Il Soldato e la Ballerina

di miatersicore23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Parte Prima ***
Capitolo 3: *** Parte Seconda ***
Capitolo 4: *** Parte Terza ***
Capitolo 5: *** Parte Quarta ***
Capitolo 6: *** Parte Quinta ***
Capitolo 7: *** Parte Sesta ***
Capitolo 8: *** Parte Settima ***
Capitolo 9: *** Parte Ottava ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


IL SOLDATO E LA BALLERINA

PROLOGO

 

Quando Elena entra nella sala di danza si sente libera. Si ammira negli specchi e cammina silenziosamente sul lucido parquet consumato su cui balla ormai da tantissimo tempo. Il profumo della pece è la prima cosa che sente, come sempre.

E, come sempre, si dirige verso lo stereo e sceglie il cd per la lezione. Elena insegna danza da un anno ormai. Da quando le sono morti i genitori ed è diventato difficile vivere con due fratelli più piccoli sostenuti solo dal misero stipendio della zia. Perciò quando la signora Flowers è andata da lei a chiederle se potesse prendere lei il corso delle bambine più piccole, Elena non ci ha pensato due volte. Ha subito accettato.

Inoltre, lei adora la danza. Ama sentire la musica e percepirne il ritmo entrarle nelle vene per poi toccare ogni nervo del suo corpo e dare la carica giusta che la fa danzare. Ama i raggi del sole che entrano dalla finestra e che illuminano leggeri ogni singolo angolo dell’enorme stanza, risaltando il marroncino delle sbarre di legno e sì, facendo brillare anche i suoi occhi color nocciola attraverso lo specchio.

Ma forse non è solo la luce che le fa questo effetto. Forse è lo stare lì che la riempie di vita. Elena quando è triste va li e si sente libera. Elena non piange mai, dopotutto non le serve. Non quando si sente consolata dalle calde braccia della musica.

Cerca di legarsi meglio che può i suoi lunghi capelli castano scuro in un perfetto chignon e quando sente le voci delle bambine nell’altra stanza è già pronta per incominciare la lezione.

Le risate allegre la riempiono di gioia, soprattutto quando vede che tra quei sorrisi c’è quello della sua piccola Margaret, la sua sorellina. Era stato difficile dirle che la sua mamma ed il suo papà non c’erano più, ma quella bambina è più intelligente di quanto un adulto si possa aspettare ed è stata triste, ma è riuscita troppo facilmente ad andare avanti. Più di Jeremy, più di Elena.

Margaret oggi è euforica. Domani è il suo compleanno e non vede l’ora di invitare le sue compagne di danza per pranzo. Specialmente Jane, che da appena due mesi è diventata la sua migliore amica, ma infondo è così che funziona tra bambini: basta mostrare un sorriso per diventare amici. Avere quattro anni (anzi cinque) è la cosa più bella, pensa Elena.

Elena vorrebbe ritornare indietro nel tempo a quando era così piccola, a quando le sue uniche distrazioni erano giocare con la casa della bambole di Caroline e mangiare lecca-lecca alla fragola per merenda. Quando c’erano ancora i suoi genitori e tutto il mondo era circondato da unicorni e arcobaleni. Proprio come per Margaret. Soltanto che una parte di cielo, per lei, è già coperta dalle burrascose nubi della realtà. Ma Margaret è forte, Elena sa che se la caverà.

È già pronta per iniziare la lezione, ma sa che oggi le bambine non hanno proprio voglia di fare nulla oggi. È l’ultimo giorno, poi iniziano le vacanze natalizie e lei ha mille cose da fare, come organizzare la festa di sua sorella che capita proprio il giorno della vigilia. Per questo prima di iniziare, decide di dare dei piccoli pensierini per le bambine. Delle semplici sacche con il loro nome sopra ma quando le vede scartare i regali il loro occhi brillano contenti. Sa che a Margaret piace. Le ha dato quella rossa perché è il suo colore preferito, mentre la sua amichetta, Jane, ridacchia contenta per lo zainetto rosa confetto.

“Allora, ci siete tutte?” Esclama euforica l’insegnante, girandosi verso lo stereo e guardando le sue allieve attraverso lo specchio.

Le vede annuire e posare i regali nell’angolo della sala. Quando incomincia la lezione, Elena si sente viva. La danza è la sua vita e non ama nient’altro se non chiudere gli occhi e far vibrare il suo corpo a ritmo di musica. Anche solo per fare qualche passo elementare per bambine di quattro anni.

Alla fine della lezione, quando le piccole corrono dalle loro mamme, fuori alla sala, Elena ha una piccola fitta al cuore perché la sua sorellina è l’unica rimasta sola. Per fortuna c’è lei, pronta ad abbracciarla, a farla sentire una bambina che ha tutto. Margaret è una delle persone più importanti per Elena e quando la ragazza chiede alla bimba se ha dato gli inviti alla sue amiche, quest’ultima annuisce con un enorme sorriso riempiendole il cuore di gioia, facendoglielo battere e ricordandole anche con un semplice sorriso che nonostante l’assenza dei suoi genitori, la vita continua e Elena a volte ha bisogno di qualcuno che glielo ricordi. Soprattutto quando arrivano quei momenti cupi e il cuore si fa molto pesante, Elena ha bisogno del sorriso dei suoi famigliari, più del suo.

Poi, quando la ragazza scaccia finalmente la tristezza, lo rivede. Quel ragazzo. Quel ragazzo che va a prendere l’amica di Margaret e che l’accoglie con un enorme abbraccio. Deve avere la sua età. Eppure ha l’aria da uomo vissuto. Occhi cupi e tristi, un sorriso leggero e delicato, ma sembra avere un cuore immenso.

Lei ne è attratta, ma in otto settimane non ha ancora avuto il coraggio di andargli a parlare. C’è qualcosa che la blocca. Qualcosa che le dice che non è ancora il tempo giusto per buttarsi in una relazione. E allora la sente quella vocina, le dà ascolto e si limita a guardarlo da lontano oltre i vetri della porta, mentre prende in braccio Jane e la porta via con sé.

Si limita ad andare a sbirciare nei registri della scuola e vede che l’unica firma di un adulto nella scheda di autorizzazione di Jane Salvatore è di Stefan Salvatore.

A Elena batte ancora il cuore perché ha il timore che quel Stefan sia il padre di Jane, ma una volta Margaret le disse che Jane era come lei: senza una mamma e senza un papà.
Allora potrebbe essere il fratello ed Elena si immedesima in lui, perché forse le loro situazioni sono molto simili e si sente anche molto vicina a lui. Ma Elena non vuole avvicinarsi. Non ne ha le forze. E le manca il coraggio di fare qualche metro per andare a parlargli.

Quindi rimane in disparte e aspetta che lui se ne vada. Aspetta che lui apra la porta e scompaia dietro di essa. Un po’ si pente, come ogni volta, per non avergli ancora parlato. A volte si chiede se stia facendo la cosa giusta. Stare ancora sulle sue e non aprirsi del tutto al mondo come era un tempo.

Sì, perché prima Elena era una ragazza socievole, con tanti amici. Era popolare e faceva la cheerleader. La morte dei suoi genitori, poi, coincise con la fine della scuola e fu proprio in quel momento che lei capì chi erano veramente suoi amici. Caroline e Bonnie. Solo loro due. E qualche volta Matt. Ma solo loro le volevano veramente bene e le erano state accanto per non farla soffrire. Solo loro. Nessun altro.

Elena sbatte ripetutamente le palpebre al richiamo della sorellina e si accorge di nuovo di essersi rifugiata nei suoi pensieri. Prima lo faceva solo per non pensare al resto del mondo, per avere un mondo tutto suo, poi era diventata un’abitudine e adesso non se ne accorge nemmeno. È un’azione involontaria, senza controllo. E da poco si è resa conto che fa preoccupare tante persone. Perché è come se dormisse ad occhi aperti e non ascoltasse nessuno.

Molto spesso le è capitato di “risvegliarsi” da uno dei suoi pensieri e di notare la faccia di zia Jenna preoccupata. O quelle di Caroline e Bonnie. Forse avrebbe bisogno di uno psicologo. Uno bravo.

“Lena? Lena stai bene?” le chiede preoccupata Margaret.

Lei è molto intelligente, per i suoi quasi cinque anni, e ha capito che non è la prima volta che sua sorella maggiore si lasci portar via da… non sa bene ancora cosa. Non sa se sono sogni o incubi. Quindi quando lo nota, le prende semplicemente la mano e l’abbraccia più che può.

“Sì, sto bene.”

“Andiamo a casa?”

“Certo!” Elena si riprende.

Cerca di essere la sorella perfetta per Margaret, come ogni giorno. Cerca di fare la cosa giusta per tutti e non solo per se stessa, come ogni giorno. Non si stanca mai, come ogni giorno. E come ogni giorno dimentica di rivivere quel maledetto momento.

Come ogni giorno.



 
§§§


 
Damon non sa cosa accadrà quando rivedrà la piccola Jane. È turbato, ed è timoroso. È insicuro. Gli è capitato di sentirsi poche volte in questo modo. Così… non Damon.

Non la vede da quasi un anno e sa quanto le bambine possano crescere così in fretta a quell’età. Adesso Damon sa che passerà molto più tempo con lei. Damon è un disoccupato adesso e non sa se riuscirà a trovare lavoro.

Non quando i suoi incubi gli fanno visita ogni notte e come ogni notte Damon realizza che quelli forse non sono incubi.

Ha passato così tanto tempo in guerra che si è dimenticato come si fa a vivere senza di essa. Ed è stato curato, quando lo hanno colpito ad una gamba per salvare un suo compagno, ma non cammina più come una volta. Non più ormai.

Ed è stato congedato, con onore, ma lui non è contento. Lui vuole ritornare in guerra. Per quanto siano terribili e tristi quei posti, a Damon manca la guerra.

Non è più abituato alzarsi al mattino e sentire il silenzio della casa fargli da compagnia, non come una volta.

In guerra erano solo urla ed esplosioni.

Qui qualche macchina e il resto è silenzio.

Damon sta ritornando a Mystic Falls. Dall’altro capo del mondo, in pratica. Era andato in guerra per allontanarsi dalla sua famiglia, ma la guerra lo ha riportato da loro.

Da lei soprattutto, Jane.

Già una vocina gli aveva detto quando era nata che dovevano cambiare le cose, ma lui non le aveva dato retta. Era stato un grande ed enorme sbaglio, perché adesso Damon non si ritroverebbe zoppo, con un bastone che gli fa compagnia e con un dolore alla gamba che arriva ogni volta che va a sbattere contro qualcosa.

E non può più guidare a lungo come una volta. Non può più decidere se accelerare più che può la sua amata Camaro.
Gli dà fastidio e gli fa provare una tale rabbia…

Quando il tassista entra a Mystic Falls e supera il cartello di confine in legno, Damon ha un déjà-vu. Lui che guida la sua macchina e ritorna dopo una missione lunga sei mesi. Sette considerando il mese perso che ha passato a New York. Lui seduto al posto del guidatore e accanto a lui una bellissima ragazza, incinta.

All’inizio credeva di essersi innamorato, nonostante tutto. Nonostante il rapporto da una notte e via avuto con questa modella newyorkese. Nonostante alcune settimane dopo la ragazza venne dicendogli che era rimasta incinta.
Katherine. Così si chiamava la ragazza. Quella maledettissima ragazza dagli occhi color smeraldo così dolci che era inevitabile che Damon se ne innamorasse. In un primo periodo sembrava che fosse così. La promessa di vivere felici con il bimbo in arrivo. Damon aveva fatto di tutto per restare a casa almeno una volta il tempo necessario per vedere il figlio, ma era stato richiamato alle armi prima della sua nascita.
Fu la prima volta che si arrabbiò così tanto. Quando, nell’accampamento ricevette la telefonata da parte della madre che gli disse che Katherine se ne era andata dopo aver partorito ed aver lasciato la loro figlia da sola. Damon si arrabbiò tantissimo. E ogni volta che tornava a casa vedeva questa bambina che nemmeno riconosceva, ma che era sua figlia e le voleva un bene immenso.

La prima volta che la vide aveva sei mesi. Aveva ancora pochi capelli in testa, ma erano già molto scuri. Aveva gli occhi celesti come quelli suoi e no, ovviamente lui non ci sapeva fare con i bambini così piccoli. Ogni volta che la toccava, lei si metteva a piangere e Damon davvero non sapeva che fare. Quando finalmente una notte mentre lei piangeva per chissà che cosa, era riuscito a calmarla, cantandole note stonate di una vecchia canzone blues. Finalmente la bambina aveva sorriso. Fu in quel momento che Damon capì di amarla veramente e fu un tormento doverle dirle addio, quando fu chiamato ancora una volta in missione.

La seconda volta che la vide, per fortuna fu per il suo primo compleanno. Lei non lo aveva riconosciuto subito e ci vollero alcuni giorni per riconquistarla.

E così è stato per quattro anni. Un avanti e dietro dall’oriente che non gli ha permesso di vederla crescere.
Ma adesso non sarà più così. Adesso rivedrà sua figlia e non la lascerà più.

Jane, non vede l’ora di vederla.

Il tassista parcheggia davanti ad un’enorme villa di mattone con il tetto fatto di tegole rossastre. A Damon è sempre piaciuta quella casa, ma da quando è morto suo padre non riesce più a starci dentro. Era molto legato a lui e più tempo passava, dopo la sua morte, in quella casa, più si sentiva male. Quel vuoto adesso è riempito da Jane e Damon spera soltanto di riuscire ad andare avanti, dopo i campi di combattimento.

Paga l’uomo e in un batter d’occhi si ritrova davanti la porta di casa con tutti i borsoni appoggiati sul pianerottolo e in mano un bastone per reggere parte del suo peso.

Sta per bussare, eccitato, perché sta per rivedere tutti, ma il rombo di una macchina lo fa distrarre e sul vialetto appare la macchina rossa di Stefan. Lui non lo sapeva che il fratello sarebbe ritornato. Non ne aveva proprio idea. Damon aveva accennato del suo ritorno solo alla madre, ma a nessuno aveva detto del suo terribile incidente.
Non ce la faceva a dirlo ad alta voce, non lo aveva ancora fatto. Damon preferisce che gli altri lo guardino e se ne accorgano da soli. Semplicemente, non ce la fa.

Stefan esce dall’auto e rimane fermo appoggiato sullo sportello quando vede il fratello. Jane non se ne ancora accorta. E da quando è andato a prenderla dalla scuola di danza che non la smette di raccontare la sua giornata e non la smette di farle guardare il suo nuovo zainetto con il nome stampato sopra.

E quando la bambina esce si accorge subito che c’è qualcosa di insolito. Quando allunga lo sguardo verso il porticato, si accorge che nell’ombra c’è una persona e solo quando quella persona si fa in avanti, alla luce del sole, la piccola Jane capisce che quello è il suo papà, ritornato dopo tanti mesi. Allora Jane si dimentica dello zainetto, della danza e della sua giornata. Lascia cadere le cose che aveva in mano sui ciottoli del vialetto e corre nella sua direzione. Corre fino a perdere il fiato e raggiunge quell’uomo a cui tanto vuole bene, ma che non vede quasi mai.

Quanto tempo è passato? Jane ha provato a contare i giorni senza di lui l’ultima volta, ma poi si è presto resa conto che stava passando troppo tempo e lei non sa contare tanto bene.

Quando gli arriva vicina si ferma e lascia che sia lui ad abbassarsi e a sedersi sullo scalino per guardarla negli occhi.

“Ciao, Jane.” Le sussurra dolce lui, prima di sollevarle una ciocca di capelli e portarla dietro.

La bambina rimane in silenzio e guarda incantata il suo papà. È proprio bello. Di questo ne è sicura.

“Non vuoi abbracciarmi?” le chiede ancora.

Lei annuisce, ma rimane ancora una volta ferma. Perché non riesce a muoversi? Ancora non lo sa. Allora è Damon a fare la prima mossa e ad abbracciarla. La stringe forte e lei dopo un po’ decide di ricambiare, quando sente quel leggero odore di muschio che le piace così tanto. Chiudono entrambi gli occhi e Damon realizza che quella bambina è il tesoro più prezioso che ha e no, adesso che può, non la lascerà mai più.

“Sei tornato.” Esclama finalmente lei contenta.

“Sì piccola mia. Sono tornato.”

Quando si sciolgono dall’abbraccio, Damon decide di alzarsi e riprende il bastone che aveva gettato a terra prima di sedersi. La bambina lo nota che fa fatica ad alzarsi e lo guarda preoccupata. Anche lo sguardo di Stefan si fa cupo. Che è successo al fratello? Si avvicina ai due, decidendo di aiutarlo, ma Damon è più veloce di lui e riesce a fare tutto da solo, ignorando la fitta di dolore avuta per lo sforzo.

Sia Jane che Stefan rimangono stupiti dalla noncuranza di Damon in quel gesto, ma lui fa finta di niente.

C’è tempo per spiegare.

 
Note finali: hola amigos, i'm back! Dopo esser stata una settimana a Berlino con la scuola ed aver passato un'altra settimana a letto con l'influenza, sono ritornata a scrivere questa storia e non ho la più pallida idea di perché io l'abbia fatto. Insomma, tra scuola, preparazione agli esami e danza, io decido di prendermi un altro impegno. Sono un caso disperato.
BTW...ringrazio
heydrarry per aver revisionato il capitolo e chiunque leggerà la storia.
Con affetto,
Mia.

 

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Capitolo 2
*** Parte Prima ***


1
PARTE PRIMA


 
È strana questa sera per Damon. Le sue ultime serate nell’accampamento le ha passate insieme ai suoi compagni a ridere e a giocare a poker, giusto per non pensare alle varie battaglie. Erano piene di risate quelle serate, ma c’era sempre quello strano clima di tensione e di paura.

Quel clima che era in grado di tagliare come la lama di un rasoio le tensioni dei soldati. E si stava, accucciati sotto la fioca luce di una lanterna gialla appoggiata al centro di un tavolo di plastica, mentre le carte venivano gettate sulla plastica bianca e mentre i gettoni venivano trasportati da una parte all’altra strisciando.

Ogni sera quei uomini parlavano della loro vita al di fuori della guerra. Delle loro mogli, dei loro figli e della loro speranza di rivederli. Tutto, pur di dimenticare l’inferno là fuori.
Questa sera invece no. Damon è appena ritornato a casa, finalmente, e vedere gli occhi felici della madre gli ha fatto bene, e basta. Come gli ha fatto bene, stringere tra le sue braccia il fratello, raccontargli delle sue esperienze, come fa sempre quando ritorna a casa. E gli fa immensamente bene vedere Jane che scorrazza per casa per andare a prendere i disegni che lei ha fatto quest’ultimo anno. Ne ha mostrati tanti, ma non è questo l’importante per Damon. L’importante è che quando sua figlia gli viene incontro sorridente e gli mostra l’ennesimo foglio colorato, lui la fa sedere sulle sue gambe e la tiene stretta tra le sue braccia il più possibile.

Damon vorrebbe recuperare tutto il tempo perduto, ma sa che non è possibile. Si è perso troppe cose. Come i primi dentini di sua figlia, i primi passi, la prima parola. Si è perso molto. Si è perso tutto. Anzi no, tutto no. Katherine si è persa tutto di Jane ed evidentemente non si è ancora resa conto di che importante tesoro si è persa, andandosene da Mystic Falls. Katherine ancora non sa cosa ha abbandonato e quando se ne renderà conto, sarà troppo tardi.

Troppo tardi.

Damon ha paura che anche per lui sia troppo tardi. Che non conquisterà mai sua figlia, che lei non gli vorrà mai totalmente bene. 

Eppure Damon ha ricordi sfocati, di quando era piccolo che guardava il padre, ammirandolo. Si ricorda di quando non c’era ancora Stefan e Giuseppe dedicava tutte le sue attenzioni a lui. Damon si sentiva sempre felice e protetto tra le braccia del padre e lui, in effetti, non ci aveva mai pensato, ma aveva più o meno la stessa sensazione quando abbracciava Jane. Anche sua figlia lo guarda in quel modo. Quando guarda, quasi rapita, gli occhi del padre, Damon ha la stessa identica sensazione. Si sente protetto anche lui. È come se la bambina fosse un punto fermo per lui.

Jane è la sua àncora. Damon è solo una barca rotta che ogni volta se ne va alla deriva e che spera che la catena che lo unisce a sua figlia sia abbastanza forte da poterlo tenere ancorato sulla buona strada. Tra le acque basse e tranquille della riva.

Quando Damon era in guerra e stava per addormentarsi sulla sua brandina, ogni volta guardava la foto della sua famiglia e sfiorava quella foto, soffermando le dita sulla sua piccola quando aveva pochi mesi di vita. In quei momenti Damon si domandava come fosse davvero Jane, cosa pensasse lei di lui. Se tutto andasse bene. 

Si sentiva in colpa, Damon, per esserle lontano, per non starle vicino come faceva suo padre per lui. E sentiva proprio il bisogno di poterla vedere, o almeno, parlarle al telefono.
Perciò, adesso che Damon è a casa, e continua stringere la sua bambina, lui pensa che da oggi in poi non andrà molto lontano. Che farà di tutto per tenersi la bambina vicino. Lui ama Jane e adesso che la può vedere, sfiorare mentre dorme e baciarle il capo, sente un peso enorme togliersi dal cuore.

Quando l’accompagna nel suo letto e Jane gli chiede di restare per dormire con lei, lui accetta. La prima notte con sua figlia non può fargli altro che bene. Perciò, appoggia il bastone al muro e si stende accanto a lei e vorrebbe sussurrarle parole dolci, per farla addormentare, ma ancora non sa cosa dire ad una bambina, Damon, per farla stare tranquilla. Quindi è lei a parlargli. Gli racconta la sua giornata e poi tutto l’anno passato senza di lui. Gli parla della sua amica Margaret e che il giorno seguente sarebbe dovuta andare alla sua festa di compleanno. Gli chiede se potrebbe accompagnarla  e Damon accetta felice, nonostante non sia ancora pronto a stare in mezzo a tanta gente. Ma lo fa per lei e ha la sensazione che adesso ogni cosa che farà sarà per lei.

Damon è diventato padre quattro anni fa, ma solo tecnicamente. Adesso sente che lo sta diventando veramente.

Lo sente quando Jane si accuccia contro il suo petto e continua a parlare sempre più lentamente fino ad addormentarsi completamente tra le sue braccia.

Lui invece rimane sveglio. Sa che se si addormentasse il mondo dei sogni lo rapirebbe ancora una volta e non sa come reagirebbe sua figlia se il suo papà urlasse nel letto accanto a lei. E allora non fa nulla. Tanto ha passato già tante notti insonni. Una in più non cambierà niente. O forse è solo un pretesto per poter osservare la figlia dormire e vedere come possa essere il più prezioso dei tesori anche mentre dorme.

Le bacia ancora una volta la fronte e le copre bene le spalle con la coperta. È inverno e una bambina come Jane, che si ammala spesso, come le ha detto sua madre, deve stare al sicuro. Perciò la stringe a sé e si ripromette, mentre le accarezza delicato i capelli, che alla sua bambina non mancherà mai niente, che sarà il suo angelo custode.

Ed è quello il dolce pensiero con cui si addormenta Jane. Nella sua mente si ripete il fatto che è il giorno più bello della sua vita. Che il suo papà è tornato. Lei ogni sera sperava, affacciandosi dalla finestra della sua camera, di poter osservare un auto azzurra entrare nel vialetto, ma così non è stato per tanto tempo.

Questo pomeriggio, quando ha visto il suo papà aspettarla nell’ombra del portico, la bambina ha sentito un pezzo di lei ricomporsi. Ha sentito qualcosa andare al posto giusto. Qualcosa che doveva accadere, prima o poi.

Il suo angelo custode è tornato. Il suo angelo custode la protegge e la osserva attento con due meravigliosi occhi color cielo.

Ed è con questa sensazione che si risveglia Jane. Quando ancora dormiente sente una mano accarezzarle i capelli e due labbra baciarle la fronte. Jane si sveglia e si accorge che il suo papà è ancora là. Quindi non è stato un sogno. Lui è ancora lì.

La piccola Jane sorride e Damon, di nuovo, rimane colpito dall’enorme sorriso della figlia. È come se si risvegliasse una parte di lui morta da tanto tempo. Gli si stringe il cuore al pensiero di quante mattine si è già perso, che sarebbero potute essere piene di lei. Piene di loro. 

“ Buongiorno!” sente dire da lei.

E gli risponde con un sonoro bacio sulla guancia. 

È mattino tardi. Quasi le undici e, nonostante sia la vigilia di Natale, Damon si ricorda che Jane deve andare ad un compleanno perciò decide di accompagnarla e di stare tutta la giornata con lei. Non si stancherà mai di Jane e dei suoi sorrisi. Ormai lei è l’unica donna della sua vita.

O almeno così crede. Non si è mai chiesto se ci sarà qualcun’altra nella sua vita. Questo è un enorme punto interrogativo che Damon inevitabilmente si è chiesto molte volte. Non lo fa apposta. Insomma, lui nemmeno la vuole un’altra donna che crederà essere per tutta la vita. Eppure, qualche volta un dubbio si insinua sempre nella sua mente. È davvero destinato ad essere solo per tutta la vita? 

Damon non sente nessun vuoto nel suo cuore e da giovane non ha mai sperato di trovare la sua anima gemella. Il punto è che quando parlava con i suoi compagni d’armi, lui sentiva parlare delle loro donne, delle loro vite. E l’immagine che Damon si è fatto dell’amore si è ridotto semplicemente a quella della donna-moglie che aspetta il proprio marito a casa, impaziente, badando alla casa e ai figli.

Ma la madre, quando era piccolo, le spiegò che l’amore è qualcosa di inaspettato. Può arrivare anche se non lo si cerca ed è come un mare in tempesta. È quel soffio d’aria che fa pressione nel petto ed esso si svuota, si libera. 

Damon non ha mai compreso quelle frasi. Non ha mai provato il vero amore. E a volte si è sentito come una macchina che non prova nulla. Come un robot senza sentimenti.

Almeno per le donne. Anche Katherine alla fine non è stata nulla. Solo una pura illusione di avere qualcuno ad aspettarlo a casa. Solo un momento effimero intriso di un sentimento che nemmeno lui sapeva cosa fosse. Poi, tutto volò via. E la delusione era poca rispetto a quello che Damon si era aspettato.

Nessun dolore, solo rabbia. Solo una feroce rabbia che lo divorava per aver lasciato la figlia appena nata da sola.

L’amore, Damon non l’ha mai provato e forse mai lo proverà. L’amore a Damon non interessa. Non gli è mai interessato.

Ma Jane, quando si ritrovava da sola e la nonna le raccontava le storie di principesse salvate da propri principi azzurri da torri altissime, lei sognava che il suo papà fosse dall’altra parte del mondo a salvare la donna che amava. Ma Damon non è tornato con nessuna donna. Damon è ritornato solo, come sempre. Jane non ha memoria del padre felice con una donna. Lui non ha ancora trovato la sua principessa.

Eppure la sua vispa mente in poche ore ha immaginato la donna perfetta per il suo papà. Quella ragazza che incontra solo due volte a settimana ed è la sorella della sua migliore amica.

Ha sempre visto la sua maestra di danza come una persona sola, che sorride alla sue alunne solo perché sono le sue alunne. Jane crede che lei sia una principessa da salvare e lo zio Stefan una volta le disse che il suo papà è un eroe. 

Lei vorrebbe che il suo papà la salvasse.


 
§§§


 
Elena ha diciannove anni, una vita davanti a sé ed è praticamente nel fiore dei suoi anni. Elena adesso potrebbe poltrire nel suo letto e starsene tutto il giorno nella sua camera da letto a scrivere sul suo diario. Infondo è ancora giovane e non va più a scuola, non frequenta nessun college. Ha solo il suo lavoro qualche pomeriggio a settimana per dare una mano a sua zia con le spese della casa.

Ma Elena ha una famiglia a cui pensare. Un fratello da convincere ad andare a scuola e una sorellina a cui badare.

Al pensiero di Margaret, Elena decide di alzarsi dal letto. Ci sono ancora molte cose da fare, come finire di preparare la festa per Margaret, per esempio. E sono le sette del mattino, molte cose da mangiare da preparare e di certo non può lasciare fare le cose ad una cuoca pessima come Jenna, nonostante il suo enorme entusiasmo.

Anche Elena è entusiasta. Alla fine adora stare in mezzo ai bambini e forse con loro sono gli unici momenti veramente felici che la rendono ancora viva, non contando della sua passione per la danza, non contando i ricordi felici di lei con i suoi genitori, ma a volte ritornare la ragazza felice e senza pensieri di un tempo le farebbe piacere.

 E non è solo il grosso macigno che sente fortemente sul suo cuore. È il senso di mancanza che va e viene come le onde del mare calmo che accarezzano la sabbia in riva e quando l’acqua si ritrae, la sabbia è esposta al sole ed quel calore è piacevole, ma le manca la frescura del mare. Allo stesso modo è Elena. Ricorda i momenti passati con sua madre e con suo padre, ma poi subentra la malinconia ed è come essere disorientati, confusi e senza una meta.

Elena ha un vuoto dentro al cuore e spera -come una quattordicenne sognatrice- che da qualche parte, là fuori, ci sia qualcuno che sia disposto e sia in grado di riempire completamente quel luogo. Non sa chi. Un uomo, una donna. Qualsiasi persona che sia in grado di farla sentire completamente piena. Elena si chiede se prima o poi quella persona arriverà o dovrà aspettare una vita invano, continuando a prendersi di cura di sua sorella finché non crescerà e poi guardare le vite degli altri scorrere, mentre la sua rimane ferma sempre allo stesso punto, come l’occhio di un ciclone: raffiche di vento che si agitano attorno ad un punto calmo.

Si veste e si sciacqua la faccia e si dirige verso le scale, dando prima un’occhiata a sua sorella mentre dorme e quando si ritrova in cucina, vede tutta la sua famiglia pronta per i preparativi. Jenna è intenzionata a spalmare la crema al formaggio sui tramezzini che Alaric, il suo ragazzo, sta tagliando. Un lavoro estremamente facile per una pasticciona come sua zia, pensa Elena quasi divertita. Suo fratello Jeremy sta girando con lo sbattitore elettrico la crema al cioccolato per la torta di compleanno e intanto si copre la bocca per sbadigliare.

“Buongiorno a tutti.” Borbotta ancora assonnata mentre gli altri finalmente la notano.

“No, non dire buongiorno quando sono le sette del mattino e io stranamente sono sveglio da un’ora il giorno della vigilia di Natale.”

“Non ti lamentare Jeremy, poltrisci tutti i giorni della tua vita perché non vuoi andare a scuola. Fai qualcosa almeno per tua sorella.” Lo rimprovera Alaric.

Alla fine lui ci tiene alla sua educazione scolastica. Era il suo professore di storia.

“Non mi stressate.”

“Va bene, non ti stressiamo.” Lo asseconda Jenna.

Elena sa che sua zia non è d’accordo, ma ormai Jenna si è arresa. Ha provato a farlo ragionare, più di una volta, ma sembra che per adesso, l’unica ambizione di suo fratello sia quella di lavorare al Grill per il resto della sua vita. Alla fine, non controbatte. Anche lei ha un lavoro con un basso salario e non ritiene giusto dover giudicare. Però crede che almeno suo fratello dovrebbe continuare con gli studi e realizzarsi in qualcosa di più grande. E Jenna non vuole litigare. Non nel giorno del compleanno di Margaret.

Perciò Elena continua ad ignorare la filosofia di vita del fratello e si mette a lavorare, cercando di autoconvincersi che quello è il suo modo per andare avanti. Lei non vuole giustificarlo. Non giustifica nemmeno se stessa. Il suo sogno era quello di studiare medicina, e Jeremy sarebbe potuto benissimo andare in un’accademia d’arte in California, ma tutti e due hanno deciso di restare a casa.

Non vorrebbe riporre tutta la sua fiducia in Margaret, adesso. Non vorrebbe aspettare altri tredici anni prima che qualcuno della sua famiglia finalmente decida di andare all’università, eppure non vuole lottare nemmeno Elena. Sente che è una battaglia persa in principio.

Perciò si mette a lavorare come tutti gli altri e decide di preparare la pasta per i bignè che sua sorella tanto adora. Non sarà una festa molto vistosa. Soprattutto perché è la vigilia di Natale e tutti vorranno festeggiare anche la sera con le rispettive famiglie. Quindi il compleanno di Margaret lo si fa come una specie di brunch per piccoli.

E i preparativi continuano per tutta la mattinata. Con Elena e Jenna che continuano a preparare da mangiare e il lavoro non sembra finire mai e Jeremy e Alaric che iniziano a spostare un po’ di mobili per fare spazio agli ospiti, che per fortuna non saranno tanti. 

Nel bel mezzo della mattinata si sveglia Margaret tutta contenta del suo compleanno e per lei i suoi famigliari si fermano e corrono a farle gli auguri. Le danno i regali e lei sorride contenta perché la zia Jenna e Alaric le hanno finalmente regalato la Barbie con il trenino che lei aveva desiderato, mentre Jeremy le ha fatto un ritratto -non tutti i bambini vorrebbero un ritratto per il compleanno, ma era stata proprio Margaret a chiederglielo- e Elena le ha comprato una pianola giocattolo. Le piacerebbe che iniziasse a suonare il piano come la sua mamma.

Quando arrivano le undici, manca poco tempo all’arrivo degli ospiti ed Elena accompagna sua sorella per aiutarla a prepararsi. 

Margaret adora il rosso e quale occasione migliore di indossare un vestitino di quella tinta il giorno del suo compleanno, proprio durante il periodo natalizio? Per fortuna il vestitino non l’hanno scelto né sua sorella Elena né sua zia Jenna. La sua grande amica Caroline è arrivata la sera prima e ha deciso di farle il regalo con un giorno in anticipo, portandole quel vesto in occasione della festa.

È fatto di lana rossa, circondata da un nastro nero che si lega in un elegante fiocco in vita.

Quando gli ospiti iniziano ad arrivare, Elena ha appena finito di far vestire la piccola Margaret. Lei non è ancora pronta. Indossa un paio di shorts color rosa pastello e una lunga maglietta bianca che si mette abitualmente a casa. È in questo momento che sente il campanello suonare. 

 Nell’esatto momento in cui chiude la cerniera del vestito, sente la voce di Jane Salvatore che qualche secondo dopo chiama sua sorella. Margaret, non troppo attenta ai capelli raccolti nel cerchietto, corre verso le scale, rischiando di cadere e ricevendo una ramanzina da parte di Elena.

Lei, invece, decide di vestirsi in modo molto casual, optando per una gonna ed un maglione dello stesso bianco panna, di cui i fili a volte si intrecciano con alcuni con sfumature dorate. Non le importa di quante persone la vedranno in questo modo. Lei ha deciso che resterà in cucina tutto il tempo mentre Jenna farà gli onori di casa e sua zia è molto più brava ad intrattenere persone adulte.

Quando Elena scende al piano di sotto, vede una donna dai mossi capelli rossi come le lingue di un fuoco e degli occhi talmente celesti da sembrare che avessero strappato due pezzi di cielo di giugno per poterli imprigionare. La donna si presenta come Lily Salvatore, la nonna di Jane. Ed Elena si stupisce perché la donna qui davanti a lei le sembra molto giovane, forse solo qualche anno più grande di sua madre, ma qualcosa la distrae dai suoi pensieri.

Sente Jane dire a Margaret che il suo papà è tornato e in quell’esatto momento entra dalla porta già aperta un’altra persona.

La prima cosa che nota è il nero dei capelli, e il nero dei pantaloni e della giacca di pelle, e il nero dei Ray-Ban che coprono completamente gli occhi dell’uomo. Poi c’è un particolare che, Elena non sa perché, la rende particolarmente triste: quell’uomo appoggia il suo peso in parte su un bastone. Una lunga asta di legno scuro con un pezzo di forma cilindrica dorato.

“Permesso.” Dice la voce calda e roca dell’uomo.

Elena si chiede qualche sia il motivo del brivido che le ha appena percorso la schiena.

Subito si rende conto che Jane è corsa contro quell’uomo, abbracciandolo. Sente l’uomo borbottare qualcosa sulla sua gamba destra, ma sorride di rimando all’evidente gioia della figlia. Elena giura di aver visto un luccichio attraverso gli occhiali da sole e ne ha la conferma quando l’uomo se li toglie e vede due fari luminosi riempire la stanza. Rimane, inoltre, colpita perché i suoi occhi sono così tristi, così sofferenti, ma nonostante tutto, quell’uomo ha la forza di sorridere alla bambina e di prenderla in braccio. Nonostante tutto. Nonostante il dolore visibile mentre storce il naso, forse per sorreggere il peso della piccola.

Jane gli circonda le piccole e sottili braccia attorno al collo e gli dà un bacio sulla guancia sprigionando una tale tenerezza da riempire il cuore di Elena di uno strano e piacevole calore.

“Papà!” sente Elena sussurrare e per poco non ha un sussulto.

Margaret le aveva detto che Jane non ha genitori, eppure eccoli lì, mentre lei si fa cullare e coccolare dal colui che chiama papà. Elena si sente confusa, ma allo stesso tempo felice per Jane. Non augurerebbe mai a nessuno bambino di crescere senza i suoi genitori.

“Damon!” sente la voce stupita di sua zia chiamare per nome l’uomo che si gira non appena la sente. “Oh mio Dio, Damon, sei… sei tornato!”

“Ma tu guarda! Jenna Sommers!”

“Quasi in Saltzman, prego.” Le risponde giocosa, mostrando l’anello di fidanzamento all’anulare sinistro.

Quell’uomo, Damon, sorride cercando di nascondere con quel sorriso, come se fosse un velo sottile, la tristezza che c’è nei suoi occhi.

Elena si dà della stupida.

Alla fine non conosce il papà di Jane e non capisce perché si senta in dovere si esaminare la sua anima e comprenderlo.

Quando sua zia scioglie l’abbraccio con lui, quest’ultimo si presenta anche ad Elena, notandola per la prima volta e quando le loro mani si sfiorano, si incrociano e si stringono, loro non lo notano, non lo capiscono ancora, ma i loro subconsci si rendono conto che c’è qualcosa di nuovo. È come se tutto un tratto fosse cambiato qualcosa, andando al posto giusto.

“Damon, questa è mia nipote Elena. Elena, lui è un compagno di liceo mio e di Alaric.”

“Il piacere è tutto mio, Elena.”

Damon solleva l’angolo sinistro delle sue labbra, a mo’ di sorriso, spiazzando un po’ Elena che si riprende quasi subito. Per sua fortuna.

“Piacere…” mormora in un soffio, quasi inudibile.

Le loro mani si staccano, ma i loro sguardi non lo fanno finché Jenna interrompe il loro scambio di occhiate, dicendogli che Alaric è dovuto andare per dieci minuti nel suo appartamento.

Allora, Damon viene distratto, sia dalle parole di sua zia, sia dalla risata di Jane che è ritornata a giocare con Margaret e con le sue bambole. Sembra quasi rapito dalla figlia, quell’uomo, e per un attimo Elena si perde nei ricordi di quando era piccola. Di quando il padre, la sollevava in aria e le sorrideva. Di quando lui la guardava con gli occhi del suo stesso colore ed immaginava che il suo principe azzurro sarebbe dovuto essere proprio come lui. Con quello sguardo dolce , con quelle braccia protettive, con quella voce calma, calda, che era in grado di raggiungere di mille sfumature di toni, quando le raccontava le favole della buonanotte. 

Quando Elena è cresciuta, non le servivano più le storie per farla addormentare e quando una bambina diventa ragazza i rapporti con il padre cambiano e quando i rapporti cambiano, non ci sono più quelle complicità di un tempo e Elena non se ne è mai resa conto, finché quando lui se ne è andato e in quel momento ha sentito il vuoto del suo cuore crescere sempre di più, fino ad espandersi e creare un enorme buco nero.

E quel buco nero le risucchia ogni tipo di emozione. Ogni sensazione. È come se tirasse via la sua pelle dall’interno e i ricordi non sono altro che legna da ardere sul fuoco del dolore. 

La morte dei suoi genitori è stata devastante per lei ed Elena ricorda quando ha pianto per loro, ricorda quando l’anno prima si è rifugiata, dopo il loro funerale, per giorni nella sua camera. Se ne è fregata degli altri e ha chiuso gli occhi. Si è rifugiata nei suoi sogni, dimenticando l’incubo reale di quei giorni.



 
§§§


 
Si sente soffocare, Elena. Rannicchiata contro se stessa, ha deciso di non voler restare nella sua camera. Non ha voglia di vedere nessuno. Anche se sa che gli altri hanno bisogno di lei, ma non le importa assolutamente. 

Ormai ha preso una decisione e preferisce sentirsi soffocare quando rintana la sua testa sotto le coperte, fino a perdere ogni traccia d’ossigeno che c’è, fino a sentire l’aria pesante e calda che pizzica contro la sua pelle.

E solo quando si risveglia dai suoi brutti sogni, solo quando lei si è svuotata dalle lacrime, almeno per un po’, si muove da quello stato di torpore e muove un braccio verso l’alto, per alzare le coperte e far entrare un po’ d’aria. Sente il fresco pungerle la pelle. Ha la sensazione di aver lasciato la finestra aperta, ma sinceramente non le interessa. Non sente il vero freddo arrivarle alle ossa, non sente nessun dolore esterno o interno, se non quello che proviene dal suo cuore.

È un cecchino, il suo cuore, che anche se fosse lontano da lei chilometri e chilometri, saprebbe colpirla lo stesso. E adesso è vicino, è dentro di lei e mille proiettili le partono dall’interno, contemporaneamente, uccidendola milioni di volte, senza lasciarle il tempo di respirare.

Non sa più come farlo Elena. Come si respira? Come si vive? Davvero, fino a tre giorni prima sapeva ridere e scherzare? Adesso non si ricorda più nulla. 

Il dolore è troppo forte e sente lentamente lacerarsi e annullarsi sempre di più. Ogni attimo che passa, perde e dimentica un pezzo di sé. Non sa chi sono le persone che la amano, non ricorda più nulla e in qualche modo Elena vorrebbe stringere tra le sue mani quel cuore che la fa tanto soffrire. Stringerlo fino a ridurlo in cenere e non sentire più nulla.

I suoi genitori sono morti. Ha pianto sin da subito, ma solo quando le bare sono state riposte sottoterra, un’indistruttibile consapevolezza ha preso possesso di lei. E ricorda solamente le sue gambe che hanno tremato, poi si è sentita cedere le forze e cadere a terra, sull’erba fresca del cimitero. Poi ha sentito delle mani, forse più di due, accorrerle per sorreggerla.

Si è ritrovata subito a casa, ma le sembra già tutto così estraneo. Non sente più, Elena, che quella sia casa sua.

Il suo stato di incoscienza l’ha portata  a perdere la cognizione del tempo. Non sa quanto ne sia passato dall’ultima volta che ha visto in faccia qualcuno, che ha mangiato oche abbia fatto qualsiasi cosa. Non ha contatti con il mondo esterno da tempo. Ha solo percepito mormorii indistinti di gente oltre la porta della sua camera e poi più nulla.

Perciò ha un sussulto quando sente per la prima volta qualcuno bussare.

Prima solo tre colpi. Poi dieci secondi di silenzio. Poi altri tre colpi.

“Elena, Elena. Sono Caroline. Posso entrare, per favore?”

Elena in un primo momento non risponde. Per di più affonda la testa tra i due cuscini cercando di ignorare i richiami della sua amica.

“Elena, ti scongiuro!” la supplica l’amica.

Lei, allora, con  una mano solleva leggermente la coperta e la tua testa si alza lentamente da quello che alla fine è diventato il suo rifugio. Osserva per un tempo che le sembra infinito la porta di legno bianco, indecisa se continua ad ignorare Caroline e finalmente decidere di aprirle la porta.

Solo un attimo di indecisione, ce l’ha quando le dita arrivano a sfiorare il pomello color argento, ma non sa se stringerlo tra la sua mano o fare qualche passo indietro.

Quando apre la porte, la prima cosa che vede sono gli occhi azzurri dell’amica che la guardano a mo’ di rimprovero. In ogni caso, in ogni situazione, Elena si sentirà sempre giudicata da Caroline.

Non se la sua amica lo faccia apposta. Lei è proprio così e Elena si chiede se lei non abbia ragione. Forse è insensato restare per tanto tempo in una camera, senza far nulla. Eppure, nonostante la ragione le dice che sta sbagliando, lei non ha nessuna intenzione di muoversi da lì o di parlare e di confessare tutto i suoi dispiaceri, i suoi dolori.
“Come stai?” le chiede Caroline.

Come se non fosse abbastanza ovvio. Le sono morti i genitori, non il gatto! È logico che Elena stia male, ma Caroline glielo chiede lo stesso e non per marcare tutta la situazione. Lo fa per far sfogare Elena. Perché lei sentirà comunque un enorme vuoto lacerarle il cuore, ma sentirà un peso minore pesarle addosso quando urlerà contro Caroline.

“Secondo te? Come dovrei stare? - la guarda sarcastica, ma l’amica nota attraverso il tono, che gli occhi stanno soffrendo, tanto. - I miei genitori sono morti, Caroline. Sono morti e so che tu sei in buone intenzioni, ma non mi serve la tua compassione.”

Elena fa qualche passo indietro, allontanandosi dalla soglia della porta, dopo aver sentito voci di altre persone provenire dal piano di sotto. Non vuole vedere nessun altro. Si siede sulla punta del letto mentre l’amica le passa un elastico per capelli viola che si trova sulla scrivania.

Caroline incrocia le braccia sotto il seno in cerca delle parole giuste da dire. Vuole essere cauta nel parlare con Elena, in particolar modo perché sa che cosa vuol dire perdere un genitore e non osa immaginare che cosa significhi perdere tutti e due.

“Non sono qui per cercare la tua compassione. Io voglio esserti vicino perché sei mia amica, così come vuole starti accanto Bonnie, e Matt. Ascolta… ti ricordi quando è morto mio padre, due anni fa? Io ero triste e giù di morale, ma sei arrivata tu, con tutti i miei amici e mi avete costretta a fare shopping.”

“Non credo che fare compere mi aiuterà tanto quanto è servito a te.”

“No, ma ho qualcosa di più adatto a te!”

Caroline rovista nella sua borsa finché non trova una busta. Elena scettica apre la busta e vede che dentro ci sono tre biglietti  per il teatro.

“Ma questi sono… per il Don Chisciotte a Richmond!”

“Mi costeranno mesi e mesi senza paghetta, ma ne vale la pena.” Sussurra, alzando leggermente il tono di voce.

Elena per un attimo si lascia scappare un sorriso. Forse l’unica cosa che le potrebbe procurare gioia in questo momento è la danza e ha sentito di un piccolo battito del cuore dentro il suo petto essere più veloce degli altri. Felicità, eccitamento prova la ragazza mora quando prende in mano quei pezzi di carta così sottili da potersi strappare in un secondo.

Eppure quei pezzi di carta sono costati tantissimo alla sua amica. 

Quello stesso battito del cuore spinge Elena a slanciarsi contro la sua amica e ad abbracciarla, mentre il suo naso affonda nella chioma dorata dell’altra, mentre sente il profumo di fragole e mentre le mani si incastrano tra i fili di lana del poncho.

“Non so come ringraziarti.”

Si sente dire Elena, mentre scioglie l’abbraccio e la guarda negli occhi riconoscente.

“Inizia con l’andare in bagno e farti una doccia. Puzzi!”

Caroline le porge la mano e la fa alzare dal letto, conducendola verso il bagno.

Elena non ha dimenticato la tristezza. Il dolore persiste continuo nel cuore, ma lei si ritrova a pensare che non è stato un male decidere di aprire la porta. Il dolore si affievolisce un po’. Solo un po’. Giusto il tempo di rendersi conto che passeranno anni prima di trasformare il dolore in una felice cerchia di ricordi.



 
§§§


 
“Elena. Elena!” sussurra Alaric, scuotendo leggermente la ragazza per le spalle.

Elena non ricorda nemmeno il ritorno del suo quasi zio in casa. Come spesso le accade, si è persa nel viale dei ricordi e solo un’altra persona è in grado di riportarla alla realtà. Da sola non ci riesce ancora.

Spalanca leggermente gli occhi, come sempre, e si guarda attorno, sperando che nessuno abbia notato le sua attuale situazione. Nota che Jenna e gli ospiti si sono allontanati leggermente e lei le regala una fugace occhiata preoccupata prima di ritornare a distrarre gli ospiti. Nessuno ha notato quello che è successo, per fortuna.

Nessuno sta notando quanto Elena sia scossa e imbarazzata. Non sa più come fermarsi.

“Come stai?” le sussurra Alaric, nascondendosi dietro la colonna del soggiorno. Deve essere appena arrivato perché ha indosso ancora il giubbotto e ha delle buste in mano.
“Sto bene. Devo solo… distrarmi. Così, non mi ricapiterà più, almeno oggi.” Si sente dire Elena. Lo dice più a se stessa. Per convincere se stessa e non Alaric.

“Mi domandavo quando saresti venuto a salutarmi.” Fa una voce dietro di lei.

Alaric, che prima puntava lo sguardo su di lei, adesso solleva gli occhi verso quella voce maschile, mostrando poi un’espressione piacevolmente sorpresa. Elena si gira e vede quel Damon sorridere verso l’altro uomo.

Solleva entrambe le mani, una ha ancora in mano il bastone e solleva l’angolo sinistro delle labbra. È un sorriso strano. Uno di quei sorrisi che crea delle pieghe sotto gli occhi. Uno di quei sorrisi tanto ironico, ma allo stesso tempo sincero.

“Da… Damon?”

Alaric lo raggiunge e praticamente gli corre incontro per salutarlo e per abbracciarlo. Ha sempre visto uomini o ragazzi salutarsi con calorose pacche sulle spalle, ma quell’abbraccio tra quei due sembra quasi intimo e sì, ha capito da sua zia che Alaric e Damon erano amici, ma non fino a questo punto. Non credeva che fossero così amici.

“In carne e ossa, amico! Pronto per farti ritornare ad essere l’ubriacone di un tempo.”

“Ehi Salvatore, ti ho sentito. -replica la zia di Elena- Ricordati che quello è quasi mio marito.”

Il moro alza le mani in segno di resa e in quello stesso istante, il campanello inizia a suonare e molte amiche di Margaret arrivano con i loro genitori per far festa. Da lì, inizia la confusione più totale. Bambini che urlano e si rincorrono, adulti che chiacchierano tra di loro ed Elena ha una voglia fortissima di rifugiarsi ancora nei suoi ricordi.

Vedere tutti che socializzano, che ridono, che scherzano. Elena si rende conto che lei non è più in grado di farlo. Non sa più come iniziare una conversazione con una persona che non conosce.

Perciò preferisce occuparsi del cibo e disporlo sui tavolini per i bambini e passare tra gli adulti con un vassoio pieno in mano.

“Elena, cara.”

È la signora Flemming che la ferma e le regala una leggera carezza. Sorride leggermente quella donna. Se la ricorda Elena, quando era piccola si prendeva cura di lei, mentre i suoi genitori erano a lavoro. Era un’amica di sua madre, ma dopo la sua morte le ha rivolto la parola solo rare volte.

Un po’ si sente in colpa, perché era affezionata a quella donna. Le è ancora affezionata, ma vederla le fa ricordare troppo i pomeriggi trascorsi con la madre a chiacchierare mentre lei le osservava e adorava guardare da quanto tempo fossero amiche.

“Isobel, come stai?”

Elena si sporge per darle un abbraccio, stando attenta a non far cadere il cibo dal vassoio.

“Sto bene, piccola. Tu invece? È un po’ che non ti fai sentire ormai.”

“Oh, lo so. Mi dispiace per questo. -è in imbarazzo e non sa che dire per giustificarsi, perciò tenta di evitare l’argomento- Un finger food?” 

Scappa, Elena. 

È strana la sensazione che prova. Strana ed estranea a lei. Si rifugia in cucina.    

Ormai è abituata agli sguardi delle persone che non conosce che guardano lei e i suoi fratelli. Sa che fa compassione a tutte le altre persone solo perché appena un anno fa le sono morti i genitori.

Mette nel lavandino i piatti che sono già sporchi e no, non può allontanarsi da lì. Anche se lo volesse, ma alla fine resta sia per gli altri che per se stessa. Ha solo bisogno di due minuti per respirare.

Va al piano superiore e si rifugia nella sua camera. Solo che, quando si volta dopo aver chiuso la porta scorrevole della sua camera, una figura estranea la spaventa. È seduto sul davanzale della finestra, Damon. Ha gli occhi chiusi e la testa appoggiata sul muro. È al suo posto. Dove di solito lei si mette per pensare. E adesso non sa svegliarlo o meno. È vero, si trova nella sua stanza, ma non lo conosce quell’uomo e si imbarazza.

Tossisce, fintamente, e lui apre gli occhi. Gli ci vogliono pochi secondi prima di capire cosa sta succedendo.




 
§§§




Strano. È ancora strano per Damon stare in mezzo a così tanta gente. Al chiacchiericcio delle persone, alle risate, alle battute. In guerra anche un solo commento simpatico era adombrato da un pizzico di paura o di tensione. 

Visto per un po’ Jane, è stato con lei. Poi ha detto a sua madre che si sarebbe allontanato per qualche minuto. Lei lo ha assecondato, lo ha capito.

Perciò se ne andato, senza allontanarsi troppo. È andato al piano superiore di quella casa ed è entrato nella prima camera che gli è capitata. Si è seduto sul davanzale della finestra e quando ha appoggiato la testa contro il muro, ha sentito tutta la sua stanchezza fuggire via e le ultime notti insonni le ha improvvisamente dimenticate. Chiude gli occhi Damon e le voci al piano di sotto diventano sempre più ovattate finché non si assopisce.

È un leggero rumore a svegliarlo. Così leggero che alla fine non l’avrebbe mai sentito se il suo sonno fosse stato più pesante del solito. Ma Damon non dorme bene da così tanto tempo ormai che se ne è dimenticato.

Prima socchiude solamente gli occhi e la figura minuta della nipote di Jenna gli appare davanti. Imbarazzata, con le spalle ricurve in avanti e il maglione bianco troppo largo che le ricade creando mille onde. Ha le mani giunte in avanti e si gratta quasi disperatamente le nocche delle mani creando delle leggere chiazze rosse. Si morde anche il labbro superiore e guarda altrove, in attesa che lui si svegli.Quando finalmente gli rivolge lo sguardo, lei si accorge che si sta svegliando e rimangono ancora qualche secondo, così, fermi e immobili. Fissi nelle loro posizioni.

“Salve.” È la prima cosa che dice Damon.

“Salve.”

“Devi scusarmi, ma io…”

“No, non ti devi scusare. Solo che è… strano, ecco.”

Damon fa per alzarsi, ma quando si alza si dimentica di aver lasciato il bastone a terra e come qualche tempo prima faceva normalmente si solleva in piedi portando lo stesso peso su entrambe le gambe, la destra ha un improvviso e lancinante dolore che lo fa barcollare e scivolare a terra. Fa troppo male, ma Damon non si lamenta e soffre in silenzio. La ragazza che sta di fronte a lui, però, si preoccupa lo stesso e si inginocchia accanto a lui e lo guarda apprensiva.

“Oh mio Dio, stai bene?” non sa dove mettere mani. 

Non lo conosce, non ha il coraggio di toccarlo e di rassicurarlo, eppure ha il forte impulso di aiutarlo.

“Sì, non preoccuparti, ragazzina. Devo solo riprendermi un po’.”

“Hai bisogno di una mano?”

“No.”

Ma non appena tenta di rialzarsi anche con il bastone, il dolore ritorna e non accenna ad andarsene.

“Ok, sì. Ho bisogno di un po’ d’aiuto.”

“Vieni… -lo prende sottobraccio e lo aiuta finalmente ad alzarsi- ti porto a letto.”

Entrambi si dirigono lentamente verso il letto.

“Non credevo volessi già approfittarti di me. Ci siamo conosciuti circa mezz’ora fa.” Si lascia scappare, lasciando che la ragazza mostri un sottile sorriso. 

Forse è il primo sorriso che le vede fare. Anche quando prima si sono presentati, lei sembrava seria tanto quanto lui e l’ha un po’ osservata in quel breve lasso di tempo che ha trascorso insieme ai suoi ospiti. Sembra triste, molto triste.

“È solo per aiutarti.”

“Tranquilla, ragazzina. Stavo scherzando.”

Quando finalmente raggiunge il letto, poggia entrambe la mani sul materasso piegandosi in avanti. Basterebbe un soffio di vento per farlo cadere un’altra volta. Si siede sulla punta del letto e tenta di rimanere seduto, ma è un uomo che non dorme mai e il dolore gli corrode l’anima, non ha molte forze e una semplice mattinata può essere terribilmente stancante.

“Forse dovresti sdraiarti.” La consiglia la ragazzina che gli sta affianco e con una mano gli accarezza leggermente la spalla. Probabilmente lo ha fatto senza accorgersene, ma a Damon quel semplice tocco ha fatto lo stesso effetto della stretta di mano che si sono scambiati prima. 

