I Guardiani della Luce di bluemary (/viewuser.php?uid=3163)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Scelta ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Oblio ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Incontro ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Schiavitù ***
Capitolo 1 *** Prologo: Scelta ***
Prompt personale: Libertà/Schiavitù
Prompt di squadra: "Sfolgorante e insieme soffice, capace di racchiudere in un suono l'amore che aveva sempre cercato", dalla storia Certamen di Alessia Heartilly.
Prologo: Scelta
È tutto buio attorno a lui, nell’istante in cui sta per compiersi la volontà
che l’ha sostenuto fin dall’infanzia, quando non affidava al caso la sua sorte,
ma già sentiva ardere nel suo cuore quell’insistente richiamo che lo avrebbe
destinato a questo stesso giorno, in attesa della propria morte o della propria
rinascita.
Solo il silenzio lo circonda, una pace che lo avvolge come il più impalpabile
dei veli, ma i suoi sensi affinati di guerriero percepiscono delle ombre
invisibili alle sue spalle, figure mute e immobili, indistinguibili dalle stesse
tenebre di cui è permeata la stanza, dallo sguardo ardente e le mani
implacabili. Anche senza vederli, sa che stanno studiando ogni suo gesto, pronti
ad accoglierlo come nuovo alleato, nella loro lotta senza fine come protettori
degli Umani, o ad eliminarlo in quanto troppo debole, indegno di custodire il
potere insito nel suo stesso sangue.
- Avanza, difensore della Luce.
Lentamente fa un passo in direzione di quella voce perentoria a cui non
riesce ad associare un volto.
Un bagliore si accende all’improvviso dinanzi ai suoi occhi, fino ad assumere
la forma di un pugnale intarsiato d’argento, un’arma dai mille riflessi, che,
per un solo battito di ciglia, squarciano l’oscurità come la lama affilata pare
capace di penetrare senza resistenza nella carne pulsante.
L’attimo successivo, prima che i suoi occhi parzialmente accecati riescano a
fissarsi sulla figura di fronte a sé, quell’innaturale chiarore si affievolisce
fin quasi a spegnersi, impedendogli di scorgere i volti sconosciuti di chi lo
attornia.
Nuovamente la voce inespressiva, quasi innaturale, del Guardiano gli ferisce
le orecchie.
- Sei pronto a mettere la tua vita al servizio della Luce?
Mentre ancora l’eco delle sue parole riverbera nella stanza buia, percepisce
la sua mente penetrare nella propria, frugarla negli angoli più remoti alla
ricerca di un dubbio o un’insicurezza che potrebbe condannarlo a morte certa;
eppure il suo respiro è calmo e regolare come il battito del cuore, le mani
adagiate lungo i fianchi, per la prima volta dopo anni sguarniti della spada,
non tremano per la tensione o la paura e i suoi occhi azzurri, che vagano ciechi
nell’oscurità, rimangono lo specchio di un ideale privo di esitazioni, limpidi
come il cielo dopo la tempesta.
- Lo sono.
Percepisce, più che sentire realmente, il pugnale contro il suo braccio
destro, prima che l’uomo dinanzi a lui gli guidi le dita attorno alla lama.
- Giuri di proteggere il tuo popolo con il tuo sangue?
Mille immagini gli attraversano la mente, nell’istante in cui comprende la
reale portata della missione di cui sta rivendicando la responsabilità, ma tutte
risultano incentrate su un unico soggetto: un volto dai ridenti occhi castani e
la bocca sempre in movimento, costellato di tenui lentiggini che sembrano
ammiccare al sole.
- Lo giuro.
Un lampo improvviso di dolore, il coltello che penetra nella sua carne e la
calda sensazione di un liquido vischioso lungo il suo palmo, mentre l’uomo
sconosciuto si concede un sorriso invisibile privo di ogni emozione, una statica
piega delle labbra che non scalfisce in alcun modo la sua indifferenza.
- Qui si conclude il tuo cammino di semplice umano. Benvenuto tra noi, Zaech,
Guardiano della Luce.
Il suo corpo si rilassa impercettibilmente e lui stesso assume un’espressione
più spensierata sui lineamenti di un ragazzo appena divenuto uomo, rendendosi
conto di aver superato la prova per cui si era preparato per gran parte della
vita.
L’ultima goccia vermiglia scivola a terra nell’oscurità.
Ed è in quell’istante che lei percepisce ogni cosa, ogni respiro, ogni
parola, ogni pensiero formatosi in quella stanza buia, comprendendo il reale
significato di quella scelta con un’intensità tale da toglierle il respiro.
Rimane in silenzio, nelle stesse tenebre in cui, a miglia e miglia di distanza,
l’unico ragazzo che è riuscito a sfiorare la sua anima ha appena segnato per
sempre il suo destino. E per un battito di ciglia, leggera e impalpabile quanto
la rugiada mattutina, una lacrima sembra affacciarsi dai suoi occhi.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1: Oblio ***
Levsky: Grazie mille per il commento, mi auguro che il seguito ti piaccia^^
Capitolo 1: Oblio
Il dolore scivolava in lui lungo tutti i suoi nervi, un’inarrestabile ondata
di fuoco liquido che gli invadeva le vene, senza lasciargli un istante di
tregua, e minava la sua mente già indebolita dalle parole pronunciate dal suo
invisibile carnefice, trascinandolo verso la follia.
Non sapeva quanto tempo avesse trascorso in quel luogo sconosciuto, immerso
nel buio e in un silenzio rotto solo dalle sue stesse urla, con come unica
compagnia la creatura che si divertiva a torturarlo senza mai uscire allo
scoperto o emettere un suono; più volte la coscienza l’aveva abbandonato ad un
oblio sempre troppo breve, ma ad ogni suo risveglio si era ritrovato prigioniero
di una realtà più crudele di qualunque incubo. A poco a poco si era assuefatto
alla sofferenza, aveva cominciato a considerarla una condizione inscindibile
dalla sua stessa natura, l’unico segno tangibile che, anche durante i deliri,
gli dava la certezza di essere ancora vivo. Soffocato dall’agonia, aveva
dimenticato ogni cosa dell’umano che era stato: per lui ormai esistevano solo
quelle tenebre opprimenti, che quasi gli impedivano di respirare, il silenzio
tanto intenso da squarciarsi ad ogni suo respiro e, quando sentiva la vita
scivolare lontano, quella voce totalmente priva di emozioni o rimorso, che
scavava nella sua mente per abbattere le convinzioni su cui si basava la sua
stessa esistenza. Sapeva che, da qualche parte nel suo animo, si nascondeva
ancora un timido bagliore di speranza e orgoglio, ma aveva perso da tempo la
strada per ritrovarlo. Un’emozione a cui era più facile abbandonarsi aveva
cominciato a sbocciare nel suo petto, sommergendolo con una gelida furia che era
pronto a sfogare su chiunque gliene avesse dato la possibilità. Incatenato mani
e piedi contro una pietra gelida e torturato senza nemmeno comprenderne il
motivo, lui aveva imparato a odiare. Odiava la costante immobilità a cui era
costretto, odiava quelle mani callose che gli procuravano dolore con le armi e
la magia. E, sopra ogni altra cosa, odiava il viso di fanciulla di cui non
ricordava il nome, che talvolta lo tormentava come il suo aguzzino non era mai
riuscito a fare, perché, per lui, quei lineamenti aggraziati rappresentavano
nello stesso istante l’unica idea di salvezza e la disperazione più nera.
