Se cucini ti sposo

di Frallosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Una fastidiosa vocina nella mia testa continua a ripetermi che sto facendo un errore madornale a pubblicare questa storia, e che probabilmente tra dieci minuti me ne sarò già pentita, ma in qualche modo devo pur superare la noia di un Sabato sera senza pizza!
L'idea di questa storia si era impossessata della mia mente già qualche anno fa, ma per un motivo o per l'altro, ho sempre rimandato una sua effettiva stesura. Qualche settimana fa mi sono finalmente decisa a riprenderla in mano e ho buttato giù i primi capitoli.
Se a qualcuno di voi il titolo della storia è parso familiare è perché è tratto da un film che da piccola adoravo guardare, 'Se cucini ti sposo', appunto. Sappiate però che le uniche cose che hanno in comune questa storia e il film sono l'idea di fondo (che in realtà in questo capitolo ignorerete) e il lavoro del protagonista maschile, ovvero James. Il resto è tutta farina del mio sacco.
Oh, e come accennavo nell'introduzione, in questa storia non esiste la Magia.
Credo di aver detto grossomodo tutto, e benché sappia che nessuno perderà il Sabato sera a leggerlo, vi posto il prologo:
buona lettura!

 









 
Erano passati diciassette lunghi anni, eppure Lily ricordava ancora tutto ciò che era successo in quei giorni con disarmante chiarezza.
Forse perché erano stati i giorni della sua vita in cui erano successe più cose.
Le cose più belle e anche quelle più brutte.
 


 
Tutto era impresso nella sua memoria come nel suo cuore, marchiato a fuoco.
Una traccia che non sarebbe più andata via, una ferita tanto profonda che né il passare degli anni, né l’affetto di Edgar avevano potuto risanare.
Ricordava i pianti senza fine, lei che si era sempre ritenuta una donna forte.
Ricordava le lacrime scorrere dagli stessi occhi che fino a poche ore prima erano stati raggianti.

 

 
Qualche sera prima che tutto andasse a rotoli, James si era proposto.
Erano insieme da otto anni e insieme ne avevano passate proprio di tutti i colori.
Si erano odiati così tanto da imparare ad amarsi e avevano provato cosa significasse star separati.
Non faceva per loro.
I due mesi che James aveva trascorso a Parigi erano stati i più lunghi che Lily potesse ricordare.
Due mesi senza sue notizie, perché si erano detti che dovevano passare un po’ di tempo separati.
E poi era tornato, avevano riallacciato i fili della loro relazione e colmato gli spazi che li avevano tenuti separati durante quelle settimane in un modo tanto naturale che parevano non essersi mai allontanati.
Erano partiti in quarta, avevano fatto più progetti in quelle poche settimane che nei precedenti otto anni.
Una casa più spaziosa dell’appartamento di Lily, da arredare insieme così che fosse davvero tutta ‘loro’, un figlio, una famiglia tutta loro.
Un matrimonio, che Lily aveva scoperto con sua stessa sorpresa di desiderare.
Si erano sentiti pronti a costruire qualcosa di solido, ad ufficializzare quello che in cuor loro già sapevano di essere: una famiglia.


Era stata una serata meravigliosa, una delle più belle che Lily potesse ricordare.
Tutto era stato perfetto, ma, allo stesso tempo, cucito su di loro.
Niente sembrava poter andar storto.
James aveva persino svegliato Sirius a notte fonda-da quando lavorava come meccanico, Sirius aveva in parte smesso di far le ore piccole. In parte perché, si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio-per urlargli al telefono che Lily aveva accettato e che poteva ufficiosamente iniziare a chiamarla ‘Signora Potter’, come se Sirius non lo facesse già da tempi immemori.
Il suo migliore amico l’aveva mandato a quel paese a causa della tarda ora, ma la mattina successiva si era presentato di buon’ora alla porta dell’appartamento di Lily, che temporaneamente i due piccioncini condividevano, con la colazione, e aveva festeggiato con loro la grande notizia.
Subito dopo erano stati avvertiti anche Remus e Marlene, che erano in viaggio di nozze in Svezia.

 
Tre giorni erano passati tra l’allegria e i festeggiamenti, e poi la rovina aveva bussato alla loro porta, accompagnata da un Sirius dall’espressione tetra.
Lily aveva aperto loro, ad un Sirius devastato, che aveva fissato lo sguardo nei suoi occhi e le aveva sussurrato un ‘mi dispiace’, e a questa ragazza minuta, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, che teneva il capo per lo più chino.

“Sirius cosa… chi è questa ragazza?” Lily non capiva, non sapeva che tutto stava per cambiare.

“C’è James?” aveva chiesto Sirius con un filo di voce.

