your magical mystery ride

di Irian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** So it has to be today ***
Capitolo 2: *** we used to be best buddies ***
Capitolo 3: *** a chance to find true love... ***
Capitolo 4: *** ...but now are not ***
Capitolo 5: *** i wish you can tell me why... ***
Capitolo 6: *** and here i'll stay ***
Capitolo 7: *** here i stand ***
Capitolo 8: *** people ask where you been ***
Capitolo 9: *** i'm not afraid ***
Capitolo 10: *** please don't slam the door ***
Capitolo 11: *** i'm in your magical mystery ride ***
Capitolo 12: *** Who am I? ***
Capitolo 13: *** not a footprint to be seen ***
Capitolo 14: *** then leave ***
Capitolo 15: *** What power do you have to stop me? ***
Capitolo 16: *** i'm okay ***
Capitolo 17: *** I don't got it ***



Capitolo 1
*** So it has to be today ***


Salve a tutti, il mio nome è Arianna.
Sono qui per raccontarvi qualcosa.
Per raccontarvi una storia.
Questa, è una storia che racconta, ma che non ambisce ad essere raccontata.
In questa storia, rimedio ed errore, si uniscono in un unico ceppo che porta dolore.
Ci vorrà ancora molto tempo perché le cose si mettano male, quindi rilassatevi.
 
 
Anna stava tuffando il cristallo appuntito nella sua provetta.
Quest’ultima era colma quasi fino a straboccare di un liquido azzurro molto denso.
Anna aveva gli occhiali protettivi messi un po’ storti, la lingua le spuntava ad un angolo della bocca, segno che la ragazza era concentrata nel cogliere quell’attimo preciso.
Lascio cadere il cristallo che pochi secondi prima teneva stretto con le sue pinze di metallo; non ci fu rumore, ma una nuvoletta di vapore invase il viso di Anna, facendola starnutire e successivamente, esultare dalla felicità.
Quel suo saltellare gioiosamente le fece solo guadagnare lo sguardo severo dei suoi compagni di laboratorio, che con un’occhiata le intimavano di smetterla, di darsi un contegno.
Ma Anna era una furia, aveva tristezza, allegria, sconforto e eccitazione allo stesso tempo. Nonostante lei provasse di continuo a trattenersi, le chiusure della sua mente, definite da lei stessa “ermetiche”, si schiudevano spesso, lasciando libero sfogo ad un fiume di emozioni e sentimenti.
Anna però, era anche capace di capire quando era ora di piantarla, e infatti, si ricompose subito, riponendo gli attrezzi sul tavolo e serrando le braccia ai fianchi in modo decisamente innaturale.
La lezione finì poco dopo e Anna corse verso casa.
Probabilmente quel suo correre e andare a sbattere contro le persone non dava alcun peso alla sua coscienza, perché non se ne faceva alcun problema.
Chiuse la porta dietro di sé con uno scatto e chiamò a gran voce sua sorella Elsa.
“Elsa! Vieni a mangiare!” poi in un attimo si ricordò.
Elsa, sua sorella maggiore, da una settimana a quella parte si era chiusa nella sua camera.
Ne usciva solo per mangiare, ma lo faceva ad orari diversi da quelli di Anna, e quindi non si incontravano mai.
Qualche giorno prima Anna aveva praticato un piccolo foro sulla parete, per controllare cosa facesse di tanto segreto sua sorella: con sua sorpresa, non faceva nulla di strano, scribacchiava su un quadernino tutto il giorno, si fermava solo per mangiare e per fare qualche regolare chiamata al suo migliore amico Jack.
Poi Elsa l’aveva scoperta, aveva coperto il buco con un quadro, e Anna non poté fare più nulla.
Jack stava simpatico ad Anna, in quelle volte che veniva a trovare Elsa, aumentate nell’ultimo periodo, si erano sempre fermati a fare quattro chiacchiere, ma adesso Jack la liquidava con un semplice “ciao” e poi correva dritto da sua sorella.
Elsa aveva un’altra amica: Margo.
Carina, alta, con i capelli corti marroni e delle belle curve, Margo era la migliore amica di Elsa.
Era, esatto, perché non l’aveva più vista, la sua spiegazione più logica era che le due avevano litigato, ed Elsa era triste e così riservata per questo.
La vita va avanti, e Anna doveva proseguire la sua, ma andare a vivere a Brooklyn con una sorella che praticamente non ti parla come unica coinquilina non era facile.
Tuttavia, Anna era una studentessa di chimica molto promettente, con i capelli rosso vivace, era lì per scoprire la città, e così fece.
Si diede una veloce spazzolata ai capelli, li intrecciò accuratamente e lasciò quell’appartamento minuscolo provvisto di cucina, bagno e due camere decisamente microscopiche, dove albergavano scarafaggi di piccole dimensioni e topi affamati.
Si mise a correre senza una meta precisa, come sempre.
Arrivò ad un palazzo al centro della città che, doveva ammetterlo, non aveva mai visto, nonostante facesse passeggiate (o meglio dire corse) sempre molto lunghe.
Era un palazzo enorme, molto alto e che si concludeva con una cupola.
Era fatto tutto di un vetro sottilissimo, che rifletteva la luce dell’esterno creando tanti fasci colorati, ma non solo, ti mostrava il lavoro degli operai anche da fuori, perché il vetro non nascondeva i loro movimenti.
Lo slogan era infatti: “Profecy: un’impresa trasparente” proprio perché i dipendenti non avevano problemi a farsi vedere intenti a lavorare.
Anna lesse a fondo una brochure all’entrata: operai, scrittori, giornalisti, biologi, chimici, stilisti, tutti intenti a lavorare per quella enorme azienda.
Magari un giorno l’avrebbe fatto anche lei, lavorare lì sarebbe stato un sogno.
Ma era inutile cullarsi nel desiderio, Anna entrò a passo svelto nel palazzo.
Si accodò ad un gruppo di turisti stranieri e visitò le aree più interessanti, era estasiata dal laboratorio chimico, non conosceva metà degli strumenti di lavoro, ma non voleva dire che fosse noioso.
Alla prima pausa Anna ne approfittò per prendere un caffè ad una macchinetta, e lì, la sua goffaggine la tradì di nuovo: versò tutto il liquido bollente addosso ad un povero cameriere che stava solo svolgendo il suo lavoro.
“Oh mio dio, mi dispiace, davvero, non volevo!”
“Niente non preoccuparti, capita spesso qui, io sono Hans comunque…piacere”
“Piacere”
Anna strinse la mano a quello sconosciuto che si era rivelato amichevole, aveva basette lunghissime, profondi occhi scuri, capelli castano-rossiccio e le labbra incurvate in un sorriso.
La visita riprese pochi attimi dopo, ci fu comunque tempo per un saluto veloce e per un’altra occhiata imbarazzante/sguardo da pesce lesso.
Non fu una cosa lunga, ma Anna uscì comunque stanca, ma al contempo eccitata dalla visita.
Quando tornò a casa Elsa era appollaiata in cucina, stava mangiando un piatto di asparagi freddi, se li era conditi accuratamente e adesso li tagliava senza emettere il minimo rumore, a differenza di Anna che ogni volta rigava il piatto e produceva suoni assordanti.
Anna non parlò di nulla: della chimica, o di quel veloce incontro con Hans nel palazzo di vetro, rimase semplicemente in silenzio.
Aprì uno scomparto e prese un bicchiere di vetro finemente ornato, si versò dell’acqua e lanciò un’occhiata fugace alla sorella.
I capelli biondo platino le ricadevano sul viso, per un momento pensò di rivolgerle qualche parola di conforto.
Poi Elsa alzò lo sguardo, ed era talmente freddo ed inespressivo, che ad Anna passò tutta la voglia da parlarle, e anche se voleva davvero sapere che cosa era successo a sua sorella, semplicemente abbassò lo sguardo, e senza produrre parola, corse a rifugiarsi in camera sua.
 
 
Angolo dell’Autrice
Ciao! Dopo questa pausa (lunga oserei dire) ho deciso di tornare con una nuova Kristanna, anche se Kristoff non è ancora comparso, apparirà presto…
Non ho molto da dire a parte “lasciate una recensione!” ma poi…basta, niente, ciao!
Irian
 

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Capitolo 2
*** we used to be best buddies ***


Quella mattina Anna si alzò da letto controvoglia, si stropicciò gli occhi con le dita appiccicose e si costrinse a darsi una lavata.
La sera prima aveva finito la sua scatola di cioccolatini ripieni davanti ad un classico film in bianco e nero strappalacrime.
Era quello in metodo di Anna, se le succedeva qualcosa di brutto, guardava sempre un film del genere, le dava una sensazione di benessere, come se sminuisse tutti i suoi problemi.
I cioccolatini glieli avevano regalati i suoi genitori prima della partenza.
Lei adorava i dolci, la cioccolata in particolare, poteva essere fondente, al latte, bianca, ripiena di crema o di frutta, ma Anna la adorava.
Aveva promesso di non finirla troppo presto, ma quella sera era stato più forte di lei.
Elsa, sua sorella, le aveva lanciato uno sguardo freddo nel mezzo della serata che l’aveva lasciata senza parole.
A dir la verità, anche Elsa adorava la cioccolata, ma invece dei cioccolatini i suoi genitori le avevano regalato un kit per preparare delle ottime cioccolate calde.
Elsa preferiva una tazza calda piuttosto che tanti cioccolatini ripieni, e comunque i genitori pensavano che le due avrebbero condiviso, cosa che con il senno di poi non era successa.
Anna ogni tanto trovava Elsa intenta a preparare una cioccolata, ma appena la vedeva Elsa si sbrigava a finire il lavoro e se ne tornava in camera sua senza nemmeno preoccuparsi di pulire.
Solitamente Elsa era quasi maniaca.
Puliva il piano cottura, i mobili, le mensole, i pavimenti, e poi quell’appartamento era talmente sporco che una lavarlo una volta alla settimana a fondo non bastava affatto.
Elsa e Anna non erano mai state delle sorelle incredibilmente unite.
Certo si volevano bene, si aiutavano se c’era bisogno, ma non si raccontavano i segreti o cose del genere, non erano come due amiche.
Anna sperava che quel viaggio le avrebbe avvicinate; certo prima Anna era indispensabile per Elsa e viceversa, ma andare a vivere insieme poteva renderle inseparabili.
Invece le aveva solo divise.
Anna non sapeva perché ma Elsa da una settimana era rinchiusa in una specie di bolla.
Una bolla piena di solitudine.
Anna si stava preparando; ormai andava in un liceo prestigioso: in realtà non andava nel liceo, frequentava solo il laboratorio di chimica con una borsa di studio che aveva ricevuto quando viveva ancora nei paesi scandinavi.
Si infilò la camicia bianca e la gonna verde che facevano parte della divisa, si annodò la cravatta verde scuro e indossò una giacca corta ed elegante, sempre verde scuro.
La giacca in realtà non serviva, perché Anna appena arrivata avrebbe dovuto indossare il camice da lavoro, ma la giacca ormai faceva parte del look.
Anna si annodò i capelli nelle sue solite trecce simmetriche e si infilò una piccola tracolla marrone chiaro che conteneva solo un quaderno, un astuccio e il cellulare.
Il resto era nel laboratorio.
Prima di uscire Anna vide un piccolo scarafaggio, lo chiuse in un barattolo e lo fece volare via dalla finestra.
Pochi secondi dopo, vide quello che non vedeva da tanto, troppo tempo.
Sua sorella Elsa era uscita dalla camera e ora, colta alla sprovvista, aveva piantato gli occhi nei suoi.
La sorella portava un maglione di lana di un bianco candido, con dei fiocchi di neve azzurri stampati sopra.
Portava una lunga gonna color turchese e degli stivali ricoperti di soffice pelliccia bianca.
I suoi capelli biondo platino erano raccolti in una treccia che le ricadeva sulla spalla.
Aveva una tracolla blu dove teneva chissà cosa, le mani avvolte in due guanti e lo sguardo sorpreso; certo non si aspettava di incontrare sua sorella proprio sul ciglio della porta.
Ma dopotutto se le due vivevano insieme, era molto probabile un incontro che Elsa non aveva calcolato.
La maggiore si ricompose e avanzò, Anna si scostò dall’uscio ed Elsa chiuse la porta dietro di sé.
Un’altra volta, sua sorella l’aveva lasciata senza parole.
Ma no, non poteva darle così tanto conto, lei ora doveva andare a scuola.
Uscì di casa che soffiava un vento leggero e pioveva.
Vide sua sorella correre via a passo svelto verso una direzione imprecisata.
Non potè farne a meno, sapeva che era sbagliato, eppure, mentre la pioggia le batteva ritmicamente sulla camicia e il venticello le muoveva i capelli; Anna si mise a correre dietro l’ombra bianca di sua sorella, doveva sapere dove andava, e questa era una buona occasione, troppo buona per essere sprecata.
 
La inseguì per tre isolati e poi improvvisamente sparì dietro ad un vicolo.
Anna si ritrovò da sola, bagnata fradicia, con la vista annebbiata dall’acqua, in una zona a lei poco familiare.
Cercò di orientarsi, ma non ci vedeva bene, aveva le pupille cariche di pioggia e lacrime.
A quel punto non voleva andare più a scuola, era troppo tardi.
Senza pensarci troppo corse verso la fermata più vicina e lì prese il primo tram, senza sapere nemmeno dove l’avrebbe portata.
 
Brooklyn era una città piena di vita: piena di grattacieli sfavillanti che facevano a gara a chi era il più alto, per non parlare del ponte, attrazione turistica più ambita della città.
Nonostante ciò Brooklyn non aveva solo vita e grattacieli, aveva anche quartieri pieni di fiori, con poca vita mondana, quella zona però era molto pittoresca.
Insomma, si poteva dire che ogni angolo di Brooklyn avesse il suo fascino.
Anna scese al capolinea e inaspettatamente, si ritrovò al palazzo di vetro che aveva visto il giorno prima.
Non se ne era accorta, ma c’era una grande rotonda imbandita di piante, circondata da case farcite di fiori.
Come un lago in una oasi, il palazzo di vetro portava la tecnologia nella parte pittoresca della città.
Anna non voleva farsi vedere da nessuno, ma per evitare di prendersi una polmonite, si costrinse ad entrare.
Si avvolse stretta nella sua giacca e fece slalom tra le persone.
“Anna!” si sentì chiamare da una voce familiare, si voltò
“Che ci fai qui tutta bagnata?”
“Oh Hans! Eh beh…io stavo solo…facendo un giro e sì è messo a piovere!”
“Ve bene…perché non ti siedi?” le disse facendole strada verso una composizione di divani grandi, lucidi e morbidi.
Anna accettò di sedersi, poi accettò il tè caldo che le offrì Hans e infine accettò la coperta che lui le diede.
“Allora…ti piace fare il cameriere?”
“Sì, qui è molto bello”
Anna e Hans chiacchierarono ancora per un’oretta buona, poi smise di piovere e Anna andò via, non prima che lui le lasciasse il suo numero di telefono.
Tornò a casa contenta, correndo veloce, saltellando sui muretti per rendere la corsa più divertente.
Arrivata a casa si sedette in quell’angolo angusto che era la cucina: un tavolo piccolo con una tovaglia a righe, un piano cottura in legno e qualche armadio.
Il lato positivo era che avevano una piccola tv.
Anna la accese e si mise a guardare un vecchio cartone animato.
Poco dopo la sorella irruppe nella casa con tutti i vestiti e i capelli zuppi.
Non entrò con la sua solita aria regale, entrò con le braccia larghe e lo sguardo scocciato per la troppa acqua.
Anna spense la tv, aprì un armadietto dietro di sé e con l’aria più seria possibile prese una pila di coperte
Si avvicinò alla sorella, le lasciò le coperte tra le braccia e poi andò via.
 