Un respiro sibilante più profondo dei precedenti echeggiò nella stanza.
Pur non avendo alcun riferimento per scandire il tempo trascorso tra una
visita del suo carnefice e la successiva, gli sembrava di aver goduto di troppi
giorni di solitudine e sapeva che presto quel piccolo intervallo di pace sarebbe
terminato. Quando sentì i suoi passi, ormai familiari, s’irrigidì
all’improvviso, con le mascelle già contratte pronte a soffocare per quanto
possibile ogni gemito, dimostrando il retaggio di una fierezza che ormai era
scomparsa totalmente dai suoi occhi azzurri velati dalla sofferenza.
- La tua resistenza mi sorprende. – esordì il suo carceriere, con un tono
impersonale che smentiva il suo commento, prima di sedersi al suo fianco.
Lui fremette, sorpreso da questo cambiamento nella consuetudine e quasi
spaventato: durante i giorni precedenti, l’aveva sentito parlare solo dopo
essere stato ridotto in agonia e unicamente con frasi di scherno, atte a
fiaccare il suo spirito.
- Cosa vuoi… da me? – gli chiese, faticando non poco ad esprimersi con la
voce arrochita per il troppo gridare.
- Voglio la tua resa. Sei pronto a piegarti al mio cospetto?
Invece di rispondere, il prigioniero volse lo sguardo nella direzione in cui
aveva intuito la sagoma del suo carnefice.
- Chi sei?
Un leggero sorriso di scherno echeggiò per un attimo nella stanza.
- Ti sei allenato per gran parte della tua vita, per un momento come questo,
e ora non riesci nemmeno a riconoscere il tuo nemico?
Il giovane sgranò gli occhi, mentre un lampo di comprensione gli schiariva i
pensieri, ottenebrati dalla sofferenza e forse da qualche droga: si trovava
prigioniero di un Notturno, l’esponente di una stirpe che tanti anni prima aveva
cercato di sterminare la razza umana. La stessa stirpe che i guerrieri della
Luce, indipendentemente dal loro rango, avevano giurato di combattere a costo
della vita, per garantire alla gente comune un’esistenza di pace e libertà.
- Perché non mi uccidi?
- Non m’interessa la tua morte. Io ti voglio vivo, al mio fianco.
- Mai.
Anche quando era consumato dalla febbre, non lo abbandonava mai la
consapevolezza di appartenere alla Luce. Quella certezza e il volto di
fanciulla, da cui, nonostante lo odiasse in maniera quasi assoluta, aveva
imparato ad attingere un po’ di pace, erano gli unici ricordi della sua vita
passata che ancora non erano stati cancellati dal dolore.
Il suo aguzzino non parve turbato dal rifiuto. Dopo averlo tratto dal fodero
che portava al fianco, si mise a giocherellare pigramente con il suo lungo
coltello, dandogli modo di intuire cos’avesse tra le mani.
- Anche adesso le Tenebre si stanno facendo strada nel tuo animo. Abbandonati
ad esse senza paura, smetti di rinnegare la tua stessa essenza, e tutto questo
finirà. – gli promise, mentre immergeva la lama del pugnale nel suo braccio.
Un urlo soffocato lo ripagò dal suo gesto.
- Perché? – chiese pazientemente, guardando il suo prigioniero contorcersi
sulla pietra su cui era immobilizzato quando gli inferse una seconda ferita e
poi una terza – Perché scegli la sofferenza?
- Io… io sono un Guardiano della Luce.
- Lo credi davvero? Sei stato cresciuto per diventarlo, ma in realtà tu
appartieni a noi.
Il giovane scosse appena la testa, troppo debole per protestare in maniera
più veemente.
- Io… ho giurato che l’avrei protetta… – mormorò, mentre stralci di ricordi
ed emozioni si susseguivano senza ordine o coerenza nei suoi pensieri – Che
avrei protetto tutti gli innocenti… come lei.
Lo sconosciuto scoppiò in una risata crudele.
- Innocente, dici? E allora perché quando la tua mente si smarrisce nei
deliri della febbre pronunci il suo nome come una maledizione? – si chinò su di
lui, e all’improvviso il prigioniero desiderò piombare nuovamente nell’oblio,
per non essere costretto ad ascoltare le sue parole, per non vedersi sottratta
la sola immagine che ancora lo separava dalla completa follia. Quel volto
femminile così incredibilmente nitido, perfino quando ogni altro pensiero era
offuscato.
Spietata e suadente al tempo stesso, la voce del carceriere s’insinuò nel suo
cuore simile al corrosivo veleno di una serpe, riportando alla luce quell’unico
ricordo della sua vita da uomo libero che desiderava per sempre cancellare.
- Non rifiutare la verità. Lei se n’è andata senza lasciare traccia, proprio
perché sapeva che tu sei un Notturno.
Il suo corpo muscoloso ebbe un sussulto improvviso, mentre le immagini della
sua vita si ricomponevano come un mosaico e in un istante comprendeva cosa il
dolore gli avesse fatto dimenticare.
- Tu l’amavi. L’amavi come non avevi mai amato nessun’altra, eri pronto a
donare la vita per salvarla.
Incapace di ignorare simili parole, il giovane tremava, soverchiato da
un’emozione lacerante che non riusciva più a reprimere e, prepotente, invadeva
ogni anfratto del suo animo, andando a risvegliare un potere sconosciuto.
- E lei ti ha abbandonato alla schiavitù e alla morte. Ti ha abbandonato per
seguire lui.
La magia s’insinuò improvvisa nelle sue vene, le percorse in un’ondata
d’inarrestabile estasi e collera priva di confini, che cancellò ogni traccia dei
suoi antichi ideali con il violento desiderio di vendetta, fino a squarciare
l’oscurità che lo avviluppava in un’esplosione di un bianco abbacinante,
carbonizzando le pietre della cella in cui era rinchiuso.
E, all’improvviso, si ritrovò libero.
Si alzò barcollando, ancora sorpreso dell’immensa energia che ancora adesso
scorreva nella sue vene e gli regalava un esaltante senso d’invincibilità ed
euforia, per poi volgersi verso il suo carceriere con i muscoli tesi, pronto a
combattere per la propria libertà.