Un calore che gli ha fatto effetto. Che lo ha riscaldato quasi a fondo.

“Mi sono già appropriato della tua camera. Vuoi davvero che mi appropri anche del letto?” le domanda, accennando anche lui un sorriso. Ma che gli prende?

“Non preoccuparti, non ha importanza adesso e poi tu hai bisogno d’aiuto.”

Questo ha leggermente colpito il cuore di Damon. Di solito è lui che aiuta la gente, non gli altri che si apprestano in suo soccorso.È molto orgoglioso Damon e fosse stato in mezzo a tanta gente, le avrebbe negato il suo aiuto, ma adesso non ha nemmeno la forza di scuotere la testa e di allontanarla da sé. Si stende, lentamente, mentre porta con attenzione la gamba che soffre sul materasso.

Tenta, almeno questa volta, di non farle vedere il dolore attraverso la faccia, ma ci sono cose che sono più forti di lui e tra queste cose, c’è la gamba che oltre al male gli porta tantissimi ricordi scomodi.

“Già… ho bisogno di aiuto.” Dice in modo seccato e forse non avrebbe dovuto, perché non appena lo fa, le guance di Elena si imporporano di una forte colorazione di rosso e lei si alza immediatamente, come imbarazzata.

“Se vuoi, vado via.”

“No, scusa. È ancora mi rode, non poter fare alcune cose.”

Damon dopo aver parlato, sfodera il suo classico sguardo da cucciolo bastonato. Uno sguardo che usa solo per farsi perdonare qualcosa e gli occhi della ragazza si rabboniscono mentre si risiede sulla sedia della scrivania accanto al letto.

“Come… come è successo?”

Non pensava che quella ragazzina avesse il fegato di chiederle una cosa del genere. La credeva più composta e un po’ più sulle sue.

“Fidati ragazzina, non vuoi saperlo.” Tenta di liquidarla, ma ancora una volta, forse è stato troppo duro e antipatico. 

No, non ci sa fare più con le persone Damon e con quella ragazzina non è da meno. Solo con la sua famiglia.

“Tasto dolente, vero?”

“Ci puoi scommettere.”

“Spero che tu possa riuscire a superare tutto quello che hai passato allora. -gli dice stupendolo e lasciandolo per un attimo senza fiato- Adesso devo ritornare alla festa.” Sussurra, alzando la mano per salutarlo.

Ma Damon è rimasto stupito dall’eleganza di Elena. Non ha ancora capito come, ma quella ragazza gli lascia dentro dei strani sentimenti contrastanti. Gli ha fatto una domanda troppo privata, troppo importante e subito dopo si è scusata, ricomponendosi e ritornando ad essere taciturna. Si è allontanata da lui, ha posto un altro muro insieme a tutti quelli che ci sono tra due persone che non si sono mai viste e adesso  si sta allontanando da lui anche fisicamente.

“Aspetta, non ti sarai offesa, vero?”

“No, è che io… sono una maleducata. Non dovevo intromettermi. Sono affari tuoi e di certo non vuoi confidarti con una sconosciuta.”

Imbarazzata, la ragazza solleva lo scollo del suo maglione e si copre la bocca il naso, ma a Damon comunque non sfugge il rossore delle sue guance.

È come una bambina, quell’Elena, e forse lo è veramente. Quanti anni potrebbe avere? È appena diventata una giovane donna e loro insieme non hanno nulla a che fare, eppure l’uomo sente che non gliene frega nulla. Se proprio deve iniziare ad imparare ancora una volta a socializzare, deve iniziare da una persona.  Elena è particolare. Sembra un riccio che guarda curioso il mondo, ma quando gli altri notano lei si chiude e si protegge. Se deve iniziare da una persona, allora Damon inizierà da lei.

“Sei l’insegnante di danza di Jane? Me lo ha detto tua zia, poco fa.”

La ragazza annuisce, mentre fissa il suo sguardo su quello di Damon. Lascia finalmente andare il suo maglione e si stringe le mani mentre incrocia le braccia.

“È brava mia figlia a ballare?”

Elena sorride a quella domanda e abbassa la testa, guardando un punto indefinito sul pavimento.

“Balla come una bambina di quattro anni.” Dice infine.

Non si sporge quella ragazzina. Forse è per formazione, ma si mostra imparziale per tutte le bambine.

“Posso farti una domanda? Sempre che io non sembri un’impicciona.”

“Vai.”

“Jane l’altro giorno ha detto a Margaret di non avere genitori…” lascia andare la frase nell’aria, perché sa che basta.

E Damon ha sentito un colpo al cuore, quando ha sentito quelle parole. Non riesce ad immaginare come possa essersi sentita la figlia in tutti quegli anni e sì, gli fa male più della gamba. Ha sempre pensato che il suo servizio in Afghanistan gli avesse portato tanto onore e anche tanto orgoglio per la famiglia, ma cosa ne capisce una bambina di quattro anni di onore e orgoglio? Cosa capisce lei di guerra e di sofferenze, quando la sua unica sofferenza è quella di vivere senza genitori? Per un attimo Damon pensa di essere stato egoista, dopo la sua nascita. Avrebbe dovuto capire che dipendente alla sua vita non c’è solo lui, ma anche un esserino dagli occhi unici come i suoi c’è e, forse, tiene alla sua vita più di lui.

“Non ho mai ritenuto che il mio lavoro fosse uno sbaglio. Anzi, tutto il contrario, -si sdraia meglio sul letto e trova sia sorprendentemente comodo- ma quando ho avuto Jane mi sono sempre fatto mille domande sul capire la cosa giusta quale sarebbe potuta essere. Non sapendo cosa scegliere mi sono buttato, ho scelto d’istinto, ma la mia scelta avuto i suoi pro e i suoi contro.”

“Che… che lavoro fai?”

“Sono un soldato. Un ex soldato, ormai.”

Guarda sconsolato la gamba e la indica per farle capire che anche a causa del suo lavoro che è in quello stato.

“Sono stato lontano da casa per troppo tempo e non mi stupisce quanto mia figlia si sia…”

Damon viene interrotto da un leggero tonfo che colpisce la porta. Ci mette qualche secondo di troppo per capire che una mano molto leggera ha deciso di bussare. E prima che Elena possa rispondere, la porta bianca scorre morbida lungo il parquet scuro. Due testoline, prima quella castana, poi quella mora, sbucano e fanno capolino, guardando incuriosite, quasi imbarazzate la scena che e si presenta davanti.

Sì, perché sono solo bambine, ingenue e senza pensieri. E se per loro una semplice carezza corrisponde ad una promessa d’amore, vedere un uomo sul letto di una ragazza è come un “per tutta la vita”.

Leggere tinte di rosso imporporano le loro gote, anche se alla fine sono felici.

La piccola Jane aveva avuto l’idea quel giorno stesso. Vuole vedere il suo papà felice e vuole che lui trovi la sua anima gemella e ha passato gli ultimi minuti a spiegare alla sua migliore amica, Margaret, del suo piano. Quest’ultima si è poi trovata entusiasta di voler riempire di vera felicità il cuore della sorella e entrambe hanno voluto attuare subito il loro piano. Sono andate a cercare Elena, ma non riuscivano a trovarla. Perciò sono salite in camera, con la speranza di trovarla ed è stata una piacevole sorpresa per loro, vedere Damon già con lei. 

Sono bambine piccole. Non possono immaginare altro, se non sperare che quei due adulti si piacciano già. Non possono valutare l’opzione di una semplice coincidenza. Elena e Damon si sono trovati nella stessa stanza a chiacchierare.

Forse sono rimasti troppo tempo da soli e non se ne sono nemmeno accorti, ma Damon quando vede il visino della figlia, sorridente, si rende conto che forse dovrebbe ritornare al piano di sotto dagli altri. La stessa cosa pensa Elena. Gli altri hanno bisogno di lei e il suo momento di solitudine non è mai iniziato, ma è stato stranamente piacevole conversare con quell’uomo.

Damon afferra il bastone  e si solleva dal letto nello stesso tempo in cui la ragazzina si mette in piedi.

È una frazione di secondo quella che passano talmente vicini da poter sentire i loro respiri sui loro volti. Poi lei abbassa il viso, imbarazzata, e si discosta, permettendogli di passare. Non lo notano quasi, quelle loro mani che si sfiorano a causa della vicinanza, ma un silenzio imbarazzante scende all’improvviso nella stanza.

“ ’Lena! Zia Jenna vuole che tu scenda, così possiamo fare il taglio della torta.”

La ragazzina è appena dietro Damon e lui non la può vedere, ma sente invece un leggero sospiro che rimarca probabilmente il suo sorriso dedicato alla sorellina.

Non sa perché ci fa tanto caso, Damon, ai particolari di quella ragazza, ma è così. Basta. È strana questa situazione, perché non conosce quella ragazzina e così strana che non capisce nemmeno perché continua a chiamarla ragazzina è una persona completamente estranea a lui, eppure quegli occhi color cioccolato non hanno fatto altro che interrogarlo, anche se involontariamente.

Apre completamente la porta rivelando anche i corpicini delle due bambine. Sua figlia lo guarda con un sorriso a trentadue denti, mentre l’altra si mette dritta e lo osserva attentamente. Un po’ si sente messo in esame, anche se non sa per che cosa, ma le fa comunque un occhiolino e il suo sorriso gli fa capire che l’ha conquistata, alla fine.

Si mette di lato e fa cenno ad Elena di passare per prima, sorridendole. Al contrario della sorella più piccola, la ragazza si ritrae quasi a quel sorriso, e non ha capito perché, ma di solito riesce a capire e a conquistare le persone, Damon. Ma con lei non ci riesce. Prima vuole conoscere la sua vita, prima lo guarda incuriosita come se fosse un tesoro da scoprire. Poi è lei che non vuole scoprirsi, che ad un semplice sorriso, distoglie il suo sguardo dal resto del mondo e va per la sua strada.

Non l’ha ancora capita, Elena. Lei è diversa per tutti gli altri e sembra voler capire tutti quanti come se fossero dei libri interessanti, ma lei è come un diario segreto. Uno di quelli che usano le ragazzine adolescenti per nascondere i suoi segreti più profondi. 

Ad un certo punto, Damon sente un leggero tocco sulla sua gamba e l’amica di sua figlia sta ancora lì, a guardarlo sorridente, mentre ha le manine incrociate dietro la schiena e si dondola su se stessa in attesa di chissà che cosa.

“Tu sei il papà di Jane, non è vero?” gli chiede, allungando un braccio e indicandolo con un indice.

Damon segue con uno sguardo Elena scendere le scale, mentre la figlia si accosta alla sua amica e ride divertita.

“Tu che ne dici, piccolina?”

Assottiglia gli occhi, e le immagini si fanno  più piccole, cercando carpire ogni movimento della bambina prima della sua risposta. Quest’ultima si porta il dito, che aveva usato prima, sulla bocca e alza gli occhi per qualche secondo, pensierosa.

“Avete gli stessi occhi. E poi anche il colore dei capelli è uguale.”

I due si scambiano un paio di occhiate e Damon nota gli occhi allegri della bambina.

“Dimmi un po’, tu sei Margaret?”

“Sì.”

“Oh, quindi sei tu la tanto importante festeggiata!” la bambina annuisce, incoraggiata dal tono scherzoso di Damon.

“E sentiamo, Margaret, quanti anni compi oggi?”

Margaret mostra la sua mano con tutte cinque le dita, indicando così la sua età. 

“Ma dai, cinque anni! -si finge sorpreso- Allora sei qualche mese più grande di Jane.”

Guarda sua figlia e le fa un occhiolino, mentre la bambina sorride, nascondendo le sue labbra dalle mani, quasi a voler nascondere una risata. Per un attimo Damon sospetta che quelle due stiano tramando qualcosa.

“Sei il nuovo fidanzato di Elena? -domanda la bambina, lasciando l’uomo di sasso- Eri nella sua stanza. Vuol dire che adesso siete fidanzati?”

Damon accarezza la testolina della bambina, sorridendo malinconicamente.

No, nessuna ragazza per Damon Salvatore. Troppi casini, troppi impegni, troppe spiegazioni. Troppe cose da giustificare, troppa vita da raccontare, troppi incubi da sopprimere. C’è troppo da fare con Damon. Troppo di lui da aggiustare e gli bastano sua figlia, sua madre e suo fratello per l’amore. No, nessuna donna.

“Tua sorella è graziosa, piccolina. Ma… forse in un’altra vita.”

E sa che la bambina non capirà mai quella frase, ma più che per gli altri, quella frase è per se stesso. L’amore? Forse sì, forse no. In un’altra vita o alla fine di questa. Ma per adesso no.

“Ma papino...”

Interviene Jane, facendogli occhi da cucciolo e avvicinandosi. Stringe tra le sue piccole mani un lembo dei suoi pantaloni, quasi aggrappandosi alla gamba sana.

Damon si stupisce anche del comportamento della figlia e la guarda, corrucciando la fronte e formando delle piccole rughe tra le due sopracciglia. Prima che lui possa proferir parola, Elena ritorna.

“Margaret è il momento della torta!”

Le due bambine vengono distratte dalla festa, ancora, e si dimenticano per un po’ dei loro piani.

Damon continua a domandarsi il perché del comportamento delle due bambine. Sembrava quasi ci tenessero molto a vedere lui innamorato di Elena.

Questo piccolo dubbio, inizia lentamente ad insinuarsi nella sua mente e se per i primi trenta minuti non ci aveva pensato, non lo aveva notato, adesso lo fa. Quando raggiunge tutti gli ospiti ci fa caso. Agli occhi di Elena che cupi, forse un po’ tristi tentano di essere felici per la sorella. Al suo corpo fasciato dai vestiti. Al seno messo in risalto dalle sue braccia che a volte si incrociano, mentre lei ascolta qualche conversazione. Alle gambe, lunghe e abbronzate, che a volte si incrociano, e si muovono. Quando i polpacci, ben definiti (probabilmente evidenziati dagli anni di danza), si contraggono velocemente ogni volta che batte i piedi sul pavimento.

Si ritrova ad osservarla all’improvviso, Damon, mentre conversa con Alaric e si raccontano dei lunghi anni trascorsi lontano da Mystic Falls. Mentre, stanco di stare in piedi, si siede sul morbido divano e continua a notare ogni suo piccolo movimento e le uniche cosa che riescono a distrarlo sono le risate di Jane che scorrazza con i suoi amici.

Non sa perché lo fa, alla fine. Forse è solo un modo per non sentire dolore alla gamba che oggi ha deciso di fare i capricci.

E nota, infine, le sue dita affusolate mentre gli porge un piattino con una fetta di torta.

Quando sua figlia gli si avvicina per dargli un piattino sporco, Damon si sporge per pulirle con un fazzoletto la macchia di panna sulla guancia. La bambina sorride mentre impaziente di ritornare dai suoi amichetti, si addrizza il maglioncino bianco e la gonna rosa.

Gli da un piccola bacio sul mento, Jane, e poi scappa via, ridacchiando come solo una bambina di quattro anni sa fare. Sorride anche lui e quando solleva lo sguardo, si accorge che quella ragazzina sorride, dopo averlo osservato. Distoglie subito lo sguardo, Elena, e ritorna in cucina per fare chissà che cosa.

Quando perde la sua visuale, Damon si rende conto di non avere più nient’altro da fare. Si guarda intorno e vede il suo amico Alaric parlare con altri uomini, sua madre che conversa ancora con Jenna e mai come in questo momento ha desiderato avere Stefan al suo fianco. 

Accanto a lui, sul divano, una nonna di un bambino che chiacchiera -spettegola in realtà- con un’altra donna mentre sorseggia un bicchiere di vino rosso. Quella conversazione è una vera tortura per il moro, ma da quel punto non sa davvero che altro fare, finché non decide di alzarsi, ignorando il dolore e andando alla ricerca di un qualcosa da fare.

Inconsapevolmente, si ritrova in cucina, e silenziosamente si avvicina al corpo minuto della ragazzina che, di spalle, non si è ancora accorta di lui, sta lavando i piatti.

“Te ne ho portati altri due.” Dice, rompendo il silenzio e alzando la mano che ha i due piatti.

Elena si volta e accenna un leggero sorriso di circostanza, poi ritorna a guardare l’acqua sporca e la cascata di capelli le ricade davanti al viso.

È un impulso, Damon si sporge e le raccoglie il ciuffo ribelle dietro l’orecchio. Uno sguardo di ringraziamento si fa strada negli occhi della ragazzina, mentre lui si appoggia comodamente sul piano cottura.

“Grazie.” Mormora.

“Di nulla. -si raddrizza un altro po’, prima di iniziare a parlare- Sai non sono più abituato a stare in mezzo a tanta gente. È diventato un di più per me. È come se…”

“È come tu non sia fatto più per socializzare, o vivere, in generale. Credo di capire come ti senti. È la stessa cosa che provo io.” Dice, smettendo di fare i suoi servizi.

“Per fortuna, la festa è quasi finita. Le persone inizieranno ad andarsene tra un po’.” Osserva.

“E tu te ne andrai?” domanda, voltandosi verso di lui.

“In realtà Alaric e Jenna hanno deciso di invitare me e la mia famiglia a cena, questa sera.”

“Bene. Bello.”

“Già, per la gioia di Jane e Margaret. -lo sguardo di Elena si fa curioso, quasi indecifrabile- Credo che quella due pesti vogliano farci finire insieme.” Si chiarisce, infine.

A Elena scappa un sorriso, questa volta più sincero. Probabilmente, ripensando a quanto possano essere pazze un paio di bambine. 

“Be’… non è la prima volta che Margaret cerchi di farmi mettere con un ragazzo, ma penso che la differenza di età tra me e te sia un po’ troppa.” Conclude sorridendo ancora.

“Se tutte le donne più grandi di Mystic Falls sono delle pettegole come quelle che avevo accanto prima, una ragazzina come te andrebbe più che bene.”

Prima che Damon se ne renda conto, ha già parlato. Poi uno sguardo stupito si rivela negli occhi di entrambi, perché persino lui non si sarebbe mai aspettato di dire qualcosa del genere.

“Scusami, non volevo insinuare nulla.”

“No, tranquillo. Probabilmente sei il primo uomo dopo un anno che mi dice qualcosa che si avvicina ad un complimento.”  Ammette, quasi tristemente.

Smette di lavare le stoviglie, asciugandosi le mani e girandosi per poi appoggiarsi al lavandino. 

“Cosa è successo un anno fa?” le domanda Damon preso da un impeto di curiosità.

Improvvisamente gli occhi di Elena si fanno più cupi di prima e rimane in silenzio. Lui sta per scusarsi, per dirle che non c’è bisogno che le dica qualcosa, ma lei lo precede e ammette la verità.

“Un anno fa sono morti i miei genitori a causa di un incidente d’auto.”

Il suo volto sembra impassibile, ma Damon scorge un alone di tristezza attraverso le iridi dei suoi occhi. Elena ritorna a grattarsi le mani nervosamente, impedendo a Damon di concentrarsi su altro se non su quel piccolo particolare.

“Mi dispiace per la tua perdita. So che vuol dire perdere un genitore, ma entrambi… non oso pensare come ci si possa sentire.”

Elena, che aveva abbassato lo sguardo, rischiando di perdersi nuovamente nei suoi ricordi, ritorna a guardare negli occhi l’uomo rivelando un senso di gratitudine nei suoi confronti. Lui risponde di rimando con un sorriso leggero, quasi spento. Con anche i suoi occhi velati di tristezza. 

Non sa se sia una coincidenza o meno, ma stare accanto a quella ragazzina lo rende più triste e allo stesso tempo si sente più compreso. Perché anche se i loro dolori sono differenti, comunque entrambi stanno soffrendo molto.

E condivide il suo sorriso spento, condivide gli occhi coperti da un velo di tristezza, condivide il voler nascondere questo agli altri, rintanandosi in una stanza buia, lontano da tutti.
I due non sanno quanto in realtà possano condividere. Il loro dolore non è nulla in confronto al grande cuore che entrambi posseggono. Ma ci sono certi periodi della vita in cui alcune anime non brillano come un tempo e le loro luci iniziano ad affievolirsi fino a quando non diventano dei semplici barlumi. E quando anime così sofferenti si incontrano, non si accorgono di chi hanno difronte. Si parlano, si conoscono, ma non si rendono conto di che luce gli altri possano risplendere. Allora sussurrano tristi, cercando di evitare gli occhi indiscreti e le parole maldicenti. Si limitano a dei sorrisi e a dei vaghi gesti che implorano pietà. Che piano, piano, molto piano si allontanano perché la voglia di vivere non c’è più e si sono persi un’anima amica. Forse un po’ di più.



 
§§§


 
Gli invitati se ne sono andati da ore ormai. Elena e la sua famiglia sono riuniti attorno alla tavola, imbandita di pietanze natalizie. Insieme a loro si sono aggiunti Jane e la sua famiglia, Damon e Lilian, ma anche quel ragazzo che Elena osserva da lontano da tanto tempo. Stefan è il suo nome, come aveva immaginato, ed è il fratello di Damon.

Sa ancora poco di quella famiglia, dei Salvatore. Eppure osserva la piccola Jane seduta accanto a sua sorella Margaret mentre si alzano per andare a giocare con le Barbie tra una portata e l’altra; osserva Damon che nella sua infinita tristezza, riesce a ridere e scherzare con Jenna e Alaric; osserva Lilian che seduta a capotavola, sorride alla sua famiglia e al resto dei commensali; e osserva Stefan mentre parla e si conosce con lei e suo fratello. Le sembra di conoscerli da tanto tempo.

All’improvviso i Salvatore si sono incastrati alla famiglia Gilbert. 

Ha un leggero fremito, quando ogni volta sul tavolo la sua mano sfiora accidentalmente quella di Damon accanto a lui -sono state Margaret e Jane a farli sedere vicini- e non capisce ancora perché. Forse è stata la suggestione scattata quando ha scoperto l’idea delle bambine, o forse perché Damon ha un passato diverso dal suo, ma sentimenti e sensazioni le sembrano le stesse.

Elena parla e conosce Stefan. Inconsapevolmente ha compiuto anche quel passo. Ma quando è voltata verso il più piccolo dei fratelli e gli parla, dietro di sé ascolta la voce bassa e decisa di Damon e quella voce per tutta la cena risalta tra le tante a quella tavola.

Non si chiede ancora quale sia la ragione, ma un piccolo punto interrogativo si è insinuato nel suo cuore.


 
Note finali: Salve ragazze! Sono finalmente arrivata con il primo capitolo di questa storia, con a speranza che vi piaccia e sopratutto spero che non sia stato troppo pesante o ripetitivo... Spero anche che i pensieri e i ragionamenti di Damon ed Elena siano coerenti e anche non troppo fuori dalla realtà.
Detto questo ringrazio lils_salvatore, eli_s, Alakea1393, katherina23, Non ti scordar di me ed Em_ per aver recensito il prologo. E sopratutto ringrazio
heydrarry per aver corretto il capitolo!
Un bacio, 
Mia Tersicore!

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Capitolo 3
*** Parte Seconda ***


2
PARTE SECONDA
 
“Elena preferisci l’abito color prugna o quello argentato?” chiede Bonnie, sollevando le grucce con i due abiti appesi, mentre continua ad osservarli indecisa.

Elena fissa i due vestiti, indecisa e concentrata, ma non concentrata come Caroline, seduta accanto a lei.

“Non saprei. -Fa la bionda, titubante per la prima volta nella sua vita.- Quello color prugna è più sobrio, si abbina perfettamente con la tua carnagione, mentre quello argentato è molto più vivace e mette in risalto la tua pelle. Ma dove devi andare così vestita?”

L’amica dai capelli corti bofonchia, non facendo capire ad Elena e Caroline cosa dice. Entrambe corrucciano la fronte e si guardano in faccia.

Il negozio di abiti eleganti è praticamente vuoto. Solo le due commesse che chiacchierano sommessamente accanto alla cassa. Elena e Caroline sono sedute sulle poltroncine rosso chiaro mentre Bonnie mostra loro i due abiti che l’hanno colpita subito.

“Come prego? -replica la bionda, allungando la testa verso l’altra e appoggiando una mano sull’orecchio- Non ho sentito l’ultima frase.”

Bonnie sorride leggermente mentre, abbassa le braccia e appoggia i vestiti su una sedia. Si siede accanto le sue amiche e inizia a raccontare. Ed è così che viene a scoprire Elena che la sua amica un mese fa ha conosciuto un ragazzo al college,  un certo Kai Parker, e l’ha invitata ad una festa a tema dell’università.

Elena per un solo secondo prova un moto di invidia nei confronti della sua amica e non perché sta probabilmente trovando un possibile ragazzo adatto a lei, ma Elena è invidiosa della vita che sta vivendo. Che stanno vivendo. Abitare lontano dalle loro case, le ha cambiate, lei se ne è accorta. Non sono più quelle ragazze da film d’amore e pop-corn davanti alla televisione, durante i pigiama party. Dentro di loro ci sono ancora quelle ragazzine che pensano ai ragazzi come i loro principi azzurri, ma non come prima. Fuori, ci sono due ragazze che tentano di crescere e di essere donne.

Ecco perché se fino ad un anno prima Bonnie, nel dire che sarebbe uscita con questo Kai, avrebbe urlato in falsetto, adesso abbassa lo sguardo e arrossisce sorridendo lentamente, orgogliosa della conquista fatta.

Allo stesso modo è cambiata Caroline. Tempo prima si sarebbe vantata del fatto di essere andata a letto con il suo professore di biologia, quest’anno invece anche l’infantile Caroline ha deciso di aspettare un po’ prima di raccontare alle sue amiche della sua relazione clandestina. E ancora non hanno capito il nome del misterioso professore.

Anche Elena è cambiata. Anche Elena è cresciuta. Ma in modo diverso da loro. Lei si è sempre dimostrata come una ragazza matura, ma da quando Grayson e Miranda sono morti, Elena ha subito un cambiamento radicale. È diventata l’altra faccia della stessa medaglia e quando nel suo piccolo si mette a pensare, rannicchiandosi e appoggiando il mento sulle ginocchia, non riesce a capire se sta crescendo o se sta tornando indietro. Perché a volte si sente veramente piccola e desidera ancora le braccia della madre abbracciarla, dopo una lunga giornata faticosa.

Elena avrebbe voluto fare l’università. Avrebbe voluto frequentare medicina come Caroline e ogni pomeriggio passare dalla facoltà di storia dell’Arte per prendere Bonnie e andarsi a prendere un caffè. Poi la sera, nel buio della camera del suo dormitorio, avrebbe chiamato casa e avrebbe chiesto alla madre come aveva passato la giornata, poi avrebbe chiesto al padre qualche consiglio per l’università e avrebbe deriso Jeremy per non essere riuscito ad entrare nella squadra di football, mentre Margaret le sarebbe scorazzata intorno. E le avrebbe fatto bene sentire quella vocina.

Ma Elena è rimasta aggrappata come un àncora dentro casa sua. Non è andata al college perché serviva che lei restasse a Mystic Falls. Perché tutto quello che ha su i suoi genitori è in quella casa. In quelle quattro mura. Ogni oggetto, ogni singolo angolo è un ricordo dei suoi genitori. Quelle cose sono come un filo invisibile che lega lei alla sua famiglia ormai spezzata. Chissà se comprende ancora come un tempo il significato di famiglia. Chissà se si ricorda ancora ciò che voleva dire essere una vera famiglia.

Una famiglia. Ha paura Elena, perché è come sentirsi bloccata tra due lastre di ferro e non potersi muovere. Perché è come provare ad inghiottire quando si ha il mal di gola e sentire la saliva raschiarla e non poter far nient’altro che subire. Ma presto ci si fa l’abitudine ed Elena sopporta. Sopporta veramente tanto.

Ogni cosa che fa è come se si muovesse cauta, su un filo di un rasoio. Si sente spezzata, Elena e poche cose o persone sono in grado di riattaccare i pezzi del suo cuore.

“Invece come va a te con il misterioso ragazzo?” le domanda Caroline, mentre Bonnie entra nel camerino, decisa a provare l’abito color prugna.

“Chi? Stefan?”

Le sue guance si imporporano all’improvviso e non per l’imbarazzo, ma perché un cuore così semplice come quello di Elena si emoziona al solo pensiero di essere finalmente riuscita a parlare con lui.

Caroline spalanca gli occhi eccitata, quasi euforica, si addrizza meglio sulla poltroncina e si sporge un po’ di più verso la mora che, di conseguenza, retrocede leggermente con la schiena.

“Vedo che hai finalmente scoperto il suo nome. Ti sei buttata, non è così?”

“Prima di tutto, il suo nome già lo conoscevo, più o meno. Secondo, suo fratello ha accompagnato sua figlia, Jane, alla festa di Margaret e poi ho scoperto che era andato a scuola con Alaric e tutti e quattro sono rimasti a cena per la vigilia.”

“Un momento. Stefan ha una figlia?” esclama l’amica, sorpresa.

“Come fa ad essere andato a scuola con Alaric? È così giovane!” si intromette Bonnie che esce dal camerino.

“E poi perché a cena sono rimasti in quattro. I conti non tornano.”

“No, non Stefan. Ma Damon!”

“E chi è Damon?” urlano in coro Bonnie e Caroline.

Elena si sente tutt’un tratto accerchiata dalle sue amiche che si sono fatte pericolosamente vicine a lei, mentre bramano di conoscere la verità. Prende un respiro profondo prima di iniziare a raccontar loro i piccoli pezzi di storia che ha conosciuto sulla famiglia Salvatore. Racconta di Jane che è la nipote di Stefan. Racconta del fratello di Stefan, Damon, che è appena ritornato dalla guerra e che è lui il padre della bambina. Racconta che quest’ultimo ha accompagnato Jane con sua madre alla festa di Margaret ed è stato lì che ha scoperto che andava al liceo con Alaric…

“Quindi Jenna li ha invitati per cena? Ma fammi capire… -inizia Caroline, guardando dritta Elena negli occhi- che tipo è questo Damon?”

“Io… ecco… perché vuoi sapere questo?” le chiede la mora, abbassando lo sguardo e ricurvando le spalle in avanti.

“Perché è ormai un evento raro che un ragazzo entri nella tua vita, Elena, e noi vogliamo sapere ogni particolare di ogni persona di genere maschile che scambia anche solo due parole con te.”

Si morde il labbro, prima di iniziare a parlare e anche se è un po’ indecisa, Elena racconta del giorno della vigilia di Natale. Quanto tempo sarà passato? Circa due settimane, ma lei ricorda quasi
perfettamente ogni parola che lei e Damon si sono scambiati. Ogni sguardo e ogni sorriso involontario. Non sa ancora spiegarselo, Elena, ma quando si era ritrovata nella sua camera, seduta accanto a Damon, le parole erano in parte uscite da sole. Normalmente, lei fa difficoltà ad iniziare una conversazione con una persona e se si analizzassero i fatti, con Damon sarebbe dovuto essere anche più difficile.

Ma così non è stato, perché Elena ancora non sa nulla di Damon, ma le sembrava che quegli occhi cerulei nascondessero mille cose da raccontare e il suo impulso di chiedergli chi era, le era nato all’improvviso, da dentro.

Era stato triste per lei, sentir dire che Damon era stato in guerra e allo stesso tempo vederlo con una gamba che non funzionava a dovere. E lo vedeva dai gesti di quell’uomo, così lenti e attenti, così simili ai suoi, che dentro di lui c’erano milioni di sofferenze a tormentarlo.

Il ricordo degli occhi cerulei di Damon, solo per un attimo, fanno rabbrividire Elena. Si è sentita colpita da quell’uomo. Si è sentita colpita perché, anche se in un modo diverso, lui è stato ferito dalla vita come lo è stata ferita lei. E il cuore sanguina anche a lei. Il dolore incombe come un’ombra oscura su entrambi, immagina.

“Vedo che sei rimasta molto colpita da questo Damon.” Le fa notare Bonnie, sorridendole dolcemente, e seguita appena dopo da uno sguardo inquisitore di Caroline.

“Io… no! Cosa te lo fa pensare? E poi noi... cioè… è molto più grande di me. Io non potrei mai, sapete.. interessarmi a lui.”

“E con ‘interessarmi a lui’, intendi andarci a letto?” le chiede spudoratamente la bionda.

Questa volta le gote si imporporano per l’imbarazzo e sente il suo volto riscaldarsi. E, come se fosse una bambina, lo nasconde con le mani. Sbircia attraverso gli spazi tra le dita l’euforia delle sue amiche.

Sono più eccitate di lei.

“Ammettilo, ti piace!” le ordina, praticamente.

“Come potrei? L’ho incontrato una sola volta.”

“Da come lo hai descritto però… e inoltre potresti essere stata colpita da una delle frecce di Cupido all’istante.”

Elena riesce a leggere sulle fronti delle sue amiche le parole “colpo di fulmine”, ma lei non ci vuole credere. Lo reputa impossibile che un uomo ed una donna possano innamorarsi al primo incontro. Sì, crede nell’amore,  ma non a quello a prima vista.

Però le parole delle sue amiche si sono intrufolate dentro di lei, tra le crepe più strette della sua anima, cercando di catturare ogni grammo delle sue convinzioni e le distruggono lentamente, facendole cambiare idea.

È sempre stata una ferma nelle sue idee. Cambiava opinione quando era strettamente necessario, quando era praticamente impossibile negare l’evidenza. È troppo presto per esserne sicura, per avere la certezza che Damon potrebbe diventare qualcosa di speciale per lei, ma i battiti del cuore diventano più veloci, facendo sussultare Elena. E i cambiamenti del suo corpo non li nota solo lei. Ci sono le sue amiche di fronte che lo notano. Che sono più furbe di lei, oggi, e che capiscono che Elena non è più la loro vecchia amica. Quella che scherzava e rideva e ci provava subito con i ragazzi che le piacevano. Elena è diversa. È rimasta un po’ bambina, ma allo stesso tempo non lo è più. Dopo l’incidente è solo diventata più timida.

Caroline e Bonnie sono rimaste per lei. L’hanno compresa e l’hanno accettata. Hanno cercato di renderla felice come lo era un tempo e Elena è grata a loro per quello che hanno fatto. L’hanno supportata  e sorretta, evitando che cadesse troppe volte. Prima che le gambe diventassero di piombo.

A volte, le sente ancora. Quelle incertezze che diventano realtà, così come sente quattro braccia prenderla per affrontare a testa alta la vita.

“Ascolta -riprende Caroline, afferrandole entrambe le mani- non ti sto dicendo di andarci a letto, tesoro. Ma da un anno a questa parte tu sei cambiata tantissimo e noi non ti biasimiamo perché sappiamo tutto di te, ma non parli più, non ti confidi più come un tempo e se quest’uomo ha catturato anche solo un grammo del tuo interesse, perché non provarci. Non lo devi sposare di certo. Mettiti un’altra volta in gioco. Flirta, ridi, scherza. Fa’ in modo che ti inviti a cena.”

“Ma ha una figlia!”

“Che ti adora.”

“Che ha quattro anni.”

“E sarai una matrigna fantastica.”

“Ok, ora basta. Ascoltatemi bene, tutte e due. Non sono sicura di rimettermi in gioco come dite voi, e sono quasi sicura che anche lui sia del mio parere.”

“Perché? Nemmeno lo conosci.”

È vero. Elena non conosce Damon. Ma sono bastate quelle poche ore durante la vigilia di Natale, e quei occhi così limpidi a farle pensare, a immaginare la vita di un perfetto sconosciuto.

Si alza, facendo un po’ di avanti e indietro e ragionando sulla proposta delle sue amiche. Alla fine, che le costa? Non ci perderebbe niente, ma è comunque un uomo molto più grande di lei. Il padre di una sua alunna, il… “oh, al diavolo, Elena. Forse sono tutte scuse.” Ripete a se stessa la ragazza bloccandosi all’improvviso e lasciando alle sue amiche un po’ di suspense.

“Io devo andare. Alle quattro ho una lezione.”

“Cosa? No. Devi dirci cosa hai deciso.”

“Magari la prossima volta.” Prende il giacchetto e la borsa di Jeans.

Le lascia da sole al negozio, dimenticandosi che erano andate lì per scegliere un vestito per il probabile futuro ragazzo di Bonnie e alla fine non hanno mai smesso di parlare di Damon. Di un uomo che nessuna delle tre conosce e che solo una di loro ha incontrato una volta.

Elena apre lo sportello della sua Smart rossa e prima di infilare la chiave, appoggia la testa sullo schienale del sedile. È ancora intenta a placare il ritmo infuriato del suo cuore. Non è la prima volta che ripensa a quel Damon, non è la prima volta che ricorda come accidentalmente, la sera a cena, le sue dita sfioravano quelle di Damon per prendere un pezzo di pane o il coltello di lei che era finito vicino al bicchiere di lui.

Quando arriva a casa prende l’insalata che le ha preparato Alaric e la infila nella borsa, salutando i suoi famigliari e baciando il capo di Margaret.

Pranza a scuola di danza, perché vuole provare, vuole ballare un po’ per se stessa, prima che la scuola si riempia di bambini e ragazzini, ma con sua sorpresa trova la signora Flowers intenta a inventare dei passi di una coreografia.

Posa il borsone sulla panca dello spogliatoio e dopo essersi messa il body, le calze e le scarpette, si specchia agli enormi specchi a muro per cercare di crearsi uno chignon decente. Quando la sua insegnante si accorge della sua presenza, ferma la musica.

“Oh, Elena per fortuna sei già arrivata. Purtroppo devo preparare un concerto con le ragazze più grandi alle tre e mezza e mi chiedevo se tu potessi spostare la tua lezione verso le sette, visto che Serena arriverà allo stesso orario tuo per fare lezione di yoga. Purtroppo non ho l’elenco delle tue alunne  e speravo che potessi chiamarle tu.”

“Tranquilla, miss. Faccio io. Poi vado a provare nell’altra sala.”

“Certo, tesoro.”

La ragazza si reca nella segreteria e solleva la cornetta del telefono, trattenendola tra la testa e la spalla destra, mentre con le mani fruga nella borsa per trovare la piccola agenda con i numeri di telefono delle sue alunne. Sono tante. Saranno una quindicina di bambine, esclusa sua sorella e nonostante l’ora di punta, tutti i genitori rispondono subito al telefono. Tutti tranne a casa Salvatore. Prova qualche volta in più fino a quando non si arrende.

Poco male. Quando Stefan accompagnerà Jane, dovrà rispedire indietro solo loro.

Dopo cinque minuti, Elena si sta infilando le punte, allacciando con attenzione i nastri alla caviglie e forse stringendoli un po’ troppo. Ma sa che quando inizierà a ballare non sentirà nessun dolore.

Nessun dolore…



 
§§§


 
“Cra, cra.”

“Ehi ranocchietta, Sali in macchina. Ti accompagno io.” Dice Damon a Jane , prendendo lo zainetto di danza della figlia.

La bambina distende le gambe e smette di vantarsi davanti alla nonna di sapersi muovere come una rana e saperne fare il verso. Corre verso il suo papà e lo guarda sorridente.

“E mi vieni anche a prendere?” domanda la bimba, speranzosa, mentre solleva le braccia per prendere lo zaino.

È piccola, Jane, ma molto intelligente. Quando guarda l’asta del suo papà, un leggero moto di malinconia le pervade il cuore. È leggero, perché quando ha visto una volta il suo papà zoppicare e chiudere gli occhi per il dolore, la bambina si è resa conto che quell’oggetto non è un gioco. Quell’oggetto è l’unica cosa che aiuta Damon a non sentire più dolore.

Adesso Jane è piccola, è debole e non è forte. Questo lo sa. Ma ripromette a se stessa che quando sarà più grande, sarà lei il bastone di Damon, sarà lei ad aiutarlo e a sorreggerlo.

Jane ammira il suo papà. Lui è il suo angelo custode. Il suo protettore, la sua guida. E Damon lo fa, nonostante tutto, nonostante il dolore, nonostante la voglia di bere litri e litri di alcol. È semplice per lei pensare che in futuro sarà lei il suo angelo custode.

Damon annuisce. Ma sa che non andrà via da quella scuola di danza. Resterà lì ad aspettarla per tutto il tempo della lezione, per trovarsi già ad accoglierla e a farla sorridere.

Quando arrivano davanti all’edificio, il pallido sole invernale colpisce il volto di Damon.

La gamba gli fa tremendamente male e riconosce che non può più guidare come un tempo la sua adorata Camaro. E anche un paio di chilometri scarsi, non sono nient’altro che una serie di stilettate sulla sua coscia.

“Entriamo dentro?” Jane gli tira un po’ la mano e quando arrivano davanti alla porta di vetro soffiato, lei abbassa la maniglia e rivela l’anticamera della scuola. La prima cosa che vede è la macchinetta del caffè che gli spunta a circa quattro metri di distanza. Sparse per tutta la camera, una decina di sedie in tutto, per le mamme che si fermano ad aspettare i figli. Una scrivania è quasi nascosta nell’angolo dietro la porta, piena di scartoffie ed un PC lasciato acceso.

Su una parete, c’è una piccola libreria con alcuni libri di danza e, appesi alle altre tre, tantissime foto che ritraggono vecchi spettacoli.

Damon guarda attentamente le foto -se non avesse fatto il soldato, come opzione c’erano i corsi di fotografia. Poi, perso in quelle immagini, la intravede, in un costume rosso intenso, mentre quella ragazzina è sollevata leggermente da un ragazzo, mentre sembra quasi voler spiccare il volo. I suoi occhi sono quasi lucidi e pieni di felicità.

All’improvviso Damon si ritrova a pensare che lei è incredibilmente bella. E se ne convince ancora di più, quando proseguendo per il corridoio, verso sinistra, Jane lo invita ad affacciarsi nella sala illuminata e quella ragazzina è lì. Segue ogni nota della musica e con leggerezza, compie i passi della sua danza. E lei non si accorge di loro, fin quando la musica non finisce e sua figlia l’applaude, orgogliosa. La ragazza si volta spaventata all’inizio, sorridente alla fine e Damon si rende finalmente conto che quella ragazzina ha il corpo di una donna.

Le calze rosa rendono ancora più lunghe le sue gambe e il body blu scuro modella le curve del suo busto, con la scollatura che lascia intravedere una piccola porzione di seno, imperlato di sudore.
Damon deglutisce prima di sollevare lo sguardo e incrociare i suoi occhi con quelli della ragazzina. Il rossore delle sue gote, la rendono ancora più bella, più eterea, e le ciocche dei capelli che scappano dallo chignon incorniciano il suo volto e si posano sulla pelle sudata.

“Damon, Jane. Salve!” esclama la ragazza con il fiatone, prendendo un panno per asciugarsi la fronte imperlata.

“Ciao, Elena!” calca il suo nome ed è come poesia detta tra le sue labbra. La vede rabbrividire prima di riprendersi completamente.

“Ho provato a chiamarvi, ma nessuno rispondeva. Risultava occupato. Ho rimandato la lezione a stasera per motivi di organizzazione.”

In quello stesso istante si sente la porta aprire e un gruppo di ragazze si dirige verso i camerini, salutando Elena con cenni e sorrisi.

“Quindi la lezione è stasera alle sette.” Conclude la ragazza.

“Non c’è nessuno? Papino posso restare a guardare la lezione? Ti prego!” la bambina congiunge le mani e sporge il labbro inferiore, colpendo dritto al cuore il suo papà.

Damon acconsente e lascia che la sua bambina scompaia dietro una porta di legno. Che sua figlia si allontani da lui, insieme alla musica che, ovattata parte nell’altra sala.

“Sta’ tranquillo. Non è la prima volta che Jane passa un intero pomeriggio qui. A volte tuo fratello veniva a prenderla tardi e lei restava a giocare con Margaret. O ad osservare le ragazze più grandi, ammirandole.”

“Sembra che tu riesca a comprenderle, le bambine. Ci sai fare.” Osserva Damon.

“Sono cresciuta qui. Questa scuola di danza è la mia seconda casa e mi ricordo che quando io avevo quattro anni -‘io ne avevo già quattordici’ si ritrova a pensare Damon all’improvviso, prendendo coscienza della loro differenza di età- mi mettevo seduta con la schiena contro gli specchi e le gambe incrociate e guardavo incantata le ragazze più grandi danzare. È come imporsi un obiettivo. È voler diventare come loro e tutto questo, queste mura, diventano la scopo della tua vita.” la sua voce si riduce ad un sussurro.

Ma Damon è rimasto a bocca aperta lo stesso, perché poche volte nella sua vita ha visto negli occhi di una persona una tale passione da consumare fino all’interno delle ossa.

Rimane per un secondo, solo uno, a guardarla stupito. È bella Elena, bella davvero, ma non sono solo un paio di occhi profondi a colpirlo e a fargli smuovere qualcosa dentro, ma è il cuore di Elena a colpirlo.

“A cosa stai pensando?” gli domanda con occhi curiosi.

“Sto pensando al fatto che mi piacerebbe prendere un caffè con te. E se ti stai chiedendo perché… io non lo so. Ti sto invitando ad uscire per scoprilo.”

Elena abbassa lo sguardo e abbozza un sorriso.

“Dammi il tempo di cambiarmi e poi usciamo.”

Un quarto d’ora dopo, Damon ed Elena stanno sorseggiando caffè bollente nel bar a due isolati di distanza dalla scuola di danza. Lui ha preso un caffè nero e amaro. Lei dolce, con panna.

Lilian una volta gli disse che una persona si capisce come è fatta dal tipo di caffè che prende. Secondo questa teoria, Damon penserebbe che non è fatto per stare con Elena. Lui e lei sono completamente diversi. Eppure la sente, quella catenella che si sta formando anello per anello e va verso di lei. Si vuole legare a lei. Lui invece non vuole.

Si era ripromesso che l’unica donna della sua vita sarebbe stata Jane. Ma è sbucata fuori Elena. Elena e il suo sguardo impaurito, il suo sguardo dolce, il suo sguardo bellissimo. E si sono guadagnati la sua attenzione.

Ancora non vuole. Cancella dalla sua mente il desiderio che ha iniziato ad insinuarsi dentro di lui e che lo confonde.

La notte di Natale, quando con la sua famiglia è ritornato a casa Salvatore, ancora un po’, solo un po’, è rimasto a pensarla. Ha ricordato la morbida pelle della sua mano, quando accidentalmente l’ha sfiorata a cena. E adesso, mentre Elena sorseggia il suo caffè, lei abbozza un sorriso, nascosto dal bicchiere di cartone. Sorride perché lui gli parla di Jane. È l’unico argomento in comune che hanno trovato: le bambine.

Sono troppo diversi, pensa Damon. Lei è una ragazzina. Lui è un uomo troppo grande per lei.

Lei è piccola e cerca di essere grande. Lui è un uomo che vorrebbe tornare indietro nel tempo. Rivivere ogni momento con suo padre a pieno.

Lei è una ballerina. Lui non riesce nemmeno a stare in piedi da solo.

Si sente ancora così distante da lei, Damon. Si sono incontrati solo due volte. Eppure, nonostante tutte le differenze, nonostante questa Elena sia una completa sconosciuta, lui ha voglia di conoscerla. Ha voglia di tirarle fuori quel sorriso che riesce ad illuminarle anche lo sguardo. Quello sguardo che ha visto solo mentre lei balla. E quando l’ha vista ballare nella scuola di danza, prima, è riuscito a scorgere quella luce piena di passione.

Poi i loro discorsi sono cambiati. Quando l’argomento ”bambine” termina, lui osa e le chiede un argomento più delicato.

“Mia madre mi ha detto dei tuoi genitori. Mi dispiace.”

Damon la vede raggelare e nascondere metà volto nel cardigan di lana blu. Gli occhi si fanno terribilmente più tristi e lui prova un moto di dispiacere e si pente di averle detto quella frase.

“Scusa, non volevo toccare un tasto così dolente.”

La ragazza, seduta di fronte a lui, pare rianimarsi un po’ a quelle parole e scioglie l’intreccio venutosi a creare con le dita delle mani e i fili del cardigan. Le spalle, irrigiditesi un minuto prima, si rilassano e si riabbassano. Quasi sollevata di non dover parlare più della sua famiglia. Per un po’ restano in silenzio. Il tempo in cui Damon riesce a convincere Elena a pagare il conto per entrambi.

Quando si ritrovano sulla strada di ritorno per la scuola di danza, i passi dolorosi di Damon vengono fermati dalla flebile voce di Elena.

“Ero con loro in auto, quella notte. -si volta verso di lei e la trova con entrambe le sue mani sui gomiti.- Io non so nemmeno perché te lo sto dicendo. Non ho mai raccontato la mia esperienza a nessuno.”
“Non devi per forza raccontarmelo.”

“Ma io voglio raccontartelo.”

Damon si domanda come mai quella ragazzina si stia spingendo così tanto con lui. Forse lei sente le stesse cose che prova lui o forse è diversa da quello che credeva. Elena si volta verso un muretto basso e si avvicina per sedersi sopra. Damon la segue e mentre prova un sospiro di sollievo quando il dolore alla gamba diminuisce e il freddo della pietra supera la stoffa dei pantaloni neri.

“Era la sera del ballo invernale del liceo. I miei genitori mi vennero a prendere, nonostante l’ora tarda. Nei giorni precedenti c’era stata una vera e propria bufera di neve e la maggior parte delle strade erano ghiacciate. Vicino a Wickery Bridge, mio padre perse il controllo della macchina e per evitare di cadere nell’acqua, lui sterzò. L’auto si capovolse. Poi, l’unica cosa che mi ricordo è che mi svegliai in ospedale con una commozione celebrale e un braccio rotto. Zia Jenna era accanto a me e piangeva sconvolta. Loro due furono la prima cosa a cui pensai, ma quando le chiesi come stavano, lei non ebbe il coraggio di guardarmi negli occhi. Capii subito che non ce l’avevano fatta. Erano… morti. Tutti e due. Lui per aver sbattuto la testa troppo forte. Lei ricevette delle schegge di vetro nel torace che le andarono a perforare i polmoni.”

Damon sfiora la sua mano con quella di lei, questa volta volontariamente, e ignora quei brividi che, ne è sicuro, non sono causati dal freddo e prova a dirle ancora una volta che gli dispiace, ma non ci riesce. Qualcosa lo blocca. L’unica cosa che riesce a fare è quando lei caccia fuori delle lacrime e, senza pensarci, allunga le mani oltre le spalle e chiude le sue braccia in un abbraccio.

È istintivo. Le fa posare il capo su una sua spalla e le accarezza una guancia mentre lei si decide a rilassarsi e ad affidarsi a lui e non sono solo un paio di lacrime a scendere sul suo volto. Piccoli, quasi silenziosi singhiozzi arrivano alle sue orecchie.

“So che vuol dire perdere un genitore -le sussurra, provando a consolarla- ma perderli entrambi, mi sembra un dolore troppo grande per una ragazzina della tua età.”

Nessuno sa quanto tempo passa, forse è troppo, forse è troppo poco se si pensa che Damon ed Elena si incontrano per la seconda volta e già si sentono così uniti, così vicini. Hanno voglia di confidarsi, di parlare, di conoscersi l’un l’altra e di sentire ancora una volta quei brividi. Piccoli, leggeri, come piume che sfiorano la pelle, come lenzuola di seta che coprono la nudità di una donna e scivolano quando lei si muove nel sonno.

Brividi inspiegabili, quando le dita di Damon si muovono rassicuranti sui capelli di lei ed è lui a sentirsi strano. A sentire quel profumo così fresco di rose che in realtà stona con l’inverno e con la neve che alle sei di pomeriggio scende lenta e i piccoli fiocchi cadono e si posano. Sull’asfalto, sulla terra dei giardini, sulle guance di Elena. E si confondono con le lacrime salate. Raffreddano la pelle, che si screpola e si arrossa.

Damon le accarezza il volto e scaccia via ogni prova materiale del suo dolore. Elena solleva lo sguardo, inclina il volto verso di lui e sono così vicini da poter sentire l’alito caldo di lei infrangere l’aria fredda.

“Sarà meglio ritornare. Ti ammalerai così.” Le dice premuroso.

Percepisce qualcosa Damon, dal suo sguardo, ma non sa bene cosa, non ne è sicuro. Un po’ di tristezza è andata via. Giusto quel poco di dolore che ha liberato un posticino nel cuore e sembra riempirlo di gratitudine. Il desiderio di Damon è quello di occupare quel posto e non lo nega a nessuno.

Non nega che quella piccola donna sta già diventando così speciale.

Elena sorride e crede di esserne contento.

“Non fa niente. Tanto dopo vado a casa a piedi.”

“Ti accompagno io.” Si offre subito volontario.

Solo per vederla un altro po’.

E lei sorride ancora. Sorride anche lui. Sorride perché il suo cuore si è fatto improvvisamente più grande. Prende il suo bastone mentre lei si stacca definitivamente. Camminano l’uno accanto a l’altra. Presto la neve smette già di scendere, ma Damon non è intenzionato a ritirare la sua proposta. Elena Gilbert salirà sulla sua auto.

E non lo pensa solo perché la vuole. Ma perché ha quasi capito Damon, che sentirla vicina gli fa un po’ bene. Non se lo sarebbe mai immaginato, ma è così. Quei occhioni grandi e tristi hanno il bisogno di essere consolati. E che la gente non fraintenda. Damon è cambiato da quando lui, con la parola “consolare”, intendeva una notte di sesso con la ragazzina che era appena stata lasciata dal suo ragazzo. Adesso, Damon ha voglia veramente di sollevare le braccia e circondarle attorno al suo corpo esile di Elena, così come ha fatto prima, e lasciarla andare ad un pianto liberatorio. Farle scorrere via tutta la tristezza.

E come la tristezza va via, Damon vorrebbe conquistare una parte di lei come lei ha conquistato una sua parte. E gli abissi dell’anima non sembrano più così tanto profondi e lontani. Non sono più così irraggiungibili. Quella ragazzina è già riuscita ad entrare dentro di lui e involontariamente si è inginocchiata a terra per raccogliere ogni pezzo del suo cuore che negli anni passati si è frantumato. E riesce ad immaginarla così piccola, intenta a catturare con lo sguardo ogni pezzo rosso sangue che perde luce, che ha perso amore e che vuole solo ritornare a battere veloce.

Lui vorrebbe piegarsi, fermare quelle mani sporche delle sue lacrime e aiutarla nel suo intento ancora segreto. È inconsapevole Elena di quello che sta facendo, ma Damon invece se ne è già reso conto e non c’è immagine più lieta per lui se non vedere quella piccola donna essere in grado di fargli provare quella serenità che da tempo lui si era dimenticato di avere. Era abbandonata accanto alle foto e agli oggetti di suo padre, negli scatoloni della soffitta di casa sua.

Ma, impertinente e leggero, il cuore di Elena, nonostante i dolori e le sofferenze, ha avuto la forza di riscoprire un po’ di Damon, sepolto dalla polvere degli anni e dalla terra dell’Afghanistan, macchiata di sangue e pelli e ossa.

 A volte Damon si chiede che fine abbia fatto quella parte di lui che se ne fregava dei problemi della vita e delle conseguenze delle sue azioni. Un po’ gli manca quel Damon. Irresponsabile, troppo arrogante e ubriacone. Che si beccava una sgridata da parte del padre e un’occhiata eloquente dalla madre, mentre veniva sgridato e seguiva con la coda nell’occhio un più piccolo Stefan che mai al mondo si sarebbe perso una scena del genere.

Non c’è più quel Damon. È perso nei ricordi e legato a vecchi momenti della sua vita senza volersi staccare e rendersi conto che c’è un modo per ritornare, ma non l’ha ancora trovato.
Gli sembra essere di vetro e non riuscire più a lottare per se stesso.

“Si combatte per gli altri, Damon, non per se stessi.”  Gli disse una volta il suo compagno di brandina, quando era alla sua prima missione. Decise di rivelargli il segreto per essere un buon soldato. E lui era ancora troppo ingenuo per credergli , per capire cosa volesse dire.

“Se combatti per te stesso, allora puoi anche tornartene a casa domani mattina. Perché non hai scampo, amico.”

Dopo quei giorni, Damon Salvatore smise di essere egoista, e imparò con il passare del tempo cosa vuol dire lottare per gli altri e per il mondo. Decise di diventare un soldato per scappare via, ma non si rese conto che la scelta che fece lo avrebbe toccato così nel profondo e lo avrebbe reso un uomo migliore.

Ma adesso che la guerra non c’è più, per lui, il Damon buono e altruista che nel suo piccolo sognava di liberare il mondo, st morendo di noia. Il Damon vecchio, allora, sta facendo a pugni con quello nuovo. Gli urla contro che una ragazza così bella non deve farsela sfuggire, ma Elena non è solo bella. Elena è anche speciale. La sente come una scarica elettrica che lo colpisce e gli rizza i peli sulla nuca.
“È stato bello, passare questo tempo con te, Damon.”

“È stato bello anche per me.” Gli risponde con voce bassa e roca, mentre sprofonda negli occhi di lei e coglie un po’ di gratitudine.

Mentalmente Damon ringrazia anche lei, perché la noia in quei giorni si è fatta forte, pesante come l’afa estiva ed Elena è stata un venticello fresco e lieto.

