se si
fosse scottata, e lanciò un grido. Le colonne tremarono e le
nubi si raggrupparono
intorno al monte Olimpo, gravide di pioggia così come gli
occhi della dea erano
ricolmi di lacrime.
Venne indetta
un’altra assemblea, e stavolta fu
Zeus a doversi arrendere davanti all’astuzia del fratello.
Se voleva vivere, Persefone
doveva tornare per
sei mesi nel regno dei morti. Dal suo sposo.
In caso contrario, sarebbe
deperita fino a che
il suo corpo si fosse consumato e di lei non sarebbe rimasto che lo
spirito,
condannato a vagare in una dimensione che non apparteneva né
ai mortali né agli
dei.
Fu semplice intuire quale fu
la decisione della
giovane.
________________________________________________
Drabble: 488
parole.
Note
dell'Autrice: Un grazie
grande grande a Chicca293 per aver recensito lo scorso capitolo e a
tutti voi che continuate a leggere e mipiacciare *__* Lieta di vedere
che ci sono altri amanti della letteratura classica &
conseguenti ship là fuori!
Al
prossimo capitolo, vostra
Niglia.
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Capitolo 8 *** 8} Ade ***
[8]
Ade
Era
stato Hermes, come al solito, ad informarlo
del rapido capovolgimento degli eventi. In realtà non aveva
fatto altro che
confermargli qualcosa che lui sapeva già, ma fu piacevole
udire la sentenza del
re degli dei. Nessuno, adesso, avrebbe osato opporsi al suo matrimonio
con
Persefone.
Salvo,
forse, Persefone stessa.
I mesi
che la dea aveva trascorso sull’Olimpo
erano stati, e Ade rise amaramente all’immagine che tale
pensiero gli evocava,
un inferno. Terribilmente lunghi e innaturalmente lenti, gli avevano
per la
prima volta fatto tastare il gusto dell’eternità,
e non era un sapore che il
dio aveva apprezzato in modo particolare se condito con
l’amaro assaggio della
solitudine. Immerso com’era nell’autocommiserazione
e crogiolandosi nella
consapevolezza del suo fallimento, Ade non si era reso conto di quanto
la
presenza seppur effimera della giovane sposa avesse modificato la sua
concezione
stessa del tempo e dello spazio, confortandolo con l’idea
ch’ella abitasse nei
suoi domini, respirasse la sua stessa aria, volgesse gli occhi verso il
medesimo cielo soffuso che avvolgeva gli Inferi. Il saperla entro il
regno
dell’Oltretomba gli aveva fatto scordare come fosse la sua
esistenza prima del
suo arrivo, e solo dopo la sua partenza il dio aveva per la prima volta
sofferto le pene dell’abbandono.
Ogni
momento libero dai suoi doveri lo aveva
passato nelle stanze di Persefone, inebriandosi dell’odore di
vita e primavera
e lacrime che la dea aveva suo malgrado lasciato indietro, e non aveva
chiuso
occhio – non che ne avesse realmente bisogno –
preferendo perdersi in lunghe
riflessioni e rimembranze che non gli avevano offerto alcun conforto,
ma solo
aggravato la sua frustrazione.
Non era
così che sarebbe dovuta andare – in
quei mesi aveva maledetto il nome di Afrodite almeno tante volte quante
aveva
sussurrato con desiderio e rimorso quello della sua sposa.
E se mai
gli capitava di cedere alle lusinghe
di Morfeo, vinto infine dalla stanchezza e dall’angoscia, il
suo sonno era
invaso da lei, dalla sua voce, dal ricordo di meravigliose risate che
mai
avevano risuonato nei saloni del suo palazzo, dai suoi occhi e dalle
sue labbra
che invitavano baci mai dati né presi…
Ade non
credeva che un figlio di Crono potesse
essere così debole da impazzire d’amore, ma ogni
mese che trascorreva senza che
avesse notizie della sua sposa confermava che una simile follia era
infatti
possibile, e che per sua sfortuna non ne aveva alcun controllo.
La sua
unica consolazione, in quei mesi, fu
immaginare che Persefone fosse felice tra le braccia della madre, e che
il
lungo periodo di lontananza – Ade osò almeno
sperare – finisse per invocare in
lei un briciolo di nostalgia per il suo sposo.
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Drabble: 437
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Capitolo 9 *** 9} Persefone ***
[9]
Persefone
Il suo
rientro negli Inferi fu paragonabile
alla resa di Troia: dilaniata dall’interno dalle forze
nemiche, alla città
stanca e provata – come pure alla giovane dea – non
era rimasto che capitolare.
Se avesse trovato il vigore sufficiente per farlo, Persefone si sarebbe
inchinata dinnanzi all’astuto ingegno di colui che, sottovoce
e alle sue
spalle, tutti avevano iniziato a definire suo
sposo.
Non solo
l’aveva rapita, non solo l’aveva
privata della sua gioventù e della sua spensieratezza e
della sua libertà – no,
non pago, il dio dell’Oltretomba aveva ben pensato di
costringerla a
trascorrere metà anno nella sua dimora, nei suoi cupi e
aridi domini sotterranei,
laddove le uniche luci che rischiaravano le fredde rocce erano le
fiamme che
bruciavano le anime dannate.
La
fanciulla attraversò lentamente le lunghe e infinite
gallerie che collegavano gli Inferi al mondo di superficie, alla bella
e
splendente e fiorita terra degli uomini, che lasciava calda e
accogliente come
il ventre di una madre in favore di un antro gelido e arido come solo
una tomba
poteva essere.
Hermes,
davanti a lei, si voltava di tanto in
tanto per accertarsi di essere seguito – la sua espressione
era un misto di
pena e compassione e tristezza, ma lei non sapeva che farsene della
pietà
altrui.
Le sue
orecchie erano ancora colme delle grida
di sua madre, gli occhi fermi sull’immagine della potente e
fiera Demetra
piegata in due dal dolore, stretta tra le braccia di Atena che, con una
presa
ferrea e salda, le aveva impedito di correre dietro alla figlia, di
aggrapparsi
alle sue vesti, strappandole persino se ciò fosse servito a
commuovere Zeus e
fargli rimangiare la parola data al fratello.
La mia
bambina, la mia bambina! Maledetti, lasciatela a me, vi scongiuro! Vi
supplico!
Quando
la dea si era infine accorta che le sue preghiere
non avrebbero smosso la pietà di nessuno dei presenti,
allora era passata alle
minacce; l’ultima cosa che Persefone aveva udito proferire
dalla madre prima di
essere condotta via fu una terribile maledizione, il cui eco ancora la
faceva
tremare.
La terra
conoscerà l’aridità del mio animo ogni
giorno che io trascorrerò senza mia
figlia!
Drabble:
357 parole.
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