- Dimentica quella patetica umana, dimentica ogni insegnamento ricevuto. Tu
sei un Notturno. – commentò lui con un sorriso di approvazione, senza dimostrare
alcuna ostilità, prima di tendergli la mano destra – Accetta il tuo posto al
nostro fianco.
Lentamente, il giovane uomo sollevò il braccio corrispondente fino a
stringere le sue dita con le proprie, rinnegando tutta la sua vita.
E quell’ultimo bagliore di speranza scomparve nelle tenebre.
- Allora, quando hai deciso di partire?
Il guerriero con il volto parzialmente coperto da un elmo nero simile a un
teschio, che nessuno avrebbe mai ritenuto un adulto che si era appena lasciato
alle spalle l’adolescenza, incrociò lo sguardo con quello del suo maestro, un
uomo dalla pelle olivastra e le iridi e la chioma neri come le tenebre.
- Il prima possibile. Ho diversi compiti che mi attendono. – rispose, con una
voce profonda che avrebbe potuto risultare gradevole, se non avesse contenuto un
velo di minaccia.
Era trascorso un anno da quando aveva accettato di schierarsi con i Notturni,
per sfuggire alla tortura e poter ottenere la propria vendetta nei confronti di
chi l’aveva abbandonato; grazie alla magia che aveva scoperto di possedere, si
era ristabilito in pochi giorni, senza tuttavia poter cancellare le cicatrici
presenti sul suo corpo e nel suo animo. Con il suo vecchio carnefice come unica
compagnia, che gli aveva insegnato a usare al meglio il potere di cui era
dotato, aveva affinato le proprie già ottime qualità di spadaccino, fino a
diventare un combattente quasi perfetto, guidato da un unico, assillante
pensiero.
Come se potesse leggergli la mente, il suo interlocutore lo studiò con
attenzione, prima di rompere il silenzio.
- Sei ancora ossessionato da lei?
Gli occhi azzurri del giovane, freddi come il ghiaccio, riflessero
un’inespressa minaccia, che tuttavia non bastò a farlo tacere.
- Le emozioni sono pericolose. Quando l’odio per una persona è tanto profondo
rappresenta una schiavitù più spietata delle catene.
- Dopo quello che mi hai fatto, Notturno, non sono in grado di provare
nient’altro.
L’uomo gli restituì un’espressione impenetrabile. Non gli aveva mai rivelato
il suo nome e lui non gliel’aveva mai chiesto.
- Era necessario. Dovevo cancellare ogni frammento del te stesso di un tempo
per forgiarti più forte, in grado di accettare la verità e di affrontare
chiunque ti si parasse di fronte
- E ci sei riuscito. – commentò con uno strano tono di voce il suo
allievo.
- Cosa le farai una volta che l’avrai trovata? È una guerriera della Luce,
una nemica del nostro popolo.
Da dietro l’elmo nero esplose una risata di scherno.
- Credi davvero che m’importi qualcosa della guerra tra Umani e Notturni? No,
io non ho più bisogno di sciocchi ideali su cui basare la mia esistenza, adesso
vivo solo per la vendetta.
- Che sia per ideale o per vendetta, devi ucciderla. Se la lasci in vita e le
permetterai di avvicinarsi nuovamente a te, ti renderà un debole.
- Io ho dimenticato cosa sia il perdono. Non avrò pietà di lei.
Il Notturno gli rivolse un cenno d’approvazione, mentre i suoi lineamenti si
rilassavano impercettibilmente.
- Era proprio ciò che speravo.
- E non avrò pietà di te. – continuò il giovane guerriero, prima di estrarre
la pesante spada che portava alla cintura e, troppo rapido per essere fermato,
trafiggerlo profondamente al petto.
- Non ti sembra divertente, che io ti uccida senza mai aver conosciuto il tuo
nome? – commentò, mentre gli rigirava la lama nella carne, ma, con suo profondo
disappunto, le labbra dell’uomo si tesero in uno strano sorriso, come se la
propria morte non lo turbasse e rappresentasse semplicemente un evento già
previsto e accettato da tempo, in accordo con i suoi piani.
Lo vide aprire la bocca per sussurrargli le sue ultime parole, mentre un
rivolo di sangue scendeva a imbrattargli il mento e il petto.
– Non hai bisogno di nomi… per la tua vendetta… Zaech.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2: Incontro ***
NightAlchemist93: Ti ringrazio per il commento, spero che l'aggiornamento ti piaccia^^ Baci.
Capitolo 2: Incontro
- Chi di voi conosce la storia della Grande Battaglia?
Zaech socchiuse gli occhi e represse uno sbadiglio, annoiato dalla lezione.
La maggior parte dei suoi compagni, adolescenti di entrambi i sessi d’età
compresa tra i quattordici e i diciassette anni che, come lui, avevano ottenuto
l’onore di frequentare l’Accademia in cui si formavano i Condottieri della Luce,
si agitava, eccitata dal racconto imminente, ma nel suo caso quell’ora di
forzata immobilità rappresentava solo una tortura, visto che aveva ascoltato
quella storia in tante occasioni da poterla recitare quasi a memoria.
Ormai non ricordava più quanto tempo fosse passato da quando aveva messo
piede in quell’enorme edificio simile a un monastero, che era poi diventato la
sua prima vera casa. Lì i difensori della sua stirpe, i leggendari protettori
degli Umani, si prendevano cura dei numerosi orfani trovati durante le loro
peregrinazioni e li educavano, insegnando loro a leggere e a scrivere, per poi
rimandarli nei villaggi una volta che avessero imparato a prendersi cura di se
stessi; solo i più dotati venivano istruiti anche nell’arte del combattimento e
della meditazione, in modo da affinare le capacità latenti che i maestri avevano
riscontrato in essi, e, se lo desideravano, potevano proseguire l’addestramento
e rimanere nell’Accediamo fino alla maggiore età o anche oltre.
Chi raggiungeva i requisiti richiesti, una volta divenuto un possente
guerriero veniva insignito del titolo di Condottiero della Luce e si sarebbe
sobbarcato il compito di proteggere Erhedyas, la terra in cui vivevano, dalla
minaccia dei Notturni, giurando di garantire la libertà al proprio popolo a
costo del suo stesso sangue.
Zaech si sentì percorrere da un fremito di eccitazione, al pensiero di poter
entrare in quelle schiere di eroi di cui aveva sentito parlare fin da
bambino.
Nonostante avesse appena compiuto quindici anni, il suo incredibile talento
nella lotta e la dedizione con cui si addestrava quotidianamente, rifuggendo
qualunque pausa superflua, avevano catturato l’attenzione dei combattenti più
anziani e non era un mistero che entro l’inverno seguente sarebbe assurto al
rango di Condottiero.