Angolo dell’autrice
Questo capitolo è venuto più lungo, spero che siate riusciti ad arrivare alla fine!
Innanzitutto volevo ringraziare le 4 persone che hanno messo la storia tra le seguite/preferite, non me lo aspettavo già così presto!
Inoltre ringrazio LateNight_01 e spero di averti fatta felice visto che ho aggiornato abbastanza presto.
Mi pare di aver ringraziato tutti! Vi invito a recensire per dirmi cosa ne pensate! Grazie e al prossimo capitolo!
Vostra Irian
 

 
 

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Capitolo 3
*** a chance to find true love... ***


Anna aveva lo sguardo sospeso a mezz’aria tra il palmo della sua mano e la tastiera del cellulare.
Il numero che Hans le aveva dato era lì sulla pelle, un po’ sbiadito per la pioggia, ma sempre lì.
Sulla tastiera aveva già composto il numero e stava solo aspettando un po’ di coraggio, quello che bastava per combinare un appuntamento.
Sapeva quello che doveva fare: premere “chiama”, e dire poche concise frasi.
“Nulla di più facile” continuava a ripetersi, “nulla di più facile”.
Il pollice tremò fino all’ultimo, finchè il coraggio non prese il sopravvento e prima che la rossa potesse chiudere la chiamata, Hans aveva già risposto.
“Ciao…Hans…sono Anna…ti disturbo?”
“No assolutamente, dimmi”
“Ti andrebbe…ecco…ti vederci…oggi?”
“Sì certo perché no? Vediamoci al teatro crono alle quattro”
“Perfetto! Allora a dopo!”
“A dopo”

 
Anna trasse un respiro di sollievo, “visto che non era poi così difficile?” si disse tra sé e sé.
Per il pomeriggio si preparò con cura: pettinò a lungo i capelli e li legò in due trecce, indossò un vestito azzurro, lungo fino ai piedi; le ricadeva largo sulle braccia e lasciava una scollatura ampia dietro la schiena.
I bordi del vestito erano dorati, come a se una luce morbida stesse lì apposta per contornare quell’abito, che somigliava ad un cielo limpido.
Mise un paio di scarpe nere corte con un poco di tacco.
Le mise perché quelle erano le sue scarpe porta fortuna: qualche anno prima se era innamorata e le rubava di continuo a sua sorella Elsa, finchè un giorno non le sporcò di fango.
Sua madre le fece riparare, e Elsa disse che se le poteva tenere.
Anna uscii di casa correndo, cambiò due autobus e alla fine arrivò.
Il teatro era enorme.
Era pieno di cunicoli e stanzette e corridoi.
Anna però lo vedeva solo da fuori, sì, lei doveva aspettare Hans.
Aspettò lì davanti minuti, poi i minuti si fecero ore, e di Hans non c’era traccia.
Il vento stava cominciando a soffiare forte, Anna fu costretta ad entrare nel teatro per ripararsi.
“Magari è successa un’emergenza” cercò di aggrapparsi ad un po’ di speranza.
Poi guardò il telefono, nessuno l’aveva chiamata.
“Non prenderti in giro Anna, lo sai anche tu che non verrà”
Anna cercò la forza per non piangere, ma era inutile, era troppo esausta per bloccare le lacrime che le scivolavano giù dalle guance.
Tutto fu interrotto quando un signore alto e grasso la prese per un braccio e le gridò
“Finalmente sei arrivata Elizabeth, era ora!”
“Ma veramente io mi chiamo Anna e non so chi sia Elizabeth…”
Cercò di spiegarsi ma il signore parve non ascoltarla nemmeno, la strattonò per un lungo corridoio e la spinse verso un palco.
Sulla scena c’erano le pareti di una cucina ed un tavolo dove sedevano quattro persone.
“Bene Elizabeth, adesso facciamo la scena delle colpe”
“Signore, io non so come dirglielo ma non mi chiamo Elizabeth e non recito nemmeno qui…”
Le luci vennero proiettate sul palco e partì una leggera musica di sottofondo.
Gli altri sul palco parvero mossi da una scossa elettrica ed uno di loro cominciò ad urlare
“E’ tutta colpa tua Henri! Tu non mi hai mai dato amore!”
“Ma cosa dici, io l’ho fatto”
“Allora forse non lo facevi con me!”
La scena di punto in bianco si fermò e la ragazza che urlava si placò.
“Molto bravi Jenette e Jason”
Anna continuava a non capire
“E allora, chi è questo Henri?”
“Il mio ex, signore”
“Oh, non chiamarmi signore, chiamami pure Robert”
“Sì, Signor Robert”
“Non imparerai mai Jen” disse l’uomo scherzando
 “Bravo anche tu Jason, non so chi fosse quella carogna di Henri, ma sono sicuro che hai risposto come avrebbe fatto lui”
“Grazie, Robert”
“Adesso tocca a te Elizabeth, sfogati, chi si merita la tua colpa oggi?”
La scena era di nuovo in moto, Anna era confusa, non sapeva cosa fare.
Forse non era Elizabeth, ma in fondo non aveva nulla da perdere, aveva tanto da dire, e quale occasione migliore?
“Con tante. Una in particolare…”
“Avanti sfogati! Jenette tu sarai la compagna”
“E se si sfoga contro un uomo?”
“Sarai l’uomo”
“Mia sorella Elsa. Mi tratta sempre in modo freddo, apatico, non ho mai capito cosa le ho fatto”
“Urla Lizzie, devi dirci che cosa succede, parla ad Elsa”
“Prima cosa: non mi chiamo Lizzie ma Anna e non so nemmeno cosa ci faccio qui, ma Elsa forse puoi dirmelo tu…perché vieni a vivere con me se poi nemmeno mi parli??!”
“Brava, avanti così”
“Non sono affari tuoi Anna!”
“Ottimo Jen”
“Non sono affari miei?? Oh, ma vai a farti fottere!” gridò Anna muovendosi in avanti verso il palco
La scena calò ed Anna riprese il controllo di sé stessa a respiri profondi.
“Molto bene L…Anna!”
“Grazie, ma io non sono di qui”
“Perché non vieni a stare con noi? C’è un camerino libero e poi a quanto pare Elsa non ti vuole…” disse Robert facendo ballonzolare la testa
“Non lo so, io sono una studentessa di biologia…”
“Ma chissenefrega della biologia! Solo inutile ciarpame!”
“Vorrei pensarci…”
“Va bene, ma appuntati il mio numero”
Anna tornò a casa piena di quel nuovo calore.
Era triste per il bidone di Hans, ma era felice perché aveva scoperto un luogo dove forse avrebbe potuto essere accettata.
Doveva avere un altro parere, e l’unica strada possibile era a pochi metri da lei.
Anna bussò tre colpi alla porta.
Silenzio.
Altri tre colpi.
Ancora silenzio.
“Elsa?”
Silenzio.
“So che sei lì dentro, ho bisogno del tuo aiuto, ti prego lasciami entrare”
Silenzio
“Elsa…”
“Vattene via Anna!”
 
Anna andò via arrabbiata, ma non poteva certo urlare contro le pareti.
Quindi fece l’unica cosa che avrebbe potuto fare
“Signor Robert? Sì, sono Anna, ci sto”
“Chiamami Robert…comunque è una fantastica notizia, ti aspetto domani Lizzie!”
 
 
Angolo dell’autrice
Salve.
Mi scuso per l’imperdonabile assenza ma ho avuto molto da fare in questi giorni.
Sono stata ispirata e ho deciso di dare una nuova svolta alla storia, non ce la vedreste Anna attrice? Io sì molto.
E poi dai?! Come si fa a non amare il signor…pardon, Robert?!
Fatemi sapere se la storia vi piace con una recensione, uno sclero, o una raccolta di insulti per Hans.
Arrivederci e alla prossima,
Irian
 

 

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Capitolo 4
*** ...but now are not ***


 
Era una settimana ormai, una lunga settimana.
Una settimana di assenza, una settimana vuota, dove nessun avvenimento meritava di essere catalogato come “speciale”.
Non c’era nulla di cui doveva prendere nota.
Anna era lì, un ampio camerino spazioso, con vetri per il trucco, costumi, un piccolo frigo, e se voleva qualcosa, doveva solo chiedere e sarebbe stata accontentata.
In quei giorni in realtà non era successo nulla, era successo di tutto.
Era successa qualunque cosa, non era successo niente.
 
(flashback)
Anna stava andando verso il suo camerino a trasferirsi, come Robert le aveva detto.
Appena aprì la porta vide quattro ragazzi seduti su quello che doveva essere il suo divano, il peso dei loro corpi segnava la moquette rossa che da lontano sembrava senza alcun difetto, in realtà sarebbe bastato il peso del più muscoloso di loro a farla crollare.
Cosa che era facilmente deducibile dalle facce preoccupate con cui i quattro ragazzi si sforzavano di dosare il loro peso.
“Ciao…” disse Anna cercando di trattenersi dal dire
 “questo è il mio camerino, sloggiate immediatamente”
Una delle ragazze si avvicinò bruscamente con un bicchiere colmo di liquido bianco.
Aveva i capelli a caschetto di un biondo luminoso, la bocca era una piccola fessura, i contorni del viso erano morbidi e gli zigomi appena accennati.
Era magra al punto giusto, anche se aveva i fianchi leggermente larghi rispetto al resto del corpo, gli occhi erano verde scuro, come due smeraldi intagliati con un compasso e messi lì precisi precisi nelle orbite della ragazza.
Uno dei ragazzi si alzò e le prese un gomito, le fece segno di sedersi con qualche gesto fluente.
Il ragazzo era muscoloso, asciutto, alto, una figura prominente, al primo impatto le era sembrato quasi minaccioso, ma poi aveva visto la delicatezza con cui aveva mostrato alla ragazza dove andare, e si era tranquillizzata.
Non era difficile da capire, specie per un’osservatrice come Anna.
I gesti non erano casuali, la bella ragazza di prima era sordomuta, probabilmente lui era il ragazzo che la guidava e le faceva da appiglio dal mondo esterno.
Il ragazzo le fece un altro paio di segni, lei annuì con il capo e questo le bastò come spiegazione che andava tutto bene.
“Jenette, Jason, Kristoff e Miranda, nel caso te lo stessi chiedendo”
La voce proveniva dall’altro capo del divano, Jenette, la ragazza con cui aveva recitato prima, dall’aspetto rude e trascurato, era lì, insolente.
Era molto bella, con occhi talmente scuri da sembrare un tutt’uno con le pupille.
Spigolosa ed esageratamente magra, con una felpa grigia piena di lanugine e dei pantaloni consumati.
Fece anche lei qualche segno a Miranda, in modo lento e incerto, ma che la ragazza sembrò comprendere.
“Devi fare la prova” disse Jason
“Che prova?”
“Bevi” disse indicando il liquido in mano a Miranda.
Jason era molto alto, con gli zigomi accentuati e i capelli cortissimi color nocciola.
Anna afferrò il bicchiere, ma poi si fermò.
“Aspettate…che roba è?”
“Latte e vodka”
“E dovrei berlo?”
“Bevilo, è la prova” disse Jenette con finta solennità
Anna lo bevve, lo cacciò in bocca e il liquido le bruciò la gola.
La poltiglia si fece strada nello stomaco e le sembrò che volesse lacerarlo e poi scivolare via.
La bevve tutta in un solo sorso.
“Bene, adesso via dalla mia camera”
Ebbe come risposta sguardi perplessi e interrogativi.
“Ho detto via”
Andarono via.
Prima che tutti lasciassero la camera, picchiettò sulla schiena di Kristoff.
Era un ragazzo alto con i capelli biondi, aveva degli occhi marroni profondi, semplici, ma talmente belli, che Anna avrebbe voluto prenderli e portarli via.
Fece quattro gesti convinti con le mani -mi sei sembrato quello più gentile-, la nonna di Anna era stata sordomuta in seguito ad un incidente stradale, e lei sapeva il linguaggio dei segni.
“Puoi anche parlare con me, mia sorella qui è l’unica sorda”
Anna scosse la testa e continuò ad agitare le mani -mi sento sorda anch’io-
-perché?- capì che gesticolare era l’unica possibilità
-c’è qualcosa che non va-
-cosa?-
-nessuno riesce a sentirmi davvero-
“Kristoff datti una mossa!” urlarono dall’altra camera
-e chi ha bisogno di sentire?-
E poi andò via.
Lasciando Anna a sguazzare nella sua solitudine.
 