“Sta dormendo. È il suo giorno libero, Sir, conosci i suoi orari quasi meglio di me.”
Poi si era rivolta alla ragazza, che aveva distolto lo sguardo come scottata non appena i loro occhi si erano incontrati.
“Mi chiamo Lily… e tu sei?”

La ragazza non aveva risposto, e Sirius aveva detto per lei: “Alexis. Si chiama Alexis. Potresti chiamare James?”

Lily aveva annuito stranita da un comportamento tanto insolito da parte di Sirius, e si era diretta verso la loro camera da letto, la cui porta era la prima del corridoio che si affacciava sul salottino dov’erano gli ospiti.

“Buongiorno amore!” l’allegria di James era palpabile sin dal primo mattino. Ancora senza maglia, si era avvicinato a lei, e, stringendole i fianchi, l’aveva baciata.

“Il letto senza te era piuttosto freddo… perché non c’eri?” aveva poi domandato baciandole il collo.

“James, non è il momento… abbiamo ospiti!”

James aveva voltato lo sguardo e visto Sirius. “Sir, amico, cos’è quella faccia da funerale?” poi i suoi occhi si erano posati sulla figura rannicchiata al suo fianco e il fiato gli era mancato.

“A-Alexis?”

“La conosci?” La domanda era sorta spontanea dalle labbra di Lily.

“Lei… io… Parigi. Lei è… cosa diamine ci fai qui?”
Erano poche le occasioni in cui James restava senza parole. Quella volta era evidentemente una di quelle.

James aveva spostato lo sguardo su Sirius, in cerca di una spiegazione, e l’espressione che quest’ultimo gli aveva rivolto doveva avergli chiarito la gravità della situazione, perché si era appoggiato al divano e ci si era seduto lentamente, quasi come se le gambe avessero a poco a poco smesso di sostenerlo.

“Insomma, posso capire cosa avete tutti quanti? E perché una sconosciuta è seduta sul divano di casa mia?” Lily aveva cominciato ad irritarsi.
Odiava essere l’unica a non sapere.
Dopotutto, trovare soluzioni era il suo lavoro, perché non le esponevano la questione così che lei potesse porvi rimedio?

Il silenzio aveva regnato ancora per qualche minuto, poi la ragazza, Alexis, aveva fatto un respiro profondo e aveva detto, con un filo di voce:

“Sono incinta James.”

La vista di Lily si era annebbiata. Per un momento, un lungo momento, tutto, dentro e fuori di lei, le era sembrato immobile.
Poi la staticità si era spezzata, e le era tornata la sensibilità.
Non le era servito vedere James tenersi il viso con le mani, né la preoccupazione di Sirius per capire che il figlio che aspettava la ragazza fosse del suo futuro marito.

“Uscite.” Pronunciare quella sola parola le era sembrato difficilissimo.

“Lily, io…” James si era alzato e aveva fatto un passo verso di lei, ma lei non gli aveva permesso di avvicinarsi oltre.

“USCITE HO DETTO! FUORI DA CASA MIA, TUTTI.”

James si era bloccato, ma non aveva distolto lo sguardo dal suo viso.
La ragazza, tremante quasi, si era avviata fuori dalla porta.

“James, andiamo ora. Ne riparliamo in un altro momento.” Sirius, da sempre il meno pacato tra tutti loro, in quell’unica occasione cercava di utilizzare tutto il suo buon senso.

Ed erano usciti, tutti e tre.
Sirius aveva quasi dovuto trascinare James, che non staccava gli occhi da Lily.

Solo quando si era accertata che fossero fuori da casa sua, Lily si era permessa di crollare.
Lacrime silenziose ma copiose avevano cominciato a scendere, singhiozzi muti la scuotevano mentre, al di là della porta, James si accaniva furiosamente contro il legno scuro e il suo cuore si sbriciolava come pasta frolla.

 
 






 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Hello everybody :)
sono tornata relativamente in fretta col secondo capitolo dato che l'avevo già pronto, per cui ho solo dovuto dargli un'occhiata.
Tra università, vita da pendolare e connessione Internet lentissima, ho avuto giorni estenuanti.
Comunque, mi auguro che l'idea di questa AU vi abbia stuzzicato almeno un po', in questo capitolo si capiscono un po' di cosette in più, ma, allo stesso tempo, il mistero s'infittisce! So, stay tuned ;)
Cos'altro? In questo capitolo sono presenti entrambi i punti di vista di Lily e James, e, ai miei occhi, questo rende il tutto un po' più interessante, perciò, non mi resta che dirvi, buona lettura!