Ricordando le responsabilità di cui si sarebbe fatto carico dopo questa
nomina, si costrinse a spalancare gli occhi e cercare quanto più possibile di
seguire Kiel, il vecchio maestro che aveva cominciato a raccontare la storia
degli Umani.
- Come voi tutti sapete, – esordì l’anziano, con voce stranamente vellutata e
melodiosa per la sua età – la nostra stirpe vive su Erhedyas da innumerevoli
anni. Un giorno buio per tutti noi Umani, un nuovo popolo, i Notturni, giunse
dal lontano Mare del Nord e s’insediò vicino ai nostri villaggi. Durante i primi
tempi, le due razze vissero in armonia l’una con l’altra, aiutandosi a vicenda e
condividendo le loro conoscenze, ma poi questi forestieri s’interessarono dei
poteri che i più sapienti della nostra stirpe erano riusciti a sviluppare dopo
anni di studio e di meditazione, e gli Umani, ingannati dalle loro apparenze
pacifiche, li istruirono nell’arte della magia. Non appena i Notturni riuscirono
a padroneggiarla abbastanza bene da rivaleggiare con i loro maestri, scatenarono
una guerra senza quartiere, da cui un solo popolo sarebbe uscito vincitore. Fu
uno scontro durissimo, in cui la nostra razza rischiò l’estinzione, perché i
loro persecutori, pur inferiori di numero, erano riusciti ad appropriarsi della
magia con grande facilità e, a differenza dei nostri avi, tra cui solo pochi
eletti particolarmente dotati ne potevano fare uso, avevano imparato a
utilizzarla senza restrizioni.
Ormai decimati dai loro avversari, gli Umani furono costretti ad arrendersi e
si ritrovarono asserviti ad essi per parecchi anni, fino a quando coloro che
ancora desideravano la libertà si unirono per tentare un’ultima, disperata
ribellione: i guerrieri migliori e gli anziani più sapienti fecero un patto con
il loro stesso sangue, impegnandosi a proteggere a costo della vita Erhedyas e
la loro gente dalla minaccia dei Notturni, e scesero in campo al sorgere
dell’alba, pronti a far brillare la speranza in quella che oggi noi chiamiamo la
Grande Battaglia. Così nacquero i Guardiani della Luce. Alla fine dello scontro,
durato intere settimane, solo pochi di essi riuscirono a salvarsi; ma il popolo
venuto dal mare, che si era rivoltato contro chi gli aveva offerto aiuto e
amicizia e l’aveva reso schiavo, era stato sconfitto. Preoccupati che questi
traditori potessero minacciare nuovamente la libertà, ma senza la spietatezza
necessaria per ucciderli tutti, i Guardiani li bandirono da queste terre,
privandoli con un complesso rituale di tutti i poteri e sigillandoli in un limbo
in cui sarebbero rimasti fino a quando non avrebbero espiato le loro colpe.
Quindi, come ultima cosa, fondarono quest’Accademia, affinché dopo la loro morte
si formassero altri combattenti e altri maghi con la capacità di affrontare i
Notturni, qualora essi riuscissero a liberarsi anzitempo.
Il vecchio maestro fece una pausa, prima di rivelare un sorriso e assumere un
tono ben più leggero.
- Purtroppo nulla è infallibile, neppure ciò che venne creato dai Guardiani,
così non sempre il sigillo riesce a trattenere tutti i suoi prigionieri; ma
questo è il motivo per cui noi esistiamo, e fino a questo momento mi sembra che
abbiamo svolto bene il nostro compito.
Parzialmente assopito, Zaech captò l’ultima parte della storia e il suo
pensiero si rivolse inesorabilmente a quei leggendari guerrieri, che ammirava
con tutto se stesso fin da bambino e di cui avrebbe desiderato seguire le orme,
sebbene fosse conscio della difficoltà di una simile impresa.
Erano rarissimi coloro che assurgevano al rango più alto dei difensori della
Luce: oltre a dimostrarsi degli ottimi combattenti, in grado di lottare sia con
le armi che a mani nude, ed eccellere rispetto agli altri Condottieri, si
sussurrava che un altro requisito fondamentale fosse l’utilizzo della magia.
Pochissimi tra gli studenti conoscevano l’identità dei Guardiani, anche se le
ipotesi più plausibili riguardavano i loro insegnanti, e perfino Kiel, che amava
particolarmente divagare nei suoi racconti, non aveva mai rivelato nulla sugli
eroi del loro tempo; l’unica persona di cui si sapesse con certezza che aveva
raggiunto un simile riconoscimento era il capo indiscusso dell’Accademia, Dolar,
tuttavia nessuno l’aveva mai incontrato e Zaech aveva cominciato a ritenerlo una
sorta di leggenda nata per soddisfare la loro curiosità, e non un guerriero
realmente esistente.
Cullato dalla voce melodiosa del suo maestro, lanciò uno sguardo fuori dalla
finestra, nel tentativo di svagarsi un po’ e cancellare la sonnolenza che lo
stava invadendo, e per poco non gli sfuggì un’esclamazione di stupore:
esattamente al livello dei suoi occhi, seduta a cavalcioni su un grosso ramo,
una ragazza lo stava fissando con un sorriso impertinente stampato sul volto.
Non appena si accorse di essere riuscita a catturare la sua attenzione, cominciò
a fargli inequivocabile segno di raggiungerla con entrambe le mani,
indirizzandogli delle buffe smorfie per enfatizzare quell’ordine silenzioso, ma
Zaech scosse la testa. Malgrado la lezione lo annoiasse profondamente, non
desiderava infrangere le severe regole dell’Accademia; inoltre, anche se non si
erano mai parlati prima, gli era bastato un istante per riconoscerla come una
delle allieve più problematiche e indisciplinate dell’intero edificio, la spina
nel fianco della maggior parte dei loro maestri, nonostante fosse appena
quattordicenne.
Tenne ostinatamente la testa rivolta davanti a sé, pur essendo consapevole
dei gesti con cui lei cercava di chiamarlo, reprimendo con tutte le sue forze il
desiderio di uscire all’aperto. Quando Kiel cominciò a elencare il nome dei
primi Guardiani e le loro caratteristiche come spadaccini e maghi, tuttavia, la
sua convinzione divenne vacillante e, giunto alla storia del terzo guerriero,
perfino la compagnia di una simile piantagrane gli sembrava allettante.
Qualche minuto più tardi, grazie a una fuga silenziosa e repentina, era fuori
dall’edificio.
La ragazza, adesso appoggiata al tronco dell’albero e impegnata a rigirarsi
una ciocca di capelli tra le dita, non mostrò alcuna sorpresa quando lo
vide.
- Sapevo che saresti venuto! – lo accolse, ammiccando, non senza una leggera
sfumatura di derisione nel suo sorriso.
Per nulla a suo agio dopo aver infranto per la prima volta una regola
dell’Accademia, il ragazzo assunse un’espressione contrariata.