 
Angolo dell’autrice
Salve!
Questo capitolo era cortino avete ragione, ma capitemi, dovevo presentare meglio i personaggi!
Finalmente ho presentato Kristoff, che aspettate a gioire?!
*cori gioiscono*
Bene, mi fermo qui con le note, arrivederci e alla prossima (che ne dici di lasciare una recensione? Ehh??)
Irian
 

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Capitolo 5
*** i wish you can tell me why... ***


Stai ferma, puoi farcela, devi stare ferma, rigida, non ti muovere, ha quasi finito…oh, grazie al cielo.
Anna continuava a ripetersi questo mentre Miranda la truccava per andare in scena.
Provava da mesi, sapeva le battute, aveva i costumi, era pronta, eppure quel tratto di matita che la ragazza le aveva appena passato sull’occhio le aveva richiesto una grande concentrazione.
Aveva sugli occhi una matita grigia brillante e un leggero lucidalabbra sulle labbra sottili.
I capelli erano raccolti in uno chignon che era talmente complicato che Anna pensò che forse,
dopo un allineamento di pianeti, sarebbe riuscita a farlo anche lei.
Indossava una maglietta grigia aderente ed una giacca azzurra che le stava troppo larga, dei jeans neri e delle scarpe con il tacco.
Aveva il ruolo della donna d’alta borghesia, che critica tutti e ha la puzza sotto il naso.
Era un grande stereotipo, Anna lo sapeva, infatti la donna dopo un po’ si trasformava, non cambiava il modo di vestire ma diventava una pazza scatenata.
All’inizio pareva essere la protagonista, ma si rivelava essere la co-protagonista, perché più tardi con lo spettacolo Jenette sarebbe diventata più importante.
No, non lei, il suo personaggio.
Anna era contenta, la parte della pazza le riusciva bene, ma intanto doveva essere perfetta.
Mentre faceva la sua entrata in scena e ripeteva mentalmente le battute, si accorse che lo chignon si stava sciogliendo, avrebbe voluto correre da Miranda ma certo, adesso non poteva.
Il sudore le calava giù dalla fronte, e sotto quella maschera seriosa da interpretare, Anna era un fremito, sentiva una fitta fortissima allo stomaco, era nervosa, probabilmente per il troppo caffè bevuto quella mattina.
Kristoff, Jenette e Jason erano disposti in una fila ordinata, lei avrebbe dovuto controllarli e dire cosa in loro non andava bene.
-non è un ruolo giusto per me- pensò Anna –potrebbe benissimo farlo Jenette-
Jenette e Anna non si erano mai state molto simpatiche.
Sin dal primo minuto lei l’aveva presa in contropiede, forse perché Anna era una novellina e non era brava quanto lei o perché al loro secondo incontro l’aveva cacciata via brutalmente.
Con Jason non ci aveva parlato molto a dire il vero, lo odiava con tutta se stessa come odiava Jenette, per quella stupida idea della “prova”, lo odiava come odiava Kristoff.
Kristoff forse era quello meno antipatico tra tutti, ma lo odiava comunque.
L’unica volta che si erano parlati le era sembrato gentile, ma l’aveva ignorata tutto il tempo dopo, quindi l’aveva associato al gruppo di attori-che-sono-troppo-bravi-e-bevono-tutti-i-giorni-il-latte-con-il-vodka.
Miranda era l’unica che si salvava di striscio.
Forse perché non poteva insultarla verbalmente, o perché sorrideva sempre, o perché sotto sotto, le faceva pena.
Ora doveva recitare, doveva essere perfetta, arrogante, fastidiosa e irritante, cosa che ha detta di alcuni, le riusciva molto bene.
“Quei pantaloni, cosa ci hai fatto, ci hai sputato sopra?!” disse a Kristoff
“E’ solo acqua…”
“Non sembra sai” disse Anna con tono arrogante
“E tu…te la sei tagliata con le forbici quella maglietta?”
“E’ solo corta” Jenette abbassò la testa
“Che carina” disse ironicamente
-almeno posso dire qualcosa a Jenette, guarda il lato positivo- pensò Anna
Doveva girare il palco per andare da Jason, mentre camminava i suoi tacchi che facevano rumore vide qualcosa che le fece scordare le battute, le fece annebbiare la mente e alzare gli occhi.
Non poteva essere.
Eppure era così, era vero, era lì.
Coperta nella felpa grigio chiaro con le ciocche che le uscivano a spruzzo dal cappuccio.
“Elsa!” Anna perse completamente il senno.
Sua sorella era lì, a guardarla di nascosto e lei, lei se ne stava ferma sul palco?
Ovviamente no.
Elsa corse via dal suo posto e mentre tutti gli sguardi si posavano su di lei, Anna saltò giù dal palco per rincorrerla.
Fu una corsa folle sotto la pioggia e il vento, Anna l’avrebbe anche raggiunta, se non fosse per le scarpe scomode a cui non era abituata.
Elsa però era veloce, Anna doveva ammetterlo.
Raggiunsero una rotonda, la bionda fu perplessa per qualche secondo poi alzò il braccio e prima che Anna potesse raggiungerla era già a bordo di un taxi.
“Elsa! Elsa!”
“Si sbrighi!”
Il taxi giallo partì, via dalla grande rotonda piena di strade e di foglie secche.
Anna ne aveva abbastanza.
Crollò a terra, con le ginocchia sull’asfalto.
Pianse lacrime calde, come ormai faceva da troppo tempo.
Lo chignon si era sciolto e ora, i capelli bagnati le ricadevano lungo le spalle.
Vide passare macchine e luci intermittenti, sentì voci chiamarla, mani che le offrivano aiuto.
Ma lei non fece nulla, rimase lì ad aspettare qualcosa, o forse qualcuno.
Aveva anche finito di piangere, oramai il suo era un viso immobile, la strada era in vita e lei, lei era ferma a guardare.
 
 
Angolo dell’autrice
Sono tornata prestissimo mamma mia!
Non vi do nemmeno il tempo di leggere quello vecchio e ne pubblico un altro! Madonna che brutta persona.
Dan dan daaaann…questo era solo il primo passo verso una concatenazione di eventi e credetemi, la cosa non vi piacerà.
Ma andiamo…cosa ci faceva Elsa allo spettacolo di Anna?
L’ha ignorata dopo tutto questo tempo e ora? Si presenta senza farsi notare? Cosa vorrà dire?
Spero di avervi messo curiosità, un bacione enorme,
Irian.
 

 

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Capitolo 6
*** and here i'll stay ***


                                      Questo capitolo è per Manuela
 
 
Anna era caduta in una specie di strano sonno.
Nessuno sarebbe riuscito a convincerla ad alzarsi da quello stramaledetto letto, con il materasso che sembrava una sottiletta e i cuscini che erano duri e scomodi.
Jenette non capiva, forse semplicemente non voleva capire, perché a capire ci sarebbe riuscito chiunque.
Elsa era lì, seduta, e quando Anna era corsa verso di lei, era scappata a bordo di un taxi.
A nessuno sembrava normale, ma Jenette aveva il dovere di smentire, per una stupida e ovvia rivalità.
Kristoff e Jason erano senza parole.
Un po’ per lo strano comportamento di Elsa, un po’ per Anna, un po’ per lo spettacolo rinviato.
Sono Miranda non si faceva domande.
Non le importava perché e percome, voleva solo che Anna stesse meglio.
 
La mattina seguente Anna si stropicciò gli occhi, doveva alzarsi ma ovviamente no, non voleva.
Continuava a pensare a Elsa, a quel punto le lacrime scendevano automaticamente senza nemmeno che lei lo volesse.
Si sentì bussare alla porta.
“Pf…avanti!” urlò Anna
Kristoff entrò nella camera con un vassoio di cibo e un sorriso sornione stampato in faccia, chiuse la porta.
“Che ci fai qui?”
“La colazione”
Anna si illuminò a vedere quel ben di dio: un cornetto ricoperto di zucchero a velo, un muffin al cioccolato con una spruzzata di nocciole, una ciotola piena di frutti di bosco, una spremuta d’arancia ed un cappuccino schiumoso.
Forse per alcuni era normale avere una colazione così, ma da quando Anna si era trasferita a Brooklyn aveva sempre mangiato dei cereali insipidi con un latte scadente e del caffè annacquato.
Le uscì un piccolo verso di appezzamento.
“E’-E’…tutta per me?”
“Direi di sì, mia sorella ci ha messo tutta la mattinata a prepararla”
In quel momento le venne in mente quanto Miranda l’aveva aiutata e quanto lei era stata ingrata, concentrandosi solo su se stessa e su Elsa.
“Devo correre a ringraziarla”
“Aspetta…prima mangia”
Anna non ebbe la forza di replicare, era come se quel cibo le stesse sussurrando “mangiami”.
Afferrò il cornetto e prese a mangiucchiarlo.
In realtà avrebbe voluto mangiarselo tutto in un boccone, ma forse si sarebbe creato imbarazzo, dal momento che lei, doveva ricordarselo, odiava Kristoff, come odiava Jason, come odiava Jenette.
“Allora…?” disse il ragazzo
“Allora cosa?”
“Non lo so…sono qui, non ignorarmi”
“Già…non ti ignorerò come tu hai fatto con me”
“Cosa?”
“Non mi hai parlato praticamente mai, stavi sempre con Jenette e Jason…”
“Senti: loro sono i miei amici, anzi no, sono la mia famiglia. Conosco te da pochissimi giorni. Cosa pretendevi scusa? Che mollassi loro per andare dietro ad una quasi sconosciuta?”
“Non ti ho detto che dovevi andarmi dietro, solo avresti potuto salutarmi quando mi incrociavi per il corridoio, invece di fare finta di non conoscermi”
Il ragazzo stava per ribattere qualcosa, quando il cellulare di Anna squillò.
Ciao,
so che probabilmente sei arrabbiata per l’altra sera, e perché non mi sono fatto vedere; ma ho una spiegazione valida che spero vorrai ascoltare.
Ti aspetto stasera al palazzo della Profecy, per favore, vieni.
Ci tengo,
Hans
 
“Tutto bene?”
“Sì certo, stasera ho un appuntamento”
“Non mi dire che vai con quello che ti aveva dato buca l’altra sera, senti, secondo me, quello non vale niente, è uno stupido, ricordi come ti aveva fatta stare male? Ecco appunto, non dirmi che ti va di riprovarci, dai, sarebbe davvero da ingenui e…”
“No…scusa, scusa…non ricordi? Io sono una quasi sconosciuta, che senso ha parlare con me? Anche se andrà male avrai solo un altro argomento su cui sparlare con i tuoi amichetti, ops, la tua famiglia…eh per favore, non controbattere, hai detto la tua opinione poco fa, se non ricordi, io ora vorrei mangiare, quindi se non hai altro di intelligente e serio ti pregherei di lasciarmi da sola”
Kristoff fece per dire qualcosa, ma poi sbuffò e lasciò la camera.
Anna stava per mettersi a ridere.
Che bassa opinione che aveva di lei il suo compagno alto e biondo, insomma, davvero pensava che sarebbe stata così sciocca? Sbagliare è lecito, ma perseverare è diabolico.
Andiamo? Pensava davvero che ci sarebbe cascata una seconda volta?
Con che razza di coraggio Hans aveva cercato di riconquistarla?
Dopo essere sparito per settimane, pretendeva di sistemare tutto con un messaggio, nemmeno una chiamata.
No, ovviamente no, Anna non avrebbe abboccato.
Kristoff però credeva così, e a lei andava bene.
 
Quella stessa sera Anna si preparò per andare da nessuna parte, ma i suoi compagni dovevano credere che sarebbe andata a divertirsi.
Mise un vestito nero piuttosto scollato, che lasciava coperta solo metà della schiena, una sciarpa bianca intorno al collo e sui gomiti, un rossetto fiammeggiante e le due, immancabili, trecce.
I ragazzi a vederla arrossirono, Jenette incrociò le braccia e Miranda sorrise.
Andò via ridendo come una matta, pensando alla loro faccia se avessero scoperto che in realtà stava andando al bar dietro l’angolo.
Aveva avuto una piccola vittoria, era vero, ma le cose di cui dispiacersi erano ancora tante, troppe.
Ordinò un bicchiere della cosa più alcolica che vide sul menù e bevve tutto in un sorso.
Poi i bicchieri diventarono due, tre, quattro, cinque.
E intanto la vista della rossa cominciava ad annebbiarsi.
 
 
Angolo dell’autrice
Buonsalve a tutti!
Come va? Come state? Spero bene!
Questo è un capitolo statico, che serve per dare l’idea della calma piatta, così quando arriverà il super mega colpo di scena voi non sarete preparati e io farò tanto male ai vostri cuoricini pucciosi e indifesi.
No okay, dai, su, ora, non siamo troppo crudeli.
Pensavate che Anna sarebbe tornata con Hans ehh?? Ditelo!
Ma no, questo perché la Hanna non mi va proprio giù, rimango fedele alla mia religione Kristanna *-*.
Detto questo, baci, abbracci, e alla prossima!
Irian.

 

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Capitolo 7
*** here i stand ***


Questo capitolo è per Isabella, Lavinia, Flavia e Lorenzo, rispettivamente
 Cersei, Arya, Sansa e Tyrion.
 

 
Ormai le capacità visive di Anna si erano ridotte da un pezzo.
Vedeva solo sagome sfocate, niente occhi, bocche, ciuffi di capelli, nulla di nulla.
Quando Jenette la portò via, tra lo stordimento e il mal di testa, si era chiesta come aveva fatto a trovarla, ma più di tutti, perché l’aveva portata via, perché l’aveva caricata di peso e mollata sul suo letto senza farsi vedere da nessuno, perché non l’aveva lasciata a quel turbinante mondo confuso, che ormai si estendeva ai suoi occhi?
Anna non lo sapeva, e certo, la testa pulsante e le ondate di sonno improvviso non aiutavano.
Si svegliò con l’aria pesante di un tipico post-sbronza.
Mal di testa, la camera che continua a girare, e non scordiamoci quei fastidiosi conati di vomito ogni 5 minuti.
Anna aveva acceso una candela profumata.
“Non berrò mai più in vita mia” disse la rossa sulla soglia del water, dove stava vomitando da una mezzoretta ormai,
“Seee, non ci crede nessuno” Anna si girò e sorpresa, trovò la sua compagna Jenette con un sorriso beffardo stampato sul volto
“Allora, che ci facevi al bar qua dietro?”
“Potrei farti la stessa domanda…non ti ho mica chiamato io per venirmi a prendere”
“Senti, a volte non è facile essere me. Ero lì per svagarmi, non immaginavo certo che ci saresti stata anche tu”
“Potevi anche lasciarmi lì…” disse Anna prima di vomitare ancora
“Guarda, ti sei risposta da sola.
Ad ogni modo, ho detto a tutti che ti sei sentita male durante l’appuntamento, che sei tornata qui e che io ti ho incontrata per caso all’entrata”
“Non credevo avessi tanta voglia di coprirmi” disse la rossa asciugandosi la bocca
“Non ho per niente voglia, ma se spiego dov’eri, dovrò spiegare dove ero anche io, e, come puoi immaginare, proprio non mi va, quindi per questa volta sarò costretta a chiudere un occhio e salvarti il didietro”
“Fine come sempre…”
“Beh…dai, adesso tocca a me, cosa ci facevi lì?”
“Suppongo di potertelo dire…niente, non sono andata a nessun appuntamento, ho scaricato Hans come lui ha fatto con me”
“Ti credi furba?”
“Cosa?”
“Permettimi, non ero io quella che piangeva, avevi un’opportunità, e l’hai sprecata, che ne sai, magari aveva una buona motivazione”
“E se invece non ce l’aveva?”
“Avresti potuto andartene via, e dire che l’appuntamento era stata una delusione, ora non puoi dire proprio nulla, dal momento che l’appuntamento non c’è stato”
“In effetti non ci avevo mai pensato…”
Jenette alzò le spalle come per dire –lo so di essere superiore, è inutile che me lo dici-
“Adesso mettiti a letto, così magari sarai in grado di provare per la prossima serata”
Anna seguì il consiglio e si mise a letto.
 