Continua a seguirla con lo sguardo, finché la ragazzina non si chiude alla spalle la porta della scuola di danza e Damon resta fuori, solo per un po’, assaporando il vento gelido dell’inverno da poco iniziato. Si domanda se continuerà a far male il suo cuore, se solo alcuni riusciranno a salvarlo in pochi momenti.

Rovista con la mano libera nella tasca del suo pantalone e afferra il pacco di Rothmans rosse e un accendino anonimo. Non fumava dai tempi del liceo e quando era arruolato non poteva fumare. Ma quando qualche giorno fa si è ritrovato nel negozio di tabacchi per comprare un pacco di patatine a Jane, non ha trovato nessun motivo valido per non comprarle. Ed ha ripreso. Un paio di sigarette al giorno. Aspira il tabacco bruciato che gli brucia la gola e butta fuori il fumo vedendolo volare e salir sempre di più, seguito dal suo respiro che si condensa e si rende visibile tra il gelo dell’inverno.

Quando rientra, Jane è seduta sulle sedie con le sue amiche, già vestita per la lezione. I capelli neri e sciolti che le ricadono sulle spalle, fanno a pugni con il rosa confetto del body.

Accanto a lei una bambina paffuta e con gli occhiali e la piccola Margaret. Damon si ritrova a pensare che è uguale a sua sorella, se non fosse per quegli occhi così allegri.

“Signor Damon. Salve, Signor Damon!” esclama la bambina correndogli incontro, sorridendo.

Damon non si spiega di tanta felicità da parte della bambina nel vederlo, e lo stesso sguardo che ha sua figlia quando vede Elena, più o meno. Ha capito che qualcosa trama nelle loro testoline e ha capito anche cosa, all’incirca. E gli fa sorridere, che quelle due bambine siano capaci così tanto di fantasticare su di lui e sulla ragazzina. Almeno loro hanno la speranza nel cuore. Lui l’ha persa da così tanto tempo che gli sembra quasi impossibile, vedere un futuro con una donna. Ma se si parla di Elena -Damon ricorda che mai ha avuto voglia veramente di sposarsi, come non ce l’ha ora- l’immagine di una donna ideale è proprio lei.

“Salve, Margaret. Allora, come ci si sente ad avere cinque anni?”

La bambina arriccia il naso, stirando entrambe le labbra verso l’alto e mostrando all’uomo un bel sorriso. Intanto, la sua gamba gli sta chiedendo pietà, e si va a sedere, mentre segue con lo sguardo le due bambine.

“Mi sento grande. -Gli risponde la bambina, allargando le braccia.- Ma tu ed Elena siete usciti insieme, non è vero?” le domanda la bambina, visibilmente impaziente di conoscere la risposta.

“E chi te lo ha detto?”

“La mia sorellina non si allontana mai dalla scuola. Questa è la prima volta. Sei diventato il suo fidanzato?”

È speranzosa Margaret, mentre incrocia le braccia dietro la schiena e Damon ci metterebbe le mani sul fuoco, Jane si è allungata verso l’amica e probabilmente le sta stringendo le mani.

“No, piccolina. Non sono diventato il suo fidanzato, ma devi sapere una cosa: sei fortunata ad avere una sorella come lei.”

La bambina spegne il suo sorriso, ma Damon ha l’impressione che quelle due non si arrenderanno tanto facilmente.

“Ma ti innamorerai di lei un giorno? E lei si innamorerà di te?”

E prima che Damon possa rispondere, Elena interrompe ancora una volta le loro conversazioni,  proprio come due settimane prima, ma questa volta Damon risponde mentalmente alla risposta della bambina. Si innamorerà mai di Elena? Quando e se deciderà di ritornare a vivere come faceva un tempo, allora sì, si innamorerà di Elena.


 

§§§


 
Sente le voci di Margaret e Jane ridere dietro di lei, Elena.

Intanto lei si rannicchia su se stessa mentre la radio manda in onda “Carry on my wayward son” dei Kansas. L’auto azzurra di Damon procede non molto velocemente sulle strade di Mystic Falls e lei si lascia cullare ogni volta che le ruote avanzano su un dosso artificiale o finiscono su una buca. Ascolta la voce di Damon canticchiare il ritornello a bassa voce, e lei di conseguenza sorride.

È incredibilmente bello Damon, in ogni su cosa che fa. E in quel pomeriggio mentre lui ha bevuto il suo caffè, a schiena eretta, ignorando le occhiate incuriosite e compassionevoli dei passanti che notavano il suo bastone.  È bello anche adesso mentre osserva attento la strada e fischietta, mentre rivolge uno sguardo alla due pesti che giocano sui sedili posteriori, attraverso lo specchietto retrovisore, mentre a volte lei gira ad osservarlo più attentamente e scopre che anche lui le dona qualche sguardo furtivo, veloce e carico di un qualcosa che nemmeno lei si spiega.

Ha sentito qualcosa oggi, Elena. Lo ha sentito quando Damon le ha chiesto dei suoi genitori e lei ha deciso, senza averlo deciso veramente di sua spontanea volontà, che per una volta si sarebbe dovuta confidare con qualcuno. Non sa… non crede di esserne sicura…

Oggi quando lo ha visto dopo circa due settimane, si è resa conto dell’importanza del consiglio che le sue amiche le hanno dato e per un po’ aveva deciso di accettarlo, ma quando si è trovata due occhi talmente azzurri da volerla scrutare a fondo, lei ha deciso di lasciare che sia lui a condurre i giochi.

Ecco perché non ha insistito tanto quando le ha chiesto di accompagnarla, ecco perché quando si accorge di essere osservata lei non distoglie lo sguardo. Perché chiunque sia in grado di placare i demoni di Elena anche solo con un abbraccio, è il benvenuto nella sua vita.

E questo invece lo ha capito. Damon all’improvviso si è fatto più importante. È come se Elena stesse riprendendo a respirare. A iniziare un’altra volta a bere, ma a piccoli sorsi. Percepisce ogni sguardo di Damon, ogni sua parola trapassarle l’anima come se fosse una ventata d’aria fresca.

Non osa dire cosa è, o cosa potrebbe essere, quel qualcosa che c’è tra lei e Damon. Perché qualcosa è appena nato. Lo sente sotto pelle, scorrere quasi senza pietà quel qualcosa.

Qualcosa. Chissà poi che cos’è?

“Non lo devi sposare di certo. Mettiti un’altra volta in gioco. Flirta, ridi, scherza. Fa’ in modo che ti inviti a cena.”

Le parole di Caroline questa mattina sono state abbastanza chiare, ma Elena non saprebbe che dire, che fare. Come si flirta con un uomo? Come fai a fargli capire che gli interessi?

Lei cerca di ragionarci il più velocemente possibile, ma tutto il tempo del mondo non le basta per arrivarci. Un battito di ciglia e l’auto di Damon già parcheggia davanti casa sua. La prima a scendere è Margaret, che saluta Jane agitando la manina. Elena tentenna insicura prima aprire lo sportello e aspetta prima di parlare a Damon. Si alza ed esce e quando l’aria gelida tipica delle sere invernali le colpisce il volto, lei si volta e si abbassa, catturando un’altra volta l’attenzione di Damon, che stupito le rivolge uno sguardo azzurro luminoso.

“Ti ringrazio per… quello che hai fatto oggi.”

“Non ti preoccupare, ragazzina.”

“È che… posso incontrarti un’altra volta? Parlarti un’altra volta. Magari domani?”

Sorpreso, Damon la guarda con stupore e socchiude leggermente le labbra. Resta qualche secondo in silenzio, ma alla fine è velocissimo il tempo che ci mette a risponderle e ad accettare la sua richiesta.

“Un caffè domani mattina va bene. Ti passo a prendere alle dieci.”

E lei non ha nemmeno il tempo di rispondere, di dirgli che è d’accordo. Sente solo il cuore batterle più forte con la stessa velocità dell’auto che aumenta sempre di più la distanza tra loro due. E il nome di Damon viaggia ancora un po’ nella sua mente e continuerà a farlo per tutta la serata.

Grazie anche a Margaret che non appena entra in casa, corre verso Jenna e le spiffera tutto.

Si arrampica faticosamente sullo sgabello alto della penisola della cucina, dopo aver abbandonato lo zainetto di danza e il giacchettino. Saluta sia Alaric, che Jenna con un bacio (Jeremy ha il turno serale al Mystic Grill) e afferra la forchetta per iniziare a mangiare il roast beef che  Alaric ha cucinato.

Non concede nemmeno il tempo alla sorella maggiore di raggiungere la tavola e di salutare tutti gli altri.

“Zia, lo sai che Elena domani ha un appuntamento?”

E tutti gli occhi increduli della casa sono dedicati a lei, mentre interrompono ogni cosa che stanno facendo. Alaric e Jenna sono rimasti con le forchette a mezz’aria e le labbra socchiuse, ma i loro sguardi sono rivolti a lei.

“Tesoro. È una bella notizia. Con chi?”

“Con il papà di Jane” si mette ancora una volta tra i piedi la piccola Margaret mentre guarda felice la zia che ha posto la domanda. Non sa del guaio che ha combinato.

Infondo Margaret non potrebbe mai capire che la differenza di età che c’è tra Elena e Damon possa essere un problema. Infatti, è un problema. Continua a ripetersi Elena. Ma una parte molto profonda di lei sa che c’è dell’altro, oltra alla differenza di età. Margaret tutto questo non riesce a vederlo. È piccola per tutte questa cose, ma proprio per questa ragione lei ha tanta voglia di giocare a cupido con la sua migliore amica. È anche sfidare il destino, cercare di far mettere insieme due persone. L’idea non è stata sua, è stata di Jane, ma lei da tanto tempo voleva che la sorella fosse felice. Non per forza con qualcuno, ma il suo piccolo cuore romantico da bambina di cinque anni non fa altro che idealizzare una probabile relazione trai due.

“Con Damon?” questa volta è Alaric a prendere la parola. E il suo tono di voce non è solo sorpreso. È anche preoccupato.

“Sì, con Damon. Ma non è un vero appuntamento. Andiamo a prendere un caffè domani mattina.”

Abbassa lo sguardo imbarazzata, mentre le sue gote si imporporano per l’ennesima volta durante la giornata. Ha perso l’appetito -non che l’abbia mai avuto- e posa la forchetta, chiedendosi se ha fatto bene a chiedergli di uscire. Se non sia stata troppo frettolosa. E se lei, involontariamente, l’avesse obbligato ad accettare di uscire, in un modo o nell’altro? Di certo non può chiedere conferma alla sua sorellina, che era l’unica persona presente.

“È solo che…”

“È solo che cosa?” le chiede dolcemente Jenna.

“È solo che lui è stato molto gentile con me oggi e io voglio fare qualcosa per ringraziarlo”

“Ma non è da te, chiedere ad un ragazzo di uscire.”

“Dite che ho sbagliato?” domanda loro ansiosa.

“No, non hai sbagliato -la rassicura Alaric, posandole una mano sulla spalla- ci hai solo colto un po’ di sorpresa. Non immaginavo che Damon ti fosse simpatico e poi… ha la nostra età.” Finisce la frase un po’ perplesso rendendosi conto di quello che ha detto.

Sì, Elena ha fatto bene i conti. Damon ha la stessa età di Jenna e Alaric, ma per una volta ha voluto ignorare la sua coscienza morale e ha dato ascolto a quel diavoletto tentatore che è la sua amica Caroline.

“Non dovete preoccuparvi per quello. Io non ho intenzione di andare troppo oltre. Alla fine non lo conosco nemmeno, Damon.”

Ma gli ha chiesto di uscire per conoscerlo meglio e lui già conosce una parte di lei molto intima.

Elena ripensa a tutto quello che ha detto oggi a Damon e per un attimo si imbarazza. Perché nemmeno alle sue amiche ha ripetuto quello che è successo, nemmeno a Jenna. La polizia ha provveduto a farlo al posto suo. Lei si è rinchiusa in un silenzio religioso, ma quando si è confidata con quell’uomo ha sentito una della tante porte del suo cuore aprirsi e liberare un po’ di angoscia. Se Elena avesse saputo che sarebbe stato così, si sarebbe confidata con qualcuno prima. Ma quest’oggi è stato diverso. Con gli altri non è mai accaduto di volersi spingere a tanto. E alla fine non lo ha mai fatto, nonostante siano persone che conosce da una vita. Però con Damon tutto è stato diverso. Le parole sono uscite senza preavviso ed Elena finalmente ci è riuscita.

Dopo un anno.

Ma quante porte devono aprirsi al suo cuore? Ancora tante?

Chissà quanto tempo passerà ancora e ancora. E perché no? Se Damon in dieci giorni è riuscito a farla stare un po’ meglio, rispetto a un anno di chiusura in se stessa, lei ne vuole approfittare. Vuole vedere quanto la presenza di Damon possa spingerla oltre. O possa renderla l’Elena dei vecchi tempi.

“Io non sono preoccupato.” Sbuffa Alaric, alzando gli occhi al cielo e borbottando qualcosa sul non essere ansioso.

“No, non sei preoccupato. -è sarcastica zia Jenna, mentre ride sotto i baffi alle spalle del suo compagno- Ti stai solo comportando come una papà geloso.”

Elena sorride anche e un po’ si sente leggera perché ridere le fa bene. Ridere con le persone della sua famiglia la rende quella ragazzina di un tempo.

“Ripeto: non sono preoccupato. Sono solo rimasto sorpreso della notizia. Damon Salvatore resta Damon Salvatore e io lo conosco dai tempi del liceo. So come si comporta con il genere femminile. È un donnaiolo.”

Ripensando alla giornata, Elena ripensa al comportamento di Damon e lui non corrisponde alla voce donnaiolo. Per niente. Anzi, è stato molto dolce. È stato molto sensibile. Non uno che pensava solo a quella cosa.

Si rifà più pensierosa. E Alaric nel vedere il cambio di espressione cerca di rimediare a quello che ha detto.

“Ma comportarsi così era normale per un diciottenne. Dopo tutti questi anni sarà sicuramente cambiato.”

“Sì. È stato in guerra. Molte persone maturano lì.” Afferma Jenna, riprendendo a mangiare e continuando a parlare di Damon per tutta la serata con Alaric.

Ritornano indietro nel tempo con i ricordi mentre Elena rimane muta ad ascoltare le loro bravate da ragazzi e sebbene Damon sia rimasto un argomento da trattare a tavola, Elena ancora non vuole tanto parlare di lui e di quello che sente su di lui con sua zia ed il suo fidanzato. Resta ad ascoltare loro senza  intervenire, senza ridere su vecchie battute o su vecchie cretinate. Sinceramente, è incantata. Perché immagina un giovane Damon bighellonare e marinare la scuola. Rubare una bottiglia di Bourbon dallo studio del padre e ubriacarsi con Alaric.

Ed è un po’ come se fosse lì. Forse c’era veramente ma era troppo piccola per ricordare.

“Alla fine qualche volta lo hai incontrato. Spesso lui e Alaric venivano a casa mia e di mia madre quando erano ragazzi e tu avevi circa sette o otto anni e con Jeremy venivate a trovare la nonna.”

Quindi aveva ragione. Quando era piccola aveva già incontrato Damon. Ma era troppo piccola per interessarsi ad un ragazzo appena maggiorenne che pensava a divertirsi con gli amici.

“Però non vi siete mai parlati. Alla fine tu eri una bambina e lui un ragazzo. Oh Cielo, e adesso uscite insieme. Non lo trovi un po’ strano, Alaric?”

“Solo un po’? Tesoro, Damon ha la nostra età e noi ci stiamo per sposare!”

“Ok! -li interrompe Elena- capisco che voi due non approviate, ma dovete essere tranquilli. Io non voglio provarci con Damon. È solo un’uscita amichevole che faremo di mattina. Nulla di più.” ma anche nulla di meno. Ripete a se stessa, ancora convinta che Damon sia comunque una persona speciale. Diversa dalle altre.

Finito di mangiare, Elena prende in braccio la piccola Margaret che si sta per addormentare e la conduce nella sua cameretta per metterla a letto. La bambina corre in bagno per lavarsi i denti e per mettersi il pigiama. Quando ritorna, Elena l’attende seduta sul suo letto e lei le corre incontro, tuffandosi tra le sue braccia. La copre con le pesanti coperte e le dà un bacio sulla fronte, sentendola prima ridere e poi sbadigliare.

“Domani voglio scegliere con te cosa ti metterai.”

“Ancora? Non è una cosa molto importante e poi tu devi andare a scuola, no?”

“Uffi! Non posso restare a casa almeno domani? Devi vestirti bene per il tuo primo appuntamento, altrimenti il papà di Jane non potrà darti un bacio dopo.”

“Ehi! -arrossisce Elena, rimanendo stupita della sfacciataggine della sorellina- Chi ti ha detto queste cose? Chi te le ha insegnate?”

“Caroline!”

Ovviamente.

Sbuffa mentalmente Elena, appuntandosi che sua sorella non rivedrà la sua migliore amica per tanto tempo.

Scuote la testa divertita dalla situazione, ma forse anche un po’ agitata. Perché tutto questo parlare di Damon e della sua uscita con lui l’hanno messa sotto i riflettori e lei non è più abituata a stare così al centro dell’attenzione. Tutti che parlano di lei, contenti, e non compassionevoli verso di lei. Le progettano ogni momento come se fosse il più importante, come se fosse quello decisivo per il resto della sua vita.

“Adesso dormi. E domani andrai a scuola.”

La bambina mette un piccolo broncio ma non resiste ai baci della sorella che continua a dargli la buonanotte. Resta con lei fino a quando non vede le palpebre di Margaret farsi pesanti e gli occhi chiudersi definitivamente. Accende la lampadina azzurrina, perché sa che la sorella ha paura del buio e non vuole vederla piangere ogni notte.

Quando arriva in camera sua, Elena si ritrova a fissare continuamente l’armadio. Decide di aprirlo e forse sì, trovare un abbigliamento carino per il giorno dopo non sarebbe affatto male.






 
Note:Salveeee!
Lo so, è un ritardo assurdo e per questo non smetterò di chiedervi scusa, ma mi sto addentrando nel mese della maturità e oltre ad essere tesa adesso si direbbe che io abbia fifa (fifa, Potter? Ora la smetto...). Ragion per cui il mese prossimo, ovvero giugno (Captain Ovvio), non mi dedicherò per niente alla stesura del capitolo o se scriverò, scriverò pochissimo. Chiedo perdono e se volete uccidermi prima, be' fatelo così mi salto gli esami definitivamente.
Passiamo al capitolo, che spero sia stato decente.
Spero di essermi staccato almeno un po' dalla nota depressiva che aveva già preso la storia nella prima scena. Trovo che Caroline sia una ventata di aria fresca che alleggerisce il tutto e crea soprattutto delle scene abbastanza comiche o divertenti, almeno. E' lei che prende la parola e dice ad Elena di buttarsi con Damon. Di mettersi nuovamente in gioco e la mia Beta (heydrarry ti ringrazio ancora per avere pazienza con me) ha detto che "Caroline e Bonnie shippano Delena come non mai". Vedremo, vedremo. Loro ancora non conoscono Damon, ma in un certo sento sono già grate a lui per aver acceso una piccola luce negli occhi di Elena. Nel testo non l'ho specificato troppo, perché comunque siamo ancora al secondo capitolo ed è presto. Non voglio anticipare le cose, ma alla fine si capirà come le due vedranno la possibile futura relazione tra Damon ed Elena.
BTW, mentre Elena si lascia trasportare dalle parole delle sue amiche, in questo capitolo ho voluto tralasciare i problemi attuali di Elena (cioè il suo distaccarsi troppo dalla realtà) per proporvi un po' della sua medicina: la danza. E' un po' un rischio questa storia, ma ci tengo troppo per non rischiare. La danza è molto importante per Elena e anche Damon l'ha notato in un certo senso. Ha capito quanto la danza possa farle bene.
Arriviamo quindi al nucleo della storia. Damon ed Elena (ma davvero?) Lo so è un po' strano perché si cercano già, ma entrambi pensano che sia troppo presto e quindi ci vanno con i piedi di piombo. Elena ci tiene a non specificare con Alaric e Jenna che il loro non sarà un appuntamento. Ma quando si ritrova nella sua camera da sola decide di scegliere un abbigliamento carino...
Ma quanto sono belle Jane e Margaret. Vorrei averle qui davanti a me in carne ed ossa e strapazzarle di baci!
Un bacio grandissimo a tutte voi che spero mi sopporterete e pazienterete per la mia snervante lentezza.
Mia
ps. il capitolo è un po' più corto rispetto al primo, ma se avessi voluto farlo più lungo avrei già dovuto parlare dell'appuntamento!
Ringrazio la mia speciale Beta
heydrarry (la mia fangirl preferita) e anche Horse_,eli_s, Bea_01, Em_, _Dobreva16, katherina23, NikkiSomerhalder, Elle_Ls per aver recensito lo scorso capitolo e chi ha messo la storia tra le preferite, ricordare e seguite.

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Capitolo 4
*** Parte Terza ***


3
PARTE TERZA


 
“E allora io ho detto: Annabeth non è così che si fa surf. Devi saper parlare con la tavola e avere confidenza con lei prima di salirci sopra.- il ragazzo continua a sorridere prima di continuare a spiegare il racconto della sua vacanza precedente.- Lei mi ha guardato malissimo e mi ha sputato in faccia di non saper fare l’amore con una tavola da surf.”

Scoppia a ridere e Elena lo segue a ruota. Non è stato tanto quello che ha detto a farla divertire, ma il fatto è che lui sappia raccontare con tanta ilarità una storia così. Quel ragazzo, Percy, ha solo vent’anni eppure è sposato da sei mesi e ha una figlia di quattro anni. Spesso passa la moglie a prendere la loro bambina, ma questa volta è arrivato questo ragazzo molto giovane che non ha perso tempo a stringere amicizia con lei.

Si è ritrovata quasi in trappola davanti a questo ragazzo. È stato come un vortice che l’ha presa immediatamente. E ripensa alle parole delle sue amiche e crede, Elena, che non ci sia niente di male a farsi degli amici.

“Sul serio. Ci sono rimasto così male per la sua battuta che sono rimasto muto e fermo per forse un’eternità. Di solito lei è così razionale e seria e quando fa così mi lascia senza parole. Forse è anche per questo che la amo. Riesce a sorprendermi quando meno me lo aspetti.”

Elena sorride quando Percy si lascia scappare quella dichiarazione indiretta nei confronti della moglie. Ticchetta la penna contro il legno rosso della scrivania della scuola di danza, mentre Percy si appoggia al muro, incrociando le braccia davanti al petto, dopo essersi scompigliato i capelli neri.

I capelli neri. Un po’ le ricordano i capelli di Damon e anche alcuni lineamenti, sono simili. Solo un po’più giovanili. Gli occhi di entrambi sono chiari, ma quelli di Percy tendono al verde, mentre quelli di Damon sono di un azzurro quasi glaciale.

Si ritrova sempre a pensare a Damon soprattutto dopo la sua uscita con lui qualche giorno prima.

Pensa che circondarsi delle persone giuste possa farla distrarre da quell’ultimo incontro con lui. Percy è una buona medicina, ma lo è solo in parte. Perché Elena sa che quando Damon entrerà da quella porta -quest’oggi lei non fa lezione con le bambine- per venire a prendere Jane, il nuovo ragazzo dagli occhi verdi perderà ogni suo interesse.

E infatti è quello che accade. Percy le sta raccontando di come ha conosciuto la sua ragazza alle medie e di come all’inizio si detestassero, ma le parole nella sua mente non arrivano più, non appena un complesso di vestiti neri non entra nella scuola di danza. E al diavolo, sa che Damon le fa battere il cuore, ma ancora non è pronta ad ammetterlo.

Per un millesimo di secondo i loro sguardi si sfiorano e lei ha il tempo di sentire il suo saluto per poi distogliere gli occhi da quelli di lui. Si morde il labbro per la tensione e abbassa le palpebre per far ritornare il respiro regolare. Non va affatto bene. Tutto quello che è nato tra di loro è assolutamente sbagliato.



 
§§§


 
Inspira, espira. Inspira, espira.

Elena si ritrova a fare avanti e indietro nella sua camera. Alla fine il tanto parlato appuntamento con Damon le sta iniziando a mettere agitazione e forse, se la sua adorata sorellina si fosse stata zitta, sua zia di conseguenza non le avrebbe messo così tanta pressione. Non che fosse sua intenzione, ma Jenna si è fatta prendere un bel po’ dall’eccitazione ed Elena, l’ha seguita a ruota senza volerlo.
E contro la sua volontà si è fatta vestire. Si è messa qualcosa di semi elegante, adatto per una qualunque mattinata. Si è fatta truccare con un filo di matita e di mascara sugli occhi e poi si è guardata allo specchio e per un attimo si è resa conto di non essere affatto male, anzi… si è sentita bella. Si sente bella. E passa ogni due secondi davanti allo specchio per aggiustarsi una ciocca di capelli o per addrizzarsi la camicetta rosa chiaro.

Forse è troppo elegante. Forse è esagerato come abbigliamento per un’uscita che alla fine è stata lei a proporre. Non è nulla di che. Non è nemmeno un appuntamento.

Non è un appuntamento. Non è un appuntamento.

Eppure sente il suo cuore a volte batterle un po’ più velocemente rispetto al normale. Copre ogni pensiero che tenta di farsi strada nella sua mente e non sa perché, ma l’unica domanda che le riaffiora ed emerge e quanto stia meglio con uno chignon al posto dei capelli sciolti.

Che stupida. Si ritrova a pensare, lasciando perdere i capelli, i vestiti e tutto il resto.

Guarda per un attimo l’orologio sopra la scrivania e si rende conto che ha smesso di prepararsi da dieci minuti e ne mancano ancora quindici prima dell’arrivo di Damon.

Il tempo passa lentamente, eppure sono solo così pochi minuti.

Ma continua a fare avanti e indietro. Fermandosi a volte per mangiucchiarsi la pelle morta attorno alle unghie, rischiando di rovinarsi lo smalto rosa. E ticchetta con il tacchetto, quasi inesistente, sul parquet della sua stanza, facendo sentire tutta la sua agitazione alla zia che al piano di sotto guarda qualche rivista di abiti da sposa, ma non riesce a concentrarsi sui ricami in pizzo o sulle pieghe delle gonne bianche o rosa cipria che ricadono sulle modelle troppo magre per poter sembrare vere.

Elena fa finte di niente. Finge di non sentire le frecciatine della zia che la intima di stare calma e tranquilla, ma il cuore batte ancora più forte, quando finalmente si sente il rumore di un auto parcheggiare davanti il vialetto di casa sua.

Lei si avvicina alla finestra e scosta leggermente la tenda azzurrina, sbirciando oltre. Vede la Camaro di Damon parcheggiata e la sua figura uscire dall’auto.

E la prima cosa che vede è lei. I loro sguardi si incontrano quasi subito e quasi subito entrambi sorridono.

Si ritrova a scendere le scale troppo velocemente, con il rischio di cadere e spezzarsi l’osso del collo.

Quando si ritrova al piano di sotto, Damon è sulla soglia della porta con il fidato bastone a sorreggergli il peso e con un simpatico sorrisetto decorargli il viso.

È questione di feeling. Pensa Jenna, osservandoli attentamente. Alcune persone incontrano subito chi le fa sentire meglio a prescindere dai dolori, dalle avventure, dalla tristezza.

Alcune persone sono in grado di far sorridere altre, di farle ridere e di farle giocare, nonostante là fuori, nel mondo, c’è una guerra che si imbatte.

Molte persone si ritrovano senza mai essersi incontrate ed è come se si conoscessero da una vita. Jenna ha l’impressione che Damon ed Elena siano due di queste.

Damon, nonostante l’impedimento della gamba, si muove elegantemente verso di lei e le prende una mano, baciandone il dorso. Sente arrossire, e un piacevole calore parte dalla mano per propagarsi fino al volto.

Damon sorride ancora di più. Lei sa che fa così perché ha notato il suo rossore e si sente in imbarazzo, ma subito dopo lui la mette a suo agio. E non c’è niente di meglio che la faccia sentire a suo agio, se non spostare il centro dell’attenzione da lei ad un’altra persona.

“Jenna Sommers vedo che ti stai dando da fare per essere bella al tuo matrimonio.”

“Oh, mi sto solo facendo qualche idea su come dovrà essere il mio abito. Non è nulla di sicuro e ufficiale.”

“Avete almeno deciso una data?”

“Non ancora. Stavo pensato ad Agosto.”

Elena ringrazia mentalmente quei due che hanno capito tutto. E poi è bello poter vedere Damon sorridere e ridere insieme alla zia. Si è chiesta, Elena, come poteva essere la vita di Damon dieci anni fa, quando era un ragazzo appena diplomato che aveva ancora un padre e non aveva ancora una figlia.

Eppure lei dovrebbe ricordarselo, in un certo senso, perché lei aveva solo otto anni, ma spesso andava a casa della nonna e della zia Jenna e sì, si ricorda degli amici di sua zia, ma tanti volti sono confusi. Tanti persone sono ancora sconosciute e Damon è un’ombra nel passato. Probabilmente loro due si sono già incontrati, ma lei doveva essere solamente una bambina giocosa e lui poco più di un ragazzo.
Prima erano così distanti, completamente sconosciuti, adesso si stanno avvicinando, un po’ per caso, o per un dispetto del destino, ma qualcosa è scattato in Damon ed Elena e capire cosa, probabilmente sarà difficile. Potrebbe anche non esserlo, ma Elena sa che in entrambi risiede una paura quasi tenebrosa della vita. E provare, tentare, osare, sono azioni al di fuori di loro.

“Andiamo, Elena?” le chiede Damon prendendole una mano e una piccola, piccolissima scarica elettrica si propaga nel suo corpo, causandole mille domande e chiedendosi come mai un gesto così casuale possa scatenare una reazione simile.

Annuisce leggermente con la testa e pensa che se solo provasse a spiaccicare parola, la voce non uscirebbe e sarebbe  completamente spacciata.

Perciò stringe forte la mano di quell’uomo e lui risponde alla stretta, accarezzandole il dorso della mano con il pollice. È un gesto semplice, così casuale, ma allo stesso tempo è un gesto intimo per due persone che sono alla loro prima uscita.

È un gesto che non sfugge a Jenna e quando la donna solleva la rivista di abiti, nasconde un leggero sorriso di compiacimento. Lei e Alaric sono rimasti stupiti in un primo momento, quando hanno scoperto che Elena e Damon sarebbero usciti insieme, ma poi si è detta che alla fine non ci sarebbe stato nulla di male. Nulla di male.

Sa quanto possa essere rischioso. Se un uomo e una ragazzina si frequentassero, la loro differenza di età potrebbe essere un grande ostacolo. Ma non vuole essere prevenuta in questo tipo di relazione che potrebbe nascere tra la sua nipotina e uno dei suoi più cari amici.

“Staremo a vedere.” Farfuglia, mentre i due escono dalla casa dei Gilbert e mentre prende il bicchiere di vino rosso lasciato sul tavolino per sorseggiare il liquido alcolico.

Al di fuori di quelle quattro mura, Damon ed Elena si avviano verso il bar più vicino per prendere il tanto aspettato caffè. Elena pare essersi tranquillizzata un po’. Anche perché vedere Damon così tranquillo, le ha fatto pensare che alla fine è solo una semplice uscita quella tra i due e che non è nulla di che.

È solo un’uscita. È quello che continua a ripetersi.

Se ne convince sempre di più, quando passeggiando per le stradine di Mystic Falls stanno tutti e due in silenzio e quel silenzio non è uno di quei silenzi imbarazzanti, ma è più uno di rispetto. Nell’atmosfera alleggia tanta pace e gli unici pensieri sono quelli di Elena, che ogni tanto getta un occhio verso la gamba dell’uomo accanto a lei, chiedendosi quanto possa fargli male. Poi lei solleva il viso e si accorge che Damon raramente si lascia scappare delle piccole smorfie di dolore.

Lui arriccia leggermente il naso e le sopracciglia, storce un po’ le labbra e subito dopo ritorna a quella sua espressione impassibile che presto le fa dimenticare il dolore che provava. Forse lo fa per non farla preoccupare, forse perché è  un uomo troppo orgoglioso per mostrare agli altri il dolore che prova.

Ma a Elena piace un uomo così. Un uomo che cerca di nascondere le sue paure. Elena le vorrebbe scoprire una ad una. Scoprire ogni frammento della sua anima e ricucirla al suo cuore. Elena tutto ad un tratto si rende conto di voler avere questo potere.

Si perde un attimo di troppo nei suoi pensieri, la ragazza, e non si rende conto che anche quell’uomo ha iniziato a fissarla, un po’ per curiosità, un po’ perché si sente osservato.

“So di essere molto interessante. -le sussurra- ma penso che continuare a fissarmi possa essere nocivo per te stessa. Potresti non vedere un palo della luce e sbatterci conto.”

Elena a quelle parole si rianima e arrossendo tutto d’un colpo ritorna a guardare avanti, notando che manca poco al Grill. Sospira per due secondi e spalanca gli occhi prima di poter parlare.

“Voglio solo conoscerti!”

“E pensi di poterlo fare solo guardandomi? Non è meglio parlare?”

“Sarà… ma io preferisco osservare.”

“Sei una ragazza da parete! Allora, illuminami.”

Elena abbozza un sorriso e arrivati al bar, entrano e si siedono. Casualmente o inconsciamente decidono di sedersi al tavolino più appartato per ordinare ancora una volta caffè nero e caffè e latte con panna.

Lei lo guarda attentamente e lui ricambia con uno sguardo di curiosità verso il suo indirizzo. Appoggiando la testa sulla mano che c’è tra lui e il tavolo.

“Sei una persona triste. -tenta la ragazza, sperando di non essere troppo impulsiva- E non triste perché sei deprimente, ma perché hai provato tanto dolore nella tua vita. Il tuo spirito è frammentato e nonostante tu abbia tante persone che ti amano attorno, ti senti solo. Hai una madre che vuole ancora proteggerti, un fratello che ti vuole sollevare il morale e una figlia che ti adora. Ma sei solo. Perché tutti possono compatirti, tutti possono guardarti e imparare a conoscerti. Ma nessuno sa quello che hai veramente passato. Hai il dolore negli occhi. Io riesco a vederlo, perché di dolore ne ho provato anche io nella vita. Molto probabilmente è diverso dal tuo, ma è pur sempre dolore e so che nessuno può capirti. Perché nessuno capisce me.”

“Così però basi la mia vita sulle tue esperienze.”

“Il dolore, così come l’amore, sono comuni a tutti.”

“Ma evidentemente noi proviamo solo dolore.” Afferma l’uomo.

“Noi proviamo solo dolore.” Gli conferma lei.

Quando arrivano le ordinazioni, Elena vede arrivare anche due fette di torta al cioccolato con panna. Damon la guarda e sorride, spiegandole che Jenna gli aveva suggerito di offrirgliela. Lei lo ringrazia e abbassa il capo, girando a vuoto il cucchiaino nella tazza.

Le è piaciuto quel gesto. L’ha fa sentire importante agli occhi di lui, ma non troppo. Un gesto così semplice eppure anche gentile e carico di attenzioni.

“Secondo te saremo mai capaci di provare amore, noi due?” gli chiede lei, mossa da un curiosità nuova.

Le sue amiche le hanno messo in testa questo voler provarci assolutamente, in un modo o nell’altro con un ragazzo (con Damon, in realtà) e lei alla fine si è convinta che un tentativo alla fine non sarebbe tanto male.

Lui solleva lo sguardo dalla sua tazza di caffè e la guarda stupito, spalancando gli occhi e lasciandolo a bocca aperta per qualche secondo.

“Non lo so, spero di sì. Spero vivamente di sì, perché se smettessi di sperare, probabilmente smetterei di vivere.”

Elena resta allibita dalle parole di Damon. Lui spera nell’amore. È una frase così vera, così vicina al resto del mondo.

Tutti prima o poi sperano nell’amore, sperano che nel lungo corso della vita ci sia qualcosa che conduca all’amore. E se l’amore fosse il fine di ogni cosa? Se l’uomo dicesse ogni parola, facesse qualsiasi gesto, e tutto quanto portasse all’amore? Forse non lo fa nemmeno apposta. Forse non se ne rende conto, ma Elena crede che gli esseri umani facciano di tutto per essere amati e per amare qualcuno. Un uomo, una donna. Una persona che sia in grado di far battere il cuore a mille e di far sudare le mani. Aver voglia di accarezzarla e di abbracciarla. Aver voglia di essere abbracciati e di sentirsi protetti e al sicuro.

Beve un sorso del suo caffè e all’improvviso è diventato troppo dolce per lei. Come il battito del suo cuore è diventato più rumoroso e i colori della stanza sono diventati più vividi. E tutto viene risaltato ancora di più, quando Damon si sporge sull’altro lato del tavolo, verso di lei, per pulirle con il pollice la panna che le ha sporcato la porzione di pelle tra il labbro superiore e il naso.
Ennesimo piccolo gesto affettuoso che la fa sentire considerata.

Damon a quanto pare è così. Affettuoso, gentile e decisamente interessato ad Elena. Ma allo stesso tempo la ragazza riconosce che tra i due c’è ancora una certa distanza. Un muro che li tiene separati.
Sebbene il giorno prima siano riusciti ad aprire un piccolo varco, c’è ancora molto lavoro da fare, c’è ancora un lungo cammino da intraprendere, prima che Damon ed Elena si conoscano veramente.

E tutta quella questione dello sperare di provare amore un giorno, spaventa Elena, in realtà.  Perché l’amore è un sentimento grande, troppo grande e lei invece a volte si sente incredibilmente piccola. È una piccola donna, è una ragazzina. Si sente piccola per tutto. Piccola per Damon, piccola per provare amore e piccola per provare amore verso Damon. Non è l’età il vero problema (certo la dieci anni di differenza contano molto), ma quanto lei non si senta ancora pronta a realizzare la sua vita. A lasciare andare tutti quei dolori e di seppellire tristi ricordi di una vita che si è conclusa un anno fa.

Non sa se è giusto per lei o è giusto per gli altri. Non sa che fare, perché è ancora insicura delle sue azioni. È ancora insicura dei gesti che potrebbe compiere davanti a quei occhi azzurri, che la guardano, la ispezionano, la osservano interessati e curiosi, mentre lei decide cosa fare e cosa dire.

“Io non lo so, invece.”

“Cosa?”

“Non so se posso o riesco a sperare nell’amore. È come… è come se mi sentissi indegna, piccola, inadatta a stare con qualcuno. E più che altro non sono io che non voglio sperare, ma è la speranza non vuole venire da me.”

“Ti rendi conto che quello che stai dicendo è molto forte per una ragazzina della tua età? Tu dici di sentirti piccola, ma le persone piccole sono al massimo ingenue non indegne. Le persone piccole sono quelle dotate di tanta speranza, mentre tu sembri un uomo anziano che ha perso tutto.”

Elena cerca di sorridere per nascondere l’imbarazzo, ma la verità è che non ci riesce. Quella discussione ha preso delle pieghe molto strane e lei non sembra contenta. Non lo è affatto.
Si sente improvvisamente giudicata da Damon e lui non se ne rende conto, ma lei è questo che prova. Non sa se sta sbagliando o meno, Elena, ma non ritiene che sia una come Damon a doverle dire cosa sembra o meno.

“Io ho perso tutto.” Ribatte decisa, lasciando perdere la tazza di caffè.

“Non hai perso tutto. Tu hai ancora tua sorella, tuo fratello, tua zia. Hai anche Alaric. Anche io ho tante persone della mia famiglia dalla mia parte e… Ascolta, entrambi abbiamo sofferto. Tu hai perso i tuoi genitori. Io ho perso prima mio padre, poi l’illusione che il mondo sia tutto rose e fiori. Ma la vita non si ferma a loro! La vita continua e di loro non deve rimanere nient’altro che un triste ricordo di dolci anni della tua esistenza.”

“Quello che dici è orribile. Io… -si interrompe per un attimo Elena. Tenta di rimandar giù le lacrime amare causate da ciò che le ha appena detto Damon. Forse sono una temibile verità.- Io non voglio dimenticarli. Se lo facessi… loro non se lo meriterebbero.”

“Non devi dimenticarli. Devi solo superare la tua perdita.”

Damon si sporge di più verso di lei e appoggia i gomiti sul tavolo. Non la guarda in nessun modo. Forse sembra solo un po’ compassionevole nei suoi confronti.

“Mi sembra comunque una cosa sbagliata.” Gli sussurra, rattristandosi più del solito.

Per i minuti seguenti sembra calare un silenzio pesante tra i due. Gli unici rumori che si sentono sono i mormorii della gente ai tavoli vicini e le loro gole che ingoiano il liquido nero, seguiti da momenti di assenza sonora.

Poi, all’improvviso, Elena allunga un po’ e braccia e assaggia quel pezzo di torta al cioccolato che Damon ha ordinato. È veramente buona e lei si lascia scappare un sorriso, al gusto dolce e un po’ amaro. Di rimando, anche lui sorride.

Tutta la piccola discussione precedente sembra essere cancella, e nuovi pensieri si fanno spazio nella sua mente. Perché? Non è la prima volta che lui le sorride. Ma lo fa soltanto quando è la ragazza a farlo. È come se fosse una reazione involontaria, ma Elena non ha nessuna parola, nessun gesto, che possano confermarle quest’ipotesi.

Ma Damon non sembra cedere. Il discorso di prima non cade.

“Davvero credi che sia sbagliato?”

“Ingiusto, più che altro.”

“Ingiusto verso di loro o verso di te?”

Lei lo guarda accigliata e spalanca gli occhi, sorpresa. Per chi è ingiusto? Elena si rende conto di non conoscere la risposta a quella domanda. Di certo lei non vuole smettere i piangere i suoi genitori prima di tutto per loro. Perché loro l’hanno creata, l’hanno resa viva, l’hanno resa così com’è. Ed è proprio per la paura di dimenticarsi chi è che lei non vuole lasciarli andare. Perché lei potrebbe essere più la stessa persona che è sempre stata.

Evita di rispondere. Ha paura di scottarsi troppo a quel fuoco così potente. Chi è quel Damon? Che cosa vuole da lei?

“Scusa. Forse siamo andati troppo oltre per essere al nostro primo appuntamento.”

Damon abbozza un ghigno innocente. Ma tutto ciò che è Damon le sfugge, perché lui ha appena detto “primo appuntamento.” Allora è veramente così? Lei alla fine non ne era sicura, ma lui le ha confermato che questa non è una semplice uscita tra amici.

Si lascia andare un sospiro di sollievo che non sfugge all’uomo.

“Che c’è?”

“Nulla. È che hai appena detto che questo è un appuntamento.”

“Perché tu…oh! Pensavo che volessi provarci con me.”

“Cosa? Io… no! No. Non ci sto provando con te. Non voglio dire che tu non sia un bell’uomo. Anzi. Sei molto bello. Sei molto… piacente. È che… oddio, che cosa ti ho detto?”

Arrossisce violentemente Elena e sente il suo cuore pomparle talmente forte da farle provare un terribile caldo davanti a Damon.

“Ascolta. Io volevo che fosse un appuntamento. È solo che non sapevo se lo era anche per te.”

Dopo quelle parole, Damon scoppia in una contenuta risata, portandosi una mano sulla bocca. Elena si sente in imbarazzo perché alla fine si rende conto di sentirsi troppo bambina, troppo innocente rispetto a questo uomo che non fa altro che sovrastarla, involontariamente.

“Scusa. Non volevo mancarti di rispetto. È che, mi sembrava che fosse ovvia la natura del nostro incontro. Insomma, noi siamo quel che siamo e ovviamente non ci deve essere nessuna pressione. È un appuntamento, ma questo non vuol dire che appena finito qui, io ti debba portare in un luogo appartato. Non sarebbe giusto, perché so che tu non vuoi. L’ho capito.”
“Non sono solo io che non voglio. Sei anche tu a non voler andare oltre per te stesso.”

Ha perfettamente ragione Damon. Lei non vuole andare avanti. Perché? Perché alla fine di Damon non sa nulla e non vuol dire che conoscere cosa ha fatto nella vita e le persone che gli stanno attorno sia un pretesto per farsi avanti. È come essere attorniata da un muro invalicabile. Lei picchietta lentamente contro questo muro, ma per scoprire cosa c’è dopo servirebbe raccogliere della dinamite e far esplodere quel muro, distruggendolo e distruggendo anche Damon.

Ecco perché Elena vuole andarci piano. Ecco perché così come non si sente pronta lei, sa che anche lui potrebbe restare ferito, scottato da quello che ipoteticamente potrebbe nascere tra loro due.
Allora anche lei mette un paletto. Un limite. Un confine che non dovrebbe essere superato, almeno per adesso. Non è ancora tempo per entrambi, di oltrepassare quei confini.
È ancora tempo di camminare con le punte di piedi e cercare solo di scalfire quel muro, senza arrampicarsi sopra, senza provare a distruggerlo.

“Credo che sarebbe un errore, in questo momento. Provare ad essere qualcosa di più, intendo. Insomma, guarda che stiamo facendo! Noi ci piacciamo, Elena, questo non lo nego. Sarebbe un errore idiota non ammetterlo, ma abbiamo entrambi grossi problemi, diversi l’un l’altro, ma comunque grossi. E ammettilo, qualcuno ti ha consigliato di buttarti nella mischia?”

Elena abbassa lo sguardo e non osa pronunciare altre parole. Accenna un sì con un leggero movimento di testa e Damon, senza rimanere troppo sorpreso, si abbandona con la schiena sullo schienale del della sedia. Non è deluso. Non lo sembra affatto. È più uno sguardo di conferma all’amara tristezza del fatto che nessuno dei due sappia ridere.

“Visto? Se non fosse stato per quel qualcuno, probabilmente noi due non saremmo qui, adesso. E non perché nessuno dei due non ha voglia di uscire con l’altro, ma alla fine ci manca il coraggio. Sia a me che ha te.”

“Questo che vuol dire? Che ci fermiamo qui? Che faremo finta di non conoscerci? Perché io non voglio che sia così. Quando ieri ti ho detto quelle cose, erano vere e non le sapeva nessuno, a parte me. Adesso anche tu sei a conoscenza di cosa sentivo durante e di cosa ho provato dopo l’incidente. Tu mi hai fatto tirar fuori delle cose che non avevo detto a nessuno. Non lo hai fatto apposta, ma ci deve essere per forza un motivo che mi abbia indotto a parlarne con te e con nessun altro. Io… io sento che in qualche modo tu sei importante. Non so come, non so perché proprio tu. Ma io ieri, mentre ti raccontavo di me, ho sentito qualcosa accendersi e lo sto sentendo anche adesso che ti sto parlando di me stessa ancora una volta. Non voglio obbligarti a dirmi quello che non vuoi dirmi. Non voglio obbligarti ad uscire con me e ad innamorarti di me. Non lo voglio anche io. Ma, lo so che è stupido, perché ci conosciamo da poco, io ti ho appena trovato e non voglio lasciarmi sfuggire una persona che potrebbe essermi amica.”

“Amica? Tu vorresti essermi amica? -l’uomo è sorpreso davanti alle affermazioni della ragazza- Tu vorresti un tipo instabile come me come amico?”

“Possiamo non sembrare forti, Damon. Ma insieme possiamo esserlo.”

“Amico. -sembra rifletterci su, per un po’- Sì, mi piace. Suona bene.”

Sorridono entrambi e questa volta i loro sguardi sono carichi di una nuova complicità che si è venuta a creare questa mattina. Damon allunga una mano verso quella di Elena e gliela stringe. La ragazza ignora le piccole scariche elettriche che si sono venute a creare, ma non può evitare di provare un certo imbarazzo.

Damon è ufficialmente suo amico, adesso. E questo la eccita molto.




 
§§§


 
“Ciao, amica.”

“Ciao, amico.”

Si salutano complici, Damon ed Elena, mentre lui sente il bisogno quasi viscerale di avvicinarsi un po’ di più a lei, fisicamente. Quella stramaledettissima scrivania fa da ostacolo tra i due. E sono passati giorni dall’ultima volta che si sono visti, stono passati giorni da quella mattinata, da quell’appuntamento.

Damon quella volta è rimasto fermo, ha osato nelle parole, ma per scavare nel cuore di quella ragazza, per scoprire se c’è speranza in lei, per lei. E lui vuole esserle vicino in tanti modi. Sente di farlo anche per se stesso.

Ma da quel giorno non si sono più parlati. Non sa nemmeno perché, hanno solo messo quei tanto famosi paletti per un po’ di tempo.

“Jane dovrebbe finire a minuti.”

“Oh, pensavo che avesse già finito. Insomma, tu sei qui.”

“Oggi lezione la fa la signora Flowers. Dobbiamo iniziare a preparare il saggio di danza e vuole scegliere lei, chi delle bambine farà Campanellino.”

“Metterete in scena Peter Pan?” si intromette una voce, che poi scopre essere quella di Percy.

Sul suo volto si è appena formano un sorrisetto malizioso che Elena non riesce a decifrare. In realtà, non fa in tempo e Damon la distrae, per quello che lui è. Perché la trascina con la mente ad affrontare pensieri nuovi, che la sorprendono e, a volte, le tendono una trappola.

Elena teme che Damon sia realmente così. Che sia capace di tendergli una trappola e di riuscire ad intrappolarla a lui, in un modo che forse nessuno dei due conosce.

La distrae, spalancando gli occhi e restando anche lui travolto dalla troppa vivacità del ragazzo, e quei occhi, così grandi e così intensi. Quei fari azzurri che catturano ogni sprazzo di luce, ma anche ogni grammo di oscurità. Sono specchi che riflettono l’interno della sua anima e Elena percepisce mille emozioni, le sente dentro di lei, come se tra lei e Damon ci fosse una connessione che li lega. Une legame empatico che li unisce.

Questa empatia che c’è tra loro due è assoluta, è piena di consapevolezze, sentimenti e paure che si nascondono dagli altri ma tra di loro, non ci sono segreti, non ci sono veli di parvenze e illusioni sui loro volti, e lei non sa quale sia il rapporto tra Damon e tutti gli altri, ma con lei, Elena sente che è qualcosa di speciale, che è diverso da tutti quanti. Lei per lui è diversa.

Damon ha amici?

Sa che in questi ultimi giorni lui e Alaric si sono visti, ma il suo futuro zio, parla sempre di Damon come se fosse una cosa bellissima riaverlo tra loro. Infatti è così, ma Alaric o sembra ignorare completamente tutto ciò che in realtà sente il suo migliore amico o non lo sa veramente

Perciò Elena spesso si ripete sempre la stessa domanda. Damon ha amici? Quelli veri, quelli che sanno tutto di lui e conoscono ogni sfaccettatura del suo dolore?

Elena ha capito che cos’ha Damon. Cosa gli prende, o cosa sospetta, più o meno.

Ecco perché gli ha proposto di essergli amica, nonostante non si siano visti per niente, dopo. Ecco perché non servono parole, sguardi e incontri, talvolta, per sospettare cosa quell’uomo provi.

“Allora spero che sia mia figlia la fortunata.” Continua a parlare quel Percy, interrompendo le sue elucubrazioni mentali.

Ma quel Percy, ha capito di essere diventato all’improvviso di troppo e sta per andarsene, per allontanarsi e per andare a controllare che la figlia abbia finito la lezione, ma l’uomo lo precedere, si allontana in silenzio, sorridendo alla ragazza e quando finalmente scompare dalla visuale dei due, il ragazzo le può mormorare qualcosa.

“Certo che il tu e il tuo ragazzo fate faville anche quando non entrate in contatto. Stavo per dirvi di prendervi una camera.”

“Io… ma che dici? -Elena spalanca gli occhi sbalordita e si spaventa, perché alla fine quello che ha detto Percy l’ha spaventa, molto.- Lui non è il mio ragazzo.”

“Oh… be’, prendetevi una stanza lo stesso.”

Le fa un occhiolino e anche lui cerca di dileguarsi con disinvoltura come Damon, ma non gli riesce. Non nota la sedia vicino alla macchinetta de caffè e inciampa il piede con le gambe della sedia, andando a sbattere il ginocchio contro il muro.

Elena scoppia a ridere e finalmente non cerca di trattenersi. Sa che non è educato, sa che è brutto ridere di chi si è fatto male, ma Percy sembra essere apposto e sembra solo voler imprecare contro se stesso, o contro la sedia che secondo lui è apparsa per magia.




 
§§§



 
Damon ha corso un grosso rischio.

Quella ragazzina rimane ancora un grosso punto interrogativo. Non ha paura, Damon. Non ha mai avuto paura, ma deve ammettere che quella ragazzina gli offre una buona dose di incertezze. Incertezze sulla vita, perché al suo ritorno a Mystic Falls era certo che nulla si sarebbe messo in mezzo tra lui e la sua famiglia, tra lui e sua figlia. Invece è tornato da circa un mese a casa e tutte le sue certezze sembrano star crollando a causa sua.

A ogni sguardo, a ogni parola scambiata con lei, corrisponde un mattone che si stacca e cade dal suo personale muro di indifferenza che lo divide dal resto del mondo.
Lui tenta veramente di ricostruirlo questo muro, ma gli risulta impossibile. Perché quella ragazzina, forse ancora non lo sa, ma è forte, è tenace ed è in grado di fargli cambiare idea anche senza un motivo ben preciso.

Come durante il loro appuntamento. Lui aveva provato ad osare, a spingersi oltre il limite, solo perché si era convinto, la sera prima, che immischiarsi in una nuova relazione, far entrare una ragazza nella sua vita, avrebbe voluto dire immischiarsi in una brutta faccenda, veramente brutta. Ma, diciamocelo, tutte le sue convinzioni sono andate a farsi fottere nel momento in cui Elena gli ha proposto di diventare amici. Solo amici.

Anni prima Damon l’avrebbe lasciata perdere, una così. Una che cercava solo un’amicizia. Ma adesso Damon è cambiato e un’amicizia con la ragazzina, o nipote di Jenna e Alaric, sta togliendo ogni sua difesa.

Sì, alla fine si p lasciato convincere, ma ha deciso che nulla nella loro storia deve essere forzato. Ecco perché poi non si sono sentiti, per niente. Damon ha pensato che fosse giusto, che fosse corretto, ma nel rivederla, quest’oggi, ha cambiato ulteriormente le carte in tavola.

Dannazione a lei e a lui stesso che le ha permesso di farlo. So che tutto quello che è avvenuto è successo per caso, che nessuno dei due, alla fine, era intenzionato a creare un qualsiasi legame, eppure è capitato. Eppure si sono incontrati, si sono notati e si sono parlati.

Lui ha capito che quella ragazzina è Elena e non una donna qualsiasi incontrata al bar, in una sera piena di alcol e di divertimento. Elena è la ragazza. Quella ragazza che si incontra all’improvviso e non si butta a capofitto non appena incontra un uomo. Elena è timida, riservata e non concede nulla a nessuno. Elena parla con pochi. Damon è uno dei pochi e in questi giorni, sebbene siano stati lontani, lui avvertiva ancora la loro vicinanza. Solo che non sapeva come prendere il telefono e chiamarla, non sapeva come iniziare una conversazione e parlare della sua giornata.

Si è tenuto a debita distanza anche perché si è reso conto che stare troppo con lei gli farebbe oltrepassare quel tanto famoso limite che farebbe del male ad entrambi. Ma (ovviamente c’è un ma in tutta questa storia) ha sentito qualcosa smuovergli dentro nel momento in cui ha messo piede nella scuola di danza e l’ha vista parlare e sorridere con un altro ragazzo. Non si è ingelosito, sarebbe assurdo, ma può ammettere a se stesso che vederla con un atteggiamento diverso dal solito con un’altra persona, mentre al suo arrivo ha abbassato lo sguardo ed è ritornata ad essere la solita remissiva Elena.

Quando la porta della sala si apre, una quindicina di bambine iniziano a scorrazzare per il corridoio per correre nei camerini.

Jane è tra le ultime e ride e scherza con la piccola Margaret. Le due bambine lo notano e gli corrono incontro.

“Signor Damon. Signor Damon!”

“Papà!”

Le due bambine lo abbracciano e lui cerca di abbassarsi per salutarle. Sorride loro e le due bambine si tuffano sul suo petto.

Non ci sono molte parole e Damon si rende conto che anche questa è una situazione molto strana. Perché è assolutamente la cosa più naturale a questo mondo avere un rapporto bellissimo con la propria figlia. Ma provare affetto anche per l’altra bambina davanti a lui… si sente così vicino a lei.  Forse perché è la sorellina di Elena e la piccola gli ricorda così tanto la ragazza.

È in quel momento che con la coda dell’occhio vede Elena sbucare fuori e bloccarsi per un secondo soltanto, guardando sorpresa la scena dei tre che si abbracciano. Non c’è nulla di male, alla fine, lasciare che la ragazza li osservi, affinché possa rendersi conto di come Damon stia entrando nella sua vita. E non c’è modo più dolce. È di due bambine che si sta parlando e Damon ama Jane e vuole bene a Margaret, con tutta la sua furbizia e con i suoi tentativi ingenui di voler far mettere insieme sua sorella e l’uomo come se fosse una missione segreta.