- Non dovresti essere in classe?
- Mi annoiavo.
- Quando si accorgeranno della tua assenza, verrai punita.
Lei scosse le spalle.
- L’importante è non farsi scoprire. – commentò, prima di piegare le labbra
nel sorrisetto ironico con cui aveva accolto il suo arrivo – E poi tu ti stai
macchiando della mia stessa colpa.
Le rispose uno sbuffo irritato, così preferì reprimere la sfrontatezza che la
caratterizzava in favore di un tono più amichevole e quasi intimorito.
- Tu sei Zaech, vero?
Lui annuì.
- E tu Elyn. – disse, scoccandole un’occhiata di rimprovero – Perché mi hai
chiamato?
- Ho visto che la lezione non ti interessava, così ho pensato che avresti
potuto farmi compagnia. E poi ti devo chiedere un favore.
- Che genere di favore?
Il volto della ragazza si velò d’imbarazzo.
- Avrei bisogno del tuo aiuto per imparare a utilizzare bene la spada. Mirta
dice sempre che sei il suo allievo migliore e, siccome ha minacciato di farmi a
fettine se non migliorerò a sufficienza entro il prossimo mese, ho pensato che
tu fossi la mia ultima speranza.
Pur sentendosi lusingato da un simile apprezzamento, Zaech cercò di trovare
un’altra soluzione per non impegnarsi in prima persona.
- Perché non chiedi a lui di darti degli insegnamenti supplementari? – le
chiese, nonostante potesse intuire il motivo anche da solo: severo e
inflessibile come nessun altro nell’Accademia, e particolarmente spietato con
chi non obbediva all’istante ai suoi ordini o si mostrava indisciplinato, il
maestro d’arme era odiato senza discriminazioni da quasi tutti i suoi
allievi.
Elyn, infatti, si esibì in una smorfia.
- Mi ritiene un caso senza speranza e comunque non ho nessuna intenzione di
pregarlo per farmi insultare anche al di fuori delle lezioni normali.
- Non c’è nessun altro che potrebbe aiutarti?
- Non bravo quanto te.
Incatenato dalle sue iridi castane, divenute all’improvviso gli occhi
supplicanti di una fanciulla in difficoltà, il giovane guerriero sentì i propri
propositi di non immischiarsi vacillare pericolosamente, mentre l’idea di
assumere per qualche giorno il ruolo di insegnante cominciava a intrigarlo più
del dovuto. Quando infine comprese che non sarebbe riuscito a rifiutare la sua
richiesta, si prese qualche minuto per lasciarla nel dubbio, prima di rivelarle
la propria decisione.
- D’accordo, ma dovrai fare esattamente come dico io. – l’avvertì.
- Ti ringrazio! Allora ti aspetto domani pomeriggio nell’arena di
combattimento! – esclamò lei, mostrandogli il primo sorriso senza alcuna presa
in giro, ma subito l’espressione amichevole con cui lo stava fissando si
trasformò in una maschera di paura.
Zaech si volse giusto in tempo per vedere Mirta oltrepassarlo e dirigersi
come una furia sulla compagna, che aveva cercato invano di fuggire verso il
bosco poco lontano.
- Ecco dov’eri finita! – ruggì il gigantesco spadaccino, afferrandola per un
braccio come fosse una bambola e cominciando a trascinarla verso l’Accademia –
Stai pur certa che la pagherai cara!
Il ragazzo si scostò, riluttante, per farli passare.
Sapeva che, per quanto duro fosse l’addestramento dei difensori della Luce,
non si somministravano mai punizioni corporali agli allievi; tuttavia, nel
vedere in preda alla collera il più temuto tra i Condottieri, si riscoprì a
dispiacersi per lei, almeno prima di sentire una voce familiare pronunciare il
suo nome alle sue spalle.
- Zaech, mi deludi.
Con la chiara espressione di chi è stato colto sul fatto, si volse,
ritrovandosi a fissare il volto coperto di rughe dell’anziano insegnante, che
evidentemente aveva concluso il suo racconto sugli antichi Guardiani.
- Sei uno dei miei allievi migliori, ma non posso sorvolare su questo tuo
comportamento. Adesso torna in aula. – gli ordinò.
- Sì, maestro. – rispose lui, rassegnato al castigo.
Mentre seguiva docilmente Kiel dentro l’edificio, incrociò lo sguardo della
compagna, ancora prigioniera della morsa ferrea di Mirta, che alla sua occhiata
di fuoco rispose mostrando la lingua.
- Stupida ragazzina, è tutta colpa sua. – mugugnò, deciso a non lasciarsi
impietosire da lei in futuro – Domani se lo scorda il mio aiuto.
Nascosto nell’ombra, tanto vicino da poter scorgere il suo profilo, Zaech
attendeva il momento propizio per attaccare la giovane apprendista, che avanzava
lentamente lungo la sala principale del piccolo monastero. Nonostante fosse
trascorso più di un anno da quando l’aveva vista l’ultima volta, non era
cambiata da come la ricordava e, mentre rimaneva immobile, con i nervi tesi per
lo scontro imminente, non riuscì a impedirsi di ammirare ancora una volta i
lineamenti delicati del suo volto, in cui una spruzzata di tenui lentiggini
diminuiva l’austerità di uno sguardo che aveva abbandonato l’onnipresente ironia
dell’adolescenza in favore di una maturità nuova. Le sue guance si erano
impercettibilmente affilate e non venivano più nascoste dai ciuffi scompigliati
dei suoi capelli castani, ora raccolti austeramente dietro la nuca, ma la sua
figura snella eppure femminile era rimasta la stessa, riconoscibile anche
attraverso la pesante tunica che la copriva e non riusciva a smentirne la grazia
innata.
- Sapevo di trovarti qui.
La ragazza si volse di scatto.
- Chi sei? – chiese, con un guizzo d’inquietudine negli occhi castani.
Attraverso le feritoie dell’elmo nero, il guerriero la vide infilare le dita
nella ampie maniche dei suoi vestiti, in quella che in apparenza sembrava una
posa reverente, e sorrise, pronto a evitare l’attacco.
- Colui che ti ucciderà. – replicò, sfoderando l’arma che portava legata alla
cintura.
Senza lasciargli la prima mossa, l’apprendista diede inizio alla scontro.
Con un movimento rapido, tanto fluido da sembrare un passo di danza, trasse i
due leggeri stiletti che portava nascosti nella tunica a contatto col braccio e,
con una giravolta, li lanciò in direzione del suo collo, mirando alla sottile
striscia di pelle indifesa situata tra l’elmo e l’armatura, ma Zaech non si fece
trovare impreparato: gli bastò un rapido scatto del polso per portare la propria
arma all’altezza del mento e parare l’attacco, poi si gettò contro di lei.