“Anna sveglia!”
“Elsa…no, adesso non mi va di fare un pupazzo di neve…”
“Non sono Elsa! Anna muoviti!” Kristoff davanti a lei continuava ad urlare
“Ma si può sapere che succede?”
“Succede che va tutto a fuoco corri!!”
Anna realizzò cosa stava accadendo e si buttò giù dal letto.
Si liberò dalla coperta che aveva avvolta attorno al corpo e corse, non prese nulla, nemmeno il cellulare o qualche vestito.
-prima di tutto salvarsi la pelle- pensò mentre correva via
Robert e gli altri erano lì, a guardare il teatro che bruciava, poi vedere le fiamme spente e infine l’edificio carbonizzato.
Piangevano tutti quanti.
“Ragazzi…che succede? Sì insomma, possiamo sempre trovare un altro posto, il pubblico ci ama, ci seguirà ovunque!
Forse è per la roba…non vi preoccupate! Le cose importanti si possono ricomprare e…”
“Anna!” urlò Jenette con impazienza
“Questa era la nostra casa! Noi non ce lo abbiamo un altro posto dove vivere!”
“Beh…potevate dirlo subito! Venite in casa mia, sì insomma, è piccola, e ci sono degli insetti, ma ci dovremmo entrare, e forse se riesco a smuovere Elsa dalla sua camera ci potrà dare una mano, non assicuro nulla…ma insomma, posso sempre provare e…”
Anna si accorse degli sguardi esterrefatti dei suoi compagni
“Ho detto qualcosa di sbagliato?”
Come risposta tutti i suoi coinquilini, Robert incluso, corsero ad abbracciarla, e per una volta, Anna si sentì davvero a suo agio.
 
 
 
 
“Allora…Miranda, Jenette e io potremmo stare in camera mia, i ragazzi -e Robert- vi troverò dei cuscini e delle coperte…e per ora staremo qui, poi se riesco a farmi aiutare dalla biondina là dentro, forse troveremo altro spazio, ma per ora potrebbe andare…”
-e lei ieri era sbronza…mi immagino come sia quando sta al meglio- pensò Jenette tra sé e sé.
“Adesso provo…”
Anna bussò
“Elsa?”
Niente
“Elsa…sono io…lo so che non mi vuoi vedere…non so perché ma ti prego apri, è un’emergenza, non scherzo! Insomma, dai, fatti vedere, non ti chiedo il mondo”
Niente
“Elsa?”
“Forse è uscita” disse Anna alzando le spalle
Mise un po’ d’acqua sul fuoco e preparò una pasta asciutta con tutto quello che c’era in casa.
Sentì il telefono fisso squillare
“Pronto?”
“Ciao Anna…sono Jack”
“Ciao, senti, prima che tu dica qualcosa, mia sorella non è qui, quindi è da te, c’è per forza, insomma, potresti dirle di tornare a casa e che ho bisogno del suo aiuto urgente?”
“E’ proprio questo il punto Anna…”
“Come?! Non vuole vedermi?! Ancora? Ma insomma, se dico che è urgente vorrà dire che deve venire no?”
“Anna, non è che tua sorella non vuole venire da te è solo che Elsa è…scomparsa”
 
 
 
Angolo dell’autrice
Bam bam baaaaaam!
Allora?? Come ci siete rimasti? Io malissimo, ve lo assicuro.
E questo è solo l’inizio!
Fatemi sapere che ve ne pare! :*
Irian <3
 
 

 

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Capitolo 8
*** people ask where you been ***


AVVERTENZE: QUESTO CAPITOLO E’ UNO SCAMBIO DI LETTERE TRA AGAR E ELSA CHE COMINCIA DALLA PARTENZA DELLE DUE SORELLE PER BROOKLYN E FINISCE CON LA SCOMPARSA DI ELSA.
BUONA LETTURA

 
Cara Elsa,
luce della mia vita, principessa dagli occhi di ghiaccio, come stai tesoro mio?
Vorrei essere lì con te, ma come potrai immaginarti è impossibile.
Oh tesoro, qui le cose vanno di male in peggio.
Quel viscido di Grant continua ad osannare gli ideali della monarchia, e la mia gente sembra abboccare, come se le sue parole riuscissero a radicarsi nelle loro menti.
Ma come si può essere tanto stupidi, bambina mia?
Ci abbiamo messo anni e anni per liberarci da questa oppressione, e ora siamo di nuovo qui, a cercare di aggrapparci alla nostra libertà, ma se bisogna combattere, combatteremo, resisteremo, ci terremo quel che è nostro, ci aggrapperemo con le unghie e con i denti ai nostri ideali.
Ma adesso dimmi, tesoro mio, come sta Anna?
Rammenti quello che ti dissi prima della vostra partenza?
Ecco, deve rimanere il nostro segreto, ora e per sempre.
Un bacio,
Agar
 
 
Papà,
quello che mi dici non fa che preoccuparmi sempre di più.
Anna ha voluto che venissimo a stare qui, ricordi? Anna, non io.
Voglio tornare, mi preoccupa la situazione della nostra terra, voglio starvi accanto e assicurarmi che non possa succedervi nulla.
Hai ragione, la monarchia è davvero una proposta stupida, ma spesso e volentieri il popolo stesso è stupido, erro in quel che dico?
Credo di no.
Se la monarchia dovesse tornare…lo sappiamo entrambi.
Per fedeltà nel nostro popolo saremmo costretti a farlo.
Io, come te, non voglio farlo in alcun modo, ma se non ci fosse altra scelta?
Anna sta bene, come sempre, a volte sembra che non voglia proprio crescere, sta sempre a correre e a saltare, ma almeno si dedica alla biologia…quella è la cosa più razionale che potrà mai imparare Anna.
Sembra una bambina, potrebbe fare una pazzia da un momento all’altro.
Non capisce e non capirà mai quello che sta succedendo.
Oh padre! Dammi altre notizie, ti prego! Io devo sapere, io non sono Anna, io tengo al mio popolo e alla nostra identità, per favore, scrivi presto, ho sempre più paura, e sai bene che se proverò ad affrontare la situazione lontano da voi Anna mi odierà, non capirà mai, farà come sempre, preferirà odiarmi piuttosto che capire fino in fondo.
Elsa
 
 
Oh Elsa! Non dire così…Anna è un po’ ingenua ma…non vorrebbe mai che tu stessi male, darebbe la sua vita piuttosto che vederti ferita.
E noi dobbiamo ricambiare.
Non possiamo farlo, lo sai bene, nessuno dovrà mai venire a conoscenza del nostro segreto, ma in caso contrario, preferirei diventare io oggetto della sorte che in questo caso, toccherebbe ad Anna, è mia figlia.
Qui le cose sono in un momento statico.
La popolazione è divisa, ma forse le cose torneranno a posto.
Rimanete a Brooklyn al sicuro, se dovesse succedere qualcosa, voi non avrete di che preoccuparvi lì, invece qui sarebbe troppo pericoloso.
E poi…come faresti a spiegarlo a tua sorella?
Non appoggio quello che hai detto, ma una cosa è sicura, Anna non capirebbe, non capirà mai, e non è colpa sua, lei è troppo buona.
Prenditi cura di lei e di te stessa,
Papà
 
 
Anche io sono tua figlia.
Voglio tornare e starvi accanto, questo posto non è per me, è come se fossi chiusa in una gabbia senza uscita!
Anna è felice! Io no!
Ti prego, lasciami tornare!
 
Cara Elsa,
scusami se rispondo solo ora, lo so, sono passati tre mesi, ma non ho potuto scriverti prima.
Mia cara, non immagini cosa sia successo qui, è come se il mondo fosse tornato indietro.
Grant è il nostro re, e un re ha i suoi cavalieri.
Gli zingari sono perseguitati, vengono rinchiusi e poi uccisi, chi si rifiuta di segnalare un potenziale “colpevole” viene accusato di tradimento al regno e la pena da scontare è la morte.
Oh Elsa, io voglio essere fedele al mio regno, ma sai che non posso, e nemmeno tu.
Non dovete tornare per nessuna ragione, negli USA siete al sicuro.
Papà.
 
 
Papà,
non posso credere che sia successo, sto male solo all’idea.
In questi mesi di assenza ho temuto il peggio, mi sono isolata da tutti, compresa Anna.
Credo che lei mi odi per questo, ma se le spiegassi, non capirebbe.
Nemmeno io voglio farlo e non lo farò papà, proteggerò Anna.
E’ una testa calda, un’irresponsabile e un’incredibile testarda, ma è mia sorella e io le voglio bene, la proteggerò a costo di perdere la vita.
Ha cominciato a lavorare in un teatro, sembra felice, ma…ma, vedi papà, io mi sono chiusa nella mia camera, e sono mesi che resto qui.
Se uscissi, Anna mi pregherebbe di spiegarle tutto, si metterebbe a piangere, e io non potrei sopportarlo.
La abbraccerei e mi sentirei costretta a dirle tutto, non posso farlo, per il suo bene.
Devo scomparire, vegliare dall’alto su di lei e proteggerla, ma lei, lei non deve vedermi, deve dimenticarmi.
 
 
 
 
Elsa,
cosa dici?
Tua sorella impazzirebbe piuttosto che dimenticarti.
Ti adora, devi rifarti viva, cerca di trattenerti, non devi dirle nulla.
Ricordati, se le dirai anche un solo minuscolo dettaglio, tutto lo sforzo di questi 20 anni andrà perso.
Ti scrivo questa filastrocca, dovrebbe aiutarti, ogni volta che sei sul punto di dirglielo, ripetila a mente.
 
Non dire mai,
la verità,
se sei brava nessuno lo saprà,
Celare,
Domare,
Perché io so, che è un segreto
e lo proteggerò
Con affetto,
papà.
 
 
Va bene papà, farò come vuoi tu.
Elsa
 
 
 

Angolo dell’autrice
Qualcuno ha capito qualcosa? Qualcuno sta intuendo?
Spero di sì ragazzi perché la storia si fa intricata, che dico intricata, intricatissima!
Ringrazio tutte le persone che seguono/preferiscono (?) la storia, e tutte le persone che recensiscono (vi adoro!).
Ditemi che ne pensate<3
Irian

 

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Capitolo 9
*** i'm not afraid ***


Quella mattina era il turno di Anna di fare la spesa, prese con sé la sua borsa e con la lista in tasca, portava abiti semplici, era pronta ad uscire.
“Dovrebbe andarci Kristoff non tu” disse Jenette puntando il dito contro il petto del ragazzo
“Lui non ci va mai”
“Non è vero ci sono andato…”
“Andato…quando? Da quando siamo qui siamo andati tutti tranne te”
“Allora fate andare me oggi”
“Non serve…ci vado io” disse Anna
-perché non ci andate tutti e due?- propose Miranda
Kristoff e Anna si guardarono per un minuto. Il loro rapporto, se così lo si poteva chiamare, era stato decisamente altalenante, piccole parole intervallate da sguardi.
“Uff…va bene” acconsentì il ragazzo
 
Uscirono di casa, casa? Aspettate, ah sì…la casa…era diventata più una trincea che una casa.
Essendo 5 (senza contare Robert, che era andato a vivere dalla sua nuova fidanzata Lyanna), si stava stretti, e poi Jenette e Jason riuscivano a creare disordine ovunque mettessero piede.
 
Kristoff quella mattina si sentiva molto, molto imbarazzato a dover stare così in contatto con Anna.
Tutti sapevano che Elsa era andata via, che l’aveva abbandonata.
L’aveva sentita piangere nella notte un’infinità di volte, e avrebbe voluto fare qualcosa, calmarla, dirle che andava tutto bene, ma…sarebbe servito a qualcosa? Dopotutto quello che aveva da dirle erano sì, frasi rincuoranti, ma erano anche frasi false perché tutto ciò che poteva dirle non era vero, Elsa, tutti lo sapevano, non sarebbe tornata.
 “Kristoff? Ehi? Ti sei addormentato?” lo risvegliò dai suoi pensieri
“Ti ho chiesto se mi prenderesti il pacco di Scottex in alto”
“S-sì” glielo prese e lo mise nel carrello
“Allora Anna…cosa prendiamo per la cena?”
“Beh, speravo di fare un arrosto con broccoli e patate” ammise lei sorridente
“Oh ottimo e dobbiamo prendere…”
“I broccoli e le patate” disse lei ridendo e spingendo il carrello attraverso le corsie del supermercato
Arrivati all’area verdure, Anna vide qualcosa di strano e troppo familiare venirle incontro e abbracciarla
“Anna!” urlò “Sono passata da casa e mi hanno detto che eri qui” sorrise
Anna sgranò gli occhi.
Non era un sogno, era vero! Quel sorriso, che non vedeva da mesi era lì, davanti a lei!
 
“Elsa?”
“Hai ragione, devo spiegarti, posso rubarti qualche minuto?”
Anna guardò Kristoff
“Sì va bene, finisco io qui!” disse allontanandosi con il carrello
“Allora…?”
“Anna” disse lei fermandosi di botto
“Mi spiace, non sai quanto. E’ stato un periodo difficile, sai, il trasferimento e poi mi sono allontanata da tutti, sono scappata…io non volevo, davvero, è stato un momento difficile”
Anna la abbracciò senza pensarci troppo
“Che bello! Sei tornata!” disse entusiasta “Dobbiamo festeggiare! Mhhh…facciamo una torta!”
“Una torta?”
“Beh non qui ovvio…a casa”
“Va bene” la maggiore sorrise
Anna portò sua sorella in giro per tutto il reparto dolci, in cerca di una qualche ispirazione per una potenziale torta
“Elsa…lo senti questo odore?”
“Sì…è così buono…sbaglio o è…”
“CIOCCOLATA!” dissero all’unisono
Risero
“Ecco! Un dolce alla cioccolata! Che ne dici?”
“Mi sembra meraviglioso”
Comprarono gli impasti e un succo d’uva, Anna era euforica, saltellava dappertutto
“Ehi” Anna guardò la sorella curiosa
“Sì Anna?” Elsa cominciava a temere qualche domanda scomoda
“Dove cavolo l’hai comprato quel vestito?!”
Elsa si mise a ridere pensando alle domande di Anna, lo guardò, era un lungo vestito bianco, trovava che fosse meraviglioso con la sua treccia laterale
“Oh beh…è stato Jack a regalarmelo”
“Uh uh uh…”
“No Anna non ci pensare nemmeno, siamo niente più che amici”
“Ceeeerto” disse Anna ridacchiando
Tornarono a casa chiacchierando, parlando del teatro e di ciò che si erano perse in tutti questi mesi.
Arrivate, Elsa era sul punto avere un deliquio perché la casa era estremamente sporca e estremamente in disordine.
Mentre Anna preparava l’arrosto e la torta, Elsa pulì a fondo tutta casa, Jenette e gli altri ragazzi la guardarono sbalordita, alla fine del lavoro non sembrava nemmeno stanca.
La carne era croccante e gustosa, la verdura morbida e saporita, la torta deliziosa e il succo dissetante.
Anna e Elsa si misero vicine, con i loro sacchi a pelo, a raccontarsi storie e a ridacchiare, facendosi riprendere più volte dai coinquilini.
“Dai Anna, adesso è il momento di andare a dormire”
“Uff…va bene” disse la minore, che era decisamente euforica
La giornata non poteva concludersi meglio.
 