Quando l’abbraccio viene sciolto, Elena si fa avanti e accompagna le bambine nello spogliatoio per aiutarle a cambiarsi.

Damon si rialza lentamente, mentre vede il corpo sinuoso della ragazza scomparire dietro la porta del camerino. Ma, come non detto, Elena lo sta distraendo troppo e lui non si è accorto di aver appoggiato completamente il peso sulla gamba dolorante dimenticandosi completamente del bastone.

Di conseguenza, crolla a terra, gemendo per la fitta di dolore e cercando di non urlare per non far spaventare le bambine, ma qualcuno l’ha comunque visto.

Il ragazzo che si è preso tanta confidenza con Elena, gli corre incontro per soccorrerlo.

Si avvicina silenzioso e calmo a lui, lasciando trapelare un minimo di preoccupazione per Damon, ma non è invadente, non chiede e non si butta a capofitto in una conversazione con un perfetto sconosciuto.

“Cavolo, amico, la tua ragazza è veramente difficile. -come non detto.- Ci ho messo circa mezz’ora per farle dire il suo nome. È estremamente timida. Ma devo ammettere che sei molto fortunato. Elena è bella, intelligente e, se mi è permesso dirlo, ho percepito molta sensibilità da parte sua. Quindi non la far soffrire.”

“Ma tu chi sei?”

“Certo, perdonami! Il mio nome è Percy Jackson, sono appena diventato amico di Elena.”

“Io e Elena non stiamo insieme.” Afferma Damon, ma non fa in tempo a parlare che già il ragazzo scoppia a ridere, lasciando l’uomo in uno stato di perplessità.

“Certo. Ascolta, sono diventato amico di Elena da tipo, venti minuti, ma il mio intuito è infallibile. Riconosco quando c’è qualcosa nell’aria e sono pronto a scommettere che presto qualcosa accadrà.”

Damon non riesce a parlare. Non ne ha il tempo e la strana e assurda conversazione che sta avendo con Percy viene interrotta da una bambina che esce tutta allegra dal camerino. Una chioma bionda, si tuffa sul petto del ragazzo, che accoglie con gioia, il corpicino della bambina tra le sue braccia.

“Papino, lo sai che la signora Flowers mi ha detto che farò io Campanellino al saggio?”

“Oh oh, ma davvero? Allora stasera festeggiamo io, te e la mamma. Batti il cinque!” gli porge il palmo della mano e la bambina appoggia la sua, accompagnandola con uno schiocco.
Percy prende la sua bambina in braccio e prima di andarsene, guarda Damon con uno sguardo ammonitore.

“Mi raccomando… tu, non far soffrire, Elena… a proposito, come ti chiami?”

“Damon.”

“Be’, Damon, è stato un piacere conoscerti. Sento che ci rivedremo presto.”

E se ne va. Lasciando Damon sbalordito. I suoi modi di fare… quel ragazzo un po’ gli ricorda lui stesso da ragazzo. Così sfacciato, così energico. Damon era così da ragazzo. Sì, ok, forse meno idiota, ma il suo carattere era quello.

Un po’ rimpiange quel suo lato di sé. Un po’ gli manca e a volte sente la necessità di ritornare ad essere quel Damon sveglio e malizioso, quel Damon che dimenticava subito e spesso i suoi problemi, perché il suo motto era “dimenticare”. A Damon gli manca essere Damon e vorrebbe dare la colpa alla morte del padre, a Katherine, alla guerra, ma forse la colpa è solo di se stesso che ha permesso a tutti questi fattori di cambiarlo, di non lasciarlo così com’è.

Dopo un paio di minuti, Jane ritorna ad abbracciarlo. È pronta. In teoria, potrebbero ritornare a casa in questo stesso momento, ma lui sa che la cosa giusta da fare è aspettare. Aspettare che Elena finisca di lavorare e accompagnarla a casa, da buono amico che è, che dovrebbe essere.

E all’uscita dell’amica con la sorellina, la ragazza lo guarda sbalordita.

Ma evita che l’uomo la inviti per accompagnarla. Non perché non voglia essere in compagnia dell’uomo, ma perché vuole parlare con lui.

“Possiamo parlare un po’.”

Ci sarebbero mille posti adatti per parlare, soprattutto in presenza delle bambine, ma Elena decide di condurlo nello studio della scuola di danza, in privato. Tanto sa già che le bambine inizieranno a sbizzarrirsi con gli oggetti di scena nel ripostiglio.

Damon si accomoda su una sedia mentre nota la ragazza fare avanti e indietro e torturarsi le mani con le unghie. Non sa cosa vorrebbe dirgli e questo lascia nell’aria un’atmosfera di tensione.

“Forse ho sbagliato a chiederti se possiamo essere amici.”

“Come scusa?”

“Sì, noi alla fine non ci conosciamo del tutto e ho paura che sia stato un errore. È stata un’idea mia e ho paura di averti messo alle strette con questa faccenda. Io ti ho detto di diventare amici e tu evidentemente non ha potuto fare altro che accettare questa condizione. Mi dispiace, è colpa mia. Non volevo metterti alle strette…”

“Ehi-la interrompe Damon-non ho mai detto che la cosa non mi vada a genio. Se non avessi voluto diventare tuo amico, fidati, ti avrei detto di no. E se pensi che non dovremmo esserlo, ti sbagli. Non ti ho chiamato, non ti ho contattato semplicemente perché non sapevo come farlo. Non sono più il ragazzo, amico di Jenna e Alaric. Non ho più la voglia di vivere che avevo un tempo e quando sento che una persona vuole essermi amica, io non so seriamente cosa pensare. In questi giorni credo pure di essere entrato in panico, perché mi sono detto che non so più relazionarmi agli altri, senza combinare casini, senza mostrarmi strano o senza che il resto del mondo mi guardi con pena e che osservi la mia gamba dispiaciuto.”

Gli occhi di Elena si raddolciscono e la ragazza inclina leggermente il capo, facendo scivolare i morbidi capelli, oltre la spalla.

Quella specie di sfogo di Damon, le ha fatto capire che non ci deve essere stato un attimo di tregua per quell’uomo. E in effetti è così. Damon si sente rinchiuso in una trappola che si chiama Mystic Falls, un po’ come ci si sente Elena.

È per dovere che lo fanno. Per dovere di prendersi cura dei propri cari. Per dovere di rispettare ciò che è successo. Per dovere di accettare le condizione che il fato ha potuto offrire loro.

Nessuno ha detto a Damon di fare quello che ha fatto. Nessuno lo ha convinto ad arruolarsi nell’esercito dopo la morte del padre. Nessuno gli ha detto di gettarsi nella mischia per salvare un suo compagno e prendersi al posto suo quella pallottola che è risultata fatale per la sua gamba. Nessuno gli ha detto che Katherine era la ragazza giusta. E sì, si era innamorato di lei, ma probabilmente se prima di essere impulsivo, se prima di farci una figlia, l’avesse conosciuta meglio, probabilmente non si ritroverebbe in questa situazione.

Damon si sente terribilmente in colpa per la figlia. Perché adesso è senza madre, perché lei non si fa sentire da quattro anni in pratica, e di Jane, probabilmente non ha nemmeno un ricordo.
Lui, invece, ricorda tutte quelle telefonate fatte dall’Afghanistan, tentando di convincere la compagna a ritornare, a prendersi cura della bambina. Ma nulla è servito. Quelle telefonate, erano un continuo ripetersi di suoni che dicevano che il telefono era occupato, quelle segreterie telefoniche piene di urla, di preghiere e piene di silenzi.

Damon si ricorda ancora l’ultima conversazione unilaterale avuta con Katherine. Niente stava andando per il verso giusto.

 
“Katherine, ascolta. Io sono stufo. Sono qui a combattere una guerra che ho deciso di combattere, anche per te. Perché quando mi dicesti di essere incinta, io avevo deciso di prendervi cura di voi in questo modo. Avevo deciso… avevamo deciso che tu saresti stata con la bambina, che ti saresti presa cura di lei lì, mentre io sono qui, ma tu hai deciso di farci questa improvvisata. Ci hai abbandonati, Katherine. Quando mia madre mi ha detto che era arrivata in ospedale e tu non c’eri più, lasciando Jane nella nursery.

Perché lo hai fatto Katherine? Perché non hai detto niente a nessuno? Perché non mi hai detto che eri infelice? Perché hai lasciato tua figlia da sola. Senza genitori.”

 
Damon si sente così ferito, così rotto. Ha paura ancora una volta di spezzarsi. E per rischiare non è pronto. Ma per una cosa è sicuramente pronto: essere amico di Elena.

“Lo so che non sembra. Lo so che all’inizio potevo sembrare contrariato, ma, sono sincero, voglio esserti amico.”

Inconsapevolmente, si è alzato nel dire quelle parole. Così facendo, però, i loro corpi si sono fatti molti vicini e Damon percepisce perfettamente il calore del suo corpo, la morbidezza della sua pelle ambrata e le suppliche innocenti del suo sguardo. Damon lo sa, ha capito che vuole tentare di cambiare le cose.

“Sarò tuo amico. Sono tuo amico e ti sarò accanto ogni volta che lo vorrai. Ogni volta che sentirai il bisogno di piangere o di urlare o di sfogarti perché in famiglia ti fanno uscire fuori di testa. Io ci sarò. Sarò il tuo migliore amico, il tuo confidente, l’uomo che ti risolleverà dai dolori.”

Sente Elena tremare tra le sue braccia e i suoi occhi farsi più lucidi, mentre le sue labbra si socchiudono e un sospiro di sorpresa fuoriesce dalla sua bocca.

Damon non può fare a meno di pensare a quanto siano belle le labbra di Elena, a quanto possano sembrare morbide se si toccassero. Se solo lui avesse l’opportunità anche solo di sfiorarle quelle labbra.
Poi, quando sente le sue esili mani accarezzargli il collo, Damon non vorrebbe ammetterlo, ma quelle dita così affusolate sono in grado di procurargli dei brividi assurdi.

Elena si avvicina ancora di più a lui e appoggia il suo volto sul suo collo, ripiegandosi su di lui e nascondendo il suo viso. Il suo respiro si infrange sulla pelle di Damon e, per un attimo, il freddo di gennaio sembra scomparire.

Quella sensazione di casa che si presenta difronte a lui, Damon la prende tra le braccia, la stringe a sé. Non ha affatto mentito. Quella che ha fatto ad Elena è una promessa e intende mantenerla. Fino alla fine.

“Grazie.” È il sussurro di Elena che le esce quando lei solleva leggermente il apo e, senza incontrare neanche una volta gli occhi di Damon, si rifugia nuovamente nel suo collo, alla ricerca di un conforto sempre più grande.

Possono essere buoni amici, entrambi ne sono convinti. Possono cercarsi, parlarsi e risollevarsi a vicenda. Possono anche guardarsi solamente negli occhi e capirsi al volo.

Nonostante Damon ed Elena si conoscano da poco tempo, nonostante ci siano ancora milioni e milioni di cose da scoprire, loro sono irrimediabilmente vicini. E sono pronti a conoscersi sempre di più; sono pronti a giocare con il destino e accettare le sua strane decisioni. È pazzia, quasi follia per due come loro, ma entrambi sono convinti di farcela.

Damon sente di cedere solamente quando Elena, così vicina diventa come una calaminta per lui e l’abbraccia ancora più forte, la tiene ancora più stretta. Non vuole farla andare via. Non vuole sentirla lontana neanche ad un metro di distanza.

Questo lo preoccupa. Perché sa che questa ragazzina rischia di diventare qualcosa di più. Sa che se non sarà Elena a mettere i paletti, lui ci proverà a farlo al posto suo, ma il suo cuore è troppo debole, così come la carne. E la ragione… quella non è in grado di tener testa neanche al più innocente dei bambini.

È come un castello di carte, Damon. Se cade una, cadono tutte le altre.

Se il suo cuore fa cilecca, anche la sua mente non reggerà le pressioni. Se il suo cuore cede, se la sua carne presto capirà e si renderà conto della presenza di Elena, anche la sua mente allora lo accetterà.

Ma innamorarsi… ancora una volta? A cosa lo porterà? Rischierà di cadere, davvero; di farsi male, davvero; di non uscirne più.

Ma Elena è ancora tra le sue braccia, stretta a lui e rannicchiata su di lui. Non ha nemmeno intenzione di allontanarla.

Vuole sentire un altro po’  quel sapore inebriante che proviene dal suo corpo. Si concentra sulla consistenza dei suoi fianchi, sull’odore dei suoi capelli. Come può non ammettere che anche solo così fisicamente Elena lo faccia già sentire bene? Potrebbe perdere il controllo, ma Damon è stato addestrato a non farlo.

Mantenere la calma.

L’unico modo per non andare in panico è mantenere la calma. Seguire le istruzioni e i consigli alla lettera e avere un piano ragionevole, razionale.

Però, farlo con Elena tra le sua braccia, gli risulta impossibile. Lei riesce a farlo sentire bene anche quando è ferma. Forse troppo ferma. Da quanto tempo è così?

“Elena.” prova a chiamarla, ma la ragazza non risponde.

Si discosta da lei e nota che il suo sguardo è perso nel vuoto. I suoi occhi, fermi, fissano l’ignoto. È così tanto assente da farlo spaventare.

Non bastano le sue carezze per farla risvegliare. Non bastano tutti i suoi sforzi per tenerla in piedi. Damon è diventato debole e così scivolano entrambi a terra, mentre lui tenta in tutti i modi per farla risvegliare. Le prende il viso tra le mani e con i pollici le accarezza gli zigomi. Poi un’altra volta. Una ancora.

“Elena, Elena.”

Sospira sul suo viso e la ragazza inizia a tremare violentemente. Finalmente i suoi occhi sembrano guardarlo e si fanno improvvisamente più lucidi, velati da uno strato di tristezza, mentre le labbra, diventate pallide, tremano e il suo viso di bagna di lacrime.

Le mani arpionano il bavero della sua giacca, per restare ancorata a lui.

“Damon, io… mi dispiace così tanto.” La sua voce è rotta dalla disperazione, e sembra voler supplicarlo di tenerla ancora così vicina, di non allontanarla.

Damon le accarezza ancora una volta il viso, con l’intento di asciugare le lacrime.

“Shh. Non devi scusarti. Mi sono solo preoccupato per te. Sembravi essere entrata in trance.”

Elena deglutisce prima di iniziare a parlare.

“È una cosa che mi succede spesso, da quando sono morti i miei genitori. Mi perdo in vecchi ricordi e raramente riesco ad uscirne da sola. Quando ti ho abbracciato, ho ricordato quando ceravo conforto nei miei genitori e… ed è come se avessi smesso di esistere, in questa realtà. Come se tutto quello che c’è intorno a me scomparisse. Il presente lascia il posto al passato ed è come se mi perdessi nella mia mente. È come essere in un labirinto senza via d’uscita.”

Damon nel sentire quelle parole si sente male e prova un forte senso di pietà per quella ragazzina. Sapeva che stava male, che difficilmente aveva superato la morte dei genitori, ma non aveva capito quanto Elena potesse essere fragile.

“Chi sa di questa cosa?”

“La mia famiglia e qualche amica. Anche Margaret penso abbia capito qualcosa. Ho paura, Damon. Più passa il tempo, più io mi perdo… e mi faccio del male così.”

Damon stringe ancora di più a  sé Elena, quasi spaventato di quello che le sta capitando. Sa che non è assolutamente normale quello che sta succedendo. E quella consapevolezza di quella sofferenza fa fremere Damon di rabbia. Le sue mani si contraggono attorno alle spalle di Elena e la tengono vicina a lui. Per paura che riaccada, Damon non vuole allontanarla, vuole tenerla d’occhio.

“Ti prometto che troveremo un modo per risolvere questa cosa. Non so se è grava o meno, ma dobbiamo trovare il modo di spegnere queste visioni. Perché qualsiasi cosa ti avessi detto, tu non mi avresti ascoltato. Metti caso che accada durante una lezione con le bambine?”

“Qui non mi è mai successo? Di solito la danza è l’unica cosa che mi permette di distrarmi completamente.”

“Però può succedere. Tu non lo sai!” alza solo un po’ la voce, Damon. Non per sgridarla, non per farla sentire strana, diversa da gli altri, ma perché sa che Elena è consapevole della gravità del problema e bisogna solo un po’ di forzarla per convincerla.

Elena abbassa lo sguardo per nascondere le lacrime che le stanno cadendo. Sono poche, riesce comunque a vederla in volto.

“D’accordo. Troveremo un modo. Ma adesso dobbiamo uscire fuori di qui. La scuola di danza è ancora piena e sarebbe strano se qualcuno ci sorprendesse qui.”

“Intendi la signora Flowers o quel Percy? Perché potrei accettare delle domande di preoccupazione da parte del tuo capo, ma da quel ragazzo invadente, assolutamente no.”

Elena sorride e sebbene i suoi occhi siano ancora bagnati, l’allegria è tornata a farle visita.

“Cose c’è che non va in Percy?”

“È un tipo strano e poi mi ha detto… no, lascia stare.”

“Cosa?”

“Lascia stare, Elena.”





 
§§§



 
Fa avanti e indietro, indecisa se chiamarlo o meno. Non si è resa conto, in tempo, che Damon un’altra volta le ha risollevato il morale e non l’ha ringraziato, di conseguenza.

Si è pentita.

Perciò ha afferrato il cellullare ed è andata alla lettere “D”, ma non ha ancora fatto partire la chiamata. Finché non ha contato fino a tre e non si è messa ad ascoltare i tuu, tuu del telefono.

“Ehi ragazzina, non sapevo che ti mancassi già.”

“Non è per quello. È che mi sono dimenticata di ringraziarti.”

“Sai che non ho fatto nulla.”

“Non è vero-Prende un respiro, prima di continuare a parlare-Quando le persone notano quello che mi capita, mi dicono che devo risolverlo, che devo superare la morte dei miei genitori, che devo farlo io. Invece tu, oggi, mi hai detto che troveremo un modo. Così mi hai detto che non devo essere solamente io e non mi sono sentita più sola.”

“Tu non sei ma stata sola, Elena.”

“Gli altri mi sono sempre stati accanto. L’hanno sempre voluto farlo, ma ciò non vuol dire che io sempre e comunque mi sia sentita fuori posto, da un anno a questa parte. Poi, sei arrivato tu. E lo so, anche tu hai i tuoi problemi, ma non mi sono sentita più così da quando mia madre e mio padre se ne sono andati. Io…-tentenna. Non sa se ha davvero il coraggio di dire quelle parole-Io, credo che tu sia diventato molto importante per me, Damon.”

“Elena, ascolta.”

“No, non devi fraintendermi. Non ci può essere più di un’amicizia tra noi due, perché siamo quelle che siamo e in un certo senso non possiamo.  Ma io ti voglio già bene, Damon, e tu sei diventato molto importante per me. Lo sei stato sin da subito.”
Note finali: prima di tutto ringrazio heydrarry che anche se non ha corretto il capitolo per problemi di comunicazione (l'estate ci tiene troppo lontane!) l'ho voluta lo stesso nominare. Poi ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo, quindi anche eli_s skizzino84 e chi ha messo la storia tra le preferite ecc...Vi ringrazio tutti quanti per la vostra pazienza, perché sono due mesi che non aggiorno e mi sento terribilmente in colpa. Chiedo in particolar modo perdono anche per le storie che recensisco (in realtà non so se mi seguono, ma faccio le mie scuse anche qui) perché anche per recensire c'era poco tempo.
Detto questo, passiamo al capitolo.
Prima vorrei chiarire che ho creato il personaggio di Percy Jackson perché mi sono resa conto che sopratutto il personaggio di Damon è terribilmente OOC e quindi ho voluto inserire un personaggio che alla fine sia in grado di spezzare tutto quanto. Quindi mi sono chiesta: chi potrei mettere? Percy Jakson non è un personaggio di mia invenzione è il protagonista di una saga fantasy di Rick Riordan "Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo" e così come lui anche la moglie Annabeth è un personaggio di quella serie di libri. Ovviamente questi personaggi hanno solo in comune nomi e caratteri, la storia dei libri non c'entrerà assolutamente niente con la mia storia.
Per il personaggio di Percy io non vorrei dargli nessun volto, perché non mi piace paragonare il Percy dei libri a quello dei film (DUE COSE COMPLETAMENTE DIVERSE), ma se proprio dobbiamo dare un volto a questo personaggio Logan Lerman (percy nei film è più indicato) sarà presente nella storia. Che per altro ha recitato in Noi siamo infinito con Nina Dobrev e Emma Watson.
Che altro dire?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Al prossimo aggiornamento,
Mia

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Capitolo 5
*** Parte Quarta ***


4
PARTE QUARTA


 
“Anche tu sei diventata molto importante per me, Elena.”

E se lo lascia scappare, Elena,  quel sospiro che le sfugge troppo facilmente. Improvvisamente, la voce di Damon si fa più grave, più bassa e lei ha un brivido che le percorre tutta la schiena, che le arriva alla testa e le fa avere freddo. Le sue gambe si piegano e si avvicinano al petto. Appoggia il mento sulle sue ginocchia e socchiude gli occhi, facendo sì che lei possa solo guardare delle ombre nella stanza, con la luce soffusa sulla scrivania che crea delle dolci linee nere e arancioni.

E non sa che dire, perché lei si è in un certo senso esposta e anche lui l’ha appena fatto. Ma che cosa sono? Proprio quest’oggi avevano chiarito, avevano specificato di essere amici, lei lo aveva abbracciato e poi… e poi era caduta, un’altra volta. Si era persa un’altra volta nei ricordi del suo passato. Aveva immaginato che le braccia di Damon fossero in realtà quelle del padre. Così non è stato. Lui l’ha risvegliata, da quella tragica ipnosi. L’ha guardata preoccupata e ha continuato a stringerla, affondando con la testa nei suoi capelli.

I ricordi cattivi allora non sono più ritornati e nella sua testa c’era solo il buon profumo di Damon, che la cullava. Per una volta, Elena, si è sentita a casa, senza essere a casa.
Sente il sospiro profondo di Damon attraverso il suo cellulare.

“Hai sonno?” gli chiede, riaprendo gli occhi e donando tutta la sua attenzione a quell’uomo.

“Non molto. In realtà non ho sonno da mesi ormai.”

Questa frase, detta di getto, ha un certo impatto su Elena. Perché ammettere di non riuscire a dormire da tanto tempo, può essere il preludio di qualcosa di maledettamente nocivo.

“È tutto ok? Stai bene?”

“In teoria sì, sto bene. Ma quando chiudo gli occhi alcuni incubi tornano a farmi visita. Sono delle vere rogne, un  po’ come i tuoi ricordi. L’unica differenza è che a me non lo sa nessuno. Quando non dormo, mi limito ad andare in camera di Jane e la osservo dormire. È strano, sai? Osservare una creatura così piccola e ricordarsi di essere stato tu a crearla. A volte è sorprendente e mi fa sentire meglio.”

Sorride Elena. Perché trova che nulla al mondo possa essere così dolce come l’amore di un padre per la propria figlia, o l’amore di una madre. Sì, Elena pensa che Damon sia molto dolce. Di una dolcezza che le riscalda il cuore e le fa un bene nell’animo. Di una dolcezza che la fa sentire piena di nuovi sentimenti.

“Sì, sorprende quando i bambini siano in grado di farti sentire bene. Tu dici che potrebbero essere la nostra salvezza, Damon?” le piace sussurrare il suo nome e poter aspettare che poi sia lui a nominarla e avvertire ancora una volta quella scossa di piacere che si crea.

“Solo se lo vogliamo, Elena. Dobbiamo essere in grado di permettere ai bambini di salvarci. Se non possono farlo loro, non ci resterà che curarci a vicenda. Solo noi due.”

Avverte un fremito ben maggiore la ragazza quando sente quelle parole. Solo noi due. È tanto. Sembrerebbe come una promessa. Una frase solenne che preannuncia un futuro. Un possibile futuro.

“Se invece quei bambini cresceranno? Se Jane e Margaret non faranno in tempo a guarirci? Cosa potremmo fare?”

“Be’… immagino che non ci resterà niente da fare se non crearne uno nostro, di bambino.” Sente il cuore scoppiarle, Elena, che pompa ferocemente mentre la sua saliva le va di traverso in gola e lei inizia a tossire e a cercare di capire cosa sia preso a Damon. “Ti sto prendendo in giro, ragazzina. Però penso che oggettivamente un bambino mio e tuo sarebbe veramente bello, esteticamente.”

Ridono entrambi di cuore.

“Smettila.”

“Ma è vero!”

“Si ma questo mi mette fortemente in imbarazzo.”

“Ok ragazzina, allora la prossima volta che ti verrà in mente di dirmi che sono molto importante per te, scapperò a gambe levate. Così io eviterò di lasciarmi sfuggire che corrispondo per te.”

E nuovamente, il suo cuore prima si ferma, perdendo qualche battito, poi riprende la sua corsa accelerata, cercando di liberarsi della sua padrona, per cercare qualcuno a cui donarsi. Per riempirsi pienamente.

Quando Elena osserva l’orologio sopra la sua scrivania, nota subito che si è fatto tardi e che all’una di notte dovrebbe smettere di parlare al telefono e andare a dormire. Così, a malincuore, saluta Damon e lui con la sua roca voce le augura una buona notte. Si lasciano così. Con una specie di dichiarazione e una semi-discussione su chi o cosa potrebbe portarli alla salvezza.

Si rende conto di essere ancora vestita con le robe di danza. Perciò si spoglia e va in bagno, regalandosi una breve e piacevole doccia, rinvigorente.

Quando rientra in stanza, Elena è avvolta dall’enorme asciugamano di spugna bianca. Mantiene con una mano un lembo piegato accuratamente su se stesso che stringe la spugna sui seni, premendoli e risaltandoli. Lei guarda il suo corpo attraverso lo specchio a figura intera e si avvicina lentamente, osservandosi prima di compiere il gesto successivo.

Si libera dall’asciugamano, facendo scivolare la morbida spugna lungo la sua pelle ambrata. È nuda, Elena, e lei osserva il suo corpo nella sua integrità. Si accarezza i fianchi e la pancia, solleticandosi con le unghie e percependo le sue mani come una gentile carezza.

Da quanto tempo non ha un rapporto? Da quanto tempo un ragazzo non la sfiora? Stava insieme a Matt, quando morirono i suoi genitori. E con lui all’epoca le cose andavano bene. Erano fidanzati da tanto tempo, così tanto che lei nemmeno ricordava quando si erano messi insieme. Matt la rispettava e avevano aspettato il momento giusto per farlo. Ed era stato dolce. Era stato fantastico. Si era sentita protetta tra le braccia del tuo ragazzo, all’epoca. Adorava sentire le labbra di Matt accarezzarle le sue per poi scendere sul seno e lambirlo con le labbra.

A Elena piaceva da matti. Appartarsi con la macchina in posti conosciuti del bosco di Mystic Falls e farsi accarezzare, coccolare, amare da lui.

Poi qualcosa si era incrinato. Non dopo la morte dei suoi genitori, ma prima. Quando il tempo insieme era diventato così tanto da fare trasformare i momenti insieme un’abitudine. Quell’abitudine si era trasformata in monotonia. Ad un certo punto si sentì soffocare, letteralmente. Nei loro incontri in macchina, Matt la sovrastava e lei per un po’ di tempo ha finto.

Con la morte dei suoi genitori, Elena era riuscita a dire basta. Lei e Matt erano diventati solo amici.

Poi semplicemente non ci ha pensato più. Ai ragazzi, agli uomini, al sesso. All’amore.

Adesso sì. Adesso mentre si osserva nuda, Elena sente l’incessante bisogno di un contatto fisico che sia un vero contatto. Sente il bisogno di due mani stringerla, accarezzarla e trattenerla. Sì, trattenerla.

Come imprigionarla e non lasciarla più andare via. Elena vuole un uomo che la stringa forte. E non forte da farla soffocare, ma forte da farla sentire veramente a casa.

È bella. Lo ammette a se stessa e non vede perché un uomo non potrebbe volerla. Forse è lei che non lo ha voluto.  Ma adesso lo vuole. Adesso le manca fare l’amore con qualcuno. Si riveste. Si mette una maglia lunga e si siede sul letto.

“Elena!”

La ragazza si gira prontamente. Sulla soglia della porta la sua sorellina, Margaret, si stropiccia con  una mano un occhio mentre con l’altra stringe la sua fedelissima bambolina di pezza. Si avvicina lentamente verso il letto e, quasi timidamente, le chiede di stare con lei.

“Ho fatto un brutto sogno. Posso stare con te?” stringe con la sua mano paffuta un lembo del suo pigiamino, per la paura che la sorella le neghi la richiesta.

“Certo, piccola mia. Che cosa hai sognato?” le domanda, colpendo con il palmo della mano il materasso per invitarla a sdraiarsi.

La bambina si tuffa tra le morbide trapunte del letto e gattona fino ad arrivare al cuscino. Elena solleva la pesante coperta e la copre accuratamente, proteggendole le spalle.

“Ho sognato mamma e papà… mi mancano così tanto!” per un po’ il suo corpo si raggela, compreso il suo cuore. E non sa come potrebbe riscaldarsi. Non lo sa finché non abbraccia Margaret e sente, attraverso le sue mani, il cuoricino di sua sorella battere velocemente, impaurita dai fantasmi che le fanno visita molte notti.

Si accuccia contro di lei, le accarezza i morbidi e setosi capelli, così simili ai suoi e la culla tra le sue braccia, aspettando che il suo respiro diventi regolare e si addormenti.

“Mancano tanto anche a me.” Le mormora, mentre la bambina si assopisce piano, allentando la presa sulla bambola per stringere forte il pigiama di Elena.

Lei osserva il volto di sua sorella e si rivede in lei. Nei suoi gesti, nelle sue smorfie che decorano il suo visetto durante il sogno.

“Dormi, piccolina. Sogna qualcosa. Una vita migliore, una vita felice.”

Ha ragione Damon. Jane e Margaret potrebbero essere la loro salvezza. La loro famiglia.

È così che Elena si addormenta. Nel dolce ricordo di una famiglia felice e nella speranza di costruire una vita nuova. Una vita piena d’amore. Quell’amore lo sta ancora cercando.

Quando la stanchezza della lunga giornata inizia a farsi sentire, Elena si fa avvolgere da uno strano calore, come se qualcuno dietro di lei fosse sdraiato e l’abbracciasse, coprendole le spalle.

Lei il mattino seguente non si sarebbe ricordata -perché, a volte, certi sogni si possono dimenticare, soprattutto quelli belli, che lasciano una piacevole sensazione di felicità- ma Elena sogna Damon questa notte. E lui, inconsciamente è stato il suo sogno quando l’ultima cosa che ha pensato è stato l’amore.

Non è un caso. Non è mai un caso quello che accade a Elena.

Come quando lei, qualche mese prima, guardava Stefan, pensando di esserne attratta, ma c’era quel qualcosa che le diceva di fermarsi. Qualcosa che la bloccava ogni volta che lei si decideva ad andare da lui e presentarsi.

Oggi, Elena non sa ancora cos’è quel qualcosa, ma una parte di lei è fermamente convinta che ci sia un legame per la sua quasi attrazione per Stefan e per l’affetto che oramai prova per Damon. Come se Stefan fosse stato una specie di preludio al fratello maggiore.  Eppure non aveva mai parlato con il più giovane. Ma in lei risiedeva quasi una forza primitiva che la costringeva ad osservare quel ragazzo; a notarne ogni particolare e ogni lineamento. Elena, adesso sa alla perfezione come è fatto Stefan e quando ha visto per la prima volta Damon, lei ha visto nel suo volto Stefan. In un certo senso è come se Stefan l’avesse preparata ad accogliere quell’ondata che è stata poi Damon.

E con Stefan non ci ha mai parlato, perché alla fine non è lui quel ragazzo che l’ha colpita, ma è stato Damon. Che con ogni sfumatura del suo essere, con ogni sfaccettatura del suo carattere, si è reso una calamita per Elena. Quei sfoghi senza senso, quei sguardi lunghi quanto delle conversazioni sono stati i fattori che hanno reso Damon ed Elena tali.
Importanti l’uno per l’altra.

Vicini come non mai.

Si sentono protetti, quando sono assieme. Si sentono forti, quando si parlano. Si sentono coraggiosi, quando si promettono che risolveranno i loro problemi. Si sentono vicini anche quando non lo sono.

Se Elena sente il tepore di un abbraccio di lui, che le cinge le spalle e poi la vita e l’accompagna a raggiungere un sonno profondo, Damon, mentre culla la sua bambina e la osserva dormire, cercando un modo per addormentarsi, percepisce una carezza, un sorriso, due labbra posarsi su una sua tempia. Sente un bacio, lungo quanto una notte intera. Una sensazione nuova che forse, per la prima volta, lo accompagna in un assopimento leggero, quasi inesistente, che gli fa chiudere gli occhi per pochi attimi, forse poche ore, che non gli permettono di recuperare l’enorme stanchezza che lo assiste giorno dopo giorno.

Quando gli occhi di Damon si riaprono, la pallida luce invernale, ancora tarda ad arrivare, e nascosta per ripararsi dal freddo gelo di gennaio, decide di rialzarsi in compagnia del suo sole, solo sul tardi. Almeno, per Damon è tardi.

Sono le sei di mattina e Damon scosta un po’  la tenda della sua camera da letto, notando le luci del sole farsi strada tra gli alberi del bosco di Mystic Falls, e mentre nella selvaggina la vita inizia a sorgere, a prendere forma, dentro casa, un silenzio surreale tace in ogni stanza.

A Damon piace il silenzio. Gli dà pace. Gli fa compagnia. Nel silenzio Damon impara ad osservare, impara come sono fatte le cose e le persone. Il silenzio, per Damon, rivela la vera natura della gente. Il silenzio è solitudine e la solitudine a pochi non fa paura. Pochi sono in grado di restare soli e di sopportare l’oblio che viene a crearsi.

Nel silenzio, Damon ritorna ad osservare il volto addormentato della sua bambina che, tranquilla, a volte un po’ imbronciata, trema leggermente al tocco della carezza del suo papà. Stringe al petto la sua trapunta color rosa pastello che si è levata dal materasso e scopre per intero il corpicino della bambina.

Con cura, Damon si piega in avanti e, facendo pressione sul suo ormai fidato bastone, copre la figlia e sfiora la tempia con le labbra. Inavvertitamente però la sveglia. La piccola socchiude gli occhi e due piccoli fari azzurri illuminano lo spazio intorno a loro. Come ogni volta, Damon si innamora di quei occhi.

La bambina se li stropiccia lentamente, dopo essersi accorta che lui le sta accanto.

“Papà, che c’è?” sospira la bambina, assonnata, richiudendo gli occhi e sistemandosi meglio sul cuscino.

“Nulla, amore mio. Scusami.” E con questo si siede sul letto accanto a lei e l’abbraccia mentre la bambina, ancora assonnata, ricambia l’abbraccio.

“Dormi con me?” gli chiede, mormorando.

Damon, restando sulle coperte, si sdraia accanto a lei. La bambina non si è resa conto che il suo papà è stato accanto a lei per tutta la notte, ma quattro anni di mancanza l’hanno fatta soffrire tantissimo. Quindi si ritrova in ogni momento a desiderare di stare accanto a Damon, di desiderarlo vicino a lei e di sentirsi protetta tra le sue forti braccia.

Ancora una volta, Damon, l’abbraccia e le posa un bacio sulla fronte. Se fosse per lui la riempirebbe sempre di baci, sua figlia.

“Sì. Ti starò vicino, Jane. Ogni volta che vorrai. Sempre.”

La guarda addormentarsi un’altra volta. Anche se il sole sta nascendo. Anche se lui, gli occhi non li chiuderà più.

Quando la città inizia a farsi più viva e i rumori delle auto, della gente che esce di casa, sembrano quasi rincorrersi l’un l’altro. Anche la casa di Damon si risveglia.

L’uomo ancora sdraiato sul letto delle figlia, sente il fratello svegliarsi e andarsi a fare una doccia, per poi partire per l’università. Sente sua madre che pigramente va in cucina e si mette a preparare la colazione. Quando finalmente la sua bambina si sveglia, il dolce odore dei pancake cotti aleggia nell’aria e lei sembra riprendersi completamente.

Tutta pimpante, si alza dal letto e con le sue mani paffute e tenere tira quelle di Damon, cercando di sollevarlo in piedi. Preso il bastone, Damon accompagna la bambina in cucina e l’aiuta a sedersi sull’alta sedia di legno.

La nonna di Jane le porge un abbondante piatto di pancake ricoperti di sciroppo d’acero e gocce di cioccolata. La bambina contenta afferra la forchetta e inizia a masticare il primo, gustandosi a pieno quella dolce sensazione che alla fine pervade ogni persona che ama i dolci. E Jane li ama veramente tanto.

È inverno. Fa molto freddo, ma il camino della cucina (sì, perché la casa di Damon ha un camino non solo in camera sua, in soggiorno e in salotto, ma anche in cucina) è spento e lui rabbrividisce, sentendo il freddo arrivargli fino alle ossa e impedendogli di muoversi.

Fissa lo spazio vuoto, dove dovrebbe esserci un fuoco, rimanendo incantato e ricordandosi quando il padre decise di costruire quella casa. Lui era molto piccolo, eppure se lo ricorda tanto bene.

“Io non ne volevo così tanti di camini. -interviene la madre, leggendogli quasi nel pensiero. La realtà è che conosce troppo bene i suoi figli per non sapere a cosa stiano pensando- Tu eri molto piccolo e io e Giuseppe volevamo ancora avere altri figli e avere tanti camini sarebbe stato pericoloso. Ma all’epoca gli affari di tuo padre andavano molto bene e lui ci prese gusto a costruire questa casa. Voleva strafare. Progettava un tipo di casa e il giorno dopo cambiava idea. Voleva riprodurre una versione più grande della nostra casa in montagna ad Aspen. Voleva ricreare nella nostra casa quel senso di accoglienza che doveva far star bene tutti. Soltanto che esagerò e trasformò questa casa in un orrido esempio del Kitsch!” ride di cuore, Lilian.

Alla fine trova inutile rimuginare sui tempi passati e ricordare con dolore tutti quei ricordi che erano bei momenti della sua vita con Giuseppe Salvatore.

“Papà amava esagerare. Anche io spesso lo contraddicevo per questo motivo. Lavorava sodo, ma alla fine non ci faceva mancare niente. Era sempre presente per me e per Stefan e sono sicuro che avrebbe adorato anche Jane.”

Le accarezza la testolina mentre la bambina finisce di ripulire il piatto per portarlo poi educatamente verso il lavello.

Sugli occhi di Lily Salvatore si forma una patina lucina, che lei scaccia prontamente. Niente più dolore nella sua vita. Niente più preoccupazioni. Sa che è difficile da ammettere, sa che è da egoisti, ma in un certo senso è felice del ritorno di Damon. È felice del fatto che suo figlio non tornerà più in guerra, perché saperlo così lontano e così in pericolo la faceva terribilmente preoccupare.

“Ad ogni modo -scaccia con le dita le lacrime malinconiche, già pronte ad uscire- il camino in cucina non ha proprio senso. Passiamo poco tempo qui e non ne vale mai la pena. Volevo uccidere tuo padre, all’epoca. Poi avere la tua stanza con un camino… era troppo pericoloso e tu. Tu eri, sei, troppo spericolato. Avevo paura che a soli due anni avresti imparato ad accendere un fuoco.”

Ride, come se fosse una donna dell’Ottocento. Portandosi una mano sulla bocca, per coprirsela, e cercare di nascondere la risata vera, forse solo un po’ amara.

“Lei ha ereditato da te. -indica la bambina- A volte è sfrontata, a volte è dolce. A volte si ingegna per avere idee nuove. Mi fa paura, certe volte. È tua figlia, Damon, e so che tu hai paura di non essere all’altezza di tuo padre, ma tu sei un ottimo papà e Jane ti vuole talmente bene, che è praticamente impossibile che ti inizi ad odiare. Fino a quando diventerà una tipica adolescente che vorrà distruggere ogni figura autoritaria che la circonda.”

“Le serve una figura materna. Tu vai molto bene, mamma, ma non è la stessa cosa. Tu sei sua nonna e sai come sono fatte le nonne. Jane è cresciuta per quattro anni senza genitori e adesso ci sono io, ma Katherine? Katherine che fine ha fatto?”

“Non è colpa tua se Katherine non c’è più. Sono state sue le decisione che l’hanno portata ad allontanarsi da lei, da te. Io non so cosa le sia preso, perché quando ha visto Jane per la prima volta, lei era felice. Vidi l’amore nei suoi occhi. Poi, quando sono ritornata in ospedale lei era scomparsa e io e tuo fratello siamo rimasti scioccati. Katherine ha preso la sua decisione e tu la tua. Tu stai crescendo tua figlia, tu le stai dando un futuro.”

“Quale futuro? Io sono qui, sono ritornato da un mese, ma me ne sto con le mani in mano. Non ho un lavoro che possa mantenere me e mia figlia.”

Damon si alza dal tavolo, quasi stanco di quella conversazione. Eppure sa che prima o poi l’avrebbe dovuta affrontare, sa che con la madre non parla veramente da tanto tempo e presto lei lo avrebbe messo davanti ai fatti.

“Andiamo Damon. Tuo padre era un uomo da affari molto ricco e ha lasciato a te e a tuo fratello un’ottima eredità. Non abbiamo problemi economici.”

“Non voglio stare senza far niente a vita.”

“E allora trovati un lavoro, diamine! Se non vuoi startene con le mani in mano, reagisci. Non passare il tuo tempo a cercare di commiserarti e a capire cosa provi per una ragazzina molto più piccola di te.”
Damon guarda la madre stranito, come se fosse sorpreso di leggere quel grammo di compiacimento misto a preoccupazione negli occhi della madre. Tuttavia lui ha disperatamente cercato di reprimere gli ipotetici sentimenti che prova per Elena, poiché in effetti lui non sa ancora cosa siano questi sentimenti.

Sono emozioni a lui sconosciute e Damon non sa negare che gli ha fatto terribilmente bene quella chiacchierata al telefono con Elena. Quella specie di dichiarazione (non saprebbe come altro chiamarla) che c’è stata sia da parte di lei che da parte di lui.

Come un cretino Damon si è lasciato trasportare da quelle parole.

Non ci può essere più di un’amicizia tra noi due, perché siamo quelle che siamo e in un certo senso non possiamo. Ma io ti voglio già bene, Damon, e tu sei diventato molto importante per me.

Non ha impedito che quelle parole restassero fuori a combattere per entrare dentro di lui, dentro il suo cuore e Damon si è ritrovato a ricambiare, a dirle che anche lei è importante per lui. Ed è consapevole che quella non è una semplice amicizia, ma che qualcosa di più sta pian piano nascendo dentro di lui e forse dentro di lei.

Questo Damon non lo sa.

Il punto è che lui ha sempre cercato di mascherare le sue emozioni agli altri e vedere la madre guardarlo a volte curiosa, a volte divertita, sì, lo sorprende.

“Pensavi che non me ne fossi accorta? Già dal vostro primo incontro è scattato qualcosa. Ho incontrato Jenna la scorsa settimana e lei me lo ha confidato. Siete usciti insieme, da soli, senza bambine. Insomma che cosa vi sta prendendo?”

“Non ci sta prendendo assolutamente nulla. Io e Elena siamo solo amici e siccome io non sono bravo a farmi amicizie l’unica persona con cui sono riuscito a legarmi è lei. Ma a quanto pare questo non ti va bene?”

“Oh no, tesoro, ti prego non fraintendermi! Non è che non mi vada bene! È che tu, da quando è morto tuo padre sei diventato terribilmente fragile. È questo mi preoccupa. La conferma è stata Katherine.

Sei stato malissimo quando lei ti ha lasciato. Se con questa ragazza tutto diventasse amore, se tu ti innamorassi di lei, non so quali sarebbero le conseguenze. Mi spaventa, mi fa male.”

Amore. Che assurdità. Damon non può assolutamente innamorarsi e per Elena non ci sarà niente oltre ai “ti voglio bene”.

“Non sono innamorato di Elena. Non accadrà mai più, di innamorarmi e di provare qualcosa di talmente forte per una donna.”

“Stai scambiando l’amore per una condanna. Non è così, l’amore è…”

“Papà -è la voce di Jane che intanto era corsa al piano di sopra per  prendere dei vestiti che adesso stringe tra le mani- Mi aiuti a vestire? Mi avevi promesso che andavamo al parco!”

Damon sorride ed acconsente. La lascia per un po’ con la nonna. Il tempo di farsi una doccia e poi sarà subito da lei.

Quando la bambina rimane da sola con la donna, le corre in contro e si prepara ad abbracciarla. Nascondendo il volto nella sua gonna, Jane sussurra qualcosa, inudibile alle orecchie di Lilian.

“Ho detto che io voglio che papà e la maestra Elena si mettano insieme. Io e Margaret li stiamo facendo innamorare.”

Ripete ancora una volta alla sua nonna, mentre la donna scoppia a ridere, felice e allo stesso tempo stupita della grande ostinazione della nipotina per  fare una cosa del genere.



 
§§§



La cioccolata calda è tutto quello che ci vuole in una mattinata fredda come quella. Poi per una ragazza freddolosa come Elena, non c’è niente di meglio se non sentire il liquido dolce percorrerle tutta la gola.

Chiacchiera, rannicchiata su un angolo del divano di casa sua con Caroline e sua zia che, allo stesso modo, sorseggiano la cioccolata calda con avidità, come se fosse un prezioso tesoro.

È mattina presto e la piccola Margaret ancora dorme nel suo letto. La poverina è ancora stremata per essersi addormentata tardi, rincorsa dai brutti sogni che solo la notte è capace di portare. Con lei, Elena, ha cercato di essere presente per tutta la notte. Ma gli altri possono fare poco, quando è la mente che gioca brutti scherzi.

Ma sebbene questa questione la preoccupi parecchio, altri pensieri inondano la sua testa. Le è ancora impressa la chiacchierata con Damon. Quell’importanza che entrambi hanno affibbiato alla loro amicizia. E i suoi pensieri si sono riflessi sul suo sguardo, sulle sue espressioni. Espressioni che non sono sfuggite né a sua zia né alla sua migliore amica, venuta a trovarla.

“Quindi ti piace?” la pressa la bionda, sporgendosi in avanti e guardandola con uno sguardo indagatore, accompagnata da un’occhiata invece divertita della zia che ormai conosce la risposta.

“Ovvio che mi piace. Damon è un buon amico ed è diventato veramente importante. Mi sono legata a lui in un modo incredibile e adesso sinceramente non riesco ad immaginare se per caso se ne andrà un’altra volta da Mystic Falls.”

Lascia Caroline con la bocca spalancata, stupita per la sua risposta. D’altronde l’amica con quel “ti piace”, non intendeva chiedere se Damon le piacesse come amico, come persona. In realtà Caroline sperava di riceve tutt’altra risposta, perché il suo scopo era quello di scoprire se è realmente interessata a Damon,  se ha almeno una cotta per Damon.

“Tu non intendevi in quel senso, vero?” tutto ad un tratto arrossisce, abbassando lo sguardo imbarazzata, mentre gli occhi azzurri di Caroline si colorano di una tinta di malizia che tende spesso a mettere in soggezione Elena.  Lei nega prontamente.

“Ovviamente non intendevo in quel senso. Io voglio scoprire se ti piace in quell’altro senso. Sai non lo avevo ancora visto, ma qualche giorno fa l’ho incontrato al Grill mentre chiacchierava con Alaric. Mi sono andata a presentare e nel momento in cui l’ho osservato meglio, mi sono resa conto che è un gran bel pezzo di…”

“Caroline!” l’ha rimprovera Elena, bloccandola prima del previsto.

Qualcosa le è affiorato da dentro mentre la sua migliore amica ha fatto un apprezzamento su Damon. Un vermiciattolo che come al solito si insinua nella sua testa e anche nel suo cuore. Non ha voluto continuare a sentire quella frase. È convinta che sentirla avrebbe continuato ad accrescere il suo fastidio.

Storce il naso, Elena, cercando di scacciare quella stupida sensazione.

“Che c’è? Sei gelosa? Non vuoi che le altre notino il tuo uomo.”

“Damon… lui non è il mio uomo e io non sono gelosa. È solo che non mi piace ascoltare queste cose. Stai solo cercando di mettermi in imbarazzo.” Posa la tazza per metà piena di cioccolata mentre accusa la sua amica.

“Io cosa? Jenna ma la stai ascoltando anche tu? Ti prego di’ qualcosa!”

Caroline si gira verso sua zia per poi indicare lei, sollevando il braccio e indicandola. Elena in un primo momento si rannicchia ancora di più, cercando di diventare un tutt’uno con lo schienale del divano. Poi si rende conto che è passato tanto tempo dall’ultima volta in cui è riuscita a tener testa a Caroline. Perciò si solleva un po’, mettendosi con la schiena dritta e la testa alta.

È elegante quella posa, segno di tutti gli anni trascorsi in una sala di danza classica. E Elena non sembra nemmeno una ragazza di questo tempo, ma di un’altra epoca, come una dama d’Ottocento che, caparbia, è intenta a difendere un qualcosa o se stessa.

“Adesso smettetela tutte e due.- conclude la donna, alzandosi dalla poltrona per andare a posare la tazza nel lavello.- Caroline magari Elena non è ancora pronta per tutto questo. Io sono cresciuta con Damon e neanche io posso negare quanto quell’uomo sia bello e attraente, ma non per questo motivo noi possiamo forzarla a fare un qualcosa che realmente vuole. Quanto a te…- rimprovera bonariamente sua nipote- Tu anche se non sei pronta, dovresti incominciare ad ammettere quello che provi e accettarlo. Damon non è senza dubbi il tuo uomo e tu molto probabilmente non sei gelosa, ma Caroline in parte ha ragione. Sei cambiata, ancora. Ti è nata una nuova luce negli occhi e questo devi cercare di non negarlo.”

Elena si ammutolisce alle parole della zia. È quasi stremata nel conoscere la verità dagli altri e sinceramente adesso la paura inizia a salire, quando lei si mette a guardare in faccia la realtà. O forse è meglio dire che è la realtà che le si presenta di fronte con la stessa potenza di un uragano.

La devasta. La sconvolge.

Improvvisamente tutta la tranquillità della mattinata, si è trasformata in un momento di altissima tensione. Di preoccupazione, anche. Elena sa che sta cambiando tutto in lei e non solo qualcosa. Damon è arrivato e l’ha resa una persona diversa.

Non più quella ragazzina che, dopo la morte dei suoi genitori, si è chiusa in se stessa e ha smesso di fare la pace con il mondo. Non più nemmeno è quella ragazzina che c’era prima della morte dei suoi genitori che prendeva la vita con leggerezza e che sorrideva a tutto e a tutti.

Adesso Elena non sorride più, non come prima. Eppure sente la serenità risollevarla ogni volta che incontra gli occhi celesti di Damon. Luminosi come il suo sorriso che raramente si fa vivo.

Come ste stessero parlando del diavolo, il campanello alla porta suona e Elena per evitare ulteriormente quella situazione si dirige verso di essa per andare ad aprirla. Si ritrova Damon davanti, con Jane aggrappata alla sue spalle che le sorride giocosa.

Imbarazzata, ma anche felice, sorride e arrossisce allo stesso tempo.

“Ciao maestra!” è la voce della bambina, mentre tenta di sollevare una manina per salutarla.

Elena sorride alla piccola, ma poi si perde nello sguardo di quell’uomo che la continua ad osservare e a lanciarle delle occhiate che ricambiano. Sembra felice anche lui, ma questo Elena non può affermarlo con sicurezza, non può dimostrarlo.

“Ciao ragazzina.”

E finalmente la sente ancora quella voce che la sera prima le aveva quasi fatto venire un infarto.

“Ciao a te, Damon! Dormito bene questa notte?” si pente quasi subito di quella domanda. Alla fine ha riconosciuto sin da subito che l’insonnia di Damon è più di un tasto dolente, ma l’uomo evidentemente non si lascia abbattere.

“Ouch! Siamo insolenti stamattina, vedo.” Ma se quanto quelle parole possano sembrare un rimprovero, lui le sussurra dolcemente, mentre si avvicina con un po’ di difficoltà a lei e le posa un bacio sulla tempia. Quel contatto dovrebbe essere breve, ma Elena sente le labbra di Damon indugiare qualche secondo in più del dovuto. Giusto il tempo per capirne la consistenza e la morbidezza.

Poi quelle labbra si allargano contro la sua pelle per formare un piccolo sorriso che solletica Elena, perché la leggera e rada barba si strofina sulla sua cute, ma non le dà fastidio.

“Sorprendentemente, dopo un po’ ho chiuso occhio.” Le afferma quasi fiero, mentre Jane scende dalle sue spalle e si chiude la porta dietro di lui.

“C’è Margaret?” le domanda la bambina guardandosi intorno e notando solo la zia della sua amichetta e quella strana ragazza sempre allegra che si trova spesso a casa dei Gilbert.

Elena guarda confusa entrambi i suoi ospiti. Non si aspettava una loro visita. Damon si affretta a darle dei chiarimenti.

“Stiamo andando al parco giochi e Jane voleva la sua migliore amica per farle compagnia.”

“Oh Jane, vedi purtroppo Margaret questa notte non è stata molto bene e sta ancora dormendo in camera mia. Magari la prossima volta.”

La bambina abbassa lo sguardo dispiaciuta e anche un po’ delusa, ma presto viene distratta da Jenna che le offre una tazza di cioccolata calda, stracolma di marshmellow. E insomma, si è già detto che Jane ama i dolci.

“Sta bene Margaret?” le chiede Damon preoccupato.

“Sì. Ha solo fatto qualche incubo e si è svegliata spesso stanotte. Non riusciva a dormire. Poi verso le cinque era stremata e si è addormentata definitivamente.”

“Sì, conosco quella sensazione. Ad eccezione del fatto che poi io non mi riaddormento.”

“Non hai chiuso per niente occhio?”

“Solo per un paio d’ore, ma non mi sento affatto riposato.” Si gratta il mento.

Si vede che non vuole dare a vedere di essere preoccupato, ma Elena comprende che in effetti lo è. Ma non sa che dire, non sa che fare per rasserenarlo, per consolarlo e farlo stare meglio. Così si limita a posargli dolcemente una mano sulla spalla che cattura lo sguardo dell’uomo e, quasi incantato, socchiude le labbra.

Sulle sue dita arrivano leggeri soffi del suo alito. Sono caldi, ma Elena sa che se si avvicinasse ancora un po’ a lui sentirebbe l’odore fresco della menta. Però non lo fa, come respinta da una consapevolezza troppo forte. Comprende, Elena, che quello che prova è forte e quasi sente che è giusto, che tutto dentro e fuori di lei stia andando al suo posto. Quindi Elena si allontana, spaventata da tutto quello che le sta accadendo.

Le dispiace delle conseguenze del suo gesto. Del suo distaccarsi all’improvviso e creare una certa distanza da lui. Damon la guarda con quegli occhi azzurri stracolmi di una malinconica sorpresa. Le fa male al cuore vederlo mentre la guarda in quel modo. Ma Elena deve pur sempre proteggersi.

Vorrebbe non volerlo. Ma purtroppo è così. Era decisa a provarci con Damon, ad avvicinarsi a lui, a tutto ad un tratto le sembra una cosa assurda, insensata e troppo improvvisa. Deve pensare prima a se stessa, poi agli altri. Deve prima capire cosa vuole lei e poi prenderlo. Non può stare sempre così vicina a Damon e capire subito se è lui che vuole o se vuole semplicemente avvicinarsi all’idea dell’amore.

“Mi dispiace.” Sussurra, più a se stessa che a lui. Mentre il suo respiro accelera progressivamente e guardare negli occhi Damon diventa sempre più difficile.

“No, è naturale. Lo capisco. È ancora troppo presto.” Le sorride debolmente, mentre a Elena sembra di avergli fatto un enorme torto. E che in cuor suo sa di non essere pronta.

Se diversi giorni prima le sue amiche l’avevano convinta a provarci, a spingersi oltre, adesso le frasi affermative di Caroline e Jenna le hanno fatto mettere un freno. Ma che sta combinando?
“Damon io…”

“Elena, va tutto bene, ma spero che tu ti renda conto che c’è qualcosa tra di noi.”

Si avvicina un po’, Damon, giusto per eliminare almeno un minimo della distanza che Elena aveva creato.

“Cosa?” e per un momento lei smette di respirare, mentre la sua mente si perde e si lascia cullare dal dolce sguardo di Damon, che la guarda comprensivo e dolcemente le sfiora il volto con due dita.

“E chi lo sa? Ma…- si avvicina ancora di più, fino a quando Elena si ritrova a due centimetri dal suo petto e altri due dal suo viso- Io voglio scoprirlo, Elena.”

Ancora una volta il suo nome sussurrato da lui ha un effetto più che ipnotico. Elena allunga le mani sul suo petto e attraverso la stoffa del maglione nero percepisce i muscoli di Damon. Questo la manda ancora una volta in confusione. È passata dal volersi allontanare da lui per capire se stessa, prima di tutto il resto, ad essere inebriata dal profumo e dall’aspetto di Damon. Si ritrova ad essere persa in tutto ciò che è lui. In tutti i suoi modi di essere, di sembrare e apparire.