Le fu addosso in un istante, tuttavia quel brevissimo ritardo bastò alla sua
avversaria per sfoderare due corte spade, in modo da non farsi trovare
disarmata.
Intenzionato a impegnarla in un duello ravvicinato, in cui poteva
avvantaggiarsi della sua maggiore forza fisica, Zaech caricò un fendente dopo
l’altro, mirando alternativamente alla testa e al ventre per sfiancarla in breve
tempo, a cui lei rispose con parate perfette, malgrado il fisico minuto, dando
prova di aver meritato appieno il suo grado di Condottiero. Come era già
successo tempo prima, la ragazza pareva intuire tutti i suoi attacchi e riusciva
a deviarli appena prima dell’impatto con il suo corpo, senza mai contrastarli
direttamente, per non trovarsi alle prese con una prova di forza che non avrebbe
potuto vincere.
- Chi sei? – gli chiese nuovamente, quando l’ennesimo scontro tra le loro
lame ridusse la distanza tra loro a poche decine di centimetri.
- Ti dimentichi presto delle persone, umana. – sibilò lui.
Stanco di giocare, decise di elevare lo scontro a un livello superiore.
I mesi di allenamento col Notturno l’avevano reso uno spadaccino quasi
imbattibile, che univa a una tecnica perfetta anche l’uso della magia, e
dimostrò subito i suoi miglioramenti, aumentando sensibilmente la rapidità con
cui attaccava.
Per la prima volta dall’inizio dello scontro, la ragazza parve in difficoltà:
incominciò ad arretrare, le sue parate si fecero più scomposte, meno puntuali e
dopo qualche minuto il suo respiro era divenuto affannoso.
Ormai convinto di avere ottenuto la vittoria, il guerriero si scoprì per
mettere a segno il colpo di grazia e la sua avversaria ne approfittò: dopo
averlo evitato per un soffio, lo costrinse a indietreggiare in maniera scomposta
con un guizzo della lama indirizzato al basso ventre, quindi, dopo un passo
indietro per mettersi fuori portata, generò una sfera infuocata e gliela scagliò
contro.
All’ultimo istante, più per istinto che per reale consapevolezza, Zaech
sollevò la mano e, attingendo al proprio potere, riuscì a deviare
impercettibilmente il globo ardente che lo avrebbe colpito al capo e invece si
limitò a sfiorarlo.
- Sei diventata più pericolosa di quanto mi aspettassi, Elyn. – sibilò,
mentre si sfilava l’elmo, rovinato dall’ultimo attacco, per evitare che il
metallo rovente si surriscaldasse fino alla sua parte più interna e gli
ustionasse il volto – Ma, in fondo, l’allieva non potrà mai superare il
maestro.
Gli occhi della ragazza si dilatarono per lo stupore nel momento in cui lo
riconobbe, ma il nome che le sue labbra stavano per pronunciare venne soffocato
all’improvviso, quando un lampo di magia la raggiunse al petto, scagliandola
violentemente contro il muro alle sue spalle.
Zaech la guardò accasciarsi a terra priva di coscienza con una strana,
martellante emozione nel suo petto.
- Tu mi hai fatto perdere la cosa più importante che avevo al mondo. – disse,
prima di caricarsela sulle spalle e dirigersi verso l’uscita – E io distruggerò
la tua.
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Capitolo 4 *** Capitolo 3: Schiavitù ***
Chiedo scusa per l’enorme ritardo con cui ho aggiornato, il punto è che,
malgrado la storia sia già conclusa, non mi soddisfa affatto, in quanto soffre
degli stessi difetti che mi sono stati segnalati nei giudizi del concorso a cui
ho partecipato; avendola scritta di fretta per rispettare la scadenza, non sono
riuscita ad approfondirla come avrei voluto, così mi sono ripromessa di
rielaborarla non appena avessi avuto il tempo e l’ispirazione. Purtroppo,
malgrado i mesi di attesa, lo studio e i vari impegni finora non me ne hanno
dato la possibilità, quindi, piuttosto di farvi aspettare ad interim, preferisco
postare la storia così com’è, posticipandone la riscrittura a un futuro più
libero. Spero che nonostante i suoi difetti possa essere una lettura
piacevole^^
Bgirl: Grazie del commento, spero mi perdonerai per la lunga
attesa.
Lotiel: Troppo buona, cara, mi auguro che non ti deluda troppo la seconda
parte di questa storia, perché purtroppo mi rendo conto che andrebbe migliorata
di molto. TS tornerà presto, grazie dell’interessamento, devo solo rimettere
online il sito e decidermi a terminare il nuovo capitolo, che al momento è un
po’ sospeso perché sto riscrivendo la prima parte (comunque se vuoi ne possiamo
parlare via mail^^). Grazie del commento!
Peonia_and_Orchidea: Ti ringrazio del commento, mi dispiace solo del
ritardo con cui ho aggiornato.
BLU REI: Visto che alla fine, con immenso ritardo, ho aggiornato anche
questa storia? XD Grazie del commento, a presto! Baci.
Ringrazio inoltre tutti i giudici per i loro preziosi commenti, non posso che
concordare con le loro critiche, purtroppo il poco tempo che ho avuto per
scrivere la storia (aspettando l’ispirazione mi sono quasi presa all’ultimo) mi
ha impedito di delineare bene la vicenda e soffermarmi sui personaggi quanto
avrei voluto, con la conseguenza di rendere la storia troppo intricata; e grazie
anche a solarial, per essersi presa il disturbo di riportare qui i loro
giudizi.
Capitolo 3: Schiavitù
- Non così, devi tenere la lama più in alto, in modo che ti difenda il volto.
– ripeté per l’ennesima volta Zaech, dando prova di grande pazienza.
Nonostante i suoi propositi, alla fine aveva scelto di aiutare la ragazza,
anche se, dopo quasi due settimane di allenamento intensivo sulle basi della
scherma, doveva ammettere di essersi sobbarcato un compito più arduo del
previsto: a dispetto di tutti i suoi sforzi in veste di improvvisato insegnante
e dell’evidente impegno con cui lei seguiva le sue direttive, Elyn sembrava
incapace di compiere anche il più semplice esercizio, maneggiando la sua spada a
due mani con una goffaggine tipica dei più giovani allievi dell’Accademia.
- Si può sapere cosa c’è che non va, in te? – le chiese, quando la vide
perdere l’equilibrio durante un tentativo di affondo e poi sedersi sull’erba con
un sospiro scoraggiato.
- È troppo pesante, non riesco a coordinarmi.