 
Non appena tutti furono andati a dormire, Elsa si vestì in fretta e sgattaiolò fuori dall’appartamento.
Corse veloce, cercando di non farsi troppo notare, si fermò alla scatola rossa, quella dove si mettono le lettere da spedire.
Inspirò profondamente e rilesse il contenuto della lettera.
Papà, sono io, Elsa,
ho fatto come mi avevi suggerito, sono tornata da Anna, devo proteggerla da quello che potrebbe succedere se il nostro segreto venisse a galla.
Lei mi ha creduto, non ha fatto domande.
Non hai idea quanto io soffra nel vedere il suo sorriso e i suoi occhi felici ogni volta, e quanto fatica faccio a dovermi trattenere.
Ricordo la tua filastrocca:
non dire mai la verità,
se sei brava nessuno lo saprà,
celare,
domare,
perché io so,
che è un segreto e lo proteggerò
me lo ripeto ogni giorno, ogni singola parola, nei momenti di incertezza, mi aiuta, nei momenti di indecisione, mi sostiene; è un bene, non sono ancora pronta per crollare.
Con affetto, Elsa.
 
Chiuse la busta e la fece scivolare nella bocca del contenitore, tornò velocemente a casa, dove si cambiò e si rimise a dormire.
 Anna emise un mugolio, poi trovò il corpo caldo della sorella, la abbracciò, e si lasciò nuovamente cullare dal sonno.
 
 
Angolo dell’autrice
Badabum! Sono tornata!
Innanzitutto volevo scusarmi con voi per questo immane ritardo, ma purtroppo mi sono mancati tempo e voglia per continuare questa long, adesso mi sto riprendendo e spero prossimamente di pubblicare un nuovo capitolo.
Questa è una parte estremamente importante, come avevo introdotto dal capitolo precedente, Elsa si riavvicina ad Anna (su suggerimento del padre) per proteggerla da un segreto oscuro di cui nessuno saprà (per ora) l’entità.
Dato che il mio scopo principale nella vita a parte stare su questo fandom è fare spam, vi consiglio (se vi va) di fare un salto a leggere la mia nuova storia, una collaborazione, la trovate sulla mia pagina, si chiama alpha e omega.
Al prossimo capitolo miei pupazzetti dolciosi (?)
Goodbye, by Irian!

P.s. propongo una nuova ship: la Lyannobert o la Robanna (quale è meglio?)  

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Capitolo 10
*** please don't slam the door ***


Anna stava ordinando le sue cose nella borsa: costume, shampoo, asciugamano, sembrava stranamente tranquilla.
Da quando Elsa aveva fatto ritorno Anna sembrava vivere su una barca a vela con il vento sempre a favore.
Cucinavano insieme, sbrigavano le commissioni, andavano in giro cercando dei lavoretti, erano inseparabili, non lo erano mai state tanto in tutta la loro vita; Anna infatti aveva numerose volte ringraziato il cielo per averle separate, erano stati mesi inevitabilmente duri, ma adesso erano più unite che mai.
Era domenica, quella mattina Elsa era andata a fare visita a Jack, che non vedeva da molto tempo; nel frattempo Anna e i suoi coinquilini avevano deciso di andare in piscina, tanto per svagarsi un po’.
Con il tempo la tensione tra i ragazzi del teatro si era dissolta, non appena li avevano messi davanti alla prospettiva di vivere insieme.
Un clima amichevole era necessario.
Anna non li riteneva i suoi migliori amici, ma erano dei ragazzi in gamba e dei buoni compagni.
Aveva indossato una camicia larga bianca e un paio di pantaloni leggeri,aveva le sue solite trecce e gli occhiali da sole sulla testa (che poi vanno in piscina, quindi, Anna cosa cetriolo ti porti gli occhiali da sole).
Era una piscina bella grande, con 5 corsie e una piscina più piccola con l’idromassaggio caldo.
Anna si tuffò dal trampolino più alto, sentì l’acqua gelata venirle incontro, pizzicarle il viso.
Raggiunse il pavimento e  lo toccò con i piedi, si diede la spinta e riemerse riprendendo fiato.
Quella semplice azione, le aveva dato l’impressione di essere libera, lontana da tutte le preoccupazioni.
Sul bordo della piscina vide Kristoff con le braccia incrociate, fissava l’acqua in silenzio senza entrare.
“Non entri?”
“Nah detesto l’acqua”
“Eddai”
“No”
“Eddaaaai”
“No”
“Va bene” disse Anna facendo spallucce, si rituffò nell’acqua nuotando fino a sfiorare quasi il pavimento, ci nuotò raso raso, senza toccarlo, girandosi più volte, adorando la sua agilità.
Quando riemerse, Kristoff era entrato,aveva l’acqua fino al collo e la sua solita espressione scorbutica, sbuffò.
“Io non volevo entrare”
“Nessuno ti ha detto di faro” disse Anna girandogli intorno
“Cavolo, mi hai fissato con i tuoi occhioni giganti, questo basta e avanza”
“Aspetta, che?”
Kristoff girò il viso nella direzione opposta, mettendo il broncio
-sembra un bambino- pensò Anna sorridendo
Si appoggiò alla scaletta per passare dalla piscina calda a quella fredda, quando sente Kristoff chiamarla
“Eddai, non te ne andare, sono appena entrato”
“Vieni con me no?”
“Non mi piace il caldo…”
“O mio dio Kristoff oggi sembri tornato indietro nel tempo, sembri un bambino a cui hanno rubato le caramelle” dice Anna, ma mentre cercava di risalire, la sua inettitudine la tradì di nuovo, scivolò e ricadde in acqua, facendo un gran rumore e schizzando acqua da tutte le parti; come se  non bastasse, riuscì a far cadere anche il povero Kristoff.
Dopo essere riemersi, sputando acqua e tossendo, si guardano per un momento negli occhi.
Dopodiché Anna scoppiò a ridere per la caduta, e Kristoff si mise a ridere a sua volta.
Riprese velocemente la salita, lasciando Kristoff in acqua da solo.
Si immerse nell’acqua calda ristoratrice, sentì ogni fibra del suo corpo rilassarsi, chiuse gli occhi e lasciò la sua mente a riposare.
nel frattempo in Norvegia…
“Io…non posso crederci…” disse tra le lacrime “Come hai potuto farmi questo? Tenermelo nascosto…chi altro lo sa?”
“Tesoro io…” disse lui cercando di comporre una frase intelligente, che potesse riparare ai suoi errori
“Tesoro…hai ancora il coraggio di chiamarmi così…”
“Volevo dirtelo, lo giuro”
“E perché non l’hai fatto allora?” disse lei ferocemente, passando dalla triste delusione alla rabbia
“Credevo…che non avresti capito”
“Certo che non avrei capito” disse lei singhiozzando “Chi altro lo sa?”  aggiunse tremando
“Elsa” disse lui abbassando il capo
“Elsa…Elsa lo sa…” disse lei con amarezza, si strinse a sé stessa, lasciando scivolare le lacrime sul suo volto candido
“Le ho chiesto io di mantenere il segreto”  disse sospirando “E’ colpa mia”
La moglie lo guardò negli occhi, lasciò la cucina e si riparò nella sua stanza vuota, piangendo sommessamente.
Iduun era una donna buona. Una donna semplice, che non aveva mai preteso troppo dalla vita, era bella, dolce, una donna diplomatica, gentile.
Aveva corti capelli color caffè e occhi color mandorla, sapeva che i colori così chiari di Elsa erano di sua sorella, la zia di Elsa, ma si era sempre chiesta da dove venissero i colori di Anna.
Si trovava con la schiena appoggiata alla porta, raggomitolata su se stessa
“Iduun…ti prego apri questa porta” le disse suo marito dal lato opposto della porta
Scelse di non rispondere.
“Iduun ti prego, cerca di capirmi, non avevo altra scelta”
“C’è sempre un’altra scelta”
 
 
 
Angolo dell’autrice
IRIAN IS BACK FOR YOU GUYS
Salve a tutti, signore e signore,  bambini e bambini, cani e meta-lupi.
Dovreste essermi grati lo sapete? Io sono qui, alle 16:23 ti pomeriggio, in Sicilia, con un sole che spacca le pietre  per voi ragazzi, solo perché so che non potete vivere senza la mia ff (scherzo ovviamente lol), e quindi sono stata giorni a buttare giù questo capitolo e, perdonatemi se è corto, ma capirete che ho troppa poca voglia per scrivere una cosa lunga e importante.
Qualcuno ha capito qualcosa? Ditemi di sì please, che oggi ho finalmente capito come far finire questa ff, mi merito un biscottino.
Ma non disperate…la fine arriverà ancora tra molti molti capitoli (dovrete sopportarmi ancora per un po’).
Sarò qui fino al 15 luglio perciò mi spremerò le meningi per riuscire a scrivere il nuovo cap, sempre se tempo e ispirazione mi faranno visita (tempo si fa per dire visto che sono in vacanza…).
Ma…vabbè vedremo (che note lunghe, comincio a spaventarmi)
IRIAN LOVES YA

 

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Capitolo 11
*** i'm in your magical mystery ride ***


Procedeva ritmicamente sul marciapiede freddo e bagnato, in direzione di quel posto, quel posto dove il tempo sembrava fermarsi, almeno così era sembrata la prima volta, l’unica volta a dire il vero.
Erano vie impervie, tante piccole viuzze ma lui mai, mai, aveva dimenticato la strada, era troppo importante per essere dimenticata.
Ett route, eccola, la via più angusta di tutto il quartiere di periferia; le luci si vedevano da metri e metri.
Entrò facendo tintinnare un campanello alla porta, un uomo tozzo e leggermente grasso lo squadrò da capo a piedi, e poi, timidamente gli indicò un tavolo al centro della sala.
 Era un piccolo locale con travi di legno scuro appese al soffitto, un bancone da bar, musicisti e ubriachi che cantavano tutta la notte.
La guardò, stava conversando animatamente con un uomo decisamente ubriaco che continuava a bere vino
“Non è facile essere ubriachi, altrimenti lo farebbero tutti non credi?” disse lui confusamente
“Certo” ribbatté lei mandando giù un altro sorso, poi lo vide e sembrò illuminarsi in viso, si alzò e vedendolo gli sorrise
“Sapevo che saresti tornato” prese dal bancone due boccali di birra ed alcuni bicchierini contenenti un liquido bianco, li poggiò sul tavolo
“Cosa ti porta qui?” gli disse prendendogli le mani
Era una bellissima donna, con i capelli rossastri e la pelle olivastra, aveva occhi blu profondi come il mare, lui non l’aveva mai dimenticata.
Abbassò il capo “Lei sa tutto”
Agar ingollò un sorso di quella birra aromatizzata, per poi rivolgersi di nuovo alla donna “Ma non fa niente, non è questa la cosa importante, io ho paura possa fare del male ad Anna, lei mi odia”
“Posso andare a parlarle io, spiegarle tutto”
“Non servirebbe a nulla, si comporta in modo strano,continua a limare il pomello della nostra teiera d’argento, non fa altro tutto il giorno, ha le occhiaie e non mi rivolge la parola”
“Anche se può sembrare falso, mi dispiace per tua moglie, ma Anna? Come sta la mia bambina?”
“Anna sta bene, mia figlia, Elsa, la protegge, ma se il nostro segreto dovesse venire a galla, sia tu che lei verreste uccise, ma…ho anche molta paura di quello che potrebbe fare Iduun”
“Non avrei mai dovuto dirti di portarla con te”
“E’ anche figlia mia” disse bevendo un sorso del liquido bianco “E’ stato giusto così”
“Servite ancora latte con miele” disse ridendo
“So che è troppo dolce per te, ma piace a molti clienti, non chiedermi come mai”
“Ho paura per mia figlia capisci? Ora che Iduun sa che non è figlia sua potrebbe fare qualsiasi cosa”
“E se tu…la portassi qui? Da me? Io e i ragazzi la nasconderemmo, non la prenderanno mai”
“Non so se avere più paura di Grant o di Iduun”
“Grant non la scoprirà, la nasconderemo, dopotutto nessuno sa che è figlia di una zingara, non hanno il potere di ucciderla; mentre se Iduun non venisse a sapere che è qui, non muoverebbe un dito, ne sono sicura”
“Esmeralda…tu mi stai chiedendo di riportarla qui?”
“Esatto” disse lei muovendo il capo

 
Ne sei sicuro padre?
 
Sì Elsa, sai quello che devi fare, lascia andare il nostro segreto
 
Elsa le disse tutto, tutta la chiara verità a sua sorella, che lei non era figlia della madre e del padre che credeva di avere. Era figlia di Agar e di una zingara, Esmeralda, e ora, ora, doveva tornare a casa perché Iduun era scesa nella pazzia, e per il suo bene avrebbero dovuto separarsi, di nuovo.
Quella fu una notte insonne per Anna, che non seppe darsi pace,aveva troppe, troppe domande che necessitavano una risposta, anche se mancavano i soggetti a cui porle, queste domande.
Era successo tutto così in fretta, in modo così confuso. La sua vita era scivolata giù da un dirupo senza che lei se ne accorgesse.
Tutto quello che credeva vero adesso era un punto interrogativo, non sapeva più chi era, aveva perso la sua identità.
“Anna, dormi?” chiese una voce fuori dalla porta
“No” rispose lei senza staccare lo sguardo dal soffitto
La porta si aprì lentamente e Kristoff entrò senza dire una parola, si stese accanto ad Anna
“Mi dispiace” disse solo, “Mi dispiace”
Si girò verso il ragazzo “Sì, dispiace anche a me”
E si addormentarono così, uno accanto all’altra senza toccarsi, né rivolgersi la parola.
 
 
Angolo dell’autrice
O MIO DIO O MIO DIO O MIO DIO O MIO DIO
Voi non avete idea della carica emozionale che ho messo in questo capitolo, voi non lo potete immaginare.
Intanto ho pubblicato in fretta, molto in fretta ragazzi miei, è ora che questa storia entri nell’occhio del ciclone muaahhaah.
Questo è il segreto che a lungo Agar e Elsa hanno nascosto, so che alcuni di voi lo immaginavano, in effetti ho cercato di farvelo intuire un tantino.
Ragazzi miei, anche se il segreto è svelato, la fine di questa long è ancora lontana e so che potrei avervi dato il primo colpo per una morte prematura, mi spiace tanto.
Vi voglio tanto bene as always e pretendo delle recensioni, LE PRETENDO.
IRIAN LOVES YA AS EVER
 
 

 

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Capitolo 12
*** Who am I? ***


Questo capitolo è per quella persona
 a cui non so se voglio bene,
che mi ha creato un sacco di dubbi, e effettivamente
ancora non so: se mi abbandonasse,
soffrirei?
 