L’altra mano di Damon si posa sul suo fianco e non sa se è stato un gesto impulsivo o un qualcosa di più, ma Elena scopre che le piace. Le piace la mano che le stringe quasi possessiva il fianco, mentre un dito le sfiora la pelle lasciata scoperta dal maglione che si era alzato quando stava seduta e non si è abbassato più. È un’ondata di calore che tenta di mandarla in mille pezzi.

Questo non va bene, non va per niente bene. Soprattutto quando lei  non può fare niente. Perché lei può resistere quanto vuole, può non cedere ad ogni tentazione, ma se lui si lascia trasportare, Elena non sa per quanto può resistere. Non con quei occhi, non con quelle mani.

Damon si perde completamente. Fa combaciare le loro fronti mentre ogni cosa intorno a loro perde valore o senso. E la sente lei quella vicinanza non solo fisica. È come essere l’uno nell’altra senza esserlo veramente. È comprendere di volere qualcosa, ma non essere sicuri che faccia bene.

“Fidati. Presto lo capiremo.” Le mormora contro le labbra.

Lei lo fissa negli occhi e quando percepisce il fiato di lui inondarle il volto, si perde un attimo. Trema un attimo e tutto ciò che è Elena lo dimentica. A causa di Damon.
“Ne sei davvero così convinto?” lui sorride e ancora una volta Elena si perde.
“Sì. Ne sono convinto. Sono così convinto che ti invito a cena stasera.- poi quello che accade è così veloce che lei non capisce più niente, o forse è lei che diventa una statua di ghiaccio. Damon si allontana da lei, non prima di averle sfiorato la fronte con le labbra. Chiama Jane e saluta Elena con un cenno della mano, mentre lei, ancora paralizzata, si limita a guardarlo sorpresa.- E non accetto un no come risposta.” Dice infine, prima di chiudersi la porta alle spalle.

Resta ancora un attimo immobile al suo posto, quasi spaventando Jenna e facendole credere che sia uno dei suoi “attimi”. Ma questa volta non è così: Elena si riprede subito dal suo stato di trance e finalmente si rende conto di quello che è appena successo. Con un sussulto si risveglia e si rende conto che Jenna e Caroline li hanno osservati per tutto il tempo dal soggiorno.

Tutte e tre sono rimaste senza parole e adesso Elena è troppo imbarazzata per poter parlare o commentare qualcosa. Elena non ha nemmeno il coraggio di guardarle negli occhi.

Ma Caroline è senza peli sulla lingua e di certo non si lascia sfuggire un’occasione come questa. La prova assoluta di tutte le sue ipotesi e affermazioni. Ma ciò che nasconde la sicurezza, a volte eccessiva, di Caroline è che mentre per lei ogni cosa di cui è convinta è nel giusto, dietro questa sicurezza si cela la soggettività delle cose. A prescindere, se lei abbia ragione o meno, Caroline non capisce che quello che si presenta agli occhi suoi, non si presenta immediatamente agli occhi degli altri.

Senza dubbio la ragazza è molto sveglia e percepisce prima di tutti gli altri l’essenza vera delle cose, soltanto che ha un modo tutto suo per esprimere ciò che pensa e spesso e volentieri le persone attorno a lei scambiano le sue parole per superficialità. In realtà non è così. Caroline comprende le cosa prima di tutti gli altri. L’unica cosa negativa di questa sua caratteristica e che lei vede subito ciò che gli altri subito non percepiscono e quasi nessuno le dà ragione, all’inizio. Ma come in ogni situazione, Caroline attende la fine della storia, per prendersi i meriti. Per sentire gli altri dire “Avevi ragione tu.”

E se qualcuno invece riesce a cogliere subito le cose, come in questo caso, come nella questione tra Damon ed Elena, lei è comunque l’unica ad avere il coraggio a parlare. Perché in questioni così delicate, di cui nessuno ci scommetterebbe sopra, solo Caroline è pronta a rischiare tanto. A causa anche della sua enorme sicurezza.

Ecco perché adesso Caroline parla e non le importa se poi Elena le griderà contro che ha torto, che non è giusto pressarla in questo modo. Caroline invece pensa di doverci andare pesante con la sua amica perché non otterrà man forte da Jenna. Non questa volta.

“Meno  male che non ti piaceva in quel senso!” osa dire, quando un Elena un po’ sognante si avvicina alle due donne e si risiede sul divano.

Il punto è che la mora da quando ha sentito che Damon l’ha invitata a cena, ha sentito quest’ultima parola insinuarsi e ripetersi nella sua mente continuamente. Si rianima solo alle parole della bionda.

“Io cosa?”

“Andiamo Elena, davvero non te ne sei accorta?” spalanca gli occhi stupita e guarda Jenna che in realtà non sa che dire neanche lei.

“Di cosa dovrei essermi accorta?”

“Di te e di Damon.”

“Ancora con questa storia, Caroline?”

“Sì, ancora con questa storia. Giusto per farti capire che prima dici una cosa e poi ne fai un’altra. Che prima affermi di non aver nulla con Damon se non una bella amicizia e poi, appena vi vedete, i tuoi occhi sono la prima cosa che cambia. Si illuminano e gli lasci fare tante cose. Gli permetti di stringerti, di baciarti in un modo molto intimo, di invitarti a cena e non osi contraddirlo quando lui afferma che qualcosa tra voi due c’è, mentre io ti ho detto la stessa cosa poco prima e ti sei ostinata a negare tutto.”

“Che cosa vuoi che ti dica? Che tra me e Damon c’è qualcosa? Io non lo so. So solo che quando lui si avvicina, io… io sento di cambiare. Lui mi smuove e si avvicina sempre di più. Io tento di fermarlo, ma non ho tutta la forza necessaria per respingerlo e allora lascio che le sua mani mi sfiorino e mi accarezzino, permetto alle sue labbra di baciarmi la fronte e non riesco a dirgli di no quando mi invita a cena.” Conclude, quasi urlando Elena, prima di sprofondare nuovamente nel divano e nascondersi dietro ad un cuscino.

Le è costata tanto quella confessione e spera vivamente che sia Caroline che zia Jenna abbiano ascoltato attentamente quello che ha detto perché di sicuro non lo ripeterà un’altra volta.

Fortunatamente dalle facce di entrambe – quella della bionda piuttosto contenta, quella della zia piacevolmente sorpresa – sembra che le sue parole siano risultate abbastanza chiare. Inoltre sembra che la sua amica abbia notato anche altro, oltre alla sua dichiarazione.

“Ti spaventa così tanto provare qualcosa di forte per qualcuno?” le chiede sedendosi accanto a lei e poggiandole una mano sul ginocchio e accarezzandolo lentamente.

Lei annuisce e quando guarda negli occhi Caroline le sfuggono un paio di lacrime silenziose scendono lentamente verso i contorni del suo viso e si adagiano sulla pelle del collo per poi scomparire, lasciandosi dietro solo una scia bagnata che presto si asciuga.

Quelle lacrime sono quello che fa capire a Caroline che la sua migliore amica adesso si trova ad un bivio che sa di dover intraprendere, ma non ne ha la forza. Ha solo voglia di tornare indietro. Elena può scegliere di andare avanti da sola, ma quella strada adesso sembra essere un vicolo cieco che la riporta direttamente all’unica opzione rimasta: affidarsi a Damon e a quello che sta iniziando a provare per lui.

Se solo non si ostinasse a restare da sola. Se solo capisse che quella non può essere in nessun modo un’amicizia. Perché tutto sembra fuorché un’amicizia. Quindi si rassegna, più o meno.  Farà capire ad Elena di cosa ha bisogno, ma cercherà di farlo il più lentamente possibile. Pian piano le farà capire, senza obbligarla, che forse un uomo come Damon può essere qualcosa di buono per lei.

“Cambiamo argomento, ti va? Voglio presentarti il mio ragazzo, per questo motivo sto organizzando una cena il 13 febbraio a casa mia. Devo presentarlo anche a mia madre, ma ho un po’ paura della sua reazione, ecco perché ho bisogno delle mie migliori amiche farmi da spalla. Inoltre Bonnie porterà anche il tanto famoso Kai e tu avrai l’opportunità di conoscere due persone importanti per noi. Sei d’accordo, vero? Perché l’unica altra ragazza che sa calmare mia madre sei tu e quindi sei essenziale per la serata.” squilla, speranzosa.

Manca ancora un po’ di tempo per quella data e Elena è felice di conoscere nuove persone e d’essere d’aiuto per la sua amica. Per questo motivo lei accetta, annuendo con la testa e sorridendo finalmente. Le si illuminano gli occhi lucidi, dovuti dallo sfogo precedente e Caroline è felice di essere riuscita a cancellare un po’ di quella tristezza.

È sempre tutto complicato con Elena. Ogni volta ha paura di toccarla e di mandarla in frantumi, come se fosse un oggetto di cristallo.

Sorride anche lei e accanto a loro Jenna tira un sospiro di sollievo, contenta  di aver calmato la nipote



.
§§§




Non sa cosa gli è preso. Forse è la stanchezza che si fa sentire sempre di più, giorno dopo giorno e non lo fa ragionare.

Aveva deciso che era l’ora di rimettersi in gioco, di cercare un lavoro e di pensare alla figlia, eppure quando si è ritrovato davanti ad Elena si è detto che alla figlia pensa sempre, anche quando passa un paio di ore con quella ragazzina, per Jane c’è sempre. Perciò al diavolo tutto quanto.

Le ha baciato una fronte e si è persa in quell’odore di cioccolato e rose. Le ha stretto un fianco e l’ha sentita ancora un po’ più vicina a sé e ha sentito le sue mani sul suo petto, immobili, ferme. Eppure qualche volta le dita di Elena si sono mosse e si sono strofinate contro il tessuto del suo maglione.

Il battito di Damon è accelerato ed è lì che ha perso completamente la ragione. L’ha invitata a cena come se fosse una cosa normale. Il punto è che Damon ed Elena non sono normali e tutta quella storia tra loro due sta crescendo in modo anomalo. Invitare Elena a cena, non è una cosa normale.

Se ne sta seduto al parco mentre guarda il cielo grigio incupirsi ancora di più davanti ai suoi occhi. Sente la voce di sua figlia ridacchiare con altri bambini mentre si dondola con energia sull’altalena. A tempo, il cigolio del gioco dovuti dalla ruggine accompagnano le risate dei bambini e mette tutte le mamme e i papà presenti all’erta, preoccupati che i figli possano cadere e farsi male o, peggio ancora, che il sedile si stacchi dal sostegno.

Nel complesso, la tetra giornata che si sta per preannunciare rende l’atmosfera malinconica e l’unico colore che stona con l’intero quadro è quel Percy, seduto con la moglie, sulla panchina difronte alla sua e in lontananza continua a salutarlo.

Jane ritorna qualche volta, accanto a lui, per dargli un bacio e questa è l’unica cosa che rianima Damon da quello stato di torpore, di stordimento. Ha un sonno assurdo, ma la paura che quegli incubi ritornino da lui è ancora più grande. Però si sforza, tenta in tutti i modi di restare sveglio e di stare attento alla figlia, ma quando è il momento di alzarsi per sgranchirsi le gambe, un violento capogiro lo prende e tutte le figure diventano sfocate per poi trasformarsi in delle ombre. Vede qualcuno avvicinarsi velocemente a lui, ma ormai Damon non capisce più nulla e senza accorgersi, è già a terra, con la testa che sbatte sui ciottoli del parco.

Perde i sensi e tutto diventa buio.

Quando si risveglia, la prima cosa che riesce a vedere quando mette a fuoco sono le lunghe e strette luci bianche al neon e le pareti verdine. Poi sente la schiena sprofondare nello scomodo materasso di un letto. È ancora troppo stordito per capire dove si trova, ma quando volta la testa vede la porta di legno bianca affacciarsi da quello che sembra un corridoio, apparentemente vuoto. Da quello che deduce. Ma presto si rende conto che i suoni effettivamente ci sono, ma per lui sono ovattati.

Presto i suoni si fanno più chiari e sente la voce di sua madre farsi sorprendentemente  più alta. Cosa che effettivamente non accade quasi mai. Lilian entra tutta trafelata nella camera, seguita da uno Stefan alquanto preoccupato e sua figlia Jane in braccio che si asciuga gli occhietti pieni di lacrime.

Damon prova ad alzarsi ma una fitta di dolore sia alla testa sia alla gamba lo colpisce all’improvvisto.

Lilian con le mani lo spinge lentamente a stendersi.

“Damon, tesoro! Come stai?” le domanda la madre, ormai in ansia.

“Io…dove siamo?”

“In ospedale, sei svenuto mentre eravate al parco.” Gli risponde il fratello avvicinandosi un po’ di più.

“Papà!” lo chiama Jane mentre si allunga verso il letto e si siede accanto a lui. Lo bacia e lo abbraccia e quando Damon la stringe tra le sue braccia, la bambina scoppia un’altra volta a piangere.
Damon sa che l’unico modo per calmarla e sussurrale parole dolci e accarezzarle i capelli.

Deve essere una scena terribile per una bambina di quattro anni vedere il proprio papà svenire all’improvviso.

“Che cosa è successo?” domanda ai presenti, ma presto  vengo interrotti da una dottoressa che entra nella camera.

“È quello che voglio sapere anche io. Sono la dottoressa Jo  Laughlin e mi occuperò io di lei, signor Salvatore.- si avvicina la donna in camice, reggendo una cartella con vari appunti.- Per caso soffre di insonnia, signor Salvatore?”

Damon annuisce, guardando poi le reazione stupite di sua madre e di suo fratello, mentre Jane continua a stringerlo forte, un po’ trema ancora per la paura e affonda il suo visino nel collo di Damon.

“Da quanto tempo non riesce a dormire?”

“Da quando… sono ritornato dalla guerra. Quindi da circa due mesi.”

“È un bel po’ di tempo. -commenta la dottoressa appuntando qualcosa sulla cartella- Signor Salvatore, lei sa che non riuscire a dormire, può portare a delle gravi conseguenze. Non solo mentali e psichiche, ma anche fisiche. Lei è un…”

“Sergente. Sono un sergente.”

“Può essere che cambiare ambiente non la faccia dormire. Spero che sia solo questo. Ho deciso di prescriverle una quantità moderata di sonniferi e vedremo se funzionerà. Per quanto riguarda i famigliari, raccomando pochi sforzi e meno stress possibile, potrebbe essere che anche l’incidente alla gamba sia la causa dell’insonnia. Comunque preferirei che questa notte il signor Salvatore resti in ospedale. Deve essere monitorato e controllato a dovere. Adesso io devo andare, ma tra poco arriverà un’infermiera che si occuperà di lei, poi arriverà uno specializzando che le darà dei sonniferi per questa notte.”

Dopo che la dottoressa se ne va, Damon si sente sotto osservazione. Gli occhi preoccupati e stupiti dei suo familiari mentre Jane è decisa ad occuparsi di lui, facendolo stendere. Jane è piccola, ma non stupida. Ha capito chiaramente che il suo papà deve dormire un po’. Però si chiede, Jane, perché è successo. Ha visto tante volte Damon stendersi accanto a lei chiudere gli occhi.

Fingeva il suo papà? Chiudeva gli occhi per farla stare tranquilla? Ma come non si può dormire per due mesi interi?

“Vuoi che resti con te, Damon?” gli domanda Lilian in pensiero, accarezzandogli il volto.

“No. Andate tutti quanti a casa e cercate di far stare tranquilla Jane.”

“Ma papino… io voglio restare con te.” La bambina lo implora con gli occhi celesti strapieni di lacrime.

“No. L’ospedale non è un posto adatto per i bambini.” È deciso. Non vuole che sua figlia resti con lui e lo veda star male e se per caso peggiorasse, per un qualsiasi motivo, non vuole che lei si spaventi tanto.

Le accarezza il volto, mentre la bambina si sdraia accanto a lui per abbracciarlo un’ultima volta. Intanto guarda la madre e il fratello e sa che adesso non hanno il coraggio di stressarlo, ma sa che tra qualche giorno riceverà il terzo grado da parte di suo fratello. Sì soprattutto da parte di Stefan.

“Va’, piccolina. Ci vediamo domani.” Le posa un tenero bacio sulla guancia e Jane, ancora contrariata se ne va. Tenendo per mano lo zio Stefan.

Prima di uscire dalla camera, la madre di Damon si ferma sulla soglia della porta e gli dice un’ultima cosa.

“Il ragazzo che ti ha portato qui sta ancora aspettando in corridoio. Vuoi che lo faccia entrare?”

“Sì, per piacere.”

E Damon si risistema sul letto, addrizzandosi le coperte e aspettato chi lo ha soccorso. Quando vede affacciarsi nella sua stanza quel Percy, lui sbuffa spazientito. Non sa perché, ma ogni volta che lo vede ripensa a quel suo modo di fare troppo alla mano che aveva con Elena e be’… gli dà fastidio.

“Suppongo di doverti ringraziare.” Dice un po’ stufato dell’espressione allegra del ragazzo.

“Fa’ con comodo. Ho tutto il pomeriggio libero. Potrei sedermi qui- afferma indicando la poltrona- e attendere che tu mi dica che io sono il tuo salvatore. Dopotutto, mi piace sentirmi un eroe.”

“Peccato che io tutto questo tempo non ce l’ho. A quanto pare tra poco dovrei calare in un sonno profondo.”

“Sì, ho sentito prima la dottoressa sexy parlare ad un’infermiera.- ammette prima di alzarsi e sistemarsi le pieghe dei pantaloni ormai sgualciti.- Rimettiti presto, amico.”

E si allontana, sta per uscire e andarsene via, ma Damon lo blocca con le parole.

“Percy! Grazie, per avermi portato qui.”

“Non c’è di che. Di tutto per il fidanzato di Elena.” Percy se ne esce fuori con un sorriso sornione, facendo l’occhiolino a Damon e scappando via, prima che lui lo rimproveri e gli dica che tra lui ed Elena non c’è niente di niente.

Dopo che sono venute non so quante persone per dargli dei sonniferi e dopo aver dormito per quel tempo che a Damon sembrava esser durato un’eternità, esattamente come la prima volta, lui si risveglia. Richiedendosi in che posto si trovi, solo che questa volta la stanza non è vuota. Anzi, una presenza ben gradita si trova al suo capezzale, mentre legge un libro ed evidentemente aspetta che lui si risvegli.

È Elena.

È bella, mentre è concentrata sulle parole del libro e mentre si mangiucchia un’unghia. È bella con quella coda legata a un lato e i ciuffi ribelli che vanno sulla fronte e davanti agli occhi e se li sposta spazientita dietro un orecchio. È bella, rannicchiata sulla poltrona accanto al suo letto, mentre a volte sussurra le parole del libro.

“Non ti facevo tipo da Harry Potter.” Le sussurra, prima che lei si accorga di essere sveglio.

“Tutti sono tipi da Harry Potter, ma molte persone hanno paura di iniziarlo, pensando che sia troppo da bambini. Invece i bigotti pensano che sia qualcosa di satanico.- Sorride lei, prima di chiudere il libro e appoggiarlo sul comodino. Si avvicina a lui e gli sorride, stringendogli una mano ancora mollemente appoggiata al materasso.- Tua madre ha contattano Alaric che ha detto tutto a mia zia e alla fine la notizia è arrivata a me. Sono venuta per sapere come stavi, ma eri tra le braccia di Morfeo. Poi un’infermiera mi ha spiegato la situazione e mi sono preoccupata terribilmente. Mi dispiace per quello che ti è successo. Avrei dovuto immaginarlo che prima o poi sarebbe accaduta una cosa del genere.- ma Elena vede Damon troppo assorto nei suoi pensieri.- A cosa stai pensando?”

Damon troppo codardo per ringraziarla e ammettere di essere felice che lei sia qui, cambia discorso.

“Allora credo che inizierò anche io Harry Potter.- Le stringe ancora di più la mano e Elena capisce che quello è il suo modo di dire grazie.- Che ora è?”

“Sono le dieci e mezza di sera. Da quello che ho capito stai dormendo da circa undici ore. Un vero record per lei, signor Salvatore?”

“A quanto pare sì. Ma adesso ho paura di restare sveglio tutta la notte.”

“No, devi riposare. Devi recuperare due mesi di insonnia.” Lo ammonisce lei, invitandolo a restare sdraiato non appena capisce che lui si sta per alzare.

“Ehi, devo andare in bagno.”

“Oh, scusa.” Sussurra lei imbarazzata, arrossendo un po’ sulle gote.

Ma nel momento in cui Damon posa i piedi a terra, sente il mondo girare. Tenta di aggrapparsi alla prima cosa che incontra. Purtroppo la prima cosa che sta davanti a lui è Elena. Le sue mani si serrano involontariamente sui suoi fianchi e lei cede alla forza improvvisa che lui ha usato. Perciò cadono, per fortuna sul morbido della poltroncina reclinabile che si stende ancora di più sotto il peso di entrambi.

Probabilmente un difetto di fabbrica. Pensa Damon, prima di accorgersi di essere steso sopra Elena e che lei lo guarda con i suoi occhi grandi dal basso e lui le sta completamente sopra, senza moderare il peso che la sovrasta. Il punto è che Damon si perde in lei un’altra volta. Il suo profumo le arriva ancora una volta alle narici, il maglione che lei porta, durante la caduta si è alzando, mostrando la pancia piatta della ragazza, la scollatura da quel punto di vista gli sembra più profonda e due seni iniziano a intravedersi da lì. Per aggiungere la beffa al danno, Damon si scopre troppo interessato del corpo di Elena e la conferma è un ginocchio di lei che preme contro il suo amico, là sotto, e lui di certo non è rimasto indifferente dalla bellezza della ragazza.

Anche Elena sembra avere reazioni simili, il suo respiro si fa più veloce e Damon giurerebbe di riuscire a sentire il battito accelerato del suo cuore. Il viso (questa volta tutto, non solo le gote) si è colorato di una leggera tonalità di porpora e nel buio della serata, delle luci spente e solo della lampada sul comodino accesa, Damon si rende conto che quello forse non è il colore reale del suo volto.

I loro sguardi sono persi l’uno nell’altro. Elena ha e le sue mani sul petto di Damon, mentre una mano di lui è vicina al suo collo.

“Mi sono dimenticato del mio bastone.” Sussurra troppo tardi. Hanno indugiato troppo in quella posizione e si chiede mentalmente come possa una ragazzina come lei sopportare tutto il suo peso addosso.
Immagina che la stessa cosa valga per la sua gamba. Solo adesso si è reso conto che effettivamente gli fa un male cane e che lei è stata quella a fargli dimenticare il suo dolore.

“Sì, immagino che sia stato per quello che ci ritroviamo così adesso.”

Damon si lascia andare un sorriso questa volta divertito da un pensiero che gli  passato in testa come un lampo.

“Che c’è adesso?” gli domanda lei.

“Nulla di che. È che stasera ci sarebbe dovuto essere il nostro appuntamento e si presume che dopo un appuntamento si finisca sdraiati su qualcosa di morbido. Noi due siamo andati direttamente alla fase finale.”

Elena scoppia a ridere e Damon si rende conto che non c’è nulla di più bello se non la sua risata.

“Ma che scemo che sei!”

Quando finalmente si liberano da quella posizione, Damon si rende conto di quella sensazione di vuoto che c’è sulla bocca dello stomaco. Dopo essere ritornato dal bagno, nota con piacere che lei è ancora lì, ad aspettarlo. Le si avvicina il più velocemente possibile e le afferra una mano per sentirla ancora vicina a lui.

“Ti va di restare qui, stanotte?”

Lei annuisce, quasi incantata dalla sua richiesta e dopo che Damon si stende un’altra volta, lascia un po’ di spazio per lei, lasciandola di stucco.

Lui vuole che dormano insieme e lei arrossisce a quel pensiero quasi intimo, ma si fa coraggio e si sdraia accanto a lui, sentendo ancora una volta quel buon odore di menta che la fa sussultare.

Adesso, così vicina (più vicina di prima), entrambi si rendono conto che è bellissimo poter stare così. E pian piano si addormentato, come se fosse la cosa più facile. Si addormentano senza incubi, senza paura. Si addormentano senza rendersi conto che si tengono per mano, che lui ha chiuso gli occhi senza aiuto di altre medicine, senza timori o incubi prossimi ad arrivare. Si addormentano con lui che avvicina la sua testa a quella di lei e posa le sue labbra sulla sua fronte e lei che appoggia la sua mano sul fianco di lui e sorride senza rendersene conto.

Sorride Elena e forse non sorrideva così da tanto tempo.
 

 
Note finali: Saaalve ragazze! Visto? Questa volta non ho fatto così tardi, non come l'ultima volta per lo meno. Oggi ho concluso, corretto (tanto lo so che ci saranno orrori ortografici che non ho visto, perché sono una talpa anche con gli occhiali) e pubblicato. E solo adesso mi sono resa conto che nella saga oggi, 18 agosto, è il compleanno di Percy Jackson! *-*
Adesso ringrazio tutte le belle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: katherina23, NikkiSomerhalder, chicchi93 e Horse_.
Siete delle ragazze davvero speciali e non smetterò mai di ringraziarvi per questo.
Adesso passiamo al capitolo, spero che il piccolo exursus su Caroline si sia capito. Spero che non sia stato banale e sia stato sopratutto coerente. Ho provato ad immedersimarmi in Caroline e spero di averla capita e compresa.
Anche per quanto riguarda la questione "Damon ed Elena" spero che i pensieri non siano troppo confusionari e non vi facciano perdere la testa.
Invece per quello che è successo a Damon era piuttosto prevedibile una cosa del genere. A proposito, io nel testo ho scritto che Damon è tornato da circa un mese, mentre lui dice alla dottoressa di essere tornato da circa due. Questo perché lui a Mystic Falls è tornato da un mese, ma dalla guerra due. Poi questo argomento verrà specificato al meglio in uno dei prossimi capitoli.
Vi ringrazio ancora tanto,
Mia.

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Capitolo 6
*** Parte Quinta ***


5

PARTE QUINTA




 
Quando Damon apre gli occhi il mattino seguente, non riesce a credere di aver dormito così tanto. È molto stupito. Forse è ancora più stupito del fatto di aver dormito con Elena.

La ragazza infatti è ancora sdraiata accanto a lui mentre dorme placidamente, appoggiata sul suo petto. Non sa in che modo siano finiti in quella posizione, alla fine il letto è stretto e scomodo, però deve ammettere che dormire con lei gli ha fatto bene. Non ha avuto incubi per tutta la notte e il suono del respiro regolare di Elena lo ha cullato fino a farlo assopire e poi addormentare. Adesso Damon si sente riposato, ancora un po’ indolenzito, ma si sente decisamente meglio rispetto al giorno precedente. Poi è bello poter sentire la mano di Elena poggiata mollemente sul suo fianco, mentre quella sua le circonda le spalle.

Resta fermo e immobile in quella posizione e aspetta che le luci del sole colpiscano il volto della ragazza per poterla risvegliare. Sì, Damon si sente bene.

Quando Elena si risveglia, strofina il suo volto inconsapevolmente contro qualcosa di non eccessivamente morbido, ma decisamente profumato.

Quando solleva lo sguardo, gli occhi di Damon la scrutano allegri e rilassati. Solo in quel momento si ricorda dove ha passato la notte.

Vorrebbe allontanarsi da lui e scappare via da tutte quelle sensazioni che la stanno attanagliando. Ma la tentazione è più forte di tutto il resto. Riposa la testa sul petto di Damon e avvicina il più possibile il naso al corpo di lui. Ama quell’odore di menta forte. Le inebria i sensi e la fa sentire piena di un qualcosa. Quel gesto può sembrare agli occhi di Damon un invito a fare qualcosa e infatti l’uomo avvicina la sua testa a quella di Elena per baciarle i capelli e riempirlo del profumo di lei.

Di risposta la ragazza gli accarezza un fianco, forse senza essersi accorta che questo fa scattare Damon che decide di cambiare posizione. In un attimo, i due si ritrovano stesi su un fianco, uno di fronte all’altra. Damon la stringe il più possibile ed Elena si ritrova a ricambiare l’abbraccio di Damon mentre le labbra premono sulla pelle del suo mento. Non sa se è dovuto dall’eccessiva vicinanza o è voluto da parte sua. Sa solo che a Damon sembra piacere quella sensazione proveniente dalle sue labbra. Perché a Elena quello strato di barba che Damon ha da ormai due giorni le piace, le accarezza le labbra rendendole ancora più sensibili.

Se solo Damon si spostasse di un paio di centimetri, allora lo bacerebbe veramente. Il punto è che ha paura di scoprire quello che proverebbe per lui nel momento in cui le loro labbra si potessero incontrare. Sì, è veramente spaventata, ma alla fine non dovrebbe essere tanto diverso da quello che prova in questo momento. Talmente vicina da potergli sentire il cuore battere. Vicina da poter percepire l’erezione di quell’uomo come la sera precedente. E all’improvviso diventa viola, per l’imbarazzo. Chiude gli occhi per celarne la vergogna e decide di non essere lei ad allontanarsi. Vuole che sia lui il primo a porre una distanza tra loro due. Lei non è ha il coraggio, o la forza, o la voglia.

Dio solo sa cosa le sia preso. Forse lo sa anche Caroline, a questo punto, ma Elena ha smesso di chiedersi come la sua migliore amica possa essere così intuitiva.

 Soprattutto in un momento come questo, Elena non ha proprio voglia di pensare alla sua migliore amica mentre sente una mano di Damon posarsi delicata sulla base della sua schiena. Quella porzione di pelle lasciata scoperta dal maglione che si è alzato.

Ha i brividi, Elena, e non è sicura che sia il forte freddo d’inverno a procurarle quei brividi.

Quando riapre gli occhi, nota che anche Damon gli ha chiusi. Sembra bearsi di quel contatto e lei, spinta dalla calma reazione dell’uomo, sorride d’impulso e gli accarezza il collo con le mani, sfiorando la peluria alla base dei suoi capelli.

Adesso si scosta Elena. Ma non per allontanarsi. Insieme allo sguardo, solleva il volto e lui lo abbassa. Sono soli pochi millimetri a separare le loro labbra, questa volta. Basterebbe davvero così poco. Un gesto involontario, un desiderio incontrollabile da parte di entrambi.

“Buongiorno ragazzina!” le sussurra lui.

“Buongiorno signor Salvatore.”

“Come siamo formali questa mattina.”

Non sa se effettivamente lo ha provocato, Damon, ma successivamente a quelle parole lui si è stretto ancora di più a lei, se è possibile e le ha sussurrato quella frase nell’orecchio, piegando la testa in avanti, appoggiando la sua fronte sul collo di Elena. E se a lui bastasse solo quello, Elena si accontenterebbe di quel contatto. Solo che, Damon forse è solo assonnato (o sicuramente ci dovrà essere una qualsiasi altra scusa), ma non si limita a posare la fronte contro la pelle. In un paio di secondi, le morbide e calde labbra di Damon vanno a creare una lunga scia di baci, dalla clavicola al mento.

Chiude gli occhi e assapora al meglio il sapore della pelle della ragazza. Le piace, Elena, e lei si rende conto che quei baci sono senza dubbio un ottimo risveglio per la giornata.

Non ricorda nemmeno che giorno sia, ma sicuramente è un buon giorno, se iniziato così.

“Lei invece è in cerca di coccole, signor Salvatore.”

Si lascia sfuggire Elena, intorpidita dal calore del corpo accanto al suo che l’abbraccia e la bacia. Soltanto che quelle parole entrambi sembrano risvegliarsi dal loro stato di tepore che sembra quasi cullarli.

Damon si stacca dal collo di Elena e solleva la testa, rendendosi conto di quello che ha appena fatto. Non se ne erano accorti, ma i loro battiti hanno assunto lo stesso ritmo veloce. Lei è arrossita, fin troppo. Lui è rimasto sconvolto, inebriato dal sapore dolce della ragazza.

“Scusami. Io non volevo esagerare.”

“Tranquillo, siamo sulla stessa barca. Anche io mi sono lasciata un po’ andare.” Improvvisamente Elena sente freddo e si stacca completamente da Damon, alzandosi da quel letto quasi incriminato e accarezzandosi le braccia, per abbracciarsi da sola. Come se le sue braccia potessero sostituire quelle di lui. Distoglie lo sguardo da quello di Damon e si volta verso le luci del sole. Guarda gli edifici fuori dalla finestra e solo quella vista la fa pensare, lucidamente.

Si rende conto che è rimasta troppo tempo in ospedale e ha ignorato completamente la sua famiglia, la sua casa. Si è allontana improvvisamente da tutto quello che è stato fondamentale nella sua vita.

Tutto… per restare accanto a quell’uomo.  Ha perso di vista ciò che prima lei era importate. No, ciò che per lei è importate. Solo per dormire tra le braccia di Damon e risvegliarsi accanto a lui. Solo per sentire le sue calda labbra baciarla.

No, non può essersi innamorata di Damon. Non può assolutamente provare qualcosa per lui. Eppure è restata in ospedale, senza pensarci due volte. Senza pensarci proprio.

“Forse dovrei andare. Si preoccuperanno tutti al loro risveglio.”

Damon annuisce, ma quando Elena racimola tutte le sue cose e sta per andarsene, lui la chiama un’ultima volta e lei si volta.

“Elena! Grazie per essere restata.”

Lei si rivolta verso di lui, lo guarda e con gli occhi, gli dice che non c’è nessun bisogno di ringraziarla. Poi qualcosa la ferma, prima di scappare via da lui. Ogni suo proposito va in fumo.

“Il 13 febbraio la mia amica Caroline dà una cena per far conoscere il suo ragazzo e mi vuole come supporto morale. Soltanto che serve anche a me un ‘appoggio’. Tu saresti disposto?” gli chiede titubante, sperando in una risposta affermativa.

Damon, ancora sdraiato, la osserva studiando il suo corpo imbarazzato mentre lei si tortura le mani, ansiosa della risposta.

“Va bene.”

Elena tira un sospiro di sollievo, mentre Damon le sorride fiducioso e la saluta facendole un segno con la mano.

Abbassa la testa, sollevando un’altra volta quel muro di timidezza che probabilmente avrebbe dovuto mettere  dalla sera prima. Forse non sarebbe dovuta andare in ospedale; forse avrebbe dovuto chiamare sua madre e si sarebbe dovuta limitare a chiedere come stesse. Invece, ha sentito a malapena la ragione per dar retta all’istinto ed è corsa da lui. Preoccupata dalla sua situazione e sperando che finalmente quell’uomo stesse dormendo.

Quando era arrivata in ospedale, appena dopo la lezione di danza, aveva già notato qualcosa di strano perché Jane non era venuta e sua zia le aveva poi raccontato tutto, Damon era nel suo letto d’ospedale, addormentato. Non lo aveva ancora viso con gli occhi chiusi, Elena.

Si era avvicinata lentamente e silenziosamente si era seduta sulla poltroncina beige. Lui si era mosso spesso nel sonno e tutte le volte si era tolto le coperte di dosso. Allora Elena si allungava dalla poltrona per ricoprirlo per bene e per accarezzargli il volto, partendo da un ciuffo corto di capelli finito in modo disordinato sulla fronte.

Poi un’infermiera era passata per offrirle gentilmente una coperta, ma lei aveva rifiutato, stringendosi nel suo maglione. In realtà sentiva freddo, dopo di tutto era gennaio, ma il suo fin troppo buon cuore le aveva fatto immaginare che quelle coperte, presto o tardi, sarebbero dovute servire per qualche malato e lei non aveva intenzione di togliere niente a nessuno.

Perciò si era rannicchiata su quella poltrona, accendendo la lampada sul comodino accanto al letto di Damon e sfogliando le pagine di un libro, si era persa nelle sue parole.

È stato bello vedere Damon risvegliarsi.

Adesso Elena è agitata, perché da un lato si pente per aver esser andata in ospedale, dall’altro lato non ha potuto fare a meno di notare quanto sia stato bello dormire con lui e ha immaginato quanto ancor più bello possa essere dormire con lui tutte le notti per il resto della sua vita.

Svolta nel corridoio e quando esce dall’edificio ed entra in macchina nota l’arrivo di tutta la famiglia di Damon, soprattutto di Jane che sfreccia dentro l’entrata dell’ospedale, a stento seguita dalla nonna e dallo zio.

Sorride delicatamente, contenta che Damon abbia quella bambina che lo adora e che si prenderebbe cura di lui oltre le sue possibilità. Lei invece ha Margaret che è solo sua sorella. Chissà come ci si sente ad avere dei figli propri. Ha un tuffo al cuore, mettendosi di fronte a quel pensiero che la incupisce sempre di più. Avere un bambino tutto suo, adesso è al di fuori di lei, eppure allo stesso tempo è riscaldata da quel pensiero. Da un fagottino da tenere nelle proprie braccia e da cullare e da prendersi cura di lui o lei.

Posa la testa sullo schienale e chiude gli occhi, cercando di rilassare i muscoli e pensare lucidamente. Troppi pensieri, troppe forti emozioni che non fanno altro che mandarle in confusione la testa. E questo non va bene. Elena non si può più permettere di sognare.

Forse solo quando chiude gli occhi, ma non quando è sveglia.

Un figlio tutto suo? Che idiozia! A stento con il suo lavoro, manda avanti i suoi fratelli, figuriamoci un bambino e adesso sogna quei momento come un qualcosa di dolce, ma mentalmente non è pronta a tanti sacrifici da fare per un bambino. Sicuramente molti di più rispetto a quelli che già sta facendo per la sua famiglia attuale.

Quasi a malincuore per essersi risvegliata da quei teneri pensieri, mette in moto l’auto e si dirige verso casa. Quando entra dalla porta, nota il silenzio che regna in una casa vuota e, in effetti, si spaventa quando vede sua zia intenta a fare qualcosa sul PC.

“Lavori?” le chiede, facendo finta di nulla. Sperando che lei non le faccia qualche domanda scomoda su dove sia stata e con chi.

“Più o meno. Una mia amica ha preso casa e mi ha chiesto qualche parere su come arredarla.” Le risponde, senza distogliere lo sguardo dal computer.

“Quindi lavori, ma non sarai pagata.”

“Fidati lo ha già fatto. Tutte le volte che ho rubato dalla cantina dei genitori un vino pregiato e si è beccata una ramanzina al posto mio.” Sorride Jenna, presa da ricordi divertenti di qualche anno prima.

Quando non aveva ancora alle spalle tre nipoti a cui badare. Le piace, stare con loro e prendersi cura di loro, ma da quando sua sorella e suo marito sono venuti a mancare si è autoimposta di non fare più bravate.

Il tempo dei giochi è veramente finito.

Sospira malinconicamente, cercando di nascondere alla maggiore dei suoi nipoti la sua velata tristezza.

“Hai passato una bella nottata con Damon?” si volta costatando che Elena ha gli stessi indumenti del giorno prima ed è troppo silenziosa, quasi cercasse di nascondere qualcosa.

Si rigira sulla sedia in sala da pranzo, Jenna, e vede sua nipote dalla cucina, intenta a lavare dei piatti lasciati nel lavello, rabbrividire e raddrizzare la schiena. Quando si gira anche lei, Elena prega che la zia non la stia guardando con quello sguardo di provocazione e malizia che ultimamente viene fuori ogni volta che se ne esce con l’argomento “Damon.”

“È stata una bella nottata. Se si può definire così una passata in ospedale, mentre lui cerca di riposarsi sotto l’effetto dei sonniferi.”

“Mi dispiace per lui. L’ho visto spesso stanco e privo di forze ma non avrei mai immaginato che lui stesse così male.” afferma Jenna, alzandosi dalla sedia e stiracchiandosi per prendersi una pausa dal suo lavoro.

“Io lo sapevo.” Farfuglia Elena a bassa voce, ritornando a lavorare.

Non osa guardare in faccia la zia e vedere il suo sguardo stupito.

“Tu lo sapevi?”

“Sì, ma solo da qualche giorno. Ero preoccupata per lui, ma ho voluto aspettare un altro po’prima di dare l’allarme. Invece ho fatto male i conti ed è accaduto il peggio. Povera Jane! Assistere al padre che sviene mentre lei sta giocando.”

Jenna le si avvicina alle spalle e l’abbraccia da dietro cercando di consolarla. Sa benissimo che sua nipote ormai ha preso a cuore Damon e probabilmente tutta la famiglia Salvatore.

“Lui adesso come sta?” le chiede, sinceramente preoccupata. Probabilmente con Alaric sarebbe passata quello stesso pomeriggio a fargli visita.

“Un po’ meglio.  Ha praticamente dormito per un giorno intero e stamattina era particolarmente sveglio.” Risponde, allungando un leggero sorriso e arrossendo visibilmente. Le piace ancora pensare alle coccole di quella mattina, ma la imbarazza anche tanto farlo.

“Oh mio Dio! Che cosa è successo? Non avete per caso fatto… in un ospedale, poi.”

“Zia che ti viene in testa. Ho solo dormito con lui.”

Jenna evidentemente stava scherzando, ma alle parole della nipote rimane completamente sbalordita e prima che possa dire una sola parola,  Elena la ferma e le chiede di poter cambiare argomento.

Per fortuna l’argomento cade e spostano la loro attenzione sul matrimonio. Quello stesso pomeriggio sarebbero passate al negozio di abiti da sposa e Elena è entusiasta. Non solo perché potrà vedere la zia, in uno splendido abito bianco, ma dentro al suo cuore sta già pensando al quel suo appuntamento il tredici febbraio, a casa di Caroline.



 
§§§



Quello stesso mattino Percy Jackson è dell’umore adatto per preparare la colazione alla sua famiglia. Si alza molto presto, perché sa che la sua Annabeth non è molto dormigliona e si potrebbe svegliare facilmente e prepara un abbondante porzione di pancake e toast imburrati. Quando tutto è pronto, si reca nella cameretta di sua figlia, Bianca, e la travolge delicatamente con un suo abbraccio, mentre la bambina, ancora addormentata, è riscaldata dalle calde coperte.

Tanti riccioli biondi le coprono il volto e Percy si intenerisce nell’osservare quel dolce visetto imbronciato attraverso la debole luce che filtra dalle tapparelle. Le sposta qualche ciocca dalla fronte mentre le posa qualche bacio sulla guancia. Quando gli occhi verdi, come i suoi, si spalancano, Bianca Jackson sbuffa indispettita nel vedere il suo papà che ha deciso di torturarla.

Come se fosse Annabeth in persona, che spesso si arrabbia con lui e decide di ignorarlo, la piccola si volta dall’altro lato e tenta un’altra volta di addormentarsi.

“Bianca.”

“Papà lasciami dormire.” Lo supplica con quella vocina così tenera che Percy è veramente tentato di lasciarla stare, ma lui s’intestardisce (vera indole della famiglia Jackson).

“Ma ho preparato la colazione! Ci sono i pancake e il pane tostato con burro e marmellata.”

 Già a quella parole la bambina si struscia contro il cuscino e rivolge al padre un’occhiata indagatrice.

“Quella alle fragole?”

“Sì, quella alle fragole. E indovina un po’? Ho messo tutto quanto in un vassoio così possiamo fare una sorpresa alla mamma e tu potrai venire nel lettone.” A quella parole Bianca si riprende completamente e si mette inginocchio sul suo letto, guardando il papà con aria felice.

Percy le sorride di rimando e la prende in braccio per portarla nella sua camera da letto. Fortunatamente Annabeth sembra continuar a riposare. Fa sdraiare la bimba al suo posto e si dirige in cucina per prendere il vassoio pieno di prelibatezze.

Quando ritorna in camera, la piccola Bianca tenta di fare il meno rumore possibile per non svegliare la sua mamma, ma mentre Percy le si siede accanto e posa il vassoio sul comodino vicino anche lei le si avvicina per abbracciarla e per svegliarla con qualche bacio.

Anche Annabeth si sveglia e i suoi occhi grigio tempesta guardano curiosi la figlia e il marito che tentano di farle le coccole di prima mattina.

“Buongiorno mamma!” grida Bianca, non appena la ragazza socchiude gli occhi.

“Ehi. Ma che ora è?” gli domanda, mentre Percy si fa più vicino sdraiandosi vicino a lei.

“Le sette di mattina.”

“Mmh, tra due ore dovrei andare a lezione e poi ho da fare qualche servizio con mia madre.”

“Io invece devo vedermi con mio padre.”

“Quindi ci conviene non vederci per niente durante la giornata. Sai quanto quei due si detestino.”

“Sono d’accordo.” Le dona un altro bacio prima di porgerle la colazione e la giovane donna sorride anche se storce un po’ il naso quando sente l’odore del caffè. Decisamente troppo forte.

“Peccato.” Ammette lei dispiaciuta. “Avrei voluto pranzare con te. Ho una notizia molto importante da darti.” Ma Annabeth sembra cambiare idea. Perciò si volta verso la sua bambina che intanto si è sporcata tutta la faccia con la marmellata di fragole. “Tesoro, va’ in bagno a lavarti le mani e la faccia.”

Quando la bambina annuisce e si allontana, Annabeth si volta verso il suo nuovo marito e lo abbraccia più di prima. Percy affonda la testa nei suoi capelli biondi che sanno di pioggia e limone allo stesso tempo. Ama infinitamente quell’odore e con Annabeth si sente sempre a casa.

“Qualcosa mi dice che vuoi dirmi cosa è successo adesso.”

“Aspetto un altro bambino.” Gli sussurra all’orecchio, confidandogli come se fosse nulla, quella grandiosa notizia e Percy deve ammetterlo, ama sua figlia e spesso gli è passato per la testa di avere altri bambini. Alle parole della sua donna ha sentito il suo cuore fermarsi solo per un attimo, chiedendo a se stesso se quello che ha sentito lo abbia compreso realmente. Poi tutto diventa più lucido e solleva il suo sguardo per posarlo in quello di Annabeth.

Quello che le ha detto è la verità e lo capisce dal sorriso radioso che pian piano si allarga sul volto di lei.

“Stai dicendo la verità.” Non è una domanda, è un affermazione e quando lei annuisce, lui le stringe i fianchi e si sporge su di lei per baciarla. Ha le labbra un po’ screpolate, ma, sinceramente, a lui non interessa niente. L’ha vista mentre ha dato alla luce sua figlia, quindi in situazioni ben peggiori, eppure quel corpo stanco e affaticato che tentava di spingere per far nascere la piccola Bianca, Percy ritiene che sia un’immagina meravigliosa e non vede l’ora di rivederla.


 
§§§



 
“Quindi diventerai per la seconda volta papà. Congratulazioni!” gli trilla attraverso il telefono Elena, mentre sente il ragazzo ridere contento di quella notizia.

“Già. Chi l’avrebbe mai detto. Due figli in soli vent’anni di vita. Quando lo dirò a mio padre, penso che sverrà. Al contrario di mia suocera. Lei mi ucciderà.”

“Esagerato.” Gli dice Elena mentre, mentre apre l’armadio per decidere cosa mettersi. Finalmente il 13 febbraio sembra essere arrivato. “Alla fine è la madre di tua moglie, non ti vuole per niente bene?”
Sente Percy sbuffare dall’altra parte del telefono.

“Non è che lei odi me. Odia mio padre.”

“Cosa le ha fatto di tanto terribile per guadagnarsi tale disprezzo?”

“Storia vecchia quanto gli dei della Grecia.* Ti annoieresti a morte.”  Brontola, quasi innervosito da quella strana situazione. “Tu, invece? Stasera ti divertirai, non è vero?” Di’ un po’, aspetterete la mezzanotte per augurarvi Buon San Valentino?” le sussurra malizioso mentre la ragazza, guardandosi allo specchio, si vede arrossire come un peperone.

“Sei uno scemo. Quante idiozie vai farneticando?”

“Andiamo ‘Lena, tu non mi inganni. Sono giorni che stai pensando a questa serata e non dirmi perché sei curiosa del nuovo ragazzo di Caroline.”

Deve ammettere almeno a se stessa, Elena, che Percy ha ragione. Non va a quelle cena perché non vede l’ora di conosce il nuovo compagno di Caroline, ma perché è contenta di essere accompagnata da Damon. Non era entusiasta al pensiero di dover conoscere i fidanzati delle sue migliori amiche, ma in fin dei conti, se Damon è pronto a farle compagnia, non c’è nulla di male. E la serata potrebbe risultare piuttosto leggera. Interessante.

“… tanto lo so che è per quel motivo che ci vai!”

 E lei non ha ascoltato più le parole del suo amico.

“Cosa? Puoi ripetere quello che hai detto? Non ho sentito.”

“Ho detto che secondo me tu hai invitato Damon solo per San Valentino. Di tutto il resto non te ne importa niente.”

“Ancora con questa storia?” eppure il solo pensiero di aspettare la festa degli innamorati con lui, la fa agitare. Non è affatto un bene.

Eppure queste strane sensazioni, vanno e vengono spesso quando si parla di Damon.

Quando va al piano di sotto, la televisione è accesa e Jenna guarda con interesse la televisione mentre al telegiornale confermano l’allerta meteo annunciata nei giorni precedenti. In effetti, fuori ha già iniziato a piovere e spera vivamente che la situazione non peggiori più di tanto. Tra casa sua e quella di Caroline ci vogliono due minuti a piedi, ma Damon abita praticamente in campagna, quasi fuori Mystic Falls e non vorrebbe che con tutta quella pioggia avesse un incidente.

“Stai vedendo il telegiornale?” le arriva la voce di Percy dall’altra parte del telefono. “Sembra una cosa abbastanza seria.”

“Lo credo anche io. Spero solo che non ci siano troppe conseguenze. E poi dicono che durerà almeno fino a domani.”

“ Lo so. Infatti per domani avevo preparato una cena romantica in un ristorante di Richmond, ma ho disdetto tutto quanto per non correre rischi. Vuol dire che passeremo la serata tutti e tre insieme e cercheremo di dire a Bianca che avrà un fratellino o una sorellina… adesso devo andare, Bambi. Mia moglie mi reclama per preparare la merenda alla bambina. Passa una bella serata in compagni del tuo Damon.”

“E di tutti gli altri.” Continua lei la frase, mentre sente Percy borbottare un “Certo, sì, come no.” Per poi prenderla in giro e chiudendo poi la chiamata.

A volte Elena si chiede come posa esser diventata amica di quel tipo. Percy è praticamente il suo opposto. Lui è solare, allegro, divertente, diretto e schietto. Se ha da dire qualcosa a qualcuno, niente e nessuno lo ferma. Eppure non complesso non è un vero e proprio idiota. A volte fa delle considerazioni intelligenti o ha delle idee brillanti, che spesso spiazzano Elena.

Quando getta il cellullare sul divano, Elena si gira preoccupata verso la finestra. Sono giorni che i notiziari, dicono di starsi riparati dentro le proprie case. Sono giorni che qualche goccia di pioggia cade da cielo di Mystic Falls ma questa sera sembra essere arrivata una vera e propria tempesta. Forse dovrebbe starsene veramente a casa. Ma, sinceramente, la spaventa di più Caroline che la pioggia.

 Alle otto meno un quarto della serata mancano quindici minuti all’arrivo di Damon con la sua amata Camaro. Da quello che ha capito, l’uomo ci tiene veramente a quella macchina.

Elena indossa un abito blu notte, corto fino alle ginocchia, con una scollatura a cuore che mette in evidenza il suo seno e le scarpe nere semplici con il tacco. Appena sopra la scollatura una catenella semplice dorata abbinata agli orecchini dello stesso colore. Le spalle si proteggono da freddo con un semplice copri spalle di lana nera. Prende la borsa e si dirige al piano inferiore, dopo essersi fissata un altro po’ allo specchio. Sorride soddisfatta dei boccoli ai capelli che la zia le ha fatto.

Quando si trova ai piedi delle scale, Margaret le corre incontro strofinando la guancia contro la gonna morbida.

“Sei bellissima stasera, ‘Lena.” Le sorride contenta, forse anche per il fatto che la sua famiglia le abbia concesso di lasciar dormire a casa Jane Salvatore.

“Tu invece sei bella ogni volta che ti vedo!” le sussurra la ragazza, piegandosi su di lei e baciandole le fronte.

E proprio mentre sta strofinando il naso contro quello della sorellina, in casa entra Alaric seguito da Damon e da sua figlia, già pronta a dormire con la sua migliore amica, abbracciando il suo coniglietto di peluche.  I due uomini si scrollano da dosso l’acqua che gli ha bagnati, nonostante fossero al riparo con gli ombrelli. Quando Damon guarda Elena, si perde completamente nel fissarla dalla testa ai piedi.

Elena lo nota. Si imbarazza quando si sente osservata da lui, più di qualsiasi altra persona.

Ma anche Damon non è da meno. È vestito semplicemente con una camicia bianca e una giacca nera con pantaloni abbinati. La cravatta e annodata elegantemente ma è proprio quello lo scopo della serata. Caroline quando ha scoperto che sarebbe venuto anche Damon ha urlato come una pazza, ritornando ad essere un po’ quella ragazzina quattordicenne che si eccita per ogni ragazzo che la nota.

Perciò ha deciso di creare un tema per la sua cena, nonostante sia solo una cena.

Eleganza. È stata la sua parola chiave quando un paio d’ore dopo la notizia di Elena è ripiombata a casa sua, travolgendo ancora una volta la famiglia della sua migliore amica.

Non sa a cosa sarebbe servito, ma a Caroline piace organizzare le cose e anche per una piccola cenetta può trasformarsi in un evento glamour e scintillante anche per una decina di persone.

“Sei splendida.” Si lascia sfuggire lui, incurante di tutti i presenti che curiosi, ascoltano attentamente gli sviluppi tra i due.

“Anche tu stai molto bene.” Si avvicina timorosa Elena, guardando negli occhi dell’uomo.

Al contrario sua sorella si mostra molto audace e si avvicina pericolosamente ai due e fa una domanda che li spiazza.

“Adesso state insieme?” e lei arrossisce, mentre Damon scoppia a ridere, non per prendere in giro la bambina (anzi, le bambine, visto che anche Jane si sta mostrando interessata), ma perché quella curiosità genuina lo diverte e lo fa stare bene. Aveva già detto, tra sé e sé, che quella bambina è un portento.

“No, piccolina. Io e tua sorella siamo solo molto amici e ci vogliamo molto bene, ma non stiamo insieme. Non in quel senso.” Si piega verso di lei e le sussurra quelle parole con fare un po’ malinconico.

“Adesso vuoi due, mettetevi il vostro pigiamino e andate a divertirvi. Ma non fate troppo tardi e andate a dormire, al massimo alle dieci. Chiamerò per quell’ora per assicurarmi che voi starete già nel letto.” Si allunga verso la piccola Jane e le posa un bacio sulla fronte, mentre la bambina chiude gli occhi per assaporare le labbra del suo papà e la barba che le dà fastidio, ma allo stesso tempo è piacevole.

“Elena, possiamo dormire in camera tua?” Le supplica Margaret, facendo gli occhi dolci. “Il letto mio e di Jane sono separati e il tuo è più grande. Così possiamo dormire insieme.”

“Va bene. Ma non combinate troppi casini.”

La piccola sorride contenta e si lascia baciare sia da Elena che da Damon. Quando i due lasciano la casa e salutano tutti, si chiudono la porta d’ingresso alle spalle e tirano un sospiro di sollievo, avviandosi con la macchina verso casa di Caroline.

Parcheggiata l’auto, lui le offre un braccio piegato per far posare la mano di lei nell’incavo del suo gomito. Elena si sente lusingata e gli sorride mentre l’uomo le accarezza con l’altra mano quella sua. Sembrano stare bene, nonostante la lotta continua contro la pioggia con l’ombrello.

Il suono del campanello risuona dolce anche fuori di casa e i due attendono che la padrona di casa venga loro ad aprire.

Una sorprendentemente incantevole Liz Forbes, si mostra sull’uscio della porta, in un abito verde scuro semplice che le fascia il corpo, non troppo invecchiato, grazie anche al lavoro che la donna intraprende.

“Buonasera sceriffo. La vedo ancora in ottima forma.” La saluta cordialmente Damon, ma allo stesso tempo con un cipiglio di strafottenza negli occhi.

“Damon Salvatore, il teppista più teppista di Mystic Falls. Non potevo crederci quando qualche anno fa mi hanno detto che eri entrano nell’esercito.” La donna si sporge e abbraccia l’uomo accanto ad Elena.
La ragazza sorride, felice, visto che anche Damon sembra sorridere sinceramente all’abbraccio della donna.

“Elena, cara. Sono contenta che tu sia venuta qui.” le dice, ancora con una gioiosa luce negli occhi, lo sceriffo.

“Anche io sono contenta di essere qui, Liz.” Risponde all’abbraccio Elena. In fin dei conti Liz Forbes è una di quelle donne che conosce fin da quando era bambina. È quasi come una seconda mamma per Elena.

Quando gli invita ad entrare, Elena non si sorprende più di tanto per lo sfarzo degli arredi della casa, decorati  direttamente da Caroline. Un po’ le sembra di rivivere l’home-coming, un po’ la notte degli oscar, un po’ una notte di passione con un bel fusto (ma forse quello a causa delle candele profumante che la sua amica bionda si sarà ostinata ad accendere per tutta la casa).