 
 








Ci è voluta quasi mezz’ora per superare il dedalo di vie che separa il porto dell’isola di Nantucket dalla casa che abbiamo affittato.
Il tassista canticchia a bassa voce una melodia che non conosco, mentre io osservo il posto in cui io ed Harry passeremo il prossimo mese.
Ovunque io guardi, ci sono alberi da frutto. Distese immense di campi sabbiosi, e all’orizzonte le acque azzurre dell’Oceano.


 
Da diverso tempo avevo promesso ad Harry una vacanza diversa dal solito, e quest’anno ho deciso di tenere fede al mio impegno.
Dopo un anno di duro lavoro, ce la saremo pur meritata qualche settimana lontani dalla grigia Londra!

Harry sonnecchia con la testa appoggiata al finestrino.
Nel sonno la sua espressione è distesa. Al contrario, sul traghetto era nervosissimo… non si è seduto nemmeno per un minuto durante tutta la traversata.

Ha un’aria così angelica quando dorme.
E’ sempre stata una mia debolezza, quella di incantarmi ad osservarlo nel sonno, sin da quando era piccolissimo.

Più di una volta Edgar è dovuto venire a controllare che non mi fossi addormentata con lui dopo la fiaba della buonanotte. Ma io stavo lì, vigile, con la mente che registrava ogni dettaglio del viso di mio figlio, per confrontarlo con il mio e con quello di suo padre.
 
Più gli anni passano e più mi rendo conto di quanto, per un occhio attento, sia facile carpire la somiglianza tra lui ed Harry.

Ricordo perfettamente quando eravamo noi ad avere quindici anni.

Lo ricordo anche se allora il nostro rapporto non era idilliaco e né lui, né tantomeno io, avremmo mai immaginato che un giorno saremmo finiti insieme.

Lo ricordo in ogni più piccolo dettaglio, e ogni giorno fa male come se fosse il primo.
 

A volte mi assale la paura.
Paura che qualcuno si accorga della somiglianza e distrugga il perfetto mondo di bugie che ho costruito intorno a mio figlio.

Siamo solo in quattro a sapere la verità.
Io, Edgar, Marlene e Remus.

Ancora mi si stringe il cuore se penso che ho costretto una persona come Remus a mentire ad uno dei suoi più cari amici.
Mi chiedo cos’ho fatto per meritare un amico come lui, che pur di proteggerci, ha accettato di mettere i suoi desideri in secondo piano.
 


Quando il taxi si ferma davanti ad una villa piuttosto grande, mi domando perché non ne ho affittata una più piccola. Dopotutto siamo solo in due. Però ad Harry piaceva tanto questa, così, dopo tante insistenze, l’ho accontentato.
 


L’ingresso principale è al piano superiore.
Inizio a salire delle scale di legno seguita da un Harry improvvisamente più sveglio che mai, che mi sorpassa con un paio di balzi delle sue gambe lunghe.
Quando giungo sul pianerottolo che antecede una porta a vetri, lui l’ha già aperta. Mi ci affaccio, e la prima cosa che vedo è una figura maschile indaffarata dietro il bancone della cucina. Non serve che si volti, mi basta sentire la sua voce chiedere:

“John, hai trovato un posto per Padfoot?”, per capire che la mia più grande paura e il mio più grande desiderio, stanno per realizzarsi proprio sotto i miei occhi.

Non ottenendo risposta, si volta, e per la prima volta dopo diciassette anni ci ritroviamo faccia a faccia.

Mi riconosce immediatamente: come lui, neanche io devo essere cambiata troppo.

Gli stessi grandi, espressivi occhi color nocciola che un tempo mi parlavano, ora mi fissano spalancati, mentre il mestolo gli scivola dalle mani e urta il pavimento.

 
“Lily? Lily, che ci fai qui?”



 
*****




 
Io, Doreen e John non ci concediamo una vacanza degna di questo nome da secoli.

Da quando posseggo un ristorante tutto mio, il mio tempo libero è drasticamente diminuito.

Per fortuna, da un paio d’anni a questa parte posso affidarmi a Frank, un giovane uomo che mi ricorda il me stesso di una decina d’anni fa.
Stessa innata passione per gli odori e i sapori, stessa grande voglia di fare.
E’ a lui che ho affidato il ristorante per tutta la durata del prossimo mese. Non ho dubbi che sarà in buone mani.

Siamo arrivati in questa grande casa di Nantucket questa mattina presto.

All’inizio, la casa mi era sembrata un po’ troppo grande per noi tre soltanto, ma Doreen mi ha subito convinto dicendo che la sua scelta-si è occupata lei di prenotare. Cosa non fa Internet ai giorni nostri!- è ricaduta su di una casa così grande in modo che potessimo ospitare comodamente anche Sirius, che, è risaputo, ha aspettative piuttosto elevate.

A Boston, Sirius vive praticamente a casa mia, visto tutto il tempo che ci passa, e sta con i ragazzi quando io non posso esserci.