 
 
 
 
Who am I?
Will I?
Be defined by this curse I hold inside?
Should I?
By deprived of the life, that I deserve,
just because life threw me a curve?
I’m just a girl…
Posò lo sguardo fuori dal finestrino,
cercando di dimenticare, cercando di dimenticare dove stava andando,
cosa stava facendo, ma soprattutto, cercando di dimenticare chi era.
Chi era?
Anna, solo Anna, solo una ragazza che ama recitare e che ha i capelli rossi, non una figlia illegittima, non la figlia di una zingara.
Era da sola, senza Elsa, né Kristoff, né Miranda; in quell’aereo che l’avrebbe dovuta riportare in Norvegia, quell’aereo che l’avrebbe portata a casa.
Il viaggio era lungo e Anna non faceva altro che pensare.
Chi sono? Cosa ero? Elsa, mi vorrà ancora? Mia madre, chi è? Mio padre, la amava? Mio padre, amava Iduun?
Più il tempo andava avanti, più le domande continuavano ad aumentare, mentre Anna avrebbe voluto solo riposare.
Si strinse nella sua camicia bianca e cercò di ascoltare un po’ di musica per rilassarsi.
Fuori dall’aereo il paesaggio stava mutando.
Le sfumature plumbee del cielo si mischiavano con le nuvole di un rosa leggero, sembrava un quadro quello che adesso le si presentava davanti.
A guardarlo, tutti i suoi problemi sembravano molto molto più piccoli, all’improvviso si mise a ridere tra sé e sé, pensando a quante possibilità avrebbe avuto adesso, adesso che era libera, che stava andando in un nuovo posto e sarebbe potuta essere chi voleva.
Quando atterrò, vide un uomo sventolare un cartello con sopra scritto il suo nome, era un uomo alto, minaccioso, con i capelli nero corvino e degli abiti sporchi e grossolani.
La trascinò a bordo di una macchina e per tutto il tempo, Anna ebbe paura, molta paura di quell’uomo.
Arrivarono ad un campo delimitato da una staccionata, ospitava tende con teli, campi coltivati, una piccola foresta e un grande falò acceso.
“Anna!” urlò una donna, la vide correrle e stringerla forte
“Oh bambina mia! Come sei cresciuta! Sei bellissima” disse lei accarezzandole il viso
“Ah…a proposito…io sono Esmeralda, e so che adesso ti sembra difficile da credere ma…sono tua madre” Anna sorrise e disse “Sono felice di averti conosciuta”
Esmeralda annuì “Ti presento gli altri” disse indicando le persone sedute attorno al fuoco “Loro sono Arya, Beatrice, Edward, John, Riccardo, Cindy, Andrea, Wendy, Erin e l’omaccione che ti ha accompagnata è Bernard, sembra burbero ma ha un cuore d’oro”
Escluso Bernard, erano tutti ragazzi della sua età, che a quanto le spiegarono, aiutavano Esmeralda nelle faccende varie per mandare avanti il loro campo.
“So che per te è stato un lungo viaggio e che ti ci vorrà un po’ per ambientarti, ma noi da adesso in poi saremo la tua famiglia, loro sono come dei figli per me e saranno come fratelli per te, ti proteggeranno e ti daranno il loro supporto, benvenuta tra noi” disse Esmeralda
“Anna! Anna! Anna!” i ragazzi stavano battendo in terra dei boccali pieni di birra e stavano gridando il suo nome.
Mangiò, chiacchierò, intonò persino qualche ballata nelle vecchie lingue nordiche, e per una volta, una singola volta, Anna credette di sapere chi era.
 
La mattina dopo, si trovò a preparare uno stufato di carne alle erbe per cena insieme a Esmeralda.
“Allora…tu e mio padre…come è successo? Insomma, non intendo in quel senso, ma più che altro, come faceva Iduun a non saperne nulla, dopotutto è lei che mi ha cresciuta come una madre”
“E’ una lunga storia, Anna, ma ti racconterò tutto:
ecco, dopo la nascita di tua sorella, qualche anno dopo, tuo padre venne da me, al locale dove lavoro. Era stanco e ubriaco, e beh, insomma, dopo un paio di mesi mi accorsi che ero rimasta incinta.
Io non potevo crescerti, all’epoca eravamo solo io, Bernard e Riccardo, come avrei potuto? Così pregai ad Agar di portarti con lui, di crescerti dandoti il suo cognome, come fossi figlia s ua e di Iduun.
Per i primi tempi Iduun seppe tutto e sopportò in silenzio la tua presenza, ma, vedendoti crescere, non riuscì più ad accettarti come sua figlia biologica, cosa che non eri.
Voleva ripudiarti e tu saresti finita a vivere con me, che non potevo darti niente.
Tuo padre non potè fare altro che portarti da me; quella sera però, prima di lasciare la casa, successe qualcosa.
Iduun sbattè la testa e perse la memoria degli ultimi anni, Agar, per il tuo bene, pensò di non raccontarle di me, e di dirle che quella era sua figlia. Tutto questo finchè non tornò a regnare la monarchia, Agar disse tutto a Iduun, e insieme decidemmo che saresti stata più al sicuro qui, con me”
“Tu lo amavi? Insomma, era solo un fuoco di paglia o era vero amore?”
“Anna…cosa ne sai tu del vero amore?”
“Hai ragione…non so niente”
“Nemmeno io tesoro, non so nemmeno se esista” sorrise
Quella sera fu diversa, non scese alcuna lacrima dagli occhi di Anna, e anche se si sentiva persa senza sua sorella, sapeva che non sarebbe mai più tornata a casa.
Quella era la sua casa.
 
 
Angolo dell’autrice
Buonsalve.
Comincerò con le cose strappalacrime.
Allo scorso capitolo abbiamo raggiunto le 25 recensioni, ed è qualcosa tipo, che, io, beh, non ho proprio parole.
Siete tipo troppo carini e dolci, e io vorrei tipo abbracciarvi tutti (ripeterò la parola “tipo” un sacco di volte, lo faccio quando sono in imbarazzo, e io sono in imbarazzo quando le persone mi rendono felici), ma beh, non posso.
Vi ringrazio per tutto l’appoggio che mi date, sappiate che vi ammiro.
A ognuno di voi.
Ammiro la vostra voglia di scrivere, di andare avanti, di lottare, so che ci mettete il cuore in ogni parola delle vostre storie o in ogni parola che spendete per me, e io non so davvero come dirvi grazie.
GRAZIE GRAZIE GRAZIE.
*okaaaay ce la posso fare*
In questo capitolo ho spiegato un pochino meglio questa storia di Anna, spero di essere stata esaustiva, perché in effetti io ero partita con quella bellissima idea e poi, vabbè, c’erano dei buchi di trama abbastanza grandini.
Sto lavorando ad una nuova long (ma prima finisco YMMR, don’t worry) un po’ particolare e fuori dai miei standard.
IRIAN LOVES YA
 
 

 

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Capitolo 13
*** not a footprint to be seen ***


 Questo capitolo
non lo dedico a nessuno,
è solo per me.
 
 
 
Guardava fuori dalla finestra la neve cadere.
Soffice come zucchero a velo, scendeva piano e si poggiava sulla superficie del terreno, tingendolo di bianco soffice, rendendolo un manto di terra asfaltata coperta di uno strato leggero di pasta di zucchero.
Si chiese se aveva fame, perchè continuava a paragonare mentalmente la neve a dolci e ingredienti zuccherosi.
Non aveva fame, era giorni che mangiava senza averne davvero voglia, lei voleva una cosa sola, voleva indietro sua sorella.
Avrebbe dato chissà cosa per riaverla accanto a sè, l’aveva allontanata per tanto tempo; adesso il lago vicino casa, la neve, la sua immagine nello specchio...ogni cosa, la faceva pensare ad Anna.
Anna era sua sorella, la sua impertinente, maldestra, irruente sorella.
Il cielo pareva essere di un colore diverso adesso che era sola.
 
“Elsa?” le chiese gentilmente Kristoff “Stai bene?”
“Sì Kristoff, non è niente” rispose lei abbozzando un sorriso.
 
Elsa sapeva che invece qualcosa c’era. Era come una punta, una punta affilata che sembrava volerle uscire fuori dalla testa.
Era un dolore lancinante alle tempie.
Si chiese perchè l’aspirina che aveva preso qualche ora fa non le aveva dato sollievo.
Si strinse nel suo maglione e si rintanò in camera.
La sua camera era ordinata, strabboccava di blu, bianco e azzurro, colori che aveva scelto  perchè sapevano infonderle tranquillità.
Adesso sembravano trasmettere solo una mesta tristezza, uno stato vago, un vuoto.
Qualcosa che le mancava e le faceva male.
Rivoleva Anna.
 
Il suo telefono squillò timidamente da sotto una pila di coperte.
Si chiese come ci era finito lì, ma in fondo non le importava granchè.
 
“Hey Elsa, come va?” era Jack, Elsa sorrise, pensando che quel ragazzo non l’avrebbe mai lasciata sola
 
“Come vuoi che vada...”
 
“Mi spiace molto per Anna, vorrei essere lì”
 
“Non preoccuparti, me la caverò”
 
“Fammi pensare a cosa potremmo fare per farvi ricongiungere...”

“Jack, è inutile pensarci troppo, non c’è nulla che possiamo fare. Lei ha sua madre e io ho la mia, mi sto chiedendo cosa ci faccio qui anche io...ma...non posso vedere Anna, quindi tra stare in Norvegia con i miei genitori e stare qui...”
 
“Preferisci stare qui, capisco.” rise piano alla cornetta “Margo?”
 
“Margo? Mi ha scritto l’altro giorno e poi basta”
 
“Non ci credo che si sia schierata contro di te proprio mentre eri in difficoltà...”
 
“Nemmeno io Jack, ma che possiamo farci? Ne abbiamo già parlato”
 
“Lo so ma...ehi...forse ho un’idea...”
 
“Che idea?”
 
“Perchè non raggiungi Anna da sua madre?”
 
“Jack ma che ti salta in testa? Non posso mica presentarmi lì e dire ‘salve sono Elsa, la sorella di Anna’”
 
“E perchè no?”
 
“Sentiamo, cosa dovrei fare? Autoinvitarmi?”
 
“Ma no, prenota un hotel con i tuoi risparmi per un paio di giorni e poi stai con lei, torna in hotel solo per dormire”
 
“E mio padre?”
 
“Non dirgli nulla!”
 
“Non lo so Jack, ci devo pensare, questa idea non mi fa impazzire”
 
“Elsa...?”
 
“Cosa?”
 
“Ti manca Anna?”
 
“Cos’è oggi? Il giorno delle domande cretine? Certo che mi manca, è mia sorella”
 
“E allora parti!” per un attimo, un singolo attimo Elsa ci pensò davvero, prendere un aereo, prenotare un albergo per stare vicino a sua sorella: dopotutto era maggiorenne, aveva tutto il diritto di partire da sola, giusto?
Poi si ricordò degli anni passati in silenzio per mantenere il segreto, solo lei e Agar.
Non poteva tradire suo padre così, non ora.
“No Jack, non se ne parla, discorso chiuso”
 
“Okay, come preferisci tu”
 
“Bene”
 
“Ora vado scusa, mi sta chiamando mia madre”
 
“Okay, a dopo, salutami tua mamma”
 
“Certo, a dopo”.
 
Chiuse la chiamata più triste di prima, come biasimarla? Toccare il cielo con un dito e poi ripiombare giù, chi non si sarebbe sentito rammaricato?
La risposta Elsa la sapeva, lampeggiava chiara e luminosa nella sua mente.
Anna.
 
 
Era mattina presto, la luce dell’alba ricadeva morbida sulle nuvole, rendendole di un colore chiaro e piacevole.
Elsa si stropicciò gli occhi e guardò fissa lo spettacolo che aveva davanti.
Sospirò e poi pensò di nuovo a quell’aereo che avrebbe potuto portarla da Anna, stava diventando quasi un’ossessione riaverla indietro.
 
 
Il giorno dopo inviò un messaggio:
Jack, aiuto, credo di aver fatto la cavolata più grande di tutta la mia vita
 
Cosa puoi aver mai fatto di tanto stupido? :D
 
Ho preso un aereo diretto per la Norvegia con Miranda e Kristoff.
 

Alleluja! Alleluja! Alleluja alleluja alleluuuujaaaaa
 
??
 
Ho sempre creduto in te, lo sapevo che alla fine ce l’avresti fatta! Dove sei ora?
 
Sull’autobus che mi porta all’hotel, pardon, ci porta. Mi ci dovrò abituare.
 
Tu sei il mio idolo
 
Addirittura?
 
Non ci credo che l’hai fatto, wow, vado a farmi una camomilla :’)
 
Bravo, fatti una dormita, ti scrivo domani.
 

cieu;)
 
 
 
Angolo dell’autrice pazzerella
 
WHO’S BACK? IRIAN IS BACK AGAIN!
Hey, bella gente, come siete stati senza la mia lugubre presenza per tutto questo tempo?
Sono sicura che ve la sarete cavata egregiamente senza le mie cavolate;)
Mi scuso molto per il ritardo, ma tra vacanze e robe varie la voglia di aggiornare era volata decisamente via.
Ma ora sono tornata, e dovrete davvero trattarmi malissimo per convincervi a non tornare più.
Il capitolo non era tutta sta gran cosa, mi rendo conto, ma doveva essere un capitolo più calmo, nel prossimo vedrete il ricongiungimento di Anna e Elsa, che mi occuperà un intero capitolo ;).
Baci, perchè le note a fine pagina lunghe non fanno per me:P.
IRIAN LOVES U AS ALWAYS.

 

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Capitolo 14
*** then leave ***


Elsa batteva le nocche sul vetro del bancone del bar, aspettava il suo cappuccino e cercava di trovare le parole da dire ad Anna nel momento in cui l’avrebbe rivista.
“Hey ciao! Come va? Scusa se spunto fuori così…ma ecco…mi mancavi così tanto!”-no oddio così sembro un’ossessiva-
“Hey…passavo da queste parti e…” - passavo da queste parti?? Oh andiamo Elsa!-
“Anna…ecco…mi mancavi e quindi ho deciso di partire…” –nah, sembro scema-
 
“Ecco il suo cappuccino” la voce del barista la risvegliò dai suoi pensieri.
Lo bevve in fretta senza nemmeno assaporarne il sapore, era troppo, troppo nervosa.
 
Io lo sapevo che non dovevo partire Jack, io-lo-sapevo.
 
Buongiorno anche a te…
 

Io sono in un cavolo di bar e non so cosa fare e dire ad Anna!
 
Farti aiutare da Kristoff no eh?
 
Non credo sia una buona idea…è in bagno a pulirsi perché si è versato il caffè addosso…credo stia anche peggio di me.
 
Miranda?
 
Non ho molta confidenza…
 

Perché non le dici semplicemente “Hei Anna, scusami se sono qui, non vorrei che mi prendessi per una stalker, non lo sono affatto! (qui cerca di essere convincente), è solo che non ti sento da tanto e così sono venuta a trovarti, starò solo un paio di giorni e poi tornerò a casa” Ta daaaaaa

Non mi prenderà per una ossessiva assillante?
 
Forse, ma probabilmente lei farebbe anche peggio.
 
In effetti…
 
Adesso vado, il mio ruolo di consigliere della regina è concluso.
 
Non lasciarmi commentare.
 
Quel punto alla fine fa molto “sto per commettere un omicidio di massa”
 
Ciao Jack, meglio se ci sentiamo dopo.
 
Ok ciau:) (pensi non mi sia accorto del punto?)
 