“Avresti dovuto dirmi che la tua amica stava organizzando qualcosa di più di una festa.” Le bisbiglia Damon, malizioso all’orecchio, mentre le toglie il copri spalle di dosso e lo appoggia su un bracciolo del divano.

“È la stessa cosa che ho pensato anche io.” Proviene da dietro di loro una voce sconosciuta. Quando si voltano un ragazzo con in mano un bicchiere di vino li guarda con un sorrisetto strafottente. “Ad un certo punto ho pensato che Caroline volesse mettere in scena in filmino un po’ osé.”

“Kai!” sbuca fuori Bonnie per rimproverarlo.

“Guarda che ti ho sentito benissimo.” Lo rimbecca Caroline ritornando dalla cucina con un vassoio d’argento in mano per dirigersi verso Damon ed Elena. “Tartina?”

Dopo aver concluso le presentazioni e dopo aver capito che quel Kai è il famoso ragazzo di Bonnie, Elena nota che all’appello manca ancora un’altra persona: il compagno di Caroline.

“Lui abita vicino al Whitmore e con questa pioggia sta procedendo lentamente. Quindi farà un po’ di ritardo.” Le ha confidato Caroline, prima di correre in cucina per andare a prendere qualche bevanda fresca.

Sono tutti seduti sui divanetti e le poltrone del soggiorno e mentre Liz Forbes parla amichevolmente con Damon, Elena è intenta a parlare e conoscere il nuovo ragazzo della sua migliore amica. Intanto nota che il suo accompagnatore stende e piega continuamente la gamba ferita. Probabilmente non riesce a trovare una posizione che lo faccia stare comodo.

Involontariamente, allunga una mano verso il suo ginocchio e lo accarezza delicatamente, in un modo talmente affettuoso che spinge Damon a sorridere spontaneamente e a sfiorare la sua mano a sua volta, per poi stringerla tra le sue dita. Solo in quel momento Elena si rende conto del gesto che ha fatto. Vorrebbe discostarsi da lui, più che altro per far capire agli altri che tra lui e Damon non c’è niente di niente. Be’… proprio niente di niente, no. C’è sicuramente qualcosa tra loro due e ormai entrambi lo hanno capito. Il punto è che è difficile ammetterlo.

Così resta con la mano impigliata tra la sua, per non spostarsi bruscamente e per non dare troppo nell’occhio. Anche se alla fine tutti sembrano interessati ai gesti quasi affettuosi dei due.

Elena tenta in tutti i modi di non pensare alle loro mani che si stringono, ma ciò provocherebbe  un utilizzo delle forze troppo grande. Specialmente quando lui, senza neanche pensarci probabilmente, inizia una lunga e lenta carezza con il pollice sul dorso della mano. Lei si arrende in quel momento. Si abbandona con la schiena sullo schienale e si lascia cullare dal suo amico, se così alla fine si può chiamare.
Senza farlo volontariamente, si perde nei contorni di quell’uomo, quando si volta verso di lui e avrebbe voglia di avvicinarsi un po’ di più, ma quello che si limita a fare e continuare ad osservarlo indisturbata, consapevole del fatto che Caroline mai avrebbe il coraggio di dire qualcosa di fronte ad ospiti. E non ascolta più le conversazioni, le parole degli altri. Continua a gettare occhiate a Damon e lui a volte ricambia quei sguardi, sorridendole, per poi ritornare alla conversazione.

Ad un certo punto, si è anche allungato con la mano ancora intrecciata alla sua verso la gamba di Elena per sfiorarle con l’indice e il medio una piccola frazione di pelle appena sopra il ginocchio. In quel momento Elena ha quasi perso completamente il controllo.

Per fortuna a distrarla è stato il campanello che l’ha fatta rinvenire. È tentata di spostarsi qualche centimetro più lontana da lui, ma la presa di Damon è forte e lui non vuole allontanarla.

Quando Caroline va ad aprire la porta, al suo ritorno al suo fianco c’è non un ragazzo, ma un uomo, probabilmente della stessa età di Damon che si presenta a tutti con il nome di Klaus.

La faccia sorpresa di Liz Forbes (e non solo sua, ma anche di Elena e Bonnie) è piuttosto divertente agli occhi degli altri, ma Caroline forse è consapevole che quello che un cattivo presagio.

Dopo le dovute presentazione, tutti gli invitati vengono invitati a tavola e ironia, mentre Caroline e sua madre si siedono ai due capotavola, da un lato si accomodano Klaus, Bonnie e Kai, mentre Elena è costretta a sedersi da sola con Damon da un lato del tavolo. Sinceramente, ha paura di quello che possa succedere.

Solo la sua amica bionda la salva, chiedendo a lei e Bonnie di aiutarle con il portare i piatti in tavola. Preghiera implicita che supplica alle ragazze di ritirarsi in cucina per discutere.

“Caroline ma quanti anni ha il tuo Klaus?” le chiede Bonnie, non appena le tre si sono chiuse la porta alle spalle.

“Trenta.” Risponde tranquillamente la bionda, come se fosse qualcosa da niente.

“Non sono un po’ troppo?”

“Ah, tu non puoi parlare!” la rimbecca, abbassando sempre di più la voce. “Sbaglio o il tuo Damon ha più o meno la stessa età?”

“Ma io e Damon non stiamo insieme.”

“E che cos’era ‘quello’ prima in salotto?” le chiede quasi accusandola.

“Niente di ché. Ho notato che gli faceva male la gamba e allora…”

“… e allora gli hai dato la mano. Ma quei sguardi hanno una motivazione?”

Come al solito Elena non è capace di rispondere. È un po’ stufa di ritrovarsi in quella situazione e nonostante sappia che le sue amiche le vogliano bene, lei si ritrova a detestare quei momenti insieme in cui parlano di Damon. Sì, le danno fastidio.

“Tu invece? Chi è Klaus?” mormora a Caroline cambiando subito argomento. E la bionda sembra bloccarsi, per la prima volta non sa come rispondere ed è timorosa nel dire la verità alle sue amiche.

“Te lo dico io chi è Klaus.” Interviene Bonnie. “È il mio insegnante di arte medievale. Caroline che ti è presto? Uscire con un professore!”

“Non è un mio professore.” Interviene la bionda. “Quindi non è nemmeno illegale.”

“Non credo che sia come la pensi tu.” Le sussurra Elena, girandosi verso la porta, sperando che nessuno si avvicini per sentirle.

In effetti non riesce a capire come la sua amica possa essere così avventata. Può capirla di essersi innamorata di un uomo più grande di lei, capita a molte. Forse anche a lei stessa. Ma un professore… Elena crede che Caroline non abbia ragionato a sufficienza.

Nel bel mezzo di una discussione il lampo di un fulmine si intravede dalla finestra, seguito prontamente da un forte tuono. La pioggia si è trasformata in un temporale e adesso Elena non è certa di aver fatto la scelta giusta e di essere uscita di casa. Infondo quando si dà l’allerta meteo è sempre per una ragione giusta. Ad un tratto le luci della casa si spengono  e la cucina viene illuminata solo dai lampi che provengono dal cielo. Probabilmente il temporale deve aver fatto saltare la luce.

Quando le ragazze ritornano in sala da pranzo, notato che i presenti stanno continuando a cenare a lume di candela. Per fortuna l’idea di Caroline ha portato ad effetti positivi. L’unico assente è Damon ed Elena scorge un ombra vicino alle scale. Decide di raggiungerlo.

Quando è abbastanza vicina da riuscire a vederlo in volto nota che sta litigando con il telefono.

“Stai bene?” gli chiede avvicinandosi mentre l’uomo, sorretto dal bastone, cerca ancora di far funzionare quel maledetto aggeggio infernale.

“Più o meno. Jane ha paura del temporale e ho pensato di chiamarla al telefono di Jenna per tranquillizzarla, ma mentre la stavo calmando la comunicazione si è interrotta.”

“Probabilmente con questo tempo non ci sarà per niente campo in tutta la Virginia.” Tenta di tranquillizzarlo, Elena. “Vedrai che starà bene. Ha Margaret che gli fa compagnia e poi ci sono Jenna e Alaric. Si prenderanno cura di lei, ne sono sicura.”

Si avvicina ancora di più e cautamente avvicina la sua mano a quella che Damon sta usando per pestare il cellulare con le dita.

Al tocco leggero delle sue, di dita, lui sembra tranquillizzarsi e abbandonare il telefono sul tavolino dove Caroline di solito lascia le sue chiavi. Quella mano poi ritorna su quella di Elena e la stringe senza accorgersi che effetto stia facendo sulla ragazza. Le manca un battito, poi un altro ancora. E Damon è ancora così vicino a lei.

Non dovrebbero essere così vicine eppure a Elena piace. Che si stia veramente innamorando di lui? Non le sembra possibile. Eppure quell’uomo è riuscito a farla cambiare come non era mai successo dalla morte dei suoi genitori. Gli si avvicina, ancora un po’, fino a riuscire a sentirne il forte odore che Elena ha iniziato ad apprezzare.

Sono stati anche più vicini di così, ma lei sente questo bisogno di rimanere con lui in questo modo per sempre.

“Ho voglia di baciarti.” Si lascia sfuggire lui, mentre lei nella penombra arrossisce, reagendo a quelle parole. “Lo so che è strano ed è anche fuori luogo, ma…”

E la loro conversazione viene interrotta da Liz che ha iniziato a parlare con una specie di Walkie Talkie della polizia. Quando ritornano al tavolo, lei sta avvertendo i commensali che sta uscendo.

“Un albero è caduto vicino al Wickery Bridge e un auto ha fatto un incidente. Per fortuna niente di grave, ma devo andare a controllare. Intanto è stata data l’ordinanza di non uscire di casa, la situazione sta peggiorando. Quindi probabilmente passerete la notte qui, ragazzi.”

“Ma se è stata data l’ordinanza, perché tu stai uscendo?” le chiede preoccupata Caroline. “Tesoro, questo è il mio lavoro. Vedrai non mi succederà niente. Ma voi non potete uscire di casa. A quanto pare anche le altre città vicine sono nella nostra stessa situazione e si pensa che il temporale potrebbe estendersi fino al Withmore.”

Quando Liz Forbes esce di casa, Klaus si avvicina cauto a Caroline e l’abbraccia dalle spalle per poi circondarla completamente. I presenti restano tutti zittiti. Tutti preoccupati per i loro familiari, immagina Elena. Chissà perché solo lei si sente abbastanza tranquilla. Si fida di sua zia e di Alaric e sa che Jane e Margaret sono al sicuro con loro. Come lei si sente al sicuro con Damon.

Forse è questo il punto con Damon si sente veramente al sicuro, nonostante le parole che lui ha detto prima l’abbiano turbata parecchio.

“Si è fatto tardi.” Interrompe alla fine il silenzio Caroline. “Credo che dovremmo prepararci per la notte. Klaus può dormire in camera con me, poi abbiamo due stanze degli ospiti. Una al primo piano e una su questo. Poi posso prestarvi dei pigiami. Non penso che a mia madre dispiaccia se do a voi qualche roba di mio padre anche se è un po’ vecchia.”

Ed è così che finisce la serata. Tra la preoccupazione che questo temporale possa portare a qualche terribile conseguenza. Elena non va più d’accordo con i disastri metereologici da un anno ormai, alla fine i suoi genitori sono morti per il ghiaccio formatosi dalla neve. Ma non ci vuole pensare. Non in questo momento.

Perciò direzione i suoi pensieri da tutt’altra parte ma mentre fa qualche calcolo si rende conto di una cosa. Ci sono solo tre stanze disponibili. E sono tutti quanto accoppiati. Ciò vuol dire che dormirà con Damon, un’altra volta.


 
“Io non mi metto quel coso Caroline?”

“Che cos’ha che non va il mio pigiama?”

“Prima di tutto questo non è un pigiama. E poi non hai qualcosa di più normale?”

“Ho una maglia larga, ma se vuoi fare colpo su Damon, te la sconsiglio.”

“Piantala!”




 
Guardandosi allo specchio, Elena si rende conto che non c’è molta differenza tra la maglietta larga e nera che indossa adesso e quel pezzo piccolo di pizzo rosso –osceno– che Caroline le stava dando. Entrambi superano a mala pena il fondoschiena, entrambi mostrano le sue gambe in tutta la loro lunghezza e per lo meno con quella maglia si sente più al caldo e più coperta, visto che non si intravede nessun reggiseno e nessuna mutandina.

Però dopo quella frase, non sa cosa fare. Ovviamente le sue amiche hanno voluto dormire con i rispettivi fidanzati e pensa che non si limiteranno solo a dormire. E lei era tentata di passare la notte sul divano, ma alla fine non ha più parlato. Non sa nemmeno perché. Si è solo bloccata. O forse in realtà vuole stare ancora con lui.

Quando Damon esce dal bagno lei si sente in imbarazzo. Ha le gambe completamente scoperte e invano tenta di allungarsi la maglia con le mani. Di certo non aiuta Damon rimasto con il petto completamente nudo.

“Le robe del padre di Caroline sono troppo piccole per me.  I pantaloni mi vanno abbastanza bene, ma il maglione è troppo stretto.” Sorride, quasi timidamente mentre con studiata lentezza si avvicina al letto.

“Immagino che con tutto quell’allenamento nelle esercito, tu abbia dei bei muscoli.” Si lascia sfuggire Elena, per poi darsi mentalmente della stupida.

Lei è ancora vicina allo specchio, timorosa nell’entrare sotto le lenzuola. Eppure è esposta anche in questo modo, mentre a Damon è concesso vedere le sue gambe. Almeno sotto le lenzuola si potrebbe nascondere, ma ha paura che, come quella mattina, lei non sarà in grado di trattenersi

“Non ti toccherò se non lo vorrai.” Interviene lui, ben consapevole dei pensieri della ragazza. “Lo so che ho detto che voglio baciarti, poco fa, ma non lo farò. Non solo per rispetto per te, ma anche perché io non posso innamorarmi un'altra volta.”

E mentre Damon pronuncia quelle parole, un altro tuono quasi assordante sembra entrare dentro la stanza e separare per davvero loro due.

Quelle parole viaggiano continuamente nella sua testa, sembra che Damon le abbia dette indifferentemente, come se a lui non facessero nessun effetto. È stato tanto triste ascoltarle. Sì, a lei hanno anche fatto un po’ male, ma Damon è quello che soffre di più.

“Io credevo di amarla, Katherine. Nonostante, non la conoscessi, affatto. Ma credevo di amarla. E quando ha lasciato me e abbandonato Jane, ho visto tutto quello a cui credevo crollare come castelli di carta. Nessuna donna deve più farmi star male. Devo essere forte per mia figlia, anche se lei vorrebbe noi due insieme.” Accenna un sorriso, mentre si siede sul bordo del letto e si mette di spalle, in modo che Elena non possa vederlo.

“Di certo non aiuta vederti senza un indumento sotto.”

Tentennando, Elena si siede in ginocchio sul letto e cautamente gli appoggia le mani sulle spalle.

“Di certo tu non aiuti.” Afferma, buttando quelle parole con un sospiro, mentre tutta la concentrazione che ha, va via via dissolvendosi.

“Non devi amare me, ad ogni costo, Damon. Ma non puoi privarti dell’amore, non puoi rinunciare a qualcosa che potrebbe salvarti la vita stessa.”

Poi all’improvviso Damon si sdraia sul materasso, trascinando con sé, Elena, che finisce prontamente su di lui.

“Non credi che tutti stiano lì, a dirti quello che devi fare, chi devi amare e anche quando devi amare? C’è mia madre che a volte pensa che io sia innamorato di te, poi c’è Alaric che mi fa discorsi che io non sto nemmeno a seguire e anche sentirlo da mia figlia. È strano. A furia di ascoltare le cose degli altri non so se quello che provo per te sia l’influenza di ciò che mi dicono loro o sia un qualcosa di mio.”

“È la stessa cosa che penso io. Non so cosa sei tu per me. Ormai abbiamo superato da un bel po’ l’amicizia. Ma non è amore.”

“Forse sì, forse no.” E piano le mani di lui percorrono un breve tratto di schiena fino ad arrestarsi, non andando oltre.

“Tu mi confondi, Damon Salvatore.” E la sua testa si va ad appoggiare sulla spalla di quell’uomo.

“Invece quando sono con te le cose si fanno più chiare, solo che sono diverse dai miei obiettivi. Cambi continuamente le mie direzioni. Tutto ciò che voglio fare con te, è diverso. E ho ancora voglia di baciarti.”

Le inibizioni sembrano volar via e Elena stringe tra le sue braccia il collo di Damon, rendendosi conto che il quel momento Damon potrebbe fare di lei tutto quello che vuole. Lei non lo impedirebbe. Non ora. Forse per sempre.

Quando volta la testa verso la radio sveglia, vede la mezzanotte che è ormai passata da un bel po’.

“Damon. Buon San Valentino.” Gli sussurra contro l’orecchio, chiedendosi quasi se ha il permesso di fargli quei auguri.

“Anche a te, piccola Elena.”

E poi, quando la luce dei lampi sembra illuminare a giorno la camera, Elena e Damon si stanno baciando. Sono solo labbra che si sfiorano, ma per entrambi non c’è niente di più liberatorio, di stupendo.
Non si è resa conto, che alcune lacrime sono scese dal suo volto e sono cadute sulle guance di Damon.

Ha tentato di reprimere tutto quello che prova, ma all’improvviso il suo cuore è scoppiato e una fiamma viva la sta circondando insieme a Damon. Si sente viva Elena, perché questo bacio è stupendo per lei. Sa di liberazione, di vita, ma sa anche di un preannuncio. Se Damon non sa quali sentimenti prova per lei, allora sa che per un po’, Elena dovrà dirgli addio.








 
*Piccolo, anzi, piccolissimo chiarimento. Nei libri di Percy Jackson lui è figlio di Poseidone (che per altro nel film è interpretato da Kevin McKidd… Owen Hunt, bello mio fatti abbracciare. Sei asdsdgfsadg) e Annabeth è figlia d’Atena. Allora… la storia del rapporto di questi due dei è veramente lungo. In poche parole entrambi pretendevano Atene, ma gli ateniesi ovviamente hanno scelto lei. In particolar modo nei libri di PJ fanno vedere i due dei sempre arrabbiato. E niente… l’ho aggiunto come particolare alla storia, mi sembrava d’obbligo specificarlo.

 
Note finali: Salve ragazze/i. Ben ritornati.
Ho fatto leggermente tardi questo mese, ma sta iniziando l’università per me and i’m very happy! Perciò ci ho messo più tempo per scrivere il capitolo e per giunta è il più corto dopo il prologo. So… i’m very very sorry.
Il bacio alla fine del capitolo non lo avevo programmato, mi sono sola resa conto che a questo punto era inevitabile, ma secondo i miei programmi (sempre che non cambi completamente idea), le cose dovrebbero peggiorare anche perché alla fine del prossimo capitolo dovrebbe capitare un cosa abbastanza negativa. Basta adesso non spoilero niente, perché sarebbe inutile. Tanto dovrete aspettare un po’.
Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate,
Mia.
PS. Ringrazio le quattro splendide ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo. ;)

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Capitolo 7
*** Parte Sesta ***


6
PARTE SESTA


 
Quando Damon riapre gli occhi, gli sembra essere passata un’eternità. Ma il cielo è ancora scuro. Le nubi temporalesche decorano ancora la visione che c’è al di fuori della finestra. E l’acqua scende ancora copiosa dal cielo, mentre con uno sbuffo si tira su a sedere perché l’umidità della pioggia gli crea qualche fastidio alla gamba. Ma non è quello che lo rende di pessimo umore.

Un ricordo, che gli dà fastidio, continua a torturarlo all’altezza del petto. Come una morsa possessiva che gli fa avere delle strane e preoccupanti sensazioni.

Per un attimo si illumina e pensa di aver trovato la risposta. Non è più riuscito a sentire la sua piccola Jane, ma notando il tempo probabilmente non riuscirà ancora a chiamarla. Eppure quella morsa è ancora presente. Fa ancora un po’ male.

Poi si gira verso l’altra parte del letto ed è vuota, fredda. La sveglia sul comodino segna le undici passate e la mattina, sebbene non sembri, è più che inoltrata. Si stende di nuovo sul letto e allunga una mano verso le lenzuola vuote. Elena.

Il suo profumo è ancora presente sul cuscino, in tutta la stanza, su di lui. E quel bacio lo fa ancora impazzire. In tutti i sensi. È Elena che lo rende così e Dio solo sa quanto quell’uomo sia riuscito a trattenersi questa notte. È difficile spiegare quanto tutto della notte precedente si sia ridotto ad un semplice bacio. Ma Damon ha voluto fermarsi perché non è pronto. Lei non è ancora pronta. Fa comunque male, ma l’incertezza che lo tormenta non fa altro che spingerlo lontano da lei.

Allora, sarà quando non la rivedrà più per un po’ di tempo che capirà quanto lei sarà importante per lui. Che capirà se la ama davvero.

Amore. È una parola talmente grossa per lui e per lei. Fa terribilmente paura ed è immessa. È grande. Poi c’è Elena, così piccola, da proteggere. Lui vorrebbe andare da lei e allontanarla da ogni male, ma non è sicuro di farcela. Non è sicuro di vincere le sue paure ed è convinto di essere troppo debole per una ragazzina che in poco più di un mese gli ha fatto battere il cuore.

“Dannazione!” impreca in silenzio, quando si accorge di star respirando il suo profumo dal cuscino. E si dà del malato, forse dell’ossesso. Ma quella ragazzina gli piace e lo fa diventare matto. Contro ogni sua decisione, lei cambia le sue mete. Anche quando non c’è.

Ogni singola traccia di Elena lo condiziona definitivamente.

Decide di rialzarsi, da quella prigione di tentazioni. Cerca la sua camicia tra le robe sparse sulla sedia, ma non la trova più. Per un attimo, pensa a che fine essa abbia fatto, ma cerca di non pensarci. Ne risentirebbe il suo stato mentale.

Purtroppo ha la conferma dei suoi timori, quando ritorna in cucina e ritrova tutti gli altri che si spalmano del burro su delle fette di pane non tostati.

Caroline sembra la più spazientita da questo blackout. I suoi capelli, non più piastrati, non ricadono più elegantemente sulle spalle, ma alcune ciocche sono decisamente fuori posto.

Elena è seduta sullo sgabello alto della penisola delle cucina, indossando la sua camicia, decisamente più lunga della maglietta che Caroline le aveva prestato la notte precedente. Un po’ si sente sollevato del fatto che gli altri uomini non possano vederla più scoperta di così, un po’ si sente frustrato perché sbirciando nuovamente quelle gambe, si ritrova a ricordare quel momento della sera precedente.

Ancora.

Era solo un semplice bacio, eppure le sue mani erano posate delicatamente sulla pelle liscia delle gambe di Elena. Non che Damon non volesse andare oltre e carezzare più audacemente la ragazza. Ma sa cosa è in grado di fare lei e sa fino a che punto è in grado di andare lui, per non perdere il controllo o la ragione.

“Buongiorno a tutti.” Sembra solo un sussurro, quello di Damon, in confronto ai rumori della pioggia, ma tutti gli altri sembrano sentirlo ugualmente, mentre la noia regna sovrana nella casa e ogni scusa è buona per distrarsi.

Caroline sembra rianimarsi, soprattutto quando con lo sguardo indugia troppo sul suo petto e la sua mente potrebbe fare troppe considerazioni fuori luogo, visto che la sua migliore amica indossa, per giunta, la sua camicia.

“Buongiorno anche a te, Damon. Dormito bene?” sembra quasi famelica, Caroline. Curiosa e desiderosa di nuove informazioni.

Elena gli aveva accennato che la sua migliore amica è fatta così, ma non per cattiveria. Forse per semplice indole.

Damon si limita a non rispondere, aiutato anche da Bonnie che accidentalmente fa cadere un bicchiere di vetro rompendolo in mille pezzi, facendo distrarre così la sua interlocutrice.

Sfruttando l’occasione, si avvicina ad Elena e le regala un timido sorriso di buongiorno. Dedicato solo a lei. Nel momento esatto in cui lei ricambia il sorriso, Damon sente un leggero calore all’altezza del petto che lo fa stare meglio. Sempre. Ogni volta che Elena gli sta di fronte, tutte le sue preoccupazioni sembrano svanire.

Maledizione!

“Perdonami se ho preso la tua camicia, ma con la maglietta di Caroline mi sentivo troppo scoperta.” gli sussurra la ragazza, mentre Damon prende posto accanto a lei.

“A me non importa. Puoi prendere tutto ciò che è mio. Solo che così puoi dare delle impressioni sbagliate. Sappiano solo noi quello che è successo stanotte.”

“Assolutamente nulla.”

“Esatto. Assolutamente nulla. Ma dobbiamo parlare.” Le sussurra, avvicinandosi leggermente al suo orecchio. Sente un sussulto da parte della ragazza e raggela al solo pensiero che lei stia provando le sue stesse sensazioni. “Quello che tu chiami nulla deve avere un seguito… o una fine.” Conclude a malincuore.

Elena si volta verso di lui. Non sorpresa, ma consapevolmente triste di quello che presto accadrà ad entrambi.

Si sono baciati, ma tutti e due sanno che continuare di questo passo con questa velocità, non conviene. Non avrebbe senso, non quando c’è ancora tanta confusione nelle loro teste. Quel bacio era stato emozionante. Damon riesce ancora a percepire uno spiraglio di sensazioni che quella sera precedente ha provato.

Ma ogni volta che pensa a Elena e gli sfiora l’idea di toccarla e di baciarla ancora, ritorna in lui il ricordo di Katherine e la terribile delusione, il dolore che spesso viene a fargli male.

Non un’altra donna nella sua vita. Non per far soffrire lui. E Jane.

Lei annuisce, consapevole del destino di entrambi.

“D’accordo.”

E la mattinata passa lentamente. Averla vicina non può aiutarlo di certo. È sempre sul punto di cambiare idea, ma cerca di resistere e di non farsi condizionare dalla sua presenza.

A Elena sembra andare bene così. Fino a quando la tempesta sembra calmarsi, almeno per un po’, e Damon l’accompagna, d’avanti a casa sua. Non vede l’ora di vedere sua figlia e di abbracciarla, ma prima deve chiarire al meglio la questione.

Elena lo guarda con quello sguardo così consapevole che Damon è tentato di non dir nulla e di lasciare nel vento quelle parole che non occorre dire ad alta voce. Ma non bisogna lasciare nulla a caso. Bisogna mettere un punto o una pausa alla loro situazione. Non serve parlare, ma deve farlo. Forse più per se stesso che per Elena.

Si avvicina un po’ di più a lei, per sentire il calore del suo corpo almeno un’ultima volta. Le sposta delle ciocche di capelli dal volto e resta lì fermo con le mani sulla sua testa. Lei sembra bearsi di quel contatto, quasi come fosse un camino acceso durante una tempesta di neve. Le dita sono come le fiamme che, con il loro calore, accarezzano chi le sta più vicino.

Socchiude gli occhi Elena e Damon vorrebbe baciarla ancora. Un’ultima volta.

“So cosa vuoi dirmi.” Sussurra lei con quella voce roca. Probabilmente si è raffreddata e lo può vedere dalla punta del naso diventata rossa.

È normale che Elena sappia cosa Damon voglia dirle. Ormai si sente un tutt’uno con lei e i loro pensieri sono quasi sempre gli stessi.

“Sono troppo instabile.” Afferma Damon e con quelle parole sembra volersi ancorare fisicamente a lei. Preme un po’ di più sulla testa, senza farle male.

“Lo sono troppo anche io.” E quell’intreccio dei capelli di lei e delle sue dita si scioglie. Tanta è la paura di farla cadere.

“Quindi è impossibile sostenerci a vicenda. Anche se lo volessimo con tutto il nostro cuore, al primo ostacolo cadremmo all’istante.”

Gli occhi di Elena sembrano voler approvare quelle parole e mentre un sorriso si fa strada sulle sue labbra (uno di quei sorrisi leggeri, un po’ tirati, che sanno di addio), una mano va ad accarezzargli il volto.
“Questa notte con te è stata bella. Non ho avuto pensieri.”

“Io non ho avuto incubi, perché c’eri tu. Ma voglio focalizzare questi sentimenti per Jane. Quando sono con te, Elena, provo quella piacevole sensazione che mi fa sentire… a casa. È una cosa stupenda, soprattutto quando mi ricordo che insieme a tutte queste emozioni ci sono i tuoi occhi.”

“Che cos’hanno i miei occhi?”

“Sono bellissimi.” Il sorriso di Elena si allarga e a Damon scoppia il cuore. Le emozioni si fanno più amplificate e nessuno sa che il suo battito  del cuore non è altro che l’eco del cuore di Elena.

Si sente più forte rispetto ad un minuto prima e torna ad accarezzare quella ragazzina che prontamente afferra la sua mano e la stringe tra le sue fredde e umide.

“Anche i tuoi occhi sono bellissimi. Soprattutto se sono illuminati dai lampi della tempesta. Diventano di un blu intenso e mi fanno rabbrividire. Quando sono con te, mi sembra di star assistendo ad un temporale. Tu sei come una tempesta, Damon. Maestoso, che a volte intimorisce, ma piacevole.” Inizia a tremare, Elena, e Damon l’accarezza un’ultima volta, quando nota il tremore delle sue labbra.

Non è sicuro che sia il freddo.

“Tu invece sei come la luna. Bellissima, ma quasi irraggiungibile… forse anche con un lato oscuro che nessuno conosce. E vorrei toccarti veramente adesso. Baciarti meglio di ieri sera, ma sono convinto che se lo facessi, non riuscirei più a fermarmi.”

Vede Elena sussultare, trattenere il fiato e fissarlo fino a farsi bruciare gli occhi. Poi, quando il suo respiro ritorna regolare, anche il rossore delle guance si fa più vivo e Damon, ancora, ha voglia di sfiorarla.
“Allora dovresti andare via. Perché quello che pensi di volere forse non è reale. Forse è un’illusione costruita da altri… e se tu ritornassi a baciarmi in questo momento, potremmo solo farci del male. Io non voglio ancora soffrire Damon. Ma non voglio nemmeno che tu soffra. Ci tengo troppo a te per ucciderti l’animo.”

Eppure Damon è ancora ancorato a lei. Non si stacca, non si allontana e puntualmente ogni “buon” proposito va in fumo. Vorrebbe rimangiarsi tutto. Attirato dalle parole di Elena che, invece, gli pregano di allontanarsi.

È una reazione contraria a quella che entrambi dovrebbero fare. Il punto è che non vogliono. La forza di volere è pericolosa quando c’è di mezzo l’amore.

Adesso sono uno di fronte all’altra, con le nuvole grigie che oscurano il sole di primo pomeriggio. Si cercano, si convincono, intanto supplicano mentalmente di essere fermati dall’altro. Di dire che non importa ciò che pensano gli altri. Alla fine, stanno bene insieme.

Ma nessuno dei due lo fa. Perché tanto è forte il loro potere, tanto è forte la loro paura.

Entrambi hanno scoperto cosa sia il dolore. Quello atroce, quello disperato, quello che ti logora l’anima e si attacca ad essa senza andarsene mai. Risvegliare quel mostro è una paura troppo grande.

Damon continua a fissarla, a cercare una risposta più chiara a tutti i suoi dubbi e i suoi perché, ma non trova niente di sensato. Solo un forte impulso.

Di slancio l’abbraccia, alla ricerca di quel profumo che lo ha cullato tutta la notte. More e cioccolato. Ed eccolo lì, insieme all’odore fresco di pioggia che si fa strada in lui e lo rianima.

In quella stretta quasi ferrea, Damon imprigiona il debole corpo di Elena. La sente tremare tra le sue braccia, irrigidirsi per poi rilassarsi. La sente sospirare piano piano e dolcemente posargli le braccia sui fianchi e ricambiare l’abbraccio.

Non sa se è un frutto della sua immaginazione o meno, ma sente un “non lasciarmi” lontano, in profondità del suo cuore. Chiude gli occhi per scacciare quel pensiero e delicatamente le sfiora una tempia con le labbra. La bacia e in quel momento, solo in quel momento, con quel bacio le dice di volerle bene, di amarla.

Presto, però, ogni sentimento se ne va, scacciando via ogni amarezza.  Spazzato dal vento che torna impetuoso e separa i loro corpi e le loro anime.

“Vado via.” Le sussurra con una voce così bassa che sembra stia parlando con se stesso.

Gli occhi di lei sono lucidi, eppure Damon tenta di non guardarli più. Perciò suona il campanello e dopo appena due secondi il volto di Jane fa capolino dietro la porta per accertarsi che ci sia veramente il padre a prenderla.

“Papà!” esclama contenta, saltandogli in braccio.

Damon in lei vede il su spiraglio di luce. Sono scomparsi i momenti di prima con Elena. Scompare anche il dolore alla gamba. Va via tutto. C’è solo la sua adorata bambina.

“Ciao scricciolo. Mi sei mancata.” Le dice, sollevandola ancora di più con le sue forti braccia. “Sei stata bene qui?”

La bambina annuisce contenta mentre stringe il suo pupazzo di peluche preferito.

“Bene allora prendi le tue cose e andiamo a casa.”

Quando Jane ritorna dentro l’abitazione dei Gilbert, Jenna si affaccia sul portico e invita Damon ad entrare. Ma l’uomo declina l’invito della sua amica. Sa che se spendesse ulteriori minuti con Elena la situazione potrebbe peggiorare ancora di più.

Già il solo non guardarla, ignorarla, ma sentirla allo stesso tempo vicina lo manda nel pallone. Lo farebbe sempre e comunque, alla presenza degli altri anche.

“Credo che voglia stare da solo con Jane.” E dopo che la donna rientra, Damon ed Elena restano ancora una volta da soli, ma non si sfiorano, non si guardano nemmeno. Non si vogliono nemmeno cercare.  Sanno che potrebbe essere la fine o l’inizio della fine.

Iniziare una storia con lei… sarebbe un errore da principianti, da deficienti. Eppure l’immagine di loro due insieme, fa un bell’effetto. E non per le smancerie o perché tutto quello che potrebbe accadere potrebbe portare felicità, ma perché Damon sente che quando sta con Elena va tutto bene. Sente come se abbia trovato il tassello giusto del puzzle. L’incastro perfetto.

Quando si trova la persona che fa sentire in quel modo, si è finalmente a casa. Non sempre la famiglia riesce a far stare bene. A volte fa sentire fuori posto, o non compresi. Damon ama Jane, la ama con tutto il suo cuore e quella bambina sarà per sempre la sua vita. 

Ma…

Il pensiero di Elena ritorna sempre. Prepotente, come un uragano si fa strada nel suo cuore, impazzisce sempre di più e aumenta i battiti ad una velocità inarrivabile. È questo l’effetto che fa Elena e adesso Damon si sta chiedendo perché si stanno allontanando.

Poi, ad un tratto, ricorda le parole di sua madre, di Alaric e sa anche che l’amica di Elena ha ficcato il naso nella loro “relazione”. Per non parlare di quel Percy…

Tutti sembrano sapere cosa loro due vogliano. Tutti sembrano capire che si amano. Ma Damon non è ancora arrivato a questa conclusione. Per quanto Elena possa farlo sentire così,  lui non può avere la certezza di amarla. Eppure per gli altri sembra una certezza. Eppure tutti i sintomi della malattia sono presenti. Tutti li vedono. Tranne loro. Non sono pronti ad ammetterlo.

Alle altre persone tutto è chiaro, come l’acqua, ma un velo nero sembra essere caduto sui loro occhi. Perché loro non sanno più che dire.

“Ho passato un bella serata con te, Damon.” La voce flebile di Elena si fa strada nelle sue orecchie, mentre i rumori della città lentamente prendono vita e Damon non li sente. Non si è nemmeno accorto che ha smesso completamente di piovere e non vede nient’altro se non la porta di casa con il 2104 dorato sopra di essa.

Non la vede, ma la sente e vorrebbe girarsi, guardarla negli occhi. Perché, davvero, niente è più bello degli occhi di Elena.

“Anche una bella nottata.” Continua lui, ricordando di essersi svegliato solo una volta durante le ore di buio e di averla vista dormire accanto a lui, in una visione splendida. Con i lampi dei fulmini che filtravano attraverso le tende blu della finestra e le illuminavano il corpo, mentre il petto si alzava e abbassava regolarmente, mentre ciocche di capelli le ricadevano sul volto, nascondendone i lineamenti.

Si è lasciato cullare da quella visione, Damon, e l’ha fatta sua. Non la dimenticherà mai.

“Anche una piacevole mattinata.” Finisce lei, mentre sente il principio di una risata sbucare fuori dalle sue labbra, per poi spegnersi all’istante.

Quel calore che stava finalmente nascendo nel suo petto, si spegne definitivamente con una folata di vento.

“Non ci saluteremo nemmeno quando ci incroceremo?” gli domanda sinceramente preoccupata e, sinceramente, lui non sa che rispondere.

“Vedremo. Credo che le cose si risolveranno da sole.” Le risponde sentendo la sua mano posarglisi sulla spalla e accarezzarlo. Come se Elena fosse alla ricerca di un ultimo contatto.

Non si dicono addio. Semplicemente si lasciano così, senza guardarsi negli occhi.

Damon si dirige verso la macchina, aspettando che sia Jane a raggiungerlo, mentre Elena, senza voltarsi, entra in casa e non guarda indietro.



 
§§§



 
È sera e alla pensione Salvatore Damon sta accarezzando la sua bambina mentre lentamente si sta addormentando. Lui è stanco, non ha così tanto sonno ma sa che se prenderà le pillole che il dottore gli ha prescritto, passerà una notte tranquilla.

Guarda sconsolato la figlia in cerca di risposte da darle. Per la prima volta in tutta la sua vita, Jane gli ha chiesto della sua mamma. Prima di oggi ha sempre fatto quella fatidica domanda a Lily, ma Damon si doveva aspettare qualcosa del genere prima o poi.

È stato come un fulmine a ciel sereno, come la tempesta che da poche ore si è fermata.

“Dov’è la mamma?”

“Lei lavora lontano. È difficile per lei ritornare a Mystic Falls.”

Per quanto tempo andrà avanti così? Jane crescerà e non resterà per sempre una bambina ingenua che chiederà in continuazione di Katherine. Tra qualche anno potrebbe anche mettersi in testa di andare a cercarla e lì, ne rimarrebbe devastata, come devastato ne è rimasto Damon, che troppo lontano da casa ricevette la notizia di essere solo, con una figlia a carico e una fidanzata che lo aveva mollato.

A Jane per adesso basta quella risposta, ma presto non ci sarà tempo per le scuse e cambiare discorso non sarà più così facile. A Damon gli è bastato distrarla su un giocattolo nuovo o su una Barbie da comprare e sua figlia ha sorriso dimenticando il suo dispiacere di non avere una mamma.

Poi Damon si è sdraiato accanto a lei e si è messo a cantarle una dolce ninna nanna, una di quelle che gli cantava sua madre quando era piccolo e Jane pian piano ha chiuso gli occhi fino a quando non ha raggiunto un respiro regolare e non si è addormentata. Damon nella luce soffusa della camera da letto, la guarda riposare, avvolta nelle calde coperte e continua ad accarezzarle i capelli.

Stava per andarsene, poi si è fermato catturato da una smorfia di sua figlia. Ha arricciato il naso e aggrottato le sopracciglia proprio come faceva Katherine quando sentiva un odore che non le piaceva durante la gravidanza.

Non ci ha mai pensato così tanto. Sua madre gli ha sempre detto che Jane è la sua fotocopia. I suoi occhi azzurri, i suoi capelli neri… proprio come i suoi. Eppure ci sono molte cose di Katherine in Jane, più di quanto Damon si aspettasse. Le labbra a cuoricino, il naso piccolo e sottile, le guance morbide e alcune espressioni degne della madre.

Anche il carattere (certo Damon è sempre stato un tipo troppo burrascoso durante l’adolescenza, ma dopo la morte del padre è cambiato) è senz’altro vispo è allegro come quello di Katherine.
Forse non lo ha mai voluto ammettere, ma c’è molto di quella donna in sua figlia.

Adesso gli fa uno strano effetto. Perché non ripensa a lei da un bel po’. Non sa che fine ha fatto. Durante i primi sei mesi di vita di Jane non ha fatto altro che chiamarla e provare a contattarla, ma non è servito a niente. Katherine era scomparsa dalla faccia della Terra e per Damon ogni speranza di tenere unita la così detta famiglia era svanita nel nulla. Così come ogni sua possibilità di essere felice.
Quello era stato il suo colpo di grazia.

Se con la morte del padre, Damon aveva perso ogni traccia della sua adolescenza, con la presenza di una nuova ragazza e con l’imminente arrivo di Jane era ritornato quel nuovo faro ad attenderlo. Ma la fortuna non gira mai a suo favore. La fortuna è talmente cieca da non arrivare mai a lui.

La piccola sussulta nel sonno, presa tra le braccia di chissà quale sogno e istintivamente si aggrappa al braccio si Damon, soffiando un po’ impaurita sulla sua pelle. Lui riprende ad abbracciarla e ad accarezzarle i capelli, mentre lentamente, grazie a quelle attenzioni la bambina si calma.

Quando ormai da un’ora Jane è intrappolata nel regno di Morfeo, Damon si allontana dalla sua stanza. Si avvicina cautamente in cucina per non far rumore e prende un bicchiere d’acqua. Ma presto viene distratto da rumori ovattati provenienti dal vecchio studio del padre.

Si avvicina alla porta socchiusa e la luce della lampada filtra attraverso essa. Quando la apre lentamente nessun rumore riesce a distrarre colui che ha tanto da fare da non prestare attenzione da nient’altro.
Stefan cerca senza sosta qualcosa tra i libri, tra gli scaffali, nei cassetti. A volte si piega anche sul pavimento per guardare sotto i tappeti. Sembra quasi frenetico, impazzito. I suoi occhi brillano di una luce che Damon non ha mai visto nel fratello. Eppure che cosa potrebbe esserci di tanto importante in un vecchio studio come quello?

Giuseppe Salvatore era un semplice uomo d’affari e non gli sembra che a Stefan sia mai interessata l’attività del padre. Così come a lui, del resto. E quei registri, quei libri in effetti sono incomprensibili, eppure suo fratello sembra esageratamente interessato ad ogni riga di ogni singola pagina, mentre ogni volta che richiude uno di essi lo sigilla con un semplice post it giallo.

“Ma che stai combinando?”

Per un attimo Stefan sobbalza e fa quasi cadere il libro che ha in mano a terra. Si gira verso la voce che gli ha parlato e nota Damon sulla soglia della porta presto dalla curiosità del suo gran da fare.

“Non dovresti essere al college o a studiare?”

Inizialmente Stefan sembra voler sviare il discorso, guardando altrove e indietreggiando sempre di più come a farsi scudo dalla domanda del fratello.

“Io ho preso una settimana di riposo. Devo fare una cosa.”

“E cosa sarebbe questa cosa?”

“Io… no, lasciamo stare, mi prenderesti per stupido.”

Fa cenno di no con la testa come a voler scacciare ogni voglia di confessare tutto al fratello. Riprende i libri che aveva messo sulla scrivania e li mette in ordine.

“Cosa sarebbe troppo stupido? Ti sei interessato all’economia.”

“Ma che dici? Io… è complicato, ok! Faccio questa cosa e… mi sembra di diventare più stupido.”

“Cosa esattamente ti fa diventare più stupido, di grazia? Così almeno quando inizierai a soffrire di qualche demenza saprò sicuramente quale sarà la causa.”

Il più piccolo dei Salvatore è ancora indeciso se raccontare tutto o niente al maggiore, ma alla fine sembra prendere  una decisione, dirigendosi verso una foto appesa della loro famiglia. Una Lilian e un Giuseppe ancora giovani mentre lei culla tra le sua braccia un appena nato Stefan e mentre lui poggia una mano sulla spalla di un piccolo Damon. Sorridono tutti in quella foto. Tutti erano felici.

Ma la foto non resta ferma, Stefan fa scattare qualcosa, una specie di ingranaggio schiacciando un pulsante microscopico e la fotografia si apre da un lato, rivelando così una cassaforte, di cui Damon non ne conosceva l’esistenza.

“L’ho scoperta due anni dopo la morte di papà. La mamma non voleva più entrarci, tu eri sempre via a combattere in chissà quale posto dell’Afghanistan e questa stanza era sempre sigillata. Così quando finalmente mi sono deciso ad aprirla, ho trovato questa cassaforte. Ho provato ad aprirla con la data del matrimonio, con le nostre date di nascita, con tutto quello che possa essere collegato a papà, ma non c’è nulla che riesca ad aprire quella cassaforte. Così ho iniziato a sfogliare i suoi libri, i suoi diari, tutto quello che c’è in questa maledetta stanza, ma nulla.”

“Magari non c’è nulla.”

“Come puoi dirlo? Papà si è ammalato all’improvviso ed è morto subito dopo.”

E su questo Stefan ha ragione. Il padre sicuramente non ha fatto in tempo a svuotarla, se solo all’interno ci fosse stato qualcosa. Adesso anche in Damon sta nascendo quella curiosità che sta letteralmente divorando il fratello e gli ha fatto nascere quella luce negli occhi.

Damon si va a sedere sulla poltrona del padre, di fronte alla scrivania di mogano. Si ricorda quando da piccolo ci giocava e faceva finta di essere il presidente degli Stati Uniti nella stanza ovale.

“Non hai mai trovato nulla?” gli chiede mentre si massaggia la gamba un po’ dolorante. O forse è solo l’emozione del momento che lo induce a fare tutto ciò.

“No. A volte trovo delle cifre appuntate a matita tra le pagine, ma sono solo dei numeri di soldi o altro. Li ho provati tutti. E poi puntualmente due settimane l’anno mi ritrovo a leggere e rileggere questi libri. Convinto che prima o poi noti qualcosa che non abbia ancora visto.”

Damon non può credere nemmeno alle sue orecchie. Suo fratello si è messo davvero a fare una cosa del genere?

“Un momento. Io pensavo che questa fosse la prima volta che leggevi questi libri. Stefan, così finirai per impazzire.”

“No, te l’ho detto. È una cosa che faccio periodicamente così non esagero e non impazzisco… e poi è un modo per sentirmi ancora vicino con il vecchio.”

In quel momento Damon si rende conto quanto effettivamente a suo fratello manchi Giuseppe. Quando lui è morto Damon ormai era grande, l’adolescenza era finita ma il dolore che provava per la morte del padre  lo indusse ad arruolarsi nell’esercito. Tecnicamente scappò, ma per lui fu un sollievo allontanarsi da Mystic Falls così a lungo. Non si è mai reso conto di aver lasciato Stefan, poco più bambino, da solo con la madre. Senza nessuna figura paterna ad accompagnarlo durante l’adolescenza e senza neanche un fratello maggiore a fargli da guida.

Tutti sono rimasti distrutti da quella morte e cercare in quelle pagine ormai ingiallite è l’unico modo che Stefan ha per sentirsi vicino a suo padre e per non provare dolore.

“Che cosa speri di trovarci dentro?” gli chiede rassegnato, consapevole del fatto che suo fratello non si fermerà fino a quando non troverà quel maledetto codice.

Stefan intanto sta osservando le pagine dell’ennesimo libro e richiudendolo ci pensa su un attimo, prima di rispondere.

“Sinceramente non lo so. Spero che sia almeno un qualcosa che possa farmi mettere l’anima in pace. Sai mi manca.”  Manca anche a me. Si dice Damon senza parlare. Stefan sa che anche per lui è così. “Ma adesso sto quasi perdendo la pazienza. Ho letto queste pagine una miriade di volte. Anche Katherine le ha lette.”

E a quelle parole Damon ha un tuffo al cuore. Katherine. Quel nome sta ritornando troppe volte in quella giornata e sembra non volersene andare più via. Quella donna sarà la sua maledizione.

“Katherine? Che cosa c’entra Katherine adesso?”

Damon vede suo fratello deglutire e distogliere repentinamente lo sguardo, mentre lui continua a guardarlo interrogativo.

“C’è una cosa che non ti ho mai detto. Come te Katherine, una volta mi sorprese qui dentro mentre cercavo il codice e decise di aiutarmi. Restammo tutta la notte svegli, ma come al solito non trovammo niente. Io… io ero solo un ragazzino. Avevo quindici anni, Damon. Mi sono solo lasciato trasportare da lei e dalla gratitudine. Così… la baciai. Ma lei si distaccò subito…”

Non lo lascia nemmeno finire di raccontare. Alla fine non c’è ne bisogno. Katherine è ormai una storia passata. Sì, all’epoca la gelosia nei confronti della ragazza lo avrebbe fatto diventare matto. Si sarebbe senz’altro infuriato con Stefan e sarebbe stato addirittura capace di lasciare l’esercito per tenere d’occhio lei. Infondo, Katherine era (forse è ancora) una fotomodella molto carina, senza dubbio attraente e molti uomini cadevano facilmente ai suoi piedi. Sì, Damon sarebbe stato sicuramente geloso nei confronti della madre di sua figlia.

Adesso, però, ogni sentimento verso di lei è morto e sepolto e non c’è possibilità che ritorni indietro. Perciò Damon si mette a ridere, lasciando interdetto Stefan e con la bocca spalancata si allontana da lui.

“Non sei arrabbiato?”

“Perché dovrei? Katherine per me non esiste più. E poi tu eri un ragazzino, ti eri sicuramente preso una cotta per lei, ma a quell’età passa tutto.”

Stefan sembra essere sollevato dalle parole di Damon e quando un silenzio rilassato si fa spazio in quella stanza, Damon ricorda qualcosa. Un qualcosa di nascosto in quella stanza che suo fratello sicuramente non conosce, ma infondo anche lui non dovrebbe sapere di esistere. Un posto in cui Stefan non ha cercato niente.

Così si alza Damon e va a prendere un piccolo libro sullo scaffale più alto della libreria e lo poggia sulla scrivania facendolo vedere al fratello.

“Aprilo!”

Suscitando la sua curiosità Damon gli indica quel piccolo manuale con le scritte ormai cancellate. Stefan fa quello che gli dice e non appena le pagine si aprono, ne escono fuori dei fogli sicuramente più nuovi, piegati accuratamente. Il ragazzo dà un’occhiata e le analizza per bene.

“Sono le piantine della casa. Tutti i piani.”

“Sono i progetti, per l’esattezza. Vennero fatti quando la casa doveva essere ancora costruita. La mamma mi ha detto che papà ci mise anima e corpo per costruirla. Era preso dall’euforia e ogni aggiunta era buona per lui. Io in realtà ne ero già consapevole. Perché due anni prima la morte di nostro padre, trovai queste.”

“Ma cosa c’entrano con Katherine?” gli chiede spaesato, senza trovare una logica con i temi delle loro discussioni.

“Con lei nulla, in realtà ci sto pensando da quando ti sei messo a parlare del fatto che vuoi sentirti più vicino a lui.”

“E allora? Devo conoscere la cartina della casa a memoria per lui?”

“Sei un idiota, Stefan.” Damon alza gli occhi al cielo e facendo accomodare il fratello accanto a lui gli indica alcuni punti delle varie cartine. È ora di svelare la verità. “Guarda. Qui siamo noi, questo è lo studio e esattamente al piano di sopra c’è il bagno della mia camera. Ma non ti sembra che questo studio sia più piccolo del mio bagno?”.

Stefan si è fatto improvvisamente più interessato alla rivelazione del fratello e sovrappone le due carte mettendole poi in contro luce.

“Sulla cartina i muri combaciano perfettamente, ma in effetti, il tuo super lussuoso bagno è molto più grande. Quasi il doppio.” Damon annuisce, poi guarda la parete di fronte alla scrivania ricoperta completamente da una mastodontica libreria. “Lì, non c’è una parete, non è vero?”

Lui nega con la testa e osserva suo fratello perdersi completamente dall’euforia del momento e per la rivelazione che praticamente gli sta accartocciando i polmoni facendolo respirare a fatica.

Damon prende il taglia carte appuntito e si dirige verso la libreria. Sa che sul secondo scaffale a sinistra c’è un minuscolo buco. Ci infila la punta dentro e proprio come la prima volta, sente quel meccanismo scattare. Due secondi più tardi la libreria sembra dividersi a metà e sbloccare entrambi i lati come se fossero due ante.

Stefan in un primo momento resta a bocca aperta, poi si rende si rende conto dell’enorme scoperta che ha appena avuto e si precipita ad aprire quelle ante.

Più o meno aveva la stessa età, Damon quando scoprì l’altra metà della stanza. Forse il tesoro più prezioso del padre.

All’apertura delle ante una stanza viene illuminata automaticamente e rivela armi di ogni genere.

“Mamma non conosce questo posto, probabilmente non sa nemmeno che papà aveva il porto d’armi.” E effettivamente ciò che si mostra d’avanti a loro sono decine di teche riempite con armi di ogni genere. Fucili, pistole, rivoltelle. La maggior parte da guerra.

E al centro, appesa al muro, una pistola che sicuramente riesce ad attirare l’attenziondei fratelli.

“Non appena scoprì questo posto, papà mi beccò all’istante, ma non si arrabbiò anzi mi stette a spiegare tutta la sua storia. Mi disse che aveva una passione per le armi. Ovviamente non le ha mai usate, ma gli piacevano. E poi questa…” fa indicando la pistola centrale. “… è la più importante di tutte. La usò nostro nonno durante la seconda guerra mondiale. La Colt .45. La cosa più importante per nostro padre. Venerava questa pistola, poi quando mi spiegò la sua storia, la prese in mano e la smontò in mille mezzi spiegandomi tutte le sue funzioni.”

Stefan sfiora il vetro della teca, emozionato e senza fiato.

“Perché non me lo hai mai detto?”

“Eri un bambino, Stef. Poi papà è morto e io me ne sono andato. Quando ritornavo avevo così poco tempo per stare con voi che non potevo di certo mettermi a pensare a questa stanza.”

Suo fratello, però, sembra non ascoltarlo più.

“È stupenda.” Dice osservando ancora la Colt.

“Questa è l’amore in comune che hanno tutti i Salvatore. Non mi sorprende che ti piaccia. Papà l’adorava.” Poi un lampo di genio gli passa per la testa. “Stefan… il codice della cassaforte, da quante cifre è composto?”

“Quattro. Perché?”

“Sai Colt. 45 non è il suo vero nome. È solo quello più utilizzato per via delle munizioni. Il vero nome è Colt M1911. Papà amava questa pistola, forse potrebbe andare bene.”

Stefan non gli risponde neanche. Si precipita dall’altro lato della stanza per digitare le quattro cifre.

1… e la cassaforte sembra accettarlo emettendo un suono acuto e facendo illuminare di verde la prima lucina.

9… Stessa cosa. E i fratelli Salvatore sospirano a quel suono presi dalla curiosità.

1… La terza lucina si accenda. Ormai Damon ne è quasi sicuro. La sua intuizione è giusta.

1… Così come la libreria, l’anta della cassaforte scatta in avanti, lasciando immobili Damon e Stefan.

Il più piccolo sembra quasi aver paura, adesso. Dopo tutti questi anni è veramente giunto il momento di scoprire cosa di nascosto c’è in quella cassaforte.

Quando Stefan la apre, vede solamente gruzzoli di banconote sparsi in tutta la nicchia. Sembra quasi deluso e Damon può capirne il motivo. Il fratello brontola esasperato e, preso dalla foga, scaraventa tutto il contenuto della cassaforte al di fuori, non notando una lettera che finisce ai suoi piedi.

Damon, trafelato, lo chiama e con lo sguardo gli indica la lettera. Ancora chiusa, sigillata.

Stefan vorrebbe aprirla, ma sa che non può. Damon capisce del gesto mancato del fratello quando nota la scritta in un elegante corsivo. È la scrittura del padre e c’è scritto:

 
Alla mia famiglia.

 
Aspetteranno il mattino dopo per aprirla, quando anche Lily sarà sveglia e potranno leggere l’ultimo saluto di Giuseppe Salvatore alla sua famiglia.


 
§§§



 
Rientrata in casa, l’umore di Elena non è di certo dei migliori. Ha appena rotto con Damon, se le è consentito usare quel termine, o perlomeno hanno preso una decisione che li allontanerà per molto.

No, non è affatto contenta. Ne era consapevole, già dalla sera precedente che il legame tra lei e quell’uomo si sarebbe allentato, per così dire. Anche mentre si stavano baciando (e Elena non dimenticherà mai più il sapore di quelle labbra), una delle sue poche sensazioni era che presto lei non l’avrebbe più rivisto.

Se deve essere sincera, Elena spera vivamente di poterlo rivedere almeno un’altra volta o, ancora meglio, che lui cambi idea, che si renda conto che entrambi possano stare insieme.

Eppure non ci sperava più nell’amore Elena. Quando spesso vedeva Stefan a scuola di danza, si chiedeva se prima o poi avrebbe incontrato la persona della sua vita. Ma, davvero, non ci sperava più, nonostante la sua giovane età, nonostante l’avere un’intera vita davanti a sé. Poi è arrivato Damon e l’ha letteralmente sconvolta e in cuor suo, sapeva che con Damon le era rinata la speranza. Speranza che è appena stata assopita, nel giro di una giornata.