Zaech scosse la testa, incredulo. Gli aspiranti Condottieri venivano
addestrati duramente fin da piccoli, senza distinzioni di sesso, con lo scopo di
sviluppare in loro una forza e una resistenza di gran lunga superiori a quelle
delle persone normali; in questo modo, non solo sarebbero riusciti a maneggiare
con estrema facilità la grande arma che li caratterizzava, ma avrebbero avuto
anche le capacità per far fronte al proprio compito di protettori. Il fatto che
una ragazza con alle spalle già diversi anni di allenamento non fosse ancora in
grado di utilizzare adeguatamente una spada, di cui perfino i novizi sapevano
servirsi senza problemi, lo sconcertava, spingendolo a chiedersi per quale
motivo i maestri non l’avessero ancora espulsa.
- Non capisco. – commentò, prima di bloccarsi all’improvviso, imbarazzato per
la domanda indelicata che era stato in procinto di pronunciare, ma Elyn parve
intuire i suoi pensieri.
- Non capisci perché continuino a tenermi nell’Accademia? – chiese, inarcando
un sopracciglio in uno sguardo ironico, senza alcuna traccia di offesa.
Per qualche istante, il giovane guerriero tenne gli occhi fissi sulle proprie
mani, tuttavia la sua natura franca prevalse ancora una volta e si ritrovò a
fissare in volto la sua interlocutrice, con un leggero rossore sulle guance.
- A dire il vero, sì. Ho visto ragazzi molto più promettenti di te che sono
stati cacciati solo dopo pochi giorni. – aggiunse, in tono di scusa.
- Se vuoi posso mostrarti cosa so fare. – gli propose lei, prima di alzarsi
di scatto.
- Che intenzioni hai?
- Attaccami! – lo sfidò, con le mani sui fianchi e le labbra atteggiate a un
sorriso provocatorio.
Zaech lanciò uno sguardo alla sua spada, abbandonata al suolo, per poi
riportarlo sulla compagna, di gran lunga troppo esile per poter sperare di
uscire vittoriosa da uno scontro senza armi.
- Stai scherzando?!
- No. Avanti, prendi la spada e attaccami!
- Io non combatto contro chi è disarmato. – replicò il ragazzo con
sdegno.
Lei gli sorrise maliziosamente.
- Ma io non sono disarmata.
Prima di dargli il tempo di muoversi, trasse dall’interno della sua tunica
due sottili stiletti e in due passi gli fu alle spalle, con un braccio attorno
al suo collo, un pugnale premuto contro il fianco e l’altro contro la gola. In
quella posizione, mentre era ancora sconvolto per la rapidità con cui si era
trovato battuto da lei senza nemmeno aver potuto accennare a una reazione, Zaech
venne attraversato dalla consapevolezza fin troppo nitida della sua presenza.
Era come se ogni fibra del suo essere potesse percepire il suo respiro sul
collo, una ciocca di capelli castani che gli sfiorava la guancia e specialmente
il suo corpo di donna premuto contro il proprio.
- Se io fossi un nemico, a quest’ora saresti morto. – la sentì mormorare a
pochi millimetri dal suo orecchio.
- Così non è leale, non ero pronto. – protestò, profondamente turbato per le
sensazioni che si erano risvegliate in lui.
Con un risolino, la ragazza mollò la presa e si ritrasse di un passo.
- Io ti avevo avvertito. Allora, questa volta hai intenzione di fare sul
serio?
- D’accordo.
Dopo aver raccolto la spada, grato di potersi allontanare un po’ da lei e di
avere qualcos’altro su cui concentrarsi, si mise in guardia.
- Ti aspetto!
Non appena la distanza tra loro si ridusse a un metro, si esibì in una serie
di fendenti improvvisi, nel tentativo di sorprenderla con la guardia scoperta o
disarmarla; tuttavia, malgrado si stesse impegnando nel duello come se si
trovasse di fronte a un nemico, i suoi violenti colpi sembravano scivolarle
addosso un istante prima di intaccarle i vestiti, come se una forza sconosciuta
li deviasse di pochi centimetri. Senza nessuna fatica apparente, Elyn anticipava
ogni sua mossa, non avrebbe saputo dire se per istinto o incredibile agilità, e
quando l’affondo era troppo diretto per schivarlo completamente, riusciva a
cambiarne in maniera quasi impercettibile la direzione con i pugnali, senza mai
provare a bloccarlo, per non dargli l’opportunità di un confronto diretto da cui
sarebbe certamente uscita perdente.
Provò ancora a colpirla, sconvolto di vedere la goffa ragazza, a stento
capace di maneggiare una spada, trasformarsi in una letale guerriera, capace di
tenergli testa con una grazia quasi surreale, ma una parte della sua mente aveva
già cominciato a distrarsi, incantato per il modo in cui lei sembrava danzare
tra i suoi colpi.
Respirò a fondo, il cuore in tumulto e una strana sensazione all’imboccatura
dello stomaco.
Non aveva mai provato particolare interesse per una ragazza, prima di allora,
solo una blanda curiosità; eppure in quel momento si sentiva invaso dal
desiderio di stringerla a sé e immergere il volto nei suoi capelli per scoprirne
il profumo.
Arrossì al solo pensiero, perdendo la concentrazione per un istante.
L’attimo successivo Elyn era quasi tra le sue braccia, come se le sue
fantasie si fossero concretizzate, ma una lama premuta contro la sua gola
infranse ogni illusione, riportandolo in una realtà in cui era appena stato
sconfitto per la seconda volta consecutiva.
- Come vedi, se Mirta non mi ha ancora cacciato definitivamente, un motivo
c’è. – commentò lei, ignara di aver scatenato un simile turbamento nell’animo
del compagno.
Zaech le scostò bruscamente la mano e fece un passo indietro.
- Se sei già così brava, per quale motivo hai bisogno del mio aiuto? – le
chiese, diviso tra il risentimento per essere stato sconfitto in maniera così
umiliante e la sottile ammirazione che, malgrado tutti i suoi sforzi, aveva
cominciato a insinuarsi nei suoi pensieri.
- Non mi piacciono le spade, ma se voglio diventare un Condottiero devo
imparare a usarle, in un modo o nell’altro.
- Ma non ne hai bisogno, potresti comunque proteggere il nostro popolo anche
senza essere un Condottiero. – ribatté, riferendosi ai numerosi allievi
dell’Accademia che, pur non raggiungendo i requisiti minimi per quel rango,
scendevano in campo ugualmente come generici difensori della Luce, supportando i
loro compagni di grado superiore.
Elyn sbuffò.
- Perché, tu ti accontenteresti al mio posto? – domandò retoricamente, prima
di rivelare un sorriso orgoglioso – E poi Thori ha detto che, una volta
completato il mio addestramento con le armi, mi prenderà come apprendista.
Allibito dalle sue parole, Zaech ci mise qualche secondo per riprendere l’uso
della parola.
- Intendi quel Thori?!