Pagò alla cassa, recuperò Kristoff e Miranda e si diresse ai cosiddetti “campi”, le abitazioni degli zingari.
Aveva sentito da suo padre che Anna si trovava nei campi più a Nord, in uno dei più grandi.
Si diresse in quello che le sembrava il più grande e domandò ad una ragazza.
“Hei…ciao scusami…cerco una ragazza: Anna” la ragazza la guardò per qualche secondo e poi, togliendosi la sigaretta dalla bocca chiese
“Chi la cerca?”
“Sua sorella Elsa”
Si rimise la sigaretta in bocca ed entrò in un tendone.
Mentre aspettava Elsa si guardò intorno, era tutto così disordinato, pieno di tendoni ovunque, un piano cottura fissato nella terra, una staccionata all’entrata.
Erano davvero dei campi, con poca igiene e poca cura, Elsa si chiese come faceva sua sorella a vivere lì.
“Elsa?” sentì una voce chiamarla e a quel punto vide sua sorella Anna con indosso una maglietta bucata e dei pantaloni larghi.
“Anna!” corse e la abbracciò
“Ma che ci fai qui?” le chiese la sorella stupita
“Scusami se sono qui, non vorrei che mi prendessi per una stalker, non lo sono affatto! E’ solo che non ti sento da tanto e così sono venuta a trovarti, starò solo un paio di giorni e poi tornerò a casa” cercò di ripetere le parole di Jack.
“Eh…beh…anche loro” le disse indicando Miranda e Kristoff poco dietro di lei.
Anna si illuminò in viso e corse ad abbracciare Miranda, quasi la fece cadere per terra.
Poi guardò Kristoff e abbracciò anche lui.
“Che bello che siate qui ragazzi!”
“Hei…Anna…non mi presenti i tuoi amici?” Elsa riconobbe la ragazza con la sigaretta di prima, aveva i capelli rossastri e arruffati, legati in una coda.
Anche lei portava vestiti trasandati, aveva gli occhi molto verdi e la carnagione molto chiara.
“Oh certo! Lei è Arya, e loro sono: mia sorella Elsa e i miei amici Miranda e Kristoff”
“Piacere ragazzi” strinse la mano ad ognuno di loro
“Adesso torno in cucina. Tu sbrigati, non hai finito il tuo turno” detto questo la ragazza andò via.
 
“Il tuo…turno?” chiese Kristoff
“Sì, abbiamo dei turni per mantenere l’ordine, oggi mi tocca stendere i panni, ho quasi fatto, intanto voi andate pure nella mia tenda: è quella laggiù” indicò un tendone più avanti “Mettevi comodi, sarete stanchi”.
Seguirono le indicazioni e si sedettero nella tenda.
Poco dopo Anna tornò.
“Allora, raccontatemi, come stanno gli altri?”
“Anna…tu non puoi restare qui” disse piano Elsa
“Aspetta…che?”
“Non puoi vivere in questo posto sporco e disordinato dove si vive in delle tende!”
“Elsa…io sto qui perché c’è mia madre, e poi…non sono tanto scomode queste tende”
“Oh andiamo Anna! Ti prenderai qualche malattia! Tua madre lo sa questo?”
“Elsa! Mio padre e anche tu…mi avete mentito per anni sulle mie vere origini! E io vi ho perdonati, ma ho il diritto di vivere la mia vita con mia madre! Al diavolo le tende! Al diavolo le malattie!”
“Anna…non capisci che lo dico per te?”
“E’ tutta la vita che mi tratti così! Ti chiudi nella tua camera e non mi parli e poi rispunti senza motivo! Mi vieni a dire che non sono figlia di chi credevo, poi vieni qui e pensi di potermi portare via?”
“Anna io…”
“No! Basta! Io qui sento di stare bene”
“Anna” Elsa la guardò negli occhi “Io non posso più vivere così”
Anna prese un respiro “Allora vattene”.
Elsa se ne andò.
Kristoff e Miranda rimasero nella tenda con Anna, cercando di sfuggire a quella rete di sguardi di cui erano segretamente complici.
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Che dire…spero che questo capitolo vi sia piaciuto…siamo quasi arrivati alla fine, mancano su per giù quattro o cinque capitoli perché la storia si concluda.
Dunque…Elsa e Anna hanno litigato (a parti invertite), Anna finalmente si è fatta forza e ha detto tutto quello che doveva dire alla sorella.
Ora vado, aggiornerò presto anche se aspetto comunque qualche piccola recensione.
IRIAN LOVES U AS ALWAYS
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 15
*** What power do you have to stop me? ***


La vita dell’uomo è fatta di scelte.
Sì o No.
Dentro o Fuori.
Su o giù.
E poi ci sono le scelte che contano.
Amare o Odiare.
Essere un eroe o Essere un codardo.
Combattere o Arrendersi.
Vivere…o Morire.
 
I cambiamenti più grandi, si pensa che ci voglia tempo perché accadano, ma non è vero.
La maggior parte dei cambiamenti accade in un secondo, un flash, un battito d’ali, ti svegli e niente è più come prima.
Vorresti tornare indietro, risolvere tutto.
Ma non puoi.
Qualcosa si è spezzato, rotto.
Il filo è stato tagliato, il colpo è partito dalla pistola, le parole sono volate, il sangue ha cominciato a sgorgare, il fulmine ha colpito l’albero; e tutto, tutto il meccanismo di vita che conoscevi è cambiato, mutato, e tu non puoi farci nulla.
In effetti è stato così che accadde.
Difficile da definire, ma…se ve lo racconto forse non avrà bisogno di una definizione, perché sarete in grado di capire da soli.
 
 
                                                 
Era una mattinata di sole, un caldo sole che si poggiava sulla terra, è difficile che ci sia così tanto sole in Norvegia, ma d’estate può capitare.
Anna stava solo…ecco lei…stava solo cucinando.
Era una zuppa, una zuppa di verdure piena di spezie che avrebbero dovuto mangiare tutti insieme per pranzo.
Stava chiacchierando con Kristoff del più e del meno, nulla di importante, non sembrava nemmeno aver realizzato ciò che era successo la mattina del giorno prima.
Aveva cacciato via sua sorella Elsa, e un po’ forse possiamo capirla.
Ma quella mattina, quella mattina ci fu il caos.
Un flash, un battito d’ali, e in un momento Anna non era più a girare la minestra, ora cercava di dimenarsi per sfuggire alla presa di due cavalieri, o quello che erano, perché non abbiamo capito esattamente cosa siano.
Esmeralda, Arya, Beatrice, perfino Bernard sapeva che il rischio di tenere Anna con loro era molto alto.
Chiunque avrebbe potuto prenderla per un braccio e bruciarla al rogo nella piazza principale.
Chiunque.
E anche se avessero provato a giustificarsi, era lampante che Anna fosse la figlia di Esmeralda, erano davvero identiche.
Ovviamente non solo Anna, tutti loro sarebbero potuti morire, ma loro erano zingari, e sapevano che rischiavano, lo facevano da sempre, avrebbero potuto addirittura scamparla, in qualche modo azzardato, ma Anna…Anna era cresciuta da benestante, non si sarebbe salvata.
La stavano portando in piazza, l’avrebbero uccisa.
Un flash, un battito d’ali, e la vita di Anna si sarebbe spezzata.
Il tragitto fu breve, Anna cercò varie volte di dimenarsi, di sfuggire alla presa dell’uomo che cercava di farla morire, eppure, nulla servì, in pochi minuti erano lì.
La piazza era molto grande, i roghi erano già pronti, come se tutti sapessero che quel giorno ci sarebbero state delle morti.
Nessuno potè fare nulla, gli zingari vennero tutti legati ai roghi.
Un flash, un battito d’ali, e quelle vite sarebbero volate via.
“Ammettete le vostre colpe, e verrete risparmiati! Ammettete i vostri peccati e dio vi perdonerà!” proclamò il prete.
“No, non saranno mai risparmiati! Meritano di morire!” si fece strada nella piazza il Signor Grant “Sono la feccia della società, sono solo sporcizia, sudiciume, non meritano di vivere!”
Un cavaliere teneva in mano un bastone infuocato, pronto a dare fuoco ai roghi.
Anna si lasciò andare, tutto intorno a lei si silenziò all’improvviso; come in un film, rivide la sua vita.
Quando da piccola giocava con Elsa e con i suoi genitori, la scuola, la partenza per l’America, la chimica, la prima volta che aveva fatto cadere un cristallo nella provetta, la profecy, Hans, Kristoff, Jenette, Jason, Miranda, Robert, il latte e vodka, la sbronza, l’incendio, la casa, il ritorno di Elsa, l’aereo, Bernard, sua madre, il litigio con Elsa.
Un flash, un battito d’ali.
 
 
 
Anna non era più sul rogo avvolta da una immensa cortina di fumo; era stesa per terra, vagamente cosciente, dietro al suo rogo, che davanti a lei bruciava.
Era stata risparmiata? No, nessuno l’avrebbe permesso.
Forse stava morendo, sentiva il sonno che cercava di portarla con sé, si abbandonò alla pace.
 
Si risvegliò poco dopo, coperta da un telo, era tutto buio intorno a lei.
Si tolse la coperta di dosso, la piazza era vuota, i roghi spenti, i corpi bruciati ancora appesi.
Non era morta? Forse qualcuno l’aveva slegata e lasciata per terra, poi coperta con un telo per non farla notare, e alla fine se ne era andato, lasciandola sola, lei si era svegliata adesso.
Si alzò stropicciandosi gli occhi e cercando di capire cosa la circondava, c’erano molti roghi al centro della piazza, ma tre più di tutti la colpirono.
Un flash, un battito d’ali.
 
 
 
Scoppiò a piangere.
Esmeralda, sua madre; Miranda, la sua migliore amica, e infine Elsa, sua sorella.
Lì, ferme, con la pelle devastata dal fuoco.
Sentì qualcuno stringerle il braccio.
“Anna…”
La vita dell’uomo è fatta di scelte.
Sì o No.
Dentro o Fuori.
Su o giù.
E poi ci sono le scelte che contano.
Amare o Odiare.
Essere un eroe o Essere un codardo.
Combattere o Arrendersi.
Vivere…o Morire.
 
 
Angolo dell’autrice.
IRIAN IS BACK NA NA NAAAAA.
Non commenterò il capitolo…perché no.
Scusate se l’avete trovato corto, ma il prossimo sarà molto lungo e intriso di molte spiegazioni e punti interrogativi.
Che cosa è successo? Anna si è salvata? E che ci fanno Elsa e sua madre morte? Chi è che alla fine pronuncia il suo nome?
Lo saprete presto.
Questo è uno degli ultimi capitoli, perciò ho deciso a chiusura di questo progetto, di dire due parole su ogni storia che ho scritto fin’ora (Frozen e non), quindi se vi interessa sarebbe carino leggere fino in fondo, altrimenti, beh…è del tutto facoltativo ;).
 
“Io sono qui!” (Testo originale: paura): la mia prima storia, la definirei una schifezza, ma su, è la mia prima storia, cosa pretendevate?
 
“La paura” (testo originale: Thriller) : era un testo che mi avevano dato come compito per casa, mi era piaciuto e così l’ho ricopiato (modificandolo un po’), inutile dire che ancora scrivevo maluccio.
 
“Il potere del ghiaccio” (Frozen) : la mia prima Jelsa, siccome non sapevo mettere l’html avevo deciso di scrivere una one-shot. Non leggetela per piacere, è un obbrobrio.
 
“Concorso per i fan di frozen” (Frozen): storia che avrei dovuto cancellare, è ancora sul mio account solo per le decine di recensione positive che ogni tanto rileggo, il mio obbiettivo era superare le 31 recensioni di questa storia che è già tanto definirla tale (YMMR ne ha 32! Ce l’ho fatta!).
 
“Marriage” (Frozen): Inutile dire che ero ancora alle prime armi.
 
“Life’s too short” (Frozen): la prima vera storia che all’inizio mi aveva preso davvero.
 
“Il peso di un errore” (Frozen) : storia di mia cugina, che spero non venga a saperlo mai, ma vi ha mentito…lei ha un account su efp…si chiama shadowarrior…
 
“Quando il dolore è troppo forte” (ICarly): per piacere non commentiamo.
 
“La cabina armadio” (Frozen): quando traduci e ricopi un dialogo già esistente ti senti figa…ma non lo sei.
 
“Citazioni” (Frozen): non era il massimo, ma mi ha divertito molto scriverla.
 
“Sorrido e sorrido ancora” (La ragazza con l’orecchino di perla): Niente male.
 
“Let her go” (Julie e il segreto della musica): un tempo questa storia mi piaceva molto, adesso arrivo a definirla decente.
 
“Destini incrociati” (Frozen): il primo vero progetto dove mi sono rimboccata le maniche, alla fin fine è stato un lungo percorso che mi ha soddisfatta molto.
 
“Un sorriso nel buio” (Hunger Games): continuo a pensare che sia una delle mie storie migliori.
 
“Happy birhday” (Agents of S.H.I.E.L.D.): non ne vado molto fiera.
 
“Once upon a time” (Testo originale: Fantasy): meh…
 
“The past is in the past” (ICarly): lì ho avuto un vero e proprio blocco dello scrittore.
 
“Le ho mai raccontato del vento del Nord?” (Frozen): continuo a trovarla caruccia.
 
“Green Sparks” (Frozen): LOL
 
“Born to die” (Testo originale: Drammatico): niente male ma…ero molto traumatizzata quando l’ho scritto.
 
“Alpha e Omega” (Testo originale: Fantasy): collaborazione che continuo ad amare profondamente.
 
“Bloodstream” (Hunger Games): ufficialmente la mia storia migliore, in quel caso l’assenza di recensioni mi è davvero dispiaciuta.
 
“What is dead never dies (Frozen): nuovo progetto e una delle prossime pubblicazioni, ci tengo molto.
E INFINE…

YOUR MAGICAL MYSTERY RIDE:  La ff che ha avuto più successo, un progetto molto bello che non abbandonerò mai definitivamente.
Un misto di gioia e tanta gratitudine, siamo quasi alla fine*-*.
Perciò…
GRAZIE E TUTTI!
 

IRIAN LOVES U AS EVER.
 

 

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Capitolo 16
*** i'm okay ***


La morte lo avvolse,
 la sua vita volò via dalle membra
 e scese nell’Ade,
 lasciando la giovinezza e il vigore.
 
Non puoi pagare una vita con un’altra vita.
E’ qualcosa del tutto fuori dalla tua portata, non puoi nemmeno lontanamente immaginare di poterlo fare.
Chi sei tu per decidere chi vive e chi muore?
Tu non sei nessuno, non spetta a te decidere.
Un flash, un battito d’ali.
 