Può inventarsi tutte le scuse di questo mondo, può arrampicarsi su ogni specchio che la circonda, ma nulla le negherà il fatto che Damon le manca già.

Anche se non può affermare che il sentimento sia reciproco.

Vederla con quella tristezza negli occhi non giova nemmeno a Jenna e Alaric, che preferiscono non fare domande. Sapevano sin dall’inizio dell’avvicinamento tra Damon ed Elena che i due erano terribilmente complicati e confusi anche da soli. Di certo, speravano che una loro possibile unione li avrebbe fatti migliorare, ma evidentemente sia l’uomo che la ragazzina non sono ancora pronti a fare il passo successivo.

Perciò non fanno domande. Alla fine Elena è abbastanza grande e matura per prendere le sue decisioni e per scegliere da sola se raccontare tutto alla sua famiglia o meno. Stessa cosa vale per Damon.

Alaric sarà sempre pronto con una bottiglia di Bourbon in mano nel Mystic Grill ad accoglierlo e ad ascoltare tutti i suoi problemi amorosi.

Quindi Elena si chiude la porta alle spalle e evita la sua famiglia che non insiste ovviamente a forzare di sbloccare quel suo mutismo.

L’unica che l’accoglie a braccia aperte e Margaret. Non vede quella bambina da un giorno intero, ormai e… Damon una volta aveva ragione. Le bambine saranno la loro salvezza.

Elena prende in braccio la sua sorellina che inizia a riempirla di baci e si va a sedere sul divano mentre Jenna le porge una tazza traboccante di cioccolata calda e Alaric le si siede accanto, facendo sì che lei possa poggiare il capo sulla sua spalla.

È un ottimo amico Alaric, e in quei mesi di solitudine è forse stata l’unica persona che possa avvicinarsi ad una figura paterna. Con lei si preoccupa, rimprovera Jeremy e coccola quando può Margaret.  Elena spera che prima o poi lui e sua zia possano avere dei figli propri. E poi lei sarebbe contenta di avere dei cuginetti da accudire.

Immagino che non ci resterà niente da fare se non crearne uno nostro, di bambino.

Sobbalza al ricordo di quella frase detta qualche tempo fa da Damon e ancora una volta, il pensiero di un bambino tutto suo, le riscalda il cuore, ma la immobilizza allo stesso istante.

Forse tutto ciò che la fa stare bene in questo momento è la sua famiglia. Anche se al quadro familiare manca solo suo fratello.

“Che fine ha fatto Jeremy?”

“Appena finito il temporale, ne ha approfittato ed è uscito fuori di casa.” Le risponde la zia, quasi esasperata.

Jeremy è sempre stato uno spirito libero, in famiglia. Più di Elena. Ma prima della morte dei suoi genitori non si è mai comportato in questo modo. Non parla più con nessuno, nemmeno con Alaric che spesso si è dimostrato un amico e un complice per lui. Sembra quasi voler chiudere i rapporti con la famiglia, per affacciarsi al mondo esterno.

Ma ha lasciato la scuola, sporadicamente lavora così come sta facendo Elena, ma non vuole avere accanto nessuno.

Elena è convinta che suo fratello stia ancora soffrendo, come lo pensano tutti, ma con Jeremy le cose sembrano arrestarsi. Nessuno ha il coraggio di andare da lui e di affrontarlo a testa alta. Quel ragazzo è come una bomba ad orologeria. Pronto ad esplodere.

E proprio mentre quelle parole iniziamo a girare nella sua testa, Jeremy come un uragano entra in casa sbattendo la porta e facendo spaventare tutti, soprattutto la piccola Margaret. Senza accorgersi dei suoi famigliari, entra in soggiorno e getta il suo zaino dietro il divano (no, non è uno zaino di scuola, ma Jeremy è un artista e si porta sempre dietro, matite, fogli e gessetti) e corre in cucina per bersi un bicchiere d’acqua.

“È successo qualcosa?” domanda Alaric seriamente preoccupato.

“Sì, mi hanno licenziato.” Afferma il ragazzo restando in cucina.

Elena può notare come il fratello sia sul punto di esplodere. Le sue braccia fanno perno sulla penisola bianca e i muscoli sono tutti contratti. Anche le mani si chiudono in pugni tanto da far diventare le nocche bianche.

Poi  il ragazzo sembra rianimarsi da quello stato di trance in cui era entrato e risollevarsi in posizione eretta per dirigersi verso le scale e scappare in camera sua.

Mentre il suo piede tocca i primi gradini, Jenna riesce a fermarlo con le sue parole.

“Che cosa hai combinato?”

“Perché pensi che sia colpa mia?” le urla contro per non ascoltare nemmeno la risposta e andarsene definitivamente da quella stanza.

Quando Elena si volta verso sua zia, nota il rammarico nei suoi occhi. È dispiaciuta, pentita di quello che ha detto. Lei non voleva dire quella frase, eppure le è scappata senza nessun motivo. O forse un motivo c’è. Suo fratello non ne sta combinando una giusta in questo periodo e sì, tutto quello che fa preoccupa immensamente la sua famiglia, ma sono scelte sue. Irrimediabilmente tutto quello che gli accade è una conseguenza delle sue stesse azioni.

È stato facile, quasi spontaneo, per Jenna pensare che la causa del suo licenziamento sia stato lui stesso, ma può essere stata qualsiasi cosa a cui nessuno ha provato nemmeno a ipotizzare.

“Tranquilla. Provo a parlarci io.” La consola Elena, facendo alzare la piccola Margaret dalle sue gambe (ancora troppo spaventata per la brevissima discussione avuta in famiglia) e dandola ad Alaric. Si alza e così come ha fatto suo fratello, sale anche lei le scale per raggiungerlo.

Crede che sia arrivato il momento di risolvere questa situazione, di riportare un tassello della sua vita al posto giusto.

La sua mano si paralizza in aria solo per un attimo. Normale. Nessuno vorrebbe buttare benzina sul fuoco se c’è Jeremy attorno, ma comunque bussa alla sua porta e anche se non riceve risposta, la apre e trova suo fratello leggere uno dei suoi fumetti con le cuffie ad alto volume.

Gli si siede accanto e quasi lo fa spaventare, ma senza cacciarla, senza dirle una parola, Jeremy si toglie le cuffie, ma non guarda in faccia la sorella.

“Perché sei stato licenziato, Jeremy?” gli domanda pacatamente, senza alcun tono d’accusa nella sua voce.

“Un cliente ha toccato il fondoschiena di Vicki. Io non ci ho visto più niente e l’ho preso a pugni.” Sospira rassegnato dal suo destino. “Il signor Monroe non ha potuto fare altro se non licenziarmi.”
Elena annuisce lentamente. Alla fine non crede che sia colpa di suo fratello. Lui ha solo difeso una sua cara amica, forse Vicki è qualcosa di più.

“Va bene. Forse riparlandone con il signor Monroe possiamo farti assumere di nuovo.”

“No, non ti preoccupare. Sono andato in quel negozio di musica in centro e sono riuscito ad avere un posto lì.”

Lei sorride, contenta dell’intraprendenza del fratello. Si accascia sul letto circondando le spalle di lui con le sue braccia.

“Credo che sia meglio così. Alla fine è più dignitoso stare in mezzo all’arte che passare bottiglie intere di Bourbon ad Alaric senza fargliele pagare.”

Jeremy sembra sorridere a quella frase.

“Ultimamente era anche peggio. Ho dovuto passare anche una al suo amico, Damon. Quello con cui ti vedi tu.” E a quel nome, Elena sussulta. Come se fosse una stilettata che ha puntato dritta al cuore.
Damon. Alla fine arriva sempre Damon. In ogni cosa che faccia, lui… il suo nome è presente. Fisso è immobile. Più cerca di non pensarlo, più lui sembra ritornare a lei, anche attraverso gli altri.

“Dovresti dire al tuo fidanzato di darsi una regolata.”

“Lui non è il mio fidanzato. Noi non siamo niente.” Afferma poco convinta di quello che ha appena detto, ma per fortuna suo fratello sembra bersela. Qualcuno che finalmente non insiste o non fa pressioni su quella relazione/ non relazione.

Eppure sebbene Damon ed Elena non siano niente, lei sente quella preoccupazione ristagnare nel fondo del suo stomaco quando Jeremy le ha detto che Damon deve darsi una regolata. È  da stupidi preoccuparsi, ma come abbiamo già detto, Damon è fisso nei pensieri di Elena. Quindi quei suoi pensieri sono più che giustificabili.

“Ero convinto che voi due stesse insieme, ma a quanto pare Caroline deve aver viaggiato troppo in là con la fantasia, quando me lo ha detto.”

Dio, quando la sua migliore amica imparerà a starsi zitta?

“È complicato.”

“Ogni relazione lo è.” Dice Jeremy voltandosi verso di lei serio e mettendosi a fissare un punto indeterminato del soffitto.

Da quando il suo piccolo Jeremy è diventato così saggio? Un sorriso le scappa, quando Elena ripensa ai suoi genitori e al fatto che suo fratello assomiglia così tanto alla loro mamma. Per un attimo, le sembra di vivere una delle tante chiacchierate con sua madre, come un dejà-vu.

“Mi mancano tanto il papà e la mamma.” Confessa il più piccolo, mente continua imperterrito a non guardarla. “Mi sarebbe piaciuto avere papà e non Alaric sgridarmi per aver lasciato la scuola. Forse… forse lo avrei ascoltato. Più per timore che per vera e propria volontà.”

“Tu saresti a scuola, io avrei già iniziato il college, non dovremmo occuparci noi due della famiglia.”

“E invece spetta a noi. È inutile farne un dramma. Dico solo che avrei preferito averli con me un altro po’.”

“Anche io.” Sussurra Elena appoggiandosi sul suo petto e ascoltando i battiti del suo cuore.

Non parlava così con suo fratello da mesi ormai e quella tranquillità le regala una sensazione così familiare da farla stare bene. Al sicuro, protetta. A casa.

A casa. 




 
Note finali: Salve a tutti. Prima di tutto mi scuso per non aver aggiornato ad ottobre, ma con l'inizio dell'università è tutto un po' incasinato. Scusate, scusate, scusate!
Adesso passiamo al capitolo. L'inizio è simile al capito precedente: Damon si risveglia dopo aver passato una notte con Elena, ma questa volta non la trova al suo fianco, e questa volta è successo qualcosa in più (chi si ricorda del bacetto dell'altra volta?). La "rottura" tra i due credo che fosse d'obbligo  anche se poi rottura non è visto che stavano insieme, ma poiché io di solito sono molto frettolosa, tendo molto a far mettere i miei personaggi subito. Cosa che non mi piace, perché non c'è nessuna storia su cui basare la loro relazione, non c'è nessun vissuto. Ergo Damon ed Elena non si vedranno per un bel po', calcolando che il mio "bel po'" potrebbe essere davvero corto. Non considerate i miei spazi temporali, sono strani.
A proposito di tempo... avrete notato che la scena di Damon con Stefan è ambientata di notte, mentre quella di Elena con la sua famiglia accade non appena i due si lasciano. Ho voluto mettere quella di Damon più che altro perché la narrazione in terza persona in quel momento era incentrata su di lui, sui suoi pensieri, quindi per continuità ho creato il salto che ha portato Damon agli avvenimenti notturni, per poi ritornare indietro nello stesso pomeriggio per vedere quello che succede in casa Gilbert?
Se vi dico che la scena che ho preferito è quella di (Elena e Damon che si lasciano... no dai non sono così sadica, in realtà mi dispiace molto) Stefan e Damon mi volete male? Non tanto per l'iimprovvisa dose Defan che vi ho regalato, ma perché mi sono un pochino cimentata con cose un po' più fighe tipo pistole, camere segrete, ecc...
Adesso vi lascio veramente, anche perché se siete arrivati fin qui, c'è davvero da premiarvi.
Rigrazio velocemente chi ha recensito lo scorso capitolo: 
katherina23aria3FgfsElle_Ls e chicchi93.
Chi ha messo la storia tre le preferite, seguite e ricordate. 
A presto, mi auguro.
Mia :)

 

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Capitolo 8
*** Parte Settima ***


7
PARTE SETTIMA




 
 
All’alzare del sole, l’atmosfera in casa Salvatore non è di certo delle migliori. Damon e Stefan hanno passato la nottata a vagare nei ricordi della loro infanzia, quando Giuseppe era ancora vivo, quando erano una famiglia completa.

Tutta colpa di quella dannata lettera. Riportare a galla certi momenti fa davvero male, ma allo stesso tempo scatena nei fratelli una sorta di soddisfazione. Hanno trovato l’ultimo pezzo mancante della storia di loro padre, l’ultimo tassello che si incastrerà perfettamente alle loro vite non appena l’avranno letta.

È quella notte è stata lunga. Veramente lunga. C’è stato un momento in cui Damon ha voluto persino bruciarla nel caminetto, un momento in cui a entrambi è venuta la voglia di aprirla e di leggerla avidamente, senza aspettare la madre. Poi sono passati ai momenti nostalgici, quelli fatti di pareti blu e culle ancora nuove. Quelli in cui Damon ancora piccolo faceva un incubo e si andava a proteggere nel lettone dei suoi genitori. Sua madre lo abbracciava. Suo padre gli parlava fino a quando non si fosse addormentato. L’arrivo di Stefan e Damon aveva già dieci anni. Vide suo padre estremamente felice. Non lo aveva mai visto così. Ricorda che gli chiese se era stato così felice anche il giorno della sua nascita, titubante. Pensando che il padre non lo avrebbe più amato come faceva un tempo. Giuseppe gli rispose che non c’era stato niente di più bello dell’arrivo del suo primogenito, lui, e che con la nascita di Stefan la sua felicità si era semplicemente raddoppiata.

Senza accorgersi, il tempo è trascorso, e le prime luci del sole hanno fatto da preannuncio all’alba. La notte è diventata giorno e adesso sono seduti con il fuoco che brucia con le sue ultime fiamme, aspettando che Lillian si svegli e porti Jane a fare colazione, come ogni mattina. Hanno cercato di inventarsi ogni modo possibile per darle la notizia. Ma si sono limitati a posarla sul tavolino del soggiorno, tra i due divani, illuminata dai raggi del sole.

Quella lettera probabilmente cambierà tutto nelle loro vite, o forse risveglierà alcune emozioni sopite da tanto tempo. Per anni e anni sono state nascoste nell’ombra dei loro cuori e trovarsele un’altra volta davanti non sarà una bella sensazione, per tutti. Damon è forte. Damon sa che potrà reggere il confronto con quello che c’è scritto, ma cosa ci sarà mai scritto lì dentro? Un semplice addio o qualcos’altro? Non  ne ha proprio idea. La mente di suo padre a volte era un’incognita che solo sua madre riusciva a decifrare. Forse stavolta sarà proprio lei a riuscirci, come sempre è stato.

Ma il cuore di Lily Salvatore non è più in grado di reggere il confronto con tutto questo.  Lily Salvatore è un’abitudinaria e le piace essere bloccata nelle sue azioni quotidiane, quelle che si fanno tutti i giorni. È una comodità che le è sempre piaciuta. Raramente è andata oltre e quando accadeva era sempre colpa di Giuseppe, quel maledetto uomo che ha rianimato in lei ogni sentimento vivo. Proprio come oggi. Per abitudine si sveglia e va in bagno, si sciacqua il volto e si fa una coda che le tiene alti i capelli, poi va in camera di sua nipote e ancora dormiente la prende in braccio, lasciandola dormire quegli ultimi secondi, il tempo di portarla in cucina per fare colazione. C’è qualcosa di nuovo, però, quando al piano di sotto vede i suoi figli distesi sui divani che parlano silenziosamente.

Sembrano stanchi, un po’ confusi. Non hanno dormito per niente e non va bene così. Stefan può farlo non è lui che la preoccupa, ma Damon sì. A volte lo vede il suo sguardo. Se non fosse stato per Jane, a quest’ora suo figlio maggiore sarebbe caduto in depressione. La guerra lo ha sfinito. Lo ha finito. Non è più il Damon di una volta. Quel Damon era il re di Mystic Falls, faceva tutto come se fosse a casa sua. Adesso il suo Damon è titubante, esita prima di fare qualsiasi cosa. Non vuole far vedere a nessuno quello che è diventato, ma chi lo conosce bene nota benissimo la differenza. Damon non è più Damon. Ma dentro di lui, nascosto da qualche parte c’è ancora. Addormentato, assopito. Si augura non per sempre. E il fatto che il nuovo Damon sia finito in ospedale preoccupa infinitamente Lily. La preoccupa anche per l’influenza che può avere su Jane. Quella bambina è ancora piccola ma teme che lei abbia già capito i problemi che sta passando il padre. E quell’Elena… Anche Elena Gilbert è un’incognita che la turba.

Quella ragazza ha altrettanti problemi, altrettanti mostri dentro di sé, eppure suo figlio sembra colpito da lei. Non capisce nemmeno che cosa sia scattato tra i due, così all’improvviso, con quell’enorme differenza di età. Ma Damon sembra essersi perso in lei, quella ragazzina. Davvero piccola per lui, ma forse più matura rispetto alle sue coetanee. Prima di aver iscritto Jane alla scuola di danza non l’aveva mai conosciuta, ma il pensiero che lei ancora bambina giocava alle barbie mentre suo figlio si fumava la prima sigaretta di nascosto da lei e Giuseppe è un pensiero che un po’ la infastidisce.

Forse è semplice gelosia materna, ma sente di voler difendere Damon da qualsiasi cosa, persino da una bambina come lei. Eppure se glielo avessero chiesto qualche anno fa, il figlio che la preoccupava di più era Stefan, troppo dolce e gentile per questo mondo. Damon era quello che se la sarebbe cavata sicuramente, in tutto quello che avrebbe provato a fare. Invece adesso è il contrario. Lui sembra prigioniero di se stesso. Intrappolato con i ricordi dall’altra parte del mondo, ricordando orrori difficili da immaginare per chi non gli ha vissuti mai. A parte Jane non c’è nessuna gioia per lui.

“È successo qualcosa qui?” chiede loro confusa mentre si avvicina e li guarda interrogativa. Ma non c’è bisogno che i suoi figli rispondano. Vede un oggetto in più in quella stanza che l’attira in modo assurdo. Una lettera, con la busta completamente ingiallita e gli angoli spiegazzati. Si avvicina ancora e ancora, fino a ritrovarsi davanti al tavolino. Damon si alza faticosamente e senza l’aiuto del bastone prende Jane in braccio, ancora completamente addormentata, per poi risedersi e sprofondare su divano. In attesa che la madre capisca cosa abbia davanti. Lily afferra la carta e osserva le linee d’inchiostro attentamente. È la scrittura di Giuseppe. La riconoscerebbe tra mille e il fantasma di suo marito le appare davanti all’improvviso. Un ricordo, in quel soggiorno ormai diventato vecchio: lei incinta di Stefan e lui che giocava con un Damon ancora piccolo davanti al camino. Quando tutto all’epoca era così nuovo, sapeva di eternità, con una vita che si presentava davanti a loro felice e serena.

Tremante solleva la busta e la apre, un altro foglio ingiallito esce e Damon e Stefan si raddrizzano dai loro posti per ascoltare attentamente ciò che la madre teme di non esser pronta a leggere.
Sono tutti in ansia. Stefan lo è di più. Perché sa come potrebbe reagire la madre. Lui era ancora un ragazzino. È  dovuto andare avanti da solo senza un padre che gli facesse da guida. Il problema è che Damon non c’era. Era scappato dai suoi sentimenti e dai suoi dolori lasciando Lily alle cure del più piccolo. Troppo piccolo all’epoca. Stefan è l’unico ad aver visto la madre e la sua reazione e tutti i suoi tormenti. Damon questo non lo può sapere. Lui non c’era. Lui non era l’unico a soffrire. Sono stati male tutti.

La donna si siede accanto al figlio minore. Non sa se avrà la forza di leggere ad alta voce, ma lo deve ai suoi figli. L’hanno aspettata per rispetto, perché è una cosa che devono condividere insieme loro e tre.


Alla mia famiglia.
Probabilmente troverete questa lettera quando non ci sarò più. Forse saranno passati anni e voi nemmeno sarete a conoscenza della cassaforte e nemmeno del contenuto di ciò che sto scrivendo. Io spero che un giorno riusciate a trovarla, perché è tutto ciò che io penso della nostra famiglia. Della fiducia che ripongo in voi e di quello che sarete in grado di fare. Da una parte vorrei che trovaste questa lettera in ritardo, soprattutto per Damon e Stefan. Dovete andare avanti senza di me  e dovete imparare a farlo con le vostre gambe, senza che io vi anticipi tutto quello che accadrà.

Stefan, qui e adesso sei ancora piccolo. Hai tutta l’adolescenza davanti e la tua dolcezza a volte non ti sarà d’aiuto. Ti capiteranno tante cose e tu sei troppo sensibile per un mondo privo di sentimenti come questo. Ma sei intelligente e hai tanta strada da fare. Puoi imparare tutto dalle esperienze che ti offrirà la vita e le persone ti ameranno, ti apprezzeranno. Perché hai stoffa da vendere, perché hai un cuore d’oro e dietro la tua gentilezza si nasconde una forza d’animo senza eguali. Io non ti potrò crescere ancora per molto, non starò accanto a te e questo mi addolora.

Damon invece, tu sei un mondo a parte. Sei diverso da tuo fratello minore e non ti lasci intimorire dalle difficoltà. Sei forte, sia dentro che fuori, ma allo stesso tempo il tuo cuore è fragile. Lo vedo, lo sai? Sei come me. Doneresti tutto per amore. Sacrificheresti qualsiasi cosa, ti metteresti nei guai per la donna della tua vita. Tutte le persone che ti ameranno verranno ricambiate perché sei tu Damon. Sei così. Asservito ad ogni sfumatura dell’amore e nobile d’animo. Non te ne accorgi e non lo dai a vedere ma spesso mi rivedo in te. Quando ho trovato vostra madre, lei è stata la mia luce e tu presto troverai la tua di luce. Quella che ti farà fare sogni tranquilli. Che amerai ignorando il resto del mondo e ti riscoprirai in lei. Perché sei così Damon. Non hai via di scampo. Non saprai mai se il tuo modo di amare potrà essere una benedizione o una maledizione. Perché tu ti potresti anche scottare e incurante del dolore andresti avanti. Fa’ attenzione.

Lascio la fine di questa lettera alla mia donna. A colei non smetterò mai di amare anche dopo la morte. Sai che se ci fosse una vita dopo di essa ti amerei anche allora. Ti ritroverei da qualche parte in questo mondo e mi legherei un’altra volta a te. Ma se tutta la nostra storia dovesse finire qui, allora sappi che ti aspetterò in ogni luogo e in ogni tempo in cui mi ritroverò. Va’ avanti senza di me ma so che tu in ogni modo ritornerai da me. Ti amo, mia Lillian.

Amo tutti voi.
Vostro,
Giuseppe.


Quando le parole della donna si interrompono vorrebbero tutti dire qualcosa. Esprimere una parola per ricordarlo ancora, ma nessuno di loro ha la forza per andare avanti. Restano immobili, muti. Lily continua ad accarezzare con le dita la carta della lettera mentre Stefan appoggia la testa all’indietro e guarda in su, un punto impreciso del soffitto. Mentre Damon ripensa alle parole del padre e guarda sua figlia, per ora l’unico amore della sua vita. Jane dorme ancora, respira lentamente contro il petto del suo papà mentre lui focalizza ogni suo pensiero  su di lei e sulle parole del padre. Può davvero considerare l’amore in quel modo, Damon? È davvero in bilico tra il bene e il male? Eppure sente che quello è l’unico sentimento che lo faccia star bene, l’amore per sua figlia. Non può certamente essere un male. A meno che Giuseppe non intendesse quel tipo di amore. Quello che veramente ti impedisce di respirare tutta l’aria che si possiede. Inconsciamente il suo pensiero va a Elena. Quella dannata ragazzina che non fa altro che ritornare in lui, come un punto fermo.  È quasi una minaccia. Ad ogni azione che Damon fa, il suo pensiero si fa vivo. Ad ogni accenno di dolore, lui pensa a lei. Come se fosse la perfetta costante di ogni singolo momento della sua vita. Elena è lì, fissa nella sua mente. Damon cerca di fare un passo in avanti,  cerca di restare fedele alla sua promessa. Sono diventati un qualcosa di grande in pochissimo tempo e Damon vuole togliersi quella sensazione dallo stomaco, dalla testa, dal cuore che lo porta automaticamente a lei.

È bastata una parola dalla lettera di suo padre: amore. Lui è riuscito senza nessuno sforzo a portare ogni suo pensiero a lei. Non dovrebbe essere così. Non può dimenticarsi di tutti quanti, persino di sua figlia solo perché Elena riesce a superare ogni altra persona della sua vita. Quasi non lo trova giusto, il dover ricordare di lei prima di tutti gli altri. È arrivata da poco, ma è riuscita a riempire i suoi giorni in un modo così totalizzante da devastarlo. E il vederla, abbracciarla, guardarla gli fanno immensamente male.

Male. Damon è in bilico tra il bene e il male. Così come ha detto suo padre. Non c’è nessuna possibilità di salvarsi. Elena potrebbe essere l’ancora che lo tiene fermo, ma che potrebbe portarlo in fondo, togliendogli ogni possibilità di restare in vita. Con lei, per lei stava dimenticando ogni parte di se stesso e lo turba perché per nessuna, nemmeno per Katherine, il suo desiderio di averla accanto a sé in ogni momento della giornata lo aveva inondato così tanto. Chiude gli occhi per ritrovare un po’ di pace e tranquillità e si stringe a Jane come unico appiglio di felicità. Jane è ogni cosa che c’è di buono in lui. Elena invece non sa che cosa sia e che cosa potrebbe essere.

Con fatica si alza dal divano e decide di riportare sua figlia a letto. Oggi salterà la scuola, ormai è tardi e la osserva un po’ dormire, incantato dalla bellezza di quell’immagine. Sospira pesantemente sedendosi accanto al suo letto e accarezzandole dolcemente la testolina come se quello fosse l’unico modo per calmarlo. L’unico gesto che lo fa rilassare. Non c’è niente di meglio per lui. L’unica cosa che sente è un fruscio fuori dalla camera come dei passi leggeri, ma i piedi non si alzano dal pavimento. Strisciano lungo il parquet del corridoio come un fantasma stanco che vaga senza meta. Quando si volta per vedere di chi sono quei passi, nota sua madre avvicinarsi alla camera e appoggiarsi sullo stipite della porta. È ancora in camicia da notte con il volto pallido che la fa sembrare veramente uno spettro e lo sguardo perso nel vuoto. Almeno così sembra. Ma Lily Salvatore non è una donna che riesce a pensare solo a se stessa. Lei è una madre che ama immensamente i figli e farebbe di tutto per loro. Così mette da parte tutto il suo dolore e la mancanza che prova per il marito e aiuta loro.

Dopo essersi accertata cha Stefan stia bene, quello che la preoccupa di più è Damon. Il suo ragazzo! Troppo orgoglioso per ammettere di star male, ma con un dolore talmente evidente che riuscirebbe a percepirlo anche un cieco. Perciò non appena suo figlio la nota, nonostante la stanchezza che le ha provocato quella dannata lettera, si avvicina a lui. Non si siede perché crollerebbe definitivamente e deve avere la certezza di non cadere. Gli posa una mano sul braccio per rassicurarlo, per allontanarlo da qualsiasi demone lo stia corrodendo dentro. E Damon sa che lei gli vuole parlare. Lo percepisce dal suo sguardo preoccupato dalle labbra socchiuse di sua madre che vorrebbero parlare ma restano immobili, senza emettere alcun suono.

“Tuo padre aveva ragione. Hai un cuore fragile.” Gli sussurra certa che anche suo figlio sia consapevole di quelle parole. Certa che lui non si autoconvinca del contrario perché sarebbe da folli non ammetterlo.

“Ma non dovrei averlo. Dovrei essere forte per mia figlia e proteggerla da chiunque volesse farle del male. Invece non ne sono in grado.” Afferma abbassando lo sguardo verso la bambina, continuando a sperare di essere un buon padre. Ma infondo al suo cuore sa già che non ce la farà mai.

“Non dire così. Sei capace di difendere Jane con le unghie e con i denti. Non è lei il problema e tu lo sai.”

“Stai parlando di Elena?”

“Non sto parlando solo di Elena, Damon. Sto parlando del fatto che tu sei una persona che si lascia trasportare dall’amore. Che fosse stata Elena o un’altra ragazza, tu…”

“Io mi illudo troppo. È successo anche con Katherine. Ero così felice del fatto che aspettasse Jane che mi ero illuso che lei fosse la donna della mia vita. Invece così non è stato. Ho agito d’impulso e non ci ho pensato due volte. Mi sono condannato da solo." Si passa una mano tra i capelli. Damon è sempre più confuso. Rigetta il fatto che Elena invece di essere un elemento positivo della sua vita, sia uno negativo.

“E hai paura che con la piccola Gilbert sia la stessa cosa. Ascoltami tesoro, è chiaro che entrambi avete dei problemi. Circa un anno fa le sono morti tutti e due i genitori e tu ne hai passate così tante. Siete traumatizzati da quello che vi è successo, non si può pretendere di accelerare i tempi anche se per lei provi un sentimento così grande.” 

“Ma io non sono sicuro di quello che provo per Elena.”

“Invece lo sai, Damon. È solo che non sei ancora pronto ad ammetterlo.”  A quel punto Damon si chiede quanto tempo ci metterà. Perché sembra così semplice ammettere almeno a se stessi di amare una persona, ma in realtà è tremendamente difficile. “Guarda che ammetterlo è un ostacolo quasi insormontabile. Ma dopo aver superato quell’ostacolo è tutto più semplice.”

“Come fai a dirlo?”

Lily indica sua figlia e Damon si perde un’altra volta nell’immagina della bambina che dorme ancora. Allunga un braccio verso di lei accarezzandole la guancia. La bambina nel sonno stringe a sé il braccio del suo papà. Si accuccia contro di lui, Jane, e Damon è quasi felice del fatto che anche nel sonno sua figlia cerchi sempre la sua protezione.

“Quando tua figlia è nata e Katherine è scappata, tu eri ancora lontano. Non hai visto tua figlia nascere e non hai potuto creare un legame iniziale con lei. Così quando sei tornato e l’hai vista per la prima volta ho visto finalmente nei tuoi occhi quella luce speciale. Ti eri innamorato di lei. Come non potresti? È tua figlia ma a malapena la prendevi in braccio. Sembra che tu avessi paura di farla cadere, di farle del male. E in un certo senso è andata così. Tu hai sempre avuto paura di farla soffrire in futuro. Ma quella volta che riuscisti a farla addormentare, finalmente, ti vidi, Damon… tu ammettesti a te stesso di volerle bene.”

“Continuo a non capire cosa c’entri tutto questo con Elena, mamma. Jane è mia figlia è logico che le vorrò sempre bene. L’ho creata io e io sono suo padre. È la cosa più naturale del mondo amarla.”

Lilian sorride avvicinandosi ancora di più al figlio. Gli accarezza la testa, strofinando le sue dita con la chioma nera.

“Non solo l’amore dei legami di sangue sorge spontaneo. A volte anche quello tra due estranei può essere uno dei più veri. Come quando senti che tutto va per il verso giusto.”

Damon si allontana da sua madre per avvicinarsi ancora di più a Jane, sdraiandosi accanto a lei nel suo letto e circondandola con le sue enormi braccia. Adesso, proprio in questo momento sente la stanchezza farsi avanti. Ha rinunciato a una nottata intera di riposo che sarebbe dovuto essere forzato, ma l’euforia, l’adrenalina causate dalla lettera del padre gli hanno permesso di restare sveglio. Ma sempre quella lettera è stata in grado di fargli mettere in discussione tutto ciò che aveva deciso di fare. Sta lottando contro se stesso, Damon, per non cedere alla tentazione di ritornare da Elena e fare la figura dell’idiota. Mostrando per l’ennesima volta la sua incostanza, dicendole che tutto quello che le ha detto il giorno prima non ha più valore, non ha più senso. Per questo si aggrappa su ogni specchio, ma vede il suo riflesso e si deride da solo per la figura da idiota che sta facendo.

“Ma io non sento questo. Sento che tutto quello che io stia facendo sia sbagliato. Io e Elena per certi versi siamo simili, ma per i versi sbagliati. Abbiamo mille problemi che ci affliggono e io non sono sicuro di riuscire a placare me stesso. Figurati un’altra persona altrettanto problematica.”

“Quando sei finito in ospedale perché non riuscivi a dormire, chi è stato accanto a te per tutta la notte?” Damon si volta confuso verso la madre. Come fa a sapere che Elena è rimasta con lui? “Il giorno dopo che tu ti sentisti male e la mattina prima di accompagnare Jane a scuola venimmo lì per te, l’ho vista, in lontananza, la sua auto. Lei era dentro la macchina e aveva i vestiti del giorno prima. È rimasta con te quella notte. È stata in grado di sorreggerti, nonostante i suoi problemi, nonostante i tuoi problemi.”

Ma Damon non crede che quel singolo caso possa fare la differenza. Lilian sa che per adesso non riuscirà a far ragionare suo figlio, è tecnicamente impossibile. Perciò, in silenzio, si allontana dalla camera e socchiude la porta, consapevole che tra poco Damon si addormenterà stremato per la nottata insonne e per le forti emozioni che attualmente sta provando.  Ritorna al piano di sotto e trova Stefan in cucina che parla al telefono, di spalle. Sembra essere troppo concitato per poterla notare.

“Ascoltami, io non so come aiutarti. Non capisco perché mi stai mettendo in mezzo, in teoria non sono affari miei. Con me non attacca.” Gioca con il suo piatto di pancake e Lilian sa riconoscere il nervosismo in suo figlio.

“Certo che lo voglio fare. Voglio che tutti stiano bene, ma lui non mi ascolterà soprattutto dopo quello che è successo…” sembra essere stato interrotto e all’improvviso abbassa la voce. Ma prima che riesca a parlare si volta e nota sua madre con lui. “Devo lasciarti, non è un buon momento.” E chiude la chiamata, continuando a guardare sua madre ancora appoggiata sull’uscio della porta.

“Va tutto bene, tesoro?”  Stefan annuisce, guardando il suo piatto ormai rovinato. “Ne sei sicuro?”

“Sì, sono solo stanco. Poi la lettera… be’ è piuttosto impegnativo da digerire.”

“C’è qualcosa che ti turba?”

“È solo strano, non sentire la voce del proprio padre per tanti anni e poi sentirsi dire da lui stesso, tramite un foglio di carta, che sono troppo buono. Credo che avesse ragione lo sai? Tendo a perdonare molto facilmente e rischio allo stesso modo di fare danni.”

Lilian si avvicina al figlio più piccolo e lo abbraccia respirando a pieni polmoni la sua fragranza così simile a quella del marito. Stefan gli ricorda molto Giuseppe. Lo rivede soprattutto nell’aspetto e in alcune espressioni del visto.

“Avere un cuore d’oro non è una brutta cosa. È una qualità che va preservata fino alla fine. E… quella chiamata che hai avuto poco fa? Sembravi turbato. È successo qualcosa?”

Stefan cerca di guardare oltre la porta della cucina, come se volesse capire se ci fosse qualcuno. Le domanda che fine ha fatto suo fratello e lei gli risponde che probabilmente si starà per addormentare.
“Devo dirti una cosa. Molto importante e anche molto grave.”

Intanto Damon è ignaro di quello che potrebbe star per accadere in cucina. Continuando a guardare sua figlia, mentre anche il mese prima avrebbe trovato il pretesto per continuare a guardare e non dormire ancora, adesso è cullato da quella visione. Si addormenta lentamente contro la testa della bambina e solo dopo cinque minuti è lei a svegliarsi, notando il suo papà dormire accanto a lei.

Silenziosamente si alza dal suo letto e apre il suo armadio. Prede una copertina, quella sua preferita e con fatica la appoggia sulle spalle del suo papà. Poi se ne va, lasciando il suo principe dormire.



 
§§§


 
Dovrebbe andare a lavoro Elena ma con i danni che si sono creati in città a causa del temporale, molte strade sono inagibili ed è quindi impossibile andare a scuola di danza. Perciò ha deciso questo pomeriggio di riposarsi, rilassarsi. Si è riempita la vasca di acqua calda e dopo aver versato il bagnoschiuma alla lavanda adesso il bagno è pieno di un delizioso profumo e di candida schiuma bianca. Si è distesa sul fondo della vasca e ha provato a rilassarsi. Veramente ci ha provato. Ha tentato di dimenticarsi di Damon, di tutto quello che è accaduto il giorno precedente, ma è praticamente impossibile. E non perché non riesce a levarselo dalla testa (quello anche, ma ormai si è capito che in questa storia Damon ed Elena non smettono di pensarsi), ma perché all’improvviso il suo cellulare ha squillato  e quando Elena ha visto il nome di Percy lampeggiare sul display, non ha avuto scampo. Sa che a quel ragazzo non riesce a nascondere nulla.

“Quindi vi siete lasciati?”

“No, non ci siamo lasciati. Semplicemente perché prima non stavamo insieme.” Sbuffa spazientita dalla cocciutaggine di Percy. Lo dovrebbe far conoscere a Caroline, molto probabilmente i due andrebbero d’accordo.

“Oh andiamo Gilbert! Smettila di fare la finta tonta e ammettilo che ti piace, altrimenti io non sarei qui a chiederti di lui. Sai, l’ultima volta che l’ho visto era a scuola di danza e non la smetteva di guardarti…”

“Percy, non immischiarti! Saranno fatti suoi visto che è la sua vita privata.” Lo rimprovera un’altra voce dall’altra parte della cornetta. È una voce femminile, probabilmente è Annabeth, la moglie di Percy. La conosce poco ma Elena trova che anche lei sia una persona molto simpatica e forse anche un po’ più intelligente di Percy.

“Tesoro, non capisci. Se osservi quei due, c’è da mettersi le mani trai capelli. È mio dovere da eroe aggiustare tutto.”

“Peccato che io non stia cercando nessun Cupido in questo momento.”

“Questo perché hai già trovato l’amore della tua vita ma non te ne sei resa conto. Svegliati ragazza… adesso raccontami che cosa è successo.”

“Quante volte te lo devo ripetere?” si lamenta esasperata. “Abbiamo deciso di non frequentarci più per un po’. Per fare un po’ di chiarezza.”

“A mio parere questa è una grande cavolata. Vi do un mese e sono sicuro che ritornerete a parlarvi.”

“Io non ci spererei così tanto. Lui sembrava molto deciso e non credo che ritornerà sui suoi passi. E io sono d’accordo con lui. Da quando sono morti i miei genitori ho avuto bisogno di stare da sola e ne ho bisogno tutt’ora. Quando ho conosciuto Damon è stato bello, anzi meraviglioso, ma sia io che lui abbiamo dei problemi. Abbiamo dei traumi da superare e non sarà poi così facile. Inoltre lui deve pensare alla sua famiglia, a Jane, mentre io devo provvedere alla mia. Devo andare avanti."

Sente Percy sospirare pesantemente dall'altro capo del telefono e vorrebbe dirgli, in realtà dire a tutti, che devono smetterla di trattarla come una bambina e dirle cosa fare e cosa non fare. Lei è Damon hanno preso una decisione, forse un po' di più lui, ma questo non conta. È decisamente stanca della solita ramanzina che gli altri le ripetono. Non ce la fa più e a volte pensa, Elena, che andarsene da Mystic Falls sarebbe l'ideale. Niente più persone che ti giudicano, niente più pensieri per la testa. Dovrebbe decisamente pensare a se stessa. Niente amici, niente famiglia, niente Damon. Solo lei e una nuova vita d'avanti.

"So cosa frulla nella tua testolina, Elena. Sei stanca di noi che ti diciamo cosa fare. Ma sai come sono fatto non riesco a starmene zitto e non ho filtri. Tutto quello che mi passa per la testa lo dico e tu lo sai che infondo ho ragione."

Questa volta quella a sospirare è lei.

"Non ci posso fare nulla, ok? Da quando i miei genitori sono morti non ho provato niente per nessuno. Di conseguenza non mi sono per nulla avvicinata all'altro sesso. Poi è arrivato Damon e sì, mi ha sconvolto. Ha cambiato tutto quanto senza che me ne accorgessi. Ma cosa devo fare? Non sono riuscita a oppormi quando ho capito che lui non vuole, che con me non vuole essere... niente. Riesco a capirlo e non lo biasimo. Se non vuole stare con me, non posso obbligarlo."

"Allora credo di star parlando con la persona sbagliata. Dovrei chiamarlo o andare a trovarlo."

"Ti mangerà vivo per essersi intromesso nei suoi affari."

Sente l'amico sghignazzare e salutarla velocemente per poi chiudere la telefonata. Forse Percy ha ragione. Con Damon non doveva andare in questo modo, ma lei comprende quello che l'uomo sta provando. Anche se quello che hanno passato è completamente diverso, gli eventi delle loro vite li hanno resi molto simili. Quindi si è allontanata da Damon senza esitare. Senza opporsi e senza cercare di convincerlo del contrario. Questo non vuol dire che sia rimasta completamente indifferente dalla conoscenza di quell'uomo, ma è stato tutto così immediato e si è spaventata. Di un ragazzo, anzi un uomo che prepotentemente è entrato dentro di lei senza chiederle il permesso. Poi in un attimo si rende conto di quello che ha detto poco fa a Percy.

Intromettersi nei suoi affari.

Si è considerata da sola un affare di Damon. Non sa come reagire a quella frase. Lei appartiene veramente a Damon? O è troppo presto? Forse, in questo momento, sono troppo lontani per considerarsi sua. E non vuole ammetterlo Elena, ma sa che il solo pensiero di essere protetta da Damon le riscalda il cuore, la fa sentire a casa. Appartenere a lui e a nessun altro. È una dolce sensazione quella che nasce dentro di lei e per un po' decide di lasciarla stare lì, a ripararsi lontano dal resto di lei che è come una bufera che non vuole andarsene.

Quando sente squillare il cellulare, Elena è già in macchina con la lista della spesa in mano che chiude e ributta nella borsa mentre accende la macchina. È Caroline, che inizia a chiederle di come va con il suo stallone, ma Elena fa finta di nulla. La sua amica è peggio di Percy e deve moderare le parole. Quando arriva al supermercato Caroline è ancora intenta a parlare di Klaus e di come sua madre abbia preso la sua relazione con lui. Sa quanto possa essere logorroica la sua amica perciò la lascia sfogarsi. Ma proprio non ce la fa ad ascoltarla, non quando il suo occhio si butta inavvertitamente in una massa nera poco lontana da lui. È Damon che la fissa intensamente con lo sguardo  e lei non può fare a meno di arrossire.

Ma soprattutto Elena non sa se avvicinarsi o meno.



 
§§§



 
Se sua madre avesse specificato nella lista della spesa quale detersivo volesse, adesso Damon non si ritroverebbe in questa situazione. Con il volto di Elena a pochi passi da lui. E di certo non lo aiuta il suo esile corpo fasciato dal cappotto rosso e lungo. È propenso a reagire, ad andare verso di lei e salutarla poi si ricorda che nell'ultima conversazione avuta con lei ha messo delle distanze tra di loro. Sta per voltarsi e guardare da tutt'altra parte, ma con molta difficoltà, quando adesso è lei ad alzare lo sguardo verso di lui e tutto ciò che avviene dopo non va bene. I loro sguardi si intrecciano e quando si crea un legame simile quasi nulla è in grado di distruggerlo. Vuole andare da lei. Vuole parlare con lei. Gli sembra passata un'eternità dall'ultima volta in cui hanno parlato e non è così. È a malapena passato un giorno.

Non dovrebbero avvicinarsi, ma sono costretti a farlo. Perché mentre lei sta chiudendo la telefonata, sua figlia si accorge della sua insegnante di danza e la saluta vivacemente. Lei cammina lentamente verso di lui e si vede che non vorrebbe avvicinarsi, eppure lo fa. Saluta prima la bambina, abbracciandola e premendo le sue labbra sulla sua fronte. Poi quando solleva lo sguardo, guarda lui e Damon vorrebbe sprofondare. Per la prima volta non sa cosa dirle.

"Buongiorno." Gli esce a malapena dalle labbra e diventa ancora più confuso di prima.

"Signor Salvatore!" Gli fa un cenno con un capo, prima di allontanarsi.

Il cuore di Damon si gela nell'udire quelle parole ma si riscalda nuovamente quando lei gli passa accanto per sorpassarlo e inavvertitamente gli sfiora una spalla con la sua. E quel tocco, gli fa  ricordare un qualcosa. Un ricordo di un pomeriggio qualunque, quando era un ragazzino. Un ricordo così insignificante che non avrebbe dovuto per niente restare dentro di lui, invece come un lampo ritorna e Elena… Elena ritorna sempre.



"Dovrei capirci qualcosa di quello che mi hai spiegato? Hai solo elencato una decina di date che non riuscirò a ricordare mai." Damon chiude all'improvviso il libro di storia mentre un giovane Alaric sbuffa spazientito per il suo amico troppo svogliato. I patti erano quelli: Damon gli spiegava matematica e lui storia, mentre Jenna avrebbe fatto degli schemi semplici per il corso di letteratura inglese, insieme. Era uno scambio equo. Ma Damon e la sua cocciutaggine non gli avrebbero permesso di insegnare e di fargli capire un metodo semplice per ricordarsi tutto quanto.

"Cerca di mantenere la calma. Siamo tutti stanchi e nessuno ha più voglia di studiare, ma dobbiamo lavorare e memorizzare i due capitoli prima del compito di domani."

"Allora siamo nella merda." Sbuffa il quattordicenne, mentre riapre il volume contando velocemente le pagine ancora da studiare. "Cavolo sono 35! Come le è venuto a quell'arpia di metterci un test dopo due settimane di scuola. Per di più siamo al primo anno."

"Si sapeva che la McCarter non ha simpatia per i suoi studenti. È  molto severa."

Damon, ormai sconfitto dalla consapevolezza che il giorno dopo non sarebbe riuscito a ricordare nulla (con la vana speranza di riuscire a copiare almeno qualcosa da Alaric), si alza dalla sedia e tira fuori dalla tasca posteriore del jeans un pacchetto di sigarette.

"Jen, posso accendermene una?"

"No, che non puoi signorino." Gli fa una voce dietro di lui, mentre Damon sente tirarsi per l'orecchio da una mano ferma ma allo stesso tempo delicata. Gli sta facendo male, ma non può lamentarsi, conosce quella donna da così tanto tempo che potrebbe essere sua madre. Di conseguenza, può comportarsi come tale. Audrey Sommers.

"Signora S., non l'avevo sentita arrivare!"

"Tu, prova un'altra volta ad accenderti una sigaretta in casa mia e giuro che ti prendo a sculacciate davanti a mia figlia e al tuo migliore amico." Le sorride ammiccando consapevole che ci saranno tante altre occasioni per rifarlo, ma è meglio non dirlo davanti alla madre della sua migliore amica. "Per favore ragazzi, sta per ritornare la maggiore delle mie figlie con i suoi due bambini. Evitate di dare spettacolo, soprattutto con la piccola Elena." 

"Sì, signora S.!" esclamano all'unisono sia Damon che Alaric. Loro due hanno visto poche volte Miranda Sommers, adesso Gilbert, e da quando si è sposata per essere rimasta incinta a vent'anni con un dottorando in medicina, si è trasferita a Richmond. Quindi raramente Jenna e sua madre possono vedere l'altro membro della loro famiglia, ancora più difficilmente dopo la dipartita del padre di Jenna.
Damon ripone accuratamente il pacchetto di sigarette nella tasca, consapevole che dopo qualche minuto sarebbe riuscito a fumarsene una nel giardinetto nel retro della casa.

Provano sul serio i tre ragazzi a studiare, almeno per un'altra ora, ma la concentrazione è ormai finita e specialmente Damon ha deciso di affidare tutto alla sorte il giorno dopo. Quando sono ormai decisi ad abbandonare lo studio, il campanello di casa suona e Jenna corre subito ad aprire. Consapevole che dall'altro lato della porta c'è la sorella che ormai non vede da mesi.

"Miranda!" La chiama ancor prima di aprirle e di rivelare la deliziosa immagine che le si presenta d'avanti. Sua sorella maggiore, ormai ventiquattrenne, con un piccolissimo Jeremy, di appena due anni in braccio, con gli occhi arrossati per aver pianto per chissà quale capriccio, e una dolcissima Elena nascosta dietro le gambe di sua madre mentre fa capolino. Se Miranda e la sua famiglia vivessero a Mystic Falls, Jenna riuscirebbe a frequentarli più assiduamente, ma purtroppo non è così e di conseguenza Elena e Jeremy non spesso riconoscono la zia e la nonna. Con la classica timidezza dei bambini piccoli che scompare non appena loro prendono confidenza con i loro interlocutori.

"Jenna sono così contenta di rivederti. Come stai?" La più piccola delle sorelle Sommers si lancia verso la maggiore facendo attenzione al bambino. Rivedere la sorella le fa sempre piacere.

"Oh, sai com'è? È appena iniziato il liceo e già siamo pieni di compiti."

"Non rimpiango per niente quegli anni. Sono stati una noia mortale e poi ho incontrato Grayson l'anno dopo, quando ho iniziato il college. Quello è il meglio del meglio."

"Tesoro non incitarla, altrimenti anche lei finirà come te. Incinta a vent'anni." Sbuca fuori Audrey dalla porta con uno straccio in mano. Quella donna non si smentirà mai. Vuole bene immensamente a sua figlia, ma ritiene comunque che avere una famiglia così presto sia stato un passo più lungo della gamba. Ovviamente quando ha visto la sua nipotina, Elena, per la prima volta, se ne è innamorata completamente. Miranda alza gli occhi al cielo, consapevole che la madre non pensa veramente quello che dice, ma un po' stufa di quei semi rimproveri. "Ciao amore della nonna!" E si allunga verso la bambina per prenderla in braccio, mentre Elena allunga timidamente le piccole braccia verso quella nonna e viene catturata da lei e riempita di baci.

"Ciao Miranda. Come stai? Tutto bene?"le fa il verso dietro la figlia maggiore mentre Audrey e già rientrata dentro con la nipotina e mentre si sdegna per essere stata completamente ignorata. Ma alla fine quando ci sono bambini piccoli è così. Tutti pensano a loro e il resto pasta in secondo piano. "Non cambierà mai, non è vero?" Domanda alla più piccola mentre entrano pure loro in casa.
"E tu non la devi sopportare tutti i giorni. Ti invidio."

"Vi sento!" Urla la loro madre ormai nel salotto, quindi dall'altra parte della casa, mentre le due sorelle ridacchiano divertite, felici delle solite dinamiche che ritornano come un tempo non appena la famiglia si riunisce.

Quando tutte quante si ritrovano nella confortevole stanza, i volti di Alaric e Damon fanno capolino dalla soglia della porta.

"Allora noi andiamo Jenna!" Le sorride Alaric facendole l'occhiolino.

Damon cerca di sbuffare il più silenziosamente possibile. I suoi due migliori amici hanno scoperto di piacersi nel senso più profondo della parola da poco tempo, decidendo di provarci sul serio. All'inizio il giovane Salvatore non l'ha presa bene. Non gli piacciono molto i cambiamenti, ma poi dopo un'estate trascorsa insieme (i due piccioncini e lui), ci ha fatto l'abitudine. Più o meno. È ancora strano sorprendere quei due mentre si sbaciucchiano e soprattutto vedere il suo migliore amico essere tremendamente tenero e dolce con la sua nuova fidanzata.

"No, vi prego. Restate." Audrey li invoglia a rimanere e praticamente li costringe a sedersi davanti a lei e alle sue figlie su uno dei divanetti del salotto. "Vi ricordate di Miranda?"

E Alaric è il primo a farsi avanti, presentandosi alla sorella della sua fidanzata. Non che non la conoscano. Vagamente, quando erano più piccoli e Miranda viveva ancora a Mystic Falls, la vedevano andare a prendere Jenna da scuola. Poi quando la ragazza ha finito il liceo non si è più fatta vedere così tanto spesso e in effetti da quando si è sposata ed è diventata madre non si è più vista i giro. Poi è la volta di Damon che non solo si limita a presentarsi alla sorella (e il suo essere ragazzino la trova molto bella), ma avendo un fratellino di circa quattro anni è abituato a trattare con i bambini. Di conseguenza presta attenzione ai figli. Jeremy, il più piccolo sembra crollare sulla spalla della sua mamma, mentre Elena, seduta tra le braccia della sua nonna, porge la sua mano al ragazzo che ricambia la stretta con dolcezza.

La bambina all'inizio lo guarda sorridente, poi aggrotta la fronte e lo guarda storto, proseguendo con lo sguardo verso gli altri due ragazzi.

"Ma zia, non capisco. Sono tutti e due i tuoi fidanzati?" Jenna sprofonda trai morbidi cuscini, arrossando per l'imbarazzante domanda, mentre Alaric abbassa lo sguardo nascondendo la sua vergogna e Damon e Audrey scoppiano dalle risate, incapaci di controllarle.

"'Lena? Sono cose da chiedere?" La rimprovera bonariamente Miranda e la bambina sorride consapevole di aver detto un qualcosa che non doveva dire. Anche se lei, nella sua ingenuità di bambina, non riesce ancora a capire che cosa ci sia di male in quello che ha scatenato.

"Non ci sono problemi." La tranquillizza Damon mentre continua a fissare la bambina, divertito. "Ascoltami piccolina. Lo vedi questo ragazzo seduto accanto a me? Be', lui è l'unico fidanzato della tua cara zia. Io sono un semplice amico."

"Ma quindi maschi e femmine possono essere amici?" Si volta verso la sua mamma ancora curiosa di quelle strane dinamiche che sta apprendendo in questo momento.

"Ma certo, tesoro. Io sono innamorata del tuo papà, ma sono amica di tanti maschi, così come sono amica di tante donne."

"Quindi loro possono essere amici miei?"

"Certo che possiamo essere amici, scricciolo!" Le dice Damon rassicurante, mentre la bambina nel sentire quelle parole, scende dalle gambe della nonna e abbraccia il ragazzo, lasciandolo sorpreso. Damon ricambia spinto dalla tenerezza di Elena. Gli piacciono i bambini piccoli. È così anche con Stefan.




Si conoscevano già Damon ed Elena. Lei era così piccola. È stranissimo ricordare che all'epoca la loro differenza di età fosse così lampante. Adesso si vede che lui è più grande ma sono entrambi cresciuti, sono entrambi consapevoli di quello che sta accadendo loro. Era un giorno qualsiasi e Damon l’aveva rimosso quasi completamente, poi è arrivato all'improvviso, proprio quando ha visto Elena farsi un po' più lontana. E con questo si sente più vicino a lei, ma vorrebbe che fosse reale.

Dio, sta già cambiando idea? Non ha da appena un giorno deciso che Elena deve stare lontana da lui? Eppure, vorrebbe correrle dietro e dirle di essersi pentito delle sue parole, della sua decisione.

Vorrebbe dirle di dare a se stessa e a lui una speranza, di provarci veramente almeno una volta, senza troncare sin dall'inizio il rapporto. Ed è quasi sicuro che parlandole sarebbe riuscito a convincerla. Ma sebbene l'istinto gli stia dicendo di andare da lei e bloccarla e baciarla intensamente ignorando di essere in un posto affollato, la sua mente lo blocca consapevole che la fragilità della ragazza ne potrebbe risentire al suo repentino cambio di opinione. Sono loro due e basta e la vede allontanarsi  pian piano mentre lui crogiola vicino al carrello, indeciso se buttarsi o meno.

La manina di Jane lo risveglia dalla sue elucubrazione mentale, afferrandogli l'orlo della manica. "Va' da lei!" Gli suggerisce, guardandolo con gli occhi dolci e azzurri. Damon sorride per la tenerezza della figlia ed è l'ennesima volta che lei lo incita da andare da lei. Per l'ennesima volta lui sarà costretto a deluderla. Soprattutto quando si volta ancora verso la ragazza e la vede bloccarsi, volgendo lo sguardo verso un ragazzo. Un biondino dagli occhi chiari che l'abbraccia d'impulso e rende Damon dannatamente geloso da farlo retrocedere ancora di più. Chi è quel ragazzino? Sorride troppo spontaneamente ad Elena. Le tocca un braccio con fastidiosa insistenza e lei sembra non farsi indietro, anzi... sembra piacerle. Damon vorrebbe avere il potere di separarlo da lei e di dirgli di non avvicinarsi così tanto perché Elena appartiene a lui. Come Damon appartiene a lei. Lo sente da dentro, come un fastidio viscerale. Vorrebbe fare qualcosa, ma non ha la giurisdizione per fermare tutto. È geloso e non può controllarsi, ma deve farlo.

Ora che Elena è abbastanza lontana, può tirare un sospiro di sollievo perché meno riesce a vederla più sa come controllarsi. Cambia corridoio del supermercato così può assicurarsi che per almeno questo giorno non la vedrà più.