Ormai entrambi i miei figli lo considerano alla stregua di uno zio, e il fatto che lui continui a far loro regali costosi, non fa che incrementare l’ammirazione che nutrono nei suoi confronti.

Con Remus invece il rapporto si è un po’ raffreddato negli ultimi anni.
Siamo ancora in contatto, ma le cose tra noi non sono più le stesse.
Non siamo più i James, Sirius e Remus che eravamo alle superiori, o nel periodo immediatamente successivo.

Il fatto che Remus viva con sua moglie Marlene dall’altra parte dell’Oceano, a Londra, non aiuta a far guarire la tacita frattura che si è creata tra noi.

In più, so bene che alla base di questo allontanamento, possono solo esserci una chioma di lunghi capelli rossi e un paio di occhi verdi.

Lily Evans, la ragazza che avrei dovuto sposare.

E’ la migliore amica di Marlene sin dai tempi del liceo, e anche Remus l’ha sempre considerata una buona amica.

Non ho dubbi sul fatto che siano ancora vicini, ma non so niente di lei.

Una volta, dopo che l’ho quasi implorato, Remus mi ha detto che è sposata, ma non mi ha concesso di avere nessun’altra notizia.

Chi stava nel posto in cui sarei dovuto stare io? Avevano figli? Erano felici?

E’ strano quanto il mondo possa apparire grande quando ti interessa una sola persona.

Amo profondamente i miei figli, sono piccole parti di me, ma talvolta, quando sono stanco e vedo tutto nero, mi capita di guardare Doreen e vedere tutte le cose che avrei voluto fare e che non ho fatto. E’ come se, ai miei occhi, portasse scritti sulla pelle tutti i miei sogni infranti.
 


E’ quasi ora di pranzo, per cui decido di cucinare qualcosa, anche se so che i ragazzi, sulla scia dell’insegnamento di Sirius, non esiterebbero ad ordinare una pizza. Che spreco!

Doreen è chiusa in camera sua da quando siamo arrivati.
Sta probabilmente disfacendo le decine di pacchi e borse che ha portato con sé.

John è uscito pochi minuti fa per cercare il posto ideale in cui sistemare Padfoot, il nostro cane.

Sento la vetrata alle mie spalle aprirsi, e, convinto che si tratti di mio figlio, chiedo:

“John, hai trovato un posto per Padfoot?”

Non ottengo risposta, per cui mi giro, e mi ritrovo davanti l’ultima persona che avrei immaginato di vedere.

La stessa che fino a poco fa occupava i miei pensieri.

Rapidamente, i miei occhi percorrono avidi il suo volto, e mi accorgo di quanto i miei ricordi non le rendano giustizia.

“Lily? Lily, cosa ci fai qui?” la domanda sorge spontanea dalle mie labbra.

Lei non risponde, fa qualche passo indietro e si precipita fuori, giù per le scale su per le quali si è arrampicata pochi minuti fa.

Le corro dietro, accorgendomi a malapena del ragazzo che le stava accanto.

La scena si ferma: ci sono io, in cima alle scale, Lily, che mi dà le spalle bloccata a metà strada e John che ci guarda con aria confusa ai piedi della scalinata.

“Lily, ti prego, sono passati più di sedici anni dall’ultima volta che mi hai rivolto la parola. Possiamo parlare?” La mia voce sembra ancor più supplichevole di quello che vorrei.

Lei, sempre dandomi le spalle, valuta in silenzio la mia proposta, poi si gira e finalmente rivedo il verde così intenso delle sue iridi che un tempo mi faceva sentire a casa.

Lo stesso verde che ogni mattina, per sei anni ho cercato svegliandomi al mattino, finendo per scontrarmi con l’azzurro ghiaccio degli occhi di mia moglie.

Sale in silenzio i pochi gradini che ci separano ed entra in casa, sedendosi sulla prima poltrona libera che trova.

Il ragazzo, che ipotizzo essere suo figlio, le si siede accanto. Lo studio per un po’. Ha gli occhi dello stesso colore di quelli di lei, ma sono un po’ più grandi dei suoi. I loro nasi sono uguali, e anche le orecchie. Ma le somiglianze che a primo impatto riesco a scorgere, si fermano qui.

“Posso sapere cosa ci fai tu in casa mia, Potter?”
Il suo tono quasi gelido e il fatto che mi chiami per cognome, mi portano indietro nel tempo di più di vent’anni, ai nostri primi anni al liceo, quando eravamo come cane e gatto.

“Potrei farti la stessa domanda, Lily. Io ho affittato questa casa per tutto il mese di Agosto.”

“Non è possibile. L’ho affittata anch’io per tutto il mese di Agosto. Dev’esserci un errore!”


 

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