La compagna annuì, raggiante per aver catturato l’attenzione del più schivo e
misterioso tra i maestri dell’Accademia. Stranamente esile per essere un
guerriero e tuttavia rispettato indistintamente da novizi e veterani, questo
insegnante era l’unico che avesse dato prova di conoscere la magia e di cui si
sapesse con certezza quasi assoluta il suo rango di Guardiano; al contrario dei
suoi colleghi, si occupava raramente di più di un allievo e mai per periodi
superiori a una settimana, limitando il suo ruolo agli studi e alla meditazione,
in attesa di trovare un ragazzo con le sue stesse doti, a cui poter tramandare
le proprie conoscenze.
- Ma tu non hai strani poteri! Perché dovrebbe interessarsi a te? – esclamò
il giovane, senza potersi esimere dal provare un’inattesa gelosia per questo
onore – Non li hai, vero? – aggiunse poi, con un velo di apprensione.
Cogliendo la sua espressione intimorita, la ragazza scoppiò a ridere.
- Non che io sappia. Ma dice che ho una grande potenzialità latente. –
rispose, prima di lasciarsi sfuggire un sospiro esasperato – Ma fino a quando
non imparerò a usare bene la spada, non potrò diventare sua allieva e mi
toccherà sopportare ancora Mirta.
Zaech si costrinse a mordersi le labbra per non scoppiare a ridere.
Da una parte avrebbe dovuto disapprovare il modo in cui lei si prendeva gioco
degli stimati insegnanti dell’Accademia, ma l’espressione corrucciata che
portava stampata sul volto e la voce con cui aveva pronunciato quelle parole gli
erano risultate troppo buffe.
Nonostante i propri pregiudizi nei confronti di una ragazza tanto ribelle e
sfrontata, giorno dopo giorno si era accorto che la sua compagnia aveva
cominciato a piacergli. Si scoprì ad ammirarla di sottecchi mentre lei fissava
l’orizzonte, soffermandosi sui lineamenti delicati, ancora infantili, per poi
indugiare sulle labbra non troppo carnose, sempre in movimento o piegate in quel
sorriso impertinente a cui aveva imparato a non risentirsi.
- Tu come mai vuoi diventare un Condottiero? – gli chiese all’improvviso
l’oggetto del suo interesse, rigirandogli la domanda a cui aveva risposto pochi
minuti prima.
- Per la giustizia. – rispose lui, senza esitazioni – Combattere per la Luce
per me è la cosa più importante, lo scopo della mia vita.
- E come fai a sapere se quando scendi in campo sei dalla parte dei
giusti?
- Che domande! Mi basta seguire il volere dei Guardiani, mi sembra ovvio!
Lei gli lanciò un’occhiata di sottecchi.
- Ti sembra giusto imprigionare per sempre un popolo intero? – domandò, con
insolita cautela.
L’espressione basita con cui il compagno accolse le sue parole la spinse ad
abbassare lo sguardo con un lieve sospiro.
- Elyn, quel popolo aveva cercato di sterminarci. Non ti sembra una pura
questione di legittima difesa tenerlo segregato dove non può farci del male?
- E se magari non tutti i Notturni fossero cattivi? O non si meritassero
questo castigo? Essere confinati in un limbo, schiavi della volontà dei
Guardiani, è peggio che morire. Io non riuscirei mai a infliggere una punizione
tanto spietata e crudele.
- Che assurdità stai dicendo?! È grazie ai Guardiani se i Notturni non ci
hanno sopraffatti e trasformati in servi, o peggio ancora uccisi, lo sanno
tutti. Loro proteggono la libertà!
- Adesso, forse. Ma in fondo sono solo esseri umani. Potrebbero sbagliare
anche loro, prima o poi, non credi?
Zaech s’irrigidì.
- Perché hai voluto frequentare l’Accademia, se pensi questo? – sbottò
bruscamente.
Nonostante la simpatia e l’attrazione che quel pomeriggio aveva scoperto di
provare nei suoi confronti, non gli piaceva il modo in cui lei metteva in dubbio
i principi su cui aveva fondato la sua stessa esistenza.
- Perché solo così potrò diventare abbastanza forte da difendere ciò che di
più importante esiste al mondo.
- E sarebbe?
Lei rivelò un sorriso, che per qualche strano motivo non si estese agli
occhi.
- La libertà.
Quando riprese coscienza, con un doloroso pulsare al petto e alla testa, Elyn
era immersa nel buio.
Provò a guardarsi attorno, nel tentativo di comprendere in quale luogo si
trovasse, ma sentiva solo la gelida roccia su cui era adagiata e le catene
pesanti che le costringevano i polsi sopra la sua testa, senza riuscire a
penetrare l’oscurità quasi palpabile da cui era avvolta.
Soffocò a fatica un grido, incapace di controllare l’ondata di panico che
s’insinuò in lei assieme alle tenebre della prigionia, non appena si rese conto
che la sua più grande paura era diventata reale. In un lampo ricordò
l’addestramento ricevuto prima nell’Accademia e poi nel monastero, da Thori in
persona, cercando di recuperare quella lucidità di cui aveva bisogno per trovare
una via di fuga.
Malgrado la sofferenza da cui era pervasa e il cieco terrore che quella
situazione aveva generato nel suo animo, si costrinse a controllare il proprio
respiro e concentrarsi, per condensare il potere sufficiente a infrangere le
catene; stava per liberarlo quando una voce severa la fermò.
- Fossi in te non lo farei. Non ti conviene contrariarmi ulteriormente.
- Zaech. – sussurrò, comprendendo che chi aveva parlato era a pochi passi di
distanza e aveva assistito al suo risveglio senza emettere un suono.
Una candela si accese all’improvviso alla sua destra, lasciandole intravedere
la sagoma del suo vecchio compagno, ancora vestito con l’armatura, ma privo di
elmo.
- All’inizio credevo di ucciderti. Ne ero davvero convinto, mi sembrava
giusto dopo quello che ho passato a causa tua. Ma non sarebbe stato abbastanza,
capisci? – le disse, abbassandosi su di lei per incrociare il suo sguardo.
Elyn sussultò: i limpidi occhi azzurri che ricordava erano ridotti a due
fessure gelide, animate unicamente da un odio quasi esasperato, e i suoi
lineamenti erano contratti come se dovessero fronteggiare un incessante
dolore.
- Perché mi stai facendo questo?
Lui sorrise, una piega crudele delle labbra che le diede i brividi.
- Per vendetta. Un giorno mi hai detto che la libertà per te è la cosa più
importante di tutta la tua vita. Vediamo se riesci a sopravvivere senza di
essa.
- Perché, Zaech? – chiese ancora la ragazza, quasi istericamente, con gli
occhi lucidi di paura – Tu non sei così. Io ti conosco, non sei malvagio.
- No, Elyn, lo Zaech che conoscevi è morto.
Prima di darle l’opportunità di replicare, uscì dalla stanza, chiudendo la
pesante porta di pietra dietro di sé. E attorno a lei ci fu solo il buio.
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