“Anna…” disse una voce fioca e roca alle sue spalle.
Si voltò lentamente rivolgendole lo sguardo.
La figura si avvicino ai roghi dando un’occhiata profonda ai corpi.
“Non devono aver sofferto molto”
“Già” rispose Anna.
Si voltò verso di lei.
“Anna…non starò qui a darti inutili parole di conforto, hai perso tua madre e tua sorella, non ti dirò che tutto andrà bene, niente andrà bene, lo sai anche tu”
“Tu non sei mia madre” disse Anna piano “Che ci fai qui?”
Iduun prese un respiro.
“No. Non sono tua madre. Ma lei era mia figlia” disse rivolgendosi al corpo di Elsa.
“Credo che dovremmo parlare Anna, c’è qualcosa che dovresti sapere”
“Va bene”.
Andarono nella loro vecchia casa, che per Anna era piena di rimorsi, parole dette e non dette, sguardi, ricordi belli e ricordi spezzati, infranti dall’odio e dal dolore.
Si sedettero su un divano.
“Non disperarti per loro Anna”
Notò che indossava una camicia viola e un pantalone di velluto, i capelli castani raccolti in una coda bassa.
Anna riflettè per un minuto.
Iduun aveva gli occhi lucidi, ma non per lacrime, no, erano proprio lucidi, pieni di vita, si chiese come mai, sembrava composta ed educata come sempre, non quel mostro che aveva descritto suo padre.
Anna avrebbe voluto piangere davvero per sua sorella, essere triste, ma non ci riuscì, le lacrime si erano prosciugate da tempo, il volto era secco e le guance rosse, nessuna traccia di lacrime.
“Come…potrei?”
“Elsa sapeva che saresti morta, siamo state io, lei e Miranda a tirarti giù”.
 
Un flash, un battito d’ali.
Anna sentì le sue mani tremare, le chiuse in una rete di dita per farle smettere, ma non accadde nulla.
Era stata Elsa.
Si era sacrificata per lei, aveva pagato con la vita.
Niente lacrime.
Miranda ed Elsa, erano morte per lei.
Chinò il capo.
Una lacrima piccola e timida solcò lentamente la guancia di Anna, la asciugò in fretta con la mano, alzò lo sguardo verso Iduun.
“Va a cambiarti”
“Cosa?” -insomma, tua figlia è morta e la prima cosa a cui pensi sono i miei vestiti?-
“In assenza di tuo padre e di tua madre sono io il tutore, ho detto va a cambiarti
“Mio padre…è?”
“No. E’ vivo, ma è scappato.”
“Quindi io…”
“Sì Anna. Tu hai solo me
Si ritirò per andare a cambiarsi, “Ah” le disse Iduun “Mettiti qualcosa di bianco”.
Passò dalla vecchia camera che divideva con Elsa, ci rientrò per un attimo.
FLASHBACK
“Anna! Smettila! Ho detto smettila!”
“Non ci penso proprio!” urlò continuando a saltare per tutta la camera ridacchiando con un quadernino in mano
“Lascia i miei disegni!”
“Vieniteli a prendere!” disse Anna facendo la linguaccia
“Ah quindi la metti così?” Elsa incrinò la testa e saltò sopra la sorella, cadendo sul letto, stropicciandosi i vestiti.
FINE FLASHBACK
Avanzò verso la scrivania di legno, le ricordò il loro primo periodo di convivenza in America.
INIZIO FLASHBACK
Quando tornò a casa Elsa era appollaiata in cucina, stava mangiando un piatto di asparagi freddi, se li era conditi accuratamente e adesso li tagliava senza emettere il minimo rumore, a differenza di Anna che ogni volta rigava il piatto e produceva suoni assordanti.
Anna non parlò di nulla: della chimica, o di quel veloce incontro con Hans nel palazzo di vetro, rimase semplicemente in silenzio.
Aprì uno scomparto e prese un bicchiere di vetro finemente ornato, si versò dell’acqua e lanciò un’occhiata fugace alla sorella.
I capelli biondo platino le ricadevano sul viso, per un momento pensò di rivolgerle qualche parola di conforto.
Poi Elsa alzò lo sguardo, ed era talmente freddo ed inespressivo, che ad Anna passò tutta la voglia da parlarle, e anche se voleva davvero sapere che cosa era successo a sua sorella, semplicemente abbassò lo sguardo, e senza produrre parola, corse a rifugiarsi in camera sua.
FINE FLASHBACK
Guardò fuori dalla finestra, pioveva, sporse il viso verso il vetro e con il fiato lo appannò.
 
 
INIZIO FLASHBACK
Elsa e Anna non erano mai state delle sorelle incredibilmente unite.
Certo si volevano bene, si aiutavano se c’era bisogno, ma non si raccontavano i segreti o cose del genere, non erano come due amiche.
Anna sperava che quel viaggio le avrebbe avvicinate; certo prima Anna era indispensabile per Elsa e viceversa, ma andare a vivere insieme poteva renderle inseparabili.
Invece le aveva solo divise.
Anna non sapeva perché ma Elsa da una settimana era rinchiusa in una specie di bolla.
Una bolla piena di solitudine.
FINE FLASHBACK
Passò le dita sul suo armadio ancora pieno di vestiti.
INIZIO FLASHBACK
Arrivata a casa si sedette in quell’angolo angusto che era la cucina: un tavolo piccolo con una tovaglia a righe, un piano cottura in legno e qualche armadio.
Il lato positivo era che avevano una piccola tv.
Anna la accese e si mise a guardare un vecchio cartone animato.
Poco dopo la sorella irruppe nella casa con tutti i vestiti e i capelli zuppi.
Non entrò con la sua solita aria regale, entrò con le braccia larghe e lo sguardo scocciato per la troppa acqua.
Anna spense la tv, aprì un armadietto dietro di sé e con l’aria più seria possibile prese una pila di coperte
Si avvicinò alla sorella, le lasciò le coperte tra le braccia e poi andò via.
FINE FLASHBACK
INIZIO FLASHBACK
Anna tornò a casa piena di quel nuovo calore.
Era triste per il bidone di Hans, ma era felice perché aveva scoperto un luogo dove forse avrebbe potuto essere accettata.
Doveva avere un altro parere, e l’unica strada possibile era a pochi metri da lei.
Anna bussò tre colpi alla porta.
Silenzio.
Altri tre colpi.
Ancora silenzio.
“Elsa?”
Silenzio.
“So che sei lì dentro, ho bisogno del tuo aiuto, ti prego lasciami entrare”
Silenzio
“Elsa…”
“Vattene via Anna!”
FINE FLASHBACK
 
Anna si trascinò a fatica fuori dalla camera della sorella dove era evidente che non potesse più stare.
Entrò in camera sua, chiudendo la porta dietro di sé.
Le lacrime scendevano come fiumi, eppure il viso di Anna era impassibile, come se nulla fosse accaduto, come se nemmeno si rendesse conto di stare piangendo.
Le lacrime scendevano a fiumi, ma lei non cambiava espressione, stava lì a guardare fuori, cullandosi nel ricordo di sua sorella morta.
 
 
 
Salve a tutti, il mio nome è Arianna.
Sono qui per raccontarvi qualcosa.
Per raccontarvi una storia.
Questa, è una storia che racconta, ma che non ambisce ad essere raccontata.
In questa storia, rimedio ed errore, si uniscono in un unico ceppo che porta dolore.*
 
 
*io vi avevo avvertito già dal primo capitolo eh.
 
Angolo dell’autrice
E quindiiii.
Mi pareva una bella idea inserire dei flashback dai primi capitoli per far deprimere Anna ancora di più (poveraccia).
Scusate per le rare pubblicazioni ma ho avuto problemi di forza maggiore (TIPO IL GINNASIO), quindi mi spiace ma questo è il meglio che ho saputo fare.
Vi ringrazio per essere capitati qui e bon reguarde! (?)
IRIAN LOVES YOU LA LA LA
 
 
 

 

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Capitolo 17
*** I don't got it ***


Diede una scossa al suo vestito perché non si spiegazzasse ancora, era bianco e lungo fino alle caviglie.
Il maglione sottile che mise sopra le spalle non le dava alcun riparo dal vento freddo che le pungeva la pelle candida, come se le importasse davvero.
I capelli legati accuratamente; e le scarpe, le scarpe facevano rumore ad ogni passo.
Clip, clop.
Aveva pianto talmente tanto che le guance si erano seccate sotto il peso delle lacrime, e ora non usciva più nulla dalle palpebre pesanti.
Aveva il setto nasale arrossato, come un fumatore.
Solo che Anna non aveva mai fumato in vita sua.
Con Iduun si stavano avviando alla piazza, camminavano piano finchè non si trovarono lì.
“Proprio come pensavo” disse Iduun “Sono ancora qui”.
Iduun le calò giù dolcemente, compresa Esmeralda, le calò a terra e vi si piegò sopra.
Inizio flashback
La pelle candida e pallida sfiorava le pareti, i quadri, le lenzuola morbide, erano fredde, cercavano un minimo calore.
La sua maglietta blu non bastava, moriva di freddo in quella camera.
Avrebbe volto uscirne, dannazione, viveva in quella stanza da mesi.
Si strinse ancora nelle spalle, guardò la neve cadere fuori, insieme a pioggia e vento. Cosa avrebbe fatto pur di avere un po’ di calore.
Anna era nell’altra stanza, dannazione.
All’improvviso scoppiò a piangere, e non era più per il freddo. Scaricò tutta la tensione delle ultime settimane in fiumi e fiumi di lacrime, e poi prese a ridere. Rideva forte, fortissimo, la sua risata echeggiava sul soffitto e si arrampicava sulle pareti.
Aprì la finestra del terrazzo dove pioveva e nevicava, uscì fuori.
Allargò le braccia e chiuse gli occhi. La pioggia le batteva piano sulla pelle, il vento le spettinava i capelli e la neve le si posava a batuffoli sui vestiti.
E lei rideva.
Non sentiva più freddo.
Rideva.
Fine flashback.
Avvolsero i corpi in teli bianchi e spessi; Anna non rimase colpita quando toccando la mano di Elsa, essa stessa si frantumò in polvere cenerea.
Si sentiva solo un freddo involucro di cristallo, forte, ma freddo, distaccato e senza vita.
Iddun stese i corpi avvolti nei teli vicini, poi li guardò.
“Possa il signore onnipotente prendersi per sempre cura dei vostri corpi, delle vostre menti e delle vostre anime. Che vi prenda sotto la sua ala protettrice e che mai vi abbandoni ad un destino che non vi appartenga.
Eravamo cenere, e cenere torneremo.
 
Guardava fisso a terra senza dire una parola, quando sentì una mano toccarle la spalla.
“Kristoff…”
“Anna…”
“Mi dispiace…tanto”
“Anche a me”
Abbassarono entrambi lo sguardo, incapaci di piangere ancora.
 
 
A casa di Iduun
“Perché mi hai fatto vestire di bianco per un funerale?”
“Non ha importanza”
“Per me sì! Era mia sorella”
“E mia figlia! Era importante anche per me”
“Anna, io…c’è ancora qualcosa che dovresti sapere”
“Cosa? Qualcos’altro?” disse esasperata
“Esmeralda aveva un’altra figlia”
Sgranò gli occhi e abbassò il capo.
“Chi?”
Le porse una foto “Lei, si chiama Diana, ha 26 anni”
La prese in mano e la guardò. Aveva i capelli rossi e gli occhi grigio-verde, decisamente pallida.
“Agar me lo raccontò. Non sopportava l’idea di essere una zingara e così scappò di casa. Viveva in macchina, ma andava a scuola. E’ laureata in medicina e ha partecipato alla guerra in Iran come chirurgo d’urgenza per due anni. Ha perso una gamba, ha una protesi, lavora a Brooklyn. Penso che dovresti trovarla.”
“Iduun…io…sono ancora sconvolta per Elsa e mia madre e davvero non posso mettermi a cercare una mia ipotetica sorella” disse sussurrando “Davvero, non posso”.
“Lo so Anna” se ne andò lasciandola sola.
 
Uscì di casa sbattendo la porta, senza nemmeno cambiarsi.
Prese il primo volo per l’America, solo con il portafogli e il passaporto nella borsa.
Corse verso la piazza di Brooklyn, quella dove era corsa via durante il primo spettacolo.
Guardò il cielo mentre pioveva e ad un tratto sorrise.
Si sciolse i capelli e si lasciò bagnare dalla pioggia, rivolse il viso verso l’alto e allargò le braccia.
Era un tutt’uno con l’atmosfera, in quel preciso momento, aveva smesso di sentirsi sola, in colpa e addolorata per sua sorella; perché si sentiva come se ce l’avesse in corpo, come se fossero fuse sotto la pioggia in quella piazza, quel giorno.
Ricordò tutti i momenti tristi, felici, arrabbiati, delusi, impauriti, di quell’ultimo anno, e in quel momento, Anna seppe di star bene.
Che le sue ferite stavano guarendo poco a poco, e che anche se Elsa era morta tre giorni prima, lei aveva sofferto abbastanza, aveva passato troppo troppo tempo a chiedersi chi era.
Anna, io sono Anna.
 
Prese il telefono e mandò un messaggio.
-Kristoff?-
-Ciao Anna, dimmi tutto-
-Puoi tornare a Brooklyn domani?-
-Sì, va bene, prendo il primo volo-
-Puoi venire a stare a casa mia, ti aspetto-
-Okay, ciao-
 
Quando tornò a casa e rivide tutte le cose di Elsa ebbe paura. Paura che tutto quello che si era promessa di dimenticare fosse tornato indietro.
Subire una perdita e soffrire e poi riprendersi, non significa dimenticarsela.
Non significa che non sentirai una fitta al cuore ogni volta che vedi qualcosa che te la fa tornare in mente, no.
Significa che sei in grado di andare avanti, di riprenderti.
Riprenditi, perché ciò che vuoi devi venire a prendertelo.
 
 
“Hey Anna, ora che mi hai fatto fare così tanti chilometri in volo e in taxi, potresti dirmi che succede?” disse Kristoff appena Anna lo fece entrare in casa.
“Non voglio più tornare in Norvegia, voglio stare qui” disse piantando un piede per terra “Con te”.
“Vuoi spiegarmi che succede?”
“Non lo so…io sento che prima non stavo vivendo, avevo come qualcosa qui, che mi bloccava, e adesso sono sola, non ho nulla da perdere…”
Kristoff si avvicinò al suo viso e se labbra si sfiorarono piano, erano calde entrambe, quelle di Anna avevano il sapore della pioggia quando si è appena posata sulla terra.
“Sei strana Anna, è come se non fossi più tu”
“Sto cambiando Kristoff, tutto sta cambiando”
“Va bene” riprese a baciarla perché…perché va bene così, non disturbiamo la scena, sususu.
 
 
 
Continua…
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
E se io vi dicessi che questa storia diventerà una serie…fareste i salti di gioia eh eh eh???
Che ci sarà un YMMR 2?
Lo so lo so, con me gli infarti non finiscono mai.
Se qualcuno di voi mi scrive come si fa a inserire una serie tra le storie il prossimo capitolo che vedrete, non farà più parte di your magical mystery ride ma bensì di jump into the fog (ovvero il continuo della nostra amata long).
Che dire ragazzi…questa è stata per me una grande avventura, talmente grande che ho deciso di volerla continuare, che ne dite?
Un ringraziamento speciale a Amberly_1, Starfighter, Ray46 e auaura (probabilmente mi scorderò qualcuno…).
E a tutti colori che seguono/ricordano/preferiscono questa storia. Grazie!
Recensite numerosi^-^
IRIAN WHO DOESN’T EVER STOP TO LOVE YA

 

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