 


§§§



 
Non ha potuto farne a meno, Elena. Quando ha visto Damon non voleva avvicinarsi, ma Jane l'ha chiamata e non ha potuto deludere la bambina. Quindi si è fatta coraggio e si è avvicinata a loro, si è avvicinata a lui e quando ha soffiato il leggero "buongiorno", lei ha provato un moto di rabbia. Rabbia insensata, questo è vero, ma l'ha provata e lo ha guardato freddamente, quasi come se non si meritasse il suo saluto e ha fatto un semplice cenno con la testa chiamandolo formalmente. Non lo sa perché ma all'improvviso ha provato una strana sensazione. Si è sentita rifiutata, eppure quella cosa che ha preso con Damon è stata una decisione consensuale. Allora perché si è sentita in questo modo? Perché ha provato rabbia nei suoi confronti? Lui non ha colpe. Se avesse ragionato logicamente, gli avrebbe sorriso tenuamente e se ne sarebbe andata con facilità. Invece non ha riflettuto ed è andata come è andata. Lasciandolo di stucco per quel suo modo sgarbato. Ma non ha smesso di pensarlo, anche quando ha rivisto Matt di ritorno dal college, sentiva lo sguardo di Damon lacerarle la schiena e ha badato poco alle parole del suo ex mentre le ha raccontato che si è preso una pausa dall'università. Si è ripresa solamente solo quando, Matt ha tenuto la sua mano ferma sul suo braccio ed Elena si è sentita a disagio. Ha spontaneamente pensato che fosse una cosa sbagliata. Non è lui che può toccarla così. Perché anche una semplice carezza è in grado di mandarla in estasi, ma non fatta da un ragazzo qualsiasi. E vorrebbe che Damon lo capisse, sul serio.

“È stata solo una semplice carezza.” Continua a ripetersi tra sé e sé Elena mentre continua a ripensare all’incontro fatto al supermercato. Adesso è in macchina e guida verso casa facendo attenzione a non beccare dossi o buche che farebbero cadere le uova in bilico sul sedile posteriore. Ma non riesce a smettere di pensare a Damon e a come ha sentito uno sguardo infuocato mentre Matt le parlava e la guardava con suoi occhioni dolci. Il suo sguardo infuocato.

No. Assolutamente no! Si starà facendo troppi film mentali. È impossibile che Damon la guardasse in quella maniera. Insomma… ventiquattr’ore prima si erano lasciati dicendosi che dovevano evitare di vedersi. Sarebbe assurdo se adesso lui le facesse così. La manderebbe completamente in tilt e, diciamocelo, Elena non è pronta a farsi sballottare in questo modo dalla sua incoerenza, sempre se così fosse. Come previsto, si sono visti, si sono salutati (anche se lei è stata parecchio fredda e non ha ancora compreso perché ha fatto quello che ha fatto) e si sono allontanati. Eppure lei avrebbe voluto restare un altro po’ con lui, gli avrebbe chiesto se dormiva abbastanza, perché sì, le aveva notate le profonde occhiaie sotto i suoi occhi.  Gli aveva chiesto se andasse tutto bene, se per qualche remoto caso si fosse pentito di ciò che avevano deciso e se volesse ritornare indietro… perché, in fin dei conti, Elena non vorrebbe sembrare una ragazzina completamente persa per Damon, ma se in un’occasione lui si presentasse dicendole che “ehi, voglio provare a stare con te”, lei non ci penserebbe due volte a dirgli di sì. Questa è la realtà dei fatti. Stop. Ma comunque si maledice per la sua assoluta debolezza nei confronti di lui.

Purtroppo però la situazione resta ancora invariata e Elena pensa che meno vedrà Damon meglio sarà. Perciò cercherà di evitare contatti con lui.

Quando rientra a casa, nota che l’atmosfera è un po’ strana. Margaret continua a scorrazzare per casa saltellando e gridando “Andremo in montagna, andremo in montagna!” e zia Jenna sembra stia facendo una lista molto impegnativa.

“Che succede qui?” domanda la ragazza appoggiando le buste della spesa sulla penisola, proprio dove la zia sta scrivendo. Jenna alza lo sguardo su di lei e posa la penna.

“Mi ha chiamato Lily Salvatore. Ci ha proposto di passare qualche giorno ad Aspen con lei… con tutta la sua famiglia.”

“Oh. Io non credo di poter venire. Insomma… con Damon è tutto un po’ complicato.”

“Tesoro, non devi per forza venire. Anche Jeremy resterà qui. Ha appena iniziato con il suo nuovo lavoro oggi e non può di certo assentarsi di già. Inoltre ci saremo già io e Alaric a badare a tua sorella.” La guarda sua zia dolce, ma c’è qualcosa che non va nel suo sguardo. Non la convince. “Ma dirai tu a Margaret che non verrai.”

“Così mi costringi però. Sai che non la prenderà bene e insisterà così tanto da convincermi.”

“È la semplice verità dei fatti.”

“Quindi cosa dovrei fare?”

“Chiama la signora Flowers, dille di farti sostituire a lavoro. Mancherai per una settimana.”

Elena cerca di incenerire con la forza degli occhi Jenna. O per lo meno, le vorrebbe far venire un leggero mal di testa. Prende il cordless e chiama la sua insegnante.

Proprio così. Andrà ad Aspen.

Meno male che doveva evitare Damon.


 
Note finali:Salve a tutti quanti. Spero che possiate ancora perdonarmi per il terribile ritardo e per il casino che ho combinato. Ma eccomi qui, finalmente, a postare la Parte Settima del capitolo. Se non vi ricordate la situazione di Damon ed Elena, be'... loro due si erano lasciato. Oddio lasciati è un parolone visto che non stavano nemmeno insieme, ma poiché quei due sono loro due (e ho già detto tutto così) si fasciano la testa prima di rompersela, quindi onde evitare problemi in futuro si sono detti "Ma perché non prendiamo la decisione di non vederci più?" e quindi da perfetti idioti (Sì, lo penso anche io).
Ma tralasciamo per un attimo il Delena e passiamo alla questione della famiglia Salvatore. Neanche io so cosa pensare di questa parte, tutti hanno rivisto un fantasma del loro passato, ma chi ha vissuto questo momento con maggiore intensità è stata Lily. Alla fine stiamo parlando dell'amore della sua vita e non di una persona qualsiasi. Procedendo in ordine cronologico, ovviamente per Damon salta sempre fuori Elena  e il suo pensiero fisso su di lei, ma non mi voglio fossilizzare sempre sulle solite cose quindi passo oltre... Attente alla telefonata che ha ricevuto Stefan. Ha svelato un qualcosa di davvero sconvolgente a Lily e sì, ci saranno delle ripercussioni, delle conseguenze e ovviamente il piccolo Salvatore non ha fatto nulla di male, è solo stato in mezzo da persone che si affidano al suo buon cuore. Non vi dico nulla altrimenti sarebbe uno SPOILER e abbastanza grosso. So... non vi dico più nulla della storia, avete letto come è andata a finire, sempre se siete arrivate alla fine. Ho paura di tediarvi con le solite cose..
Quindi ci vediamo la prossima volta, spero vivamente che non passi così tanto tempo, visto che sono riuscita a riscrivere il capitolo in un mese.
Mia.
ps. Se trovate degli errori, per la prima volta  non è colpa mia, ma della mia compagna di stanza che durante la correzione del capitolo mi ha distratto. (Se mi stai ascoltando, sappi che te la farò pagare :*)
 
 

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Capitolo 9
*** Parte Ottava ***


8
PARTE OTTAVA

 
Lo sguardo di indignazione che Damon rivolge alla madre potrebbe essere la cosa più ridicola della stanza. A Lily verrebbe da ridere ma sa che il figlio tra poco si arrabbierà perché non lo ha avvisato e, in effetti, invitare la famiglia Gilbert in una vacanza decisa all’ultimo momento ad Aspen è stata una decisione avventata. Ma dopo quello che le ha detto Stefan, dopo la sua scoperta quasi terrificante. Lily deve portare suo figlio e sua nipote via da Mystic Falls, almeno per una settimana o due. Non era previsto l’invito dei Gilbert e all’inizio non ci ha nemmeno fatto caso a quali sarebbero potute essere le varie conseguenze. Si è detta che avrebbe dovuto trovare compagnia per Jane e ha pensato  a Margaret, poi, subito  dopo, ha collegato la bambina a sua sorella Elena e all’aspettata reazione di suo figlio. Ma ormai era troppo tardi. Mentre suo figlio era andato a fare la spesa aveva già preso una decisione e Damon… be’, lui avrebbe dovuto affrontare qualsiasi sentimento stesse sentendo per quella ragazza. Punto.

“Perché?” è l’unica domanda che le fa il figlio mentre uno Stefan piuttosto divertito si trova dietro di lei con la valigia già pronta (è classico del suo figlio minore essere super organizzato e preparare tutto il giorno prima) che posa vicino alla porta d’ingresso, per essere presa il giorno dopo.

“Perché quella casa è grande e stare da soli, noi quattro, non sarebbe molto divertente.”

“No… perché andiamo ad Aspen?”

“Perché abbiamo bisogno di svagarci un po’, fratello. La nostra famiglia se lo merita. Poi è la stagione ideale. C’è la neve, le piste da sci sono agibili, ci sono le piste di pattinaggio per bambini… Jane si divertirà tantissimo.”

“E tu hai invitato i Gilbert perché…”

“Non perché c’è Elena, ma per tua figlia. Così Jane non passerà le vacanze da sola.”

Damon si siede di peso sul divano. A pensarci non è male come idea. Dopo la lettera del padre hanno tutti bisogno di una bella e meritata pausa da casa Salvatore e Jane si annoierebbe in un posto di montagna senza una sua coetanea. Poi, per essere ottimisti, Elena potrebbe prendere la saggia decisione di non venire per niente a causa della sua presenza. E ha un lavoro che deve mantenere… ci sono mille motivi per cui Elena non dovrebbe venire e la ragione principale è lui. Perché dopo il supermercato adesso non sa veramente come comportarsi con lui. Si sono salutati e poi lui è diventato incredibilmente geloso, senza dimostrarlo ovviamente, nei suoi confronti. Eppure, una parte di lui vorrebbe che la ragazza venisse. Non vede l’ora di vederla e parlarle. Ma di cosa? Forse le dovrebbe raccontare della lettera del padre, così, per sfogarsi con qualcuno, perché dopo quello che il padre gli ha lasciato scritto adesso tutto quello che appartiene alla sua vita è diventato molto confuso. Il problema è che parlare di Elena di amore è un tasto dolente. Se fosse stata una ragazza qualsiasi, un’amica qualsiasi, non avrebbe esitato e ne avrebbe parlato, ma lei è Elena. Non può parlarle dell’amore come sua più grande debolezza come se nulla fosse. Si sentirebbe a disagio o con la paura di farle capire qualcosa di sbagliato.

“E va bene, vado a preparare la mia roba e quella di Jane.” Lily gli lancia un sorriso a trentadue denti e si avvicina a lui per aiutarlo ad alzarsi e per stampargli un bacio sulla guancia. Una particolare luce si attiva negli occhi di sua madre, una luce che Damon crede di non vedere da tanto tempo. Ma Lily non se ne accorge nemmeno. Lo fa perché è contenta di andare in un luogo che ha sempre adorato, dove ci sono altri mille ricordi di suo marito che la fanno sentire sempre più vicina a lui.

Ma quando Damon va verso il piano di sopra e lo vede scomparire oltre le scale, si gira verso Stefan e lo guarda preoccupata. Sarebbero partiti presto. Prima se ne sarebbero andati da Mystic Falls, prima avrebbero evitato quella persona. Per il bene della sua famiglia Lily è disposta a tutto. Sa che è sbagliato perché tutti hanno bisogno di una seconda possibilità, ma i suoi figli si stanno ancora riprendendo da periodi difficili e un ulteriore problema non è di certo  quello che sta cercando. Decide, però, di non pensarci, di scacciare pensieri scomodi e di andare in camera sua per preparare le sue valige.

Il giorno dopo sono tutti quanti pronti. Jane saltella da una parte all’altra della casa e Damon non ha la forza e nemmeno la voglia di contenerla. È contento di vedere sua figlia così felice e non si priverebbe di quello spettacolo per nulla al mondo. Sua figlia poi diventa ancora più felice quando quasi tutta la famiglia Gilbert si presenta alla loro porta pronta per partire. Sospira silenziosamente guardando Elena evitare il suo sguardo. Saranno giorni lunghi quelli che dovrà affrontare insieme a lei, ma allo stesso tempo lontano da lei. il problema sorge quando Jane e Margaret vogliono stare nella stessa macchina durate il viaggio ed è proprio Damon a sacrificarsi e a fare a cambio con la piccola Gilbert lasciando suo fratello guidare la sua preziosa auto. Quindi si ritrova seduto accanto a Elena nei sedili posteriori di una classica quattro posti grigia perfetta per una famigliola felice.

La tensione alle stelle di certo non aiuta il pover uomo che deve affrontare l’agitazione percepibile della ragazza accanto a lui e lo sguardo divertito del suo migliore amico che lo guarda attraverso lo specchietto retrovisore centrale. Per non parlare anche del suo essere così orgoglioso da non voler pronunciare una minima parola durante quelle lunghe ore di viaggio. Ma c’è quella voglia di sfiorarle la mano ogni volta che la scorge con la coda dell’occhio vicino a lui, così tentatrice. Quelle dita lunghe e affusolate e le unghie tutte spezzate con uno strato sottile di smalto rosa. Messa lì, apposta per essere presa e stretta da lui.  Che cosa gli ha fatto quella ragazzina? C’è quel bisogno di smettere di essere così orgoglioso e farla sua, in tutti i sensi. Chissà se un giorno ci riuscirà davvero!

Elena, allo stesso tempo, avverte lo sguardo di lui farsi strada e arrivare a lei, per tormentarla e farle del male. Perché, diavolo, è stato Damon a incominciare. È stato lui a dire che si dovevano allontanare. È stata prima di tutto una sua scelta e l’errore di Elena è stato quello di assecondarlo. Si danna da sola, perché se solo lei l’altro giorno avesse lottato davvero, a quest’ora potrebbe essere tutto diverso. A quest’ora potrebbero essere seduti realmente vicini, magari senza ignorarsi completamente e magari… no, non può pensare ad un ipotetico presente. Sarebbe troppo difficile calmarsi poi in sua presenza. Perciò, si gode quel lungo viaggio, osservando il panorama al di fuori del finestrino.

La prima fermata che fanno è in Kentucky, in un’isolata stazione di servizio della statale 64. Si danno tutti una rinfrescata, prendono qualcosa da mangiare per pranzo e ripartono. E come se nulla fosse, Damon e Elena ancora non si parlano. A stento si guardano negli occhi e questa situazione l’hanno notata tutti i presenti, suscitando ancora più imbarazzo tra i due. C’è stato solo un piccolo sfioramento di mani alla cassa, mentre Elena si allunga per prendere un pacchetto di gomme da masticare alla fragola per Margaret (perché sa che le adora) e Damon prende il resto che il giovane commesso gli sta porgendo. Entrambi fanno finta di niente, ma sanno benissimo che qualcosa è successo. Damon resiste alla tentazione di restare imprigionato tra le dita della sua mano per non lasciarla più, ma la freddezza negli occhi di Elena lo tortura ogni momento che passano vicini. In realtà sono così lontani…

La seconda fermata  è alle porte del Missouri, a St. Louis, è pomeriggio inoltrato e la stanchezza del viaggio si fa ben sentire, soprattutto per Alaric e Stefan che guidano le auto. Un altro paio di ore e saranno arrivati a Kansas City dove si riposeranno per la notte in un motel per poi riprendere la mattina presto. Questa volta Damon è più allegro, perché dopo aver mangiato Elena si è appisolata e inconsapevolmente si è andata a posare sulla sua spalla come se fosse la cosa più normale del mondo. Al suo risveglio lei ha fatto finta di niente anche se un lieve rossore ha imporporato le sue guance per tutto il tragitto fino alla fermata. Damon sorride ancora perché quel lungo contatto l’ha fatto sentire meglio. Elena, invece, è tremendamente consapevole che quello che è accaduto in auto fa contento quell’uomo e in un certo senso si sente sollevata che lui ne sia felice e non infastidito. Ma si ripromette che non accadrà più, perciò si fa un bel caffè lungo così da poter rimanere sveglia fino all’arrivo in motel. Di ritorno in macchina non può fare a meno di notare lo sguardo divertito di Damon che lui tenta di nascondere, ma che non riesce a non ostentare, come se l’unica gioia della giornata fosse stato quel pomeriggio passato ad avere lei sulla sua spalla.

Arrivati a Kansas City (quella del Missouri, non del Kansas) finalmente è arrivata l’ora di dormire. Elena dovrebbe stare in camera con sua sorella, ma la bambina ha nuovamente voluto stare con la sua migliore amica in camera con Damon, quindi lei si ritrova da sola nella sua stanza, appollaiata al piccolo davanzale della finestra. Non riesce a dormire dopo il lungo sonnellino e il caffè. Quindi, per la prima volta, si compra un pacco di sigarette, le più leggere che trova nella macchinetta, si apposta fuori dalla sua camera e inala per la prima volta il fumo. Soltanto che il tentativo non va a buon fine e come ogni principiante inizia a tossire facendosi venire le lacrime agli occhi. Sente qualcuno ridacchiare alle sue spalle, e Damon è lì accanto a lei. Se lo sarebbe dovuto aspettare. Le loro camere sono adiacenti, ma Elena non può fare a meno di pensare che a quest’ora Damon dovrebbe dormire. Un moto di apprensione nasce dentro di lei.

“Non dovresti fumare, ragazzina.” La rimprovera bonariamente lui, mentre le si avvicina di qualche passo.

“Ma tu lo fai. Ti ho visto qualche volta!” lo accusa allontanandosi ai passi dell’uomo.

“Io, però, sono molto più grande di te.” Forse è questo il problema e Damon è lì pronto a rimarcarlo come se nulla fosse. Lui è grande, lei è piccola. Questo, di solito, non li ha fermati dal frequentarsi e diventare così intimi, ma adesso quella tremenda consapevolezza sembra pronta ad uscire ogni volta che si incontrano.

Per smorzare un po’ di imbarazzo, Elena allunga la mano con il pacchetto di sigarette verso di lui per offrirgliene una. Damon accetta volentieri, senza staccare mai lo sguardo dagli occhi di lei, come rapito da quegli occhi così accusatori. Forse non avrebbe dovuto dire quella cosa. Ci pensa già la realtà dei fatti a ricordare loro cosa sono, non c’è bisogno che anche lui debba evidenziare ciò che è vero.
“Dovresti dormire tu.” Gli ricorda lei dolcemente mostrando un po’ di preoccupazione nei suoi confronti.

“Mi sono riposato a sufficienza in auto questo pomeriggio. Se faccio le ore piccole questa notte non succede nulla.” È contento del fatto che si interessi a lui e, mentre aspira la sigaretta appena accesa, sente Elena sospirare. “Non dobbiamo per forza ignorarci.” Interrompe quel leggero attimo di silenzio prima che lei se ne vada. “Alla luce del sole, quando siamo circondate da altre persone, ma anche quando non lo siamo. Non dobbiamo per forza far finta di non esistere. Posso essere ancora tuo amico.”

“Sì, ma ci eravamo detti che non dovevamo vederci più.”

“Ma quando le circostanze lo rendono inevitabile… vuoi davvero ignorarmi per tutta la vacanza? Io non ce la faccio, Elena. Vederti e non poterti parlare.”  E non poterti baciare, ne ho davvero voglia.
Vorrebbe dirglielo veramente, ma sa che non può. Non può rischiare di esporsi così tanto. Non sa come potrebbe reagire Elena. O come  potrebbe reagire lui stesso. Ma le sue parole sembrano lo stesso colpire il cuore della ragazza e lo vede dal suo sguardo. Gli occhi si addolciscono e cullano l'uomo che ne resta sempre affascinato e interrompe il suo discorso per limitarsi ad ammirarla. La sigaretta si è consumata per metà e continua a bruciare tra le dita di Damon. Si salutano così, nel buio della notte con degli sguardi che fanno da tacito accordo alla loro tregua, che per il momento consentirà loro di potersi riappacificare.

La prima a entrare è Elena che si lascia alle spalle Damon e prima di entrare gli sorride. Lui finisce di fumare la sua sigaretta, senza godersela pienamente. È troppo felice. Dopo entra anche lui in camera e posa uno sguardo sul letto accanto al suo. Jane e Margaret sono nel mondo dei sogni e forse dovrebbe dormire un po' anche lui.

Il giorno dopo, si rimettono in viaggio ma questa volta Damon e Elena si ritrovano in due macchine diverse. Margaret continua a sonnecchiare con la testa appoggiata sulle gambe di Elena e questa volta, non come il giorno prima, la ragazza vorrebbe la situazione contraria. Ora che lei e Damon sono in pace si sente più serena, ma vorrebbe il suo amico lì con lei. Non saprebbe cosa dirgli, ma c'è questo incessante bisogno di averlo accanto che non la lascia mai. Si sente un caso perso, Elena, perché non passa momento in cui non pensa a Damon ma ormai è così. Dovrebbe rassegnarsi e vivere in pace con se stessa con queste sue nuove continue sensazioni.

Dopo un'ennesima fermata in un posto nel nulla, nel tardo pomeriggio arrivano ad Aspen. L'aria fredda di montagna e della sera rinfresca le menti dei viaggiatori che stanchi per essere stati in macchina apprezzano la bassa temperatura. Con il sole che tramonta, Elena si gode i raggi aranciati che illuminano il paesaggio innevato. Dietro di lei le due bambine sembrano già apprezzare la vacanza, raccogliendo un po' di neve per cercare di fare un piccolo pupazzo; Jenna e Alaric guardano il panorama abbracciandosi e stringendosi l'un l'altra; intanto mentre Stefan si mostra trafelato per svuotare le macchine dalle valige, Lily si ferma e indugia il suo sguardo sul porticato della casa, ricordando ogni suo singolo momento trascorso con l'amore della sua vita in quella casa; Damon è l'unico che non si guarda intorno ad ammirare il paesaggio o a ricordare giorni passati. Perché c'è Elena davanti a lui e preferirebbe ammirare lei in ogni momento della sua vita, piuttosto che stupirsi di fronte a un paesaggio naturale che non può competere contro la ragazzina.

Entrati in casa, la prima cosa che fanno è mettere un po' in ordine e pulire la casa inabitata ormai da anni ma un senso di malinconia inonda la famiglia Salvatore quando i loro occhi si posano su ogni particolare della casa. Ogni rifinitura in legno del tavolo della sala da pranzo, i divani, ricoperti da delle lenzuola, impolverati, l'arco all'ingresso con dei piccoli segni che segnano la crescita di Damon e Stefan. I due ragazzi avanzano lentamente in quel luogo, facendo affiorare nella mente ricordi ormai lontani. Sembrano quasi commossi al ritorno in quella casa. Un misto tra stupore e tristezza gli attanaglia. Damon cerca in tutti i modi di nascondere quello che prova. Quella casa riserva per lui tantissimi ricordi, sono un’altra debolezza e questa se la vuole tenere per sé. Non vuole che Elena scavi troppo dentro di lui e non perché non voglia mostrarsi per ciò che è veramente, ma perché questo causerebbe un ulteriore legame con la ragazzina e vuole evitare, sinceramente, che si avvicinino troppo. Perché lui è come il fuoco, Elena sembra esserne attratta, ma se si avvicinasse più del dovuto, allora si scotterebbe e Damon questo non lo vuole. Per il bene di tutti dovrebbero smettere di provare quello che sentono e andare avanti. Eppure sente già di aver perso in partenza.

La prima cosa che fa è andare verso la sua vecchia camera, quella al piano di sopra. È piccola, ma accogliente. Il letto a due piazze è ricoperto da un lenzuolo bianco, come il resto dei mobili in tutta la casa; accanto la finestra rotonda consente di mostrare un’immagine parziale del panorama, mentre il soffitto obliquo si abbassa sempre di più verso l’altra parte della stanza, lasciando spazio a solo mezzo metro di altezza dove ci sono dei cassettoni uno accanto all’altro che fanno le veci di un armadio. È tutto come se lo ricordava. Confortevole nonostante il bianco del legno e la parete blu. Non sono decisamente i suoi colori, ma per essere stata la camera di un bambino all’epoca andava più che bene e sa che a Jane sarebbe piaciuta. Soprattutto quell’oblò vicino al suo letto. Dopo aver tolto tutta la neve dal davanzale esterno, avrebbe messo una sedia sotto di esso così da poter farci salire sopra sua figlia e godersi la vista. La sua osservazione viene interrotta da uno spiacevole stridio di sottofondo. Qualcosa di metallico che striscia pesantemente sul pavimento. È suo fratello che sta portando una brandina in camera sua.

“Dovrai sopportarmi per un po’, fratello. Non ci sono abbastanza camere qui e la mia se la prendono Jenna e Alaric.”

Ciò vuol dire che la camere degli ospiti, l’unica che si trova al piano di sotto sarà di Elena. Sicuramente è un bene che sia la più lontana da lui.

Dopo aver sistemato la casa il più possibile. Damon e Alaric si sono impegnati ad accendere il camino nel soggiorno e dopo cena, i Gilbert e i Salvatore, si sono radunati sui divani attorno a esso, bevendo una deliziosa cioccolata calda per fare un po’ di chiacchiere prima di andare a dormire. Il giorno dopo alcuni di loro si sarebbero dovuti svegliare presto per godersi le montagne e andare a sciare. Cosa che ovviamente il maggiore dei Salvatore non potrà fare.

Damon continua a osservare Elena. Cosa che ha fatto per tutta la serata. Ne è rimasto incantato. Non l’ha mai vista così sorridente da quando la conosce. Forse sarà la luce del camino a illuminarle lo sguardo, ma la trova particolarmente bella in una situazione che sa tanto di casa. La sua casa. E in quest’immagine c’è anche Elena, di fronte a lui, che a volte fissa lo sguardo nel suo per qualche secondo per poi abbassarlo verso il fondo della tazza che nonostante sia vuota, lei continua a tenere in mano. Quelle mani tremano, nonostante la pesante coperta di lana, nonostante il fuoco nel camino. Eppure lei trema. Sembra che abbia freddo e lui vorrebbe coprirla, abbracciarla, per farla sentire al caldo. Ma non può. Ci sono tra di loro quasi una camera intera e un tavolino a separarli e parenti sicuramente impiccioni che farebbero troppe domande.

Quell’immagine lo tormenta per tutta la serata, mentre è sul letto con sua figlia accoccolata contro il suo petto e Stefan sull’altro che russa eccessivamente. Si addormenta così. Con lo sguardo di Elena abbassato e le sue mani tremanti.

Il giorno dopo tutti si alzano di buon’ora. Damon prepara sua figlia mettendole dei vestiti pesanti e si assicura che abbia le giuste precauzioni. Sa che non scierà, ma immagina che sua madre la porterà alla pista di pattinaggio per bambini insieme a Margaret, così anche le più piccole potranno divertirsi. Dove probabilmente trascorrerà anche lui la maggior parte del tempo, visto che non può fare attività fisica. E infatti è così. Lily Salvatore non ha nessuna voglia di percorrere le piste più ripide della montagna, perché sicuramente i ragazzi faranno quelle e propone alle bambine di divertirsi sul ghiaccio.
Il mattino viene trascorso in questo modo. Con Jenna, Alaric, Stefan e Elena a sciare e il resto della famiglia alla pista di pattinaggio.

Jane e Margaret sono entrate in pista da ormai un’ora e sembrano non voler smettere. Damon e sua madre intanto si rilassano seduti a un tavolino di bordo pista mentre si godono una buona tazza di tè verde. L’uomo continua a osservare pensieroso le due bambine che pattinano appoggiate a un tutore che consentirà loro di non cadere e questo lo rende più tranquillo. Ciò gli permette di portare i suoi pensieri a tutt’altra parte. Lily Salvatore, da buona madre, se ne accorge. Ovviamente.

“A cosa stai pensando?” gli domanda a bruciapelo, anche se potrebbe mettere entrambe le mani sul fuoco per la risposta. La conosce già.

“A quanto mi sia mancato questo posto. Erano anni che non ci venivo.” Damon continua a scrutare l’orizzonte, oltre le montagne. Gli è sempre piaciuta quella vista. Lo faceva sentire al sicuro, come se quei monti potessero proteggerlo da tutto il mondo e allontanarlo da tutte le preoccupazioni. “Papà lo adorava.”

“È per questo che ti ha lasciato questa casa. Sapeva che l’avresti apprezzata di più rispetto a tuo fratello. Invece la villa a Mystic Falls ti ha lasciato troppi ricordi negativi.” Vede il figlio annuire mentre diventa sempre più serio.

“Penso perché sia per il fatto che l’associo molto alla sua morte, mentre qui ci sono solo ricordi belli e penso di avere un’opportunità in più per stare bene.” Era un po’ che ci pensava. In realtà quest’idea gli ha sfiorato parecchie volte la mente, fin da quando è stato colpito. Andarsene da Mystic Falls e passare il resto della sua vita ad Aspen. Non sarebbe una cattiva idea, ma a volte ripensa a sua figlia e sa che non potrebbe mai portarla via dalla sua vita.

“Ti vuoi mettere a fare l’eremita?”

“No. Sarebbe troppo complicato, ma potrei decidere di passare qua molte vacanze di Natale e anche qualche estate. Jane si divertirebbe.”

“E tu troveresti il tuo paradiso personale.”

“Già.”

“E Elena?”

“Elena cosa?” le chiede facendo il finto ingenuo, ma sa dove sua madre vuole andare a parare.

“Non ci porteresti qui Elena?”

“A quanto pare ce l’ho già portata.” Le risponde sarcastico, mentre la madre allunga un mezzo sorriso d’intesa verso il figlio.

“No, dico sul serio. Quando finirà questa cosa del volervi ignorare?”

“Non ci stiamo ignorando.”

“A no?”

“No. L’altra sera ci siamo chiariti e adesso va tutto alla grande. Solo che non abbiamo nulla da dirci.”

“Lo vedremo.” E il discorso si chiude in questo modo. Perché prima che Damon riesca a chiedere spiegazioni alla madre per il suo modo di fare, lei si è già alzata per richiamare Jane e Margaret. Si sta avvicinando l’ora di pranzo e le due bambine se continuano a stare lì potrebbero prendersi un malanno.

La giornata trascorre tra le risate e le chiacchiere delle due famiglie. Sembra essere tutto normale: una vacanza come un’altra nel pieno del periodo invernale, dove la neve è abbondante sulle montagne e sia i bambini che gli adulti sono contenti di godersi un po’  di meritato riposo. Allora perché sia Damon che Elena sentono quella strana e opprimente sensazione nel petto? Non è la prima volta e questo si sa. Ci hanno quasi fatto l’abitudine, ma a nessuno dei due sta bene. Il fatto che la loro giornata deve dipendere dai loro sentimenti così impetuosi, che non riescono a fermale, è snervante e li fa impazzire.
A fine giornata sono di nuovo tutti quanti davanti al camino, ma questa volta la fortuna per Damon non è girata a suo favore. Il giorno prima Elena era lontana da lui. Era sotto i suoi occhi per tutto il tempo, questo è vero, ma almeno era a debita distanza. Questa volta, invece, lui è stato l’ultimo a sedersi e ovviamente l’unico posto libero è stato quello accanto a Elena. Il che è peggio. Perché può continuare quanto vuole a tenere il volto verso il suo migliore amico e può passare tutte le ore a non voltarsi verso di lei e guardarla, ma davvero il suo pensiero non smette di ritornare a quella ragazza. Semplicemente perché le loro ginocchia si sfiorano, e le braccia si toccano. E quando Elena per il freddo eccessivo si abbraccia da sola, inavvertitamente con una mano sfiora il braccio di Damon. Accarezzandolo. Quell’ingenua e non voluta carezza a Damon riscalda molto più di qualsiasi fuoco. Quindi, a un certo punto, dopo l’ennesima scossa di brividi, lui si avvicina ancora di più a lei e le porge metà della sua coperta. Non vuole lasciare sottintendere nulla, vuole solo tenerla al caldo, ma quando Elena si sistema sotto la pesante stoffa di lana, nasconde la sua mano e arriva a sfiorargliela, all’oscuro da tutti. Si tengono per mano fino a quando non decidono di andare a dormire.

Non sa cosa significhi quel tocco, forse non lo sa nemmeno Elena, però va a letto più tranquillo, senza quell’opprimente sensazione nel petto.

Adesso è Elena quella a essere più preoccupata. Non sa veramente che le ha preso. Prendere per la mano Damon. Le è sembrato un gesto così spontaneo che l’ha fatto senza pesarci due volte. Poi, quando si è resa conto di quello che ha fatto, ormai è stato troppo tardi: le sue dita si sono incrociate alle quelle di Damon. Lui le accarezza il dorso della mano con il pollice e Elena stringe sempre di più, beandosi del dolce tocco di quell’uomo. Puramente innocente, ma spiazzante.

Questa notte non dorme. È in camera da sola e la luce del lampione che proviene fuori dalla finestra la distrae, le dà fastidio e decisamente non le concilia il sonno. Forse è solo una misera scusa. Non è di certo questa la ragione della sua insonnia. Un’altra persona è sempre fissa nei suoi pensieri e questo rende Elena nervosa, fino all’inverosimile. Perciò si alza dal letto e va ad abbassare la veneziana, ma nulla da fare: è ancora troppo sveglia. Perciò esce dalla camera e va verso la cucina. Forse una tazza di camomilla è il rimedio ideale.

Nel silenzio della casa, però, Elena percepisce un leggero movimento, uno scricchiolio delle assi di legno del parquet. Si spaventa per un attimo, poi vede lui a pochi metri da lei. La fissa dalla soglia della porta e resta immobile senza un motivo. Forse è solo sorpreso di vederla lì.

“Scusami.” Le dice prima di tutto. “Ho visto la luce accesa e pensavo fosse mia madre.”

È come se ogni suo pensiero si stesse realizzando in quel momento. Lei è lì, da sola, che pensa a Damon e dopo un paio di minuti se lo ritrova davanti, lasciandola confusa, disorientata. Come un effimero sogno o un ricordo vago. Il punto che Damon non è una figura di passaggio. È presente, forse troppo, nella sua vita.

“Non fa niente. Io… non riuscivo a dormire e sono venuta qui per prendermi qualcosa.”

“Oh. Stai bene? C’è qualcosa che non va?” si avvicina di qualche passo e Elena davvero non vuole che lui diminuisca le distanze in questo momento. Si sente troppo vulnerabile per potergli resistere.

“Sì, io sto bene. Avevo solo bisogno di rilassarmi un po’.” Indietreggia di qualche passo e solleva una mano tra di loro, come se potesse essere proprio quella a impedire ai due di fare qualsiasi cosa. Ma in questo momento, a Elena, sembra essere la cosa più ovvia.

“Va bene. Allora che ne dici se ci rilassiamo insieme bevendo qualcosa fuori, sotto il portico?” vorrebbe davvero dirgli di no, ma non ce la fa a resistergli, specialmente quando lui usa la tattica dello sguardo da cucciolo bastonato. Non è per niente leale e la ragazza è sempre tentata quando fa quegli occhi. Quindi annuisce, asservita al suo sguardo.

“Preparo una tazza anche per te.”

Sotto al portico della casa di Aspen, Damon e Elena sono avvolti nei loro giubbotti e nella coperta e si riscaldano con una buona tazza di camomilla, sperando così di poter scacciare tutte le preoccupazione che non fanno chiudere occhio a nessuno dei due. Se non fosse per il lampione sulla porta d’ingresso, ci sarebbe il buio completo. La luna nuova non è lì a illuminare il cielo e solo tante stelle rendono piacevole la vista. Poche nuvole si scorgono all’orizzonte, dietro le alte montagne, e in realtà non fa così tanto freddo. Non c’è vento, per fortuna, e Elena sente il corpo di Damon accanto al suo che la riscalda per bene.

“Ti volevo chiedere scusa. Per prima, intendo. Non volevo prenderti per mano. È solo che l’ho fatto senza pensarci e poi non ho avuto voglia di separare le nostre mani.” Arrossisce ammettendo quella piccola confessione che in realtà sembra far sorridere Damon. Sì, perché lui è compiaciuto che la ragazza abbia in un certo sento avuto la stessa sensazione che ha avuto lui.

“L’importante è che non se ne sia accorto nessuno.” Asserisce solamente Damon.

“Tutto qui?”

“Che cosa?”

“Io praticamente ti dico che mi ha fatto bene tenerti per mano e tu te ne esci solamente con quella affermazione? Come se ti vergognassi di farti vedere con me!” all’improvviso Damon si sente terribilmente confuso. Non ricorda che sia accaduto tutto ciò.

“Dio, perché voi donne travisate sempre tutto? Quando, di grazia, ti avrei detto di vergognarmi di te? Perché di certo io non ho detto queste parole. Non voglio che nessuno ci veda per un’altra ragione.”

“E quale sarebbe?” adesso si sta davvero agitando. Non sa davvero perché ha reagito in quel modo. Lo ha attaccato d’impulso e senza pensarci e adesso se ne è già pentita. Soprattutto si è pentita perché ha fatto innervosire Damon. Una parte di lei non vuole assolutamente che lui inizi a parlare in questo modo, perché, in un strano e contorto ragionamento della sua mente, così la inizierebbe a trattare davvero come una ragazzina. Eppure, un’altra parte di lei, sembra scoprirsi piacevolmente sollevate per la reazione dell’uomo. In questi mesi lo ha sempre visto trattarla con dolcezza e riguardo. A volte ha alzato la voce, ma solo per poter esprimere alcuni sentimenti. Invece, vederlo provare quella diversa emozione mostra un’altra sfaccettatura di Damon, forse più reale e umana di qualsiasi altra.

“Dio, Elena, non voglio che gli altri ci vedano perché non devono pensare che ci sia qualcosa che in realtà non c’è. Io ti voglio davvero bene, sei una persona importante per me e quando sento mia madre parlarmi di te, di noi due, provo sempre quella strana rabbia, perché tutto ciò che dice non si è ancora avverato.” A fatica prova ad alzarsi dalla panchina del portico, ma Elena lo ferma con un braccio e si avvinghia con tutta la forza che ha ad esso.

Ha sentito esattamente tutto quello che le ha detto Damon. Si è soffermata su quelle poche parole che le hanno fatto accelerare il cuore e ora non si vuole staccare da lui. Le vuole bene; È importante per lui; E soprattutto desidera quello che tra loro due non è ancora successo. Praticamente vuole tutto ciò che vuole lei. Sinceramente è stufa della decisione che Damon aveva preso il giorno di San Valentino. Dice che devono fare chiarezza su ciò che vogliono, ma qui e ora sembrano avere entrambi le idee abbastanza chiare. Si vogliono l’un l’altra. Quindi perché continuare a prolungare quell’agonia?
“Ti voglio bene anche io, Damon.” Glielo dice con una vocina piccola. Talmente leggera che Damon sembra esserselo sognato.

“Quindi cosa facciamo?”

“Andiamo avanti.”

“Come?”

“Insieme, ti prego.” Lei adesso lo guarda negli occhi. Lo sguardo implorante di chi non ce la fa più ad aspettare.

A Damon manca il respiro. Ogni parte di lui gli sta dicendo di andare da lei, di affrontare ogni mostro insieme. Si porge in avanti e appoggia la sua fronte contro quella di lei. Elena fa scivolare la sua mano dietro il collo; le sue lunghe dita si intrecciano a quei morbidi capelli. Sente il suo respiro infrangersi contro il volto e poco dopo le parole di Damon, forti e decise.

“Ho paura che tutto poi ci si ritorcerà contro. Ho paura che un giorno tu possa soffrire, ancora di più di quanto tu non stia facendo adesso.”

“Io non voglio vivere con questi se… siamo grandi entrambi, possiamo prendere delle decisioni. Ciò che faremo in futuro potrebbe ritorcersi contro, hai ragione. Ma perché escludere l’ipotesi che tutto fili liscio?”

Ha ragione. Lui ha dato per scontato che qualsiasi cosa faranno, andrà male. Che non saranno felici insieme. Eppure la prospettiva di un futuro più felice, con Elena, si sta spalancando in questo esatto momento. Mancano pochi centimetri a dividerli e Damon non ce la fa più a trattenere le distanze. Prende in mano la tazza di Elena e la appoggia a terra vicino a quella sua, poi si va avanti. Le prende il viso tra le mani e la bacia. Un bacio dolce, uno di quei baci che senti in tutto e per tutto, perché esprime ogni sentimento con un semplice sfioramento di labbra.  Elena si stringe forte a lui, felice e commossa, di star facendo la cosa giusta. Per lei. Per loro. Quel bacio non è altro che la prova di quanto Damon e Elena siano legati. In poco tempo, pochi mesi, ma è accaduto, come la cosa più improvvisa di tutte, ma con una lentezza estenuante, che li ha resi impazienti come lo sono adesso.

“Papà?” la voce della piccola Jane proviene dall’interno della casa e un attimo dopo, giusto il tempo di staccare le labbra, la bambina esce fuori di casa con solo il pigiamino. “Mi sono svegliata e non ti ho visto.” Si stropiccia gli occhi per il sonno e rabbrividisce per la leggera folata di vento.

“Jane dovresti essere a letto. Così ti ammalerai!” la rabbonisce Damon prendendola in braccio e portandola dentro casa.

“Ma voglio stare con te!” Elena li segue tranquilla fino alla camera di lui, ma prima che se ne vada a dormire, Damon risbuca fuori e la prende per mano, stringendola con forte dolcezza.

“Continuiamo il nostro discorso domani?” lei annuisce convinta e lui si sporge per darle un altro bacio. Più veloce, ma con la stessa potenza e lo stesso trasporto di prima.

Elena ritorna al piano di sotto e si butta sul letto. Adesso è ritornato il silenzio nella sua testa. C’è solo il battito forte del suo cuore che le fa compagnia  e con quel dolce suono finalmente riesce ad addormentarsi.

Il mattino seguente Elena si inventa la scusa di un leggero mal di schiena, per non andare a sciare e accompagna Damon e sua madre a sorvegliare le bambine sulla pista di pattinaggio, ma dopo un’oretta trascorsa a sorvegliarle, probabilmente Lily riesce a percepire qualcosa nell’aria e quindi propone alla bambine di andare a fare un po’ di shopping, lasciando così i due da soli.

Elena è appoggiata su una balaustra di una terrazzina per ammirare al meglio il paesaggio, quando a un tratto  sente due mani posarsi sui suoi fianchi e due labbra baciarle la testa. È così spontaneo che quasi non ci crede, eppure è vero. Sono vere quelle mani, quelle labbra, quel respiro e quel cuore che batte nel petto di lui, dietro la sua schiena. Come il suo.

“Finalmente soli.” Le sussurra contro l’orecchio prima di scostarle i capelli e baciarle una porzione di collo.

“Il tempo non passava più.”

“Ti voglio invitare a cena, oggi.”

“E cosa diremo agli altri.”

“La verità. È un appuntamento.” Il che è vero, non dovrebbero nasconderlo, non ce ne sarebbe alcuna ragione, ma Elena sperava di tenerselo ancora tutto per sé. Ma non può, lo capirebbero subito.
“Quindi che cosa dirò a mia zia quando lei mi chiederà perché usciamo di nuovo solo noi due soli?”

“Che questa volta è diverso perché stiamo insieme.” E Elena sorride perché sentirglielo dire la rende davvero felice. “Ci ho riflettuto bene questa notte e hai ragione: proviamoci. Diventa la mia ragazza e affrontiamo tutto quanto insieme, se poi le cose diventeranno complicate allora noi troveremo una soluzione, ma mi sono stancato di fasciarmi la testa prima di rompermela.”

Intanto la ragazza si è girata e delicatamente ha circondato il suo collo con le sue braccia mentre Damon si è appoggiato completamente a lei, lasciando andare il bastone a terra. Il rumore che l’oggetto crea un rumore sordo e fa distrarre alcuni turisti che si godono il paesaggio. Adesso tutti i presenti possono notare un uomo e una ragazzina che  si baciano e sorridono uno sulle labbra dell’altro.



 
§§§



 
Elena prima di partire non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi a un appuntamento con Damon, perciò non ha davvero nulla di elegante in valigia. Si è dovuta accontentare del suo morbido maglione di lana biacca e della gonna lunga da giorno che nasconde un paio di calze veramente pesanti e delle scarpe poco aggraziate. L’unico accessorio che si potrebbe definire davvero carino per l’occasione sono gli orecchini d’argento che le ha prestato Jenna: dei lunghi fili argentati che onestamente le illuminano lo sguardo. In sostanza, se Caroline l’avesse vista uscire per un appuntamento conciata in quel modo, avrebbe dato di matto e l’avrebbe rinchiusa in casa fino a quando non avrebbe trovato l’abbigliamento adatto a quell’occasione. Avrebbe avuto da ridire anche sul filo di trucco che Elena si è limitata a mettere.

Per fortuna Damon non è uno che bada a queste cose e onestamente trova Elena incredibilmente bella in qualsiasi circostanza. Quindi non gli importa un fico secco di cosa si è messa addosso, tanto il suo programma non prevede nessun ristorante chic e nessun evento elegante. In verità non devono nemmeno spostarsi tanto da casa, così non necessitano di prendere la macchina.

“Allora mi vuoi dire dove mi stai portando?” gli chiede Elena ansiosa e soprattutto curiosa di sapere.

“No. Preferisco godermi la tue espressione quando arriveremo alla meta.” Ma la ragazza non deve aspettare molto prima di conoscere la destinazione. “Ho questo mio amico, Tim: è il macchinista della cabinovia. Suo figlio è nell’esercito e quando mi ha chiesto di tenerlo d’occhio qualche anno fa, io l’ho fatto. Ovviamente l’ho fatto senza voler nessun tornaconto, ma mi sono approfittato della sua gentilezza stasera.”

Si fermano all’improvviso davanti la cabinovia. Una delle cabine è arrivata alla base e all’apparenza non sembra avere nulla di diverso, ma  quando Damon la conduce al suo interno vede delle piccole candele posizionate su un tavolino al centro e delle cloche che ricoprono le portate della serata.

“Purtroppo qui è troppo piccolo per farci stare anche i camerieri, quindi non avremo molto da mangiare.”

“Damon stai scherzando? È … perfetto.” Si volta verso di lui e Damon può notare il suo sguardo, illuminato semplicemente dalle luci delle candele, pieno di gratitudine. Elena gli si avvicina lentamente e gli posa le mani sul petto. Si allunga per baciarlo, ma il momento è interrotto dallo stesso uomo per farla accomodare accanto a lui nella cabina. Dopo la chiusura delle porte automatiche, Damon solleva le cloche rivelando così due succosi filetti alla Wellington. Iniziano a cenare, ma dopo appena un paio di minuti la cabina si ferma.

“Che cosa sta succedendo?” gli domanda preoccupata.

“Tranquilla è tutto secondo i piani. Siamo solo arrivati sul punto più alto.”

“Allora perché non riscendiamo?”

“Perché per un’oretta resteremo bloccati qui. Tim resta a controllare il macchinario. Fa il turno di notte, quindi non corriamo nessun pericolo. Ma adesso, voltati.”

Elena è ancora un po’ reticente, ma si fida abbastanza di Damon per potersi finalmente calmare. Quindi si volta così come lui ha suggerito di fare e davanti a sé scopre uno spettacolo meraviglioso. Le luci di Aspen e delle città limitrofe di notte rendono il panorama sensazionale e Elena resta senza parole, perché non ha mai visto un luogo così magico.

“È bellissimo, Damon.”

L’uomo si avvicina a lei e le circonda le spalle con le braccia. Elena gira il capo per incrociare i loro sguardi e gli sorride, ormai troppo assuefatta da quell’uomo per potergli stare lontano.

Lo bacia, ancora una volta. Non le basta mai. Le sembra di poter continuare in eterno e questa volta non vengono interrotti. Questo è davvero importante. Non la cena, nemmeno il panorama. È lui che rende tutto speciale e non sa che a Elena sarebbe bastato portarla anche in un fast-food. L’importante sarebbe stato avere lui con lei. Il resto non conta. Quindi continuano a baciarsi, perché Elena non vuole smettere; perché Damon si fa sempre più vicino e la preme contro il vetro del finestrino pur di stringerla sempre più forte. Se questo è un modo di dimostrarle ciò che prova, allora a Elena basta. Non c’è bisogno di parole o altri gesti. Deve solo baciarla. Baciarla fino a star male, fino a quando non avranno bisogno di altra aria, fino a quando non si stancheranno o dovranno ritornare a casa. Si baciano perché continua a pronunciare il suo nome sulla sua bocca; perché Damon le sfiora il volto con delicatezza, ma le marchia la pelle. Diventa sua con un solo bacio e lui diventa suo, sempre di più, a ogni respiro, a ogni sguardo. Le labbra lentamente si dischiudono e le lingue si sfiorano e in un’estenuante danza s’incrociano. Tutta la dolcezza non scompare, ma si affievolisce. Lascia il posto a un sentimento ancora più potente. La passione. Non vanno oltre. A Damon e Elena basta semplicemente baciarsi in questo momento, ma sentono quel principio di fiamma nascere nei loro petti. Forte, travolgente, sconvolgente. Li intrappola in una rete che li lega l’un l’altra. O una bolla che li allontana da tutto il mondo.

Elena si ancora a lui con maggior forza. Lo stringe possessivamente  e a volte perde il fiato. Quando si stacca per respirare, Damon continua a baciarla. Sull’angolo delle labbra, sulla guancia sul collo. Lei chiude gli occhi persa in un vortice di emozioni e sentimenti che non crede mai dia ver provato. Si bramano a vicenda in un modo così stranamente puro che spaventa entrambi. Nessuno dei due vuole andare oltre, eppure hanno tempo e spazio per farlo, ma sentono il bisogno di non correre troppo, di non bruciare le tappe. Restano a baciarsi per tutta l’ora che resta, fino a quando la cabina non si mette a fare il percorso inverso e Damon e Elena smettono solo perché devono tornare a casa. Anche se non ne hanno voglia.

“Chissà come reagiranno gli altri alla notizia.” Dice Damon prendendo Elena per la mano mentre si avviano verso casa.

“Chissà come reagiranno le bambine.” Lo corregge mentre sorride. Saranno sicuramente felicissime.

“Dobbiamo essere cauti con loro e parlargliene in un momento più tranquillo. Magari stasera è troppo presto. Aspettiamo, ritorniamo a Mystic Falls e poi decidiamo per bene che discorso fare.”

“Hai ragione. Sono piccole, ma devono capire bene il significato di certe cose.” In effetti se dicessero subito a Jane e Margaret dell’inizio della loro relazione, potrebbero fraintendere. Non che ci sia nulla da non capire alla fine: si sono messi insieme. Forse è una delle cose più semplici e spontanee della vita, ma con i bambini bisogna parlare con calma e spiegare loro il senso profondo delle cose. “Aspetteremo un po’ con loro.”

“Dovrai vedertela da sola. Lui ormai ha la sua vita. Se mi mettessi in mezzo sarebbero guai anche per me.”

È questo quello che sente Damon, non appena lui e Elena entrano in casa, da suo fratello. Stranamente quando Stefan si accorge della sua presenza chiude repentinamente la chiamata del cellulare e sua madre si alza dalla poltrona quasi in ansia. C’è qualcosa che non va, ne è sicuro.

“Salve a tutti. Che sta succedendo?”

“Nulla tesoro.” Lily inspira profondamente. Sì, qualche strano pensiero la turba e lei sta cercando di nasconderlo. “Come è andata la serata? Siete tornati presto.” Deduce lei prontamente, mentre abbassa lo sguardo verso le loro mani unite. “Anche se vedo che sia andata piuttosto bene.”

Damon e Elena si staccano cercando di non evidenziare troppo la cosa, ma ormai sono stati beccati come due bambini con le mani in un barattolo di marmellata.

“Io vado a cambiarmi.” Annuncia Elena arrossendo e allontanandosi da lui definitivamente prima di andare al piano di sopra. Damon la guarda sorridente mentre continua a seguirla con lo sguardo fino alla fine. Prima di scomparire completamente Elena sente gli occhi del suo ragazzo (sì, è piacevole solo pensarlo) che puntano contro la sua schiena, e si volta. Lui le sorride, ma questa volta solleva solo un angolo della bocca. La sta solo prendendo in giro per farla sentire un po’ a disagio. Gli fa la linguaccia come se fosse una bambina. Che impertinente!

“Qualcosa mi dice che tra te e Elena le cose siano andate per il verso giusto stasera.” Lo rimbecca Stefan facendogli segno di sedersi accanto a lui. Vuole sentire tutta la storia, non c’è dubbio.

“È andata come doveva andare. Alla grande.”  Conferma loro. “Jane dov’è?”

“Era stanca di aspettarti. Oggi ha pattinato più del solito. Perciò è andata a dormire con Margaret, Jenna e Alaric.”

“Se vuoi posso lasciarti la stanza per te e Elena, fratellone.”

“Stefan!” lo rimprovera Lily per i suoi modi scortesi.

“Imbecille!” Dio, quanto si sente felice. Si è già dimenticato di quello che turbava i suoi famigliari ma sa che ritornerà presto su quell’argomento.

Dopo una settimana trascorsa ad Aspen, Elena e Damon hanno detto a tutti della loro relazione, tranne alle bambine. Per sino quando Caroline ha chiamato per sapere come andasse, la ragazza ha dovuto dire la verità e dopo solo mezz’ora  ha ricevuto anche la chiamata di Percy. Da quando i qua quei due si parlano? Elena si è sentita a disagio, soprattutto quando Damon si è accorto chi fosse all’altro capo del telefono. Non perché Damon sia geloso, ma quel ragazzo lo rende nervoso. Troppo aperto, troppo spontaneo, è quasi il suo contrario o forse gli ricorda troppo spesso il sottoscritto qualche anno prima. Il Damon di un tempo. Non vuole che Elena stia lontana da quel Percy. Sono buoni amici. Ma lui stesso preferisce non incontrarlo.

Soltanto è che quando ritornano a Mystic Falls, problemi ben più pesanti affrontano Damon. Non il sè stesso di adesso. Non quello di un tempo. Ma un fantasma che ritorna. Una questione irrisolta che prima o poi sarebbe dovuta ritornare a galla.

Quando lui e la sua famiglia scendono dall’auto e stanno per entrare in casa, un taxi si ferma davanti alla villa.

 Una figura snella e longilinea ne esce fuori, lasciando tutti senza parole.

Katherine.



 
Note finali: salve a tutte! Vi sono mancata? Spero di sì, perché sono qui con un nuovo capitolo de "Il soldato e la ballerina". Vorrei darvi un paio di avvisi. Come avete notato, per chi continua seguirmi, non sto aggiornando più come una volta. Per me è iniziata l'università e nonostante sia un po' più libera con gli impegni, ho più da studiare e lo sforzo mentale è più grande di quanto pensassi. Perciò arrivo a casa stanza e non scrivo tutti i giorni, a volte passano delle settimane senza scrivere e per fortuna quando lo faccio cerco di impegnarmi e di scrivere il più a lungo possibile. Ora... nonostante l'estate è di consuetudine il periodo più libero che noi comuni mortali possiamo avere, avevo in programma di scrivere tre capitoli così da portarmi un po' avanti con la storia e non lasciarvi troppo tempo a bocca asciutta. Ma purtroppo inizia la sessione estiva è proprio domani ho un esame, il primo dei quattro. Quindi mi aspetta un lavoraccio questa estate e riuscirò a scrivere sicuramente un capitolo, al massimo due (ma non vi prometto nulla). Soooo... spero che voi siate clementi con me e soprattutto pazienti. Non intendo abbandonare questa storia, perché nonostante gli impegni, nonostante la voglia di scrivere altre cose, cerco in tutti i modi di portare a termine i miei impegni e... mi manca terribilmente il Delena, quindi resto ancorata a questa coppia anche più di prima e ho voglia di dirvi tutto quello che ho da dire su loro due perché, potrò sembrare un'inguaribile e forse anche infatile romantica, ma credo che la loro sia una delle storie d'amore più belle di sempre. Non vedere Elena nella serie tv mi rattrista tantissimo e mi lascia con la bocca asciutta. Damon è forte, va avanti, a volte cede, a volte si fa più forte e la maggior parte delle volte o lo fa per Stefan o lo fa per l'amore della sua lunghissima vita. Non vedere Elena a supportarlo è uno strazio e vederlo andare avanti senza di lei, che sopravvive solo per aspettare il suo risveglio mi amareggia. Non abbandonerò mai questa storia perché forse è l'unica cosa che non mi fa allontanare da quella coppia, nell'attesa del vero Delena reunion (che la Plec faccia qualcosa di epico...). Inoltre mi sono appena resa conto che questa storia a marzo ha compiuto un anno ormai, il che mi fa suggerire che dovrei accelerare di molto i tempi. Scusatemi.
Non vi commento il capitolo perché lascio a voi tutte le considerazioni. Rigrazio semplicemente chi ha recensino lo scorso e lontano capitolo, ovvero: Ella3 e chicchi93.
Passate una buona estate,
Mia.

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